Pictures of you

di TooLateForU
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Domani. ***
Capitolo 2: *** I'm just bad news for you. ***
Capitolo 3: *** Needed somebody to love. ***
Capitolo 4: *** My past at the door. ***
Capitolo 5: *** too late for you. ***
Capitolo 6: *** scarf. ***
Capitolo 7: *** no secrets anymore. ***
Capitolo 8: *** Unexcepted. ***
Capitolo 9: *** mcdonald's in my mind. ***
Capitolo 10: *** Pictures of you ***



Capitolo 1
*** Domani. ***


L’ispirazione per questa storia è nata alle sei meno venti della mattina, mentre pensavo alla canzone Pictures Of You dei The last goodnight (ascoltatela, merita davvero), quindi non vi assicuro niente AHAH.
Apparte gli scherzi, finora ho scritto solo due capitoli e vedrò di continuare a postare in base alla risposta collettiva (?) di tutti voi. Altrimenti anche questa finirà a marcire #nuooo
Ora smetto di rompere, au revoir (?)

 
 
 
 
“Buongiorno Holmes Chapel! Il sole splende alto nel cielo stamattina, quindi scendete dai letti e andate a goderv..”
Allungai un braccio verso il comodino, per colpire la radio-sveglia e farla cadere rovinosamente sul parquet. Sentii un familiare ‘bzzzz..’ metallico prima che la fastidiosa voce dello speaker sparisse.
Mugugnai qualcosa di incomprensibile persino a me stessa, mentre stringevo il piumone più forte intorno al corpo.
Probabilmente il fatto che nella mia baracca- che i miei si ostinavano a chiamare casa – i termosifoni fossero rotti influiva sulla temperatura di meno sessanta gradi, e non me ne poteva fregar di meno che fosse una bella giornata fuori.
Pioggia, sole, neve, tempesta di sabbia.. A chi importa del tempo di uno sputo di città come Holmes Chapel?
Città è una parola anche troppo grossa. Diciamo ammasso di casette, chiese e scuole.
Che squallore.
D’un tratto la porta della mia stanza si spalancò, e sentii dei passetti veloci correre per tutta la camera.
“BUUM, BUUM, CRAAASH! Il capitano Smith è stato ferito, ripeto è stato ferito!” urlò quello psicopatico di Chris, facendo schiantare un elicottero giocattolo su un camion dei pompieri, e mimando i rumori dello schianto.
Stringeva tra le mani un walkie talkie rotto, ma non sembrava essersi accorto del fatto che fosse r-o-t-t-o. Eppure ad otto anni alcune cose dovrebbero essere chiare.
“CHRIS, ESCI!” gridai, stridula. Lui si voltò sorpreso verso di me, come se non si aspettasse di trovarmi lì, e mi rivolse un sorriso perfido.
“Mamma ha detto che se arrivi in ritardo non ti firma la giustificazione!” ribattè serafico, prima di tornare a mimare con la bocca il rumore delle eliche dell’elicottero.
La voglia di prendere a morsi il mio cuscino, mia madre e anche quello psicolabile di mio fratello mi assalì, e scacciai via le coperte con un calcio seccato.
Commisi anche il terribile errore di puntare il mio sguardo sulla parete sopra la mia scrivania, e il mio umore precipitò più sottoterra di un underground.
Come ogni mattina, mi ripromisi che il giorno seguente le avrei tolte.
 
Il tipico vento gelido ed inglese sferzò il mio viso, mentre correvo per raggiungere il cortile della scuola. Sentii che la tracolla nera stava per scivolarmi dalle spalle, e mi affrettai a metterla apposto.
Stavo correndo, stavo correndo! Dovrebbero conferirmi una medaglia all’onore solo per questo, dannazione!
Salii la scalinata in marmo della scuola a due a due, ignorando le urla della bidella che le stava spazzando.
“Chiamo il preside, Foster!” gracchiò acida, come al solito.
Oh, ma chiama anche il padre eterno. Sai che mi importa.
Spinsi le porte pesanti davanti a me, e continuai la mia folle corsa verso la classe di francese. Mi sentivo come Forrest Gump quando deve correre dietro quel pulmino, presente? Bhè era come se qualcuno urlasse nelle mie orecchie ‘Corri Adele, corri!’
Arrivai con il fiatone davanti all’aula 216, e mi presi qualche secondo per rendermi un essere umano presentabile. Cercai di aggiustare il nido di tortore (ovvero i miei capelli) con le mani, e sperai vivamente che non mi fossero cresciute altre lentiggini nella notte.
Odiavo le lentiggini. E stamattina non avevo neanche fatto in tempo a nasconderle con il correttore, dannazione.
Finalmente abbassai la maniglia della classe, ed entrai. In un secondo venti paia d’occhi, compresi quelli dell’amabile prof, si posarono su di me.
“Che bello, Foster ci ha degnati della sua presenza! Dormito bene, ti sei riposata?” mi prese in giro Mrs Hampton, mentre mi lanciava un’occhiata gelida con i suoi occhietti da falco.
“Alla grande. Lei non ha dormito od oggi è Halloween?” replicai, sarcastica.
Qualcuno nella classe ridacchiò, mentre lei sembrava gonfiarsi come un pallone aerostatico e diventare color porpora.
“Vedremo se quest’estate sarai ancora così spiritosa ai corsi di recupero.” Ribattè, dura “Ed ora vatti a sedere, prima che ti sbatta fuori!”
Dio mio, nessuno coglie mai la mia spiccata ironia. A passo volutamente lento e pesante mi avviai verso l’ultimo banco, dove la mia migliore amica mi guardava con disapprovazione.
Lanciai la borsa a terra, e mi lasciai cadere sulla sedia “Ciao Leah.” La salutai, pacatamente
“Ciao ‘sto cazzo, Adele! Vuoi farti sospendere o cosa?” mormorò concitata, lanciandomi un’occhiata di fuoco.
“Che esagerata! Siete tutte così irrrrrrrrrritabiliin Argentina?”
“Non sei divertente.” Sibilò, innervosita. Non sopportava che scherzassi sulla sua esotica discendenza Argentina, anche se secondo me era davvero una forza. Non solo Leah Mariasol Consuelo Moreno era incredibilmente intelligente, dedita alle regole, precisa e ordinata ma era anche una di quelle ragazze che ti fanno venir voglia di nasconderti sotto un sasso e non uscirne più. Alta, slanciata, pelle color caffè, occhioni scuri e capelli stile Penelope Cruz.
Io invece avevo l’aspetto di un dugongo incinta. E la mia esoticità consisteva in mia zia Cathy, che era irlandese, e da cui avevo ereditato capelli color carota stinta e lentiggini.
Wow.
Leah prese appunti per tutto il resto della lezione, e Dio solo sa quanto avrei voluto scattarle una foto mentre la sua mano si muoveva veloce sul quaderno, e qualche ciocca di capelli ricadeva disordinata sul banco.
Sarebbe stata una foto epica.
Peccato avessi smesso di fare foto da un pezzo..
Scossi la testa, scacciando quel pensiero.
 
Infilzai un fusillo con forza, prima di portarlo alla bocca ed ingoiarlo velocemente. Stavo crepando di fame, e sebbene quella pasta sapesse di cartone la stavo divorando.
Leah lanciò uno sguardo inorridito al mio piatto “Mio Dio, sembra che tu non mangi da mesi.” Osservò, un tantino disgustata.
Io presi a masticare più rumorosamente giusto per infastidirla, e da come si coprì le orecchie capii di esserci riuscita.
Risi divertita, mandando giù un altro boccone “Sei davvero una schizzinosa, Lee!”
“Se solo tu ti comportassi come una ragazza normale..”
“E poi sai che palle?”
Sbuffò, abbandonando la forchetta sul vassoio “Oggi l’insalata fa schifo.” Esclamò.
“Solo oggi?” replicai, scettica.
“Sei ancora in punizione?” cambiò argomento.
Feci una smorfia, mentre finivo di mangiare anche il condimento “Diciamo che la punizione è finita ieri, ma se mia madre si accorge che ho macchiato il divano con la candeggina mi uccide.”
Leah ruotò gli occhi neri al cielo, prima di afferrare la sua borsa e tirarne fuori il nuovo numero di ‘Just Seventeen.’ Lo posò sul tavolo della mensa, incurante del fatto che fosse sudicio, e prese a sfogliarlo pigramente.
Girava distrattamente le pagine quando qualcosa attirò la sua attenzione “Adele, guarda!” esclamò, puntando eccitata l’indice sulla pagina.
Io allungai il collo, per leggere cosa c’era scritto, e quando capii sbuffai.
“Smettila, Leah.”
“Ma è fantastico! Un concorso di fotografia, con in palio due biglietti per Disneyland in Florida! Non vorresti andarci?”
“Forse ti sei persa i miei ultimi dieci compleanni.” Replicai, sarcastica, ma lei fece finta di non sentirmi.
“Andiamo, tu sei un genio della fotografia! Vinceresti di sicuro!” insistette.
“Forse vincerei, se facessi ancora delle foto.” Risposi, senza alzare gli occhi dal mio vassoio.
Restammo in silenzio per qualche attimo, mentre intorno a noi il casino della mensa non cessava.
Aveva toccato un tasto dolente, e lo sapeva.
“Le hai tolte quelle foto, Adele?” chiese poi, abbassando la voce.
“Lo farò domani.” Assicurai.
“Sono otto mesi che mi dai la stessa risposta. Quando arriverà questo domani?”
Mi alzai, facendo strusciare rumorosamente la sedia sul pavimento. Afferrai il vassoio e diedi le spalle a Leah per uscire dalla mensa, senza neanche salutarla.
Non doveva parlarne.
Nessuno doveva parlare di Harry Edward Styles, fine.
 

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Capitolo 2
*** I'm just bad news for you. ***


*rotola nella pagina*
OTTO RECENSIONI? OTTO RECENSIONI AL PRIMO CAPITOLO? Ajbxhshvxgcgzfxsnz, siete fantastiche. No sul serio, le miglioooori lettrici del mundo (?)
Much love per ognuna di voi, raCazze!
Detto questo, ecco a voi il capitolo :)

 
 
“La proprietà dell’emergentismo si manifesta in tutti gli organismi viventi quando avviene il passaggio da un livello di complessità ad un altro, come dal livello cellulare a quello tissulare..” lessi ad alta voce, per la sesta volta.
Wow, intrigante materia la Biologia. Talmente intrigante che andrò a studiarla dormendo.
Guardai con desiderio il mio comodo letto a pochi passi da me, poi però vidi scorrere davanti ai miei occhi l’immagine di mia madre che con una motosega tra le mani mi inseguiva a causa dell’ennesima F in Biologia, e riportai gli occhi sul libro.
Se avessi avuto davanti agli occhi un testo in aramaico stretto avrei capito qualcosa di più, sicuramente. Che cazzo, perché è tutto più interessante quando devo studiare?
Per esempio, le lancette viola dell’orologio a forma di maialino sulla scrivania erano incredibilmente interessanti. La matita che stringevo tra le mani poi era un’avvincente Staedler 14! Oooh!
Alzai gli occhi sulla parete davanti a me, trovandomi ad osservare la foto di un ragazzo dai capelli biondi con uno zaino sulle spalle ed uno skateboard colorato sotto il braccio.
 
 
Drew Colfer mi sorrideva, mentre la collana stile giamaicano gli penzolava sul collo abbronzato.
Forse erano i capelli biondastri, o gli occhioni azzurri, o ancora il fatto che fosse un Californiano trasferitosi qui ad Holmes Chapel da tre mesi a renderlo così figo. Non sapevo decidere.
“Allora, hai impegni per il ballo?” mi domandò tranquillo, con il suo forte accento americano.
Lo osservai qualche attimo in silenzio, mettendo su un piatto della bilancia una serata con Drew – sono più hot di Ibiza – Colfer e sull’altro piatto una serata a guardare terrificanti film splatter con il mio migliore amico sul divano, ingozzandomi di orsetti gommosi.
“Mi dispiace, sono fuori città questo weekend.” Mentii, prima di tirare un falso sorriso dispiaciuto sulle mie labbra, e girare i tacchi.
Harry mi avrebbe uccisa se avessi boicottato la nostra serata.
 
Sospirai, tornando a guardare il libro sotto i miei occhi.
Era incredibile come ogni singola foto su quella parete, anche non sua, me lo ricordasse. Come ogni più piccolo particolare o ricordo fosse ricollegato a lui.
Perché non le toglievo, quelle dannate foto? Perché non buttavo giù quella parete su cui erano attaccate trenta, quaranta fotografie mie, sue e di chiunque altro e non ci appiccicavo un poster a grandezza naturale di Leonardo DiCaprio?
Se ne è andato, cazzo. Otto mesi fa è sparito senza dire una parola e dai nuovi possessori della sua casa tutta Holmes Chapel aveva saputo che la famiglia Styles si era trasferita a Londra. Da quel giorno, nessuno aveva più avuto notizie di Harry.
Tutti chiedevano a me di come gli andasse la vita, perché tutti ci ricordavano insieme. Era impossibile non vederci girare insieme per i corridoi della scuola, o per le strade, o al bowling o in qualsiasi altro cazzuto posto di questa cazzuta città. ‘Come sta Styles?’ ‘Non so, chiedi a Foster.’ ‘Adele, ma Harry tornerà ad Holmes Chapel?’ ‘Ehi Adele, salutami Harry quando lo senti!’
Peccato che io non avessi più sentito Harry da quel 26 marzo duemilaundici.
All’inizio lasciare dei messaggi alla sua segreteria telefonica mi era sembrata una buona idea.
‘Magari non c’è campo’ ‘magari è a scuola’ ‘magari gli si è rotto il cellulare’, ‘magari non è arrivato il mio messaggio’ ‘magari ha finito i soldi’ ‘magari è stato attaccato da un dugongo volante’..
Mano mano che passavano i giorni le scuse si esaurivano, e quando capii che se avesse voluto sentirmi l’avrebbe fatto smisi di lasciare messaggi vocali a ‘Questa è la segreteria telefonica di Harry Styles, e a meno che tu non abbia una vagina non lasciare un messaggio! Scherzo, ti richiamerò.’
Due colpi secchi alla porta mi distolsero dai miei pensieri, fortunatamente, ma non ebbi neanche il tempo di dire ‘Avanti’ che la figura di mia madre fece il suo trionfale ingresso.
“Che senso ha bussare e poi entrare senza aspettare una risposta?” le domandai, infastidita.
Lei ruotò gli occhi azzurri al cielo, ravvivandosi i capelli da Barbie Bionda con una mano “Smettila di fare la stupida, sono venuta a chiederti se puoi andare tu a prendere Chris a scuola.” Disse, mentre faceva scorrere velocemente lo sguardo sulla mia scrivania.
Perché doveva sempre farsi i cazzi miei? PERCHE’?
“Non doveva andare papà oggi?”
“Oggi è mercoledì, e il suo giorno invece è il martedì.”
Sbuffai, smettendo di giocherellare con la matita tra le mie mani. Essere figlia di divorziati era un gran rottura di palle.
“Bhè ci andrei, se solo non stessi studiando.” Replicai, decisa. Julie Cavallo Matto mi squadrò sospettosa, prima di sbuffare innervosita.
“Piantala Adele, e muoviti!” sbottò, prima di lasciare a passi veloci la mia stanza.
Ma piantala di fare cosa?
 
Battevo ritmicamente un piede a terra a braccia incrociate, mentre aspettavo che i portoni della Garden Elementary School si spalancassero.
Cercai il mio cellulare nella tasca dei jeans, per controllare di nuovo che ore fossero. Mi sembrava di essere ferma in quella posizione da secoli, e non mi sarei stupita se qualcuno mi avesse confusa con il paesaggio circostante.
Magari qualche piccione si sarebbe posato anche sulle mie spalle, o sulla mia testa scambiandola per un nido.
Finalmente sentii un lontano suono stridulo, che doveva essere la campanella. Ci fu uno scalpiccio veloce prima che i portoni si spalancassero, riversando nel cortile un migliaio di mocciosi urlanti.
Feci una faccia terrorizzata, mentre mi appiattivo contro il muretto per non essere travolta dalla mandria di bufali e le rispettive madri ansiose. Mio Dio, che angoscia!
Cercai con lo sguardo dei ricci biondi e degli occhi azzurri come i miei, impaziente., ma come al solito quella piattola di Chris ci metteva secoli ad uscire.
E certo, perché tanto io non avevo niente di meglio da fare che aspettare che mio fratello uscisse dalla scuola, vero?
..
Lasciamo perdere.
Finalmente intravidi la faccia divertita di Chris, che rideva con i suoi amici mocciosi anch’essi.
“CHRIS!” urlai, per farmi sentire. Lui voltò velocemente la testa verso la mia direzione, e quando mi vide alzò gli occhi al cielo, scocciato.
Non troppa dolcezza tutta insieme, mi raccomando.
Salutò i suoi amici e si diresse molto, molto lentamente verso di me. Lo faceva apposta, sapeva che mi infastidiva doverlo andare a prendere e si muoveva sempre alla velocità di un cammello mezzo morto.
“Fai con calma Chris, sono solo due ore che ti aspetto.” Lo accolsi, sarcastica.
“Perché non è venuta mamma?”
“E che ne so io? Forza, torniamo a casa.” lo spinsi per le spalle, intimandolo a velocizzarsi. Lui si sistemò meglio lo zaino sulle spalle, prima di tirare fuori dalle tasche delle figure dei Pokemon.
“Oggi ho scambiato le figurine con Eddy, mi ha dato Abra e Diglett! Sono i Pokemon più forti di tutti, ma proprio di tutti perché..”
E cominciò uno dei suoi soliti monologhi su quanto fossero forti i Pokemon.
Vorrei tanto, tanto, ma tanto essere figlia unica.
I used to rule the world, seas would rise when I gave the word..’
La voce di Chris Martin risuonò nelle mie orecchie, mentre afferravo velocemente il cellulare dalla tasca dei jeans, e lo portavo all’orecchio.
“Pronto?”
“Non indovinerai MAI chi mi ha chiamata!” esclamò eccitata Leah, dall’altra parte della cornetta.
“L’ospedale psichiatrico dicendoti di tornare dentro?” tentai, sarcastica.
“Ah ah, sto rotolando dalle risate, giuro. Mi ha chiamata Amber Melville.”
“E che cosa volev..Chris, PIANTALA!” allontanai il cellulare per strappare dalle mani di mio fratello le mie chiavi di casa, che si divertiva a sfilare dal portachiavi.
“Ridammele, ridammele!” protestò, cominciando ad allungarsi verso di me per riprenderle. Io alzai un braccio in alto, dove non poteva arrivare.
“Sono le mie chiavi!”
“Adele? Ci sei?”
“Voglio giocarci, voglio giocarci, voglio giocarci, voglio giocarci..”
Feci un verso innervosito, alzando gli occhi al cielo e posando di nuovo il telefono vicino al mio orecchio “Scusa, un piccione. Stavi dicendo?”
“Voglio giocarci, voglio giocarci, voglio giocarci..” cantilenava in sottofondo Chris.
“Ti ricordi chi era Amber?”
“Mmm, quella biondina grassottella?”
“Voglio giocarci, voglio giocarci, voglio giocarci..”
“Ecco, lei. Bhe, sai che era la migliore amica di Gemma..”
“Voglio giocarci, voglio giocarci, voglio giocarci..”
Quella Gemma?” domandai, tentando di ignorare Chris che mi stava facendo venire il mal di testa.
“Voglio giocarci, voglio giocarci, voglio giocarci..”
“E allora prenditele!” gli urlai, esasperata, prima di lanciargli il mazzo di chiavi. Chris fece una faccia soddisfatta, prendendo a giocarci tutto contento.
“Adele, mi stai ascoltando?” riprese infastidita Leah.
Ecco, adesso avevo il mal di testa. Grandioso.
“Sì Leah, ti sto ascoltando. Parlavi di Amber e Gemma, no?”
“Esatto. Bhè, Amber mi ha detto che ieri ha sentito Gemma..”
“Frena, frena, frena..” la interruppi “Perché mi stai raccontando tutto questo? Non mi interessa nessun componente della famiglia Styles.” Chiarii, dura.
Ci fu un attimo di silenzio dall’altra parte del telefono, prima che mi arrivasse un sospiro reso leggermente metallico dal microfono del cellulare.
“Non serve che tu menta anche a me, lo sai vero?”
“Non ti sto mentendo!” protestai “Non mi interessa. Davvero.” Marcai bene l’ultima parola, per farle arrivare il concetto.
“In questo caso allora non ti importerà sapere che Styles ha intenzione di tornare qui ad Holmes Chapel il prossimo weekend, vero?”
Sentii qualcosa precipitare a terra, con un rumore metallico, e non seppi se fosse stato il mio cuore o il mazzo di chiavi nelle mani di Chris.

 
 
 

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Capitolo 3
*** Needed somebody to love. ***


 In questo capitolo non succede granchè, è di passaggio, però viene introdotto un personaggio muuuuucho importante #yeep
Detto questo, ringrazio le mie fAighissime recensitrici (?) e vi informo che il volto di Leah dovrebbe essere quello di Santana di Glee #moltofiga
Detto questo vi lascio in pace :)
p.s. la canzone qua sotto è Drops of Jupiter dei Train
p.p.s (?) penso abbiate capito che le parti in corsivo sono flashback..
 

 
 
 
 
 
Your best friend always sticking up for you, even when I know you're wrong
Can you imagine no first dance, freeze dried romance, five-hour phone conversation..

 
Ficcai il quaderno di letteratura a forza nella borsa, e mi allungai per afferrare l’astuccio usurato sulla scrivania. Gettai dentro qualche penna alla rinfusa, prima di guardare la sveglia sul comodino che segnava le otto meno cinque.
“Cazzo cazzo cazzo..” mormorai a mezza bocca, sistemandomi sulle spalle la borsa a tracolla e uscendo di corsa dalla stanza.
Scesi le scale a due a due, ed avevo già la mano sulla maniglia della porta quando mia madre apparve dalla cucina.
“Adele, l’hai preso il cellulare?” domandò, con una scatola di uova tra le mani.
“Merda!” mi lasciai scappare, prima di fare marcia indietro e correre su per le scale.
“Non usare questi termini, hai capito?” urlò lei, ma non le diedi retta. Spalancai di nuovo la porta della mia stanza e mi misi alla ricerca del cellulare.
Frugai sul letto, tra le coperte, scaraventai il cuscino lontano..Ma non era lì. Sbuffai, e lasciai vagare il mio sguardo sul comodino. Sveglia, foto di me e Leah alla sua casa al mare a Brighton, un block-notes mai usato, due smalti..
Oh, quello smalto era nuovo! Quando l’avevo comprato? Perché non me l’ero messo? Cavolo, era favoloso, un blu mare fantastic..
Ma stai zitta e cerca il cellulare, idiota!
Perfetto, ora cominciavo anche a parlare da sola. Oddio, lo sto facendo ancora.
Zitto cervello.
Chiudi il becco.
BASTA.
Scossi la testa, e mi misi a gattoni sul pavimento per cercare sotto al letto; allungai una mano, con una smorfia, e cercai a tastoni il profilo del mio samsung.
Sentii sotto le mie dita qualcosa di liscio e lucido, e lo tirai fuori incuriosita.
Mi ritrovai a stringere tra le mani una foto vecchia ed impolverata che ritraeva me ed Harry sotto al sole, io con un grande cappello di paglia sulla testa e lui con i suoi soliti occhiali da sole e il suo bellissimo sorriso.
Sospirai, mentre lasciavo scivolare la borsa dalle mie spalle.
 
“Mia madre mi ucciderà quando lo saprà, lo sai vero?” gli dissi, facendo dondolare tra le mie mani i miei sandali.
Harry alzò le spalle, mentre con un piede tentava di schizzarmi d’acqua le gambe “Anche la mia. E potranno passare ore al telefono a lamentarsi di noi due.” Replicò, con un sorriso tranquillo.
Decisi di non pensare agli anni di punizione che avrei scontato tornata a casa, ed inspirai profondamente l’odore di salsedine e sole che aleggiava sulla spiaggia “Si sta da Dio qui. Certo, se magari tu non mi facessi ombra.” Gli feci notare, spintonandolo leggermente.
“Vuoi prendere un’insolazione e diventare dello stesso colore dei tuoi capelli?”
“Voglio abbronzarmi, è diverso.”
“Ma stai zitta, patata lentigginosa!” esclamò, ridendo. Io gli lanciai uno sguardo assassino, prima di colpirlo con un sandalo sul braccio.
“Ahia!” si lamentò, con una smorfia “Se continui a torturare il mio braccio dovranno amputarmelo!”
“Fatti amputare il braccio ed impiantare un cervello, allora!”
“Miaoo, come siamo aggressive!” mi prese in giro, punzecchiandomi un fianco. Io gli feci la linguaccia, e in tutta risposta lui mi circondò le spalle con un braccio e mi schioccò un bacio sulla guancia.
“Sei la mia patata lentigginosa.” Mormorò.
 
“Adele, non sei ancora uscita? Guarda che io non te lo firmo il pross..”
“HO CAPITO!” urlai, interrompendo la voce di mia madre dal piano terra. Feci un respiro pesante, prima di tornare a guardare la foto.
Lo odio, perché mi manca troppo.
Strinsi le labbra, prima di prendere a strappare in mille pezzi quella foto. E quando non ci furono altro che pezzi strappai anche quelli, fino a ridurla solo in un cumolo di coriandoli.
Mi alzai bruscamente in piedi, afferrai la borsa ed uscii.
Avrei voluto strappare i miei ricordi come facevo con le foto.
 
 
“Allora, pronta per il compito di francese?” chiese tranquilla Leah, al mio fianco.
Bloccai le mani che cercavano di aprire l’armadietto, e le lanciai uno sguardo terrorizzato.
“Quale compito?”
“Quello che abbiamo alla prossima ora, no?”
Feci un respiro profondo, per trattenermi dall’urlare dal nervoso, e mormorai un ‘dannazione’ a mezza bocca.
Perché non ne sapevo niente?
Perché nessuno mi avvertiva?
“Che cavolo Leah, perché non mi hai avvertita? Lo sai che io ho la memoria a breve termine!” mi lamentai.
“Te l’avrei detto ieri al telefono, se tu non mi avessi attaccato in faccia.” Ribattè, stizzita.
“Sai, le magnifiche avventure della famiglia Styles mi avevano emozionata a tal punto da non riuscire a parlare.” Risposi, sarcastica.
“Andiamo Adele, sappiamo entrambe che muori dalla voglia di rivederlo!”
“Quale parte di ‘non voglio più rivedere la faccia di quello stronzo’ non ti è arrivata in questi otto mesi?”
“La parte in cui dici la verità, ecco quale non mi è arrivata.”
Le lanciai un’occhiataccia, prima di superarla e cercare di incamminarmi velocemente verso la classe. Odiavo quando se ne usciva con queste frasi ad effetto, a cui non sapevo rispondere. Era snervante.
E poi che ne poteva sapere lei? Sta un po’ zitta, Esteban.
“Oh, adesso mi fai il broncio?” mi prese in giro con un sorrisetto, trotterellando al mio fianco.
“Sta’ zitta.”
“Vedrò di stare in un religioso silenzio durante il compito, tranquilla.”
“Non provocarmi, Esteban!”
Mi diede uno schiaffo su un braccio, che mi fece sobbalzare “Non chiamarmi così!” mi sgridò, offesa.
“Okay, Julio.” Continuai ridacchiando, prima che un viso familiare apparisse davanti a noi.
Insieme a tutto il resto del corpo, ovviamente. Non era solo un viso fluttuante nell’aria.
Occhi blu, capelli biondi ossigenati, felpa della Hollister e sguardo da ‘so che volete stuprarmi tutte.’
Niall James Horan si era fermato davanti a noi, e mi stupii di come riuscisse ad entrare in un solo corridoio anche il suo enorme ego.
“Foster, ragazza argentina di cui non ricordo il nome.” Disse a mo’ di saluto, con un cenno del capo.
“Oh, che bravo, hai imparato tutto da solo il mio cognome! Che bimbo diligente!” lo sfottei, facendogli anche un finto applauso.
Leah era troppo impegnata ad arrossire, anche se non si notava troppo sulla sua pelle olivastra, e a torturarsi la frangetta per dire qualcosa. Come al solito.
“Come siamo spiritose oggi, Foster. Cosa hai bevuto a colazione, veleno?” replicò, senza cancellare dalle sue labbra quel fastidioso sorriso strafottente.
“No, quello lo risparmio tutto per te.”
“Questo sabato ci sarà una festa, a casa mia. Sentiti invitata, ma solo se hai un vestito abbastanza corto da potermi interessare.” Disse, mordendosi in modo ‘accattivante’ un labbro.
“Potrei indossare il mio nuovo burqa color evidenziatore giallo, che te ne pare?” lo provocai.
Horan alzò le spalle “Io ti ho informata, la strada per casa mia dovresti ricordarla.” Replicò, facendomi un occhiolino e superandomi pacatamente.
Io strinsi i pugni, trattenendomi dal rincorrerlo e rovinargli quella dolce faccina a suon di sputi.
Stronzo.
“Oh, quanto è figo Horan.” Sospirò sognante Leah, fissando la sua schiena..e il suo fondoschiena.
“Ancora con questa storia? Questa cotta malsana ti ucciderà.” La avvertii.
“Non è una cotta..” protestò, debolmente “E comunque parli così solo perché hai già consumato co..”
“Leah, devo forse stilarti un’altra volta la lista delle cose che non devi ricordare in mia presenza? Non è stato niente, comunque”
“Veramente tutta la scuola sa che lui ha ancora un debole per te.”
Il suono della campanella interruppe una mia possibile risposta, ed entrammo velocemente in classe.
Niall James Horan era solo l’ennesima cosa da dimenticare. Che poi, non c’era molto da dimenticare. Era stata solo una notte. Una stupida notte di due mesi fa. Mi sentivo più sola del normale, la festa a casa di Kim Middleton stava andando fuori controllo e lui era apparso proprio in quel momento.
Una serie di sfortunate coincidenze, ecco cosa era stato.
 
 
Buttai giù l’ennesimo bicchiere di coca cola, l’unica cosa che ero autorizzata a bere. Teoricamente avrei potuto afferrare una bottiglia di Tequila e svignarmela al piano di sopra e nessuno mi avrebbe detto niente, ma preferivo rimanere lucida. Ci pensava già la musica assordante dalle enormi casse in salone a rincoglionirmi.
La musica non era abbastanza alta da coprire i miei pensieri, però.
Dannazione.
“Adele Foster.” Sentii una voce pronunciare il mio nome, ed alzai lo sguardo davanti a me trovandomi a fissare due occhi blu ammiccanti.
Niall Horan stringeva tra le mani un bicchiere di birra, e dal colore delle sue guance e dal suo sguardo capii che non era di certo il primo. D’altronde, lui era famoso per essere un indicibile stronzo che si sballava ad ogni festa possibile.
“Horan.” Risposi, indifferente. Lui fece un sorrisetto beffardo, squadrandomi dalla testa ai piedi ed indugiando sulle mie gambe accavallate.
“Sai, mi piacerebbe da morire vederti ballare con questo delizioso vestito addosso.” Esclamò, buttando giù un sorso di birra.
“Non tutti i sogni si avverano, peccato.”
“Già, peccato.” Ripetè, lascivo, continuando a fissarmi negli occhi. Ma perché tutti gli idioti devono essere dei fighi pazzeschi? Non può esistere qualcuno di idiota e cesso?
Evidentemente ad Holmes Chapel no.
 Horan mi si avvicinò, posando il bicchiere di vetro sul comò di fianco a me, e cominciò ad accarezzarmi un braccio lentamente.
Trattenni il respiro, tentando di ignorare i brividi e la pelle d’oca con scarsi risultati.
“Ti osservo da un po’, Foster, ed ho capito qual è il tuo problema..” cominciò, mormorando “L’ho capito che ti manca quel coglione di Styles.”
“Non è un..” iniziai, decisa, ma le parole mi morirono in gola. Avrei voluto dire che non era un coglione, avrei voluto difenderlo, ma non c’era nulla da difendere.
Horan fece un’espressione soddisfatta, quella di chi capisce di aver segnato nel centro, poi si avvicinò piano al mio orecchio “Stanotte, Foster, posso farti dimenticare tutto. So che lo vuoi anche tu.” Disse, lascivo, e riuscivo a sentire il suo respiro caldo sul collo.
Stetti in silenzio,  fissando dritto davanti a me, e cercando di trovare dentro di me la forza di alzarmi ed andarmene.
Vattene Adele, prima che sia troppo tardi.
Vattene.
VATTENE.
“Credi che lui si sia fatto tanti problemi in questi mesi? Lo conoscevo, anche da prima di te, e ti assicuro che se avesse voluto sentirti di nuovo l’avrebbe fatto.” Horan stava girando il dito nella piaga, ed ogni sua parola era come un pugno nello stomaco.
E il peggio era che aveva ragione.
Sentii una sua mano calda passare tra i miei ricci, e spostarli dietro la schiena. Mi lasciò un bacio sul collo, mentre con un braccio mi prendeva per un fianco, facendomi alzare.
Che vada tutto a farsi fottere.
Allacciai le braccia dietro il suo collo, e velocemente lo baciai sulla bocca e lo seguii al piano di sopra.
E’ per te, Harry.
 

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Capitolo 4
*** My past at the door. ***


Mi scuso per il terribile ritardo, ma la scuola ha succhiato via (?) il mio tempo..
Non ho neanche risposto alle recensioni, e questo è davvero orrificante (che sarebbe un mix tra orribile e terrificante…got it?) ma giuro che mi farò perdonare.
Per di più questo capitolo è cortissimo, ma almeno movimentato (?)
Byebye

 
 
 
 
 
 
 
 
 
C’erano tre possibili modi in cui avrei potuto passare quel sabato sera: avrei potuto spaparanzarmi sul divano ad ingrassare con del gelato, e a torturarmi con il pensiero dell’arrivo di Harry.
Sarei potuta andare al bowling con mia madre e quello psicolabile di Chris.
O sarei potuta andare alla festa di Horan.
Era una scelta difficile.
Harry, bowling, Horan, Harry, bowling, Horan, Harry, bowling, Horan, Harry, bowling..
Lanciai un’occhiata all’anta semi-aperta del mio armadio, da cui potevo scorgere alcuni vestiti penzolare disordinatamente.
..Horan.
 
“Sai che ti dico? Forse non è stata una buona idea, possiamo tornare indietro..” disse titubante Leah, lanciando un’occhiata preoccupata al villino davanti a noi, da cui provenivano delle urla entusiaste e una forte musica.
“Non ho fatto cinque chilometri a piedi per niente!” protestai.
“Adele, abbiamo solo attraversato la strada.”
Feci un gesto seccato con la mano, prima di trascinarla per un braccio fino alla porta “Non fare l’idiota, adesso entriamo e cerchiamo di sporcare qualsiasi cosa. Tanto per infastidire Horan.” Stabilii, prima di attaccare il dito al campanello.
Leah continuava a lanciarmi occhiate preoccupata, e ad aggiustarsi i lunghi capelli e gli orecchini. A differenza mia si era vestita benissimo, e non aveva niente fuori posto.
Io ero in jeans e maglietta.
Ce l’avevo almeno il reggiseno? Allargai il lembo della maglia per dare un’occhiata, e in quel momento la porta si spalancò.
“Stai scoprendo le meraviglie del corpo umano, Adele?”
Voce nasale, accento fastidiosamente irlandese, tono sarcastico..
Alzai gli occhi su Horan, e feci una smorfia “Non ti eccitare, Horan, sono venuta solo per evitare una serata in famiglia. E ora fammi entrare.”
Misi una mano sulla sua camicia bianca a mezze maniche, per spingerlo più indietro ed entrare nella casa. Sentii Leah seguirmi e borbottare un ‘ciao..’ imbarazzato.
La casa era a dir poco sottosopra. C’era della carta igienica sul divano in pelle rossa, panna montata sui quadri, drink sparsi sul pavimento ma soprattutto sulle magliette degli invitati.
Ah no, questi erano senza maglietta.
“CHI VUOLE UN ALTRO WHISKY?” urlò un tipo senza maglietta che aveva disegnati sulle guance dei segni tribali, stile orangutango, in piedi su un tavolino.
Si levò un coro entusiasta da tutta la casa, e si affacciarono anche persone dalle scale per contribuire.
“Ehi idiota, leva il tuo culo dal mio tavolino!” esclamò duro Niall, dandogli una spinta e facendolo scendere. Quello alzò le spalle, prima di dirigersi allegro in cucina.
Sembrava di stare nella savana, tra gli indiani. Signore benedetto.
Leah si aggrappò spasmodicamente al mio braccio “Siamo ancora in tempo a tornare a casa mia e guardarci Titanic.” Mormorò.
Sospirai “Smettila di tentarmi.”
“Non siamo obbligate a stare qui.”
“E’ meglio che stare a casa a pensare a quando tornerà il minorato mentale.” Conclusi, prima di afferrare un bicchiere di birra.
 
“E poi, poi il meccanico mi ha detto ‘Guarda che è una moto non una macchina’!” finì tra le risate Karen La Zoccola Comune, mentre tutti intorno a lei scoppiavano a ridere.
Non capivo bene cosa ci fosse di divertente in quel racconto, ma abbozzai un sorriso per non destare sospetti e sorseggiai altra birra.
Che a me faceva schifo, tanto per dire.
 “Ma a te non faceva schifo la birra?”
Mi girai con un sopracciglio alzato verso la mia destra, dove uno splendido Niall Horan guardava con un sorrisetto la mia bevanda.
“Bevo sperando di ubriacarmi e non rendermi conto di quanto sia patetica questa festa.”
In quel momento una bottiglia di Coca Cola volò sopra la mia testa, ed atterrò nelle mani di qualcuno dietro di me. Non lo so, ci manca solo un elefante con un tutù di pizzo ed il circo era allestito.
“A me sembra che tutti si stiano divertendo.” Ribattè Niall, facendo un cenno eloquente al trenino di persone che intonava ‘vamos a la playa’ davanti a noi.
“Tutti tranne me.” replicai, amareggiata.
Horan mi lanciò uno sguardo penetrante con i suoi occhi azzurri ghiaccio, e per un momento mi sembrò di essere catapultata indietro nel tempo. Indietro di due mesi.
Stessa casa. Stesso ragazzo.
Stesso umore.
“Non credo tu abbia scordato quanto sia bravo a tirare su il morale alle ragazze..” quasi sussurrò, ammiccando.
“Esiste un mondo interno al di fuori del sesso, sai?”
“Oh andiamo, dici così solo perché l’hai provato una volta sola, e con il sottoscritto.”
Posai bruscamente il bicchiere sul tavolino, facendo schizzare delle gocce di bevanda fuori dal bordo. Non doveva dirlo, non doveva davvero dirlo.
“Vaffanculo.” Dissi, tra i denti, prima di superarlo con una spallata e dirigermi verso la porta.
“Adele, dove vai? Adele!” mi chiamò, cercando di superare il suono della musica. Feci finta di non sentirlo e cercai di disperdermi tra la folla.
Solo quando misi la mano sulla maniglia mi accorsi che mancava qualcosa, qualcuno, di fondamentale.
“Leah.” Borbottai, quasi come un insulto. Sbuffai, e setacciai con gli occhi la casa, alla ricerca di una familiare chioma corvina.
Leah, Leah, Leah..
Sentii il cellulare prendere a vibrare nella tasca dei miei jeans, e mi affrettai ad afferrarlo.
“Pronto?”
“Adele, dove sei?”
“Dovrei chiederlo io a te, Leah.” Precisai, guardandomi intorno “Io sono sulla porta, tu?”
“Io veramente sono a casa..” rispose, imbarazzata.
“A CASA?” gridai, incredula “Fammi capire, mi hai mollata qui senza dirmi niente?”
“Tanto non te ne sei accorta!”
“Ma che cazzo c’ent..Va bene, non fa niente, sto arrivando.” Chiusi la chiamata, velocemente, e spalancai la porta d’ingresso pronta a tornarmene a casa.
Non sapevo che avrei trovato davanti a me il mio passato, tornato giusto in tempo per far precipitare la serata.
Fece un sorriso tirato, ed accennò un saluto con il capo “Ciao Adele.”
Cazzo, Harry.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** too late for you. ***


 “All I want is you..Do you love me?”
“Yeah..”
“Can you give me another chance?”
 
 
“Adele, sei sveglia?”
La voce di Leah mi arrivò leggermente ovattata, da sotto il cuscino. Pensai che avrei potuto fingere di dormire ancora per un po’.
Magari cinque minuti.
Cinque ore.
Cinque secoli.
“Lo so che sei sveglia. Ti stavi grattando una gamba prima.” Continuò, bonariamente.
Feci un verso infastidito, levandomi bruscamente il cuscino dalla testa, giusto per lanciarle un’occhiata truce.
“Se lo sapevi che me lo hai chiesto a fare?” sibilai.
“Volevo che mi rispondessi tu.”
“Ora l’ho fatto.”
“Grandioso.”
“Già.”
Abbassai lo sguardo sulla mia trapunta di hello kitty, e presi a giocherellarci svogliatamente. Che ore erano? Probabilmente le sei di sera. Ma che cazzo ne so, qui piove sempre ed è sempre tutto scuro..
Leah sospirò, e la sentii sistemarsi meglio sul letto “Adele, lo so che il ritorno di Harry ti ha..”
“Il ritorno di Styles non mi ‘ha’ niente, chiaro? Non mi importa, significa zero per me.” la interruppi.
“Ah sì? Zero?” domandò, scettica “E allora perché sei corsa via dalla festa, hai staccato il cellulare, non rispondi a quello di casa e non ti alzi dal letto da ventuno ore?”
Aprii la bocca per ribattere che mi ero alzata ben due volte per pisciare e rubare l’ultimo pacco di pan di stelle dalla credenza, ma lei non aveva finito. Si alzò in piedi, e indicò bruscamente la parete con le nostre foto.
“E queste? Queste sono qui da secoli. Ammettilo Adele, ammetti che sei ancora innamorata di Harry e finiamola qui!”
“Leah ti prego, alza un po’ di più la voce, credo che quel gruppo di sordo-ciechi in Mongolia non abbia ben afferrato il concetto..” replicai, sarcastica, e lei sbuffò irritata.
“Si può sapere perchè mi devi angosciare ogni giorno con questa storia? Guarda che ce l’ho già una madre. E poi neanche lo conoscevi Harry, cosa cavolo ne vuoi sapere?”
Le parole mi scivolarono fuori dalla bocca prima che il mio unico neurone sopravvissuto potesse urlare ‘zitta cogliona!’, e lo sguardo deluso di Lee mi investì in pieno.
“Hai ragione, cosa cavolo ne voglio sapere io? Sono solo il ripiego di Styles, qualcuno con cui sedersi in mensa da quando se ne è andato..”
“Andiamo Lee, lo sai che non intendevo quest..”
“Invece tu intendevi proprio questo, per la miseria!” mi interruppe, prendendo a strillare “E sai che c’è? Puoi fotterti, tu e il tuo stupido vittimismo. Credi che il mondo stia ad aspettare Adele Foster per girare? Sbagliato.” Continuò, poi afferrò la sua borsa rossa da terra e se la infilò velocemente su una spalla. Stava per uscire dalla stanza, quando si fermò nuovamente.
Staccò dalla parete una foto di me e lei sulle montagne russe, e la ridusse in mille pezzi.
“Continua pure il tuo altarino per Styles.” Sibilò, senza neanche guardarmi, e se ne andò.
Rimasi sul letto qualche secondo, ad osservare i piccoli coriandoli della foto svolazzare verso il parquet e sapevo, sapevo che non avrei dovuto aggiungere altro.
Che era il momento del silenzio.
Che una parola di più avrebbe solo peggiorato la situazione.
Lo sapevo.
Ma mi alzai comunque, percorsi la stanza velocemente, spalancai la porta e mi fermai sopra le scale, proprio mentre apriva la porta d’ingresso.
“Non sei mai stata alla sua altezza, MAI!” urlai, con tutta la voce che avevo in corpo, e la vidi stringere più forte la maniglia.
Il secondo dopo sentii l’uscio chiudersi con un rumore secco.
E mi sentii più sola che mai.
 
 
Patetica.
Ridicola.
Codarda.
Debole.
Idiota.
Patetica.
Dovevo dire che quello di trovare più insulti in trenta secondi da rivolgermi ripetutamente era un gioco parecchio divertente. Non sapevo di conoscere così tanti insulti, in realtà non sapevo di conoscere così tante parole in generale, e i miei compiti di italiano lo potevano confermare.
Però ‘patetica’ si era ripetuto.
Stupida.
Insensibile.
Doppiogiochista.
Patetica.
Ecco, di nuovo! Stava sempre tra le palle, quel ‘patetica’. Continuai a divertirmi con quel gioco, mentre camminavo a testa bassa per Churchill Street, mentre attraversavo con il rosso (trasgressiva come un giaguaro), mentre imboccavo il suo vialetto, mentre mi fermavo davanti alla porta in ciliegio e mentre alzavo un pugno per bussare senza averne veramente il coraggio.
Ma che stavo facendo? Ero veramente davanti a questa casa? E soprattutto, perché mi ero fatta il giro di tutta la città per arrivarci quando bastava attraversare la strada?
Okay, me ne vado. D’altronde, ero solo uscita per un’innocente passeggiata alla ricerca di qualcosa che mi distraesse dal fatto che ero sola come una trota in un allevamento di acciughe, quando questa stupida casa si era messa in mezzo.
Mica era colpa mia, no? Girai i tacchi per andarmene, quando sentii un fischio.
Mi guardai attorno, ma non c’era nessuno. Oddio, fa che ci sia anche un maniaco appostato dietro un cespuglio pronto a violentarmi e ho davvero raggiunto il massimo, per oggi.
“Foster, qua sopra.”
La voce nasale di Horan mi raggiunse, facendomi gelare il sangue, ed alzai bruscamente gli occhi al cielo.
Adesso volava?
“Non così in alto, cretina.”
Abbassai di un po’ la visuale, e lo individuai affacciato ad una finestra del secondo piano, con un sorrisetto divertito stampato sulle labbra.
“Non è come sembra.” Dissi, senza alcun motivo.
“Vuol dire che non stavi per bussare alla mia porta e cadere tra le mie braccia?”
“Ho sbagliato casa, pensavo che fosse quella di mia nonna.”
“Tua nonna è fuggita a Rio de Janeiro con un ventottenne brasiliano sei anni fa, per aprire una scuola di salsa.” Fece notare, con ovvietà, ciò che era stato lo scoop di Holmes Chapel per mesi.
Feci un gesto seccato con una mano “Un’altra nonna.” 
Horan ruotò gli occhi al cielo, staccandosi dallo stipite “Aspetta, scendo ad aprirti.”
Si era appena allontanato dalla finestra quando cominciai a muovervi furtivamente per il vialetto, pronta a scappare verso la libertà, verso la pace, verso la redenzione, verso il primo fish and chips in cui incappavo..
“Non provare a scappare, o giuro che ti prendo a calci in culo!”
Perfetto
 
“La smetti con quella gamba? Mi fai salire l’ansia.”
Sbuffai, e per ripicca presi a muovere la gamba ancora più rumorosamente, sotto il tavolo del bar. Horan ruotò gli occhi al cielo, prima di prendere un altro sorso di birra.
“Allora, quale buon vento ti ha portata a casa mia?” continuò.
“Una bufera di stronzate.”
“Sembra divertente.”
“Ho trovato diversi modi per definire gli ultimi due giorni, ma divertente non è tra questi.” Sibilai, concentrandomi sul colore giallognolo del mio thè freddo.
“Senti, non sapevo che Styles si sarebbe precipitato a casa mia, ieri. Avrà sentito la musica e si sarà incuriosito, che devo dirti?” esclamò, fissandomi con quei suoi occhioni azzurri.
“Facciamo un patto, Horan..” cominciai, seria “..tu non nomini Harry Edward Styles per le prossime due ore ed io evito di sputarti in un occhio, okay?”
“Io non ti capisco.” Borbottò, ricadendo pesantemente sullo schienale della sedia “Tutte le ragazze di questo fottuto mondo non aspettano altro che qualcuno gli chieda ‘ehi, va tutto bene?’ per scoppiare in lacrime e raccontare la storia della loro vita. Ma io sopporto le lacrime, il moccio e i nasi rossi perché subito dopo arriva la fase ‘mi sento in vena di dartela’. Invece tu prima la dai, e poi non ne vuoi più sentir parlare. Questo..” mi indicò con un indice “..è puro egoismo.”
“Oh scusa, la prossima volta aprirò una bancarella in mezzo alla strada con scritto ‘LA VOLETE? VE LA REGALO!’ Poi magari ne apro un’altra dove vendo tutte le mie mutande usate, che ne dici?”
Niall mi osservò in silenzio per un attimo, prima di scoppiare a ridere. Ma ridere di gusto, che per poco non lacrimava, e trascinò dietro anche me.
Sentii le mani formicolare, e provai l’irrefrenabile desiderio di fargli una foto. Dio, sarebbe stata perfetta.
“Ehi.”
Trasalii, smettendo immediatamente di ridere. Dietro le spalle di Horan, a sorpresa, era apparso Harry.
Jeans scuri, maglietta dei ramones e capelli scompigliati. Probabilmente l’altra sera non l’avevo osservato bene, perché notai che si era notevolmente alzato e anche dimagrito da quando l’avevo lasciato.
No, rettifico, da quando lui mi aveva lasciato.
Però, cavolo, era dannatamente bello.
“Ehi Styles..” lo salutò Horan, senza nessun entusiasmo.
Cademmo tutti e tre in un silenzio gelido e imbarazzato, mentre sentivo gli occhi di Harry quasi bucarmi la testa.
Ma questa crepa su questo bicchiere era troppo interessante per alzare gli occhi, no?
“Senti, posso parlare un attimo con lei?”
No. No. No. Horan, tira fuori i coglioni e digli che no, non può parlarmi.
No.
No
NO!
Niall mi lanciò uno sguardo veloce, e sperai che la mia occhiata fosse eloquente.
“Veramente, eravamo un po’ impegnati..” replicò, dipingendosi sulle labbra un sorrisetto gelido.
“Forse non mi sono spiegato, Horan. Alza il culo e fammi parlare con Adele.”
Sgranai gli occhi a sentire Harry parlare con questo tono. Oddio, non che fosse un santo, ma guardava Niall come se volesse prenderlo a ginocchiate sui denti.
In un secondo mi sentii infiammare. Ma come cazzo si permetteva? Cos’è, pensava che fossi di sua privata proprietà?
Horan scattò in piedi “Sparisci, Styles.”
“Trovatene un’altra da infinocchiare e lascia stare Adele.”
“Mi dispiace, è un po’ troppo tardi.”
Vidi il pugno di Harry sollevarsi pericolosamente, e scattai anche io in piedi “Scusate, vorrei ricordarvi che non sono l’ultimo pezzo di pizza rimasto, okay?” esclamai, irritata. Dio santo, mi sentivo catapultata in uno di quei ridicoli filmetti con le gemelle Olsen.
Portarono entrambi gli occhi su di me, finalmente, giusto in tempo perché potessi girare i tacchi e allontanarmi.
“Ehi, Adele, fermati!”
Accelera accelera accelera accelera..
“Adele!”
Veloce veloce veloce veloce..
“EHI!”
Stavolta mi afferrò per un braccio, e dovetti interrompere la mia quasi folle corsa. Ci ritrovammo a cinque centimetri di distanza (o giù di lì, non è che avessi un righello per misurare la distanza tra il mio naso e il suo), e sentivo che avrei potuto vomitare il cuore da un momento all’altro.
“Dobbiamo parlare.” Sibilò Harry, con il fiatone.
“E te ne rendi conto dopo otto mesi di silenzio?” replicai, strattonando via il mio braccio dalla sua presa “Un po’ tardi, no?”
“Cinque minuti, ti chiedo cinque minuti per spiegare!”
“Troppi.”
“Ma che cazzo hai da fare qui ad Holmes Chapel, si può sapere?”
“Devo passarmi lo smalto sulle unghie dei piedi, contento? Hai trenta secondi.” Gli concessi, incrociando le braccia al petto.
Lui prese un respiro profondo, come per concentrarsi.
“Ora ventotto.”
“Mi dispiace, mi dispiace se ti ho ignorata per tutto questo tempo. Hai ragione ad essere incazzata, me lo merito, ma l’ho fatto solo perché pensavo che sarebbe stato più facile se non ti avessi più sentita, capito?”
“Più facile cosa?”
“Più facile vivere ad centosessantuno miglia dalla mia migliore amica, ecco cosa! Senti, sono un coglione, ma questo già lo sai. Però voglio che mi perdoni, voglio che le cose tornino come prima!” insistette, prendendomi una mano e stringendola alla sua.
Trattenni il respiro, mentre sentivo una scarica di elettricità attraversarmi tutto il corpo. E lui continuava a fissarmi con quei suoi dannatissimi occhi verdi.
Sarebbe più facile parlare con lui se avesse una benda sugli occhi, per la miseria!
“Adele, ci tieni a me?”
Feci un lungo respiro “Sì.”
“Puoi darmi un’altra opportunità?”
Restai in silenzio. Pensai a tutti i messaggi che avevo lasciato allo sua segreteria, a tutte le notti passate a fissare il cellulare in attesa del bip di un suo messaggio, a tutte le incursioni sul soffitto per vedere se c’era più campo, a tutte le nostre foto sulla mia parete, a tutti gli urli di rabbia soffocati nel cuscino..
E scansai la mano.
“No.” Risposi, secca, prima di voltargli le spalle e andarmene.
 
 
Do you love me?”
“Yeah.”
“Can you give me another chance?”
“..No.”

 
 
 
 
 
 
mamma mia, come mi vergogno #scavaunabuca
davvero, mi dispiace tantissimo per avervi fatto aspettare così tanto. quanto sarà che non aggiorno questa storia? quattro mesi?
mi sento in colpa :O ma non ci ho potuto fare niente, l’ispirazione se ne era semplicemente andata a fanculolandia .
se c’è ancora qualcuno a seguire questa storia (ma dubito fortemente, lol) sappiate che mi dispiace un casino. sia per il ritardo sia per il capitolo in sè, ma se volete tirarmi qualcuno per favore, niente di appuntito D:
cooomunque, almeno questo capitolo è lungo. e pieno di sorprese *tadaaan*-
le parti in corsivo sono prese dal video White Horse di Taylor Swift (ajneuhfeufbchdg) e hanno ispirato questo capitolo.
quindi prendetevela con lei :D
besos.

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Capitolo 6
*** scarf. ***


avete visto come sono brava? sto già postando uu
no ma, sono sconvolta. TUTTE QUELLE RECENSIONI DOPO MESI DI ASSENZA?
akdjbejefugyhsbs, vi amo tutte. sul serio. andiamo a montecarlo a sposarci (?)
bessssos
 
p.s. voglio fare un saluto a rachiamoipanda che è una rimorchiona di fusti tedeschi AHAHAHAH
 

 
 
 
“Pa’, dove sono i cereali?” urlai, scrutando la credenza vuota.
“Adele, ho fame! Dammi da mangiare!” pretese quel mostro di Chris, cominciando a sbattere il cucchiaio sul tavolo e a scalciare.
“Ti sembro Harry Potter? Smettila di fare casino e aspetta!”
“PAPÀÀÀ, I CEREAAAAALI!” prese ad urlare anche lui, e in quell’istante il nostro caro genitore si palesò trafelato sulla porta della cucina, con due cravatte in mano.
“Questa o questa?” mi chiese, posandosi prima una e poi l’altra cravatta sulla camicia azzurra. Feci una smorfia, scartando mentalmente quella verde a quadri marroni.
“Quella rossa a strisce.” Dissi, e lui lanciò da qualche parte della casa l’altra, prima di prendere ad allacciarsi la prescelta velocemente.
“Grazie, sei un tesoro.” Mi rispose, lanciandomi un bacio, poi scompigliò i capelli a mio fratello “Allora, come va campione?”
“Ho fame, e non ci sono i cereali!”
“Cazzo, i cereali!” esclamò, schiaffandosi una mano sulla fronte, ed io incrociai le braccia al petto “Oltre ad essere uno scapolo in carriera di non ancora quarant’anni, potresti ricordarti di essere anche nostro padre, ogni tanto?” gli chiesi, acida.
“Come sei tragica Adele! Mi sarò dimenticato di dire a Imelda di comprarli, ci sarà altro in credenza, no?” continuò, prima di spalancare la credenza.
Vuota.
“Mmm, gustosa l’aria.”
“Fai poco la spiritosa.” Sibilò, poi ficco le mani in una tasca del completo e ne estrasse il portafoglio. “Ecco, dieci dollari per prendervi la colazione al bar.”
“Quindici, se non vuoi che la mamma lo sappia.”
“Mi stai ricattando ragazzina?”
“Oh, mamma, ho dei crampi terribili allo stomaco..no, non c’era niente a casa di papà da mangiare, come al solito, lui non si preoccupa di noi..sì, e c’era una certa Trudy nella stanza di sopra, diceva di chiamarla ‘la nuova mamma’..”  feci una veloce rappresentazione della telefonata che si sarebbe svolta tra me e mamma e papà fece uno sbuffo, allungandomi altri cinque dollari, che afferrai sorridente “Sfacciata. Ora filate a scuola, forza forza!”
Vivere con mio padre sarebbe stata una vera pacchia.
 
“Allooora, io voglio una frittella con sciroppo d’acero, una frittata con doppio bacon, una spremuta d’arancia, un latte caldo con cioccolato..”
Diedi una gomitata a Chris, per far in modo che si spostasse da davanti alla cassa, e non ascoltai i suoi patetici lamenti.
“Due brownie e un latte bianco.” Ordinai incolore, e la commessa annuì senza neanche guardarmi e digitando sulla cassa.
“Ehi!” protestò mio fratello, tirandomi per una manica “Io volevo altre cose!”
“Sì bhe, io vorrei uno scoiattolo volante addomesticato, ma non tutti i sogni si realizzano.”
“Mangiate qui o portate via?” chiese Miss sono insoddisfatta della mia vita da tragica commessa e dei miei capelli unti.
“Mangiamo qui!”
“Portiamo via.”
Io e Chris parlammo all’unisono ed io gli lanciai un’occhiataccia, mentre la commessa assumeva una faccia confusa, in perfetto stile triglia incastrata in una rete.
“Portiamo via, siamo in ritardo.” Ripetei, con un sorriso tirato, e lei si allontanò per preparare le cose.
“Sei una strega, io ti odio!” strillò Chris, mettendo su il broncio e diventando rosso come un peperone.
“Oddio, come sei melodrammatico! Quei soldi mi servono per una mia amica.”
“Per cosa?”
“Una cosa. Ora zitto e mangia in fretta!”
“Strega.” Borbottò, prima di infilarsi il brownie intero in bocca.
 
Camminavo per i corridoi tenendo per mano il mio strafighissimo pacchetto di Abercrombie, con un sorriso stampato sulle labbra.
Sì, persino qui nella terra di mezzo c’era Abercrombie. Alzava le saracinesche alle otto in punto, ma il negozio apriva solo dopo le nove.
Peccato che niente poteva mettersi tra me e i miei piani geniali, quindi alle otto e cinque mi ero messa a sbattere i palmi della mani sulla vetrina sistematicamente per farmi aprire la porta, e poi avevo sguinzagliato anche Chris e i suoi rutti folli.
E alla fine avevano aperto, rimanendo anche molto gentili.
‘prendi quello che devi prendere e sparisci prima che chiami i tuoi, stupida ragazzina!’
Scossi la testa, come a rimuovere quel ricordo, mentre scorgevo la schiena di Leah accanto al suo armadietto.
Mi avvicinai quatta quatta, pronta a farle una sorpresa, ma non ero neanche a metà strada che si era girata sgamandomi con la schiena curva e sulle punte.
Alzò un sopracciglio “Che stai facendo?” chiese, incolore.
Io mi sistemai, con un respiro, e le sventolai sotto il naso il pacchetto “Ti ho preso una cosa. So che ti fa impazzire.” Le risposi, allegra.
Lei guardò sospettosa il pacchetto, allungando un po’ il collo, ed io sbuffai “Non sta per esplodere facendo saltar in aria tutta la Gran Bretagna, aprilo!!”
Lo afferrò bruscamente e lo scartò alla velocità della luce, quasi strappandolo con i denti, e finalmente tirò fuori il foulard.
“Allora, ti piace? Ero indecisa tra questo e quello blu con le perline, però poi mi sono ricordata che era questo che avevi indicato l’ultima volta che siamo passate davanti alla vetrina, e quindi ho pensato ‘perché non far..”
“Adele, Adele..” mi interruppe, alzando una mano davanti al mio viso “..non mi interessa. Una sciarpa di Abercrombie non cambia la situazione. Una di Jimmy Choo può smuovere le acque, ma..non è questo il punto. Non mi puoi comprare.”
Esibii la mia migliore faccia offesa “Io non ti sto comprando!” virgolettai il termine “Volevo solo essere gentile e farti passare il broncio. Daaai, lo so che non sei veramente arrabbiata..” le feci il gomito, ma lei si scansò infastidita e mi lanciò un’occhiataccia.
“Tu non capisci proprio. Io non sto scherzando, faccio sul serio.”
“Anche io. Me le sono sudate le diciotto sterline della sciarpa.”
“Il prezzo non si dovrebbe dire.”
“Ops, è vero…ma non era abbastanza alto?”
Leah sbuffò, ruotando gli occhi al cielo “Senti lascia stare, okay? Chiamami quando la smetterai di fare la cretina.” Lanciò la sciarpa nel pacchetto, mollandolo di nuovo a me, e mi diede le spalle per andare in classe.
“Sai cosa? Non le vali quelle diciotto sterline!” le urlai dietro, furiosa.
“E allora restituiscila! Tanto faceva schifo!” gridò lei, dall’altra parte del corridoio. Alcuni ragazzi cominciavano a mormorare, ma non me ne curai.
“Già, magari lo farò, e li spenderò per qualcuno di più importante..e a cui stanno bene le sciarpe bianche!”
“A me stanno bene le sciarpe bianche.”
Sobbalzai, e il pacchetto mi scivolò dalle mani per finire sulle scarpe di qualcuno che purtroppo conoscevo.
Lo raccolse, e si rigirò la sciarpa tra le mani dubbioso “Non faceva così cagare. Io me la sarei messa.”
Presi un bel respiro profondo, e chiusi gli occhi.
Okay, occhi chiusi. Quando li riaprirò lui non sarà più qui, sarà lontano miglia e miglia, sarà un ricordo sbiadito, una faccia quasi dimenticata..
Li riaprii di scatto, e lo trovai sempre davanti a me, sorridente “Sono ancora qua.” Esclamò, come se mi avesse letto nel pensiero.
“Styles, che cazzo ci fai qui?” sibilai.
“Non me lo chiedere. Mia madre mi ha trascinato in macchina mentre ancora dormivo ed ero in pigiama, mi sono svegliato vestito dietro lo stanzino delle scope, sul retro della..”
“Styles frena, frena..” lo interruppi “..non volevo una vera risposta. Era un ‘che cazzo ci fai qui?’ alla ‘non posso credere che tu mi stia perseguitando anche qui.’ Spiegai.
“C’è un solo liceo ad Holmes Chapel, non è che abbia molta scelta per studiare..”
“Non puoi farti da autodidatta?”
“Adele, ma tu mi conosci?”
“Evidentemente non bene come credevo.” Sibilai, tra i denti, e la sua espressione si fece contrita.
Dannazione, non volevo tirare fuori quella storia. Mi faceva sembrare una disperata che finge di essere ostile solo perché in realtà è innamorata di lui ma troppo spaventata di poter essere ferita di nuovo per fidarsi e dargli un’altra chance..
..
Ehi, ma..!
“Come sto?” la sua voce mi riportò sul pianeta terra, lontano dalle mie elucubrazioni moleste, e vidi che aveva indossato la sciarpa.
Peccato che se la fosse legata attorno al collo come se fosse un cappio. Ruotai gli occhi al cielo, prendendo ad armeggiare con il foulard.
“Sei un completo deficiente, diciassette anni rotti e suonati e ancora non sai metterti una schifosa sciarpa!” esclamai, e mentre gliela legavo come si deve sentivo il suo sguardo fisso su di me.
Alzai gli occhi, incrociando i suoi “Cazzo guardi?”
“Sei cambiata.” Rispose, scrollando le spalle.
“Tu invece per niente. Ma ‘sta felpa dove l’hai trovata, nello scarico?”
“Me l’hai regalata tu natale scorso, non ti ricordi?”
“No, non è vero, lo scorso natale ti ho regalato un iPod touch con dentro già tutti gli album di Eminem e di Rihanna, e tu mi hai detto che avevi le mani troppo grandi per lo schermo!” lo corressi, e lo vidi aprirsi in un sorriso sghembo.
“Te lo ricordi allora.” continuò, e capii che mi aveva fregata e l’aveva fatto apposta. Allontanai immediatamente le mani dal suo collo, aggrottando le sopracciglia.
“Bhè, perché..perchè..”
“Gnegnegne, ti ho fregata. E sai che continuerò a torturarti finchè non mi darai un’altra chance.”
“Non puoi pressarmi così!”
“Perché no?” chiese, confuso.
“Perché è…sbagliato!” esclamai ovvia, gesticolando. “Non è giusto nei miei confronti, e nei confronti del mio equilibrio psicologico.”
“Oh, ma tu non ce l’hai un equilibrio psicologico, sei una squilibrata!” replicò allegramente, e mi trattenni dal lanciargli una scarpa in bocca solo perché suonò la campanella.
“Vado in classe, ci vediamo al cambio dell’ora, amore.” mi prese in giro, con un sorrisetto, ed io mi allontanai pestando i piedi.
Poi mi fermai, ricordandomi di una cosa.
“Che vuoi dire con ‘sei cambiata’?” urlai, e anche lui si fermò. Mi lanciò un’occhiata strana, e aprii la bocca come ribattere.
Ma poi scosse la testa.
“Te lo spiego un’altra volta.”
Oh, non ci sarebbe stata nessunissima altra volta, tesoro.

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Capitolo 7
*** no secrets anymore. ***


 questo capitolo mi fa cagare. boh, non mi convince, sembra sia stato partorito da un rinoceronte rincoglionito e non dalla mia mente.
vi prometto che il prossimo sarà migliore, e che cominceranno a muoversi le acque. accadranno cose. non vi ammazzerete più a vicenda dalla noia
*pictures game*
oddio, sto sparando battute tristissime stasera. eh vabò, succede.
oddio AHAHAH vi devo raccontare una barzelletta tristissima: allora, ci sono due scoiattoli in una foresta, uno cade e l’altro gli chiede ‘ti sei fatto male?’ e quello risponde ‘no.’
ma in realtà si era fatto male.
AHAHAHAHAH
basta. aloha.
 
 

 
 
‘if there’s somebody, calling me on, she’s the one..’
 
Oddio, come mi sentivo depressa. Sdraiata sul letto a fissare il soffitto, con Robbie Williams che urla dallo stereo una canzone del cazzo che fa piangere mezzo mondo..
Come fix you. Cioè, se arrivi alla fine di fix you senza tagliarti le vene, sei un eroe.
A metà canzone, comunque, ero giunta ad una conclusione importante: nessuno mi ama.
Davvero, a nessuno importava niente di me. Non avevo neanche uno straccio di amica che mi chiamasse per dirmi ‘ehy, tutto bene?’. No, la mia unica ex amica mi chiama per sputare tra i denti (e anche sulla cornetta, presumo) ‘ridammi il mio libro di fisica.’
E certo, perché io non ho niente di meglio da fare che rubare i libri di fisica degli altri. Magari poi me li ficco nel culo per camminare più dritta, e per movimentare un po’ la vita in questa casa.
Anzi no, non lo farei. C’è persino troppa vita in questa casa, sembra un manicomio, una giungla.. nella camera di mio fratello c’è una selva, comunque.
“ADEEEELE!” il mostro entrò in camera urlando, come sempre, ignorando del tutto la porta chiusa. Tanto valeva che la togliessi, e mettessi un cartellone con scritto ‘raro esemplare cresciuto in cattività di Adele Foster.’
“Non urlare!” gridai io.
“Ma stai urlando!” gridò lui.
“GOOOOOAL!” gridò Zio Martin, dal salone.
Feci un verso strozzato, e diedi un pugno sul materasso “Non ci vengo a vedere la partita con lo zio, chiaro?!”
“Ma veramente..”
“E non voglio neanche mangiare i suoi stupidi biscotti canadesi! Puzzano come quella cazzo di capretta domestica di Nonna Stacy!”
“Guarda che..”
“HO IL CICLO, OKAY? Dì che nelle mie mutande si agita la terza guerra mondiale con tanto di guerra fredda in mezzo, e di non rompermi i coglioni!”
Qualcuno bussò sulla porta, che era già aperta, e il secondo dopo vidi affacciarsi una divertita testa bionda.
“Che voce soave, Adele.” Commentò, trattenendosi dallo scoppiare a ridere. Io restai a bocca aperta, sperando che mi stessi solo immaginando tutto.
Sperando che quello sulla porta non fosse Niall Horan.
Sperando che non mi avesse sentita urlare che avevo la terza guerra mondiale nelle mutande.
Dio.
“Ecco, era questo che volevo dirti.” Precisò Chris, lanciando uno sguardo a Niall. Poi scrollò le spalle e se ne andò zompettando dalla stanza.
“La tua famiglia è davvero bizzarra. Ecco da dove sei uscita fuori tu.” Continuò Horan, e come se fosse niente chiuse la porta e si sedette davanti a me sul letto.
“Ti prego, dimmi che non hai sentito niente.”
“Non ho sentito niente.”
“Davvero?”
“No, ma mi hai detto di dirlo.” Replicò, alzando le spalle. Poi il suo sguardo si fece vagamente vacuo, e potei giurare che stava quasi arrossendo.
“Ehm, ma hai veramente il..mmm..” tossicchiò, distogliendo lo sguardo “..quello..”
“Il ciclo?” lo aiutai
“Eh, quello.”
“No, non ce l’ho oggi. L’ho detto solo per mandare via mio fratello.”
Horan sembrò rasserenarsi, e trasse quasi un sospiro di sollievo.
“Guarda che è una cosa naturale. Ce l’hanno tutte.” aggiunsi, piccata. Dio santo, peggio di quella volta che una primina mi aveva visto gettare un assorbente nel cestino del bagno e aveva detto ‘che schifo’.
Io le avevo risposto che poteva ingoiarlo lei, la prossima volta, ed era corsa via. Ah-ah.
“Sì sì, come vuoi..” fece un gesto seccato con la mano, prima di tornare a fissarmi con quegli occhi azzurro delfino.
Delfino.
Ma i delfini sono azzurri?
“Allora, come va?”
Socchiusi le palpebre, sospettosa “Cosa ti serve, Horan?”
Lui allargò le braccia, come sconvolto “Non posso passare a salutare un’amica adesso?”
“Io e te non siamo amici. Siamo solo conoscenti, solo persone che condividono la stessa scuola, la stessa città, lo stesso universo..”
“..lo stesso letto..”
“Piantala.” Sibilai, lanciandogli un’occhiataccia “E’ stato tanto tempo fa.”
“Questo non vuol dire che non sia successo.” Precisò, alzando un sopracciglio.
“Ero ubriaca.”
“Bugiarda.”
“Non ero in me.”
“E neanche nelle tue mutande.”
Afferrai il cuscino e glielo lanciai con tutta la forza che avevo verso la faccia, ma lui lo evitò con una risatina. “Sei una micia violenta!” commentò.
“VATTENE!” urlai “Sciò, aria, levati!” continuai, prima di alzarmi in piedi e prendere a trascinarlo verso la porta.
“Oh, andiamo!”
“E’ stato bellissimo vederti, ma facciamo in modo che non si ripeta. Ciao!” lo spinsi fuori dalla porta, ed ero pronta a chiuderla quando lui mise un piede in mezzo per fermarla.
“Pensaci bene, il piede destro potrebbe servirti un giorno.” Lo misi in guardia, a denti stretti.
“So che ti è piaciuto, quella sera..” mormorò, e il suo accento irlandese risultava ancora più evidente.
Oddio, ma perché doveva guardarmi così? Era sleale.
“Lasciami. In. Pace.”
Horan mi fissò ancora per qualche istante, poi si aggiustò una ciocca bionda caduta sugli occhi e scansò il piede “Okay, okay me ne vado.” Acconsentì, prendendo a scendere le scale.
“OOOH, grazie tante, Mr Horan!” gli gridai dietro, e lui si fermò per le scale.
“Ah, salutami Styles se lo vedi. Ma magari lo incontro prima io, chissà. Secondo te gli farebbe piacere sapere come se l’è spassata la sua migliore amica durante la sua assenza?” chiese, dipingendosi sulle labbra un sorrisetto da vero bastardo.
Oh, no.
No, no, no, no..
NO!
“Niall, se lo fai giuro che..”
“Ci vediamo Adele.” Mi interruppe, ridacchiando, prima di finire le scale ed uscire di casa.
La faccia di mia madre comparve da sotto le scale “Adele? Chi era quello?”
“Qualcuno che sta per morire.” Borbottai, tra i denti, prima di sbattere la porta.
Fanculo.
 
Mi trascinavo stancamente verso la scuola, strisciando rumorosamente i piedi sull’asfalto. Oh, mi fa male la spalla destra, ma non posso mettere lo zaino su entrambe le spalle.
E’ da sfigati. Sbadigliai, senza neanche curarmi di coprire la bocca con una mano, tanto non c’era nessuno.
Una massa indefinita mi sbarrò la strada all’improvviso, e per poco non inciampai sui suoi piedi.
“Ehi..” protestai debolmente, troppo assonnata per urlare. Ma non abbastanza da non riconoscere lo sguardo di fuoco davanti a me.
“Perché mi guardi così?” chiesi, sulla difensiva. Harry sbuffò, come se non afferrassi qualcosa di ovvio, e si passò nervosamente una mano tra i ricci.
“E’ vero?” domandò, brusco.
“Certo che no!” esclamai. Lui rilassò le spalle, e trasse un profondo respiro “Oh, menomale. Lo sapevo che Horan sparava un sacco di puttanate..”
“No aspetta, di cosa stai parlando?”
Mi lanciò uno sguardo allucinato “Tu di cosa stai parlando?”
“Dei rumors sulla cancellazione della quinta stagione di Gossip Girl! Perché, tu di che parli?”
Styles fece un verso strozzato – un misto tra una foca incazzata e un giaguaro ferito – ed esasperato “Del fatto che sei andata a letto con quell’idiota di Niall Horan, sveglia!” replicò, sventolando una mano davanti al mio viso. Io sbattei le palpebre, tentando di far lavorare il mio cervello per una scusa.
“Oh.”
“Che vuol dire oh, Adele?”
“Mmm, è complicato.” temporeggiai, e lui sembrò spazientirsi. Chiuse gli occhi, come per calmarsi, e poi li riaprii per scoccarmi un’occhiata che avrebbe fatto rabbrividire un cucciolo di orca.
“Adele, la fisica quantistica è complicata, aprire un barattolo di nutella quando hai già in mano il pane e il coltello è complicato, prendere una B in biologia è complicato, dirmi se hai scopato o no con Horan non lo è!” esclamò, gesticolando come un italiano impazzito.
Una volta ero andata a cena da Marco’s, e c’era una famiglia di italiani. Non facevano altro che muovere le mani per aria come se acchiappassero falene, bah.
“Senti, è successo tanti mesi fa…” iniziai, e lo vidi quasi trattenere il respiro. Mi fissò a lungo con i suoi occhioni verdi, e mano a mano la sua espressione si faceva sempre più delusa.
Oh no.
Ti strappo le budella a morsi, Horan.
“Quindi è vero. Wow, hai sentito terribilmente la mia mancanza.” commentò, acido.
“Non capisci, è proprio perché sentivo la tua mancanza che ci sono andata a letto! E comunque è stato solo un incidente..”
“Ah sì? Stavi camminando e sei accidentalmente inciampata sul suo cazzo?”
“Okay, questo è cattivo e volgare.” dissi, seria. Poi capii che sembrava che mi stessi giustificando con lui.
“E comunque da che pulpito la predica!”
“Che è pulpito?”
“E’ un modo di dire, quando fai la predica ma ..oh, comunque non mi devo giustificare con te!” tagliai corto, sbrigativa.
Styles contrasse la mascella “Bene.” sputò, tra i denti.
“Perfetto.”
“Favoloso.”
“Strabiliante!”
“Fantastico!”
“Accipigna!”
Ci girammo entrambi verso la voce infantile alla nostra destra, e trovammo un bambino di otto anni tutto sorridente che saltellava. Il secondo dopo una signora di mezza età, suppongo la madre, lo prese bruscamente per una mano trascinandolo via e sibilando “Che ti ho detto? Non si parla con gli sconosciuti!”
Io ed Harry ci guardammo un’ultima volta in cagnesco, poi imboccammo due vie opposte.
Dopo aver girato l’angolo mi ricordai che la scuola era da tutt’altra parte, e che ero già in ritardo.
Merda.
 

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Capitolo 8
*** Unexcepted. ***


 buonsalve. come va? vi state divertendo?
io no, lol. la mia giornata inizia pallosamente, ha un picco di entusiasmo dalle tre alle tre e cinquantacinque mentre mi faccio i cazzi di tutta l’elite di Manhattan (you know you love me, xoxo, gossip girl) e poi finisce pallosamente.
MAA, lunedì all’alba me ne scappo in Inghilterra a pregare di trovare i one direction dietro i cipressi, quindi addio caldo e addio noia.
ma purtroppo addio anche efp fino al 23 agosto.
soooo, vi posto il capitolo d’addio (?)
divertitevi ;)
 
p.s. la canzone citata è she’s a rebel dei green day.

 
 
 
 
 
 
 
SHE’S A REBEL, SHE’S A SAINT, SHE’S THE SALT OF THE EARTH AND SHE’S DANGEROUS..’
 
Spalancai gli occhi, trovandomi a fissare il cellulare che si illuminava e produceva tutto quel casino. Tentai di afferrarlo velocemente ma mi sfuggì di mano, rotolando sul pavimento.
“Che cazzo..” borbottai, mentre mi allungavo sul pavimento. Avevo sonno, signore santo, ma se quel coso continuava a suonare così si sarebbe svegliato Chris, Chris avrebbe svegliato mamma, mamma sarebbe piombata in camera in vestaglia urlandomi contro, io le avrei urlato contro, lei mi avrebbe urlato di non urlare e la storia si sarebbe conclusa con un ‘sei in punizione, ragazzina’
Riuscii a spegnere la sveglia, e stavo per sospirare di sollievo quando rotolai rovinosamente sul tappeto insieme a tutta la trapunta.
“AAAH!” gridai, prima di stringere i denti. Merda merda merda, avevo sbattuto la testa sul comodino. Ma chi ce l’ha messo questo comodino qui?!
Feci qualche respiro profondo, ancora arrotolata nella coperta come un involtino di primavera, tentando di riordinare le idee, capire chi ero, dov’ero, cosa facevo..
Ero nel cuore della notte, circa le sei e dieci, sveglia e dolorante arrotolata nella mia trapunta, mentre la casa era avvolta nel silenzio. Era stata una pessima, pessima idea. Non mi sentivo le gambe, né la forza di sbattere le palpebre, figuriamoci di uscire.
Arrancai verso la scrivania, strisciando sui gomiti neanche fossi un soldato in Cambogia, mi aggrappai alla sedia e mi rimisi in piedi decisa a tornare a letto. Mi stavo giusto girando quando incrociai una foto mia e di Leah al parco, sulla parete.
Mi fissava con quei suoi occhioni scuri, come per dirmi ‘vieni a chiedermi scusa, avanti, lo so che vuoi fare pace con me..e lo so che vuoi di nuovo accesso ai miei trucchi, soprattutto alla crema per restringere i pori della L’Oreal Paris..i tuoi pori sono spaventosamente dilatati, potrei infilarci un uniposca dentro..’
Sbuffai, lasciando cadere a terra la trapunta.
Maledetta me.
 
Mi richiusi la porta d’ingresso alle spalle il più piano possibile, e percorsi il vialetto quasi in punta di piedi. Dio, mi sentivo proprio come Tom Cruise in Mission Impossible, solo senza la barba e ancora con la maglietta indosso.
Avevo lasciato un post-it a mamma sul frigorifero, nel caso che mentre prepari il caffè e si ingozzi di pan di stelle le venga da domandarsi ‘ma la mia splendida e brillante primogenita con le sue esilaranti battute dov’è?’
Le avevo scritto ‘la tua splendida e brillante primogenita con le sue esilaranti battute è uscita per apprezzare la flora e la fauna selvaggia di questo posto al loro risveglio, xoxo.
p.s. sono a scuola’
Rabbrividii, prima di stringermi di più nella giacca. Stavo patendo il sonno e il freddo polare solo per quella mezza rapa di Lee, che non poteva trovarsi un hobby normale come fare le maratone di episodi di Pretty Little Liars o stare su twitter, noooo. Lei doveva rispettare e curare il proprio corpo e andare a fare jogging alle sei di mattina con seguito di yoga in mezzo al parco.
Una cosa di una tristezza infinita, no? Sbuffai, lanciando uno sguardo al cielo che si andava schiarendo e avvicinandomi a St Paul street. Iniziava sempre qui la sua folle ed inutile corsa, quindi non mi restava che aspettarla.

……
Oh che palle, ma dov’è finita? Saranno ore che l’aspetto. No basta, devo concentrarmi.
Pace. Amore. Smalti nuovi.
Pace. Amore. Smalti nuovi.
Pace. Amore. Smalti nuov..
Sentii dei passi avvicinarsi, e notai una figura arancione (..?!) correre verso la mia direzione. Si era fatta la solita coda di cavallo che ondeggiava impazzita sulla sua schiena, e portava una tuta.
Arancione.
Si vede che non riesce a reprimere il suo focoso e gioioso (e pessimo) istinto argentino..
Quando fu a pochi metri da me le sbarrai la strada, sorridendo.
“Ciao Lee, come sei in forma!” la salutai. Lei si arrestò bruscamente, guardandomi come se fossi un hot dog gigante e pieno di mostarda.
Non nel senso che volesse mangiarmi, nel senso che era scioccata. Voglio dire, voi avete mai visto un hot dog gigante pieno di mostarda passeggiare per la strada come se niente fosse? Bhè, in realtà Chris quando aveva quattro anni, a carnevale, si era vestito da cheeseburger, solo che pensava fosse un vero cheeseburger e aveva cominciato a rosicchiare e a sbavare su tutto il costume..
“Ma che cavolo ci fai qui?!” strillò lei, riportandomi al presente.
“Faccio una corsetta per..ehm, sentirmi in pace con il mondo.”
“Fai una corsa? Tu?”
“Si, perché? Che c’è di strano?” chiesi, infastidita. Cosa pensava, che fossi una sfaticata il quale sport preferito è stare sul divano, alzarsi per prendere un kinder pingui e poi tornare?
….
Bhè, in effetti..
“Tu odi correre. Odi lo sport e basta. Sono tre mesi che dici a Mrs Taylor che hai una protesi al ginocchio, per non fare ginnastica, oppure che hai un ciclo che dura quindici giorni, o che hai appena donato un rene ad un ragazzo malato di leucemia..”
“Non me lo ricordo.” tagliai corto, prima di fare un saltello entusiasta “Allora, corriamo?”
Mi lanciò un’occhiata sospettosa, come se non credesse ad una sola parola, ma lentamente riprese a correre assorta in chissà quali pensieri. Sembrava piuttosto turbata.
 Io cominciai a seguirla, ma dopo duecento metri avevo già il fiatone, sentivo le gambe bruciare e la milza esplodere.
“Oddio..ti…prego..ferm…fermiamoci!” implorai, rallentando. E poi mi stavo rovinando i miei preziosissimi stivaletti neri.
“Santo cielo, Adele! Hai diciassette anni e sei già rachitica? Ti si spezzeranno quei gambi di sedano, un giorno.” commentò, accennando alle mie gambe.
“Ho altri talenti, che non riguardano lo sport.”
“E allora perché sei qui?”
“Sveglia Leah, per farmi perdonare!” esclamai, esasperata “Odio correre, odio svegliarmi presto, odio sudare e non mi metterò a rotolare per terra come un cane bagnato per assumere ‘la posizione del sole’!” virgolettai “..ma voglio che facciamo pace. Mi manchi. Sarò costretta ad accettare la compagnia di Horan se non torniamo amiche, o peggio, quella di mia madre.”
Leah prese a mangiucchiarsi un’unghia, distogliendo parzialmente lo sguardo. Ora che la guardavo per bene, sembrava un grosso semaforo a disagio.
“Lee, devi dirmi qualcosa?” la intimai, e lei prese un profondo respiro.
“Senti, devo chiedertelo: c’era qualcosa tra te e Harry?”
“Chi?”
“Harry.”
“Cosa?”
“Che cosa?”
“Harry cosa?”
“Styles, no?”
La guardai sconcertata “Leah, avevo capito che parlavi di Harry Styles, ma non ho capito la domanda!”
“C’era qualcosa tra te ed Harry?” scandì bene le parole, come se parlasse ad una ritardata mentale.
“Eravamo..amici.” risposi, incerta. Ma che sta dicendo? Le devo raccontare tutta la storia da capo?
“Solo amici?” insistette, nervosamente.
“No, a volte trombavamo dentro la cella frigorifera della mensa…LEAH, scherzavo!” aggiunsi subito, notando che era impallidita di colpo. “Perché me lo chiedi?”
Lei sembrò non sentirmi, e continuò a fissarmi seria “E tu mi assicuri che non hai una cotta per lui, vero?”
“Oddio sì, sì, mille volte sì! Te lo assicuro!” esclamai, sull’orlo della disperazione. Mi faceva salire l’angoscia con tutte quelle domande!
Lei sorrise, improvvisamente radiosa, e mi prese a braccetto “Bene, perché ieri siamo usciti insieme e ci siamo baciati!”
Io smisi di respirare.
Gli uccelli smisero di cinguettare.
Il prato smise di…pratare.
Il mondo smise di girare.
Ed io mi sentii cadere nel vuoto.
 
 
 “Adele, devi mangiare tutto! Non vorrai svenire come stamattina, no?”
Arrotolai intorno alla forchetta quella pasta scotta e sciapa, pensando che quelle quattro punte affilate sarebbero state un’arma perfetta. Cioè se adesso mi girassi e per puro caso la forchetta mi cadesse sul cuore di Leah, sopravvivrebbe?
O finirebbe tutto in un lago di sangue e adios Leah?
Un giorno (non molto lontano) mi toglierò questa curiosità.
“Adele, mi hai sentita?”
“Leah, ho capito!” esclamai, spazientita “Ti ho già detto che stamattina non sono svenuta perché non ho mangiato, era per lo sforzo di aver corso un chilometro e mezzo!”
“Abbiamo percorso duecento metri.” puntualizzò, ed io feci un gesto seccato con la mano, senza darle retta. Lei assunse uno sguardo investigativo, colpa delle troppe puntate di csi miami, e socchiuse gli occhi “Non è che hai dei disordini alimentari?”
“Senti, solo perché ogni tanto mi scordo dei pezzi di twix mezzi mangiati sotto al letto non vuol dire che sia disordinata..”
“I disordini alimentari sono l’anoressia, o la bulimia. Oddio, non è che sei bulimica? Oddio oddio, come ho fatto a non capirlo! Mio dio, devi farti aiutare Adele, devi andare da..” raggio di sole partì in quarta, cominciando quasi a tremare, e dovetti mollarle una sberla in faccia perché la smettesse.
Oooh, che soddisfazione.
Lei si zittì, scioccata, e si posò una mano sulla guancia. “Mi…mi hai fatto male!”
“Era per farti tornare in te. Leah, mi dispiace dirtelo, ma non c’è nessuna telecamera di MTV nascosta dietro questo bicchiere, non siamo in uno di quei programmi scadenti che parlano di sfigati o di ciccioni o di sfigati ciccioni.” misi in chiaro “Non ho nessun problema con il cibo, okay? Il dottore ha detto che ho il ‘metabolismo accelerato’ che in poche parole vuol dire che mangio e non ingrasso. Figo no?” continuai, prima di prendere un sorso d’acqua.
Lee sporse il labbro inferiore, come insoddisfatta. Certo, avere un’amica mezza malata sarebbe molto più divertente di avere me, uno tipa qualsiasi, ma che ci posso fare?
Improvvisamente Horan apparve al nostro tavolo, e senza dire niente si sedette proprio davanti a me “Mi è giunta voce che stamattina sei quasi morta..” cominciò, guardandomi negli occhi.
“Horan, mi appassioni, ma sparisci.”
“…insomma, si dice che tu sia anoressica o quello che è, quindi sono passato a controllare. Evita di fare la cogliona e mangia, che le ossa piacciono solo ai cani.” continuò brusco, prima di sbattere sul mio vassoio un budino al cioccolato.
Stavo per mandarlo a farsi fottere da una balena, ma le parole mi rimasero incastrate in gola. Osservai per qualche attimo i suoi capelli biondi (tinti) scompigliati, i suoi occhi azzurrissimi, il modo insopportabile in cui ciancicava nervosamente la gomma da masticare e…non so, pensai fosse..
bhè, che fosse..
carino. Infondo, si stava preoccupando per me, no? Era stranamente gentile.
“Oh, bhè, grazie..” bofonchiai, abbassando gli occhi sul piatto “..ma non serve. Io sto benissimo, e mangio.”
“E ci mancherebbe.” commentò, e stavano già per riprendermi a girare le ovaie come eliche impazzite quando arrivò qualcun altro.
“Ehi, ciao.”
Alzai gli occhi, incontrando quelli di Styles che mi fissavano imperscrutabili. Improvvisamente, il tavolo si era fatto troppo affollato.
Leah produsse uno squittio indecifrabile, prima di rivolgerli un sorriso smagliante che lui ricambiò poco deciso. Si sedette davanti a lei, e si sporse di un poco per sfiorarle le labbra con un bacio.
In un secondo, fu come se venissi attraversata da mille scariche di elettricità. Perché lo baciava? Come si permetteva di farlo? Lei non era cotta di Horan, fino a cinque giorni fa? Ma tornatene in Venezuela a fare la narcotrafficante, va’!
Un secondo dopo averlo pensato, mi sentii assurdamente in colpa. E meschina.
E sudata, ma avevo appena finito ginnastica, quindi..
Finalmente si staccarono, e Harry tornò a guardarmi nonostante tenesse la mano a Leah. Ma che squallore.
“Ho sentito che non stavi bene, stamattina..” butto lì, incurante.
“L’ha sentito tutta la scuola, Styles.”
“Non sto parlando con te, ossigenato.”
“Ma come siamo aggressivi! Ti si è rotto l’arricciacapelli stamattina, frocietto?”
“Ehi!” si intromise Leah, neanche fosse Xena-principessa guerriera “Piantatela!”
“Ringraziamo la nuova ambasciatrice dell’ONU per il fantasioso intervento..” la presi in giro, e lei mi lanciò un’occhiata offesa “..capisco che per voi sia difficile comportarvi da esseri umani, ma se volete restare al nostro tavolo dovrete sforzarvi.”
Niall sbuffò, ed Harry ruotò gli occhi al cielo. Poi parve come ricordarsi di qualcosa, e si sporse di nuovo oltre il tavolo per mormorare qualcosa all’orecchio di Leah, che divenne tutta rossa e rise come una iena in preda agli spasmi.
Horan aggrottò le sopracciglia “State insieme?”
“Cazzo, che intuito! Mai pensato di fare il detective?” rispose sarcastico Harry, lanciandogli un sorrisetto.
“Mai pensato di ficcare la testa nel forno?”
“Wow, sei tornato da neanche una settimana, e già fai conquiste.” commentai, fissando Styles come se volessi bucarli la testa.
E in effetti volevo.
“Oh bhè, in realtà tra me e Leah..” cominciò, accarezzandole distrattamente una mano “..è un po’ complicato da spiegare, ed è cominciato tutto con un incidente..”
Sembrava proprio che volesse rimarcare certe parole, e non la smetteva di lanciarmi sguardi obliqui.
Complicato, incidente…
 
‘Mmm, è complicato’
‘E comunque è stato solo un incidente..’
 
Le parole che gli avevo rivolto l’altro giorno mi tornarono alla mente come una secchiata di acqua gelida, e lo fissai incredula.
Lui dovette capire che avevo capito (wow), e mi lanciò un sorrisetto bastardo.
Stronzo.
 
 
 

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Capitolo 9
*** mcdonald's in my mind. ***


chi è tornata dal mondo dell'oltretomba? io, siore e siori!
mamma mia, faccio proprio schifo. mi sono fatta aspettare quasi per un mese, e tutto perchè non sapevo come finire il capitolo.
alla fine ho improvvisato. ne pagherete le conseguenze, mi dispiace, ahah
no davvero, vi chiedo scusa. sono molto, molto incostante, è uno dei miei peggiori difetti (che sono numerevoli..). scrivo 8732632 cose di getto, poi smetto, e ricomincio 9878367 anniluce dopo.
sorry cwc spero possiate perdonarmi.
adesso sposterò l'attenzione su altro.
I RAGAZZI HANNO VINTO AI VMA'S JCNJKDBSHJVCGHSVHDCGF mi sento fiera, come se gli avessi partoriti io (?)
basta, vi lascio. tra un po' mi tocca andare a fare latino *si getta nel tevere*
#adios




 Un tuono della madonna fece tremare la finestra, e lentamente mi risvegliai dal mio caldo tepore. Aprii leggermente un occhio, e vidi la grandine sbattere violentemente sul vetro. Più che grandine sembravano dei barconi di ghiaccio piovuti da chissà dove…Avete presente quelle trasmissioni sugli orsi polari che soffrono di solitudine al polo mentre i ghiacci si sciolgono dato che noi siamo cattive persone che se ne fottono del pianeta? Ecco, quella grandine era grossa come quei pezzi di ghiaccio.
Stavo giusto per girarmi dall’altra parte e riprendere a dormire, quando la porta si spalancò. Niente di anormale, in questa casa è come vivere al grande fratello.
“Adele, alzati.” ordinò perentoria una voce che tentavo di dimenticare, ma fastidiosamente si insinuava nella mia vita.
“Ma’, ho sonno..” borbottai, stringendomi di più al cuscino.
“C’è qualcuno giù per te.”
Oh no, dimmi che non era di nuovo nonna Ruth che pensava fosse già Natale e ci portava le calze..
“Un ragazzo.”
Sgranai gli occhi, e mi misi velocemente a sedere “Che ragazzo?” chiesi, sospettosa.
“Ma per chi mi hai preso, la portiera? Vestiti e scendi!” esclamò, irritata, prima di andarsene sbattendo la porta.
E poi sarei io quella con gli ormoni in subbuglio. Se facessi una cosa del genere scoppierebbe una guerra, lei si metterebbe a urlare che sono un’egoista maleducata lanciandomi addosso le presine del forno e Chris strillerebbe ‘botte botte botte!’ come in quei programmi di wrestling.
Mi alzai sbuffando, aprii l’armadio e afferrai frettolosamente le prime cose che avevo sottomano.
Oddio, che schifo. Io questa non la metto. Posai la maglietta disgustata, e presi velocemente quella bianca e rossa.
Stranamente, mentre mi infilavo i jeans arrancando su una gamba sola verso l’astuccio dei trucchi, mi sentii piena di adrenalina. Come se potessi sollevare una mucca con una sola mano, cambiare il mondo in mezz’ora, trovare il tizio che ha inventato facebook e prenderlo a testate sulle gengive..Insomma, piena di forza.
Mi posizionai davanti allo specchio, e feci un verso che assomigliava quasi ad un ringhio. Proprio come Cher Lloyd nel video di Want u back.
Aaah, sono una tigre, una tigre della savana!
Raaawr!
RAAAWR!
“Adele, piantalaaa!” strillò mia madre dal piano di sotto.
Come non detto.
 
Scesi lentamente i gradini delle scale, mentre mi preparavo mentalmente il discorso che avrei fatto davanti al mondo quando Leonardo DiCaprio (che certamente era il famoso ragazzo di cui parlava mia madre) mi avrebbe dichiarato il suo amore.
Sicuramente dovrò ringraziare un sacco di gente. Ma NON la mia famiglia, su di loro non dirò nulla. Se qualcuno chiederà, dirò di essere cresciuta con la famiglia di Leah.
Anzi no, non nominerò neanche lei, dopo quello che mi ha fatto.
Ovviamente non potrò nominare Styles, dato che lui ha solo rovinato la mia esistenza.
Allora rimane..ehm, un sacco di gente, come..mmm.
Horan?
“No davvero Mrs Foster, ho già fatto colazione.”
Mi paralizzai nel bel mezzo delle scale, sentendo la sua voce. Dannazione, che cavolo ci faceva Styles nella mia cucina?!
Mi accovacciai su un gradino, continuando a spiarlo tra le sbarre di legno che scendevano sotto il corrimano. Ecco là, in tutta la sua strafottenza, appoggiato incurante al mio tavolo con mia madre che gli civettava intorno.
Oh certo, quando io ho fame lei mi indica i resti di ciambelle mezze rosicchiate in frigo, ma quando c’è Harry finge di essere una madre normale e prepara le frittelle.
E neanche Chris sembrava turbato. Se ne stava lì, seduto, a leggere il fumetto di Spiderman come se un intruso non fosse in casa sua.
Bhè, in realtà, da quando era nato Styles aveva passato più tempo qui che a casa sua, ma non c’entrava niente.
Era passato.
Stavo giusto per alzarmi e tornare in camera mia, quando la voce di mia madre mi paralizzò “Adele, che stai facendo?”
Sei paia d’occhi, di cui un paio verde collina di windows*, si posarono interrogativi su di me, accovacciata su un gradino.
“Ehm, io..ho perso una lente a contatto.” buttai a caso.
“Ma tu non porti le lenti a contatto.”
“Ah, ecco perché non la trovavo!” ridacchiai nervosamente, mentre scattavo in piedi. Poi scesi come se nulla fosse successo, presi Styles per un braccio e lo trascinai verso la porta.
“Adele! Ma cosa stai..” iniziò scandalizzata Lily ma io non le prestai ascolto e quasi catapultai Harry fuori di casa, prima di seguirlo e chiudermi la porta alle spalle.
Grazie a Dio avevamo un patio, perché fuori la tempesta non cessava.
“Che cavolo ci fai qui?!” strillai.
“Cercavo le tue lenti a contatto?” tentò, con un sorriso divertito. Qualche ricciolo che gli cadeva sulla fronte era bagnato, quindi probabilmente non aveva neanche un ombrello.
E non l’avevo neanche io.
Eravamo segregati in quello stupido patio.
“Non dovresti essere da qualche altra parte? Tipo..a casa della tua ragazza?”
Styles scrollò le spalle “Ti volevo fare una sorpresa, non sono mica obbligato ad andarla a prendere con la carrozza e i cavalli bianchi davanti casa, no?”
“Potrei sempre metterti una sella sulla schiena e una museruola. E allora chi noterebbe la differenza?”
Accennò una risatina, per niente offeso “Tanto lo so che mi vuoi ancora bene.” mormorò, con l’aria di chi la sa lunga.
“E io so che stai usando Leah per infastidirmi!” esclamai, pronta a smascherarlo.
Mi aspettavo una faccia scioccata, o che si mettesse a pregare in ginocchio la mia pietà, invece era concentrato sulla manica della sua giacca.
“Che merda è questa? Io l’ammazzo Gemma...”
“Minchia Harry, ti sto parlando!”
Riportò l’attenzione su di me, annoiato “Ah sì. Che dicevi?”
“Che so che stai usando Leah! E glielo dirò appena arrivata a scuola.”
“Ma non stiamo andando a scuola. Oggi facciamo una gita.”
Gelai sul posto, mentre mi risalivano alla mente alcune parole di Mr Green, il prof. di letteratura.
‘non dimenticate…autorizzazioni…firmare…gita ad Oxford..blablablabla’
Mi schiaffai una mano sulla fronte “Merda, l’autorizzazione! L’ho lasciata a scuola!”
Harry scrollò le spalle “Resterai a spolverare i libri in biblioteca con Mrs Tucker..odora un po’ di formaggio, vero?”
Ma vaffanculo, te e il formaggio.
“Ma vaffanculo, te e il formaggio!” diedi voce ai miei pensieri, brusca. Sarei davvero dovuta rimanere in biblioteca, e la cosa tragica era che neanche sapevo dove fosse.
Ma chi ci va in biblioteca?! E’ di una tristezza infinita. Dovrebbe essere vietato studiare in pubblico.
O in privato.
“Certo, a meno che un attraente diciassettenne di nome Harry Styles non abbia fatto la fotocopia alla sua autorizzazione per la sua cara amica..” riportai velocemente gli occhi su Styles, che sventolava vittorioso davanti al mio naso la mia salvezza.
Feci per afferrarla, ma lui tirò la mano indietro “Parola magica?” domandò, con il suo solito sorrisetto da stronzo bastardo.
“Dammi quel foglio, sfigato.”
“Che stronza.” commentò, ma mi passò comunque l’autorizzazione.
Stavo per ringraziarlo, quando pensai che voltargli le spalle e tornare dentro casa sarebbe stata un’uscita davvero ad effetto.
Peccato che inciampai nello stupido bonsai finto accanto allo zerbino e sbattei la testa sulla porta.
“Merda!”
“AHAHAHAH”
 
 
QUALCHE DECENNIO DOPO
“Questo è il Trinity College, il più imponente e antico di tutta Oxford..”
E blablabla. Ci avevano trascinato a cento chilometri da Londra per farci stare in piedi a dondolare come dei polli e per farci vedere degli sfigati che studiavano. Non potevamo neanche entrare a visitare tutto il college, perché c’erano le lezioni, quindi ce ne stavamo nei giardini.
Guardai con desiderio il TopShop dall’altra parte della strada. Sulla vetrina spiccavano a lettere cubitali le parole SALDI! SALDI! ma non credo che il prof. sarebbe d’accordo nel farmi uscire per fare compre.
Oddio, magari si, considerato che quella traditrice di Leah non faceva che ridacchiare con Harry da ore accanto a un cipresso, e Mr Green non dava segni di accorgersene.
Guardala, guardala come si aggiusta in continuazione la treccia! Basta, smettila di tormentare quella treccia!! I suoi capelli diventeranno così unti che potrò ricavarne dell’ottimo olio per friggere delle patatine.
Mmm, patatine! Mi sembrò quasi di sentire l’odore delizioso di patatine fritte di McDonald’s accanto a me, e quello della salsa barbecue, e quello dei polletti fritti..
Sgranai gli occhi, girandomi velocemente verso la mia sinistra.
“Fao.” mi salutò Horan, mettendosi in bocca sei patatine.
Non me li ero immaginati quegli odori! Niall reggeva una busta di McDonald’s tra le braccia, come se fosse suo figlio.
“Dove li hai presi?” sibilai, notando che alcuni ragazzi cominciavano a guardarlo incuriositi.
“Là!” urlò lui, indicando tranquillamente un McDonald’s vicino alla traversa. “E la tipa alla cassa mi ha regalato i polletti, figo no?”
“Tu che le hai fatto? Autografato il culo?”
“No, ho solo dato il mio numero. Anzi no, il numero di Jack Olsen della classe di matematica..Era cessa.” continuò, prima di avventarsi sui polletti.
Gliene fregai uno, e per poco non mi diede un pugno. Dico per poco perché riuscii ad abbassare la testa in tempo per evitarmi un occhio nero.
“Sei pazzo. E violento.”
“La tua amica immigrata sembra divertirsi parecchio con Styles.” commentò lui, ignorando il mio commento. Io non mi presi neanche la briga di girarmi per vedere cosa stavano facendo, forse lei stava intrecciando i suoi capelli per ricavarne un cesto di vimini..
“Lui la sta usando per farmi ingelosire.” dissi di getto, senza neanche pensarci. Niall alzò un sopracciglio, sorpreso “E sta funzionando?”
“NO!” urlai, proprio nel momento in cui calava il silenzio su tutta la classe. Tutti si girarono verso di me, e il mio tentativo di eclissarmi sotto un sasso non riuscì.
“C’è qualcosa che vuoi condividere con noi, Foster?” domandò il prof., seccato.
“Veramente mi interessava sapere a quale specie appartenesse questo bellissimo ed interessante fiore..” inventai, indicando un fiorellino a caso sul prato.
“E’ una margherita, Foster.”
“Ah, ecco. Bella.”
Lui fece finta di non sentirmi, e continuò con la spiegazione. Horan nel frattempo aveva gettato tutti i sacchi di McDonald’s in un cestino (vale a dire: il suolo) e stava ridacchiando.
“Cazzo ridi?”
Scrollò le spalle, prima di aggiustarsi con una mano i capelli biondi “Pensavo che sei una pessima bugiarda. Se tu volessi fare ingelosire Styles, non ci riusciresti mai.”
“Invece sì che ci riuscirei!” mi infervorai “Sono un’ottima attrice, sai? Ho fatto due anni di recitazione.”
In realtà erano stati solo sei mesi nel dietro le quinte di una recita scolastica, ed era stato in seconda media, ma lui che ne poteva sapere?
“E allora dimostralo.” fu la sua replica, e prima che potessi chiedergli di che cavolo stesse parlando mi tirò a sé e mi baciò.
 
 

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Capitolo 10
*** Pictures of you ***


 CASA. POMERIGGIO. FUORI PIOVE.
Spezzai un pan di stelle a metà, e ne ingoiai un pezzo. Se li mangiavo piano piano mi sembrava di mangiarne di meno, e se mi sembrava di mangiarne di meno potevo evitare di sentirmi una stupida grassona dopo. Geniale no?
Mmm, è davvero pittoresco starsene seduti sul davanzale a guardare la pioggia. Se ci fosse qualcuno in casa mi farei fare un dipinto.
“Che stai facendo?”
Alzai gli occhi al cielo. Ovviamente sperare di essere sola a casa era troppo, dato che Caroline il Batterio si aggirava senza far niente.
Ma non ce li ha dei compiti da fare? Delle cose da cosare?
“Sto morendo.” fu la mia allegra risposta, prima di addentare un altro biscotto. Ma sinceramente, avrei preferito morire che dover affrontare tutti il giorno dopo. Come spiegare perché io e Niall Horan ci eravamo improvvisamente baciati durante la gita ad Oxford? Voglio dire, le persone normali non vanno in giro a slinguazzare promiscuamente con gli altri. Le persone normali tengono a bada le proprie lingue, ma evidentemente la mia è come quella dei cani: lunga e penzolante.
Oddio, forse avevo una lingua deforme! Provai ad arrivare fino al naso, e ci riuscii!
Feci una linguaccia davanti alla finestra, per specchiarmi, e vedere se arrivava fino ai piedi.
Poi notai che il vicino della casa di fronte era appena sceso dall’auto, e mi fissava sorpreso.
Ma si facesse i cavoli suoi, va’, e già che c’era si facesse anche la barba. Assomigliava a Gesù.
Ma comunque, se la lingua fosse cresciuta nella notte? Perfetto, ora ero una grassa ragazza con un lingua deforme.
E Harry non mi vorrà mai.
Cioè, non che me ne freghi qualcosa, ma se dovesse importarmi saprei che lui non mi vorrebbe.

Non sono sicura di aver coniugato bene i verbi. Forse la prof ha ragione a mettermi meno sedici ai compiti di grammatica.
Ma basta, perché sto divagando?! Dicevo, Harry non mi vuole. Bhè, però poteva evitare di dare un pugno in pancia a Niall dopo che mi aveva baciato.
D’altra parte Niall poteva evitare di sputargli in faccia.
Ma, alla fine di tutto, Styles poteva davvero tenersi per sé quell’acido commento su di me.
A pensarci però, quel bacio era stato…strano. Cioè, non avevo sentito niente. Non c’erano le campane, non mi tremavano le gambe, mi aveva solo lasciato scombussolata e confusa e un po’…delusa.
D’improvviso la porta d’ingresso si spalancò, e mamma apparve in tutto il suo mammoso splendore.
Ovvero, nessuno splendore.
“Sono a casa, cucciole!” esclamò, allegra.
Oh-mio-Dio, ancora con quel nomignolo? Non capiva che ormai io ero adulta, in procinto di spiccare il volo dal nido ma soprattutto in procinto di annegarmi nella doccia?
“Mamma mamma mamma, sai che parte faccio nella recita? Eh? Lo sai?” Caroline partì all’attacco, saltellando intorno a mamma allegramente.
Non c’era nessun rispetto del dolore, in questa casa.
“Non badate a me, sto solo morendo.” dissi, ma nessuno sentì.
“Caroline aspetta, devo poggiare la spesa.” la mia genitrice posò due buste di Waitrose sul tavolo, con uno sbuffo stanco.
Deve essere stato difficile portarle per ben cinquanta metri di strada. Ma perlomeno aveva fatto la spesa, una volta tanto.
“Faccio Biancaneve! Biancaneve, Biancaneve, Biancaneve..”
“Ah, che bello tesoro! Adele, svuoti tu le buste?”
Le lanciai un’occhiata eloquente, e poi tornai a guardare fuori dalla finestra.
“Ma cos’ha?” la sentì ‘sussurrare’ (ovvero urlare grottescamente come al solito) a Caroline.
“Forse l’ha lasciata il fidanzato!”
“Ma stai zitta, mocciosa.”
“Ehi, basta un po’!” si intromise mamma, richiamandoci battendo le mani come se fossimo polli “Non capisco perché sei sempre così scocciata, Adele.”
Poi cominciò con la solita cantilena, facendo avanti e indietro per la casa mentre preparava la lavatrice.
‘E rispondi sempre male blablablabla maleducata blablablabla cerco solo di parlare con mia figlia blablabla alla tua età blablabla..’
“Mi stai ascoltando?”
“Mmm.”
Sbuffò “Hai qualcosa da mettere a lavare?”
“La mia anima.”
“Ma piantala.” replicò, sparendo in bagno. Si affacciò pochi secondi dopo “Li hai fatti i compiti vero?”
Vi pare normale che mentre hai il cuore spezzato tua madre parli di compiti?!
“Non ce li hanno dati” mentii, risentita, tornando a guardare la finestra.
Seguì un momento di silenzio (raro, rarissimo momento)  nel quale mi sembrava di sentire le rotelline nel cervello di mia madre lavorare velocemente.
“Adele, c’è qualcosa di cui vuoi parlare?” continuò, assumendo la voce la Lory (o Rory?..), insomma, la mamma di ‘una mamma per amica’.
Penso che in quel momento avessi talmente tanto bisogno di parlare con qualcuno che commisi il grave errore di confidarmi con mia madre. Tutto ciò non sarebbe successo, se la mia ‘migliore amica’ argentina spaco botilia amazo familia non mi avesse pugnalato alle spalle.
“Ho litigato con Harry.” sintetizzai.
“Oh menomale, pensavo che fosse una cosa seria!” esclamò, prima di prendere un sospiro di sollievo.
La guardai sconvolta “Scusa, ti pare il caso di gioire?”
“Dai tesoro, siete sempre stati amici, anche se sospetto che lui..bhè, hai capito.” mi strizzò l’occhio (?!) prima di ridacchiare.
“Lui cosa, mamma?”
“Oh bhè sai, le mamme hanno un certo sesto senso per queste cose..”
“Ma quali cose?!”
Mi guardò sorpresa “Ma andiamo, è perso di te! O almeno lo era, a quanto mi aveva detto Anne.”
Buum. Fermi tutti.
Stop immagine.
Riavvolgi cassetta.
“Cosa..Anne..quando..Harry..” farfugliai, confusamente
“Ma sì, prima che partissero per Londra Anne mi aveva detto che Harry parlava sempre più spesso di te..Mi ha anche detto che a Londra le ragazze lo chiamavano sempre a casa per uscire, e lui rifiutava con un muso lungo così..” continuò tranquillamente, montando l’asse da stiro.
Io credevo di essere sul punto di avere un attacco epilettico. E considerata la lunghezza della mia lingua, sarei morta sul colpo.
Harry era..io gli..mmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmm!
Non era uscito con nessuna a Londra? E se Anne si fosse sbagliata, o avesse mentito?
E allora perché non mi rispondeva?
Cazzo, mi sembra di essere ad un’interrogazione di matematica. Gola secca e lettere senza alcun senso nella mia testa.
Dovevo parlare con Styles, ora.
 
 
Dopo otto anni ero riuscita a convincere mamma che dovevo fare una ricerca con la sfascia famiglie (Leah) ed ora camminavo spedita verso la nuova casa di Harry.
La sua vecchia casa era stata comprata quando se ne era andato da una famiglia di rumeni, credo..o iracheni..insomma, persone scure con degli sguardi terroristici.
C’era anche un ragazzo della mia età, l’avevo visto di sfuggita. Ma avevo troppa paura che nascondesse delle bombe nei calzini per avvicinarmi, e poi studiava a casa.
Inquietante no? Credo che nascondano qualcosa. Forse c’è Bin Laden, nel loro capanno degli attrezzi.
Comunque, mi occuperò della sicurezza nazionale dopo che avrò risolto i miei problemi. Forse quando diventerò presidente, o quando diventerò la moglie del principe Harry e vivrò di rendita, chissà.
Ecco, questo era il suo nuovo vialetto. Sfregai le mani l’una contro l’altra, e presi un bel respiro.
Calma, è solo Harry. E’ sempre stato solo Harry e sempre lo sarà, e noi siam..eravamo solo amici.
Altro respiro.
Mmmm.
Un ultimo per essere sicura di avere una scorta di ossigeno..
“Che stai facendo?”
Sobbalzai, e mi voltai indietro. Harry mi fissava dubbioso, con in mano le chiavi di casa.
“Ah, niente io..respiravo. Aria fresca.” spiegai, come se avesse senso.
“Non c’è aria a casa di Horan?”
“Non lo so, non ci sono stata.”
Ruotò gli occhi al cielo, e mi superò bruscamente per entrare nel vialetto. Io lo seguii a ruota, e mi schiarii la voce.
Continuava a camminare.
Mi schiarii di nuovo la voce.
Apriva la porta.
Iniziai a scatarrare senza tregua.
Girava la maniglia.
Il mio polmone destro fu sul punto di schizzare fuori verso le aiuole quando finalmente si girò.
“Ma la pianti? Non voglio avere la tua cena di ieri sera tra i capelli!” esclamò, irritato.
“E allora avresti potuto parlarmi prima, no?” replicai, mentre mi pareva di vedere il mio futuro scazzo avvicinarsi su un cavallo selvaggio “Mi fai entrare?”
Fece una smorfia, come se gli fosse stato chiesto di far entrare un sbavoso leone marino, ma poi spalancò la porta.
Non mi curai neanche di guardare come fosse arredata la casa. Richiusi la porta e mi piazzai davanti a lui.
Occhi azzurri in occhi verdi.
In realtà guardavo solo il suo occhio destro, perché è impossibile guardare entrambi gli occhi. Cioè, provateci, e vedrete che finirete per fissare solo un occ..
“Allora, che c’è?” sputò fuori, seccamente.
Mi guardava come se avesse voluto farmi sparire.
“E’ inutile che mi guardi così, Styles, non verrò inghiottita dal tappeto.” gli feci notare “E comunque dobbiamo parlare..di alcune cose.”
Sollevò un sopracciglio, e prima che potesse dire qualche stronzata che mi avrebbe fatto arrabbiare, finire per litigare selvaggiamente e concludere il pomeriggio con me che esco furiosa da casa sua, lo precedetti.
“Io e Niall non stiamo insieme. Non che la cosa ti riguardi, o che tu abbia il diritto di fare Mr Offeso 2012, ma volevo dirtelo. Mi ha baciata per scherzo, quindi potevi evitare di prenderlo a pugni e di dirmi che sono una..ehm..”
“Sgualdrina?”
“Già, grazie per il promemoria.” sibilai, acida. Poi ripensai a tutti i respiri fatti per calmarmi, e decisi di usare un po’ della scorta di ossigeno “Comunque, ora sono pronta a sentire le tue spiegazioni.”
“Mie? Io non devo spiegare niente.” rispose tranquillo, prima di afferrare una mela dal ripiano della cucina.
Stava per addentarla quando gliela tolsi dalle mani, e la lanciai da qualche parte.
Seguì uno schianto e uno scazzatissimo ‘miaaaaaaaaaaaaaaaaaao’.
“La teiera cinese di nonna!” urlò lui, ma lo ignorai.
“Perché hai preso a pugni Horan?”
“Cazzo, mamma mi farà il culo..”
“Perché ti ha dato così fastidio?”
“E hai spaventato il gatto. Ora si arrampicherà sul frigo e..”
“Perché stai con Leah?”
“Adele, STAI ZITTA!” gridò, gesticolando. Io lo guardai offesa.
“Ma perché urli? Guarda che ci sento.”
Prese un respiro profondo, chiudendo gli occhi come per calmarsi. “Senti, Adele, non credo che dovremmo parlarne ora..”
“Invece è proprio ora che dobbiamo parlarne! Senti, da quando sei tornato ti comporti in modo..strano. Non ti capisco.”
“Ah, tu non capisci me? E io che dovrei dire?” mi attaccò, innervosito “Torno dalla mia migliore amica dopo otto mesi e l’unica cosa che è capace di fare è mandarmi a fanculo. Invece di continuare a pensare a come ti sia sentita tu, non ti sei mai chiesta cosa abbia fatto io?  E’ tutto un adeleadeleadeleadele continuo nella tua testa, vero?”
“Sei impazzito, Harry? Non sono io quella che ha rotto i contatti, non sono io ad essere sparita.”
“No infatti, io sono dovuto partire. Io ho dovuto lasciare i miei amici. Io ho dovuto lasciare la mia casa, i miei ricordi. Io ho dovuto ricominciare tutto. Io ho dovuto lavorare dopo scuola in una caffetteria perché mamma da sola non poteva permettersi la vita a Londra. Me l’hai mai chiesto, Adele, mi hai mai chiesto da quando sono tornato come sono stato questi otto mesi?”
Distolsi lo sguardo, e capii che la scorta di ossigeno non bastava più.
“No, non l’hai fatto. Perché pensi di essere l’unica al mondo ad aver diritto a stare male, come sempre.” concluse, e la voce gli si incrinò sulle ultime due parole.
Ma io non lo guardavo. Stavo guardando quella foto, incorniciata e posata sul comò. Mi avvicinai lentamente, e la presi tra le mani.
“Luglio, era luglio di due anni fa.” cominciai, accarezzando la foto “Te lo ricordi? L’ho scattata io questa nostra foto, infatti si vede il mio braccio. Qui, vedi? All’angolo.” lo indicai “Io non faccio più nessuna foto, Harry. Non tocco una macchinetta fotografica da quando te ne sei andato, ma non riesco a staccarne nessuna dalla parete. E’ come se..è come se mi fossero rimaste solo loro, è come se mi fossero rimaste solo foto a provare che c’eri, che c’eravamo, che eravamo qualcosa.” non me ne ero accorta, ma anche la mia voce si era incrinata, e mi pizzicavano gli occhi.
Mi sentivo come sul punto di esplodere, mi bruciava la gola, mi bruciavano gli occhi..
Bruciava tutto.
Sentii le sue mani posarsi sulle mie guancie, e asciugare qualche lacrima. Anche lui aveva gli occhi lucidi, ma stranamente sembravano brillare.
“Io non sono una foto, Adele. Io sono qui, e sono reale, e ti amo. E alle foto appese alla parete ne aggiungeremo altre. Tue, mie, nostre e tutte quelle che vuoi, ma quando ti sarai stancata di loro, staccale e vieni da me. Perché ci sono, e non ci rimangono solo foto.”
E ci baciammo. E stavolta non sapeva di carta di stampata, sapeva di lui.




voi non sapete quanta fatica
questo capitolo abbia fatto per uscire fuori. è stato davvero brutto, queste ultime settimane, aprire word e fissare il foglio bianco senza saper digitare neanche una lettera, e vedere la barretta lampeggiare da sola.
se anche voi scrivete, sapete che intendo.
non sapevo cosa volevo, da questo capitolo, ma qualche giorno fa ho ripreso a scriverlo. non sapevo bene dove avesse portato, poi circa a metà mi sono venute delle idee, e ho deciso che sarà uno degli ultimi capitoli.
a meno che ccesù non mi appaia in sogno stanotte per altre idee AHAH. no davvero, sono sicura che vi farà cagare, ma tra poco la storia si concluderà.
sarà una mini-long.
probabilmente vi ho deluse, o probabilmente siete entusiaste di non dover sorbire ulteriori cagate, lol, però..spero non vi abbia fatto vomitare questo capitolo.
vi amo tutte, e grazie a chiunque sia ancora qui a leggere queste note <3
 
 
ps se ve lo state domandando, sì, il ragazzo che abita nella vecchia casa di Harry è Zayn AHAHAHAH non ce l’ho fatta, ho dovuto inserirlo AHAHAH

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