Alò, a rieccola, sempre per il medesimo motivo
del fandom ormai alla deriva e della promessa che ci siamo fatte di
postare ogni atrocità che ci viene in mente, ho deciso in
fine di postare questa cosa oscena. Anche perché Maya me lo
ripete di continuo, perciò eventualmente prendetevela con
lei!
L'ho scritta mesi e mesi fa, scritta, riscritta e riscritta ancora, e
non mi ha mai soddisfatta proprio, non so perché, eppure
dovrebbe, essendo la storia di come Jim e Bones si sono conosciuti e
innamorati dovrebbe essere in cima alle mie preferenze D:
Principalmente c'è da dire che è nata per dare un
carattere, un motivo, insomma un'esistenza al personaggio di Gary
Mitchell, che purtroppo non abbiamo mai conosciuto se non attraverso
qualche romanzo, ed essendo io una fanatica di Kirk, questa cosa la
trovo una grossa mancanza personale XD
Non so quando saranno pronti i prossimi capitoli, ho anche paura di
rileggerli XDDD
Ah credo che in seguito il raiting si alzerà ad arancione e
il livello di patetismo dei personaggi raggiungerà
proporzioni bibliche!
1
-Diario personale, data stellare 2721 punto 3,
diario del tenente Mitchell.
La Ferragut è approdata alla base stellare sette
in pessime condizioni dopo l’incidente di una settimana fa,
in data stellare
2324 punto 6. I lavori procedono a rilento data la lontananza di questo
avamposto rispetto al quartier generale di Starfleet e in questo
sistema solare
giungono poche navi, i pezzi di ricambio stanno richiedendo molto
più tempo per
giungere fino a noi. Di questo passo le riparazioni richiederanno
minimo sei
settimane.
Le condizioni di salute dei trenta uomini
dell’equipaggio situati nei pressi dell’esplosione
principale al momento
dell’incidente, stanno lentamente migliorando, ciascuno
secondo i propri ritmi.
Il ferito più grave, il tenente James T. Kirk,
dopo essere rimasto in coma per quasi una settimana, sembra ora sulla
via di un
completo recupero. Il medico che lo sta seguendo, primario del piccolo
ospedale
della base stellare, dottor McCoy, ritiene che entro otto settimane si
sarà
completamente ristabilito e sarà in grado di riprendere i
suoi doveri. Non gli
sarò mai abbastanza grato per aver salvato la vita del mio
compagno.
Il capitano Garrovich sembra contrariato dalla
nostra ‘licenza’ forzata, molti membri
dell’equipaggio non essenziali alle
riparazioni e in ottimo stato di salute, hanno approfittato
dell’occasione per
riposarsi su questa piccola base, o per raggiungere i vari mondi di
questo
sperduto sistema planetario.
Personalmente, dopo aver passato una settimana in
ospedale, per le mie leggere ferite e la preoccupazione per il mio
amico
sopracitato, ora ne sto approfittando per riposare e portarmi avanti
con del
lavoro arretrato.-
“E’ nero! Dovresti vederlo!”
Esclamò Gary con un sorriso smagliante, senza
preoccuparsi di nascondere un lampante divertimento al solo ricordo
dell’espressione imbronciata e urlante del capitano
Garrovich, impegnato da
quasi una settimana a sbraitare, in primis contro Starfleet per la
lentezza dei
soccorsi, e poi con il suo equipaggio, per l’evidente
sollievo che sembrava
trarre da quella vacanza fuori programma.
“Addirittura?”
Jim cercò di apparire sereno e altrettanto
divertito, nonostante sentisse un grande dolore alla schiena,
l’immagine del
capitano sbraitante faceva sempre il suo effetto.
Il giovane e biondo tenente Kirk era sdraiato in
quel letto bianco d’ospedale già da una settimana
intera, e ce ne avrebbe
dovute passare altre sette probabilmente, almeno queste erano le
intenzioni del
suo dottore.
Erano nella camera d’ospedale dove Jim era
ricoverato da quando erano giunti alla colonia, un ambiente semplice e
ben
arieggiato, illuminato da forti lampade. Oltre il letto vi era un
piccolo
mobile, un armadio e una scrivania, tutto rigorosamente bianco e
immacolato. Un
ambiente che a Jim risultava più claustrofobico ogni giorno
che vi passava
rinchiuso.
Inutile dire quanto il giovane tenente trovasse
tutta quella situazione del tutto opprimente. Al solo pensiero di dover
stare
lontano dai suoi doveri, dalla nave, dallo spazio, per così
tanto tempo, si
sentiva ribollire nelle vene e tutto quel bianco nel quale era immerso
sembrava
potesse soffocarlo.
Da quando era uscito dall’accademia non aveva
passato più di una settimana lontano dal suo lavoro, che a
conti fatti, era
tutta la sua vita, tutto ciò che desiderava, che lo faceva
alzare la mattina,
sempre di buon umore. Era tutto ciò che aveva e voleva per
sé.
“Beh, è costretto a ritardare tutte le missioni di
due mesi quasi, la Ferragut è in pessimo stato, ci vorranno
almeno altre cinque
o sei settimane per riparare tutti i danni, sempre che ci arrivino i
pezzi! E
per riparare te ce ne vorranno anche di più!”
Gary non si era mosso dal suo capezzale per tutta
la settimana che Jim era rimasto tra la vita e la morte, e anche se in
quel
momento il suo amico era ormai pienamente fuori pericolo, il tenente
Mitchell
rimaneva costantemente preoccupato, assalito da una paura che ancora
doveva
fare il suo corso prima di essere definitivamente abbandonata dietro di
sé.
Passava con Jim ogni secondo libero che riusciva a
ritagliarsi, il vederlo sveglio, attivo e sorridente era ciò
di cui necessitava
per convincersi, una volta per tutte, che quell’incubo fosse
finalmente giunto
a termine e che tutto si era concluso per il meglio.
“Ma io mi sento bene! Se il capitano vuole tirarmi
fuori da qua mi farebbe un gran favore!”
Kirk fece per alzarsi dal letto ma si bloccò
istantaneamente e la smorfia che apparve sul suo bel viso
lasciò trasparire
tutto il dolore che aveva completamente attraversato il suo fisico in
quell’istante. Gary sbuffò contrariato e si
alzò in piedi facendolo mettere di
nuovo sdraiato
“Sei un cretino…”
Aveva già assistito Jim malato in altre situazioni
ed era quindi perfettamente consapevole di tutta la sua insofferenza in
simili
circostanze, sempre troppo attivo ed energico per riuscire a stare
fermo tutto
quel tempo.
“Smettila di agitarti, dai”
Mormorò, armato di infinita pazienza
“Fiato sprecato signor Mitchell, sono giorni che
glielo dico e giorni che mi ignora!”
Sentirono entrambi l’allegro accento americano del
dottore che teneva in cura Jim, il dottor McCoy, appena entrato dalla
porta
automatica che si affacciava su un lungo corridoio bianco e spazioso.
Quel ragazzo, giovane ma estremamente competente, gli
aveva salvato la vita, contro ogni probabilità di riuscita.
Gary lo aveva visto prodigarsi molto per Jim in
quella settimana, e se lui non era riuscito a chiudere occhio, il
dottor McCoy
non era stato da meno.
“Prima o poi ce lo legherò al letto!”
Esclamò il dottor McCoy avvicinandosi ai due con
un tricorder stretto nella mano destra
“Promesse, Doc, solo promesse…”
Rispose il tenente Kirk con un bel sorriso
smagliante, il ragazzo moro seduto accanto a lui esplose in una bella
risata
divertita mentre il dottore si gelò un attimo sul posto per
poi sciogliere
l’espressione sbigottita anche lui in un bel sorriso
“Fa sempre così?”
Chiese a Gary scuotendo la testa, il tenente
Mitchell alzò le spalle tirandosi su dal letto per lasciar
lavorare il medico
“Oh beh, lo fa spesso”
“Bene, ora stai fermo James, vediamo un po’ queste
fratture”.
Si sedette sul letto e cominciò a passare il
tricorder medico lungo tutto il corpo atletico del giovane ragazzo, che
continuava a sorridergli e a fissarlo con quegli occhi chiari,
brillanti e
ricolmi di vita
“Ha mai visto tante ossa rotte tutte insieme, Doc?”
Chiese Gary sarcasticamente lanciando un’occhiata
di rimprovero a Jim per tutta la paura che gli aveva fatto provare,
McCoy
scosse la testa alzandosi in piedi per controllare i dati che
apparivano nello
schermo nero dietro la testata del letto
“E mi auguro di non vederle più!”
Esclamò scrivendo i dati osservati sul suo padd.
Il comunicatore di Gary iniziò a suonare
insistentemente
“E’ il capitano?”
Chiese Kirk, il ragazzo bruno scosse la testa
“No, devo andare!”
Si avvicinò all’amico, baciò la sua
testa biondo
scuro e uscì dalla stanza a piena velocità.
Jim sorrise e incrociò le braccia al petto
“Mi lascia qui per correre dietro a una ragazza,
che roba”
Mormorò ironico, McCoy sorrise e si avvicinò al
letto trascinando con sé un mobiletto dotato di piccole
rotelle, recante garze
e quant’altro per cambiare la fasciatura che stringeva gli
addominali del
giovane, escoriati e bruciati a causa dell’incontro
ravvicinato con
l’esplosione principale dell’incidente sulla
Ferragut
“Quel ragazzo non ha né dormito né
mangiato per
una settimana, ti è stato vicino tutto il tempo, non mi
lamenterei della sua
amicizia se fossi in te”
Borbottò, concentrato nel preparare un hypospray.
Si avvicinò col busto al ragazzo, aiutandolo a togliersi la
camicia bianca
dell’ospedale
“Piano…”
Raccomandò nessun movimento brusco a quel corpo
ancora sulla via della guarigione
“E’ la prima volta che qualcuno mi dice di
spogliarmi piano…”
Mormorò il tenente Kirk con una tale naturalezza e
disinvoltura da lasciare il dottore alquanto interdetto, come spesso
gli
capitava di rimanere con quel ragazzo impertinente e piacevole al tempo
stesso,
in un matrimonio curioso di mille sfaccettature che lo costituivano
all’unisono
e che il dottore trovava tremendamente intrigante e, in qualche modo,
intimorente.
Aveva visto il tenente flirtare con ogni
infermiera vagamente piacente che aveva la fortuna di incrociare il
ragazzo in
qualsiasi luogo e in qualsiasi momento. Spesso le giovani cercavano
appositamente ogni ridicola scusa pur di dare un’occhiata,
anche fugace a quel
Kirk, e non era certo difficile capirne il motivo, né il
dottor McCoy si
sentiva di poter biasimare il loro comportamento; il sorriso di quel
ragazzo,
in certe pessime giornate, era un antidepressivo naturale.
Lo aveva visto in simili atteggiamenti anche con i
membri femminili dell’equipaggio della Ferragut che erano
andati a trovarlo in
quei giorni, dopo il suo risveglio, ma il dottore non riusciva a
smettere di
pensare e ripensare e a chiedersi, quotidianamente, perché
mai quel ragazzo
dovesse flirtare con lui, con una tale ostentazione, in quel modo
assolutamente
sfrontato e arrogante… e maledettamente provocante che lo
faceva diventare
matto.
“Tutto bene, Bones?”
Chiese il giovane con quel suo sorriso delizioso,
McCoy non tardò un minuto a costatare quanto fosse,
semplicemente, bello.
Aggrottò le sopracciglia
“Bones?”
Domandò curioso, Jim alzò le spalle, non
cambiando
espressione
“E’ per quelle che ti ricorderai di me
immagino…
E’ un soprannome appropriato per un dottore, no?”
“Ah beh, meglio di Plum…”
Mormorò McCoy, togliendogli lentamente il
bendaggio
“Plum?”
“Lascia stare…”
Non era il caso di fornire alcuna spiegazione
riguardo quello stupido soprannome affibbiatogli da Nancy qualche tempo
prima.
“Se non ti piace ne cerco un altro”
“Mi piace… Jim”
Si affrettò a rispondergli, alzando gli occhi al
suo volto, con un bel sorriso che il giovane ricambiò
prontamente.
Jim non indagò minimamente sul perché quel
piccolo
e semplice gesto, quello stupido scambio di nomignoli, gli
provocò tanto calore
alle guance.
“Begl’occhi, Bones…”
Mormorò il tenente, il dottore aggrottò ancora le
sopracciglia e scosse impercettibilmente il capo, distogliendo
l’attenzione da
quel volto, si sentì lievemente arrossire, probabilmente lo
aveva fissato
troppo a lungo.
Finì in assoluto silenzio il cambio della fasciatura,
Jim nemmeno parlò, ma Bones percepiva lo sguardo chiaro e
curioso del giovane
su di sé. Uno sguardo attratto e tentatore, forse era solo
una sua impressione,
constatò tra sé, o peggio, un suo desiderio.
Così il medico si alzò e aiutò il
ragazzo a
sdraiarsi di nuovo sul materasso, sistemandogli bene i cuscini dietro
la
schiena
“Prova a dormire un po’, fra un’oretta
arriverà
l’infermiera con la cena”
Borbottò assestandogli coperte e guanciali
“Preferirei che me la portassi tu…”
Ammise Jim con quanta più schiettezza possibile, asserzione
che suonava tanto come una richiesta, richiesta assolutamente
accattivante alle
orecchie del dottore
“E’ una ragazza molto carina Jim, vedrai che la
troverai molto più interessante di me!”
Il tenente sorrise
“No, io non credo… ci vediamo tra
un’oretta,
Bones…”
Sbadigliò sonoramente e girò il collo
dall’altro
lato.
Leonard McCoy si ritrovò a sorridere tra sé e a
scuotere, divertito, lusingato e allettato, la testa. Quel ragazzino
biondo era
davvero un affascinante problema.
§§§
“Ahia! Fa piano, cavolo!”
Continuava a sibilare Jim tra i denti, cercando di
mantenere i lamenti doloranti, mentre Gary lo aiutava con uno dei suoi
esercizi
di riabilitazione.
Tanto per cambiare era sdraiato nel suo letto in
ospedale, cosa che ormai lo mandava totalmente fuori di testa, ma le
sue gambe
facevano ancora fatica a camminare per più di qualche metro.
Le uniche cose che
gli evitavano di impazzire del tutto erano le costanti visite di Gary e
le
lunghe chiacchierate con il dottor McCoy.
Era steso supino con le gambe in aria, posizionate
ad angolo retto, e stava cercando di farle girare in senso orario, Gary
ogni
tanto gli afferrava le caviglie costringendolo ad accelerare i tempi, o
a
rallentarli in caso di uno sforzo eccessivo, nell’ingenua
speranza di giungere
a una più veloce guarigione.
“Uh come piagnucoli!”
“Ti diverti? Io per niente”
“Spero ti serva da lezione per la prossima volta!”
Anche nel mentre diceva quella frase Gary era del
tutto consapevole che tale avvertimento sarebbe caduto,
inesorabilmente, nel
vuoto. Jim sospirò, l’amico gli avrebbe
rinfacciato la paura che gli aveva
fatto provare in quella settimana per ancora molto, molto tempo, e lo
comprendeva
perfettamente.
“Non ti lamenti così tanto con il bel dottorino
dagli occhi azzurri però, ti devi far vedere forte e
coraggioso da lui penso…”
Sorrise Gary con lampante malizia, rallentando i
giri delle gambe di Jim, il biondo ragazzo tirò leggermente
su il collo per
fissare l’amico, accigliato, fingendo di non capire tale
insinuazione o non
volendo dargli alcuna soddisfazione.
“Eh? Che stai blaterando?”
“Ti piace…”
Cantilenò il ragazzo bruno sorridendo divertito,
con tutta la buona volontà Jim non poté impedire
ai suoi zigomi di diventare
leggermente rossi, e scostò il viso, ancora più
corrucciato
“E allora?”
“E allora l’ultima volta che ti sei perso dietro
qualcuno volevi mollare tutto e…”
“Non tirare fuori Carol per favore… e non
esagerare. E’ un ragazzo simpatico e intelligente, mi ci
trovo bene a parlare,
tutto qui”
“Oh, quindi per ora vi limitate a parlare?”
Domandò Gary alzando le sopracciglia, con aria di
sufficienza
“E piantala di insinuare cose del genere, non è
detto che debba accadere qualcosa di diverso!”
“Ma ci stai pensando…”
Il moro sorrise ancora e scosse la testa
ricominciando a fargli girare le gambe, preferendo lasciar cadere ogni
questione.
Eppure, non si seppe spiegare il motivo, provò una
lieve irrequietezza in quel momento. Quell’interesse del
tutto irrazionale che
Jim nutriva gli parve, in un certo senso, disonesto.
Non seppe darsi un’interpretazione di quella
sensazione in quel momento, d’altronde neppure la
cercò, non riuscì ad
avvertire alcuna complicazione in quel bizzarro fastidio inaspettato e
immotivato.
“E la tua ragazza settimanale?”
La voce maliziosa di Jim lo ridestò dai suoi
pensieri, il ragazzo bruno alzò le spalle e tirò
più forte le caviglie
dell’amico, cercando di distrarlo dalla sua domanda
“Ahia! Cavolo, Gary!”
“Oh scusami, dicevi?”
Chiese ostentando una falsa innocenza
“Sei andato in bianc… AH!”
Nonostante gli avesse fatto discretamente male, pur
di non fargli finire la frase, Jim non seppe trattenere una risata
divertita,
appurando da quel comportamento che la sua supposizione sulla serata di
Gary
fosse del tutto corretta, e traendo da ciò un notevole, e
lievemente sadico,
divertimento che sapeva di leggera vendetta per l’imbarazzo
di poco prima.
“Stupidaggini! Era indisposta!”
“Certo, ogni volta che esce con te è sempre
indispos… Oddio! Così mi ammazzi!”
Urlò ancora dopo un’altra stretta, ma il suo bel
viso disteso e sereno continuava a ridere
“Allora smettila di sfottermi!”
Ma nonostante le sue parole, Gary non riusciva a
non rispondere alla risata allegra di Jim, l’aveva sempre
trovata adorabile,
contagiosa, e la cosa più straordinaria era poterla di nuovo
vedere e udire,
dopo quei tetri giorni passati a sperare che si ridestasse dal suo
sonno
costretto. Ai piedi del suo corpo inerme e sfinito, mentre la speranza
di
vederlo di nuovo aprire quegli occhi chiari e brillanti scivolava
lentamente
via da lui, sebbene tentasse strenuamente di trattenerla a
sé.
Ed ora, vedere Jim desto, energico, gioioso e
lamentoso, deliziosamente capriccioso come l’incantevole
ragazzino che era, lo
rendeva felice sopra ogni limite.
E con ancora la mente assillata dall’irragionevole
angoscia di quell’orrendo incubo appena chiuso, il ragazzo
bruno fissava il
compagno, non smettendo di rendere tacitamente grazie al suo Dio di
poterne ancora
ascoltare la spensierata risata.
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