I
– 22 Marzo 1968
La piccola stanza silenziosa era poveramente
illuminata da una lampada da tavolo posta accanto al divano, rimasta
accesa da
chissà quanto tempo, ed era l’unica fonte di luce
nel piccolo saloncino.
Le sue orecchie udivano solo qualche piccolo
rumore ovattato provenire come da una distanza infinita ma nulla
riusciva a
scalfire la coltre di sonno che lo aveva raggiunto
all’improvviso e, seduto sul
divanetto, con la schiena e la testa completamente abbandonate sui
guanciali
bianchi, Leonard stava finalmente per raggiungere le generose braccia
di
Morfeo. Quasi, appunto.
Improvvisamente si sentì un peso addosso e si
destò quasi di soprassalto. Spalancò gli occhi
scuri per ritrovarsi innanzi
alla vista il petto liscio e roseo dell’amico, sedutosi
comodamente a
cavalcioni sopra di lui
“Dormivi?”
Gli domandò questi con noncuranza, Leonard si
stropicciò gli occhi e si tirò un po’
su sulla schiena
“Mmm…”
Bofonchiò qualche parola scomposta e notò solo
dopo una lunga occhiata assonnata i lunghi calici che William aveva in
mano
“Cos’è?”
Domandò annusando quello che gli era stato gentilmente
offerto, appurando da solo che si trattasse di champagne, un misero
mezzo
bicchiere di champagne, mentre Bill doveva essere già al
terzo presumibilmente,
a giudicare dalle guancie arrossate.
“Indovina”
Si limitò a rispondergli con sufficienza, Leonard
annuì capendo, d’improvviso, a cosa doveva lo
spumante. Voltò poco il collo in
direzione dell’orologio appeso al muro vicino alla porta che
dava in cucina,
era mezzanotte precisa, e quindi era il ventidue marzo. Sorrise e
alzò il flute
verso il collega
“Che si festeggia?”
Domandò ostentando una finta dimenticanza, Bill
aggrottò le bionde sopracciglia ma non era intenzionato a
dargli alcuna
soddisfazione e si limitò ad alzare fieramente il mento
“Lo sai benissimo, esattamente trentasette anni fa
nasceva l’uomo più affascinante del
mondo…”
Disse con estrema serietà e Leonard sorrise mentre
lo faceva accomodare meglio sulle sue gambe, perché per
quanta autoironia Bill
ci mettesse nell’elogiarsi continuamente, in
realtà era molto ben convinto di
quello che diceva
“…dovrebbe essere festa nazionale”
Concluse
“Mmm…”
Leonard annuì ancora mentre la mano libera aveva
iniziato a vagare sulla schiena nuda dell’amico, quasi fosse
un movimento
istintivo
“…non mancano ancora quattro giorni?”
Domandò poi con la medesima fiera espressione
riferendosi al proprio compleanno. Bill lo guardò qualche
istante con
un’espressione indecifrabile, o fin troppo decifrabile, per
poi sorridere.
Sorrise, senza la solita vena di malizia e ironia che sempre
costituivano il
suo volto, mostrando un sorriso dolce e in qualche modo sereno
“Hai ragione…”
Mormorò avvicinando il perfetto profilo a quello
del collega
“…oggi è del secondo uomo
più affascinante del mondo”
E Leonard rimase piacevolmente stupito da quelle
parole, pronunciate con quella serenità e quella
sincerità che era raro
riscontrare su quel viso che tanto gli piaceva osservare e studiare. E
il bruno
uomo alzò le sopracciglia, o quel che di loro rimaneva
quando toglieva il
trucco di scena, esibendo la sua piacevole sorpresa
“Addirittura?”
Sorrise
“Questo è proprio amore…”
Gli sussurrò su quelle belle labbra carnose che
avevano il più dolce sapore che avesse mai provato
“Credo di sì…”
Rispose Bill riacquistando la sua famosa baldanza
e brindando alla sua salute ingurgitando il quarto bicchiere di
champagne in appena
pochi secondi.
“Perché a me così poco?”
Si lamentò Leonard potendo a malapena bagnarsi le
labbra con il quantitativo di bevanda che gli era stato portato
“Perché bevi troppo”
Bill fu categorico mentre allungava un braccio per
posare il flute vuoto sul tavolino accanto al divanetto, per poi
sequestrare
anche quello di Leonard, che rimase ancora più corrucciato
“E tu non sei mia moglie, Bill!”
“Eu contraire, mon cher!”
Rispose prontamente il festeggiato incrociando le
braccia al petto, autoritario come non mai, forse anche vagamente
infastidito e
Leonard sorrise di nuovo, divertito da quell’espressione e
perché no, lusingato
e allettato da quelle parole decise, in quella lingua naturalmente
sensuale che
pronunciata dalle labbra di Bill mandava in tilt ogni pretesa di
mantenere un
ferreo contegno.
“E sono anche il capitano! Perciò non mi
contraddire”
Leonard scosse la testa e si riadagiò sullo
schienale del divano, quasi sconsolato o per lo meno arreso,
c’erano poche cose
che davano piacere a Bill come quella di essere ‘il
capitano’, come se la sua
autostima necessitasse di interpretare anche quel ruolo. Ma in fin dei
conti,
lo adorava anche per questo.
Il canadese sospirò e si allungò tutto sul corpo
del compagno posando i gomiti sulle sue spalle
“Lo so, è faticoso sopportarmi… Cosa
non si fa per
un bel viso…”
Sorrise spostandosi il solito ciuffo ribelle dalla
fronte, decantandosi ancora, da solo, le proprie lodi. Leonard lo
strinse un
po’ di più, facendo aderire completamente il bel
petto liscio dell’amico alla
sua camicia
“Sei molto più di questo…”
Gli sussurrò ancora circondandogli la vita con le
sue lunghe braccia
“…anche sotto il mento sei messo piuttosto
bene!”
E si vide chiaramente lo sforzo sul viso di Bill
per contenere un’espressione offesa e accigliata, che fu
piuttosto bravo a dissimulare
con un’aria di totale indifferenza e baldanza
“Oh, questo vuol dire che devo approfittare della
tua compagnia prima di diventare un vecchio, grasso e calvo?”
“Mmm… non so se diventerai calvo, grasso di sicuro
se continui a mangiare tutte le colazioni che trovi nei
camerini…”
E scappò ad entrambi una risatina divertita,
perché il povero DeForest alla ricerca dei sui toast
scomparsi era sempre una
deliziosa scena alla quale pensare, e poi Leonard tornò serio
“Ma vecchio non credo lo diventerai mai”
Ed era forse con una punta di invidia che quelle parole
gli vennero alle labbra. Una cosa della quale Leonard era
più che sicuro era
che l’entusiasmo, la carica, e la faccia tosta di Bill non si
sarebbero mai
spente col passare degli anni, né alcun evento avrebbe mai
potuto riuscire a
spegnere o mutare quell’immensa vitalità e quella
genuina ostinazione che
caratterizzavano quell’ormai trentasettenne, con
l’immortale faccia vispa di un
eterno ragazzino, che stringeva tra le braccia.
“Perfetto direi, ci compensiamo bene…”
Mormorò William mentre, con assoluta nonchalance
iniziava a sbottonare la camicia scura del collega
“…tu sarai sempre secco, pieno di capelli ma
invecchierai molto presto”
Nonostante la mente di Leonard cominciasse ad
appannarsi, per ovvi motivi, riuscì a indispettirsi a
quell’affermazione
“Cosa?”
“Anzi, direi che sei già un po’
vecchio”
“Ch…”
Ma non ebbe modo di articolare nulla più che un
monosillabo sconnesso perché le carnose labbra di Bill
avevano cominciato ad
indugiare lentamente sulle sue, con la maestria e la passione che a
quell’uomo
di certo non mancavano.
E mentre le dita del biondo cominciarono a giocare
con la leggera peluria del suo petto, i movimenti sinuosi del suo
bacino
sortivano l’effetto desiderato e Leonard lo strinse ancora
tra le braccia per
pressarlo di più contro di sé, contraccambiando
quei moti e continuando ad
assaporare la sua bocca.
“Mmm… questo è il mio regalo,
Len?”
Sussurrò Bill mordendosi il labbro inferiore con
assoluta e consapevole lascivia mentre i suoi fianchi continuavano quei
dolci
movimenti. Il suo sguardo di quel colore così indefinito e
così bello era
visibilmente offuscato dal piacere caldo e crescente che accumunava
entrambi e
che potevano sentire alla perfezione a vicenda.
Leonard sorrise
“Non male per un vecchio, mh?”
Ironizzò alzando un sopracciglio, con quel
movimento che oramai faceva quasi parte di lui e che a Bill piaceva
così tanto,
e il biondo ricambiò la maliziosa espressione
“Dovrò stare attento a non romperti,
vecchietto”
Leonard annuì e una piccola scintilla gli
illuminò
lo sguardo scuro
“Vediamo se riesco a farti stare zitto…”
Con un rapido movimento che colse il compagno di
sorpresa, ribaltò le posizioni e Bill si ritrovò
steso sulla schiena sui
bianchi cuscini del divano con Len addosso, e immobile, che affondava
il viso
sulla sua palla.
Il canadese gli diede qualche colpetto sulle
spalle
“Ti sei fatto male, vero?”
Leonard non si mosse, limitandosi a mugugnare
“Mmm…”
William non poté trattenere una risatina e fece
leva sulle braccia per cercare di mettersi seduto
“Dove?”
Cercò di arrivare alla schiena per massaggiargli
il punto del presunto stiramento ma Leonard tirò su il busto
e lo spinse di
nuovo supino afferrandogli saldamente le braccia
“No sto bene, non ti alzare”
Mormorò
“Non ci penso nemmeno…”
Rispose lambendo di nuovo le sottili labbra
dell’uomo alto e bruno il quale corpo lo schiacciava
deliziosamente contro il
divano, generando un calore unico.
Un calore che irradiava da dentro, dai corpi, dalla
mente, si infiammava ad ogni carezza e ad ogni sguardo, ed era sempre
stato
così tra loro, fin dal primo timido e fugace incontro. Era
qualcosa che non si
erano mai presi la briga di spiegare o razionalizzare, semplicemente
esisteva,
cresceva, ed era sorprendente, e incantevole.
Ed era qualcosa che li accompagnava da anni e che
sempre li avrebbe accompagnati. Come dessero questa certezza per
scontata, era
un’altra delle cose che non si spiegavano né si
chiedevano. Lo sapevano,
semplicemente, lo sapevano entrambi.
“Buon compleanno”
Mormorò Leonard tra un bacio e l’altro perdendosi
ancora in quello sguardo unico, superbo e fragile al tempo stesso. Bill
sorrise
carezzando quel volto spigoloso che sapeva dargli tanta sicurezza,
poggiò
appena le labbra sulle sue
“Merci, mon ami”
Sussurrò baciandolo ancora.
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