Violence
Art – A Clockwork Moriarty
Autore:ISI
Personaggi:
Moriarty, Moran e... Alex!? Rating: Arancione... Qualche parolina
colorita qua e là, ma niente di che...Comunque, se reputate
che non dovesse andare bene sarò prontissima a cambiare
rating... Genere: Slice of life (?) e... bo,fate voi, mi rimetto
alla vostra clemenza... Summary: Moriarty che si flippa
pesantemente con Arancia Meccanica e Moran che non perde l'occasione
di mettergli la mano sulla coscia... Come lo capisco!
Marpione!
Beta:
quella santa donna di Lothlorien3 altresì detta
Signor Spock... Logical...
Sempre sia lodata
Note
aggiuntive: Se non vi è piaciuto Arancia meccanica o non lo
avete ancora visto e non volete farvelo spoilerare tutto, allora,
andate oltre!
P.S.:
abbiate la bontà di perdonarmi per la spasticità del
formato della presentazione lì sopra, ma ho grossi problemi
con questo dannato html e con “l'anteprima nel Browser web”
del mio pc... Uff!!!
Beethoven.
La
nona sinfonia del grande Ludovico Van esplode nelle casse del
dolby surround come un orgasmo e grandiosa si spande nell'aria:
miliardi di schegge di vetro dilaniano la carne aprendosi come
proiettili una via palpitante dall'epidermide al miocardio, dal
miocardio al sistema nervoso.
Esterocetori,
assoni mielinici, gangli spinali, midollo, bulbo allungato, ponte,
mesencefalo, ipotalamo, encefalo e BANG!
Adrenalina,
adrenalina dovunque: occhi spalancati, pupille dilatate,
muscoli contratti, nocche bianche, dita artigliate al velluto rosso
della poltrona, respiro crocefisso in gola, leggero e diffuso tremore
euforico, nonché carotide ad un passo dalla detonazione.
Arancia
Meccanica è e rimarrà sempre l'antidoto più
efficace sperimentato mai contro la noia e Jim Moriarty lo sa meglio
di chiunque altro.
“Sinceramente,
io davvero non capisco che cosa ci sia di tanto bello ed interessante
in questo film...” le parole annoiate di uno sbadigliante
Sebastian Moran, disteso sulla poltrona accanto alla sua gli arrivano
come la punta di un cacciavite nel cervello e per un attimo sulle
tempie dell'altro si disegnano i profili di due vasi sanguigni di
colpo prossimi al collasso “Insomma, Alex è un
dilettante, ammettilo! Non ha uno scopo né, tanto meno, un
modus operandi e per di più si porta appresso degli scagnozzi
idioti che da bravi traditori lo faranno sbattere dentro...
Ammettilo, non è propriamente il massimo, no?”
Moriarty
respira.
Inspira
ed espira.
Espira
ed inspira, lentamente, con calma, cercando di non dare voce a tutta
l'irritazione che d'un tratto a quelle chiacchiere sconsiderate gli è
montata dentro, ma a giudicare dal fremito incontrollato del suo
sopracciglio destro la lotta contro se stesso non deve proprio essere
delle più facili.
Schiocca
le dita ed il quanto mai innovativo impianto audio-video innanzi a
lui manda in pausa la riproduzione del file.
“Se
l'utero di tua madre non avesse fatto un miracolo dello
schizzo di tuo padre a quest'ora ti avrei già fatto
dare fuoco. Secondo: Alex non è un dilettante,
come tu, ahimè impunemente, ti sei azzardato a definirlo, ma
un artista, l'artista della violenza, l'adepto ed unico
prescelto di un dio del caos terrificante e mortifero per
le ignobili menti dei più, egli è una folle
menade nuda invasata da un'ispirazione superiore che trascende quanto
di umano e tangibile esista.
Quale
modus operandi dovrebbe, o forse meglio potrebbe dunque
utilizzare, mh?
A
quali umilianti regole dovrebbe piegarsi il suo genio superiore, la
sua divina ispirazione di crudeltà se questa stessa travalica
l'umanità, le sue infime debolezze, le sue stupide regole?
Alex
non segue schemi, né comuni né complessi, la goffa
autorità dei deboli lo annoia e le scienze, nessuna esclusa,
hanno ai suoi occhi l'immagine di vecchi ottusi sordi e paurosi che
si sforzino invano di comprendere la natura delle cose,
senza prima avere avuto il coraggio di viverne la selvatichezza, o
che, peggio ancora, si affatichino alle soglie del senso dell'Essere
più genuino senza prima aver provato la voglia, il
desiderio, la furia della
tracotanza, senza prima essere involuti allo stato di natura, senza
prima aver fatto ritorno a ciò che di più vero mai
fummo.
La
sua furia, la sua veemenza sono, in questo senso, atti di una
purezza terrificante, di una devozione inaudita e nulla,
paradossalmente, è più casto della sua tanto
amata ultra-violenza o del suo buon vecchio su e giù.
Il
suo furore è vergine di regole e sotterfugi, non conosce il
disonore di un'imposizione che derivi da labbra e da voce altrui, la
sua arte non accetta la mediocrità di una metodologia
quando può innalzarsi nella gloria del genio; il suo impeto
non muore in un metodo, né
cristallizza in un elenco di azioni proibite da un senso della
decenza inventato dagli uomini per paura della loro stessa natura:
essi la rinnegano timorosi in vista di un inferno diabolico, ma il
cammino che da questo li separa e che loro stessi, con le proprie
maledette mani, si fanno lastricato di vetri scheggiati, alla fine
non è per loro forse più atroce?
Egli
non baratta la propria arte per un secondo fine di denaro o di
potere, perché ciò che fa lo fa per amor della violenza
e di null'altro, poiché null'altro, invero, è più
grande di questa, null'altro è meritevole di tanta
venerazione, di tanta ossequia.
Egli
non si vende: non farti trarre in inganno dalla sua remissività
innanzi alla Cura... Accecato dalla noia della prigionia
sarebbe pronto a vendere quell'idiota di sua madre pur di uscire, pur
di tornare a vedere sulla propria pelle il sole, pur di tornare a
sentire il brivido bestiale della sua ferocia.
Egli
forse la sottovaluta, sì, questo posso concedertelo, la crede
inefficace, pensa che non possa piegare il suo spirito e difatti è
così, il suo spirito non muta, l'odio rimane sopito in lui e a
dir bene ancor più cresce, cresce come una bestia incattivita,
nutrita solo dalla rabbia e dall'irruenza della frustrazione di un
essere che non può far altro che rimanere in potenza senza mai
raggiungere la perfezione dell'atto, ma benché lo spirito non
diserti se stesso, la carne è
debole e non ha riparo dallo strazio, non ha salvezza dal martirio...
Quando
Alex realizza tutto ciò, dilaniato, scannato dalla gioia di
Beethoven, comprende il suo tragico errore e rifiutando di stare
senza tuttavia poter essere davvero, giacché egli è
solo in virtù della sua violenza, egli è la sua
violenza, rifiutando la farsa di una vita abortita nella menzogna
eccolo allora accingersi all'atto suo di coraggio e devozione più
grande, eccolo infine gettarsi tra le braccia della morte, eccolo
dunque, molto più coraggiosamente di tanti altri, mordere la
terra nera ed i vetri della finestra sfondata...” nella voce
dell'uomo più potente di Londra un fremito di gioia si ode
distinto, mentre i suoi occhi, scuri come i veli delle Moire,
brillano di una luce selvaggia ed animalesca che Sebastian stesso può
osservare ora per la prima volta.
E
forse... Se questa sua fede non fosse stata così salda...”
azzarda appena quello, accigliato, in un sussurro “Forse...”
“Indubbiamente
non si sarebbe salvato.” Lo anticipa secco, senza battere
ciglio “La sua fede nella violenza è il suo riscatto e
la sua resurrezione, la sua guarigione da quella cura ignobile...”
Cade
il silenzio e Moriarty continua a fissare lo schermo ad alta
risoluzione sul quale il giovane Alex sta volando giù da una
finestra come l'angelo che non è e che non sarà mai,
mentre Sebastian si alza dalla sua poltrona stiracchiandosi un po',
per poi riaccomodarsi, ma questa volta sul bracciolo della poltrona
del suo capo.
“Scommetto
che ti piacerebbe...” gli sussurra quindi all'orecchio il suo
drugo, con la destra che lenta scivola sulla coscia “Poter
essere come Alex, intendo... poter vivere nella violenza e per la
violenza soltanto, senza dover star dietro ad un qualche secondo
fine, senza dover badare ad un piantagrane chicchessia o peggio
ancora ad un manipolo di piantagrane... poter prendere a calci un
barbone per il solo gusto di farlo e magari...”
“E
magari poter ascoltare il grande Ludovico Van per tutto il giorno!”
lo interrompe di nuovo, di colpo, in volto un'espressione estasiata,
un sorriso diabolico ed assieme allucinato, neanche si fosse appena
goduto davvero un bel bicchiere di lattepiù “Il
giorno in cui avrò eliminato l'inutile feccia che instancabile
mi assilla, il giorno in cui sarò riuscito a sfamare ogni mia
voglia, ogni mio capricco, allora mi vedrai morire e dopo tre giorni
resuscitare travalicando la soglia amara della morte e del sepolcro
come un nuovo Moriarty, come un Clockwork Moriarty e per
allora, vecchio mio, tieniti pronto perché, te lo assicuro, ci
sarà da divertirsi...”
Note:
1 Il modo in cui, Alex, il protagonista di Arancia
Meccanica, nella versione italiana, chiama Beethoven.
2 e 3 Termini ripresi direttamente dal modo di
parlare del protagonista
4 Si riferisce alla cura cui viene sottoposto Alex in
carcere e per la quale si offre volontario non tanto per spirito di
sacrificio o perchè voglia davvero diventare buono, ma solo ed
esclusivamente per poter uscire di galera.
5 Nome con il quale viene indicato lo scagnozzo nello
stesso lungometraggio.
6 Latte corretto con qualche droguccia mescalina come
viene servito al Korova Milk Bar, il ritrovo abituale di Alex e dei
suoi drughi.
Spero di
non avervi annoiato troppo...
ISI.
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