amore extraterrestre

di 19_ACSECNARF_94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1) Il viaggio ***
Capitolo 2: *** 2) Prigionia ***
Capitolo 3: *** 3) Evasione ***
Capitolo 4: *** 4) Verso la città ***
Capitolo 5: *** 5) La città ***
Capitolo 6: *** 6) Addio futuro ***



Capitolo 1
*** 1) Il viaggio ***


                                                                                       1dicembre 2010
Io e mia cugina Sonia ci stavamo dirigendo a casa di Lucy, lei e sua sorella dovevano venire in vacanza con noi.
Sonia era una ragazza instancabile, non riusciva a star ferma neanche due minuti, gli amici la chiamavano “maschio mancato” tanto amava il pericolo e gli sport maschili. Lucy, lei era la sorella che non ho mai avuto dolcissima ma a tratti aggressiva, c’era nel momento del bisogno e se qualche volta ti faceva un torto lo faceva senza rendersene conto, ma appena glielo facevi notare era capace di chiederti scusa mille volte! Era un po’ pericolosa, quando entrava in bagno potevi dimenticarti quella camera ne usciva solo dopo 2 o 3 ore, ci teneva molto al suo aspetto fisico. Sua sorella, nancy, era molto sbarazzina e amava il caos la sua seconda casa era la discoteca e non riusciva a stare con un ragazzo per più di due settimane. E poi c’ero io, che dire solita ragazza tranquilla che odiava la confusione e si faceva i fatti suoi per non mettersi nei guai ma non rinunciavo mai ad una bella vacanza con le mie amiche.
Eravamo una comitiva mal assortita ma nonostante tutto ci volevamo un gran bene e quel anno decidemmo di andare in vacanza in california: sole, sabbia e mare. Insomma un viaggio da sogni!!
Quando arrivai fuori casa di mia “sorella” iniziai a suonare a più non posso il clacson della mia vecchia ford rossa. “Ho capito sto arrivando. Muoviti Nancy inizia a portare le valige in macchina” trillò Lucy dalla porta di casa sua mentre era occupata a chiuderla.
Scesi dalla macchina e andai ad aiutare Nancy e Lucy con le valige, le sistemammo nel mega cofano della mia auto. Una volta a bordo dissi “si parteee!!!! Quest’estate mi voglio divertire, Lucy non fare come l’anno scorso, mettiti il protettivo e vedi di non seccarmi perché ti bruciano le spalle”.
“non ti preoccupare Melanie ho comprato la protezione 20 e poi eventualmente questa volta posso seccare la mia sorellina, non è vero Nancy??”
Nancy fece una smorfia di disapprovazione “non ci pensare proprio io quest’estate voglio fare conquiste mi sa che mi vedrete solo per pranzo e cena”
“e la sera?!?”, disse la sorella con voce falsamente preoccupata, “bho!” questa fu la risposta che ottenne.
Per tutto il viaggio non facemmo altro che scherzare e sentire la nostra musica preferita, ogni 2 ore ci fermavamo all’ autogrill per sgranchire un pò le gambe.
Dopo tre ore di macchina sonia mi diede il cambio alla guida della macchina, dopo altre tre vedemmo finalmente il cartellone stradale “benvenuti in california”.
Sonia disse “ragazze benvenute nella mia amata patria, benvenute in california. Siete pronte a girare tutto il paese con una vera guida?”
“e tu saresti la nostra guida?! Ok mi sa che questa volta non torneremo a casa!” dissi.
“Melanie non ti preoccupare tornerete a casa sane e salve, parola mia!”
“Ok ora posso stare tranquilla” disse Lucy.
In breve arrivammo alla casa sul mare di mia cugina, mia zia ce l’aveva data in prestito. Era molto carina. Era a due piani,al piano terra c’erano una bellissima cucina e un salone immenso con una mega televisione e un divano morbidissimo, il soggiorno affacciava su uno splendido terrazzo soleggiato con la discesa a mare. Al secondo piano c’erano un bagno con tutti i comfort, vasca da bagno e cabina doccia con l’idromassaggio, e due stanze da letto io condividevo la mia con Sonia, aveva la vista sul mare e ogni mattina ero svegliata dal canto degli uccellini che si posavano sul davanzale della finestra e da un raggio di sole che mi accarezzava il viso.
Nella stanza di Nancy e Lucy c’erano dei quadri molto bizzarri, apparentemente non raffiguravano nulla ma solo con molta attenzione e pazienza rivelavano dei disegni magnifici alcuni raffiguravano Londra, altri la statua della libertà e altri dinosauri. Ho passato molte ora avanti a quei quadri ma ci sono riuscita, ho scoperto il loro segreto!!
Nei giorni successivi non avemmo un momento libero, Sonia era instancabile come guida non ci faceva riposare neanche tre minuti. Arrivavamo la sera a casa distrutte, con braccia e gambe indolenzite.
Un giorno andammo a visitare la “valle della morte”. Era terrificante, il caldo era asfissiante, lo scenario e il nome, soprattutto il nome, mettevano i brividi! Era tutto deserto, sembrava una città fantasma! C’erano pochi arbusti secchi e serpenti che sbucavano da ogni parte. Sembrava che da un momento all’altro dovesse comparire una carcassa di una mucca in stato di decomposizione con due o tre lupi che la sbranavano. Fui molto lieta quando sonia decise che per quel giorno poteva bastare e finalmente ci fece tornare a casa.
Un’ altra mattina Sonia ci svegliò di buon ora e ci portò a visitare Los Angeles e un’altra volta andammo a san Francisco, entrambe le città erano meravigliose, un po’ caotiche ma belle. C’erano tanti negozi tutti addobbati a festa con alberelli di natale, con le luci e le palline di tutti i colori. Feci molti acquisti e comprai anche i regali alle mie amiche: a sonia una macchina fotografica, a lucy un libro e a nancy un bel vestito per la discoteca.
In quelle settimane passate in California abbiamo fatto cose che non mi sarei mai sognata di fare: bung jumping, paracadutismo e climbing! Sensazioni fantastiche, buttarti nel vuoto o scalare una montagna sapendo che sotto di te c’è il vuoto, un po’ inquietante e da suicida, ma bello!
Dopo circa due settimane dal nostro arrivo in California Sonia affittò una barca con la quale ci allontanammo nello splendido oceano pacifico dove potemmo nuotare in alto mare al fianco dei delfini. Rimanemmo in quella pace per circa otto giorni, tornammo sulla terra ferma per festeggiare il natale.
Quella sera Sonia, Lucy e Nancy decisero di andare in un locale sulla spiaggia a fare baldoria, io, invece, decisi di rimanere a casa, ero troppo stanca per affrontare una serata a ballare incessantemente sulla spiaggia e poi fui presa da una forte emicrania così decisi di coricarmi appena le mie amiche uscirono di casa, la mattina dopo ci saremo scambiate i nostri regali, ero curiosa di vedere le loro facce.
Come misi la testa sul cuscino subito crollai.
Quella notte sulla mia casa si abbatté una strana tempesta di vento, ma decisi di non farci caso ero stremata.

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Capitolo 2
*** 2) Prigionia ***


Al mio risveglio non ero più nel mio letto… ero in una distesa deserta…il sole era alto nel cielo… faceva caldo, molto caldo… ero immersa in questi pensieri quando volgo lo sguardo alla mia destra e vedo uno schieramento di soldati, poi mi giro a sinistra… c’era un altro schieramento di soldati armati di tutto punto… ero nel bel mezzo di un conflitto, ma tra chi? Come era arrivata lì? Non ebbi neanche il tempo di formulare queste domande che i due schieramenti si avvicinarono e iniziarono a combattere. Riuscì a schivare alcuni colpi e fui anche capace di ferire dei soldati grazie alle tecniche che avevo imparato a karate, ma non mi bastarono, dopo poco presi una botta in testa e svenni…
Dopo qualche ora mi risvegliai con un forte mal di testa e un gran bernoccolo sulla fronte, avevo anche la vista offuscata. Mi misi a sedere reggendo la testa con le mani e vidi accanto ai miei piedi c’erano un tozzo di pane e un bicchiere d’acqua. Al mio polso c’era un braccialetto di plastica con su scritto: individuo sospetto. Subito mi chiesi cosa significasse, ma intanto la mia vista stava migliorando e esplorai il posto in cui mi trovavo con lo sguardo. Notai che era alquanto strano, all’apparenza sembrava un carcere ma aveva solo tre pareti di colore grigio che mettevano ancora più malinconia, sulla parete di fondo c’era una finestrella con delle sbarre e dalle fessure si poteva vedere il cielo stellato e si sentivano dei boati molto lontani come se stessero esplodendo delle bombe,la stanza era illuminata da una luce tenue che proveniva dal corridoio esterno.
L’ultimo lato della cella, quello dove dovevano esserci le sbarre, era… vuoto e dava sul corridoio centrale. Decisi di scappare,volevo uscire da quel posto così angusto. Mi diressi verso il corridoio ma quando ero a meno di un metro di distanza dal soffitto e dal pavimento uscirono delle scariche elettriche, appena mi allontanai le scariche scomparvero, poi provai ad avvicinarmi di nuovo e quelle ricomparvero, capì , a malincuore che ero in trappola.
“non puoi uscire, questa è una prigione di massima sicurezza”, disse una voce annoiata che in quel totale silenzio mi fece sobbalzare.
Decisi di voltarmi per vedere la fonte di quella voce. Proveniva da un angolo buoi della stanza. Improvvisamente scorsi un movimento e una stana figura si avvicinava alla luce. Quando fui in grado di vederla, lanciai un urlo di orrore che squarciò il silenzio di quel luogo. Avevo dinanzi i miei occhi una figura informe. Al posto delle gambe aveva degli enormi tentacoli blu, il busto era gelatinoso, le braccia erano una specie di rami e la testa… aveva una testa d’aragosta!
Quell’essere parlò di nuovo “ho scusa! Non sarai abituata a vedere un alieno! Così dovrebbe andare meglio!” e mentre diceva ciò il suo corpo cambiò divenne un affascinante ragazzo, molto alto e magro, con i capelli castani a spazzolino e dei bellissimi occhi verdi con dei riflessi marroni! Indossava un camice bianco troppo corto per la sua altezza e vicino il suo polso c’era un braccialetto come il mio ma sul suo era scritto a grandi lettere: ALIENO
Mi sentivo molto frastornata ma nonostante ciò mi azzardai a chiedere “ un alieno?” e lui con voce molto più dolce e rassicurante di quella di prima e disse “ si un alieno, ma in che mondo vivi? Noi siamo sulla terra dal 2020!”
“2020? Scusa ma ora in che anno stiamo?”
“siamo nel 2025!” disse con un po’ di ironia nella voce.
“2025?! Ma… io…aiuto non sto capendo niente!”. Ero talmente confusa che non riuscivo a mettere insieme due parole, neanche per chiedere quello che mi passava per la testa, ma lui nonostante avesse notato il mio turbamento non si spazientì ma continuò a rispondere in modo molto calmo, e disse “qual è il problema?”
“io… io mi trovavo nel 2010 era in California alla casa sul mare di mia cugina poi mi sono addormentata… è venuta una tempesta… una strana tempesta… e quando mi sono svegliata ero nel bel mezzo di un conflitto!”
“oh ora capisco bhe vedi sei stata proiettata nel futuro. Sulla tua casa si è abbattuta una tempesta spazio-temporale, è una cosa che succede ogni cento anni, e così ti sei ritrovata nel 2025”
Rimasi sbalordita. Ero nel futuro! L’alieno mi guardava incuriosito. Finalmente riuscì a formulare la domanda che da tanto balenava nella mia testa: “che guerra è?”
“è la terza guerra mondiale” lui,vedendomi frastornata, continuò “è tra gli alieni e voi umani!”
“scusa ma invece di combattere non si potrebbe trovare un compromesso?”
“bhe la nostra razza è pacifica e vorremo un compromesso anche perché siamo stati costretti a trasferirci sulla terra, vedi sul nostro adorato pianeta si è abbattuto un meteorite e così si è distrutto e il pianeta più vicino era il vostro,l’unico problema è che il tuo popolo è molto bellicoso e ci vede come una minaccia! Ma ti giuro noi non vorremmo fare del male neanche a quegli adorati animaletti volanti…com’è che li chiamate voi?”
“api? zanzare? Mosche?”
“si proprio le mosche! Scusa ma non ho avuto molto tempo per imparare la vostra lingua”
“bhe non ti preoccupare si può sempre rimediare…” ammutolì all’istante, stavo per offrirmi come insegnante di un alieno? Che pazzia!
Era proprio affascinante quel ragazzo-alieno e con quello sguardo ammaliatore che mi passava da parte a parte non riuscivo più a ordinare i miei pensieri. Ma all’ improvviso, dal nulla, affiorò una domanda. Ero imbarazzata all’idea di porgliela e cercavo di respingerla nel profondo della mia mente, ma quella tornava a pungere come un ape, anzi come una vespa, tanto era insistente. Così feci un profondo respiro e dissi “ma tu sei identico ad un umano, come fanno a distinguerti da noi?”. Non sembrava per niente infastidito dalla mia domanda e rispose con molta disinvoltura. “Possiamo rimanere in questo stato solo per tre giorni poi ritorniamo ad essere quelle brutte creature e abbiamo quelle sembianze per 12 ore prima di riprendere l’altro aspetto. Da come posso vedere dal tuo braccialetto i carcerieri non sanno a quale specie appartieni, ma per averti messo qui hanno più motivi per credere che tu sia un’aliena. Così ti terranno qui almeno per tre giorni per vedere se cambierai aspetto e poi sta tranquilla ti rilasceranno. Ma se non sono indiscreto posso chiederti cosa hai combinato per farti mettere qui dentro con me?”
“ti ho detto sulla mia casa si è abbattuta quella tempesta e mi sono risvegliata nel bel mezzo di quella guerra, ma per curiosità tu quanto tempo rimarrai qui dentro?”
“per il resto della mia vita se non si riuscirà a trovare un compromesso”
“capisco. Quanti anni hai?”             
“ho 24 anni e il mio vero nome è Aghia” feci una smorfia, il nome era troppo buffo!, lui, notando il cambiamento nel mio volto disse “ma se preferisci puoi chiamarmi Robert.”
“Piacere Robert, io mi chiamo Melanie e ho 18 anni!”.
Parlammo per tutta la nottata e al sorgere del sole ci coricammo. Quella fu la notte più lunga della mia vita.
Mi addormentai per terra, ma al mio risveglio mi ritrovai su un letto. Robert mi aveva portata lì per farmi stare più comoda e lui si era addormentato ai piedi del mio letto, per terra. Iniziava a piacermi quell’extra terrestre, non solo era bello (quando aveva le sembianze umane), ma era anche simpatico e dolce.
Passammo i due giorni che ci rimanevano a parlare di noi, delle nostre famiglie e a scherzare,ma quei momenti di pace e divertimento finirono ben presto…
All’alba del terzo giorno fui svegliata da un frastuono che proveniva dal corridoio centrale, guardai Robert con aria interrogativa e lui rispose al mio sguardo dicendo “sono le guardie vengono a controllare se sei ancora umana”. Questa frase fu seguita da uno sguardo come a confermare ciò che aveva appena affermato.
Dopo poco qualcuno disattivò le scariche elettriche e entrò nella cella e con voce burbera disse “vediamo cosa sei…” io mi voltai immediatamente verso il mio compagno di prigionia, il quale mi sussurrò “sei libera ora! Buona fortuna” e sul suo volto si dipinse un sorriso mesto.
“ non ti preoccupare tra poco sarai libero anche tu” vedendolo confuso dissi con un sussurro “ti verrò a prendere il più presto possibile, promesso, non ti farò marcire a vita qui dentro”. Mi ero innamorata. Ormai ci ero dentro fino al collo.
Il carceriere mi afferrò per il braccio e mi fece alzare, la sua forza bruta mi face paura. Controllò che non avessi il braccialetto con su scritto alieno. Mi guardò dritto negli occhi, poi si voltò verso il suo collega, che era rimasto all’ingresso per evitare l’eventuale fuga di Robert, e gli disse “credo che questa qui sia umana, si sarebbe dovuta già trasformare”. L’altro, più magro di quello che mi manteneva per il braccio e all’apparenza anche più debole, disse “ok portiamola dal presidente si vorrà far perdonare per averla rinchiusa lì con un sudicio alieno e poi, dovrà indagare sul come si trovava nel bel mezzo del conflitto, tutte le donne e i bambini si trovano nei sotterranei o in città molto lontane da qui”
Mentre mi trascinavano fuori mi voltai verso Robert aveva di nuovo le sue sembianze mostruose, ma ormai mi ero affezionata a lui. Dovevo liberarlo. Il suo ultimo sguardo mi fece male era felice per me, ma nei sui occhi si leggeva tristezza, malinconia.

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Capitolo 3
*** 3) Evasione ***


In poco tempo fui fuori dalla prigione, all’orizzonte si vedeva la grande palla infuocata salire sempre più in alto. Il cielo quella mattina era uggioso e il sole era velato da grandi nubi nere. Questo tempo mi dava ancora più malinconia.
Mi fecero salire su di un elicottero. Appena fui a bordo il motore prese vita, l’elica cominciò a girare e così noi iniziammo a prendere quota, fino a scomparire in quel cielo che non prometteva niente di buono.
Dopo circa quindici minuti mi ritrovai sul tetto di un edificio. Delle guardie mi aiutarono a scendere dall’elicottero e mi condussero a delle scale che portavano al secondo piano. Mi fecero entrare in una stanza molto ampia tappezzata interamente di rosso, anche la moquet era di colore rosso. Sembrava che in quella stanza fosse esploso un pomodoro gigante. Sulla parete di fondo c’era un’immensa finestra che dava su un balcone dalla quale, di solito, entrava la luce del sole, ma non quel giorno. La stana, infatti, era illuminata da un grande lampadario di cristallo posizionato al centro della stanza.
Avanti la finestra c’era una scrivania di legno dietro la quale vi era una poltrona di pelle, affianco la sedia c’era un uomo tarchiato, con le lentiggini, capelli castani corti e grandi occhi marroni che sembravano cioccolato fuso che infondevano una grande sicurezza. Era giovane per essere il presidente ma avevo davanti gli occhi proprio il presidente.
Mi invitò a sedere sulla sedia di fronte la scrivania.
Appena lo feci disse “come ti avranno già detto io sono il presidente non solo della California, paese dove ci troviamo ora, ma sono stato eletto presidente del mondo finché durerà la guerra. Ho saputo che sei stata arrestata ingiustamente e che sei stata costretta condividere la cella con un alieno.” La voce si inclinò sull’ultima parola, mettendo in risalto un grande disgusto verso l’altra razza, ma il suo discorso continuò “Mi vorrei far perdonare quindi puoi chiedermi qualunque cosa e io te la darò, però prima vorrei sapere cosa ci facevi nel bel mezzo del conflitto”
Prima di rispondere ricordai ciò che mi aveva detto Robert la prima sera che ci conoscemmo “se la gente ti chiederà come ti sei ritrovata sul campo di battaglia menti, non raccontare la storia che hai narrato a me non ti crederebbero mai e ti accuserebbero di cospirare contro di loro”, così appena il presidente terminò di parlare io risposi “in guerra c’era anche il mio ragazzo, lui non era un abile combattente di sicuro sarebbe morto, e io lo amavo troppo e volevo morire al suo fianco, non sarei mai riuscita a vivere senza di lui”.
“scusa, perché parli al passato?”
“l’ho visto cadere davanti ai miei occhi è stato… terribile io… io…” lasciai la frase in sospeso e fui presa da una crisi di finto pianto per rendere la mia versione dei fatti più credibile.
“allora per farmi perdonare cosa posso fare?”
“potrei chiedere un lavoro? Che so nel carcere della città? Sa mi piacerebbe tenermi impegnata per non pensare a lui!”
“si ti capisco, bhe se è quello che desideri lo avrai e ti concedo anche 10.000E in modo che puoi vivere nel frattempo che avrai il tuo primo stipendio”
“mentre aspetto di comprarmi una casa potrei andare a vivere nei sotterranei con tutta la comunità?”
“si certamente. Chiamo l’elicottero e ti faccio riaccompagnare al carcere”.
Andai ad attendere l’elicottero sul tetto dell’edificio ed ero talmente immersa nei miei pensieri e nel creare una straregia per liberare Robert che non mi accorsi che l’elicottero era arrivato e aspettava me per ripartire.
Dopo circa un’ora dalla mia partenza eccomi di nuovo lì,fuori la prigione. Poiché era sera mi condussero nei sotterranei, i quali erano ad una mezz’oretta di marcia dal carcere. Per raggiungerli dovetti entrare in una caverna ai piedi di un’alta montagna. C’era un lungo corridoio illuminato da una fioca luce e faceva anche molto freddo,insomma il luogo dove mi trovavo sembrava fosse uscito da un film dell’orrore. Quando arrivai alla fine della galleria lo scenario avanti ai miei occhi cambiò. C’era una grotta immensa, molto illuminata e, a dispetto di prima, qui c’era un caldo asfissiante. C’erano molti giacigli su qui dormire, quasi tutti pieni, dovetti camminare molto per trovarne uno libero, ma finalmente lo trovai quasi alla fine della grotta. Quella notte non riuscì a chiudere occhio a causa del forte caldo e dei tantissimi rumori provenienti sia dalla caverna che dall’esterno. Così passai quelle ore notturne a finire di escogitare il modo per liberare Robert. Quelle ore volarono come se fossero state solo pochi minuti così al sorgere del sole mi alzai e mi andai a lavare in un piccolo ruscello appena fuori i sotterranei, quell’acqua gelata era la miglior cosa che potessi desiderare per riprendermi da una notte insonne. Quando finalmente mi fui ripresa del tutto, anche grazie alla ricca colazione che mi fu offerta dalle donne nei sotterranei, mi recai diressi al mio primo colloquio di lavoro. Ero molto agitata, ma non potevo farmi prendere dall’ansia, era la mia unica occasione per salvarlo.
Alcuni inservienti mi accompagnarono dal capo. Bussarono alla porta e dall’interno si senti una voce un po’ burbera “avanti” entrammo e uno dei miei accompagnatori disse “ecco la ragazza di cui il presidente ci ha parlato ieri”
“ah si ricordo” fece un’aria pensierosa e poi continuò “bhe che ci fate ancora sulla porta lasciateci soli”.
Appena furono usciti dalla porta il capo, uomo abbastanza grasso e tutto sudato, posò i suoi occhi indagatori su di me e disse “allora cosa ti spinge a voler un lavoro in questo carcere?”
“la prego ho bisogno di lavorare non riesco a stare con la mani in mano mi voglio rendere utile, mi va bene anche lavare i pavimenti o i bagni…”, non mi fece neanche finire la frase che rispose “ok farai parte del servizio di pulizie, laverai i corridoi del settore… che settore preferisci l’ A o il B?” disse con tono piuttosto annoiato, come se si scocciasse di assecondare i capricci di una stupida ragazzina viziata e preferisse fare dell’altro. Comunque decisi di non pensarci e dissi “scusi come?”
“il settore A è dove si trovano i traditori del proprio sangue e il B è dove ci sono quei bastardi invasori” rispose con aria spazientita.
“ah capisco, bhe preferirei andare nel settore B, vede quegli esseri hanno assassinato tutta la mia famigli e anche il mio ragazzo e voglio vederli soffrire in quella celle” , cercai di usare più disprezzo possibile per marcare il mio odio per gli alieni e credo che funzionò perché lui con un sorriso compiaciuto disse “ok è andata può iniziare subito. Si diriga nel suo settore ora avviserò il suo superiore”
Feci per andarmene ma lui mi richiamò “un’ultima cosa, potrebbe darmi le sue generalità?”
“oh si certo. Il mio nome è Sonia Green e prima della guerra vivevo a Beverly Hills con i miei genitori…”
“ok può bastare ora vai” e fece il gesto con la mano come se scacciasse via le mosche.
Uscì immediatamente da quel ufficio e seguì le indicazioni che portavano al settore B. Mentre camminavo sentì delle guardie parlare “… Jake non c’è la faccio più a lavorare in quest’inferno tra un po’ parto, vado via”
“e dove hai intenzione di andare? Gli aeroporti sono tutti chiusi!”. Mi fermai dietro l’angolo ad attendere la risposta che non tardò ad arrivare.
“mio caro ti sbagli ci sono ancora pochi aeroporti disposti  a fare gli ultimi voli come quello in città, oggi vado a comprare i biglietti e domani parto…”
Non sentì il resto della conversazione, se volevo salvare Robert e me dovevo sbrigarmi.
Continuai a camminare e quando finalmente arrivai nel mio settore vidi che vicino a tutte la celle c’erano dei rilevatori di impronte digitali e ebbi un’idea, avrei aspettato la sera e avrei aggredito una guardia e usato le sue impronte digitali per aprire la cella, ma era ancora giorno, così mi diressi dal mio superiore. Egli mi diede un camice e guanti verdi, con un secchio e un panno per lavare i pavimenti dei corridoi. Durante il mio lavoro passai anche vicino alla cella di Aghia, ma non mi vide perché stava dormendo nel suo solito angolino che fino al giorno prima avevamo condiviso. Dopo aver lavato tutto fui spedita nei bagni, erano talmente sporchi che per poco non vomitai la mia colazione. Ci misi quasi due ore a far risplendere di nuovo i bagni, a bastarono affinché finisse la mia prima giornata di lavoro.
Sarei  dovuta tornare nei sotterranei decisi di mettere in atto il mio piano.
Posai tutti i miei strumenti di lavoro nello sgabuzzino poi mi avvicinai alla cella di Aghia, fortunatamente era sveglio, infatti appena mi vide si avvicinò e mi disse “cosa ci fai qui? vai via ti metterai solamente nei guai!”
“non ti preoccupare, ti avevo promesso che ti avrei liberato e sto mantenendo la mia promessa!”. E sotto lo sguardo preoccupato del mio alieno iniziai a gridare “GUARDIA”.  Quando il vigilante arrivò correndo, mi chiese con voce ansante “cosa è successo signorina?”
“questo stupido essere mi ha minacciata!” dissi indicando Aghia.
La guardia si avvicinò alla cella con aria minacciosa, io mi portai alle sue spalle e gli diedi un colpo molto potente dietro la nuca e la guardia si accasciò svenuta dinanzi ai miei piedi.
Da dentro la cella arrivò una voce allarmata “ma cosa hai fatto?”
Ma non ci prestai attenzione, ero impegnata a spostare il corpo verso il sensore, presi la sua mano e gliela posai sopra, immediatamente la cella perse le sue difese.
Esortai subito Aghia “dai muoviti dobbiamo andare, prendi le tue sembianze umane però prima indossa questi” e gli porsi degli abiti che avevo preso dallo sgabuzzino, lui subito li indossò e poi si trasformò nel meraviglioso ragazzo che mi faceva battere tanto il cuore e per cui avevo rischiato la mia stessa vita.
Appena usci dalla cella gli strappai quello stupido braccialetto.
La prima parte del salvataggio era andata bene, ora non dovevamo fare altro che uscire dal carcere e andare a prendere l’aereo.
All’ingresso dell’edificio fummo fermati dalla sorveglianza che guardandoci con aria incuriosita ci disse “ ALT! Cosa ci fate ancora qui? Sareste dovuti andare via già da un pezzo”. Ero paralizzata dal terrore, non riuscì neanche a voltarmi verso Robert per vedere che espressione avesse. Avevo programmato tutto nei minimi dettagli, ma non avevo previsto la sorveglianza all’esterno e il ritardo della mia uscita. Notai nei loro volti segni di insofferenza, così mi affrettai a dare una risposta che fosse verosimile a quello che era successo ai piani superiori “ … credevo di essere rimasta sola e che i miei colleghi della ditta di pulizia fossero già andati via …” dissi riferendomi al mio compagno “… così stavo andando alle scale … quando … la guardia del secondo piano mi chiama … lo raggiungo e quello … ha iniziato ad importunarmi … ho iniziato ad urlare … ma non veniva nessuno … poi è arrivato lui e mi ha aiutato …” lo sguardo della guardia passò da me a Robert “ e tu che ci facevi ancora lì?”  “ ho lavorato tanto oggi e non ho avuto tempo per andare in bagno, così finito il mio turno ci sono andato poi ho sentito qualcuno urlare e stavo andando …” “ ok basta basta prima che cambi idea, ma che non si ripeta più, ci sono degli orari da rispettare. Comunque signorina le conviene cambiare settore altrimenti rischia di essere importunata di nuovo”. Non avevo la forza di parlare ma feci cenno di si con la testa e mi diressi verso l’uscita con al mio fianco Robert. Le guardie continuavano a guardarci in modo strano quindi o si erano bevuto tutte le nostre bugie o erano arrivate a conclusioni sbagliate, ma sinceramente non mi interessavo, l’importante era che eravamo riusciti ad uscire dal carcere. Dopo circa 2 ore trovammo l’aeroporto subito mi precipitai al botteghino presi due biglietti per il volo Los Angeles-Napoli.

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Capitolo 4
*** 4) Verso la città ***


Corsi da Robert “ho i biglietti dobbiamo muoverci, l’aereo parte tra 2 minuti!”
Entrambi, mano nella mano, ci dirigemmo verso le piste di volo, subito individuammo il nostro aereo… l’unico con il motore acceso. Salimmo su per la scaletta e appena fummo a bordo notammo che era quasi tutto vuoto così decidemmo di sederci vicino ad un finestrino sul lato destro.
Appena ci sedemmo la porta di ingresso si chiuse e dall’altoparlante arrivo una voce femminile molto dolce “avvisiamo i gentili passeggeri che questi voli clandestini non sono del tutto sicuri a causa degli aerei militari che lanciano bombe e per questo a ognuno di voi sono stati dati dei paracadute”.
Finito il discorso l’aereo iniziò a decollare a quel punto io e Robert tirammo un sospiro di sollievo,per ora, eravamo salvi, eravamo fuggiti dalla California.
Fui presa da un sonno incontrollabile e crollai tra le braccia dell’alieno…
Dopo circa un’ora fui svegliata da un rumore fortissimo e da un movimento bruschissimo dell’aereo… l’ala sinistra era stata colpita da una bomba… stavamo perdendo quota… gran parte dei passeggeri morirono a causa dell’esplosione, rimanevamo noi e altre due coppie i cui paracaduti erano distrutti…
“Robert, i paracaduti, ci dobbiamo lanciare!” dissi con voce allarmata. Lui si stava infilando il suo e mi porse il mio “no aspetta” dissi, diedi il mio a quella coppia, potevano saltare insieme, poi mi rivolsi al mio compagno di viaggio “dammi il tuo paracadute lo metto io così posso guidare tu legati a me con questa” e gli porsi l’imbracatura.
Uniti e con il paracadute sulle mie spalle ci dirigemmo verso lo squarcio. Arrivati lì dissi “ al mio tre saltiamo” lui fece un cenno con la testa il che significava che era d’accordo con me “uno…due…” fui interrotta da un forte scossone che ci fece perdere l’equilibrio e cademmo nel vuoto. Temevo di non farcela, saremo morti … Trapassammo le nuvole. La pelle del viso si tirava tutta all’indietro, il paracadute era ancora chiuso… non trovavo la maniglia per aprirlo, eravamo spacciati. Quando mancavano solo pochi metri da terra riuscì a trovare la leva, la tirai e il paracadute si aprì, iniziammo a salire e presto ci trovammo a dondolare nell’immenso cielo italiano a chissà quanto da terra… mentre scendevamo lentamente verso il suolo alzai la testa e vidi che anche l’altra coppia aveva aperto il paracadute, ma si dirigevano nella parte opposta rispetto alla nostra.
Sotto di noi c’era una campagna e per fortuna cademmo su dell’erba così l’impatto fu meno duro.
Appena arrivati ci togliemmo il paracadute e le imbracature, “sei bravissima come paracadutista pensavo di non farcela,complimenti” disse Robert, “grazie,anche io temevo di non farcela, ma per fortuna quando ero nel 2010 mi cugina mi ha fatto lanciare da un elicottero” entrambi scoppiamo in una fragorosa risata.
“hei per quanto tempo puoi essere ancora umano?” dissi, interrompendo quel momento di ilarità e mantenendomi ancora la pancia per le risate. “tre ore, quattro al massimo” disse con voce mesta. “dobbiamo trovare un posto per nasconderci a anche presto”
Ci dirigemmo verso la strada di campagna, appena la raggiungemmo Robert disse “dove preferisci andare, destra o sinistra?” guardai entrambe le direzioni e dovunque c’erano nuvole di fumo e non si vedeva neanche un’anima viva! “andiamo a sinistra” decisi alla fine.
Iniziammo la nostra marcia alla ricerca di una casa che avrebbe potuto ospitarci per 12 ore e per la notte.
Allo scadere della terza ora in lontananza vedemmo una casetta abbandonata. Quando la raggiungemmo vedemmo che la porta era chiusa, lì vicino c’era una finestra, anch’essa chiusa, ruppi i vetri ed entrai nella casetta. Robert mi imitò. Dentro c’era tantissima polvere, ma non ci badai, vidi delle scale e pensai che la camera da letto si trovasse lì così iniziai a salire “ferma potrebbero essere pericolanti…” ma io già ero in cima e ridevo, avevo ragione era lì,quella notte avremmo dormito lì.
Dopo poco mi raggiunse anche  Robert e guardandomi negli occhi mi disse “ perché fai tutto questo per me, per un alieno?” disse l’ultima parola con tristezza e disprezzo,
“non disprezzare ciò che sei!” gli dissi mentre poggiavo la mia mano sul suo viso. “Ma non lo disprezzo solo se fossi umano tutto questo non sarebbe successo e tu non avresti dovuto lasciare la tua comunità e…” mentre parlava mi avvicina a lui e gli posai una mano sulle labbra e mentre le mie guance si tingevano di un rosso così intenso, dissi“l’ho fatto con piacere…la mia razza è violenta e non è per niente tollerante e poi io… ti amo” tolsi la mia mano dalla sua bocca e avvicinai le mie labbra alle sue, fu un bacio dolce, coinvolgente,portai la mie mani sulla sua nuca per non allontanarlo da me e lui poggiò le sue sulla mia schiena… quando ci allontanammo disse “anche io ti amo Melanie” e mentre diceva ciò il suo corpo cambiò forma…
Rimanemmo in quella casetta per tutta la notte,io crollai, mi stesi sul letto e al mio risveglio al mio fianco trovai Aghia. Mi alzai dal letto, andai vicino la finestra e guardai fuori, era l’alba, le 12 ore dovevano essere finite. Mi avvicinai all’alieno e lo svegliai dolcemente “buon giorno” dissi e lui con la voce impastata di sonno rispose “buon giorno Mel”  
“credo che le 12 ore siano passate ci conviene rimetterci in marcia”
“si hai proprio ragione” e mentre diceva ciò si trasformò “su andiamo” si alzò dal letto, mi prese per mano e mi condusse al primo piano.
Andammo in quella che doveva essere la cucina,aprimmo un cassetto e per fortuna trovammo un po’ di pane e riempimmo delle brocche che trovammo nel mobile con l’acqua della fontana così che durante il nostro viaggio non avremmo sofferto la sete. Dopo aver mangiato io e Robert uscimmo in strada e il nostro viaggio ebbe inizio. Camminammo per molte miglia mano nella mano,e la notte la passavamo al riparo sotto un albero.

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Capitolo 5
*** 5) La città ***


Arrivammo in città allo scadere del terzo giorno, dovevamo muoverci altrimenti Robert avrebbe cambiato forma.
Il centro abitato era del tutto deserto si vedevano solo delle pattuglie della polizia che giravano per le strade, evidentemente cercavano degli alieni.
Dopo poco in una stradina secondaria trovammo una villetta a due piani molto accogliente, ma come il resto della città era stata abbandonata. Decidemmo di stabilirci lì, i negozi erano abbastanza vicini e così potevamo procurarci cibo e tutto quello che poteva servirci per vivere bene sempre però facendo attenzione ai poliziotti, potevano accusarci di sciacallaggio.
Entrammo in casa e dissi “Robert credo che dovrei andare a fare un po’ di spesa, ho una fame da lupi”
“ok ti accompagno!”
“no, non se ne parla proprio, vado solo io”
“ma sei impazzita,vorresti andare in giro da sola per una città che non conosci affatto?”
“non preoccuparti il supermercato è dietro l’angolo e poi non vorrei perdere tutto quello che ho fatto fino ad ora…”
“che vuoi dire?”
“pensaci se venissi con me o andassi solo tu e la polizia ti trovasse e ti sbattesse dentro, tu prima o poi cambieresti forma e così ti ucciderebbero e io non voglio perderti per me sei troppo importante, se invece catturano me dopo tre giorni mi devono rilasciare, sono umana!”.
Lui capendo che avevo ragione sorrise e disse “hai ragione vai tu, ma sta attenta e… torna presto che ho fame” e il suo viso fu illuminato da il più ampio dei sorrisi che avessi mai visto.
“certo tornerò presto” e dicendo ciò mi avviai verso la porta d’ingresso, l’aprì e la varcai poi lui disse “e te ne vai così senza neanche salutare?”, io mi girai tornai da lui e lo baciai sulle labbra e allontanandomi malvolentieri dissi “cercherò di tornare il più presto possibile…se non arrivo entro quattro giorni fuggi via, a quel punto vuol dire che la polizia non ha nessuna intenzione di bersi la mia storia”, mi girai verso la porta e uscì per strada.
Lo scenario era terrificante, sembrava di stare in un film di zombi, avevo i brividi di paura. Dopo poco riuscì a trovare supermercato, vi entrai e all’ingresso vi erano i carrelli ne presi due e in breve li riempì di tutto ciò che poteva servirci per vivere. Circa un ora dopo uscì e mi diressi sul marciapiede di fronte con i due carrelli facendo attenzione al minimo suono per paura di essere arrestata, quando lo raggiunsi andai in un negozio d’abbigliamento e presi dei vestiti per me e per Robert,non ero del tutto sicura della taglia così presi capi di diverse taglie, una di quelle doveva essere la sua!
Tornai a casa dopo tre ore, aprì la porta e entrai nell’ingresso così pensai di chiamarlo “Robert, tesoro, dove sei?” e da un punto imprecisato del piano di sopra arrivò una voce “sono di sopra…puoi raggiungermi?”
“si il tempo che sistemo quello che ho preso nella credenza e arrivo, ho anche una sorpresa per te!”.
Dopo aver sistemato tutto in cucina presi i vesti e mi diressi di sopra quando lo raggiunsi non era più Robert ma Aghia “allora qual è la sorpresa?” “questi!” e gli mostrai i vestiti “non sapevo quale fosse la tua taglia così ho preso un po’ di tutto!” entrambi iniziammo a ridere poi lui divenne serio e disse “avrei voluto aspettarti al piano di sotto ma mi sono trasformato e se passava la polizia poteva vedermi facilmente dalla finestra”
“non ti preoccupare hai fatto benissimo…tu aspettami qui vado a preparare qualcosa da mangiare arrivo subito”, detto ciò scesi al piano di sotto e andai in cucina e preparai le penne al sugo e salsicce affogate nella salsa, portai tutto di sopra, porsi il piatto ad Aghia e dissi “ma ora come fai a mangiare?”
“come mangiano le aragoste!”
“ah ora capisco, bhe comunque non sono una cuoca eccellente ma piano piano imparerò”
“non ti preoccupare Melanie”. Detto ciò si fiondò sul suo piatto e iniziò a mangiare e io feci lo stesso, non era male!
Quella sera mi coricai con la pancia piena, l’alieno rimase a dormire in un angolino della stanza così dissi “ma tu dormi in piedi?”
“non proprio, diciamo che dormo seduto!”
Detto ciò crollammo.
Mi sveglia tardissimo e al mio risveglio trovai Robert seduto sul mio letto con un vassoi tra le mani, era la mia colazione! Buttai giù un po’ di latte e qualche biscotto poi chiesi “ ma tu non mangi?”
“già fatto” e rise, io continuai a fare colazione mentre lui mi guardava. Quando finì lui disse “stai bene?” io trovai la domanda un po’ stupida ma risposi lo stesso “si, certo e tu?”
“io bene ma sei tu quella che mi preoccupa”
“perché?”
“vedi stanotte non hai fatto altro che piangere, mi hai fatto preoccupare”
“oh scusa…non l’ho fatto apposta”
“si lo so ma volevo sapere cosa ti era successo” trassi un profondo respiro e ricordai ciò che avevo sognato e che mi aveva fatto piangere tanto, al solo ricordo ai miei occhi si affacciarono altre lacrime poi mi decisi a parlare “mi manca tremendamente la mia famiglia, non fraintendere sto benissimo con te, ma ho solo 18 anni mi mancano i miei genitori e i miei amici, la mia scuola…” dicendo ciò sgorgarono altre lacrime, Robert mi si avvicinò, mi abbracciò così io potei piangere sulla sua spalla mentre lui mi accarezzava i capelli e mi dava dei baci sulla fronte. Non so per quanto tempo rimanemmo in quella posizione, ma quando ci staccammo disse “non ti preoccupare, li rivedrai molto presto!”.
La notte arrivò molto presto e me ne andai a letto ma lui rimase sempre nel suo angolino così guardandolo dissi “tu non vieni?”
“speravo che me lo chiedessi” si alzò e si stese al mio fianco…al mio risveglio vicino il mio letto c’era una strana piattaforma di ferro con tantissimi fili collegati alla presa della corrente e vicino con degli strumenti di lavoro c’era Robert “che stai facendo? Cos’è tutta questa roba?” chiesi e lui sorridendomi disse “questa roba come dici tu è la macchina che ti porterà nel passato, nei tuoi tempi”
“e dove l’hai presa?”
“l’ho fabbricata io per te!”
“l’hai fatta tu?”
“esatto”
“ma dove hai preso tutti questi aggeggi e poi come fai a sapere come costruirla?”
“bhe gli strumenti nel negozio di elettronica dietro l’angolo…”
“sei uscito di casa? Quando?”
“si sono uscito mentre dormivi” e alla mia faccia allibita e preoccupata si affrettò ad aggiungere “non ti preoccupare ho fatto molta attenzione a non farmi vedere dalla polizia, comunque ora ti rispondo alla seconda domanda, costruirla è una cosa da alieni… siamo molto più avanti di voi con la tecnologia” e rise con quel suo sorriso ammaliatore.
Avvitò l’ultimo bullone poi si girò verso di me e disse “ è pronta ora mi devi dire solo la meta,il giorno e l’ora e poi potrai andare” sull’ultima parola si rattristò e a me venne un nodo alla gola, dovevo separarmi da lui! Mi girai, mi diressi verso la finestra, guardai fuori, quello non era il mio mondo dovevo tornare a casa, mi girai verso Robert, lui mi guardava come se si aspettasse una risposta così mi affrettai a dargliela “Bevery Hills via Snt. Luis n°8, il 25 dicembre 2010 alle 22:00” lui digitò qualcosa su un mini display poi disse “ok puoi andare” ma la sua voce si incrinò mi girai verso di lui e sulla sua guancia scendevano delle lacrime e subito anche dai miei occhi ne sgorgarono altre… corsi ad abbracciarlo…non volevo lasciarlo…mi ero innamorata di lui e non potevo sopportare l’idea di dover aspettare dieci anni per rivederlo.
“devi andare la tua famiglia hanno bisogno di te”
“ma io non voglio lasciarti”
“tu non mi lasci rimarrai per sempre nel mio cuore”.
A quelle parole mi sentì morire anche lui provava per me ciò che provavo per lui. Ci abbracciamo di nuovo e senza nemmeno capire come ci ritrovammo distesi l’uno nelle braccia dell’altro. Il tempo non esisteva più, non esisteva più la guerra, c’eravamo solo io lui e il nostro desiderio di donarci amore…

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Capitolo 6
*** 6) Addio futuro ***


Era già notte fonda quando il rumore di un auto ci riportò bruscamente alla realtà e a malincuore ci rivestimmo e mi avviai verso la macchina del tempo piangendo quando lui mi chiamò e guardandomi negli occhi mi disse “in fondo non è un vero addio” ma anche i suoi occhi erano gonfi di lacrime “dobbiamo aspettare solo dieci anni”
“che vuoi dire?”
 “tra dieci anni arriverò con la mia navicella a Beverly hills allora potremmo rincontrarci…ma ci sarà la guerra e dovremo fare mola attenzione”
 “di questo non ti devi preoccupare ci penserò io,ma c’è un altro problema”
 “quale?”
 “tu non mi conoscerai!”
 “bhe a questo ci penso io con le mie tecnologie, tu il 12 dicembre del 2020 vai a san Francisco ci vedremo lì te lo prometto” detto ciò mi si avvicinò e con le sue labbra sfiorò le mie.
Mi avviai al centro della piattaforma dandogli le spalle poi mi voltai e dissi “ma cosa nasce dall’unione delle due razze?”
“non lo so”
“bhe un giorno lo scopriremo…sono pronta”. Lui cliccò su un tasto e fui avvolta in uno strano turbinio, chiusi gli occhi…quando li riaprì…ero al centro del mio letto nella casa di mia cugina… avevo ancora il viso rigato dalle lacrime e negli occhi il viso di Robert quando Sonia entrò nella mia stanza seguita da Lucy e Nancy le quali, vedendomi in quello stato mi chiesero “ Melanie tutto bene? Perché stai piangendo?” “niente solo un brutto sogno” detto ciò mi alzai e corsi ad abbracciare le mie amiche. Quando mi allontanai Sonia mi disse “noi andiamo alla festa, sei sicura di non voler venire?” e io asciugandomi gli occhi dissi “ci ho ripensato vengo”, corsi all’armadio e presi il più bel vestito che avevo e andai alla festa. Finita l’estate ritornammo a casa e io e le mie due amiche girammo qualche college Nancy andò a medicina e Lucy a biologia quando mi chiesero “allora Melanie tu dove ti iscrivi?”
“io ritorno a Beverly Hills”
“come?!”
“ritorno a Beverly Hills, lì c’è il college che voglio fare… giurisprudenza!”
“ma tu hai sempre odiato la politica, tu adoravi le scienze” “bhe non si può cambiare idea?!”
“si certo solo è da natale che sei un po’ strana, ma cosa ti hanno fatto bere in spiaggia” tutte e tre iniziammo a ridere.
Ritornai a Beverly Hills, mi iscrissi al college, ero la migliore del mio corso in tre anni riuscì a laurearmi, mi trasferì definitivamente in quella città e divenni governatore della California, mi presentai anche alle elezioni presidenziali e riuscì a essere eletta presidentessa! I miei piani procedevano a meraviglia!
Il primo gennaio 2020 sulla terra arrivò la prima navicella spaziale.
Tutti i presidenti del mondo compresa me ci riunimmo e iniziammo a discutere,parecchi erano per la guerra ma qualcuno, come me era per la pace, “vediamo cosa vogliono saranno innocui, altrimenti già ci avrebbero invaso e poi per essere venuti qui vuol dire che le loro tecnologie sono più avanzate delle nostre,potremo cedergli le zone della terra più deserte, sono sicura che con le loro tecnologie sapranno renderle ospitabili!”. Decidemmo il da farsi con delle votazioni eravamo pari ma mancava l’ultimo, Rossi il presidente italiano, nella sala del consiglio c’era molta tensione quando finalmente emanò il suo verdetto… “pace”.
Ce l’avevo fatta! Obama si alzò e disse “ora credo che in questo stato di allarme dovremmo eleggere un presidente supremo… io opterei per colei che più si batte per la pace, cosa ne dice lei?” ero un po’ perplessa ma mi affrettai a rispondere “ne sarei onorata…sempre se al consiglio va bene” si alzò un mormori di “per me va bene” o “si certo” o anche “ok sono d’accordo”. Ero presidente supremo.
Mi alzai e andai al centro della stanza e dissi “con il vostro permesso vorrei far entrare un rappresentante degli alieni, prego” la porta si aprì e entrò quello strano mostro, nella stanza si levarono mormorii soffusi e schiamazzi “vi presento Ujiar è il re degli alieni, prego a lei la parola”
“grazie presidente, bhe come è già stato detto sono il re degli alieni ma non ho intenzione di invadere il vostro pianeta, vi chiedo solo ospitalità il nostro pianeta è andato in frantumi a causa di un meteorite e il pianeta più vicino era il vostro, mentre venivo ha avuto modo di vedere che ci sono molte zone inospitali per voi, noi possiamo renderle fertili se solo ce ne date la possibilità” poi uno dei presenti alzò la mano e disse “ma dovremo convivere con dei mostri come voi?”
“non vi preoccupate noi siamo mutaforme e possiamo cambiare il nostro aspetto solo ogni tre giorni ritorniamo ad essere mostri per 12 ore”
“bhe noi già abbiamo preso una decisione… vi lasciamo il deserto, sarete nostri ospiti finche lo vorrete” dissi e lui rispose con un sincero “grazie”.
Il dodici dicembre arrivò presto e io quella sera mi recai all’appuntamento che aspettavo ormai da dieci anni.
Quando arrivò la navicella fui sopraffatta da mille dubbi, si ricorderà di me?, mi vorrà ancora?, e se avesse un’altra?
Ma tutto ciò scomparve appena la porta si aprì e ne uscì Robert sorridente e notai che i suo occhi cercavano qualcosa o meglio qualcuno, quando si posarono su di me il suo sorriso si allargò e mi corse in contro, ci abbracciammo e baciammo, fu il bacio più dolce e lungo della mia vita…quando ci allontanammo dissi “mi sei mancato”
“anche tu mi sei mancata…sei cresciuta molto,ho avuto qualche difficoltà a riconoscerti…comunque complimenti ce l’hai fatta, sono fiero di te”
“grazie…sarai stanco che ne dici di andare a casa?”
“sono d’accordo andiamo”.
Mentre andavamo verso la mia casa abbracciati tutti i presenti ci guardavano sbigottiti ma ormai non mi interessava più niente, mi ero ricongiunta con la mia metà…
 

Sono passati parecchi anni da quel giorno, io e Robert ci siamo sposati e abbiamo scoperto cosa nasce dall’unione delle due razze, una creatura aliena che può diventare umana a tempo illimitato, ma non mi interessava il suo aspetto l’avrei amata in ogni caso, è nostra figlia.

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