Passando per Venezia

di JhonSavor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte prima: Dalla corte Asburgica ***
Capitolo 2: *** Seconda parte: Litigi sulla Laguna Veneta ***



Capitolo 1
*** Parte prima: Dalla corte Asburgica ***


Cari lettori e lettrici! La fic su Gilbert è in corso di produzione, quella su Roma ristagna e quella di Inghilterra… beh insomma per quella ci sarà uno special veloce, veloce sul comico e poi si vedrà.
Quindi non vi preoccupate, il vostro JhonSavor non abbandona mai il suo fidato equipaggio! (?)
Comunque questa fic da due capitoli ha tra i suoi protagonisti Feliciano, per par condicio dato che un po’ di tempo fa ho raccontato di Lovino e della sua dolce metà, solo che ovviamente non sarà il solito deficiente a cui tutti siete abituati, e se siete mie lettori soliti lo avrete già intuito!
Ah che soddisfazione scrivere con lo stile storico! XD
Buona lettura e spero che vi piaccia!
 
 
 
Passando per Venezia
 
 
Prima parte: Dalla corte Asburgica
 
Venezia, anno del Signore 1796
 
Erano da poco passate le dieci e un pallido sole illuminava le acque della Laguna Veneta.
I rumori tipici di una città commerciale come quella di San Marco erano ritornati a farla da padroni dopo che le silenziose ombre della notte avevano lasciato loro il passo.
Attraverso i famosi canali che la percorrono come fossero delle strade, anzi esse sono le strade di Venezia, si potevano osservare barconi carichi di merci, spezie, tessuti e quant’altro, pronte per essere messe in vendita o trasportate nei magazzini di qualche ricco patrizio.
Ma insieme ad essi facevano capolino le ugualmente famose e tipiche gondole, che traghettavano i loro passeggeri da una parte all’altra della città, ovunque essi volessero andare e che per lo più servivano ricchi uomini e incantevoli dame, che potevano permettersi i loro servigi per muoversi più agevolmente e vivere a pieno la vita mondana della Venezia da bene.
E su una di queste vi stava una dama, elegantemente vestita, coperta da un leggero scialle e da un largo cappello che la proteggesse dalla brezza marina.
Il gondoliere aveva capito che era straniera ancor prima che salisse a bordo, ancor prima che gli chiedesse in un italiano dal forte accento tedesco, ma un accento curioso dovette ammetterlo in quanto era vicino all’austriaco ma aveva qualcosa di diverso, di portarla presso la sestiera* di Dorsoduro*.
Se l’aspetto non fosse bastato a dimostrare i suoi nobili natali, aveva addosso un dolce profumo che non poteva essere paragonato a quegli intrugli che certe donne poco dabbene indossavano per far colpo sugli uomini. Inoltre aveva modi molto eleganti e aggraziati… e certe cose, pensò lui, o le si ha per nascita o perchè le si ha apprese da qualche gran maestro delle cerimonie che si trovano nei palazzi reali, come quelli del Doge!
 
Una volta giunti a destinazione il gondoliere accostò e legata saldamente la barca al molo, si offrì galantemente di aiutare la donna a scendere.
-Molto gentile, grazie- gli rispose la donna con garbo
-Servo vostro, madame- fece lui in risposta
Gli sorrise e l’uomo pensò di non averne mai visto uno più bello… anche se non pareva sereno
Una volta accettata la tariffa, l’uomo trasse tutto il suo coraggio e le domandò –Madame, potrei sapere il vostro nome?-
Lei lo guardò stupita, con un sopracciglio leggermente inarcato
-Cosicchè, se mai mi chiedessero se abbia mai traghettato un angelo sulle belle acque della nostra Laguna, potrò fare il vostro-
La donna lo guardò per alcuni secondi, poi gli parlò con voce soave -Elizabetha… mi chiamo Elizabetha-
Subito dopo si incamminò voltando le spalle all’uomo, lasciandolo basito.
Rimontato sulla gondola, tolse la cima e riprese in mano la pertica, ripartendo pensoso in cerca di altri clienti
Elisabetta...
 
Elizabetha Héderváry, Matrona d’Ungheria, Seconda dell’Impero Asburgico, passeggiava tranquillamente lungo le vie interne di Venezia.
Non vedeva l’ora di bussare alla porta di Feliciano; avere l’occasione di rivedere il suo vecchio amico italiano la faceva sentire particolarmente felice.
Aveva ottenuto dei giorni di permesso per allontanarsi da Vienna e andare praticamente in vacanza.
Ma se dovesse spiegare come si fosse sentita ad allontanarsi  dalla capitale avrebbe usato una sola parola: sollevata.
Perchè la sua partenza l’aveva vissuta come una fuga, una fuga finita bene.
Doveva ritirarsi in un posto solare, lontano da tensioni politiche, affianco a persone con cui potesse confidarsi appieno, e Feliciano era la persona giusta.
Colui che tutti chiamavano il Custode del Nord Italia, attualmente Rappresentante della Serenissima Repubblica di Venezia*, per lei era un caro amico.
Si conoscevano da secoli e lo stimava come pochi altri al mondo.
Si era stupita la prima volta che l’aveva visto: si aspettava una persona completamente diversa, era pur sempre l’uomo che aveva condotto alla vittoria le città della Lega alla vittoria contro l’Impero*, si aspettava un guerriero possente, un soldato, mentre aveva trovato quello che a prima vista appariva  come un ragazzino, un’artista, uomo di lettere; ma scoprì che in realtà era molto di più: la sua apparente indifferenza e superficialità nascondevano quella di un fine politico e stratega.
Era un forte che amava vestirsi e vivere da semplice.
Era un uomo che amava divertirsi e dedicarsi agli affari di commercio.
Era un uomo che scindeva completamente la sua vita tra l’essere un Regnum e l’essere Feliciano Massimo Vargas*.
E in un mondo come il loro non era una cosa che tutti erano in grado di fare o di potersi permettere o concedere.
Inoltre il suo animo era gentile e pronto all’ascolto.
Insomma per lei quell’italiano era diverso da molti degli uomini con cui aveva avuto a che fare.
 
Arrivò infine a destinazione: il palazzo di Feliciano era davvero imponente, sontuoso tra i più belli della città.
Serie di trifore in marmo, al cui interno vi si potevano scorgere finestre dalle grandi vetrate, ornavano la facciata dell’edificio, nella cui parte superiore si affacciava due balconate: la prima più esterna e priva di una copertura, mentre la seconda era interna al perimetro del piano ed era racchiusa da una loggia con capitelli in stile corinzio.
Lungo il resto della facciata altre bifore si alternavano agli stemmi in marmo delle famiglia Vargas, mentre una serie di decorazioni, sempre in marmo, ornavano i vari piani.
Alla fine afferrò il battente del portone e picchio contro il batacchio che generò un forte suono ridondante.
Passarono alcuni istanti ma non sentì alcunchè.
Allora riprovò, stavolta battendo ripetutamente e con maggiore forza.
Ancora una volta silenzio.
Ungheria era pronta a ricominciare il battere quando sentì dei chiari passi provenire dall’interno.
La porta si aprì e ai suoi occhi si presento il suo caro amico italiano, che al contrario la guardò leggermente stupito.
-Elizabetha?-
-Feliciàn!- gli ripose lei entusiasta
Il ragazzo inarcò un sopracciglio -Que faites-vousà Venise?*-
L’ungherese lo guardò, stranita da quella accoglienza; di solito si era dimostrato più che contento di vederla, mentre ora sembrava quasi distaccato.
-N-n'es-tu pas content de me voir?*- gli domandò con un tono leggermente dispiaciuto ma mantenendo un espressione risoluta
A quella domanda Feliciano sembrò risvegliarsi di scatto da un sonno profondo, iniziando a parlare molto velocemente e incespicando anche nei verbi
-Ma no! No, no, no! Contento molto di vederti essere! Figurarsi!*-
Ungheria lo osservò meglio, stavolta lei con un sopracciglio alzato: era vestito con solo una camicia di lino addosso e un paio di pantaloni di velluto scuro, e l’aria leggermente insonnolita; doveva essersi svegliato da poco.
Ci fece caso solo allora: perchè si era presentato lui personalmente ad aprirle e non un servitore come normalmente sarebbe dovuto essere?
Inoltre continuava a guardarsi intorno con fare circospetto.
-Feliciano è successo qualcosa? Mi sembri un po’ strano…-
-Che? No per niente-
-E allora come mai ci sei tu e non il tuo maggiordomo ad aprire alla porta?-
Stavolta gli rispose  con prontezza -Perchè ho dato la giornata libera alla servitù e sono senza di loro da ieri sera-
Almeno aveva ricominciato a ordinare le frasi nuovamente in senso compiuto.
Elizabetha continuò a fissarlo e nonostante all’apparenza fosse tornato padrone di se, capiva che era ancora nervoso.
Feliciano cambiò espressione e le sorrise –Scusa se sono sembrato sgarbato è che non mi avevi fatto sapere niente del tuo arrivo, mi sarei organizzato meglio-
Detto questo le prese la mano e gliela baciò con garbo –Mi perdoni?-
Di fronte a quegli occhi furbi non potè che rispondere anch’ella con un sorriso –Certo, non è importante-
In quel momento, prima che uno dei due amici potesse anche solo pensare di aprire bocca, dall’apertura della porta fuoriuscì una donna dai vestiti sgargianti ma molto eleganti ma soprattutto molto scollati, dalle curve morbide e i capelli castano scuri, che afferrò il ragazzo per le spalle e lo baciò con passione, strusciandogli le mani addosso.
Feliciano più per istinto che per volontà vera, le cinse i fianchi come a trattenerla a se.
Tutto questo scambio di effusioni avvenne sotto gli occhi di una esterrefatta, e molto imbarazzata a dire il vero, Ungheria che sentì chiaramente le guance farsi più rosse del normale.
Dopo aver finito di mangiargli la faccia, la donna si staccò e dopo avergli fatto l’occhiolino, gli sussurrò qualcosa in dialetto veneto stretto, ma con tono talmente provocante che era davvero difficile non immaginare cosa gli avesse detto.
Ungheria difatti, anche se non aveva inteso, si sentì ancora più avvampare.
Poi senza dir altro, si voltò e se ne andò, non senza salutarlo un ultima volta, stavolta con un più casto cenno della mano.
Elizabetha vide chiaramente la Repubblica di Venezia, risponderle a sua volta con un cenno e uno sguardo leggermente da ebete, o così lo intese lei, stampato sul volto.
Poi si baciò la mano e vi soffiò sopra come per spedirle un bacio di vento, quando la mano di Ungheria gli si frappose di fronte e la vide stringersi a pugno con forza.
Anche se fu solo un’impressione gli sembrò quasi di sentire il suo bacio volante andare in frantumi sotto quella tremenda stretta.
Si voltò a guardarla e la sua espressione lo fece impallidire.
La cosa più vicina alla ferocia che traspariva dagli occhi della donna che gli venne in mente fu quella di un branco di lupi famelici.
E lui non potè far altro che metterla sul ridere
-Hai, hai visto… che curioso modo che hanno di salutare da queste parti?-
Capì subito che era stata una mossa sbagliata.
-Ora capisco tutto…- incominciò a dire.
Il ragazzo deglutì vistosamente.
-Sei diventato un… un… KURVAPECÉR!!!-
Spiazzato da quel grido Feliciano non riuscì a staccarle gli occhi di dosso
-Un che?-
Ma non le lasciò il tempo di rispondere; grazie alla vista acuta che lo aveva reso famoso, vide subito che un gran numero di finestre delle abitazioni vicine si stavamo aprendo, avendo il grido della Rappresentate chiaramente attirato la curiosità e lo stupore dei veneziani di tutto Dorsoduro.
All’istante trasse la donna con uno strattone al di là della porta, richiudendosela alle spalle, e mettendosi così al sicuro da occhi, e orecchi soprattutto, indiscreti.
Scampato il pericolo di uno scandalo ridiresse l’attenzione alla sua amica, che ora appariva più infuriata che mai: si metteva le mani tra i capelli, mentre camminava su e giù per il largo atrio, tirando dei pestoni tali al terreno che non seppe dirsi se rimanere stupito del fatto che non si fossero ancora spaccati o i suoi tacchi oppure il pavimento.
-Sei una disgrazia! Una cosa vergognosa! Un, un…-
-Un ku-kurvapecér?-
-Esatto! Proprio così!-
E lui non aveva ancora capito che diavolo fosse un kurvacepér, ma di sicuro non era qualcosa di positivo.
Ungheria smise di girare su se stessa per appiccicargli addosso un paio di occhi inquisitori –Da quando sei diventato un libertino?-
Sospirò -Ah… è quello che significa kurvacepér?-
-No! Nella tua lingua significa puttaniaro!-
Feliciano nonostante la pronuncia non proprio esatta capì perfettamente cosa intendesse dire
-Sono scandalizzata! Cosa pensi che direbbe il tuo reverendissimo zio*, se lo venisse a sapere?-
-Oh andiamo Eliza, non vorrai metterti a fare questo discorso, qui, con me, dopo tutto questo tempo che non ci vediamo? E poi è tutto un malinteso…-
-Immagino – lo ribeccò sarcastica – Perchè la… donna che è appena uscita non è una di quelle che riempiono le case chiuse?-
-Non ti permetto simili insinuazioni- le rispose lui per le rime – quella donna è un’appartenente ad una nobile famiglia veneziana e…-
-Feliciano, onestamente, a chi la vuoi dare a bere?-
Il silenzio scese implacabile per alcuni istanti su i due contendenti: la Serenissima Repubblica messa con le spalle al muro dalla Reale Ungheria.
-Eliza… quella signorina è la nipote di un membro del Gran Consiglio, ci siamo conosciuti ad una festa, succede…-
Ungheria presa in contropiede da quella rivelazione –Davvero?-
-Si, davvero Eliza, qui da noi è facile che nascano storie di questo tipo… insomma ormai siamo anche un paese politicamente neutrale*, dovremo pure trovare un modo per ammazzare il tem…-
-Non ho voglia di battute di spirito, quindi non azzardarti a finire la frase!-
Feliciano si ammutolì di botto.
Ungheria mosse qualche passo ancora, nel silenzio più assoluto dell’atrio, il suono sordo delle sue scarpette, sul ricco pavimento in marmo.
-Davvero è come dici? – si voltò verso di lui, con occhi leggermente colpevoli, le mani congiunte sul petto – Mi spiace averti fatto questa scenata, è che non riesco a pensare che uno come te possa ridursi a fare il cascamorto con tutte quelle che incontra…-
Feliciano non potè far altro che alzare leggermente le spalle e le mani –Sono cose che possono succedere, Eliza, tutti sbagliano*-
Lei gli si avvicinò piano –Ti chiedo perdono, sono stata inqualificabile-
-No…- la strinse a se con gentilezza per farle capire che non doveva preoccuparsi – eri solo preoccupata per me, non potrei mai prendermela per una cosa del genere. Siamo amici, no?-
Ungheria non rispose, beandosi di quell’abbraccio confortante e sicuro, come un porto durante la tempesta.
-Si…-
Feliciano era davvero il suo migliore amico, la persona più cara che avesse, il fratello che non aveva mai avuto.
-Ciò non toglie che quella là sia una sgualdrina…-
Un peso come di piombo, calò sopra il capo dell’italiano.
-B-beh… in fondo deve piacere a me…-
-Però potresti avere un po’ più di buon gusto-
-Ungheria per favore, taci-
Restarono così ancora per un po’ quando dalla scala che conduceva ai piani superiori, aperta sull’atrio dalla parte opposta al portone, non si udirono dei passi veloci, ma eleganti.
Dei passi che avevano lo stesso suono di quelli di Ungheria.
Dei passi di donna.
-Signor Vargas!-
Quella voce flautata ebbe l’effetto di immobilizzare i due sul posto, così com’erano.
Dalle scale scese velocemente una donna vestita in ugual modo a quella uscita poco prima ma diversa dal colore dei lunghi capelli, che erano biondi, e dal portamento più aggraziato e meno, si potrebbe dire, provocante nel portamento.
-Oh, vedo che è in… compagnia, non la disturberò oltre non si preoccupi- disse con tono garbato
Nonostante la vedessero avvicinarsi, i due Rappresentanti non sciolsero l’abbraccio, ne si mossero in alcun modo… Feliciano semplicemente si limitava a mantenere il contatto visivo con la sua, ormai non più, ospite.
-La volevo ringraziare per la magnifica occasione… è stata una nottata di passione, come non ne avevo passate da tempo-
Il Custode del Nord non potè rispondergli alcunchè, sia perchè la donna dopo un educato inchino si fiondò subito verso il portone, sia perchè un pizzicotto al fianco gli fece indirizzare lo sguardo sulla sua amica che ora lo fissava con un intensità tale che se avesse potuto, lo avrebbe ucciso.
-Ungheria… – prendere le distanze era la cosa più strategicamente indicata da fare in una situazione come quella – n-non trasecoliamo… l-lascia che ti spieghi…-
-Quindi non solo te la spassi con una sgualdrina ma ti piacciono pure queste altre sporcaccionate? Sei… sei… credo che kurvacepér sia riduttivo a questo punto…-
Feliciano cercò di poggiarle una mano sul braccio ma lei gli schiaffeggiò la mano –Non osare toccarmi, pervertito…-
Si allontanò piano di un passo all’indietro; il fatto che si stesse trattenendo era un bene, significava che la voleva mettere sul verbale ma anche così la situazione sarebbe potuta degenerare… per consolarsi si disse che poteva anche andar peggio.
La porta si riaprì e dall’apertura fece capolino la testa bionda della dama di prima – Signor Feliciano, mi stavo dimenticando… volevo chiederle di ringraziare quel suo amico straniero e se…- la donna arrossì un poco – se volesse gradire ancora la mia compagnia io… sarei ben felice di concedergli il mio tempo-
La porta si richiuse con un tonfo sordo.
Feliciano Massimo Vargas si sentì morire.
Non appena la dama aveva finito di pronunciare la frase, il volto di Elizabetha Héderváry si sfigurò in una maschera sconvolta: le labbra ridotte a strisce sottili, gli occhi sgranati e le gote tinte di un rosso vermiglio acceso, lo avevano praticamente paralizzato.
E fu in quel momento che capì che non c’era mai un limite al peggio.
 
[To be continued…]
 
* Quartiere
 
* Uno dei sei quartieri storici di Venezia, che chiude a Sud il Canal Grande
 
* In occasione della guerra contro Federico I Hohenstaufen detto il Barbarossa, Feliciano guidò l’esercito coalizzato della Lega, inviato dallo Stato Pontificio, avendo visto questa presa di coscienza collettiva come il segno che i tempi erano ormai maturi; Feliciano ricopre (in questa versione dei fatti) in un certo qual senso il ruolo del leggendario Alberto da Giussano
 
* Al contrario di molti altri suoi simili, Feliciano non è mai stato un Rappresentante fisso ma bensì ricoprì il ruolo di Custode delle terre del Nord Italia, mentre passava da un potentato all’altro quando uno di essi mostrava di possedere una chiara egemonia sugli altri.
 
* Noticina: fino a quando America non si è ribellato e si è trasformato in una Nazione di sua spontanea volontà appoggiando i Padri Fondatori, l’essere un Rappresentante e l’essere una persona normale, non erano assolutamente viste come cose separate. Ci sono delle regole naturali che legano i vari R. alla propria condizione, regole che non possono essere eluse, e tra queste si pensava che ci fosse anche questa condizione. Insomma per farla semplice: un tempo Galles e Monaco non si sarebbero mai potuti sposare senza il consenso dei loro “capi” perchè avrebbe comportato problemi dinastici, politici e sociali; ma oggi nessuno avrebbe da ridire se James Caerdydd e Beatrix Bonnefoy (le loro identità da civili) convolassero a giuste nozze. Il perchè della rivoluzione americana come punto di riferimento (anche se il botto lo si avrà con quella del 1789) è perchè in quell’occasione venne promulgato nella Dichiarazione d’Indipendenza il Diritto alla Rivoluzione.
 
* Che cosa ci fai a Venezia?
 
* Non sei forse contento di vedermi?
 
* Ovviamente Feliciano non è dislessico ma sta ancora parlando in francese, non azzeccando la costruzione della frase correttamente…
 
* Indovinate un po’ chi è? XD
 
* La Repubblica di Venezia dopo la definitiva perdita dei territori del mediterraneo orientale a favore dei turchi (1718) si chiuse alla politica internazionale definendosi un paese neutrale, come l’Austria dopo la seconda guerra mondiale. Nonostante tutto però compì ancora operazioni militari contro la pirateria barbaresca fin nelle loro basi africane.
 
* Qui Feliciano è un maledetto fetente… la frase la si può intendere in vari modi… XD
 
 
Okay che cos’è questa cosaaa?!
Trattasi di un capitolo in cui si mostra che come i grandi uomini possono ritrovarsi a vivere momenti assurdi o particolarmente comici, anche se a priori non si direbbe, anche le Nazioni-Rappresentanti possono ritrovarsi in situazioni similari!

Non sono molto convincente vero? Beh non so che dire risponderò ai vostri eventuali dubbi nel prossimo capitolo okay? XD
Ciao e a presto!

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Capitolo 2
*** Seconda parte: Litigi sulla Laguna Veneta ***


Seconda parte: Litigi sulla Laguna Veneta
 
 
Venezia è sempre stata una città movimentata.
Città di commercio, era un via vai di mercanti, navi e merci.
Città d’arte e d’ingegno, infatti alcune delle migliori editorie della penisola erano li situate, i più grandi artisti hanno trovato ospitalità presso le mura cittadine, arricchendone le forme e l’immagine.
Città passionale e romantica, e la visione della laguna illuminata dalla luce della Luna e di tutti gli astri del cielo, possibilmente da un balcone di una qualche ricca reggia, era uno spettacolo da mozzare il fiato.
Una città degli innamorati, quindi, ma non solo! Era anche una città ricca di scandali, pettegolezzi e comportamenti dissoluti.
E in un certo palazzo, in quel di Dorsoduro, se ne avevano le più chiare ed evidenti conseguenze…
 
-Ungheria ti prego fermati!-
Un altro pezzo della sua collezione di vasellame greco, d’inestimabile valore, andava a schiantarsi contro la parete, nel tentativo fallito di centrarlo in testa.
Elizabetha Héderváry era completamente fuori di sé, e l’unica cosa che voleva era quello di dare una lezione a quel libertino italiano, quello che era, fino a poche ore prima, un suo grande amico, porto di salvezza da un mare in tempesta.
-Lurido, schifoso…-
Ogni oggetto di medie, piccole dimensioni che le capitava sotto mano andava a fracassarsi contro pareti, mobili, tavoli e credenze, insomma contro qualsiasi cosa che fosse contenuto nelle stanze dell’abitazione del Vargas.
Quanti potevano essere questi oggetti ci si potrebbe chiedere; il problema era che Feliciano aveva il pallino per il collezionismo, e casa sua era letteralmente tappezzata di manufatti, arnesi, souvenir, più o meno preziosi, più o meno di pregio.
-Bastardo depravato!-
La mano della donna si allungò verso una statuetta di marmo a forma di ferro di gondola appoggiata su un comodino
-No quella no ti prego! È un dono del Doge in persona!-
Feliciano, terrorizzato dall’idea che quella statuetta facesse la brutta esperienza del volo di Icaro, si era addirittura affacciato da dietro il suo riparo ovvero una sedia di rovere.
La mano dell’ungherese scivolò lontano dal dono regio, ma di rimbalzo afferrò un tomo con la copertina rilegata in ferro e nonostante il peso considerevole lo scagliò contro il povero, per modo di dire, Rappresentante veneto.
Adocchiato in tempo, Feliciano riuscì ad abbandonare la sedia, che venne fracassata da quel proiettile inconsueto.
“Ecco un Luigi XIV che se ne va… questo è un chiaro esempio che la cultura ha un suo peso…”
Mentre abbandonava la stanza, cercando rifugio in quella accanto, Italia del Nord ebbe il tempo di constatare che quella battuta avrebbe sicuramente fatto ridere Ungheria.
Era sempre riuscito a farla ridere.
Elizabetha si lanciò all’inseguimento.
Lei non aveva realmente intenzione di fare del male al suo amico. Non era un motivo abbastanza grave il fatto che se la fosse spassata con una szuka* o due per volerlo uccidere. Ma fracassargli un po’ la casa era sicuramente una punizione accettabile per il suo comportamento.
E inoltre l’avrebbe aiutata a sfogarsi un po’.
Feliciano se la diede a gambe percorrendo a lunghe falcate il salone chilometrico, sentendosi costantemente il fiato di Ungheria sul collo.
Vide sul fondo l’entrata della stanza e gli venne un idea.
-Dove credi di scappare? Vieni qui e prenditi la tua sana dose di legnate brutto str…-
Feliciano non riuscì a sentire la fine della frase che chiuse a chiave le due ante che separavano il salone dalla stanza in cui si era rifugiato.
La donna dall’altra parte iniziò a picchiare sui pesanti pannelli –Vigliacco! Esci fuori e combatti da uomo!-
Feliciano si sedette sul freddo pavimento in marmo, tirando un sospiro di sollievo: fortuna per lui che non c’era in casa la servitù se no, altro che scandalo, qui si rischiava la crisi internazionale!
Sentendo che i pugni contro la porta non diminuivano l’italiano tentò ancora di metterla sul ridere –Ehi Ungheria! Ricordati che sei una donna! Non dovresti usare un comportamento così poco femminile!-
Ci fu un momento di silenzio.
Accompagnata da un fracasso secco e una scarica di schegge di legno, Feliciano vide sbucare da una breccia nel pannello della porta, la lama ricurva di un’alabarda da guerra.
-Ma che diavolo…?-
Dalla breccia vide il volto di Elizabetha che gli mormorò –Aspetta un secondo che sono subito da te-
Un ghigno impietrito si formò sulla faccia dell’uomo
“P-penso che si ricordi benissimo di essere una donna… la Terribile Signora delle Steppe non si è per niente assopita dopo tutti questi secoli, vero?”
Approfittando del fatto che la porta era ancora in piedi, Feliciano, maledicendo la sua mania di attaccare oggetti tra cui delle armi alle pareti, battè in ritirata con l’intenzione di mettere più distanza possibile tra lui e quella furia armata.
Quand’ecco che gli venne un idea…
 
Ungheria aveva letteralmente scardinato uno dei due pannelli e più sicura che mai avanzò a passi pesanti nella stanza.
Era una di quelle salette d’angolo che facevano da tramite ad altre aree dell’edificio.
Riprese la sua marcia oltrepassando un altro uscio che conduceva in un corridoio che a sua volta riportava all’ingresso.
Senza farci caso avevano percorso l’intero perimetro di Casa Vargas.
Da dove si trovava poteva vedere benissimo il vestibolo dell’entrata principale.
Fu allora che la voce di Feliciano le giunse all’orecchio –Ehi, Eliza! Ora sono armato anch’io quindi non credere di intimorirmi con quello scopettone troppo cresciuto!-
Ungheria ricominciò ad arrabbiarsi un po’.
Il vestibolo faceva da collegamento anche con un'altra stanza, quella da cui era scappato il veneziano la prima volta, e aguzzando la vista potè vedere sporgere leggermente dallo stipite il profilo di uno scudo, anch’esso proveniente di sicuro dalle pareti della casa.
Quello era un chiaro e distinto invito alla battaglia!
-Feliciano preparati a prenderle come mai in vita tua!-
Ungheria si fiondò nel vestibolo, alabarda sventolata in aria e saldamente tenuta con entrambe le mani.
All’improvviso Feliciano sbucò dal nulla alle sue spalle e la afferrò da dietro con le braccia, sollevandola dal suolo di peso.
-Cucù! Ti ho presa!-
Ungheria non ebbe modo di replicare alcunchè che iniziarono a vorticare su loro stessi, sempre più veloci, tanto che i contorni della stanza iniziarono a farsi meno nitidi e confusi.
Alla fine l’alabarda andò a schiantarsi contro la parete della stanza, non riuscendo più la donna a tenere una salda presa su di essa.
-Ah-a! Ho vinto, ti ho disarmata!- gridò l’italiano, felice a tal punto che parlò direttamente nella sua lingua madre
-Come dici? Sto per sentirmi male... lasciami andare, subito!-
-Che deboluccia che sei diventata! Sarà l’aria che si respira a Vienna?-
Ma nonostante facesse lo spaccone anche lui iniziava a risentirne, tanto che le giravolte iniziarono a diminuire sempre più. All’ultima non riuscì a fermarsi in tempo e caddero entrambi sul pavimento.
Le due Nazioni si ritrovarono a guardare il soffitto affrescato l’una affianco all’altro sul fresco pavimento in marmo del vestibolo.
-È splendido-
-Vero? Mi è costato un patrimonio, ma gli intarsi in oro e vetro sono riusciti proprio bene-
-Voi italiani avete proprio un buon gusto nell’arte. E tu lo non smentisci affatto-
-Compensiamo con questo altre nostre mancanze-
Ungheria sbuffò –E sentiamo quale sarebbero?-
Feliciano si rizzò sui gomiti e il suo tono si fece serio –Per esempio il fatto che non siamo in grado di essere uniti, sotto un'unica bandiera, come invece altri sono stati in grado di fare già da molto tempo-
Elizabetha divenne di pietra sentendo quelle parole.
-Ma cosa stai dicendo?- gli domandò, mettendosi a sedere
-Andiamo Ungheria, questa storia sta andando avanti da troppo tempo. Io faccio parte di una delle più importanti stirpi della storia del mondo. Anche se adesso mi faccio chiamare Vargas di cognome io non dimentico di fare parte della gens Maxima. Guarda Francis cosa è stato in grado di fare in questi secoli e il mio stesso fratello Lovino è riuscito a riunire tutto il Sud Italia in un unico grande regno. E io? Che cosa ho fatto io? Sono il Custode del Nord Italia e non sono stato in grado di tenere unite le mie terre-
-Sai bene che non è così. Non è stato per colpa tua se le tue terre sono divise tra vari potentati. Sei pur sempre il Rappresentante della Serenissima Venezia-
Feliciano fissava il soffitto con aria affranta –Sarà ma io mi sento stanco, sfibrato alle volte-
La donna lo guardò con un moto di preoccupazione nel cuore -Feliciano…-
-Mi piacerebbe trovare un modo… che si presentasse la situazione giusta per cambiare le cose-
Ungheria gli mise una mano sulla sua –Sono sicura che quando accadrà ti dimostrerai all’altezza. Non posso fare altro che pregare che ciò arrivi il prima possibile-
L’uomo le abbozzò un sorriso rasserenante.
-E forse è per questo che mi lascio andare in avventure amorose…-
Elizabetha levò subito la mano seccata, e proclamò sbuffando -Quello lo fai perchè ti piacciono troppo le donne, Feliciano-
-Beh, anche quello è vero. Però con le donne sposate non vado se è per questo. Neanche in nome del tanto decantato amor cortese-
Ungheria si prese le ginocchia tra le mani -È bello vedere che non sei cambiato più di tanto in questi anni-
Feliciano si mise una mano tra i capelli –A quanto pare sono migliorato anche nel dipingere-
Gli occhi della donna riluccicarono come pietre preziose –Davvero? Hai dipinto qualcosa di nuovo-
-Un enormità!- le rispose esagerando –te l’ho detto che ho molto tempo libero. Se vuoi posso farteli vedere-
-Dici sul serio?!-
Ungheria lo abbracciò con foga.
Lei adorava i suoi quadri. Lo riteneva un grande artista, un vero genio. Le sue opere le trasmettevano sempre una tale intensità da toglierle il fiato.
Non c’era tecnica o variante che non avesse appreso o in cui non si fosse cimentato. Nonostante lui stesso non si ritenesse al pari di altri suoi colleghi e connazionali, Ungheria lo collocava tranquillamente tra i suoi artisti preferiti.
A casa sua appesi alle pareti, ne aveva alcuni che aveva fatto apposta per lei e li custodiva gelosamente.
-Sai- iniziò sciogliendo l’abbraccio –mi piacerebbe che fossi tu a farmi un ritratto-
-Un ritratto?-
-Si, è da tempo che pensavo di farmene fare uno nuovo, e se per te non è un problema…-
Feliciano le sorrise –Nessunissimo problema. Ne sarò onorato-
Dicendole questo allungò il braccio e le accarezzò la guancia destra con la mano, sentendone la morbida pelle sotto le dita.
Per te farei qualsiasi cosa Ungheria.
Inizialmente stupita da quel gesto, Ungheria gli sorrise e gli afferrò la mano con la sua.
-Sono contenta di averti rivisto Feliciano-
Lui avanzò pian piano verso di lei.
-Ungheria…-
-Si?-
La donna si accorse di quel gesto, ma non si ritrasse. Forse non aveva inteso il fine di Feliciano.
D’altronde anche lui forse stava agendo semplicemente sull’onda di sentimenti mai veramente sopiti dentro di se e che non aveva mai avuto l’ardire di rivelare a nessuno.
-Io…-
L’atmosfera venne interrotta dal suono di passi che scendevano i gradini le scale che portavano al piano di sopra e da una voce maschile.
-Feliciano?Słyszałam odgłosy pochodzące z sub. Czy coś się stało?*-
Udendo quelle parole, in una lingua che conosceva molto bene, Ungheria sentì il suo cuore perdere un colpo.
Quella voce. L’aveva già sentita. Sapeva, se non fosse stato impossibile, anche a chi appartenesse.
Ma come aveva pensato, era una cosa impossibile, giusto?
La donna guardò Feliciano negli occhi.
L’uomo aveva ritratto la mano da lei e ora la guardava come un ladro colto sul fatto.
Quel alone di nervosismo che gli aveva visto in volto quando era venuto ad aprirle alla porta era ricomparso sul suo viso.
-Feliciano, cosa...-
Ma la voce in cima alle scale torno a farsi sentire –Sai stavo pensando che per la festa in maschera a cui ti hanno invitato per il carnevale, potremmo vestirci in modo abbinato. Sarebbe divertente, non credi?-
Ungheria si voltò verso le scale ed ebbe la sensazione di avere le allucinazioni.
-Non ho ancora pensato però a... ah-
Elizabetha vide quei capelli liscie e biondi come il grano e non ci credette.
Vide quegli azzurri occhi furbi da falchetto e non volle ancora crederci.
-Ungheria?-
La donna si alzò in piedi –Feliks?-
Guardò Feliciano, che invece era rimasto seduto al suo posto, lo sguardo basso, lontano da quello dell’amica.
Riportò gli occhi sull’uomo, rimasto fermo a metà della rampa di scale.
Era impossibile ma sembrava proprio lui.
-Feliks... sei proprio tu. Sei... Polonia, vero?-
L’uomo, che anche se non lo dava a vedere era in preda ad un certo panico, le rispose sfrontato –Conosci qualche altro Feliks Lukasiewicz?-
A quell’uscita sfrontata il silenzio scese di piombo
E fu allora che Ungheria reagì come nessuno dei due uomini pensò: iniziò a piangere.
Calde lacrime scesero sulle guance della ungherese.
Con uno scatto raggiunse il polacco e lo strinse forte a sè.
Polonia no sapeva come reagire ma ancora una volta Elizabetha lo anticipò –Pensavo che fossi morto-
La voce rotta dai singhiozzi strinse il cuore sia a Feliciano che a Feliks
-Pensavo che non ti avrei più rivisto... che fossi scomparso-
Polonia le mise una mano sulla testa e con l’altra la strinse a se –Figurati se potessi lasciarglielo fare... io non mollo mai, dovresti conoscermi-
Nord Italia li guardava con un misto di sentimenti contrastanti.
Avrebbe dovuto spiegare ad Ungheria tante cose.
Avrebbe dovuto spiegarle cosa ci faceva in casa sua una Nazione che tutti pensavano scomparsa, e perchè li stava piuttosto palesemente nascondendo.
Avrebbe dovuto parlare parecchio.
Ma non lo avrebbe fatto in quel momento.
Si passò una mano nei capelli e sbuffò leggermente dalla bocca.
Non se la sentiva di interromperli.
Quante volte poteva capitare di rincontrare un amico apparentemente tornato dall’aldilà?
 
 


* prostituta in ungherese
 
* Feliciano? Ho sentito dei rumori provenire da la sotto. È successo qualcosa?
 
 
 
 
Note dell’autore:
Finalmente ho finito il capitolo. Si è così la fic finisce in sospeso con questa apparizione improvvisa di Polonia in casa di Italia.
Il fatto è che i motivi, le spiegazioni che Feliciano dovrà, per forza di cose, dare a Ungheria sono tema di un altra fic, legata per lo più ai travagliati rapporti famigliari di Polonia stesso (per chi si domandasse che diavolo sto dicendo, vi consiglio di leggere la mia fanfic su Bielorussia Racconto di una vita perduta).
Però posso fornirvi qualche coordinata storica: nel 1795 la Polonia scomparve per la prima volta dalla cartina europea, attraverso quella che è conosciuta come la Terza Spartizione della Polonia, ad opera di Austria, Prussia e Russia.
Nessuno però potè vantarsi di avere Feliks sotto di se perchè era scomparso.
Il motivo del perchè Ungheria, nel primo capitolo, si allontanava da Vienna perchè si sentiva soffocare era anche per questo: perchè aveva assistito impotente alla scomparsa di un suo carissimo amico (nonché antica cotta, ma questo è un altro discorso che affronterò probabilmente in uno capitolo extra della fic su Gilbert, Cavalleria e Onore, XD)
 
Bon aspetto le vostre recensione e i molto probabili lanci di verdura marcia (XD)
 
Ciao e grazie a tutti per la lettura ma soprattutto:
* Hoel
* Historygirl93
* Molly93
* Malice
* Chibs
* Misora
per le vostre recensioni del primo capitolo e per aver messo questa fic tra le Preferite/Seguite (thank you very much!)
Senza scordarsi ovviamente di Feli98, Xincho e Ale_Victory_chan! 

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