A Girl's dark side

di Aphasia_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione- Caro Diario ***
Capitolo 2: *** L'inizio ***
Capitolo 3: *** La prima parola ***
Capitolo 4: *** Negare ***
Capitolo 5: *** La sconosciuta ***
Capitolo 6: *** Fuga ***
Capitolo 7: *** Due lati ***
Capitolo 8: *** Ragazzo e Ragazza ***
Capitolo 9: *** Dana ***
Capitolo 10: *** Scintilla ***
Capitolo 11: *** Barriera ***
Capitolo 12: *** E se.. ***
Capitolo 13: *** Non si torna indietro ***
Capitolo 14: *** La stirpe dei cuori spezzati ***
Capitolo 15: *** L'arte di perdere ***
Capitolo 16: *** Il silenzio delle innocenti ***
Capitolo 17: *** Esprimi un desiderio ***
Capitolo 18: *** Liberi di.. ***



Capitolo 1
*** Prefazione- Caro Diario ***


Prefazione



Caro Diario
Ho ripreso a scrivere, e pensavo non sarebbe mai successo. E invece eccomi qui ad assaporare quella familiare sensazione di dolore alla mano, quella che provavo sempre quando le parole erano talmente tante che la loro velocità superava quella muscolare del mio povero arto. Eccomi qui, e devo riabituarmi ad avere qualcosa da dire perchè ora come ora, ho assoluto bisogno di dire qualcosa, devo perchè è..la mia cura. Sono stata io a prescriverla? Forse, visto che la necessità di fare qualcosa ti porta a cose che non vorresti ma che senti di dover fare. E da quando è successo tutto io sento esattamente quella necessità. Anche se non voglio, anche se non avrò niente da dire io devo farlo per me stessa, io devo continuare a scrivere, devo continuare a svuotare quel contenitore caotico che è la mia anima malata e stanca, anche se a volte sarà vuoto, io dovrò svuotarlo, lavarlo, curarlo, perchè anche il nulla fa male e forse è pure peggio del qualcosa, il niente indica che c'era qualcosa e che ora..non c'è più. Chi mi aveva rubato il qualcosa? L'essenza di quel contenitore così vitale? E' stato lui, caro diario, si è portato via tutto, si è preso la mia anima e non me la renderà più. Probabilmente si è preso anche il mio cuore, anche se non voglio ammetterlo, ma allora perchè questo vuoto? Perchè non sento più il mio petto? Si, ce l'ha lui, il mio petto. E senza petto, senza quell'involucro che contiene il mio cuore non sarò più capace di amare quanto ho amato lui, lui che sebbene sia tutt'ora uno sporco ladro non posso smettere di amare. Come posso scacciare il pensiero se quel pensiero è così eccitante e allo stesso tempo doloroso? Può il dolore essere eccitante, avere il sapore di un limone, il brivido di una vertigine, l'odore di un giardino in primavera, l'aspetto di una persona? Certo che può, il dolore può tutto. Un attimo prima ti bacia dolcemente sulle labbra, tanto che senti che un sapore simile non possa esistere, e un attimo dopo hai la certezza che quel sapore esiste, ma non è quello che hai assaporato nelle sue labbra, no..ha il sapore salato ed amaro delle lacrime calde, quelle appena scese dai tuoi occhi. E perciò continui a chiederti cosa fare, in che modo la tua mente si possa distrarre, smettere di cercare quel pensiero e poi..la vedi, la tua penna, e un pezzo di carta. E allora capisci che l'unico modo per dimenticare è proprio rievocare quel ricordo e intrappolarlo nella carta, dove non potrà mai farti del male. Verba volant, scripta manent. Verba volant, scripta manent. Le mani iniziano a formicolarmi e penso che in effetti anche la carta può farti del male, il ricordo intrappolato dentro ti potrà tagliare, potrà godere di quella singola goccia di sangue che uscirà, desiderandola. Ma cosa vuoi che sia una goccia di sangue? Sarà solo una goccia di te stessa, e cosa potrà ancora farti quel pezzo di carta? Niente. Perchè la tua penna sarà come il tuo scettro, come un'arma, e tu avrai il potere, sarai finalmente tu a comandare, finalmente, sul dolore.
Si, caro diario, il dolore alla mano, quello tanto familiare, mi ha fatto capire una cosa: Che è tempo di lottare, intrappolare il dolore. Si, caro diario, io ho deciso che lotterò e che mi riprenderò ciò che è mio: Il mio cuore. Mi riprenderò quel ladro. Vivo o Morto.

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Capitolo 2
*** L'inizio ***


Caro Diario,
non è facile spiegare come mi sento e non è facile spiegarlo da dove sono ora. I pensieri profondi spesso scaturiscono nei posti più impensabili, persino qui dove sono io, in una panchina. Perciò mi appello a te, tu che puoi capirmi anche se non puoi parlare, anzi, visto che nemmeno sei una persona grazie al cielo. Infatti credo che la persone non potranno mai capirmi quanto mi capisci tu. Non è incredibile?
Ma non mi interessa, perchè almeno tu non sei come gli altri, quelli che mi chiamano asociale, quelli che mi trovano noiosa solo perchè preferisco i libri alle persone, solo perchè le cose mi piacciono per davvero e non solo perchè sono di moda. Tu non mi giudichi, non è vero? Non puoi farlo.
Eppure è successo qualcosa di strano, qualcosa che mi ha sviato da quel mio odio verso le persone, o almeno CERTE persone.. Io l'ho visto. L'ho visto per la prima volta. Oggi. E se te lo scrivo ora, non è stato uno sguardo veloce seguito da aprezzamento. Io l'ho visto per davvero. E credo che non vedrò mai nessun altro.


"Terra chiama Emma!" Il colpetto alla spalla fece tornare Emma alla realtà, a malincuore. Solo Marzia sapeva come farla tornare, perchè lei sapeva benissimo cosa volesse dire viaggiare per rotte sconosciute. Lo sapevano entrambe, perchè entrambe giudicate. Sempre.
"Vorrei solo che il tempo passasse e basta. Perchè gli diamo sempre così tanta importanza?" chiese Emma, lo sguardo ancora fisso nel vuoto.
"Perchè è ciò che sappiamo fare meglio, insieme a giudicare" rispose Marzia, fissando le ragazze dei banchi accanto.
"Loro non lo sanno, che noi sappiamo intendo?" chiese Emma alla compagna di banco.
"Certo che lo sanno. Ma su una cosa si sbagliano: Credono di ferirci." rispose Marzia.
"E allora perchè non farglielo credere?" disse Emma e entrambe si misero a ridere, mentre finsero di piangere in modo drammatico.
La campanella suonò e l'ora, quella tanto temuta del compito in classe di matematica, arrivò. Emma fissò il foglio e i suoi pensieri si arrestarono, come solo la matematica sapeva fare. Sospirò e riprese il controllo. La penna non era veloce quanto voleva, così come la sua capacità di mettere in piedi un ragionamento matematico logico, ma scriveva, produceva, mirava al 6, e quella era la cosa più importante. Sollevò poi lo sguardo e, come faceva sempre, si divertiva ad analizzare le facce disperate dei compagni, tanto che ognugna sembrava possedere un tipo diverso di disperazione: C'era la faccia non-sapevo-ci-fosse-un-compito, o quella non-capisco-NIENTE. Ma c'era un volto completamente calmo, tra quella massa d'ansia e disperazione. Era quello del compagno nuovo, quello che aveva completamente ignorato perchè troppo presa dai suoi sogni ad occhi aperti. Non stava scrivendo niente e fissava il vuoto. Emma lo fissò e cercò di capirlo, per la prima volta, ovvero capire una persona, senza ignorarla, senza disprezzarla. E, ad u tratto, come se i suoi occhi fossero magneti molto potenti, lo sguardo del ragazzo si sollevò e incrociò quello di Emma. Supernova. Era questa la parola che venne subito in mente ad Emma. Supernova. Luminosità e potenza allo stato puro. Il ragazzo continuò a fissarla, come se la stesse sfidando al chi dei due ride prima. Ma nessuno rise, ed Emma non aveva mai provato nulla di simile, e pensò che i sentimenti più profondi scaturivano spesso nei luoghi più inaspettati, persino in una scuola, nell'ora di matematica. Assurdo.Illogico. Era tutto il contrario dei pensieri dell'ora di matematica, così razionali, così equilibrati. Quelli di Emma erano immobili su quegli occhi, nessun parola, nessun commento, ma solo quell'immagine. Sedeva nel cinema della sua mente e fissava l'immagine nel megaschermo, ancora e ancora e ancora. Senza audio, senza effetti speciali, a colori per preservarne la bellezza, senza spettatori, perchè quello spettacolo era solo suo, senza popcorn, perchè il cibo non aveva senso. Non aveva senso nemmeno definirli, e l'iride non aveva alcuna importanza, perchè quegli occhi sarebbero potuti essere benissimo persino rossi come quelli dei demoni. Così belli. Magnetismo. Fu la seconda parola che venne in mente ad Emma, e pensò che se quella fosse stata l'ora di fisica per una volta le cose si sarebbero potute allineare come si deve. Il ragazzo finalmente distolse lo sguardo e sorrise tra sè, sapendo di aver fatto centro.
Anche Emma sorrise e ripensò a quelle poche parole che le erano venute in mente.
Non vedeva l'ora di sedersi nella sua panchina, rilassarsi, e scrivere nel suo diario.


Il giorno seguente non ci sarebbe stata scuola, ma a Emma in fondo andava bene, visto che l'immagine degli occhi era ancora vivida nei suoi pensieri. Odiava quella parte di sè, quella parte di ragazzina che si entusiasma per una cotta. E odiava l'idea sentirsi così... così sola, così brutta, indesiderata. Era abituata all'idea di non attirare nessun sguardo e di essere piuttosto spettatrice di sguardi dedicati ad altre. Ci aveva fatto l'abitudine tranquillamente, nonostante non fosse una cosa piacevole. Un pò come le capitava sempre, ovvero di dover presentare persone, o assistere alla quotidianità di coppiette. Tutto ciò le faceva pensare che se si fosse innamorata non sarebbe mai diventata così, anche se in cuor suo sapeva che lo sarebbe diventata, che avrebbe perso la testa, che sarebbe cambiata. Dicono "l'amore ti cambia", ma lei non ne voleva sapere. Voleva stare se stessa e amare, ma non poteva avere entrambe le cose. Per ora comunque non poteva lamentarsi, visto che il destino -nel quale credeva ciecamente e su cui faceva affidamento- non aveva programmato ancora niente per lei. Navigava infatti in quella dolce libertà di chi disprezza la condivisione di un cuore con un'altra persona, ma sotto sotto sarebbe ben disposta. E navigava nella consapevolezza di un corpo e un viso che anche se non perfetti, facevano parte di lei, e che dopotutto, non avrebbe scambiato con altri. Anche se in effetti spesso si immaginava con tutte quelle caratteristiche che adorava e che avrebbe voluto avere: Un corpo snello, una cascata di lunghi riccioli rossi e due occhi di ghiaccio. Bello sognare. Emma si doveva però accontentare di due occhi nocciola, dei capelli castani chiari corti, un'altezza media e un fisico nella norma, forse un pò rotondo. Certo, a volte riceveva complimenti, ma non erano di certo quelli che servivano ad alzare l'autostima. Emma sapeva cosa ci sarebbe voluto, ma era esattamente la cosa che più temeva e bramava e stava in quella parola che disprezzava sempre, ma che in fondo, sognava di poter dire. Condivisione.


La seconda volta che Emma vide quel ragazzo era nel corridoio fuori dalla classe. Aveva finito prima il tema e così si era goduta la libertà fuori. Lui era uscito e l'aveva trovata lì, seduta, assorta.
"Che tema hai scelto?" le chiese lui.
Emma alzò di scatto gli occhi e non riuscì a crederci. Nella sua sala apparve un suono. Era una voce.. e di colpo all'immagine degli occhi si associò quella di una bocca che si muoveva, e dalla quale usciva una voce. Arrossì un pò e si maledisse di questo, ma poi rispose seria.
"Quello sull'inquinamento" rispose Emma e la sua voce risulto strana e poco musicale. Non si era controllata abbastanza e non aveva impresso abbastanza dolcezza nella voce. Era sembrata sgarbata? Scontrosa? Una secchiona? Troppo tardi per pensarci. Non le aveva nemmeno chiesto "E tu?". Che disatro.
"Anche io" disse il ragazzo dopo una breve pausa. E prima che potesse aggiungere altro le sorrise ancora, ma stavola in un modo che Emma non seppe decifrare. Rideva di lei? Le parve proprio di sì, anche se in modo divertito e non di scherno. Avrebbe voluto sorridere anche lei come aveva fatto lui, ma sentiva di non essere abbastanza brava, goffa sia nei movimenti che nel linguaggio del corpo, perciò ne uscì fuori un debole sorriso, che agli occhi esterni sembrava in effetti..un ghigno. Ecco, pensò Emma, ora penserà che sono una smorfiosa che crede di prendere più lui!. Ancora troppo tardi. Ma quando lui sparì con altri compagni, Emma sorrise ancora (e avrebbe voluto mostrare quello..di sorriso), perchè sapeva che il destino forse...si, forse si stava dando una mossa, e che la prossima volta le avrebbe regalato un sorriso decente,uno vero, uno sincero. Carpe Diem. Carpe Diem gridò dentro di sè, e per la prima volta... ci credette davvero.

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Capitolo 3
*** La prima parola ***


Caro Diario,
Non so se possa contare ma...ci ho parlato. Sono state solo poche parole, ma ti giuro (e dopo questo non avrei altro da dire) che sono state le più belle che io abbia mai sentito.



Emma pensò che molto probabilmente non sarebbe più stata attenta a nessuna lezione. Non dopo che era stata investita da una supernova, la luminosità e la potenza di quegli occhi.
Insieme a ciò tuttavia era assurdo che non si ricordasse nemmeno il nome del ragazzo, sebbene in un certo senso se ne stesse innamorando. Ma era nuovo, e in un certo senso era giustificata.
"Emma! Emma!" bisbigliò Marzia. Emma tornò dalle fantasie e sosprirò.
"ma a che pensavi? Ti ho chiesto se hai capito cosa dobbiamo studiare" disse l'amica. Ma ad Emma non importava più niente dello studio, voleva solo tornare alla sua fantasia, perchè in quella c'era lui, c'era lei, c'era tutto il necessario per costruire la felicità, anche solo con forbici e colla, baci e carezze, la semplicità di un abbraccio, l'essenzialità di uno sguardo di sfuggita, l'importanza di un sorriso..
Emma rispose distrattamente, e, di nascosto, come faceva sempre, lo guardò ancora una volta.
Parlava con i suoi amici e sorrideva. Una cosa così naturale, così dannatamente naturale che solo lui la rendeva bella.
Lui si accorse che Emma lo fissava, si zittì e poi le sorrise. Ed Emma...sperì.
Era sparita, perchè quel sorriso aveva aperto la porta della fantasia precedente, rendendo quel mondo ancora più vero perchè impresso dell'energie di quel gesto che proveniva dalla realtà. Si, quel sorriso era il diesel del suo piccolo mondo immaginario, il loro piccolo mondo insieme. Proprio ora quel sorriso alimentava una lunga distesa di fiori, man mano costruiva poi un cielo azzurro e gonfiava delle nuvole, esattamente come una scenografia. Dal prato si materializzarono dei piedi nudi, poi delle gambe e pian piano un abito bianco. La figura si completò..era una ragazza. Al suo fianco apparve un ragazzo, come fuso dal chiarore delle nuvole. Porse la mano sulla spalla della ragazza e la girò a sè.
Tu sussurrò dolcemente e la sua mano scivolò sul mento di lei. Il contatto fu bellissimo, ma se solo la sensazione fosse stata reale...


Caro Diario,
E se volessi vivere nella fantasia? Odio la realtà e odio il fatto di non esistere. Per lui.
Forse è solo una cotta, e se così fosse, spero che mi passi. Odio essere vulnerabile e sdolcinata come tutte le altre, ma non posso farci niente caro diario. Mi sembra di non avere più il controllo su niente, perchè i suoi occhi mi comandano. Mi sento una schiava, schiava di qualcosa che forse non è nemmeno reale.
E' tutto vero?



Il bus era quasi pieno, ed Emma contò due posti liberi. Uno era a fianco a lei, l'altro in fondo. Sperava che nessuno le si sedesse accanto. Adorava starsene da sola, magari canticchiare le canzoni che si susseguivano nel suo mp3..fantasticare..
Aveva ancora gli occhi chiusi quando sentì una voce che la chiamava.
"Scusa, è libero?"
Emma aprì gli occhi e rimase in silenzio, pietrificata. Fiumi di parole erano nella sua testa, ammucchiati davanti alla porta del linguaggio, pronte per essere pronunciate. Ma la porta non si aprì mai, vi passò solo un sussurrò debole. Un si, poco percettibile che il ragazzo interpretò come una affermazione poco convincente.
Ha un odore buonissimo pensò Emma e ne assaporò tutte le note, vergognandosi.
Non mi vuole a fianco a lei pensò il ragazzo divertito.
"Ti chiami Emma giusto?" chiese lui, ancora divertito e bramoso di continuare il gioco.
Lei arrossì terribilmente e si morse un labbro per aver ceduto in quel modo. Finalmente la porta si parì, forzata dalla razionalità di una ragazza che non voleva passare per una sciocca.
"Si. E tu?" rispose Emma. Ora penserà che non mi importa di lui..
"Oh..Chris" rispose lui.
"Scusa se non mi ricordavo... Io dimentico troppe cose" disse all'improvviso lei e si stupì di essere riuscita a dire una frase di senso compiuto. Il gelo imposto dalla sua razionalità finalmente, a poco a poco, stava svanendo. La stessa razionalità che la stava inchiodando nelle tenebre della negazione, e che la stava relegando alle fantasie, quando invece..avrebbe potuto avere di più.
"Figurati. Non mi aspettavo niente di più" la giustificò lui.
Non si aspettava niente da me, è ovvio. pensò Emma, avvilendosi. Era così assurdo pretendere qualcosa di più? In fondo ufficialmente si erano appena conosciuti.
Emma non riuscì a dire altro, ma grazie ad una mano divina riuscì a sorridere, ottendendo un gesto uguale di rimando.
Un sorriso non significa nulla, è solo un altro pò di carburante per le mie sciocche fantasie.
Alla fermata Emma scese subito senza dire una parola e delusa si incamminò. Come poteva essere stata così sciocca e infantile? Sbavare per quei pochi gesti tra estranei? Innamorarsi a prima vista? Non era da lei. Ma cosa le stava accadendo? Quel ragazzo -pensò- era una maledizione, la stava trasformando. Non era più lei.
Per alcune era la cosa più bella del mondo, innamorarsi, cambiare persino sè stesse per un'altra persona. Ma per lei no, per Emma innamorarsi equivaleva a restare fregata, a ricevere solo delusioni, a soffrire.
Stavolta non pianse, ma con occhi tristi fissò il cielo scuro sopra di lei e sperò che piovesse.. a prova che sugli occhi l'acqua può scendere, e non sempre di dolore.
Era solo delusione. E di colpo, con quei pensieri che si impadronivano di lei, quelli così familiari e comodi che l'aveva sempre pervasa, il gelo tornò su di lei, intorno al suo cuore triste. Quello che non sapeva amare, quello che aveva una paura tremenda.


Caro Diario,
Chi è la ragazza che scrive su di te? Sono io? Non so che mi succede. Conosco tutti i sintomi dell'innamoramento, ma ancora non posso credere di averli proprio io. Mi sento così..imbarazzata, così..stupida. Non sopporto l'idea di provare questi sentimenti, perchè sento che sono inutili, che sono da buttare. Perchè infatti dovrei essere ricambiata proprio io? Io non sono bella. Io sono strana, no? Non è quello che dicono tutti? La risposta è che io non sono ricambiata. Ma non perchè non lo meriti... La verità è che forse non sono destinata a vedere l'amore dai due lati dello specchio, perchè se lo guardo ora vedo solo me stessa, è sempre stato così. E fa male, caro diario, perchè vorrei che dall'altra parte ci fosse qualcun altro, che ci fosse lui.
Ma mi rendo conto che è impossibile. Ci sarò sempre e solo io, ci guarderemo entrambe tristemente e lentamente ci diremo parole di disprezzo, le stesse per entrambe..
Ci diremo che il vero amore...non ci è concesso.

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Capitolo 4
*** Negare ***


Erano passati due mesi da quelle parole, quelle parole così caldamente eccitanti, pericolose. L'anno ormai stava finendo, e anche se sembra strano per una storia, era invece proprio di l'inizio. Solo l'inizio.
Tutti sono tristi alla fine di qualcosa, persino dell'anno scolastico. Perchè in fondo ciò che più si odia è sempre qualcosa che intimamente si ama, persino i compagni di scuola spocchiosi, le compagne gelose (o un pò false), i compagni dispettosi... Solo Emma sentiva di essere felice. Felice di abbandonare dalla mente quelle facce che era costretta a vedere ogni mattina, abbandonare quei pensieri che rimbombavano su di lei ogni giorno, quei giudizi. Per due mesi.. ci sarebbe stata solo lei, solo ciò che per lei contava: Le sue amiche, quelle vere, i suoi libri, la sua personale pace. L'ultima campanella finalmente suonò e furono tutti liberi da ogni impegno. Emma raccolse i libri in fretta e furia, impaziente di fuggire da quella prigione aperta solo per lei, quando alla sue orecchie arrivò una voce. Festa di fine anno.
Ecco. Un altro di quei momenti che una ragazza ama e odia allo stesso tempo. La festa di fine anno. Ebbene, per chi non lo sapesse, la festa di fine anno è un'occasione per fare due cose: Vestirsi elegante, e innamorarsi. Si, perchè solo in quella sala (la palestra della scuola) c'erano le caratteristiche perfette che potevano creare le circostanze per fare avverare queste due cose. Luci giuste, un portone d'ingresso aperto solo per te, solo per concederti quei pochi secondi in cui il tempo si ferma e nel quale tutti possono ammirarti nel tuo bell'abitino e pensare che mai si sarebbero aspettati che tu potessi essere così bella. Luci giuste. Occhio di bue al centro della pista, e lì, mentre il fruscio dell'abito si sposa con la musica lenta lui è dall'altra parte, a bocca aperta come la maggior parte della gente. E' immobile, e tu pensi che è davvero buffo, ma anche bellissimo. Non ti sei mai sentito tanto bella in vita tua e sei compiaciuta dell'effetto che hai fatto, e vorresti solo ballare e ricere sguardi, assaporare l'innamoramente che cresce e sboccia..
Ma quella era la triste realtà, dove quelle atmosfere non potevano esistere, dove la gente non si girava a guardarti, se non avevi una profondo scollatura, dove lui non poteva permettersi di restare ammaliato da te per non rovinarsi la reputazione... I balli erano cose da ragazza. le feste, quelle con la birra e la musica spaccatimpani, erano cose da ragazzi. Ed Emma, sorridendo a quella voce, già sapeva quale delle due versioni sarebbe stata la festa di fine anno. Raccolse l'ultimo libro e, grata di non avere una profonda scollatura e tanto tempo libero, uscì da quel posto chiamato scuola in direzione della libertà.


Caro Diario,
ora che quelle farneticazioni sull'amore sono concluse, sento di essere veramente libera. L'amore...si, l'amore ti rende schiava. Credo che sia questa la lezione che ho imparato quest'anno, caro diario e non avrei potuto imparare meglio la lezione. Non mi sono mai sentita così prigioniera di qualcuno in vita mia. Eppure..puoi spiegarmi perchè mi sento così? Sento che mi manca qualcosa, e quel vuoto è qualcosa che non mi fa bene, ma che ho bisogno di avere. E' come se fossi drogata.
Con l'amaro in bocca so di che si tratta. E' la cosa che sto cercando di dimenticare, la cosa che mi fa essere la persona che non vorrei mai essere, è la cosa che più vorrei.
E' lui, non è vero?



La morbidezza del letto non avrebbe placato quella malinconia nemmeno se fosse stato foderato di pace e armonia. Emma si sollevò, salì a carponi sul letto e iniziò a saltarci sopra. Pensò che forse era un modo efficace per scacciare l'inquietudine, ma oltre che farle spuntare un breve sorriso, non funzionò un granchè. Ma perchè non riusciva a godersi la libertà? Perchè pensava ancora alla scuola e a quella stupida festa? Era la cosa più frivola che ci potesse essere..e lei ci stava addirittura pensando. Qualcuno bussò alla porta e Marzia trovò l'amica che ancora saltava sul letto, anche se con lo sguardo perso nel vuoto.
"Hei! Ma sei pazza?" disse Marzia ridendo. Emma sorrise e fece un ultimo balzo atterrando sdraiata sul letto.
"Allora..che facciamo?" chiese Emma ancora ridendo. Forse erano le amiche l'antidoto perfetto.
"Andiamo alla festa di fine anno?" rispose Marzia. Silenzio. Si guardarono per un pò.. poi scoppiarono a ridere.
"Certo e mettiamo una maglietta credendo che sia un abito!" disse Emma ancora soffocata dalle risate.
"No dai, a parte gli scherzi..e se ci andassimo sul serio?" chiese Marzia.
"Smettila di scherzare, non fa più ridere" rispose Emma, stavolta serissima.
"Sono seria. Potrebbe essere divertente!" esclamò l'amica. Poteva avere ragione? Emma ne dubitava.
"Spiegati" disse quindi lei, alzando un sopracciglio, indispettita.
"L'idea malefica che ho avuto era quella di andare alla festa. E fin qui tutto ok. Ma la parte più bella è che se ci andremo mascherate non ci riconoscerà nessuno e questo..." lasciò ad Emma la fine della frase.
"ci permetterà di fare tutto quello che vogliamo! Si. Ok. Quindi parli di un sabotaggio?" finì lei, anche se con qualche dubbio nella voce.
"Andiamo! Non dirmi che non ti piacerebbe vedere le loro facce davanti alla loro preziosa festa rovinata! So che muori dalla voglia.." la stuzzicò Marzia.
"Certo. Ma io non sono quel tipo di persona, capisci? Io non rovino le cose agli altri, è sempre..." Emma non finì la frase. Calò di nuovo il silenzio, ma stavolta non ci furono risate.
La mano di Marzia si posò sulla spalla della sua amica, dolcemente e con tutta la sincerità che aveva.
"è sempre il contrario" finì Marzia, con una nota di tristezza per l'amica. Sospirò poi disse:
"Senti, ti sei forse dimenticata tutto quello che ti è stato fatto, detto? Ti hanno sempre trattata malissimo, come un'ermarginata, una sfigata di poco valore. Non è forse questo il momento per la vendetta? Andiamo! Facciamo vedere loro di che siamo capaci! So che non vedi l'ora.."
"Non c'è gusto! Tanto non sapranno mai che siamo state noi!" disse Emma scattando.
"Ma è proprio questa la parte eccitante! Vederli sprecare neuroni vitali per capire chi è stato, quando la risposta sarà sempre davanti ai loro occhi. Per una volta, tira fuori il tuo lato biricchino, e non essere sempre così razionale! C'è la vecchiaia per quello!" concluse Marzia, e vedendo l'amica ancora insicura, la prese per un braccio e la trascinò fuori dalla stanza.
"Basta..si va a fare shopping" proclamò Marzia.
"Che? NO!" protestò Emma.
"Che ti piaccia o no avrai una maschera e un bellissimo abito e sai che ti dico? ti divertirai un mondo, non è vero?" disse Marzia con voce ferma. Emma non l'aveva mai vista così determinata
Emma sussurrò un si poco convinto, e le sue forze non bastarono, dal momento che prima che potesse protestare ancora, erano già in un negozio. Le sue fantasie si sarebbero realizzate molto presto, ma con un esito positivo e l'altro, terribile.


Caro Diario,
Marzia non ha sentito ragioni. Dice, che mi farà bene sfogarmi, che prima o poi dovevo tirare fuori la rabbia, vendicarmi di quegli snob festaioli e superficiali dei miei (nostri) compagni di classi. Ma mi spieghi come posso farlo se tra loro c'è anche lui? Ho paura. Ho paura che lui possa vedermi, alla festa, che possa trovarmi.. bella. Ho paura, caro diario, e non so che fare. Devo nascondermi dietro la determinazione di Marzia? Imitarla? Devo scappare come faccio sempre? In fondo dovrò essere tutto ciò che non sono, o che in un certo senso ho sempre desiderato di essere: Bellissima, frivola, misteriosa, sensuale.
Sento di non farcela, sento che non appena sarò entrata le mie gambe cederanno dalla paura e tutti mi scopriranno. Marzia dice che devo essere forte e che un'occasione simile non ricapiterà più, e forse ha ragione. Perchè in fondo... quando mai ricapiterà di vivere il sogno di vederlo sentendomi bella? Quando mai capiterà l'occasione di essere notata da lui anche se non saprà chi sono?
Devo godermi quell'occasione fino in fondo, perchè anche se non saprà chi sono, finalmente...mi vedrà.

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Capitolo 5
*** La sconosciuta ***



Photobucket "Se il più puro sogno d'amore fosse vero Allora, amore dovremo essere in paradiso, Invece è solo la terra mio caro, Dove il vero amore non ci è concesso."

(L.Siddal)


Ogni storia come si deve ha un inizio. La storia di Emma, sebbene sia già iniziata-con il suo innamoramento e la sua negazione- non è ancora ufficialmente una storia. Si, perchè una storia vera e propria è fatta di immagini, è fatta di ricordi, testimonianze, è fatta di fibre e cellule. Ogni persona può contribuire con le proprie, chi legge, chi ascolta, chi scrive...chi racconta.
E tu...vuoi contribuire?



Così Emma aveva rinunciato a quella che considerava solo una cotta, una stupida cotta, negando i suoi sentimenti verso Chris, il suo nuovo compagno di classe, negando quella supernova che aveva percepito nei suoi occhi. Aveva deciso di seguire la ragione, così come molte altre prima di lei avevano fatto, quelle donne che avevano semplicemente paura di amare, quelle donne come Elizabeth Bennet, la fredda Liz che per colpa del pregiudizio si stava facendo scappare l'amore della sua vita, Mr Darcy, o come un'altra Liz, ma stavolta è la Siddal, la modella, la più ricercata tra i preraffaellitti, la bellezza che tutti volevano, quella donna così triste e innamorata del suo pittore, morte nel dispiacere di non essere amata completamente.
Aveva scelto quella strada, ma forse non era tardi per cambiare. E il destino, in un certo senso, gliene aveva dato prova: Aveva infatti dato una mente acuta a Marzia, insieme a quella dose di sperimentazione del proibito sufficiente a proporre ad Emma l'incursione alla festa di fine anno, sotto mentite spoglie, e aveva fatto un ottimo lavoro, visto che Emma, incredibilmente e dopo un pò di fatica, aveva accettato.
Era un segno? Difficile stabilirlo. Eppure sembra davvero fatto a caso, una festa, un'occasione. Lui ci sarà. Emma pure. I fili sono stati intrecciati. Chi ha voglia di seguirli? Dove porteranno? Si incontreranno?
Che il grande spettacolo abbia inizio...così direbbe chi non vede l'ora di scoprirlo.


Caro Diario,
l'ho sempre detto e continuerò a dirlo...io non sono bella.
E per andare ad una festa la bellezza è un requisito a dir poco necessario. Insomma..io non sono come le mie compagne! Loro sono...esuberanti. Sanno come comportarsi con i ragazzi, io no. Loro sanno flirtare, io no. Loro sanno vestirsi assecondando i gusti maschili, io no. Loro sanno ballare come se non sapessero fare altro, io no. Quanto potrò essere credibile, in quella sala, con una maschera, un abito che non mi fa sentire a mio agio, e gli occhi di tutti che forse mi cadranno addosso?
Forse...non è troppo tardi per ritirarsi.
Ma Marzia mi ha rassicurato. Dice che il tema della festa è il Carnevale veneziano e che quindi tutti avranno la maschera, e che nessuno mi riconoscerà. Questo mi ha calmato. Se nessuno mi riconosce, allora è come se alla festa nemmeno ci andassi. Si..sarà un'altra ad andare al posto mio. Voglio che prenda il mio posto, questa sconosciuta, e che faccia di me quel che vuole.




"Te la dico io la differenza tra questo vestito e me: Lui ha le tette!" scattò Emma. Marzia reggeva l'abito tra le braccia e sorrideva. Era bellissimo, non c'è che dire, ma era decisamente...troppo.
"E quando mai ti capiterà di avere le tet.. hem, cioè.. di essere così bella!" controbattè Marzia, appoggiando l'abito al letto. Bella. Non era una parola che Emma si sentiva dire spesso. Non si considerava bruttissima, ma piuttosto non si considerava desiderabile. Era sempre stata durissima con se stessa, e ogni difetto che si trovava, davanti a quello specchio che pareva riflettere l'oscurità della sua anima, si moltiplicava fino a sfigurarla. Poteva davvero essere come diceva Marzia? Poteva davvero..essere bella?
"Considerato che nessuno mi riconoscerà...e se è solo per una sera..." disse Emma, con una nota di insicurezza nella voce. Non riuscì nemmeno a finire la frase che Marzia fece un gridolino e applaudì come una bambina.
"Bene! Mentre fai amicizia con il tuo splendido- e difficilmente reperibile- abito vintage originale anni '40 (che tra l'altro devo rendere o mi uccidono), io vado a prendere il mio dal guardaroba" disse Marzia e poi scomparve, lasciando Emma sola con il vestito, come se quest'ultimo fosse una persona ed Emma dovesse rompere il ghiaccio.
In effetti l'abito era molto bello, e dopotutto ad Emma sarebbe dispiaciuto deludere Marzia, visto che l'amica aveva faticato molto per trovarlo. L'abito era lungo fino alla punta dei piedi (ed essendo appartenuto ad una donna alta, addosso ad Emma sembrava più lungo), blu scurissimo, morbido in vita e ampio sui fianchi, dai quali poi si apriva formando alcune pieghe nel tessuto prezioso. Emma deglutì, poichè la schiena risultava completamente scoperta fino alla fine della schiena, e il davanti non fu da meno, con la sua scollatura ad U ampia che lasciava scoperte le scapole. Le maniche, almeno quelle lunghe erano aderentissime e terminavano con un risvolto di pizzo intricato. L'intera stoffa era cangante, mostrando così due sfumature diverse alla luce: blu scuro, quella del colore principale, e verde smeraldo, quella che saltava all'occhio con un pò di luce.
Marzia entrò nella stanza con il suo abito, ancora avvoltò dalla copertina trasparente. Anche senza quella Emma sospirò di meraviglia vedendolo. Era meraviglioso e sicuramente Marzia poteva permetterselo. L'abito era in perfetto stile greco, appena uscito da un quadro di Godward. Il tessuto leggero era nero e trasparente, anche se il volgare era evitato dalla fodera sottostante di seta bianca. La cintura rossa in vita avrebbe snellito la figura dell'amica rendendola ancora più aggraziata, e la scollatura a V avrebbe risaltato ancora di più il suo portamento invidiabile. Si, Marzia avrebbe potuto senz'altro competere con altre ragazze. Io no- pensò Emma tra sè- ma non ne fu affatto delusa. Avere la vincitrice come amica era una consolazione più che valida.


Sebbene le luci fossero forti, nessuno notò che i gioielli erano dei falsi, nessuno notò che una ciocca della raffinata acconciatura era leggermente fuori posto, nessuno notò che lo smalto blu di una delle unghie era scheggiato. Nessuno notò che la ragazza bellissima che entrò nella sala, la sconosciuta con la maschera, era Emma. Emma sospirò per questo ed entrò lentamente nella sala, più per la paura che per il voler creare suspense. Marzia era impeccabile ed Emma la invidiò tantissimo: Camminava spedita e il suo sorriso ammaliò tutti, perchè lei, almeno lei, era sicura di quel che faceva. E la ragazza timida che quasi annaspava? Emma, la sconosciuta, non era affatto sicura.
Le pelle intorno alla schiena era fredda, scoperta e vulnerabile. Senza corazza. Non aveva niente per nascondersi, non aveva un muretto dietro il quale nascondersi e sedersi a leggere, non aveva una panchina isolata, quella che adorava occupare nella piazza della torre, e non aveva una corazza. Si sentiva così..debole. I suoi difetti erano ora esposti, dove tutti avrebbero potuto ancora una volta deriderla, farla sentire piccola e insignificante. Ma stavolta nessuno fiatò. Non c'erano parole, ma solo sguardi. Ammutoliti. Emma abbassò gli occhi per non incontrarne nemmeno uno, ma non servi, perchè l'energia di essi l'aveva pervasa, si allungava come mille mani pronte a toccarla, aggredirla.
Lentamente si allontanò dalla folla e si diresse nel posto dove si sentiva più al sicuro: l'oscurità. Una lacrima scese dall'occhio truccato, ma non raggiunse mai la guancia incipriata, bloccandosi nella maschera di pizzo. Ma quando poi la lacrima non fu più sola e le sue sorelle la raggiunsero, la diga della maschera cedette e il resto del viso venne inondato.
Emma pianse. Non si era mai sentita tanto debole. Come avrebbe potuto affrontare l'amore, il mondo, la vita, se nemmeno riuscire a sostenere gli sguardi di una folla? Era davvero arrivata a tanto? Essere...agorafobica? No, quella non era paura, si disse, quella è debolezza, si corresse duramente. La durezza verso se stessa non sarebbe mai finita, non avrebbe mai trovato pace, almeno finchè una forza esterna non avesse interrotto quel flusso di negatività interiore.
Perchè doveva andare così? Perchè doveva sempre rovinare tutto con quella maledetta paura? Con quella maledetta debolezza? Nessuno sa chi sei!- pensò- Queste lacrime sono di Emma, la sicurezza invece...quella può essere della sconosciuta! Fai che sia solo sua!
Emma singhiozzò e si sedette nel prato umido, fregandosene del vestito. Sii la sconosciuta-pensò ancora- lascia che sia lei a comandare, almeno per stasera. Lascia che ci sia solo lei...
Era quindi giusto scappare, come aveva sempre fatto? Non ce la faccio...si disse. Io da sola non posso farcela. Chiuse gli occhi, convincendosi che in fondo quella era una prova di forza, sforzarsi di essere una sconosciuta, annullare se stessa e i suoi fragili sentimenti per far spazio ad una persona nuova il cui viso non sarebbe stato reale, dotato di maschera, e il cui carattere sarebbe stato un semplice aiuto.
Emma non c'è- fu l'lutima cosa che pensò. Si asciugò le lacrime da sotto la maschera e rientrò dentro. Marzia era scomparsa, chissà dove a fare chissà quale sabotaggio. Ma la sconosciuta non conosceva Marzia, lei era solo una ragazza..
La sconosciuta ripercorse la sala e fece tutto il possibile per sostenere gli sguardi, anche se quando arrivò al centro della pista, le bastò sostenerne uno solo, fisso, e completamente stravolto dall'emozione.
Chris.
Sembrava che non avesse mai visto una ragazza prima, o una così bella. Anzi, come se stesse sognando e non volesse più svegliarsi. Emma si risvegliò per un attimo e sorrise tra sè, considerando quello sguardo meravigliato come una conquista, dopotutto.
La sconosciuta sorrise abilmente, controllando che le labbra si incurvassero nel modo più aggraziato e dolce possibile. Chris rispose con un sorriso enorme, e nonostante la maschera, chiunque l'avrebbe riconosciuto. Erano per via dei suoi occhi. Inconfondibili.
La sconosciuta fece un passo...
Chris ne fece un altro..
Si stavano incontrando piano, gustando ogni singolo momento precedente al contatto..
Magico.
Il tempo si ferma.
La musica non esiste più. Niente esiste più. Esistono solo loro due e i loro passi, la distanza che si accorcia, il cervello che cerca di formulare una frase sensata, gli occhi che non si muovono di un millimetro perchè temono che sbattendoli possano perdere un dettaglio della figura davanti a loro, i reciproci profumi si fanno via via più intensi, iniziano a mescolarsi creando una nuova fragranza perfetta, mai scoperta dai profumieri. E poi succede.
Poi si incontrano, sono ad una distanza sufficiente per parlare, nonostante ai loro cuori non basti affatto, e ne vorrebbero sempre meno.
"Come ti chiami?" Fu tutto quello che Chris riuscì a dire, sussurrando, rapito.
La sconosciuta sorrise e non si era mai sentita così sicura di sè. Emma invece non sapeva come descrivere quella sensazione, ammesso che avesse un nome. E ora che poteva fare? In quella nebbia di irrazionalità avrebbe dovuto decidere se rivelare la sua vera identità o mentire. La sua mente era troppo annebbiata, e la debolezza di Emma troppo forte per prevaricare sulla sicurezza della sconosciuta, tanto che, chissà per quali reazioni chimiche, chissà per quale decisione del destino, dalle labbra rosse della sconosciuta uscì una bugia, una parola che sapeva di limone:
"Elizabeth" sussurrò la sconosciuta.
"Vuoi ballare?" chiese Chris educatamente e la sconosciuta, senza nemmeno rispondere, e con un gesto che Emma non si sarebbe mai sognata di fare, gli mise la braccia intorno al collo e iniziò ad ondeggiare dolcemente.
E poi successe ancora. Non c'erano le luci, non c'era la musica. C'erano solo due corpi che danzavano, due profumi che si stavano innamorando l'uno dell'altro. Nella mente di Emma non c'era nemmeno la maschera. Nella sua mente lei non era più la sconosciuta, era Emma e Chris la amava lo stesso.
Ma la realtà è spesso dura e non permette sempre di rivelare la verità, non permette sempre ai sogni di realizzarsi, alle ragazze timide di rivelarsi per ciò che sono. Spesso permette alle labbra di dire bugie, ad un Chris di danzare con una Elizabeth, di farli venire a contatto, di creare un esplosione e le sue future conseguenze. Quelle si che sono inevitabili. Elizabeth era evitabile, ed Emma lo sapeva. Ma il cuore in quel momento le faceva meravigliosamente male e la ragione non la sentiva nemmeno. Ne era valsa la pena? Emma pensò di si, e se avesse dovuto vendere l'anima, anzichè mentire su di sè, l'avrebbe fatto. Tutto per quell'unico, intenso ballo. Tutto prima che la mano di Marzia la afferrasse allontanandola da Chris, da quella magia, quella bolla di sapone profumata e perfetta. Tutto prima che l'allarme anti-incendio scattasse facendo spruzzare acqua dai sistemi di sicurezza, prima che l'incanto finisse per allagarsi.
Il posto era diventato un inferno di urla e acqua, ma non poteva essere più bello. Con il corpo immobilizzato dal tocco leggero di quel ballo, Emma non sentì nemmeno che stava scappando, trascinata da Marzia, e non sentì nemmeno ciò che le disse, ansimando, durante la corsa. Le sembrò di sentire:

"...Chi era quella sconosciuta?"

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Capitolo 6
*** Fuga ***


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"La verità è una coperta che ti lascia scoperti i piedi..
Tu la spingi, la tiri e lei non basta mai,anche se ti dibatti, non riesci a coprirti tutto."

( da L'attimo Fuggente)




Quali piedi? Quali gambe? Quali occhi che si socchiudevano al contatto con l'aria fresca della notte? Quali parole? Quale affanno? Quale terra sotto ai piedi? Emma non sentiva niente, perchè Emma non c'era. Emma era ancora con Chris, e stavano ancora ballando insieme, forse si stavano persino baciando, e forse, forse lei le stava dicendo la verità prima che fosse troppo tardi. Realtà, che brutta bastarda. Aveva infatti permesso che la vera Emma non si trovasse in quel meraviglioso sogno, e che quindi la sua anima non si fosse smaterializzata, no. Aveva permesso che questa restasse attaccata al corpo in fuga, che venisse privata di tanta beatitudine. Voglio morire- fu il primo pensiero di Emma, l'unico che riuscì a formulare nella fuga.
Marzia si fermò piano per riprendere fiato e la sua povera acconciatura era ormai disfatta. Emma non si preoccupò nemmeno della sua, ma solo delle sue braccia, le stesse che avevano toccato Chris, che stavano tremando. Dolce tremore. Era il segno che quindi era successo per davvero, per una volta niente era il frutto della fantasia di Emma. Nessuna delle due parlò, c'erano solo i loro respiri accelerati dalla corsa, ma quando la sconosciuta andò via, portandosi con sè un pezzetto di quella meravigliosa esperienza, ed Emma tornò finalmente insieme alla sua razionalità non potè fare a meno di scattare.
"Ma che cavolo hai fatto? Sei pazza?" chiese sbraitando all'amica.
"Non l'ho fatto apposta! Volevo solo spaventarli con una piccola fiamma, ma il fumo ha fatto scattare i rilevatori...cazzo" ansimò Marzia in risposta. Il respiro della ragazza si bloccò di colpo e i suoi occhi, illuminati da un pensiero improvviso si diressero verso l'amica.
"Ehi, aspetta un attimo...TU cosa stavi facendo piuttosto?" chiese Marzia ad Emma. Lei abbassò lo sguardo, imbarazzata perchè in effetti..non sapeva la risposta. La conosceva solo la sconosciuta, ma lei ormai era andata via e chissà quando sarebbe tornata.
"N-niente" borbottò in fretta Emma. Voleva già cancellare tutto. Via il ricordo! Via il tremolio, via quella smania di rivederlo ancora e di desiderare ancora quel contatto. Si stava già pentendo amaramente di essere stata così debole, ancora una volta, e ancora una volta era sicura che il motivo era la mancanza della sua corazza, della sua immancabile corazza di freddezza e indifferenza. Lo sapeva che sarebbe successo, ma ci era cascata ancora, e improvvisamente la pelle nuda della schiena le sembrò così logorante, tanto che il freddo le pungeva più che mai. Non si era mai sentita così debole, così allo scoperto, così dannatamente sotto i riflettori dei suoi sentimenti, i peggiori poliziotti. Già li vedeva, lo sbirro buono e quello cattivo, che la osservavano interrogativi con una sola domanda terribile da chiederle, quella che aveva terrore di rispondere: Cosa provi?
"Ti ho visto.. ammettilo. Stavi ballando con Chris!" continuò Marzia, determinata. E ora?- pensò Emma- Che cosa dico?
"Non ero io." fu tutto quel che riuscì a dire e almeno non era del tutto una bugia, visto che in quella breve serata aveva detto e fatto cose che mai si sarebbe sognata di fare e che sicuramente erano state fatte da un'altra ragazza.
"Riconosco la mia amica quando porta l'abito che le ho dato e quando balla occhi negli occhi con un ragazzo.. Avanti, confessa" stavolta il tono di Marzia era cambiato. Era diventata l'amica, e non più uno dei poliziotti. Si sedettero in un marciapiede vicino e ormai non contava più lo stato dei vestiti, perchè se c'era qualcosa che non andava Marzia abbandonava tutto e tutti per risolvere il problema. Era una amica, e non avrebbe mai riso della paura di Emma, perciò Emma si lasciò andare pensando che tanto non aveva niente da perdere dopotutto. Non avrebbe potuto resistere oltre, non avendo nè forza di volontà nè voglia di tacere con lei. Era già abbastanza difficile tacere con sè stessa, reprimendo così ogni sentimento (come del resto faceva sempre), figuriamoci se avrebbe dovuto farlo con la sua amica. No, a lei, almeno a lei, lo devo dire.
riflettè.
"Mi sa che ho fatto una merdata" iniziò Emma, asciugandosi la prima, solitaria lacrima in arrivo.
"Ehi..cosa è successo?" chiese Marzia, premurosa.
"Mi sono innamorata" sussurrò Emma, quasi senza voce. Quelle erano infatti parole nuove per lei. Si sentiva come una bambina che deve imparare a parlare e che non riesce a pronunciare le parole più complicate e nuove.
"Ma è bellissimo! Dovresti esserne contenta!" esclamò Marzia, sinceramente commossa per l'amica. La abbracciò con forza ma era come abbracciare un muro di marmo. Guardò l'amica e vide solo dolore.
"Emma..." mormorò "chi è lui?" e il sospetto si fece più forte ad ogni nuova lacrima di Emma.
"C-chris" ansimò Emma, e Marzia quasi non la capì. Per afferrare dovette usare l'intuizione femminile e da amica per capire.
"Oh" fu tutto ciò che disse Marzia. Collegò tutto in un istante. Tutti sapevano che Chris non era esattamente il ragazzo ideale, certo era un bravissimo ragazzo, ma con il gentil sesso non poteva dirsi esattamente la stessa cosa.
"Non è giusto! Perchè lui? Me lo dici perchè, eh? Perchè lui?" gridò Emma alzandosi di scatto. Tremava tantissimo e non riusciva a fermarsi più. Le parole avevano preso il sopravvento sul suo corpo, sulla sua stessa volontà, collegandosi alla gola, squarciandola di suoni, collegandosi al cuore dolorante e implorante.
"Doveva succedere. E forse il destino ha davvero il senso dell'umorismo.." scherzò Marzia.
"Siamo il giorno e la notte, che razza di fantasia..." singhiozzò Emma, sentendo di stare per esaurire le lacrime. Quando si fu calmata si risedette al fianco dell'amica e volle solo tornare a casa. E restarci.
"E non è tuttto. Le ho detto che mi chiamo Elizabeth!" disse Emma con disprezzo. Solo ora capiva le conseguenze delle sue debolezze.
"Cosa? Perchè?" chiese Marzia anche se già intuiva la risposta.
"Perchè ho avuto paura, come sempre. E ora che faccio?" richiese, in risposta all'amica.
"Devi dirglielo. O avrai paura per sempre. Devi avere il coraggio Emma, o non lo avrai mai. Se non glielo dici andrà sempre peggio, perchè quando ti dichiarerai sarai anche una bugiarda" rispose Marzia, seria.
"Ma se gli dico la verità questo significa che dovrò..."
"dichiararti" finì Marzia "si, dichiararti. Senti, sapevi che sarebbe successo. Puoi farcela, Emma."
"E se mi rifiutasse? E se preferisse quella sconosciuta che ha ballato con lui piuttosto che me?" chiese Emma
"Senza di te quella sconosciuta non è nessuno, la sconosciuta non esiste. Tu sei l'unica e lui lo capirà" rispose Marzia e continuò scherzando " e poi una che sparisce così misteriosamente non è forse tremendamente sexy e accattivante? "
"Ho bisogno di te, lo sai vero? In caso ci ripensi..." aggiunse Emma, rivolgendosi all'amica come se fosse la madre che la accompagna al primo giorno di scuola.
"Forse non hai capito. Io sarò sempre come un'ombra: Al tuo fianco" le sussurrò Marzia ed entrambi sorrisero, mentre gli allarmi smisero di suonare e la notte fu di nuovo serena.


Caro Diario,
Hai mai avuto la sensazione di potercela fare? Hai mai ricevuto una speranza talmente forte da cancellare ogni paura? Io si. E grazie a Marzia, ho deciso che dirò la verità. Senza paura. Senza paura di diventare una stupidotta che si confessa al suo innamorato per cui ha una cottarella. Voglio farlo bene e senza rimpianti, dirò la verità perchè è giusto farlo, perchè non voglio avere segreti con lui, non voglio che la mia corazza sia più spessa di quanto non lo sia già. Voglio rendere le cose un pò più facili, e soprattutto non voglio essere più triste. Ho dato retta a Marzia per una ragione: Stasera, al ballo, mentre ballavo con lui, nel momento preciso in cui ci siamo toccati, ho sentito qualcosa. Una tremenda scossa. Ho sentito una speranza, e le parole di Marzia l'hanno consolidata. La speranza di potergli piacere davvero. Faccio male? Io mi sto fidando per una volta del cuore, per la prima volta! Ho il terrore di restare delusa, ma ho Marzia, ho quella scossa elettrica dalla mia parte! La prima è una spinta, la seconda è un segno che mi rassicura. Forse...forse andrà bene. Ho paura, caro diario, ho veramente paura, ma ho deciso di provarci. Quella scintilla è ciò che mi lega a lui, non ho altro. E se l'ha sentita anche lui, allora...andrà bene.
Spero solo che stavolta il destino sia professionale. Almeno stavolta, la prima volta, almeno per me. Me lo deve.




Tra il disastro di acqua, festoni, cibo, bevande e terra, la palestra sembrava la rovina di un antico salone romano pronto da scoprire. I pompieri erano arrivati giusto in tempo per trovare il caos e sistemare tutto, per così dire. Il responsabile non era stato trovato, e chissà quando lo sarebbe stato. Erano andati quasi tutti via, chi un pò sconvolto, chi eccitato per il gossip fresco di serata, chi infuriato per il ballo rovinato, chi deluso. Ma in mezzo alla pista c'era qualcosa che non provava nulla di tutto questo. Provava solitudine e mancanza e preoccupazione per chi l'avrebbe trovata da sola lì, sperduta, senza nessuno. Le mancava il calore di quel viso, le sue lacrime calde di quella sera... E ora se ne stava lì, bagnata e desolata tra il caos e la tranquillità.
La maschera blu scurissimo di Emma giaceva a terra, abbandonata. Poteva sembrare un rifiuto, un pezzo di personalità lasciato al caso, ma nessuno sapeva che quel semplice oggetto, perduto come solo succede nelle migliori favole, non porta sempre al lieto fine.. Soprattutto se racchiude qualcosa che brucia più del fuoco e che bisogna maneggiare con molta cura: La verità.

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Capitolo 7
*** Due lati ***


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"Bene, Dio vi rimeriti, signore.
Il gufo - così dicono, signore -
era un giorno la figlia d'un fornaio. (122)
Sappiamo quel che siamo,
ma non quel che possiamo diventare.
Dio sia alla vostra tavola!" (Ofelia- Da Amleto Scena 5 Atto 4)




Dall'altra parte della città, anche se in effetti potremmo considerarlo un universo a parte, quello delle belle ragazze (che sanno quindi di esserlo), c'era una ragazza che rideva con l'amica. Una cosa normalissima, e l'anomalia risiede solo nelle conseguenze di quella semplice chiacchierata. E di mezzo non può che esserci sempre il destino, che, come dice sempre Emma, potrebbe essere più professionale.

"Secondo te chi è stato a far scattare l'allarme?" chiese la ragazza all'amica che stava davanti allo specchio. Lei non parlò e continuò a fissarsi, con il pettine in mano. Credeva fermamente di essere maledetta, e che la sua bellezza non sarebbe durata per sempre. A scuola stavano leggendo Dorian Gray. Lei non l'aveva letto, ma sapeva di che si trattava e il pensiero di poter fare un patto demoniaco per ottenere la bellezza e la giovinezza eterna...la eccitava. Quando si riscosse dal pensiero, rispose all'amica.
"Chiunque sia stato me la paga...Il vestito è rovinato, e nessuno mi ha notato alla fine. Questo è il vero problema." rispose la ragazza seriamente preoccupata.
"Possibile che ti importi solo della tua bellezza?" sbuffò l'amica, ormai abituata a discorsi di quel genere.
La ragazza si girò di scatto verso l'amica e la fissò con la tutta l'energia che aveva, riuscendo quasi a trattenere le particelle di polvere della sua stanza e farle sue schiave.
"Io non ho altro. Come può non importarmi?" disse la ragazza a denti stretti, poi si rigirò e ricominciò a pettinarsi con forza i capelli scuri. Non poteva sfuggirli niente nello specchio. C'era solo lei, sola con se stessa, nessun elemento imperfetto che avrebbe potuto disturbare quell'immagine assolutamente pura e precisa. Ipnosi ed estasi erano le parole che più rendevano quello stato di assoluta immobilità.
"Rifaremo la festa, come si deve stavolta. Senza incendi. E sarà tutto perfetto, a partire dagli invitati.." sussurrò la ragazza fissando l'immagine allo specchio e parlando più a se stessa che all'amica.
"Beh ma è ovvio che verranno tutti quelli della classe. Sai bene chi non verrà..." disse l'amica lasciando la frase in sospeso e ridendo sotto i baffi.
"E infatti io non invito chi non gradisce di essere invitata. O meglio, chi preferisce un libro alla conversazione umana, se sai cosa intendo." sputò secca la ragazza. Nessuno può capire cosa si prova, cosa si prova a non sentire niente. Esattamente come lei. Nessuno poteva capire cosa volesse dire esistere solo per se stessi e per la propria immagine. La ragazza l'aveva imparato a proprie spese, quando il gelo era insostenibile, nella sua stanza, quando il veleno delle parole di una persona poteva uccidere.. quando sentiva quei proiettili caldi perforargli il cuore nel momento stessi in cui venivano pronunciati sotto forma di suono. Tu sei brutta. Primo colpo. Non vali niente Secondo Colpo. E sarai sempre e solo usata Morte. La ragazza sospirò, ormai insensibile a quei ricordi, perchè la persona che li aveva vissuti era morte già tre volte, e di una cosa fu certa, rievocandoli: Si può morire più di una volta.
Lei stessa ora, era morta, non sentiva la vita, non sentiva altro che il bisogno di apparire e di nascondere il substrato del suo essere. Si, perchè sotto il trucco c'era la bambina dei ricordi, la bambina brutta.
Era morta, e viveva di quello. Solo bellezza e perfezione, che era anche la promessa che si era fatta: Rifiutare la vita, cercare la bellezza nella cenere e nel dolore. Non sarebbe mai più stata brutta, ma a caro prezzo... non essendo più una persona.
"Però almeno potremo cercare quella ragazza che ballava con Chris. Non era male, vero?" disse l'amica infine, giocherellando con un cuscino.
"Chi?" chiese la ragazza, restando sorpresa senza però distogliere lo sguardo dallo specchio.
"C'era una ragazza che ballava con Chris, non l'hai vista? La ragazza in blu! Pazzesco..nessuno ha idea di chi sia. Secondo te chi era?" rispose l'amica, in un vortice di più pensieri messi insieme.
La ragazza si fermò di scatto. Ebbe un'idea.
"Passami la borsa. Penso di aver trovato qualcosa di interessante" sorrise e pensò che quella era l'idea più incredibile che le fosse mai venuta.
Quando aprì la borsa, estrasse un oggetto che all'inizio (mentre fissava la palestra semi incasinata) non l'aveva colpita un granchè. Era un oggetto che aveva raccolto per la sua semplice e basilare attrazione per tutto ciò che, come lei, è materiale e privo di vita. Una maschera blu scuro. Sola e abbandonata. All'inizio era solo un altro oggetto da aggiungere alla sua collezione di altri oggetti materiali atti ad abbellirla, qualora servissero. Ma ora, ora quell'oggetto...poteva avere uno scopo. Il perfetto corpo divenuto gelido nel corso del tempo ebbe un brivido di eccitazione mentre il cervello collegava tutto, mentre la mente lavorava frenetica nella lavorazione di un piano infallibile. I dati sembravano fatti gli uni per gli altri, combaciavano alla perfezione e il piano che stava venendo fuori pulsava dentro di lei, le sussurrava sensualmente ogni mossa ripetendo infine il suo ipnotico mantra.. Agisci.
L'ultimo dato, era qualcosa che come l'oggetto, all'inizio aveva del tutto ignorato, ma che ora sapeva collegare perfettamente. Almeno finchè l'amica non le aveva suscitato quel semplice ricordo della sera prima... di quelle due figure che ballavano, e una delle due erano una sconosciuta.
Perciò ecco. Una maschera senza volto, un’occasione perfetta per essere ancora una volta notata, per assaporare una nuova dosa di adrenalinica adorazione e innamoramento. Ma cos'era poi l'amore? La ragazza non lo sapeva, perchè lei dell'amore amava solo la parte più ovvia: L'attrazione.
E ora, aprendo la sua mail e trovando quel messaggio inizialmente dimenticato, stringendo tra le mani quella maschera, aveva tutto il materiale per attuare quel piano, aveva la chiave per aprire le porte a quel piacere che era la sua droghe, l'energia della sua bellezza, il concime della sua maledizione, l'impulso del suo cuore che non batteva più.
Lo schermo era luminoso come i suoi occhi neri, pozzi con una punta di luce, la punta dell'illuminazione, quella che ha solo chi sa cosa fare e che non si arrenderà mai.
Le parole del messaggio scorsero velocissime e la ragazza sorrise a ognuna fino alla fine, fino a quando, giunta all'apice della soddisfazione, il sorriso divenne una risata. Aveva fame, e quelle parole erano cibo.
Era assolutamente pronta per la portata principale.


Invio a più destinatari.
Oggetto: Cercasi Elizabeth. Leggi e rinvia a un amico.

A chi era presente alla festa: Qualcuno di voi conosce la ragazza che aveva l'abito blu?
Si chiama Elizabeth. E' molto importante.
Leggi e invia a un tuo amico. Eh si..è una catena.
No perditempo.

Chris C.








Chissà come sarebbe stato dire la verità? pensò Emma. Lei era sempre stata una persona piuttosto sincera, essendo razionale e metodica. Ma quello era un tipo diverso di verità, era smascheramento. Si sentiva...una criminale. E perchè poi doveva sentirsi così? Cosa aveva fatto di male se non vivere il sogno di ogni ragazza? Vivere il brivido della circospezione, del proibito, del fare qualcosa sotto mentite spoglie, provando così ciò che si prova a essere qualcos'altro, abbandonando la propria immagine tradizionale, quella che magari viene sempre screditata. Cosa c'era di male? Emma la risposta, stavolta, non la trovò.


Caro Diario,
che mi succede? Mi sa che il discorso di Marzia mi ha fatto effetto. Si, perchè ora la mia razionalità è tornata a casa, bussando dalla porta d'ingresso. Ci ho parlato e mi ha detto di dire la verità. Non capisco come ho potuto rifiutarmi, all'inizio. Certo, dovrò affrontare Chris, ma...dirò la verità almeno! E mi sentirò da dio...non credi? Un'altra valida motivazione è quella etica: Dire la verità è cosa giusta. Poi potrebbe esserci quella utile: Dire la verità semplifica tutto (Anche se nel caso di Chris sarà tutt'altro che semplice). Ma devo almeno provarci, no? Non può farmi male, anche lei. Sento che la verità non mi farà del male, lei non può. Le persone possono, le parole, e i gesti. Cosa può fare la verità di male se è così pura e chiara? Questo moto di ottimismo è veramente raro, quindi goditelo fino in fondo, caro diario. Ho deciso di provarci, non è incredibile? Per una volta, una sola, ho deciso qualcosa e la farà, ed è pure qualcosa di forte. Posso essere forte, per una volta, e non vedo l'ora di sentire cosa si prova. Cosa si prova a non essere debole?
Si, sospiro e sento che non può andare male, visto che è la prima volta che faccio questa cosa. E la prima volta può andare in due modi: Deludermi o fortificarmi. Ed io...ho dannatamente bisogno di forza.


Emma posò la penna e fissò lo schermo ancora una volta. Sospirò e annuì. Aveva scelto.
Rilesse il messaggio e le venne da sorridere. Non le sembrò vero. Era successo davvero allora...quella sera, quel ballo...


Invio a più destinatari.
Oggetto: Cercasi Elizabeth. Leggi e rinvia a un amico.

A chi era presente alla festa: Qualcuno di voi conosce la ragazza che aveva l'abito blu?
Si chiama Elizabeth. E' molto importante.
Leggi e invia a un tuo amico. Eh si..è una catena.
No perditempo.

Chris C.






Così ecco il destino, quello di cui parla spesso Emma, e di cui abbiamo parlato all'inizio. Di quanto poco sia professionale. E infatti due lati, due universi paralleli che vengono in contatto per mezzo di semplice tramite: Una mail. Due lati, due persone esattamente diverse. Leggono la stessa mail con la stessa attenzione, fanno lo stesso sorriso ma con significati diversi: Uno è compiaciuto, l'altro è sognante. Solo come il fuoco e il ghiaccio, e non sanno di essere in fondo così simili. Una di loro crede di essere morta, l'altra crede di non essersi sentiva mai così viva, eppure non sanno davvero di essere entrambe terribilmente in errore. Entrambe stanno pensando ardentemente a qualcuno, ma in modi completamente diversi, perchè anche l'amore è diverso e così come può essere dolce, può essere allo stesso tempo solo pure e semplice calcolo.
I loro mondi non potrebbero essere più lontani, eppure quello schermo assottiglia la distanza e crea un portale, tanto che le loro mani, se posate sullo schermo, potrebbero addirittura toccarsi, se solo lo volessero. Ma è questo il punto, non vogliono. Perché il destino ha già tracciato due strade diverse che prima o poi si incontreranno, ancora una volta senza nessuna volontà. A che serve dopotutto la volontà? E' solo un pezzo di carta appallottolato che finisce nel cestino. Se solo non fosse stato appallottolato... La prima ragazza avrebbe mollato il suo subdolo piano, e la seconda avrebbe capito che quando non si è esperti di qualcosa, soprattutto con l'amore e la verità (le due cose più difficili da dire e fare), bisogna stare attenti.
Les jeux sont faits, diceva Sartre. E niente poteva evitarlo.
Avevano scelto: Una la verità, l'altra l'inganno.
E indietro ormai... non si sarebbe più potuto andare.

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Capitolo 8
*** Ragazzo e Ragazza ***


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"Ti indicherò un filtro amoroso senza veleni, senza erbe, senza formule magiche: se vuoi essere amato, ama!" (Seneca)



La bambina tirò la maglietta del ragazzo e ottenne la sua attenzione.
"Che c'è piccolina?" chiese il ragazzo.
La bambina indicò la televisione e l'immagine che vi era trasmessa, poi disse:
"Che fanno?" domandò la bambina.
Il ragazzo guardò l'immagine, immobile. Due innamorati si stavano baciando dolcemente. Come spiegare l'amore a una bambina se nemmeno lui lo comprendeva?
"Si amano" rispose il ragazzo accarezzando la testa della bambina e scompigliandola.
"Cosa vuol dire?" chiese la bambina, curiosa.
Il ragazzo avrebbe voluto pensare ad una risposta più convincente, ma alla fine riuscì a dire quella più ovvia e sterile.
"che si vogliono tanto bene." Avrebbe voluto dire di più, avrebbe voluto dire "Vuol dire pensare solo ad una cosa e vivere per quella", ma questo non avrebbe fatto altro che peggiorare la sua situazione, quella di un ragazzo innamorato, che non sa nemmeno di chi.
La bambina rise portandosi una manina alla bocca e disse:
"ihihi allora io ti amo"
Il ragazzo scoppiò a ridere, la prese in braccio e le sussurrò:
"sarai la fidanzatina più brava del mondo da grande"
e la parola fidanzata stavolta aveva assunto un suono diverso. Faceva male.




Invia. Copia. Invia. Copia.Invia. Non faceva altro da tutta l'estate, non faceva altro...dalla festa di fine anno. Avrebbe mai trovato conclusione quell'odissea di messaggi e di posta elettronica? Avrebbe tanto voluto di si, anche se odiava sentirsi così debole. Anzi, essere così debole. Stava facendo questo per..una ragazza? Lui, che non aveva mai avuto di questi problemi. Bionda, mora, rossa, alta, bassa...non era mai stato un problema, in nessuna delle città in cui era stato e nemmeno nelle scuole. Sapeva di essere un bel ragazzo e dunque perchè non sfruttare questo..dono? Non aveva mai creduto davvero di possedere un dono, e al pensiero sbuffò infastidito. Sapeva ascoltare. Punto. Era questa la chiave per conquistare una ragazza, secondo il suo pensiero. Gli era stato insegnato così, suo padre glielo diceva sempre, quando lo vedeva sistemarsi la cravatta prima di uscire con la madre, e suo nonno glielo aveva sempre impartito come insegnamento, quasi ogni sera, quando andava a giocare a carte con gli amici nelle notti fresche d'estate, nella veranda. Non avrebbe mai creduto che quell'insegnamento, dopo tutto quel tempo, avrebbe resistito all'urto del tempo e di mille storie d'amore infrante. C'era stata solo una volta in cui quell'unico precetto non era servito a niente...E allora ritornò a quella sera, quella dopo tutto, in un certo senso, era cambiato.



Volteggiare, ballare, sognare, essere, non essere. I suoi occhi. Che colore erano? Impazziva all'idea non averli davvero visti, di non aver catturato un suo particolare. Le luci della festa li facevano cambiare di colore. Rossi, dorati, blu, verdi, azzurri, di nuovo rossi. Ricordava bene il blu.. la sua maschera, il suo abito. Ricordava il bianco. Il bianco della sua pelle, scoperta nella schiena, l'oscurità che abitava nei suoi capelli, nelle folte ciglia che incorniciavano le porte dell'ignoto..
Il tocco. Ricordava il tocco. Pelle contro pelle. Materia contro materia. Elettricità. Una scintilla. La carica statica di due particelle cariche. L'energia dopo il contatto che si propaga in tutto il corpo.. Come un urlo. Si, era stato esattamente come urlare. Poteva infatti riconoscere tutte le fasi: Urlo, sprigionamento d'energia, propagazione del suono, e poi..l'eco. Era stato così quando lei era andata via. Non c'era più energia, non c'era calore, luce... Restava solo l'eco, c'era freddo...oscurità.
Era tutto finito. La bolla di sapone era scoppiata e si era portata via lei e il suo profumo. E se lei era andata via, tutto era andato via con lei. Persino la sua stessa esistenza. Era mai esistita? Mentre la vedeva andar via, il ragazzo avea pensato che forse se l'era sognata. Doveva pensarlo, perchè così non ne avrebbe sofferto. Il passo successivo sarebbe stato il più difficile, ovvero ciò che molti considerano la soluzione a tutti i problemi: Dimenticare.
Doveva dimenticarla. Quanto sarebbe stato difficile?
Fuori, a festa finita, era rimasto da solo, davanti alla macchina, la mano con le chiavi sospesa a mezz'aria. Faceva parte della notte, lui era la notte. Dio, non puoi essere umano- pensò- perchè se lo fossi, non mi faresti soffrire così. Pregò per un paio di minuti, come non aveva mai fatto in vita sua. Voleva solo dimenticare.


Il ragazzo mandò l'ultima mail all'ultilma persona che aveva nella lista di amici, abbandonò la pagina, e fissò lo schermo vuoto. Sentiva di essere riuscito a dimenticarla, visto che, come aveva ormai capito, non sapeva assolutamente niente di lei, se non il nome. Perciò non stava compiendo nessun peccato nel cercare una persona che probabilmente aveva visto solo lui e della quale sapeva solo il nome. Tanto, pensò amaramente, non l'avrebbe mai trovata.. Perciò perchè non farne un hobby? Quelle mail ormai non significavano nulla. Lei era solo un'immagine, un ricordo, e trovarla era come uno di quei sogni che fai da piccolo, quello dove i tuoi genitori ti regalano quello che volevi per Natale, anche se nella realtà non lo riceverai, semplicemente perchè la realtà non è giusta e fa sì che i tuoi genitori non possano permettersi quel costosissimo giocattolo e che per accontentarti te ne comprano un altro, che non ti piace, ma che è comunque un regalo. Allora sorridi e pensi che dopotutto non ci si può aspettare di meglio dalla realtà. Si, perchè nella realtà i miracoli esistono solo per alcuni, così come l'amore, che forse è meritato solo dalle persone belle, o da quelle buone, o forse da quelle che non sanno affatto che cosa sia che ma sono ricche e che quindi se lo possono comprare.
Stava ancora meditando quando nella stanza entrò la sorella maggiore e quella minore, insieme. Cercavano qualcosa.
"Ha perso il pupazzo. Ancora. Sai dov'è?" chiese la maggiore, insospettita e un pò scocciata.
"Sotto il letto, insieme all'uomo nerooo" rispose il ragazzo facendo la linguaccia alla bambina imbronciata accanto alla sorella maggiore.
"Chris! Sii serio per una volta!" sbottò la sorella maggiore, poi alzò il lenzuolo e, sorpresa, pescò un orsacchiotto da sotto il letto.
"Shiii, evviva Chris!" gridò la bambina abbracciandolo.
Il ragazzo sorrise e sperò che di quei momenti ce ne fossero sempre tanti, almeno così..si sarebbe distratto.
Quando le sorelle uscirono dalla stanza si buttò nel letto e fu grato, in un certo senso, di non poter conoscere l'amore. Perchè se l'avesse conosciuto, attraverso Elizabeth, ne sarebbe esploso. E quel tocco..i loro sguardi che si erano incrociati... erano solo il preludio. La miccia, per poco accesa.
Il computer trillò annunciando un nuovo messaggio di posta in arrivo.
Chris si alzò ed andò a vedere.
Avrebbe voluto che fosse solo una pubblicità, anzi avrebbe voluto che le casse del computer fossero rimaste accidentalmente staccate per non trasmettere mai l'avviso di messaggio.
Ma putroppo aveva sentito..e ora letto ciò che il messaggio diceva. E dimenticare diventò da difficile impossibile, accantonandosi nella pattumiera delle cattive idee nel momento stesso in cui il ragazzo lesse il messaggio, chiudendo per sempre la porta del "tornare indietro"...


Non potrò mai dimenticare il nostro ballo.
E tu?

Elizabeth

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Capitolo 9
*** Dana ***


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"La bellezza non era il tradimento che lui aveva immaginato; era piuttosto una terra inesplorata dove si potevano commettere mille errori fatali, un paradiso selvaggio e indifferente senza nulla che indicasse la presenza del male e del bene. Nonostante tutti gli affinamenti della civiltà che cospiravano per creare l'arte, la perfezione inebriante del quartetto d'archi, e la grandiosità distesa delle tele di Fragonard, la bellezza era selvaggia. Era pericolosa e senza leggi come lo era stata la terra molti millenni prima che l'uomo avesse un solo pensiero coerente o scrivesse codici di comportamento sulle tavolette d'argilla. La bellezza era un Giardino Selvaggio" (Scelti dalle Tenebre-Anne Rice)




Io sono importante, ripeteva la ragazza davanti allo specchio. Chi era la ragazza allo specchio? Non coincideva con la ragazza reale, perchè lei piangeva...
Tu NON vali niente sghignazzava la ragazza allo specchio, e la indicava.
Io..io..sono b-bella, balbettò la ragazza reale tra un singhiozzo e l'altro.
ahahaha, ma ti sei vista? Sei una sgualdrinella egoista.. mi fai schifo la ragazza nello specchio la fissò con un ghigno sul volto, che la rese ancora più affascinante. Sarebbe mai potuta essere come lei? Ogni giorno faceva di tutto per esserlo, per avere quella sicurezza per cui aveva lavorato così tanto. Forse un giorno sarebbe riuscita a togliersi la maschera di sicurezza e ad averla sua, inglobata nell'anima.
Chissà quanto tempo ancora ci sarebbe voluto, quanti sacrifici ancora avrebbe dovuto fare, quante lacrime ancora avrebbe dovuto versare per sentire almeno per un attimo di essere amata, di essere adorata, ammirata da qualcuno. Ogni giorno, ogni complimento era come una pugnalata a quel dannato specchio, a quella ragazza che si prendeva gioco di lei, una crepa solcata in quel disgustoso ghigno, un punteggio che acquisiva e che dimostrava a quell'essere che lei era qualcuno e che alle persone importava di lei. Un giorno...la ragazza reale e quella dello specchio sarebbero state identiche, proprio come dovrebbe essere, come è normale che sia.
Un giorno...farai tutto quello che farò io, e le tue parole, cara, saranno le mie mormorò infine la ragazza reale. Si asciugò l'ultima lacrima, abbandonò lo specchio, e cercò di ignorare il mormorio di quella ragazza, che, sebbene fosse identica a lei, non sapeva chi fosse.


Devo vederti, e non so che alto scrivere. Semplicemente non c'è altro che vorrei se non vederti.

Chris C.

la ragazza sorrise e il suo viso era completamente illuminato dello schermo. La luce artificiale irradiava gli occhi scuri, animandoli, accendendo quella miccia di proibito e pericolo che viveva al suo interno. Sapeva che ciò che stava facendo era sbagliato, ma non sentiva nessun dolore, e il suo petto stava benissimo. Forse non c'era nemmeno nessun rumore, in quella cassa o forse c'era..ma lei non sapeva ascoltarlo. Non aveva mai veramente pensato al senso di colpa, o all'essere colpevoli. Aveva abbandonato da tempo quella sensazione orribile, e si era ripromessa che non l'avrebbe mai più provata.

Questa sera. Nel parcheggio della scuola.

Elizabeth

Anche il ragazzo sorrise e il suo viso era completamente illuminato dallo schermo. Ma il suo era un sorriso diverso. Era la vittoria. Sebbene lo avesse attraversato il pensiero di una truffa, l’emozione di aver letto quel messaggio aveva annullato qualunque goccia di razionalità in lui, ammesso che, dopo quella sera, ci fosse mai stata. Era lei…se lo sentiva. E se avesse sbagliato, se non fosse stata lei…?Il margine d’errore era ampio, ma come poteva tirarsi indietro? Ragazza misteriosa, messaggio misterioso. Quale ragazzo non avrebbe avuto i brividi davanti a tale connubio di eccitazione? Il ragazzo rilesse il messaggio e ormai aveva perso il conto. Forse quella era la decima volta. Ma poteva essere anche la cinquantesima, poco importava. Voleva vederla.


“Come la vuoi chiamare?” chiese l’uomo che fissava la sterile finestra dell’ospedale. La donna, pallida ed esausta, stringeva tra le braccia un fagottino indistinto in maniera indifferente, come se avesse 5 anni e quello fosse solo un nuovo bambolotto.
“Scegli tu. Io non ho veramente la forza..” sussurrò la donna. Sbuffò e diede la bambina all’infermiera, quasi stesse gettando la giacca addosso al guardarobiere. L’uomo si voltò, finalmente, dopo quell’interminabile quarto d’ora in cui stava racimolando il suo coraggio. Si, aveva avuto bisogno di farlo, prima di vedere l’essere che a fatica avrebbe dovuto chiamare “figlia”. Non era mai stato tagliato per fare il padre, così come, precedentemente, non lo era stato come figlio, poi marito. Semplicemente non era tagliato per essere qualcuno che non fosse sé stesso, ma non nel senso spregiativo del termine. Era nato così, era stato abituato a cavarsela da solo,a badare a sé stesso, e non ad altre persone. Doveva farci l’abitudine, ad avere qualcosa di suo, a possedere un pezzo di sé stesso che avrebbe gattonato , e poi camminato, intorno a lui, fino alla sua morte. Si, sarebbe stato come avere i suoi difetti sempre intorno, sottoforma di bambina, sempre davanti agli occhi, a ricordargli tutto ciò che non era e che non poteva essere.
“Dana” disse infine l’uomo, più a sé stesso che alla moglie, e risuonò con così tanta fermezza che il nome sembrò imprimersi nell’aria, facendo sussultare persino l’infermiera.
“Ma è un nome orribile!” esclamò la donna, sbuffando. “Perché non le dai un nome più elegante? Sofia magari?”
“E’ anche tua figlia, se sai da dove è uscita non c’è niente di elegante nella sua nascita. Non credi? Il meglio che puoi fare è almeno fingere di amarla.” Sibilò l’uomo, infastidito.
“Perché, credi di essere così sincero tu?” sentenziò la donna.
“E’ mia figlia. E’ una parte di me! E anche se non posso dire di amarla, la devo accettare. Sono egoista come te, ma almeno io mi assumo le mie responsabilità!” gridò l’uomo e la donna ammutolì.
“Sei un bastardo! Lo sapevi che non volevo figli! Io ci lavoro con il corpo. Dio, quanto ti odio!” la donna scoppiò a piangere, e all’uomo, in fondo, dispiacque. Il mio corpo è il mio involucro. Non ho altro. E' la mia luce, la mia aria, e la mia acqua.Il mio nutrimento. Il corpo è la rete tra vita...e morte. pensò la donna, mentre le lacrime di rabbia bruciavano quasi quanto i punti nel suo ventre.
"E io invece si. Lo volevo. Pensavo che bastasse a dirti quanto ti amo, ma mi sbagliavo a quanto pare. E sai che ti dico? Che io vorrò bene a quella bambina! Perchè...." prese fiato e concluse, con il dolce-amaro in bocca "perchè voglio essere diverso. E purtroppo devo dire..che non è grazie a te".
Era troppo tardi per tornare indietro, perché il primo respiro della bambina era già stato esalato, aveva iniziato a vivere. L'uomo si avvicinò alla culla, più tardi, e fissò la bambina. Era esattamente come lei. E sarebbe diventata ancora più simile. Sospirò. Avrebbe dovuto fare i conti anche con quello, con quel pezzo che sarebbe convissuto insieme al suo, a quel pezzo di sua moglie, a quel pezzo di lei che lo odiava dal profondo e che lo avrebbe voluto morto per averle portato quegli atroci dolori del parto, per aver permesso che la sua pelle perfetta si lacerasse per far spazio ad una piccola sconosciuta. E sua moglie avrebbe fatto di tutto , lo sapeva, per trasformarla come lei, frivola ed egoista, narcisista e terribilmente indifferente alle cose davvero importanti. Si ingoia sempre, pensò l’uomo, e deglutì ancora una volta, come ormai faceva sempre. Sentiva nella gola che quella, ancora una volta, non era saliva, perché la saliva dopotutto non faceva male, non bruciava. Il veleno, invece, si. E non c’era dubbio..era proprio veleno. Goccia dopo goccia scendeva lungo la gola, fino allo stomaco, e i succhi gastrici lo digerivano a fatica generando la sostanza chimica detta rancore. Fissò ancora la bambina e si preparò a quello che sarebbe stato il futuro, se così poteva chiamarsi. Pregò, e non lo aveva mai fatto, e non per sé stesso, come non aveva mai pensato di fare. Pregò per la bambina, perché sentiva che quando sarebbe stata grande, se davvero fosse diventata come la madre, non avrebbe saputo amare. Pregò con tutto sé stesso, affinché almeno lei si salvasse dall’odio, affinché almeno lei…trovasse qualcuno da amare ed essere ricambiata.


Dana si guardò ancora una volta allo specchio e non fu soddisfatta. Mancava poco all’incontro e non poteva deludere Chris. Tutto le sembrava insufficiente. Non è mai abbastanza. Non sarai mai abbastanza. Ricordò le parole della madre, quando le spazzolava con forza i capelli, davanti al camino. Toglieva quelli caduti dalla spazzola e glieli faceva vedere, la costringeva a vedere. Questa è la decadenza. Questa è l’insignificanza. Ripeteva. Volersi bene prima di voler bene. Le sussurrava al posto del bacio della buonanotte. Ed eccola lì, la ragazza dello specchio che ricompariva, richiamata dai quei ricordi e da quelle parole. Era nata proprio da quel seme di insicurezza che la madre le aveva piantato nel cuore, dal suo odio verso il marito, e soprattutto dal profondo desiderio di vendetta, trasformando la figlia in una persona destinata ad apparire. Diceva sempre Tu sarai come me, e si pentirà di avermi dato te.
“Prima o poi. Me la pagherà.” Disse Dana, ipnotizzata, la mente collegata ai ricordi vividi di quelle parole sentite troppe volte. Niente è abbastanza. Quei vestiti bellissimi sul corpo imperfetto, si, sarà sempre imperfetto. Quel trucco non basterà mai, se il viso è difettoso. Una lacrima sfuggì al controllo e scappò via dagli occhi tristi per rifugiarsi nella collina delle guance truccate. Dana la asciugò in fretta, punendola con la mano frettolosa.
“Io non piango” sussurrò, ma non a sé stessa. Era alla ragazza dello specchio che si rivolgeva. Strinse la maschera blu tra le mani e non volle mollarla per nulla al mondo. Quella, era la chiave della sua libertà. Ciò che l’avrebbe fatta diventare predatrice e non preda. E la preda, stavolta sarebbe stata la ragazza dello specchio. Anzi, la ragazza dello specchio non sarebbe più esistita. Se Chris avesse ricambiato sarebbero successe due cose: la prima era l’esaudimento delle preghiere che il padre di Dana, a sua insaputa, aveva recitato col cuore, davanti alla sua culla, tanti anni prima; la seconda era la liberazione di una ragazza schiava di un odio non suo. Sarebbe stata felice, lo sentiva. Stavolta sarebbe stato diverso, stavolta…poteva innamorarsi per davvero.
Chris si voltò solo al rumore di passi, e vedendo la figura comparsa davanti ai suoi occhi, l’aria non uscì più dalla sua bocca, e le sue palpebre rimasero aperte ed immobili. Forse il cuore perse un battito. O due. La figura aveva la maschera blu in mano, quella che aveva visto e rivisto nei suoi ricordi per non perderne nemmeno un particolare. Il viso, scoperto, della ragazza, fu però la cosa che fece restare Chris immobile e senza fiato. Era bellissimo, e lo conosceva. L’aveva visto ogni giorno a scuola, ma non l’aveva mai notato. Ora l’aveva fatto e il risultato fu un sussurro, quando trovò il fiato:
“D-dana”

E’ così che funziona il destino, la vita, il caso. E’ come un filo inserito in una serratura, e due persone che lo tirano per le estremità opposte: Se una lo tira, all’altra sfugge. Quando una persona ottiene qualcosa, la priva all’altra, una ottiene più filo, l’altra sempre meno. Era esattamente così per Emma, pronta a dire la verità e inconsapevole che la persona senza filo, stavolta, era proprio lei.

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Capitolo 10
*** Scintilla ***


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" Lo so che ti sembra smielato ma l'amore è passione, ossessione, qualcuno senza cui non vivi. Io ti dico: "Buttati a capofitto! Trovati qualcuno che ami alla follia e che ti ami alla stessa maniera!"
Come trovarlo?
Bè, dimentica il cervello e ascolta il cuore.
Io non sento il tuo cuore perché la verità, tesoro, è che non ha senso vivere se manca questo.
Fare il viaggio e non innamorarsi profondamente, beh, equivale a non vivere.
Ma devi tentare perché se non hai tentato non hai mai vissuto." (tratto da "Vi presento Joe Black")





Non è mai semplice smettere di pensare. Sarebbe come smettere di esistere. Ed è bene distinguere tra essere sè stessi ed esistere, perchè dovete sapere che non sono la stessa cosa. Mi guardo intorno e vedo solo essere viventi, tutti esattamente uguali. Essere sè stessi è privilegio di pochi, di quelle persone che hanno scoperto come si fa, e sono poche. Non è mai semplice nemmeno essere sè stessi quindi. Come potrebbe esserlo se davanti a te c'è qualcuno che te lo impedisce? Come potresti pensare? Il cervello, che dovrebbe aiutarti, si spegne, e ti lascia tra le grinfie del cuore, il malefico organo che ti fa fare cose assurde, stupide. Cosa faresti se davanti a te ci fosse..la verità?



Silenzio.
La scena era dominata dal silenzio. Nient'altro. Non c'era paesaggio, luce, vento. Sembrava di essere in un'idea, asettica, irreale, inesistente, si, sembrava che qualcuno stesse immaginando tutto quello, che non fosse affatto vero.
Se Emma avesse saputo cosa stava accadendo, sicuramente avrebbe voluto che fosse così. Solo un'immaginazione. Ma lei non c'era, ed era tutto vero.
Dana stringeva la maschera di Emma, lei, una delle tante persone che non avevano quello straordinario privilegio di essere sè stesse. Ansimava, probabilmente per la prima volta nella sua vita, in attesa. Poteva esserci un rifiuto, la sua nemesi , il suo veleno. Si, non lo avrebbe sopportato, e il suo cuore iniziò a sanguinare a quel pensiero, le ferite si riaprivano e da esse iniziò a sgorgare il rancore misto alla terribile sensazione di sbagliare, come si chiamava? Senso di colpa. Nella sua mente piombò per un istante l'immagine di quella ragazza, Emma. Pensò a come si sarebbe dovuta sentire se avesse scoperto che la sua identità veniva rubata, insieme alla sua occasione di essere felice, di innamorarsi. Inquadrò la sua faccia che pian piano si trasformava in una smorfia di dolore, vide lacrime scendere su quel viso innocente, quasi anonimo, vide le labbra muoversi piano, pietrificate dal dispiacere, mentre mormoravano la parola perchè.
Dana e la sua volontà vacillarono, si sentì un crack tra il ghiaccio del suo essere, il cuore riuscì a sibilare qualcosa in quella crepa. Era un Smettila. Ma non era abbastanza forte, non lo era mai stato abbastanza. Fece in tempo a voltarsi e tentare la fuga, abbandonare quell'idea, ma non fece in tempo. Ancora una volta, era troppo tardi, e la mano di Chris, veloce, acchiappò la preda. La presa era ferrea, come di quello che non vuole farsi scappare qualcosa di prezioso. Dana era in trappola, nessuno le aveva mai insegnato ad assumersi le sue responsabilità, a fare i conti con i propri errori, a rimediarvi. Se solo l'avesse capito un istante prima, se solo quella crepa fosse stata più spessa, se solo quella voce fosse stata più intensa, se solo l'immagine di Emma avesse urlato più forte.. Se solo non avesse raccolto quella maschera, se solo...non fosse mai nata, se solo i suoi genitori non si fossero mai incontrati. Sua madre avrebbe continuato a fare la modella, sarebbe stata famosa e felice, suo padre l'avrebbe amata, e sarebbero stati più attenti e allora nessuna bambina sarebbe nata. Non ci sarebbero stati errori.
Il calore si sprigionò dalla mano. Fuoco ed elettricità tutto insieme. Poi vennero i brividi, liane calde che partivano dal braccio, poi lungo la spalla, per poi arrivare al cuore, alla bocca, al viso.. Non c'era scampo per niente. Pensieri, gesti, razionalità. Fine. La bugia è stata svelata. Dana si morse il labbro, inerme. Era così, non poteva fare più niente. Era tra un muro e l'andare fino in fondo, e ormai sapeva di non avere scelta. Doveva andare in fondo. Doveva essere Elizabeth, prendere una gomma e cancellare il pensiero di Emma, l'unico che per una volta poteva davvero aprire quegli spiragli bui.
"Aspetta" disse finalmente Chris.
Dana si girò e cercò di mascherare il suo errore, di sembrare sicura e non terrorizzata. E' un come decidere di buttarsi col paracadute: All'inizio sembra facile, grandioso, roba da coraggiosi; poi arrivi lassù e quell'altezza ti da la nausea, ti comprime il cervello, ti immobilizza i sensi e solo allora...non ti sembra più una buona idea. Ecco le conseguenze dei rischi, delle pessime scelte, dei dispetti. Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te Un altro brivido passò per il corpo di Dana, ma stavolta fu di paura. Immaginò Emma con un coltello in mano, anche se non le sembrò molto possibile. No, non poteva essere così.. Scacciò l'immagine, ma ebbe comunque un pò di paura, nel profondo, come se avesse realizzato che se fosse stata al posto di Emma avrebbe sofferto. Non poteva credere di avere quel tipo di pensieri compassionevoli. Lasciò perdere quel lato tenero, ma il dubbio di una rivolta restava, come una spia spenta pronta a scattare.
"Perchè sei scappata?" chiese Chris impaziente.
"Dovevo" sussurrò Dana
"E perchè hai detto di chiamarti Elizabeth?" chiese ancora Chris e la presa si fece più stretta.
Dana strattonò via il suo braccio dalla presa, ma se ne pentì per via di quel calore invitante.
"Era solo un gioco! E poi non avresti mai ballato con me se avessi saputo chi ero" sibilò Dana scocciata. Aveva sempre trovato interessante quel ragazzo, ma per orgoglio non si era mai impegnata troppo per conquistarlo, ed essendo così vanitosa sperava di farlo con l'inganno o per lo meno con il suo aspetto. Era incredibile che ci fosse riuscita senza nemmeno sforzarsi, le era bastato solo raccogliere una maschera, vedere chi c'era sotto. La più insospettabile di tutte.
"io non riesco a capirti.. Perchè non me lo hai chiesto? Avevi paura di essere rifiutata non è vero?" domandò Chris e non riuscì a trattenere una risata.
Dana lo fulminò con lo sguardo.
"Scusa.. ma davvero non c'era bisogno. Perchè credete tutti che sia così superbo? Perchè credete tutti che negherei un ballo ad una ragazza? Sembro forse uno stronzo?" disse Chris ma parlava più con sè stesso che con Dana, segno evidente di precedenti reputazioni mal assegnate.
"Non hai la minima idea dell'impressione che dai.." disse Dana, ma anche lei sembrò parlare più con sè stessa. Poi alzò gli occhi e lo fissò:
"Tu non hai visto la reazione delle ragazze quando sei arrivato. E non hai visto come sei! Tu credi di essere indifferente alle altre, credi di sembrare più figo infischiandotene degli sguardi e dei sorrisi. Cosa te ne importa, no? Ricambi i sorrisi, gli sguardi, ma non lo sai cosa vogliono significare per una ragazza." Dana prese un respiro e attese la difesa.
"Ma..cosa dovrei fare? Io sono sempre così! Nessuna mi ha mai...colpito" si scusò Chris
"E non è difficile capire il perchè. Guardati! Aria volutamente trasandata, capelli spettinati, occhi chiari, abiti di marca.. Ottimo lavoro, non c'è che dire" scherzò Dana e si divertì a tracciare quei tratti così interessanti.
"E tu invece? Io ti ho capito. Fai di tutto per attirare l'attenzione su di te. Trucco, abiti, bellezza. Tutto impeccabile, non c'è che dire.. Ma dov'è il fine? Cosa ottieni? Complimenti, lodi. E poi? Dov'è la sincerità? Dov'è ..l'amore?" ricambiò Chris altrettanto ironico.
"E tu che ne sai dell'amore? Sembra sempre che non te ne importi niente. Sai cosa dicono tutti di te? Che con le ragazze ci esci e basta, poi le abbandoni. Insomma che come ragazzo sei un disastro.." sentenziò Dana, stavolta seria. Si facevano sempre più vicini, bruciando la lontananza con la verità dei loro caratteri.
Chris avanzò ancora e la fissò intensamente. Voleva vedere la sua faccia dopo che avesse pronunciato ciòl che aveva da dire.
"Ora te lo dico. A quel ballo, ho ballato con una ragazza che per un millisecondo mi ha fatto conoscere tutto sull'amore. E' bastato un ballo e i suoi occhi. E se solo avessi la conferma di averla trovata... Sarei al settimo cielo. Io adoro imparare" fu solo un sussurro, così vicino che l'aria uscita dalle labbra impiegò pochissimo a sfiorare quella delle labbra di Dana, schiuse davanti a quelle frasi.
Esitarono entrambi per un minuto, ma poi... successe tutto in automatico. Nessuno decise niente, non c'erano fili, finzioni, pulsanti on off, stava succedendo perchè doveva succedere, e le due figure così vicine, una insicura ma allo stesso tempo sciolta dall'eccitazione di quel momento così perfetto, l'altro dubbiosa su quel sentimento indecifrabile che si stava sbrigionando da quella vicinanza, finalmente si unirono. Ballarono insieme, e forse ricreare quel ballo, per quanto fosse falso per Dana, era essenziale per Chris. Il viso di Elizabeth le era sconosciuto, ma non le sensazioni che aveva provato con lei.
Sarà veramente lei? si chiese Chris interrogando la sua mente. I dubbi c'erano.. Ma come poteva spiegare allora quella sensazione? Aveva preso Dana e si era messo a ballare con lei. Senza nemmeno pensarci, un attimo prima erano vicini, quello dopo, lui toccava il corpo di lei, il suoi fianchi, la stringeva a sè mentre volteggiavano. Era una sensazione compatibile con quella del ballo, ma molto più forte, come di qualcosa che era esploso e che con le sue scintille svrigolava nell'aria bruciacchiando tutto quello che incontrava. Piano piano sentiva che quel millisecondo diventava un secondo, e un secondo un minuto.. Era l'amore che si presentava al suo cospetto, e lo potè vedere così in faccia. Era la faccia di Dana. E che fosse Elizabeth o no, L'amore gli chiedeva ospitalità, un posto dove stare, un posto caldo e accogliente. Chris gli offrì il cuore, l'unico posto adatto che conoscesse. Chiuse a chiave la porta e pensò solo a quel movimento circolare fatto di una cosa sola, due piedi e non quattro, una mente e non due.
Io non lo so se Elizabeth sei tu, ma so che mi sento strano. E strano..non mi ero mai sentito. fu l'lultima cosa che Chris pensò, prima di abbandonare i pensieri, rinunciando a decifrarli. Vissero. Fu tutto ciò che si può dire.
Ci sono attimi che possono annullare la tua ragione, la tua volontà..
Proprio mentre ballavano. Ecco il momento. Non esitevano più. Verità, menzogna. Non c'era più distinzione. Tutto l'universo si era fuso in quella singola scintilla chiamata innamoramento.

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Capitolo 11
*** Barriera ***


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"Nel fondo della sua anima, Emma aspettava che qualche cosa accadesse. Come i marinai in pericolo, volgeva gli occhi disperata sulla solitudine della sua vita e cercava, lontano, una vela bianca tra le brume dell'orizzonte. Non sapeva che cosa l'aspettasse, quale vento avrebbe spinto quelle vele fino a lei, su quale riva l'avrebbe portata, né sapeva se sarebbe stata una scialuppa o un vascello a tre ponti, carico di angosce o pieno di felicità fino ai bordi." (Madame Bovary-Gustave Flaubert)




Era settembre ormai. Ma questo non significa niente, il coraggio cresce sugli alberi, ma può essere colto solo se maturo. E chissà se Emma aspettava davvero questo evento naturale. Aspettava, tutto qui. Era codarda? Si giustificava sempre con la frase "al momento giusto". Ma...esisteva davvero un momento giusto? Lo era veramente stato per Dana, che aveva agito così impulsivamente?
Solo poche settimane-pensò Emma- e lo vedrò. Due settimane. Non avrebbe avuto più scuse.



Caro Diario,
il momento si avvicina. Mi sono preparata così tanto. So cosa dire, come dirlo, ma non so cosa accadrà, perchè SO che qualcosa accadrà. E' impossibile che non accada, accade sempre! e sempre a me! Ho pensato a tutto quello che potrebbe succedere, e mi odio per questo. Si, mi odio, perchè per una volta vorrei non pensare che dietro alla porta troverò le tigri. Ricordi quei giochi a premi? Quelli dove devi sfidare la fortuna. Puoi vincere i soldi, o ...morire. E se trovassi le tigri?-penso sempre- quanto male può farmi il suo graffio. Tristemente credo che quello non sia nulla in confronto al cuore che si spezza. Non credo che ci sia niente di peggio. La morte? Una coltellata? Cosa vuoi che sia. Il mio cuore si è scalfito spesso, ma non si è mai spezzato per amore. Se dovesse accadere, non so se riuscirò ad aggiustarlo, perchè dopotutto ho capito che ci sono cose...che non si possono riparare.



"Ci sono!" esclamò Marzia.
"Che c'è ora?" chiese Emma sollevando mal volentieri lo sguardo dal libro.
"So cosa potrebbe diminuire le probabilità di un rifiuto! siii! sono un genio!" festeggiò Marzia.
"Se magari mi dicessi cosa..." provò Emma, ma non riuscì a contenere l'euforia della amica.
"Una prova! Ti serve solo una prova... La maschera, no? Lui la vede e ...bum! Ti riconosce no? Saprà che sei tu!" finì Marzia, e i suoi occhi si illuminarono.
"Potrebbe essere un'idea se non fosse per il fatto che lui vuole Elizabeth, hai presente? Audace, bella, TRUCCATA, Elizabeth." rispose Emma secca.
"Perchè pensi che quello sia il suo tipo? No dai, secondo me in fondo gli piacciono le ragazze semplici, perspicaci, intelligenti...magari più di lui.." scherzò Marzia.
"beh, non ci vuole poi tanto.." disse Emma e scoppiarono a ridere.
Quando Marzia se ne andò Emma rimase a pensare nella sua stanza. Forse Marzia aveva ragione, forse fornire una prova avrebbe accresciuto le sue possibilità, anche se questo avrebbe significato che non si fidava abbastanza di sé stessa. Ma dopotutto quando mai si era fidata di quella ragazza, come si chiamava? Emma? Si, lei, lei che rovinava sempre tutto e che ormai stava arrivando a detestare.
Rischio. Quel suono poco famigliare, l'aveva provato la sera del ballo e il gusto l'aveva portata alla nausea. Ma una maschera, era solo una prova, un pezzo di stoffa, che gusto avrebbe mai potuto avere se non poteva connettersi totalmente alla parola rischio? Era solo una certezza in più, ed Emma invece, della certezza, non aveva mai davvero conosciuto la sensazione. La fame di novità cresceva, e allora,prendendo quella maschera, si, si sarebbe potuta sentire magari come Dana, la sua compagna di classe che certamente sapeva cosa fosse la certezza. Per un millisecondo si sarebbe sentita viva, avrebbe sentito che dentro quel corpo sigillato, un po’ buio, ma accogliente come una casetta nel bosco, quella delle favole, c'era una scintilla di vita, di amore, di luce... di felicità. Doveva esserci.
Emma frugò nella borsa, ma la luce della casetta si spense, e il calore fu risucchiato via dal vortice nero della mancanza. La maschera non c'era più.



Da Emma a Marzia. Messaggio di testo.

Lo sapevo. E' un segno. Devo cavarmela da sola. Maschera sparita.



E ora, per Emma il compito si faceva più arduo. Doveva fare i conti con sé stessa. Si sedette nella panchina, nel parco dove di solito andava a leggere e a fare la cosa che riusciva a fare meglio: Stare sola. Strappò un foglio dal diario e si mise a scrivere, immaginando che il foglio fosse Chris e che ciò che scriveva erano le sue parole. Lasciò che fosse la penna a dirle al posto suo, si lasciò diventare una spettatrice codarda, guardò la scena, vide la faccia del ragazzo, rimase in attesa della risposta. Esattamente quello che sarebbe successo poche settimane dopo. Vedere tutto prima l'avrebbe preparata, pensò, al peggio, ma forse anche al meglio. Dipendeva tutto da quella penna, quell'oggetto inanimato ora dotato della mente di Emma, ma solo di quella perchè lei non voleva usare il suo corpo, la sua faccia, la sua bellezza incerta e così indecifrabile.. La penna scrisse e parlò al ragazzo. Fu concisa e sicura di sé, l'inchiostro non lasciò mai macchie sulla carta, che rimase pura e totalmente sincera.

Elizabeth sono Io. Io. E sono io che mi sono innamorata di te.

Nell'immagine il ragazzo sorrise, e magari l'avrebbe abbracciata. Ma era solo un 'immagine, e dalla carta non poteva muoversi, solo parlare. Era intrappolata in una sola dimensione dove l'affetto e i gesti di calore erano vietati perchè era vietato addirittura muoversi, se non si voleva rompere il foglio. Così il ragazzo si limitò a rispondere cordiale.

L'ho sempre saputo.

Emma sorrise e accartocciò il foglio. Anche se non sapeva se sarebbe andata così, fu contenta di aver immaginato tutto, e fu contenta di essere riuscita ad avere coraggio, anche se questo non era reale. Tra la realtà e la fantasia c'era stato un confine sottilissimo, sottile quanto un foglio di carta. Quanto difficile sarebbe stato allora romperlo? Emma pensò che non poteva essere così difficile. Riaprì il libro, ma prima di riprendere la riga perduta sentì una voce dietro di sé:
"Come fai?"
Emma si girò, e pensò due cose: di stare ancora immaginando e di non aver accartocciato bene il foglio. Chris la guardava sorpreso, col giornale in mano. Sembrava un vecchietto, e ad Emma scappò una risata.
"Che c'è?"chiese Chris divertito.
"Niente. E' solo che...quel giornale...lo legge mio nonno." disse Emma ridendo e non poté trattenersi.
"Ehi, sono maturo per la mia età, che credi! " rise anche lui e ad Emma non sembrò vero. Voleva girarsi di nascosto e darsi un pizzicotto,ma il pensiero la fece ridere ancora di più. Non si era mai comportata così, e forse era stato per il foglio di carta e l'immagine ancora viva della sua mente del foglio di carta. Era ancora sotto effetto di "droga-immaginifica".E perciò, un po’ euforica. Cerco di darsi un contegno, ti tornare la Emma di sempre.
"Scusa.. dicevi? Come faccio a fare cosa?" chiese
"Oh. Intendevo a leggere tutti quei libri. Io non ci riesco. Preferisco questi giornali da vecchio, magari la pagina dello sport" rispose Chris indicando il giornale e mostrando un residuo di risata precedente.
"Non lo faccio. Leggo e basta. E' come respirare, una cosa automatica. Non puoi chiederti come fai" affermò Emma e anche la sua risposta era automatica, e ripetuta troppe volte a troppe persone.
"Capisco. Scusa l'invadenza.. Ti ho visto e mi sono ricordato di te. Ti vedo sempre leggere a scuola. Sai, ho sempre voluto farti questa domanda" disse Chris serio.
ci siamo pensò Emma, e volle piangere. Non era pronta, voleva Marzia, voleva scappare. quando pensò di trovare una scusa per andarsene, Chris la sorprese:
"hey, hai visto che casino alla festa di fine anno? Non so se c'eri, ma c'è stato tipo un disastro. Ancora non si sa chi sia stato... che festa!" esclamò Chris e la mente di Emma... si bloccò.
N-non mi ha riconosciuto. Lui non sa niente. Non sospetta niente.
Ora poteva calcolare due mosse: Dire la verità o fingere ancora per un po’ e aspettare al primo giorno di scuola. Il risultato fu immediato come un conto fatto alla calcolatrice. A scuola, se avesse avuto un'umiliazione, non l'avrebbe dimenticata più, insieme agli sguardi degli sconosciuti inquisitori. Doveva farcela. Pronta o no. Quello era il momento.
E' destino. Ha parlato proprio del ballo. E' ora. Dillo.
Così Emma ripensò al foglio, e immaginò di essere la penna e di scrivere quella frase, e allo stesso tempo dirla.
Avanti. E' Facile.
Elizabeth sono Io. Io. E sono io che mi sono innamorata di te.

Uscirono dei suoni, una frase completa, completamente, amaramente, deludentemente diversa. E mentre la diceva tentò di bloccarla sul nascere, mordendosi anche la lingua.. era troppo tardi. Spesso ci accorgiamo delle conseguenze delle nostre parole solo dopo averle dette o mente le diciamo. Con un pizzico di volontà in più, se quei denti fossero stati più forti tanto da farla tacere, se solo quelle parole non si fossero mai formate, se quel sospiro che aveva fornito la base a pronunciarle non fosse mai stato emesso...
Troppo tardi.
"Odio quelle feste. C'è sempre gente che si vuole mettere in mostra." disse Emma. Chiuse gli occhi e silenziosamente si pentì come non aveva mai fatto. E vide l'occasione volare via, come quando cerchi di catturare una farfalla.
Chris rise di gusto, la guardò e poi disse una cosa che il destino, persino lui, persino Emma, non avevano messo in conto, distruggendo l'equilibrio della natura, degli elementi, del cosmo.
"Sai perchè mi piaci? Perchè sei l'unica che non mi sbava dietro come le altre. Con te posso parlare.." disse ed Emma sentì quello che non avrebbe mai voluto sentire. Crack. Una crepa.
E' successo. Lui non mi vuole.. Lui non si immagina nemmeno cosa provo e soprattutto...non mi vedrà MAI come una persona da avere a fianco. Io sono solo "una con cui parlare", una che "non gli sbava
dietro".

Proprio in quel parco, proprio quel giorno, doveva succedere. Emma doveva dire la verità. Ma le conseguenze, no, quelle nessuno le avrebbe potute prevedere. Quella frase che aveva rovinato tutto nessuno avrebbe potuto sapere... nemmeno Emma. Era successo tutto in un attimo. Un attimo prima pianifichi una dichiarazione con una dolcezza talmente sincera da sorprenderti, tanto che non riesci nemmeno a capirla anche se la senti, con una accuratezza maniacale, sofferta, con una speranza che ti consuma dentro, tanto che vorresti che il tuo corpo si estendesse per ospitarne altra.. E un attimo dopo sei a casa tua, sei andata via con un "Ciao, ci vediamo a scuola", senza niente, vuota. Non hai più niente di quello che avevi prima. Non c'è più dolcezza, non c'è più speranza, non c'è amore. Ritorni quella di sempre, solo più distrutta e con una nuova ferita di guerra da mostrare ai veterani, che magari ti loderanno. tutto è lecito in guerra e in amore... Ma l'amore non è una guerra, per fortuna, e l'unica cosa che hanno in comune è che si può morire per entrambi. Ma Emma non si sentiva affatto morte, si sentiva come se non avesse nulla, nemmeno l'anima, e almeno quella, così dicono, dopo la morte è ancora tua.
La cosa più straziante era che non era successo assolutamente niente. Non era stata rifiutata. Non c'era stato sconto. E non aveva fatto la sua dichiarazione. Semplicemente era finito tutto, era stato troncato tutto sul nascere. Era stata sparso veleno sul campo delle sue speranza, reso sterile.
Non c'erano più semi, e non poteva crescere più niente.
Qui giacciono le mie speranze- pensò Emma- e ciò che poteva essere ora non potrà più. Non aveva più occasioni, le erano state tolte anche quelle. Era stata mandata in un limbo, quello in cui non puoi andare né all'inferno né in paradiso. Così lei non poteva dire la verità, ormai inutile, e allo stesso tempo per conseguenza, non avrebbe più trovato l'ostacolo del rifiuto. Era libera da ogni umiliazione, ma a che prezzo? L'impossibilità, ancora una volta, di esprimersi.
Silenzio. Avrebbe voluto urlare fino a perdere la voce per sempre, avrebbe voluto perdere la faccia, annullarsi, esistere e allo stesso tempo non esistere. Sentiva solo il vuoto.
Soffrì anche senza qualcosa, il vuoto bastava. Il vuoto è la mancanza di appigli su cui poggiarsi, una scala per la libertà. Non c'era niente, e lei era imprigionata.


Caro Diario,
è successo. Ma non come lo immaginavo. Sono la penna di Emma. Lei non vuole parlare, ma per un po’ mi ha prestato la sua mente. E' triste, e non ha più scampo. Ha cercato di dichiararsi... ma è successo qualcosa che l'ha bloccata per sempre. Lui non la considera come ragazza, capisci? Non l'ha rifiutata, ma questo ha compromesso qualunque sua possibilità futura di dire ancora la verità. E' in trappola. Non può fare niente forse, per uscire da questo limbo (lo definisce così). Secondo te può? Liberala, ti prego! DEVE esserci un modo. L'ultima cosa che mi ha detto è stata:
"E in un attimo, il tempo di un respiro, finisce. Tutto finisce. La vita, quel respiro..."
Caro diario. Ho paura.

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Capitolo 12
*** E se.. ***


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"Cara Claire, ci sono parole "e" e "se" che da sole non hanno nulla di minaccioso, ma se le metti insieme una vicina all'altra hanno il potere di tormentarti per tutta la vita: "e se... e se... e se...". Non so come sia finita la tua storia, ma se quello che hai provato a quel tempo era vero amore, beh non è mai troppo tardi.
Se era vero allora perché non dovrebbe essere vero adesso. Ti serve solo il coraggio di seguire il tuo cuore. Non so cosa si prova con un amore come quello di Giulietta, un amore per cui lasciare le persone care, per cui attraversare gli oceani, ma mi piacerebbe credere che, se mai io dovessi provarlo, avrei il coraggio di tenerlo stretto. Claire se non lo hai fatto prima, spero che tu un giorno lo faccia!" (tratto da "Letters to Juliet)





Caro Diario,
non pensavo che sarebbe successo così. Si, nella mia mente l’avevo immaginato tante volte, alcune in modo assurdo, altre in modo irreale, altre ancora in modo macabro, ma mai in modo vero. Quella frase mi ha lasciato senza la minima voglia di reagire. Sono rimasta lì, e basta. Non mi ricordo niente, solo quella frase, non mi ricordo nemmeno se l’ho salutato prima che andasse via. E la cosa peggiore è che non ho idea di cosa voglia dire… Indecifrabile. Le mie speranze devono abbattersi? Era un complimento? Io credo di no, ma so già che c’è una persona che non è d’accordo con me, e che mi dirà che non mi devo arrendere. Io ci potrei anche provare, ma come faccio? Non è da me…avere coraggio. E’ questo l’errore: E’ che io proprio non ci riesco a vedere il futuro sereno. Aspetto il risultato di un esame? E’ andato male, penso, e l’idea che sia andato bene non mi sfiora anche se nel profondo lo spero. Succede sempre così, è una legge fisica, almeno per me.. Se una cosa pensi vada bene, allora va male, se pensi vada male..andrà male. Come posso allora avere speranza? Io stessa…non ne ho.



“ Si, ma..te lo ha detto direttamente? Tipo “non mi piaci, e non mi piacerai mai?” chiese Marzia insistente. Il ritmo della passeggiata rendeva il tutto ancora più ansioso, i battiti dei cuori concitati quanto le bocche, le menti a fornire dati e farli interpretare.
“Sai perché mi piaci? Perché non mi sbavi dietro come le altre.. Ecco cosa mi ha detto” rispose Emma acida, ripensando a quel momento. Ora che ci pensava, era perfettamente coerente che quella frase incomprensibile l’avesse detta Chris, essendo lui, si, insomma, l’immagine dell’indifferenza e dell’indecisione. Non sapeva nemmeno che tipo di ragazza gli piacesse, figuriamoci se avesse pensato al senso di quella frase. Per lui era tutto un Carpe Diem, diceva quello che voleva, come e quando voleva, senza pensare al senso, frasi fatte. Non si rendeva conto.
“Beh ma che c’entra! Potrebbe voler dire talmente tante cose..” suppose Marzia.
Emma sbuffò “si, fammi un elenco..”
“Potresti essere il suo tipo, ragazza normale che non urla davanti ai ragazzi; oppure gli piaci perché pensa che lo stimi, che lo vedi come una persona più che come un potenziale ragazzo. E così, vero? Dimmi che è così!” Marzia si bloccò e attese la risposta della amica.
“ Ma certo! N-non credo di sapere se voglio davvero un ragazzo..” disse Emma arrossendo. Marzia si fermò di nuovo, ma stavolta sul suo volto comparve una nuova espressione: la compassione.
“E allora cosa vorresti, Emma?” chiese dolcemente Marzia, abbracciando l’amica che forse come non mai aveva bisogno non solo di risposte, ma soprattutto di domande. Era il momento per lei di avere entrambe.
“Voglio solo….essere amata” rispose Emma, e così come non si ricordava la sua reazione dopo la frase di Chris, non si ricordò cosa la portò, in quel preciso istante, tra le braccia dell’amica, ad iniziare a fare qualcosa che aveva sempre fatto, ma mai per cose così importanti: Piangere.


Caro Diario,
Forse Marzia ha ragione, forse quella stupida frase non voleva dire niente, forse la devo smettere di crollare per ogni cosa. Dice che devo lottare e che avrò perso solo quando lui mi dirà chiaramente che non c’è speranza per me, per noi.. Rabbrividisco se penso a quel “noi”, perché sembra quasi che ci dobbiamo fondere, si, sembra quasi se così fosse io non dovessi più esistere da sola, ma solo con lui. E’ inquietante. Io voglio essere me stessa, sempre. Unica. Una. E perciò posso accettare “io e te”, al posto di “noi”. Mi sembra un buon compromesso, non è vero caro diario?




Marzia prese un foglio di carta. Adorava farlo, imprimere i desideri, renderli in qualche modo tangibili, poterli accarezzare , magari macchiarsi leggermente le dita di quell’inchiostro appena steso, rendendo il tutto ancora più reale. Passò il dito e ripercorse le forme della sua calligrafia. Sorrise. Emma, questo è per te-pensò. Poi prese l’accendino e la carta, così come il desiderio, si trasformò in fumo, e il fumo divenne aria, e l’aria si sparse ovunque e per sempre, invisibilmente, dove nessuno poteva vederlo, ma tangibile, come quell’inchiostro che si disintegrava piano, come la speranza che sapeva essere nascosta nel cuore dell’amica. Doveva esserci, anzi..C’era. Era come quel fumo che muta in aria, invisibile, ma assolutamente presente. Le lettere svanirono una ad una, ma non il loro significato, il loro intento, puro e sincero..

Sii felice


Emma spense la tv, prese il telefono. Sapeva già che avrebbe risposto. Pezzi della sua ragione le volavano attorno senza nemmeno che lei se ne accorgesse..La fissavano con un espressione contrariata e tentavano di urlare, di urlare “non devi!”, ma non potevano, perché nella realtà…non esistevano affatto. E in pochi secondi quelle grida vane sarebbero state ufficialmente inutili.
Tuuu-tuuu-tuuuu-
-Pronto?
-E se provassi?
-chi parla?
-E se provassi a sperare?
-Emma?
-E se capisse? Se dopo avergli detto la verità…
-Allora! Emma? Sei tu?
-Se dopo avergli detto la verità mi accettasse, mi accettasse davvero?
-Non puoi essere Emma. Devi essere una sconosciuta..Pronto?
-E se capisse? Capisci che dico? Se dicesse di si, se mi volesse..cosa…farei?
-Quello che senti di fare. Ti proibisco di pensare. Sentilo. Punto. E sarà giusto, perché sarà la prima volta che seguirai il dannato cuore.
-E se andasse male?
-Andrà male, non lo puoi impedire. Ma almeno potrai dire “l’ho fatto”.
-E se fallissi?
-Fallirai. Ti rialzerai, andrai avanti. E io sarò ancora lì.
-…..(sospiro) E se non riuscissi più ad alzarmi?
-resterei in terra con te. Anche sotto terra.
-Anche se perdessi me stessa?
-Verrò a cercarti.
-Ora sono io che non conosco te. Cosa è successo? Insomma, so che mi vuoi bene, ma..perchè sei così determinata a sperare con me?
-Perché se tu avrai un lieto fine, ci sarà più speranza in giro. C’è ne sarà per tutti.
-(risata) …(canticchia) Que sera sera, whatever will be will be..



E tu che ascolti questa telefonata, o tu, che leggi questa storia, spero che tu capisca. Che tu veda quel che voglio farti vedere.. Vedi quel viso? E' il viso della Speranza. E' una donna dai capelli corvini che ti abbraccia senza nemmeno il bisogno di toccarti.
Se solo riuscissi a vederla....potresti sperare. Abbandonati al suo abbraccio.

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Capitolo 13
*** Non si torna indietro ***


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"in fondo gli esseri umani sono soli. per quanto siano vicini gli uni agli altri non potranno mai diventare una cosa sola perciò è del tutto inutile cercare di appropriarsi di una persona. so bene che non ha senso però a volte mi capita di pensare che sarebbe bello se fosse solo mio.. " (Tratto dall'anime "Nana")





Semplicemente, ci sono giorni che una ragazza vorrebbe solo dimenticare. Alcuni sono quelli quotidiani, quelle piccolezze dell’essere un essere umano di sesso femminile, come litigare con il proprio ragazzo, ingrassare, rompersi un’unghia magari. Ma altre cose invece, quelle si che contano, segnano in modo profondo. Cose da ragazza, ma anche cosa che capitano a tutti. Il meccanismo è sempre lo stesso, in fondo. Ci succede qualcosa e la prima cosa che facciamo, prima ancora di chiederci dove abbiamo sbagliato o dove gli altri abbiano sbagliato è: Perché a me?. Non ci importa rimediare ai nostri errori, e agli altri non importa ugualmente di rimediare ai danni che ci hanno inferto. No. La cosa più importante è che capire perché ciò che ci succede, ci succede. Perché a noi? Perché a me e non a lei, o a lui, o a loro? Agli occhi di un alieno, magari un essere dalla mente razionale ed analitica, abituato a vivere nella tecnologia nella sterilità sentimentale più completa, sembreremmo dei pazzi, noi umani. Che importa, penserebbero, rimedia e basta. Ma dietro quella semplice domanda che ci poniamo dall’inizio del pensiero c’è molto di più. C’è il desiderio di capire gli oscuri meccanismi del destino, dei fatti che ci accadono, c’è la disperazione nel momento in cui non sappiamo cosa fare, come risolvere il problema, c’è lo smarrimento del vuoto davanti ad una scelta, la delusione per non saper decidere. C’è l’insicurezza. La verità infatti è che malediciamo il destino…perché non sappiamo reagire alle sue sfide. E’ debolezza? Rassegnazione? No, è impotenza. E su questo nessun alieno avrebbe niente da ridire.


Caro Diario,
è successo. Raccontare ciò che è successo non è facile, perché è impossibile. E’ successo due volte. La prima sono caduta e basta, e mi sono rialzata. Ma nella seconda…la caduta aveva provocato danni troppo gravi. Incalcolabili. Non riesco a raccontare perché dopo che è successo, il resto è svanito. Non sento niente, solo un forte ronzio nelle orecchie e il rumore della penna su questa carta. Non sento la mia voce…ho paura. Ma so che se voglio trovarla devo raccontare, non con essa, ma con questa stessa penna, così almeno soffrirò di meno, me lo prometti? Perché non ho la forza, perché ho bisogno che l’inchiostro non finisca, ho bisogno che resti con me, almeno lui. Il resto se n’è andato, lui si è portato via tutto. Anche me.




Sento delle voci, mentre me ne sto a leggere. So che non devo ascoltare, ma le parole che percepisco mi catturano. Perché non raccontarvele? Solo dopo si sarebbero agganciate così perfettamente alla storia che vi racconto..
-Ho paura. .. singhiozzò una donna.
-Ora andiamo a sentirne un altro, e vediamo che dice.. la confortò un uomo.
-Ancora niente? Chiese un’altra donna, mentre la coppia si avviava verso l’auto. La donna di prima stavolta iniziò a piangere e l’uomo si mise una mano in faccia, disperato, cercando di mantenere la calma.
-Non parla più con nessuno. Scrive tutto il giorno..Mi terrorizza a morte. Rispose l’uomo, dopo un lungo sospiro.
-Cosa le è successo? Chiese ancora la donna.
-Finora non ci hanno detto molto, se non la cosa più ovvia… disse l’uomo.
-Shock. Concluse la donna e tristemente li accompagnò all’ennesimo consulto.



Caro diario,
penso di essere bloccata. E’ ancora ieri, e domani sarà ancora ieri. Forse lo sarà per sempre. Come la mia voce. Non c’è. E farò come i bambini quando non conoscono i nomi delle cose.. Tenterò. Ho bisogno di tempo.. ammesso che si sblocchi.



So che tutti volete sapere cosa è successo, ma dentro di voi lo sapete benissimo. Non c’è quasi bisogno che io vi dica niente, a meno che non siate dei masochisti, provare voi stessi il dolore di Emma. Volete? Amate a tal punto questa ragazza? Beh, proverò a farvici arrivare almeno. E’ che questo mio racconto è già troppo un’intrusione nella vita di un’altra persona, figuriamoci se non lo è approfondire. Ebbene, cosa ci può essere di doloroso per Emma? Qual è il suo punto debole?. Chris. E riguardo a lui…cosa può aver fatto di così grave? Ha fatto proprio ciò che avrebbe fatto con chiunque, con qualunque altra ragazza sulla terra, con un’altra Emma, ha fatto esattamente la stessa cosa che avrebbe fatto qualunque altro ragazzo sulla terra. La differenza è che la Emma a cui è capitato…non potrebbe essere più fragile. Quante persone conoscete che avrebbero reagito così? Probabilmente nessuna, o poche. Perché lui aveva aggiunto al prevedibile l’incredibile, aveva nascosto una scheggia di vetro in un pezzo di pane, la vita di Emma.


Caro Diario,
è successo come nei film. Al rallentatore, e nella mia testa era persino in bianco e nero, come nei noir d’altri tempi, come nei peggiori incubi di molte persone..



Tutto si era rallentato, aveva perso colore. Tutto era pronto e si preannunciava per diventare un incubo.


Sapevo che il primo giorno di scuola non mi sarebbe piaciuto…Ma non pensavo che mi avrebbe ferito così tanto..

Il giorno in cui tutto dovrebbe iniziare, per lei, tutto era finito..

Lui era lì..e io ero pronta, ormai..ma non a quello. Non era solo…


Per un assurdo caso non era solo…Perché una persona aveva deciso che un filo che avrebbe unito due persone doveva essere reciso. Per quel pizzico di egoismo che i realtà celava solo una grande solitudine, la voglia di essere amati..

La sua mano era legata ad un’altra, quella di una ragazza. Potevo essere io…ma invece era lei. Ciò che io volevo essere. Era Dana.

Due ragazzi presi per mano. Deludente per Emma, amareggiante. Il fallimento faceva già male da solo…ma a far crollare tutto mancava solo un elemento, l’ultimo soffio di vento, le ultime parole che spazzano via qualunque cosa.


Lei gli sorride. E sai perché, caro diario? Perché i suoi amici fanno una domanda a Chris. Anche lui poi sorride, e quando risponde, giuro, avrei voluto morire, lì, davanti a tutti. Vorrei scrivere la sua risposta con talmente tanta forza da spezzare questa penna, ma rinuncerei ancora una volta alla mia voce.
Ha detto “Si, l’ho trovata.”



Cosa fareste se la vostra identità venisse rubata? Se ciò che avete conquistato così duramente vi fosse portato via? Elizabeth non esisteva più..così come Emma. Strappate via e gettate al vento, come ceneri di un morto, libere di essere il tutto, senza però essere nessuno.

La verità è che è giusto che io abbia sentito quelle parole. Credo di meritarmelo. Dana si è presa Elizabeth, si è presa Chris, solo perché ha avuto l’occasione che io ho non ho mai avuto il coraggio di cogliere.. C’è solo un responsabile. Quello che non ha capito niente, non ha mai capito. Chris, mi hai spezzato il cuore. Ti bastava capirmi, capire chi fossi… e sei stato così cieco, così meschino. Chiunque poteva essere Elizabeth, non è vero? Me la pagherai, un giorno..


Non è mai stato scoperto un sentimento che potesse unire lo shock alla rabbia. Ma a volte, anche la scienza sbaglia, perché ne ghiaccio può sempre nascere una piccola fiamma bollente.

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Capitolo 14
*** La stirpe dei cuori spezzati ***


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"So che ti senti perduta adesso, ma non ti preoccupare. Niente è perduto o può essere perduto. Il corpo è lento, freddo, vecchio, cenere rimaste ai fuochi d'un tempo. Ma tornerà a splendere ancora."( Walt Witman.)





Una volta Emma disse: " Era esattamente come affogare". All'inizio non la presi sul serio, pensavo che esagerasse. Ma poi seppi che già da una settimana..nessuno aveva notizie di lei.
Forse era troppo tardi, per ripescarla.


Caro Diario,
mi hanno detto che è un bene che io ti scriva, che mi fa bene. Io l'ho sempre saputo, e forse ci voleva quello che è successo per farlo capire agli altri. Oggi ho parlato! Non è incredibile? Il mio corpo risponde, sento che l'ho trovato, anche se ancora non so dove si era cacciato. Forse torno anche a scuola, credo di farcela, credo di poterli vedere.. Ma c'è ancora una cosa da decidere. Cosa farò?



Si dice che dagli antenati si possano ereditare anche le disgrazie. Si dice che un avvenimento si possa tramandare, se è stato davvero incisivo nella vita di una persona. Ma questo è roba adatta a chi crede nella predestinazione. La chiamano "sindrome dell'antenato", e c'è chi è davvero convinto di averla. In questo contesto, in questa storia forse potrebbe essere tutto vero, ma nella realtà? Nella realtà, dove non ci si aspetta niente, dove i senza speranza vivono normalmente? Si, perchè credo che dopotutto chi crede nel destino sia una persona piena di fede, fede nell'aspettarsi sempre qualcosa, qualcosa deciso da qualcuno. Dio? Forse. E chi può dirlo?
Ma se ci fosse una qualche legge ancestrale che conferma questa sindrome, come si comporterebbero le persone? Riuscirebbero a prevedere tutto ciò che capiterà nella loro vita, e quindi...non vivrebbero affatto. Cosa vuoi che sia un cuore spezzato...Succede, si direbbe. Ma questo è ciò che direbbe una persona che sa già cosa aspettarsi, magari perchè crede nella sindrome. Supponiamo che la persona che ha il cuore spezzato non si aspettasse niente, che nutrisse speranze, che non immaginasse di avere l'eredità di una antenata altrettanto sfortunata in amore... Il risultato è ciò che io non posso e non potrei mai descrivervi: Come Emma si sentiva.


-Sei sicura di farcela? chiese la donna a Emma.
-Si...credo di farcela mamma. rispose Emma sicura.
-Tu crollerai. disse la donna, e non era una domanda, era una certezza.
-E tu che ne sai? scattò Emma, mostrandosi ancora piùm debole di quanto non fosse in realtà.
-Perchè sei mia figlia! E so cosa ti succede.. sussurrò la donna, sull'orlo dei singhiozzi.
Emma la fissò per un istante interminabile. Lei non aveva parlato con nessuno dell'accaduto, eccetto che con Marzia.
La madre alzò lo sguardo velato e mostrò tutto alla figlia, le immagini che scorrevano in quegli occhi tristi, rinchiuse per chissà quanto tempo in chissà quale angolo remoto dei suoi dolori. E ora erano lì, vulnerabili, semi-fresche, nonostante fosse passato ormai tanto tempo. Poteva quasi immergervi, viverle, esserci..
-Io lo so cosa vuol dire. disse la madre, asciugandosi gli occhi, spingendo via quelle immagini.
-Come è successo? chiese Emma.
-Avevo 19 anni, e non ho mai dimenticato. Mi ha lasciato proprio mentre ero vestita di bianco.. rispose la madre, ma sembrava più che parlasse con sè stessa, magari permettendo ad alcune immagini di tornare indietro. C'era una donna, giovanissima, troppo giovane secondo i genitori. Era vestita di bianco e l'abito le stava largo perchè non era il suo, minuta, piccola, innocente in quel vestito da grande. Eppure si sentiva felice come se avesse conquistato tutto, come se la strada percorsa fosse più lunga di quella che aveva ancora da percorrere. I fiori non erano freschissimi, ma era tutto ciò che poteva permettersi. E' un errore, e ti rovinerai la vita le aveva detto sua madre, ma lei l'aveva ignorata, sbeffeggiandola Tu non sai niente dell'amore aveva risposto lei, e poi era uscita di casa, con l'abito indosso. Non le sembrava vero, percorrere quel breve corridoio fiorito, solo lei e lui, il prete fingeva indifferenza per mascherare l'indignazione. Era tutto perfetto. Mancava solo lui. Non le sembrava vero, ma la felicità, capì, spesso appassiva, e in quell'istante, quando lui ancora non c'era, appassiva come i fiori che aveva in mano, e marcivano fino a penetrare sotto i guanti sottili, scavavano nella pelle, cercando una via per il cuore, ma non la trovarono. Caddero nel prato e nessuno li riprese più. Lui non c'era, i fiori marcirono anche senza che lei li tenesse ancora in mano, ma nel cuore, quella tristezza, quel marciume, chissà come, chissà perchè, arrivò lo stesso.
-Perchè? fu l'unica cosa che Emma riuscì a chiedere.
-Non l'ho visto più, se non nei miei sogni, ogni maledetta notte. rispose la madre secca.
-Ma come hai fatto? mamma, dimmelo, ti prego. la supplicò Emma.
-La verità, piccola, è che non esiste il modo. Devi lasciare che la vita scorra, che ti offra una seconda possibilità prima o poi. Io l'ho avuta, ed è proprio davanti a me.. il sorriso di una madre non può essere compreso se non dalla sua bambina.



Caro Diario,
mamma dice che ogni notte sogna l'uomo che l'ha lasciata quando aveva 19 anni. Mi vergognavo a dirglielo, ma lo sogno anche io. Ma non è Chris. Anzi, non ho idea di chi sia..Comincio quasi a credere di avere quella sindrome, quella che nonna aveva detto di avere una volta. Pensavo scherzasse, ma ancora adesso non so se crederci.



-Ti va ti raccontarmi il sogno? chiese Marzia, la sera prima del rientro a scuola.
-No so nemmeno come spiegartelo... rispose Emma, ma poi Marzia la sorprese e le diede un foglio di carta.
-Scrivimelo.


Sono nell'oceano. Sola. Ho paura, galleggio, ma nessuno mi vede, è notte fonda e c'è pochissima luce, poca..luna. Ho freddissimo, cerco di muovermi per riscaldarmi, ma c'è davvero troppo freddo. Così la paura diventa terrore. Non so cosa ci sia sotto di me, quanto profonda sia l'acqua, voglio solo uscire di lì, ma poi qualcosa mi afferra il piede e mi trascina sotto. Non so cosa sia. Urlo, acqua mi entra in bocca e allora, solo lì...smetto di respirare.
E' buio pesto sott'acqua e c'è il silenzio più assoluto. Surreale. Aprò gli occhi, ma non mi bruciano, come se quella non fosse veramente acqua. Allora provo a respirare, e ci riesco. Sono quasi convinta che non sia acqua, ma sulla pelle ho la sensazione del bagnato, vedo i miei vestiti immersi fluttuare..
Mi guardo intorno, cerco una via d'uscita, ma vedo solo buio, blu, nero e grigio talmente scuri da formare l'oscurità da soli.
Poi tra quell'oscurità si forma un volto, ma non lo conosco. Si avvicina sempre di più, e anche se cerco di scappare lui mi raggiunge. Mi afferra il polso, e dalla stretta capisco che è lui che mi ha trascinato sotto. Penso che mi voglia uccidere e mi dimeno per risalire, ma lui non mi lascia stare. Allora mi afferra il viso e mi guarda dritto negli occhi. Non mi dice assolutamente niente, mi guarda e basta. Solo prima che io mi svegli fa qualcosa...
Mi bacia.



Marzia guardò il foglio sbigottita.
-E poi? chiese
-Mi sveglio infreddolita.. rispose Emma con semplicità.
-E non ti ricordi niente di lui? chiese ancora Marzia, peggio di un poliziotto.
-Solo gli occhi..Avevano il colore della luce che filtrava nell'acqua. Grigi.
Marzia sorrise e abbracciò l'amica.
-Cosa? chiese Emma in preda al dubbio. Aveva detto qualcosa di sbagliato?
-Ma non capisci? Sei stata malissimo per settimane, per quell'idiota di Chris che non ha capito un tubo, per quella stronza di Dana che ti ha ingannato e si è presa gioco di te e di Chris, e alla fine...ora hai una via d'uscita! Quel sogno secondo me ne è la dimostrazione.. disse Marzia febbricitante.
-Cosa? Guarda che io sto ancora male, anzi forse non puoi immaginare come mi sento! esplose Emma.
Marzia la prese per le spalle e la scosse.
-No! Ma non lo vedi? Non hai sognato Chris! Inconsciamente te ne sei già liberata! Sei a metà strada! disse Marzia, quasi esultando.
-Non è così facile come pensi. Io domani li vedrò insieme e sono sicura che a stento riuscirò a trattenermi da.. dal.. Emma si congelò.
-Dillo! Sfogati! Forse così riuscirai ad accettarlo anche inconsciamente..
-Ucciderli. disse Emma. Marzia la guardò e rise, ma dentro di sè...si preoccupò. Sperò con tutto il cuore che l'amica capisse che nel profondo, ancora una volta, aveva veramente una speranza.
Era tutto nelle sue mani, e anche se non credeva che Emma se le sarebbe mai sporcato, era sicurissima che il ragazzo con gli occhi grigi esistesse davvero e pregò che arrivasse a liberare la sua amica. Forse solo lui poteva farlo.


Caro Diario,
domani è il gran giorno. Marzia dice che inconsciamente ho superato tutto. Forse ha ragione, ma per averne la certezza devo vedere come reagirò domani, quando li vedrò...
Magari staranno mano nella mano, magari saranno teneri e rispettosi l'uno con l'altra. E come sarò io? Immaginerò di essere al posto di Dana? Spererò ancora di dire la verità e che magari Chris mi creda? No. Ovviamente No. Ho paura di essere qualcuno che non sono, ho paura della mia reazione. E se facessi cose che non vorrei fare? Fare...del male? Non ne sono capace, ma chi ne può essere certo?
Posso farcela. So di avere almeno una chance, qualunque cosa accada. E devo ringraziare tre persone:
Mamma, Marzia e inconsciamente...il ragazzo con gli occhi grigi.

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Capitolo 15
*** L'arte di perdere ***


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"L'arte di perdere non è difficile da imparare;
così tante cose sembrano pervase dall'intenzione
di essere perdute, che la loro perdita non è un disastro.

Perdi qualcosa ogni giorno. Accetta il turbamento
delle chiavi perdute, dell'ora sprecata.
L'arte di perdere non è difficile da imparare.
Poi pratica lo smarrimento sempre più, perdi in fretta:
luoghi, e nomi, e destinazioni verso cui volevi viaggiare. Nessuna di queste cose causerà disastri.

Ho perduto l'orologio di mia madre.
E guarda! L'ultima, o la penultima, delle mie tre amate case.
L'arte di perdere non è difficile da imparare.
Ho perso due città, proprio graziose.
E, ancor di più, ho perso alcuni dei reami che possedevo, due fiumi, un continente. Mi sono mancati, ma non è stato un disastro.
Ho perso persino te (la voce scherzosa, un gesto che ho amato). Questa è la prova. E' evidente,
l'arte di perdere non è troppo difficile da imparare,
benché possa sembrare un vero disastro. ( E.Bishop)"





C’è qualcosa di incomprensibile nei rapporti umani, e intendo quelli che dovrebbero legare un ragazzo ad una ragazza. Una volta non li capivo, mi chiedevo sempre cosa ci fosse sotto, attraverso quali meccanismi potesse avvenire una tale magnetica attrazione. Poi ho capito che non possiamo farci niente e che capire è inutile. Succede e basta. Questa, sebbene possa sembrare la tipica risposta che un genitore darebbe al figlio quando non sa che rispondere, è la pura verità. E la verità è che cerchiamo sempre di capire le cose più complicate, in un certo senso fa parte di noi farci delle domande. Potremmo farci domande più semplici, ma è quasi sempre impossibile. Potremmo chiederci…”perché il cielo è blu?” “perché vivo?”, che sono tuttavia domande che possono essere risposte, se siete fisici o dottori. E invece ci chiediamo “perché lo amo? Perché la amo? Perché penso solo a lui, o solo a lei? Perché continuo persino a sognarlo/a?”.. sembrano cose elementari, cose umane, ma non lo sono affatto. Problemi come questi hanno corrotti generazioni di ragazzi, fuorviandoli, impegnandoli in dure lotte tra cuore e ragione pur di conquistare la risposta, e magari, avendola avuta, correre dall’amato/a. Ma c’è una cosa che i romanzi e i film non dicono: A volte la risposta non si trova affatto, a volte non si corre dal proprio amore… A volte l’amore non lo possiamo avere, è di qualcun altro. A volte, semplicemente, non possiamo averlo. E’ tutto così triste, ma la speranza c’è, credetemi. Si, perché ognuno a quelle domande, ha una risposta diversa, e sono tutte perfettamente esatte. Non fallirete mai, a patto che la risposta provenga da quel posto che ogni realista ripudia, quell’assurdo cliché che sentiamo in ogni singolo discorso sdolcinato. Non dirò il nome del posto, ma so che tutti sapete che intendo. Perciò fate finta che non si chiami così, o che abbia quel nome così comune, fate finta che sia una cosa importante, solo vostra. Poi seguitela.

-Quindi? Cosa successe poi? Chiese l’anziana donna, dietro la scrivania.
-Intende dire cosa fece? Quando tornò a scuola? Ripeto io, come a confermare che mi stesse chiedendo proprio quello, con una nota di soddisfazione per la sua attenzione.
-Si, voglio dire. Deve essere stato difficile per lei…come ha fatto? Chiese ancora la donna, gli occhi come fari di interesse.
-Lo fece e basta, signora. E cos’altro poteva fare? Doveva andare avanti.. rispondo io, come se fosse una cosa ovvia. Ma non la era affatto.
-Sa, dietro le sue parole lo sento che non è stato così facile.. Nessuno potrebbe mai farcela così facilmente. Qui si parla di delusione, amarezza, cose difficili da dimenticare. Inerzia, si ecco la parola. Sento che questa ragazza era inerte, non poteva fare assolutamente niente per cambiare le cose, non è vero? Disse l’anziana signora, e aveva ragione.
-Infatti, non poteva. Era così fragile… Non aveva il coraggio di dire niente a nessuno, la verità intendo. Ma dentro di lei, oh, signora, non ha idea di cosa ci fosse. Era come se il suo corpo fosse solo una custodia di un’altra persona, come se dentro di lei ci fosse un’altra persona che volevo urlare la verità, ma era intrappolata. E con questo intendo dire che voleva giustizia, non vendetta. Ma la Emma esterna, tremava alla minima esitazione. Non ne era in grado, tanto che probabilmente…avrebbe preferito morire con la verità sigillata dentro.
La donna anziana mi guarda senza dire niente, ma so che vorrebbe aggiungere altro. Non lo fa, e forse vuole solo che continui a raccontare.

Caro Diario,
mi piacerebbe poter dire che lei è brutta, trovare un motivo per odiarla oltre a ciò che ha fatto, ma non ci riesco, non lo trovo. Potrei benissimo fare come tutti, che quando sono arrabbiati con qualcuno ne parlano male senza motivo, ma come potrei? Come faccio a prenderla in giro, o a criticarla? Come posso dire che non si meritano a vicenda? Mentirei a me stessa e questo intero mondo se dicessi che Dana è brutta. Perché chiunque la veda potrà dirmi che sono una bugiarda. E’ bellissima, e ogni volta che stiamo insieme nella stessa stanza tutta la sicurezza che così faticosamente mi costruisco crolla subito. Non posso competere con lei, e ogni volta che la vedo vorrei non esserci.. Perciò mi baserò solo sulle sue bugie, sul suo piano per prendersi Chris che purtroppo è riuscito. E’ come se avesse preso una parte di me, e nonostante io cerchi di dimenticare che stanno insieme, che lui crede che lei sia Elizabeth (io..io!), non faccio altro che pensarci, perché lui compare in ogni mio singolo sogno. E non so che fare. Come si cancella un sogno?



Un’altra cosa che non ho mai capito è per esempio il bisogno delle persone di parlare della vita degli altri. C’è qualcosa di morboso in questo, e sebbene sia una cosa che esiste da troppo tempo, la trovo ancora oggi la più orribile forma di barbarie. Vita, significa tuo. E di nessun altro. Ma non è sempre così facile quando si è a scuola, quando il gesto di ogni persona, il suo abbigliamento, il suo modo di essere, è perfettamente scansionato. Non ha importanza che tu sia te stesso, se non lo sei in un certo modo, allora non vale la pena conoscerti. Ti piace leggere? Sei un secchione. Non ti piace andare in discoteca? Sei uno sfigato. Non hai la ragazza? Sei gay. Non hai il ragazzo? Sei una racchia, nessuno ti vuole. Non hai abiti alla moda? Non ti inviteranno mai alle feste. Ingenuamente diremmo che “Le apparenze ingannano”, e questo è in parte vero. Una parte di noi è pura apparenza, ma quella è un parte talmente insignificante da ingannare qualunque modo di dire. Perché quella parte è solo un misero 6% del nostro essere rispetto al 94 che è la nostra vera essenza. Ma per una sfortunata miscela di casi, quel 6% è l’unica parte visibile all’occhio umano, dotata di materia proprio. Che ne è del 94%? E’ stato voluto così, che fosse da scoprire, invisibile, deducibile, ed è per questo che solo pochi riescono a vederlo… purtroppo, come forse starete pensando, i pochi sono quasi nessuno.


-Io non so mai andata al liceo.. disse l’anziana donna sorridendo.
-Immagino, signora. Ma vede, ai giorni nostri purtroppo funziona così.. dico io sospirando, e purtroppo so bene di che parlo.
-Vuole dirmi che Emma veniva vista sotto quel 6%? Chiese la donna sbigottita.
-Chi non parla molto e preferisce stare in un altro mondo si, signora. Se solo avessero visto meglio quello che era.. rispondo sospirando e mi chiedo cosa sarebbe successo se l’avessero conosciuta tutti bene, come la conosco io. Cosa avrebbero pensato di lei? L’avrebbero adorata? Le avrebbero voluto bene quanto io le voglio bene?
-Mi ricorda tanto me stessa.. Sa, anche io non riuscivo tanto ad esprimere i miei sentimenti. Anzi, a dire il vero ero una frana con i ragazzi. Pensi chemio marito non l’ho nemmeno dovuto conquistare, per fortuna! Ci conoscevamo da quando avevamo 10 anni, e quel momento, da quando rubò dal nostro giardino, gli volli bene senza nemmeno saperne il motivo. La signora non mi guarda nemmeno quando racconta, guarda il vuoto mentre in esso si materializza quel bambino con la maglia carica di limoni, affannato, mentre scappa. Poi compare lei, quella bambina coi capelli lunghissimi, la faccia un po’ sporca, che lo guarda fuggire e non sapendo come, ride tantissimo. Lo trova buffo, pensa, e forse inizia a volergli anche bene.
-E’ una cosa bella, e avrei voluto che la sentisse anche Emma. Avrebbe sorriso per questa storia. Lei adora i lieti fini, anche se non ci crede.. dico infine, e vorrei che ci credesse almeno quanto ci credo io.

Emma attraversò il cancello che vedeva ogni giorno da 5 anni e non le fece più nessun effetto. Gioia, dolore, rabbia, delusione, angoscia, noia… niente. Neutralizzati dalla recente paura di incrociare quei due sguardi. Non sapeva nemmeno cosa provare, non riusciva nemmeno a distinguere un emozione dall’altra. Poteva provare gioia nel dolore, o dolore nella gioia. Tutto si era in qualche modo mescolato insieme, in un flusso di emozioni che le erano costati cari al minimo ricordo di quella delusione così fresca. Allora non poteva ricordare, si era ripromessa di non ricordare, nemmeno se li avesse visti, come in effetti prevedeva. Si, avrebbe pensato al sogno, al ragazzo con gli occhi grigi, che, sebbene non esistesse, aveva il potere di neutralizzare le sue preoccupazioni con la carica dei suoi colori freddi capaci in qualche modo di sedare il calore della rabbia, anestetizzare il bruciore del dolore. Il ghiaccio sentiva, era bello. Sicuro. Fu così, in quella ritrovata tranquillità, che Emma sopportò quel giorno di scuola, che normalmente non avrebbe tollerato. Così, ma anche con l’aiuto di Marzia, con le sue conversazioni che anche se banali, poteva davvero tutto, persino coprire il suono delle voci che non voleva sentire.


-Ti ha guardata tutto il giorno. Io non ti ho detto niente per non farti preoccupare, ma non faceva altro che fissarti. Disse Marzia preoccupata.
-Chi? Chiese Emma, e sperò che la risposta non fosse Chris. Non avrebbe retto il suo sguardo ancora una volta, soprattutto dopo che con quello stesso sguardo l’aveva ridotta ad una “non-fan”.
-Dana. Rispose Marzia.
-Non voglio niente da lei. Ha già tutto quello che vuole. Disse secca Emma, e non ebbe altro da dire, se non fosse stato per l’amaro che le impediva di dire altro.
-sembra quasi…dispiaciuta. O forse finge di esserlo. Pensò Marzia, ma Emma non voleva crederci.
-Lei non si dispiace, e sai che ti dico? Che io non ho nessuna intenzione di preoccuparmene ancora. Ho deciso che ho perso, giusto? Si, mi sono risollevata, parlo, vivo normalmente. Ora sto solo cercando di superare la parte più difficile, dimenticare. E lei lo sta rendendo impossibile. Riuscì a dire Emma, liberandosi di un secondo fiotto di amaro sulle labbra.
-Ed è giusto che sia così, se non fosse che…sta venendo qui. Sussurrò Marzia , sotto tensione.
Emma si girò e vide Dana venire verso di lei. Non sapeva che fare. Non voleva nemmeno parlarle. La odiava, certo, ma non volevo dimostrarlo, non voleva che la gente pensasse che fosse una persona meschina, che non dà seconde possibilità a nessuno, nemmeno quella di parlare. Scelse l’indifferenza, e volle piangere, perché era quello che sapeva fare meglio e avrebbe voluto semplicemente ascoltare, essere più matura, crescere e fare l’adulta. Si sentiva una bambina, anche se sapeva di non esserlo. Ma quella paura! Quell’orgoglio, quella maledetta mancanza di coraggio, rendevano tutto così difficile, e ora che Dana era vicina, era come se scappassero impauriti.. Se solo avessero saputo che dentro Dana c’era tutt’altro, e soprattutto assolutamente niente di minaccioso.
Ancora una volta si direbbe ingenuamente che “l’apparenza inganna”, e ancora una volta si penserebbe che quel 6% si debba manifestare. Eppure in quel momento, mentre Emma e Dana erano per la prima volta faccia a faccia, una parte di Dana, quella che risiede nel suo 94%, quella che non dovrebbe essere visibile e percepibile, si mostrò. Era la coscienza.
-Ti devo parlare. Disse Dana, ed Emma e Marzia, ancora sotto shock, pensarono che magari quel detto non era così sciocco.
Il resto successe. Ma per ora non ve lo posso ancora raccontare, dovrete avere pazienza; perché prima di sapere cosa si sono dette, c’è una cosa che vorrei rendere noto, ed è una cosa che mi terrorizza, perché la più sincera che io abbia mai letto. La scrisse Emma, qualche giorno prima di questo faccia a faccia,nel suo diario, e penso che sia importante che la leggiate prima di conoscere il resto della storia. Scrisse quello, e nient’altro, perché era quello che voleva dire, nel modo più sincero che conosceva.


Cara Emma,
Sii fiera della sconfitta, anche se non avrai altre possibilità.Sempre

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Capitolo 16
*** Il silenzio delle innocenti ***


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"Per chiudere una falla
devi inserirvi ciò che la produsse - Se con qualcosa d’altro vuoi richiuderla
ti si spalancherà sempre più grande - Non puoi colmare un abisso
con l’aria. (E. Dickinson) "




Spesso, per natura, siamo portati ad odiare tutto ciò che non conosciamo, o che non comprendiamo. E paradossalmente questa non è che la cosa più pura che ci appartiene: La diffidenza. Ci rende umani, e diversi da qualunque altro essere vivente, è il nostro antifurto personale, la nostra spia della benzina, equivalente quasi all’istinto (anche se per molti quel quasi è del tutto superfluo), la sola cosa che spesso ci protegge dalle delusioni, anche se spesso la reputiamo un peso che non ci fa vivere appieno. Ci sbagliamo. E’ un po’ come tirare dei dadi, scommetti su un numero ma quello ha solo determinate possibilità di uscire. Ed è così che accade con la diffidenza, alcune volte sbaglia, ma altre è davvero infallibile. Vorremmo sempre che la risposta venisse da sola, quando siamo davanti a queste cose ignote, vorremmo che quella voce dentro noi rispondesse autonomamente, ci dicesse cosa fare, se fidarci o no, al posto nostro, per non doverne soffrire, per non dover subire le nostre conseguenze, ma quelle degli altri, magari dar loro la colpa per qualsiasi cosa. Si, sarebbe bello se ogni volta ci dicesse “E’ sbagliato”, se potesse comandare i nostri gesti, spostare i nostri occhi da quelli dell’altro, far smettere di battere il cuore, risucchiare via il rossore sulle guance, frenare la lingua quando va fuori controllo. Questa è una delle tante sfide che ci sono state poste, nella vita. Alle donne è stato dato un corpo che ne dovrà ospitare altri, agli uomini uno che ha il potere di dare inizio alla vita, ci sono state date le lacrime, sensi per giudicare ciò che ci sta intorno, giudizio per capire cosa sia giusto o sbagliato. Purtroppo dobbiamo fare tutto da soli, e anche questa è una sfida. Abbiamo tutti gli strumenti, dobbiamo solo avere il coraggio di usarli. Abbiamo la bocca per dire NO, quando dobbiamo farci valere, abbiamo le mani che possono fare qualunque cosa, fermare, modificare, creare dal nulla, a volte persino uccidere.. Abbiamo gambe che possono portarci ovunque, reggerci fino alla nostra morte. Dobbiamo solo fidarci di loro, ma non lo facciamo abbastanza.

Emma pensò che se si fosse fidata ancora una volta di Dana, sarebbe risuccesso tutto da capo: Lei avrebbe voluto fare la cosa giusta, ma Dana si sarebbe presa ancora una volta la sua onestà, lei sarebbe ripiombata nell'abisso e chissà se stavolta ne sarebbe uscita.
Odiava essere così debole, una codarda, come sempre. Ma allora perchè non riusciva ad essere forte? Doveva sempre avere qualcuno al suo fianco per dirle cosa fare, come farlo, per dirle che sarebbe andato tutto bene, che ce l'avrebbe fatta. Perchè non riusciva mai a capirlo da sola? Ad abbattere quella barriera che aveva dentro sè, quella paura per il mondo esterno, paura del dolore? Si, perchè in fondo aveva paura di questo, delle delusioni, aveva paura di soffrire, di fare ogni singolo passo temendo la presenza di frammenti di vetro, di tagliarsi, di vedere quel sangue che sarebbe scorso. Era come se avesse paura della vita intera, perchè in fondo per molti la vita è proprio questo: Devi soffrire se vuoi vivere, e non c'è niente che tu possa fare. Certo, ci sono anche la gioie, e quelle sono le uniche cose che ti aiutano a sopportare il dolore, e si possono manifestare in ogni cosa, un sorriso, una canzone, un gesto, una parola. E allo stesso modo ogni cosa può alla stessa maniera racchiudere dolore, e così quel sorriso può celare un intento maligno, quella canzone può farti soffrire, ricordarti chi ti ha fatto del male, quel gesto può ferirti, spesso persino ucciderti, quella parola può mettere fine alle cose, deludere, amareggiare. Questa è la doppia faccia delle cose, e dobbiamo accettarla così come è, o non c'è modo di vivere affatto.


-Cosa vuoi da me? chiese Emma, e non appena questa conversazione ebbe iniziò le lacrime non vollero saperne di restare in disparte. Si, perchè il confine tra la silenziosa sofferenza di Emma e l'esplosione di ciò che aveva dentro ero troppo sottile ed era bastata la semplice richiesta di Dana ha distruggerlo. Non c'era modo di trovare un' argine a quel fiume, e come accade nella alluvioni, non si può fare più niente, solo..lasciarlo scorrere via.
Dana la guardò con immensa compassione, sentiva qualcosa dentro di sè, ma che nome dargli? Non era solo compassione, era la sensazione che suo padre diceva di provare sempre quando vedeva sua madre in quegli stati che la lasciavano senza nessuna voglia di vivere, senza il suo adorato lavoro, senza il suo corpo.. Senso di colpa. Si, era proprio quello. Suo padre diceva che sapeva di acido, che avevo lo stesso sapore di quando si mangia qualcosa di acido, come il latte. Ed era un acido che non si dissolveva così facilmente. Deglutì, cercando di scacciare quella crescente sensazione insopportabile, ma poi pensò che forse solo con le parole avrebbe potuto porre fine a tutto, dicendo qualcosa che non diceva così spesso, ma che in quell'istante era necessaria.
-Io..mi dispiace. Ecco tutto. rispose Dana secca. Non sapeva come ci si scusava.
-ti dispiace..e di cosa? chiese Emma accusatoria, le lacrime sempre più grosse. Perfetto-pensò- questa è la realizzazione dei miei peggiori incubi, di tutti i miei ragionamenti, i miei pensieri. Nella sua mente infatti l'aveva immaginata proprio così quella scena, quella situazione che prima d'ora non avrebbe mai osato nemmeno affrontare. Dana che si scusava (e questa parte l'aveva sempre creduta irrealizzabile), lei che piangeva (questa invece era più che prevedibile..). Ma ora era tutto vero, stava succedendo, e anche se coincideva con le sue fantasie, era tutto sbagliato, le sensazioni che sentiva non era quelle che sentiva nel suo progetto mentale. Si sarebbe dovuta sentire bene, nel ricevere quelle scuse, si sarebbe dovuta sentire vittoriosa, ad un passo così dall'amore, da Chris. E allora perchè si sentiva così male? Perchè la gola le andava in fiamme? perchè le faceva così male il petto? Perchè la sua vista era così offuscata? Voleva solo capire, avvelenata dall'amarezza, dalla delusione di non aver potuto evitare niente.
-Lo sai per cosa, c'è pure bisogno che lo dica? sbottò Dana.
-Si, c'è bisogno! Voglio sentirtelo dire! Dillo e saprò che non me lo sono sognata, che tutto lo schifo che ho passato era vero! urlò Emma e calò il silenzio.
Se davvero quello era stato un sogno, la delusione sarebbe stata pure maggiore, sebbene un dolore così non poteva essere così ben architettato soprattutto per un banale sogno.
Dana rimase senza parole. Emma, quella ragazza che conosceva appena, così tranquilla e silenziosa, sempre così attenta e buona, aveva una voce. Per la prima volta si sentiva davvero contro un muro, si sentiva inerme, come se fosse armata fino al collo ma senza avere proiettili. Così è questo l'amore? E' questo che succede quando si soffre per amore? Io ho fatto questo.- si disse Dana tra sè.
-Ho finto di essere un'altra. Te. rispose infine Dana, la bocca seccata dal peso della colpa che cresceva.
-Me, Dana. Perchè? Con tutte le ragazze che c'erano..perchè hai scelto me? chiese Emma, asciugandosi le lacrime con la manica del maglione.
-Perchè credi di essere così inutile da non essere mai scelta da nessuno? chiese a sua volta Dana, schidandosi a poco a poco dalla sua posizione di disagio e di sorpresa.
-Perchè io non sono te. Perchè io non posso competere con te, con nessuno. Io..non sono nessuno. singhiozzò Emma.
-Tu sei Emma. Una volta ti avrei detto che si, non puoi competere con me, ma è grazie a te che oggi posso dire anche tu sei qualcuno, e che meriti una chance. disse Dana, e il calore di quelle parole la pervase. Come aveva fatto a dire una cosa del genere? Chi era quella ragazza che parlava con la sua voce, che consolava la rivale? pensò la Dana bloccata nel ghiaccio, ma la sua voce giungeva con un debole eco, e la Dana di fuoco, quella che stava parlando con Emma, quella che era più umana e consapevole, non riusciva a sentirla. La sua fiamma crebbe alimentata dal frequente ricordo di un ragazzo, un ricordo fisso e potente, mentre la ragazza continuava a parlare.
-Ma non capisci? E' solo grazie a te se io sto migliorando, se sto iniziando ad essere una persona migliore! Avresti potuto dire la verità a Chris in qualunque momento, avresti potuto distruggermi, ma hai preferito soffrire, arrenderti. Avresti potuto essere felice, ma hai preferito avere paura ed essere triste. Eppure sei tornata, e nonostante tutto, quindi, non sei così debole. Ma hai comunque taciuto. Te ne rendi conto? Dana prese il respiro, ma il fuoco non si placò.
-Mi fa piacere che almeno qualcuno sia felice..e che per una volta la mia mancanza di coraggio abbia aiutato. Sono felice per te, ma..la verità? Io non ce la faccio, Dana. Nonostante sia in parte contenta per te, come faccio a continuare così? Come faccio ad ignorare il fatto che sono innamorata di Chris e che nascondo la verità? sentenziò Emma, gli occhi secchi di antiche lacrime.
-E' giusto che tu lo chieda, ma non so come risponderti. Credo che tu debba fare quel che ritieni giusto, Emma. Perchè io non lo so. Ti posso solo dire che con Chris è cambiato tutto...io sto cambiando. Non sarà facile, e non dico che diventerò la ragazza perfetta, ma sento che andrà sempre meglio, che forse non sarò più costretta a sentirmi di merda come prima, a sentirmi indesiderata. Era questa la soluzione, il mio finale, dovevo solo trovare qualcuno che mi volesse bene davvero, anche se gli ho mentito. Se dovessi scegliere di dirgli la verità, non mi arrabbierò, sarà solo un altro ostacolo e prima o poi...lo supererò. Se invece dovessi decidere di tacere ancora, sappi che per una volta avrai l'ammirazione di qualcuno: la mia.
disse Dana, senza artifici, senza sguardi maligni, senza gesti, senza pause. Aveva provato a dirlo col cuore, ignorando la spinta glaciale all'autodistruzione e alla brutalità di essere sempre stata una ragazza meschina. Aveva provato ad usare ancora un pò di quel nuovo calore, la fiamma del cambiamento. Si, sarebbe potuto finire tutto da un momento all'altro, se solo Emma avesse detto la verità, se si fosse comportata come sempre, Emma L'onesta, Emma la ragazza per bene, se solo avesse fatto la cosa giusta, Chris probabilmente l'avrebbe lasciata. Ma c'è una cosa che fa parte di quella duplicità della vita e delle cose che non abbiamo preso in considerazione, ed è che anche noi abbiamo una doppia natura. Abbiamo la capacità di crescere, di cambiare, di fare errori, di fare le scelte sbagliate, di scegliere lo sbagliato piuttosto che il giusto. Che volete farci, in questo duplice mondo spesso ciò che è giusto è sbagliato, e ciò che è sbagliato è giusto, tanto che nessuno sa la risposta, nessuno sa distinguere le parti, troppo miscelate tra loro. L'unica cosa che possiamo fare è cogliere le sfumature di quella eccentrica mescolanza, cogliere la migliore, e non importa che sia giusta o sbagliata. L'abbiamo scelta noi, e ciò non può essere così male.


Caro Diario,
Ancora una volta arrivo senza risposte, ma solo con domande. E oltre alla mie, ho pure quelle di Dana.
Ho pensato molto a ciò che mi ha detto e ho capito che problema e soluzione non sono mai così ovvi. Ci sono cose che semplicemente non possiamo prevedere. Potrei vivere come se non fosse successo niente, come se fosse stato solo un sogno. Potrei regalare la felicità ad un persona che l'ha appena trovata, potrei restare intrappolata in questo limbo di silenzio e segreti. Oppure? O potrei vivere nel giusto, fare la cosa che faccio sempre, la cosa giusta. Potrei vivere nella soddisfazione di aver fatto prevalere la verità e la giustizia, trovare finalmente la soluzione a questo opprimente peso. Potrei finalmente trovare quella forza e quel coraggio che mi sono sempre mancati, trovare la speranza che non ho mai avuto, infrangere il vetro di terrore che mi separa dalla vita vera, dal futuro. Potrei finalmente affrontare tutto senza aver paura di niente.
Non so cosa fare, caro diario. Perchè stavolta non so davvero quale sia la scelta giusta.
Ma come mi hanno sempre insegnato, prima o poi lei arriva. Basta aspettare.

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Capitolo 17
*** Esprimi un desiderio ***


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"Il succo della saggezza umana consiste nel tirar in lungo le cose, nel dire no per dire infine si: perchè le generazioni si tengono veramente in pugno solo a forza di fumo negli occhi.. "(tratto da" A ritroso" di K.J. Huysmans)




Ma in fondo, la cosa giusta..esiste? E se esistesse, quale sarebbe? Ci sarebbero quindi dei canoni precisi secondi i quali dovremmo basare le nostre scelte, per farle diventare giuste? Che ne posso sapere io, che scrivo? Assolutamente niente. Ma la cosa più terribile è che nessuno lo sa. E questo non può che farci impazzire. La cosa ancora più terribile è forse il fatto che questa mancanza di risposte è l’unica cosa che ci unisce saldamente all’umanità, il sottile confine tra essere e non esistere. So che se sembra l’ennesimo cliché ,che la vita è difficile e che è così che deve essere, che se non fosse così difficile il mondo sarebbe solo l’impero della noia e dell’inettitudine. Sarebbe perciò come dire, in una maniera sadica, che la sofferenza..ci tiene occupati. E’ di cattivo gusto ammetterlo, ma è esattamente così. Pensateci bene. Cosa faremmo se fossimo sempre e solo felici? Non ci basterebbe esserlo, vorremmo sempre di più, senza averlo. E arrivati a quel punto, ci stancheremmo di tutta quella felicità, di quella vita che non ti mette mai alla prova, di quelle chance che non capiteranno mai e nelle quali non scoprirai mai quanto forte puoi essere, con quanta velocità puoi rialzarti dopo le sconfitte. Un ‘eterna strada a senso unico, quella che conosciamo da una vita, affidabile, pulita, con quel vicinato insopportabile ma dopotutto gentile. Ma invece dobbiamo arricchire ogni giorno il nostro palato di nuovi sapori, e la dolcezza dei lieti eventi sono accompagnati spesso dall’amaro della tristezza, dall’aspro della delusione, dal salato della sopportazione. Convivono insieme in uno stesso organo, stanno male insieme, ma in qualche modo funzionano. Non è così che si dice anche per le persone, quando stanno insieme? Semplicemente..funzionano. Ed è così anche per il male della vita, stona nella nostra storia, contraddice la soavità dei colori pastello del nostro quadro, li rovina, ma ci affascina, funziona, la sua esistenza ormai non ci da più fastidio, la accettiamo ma allo stesso tempo ce ne lamentiamo. Dolce e amaro. Insieme. E’ un po’ come mangiare del pane. Che sapore ha al primo morso? E se lo si continua a masticare? Lui cambia. Tutto cambia. Il bene diventa male e il male, a volte, diventa bene. Per questo la cosa giusta non esiste, perché esiste il male che diventa bene, che si traveste da bene, che ci sembra bene ma magari non lo è. E se per lui lo fosse? E per l’altro ancora invece no? La risposta giusta non esiste perché il giusto non esiste. Esistono solo risposte, quelle che dobbiamo trovare ogni giorno della nostra vita, mentre combattiamo per farci piacere quei due sapori che insieme non stanno davvero bene, ma che in qualche modo…bisogna gustare.

Caro Diario,
come posso prendere una decisione se i ricordi non mi lasciano in pace? Come faccio a decidere se dire la verità se non riesco a non pensare alla sua faccia. Da una parte gli posso garantire la felicità, la ragazza cui vuole bene, e dall’altra posso garantirgli la verità. Ho solo quella. Che altro ho da dargli? E cos’ha invece lei da dargli? Se devo ammetterlo, mi viene quasi da piangere. Lei ha tutto. Un amore più sincero del mio, perché provato per la prima vera volta, ma in un modo completamente diverso dal mio, quasi fosse un bisogno irrinunciabile. Non come il mio, una paura , la continua ricerca di un motivo per fare quel grande passo, ovvero confessarmi. La verità è che lei è pronta per l’amore. Io no. Lei ha tutto, si. Uno spirito libero, la sicurezza, la consapevolezza di essere ricambiata, di essere bella per qualcuno, e dopotutto forse..se lo merita. Sto male, caro diario. Sono felice, in un modo che non so spiegare né a te né a me stessa, per loro. Ma è una felicità strana, che forse non può definirsi nemmeno tale, perché le immagini che mi piombano in mente dicono altro. Parlano di lui, dei suoi ricordi, del mio sorriso mentre lo vedevo bere dalla fontana, nella fermata del bus del cimitero, all’uscita da scuola, della mia ansia ogni volta che il suo sguardo si dirigeva anche solo per un attimo verso di me. Cosa faccio? Pensavo. Erano tutti piccoli momenti di perfezione, tutto ciò che avevo. Solo ricordi. Possono bastarmi? Voglio di più? Voglio davvero fare qualcosa che non è da me? La verità è sempre la cosa giusta, no? Ho troppe domande, e poche risposte, caro diario, e se non rispondo alla più importante non potrò rispondere alle altre. Chi sono io?
Posso concedervi, ora che ci penso,un ‘unica distinzione , quella tra le nostre scelte e le scelte che gli altri fanno per noi. Una delle due è la più frequente. Indovinate quale?

-E lei, signora, cosa avrebbe scelto? Chiedo io, mentre esco come ogni giorno di casa. La signora mi guarda dalla sua sdraio, nel giardino della casa accanto, con quel suo sguardo saggio e vispo che gli ho sempre inviato. Ha l’aria di una donna che la sa lunga, sulle questioni di cuore, ma non volevo addentrarmi troppo con le domande personali. Dopotutto qui si tratta di Emma, è la sua storia che conta.
-Beh, ciò che avrei scelto io non conta tanto, lo sa. Perché io non sono Emma, sono una vecchietta che deve vivere con 500 euro di pensione. Che ne posso sapere dell’amore e del fare la cosa giusta? C’è solo una cosa che le voglio dire. Ragionare, quando si tratta di maschi, è totalmente inutile. Ride, poi fissa il cielo mattutino e non mi parla più. Non le chiedo più niente, sorrido anche io, perché in fondo, non c’era altro da dire, e ciò che era stato detto, era solo la verità, e quella basta sempre.

Conversazione telefonica tra Emma e Marzia. Sera.
-Emma, io non so davvero che dirti. Stavolta non so che dirti. Devo scegliere tu.
-Ogni volta che devo vedermela con me stessa, perdo. E’ matematico.
-Puoi perdere tutte le volte che vuoi, sei sempre tu l’avversaria. C’è tempo per vincerti, no?
-Tutta la vita, e anche oltre. Così dicono. Immagino comunque che la posta in gioco sia la mia o la sua felicità.
-Perché dici così? Come se tu non possa essere felice senza quello li!
-E’ proprio questo il punto! Non lo saprò mai se è lui che mi potrebbe fare felice, primo perché sta con Dana, secondo perché non lo conosco nemmeno così bene.
-Ti sei risposta da sola. Tu non lo conosci, Emma. Sei innamorata di un’idea, e ti ha fatto soffrire abbastanza.
-E se avessi ragione? E se tentassi?
-Vuoi dire la verità? Umiliarla? Bene! Allora fallo!
-Ho detto “ e se..”
-Senti, a me non mi interessa cosa farai. Qualunque cosa tu decida andrà bene. Sono solo preoccupata delle conseguenze, se dovessi scegliere lui. Non voglio che tu resti delusa se lui non dovesse essere come ti immaginavi.
-Infatti lui NON è come immagino io. Ma per qualche strano motivo non riesco a togliermelo dalla testa.
-L’attrazione non basta, Emma. Ricordatelo. Perché se bastasse, avresti già la tua risposta.


Si dice che il giorno del proprio compleanno succedano le cose più incredibili. Li chiamano miracoli. Altri le chiamano solo coincidenze. Qualunque sia il loro nome (e forse non lo hanno), accadono. Ma Emma pensava che non c'era un giorno in particolare in cui dovessero accadere. Eppure quel giorno, quando compì 17 anni, successe. Odiava le feste di compleanno, e nonostante avesse esplicitamente detto di non volere niente, specialmente torte e il coro dei "tanti auguri a te", la madre non aveva saputo resistere. Le aveva fatto un dolcetto con un candelina rosa sopra. Un compromesso, aveva detto, scusandosi.
Emma fissò la candelina accesa e ne sentì il calore quasi accusatorio. Doveva esprimere un desiderio quindi? Non era così semplice. Se davvero avesse espresso quel desiderio, e se davvero questo si fosse avverato (come è credenza ricordare), allora avrebbe senz'altro distrutto una coppia, la fragila vita amorosa appena costruita di una ragazza perennemente insoddisfatta. Volevo davvero questo per Dana? Il calore sembrò quasi aumentare a quel pensiero, come se la candelina attendesse famelica quel desiderio..
Mi hanno insegnato a stare attenta a ciò che desidero, perchè potrebbe avverarsi... aveva pensato Emma.
Potrebbe avverarsi. E se il desiderio potesse coincidere con la mia scelta? pensò ancora Emma.
Si avverebbe davvero, si, perchè è una mia scelta, e la metterò in atto. E' questo che vuol dire esprimere un desiderio, fare un patto con il destino, promettergli di prendere una decisione, e poi, semplicemente, affidargliela.
Emma chiuse gli occhi e sorrise. Soffiò forte e sperò davvero di aver deciso la cosa giusta.



Emma aprì il pacchetto, sbuffando. Sapeva che anche Marzia non avrebbe resistito, le avrebbe fatto un regalo alla fine. Quando vide il contenuto si pentì di aver disprezzato il gesto della amica. Era bellissimo. Era un ciondolo, di quelli che si aprono e che si usavano una volta, per metterci dentro le foto dell'amato che era partito per la guerra.
-Grazie disse Emma commossa.
-Giralo. disse Marzia e sorrise.- So che ti piacciono le cose un pò francesi, e la signora che me lo ha venduto dice che quella scritta è francese, almeno credo..
Emma girò il ciondolo e ancora più commossa lesse la frase incisa..

Car nous voulons la nuance, pas la couleur, rien que la nuance, et tout le reste est litérature..

-Dio. E'...bellissimo. disse Emma, e pensò che quella frase era fatta a posta per lei. Era il segno che aveva fatto la cosa giusta. Strinse il medaglione al petto. Era la fine.
-Hei, pronto? Dai! Me lo dici ora cosa vuol dire? chiese impaziente Marzia.
-E tu mi hai comprato qualcosa senza saperne nemmeno il senso? rispose Emma lanciandole un cuscino.
-Ero sicura che fosse carino, me lo sentivo.. è così vero? Che dice? chiese ancora una volta Marzia, acchiappando al volo il cuscino.
-Dice che vogliamo sempre la sfumatura e mai il colore. Spesso la sfumatura è proprio il dettaglio che dovremmo osservare di più... rispose Emma, assorta. E pensò che era vero, per lei. Aveva avuto bisogno di quel desiderio, per capire. Aveva capito che la differenza tra un desiderio e una scelta era il vincolo. La scelta, si avvera per davvero, perchè era di un destino tra le mani che si parlava. E che cos'era in fondo un desiderio? Era come una lettera a Babbo Natale... Sarebbe mai stata letta?
La differenza..era proprio lei. Aveva il potere di scegliere, e non l'aveva capito.
-Oh mamma...hai...deciso? Cosa? meditò Marzia prima di chiedere.
-Conosci la risposta. Penso che tu l'abbia sempre saputo. rispose Emma compiaciuta.
-Cara Emma. Sei ufficialmente una non-debole. disse solenne Marzia. E l'ufficialità della cosa sembrò essere reale, almeno..dal momento in cui quella candelina era stata spenta.



Dana era seduta nel suo stesso banco, come sempre, mentre parlava con le sue amiche. Era felice. Si sentiva più leggera dopo aver parlato con Emma, una sensazione di sollievo che non provava da tempo, insieme a quella di aver fatto qualcosa di onesto, di amare senza sentirsi in colpa.
Si girò e incontrò lo sguardo di Chris. Si sorrisero, e sembrò quasi che non si vedessero da giorni. Dana arrossì, e pensò che qualcosa era davvero cambiato. Non si era mai sentita così. Il cuore fece un battito in più. Ciao Amore.. pensò Dana, e salutò quella sensazione con una gioia mai provata prima.
Quando si rigirò per incontrare ancora una volta lo sguardo di Chris, famelica, ne trovò un altro davanti a sè, quello che aspettava da giorni. Emma.
Non ebbe il tempo di dire niente, perchè la risposta c'era sempre stata, dentro Emma, dentro Dana, ma nessuna delle due era riuscita a dirla. Emma perchè non l'aveva compresa subito, Dana perchè se ne vergognava, pensava di pretendere troppo da lei dopotutto, avendole pure "rubato" il "ragazzo". Pensava che non avrebbe mai deciso a suo favore.
Si dice che il giorno del proprio compleanno succedano le cose più incredibili. Li chiamano miracoli. Altri le chiamano solo coincidenze. Qualunque sia il loro nome (e forse non lo hanno), accadono.
Non era più il giorno del compleanno di Emma, ma il miracolo accadde lo stesso. Aveva preso la sua scelta, e non importa che fosse giusta o sbagliata, l'aveva presa lei. Da sola. Aveva solo dovuto capire, e dopo la candelina e il medaglione, l'ultima decisiva conferma arrivò dallo sguardo di Chis, da come aveva guardato Dana. Non mi guarderà mai così- pensò sospirando- e nonostante tutto, non posso farci niente. E' successo. Così aveva preso un respiro profondo, e stavolta da esso era subentrato il coraggio, che aveva sapore di mele fresche, forte, deciso, e succoso. Era andata da Dana e le aveva detto ciò che aveva capito, e in fondo ciò che aveva sempre saputo di dover fare.
-Siete veramente una bella coppia- le disse Emma, e le sorrise dal profondo del cuore. Poi ne se andò.
Dana non disse niente, sorrise, ma le parole proprio non le uscirono. Non erano necessarie.


Caro diario,
Dovevo capirlo nel modo più banale possibile, non è vero? In fondo è sempre così che si prendono le decisioni importanti, che si capiscono le cose. C'è chi le prende sotto la doccia, chi prima di dormire. Io invece ho dobuto compiere 17 anni. Astuto. Non so come sentirmi, non sento niente. Ma il vuoto che sento tuttavia non è lo stesso di prima. Non mi fa affatto male. Anzi...è piacevole, dà un caloroso senso di pace, di tranquillità. Mi mancava... Molti hanno pensato che quel mio sorriso fosse falso, e non gli do torto. Ma loro non c'erano dentro mè, non sapevano cosa provavo. Non era invidia, caro diario. Non so nemmeno come spiegartela quella sensazione, non era nemmeno gioia.
Io la chiamerei speranza. Si, speranza. Ho preso quella decisione, e l'ho preso nell'esatto momento in cui ho spento quella candelina rosa. Sai perchè? Perchè almeno qualcuno doveva avere l'amore, ma solo chi davvero lo meritava. E sebbene Chris e Dana lo avessero trovato nell'inganno, diciamo, lo meritano. Ho visto come si guardano, e se lo meritano.
L'ho fatto, e ora mi godo questa pace, tra gioia e dolore. Chissà perchè..sto bene.
Ho pensato che in fondo sono loro la mia candelina. Magari il mio gesto, un giorno, farà avverare un desiderio. Un desiderio vero, per davvero.

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Capitolo 18
*** Liberi di.. ***


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"Fu in quel momento che cominciai a pensare a Thomas Jefferson e alla Dichiarazione di Indipendenza, quando parla del nostro diritto "alla felicità, libertà",... "e ricerca della felicità". E ricordo d'aver pensato: "Come sapeva di dover usare la parola'Ricercà"? Perché la felicità è qualcosa che possiamo solo inseguire... e che forse non riusciremo mai a raggiungere,... qualunque cosa facciamo.
Come faceva a saperlo? (tratto da "la ricerca della felicità")"





La signora mi guarda. Non so che tipo di emozioni passano dentro di lei, se comprensione o solo incredulità, ma mi fido di lei, della sua esperienza. In qualche modo aveva il potere di far andare bene qualunque cosa, si far sembrare giusta qualunque scelta Emma avesse preso.
-Non posso dirle che abbia fatto bene. Dice la donna e mi sorprendo. Ma questo non diminuisce la mia stima per lei, e non so perché.
-Perché? Chiedo io, curioso di attingere ancora una volta da quel pozzo di infinita saggezza.
-Sa, mi hanno insegnato che sei vuoi qualcosa te la devi prendere, che la felicità non ti capita, sei tu che la devi cercare. La vita è un fiore che richiede un sacco di attenzioni. Risponde lei, sospirando. Io non so se ha ragione, ma un fondo di verità, ciò che dice, lo ha. Emma aveva un po’ di felicità tra le mani, ma la gettata all’aria nel modo più sereno possibile. Per questo la sua decisione non è stata folle: perché la felicità è arrivata a qualcuno che forse non la meritava, ma che ne aveva davvero tanto bisogno.
-L’amore non è qualcosa che si possa capire. Chiunque ci abbia provato è diventato pazzo, oppure è morto prima di dare la soluzione a noi poveri mortali. Forse non condivido la decisione della ragazza, ma se lei è felice, se sta bene così, allora diamine, ha scelto bene! Sbotta la signora e mi fa ridere più del solito. Ci voltiamo a guardare il postino che arriva, col suo scooter. Mi porge una lettera. La signora, curiosa, aguzza gli occhi anziani ma ancora vispi per leggere di nascosto il mittente. Non sa che non c’è n’è alcun bisogno, lei può sapere tutto di me. Le è concesso.
-Beh, che aspetti a dirmi chi è? Chiede all’improvviso, presa dall’impazienza.
Il mio respiro resta bloccato, ma riesco a rispondere.
-Hanno letto il libro. Vogliono incontrarmi. Dico io, sotto shock.
-Santo cielo! E’ meraviglioso! Esclama la signora, sinceramente contenta per me.
- E se non gli piace? Berta, Che faccio? Forse dovrei cambiare il titolo, fare ancora qualche mod.. non riesco a finire la frase. La signora mi posa dolcemente una mano ras sicuramente sulla spalla.
-E’ perfetto. E’ autentico. E’ la sua storia, e se non gli dovesse piacere..allora non hanno capito come funziona questo dannata vita. Dice solenne la donna. Il suo tocco mi conforta subito, faccio un sorriso distratto e penso che forse doveva andare così, ogni parola scritta è al suo posto, perché detta da Emma. Non potevo cambiare le sue parole, mi sembrava un tradimento. Prima di alzarmi per tornare a casa, dopo quella chiacchierata quotidiana, la signora mi fece un ultima domanda:
-E lei cosa ne pensa del libro? Mi chiede.
Mi giro e nel rispondere, assaporo il momento in cui Emma lo aveva letto, e dopo aver letto l’ultima pagina, mi avesse ringraziato, commossa:
-Mi ha ringraziato. Mi chiederò sempre il perché.



-Si, è una bella storia, non c’è che dire. Non mi fraintenda, io gliela pubblicherei anche subito, ma il problema..sono i cliché. Troppi. La ragazza timida e triste, il figo della situazione, la bella ragazza, il furto di identità. Personalmente credo che ne ce siano anche troppe di storie così.
-Ma è una storia vera.
-Non lo metto in dubbio, ma..non so come dirglielo.. E’ troppo adolescenziale, non abbiamo nessuna fascia cui venderlo. Siano una fascia adulta, non un teen-editor.
-E non crede che quella storia accada anche agli adulti?
-Sinceramente? No. Su, ci pensi un attimo. Noi prendiamo decisioni ogni santo giorno, è il nostro lavoro, e senza tutte queste ridicole peripezie, questi inganni da ragazzini..
-Ridicole?
-Ma si.. sono cosa che capitano alle ragazzine. Sono storie di vita, certo. Ma non sono best seller. Mi dispiace.
-No, dispiace a me. Mi dispiace che lei non sappia.
-Sapere cosa?
-Sapere cosa ha dovuto passare quella ragazza, o sapere quale coraggio abbia avuto a rinunciare ad essere felice.
-Rinunciare? Ma quel ragazzo non la voleva! Non c’era niente da scegliere!
-Mi dica una cosa. E’ mai stato innamorato?
-Senta, non si permetta di farmi queste domande, non ha né l’esperienza né il prestigio adatti..
-Ecco, lo sapevo. Mai. Vero? Allora lei non ha né l’esperienza né il prestigio per dirmi queste cose. Se non sa cosa sia l’amore, allora non può giudicare questo libro.
…….
-Prima di andarsene, me la dica invece lei una cosa. Chi è Emma?
-E’ la mia ragazza.


Siamo giunti alla fine. Tutto ciò che doveva essere raccontato è qui, lo state leggendo. E ho deciso di mettere tutto, tutto quanto. Il diario di Emma, ciò che mi ha raccontato, la storia di Dana, raccontata dalla stessa, e anche le mie chiacchierate con Berta, e si, anche il mio primo disastroso colloquio. Si, perché volevo che ci fosse davvero tutto, in questa storia. Perché in fondo credo che la mia storia si sia incrociata alla sua, la mia amicizia con Berta, la mia vicina di casa, i miei tentativi di pubblicare il libro, e la sua sventurata storia di cuori spezzati. Non ho mai voluto usarla, da quando me l’ha raccontata. Ha voluto lei, mi ha detto “E’ giusto che si conosca”, e io le chiedevo sempre il perché, e lei rispondeva sempre “perché questa è la cosa giusta”. All’inizio sono stato irremovibile, un po’ perché non volevo in qualche modo invadere la sua privacy, il suo passato (mi sentivo un ficcanaso), ma soprattutto perché mi sarei dovuto immergere nel mondo delle ragazze. E che ne sapevo io di come agissero le ragazze? Cosa pensassero? Ricostruirne la vita, le azioni quotidiane, le loro preoccupazioni per le piccole cose. Come avrei fatto? Emma mi ha dato una grossa mano, tanto che spesso penso che il libro l’abbia scritto lei, visto che adora scrivere (come dopotutto faceva e fa ancora nel suo diario, che ancora conserva). Ma lei dice sempre di non essere una scrittrice, di scrivere per chiacchierare, “confessarsi”. Secondo me dovrebbe davvero provarci, visto che leggendo il suo diario, non ho potuto ricostruire niente. Ho dovuto metterne i testi così com’erano. Erano perfetti, autentici. E lei era davvero. E ora che il gioco è fatto, bisognerebbe tirare le somme. Mi sento quasi un antico favolista, proponendo la morale di questa storia. Eppure c’è n’è davvero bisogno, ogni storia dovrebbe averne una, e dovrebbe averla implicita. Si, perché spesso le persone leggono tra le righe, e io voglio dire le cose esattamente come sono. Per farvi sentire a vostro agio, inizio io, che di cose, eccome se ne ho imparato. Ho imparato che le ragazze hanno lati oscuri che non ci aspetteremmo mai di incontrare (e anche se questa è ormai una cosa risaputa, è sempre meglio chiarirla). Oh, si, poi ho imparato che non è sempre un male ricordare, anzi, credo che ricordare sia fondamentale, e che l’unico modo per gestire la nostra vita sono le scelte, e non importa che siano giuste o sbagliate, l’importante è che abbiamo fatto un passo avanti, che abbiamo sorpassato la linea tra oggi e domani, tra ciò che il destino ci offre e ciò che invece offriamo noi a lui. L’ho capito anche grazie a Emma: L’importanza di avere una storia, di avere dei ricordi. Credetemi quindi, mente meditate su ciò che avete imparato, se vi dico che non importa com’è la vostra storia, l’avete vissuta. E ora siete liberi. Lei invece era sempre stata libera. Ora lo sapeva.

Questa è la storia di Emma. Ed è Emma che l’ha raccontata, attraverso me.
In memoria di Berta, amica, confidente, senza le cui opinioni, queste pagine non sarebbero mai venute al mondo.


Il lato oscuro di una ragazza.

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