un viaggio da ricordare

di rospina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** mi sposo e non puoi mancare ***
Capitolo 2: *** si parte! ***
Capitolo 3: *** bounjour finesse ***
Capitolo 4: *** adoro la tua famiglia! ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** il matrimonio ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** al mare ***
Capitolo 9: *** sei bellissima ... ***
Capitolo 10: *** che è successo? ***
Capitolo 11: *** piove ***
Capitolo 12: *** muoio ***
Capitolo 13: *** un viaggio da ricordare ***



Capitolo 1
*** mi sposo e non puoi mancare ***


Sto guardando il cellulare, che mi avvisa:

Luce, c’è una chiamata per te!

 Squilla.

Rispondo.

Riconosco la voce della mia migliore amica, è eccitata, non sta più nella pelle, quando finalmente capisco il perché:

“Luce, non so come spiegartelo, finalmente Massimo mi ha chiesto di sposarlo! Tra dieci mesi ci sarà il matrimonio e tu non puoi mancare”

Sorrido. Sono realmente felice per Giada. Insomma la mia migliore amica si sposa! È ovvio che non posso mancare al suo matrimonio. E subito la mia mente inizia a girare vorticosamente su cosa indossare. Insomma sono una ragazza, è ovvio che il primo pensiero sia l’abbigliamento … trucco, parrucco, e poi l’abito che ti trasforma facendoti sembrare la donna più bella che si sia mai vista. Ho una mia immagine nella mente che mi fa stupire da sola, immagino di alzarmi di cinquanta, dico cinquanta centimetri con un paio di scarpe mozzafiato, dal colore indefinito. Il vestito poi non ho ancora deciso se sarà lungo o corto, però metterà in mostra le mie gambe, facendole sembrare quelle di miss Italia, per non parlare dei capelli e del volto, tutti diranno:

“Chi è quella venere?”

Nel momento in cui riprendo il controllo di me stessa, capisco e ammetto con tristezza che tutto questo non potrà mai avvenire! Ma non me ne importa, sono felice lo stesso di andare al suo matrimonio. Peccato che si trovi al di la del mare!

Ci scambiamo ancora poche parole e poi chiudo il telefono col pensiero che dovrò andare nella mia Sardegna, la terra dove sono nati i miei genitori e vivono i miei nonni.

Non ha importanza penserò a tutto! Proprio a tutto, e sarà perfetto.

In fondo per me raggiungere la Sardegna non è poi così difficile, e il costo è ridotto, devo solo pagarmi il viaggio. In fondo sono sarda, e lo si può intuire dai miei colori mediterranei e dai lineamenti, anche se purtroppo il volto e il fisico rivelano che non sono una velina. Ma chi ha detto che al mondo bisogna essere tutti magri alti e bellissimi?

Nessuno.

Ma una cosa è certa: tutti lo pensano.

Nel frattempo che penso al viaggio, immagino i miei nonni e le mie zia aspettarmi a braccia aperte, accogliermi e farmi sentire una vera regina!

Quanto sarebbe bello se tutto questo fosse vero.

Ma adesso non mi interessa ho ancora un sacco di mesi per pensare al mio viaggio.

 

DIECI MESI DOPO

Sono in discoteca, la musica alta mi stordisce un po’, e sono seduta al tavolo con lo stesso cocktail da tre ore, nessuno mi ha chiesto di ballare, e mi fa male il sedere a furia di stare seduta! Per fortuna che sono venuta con i miei amici di sempre, non sono tanti, “pochi ma buoni” questo è il mio detto preferito. C’è Gianna che piange per amore da ormai non mi ricordo più quanto tempo, ha sempre un fazzoletto in mano, i capelli biondi raccolti in una coda, e ogni movimento le ricorda il suo ex. Abbiamo passato interminabili serate a parlare e dirci che sarebbe passato … spero proprio che passi un giorno, chissà magari con Luca, altro ragazzo che fa parte della mia mini compagnia, e che ogni sera è in cerca di una ragazza nuova, ma chissà perché alla fine tutte le danno buca, e dire che non è brutto, occhi azzurri e capelli biondi, uno charme irresistibile, credo che alla fine non trovi mai una ragazza perché fa capire subito che non è interessato realmente, povero lui il giorno in cui si innamorerà. E per finire Paolo e Francesca. Non è uno scherzo, non sono neppure gli amanti della divina commedia. Sono insieme per caso, tra l’altro sono anche belli. Lei è quella che si definisce in gergo maschile “gnocca”, più delicatamente “uno schianto” peccato per la sua voce un po’ stridula, in realtà lei non farebbe parte della comitiva se non fosse che l’ha portata Paolo, anche lui non è niente male, grandi occhi verdi su un volto perfetto, e corti capelli castani. È alto, spalle larghe, e simpatia da vendere. Tutti ancora ci chiediamo come fa a stare con Francesca.

Stasera sono stanca e ho lo sguardo perso nel vuoto. Fra pochi giorni parto per la Sardegna, Giada  si sposa. E’ tutto pronto, ho anche il vestito e le scarpe, che non mi faranno sembrare una persona differente, ma è sicuramente quello che mi starà meglio in quell’occasione. Sono persa nei ricordi del mio ultimo viaggio:

“ancora non ti sei fidanzata?

 Che vergogna!

Non stai lavorando?

Guarda che i tuoi genitori non vivono in eterno

Ti piace il mio vestito?

Io certe cose me le posso permettere … tu invece

Ma non fai niente per questo faccino che hai?

A me tutti dicono che sono sempre bellissima e giovanissima”

E mille , mille più parole. Di fare questo viaggio non ne ho voglia e se non fosse per Giada eviterei di andare, ma non posso mancare al matrimonio di colei che reputo mia sorella!

Gianna, Luca, e Paolo mi guardano e mi chiedono che cos’ho. Come faccio a dirgli tutto quello che mi passa per la mente? Così dico solo:

“Non ho voglia di fare questo viaggio sola!”

“Se mi dai vitto e alloggio vengo io! E metto pure la macchina” è la voce di Paolo che mi risveglia da un incubo

“Dici davvero?”

“Certo!”

“E Francesca?”

“Lei lavora, io invece prendo le ferie”

“Giura che non mi prendi in giro!”

“Te lo giuro su tutto quello che vuoi!”

“Allora affare fatto! Però mi accompagni al matrimonio”

“Per me va benissimo! Cosa vuoi che sia un piccolo sacrificio, rispetto al sole, mare e maialetti arrosto a volontà!”.

 

 

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Capitolo 2
*** si parte! ***


Si parte! Non vedo l’ora.

Perché io sono fatta così, prima mi demoralizzo al solo pensiero di lasciare la mia casetta, ma poi quando arriva il giorno della partenza mi carico di adrenalina. Le valige sono fatte, ne ho due alquanto giganti, ma chi  se ne frega! Sono in macchina. Giù in Sardegna non ho avvisato nessuno che andrò con un amico, tanto figurati, li c’è sempre spazio da vendere. Per viaggiare ho messo un vestito floreale con sfondo nero, davvero molto carino, dei pants neri e le infradito. Mi guardo nello specchio prima di salutare mamma e papà: sono davvero graziosa, i capelli un po’ mossi mi ricadono sulle spalle e la mia forma in questo periodo non è niente male. La mia mente sa che mi vedo così bella solo perché ho fatto il carico di energia, vorrei sapere domani come mi vedo, ma la cosa non mi importa. Paolo è salito a salutare la mia mamma e lo sento dire:

“Signora, non si preoccupi, andrò pianissimo in macchina!”

Che falso bugiardo! Il suo nome doveva essere Giuda! Mai visto una persona riuscire a mentire così bene! Lui che arriva a duecento kilometri orari  solo dopo pochi metri; beh forse duecento sono un po’ esagerati … beh comunque arriva a tanto!

Do un bacio alla mia mamma, che mi abbraccia come se stessi partendo per la guerra. Le mamme, sarà per questo che sono uniche.

Finalmente in macchina.

“Luce, mi fermo un attimo a salutare Francesca e poi andiamo dritti a Napoli ok?”

Faccio cenno di si. Non che mi importi molto, sto armeggiando vistosamente con il mio nuovo super cellulare hi-tech, non è un ipone, costa troppo per le mie tasche, però è di ultima generazione e soprattutto mi permette di ascoltare la “mia” musica. Oddio non sono una cantante, io canto solo per divertimento, credo di essere anche un po’ stonata, però una volta ho vinto un cono gelato al karaoke! Vorrà pur dire qualcosa! Ho anche creduto che mi avrebbe aperto le porte per Sanremo; dopodiché  ho ridimensionato le mie aspettative, farò solo un duetto con il mio cantante preferito. Mentre traffico con le cuffie, vedo Paolo che bacia Francesca e le chiede:

“Non essere gelosa chiaro?” e mio malgrado mi tocca sentire anche la risposta

“Di quella racchia? Non dirlo neppure per scherzo!” gli da un bacio sulle labbra e lo spedisce via. Sale in macchina con ancora stampato sulla faccia un sorriso ebete e glielo dico:

“Sembri un cretino con quella faccia!” rido di gusto, ma lui non fa piega. resta in silenzio qualche istante poi  guardandomi di sfuggita:

“Senti chi parla! Dovresti vedere la tua faccia in questo momento!”

Ma chi se ne frega della mia faccia, sto fissando con intensità Lorenzo, un ragazzo che mi fa diventare le gambe molli ogni volta che lo vedo, ancora non sono riuscita a capire se siamo amici, cioè non è che sono deficiente, il fatto è che siamo in quella fase di stallo dove nessuno dei due riesce a fare la prima mossa, siamo usciti qualche volta insieme ad altri amici e abbiamo passato la maggior parte del tempo incollati, poi però più nulla, ci si sente ogni tanto su face book, ma basta, non ho neppure il suo numero di cellulare. Mi piacerebbe averlo, ma di scuro non glielo chiedo. Paolo accelera la macchina ma gli intimo di fermarsi, voglio almeno salutarlo prima di andare via. Non scendo perché è proprio Lorenzo che si accosta:

“Allora andiamo in vacanza?” chiede

“Si, vado dai miei nonni …” rispondo timidamente sto per iniziare a dire un fiume di parole ma Paolo si intromette:

“Scusa Lorenzo, se volete parlare la chiami al cellulare m noi abbiamo una nave da prendere!” mette la prima e parte, non aspetta risposta. Mentre la macchina viaggia esplodo:

“Cominciamo bene! Non si fa così, stavo parlando con Lorenzo, e siamo in anticipo sulla nave di quattro ore! Vorrai mica arrivare al porto il giorno prima della partenza”

“l’idea non è male!” risponde lui serafico

mmm… che nervi! Questa sua sicurezza mi manda su tutte le furie e gli grido:

“Comunque ti sei comportato da gran maleducato!”

“Parli di me o di quell’idiota che ti piace tanto?” chiede

Arrossisco del tutto e rispondo, “parlo di te!”

“Strano quello che non ha salutato è lui, poi quella faccia, è da cretino, come fa a piacerti, tu dovresti puntare a qualcosa di più”

“Tipo?”

“Che ne so, non sono mica una ragazza io, poi io ho scelto bene” sorride e ha lo sguardo perso nella strada, o almeno spero che non stia sognando Francesca, altrimenti qui ci ammazziamo!

Quasi come se mi avesse letto nel pensiero fa finta di sbandare, lancio un urlo, e lui ride. Non posso fare a meno di ridere anche io; la sua risata è contagiosa, e ridendo finalmente raggiungiamo il porto.

Ah il porto … amo questo posto! Il profumo del mare che ti si attaccata sulla pelle, poi quel vento che ti scompiglia i capelli, che bello. E poi quelle navi attraccate al molo, maestose e fiere, so che non prenderò una nave da crociera, ma l’emozione è quella che avevo da bambina … cabine pulitissime, anche se piccolo adoro il cinema della nave, poi il ristorante e il bar sempre lucido … e poi quattro o cinque ponti dalla quale poter salutare il porto e portarsi in alto mare … mille pensieri, mi distrae la voce di Paolo che mi chiede:

“Qual è il nome della nostra nave?”

“Aspetta guardo il biglietto –rispondo e poi aggiungo – tu intanto cerca l’imbarco per Cagliari”

È come se frugassi nella borsa infinita di Mary Poppins, ma alla fine lo trovo ed esulto:

“E’ la toscana!”

Alzo lo sguardo.

No!

Non ci posso credere!

Paolo si è fermato proprio di fronte alla nave giusta. Sto per piangere, questa nave non è solo bianca e blu, è anche tanto arancione …

ARANCIONE DALLA RUGGINE! E solo due ponti e mezzi … non so perché ma, ma una strana sensazione di sconforto mi invade. Quando una cosa inizia male finisce peggio, penso. Ma Paolo intuendo i miei pensieri mi consola:

“Su col morale, sapevamo che non era una nave da crociera, e poi magari dentro è favolosa!”

Già potrebbe avere ragione! Aspetterò di vederla dentro prima di etichettare questo viaggio.

Sorrido. Distendo le gambe nell’auto e resto in attesa che ci chiamino per l’imbarco ascoltando musica …

 

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Capitolo 3
*** bounjour finesse ***


 

 

 

Mi risveglio quando Paolo mette in moto la macchina, finalmente ci imbarchiamo, un marinaio ci prende il biglietto, infila la testa nel finestrino di Paolo e sbircia dentro la macchina per controllare … anche se mi sono sempre chiesta: COSA CAVOLO CONTROLLANO? Cioè non si soffermano su nulla, a me che non siano i cugini diretti di super man o che so io, nel cofano potrei avere di tutto … armi, droghe e clandestini, ma dico anche fosse, come fanno a vederlo?? Misteri insolubili della vita. Con la nostra panda nera parcheggiamo, al volo prendo la borsa e il mio borsoncino, insomma devo pur dormire. Con Paolo che rimane in silenzio ci incamminiamo verso gli ascensori, prima di noi c’è una ragazza con piercing ovunque e un ragazzo di colore che hanno bloccato l’ascensore, il tipo ha un sacco di sacchi neri e lo sento che mi grida:

“passa! Tu passare me mia roba, ascensore chiudere, fare fretta!”

Rimango imbambolata come una cretina, Paolo prontamente gli passa gli ultimi sacchi e poi mi da una manata sulla nuca e mi dice:

“Tonta! Andiamo per le scale!” non mi offendo, anche se sono infastida dal fatto che lui mi abbia preso per scema. Recupero le mie attività cerebrali che sono addormentate e raggiungiamo il secondo piano della nave, tutto è lucido, la moquette blu della nave è un po’ consumata, ma tutto sommato non mi posso lamentare; evviva questo viaggio sta cambiando, aveva ragione Paolo: devo essere più positiva! Lui è fatto così, non parla molto, poche parole al momento giusto. Alle volte lo guardo e sembriamo lontani anni luce, lui è così maturo, io in proporzione sembro davvero una cretina, in questo inizio viaggio poi me lo sta dimostrando ogni giorno di più, sarà che per me è il primo viaggio sola! Cavolo ho venticinque anni e ancora non ho mai viaggiato senza mamma e papà, credo che questo sia vergognoso. Il bancone lucido e un’insegna dorata attirano la mia attenzione, mi avvicino e scorgo il commissario della nave, non saluta. Forse la buona educazione è un optional ultimamente, gli porgo il biglietto mi da una chiave, e senza guardarmi mi dice:

“stanza 130”

E così finalmente ci dirigiamo verso le cabine, la nave è così piccola che non fatichiamo a trovarla. La apro e un tanfo mi arriva al naso, non appoggio neppure il borsoncino è lurida, la moquette non è blu, ma grigia di polvere, il comodino centrale che divide i due letti è sporco di caffè caduto, e non è stato pulito, il bagno è in condizioni rivoltanti. Divento paonazza per la rabbia e sbraito:

“Questa non è assolutamente una cabina! È un cesso!” con dolcezza Paolo mi toglie la chiave dalla mano. Sparisce dai miei occhi; sto quasi per avere una crisi di nervi! Tutto questo non mi sta succedendo! È solo un incubo! Cado sullo sgabello tondo di gommapiuma verde acqua esausta. Dopo qualche minuto vedo comparire Paolo che davanti al naso mi sventola una chiave:

“Andiamo a vedere com’è la seconda scelta?” mi chiede tranquillo

Come fa ad essere così tranquillo? Dannazione io sono tutta nervi e lui è l’assoluta pace dei sensi, e il vederlo così calmo mi snerva! Lo prenderei a botte, pochi passi e raggiungiamo l’altra cabina, non che sia uno spettacolo, non c’è l’oblò e il comodino non è altro che una mesola arrangiata e mezza rotta, però almeno non è sporca di caffè, mi sorride:

“Questa è meglio non trovi?”

Annuisco, non ho voglia di ribattere. Posiamo le poche cose che abbiamo e propongo:

“Andiamo sul ponte?”

“E’ la prima cosa buona che dici!” e così richiudiamo la porta e andiamo a vedere il panorama. Il sole si sta spegnendo , regalando a Napoli un’aria magica, pare quasi che tutto abbia una sfumatura in nero di seppia, i lampioni della città si stanno accendendo, le luci delle macchine non sono altro che piccoli puntini, che da qua paiono luci di Natale. Non ci arriva il rumore, intorno a me sento solo il vociare della gente che ride, saluta o parla al telefono. Altri si scattano fotografie, e solo allora mi ricordo della macchina fotografia al collo, la porgo a Paolo e chiedo:

“Mi scatti una foto?”

Non mi scatta una foto, ma un intero album fotografico. Quando le riguardo sul display le trovo una più bella dell’altra, e poi chiedo:

“Perché ne hai scattate così tante?”

“perché finalmente dopo due giorni ti vedo ridere! Così per i prossimi giorni avremo un ricordo!” ride compiaciuto. La sua voce è ironica, e con lo stesso tono lo rimbecco:

“Senti chi parla! Tu non ridi più da quando stai con Francesca”

Che diavolo ho detto? Lo vedo cambiare sguardo e fissare la costa ormai lontana da noi. Ora che ci penso, lei non l’ha chiamato oggi, forse ho toccato un tasto dolente:

“Scusa …” mormoro fra i denti sono davvero contrita, si volta e io non perdo l’attimo, scatto la foto …

Mi siedo sulla panchina bianca, che finalmente si è liberata. Da qua posso vedere il mare senza sporgermi. Lui è sempre poggiato alla balaustra, io riguardo le foto. Mi soffermo sulla sua, i suoi occhi castani sono profondi, ed il suo viso è perfetto, non lo avevo mai guardato così bene, il suo ovale è pressoché angelico, sarà la sua serafica calma che non lo lascia mai … un brontolio forte, lo vedo voltarsi …

oh mio Dio! Sta pensando che io …

ride di gusto, e mi guarda e mi chiede:

“Stai bene?”

“si! Rispondo indispettita! Ho solo fame!”

“Ah quindi è stato solo il tuo stomaco?”

“Cosa credevi?”

“Che ne so … magari dovevi andare in bagno!”

Divento paonazza. E gli urlo in faccia:

“Ma sei scemo?” mi alzo di scatto mentre lui è ancora divertito all’idea, mi passo una mano per sbattere il vestito, con la coda dell’occhio vedo il mio di dietro …

“Merda!”

“Bounjour finesse!” risponde Paolo alla mia imprecazione per poi proseguire, meno male che era lo stomaco e ride

Ho il culo tutto marrone! A pois! Per l’esattezza! Mi sono sporcata in questa dannata panchina! Mi passo una mano sul volto, per il nervoso mi prendo i capelli e li arrotolo fra le mani.

Voglio morire! Voglio solo morire … e se questo idiota di fronte a me non smette di ridere lo uccido con le mie mani! Non lo posso sopportare dieci giorni! Credo che lo ucciderò prima! Non gli rivolgo la parola e me ne vado in cabina passando fra la gente che mi guarda divertita, o almeno così mi pare.

Come entro tolgo il vestito e resto con i pantacollant e reggiseno, frugo nel borsoncino:

“Arci merda! Non c’è il pigiama!” dico a voce alta

“Bounjour finesse! Oggi sei una campionessa!” mi dice la sua voce irritante … deve avermi seguita, poi mi ricordo di essere in reggiseno e gli urlo:

“Girati!” ma lui era già di spalle mentre parlava, e mi accordo che ho detto una cosa inutile.

“Entra in bagno” mi dice lui

Il suo tono è dolce ma autoritario, non gli dico di no ed entro. Sto li. Ferma. Pochi istanti e apre la porta, solo un piccolo spiraglio, mi passa una felpa. È sua la riconosco, tolgo i pantacollant, perché anche loro non sono indenni, e indosso la felpa, che ovviamente mi sta enorme … mi arriva a metà coscia, mentre le maniche mi circumnavigano le braccia, ma è sempre meglio di niente.

Esco.

“Grazie” gli dico; ma lui non risponde, mi guarda. Mi sembrano diversi i suoi occhi, inclino la testa, non faccio in tempo a riguardarlo, la nave si muove e perdo l’equilibrio. Gli cado letteralmente addosso. Il suo profumo mi invade. È quello di sempre, tutto questo mi consola … ma mi sento terribilmente triste, questo viaggio io non lo volevo fare, e tutto va storto … come se lui leggesse nei miei pensieri mi stringe più forte e mi sussurra:

“Andrà tutto bene, devi solo rilassarti, ci sono io con te!”

Già c’è lui! Non riesco a trattenere le lacrime, piango come una bambina tra le sue braccia. Un pianto convulso che dura poco, poi mi rilasso e mi accoccolo sul suo petto. Paolo mi fa sentire a casa, per la prima volta mi sento serena da quando sono partita, ed è tutto merito suo.

È notte fonda, Paolo dorme nel suo letto, mentre io guardo il soffitto, mi sento dondolare dalle onde del mare, che strana sensazione. Sono immersa nel buio e mi volto verso il lettino accanto a me, mentre i pensieri vagano … meno male che è venuto Paolo con me, siamo così differenti, io sono ansiosa, sempre nervosa e pessimista! Forse più che pessimista sono realista, so che non può andarmi mai bene niente, perché io ho la sfiga attaccata al sedere, faccio anche un lavoro da sfigata: pulisco le cucce dei cani al canile municipale … sogno di andarmene da li … ma la vedo dura, sono condannata a vivere con quei sacchi di pulci che cagano ovunque!!

Paolo a differenza è un figo! Sempre allegro, bello e impeccabile! Lo conosco da quando andavamo a scuola, e ancora non spiego perché eravamo, e siamo rimasti amici. Lavora in una concessionaria, e se uno vedesse come serve i clienti ne rimarrebbe incantato: pendono tutti dalle sue labbra, anche se i suoi preferiti sono gli anziani, diventa per loro un nipote, uno di famiglia … tant’è che a Natale gli portano il regalo! Mah io non riesco neppure ad avere il regalo da mia nonna! Poi sa sempre cosa dire, è sempre sul posto giusto al momento giusto … sempre calmo, non perde mai la pazienza ed è sicuro di sé. In poche parole è il perfetto alter ego! Insieme siamo una specie di dottor Jekill e mister Hide!

Il sonno mi fa socchiudere gli occhi ed il mio ultimo pensiero è: per fortuna che lui è venuto con me!

 

 

 

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Capitolo 4
*** adoro la tua famiglia! ***


Ah che bello! La Sardegna, questo profumo che ti sia attacca sulla pelle non appena sbarchi è davvero meraviglioso. Grazie al navigatore di Paolo raggiungiamo la casa dei miei nonni senza grandi problemi. Il sole è alto nel cielo e sento un gran caldo, ma non mi importa di nulla.

Finalmente arriviamo.

Per trovare la strada ci abbiamo messo un po’, perché le vie in questo posto sono un vero labirinto. Sono tutta protesa verso il parabrezza, se non fosse per vetro potrei uscire fuori! Una forte frenata! Mi volto e vedo Paolo che ride. I suoi grandi occhi castani mi squadrano e capisco che l’ha fatto apposta. Batte una mano sul volante e mi dice:

“Che tonta che sei!”

“E tu sei cretino! Mi sono fatta male!” tiro giù l’aletta con lo specchietto, mi guardo; ho un bollo rosso sulla fronte. Questo lato di Paolo mi snerva, e dire che dovrei esserci abituata, non è la prima volta che mi fa questi scherzi. Ricordo ancora quella volta che stavo passeggiando con Gianna, stavamo facendo una scampagnata in una pineta. Avevamo arrostito carne e per smaltire il vino, decisi di fare quattro passi. Peccato che lui non fose della mia stessa opinione, dato che dopo cinque metri, alle spalle mi sento arriavre un secchio d’acqua gelida! Rabbrividisco. Posso ancora sentire il gelo.

Paolo sta ancora ridendo. Ora lo strozzo, ma il navigatore satellitare mi blocca, con la sua voce stridula e impertinente dice:

DESTINAZIONE RAGGIUNTA. FERMARSI.

DESTINAZIONE RAGGIUNTA. FERMARSI.

Lo odio e urlo:

“spegni sto coso!” clicco a caso per farlo smettere. Ma Paolo con la sua flemma mi blocca i polsi e schiaccia un solo pulsante.

Il navigatore ha smesso di gracchiare. E tutto ciò solo grazie al tocco di lui! Ora è ufficiale non odio solo questo dannato garmin, ma odio anche Paolo! Perché gli ho chiesto di venire con me? Avrei dovuto saperlo che sarebbe stato un suicidio. Ma ormai è fatta. Non so più che dire, ed è lui che dice:

“Io vado a cercare parcheggio, tu scendi.”

la via è tutta occupata, i tetti delle case si vedono appena, perché sono tutte circondate da alti alberi e fitte recinzioni. Vado decisa verso il cancello  di ferro battuto. Sono un po’ emozionata lo ammetto, è da un po’ che non vedo i miei nonni, e poi a giudicare dalla telefonata in cui annunciavo il mio arrivo mi parevano abbastanza contenti. Il cancelletto si apre automaticamente. Nessuno mi è venuto ad accogliere.  E questo mi fa entrare in crisi. Mi guardo in giro e mi accorgo che ci sono tre cancelli uno a fianco all’altro, tutti identici tra loro.

Merda!

Quale sarà quello giusto? Provo a cercare una targhetta con i cognomi, ma niente.

Non fa nulla, decisa entro in un portone  a caso.

È quello giusto! Questo si che è culo! Almeno una volta è giusto che qualcosa vada bene. Mi sento molto più rilassata, distendo il mio sorriso e passo una mano fra i capelli.

“Ciao Nonna!” trillo raggiante, ma lei si volta appena. È sempre uguale. I capelli corti, di un colore che non riesco a definire bene, dovrebbe essere castano, almeno credo. No non è castano, ma non è neppure ramato! Ma chi glieli fa sti capelli? È orribile

“Ciao! Sei in ritardo!” la guardo un po’ scioccata … insomma è tutto quello che ha da dirmi?  il modo in cui mi accoglie è questo? Cioè sono sua nipote? Ho viaggiato tutta la notte per venire da lei (va bè io sono venuta qui per il matrimonio di Giada, ma non sono altro che dettagli)Da dietro compare mio nonno, grandi occhi neri e capelli più bianchi che neri, è più alto di me, mi abbraccia e mi da un bacio affettuoso, non mi parla molto, ma non lo ha mai fatto. Lui è molto invecchiato, stento quasi a riconoscerlo, mi guarda con i suoi grandi occhi neri, e senza parlare mi fa capire quanto sia felice che io sia qui! Questo mi basta.

“allora perché sei in ritardo?” prosegue la voce acida di mia nonna

“Perché la nave ha fatto tardi, non è mica colpa mia –obietto titubante, poi chiedo –nonna posso farmi una doccia?” è inutile stare a discutere con lei, poi sono stanca e questo rende il mio sistema nervoso molto debole, quindi è meglio che vada a rilassarmi sotto la doccia, così magari riesco anche  a mordermi la lingua.

“Certo, vai!” mi risponde, Mi dirigo verso le stanze, passo una grande porta a vetri , giro la maniglia del bagno e una voce mi fa sobbalzare:

“E tu chi sei?” mi chiede. Mi volto di scatto

“Zia ma sei tu!” è la sorella di mio nonno, ha il morbo di halzaimer e non riconosce nessuno, figuriamoci se può riconoscere. Lei è sempre la stessa, tutti i capelli bianchi e legati dietro la nuca in una treccina, che sembra più una vecchia lucertola.  Indossa la solita gonna a quadroni e una maglietta blu a maniche corte. Con dolcezza mi avvicino e le spiego:

“Zia, sono Luce, la figlia di Carlo e Diana!”

“Ma non avevano due figli maschi?”

Com’è possibile? Mi ha scambiato per la figlia dei reali d’inghilterra? Cioè posso capire che sembri uno scherzo ma non lo è … non è colpa mia se mia madre  e mio padre si chiamano come quei due … per fortuna non mi hanno chiamato William o Harry … ma la cosa che più mi lascia a bocca aperta è il fatto che lei si ricordi di loro  e non di me! Io che sono sangue del suo sangue … pazienza Luce … porta pazienza mi ripeto mentalmente e così aggiungo

“Zia ora dovrei farmi una doccia …”

“No, devo andare urgente, devo lavarmi i denti”

“Te li puoi lavare più tardi!” la rimbecco. Ma lei rapidamente apre la mano e mi mostra la sua dentiera.

Che schifo.  Inspiro profondamente e cedo. Mi siedo sulla sedia che c’è nell’atrio, tanto farà in fretta a lavarsi i denti.  Ma il vociare che giunge dalla cucina mi distoglie da mia zia e dalla sua “dentiera”.

“Benvenuto!” riconosco bene la voce di mia nonna, e poi

“Piacere signora io sono Paolo, sono …”

“Non c’è bisogno che ti spieghi” lo interrompe mia nonna. Non so perché ma un lampo mi attraversa la mente, non crederà mica che io e lui … insomma, lui è solo un amico. Mi precipito in cucina e vedo che lo sta abbracciando! Non ha abbracciato me, perché abbraccia lui? Mi avvicino a lei e dico :

“Nonna, che ti prende?”

“Oh tesoro mio, non mi ricordavo con te c’era Paolo …” mi strizza l’occhio ammiccante, mentre mi strapazza sdolcinatamente. Cosa è cambiato da cinque minuti fa? Forse è sulla stessa strada di mia zia, magri ha il morbo anche lei.  Ma sentendo mio cugino Michele entrare in casa mi convinco subito del contrario. Lui non parla mai con nessuno, da quando è nato ad oggi, avrà più o meno diciassette, e in tutta la sua vita mi avrà salutato si e no due volte, quando era piccolo. Lo vedo avanzare verso Paolo e stringendogli la mano lo saluta:

“Benvenuto cugino!” ho gli occhi di fuori, sono arrabbiata. Con i miei parenti. Con Paolo, con questo dannato viaggio. Perché non sono rimasta a casa?. Sento la porta del bagno aprirsi e mi precipito nel bagno. Sto per chiudere la porta, quando sento mia zia dire:

“Che bel giovanotto che sei, mi fa piacere che sei tornato!”

Perfino di lui si ricorda.

Odio Paolo sopra ogni cosa!

Sento bussare alla porta, apro e lui si affaccia dentro. Mi guarda con i suoi grandi occhi castani:

“Peccato sei ancora vestita!” ride e gli lancio l’asciugamano

“Idiota”

“Volevo solo dirti che quando finisci entro io” chiude la porta e io sospiro. Ma non è che un attimo la riapre per dirmi:

“Mi piace la tua famiglia!”.

A me no! Penso. Ma non dico nulla. Gli sorrido e chiudo la porta.

 

ANGOLO AUTRICE

 Vorrei ringraziare

Dilpa93! Grazie per seguirmi sempre,

un grazie a chi ha aggiunto la storia fra le seguite e tra le preferite, e soprattutto grazie anche a chi legge senza lasciare segno del suo passaggio!

Infine voglio chiedere scusa per il mio ritardo, ma credetemi trovo davvero difficile scrivere in prima persona, e per lo più una storia comica, per me è la prima volta e spero che vogliate darmi tutte le attenuanti del caso! Con questo vi saluto e vi abbraccio a presto

Rospina

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Capitolo 5
*** 5 ***


Sono seduta in veranda, la luce fioca della lampadina richiama le zanzare come il miele chiama le api. Di fronte a me ammiro il giardino dei miei nonni. Beh dire giardino non è proprio la parola esatta, direi che è più una giungla, credo che ci siano dei fiori, peccato che non si vedano, perché l’erba alta li copre … squilla il mio cellulare, sul display leggo

GAIA

Allargo un sorriso sulle labbra e rispondo:

“Tesoro mio, dove sei?”

Mi chiede lei tutta allegra.

“Sono arrivata oggi in Sardegna, ma ahimè ci vedremo domani mattina”

“Si tesoro, non vedo l’ora di abbracciarti, io sono agitatissima, spero che vada tutto per il meglio domani!”

“Lo sarà” rispondo con convinzione. Domani per lei sarà il giorno più bello della sua vita, quello che ha sempre sognato. È un anno che organizza questo matrimonio, e da quando me lo ha detto non sto più nella pelle, sono talmente felice per lei, non ho esitato un istante a dirle che non sarei mancata per nulla al mondo. E così sarà. Parliamo ancora un po’ dei dettagli della festa, e della sua ansia, poi chiudiamo. Voglio che si riposi e sia fresca come una rosa domani. Sono immersa nei miei pensieri. Una leggera brezza mi scompiglia leggermente i capelli che tengo legati in un una coda di cavallo, tengo le gambe incrociate sulla panca, quando la voce di Paolo mi distrae. Lo guardo, indossa un pantaloncino blu e una maglia tutta colorata;ai piedi un paio di infradito. Devo ammettere che è proprio carino, i suoi capelli sono un po’ umidicci deve essersi fatto una doccia; il silenzio lo posso quasi toccare, se non fosse per le cicale che cantano ininterrottamente. Resto in silenzio, e lui senza parlare si siede al mio fianco:

“Cos’hai?” mi chiede

Come fa? Insomma come fa ad intuire cosa mi passa per la testa?insomma non riesco a capire se questa cosa mi fa piacere o mi sta sui nervi. Insomma non è una cosa fantastica sapere che c’è qualcuno che ti legge dentro!

“niente” rispondo non ho voglia di parlare

“Se non hai voglia di parlare restiamo pure in silenzio” lo sento dire. Gli sorrido debolmente e mi appoggio a lui, non so perché lo faccio, ma con lui mi sento a casa. Sento un rumore di passi, e dopo pochi istanti vedo comparire mia zia. Abita qui sopra, ha i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle, si siede di fronte a noi e mi scruta come se non mi avesse mai visto prima di allora:

“allora com’è stato il viaggio?” chiede più che altro per aprire un discorso

“E’ stato alquanto stancante, poi la nave era davvero lurida …” sto parlando ma vedo che non mi ascolta e osserva Paolo, istintivamente mi interrompo e lei non l’ha minimamente notato e ripete la domanda:

“Paolo com’è andato il viaggio?”

“Devo dire che per me è stato divertente, non può dire lo stesso Luce.” Risponde secco

“Perché? Cos’è successo?” chiede lei curiosa

Il telefono di Paolo squilla, riconosco lo squillo, lo tira fuori dalla tasca e prima di rispondere dice:

“Fattelo raccontare da tua nipote, scusai un attimo …” e risponde

“Beh non è stato divertente, perché oltretutto mi sono rovinata il mio vestitino …” non faccio in tempo a continuare che mi interrompe:

“Scusa ciccia, vado a dormire che sono stanca domani lavoro!” si alza e scompare.

Ma non aveva voglia di ascoltare il racconto del viaggio?

Come se mi avesse letto nel pensiero Paolo mi porge la mia medesima domanda. Faccio spallucce, sono davvero esausta, non sono arrivata che da poche ore, e già vorrei scappare via!

“Vado a letto!” dico invece di rispondere alla sua domanda. Non ho neppure voglia di parlare, tutte le volte che torno in Sardegna è la stessa storia, hanno il sano potere di uccidere il mio buon umore. Ma per fortuna adesso potrò riposare tutta la notte, e magari domani andrà meglio. Apro la porta della stanza e non credo ai miei occhi, due comodini bianchi ai lati della camera con una sola lampada per due, ed in mezzo un solo ed unico letto matrimoniale, coperto da lenzuola candide. In un momento la mia testa gira vorticosamente: a chi diavolo è saltato in mente di fare un solo ed unico letto matrimoniale? Mi volto di scatto e di fronte a me trovo Paolo, un lieve sorriso gli disegna le labbra e mi dice:

“Era Francesca, ti saluta!”

Chi se ne frega di Francesca!! Qui abbiamo un letto per due e tu mi porti i saluti della tua ragazza? Ma che ha al posto del cervello? Un criceto?

“Hai visto in che situazione ci troviamo? Un letto per due, insomma non mi pare proprio il caso!” la mia voce risuona un po’ stridula ma lui con fare dolce mi spiega:

“E’ tutta colpa mia, oggi tua nonna mi ha chiesto se poteva lasciare i letti com’erano e io per non darle disturbo le ho detto che andava benissimo, che eravamo abituati a dormire insieme”

Mi sento arrossire dall’attaccatura dei capelli fino alla punta dei piedi, e gli rispondo:

“Ma sei impazzito?”

“ma dai! In capeggio dormivamo sempre insieme …”

“E tu quello me lo chiamo dormire insieme? Sotto la stessa tenda in due sacchi a pelo differenti?”

“Va beh, intendevo che so benissimo come sei appena ti svegli –socchiude gli occhi e prosegue –i capelli tutti spettinati ed alcuni attorcigliati tra loro, mentre con una mano ti sciogli i nodi, con l’altra ti strofini gli occhi assonnati …”

“Ok, ho capito!” lo interrompo “Dormiremo insieme!”.

Sospiro. Non muoio dalla voglia di dormire con lui, eppure il mio cuore palpita, e qualcosa nel mio stomaco si muove, e qualcosa mi dice che non sono le vongole che ho mangiato a cena.

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti, volevo solo scusarmi per l’immensa assenza da questa storia, il fatto è che ho avuto dei grandi dubbi sul mio modo di scrivere ecc… ecc…

Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che mi seguono a loro va il mio più grande ed affettuoso abbraccio! E spero vivamente che i miei Luce & Paolo vi piacciano!

Un bacio

Rospina.

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Capitolo 6
*** il matrimonio ***


Ho indossato il mio pigiama rosa, una canotta a bretelle e un pantaloncino corto, e soprattutto una bellissima imitazione di Hallo Spank disegnato sul davanti.  Paolo è tornato in veranda. Credo che stia prendendo una boccata d’aria. L’afa è pesante ed io non sopporto neppure il lenzuolo bianco sul mio corpo. Spengo le luci, ho lasciato il portellone spalancato così un po’ d’aria dovrebbe entrare, peccato che insieme a  lei arrivino anche le zanzare. Maledette se mi bollate il viso, vi stermino tutte dalla faccia sulla terra. Il silenzio totale regna in casa, ed io sussulto ad ogni minimo rumore;il solo pensiero che Paolo dormirà con me stanotte non mi lascia chiudere gli occhi, sono agitata e non ne capisco il motivo, non è certo la prima volta che dormiamo insieme. Ricordo ancora quando la notte della maturità siamo andati a dormire a casa di una nostra compagna, non c’erano letti per tutti e noi ci siamo accasciati sul divano.  Pensieri sconclusionati si sovrappongono. Chiudo gli occhi solo un attimo … li riapro subito!

Visto? Che avevo detto? Li ho riaperti subito, non mi sono addormentata:

“Cacchiolina! È già mattina!” la luce del sole inonda la stanza, mi siedo di scatto. Mi sono addormentata di sasso. Il mio sguardo si sposta, accanto a me c’è Paolo che russa. Quando è venuto a dormire? Non me ne sono resa conto. I suoi capelli castani sono scompigliati e il suo respiro è regolare. È davvero grazioso quando dorme. Mi soffermo alcuni istanti ad osservarlo, poi guardo il cellulare che era poggiato sul comodino e salto giù. È tardissimo, farò tardi dalla parrucchiera. In un lampo mi vesto, indosso una gonna turchese che mi arriva alla coscia da una parte, mentre dall’altra ha una lunga coda dai riverberi argentati, un topo dello stesso colore ed uno scialle argento. Nella mini borsetta ho infilato tutti i miei trucchi. Infilo le infradito ai piedi e con la mano libera mi porto le scarpe. A piedi raggiungo la parrucchiera tra gli sguardi stupiti dei passanti.

“Buongiorno!” mi saluta la parrucchiera, una donna dai capelli scompigliati, a dire il vero non sembra proprio una parrucchiera; dentro di me sento crescere l’apprensione: sarò un carciofo! Continuo a ripetermi. Prendo il cellulare e compongo il numero di Paolo per vedere se si è svegliato, ma una voce meccanica mi dice che il suo telefono  potrebbe essere spento! Cacchiolina! Non “potrebbe” è spento!

Lo odio. Lo odio . lo odio.

“Tu sei la testimone?” mi chiede la parrucchiera mentre mi stira i capelli

“No –mi affretto a rispondere –sono solo un’amica” gongolo, è così bello sapere che vedrò Gaia sposarsi!

“beh certo che venire dal continente per un’amica …” la sua voce sembra ironica, quasi come per dire ma chi mi ha prenotato sta parrucchiera? Spettinata ed impicciona! Finalmente finisce di pettinarmi e nonostante ciò che credevo i miei capelli sono davvero perfetti. Dalla borsa tiro fuori i trucchi, e velocemente mi do una passata di rimmel sulle ciglia e un po’ di ombretto; con la matita disegno il contorno labbra e mi appresto a mettere un lucidalabbra.

“Sei davvero bellissima” mi dice questa pseudo parrucchiera, che alla fine non è poi così antipatica! Mi ha persino aiutato a sistemare il vestito. Con i tacchi esco e mi dirigo verso casa, guardo l’orologio e scopro che sono in ritardo! Mi nonna mi vede e senza troppo entusiasmo mi dice che sto bene. Entro in camera e Paolo dorme ancora! È inutile cercare di svegliarlo. Prendo le chiavi della macchina e me ne vado!

Finalmente in chiesa.

Per fortuna la sposa ha fatto un po’ di ritardo, e la vedo arrivare … è davvero splendida, il suo abito è candido con alcuni laccetti rossi. L’acconciatura riporta alle giovani donne dell’antica Roma. Lentamente entra in chiesa stringendo il braccio di suo padre. Sul suo volto leggo l’emozione. È concentrata, ma non appena mi vede allarga il suo volto in raggiante sorriso. Ah come sono contenta.

Una bellissima cerimonia e quando finalmente sono marito e moglie, tutti applaudiamo. Massimo ha fatto arrivare una carrozza per portare lui e Gaia al ristorante, sembrano davvero i protagonisti di una fiaba Disney.  Quando arrivo al ristorante percorro un lungo pezzo di strada a piedi e già odio i miei tacchi, ma devo resistere mi dico. Il rinfresco inizia a bordo piscina, si avvicina a me un’amica della sposa, indossa un abito viola strizzatissimo, quando mi chiede:

“Tu sei Luce?” annuisco, evviva  finalmente qualcuno con cui parlare!

“Sai Gaia parla un sacco di te, e mi ha detto che saresti venuta! Peccato che tu sia sola, non so come si faccia a presentarsi in queste occasioni soli, si fa sempre la parte degli sfigati, quelli che non hanno nessuno, io per fortuna sono qui con il mio fidanzato”

Ritiro il mio , non sono per niente contenta di aver trovato questa tra i piedi! Come cavolo fa ad essere amica di Gaia? Misteri della vita! gironzolo tra i tavolini con un bicchiere di succo d’ananas in mano, ho piluccato appena una tartina. Mi vergogno a mangiare in mezzo a tutta questa gente. Poi sono davvero sola! In un momento di tranquillità vedo Gaia arrivare verso di me. Mi abbraccia e mi sussurra:

“Grazie di essere venuta” non mi importa più di nulla sono contenta di esserci, il resto non conta. Facciamo qualche foto insieme, ma poi il resto degli invitati la riporta via. Il caldo è tremendo, soffocante, non c’è un filo d’aria e io sudo a stare ferma. Per tenermi compagnia estraggo il cellulare della borsetta e invio un messaggio a Lorenzo

<ciao come va? Fatti sentire Luce> .

Sono consapevole che non mi risponderà mai, eppure è più forte di me, non riesco a non mandargli i messaggi, sento il bisogno di sentirlo!

Sono già le due quando possiamo entrare nella sala ristorante, e subito l’aria condizionata mi fa stare bene. Cerco il mio tavolo e sono tra gli amici degli sposi, fra loro c’è anche la tipa dal vestito viola. Accanto a me un posto vuoto: quello di Paolo. Ci sediamo e come portano la prima portata subito lei dice:

“ ci passi quel piatto? Tanto non è di nessuno!” la sua voce mi urta! Glielo darei in testa se potessi

“Scusate ma io mangio! Quindi il mio piatto resta li!” è la voce di Paolo. Quant’è bella? Non mi ha mai fatto tanto piacere vederlo, mi schiocca un bacio sulla guancia e mi dice:

“Scusa il ritardo, ma sono stato tutta la notte sveglio!” la sua voce è calda e avvolgente, mi stringo a lui, sono felice di vederlo, adesso non lo odio più. Persino miss sono vestita di viola e ho fatto da wedding planner a gaia è ammutolita, riesce solo a dirmi:

“Potevi dirmelo che eri fidanzata!”

Perché cosa cambiava brutta faccia da coniglio?  Avrei voluto dirle esattamente così, ma sto in silenzio, e senza darmi il tempo di pensare Paolo mi trascina in mezzo alla pista da ballo e mi fa volteggiare, i miei capelli si muovono nell’aria:

“Sei incantevole” mi dice, e questa cosa mi fa sentire la regina della festa. Ho il volto raggiante di felicità che quando torno al tavolo e vedo tre chiamate perse sul cellulare da parte di Lorenzo non me ne importa niente!

 

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Capitolo 7
*** 7 ***


 

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La luce del sole filtra tra le persiane socchiuse. Mi muovo leggermente nel letto e vedo accanto a me Paolo che dorme di gusto. Rimango ferma per la paura di svegliarlo e fisso il soffitto candido. La mia mente è vuota. Da quanto tempo non mi succedeva? Onestamente non melo ricordo , o forse si. Osservo il soffitto candido, in alcuni punti è scrostato e quasi grigio e tutto questo riporta indietro nel tempo: riflesso di coscienza. È così lo chiamano; e torno al giorno dopo aver passato l’esame di iscrizione a veterinaria. Ricordo l’ansia dei giorni precedenti e poi dopo aver affrontato il questionario la calma. Era come se fossi stata investita da un tornado, dopo che passano lasciano il nulla di sé. E così mi sentivo io. Ormai vuota. Non avevo più ne tristezza ne ansia, solo la completa consapevolezza di aver ormai dato il meglio di me stessa. Sembrerà strano ma amavo gli animali, fin da bambina ho sempre sognato di fare il loro dottore, capirli con lo sguardo … e salvargli la vita. avevo anche un cagnolino, Tato! E puntualmente mia madre mi gridava perché non lo voleva in casa!

“Ma guarda quanti peli perde! Mi sta sporcando tutta la casa” e fu così che decisi di lasciarlo a Paolo, lui ha casa con giardino e non era un problema tenerlo. Con la mente ripercorro gli ultimi due anni della mia vita, gli esami dati accorciando i tempi, tutti i trenta con lode, sto per abbozzare un sorriso. Poi mi arriva quel pensiero che avevo cercato di cancellare, ma che cancellabile non è. E le lacrime mi restano impigliate tra le ciglia. Stanno per cadere giù. Lentamente, ma la mano di  Paolo mi accarezza il volto quasi a volermele asciugare. È sveglio? mi chiedo. Lo guardo, sta ancora dormendo di sasso. Mi butto giù dal letto, infilo le mie infradito bianche.

Che succede? Perché non mi entrano?

Abbasso lo sguardo e non ho più i piedi. Oh mio Dio! Al posto dei piedi ho delle grosse enormi melanzane viola! Cioè non sono tutti viola solo dove avevo la chiusura delle scarpe! Faccio fatica ad infilare le mie dita sono rosse come salsicce e mi fanno male. A stento mi alzo, un salutino al bagno perché la mia vescica  reclama e poi arrivo in cucina. Mia nonna sta già cucinando qualcosa, non riesco a capire cosa sia perché sono odori misti fra loro che non riesco a riconoscere, mio nonno è seduto sul divano che legge il giornale a voce alta, ogni tanto borbotta fra se, pare quasi che il giornale gli risponda, perché ogni po’ lo scuote. Apro il frigo e mi verso un po’ di latte in una tazza:

“Scaldalo!” mi dice mia nonna con la sua voce stridula

“No grazie lo bevo freddo, ho troppo caldo, dentro ci tuffo un paio di pan di stelle e nel frattempo arriva mia zia che scuote la sua chioma bionda:

“Buongiorno! Che faccia che hai! Vi siete divertiti ieri?”

“Si è stata davvero una bella cerimonia” rispondo convita, certo se tralasciamo miss vestito viola! A proposito devo ricordarmi appena torno a casa di buttare il mio “vestito viola” ma questo non lo dico a mia zia, che da due ore sventola le mani per farmi vedere le sue unghie appena ri-smaltate  or-ri-bi-li! Ma taccio. Ricordati di essere buona mi ripeto mentalmente poi mi senza neppure avermi ascoltata mi chiede:

“E il tuo amico? Dorme ancora?”

Annuisco appena, e la vedo avvicinarsi a me, con voce bassa chiede:

“Ma come hai fatto ad accalappiare un figo del genere? Cioè sinceramente non è che sia quello che immaginavo per te!” ride. Ma ride da sola, perché io riesco a malapena a far scendere il pezzo di pan di stelle che mi è rimasto in gola. Paolo fa la sua apparizione in cucina proprio in quell’istante. Gli lancio un’occhiata e forse mia zia ha ragione, lui è così bello e io … il mio cuore rimbalza un momento nel petto. Ma non è che un istante, la mia attenzione viene attirata da zia Carla, la sorella di mio nonno che fruga in frigorifero:

“Che fai zia?” le chiedo, ma lei scompare. Si sarà rinchiusa in bagno a lavarsi le mutante. Ognuno ha le sue fissazioni! Mio nonno chiede a mia nonna cosa stia preparando:

“Preparo quello che ho in congelatore!” gli risponde

“Ma perché non facciamo un maialetto arrosto! Luce non ne mangia tutti i giorni …” chiede mio nonno apprensivo

“E se vuole si mangia quello che c’è!” lo rimbecca lo lei in dialetto, che pare più un misto tra arabo e spagnolo, capisco tutto ma faccio finta di niente, non ho voglia di rispondere.

Paolo allibito che non ha capito una sola parola ma ha ben afferrato il significato, senza dire nulla apre il frigorifero in cerca del brik del latte e del burro. Da quando lo conosco fa colazione con pane e burro e un po’ di latte bianco.  Che schifo! Odio pane e burro, poi senza zucchero. Mi chiama sottovoce e mi volto verso di lui. Lo interrogo on lo sguardo, e lui mi sussurra:

“Perché il burro è avvolto qui dentro?”

Deglutisco vistosamente, e forse sbianco un po’ … è una carta viola frusciante, non lascia dubbi.

È l’involucro degli assorbenti.

Che cacchio ci fa in frigo? Strizzo gli occhi, sono completamente mortificata, cauta mi avvicino a mia nonna e le faccio vedere il “burro incartato”

“Nonna, questa è carta di assorbente!” mi azzardo

“E va beh … sempre carta è! E poi è pulita cosa credi!” mi urla.

Faccio spallucce verso Paolo, che nel frattempo deve essergli passata la fame perché ha richiuso il frigorifero senza aver preso nulla.

“Andiamo al mare?” mi chiede lui speranzoso

“Si è un’ottima idea!” risponde mia zia che è ancora in cucina

Chi cavolo l’ha invitata? Lui ha chiesto a me! Credo proprio che mi si legga in faccia il mio disappunto, tant’è che Paolo pare non averla sentita e mi ripete:

“Allora? Andiamo?”

Annuisco lievemente. Vado a mettermi il costume da bagno. Preparo la borsa e quando sono pronta arrivo in cucina, sto per salutare, ma mia zia annuncia:

“stasera non puoi mancare a cena, viene zia Alice!”

No! Questo è troppo! Mia zia non la posso sopportare! Almeno non oggi.

Metto la sacca del mare in spalle e con nonchalance rispondo:

“Non preoccupatevi stasera ci sarò per cena”.

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Capitolo 8
*** al mare ***


 

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Il mare. Pistis. Che gioia! Adesso sono realmente felice di essere arrivata fin qui. Mentre cammino con le mie infradito sulla spiaggia che pare sale finissimo mi guardo attorno, non posso non rimanere abbagliata dalla bellezza di questo luogo. La distesa di sabbia è immensa, pare che sia pieno di piccole dune d’oro. Il sole con i suoi riflessi bacia questi piccoli granelli dandole una luce accecante, passeggio ancora un po’ e la sabbia passa fra le dita dei piedi scivolando via. Paolo non dice nulla. E’ letteralmente rapito dalla bellezza di questo posto. Come può non esserlo? Io ne rimango estasiata ogni volta che torno. Il mare lentamente si infrange sugli scogli lanciando sei piccoli spruzzi d’acqua che pare luccichino nell’aria. Allargo un grande sorrido. Abbandono la sacca, tolgo il mio copricostume lanciandolo a terra e mi tuffo in acqua. È fresca, salata e pura. Posso vedere il fondale, le conchiglie. Qui è pieno di conchiglie. Mi immergo tutta con gli occhi aperti con stupore vedo una stella marina camminare. Riemergo, gli occhi mi bruciano ma non ho tempo per pensarci, devo dirlo, e come una bambina inizio a gridare:

“UNA STELLA MARINA! HO VISTO UNA STELLA MARINA!!” la gente mi guarda come se fossi pazza, e forse lo sono. Sono pazza di gioia. Individuo Paolo che ha sistemato la borsa e la mia roba ordinatamente vicino alla sua. È un ragazzo d’oro lo so. Dovrei dirglielo. Forse un giorno lo farò. Adesso no! Ho solo voglia di ridere e giocare. Per troppi giorni sono rimasta seria. Il sole l’acqua e la spiaggia mi danno allegria. Ho tutti i pori della pelle che mi urlano felicità, sarà anche per il fatto che mia zia alla fine è rimasta a casa! Sono perfida lo so, ma non mi interessa! Accanto a me sta nuotando un bellissimo esemplare di labrador, completamente nero, con una minuscola goccia sulla fronte, mi avvicino a lui e non resisto alla tentazione di accarezzarlo. Sono rilassata all’ennesima potenza. Quanto vorrei poter essere sempre così, ma non ci riesco. Dopo aver giocato col cane mi sdraio sul mio asciugamano delle winx, e prendo il sole. So benissimo che alla mia età dovrei avere un asciugamano serioso, ma me lo ha regalato la mia nipotina ed allora non mi importa di nulla. il caldo mi aiuta ad addormentarmi, persino i pensieri smettono di girovagare per la mia mente, e così crollo.

Ahhhhhhhhhhhhhhhh! Sei … sei … deficiente???” grido tutta bagnata e spaventata.

Davanti a me Paolo ride come un cretino. Ha un secchiello in mano. Deve averlo rubato al bambino che stava giocando qui vicino. Io lo strozzo, che cavolo gli è saltato in mente? Se solo avessi le gambe ferme mi fionderei su di lui. Sta ancora ridendo divertito mentre si allontana, ma non sa di cosa sono capace. Corro veloce contro di lui e cadiamo in acqua. Mi aggrappo a lui per fargli bere un d’acqua, ma lui ha la meglio, con la mano mi affonda la testa. Riemergo  e sputo fuori come una balena. Stanchi ci riportiamo agli asciugamani, mi sdraio per asciugarmi e lui fa lo stesso. Resta in silenzio, ma io continuo a ridere, e Paolo mi dice:

“E’ fantastico sentirti ridere di nuovo”

Mi volto di scatto per guardarlo in faccia. Ha gli occhi chiusi. Peccato. Volevo guardarlo negli occhi. Sto per rispondere ma lui prosegue:

“Mi è mancata la tua risata, siamo qui da pochi giorni e mi pare di aver perso la mia Luce da una vita …”

La sua Luce? Mi ha chiamato così? Sento un tepore scendere nel cuore, e non è il sole. Che bello sentirmi chiamare così, mi piacerebbe che lo facesse più spesso.

“E’ già da un po’ che ti vedo triste, turbata, ma da quando siamo arrivati sembra che tutta la tristezza del mondo si sia impossessata di te, e questo non mi piace, tu non sei così …”

“e come sarei?” chiedo timidamente

Stavolta mi guarda, pare che mi stia scrutando dentro e mi sento quasi in soggezione, ma lui procede:

“Sei sempre sorridente, piena di vita, può passarti addosso un tornado che a te non importa, ami gli animali, ti curi di loro e delle persone che ami con tutta l’anima, ma qualcosa ha frenato il tuo entusiasmo. Perché hai lasciato l’università?” la sua domanda mi arriva dritta al cuore. Che gli rispondo? Perché ho lasciato? In realtà non ho lasciato, mi manca solo la tesi. Non ho mai detto perché ho smesso di preparare il mio dottorato. Vorrei poter tacere, ma il suo sguardo mi impone una risposta, mi accascio e rispondo:

“Quando ho iniziato il tirocinio al canile municipale ero piena di entusiasmo, felice di quello che facevo. Potevo fare qualcosa per loro, in fin dei conti fare il veterinario è come il medico, lo fai con passione … dopo qualche giorno però, hanno iniziato a dirmi che non avevo bisogno di prendermi una laurea, che tanto non sarei mai diventata un buon veterinario, che al massimo avrei potuto dare da mangiare ai quei sacchi di pelo. E ogni giorno era sempre peggio, con gesti ,parole e fatti mi hanno fatto passare tutto l’amore verso questo mestiere che avevo scelto per la mia vita … ed allora perché continuare?”

“Perché in realtà tu ami fare tutto ciò, hai sempre sognato di fare la veterinaria da quando ti conosco, cioè da quando avevamo quattro anni, e tu per quattro deficienti che hanno fallito nella loro vita decidi di buttare tutto nel cesso? Ti facevo più furba!” il suo tono è perentorio ma non grida.

“Dici davvero?” le sue parole anziché rattristarmi mi danno una carica interiore che non posso spiegare.

Paolo è davvero insostituibile. Con slancio lo abbraccio. Gli voglio bene. Ma tanto bene. Anche lui mi abbraccia e sento il cuore battere forte forte. Che strana sensazione, però mi piace.

 

ANGOLO AUTRICE

Non mi sono dimenticata di zia Alice, vi prometto che arriverà presto, il fatto è che Paolo e Luce si sono fermati più del previsto al mare!

Scusate il ritardo e spero che anche stavolta sia di vostro gradimento!

Un bacio

Rospina.

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Capitolo 9
*** sei bellissima ... ***


 

 

 

 

Sono davanti allo specchio del bagno che piastro i miei lunghi capelli castani. Ho preso un leggero colorito ambrato, certo non sono abbronzata, però colorita lo sono di certo. Il mio volto mi sembra più luminoso, e da quando sono tornata dalla spiaggia non posso fare a meno i sorridere come un’ ebete. Da fuori arriva un profumo di carne arrosto davvero invitante. Ho intravisto il maialetto! Mhm… che buono, sento già il sapore in bocca. Mi affaccio e vedo Paolo che sta osservando mio nonno mentre arrostisce, e parla, parla e ancora parla … anche lui ha preso colorito, ha ancora indosso il costume a pantaloncino che gli arriva al ginocchio e una semplice maglia azzurro scuro. Si volta verso di me e mi fa l’occhiolino, il mio cuore perde un colpo. Di nuovo. Chiudo di corsa la finestra e ignoro il tutto. Il mio cellulare emana musica dal lettore che ho lasciato acceso mentre facevo la doccia. Ed arriva Paolo proprio sulle note della mia canzone preferita

Baciami ancora di Jovanotti

Mi prende fra le braccia e mi fa ballare mentre canta a squarciagola:

baciami ancora … voglio stare con te, inseguire con te tutte le onde del nostro destino …”

“se ti sente Francesca …” dico come se solo in quell’istante mi ricordassi di lei. Vedo il suo sguardo indurirsi un po’ per poi tornare sereno e ironicamente mi risponde:

“Tu hai Lorenzo”

Io non ho Lorenzo! Vorrei rispondere. Ma non lo faccio, in realtà non ne ho voglia. Il fatto è che io non voglio Lorenzo, perlomeno non più! Una volta forse mi piaceva, ma adesso … che cavolo mi prende? Parlo di Lorenzo come se fossero passati dei secoli, ed invece da cinque giorni a questa parte è come se tutto fosse cambiato, perché Lorenzo non è più la mia priorità. Cos’è adesso la mia priorità? Mentre ballo mi do la risposta. Una risposta che mi spaventa e non poco, perché non mi sarei mai aspettata una cosa del genere; la voce di mia nonna interrompe il nostro meraviglioso ballo:

“Lu-ce! Muoviti che l’acqua costa! E anche la corrente e poi tua zia Alice sta arrivando …” sbuffo e non perché mi ha rimproverata per cinque minuti di acqua e cinque di corrente, ma semplicemente perché ha interrotto questo momento meraviglioso. Almeno per me.

Alzo gli occhi al cielo, Paolo mi ferma e mi chiede:

“Perché non sopporti zia Alice?”

“Perché? Parli seriamente? Dico hai visto il resto della mia famiglia? Lei è il pezzo peggiore; non appena mi vede mi dice ittiarrori! Sei ingrassata!” mi guarda stranito e spiego “Ittiarrori, è solo un modo di dire che orrore in sardo! E lei lo dice in continuazione.”

“E tu lasciala stare … tu sei bellissima sempre, sia che ingrassi, sia che dimagrisci, sei bellissima quando ridi e quando piangi, quando sei allegra e quando sei pensierosa, sei bellissima sempre” deglutisco vistosamente, la sua voce è così dolce che sento sciogliermi, si avvicina a me ed io mi sento paralizzata, vorrei dirgli qualcosa ma non ne sono capace, mi sfiora le guance con bacio dolce, mi pare quasi che sia sulle labbra per l’infinita tenerezza con cui lo fa. O forse sono io che vorrei fosse sulla bocca. In un attimo svanisce, è già in camera a prendersi il cambio per la doccia, ed io non faccio altro che guardare la porta. Era una dichiarazione quella che mi ha appena fatto?

Dio mio!

Perché il mio cuore batte così velocemente e le mie gambe tremano? Infilo la mano in tasca e trovo il cellulare, compongo il numero di Gaia, lo so che è in viaggio di nozze ed io non dovrei romperle le scatole, ma se non parlo con lei muoio.

Come mi risponde sono un fiume in piena, pronuncio una miriade di parole scomposte:

“lo amo! Dimmi è possibile? Sono pazza lo so, però tutto è successo in fretta, prima mi ha baciato, cioè non sulla bocca, però credimi l’ho desiderato con tutte le mie forze, e poi com’è possibile? Lo conosco da una vita, mi è sempre stato accanto, non me ne ero mai accorta … peccato che Francesca …”

Quando pronuncio questo nome Gaia mi interrompe:

“Stai dicendo che ti sei innamorata di Paolo e lo hai fatto in cinque giorni?”

Annuisco con la testa senza pronunciare una sola sillaba, quasi come se lei potesse vedermi mi risponde:

“Vedi Luce, tu non ti sei innamorata di lui in cinque giorni, ma lo ami da sempre, ed io lo sempre  saputo!”

Resto in silenzio qualche istante poi le chiedo seria:

“Come fai ad esserne certa?”

“Siamo amiche da una vita, siamo come sorelle, vuoi che non sappia cosa succede nel tuo cuore?” la sento ridere e dire “lascia perdere Francesca, anche lui ti ama! Ora devo proprio andare, qui è tutto bellissimo” chiude la comunicazione ed io resto li.

Incredula.

Non può essere.

Amo Paolo, lo amo da sempre.

Bisbiglio un leggero “No”  e poi urlo più per convincermene che altro “Io amo Lorenzo”. In quell’istante vedo entrare Paolo nella stanza, ha già finito la doccia? Il sorriso di poco fa è svanito dalle sue labbra, e con voce scostante conferma:

“Lo so!”

E sparisce.

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Capitolo 10
*** che è successo? ***


Che è successo? Mi pare che in un nano secondo sia cambiato tutto. Per il momento è come se il mondo girasse al contrario e nonostante faccia un caldo da morire io ho brividi di freddo. Sento suonare il campanello. Deglutisco.

Questa deve essere senza ombra di dubbio lei: zia Alice, lentamente mi dirigo verso la cucina, indosso un mini abito che mi copre appena le gambe che sono ancora color aragosta, sulle spalle arrossate ho messo un golfino di filo leggero, seduto sul divano vedo Paolo, ed il mio cuore sobbalza; per la prima volta i miei occhi lo guardano davvero: i suoi capelli corti e castani incorniciano il suo volto delicato; i suoi occhi vispi dello stesso colore dei capelli mi paiono un po’ spenti, ma sono certa che sia solo una mia impressione, sta parlando con mio nonno, mentre mia zia gironzola intorno chiedendo da mangiare a chiunque gli capiti a tiro. Paolo mi guarda e mi tremano le gambe, col labiale dico:

“E’ zia Alice” lui pare non cogliere il significato e mi ignora, la voce di mia zia stridula come quella delle cornacchie mi arriva alle orecchie, stiro il vestito e mi controllo la pancia, che è perfettamente piatta, ma lei è capace di chiamare CICCIONA un’anoressica.

Entra.

Strizzo gli occhi. Ha una pancia enorme, tanto enorme che pare non finisca più. Il suo sedere e altrettanto grande, sto per chiedere : “Sei incinta?” ma chissà quale santo mi trattiene dal dirlo.

Ittiarrori, ma che capelli hai? Sembri una pannocchia!” mi dice schioccandomi due baci sulle guance

Senti chi parla. Moby dick che mi fa la paternale, so già che è la prima stilettata di molte, guardo Paolo; lui mi salverà, e invece mi arriva chiara alle orecchie la sua voce che dice:

“Già … per poco oggi al mare non faceva i pop corn!” che cacchio dice?

Stai calma Luce. Non agitarti, vorrà solo fare lo spiritoso per accalappiarsi anche mia zia e rido con loro, mentre mia zia gli si avvicina e chiede:

“E tu chi sei? Non dirmi che sei il suo fidanzato!” tremila doppie ogni parola

“No no, per carità, io e lei non stiamo insieme, io sono fidanzato …” iniziano a parlare e a vomitare battute al veleno su di me …

Non li guardo neppure e aiuto ad apparecchiare, vedo il mio riflesso nel vetro della vetrinetta dei piatti. Sono davvero orribile.

Entra la fidanzata di mio cugino, quello muto ;che dopo un saluto generale si accosta a me e mi dice:

“Sei bellissima oggi che hai fatto?”

Deglutisco e a fatica rispondo:

“Sarà il mare …” ma lei rimbecca

“Ma va’, sei sempre bella …” e va via con una pila di piatti in mano.

La cena è pronta. Finalmente. Un po’ di pace, così magari mia zia si rinfilza di cibo fa crescere ancora la pancia e scoppia in un attimo, e poi silenzio. Odiavo prima la sua voce, ma adesso ancora di più. Paolo si è seduto accanto a lei, pare che si adorino, io vorrei che lui adorasse me. Ma è fidanzato, lo ha detto lui stesso poco fa. Perché mi fa così male il cuore? Non sono riuscita ad ingoiare neppure uno spillo. Vorrei essere uguale a stamattina, allegra e spensierata; invece ora tutto è diverso, ed io sto male, anche se ero innamorata di Paolo preferivo non saperlo,perché ora che lo so mi sento morire.

“Che hai? Stai male?” mi chiede la ragazza parlante del cugino muto che ha due perle nere al posto degli occhi

“Ma quale male! Non ha niente, come in testa!” risponde mia zia acida

“No dai non essere così cattiva! –si intromette Paolo –lei ha tante cose in testa, è solo che non è capace a riordinarle” ride ed io per poco non mi lascio sfuggire una lacrima sulla guancia, ma stoicamente resisto e alzandomi dico:

“Scusate, ho mal di testa, vado a dormire”

“Quante storie per non pulire la cucina! Ai miei tempi si andava in bagno!” tutti ridono, ma io me ne infischio. Mi siedo sul letto con le ginocchia che mi toccano il mento.  E finalmente le lacrime che ho trattenuto scendono lente sul mio volto. Non le asciugo e non le fermo; per la prima volta in vita mia mi accorgo di essere innamorata sul serio, e scopro che fa male da morire. La luce del sole è svanita del tutto, le voci e le risate si sono spente. C’è il silenzio totale in casa, mi sdraio nel letto. Tra poco potrebbe arrivare Paolo e non voglio che mi trovi sveglia. Dalla finestra sento delle voci. Tendo le orecchie per riconoscerle e  le odo chiaramente; sono quelle di mio cugino, benché la senta di rado, posso riconoscerla chiaramente, con quella di occhi di perla nera (la chiamo così perché non ricordo il suo nome):

“Perché oggi Paolo si sarà comportato così?” chiede lei

“Che ne so, le starà simpatica mia zia!”

“Ma se è antipatica!”

“lo so”

“E poi non doveva trattare male Luce!”

“Perché non doveva?” chiede lui

“Perché si amano!” risponde lei convinta

“Da che lo capisci?”

“Hai visto come lo guarda lei? Si perde … lo guarda come se fosse la cosa più preziosa che abbia!”

Vabbé che lei è innamorata si vede, ma lui …”

“Anche lui la ama, tanto quanto lei, passa le nottate sveglio a guardarla!”

“Come fai a saperlo?”

“Tutte le notti quando usciamo lo vedo sveglio, seduto nel letto che la guarda, e la mattina alle cinque quando torniamo, lui è ancora li ad ammirarla”

“Per questo è rinco quando si alza?” chiede mio cugino

Sento girare la maniglia, tiro il lenzuolo per coprirmi un po’ di più e avverto che Paolo sta entrando, faccio finta di dormire. Non potrei mai dormire, con quello che ho sentito, sento il cuore scoppiare. Come vorrei che fosse vero …

Paolo si siede sul letto, sento il suo sguardo su di me. Voglio guardarlo in faccia. Sempre facendo finta di dormire. È tutto vero, mi sta guardando! Poi non capisco che succede, è stato veloce come un lampo. Poggia le sue labbra sulle mie.

Che faccio?

Adesso il mio cuore scoppia di gioia.

Si allontana da me.

“No!” dico sbarrando gli occhi

 

 

ANGOLO AUTRICE

Chiedo perdono per la mia assenza, giuro che non mi sono dimenticata, ma il tempo mi è sfuggito dalle mani! Ora spero di non fare ulteriori ritardi! Un infinito grazie a tutti quelli che mi seguono! A presto

 

Rospina

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Capitolo 11
*** piove ***


Deglutisco vistosamente, e Paolo mi chiede:

“Perché hai urlato?”

Perché ho urlato? Chiaro mi hai baciato. O no? Adesso mi vengono dei dubbi, perché lui mi pare normale e rilassato, e adesso che rispondo?

“Niente sognavo …” mi giro dall’altra parte. Dopotutto sono ancora arrabbiata con lui. Non ho intenzione di rivolgergli la parola, anche se a dire il vero muoio dalla voglia che lui mi parli. Aspetto invano perché farfuglia un buonanotte che percepisco appena e si sdraia a fianco a me. Ma perché ho urlato? Lo so benissimo, avevo paura di baciare. Non ho mai dato un bacio in vita mia e proprio non volevo baciare quello che vorrei fosse il bacio più bello della mia esistenza. Peccato che l’ho sognato. Avrei tanto voluto che fosse vero … resto sveglia per vedere se è vero quello che dicevano occhi di perle nere e mio cugino. Mentivano! Perché Paolo dorme, sta addirittura russando. Ci resto male, per un attimo avevo creduto alle loro parole.

La luce filtra dalla finestra, non sento il solito caldo afoso, anzi un tepore mi avvolge, sento il rumore della pioggia battente cadere, apro un occhio e mi ritrovo abbracciata a Paolo, anche se a dire il vero è più lui che abbraccia me, mi stringe forte a lui e se fosse per me non mi muoverei più, starei qui ore e ore, ma un rumore sveglia anche lui e ci stacchiamo velocemente come se avessimo preso la scossa elettrica. Del resto sono ancora arrabbiata con lui. Sbiascico un leggero buongiorno mentre lui rimane nel letto, non mi ha neppure risposto, o forse non l’ho sentito … mi rifugio nel bagno. Sento il cellulare di Paolo suonare e rimango sul chi va la voglio sentire chi è: Francesca! Lo capisco da come lui le parla, la sua voce è dolce mentre dice:

“appena torno dobbiamo parlare, certo che non vedo l’ora di tornare!” poi non sento più nulla. non vede l’ora di tornare da lei, che desolazione, adesso oltre ad essere arrabbiata sono anche triste. Fortuna che è l’ultimo giorno qui.

I miei nonni sono usciti, e ne approfitto per uscire anche io, non ho voglia di vederlo. Le valigie le faccio dopo. Esco la pioggia mi bagna i piedi, ho solo le infradito con me, mi copro appena con un ombrello che ho trovato, raggiungo la spiaggia, tutta bucherellata dalle gocce dell’acqua che cade dal cielo, il mare è mosso e interpreta perfettamente il mio stato d’animo. Mentre lo guardo piango; lentamente, quanto fa male l’amore?  Ancora non lo so, so solo che sto soffrendo e mi fa male il cuore; un dolore che quasi riesco a toccare:

“Lo sapevo che eri qui”

È la voce di Paolo, mi coglie di sorpresa, non avrei mai immaginato che avrebbe raggiunto; soprattutto come ha fatto trovarmi? Mi avrà seguita? Vorrei chiederglielo ma taccio, il mio ombrello è ormai tutt’uno con la sabbia mentre la pioggia non smette di cadere, anzi aumenta e si fonde con le mie lacrime e lui continua:

“Perché sei qui che piangi?”

Dovrei rispondere? È un idiota! Ma pensandoci bene lui non può saperlo e  così semplicemente gli rispondo:

“Mi ha dato fastidio il tuo comportamento di ieri sera …”

Lui mi guarda ed io  oramai in piedi di fronte a lui non smetto di parlare:

“Eri tutto amore con zia Alice, poi ti ha chiamato Francesca e le dici che non vedi l’ora di tornare da lei, se ti da tanto fastidio stare con me perché sei venuto! Io non ti ho chiesto niente, potevi startene a Roma! E mi lasciavi in pace, ed invece ti sei offerto di venire e per colpa tua non faccio che soffrire …”

Mi guarda come se fossi diventata pazza, e forse lo sono, perché sono pazza d’amore per lui, non riesco più a trattenermi e così questo mio pensiero mi sfugge dalle labbra:

“Io ti amo!” sto zitta di colpo, il suo sguardo si è stranito, mi fissa dritto negli occhi mi mette le mani sul volto e con dolcezza lo attira a sé.

Mi bacia.

Non capisco più niente, sento il cuore battere all’impazzata per la felicità, e solo quando mi guarda in imbarazzo dico:

“Non so baciare, non ho mai baciato nessun altro prima!”

“lo so …” mi sorride maliziosamente e noncurante del temporale mi stringe a sé come mai ha fatto prima e mi dice:

“E’ da una vita che ti aspetto, è da sempre che non desidero altro che baciarti e vedere che mi guardi come hai fatto in questi giorni, ieri sera ero geloso, per questo mi sono comportato così, quando ti ho sentito dire che amavi Lorenzo mi sono detto che forse avevo sbagliato tutto, che forse tu non mi amavi … ma poi ieri sera, non ho saputo resistere alla tua bellezza, ti ho baciata, e so perfettamente che eri sveglia, so come sei quando dormi realmente, è anni che ti osservo dormire la notte …”

Non ci posso credere mi ama … mi stringo a lui con tutta me stessa, come ho fatto a non accorgermene prima? Poi come un lampo chiedo:

“Ma Francesca?” dire quel nome mi procura un pugno nello stomaco

“E’ colpa tua se sto con lei! Ti ricordi come hai insistito per farmela conoscere? E poi tu non mi accorgevi di me … ma appena torniamo le parlo stanne certa!”

Ne sono certa. Glielo leggo negli occhi. Lo ribacio alzandomi sulle punte, e solo in quel momento mi accorgo che ha smesso di piovere.

 

ANGOLO AUTRICE

Scusate per il ritardo, ma non ho avuto tempo … poi in settimana porterò dal dottore il mio pc, ma non vi preoccupate ho tutto in testa!

A presto

Rospina

 

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Capitolo 12
*** muoio ***


Il tempo è volato. Da quando ci siamo scambiati il primo bacio ce ne siamo dati altri … non so quanti forse dieci,

cento,

mille.

Che me ne importa? So che ora ogni qual volta avrò voglia di baciarlo potrò farlo! Perché lui è mio. Mio. Solo mio! E questa è la parte che mi piace di più. Mi guarda come sempre, eppure percepisco che qualcosa è cambiato; è come se fosse tremendamente felice, ed anch’io lo sono, non ho mai provato un’emozione così. Adesso posso dire con certezza cosa si prova a toccare il cielo con dito, camminare tre metri sopra il cielo, ed avere il cielo in una stanza … l’amore corrisposto! E lui non è uno qualunque, lui è il mio Paolo, solo adesso mi rendo conto che è sempre stato al mio fianco, in silenzio. Mi ha protetto con la sua presenza, senza mai invadere la mia vita, ed io come un’idiota non ho mai capito che lui mi ama.

Da sempre.

Questo è un altro di quei particolari che se solo ci penso mi batte il cuore all’impazzata. Tra un bacio e l’altro abbiamo fatto le valigie ed ora siamo di nuovo sulla nave in partenza per casa.

Ho salutato i miei nonni senza troppe lacrime, sono fin troppo felice di averli lasciati; zia Carla ha detto di mandarle una cartolina da Bukingam palace. Oramai per lei i miei genitori sono e restano i reali d’Inghilterra. Peccato che Lady D sia morta da un pezzo; comunque mentre la guardo provo per lei un moto di tenerezza, oramai il suo mondo è solo suo, e a noi ne lascia fuori, si gira e mentre si allontana vedo cadere pezzi di carta igienica, che sicuramente teneva incastrata in qualche elastico della gonna … mah spero solo di non diventare come lei. Che il Signore mi assista. Paolo pare leggermi nel pensiero e mi sussurra:

“Anche quando sarai così ti amerò” credo di essere arrossita fino alla punta dei capelli per questa cosa, e mentre mio cugino mi saluta senza parlare, occhi di perle nere mi stringe con affetto sincero, ed anche io ricambio allo stesso modo, non so perché ma mi sta davvero simpatica.

La nave è la stessa che abbiamo preso all’andata, è ancora tutta arrugginita ma non mi importa. Adesso mi sembra incantevole. Io e Paolo prendiamo posto su una panchina bianca, ed osserviamo la nave staccarsi dal porto, restiamo lì. Fermi in silenzio finché le luci non diventano piccole, come stelle lontane. Rimango con la testa poggiata alla sua spalla mentre lui mi accarezza i capelli. Un clic ci riporta alla realtà un giovane fotografo ci ha scattato una foto, io sorrido timidamente mentre Paolo mi stringe più forte a se e dice:

“E’ mia!”

E mentre dice questo il mio stomaco si aggroviglia e dico:

“E Francesca?”

Lui non smette di accarezzarmi e con dolcezza mi risponde:

“Francesca … domani mattina stessa le parlerò … stai tranquilla, ti amo troppo e non voglio perderti …”

Mi bacia. Dio quanto lo amo, ora sono certa. Voglio recuperare il tempo perso.

Il sole ci sveglia. Come due cretini ci siamo addormentati al bar della nave. Siamo un po’ in criccati ma felici.

Scendiamo dalla nave, facciamo pochi metri con la macchina ed il mio cuore si ferma, tra la gente scorgo Francesca. Non può essere lei. Cos’è venuta a fare? Sento la nausea salirmi addosso, mi dico stare calma, inspiro profondamente, ed anche se fuori dimostro di essere la figlia dei fiori per eccellenza; dentro ho un’enorme paura. Paolo accosta e scende dalla macchina, lei le va incontro e posso sentire chiaramente le loro parole:

“Francesca che ci fai qui?”

“Sono venuta a riprenderti!”

“Non ce n’era bisogno …” replica

“ed invece si devo parlarti …”

“Anche io!” dice lui

“La mia è più importante …” ribatte lei secca “Sono incinta!”

A queste ultime parole io muoio. O perlomeno è così che mi sento.

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** un viaggio da ricordare ***


La sveglia suona. Il suo suono è talmente forte che per poco non mi viene un infarto. Ho ancora gli occhi pieni di lacrime. Il cuore mi fa ancora male, ma non è quel male da infarto, almeno non credo, grazie a Dio non l’ho mai provato, altrimenti non sarei qui a parlare, è un male d’amore. Francesca è incinta!

Prendo coscienza di questo solo ora. Mi alzo dal letto e per poco non mi trovo sdraiata sul pavimento. Sono inciampata nella valigia.

 Dannata valigia.

Un momento com’è che è chiusa? Sento mia madre urlare

“Luce muoviti! Ha telefonato Paolo, verrà a prenderti con un paio di minuti di ritardo aveva da fare, ma se non ti sbrighi farai tardi!”

Spalanco la porta della mia stanza e chiedo:

“Tardi per cosa?” mia madre mi tocca la fronte e dice:

“sei scema o sei malata? Il traghetto! Devi partire!”

“per dove?” azzardo

“In Sardegna! Dove vuoi andare!”

Che? In Sardegna? Ma se sono appena tornata! Torno di corsa nella mia stanza, mi volto e finalmente realizzo.

Non sono ancora partita! È stato tutto un sogno …

Mi siedo sul letto, mi poggio una mano sul cuore che batte velocemente, ma non appena penso a Paolo e Francesca il mio cuore si ferma.

Paolo …

Ripercorro velocemente la mia vita con lui, e proprio come nel sogno comprendo in un attimo che lo amo!

Si sarà stato anche un sogno, ma il mio amore per lui è reale. Talmente reale che posso toccarlo con mano. Ho bisogno di vederlo; so che tra poco verrà a prendermi ma io ho la necessità di vederlo adesso.

“Esco!” urlo a mia madre che è sempre più convinta che io sia una pazza compulsiva, ma chi se ne frega! Corro e per poco una macchina non mi mette sotto. Incontro Lorenzo che non so perché mi saluta con entusiasmo, ma a me non me ne frega un cavolo! Lo ignoro finché non raggiungo la casa di Paolo. Lo scorgo sul balcone, e con lui c’è Francesca. Sento le lacrime risalirmi agli occhi ma le ricaccio indietro; in fondo lo sapevo che lui è fidanzato con lei, e la ama …

Tiro un lungo sospiro e poggio la mia schiena sul muro; non so quanto tempo passa … vedo passare Francesca, non mi saluta, e va via. La guardo bene e non mi sembra ingrassata e tanto meno incinta! Almeno questo. Dopo qualche istante appare Paolo, si avvicina a me, come se sapesse che ero li ad aspettarlo.

“cosa ci fai qui?”

“Niente …” mento

Ma lui mi guarda, proprio come nel sogno, proprio come quando pioveva e gli dicevo amarlo … ma stavolta no, non sarò così stupida e dico:

“Ero solo venuta per ricordarti del nostro viaggio, sai magari Francesca ti fa scordare di me …”

“non potrei mai dimenticarmi di te …”

Mi volto di scatto e lo fisso negli occhi; il caldo è asfissiante, e il clacson delle macchine mi snerva, ma in questo istante non mi importa del resto,voglio solo perdermi nei suoi occhi e sognare ancora un po’; vorrei chiudere gli occhi per vedere come va a finire il mio sogno:

“Sai Luce, ho appena lasciato Francesca …” mi annuncia

“Perché?” chiedo incauta

“Vuoi davvero saperlo?”

Muovo la testa su e giù senza fiatare e prosegue

“Non so se ho fatto bene … però preferisco rischiare che restare nel dubbio … -tace un istante –il fatto è che io , insomma non riesco a trovare le parole giuste, ma quello che voglio dirti è che ti amo! Ti amo da sempre …”

Un tuffo al cuore, una gioia infinita. E rispondo:

“non è un sogno vero?” mi guarda stranito, è ovvio che non può capire perché gli chiedo se è un sogno. Non c’è la pioggia, non c’è il mare … anzi  c’è il caos e lo smog, ma questo mi sembra il posto più bello del mondo …

“Scusa se te l’ho detto, io non voglio rovinare la nostra amicizia, è che non riuscivo più a tenermelo dentro …” mi dice Paolo con occhi tristi

 Basta parlare.

Mi lancio fra le sue braccia, mi allungo sulle punte dei piedi e poggio le mie labbra sulle sue. Questa volta hanno un sapore diverso, reale. Mi scendono due lacrime di felicità che si fermano sulle sue mani che incorniciano il mio volto. E solo quando ci stacchiamo gli dico:

“Ti amo anche io da sempre, ma solo stanotte me ne sono accorta: perdonami”

“Ti perdono solo se passi il resto della tua vita con me …”

“E’ ovvio” decreto mentre mi tiene stretta a lui, anche perché non saprei vivere senza di te, siamo insieme da quando eravamo all’asilo. E così stretti l’uno nell’altro in mezzo al traffico ci dirigiamo verso casa mia, prediamo le valigie e partiamo. Adesso che ci amiamo nel mondo reale non più dubbi. Sarà:

un viaggio da ricordare.

 

 

Angolo autrice

Grazie! Una piccola parola ma che vale tanto! Grazie per avermi seguito in questa mia avventura, non so se vi è piaciuta, per me è stato difficile mettermi in dei panni nuovi, scrivere in prima persona e per giunta una versione diciamo “comica” quindi vi ripeto GRAZIE di essere stati tutti al mio fianco a presto

Rospina

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