SF
Senza Fondo.
1.
All'età di
diciassette anni Katy aveva raggiunto i 93 Kg. Peso che, con
un altezza di un metro e mezzo corrispondeva ad un BMI di 50.
Traduzione :
obesità patologica di secondo tipo.
Obesità.
Patologica.
Quante volte
aveva sentito quella parola Katy. Quante volte aveva
guardato trasmissioni, letto riviste, ascoltato seminari in cui si
parlava dei disordini alimentari.
Centinaia,
forse migliaia di volte. Perché lei lo sapeva di
essere obesa, glie lo ripetevano in continuazione. Amici, parenti,
sconosciuti a caso che incontrava per strada si premuravano sempre
affinché non lo dimenticasse mai, il suo peso in eccesso. E
sapeva anche tutte le consguenze a cui andava in contro se non si fosse
decisa a perdere peso: malattie cardiache, rischi di tumore, diabete,
infarto, problemi alle articolazioni, ictus e chi più ne ha
più ne metta.
Eppure
sembrava che tutti ci tenessero a ricordaglielo, che era malata.
Perché se c'era una cosa che Katy aveva capito era che era
malata.
Obesità
= malattia.
Lo dicevano
tutti i medici/esperti/giornalisti di cui aveva guardato le
trasmissioni e/o letto gli articoli.
"L'obesità
è una malattia. L'obesità infantile
è in aumento. Ma lo sapete che si muore? Si
perché il
cuore si affatica e le articolazioni cedono e c'è rischio di
infarto e blablabla."
"Si,
lo so!"
Urlava Katy a se stessa. Mettetevi l'anima in pace miei cari
medici. Nessuno mangia nutella pensando che gli faccia bene.
Nutella
= obesità = malattia. Amen.
Così
si decise, un giorno, finalmente ad iniziare una dieta. La
dottoressa sembrava così gentile. "Pensa
a quanto ti sentirai
bene. E' un circolo vizioso che devi interrompere. Sei giovane. Sei
così carina."
Anche quello
se lo sentiva dire spesso. Che era carina. Ma in genere lo
facevano solo i suoi genitori. E di solito lo accompagnavano ad un "Se
dimagrissi un po' saresti bellissima".
"Si. Va bene.
Ora la inizio questa dieta del cazzo."
Ne aveva
provate tante Katy di diete. Tutte, neanche a dirlo, irrimediabilmente
fallite.
Ma questa
è la volta buona, si diceva. "Questa
volta cambio
davvero eh. Ci tengo al mio cuore alle mie articolazioni e a non fare
le smagliature eccetera eccetera".
Così
un giorno a caso di una settimana a caso di un anno a caso
( perché non serve che sia la mezzanotte di
lunedì di un
mese dispari dell'anno bisestile) Katy si mise a dieta.
Due settimane
dopo, al primo controllo aveva perso 3 Kg.
Ah che
felicità. La dottoressa era felice, sua mamma era felice
e persino lei si sentì soddisfatta. I suoi sforzi erano
stati
ricompensati.
Non per cantar
vittoria troppo presto, ma chi inizia bene è già
a metà dell'opera. Giusto?
No.
Se ne accorse
con il tempo Katy, che la strada per perdere peso
è lunga e dolorosa. E non sempre la bilancia segna il peso
che
vorresti.
Non poteva
negare a se stessa di aver sgarrato
qualche volta. Non troppo spesso però eh. Solo che la
cioccolata
era lì, nella credenza (eh già, non avevano
smesso di
comprarla) e lei era sola a casa e doveva venirle il ciclo e ne aveva
voglia.
Magari la
mangiava anche il giorno dopo. "Tanto
ormai la frittata è fatta, no"?
Però
poi pensava ai chili persi, ai jeans di una taglia in meno e si
pentiva. E il giorno dopo riprendeva la dieta.
"Ho
ceduto, è vero. Ma non manderò tutto a puttane.
Non questa volta, cavolo."
E non
mandò tutto a puttane. Aveva perso una battaglia ma la sua
guerra con il cibo era appena agli inizi e lei non poteva arrendersi.
Stanca degli
scarsi risultati, tentò il tutto per tutto e fece
l'impensabile. Si iscrisse in palestra.
"Fare
esercizio aiuta a bruciare le calorie. Dona benessere. Aiuta a
produrre endorfine e a combattere lo stress." Aveva detto la sua
dottoressa. Non che ci credesse tanto ma in fondo non poteva farle
male. Certo era che l'imbarazzava...fare esercizio davanti agli altri.
Quasi quanto mangiare davanti agli altri. Si sentiva sempre
così: osservata, giudicata, derisa.
Manie di
persecuzione? Forse. Ma a pensare male non si sbaglia mai.
Ingoiò
il rospo Katy e dopo qualche tempo andare in palestra non le
sembrò poi tanto male.
Le veniva
quasi più facile allenarsi, mano mano che perdeva
peso. Ogni volta si sentiva meno guardata, meno a disagio, meno diversa.
Dopo
mesi di dieta, Katy aveva raggiunto i 74 Kg. "Cavolo,
non
pesavo meno di di 75 Kg da quando avevo tredici anni." aveva detto alla
dietologa.
Mancava ancora
un bel po' al traguardo. Ma era anche aumentata in
altezza : di ben quattro centimetri per l'esattezza. Straordinario, eh?
E tutto con
una dieta sana ( perché Katy era inteligente
abbastanza da non lasciarsi irretrire da una di quelle pericolosissime
diete ipocaloriche) e con una moderata attività fisica.
E dire che
aveva sentito di gente che dimagriva anche così,
senza
liposuzione, interventi o altro. Ma non pensava che un giorno ci
sarebbe riuscita anche lei.
"E'
tutto merito mio. La differenza l'ho fatta io. Non mi sono arresa e ho
continuato a lottare nonostante fosse difficile."
E che
soddisfazione incontrare amici che non vedeva da tanto tempo
"Quanto
sei dimagrita. Sei bellissima. Non che non lo fossi anche prima
eh, ma adesso..."
"Wow"
dicevano
i ragazzi per strada. "Sei
stupenda".
Si imbarazzava
davanti a certe esclamazioni Katy. Era un bel passo avanti rispetto a
"cicciona"o "ippopotamo".
L'incubo era
finito. Aveva cambiato la propria vita.
Era guarita
dalla sua malattia.
O almeno
così credeva.
Senza quasi
accorgersene aveva iniziato a contare le calorie che bruciava in
palestra.
Poi quelle dei
singoli alimenti.
Poi quelle che ingeriva.
"Solo
per curiosità eh." Certo Katy. Contenta
tu Katy.
"Oggi
non la mangio la pasta. No mamma sto bene, solo che per sbaglio
ci ho messo troppo sale. No mamma ho già mangiato oggi."
Ma non aveva
mangiato affatto Katy. Tanto chi poteva saperlo? Era sempre sola a
casa.
Ed era sempre
sola quando un giorno, Dio lo maledica, Katy aprì
la dispensa. Dopo tanto tempo mangiò la cioccolata.
Lo aveva fatto
senza neanche rendersene conto e quasi non lo
ricordava.Non che ne avesse realmente voglia, solo che non poteva
impedirsi di mangiarla.
Era come se si
guardasse dall'esterno mentre si abbuffava di tutte quelle cose che per
mesi aveva costantemente evitato.
Neanche i
crampi allo stomaco riuscivano a fermare quella fame vorace
che sembrava essere divampata all'improvviso. Non aveva il controllo su
ciò che mangiava. Non era colpa sua.
"Come
ho potuto. Dopo tutti i sacrifici. Non voglio ingrassare di nuovo"
Piangeva Katy.
Si sentiva sempre in colpa dopo aver mangiato.
Corse in
bagno. La nausea era insopportabile.
Nausea
per il cibo che aveva ingerito? Nausea di se stessa?
Tutte e due
forse.
Ma ancora una
volta perse il controllo del proprio corpo.
Vomitò.
Blea fa
schifo. Lo dicono sempre che fa schifo vomitare. Ineffetti
neanche per lei era stato piacevole. Ma dopo averlo fatto si
sentì meglio.
Molto meglio.
"E
se non avessi vomitato tutto?" Pensò Katy."Meglio
non mangiare oggi. Sai com'è...per precauzione."
Certo Katy.
Come vuoi tu Katy.
La parola
"obesità" le aveva sempre fatto paura. Ecco
perchè fu sorpresa di trovarne una che la spaventasse anche
di
più.
Bulimia.
L'obesità
è una malattia. La bulimia è una malattia.
L'anoressia è una malattia.
I medici lo
insegnano.
Per la prima
volta però Katy dissentì.
E se quella
che per gli altri è la malattia non fosse altro che un
sintomo?
Un sintomo di
un male peggiore, di un disagio interiore che non si riesce ad
esternare.
Mangiare
troppo fa male. Vomitare fa male. Digiunare fa male. Lo sapeva
benissimo Katy, eppure continuava a fare tutte e tre le cose. In un
ciclo terribile e senza fine.
Perché?
Ma come, non lo avete capito?
No, miei cari
non c'entra la bellezza, le modelle o tutte quelle stronzate che ci
proprinano i mass-media.
Katy voleva
stare male fuori così come si sentiva male dentro.
E se mai
qualcuno si fosse curato di gurdare oltre il suo peso forse si
sarebbe accorto che il vuoto non ce lo aveva nello stomaco ma al cuore.
Un vuoto che
per quanto mangiasse non sarebbe mai riuscita a colmare.
Ciao.
Mi chiamo Katy. Ho 18 anni e lotto con il cibo tutto il giorno tutti i
giorni.
Perché?
Perchè
lottare con il cibo, mi distrae dal lottare con me stessa.
Adesso lo sa
Katy. Ha realizzato che la vera malattia non era la sua
obesità e non sarà la sua bulimia.
La malattia
è da un'altra parte. Nascosta. Ben nascosta.
Ma averlo
finalmente realizzato, forse, l'aiuterà anche a trovarla. E
magari a guarire.
Una volta per
tutte.
Fine.
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