In Another Life

di F l a n
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Shooting Star ***
Capitolo 2: *** 2. In The Park ***
Capitolo 3: *** 3. Who Are You? ***
Capitolo 4: *** 4. This isn’t my place ***
Capitolo 5: *** 5. We are the aliens ***
Capitolo 6: *** 6. His Voice ***
Capitolo 7: *** 7. Human ***
Capitolo 8: *** 8. The Truth ***
Capitolo 9: *** 9. Changes ***
Capitolo 10: *** 10. First Signals ***
Capitolo 11: *** 11. Turning Point ***
Capitolo 12: *** 12. In Another Life ***
Capitolo 13: *** 13. Era ***
Capitolo 14: *** 14. Hope ***
Capitolo 15: *** 15. Miles Away ***



Capitolo 1
*** 1. Shooting Star ***


Pairing: Kurt/Blaine (Iniziale Blaine/OMC)
Avvertimenti: Sci-Fi, Slash, AU, OOC (solo iniziale, più avanti si riprendono i tratti originali dei personaggi)
Betareader: [info]naripolpetta
Note:
- Per prima cosa importante sottolineare che questa storia fa parte di un progetto più grande e che non è realmente finita qua. Sto già progettando un seguito, per cui diciamo che potete prenderla come una storia conclusa ma anche non conclusa. Di fatto ha una fine, ma una fine che lascia aperta la possibilità di un continuo (che ho progettato e che scriverò PER CERTO.)
- In secondo luogo, la storia ha dei riferimenti a telefilm di fantascienza, quali STAR TREK. In realtà i riferimenti non sono moltissimi, ma nel caso doveste legger la parola 'vulcaniano' o cose del genere, sappiate che l'ispirazione viene da lì.
- Penso sia curioso sapere, se a qualcuno interessasse, che tutta la plotline di questa fanfic è nata dalla canzone "ET" di Katy Perry, dovrei probabilmente sotterrarmi per questo ma non credo che lo farò, voglio, anzi, proporvi le canzoni che hanno ispirato la seguente fic visto che ho una specie di 'mini playlist' ben precisa.
- E.T - Katy Perry
- Alien - Take That
- Ellie Goulding - Starry Eyed
- One Republic - All The Right Moves (che ritroverete nell'ultimo capitolo della fic.)
- Derezzed - Tron Legacy Soundtracks
- Nocturne - Tron Legacy Soundtracks

- AGGIORNAMENTI: Visto che la fanfiction è completa nel mio pc e sto scrivendo il sequel, aggiornerò UNA volta a settimana, probabilmente di Domenica o Lunedì, devo ancora decidere il giorno!



1  “Shooting Star”

Nota al capitolo: In questo capitolo non appare ancora Kurt, ma dal prossimo ci sarà :)
 
Blaine Anderson era un ragazzo semplice con una vita piuttosto ordinaria; amava cantare, ballare, studiare e lo sport – anche se quest’ultimo preferiva solo guardarlo.
Blaine nella sua vita aveva dovuto attraversare diversi ostacoli, purtroppo la sua omosessualità lo aveva posto di fronte a delle vere e proprie barriere da dover abbattere e non sempre era stato facile. Dopo diversi problemi con i suoi compagni di classe al liceo pubblico che frequentava, Blaine decise di iscriversi ad un’accademia privata chiamata ‘Dalton’.
Da quel momento fu tutto più facile; certo il programma di studi era nettamente più duro e non c’era confronto con quello del liceo pubblico che frequentava prima, ma sapeva di potercela fare; tutto sommato a lui piaceva informarsi e studiare, oltre ad avere decisamente pochi problemi con l’apprendimento.
Blaine non aveva molto tempo libero durante la sua giornata; la maggior parte di essa era occupata dalle lezioni e dai vari impegni che la sua famiglia gli prenotava. Era ricco, decisamente ricco e come tale i suoi genitori si premuravano di fargli vivere una vita da nobile. Frequentava lezioni di piano, canto e chitarra acustica, ma quelle che preferiva erano indubbiamente quelle di canto.
Era bravo, sapeva di esserlo, ed il suo insegnante era un uomo in gamba, simpatico e sempre pronto a dargli una mano. Il giovane Anderson era così bravo che poco dopo la sua iscrizione alla Dalton Academy divenne capo del gruppo di canto chiamato ‘Warblers’; poteva dire, finalmente, che dopo anni di pene e bullismo era riuscito a trovare il suo ritmo, il suo posto felice. La Dalton sembrava esser fatta apposta per lui, si respirava un’aria tranquilla e lui poteva essere se stesso senza bisogno di sentirsi etichettare nel peggiore dei modi.
Ma si sa, ogni volta che tutto pare prendere una piega di strana normalità, arriva un qualche evento a stravolgerla.
 
*
 
“Vuoi uscire con me?”
Raramente Blaine decideva di accettare gli inviti alle feste che si preannunciavano discretamente noiose e prive di buona musica, ma quella volta aveva accettato considerando che lo avevano invitato come cantante stesso; Blaine se ne era sentito onorato e non aveva saputo dir di no.
Sean era un suo amico del liceo pubblico, uno dei pochi che non lo bistrattava e spintonava a terra chiamandolo ‘frocio’. Erano rimasti in buoni rapporti ed ogni tanto uscivano assieme, anche solo per prendere un banale cappuccino o fare una chiacchierata; Blaine non aveva mai avuto un’opinione precisa sul suo conto, ma sicuramente si sentiva molto legato a lui, ed era uno dei motivi per cui aveva accettato di cantare alla sua festa.
“Vuoi uscire con me?”
Poi improvvisamente quella richiesta che seccò Blaine sul posto, così inaspettata e scioccante. Quel ‘vuoi uscire con me?’ non era la solita richiesta di bere un caffè insieme, era una vera e propria proposta per un appuntamento.
“Ehm io…” Blaine abbassò lo sguardo, cadendo nel panico più totale. Cosa doveva rispondere? Sean era carino, alto, occhi chiari e capelli biondicci, ma non aveva mai pensato a lui in quel modo, specialmente perché fino a quel momento lui aveva avuto soltanto ragazze, molte ragazze. Anzi, spesso faceva sfoggio delle sue abilità da Don Giovanni descrivendogli tutte le sue conquiste.
E poi se ne usciva con quella richiesta.
“Sì… mi piacerebbe,” rispose, senza aggiungere nient’altro.
In verità Blaine avrebbe voluto aggiungere un sacco di cose e probabilmente rispondere in maniera differente, tipo chiedendogli da quando era passato all’altra sponda o da quando, soprattutto, aveva sviluppato un interesse per lui. Ma non gli chiese niente di tutto questo, si limitò a sorridergli ed annuire come un’ebete, non del tutto sicuro di ciò che stava facendo.
“Domani, alle otto? Ti passo a prendere.”
“D’accordo,” aveva appena messo la firma.
 
*
 
L’indomani, Blaine si svegliò con un forte mal di testa ed un discreto malumore ingiustificato. Essendo domenica non c’era scuola per sua fortuna, per cui poteva crogiolarsi ad oltranza nel suo nervosismo senza dare spiegazioni a nessuno.
Solo dopo esser sceso nell’immenso salotto di casa sua si ricordò che la sera prima il suo vecchio compagno di classe, Sean, gli aveva chiesto un appuntamento.
Un fottutissimo appuntamento. Blaine si morse le labbra indeciso se esser felice o disperato per la cosa; optò per la seconda, trovando quindi anche la ragione del suo malumore. Non aveva mai ricevuto una simile richiesta, non da parte di un ragazzo e non sapeva come prenderla; il che era strano, considerando che la Dalton era un’accademia di soli maschi, ma evidentemente nessuno si era fatto avanti o lui non era abbastanza carino – o più semplicemente non c’erano gay disponibili.
Blaine passò la giornata a fissare il soffitto di camera sua, sperando che diventasse più interessante o che illuminasse d’immenso la sua mente con qualche suggerimento su come comportarsi. Si ricordò di aver letto qualche giornaletto stupido riguardo alle relazioni interpersonali perché il fatto che avesse diciassette anni e nessuno gli chiedesse mai di uscire a volte gli dava da pensare; nonostante potesse apparire come una persona discretamente forte da un punto di vista morale, Blaine era piuttosto insicuro di sé, del suo aspetto e del suo essere. Fin da quando aveva capito di essere gay non aveva mai visto ciò come una maledizione – a differenza di suo padre, che gliene faceva una croce dannatamente pesante da sopportare – ma aveva comunque influito in diversi modi sullo scorrere della sua vita. In realtà, in quel momento stava vivendo piuttosto bene sotto ogni punto di vista, quindi era quasi normale che qualcosa venisse a scombussolare la sua normale routine.
Non riusciva a capire perché non fosse felice di quell’evento, insomma, ogni persona normale sarebbe saltata dalla gioia; era un suo buon amico, carino, gentile, perché deprimersi tanto? Blaine non sapeva spiegarselo realmente.
Si addormentò sul letto senza accorgersene e si risvegliò giusto in tempo per prepararsi.
Una doccia veloce, una camicia, un paio di jeans attillati ed era pronto. Osservava ad alternanza, con un certo nervosismo, il cellulare e l’orologio.
Si portò le mani al viso, seppellendolo in esse con disperazione; sicuramente avrebbe fatto qualche cazzata che avrebbe rovinato la serata, sicuramente sarebbe riuscito a mettersi in ridicolo. Ma perché tutte quelle insicurezze in un momento del genere? Si morse il labbro inferiore dando un altro sguardo all’orologio. Le venti e quindici.
E se non fosse venuto? L’ansia di Blaine cominciò a crescere a dismisura, aveva sinceramente paura che gli desse buca, magari ci aveva ripensato, magari la sera prima era ubriaco – Blaine sapeva perfettamente che non era ubriaco, ma in quel momento gli sembrò una scusa quasi plausibile.
Alle venti e trenta, finalmente, il suo cellulare squillò.
“Sean!”
“Scusami, sto facendo ritardo, ma sono da te tra cinque minuti. Aspettami sotto casa.”
Blaine chiuse la chiamata con il cuore colmo di imbarazzo e scese velocemente le scale, salutando di sfuggita sua madre e ringraziando il cielo che suo padre non fosse in casa.
Come promesso, qualche minuto dopo Sean si fece trovare davanti al vialetto di casa sua, su una bella macchina sportiva e gli occhiali da sole sulla testa; Blaine sbuffò un attimo, era così meraviglioso ma al tempo stesso… non era ciò che sentiva di desiderare in quel momento.
Salì sulla macchina e salutò Sean, il cuore sembrava volergli uscire dal petto, ma più per l’ansia che per l’emozione.
“Scusa per il ritardo, ma questa è la macchina di mio padre ed ha fatto tardi a rientrare dal lavoro.”
“F-figurati, ero solo un po’ in ansia,” Blaine strinse le mani sulle ginocchia dopo essersi allacciato la cintura di sicurezza.
“Dove vuoi che ti porti? Hai qualcosa in mente?”
Blaine si irrigidì, non sapeva mai cosa rispondere quando qualcuno gli chiedeva cose del genere e sperava vivamente che fosse Sean a prendere l’iniziativa perché, davvero, lui non ci riusciva.
“Beh, decidi pure tu, non ho preferenze.”
Sean gli rivolse uno sguardo indeciso per poi guardare davanti a sé e l’orologio.
“Magari andiamo a mangiare qualcosa in un ristorante orientale, ti va? In fondo loro hanno sempre tavoli disponibili. Ti avrei portato da qualche parte più lussuosa ma… a quest’ora non so chi potrebbe aver un tavolo libero.”
“A me va benissimo,” annuì Blaine, osservando nervosamente la macchina del ragazzo e fuori dal finestrino. Perché il suo stomaco non si decideva a dargli una tregua? sbuffò, rassegnandosi. Che diamine stava facendo? Non era così che aveva immaginato il suo primo appuntamento; o meglio, Sean era perfetto, ma non lo amava, non provava neanche un vago interesse per lui e quindi… perché lo stava facendo? Blaine non fece altro che darsi mentalmente dello stupido per tutta la durata del viaggio.
Arrivarono finalmente al ristorante cinese più famoso della città, dopo un viaggio fatto di imbarazzanti silenzi e domande che Blaine si poneva nella mente ma non riusciva ad esternare. Si sentiva discretamente stupido, a dire il vero.
Quando uscirono dalla macchina, la mano di Sean si allungò verso il suo braccio ma Blaine si scostò prontamente; non ci pensava nemmeno a farsi prendere sotto braccio.
Era così strano ed era così brutto sapere di star per rovinare l’unica amicizia salda che aveva. Magari avrebbe potuto dare un’opportunità a Sean, provare ad ascoltarlo davvero, provare a lasciarsi andare con lui. Ma Blaine sapeva che non era la sua via, sapeva che non era la persona che stava aspettando.
“Un tavolo per due,” disse Sean alla cameriera, che indicò il tavolo alla loro destra.
Il ragazzo come un vero gentiluomo scostò la sedia per Blaine, aspettando che si sedesse. il Warbler riuscì soltanto ad annuire.
“Ti vedo teso, Blaine. È solo… un appuntamento, come i tanti che abbiamo avuto davanti ad un semplice caffè,” disse, Sean, scuotendo la testa un po’ rattristato.
“Sì beh, è che non ci sono abituato e poi… e poi io e te siamo amici da anni, è così strano tutto ciò… cerca di capirmi.”
L’altro annuì prendendo i due menù e porgendogliene uno.
“Ora scegli i piatti, magari con una bella mangiata riuscirai a scioglierti,” gli disse, con un sorriso ben evidente sulle labbra.
Sean sorrideva sempre, ma Blaine non riusciva a rispondere allo stesso modo; si sforzava, ma qualcosa pareva bloccare le sue guance. Eppure Blaine non era una persona particolarmente triste, anzi; si ritrovava spesso a sorridere per delle stupidaggini. Entrambi fecero il loro ordine, passando una serata, a giudizio di Blaine, piuttosto imbarazzante e colmo di silenzi e domande piuttosto strane da parte di Sean. Blaine voleva spararsi o quantomeno fuggire da lì.
La serata sembrò interminabile e si concluse come Blaine sperava vivamente non si concludesse. Sean lo riaccompagnò a casa, sulla sua macchina sportiva, scese dall’auto e lo seguì a piedi fino alla porta di casa sua.
“Direi che beh… ci… ci vediamo,” disse Blaine, abbassando lo sguardo, sicuro che ciò che stava per temere stava esattamente per succedere.
Il suo primo bacio fu rubato così, senza troppe scuse, spacciato per un innocuo bacio sulla guancia leggermente deviato. Blaine non sapeva cosa fare, come muoversi, cosa pensare – che cazzo era quello? E perché la lingua di quel tizio che riteneva un amico aveva invaso la sua bocca? Blaine sapeva soltanto che non poteva ritrarsi e che probabilmente era giusto così. Corrispose come poteva, sentendosi un vero schifo e tremando appena sotto le sue labbra.
Il suo primo bacio, il suo primo fottuto bacio.
Sean lo abbracciò alla fine di quel contatto, lo tenne stretto, disse qualche parola che non riuscì a ricordare più tardi e poi lo lasciò andare in casa, sperando di vederlo di nuovo.
Blaine salì le scale di corsa, pronto a rinchiudersi in camera, sicuro che quella notte non avrebbe chiuso occhio per l’ansia, perché si sentiva come se qualcosa gli fosse stato brutalmente strappato via dal petto, qualcosa che avrebbe voluto donare solo alla persona da lui scelta, non dal primo carino – seppur amico – che passava.
Quella notte Blaine non dormì, si piazzò davanti alla finestra a rimirare le stelle. Non sapeva per quale motivo, ma ogni volta che si sentiva malinconico aveva questa strana abitudine di fissare il cielo.
A volte succedono delle rarità, e Blaine era sicuro che quella che aveva appena visto fosse davvero una rarità.
Non si vedevano molte stelle cadenti nel cielo dalla sua città, eppure, quella sera, con gli occhi appannati dalle lacrime era sicuro di averne vista una. Unì velocemente le mani, esprimendo un desiderio, il primo che gli venne in mente.
“Voglio provare un sentimento puro, di vero amore.”
Non era del tutto sicuro di aver espresso il desiderio giusto e non era neanche sicuro che la ‘stella cadente’ lo avesse ascoltato – fu davvero, davvero molto rapida nel rimescolarsi nel blu della notte – tuttavia, per quanto si sentisse un bambino, sentiva di dover fare quel gesto e che non era stato del tutto inutile.
Si sdraiò sul letto e fissò il soffitto, accoccolandosi sotto le coperte, riuscendo finalmente a prendere sonno.
Aveva visto una stella cadente.
 
 

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Capitolo 2
*** 2. In The Park ***


Note di inizio capitolo: Per ogni nota riguardante l'intera fanfic, vi rimando al primo capitolo. Per il resto, sappiate che per vostra gioia, in questo capitolo apparirà Kurt. Sarà molto strano e forse un po' OOC per i primi capitoli, ma penso ne capirete anche le motivazioni!
Voglio ringraziare tutti coloro che mi recensiscono, tutti coloro che mi seguono, la beta dell'intera fanfic ed infine coloro che  hanno inserito la fic tra le preferite e seguite. Questo progetto per me è davvero molto importante, e trovare entusiasmo da parte vostra non può che rendermi immensamente felice! Grazie di cuore!
Ed un grazie speciale a _Fireplace e hale y, le adoro e loro sanno perché <3

2. “In The Park”

Prima che Blaine potesse dire ‘a’ si scoprì fidanzato con Sean. Era successo quasi senza che se ne accorgesse, forse proprio perché nella sua mente aver ricevuto un bacio non significava aver bisogno di un impegno serissimo con quel tipo, tuttavia Sean sembrava non pensarla come lui ed essere anche piuttosto drastico, invece. Non avevano mai affrontato l’argomento, ma il giorno dopo il loro primo appuntamento lui si era presentato sotto casa sua senza alcun avvertimento e lo aveva spinto a scendere le scale per poi accoglierlo tra le sue braccia e baciarlo come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ovviamente Blaine era rimasto secco e non in senso totalmente positivo.

Da quel momento in poi, comunque, Sean chiese sempre più spesso a Blaine di uscire, di accompagnarlo per negozi o, addirittura, di salire in camera sua.

Il giovane Anderson non aveva problemi a far salire un giovane ragazzo spacciandolo per un amico, ma dalle occhiate di sua madre era certo di non aver nascosto troppo bene la cosa, per cui provava sempre un certo imbarazzo mentre saliva le scale sotto la sua supervisione.
Ma il peggio, beh, il peggio era suo padre, perché Blaine non voleva assolutamente che lo venisse a sapere. Già accettava a fatica il fatto che fosse gay; se poi avesse scoperto che, per di più, aveva un ragazzo e lo portava nella camera della sua casa, Blaine avrebbe potuto segnare la fine dei suoi giorni, o perlomeno questa era l’impressione che aveva sempre avuto.
Passò una settimana prima che Blaine si decidesse a prendere coraggio e provare a mollare Sean. A Blaine tutto sommato il coraggio mancava troppe volte, non riusciva a dire di no, chinava la testa e annuiva sempre, anche quando qualcosa non gli andava particolarmente a genio. Ma decise che le cose dovevano cambiare, che non poteva continuare a stare con una persona che non amava, perché sapeva che le cose non sarebbero rimaste così per sempre, che c’era qualcos’altro oltre ai baci ed alle carezze sul volto e sul collo. E lui quel qualcos’altro non voleva farlo con lui. Era un bravo ragazzo ma no, non con lui. Non lo amava e per quanto Blaine non avesse grandi aspettative nei confronti dell’amore almeno beh, almeno quello, lo voleva fare con una persona che amava. Nessuno gli avrebbe più rubato niente dopo il primo bacio.

Così sabato sera si ritrovò al parco dove si incontravano di solito per una tranquilla passeggiata notturna, con la chiara intenzione di dire, finalmente, ciò che pensava a Sean. Cioè, non tutto ciò che pensava perché altrimenti sarebbe stato esageratamente demotivante.
Sean si diresse verso Blaine non appena lo vide, gli gettò le braccia al collo e lo baciò, come sempre. Il bacio era caldo, umido ed assolutamente sgradevole per il giovane Anderson.

“Ti devo parlare,” disse con voce appena un po’ tremula, non appena si staccarono. Sean si tirò indietro.
“Di cosa? Non mi piace questo tono.”
“Di noi, della nostra relazione.”
“Lo sapevo,” Sean strinse le labbra ed i pugni, mentre si sedevano sulla prima panchina disponibile.
“Io… io non ti amo,” Blaine fu schietto, diretto e molto meno delicato di quello che avrebbe voluto essere, “io… ho iniziato questa relazione perché pensavo potesse andare da qualche parte, sai, prendere una piega positiva per entrambi. Ma mi sono accorto che non stava andando come avrei voluto, che non provo assolutamente niente di più dell’amicizia per te. Credo… credo di aver sentito il bisogno di non rifiutarti solo perché sei mio amico e perché, al nostro primo appuntamento, mi hai strappato il primo bacio,” pronunciò quelle parole con una nota ben visibile di amarezza nella voce, senza che vi fosse troppo spessore o un’emozione positiva.
“Mi dispiace… Sean, ma credo di non voler stare con te e preferisco essere sincero piuttosto che prenderti in giro e… continuare a mandare avanti qualcosa che non potrebbe andare più in là del punto in cui siamo,” concluse, con voce tremula. Le sue mani erano umide e sudate ed il suo cervello si stava auto fustigando per le parole che aveva appena detto. Si sentiva in colpa, si sentiva parecchio in colpa.
Sean si tirò indietro, guardandolo con il dolore negli occhi, dolore che si trasformò in qualcosa di simile alla rabbia.
“Beh, lo immaginavo,” il suo tono era rassegnato, ma non mancava un pizzico di rancore, “sono stato troppo avventato. Ho dato per scontato che potessi piacerti. Non so come mai, forse perché con le donne ho sempre avuto successo e non mi hanno mai rifiutato, sono sempre stato io a mollare loro. Ma con le donne è sempre più facile.”
Blaine lo guardò un po’ sprezzante, “non sono cose carine da dire. Sarò anche gay ma…” e Blaine aveva ragione, era il tipico ragionamento maschilista, di uno che usava le donne solo per gettarle. Sapeva che Sean era bisessuale, ormai, ma che lo fosse solo perché con le donne era più facile, beh, non era né credibile, né rispettoso.
Dopo quell’affermazione l’altro ragazzo si alzò dalla panchina e lo guardò dall’alto, un po’ deluso, un po’ arrabbiato.
“Quindi ci lasciamo.”
“Sì,” annuì Blaine, con aria mesta.
“Mh. Non sai cosa ti perdi Anderson,” Sean allungò una mano verso di lui e la strinse, “non hai bisogno di un passaggio a casa, vero?”
“No, tranquillo, sono venuto con la macchina.”
“Allora ci becchiamo in giro,” il ragazzo si voltò di schiena e camminò lontano da lui, lasciandolo solo e perplesso su quella panchina. Una domanda che rimbombava nella mente di Blaine era perché non avesse detto altro, perché non si fosse davvero arrabbiato o perché avesse semplicemente lasciato la scena in quel modo.

Sean era entrato tanto velocemente nella sua vita quanto se ne era andato, e forse era giusto così, ma era strano. Blaine era anche consapevole di aver perso uno dei pochi amici che aveva – i compagni della Dalton erano suoi amici, certo, però non lo conoscevano ancora bene quanto Sean.
Rimase per qualche minuto in più su quella panchina a fissare il vuoto davanti a sé, sarebbe stato bello che qualcosa adesso lo riscuotesse dalla naturale monotonia che stava per tornare nella sua vita.
Blaine sentì dei rumori provenire poco lontano da lui e si voltò di scatto. Era solo in mezzo a quel parco dalle luci soffuse e stranamente non si vedeva nessuno in giro, neanche qualche romantica coppietta alla ricerca d’intimità o qualche barbone accasciato su una panchina.
Si alzò e cominciò a camminare, indeciso su cosa fare. Uscire dal parco e tornare a casa o rimanere a vagare lì, alla ricerca di un qualche pensiero per riempire la mente? Il cuore di Blaine era diviso tra il senso di colpa per aver mollato Sean e la liberazione, certo era strano l’amore. Prima non lo vuoi, poi lo desideri, poi ti accorgi che è di troppo e quando decidi di liberartene il cuore sembra sempre troppo, estremamente leggero. Era sicuro che i baci di Sean non gli sarebbero mancati – Dio, si lavava i denti ogni volta che veniva baciato da lui, era normale? – ma forse la sua compagnia sì. In fin dei conti parlavano di tutto, giocavano all’x-box e guardavano film. Decisamente, la sua compagnia gli sarebbe mancata.
Blaine camminò fino al laghetto presente al centro del parco, si appoggiò alla ringhiera che lo circondava e fissò l’acqua che rifletteva la debolissima luce della luna e quella dei lampioni. La sua vita era quasi perfetta, eppure non era né felice né soddisfatto. Cosa se ne può fare una persona di una vita che non lo ripaga? A scuola andava bene, ma tutta quella storia con Sean lo aveva fatto riflettere; c’era un grosso buco nel suo cuore. Non era in grado di amare, forse?  Ci sono un sacco di persone che non amano, magari lui era tra quelle, magari sarebbe rimasto solo per tutta la vita, non sarebbe stato strano. O magari si sarebbe sposato con una ragazza, sarebbe stato padre anche solo per far piacere al proprio.
Sospirò, chinando il capo e chiudendo gli occhi. Quanta confusione per essere solo poco più che un ragazzino.
Un bagliore si rifletté nel lago, un bagliore che non apparteneva né ai lampioni né alla luce della luna, era estraneo, probabilmente artificiale. Si voltò di scatto per la seconda volta, notando che quella luce veniva dalla sua destra, e s’incamminò velocemente verso di essa. Blaine non era mai stato un cuor di leone, ma quella volta era particolarmente curioso, un po’ perché il suo istinto aveva agito da sé, un po’ perché era profondamente annoiato e malinconico e qualunque cosa sarebbe stata più interessante di quel laghetto.

Serpeggiò tra alberi, panchine, altalene e scivoli, fino a raggiungere la fonte del bagliore che si stava man mano affievolendo.

La visione che colpì i suoi occhi gli diede un’emozione forte, sconosciuta, una specie di forte ondata fresca che lo colpì all’altezza del petto, facendolo indietreggiare. Davanti ai suoi occhi c’era un ragazzo, ma non un ragazzo come tutti gli altri; era accovacciato a terra, con le ginocchia tirate al petto. Indossava una tuta aderente, bianca con alcune rifiniture argentee. Ma la cosa che colpì Blaine non fu il suo abbigliamento, bensì la sua pelle, i suoi occhi, i suoi lineamenti; aveva uno sguardo impaurito, le sue iridi erano azzurre e profonde, la sua carnagione era bianca, liscissima, quasi impossibile per essere umana, il suo volto era appuntito, così come le sue orecchie – non erano appuntite tanto quanto quelle degli elfi dei libri fantasy che Blaine leggeva, ma non erano neanche tonde come quelle di un umano comune.

Il ragazzo, o quello che era, si scostò velocemente da lui, per poi cadere nuovamente sulle ginocchia, evidentemente troppo debole per qualunque movimento.

“Chi sei?” chiese Blaine, avvicinandosi ancora a lui, ricevendo solo uno sguardo diffidente, contrariato. I suoi occhi blu brillarono.

Blaine tese una mano in avanti, ma l’altro si scostò ancora, camminando sulle ginocchia. Stranamente la sua tuta, pur essendo bianchissima, non era né sporca di terra né di erba. Blaine ne concluse che quello che stava indossando doveva essere un tessuto particolarmente speciale.

“Sei umano?” chiese ancora, accucciandosi su di lui, fino ad essere al pari del suo viso, “non voglio farti del male,” allungò una mano verso la sua spalla, sfiorandola lievemente, ma l’altro si ritrasse un’altra volta.

Per assurdo, Blaine non aveva mai escluso l’esistenza di altre specie sul pianeta che potessero somigliare agli umani ma non lo fossero, anzi. A lui piacevano la fantascienza ed il fantasy, di conseguenza aveva anche una propria opinione riguardo a creature mistiche ed esseri speciali, ed aveva capito fin da subito che quello che gli si presentava davanti non poteva essere un umano come tutti gli altri. La sua pelle era troppo diversa e le sue orecchie gli ricordavano quelle di un personaggio di un telefilm che amava – Star Trek, il vulcaniano Mr.Spock.

“Non voglio farti del male,” aggiunse, stavolta riuscendo a sfiorare la sua spalla. Indubbiamente era molto debole, troppo debole per correre via da lui. Blaine era certo che se avesse potuto lo avrebbe fatto.
“Non toccarmi,”Blaine sentì quelle parole rimbombare nella testa, sicuro che le sue labbra non si fossero neanche mosse. Aveva sentito quella voce nella… nella sua testa. Era una voce graziosa, leggera ma anche estremamente debole.
“Sai la mia lingua?” L’altro non rispose alla sua domanda, annuì soltanto, rivolgendo poi gli occhi al cielo, come alla ricerca di qualcosa.
“Chi stai cercando?”
“Non farmi altre domande,” ancora, quella voce era ancora nella sua testa. Ora ne era sicuro, l’altro non aveva mosso le labbra neanche per prender fiato, erano serrate, chiuse.
“Hai bisogno di una mano, sei debole,” insistette Blaine, protendendo la mano verso di lui ancora una volta, sperando che non si tirasse indietro, “io voglio aiutarti…” aggiunse, toccandogli il braccio e ricevendo un’occhiataccia; tuttavia l’altro non si mosse di un millimetro, rimanendo sotto il suo tocco con uno sguardo aggressivo che si trasformava lentamente in rassegnato, troppo debole per reagire.
“D’accordo,”soffiò ancora, nella sua mente. Pochi attimi dopo quella risposta si accasciò a terra, lasciano Blaine completamente basito. Sembrava svenuto o probabilmente era caduto addormentato, ma viste le poche forze che doveva aver in corpo era quasi sicuramente svenuto.
Blaine si guardò intorno, un po’ preso da un vago senso di panico. Che diavolo doveva fare? In fin dei conti era… qualcosa, forse nemmeno un essere umano e non poteva portarlo a casa o perlomeno non poteva farsi vedere con un ragazzo tra le braccia, svenuto e con indosso una tutina aderente. Ma non poteva neanche lasciarlo lì al suo destino; in fondo che male poteva fare? Soffermandosi sui suoi lineamenti e sulla sua espressione da addormentato sembrava davvero una creatura estremamente bella e innocente. Certo, lo sguardo di poco prima di innocente aveva ben poco.
Si passò una mano sul volto, esasperato, rivolgendo gli occhi al cielo e maledicendo stelle, luna ed ogni cosa nell’universo; la sua vita era sempre così dannatamente strana.
“Okay, okay. Calmo Blaine, rifletti…” passò una mano sul braccio dell’essere, poi prese il suo polso, cercandone il battito cardiaco. Non c’era battito cardiaco. Spalancò gli occhi sorpreso, com’era possibile che non avesse battito cardiaco? Era… morto? Il panico scese su di lui quasi immediatamente. Ora che aveva lasciato le impronte sulla sua pelle lo avrebbero accusato di omicidio; eppure, riflettendoci, Blaine sapeva che non poteva esser morto. Se la sua tesi era giusta e se i libri di fantascienza gli avevano insegnato qualcosa, sapeva che gli alieni – sempre se poteva chiamarlo alieno, - avevano un organismo e proprietà diverse rispetto a quelle basilari degli umani. Per cui era molto probabile che il cuore fosse situato da un’altra parte del suo corpo, o magari proprio non aveva un cuore ed il suo sangue veniva pompato diversamente nelle vene. O magari era un cyborg. Vista la pelle così candida e perfetta a Blaine non sarebbe sembrato troppo strano; si sedette per terra a meditare. Qualunque cosa fosse doveva portarlo assolutamente via di lì ed era più che evidente che avesse davvero bisogno di aiuto.

Alla fine, protese le braccia verso di lui e cercò di sollevarlo; considerando che era tarda sera forse i suoi erano già a dormire, sarebbe sgattaiolato in casa cercando di far il meno rumore possibile, lo avrebbe portato in camera e il mattino dopo avrebbe aspettato che i suoi andassero a lavoro per farlo uscire. A Blaine sembrava la soluzione più logica.
Lo prese tra le braccia, accorgendosi con non troppa sorpresa che pesava effettivamente pochissimo. Si soffermò per qualche minuto sui suoi lineamenti e sul suo corpo; era realmente una creatura di rara bellezza – sì, unacreatura, perché ormai Blaine escludeva totalmente la possibilità che potesse essere umano.

Fortunatamente nel parco non incontrò nessuno, incrociare anche solo qualche coppietta o peggio ancora pattuglie di controllo sarebbe stato un grosso ostacolo per lui, avrebbero potuto pensare che lo avesse ucciso o chissà che. Arrivò alla macchina e lo depose sui sedili posteriori, facendo attenzione a distenderlo senza fargli prendere inutili botte contro qualcosa, infine chiuse la portiera e si mise al posto di guida. Ad ogni semaforo che incontrava sulla strada, Blaine buttava un occhio indietro, guardando lo strano passeggero che aveva deciso di ‘salvare’, chissà da quanto non mangiava, era davvero magrissimo.

Parcheggiò la macchina nel garage di casa sua con una discreta ansia, era mezzanotte e mezza e sperava davvero che i suoi non fossero ancora svegli. Scese dalla vettura, decidendo prima di controllare come poter entrare senza far rumore e poi di recuperare l’ospite.

Per sua fortuna, aprendo la porta di casa constatò che, come aveva ben pensato, i suoi genitori dovevano ormai esser a letto da un pezzo. La lasciò aperta per non fare ulteriore confusione e tornò a recuperare il passeggero ancora in macchina.
Lo prese nuovamente tra le braccia, e chiuse con il telecomando le portiere dell’auto, fino ad arrivare – anche se con un po’ di sforzo – in casa. Si chiuse la porta alle spalle con un piede, sperando che non facesse troppo rumore e poi salì le scale più in silenzio possibile e con il cuore in gola. Non osava pensare se lo avesse trovato suo padre in una situazione del genere. Avrebbe potuto dichiarare la sua morte seduta stante.
Quando lo adagiò sul letto gli sembrò una vera e propria conquista, aveva sudato freddo con la paura nel cuore che qualcuno potesse scoprirlo. Prima di uscire dalla camera per cambiarsi si sedette sul letto a fissarlo. Era davvero strano, mistico, irreale. E se non si fosse più svegliato? E se lo avesse attaccato? E se fosse fuggito mentre lui dormiva? La testa di Blaine cominciò a riempirsi di domande che non avevano risposte e paure; l’unica cosa che poteva fare, però, era augurarsi che nessuna delle sue previsione si avverasse.

Afferrò un pigiama e s’incamminò silenziosamente verso il bagno per cambiarsi; quella notte avrebbe dovuto dormire sul pavimento, sarebbe stato ottimo prepararsi anche una coperta.


Note di fine capitolo: Spero che l'apparizione di Kurt non vi abbia delusi. Mi rendo conto che per adesso è tutto un po' strano, ma tra qualche capitolo riuscirete a trovare un senso ad ogni cosa scritta, ed ad ogni stranezza.
Se avete domande, affermazioni, complimenti o magari accorgimenti, non esitate a farmelo sapere!
Il prossimo aggiornamento dovrebbe avvenire venerdì prossimo o sabato, giusto perché aggiornare di domenica non me gusta particolarmente!

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Capitolo 3
*** 3. Who Are You? ***


Note di inizio capitolo: Immagino la vostra sensazione a questo punto della storia e dev'essere qualcosa tipo "WTF? ma che roba è questa?" vi assicuro che da questo ed il prossimo capitolo qualcosa di molto vago comincia a delinearsi, ma per avere una visione chiara e quasi completa dovrete aspettare dal 5° in poi.
Intanto, voglio ringraziare chiunque segue questa storia, coloro che perdono due minuti a recensire e coloro che l'hanno inserita tra le preferite e seguite. Grazie di cuore :)

 3.  “Who are you?”


Blaine si era accomodato sul pavimento di camera con un grosso piumone. Certo non aveva passato la notte migliore della sua vita, ma era talmente stanco che si sarebbe addormentato a qualsiasi condizione.
Si svegliò soltanto quando il sole colpì i suoi occhi, filtrato dai fori dell’avvolgibile e si rigirò, cadendo sul freddo pavimento.
“Dannazione…” mugolò, innervosito, sfregandosi una mano sugli occhi e richiudendoli poco dopo. Si alzò di scatto solo quando si ricordò di non essere solo nella camera e di avere un ospite alquanto particolare.

Ma quando Blaine guardò il letto lo trovò vuoto e ben fatto. Si toccò la testa confuso, guardandosi intorno. La creatura non era più lì o forse non c’era mai stata? Non poteva esser stata un’allucinazione, insomma, non aveva neanche bevuto!
Alzò l’avvolgibile e guardò fuori dalla finestra, nel vialetto di casa sua poté scorgere una figura bianca e longilinea…

“Ehi! Fermati!” gridò, chiudendo immediatamente la finestra e scendendo velocemente le scale, stava uscendo scalzo ed in pigiama ma non gli importava granché, forse stava per fare la scoperta del secolo, poteva avere la prova di un’esistenza ‘aliena’ – se le sue ipotesi fossero state confermate, ovviamente. Corse nel vialetto di casa sua, raggiungendo l’altro, che camminava molto, troppo lentamente.
“Ehi, fermo… fermati, ti prego,” lo afferrò per un braccio e l’altro si bloccò, lanciandogli un’occhiata gelida.
“Che vuoi?” la voce era di nuovo nella sua testa e le labbra dello sconosciuto non si mossero minimamente.
“Non sei molto cortese, ieri sera eri morente nel parco, io ti ho fatto riposare a casa mia…”
“Non te l’ho chiesto io.”
“Vero, ma non voglio farti del male e… non è il modo migliore per rispondere all’ospitalità di qualcuno.”
L’altro abbassò lo sguardo e non tentò di sciogliere la presa di Blaine.
“Beh, ti ringrazio per l’ospitalità, allora.”
Blaine gli sorrise ed annuì, lasciandolo, consapevole del fatto che non sarebbe fuggito.
“Senti, sei ancora debole, si nota. Se ti fidi di me posso darti da mangiare e… offrirti un riparo sicuro perlomeno finché non ti sarai ripreso. Accetti?”

Gli occhi dell’altro indugiarono su di lui, Blaine sapeva che probabilmente non si fidava – ed insomma, forse ne aveva tutte le ragioni, - ma sperava vivamente che capisse che non era affatto male intenzionato, solo… curioso, ecco, sì, poteva definirsi curioso. Lanciò uno sguardo verso casa sua e sospirò.

“Sarebbe meglio che tu decidessi adesso, non è per metterti fretta, ma non voglio che ti vedano i miei genitori… non credo sarebbero molto felici di vedere che ho un ragazzo un po’ strano in casa,” disse, muovendo un po’ le gambe con agitazione. L’altro gli rivolse un’occhiata indecifrabile ed annuì, toccandosi lo stomaco.
“Va bene, ma dubito che tu possa avere qualcosa di commestibile per me.”
Blaine inarcò un sopracciglio e lo condusse nuovamente verso casa sua.
“Tu cosa mangi di solito?” gli chiese, mentre camminavano verso la porta. L’altro lo guardò con sospetto ed incrociò le braccia.
“Beh, non credo che tu possa conoscere i miei alimenti. Sono molto dubbioso su ciò che posso mangiare qui, per questo non mi sono ancora nutrito…”
Blaine aprì la porta di casa e la richiuse con leggerezza dietro le sue spalle, prendendolo per un polso – seppur l’altro opponesse resistenza in un primo momento, - e portandolo di nuovo verso la camera, facendo attenzione a non far troppo rumore.
Quando lo invitò a sedersi nuovamente sul letto Blaine sospirò, rilasciando la tensione che aveva accumulato.
“Ti prego, dimmi che non proverai a scappare di nuovo…” mormorò sottovoce.
“Non lo so. Non posso neanche sapere se mi conviene fidarmi di te.”
“Ma io non voglio farti del male!”
"Questo me lo hai già detto.”
“Quindi di cosa hai paura?”

L’altro non rispose, lo gelò semplicemente con il suo sguardo troppo azzurro e serrò le labbra ancora di più. Blaine cominciava a dubitare che avesse una voce.

“Senti… prima che possa provare a portarti qualcosa da mangiare… mi… mi diresti chi sei? O come posso chiamarti? O cosa sei?”

L’ospite tirò su la testa, guardandolo con circospezione.

“Una domanda alla volta. Per cui risponderò solo alla seconda. Mi puoi chiamare Kurt.”
“D’accordo… Kurt, io sono Blaine Anderson. Adesso vado a prenderti un po’ di… caffè? Pane? Latte? Conosci almeno uno di questi alimenti?”
“Il caffè sarà perfetto. È una delle poche cose che sono sicuro di poter bere… forse… com’è che hai chiamato la seconda cosa?”
Blaine lo guardò con un attimo di smarrimento. Come poteva non sapere cos’era il pane?
“Il pane?”
“Sì, ecco… quello. Penso di aver letto qualcosa in proposito sui miei libri, dovrebbe esser commestibile per cui… okay.”
“Bene, dunque tu rimani fermo qui ed aspettami, okay?” Blaine si diresse nuovamente verso la porta e scese rapidamente le scale, facendo velocemente il caffè e prendendo del pane, riponendo tutto su un vassoio.
Quando risalì le scale pregò che non se ne fosse andato, di ritrovarlo in camera seduto sul letto. E così fu, Kurt era rimasto immobile, con le mani sulle ginocchia, e stava osservando con evidente curiosità la camera di Blaine.
“Eccomi qua,” disse, distraendolo dai suoi pensieri, chiudendo la porta e poggiando il vassoio sul letto.
“Serviti pure…”
L’altro guardò con sospetto le cose che Blaine gli aveva portato, temeva forse che fossero avvelenate?
“Ehi, tranquillo, è roba commestibile… guarda,” prese un boccone di pane per dimostrare che niente di quella roba era avvelenata o chissà che. Alla fine Kurt prese un pezzo di pane in mano e lo tastò ben bene con le dita, constatandone la consistenza.
“Non lo immaginavo così,” mormorò, penetrando ancora nella mente di Blaine, facendo svanire solo per un attimo il suo sguardo ostile. Blaine gli sorrise, annuendo.
“Mangialo, vedrai che ti piace.”
Blaine rimase sorpreso perché finalmente vide le labbra di Kurt schiudersi. In realtà non era una cosa poi tanto strana, ma considerando che non aveva mai aperto bocca per parlare dubitava che potesse farlo. Osservò con attenzione la sua espressione mutare man mano che ingoiava i pezzi di pane in silenzio, sembrava effettivamente piacergli. Afferrò anche la tazzina e ingoiò il liquido caldo in un solo sorso, lasciando Blaine un po’ di stucco.  Era così evidente che non mangiasse da giorni.

Appena finì di mangiare tutto ciò che era presente nel vassoio, l’ospite sembrò riassumere un’aria più sana, energica.
“Mi sembra che tu abbia gradito,” affermò Blaine, fiero di sé.
“Sì, grazie.”
“Ma… ma tu non hai la voce?” la domanda uscì dalle labbra di Blaine con troppa facilità. Insomma, gli ronzava nella testa da qualche ora, ormai. E non era affatto normale sentirsi una voce nella testa e neanche tanto gradevole. Tuttavia l’altro non rispose, si limitò a guardarlo con la solita aria impassibile ed a stringere gli occhi.
“Perché mi hai salvato, ieri sera?”
“Eri in evidente difficoltà. E non mi spaventa qualunque cosa tu sia, leggo un sacco di libri sulla fantascienza, sai…”
“Libri…”sussurrò Kurt nella sua mente, quasi come se lo stesse dicendo più a se stesso che a Blaine.
“Qualcosa non va nei libri?”
Kurt scosse la testa, chiudendo gli occhi, ma Blaine notò subito le sue sopracciglia aggrottate.
“Non importa.”
“Mh… comunque, per rispondere alla tua domanda. Non posso negare di essere affascinato da te, ero sicuro fin dal primo momento che ti ho visto che tu non fossi un umano comune, e non lo sei, non è vero?”
Kurt alzò lo sguardo verso di lui, aprì le labbra per sospirare.
“No, ovviamente.”
“Certo, sennò… non riusciresti nemmeno a parlare nella mia testa.”
"Per il momento non biasimarmi se non voglio dirti tutto ciò che mi riguarda. Non so ancora quanto posso fidarmi di te…”
“Maledizione, non dirmi questo! Io ti ho salvato.”
"Vero, ma ciò non fa di te un umano di cui possa fidarmi completamente.”
Blaine rimase in silenzio e gli lanciò un’occhiata stranita, incrociando le braccia.
“Puoi dirmi almeno come mai sei così debole?”
“Non mi nutro da una settimana.”
“Da una settimana eh?”
“Sono ‘caduto’ per sbaglio in questa città, stavo facendo delle ricerche. Non mi sono nutrito per una settimana ed ho dormito all’aperto. La vostra temperatura è molto diversa da quella a cui sono abituato e non è stato molto salutare. Inoltre mi sono dovuto sempre muovere di notte, non è normale nel vostro tempo vedere uno come me per le strade, non trovi?”
“Già… comunque puoi rimanere qui per qualche giorno, finché non ti sarai rimesso. Io… io sono disposto a tenerti qui, solo che i miei non dovranno mai vederti.”
Kurt inarcò le sopracciglia e sorrise.
“C’è qualche ragione per cui non dovrebbero assolutamente vedermi?”
“Non credo che a loro farebbe molto piacere se sapessero che ospito un… ‘ragazzo strano’ in camera mia.”
“Capisco. Penso che accetterò il tuo aiuto. D’altronde non vedo molte alternative. Non so come tornare da dove provengo e non so cosa fare, per il momento sono troppo debole per fare qualunque cosa,”gli occhi di Kurt indugiarono su di lui. Blaine si sentì imbarazzato, perché era come se l’altro stesse cercando di leggergli dentro, in qualche modo.
“Perché ti aggiravi intorno alla Terra?” chiese Blaine, spezzando il silenzio che si era creato.

L’ospite non rispose subito alla domanda, rimase in silenzio per qualche minuto, lasciando Blaine sulle spine, ma i suoi occhi erano concentrati, concentrati su qualcosa che l’altro non sapeva spiegare.

“Il mio compito era quello di studiare questo tempo, il vostro pianeta, i vostri comportamenti e le vostre usanze. Poiché non intendo rivelarti la mia provenienza, per il momento, non ti dirò molto. Tuttavia, il mio veicolo si è guastato durante il viaggio ed io mi sono dovuto svincolare prima di esplodere con lui. Ho rischiato la vita. L’unico problema è che adesso non ho più modo di contattare i miei compagni, non so come tornare indietro e sono piantato qua, con te. Certo sarà più facile studiarvi ma non credo di poter sopravvivere. Non so bene di cosa posso cibarmi, il vostro clima è anomalo in relazione al mio e le vostre abitudini sono assai diverse. Ammiro il tuo tentativo di salvarmi… Blaine, però non so per quanto tempo rimarrò vivo.”Kurt chinò il capo, mordendosi le labbra e chiudendo gli occhi. Se fosse stato umano probabilmente avrebbe pianto – ma Blaine era sicuro che anche lui potesse piangere, solo che stava cercando di trattenersi per non farlo.
“Ti aiuterò a rimanere vivo.”
Kurt annuì e sorrise, un sorriso appena accennato ma che riscaldò il cuore di Blaine. Aveva forse capito che le sue intenzioni erano nobili?
“Blaine, tesoro? Hai già fatto colazione?” una voce squillante, femminile, dal piano di sotto interruppe il dialogo tra Blaine e Kurt.
“È mia madre, devo scendere. Tu rimani qui ed in silenzio, okay?” Kurt annuì ed osservò Blaine uscire dalla camera.
L’estraneo rivolse uno sguardo fuori dalla finestra ed osservò il cielo.
Il sole era così bello.

Blaine tornò in camera poco dopo con un altro vassoio di cibo. Per non dare sospetto aveva detto alla madre che non aveva ancora fatto una colazione completa, ma si era preso solo un caffè veloce visto che doveva studiare per il prossimo compito alla Dalton ed aveva bisogno di tanta energia mattiniera. Sua madre aveva storto il naso, un po’ incredula che il figlio si alzasse così presto solo per studiare, ma alla fine gli preparò la colazione con un sorriso.
Kurt osservò Blaine chiudere la porta e tenere il vassoio con una sola mano, ma non chiese niente; si limitò a guardarlo ed a tornare a rivolgere lo sguardo verso il cielo.

“Ma come fai?” chiese Blaine, addentando la sua brioches con gusto e ricevendo un legittimo sguardo interrogativo dall’altro.
“Quella tutina, è strettissima e…”
“È speciale. Il materiale con cui è composta mi ha protetto dalle vostre temperature questi giorni, senza contare che è molto comoda ed elastica, potrei definirla una seconda pelle,”disse Kurt, ancora nella sua testa.
“Oh- ma tu… stai parlando molto del nostro clima, a che cosa sei abituato? Al caldo? Al freddo?”
Improvvisamente lo sguardo dell’ospite si fece malinconico, c’erano domande che Blaine gli rivolgeva e che sembravano fargli realmente male.
“Al caldo. Decisamente al caldo.”
Blaine sentì la sua voce nella testa più bassa, somigliava ad un sussurro, probabilmente era un argomento delicato ma non osò chiedere di più. Kurt era diffidente e non voleva estorcergli informazioni che, era evidente, non voleva dare.
“Mh… senti, devi… devi fare qualcosa in particolare?” chiese il padrone di casa, guardandolo un po’ a disagio.
L’altro scosse la testa e le spalle, tornando a guardare fuori.
“Fai quel che devi. Io dormirò un po’, mi sento debole.” Kurt si distese sul letto nuovamente ed il sonno s’impossessò di lui velocemente.

Blaine non poté far a meno di rimanere a fissarlo.


Note di fine capitolo: Al solito, il prossimo aggiornamento avverrà di venerdì o massimo sabato se non ci sono imprevisti. Avete cominciato a fare teorie su Kurt? Sono molto curiosa e gradisco un sacco sapere le vostre impressioni, che siano positive o negative, fatemi sapere!
Alla prossima!

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Capitolo 4
*** 4. This isn’t my place ***


Note d'inizio capitolo: come sempre, grazie a chi mi segue e recensisce, mi fa piacere vedere il vostro entusiasmo :) questo è uno degli ultimi capitoli "d'introduzione" se così possiamo dire, e dal prossimo la cosa comincierà a spostarsi sempre più sul rapporto tra Kurt e Blaine. Comunque, cominciano le domande, i dubbi e le difficoltà per tenere il nostro Kurt nascosto dagli occhi dei genitori di Blaine.


4. "This isn't my place"

Blaine non fece troppa fatica a nascondere Kurt inizialmente, più che altro perché rimase a dormire per ben due giorni consecutivi. Ovviamente proteggeva con ogni scusa possibile la sua stanza e doveva star ben attento a tenere la porta chiusa a chiave. Aveva persino dovuto fingere di esser malato per rimanere a casa qualche giorno in più. Fortuna che sua madre lavorava ed in ogni caso non aveva il tempo per portargli qualunque rimedio in camera.
Blaine si prese uno spavento quando vide che Kurt sorpassò le dodici ore di sonno, ma visto che il suo petto si alzava ed abbassava ad intervalli regolari, constatò che probabilmente doveva essere ancora vivo. Non fu del tutto facile nascondere la propria emozione e Blaine non era bravo a mentire, sua madre intuì che era strano negli ultimi giorni – già dal momento in cui si era fidanzato con Sean, - ma si era limitata a chiedergli se ci fosse qualcosa che non andava alla Dalton. Ovviamente Blaine mentì spudoratamente dicendo che era solo preoccupato per dei compiti.
La madre del ragazzo chiese anche come mai da due giorni il suo abituale amico, Sean – che molto amico non era, - non si era fatto più vedere. Blaine giustificò il tutto con una lite, cosa non del tutto falsa.

 *
Quando Kurt, finalmente, aprì di nuovo gli occhi era pomeriggio inoltrato e Blaine stava finendo di leggere un banalissimo romanzo per spezzare il tempo. Non poteva negare di essere in ansia per il suo ospite e di avere mille domande da fargli.
Quando i loro sguardi s’incrociarono per la prima volta dopo quella pausa, a Blaine sembrò di rivederlo per la prima volta. I suoi occhi erano più luminosi e la sua pelle aveva ancora un colore delicato, ma non era un pallore preoccupante.
“Beh, buongiorno dormiglione,” disse Blaine, con un leggero imbarazzo nella voce ma felice di vederlo vivo e decisamente più sano. L’altro annuì con un sorriso. Un vero sorriso.
“Ti senti più in forma?”
“Un po’, sì… decisamente,” la voce apparve di nuovo come un sussurro nella mente di Blaine, facendogli sorgere una domanda piuttosto ovvia.
“Ma tu non puoi parlare con… le labbra?”
L’altro lo gelò con uno sguardo.
“Se parlassi con la voce, come fai tu, non capiresti nessuna delle mie parole. Il motivo per cui tu riesci a capirmi è perché sono nella tua testa ed un meccanismo che interagisce tra la mia mente e la tua riesce a tradurre perfettamente le mie parole nella tua lingua,”disse.
“Oh, capisco… però sarei curioso di sentire la tua voce.”
“Non c’è tanta differenza dal sentirla così, a sentirla con le orecchie, non trovi?”
“Scommetto che c’è.”
Kurt lo guardò e scosse il capo, senza rispondere nient’altro. Si era trovato l’umano più cocciuto e curioso del pianeta.
"Se lo dici tu…”
Blaine intrecciò le mani e lo guardò con un lievissimo senso d’imbarazzo. Ora che Kurt si era ripreso cosa dovevano fare? Cosa potevano fare?
“Beh, adesso… adesso che stai bene vuoi che ti riaccompagni da qualche parte? Dobbiamo fare qualcosa di preciso?”
L’altro scosse di nuovo la testa, sconsolato.
“No, in realtà. Non ho la più pallida idea di che cosa fare. Sono bloccato qua, le uniche attrezzature che mi rimangono del mio pianeta sono… le cose che indosso. Ovvero un trasmettitore che non funziona, la mia tuta e… questo orologio,”indicò il gioiello che portava al polso, era a tutti gli effetti un bracciale d’argento, ma doveva avere una qualche funzione particolare, non sembrava propriamente un orologio poiché non presentava un quadrante. Kurt lo toccò e ne uscì uno schermo virtuale, direttamene sospeso nell’aria.
“Oh! Ma è fantastico!” esclamò entusiasta, Blaine, sfoderando il suo miglior sorriso e ricevendo un’occhiata accigliata come risposta.
“Sì, lo è. Diamine, ma quanto siete retrocessi qua? Non è nemmeno l’arnese più tecnologico che abbiamo.”
“Beh… io…” Blaine gli mostrò il suo i-Phone di ultima generazione, sfiorandolo con l’indice, “questa è una delle cose più tecnologiche che possiedo.”
Kurt lo guardò da vicino, prendendolo tra le mani.
“Oh… cos’è?”
“Un… telefono,” rispose Blaine, perplesso dal fatto che il suo nuovo amico non conoscesse quell’oggetto.
“Telefono?”
“Sì, sai, quello per chiamare gli amici o… i parenti.”
“Lo so cos’è un telefono. È solo molto diverso dal mio.”
“Mh, com’è fatto il tuo?”
"Usiamo dei piccoli applicatori da poter mettere alle orecchie, come delle cuffie. Ci basta pensare il numero e chiama automaticamente. Si mette in contatto con il nostro cervello stesso, emanando delle specie di onde fino al ‘cellulare’.”
“Sembra… fico.”
“Forse. Per me è normale.”
Blaine non riusciva a capire perché Kurt fosse così freddo e distaccato quando tentava di entrare in argomenti che riguardavano il suo mondo, sembrava che nascondesse qualcosa che non poteva rivelare per nessun motivo e ciò faceva penare il ragazzo. Cosa doveva fare per conquistarsi la sua fiducia? Lo stava salvando, cosa doveva fare più di quello?

Blaine si morse il labbro inferiore, pensando che l’indomani sarebbe anche tornato a scuola. Sperava soltanto che Kurt non scappasse da lui mentre era alla Dalton; temeva, sinceramente, che lui non fosse felice di rimanere lì e che non stesse tentando di scappare solo perché era certo che avrebbe potuto ritrovarlo.

Blaine trasse un lungo respiro, alzando le spalle e preparandosi brevemente un discorso da fare al suo nuovo ospite.
“Senti, so che non ti fidi di me e penso di poterlo comprendere, però se continuiamo così non posso aiutarti. Se non mi dici niente di te, del tuo mondo, di ciò che ti circonda o di cosa potresti aver bisogno, io non so cosa fare. Lasciami entrare nel tuo mondo, prometto che non divulgherò qualunque informazione tu decida di darmi. Sono sincero, Kurt,” la mano di Blaine era sul proprio petto, vicina al cuore, quasi come se stesse facendo una sorta di giuramento, seppur il gesto non fu ragionato o premeditato. Sentì gli occhi freddi dell’altro scorrere su di lui, indagatori.

“So che sei una brava persona. So che mi vuoi aiutare, ma al momento non posso dirti nulla. Non mi è permesso rivelare la mia provenienza, non mi è permesso dire molte cose…”confessò, scuotendo il capo e chiudendo gli occhi, “purtroppo è… complicato. Io devo tornare indietro, la mia missione era quella di guardarvi da lontano, non posso rimanere qui.”
“Non puoi rimanere qui per le condizioni di vita?”
Kurt gli sorrise e si strinse nelle spalle.
“Non è solo quello, al clima mi abituerei... e poi la mia tuta è ‘termica’.”
“Allora qual è il problema?”
“Che questo non è il mio posto, semplicemente. Voglio tornare dalla mia famiglia, da mio fratello, e… non posso, Blaine, non posso,”strinse i pugni, fissando il pavimento e poi alzando lo sguardo verso di lui, di nuovo.
“Se non ti fai aiutare, non c’è modo di risolverlo.”
Kurt gli rivolse un’occhiata gelida, fredda, distante, alla quale Blaine non seppe come reagire. Era chiaro che non c’era modo per spillargli qualche informazione al suo riguardo, ma prima o poi avrebbe dovuto, non poteva fuggire per sempre considerando che beh, lui attualmente era la sua unica speranza.
“Senti, se ti fiderai di me io prometto di far di tutto per aiutarti. Posso informarmi su cose tecnologiche se è questo ciò di cui hai bisogno. Voglio aiutarti, lo dico davvero.”
“So cosa ne fate di quelli come me, li studiate. Li rendete cavie da laboratorio,”sbottò Kurt, anche se nella sua espressione c’era una vena d’incertezza che Blaine colse quasi immediatamente.

Dei passi interruppero la loro discussione, sua madre era vicina alla sua camera e Blaine fu attento a non fiatare, se non per far cenno a Kurt di nascondersi sotto il letto. Come previsto, la signora Anderson bussò.

“Blaine, tesoro, posso parlarti?”

Kurt con una mossa agile si rifilò sotto il letto.

“C-certo, entra mamma,” Blaine rimase seduto sul letto, prendendo un libro e facendo finta di leggerlo; aveva letteralmente il cuore in gola. Sua madre aprì la porta ed entrò in camera.
“Blaine tesoro, sei diverso ultimamente… non esci mai e non viene più a trovarti neanche il tuo amico Sean…” disse apprensiva, sedendosi sul bracciolo della poltroncina vicina a lei, “è successo qualcosa che vorresti o dovresti dirmi?”
Il volto del figlio si irrigidì immediatamente e si morse il labbro inferiore; odiava mentire a sua madre, era una brava donna ma non avrebbe potuto capire tutte quelle circostanze e non voleva assolutamente che suo padre scoprisse qualcosa. 
“No, sono solo un po’ giù di morale, ho litigato con Sean perché si è trovato dei nuovi amici,” mentì, sicuro di non averla raccontata giusta a sua madre, la quale le rivolse uno sguardo incerto. La donna chiuse gli occhi ed annuì.
“Capisco…” portò una mano sul braccio del figlio, comprensiva, “beh, sappi che per qualunque cosa puoi parlarne con me… d’accordo?”
“Grazie mamma.”

La donna se ne andò solo dopo aver dato un abbraccio a Blaine e si chiuse la porta alle spalle. Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo; non aveva notato Kurt sotto il letto, per sua fortuna.

“Adesso puoi uscire,” gli disse, chinandosi ed alzando le coperte e vedendolo rannicchiato sul pavimento, con un’espressione spaventata e parecchio spaurita.
“Tutto bene, Kurt?” chiese il ragazzo, allungando un braccio per aiutarlo ad uscire; l’altro non lo accettò.
“Era tua madre?”  chiese.
“Sì, perché?”
L’ospite abbassò lo sguardo e guardò i propri piedi.
“È molto bella.”
“Sì…”

Blaine era perplesso; perché Kurt aveva fatto quell’affermazione? E perché aveva quello sguardo? Che in realtà fosse un essere pericoloso? L’idea che quell’essere così umano potesse essere anche solo vagamente pericoloso non aveva mai sfiorato la sua mente prima d’ora, ma in quel momento l’idea non gli sembrò troppo strana. Kurt aveva uno sguardo strano, vuoto, freddo ed a lui faceva onestamente paura.
Tentò di scacciare dalla mente quel pensiero scuotendo la testa ed aprendo l’armadio. Doveva deviare quei pensieri e provare a prendere una boccata d’aria prima di impazzire totalmente, ma non poteva neanche lasciare Kurt in casa da solo.

“Senti, vorrei uscire un po’… per cui sarà bene che tu ti metta dei vestiti normali. Non puoi uscire con quella tuta, sembreresti appena uscito dal set di un telefilm di fantascienza.”
“Spero che tu stia scherzando!”l’espressione dell’altro si fece assai contrariata ed abbracciò se stesso “senza questa tuta non resisterò alle vostre temperature!”

Blaine inarcò un sopracciglio, perplesso.

“È così freddo per te?”
“Estremamente.”
“In ogni caso mettiti sopra la tuta questo maglione e questi pantaloni, sarà sempre meglio di niente… e non dovrai abbagliare le persone con il candore della tua tuta…” Blaine avrebbe voluto aggiungere altro, per esempio un commento sulle forme quasi perfette del corpo, ma se lo risparmiò credendolo inopportuno.
“Vi vestite in modo decisamente orrendo,”commentò Kurt, tenendo il maglione con due dita ed osservandolo con distacco.
“Oh, andiamo…”
“È vero!”
Blaine si portò una mano sulla fronte e sospirò profondamente. Sarebbe stato difficile cercare di gestire quella situazione e lui sapeva benissimo che era solo l’inizio. L’unico motivo per cui Kurt rimaneva con lui era che, evidentemente, a suo parere c’era una possibilità che lo potesse davvero aiutare per tornare nel proprio mondo. Blaine si sentiva sfruttato, ma in realtà non poteva farci molto, ed era anche nel suo interesse aiutare il nuovo arrivato a tornare da dove proveniva, oppure ad integrarsi nella propria realtà, ma Kurt, apparentemente, pareva non volerne sapere degli umani e della terra.
Blaine non aveva ancora osato chiedergli se poteva definirlo ‘Alieno’, aveva paura di una reazione sbagliata in quanto ‘Alieno’ per lui potevano anche essere gli umani o qualunque altra specie non appartenente al suo pianeta.
Quando finalmente convinse Kurt a mettersi il maglione addosso ed altri pantaloni, gli venne un po’ da ridere. L’ospite se ne stava là, in piedi, impalato a guardarsi davanti allo specchio ed a sbuffare.

“Ti disgusta così tanto, questo stile?”
“Molto.”

Blaine ridacchiò ed aprì la porta di camera.
“Ora, io scenderò le scale, cercherò di tenere occupata mia madre e tu uscirai dalla porta. Dovresti sapere qual è visto che l’hai già utilizzata. Cerca di fare pianissimo, io ti raggiungerò subito dopo. Aspettami qui, quando tossirò avrai via libera.”
“Perché devo farlo per forza?”
Blaine si portò una mano al viso, esasperato.
“Se usciamo ti porto in un negozio di elettronica e magari troviamo il sistema per mandarti di nuovo da dove provieni, okay? E poi non ce la faccio più a stare a casa.”
Kurt gli rispose con uno sguardo scettico ed un’alzata di spalle. Non aveva molta scelta, per cui acconsentì senza lamentarsi troppo.

 

Riuscirono ad uscire di casa grazie alle abili mosse di Blaine nell’intrattenere la propria madre. Kurt era scattato fuori dalla porta il più velocemente possibile e con un vero passo felpato.
“Sei stato silenziossimo,” gli disse Blaine, una volta lontani da casa propria.
“Lo so. Posso regolare il rumore dei miei passi grazie a questi stivaletti che indosso, hanno delle specie di tacchetti che possono rendere il mio passo simile a quello di un gatto,”spiegò fiero, Kurt, alzando la scarpa e mostrandogli la suola.
“Fantastico…”
“Allora, poiché siamo fuori… dov’è che volevi portarmi?”
“Tu mi hai detto che non puoi contattare la tua gente perché non hai alcun mezzo per farlo, beh, se ti portassi in un negozio di elettronica e tu scoprissi un qualche apparecchio che può aiutarti a farlo… io ne sarei ben felice.”
“Siete troppo indietro, la vostra tecnologia non può aiutarmi.”
“Ma se non sai neanche di cosa possiamo disporre come puoi dirlo? Vendiamo pezzi di computer separati, magari puoi assemblare qualcosa tu con qualche ritocco che gli permetterà di metterti in contatto con loro… no?”
“Blaine, no. Non è possibile. Questo attrezzo dovrebbe oltrepassare barriere spazio-temporali, roba non indifferente. Non si tratta di contattare qualcuno che sta dall’altra parte del pianeta, si tratta di contattare qualcuno che… oh, lascia stare. Non posso e basta. L’unica mia possibilità è attendere che vengano a cercarmi, e lo faranno, e che mi riportino indietro. Sempre se non morirò prima.”
Blaine lo fermò e gli strinse il braccio, parandoglisi davanti visibilmente innervosito.
“Scusami, ma sei veramente cocciuto! Tu non ci stai neanche provando a salvarti!”
L’altro gli rivolse un’occhiata gelida, innervosita.
“Sono atterrato qui una sera, in mezzo ad uno dei tanti parchi che avete. Sono sopravvissuto una settimana senza cibo, senza niente di niente, poi mi hai trovato tu ed okay, mi hai aiutato e per quanto io abbia capito che forse c’è una remota lontananza di sopravvivere io non posso comunque vivere qui. Non posso abituarmi totalmente al vostro clima, alle vostre piante, al vostro modo di mangiare. I miei nutrimenti sono differenti, il mio clima, persino l’aria che respiro lo è.”

“Ma da dove vieni?” la domanda uscì dalle labbra di Blaine per l’ennesima volta con la più totale naturalezza, ma Kurt non rispose neanche quella volta. Si limitò ad abbassare lo sguardo ed a serrare le labbra.


Note finali:  come vi ho detto, questo capitolo fa sempre parte di una certa introduzione. Solo dal prossimo comincieremo ad esplorare ancora di più Kurt ed anche il suo rapporto con Blaine si svilupperà piano piano.
Ovviamente sono sempre ben accette le vostre impressioni e teorie sulla storia :) mi piace sentire i vostri pareri!
Al prossimo venerdì!
Flan

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Capitolo 5
*** 5. We are the aliens ***


Note di inizio capitolo: Come sempre vorrei ringraziare chi mi segue e chi mi recensisce. Sono molto felice di sapere che questa storia abbia attirato la vostra attenzione :) da questo in capitolo in poi si comincia ad addentrarci nel 'vivo' per così dire. Vi lascio alla lettura e ci rivediamo a fine capitolo.

5. “We are the aliens”


 “Se non puoi neanche dirmi da dove vieni… dimmi almeno che cosa sei. Non so, hai caratteristiche umane, ma eppure non credo tu lo sia, indubbiamente non sei un animale. Ha un nome la tua razza o sei un alieno?” la voce di Blaine era visibilmente irritata e lo era anche il suo comportamento. Si sentiva frustrato perché quella situazione non stava andando da nessuna parte e lui non poteva tenere nascosto Kurt in casa propria per sempre. E poi oddio, era così… bello, troppo bello ai suoi occhi ed aveva paura della sua bellezza così algida, del suo temperamento, aveva paura della sua voce nella propria testa, aveva paura di non poter reggere il colpo se se ne fosse mai andato. Dovevano trovare una soluzione per il bene di entrambi; Blaine non si lamentava di averlo intorno, si lamentava del fatto che se ci si fosse affezionato troppo, avrebbe perso qualcuno di importante, ed era stanco di perdere persone importanti. La sua vita era un disastro, un vero disastro e lui non voleva di certo che la cosa peggiorasse.
“Alieno?”la voce di Kurt, ora nella sua testa, suonava sprezzante, “secondo questo ragionamento siamo tutti alieni. L’alieno è quella presenza estranea al tuo pianeta, quell’essere diverso dalla popolazione dominante. È riduttivo definirmi alieno, perché supponiamo anche solo per un momento che sia tu ad essere su un altro pianeta, in tal momento saresti tu un alieno. Lo siamo tutti, in fondo. No, non puoi definirmi totalmente alieno e non posso spiegarti perché. Sono molto più simile a te di quanto non immagini, senti il bisogno di etichettarmi solo perché è il vostro vizio: etichettare gli altri vi è necessario, vi da la sicurezza che nient’altro invaderà i vostri spazi, vi da un posto nel mondo, vi fa esser certi che dovete fare certe cose o mangiarne altre. Voi esseri umani avete paura del diverso, per questo sentite il bisogno di dare un nome a qualcosa che non sia fatto di carne ed ossa o che produca bambini. Siete razzisti, per altro, ma questo lo affronterete. Per rispondere alla tua domanda, Blaine, sì, puoi definirmi alieno se lo vuoi, ma non mi spunteranno i tentacoli e non sono un mutaforma. Non mi è concesso dirti la mia razza, sono spiacente. Di questo ne va la mia incolumità e credimi, anche la tua.”

Per la prima volta da quando si erano incontrati, il tono di Kurt era più alterato ed il suo sguardo pareva trasparire una vera emozione, una specie di amarezza e di disarmo morale di fronte alla sua ingenuità. Blaine ne rimase colpito tanto quanto offeso; lui adorava il diverso, non lo temeva, eppure dal discorso di Kurt lo aveva appena paragonato a qualsiasi altro umano sulla terra; eppure lui non gli avrebbe mai chiesto di farsi esaminare, non lo avrebbe mai ucciso per vivisezionarlo come la maggior parte degli scienziati o fanatici avrebbero fatto.

“Hai ragione.” Rispose secco, Blaine, allontanandosi qualche passo da lui, “ sono stato uno stupido… non ti posso aiutare. Tu non ti fai aiutare, ed allora direi che le nostre strade possono anche dividersi qua,” la sua voce era un po’ spezzata, rotta dalla delusione e dall’amarezza. Non avrebbe voluto reagire così in realtà, c’erano tantissimi altri modi per rispondergli, ma in quel momento era talmente incazzato con se stesso e con lui che non riuscì a dire altro. Voltò la schiena e cominciò a camminare, con il capo chino.

Kurt allungò una mano verso di lui, quasi di riflesso.
“Ehi, no… non andare via!” entrò nella sua testa ancora una volta e strinse la presa al suo braccio.
“Non volevo offenderti. Io vorrei dirti tutto, ma non posso, non posso proprio!” Blaine si voltò verso di lui, facendogli mollare la presa.
“Perché non puoi?”
“È pericoloso. Te l’ho detto. Ma… facciamo così. Ti dirò come potrai aiutarmi con l’elettronica e tu non mi farai più domande sulla mia provenienza.”
Blaine inarcò un sopracciglio, portandosi le mani sui fianchi e cercando di capire quale fosse la propria convenienza.
“Non fare quella faccia. Tu vuoi aiutarmi, no? Io voglio tornare da dove provengo ed ho bisogno che la mia gente riesca a contattarmi… siete all’antica, ma forse troverò qualcosa.”
Il tono di Kurt ora era più leggero, meno cattivo e pretenzioso, meno distante.

“Tu… tu mi confondi. Provo l’irresistibile bisogno di aiutarti ma anche quello di lasciarti al tuo destino, eppure, c’è qualcosa che non me lo permette e, dannazione, non so che cosa,” lo sguardo di Blaine era calamitato dagli occhi di Kurt e sapeva che non era la prima volta che accadeva. C’era qualcosa in lui che lo attraeva profondamente come non lo aveva mai attratto nessun’altro.

“Tuttavia… proverò ad aiutarti, credo non mi rimanga altra scelta,” sospirò, Blaine, poggiandosi le mani sui fianchi e vedendo nell’altro uno sguardo di pura riconoscenza e le sue labbra incurvate in un sorriso.

Un sorriso.

Era la prima volta che glielo vedeva fare ed onestamente era sorpreso. Certo, non era di quei sorrisi aperti, ma era pur sempre un qualcosa, un inizio, probabilmente.

 “Dunque, penso che ti porterò in un negozio di elettronica qua vicino. Sperando che almeno una di quelle cose vada bene se assemblata con altre… cos’è che devi costruire?”
“Una specie di trasmettitore. Mi serviranno onde particolarmente forti da poter sfruttare. Che sistemi usate qui?”
“Mi stai chiedendo se usiamo cose come… il Bluethoot o il Wireless?”
“Sì, il Wireless è un ottimo esempio. Anche se antiquato.”
“Il Wireless.”
"Oh. Bene, vedrò cosa potrò fare…”

 
Blaine accompagnò Kurt al negozio di elettronica; per quanto avesse tentato di nascondere le sue orecchie ed i suoi vestiti, qualcuno aveva notato qualcosa di strano in lui, ma per fortuna nessuno si era fermato a fare domande.
Accontentarlo non era stato affatto facile, specie perché secondo i suoi canoni aveva bisogno di cose un tantino sofisticate e sconosciute. Dal modo in cui le chiamava, Blaine aveva sempre la netta sensazione che quello strano ospite arrivasse da un qualche lontano futuro.
Alla fine, uscirono dal negozio di elettronica con due sacchetti pieni di pezzi per computer ed altre cose come cellulari di cui Blaine non riusciva a spiegarne l’acquisto. Non era stato divertente spendere tutti quei soldi per qualcuno che, fondamentalmente, neanche conosceva, ma non poteva nemmeno ritirarsi ora che gli aveva promesso che lo avrebbe aiutato.
“Whoa…” Blaine si accasciò sulla prima panchina disponibile e Kurt si adagiò accanto a lui con grazia.
“Stanco?”
“Un po’…e sono preoccupato. Non so, vorrei integrarti in casa mia perché tenerti nascosto sarà difficile, ma temo la reazione di mio padre. Posso provare a vestirti come un ragazzo, ma non credo che la prenderebbe comunque bene.
Kurt inarcò un sopracciglio, un po’ sorpreso.
“Non potrei essere solo un tuo amico?”chiese.
Blaine gli sorrise amaramente e scosse la testa, rivolgendo gli occhi al cielo.
“No, beh, sai io… sono… gay. Non so se sai che vuol dire…” esitò per guardare con attenzione la reazione dell’altro ragazzo, che non sembrava minimamente stupito da quella parola, ma non disse niente, per cui Blaine continuò;
“in altre parole, mi piacciono i ragazzi.”
Kurt lo guardò come se avesse detto la cosa più naturale del mondo e l’altro non riusciva davvero a spiegarsi come fosse possibile una reazione così… tranquilla. Anche le persone mentalmente aperte non avevano la sua stessa espressione.
“E non è una cosa normale, qui?”chiese dopo qualche minuto, lasciando Blaine di stucco.
“Beh, no. Qui no. Qui amare un ragazzo se sei un ragazzo o una ragazza se sei una ragazza non è del tutto normale. Certo con gli anni si stanno facendo progressi ma c’è ancora una netta differenza tra l’essere eterosessuale ed essere omosessuale. Non sono contento di come vanno le cose, ma così è, ed io posso farci poco. Ed è per questo che… se ti portassi a casa e mostrassi a loro tu non potresti dormire con me… penserebbero automaticamente che tu sia qualcosa come…” smise per un attimo di parlare, sbarrando gli occhi ed incantandosi di fronte a quel volto pulito, lo sguardo liquido e le labbra rosee; il suo cuore cominciò a battere un po’ più forte, ma cercò di ignorarlo, “come se tu fossi il mio ragazzo, o qualcosa del genere.”
“Oh…”Kurt spalancò un po’ le labbra, arrossendo sulle gote, fino ad allora rimaste sempre di un particolare bianco pallido, “capisco…”
“Spero che non sia un problema per te… comunque…” aggiunse, Blaine, completamente imbarazzato dall’argomento.
L’altro scosse la testa e gli concesse un altro vago sorriso.
“No, non lo è… affatto.”
Rimasero entrambi a guardare il cielo in silenzio, con le teste inclinate all’indietro e le espressioni perse nel vuoto, ognuno con i propri pensieri. Cosa dovessero fare in quel momento, non era ben chiaro a nessuno dei due.

Blaine avrebbe sicuramente voluto aggiungere qualcosa, ma in realtà c’era poco da dire. Era una situazione strana, praticamente piatta ed erano su una panchina in un parchetto con due sacchetti stracolmi di roba che non avrebbe saputo come combinare. La sua camera probabilmente si sarebbe presto trasformata in un laboratorio pseudo tecnologico in cui sua madre non avrebbe mai potuto metter piede.
Si chiese per qualche motivo che cosa diamine stesse facendo, e nonostante non trovasse una risposta sufficientemente razionale per spiegarselo, Blaine sapeva che quello era un segno del destino e probabilmente anche la cosa giusta da fare.

*

 Erano sulla strada di casa quando Kurt prese finalmente la parola per primo, dicendo una cosa che lasciò Blaine completamente di stucco.
“Tu prima hai detto che ti piacciono i ragazzi, giusto?”
“S-sì…” Blaine si voltò verso di lui, stupito.
“Sei mai stato con un ragazzo?”
“Oh… giusto una settimana e poco più fa, sì. Ma non mi piaceva davvero e quindi ci siamo lasciati. La sera in cui ti ho trovato mi ero appena lasciato con lui. Ma perché questa domanda?”
Kurt alzò le spalle e scosse la testa con semplicità, “niente, era solo una piccola curiosità. Io non sono mai stato fidanzato,” gli rispose, sentendosi quasi in debito con lui. Gli aveva rivelato un segreto intimo, per cui magari sentiva il bisogno di dire qualcosa sul suo conto, anche se era una piccola cosa. Però Blaine gli sorrise, apprezzando lo sforzo, perché forse era comunque l’inizio di un possibile scambio e magari avrebbe smesso di parlare con una sottospecie di muro.

Un muro affascinante, certo. Molto affascinante.

Note di fine capitolo: Dunque dunque, abbiamo appurato qualcosa sulla natura di Kurt, da qui giungere alla conclusione dovrebbe essere ancora più facile, direi! Ad ogni modo, vi invito come sempre a dirmi la vostra opinione se vi va ;) a me non fa che piacere sapere di aver suscitato in voi dubbi e teorie! Se avete degli accorgimenti, positivi o negativi, mi farebbe piacere leggerlo nelle recensioni!
Grazie a tutti!
Al prossimo venerdì.

Flan

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Capitolo 6
*** 6. His Voice ***


Note di inizio capitolo: Ritengo questo capitolo uno dei più cruciali di tutta la fanfic. Per molti sarà il chiarimento di un po' di dubbi.
Inoltre, fin'ora abbiamo esplorato il punto di vista di Blaine, da ora cominciamo perlomeno in piccola parte, ad esplodare quello di Kurt.
Ho aggiornato oggi sapendo che molte persone il 30 saranno impegnate a pensare al capodanno o partiranno, spero non vi dispiaccia!
Vi lascio alla lettura e ci vediamo a fine capitolo!


6. “His Voice”

Quando rientrarono a casa, Blaine benedì il cielo che sua madre fosse ancora a lavoro, così poterono entrare senza bisogno di troppi stratagemmi e catapultarsi in camera il più velocemente possibile. Non sarebbe stato facile nascondere la marea di acquisti fatti al negozio di elettronica, ma avrebbe comunque trovato qualche scusa.
La prima cosa che fece Kurt una volta rientrato nella camera, fu togliersi gli abiti prestati da Blaine, guardandoli con aria contrariata.
“Sono contentissimo delle tute che indosso, queste cose non mi piacciono molto, mi ingrassano…”commentò, un po’ stizzito. Blaine rise, era buffo, in un certo senso.
“Senti, penso che mia madre tarderà un po’… vuoi farti un bagno? Sempre se puoi fartelo.”
Kurt inarcò un sopracciglio, dubbioso.
“Mi piacerebbe. Sì, tranquillo, ci si ripulisce anche da dove provengo per cui sarebbe magnifico… sono giorni che ho bisogno di ripulirmi. Gli ultimi bagni che ho fatto erano nelle fontane e nei laghetti artificiali di questa piccola cittadina.”
“Non dev’essere stato granché.”
“Affatto…”
“Allora seguimi, ti mostro com’è il nostro bagno, immagino sia diverso dal tuo.”
Kurt scattò verso Blaine e lo seguì lungo il corridoio, fino a quando non aprì una porta ed accese la luce.
“Bene, questo è il bagno…” disse, guardando poi Kurt e trovandolo con un’espressione a dir poco stupita. Naturalmente, Blaine aveva capito che doveva esser diverso da ciò a cui era abituato il suo ospite, per cui si premurò di spiegargli ogni cosa nel dettaglio, dal funzionamento della doccia al phon – che a quanto pare per lui era un vero mistero, da quanto aveva capito Blaine, loro avevano una sorta di gel che ‘asciugava’ i capelli una volta messo. Provò un moto di invidia perché sembrava davvero comodo.
“Bene allora suppongo che… posso lasciarti da solo.”
“Sì… credo di sì,”annuì l’altro, sfiorandosi la tuta  rivelando una lunga zip laterale, cominciando a sganciarla; Blaine rimase impalato a fissarlo, vicino alla porta, mentre la tuta si apriva lentamente rivelando una parte della pelle del suo ospite. Era bianchissima, pallida, marmorea, praticamente perfetta.
“Ehm, allora io vado.”
Blaine si chiuse la porta del bagno alle spalle, traendo un profondo respiro. Quel ragazzo sembrava emanare una specie di aurea fascinosa che lo incatenava a lui, non c’era altra spiegazione. Non si era mai lasciato ammaliare facilmente dai ragazzi, ma lui sembrava avere qualcosa di speciale, qualcosa che lo faceva sentire un vero e proprio rammollito.

“Oh! Ma ho dimenticato gli asciugamani!” esclamò, tra sé e sé, correndo in camera per recuperarli; avrebbe aperto la porta e li avrebbe appoggiati di lato sul lavandino. La doccia aveva un box con i vetri appannati per cui non avrebbe visto niente.

Quando Blaine bussò di nuovo dicendogli di essersi dimenticato gli asciugamani, si ricordò che forse Kurt non poteva rispondergli dentro la mente se non erano particolarmente vicini.
Aprì la porta con delicatezza ed improvvisamente sentì un suono; un suono dolce e melodioso che non aveva niente a che fare con lo scroscio dell’acqua. Erano parole e non erano parole sconosciute, era… una canzone.
Kurt stava letteralmente cantando sotto la doccia ed in sua presenza, per quanto fosse incredibile la voce non era nella sua testa ma nelle sue orecchie. Quella era la vera e propria voce di Kurt? Il cuore di Blaine si fermò per qualche secondo totalmente imbambolato di fronte alla sua figura offuscata dal box doccia. Sembrava voltato di spalle e sembrava anche non essersi accorto della sua presenza.
Poggiò gli asciugamani sul bordo del lavandino ma non se ne andò, rimase lì ad ascoltare la sua tenera voce, un po’ infastidito dal fatto che gli avesse mentito visto che la lingua in cui stava cantando era anche la sua e quindi, era chiaro, che potesse parlarla e un po’ affascinato perché non aveva mai sentito niente di simile in vita sua; ed era lunga da dire visto che lui partecipava ad un club di canto.

Kurt chiuse l’acqua e si voltò, notando forse la presenza di Blaine nel bagno ed aprendo lo sportello del box doccia di botto, rivelandosi nudo davanti a lui. L’altro si bloccò di colpo, arrossendo da capo a piedi, quasi incapace di dire qualcosa; ci volle molto autocontrollo per permettersi di guardarlo solo dal collo in su - il corpo del giovane rappresentava una grande fonte di tentazione per lui. alla fine decise di mettersi una mano sugli occhi per resistere meglio. Altrimenti il suo sguardo sarebbe sicuramente vacillato su tutto il suo corpo, lo sapeva.

“Da quanto sei qui?!”chiese, spaventato, ricordandosi però di parlargli nella mente.
“È inutile che insisti, ormai ho capito che puoi usare la voce. Solo che mi sfugge il motivo per cui me lo stavi nascondendo con tanta insistenza.”
“Che intendi dire?”
“Ti ho sentito cantare. Cantavi una canzone nella mia lingua. Ti chiedo di non prendermi ulteriormente in giro e di parlare con le tue labbra.”
Kurt sospirò, afferrando velocemente un asciugamano e legandoselo in vita, dando a Blaine un po’ di sollievo e togliendosi la mano dagli occhi.
“Suppongo di non avere scelta… se non quella di spiegarti,” finalmente la voce di Kurt giunse alle orecchie di Blaine per la seconda volta nell’arco di cinque minuti, il ragazzo si sentì decisamente sollevato. Perché mai mentirgli su una cosa del genere?
“Perché mi hai mentito?” chiese, ancora.
“Non potevo fare altrimenti. La mia voce può incantare chi la ascolta.”
Blaine inarcò le sopracciglia, indicandosi.
“Io non sono incantato, eppure ti ho sentito.”
Kurt sospirò; per la prima volta si sentiva messo a nudo da quel ragazzo, da quel semi sconosciuto che lo stava salvando ed aiutando. Non sapeva di cosa avesse paura, non sapeva perché la sua voce non avesse effetto su di lui… eppure, nei suoi studi, aveva letto che con il canto si potevano incantare gli umani di quel secolo, o affascinarli, o dar loro un’emozione. Che avesse frainteso quelle parole? Si morse il labbro inferiore, pensieroso.
“Non lo so. Ma suppongo sia un bene ormai… no?”
Blaine guardò il suo ospite ed annuì, un po’ titubante.
“Se non sapessi che vieni da lontano, ti direi che sembri un ragazzo qualunque.”
Kurt indietreggiò di qualche passo.
“Lo prenderò come un complimento.”

Blaine non rispose e si voltò di scatto, ricordandosi con un certo imbarazzo che Kurt era ancora nudo; i suoi occhi scorsero appena sotto il petto e si premurò di mettersi una mano sul viso per non vedere oltre.

“M-magari ne parliamo dopo… rivestiti,” disse, fuggendo poi fuori dalla porta, sentendo il proprio stomaco in fiamme.

Era sempre tutto più confuso e delirante. Quella specie di alieno umanoide parlava, era quasi identico a lui fisicamente ed era decisamente troppo bello per essere reale. Il giovane sospirò, portandosi una mano al cuore; cosa doveva fare per avere un po’ di pace?

*

Kurt arrivò in camera sua di nuovo nella propria divisa e con i capelli perfettamente acconciati e Blaine lo accolse con un tiepido sorriso.

“Quindi… credo che tu mi debba delle buone spiegazioni per questo.”
“Te le ho già date, non c’è niente da dire.”
“No? Senti, Kurt, sempre se è il tuo vero nome, io voglio aiutarti e te lo ripeterò da qui all’infinito, ma se tu non mi vieni incontro non potrò fare niente.”
Kurt sospirò, esasperato, portandosi una mano ai capelli.
“D’accordo. D’accordo. Io vengo da un altro pianeta e no, temo che gli aggeggi che abbiamo comprato non potranno aiutarmi. L’unica soluzione è rimanere sulla Terra e sperare che mi trovino e ti prego, Blaine, non lasciarmi da solo. Non saprei dove andare né cosa fare. In realtà sono disperato; mi mancano i miei amici, mi manca la mia famiglia, mi manca tutto. Attualmente però, non posso tornare indietro… e l’unica chance che ho di rimanere vivo, ora che tu conosci anche la mia voce e cominci a sapere un po’ troppo di me, sei tu. Ti chiedo solo di farmi rimanere, Blaine, tutto qua.”
“Io lo farò, ma sai che non posso mostrarti ai miei genitori… come farò a tenerti nascosto per tanto tempo?”
“Non puoi fingere che sia un tuo amico che non ha più una casa?” tentò Kurt, sentendosi terribilmente in imbarazzo.
Blaine sospirò, guardando l’altro.
“Io sì… suppongo di sì. Troveremo un modo. Ma la mattina dovrai venire a scuola con me. Ovviamente la Dalton è privata, per cui non potrai entrare, in compenso ti indicherò qualche posto sicuro in cui rimanere, diciamo che dovrò addestrarti a stare tra gli umani.”
“Ma non sono un cane!”
Blaine rise di riflesso.
“No, però molte abitudini ti risultano strane, per cui credo che sia opportuno fare qualcosa. Comunque sia, stasera parlerò con mamma, dicendole che ho un amico attualmente ‘senza tetto’, le chiederò se possiamo ospitarti. Mio padre non sarà molto d’accordo, ma poco importa, a questo punto dobbiamo trovare un modo per attrezzarti, non intendo buttarti in mezzo alla strada, non lo farei assolutamente…”
Lo sguardo di Kurt cadde sul pavimento, rimase a fissarlo per qualche secondo, rimanendo indecifrabile agli occhi di Blaine. Lui aveva un segreto, aveva un segreto enorme, troppo grande, ma non poteva ancora rivelarlo.  Però Blaine era buono con lui, era gentile, non aveva provato a fare degli esperimenti sulla sua persona, non lo aveva portato alla stampa o a chissà quale studio scientifico. Kurt interruppe il contatto col pavimento ed incontrò lo sguardo di Blaine, soffermandosi.

“Ti ringrazio, Blaine.” Disse, con voce tranquilla, forse per la prima volta anche quasi ‘serena’ anche se era chiaramente un tono di rassegnazione. Ma una sorta di rassegnazione positiva.
Blaine annuì e sistemò gli acquisti in un lato della stanza.

“Sei proprio sicuro che questi oggetti non ti servano?”
“Non lo so Blaine, vorrei provare a costruire una versione avanzata di un trasmettitore, ma ho paura di non riuscirci.”
“Se non ci provi, non lo saprai mai.”
Kurt annuì.
“In fondo hai ragione, penso che ci proverò…” rispose, guardando il sacchetto.
“Vado a prendere qualcosa da mangiare, spero di non intossicarti con qualcosa di umano!” esclamò, ridacchiando.

 Blaine risalì velocemente le scale, offrendo a Kurt un paio di dolcetti ed un bicchiere di acqua fresca.
Kurt addentò il dolcetto gustandolo con particolare felicità, sembrava non aver mai assaggiato niente del genere.
“Da dove provengo esistono sapori diversi. Probabilmente perché ormai abbiamo ingredienti diversi, però è davvero delizioso…” si congratulò rivolgendo uno sguardo felice a Blaine.
“Li ha cucinati mia madre, sono dei cupcakes,” rispose, assaggiandone uno a sua volta.
“Sono molto dolci, mi piacciono le cose dolci,” Kurt ne prese un altro, uno con la glassa azzurra.

Finirono di mangiare i cupcakes e Kurt si sentì d’impulso più contento. Il fatto che Blaine stesse scoprendo più cose sul suo conto non era propriamente una cosa positiva, ma per qualche assurda ragione, Kurt ne era quasi felice, forse era stanco di mantenere i segreti che erano dentro di lui, o forse, poco a poco, stava imparando a fidarsi di Blaine.
Blaine era così dolce, con lui, Blaine gli ricordava altre persone, le persone da dove proveniva che lo amavano. Blaine era un po’ come la sua famiglia, l’unica persona che aveva in quel momento e cominciava ad essere pericolosamente vicino e non solo fisicamente.
“Hai un po’ di sporco qui…” mormorò Blaine, risvegliandolo dall’incanto ed allungando una mano verso di lui per ripulire il labbro inferiore con un dito, osservando gli occhi di Kurt spalancarsi e tremare al contatto. Portò via i residui di zucchero e gli sorrise con dolcezza, doveva aver appena colpito il suo nuovo ospite con quel gesto.
“Oh…” Kurt rimase qualche minuto buono a fissare l’altro ragazzo, incantandosi; sembrava non lo avesse mai visto davvero, sembrava che qualcosa stesse cambiando dall’evento di poco prima avvenuto in bagno. Normalmente era la sua voce a dover incantare gli umani, sembrava invece che qualcosa di Blaine stesse incantando lui. Gli occhi forse? La sua gentilezza? Il giovane era sicuro che se solo Blaine lo avesse voluto avrebbe potuto buttarlo fuori di casa, ed invece non lo aveva fatto.

“Mi piacciono i ragazzi” disse di botto Kurt, rompendo il silenzio.
Blaine alzò il volto verso di lui, aggrottando le sopracciglia.
“Come scusa?”
“Qua da te c’è ancora questa distinzione, per cui… visto che tu me lo hai detto, penso sia corretto che io faccia lo stesso. Mi piacciono i ragazzi” ripeté, con una certa fermezza ma sentendo il cuore tremare per qualche inspiegabile ragione.
Blaine annuì, e gli sorrise.
“Grazie, beh… per avermelo detto, suppongo…” mormorò, consapevole di apparire piuttosto sconnesso. Afferrò il suo bicchiere d’acqua mentre sentiva le guance andargli in fiamme.
“Era il minimo. Da dove provengo non è più un problema, ma qui sembra esserlo da quel che dici.”
“Lo è,” affermò secco, Blaine, con un po’ di amarezza nella voce.
“Ma non sei solo, Blaine.”
“No… lo so, però mi sento solo.”

Kurt allungò una mano sulla sua spalla e la accarezzò, sorprendendo il giovane Warblers. Era la prima volta che faceva un gesto del genere, un gesto carino, sentito. Blaine gli sorrise con riconoscenza.

Forse il loro rapporto poteva cominciare a prendere una piega migliore.

Note di fine capitolo:
Per prima cosa, voglio ringraziare tutti coloro che leggono, recensiscono e seguono la mia storia! Grazie, grazie di cuore!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che lascerete un vostro parere, che come sempre sono decisamente ben graditi!
ne approfitto per augurare buone feste a tutti ed il prossimo aggiornamento sarà il primo venerdì del 2012, se non ci sono imprevisti :)

Inoltre, volevo segnalare per chi lo volesse, una one shot Natalizia che ho scritto ispirata allo schiaccianoci e potete trovarla qui:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=903973&i=1
Alla prossima e buone feste a tutti!

Flan

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Capitolo 7
*** 7. Human ***


Note di inizio capitolo: Eccomi qua col settimo capitolo! Spero abbiate passato bene queste feste che, ahimé, stanno giungendo al termine :( l'idea di tornare ai miei doveri di studio non mi rende granché entusiasta.
A parte questo, volevo ringraziare chi mi segue e chi mi lascia dei commenti! È bello vedere come questa storia riesca ad entusiasmarvi! Per me è davvero un gran merito.
Questo capitolo è particolarmente importante, scoprirete perché ;)

Volevo anche comunicarvi che ho aperto su FB una mia pagina: *THIS* *clicca*
se volete mettere "mi piace" mi farebbe molto piacere ;) sarà un modo per tenermi in contatto diretto con voi.

Detto questo, ho blaterato abbastanza. Vi lascio al capitolo!

7. “Human”

“… Quindi volevo chiederti se possiamo far rimanere qui questo mio amico, Kurt. Non ha dove andare, potrebbe dormire nella stanza degli ospiti.”
Blaine era appena tornato dalla Dalton, era riuscito a farsi prestare una divisa da uno dei Warblers e l’aveva fatta indossare a Kurt per fargli incontrare sua madre.
La signora Anderson squadrò il ragazzo poi unì le mani con fare comprensivo. Blaine le aveva detto che Kurt aveva avuto grossi problemi con la sua famiglia e che lo avevano costretto ad uscire di casa. Non aveva specificato le ragioni, ma la madre di Blaine immaginò che fosse per un possibile coming out.
Indagò il ragazzo, facendo scorrere gli occhi scuri sui lineamenti delicati e curati di Kurt, e poi annuì.
“Tuo padre non ne sarà entusiasta, ma d’accordo. Preparerò la stanza degli ospiti e ti sistemeremo là, okay Kurt?”
Il ragazzo le sorrise riconoscente e con il cuore stretto. C’era una cosa che non poteva dire a Blaine, ma che avrebbe voluto fare. Una cosa che confermava ogni suo sospetto, e quella cosa riguardava sua madre.
Janet Anderson era una splendida donna sulla quarantina, con i capelli neri e gli occhi scuri, dai lineamenti orientali. Per Kurt, però, non era affatto un volto sconosciuto. Lui l’aveva già vista…

“Sono contento che mia madre abbia deciso di darti questa stanza!” esclamò Blaine, entrando nella camera degli ospiti. Era piccola, ma l’essenziale c’era.
“Adesso hai una stanza tutta per te, un letto e quant’altro… penso che non sia un granché ma meglio di niente, giusto? Mi raccomando, cerca di essere il più… umano possibile di fronte ai miei genitori. Ti confesserò che ho un po’ di timore, ma penso che potremo portare avanti la copertura, fortunatamente tu sei più umano di quanto non sia in realtà, per cui non dovrebbe essere un grosso problema cercare di nascondere ai miei le tue strane origini.”
Kurt annuì, ascoltando il discorso di Blaine e sedendosi sul letto, pensieroso.
“Qualcosa ti preoccupa, Kurt?”
L’altro guardò la sua divisa, sganciandosi la giacca che riteneva davvero, davvero molto scomoda.
“No… no, sono solo un po’ in pensiero per i miei genitori,” mentì, anche se non totalmente.
“Ti mancano molto, eh?”
Kurt annuì.
“Un po’, sì. Mi manca anche mio fratello…”
“Hai un fratello? Io sono figlio unico, dev’essere bello…”
Kurt allargò le labbra in un sorriso, annuendo.
“Sì, lo è. Gli voglio un sacco di bene.”
“Più tardi ti va di fare un giro fuori? Dovrei incontrare alcuni dei miei amici ad un caffè, mi farebbe piacere se venissi anche tu. In fin dei conti, dal momento che devi rimanere qua finché non ti trovano, socializzare non dovrebbe essere del tutto negativo, per te, no?” chiese Blaine, sorridendogli e sperando in una risposta positiva.
Kurt lo fissò per qualche attimo, poi annuì; in fin dei conti non aveva molte altre scelte, ed anche se non era elettrizzato dall’idea di incontrare gli amici di Blaine, era pur sempre una soluzione migliore che rimanere lì ad arrovellarsi l’anima su qualcosa di quasi irrisolvibile.

*

Blaine arrivò al Lima Bean con qualche minuto di ritardo; non era mai facile essere puntuali, specialmente se doveva portarsi Kurt dietro che rifiutava qualunque abito gli proponesse d’indossare. Ma era fuori discussione che potesse uscire con la sua tutina attillata e senza nient’altro indosso.
Seduti al tavolo c’erano tre ragazzi, un orientale, un ragazzo biondo ed un ragazzo un po’ più alto, dai capelli scuri e l’aria un po’ assente.
Kurt si bloccò immediatamente dietro Blaine, senza proseguire oltre.
“Tutto bene?” chiese Blaine, dando un’occhiata al nuovo amico.
“S-sì,” mentì, mordendosi il labbro inferiore. I suoi occhi erano spalancati ed il suo cuore batteva a mille ma Blaine non poteva sapere perché. “Come si chiamano?” chiese immediatamente con aria sconvolta.
“Finn, Jeff e Wes. Jeff e Wes sono due miei amici della Dalton, Finn è un amico di vecchia data.”
“Oh…” Kurt si frenò; Blaine non poteva sapere per quale motivo aveva reagito con così tanta tensione, ma era tutto più che motivato.
“Qualcosa non va?”
“No… no… va tutto bene,” cercò di rassicurarlo con un sorriso che di sicuro aveva ben poco. Blaine si strinse nelle spalle.
“Se lo dici tu…”
Gli occhi azzurri di Kurt indugiarono su Finn Hudson. Lui lo conosceva.
“Blaine!” esclamò uno dei tre seduti al tavolo, alzando la mano, “vieni qua!” continuò, felice di vedere l’amico. A parlare fu il ragazzo biondo che Blaine chiamò ‘Jeff’.
Quando si sedettero al tavolo, la tensione di Kurt aumentò progressivamente e nel momento delle presentazioni raggiunse il picco delle sue paure; allungò una mano verso Finn per stringerla, e provò una scossa al cuore. Quel ragazzo era la prova materiale che ogni sua teoria era fondata. Quel ragazzo gli ricordava tremendamente casa sua ed al solo pensiero provava un grosso nodo alla gola.
“Piacere Kurt…” disse solamente, con un gran sorriso, “sono Finn Hudson.”
“Kurt Hummel” mormorò in risposta, cercando di essere cortese e mostrarsi naturale, specialmente sotto l’occhio vigile di Blaine che non smetteva di scrutarlo, sembrava che avesse intuito qualcosa. In cuor suo, Kurt sperava che Finn si accorgesse di qualcosa, che si stupisse nell’udire il suo nome, ma dai suoi occhi non provenne nient’altro se non una sensazione di positività.
Ma Kurt conosceva già Finn, forse non quel Finn, ma lo conosceva; man mano che lo sentiva parlare era come se la sua voce lo riportasse indietro, a casa, ma questo gli altri non potevano saperlo. Era rimasto ipnotizzato quasi tutto il tempo a fissargli le labbra e gli occhi, cosa che non sfuggì, purtroppo, a Blaine. Per il resto, Kurt tacque per quasi tutta la giornata. Quando si salutarono, Kurt strinse la mano ai tre ragazzi e concentrò il suo sguardo sul giovane Hudson, il quale lo ricambiò, un po’ inquietato dal suo essere così gelido e imperturbabile.

“Eri strano, oggi…” constatò Blaine, uscendo dal Lima Bean ed incamminandosi verso casa.
“Mh?” Kurt fece finta di nulla, stringendosi nelle spalle.
“Sembravi preoccupato per qualcosa, qualcosa che vuoi nascondermi.”
“Non ti sto nascondendo niente.”
“Non si direbbe. Mi nascondi molte cose, tu sei un mistero. Non riesco a capire cosa c’è oltre la tua apparenza, ma sarebbe molto bello se tu ti aprissi con me definitivamente.”
Kurt si passò una mano tra i capelli, in ansia. Cosa doveva fare?
“Avevo solo la sensazione di conoscere quel Finn…” mormorò Kurt, stringendosi nelle spalle e rivolgendogli un’occhiata velocissima; non voleva altre domande, per cui doveva zittirlo subito “e mi inquieta conoscere persone nuove, tutto qua.” Concluse, con tono tassativo.
“Non mi dispiacerebbe se tu fossi meno criptico,” ammise Blaine, lievemente scocciato; Kurt non riuscì a comprendere immediatamente la reazione, sembrava esser data da una sorta di gelosia, ed in effetti era così. Per tutto il tempo, Blaine aveva provato un fastidio interiore nel vedere l’interessamento del suo nuovo ospite nei confronti del vecchio amico, o perlomeno quello che sembrava interessamento. Non capiva perché si sentisse così infastidito, ma non era una sensazione piacevole.
“Cosa devo dirti? Non sono stato criptico, ho detto la verità…”
“Forse.”
“Blaine, ti dico che… oh, ma che te lo spiego a fare, non potresti capire.”
“Se tu mi dessi l’occasione, magari potrei provarci a capire, non credi? Non puoi tacere su ogni cosa e pretendere che io la scopra dal niente, come se potessi scoprire passo passo ogni tua particolarità; non ti ho già dato la prova che puoi fidarti di me? A cosa ti serve nasconderti ancora?”
“Non lo so. Cerca di comprendermi, ho paura. Paura che tu possa rivoluzionare un equilibrio sottile, talmente sottile da poter esser spezzato da poche e semplici parole. Vorrei tanto parlarti di me, dirti tutto fino in fondo, ma non penso di poterlo fare.”
Blaine si innervosì e digrignò i denti. Che razza di situazione era quella? Perché capitavano tutte a lui? Gli rivolse un’occhiata distaccata, trovandosi in quella scomoda situazione dove finiva per odiare Kurt tanto quanto riusciva ad incuriosirlo.
“Fai come ti pare,” rispose, mettendosi le mani in tasca, camminando un poco più veloce di prima. Kurt accelerò il passo a sua volta.
“No, non dire così! Non lo faccio perché ho paura di te… so che mi posso fidare, ma è importante che io mantenga questo genere di segreto.”
“Era importante che tu tenessi segreto anche il fatto che puoi parlare?”
Kurt si morse il labbro inferiore, indeciso.
“In realtà no, ma cosa potevo saperne? Da dove provengo, la voce ed il canto possono essere strumenti di seduzione, non so come mai su di te non abbia funzionato, e neanche sui tuoi amici. Ne sono felice perché sarebbe stato frustrante far strage di cuori, senza contare che non tutti sono omosessuali e presumo che sarebbe stato piuttosto sconveniente che un eterosessuale potesse infatuarsi di me.”
“Puoi far innamorare anche gli etero?” chiese Blaine, con un sorriso.
“Suppongo di sì, considerando che la mia voce ha varie potenzialità. In realtà non lo so, da dove provengo non c’è tutta questa distinzione, come ti ho già detto. I problemi sembrate farveli solo voi.”
“In effetti sì…” rifletté Blaine, stringendo le labbra e le spalle, “ad ogni modo, nascondendomi tutto non aiuterai il nostro rapporto e neanche il ritorno nella tua dimensione. Se davvero vuoi tornare, ora mi sta venendo un po’ il dubbio.”
“Ovviamente voglio tornare, soltanto che non posso. Visto che insisti, comunque, proverò a dirti per quale motivo sono tanto scioccato…” cominciò, unendo le mani dietro la schiena e stringendole, si sentiva ansioso; “conoscevo… conoscevo Finn.” Esordì, alzando gli occhi verso di lui ed aspettandosi esattamente l’espressione che gli trovò sul volto, ovvero di totale stupore.
“Conosci Finn.”
“Sì.”
“E come sarebbe possibile questo?”
Kurt sapeva che la sua affermazione avrebbe portato ad altre domande impossibili da evitare, per cui cercò di farsene una ragione. Era giunto il momento della verità? Kurt avrebbe preferito di cuore che non lo fosse.
“Parliamone a casa, per favore. Non voglio spiegartelo per strada mentre qualcuno potrebbe sentirci…”

Blaine accettò di arrivare fino a casa. Fu un viaggio frustrante e non poteva far a meno di pensare che quella situazione stesse sfociando nell’assurdo più assurdo mai esistito. Cosa significava che Kurt conosceva Finn? Perché? Ogni sua ipotesi riguardo al ragazzo era caduta, ormai, era tutto messo in gioco, tutto da capire ed esplorare. Blaine non aveva idea di che strada stesse prendendo, sapeva solo che era molto ripida e pericolosa, e sapeva altrettanto che quel meraviglioso… alieno così poco alieno, lo affascinava ogni giorno di più, ed il che non era totalmente facile per uno come lui. Ma c’era qualcosa, forse il suo canto lo aveva davvero stregato o la sua voce, ma qualunque cosa fosse, Blaine si sentiva sempre più legato a lui ed ormai sembrava totalmente inevitabile che il loro destino non coincidesse in qualche strano modo.
Si ritrovarono in camera, con due tazze di caffè e latte fumanti in mano e un silenzio a dir poco raggelante.
“Avanti, racconta,” cominciò Blaine, incuriosito ed allo stesso tempo timoroso di quello che Kurt avrebbe potuto dire.
“Innanzi tutto mi sembra corretto cominciare dicendoti che… io sono umano.”
Gli occhi di Blaine si spalancarono di botto e per poco la tazza non cadde dalle sue mani.

Note di fine capitolo: Allora! Credo che questo capitolo causerà molte opinioni contrastanti, spero di non esser fucilata seduta stante per avervi fatto aspettare così tanto e farvi aspettare ancora un po' per delle spiegazioni razionali!
Questa è una delle fasi della storia che ho amato particolarmente scrivere, spero renda abbastanza bene e che non sia deludente. Per chi volesse farmi sapere la sua opinione, positiva o negativa che sia, è ovviamente ben accetto.
Ci vediamo al prossimo aggiornamento, e buona befana!

Flan

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Capitolo 8
*** 8. The Truth ***


Note di inizio capitolo: D'ora in poi cominciano le spiegazioni, e stavolta davvero. Sono felice di sapere che per alcuni di voi lo scorso capitolo è stato a dir poco spiazzante.
Come sempre, ringrazio chi mi segue, chi inserisce la storia nei preferiti, ma soprattutto chi decide di darmi il suo parere. Tengo molto a questa storia e sapere cosa ne pensate per me è fondamentale e senz'altro molto gratificante per il mio lavoro. Vi ringrazio tantissimo e di cuore!
Per chi non lo avesse ancora fatto, vi rinnovo l'invito a seguirmi sulla mia pagina su Facebook :) : *QUI*

8. “The Truth”

“Sì Blaine. Io sono umano, esattamente come te… o meglio, quasi,” la voce di Kurt era ferma ed i suoi occhi azzurri fissi su quelli dell’altro. Aveva dato uno shock di proporzioni cosmiche a Blaine, lo sapeva bene. Specialmente perché era talmente… contraddittorio, sembrare umano dalle apparenze ma non esserlo per caratteristiche anomale.
“Tutto questo ha senso…” mormorò Blaine, stringendosi nelle spalle, “ma allo stesso tempo non lo ha. Come potevi parlarmi nella testa? Cosa… cosa sono quelle tute strane, le orecchie leggermente appuntite, la voce ‘incantatrice’ e tutte quelle robe là? Sei una specie di mago?” il ragazzo cominciò a vaneggiare quasi totalmente, preso dal panico e da un senso di affollamento mentale; ogni cosa che aveva creduto era puramente sbagliata, ma come poteva esserlo? Questo Blaine non riusciva a capirlo. Si sentiva preso in giro, soggiogato. Poteva dirgli da subito la verità, perché aspettare così tanto? E cosa c’entrava con tutto quello con il fatto che conoscesse Finn?
“Tu… tu…”
“Blaine calmati! Adesso ascoltami e, per favore, non m’interrompere.”
“C-come puoi pretendere che non t’interrompa o che io rimanga calmo? Mi stai rivelando cose scioccanti e… e io… Dio, perché…” si mise le mani sul volto con disperazione e inspirando profondamente, premendosi le falangi sulle guance, “d’accordo. D’accordo, parla. Dimmi questa maledetta verità, sconvolgimi e mettiamo un punto a questa maledetta situazione.”
Kurt lo guardò un poco intimidito; Blaine era una persona sempre gentile, non era molto comune vederlo alzare la voce.
“Come ti dicevo… io sono umano, esattamente come te. O meglio, non proprio. Come hai notato, come ti ho fatto notare, io ho delle caratteristiche speciali che voi umani di quest’epoca non avete. Posso sentire a distanze più ampie rispetto a quelle a cui puoi sentire tu, posso parlarti nella mente, posso fare un’altra marea di cose che beh, voi in quest’epoca non avete ancora sviluppato; come adesso potrai sicuramente capire anche da solo, io vengo da un’altra epoca, da un futuro di questa dimensione. La specie umana si è sviluppata, passando ad un altro stadio di evoluzione, esattamente come… in passato. Da ciò che ho studiato e trovato negli immensi, anche se pochi, archivi che sono rimasti nella mia epoca, l’evoluzione umana sembrava ultimata, ma tra circa cinquant’anni qualcosa dovrebbe cambiare radicalmente il vostro pianeta, o meglio, la vostra era. Nel futuro la terra esiste ancora, ma ha subito delle fondamentali modifiche di clima e vivibilità. Ciò che succederà dovrebbe… dimezzare l’umanità e quelli che sopravviveranno, beh, saranno modificati geneticamente con dei vaccini che inventeranno o qualcosa di simile, credo di non esser riuscito a capire bene questo passaggio; ciò significa che da quella generazione in poi, gli umani cominceranno ad assumere caratteristiche e capacità speciali, esattamente come me, fondando un nuovo stadio di evoluzione umana.
Il principale motivo per cui non potevo raccontarti tutto ciò è che il mondo si basa su un sottile equilibrio tra dimensioni. Ne esistono tre, come potresti vedere in vari film o… nei fumetti: passato, presente e futuro. Per quanto riguarda, io appartengo alla terza mentre tu alla seconda. Solo che nessun umano dovrebbe conoscere questo fatto ed è pressoché impossibile che voi lo sappiate poiché questo studio verrà realizzato nella mia, ovvero nel futuro. Tra circa due millenni, voi saprete che esistono queste tre dimensioni ma che fondamentalmente è inutile, poiché per una questione di stabilità non vi è concesso cambiare nessun evento… e beh, perlomeno questo è ciò che mi hanno insegnato. Io sono solo una recluta mandata qua per sperimentare e ricercare le somiglianze tra la mia epoca e la vostra, per completare gli studi e capire se, effettivamente, ci sono queste somiglianze e se queste tre dimensioni siano legate ufficialmente. Inoltre…” Kurt prese un sospiro profondo e guardò Blaine che aveva l’espressione più indecifrabile della terra; non riusciva a capire se fosse incazzato, deluso, sorpreso, esaltato o semplicemente apatico.
Blaine decise di intervenire per cancellare il sovraffollamento di idee ed emozioni che invadevano con forza il suo cuore e la sua testa. Tese in avanti la mano come per bloccare Kurt.
“Fammi capire bene… tu vieni dal futuro.” Disse, con voce distaccata.
“Sì.”
“Ed io dovrei credere a tutte queste… cose.”
Kurt allargò gli occhi, stupito ed amareggiato dall’affermazione di Blaine.
“Ma tu accettavi che fossi un alieno! Cosa c’è di meno credibile nella mia storia?”
Blaine non seppe rispondere immediatamente. Si morse il labbro inferiore, pensieroso ed un po’ innervosito. Questo spiegava ogni cosa, ma non era totalmente sicuro di ciò che Kurt gli stava dicendo; e se stava ancora mentendo?
“Non lo so.”
“Ecco.”
“Suppongo che dovrei crederti, quindi.”
“Devi. Devi credermi, perché adesso ti spiegherò la parte più umh, interessante e forse ti apparirà assurda ma ti prego di credermi. Mi hai sostenuto fino ad adesso, sostienimi anche in questo momento. Ti sto dicendo la verità, una verità che dovrà rimanere dentro questa stanza e che sarà condivisa solo da me e te. Non sai quanti sconvolgimenti potrebbe portare una fuga d’informazioni del genere.”
Blaine inarcò le sopracciglia.
“Oh beh, io penso proprio di sapere cosa potrebbe comportare.”
“Bene, allora taci ed ascoltami. Il motivo principale per cui sono venuto qua, o meglio, per cui mi sono offerto di venire qua, è uno soltanto: volevo trovare mia madre. Nella mia epoca, mia madre è morta quand’ero ancora molto piccolo, recentemente, dopo vari studi, sembrava esser emerso un fatto molto importante: tutte le persone hanno un doppione nelle varie epoche. Tu esisti nel passato, esisti nel presente ma anche nel futuro. Il motivo principale per cui io non potrei stare qui è perché corro il rischio di incontrare l’altro me stesso. La mia doveva essere una ricerca veloce, operata grazie ai macchinari che mi hanno permesso di venire qua, ma che essendo in via sperimentale si sono danneggiati… e beh, ora sono piantato qui finché qualcuno non viene qui a… portarmi via. Non saprei ricostruire una… ‘macchina del tempo’, chiamiamola così, è un oggetto altamente complesso e solo gli scienziati del mio tempo sanno realizzarne una. Ad ogni modo, penso che sappiano che sono piantato qua e quindi… beh, mi recupereranno, presto o tardi.”
“Te lo auguro, ma permettimi di dirti che questa storia ha dell’assurdo e dell’incredibile. Sono un po’ perplesso, anzi, molto a dire il vero… anche se non vedo perché dovresti mentirmi, a meno che tu non sia pazzo.”
“Oh no, non sono pazzo. Ora ti spiegherò perché… beh, perché mi sono sconvolto quando ho visto Finn.”
“Non dirmelo: conoscevi il suo doppione nella tua epoca.”
“È mio fratello.”
Blaine spalancò gli occhi, stupito. “Vuoi dirmi che… è possibile che i rapporti tra le persone siano… diversi? Pensavo che le persone dovessero avere le stesse caratteristiche e gli stessi atteggiamenti. E poi non capisco, ogni persona ha un futuro e quindi una morte, com’è possibile che si possa essere vivi in una dimensione in cui dovrei essere morto?”
“Semplicemente perché ogni persona ha… un doppione nelle tre dimensioni, come ti ho detto. Probabilmente nel momento in cui tu morirai qui, sarai morto nel passato e sarà giunta la tua ora anche nella dimensione futura. Non si tratta di vedersi in modo diverso, si tratta, in un certo qual senso, di vivere in tre pianeti diversi contemporaneamente, anche se di fatto sono lo stesso.”
Blaine gli rivolse uno sguardo interrogativo e poi si portò una mano sulla fronte, stringendo gli occhi.
Tutte quelle informazioni e per giunta una più folle dell’altro.
“Senti forse… è meglio se… per il momento la chiudi qua. Credo che tu mi abbia detto abbastanza e mi sta venendo un mal di testa senza precedenti. Io… non so, forse devo dormirci su, ma è tutto così assurdo. Adesso ogni cosa mi sembra assurda, potrei dubitare della tua esistenza e pensare che sei solo frutto della mia immaginazione. Ho letto troppi fumetti e… decisamente, ho visto troppi film.”
“Mi dispiace che tu non mi creda o che tu ti senta confuso ma… è comprensibile…” Kurt si strinse nelle spalle, fissando il pavimento; si sentiva deluso in qualche modo, perché credeva in Blaine, ed anche se era restio nel dirgli cose del genere, sperava che lo avesse capito e forse si era illuso che si sarebbe fidato di lui ciecamente, senza troppi dubbi. Ma si sbagliava. E poi aveva sinceramente paura di essere abbandonato; Blaine era l’unica persona che aveva accanto, l’unico che non lo avrebbe venduto ai primi scienziati o ricercatori, l’unico che non lo avrebbe ucciso, ed ora aveva tremendamente paura di perderlo. Perché avrebbe avuto tutto il diritto di sbatterlo fuori di casa, lo aveva dal momento in cui lo aveva trovato in quel fottuto parco. Ma sorprendentemente Blaine non fece niente di ciò che Kurt aveva paura; semplicemente si alzò e di accarezzò una spalla.
“Mi dispiace se sto reagendo così… mi faccio un bagno caldo, vedo di riflettere su tutto ciò e torno, d’accordo?”
Kurt annuì e lo aspettò lì, seduto sul letto. Si ritrovò a fissare la porta proprio quando l’altro la chiuse alle proprie spalle.
Come si era ritrovato in una situazione del genere?

*

La porta di camera si aprì di botto e Kurt sussultò; era ancora seduto sul letto a rimuginare, ma a sua enorme sorpresa, quello che entrò nella stanza non era Blaine, bensì sua madre.
“Oh, scusami… sai dov’è mio figlio?” chiese la donna.
“È… in bagno, ha detto che aveva bisogno di rilassarsi un po’…” rispose, fissando la donna con i suoi enormi occhi azzurri.
“Beh, potresti chiedergli di scendere un attimo quando ha finito? Dovrei parlargli.”
“Certo…”
La donna sparì dalla stanza tanto quanto velocemente vi era apparsa.
Il cuore di Kurt batteva a mille perché l’idea di rivedere una persona morta di fronte ai suoi occhi improvvisamente viva lo rendeva tremendamente nervoso.
Era tutto così strano, e come poteva dire a Blaine ogni cosa? E chissà se quella donna sarebbe stata comunque la madre del Blaine della sua epoca.
Kurt si ritrovò a fare riflessioni complesse ed un po’ insensate; perché mai avrebbe dovuto cercare un Blaine nel futuro se mai fosse riuscito a ritornarci?

Un secondo schiocco della porta lo risvegliò dai suoi pensieri.
“Ho deciso di crederti.”


Note di fine capitolo: D'ora in poi, anche se non subito, scopriremo sempre più dettagli sul mondo di Kurt. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia soddisfatti abbastanza. Queste sono le parti della storia che ho preferito scrivere, per cui ci tengo davvero ad un vostro parere :)
Al prossimo venerdì!

Flan

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Capitolo 9
*** 9. Changes ***


Note di inizio capitolo: Ecco l'aggiornamento, come ogni venerdì! La "prima parte" della storia sta per giungere al termine, mentre mi sto accingendo a scrivere la seconda, che comincierà precisamente dal 12° capitolo in poi. Confido di scrivere capitoli un po' più lunghi di questi!
Come sempre, volevo ringraziare l'entusiasmo con cui mi recensite e seguite la storia, avere un "feedback" per me è davvero molto importante e sono soddisfatta di vedervi così curiosi di scoprire i risvolti della storia.
Questo capitolo avrà diverse svolte, forse potrà farvi storcere il naso, spero vivamente di no, ma questo è quanto.
Intanto, rinnovo l'invito per chi volesse contattarmi anche su FB, ad iscriversi alla mia pagina cliccando qua: *QUI*
ps: scusate la lentezza con cui rispondo alle recensioni, ma ultimamente il ritorno in università mi sta uccidendo! provvederò al più presto a rispondere a tutti :D


9. “Changes”

Era passato un mese esatto da quando Kurt aveva rivelato a Blaine la sua vera origine e da quel momento erano successe davvero molte cose.
Blaine si era trovato costretto, nello stesso giorno, a spiegare a suo padre la presenza di Kurt nella loro casa. Non l’aveva presa molto bene, ma per fortuna sua madre sembrava aver messo a tacere qualunque possibile protesta del marito e Blaine – ma anche Kurt – gliene era infinitamente grato. Aveva fatto capire al signor Anderson che in alcun modo era il fidanzato di suo figlio ma solo un povero ragazzo bisognoso di un tetto sulla testa; del resto erano piuttosto ricchi ed una bocca in più da sfamare non avrebbe di sicuro danneggiato.
Blaine e Kurt ringraziarono tutti gli dei del cielo l’essere taciturno di suo padre, era meglio di qualunque domanda totalmente inopportuna.
Nei primi tempi dopo la fatidica rivelazione, Blaine fu piuttosto rigido con Kurt. Non riusciva ad essere se stesso, non riusciva a guardarlo in faccia senza sentirsi strano o preso in giro, ma sapeva che era solo una situazione momentanea e che sarebbe andata a scemare.
E dato che il tempo passava ma nessuna notizia arrivava dalla dimensione di Kurt, Blaine convenne che la scelta migliore fosse farlo partecipare alle attività della Dalton che non riguardavano lo studio; purtroppo non poteva pagare la sua quota scolastica, ma perlomeno avrebbe provato a farlo inserire nei Warblers, magari di nascosto, anche solo come hobby; la cosa sarebbe rimasta tra di loro visto che il gruppo era autogestito, temporaneamente gli sembrava la soluzione migliore, anche per allontanare i sospetti dei genitori che stavano diventando decisamente troppi, così come le loro domande sul perché Kurt fosse iscritto alla Dalton ma non la frequentasse quanto lui. Blaine si inventò sul momento che Kurt aveva solo avuto una specie di sospensione didattica e che presto avrebbe ripreso a frequentare la scuola.
Ovviamente, tenere nascosto tutto stava diventando sempre più frustrante e difficile, ma Blaine sapeva che non c’era molta altra scelta; l’unica cosa che poteva fare era tentare di proteggere il segreto di Kurt in ogni modo possibile e tenendo lontani i sospetti dei genitori.

*

Ma non era solo quell’aspetto della loro vita ad essere cambiato. Kurt sembrava molto più sciolto e naturale con Blaine e sembrava quasi abituarsi all’idea di vivere in quell’epoca; stava cominciando, infatti, a documentarsi sulle usanze, sui posti, su ciò che di più caratteristico c’era in quel tempo. Aveva cominciato anche a provare ad interagire con altre persone che non fossero Blaine, come quando andavano al Lima Bean per un caffè con Wes e David, o gli altri ragazzi, e provava ad allacciarsi ad un qualche discorso. Inutile dire che era piuttosto fiero di lui e dei suoi piccoli progressi, come quelli di un bambino che era passato dal gattonare al camminare.
Kurt, dal canto suo, era felice della sua stessa evoluzione; percepiva solo una parte del cambiamento e della nostalgia per il suo tempo, perché, inspiegabilmente, stare lì stava diventando piuttosto bello. Aveva cominciato ad indossare abiti normali senza sentirsi un’idiota, aveva cominciato a parlare con le persone senza aver paura che la sua voce potesse incantarli, aveva cominciato a far colazione la mattina con latte, caffè e biscotti ed aveva imparato a sorridere anche un po’ di più. Aveva visto per la prima volta specie di animali magnifiche, farfalle dalle ali colorate e belle, piccoli scoiattoli nei parchi - così li aveva chiamati Blaine, - ed aveva visto tanti posti ancora popolati dalla natura.

Kurt riusciva a ricordare con meraviglia e stupore la prima volta che aveva visto la pioggia. Era stato un momento magico, strano, e mentre Blaine si riparava sotto una cosa strana che chiamava “ombrello”, lui si era gettato sotto le gocce, sotto quello scroscio d’acqua che lo bagnava e che sembrava così puro, così strano.
“Non hai mai visto la pioggia?” gli chiese Blaine, stupito ed incredulo; era pur sempre un evento atmosferico, com’era possibile che non l’avesse mai vista?
“Nel mio tempo non piove da anni. Stiamo vivendo con risorse che siamo riusciti a creare, ma l’acqua è una risorsa che sta per finire. Per fortuna, abbiamo scoperto delle specie di… “valli sotterranee” che si sono conservate per anni. Non essendo esposte alla luce del sole lì l’acqua non si è prosciugata ed in questo modo possiamo sopravvivere. Anche se non saprei per quanto tempo durerà. Gli scienziati stanno tentando di ricostruire tramite processi chimici un evento atmosferico che simuli la pioggia, pare ci siano quasi riusciti ma ovviamente non sarà naturale e non sarà così bello…” aggiunse infine, continuando a rimanere sotto la pioggia scrosciante.
Blaine si strinse ancora di più nelle spalle, rimanendo sotto il proprio ombrello; un mondo senza pioggia, un mondo devastato dall’uomo. Che razza di futuro aspettava l’umanità?
“Però ti conviene venire sotto l’ombrello, o ti prenderai un malanno!” gli esclamò il giovane Warbler, offrendogli il braccio, ma Kurt non accettò. Rimase sotto la pioggia che bagnava il suo splendido viso bianco ed i suoi setosi capelli castani. Blaine neanche si accorse di essere rimasto a guardarlo con la più perfetta faccia da idiota che avesse mai avuto; Kurt era misterioso, Kurt era qualcosa di inconoscibile ma che stava sotto i suoi occhi. Era diverso ed in qualche modo aveva cominciato a smuovere in lui qualcosa. Qualcosa d’indefinito, che non era né un sentimento forte ma neanche una sensazione debole, Kurt stava smuovendo in lui pensieri, forse dovuti al suo essere così androgino, così perfetto, così bello. Blaine non riusciva a spiegarselo, ma avrebbe potuto giurare di non aver mai visto un ragazzo più bello di lui in vita sua. Probabilmente era stato uno di quei famosi ‘colpi di fulmine’, perché da quando Blaine lo aveva visto niente era più stato come prima; la sua vita era stata stravolta così come i suoi sentimenti, ogni giorno di più c’era quello strano pensiero che si radicava nel suo cuore o quel bisogno di tenergli la mano che non lasciava la sua testa.
Ma questo lui non poteva ammetterlo, forse neanche a se stesso.
Perché Kurt non apparteneva a quella era e perché, un giorno, sicuramente sarebbe tornato indietro. Ed anche se era bello vederlo saltare sotto la pioggia o emozionarsi di fronte ad uno scoiattolo in un parco, ciò non significava che sarebbe potuto rimanere lì per sempre; lì con lui, per cosa? E poi Kurt era stato chiaro, circa un mese prima, tutto ciò era solo una circostanza temporanea e sicuramente se prolungata avrebbe scombinato il futuro. Non potevano certo permettere di andare a toccare cose più grandi di loro per un semplice capriccio.

*

“Stavo pensando che potremmo andare a cena fuori, stasera…” disse Blaine, mentre stava sorseggiando il suo caffè al Lima Bean davanti a Kurt che quel giorno era sorprendentemente sorridente e solare. Da quando era entrato nei Warblers – essere il solista di quel gruppo aveva i suoi vantaggi, - Kurt sembrava più entusiasta, più acceso e vivo. La sua voce era incantevole ed i suoi timori riguardo ad essa erano spariti; probabilmente il potere incantatore funzionava solo con le persone della sua epoca.
Kurt abbassò il bicchiere e lo guardò con un crescente sorriso sulle labbra.
“Davvero?”
“Sì, beh, pensavo ad un posto carino… magari poi passeggiamo da qualche parte, o andiamo al cinema…” aggiunse, considerando che non aveva mai portato il suo ospite a vedere un film.
“Cinema?” chiese, Kurt, con le sopracciglia inarcate. Blaine rimase stupito dalla sua espressione, com’era possibile che non sapesse cosa fosse il cinema?
“Beh.. okay, immagino che nel futuro non ci sia più e questo mi rende molto triste. Ad ogni modo, si tratta di… una sala, o più sale, con uno schermo enorme dove viene proiettato un film.”
“Oh… sembra… interessante. Cioè sono tipo video-proiezioni? Ne ho sentito parlare, nella mia era ormai sono schermi giganti collegati tra di loro che possono mandare un’unica trasmissione in sincrono o trasmissioni diverse, dipende dal generatore. Dalla persona che comanda gli schermi, per intenderci. Si trovano in tutte le città ma sono all’aria aperta… appesi ai palazzi, o meglio, ai palazzi che rimangono.”
“Sembra affascinante…” rispose Blaine, anche se riuscì a cogliere la nota di malinconia nella voce di Kurt.
“Sì ecco… penso lo sia, sì.”
Kurt guardò fuori dalla finestra e provò un senso strano pesargli nel cuore; non sapeva cosa fosse, ma era una sensazione che forse poteva definire ‘bella’.

*

“Blaine devo chiedertelo…” mormorò Kurt a bassa voce, mentre aspettavano che il film iniziasse.
“Beh, chiedimelo,” rispose semplicemente, con un largo sorriso sulle labbra.
“Perché… perché lo fai? Sono mesi, potrei addirittura essere un peso per te. Ma nonostante ciò, continui a starmi accanto, continui a tenermi con te nonostante i tuoi non siano più tanto d’accordo ormai, e beh, io vorrei solo capire perché. Sei molto gentile, ovviamente la mia non è una lamentela, mi sembra solo… strano.”
Il giovane interpellato si strinse sulle spalle e rivolse uno sguardo al soffitto del cinema. Non rispondere alla domanda di Kurt sarebbe stato di certo più facile. Che cosa lo spingeva ad essere gentile con lui? Come poteva spiegargli che aveva avuto una specie di colpo di fulmine non appena, la prima volta, i loro sguardi si erano incontrati?
Arrossì sulle gote e si morsicò le labbra.
“Beh sai… non so, sembravi debole. Te l’ho detto, sono affascinato dalle cose misteriose.”
Kurt lo guardò di sbieco ed a Blaine apparve addirittura più carino del solito, era un’espressione praticamente adorabile.
“Davvero è solo per quello?”
“Pe-perché mai dovrebbero esserci altre ragioni?” ribatté l’altro, imbarazzatissimo.
“Non so… sei un adolescente, come posso assicurarmi che non lo faccia per adescarmi?” chiese Kurt, freddando, anzi, gelando Blaine sul posto che rimase muto per una buona manciata minuti con gli occhi sbarrati e fissi, come se fosse stato appena colto sul fatto; in realtà non era per quello che lo teneva con sé, certo, ma la ragione stava cominciando a prendere una piega sentimentalista che il giovane Anderson aveva tentato con tutto se stesso di evitare e dove, ovviamente, aveva fallito miseramente.
“Blaine… Blaine ti prego, stavo solo scherzando!” esclamò Kurt, risvegliandolo dal suo coma mentale e toccandogli una spalla. “Non pensavo di metterti così in imbarazzo, scusami. Era solo… una battuta, ecco.”
“Oh-sì certo, scusa in realtà io non so che mi sia preso.”
Ci fu un silenzio dopo quella frase che gelò le ossa di entrambi. Nella mente di Blaine sfrecciarono tanti di quei pensieri da non poterli contare su un’unica mano; e se Kurt avesse avuto la conferma di qualche suo sospetto? Se magari avesse capito che provava dei sentimenti per lui? Era tutto così assurdo… e tutto così impossibile.
Che lo volesse o no, un giorno Kurt se ne sarebbe andato e lui non avrebbe potuto farci niente. Così doveva andare, così andava. Magari avrebbe potuto cercare il Kurt Hummel del suo tempo e riporre qualche speranza nel trovarlo, sempre se esisteva, sempre se c’era, sempre se ogni cosa di quell’assurda storia che ormai sembrava esser diventata statica, fosse stata vera, perché nonostante le evidenti prove, Blaine a volte non riusciva a credere a cosa stava vivendo e con chi lo stava vivendo.
Il cinema si fece buio all’improvviso e di scatto, Blaine sentì la propria mano venir afferrata da quella di Kurt – la stringeva così tanto che sembrava aver avuto paura per l’audio che invase il silenzio della sala con un boato.
“Ti sei spaventato?” chiese Blaine, con voce bassa e divertita.
“N-no…” mentì Kurt.
“Allora perché mi stai stringendo la mano?”
Kurt non gli rispose e continuò a tenerla tra le dita per tutto il resto della serata. Ma Blaine non poteva sapere che il suo cuore stava battendo più velocemente del solito e che il buio nascondeva alla perfezione il rossore sulle sue guance.
D’altronde, il giovane Warbler non sapeva molte cose.

Note di fine capitolo: Sono sicura che qualcuno penserà che gli sviluppi tra Kurt e Blaine siano strani, per cui ci tengo a precisare ed anticiparvi: ho pensato come la loro relazione avesse bisogno di uno sviluppo lento ma... neanche troppo lento. Tenete conto che il lasso temporale in cui si svolgono le vicende è ormai di qualche mese e che, tutto sommato, Blaine è sempre stato affascinato da Kurt. Kurt è ciò che rappresenta per lui un "perfetto ideale" ed è per questo che è sempre spinto ad aiutarlo (oltre che l'attrazione fisica, ovviamente). Per quanto riguarda Kurt... ormai si è quasi abituato a vivere sulla terra, ed è Blaine che, in un certo senso, lo ha educato.

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Mi farebbe piacere, come sempre, avere i vostri pareri. Ma ringrazio soprattutto anche chi mi legge soltanto, inserisce nei preferiti, nelle seguite o chi mi aggiunge anche su FB tramite la mia pagina. Per me è davvero molto, molto importante :) grazie di cuore!

Al prossimo venerdì,
Flan

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Capitolo 10
*** 10. First Signals ***


Note di inizio capitolo:
Una sola cosa: per chi aspettava il risvolto romantico Klaine, è arrivato! Spero di aver reso il processo gradualmente, considerate che dopo che Kurt si è aperto a Blaine e gli ha raccontato delle sue origini, si è sentito sicuramente più disinvolto e sicuro.
PS: scusate se sono lenta nel rispondere alle recensioni, ultimamente l'università non mi lascia un attimo di respiro :/
Spero che il capitolo vi piaccia!


10. “First Signals”

La prima volta che Kurt andò al cinema si emozionò tantissimo; ai suoi occhi era una cosa così antica, così strana, che non poteva far a meno di trovarla affascinante. E poi il buio, l’intimità, la propria mano stretta a quella di Blaine che rimase così per tutta la serata. Pensò che fosse il paradiso e che non potesse esistere qualcosa di meglio di ciò che la vita gli stava offrendo. Stranamente, l’idea di poter rimanere sempre sulla Terra cominciava ad intrigarlo ed eccitarlo. Sembrava che nella sua mente fosse scattato uno strano meccanismo che lo aveva portato ad identificare come ‘casa’ quel posto; la sua camera a casa di Blaine, Lima, la Dalton, i Warblers, i suoi amici e Blaine stesso. Blaine era diventato la sua casa, il suo rifugio sicuro, quello che sapeva quasi ogni cosa di lui ma che non la diceva mai a nessuno. Kurt riusciva a ricordare un’unica persona che lo trattasse a quel modo e con quel rispetto e quella persona era niente meno che suo padre.
Kurt doveva essere onesto con se stesso, stava cominciando a provare dei sentimenti per Blaine e non erano da prendere sottogamba. Lo poteva provare ogni volta che lo guardava negli occhi e che, come un idiota, finiva per perdersi nel suo sguardo così intenso sotto quelle lunghe ciglia. Gli occhi di Blaine, a sua detta, dovevano avere una sorta di potere incantatore che lo avevano attratto così tanto da fargli sentir male al petto.
Ma Kurt doveva saperlo che prima o poi sarebbe dovuto tornare nella propria era, ed i primi segnali cominciavano a farsi vedere; era esattamente il giorno dopo la serata al cinema – quella serata, - quella in cui il bracciale/orologio di Kurt si riaccese magicamente e ricevette uno strano segnale. Lui sapeva, ovviamente, che quello era un chiaro allarme di ciò che stava per succedere; qualcuno lo aveva rintracciato ed erano riusciti ad attivare un qualche dispositivo di emergenza. Coprì con la mano l’apparecchio e provò un forte senso di pesantezza nel cuore.
Tuttavia, nonostante il segnale, Kurt non se la sentì di dire a Blaine durante il loro consueto caffè al Lima Bean ciò che aveva appena visto; lo coprì con la mano e continuò a sorridere, col cuore che tremava colmo di emozioni pienamente contrastanti.
Da un lato, la voglia di tornare sul proprio pianeta, di rincontrare la propria famiglia, di abbracciare Carole, Burt, Finn e tutte le persone che ormai non vedeva da così tanto tempo. Dall’altra, il dolore e la consapevolezza di dover addio a quella vita alla quale si stava abituando, fatta di piccole cose e rapporti umani, fatta anche di Blaine. Già. Blaine.

“Sei strano,” cominciò Blaine, sulla strada di ritorno per casa.
“In che senso?” chiese Kurt, sapendo perfettamente a cosa si riferiva.
“Sei poco spontaneo… sembra che tu mi stia nascondendo qualcosa, di nuovo, oserei dire. Ti pregherei di non farlo, non ora che le cose stanno andando così bene tra di noi,” disse, mentre frenava in vista di un semaforo rosso.
Kurt gli rivolse un’occhiata indecisa; dirgli o non dirgli del bracciale?
“Davvero, Kurt, non mentirmi… lo vedo che non sei naturale. Fino a ieri sera eri felicissimo, stamani ti sei incupito. Ho fatto forse qualcosa?”
L’ospite lo guardò, un po’ titubante, un po’ timoroso. Parlare o non parlare? Sospirò; aveva mentito a Blaine troppe volte da quando si erano visti, forse era l’occasione giusta per cominciare ad evitare di nascondergli delle cose, anche se in realtà stava ancora nascondendo qualcosa di piuttosto grosso – anche se non troppo rilevante per quel tempo.
“Prima il mio bracciale ha lampeggiato. Credo sia un sistema di rintracciamento che si può attivare dal futuro e quindi… beh, credo che abbiano capito dove sono, forse… forse c’è la possibilità che io torni a casa,” disse, con tono basso e forse anche un po’ intimidito. C’era qualcosa che lo turbava profondamente nel dover considerare la possibilità di tornare nella sua era, e quella cosa era semplicemente l’idea dell’assenza di Blaine. Focalizzò lo sguardo sulle sue mani, così saldamente aggrappate al volante.
“Ne sei certo?” chiese, con espressione semi-indecifrabile.
“In realtà no, ma quel bracciale non si era mai illuminato fino ad oggi. Da quanto ne so non è un dispositivo di comunicazione, ma forse c’era un cip dentro, non so. Me lo ha dato mio fratello ancor prima che partissi…” disse, rigirandoselo tra le mani. Blaine – che si era fermato da un lato della strada – lo sguardò attentamente.
“Finn?”
“Sì, Finn.”
“Sai, è strano per me a volte pensare che tu conosci le stesse persone che conosco io ma in maniera così diversa.”
“Beh, in realtà non sono troppo diverse, Finn è più o meno così, ma quello che conosco io è molto più acuto ed un po’ meno tonto. Però trovo adorabile questo Finn, anche se a quanto pare non è mio fratello, qui.”
“Finn sveglio… non riesco a collegare le due immagini…” sorrise Blaine, alzando le spalle.
“Mh, posso immaginarlo,” rispose Kurt, ricordandosi delle varie uscite con l’amico di Blaine. Era sorprendente come si potesse essere identici nel fisico ma non nel carattere.
“Blaine…” mormorò Kurt, allungando la propria mano e prendendo la sua, stringendo le dita ed accarezzandogliela. Trovò davvero intimo quel gesto e si stupì di se stesso, ed anche Blaine sembrava piuttosto stupito considerando l’espressione che si era dipinta così palesemente sul suo volto; un’espressione di stupore ed imbarazzo mista a compiacimento.
“Grazie per… per ogni cosa, sai. Grazie per avermi ospitato fino ad adesso, grazie per tutto.”
L’altro sgranò gli occhi alla frase di Kurt; stava per andarsene tanto velocemente quanto era arrivato nella sua vita? Blaine gli strinse la mano a sua volta e più forte, per tenerlo, per non farlo fuggire da lui.
“Te ne stai andando?”
“No, non ancora…” rispose, con un sorriso amaro sulle labbra, “ma succederà, Blaine, succederà e ci sono tante di quelle cose che non ti ho detto…”
“Magari potresti cominciare a dirmene una adesso, che ne dici?” chiese, deglutendo, sentendo il bisogno comunque di dargli quella risposta, perché Blaine desiderava sapere ogni cosa, desiderava sapere se ogni sguardo che si erano lanciati dal momento in cui si erano incontrati, fosse solo illusione.
Kurt arrossì e sapeva di essersi messo con le spalle al muro praticamente da solo. Dichiararsi non era sua intenzione, poiché non era neanche molto sicuro di ciò che stava facendo, ma forse era l’unica opportunità che aveva di viversi ciò che stava passando con Blaine, ma alla fine si ritirò, toccandosi il bracciale con ansia. Dare un inizio a quella storia che con tutta probabilità non avrebbe neanche avuto uno sviluppo, ma soltanto una tristissima fine. Si morse il labbro inferiore, indeciso su cosa dire o fare, ed alla fine optò per una cosa che, effettivamente, non gli aveva mai detto ma desiderava farlo;
“Nel futuro conoscevo tua madre.” Disse, secco, conscio di aver instaurato un argomento che non sarebbe stato molto facile da affrontare.
“Cosa intendi dire?” chiese Blaine, aggrottando d’improvviso le sopracciglia.
“Nel futuro conoscevo tua madre. Quando l’ho vista qui ho provato una sensazione stranissima. Lei nel mio tempo era una donna importantissima, una politica che è riuscita a fare la differenza ed a restituire un po’ di diritti dei quali eravamo stati privati…”
Blaine cercò di riflettere su ciò che aveva appena detto Kurt, perché aveva usato il passato?
“Beh, sembrava una grande donna. Ma perché usi il passato per dirmi questo?”
“Lei è morta poco tempo prima che io riuscissi ad arrivare qua. Assassinata, presumo. Diciamo che aveva i suoi nemici e che l’era dove vivo non è esattamente il paradiso celeste, ecco.”
Blaine spalancò gli occhi e boccheggiò un paio di volte. Sua madre nel futuro era una persona importante ed era pure morta per il suo paese. Perché tutta quella somma di informazioni gli sembravano di un’assurdità inaudita? Non riusciva ancora a comprendere tutti i parallelismi che accumunavano il mondo di Kurt al proprio e forse era per quello che Blaine cercava sempre di parlarne il meno possibile; meno sapeva, meglio era, anche se ormai era dentro a quella faccenda fino al midollo.
“Oh…” quel verso fu l’unica cosa che uscì dalla bocca di Blaine che sentì su di sé lo sguardo compassionevole dell’altro.
“Non so se avesse un figlio. La conosco come voi conoscete i politici della vostra era, ma può darsi che lei fosse tua madre anche nel futuro, non lo so…”
“Vuoi forse dirmi che hai qualche opportunità di rintracciarmi nella tua era?” chiese Blaine, divertito.
“Sì, penso di sì, ma non è detto che tu e lei abbiate anche là qualche legame familiare.”
Blaine cominciò a ridere, non sapeva nemmeno lui per quale motivo, ma era tutto così assurdo ed il suo cuore pesava come se gli fosse stata messa un’imbracatura di metallo. Cosa c’era di sbagliato in lui? Perché all’idea che Kurt potesse andarsene, che potesse trovare “un altro lui” nel futuro si sentiva così turbato?
“Cosa c’è?” chiese il giovane dagli occhi azzurri.
“È solo che… se davvero verranno a prenderti, sarà strano non averti più intorno.”
Kurt gli rivolse un’occhiata triste.
“Beh, almeno potrai smettere di mentire a tutti… no?”
“Ormai sei diventato parte della mia, anzi nostra, vita. Ai Warblers faceva piacere averti con noi,” affermò Blaine, stringendosi nelle spalle. Kurt gli sorrise grato e gli prese una mano, sfiorandogliela con il pollice, praticamente carezzandola. Entrambi sentirono i loro cuori battere un po’ più velocemente.
“Grazie Blaine…”
Ci fu un silenzio, l’ennesimo di quella giornata. Un silenzio che gravò sulle loro persone, sulle loro teste, sulle loro mani intrecciate, sui loro sguardi ed anche sopra i loro cuori.
E fu con uno scatto veloce che Kurt si avvicinò a Blaine, che gli prese il volto tra le mani e lo baciò con delicatezza, come non aveva mai fatto con nessun altro prima. Lasciò scorrere la lingua dentro la sua bocca e fu un urgente bisogno di sentirlo, di averlo lì, sotto i suoi polpastrelli e sotto le proprie labbra. Era qualcosa di forte, qualcosa che non aveva mai provato prima. Blaine ricambiò con tutta l’intensità che aveva in corpo. Quello, probabilmente, poteva esser considerato il suo vero primo bacio perché ogni cosa sembrava essersi annullata di fronte ad esso; il bacio rubatogli da Sean sulla porta, il senso di malessere e di inferiorità rispetto a lui, i problemi legati a Kurt, la futura partenza di Kurt. Tutto era cambiato, tutto stava cambiando e niente aveva più una reale importanza.
Blaine si lasciò trasportare dal bacio e dopo di essi ne seguirono molti altri.
Il bracciale di Kurt brillò una seconda volta, ma nessuno dei due se ne rese conto.




Note di fine capitolo: pareri? insulti? paure? lasciatemi il vostro commento, sarò ben felice di sapere cosa ne pensate :)
Sappiate che la storia è ben lontana dal finale, per cui non è ancora giunto il momento di trarre conclusioni affrettate. Spero che il "risvolto" romantico vi sia piaciuto.
È probabile che il rating subisca un cambiamento da Giallo ad Arancione o Rosso per uno dei futuri capitoli che ho in mente!

Come sempre rinnovo l'invito alla mia pagina FB per chi volesse: *QUI*

Al prossimo capitolo,
Flan

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Capitolo 11
*** 11. Turning Point ***


Note di inizio capitolo: Fluff ed angst sono gli ingredienti di questo capitolo! Spero vi piaccia. Il rapporto di Kurt e Blaine ormai si sta sempre più approfondendo ma anche la realtà di Kurt si fa sempre più vicina. Capirete leggendo.
Intanto voglio ringraziare tutte le persone che hanno messo la storia tra le seguite, ricordate e preferite. Per me è molto importante! Se poi vi va di farmi sapere cosa ne pensate, sono sempre molto aperta al dialogo ed alle critiche costruttive se ce ne fosse di bisogno :)

Ci vediamo a fine capitolo!


11. “Turning Point.”

“Come faccio a separarmi da te adesso che ti ho trovato?” era la frase che assillava la mente di entrambi ma che nessuno dei due aveva il coraggio di pronunciare.
Dopo quel bacio, Blaine e Kurt avevano passato la giornata a parlare; parlare di cose più o meno importanti, parlare di ciò che avevano vissuto, delle loro poche e brevi storie, del loro essere così diversi dagli altri.
Blaine non aveva mai incontrato uno come lui; uno col suo sorriso, col suo sguardo, ma anche con il suo potenziale seduttivo. Sembrava che in Kurt ci fosse ogni cosa che stava cercando da una vita.
Alla fine, si erano ritrovati accoccolati sul letto di Blaine, vicini, quasi come per paura che qualcuno li potesse dividere, ma nessuno li avrebbe divisi, almeno non in quel momento.

I giorni seguenti li passarono normalmente, esattamente come tutti gli altri; Blaine andò alla Dalton per studiare e poi alle prove dei Warblers con Kurt – le provinciali si stavano pericolosamente avvicinando.
Per due giorni il bracciale di Kurt non aveva dato alcun segnale, per cui i due ragazzi decisero di passar sopra quell’evento, specialmente perché, in fondo in fondo, Kurt non ci teneva troppo a ritornare indietro, non adesso che aveva trovato Blaine.
Ma la realtà tornò presto a farsi sentire.
La terza volta in cui il bracciale brillò, Kurt e Blaine erano a tavola con i genitori di quest’ultimo, a cena. Kurt rivolse un’occhiata silenziosa al compagno che era al suo fianco e che aveva sicuramente visto il suo bracciale brillare da sotto la manica larga del maglione che stava indossando. Il bagliore era stato più forte e si era ripetuto tre volte accompagnato da un piccolo fischio acustico che solo Kurt riuscì a sentire grazie all’udito un poco più sviluppato rispetto a quello degli altri presenti nella sala.
“I-io credo di dover andare un attimo in bagno!” esclamò, fuggendo dalla tavola e rifugiandosi dentro il bagno, controllando il bracciale. Una spia sul lato si era illuminata e lampeggiava incessantemente, Kurt non riusciva a spiegarsi cosa fosse; era un segnale, lo era di certo, ma non sapeva né come funzionasse né cosa dovesse fare. Guardò l’orologio-bracciale con attenzione ma non vi vide alcun pulsante, alcuna funzione utile per poter rimandare una chiamata o per identificare che genere di segnale fosse. Fissò l’orologio piuttosto scoraggiato.
Qualcuno bussò alla porta e poi aprì, e Kurt vide Blaine avanzare verso di lui e chiudersi la porta alle spalle con sguardo preoccupato.
“Qualcosa non va? È arrivata una nuova chiamata, vero?” chiese, passandogli una mano sul braccio.
“Già, ma non so… non so come rintracciarli, non so come abbiano attivato questo segnale, io… non so niente e la cosa sta cominciando a frustrarmi. Sai, sto bene qui, non mi sento a disagio e mi ero appena abituato a tutto… l’idea che ora questo possa cambiare, in parte, mi sconvolge e mi fa sentire un po’ male dentro.”
Blaine lo trasse a sé e lo strinse, dandogli un abbraccio forte ed un piccolo bacio sulla guancia.
“Andrà tutto bene… davvero. Andrà tutto bene.”
Kurt lo guardò con i suoi immensi occhi azzurri, così grandi, così belli e puri. Il cuore di Blaine si scaldò, ricolmo di amore per lui; come potevano stare divisi? Era impossibile e soprattutto gli era impossibile pensarlo. Non si era mai trovato così in sintonia con qualcuno come con lui.
“Me lo auguro…”
Blaine spostò le labbra dalla guancia a quelle di Kurt e gli diede un bacio profondo, sentendo nel proprio stomaco smuoversi qualcosa, una sensazione piacevole, una specie di sfarfallio che sentiva solo quando lo baciava.
E lui sapeva anche perché.

*


“I Warblers daranno una festa domani sera!” esclamò Blaine, con il cellulare in mano ed un messaggio di Nick sullo schermo del telefono, “ti va di venire? Ci divertiremo!”
Kurt lo guardò un po’ scettico; non amava le feste, neanche nel suo mondo, anzi, specialmente nel suo mondo. Ma a lui del resto non piacevano neanche quelle diavolerie alcoliche con ventimila gusti che gli pizzicavano la gola, ed alle feste di solito ce n’erano molte.
Si strinse nelle spalle, un po’ titubante.
“Non lo so Blaine…”
“Oh andiamo! Possiamo stare un po’ assieme, divertirci, ed ormai i miei amici ti adorano, avrebbero davvero a cuore la tua presenza!”
Kurt premette le labbra assieme e guardò il suo bracciale, titubante. Quella forse era una delle ultime occasioni che aveva per stare con Blaine e non poteva sprecarla.
“D’accordo, verrò.” Annuì infine, lasciandosi andare ad un sorriso rilassato e sincero quando vide Blaine tramutare la sua espressione da preoccupata a felice. In realtà, Kurt sapeva che il suo compagno era preoccupato tanto quanto lui all’idea di doversi separare. Certo, era vero che il bracciale ormai si illuminava da diversi giorni e che non era ancora arrivato nessuno, ma sicuramente qualcosa era in corso e lui sapeva che non poteva essere solo una casualità.

*

Alla fine, Kurt si era ritrovato in camera con Blaine a scegliere i vestiti per la festa. Se c’era una cosa che Kurt Hummel aveva capito, era la sua passione per la moda; anche nel suo tempo era sempre stato affascinato dalle tendenze, dagli abiti strani, ma quello che era riuscito a comprendere solo dopo qualche tempo vivendo con Blaine, era che nel “passato” gli umani avessero molto più stile e molti più abbinamenti da poter fare.
Inoltre, grazie a qualche sviluppo immunitario – forse grazie al cibo, - Kurt si stava progressivamente abituando alla temperatura e poteva cominciare a togliersi la sua tuta, di tanto in tanto, quando non era troppo freddo. I tessuti a volte sembravano tutti troppo ruvidi o troppo pesanti, ma una volta che vi fece l’abitudine, Kurt sarebbe vissuto solo di shopping ed abiti, e questo la carta di credito di Blaine lo aveva capito più che bene.
“Credo che questo ti starebbe meglio Blaine! Provalo, provalo!” esclamò Kurt tutto soddisfatto, che ormai aveva preso gusto nel decidere gli abiti e quindi si era offerto di dar consiglio anche al compagno che non era per niente dispiaciuto della cosa.
“Mhmh, d’accordo, tenterò di fidarmi…” rispose con un sorrisino, indossando il maglioncino che l’altro gli aveva consigliato e che stava effettivamente molto bene con i pantaloni e la camicia. “È perfetto.”
“Beh lo so, sono bravo. È assurdo che io sia più bravo di te… sai? Questi non sono neanche i miei indumenti usuali, o io imparo in fretta oppure tu sei estremamente arretrato nei modi di vestire. Oggi quando eravamo in centro ho visto tante cose carine che avrei voluto tanto comprare e-“ Kurt bloccò il fiume di parole che stava uscendo dalle sue labbra solo quando l’altro gli si avvicinò per l’ennesima volta e lo guardò con evidente desiderio.
“Perché mi guardi così?” chiese, cercando di passare per ingenuo.
“Mh, forse perché sei l’essere più bello che abbia mai avuto al mio fianco ma anche il più vanitoso?”
Kurt rise, abbassando lo sguardo e poi rialzandolo verso Blaine, gettandogli le braccia al collo ed avvicinandosi per baciarlo.
I due non avevano mai stabilito se la loro fosse una sorta di relazione o un’amicizia molto intima, ma qualunque cosa fosse, era dannatamente piacevole e loro si stavano scoprendo complici ogni giorno di più.
Ed anche le loro mani, seppur lentamente, stavano cominciando a farsi più audaci; dal collo alle spalle, dalle spalle alle braccia, dalle braccia ai fianchi e solo ogni tanto sotto la maglietta.
Per entrambi era una sensazione sconosciuta e tremendamente piacevole.
Niente a che vedere con Sean, per quanto riguardava Blaine.

*

Arrivarono a casa di Nick verso le ventuno proprio come quest’ultimo aveva dichiarato nell’invito.
Blaine parcheggiò la macchina di fronte alla casa, nel piccolo parcheggio riservato ai residenti. Kurt la osservò dalla macchina e pensò che la casa di Nick fosse a dir poco enorme e davvero, davvero bella.

“Blaine, Kurt, che piacere avervi qui!” disse il ragazzo, abbracciando entrambi ed invitandoli a mettere il cappotto nella camera per gli ospiti.
C’erano tavoli imbanditi di ogni pietanza e bibita, musica, luci colorate, ed a Kurt sembrò tutto così magico e particolare. Non era niente di eccessivo, le persone parlavano tra di loro e l’atmosfera era piuttosto allegra ma anche calma, e questo fece sentire Kurt a casa, in un certo senso.
Era quasi terribile rendersi conto di sentirsi a casa in un luogo che non gli apparteneva e lui lo sapeva bene, ma quando Blaine gli prese la mano e la strinse nella propria per farlo ballare, Kurt fu davvero certo che sì, quella poteva essere la sua casa.

Blaine era sicuro di aver mandato giù almeno due bicchierini di alcolici vari quella sera, ma aveva cercato di mantenersi il più lucido possibile, esattamente come Kurt che, invece, non aveva assolutamente toccato una goccia di alcool e sembrava ripudiarlo con ogni fibra del suo essere.
“Non ti farò bere un altro bicchierino di quella roba!” esclamò Kurt, afferrandolo per un braccio per non fargli prendere l’ennesimo bicchiere di spumante.
“Odi così tanto gli alcolici?”
“Non immagini quanto.”
Blaine decise di rimandare la sua bevuta e si strinse nelle spalle con un sorriso stirato.
“Penso che lo farò solo perché sei tu a chiedermelo, ma non è mia abitudine rifiutare una bevutina.”
Kurt lo fulminò.
“Non mi sembra tu beva abitualmente.”
“In effetti no, non ci tengo… stavo scherzando. È bene che mi fermi, in ogni caso, diciamo che non reggo benissimo l’alcool e non voglio fare la figura del rincoglionito davanti a te,” gli disse, carinamente, dandogli un bacetto sulla guancia. Quel gesto fece arrossire quasi totalmente Kurt, specialmente perché fatto in pubblico e non si erano mai scambiati effusioni in pubblico.
“Lo sanno, sai…” cominciò Blaine, sedendosi su una sedia libera.
“Mh?”
“Gli altri, hanno capito che c’è del tenero tra noi. Non devi vergognartene, loro sono felici e credo che loro sappiano da prima di noi cosa provavamo l’un altro.”
“È curioso che siano sempre gli altri ad accorgersi delle cose prima di te, non trovi?”
Blaine gli concesse un sorriso ed annuì. Stava davvero bene con lui, ed anche quando Jeff gli rivolse un occhiolino capì che la sua vita non poteva esser pensata in modo diverso da quello.

*

“È stata una bella serata…” mugugnò Blaine, aggrappandosi a Kurt e ringraziando Nick.
“Oh, immagino lo sia stata. Hai passato metà serata a pomiciarti il povero Kurt sul divano!”
“M-ma…” Kurt arrossì di colpo; era vero, avevano passato metà serata a strusciarsi sul divano come non avevano mai fatto perché l’alcool dava a Blaine quel coraggio che non aveva mai, gli toglieva quell’essere continuamente elegante e raffinato, lo rendeva più sfacciato e sensuale e Kurt non era riuscito a resistergli.
“Su, su, non devi vergognartene. Ed a parte tutto, è stato un piacere ragazzi, quando volete tornare la porta è sempre aperta.”
“Grazie Nick.” Risposero entrambi, all’unisono, finché la porta non si chiuse e loro non andarono verso la macchina, anche se Kurt dovette trascinare Blaine fino a farlo stendere sul sedile posteriore.
E menomale che Kurt sapeva guidare – Blaine glielo aveva insegnato giusto qualche tempo prima, dovevano solo sperare di non trovare alcun tipo di controllo stradale.

*

“Non so cosa farei se domani mattina mi risvegliassi e non ti ritrovassi al mio fianco…” mugugnò Blaine, con la voce strascicata e la faccia spiaccicata al cuscino. Kurt aveva decisamente convenuto che l’alcool non faceva bene a Blaine, lo rendeva più stupido, o troppo felice, o troppo sessualmente attivo o, addirittura, troppo pessimista. Però, nella frase del compagno Kurt sapeva che poteva esserci qualcosa di vero e lo sapeva essenzialmente perché il suo bracciale si era illuminato proprio dal momento in cui aveva pronunciato quella frase e da lì non si era più spento. Non era il solito lampeggio, non era un bagliore casuale, era una luce fissa, una specie di piccola spia collocata sul cintolo dell’orologio.
“Non dire così… non possiamo sapere cosa succederà domani, ma io confido di essere ancora qua.”
“Non vuoi più andare via?”
Kurt sorrise e gli passò una mano tra i capelli scompigliati.
“No, forse… forse no.”
“Mmh…” Blaine si aggrappò alla gamba di Kurt e vi strusciò il volto contro, visto che a differenza dell’ospite, lui era sdraiato e mezzo dormiente. “Mmmh, e poi non puoi andartene sai… perché io ti amo tanto…” mugolò ancora, non propriamente conscio di ciò che aveva detto, anzi, forse non lo era per niente, ma il cuore di Kurt sprofondò.
E per la prima volta in vita sua, Kurt sentì un sentimento forte prendergli sullo stomaco e stringerlo tanto forte da fargli male, una sorta di sensazione da soffocamento, qualcosa che lo fece impallidire all’idea di essere lontano anni luce – in tutti i sensi, - da lui, perlomeno fisicamente.
Avrebbe tanto voluto rispondere con un anch’io, ma la gola gli bloccò la voce.
Era giunto al suo punto di svolta.


Note di fine capitolo: Eccoci qua, che ve ne pare? Il prossimo capitolo sarà un punto MOLTO decisivo della storia per cui questo era un po' di transizione ma ho cercato d'incentrarlo sui sentimenti.
Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate! :)

Intanto, mi dedico un pochino allo spam pubblicizzandomi la nuova storia che ho cominciato: *LOVE GAME* con Cheerio!Kurt/Nerd!Blaine decisamente differente da questa. Più smut, più fluff, meno fantascienza.
Ed in più se volete tenervi in contatto con me, potete anche aggiungermi alla mia pagina FB: *QUI* E questo è quanto! Alla prossima, Flan

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Capitolo 12
*** 12. In Another Life ***


Note capitolo: Questo è un perno della storia, uno dei tanti ma il più fondamentale. È un capitolo sicuramente angst ma anche pieno d'amore, capirete perché! È stato difficoltoso riuscire a rendere ciò che avevo nella mente, perché era qualcosa di forte, di commuovente e spero di esserci riuscita in qualche modo.
Voglio ringraziare quelle persone che si impegnano a lasciarmi sempre una recensione (chiedo venia per le risposte in ritardo, gli esami universitari non mi danno tregua!) ed anche chi ha inserito la storia tra i perferiti, tra le seguite e ricordate!
Vi lascio al capitolo.


12. “In Another Life”

L’indomani, quando Blaine si svegliò, Kurt era ancora al suo fianco, appoggiato alla testata del letto e con la testa contro il muro. Aveva dormito tutta la notte così per non staccare Blaine dalla propria gamba.
Il cuore del giovane Anderson si scaldò a quella visione; Kurt era così celestialmente perfetto e lui si sentiva così inutile e così imperfetto di fronte a lui. Si sporse per dargli un piccolo bacio sulla guancia, anche se si sentiva la testa pesante e l’alito decisamente pessimo.

Kurt si svegliò qualche minuto dopo che Blaine era fuggito in bagno per darsi una sana ripulita. Si stropicciò gli occhi e li abbassò sul proprio bracciale. Era caldo, emanava calore. Perché oltre alla luce adesso era pure caldo?
Se lo sfilò dal braccio con ansia e cominciò a rigirarselo sulla mano. Sulla parte posteriore del bracciale vi era un’altra spia che stava lampeggiando ma che Kurt era sicuro di non aver mai visto illuminarsi prima di quel giorno. La guardò spaventato, incapace di identificare tutte le varie luci emesse da quel dannatissimo bracciale ed appuntandosi mentalmente che Finn avrebbe dovuto spiegargli ogni dettaglio di quella roba.
Sfregò il quadrante touch, dove solitamente apparivano i vari comandi e le utility dell’oggetto ed una specie di ologramma saltò fuori da esso, materializzandosi proprio davanti ai suoi occhi e lasciandolo di stucco. Allora quel dannato aggeggio era davvero anche un mezzo di comunicazione? Osservò la figura che proveniva dal bracciale, sembrava quella di una donna.
“Kurt, sono l’agente 0527, del reparto scientifico per i viaggi nel tempo. Ho poco tempo per questo messaggio poiché stiamo comunicando tramite un mezzo che ha una scarsa ricezione poiché non era stato creato per questo. Oggi, due miei agenti verranno a prenderti. Grazie a questo bracciale abbiamo potuto rintracciarti, anche se non è stato del tutto semplice. Ti preghiamo di farti trovare al parco dove ti sei risvegliato e dove quell’umano ti ha trovato. Sappiamo di lui, grazie al rilevatore abbiamo identificato una figura umana di quel tempo al tuo fianco.” La voce della donna era elettronica, con sfumature metalliche a causa del segnale contrastato, ma Kurt riuscì a capire ogni singola frase pronunciata dall’ologramma e prima che potesse anche solo dire ‘A’, l’ologramma scomparve nel nulla, spegnendosi con un piccolo “tic”.
“Cazzo.” Sussurrò Kurt, pietrificato.
“Cazzo? Da quando dici le parolacce? Stai diventando sempre più umano…” scherzò Blaine, che era appena tornato in camera con l’asciugamano da doccia sulla testa ed uno legato in vita, ed ovviamente era completamente ignaro di ciò che Kurt aveva appena saputo. Ma per quanto glielo volesse tener tremendamente segreto, Kurt sapeva che avrebbe dovuto dirglielo, volente o nolente, avrebbe dovuto e basta, perché era una cosa che riguardava entrambi e non solo lui.
Alzò il capo, guardandolo con occhi lucidi e boccheggiano.
“Kurt, tutto bene?” chiese Blaine, improvvisamente serio, avvicinandoglisi e ponendogli una mano sul volto.
“Fai l’amore con me.” Disse schietto, sorprendendo persino se stesso con quelle parole, sentendosi un completo idiota perché non aveva il coraggio di dirgli ciò che era appena successo, ciò che aveva appena saputo. Quella sarebbe stata la sua ultima occasione di stare con Blaine, con quel Blaine, e non avrebbe voluto sprecarla per niente al mondo. Sapeva che doveva tornare per forza nel suo mondo, ma non lo voleva, non era ciò che desiderava in quel momento, però non c’era alternativa.
“Kurt?” Blaine aveva spalancato gli occhi, totalmente incredulo per quelle parole.
“Ti prego,” la sua voce era supplicante e quasi rotta dal pianto. Non voleva andarsene, non voleva lasciarlo, ma se proprio doveva farlo voleva prima appartenergli. Almeno per una volta voleva sentirsi completo con lui, colui che aveva salvato la sua vita e che l’aveva resa migliore, che gli aveva mostrato le bellezze del mondo, che gli aveva fatto scoprire cose di se stesso che neanche sapeva. Si accarezzò il maglione che stava indossando, così diverso dalla sua tuta aderente.
“Kurt… no. Perché mi chiedi questo? Perché d’improvviso? Cosa c’è sotto? Avevamo detto di non tenerci più alcun segreto e non voglio che ricominciamo adesso. Lo leggo dai tuoi occhi che qualcosa non va, per cui ti prego: sii sincero.”
Kurt si strinse nelle spalle, ripensando al ‘ti amo’ che Blaine gli aveva detto giusto la sera prima, con la voce impastata dal sonno e dell’alcool. Forse non era neanche vero, ma era stato così bello sentirselo dire; si era sentito bene, apprezzato, e lui non aveva mai provato quella sensazione. Non voleva perderlo.
“Ho… ho ricevuto una chiamata mentre eri sotto la doccia, sai, dall’orologio. È apparso un ologramma e mi ha spiegato cosa fare.”
Blaine ascoltò con attenzione tutto il racconto mentre il suo cuore moriva parola dopo parola. Era assurdo, ma per qualche ragione Blaine era una persona estremamente fiduciosa ed aveva sperato fino all’ultimo che ciò che avevano cominciato non finisse. Forse, egoisticamente, sperava che addirittura Kurt non tornasse mai indietro. Eppure la realtà era arrivata ed era stata più veloce di un fulmine.
“Non voglio andarmene Blaine… non voglio lasciarti…” mormorò, aggrappandosi a lui, abbracciandolo stretto quasi senza pensare che l’altro era seminudo. Ma non aveva alcuna importanza, non di fronte a quella notizia così forte per l’esistenza di entrambi.
Blaine lo strinse a sua volta, lo strinse forte forse come non aveva mai fatto. Riflettendoci, non conosceva Kurt da troppo tempo, ma era entrato nella sua vita in modo quasi invadente, anche se in modo positivo.
Gli baciò la fronte, e poi scese alle labbra, così morbide e calde. Si ricordò di colpo della sensazione che provò la prima volta che lo baciò ed il suo stomaco si scaldò di nuovo, come ogni volta.
“I-ieri sera… hai detto che mi amavi… prima di dormire…” mugolò Kurt, sull’orlo delle lacrime e guardando Blaine quasi implorante, “è… è vero? Tu mi ami?”
Blaine sorrise, un po’ per la sua stupidaggine di saper sempre rovinare le cose – aveva pensato un sacco di volte in che occasione dire ‘ti amo’ non s’immaginava di certo un contesto del genere, - un po’ perché Kurt implorante era la cosa più carina che avesse mai visto sulla terra ed ormai non si accorgeva nemmeno più di aver davanti un umano evoluto e di un’altra era.
“Sì… sì che ti amo. La cosa ti stupisce?” chiese, bonariamente.
Il cuore di Kurt si sollevò, quasi, e pensò che niente di meglio poteva succedere nella sua vita, che forse era destino che lui e Blaine s’incontrassero, che il suo viaggio sulla Terra andasse male, era destino ogni cosa. Anche se era piuttosto crudele che, chiunque ci fosse lassù, non appena gli dava qualcosa glielo ritogliesse quasi immediatamente.
“N-no…” rispose Kurt, con il nodo in gola, semplicemente perché, in effetti, avrebbe dovuto capirlo; Blaine faceva ogni cosa per lui, Blaine non lo aveva mai lasciato, neanche quando gli aveva mentito, neanche quando avrebbe avuto tutto il diritto di abbandonarlo per la strada. Blaine lo aveva accolto tra le sue braccia, lo aveva accudito, lo aveva tenuto con sé e lo aveva amato come poche altre persone avevano fatto prima. E quindi Kurt non aveva dubbi, si amavano e sì, lui lo amava a sua volta, lo amava tantissimo e sentiva il bisogno di comunicarglielo in qualche modo.
“Blaine… voglio fare l’amore con te prima di andare via. Voglio che possa unirmi a te definitivamente… io… vorrei soltanto questo.”
L’altro annuì.
Blaine avrebbe fatto tutto con cura e questo Kurt lo sapeva; lo avrebbe spogliato piano, toccato con gentilezza, si sarebbe preoccupato di non fargli male e gli avrebbe dato tanti baci. Le sue labbra erano fantastiche e lui le amava.
Soltanto quando Kurt si trovò nudo di fronte a lui provando una punta d’imbarazzo capì che tutto ciò era reale, che stavano facendo davvero l’amore e che, cavolo, era tutto così perfetto. Se non altro perché davanti aveva la sua persona perfetta ed anche se Kurt non aveva mai creduto nelle anime gemelle forse non era tardi per cominciare.

Blaine non poteva che pensare lo stesso, ed anche mentre entrò dentro Kurt per la prima volta - dentro qualcuno per la prima volta, - sentì una connessione inaudita, una scarica allo stomaco che attraversò tutto il suo corpo, una mole di emozione che era sicuro di non aver mai provato prima. Ed era semplicemente bellissima.

Si accasciarono sul letto con le mani intrecciate e le labbra vicine. L’idea di lasciarsi, in quel momento, era ben lontana dalle loro menti.

*

Blaine accompagnò Kurt al parco, proprio come gli era stato chiesto nel messaggio elettronico arrivato a quest’ultimo.
“Magari non verranno…” disse Kurt, con tono speranzoso. Blaine non sembrava essere dello stesso parere.
“Vorrei poterti dare ragione.”
A ben guardarlo, Blaine pensò che Kurt fosse tornato ad essere come quando lo aveva trovato, quella tuta gli dava un’aria estranea rispetto agli abiti molto chic che aveva preso ad indossare solitamente. Il cuore gli si strinse, perché nonostante all’apparenza potesse sembrare quella sorta di ‘alieno’ che gli rivolgeva a stento la parola, sotto quella tuta stretta c’era la persona che aveva appena cominciato ad amare.
Tra i due ci fu un lungo ed intenso sguardo, fatto di parole e paure, fatto di ricordi forse, di ogni momento trascorso assieme e di ogni piccola lite. Era straordinario come in poco tempo ci si potesse render conto di esser innamorati di qualcuno, più innamorati di persone che si conoscono da una vita. Era straordinario pensare come il proprio destino potesse esser cambiato da un solo evento e come quell’evento potesse avere una forma, un volto, un corpo.
Blaine non aveva mai creduto possibile che l’evento più sconvolgente della sua vita sarebbe stato proprio quel ragazzo, proprio la persona di cui si sarebbe innamorato; d’altronde, forse forse, lui non aveva mai smesso davvero di credere nell’amore e la sua tenacia lo aveva ricompensato.
Afferrò la mano di Kurt e la strinse, chiudendo gli occhi per qualche attimo e provando solo ad ascoltare ciò che c’era intorno a loro, più in là dei propri respiri e più in là del fruscio delle foglie.
“Cosa stai facendo?” chiese Kurt, guardandolo stranito.
“Ascolto.”
“Cosa? C’è silenzio.”
Blaine non rispose alla sua affermazione poiché neanche lui sapeva precisamente cosa stesse ascoltando, tuttavia lo stava facendo. Forse era in una sorta di meditazione, forse stava cercando il modo migliore per godersi gli ultimi attimi, - o le ultime ore, chi poteva saperlo? – in sua compagnia.
“Canta Kurt, ti prego…” sussurrò Blaine.
L’altro lo guardò stranito ed il cuore gli si strinse nel petto.
“La prima volta che ho sentito la tua voce è stato mentre cantavi, mi piacerebbe se tu lo facessi anche adesso.”
Kurt annuì e cominciò a cantare.


“No matter how I try
I know that I’ll never find
Someone that I love like you
I’ll push them all away
But I cannot seem to find
Someone that I love like you,”*



Blaine rimase ad ascoltare la sua voce, così melodica e delicata ed aprì gli occhi per osservarlo; mentre Kurt cantava sembrava essere in pace con il mondo, sembrava che la sua sfera vitale fosse totalmente intoccabile e perpetua ed era una sensazione che alleggeriva terribilmente il cuore di Blaine.
Fu con una specie di fruscio e un bagliore proveniente dalle loro spalle che la melodia di Kurt fu interrotta all’improvviso.
Entrambi si voltarono ed una donna, affiancata da quello che sembrava un uomo, apparvero dal nulla. La prima aveva i capelli biondi legati in una lunghissima coda che le arrivava fino alla vita ed indossava una tuta molto simile a quella di Kurt, che delineava ogni sua curva e forma. L’altro uomo – anche se Blaine non riuscì subito ad identificarlo come tale, tanto che erano dolci i suoi lineamenti, - indossava una tuta nera con dei simboli rossi, forse indicava un suo grado d’importanza o il dipartimento lavorativo a cui apparteneva.
“Kurt Hummel, giusto?” chiese la donna, avvicinandosi a lui con passo leggero. Blaine rimase incantato a guardarla.
“Sì,” rispose Kurt, non troppo sicuro ed aggrappandosi al braccio di Blaine,
“Sono l’agente 0527. Deve venire con noi. Siamo riusciti a rintracciarla grazie al bracciale che le ha dato suo fratello, ma non è stato affatto facile. Deve sapere che ha avuto molta fortuna, ha rischiato di creare una spaccatura temporale e di creare divergenze di non poca rilevanza. Il suo avventurarsi nel tempo è stata una mossa rischiosa,” disse la donna, con aria composta anche se la sua voce riusciva a gelare il sangue. Spostò i suoi occhi vitrei e freddi su Blaine, il quale s’irrigidì di colpo.
“Tu devi essere colui che se ne è preso cura…”
“Blaine Anderson, signora.”
La donna lo squadrò e camminò verso di lui, guardandolo con aria sospettosa.
“Perché… perché non hai provato ad avvertire nessuno? Perché non hai detto a nessuno della tua scoperta? Scoprire l’esistenza di più dimensioni cambia ciò che l’umanità ha saputo fino ad oggi. Potresti diventare una grande persona, saresti ricco. Eppure non hai neanche accennato a nessun altro tutto ciò. La mia domanda è… perché? Avrebbero preso Kurt, avrebbero studiato su di lui.”
Blaine rimase di stucco dalle parole dette dalla donna, che continuava a guardarlo con sospetto. Boccheggiò un paio di volte ed afferrò di nuovo la mano di Kurt.
“Perché non è questo che m’interessa.”
“Mh. Ma ora sulle tue spalle grava un segreto molto più grande di quanto tu possa immaginare. Possiamo augurarci che tu non lo divulgherai neanche in futuro. Purtroppo non posso cancellarti la memoria, è necessario che tu ricordi questi eventi, ma è altrettanto necessario che tu li mantenga segreti e se non puoi farlo per noi, direi che puoi farlo almeno per lui…” disse, guardando le mani di Kurt e Blaine, e poi spostando lo sguardo soltanto su Kurt.
“Questo è certo.” Rispose seccamente.
“Bene. Allora direi di non indugiare un minuto di più. Dobbiamo tornare indietro prima che si chiudano i portali di materializzazione.”
Kurt chinò il capo ed annuì senza dire una parola ma soltanto traendo Blaine a sé ed abbracciandolo, stringendolo forte, mentre delle lacrime cominciavano a solcare il suo volto ormai accaldato.
“Non-non voglio andare…” si lamentò, contro il suo collo.
“Non voglio che tu vada, ma devi, Kurt. È così… è così che deve andare.”
“Mi dimenticherai… mi dimenticherai vero?” Kurt si strusciò le mani contro gli occhi, senza accorgersi che anche Blaine stava piangendo e che stava cercando disperatamente di trovare la voce.
Non si erano mai sentiti più tristi in vita loro. Perché non era una distanza colmabile, non era una distanza che si poteva riassumere in una unità di misura, era una distanza stellare, era una distanza esageratamente grande. Gigantesca.
Blaine gli prese le mani e le strinse, e si specchiò per l’ultima volta nei suoi meravigliosi e chiarissimi occhi azzurri.
“Non posso dimenticarti,” sussurrò, poco prima di trarlo a sé per baciarlo un’ultima volta.
“Dobbiamo andare.” Disse l’uomo, con le braccia intrecciate ed osservando severamente i due ragazzi.
“T-ti cercherò okay? Ti cercherò… là,” gli disse Kurt, con voce rotta dal pianto.
“In un’altra vita?” chiese Blaine, cercando di trovare un minimo di conforto in quelle parole, anche se non lo erano poi molto.
“In un’altra vita.” Confermò, buttandosi al suo collo un’altra volta per poi staccarsi.
“Ma non è un addio.”
“No. Non lo è…” rispose, piano, chiudendo gli occhi azzurri e sorridendogli per poi tendere la mano verso di lui, come un ultimo saluto.
I due agenti si misero ai lati di Kurt e lo presero per le braccia, la donna compose un numero su una specie di palmare e, quasi con un battito di ciglia, le tre figure scomparvero dalla vista di Blaine.
Il parco era tornato ad essere completamente silenzioso.

“Ci rivedremo… io lo so.” Sussurrò Blaine, a se stesso, alzando poi gli occhi al cielo.
Per la seconda volta in poco tempo, Blaine vide una stella cadente ed espresse il suo secondo desiderio.

“Voglio passare il resto della mia vita al suo fianco.”


Note di fine capitolo:
Se siete arrivati fin qui e non volete uccidermi: ne sono contenta.

La canzone cantata da Kurt è dei One Republic “All The Right Moves” che potete sentire qui; *QUI*
Come ho detto qualche capitolo fa, ci sarebbe stata una specie di "fine prima parte" dovete sapere che questa fic è stata scritta in blocco fino a questo capitolo e giusto adesso sto scrivendo gli altri. Ovviamente la fic non è finita (ci mancherebbe) ma dai prossimi capitoli cercherò di descrivere un po' anche il mondo di Kurt, cos'è successo nel corso degli anni, i rapporti tra i personaggi nella sua era ed ovviamente come se la caveranno Kurt e Blaine per restare assieme in qualche modo... ma non posso dirvi di più.
Per un po', dovrete navigare nell'angst ma posso assicurarvi un lieto fine, anche se la storia andrà avanti ancora per un po'.
Visto che sto scrivendo ancora i nuovi capitoli, penso di aggiornare ancora di venerdì ma è probabile che alcune volte slitti di un giorno o magari anticipi, non lo so! Ma non vi lascerò a bocca asciutta.
Nel caso v'interessasse avere qualche news, vi invito sempre a raggiungermi sulla mia pagina FB *QUI* come sempre vi invito a lasciarmi una recensione nel caso voleste! E se avete qualche curiosità o perplessità potete scrivermi anche in privato! Sono sempre disponibile per parlare con i lettori!
Inoltre, notizia diversa ma non meno importante, volevo mostrarvi il disegno fatto da una mia amica, Stephanie, per il secondo capitolo della fic, potete trovarlo qua: http://chibielen-chan.deviantart.com/art/In-The-Park-In-Another-Life-283470308 :3, non è stupendo?!
Alla prossima,
Flan

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Capitolo 13
*** 13. Era ***


Note d'inizio capitolo: Salve a tutti! Intanto mi scuso per aver saltato l'aggiornamento la settimana scorsa, purtroppo con gli esami non mi è stato possibile scrivere - mi sono liberata soltanto ieri - ma spero che mi possiate perdonare :)
In questo capitolo avremo l'occasione di esplorare una prima parte del mondo di Kurt e beh, ovviamente c'è sempre aria di angst in giro, ma anche una mezza speranza che arriverà a mezzo capitolo ;) capirete poi di cosa parlo!
Mi spiace comunicarvi che il capitolo non è betato, ma provvederò a farlo betare in un secondo momento, per cui mi scuso fin da subito se ci sono degli errori! (spero non troppo gravi, la stanchezza mi sta facendo brutti scherzi!)
Vi lascio alla lettura!

 


13. “Era”



Certe cose non erano facili e Kurt sapeva che tornare nel futuro era una di quelle.
Ormai erano passate due settimane da quando Kurt era tornato nella sua dimensione e tutto nella sua mente appariva grigio e diverso. Il soggiorno sulla terra del presente lo aveva cambiato molto, aveva cambiato il suo modo di pensare ed agire, aveva cambiato ciò che era e ciò che sentiva.
E per la maggior parte delle cose, era merito di Blaine.
Kurt non era mai stato una cattiva persona, o una persona indisponente come a volte si dimostrava con Blaine all’inizio, tutt’altro, era una persona generosa e piena di valori. Tutti lo sapevano questo, nella sua dimensione.

Il suo ritorno a casa era stato visto come una gioia e suo padre fu il primo a stringerlo tra le braccia, non poteva certo negare che gli fosse mancato. Lì c’era anche Finn, in piedi e con una mano sul petto, assieme a Carole. Sembrava un miracolo, sembrava che nei loro occhi fosse tornata la speranza un tempo sparita e Kurt si sentì rincuorato per qualche secondo. Era tornato a casa.

Era tornato a casa e poteva vederlo da molte cose, a partire dalla propria stanza. Non c’era alcun interruttore, la luce si accendeva sensorialmente non appena metteva piede dentro la stanza – con sua grande sorpresa, Kurt aveva scoperto che quell’invenzione esisteva già in alcuni luoghi dell’epoca di Blaine, - e non c’era alcuna parete dipinta. Le mura della sua casa erano fatte di un materiale speciale in grado di resistere a qualunque evento climatico. Il pianeta era cambiato tanto, non si poteva prevedere il meteo o almeno non totalmente; spesso era imprevedibile e chi era fortunato come lui, poteva avere almeno un riparo sufficiente.
Kurt sfiorò una delle pareti, facendo apparire un ologramma rettangolare - una specie di schermo - che poteva essere comandato con dei semplici gesti delle mani.
Qualcosa cominciò a gracchiare, qualcosa di molto simile ad una voce meccanica:

Era è in funzione. Caricamento effettuato.”
“Ciao Era,” salutò Kurt, parlando allo schermo olografico.
“Kurt! Padrone. Temevo di non sentirla più. Quanto tempo è passato?” chiese, la voce virtuale.
“Un po’. Un po’. Ho molte cose da raccontarti, Era. Potresti aprire l’archivio del diario virtuale?” chiese il ragazzo, pigiando nell’aria sugli ologrammi apparsi un paio di comandi.
Il computer eseguì immediatamente, facendo apparire una specie di libro immaginario di fronte ai suoi occhi.
“Grazie.”
“Vuole il comando vocale, signore?” chiese l’efficiente computer.
“Basterà la tastiera,” Kurt aprì le mani e con un gesto, apparì anche una composizione di dati e numeri di fronte a sé, fluttuanti.
Poco dopo, le file di dati furono sostituite da una piatta tastiera verde luminescente, un’immagine proiettata esattamente come l’interfaccia del computer stesso.

Kurt cominciò a scrivere. Cominciò a scrivere ciò che sentiva, cominciò a scrivere della sua permanenza sulla terra e su come le cose fossero differenti. Su come i fiori fossero ancora reali e l’aria non puzzasse di zolfo, la notte era ancora composta da qualche ora in più e le persone si vestivano in maniere così strane e particolari, con stoffe leggere e ben lontane dalla sua tuta termica. Il proprio mondo era così diverso da quello di Blaine, così eternamente lontano che Kurt a volte preferiva non pensarci davvero.
Erano passate due settimane, ma in quelle due settimane Kurt non aveva ancora avuto il cuore di raccontare niente. Per questo non aveva scritto ancora niente sul suo diario.
Si ricordò, mentre digitava su quella tastiera fatta di raggi, come nel presente quegli apparecchi fossero così dannatamente differenti; plasticosi, pesanti e con un design spartano. Ma nonostante ciò, Kurt era rimasto affascinato dalla loro tecnologia così antica e poteva riconoscere quelli che erano “gli antenati” degli oggetti che possedeva in quel momento.
Kurt non sapeva come presente e futuro potessero essere così differenti, non sapeva soprattutto come il pianeta avesse potuto raggiungere le situazioni in cui si trovava. Eppure, nell’epoca di Blaine sembrava andare ancora tutto bene. C’era solo un po’ di smog, l’aria più grigia, ma tutto sembrava più vivo.

Quando Kurt usciva di casa, l’unica cosa che poteva vedere erano paesaggi finti. Niente era reale, anche perché la flora che era rimasta adattatosi all’atmosfera, era ben diversa da quella del pianeta originario. La temperatura era incredibilmente alta lì, per questo avevano bisogno delle tute termiche per sopravvivere.
Certo il loro fisico ed il loro sangue era mutato in relazione all’ambiente circostante, ma non era comunque facile resistere ai vari cambiamenti climatici che, a volte, potevano essere piuttosto improvvisi. Kurt ricordava bene quel giorno di dicembre in cui sentì per la prima volta il freddo; fu straordinario e terribile perché non aveva la più pallida idea di che cosa fosse con precisione, fortunatamente per lui suo padre era un buon inventore e prevedendo qualche repentino cambiamento climatico, aveva creato delle tute antigelo. Però quel giorno non tutti furono così fortunate e molte persone morirono assiderate da quella temperatura così indecente.
Pensare come si fosse arrivati dall’età presente a quel genere di futuro, era piuttosto spaventoso. Numerosi scienziati tentavano disperatamente di ricreare l’ambiente ormai distrutto, ma era diventato piuttosto difficile riuscirci. L’uomo aveva creato, creato e creato ancora fino a distruggere ciò che c’era e molte cose erano dettate solo da una ragione economica.
Le energie a basso consumo c’erano, ma non erano state usate ed ora dovevano pagarne le conseguenze ringraziando il cielo che la razza umana non si fosse estinta. Kurt si chiese se non fosse giusto avvertire gli umani del presente e del passato, se non dovesse davvero svelare l’esistenza di quelle tre epoche in modo da salvarne almeno una. Ma sapeva che il silenzio era prezioso e che cambiare l’evento delle cose poteva avere catastrofi a dir poco immemorabili.

Kurt sospirò, mentre finiva di scrivere le sue impressioni sul tempo trascorso con Blaine. C’erano così tante cose da dire, ma così poche riuscivano ad uscire dal suo cuore. C’era tanta amarezza, tanta paura, paura di non riuscire a ritrovare Blaine nel proprio tempo, paura che non fosse lo stesso. Paura di non avere più lo stesso genere di relazione perché niente, niente era uguale.
Ne aveva avuto la prova quando aveva visto la madre di Blaine viva. Non era possibile, non era possibile perché nella sua epoca era così disastrosamente morta.
Il ragazzo si passò una mano sulla fronte, sospirando e salvando le ultime notizie nel suo diario, Era.
“Basta così, signore?” chiese, la voce virtuale.
“Sì, grazie Era… per il momento è tutto.”
Il computer si spense con una breve reverenza e lo schermo scomparve con un solo gesto della sua mano.
“Che devo fare?” sussurrò, più a se stesso che non a qualcun altro guardando fuori dalla finestra. Si sentiva così vuoto, così perso, come se quel posto non fosse mai stato casa sua.
Per le strade non passava quasi nessuno, c’era solo deserto. Le persone erano diventate perlopiù individualiste e stringere rapporti con gli altri non era facile. Si voltò di scatto quando qualcuno bussò alla porta, supponendo che fosse Finn.

“Entra!” esclamò, vedendo invece Rachel fare capolino nella stanza.
“Oh- ciao! N-non ci vediamo da un po’ di tempo!” disse Kurt, meravigliato. La ragazza annuì, guardandosi intorno.
“Già, da quando sei tornato so che non sei uscito molto, così ho pensato di venirti a trovare,” disse semplicemente, portandosi le mani sui fianchi e sedendosi sul letto accanto a lui.
“Non sono molto dell’umore di uscire,” spiegò Kurt, semplicemente.
“Come mai? Insomma… vorrei sapere cos’è successo mentre eri là, eravamo tutti preoccupati e Finn ha detto di non sapere granché. Sei diverso… lo si vede dalle tue espressioni, sembri spento,” disse l’amica, stringendosi nelle spalle. L’altro scosse la testa.
“Tu non hai visto, Rachel, non hai visto la differenza. Il nostro mondo è triste, composto da artificialità. Rachel, tu hai mai visto la pioggia? Io sì, è bellissima. Hai mai visto la vera natura? Hai mai bevuto acqua che non fosse riprodotta chimicamente? È tutto così bello ma così diverso e venire qua quando ormai ero abituato a quelle cose… è stato forte. Non puoi immaginare. Ci sono animali carini, fiori, le persone girano per le strade, ci si veste con abiti particolarissimi, come quelli che vediamo ogni tanto sui nostri archivi, capisci?! È tutto così meraviglioso, così speciale. Non so descriverlo. Per la prima volta, seppur avessi paura, mi sembrava anche di essere vivo. Ero vivo, forse come non mai,” concluse, con la voce rotta dall’emozione. Era arrossito persino sulle guancie perché poteva ricordare vividamente ogni cosa, ogni sensazione. Persino ogni colore era impresso a fuoco nella sua mente.
“Sembri davvero emozionato,” osservò Rachel con un sorriso.
“Lo sono. Vorrei farti capire ciò che ho visto, provato, sentito. Vorrei poter tornare là, Rachel. Ho lasciato… troppe cose.”
La ragazza sorrise, ammiccando.
“Troppe cose?”
Kurt si portò una mano sul collo con imbarazzo.
“Troppe cose.”

*

“Kurt, ho bisogno che tu vada a fare la spesa,” chiese Burt, mentre fissava il frigo, “abbiamo finito il latte e la carne… io devo finire di riparare una vettura e non posso andare, Carole è a lavoro e non tornerà prima di stasera.”
Kurt annuì e prese la carta magnetica, scomparendo verso il market.

Quando uscì, Kurt provò la solita sensazione da quando era tornato, si sentiva sperso. Ogni cosa intorno a lui gridava tecnologia e non c’era niente di sbagliato in quello, ma vedeva sempre meno relazioni tra le persone e robot al posto degli umani alle casse. Era inquietante pensare come la macchina avesse preso il sopravvento sull’uomo, come le persone stessero ardentemente cercando di svincolarsi dai propri pesi quotidiani e come il denaro fosse diventato il vero padrone di quel mondo.
Si mosse tra gli scaffali del supermercato e prese in mano il latte. Per un momento finì per ricordarsi come fosse buono il latte che aveva bevuto quand’era da Blaine. Quello era modificato, non era latte vero, era prodotto secondo alcuni processi chimici come la maggior parte degli alimenti di cui si stavano nutrendo.
Lo buttò nel carrello assieme alle altre pietanze, amareggiato. Si sentiva così a disagio e si chiedeva come fosse possibile per gli altri scienziati non provare un senso di nervosismo. Loro sapevano, Kurt sapeva che loro erano a conoscenza di ciò che erano diventati rispetto a ciò che erano e non riusciva a capacitarsi di come potessero vivere in pace con loro stessi mentre lui si sentiva così oppresso e distrutto dentro. Aveva visto qualcosa che il resto dell'umanità di quel periodo non avrebbe mai visto, probabilmente. Aveva smesso di vivere nell'ignoranza della loro epoca e forse era quello ciò che lo faceva star più male. 
La conoscenza aveva sempre un prezzo.


Quando uscì dal market, pagando con la solita tessera magnetica, andò alla fermata della metropolitana – se non con qualche differenza, era una delle poche cose ancora simile all’epoca di Blaine – e guardò gli ologrammi che galleggiavano nell’aria - fluttuavano. Si fissò per un attimo ad osservarli mentre le immagini si alternavano e cambiavano pubblicità, passando da una cosa ad un'altra, da un prodotto all’altro.
Kurt sbuffò, guardando l’orologio. La metropolitana non era ancora passata e si stava decisamente annoiando; per altro sembrava non esserci nessuno lì con lui, in quel momento.

Poi un rumore attirò la sua attenzione, un fruscio metallico che proveniva dalla sua destra: Kurt si voltò ma non riuscì a vedere niente. Camminò alla ricerca della fonte di quel rumore – che ricordava tanto un canale senza segnale – fino a trovare un piccolo dispositivo gettato a terra molto simile ad un registratore. Il giovane posò la busta della spesa e lo prese in mano ispezionandolo con curiosità; sembrava un modello piuttosto vecchio ed aveva qualche graffio qua e là. Se lo rigirò tra le mani, cercando di capire a chi potesse mai appartenere fino a che non trovò un’incisione sul retro di esso.

“B.A”

Kurt sgranò gli occhi e per poco l’oggettino non gli scivolò di mano; se quello non era un segno del destino, non riusciva a capire cosa lo potesse essere.

*

Da quando Kurt era andato via due settimane prima, la vita di Blaine era tornata ad essere la monotonia più totale. Si sentiva totalmente perso senza di lui ed avrebbe voluto non provare quella sensazione. Gli aveva promesso che lo avrebbe cercato in quella dimensione eppure non aveva mosso nemmeno un dito, si era limitato a riposare nel proprio letto per giorni e giorni non appena ne aveva l’occasione rifiutandosi di applicarsi in qualcosa di realmente utile.
Andava a scuola per inerzia ma era sempre spento e persino le prove canore con i Warblers non riuscivano a rallegrarlo.
Era diventato frustrante e non sapeva come togliersi di dosso quella sensazione di totale incompletezza. Sì, stare senza Kurt lo faceva sentire incompleto e persino quel letto era diventato decisamente troppo vuoto per i suoi gusti.
Non aveva nemmeno cambiato le lenzuola e non aveva il coraggio di farlo, sarebbe rimasto ad inspirare i residui del profumo di Kurt per ore.
Stupidamente, l’amore lo aveva mandato in una crisi profonda cosa che non aveva mai ritenuto possibile. I sentimenti erano una bella cosa, ma non avrebbe mai pensato di poterli provare in modo così forte ed incisivo.
Kurt era arrivato nella sua vita - in realtà era letteralmente piombato lì senza alcun preavviso - e l’aveva sconvolta nel migliore dei modi.

Trovare una scusa per gli altri invece era stato fin troppo facile; gli era semplicemente bastato dire che Kurt aveva deciso di trasferirsi da dei suoi parenti in un altro stato; c’erano rimasti un po’ tutti male perché non li aveva salutati, ma quando Blaine spiegò che era stata una “partenza improvvisa” cercarono tutti di capire la situazione. Compresa sua madre, anche se sembrava la più dispiaciuta. Si era abituata alla presenza di Kurt ed ormai faceva parte della loro famiglia, si sarebbe aspettata almeno un ringraziamento.

“Mi dispiace,” disse un giorno la signora Anderson, dopo pranzo, mentre lavava i piatti e suo padre non era in casa. Blaine girava distrattamente i canali alla tv, senza davvero troppa voglia.
“Di cosa mamma?”
La donna sospirò.
“Da quando Kurt è andato via sei più spento…” gli ricordò, con voce morbida ed affettuosa.
“Mhmh… probabile.”
“Forse dovresti uscire un po’ di più, trovarti con quel tuo amico… Wes, è una brava persona, mi è sempre piaciuto…” tentò la donna, aggiustando un bicchiere nella credenza.
“Sono stanco mamma, non mi va.”

E poi la signora Anderson fece qualcosa che Blaine non si sarebbe mai aspettato e che non aveva mai fatto, si sedette al suo fianco e gli mise una mano sulla spalla, affettuosa.
“Devo sospettare qualcosa?” chiese, cercando di capirlo. Cercando di capirlo forse per la prima vera volta.
Blaine arrossì violentemente.
“M-mamma…”
“Intendo… tra te e Kurt c’era una chimica speciale, vuoi forse dirmi che non devo sospettare nulla? Sono tua madre, non sono sciocca. Non ne parliamo mai perché… ecco, non lo facciamo e basta. Ma questa volta è diverso Blaine. Ti vedo spento e mi fa morire vederti così, se Kurt ti dava tutta quella luce allora vorrei tremendamente che tornasse nella nostra vita,” concluse premurosa.
Blaine non rispose e non disse niente, si limitò ad osservare sua madre ed a provare il bisogno di abbracciarla, ma non lo fece. Non subito.
“Lo vorrei anch’io mamma, lo vorrei anch’io. Ma non credo sia possibile.”
“Perché?”
“Perché è troppo lontano,” rispose semplicemente, stringendosi nelle spalle e provando una fitta di dolore al petto.
“Sai tesoro, credo che… la distanza sia solo un ostacolo da scavalcare. Tu devi scavalcarlo. Devi combattere. Se vuoi stare con Kurt, devi poterlo fare, se vuoi amarlo devi poterlo amare. Non importa quanti oceani vi separino se è quello che vuoi devi cercare di rimanere con lui. Esistono molti mezzi oggi, c’è internet, ci sono i cellulari… sono sicura che anche lui vuole rimanere in contatto che te. Stare a letto tutto il giorno non serve a niente, ma questo sì. Questo può servire.”
Disse la donna, incoraggiandolo a fare un primo passo ed incoraggiandolo a muoversi nella direzione giusta.
Blaine rimase spiazzato perché sua madre non era mai stata tanto chiara in vita sua; sorrise, sporgendosi per darle un bacio sulla guancia leggero, quasi impercettibile.

Sorprendentemente fu quel dialogo a dargli la determinazione sufficiente: avrebbe trovato Kurt, costi quel che costi. Doveva esserci, perché se c’era nel futuro c’era anche lì, Kurt gli aveva spiegato come funzionava e lui doveva trovarlo.
Non sapeva come, ma doveva assolutamente farlo. A qualunque costo.



Note di fine capitolo:
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Come avete visto, si smuovono già le acque nei confronti delle fantomatiche "ricerche". Kurt ha trovato quel dispositivo, ma quella sigla 'B.A' potrebbe essere di chiunque. Voi cosa azzardate?
Come sempre le vostre opinioni sono importanti e mi piace sentire il parere delle persone :) chissà che non accontenti qualche vostra idea col progredire della storia!
Inoltre spero di non annoiarvi, so che può apparire tutto molto complesso e lento, ma vorrei riuscire ad illustrare il più possibile anche l'epoca di Kurt, sperando di non cadere in qualche banalità già trita e ritrita!
Detto questo, il prossimo aggiornamento sarà come di consuetudine il prossimo venerdì!

Vi lascio qui la mia pagina FB nel caso qualcuno volesse qualche informazione e si volesse tenere in contatto con me: *QUI*

 

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Capitolo 14
*** 14. Hope ***


Note di inizio capitolo: Come al solito, ri-scusatemi per il ritardo! ormai credo di dover ammettere che l'aggiornamento può slittare dal venerdì al sabato molto spesso a causa degli impegni universitari e del cambio d'orario che hanno applicato! me ne dispiaccio, ma spero di riuscire sempre a pubblicare entro il weekend :)
In questo capitolo verrà introdotto il personaggio di Artie con una certa particolarità. Vedrete che, tra l'altro, sarà abbastanza funzionale alla storia.
Al solito, ringrazio chi mi segue, recensisce ed inserisce tra i preferiti e ricordate.
Vi lascio al capitolo senza ulteriori chiacchiere ;)



Kurt non aveva assolutamente perso tempo: il ritrovamento di quell’oggetto gli aveva subito fatto pensare a Blaine e lui non poteva certo pensare che fosse stata solo una coincidenza.

Il destino a volte lavorava in maniere strane e si manifestava con gli eventi più straordinari, ma lui sapeva che niente avveniva per caso e l’aver trovato quel dispositivo poteva voler dire qualunque cosa, certo, e poteva essere di chiunque, ma poteva anche essere un segno. Un segno chiaro e forte.
Non fece parola con nessuno quando tornò a casa; aggiustò la spesa dentro il frigo, salutò velocemente suo padre e Finn che stavano finendo di riparare una vettura, e poi scappò in camera pronto a controllare meglio quel piccolo oggettino tecnologico.

“B.A. può essere chiunque…” sussurrò tra sé e sé Kurt, leggendo quella sigla.
Poteva essere davvero di chiunque, ma sperava vivamente che fosse lui; se lo fosse stato, in qualche modo avrebbe potuto risalire alla sua origine, magari avrebbe potuto far analizzare il DNA ed accertarsene.
Provò ad accenderlo ma lo schermo continuava a frusciare senza dare alcun segno di vita. Sbuffò, rigirandoselo tra le mani.
Il modello era senz’altro vecchiotto ma non per questo poco costoso. Kurt si ricordava di aver visto uno di quei registratori in un negozio una volta, ma forse era qualche modello successivo. Gli sembrava che il prezzo fosse piuttosto alto, per cui anche il suo proprietario doveva essere ricco.
Kurt pensò per un attimo alla madre di Blaine.
La signora Anderson era stata una forte attivista politica nel suo mondo – prima che l’assassinassero – e se Blaine era suo figlio anche in quella dimensione, forse poteva giungere ad un qualche modo per incontrarlo, gli sarebbe bastato documentarsi su sua madre, in fondo lui non ne sapeva poi molto.
Ma non c’era alcuna garanzia; di fatto, nel presente Kurt non era imparentato con Finn – altrimenti Finn sarebbe rimasto scandalizzato quanto lui – e non aveva nemmeno avuto l’occasione di conoscere l’altro se stesso.
Le sue teorie, a quel punto, potevano essere tutto e niente. Ma sperava vivamente che valessero almeno un qualcosa, che ci fosse una piccola probabilità di ritrovare Blaine in quel mondo immenso.
Si rigirò il dispositivo tra le dita, notando poi un piccolo pulsantino: lo pigiò ed un ologramma sbiadito si formò da esso. Era tremante e sembrava rappresentare la figura di una donna… una donna dai tratti orientali e molto bella.
Era la madre di Blaine e quello era un messaggio; purtroppo non era udibile perché qualcosa sembrava essere danneggiato all’interno del dispositivo e l’ologramma si spense esattamente qualche secondo dopo.
Kurt scrutò il vuoto di fronte a sé, perplesso; le sue teorie erano giuste – o sembravano esserlo – avrebbe dovuto “solo” trovare il modo di rintracciare Blaine.
Sapeva esattamente a chi rivolgersi per necessità di questo tipo.

*

Blaine non si era rassegnato, tutt’altro. La chiacchierata con sua madre era servita da incoraggiamento e lo aveva spinto a fare qualche ricerca partendo, banalmente, dalla sua ex scuola pubblica.
Non sapeva con che coraggio si era ripresentato davanti al suo vecchio liceo, ma sicuramente non era stata un’impresa facile. Il cuore gli si stringeva e l’idea di rivedere quei volti che lo avevano fatto soffrire così tanto non era certo allettante.
Erano passati due anni da quando non aveva più messo piede là dentro e Blaine doveva vederla solo come una benedizione: quella scuola era stata un inferno, ma era anche un punto d’inizio. Probabilmente Kurt frequentava una scuola pubblica, o forse no, poteva essere ovunque e lo sapeva bene, ma avrebbe potuto chiedere in segreteria se un certo Kurt Hummel fosse iscritto in quell’istituto.

Mentre girava nei corridoi della scuola alla ricerca di qualcuno che potesse essergli d’aiuto, Blaine respirò di nuovo tutti quegli odori che cercava ancora di dimenticare. Gli sembrava di esser tornato a contatto con il passato e non era piacevole, non lo era per niente. Sentiva qualcosa che gli premeva nel petto, un senso d’ansia costante ed il bisogno di uscire da lì, subito, in quell’istante.
Ma Blaine strinse i denti e si fece coraggio, fino ad arrivare alla segreteria della scuola.
Una sorridente donna con i capelli biondo cenere raccolti sedeva dietro la scrivania, sembrava essere nuova di lì, o almeno non c’era quando Blaine frequentava ancora quel liceo.

“Salve…” disse Blaine timidamente, poggiando le mani sul tavolo. La donna alzò lo sguardo verso di lui; era piuttosto giovane, non dimostrava più di quarant’anni ed aveva degli occhi estremamente azzurri, penetranti.
“Salve. Mi dica,” disse, cortesemente.
“V-volevo sapere se un certo Kurt Hummel studia o ha studiato in questa scuola…”
La donna cambiò improvvisamente espressione; sembrava rabbuiata, crucciata. Era strano perché fino a qualche minuto prima, sembrava avere un bel sorriso sulle labbra, stirato ma pur sempre un sorriso.
Aggiustò i fascicoli che aveva tra le mani e li ripose nella cassettiera guardandolo con sospetto.
“E tu… chi saresti?” chiese, squadrandolo. “Non credo di averti mai visto nella scuola,” aggiunse, sempre fredda, senza il tono colloquiale con il quale aveva cominciato a parlare con Blaine.
Il ragazzo indietreggiò di qualche passo.
“Sono Blaine Anderson, un ex studente di questa scuola,” si difese, col cuore stretto. Perché quella donna aveva reagito a quel modo? Kurt era forse una sorta di male intenzionato? O magari aveva fatto una brutta impressione con quella domanda? Blaine non riusciva proprio a darsi una risposta.
“E perché un ex studente dovrebbe tornare qui per cercare un certo Kurt Hummel? Sei un suo parente?” chiese schiva, guardandolo con sospetto.
Blaine indietreggiò di qualche passo senza capire se avesse detto qualcosa di sbagliato; sembrava parecchio irritata e non riusciva a comprenderne il motivo. Era una semplice domanda, poteva farla senza aver bisogno di essere ucciso seduta stante.
“M-mi scusi… non volevo disturbarla,” rispose l’altro, crucciato e scuotendo la testa, “non sono un parente e forse è meglio che vada…” rispose, aggiustandosi la borsa sulla spalla e voltandosi per scappare verso l’uscita della scuola.
Non riusciva a capire quella reazione, ma ne era rimasto davvero stupito.
Non metteva piede da anni là dentro e probabilmente non ci sarebbe tornato mai più.

Ma Blaine non aveva visto che, non appena era fuggito via, la giovane donna si era portata una mano sul cuore ed aveva abbassato lo sguardo, triste.
Accarezzò il ciondolo della collana che stava indossando e tornò a lavoro, aggiustando dei fascicoli che erano ancora sparsi sulla scrivania.

*

“Kurt, qual buon vento?” chiese un ragazzo con delle gambe meccaniche, mentre stava cercando di riparare un oggetto di cui Kurt non riusciva a capire il funzionamento. Sembrava una specie di vecchia scatola e gli ricordava vagamente un “televisore”, ma forse non lo era.
“Artie, avrei bisogno di una mano con questo…” gli disse, mostrandogli l’oggettino che aveva trovato e costudiva gelosamente.
Artie inarcò le sopracciglia prendendolo tra le mani.
“Sembra un modello piuttosto vecchio di registratore… umh, ne esistono di molti più avanzati oggi. Sarà di almeno otto anni fa,” osservò, guardandolo con attenzione.
“Come mai possiedi una cosa del genere? È ed era piuttosto costoso…” gli disse, mentre camminava piano verso il proprio banco del laboratorio, producendo un suono meccanico passo dopo passo.
Kurt scosse le spalle.
“In verità l’ho trovato oggi per terra e beh, sembra essere rotto ma forse tu puoi ripararlo,” spiegò, senza rivelare molto altro; non voleva spiegargli subito ciò che sospettava.
Ma Artie si girò, guardandolo da sotto gli occhiali e cercando di capire cosa gli stesse passando per la testa. Notò poi le due iniziali incise sul dispositivo e sorrise.
“Ha un significato questo oggetto, o non ti saresti mai sprecato a venire fin qui,” gli disse, con tono leggero.
Ed era vero. Artie stava dall’altra parte della città e certo, era facile da raggiungere con i mezzi che avevano a disposizione, ma Kurt non amava il laboratorio Abrams, per qualche ragione gli metteva sempre molta inquietudine.
Forse era a causa delle pareti metalliche e buie, delle fievoli e tremolanti lampade presenti in tutta la struttura, o forse era per colpa dei pezzi di robot sparsi qua e là e dei fili gettati in dei box di latta.
Kurt non lo sapeva, ma dietro quel laboratorio così pieno di scienza e tecnologia si sentiva sempre rabbrividire. Gli faceva un po’ di paura.
“Non essere intimorito Kurt, so cosa ti è successo ormai poco più di un mese fa,” aggiunse, mentre cercava di aprire il dispositivo senza danneggiarlo.
“Oh-“
“La tua storia è famosa e mi sorprendo che tu non sia ancora stato assalito dagli scienziati per le domande, sai? Ma forse stanno solo aspettando il momento adatto o semplicemente non vogliono che il mondo sappia” disse, aprendo finalmente il registratore.
Kurt si accigliò.
“Che intendi dire?” chiese, con voce bassa.
“Intendo dire, Kurt,” Artie si riaggiustò gli occhiali sul naso, “che la verità per molte persone può essere scomoda. Tu sei arrivato dove nessuno di noi è mai giunto. Hai visto ciò che gli scienziati stanno studiando da anni tramite altre fonti. Tu hai visto tutto con i tuoi occhi, Kurt. Hai toccato, gustato, visto…” il ragazzo dalle gambe metalliche si fermò per qualche secondo a riflettere, “oh, quanto t’invidio,” sussurrò, piano, riprendendo a smontare il dispositivo.
L’altro lo guardò stringendosi nelle spalle;
“Sono stato fortunato ma ora ne ho nostalgia,” ammise.
Artie gli rivolse un’occhiata, girandosi sulla sedia sulla quale si era accomodato.
“Chi non la sentirebbe? Chi vorrebbe vivere in questo mondo artificiale? Ma noi non possiamo fare niente, Kurt. Non possiamo avvertirli di cosa li aspetta,” disse, alzando le spalle, “è una legge, sai, quella del tempo. Nessuna dimensione può sconvolgere l’altra. Lo so persino io,” gli disse, freddo, mentre toccava fili e sembrava combinarli con una qualche logica.
“Tu cosa sai esattamente, Artie?” chiese Kurt, prendendo uno sgabello lì vicino.
“Più di quanto non dovrei sapere: diciamo che sono sempre stato molto curioso e conosco qualche teoria e rapporto tra il nostro mondo e le altre due dimensioni.”
“Passato e presente?”
“Passato e presente.”
Kurt si torturò ansiosamente le dita, intrecciandole con nervosismo.
“Mi chiedo perché noi possiamo sapere di questa cosa e… nelle altre due dimensioni no. Non hanno il diritto di sapere anche loro che non esiste un solo modo di essere?”
Artie scosse la testa.
“Non so risponderti, Kurt. Ci sono cose che sfuggono anche alla mia comprensione,” ammise, mordendosi il labbro inferiore.
“Dovrei aver quasi finito di riparare il tuo oggettino, qua. Ma queste iniziali… B.A vogliono dire qualcosa per te?” chiese, guardandolo con particolare interesse.
Kurt sorrise quasi impercettibilmente.
“Sì, diciamo di sì.”
“Qualcosa collegato al presente?” chiese, ancora.
L’altro annuì.
“Umh… d’accordo. Non voglio sapere esattamente come sei legato a questa faccenda, ma lo rispetto. Vorrei tanto fare un viaggio, andare via da qui. Non ho niente se non questo laboratorio,” disse, aprendo le braccia e volgendo gli occhi al cielo, “è tutto ciò che mi resta.”
Kurt abbassò la testa e rifletté.
Lui aveva persone che lo aspettavano ovunque, Artie nemmeno una.
Sua madre e suo padre erano morti in un incidente durante una rivolta politica, lui era l’unico sopravvissuto della sua famiglia anche se aveva perso l’uso delle gambe che poi aveva sostituito – con l’aiuto di qualche medico – con quelle che si era costruito lui personalmente; funzionavano, erano buone, ma non erano le sue.
Kurt s’impietosì di fronte alla sua condizione, mentre lo vedeva lavorare con tristezza al suo dispositivo.
“Senti, Artie… se vuoi… puoi venire un po’ da me, sai, ogni tanto. Possiamo prenderci qualcosa da bere e chiacchierare. Posso raccontarti qualcosa su ciò che ho visto nel presente,” tentò, strusciando un piede a terra, timido.
Non sapeva perché avesse detto quelle parole, ma sentiva che poteva fidarsi – e forse Artie poteva dargli una mano, chissà. Era così bravo con la tecnologia e sapeva che era molto richiesto in quel campo anche dagli scienziati stessi.
Il ragazzo s’illuminò alzando di colpo la testa.
“Dici davvero?”
“Ma certo!” esclamò Kurt con un gesto pratico, alzando un braccio, “voglio dire, mi stai facendo questo favore, che è un favore davvero enorme… forse è il minimo che io possa fare,” disse, sorridente.
“Ti ringrazio Kurt,” gli rispose, toccandosi la gamba metallica forse un po’ a disagio, “non sai quanto lo apprezzi. E… ho quasi finito con questo, se vuoi rimanere un altro po’ ed aspettare piuttosto che andartene.”
Kurt annuì e rimase seduto sullo sgabello: quella poteva essere la sua unica opportunità per ritrovare Blaine.

*

Blaine aveva bisogno di dirlo a qualcuno.
Si teneva quel segreto nel petto da così tanto tempo da fargli quasi male; aveva mentito a sua madre, ai Warblers, a suo padre ed era quasi stato facile ma cominciava a diventare una cosa del tutto opprimente.
Ma non poteva, sapeva di non potere, avrebbe infranto qualcosa nell’equilibrio naturale delle cose, qualcosa che, di fatto rischiava di essersi già infranto dal momento in cui Kurt e Blaine si erano incontrati per la prima volta al parco.
Sbuffò, massaggiandosi le tempie mentre era al Lima Bean, da solo di fronte ad un cappuccino caldo. Un vero e proprio a tu per tu con il proprio spirito ed il proprio cervello.
Cosa doveva fare? Dove doveva cercare? Chi gli garantiva che il Kurt del presente fosse riconoscibile?
Troppe domande e così poche risposte.
Alzò la testa per caso e si stupì quando vide la ragazza della segreteria scolastica appoggiata al bancone del Lima Bean mentre, con tutta probabilità, attendeva la sua ordinazione.
Si fece piccolo piccolo, un po’ ancora spaventato dal modo in cui aveva reagito, sembrava una persona così serena di primo impatto…
Si chiese se qualcosa non avesse turbato il suo umore o se forse conoscesse realmente Kurt Hummel. Magari lo conosceva e lo odiava, magari Kurt era un vero stronzo in quella dimensione.
Blaine non riusciva a capire e non si era mai sentito tanto confuso in vita sua.



Note di fine capitolo: Eccoci! Come al solito, sono a dir poco curiosa di sapere le vostre teorie sulla donna che ha incontrato Blaine e, magari, anche un piccolo parere sull'atteggiamento di Artie. Non è un personaggio che "amo" particolarmente, mi piace e basta, però in questa storia potrebbe davvero diventare fondamentale per alcune piccole cose che vedrete in seguito!
Insomma, aspetto le vostre impressioni e, come sempre, vi invito nella mia pagina di FB per news e per chiacchierare un po' nel caso vi andasse: *QUI*
Alla prossima,
Flan







 

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Capitolo 15
*** 15. Miles Away ***


Note d'inizio capitolo:  Sì lo so, sono impredonabile: vi ho fatto aspettare moltissimo, un po' perché ultimamente avevo davvero poco tempo (ed ho poco tempo) un po' perché, per quanto corto, questo capitolo mi ha causato un bel po' di scompensi mentali. Sono ad un punto particolare della storia che spero riuscirete comunque ad apprezzare per quanto intriso d'angst.
Ed a proposito, preferisco mettervi un bell'avvertimento grosso: questo capitolo è un concentrato di rivelazioni angst, ma vi prego di "sperare" perché il finale della storia è positivo. Sto solo gettando le basi per riuscire a farla finire bene, anche se può sembrare il contrario.
Detto questo, ringrazio la mia beta, nacchan, e vi lascio alla lettura!


15. Miles Away


“Di nuovo tu.”
La donna che era al bancone del Lima Bean si spostò verso Blaine, guardandolo dall’alto in basso. Non era riuscito a sfuggire al suo sguardo gelido.
La donna stringeva tra le dita il cappuccino che aveva appena ordinato, la sua espressione era ancora ostile, ma forse meno rispetto a poco prima.
Blaine prese un respiro profondo cercando di non far caso a tutta quella tensione: doveva rimanere rilassato. Non aveva fatto e non stava facendo niente di male, anche se ogni fibra del suo corpo sembrava volergli dire il contrario.
Era come se ci fosse un inconscio presentimento in fondo a tutta quella storia, qualcosa che gli faceva presumere che… qualcosa non andasse poi così bene. Che quella ricerca fosse profondamente sbagliata.
Una volta Kurt gli aveva parlato di come gli umani non dovessero 'venire a contatto con’ gli avvenimenti nelle altre dimensioni, né stravolgerli in alcun modo. Forse stava andando tutto male a causa di quel motivo, magari non era destino che Blaine incontrasse il Kurt della sua era.
“Posso farti una domanda?” finalmente la donna parlò, la sua voce era comunque molto fredda. Blaine annuì, quasi spaventato.
“Perché cercavi Kurt Hummel?” chiese, afferrando la sedia libera davanti a lui ed accomodandosi, come se fosse scontato che le avesse dato il permesso. Blaine la fissò per qualche secondo senza sapere cosa rispondere: doveva forse dire la verità?
Blaine si morse il labbro inferiore, per un attimo inquietato da quella domanda. Come doveva rispondere?
“E-era un mio amico…” improvvisò. La donna lo guardò più severamente, sicuramente doveva aver toppato qualcosa in quella risposta.
“Mh? Sì? E dove vi siete conosciuti?”  Blaine bevve un sorso del suo cappuccino, nervosamente.
“A… a scuola,” rispose, netto. Ma mentiva, e Blaine non sapeva mentire.
La donna rise, sorprendendolo. Ma era una risata amara e per niente divertita, era una risata fredda e distaccata, colma di disagio.
“Non credo sia possibile, sai?” rispose, poi, con improvvisa calma, “ma se non mi dirai per quale motivo stavi cercando Kurt Hummel, io non ti dirò niente.”
Blaine si morse il labbro inferiore ed i loro sguardi s’incrociarono un’altra volta. Picchiettò le dita contro il bicchiere ricolmo ancora del cappuccino, rimasto praticamente intatto.
“È troppo complesso da spiegare,” ammise Blaine, infine, “non posso raccontarle i dettagli, ma posso dirle che per me era una persona importante…”
La donna annuì, tirando un sospiro.
“Io sono Rose Williams,” allungò una mano verso quella di Blaine per stringerla, il ragazzo la afferrò, “e sono… o meglio ero, la zia di Kurt Hummel.”


*

Kurt fu sorpreso di vedere che Artie era davvero riuscito a riaggiustare quell’oggetto che sembrava ormai da cestinare. Forse poteva avere qualche risposta, o anche solo un semplice indizio. O magari sarebbe stato solo un ritrovamento inutile.
Non sapeva cosa pensare. Si morse il labbro inferiore, mentre teneva in mano il dispositivo.
“Cosa aspetti a verificarne le funzioni?” gli chiese con curiosità.
“Ho paura che non possa darmi quello… quello che cerco,” rispose, con un tremito nella voce.
Artie annuì, anche se non riusciva a comprendere in pieno il perché di quella risposta.
“Se lo vorrai sono sicuro che te lo darà,” rispose poi, con una semplicità disarmante.
Kurt crucciò la fronte per un attimo e poi avviò il dispositivo: una serie di immagini veloci cominciarono ad apparire sullo schermo, tanto veloci che né lui né Artie riuscirono a capire di cosa trattassero.
Passò qualche rapido secondo e finalmente la sequela si fermò, mostrando un’unica immagine fissa. Una foto con una donna, un uomo ed un bambino tra le braccia. Lo schermo lampeggiava leggermente, oscurando e rendendo più luminosa l’immagine a tratti, ma Kurt ed Artie riuscirono perfettamente a vederla.
“Ma quella…” cominciò Artie.
“Quella è la madre di Blaine, e quel bambino…” sussurrò Kurt, identificandola solo a quel modo. Tutto tornava. Quella era sua madre, quello era Blaine e fin lì non c’era niente di nuovo.
Provò un senso di amarezza misto a delusione: una foto era un indizio inutile per qualcosa che già sapeva dentro di sé, era solo un’inutile conferma.
“Vuoi dire che… la signora Anderson era la persona che stavi cercando? Ma sai bene quanto me che è morta,” disse lo scienziato, cercando di capire la posizione dell’amico. Kurt scosse la testa.
“No, non è questo… io cercavo proprio suo figlio.”
Sul volto di Artie apparve un’espressione cupa.
“Kurt, dovresti sapere meglio di me che… è coinvolto in questioni che potrebbero non essere le migliori del mondo.”
“Solo perché sua madre era una politica famosa e molto influente?” chiese, “ormai è morta, probabilmente il figlio avrà ereditato i suoi poteri e niente più.”
“È stata assassinata, Kurt. Lo sai meglio di me che sono faccende con cui non scherzare,” rispose, rigido. Kurt si strinse nelle spalle, “Stai giocando con qualcosa che è più grande di te. Non puoi nemmeno sapere se… suo figlio è ancora qua oppure sia scappato altrove. Sinceramente, nella sua posizione io me la sarei data a gambe. Gli intrighi politici della nostra era sono molto pericolosi,” Artie si voltò, tornando ad aggiustare un apparecchio su cui stava lavorando poco prima che il ragazzo arrivasse.
Kurt fissò lo schermino, in parte intenerito da quella foto ed in parte arrabbiato; aveva solo bisogno di qualche informazione più rilevante di quella. Solo di qualche parola in più.
Strinse i denti, tentato di buttare via l’apparecchio elettronico, finché non riprese a frusciare intensamente ed il rumore metallico venne a sua volta sostituito da una voce, una voce di donna:

“Figlio mio… queste saranno le mie ultime parole per te. Questo è il mio testamento ed il mio ultimo giorno. Ho scoperto il piano dei Supremi, vogliono uccidermi. Tu devi scappare, devi andare da tuo padre. Oggi ho una conferenza, l’ultima della mia vita. Lì mi assassineranno, è una trappola e non posso non andare… se non andrò, faranno cose più terribili, se non mi sacrificherò rischierò di mettere in ballo la tua vita e quella di tuo padre.
Devi essere forte Blaine, devi esserlo per me, devi prendere tutto e scappare. Vai a Westerville, Blaine. Vai a Westerville. La tua mamma ti vuole bene e te ne vorrà sempre, ricordalo. Nonostante le nostre liti, nonostante…” per un attimo il file audio riprese a frusciare e la voce della donna sembrava rotta dal pianto, “nonostante tutto. Blaine, la mamma ti ama. Ricorda solo questo, d’accordo? E prenditi cura di papà… Addio, Blaine. Distruggi questo registratore non appena avrai sentito il messaggio.”
Il file si chiuse con un fruscio ed il dispositivo si spense di botto facendo un piccolo ‘scoppio.’

Kurt aveva gli occhi spalancati e se lo lasciò sfuggire dalle mani. Il suo cuore era stretto nel petto, si sentiva oppresso, intristito dal sentire quelle parole. E oh, la voce di quella donna, così cupa, così piena di amarezza.
Come poteva una persona sacrificarsi con così tanta  ‘facilità’, Kurt tremava, spaventato e confuso.
“Kurt?” la voce di Artie cercò di risvegliarlo, ma il ragazzo scosse la testa, con gli occhi pieni di lacrime.
“Io…” balbettò, insicuro. Non sapeva nemmeno lui perché si sentiva così, sapeva che si stava immischiando in qualcosa di più grande di lui e forse era proprio quell’eventualità a spaventarlo così tanto: Blaine era ancora vivo? Sarebbe riuscito a trovarlo? O forse sarebbe andato a Westerville facendo solo un buco nell’acqua? Non riusciva a rispondersi veramente.
Si strinse nelle spalle; era arrivato fin lì e sarebbe andato fino in fondo. Avrebbe risposto a tutte le domande che gli assillavano la mente: il padre di Blaine era ancora vivo? Che significava il discorso che sua madre gli aveva fatto? Chi erano i Supremi?
“Kurt?” la voce di Artie lo risvegliò una seconda volta, “Kurt chi è quel Blaine? Perché è a lui che sei interessato, non è così?”
Il ragazzo annuì, cercando di non tradirsi oltre con le lacrime.
“È il ragazzo che ho conosciuto nel presente, Artie. Volevo… gli ho promesso di ritrovarlo nel nostro tempo,” spiegò, brevemente, con le guance arrossate, “ma a questo punto non so nemmeno più se è vivo… o se è morto. Non so nemmeno come arrivare a Westerville… e soprattutto non so come trovare casa sua, non c’era alcun riferimento al dove abitasse,” sussurrò, guardando il dispositivo che era caduto a terra.
Artie si spostò solo un secondo per aprire un cassetto e porgergli un oggettino tondo, con uno schermo scuro.
“È una cartina virtuale. Un navigatore, è un modello un po’ vecchio ma è molto preciso, può portarti ovunque,” gli disse con calma, accendendolo. Digitò ”Westerville” sullo schermo ed immediatamente comparve una lucettina rossa – un laser – che puntava davanti a loro.
“Posso assicurarti che non esiste guida più sicura di questa,” disse lo scienziato, “e puoi prendere la metro che parte da Lima in ogni caso, l’unico problema è che è un po’ costosa…”
“Non sarà un problema. Aiuterò mio padre in officina per qualche giorno. Ed ho qualche risparmio nella mia cassa virtuale.”
Artie gli sorrise, “allora sei pronto per partire.”
“Forse,” rispose, stringendosi il navigatore al petto.
Aveva paura di così tante cose che la sola idea gli faceva tremare il cuore nel petto: aveva paura di trovare Blaine diverso, totalmente diverso, e temeva di non trovarlo.
E cosa gli avrebbe detto anche se ci fosse riuscito?
Kurt non lo sapeva, poteva soltanto sperare di riuscirci.


*

“E-era?” Blaine stava per strozzarsi con la sua stessa saliva. Cosa significava era?
La donna aveva gli occhi lucidi e l’aria di qualcuno che stava per piangere.
“Ero. Mia…” Rose si portò una mano al viso, passandosela con disperazione e riavviandosi i capelli, “mia sorella… Elizabeth Hummel, era la madre di Kurt. Entrambi… sono morti in un’incidente d’auto qualche anno fa…” sussurrò la donna, abbassando lo sguardo colmo di agitazione e tristezza. Si portò una mano alla bocca per sopprimere i singhiozzi, ma aveva una gran voglia di piangere.
Blaine spalancò gli occhi, scattando e buttando indietro la sedia. Era come se si fosse visto passare la vita davanti. Kurt era morto… Kurt non c’era, Kurt non…
No, no no no.
Non voleva crederci, non poteva essere vero. Era solo un brutto sogno, si sarebbe risvegliato presto.
“Non è possibile,” sussurrò, con voce strozzata.
“Mi dispiace… mi dispiace. Non so per quale motivo tu stessi cercando Kurt, ma… la verità è questa,” rispose la donna, singhiozzando.
“Io…”
Rose si strinse nelle spalle, guardando il bicchiere del proprio cappuccino e vedendolo sfuocato. Sfilò un fazzoletto dalla borsetta e si asciugò le lacrime, cercando di non pensarci.
“Sono passati anni ormai, ma non riuscirò mai ad abituarmi all’idea che loro non ci siano più…” sussurrò, piano, “sai, Elizabeth era una… una donna tanto cara. Amava la sua famiglia, amava suo figlio e, soprattutto, amava la vita più di ogni altra cosa. Forse più di me,” la sua voce era bassa, sembrava riuscisse a malapena a parlare, “se Kurt fosse ancora vivo… avrebbe più o meno la tua età,” aggiunse, deducendolo dal fisico del ragazzo, “sai Blaine… ogni giorno, ogni giorno spero di poter vedere mia sorella rivivere. Ogni giorno aspetto una sua telefonata, ogni giorno aspetto che… arrivi di fronte a casa mia con Kurt in braccio. Ma lei non arriva. Non arriva mai.”
Tutte quelle parole erano per Blaine delle coltellate al cuore, una dopo l’altra. Aveva risvegliato dei pensieri orribili all’interno di quella persona. Come aveva potuto? Ma come avrebbe potuto prevederlo? Non si aspettava di certo un esito del genere, tutt’altro. Non c’aveva mai pensato.
Tornò a sedersi, guardando la donna con fare comprensivo mentre sentiva lo stomaco accartocciarsi su se stesso.

“Mi dispiace,” sussurrò, piano, perché in fondo che altro poteva dire?
La donna scosse la testa.
“Non è colpa tua, sai? Lo capisco… tu non potevi saperlo.”
Ed in effetti, lui non poteva davvero saperlo.
“Eri un… un vecchio amico di Kurt? D’infanzia?” chiese la donna.
“Diciamo di sì,” rispose, sapendo di mentirle e senza volerlo fare davvero, non amava molto dire bugie, specie dopo aver scoperto quella cosa.
“Sembri un bravo ragazzo, Blaine,” la donna si asciugò gli occhi ed aprì uno specchietto: sembrava una persona davvero molto curata, probabilmente non voleva andare in giro con il trucco tutto sbavato, “mi spiace di averti detto una notizia del genere e di averti trattato così, oggi. Non volevo, è solo che… è una vicenda che mi scuote ancora molto. Non sono del tutto indifferente e non ho davvero superato quella fase.”
Blaine scosse la testa, comprendendo cosa voleva dire quella donna. Ma si sentiva sconfitto, amareggiato e pieno di delusione.
Che chance aveva, adesso? L’unico modo per rivedere Kurt era andare nel futuro, cosa che non poteva fare considerando lo sbalzo temporale.
Doveva mettere una pietra sopra al suo progetto. Poteva sconfiggere delle miglia di distanza ed avrebbe preferito che Kurt fosse stato dall’altro capo del mondo… ma non nell’aldilà.
Si morse il labbro inferiore, pensieroso.
Avrebbe potuto buttare via tutti i suoi appunti, tutte le sue teorie.
Ormai non servivano più.



Note di fine capitolo: Avete istinti omicidi nei miei confronti? vi capisco ma frenateli :D voi non potete saperlo, ma questa fase è assolutamente necessaria per il lieto fine della storia (per quanto sia indiscutibilmente angst e triste.)
In realtà spero che il capitolo vi sia piaciuto perché ci tengo un sacco, è stato uno dei più difficili da sviluppare perché non volevo cadere in qualcosa di banale ed è uno snodo piuttosto importante della storia.
Spero che lo abbiate apprezzato, davvero, e che deciderete di farmi sapere cosa ne pensate.
Tra l'altro, colgo l'occasione per pubblicizzare la mia pagina FB, come al solito: *QUI* nel caso qualcuno di voi voglia lanciarmi anche qualche insulto di persona ;D
E poi volevo comunicare che ho aggiornato anche l'altra mia storia: Love Game per chi la segue :) e provvederò a mettere il nuovo capitolo entro la fine di questa settimana...
Al solito, spero di riprendere gli aggiornamenti settimanali in maniera più o meno regolare, non mi piace non mantenere le promesse!

Al prossimo capitolo,
Flan


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