SECONDA CLASSIFICATA
al Contest “Neve” indetto da DarkRose86 – EFP Forum, la fic ha
ottenuto anche il riconoscimento “Premio
Trattazione dei Personaggi” all’interno del medesimo Contest.
Avvertimenti:
AU, slash merthur (ad interpretazione personale, si può leggere un accenno Reincarnation!AU).
Note dell’autore: Questa fic
era già stata scritta prima di vedere il bando e secondo me si adattava bene al
contest.
Per partecipare, ho dovuto solo aggiungere l’immagine, come richiesto nel bando.
Non vorrei ‘tradire’ il senso con cui era nata, perciò lascio intatte
l’introduzione che ho scritto alla sua stesura, la strofa che riassume il
concetto-chiave e l’immagine scelta da me originariamente.
Premessa doverosa.
Sì, lo so che ormai tutti sanno
quanto io odi la neve.
E ci ho già scritto su a sufficienza.
Eppure… oggi guardavo fuori dalla finestra tutto quel
biancore, e poi l’occhio mi è caduto sulla tazza di caffè e sul giornale
dimenticato lì accanto. E ho ricordato una cosa. Uno di quegli stupidi, vecchi
ricordi infarciti di nostalgia, e mi è venuta voglia di scrivere.
Ne è uscito questo. E’ una cosa che non ha pretese. E’ solo fluff, banalità, incoerenza, cliché
consumati, frasi già lette, immagini già viste e già vissute. Non è niente di che.
***
Saturday Morning (Coffee Break)
“Ho incontrato il tuo sorriso dolce
con questa neve bianca adesso mi sconvolge
(...)
Il tuo sorriso dolce è così trasparente
che dopo non c’è niente
è così semplice così profondo
che azzera tutto il resto e fa finire il mondo.”
(Tiziano Ferro, L’ultima notte al mondo)
Il sabato mattina, Arthur poltrirebbe a letto fino a mezzodì,
per compensare una settimana di levatacce.
L’esatto contrario di
Merlin che – tutta la settimana si alza all’ultimo minuto, facendolo
imprecare almeno per mezz’ora buona – il
sabato mattina si alza all’alba, per fare colazione con calma, secondo i suoi
ritmi.
Arthur si sente orfano e solo, quando, ancora mezzo
addormentato, allunga una mano sulla parte destra del letto e la trova fredda e
vuota. Rabbrividisce e mugola il suo disappunto istintivamente, perché non ha
ancora connesso il cervello, eppure sente
che manca qualcosa di importante. Manca qualcuno.
E allora si alza, borbottando contro il gelo siberiano che
ha investito Londra – siamo a febbraio,
dannazione! Com’è possibile?! – e si avvia,
scalzo, verso il bagno – che il freddo,
si sa, non è congeniale alle vesciche.
Quando se ne esce, e nel caos merliniano
che è la loro camera da letto ritrova, miracolosamente, le sue ciabatte felpate
con le corone dorate ricamate su – perché sei un megalomane, Pendragon! (aveva detto Merlin) –,
indossa suddette meraviglie kitsch e
si inoltra nel corridoio, stropicciandosi la faccia assonnata, e intanto il suo
naso si è messo a funzionare e riconosce un odore familiare – il suo stomaco
gorgoglia, in risposta – e i restanti suoi organi intraprendono la loro
quotidiana funzione, tranne il cervello,
ma quello è come un vecchio Diesel, bisogna che si scaldi un po’.
Ed è con questa convinzione che Arthur arriva sulla soglia
della cucina e si ferma, contro lo stipite, imprigionato nell’immagine di
Merlin, stretto dentro una coperta di lana come un bruco in un bozzolo,
appollaiato sullo sgabello sgangherato che non vuol buttar via, col naso
infilato nel giornale ancora caldo di stampa e il
caffè che fuma, nella tazza accanto alla sua mano che spunta dal plaid.
C’è la neve, dietro di lui, che cade silenziosa e
abbacinante; nella cornice della finestra che lo illumina, sembra un quadro
surreale. Sembra quasi provenire da un
altro tempo.
Merlin si porta alle labbra un altro sorso di bevanda, senza
staccare lo sguardo dall’articolo che sta leggendo; gli occhiali gli scivolano
un po’ in avanti, sul naso sottile, ma lui non se ne cura.
Arthur ha quasi paura di rompere quel momento – con un
respiro, una parola, con la sua sola presenza – e non osa muoversi dal suo piccolo
nascondiglio, da dietro il telaio di legno.
Questo è un attimo
privato di Merlin, è solo suo. Pensa.
Ma, come a smentirlo, l’altro
solleva la testa dal trafiletto e si volta verso di lui, con quel sorriso che
ogni volta gli fa tremare i polsi.
“Buongiorno, Principino! Il Diesel si è messo in moto?”
lo canzona.
Arthur sbuffa, ingoiando una rispostaccia.
“Vieni qui, dai.” Lo invita Merlin, sfilandosi gli occhiali che lo fanno
sembrare un po’ topo di biblioteca e un po’ nerd – e dannatamente sexy (ma questo Arthur lo
tiene per sé) –, e poi spalanca la coperta come se fossero le ali di un
pipistrello albino e Arthur non sa dire di no.
I suoi piedi si muovono da soli – è colpa del Diesel, poverino, col freddo ci mette ancor di più – e
finisce a sbatterci contro, mentre il suo compagno lo ingloba nel bozzolo caldo
– sembrano diventati un unico, gigantesco fiocco di neve, come quando due cristalli ghiacciati si toccano e si fondono; la stoffa
è così soffice che pare neve appena caduta, quella farinosa e irresistibile
–, e Merlin gli passa le braccia attorno al collo, e contemporaneamente alza le
gambe e le allaccia ai suoi fianchi.
Arthur lo solleva di peso – d’istinto, via, che il cervello s’è perso – e lo trasporta fino all’incavo
della finestra, che è dannatamente larga nel suo davanzale, tanto che entrambi
riescono ad appoggiarvisi, accoccolandosi in un intreccio precario di piedi e
braccia sovrapposte.
Merlin cerca le sue labbra per dargli il vero buongiorno.
E sono calde, e sanno
di caffè, e sanno di Merlin.
Arthur adora il sabato mattina, e adesso odia un po’ meno il
gelo di Londra, mentre il tepore di Merlin diventa il suo.
E non si sente più
solo, ora; ora che è divenuto anche lui parte di quel quadro, di quel frammento
magico, senza tempo. E forse non se ne rende neppure conto, ma lo sente. Lo sente nella pelle che freme, nelle
carezze che si scambiano, nei gemiti che sfuggono, nel cercarsi dei loro corpi…
…e la tazza fuma ancora, dimenticata sul tavolo, accanto al
giornale su cui spicca un titolo:
“San Valentino sotto la neve”
accompagnato dall’immagine della
coltre bianca caduta, un piccolo cumulo a
forma di cuore.
Intanto la neve cade quieta, fuori, fiocco dopo fiocco.
Fiocco. Dopo. Fiocco.
Senza disturbarli.
-
Fine -
Disclaimer: I
personaggi di Merlin e la strofa della canzone, citati in questo racconto, non
sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte
mia.
Ringraziamenti: Ringrazio
sentitamente DarkRose86, per le sue bellissime parole che – come autrice – mi
hanno riempito il cuore. *O*
A Shurei, per i bellissimi bannerini!
Ringrazio quanti leggeranno la fic,
e mi congratulo con le altre partecipanti e la vincitrice. ^^
L’intero bando del concorso si può leggere qui:
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10120074&p=1&tid=1c89722df520a90015770e4507db161eff73d4a3b3a2714b81cf513d2e16dfa0
Valutazione:
Correttezza grammaticale: 10/10
Stile: 9,5/10
Originalità: 8/10
Trattazione dei personaggi: 10/10
Utilizzo dell'argomento e dell'immagine: 10/10
Gradimento personale: 4/5
Totale: 51,5/55
Il giudizio dovrebbe comparire come commento,
appena possibile, inserito dalla giudice.
Bannerini *_*
Avviso di servizio: l’aggiornamento della mia long Linette
arriverà appena possibile, il cap. 55 era pronto, ma è
stato rimandato in revisione per sistemare un pezzo.
Nel frattempo, se vi va, vi invito
a leggere il secondo capitolo della mia raccolta “Arthur & The Mothers”.
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede)
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Grazie (_ _)
elyxyz