Wrapped in Plastic

di Karona
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Wrapped in Plastic ***
Capitolo 2: *** Come Into Our Home (Won't You Stay?) ***
Capitolo 3: *** The Yellowest Grin ***
Capitolo 4: *** Handcuffed ***



Capitolo 1
*** Wrapped in Plastic ***


Wrapped in Plastic


CHAPTER 1 – Wrapped in Plastic

Guardo l’orologio con impazienza.
Ancora mezz’ora e sarò a Okinawa.
Chissà poi perché ci sto andando…
Stamattina l’aria di Tokyo era gelida, sta piovendo da ieri.
Strana stagione l’estate…
Forse voglio solo riscaldarmi: non sopporto il freddo e cerco il suo calore. Quello di Okinawa, quello di Akamine.
È un focolare osceno quello presso il quale voglio scaldarmi, il fuoco vuoto e falso di chi non sente nulla.
Lei mi aspetta alla stazione con trepidazione.
Potrei dirle che la amo, che volevo assolutamente rivederla.
Ecco, le dirò proprio così.
Oppure no…
Si: le dirò semplicemente “Avrei dovuto avvisarti un po’ prima…ti va un caffè?”.
E poi sia quel che sia, sia quel che voglio.
Non penso farà troppa resistenza. Ho un bel po’ di ore a disposizione per convincerla.
Per portarmela a letto.
Già…voglio solo questo. Da lei. Ora.
Voglio che riscaldi il mio cuore col sesso e che rimargini le crepe della mia anima sporca con i suoi gemiti.
Osservo le mie mani con attenzione, senza un motivo, e mi sento solo un sudicio involucro di quello che una volta era una persona felice.
Manca poco, molto poco - troppo poco ?-, e la rivedrò.
Rivedrò la ragazza che non ho mai amato, nemmeno per un secondo.
Ho sempre sostenuto di volerle almeno bene, ma mentre mi rammento il mio schifoso proposito penso che, se davvero le volessi bene, non dovrei fare una cosa simile.
Il treno si è fermato. Lentamente, così lentamente da risultare un supplizio.
Prendo il mio zaino e mi faccio forza per scendere.
Davvero voglio passarmi Maki Akamine?
A dire la verità non è nemmeno il mio tipo.
Sospiro.
Anche se non mi piace, ora ho bisogno di lei.
In fondo, cosa ho da rimproverarmi? Le sto dando un’occasione d’oro, un’occasione che nemmeno nei suoi sogni più arditi e vergognosi si è mai immaginata.
Lei deve riscaldarmi. DEVE farlo.
Per non pensare a lei…lei…non Maki, e nemmeno una di quelle stupide ragazzine che si aggirano per la scuola regalandomi profumatissime lettere d’amore.
Amore…non significa niente di niente ormai.
Shizuka ormai è lontana.
Dal mio cuore racchiuso nella plastica più gelida.

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Capitolo 2
*** Come Into Our Home (Won't You Stay?) ***


CHAPTER 2 – Come Into Our Home (Won’t You Stay?)


Il cielo di Okinawa è splendido. Come sempre.
Scendendo dal treno mi intimorisce.
Starò facendo la cosa giusta?



“Starò facendo la cosa giusta, Kojiro?”
Sai che non devi chiederlo a me, eppure lo fai, in questa notte dove il buio è così spesso che nemmeno la luna riesce a tagliarlo. Lo fai con tutta la tua innocente crudeltà di cui sono ormai stordito.
“Qualsiasi cosa deciderai, sarà la scelta giusta” riesco a risponderti in un ultimo lampo di lucidità. Mi sorridi. Ti sto forse sembrando sicuro di me?
Fisso i contorni della tua figura che si stemperano nel nero che ci circonda.
Mi sorridi ancora.
Ho un po’ paura, ma riesco a nasconderlo bene.
Mi dico che non se ne andrà, che non è possibile.
Non ora. Non in questo viaggio.
“In fondo sono solo pochi mesi, no?”
“Già…”


Cerco con tutte le mie forze di non pensare.
La città dell’eterna primavera ora schiude innanzi a me i suoi petali avvizziti.
Mi sta invitando a non esitare?
Pentiti, mi dice una voce in fondo al cuore che ho sempre categoricamente ignorato.
Pentiti, mi tuona minacciosa come fosse un deterrente per i miei futuri perversi crimini.
Pentiti: ma la ignoro anche stavolta.
Cerco Maki fra le decine di persone che affollano la stazione quasi disperatamente.
Voglio raggiungerla prima che i miei pensieri raggiungano me. Prima che decida di non andare.
Sento una manica della maglietta scendere. Odio le maniche delle magliette, ma non posso certo strapparle tutte. Mia madre mi ucciderebbe.
Chiedendomi se sia un segno di cattivo auspicio arrotolo nuovamente la manica sopra la mia spalla.
Mi trascino fino a una panchina dove potere aspettare Maki con calma.
Sono impaziente. Così impaziente che chiedo a un passante una sigaretta per passare il tempo senza dovere sprofondare nella paranoia.
Qualche boccata e sento chiamare il mio nome a gran voce.
Pensavo che la mia mente non memorizzasse particolari così inutili come il timbro di voce di Akamine, ma con mia viva sorpresa mi rendo conto di riconoscere al volo chi mi sta chiamando e così, come un riflesso innato, mi ritrovo ad alzarmi come una molla, gettando a terra la sigaretta.
“Kojiro! Scusami per il ritardo ma ho avuto degli imprev-”
“Non fa niente” la blocco senza permetterle di finire la frase. “Ok…” sorride lei.
A giudicare da com’è vestita deduco che aveva fatto tardi per prepararsi.
“Usciamo di qui?” mi domanda prima che possa chiederglielo io.
La sua voce trasuda dolcezza. Mi da il voltastomaco.
“Certo” le rispondo fingendo entusiasmo.
Comportati bene, Kojiro, o non riuscirai a…
A…?
Mi gira la testa.
Guardo la ragazza che cammina accanto a me tra la folla e mi sento così sporco da stare male.
Che tutti i miei propositi siano già svaniti?
“Un caffè?” le chiedo usciti dalla stazione, come preventivato.
“Perfetto!” la sua eccitazione è fin troppo manifesta.
Sembrava davvero felice.
Lo sarebbe stata anche dopo?
Dopo che io…
Mentre scambiamo le solite frasi sul clima e sul paesaggio meraviglioso di Okinawa entriamo nel primo locale aperto che troviamo sulla strada.
Mi siedo di fronte a lei e la guardo con attenzione mentre legge il menù.
No, decisamente non è il mio tipo.
La cura con cui si è acconciata i capelli e la meticolosità nello stendere un po’ di trucco sul suo viso abbronzato mi mettono a disagio.
“Sono contenta che tu mi abbia chiesto di uscire,” ti fermi un attimo e mi fissi con dolcezza “davvero”
Mi hai colto alla sprovvista, non so cosa rispondere.
Vorresti essere amata dal ragazzo che è venuto fin qui solo per scoparti per non pensare alla sua disperazione.
Non mi conosci davvero eppure mi vuoi affidare le tue speranze di ragazza innamorata.
So che ti farò ancora più male del previsto, ma vederti così disponibile mi fa rammentare i miei deprecabili propositi.
“Anch’io” biascico nell’ennesimo sorriso.
E’ incredibile come riesca ad ingannarti così bene.
Non sei tu quella che voglio, Akamine, vorrei dirti.
Ma mi impongo di tacere.
Prima o poi mi perdonerai.
Prima o poi Shizuka mi perdonerà.
Prima o poi mi perdonerò.
Ho freddo.

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Capitolo 3
*** The Yellowest Grin ***


CHAPTER 3 - The Yellowest Grin



I minuti scorrono via velocemente in compagnia di Akamine, quasi non me ne rendo conto.
Cosa starà dicendo? Cosa starò rispondendo io?
Veloce, troppo veloce. Incoscientemente. E' così che sta passando il tempo.
Meglio. Non ci sarà tempo per pensare.



"Che nedici di andare a casa mia, Kojiro? Ti faccio conoscere il mio Hachi!" ridacchia lei trascinandomi fuori dal bar.
"Certo!" le rispondo con fin troppo entusiasmo.
Perfetto.
Potevo chiedere di meglio?
Maki mi si sta porgendo su un piatto d'argento. Non posso fare a meno di sorridere compiaciuto.
E in questo momento Shizuka è fin troppo lontana.
Forse.


Passeggiamo apparentemente in tranquillità seguendo la costa. Tra la vegetazione riesco a vedere il mare.
Maki mi parla ancora di sè e mi chiede di fare altrettanto.Le racconto qualcosa di impreci so sogli ultimi giorni.
No, non è un racconto appassionante la mia giornata tipo: scuola fino al pomeriggio, allenamenti fino alla sera, qualche lavoretto d'ogni tanto per arrotondare lo stipendio di mia madre e uscite in piena notte con Ken e Taki. E Shizuka.
Ma lei ormai non partecipa più da tempo alle nostre uscite notturne.
Lei non è più qui.



Mi fermo un attimo durante il racconto, mentre mi sto inventando una balla qualsiasi tanto per raccontarle qualcosa.
La spiaggia è piena di gente.
Come quella volta.
La volta in cui mi disse che Kyoto in fondo è una città gradevole.
Ti prego, ricordo: torna da dove sei venuto e sparisci per sempre.


"Tutto ok, Kojiro?"
"Eh? Ah, sisi...stavi dicendo...?"
"Ehm, tu stavi dicendo..." mi fa notare in un tono di voce a metà tra lo stupito e il seccato.
"Sc...scusami, Maki...è che stavo guardando il panorama e...pensavo che è bello stare qui con te..." improvviso senza troppa convinzione.
"Si..." risponde tutta un sorriso. E prende la mia mano nelle sue.
Fortunatamente se l'è bevuta.
Ma quel contatto mi infastidisce e mi rende nervoso, cosicchè mi impongo di non pensare a nulla che mi possa distrarre dal mio intento.
"Vieni, siamo arrivati" annuncia allegramente, e apre con le chiavi il piccolo cancello in ferro battuto.
Mi sento quasi sollevato.
La casa della famiglia Akamine è una piccola villetta bianco sporco circondata da una strisciolina di verde in cui crescono alcune piante tipiche della zona.
Non male, dopotutto.
Mi fa accomodare in casa.
Nessun rumore.
"I miei genitori sono al lavoro" mi informa, lasciandosi 'abbracciare' dal cane, unica anima presente in casa oltre a noi.
"Kojiro, questo è Hachi. Hachi, ti presento Kojiro!" fa le presentazioni con un tono fintamente serioso.
Accarezzo Hachi sulla testa. Davvero una bella bestia, penso fisssando il sedere di Maki.
E' straordinario come un fisico mediocre come il suo in questo momento mi ecciti da morire.
La canottiera rosa pallido lascia intendere la linea delle sue curve non così invitanti come il mio corpo crede in questo momento.
La sento ridere mentre faccio giocare il cane con la palla.
E io, che mi sono sentito la palla fra le tue dita così pallide, Shizuka, ora non mi sento che il carnefice di una ragazza che ha la sola colpa di volermi bene.
E giuro, mi sto sforzando di volergliene anche io, in questo momento, quando prendo le sue spalle fra le mani e la stendo sul divano.

Odiami perchè merito solo disprezzo.
Amami perchè lo faccio per te.

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Capitolo 4
*** Handcuffed ***


CHAPTER 4 - Handcuffed



"I miei complimenti, Kojiro! Immagino che tu ora ti senta meglio!"
"Non c'è bisogno che ti ci metta anche tu a farmi sentire una merda, Ken," sbuffò Hyuga sistemando i piedi sul cruscotto dell'auto di Wakashimazu "basto già io. Non so cosa mi era preso"
"Lo so io cosa ti era preso..." insinuò maliziosamente l'altro, ravviandosi una ciocca dei lunghi capelli scuri dietro l'orecchio.
"Mpf...okok, hai perfettamente ragione, lo so. Ma è stato un errore!"
"Andare ad Okinawa solo per farti Akamine o scappare senza neppure toccarla?"
Kojiro avvampò.
Odiava essere incastrato.
Era una serata senza stelle di inizo estate. Fuori dall'abitacolo dell'automobile - 'color Taro Misaki', come la definiva lo stesso Ken, il coraggioso possessore di quella Mini rosa antico così frivolo - soffiava un alito di vento tiepido che muoveva appena le fronde degli alberi davanti a casa Sawada.
"Entrambe" Kojiro si strinse nella sua giacca di pelle rovinata dal tempo cercando di non incrociare lo sguardo dell'amico al volante.
Ken tacque mentre smanettava furiosamente con l'autoradio.
"Ormai non ne vuole più sapere di partire..." sentenziò sconsolato.
"Dovresti proprio cambiarla..."
"E con quali yen?!"
"Se sei un deficiente non è colpa mia..."
"Mh?"
Kojiro rivolse uno sguardo pietoso prima all'autoradio e poi a Ken.
"Se fossi rinsavito in tempo per non comprati quell'assurda collezione di rane di porcellana, a quest'ora avresti un impianto stereo decente in questo cesso!"
Ken si avvicinò minaccioso al viso del suo capitano.
"Punto primo: le rane di porcellana erano un regalo per la mia bisnonna in occasione del suo centoseiesimo compleanno"
"E allora perchè si trovano in camera tua, grand'uomo?!"
"Colpa mia se la nonnina se ne è andata prima del compleanno?"
"Mpf..."
"E cmq, punto secondo, questo 'cesso' ci ha salvati il culo tante di quelle volte che-"
"Sta arrivando Taki!" lo interruppe "Ah, a proposito: non una parola con Taki di quel che è successo ad Okinawa, ok?"
"Paura che perda la stima nel suo capitano adorato?" il tono di Wakashimazu era leggermente sarcastico.
Per tutta risposta Kojiro gli rivolse il dito medio, ovviamente ricambiato da quello di Ken.
Kojiro rise di gusto.


Takeshi percorse gli ultimi metri che lo separavano dalla macchina in tutta fretta.
"Scusate il ritardo," disse chinando il capo mentre tentava di accomodarsi - con molto impaccio, come al solito - sul sedile posteriore passando dal finestrino "mio nonno mi stava raccontando la sua giovinezza..."
"Straordinario...." bofonchiò Kojiro roteando gli occhi.
"Non proprio dato che me la racconta dalle 10 alle 25 volte al giorno..." ribadì un innocente Takeshi.
"Taki, mai sentito parlare di sarcasmo?"
"Mmmsi, perchè me lo chiedi, capitano?"
"Lascia perdere, Taki" rise Ken, e mise in moto "Piuttosto, dove si va? Al 'Night Sight' vi va bene?"
"Chiuso il martedì...cioè oggi" fece Kojiro con voce atona.
"Che ne dite del pub vicino alla sala del pachinko?" suggerì Takeshi che non lasciava in pace il paio di chiavi che teneva tra le mani.
"Taki, in quel posto ci vanno tutti gli sfigati di 16 anni della nostra scuola!"
"Ma...ma sono i miei compagni di classe..."
"Appunto"
Takeshi rimase in silenzio abbastanza confuso.
Dopo qualche minuto in cui non aveva detto nulla,Kojiro intervenne.
"Andiamo al solito posto"
Ken si voltò di scatto verso di lui; Takeshi deglutì rumorosamente.
Silenzio.


Solito posto, 2 mesi prima.
"Kojiro, non avrai bevuto troppo?"
"Ma che dici, se fossi ubriaco a quest'ora starei ballando sul tavolo senza pantaloni!"
"E'...è quello che stai facendo, capitano..."
"Zitto tu!"
"Ok, capitano..."
"Kojiro, ora basta, non è così che si affrontano i problemi..."
"Io non ho ALCUN problema, Ken!"
"Io dico di si, invece!"
"E io dico di no!"
"Takeshi, vai a telefonare a casa Hyuga, digli che Kojiro resta a dormire da me perchè...uhm...abbiamo forato una gomma e...beh, inventati qualcosa, rapimento alieni compreso, ma NON gli dire assolutamente la verità, ok?" bisbigliò il giovane portiere della Toho all'orecchio di Sawada, mentre Kojiro continuava a dimenarsi sul tavolo sotto gli effetti di una potente sbornia.
"Quale verità, Wakashimazu-sama?"
"...prima o poi ricordami che devo picchiarti, Taki...ora fa come ti ho detto!"
"Ma non ho i soldi nel cellulare!"
"Tieni, và..." sbuffò Ken lanciandogli il suo "e ora sbrigati!"
Takeshi corse via in tutta fretta, lasciando Kojiro e Ken 'soli' tra una folla di gente decisa a imitare le gesta di Kojiro e tra le urla di incitamento del proprietario del locale.
Il solito locale.
"Kojiro, scendi! E' un ordine!" cercò di dirgli Ken con tono imperioso.
"Vienimi a prendere, tesoro!" lo sbeffeggiò l'altro in piena crisi. "Ora smettila!"
La risposta di Kojiro fu una pernacchia con la lingua.
Ken tacque, indeciso fra la violenza fisica e il dialogo.
"Shizuka non tornerà di certo prima facendo così!"
Kojiro si fermò improvvisamente come imbambolato, poi guardò l'amico quasi ridestandosi dauna sorta di trance.
Scese dal tavolo barcollando. Prevedibili effetti dell'alcol.
"Shizuka non c'entra niente! Non nominarla più per stasera! Lei non è più qui con noi!" "Non è stata una sua scelta"
Le parole di Ken parvero convincere Kojiro, che si sedette al nuovamente al tavolo e si versò l'ennesimo bicchiere di sakè.
"Sai, Ken,ho come l'impressione che Shizuka non tornerà affatto..."
Inghiottì il contenuto del bicchiere tutto d'un fiato nonostante l'improvvisa sensazione di disgusto e vergogna che ebbe quando pensò che il sakè in quel momento aveva lo stesso sapore delle lacrime.
"Non essere ridicolo..." ribattè incerto l'amico. Ma nemmeno a lui le sue parole erano sembrate convincenti.
Shizuka non si faceva vedere ne sentire da un pezzo ormai.
E Kojiro non poteva fare altro che nascondere l'evidenza persino a sè stesso.



"Al...al solito posto?"
Kojiro sbuffò.
"Cosa c'è che non va al solito posto?"
"No, niente, è solo che..."
"Solo che...?"
Sembrava fingere che andasse tutto bene, che non fosse successo niente. Lo faceva sempre.
Fin da piccolo, anche quando i soldi non bastavano mai da quando suo padre era morto.
O quando sentiva dire che Ozora era migliore di lui. Fingeva. Semplicemente.
Sicuro di sè fino ala spavalderia, fiero di un coraggio quasi incosciente che gli impediva di soffrire.
"Niente, niente, andiamo pure..."
"Bene."
Maschera di cristallo sopra le pene, ferro che non dovrebbe mai arrugginire.


Solito posto, 8 mesi prima.
"Ragazzi, devo dirvi una cosa importante!"
"Che c'è, Shizu-chan, sei incinta?"
"Spiritoso. Questa battuta me la fate ogni volta che devo dirvi qualcosa di importante =_="
"Ok,ok. Ken, Taki: serietà, mi raccomando,eh!"
"Kojiro....-_-;;"
"Ok, la smetto, sputa il rospo"
"Dunque..."
La ragazza attorniata dai tre della Toho sedeva al tavolo all'angolo come ogni sera.
Il solito tavolo del solito posto.
Prese fiato lentamente epoi parlò con voce incerta.
"Domani parto per Kyoto. Mio padre è stato trasferito dalla sua ditta alla filiale di quella città, quindi ci trasferiremo tutti là"
Silenzio.
Poi Kojiro ruppe il ghiaccio.
"Ah ah...ahahahah, bello scherzo, Shizuka! A momenti ci credevo davvero! E ora ordiniamo un altro giro di birr-"
"Non sto scherzando" lo interruppe una Shizuka mai stata così seria.
"Dai, capisco che ti sei arrabbiata perchè oggi in classe ho fatto finta di non conoscerti quando hai tirato fuori quella teoria assurda nell'ora di giapponese ma..."
"Piantala, Kojiro!" urlò socchiudendo leggermente gli occhi.
Alcne persone nella sala si girarono nella sua direzione.
Tento di mantenere il controllo mentre alcune lacrime colavano sul suo viso pallidissimo.
E in quel momento ringraziò la poca illuminazione di quell'angolo.
Nessuno doveva vedere, nessuno doveva sapere.
"So che avrei dovuto dirvelo prima, voi siete i migliori amici che ho...ma credetemi, è meglio così" sorrise di tristezza "Ma vi prometto che tra qualche mese sarò di ritorno a Tokyo! Mio padre mi ha spiegato che è solo una cosa temporanea e-"
"Quanti mesi! Quanti mesi resterai a Kyoto?" si intromise Kojiro. Era fuori di sè.
Come aveva potuto dirgli che era di partenza solo la sera prima di andarsene? Non si fa così con gli amici...amici?
"Io...non lo so"



"Non lo so..."
"Non sai cosa, capitano?"
"Eh? Ah, nulla di importante. Ken, parcheggia laggiù che c'è spazio."
Scesero dall'auto.
La brezza che sapeva di notte era ancora presente.
"Entriamo?"
Nessuna risposta.
Ken guardò a lungo Kojiro, appoggiato al parapetto ella piccola terrazza posta sull'altura sulla quale si trovavano.
E capì.
"Devi pisciare, eh?"
Kojiro rispose con una risatina nervosa.
"Si, in effetti devo...andate avanti, voi, arrivo in un minuto. E ordinatemi una birra!"
"Se vuoi ti aspettiamo capit-" propose Taki con un sorriso da ebete stampato sulla faccia.
"Taki! Non farti prendere dalla tua sindrome-della-dama-di-compagnia! Kojiro se la caverà benissimo da solo!" Ken lo spinse in avanti verso l'entrata del pub.
Ken sapeva benissimo che in realtà Kojiro aveva solo bisogno di qualche momento di solitudine.
"Ma che ho detto..." si difese innocentemente.
"Tra qualche anno te lo spiego!"
Ed entrarono nel locale.


Kojiro si sedette sul tettuccio dell'auto di Ken.
Quante volte l'aveva fatto prima di allora?
Strinse i pugni finchè le nocche delle mani non diventarono bianche.
Insostenibile.
Ormai qualsiasi cosa che facesse risultava ridicolmente insipida.
E' già successo, è gia succcesso.
Il lampione adiacente l'auto, l'unico della lunga via sulla collina ch eportava al pub, si spense accompagnato da un inquietante crepitio, e ci fu solo oscurità e vento.
Troppo veloce. E ho fatto lo stesso errore di Ozora. Ho aspettato troppo. Mi faccio solo pena...se solo penso di avere qualcosa in comune con quello sfigato...brrr...
Ma nessuno doveva sapere.
Lui non aveva bisogno di nessuno.
Ma ora quel nessuno faceva più male di mille coltelli.
Tenebra di pietra, ferita che non si rimargina: perdona ciò che non ho mai detto e non riesco a togliermi dalla testa.



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