I mille volti possibili della verità di angelad (/viewuser.php?uid=156515)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Prova a fermarmi Kate, ti sto aspettando ***
Capitolo 2: *** Improvvisamente tutto cambia ***
Capitolo 3: *** Pensieri e parole ***
Capitolo 4: *** La terribile spirale degli eventi ***
Capitolo 5: *** La prima parte della verità ***
Capitolo 6: *** La verità fa male ***
Capitolo 7: *** La seconda parte della verità ***
Capitolo 8: *** Le ali della libertà ***
Capitolo 9: *** Quando la verità sorprende ***
Capitolo 10: *** Finalmente insieme ***
Capitolo 11: *** Le prime mosse del gioco ***
Capitolo 12: *** Si torna a casa ***
Capitolo 13: *** Quando i brutti presagi diventano realtà ***
Capitolo 14: *** Si scoprono le carte ***
Capitolo 15: *** La verità si nasconde nell'elemento discordante ***
Capitolo 16: *** Finalmente la verità (1 parte) ***
Capitolo 17: *** Finalmente la verità (2 parte) ***
Capitolo 18: *** Una trappola per il drago ***
Capitolo 19: *** Faccia a faccia ***
Capitolo 20: *** Nell'oscurità... ***
Capitolo 21: *** Passato, presente e futuro ***
Capitolo 22: *** Vincit omnia veritas 1 parte ***
Capitolo 23: *** Vincit omnia veritas 2 parte ***
Capitolo 24: *** Chiamami ancora amore ***
Capitolo 1 *** Prologo: Prova a fermarmi Kate, ti sto aspettando ***
Prologo "Prova a fermarmi Kate, ti sto aspettando"
I MILLE VOLTI POSSIBILI DELLA VERITA’
È
notte fonda, il buio ricopre ogni cosa. Solo la luna rischiara un poco
quell’oscurità.
Una
giovane donna si guarda intorno spaesata: non sa dove si trova, non riconosce
quel posto. La strada è completamente deserta, non si sente neanche un rumore,
tutto è avvolto in un silenzio surreale.
La
testa le duole, non riesce a stare in piedi. Non sa come ha trovato la forza,
ma è riuscita a sfuggirgli.
I
suoi movimenti sono alterati, non ha il pieno controllo del suo corpo, deve
essere stata drogata. La vista le si annebbia, ma non vuole fermarsi, non vuole
ritornare in quell’inferno.
Sa
che dovesse arrestarsi lui la ritroverebbe, sente la sua presenza dietro le sue
spalle, sente l’odore del marcio.
Spesso
si dice che il terrore non abbia suono, finchè una mano non ti afferra da un
vicolo oscuro per trascinarti di nuovo in quell’incubo, allora la paura si
trasforma in un urlo disperato, un grido lanciato nel vento, dove nessuno può
sentirlo, dove nessuno può aiutarti.
La
giovane donna capisce ciò che sta per accadere, il suo cuore martella nel suo
petto fino a scoppiare.
Lo
guarda, ma non vede nulla tranne che un demone.
Ha
gli occhi spiritati, la sua voce sembra un ringhio: “Non avresti dovuto farlo..
hai rovinato tutto..”.
Cerca
di parlare: “Ti prego, non..”, ma uno schiaffo sonoro la scaraventa a terra.
Batte violentemente la testa contro l’asfalto e sente il calore del sangue
attraversarle il viso fino a giungerle alla bocca.
Non
ha nemmeno il tempo di rialzarsi.
Su
di lei si abbatte un uragano violento ed impetuoso.
Chiude
gli occhi e cerca di proiettare nella sua mente i suoi ricordi più cari: la sua
famiglia, la sua vita, il suo amore.. Vuole allontanarsi da tutto quel dolore,
in fondo non potrà durare in eterno.
Accennò
un lieve sorriso, non avrebbe mai
pensato di poter perdere tutto in così poco tempo, per un motivo che, in
realtà, nemmeno conosce. In fondo voleva solo aiutare un amico.
Non
riesce a versare nemmeno una lacrima, non ne ha il tempo.
Quando
quella furia si ferma, lei non si muove più. Quell’animale la volta, ma i suoi
occhi ancora aperti non possono più guardare il cielo stellato. Il suo sguardo,
ormai, può ammirare solo mondi ancora più lontani..
****************************************************************
Le volanti della polizia di New
York giunsero in prossimità del vicolo al sorgere del sole.
Victoria Gates uscì
dall’abitacolo della prima autovettura stringendosi nel cappotto. L’aria era
decisamente frizzante. Non aveva l’abitudine di recarsi sulla scena del delitto
da quando era diventata il nuovo capitano del dodicesimo, ma quella telefonata
anonima l’aveva colpita. Il suo sesto senso le aveva detto che era meglio
accertarsi delle reale gravità della
situazione in prima persona.
Questa volta non poteva restare
seduta dietro ad una scrivania, doveva scendere in trincea.
Il luogo del ritrovamento non era
nel suo distretto, ma avendo ricevuto la chiamata il caso era ufficialmente il
loro, almeno fino al probabile arrivo dei federali.
Si rese conto che la polizia
scientifica era già arrivata quando vide la patologa forense della sua squadra
china su un corpo di donna orribilmente mutilato. Aveva lunghi capelli biondi,
corporatura minuta, doveva essere molto giovane, ma era totalmente
irriconoscibile.
La dottoressa Parish non si era accorta del
suo arrivo, guardava e studiava il cadavere con attenzione.
“Mi aggiorni dottoressa” comandò
secca la donna.
Lanie alzò lo sguardo alquanto
sorpresa di trovarsi davanti il capitano in persona e non la sua amica
detective Kate Beckett, probabilmente si stava chiedendo come mai non fosse lì.
“Dottoressa, allora?” incalzò la
Gates.
“Mi scusi signore. Donna bianca,
sui 30 anni, identità sconosciuta. Per accertare la vera causa del decesso
dovrò attendere di effettuare l’esame autoptico, ma credo di non sbagliare ad
affermare che questa donna è morta in conseguenza alle percosse ricevute”.
“Sta cercando di dirmi che l’ha
uccisa a pugni?” concluse il capitano con reale disgusto.
Lanie si limitò ad annuire con la
testa.
Guardando il corpo straziato di
quella povera ragazza era evidente ciò che le era stato fatto, ma la donna non
riusciva nemmeno lontanamente immaginare,
né ciò che doveva aver provato né il motivo da scatenare una furia del genere.
Quella donna era stata massacrata di botte, ma prima era stata fatta
prigioniera. Aveva notato i segni di una corda attorno alle sue mani, anche se
la dottoressa Parish non li aveva menzionati. L’assassino aveva instaurato con
lei un rapporto intimo, morboso, malato. Non era un elemento da sottovalutare.
La Gates aveva sperato che
quell’animale, in un attimo di pietà, l’avesse finita senza ulteriori
sofferenze, ma la parola “misericordia” non doveva essere scritta sul suo
vocabolario.
Strinse forte i pugni dentro alle tasche
cercando di non farsi notare dai suoi agenti e giurò a se stessa che avrebbe
sbattuto a marcire in galera quella bestia. Chiunque fosse, non avrebbe avuto
nessuna pietà.
“Sono già stati fatti i rilievi fotografici?” domandò
vedendo avvicinarsi la componente maschile della sua squadra.
“Sì signore” rispose Esposito
avvicinandosi alle due donne “abbiamo già imbustato tutto”.
“Voglio vedere il messaggio”
rispose piccata.
Ryan le passò una bustina di
plastica dove all’interno si trovava un foglietto di carta. Era stato travato
sul cadavere, l’assassino aveva lasciato un messaggio per loro.
La scritta era eloquente.
“Alla
straordinaria KB e a tutti i miei amici del dodicesimo. Il nostro gioco è
appena cominciato. Prova a fermarmi Kate, ti sto aspettando”.
La Gates capì di essere davanti a
una e vera e propria sfida e non sarebbe stato facile vincere. L’assassino
aveva un conto in sospeso col suo distretto, aveva sfidato apertamente uno dei
suoi.
Si girò verso i suoi uomini e
parlò: “Ryan, Esposito avete delle opinioni in proposito? Collegamenti con
vecchi casi arretrati?”
“La frase è la dedica che Castle
ha scritto sul primo romanzo di Nikki Heat..” rispose Esposito, ma venne
bruscamente interrotto dalla donna: “So benissimo, cos’è quella frase
detective. So chi è il signor Castle e quali romanzi ha scritto. Non sono mica
nata ieri! Intendevo se questo massacro poteva essere collegato a qualche caso
regresso qualcuno seguito da Beckett, qualcuno che, uscito di prigione, voglia
vendicarsi di lei”.
Ryan scosse la testa: “No.. Solo
uno psicopatico di nome Scott Dunn che aveva attentato alla vita di Beckett
mettendole una bomba in casa, ma per quanto ne so è ancora in prigione..
Inoltre non dimentichiamo che lui uccideva le sue vittime con un colpo di
pistola”.
Si fermò per un attimo, prese
fiato e guardò il suo capo dritto negli occhi: “Signore se posso permettermi, suggerirei di
richiamarla in servizio. È stata citata personalmente, potrebbe essere in
pericolo senza saperlo”.
La donna sospirò: “Lei ha ragione
Kevin, ci penserò io. Voi controllate che questo Dunn non sia stato rilasciato,
ma non credo c’entri molto. Siamo davanti a qualcosa di più complesso”
sentenziò la poliziotta e si allontanò.
“Alla
straordinaria KB”.
Perché voleva proprio che fosse
Kate Beckett ad indagare su di lui? Forse semplicemente aveva letto Heat Wave
ed era affascinato da Nikki Heat.
No, non voleva Nikki al comando
delle operazioni. Non aveva associato il personaggio letterario alla reale Beckett.
Non era una fantasia malata di uno psicopatico.
Voleva Kate, in carne ed ossa.
Quella consapevolezza la
inquietò, non ne capiva il reale motivo, ma sapeva che qualcosa non andava.
Pregò con tutto il cuore non si avverasse il terribile presentimento passatele
nella testa.
Lo scacciò prontamente, non era possibile. Non
era ancora il momento, c’era ancora troppo da perdere, la posta in gioco era
troppo alta. Sarebbe stato un rischio troppo grande.
Suo malgrado si rese conto di
dover stare al gioco dell’assassino, almeno per il momento.
Non amava mettere in pericolo i
suoi uomini, ma quell’uomo voleva Kate Beckett?
Bene, Kate Beckett avrebbe avuto.
Per un attimo le sue paure
scomparvero lasciando il posto alla fierezza tipica di un investigatore.
“Ti
sei fregato con le tua mani tesoro. Montgomery aveva ragione, quella donna è la
migliore che si sia mai vista. Hai le ore contate” pensò,
mentre digitava il numero della detective sul cellulare.
Angolo mio!
Ecco
la mia nuova long... Il capitolo è un po' corto, ma diciamo che
è solo un prologo, altrimenti veniva troppo lungo da leggere.
Ho
introdotto la vicenda, non succede granchè, ma come ho scritto
nella descrizione in questo racconto "non tutto è come
sembra".
Ricordatevelo, specialmente nei capitoli successivi..
un bacione ragazze
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Improvvisamente tutto cambia ***
Improvvisamente tutto cambia
IMPROVVISAMENTE TUTTO CAMBIA
Il suono del telefono la sorprese
mentre era intenta a prepararsi la colazione. Chiuse la fiamma sotto il
pentolino del latte e posò il bricco del caffè sul tavolo.
Prese in mano il telefonino e
rimase stupita nel leggere sul display il nome del capitano Victoria Gates. Non
doveva andare al distretto quella mattina, si era presa qualche giorno di
riposo. Non immaginava il motivo per quella telefonata, ma non si fece pregare
e rispose prontamente: “Beckett. Buongiorno signore!”.
La voce di Victoria Gates le
sembrò meno austera del solito, anzi giunse alle sue orecchie con una lieve
traccia di gentilezza: “Buongiorno detective. Mi scusi per l’ora. So che aveva
chiesto alcuni giorni di ferie, ma avrei bisogno che tornasse in servizio
subito. Abbiamo un caso scottante per le mani e ho bisogno di lei per condurre
le indagini. Non posso affidarlo a nessun altro”.
Kate era incredula, il nuovo
capitano non aveva mai manifestato simpatia nei suoi confronti, anzi era
convinta che non la considerasse nemmeno un investigatore eccellente. Quella
chiamata le sembrò decisamente strana. Nonostante ciò non si sentì di tirarsi
indietro.
“Beckett mi ha sentito?”
Il tono rude del suo capitano la
distolse dai suoi pensieri.
“Si signore, mi scusi. Arrivo al
distretto nel minor tempo possibile” e riattaccò.
“Maledizione.. mormorò tra sé e
sé- non ci voleva.”
Aveva promesso a Castle di accompagnarlo fuori
città per un impegno di lavoro. L’uomo aveva insistito così tanto che alla fine
aveva ceduto stremata, ma in fondo aveva ammesso a se stessa che non le
dispiaceva passare il suo tempo con lui.
Come avrebbe fatto a dirgli che
era andato tutto a monte? Già si immaginava la sua faccia delusa e il suo
sguardo da cucciolo smarrito. Non sapeva più resistergli quando la fissava in
quel modo.
La psicoterapia la stava
aiutando, aveva preso consapevolezza dei suoi sentimenti e stava cercando il
momento migliore per confessare il suo segreto. Quella gita fuori New York
poteva essere una buona occasione, se non addirittura una svolta.
Sospirò, sarebbe andata meglio la
prossima volta. Almeno lo sperava.
Compose il numero dello scrittore
e, mentre il telefono squillava a vuoto, rovistò nell’armadio alla ricerca di
qualcosa di decente da mettersi.
“Castle avanti rispondi” pensò afferrando un paio di jeans e una
camicia nera. Stava per riattaccare quando sentì la voce dell’uomo: “Castle”.
“Ti ho svegliato? Hai una voce
terribile stamattina, sembri assonnato”.
“Effettivamente stavo riposando
le mie membra” rispose l’uomo serio.
“Scusami allora. Volevo
avvisarti, non posso accompagnarti alla presentazione del libro ad Orlando, la
Gates mi ha richiamato in servizio urgentemente” disse la donna non nascondendo
il suo tono molto dispiaciuto.
“Non importa, non preoccuparti.
Il tuo lavoro è sempre un’incognita. Prendi quell’assassino, mi raccomando”.
Castle restò troppo composto, non
tradiva nessuna emozione. Una strana sensazione attraversò l’animo di Kate. Non
era certo la reazione che si aspettava da lui. Poteva arrabbiarsi, poteva
rimanerci male e piagnucolare come un bambino piccolo, ma non rimanere così
inerme, impassibile, come se in fondo non gli importasse.
“Castle va tutto bene? Mi sembri
strano”.
L’uomo tagliò corto: “Ho solo un
terribile mal di testa. Non preoccuparti per me, mi prendo un’aspirina e
ritornerò come nuovo”.
Kate si rasserenò un poco:
“Sicuro? Ok, mi fido di te. Ci vediamo al tuo rientro scrittore?”.
“Certo Kate. Tornerò sempre da
te”.
Se fosse stato lì con lei
l’avrebbe vista diventare bordeaux. Non si sarebbe abituata alle sue infinite
gentilezze, al modo in cui sapeva toccarle il cuore.
Riuscì solo a dire: “Buon viaggio
Castle”.
“Grazie..”.
La frase morì nell’aria, ma
mentre la donna stava per salutare si sentì chiamare: “Kate, aspetta. Ricordati
sempre che sei la migliore” e chiuse la telefonata.
Alla donna scappò l’ennesimo
sorriso, Rick sapeva sempre dire la parola giusta al momento opportuno, anche
se non era in piena forma. Certo non poteva partecipare all’indagine e lei non
poteva negare di essere delusa; senza lo scrittore sarebbe stato sicuramente
molto più noioso, ma sapeva che lo avrebbe rivisto presto, era solo questione
di qualche giorno.
Dopo essersi cambiata, si mise
alla guida della sua auto e in poco meno di mezz’ora aveva raggiunto il
distretto.
Mentre saliva con l’ascensore
pensò che quella giornata era davvero iniziata col piede sbagliato, ma non
poteva immaginare ciò che la attendeva una volta giunta in ufficio.
Tutti i suoi colleghi erano
impegnati in diverse mansioni: chi rispondeva al telefono, chi fotocopiava
documenti, chi aggiornava la lavagna. Non si era mai visto così tanto fermento,
neanche quando la Gates aveva sostituito Montgomery e tutti cercavano di fare
buona impressione.
Esposito e Ryan erano vicini alla
sua scrivania e studiavano qualcosa dal monitor del suo computer. I due, quando
sentirono il suono inconfondibile dei suoi tacchi, alzarono lo sguardo e la
invitarono a raggiungerli subito. La donna si avvicinò e, lasciata la borsa e
la giacca sulla sedia del suo scrittore, osservò le fotografie aperte sullo
schermo. Lo spettacolo era a dir poco agghiacciante.
“E’ la vittima?” domandò Beckett.
“Sì. Sono le foto preliminari
dell’autopsia, ce le ha appena inviate Lanie. Ci chiamerà quando avrà terminato
tutti gli esami, così potremo farci un quadro completo della situazione” spiegò
Ryan.
“Abbiamo scoperto l’identità di
questa povera ragazza?”
“No, per ora non siamo riusciti
ad identificarla, nessuno ha denunciato la scomparsa di una giovane donna
recentemente. Lanie sta cercando di ricavarne le impronte, ma l’assassino ha
fatto di tutto per renderci l’indagine difficile. Pensa di vincere con
facilità. Spera che tu non riuscirai a risolvere l’enigma” disse Esposito
concitato.
La donna, ancora intenta a
studiare le fotografie sul monitor del computer, alzò il busto di
scatto:“Aspettate un momento. Fatemi capire bene. Per lui tutto questo è un
gioco? Sta sfidando me?”. Kate era
sempre più incredula.
I due uomini si studiarono per qualche
secondo, poi Ryan ruppe il silenzio: “La Gates non ti ha spiegato la situazione
al telefono?”
“No, pensavo di farlo di
persona”.
La voce squillante del capitano
del dodicesimo attirò la loro attenzione, facendoli voltare.
“Beckett venga nel mio ufficio per favore”.
Il suo viso non tradiva nessuna
emozione. La fece accomodare sulla sedia davanti alla sua scrivania ed iniziò
ad aggiornarla su ogni particolare del caso. La Gates le mostrò il foglietto
dove era stato lasciato il messaggio per lei e Beckett lo studiò per bene.
“Le dice qualcosa detective?
Escludendo per un attimo la dedica del libro, le viene in mente qualcuno che
potrebbe avere desideri di vendetta nei suoi confronti?”.
Kate scosse la testa, poi rispose: “Al momento
non saprei, devo rifletterci sopra..”.
La donna cercò di rimanere
evasiva, non voleva mostrare le sue carte così in fretta, ma nella sua mente si
erano fatti strada molti scenari. In fondo stava solo cercando di catturare uno
spietato assassino soprannominato “il drago”, le avevano sparato al funerale
del capitano Montgomery e, considerando che ci avrebbero sicuramente riprovato
visto che la volevano morta, aveva parecchi spunti in mente su chi e perché
volesse “giocare” con lei.
La Gates non la torchiò e, mentre
la accompagnava verso la porta, le si parò davanti dicendole: “Ascolti Beckett,
non so cosa questo pazzo maniaco voglia da lei, ma deve promettermi di non fare colpi di testa.
Voglio essere informata di qualunque suo movimento, qualunque sua scoperta. Mi
consideri il suo partner in questa investigazione. Prima di chiunque altro deve
informare me, d’accordo?”.
“Va bene signore” annuì Beckett.
Non era entusiasta di avere la
Gates addosso, ma sapeva di non avere alternative. Castle sarebbe stato ancor
meno felice di lei quando ne fosse venuto al corrente.
Si stupì di se stessa, la sua mente correva al
ricordo del suo scrittore ormai sempre più frequentemente.
Il suo cellulare suonò
riportandola alla realtà.
“Beckett” rispose sicura.
“Ciao tesoro, sono io”. Riconobbe
subito la sua voce.
“Ciao Lanie, ci sono novità?”.
“Sì. Dovresti raggiungermi in
obitorio. Da sola però, voglio parlarti” rispose la donna in maniera del tutto
distaccata.
Kate inarcò le sopracciglia
stupita, la sua migliore amica non aveva quasi mai quel tono. Lo aveva usato
solo una volta, quando era stata costretta a riaprire il caso di sua madre,
quando sapeva di doverla ferire.
“Arrivo subito”.
Aprì le porte della sala autopsie
con una certa forza ed entrò visibilmente alterata, dentro l’ascensore si era
lasciata prendere dall’ansia.
Non appena la udì alle sue spalle
la dottoressa si voltò e le si avvicinò.
“Allora Lanie che c’è? Perché hai
voluto vedermi da sola?”.
“L’esame autoptico ha confermato
la morte per emorragia interna dovuta alle percosse ricevute, mentre l’esame
tossicologico ha evidenziato una massiccia dose di tranquillanti. È stata
stordita non solo per poterla sequestrare, anche per tenerla calma, per
impedirle di fuggire..”
Kate la interruppe: “ Lanie
queste cose potevi dirle anche davanti agli altri. Cosa volevi dire solo a me?
Siamo amiche, so riconoscere quando cerchi di proteggermi da qualcosa che può
irritarmi o ferirmi, ma ti prego, non sono più una ragazzina, spiegami come
stanno veramente le cose”.
Si parò davanti all’amica, mentre
attendeva una sua risposta. Lanie sospirò e diminuì ulteriormente la distanza
tra loro, passando al di là del tavolo di metallo. Si fermò proprio accanto a
lei e, guardandola dritta negli occhi, mormorò: “Kate, riguarda Castle”.
La giovane donna sobbalzò: “Cosa
diavolo c’entra Castle con la morte di questa donna?”
Il cuore aveva incominciato a
martellarle nel petto e ben presto la gola le si contrasse come se stesse
soffocando.
“Quando eseguo un’autopsia devo
necessariamente ricercare tracce dell’eventuale assassino o delle persone che
sono venute a contatto con la vittima per scoprirne l’identità, proprio come
nel nostro caso. Non ho trovato alcuna traccia di Dna differente a quello della
vittima tranne che in questa ferita. La vedi?”- disse indicandole una
lacerazione sul palmo della mano destra della vittima.
Kate annuì: era estremamente
precisa, sembrava essere stata fatta o da un coltello o da un oggetto affilato
e tagliente. Non era molto profonda, però, ad un primo sguardo.
Lanie, nel frattempo, stava
continuando il suo discorso: “qui ho
riscontrato un altro profilo genetico oltre al suo. L’ho isolato e ho fatto
partire una ricerca sul database del distretto..”
Si fermò.
“Lanie, per l’amore del cielo,
continua..”. Kate risultò brusca, ma quell’attesa la stava facendo impazzire.
“E’ di Castle”.
La detective quasi gridò: “Che
cosa? Non è possibile. Non starai mica pensando che lui sia l’assassino, vero?”
Kate non poteva credere alle
proprie orecchie.
Lanie le prese le mani nel vano
tentativo di calmarla.
“Tesoro non sto dicendo questo,
io non lo penserei mai ok? Però il suo
Dna è l’unica prova organica sul corpo di una giovane donna uccisa. Cosa
pensi dirà la Gates? O peggio, il procuratore? Sai come funzionano queste cose Kate,
sarà il primo sospettato. Se non direttamente di omicidio, almeno di sequestro.
Vorranno sapere come conosceva la vittima, chi sia..”.
La dottoressa parlò in maniera
più dolce possibile, ma negli occhi della sua amica era visibile il dolore che
provava nell’anima. Kate non lo aveva mai ammesso apertamente, ma Lanie sapeva
quali erano i suoi veri sentimenti nei confronti dello scrittore.
“Sei riuscita a stabilire l’ora
del decesso?”. La voce seria della detective Beckett ruppe il silenzio, stava
cercando di riacquistare un po’ di controllo.
“Sì, certo. È stata uccisa verso
le tre di questa mattina, ma è stata sequestrata in precedenza. Lo provano la
disidratazione e i segni di lacci sui suoi polsi. Era legata con le mani dietro
alla schiena”.
Kate alzò gli occhi al cielo come
segno di ringraziamento.
“Castle ha un alibi allora. Ieri
sera era da me, abbiamo cenato insieme. Nei giorni precedenti è stato la mia
ombra praticamente sempre. Posso testimoniarlo”.
Lanie la guardò maliziosa, ma non
del tutto rassicurata: “Avete anche dormito insieme? Hai passato la notte con
lui Kate?”.
“No Lanie, che vai a pensare? Io
e Castle non siamo andati a letto insieme”.
“Sarei stata felice del
contrario, ovviamente. Tesoro, ti rendi conto che allora non ha un vero alibi? Tutto quello che mi hai
raccontato non prova che lui non l’abbia uccisa, o non sia stato sul luogo del
delitto. L’accusa ci andrà a nozze: il famoso scrittore di gialli si crea un
alibi “fasullo” passando il suo tempo, anche al di fuori dell’orario lavorativo,
invitando a cena il miglior detective
della polizia di New York che, guarda caso, sta investigando sul crimine di cui
viene accusato. Vi massacreranno..”.
Beckett dovette appoggiarsi con
le mani a uno dei tavolini metallici. Lanie aveva ragione, erano in trappola.
Qualcuno stava cercando di incastrare Castle, usando lei, manipolandoli
entrambi.
Doveva trovare una soluzione, non
avrebbe permesso che l’uomo che amava andasse in prigione.
“Ascolta Lanie, ho bisogno di un
favore da te. Ti prego, non riferire a nessuno, nemmeno alla Gates, l’esito di
questa autopsia. Regalami un po’ di tempo”.
Aveva già infilato la giacca di
pelle, mentre parlava all’amica.
“Cosa hai intenzione di fare?”
chiese la patologa.
“Devo impedire a Castle di
prendere quel maledetto aereo per Orlando, devo capire cosa sa. Voglio sentire
la sua versione dei fatti, mi deve una spiegazione. Se i piani alti mi
dovessero cercare, io e te non ci siamo mai parlate, questo incontro non è mai
avvenuto. Non voglio cacciarti nei guai”.
L’amica le sorrise: “D’accordo
Kate, posso concederti al massimo due ore, poi dovrò fare rapporto, se non
voglio destare i sospetti dei superiori”.
Kate abbozzò un sorriso
riconoscente: “Grazie Lanie, ti devo un favore”.
Angolo mio!!!
Tatatata dam!!!! Sono iniziati i
guai.. Che ne dite? Riuscirà Kate a fermare Rick? Cosa c’entra il nostro amato
scrittore con l’omicidio di questa donna? Mah chi lo sa…
Lo scopriremo solo vivendo.. e
leggendo!
Un grazie a tutte coloro che
hanno letto e recensito o solamente letto! Un bacione particolare alle mie tre preziose
aiutanti Mari24, Caskett96 e 1rebeccam che mi hanno quotato la storia e mi
hanno convinta a pubblicarla, altrimenti forse l’avrei cancellata!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Pensieri e parole ***
Pensieri e parole
PENSIERI E
PAROLE
Scese nel seminterrato dove poco
tempo prima aveva posteggiato l’auto. Cercò di non dare troppo nell’occhio,
muovendosi a passo tranquillo per il parcheggio. Non voleva rivelare la sua
reale fretta, doveva sembrare tutto tranquillo. La sua fredezza esteriore era
l’esatto opposto dei sentimenti presenti nel suo animo.
Sensazioni contrastanti ed opposte:
sicurezza di poter risolvere il caso, ma anche paura. Paura di avere le mani
legate, paura di non poterlo aiutare. Non avrebbe mai creduto alla
colpevolezza di Castle, né mai le sarebbe passata per la mente solo l’idea, ma
quella maledetta prova trovata da Lanie aleggiava sulle loro teste come una
spada di Damocle.
Doveva riuscire a raggiungerlo ed a
parlarci prima che si scatenasse l’Apocalisse.
Mise in moto la macchina e, mentre si
immetteva nel traffico newyorkese, i suoi pensieri volarono alla sera precedente
passata con Castle.
Lo scrittore le si era presentato a
casa Beckett, computer alla mano, con il suo splendido sorriso stampato sulla
faccia. Non appena Kate aveva aperto la porta si era accomodato senza troppi
complimenti e, col suo proverbiale entusiasmo le aveva comunicato: “Mia musa ho
bisogno del tuo aiuto!”.
Kate alzò gli occhi al cielo:
“Castle, quante volte ti ho già detto che non devi chiamarmi mia
musa?”.
“Avanti Kate, è quello che sei, non
fare la difficile. Comunque mi avevi detto di non chiamarti così davanti agli
altri. Ora siamo soli, quindi non puoi rimproverarmi” disse Castle, mentre
appoggiava il computer sul tavolo, inseriva la spina del caricabatterie nella
presa e si appropriava di una sedia.
“Prego, fai pure tranquillamente come
se fossi a casa tua!”
“Grazie! Dai avvicinati. Mi devi dare
alcuni consigli sul mio nuovo romanzo. Devi spiegarmi come reagirebbe Nikki
Heat, o meglio te, davanti a questo scenario”.
Kate era andata dietro la sedia dove
l’uomo era seduto e, dopo essersi appoggiata allo schienale, lo aveva
punzecchiato: “Come?! Il grande scrittore vuole una mia consulenza per
descrivere Nikki? Mi sbaglio o sei sempre stato convinto di conoscermi a 360
gradi? Il tuo ego sta vacillando Castle!”
Aveva riso. Sapeva che quella era una
banalissima scusa per stare un po’ con lei. Erano diversi giorni che non la
mollava mai, per un motivo o per l’altro le era sempre in mezzo ai piedi, ma la
donna non era infastidita. Anzi, queste sue premure incominciavano a farle
piacere sul serio. Quell’uomo sapeva come renderla serena.
Appoggiò una mano sulle sue spalle e,
cercando di sembrare offesa, disse: “Visto che sei arrivato all’ora di cena, è
come se praticamente ti fossi autoinvitato. Intanto che tu apri il tuo prezioso
file e cerchi esattamente il punto in cui dovrei esserti d’aiuto,
io inizio a preparare qualcosa da mangiare. Ho fame”.
“Mi hai scoperto detective, tutto
questo era solo un depistaggio, per assaggiare la tua straordinaria cucina. Cosa
tirerai fuori dal tempio di polistirolo che hai in frigo?” scherzò
Castle.
Lo colpì con un buffetto dietro alla
testa: “Lei è un impertinente signor Castle! Si dà il caso che da domani io sia
in ferie e quindi abbia il tempo di prendermi cura di me stessa e di fare le
cose che più mi piacciono, tra cui cucinare! Oggi ho fatto una bella spesa e la
mia dispensa è fornita di ogni ben di Dio. Quindi sono in grado di preparare
qualunque cosa lei voglia!” sottolineò la donna
maliziosa.
“Quindi posso scegliere?” chiese
l’uomo mostrandole la sua proverbiale faccia da
cucciolo.
La donna sorrise, si era incastrata
da sola.
“Ok scrittore. Hai l’opportunità di
darmi un ordine e io lo eseguirò senza discutere. Approfittane, non capiterà mai
più”.
Castle era veramente stupito, non
avrebbe creduto che la detective avrebbe ceduto così facilmente: “Davvero?
Ok..”.
Restò per qualche secondo in
silenzio, poi assumendo l’espressione di chi è appena stato fulminato sulla via
di Damasco, disse: “Voglio che mi cucini il tuo piatto preferito, qualunque cosa
sia. Sono sempre stato di bocca buona e poi sono molto curioso di sapere
qualcosa di nuovo su di te”.
Kate pensò che, in quel momento,
fosse l’essere umano più tenero del mondo: poteva metterla in
difficoltà, invece aveva fatto in modo di metterla a suo agio ancora una
volta.
Se quel muro non fosse stato ancora
lì, lo avrebbe accarezzato, ma si limitò ad una leggera spinta in modo
amichevole: “Ok scrittore, vedrai che ti stupirò!”.
“Non ne
dubito”.
La donna si era messa all’opera e in
pochissimo tempo aveva preparato una pasta all’amatriciana. Mentre stava
condendo i bucatini, sentì due mani posarsi delicatamente sui suoi fianchi
spostandola leggermente all’indietro finchè non sentì aderire il suo corpo
contro quello dell’uomo. Si sentì avvampare le guance e, roteando un poco la
testa, vide il viso incuriosito dello scrittore spuntare da dietro la sua spalla
e sporgersi in avanti.
“E’ pronto mia musa? Wow, cucina
italiana.. hai deciso di mandarmi a ko stasera.. Io lo adoro. Come facevi a
saperlo? Non mi guardare così. Ho provato a stare seduto di là
buono buono, lo giuro, perché so che non ami avere intorno persone indiscrete,
mentre lavori e, quindi anche mentre cucini, ma dei profumi veramente deliziosi
stavano arrivando alle mie narici ipersensibili.. Non ce l’ho
fatta a resistere. Sai non mangio da oggi a pranzo e…”
“Castle!- lo interruppe
bruscamente la donna- se non la pianti con il tuo interminabile monologo,
la pasta si fredda! Renditi utile e prendi due piatti nel tinello. E comunque il
fatto che tu sia affamato non ti da il diritto di abbracciarmi a
tradimento!”.
“Giusto! Solo il mio inesauribile
fascino mi dà questo onore. Su non prendertela, dovresti cercare di rilassarti
un po’, sei così bella quando sorridi. E, ammettilo, io in fondo ti piaccio.
Come amico naturalmente, non voglio che tu mi spari prima di cena, vorrei
mangiare. Sii sincera, chi ti fa ridere quanto me? Chi ti porta il caffè ogni
mattina viziandoti? La mia stupenda persona! Ok, hai ragione, sto gonfiando di
nuovo il mio ego, la smetto. Comunque mia cara detective non ti dimenticare mai
che tu resti la parte straordinaria della nostra folle
coppia”.
Kate posò la pasta sulla tavola ed
alzò lo sguardo verso di lui: “Non cercare di addolcirmi. Devo ammettere di
essere d’accordo con te questa volta, neanche tu sei così male
Castle”.
Rick restò a guardarla interdetto:
non si aspettava di certo che lei gli reggesse il
gioco.
“Castle allora vuoi venire a sederti
o no? Io tra cinque secondi mangio, non ti aspetto di
certo”.
L’uomo prese la sedia e si accomodò
proprio accanto a lei. Mangiarono continuando a ridere ed a scherzare, senza
smettere di chiacchierare neanche un secondo, anche quando la cena era finita da
un pezzo.
Nell’unico attimo di silenzio Kate si
alzò ed iniziò a sparecchiare la tavola: “Se non ti dispiace lavo ancora i
piatti, poi sono tutta tua, così potrai interrogarmi e finiremo insieme il tuo
prezioso capitolo”.
L’uomo le aveva sorriso e si era
avvicinato alla finestra nell’attesa. Il suo sguardo si perse ad ammirare lo
scorrere continuo del traffico cittadino e sui palazzi di fronte. Ogni tanto
sbirciava la sua musa intenta nelle faccende domestiche e pensò a ciò che le
stava nascondendo. Al suo folle segreto. Sapeva di star agendo in maniera
avventata, ma non aveva importanza. Aveva giurato a se stesso di proteggerla, a
qualunque costo. Le conseguenza che si sarebbero abbattute su di lui non erano
importanti. Kate non doveva rischiare mai più la sua vita, lui avrebbe risolto
tutto.
Negli stessi istanti anche la donna
lo fissava cercando di non farsi scoprire. Era serio, aveva un’espressione che
gli aveva visto sul viso pochissime volte. Non era visibile la sua allegra
vivacità di bambino cresciuto, ma una strana malinconia si era impadronita di
lui. Chissà a cosa stava pensando. Lo chiamò, ma non ottenne
risposta. Si avvicinò e posò una mano sul braccio di lui, facendolo
sussultare.
“Scusa non volevo spaventarti. Ti ho
chiamato, ma non mi hai risposto. Stai bene?”.
Castle sfoderò uno dei suoi
meravigliosi sorrisi: “Sì certo. Scusami tu stavo sognando ad occhi aperti come
al solito. Sono uno scrittore, la fantasia non mi manca e quando vengo colto dal
momento d’ispirazione e mi disconnetto dal mondo. Bando alle ciance, mettiamoci
al lavoro!”.
Si stavano avvicinando al portatile
quando il cellulare dell’uomo suonò. Rick sospirò:”Questa è sicuramente mia
madre. Ha lo straordinario potere di riuscire a chiamarmi nei momenti meno
opportuni”.
Quando posò gli occhi
sul display del suo nuovissimo cellulare l’espressione del suo viso cambiò per
la seconda volta in pochi minuti: “Scusa devo proprio rispondere. È la mia casa
editrice”.
Fingendo d’avere
freddo, Kate si eclissò in camera sua con la scusa di cercare un maglioncino
pesante: non voleva essere indiscreta, se Castle avesse voluto gliene avrebbe in
seguito. Non appena sentì il silenzio provenire dalla stanza accanto, segnale
che la telefonata era conclusa, ritornò nel salotto. Castle, seduto sul divano,
teneva una mano sulla fronte, mentre l’altra schiacciava con forza il ginocchio
come a volerlo serrare in una morsa mortale. Si vedeva, era terribilmente
preoccupato.
Kate attraversò la stanza per sedersi
accanto a lui e con infinita dolcezza gli chiese: “Ne vuoi
parlare?”
L’uomo si girò di scatto e la
guardò: “Tranquilla i soliti problemi organizzativi per le mie conferenze
letterarie. Devo partecipare alla presentazione di un mio libro ad Orlando e,
come al solito, le persone a cui ho designato la preparazione dell’evento non
sono state all’altezza. Così devo risolvere la faccenda da solo, sennò domani
sarà un totale disastro”.
Si alzò, imitato dalla donna, e prese
il suo cappotto: “Devo andare, mi dispiace. Vorrei restare ancora qui con te,
dico davvero, ma il dovere mi chiama”.
“Sta tranquillo Castle” lo rassicurò
Kate.
“Ascolta, so di chiederti molto, ma
domani verresti con me? Hai detto di essere in ferie e io ho bisogno di sostegno
morale. Se devo essere totalmente sincero, non ho voglia d’andarci da
solo”.
“No, non
posso..”
“Dai, per favore.. mi abbandoni nel
momento del bisogno?”
“Sì. E
allora?”
“Allora sei malvagia! Su, vieni con
me!”
“Castle, davvero.. Non so se è una
buona idea..”
“E’ un’ottima idea! Lo scrittore e la
sua musa insieme alla presentazione dell’ultimo romanzo della saga! I miei
lettori impazziranno dalla gioia”.
L’entusiasmo ritrovato dell’uomo fu
ridimensionato dalla detective: “Frena, frena. Io non dirò una sola parola, ti
aspetterò nelle quinte, lontano da dove ti siederai, dove nessuno potrà vedermi.
Non cerco pubblicità!”.
L’uomo sembrò soddisfatto: “Ok, per
me va bene”.
La donna stupita, lo osservò
perplessa: era stato troppo facile convincerlo.
Rick le strizzò l’occhio: “Hai appena
detto che mi accompagnerai. Credo che non potrai aspettarmi nelle quinte se
rimarrai a New York. Mi sa che non puoi più tirarti
indietro”.
Non si era nemmeno resa conto di
essersi fregata con le sue mani. Quell’uomo sapeva annullare le sue facoltà
mentali, nessun altro sarebbe riuscito nel suo intento così
facilmente.
“Ti passo a prendere alle nove mia
musa. Tieniti pronta!”.
Lo accompagnò alla porta e, dopo
averlo salutato e averla chiusa alle sue spalle, si appoggiò al muro passandosi
una mano sul viso.
L’indomani sarebbe partita con
Richard Castle. Non negò a se stessa di essere felice.
La vista del palazzo dove abitava
Castle la distolse dai suoi pensieri. Era arrivata, finalmente avrebbe potuto
parlare a quattr’occhi con l’uomo, sperava solo non fosse ancora
partito.
L’ascensore non era disponibile, così
Kate si catapultò su per le scale come se fosse una questione di vita o di
morte. Arrivò davanti alla porta dell’appartamento molto trafelata e col fiato
corto, ma, senza cercare di darsi un attimo di contegno, suonò vigorosamente il
campanello.
Nell’istante in cui vide la porta
muoversi il suo cuore sussultò: come avrebbe intavolato il discorso? Come
avrebbe potuto chiedergli spiegazioni senza ferirlo?
Non si trovò davanti il suo
scrittore, però, ma sua madre Martha.
La donna la guardò con aria
perplessa, come se la sua visita fosse del tutto
inaspettata.
“Darling, cosa ci fai tu
qui?”.
Kate respirò profondamente: “Posso
entrare Martha?”.
La donna si scansò permettendole
l’accesso.
“Certo cara. Siete già rientrati?
Posso offrirti qualcosa da bere?” disse dirigendosi con aria trionfante verso
l’armadietto dei liquori.
“No, grazie. Sono in servizio. Rick è
in casa?”.
Martha si voltò stupita e la guardò
dritta negli occhi: “Mi stai prendendo in giro? Questo è un altro degli stupidi
scherzi di mio figlio.. non pensavo che tu potessi sostenerlo.. Ah
l’amore”.
“Martha ascoltami, è importante.
Dov’è Rick? Devo assolutamente parlarci subito!”. Kate l’aveva interrotta in
malo modo, ne era cosciente, ma non aveva il tempo per scherzare. Le due ore
concessale da Lanie stavano per scadere.
Martha nel frattempo le si era
avvicinata e, capendo che la detective non stava recitando, disse: “Kate, mio
figlio era con te. Non lo vedo da ieri pomeriggio, da quando mi ha detto che ti
avrebbe raggiunta per invitarti a trascorrere due giorni con lui fuori città..
Non è più rientrato a casa”.
L’intera muscolatura di Kate si
contrasse, un brivido gelido l’attraversò per tutta la schiena. Doveva aver
cambiato colore in viso, credeva di essere sbiancata di colpo, perché la
madre di Castle le prese le braccia e la sorresse: “Kate cosa fai,
ti senti male?”. In effetti le sue gambe si erano fatte improvvisamente troppo
pesanti per sostenerla.
“No, sto bene.. “ cercò di
rassicurarla. In realtà non stava bene per niente.
“Mi spieghi cosa diavolo sta
succedendo?” chiese l’attrice molto preoccupata.
“Non ne ho la minima idea”.
Angolo mio!!!
I pensieri di Kate la rimandano a una bella
serata col suo scrittore, dove tutto sembrava tranquillo ed idilliaco, invece le
parole, dettale da Lanie prima e da Martha poi sembrano trascinarla in un
mistero fitto e per nulla gioioso.
Cosa sarà successo al buon Castle? Dove
sarà?
Grazie a tutti voi che seguite la storia! Se
avete voglia lasciatemi un commento per farmi capire come procedo, anche le
critiche sono ben accette.
Un grazie particolari alle 3 mie lettrici
"cavie" che con pazienza attendono i miei aggiornamenti e mi aiutano a portarla
avanti! Siete grandi!
Dimenticavo, auguri di Buona Pasqua a tutti!!!!!! :)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** La terribile spirale degli eventi ***
La terribile spirale degli eventi
LA TERRIBILE SPIRALE DEGLI EVENTI
Buio,
solo buio davanti a sé.
Camminava
a tastoni in quell’infinita oscurità. Aveva i nervi a fior di pelle, ogni suo
muscolo era contratto, sapeva che il pericolo si poteva nascondere ovunque,
dietro ad ogni angolo.
Inciampò
dentro a qualcosa e rovinò fragorosamente a terra battendo forte la testa. Non
era riuscito a farsi scudo con le mani. Si girò di scatto per vedere cosa fosse
successo. Notò solo allora un corpo di donna riverso a terra, immobile,
abbandonato come fosse stato un sacco vuoto.
La
fissò e la riconobbe subito. Si portò la mano alla bocca, soffocando un urlo di
disperazione. Era proprio lei.. Quell’uomo non gli aveva mentito.
Era
morta, solo per colpa sua: lui l’aveva convinta ad aiutarlo, lui le aveva
chiesto di trovare quelle informazioni.
In
quell’istante sentì una voce dietro di lui e quando si voltò,rabbrividì nel
vedere il suo fantasma: “Sì Richard me ne sono andata. Quella gente non
scherza, te la farà pagare. Uccideranno Kate non potrai fermarli. Il suo
destino è già scritto..”
Castle si svegliò bagnato di
sudore da capo a piede, con il cuore nel petto che batteva a mille all’ora.
Grazie al cielo era solo un
incubo. O forse no..
Il suo corpo gridava che non era
stato solo frutto della sua immaginazione. Ogni muscolo era rigido, come non
era mai stato, e se solo provava a muoversi una scarica di dolore lo
attraversava, costringendolo a desistere.
Quando riuscì ad aprire
completamente gli occhi si rese conto di non essere nel suo lussuoso appartamento,
non era neanche a casa di Beckett. Era riverso per strada, appoggiato ad un
muro in un vicolo, dove incorniciava a soffiare un vento fastidioso.
Cosa era successo? Perché si
trovava lì? Non lo sapeva.
Non riusciva a mettere a fuoco i
ricordi sulla sua sera precedente, l’unica immagine indelebile nella sua mente
era Kate. Il suo viso meraviglioso quando sorrideva.
Avevano mangiato insieme, a casa della donna,
avevano trascorso la serata a chiacchierare. Era stato come sempre bellissimo
poi…
Aveva ricevuto una telefonata! E
se n’era dovuto andare.. ma perché?
La testa gli faceva troppo male.
Si guardò le mani e le vide piene di
escoriazioni e di ferite. Le braccia non erano messe meglio.. Doveva essere
stato pestato, sennò come si era procurato tutte quelle lesioni? Non riusciva a
ricordare.
Una buffa canzoncina, che l’uomo
riconobbe come la sua suoneria, attraversò l’aria. Cercò a tastoni il cellulare
seguendo il suono e lo trovò a poca distanza da lui. Riuscì a trovare una nota
positiva in quel terribile inizio di mattinata: almeno non era stato derubato..
Lo raggiunse e, con non poca
fatica, riuscì a rispondere. Dall’altra parte sentì la voce inconfondibile di
Kate.
Oddio Kate..
Nell’istante in cui udì la voce
della donna, nella sua mente, come un lampo, si fecero strada i ricordi, uno ad
uno. Di punto in bianco sapeva cosa gli era successo la notte precedente.
Tutto ciò non gli procurò nessun
sollievo, anzi aumentò la sua ansia. Aveva innescato una serie di avvenimenti
che si sarebbero abbattuti su di loro come un domino. Erano in pericolo, lei
era in pericolo. Ancor di più, sempre di più. Solo per colpa sua.
La donna si stava scusando, non
poteva andare ad Orlando con lui.
Si ritrovò a pensare -Kate quale Orlando? Tesoro mio,
non andremo da nessuna parte. Siamo nei guai fino al collo.. E tu neanche lo
sai.. ti ho mentito, l’ho fatto per proteggerti, ma mi sta tornando indietro
tutto come un boomerang-
Gli stava spiegando di essere
stata richiamata in servizio urgentemente dalla Gates in persona.
-Dio mio fa in modo che non sia quello che sto pensando.. Kate non devi
investigare su quell’omicidio. Ti stanno
attirando in una trappola-
Non avrebbe potuto passare la
giornata con lui.
Gli chiese se stesse bene, aveva
capito che qualcosa non andava.
-No
Kate non va tutto bene-
Le mentì ancora una volta,
rassicurandola, non poteva dirle la verità. Doveva aggiustare le cose da solo,
sapeva di avere un'unica soluzione possibile. Il conto da pagare sarebbe stato
salato, ma saperla al sicuro, lo avrebbe ripagato di tutto.
Le sentì pronunciare: “Sicuro? Ok
mi fido di te. Ci vediamo al tuo rientro scrittore?”. Quella frase fu peggio di
una pugnata al cuore, quella donna era la sua unica ragione di vita, avrebbe
fatto di tutto per lei.
Le rispose: “Certo Kate, tornerò
sempre da te”.
Era vero, l’avrebbe fatto, a
qualunque costo, anche se avesse dovuto sconfiggere il mondo intero.
Quello era un addio, momentaneo,
ma era un addio. La detective non lo immaginava di certo, come avrebbe potuto?
Si rese conto che Kate stava per
riagganciare, ma riuscì a fermarla appena in tempo: “Kate, ricordati che sei la
migliore” e fu lui ad interrompere la comunicazione, senza darle il tempo di
replicare.
Già non doveva dimenticarlo. I
giorni a venire sarebbero stati un incubo per lei, avrebbero minato le sue
poche certezze, doveva essere forte.
Con estrema fatica si alzò e si
mise in piedi. Doveva continuare il suo folle ed insensato piano. Cercò di
trovare la forza dentro di se, nei ricordi della sua musa. Il caffè, i
battibecchi, i casi, i libri, le loro cene dopo il lavoro, la loro vita, ma
soprattutto l’amore che provava per lei.
Sì, Kate Beckett valeva tutto
quel dolore, valeva ogni singolo sacrificio.
Era quasi mezzogiorno, ormai il
sole splendeva alto nel cielo, ma all’orizzonte, nascoste qua e là tra i
grattacieli, erano apparse alcune nubi minacciose di pioggia portate da un
gelido vento.
Kate era seduta su una panchina
di Central Park. Lasciata casa Castle, aveva tentato di rintracciare Rick in
tutti i modi, ma il telefono dell’uomo era sempre staccato.
Era andata alla sua casa
editrice, aveva chiamato sia Gina sia Paula per avere sue notizie, ma nessuno
sembrava sentirlo da giorni.
Incominciò a temere il peggio,
Castle non si era mai comportato in quella maniera, doveva essergli successo
qualcosa. Sperava stesse bene, il suo cuore le diceva di sì, invece la sua
razionalità le suggeriva il contrario, si era cacciato in qualche guaio. Dentro
di lei qualcosa si era spezzato, si sentiva di nuovo sola a combattere contro
un fantasma, un nemico invisibile che era riuscito a metterla al tappeto già al
primo round, togliendole il suo fedele alleato, il suo adorato scrittore.
Non riusciva a trovare dentro di
sé la forza per tornare al distretto, Lanie doveva aver già inoltrato i
risultati dell’autopsia da un pezzo; la terribile spirale degli eventi si era
innescata e lei non poteva far nulla per fermarla.
Restò per qualche secondo
immobile, mentre il vento le sferzava sul viso scompigliandole i capelli, poi,
come un lampo, si rese conto di essere davanti ad un bivio. Si era sentita
sperduta, ma in realtà aveva una scelta davanti a lei: arrendersi o provare a
lottare. Per lei, ma soprattutto per lui. Gli doveva tanto, se ora poteva
definirsi una donna diversa, era soprattutto merito suo.
Non poteva restare lì con le mani
in mano.
Doveva scovare quell’assassino.
Quel maledetto voleva uno scontro
alla pari: lei contro di lui, il resto del mondo non era calcolato. Si era già
portato a casa una mezza vittoria.
Assassino 1, Kate 0.
Era tempo d’invertire quella tendenza, non le
piaceva affatto essere sconfitta. Sentì a poco a poco affiorare dalle
profondità nascoste del suo animo una rabbia e una determinazione mai provate.
Il coraggio si stava facendo strada in quel groviglio di sentimenti e
incominciava a scaldarle l’animo.
“Ok, va bene stupido idiota. Vuoi
giocare? Giochiamo. Troverò Rick e lo scagionerò da queste terribili accuse.
Poi ti braccherò finchè non ti avrò nelle mie mani e, allora, maledirai il
giorno in cui hai deciso di sfidarmi. Ti giuro su ciò che ho di più caro: da
oggi agli anni a venire vedrai solo il freddo e il buio di una cella. Butterò
via la chiave personalmente”.
Si alzò e, mentre si incamminava verso
la sua auto a grandi passi, accese il suo cellulare. Sullo schermo apparvero
una marea di messaggini, l’avevano cercata tutti: Lanie, Esposito, Ryan, la
Gates..
Tutti tranne lui, del suo numero
nemmeno l’ombra. Il cuore le si strinse nel petto, ma non si fece più
sopraffare dalla tristezza.
Sapeva che avrebbe preso una
lavata di testa da Iron Gates, ma non le importava. Si era concessa il tempo
necessario per metabolizzare la situazione e cercare d’uscire dal labirinto nel
quale si trovava.
Ora si sentiva forte, nessuno
l’avrebbe fermata.
Si era appena seduta al posto di
guida, quando il suo telefono tornò a suonare. La donna lesse dallo schermo,
chi la stava cercando. Esposito.
“Hei Espo, novità?” cercò di
restare tranquilla.
Il suo amico lo era decisamente
di meno: “Becks maledizione, ma dove ti eri cacciata? Ti stanno cercando tutti.
La Gates sta impazzendo, sta per convocare una task force per trovarti. Ti
vuole qui subito!”.
Kate sorrise, addirittura una
task force?
“Espo stai esagerando. È solo passata
qualche ora da quando ho lasciato il distretto, stavo svolgendo delle
ricerche”.
“Col telefonino staccato? Avanti
Kate, non raccontarmi bugie, sono tuo amico, so dove sei stata. Lanie è la mia
ragazza dopotutto. Appena te ne sei andata mi ha cercato per avvertirmi di cosa
stava succedendo. È preoccupata per te e, sinceramente, lo siamo anche io e
Ryan”.
“Espo sto bene”.
“Sicura Kate? Mi dispiace doverti
contraddire, ma non credo. Non sei riuscita a parlare con lui, vero?”. La voce
dell’uomo si era tinta di una tristezza tangibile, come se se avesse il compito
d’infliggerle l’ennesima pugnalata.
“E tu come fai a saperlo?”
mormorò la donna.
“Castle è qui. Si è costituito
un’ora fa. La sua situazione non è delle più rosee, lo sai. Come se non
bastasse ha escoriazioni su entrambe le mani, come se avesse partecipato a un
pestaggio o una rissa.. Kate ci sei?”
La donna alle parole dell’uomo
era rimasta muta, ma aveva iniziato involontariamente a tremare. Aveva stretto
con forza il volante con entrambe le mani per cercare di calmarsi, ma non le
aveva provocato nessun miglioramento.
“Passamelo, ho bisogno di
parlarci subito”.
“Non posso..”
“Certo che puoi, passamelo,
subito! Adesso Espo, non aspetterò un minuto di più!”. Aveva gridato, non era
riuscita a trattenersi.
Il detective cercò di farla
ragionare: “Kate davvero non posso.. E’ stato trasferito in una stanza isolata.
Ha chiesto di non parlare con noi. Il capitano lo interrogherà tra poco.. Ti
conviene sbrigarti, se vuoi vederlo. Riesci a guidare o vuoi che venga a
prenderti?”.
“No.. Vengo da sola..”.
Si era costituito? Per quale
motivo?
Non era l’assassino, no!
No! No!
Assolutamente.
Non ci avrebbe mai creduto, mai.
Neanche davanti all’evidenza.
Accese la macchina e, spingendo
sull’acceleratore più che poteva, si diresse verso il dodicesimo.
Angolo mio!
Finalmente è entrato in scena
Castle.. Cosa avrà intenzione di fare? Perché vuol parlare col capitano Gates?
Mi sa che ha ragione Kate, si è cacciato in un guaio bello grosso…
Aspetto i vostri commenti!
Bacione grande!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** La prima parte della verità ***
Cap 4 La prima parte della verità
LA PRIMA PARTE DELLA VERITA’
Castle aveva raggiunto il
distretto qualche ora più tardi dal suo risveglio. Ora seduto nella stanza
degli interrogatori aspettava il momento in cui la Gates sarebbe entrata per iniziare
la loro “chiacchierata”.
Aveva chiesto lui stesso di poter
parlare con la donna, non poteva affrontare i suoi amici e non voleva correre il rischio di trovarsi
davanti Kate.
Voleva risparmiarle almeno quel
dolore. Sapeva che avrebbe scoperto comunque la situazione, ma non voleva
vedere l’espressione dei suoi occhi o non sarebbe riuscito ad andare fino in
fondo.
La Gates lo aveva sempre
detestato, con lei non si sarebbe fatto prendere dall’emozione e tutto sarebbe stato
più semplice. Avrebbe centrato l’obbiettivo.
La sua vita stava per cambiare
per sempre. Avrebbe inflitto un dolore terribile a sua madre, a sua figlia e
alla donna che amava. Non glielo avrebbero mai perdonato. Se solo avessero
saputo le sue reali intenzioni, forse lo avrebbero compreso.
Quella donna era morta per colpa
sua, l’assassino aveva ragione. Solo lui era la causa di tutto.
La sua mente ritornò alla sera
dell’omicidio, quando quella telefonata, aveva drasticamente cambiato il corso
degli eventi, spezzando i suoi sogni.
Stava
perdendosi ancora una volta ad ammirarla di nascosto. La loro serata stava
procedendo nel migliore dei modi, erano entrambi contenti. Una telefonata aveva
interrotto il loro idillio.
Quando
aveva letto il nome sul display si era sorpreso. Era la sua amica giornalista
Lucy Williams. Lo aveva contattato alcuni giorni prima, dicendogli di aver
trovato una nuova pista per dimostrare che il rogo nel magazzino, dove erano stati depositati gli
estratti conto estinti dei poliziotti, non era stato un incidente. Poteva
essere un nuovo punto di partenza per riaprire il caso sull’omicidio di Johanna
Beckett. Le aveva chiesto di approfondire le sue fonti e, una volta aver
ricevuto notizie certe, si sarebbero contattati.
Dopo quella conversazione erano passati molti giorni,
non si erano più sentiti. Lui non aveva abbandonato Kate neanche un momento,
sentiva dentro di sé il desiderio di doverla proteggere ancor di più di prima.
Stava attizzando nuovamente le braci silenti del drago, ma voleva abbattere
quel suo maledetto muro interiore e, se fosse riuscito ad ottenere delle
novità, tutto sarebbe stato più semplice.
Kate
si era rintanata nella sua stanza e lo aveva lasciato solo. Poteva parlare
liberamente.
“Castle!
Allora Lucy novità?”.
La
voce che sentì, però, non era quella dell’amica. Era maschile.
“Mi
dispiace doverla deludere sig. Castle. La signora in questione non può parlare
con lei al momento. Diciamo che non potrà più farlo. Sta giocando col fuoco, se ne rende conto? Ma
non sarà lei a rimetterci. Se vuole venire a verificare di persona le conseguenze
delle sue azioni mi raggiunga, le spiegherò cosa si rischia nell’affrontare il
drago. Riceverà istruzioni via sms. Ah dimenticavo, se lei non si presenterà al
nostro appuntamento di stasera, la sua amata detective andrà a far compagnia al
capitano Montgomery e sua madre entro domani. Sono stato abbastanza chiaro?
Stia tranquillo, non ho intenzione di ucciderla finora. Lei mi serve vivo, deve
fare una cosa per me”.
Qualche
secondo dopo sentì l’inconfondibile suono della linea telefonica libera.
Castle
si dovette sedere sul divano, la situazione era precipitata. La sua amica aveva
pagato caro un errore di entrambi, ma soprattutto suo. Doveva affrontare
quell’uomo, doveva trovare il coraggio.
Immerso
nei suoi pensieri non aveva sentito Kate tornare. Si era seduta accanto a lui e
non poté non guardarla disperato. Stava per tradire la sua fiducia ancora una
volta, stava prendendosi volontariamente gioco di lei.
Cercò
di apparire lo stesso di sempre, contento e giocherellone, ed inventò una scusa
per poter lasciare l’appartamento della donna senza destare in lei dei
sospetti.
La
salutò in fretta e furia, strappandole la promessa che l’indomani sarebbero
stati insieme. Non voleva perderla di vista neanche un istante.
Quando
si ritrovò in strada il suo cellulare suonò. Le istruzioni erano arrivate. La
sua destinazione era fuori città, un posto che non conosceva. Fermò un taxi e
si fece accompagnare là. La strada era completamente buia e il posto desertico.
Camminò
a tastoni nell’oscurità, guardandosi intorno aspettandosi un agguato da un
momento all’altro, finchè non inciampò in qualcosa riverso a terra, sbattendo
forte la testa.
Si
girò e vide il corpo di Lucy abbandonato in strada. Si avvicinò e la toccò.
Capì immediatamente che la donna era morta. Si accorse solo dopo delle numerose
e vistose ferite presenti sul corpo.
“Vedo
che hai già scoperto il mio piccolo segreto”.
Una
voce sibilante proveniva da dietro le sue spalle. Castle si rimise in piedi e
si voltò in direzione del suono.
“Perché
lo hai fatto?”
“Ah
ah davvero non ne hai idea? Al mio capo non piace essere spiato, ancor meno
sapere che la sua identità può essere scoperta”.
“Non
sei tu il drago?”
La
risata malvagia dell’uomo echeggiò nell’aria.
“Mi
prendi in giro? Pensavi davvero che fossi lui? Sapevo che eri un uomo
egocentrico, ma non immaginavo così tanto. Solo perché sei il famoso Richard
Castle, non crederai davvero di poterlo incontrare e di restare vivo per
raccontarlo?”.
“Credevo
fosse la resa dei conti..”.
“Sei
veramente un ingenuo. Non ci sarà mai una resa dei conti.. Lui vincerà sempre,
tu e la tua cara detective non avete speranze. Vi consiglierei di lasciar
perdere se vi è cara la pelle, ma so che la tua donna non sarà di quest’avviso,
è decisamente troppo ostinata per i nostri gusti. Beh ripensandoci se fossi nei suoi panni anch’io cercherei
vendetta..”
Castle
lo interruppe: “Non cerca vendetta, lei vuole giustizia”.
L’uomo
lo guardò dritto negli occhi: “Giustizia? Cos’è la giustizia? Solo una parola
con cui le persone per bene si riempiono la bocca per pulirsi la coscienza e
per giustificare le loro azioni. Cosa cambierà se riuscirà a prendere il drago?
Sua madre è morta e non potrà mai più tornare da lei. Non troverà la pace,
perché nel suo animo quella ferita non potrà mai cicatrizzarsi. È egoista, mette
costantemente in pericolo coloro che ama, oltre a se stessa. Guardati, quattro
anni fa, prima di conoscerla, avresti mai pensato di trovarti in un vicolo buio a parlare con un
assassino? Puoi pensare quello che vuoi, ma ciò che quella donna si ostina a
cercare è solo vendetta”.
Richard
sorrise: “Tu non conosci Kate Beckett. In parte hai ragione, ma non è come
pensi tu. Vuole eliminare un mostro dalle strade di questa città, un uomo che
non ha esitato ad uccidere chiunque si contrapponesse tra lui e i suoi
obbiettivi, sconosciuti, come Johanna Beckett, ma anche amici, una volta che
non erano più utilizzabili per i suoi scopi. Il posto per un essere del genere
è solo la prigione e io la aiuterò, costi quel che costi. Voglio donarle una
nuova vita, in cui sia felice e serena”.
L’uomo
rise di nuovo: “Devo ricordarmi di non innamorarmi mai, non avevo mai sentito
tante stupidaggini tutte insieme. Davvero vuoi aiutarla? Ti dirò cosa devi
fare, cosa lui pretende che tu faccia se vuoi mantenere intatta la sua
incolumità.”.
“Qualunque
cosa per lei”.
Sul
suo viso apparve un terribile sorriso maligno: “Bene, è la risposta che volevo
sentire”.
Si
avvicinò al corpo della giornalista con passo lento e felpato: “La tua amica
qui presente ha commesso una serie di errori grossolani. In principio ha
cercato d’intercettare delle informazioni riservate e quando, molto
gentilmente, le ho intimato di smettere, non solo non mi ha ascoltato, ma al
contrario, ha continuato. Sono stato costretto a sequestrarla, drogandola un
po’. Nonostante ciò è riuscita a scappare, irritandomi. Non riesco a
trattenermi, quando mi arrabbio e ciò che vedi è il risultato. Il mio capo non
è stato molto felice di ciò che è accaduto, per questo entri in gioco tu. Sei
stato tu a spingerla ad indagare, quindi la responsabilità è tua. Tua e della
tua donna”.
Castle
precisò: “Kate non è al corrente delle mie indagini”.
“Credi
che cambi qualcosa? Vuoi aiutarla o no? Stammi a sentire. Dovrai solo accusarti
di questo omicidio, prendertene la responsabilità. Se lo farai, nessuno
toccherà più Katherine Beckett, il drago si dimenticherà di lei. Altrimenti
come ti ho già detto prima al telefono, raggiungerà la sua cara mammina molto
presto. Ti sto dando la possibilità concreta di dimostrarle il tuo amore”.
Castle
fu scosso dai brividi, doveva confessare un omicidio da innocente? Non credeva
a ciò che quell’uomo gli stava dicendo, ma non aveva molte alternative. Era un
ricatto, ma Kate aveva la priorità, sempre e comunque. Lei doveva essere al
sicuro.
“Va
bene. Lo farò”.
La
voce di Rick era ferma ed impassibile. Strinse i pugni, una parte di lui era
ancora incredula nell’aver pronunciato quella frase.
“Sei
veramente un uomo innamorato! La tua detective dovrebbe essere fiera di te, ma,
aspetta un attimo. Lei non lo saprà mai. Ironia della sorte, non apprezzerà mai
il tuo plateale gesto d’amore. Sai, ora che tu finirai in prigione e, non ne
uscirai tanto facilmente, avrà bisogno di essere consolata. Potrei farci un
pensierino, dopotutto non è niente male..”.
Castle
sentì salire una rabbia impetuosa dall’interno delle sue viscere: “Stai lontano
da lei animale, non ti osare toccarla neanche con un dito. Lei non sarà mai
tua..”.
“E
chi me lo impedirà? Tu?” lo sfidò l’uomo.
“Maledetto
bastardo”. Castle si avventò su di lui, non riuscendo a trattenere i suoi
sentimenti. Lo colpì al viso riuscendo a farlo indietreggiare sferrando alcuni
pugni a segno, ma l’assassino riuscì ben presto a ribaltare la situazione,
mandandolo al tappeto con poche mosse precise. Non riusciva a rialzarsi, l’uomo
lo teneva bloccato a terra infliggendogli una lunga e dolorosa serie di calci.
Cercò di proteggersi con le mani e con le braccia con risultati non molto
soddisfacenti. Quando sentì di non riuscire più a resistere, la morsa violenta
si attenuò.
“Ringrazia
il cielo che mi servi vivo scrittore. Non dimenticarti ciò che devi fare
domani, appena sarai in grado di muoverti. Addio. Spero che riceverai un buon
trattamento in prigione. Non mi crederai, ma mi sei simpatico” e sparì
nell’oscurità.
Castle
riuscì a mettersi in piedi e barcollando cercò d’allontanarsi anch’egli da quel
luogo. Percorse poca strada, il suo corpo era un tripudio di dolore. Non sapeva
dove stava andando, quei luoghi sembravano essere dimenticati da Dio.
Si appoggiò contro un muro, non riuscendo a
proseguire. Si accucciò accanto ad esso, sprofondando in un sonno costellato da
incubi.
Nei
medesimi istanti si stava tenendo una conversazione telefonica.
“Hai
fatto?”
“Certo
capo. Tutto secondo i nostri piani”.
“Ha
accettato?”
“Non
solo, non ha avuto neanche un attimo d’incertezza. È completamente perso di
quella donna”.
“Hai
messo quel biglietto sul corpo?”
“Sì
capo”
“Bene”.
Il
drago riagganciò ed esultò nel silenzio.
“Sei
mia Kate Beckett, ora nessuno si potrà mettere tra di noi. Il re si è appena
mangiato un pedone ben piazzato”.
Iron
Gates entrò dalla porta in quell’istante. Completo rosso, occhiali sul naso,
aveva in mano un fascicolo contenente, con molta probabilità, il rapporto
preliminare sul caso. Scostò la sedia e si sedette proprio di fronte a lui.
Restò in silenzio per qualche
secondo, poi guardando Rick direttamente negli occhi, che nel frattempo non
aveva mai abbassato lo sguardo, parlò: “Signor Castle bentornato al dodicesimo.
So che so è presentato qui di sua spontanea volontà, anche se, devo ammetterlo,
tutti noi la stavamo cercando. Ha chiesto di parlare solo con me. Posso sapere
per quale motivo?”.
Rick prese un lungo e profondo
respiro e senza smettere di fissare il volto del capitano recitò la frase di
rito: “Sono qui per rendere una dichiarazione spontanea”.
Angolo mio!
Mi nascondo, volete tirarmi
qualcosa? Adesso si è scoperto perché Castle si è cacciato in un guaio più
grande di lui.. Il draghetto sputa fiamme lo ha fregato per bene, ma lui è il
prode Richard Castle, per la sua bella Kate farebbe di tutto..
Che ne dite?
Un grazie a tutti voi che leggete
e al mio super trio di lettrici in anteprima per il sostegno morale! Un bacione
grande!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** La verità fa male ***
La verità fa male
LA VERITA’ FA MALE
Kate Beckett uscì dall’ascensore
in fretta e furia, urtando tutti coloro che le si paravano davanti. Ryan ed
Esposito le andarono incontro.
“Dov’è?” chiese la donna
concitata.
Esposito le circondò una spalla e
la condusse in sala relax, nel tentativo di sottrarla allo sguardo generale dei
colleghi.
Kate si liberò della stretta e
ripeté la sua domanda: “Ragazzi, dov’è Rick? Vi prego ditemelo subito”.
“Per prima cosa cerca di calmarti
Kate” provò a tranquillizzarla Ryan, ma la donna lo interruppe bruscamente:
“Come faccio a calmarmi? Devo vederlo subito, devo parlarci. È accusato di
omicidio ragazzi, non di avere rubato le caramelle ad un bambino. Dobbiamo
assolutamente fare qualcosa per aiutarlo. Subito!”.
Esposito la prese per le braccia
e la costrinse la fissarlo, facendola volontariamente fermare: “Kate, Castle è
nella sala interrogatori e non puoi vederlo. Nessuno di noi può farlo. Ha
espressamente chiesto che noi tre ne stessimo fuori, vuole essere interrogato
solo dalla Gates in persona. Possiamo solo assistere all’interrogatorio dalla
stanza con lo specchio, il capo ce lo ha concesso”.
La donna era sorpresa: perché
Rick rifiutava la sua presenza e quella dei suoi amici? Non aveva nessun senso.
Ryan la riportò alla realtà
toccandole il braccio: “Becks dai andiamo, la Gates è appena entrata. Te la
senti?”.
“Certo” rispose e aprendo la
porta, si diresse a passo svelto nell’altra stanza.
Vide Castle seduto davanti al
capitano. Le fece impressione vederlo lì. Era stato molte volte in quella
camera insieme a lei per far crollare i colpevoli, ma ora si trovava dalla
parte sbagliata del tavolo. Lo aveva già arrestato una volta in passato, solo
per ripicca. Voleva fargliela pagare per non essersi presentato al distretto
quando era ritornato dagli Hamptons, dopo aver terminato il suo secondo libro
su Nikki Heat.. Ora era diverso, la sua situazione era molto più complicata.
Udì il borbottare di un tuono in
lontananza, si stava avvicinando un temporale.
Kate si sedette sul tavolo di
legno seguita sia da Esposito sia da Ryan. Voleva cercare d’ascoltare rimanendo
il più lucida possibile.
La Gates aveva iniziato a parlare
con Castle. Il capitano domandò perché avesse rifiutato di vedere gli altri
componenti della squadra.
Era un’ottima domanda, voleva
saperlo anche lei.
Un lampo illuminò la stanza,
seguito da un tuono così forte che la fece sobbalzare.
“Voglio rendere una dichiarazione
spontanea” aveva detto Rick senza rispondere al precedente quesito.
La Gates lo guardò truce
inconsapevole di ciò che stava per ascoltare: “Sono qui per ascoltarla signor
Castle, prego mi dica pure”.
Castle si fermò un attimo, posò
le mani sul tavolo intrecciando le dita, poi, cercando di mantenere un
atteggiamento serio e credibile affermò: “Sono io. L’uomo a cui state dando la
caccia sono io. Ho ucciso quella donna, sono il suo assassino”.
Un altro lampo fece vacillare la
luce per un attimo, seguito dall’ennesimo boato, ed il suono di una pioggia
battente risuonò dall’esterno nelle loro orecchie.
Kate Beckett non se ne rese
nemmeno conto, il suo cervello si era ammutolito e il suo cuore aveva smesso di
battere nell’istante in cui aveva sentito echeggiare la parola “assassino”
dalla bocca dell’uomo. Le girò la testa e si accasciò tra le braccia di un Ryan
incredulo, mentre Esposito manifestò la sua frustrazione dando un pugno contro
lo stipite della porta.
L’interrogatorio si concluse
qualche minuto più tardi. Castle aveva raccontato tutta la sua verità, aveva svelato
l’identità della vittima e il presunto motivo di quel delitto così efferato.
Delitto passionale, era stato respinto.
Aveva ricostruito minuziosamente
quella sera dalla cena a casa di Beckett al suo arrivo sulla scena del crimine.
Rifiutò un avvocato dicendo che
ne avrebbe contattato uno più tardi, prima doveva ripulirsi la coscienza.
In quel momento era rimasto solo nella stanza,
la Gates era uscita per formalizzare la deposizione e di conseguenza l’arresto.
Appoggiò una mano sulla fronte per sostenersi. Si sentiva stanco, ora che tutto
era finito.
Kate aveva assistito a tutta la
scena, non erano riusciti a convincerla ad allontanarsi. Ryan non la lasciò
nemmeno un minuto, era ancora seduto accanto a lei e le aveva circondato la
spalla in un abbraccio fraterno. Lei non aveva protestato, lo aveva lasciato
fare. Davanti a quella confessione non era riuscita a mantenere la sua forza,
la sua fierezza.
Aveva bisogno dei suoi amici
specialmente in quel momento.
Non le chiesero niente, non le
dissero niente, quel silenzio valeva di più di mille parole. La loro presenza
dimostrava quanto fossero una squadra unita, quanto in un gruppo così
eterogeneo non contassero le differenze, ma solo l’amicizia e la solidarietà.
Kate era loro riconoscente e,
vedendo rientrare Javier con un bicchier d’acqua e porgerglielo, il suo cuore
non poté non scaldarsi almeno un po’.
“So che avresti bisogno di
qualcosa di più forte, ma al momento ti dovrai accontentare” cercò di
sdrammatizzare l’uomo.
Lo accettò, ma riuscì a berne
solo un piccolo sorso, la sua gola era ancora chiusa, una goccia in più non
sarebbe passata.
Prima che il suo amico riuscisse
ad allontanarsi troppo, gli prese la mano con cui aveva colpito la porta. Era
gonfia, rosso-violacea e, al suo tocco leggero, l’uomo aveva chiuso gli occhi
in segno di dolore.
“Javi vai a mettere del ghiaccio
su questa mano e fattela medicare da Lanie. Speriamo non sia rotta”.
L’uomo la guardò serio: “Ci vado
dopo, ora non posso. Voglio rimanere qui e capire fino in fondo cosa diavolo
sta succedendo. È pura follia, non posso ancora crederci”.
“Io non ci crederò mai, non posso
farlo” sussurrò la donna.
Ryan le accarezzò l’avambraccio
ed accennò un sorriso. Sapevano benissimo entrambi quale era la sua posizione.
“Cosa possiamo fare per
aiutarlo?” chiese Esposito.
“Qualcosa ci verrà in mente, ma
dobbiamo far presto” sintetizzò la donna.
In quel preciso istante sentirono
la porta aprirsi e Victoria Gates li raggiunse all’interno.
“Bene siete qui. Avete ascoltato
tutto? Nessuno si osi dire che è impossibile, perché ho imparato che in questa
vita nulla può essere dato per scontato. Quindi dobbiamo attenerci ai fatti e
verificare se corrispondono a verità. Non fate quelle facce, so benissimo
anch’io che la situazione è tutt’altro che piacevole, ma non possiamo
concederci il lusso di lamentarci”.
La donna aveva parlato con l’intera
squadra, poi si rivolse direttamente il suo sguardo su Beckett: “Detective
questo caso è suo e mi aspetto che lei continui a lavorarci sopra”.
Kate tremò.
Davvero le stava chiedendo di
incastrare Castle? Non ci sarebbe mai riuscita.
Fu Ryan a rispondere per lei:
“Capitano con il dovuto rispetto..”
La donna non gli lasciò nemmeno
finire la frase, incenerendolo all’istante: “Ryan non accetterò repliche. Non
mi interessano i motivi personali, il detective Beckett porterà avanti questa
indagine, che le piaccia o no. Anzi vi dirò di più, adesso entra là dentro e mostra al signor Castle il
messaggio che l’assassino ha lasciato sul corpo di quella povera donna.
Dovrebbe conoscerlo, visto che ha appena confessato, ma si è dimenticato di
menzionarlo. E io non amo essere presa in giro”.
Stavolta fu Esposito a cercare di
far ragionare la donna: “Capitano il signor Castle ha chiaramente fatto capire
che non gradisce la nostra presenza..”
“E da quando sono gli imputati a
comandare? Non ho mai permesso a nessuno di mettermi i piede in testa,
figuriamoci se inizierò da oggi”.
Fece alcuni passi verso la
detective che, oltre a rimanere in silenzio per tutto il resto della
conversazione, aveva abbassato la testa e scrutava il pavimento. Allungò il
braccio e le porse la prova incriminata.
“Vada Beckett”.
Il suo tono non ammetteva
repliche.
Kate restò per qualche secondo
immobile, poi alzò la testa e cercò gli occhi della donna. La fissò per un
attimo che sembrò infinito, poi prese il foglietto tra le mani ed uscì dalla stanza.
Victoria Gates non fece una piega
e, incrociando le braccia sul petto, si
girò verso lo specchio in modo da avere la visuale libera. Si ritrovò a pensare
a ciò che aveva visto negli occhi della sua giovane collega pochi istanti prima
e dovette star attenta a non mostrare tutta la sua ammirazione.
“Brava
Kate, hai capito. Richard Castle ha ragione, sei una donna veramente
straordinaria”.
Non riuscì quasi a concludere il
pensiero che la porta della sala interrogatori si aprì e Kate Beckett fece il
suo ingresso con aria trionfale.
Il viso di Castle mostrò tutta la
sua meraviglia, non si aspettava di vederla.
“So
che non mi deluderai Kate, che lo show abbia inizio!”
Kate aveva dovuto fermarsi per
respirare prima di poter girare quella maniglia. Sembrava che il suo corpo
avesse dimenticato tutte le sue funzioni, anche quelle vitali. Riuscì a
tranquillizzarsi, doveva farlo. Aveva una chance per poter parlare con lui e
non doveva sprecarla non riuscendo a gestire i suoi sentimenti.
Quando entrò, puntò dritta alla
sedia senza mostrare incertezze e si sedette proprio davanti all’uomo. Solo
allora riuscì a guardarlo in viso.
Negli splendidi occhi azzurri
dell’uomo era presente solo un sentimento, il terrore. Perché era così
spaventato dalla sua presenza?
“Non dovresti essere qui”.
La voce dell’uomo la svegliò dal
suo torpore.
“Questo è il mio lavoro Castle,
sono esattamente dove dovrei essere. Chi si trova nel luogo e nella situazione
sbagliata sei tu. So che non hai ucciso nessuno..”.
La donna parlò con tono calmo, ma deciso,
andando al punto senza troppe metafore. Voleva gestire la conversazione
portandola a suo vantaggio, doveva trovare dei punti che l’aiutassero a
confermare la sua intuizione.
“Ti stai sbagliando, io ho
raccontato la verità”. Castle era apparentemente fermo quanto lei.
“Non vuoi che io segua il caso?”
“Esatto. Kate, tu non devi essere
qui”.
La donna scrollò il capo: “Mi dispiace
Castle, non posso accontentarti. Il caso è mio, e nessuno mi toglierà dalla
testa il fatto che tu stia mentendo”.
L’uomo parlò calmo: “Mi dispiace,
ma io ho detto semplicemente la verità. So che è difficile da accettare. Non so
cosa mi abbia preso. Lei ha respinto le mie avance ed io ho perso la testa..”
Pensava davvero di convincerla
con quella stupida storia? Castle non era un uomo che si alterava solo per
essere stato respinto, lei lo sapeva bene. Erano quattro anni che si attraevano
e si respingevano come calamite dello stesso polo, ma lui si era sempre
comportato come un Uomo.
A chi voleva raccontarla? Di
certo non a lei.
Lo fermò senza troppi
complimenti: “Smettila di raccontarmi una delle tue storie scrittore! Credi
davvero che mi beva questa farsa? Vuoi farmi credere di aver ucciso quella
donna, ma non vuoi che sia io ad indagare, non hai richiesto la mia presenza”.
“Non riesco a capire come mai tu
continui a sottolinearlo, ma te lo ripeto ancora una volta, non devi
interessarti a questo caso. Restane fuori!”. L’uomo aveva alzato la voce, ma la
situazione lo stava esasperando. Se lei avesse continuato, il suo sacrificio
sarebbe stato vano.
Kate si alzò, fece il giro del
tavolo, si accucciò accanto a lui e, guardandolo dritto negli occhi, con un
tono di voce dolcissimo disse: “E allora perché hai lasciato questo biglietto
sul corpo?”. Gli porse il foglietto.
“Tu non hai ucciso nessuno”.
Castle, stupito, prese la prova
in mano e la guardò, ma, quando lesse ciò che era stato scritto sopra, si sentì
morire.
“Alla
straordinaria KB e a tutti i miei amici del dodicesimo. Il nostro gioco è
appena cominciato. Prova a fermarmi Kate, ti sto aspettando”.
Lo avevano preso in giro, era
stato tutto calcolato. Volevano levarselo dai piedi per avere campo libero con lei.. Oddio, gli stava consegnando Kate
su un piatto d’argento.
Il panico si impadronì di lui, aveva commesso un
errore imperdonabile, forse, però, non era ancora tutto perduto, ma quella
conversazione doveva finire al più presto. Si limitò a dire: “Voglio un
avvocato”.
Kate non si aspettava quella
reazione, sperava in una risposta differente dall’uomo. Gli si avvicinò ancor
di più, posò una mano sul suo braccio e gli sussurrò: “Non so perché tu voglia
escludermi così. Non vuoi parlarmi? Va bene, rispetterò la tua decisione. Però tu puoi ascoltarmi. Non so ancora in
quale guaio ti sia cacciato, ma, lo giuro, non ti permetterò di gettar via la
tua vita così. Ti aiuterò che ti piaccia o no. Ti sei arreso, l’uomo che
conosco io non si sarebbe mai lasciato andare così, se non avesse avuto un
valido motivo. Io lo scoprirò e mi riprenderò il mio partner”.
La donna si alzò e fece per
andarsene, quando sentì Rick afferrarle un polso: “Non ho mentito Kate, sono
responsabile della morte di quella donna. Ho sempre detto la verità, ma
soprattutto l’ho sempre scritta, nei miei romanzi. Non sono solo l’uomo che
conosci, sono diverso”.
Stava per replicare, quando entrò
Ryan concitato: “Becks ha chiesto un avvocato, il colloquio è finito. Non puoi
più parlare con lui. Deve essere trasferito in carcere”.
La donna non aveva compreso bene
il vero significato l’ultima frase, ma non ebbe il tempo di pensarci troppo su.
Si perse per l’ultima volta negli occhi del suo amato Castle, poi spinta dal
collega, uscì dalla stanza.
Victoria Gates chiuse gli occhi,
una volta rimasta sola.
“Maledizione,
i miei sospetti sono diventati realtà”.
Prese il suo telefonino ed
inoltrò una chiamata. Non poteva permettere che la situazione le sfuggisse di
mano.
ANGOLO MIO
Kate sa finalmente la “verità”, o
almeno quello che vogliono farle credere. Prima era solo nell’aria, ora l’ha
sentita uscire dalla bocca del suo amato scrittore. Starà con le mani in mano?
Io non penso..
Castle si avvia per davvero alla
galera, tra lo sconcerto dei suoi amici.
Cosa succederà? Io vi posso solo
dire che le sorprese non sono finite.. Un bacione e grazie a tutte!!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** La seconda parte della verità ***
La seconda parte della verità
LA SECONDA PARTE DELLA VERITA’
Il suo turno era finito da un
pezzo, ma non riusciva ad andarsene dal distretto. Aveva visto portar via
Castle in manette, il suo cuore sanguinava.
Aver parlato con lui senza nessun
risultato e la sua totale chiusura la facevano impazzire. Non riusciva a
rimettere insieme i pezzi, la sua mente non era lucida. Seduta alla sua
scrivania cercava un solo spiraglio di luce in quell’infinità di tenebre, ma non
lo trovava.
Non aveva il coraggio di chiamare
Martha ed Alexis per dir loro cosa era successo, anche se, molto probabilmente,
ci aveva già pensato l’avvocato di Rick. No, non poteva essere così codarda, in
fondo erano come una famiglia per lei, glielo doveva.
Si alzò, si infilò la giacca di
pelle e lasciò l’edificio senza salutare nessuno.
Le strade newyorkesi erano
totalmente intasate dalla pioggia violenta che si stava abbattendo sulla città.
Ogni spostamento era estremamente difficoltoso, ma a Kate non importava. Quella
sera non poteva far niente per Rick, non aveva fretta.
Dovette accendere il
riscaldamento dell’auto si era resa conto di stare tremando. Aveva freddo,
sembrava che un gelo infinito fosse entrato nelle sue ossa. In realtà quel tremore era solo il riflesso della paura
che aveva nell’anima..
La notizia doveva essersi diffusa
in fretta: davanti a casa di Castle erano già presenti molti giornalisti. Non
le sarebbe stato facile entrare. Posteggiò distante dal portone principale e,
cercando di non farsi notare, si diresse verso l’uscita posteriore. Sperava di
riuscir ad entrare da lì..
Una figura sconosciuta la
raggiunse da dietro e le parlò: “Detective mi segua, la faccio entrare io”.
L’uomo aprì una porticina molto piccola e spinse dentro la donna. Kate si
guardò attorno, si trovava nella sala lavanderia.
Una luce si accese e la detective
riconobbe chi le era venuto in aiuto: il fedele portiere di casa Castle. L’uomo
le sorrise: “La signora Rogers mi aveva detto che prima o poi sarebbe arrivata,
dovevo stare attento. Con quei ficcanaso là fuori le sarebbe stato impossibile
raggiungerla se non l’avessi aiutata. Chiedo scusa per averla spaventata prima,
ma non sapevo come altro fare”.
Kate lo ringraziò con tutto il
cuore: “Ora devo salire. Grazie John.”.
L’uomo sorrise: “Per lei questo
ed altro signora. Aiuti il signor Castle”.
La donna annuì con la testa, poi
raggiunse l’ascensore di servizio e schiacciò il tastino che l’avrebbe fatta
salire fino all’ultimo piano. Camminò avanti ed indietro incessantemente, come
una tigre in gabbia, finchè il bip metallico, che precede l’apertura delle
porte, non la costrinse a fermarsi.
Percorse il piccolo corridoio
fino alla porta di casa Castle cercando di trattenere le lacrime che le riempivano gli occhi, ma quando vide
Martha davanti a lei, sentì le sue guance bagnarsi inesorabilmente ogni secondo
di più.
Non riuscì a pronunciare una sola
sillaba, abbassò d’istinto la testa. Si sentì una stupida.
La madre di Castle, vedendola in
quello stato, l’attirò nell’appartamento
e chiuse la porte alle loro spalle. La spinse verso il divano e, quando furono
entrambe sedute, le prese il viso tra le mani e le sussurrò: “Oh Darling.. non
fare così”.
Quelle parole ottennero l’effetto
contrario, la diga che tratteneva i suoi sentimenti crollò. Martha la strinse
in un forte abbraccio. Le accarezzò la schiena e le donò un bacio su una
guancia, mentre Kate, appoggiata con la testa nell’incavo della sua spalla,
continuava a piangere. Non ricordava neanche più l’ultima volta che aveva
pianto così liberamente.
Quando riuscì a calmarsi, si
staccò dall’attrice, mentre Martha si asciugava gli occhi. Aveva ceduto alle
lacrime anche lei.
Kate si scusò:“Perdonami, ero
venuta a far coraggio a te, ma mi sono comportata come una bambina. Non so cosa
mi abbia preso, quando ti ho visto non sono più riuscita a trattenermi”.
Martha le diede l’ennesima
carezza sul viso: “Ragazza mia quando capirai che mostrare i tuoi sentimenti
non è una debolezza? La reazione che hai appena avuto mi ha fatto capire quanto
tu tenga a mio figlio. Sei innamorata di lui, tesoro. Il tuo comportamento è
del tutto normale. Oggi per tutti noi è stata una giornata terribile, anche per
te. Non devi essere sempre l’integerrima detective Beckett, qui con me puoi essere
solo Kate. Non devi vergognarti di essere te stessa. Noi ti amiamo così come
sei, fai parte della famiglia ormai, non sei più sola”.
Kate capì che la donna aveva
ragione. Si era sentita al sicuro quando Martha l’aveva stretta, si era
comportata amorevolmente con lei. L’aveva sempre trattata come una figlia fin
dal primo momento e lei le era riconoscente.
La guardò seria e le chiese: “Sai
già tutto? Nei minimi dettagli?”.
“Sì Kate, ho appena parlato con
l’avvocato di mio figlio, ma non mi interessa molto ciò che mi ha detto lui.
Preferisco sapere la tua versione. Tu sei riuscita a parlare con Rick?”.
“Per poco, non quanto avrei
voluto. Non ho potuto interrogarlo, ha chiesto del capitano e ha cercato di
escludermi dall’indagine”.
“Come è possibile?”
Kate sospirò: “Me lo sto
chiedendo anch’io. Si è sempre fidato di me..”
La donna corruggiò la fronte:
“Hai intenzione di continuare a lavorare al caso?”
“Non lo so Martha, mi rendo conto
da sola di essere troppo coinvolta. Sono convinta dell’ innocenza di Rick,
voglio aiutarlo. Hai ragione quando dici che
lo amo e non so se riuscirò a non farmi prendere dai miei sentimenti ed
a ragionare lucidamente, ma di una cosa sono certa. Devo provare la sua
innocenza”.
Alzò per un attimo gli occhi e
vide la donna sorridere: “Che succede?”.
“E’ bello sentirti dire che ami
mio figlio. Sono anni che desidero che tra di voi nasca qualcosa. Io lo avevo
capito da molto tempo, il vostro sguardo ha sempre parlato per voi, ma il mio
cuore ha sussultato quando quella frase è uscita dalla tua bocca”.
Kate arrossì visibilmente: “Oh..
davvero?”.
La donna le prese le mani:
“Davvero. Sei l’unica donna degna di stare al fianco di mio figlio. Promettimi
che, quando questa storia sarà finita, dirai anche a lui ciò che hai appena
detto a me”.
Kate sorrise imbarazzata e Martha
fece lo stesso.
“Devo fare qualcosa per lui,
subito. Se solo riuscissi a capire per quale assurdo motivo ha confessato un
omicidio che non ha commesso e perché non vuole che segua il suo caso. Mi ha
espressamente detto di starne fuori”.
L’attrice si fece improvvisamente
seria e si alzò dal divano.
Un’idea le attraversò la mente
per un attimo. Tutto incominciava a esserle chiaro. I pezzi del puzzle avevano
incominciato a prendere forma per lei. O almeno così credeva. Si girò verso
Kate e le disse:: “Credo di poterti aiutare io, seguimi”.
Andarono verso lo studio di
Castle e si fermarono davanti al monitor nero presente nella stanza. Kate non
riusciva a capire cosa Martha volesse farle vedere.
“Mio figlio mi ucciderà quando lo
scoprirà, ma è venuto il momento che tu sappia la verità”.
Kate era interdetta, quale
ulteriore sconvolgimento stava per ricevere la sua vita?
Martha toccò lo schermo con un dito e, questi si accese immediatamente, vide davanti a lei apparve lo schema investigativo
del suo tentato omicidio e, di conseguenza del caso di sua madre. Rimase
sbigottita, incapace di muoversi e di parlare. Aveva pensato a molteplici
scenari, ma quello no, non lo avrebbe mai immaginato.
Si avvicinò ulteriormente per poter osservare
meglio. Vide le foto dei tre poliziotti, di Pulgatti, di Montgomery, di sua
madre e anche la sua. Non mancava nessuno.
Era tutto annotato nei minimi
particolari, era un lavoro certosino.
Perché Castle non l’aveva mai
menzionato? Perché non ne era al corrente?
Stava ricercando la verità da
solo?
Aveva così insistito perché abbandonasse quel
caso.
“Sei
appena tornata e sei già in caduta libera.. troveremo i responsabili e gliela
faremo pagare, solo non adesso”.
Così aveva detto. Perché allora le
aveva mentito?
La voce di Martha la distolse dai
suoi pensieri: “Alcuni giorni dopo il funerale del capitano Montgomery e del
tuo ferimento, mio figlio ha ricevuto una telefonata da un uomo sconosciuto. Ha
detto di essere un amico di Roy e di aver ricevuto dei documenti che riguardano
la cospirazione e l’omicidio di tua madre. Hanno parlato di te, della tua
situazione. Quell’uomo ha confidato a Rick che, grazie a quei file, ti avrebbe
potuto proteggere dal drago, solo se tu avessi smesso d’indagare sull’omicidio
di tua madre. In caso contrario saresti stata in pericolo per sempre. Rick ti
aveva appena visto “morire” tra le sue braccia e non avrebbe più permesso che
ti accadesse qualcosa di male. Così ha cercato di convincerti a desistere.
Voleva proteggerti finchè la situazione non si fosse calmata, impedendoti di
scoprire novità, ma, nello stesso tempo, raccogliendo informazioni per
aiutarti. In poche parole ha indagato al posto tuo. Ho provato a convincerlo a
raccontarti tutto, a spiegargli che non aveva il diritto di escluderti, ma è
stato irremovibile. Aveva troppa paura che facessi qualche sciocchezza”.
Kate respirò profondamente: “Così
alla fine l’ha fatta lui. Per colpa mia”.
Martha la fermò prima che potesse
continuare: “No Kate, non è il momento di colpevolizzarti. Rick ha sempre
deciso con la sua testa, nessuno lo ha costretto, ma non ha ucciso quella
donna. È stato incastrato. Sono assolutamente convinta che tutto sia
collegato.”.
“Credo che tu abbia ragione
Martha”.
“Ti ho dato uno spunto per capire
come aiutarlo. Ora tu devi trovare la verità, quella occulta, quella che a
tutti sfugge”.
La giovane donna era ancora in
stato di shock, ma le ultime parole della donna l’avevano illuminata. Aveva
avuto un’idea, aveva visto un raggio di luce davanti a sé.
“Grazie Martha, ora devo andare”
e si avviò alla porta rapidamente, dopo aver recuperato la sua giacca.
L’attrice si preoccupò, la sua
reazione l’aveva sorpresa. Era visibilmente eccitata, al contrario di qualche
secondo prima, quando guardava davanti a sé paralizzata.
“Dove stai andando?”.
Dopo aver aperto la porta, Kate
si voltò e le sorrise: “A tirar fuori di galera tuo figlio”.
Entrò come una furia in casa sua, lanciò la
giacca sul divano ed incominciò a guardarsi intorno intensamente. Non vide subito
ciò che stava cercando, poi notò la borsa nera appoggiata in terra accanto al
tavolo. Si accucciò e la raccolse.
Prese la sedia più vicina e si
sedette, mentre tirava fuori dalla sacca il computer di Castle. Lo aveva visto
quella mattina abbandonato sul pavimento,, aveva pensato che lo avesse
semplicemente dimenticato la sera precedente. Ora, dopo tutto quello che era
successo, non ne era più sicura.
Premette il tasto d’accensione e,
mentre attendeva che il pc fosse pronto, lasciò vagare i suoi pensieri. Forse
aveva intuito ciò che Rick voleva dirle al distretto.
“Non ho mentito Kate, sono responsabile della
morte di quella donna. Ho sempre detto la verità, ma soprattutto l’ho sempre
scritta, nei miei romanzi.”
L’ho
sempre scritta..
Sperava d’aver avuto l’intuizione
giusta, forse Nikki Heat poteva esserle d’aiuto, poteva regalarle gli ultimi
pezzi di quel rompicapo.
Andò direttamente nei cartella
“documenti recenti” e trovò l’ultimo file che Castle aveva aperto: il capitolo
del romanzo che voleva farle leggere.
Mentre leggeva Kate non potè non
sorridere, mentre una lacrima le scese sul viso.
Quell’uomo possedeva una
tenerezza disarmante.
Castle aveva descritto
semplicemente la loro storia dal giorno dell’attentato. Una trascrizione
letterale di ciò che era veramente accaduto, recitata dai suoi personaggi.
Rispecchiava esattamente ciò che le aveva raccontato Martha pochi minuti prima,
ma, nella trama era apparso un personaggio nuovo, che lei non conosceva,.Un
giornalista che stava indagando per conto di Rook sul presunto incendio del
magazzino di una banca. Doveva ancora comunicare i risultati all’amico, dovevano ancora
incontrarsi.
La detective intuì che nella
realtà il giornalista doveva essere la donna uccisa. Capì finalmente il
collegamento con Castle, l’uomo le aveva chiesto un favore.
Incominciò a singhiozzare quando lesse le
ultime righe: Jameson Rook aveva deciso di confessare a Nikki il suo segreto,
per poter affrontare il pericolo insieme, uniti contro chi voleva far loro del
male, per ottenere quella giustizia tanto aspettata. Non voleva più
nascondersi, stava per rivelarle i suoi sentimenti.
Il romanzo si interrompeva lì.
Così era andato da lei per
questo.
Voleva parlarle. Stava per
raccontarle ciò che stava facendo.
La presunta consulenza era solo
per capire come avrebbe reagito.
Cosa era cambiato nel frattempo?
Perché era scappato senza rivelarle nulla?
La telefonata!
Chi lo aveva chiamato?
Sicuramente non Gina, ora le era chiaro.
Qualcuno lo aveva così spaventato
da indurlo a ritornare sui suoi passi, a mentirle ancora. Non sapeva ancora il
perché avesse confessato un omicidio, ma lo aveva fatto per lei. Ne era sicura.
Aveva fatto tutto solo per lei.
Non si era mai sentita così tanto
amata.
Doveva riuscire a parlare con
lui. Doveva assolutamente vederlo.
Esisteva solo un modo, ma avrebbe
comportato dei sacrifici.
Si alzò e andò verso la
cassettiera dove era nascosto il cofanetto con la fotografia dei suoi genitori.
Lo prese in mano, e guardando il sorriso di Johanna, disse: “Spero che tu possa
capire, lo faccio per lui. Non posso permettergli di rovinarsi per me”.
Aveva preso la sua decisione,
nonostante la facesse soffrire.
Il drago aveva vinto, l’avrebbe
fatta franca.
In quel momento, però non le importava molto:
il futuro valeva più del passato.
Castle era più importante di
qualunque vendetta, di qualunque giustizia.
Mentre si accingeva a prendere
carta e penna, sentì suonare il campanello. Guardò l’ora, era molto tardi, chi
poteva essere?
Osservò attraverso lo spioncino e
rimase interdetta.
Di certo non si aspettava quella
visita.
Angolo mio!
Svelato anche il segreto
di Rick! In maniera non troppo traumatica direi, la seconda parte di verità
prima l’ha vista, poi l’ha letta..
Ora conosce il
collegamento tra la bella giornalista e Castle. E ha preso una decisione
importante.. Secondo voi? Si accettano scommesse…
Sembra che il draghetto
sputa fiamme l’abbia fatta franca (ma chi ci crede?).. Chi sarà andata a
trovarla?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Le ali della libertà ***
Le ali della libertà
LE ALI DELLA LIBERTA’
“Non
so dove vada la mia strada,
ma
cammino meglio se la mia mano stringe la tua”
Alfred
de Musset
La notte era scesa su New York,
l’oscurità avvolgeva la città che non dorme mai. Castle coricato sul lettino
della sua cella immaginava la luna specchiarsi sul fiume Hudson creando strani
effetti di luce sull’acqua. Chiuso tra quelle grigie mura, non gli restava
altro, solo la sua immaginazione.
Era stato messo in isolamento,
gli altri detenuti non gli avevano riservato un trattamento di favore. Gli
avevano dato un “benvenuto” molto particolare. Lo avevano aggredito nel
peggiore dei modi senza dargli il tempo di potersi difendere. “Non capita tutti
i giorni di avere tra noi una celebrità” lo avevano schernito. Se non fossero intervenute le guardie,
sarebbe finito male. Il direttore del penitenziario aveva deciso che sarebbe
rimasto nella sua cella, finchè gli animi non si fossero calmati, per garantire
la sua incolumità.
Aveva lividi in ogni parte del
corpo, ma il dottore aveva escluso delle fratture.
Il dolore nelle ossa gli impediva
di dormire, così trascorreva il suo tempo con l’unico svago concessagli:
pensare.
Si stava chiedendo come
passassero la giornata la sua adorata
bambina e sua madre. Non aveva potuto ancora incontrarle, erano passati quattro
giorni dal suo arresto, ma il giudice non gli aveva ancora concesso il permesso
di avere delle visite. Gli mancavano molto, voleva sapere come stavano
affrontando la situazione, voleva guardarle negli occhi per capire cosa pensavano
e cosa provavano.
Ma il pensiero che più lo
torturava era Kate. Cercava di non fossilizzarsi su di lei, ma con scarsi
risultati. Appena si rilassava un momento e allentava la guardia il suo volto
gli appariva nella mente e il suo cuore tornava a sanguinare. Sentiva la sua
nostalgia in maniera viscerale. Avrebbe pagato oro per poter rivedere il suo
sorriso e per poter sfiorare la sua pelle anche solo per un secondo, mentre le
passava il caffè.
In quei lunghi e solitari giorni
si era perfino immaginato più volte di percepire il suo adorabile profumo di
ciliegia, ma tutte le volte era rimasto deluso.
Lei non era venuta.
Forse non glielo avevano
permesso.
L’aveva vista l’ultima volta al
distretto quando era entrata nella sala interrogatori e avevano parlato. Non
avrebbe mai dimenticato i suoi splendidi occhi verdi ricolmi di tristezza,
sconcerto e paura.
Si passò le mani sul viso: sapeva
di averla fatta soffrire, ma non aveva avuto alternative.
Cos’altro avrebbe potuto fare?
Sperava solo non si stesse cacciando nei guai,
che fosse al sicuro. Aveva sbagliato a dirle quella frase, mentre Ryan la
trascinava fuori dalla stanza. Con il suo fenomenale intuito doveva aver
capito, se non tutto, almeno qualcosa, ma sperava con tutto il cuore che avesse
lasciato perdere. Conoscendola sapeva di stare sbagliando, non aveva mai visto
Kate arrendersi davanti a una difficoltà.
Uno strano rumore metallico
attirò la sua attenzione riportandolo alla realtà. Proveniva dalla serratura
della porta della cella, qualcuno stava cercando di aprirla. Castle saltò a
sedere e si mise in posizione d’allerta.
A quell’ora nessuna guardia aveva un motivo valido per
entrare.
Si nascose dietro lo stipite
della porta, voleva cogliere di sorpresa l’intruso. Ogni movimento, però, gli
provocava dolori inauditi e gli scappò un lamento, impedendogli di essere
silenzioso come avrebbe voluto.
In quel momento la porta si aprì
lentamente e una figura scura entrò nella stanza. L’uomo si scagliò contro di
essa, ma questa riuscì a scansarsi in tempo prima che Castle potesse colpirla.
“Castle che fai? Vuoi
uccidermi?”.
Credette di stare sognando,ma
quella voce era musica per le sue orecchie. Per un istante pensò che il mondo
si fosse capovolto, non poteva essere vero.
“Kate?! Cosa ci fai qui?”.
La guardò. Indossava un paio di
jeans scuri, una felpa nera con cappuccio sulla testa, come a volersi
nascondere, e i capelli dovevano essere racchiusi in quel terribile chignon,
poiché non ricadevano lunghi sulle spalle, ma era lei.
Sembrava incredibile, ma era
proprio la sua amata.
La donna lo guardò con aria
sconsolata, ma nello stesso tempo, molto tesa: “Sono venuta a giocare a carte.
Secondo te? Voglio per portarti via da questo posto. Devi uscire di qui”.
“Vuoi farmi evadere? Kate sei un
poliziotto..”.
Castle non capiva più nulla.
La donna, al contrario, era molto
determinata, lo prese per mano ed iniziò a tirarlo: “Lo so Rick, so bene quale
sia il mio mestiere, ma ora andiamo, non abbiamo molto tempo per parlare”.
L’uomo si fermò: “No Kate, non
posso lasciartelo fare. Se mi porti via di qui, la tua carriera in polizia è
finita, avrai delle ripercussioni.. se ci scopriranno non potrai più fare il
detective e la tua vita sarà rovinata..”.
La donna gli mise un dito sulla
bocca per zittirlo e, incatenando i suoi occhi con quelli dell’uomo, lasciò
fuoriuscire un fiume di parole represse nell’animo da troppo tempo: “Vuoi
capire che non mi importa niente della mia carriera o del mio lavoro se tu non
sei con me? Mi sono dimessa! Se tu non sei al mio fianco la mia vita non ha
alcun senso. Vuoi sapere il perché? Perché sono follemente innamorata di te,
scrittore. Si lo ammetto Richard Castle, ti amo e non posso vederti qui per
causa mia. Ora, però, dobbiamo andare, o ci troveranno. Abbiamo poco tempo”.
La donna lo riprese per mano e si
avviò verso la porta, tirandosi dietro un Castle totalmente ammutolito ed
imbambolato. Quelle parole lo avevano colpito, di certo non si aspettava una
rivelazione del genere in quel momento. Non dalla Kate che conosceva. Si
rilassò e un’intensa sensazione di calore si diffuse in tutta la sua anima. Si
sentiva come catapultato in un’altra dimensione.
Non appena ritornò un attimo in
sé, l’uomo si fermò per la seconda volta.
Kate si girò con occhi preganti,
non poteva credere di non essere riuscita a convincerlo. L’uomo non voleva
parlare, il suo desiderio era un altro. Doveva farlo, non poteva più aspettare,
era diventata un’esigenza impellente. Ne aveva bisogno come l’ossigeno per
respirare.
Era un ulteriore rischio perdere
ancora minuti preziosi, lo sapeva, ma come dice il proverbio? La fortuna aiuta
gli audaci.
In fondo se il destino era dalla
loro parte, strappargli ancora qualche secondo, non sarebbe stato di certo un
crimine.
Così attirò Kate a sé senza darle
il tempo di rendersene conto e posò le labbra su quelle della donna. Lei lo
abbracciò, mentre con la mano libera gli accarezzò i capelli, e rispose al suo
bacio. Sentirono le loro guance bagnarsi: tutta la tensione accumulata per
giorni e giorni si era disciolta grazie al calore che quel contatto
trasmetteva.
“Sei completamente fuori di
testa, lo sai?” disse l’uomo posando la fronte su quella di Kate, continuando a
stringerla per la vita.
“Grazie, ma devi ammettere che ho
avuto un buon insegnante” gli sussurrò la donna.
“Touché”.
Castle riuscì a strapparle un
sorriso.
“Cosa hai intenzione di fare una
volta fuori di qui?”
“Ha importanza?”
“Forse non molta. Saremo in
pericolo, ma da oggi cammineremo insieme. Non vedo l’ora”.
Kate si destò d’improvviso:
“Ascolta, starei qui tra le tue braccia per tutta la vita, lo giuro, ma ora
dobbiamo proprio andare. Tra poco l’intero penitenziario si sveglierà e, con
tutti i posti nel mondo, per abbracciarci, questo lo eviterei, se non ti
dispiace”.
Castle rise alla sua battuta e fu
lui, questa volta, a stringerle la mano.
“Come vuoi mia musa”.
Si spinsero nel buio dei corridoi
cercando di evitare le torrette delle guardie. Camminarono mano nella mano per
un tempo che all’uomo sembrò infinito, mentre Kate lo guidava verso la libertà.
Raggiunsero ben presto una porta che dava su
un vicolo poco illuminato..
“Come faremo ad andarcene senza
che nessuno ci noti?” chiese l’uomo.
“Un amico ci sta aspettando per
aiutarci”.
Quando riuscirono ad uscire ed ad
assaporare l’aria fresca della notte, Castle
notò una macchina scura semi nascosta tra i bidoni per l’immondizia. Non appena
il guidatore li vide, si avvicinò per permettere loro di salire.
Kate aprì la portiera, spinse dentro l’uomo e
si sedette accanto a lui.
Al posto di guida un’ombra si voltò.
“Tutto bene detective? Il nostro
piano è riuscito a quanto vedo”.
Kate annuì, mentre Castle
manifestò apertamente il suo stupore: “Capitano Gates?”
“Buonasera signor Castle” rispose
la donna.
Angolo mio!
Il capitolo è un po’ corto, ma ho
dovuto stopparlo qui.. Mi dovevo togliere una soddisfazione personale! E’ dalla
3x05 che volevo che Kate lo facesse evadere!! Ahahahah ho adorato la scena
finale di quella puntata e l’ho presa come spunto!
Somma ed immane soddisfazione..
Ho citato all’inizio del capitolo
una frase stupenda a mio avviso, una frase che si adatta ai due perfettamente!
Ora tra loro non ci sono più segreti, devono ancora parlare un po’, ma ora
sanno che se le loro mani si stringeranno potranno superare ogni ostacolo!
Ora attendo i vostri commenti..
Un bacione e grazie a tutte!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Quando la verità sorprende ***
Quando la verità sorprende
QUANDO LA VERITA’ SORPRENDE
L’auto era subito ripartita
diretta verso una destinazione sconosciuta sia a Kate sia a Rick.
Victoria Gates sapeva di doverli
nascondere per bene se non voleva far saltare la sua copertura, ma aveva già
individuato il nascondiglio perfetto. Nessuno li avrebbe cercati lì.
Accese la radio e, cercando una
stazione che trasmettesse un notiziario commentò: “Vediamo quanto ci mettono a
scoprire la sua fuga sig. Castle e da chi è stato aiutato. Vorrei proprio
godermi la faccia di quel pallone gonfiato del direttore del penitenziario
quando si renderà conto che il suo carcerato di spicco gli è fuggito sotto il
naso. Sarà un’enorme soddisfazione vederlo durante la conferenza stampa”.
A Kate scappò una risata, mentre
si appoggiò con la testa sulla spalla di Castle.
L’uomo le guardava interdetto:
cosa c’era di tanto divertente?
La giovane detective, notando la
sua faccia, commentò: “Non ci stai capendo niente, vero?”.
“Effettivamente no. Mi sembrate
entrambe poco lucide, con il dovuto rispetto capitano” si preoccupò di
sottolineare l’uomo.
“E’ naturale sig. Castle. Fa bene
a pensarla in questo modo. Ci sono tanti risvolti in questa faccenda che lei
ignora. Kate gli racconti ciò che è successo quella sera a casa sua”.
Kate
allontanò l’occhio dallo spioncino e chiuse gli occhi, maledicendo l’universo.
Non
ho già avuto abbastanza casini per oggi?
Si
stampò sulla faccia un sorriso di circostanza, cercando di nascondere gli occhi
rossi, ed aprì la porta.
“Buonasera
signore”.
Iron
Gates entrò nell’appartamento come una furia: “Beckett mi spieghi cosa non le è
chiaro della semplice frase –deve promettermi di non fare colpi di testa;
voglio essere informata di qualunque suo movimento?- Non mi sembrava un
concetto così difficile da capire, ma a quanto pare mi sbagliavo”.
“Ha
ragione signore, ma..”
Lo
sguardo inceneritore della Gates la fulminò lì: “Non esiste nessun “ma”
Beckett! Lo sa che se oggi avessi voluto parlare, rispettivamente nell’ordine,
col Presidente, col capo della CIA e col Papa avrei fatto meno fatica che
rintracciare lei?! Le sembra possibile? La richiamo in servizio, riceve notizie
compromettenti sul signor Castle e che fa? Sparisce. Su questo potrei anche
sorvolare, comprendendo la sua sorpresa e il suo dolore, ma dopo il colloquio
che le ho lasciato avere con lui, non può andarsene dal distretto in quel modo!
Se ne rende conto?
Lei
è il detective assegnato al caso e non può scorrazzare in giro per New York da
sola, senza la sua squadra. Crede che io sia felice di sapere uno dei miei
uomini in pericolo? Quell’assassino vuole lei Kate, non lo dimentichi!”.
Kate
era sbalordita, aveva rimosso la sfida dalla sua testa. Era troppo concentrata
su ciò che era accaduto a Rick.
“Lei
crede che Castle sia innocente?”.
La
Gates alzò gli occhi al cielo: “Signore del cielo, certo che lo credo
innocente! So ancora riconoscere un bugiardo! Un bugiardo molto innamorato per
giunta. Non faccia quella faccia per cortesia, perfino ogni singolo mattone del
dodicesimo ha capito i vostri veri sentimenti. Gli unici a negarlo siete voi
due! Sono arrivata da poco, ma non sono di certo una stupida”.
Kate
era decisamente arrossita e si stava mordendo il labbro inferiore: “Per questo
ha insistito perché gli mostrassi io quella prova? Per avere conferma della sua
innocenza. Voleva osservare la sua reazione vedendomi”.
La
donna rispose: “Non solo. Speravo ritrattasse la confessione una volta che lei
lo avesse messo con le spalle al muro, ma quell’uomo è un vero testone!
Chiedendo un avvocato le ha impedito di continuare. Ho dovuto arrestarlo, non
potevo evitarlo. Mi dispiace doverglielo dire Kate, ma è stato ricattato da
qualcuno di molto potente. È stato incastrato per arrivare a lei. Sappiamo
entrambe di chi stiamo parlando”.
La
giovane donna sussultò e venne assalita da un dubbio atroce: quella donna
sapeva molte più cose di quanto avesse fatto intendere.
Come
poteva essere arrivata a quella conclusione?
Doveva
aver mostrato tutto il suo disappunto perché vide i lineamenti della sua
interlocutrice rilassarsi ed si avvicinò a lei.
“Kate,
io e lei dobbiamo parlare. Ci sono ancora molte cose che deve sapere ed è
venuto il momento di conoscerle. Avrei preferito passasse ancora un po’ di
tempo dal suo ferimento, ma il destino ha voluto diversamente. Posso avere un
bicchier d’acqua prima?”.
Kate
annuì e la fece accomodare sul divano. Andò in cucina, riempì due bicchieri e
la raggiunse. Quella giornata sembrava infinita..
Era
stanca e stava incominciando a perdere la pazienza. Voleva sapere cosa la donna
conoscesse e così decise di prendere la parola: “Signore per favore, mi dica
tutto quello che sa. Ho bisogni di farmi un quadro completo della situazione,
devo capire a cosa sto andando incontro”.
Victoria
Gates respirò profondamente ed iniziò il suo racconto: “Kate, lei è una donna
intelligente, non analizzi gli eventi solo dalla sua prospettiva, provi a
guardarli da diverse angolazioni. Non si ostini a cercare quella che lei
considera la “verità” unica ed indissolubile. Non esiste, non come si crede. La
verità ha mille volti e deve vederli uno ad uno prima di riuscire a mettere
insieme tutte le tessere di questo puzzle, se vuole riuscire ad avere giustizia
per riuscire quantomeno a curare la ferita devastante che ha dentro se stessa.
Guardi
me, per esempio, lavoravo per gli affari
interni, crede davvero che sia stata trasferita a caso? Che abbia deciso
volontariamente di voler gestire un distretto di polizia, dove il precedente
capitano era stato appena ucciso e il suo miglior elemento ridotto in fin di
vita? Con rispetto parlando, sarebbe stato da pazzi!”.
La
giovane donna trasalì a quella frase: “E’ stata costretta capitano?”.
“Vede
Beckett? Non riesce a staccarsi da ciò che le sembra la realtà. No, non sono
stata costretta. L’ho fatto per aiutare un amico. Roy Montgomery per me era un
vero amico, al quale dovevo molto.
Il
giorno dopo l’attentato ho ricevuto una sua lettera nella quale mi spiegava la
sua situazione, mi scongiurava di fare qualcosa per lui dopo la sua morte.
Immagina cosa mi ha chiesto detective?”.
Kate
dovette asciugarsi una lacrima, aveva capito perfettamente ciò che il nuovo
capitano stava cercando di dirle.
Roy
era stato fino all’ultimo il suo secondo padre, l’unico uomo, oltre a Castle,
ad aver compreso la complessità del suo animo tormentato. La sua mancanza era
sempre stata forte dentro di lei, ma, in quel momento, era diventata
insostenibile. Avrebbe fatto qualunque cosa per poter parlare ancora una volta
con lui, per potergli dire quel “grazie” che non era stata in grado di
pronunciare in quell’hangar, mentre tutto precipitava, mentre si stava
sacrificando per lei.
“Le
ha chiesto di badare a me” sussurrò con un filo di voce.
“Non
la metterei proprio su questo piano, perché io non sono una babysitter e, come
avrà potuto notare, il mio lato materno non è molto sviluppato, ma in parte è
così. Sapeva che dopo tutto quello che era stata costretta a vivere, venendo a
conoscenza del suo segreto, avrebbe avuto bisogno di una guida forte vicino a
lei sul posto di lavoro. Qualcuno che potesse controllarla e frenarla
all’occorrenza, quando neanche il signor Castle fosse riuscito a farla
ragionare. Chi meglio di Iron Gates?”.
La
donna le sorrise, ma Kate non riuscì a risponderle.
“Kate,
lei ha molti nemici, ma ha molte persone che le vogliono bene e darebbero la
loro vita per lei, se solo glielo chiedesse. E non sto parlando solo del signor
Castle. Non può impedir loro d’agire secondo coscienza. Le saranno sempre
accanto. Non è sola e, adesso, è venuto il momento di reagire. Il drago vi ha
teso una trappola, dobbiamo cercare di tirarvene fuori”.
Improvvisamente
la giovane donna si destò dal suo limbo: “Lei sa chi è? Mi dica quel nome! Ho
il diritto di saperlo”.
La
Gates scosse la testa: “Mi dispiace, non conosco la sua identità, è un mistero
anche per me. So solo che è estremamente potente, lavora in polizia o in
qualche agenzia governativa. È un insospettabile.. Ha infiltrati ovunque, forse
anche al dodicesimo, e la sta tenendo d’occhio. La vuole fuori dai giochi in un
modo o nell’altro. Tutte cose che sa anche lei, non sono sicuramente delle
novità. Ora dobbiamo trovare il modo di ribaltare l’andamento di questa
sfida!”.
In quel momento il capitano Gates notò il foglio di carta e la penna appoggiati sul tavolo della sala. Li prese in mano e si
voltò verso la donna con aria interrogativa.
“Cosa
stava pensando di fare?”.
“Stavo
per scrivere la mia lettera di dimissioni” confessò Kate.
La
donna si alterò di nuovo: “Dimissioni? Sta scherzando, vero?”.
Poi alzando gli occhi al cielo disse: “Roy
doveva lasciarmi il libretto d’istruzioni per voi due. Ci provo, davvero, ma
proprio non vi capisco”.
Ritornò
a guardare Beckett: “Ora, per l’amore del cielo, vuole spiegarmi perché vuole
dimettersi?”.
Kate
respirò profondamente, poi cercò di spiegare le sue ragioni in maniera
tranquilla: “Non sopporto l’idea che Rick sia in prigione, lo rivoglio accanto
a me. Senza di lui nulla ha più significato, neanche la risoluzione del caso di
mia madre. Voglio che lui diventi il mio futuro e non voglio che il passato
continui a condizionarmi. Sarò patetica, ma è così”.
“Non
è patetica Kate, è solo innamorata. Prima di prendere qualunque decisione,
però, mi illustri il suo piano”.
“In effetti ne ho preparato uno, ma non posso
metterlo in pratica finchè sono un poliziotto. Creerei dei problemi a tutto il
distretto.. Insomma capitano, voglio farlo evadere!”.
Sul
volto di Iron Gates apparve un sorriso compiaciuto: “Finalmente Beckett! È la
prima idea sensata che le è uscita dalla bocca stasera. Sono pienamente
d’accordo con lei!”.
Kate
pensò che poliziotta davanti a lei fosse impazzita del tutto.
Come
poteva approvare?
“Capitano,
ma cosa sta dicendo? I poliziotti non
fanno evadere i carcerati, di solito”.
“Dettagli
Beckett, dettagli” minimizzò.
“Credo
che lei non abbia capito bene, signore. Se io lo faccio scappare, non potrò più
indagare sugli omicidi connessi al drago. Lui avrà vinto!”.
“E’
quello che gli faremo credere! Lui può giocare sporco e noi no? Dove sta
scritto? Io devo risolvere l’omicidio di Lucy Williams, non lo dimentichi. Se,
poi, riusciamoa prendere due piccioni con una fava, tanto meglio!
Ragioni: il drago la vuole fuori dalla polizia
e vedrebbe la sua rinuncia come un ulteriore punto a suo vantaggio. Cosa
penserebbe, invece, se il signor Castle rientrasse prepotentemente in scena con
una rocambolesca fuga? Si sentirebbe quantomeno minacciato. Castle deve aver
ceduto ad un loro ricatto, quindi avrà in mano degli elementi, a noi ancora
sconosciuti, a svantaggio di questo spietato criminale”.
Kate
capì finalmente dove la donna volesse andare a parare: “Così, quando renderemo
Rick un fuggitivo, lui sarà costretto a muoversi, a scoprirsi, ad uscire dal
bunker di segretezza nel quale si nasconde.. Invierà il nostro assassino a
cercarlo e quando lo farà..”
“noi
saremo lì ad aspettarlo! Perfetto, vedo che gli ingranaggi del suo cervellino
sono tornati a funzionare”. La Gates terminò la frase con aria trionfante.
Kate
si passò una mano sul viso, sprofondando tra i cuscini del divano: “E meno male
che non volevo più mettere Rick in pericolo.. lo sto letteralmente lanciando
nell’occhio del ciclone”.
La
donna davanti a lei fece spallucce: “Non dica così Beckett, ci si è già
lanciato da solo, quando ha deciso d’assecondare i desideri di un criminale.
Non si preoccupi, lei sarà sempre accanto a lui, non lo perderà mai di vista.
Ho intenzione di lasciarvi soli soletti per alcuni giorni. Credo che dobbiate
chiarire alcuni aspetti strettamente personali o sbaglio? Trovate il coraggio
di essere felici.
Nel frattempo io cercherò di trovare un
possibile alleato disposto ad aiutarci. So che Roy deve aver mandato alcuni
importanti documenti ad un amico, devo scoprire chi è”.
La
donna sorrise: “Credo che Rick possa esserci d’aiuto anche in questo. So che è
stato contattato da un uomo misterioso, ma dovremo parlarne con lui”.
“Questo
scrittore è davvero pieno di risorse! Non mi sarei aspettata si rivelasse così
utile, devo ammetterlo. Sta incominciando a piacermi sul serio, ma non si osi
dirglielo. Devo mantenere la mia apparenza di donna dura e inarrivabile”.
Kate
riuscì finalmente a sorridere, si sentiva sollevata. Tra poco tempo avrebbe
riabbracciato l’uomo che amava. La loro situazione era, adir poco,
ingarbugliata, ma l’avrebbe risolta con lui al suo fianco.
Il
capitano si alzò e, dirigendosi verso la porta, si congedò dalla collega: “Mi
raccomando si tenga pronta Kate. Appena avrò sistemato tutto, agiremo. Cerchi
di riposare, avrà bisogno di molte energie. Buonanotte”.
“Buonanotte
a lei capitano. E.. grazie!”.
Victoria
Gates si voltò verso di lei e, sorridendole, rispose: “Dovere Beckett”.
Castle era decisamente
esterrefatto da quel racconto: “Fatemi capire, mi avete tirato fuori di galera
per usarmi come esca per catturare il drago?”.
Victoria Gates rispose sicura:
“Per quanto mi riguarda sì, ma credo che, da come la tiene stretto, non sia
quella l’intenzione della sua Kate. Lei avrebbe fatto da sola questa follia, io
ho solo cercato di trarne un vantaggio. Non si creda di piacermi Castle, mi
sembra di aver a che fare con i bambini dell’asilo a volte. Il convento passa
questo e mi devo adattare”.
Castle si accucciò e sussurrò
all’orecchio da Kate: “Mi ama anche lei, ma non lo ammetterà mai! Sta correndo
un grosso rischio aiutandoci in questo modo”.
Kate annuì: “Sono d’accordo Rick.
Le dobbiamo molto”.
Castle strinse le loro dite
ancora intrecciate e si accoccolò ancor di più alla sua musa.
“Piccioncini non mettetevi troppo
comodi, siamo arrivati” sentenziò la voce austera del capitano.
Angolo mio!!
Avrei dovuto pubblicare martedì,
ma lo faccio stasera perché non credo che l’8 di maggio sarò in possesso pieno
delle mie facoltà mentali, così anticipo.
Finalmente si è scoperto che a
bussare alla porta di Kate quella sera era stata Iron Gates (ma in realtà l’avevate
capito già tutte! J). Vi piace
il mio capitano?
Non so se nel telefilm la Gates
avrà un collegamento con Roy (quello è frutto della mia fantasia), ma sono
assolutamente convinta che non sia stata messa lì a caso, ma abbia una funzione
ben precisa. E non sarà un personaggio negativo legato ai cattivi, secondo me
aiuterà Kate (ho quest’idea dalla 4x12 quando davanti a quella lavagna le ha
detto, rivolto al caso del sindaco, “this is a long game Kate. Play piece by
piece”. Era la prima volta che la chiamava per nome, credo, e quella frase
aveva un doppio significato).
Naturalmente il barbuto mi
smentirà sicuramente, ma io mi sono fatta questo viaggio mentale e ne ho preso
spunto per il racconto. Spero vi sia
piaciuto!
Grazie mille a tutti!!
Wow che mega angolo mi sono
sparita stavolta! ;-)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Finalmente insieme ***
Finalmente insieme
FINALMENTE INSIEME…
L’auto deviò dalla strada
principale ed iniziò a percorrerne una più stretta, che costeggiava un piccolo
agglomerato di abitazioni, per concludere la sua marcia davanti ad una tipica
villetta americana.
“Ora siamo arrivati sul serio”
disse Victoria Gates girandosi verso i sedili posteriori dove Castle e Beckett
erano ancora attaccati.
La donna si tirò su e,
guardandosi intorno, domandò: “Dove siamo capitano? A chi appartiene questa
casa?”.
“Era dei miei genitori, io vivevo
qui prima di trasferirmi a Manhattan. Sarete al sicuro per qualche giorno. È
sempre affittata e non darete nell’occhio. Nessun poliziotto verrà a cercarvi
in casa mia, soprattutto dopo la conferenza stampa che terrò questa mattina.
Sempre se lei sig. Castle non decida di fare del giardinaggio, allora ci
sarebbero sicuramente dei problemi”.
L’uomo alzò gli occhi al cielo e
sbuffò:“Mi crede davvero così stupido? Senza falsa modestia sono consapevole di
avere un faccino famoso, quindi me ne starò chiuso in casa e non vi creerò
problemi”.
“Sarà meglio” rispose piccata la
donna.
Kate sorrise tra sé e sé, era
divertente sentirli battibeccare. La Gates era davvero un’ottima attrice. Era
stata una scoperta davvero piacevole sapere di averla dalla loro parte.
“Avanti entriamo. Sig. Castle lei
venga immediatamente con me, non possiamo correre il rischio che qualcuno la
veda con quella tuta arancione, anche se è piena notte. Aspetterà in casa.
Beckett lei recuperi la valigia con i vostri vestiti nel baule e ci raggiunga
dentro. Castle, so che il suo codice cavalleresco non lo tollererebbe mai, ma,
grazie al cielo, c’è stato il movimento femminile e abbiamo ottenuto gli stessi
diritti di un uomo. Quindi non voglio sentire lamentele!”
“Perché ho fiatato?” rispose
irritato lo scrittore.
Kate rispose sicura: “Non si
preoccupi capo, posso farcela”.
Così, mentre Beckett apriva il
portabagagli, la Gates fece gli onori di casa e condusse l’uomo all’interno
della sua abitazione.
Quando raggiunsero il salotto la
donna si voltò e guardò lo scrittore direttamente in faccia: “Mi ascolti bene e
non osi interrompermi. Ho poco tempo prima che Kate ci raggiunga. Se il drago
ha architettato tutta questa messa in scena significa che ha un obbiettivo e
sappiamo entrambi qual è: chiudere la bocca alla sua bella una volta per
sempre. Noi non permetteremo che ciò accada, quindi stia all’erta. Qualunque
movimento sospetto, qualunque cosa non la convinca mi avvisi. Possono garantire
che i poliziotti non vi creeranno problemi, ma nulla posso per le azioni degli
uomini di quel farabutto. Lei sa cogliere i dettagli meglio di chiunque altro,
usi questa sua qualità, tenga gli occhi aperti. Cercate di recuperare le vostre
energie, mentre sarete nascosti qui”.
Castle annuì col capo, ma non
riuscì a replicare poiché sentì il rumore della porta che si apriva, segno che
Kate era ormai all’interno dell’edificio.
Le andò incontro e le strappò
letteralmente la valigia dalle mani: “Ora, però, posso trasformarmi di nuovo in un cavaliere?”.
Si pentì subito della sua decisione:
“Cosa ci hai messo qui dentro? Piombo?” si lamentò.
“In parte: c’è la mia pistola, un
computer nuovo, due telefoni e qualche cambio per entrambi. Declino ogni
responsabilità sui tuoi vestiti. Non li
ho scelti io, ho lasciato l’incombenza a tua madre ed ad Alexis. Quindi non te la prendere con me” disse Kate
regalandogli uno splendido sorriso.
“Non puoi averglielo lasciato
fare. Mia madre non sa minimamente vestire un uomo, non mi lasciavo mettere una
maglietta da lei neanche quand’ero un bambino, figurati ora.. Spero ci abbia
pensato mia figlia..”
“Secondo te in questi giorni io
ho avuto il tempo di poterti fare la valigia? Non essere melodrammatico, non
potrà essere così male”.
“Tu non ne hai idea..”.
La Gates decise che ne aveva
abbastanza: “Mi dispiace interrompere il vostro idillio amoroso, ma vorrei
ricordarvi che io sono ancora qui e se volessi assistere a una litigata tra
innamorati ci sono milioni di programmi sull’argomento in televisione. È ora
che io torni a New York. Avrete mie
notizie molto presto, Beckett lei sa in che modo. Cercate di dimenticare per qualche ora questa
storia” disse spostando gli occhi sullo scrittore.
Nonostante avesse parlato in quel
modo l’uomo sapeva che quell’occhiata significava “Stia all’erta”.
“La accompagno alla porta
signore” disse Castle.
“Non faccia il galante con me, se
non vuole far arrabbiare la sua detective” scherzò la Gates, ma Kate arrossì lo
stesso visibilmente.
Quando furono in prossimità della
porta il capitano sussurrò all’uomo: “Le faccia capire di essere amata, ne ha
un maledetto bisogno. Come sempre crede che questa faccenda sia solo colpa
sua”.
Castle sorrise di nuovo: “Si
preoccupa molto per lei. E’ molto carino da parte sua lo sa? Credo che cambierò
il suo soprannome da Iron Gates a Sweety Gates…”.
La donna lo incenerì all’istante:
“Non lo ripeta mai più Castle o ad indagine conclusa la sbatto fuori dal
distretto a vita. Non mi importa di chi sia amico.. Sa che posso farlo e lo
farò, può starne certo!” e voltatosi si dileguò nella notte.
Castle ridacchiò tra sé e sé e,
chiusa la porta a chiave con il doppio giro, ritornò nel salotto, dove Kate
aveva aperto la valigia e aveva incominciato a dividerne il contenuto. L’uomo
la guardò perplesso, quella ragazza non era capace di stare ferma un attimo.
Si avvicinò a lei senza farsi
sentire, le passò le mani intorno alla vita e
le appoggiò il mento su una spalla, voltando leggermente il capo per
donarle un bacio sul collo. Kate si abbandonò tra le sua braccia e spostò
lievemente il corpo all’indietro ed appoggiò la testa su quella di lui.
Rick le sussurrò all’orecchio:
“Ti ho mai detto che sei bellissima?”.
Kate posò le mani su quello
dell’uomo e accarezzandole dolcemente disse: “Sì caro”.
“E posso sapere quando?”.
Lei si voltò completamente per poterlo
guardare negli occhi e rispose: “Ora con le parole. Con le tue gentilezze e il
tuo modo di comportarti sei sempre stato l’unico a riuscire a farmi sentire
così”.
Lui le fece passare una mano
dietro al collo e, con un rapido gesto, le slegò i capelli ancora raccolti
nello chignon. Quando le ricaddero fluenti sulle spalle e le incorniciarono il
viso, Castle, tornando ad abbracciarla, le confidò: “Così, però, sei
decisamente sublime. Mi fai impazzire”.
Kate arrossì visibilmente.
“Sei stupefacente lo sai? Sei una
detective integerrima, a tratti dura, sicura di se stessa ed estremamente
coraggiosa, ma quando ti si fa un complimento diventi di una tenerezza
disarmante. In questo momento sei più rossa di una mela”.
“Non mi prendere in giro!” disse
Kate dandogli un buffetto sul torace.
Castle di ritrasse di colpo
cercando di soffocare un lamento. Le costole gli facevano ancora un gran male e
la donna aveva colpito un punto critico.
“non fare il bambino, era solo un
colpetto” rispose Kate stizzita, ma, improvvisamente si fece seria e si avventò
sulla camicia dell’uomo iniziando ad aprire i bottoni uno ad uno.
“Kate che cosa stai facendo?”
chiese Rick piacevolmente stupito.
Il tocco della donna era
estremamente delicato, ma preciso ed efficace. Ben presto mezza camicia fu
aperta e Castle poté sentire la pelle delle mani di Kate sfiorare la sua. Aveva
immaginato molte volte ciò che avrebbe potuto provare in quella situazione, ma
ora quelle sensazioni erano di gran lunga più potenti, duplicate se non
triplicate.
“Kate fermati o tra qualche
secondo non rispondo di me” scherzò l’uomo.
La donna non gli prestò
attenzione e, nel frattempo, aveva terminato la sua opera e, afferrata la
camicia per il colletto aperto, l’aveva fatta scendere sotto le spalle
lasciando Rick a petto nudo. Fissando attentamente il torace dell’uomo posò la
mano su un rigonfiamento rosso violaceo. Non riuscì a spostare lo sguardo per
un po’, poiché si rese conto che quel
livido non era l’unico: il corpo dell’uomo ne era totalmente ricoperto.
“Tesoro, non è niente.
Passeranno..”: la voce dolce di Rick la costrinse ad alzare lo sguardo.
“Ti sembrano niente? Sei stato
brutalmente picchiato. Perché non me lo hai detto?” disse la donna alzando un
poco il tono della voce. In quel momento si sentiva terribilmente frustrata.
Castle aveva sul suo corpo i segni del suo fallimento, non avrebbe mai dovuto
permettere che tutto ciò accadesse.
“So cosa stai pensando tesoro e
ti prego di smetterla. Non mi hai coinvolto tu in questa storia, ho fatto tutto
da solo. Ti ho spinto io a riaprire il caso di tua madre. Ora ascoltami per un
momento. Ti ricordi quando avevi tra le mani Dick Coonan? Pagai quella trance
per riuscire ad arrestare Raptur e ti confidai che avrei sborsato molto di più
per catturare quell’assassino. A quei tempi eri solo un’amica, ma ammetto che
stavi iniziando a diventare qualcosa di più del mio cuore. Ora sei la donna della mia vita e sacrificherei
me stesso per te, credo di avertelo dimostrato. Quindi questi lividi non sono
niente di importante se hanno condotti fin qui, uno nelle braccia dell’altro.
Anzi li considero i cimeli della battaglia, fanno molto macho” e la strinse di
nuovo a sé.
Stava cercando di sdrammatizzare, ma conosceva
troppo bene Kate e sapeva meglio di chiunque altreo che quelle parole non la
rassicurarono del tutto.
“Io, invece, vorrei che non
avessi mai corso questo pericolo, dovevi parlarne con me della tua indagine. Ti
avrei impedito di fare questa follia, quella gente non scherza. Non mi ero mai resa veramente conto di quanto
tu fossi importante per me. Sei entrato nel mio cuore scrittore e non ho
nessuna intenzione di permetterti di andartene”.
“Non voglio andarmene via, ci sto
da Dio! Il tuo amore mi scalda, non posso chiedere di meglio. Sai che ti dico?
Sei un genio! È un nascondiglio perfetto, nessuno mi troverà lì dentro, neanche
il drago! Sono proprio al sicuro!”.
Kate sorrise e gli sussurrò:
“Quanto sei stupido! Sarà per questo che ti amo così tanto?”.
“E io che pensavo che fosse per
il mio magnifico sedere! Per non parlare dei miei pettorali scolpiti.. Guarda
che tartaruga!”.
La donna non riuscì a trattenere
una sonora risata: “Vedo, vedo. Una tartaruga rovesciata che annaspa”.
Castle si toccò il cuore mimando
un urlo di dolore: “Detective così tu mi pugnali! Morirò dissanguato.. Dolore,
dolore, dolo..”.
La voce di Rick si disperse
nell’aria, o meglio, Kate riuscì a zittirlo. Aveva catturato con la bocca il labbro inferiore dell’uomo e lo stuzzicò
con la lingua finchè Rick dischiuse
leggermente la bocca e, insieme, approfondirono quel bacio.
“Visto che stavi soffrendo come
un matto, ho pensato che avresti avuto
bisogno di un rimedio efficace. Che ne dici, può andare?”
“Adoro i suoi rimedi dottoressa
Beckett! Non potrebbe darmi ancora una dose di quella stupenda medicina di poco
fa? È stata miracolosa. Mi sento molto meglio, ma non sono guarito del tutto”.
“ Mi dispiace, ma non sono sicura
di poterne prescrivere altre. È un farmaco che non prescrivo facilmente..” lo
stuzzicò la giovane donna.
“Vorrà dire che mi toccherà
svaligiare la sua farmacia, tanto in galera sono già stato..” e questa volta fu
l’uomo a baciarla con passione.
La spinse pian piano verso il
divano e, quando la donna sentì le gambe toccarne la parte inferiore, piegò le
ginocchia lasciandosi cadere all’indietro, trascinandosi dietro Castle.
La valigia cadde sul pavimento
insieme ai loro vestiti facendo un gran rumore, ma non fu quello ad
interrompere l’idillio. Castle aveva affondato la testa contro la spalla della
donna stringendo i denti, maledicendo le sue costole e la scarsa ospitalità dei
detenuti. Quel maledetto dolore doveva ripresentarsi proprio durante il momento
che aveva sognato per tutta la vita? Non era affatto giusto. L’universo doveva
avercela con lui..
Il corpo di Rick si irrigidì e la
sua voce divenne quasi un sussurro: “Scusami Rick, mi sono lasciata trasportare
dal momento. Avrei dovuto pensare che ti avrei fatto male col torace ridotto in
simili condizioni”. Gli passò una mano tra i capelli e spingendolo leggermente,
lo fece scivolare sulla sua destra e si alzò.
Rick la afferrò per un braccio:
“Dove stai andando? Scusami.. Ho rovinato tutto, avrei dovuto sopportare in
silenzio”. Era veramente dispiaciuto, quel momento doveva finire in maniera
diversa.
Kate capì il disagio dell’uomo e
si accucciò accanto a lui per guardarlo negli occhi: “Rick hai frainteso. Va
tutto bene tesoro, non devi preoccuparti. Non è successo niente, non sono
arrabbiata. Stavo solo andando a cercarti una medicina vera, chiamata
antidolorifico. Ne hai bisogno. Non voglio vedere quel tuo dolce musetto così
triste e sofferente. Mi prenderò cura di te e ti rimetterò in sesto al più
presto, così potremo riprendere da dove abbiamo interrotto. Non ho fretta,
abbiamo tutta la vita davanti” e gli donò una carezza sulla guancia per sparire
poco dopo, in quello che doveva essere un bagno, per cercare la cassetta dei
medicinali.
L’uomo la seguì con lo sguardo
per l’intero tragitto, pensando di non aver mai visto una creatura così
perfetta.
Aveva proprio detto “tutta la
vita”?
La donna che era assolutamente
convinta di donare il suo cuore solo una volta in tutta la sua esistenza alla
persona giusta?
Tutto ciò per cui aveva lottato,
mentito, aspettato e anche sofferto, era dunque diventato realtà. Il suo sogno
si era avverato con tre semplici parole.
Rick, finalmente prese
consapevolezza che non aveva pronunciato quel “ti amo” in un momento di
trasporto emotivo: era vero, era reale, era per sempre..
Ancora non ci credeva.
Non erano più Rick e Kate, erano
diventati Noi.
In quel preciso momento, su quel
divano, decretò che quel “noi” andava protetto a qualunque costo e nessuno
glielo avrebbe portato via.
Tantomeno un draghetto sputa
fiamme.
Angolo mio!!!
Sono un po’ in ritardo e mi
scuso..
Cosa ne dite? Castle ha rischiato che la Gates
gli sparasse sul serio? No.. Lo
adora sotto sotto..
Mi dispiace, ma per ora nel mio
racconto non si conga, Rick è infortunato. Ne riparliamo più avanti.. (sono
sadica e maligna).
Un bacione a tutte!!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Le prime mosse del gioco ***
Le prime mosse del gioco
LE PRIME MOSSE DEL GIOCO
Il sole era di nuovo sorto su New
York illuminando coi suoi caldi raggi quella città in costante movimento. La
vita scorreva frenetica alimentata dal costante fluire degli eventi. Ogni
novità creava stupore e quella mattina chiunque avesse acceso il televisore
sarebbe stato attratto dalla notizia clou trasmessa da ogni telegiornale:
l’evasione del famoso scrittore Richard Castle.
Molti giornalisti si erano
accalcati al di fuori del penitenziario in attesa di essere ricevuti per poter
ricavare notizie certe sull’accaduto, ma solo pochi prescelti erano stati
condotti all’interno dove si sarebbe tenuta la conferenza stampa.
“Qui è la vostra Megan Philipps che vi parla. Siamo collegati in diretta
col penitenziario di Sing sing dove questa notte è avvenuta un’evasione di
lusso. Il celebre scrittore Richard Castle, autore di numerosi best seller, reo
confesso dell’omicidio della nostra collega Lucy Williams, ha fatto perdere le
sue tracce con l’aiuto dell’oscurità. Non è ancora chiaro come l’uomo sia
riuscito ad eludere la sorveglianza impeccabile del complesso carcerario ed a
rendersi irreperibile. Si sospetta che abbia avuto dei complici, ma nulla è
ancora certo. Siamo in attesa di assistere alla conferenza stampa del capitano
del dodicesimo distretto della città, la signora Victoria Gates a cui è stato
assegnato il compito di catturare il fuggiasco. Era stata proprio la donna a
riceverne la confessione ed a firmare la sua custodia cautelare in carcere. Ma
eccola arrivare! Siamo fortunati telespettatori, riusciremo a mostrarvi il suo
discorso in diretta televisiva.”
Victoria Gates fece il suoi
ingresso, scortata da Ryan ed Esposito, nel salone dove avrebbe dovuto parlare
all’intera città di New York.
Impeccabile nel suo tailleur color
crema e il look perfetto, nonostante la notte movimentata, si avvicinò al
microfono e sistemò con calma i fogli sul leggio.
Adorava lasciar friggere
dall’impazienza i giornalisti, la trovava una soddisfazione personale.
Sapeva che avrebbero creduto ad
ogni sua singola parola, non potevano immaginare quanto l’apparenza fosse
ingannevole a volte.
Prese un profondo respiro, poi
alzò uno sguardo fisso e fiero verso la folla: “Buongiorno a tutti e grazie per
essere venuti. Siamo qui per rendere conto a tutta la popolazione newyorkese
dell’increscioso episodio verificatosi questa notte. Come ben tutti sapete
ormai c’è stata un’evasione. Sulle strade della nostra città è tornato in
circolazione una mente malata ed irresponsabile che si è macchiata di un orrendo
delitto: Richard Castle.
Io in persona, il direttore e i
nostri fedeli collaboratori abbiamo visionato tutti i filmati di sorveglianza
del carcere, arrivando alla conclusione che ha agito solo, al massimo con una
collaborazione interna che stiamo cercando di verificare. Nulla fa pensare ad
un aiuto esterno, nessuna videocamera del sistema di allarme ha rivelato segni
di manomissione. Ho ricevuto l’onore di poter condurre le indagini in prima
persona.
Come ben tutti ben saprete il
signor Castle ha passato molto tempo nel mio distretto per trarre informazioni
utili per completare la sua trilogia di romanzi, seguendo e collaborando con
uno dei miei uomini, la detective Katherine Beckett.
Non avevo mai approvato del tutto
questa collaborazione, ma l’avrei sicuramente impedita se mi fossi resa conto
della parte violenta che nascondeva quell’uomo.
Per questo motivo farò qualunque cosa in mio potere per rintracciarlo e
riconsegnarlo alla giustizia. E ricordatevi bene io non ho mai fatto promesse a
caso. Quello scrittore da quattro soldi ha le ore contate!”.
Aveva calcato la mano, ma era una
necessità in quel momento. Sfoderò un lieve sorriso e si congedò: “Vi ringrazio
per la vostra attenzione ed auguro a tutti voi una buona giornata”.
Stava per andarsene quando una
domanda a bruciapelo di un uomo la costrinse a fermarsi: “Il detective Beckett
l’aiuterà nelle indagini?”.
Victoria Gates gongolò in
silenzio, sapeva che le avrebbero posto quel quesito e lei aveva la risposta
pronta, ma non rispose immediatamente per
non dare l’impressione di essere preparata.
Si voltò e senza alcun pudore,
guardò direttamente verso il suo interlocutore che, al contrario, manifestò un
forte imbarazzo incrociando lo sguardo sicuro della donna.
“Senza nulla togliere agli altri
investigatori, Katherine Beckett è il miglior elemento del mio distretto, o
meglio lo era. Questo caso l’ha molto provata
e lei stessa ha messo in discussione la sua integrità come poliziotto,
non avendo compreso la situazione in tempo. Come potete vedere oggi non è qui
con me. Mi ha consegnato la sua lettera di dimissioni, ma, per il momento, non
ho ancora deciso se accettarle. Al momento non è in servizio attivo, le ho
concesso un permesso speciale durante il quale possa chiarirsi le idee e,
spero, ritornare sulla sua decisione. So che ha lasciato la città, ha bisogno
di tempo per riflettere. Quindi la risposta alla sua domanda è no. Beckett non
collaborerà questo caso. Qualcuno ha altre curiosità da soddisfare impedendomi
così di tornare al mio lavoro?”
La folla restò muta, nessuno osò
fiatare.
“Bene se è tutto chiaro, vi porgo
di nuovo i miei saluti. Arrivederci” e con passo felpato lasciò il salone
seguita dai suoi uomini.
Quando furono certi di essere
soli Esposito le disse: “Complimenti capitano lei è una forza della natura”.
La donna sibilò: “Stia zitto
Esposito, ne parleremo più tardi”.
Spense il televisore con un gesto
di stizza e si girò verso il suo uomo con aria minacciosa: “Non lo avevi
convinto a prendersi ogni responsabilità?”.
L’uomo deglutì a forza tentando
di rispondere: “Sì. Non aveva avuto il minimo dubbio, aveva accettato senza
alcuna remore..”.
La sua voce si fece più forte e,
scandendo le parole per trattenere la rabbia, disse:“E allora per quale motivo
è evaso e sta scorrazzando in giro rovinando tutti i nostri piani?”.
Il killer restò muto: qualunque
cosa avesse detto si sarebbe cacciato in un guaio più grande di lui. Col suo
capo non si poteva scherzare.
“Sei senza parole? Bene le userò
io per te. Ora muovi il tuo dolce fondoschiena e mi rintracci quello scrittore
impiccione. Lo voglio qui, vivo! Ho bisogno di dirgli due paroline.. Non mi
interessa come farai, arrangiati, ma portamelo al più presto, così sistemeremo
questa faccenda una volta per tutte!”..
L’uomo non se lo fece ripetere due volte e si
eclissò velocemente.
Camminò avanti ed indietro per la
stanza cercando di mettere ordine nei suoi pensieri. Castle avrebbe spiazzato
chiunque. Era un uomo imprevedibile, lo sapeva bene, e sapeva altrettanto bene
che non si sarebbe mai arreso. Lui doveva scoprire come finiva la storia. Gli
era sempre piaciuto giocare con la dinamite. Se era fuggito in quella maniera
aveva un piano e sicuramente riguardava la sua bella detective.
Già la sua Kate..
Il suo sguardo, quando parlava di
lei, raccontava perfettamente quanto quella donna fosse importante per lui. La
detective, però, era una mina vagante e non potevano lasciarla in circolazione
ancora per molto tempo.
-Hai
rassegnato le dimissioni, mossa stupida mia cara. Pensi davvero d’ingannarci
facendoci credere di essertene andata dalla città? Ti sei ricongiunta al tuo
folle fidanzato, stai cercando di fregarci, ma non ci riuscirai. La partita con
te è ancora aperta e sappiamo chi vincerà. Preparati Kate, stiamo venendo a
prenderti e il tuo scrittore ci darà una
mano, che gli piaccia o no-.
Si sedette di nuovo alla sua
scrivania per rispondere al telefono che squillava.
“E’ lei capo.. sì, ho sentito il
telegiornale. Non si preoccupi, ho già sguinzagliato il nostro cane alle sue
calcagna..”.
Annuì con la testa, mentre il suo
interlocutore parlava dall’altra parte dell’apparecchio.
“D’accordo mi occuperò
personalmente di lei. Cercherò di rintracciare e ricostruire ogni spostamento
di Katherine Beckett negli ultimi giorni. Scoprirò dove si trova, se è ancora a
New York e metterò in atto la seconda parte del piano. Certo, avrà mie notizie
molto presto. Stia tranquillo. La sua missione è in buone mani” e riagganciò.
Intrecciò le dita delle mani e
sussurrò al vento sorridendo maleficamente: “Goditi questo momento finchè puoi
Kate. Sto venendo a prenderti. Hai le ore contate”.
Castle puntò il dito verso il
televisore ancora acceso: “Ti rendi conto di come mi ha descritto? Sembro il
peggior criminale della città! Come mi ha chiamato? Scrittore da quattro soldi?!
Con tutto il rispetto possibile, ma io sono il creatore di best seller da
milioni di dollari. Non si può liquidare il mio stupendo lavoro in quel modo,
non è stata per niente gentile!”.
Rosso in viso, continuò a
minacciare il monitor, ormai spento, non capacitandosi di ciò che era appena
accaduto.
Kate riuscì a trattenere a stento
una risata, era davvero troppo buffo. Sembrava un bambino ferito nel suo
orgoglio. Continuò a preparare la colazione come se nulla fosse, sperando che i
suoi pancake lo aiutassero a ritrovare il buonumore. Li girò ancora una volta
e, constatando che erano pronti, li servì in un piatto.
“Rick vieni, mangiare qualcosa ti
farà bene” disse la donna, mentre posava i piatti sul tavolino.
“Mi ha fatto passare l’appetito
con quel discorso, non credo che riuscirò a buttare giù niente! Ho lo stomaco
chiuso” piagnucolò Castle seduto sul divano con le mani sul viso e
l’espressione imbronciata.
“E’ un vero peccato, avevo
preparato oltre al classico bacon e pancetta, qualcosa di speciale per te. I
pancake guarniti con i frutti di bosco o con la Nutella, ma se proprio non hai
fame, mi toccherà mangiarmeli da sola” rispose maliziosa Kate. Aveva
decisamente giocato sporco.
Castle rizzò la schiena e,
rianimandosi d’improvviso, commentò: “Vabbé vedrò di sforzarmi. Dopotutto ci
hai messo così tanto impegno, non voglio deluderti non assaggiando nulla” e
scattò in piedi per sedersi accanto alla donna.
“Comunque ritengo che abbia
esagerato lo stesso”.
Kate alzò gli occhi al cielo, non
poteva ricominciare..
“Lo so il motivo per cui l’ha
fatto, si è voluta vendicare perché l’ho chiamata Sweety Gates. Stavo solo
scherzando”.
La donna scoppiò a ridere e il
boccone di dolce che aveva in bocca le andò per traverso: “Come l’hai
chiamata?”.
Aveva le lacrime agli occhi.
“Ti è ancora andata bene tesoro,
hai rischiato che reagisse molto peggio di così. Poteva spararti all’istante”.
“Non vedo cosa ci trovi di tanto
divertente, avete uno strano senso dell’umorismo voi donne. Se ti interessa,
però, ha minacciato di cacciarmi di nuovo dal distretto, privandosi del mio
acume”.
“Quanto amo la tua modestia, la
polizia non potrebbe mai andare avanti senza di te!” rispose Kate alzandosi per
portare le stoviglie sporche in cucina.
L’uomo si alzò e la seguì,
appoggiandosi con i gomiti sul balcone che divideva le due stanze, e,
ritornando serio, decise di intavolare un discorso importante: “Kate ascolta, a
proposito di polizia.. vorrei chiederti una cosa.. In quella cella mi hai detto
di esserti dimessa, poi quando siamo saliti su quell’auto, ho capito che era
solo una copertura, per non farti scoprire e per non mettere a rischio il
capitano...”.
La donna lo fermò: “Rick mi stai
chiedendo se sono ancora un poliziotto e se ti ho mentito? No, non l’ho fatto,
non sono attiva al momento. Ciò che la Gates ha detto alla conferenza stampa è
in parte vero. Non mi sono proprio dimessa perché il capo me lo ha impedito, ma
lo avrei fatto. Io volevo te, non mi importava più scoprire il mandante
dell’omicidio di mia madre. Ora, però, dopo quello che ti ha fatto, voglio
catturarlo ancor più di prima. Quel farabutto non ci lascerà mai in pace, deve
sparire dalle nostre vite. Abbiamo diritto ad un futuro roseo, senza ombre
minacciose sulla nostra testa. Abbiamo l’occasione di spazzar via il problema
una volta per tutte e non intendo lasciarmela sfuggire”.
Rick vide quella fierezza nel suo
sguardo che tanto l’aveva colpito quando l’aveva conosciuta. Era sempre stata
testarda ed ostinata, ma l’uomo non li considerava difetti, bensì qualità. Senza
di essi non sarebbe riuscita a sopravvivere all’immenso dolore che l’aveva
colpita quando era solo una ragazzina e a diventare donna che amava. Aveva
sbagliato a mentirle.
Odiava ammetterlo, ma sua madre
aveva ragione fin dall’inizio.
Le doveva una spiegazione, Kate
la meritava, niente più bugie tra loro.
“Tesoro, ascolta.. devo scusarmi
con te per non averti coinvolto nelle mie indagini segrete, per non essere
stato sincero..”
Restò muto per un attimo,
guardandola avvicinarsi a lui ancor di più. Kate lo fissò inespressiva per
qualche secondo, che all’uomo sembrò infinito, poi appoggiò una mano sul suo
viso muovendo il pollice ritmicamente per donargli una leggera carezza e
rispose: “ Non scusarti, non devi. Quando tua madre ha aperto quel grafico sul
tuo monitor, ammetto di essermi arrabbiata, ma, mentre Martha parlava, ho
capito che lo avevi fatto solo per proteggermi. Perché mi ami, mi hai sempre
amato. Ho capito che prendendomela con
te avrei solo perso del tempo prezioso, per salvarti e dimostrare a me stessa
che noi siamo destinati a stare insieme. Quindi per favore non parliamone più,
è acqua passata. Ora siamo insieme, è tutto ciò che conta!”.
Castle le sorrise: “D’accordo, se
è quello che vuoi”.
“E’ quello che voglio” -scandì la
donna.
“Mi devi solo una spiegazione: chi è l’uomo misterioso che ti ha contattato
e, perché Roy ha mandato a lui quei documenti che salvaguardano la mia
incolumità?”.
Rick si sedette sul divano e le
fece segno di raggiungerla accanto a lui. Le prese una mano e, stringendola
forte tra le sue, iniziò a raccontarle ciò che sapeva: “Non so chi sia, è stato
lui a cercare me. Mi ha telefonato sul cellulare dicendo di essere un amico del
capitano Montgomery e spiegandomi la tua situazione. L’ho incontrato una
seconda volta durante l’indagine riguardante il sindaco, ma non mi ha mai detto
nulla che possa aiutarci a risalire alla sua identità. È sempre e solo rimasto
un’ombra”.
Kate lo guardò seria: “Hai il suo
numero salvato sul cellulare?”.
Rick scosse la testa: “E’
inattivo da molto tempo ormai. Io non posso richiamarlo, è sempre lui che
contatta me”.
La donna parve delusa, ma cercò
di non darlo a vedere: “Lui conosce l’identità del drago, vero?”.
“Assolutamente sì. Deve essergli
stato vicino in passato, ma, se è riuscito ad ottenere un accordo per la tua sicurezza, significa che in parte
ha ancora una certa influenza su di lui”.
“I documenti di Montgomery sono
la mia sicurezza..” sussurrò Kate. La donna si alzò in piedi, tirò fuori dalla
sacca il computer datole dalla Gates e lo accese.
Rick si preoccupò immediatamente:
“Kate che fai?”.
“Chiamo la Gates, devo parlarci”.
“Sei matta? Se ti attacchi al wi
fi ci rintracceranno subito. Staranno sicuramente sorvegliando le comunicazioni
telefoniche del dodicesimo!”
“Rick ti preoccupi troppo,
secondo te non l’abbiamo messo in considerazione? Questo pc è dotato di un
sistema di sicurezza impeccabile. Nessuno, nemmeno i migliori informatici della
Cia, riuscirebbe ad identificarlo ed a rintracciarlo. Praticamente non esiste”.
Castle era esterrefatto: “E chi
avrebbe progettato una simile meraviglia? Qualche famoso tecnico legato alla
segretezza nazionale?”
La donna minimizzò: “No, no.
Abbiamo avuto un aiuto speciale da un hacker amico di Esposito. Gli doveva un
favore..”.
“Un hacker?! Nelle migliori delle
ipotesi già mi rivedo in galera, se non addirittura morto. Tanta fatica per
nulla” disse l’uomo passandosi una mano sulla fronte.
“La vuoi smettere di lamentarti?
Piuttosto vieni qui , siediti e prendimi in braccio. Così il capitano potrà vederci
entrambi, mentre parliamo”.
Rick ubbidì di malavoglia: “Cosa
vuoi chiedere a quella donna?”.
Kate si girò verso di lui e, con
aria decisa, rispose: “Di rintracciarmi il tuo informatore. Dai tuoi tabulati
telefonici potremo risalire se non direttamente a un nome, almeno a una zona
della città, da cui far iniziare le nostre ricerche. Voglio parlarci! Devo
capire quali informazioni contengano quei documenti!”.
Angolo mio
Ci siamo, entrambe le fazioni
hanno iniziato a delineare le loro strategie di gioco. Dopo essersi chiariti
Rick e Kate sono pronti a giocare insieme.
Il drago riuscirà a catturare
Rick o saranno loro a scovarlo? Riusciranno a rintracciare il misterioso
informatore?
Che dire su Iron/Sweety Gates?
A voi la parola!
Grazie a tutte voi che seguite la
mia storia! Bacione J
Lo so il titolo fa schifo, ma
proprio non mi veniva... L
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Si torna a casa ***
Si torna a casa
SI TORNA A CASA
Al dodicesimo era una giornata
come tante altre. Telefoni che squillavano, un gran vociare e molti agenti in
movimento.
Ryan ed Esposito, invece, erano
seduti alle loro scrivanie e fingevano di lavorare al caso. In realtà stavano
aspettando istruzioni dal capitano che, dopo la conferenza stampa, si era
rintanata nel suo ufficio per sistemare gli ultimi dettagli del loro futuro
piano di battaglia e non ne era ancora uscita.
“Secondo te stanno bene?” chiese
ad un tratto Ryan rompendo il silenzio.
Esposito, capendo senza problemi
a chi si stava riferendo l’amico, sorrise: “Stanno benissimo, fidati. Almeno
per ora. Sono soli e non possono evitarsi. Saranno già l’uno nelle braccia
dell’altro”.
Una voce femminile alle loro
spalle si unì alla conversazione: “Lo spero bene se a Kate è cara la pelle. Se non ha concluso
niente con writer boy, il drago può starsene tranquillo e rilassarsi. La uccido
io con le mie mani”.
I due uomini si voltarono di
scatto e sorrisero alla patologa del distretto. Quella ragazza aveva sempre la
battuta pronta.
“Ciao Lanie” la salutò
cortesemente Ryan.
Esposito, invece, le sorrise
felice e la strinse a sé cingendola per
la vita, cercando, di non dare nell’occhio: “Hola chica, come mai da queste
parti?” Lanie gli sorride teneramente, non sottraendosi. Davanti a Ryan non si
sentiva in imbarazzo.
“Come mai sei salita tra i vivi?”
incalzò l’amico.
La donna indicò l’ufficio del
capitano e rispose: “Mi ha convocato il capo in persona. Credo che ci voglia
parlare del fattaccio”.
La voce austera di Victoria Gates
li raggelò: “Non avrei mai potuto spiegarlo meglio dottoressa. Devo dire che
lei ha una fantastica dote per la sintesi”.
I tre quasi si spaventarono,
quella donna era peggio di un fantasma, quando appariva non se ne accorgevano
mai. Javier lasciò andare Lanie immediatamente, ma il danno ormai era stato
fatto, erano stati scoperti.
Restarono muti, poi la Gates,
scansandosi di lato, li fece accomodare nel suo ufficio. Quando ebbe chiuso la
porta alle loro spalle si voltò verso Ryan e con aria seria gli chiese: “Ryan sua
moglie sta bene? È soddisfatta del suo lavoro? In caso contrario può sempre
venire qui, così potremmo diventare un’agenzia matrimoniale, invece di
continuare ad essere un noioso distretto di polizia della sezione omicidi”. Poi
alzando gli occhi al cielo sospirò: “Ma cos’è? Un’epidemia? L’amore serpeggia
ovunque..”.
L’irlandese riuscì a trattenere a
stento una risata, fissando la faccia imbarazzata dei suoi colleghi. Non era
facile capire se quella donna fosse realmente seria o se li stesse prendendo in
giro, ma la frase seguente cancellò ogni dubbio: “Spero solo di essere invitata
ad un eventuale matrimonio” disse il capitano strizzando l’occhio verso di
loro.
Quella donna incominciava a
piacergli sul serio, aveva dei lati nascosti interessanti e si era rivelata decisamente
diversa da come si era presentata all’inizio. Se glielo avessero detto non
avrebbe mai creduto che si sarebbe esposta in maniera così diretta per
aiutarli. Quel caso si stava rivelando più complicato del previsto e li stava
portando a rischiare non solo le loro carriere, ma anche la vita non potendo
agire alla luce del sole. Ora era chiaro che le due fazioni avevano superato la
sottile linea di demarcazione creatasi tra loro negli anni e non si poteva più
tornare indietro.
Qualcuno avrebbe vinto quella
partita, in un modo o nell’altro e naturalmente auspicava fossero loro. La
giustizia doveva trionfare.
La voce di Victoria Gates lo
riportò alla realtà. La donna aveva iniziato il loro colloquio e stava facendo
il punto della situazione.
“Detective illustratemi cosa
avete scoperto indagando sulla vita e sul lavoro della nostra vittima. Ditemi
su cosa stava investigando e perché tutto ciò le sia costato la vita. Dobbiamo
trovare un punto di partenza forte per riuscire a far leva sugli eventi e
costringere l’assassino ad uscire allo scoperto”.
Esposito parlò per primo: “Dalle
sua carte abbiamo scoperto che non era nuova a scoop di ogni genere. La sua
linea giornalistica era alquanto spregiudicata, amava le situazioni difficili.
Si addentrava spesso in situazioni ambigue cercando di scovare dove si
nascondeva il torbido.. Degna amica di Castle, direi. Quando il nostro amico
deve averle parlato dell’incendio verificatosi nel container, dove erano stati
depositati i file coi conti dei poliziotti corrotti, dev’essersi sentita
alquanto felice. Dentro di lei si è accesa la curiosità e ha cercato delle
informazioni. Si sa quasi per certo che sia riuscita a trovare dei collegamenti
compromettenti e che sia arrivata alla conclusione che il fuoco non si sia
appiccato da solo. Insomma, non è stato un incidente”.
“Aveva capito che il capo dei
vigili del fuoco era stato corrotto da qualcuno di molto potente. A quanto pare
il drago gli aveva garantito protezione
e gli aveva permesso d’entrare nella loro cerchia. Doveva solo alterare il
rapporto. Lucy aveva elaborato delle ipotesi sull’identità del nostro nemico e
non doveva essersi sbagliata, considerando con quanta ferocia è stata messa a
tacere. Aveva annotato tutto sul suo portatile, così dice la sua agenda, ma,
quando siamo andati a perquisire casa sua, era sparito. Sicuramente è stato portato via
agli uomini del drago, ed è stato distrutto” terminò Ryan.
Il capitano si passò una mano tra
i capelli e commentò: “Beh sarebbe stato
troppo facile altrimenti. Mai sperare in un colpo di fortuna. Ricominciamo da
zero”.
Si voltò verso Lanie:
“Dottoressa, lei ricontrolli tutte le prove forensi possibili, una, due, tre
volte, anche fino all’infinito se necessario, ma trovi una traccia biologica
dell’assassino. Ho bisogno di una svolta. Devo possedere una prova fisica di
quell’uomo se voglio avere la possibilità di conoscere la sua identità, o
quantomeno, poter effettuare un riscontro con un possibile sospettato. Effettui
di nuovo l’autopsia sul cadavere se è necessario, analizzi gli indumenti
prelevati al signor Castle quando è
stato condotto in carcere.. insomma si inventi qualcosa, ma non torni a mani
vuote. So di darle una grande responsabilità, ma lei è in grado di gestire la
situazione. Mi fido di lei”.
La donna annuì. Si sarebbe
impegnata al massimo per aiutare i suoi amici.
La Gates intanto continuò ad impartire ordini:
“Esposito vada alla prigione e si faccia consegnare dalle guardie gli effetti
personali del signor Castle, specialmente il suo cellulare. Potrebbe esserci utile in futuro per
rintracciare il famoso signor Smith.
Ryan lei venga con me. Dobbiamo
escogitare un piano per riuscire a far entrare al commissariato lo scrittore
senza dare nell’occhio. Beckett può entrare dalla porta principale senza troppi
problemi, in fondo è sempre un agente, ho appena deciso di rifiutare le sue
dimissioni- sottolineò la donna sorridendo- Ma il signor Castle resta un
fuggitivo.. e non possiamo nemmeno farlo scorrazzare tranquillamente per i piani
alti. Quanti problemi, mi verrà un’ulcera
prima che questa storia sia finita..”.
I tre la guardarono increduli:
“Hanno intenzione di rientrare a New York? Adesso?”
La donna annuì: “Li ho appena
sentiti. Ci sono novità da approfondire, il loro rientro è inevitabile.
Conoscete tutti Beckett, quando ha una pista non si ferma davanti a niente. Non
è prudente lasciare il signor Castle da solo, dobbiamo tenerlo d’occhio. Chi dà loro la caccia non è uno stupido, starà
setacciando la città in lungo e in largo e non si fermerà finchè non li avrà
rintracciati”.
Si fermò un secondo per pensare,
doveva trovare una soluzione eccellente, ma non le venne in mente nulla che
potesse essere risolutivo in quel momento.
Fu qualcun altro ad avere
l’intuizione giusta.
“Se posso permettermi signore, io
conoscerei il posto perfetto tra queste mura dove nessuno penserebbe di
cercarlo..” decretò seria Lanie.
“Ci illumini dottoressa”.
“So che non è molto ortodosso, ma
al momento mi sembra l’unico luogo possibile. Accanto alla sala autopsie dove
lavoro, c’è una stanza dentro la quale non entra mai nessuno, a parte noi
patologi”.
Esposito la frenò: “Aspetta
Lanie, per quanto ne so io, accanto alla sala autopsie c’è solo l’obitorio”.
“Appunto” lo guardò fissa la
donna.
“Hai intenzione di nascondere
Castle nell’obitorio? Come pensi di farlo entrare lì dentro da vivo, scusa?”
“Credo esista solo un modo
Javier” rispose la donna.
L’uomo scosse la testa: “Non credo che lui
apprezzerebbe quest’idea Lanie”.
La Gates, al contrario, sembrò
apprezzare molto: “Suvvia Esposito non faccia il puntiglioso. La sua metà ha
avuto un’idea a dir poco stratosferica, neanch’io avrei potuto far di meglio.
Preparate tutto il necessario per quest’entrata con stile. Quando arriveranno a
New York ho dato loro ordine di contattarmi e vi manderò loro incontro. Io vi
aspetterò direttamente ai piani inferiori,
non voglio perdermi quella scena per nulla al mondo, sarà molto
divertente!” sottolineò Iron Gates congedando i suoi uomini con un gran
sorriso.
Era ormai pomeriggio inoltrato
quando Esposito, di ritorno dal penitenziario con gli effetti personali di
Castle, era stato inviato dal capitano a prelevarli dal loro nascondiglio.
Li aveva trovati ad aspettarlo
già pronti, erano entrambi molto carichi. Kate si sedette accanto al posto del
guidatore, mentre Castle si accomodò nei sedili anteriori dell’autovettura dove
i finestrini oscurati gli avrebbero permesso di passare inosservato.
Davanti ai loro occhi riapparvero
poco a poco i tipici grattacieli e palazzi dell’agglomerato cittadino
newyorkese e Kate chiese all’amico se avessero studiato un piano per poter
arrivare al distretto senza correre rischi. Quando Esposto espose la teoria
elaborata durante la riunione di qualche ora prima, si rese conto di aver indovinato
in pieno la reazione che lo scrittore avrebbe avuto.
“Assolutamente no! Non lo farò! E
non mi guardare in quel modo Kate, fai sparire quegli occhi da cerbiatta dal
tuo bel viso, perché non riuscirai mai a convincermi. Per te qualunque cosa, ma
non quello! Dovresti averlo capito dal caso della mummia, sono superstizioso e,
a differenza di te, io credo che col fato non si debba mai giocare!”.
Appoggiato al finestrino
posteriore dell’auto Castle comunicò il
suo disappunto in maniera concitata.
“Andiamo tesoro, non è così
grave. Hai affrontato di peggio. Considerala un’operazione sotto copertura..”
tentò di convincerlo Kate restando il più seria possibile, ma più pensava
all’idea avuta da Lanie, più le scappava da ridere.
“Non voglio avere quel genere di
copertura, oddio un giorno l’avrò, non posso di certo evitarlo, sempre se non
decidessi di farmi crio preservare come ultima spiaggia, ma, comunque sia,
accadrà tra molti molti anni! Non di certo tra qualche minuto. Mi chiedo come
Lanie abbia solo potuto pensarlo. E il
bello è che si considera nostra amica. Credo che le farò un certo
discorsetto..”.
“Suvvia tesoro non sarà poi così
terribile, devi solo fingere. Non ti accadrà nulla di male se ti sdraierai per
qualche minuto lì..”.
Castle la zittì: “No Kate non mi
coricherò in una bara! Nemmeno per entrare al distretto. Piuttosto passo dal
portone principale e rischio l’arresto!”.
“Eh no Rick non ti permetterò di
farlo! Oppure se deciderai di testa tua, dovrai rassegnarti a trascorrere l’esistenza
in carcere, perché non ti farò evadere una seconda volta. Cerca di
tranquillizzarti e di ragionare. Chi ti ha chiesto di coricarti in una bara?
Devi solo fingere di essere morto, steso su una lettiga e coperto da un telo
bianco. Così potrai raggiungere l’obitorio dove saremo ad attenderti. Non
capisco come tu abbia potuto pensare che ti avremo tumulato vivo. Siamo
poliziotti e lo ammetto anche un po’ duri ed eccentrici, ma non siamo così
macabri”.
Castle si eclissò nel silenzio e
capì di aver totalmente frainteso.
Esposito ridacchiò: “Non essere
troppo dura Becks, qualcuno potrebbe aver ingigantito la cosa quando sei andata
a prendere quella bottiglietta d’acqua al distributore automatico”.
“Espo..” commentò la donna
sorpresa.
“Vedi che non sono totalmente
stupido?” si rianimò lo scrittore.
Stava per replicare quando l’auto
svoltò in una stradina secondaria e ben presto si ritrovarono in un piazzale
circondato da edifici abbandonati. Castle individuò immediatamente il furgone
nero della polizia forense. Quando l’auto si fermò accanto ad esso Ryan e Lanie
scesero dall’abitacolo.
La patologa forense squadrò Kate
da capo a piede e la fissò con uno sguardo interrogativo che solo due donne
potevano comprendere.
Le sembrò di sentirla chiedere:
“Allora con lo scrittore?”.
La donna reclinò un poco la testa
e sfoderò un lieve sorriso. A quel gesto, se avesse potuto Lanie Parish avrebbe
gridato dalla felicità!
Finalmente quei due si erano
chiariti! Andò verso l’amica e l’abbracciò e Kate la lasciò fare, felice di
sentire il suo calore.
“Voglio tutti i dettagli non
appena saremo sole” le disse all’orecchio strappando alla giovane detective una
risata.
“Ragazze avanti, non è prudente
restare qui allo scoperto per molto. Rientriamo al distretto, parlerete più
tardi. La Gates ci sta aspettando e io suggerirei di non arrivare in ritardo”
tagliò corto Esposito.
“Javier Esposito nessuno ti ha
mai detto quanto sei insopportabile?”.
Mentre gli amici risero a quel
divertente siparietto, Castle si avvicinò a Kate e, appoggiandole una mano
dietro la schiena, la distaccò per un attimo dal gruppo. Voleva parlarle in
privato.
“Quindi ci separiamo
momentaneamente” disse triste.
“Rick è solo per pochi minuti,
tra poco saremo di nuovo insieme. Sai che non si poteva fare diversamente”.
“Già, lo so..”.
Kate lo guardò preoccupata, il
volto di Rick tradiva sentimenti di solito estranei alla sua personalità: ansia
e paura. Infischiandosene di ciò che avrebbero potuto dire i suoi colleghi gli
accarezzò gli avambracci: “Perché hai quella faccia? Cosa c’è che ti preoccupa?
Non sarà ancora per la bara..”.
“No, non è per quello.. Ho una
strana sensazione, non riesco a spiegarti razionalmente ciò che sento, ma
qualcosa non va. Non mi piace saperti qua fuori da sola, anche per poco, col
drago alle calcagna”.
La donna lo abbracciò e Rick
chiuse le sue forti braccia contro la schiena di lei.
“Non sarò sola, c’è Esposito”.
“Ma non ci sarò io..”
“Non mi accadrà niente di male”
disse Kate non scollando nemmeno per un attimo la testa dall’incavo della sua
spalla.
“Lo spero” sussurrò l’uomo non
del tutto convinto.
“Ragazzi dobbiamo proprio andare”.
Ryan li stava chiamando.
I due sciolsero la loro stretta
e, dopo essersi guardati intensamente negli occhi un’ultima volta, si diressero
rispettivamente alle vetture che li avrebbero condotti al distretto.
Quando si accomodò sul sedile e
l’auto partì, Kate sospirò profondamente. Non aveva voluto turbarlo, ma sapeva
che Rick aveva ragione. Il suo sesto senso si era attivato non appena avevano
raggiunto quel luogo isolato. C’era qualcosa di strano.
Il suo uomo aveva torto solo su
un aspetto: non era lei ad essere in pericolo, almeno non nell’immediato.
Il cuore le diceva che gli avvenimenti avrebbero
dimostrato il contrario.
Nascosto dietro ad un muretto un
uomo si era goduto tutta la scena.
Si era rivelata una buona idea
seguire i colleghi di Kate Beckett in cerca di una pista. Non aveva creduto un
solo istante al fatto che la bella detective affranta dal senso di colpa si
fosse eclissata da quella storia.
Quella donna aveva un caratterino
niente male: era tenace, non avrebbe mai mollato. Lei doveva scoprire la
verità.
L’aveva trovata senza troppa
fatica, senza doversi veramente impegnare.. per di più era insieme all’amato
scrittore.
Il suo capo sarebbe stato
contento. Prese il cellulare ed inoltrò una chiamata: “Capo, sono io. Ho
trovato lo scrittore ed è decisamente in dolce compagnia. Hanno incontrato i
loro colleghi in un luogo appartato..
No il loro capitano non c’è,
credo che stiano agendo di loro iniziativa..
Non so dove siano diretti con
precisione, ma si sono separati. Lei con l’ispanico, lui con l’irlandese e con
la patologa..
Cosa devo fare?”.
Per qualche istante restò in
silenzio per recepire le istruzioni impartitegli.
“Va bene, sarà fatto. Prima del
tramonto potrà parlare col signor Castle” e chiuse con un rapido gesto il
cellulare.
Gettò a terra la sigaretta, che
teneva ancora stretta tra le dita, e si avvicinò all’auto che aveva nascosto
poco distante.
La mise in moto e, premendo a
tavoletta sull’acceleratore, si mise all’inseguimento del furgoncino.
Angolo mio!!!
Ops beccati.. Ce la faranno i
nostri eroi a tornare al distretto?
Mi sa che i presentimenti di Rick
erano fondati..
Vi avverto, questo era l’ultimo
capitolo semi divertente, ora la faccenda si fa tosta e seria. Lo scontro col
drago si avvicina..
Grazie a chiunque legga!!
Grazie alle mie tre lettrici in
anteprima che mantengono alta la mia stima e la voglia di continuare questa storia!
Siete mitiche e vi voglio bene!
Kiss a tutti!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Quando i brutti presagi diventano realtà ***
Quando i brutti presagi diventano realtà
QUANDO I BRUTTI PRESAGI DIVENTANO REALTA’
Le strade della grande mela erano
intasate come sempre.
Mentre Beckett ed Esposito erano
riusciti a passare evitando quel momentaneo ingorgo, Castle e gli altri si ci
erano trovati in mezzo senza quasi accorgersene. Ryan alla guida malediceva
l’ora del rientro ed era tentato di azionare il lampeggiante e la sirena in
modo da dileguarsi da lì nel minore tempo possibile, ma non sarebbe stato
etico, così rinunciò.
Si rassegnò a dover passare mezz’ora, come
minimo, tra clacson e maledizioni degli automobilisti. Castle e Lanie, invece,
erano nascosti nel retro del furgone ed erano pronti per mettere in atto il
travestimento concordato.
“Siamo intasati nel traffico.
Speriamo che Kate sia già al distretto” disse Rick guardando un punto
indefinito davanti al lui.
“Secondo me hanno avuto fortuna e
stanno subendo le lamentele di Iron Gates sul nostro ritardo” scherzò Lanie.
“Beh allora non la considererei
proprio una fortuna” riuscì a rispondere lo scrittore dimenticando per un
momento di dubbi che lo affliggevano.
In quel preciso istante il
furgoncino tornò a muoversi e Ryan comunicò loro di aver deciso di seguire un
percorso alternativo. Avrebbero allungato il tragitto, ma sperava di riuscire a
liberarsi di quel marasma.
Si infilò in una stradina
secondaria, del tutto ignaro che qualcun altro aveva compiuto la medesima
manovra, non perdendolo di vista un istante. Il poliziotto non si era accorto
di nulla, al contrario di Castle, che guardando dal finestrino accanto a lui,
aveva notato che un’autovettura scura non li perdeva di vista un attimo.
La sua ansia incominciò a tornare
a galla prepotentemente: “Ci stanno seguendo”.
Lanie cercò di rassicurarlo
ancora una volta: “Writer boy rilassati.. la tua immaginazione ti sta tirando
un brutto scherzo. Nessuno sa che siamo qui. Andrà tutto ben..”.
Non riuscì a terminare la frase.
Un violento urto la scaraventò a
terra dall’altra parte dell’abitacolo. Anche Castle subì la botta, ma riuscì a
mantenere l’equilibrio, anche se a stento, ed andare in soccorso dell’amica.
“Mi dispiace doverti correggere,
ma mi sa che non è solo frutto della mia immaginazione” disse, assicurandosi
che l’amica non fosse ferita.
Nel frattempo Ryan tentava
disperatamente di tenere il veicolo in strada, le ruote fischiavano come treni.
Quel suono stridulo rimbombava nella testa dei tre, tesi come corde di violino,
in attesa della prossima mossa del loro assalitore.
Un secondo violentissimo urto si
udì provenire dalla sinistra.
Castle guardò fuori: sulla loro
destra si vedevano solo muri di palazzi.
Non c’era alcun dubbio, qualcuno
stava cercando di mandarli fuori strada, impedendogli di scappare.
Si avvicinò al vetro che metteva
in comunicazione la zona di guida von il resto del veicolo in modo che l’amico
potesse sentirlo ed urlò: “Ryan non farti stringere, cerca di tornare al centro
della carreggiata! Se riescono nel loro intento di farci avvicinare agli
edifici saremo in trappola!”.
L’uomo annuì: “Ci sto provando
amico, ma non è facile”.
Improvvisamente si udì lo
stridere acuto della carrozzeria contro il muro e tutti entrarono nel panico,
ma grazie a non so quale miracolo, il
veicolo sobbalzò vistosamente, ma non si capovolse.
Dovevano reagire.
Ryan, con un abile
controsterzata, riuscì a ribaltare la situazione ed a spingere via il nemico,
giocando sulla maggiore resistenza e potenza del furgone.
La situazione favorevole, però,
durò poco, chiunque li stesse inseguendo non aveva nessuna intenzione di
arrendersi e l’uomo lo vide affiancarsi nuovamente a loro.
Doveva prendere una decisione in
poco tempo: fermarsi ed affrontarlo a viso aperto, nonostante fosse l’unico ad
avere una pistola e di conseguenza l’unico che avrebbe potuto difenderli
realmente, oppure provare a resistere finchè non avesse raggiunto la loro
destinazione.
Optò per la seconda ipotesi con
una lieve modifica: doveva liberarsi dell’inseguitore. Non poteva rischiare di
avvicinarsi troppo al distretto.
“Tenetevi forte, tra qualche
istante balleremo più di prima!”.
Castle e Lanie si guardarono in
viso preoccupati e si aggrapparono saldamente a ciò che trovarono, ma non fu
molto risolutivo, poiché, non appena il poliziotto attuò la sua violenta
manovra verso sinistra, entrambi andarono a sbattere contro le portiere, come
fossero palline rimbalzanti impazzite.
I due veicoli entrarono in
collisione in maniera violenta e precisa, come negli inseguimenti che si vedono
solo nei telefilm.
Entrambi furono spostate dalla
forza dell’impatto, ma nessuna delle due ebbe la meglio.
La situazione stava diventando
insostenibile poiché si stavano progressivamente avvicinando alle vie
principali della città: quello stallo doveva finire o il rischio che qualche
estraneo venisse coinvolto sarebbe divenuto sempre più concreto.
L’uomo del drago lo sapeva bene,
così decise di passare al piano B: se non riusciva a farli accostare
speronandoli, conosceva un altro modo per far in modo che quella maledetta auto
si fermasse.
Recuperò dal bauletto del
cruscotto la pistola di contrabbando, comprata poche ore prima al mercato nero
e, dopo essersi affiancato di nuovo in maniera perfetta, abbassò il finestrino
e mirò alla ruota posteriore.
Il primo e il secondo colpo
mancarono il bersaglio, mentre il terzo andò a conficcarsi saldamente nel
pneumatico che in attimo si sgonfiò, facendo perdere immediatamente aderenza al
veicolo.
Ryan cercò disperatamente di
mantenere il controllo per impedirne lo schianto, ma fu tutto inutile. La forte
velocità, tenuta fino a quel momento, divenne incontrollabile e, in men che non
si dica, si ritrovarono contro un palo della luce.
Le lamiere del muso si
accartocciarono su se stesse, schiacciando il guidatore nell’abitacolo. Gli air
bag si aprirono, andando a sbattere contro il corpo di Ryan che, a causa del
trauma, si accasciò sul volante privo di coscienza. Nel retro del furgone Lanie
e Castle non erano messi molto meglio.
Erano entrambi a terra feriti e
l’uomo poteva udire indistintamente i lamenti della donna.
“Lanie stai bene?” domandò con un
fil di voce lo scrittore.
La dottoressa riuscì a mormorare:
“Devo essermi rotta un polso, fa un male atroce, ma per il resto direi che è
tutto ok”.
Un filo di sangue, invece, le
colava sul viso, non doveva essersi accorta di essersi ferita anche sulla
fronte durante l’impatto.
Castle cercò di raggiungerla, ma
non ci riuscì: la testa gli doleva e non riusciva a mantenere l’equilibrio.. La
sua mente era offuscata, ma ricordava di aver preso una brutta testata sotto la
nuca. Sperò di non essersi procurato un trauma cranico..
Ne ebbe quasi la certezza, però,
quando il portellone anteriore del furgone si aprì e la luce del giorno lo
investì in pieno viso. Immediatamente gli salì la nausea.
Il suo cuore divenne un martello
pneumatico nel petto nell’istante in cui vide la figura di un uomo armato
salire all’interno e puntare dritto verso di loro.
“Lasciala in pace” disse Castle
riconoscendolo immediatamente.
Il killer ridacchiò: “Non ti
preoccupare scrittore, i tuoi amici sono fortunati, non ho intenzione di far
loro del male. Devo solo occuparmi di te. Qualcuno desidera farsi una
chiacchierata in amicizia con te e io ti porterò da lui. Se non opporrai resistenza, ce ne andremo come se nulla fosse
accaduto. Altrimenti- disse puntando la pistola verso Lanie- dovrò convincerti
con le cattive. Non devo ricordarti che, per colpa tua, è già morta un’altra
donna nell’ultimo periodo, vero?”.
L’uomo si sentì in trappola, ma
non aveva altra scelta, doveva seguirlo.
Il drago lo aveva messo con le
spalle al muro per la seconda volta.
Si mise in piedi con estrema
fatica, ma prima di scendere, controllò d’avere al polso il suo orologio. Per
fortuna constatò che non era rotto..
Il suo rapitore non si rese conto
di nulla e lo spinse verso la sua macchina in fretta e furia, non poteva
perdere altro tempo. Quando riuscì a far entrare Rick nei sedili posteriori, lo
colpì col calcio della pistola alla testa, rendendolo incosciente. Non poteva
rischiare che memorizzasse il tragitto per arrivare al loro covo, semmai ne
fosse uscito vivo.
Mentre ripartiva, pensò che, per
una volta, il suo capo sarebbe stato contento di lui.
“Che cosa?! Quando? Sì,
naturalmente! Stiamo arrivando..” disse Victoria Gates sbattendo la cornetta
del telefono sull’apparecchio sottostante. Chiuse gli occhi e si passò una mano
sul viso. Erano decisamente nei guai, si
erano fatti fregare come pivelli, maledizione.
Esposito e Beckett, giunti sani e
salvi al distretto, avevano assistito alla scena al di fuori dell’ufficio del
capitano.
Ciò che avevano visto attraverso
i vetri era chiaro, anche se non avevano intuito le esatte parole della
conversazione: era successo qualcosa di serio.
La Gates fece loro segno
d’entrare e i due ubbidirono prontamente. Una volta al’interno la donna fece
scendere le tapparelle sui vetri in modo che quella diventasse una
conversazione privata, senza avere gli occhi di tutto il distretto addosso.
Kate la scrutò attentamente,
consapevole che quello che stava per ascoltare non le sarebbe piaciuto.
Il capitano prese un profondo
respiro e parlò: “C’è stato un grave incidente
stradale nella zona del decimo distretto. Un furgone della polizia
forense è stato speronato e fatto uscire di strada da un altro veicolo non
ancora identificato. I due poliziotti all’interno sono rimasti feriti e li
stanno trasportando all’ospedale più vicino. Non sono in pericolo di vita. I
colleghi mi hanno appena confermato che si tratta del detective Ryan e della
dottoressa Parish.”.
Esposito mise le mani sui fianchi
e maledì l’universo.
Come era potuto accadere?
Kate era rimasta senza parole.
Un unico tarlo le offuscava la
mente..
La Gates aveva detto “due
poliziotti”…
Lanie e Ryan..
E Rick? Dov’era finito Rick?
Sapeva di conoscere la risposta e
ciò la inquietò ancora di più. Non volle pensare subito al peggio: quei
maledetti volevano lei, non avrebbe avuto alcun senso ucciderlo ora. In caso
contrario avrebbe abbandonato il cadavere sul luogo dell’attentato, come segno
del loro potere.
Aveva ancora una possibilità,
doveva trovarlo. Sarebbe andato a riprenderselo, anche se avesse dovuto
affrontare il drago in persona.
Victoria Gates doveva averle
letto nel pensiero, o più semplicemente aveva interpretato l’espressione del
suo viso, perché le si parò davanti e, con aria severa, decretò: “Non ci pensi
neanche detective. Lei non uscirà di qui senza un piano preciso e dettagliato.
Stanno tendendoci una trappola. Ammetto che sono stati più scaltri di noi
stavolta, sono riusciti a seguirvi senza che ve ne rendiate conto, e mi chiedo
come questo sia possibile- disse guardando torva Esposito- ma non riusciranno a
fregarci del tutto. Aver rapito la persona più importante della sua vita è solo
un espediente per renderla vulnerabile, per attirarla verso di loro senza
difese, ma non deve permetterglielo. Non torceranno un capello al signor
Castle, il vero obbiettivo resta lei”.
La giovane donna sapeva che il
suo capo aveva ragione, doveva riuscire a scindere i sentimenti dalla
razionalità anche se era quasi impossibile. Non poteva permettere al drago di
mandarla sotto ancora una volta.
“Ha ragione capitano, non devo
agire d’istinto questa volta. Non le nascondo la mia angoscia, ma vedrò di non
cacciarmi nei guai. Farò tutto ciò che devo fare, ma la prego, ritroviamolo in
fretta”.
“Non si preoccupi detective,
anch’io voglio che questa storia finisca presto, comincia ad irritarmi il fatto
che siamo sempre un passo davanti a noi. Loro non sanno, però, che abbiamo un
asso nella manica..”.
“L’informatore di Rick!” esclamò
Kate.
Come aveva potuto dimenticarsene?
Doveva assolutamente
rintracciarlo, ora più che mai.
“Ok, la sua identità non può più
rimanere segreta, ci devo assolutamente parlare. Ho bisogno di alcuni
chiarimenti che solo lui può darmi”.
Si diresse a passo svelto verso
l’ufficio dove venivano custodite le prove senza aspettare un secondo di più.
Aveva negli occhi una nuova luce,
forse mai avuta prima.
Victoria Gates sorrise: quella
era la Kate Beckett che le aveva descritto Roy, non la donna testarda ed
indisciplinata che aveva conosciuto.
Sarebbe stato un piacere lavorare
con lei.
Si girò verso Esposito e gli
impartì ordini: “Vada all’ospedale ad accertarsi delle condizioni della sua
ragazza e del suo amico e mi faccia sapere al più presto. Io resterò qui col
detective Beckett per riuscire a sciogliere il groviglio di questa matassa”.
L’uomo la guardò riconoscente,
aveva una gran voglia di vedere Lanie: “Agli ordini capitano” e sparì dentro all’ascensore.
Sentiva solo suoni confusi che
gli rimbalzavano nella mente torturandolo, come se un martello pneumatico gli
stesse perforando le meningi.
Non aveva cognizione di dove
fosse, non riusciva nemmeno ad aprire gli occhi. I suoi sensi erano del tutto
alterati e il corpo non rispondeva ai suoi comandi.
Presto si rese conto del perché:
era legato mani e piedi ad una sedia e la testa gli pendeva in avanti. Con
immane fatica cercò di raddrizzarsi, ma i muscoli intorpiditi del collo gli
causarono una scarica dolorosa aumentandogli decisamente la nausea.
Udì una voce accanto a lui
pronunciare: “Bene, ti stai svegliando”.
Un rumore leggero di tacchi si avvicinò
sempre di più. Castle si sforzò per mettere a fuoco la figura davanti a lui. A
poco a poco tutto si fece più chiaro, ma la sua sorpresa fu assoluta.
Non poteva essere lei.
La donna si limitò ad alzargli il
mento con la mano, per poterlo guardare negli occhi, ed a dire: “Hello Rick”.
Angolo mio!!!
Come avevo promesso la situazione
si è decisamente movimentata!! Rick aveva ragione a sentire puzza di guai..
Dove sarà stato portato? E la
misteriosa donna che lo ha segregato chi sarà?
Aspetto i vostri commenti!
Un bacione a tutti! E grazie col
cuore ..
Kiss
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Si scoprono le carte ***
Si scoprono le carte
SI SCOPRONO LE CARTE
Riconobbe immediatamente quella
voce, non si era sbagliato.
Era davanti a lui, ma non poteva
essere vero.
L’aveva vista cadere abbattuta dal proiettile
sparato da un collega, mentre cercava di
ucciderli.
“Sophia..” mormorò..
Colei che credeva un’amica, la
donna con cui aveva avuto una relazione, la donna che per prima aveva
considerato la sua musa ispiratrice era solo una traditrice della peggior
specie. Non solo per l’intero Paese, per loro, ma, soprattutto per lui.
Si era alleata col peggior criminale
della città, un uomo che aveva decretato la morte di tante persone innocenti
solo per mantenere segreta la sua identità e continuare a compiere i suoi
sporchi affari.
Quell’alleanza era incredibile.
Lo disgustava.
La donna gli sorrise beffarda: “Non
credevi che mi avresti rivisto, vero? Mi dispiace per voi, ma ho la pelle dura.
Non vi libererete di me molto facilmente!”.
Fece il giro della sedia con passo lento e deciso, per sottolineare
chi avesse il potere nelle sue mani.
“Perché stai facendo tutto
questo?” chiese lo scrittore cercando il suo sguardo.
La donna si fermò, si abbassò
davanti a lui e lo fissò: “Cosa intendi di preciso? Allearmi con un uomo
estremamente potente, che mi aiuterà a
raggiungere i miei obbiettivi, chiedendo in cambio solo un po’ di riservatezza?
Oppure perché sto tradendo l’America?
Beh la seconda domanda ha una semplice
risposta. Come ti ho già detto gli Stati Uniti non sono il mio Paese, sono il
nemico. Agendo in questo modo, sto solo cercando di ottenere vantaggi per il
mio popolo, ma non starò ad elencarti i dettagli. Non puoi biasimarmi per
questo”.
L’uomo era disgustato: “Anche se
ci andranno di mezzo ancora una volta persone del tutto incolpevoli?”
Sophia scoppiò a ridere: “Sei il
solito melodrammatico, Rick. Questa frase fatta è degna di un vero scrittore,
di un uomo di lettere in ogni cellula del suo corpo.. Hai sempre avuto un
grande cuore, lo riconosco, e questo ti farà ammazzare, lo sai?. Non ti credere
di riuscire a conquistare tutti col tuo straordinario fascino. Con me non
succederà. Eri un passatempo divertente, ne abbiamo giovato entrambi, ma non
sono mai stata veramente coinvolta con te. Non sono come mi hai descritto nei
tuoi libri, te l’ho solo fatto credere.
Ma non è questo che ti preoccupa,
vero? Ti stai chiedendo quale sarà la mia prossima mossa, perché ho catturato
te, invece della tua bella. Non sei così stupido da non comprendere che è lei
il nostro vero obbiettivo..”
“Lascia in pace Kate!” la fermò
l’uomo.
La donna cercò di prendere di
nuovo il suo mento tra le mani, ma l’uomo si divincolò, facendole scappare una
risata malvagia: “Mi piacerebbe farlo, ma quella ragazza è decisamente una
scocciatura. Se solo avesse smesso d’indagare molto tempo fa, se avesse
continuato a vivere, senza rituffarsi nel passato ossessivamente, non si
troverebbe nel nostro mirino. È come sua madre, una curiosa guastafeste..”
Rick la interruppe: “Johanna
Beckett era solo una donna onesta che stava cercando di tirar fuori di prigione
un uomo condannato ingiustamente per un crimine che non ha mai commesso. Era un
vero avvocato e quello era semplicemente il suo lavoro.
Kate sta solo ricercando
giustizia, per poter finalmente andare avanti. L’uomo che tanto idolatri le ha
spezzato l’esistenza, distruggendo la sua giovinezza. È stata costretta a
crescere troppo in fretta, portando un peso sulle spalle e un dolore intrinseco
nel cuore che una ragazzina di quell’età non dovrebbe nemmeno conoscere. Sta cercando di mandare in prigione un criminale,
non puoi certo biasimarla per questo”.
Aveva usato le stesse parole
della donna di poco prima volontariamente, per colpirla. La donna rise di nuovo:
“Sempre molto abile con le parole Rick, ma ti ripeto, non sei nella condizione
di dettare legge. Ho io il controllo della situazione, completamente. La
partita sta girando a mio favore e, tra poco, assesterò l’affondo decisivo e
per la tua bella detective saranno guai”.
“Te lo ripeto un’ultima volta,
lascia in pace Kate! Non farle del male. Stai sbagliando tutto Sophia!” urlò
Rick.
“Sei tu a sbagliare Rick! Non hai
ancora capito niente? Io uscirò vincitrice da questa battaglia, ma lascerò a Kate Beckett l’onore di compiere un gesto eroico: salvare il suo grande amore e
dimostrare la sua innocenza.
Vuoi conoscere i dettagli del mio
geniale piano? Ciò che faremo credere al mondo intero?
Il famoso scrittore Richard Castle, dopo
essere evaso di prigione, fa perdere le sue tracce. La detective, con la quale
ha collaborato per molto tempo, si chiede per quale motivo l’abbia presa in giro
e così decide di ritrovarlo: esige una
spiegazione. Riesce nel suo intento ma, il destino le riserva un brutto
scherzo: lui è armato e poco disposto a vederla e a confrontarsi con lei.
Durante lo scontro inavvertitamente parte un colpo e Kate Beckett si accascia al
suolo ferita a morte. La polizia sopraggiunge sul luogo del delitto chiamata da
una telefonata anonima e trova lo scrittore con una pistola in mano, coperto
dal sangue della donna. Viene arrestato come unico colpevole e passa il resto
della sua vita in carcere.
Che ne dici? La trama di questa
storia non è niente male. Stare insieme a te è servito a qualcosa.
Certo, tu dovrai recitare il
ruolo del capro espiatorio, ma sono sicura che senza la tua bella, la tua vita
non avrà più senso. La prigione non sarà mai così terribile come il rimorso che
ti porterai nel cuore. Mi sto
sbagliando?”.
Castle si sentì invadere dalla
rabbia e cercò di liberarsi, ma i lacci che lo tenevano legato alla sedia erano
ben saldi e non riuscì nel suo intento. Guardò
con un odio mai provato quella donna.: “Kate capirà che le stai tendendo una
trappola. Non abboccherà mai”.
Sophia lo guardò con disprezzo e,
sorridendo malignamente, lo corresse: “Forse lo intuirà, ma ha già dimostrato
di essere irrazionale quando si parla di te. Non permetterà che ti accada nulla
di male. sai, credo che quella ragazza sia veramente innamorata di te. Per
questo sei qui. Non saremo noi a cercarla, sarà lei a trovare noi. Stai
tranquillo, le daremo un buona accoglienza. A mantenere le apparenze sono
brava..” .
Si avvicinò alla porta: “Tornerò
presto. Cerca di non divertirti troppo mentre sono via” e, detto questo, uscì
dalla stanza.
Castle respirò profondamente, dopo
il duro faccia a faccia avuto con Sophia si rese conto di avere le vertigini ed
un senso di nausea gli opprimeva lo stomaco.
Guardò fuori dall’unica finestra
della stanza e pensò alla sua donna: “Kate non correre pericoli per me. Stai
attenta tesoro, mi raccomando”.
In quel preciso istante
l’orologio, che aveva al suo polso, emise un leggero bip, che lo scrittore,
immerso nei suoi pensieri, neanche sentì.
Kate Beckett guardò fuori dalla
finestra, mentre il sole iniziava a tramontare su New York. Il suo cuore aveva
sussultato senza motivo. Non aveva mai creduto alle connessioni paranormali, ma
sapeva che la sua sensazione riguardava il suo scrittore. Sperava con tutto il
cuore che fosse al sicuro, ma lo avrebbe ritrovato presto.
Si erano presi sua madre nel modo
più brutale possibile, non avrebbe perso anche l’uomo che amava. Avrebbe
risolto quel caso a costo della sua vita.
Davanti a lei, Victoria Gates
aprì la scatola portata dalla prigione da Esposito poche ore prima. Prese tra
le mani il cellulare dello scrittore e lo porse alla collega: “Lo accenda lei
Kate, sa sicuramente usarlo meglio di me. Io non sono molto pratica di queste
tecnologie”.
La donna lo accese e in pochi secondi tutte le
mille applicazioni dell’apparecchio furono pronte all’uso. Sullo schermo
principale apparvero una marea di icone delle quali perfino Kate ignorava
l’esistenza.
In men che non si dica, riuscì a
trovare la lista delle chiamate ricevute e ben presto a scovare il nome
“Mr Shadows” nell’elenco.
Sapeva che era il nominativo
giusto, era stato Castle stesso a confessargli come lo aveva salvato nella
rubrica.
Trascrisse il numero su un
foglietto e lo porse al capitano Gates.
La donna si fermò per un secondo
e la guardò: “E’ sicura di volerlo fare detective? Minerà la sua copertura,
l’accordo che la mantiene in vita”.
Kate la guardò dritta negli occhi
e senza nessuna esitazione rispose: “Certo capitano, devo trovare quell’uomo.
Devo sapere. Non importa se infrangerò le regole. Se tutto andrà per il verso
giusto, ci libereremo del drago una volta per tutte e nessuno sarà più in
pericolo”.
Victoria Gates sorrise e digitò
il numero di telefono del misterioso informatore nel database del distretto.
Entrambe rimasero in silenzio,
l’una accanto all’altra, nell’attesa che la ricerca si interrompesse rivelando
loro informazioni utili.
Quando il computer si fermò
rivelando, come la Gates aveva sempre sospettato, che si trattava di una scheda
prepagata difficilmente identificabile.
Kate si passò una mano sul viso
ed il capitano sbuffò: “Mai che il fato, il destino, il caso, la vita o come
diavolo la si voglia chiamare, ci venga in aiuto e ci velocizzi le cose. Cosa
abbiamo fatto di male? Devo ancora capire se l’universo ce l’ha con me, con lei
o col signor Castle, ma di una cosa son sicura, qui non siamo messi bene per
niente”.
La giovane detective stava per
concordare con lei, quando ebbe un’illuminazione: “Aspetto capitano. Se non è
stato gettato e anche se non è acceso al momento, non esiste un modo per
localizzarlo lo stesso? Attacchiamoci a un satellite militare o civile e scopriamo
da quale zona della città proviene il segnale. Si può fare, vero?”.
“Ora ho capito come ha fatto a
battermi di alcuni mesi quando è stata promossa a detective. Lei rende bene
sotto pressione, la sua testolina a volte mi sorprende. Certo che si può fare!
Basta avere un’autorizzazione e, se non ricordo male, un vecchio collega degli
affari interni mi deve un favore” esclamò la donna, lasciandosi cadere sulla
sedia ed inoltrando la chiamata.
Kate respirò profondamente e
sperò di ricevere buone notizie, ne aveva un impellente bisogno.
“Dobbiamo aspettare sue notizie,
ma ha detto che ci aiuterà e che abbiamo la priorità su qualunque altro caso.
Tra pochi minuti ci invierà una e-mail con le immagini del satellite”.
“Grazie signore” rispose
sollevata la donna.
“Avanti Beckett, andiamo a farci
un caffè, abbiamo una lunga nottata davanti. Un po’ di caffeina non può farci
che bene”.
Le due donne si diressero verso
la sala relax e, mentre Kate preparava un cappuccino per entrambe, la Gates
intavolò un discorso mai affrontato prima.
“Kate ascolti. Quando Roy mi ha
chiesto di aiutarla, non mi vergogno ad ammettere di essermi domandata cosa lei
avesse di speciale. Per quale motivo un uomo della sua carica morale avesse
deciso di sacrificare la vita per tenere al sicuro la sua. E, soprattutto,
perché la amasse come solo un padre ama sua figlia.
I mesi in cui è stata
convalescente dopo il suo attentato li ho passati a cercare di “conoscerla”
meglio e a studiare il caso di sua madre. Una tragedia senza precedenti, archiviata
nel più subdolo dei modi. Nessun poliziotto si dovrebbe mai macchiare di una
simile codardia.
Il coinvolgimento del mio amico
mi ha ferito: quel suo lato nascosto, non lo avrei mai immaginato. Mi piace
pensare che sia morto in quel vicolo con Armen prima, anni dopo insieme a sua
madre..”.
“Signore ascolti, il vecchio
capitano ha pagato caro il prezzo delle sue azioni passate. Il mio unico
rammarico è di essermi accorta troppo tardi della profondità dei suoi
sentimenti nei miei confronti. In maniera sbagliata, ha sempre cercato
d’indirizzare la mia vita verso la felicità. Ha permesso a Rick di rimanere qui
solo perché si era accorto che “mi faceva bene”, con lui avevo ritrovato il
sorriso. Se ora ho la possibilità concreta di essere felice, lo devo in parte a
Roy Montgomery. Non gli imputo nessuna colpa, l’ho perdonato.
Per la sua memoria, per quella di
mia madre e di tutte le vittime del drago, io catturerò quell’assassino. Ormai
non posso più tirarmi indietro”.
La Gates sorrise: quella giovane
donna era pronta ad affrontare la realtà, della ragazzina ferita di tutti gli
anni precedenti, non c’era più traccia.
“Sono convinta, però, che il nodo
della matassa vada ancora ricercato nel caso di sua madre. L’ho studiato per
bene e sembra avere una logica investigativa sensata se si analizzano insieme
tutti gli avvenimenti da lei scoperti in questi quattro anni, ma qualcosa non
mi convince.
Ci deve essere sicuramente
qualche dettaglio che ci possa condurre a scoprire l’identità del drago, ma
continua a sfuggirci, anche se ce l’abbiamo sotto il naso da molto tempo”.
Kate rispose sicura: “Ho letto e
riletto quelle carte capitano, erano diventate la mia ossessione, ma non c’era
nulla che mi possa condurre da lui. Se solo avessi avuto una benché minima
idea, ora non saremmo qui a discuterne. L’unico che può indirizzarci nella
giusta direzione è quell’uomo..”.
“Allora andiamo a vedere se
quell’e-mail è arrivata”.
Quando giunsero nuovamente
davanti al monitor del computer furono felici di constatare che nella casella
della posta elettronica c’erano dei nuovi messaggi.
La aprirono e la Gates la scrutò:
“Ci siamo detective”.
“La apra capitano, non perdiamo
altro tempo”.
Il click del mouse sembrò un
tuono alle loro orecchie ed il secondo, con cui la cartella si aprì,
mostrandone il contenuto, il più lungo della loro vita.
Erano terribilmente tese.
Davanti a loro videro una
rilevazione satellitare di un famoso quartiere di New York, un quartiere dove
vivevano solo pezzi grossi.
Poco più in basso era annotato un
indirizzo preciso.
Kate prese carta e penna e
trascrisse il tutto, mentre Victoria Gates rimase a fissare lo schermo quasi
stregata.
Di certo non si aspettava quel nome.
Angolo mio!!
Ragazze siete bravissime! Avevate
capito tutte che si trattava di Sophia! Si è schierata col nostro draghetto sputa
fiamme.. e ora?
Ed è arrivata l’e-mail col nome
dell’informatore.. E la Gates si è zittita, ops..
Alla prossima!
Come sempre grazie a tutte!! A
chi legge, a chi recensisce, a tutte!! Grazie
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** La verità si nasconde nell'elemento discordante ***
La verità si nasconde nell'elemento discordante
LA VERITA’ SI NASCONDE
NELL’ELEMENTO DISCORDANTE
Era seduta sul pavimento del suo
appartamento davanti alla sua lavagna personale a studiare per l’ennesima volta
il caso di sua madre.
Quando era rientrata le forze l’avevano
abbandonata di colpo e accasciata a terra, non riusciva a smettere di fissare
quei fogli, quelle note che avevano caratterizzato la sua vita in maniera così
radicale fino ad allora.
Ora che tutto stava per finire, si
chiedeva se era veramente pronta. Lo aveva desiderato con tutta la sua anima da
sempre, ma ora come si sentiva?
Sicura.
Finalmente sicura di venirne a
capo, di riuscire ad attraversare quel fiume di dolore ed ad andare avanti.
A fare ciò che sua madre avrebbe
voluto, farsi una vita.
Doveva risolvere solo l’ultimo
rebus che si nascondeva nei meandri di quegli avvenimenti, poi avrebbe saputo
quel nome. Doveva farlo e ci sarebbe riuscita.
L’informatore di Rick le aveva
detto una frase che l’aveva molto colpita, le aveva dato un indizio molto
importante.
“La
verità la può intuire solo dall’elemento discordante”.
Quella frase le era in parte
ancora oscura, ma sapeva che era la chiave per scardinare quel rompicapo.
La sua mente ritornò a qualche
ora prima, al loro colloquio in quella casa. Doveva prestare attenzione, anche
il più piccolo dettaglio poteva essere importante.
Uscite
dal distretto, erano salite sull’auto della Gates in fretta e furia. Non potevano aspettare l’indomani, sarebbero
andate da quell’uomo quella sera stessa. In fondo non era così tardi!
La
loro destinazione non era vicino al dodicesimo, ma vi si trovarono in men che
non si dica. Si fermarono proprio davanti al palazzo preciso e Kate spense il
motore dell’auto. Respirò profondamente per un istante, come a cercare di far
convogliare le sue ultime energie dentro di sé: doveva essere forte, quello
poteva essere il momento decisivo.
Il
capitano, invece, era rimasta stranamente in silenzio per tutto il viaggio, si
era limitata a guardare fuori dal finestrino. Kate aveva notato il suo
improvviso cambiamento d’umore, ma non aveva voluto interferire, non la
conosceva così a fondo per permettersi simili confidenze.
“Saliamo
capitano?” si permise di dire dopo qualche secondo.
“Certo
Beckett, andiamo e togliamoci il pensiero”.
Si
trovavano in un vecchio palazzo, forse in uno dei più antichi della città, ma
non si fecero ingannare dalle apparenze, sapevano entrambe di stare per
disturbare un pezzo grosso della società newyorkese.
Quando
furono davanti al portone la Gates si parò davanti a Beckett e le ordinò:
“Lasci parlare me per ora”.
Kate
annuì, non poteva discutere i suoi ordini in quel momento.
La donna suonò il campanello e, quando ottenne
risposta, si identificò: “Sono il capitano Gates della polizia di New York,
apra la porta per favore”.
Immediatamente
fu accontentata e, davanti a loro, apparve un uomo sulla sessantina, raffinato,
elegante e con uno splendido sorriso: “Mi stavo chiedendo quando saresti
arrivata Victoria. Se devo essere sincero ti aspettavo un po’ prima, ma
comprendo che la situazione era difficile da interpretare”.
La donna si limitò a rispondere: “Buonasera
senatore Davon”.
L’uomo
le sorrise ancora, poi si girò verso Kate e le porse la mano: “E’ un piacere
conoscerla di persona detective Beckett. La sua fama e i suoi guai la
precedono. Io sono colui a cui deve la vita, in parte direi, il vero onore
resta a Roy Montgomery. Prego, entrate, non vorremmo parlare sul
pianerottolo..” e, scostandosi per permettere loro d’entrare, le fece
accomodare nel salotto.
Kate
guardò intorno a sé: quella casa era veramente splendida. In confronto la casa
super tecnologica di Castle sembrava un appartamento di provincia. Le pareti
erano ricoperte di quadri di estremo valore, il mobilio era costituito da
numerosi pezzi di grande pregio e i pavimenti erano nascosti da terribili
tappeti.
Kate
aveva quasi timore di muoversi tra quelle stanze. Seguì il padrone di casa
senza battere ciglio e si accomodò sul divano del salotto accanto alla Gates
che, al contrario, si destreggiava con facilità in quell’ambiente, come se in
realtà lo conoscesse bene. La giovane
donna aveva intuito che il capitano conosceva il senatore e sospettava che la
loro conoscenza non fosse superficiale.
Dopotutto
l’aveva anche chiamata per nome.
L’uomo
si sedette davanti a loro e facendosi più serio incominciò a parlare: “Credo di
sapere per quale motivo siate qui, ma prima di iniziare il nostro discorso,
vorrei sapere come avete fatto a rintracciarmi. Sono curioso”.
Fu
la Gates a rispondere: “Abbiamo attivato
il gps del telefono che hai utilizzato per comunicare con il signor
Castle tramite un satellite militare. Così ho scoperto, ammetto con un certo
stupore, che l’informatore eri tu”.
L’uomo
rise: “Hai scomodato i militari? È tipico di te Victoria, sei un carro armato,
per ottenere ciò che vuoi sei capace di usare i mezzi più disparati!”.
“Dovevo
dare una svolta alla situazione. Non potevo continuare a brancolare nel buio,
siamo qui per avere delle risposte” commentò
fredda la donna.
L’uomo
si irrigidì e la guardò fisso. Aveva compreso che il momento dei convenevoli
era finito.
Fu
Kate a rompere quel silenzio imbarazzante che si era creato: “Senatore, ho
bisogno del suo aiuto. So che possiede dei documenti ricevuti dal capitano
Montgomery con i quali sta salvaguardando la mia vita”.
“E’
esatto, detective”
“So
che aveva contattato il signor Castle per far si che mi astenessi dal
continuare le mie indagini personali. Solo così sarei stata al sicuro. Le cose,
però, sono cambiate: il drago stesso ha rotto volontariamente quell’accordo,
costringendo Rick a mettersi nei guai..”
L’uomo la fermò: “Immagino detective. Lei ha
lo straordinario potere di ammaliare gli uomini. Nel senso buono del termine,
non mi fraintenda. Quando parlavano di lei, sia il signor Castle sia Roy
avevano una luce particolare negli occhi. Non mi sorprende il fatto che
entrambi si siano sacrificati per lei”.
Kate
riprese il filo del suo discorso: “Ecco, il punto è proprio questo. Io non
posso più permettere che le persone importanti per me, siano in pericolo per
causa mia. Questa storia deve finire, devo rintracciare il drago, devo
assolutamente dargli un volto. Rick è in pericolo, è stato rapito e temo per la
sua vita. Se scopro l’identità di quel farabutto, potrò riprendermi il mio
uomo. Lo devo ritrovare al più presto”.
“Freni
Kate, non sia precipitosa. Lei non potrà mai sconfiggere sul serio il drago se
non prova la sua colpevolezza senza alcun ragionevole dubbio con delle prove.
Lui è un pezzo grosso, mia cara. Non per screditare la sua posizione, ma lei è
solo una detective della polizia di New York. La sua parola contro quella del
drago non vale nulla..”.
Kate
non comprendeva fino in fondo: “Ma i documenti in suo possesso, potrebbero
incastrarlo”.
L’uomo
scosse un poco la testa: “Potrebbero affossarlo, ma non distruggerlo. Secondo
lei perché un uomo così potente è così terrorizzato da dei semplici fogli di
carta?”.
La
donna rispose sicura: “Rivelerebbero la sua identità, chi veramente si nasconde
dietro a tutti questi efferati omicidi”.
L’uomo
annuì con la testa: “Infatti c’è il suo nome lì sopra”.
Kate
stava perdendo la pazienza: “Me li consegni per favore, ho il diritto di sapere
la verità, adesso! Forse prima non sono stata abbastanza chiara, la vita di un
uomo è in pericolo! La prego non perdiamo ulteriore tempo!!”.
L’uomo
davanti a lei rimase impassibile: “Non posso consegnarle quei documenti, non li
ho qui con me. Sono in un posto al sicuro, dove il drago non li cercherà mai.
Ho dovuto nasconderli, se non volevo correre alcun rischio”.
“Allora
mi dica chi è.. Almeno questo me lo deve..”.
Aveva
pronunciato le stesse parole usate con Roy nell’hangar senza accorgersene, e,
anche in questo caso, la sua non era più una richiesta, era diventata quasi una
supplica.
L’uomo
si sporse in avanti e la guardò intensamente. Kate si perse nel suo sguardo per
cercare di capire quali sentimenti e quali pensieri gli stessero passando per
la mente, ma non riuscì a carpire nulla dal castano dei suoi occhi.
Il
senatore, al contrario, comprendeva lo
sconcerto della giovane donna e le posò una mano sulle ginocchia per rendere
meno doloroso ciò che stava per dire: “Kate so cosa sta pensando e cosa sta
provando, ma non le dirò quel nome, almeno non stasera. I tempi non sono ancora
maturi..”.
A
quelle parole la rabbia di Kate Beckett esplose improvvisa, senza che la
giovane donna riuscisse a trattenerla: “Cosa significa che i tempi non sono
ancora maturi? Cosa devo aspettare? Che quel maledetto, infimo essere umano
uccida senza pietà l’uomo che amo, solo per dimostrarmi di essere più bravo di
me a giocare al gatto e al topo? Voi siete impazziti tutti, ma io non starò qui
ad assecondare i vostri giochini. Io devo assolutamente fare qualcosa e se lei
non intende aiutarmi, troverò una soluzione da sola”.
Si
sentiva totalmente esasperata e distrutta psicologicamente.
Si
alzò di scatto, ma una mano le afferrò il polso destro e la tirò verso il
basso.
“Detective si sieda. Non sia precipitosa. Lo
lasci finire di parlare. Quello che quest’uomo può dirle le sarà utile, ne sono
più che sicura”.
Il
capitano Gates parlò ferma e decisa, senza muoversi di un solo millimetro da
dove era seduta e continuò a fissare l’uomo, quasi con fare minaccioso.
“Stia
tranquilla, non usciremo di qui a mani vuote”.
L’uomo
le diede manforte: “Grazie Victoria per essere intervenuta. Non avevo terminato
il discorso e sono stato frainteso. Stavo dicendo, non posso dirle apertamente
il suo nome, ho fatto una promessa al mio vecchio amico Roy. Niente, però, mi
impedisce di confermare una sua teoria o una sua supposizione”.
Kate
si contorse le mani in segno di frustrazione.
Perché
nulla nella sua vita era semplice?
Perché
Roy si era premurato che non conoscesse la verità, neanche dopo l’attentato?
In
fondo sapeva già del suo coinvolgimento, non riusciva a capire..
Il
senatore nel frattempo, si era alzato dalla poltrona e, attraversata la stanza,
si era fermato davanti ad un quadro appeso al muro e ne accarezzò la cornice
con un dito: “Lei ama l’arte detective?”.
La
giovane donna annuì con la testa.
“Bene
allora riuscirà a seguirmi, mentre cercherò di illustrare una metafora
attraverso di essa. Come saprà, ogni quadro ha intrinseco dentro di sé un
messaggio, una tematica: alcuni sono di facile interpretazione, altri meno.
Ognuno di essi contiene il pensiero dell’autore, una piccola parte di se stesso
che, volutamente o no, mostra al mondo. Chi si sofferma ad ammiralo di solito
ne coglie un aspetto, solo chi è particolarmente sensibile riesce a
comprenderne il significato a tutto
tondo.
Ci
sono artisti, poi, a cui piace giocare, a cui piace nascondere il loro vero pensiero
dentro un altro, per ingannare lo spettatore. Allora inseriscono nella trama
della loro opera un elemento, che può essere un oggetto, una figura o più
semplicemente uno sguardo o un movimento di uno dei personaggi che nell’insieme
dell’opera passa inosservato, poiché sembra in armonia con gli altri, ma, in
realtà, se si osserva se ne discorda.
Vorrei
che portasse alla sua memoria il capolavoro “La vergine delle rocce” di
Leonardo da Vinci. Esistono due versioni di questo famosissimo dipinto, estremamente
simili, ma diverse l’una dall’altra solo per alcuni particolari. Lo sapeva?”.
Mentre
parlava si avvicinò alla biblioteca, ne estrasse un libro e lo aprì davanti
alle due donne. Mostrò loro due fotografie del quadro di cui stava parlando.
“Osservi
bene detective, riesce ad individuare in cosa differiscono? Qual è la
differenza più eclatante che salta agli occhi immediatamente?”.
La
giovane donna guardò per bene i due dipinti prima di rispondere, poi senza
nessuna esitazione, concluse: “L’angelo. La differenza più nitida è l’angelo.
Nel primo quadro sta indicando col dito il piccolo Giovanni Battista e sembra
guardare lo spettatore come a voler attirare la sua attenzione. Nel secondo il
suo gesto è del tutto scomparso e sembra immerso nella scena, senza
coinvolgimenti esteriori col pubblico. Diventa un personaggio del tutto
secondario, come se la sua presenza fosse, in un certo senso, del tutto
indifferente”.
L’uomo
sorrise: “Esatto detective, ha colto il punto. L’autore ha volutamente
modificato alcuni particolari, anche importanti, della sua opera lasciandone
intatto il soggetto e in parte anche il messaggio.. Ha semplicemente fatto
scomparire un personaggio riducendolo ad un semplice elemento decorativo.
Qualcosa del genere è successo anche con il caso di sua madre Kate.. All’inizio
lei aveva davanti agli occhi una storia, una serie di avvenimenti concatenati,
precisi. Le mancava il movente, però, il
vero motivo perché sua madre abbia dovuto pagare un prezzo così alto. Quando si
è avvicinata troppo a scoprire qualcosa di compromettente, il drago le ha
cambiato le carte in tavola. Hanno distolto la sua attenzione da alcuni
dettagli, mettendole sotto gli occhi la storia dei tre poliziotti e dei loro
misfatti. Non nego che quello che ha scoperto in questi ultimi due anni sia
vero, in fondo tutto è iniziato lì..
Il
drago ha cercato di allontanarla da tutto ciò che l’avrebbe aiutata a scoprire
la sua l’identità. Se vuole trovarlo deve tornare a studiare l’intero caso,
deve collegare per bene tutto ciò che sa.
Guardi
entrambi i quadri Kate, non si limiti all’ultima versione e ne verrà a capo.
La
verità si nasconde nell’elemento discordante.
Lo
individui, lo faccia suo e capirà di aver avuto la soluzione sotto gli occhi da
molto tempo.
Nell’istante
in cui avrà scovato il suo “dito dell’angelo”, quell’uomo non potrà più
nascondersi da lei. Giocherete finalmente a carte scoperte e riuscirà a porre
fine al suo regno di terrore”.
Kate
era meravigliata ed incredula allo stesso tempo, ma la rabbia era sparita.
Aveva
capito.
Si
alzò di nuovo e, questa volta, non fu fermata da nessuno. La conversazione era
finita.
Quella
sera non aveva ricevuto un nome, ma aveva scoperto la chiave di volta, ora
sapeva come risolvere quel caso.
Si
avvicinò all’uomo e gli porse la mano.
Il
senatore gliela strinse con forza: “Quando avrà scoperto la verità, mi chiami.
Avrà quei documenti”.
Kate
sorrise: “Avrà mie notizie molto presto, non ne dubiti”.
L’uomo
fece altrettanto: “Ne sono sicuro. Buona fortuna Kate”.
Venne
accompagnata alla porta dall’uomo e uscì seguita dalla Gates.
Nell’istante
in cui la donna stava per scendere le scale sentì una voce dietro le sue
spalle: “Victoria, il sole sta per sorgere, il buio scomparirà tra poche ore”.
La
donna si voltò, lo squadrò da capo a piedi, senza dire una parola, per
continuare per la sua strada, andando a raggiungere Kate che, nel frattempo,
era sparita nell’androne delle scale.
Quando
furono sedute in macchina ed immesse nel traffico cittadino, la Gates parlò:
“Era un famoso giudice della Corte d’appello, un uomo stimato da tutti in
polizia. Tutti si auguravano che i propri casi venissero giudicati da lui: era
onesto e preciso, ogni suo processo aveva una giusta sentenza.
Lo
conobbi al matrimonio di Roy, me lo presentò lui stesso e in poco tempo
diventammo amici. Mi ha aiutato
moltissimo all’inizio della mia carriera, quando non mi erano del tutto chiari
i meccanismi del mondo giuridico e come dovevo muovermi.
Era
una bella amicizia finchè non ha intrapreso la carriera politica ed abbandonato
quella giuridica. Da quel giorno non l’ho più visto né sentito. Non avevo la
minima idea che fosse collegato al caso di sua madre”.
Kate
non scollò lo sguardo dalla strada e rispose: “Non l’ho chiesto signore”.
Il
capitano sorrise: “Non l’ha fatto ad alta voce, ma il suo silenzio valeva più
di mille domande. Era giusto che sapesse, siamo una squadra, non dobbiamo avere
segreti tra noi. Rientriamo al distretto detective, non riuscirei a dormire
stanotte neanche lo volessi, meglio spendere il mio tempo in modo produttivo.
Esposito dovrebbe essere tornato dall’ospedale con notizie dei suoi colleghi e
ricontrolleremo insieme tutte le prove in nostro possesso sul caso Williams”.
“Se
non le dispiace io avrei un rebus da risolvere, un elemento discordante da
trovare. Devo riuscirci, ma devo
riflettere da sola. Andrò a casa mia capitano”.
La
donna non obbiettò: “D’accordo Kate, mi chiami non appena avrà scoperto la
verità”.
Erano passate molte ore da quando
si era separata dal capitano, ma Kate non aveva ancora toccato il telefono.
La verità continuava a sfuggirgli
tra le mani.
Era davanti a lei, ma non
riusciva ancora a vederla.
Non aveva nessuna intenzione di
arrendersi e faceva correre freneticamente gli occhi su quelle parole scritte
durante un’estate in cui si sentiva particolarmente sola, quando il suo Castle
era scappato negli Hemptons lasciandola affogare di nuovo in quel mare oscuro.
Tieni
duro Rick, abbi fiducia in me, ce la farò. Tra non molto saremo di nuovo insieme.
Scacciò quel pensiero dalla testa
e tornò a concentrarsi riflettendo ad alta voce: “Mamma sei morta in quel
vicolo, lo stesso dove tre poliziotti avevano tentato di rapire un mafioso,
uccidendo per sbaglio un agente sotto copertura..
Dal carcere sei stata contattata
da Armen, volevi provare la sua innocenza. Gli hai creduto... hai provato ad
aiutarlo..
Il drago ti ha ucciso prima che riuscissi a
farlo..
Quell’uomo sapeva dei misfatti
dei tre poliziotti, li ha ricattati.. dove lo ha scoperto? Come ha fatto?
No, sto ragionando ancora in
maniera sbagliata. Devo ricercare un elemento che sembra fare parte del tutto,
ma se ne discorda..
Ma in che senso?
In che modo se ne discorda?
Avanti Kate.. ce la puoi fare..
Mamma e le sue colleghe..
Vicolo..
Richiesta fascicolo al
tribunale..
Omicidio..
Fascicolo scomparso..
Aspetta..
Fascicolo scomparso..
Quel fascicolo, hai richiesto quel fascicolo, mamma..
Oddio.. ”.
Si alzò in piedi di scatto e si
avvicinò alla lavagna.
Una frase dell’informatore le
rimbombò nella testa..
“Infatti
c’è scritto il suo nome”.
Rimase immobile per alcuni
secondi, poi staccò una fotografia da essa e la tenne tra le mani come se si
trattasse di una reliquia.
Aveva capito, ci era riuscita.
“Sei tu il mio elemento
discordante, tu unisci il tutto. Non ci posso ancora credere.. Ora tutto è
chiaro, so chi è il drago..”.
Prese il telefono e compose un
numero.
Doveva riscuotere la sua vincita.
Nei medesimi istanti un ombra
scura raggiungeva una panchina in un tratto poco illuminato di Central Park.
Passeggiare a quell’ora era
sicuramente un rischio, ma la donna era armata e non aveva paura.
Quando la vide arrivare l’uomo si
alzò e le si parò davanti: “Sapevo che avresti capito il messaggio Victoria”.
La donna lo gelò: “Non perdiamo tempo,
se hai qualcosa da dire, dilla e basta. Non sono qui per rimembrare i tempi
passati”.
Il senatore le sorrise: “E’ un
vero peccato, sto rischiando molto in questa situazione e tu lo sai. Lascia a
un vecchio i suoi ricordi, per quel poco che gli resta. Aver parlato con voi,
mi espone a un rischio immane e lui non ama essere preso in giro. Per questo motivo mi ritirerò dalla scena per
qualche giorno, finchè non riuscirete ad incastrarlo. Lei troverà l’indizio
fondamentale, collegherà tutti i pezzi. È molto più vicina di quanto possa
immaginare, ne sei consapevole vero?”.
“Perché non le hai detto quel
nome stasera? Non credo che tu abbia fatto quella promessa a Roy”
“Semplicemente perché volevo che
avesse l’onore di scoprirlo da sola, di rendere giustizia a sua madre e di
chiudere i conti col suo passato solo con le sue forze. Lo meritava, dopo tutto
ciò che ha dovuto passare. Non siamo qui, però, per parlare di lei. Ho una cosa
per te, devi conservarla tu” disse estraendo dalla tasca una chiavetta usb.
La donna la prese tra le sue
mani.
Sapeva cosa conteneva, sapeva che
ora tutto dipendeva da lei.
“Ne ho fatte diverse copie. Non
potrà mai cancellarle tutte. All’interno troverai scritto il luogo dove ho
nascosto l’originale. Vi sarà utile. Abbine cura e utilizzala al momento
giusto. Addio Victoria, e ricordati per il bene di tutti noi, questa
conversazione non è mai avvenuta”.
Lo vide sparire nell’oscurità,
come un fantasma inghiottito dalle tenebre.
“Grazie” mormorò soddisfatta
Victoria Gates, quando fu sicura che lui non potesse udirla.
Angolo mio!!
Buonasera a tutte!! Tutto bene?
Fa un caldo... ^.^
Vi aspettavate che l’informatore
di Rick svelasse a Kate il nome del drago? No, sono malvagia e non ve lo dico!
Scherzi a parte, come ha ben detto il senatore, Kate meritava di risolvere il
caso da sola, di scoprire quel nome solo con l’aiuto del suo cervellino (come
direbbe la Gates).
Bene, ora lei lo sa. Ha trovato
l’elemento discordante.. Voi? Avete qualche idea? Abbiate pazienza, sto per
iniziare a scrivere il finale della vicenda (non so ancora in quanti capitoli
sarà), ma vi svelerò presto tutto!
Volevo mettervi le due immagini
del quadro, ma non ci riesco. Ci ho provato lo giuro! Sorry!
Grazie di cuore a tutte!!! Siete fantastiche
come sempre!
Kiss, alla prossima!!!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Finalmente la verità (1 parte) ***
Finalmente la verità 1p
FINALMENTE LA VERITA’
Dalla finestra non proveniva più
luce, doveva essere notte.
Aveva perso la cognizione del
tempo, non riusciva più a rimanere vigile per molto, era troppo stanco e
debilitato. Il trauma cranico doveva essersi aggravato: si sentiva
terribilmente caldo e se provava a muoversi, veniva colto dalle vertigini.
In un primo momento non se ne era
nemmeno reso conto, ma non era più legato alla sedia, era sdraiato su una
brandina, solo e slegato.
“Non hanno neanche paura che
riesca a fuggire. Devo essere messo davvero male..” pensò Castle con un pizzico
di autoironia.
Doveva cercare di trovare
vantaggio da quella situazione: provò a mettersi in piedi, ma non ci riuscì,
poiché un nitido rumore di passi si stava avvicinando e decise che era più prudente rimanere sdraiato e vedere cosa
stava per accadere. Chiuse gli occhi e fece finta di essere ancora
addormentato.
La porta si aprì sbattendo,
facendo un gran rumore e nessuno cercò di trattenerla. Una Sophia decisamente fuori di sé gli venne
incontro urlando: “Avanti svegliati! Dobbiamo parlare!”.
Rick rimase immobile nel tentativo
di riordinare le idee, ma quando la donna si avvicinò e lo scosse violentemente
non poté far finta di niente e fu costretto ad aprire gli occhi.
Lo sguardo di Sophia non
prometteva nulla di buono e parlò come un fiume in piena, mentre continuava a
tenerlo per la camicia: “Adesso mi spighi per bene cosa sa la tua ragazza sul
mio capo, cosa ha scoperto dopo la sua sparatoria o ti faccio pentire di essere
nato!”.
Castle la guardò interdetto. Non
capiva a cosa si riferisse: Kate non
aveva continuato le sue indagini personali dopo quel maledetto giorno al
cimitero, lui glielo aveva impedito..
Ora le cose erano leggermente
cambiate, sapeva del suo informatore, ma non aveva compiuto nessuna clamorosa
scoperta.. a meno che qualcosa non fosse cambiato negli ultimi giorni, ma lui
non poteva esserne a conoscenza.
“Non so di cosa tu stia parlando”
mormorò.
La sua risposta fece infuriare la
donna ancora di più: “Mi prendi per una stupida? Si sta comportando in maniera
strana, sta architettando qualcosa e devo assolutamente capire cosa!”.
Rick la provocò: “Il tuo
fantastico piano non sta funzionando? Ti stanno fregando e non mi stupisce per
niente. Kate è molto più intelligente di te! Lo è sempre stata.. Davvero
credevi che sarebbe caduta nella tua stupida trappola?”.
La donna, ascoltando quelle
parole, estrasse una pistola nascosta sotto la maglietta e puntò dritta in
mezzo alla faccia..
“Si vede che prima non ci siamo
capiti bene, qui comando io! Non sei nella posizione di fare troppo lo
spiritoso e se la tua bella prova a fregarci, se ne pentirà amaramente quando
si troverà faccia a faccia col tuo cadavere..”.
La reazione dell’uomo, però, non
fu quella che la donna si aspettava. Non si mostrò impaurito, anzi sul suo
volto apparve uno splendido sorriso e d’istinto chiuse gli occhi.
Sophia lo guardò stupita: “Non
avrai mica intenzione di collassarmi adesso? non che mi importi della tua
stupida vita, ma devi ancora rispondere alla mia domanda. Cosa diavolo sa Kate
Beckett sul drago?”.
Rick non mosse un solo muscolo,
continuava a restare supino con gli occhi chiusi, sperando che i suoi sensi non
lo stessero tradendo. Non riusciva a vedere niente dinnanzi a sé oltre al corpo
di Sophia, ma quella fragranza aleggiante per l’aria era inconfondibile e lui
la conosceva molto bene.
Ciliegie..
Era lo splendido profumo della
sua donna.
Forse lo stava solo sognando, o
più semplicemente il suo cervello iniziava a perdere lucidità, ma si sentiva
straordinariamente sereno, al sicuro.
Una voce echeggiò nella stanza
qualche istante dopo, come a volerlo rassicurare: “Perché non lo lasci in pace
e non lo chiedi direttamente a me?”.
Kate Beckett, pistola in pugno ed
espressione seria sul viso, era apparsa come dal nulla.
Sophia, colta totalmente di
sorpresa, si voltò di scatto e la vide proprio davanti lei, fiera come non era
mai stata. Kate fece un passo in avanti, senza smettere di minacciarla con la
pistola ed impartì un ordine con voce ferma: “Allontanati da lui, subito”.
Sophia si alzò in piedi con
rapidità e puntò anch’essa la pistola contro la poliziotta riequilibrando la
situazione.
Kate non si scompose di un
millimetro e tornò a parlare facendo un ulteriore passo all’interno: “Credo che
tu non mi abbia sentito, allontanati da lui”.
La donna si spostò verso destra,
lasciando libera la visuale della brandina su cui era steso Rick, mentre Kate
si avvicinava sempre di più.
Si mossero in cerchio, senza
perdersi di vista un solo istante e ben presto si trovarono in posizioni
invertite. Sophia con le spalle alla porta, Kate accanto allo scrittore. Non avevano detto una sola parola, ma i loro
sguardi trasmettevano indistintamente i sentimenti provati dalle due donne:
sorpresa ed odio per Sophia, determinazione ed apprensione per Kate.
Sentiva dietro alla schiena il
respiro regolare di Castle ed era una vera e propria tortura non potere
accucciarsi per constatare le sue reali condizioni di salute.
L’ex agente della CIA cercò di
utilizzare a suo vantaggio questa sua piccola debolezza: “Il tuo amato
scrittore sta morendo mia cara eroina, ma se riceverà al più presto le cure di
cui ha bisogno, forse potrebbe ancora salvarsi. Ti propongo un patto: lasciami
andare e non farò del male né a te né a Rick. Devo solo uscire da quella
porta”.
Kate sapeva che era una bugia, un
trucco subdolo per distrarla: se avesse abbassato la guardia sarebbero morti
entrambi.
Come se le avesse letto nel
pensiero, Rick allungò una mano verso di lei e, con un lieve gesto, le sfiorò
una gamba per rassicurarla, per farle capire di non cedere, aveva ancora un po’
di tempo. Non era conciato così male, poteva resistere.
“Non ci pensare neanche, non
andrai da nessuna parte. Tranne che in galera naturalmente. Non volevi sapere
cosa conosco sul tuo capo? Bene sarai accontentata..”
Sophia le rispose sprezzante:
“Non è molto importante ormai, non dovevi trovare questo luogo. Se sei qui
significa che hai scoperto abbastanza da inquietarlo. Si farà vivo molto
presto. Sono proprio curiosa, come diavolo hai fatto a rintracciarci?”.
Kate accennò ad un lieve sorriso:
“E’ una lunga storia..”
Kate
aveva ancora in mano la fotografia e la guardava interdetta, mentre componeva
il numero del senatore Davon.
Come
non aveva fatto ad accorgersene prima?
Il cellulare risultò staccato.
Non
era possibile, non poteva essere vero. Non poteva essere stata tradita ancora
una volta. Riprovò di nuovo, ma tutto fu inutile: quel numero non esisteva più.
Per
un attimo le mancò il fiato e le sembrò che la terra le stesse crollando sotto
i piedi, poi il suo sguardo si posò sulla lavagna. Guardò la fotografia del
cadavere di sua madre e una fitta le attraversò il cuore.
Ora
sapeva la verità, ma non le bastava.
Voleva
gridare ciò che sapeva al mondo intero, tutte quelle persone uccise
barbaramente meritavano giustizia.
La
forza ritornò in lei all’improvviso: non si sarebbe arresa ora, assolutamente
no.
Avrebbe
ritrovato quel fascicolo e avrebbe dimostrato l’identità di quel criminale.
Quell’uomo si nascondeva dietro a una maschera ed era venuto il momento di
strapparla. La finta facciata di uomo per bene che contraddistingueva la sua
vita doveva essere abbattuta, non si sarebbe più trincerato dietro al suo
lavoro.
Mentre
rifletteva sul da farsi, il suo telefono squillò. Il capitano la stava
chiamando. Decise di rispondere, la Gates l’avrebbe aiutata e, se necessario,
sarebbero tornate insieme da quell’uomo.
“Beckett”
disse sicura.
La
voce di Victoria Gates giunse alle sue orecchie chiara e ferma: “Kate è
riuscita a venirne a capo? Ha risolto il rebus?”.
“Sì
capitano, so chi è stato. So chi si è macchiato di questi terribili crimini. Il
solo che poteva architettare questa messa in scena, il solo che poteva averne la possibilità. Devo consultare
i documenti del suo amico, devo accertarmi che siano gli stessi che mia madre aveva richiesto molto tempo fa.
Solo con quelli potrò avere l’assoluta certezza di aver risolto questo caso”.
Se
avesse potuto vederla, Kate si sarebbe rallegrata nel notare lo sguardo
orgoglioso e felice del suo capo.
“Allora
venga al distretto Kate, ho qualcosa da mostrarle” disse chiudendo la
comunicazione.
Kate prese la giacca di pelle e aprì la porta ed uscì dal suo appartamento
senza voltarsi indietro. Non aveva idea che sarebbe rientrata tra quelle mura
quando tutti i nodi sarebbero venuti al pettine.
Quando
tutti i fantasmi nascosti nel suo cuore sarebbero scomparsi.
Victoria
Gates posò il ricevitore e sprofondò sulla sua sedia della scrivania da dove,
ormai da più di un anno, svolgeva il suo lavoro di capitano.
Aveva
sempre amato risolvere omicidi, ma quella sera si sentiva soddisfatta come mai
nella vita. Nonostante stessero correndo un grave pericolo, si sentiva viva più
che mai. Questo caso e quella ragazza le avevano decisamente movimentato la
vita.
“In
meglio” si ritrovò a pensare.
Immersa
nei suoi pensieri, non si era ancora accorta del detective Esposito che,
ritornato dall’ospedale, stava per bussare alla sua porta. L’uomo toccò con un
lieve colpo il vetro ed attirò la sua attenzione.
La
donna gli fece cenno d’entrare e il detective ubbidì.
“Bentornato
detective, mi dica, quali sono le condizioni dei suoi colleghi?”.
L’uomo
rispose: “Ryan è stato trattenuto ancora una notte in ospedale per escludere un
eventuale trauma cranico, ma i dottori assicurano che si riprenderà presto. La
dottoressa Parsih è stata dimessa, ha riportato solo una leggera frattura al
polso sinistro”.
La
Gates sorrise: “Meno male sono contenta, poteva andare molto peggio. L’ha
riaccompagnata a casa?”.
Esposito
si irrigidì ed assunse una strana espressione come di chi è appena stato colto
in fallo: “No capitano, veramente no.
Non appena abbiamo messo piede fuori dall’ospedale è voluta venire subito qui a
lavorare in laboratorio. Ha detto di avere un criminale da incastrare. Ho
provato a convincerla, ma, sa come sono le donne, non ha voluto darmi retta..”.
Alla
donna scappò quasi da ridere e pensò: “Ma si ricorderà che sono donna anch’io?
L’orgoglio da maschio ferito..”, ma si limitò a tranquillizzarlo: “Esposito si
calmi, va tutto bene. Se la sua ragazza si di sente stare qui, non vedo quale
sia il problema. Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile in questo momento.
Tra poco ci raggiungerà il detective Beckett e la aggiorneremo sugli ultimi
sviluppi. Ora torni alla sua scrivania, la chiamerò al momento giusto.”.
L’uomo
ubbidì senza fiatare.
La
donna sorrise: quella squadra era davvero speciale, erano un gruppo unito ed
omogeneo, anche se molto diversi tra loro. Erano legati da una sincera amicizia
e avrebbero fatto qualunque cosa per aiutarsi uno con l’altro, per questo il
bel gesto della dottoressa Parish non l’aveva sorpresa.
In
team erano formidabili, ma ognuno di loro possedeva qualcosa di speciale che lo
rendeva insostituibile.
Era
notte inoltrata e per tutti il turno era ormai finito da un pezzo, ma a nessuno
era passato neppure per un momento il pensiero d’andarsene a casa. La loro
lealtà verso un’amica veniva prima di tutto.
Le
stavano dando una vera lezione di vita e lei ne era onorata.
Scosse
la testa, cosa stava pensando?
“Oddio,
sto diventando una terribile sentimentale anch’io, non posso di certo
permetterlo. Sono o non sono Iron Gates?!
Tutta colpa di questo amore serpeggiante..”.
Necessitava
dell’ennesimo caffè giornaliero. Ormai aveva perso il conto di quanti ne aveva
bevuti, ma non le importava granché. Così raggiunta la sala relax, aveva
riempito il bicchiere.
Si
mise una mano nella tasca della giacca per controllare che la chiavetta usb
fosse al suo posto nascosta per bene. Non voleva lasciarla in giro, anche se si
fidava dei suoi uomini, ma lì dentro era contenuta la prova decisiva che poteva
confermare la teoria di Beckett.
In
quel preciso istante Kate uscì dall’ascensore e vedendola si fermò per un
istante. La Gates si voltò e i loro occhi si incrociarono.
Si
sorrisero, ma entrambe percepirono la tensione che avevano addosso.
Tutto
stava per cambiare per sempre, il così detto effetto farfalla si era innescato.
Da una semplice chiacchierata si stava per arrivare alla battaglia decisiva con
quel nemico fantasma, che tanto male aveva commesso.
Quando
Kate si avvicinò il capitano del dodicesimo fece segno sia a lei sia ad
Esposito di seguirla nel suo ufficio.
La
giovane donna non riusciva a stare ferma e si muoveva come una tigre in gabbia.
Era il momento di agire, non riusciva più ad aspettare.
“Kate
cerchi di calmarsi un secondo e mi illustri ciò che ha scoperto”.
Kate
respirò profondamente: “Tutto capitano. Ho collegato insieme tutti i pezzi ed
ho capito perché mia madre sia stata ammazzata solo perché voleva difendere un
uomo innocente. Il drago stesso ha fatto in modo che Pulgatti venisse
condannato. Quando è venuto a conoscenza dei misfatti dei tre poliziotti
corrotti, ha cercato di portare la situazione a suo vantaggio. Come già
sappiamo li ha ricattati e si è fatto consegnare il denaro accumulati con i
riscatti, consolidando la sua posizione sociale. Signore lei mi aveva detto di
sapere che il drago potesse essere un poliziotto o comunque un agente di
qualche altra agenzia governativa.”
“E’
quello che mi era stato riferito Kate..”.
“Beckett
la fermò: “Certo capitano, non volevo mettere in discussione la sua parola, ma
sono arrivata ad una conclusione differente analizzando i fatti.
Quell’uomo
non è mai stato in polizia, lo ha solo fatto credere. Il caso Armen gli è
capitato sotto gli occhi in maniera differente ed ha capito che alcuni tasselli
del puzzle non potevano quadrare.
Così
ha cominciato a fare supposizioni fino ad arrivare alla verità e, di
conseguenza, al ricatto.
Invece
di consegnarli alla giustizia, ha comprato il silenzio dei tre poliziotti
impedendo che fossero scoperti e di finire in galera.
Roy,
però, ha giocato sporco, non si è lasciato completamente schiacciare dalla sua
morsa. Non so ancora come abbia fatto, ma ha sottratto dei documenti, gli
stessi che ora sono in possesso del suo amico.
Gli
stessi che mia madre richiese alla Corte di Appello molti anni fa, quando
decise di chiedere il riesame per il caso Pulgatti.
Se
fossero davvero quelli, la mia teoria sarebbe confermata, quindi devo
assolutamente consultare quei file.
Victoria
Gates allora tirò fuori dalla tasca un piccolo oggetto ancora sconosciuto a
Kate: “Accertiamoci allora che lei abbia ragione detective. Il senatore Davon
mi ha consegnato questa chiavetta qualche ora fa, prima che io rientrassi al
distretto.
Ha
detto che qui avremmo trovato tutte le risposte alle nostre domande.
Avanti
Kate, a lei l’onore. Dopotutto, questa può considerarla la sua vincita” e le
allungò l’oggetto.
La
giovane donna la prese e, tolto il cappuccio, la infilò con un rapido gesto
nella porta del computer.
Mentre
il sistema operativo eseguiva l’auto caricamento dei dati, sia il capitano sia
Esposito si erano sistemati alle sua spalle per poter leggere insieme a lei.
Quando
sul monitor apparve l’icona della cartella, Kate si affrettò ad aprirla, come
se potesse scomparire da un momento all’altro.
Davanti
ai suoi occhi apparve tutto ciò per cui aveva sempre lottato, le uniche
risposte che aveva sempre cercato.
I
file erano precisi ed ordinati. Li fissò solo per un istante, poi decise di
aprire l’unico che realmente le interessava.
“Rapporto
e sentenza caso Pulgatti”.
In
pochi secondi la verità venne finalmente alla luce del sole. Incominciò a far
correre freneticamente gli occhi sullo schermo, leggendo accuratamente.
I
fatti erano descritti in maniera dettagliata e riportavano fedelmente la bugia
fatta credere per moltissimo tempo.
Più
scorreva le pagine di quel documento, più le sue intuizioni si rivelavano
fondate. Aveva finalmente tra le mani il rapporto manipolato, sparito tanto
tempo prima assieme alla vita di sua madre. Aveva visto giusto.
Ad
un tratto fermò quella lettura, per i dettagli avrebbe avuto tempo più tardi,
ora il suo unico desiderio era scoprire quel nome, non poteva più aspettare.
Fece
correre le pagine sempre più velocemente, finchè non le bloccò di colpo.
Eccolo,
era scritto proprio davanti a lei.
Era
come se potessero guardarsi negli occhi.
Per
un momento si immaginò quel farabutto con l’unico abito che non aveva in alcun
modo il diritto d’indossare. Nonostante non conoscesse il suo aspetto fisico,
non ancora per lo meno, lo immaginò come un uomo qualunque, qualcuno che si
sarebbe mimetizzato in mezzo alla folla senza problemi.
Un
uomo comune, un uomo “per bene”.
Un
uomo che si nascondeva dietro la parola giustizia.
Poteva
averlo già incontrato, anzi era sicuramente accaduto senza che lei avesse avuto
il benché minimo sensore negativo. Magari l’aveva anche osservata da molto
vicino, come un predatore studia la sua preda prima di cacciarla.
Le
ribollì il sangue nelle vene, ma nel medesimo istante, senza che lei potesse
impedirlo, le si strinse la gola e una lacrima silenziosa le solcò il viso.
La
tensione e il dolore accumulati per dieci lunghi anni dentro la sua anima, di
ragazzina prima di donna poi, si erano improvvisamente spezzati lasciando che a
poco a poco si sentisse più leggera.
Mamma
tra poco riuscirò a farti giustizia.
Doveva
essersi immobilizzata per parecchio tempo, quando un lieve sensore di calore la
riportò alla realtà. Vide una mano maschile appoggiata sulla sua spalla e capì
che Esposito le stava dicendo senza parole che lui era accanto a lei se ne
avesse avuto bisogno.
La
giovane donna alzò di poco la mano sinistra ed andò a sfiorare le dita
dell’uomo per ringraziarlo.
Victoria
Gates, invece, fece ciò che Kate non era riuscita a fare colta dall’emozione.
Lesse ad alta voce quel nome: “Jackson Madison.. E’ incredibile..”
“Sapete perfino il suo nome?”.
La domanda urlata al vento da
Sophia interruppe il racconto di Kate. La sua sorpresa era totale.
Ormai non aveva più dubbi, quei
due non potevano uscire vivi da quelle mura. La posta in gioco era
maledettamente troppo alta.
Kate la fissò con un sorriso
divertito sul viso: “Oh sì, so il suo nome e non solo. Ora conosco tutto di
lui. Tutto.. So cosa stai pensando, ho poche possibilità di uscire viva da qui,
vero? Bene, io proporrei di alzare la posta: perché non lo chiami al telefono e
non gli dici di raggiungerci? Ho proprio voglia di fare quattro chiacchiere con
“vostro onore”…..” .
Angolo mio
Buonasera gente! Mi scuso con il
ritardo con cui pubblico, ma dovete avere pazienza, grazie al cielo, è esplosa
la stagione e devo lavorare. Il tempo per scrivere è meno, ma mi sto
ritagliando qualche ora alla sera..
Non ho nessuna intenzione di
abbandonarvi!!
Allora cosa ne dite? Qui la
situazione procede..
E’ arrivata Kate, sanno il nome
del drago.. E ora?
Verrà? Non verrà? Che succederà?
Mah… Alla prossima!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Finalmente la verità (2 parte) ***
Finalmente la verità 2p
FINALMENTE LA VERITA’
2 PARTE
Sophia restò ammutolita
nell’ascoltare quella richiesta: “Sei impazzita? Lui non verrà mai qui. Non
funziona così. Lui ordina e noi eseguiamo”.
“Giusto dimenticavo che non ha il
coraggio di fare il lavoro sporco, quello lo lascia ai suoi scagnozzi, ai suoi
fedeli seguaci. Si dà il caso, però, che il suo piano per mettermi fuori gioco
non sia andato esattamente come sperava. Mi sbaglio?
Ho perfino trovato il suo covo,
quindi credo di essermi meritata la sua attenzione” concluse la giovane donna.
“Non verrà mai qui, nemmeno
dovesse crollare il creato!”.
“Su questo ti sbagli, anche se tu
non lo chiamassi, lui verrà qui, solo che impiegherà più tempo” rispose sicura
la detective.
“Come puoi esserne così sicura?”.
“Perché ho innescato un vortice
di eventi alla quale non potrà sottrarsi..”.
“Jackson
Madison.. E’ decisamente impensabile a mente fredda. Non lo avrei mai creduto,
sul serio.. Quell’uomo è molto potente, avrà appoggi ovunque. È uno dei giudici
più importanti della Corte d’Appello, un veterano. Nel corso degli ultimi anni
ha acquistato forza e potere, ha scalato con successo la piramide ed è arrivato
quasi al vertice. Si diceva con merito, ma ora noi sappiamo che non è così. Se
non sbaglio voci di corridoio lo volevano come uno dei nuovi possibili candidati
alla Corte Suprema.
Ora
capisco perché la volesse morta detective, lei rappresenta l’ultimo ostacolo
tra lui e tutti i suoi obbiettivi. Finchè lei fosse stata in vita, quei
documenti rappresentano una bomba.. che solo lei può innescare.. Sono d’importanza
vitale..
Immaginavo
che la situazione non sarebbe stata piacevole, ma ora ho la certezza di essere
seduta su una polveriera. Dobbiamo agire in fretta, ma con i piedi di piombo.
Dobbiamo escogitare un piano infallibile, non possiamo permetterci di sbagliare
nemmeno una virgola.”.
Anche
Esposito era rimasto interdetto. Chiunque conosceva il giudice Madison, almeno
per fama, sarebbe rimasto scioccato dalla verità, e non sarebbe stato facile avere il permesso
per indagare più a fondo su di lui.
Kate
era decisamente stupita: solo lei non lo conosceva?
Certo
quel nome non le era del tutto nuovo, ma non si era mai interessata molto ai
giochi di potere e quindi non ricordava il suo volto.
Smanettò
sulla tastiera alla ricerca di ulteriori informazioni all’interno di quella
chiavetta.
Il
senatore Davon era stato di parola: conteneva davvero tutto ciò di cui avevano
bisogno.
Un
file dettagliato sulla vita del drago, una marea d’informazioni, tra cui delle
fotografie. Così, in men che non si dica, Kate si ritrovò davanti l’immagine di
quel verme.
“Finalmente
so chi sei maledetto, ora non sei più un fantasma. Sei solo un assassino.. E io
ti troverò..”.
La
voce della Gates attraversò la stanza: “Kate ritorni tra noi. So che per lei è
un momento particolare, ma sia lucida, non si lasci prendere dall’emozione. Le
do in mano le indagini, studi un piano. Noi saremo con lei, in tutto e per
tutto. Agisca come meglio crede. Mi permetto solo di ricordarle, anche se non
l’avrà sicuramente dimenticato, che ora la priorità è ritrovare il signor
Castle. Quindi, ci illustri come vuole procedere”.
Non
si aspettava di certo quell’enorme manifestazione di fiducia nei suoi confronti
dal suo capitano: le aveva letteralmente ceduto i comandi della nave.
Quella
donna stava cercando di dimostrarle ancora una volta, se ce ne fosse stato
bisogno, quanto la considerasse all’altezza. Il loro rapporto era mutato e
maturato in poche ore. Al momento opportuno si sarebbe sicuramente
sdebitata.
La
giovane donna annuì: “Naturalmente capitano, Rick deve tornare a casa nel minor
tempo possibile. Analizziamo tutti i suoi ultimi spostamenti e iniziamo a
controllare dove siano collocate le sue proprietà in città. Scopriamo se è
stato aiutato da qualcuno, almeno se è stato così stupito da lasciare delle
tracce. Non sarà facile, ma non lasciamo nulla d’intentato!
Il
rapimento è avvenuto poche ore fa, non possono essere andati molto lontano. Con
molta probabilità saranno ancora a New York.
Signore,
so che la mia è una richiesta a dir poco impensabile senza attirare
l’attenzione su di noi, ma dobbiamo accedere al suo conto. Dobbiamo cercare la
conferma che quei soldi finivano nelle sue tasche” e guardò nella direzione del
suo capitano.
La
donna alzò le spalle: “Bene è il momento di fare qualche telefonata. Fatemi
controllare l’ora. Sono le quattro del mattino, il momento perfetto per
svegliare il procuratore ed essere sicuri di attirarsi addosso la sua ira. In
fondo devo solo dirgli che vorremmo indagare su uno dei più potenti giudici
della città, considerando che è uno spietato criminale. Se non mi prenderà per
matta sarà tanto..”.
Nonostante
quell’affermazione, prese il cellulare ed inoltrò la chiamata allontanandosi.
I
due poliziotti riuscirono solo ad udire: “Buonasera signor procuratore, sono il
capitano Victoria Gates del dodicesimo distretto. Mi scusi per l’ora...”.
Esposito
volle rendersi utile offrendosi di esaminare alcuni file in questione ed andò a
sedersi alla sua scrivania, visibilmente indaffarato.
Kate
lo imitò e, seduta davanti al computer, incominciò a stampare il rapporto
sull’omicidio Armen.
Nulla doveva essere lasciato al caso, doveva
ricontrollare tutto per essere sicura di non aver omesso e trascurato alcun
dettaglio. Presto avrebbe ottenuto il permesso per iniziare un’indagine
approfondita su quell’uomo e tutti i nodi sarebbero venuti al pettine.
La
sua priorità rimaneva scoprire dove tenevano prigioniero Rick e riuscire a
riportarlo a casa. Non sarebbe stato facile, poiché non aveva nessuna idea
concreta sul luogo della detenzione.
Magazzini,
appartamenti, box.
New York era una città dai mille volti e
conteneva al suo interno altrettanti possibili nascondigli. Se qualcuno
decideva di sparire, la città gli veniva molto spesso in aiuto.
Come
poliziotto lo sapeva bene, quella era una nuova sfida, ma avrebbe risolto anche
quell’enigma. In fondo meno di due ore prima aveva fatto suo il re di tutti i
misteri, scoprendo l’identità del drago.
Non
si sarebbe sicuramente fermata.
Si
tuffò di nuovo nella lettura finchè il suono del suo telefono non la destò.
Afferrò
velocemente la cornetta e rispose: “Beckett”.
Riconobbe
immediatamente la voce della sua migliore amica dall’altra parte
dell’apparecchio: “Kate, sono io”.
“Ciao
Lanie! È un piacere sentirti. Come stai? Sei ancora in ospedale?”.
La
giovane patologa le rispose stupita: “Tesoro
sono all’obitorio da almeno due ore a lavorare al nostro caso. Non sarà
uno stupido braccio rotto a fermare Lanie Parish! Immagino che Javier non ti
abbia detto niente, ma non importa, di lui mi occuperò dopo, torniamo alle cose
serie..”.
Kate
non riuscì a trattenere un sorriso, quella ragazza era speciale. Non a caso era la sua migliore amica.
Lanie,
intanto, stava continuando il suo discorso: “.. Ho almeno tre notizie da darti,
due buone e una cattiva. Come mi è stato ordinato dalla Gates, ho rifatto
l’autopsia sul corpo di Lucy Williams e purtroppo l’esito è sempre il medesimo:
l’unico DNA estraneo alla vittima è quello di Castle..”
Kate
chiuse gli occhi in segno di sconforto, non era possibile.
“..Questa,
ovviamente, era la notizia negativa, ma.. Kate ci sei ancora o sei già
collassata? Ho detto che c’è un ma, quindi rilassati. Ho ripensato alla dichiarazione resa da
Castle dopo che lo avevi fatto evadere di prigione. Rick ha raccontato di aver
ricevuto una telefonata dal numero della giornalista la sera che si trovava a
casa tua. Come noi già sappiamo, Lucy non avrebbe mai potuto telefonare, era
già morta. Era l’assassino al telefono.
Avevo
visto il cellulare tra le prove consegnatemi insieme al cadavere e mi ricordavo
che era un modello blackberry con i tastini molto piccoli, adatto per una donna
con le dita esili come aveva Lucy, ma difficilmente utilizzabili da un uomo.
Così ho avuto un’illuminazione dal cielo e ho pensato: vuoi vedere che quello
stupido si è tolto i guanti, utilizzati per l’omicidio, per cercare il numero
dello scrittore? Ho deciso, quindi, di esaminarlo. Sul frontalino posteriore è
presente una macchia di sangue della vittima, segno che l’aveva indosso quando
è stata uccisa. Sui tasti, invece, ho riscontrato dei campioni di sudore. Ne ho
raccolti alcuni ed ho avviato un ulteriore ricerca di tracce biologiche
estranee..”
Kate
aveva seguito senza problemi il discorso dell’amica e si ritrovò a trattenere
il fiato, mentre attendeva la conclusione del racconto.
“..
Ci è voluto un po’, poi ho fatto centro. Il computer mi ha segnalato un profilo
genetico differente. L’ho isolato e inserito nel database. Ho avuto un
riscontro Kate: Kenneth Brown, arrestato per violenza domestica e condannato
più volte per aggressione. Un tipo molto pericoloso, fuggito dal carcere
qualche mese fa e del quale non si hanno più notizie da quel giorno..”.
La
giovane detective era rimasta ancora una volta in silenzio, ma aveva
abbandonato il suo corpo contro lo schienale della sedia rilassando le spalle.
Si portò una mano sulla bocca e sospirò.
Quella
poteva essere la prova che poteva scagionare Rick.
Riuscì
solo a dire: “Sei sicura Lanie?”.
L’amica
rispose: “Certo che ne sono sicura! Lo sai che sono precisa nel mio lavoro..
Comunque quella era solo la prima delle notizie positive, la seconda è questa.
Avendo
confessato, non avevamo eseguito nessuna analisi sui vestiti di Rick, non era
necessario. Adesso, al contrario, era mio preciso dovere farlo. Ti risparmio tutti i dettagli ed arrivo al
nocciolo della questione immediatamente, sennò rischio di ritrovarmi a parlare
al vento, mentre tu hai una crisi d’ansia..”.
“Lanie..”
“Ok
tesoro, eccomi. Stavo dicendo, ho
trovato il profilo del signor Brown sulla camicia di Castle, dove si deve
essere inavvertitamente pulito le mani quando hanno iniziato la colluttazione.
Fare il macho writer a qualcosa è servito!
Dovete
trovare quel Brown e farlo confessare, ma credo che queste prove possano
bastare per scagionare il tuo amato
Rick”.
Kate
non riusciva ancora a crederci, un altro tassello del puzzle era andato a posto
da solo.
No, grazie alla caparbietà di Lanie.
“Sei
stata straordinaria tesoro. Te ne sarò riconoscente per tutta la vita. Dico
davvero”.
Sentì
l’amica ridere: “No ragazza mia, so già come farai a sdebitarti. Voglio essere
l’unica ed indiscussa madrina del primo figlio tuo e di writer boy. Non esigo repliche.
Direi di essermelo meritato”.
Kate
rise insieme a lei.
D’un
tratto, però, si fecero serie e Lanie disse: “Kate, ora tocca a te. Va.. e
riportalo a casa.”.
La
giovane donna annuì: “Puoi starne certa”.
Detto
questo riattaccò. Lanie aveva ragione: tutti stavano facendo la loro parte, ora
toccava a lei.
Era
il suo momento.
Dentro
di sé, però, la mancanza di Castle stava diventando insopportabile. Chiuse un attimo occhi e lo pensò. Quando
tutta questa storia sarebbe finita, lei sarebbe cambiata.
Avrebbe
basato la sua esistenza su quel “noi” ormai così radicato nel suo cuore.
Voleva
vivere con lui al suo fianco.
Quanto
avrebbe avuto bisogno in quel momento di una delle sue stupide battute e gli sembrò di vederlo entrare al distretto
con i soliti caffè in mano.
Si
ricordò di aver nascosto il cellulare del suo scrittore nel cassetto della
scrivania. In quel momento di debolezza pensò che stringendolo tra le mani per
qualche secondo si sarebbe sentita meno sola. Si assicurò che nessuno potesse
vederla e lo prese tra le mani.
Si
accorse solo in quel momento di averlo dimenticato acceso e sorrise nel vedere
la buffa foto messa da Castle come sfondo: lui e sua figlia che facevano le
linguacce.
Era
un uomo adorabile.
Sperò
che non stesse soffrendo troppo a causa sua.
Scacciò
quel pensiero dalla mente e decise di comunicare al resto della squadra i
risultati dei nuovi esami effettuati da Lanie.
Mentre
si accingeva a spegnere il telefono per non far scaricare del tutto la
batteria, notò un’icona sul display che non conosceva, nonostante avesse lo
stesso tipo di telefono.
La
guardò con aria interrogativa: chissà quale applicazione assurda aveva
scaricato Rick. Quell’icona, però, esercitava un fascino magnetico su di lei ed
ad un tratto si mise a lampeggiare incessantemente.
Kate
non resistette alla tentazione e ci cliccò sopra.
Lo
schermo diventò improvvisamente scuro.
La giovane donna pensò di aver combinato un guaio, quando davanti ai
suoi occhi apparve un’immagine satellitare, stile Google Earth, che la portò
per qualche secondo in un tour virtuale per la città fino ad esaurire la sua
corsa non eccessivamente lontano dal dodicesimo, in una zona notoriamente
tranquilla.
Una
voce alle sue spalle la fece sussultare: “Beccata! Stai giocando con i giochi
iper tecnologici di Castle. Non ci posso credere, dopo tutte le volte che lo
hai rimproverato!”.
Kate
sbuffò: “Non sto giocando Javier!”.
Esposito
si sporse in avanti per osservare: “Effettivamente quello non è un gioco.
Sembra una rilevazione satellitare? A che serve?”.
La
donna scosse la testa: “Non ne ho la minima idea Javier, davvero”.
“Come
fate a non ricordare il sofisticato rilevatore GPS che Castle ha scaricato per
poter sempre sapere dove si trovava il suo nuovo orologio del quale ha elogiato
le sue straordinarie funzioni per settimane? Mi meraviglio di voi! Dove
eravate?”.
I
due detective si voltarono di colpo e furono sorpresi di vedere davanti al loro
l’amico e collega Kevin Ryan.
“Amico
ti hanno dimesso? Sono felice che tu stia meglio!”.
“Certo!
Voi state per effettuare l’arresto del secolo ed io sarei dovuto stare buono in
un letto d’ospedale e lasciare tutta la gloria a voi?”. Ryan strizzò l’occhio.
Kate
lo abbracciò di slancio e poi disse: “Sono felice che sei di nuovo dei nostri,
ma sono ancora più felice che tu abbia ascoltato Rick durante i suoi infiniti
monologhi tecnologici. Lo amo, ma mi disconnetto spesso, quando fa quel tipo di
discorsi.. Fammi capire, quindi quella
mappa ci sta indicando dove si trova l’orologio in questo preciso momento?”.
“Esatto
Kate” rispose sicuro l’amico.
Kate
si alzò in piedi di scatto: “Siete pronti ragazzi? Andiamo! Se l’oggetto si
trova in quell’edificio, Rick è tenuto prigioniero lì. Sono sicura che quando
siamo partiti dalla casa della Gates fosse al suo polso. Mi ha tormentato la
schiena per tutto il viaggio di ritorno, mentre Rick mi abbracciava...”.
Sophia sgranò gli occhi ancor di
più: “Quindi stai cercando di dirmi che siamo stati fregati da una stupida
applicazione? Anni di segretezza e di raggiri annullati da una specie di
antifurto? È pazzesco! È folle! Se lo avessi immaginato ti avrei ammazzato
all’istante maledetto impiccione ficcanaso!” e puntò la pistola verso la
brandina dove Castle era ancora inerme.
Kate si spostò di colpo verso la
possibile traiettoria del colpo della donna, ma non sparò. Cercò, al contrario,
di attirare nuovamente la sua attenzione: “Lascialo in pace, ricordati che il
tuo nemico sono io! Sono io quella armata! Parla con me..”.
Sophia urlò: “Non ho nessuna
intenzione di parlare ancora con te. Devo mettermi in salvo ed avvertire il mio
capo della vostra trappola!”.
“Non fare mosse azzardate o sarò
costretta ad ucciderti”.
“Se non lo farò prima io..”
sibilò l’ex agente della Cia serrando l’impugnatura della pistola e perfezionando
la mira contro Kate.
Un improvviso freddo, però, si
impadronì della sua nuca e quando sentì pronunciare alle sue spalle la frase:
“Non credo proprio che lo farà”, si rese conto di essere sotto tiro.
Victoria Gates, spuntata come
sempre dal nulla, la disarmò immediatamente in modo che Beckett potesse
allentare la tensione sulle braccia, poi la condusse verso la sedia, dove fino
a poco tempo prima era prigioniero Castle, e la legò in modo che non riuscisse
a scappare.
In pochi minuti la situazione
iniziale si era totalmente capovolta.
Angolo mio
Buonasera a tutti! Non sono
scomparsa, ma non ho molto tempo in questo periodo..
La situazione è sempre in stallo,
ma ho cercato di mandare a posto qualche pezzo del rompicapo che mi ero creata
da sola.. hihihi
Spero che la storia vi piaccia
sempre!
Grazie a tutte!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Una trappola per il drago ***
Una trappola per il drago
Siccome
sono mesi che non pubblico più, per problemi lavorativi, ho deciso di mettere
un piccolo riassunto per chi giustamente, a causa del troppo tempo trascorso,
non si ricorda più tutta la vicenda.
Un
brutale omicidio scuote il dodicesimo: una giovane ragazza viene trovata
uccisa, massacrata di botte, in un vicolo. Il caso viene affidato dal capitano
Gates a Kate Beckett, poiché è stata direttamente sfidata dall’assassino, ma si
rivela complicato. Incomprensibilmente Castle confessa l’omicidio. Per Kate è
uno schock, ma ancora non immagina che sotto ci sia una macchinazione del drago
per farle del male e che Rick stia solo cercando di proteggerla. Così, con
l’aiuto inaspettato del capitano Gates, riesce a farlo evadere dal carcere,
mentre la squadra continua a cercare indizi della sua innocenza e a catturare
il vero killer. Castle e Beckett, in un primo momento si nascondono, ma quando
decidono di rientrare in città, il veicolo su cui Castle viaggia viene
speronato dagli uomini del drago, l’uomo viene rapito e condotto in un
nascondiglio. Nel frattempo una Kate disperata riesce a conoscere finalmente
una parte della verità sull’omicidio della madre e, dopo un’indagine personale,
riesce a comprendere la vera identità del drago e, di conseguenza, a
rintracciare il luogo dove Rick è tenuto prigioniero da Sophia. Lo scontro tra
il bene e il male è appena cominciato.
Ora vi
auguro buona lettura!!!
UNA TRAPPOLA PER IL DRAGO
Kate
corse immediatamente al capezzale di Rick e d’istinto gli passò una mano sulla
fronte. Era decisamente caldo. Lo accarezzò sul viso e gli sussurrò amorevole:
“Stai tranquillo, andrà tutto bene. Ora chiamo un’ambulanza e ti faccio portare
in ospedale. Tra pochi minuti sarai al sicuro e starai meglio”.
L’uomo
nell’ascoltare quelle parole, si forzò e riuscì ad apre gli occhi appena
appena. Quando la vide accanto a sé, il
cuore tornò a martellargli nel petto.
Ormai
era un riflesso incondizionato del suo essere: era innamorato perso di quella
donna. Non gli importava come sarebbe finita quella storia, se avrebbe dovuto
pagare un prezzo alto, ma non poteva morire senza rivedere ancora una volta i
suoi magnifici occhi.
Cercò
la mano della sua compagna e gliela strinse
forte: “Ti ho sentita sai? Sei bellissima in versione wonder woman, ma
non andrò da nessuna parte senza di te..”.
Kate lo
zittì: “La smetti di preoccuparti per me? Sta tranquillo, so badare a me
stessa. Ti raggiungerò appena possibile, ma prima devo incontrare una persona”.
L’uomo
scosse la testa e rispose sicuro: “Non ti lascerò qui in questo momento. Non me
lo perdonerei mai..”.
La
donna cercò di rassicurarlo ancora una volta: “Non sarò sola, come puoi vedere.
Lei non mi permetterà di fare colpi di testa mia e di cacciarmi nei guai” e
guardò nella direzione della Gates.
Il
capitano, ancora intenta nel tener d’occhio Sophia, colse con un attimo di
ritardo la sua richiesta d’aiuto silenziosa, poi annuì: “Ci può scommettere
sopra detective. Stia tranquillo signor Castle, gliela riporterò sana e salva,
parola d’onore. Non ho mai permesso a nessuno dei miei uomini di morire in
servizio, figuriamoci se mi farò rovinare la carriera dalla sua bella!”.
Rick
annuì debolmente, ma non parve del tutto convinto dal discorso delle due donne.
Sapeva bene che Kate avrebbe fatto di tutto per cercare di rassicurarlo, ma tra
il desiderio di chiarire una situazione e il non cacciarsi nei guai, c’era una
bella differenza.
Non era
di certo uno stupido. Se stavano cercando di attirare il drago in una trappola,
dovevano stare attente, quell’uomo aveva già dimostrato più volte di saper
elargire fiammate inaspettate e di ribaltare la situazione a suo favore.
E lui
se ne sarebbe dovuto andare lasciandola lì?
Non se
ne parlava neanche.
Era o
non era il famoso Richard Castle, lo scrittore più disubbidiente del pianeta?
Non le sarebbe state a sentire, lui voleva essere della partita e cercò di
rimettersi in piedi.
Nel
vedere ciò che l’uomo stava facendo, Kate gli posò una mano sul torace nel vano
tentativo di farlo coricare di nuovo: “Tesoro, no. Sei troppo debole, resta
disteso. Ti ripeto tra poco arriveranno i soccorsi. Non sforzarti”.
L’uomo,
però, non l’ascoltò, si mise a sedere,
la guardò dritta negli occhi e, posandole le mani sul viso per accarezzala,
disse: “Non ti ho ancora materialmente sposato Kate Beckett, ma tempo fa ho
giurato a me stesso che ti sarei rimasto accanto nel bene e nel male. Quindi
non riuscirai a convincermi. Io resto qui con te. Perciò attiriamo quel
farabutto e sbattiamolo in galera al più presto”.
Kate
arrossì visibilmente e mise un dito sulla bocca del suo uomo come a zittirlo.
Per quanto fosse stata onorata da quella frase, si era sentita in imbarazzo.
Era molto riservata nei suoi sentimenti, ma lo ringraziò mandandogli un bacio
di sfuggita. Quell’uomo meraviglioso sapeva sempre quali corde del suo animo
toccare: “Ok, come vuoi, ma farai tutto ciò che ti dico. Non rischierei la vita
senza motivo”.
Castle
annuì.
“O
signore del cielo, siete nauseabondi. La finite con tutto questo miele? Non sei
mai stato un sentimentale Richard, per quel che mi ricordo andavi direttamente
al sodo. Siete patetici..”.
Sophia
aveva appena distrutto il loro momento magico.
Rick si
voltò verso di lei e, incrociandone lo sguardo, sentì un sentimento di tristezza
salire nel suo cuore. Quella donna non aveva mai provato veramente cosa
significasse amare, se parlava in quel modo. Nonostante avesse fatto loro del
male e lo avesse ripetutamente ingannato, non poté non provare compassione per
lei.
La
Gates, al contrario, la guardò torva e, fissando Kate con aria seria, rispose:
“O la interroghiamo subito o questa io la imbavaglio. Non la tollererò un
minuto di più. Riesce ad irritarmi come nessun altro al mondo..”
Rick
per un attimo trasalì, forse il rapporto amore- odio con la Gates stava
cambiando, visto che aveva appena sentenziato che esisteva qualcuno più odioso
di lui, ma fu prontamente smentito dalla donna che aggiunse strizzando
l’occhio: “Tranne lei signor Castle, è ovvio”.
Nel
frattempo Kate si alzò in piedi, si avvicinò alla donna legata e, fissandola
direttamente negli occhi, la minacciò: “Il mio capo ha ragione, è venuto il
momento che tu dica qualcosa di utile al posto delle tue continue illazioni e
minacce. Stasera io parlerò con il drago che ti piaccia oppure no e non sarai
di certo tu a fermarmi. Sta a te decidere se aiutarmi oppure no..”.
“Mai”
rispose sicura Sophia in tono di sfida.
La
giovane detective decise di giocarsi un ulteriore carta del suo mazzo: “Non ti
conviene metterti contro di me, Sophia, potrei ancora esserti utile. Io potrei
intercedere col procuratore per te e la tua pena sarebbe mitigata. Non rimanere
schiacciata dalla distruzione del regno del terrore del tuo capo, accogli la
via di fuga che ti sto offrendo”.
Sophia
la guardò in cagnesco, non aveva creduto a una sola parola: “Stai bleffando mia
cara, non sono una stupida. Tu non dirai
niente in mio favore, una volta che ti avrò aiutata mi farai marcire in galera
senza nessun ripensamento.”.
“No,
Sophia. Io non sono come lui. Io mantengo sempre la parola data. Ti posso
giurare su ciò che ho di più caro al mondo che lo farò, parlerò col
procuratore”.
Un
ghigno malefico nacque sul volto della donna: “Non mi sono spiegata bene
allora. Non sto dicendo che sei una bugiarda, ma sono pronta a scommettere che
sotto tre metri di terra avrai delle difficoltà a proferir parola. Tu non te ne
vuoi rendere conto, ma sei morta Kate. Lui non ti lascerà mai vincere!”.
Kate
sorrise debolmente: “Questo è ancora tutto da vedere. Non riuscirà ad avere la
meglio, quando sarà davanti a me”.
“Sei
un’illusa.”
“Staremo
a vedere..” concluse Kate. Quella discussione finiva lì, purtroppo non avrebbe
ottenuto niente da lei.
Così,
si voltò nella direzione del suo capitano e del suo uomo, che con non poca fatica si era avvicinato
ulteriormente a loro, e comunicò quali sarebbero state le sue prossime mosse.
“Credo che sia chiaro, dobbiamo riuscire ad attirare qui il drago senza il suo
aiuto. Capitano io avrei un’idea, ma deve assicurarmi che il procuratore è
dalla nostra parte”.
“Non è
stato facile Kate, ma, come le ho già spiegato mentre venivamo qui, abbiamo
carta bianca. Dobbiamo incastrarlo a 360 gradi però, o ne andrà delle nostre
carriere. La sua storia è credibile e veritiera, ma vuole essere sicuro che
arriveremo sino in fondo. Non deve esserci nessun dubbio sulla sua
colpevolezza”.
La
giovane donna annuì: “A quello ci penserò io, non deve preoccuparsi. Ora
staniamolo”.
Si
voltò verso il suo amato: “Rick, ho bisogno del recapito del giornale dove
lavorava Lucy. I suoi colleghi saranno ben disposti a renderle giustizia e
saranno dalla nostra parte. Noi faremo in modo che un notiziario trasmetta
un’edizione straordinaria del telegiornale, dove si dice che ti sei costituito
alle forze dell’ordine, ma nello stesso tempo, sei riuscito a provare la tua
innocenza portando alla nostra attenzione delle prove schiaccianti che
coinvolgono qualcuno di altrettanto famoso..”.
L’uomo continuò la frase per lei : “In questo
modo sarà costretto a mettersi in contatto con Sophia, poiché lui sa
perfettamente che, in realtà, sono tenuto prigioniero qui e che non posso
trovarmi in nessun distretto di polizia. Quando non riuscirà nel suo intento,
sarà costretto a venire a constatare di persona cosa sta accadendo e..
sorpresa! Ci saremo noi ad aspettarlo!”.
“Ci
sarò Io ad aspettarlo, mi hai promesso di stare buono..” precisò la giovane
donna.
“Odio quando distruggi il mio ragionamento in
questo modo, ma va bene. Una promessa va sempre mantenuta..”.
La
Gates li osservava interdetta, ora comprendeva perfettamente i discorsi fattali
dal resto della squadra in precedenza. Quando quei due ragionavano insieme non
c’era possibilità di dissuaderli per neanche un secondo. Erano proprio bellini!
Kate,
nel frattempo, si era allontanata di qualche passo da loro, aveva bisogno di
riordinare un’ultima volta le idee prima di agire.
Era un piano decisamente rischioso, lo sapeva,
ma era venuto il momento di sfoderare tutto il suo coraggio.
Prese
il telefono e, letto il numero dell’emittente televisiva sul cellulare di Rick
che aveva portato con sé, inoltrò la telefonata.
Un
unico pensiero le stava martellando nella mente: “Vieni da me, caro drago, è il momento di spegnere per sempre le tue
fiamme”.
Come
auspicato i colleghi e il direttore furono ben felici di collaborare con loro
quando ebbero la conferma che non ci sarebbero state ripercussioni legali nei
loro confronti. Quella era un’indagine della polizia di New York, non c’era
nulla di illegale.
Kate si
avvicinò all’unica finestra nella stanza e guardò fuori. La prima parte del loro piano era finita, ora
dovevano solo aspettare. La città sembrava tranquilla a quell’ora, ma lei
sapeva bene che quella era solo apparenza: la quiete prima della tempesta.
Stava
sistemando alcuni documenti sulla scrivania del suo studio, quando sentì la
moglie chiamarlo dalla sala accanto. Si arrabbiò, possibile che quella donna
dovesse sempre avere bisogno di lui nel momento sbagliato?
Aveva
molto lavoro da fare, dover controllare due vite completamente diverse l’una
dall’altra necessitava di notevole impegno e di una precisa organizzazione. Non
aveva il tempo per essere disturbato.
Fece
finta di nulla nel vano tentativo che la donna si calmasse e lo lasciasse in
pace, ma l’ennesimo richiamo lo convinse a scoprire qual era l’evento così
urgente che aveva interrotto i suoi affari.
Quando
arrivò nel salotto trovò la televisione accesa: il normale palinsesto
televisivo era stato interrotto da un’edizione straordinaria del telegiornale.
Oltre ai soliti aggiornamenti sulla guerra in Iraq e l’andamento discordante
delle borse mondiali, l’avvenimento più eclatante della giornata sembrava
essere un fatto di cronaca.
Richard
Castle, il famoso scrittore di gialli, si era appena costituito alla polizia di
New York riuscendo a dimostrare la sua estraneità ai fatti di cui era accusato.
Il particolare rimarcato dalla giornalista bionda, che parlava dallo schermo,
era la sua decisione di non recarsi al dodicesimo distretto, come se volesse
escludere le persone di cui si fidava, fino a poco tempo prima..
L’uomo
fissava il televisore sbigottito.
Qualcuno
doveva aver sparato un gas allucinogeno sulla città a sua insaputa: quella
notizia era una bufala grande quanto la Statua della Libertà.
Oppure no?..
Una
vocina gli insinuò il tarlo del dubbio nell’animo.
Si
sentì uno stupido. Certo che era una bugia!!
Richard
Castle era nelle sue mani, o meglio, in quelle dei suoi fidati collaboratori.
Sicuramente
non poteva trovarsi in un distretto di polizia a sua insaputa.
Almeno
lo sperava. Altrimenti avrebbe dovuto innescare una serie di avvenimenti
alquanto sgradevoli per poter rimanere nell’anonimato e chi lo aveva tradito
l’avrebbe pagata cara.
Doveva
accertarsi di avere la situazione sotto controllo..
Non
ascoltò minimamente i commenti della moglie accanto a lui: “Io lo sapevo che
non poteva essere colpevole. Un uomo come lui.. Un grandissimo scrittore non
poteva essere una cattiva persona. Qualcuno sta solo cercando d’incastrarlo,
poveretto..”.
L’uomo
alzò gli occhi al cielo, come poteva aver sposato una donna così ingenua?
Non si
era mai resa conto della sua doppia vita. Che stupida..
Ora,
però, non aveva il tempo di rimuginare sulla sua esistenza, doveva telefonare a
Sophia così, si sarebbe accertato che
tutto procedeva secondo i loro piani e avrebbe potuto continuare il suo lavoro.
Senza
salutare la moglie si chiuse nel suo ufficio e, preso dalla scrivania il suo
secondo telefono, quello che utilizzava solo quando indossava la maschera del
drago, cercò di mettersi in contatto con l’ex agente della Cia.
La
linea era libera, ma nessuno sembrava voler rispondere dall’altra parte.
In un
primo momento pensò che la donna fosse impegnata in un ulteriore interrogatorio
col prigioniero, ma dopo la terza telefonata a vuoto, dentro di lui incominciò
a salire un leggero sentimento d’ansia.
Qualcosa
non tornava.
Dove si
era cacciata quella maledetta?
Riprovò
una quarta volta, ma la conversazione restò ancora muta.
Non poteva
crederci. Cosa era accaduto al covo?
Quello
scrittore da strapazzo era riuscito a fuggire per davvero?
Maledizione,
se era così, la situazione si era decisamente complicata.
Raccolse
velocemente il cappotto dalla sedia e si preparò ad uscire.
Qualunque
cosa fosse accaduta, lui avrebbe trovato la soluzione. A costo di uccidere lo
scrittore con le sue mani, non gli importava nulla se si trovava in un
commissariato. Lui aveva il pass par tout per qualunque posto. Ci avrebbe messo
poco meno di un secondo a ritrovarlo e a chiudere quella faccenda una volta per
tutte.
Quando
chiuse il portone di casa alle sue spalle e si incamminò per la strada,
l’oscurità della notte avvolgeva ogni cosa.
Nessuno
lo notò, nessuno lo ostacolò, ma lui non si stupì.
Un ombra
nera e marcia come la sua si mimetizzava benissimo nella notte.
Angolo
mio
Ecco
qua, Kate ha lanciato una trappola al drago. Ha giocato la carta dell’astuzia..
Sara la mossa giusta?
Il
drago è entrato in scena di persona, non è più solo una presenza che aleggia
sulle loro teste, ora è diventato reale.
Chissà se ha abboccato all’amo o se si immagina qualcosa.. Mah,
vedremo..
Grazie
a chiunque leggerà e avrà voglia di lasciarmi un commento, ma anche a chi solo
leggerà.
Un
grazie speciale stavolta va a Rebecca, che ha avuto la pazienza di ascoltarmi una
sera di mio totale sconforto e mi ha tirato su il morale, oltre che a
correggermi gli errori d’ortografia che mi sfuggono, naturalmente! Grazie
davvero.. <3 <3
Grazie
mille anche alla Mari e a Marta che
leggono in anteprima e mi danno i loro commenti, così riesco ad andare avanti!
Ora
vado… Ops è quasi più lungo l’angolo che il capitolo..
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Faccia a faccia ***
Faccia a faccia
FACCIA A FACCIA
Dentro all’edificio proveniva
solo un silenzio surreale, intensificato dalle tenebre che avvolgevano il
tutto.
Tutte le luci erano state spente
per preciso volere della poliziotta. L’unico chiarore visibile era un sottile
raggio di luna che risplendeva sul viso di Kate.
Era in piedi, appoggiata al muro
e con lo sguardo scrutava la strada in attesa dell’arrivo del suo peggior
nemico.
Era passato diverso tempo da quando la falsa notizia della resa di Rick
era stata trasmessa dalla televisione. Era certa che il drago si sarebbe mosso
immediatamente, ma così non era stato.
Dell’uomo nessuna traccia. Si
rese conto di essere troppo impaziente, quel maledetto non poteva scoprire le
proprie carte senza prendere alcune precauzioni e sicuramente lo stava facendo.
Dentro al suo cuore rimaneva la
certezza del suo prossimo arrivo. Sperava prima dell’alba, poiché se il giorno
li avesse raggiunti troppo in fretta, l’effetto sorpresa da lei ideato sarebbe
risultato nullo.
Rick si avvicinò alla sua compagna
e, approfittando dell’oscurità, le strinse una mano. Voleva ricordarle che non
era sola in quei momenti, lui era lì solo per lei.
La giovane donna non si voltò, ma
rispose al suo gesto incrociando le sue
dita con quelle dell’uomo.
Si sentiva tranquilla con Castle
accanto, anche se considerava ancora una follia non essere riuscita a
convincerlo a raggiungere un ospedale.
Non dissero una parola, non ne
avevano la forza, ma quel gesto significava già tutto per loro. Doveva rimanere
all’erta, la situazione poteva cambiare da un momento all’altro.
“Becks, tutto ok? Novità in
vista?”.
La voce di Esposito
nell’auricolare la fece sussultare. Aveva dimenticato che i suoi amici
l’avevano raggiunta dopo aver accompagnato il killer al distretto, arrestato
mentre faceva la guardia all’edificio qualche ora prima. Le prove trovate da
Lanie avevano permesso il confronto e, accertata la corrispondenza, era stato
convalidato il suo fermo. A operazione conclusa si sarebbero occupati anche di
lui. Ormai non costituiva più un
problema.
Ora, l’intera squadra era
nascosta nell’edificio per aiutarla ad ottenere giustizia.
“No Espo, ancora niente. Forse
non ha mangiato la foglia..” sussurrò con un pizzico di rassegnazione nella
voce.
L’uomo, però, non emise alcun
suono. Kate si irrigidì e lo chiamò: “Espo..”.
Nessuna risposta.
La donna ripeté più forte:
“Espo..”.
Finalmente udì il suono della
voce dall’amico, ma era poco più di un sussurro: “Credo che tu ti stia
sbagliando Kate. C’è cascato in pieno..”.
“Come fai a dirlo?”.
Immaginò il suo sguardo
illuminarsi e ogni muscolo del suo corpo tendersi per essere pronto all’azione:
“Perché è appena entrato nell’edificio da questa porta. Sta venendo nella
vostra direzione..”.
Kate si irrigidì e istintivamente
posò una mano sulla fondina legata alla sua vita accarezzando il calcio della
sua pistola: “Nessuno lo fermi, lui è mio. Lasciatelo raggiungere la nostra
stanza. Vediamo come reagisce nel vedere la sua preziosa alleata legata in
nostro potere”.
“Ai tuoi ordini Kate! Siamo con
te!”. La voce di Esposito era carica di rispetto.
La donna lo abbracciò con la
mente, era davvero un amico speciale.
Guardò nella direzione di Sophia
che la fulminò con lo sguardo, ma non riuscì a proferir parola poiché il
bavaglio, sistematole sulla bocca, con enorme soddisfazione dalla Gates, era
ben stretto.
Poi, all’improvviso, un’altra
voce le giunse alle sue orecchie: “Kate si ricordi cosa ha promesso. Se la
situazione dovesse sfuggirle di mano interverrò, non la lascerò compiere dei
gesti azzardati. Lei è sempre sotto la mia responsabilità. Ha la mia fiducia
illimitata, ma non dimentichi: faccia in modo che lo scrittore non decida di
fare l’eroe, piuttosto leghi anche lui!”.
La Gates aveva cercato di
sdrammatizzare, ma la giovane donna non colse l’ironia della frase, era troppo
coinvolta: “Certo capitano. Non si preoccupi”.
“In bocca al lupo Kate”.
Quella frase proprio non se
l’aspettava, ma le scaldò un poco il cuore.
Quello era un augurio quasi da
madre, sicuramente non da capo. Chiunque altro non gli avrebbe permesso di far
tutto da sola. Tra loro, ormai, si era instaurato veramente un rapporto
speciale.
Sapeva di dover affrontare
l’ostacolo più grande della sua vita, ma voleva farlo da sola. Lo aveva sempre
desiderato e, finalmente, quel momento era arrivato. Non poté non essere
attraversata da una potente scarica d’adrenalina delle vene.
Si voltò verso Rick e gli fece
promettere di rimanere fermo al suo posto, nascosto dietro all’armadio, non
doveva muoversi da lì per nessun motivo. L’uomo acconsentì, ma prima che la
donna potesse muoversi, le prese il
volto tra le mani per un secondo le donò un rapido bacio al quale Kate rispose
con tutto il suo cuore.
Quando la giovane donna nascose
dietro allo stipite della porta, allontanandosi da lui e mimetizzandosi al
meglio nell’oscurità della stanza, nella sua mente riecheggiò la frase: “Solo se non sarai in pericolo amore mio,
altrimenti nessuno mi impedirà di venire in tuo soccorso. Uscirai viva da
questo edificio, come è vero che ho scritto 28 best seller”.
Il tempo sembrava non passare mai
ed il silenzio assordante rimbombava loro nella testa.
Dove diavolo si era cacciato il
drago?
Mentre cercavano di venire a capo di questi pensieri
udirono il cigolio della porta che si apriva e l’ombra oscura del drago entrare
prima del suo corpo. Kate strinse forte l’impugnatura della pistola saldamente
ancorata nelle sue mani e cercò di normalizzare il suo respiro.
“Avanti
idiota ti decidi ad entrare?”.
I suoi desideri furono presto
esauditi poiché l’uomo con un’ampia falcata, vista Sophia legata alla sedia che
si dimenava nel vano tentativo d’avvertirlo, si avvicinò verso di lei
pronunciando un sonoro: “Che cosa è successo?”.
Kate, accendendo la luce,
rispose: “Se vuole posso spiegarglielo io, signor giudice”.
L’uomo ispirò profondamente e si
girò nella direzione della donna sfoderando un sorriso malvagio: “Katherine..
Avrei dovuto immaginarlo. Buonasera.. a cosa devo l’onore di questa visita?”.
“ Davvero non lo immagina? Da
dove devo partire? Dal rapimento del signor Castle? O ancor prima,
dall’omicidio di mia madre? Un giovane avvocato che ha fatto ammazzare in un
vicolo, Si chiamava Johanna Beckett..”.
L’uomo continuò a sorridere: “So
benissimo chi era sua madre detective. Un omicidio atroce, che ha spezzato il
cuore a tutti nell’ambiente. Sono un giudice e devo ammettere che la conoscevo bene, ho dovuto presiedere
processi nelle quali lei compiva egregiamente il suo mestiere. Una donna in
gamba che ha avuto una brutta fine. Però, mia cara, io non centro niente con
questa storia. Né col presunto rapimento del suo amato scrittore. Per quanto ne
so, è fuggito dal carcere ed è ricercato dalla polizia. Non può incolparmi di
nulla”.
Kate sentì crescere dentro di lei
una profonda rabbia e si ritrovò ad urlare: “Non provi a mentire! Non si
azzardi neanche. So tutto. TUTTO. Non può permettersi di raccontarmi ancora
delle bugie con me!. La verità mi è stata svelata, ma merito di conoscerla fino
in fondo”.
L’uomo rise, mentre si chinò per
liberare Sophia: “Mi dispiace molto, ma la sta cercando dalla persona sbagliata
e, sequestrando un agente della CIA, sta compromettendo la sua carriera mia
cara. Io non ho nulla a che fare con la sparizione del suo fidanzato. Sta
agendo in maniera irrazionale, cerchi di calmarsi e troveremo una soluzione”.
Quell’uomo stava cercando di
manipolarla per l’ennesima volta e doveva ammettere che era molto bravo. Se lei
non fosse stata più che certa di essere stata dalla parte del giusto,
ascoltando le sue parole e il tono con cui le pronunciava, qualche dubbio le
sarebbe anche venuto. Era un mago dell’inganno. Ora incominciava ad essere
chiaro come avesse fatto a nascondersi tutti quegli anni, ma lei non avrebbe
permesso di usarla come una marionetta.
Kate lo fermò parandosi tra lui e
la donna, costringendolo ad allontanarsi.
“Si allontani da lei e continui a
parlare con me” gli intimò.
“Come può pretendere che parli
con lei, quando mi sta puntando contro una pistola minacciando la mia vita? Qui
c’è solo un grande malinteso da chiarire”.
Sophia tentò di mugolare qualche
suono nel vano tentativo di avvertire l’uomo del pericolo che stava correndo,
ma Kate con un calcio ben assestato all’altezza delle gambe, la zittì.
Non avrebbe permesso che quella
sciocca rovinasse il suo piano proprio adesso.
Se il drago credeva che
quell’irruzione fosse solo una sua idea per liberare Rick e che non avesse
interpellato i suoi colleghi poliziotti, perché convincerlo del contrario?
Doveva fargli confessare l’omicidio di sua madre, solo così avrebbe potuto
procedere ad un arresto.
Decise di provare con un
approccio meno razionale. Cercando di utilizzare le sue emozioni lasciandole
fuoriuscire libere dalla sua anima, magari sarebbe riuscita a smuovere quel
briciolo di umanità che era nascosta nel suo cuore. Così abbassò la pistola.
Una lacrima le solcò il viso e la sua voce si
fece roca dal pianto: “Ascolti sono anni che
porto questo macigno sul cuore, devo sapere perché. Solo così potrò
andare avanti, ricostruirmi una vita ed essere una donna come tutte le altre...”.
L’uomo sembrò così sicuro di sé
quando si mosse verso di lei, che Kate per un breve attimo pensò che non
sarebbe mai riuscita a farlo crollare. Era inutile..
Il drago alzò una mano verso di
lei.
Castle dal suo nascondiglio
rabbrividì nel vedere quella scena ed era sul punto d’uscire allo scoperto, ma
avrebbe rovinato il piano di Kate. Non
capiva dove stesse andando a parare, ma aveva fiducia nella sua donna, sapeva
che era in grado di gestire la situazione. Decise di attendere ancora per
qualche minuto.
Il drago, intanto, posò la sua mano sulla guancia della poliziotta e
Kate lo lasciò fare. La sua parte razionale era sbigottita e le chiedeva cosa
stesse facendo. Non seppe risponderle, ma il suo istinto le suggerì di non
scansarsi.
Ripeté per la seconda volta: “Perché
ha ucciso mia madre? Perché mi ha inferto un dolore così profondo? Ero solo una
ragazzina. Avevo ancora bisogno di lei. Dei suoi baci, delle sue carezze, dei
suoi consigli..”.
Pianse ancora e abbassò la testa
mentre le lacrime le correvano lungo le guance.
Il drago gliene asciugò una prima
di parlare: “Non è stato personale nei suoi confronti Kate, non volevo
arrecarle alcun male, ma sono stato costretto. Sua madre ha riaperto un caso
che doveva restare sepolto per l’eternità. Aveva scoperto il vaso di Pandora ed
alcuni mali del mondo in cui viviamo si sono riservati all’esterno. Dovevo
proteggermi o la mia carriera di giudice
sarebbe stata finita. In fondo stavo ricattando dei poliziotti corrotti che si
credevano dei supereroi. In pochi mi avrebbero criticato, ma ho preferito
correre ai ripari. Quando ho dato
quell’ordine mi sono sentito morire. Volevo bene a Johanna, ma non ho potuto
fare altrimenti. Se solo si fosse fermata in tempo.. Se solo si fosse fermato a
riflettere per lui secondo su cosa stava facendo invece d’inseguire un ideale
inesistente, la giustizia, forse le cose sarebbero andate diversamente”.
Kate chiuse gli occhi e si sentì
catapultata al di fuori dello spazio e del tempo.
Lo aveva ammesso, aveva dato
quell’ordine.
Ce l’aveva fatta! Lo aveva
fregato. Lo aveva costretto a confessare.
Era stata davvero un’ottima
attrice.
Respirò profondamente, quando
riaprì gli occhi e rialzò la testa, il suo sguardo aveva una luce nuova:
rabbia, determinazione e dolore. Un mix esplosivo.
Nell’istante in cui lo scorse il
drago capì di essere caduto nella trappola. Si spaventò e cercò di
allontanarsi, ma Kate fu più rapida. Stacco la mano di quell’essere immondo dal
suo viso e, con un’abile mossa, gli afferrò il polso facendo roteare il braccio
dietro la sua schiena immobilizzandolo. L’uomo sentì un forte dolore irradiarsi per
tutto l’arto e non poté opporre resistenza.
La giovane donna prese le manette
dalla sua cintura e gli sussurrò all’orecchio: “Lei è in arresto per l’omicidio
di Johanna Beckett lurido bastardo”.
L’uomo era sbigottito.
Era stato ingannato e si era
fregato con le sue stesse mani.
Kate stava per procedere
materialmente all’arresto, quando improvvisamente perse l’equilibrio e fu
costretta a lasciare la presa dall’uomo e la sua pistola cadde rovinosamente a
terra.
Qualcuno l’aveva spinta.
In un primo momento non capì chi poteva essere
stato, poi la voce di Sophia giunse alle sue orecchie forte e decisa: “Scappi
maledizione, non si è ancora reso conto che è una trappola? Questo edificio è
occupato da mezza polizia di New York!”.
Quella maledetta donna era
riuscita a liberarsi! Come aveva fatto?
Il suo disappunto crebbe ancor di
più quando cercò la sua arma, ma non la trovò accanto a lei. Immediatamente fu
assalita dal terrore che fosse finita nelle sue mani, non tanto per la sua
persona, quanto per Rick. Mentre cadeva aveva visto un’ombra accorrere in suo
soccorso e non aveva dubbi sulla sua identità.
Rialzò lo sguardo in tempo per
vedere con la coda dell’occhio il drago dileguarsi dalla stanza. Quel lurido
figlio di buona donna stava scappando veramente! Meno male che si era definito
un uomo d’onore. Era solo un codardo.
Rick, nel frattempo, si lanciò contro Sophia, che stava
effettivamente cercando di recuperare l’arma di Kate, impedendole di far loro
del male e urlò: “Corrigli dietro tesoro, avanti va! Di lei me ne occupo io!”.
Spinse con un calcio la pistola
verso di lei e la giovane donna non se lo fece ripetere due volte: si lanciò
all’inseguimento dell’uomo, sparendo lungo una scala tortuosa.
Sophia cercò di liberarsi dalla
stretta salda di Castle, ma in un primo momento non ci riuscì, avvantaggiando
la detective: “Sei uno stupido Rick, cosa credi di fare? L’hai appena mandata a
morire da sola. Senza qualcuno che le guardi le spalle la tua bella è
spacciata! Ti credi davvero che quell’uomo voglia solo fuggire? Che sia
veramente dispiaciuto per i gesti compiuti in passato? Lui non avrà scrupoli: le
tapperà la bocca una volta per tutte non appena ne avrà l’occasione”.
L’uomo, nonostante fosse
cosciente del pericolo corso dalla sua compagna, sorrise: “ tu non conosci
Kate, la mia splendida donna ha mille risorse..”.
Mentre parlava non si rese conto
di aver indebolito inavvertitamente la stretta, e l’ex agente della Cia, con un
rapido gesto, riuscì a scivolar via dalle sue braccia.
Un violento capogiro la costrinse
a chiudere gli occhi e un conato di
vomito gli serrò la gola. Lo aveva negato a se stesso fino a quel momento, ma
il suo stato di salute era veramente critico, e, per un attimo, si chiese se
fosse solo d’impiccio in quelle condizioni. Kate aveva ragione nell’insistere a
mandarlo in ospedale, ma dentro al suo cuore sentiva di doverla proteggere
ancora, almeno finchè avesse avuto aria dentro ai polmoni.
Così con un ultimo immane sforzo,
per l’ultima volta, cacciò indietro il suo malessere e cercò di raggiungere la
sua spietata vecchia fiamma, sparita anch’essa lungo quel buio cunicolo.
Victoria Gates fece il suo
ingresso nella stanza correndo. Non appena aveva percepito il pericolo corso
dai suoi uomini, aveva abbandonato il suo nascondiglio per raggiungerli.
Non ricordava se avesse impartito
ordini al resto della squadra, ma sapeva che non erano certo degli stupidi: la
copertura era saltata e l’addestramento impartitogli gli avrebbe fatti muovere
nella maniera giusta.
Correva ed aveva il respiro
affannato, ma non avrebbe lasciato
morire Rick e Kate. Prima quei farabutti dovevano passare sul suo cadavere. In
fondo era pur sempre il capitano e un comandante affronta sempre le difficoltà di petto, non
scappa davanti al pericolo. L’incolumità dei suoi sottoposti doveva venire prima
di tutto, era una sua precisa responsabilità.
Brandendo la pistola nel pugno
entrò controllando che la situazione non presentasse un pericolo imminente, ma,
quando fu al centro della stanza, si rese conto che era deserta.
Di Rick, Kate, il drago e Sophia
nemmeno l’ombra. Dove erano finiti tutti?
Scrutò intorno a sé con fare
sicuro e finalmente individuò la porta dalla quale dovevano essere scappati.
Non la ricordava, probabilmente era una via di fuga alternativa che solo i loro
nemici conoscevano. Si erano giocati il loro piano B.
All’improvviso il buio la
avvolse: qualcuno doveva aver fatto saltare l’interruttore generale della
corrente nell’edificio. Imprecò in silenzio, ora la situazione si era
decisamente complicata.
Capì che i loro nemici stavano architettando
un piano di fuga e, in un primo momento, sperò che Ryan ed Esposito fossero
rimasti nelle rispettive posizioni, cioè a presidiare le uscite, ma il suono di
passi alle sue spalle, le confermò di essere in errore.
In pochi istanti i suoi uomini furono
dietro di lei: “Capitano cos’è successo? Dove sono finiti tutti?”.
La donna puntò gli occhi verso di
loro: “Devono essersi lanciati giù da queste scale. Io li inseguo, voi cercate
di ripristinare l’impianto elettrico. Questo stabile al buio può essere più
pericoloso di un labirinto. Se non vogliamo finire stesi dobbiamo riuscire a
guardare bene cosa stiamo facendo”.
I due la fissarono con occhi
interrogativi, quello che la donna stava comandando loto era un azzardo.
Scendere quelle scale alla cieca poteva essere una pazzia.
La donna intuì i loro pensieri:
“Avanti, questo è un ordine. Se volete aiutare la vostra amica fate quello che
vi ho chiesto! Non serve a nulla rischiare la vita tutti quanti. Cerchiamo di
unire le forze!”.
Il tono del capitano non
ammetteva repliche e i due, anche se non del tutto convinti, tornarono verso la
direzione dalla quale erano venuti, mentre la donna iniziò la sua lunga discesa
verso le tenebre.
“Spero
solo di non trovarmi all’inferno”, pensò.
Angolo mio!
Come promesso,
aggiornamento veloce! Kate e il drago si sono incontrati... Come andrà a
finire? Riuscirà a prenderlo? Mah, chi lo sa.. A presto
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Nell'oscurità... ***
Nell'oscurità...
NELL’OSCURITA’…
Quando il buio la colse, aveva
già terminato la discesa ed aveva decisamente il fiato corto.
Per essere un uomo di mezza età
il giudice sapeva il fatto suo, il fisico non lo aveva tradito di certo.
Era riuscita a capire a malapena
dove si trovava: un enorme garage. Il fuggiasco si era precipitato verso il
lato sinistro di quell’enorme spazio, probabilmente diretto ad un’uscita
nascosta, e lei si era messa di nuovo al suo inseguimento quando tutto era
diventato nero.
Si era bloccata all’istante
mentre i suoi sensi cercavano di abituarsi alla nuova situazione. Era pronta a
scommettere che fosse colpa di Sophia. Quella maledetta donna stava cercando
d’agevolare la fuga del suo capo in ogni modo. Non si capacitava ancora
dell’odio sempre crescente nei suoi confronti. Fin dal primo istante aveva
cercato di ferirla, raccontando cose non vere sul passato di Rick cercando
d’insinuare molti dubbi nella sua testa. Lo aveva descritto come un uomo
incapace di una storia seria, aveva cercato di scoraggiarla. Ora voleva vederla
morta e stava tirando fuori il peggio di sé. Le faceva un po’ pena, era davvero insicura di
se stessa per dover utilizzare simili trucchetti per esternare la sua di
gelosia.
Nonostante simili pensieri le
passassero per la mente, Kate rimase concentrata.
Si mosse nell’oscurità con
circospezione, lentamente, ben attenta a non fare il benché minimo rumore. Era
nella tana del lupo ed era sicuramente sotto tiro. Il fattore ambientale la
svantaggiava, ma il suo istinto ed il suo addestramento da poliziotta le
vennero immediatamente in aiuto.
Capì quanto fosse inutile cercare
di vedere subito nell’oscurità, gli altri sensi dovevano aiutarla. Così chiuse
gli occhi e cercò di normalizzare il respiro in modo che il suo udito potesse
lavorare meglio.
Per alcuni infiniti secondi sentì
solo l’alzarsi e l’abbassarsi della sua cassa toracica, poi incominciò a
percepire anche alcuni rumori estranei a se stessa.
Riuscì ad individuare un leggero
fruscio, come se qualcuno stesse strisciando lungo una parete. Cercò d’andare
nella medesima direzione senza far molto rumore, ma i suoi adorati tacchi la
tradivano. Il suono prodotto era troppo nitido e rischiava di essere scoperta.
Non poteva muoversi in quelle condizioni.
Infatti, qualcuno aveva percepito la sua presenza, si
era bloccato e il silenzio riempì nuovamente la stanza. Entrambi dovevano
architettare un nuovo piano.
Decise di abbandonare
momentaneamente le scarpe dove si trovava, non poteva dar alcun punto di
riferimento se voleva sopravvivere. Nell’istante in cui i suoi piedi toccarono
il pavimento, però, un brivido di freddo le si irradiò per tutto il corpo.
Era solo per il contatto con la
superficie gelata o la paura stava avendo il sopravvento su di lei rendendola
vulnerabile?
Si rese conto di dover
assolutamente controllare quel mix esplosivo dentro se stessa e ritornò a
contemplare il vuoto. Una volta qualcuno le aveva detto che a poco a poco gli
occhi si abituano all’oscurità, che si riesce a scorgere qualcosa dentro di
essa, ma più i minuti passavano, più Kate maturava l’idea che fosse solo una
diceria.
Si sentiva intrappolata in un
labirinto senza fine.
Quella sensazione, però, non la
sconvolgeva più di tanto, in fondo vi si trovava quasi a suo agio. La percepiva
come famigliare, poiché realizzò in quel momento che, in fondo, tutta la sua
vita, da quel terribile giorno di dieci anni prima, era semplicemente stata la
continua ricerca della luce per uscire da quell’indescrivibile notte che era calata
dentro di lei.
Nella sua vita ora era apparso Rick, unico
raggio di sole ad indicarle la via da percorrere e sapeva che l’avrebbe aiutata
ad uscire da quel tunnel ed insieme sarebbero stati felici. In quella stanza,
al contrario, doveva appigliarsi solo alle sue sensazioni e alle sue forze.
Dove si era cacciato quell’uomo?
Di certo non poteva essere
sparito. Ancora una volta si stava nascondendo nell’ombra, cercando il modo di
far perdere le sue tracce. Sicuramente non
era ancora riuscito ad uscire di lì dentro o avrebbe intravisto qualcosa, forse
si stavano girando intorno più vicino di quanto entrambi potessero immaginare.
Al solo pensiero un altro brivido
la percorse da capo a piedi.
“Avanti
Kate, stai calma. Va tutto bene, respira. Non sei sola, i tuoi amici e tua
madre sono con te nascosti nel tuo cuore, rimani concentrata”, cercava
di farsi coraggio la giovane donna.
Improvvisamente un rumore di
passi risuonò dietro la sua schiena: qualcun’altro era sopraggiunto là sotto.
Erano i suoi amici o qualche
alleato del drago?
Avrebbe voluto parlare per verificarlo, ma
avrebbe compromesso la sua posizione e si sarebbe trovata allo scoperto. Quella
situazione di stallo non doveva essere interrotta. Avevano tutti troppo da
perdere: un piccolo rumore sbagliato, un errore di valutazione o semplicemente
un suono avrebbe potuto scatenare l’Apocalisse.
Fece un passo indietro,
trattenendo il respiro e la sua schiena toccò la superficie fredda di un muro.
Bene, almeno doveva solo assicurarsi che il pericolo non provenisse dal
davanti, aveva le spalle coperte.
Sentì riecheggiare nuovamente
alcuni passi alla sua sinistra e, dopo alcuni istanti, udì un’imprecazione
trattenuta. Il nuovo arrivato aveva urtato qualcosa, o non si era trovato
davanti a qualcuno.
Ma cosa? O chi? Lei non si era accorta di nulla, ma non
avrebbe saputo garantire di aver seguito lo stesso percorso. In fondo si stava
muovendo a caso, probabilmente in tondo, verso la sua destinazione sconosciuta.
Magari aveva semplicemente inciampato nelle sue scarpe.
Improvvisamente si rese conto di
sentire il leggero rumore di un respiro avvicinarsi, quel qualcuno stava
muovendosi contro il muro e presto l’avrebbe raggiunta e scoperta.
Tremò, ma nello stesso tempo si
preparò ad affrontare l’eventuale nemico. Non le era mai mancato il coraggio,
lei era una vera tigre. Roy l’aveva sempre soprannominata così e adesso era
venuto il momento di dimostrarlo. Non l’avrebbe di certo deluso.
Strinse se possibile ancor più forte
l’impugnatura della pistola e la puntò nel vuoto nella direzione del fruscio.
Lo sentì avvicinarsi, passo dopo
passo ed in poco tempo le era praticamente attaccato. Quando stavano per
sfiorarsi, però, lo sconosciuto cambiò direzione senza motivo apparente. Si
spostò in avanti a piccoli e veloci passi, ben presto fu lontano da lei.
L’aveva vista? Quasi sicuramente
no, la sua attenzione era stata attirata da qualcos’altro.
Solo lei non riusciva a muoversi
da quella posizione?
Stava per darsi l’ennesima
risposta negativa, quando un piccolo luccichio interruppe quel motivo oscuro.
Si spostava lento e fugace nel medesimo tempo, sicuro ed incerto. Se non fosse
stata certa di essere in luogo chiuso, avrebbe scommesso che fosse il
volteggiare di una lucciola. Certo non era facile incontrare quell’animaletto a
New York, ma ebbe la strana sensazione che quella lieve lucina fosse lì per
aiutarla.
Non capì mai il motivo, ma seppe
che era così. Non aveva mai creduto agli eventi soprannaturali, ma qualcuno lo
stava indicando nel buio le stava indicando la via da seguire.
Il drago doveva trovarsi proprio
dove quel piccolo chiarore si era fermato.
Si dimenticò della terza persona
presente in quel magazzino, la partita era solo tra loro due, nessuno si
sarebbe messo in mezzo.
Doveva coglierlo di sorpresa, in
qualche modo. Avanzò verso di lui, fiera proprio come l’animale al quale
l’avevano spesso paragonata. Era a caccia e i felini sono sempre più scaltri
delle loro prede. Non avrebbe potuto sfuggirle.
Quando gli fu addosso si rese
conto che l’uomo le dava la schiena. Era riuscita a non farsi sentire, era in
una posizione di vantaggio assoluto: il drago non si era assolutamente accorto
del suo arrivo. Lo avrebbe arrestato di lì a pochi secondi.
Non poteva ancora credere che
stesse per accadere. Dopo tutti quegli anni ce l’aveva fatta.
Fece scivolare la mano libera
lungo il suo fianco per cercare le manette e ben presto le sue dita furono a
contatto con la superficie metallica.
Mosse le gambe per compiere
l’ultimo passo, quello decisivo e, appoggiata la pistola contro la sua schiena,
mormorò al suo orecchio: “Come ho già detto prima, lei è in arresto gran figlio
di puttana. Non credo che vorrà nuovamente cercare di scappare o si ritroverà
un colpo di pistola nello stomaco e potrebbe avere una morte lenta e dolorosa.
Non cerchi nemmeno di metterlo in dubbio, perché sarei in grado di farlo. Non
osi provocarmi”.
Sentì le spalle dell’uomo rilassarsi:
“Non lo farei mai poiché credo ciecamente nelle tue parole Kate. Fa quello che
devi fare, non avere timore”.
La sua reazione colpì la donna,
possibile che accettasse così di buon grado una sconfitta? Non volle perdere
troppo tempo a rifletterci su e fece
scattare le manette attorno ai polsi dell’uomo.
Non appena ebbe portato a termine
l’operazione un urlo lancinante trafisse il silenzio mistico di quel luogo. Di
scattò girò la testa nella direzione dalla quale era provenuto. Sapeva chi era,
non doveva pensarci, il suo cuore aveva conosciuto immediatamente quella voce.
Il capitano Gates.
Cosa stava accadendo?
Non ebbe quasi il tempo di rendersene
conto, ma, mentre formulava quel pensiero, il magazzino fu illuminato da una
luce improvvisa che la accecò per qualche secondo. Qualcuno era riuscito a far
ripartire l’impianto sapeva di dover ringraziare mentalmente i suoi amici.
La loro squadra era perfetta, il
motto “uno per tutti, tutti per uno” li rappresentava in pieno. Doveva
ricordarsi di ringraziarli e di offrir loro una cena se fossero usciti incolumi
da quell’edificio.
Ciò che vide, però, la scosse. La Gates era
sopraggiunto e aveva iniziato una lotta fredda con Sophia. Pistole in pugno,
entrambe si minacciavano senza indietreggiare di un passo.
L’improvvisa comparsa della luce
doveva averle colte di sorpresa e stavano cercando il modo di prevalere l’una
sull’altra.
Kate, indecisa sul da farsi,
guardò in entrambe le direzioni, dove l’assassino di sua madre si stava
dileguando o dove si stava svolgendo la partita di roulette russa tra le due
donne, ma la decisione che le si prospettava davanti era tutt’altro che
semplice.
Rincorrere il drago o accorrere
in aiuto della donna?
Fu la stessa Iron Gates a
suggerirle la soluzione: “Detective non si lasci sfuggire quel mascalzone, qui
ho la soluzione sotto controllo! Vada!”.
Il giudice, nel frattempo, aveva
cercato di recuperare la sua libertà lanciandosi verso una direzione
imprecisata della stanza. Kate allora cercò di raggiungerlo. Corse a per di
fiato verso la porta, da dove era sparito l’uomo.
Avrebbe esaurito le ultime
energie rimaste, non si sarebbe risparmiata, ma questa volta avrebbe vinto lei.
Nelle sue orecchie aveva ancora il suono delle parole del suo capitano che le
intimava l’azione. Non poteva deludere chi le voleva bene, non questa volta.
Si incuneò in uno stretto tunnel
senza illuminazione che diveniva sempre più buio a mano a mano che procedeva.
Lasciò il garage e la contesa delle due donne alle sue spalle e, dopo qualche
secondo, non riusciva neanche ad intuire le loro voci.
Ad un tratto, però, quando stava
per raggiungere il fuggiasco, quando lo aveva praticamente davanti a sé e
sarebbe bastato allungare una mano per toccarlo, qualcosa dentro di lei si
ruppe.
Una strana sensazione si insinuò
nel suo animo, divorandola come un tarlo nel legno. Il suo cuore incominciò a
batterle nel petto all’impazzata. In maniera diversa, in maniera mai provata
prima.
Dovette fermarsi e d’istinto si
voltò pensando a ciò che si era lasciato alle spalle.
L’ansia l’aveva colta
impreparata, non poteva avere un attacco di panico in quel momento, non poteva
assolutamente permetterselo.
Doveva continuare l’inseguimento.
Era giusto così.
Ma lo era davvero?
Era sopraggiunta di corsa dalle
scale e si era lanciata nel buio senza esitare.
Qualcuno cercò di aggredirla
immediatamente spingendola verso un muro, nel tentativo di immobilizzarla, ma
la Gates, con un abile calcio, l’aveva cacciato indietro. Istintivamente quando
le sue membra avevano toccato la dura superficie, aveva urlato, ma era stata
colta di sorpresa. Assicuratosi di essere al sicuro per il momento, si spostò
di qualche passo linearmente, poi decise di cambiare direzione e di spostarsi in
avanti. Aveva intravisto qualcosa proprio di fronte a lei, forse il suo stesso
assalitore.
Si scostò di lato e si nascose
dietro a ciò che doveva essere una colonna, per non subire ulteriori attacchi.
Stava ancora cercando di
abituarsi all’oscurità ed a prendere confidenza con lo spazio intorno a lei,
quando le luci si accesero di colpo. I suoi uomini erano stati molto
efficienti.
“Modestamente
sono la mia squadra” pensò sorridendo.
Il suo buon umore, però, durò ben
poco. Davanti a lei stava una figura ben nota: Sophia. Ma quella lì doveva essere
sempre in mezzo ai piedi? Non aveva do meglio da fare che rovinarle la
giornata?
Estrasse la pistola dalla fondina
nel preciso istante in cui la sua nemica fece lo stesso in meno di un secondo e
si ritrovarono a minacciarsi a vicenda.
Doveva escogitare un modo per
distrarla e farle abbassare la guardia se voleva uscirne viva. Quella donna
aveva lavorato per molto tempo per la Cia, sapeva il fatto suo e aveva già
dimostrato di essere estremamente pericolosa, non sarebbe stata una passeggiata.
Nonostante ciò non si sentiva
inferiore, anche lei poteva essere una brutta gatta da pelare, quando la
mettevano alla prova.
Sarebbe stato divertente scoprire
come si sarebbe svolta quella battaglia.
Solo in quel momento si rese
conto di essere osservata: Kate Beckett si trovava a qualche metro da loro e le
fissava imbambolata. Accanto a lei una figura oscura si stava dando alla fuga.
Cosa stava combinando? Lasciava
scappare il drago così?
Solo in un secondo momento capì
che la giovane donna stava valutando se la sua fosse una situazione di pericolo
e se accorrere in suo aiuto.
Quella benedetta ragazza e la sua
mania di fare l’eroina. Avrebbe gestito benissimo la situazione da sola e, così,
decise di rassicurarla. Le intimò di passare all’azione e di catturare quel
maledetto drago. Non potevano lasciarselo sfuggire proprio adesso e deludere il procuratore distrettuale.
Avevano carta bianca, ma non potevano tornare a mani vuote.
Con sua immensa gioia notò che le
sue parole avevano svegliato Kate dal torpore. Si era lanciata all’inseguimento
e ben presto sparì dal suo raggio visivo. Sapeva che di certo non l’avrebbe
delusa.
Girò la testa e tornò a rivolgere
l’attenzione verso Sophia. Cercò d’instaurare un dialogo con lei: “Non faccia
sciocchezze, non le conviene uccidere un detective della polizia di New York.
Come ben sa io e la detective Beckett non siamo gli unici poliziotti in questo
edificio, sarebbe catturata comunque e le accuse contro di lei diventerebbero
ancora più pesanti..”.
Sophia sogghignò: “La prego, non
perdiamo tempo con questi stupidi discorsi. Non le darò ascolto. Non ho più
niente da perdere, ma voglio togliermi un’ultima soddisfazione. Vedere la vita
abbandonare il suo corpo sarà decisamente divertente..”.
La Gates capì che non sarebbe
riuscita a farla ragionare. Lo scontro sarebbe cominciato di lì a poco e una
delle due sarebbe uscita in una bara da quel covo. Sperò con tutta l’anima di
non essere lei. Sicuramente le avrebbe dato del filo da torcere, le avrebbe
reso il compito il più difficile possibile. Ci teneva alla pelle.
Incominciò a spostarsi lentamente
nello spazio senza perdere di vista nemmeno per un secondo la sua avversaria.
Si studiavano guardandosi negli
occhi, ma nessuna delle due osò fare la prima mossa. Chi avrebbe avuto l’onore
doveva essere rapida ed estremamente precisa o l’altra avrebbe avuto il
sopravvento.
Mentre era intenta a formulare
questi pensieri, senza quasi che se ne rendesse conto, Sophia partì
all’attacco. Cercò di difendersi, ma la donna era molto veloce e, in men che
non si dica, la Gates si ritrovò disarmata. La sua pistola venne scaraventata
lontano, in modo da non essere facilmente recuperabile. Era inerme davanti alla
sua nemica.
Per un attimo il suo cuore smise
di battere, choccata. Possibile che stesse per vivere gli ultimi istanti della
sua vita?
Quel labile pensiero si era
trasformato nel suo ultimo tormento: sarebbe morta di lì a pochi minuti per
mano di una criminale da strapazzo.
Sul volto di Sophia era apparsa
un’espressione irriverente, quasi divertita: “Mi sembra di capire di aver
vinto. Siamo sole qui. Lei ed io. La sua amata collega se n’è andata ed il
resto dei suoi uomini non arriverà in tempo. La ritroveranno riversa in una
pozza di sangue, morta, senza nessuna possibilità di essere salvata”.
La Gates la guardò senza nessuna
esitazione, senza alcuna paura. Avrebbe affrontato la morte con onore, senza
nulla da recriminarsi: aveva vissuto la sua vita intensamente nel bene e nel
male: l’esistenza di un uomo non è mai
perfetta, chiunque commette degli errori, ma sapeva di aver dato sempre il
massimo.
Non era felice di quella
situazione e, sicuramente avrebbe preferito un esito migliore per quella
serata, ma, in quel momento, le sarebbe servito un miracolo al quale non aveva
il coraggio di aggrapparsi. Così pronunciò le sue ultime parole: “Fa quello che
devi fare, ma non credere di averci sconfitto. Kate catturerà quell’uomo e
giustizia sarà fatta!”.
Sophia rise: “Risparmi il fiato
che le resta per pronunciare le sue ultime preghiere, ne avrà bisogno quando si
ritroverà ad affrontare il giudizio dall’altra parte. Ora si metta in
ginocchio”.
Un’esecuzione in perfetto stile
criminale..
Beh almeno avrebbe potuto
vantarsi con gli altri defunti d’aver avuto una morte importante. Eseguì gli
ordini della sua nemica lentamente, quasi al rallentatore, continuando a
fissarla negli occhi. Non voleva che credesse neanche per un istante di averla
sconfitta.
“Iron
Gates vince sempre e comunque” pensò.
Chiuse gli occhi e portò le mani dietro alla
schiena, reclinando il capo.
Respirò profondamente e,
nonostante un po’ di paura, l’ atteggiamento fiero e distinto di chi è stato
condannato a marte ingiustamente, non l’abbandonò.
Era pronta, ormai era una
questione di secondi.
Udì il suono inconfondibile dello
scatto del rullino della pistola ed il colpo entrare nella canna. Doveva solo
aspettare lo sparo.
Credette di vivere gli istanti
più lunghi della sua intera esistenza, poi li udì.
Non fu uno solo, ne distinse
nettamente almeno tre.
Non avrebbe mai creduto che
fossero necessari così tanti proiettili per ucciderla, probabilmente Sophia
voleva essere certi di non fallire.
Aspettò il temuto dolore,
sperando che fosse di breve intensità, ma questi non arrivò. Si rese conto di
essere ancora in grado di respirare quando le sue narici si impregnarono del
forte odore metallico del sangue.
Aprì gli occhi e fu sorpresa di
constatare di non essere ferita: il liquido biologico riverso sul pavimento era
di qualcun altro.
Cos’era accaduto?
Si alzò in piedi e, girando la
testa, scrutò la situazione. Vide il cadavere di Sophia riemergere da un’enorme
chiazza rossa e Kate Beckett ancora in posizione di tiro.
Quindi era stata lei a sparare.
Le aveva salvato la vita.
Il loro sguardo si incrociò e le
due donne si fissarono per alcuni secondi, poi Kate le si avvicinò chiedendole:
“Come si sente signore? Sta bene?”.
La Gates, ancora scossa per
l’esperienza appena vissuta, riuscì solo a risponderle: “Sto bene. E il
drago?”.
La giovane detective si passò una
mano tra i capelli, come se stesse cercando di calmarsi da sola, e poi rispose:
“Non lo so. Credo che sia fuggito.. l’avevo proprio davanti a me ed è scomparso
nell’oscurità, quando mi sono fermata.
Sa, sono semplicemente tornata indietro. Dovevo farlo”.
Sul suo viso nacque un sorriso
irresistibile, così profondo da far sentire la Gates quasi in imbarazzo. Stava
cercando le parole giuste per esprimerle la sua gratitudine, quando notò lo
sguardo di Kate rivolto oltre le sue spalle e il suo repentino cambiamento di
umore. Nei suoi occhi apparve un improvviso terrore.
La vide scattare come una
freccia, abbandonando la pistola accanto ai suoi piedi, ed urlare: “Rick,
noo!!”.
Si girò di scatto anche lei, inseguendola
con lo sguardo ed individuò anch’essa ciò che aveva sconvolto così tanto la
giovane donna: il signor Castle era disteso a faccia in giù sul pavimento e non
dava il minimo segno di vita.
Accorse al suo capezzale per
aiutarlo, mentre Kate si inginocchiò accanto a lui e lo prese tra le sue
braccia, girandolo in modo da poterne osservare il viso. Si resero subito conto
che, grazie al cielo, respirava con difficoltà, ma era ancora vivo.
La giovane donna lo chiamò con
insistenza, ma l’uomo non ebbe nessuna reazione. Kate era visibilmente scossa e
gli alzò la testa ancor di più, per permettergli di respirare meglio.
Solo in quel momento la Gates
notò che la mano della sua collega, impegnata in quell’operazione, si stava
tingendo di rosso.
Castle doveva essere ferito alla
testa.
“Kate, la sua mano..” mormorò
spaventata il capitano.
La donna la guardò interdetta,
come se non avesse compreso appieno ciò che la Gates stava cercando di dirle,
poi spostò lo sguardo verso il basso ed, individuato il fluido che ormai le
scendeva lungo il polso, precipitò nel più assoluto terrore: “No, Rick! Non è
possibile, no!! Non puoi morire, ti prego non mi lasciare. Non adesso! Resta
con me”. Soprafatta dai sentimenti e dalla stanchezza, Kate aveva iniziato a
piangere.
Nell’assistere a quella scena
straziante il capitano sentì stringersi il cuore.
Quella giornata non poteva finire
in quel modo: quella giovane e tenace donna non si meritava di dover affrontare
di nuovo un simile dolore. Si ritrovò a formulare una preghiera a quel Dio
rinnegato molto tempo prima, quando l’orrore presente nel mondo aveva fatto
capolino nella sua vita, e pregarlo di assecondare la sua richiesta: “Ti sei
già preso la sua infanzia e la sua giovinezza con la morte di sua madre, ti
prego non portarle via anche il suo futuro”.
Non si limitò a pensare, ma agì:
prese il suo cellulare ed inoltrò la chiamata per i soccorsi al 911
sollecitando il loro intervento immediato. Poi si accucciò accanto a Kate,
ancora intenta ad accarezzare il volto del suo uomo, e le cinse le spalle in un
abbraccio materno: “L’ambulanza sta per arrivare Kate! Ce la farà, lui è una
roccia. Combatterà come un leone perché vuole vivere con lei, vuole stare con
lei. Non è il suo destino morire qui, stanotte. Ne sono sicura! Le ha promesso
di rimanere accanto a lei per il resto della vita e, per quel poco che lo
conosco, il signor Castle ha sempre mantenuto la parola data”.
Kate non riuscì a dir nulla, ma
appoggiò la testa sul braccio della donna per ringraziarla. Sapeva che ciò che la
Gates aveva detto era vero, ma sentirlo pronunciare ad alta voce le aveva fatto
ritrovare un po’ di coraggio. Si sentì meno impaurita, ma non del tutto
convinta.
E pregò con tutto il suo cuore
che avesse ragione.
Angolo mio
Capitolo lunghetto, volevo
dividerlo, ma ho preferito farvelo leggere tutto insieme…
Ops il drago è scappato.. Kate
l’ha lasciato andare. Ve lo aspettavate?!?
La Gates sta bene, ma la situazione è nuovamente precipitata, Rick è
ferito..
Sì, lo ammetto sono un po’
sadica.. Mi piace complicare la situazione..
Aspetto i vostri commenti!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Passato, presente e futuro ***
Passato, presente e futuro
PASSATO, PRESENTE, FUTURO
Era quasi l’alba quando
l’ambulanza era ripartita alla volta dell’ospedale più vicino. Kate era voluta
salire insieme a Rick, nessuno era riuscito a farle cambiare idea, nonostante
fosse esausta e visibilmente provata. Con enorme fatica era riuscita ad
avvertire Martha ed Alexis dell’accaduto e aveva concordato che li avrebbero
raggiunte direttamente al pronto soccorso.
Rick non aveva ripreso
conoscenza, ma l’entità dell’emorragia sembrava essersi ridimensionata ed i
paramedici, che gli avevano prestato le prime cure, l’avevano rassicurata. La
testa era una parte molto delicata del corpo ed estremamente irrorata dai vasi
sanguigni ed una perdita di sangue in caso di ferita era abbastanza naturale,
ma una tac avrebbe aiutato a formulare una diagnosi più precisa. Comunque non
era ancora fuori pericolo. Aveva bisogno di cure immediate.
Il cadavere di Sophia era stato
preso in custodia da Lanie e da alcuni agenti della polizia scientifica di New
York, ma nessuno aveva tentato di confutare la ricostruzione del capitano
Gates.
La donna, insieme a Ryan ed
Esposito, seguiva, a bordo di una volante con il lampeggiante inserito, la
vettura di soccorso che filava come un razzo nelle strade già trafficate della
Grande Mela. L’ambulanza si fermò nel piazzale adiacente l’entrata del pronto
soccorso e la donna di precipitò fuori dalla macchina seguita dai suoi uomini,
ma una voce conosciuta attirò la sua attenzione: “Capitano Gates!”.
Scorse il procuratore
distrettuale accorrere verso di lei. Si fermò e diede ordine a Ryan ed
Esposito: “Andate dentro con Beckett, vi raggiungerò il prima possibile”, poi
andò incontro all’uomo.
“Buongiorno signore”.
Il procuratore iniziò serio:
“Capitano non so davvero cosa dirle: là dentro siete stati una manica di
incoscienti..”.
“Lo so bene signore, ma...” lo
interruppe la donna. Sapeva di dover affrontare un eventuale richiamo da parte
dei suoi superiori, ma quello le parve un momento decisamente inopportuno. Uno
dei suoi uomini era ancora in pericolo, doveva accertarsi che si sarebbe
ripreso al più presto.
L’uomo, però, la zittì: “Victoria
mi lasci finire. Stavo sottolineando la pazzia totale della sua squadra e, già
non mi capacitavo dell’assurdità dell’idea del detective Beckett di lanciarsi
all’inseguimento di un fuggiasco al buio, si figuri il mio totale panico e
disappunto mentre stavo per assistere alla sua esecuzione! Stavo per far
intervenire gli uomini che erano sul furgone con me, ma per fortuna la sua
collega è rinsavita ed è tornata ad aiutarla..”
“Signore, lei ha ragione..” cercò
di giustificarsi la Gates.
“Capitano! Insomma.. devo citarla
per insubordinazione? Non si permetta d’interrompermi un’altra volta, mi lasci
finire sto benedetto discorso o non capirà mai il mio pensiero. Lei si
preoccupa troppo Victoria, in realtà stavo per complimentarmi con lei e con la
sua squadra. Siete riusciti a far confessare un crimine efferato a un
pericoloso criminale che si stava nascondendo nel nostro sistema da anni,
facendoci credere di essere dalla parte dei buoni. Certo, avete utilizzato alcuni metodi poco
ortodossi, ma efficaci. In fondo siete il gruppo più strampalato di tutta la
polizia di New York, avete tra voi anche uno scrittore che si crede un gran
detective, ma devo ammettere di aver visto poche volte sentimenti così veri
come l’amicizia, l’onestà, l’integrità e il rispetto che avete dimostrato di
provare gli uni verso gli altri. Non posso che rallegrarmi per questo! Siamo
fortunati ad avervi al nostro servizio”.
Il procuratore sfoggiò un gran
sorriso, mentre la donna, sentitamente imbarazzata, non seppe cosa rispondere.
Era difficile metterla in evidente difficoltà verbale, ma questa volta c’erano
riusciti.
L’uomo continuò:“Tranquillizzi il
detective Beckett, ho fatto in modo di sollecitare l’intervento di ogni organo
di polizia dello Stato, dall’FBI alla CIA. Quell’uomo non potrà sfuggirci! Ho
segnalato la sua identità ad aeroporti, stazioni ferroviarie e per gli autobus.
Se provasse a lasciare la città, noi lo sapremo. È scappato, ma le prometto solennemente
che lo prenderemo, fosse l’ultima cosa che faccio come uomo politico di questa
città”.
Victoria Gates annuì con la
testa: “Riferirò signore, e grazie mille”.
Si strinsero la mano e la donna
si voltò per raggiungere i suoi uomini all’interno dell’ospedale. Percorse
alcuni passi quando la voce dell’uomo attirò la sua attenzione per la seconda
volta: “ Ah Victoria, dimenticavo. Dica a Beckett che pretendo un invito al suo
matrimonio con lo scrittore di best seller, quando quest’ultimo si sarà ripreso.
È stato un po’ imbarazzante ascoltare, senza volerlo, le loro dichiarazioni
d’amore, mi sono sentito un po’ come la candela di turno, neanche avessi
tredici anni.. Almeno vorrei gustarmi il buffet!!”.
L’uomo le strizzò l’occhio ed una
risata scappò ad entrambi.
Il procuratore aveva ragione:
quando Castle aveva promesso a Kate di sposarla, anche lei era arrossita. Lo
scrittore, però, non poteva immaginare che avessero nascosto un microfono sotto
la camicetta della detective per poter registrare un eventuale confessione del
drago. Quindi tutti gli uomini collegati all’auricolare di Beckett avevano
ascoltato.
La Gates sogghignò: lo avrebbe
preso in giro per anni, quello era poco ma sicuro.
Per di più era stata lei regalar
loro una prima luna di miele un po’ alternativa, nella sua casa fuori città.
E sì, una cena di gran classe
sentiva di meritarla anche lei.
La barella fu portata nella prima
sala emergenza libera, ma a Kate non fu permesso di proseguire oltre. Un medico
giovane dalle maniere gentili la convinse ad aspettare in sala d’attesa, con la
promessa d’avvertirla non appena avesse avuto notizie sullo stato di salute di
Rick.
La giovane donna si accomodò
sulla prima sedia libera che trovò e, improvvisamente, sentì il suo corpo
diventare pesante, aveva dolori ovunque. Forse stava rilasciando la tensione
nervosa. Abbassò lo sguardo verso il
pavimento e, solo in quel momento notò d’aver ancora le mani sporche del sangue
del suo fidanzato. Intrecciò le dita, ma non si mosse. Non se la sentiva ancora
di lavarle, aveva bisogno d’avere ancora qualcosa di Rick sulla sua pelle, non
aveva importanza se era il suo sangue. Voleva sentirlo ancora accanto a sé in
qualche modo.
Vide davanti a lei una tazza
fumante di caffè e, per un attimo sperò, che fosse Castle a porgergliela, ma,
quando incrociò lo sguardo con quello del suo grande amico Esposito una
sensazione di tristezza infinita scese nel suo cuore.
“Credo che un po’ di caffeina possa aiutarti”.
Kate allungò la mano ed accettò
il bicchiere e riuscì a sorridere a
malapena, mentre Ryan si sedette accanto a lei accarezzandole le spalle.
I suoi amici erano stati per anni
i suoi angeli custodi e anche in quel frangente si erano dimostrati tali. Si sentì
veramente fortunata ad averli accanto.
I tre rimasero in silenzio per molti minuti,
mentre aspettavano notizie sullo stato di salute del loro amico scrittore.
Il tempo sembrava non passare
mai, come se si stesse dilatando all’infinito.
Finalmente udirono una voce
maschile chiamare: “Chi sono i parenti di Richard Castle?”.
Kate scattò in piedi d’istinto e
gli andò incontro. L’uomo la guardò come se aspettasse di conoscere l’identità
di chi le stava davanti, prima di iniziare una conversazione di quel genere.
La giovane donna rispose: “Sono la sua
fidanzata”.
“Finalmente ti sei decisa ad
ammetterlo tesoro, mio figlio sarebbe felice di sentirlo”. La voce di Martha
giunse da dietro le sue spalle facendola sussultare. L’attrice si avvicinò alla
giovane donna e le appoggiò una mano sulla spalla per rincuorarla. Qualunque
notizia fosse uscita dalla bocca del medico, sarebbero state in due ad
affrontarlo. Così si presentò: “Io sono la madre. Dottore, come sta mio
figlio?”
Il medico abbandonò l’aria serena
tenuta fino a poco tempo prima e disse: “Il signor Castle ha un forte trauma cranico dovuto a ripetuti
traumi, l’ultimo dei quali ha provocato una ferita seria. Abbiamo dovuto
eseguire una lunga sutura, gli resterà una brutta cicatrice, ma non abbiamo riscontrato
nessun danno rilevante. Dovrà riposarsi e non strapazzarsi nei giorni a venire,
ma posso rassicurarvi sul suo stato salute. Si riprenderà senza problemi e
tornerà come prima.”.
Martha lo interruppe con fare
teatrale: “Aspetti dottore, sta cercando di dirci che sopportare ancora il suo carattere vulcanico
di bambino di otto anni? Di solito le botte in testa fanno rinsavire.. Dice che
mio figlio è senza speranza? Pazienza in fondo non è un grande sacrificio, quando
vuole sa essere un ragazzone adorabile!”.
Strizzò l’occhio e strinse ancor
di più la spalla della sua futura nuora che, finalmente, aveva rilasciato la
tensione nervosa dentro di lei.
Il giovane medico dovette
sforzarsi per non scoppiare a ridere e concluse: “Lo tratteniamo in osservazione
per un giorno, poi se tutto procederà per il meglio, lo dimetteremo e potrete
riportarvelo a casa”.
Kate chiuse gli occhi in segno di
sollievo e ringraziò mentalmente che il destino non le avesse riservato un
altro brutto tiro.
L’uomo, intanto, stava concludendo
il discorso: “Ora sta dormendo, ma potete stare con lui ed aspettare il suo
risveglio. Cercate solamente di non accalcarvi in troppi nella stanza. Fate a
turno, d’accordo?”
“Non si preoccupi, cercheremo
d’essere persone adulte e responsabili!” rispose Martha.
L’uomo, scrollando un poco la
testa, sorridendo si congedò lasciandoli decisamente più sollevati.
Esposito e Ryan dissero che
dovevano compilare il rapporto e
sparirono presto dalla loro vista, ma promisero di ritornare che sarebbero
venuti a trovare lo scrittore appena possibile. In realtà avevano capito che
ormai era solo una questione di famiglia e non volevano impicciarsi troppo.
Rimaste sole, Martha sussurrò a
Kate: “Avanti va, ti sta aspettando. Rimani un po’ con lui”.
La giovane donna le sorrise, ma
rispose: “No Martha, entrare prima tu ed Alexis. Sarà felice di vedere il volto
di sua figlia quando si risveglierà. A proposito, dov’è? Non è venuta?”.
“E’ rimasta fuori, non se la
sentiva d’entrare. Aveva il terrore che fosse successo qualcosa di estremo,
quando ci hai chiamati. Ora vado a rassicurarla, poi raggiungeremo Rick. Quindi
hai qualche minuto per restare sola con lui, se vuoi..”.
Kate apprezzò il gesto della
suocera, ma non aveva cambiato idea: “No Martha. Davvero.. Io entrerò più
tardi. Sta tranquilla, non ho intenzione
di fuggire, ma vorrei almeno rendermi presentabile. Concedimi qualche minuto”.
L’attrice le accarezzò la
guancia: “Come vuoi mia cara, ma non farlo aspettare troppo. Lui vuole solo te,
quando non ti vedrà al suo fianco si preoccuperà moltissimo”.
“Lo so, non temere. Tornerò
presto. Anch’io voglio restare accanto a lui per sempre..”.
La donna, a quelle parole, non obbiettò. Sorrise ancora una volta nella
direzione di Kate e si allontanò, mentre la giovane detective, rimasta sola,
sparì dietro alla porta di un bagno.
Un leggero vento soffiava scompigliandole
i capelli che le ricoprivano il viso.
Doveva scansarli con una mano se voleva guardare dinnanzi a sé.
Era uscita per prendere un po’
d’aria, chiusa in quelle quattro mura si sentiva soffocare. Rick era fuori
pericolo ed era in compagnia di sua madre e di sua figlia e lei voleva stare
per qualche minuto da sola, aveva bisogno di respirare e la terrazza rialzata
dell’ospedale le sembrò il posto migliore possibile.
Appoggiata al parapetto poteva osservare New
York dall’alto, senza che nessuno si curasse di lei.
Si sentiva spossata, quei giorni
erano stati infiniti ed estenuanti.
Molteplici emozioni si erano
susseguite nel suo animo in quelle ore: dalla tensione nervosa dell’inizio
dell’indagine alla paura di perdere il suo uomo, quando l’avevano trasportato
in ospedale incosciente.
Era riuscita a stanare il drago,
ma non a catturarlo, ad assicurarlo alla giustizia.
Qualunque altro investigatore si
sarebbe sentito un fallito, ma non lei. Non in quel momento.
Aveva chiuso il cerchio, aveva
scoperto la verità.
Il regno dorato nel quale
quell’uomo credeva di vivere era caduto in malora ed il suo castello di bugie
era crollato per sempre.
Niente sarebbe potuto tornare
com’era. Il terremoto politico e mediatico che si era scatenato non gli avrebbe
dato scampo: era braccato da tutti gli organi di polizia dello Stato, dall’FBI
alla CIA, non sarebbe sfuggito alla giustizia.
Lo aveva lasciato andare, ma non
era pentita della sua decisione.
Era in pace con se stessa.
Si sentiva solo molto stanca.
Non poteva di certo affermare di
essere felice, ma in fondo al suo cuore, era scesa una serenità mai provata.
Era immersa nei suoi pensieri
quando udì dei passi alle sue spalle, ma non si voltò.
Non era preoccupata, chiunque
avrebbe potuto salire lì sopra, quello era un luogo pubblico. Si rese conto di
sapere chi la stava raggiungendo, aveva riconosciuto la camminata.
Una figura femminile si appoggiò
con la schiena alla ringhiera, proprio accanto a lei.
“Mi hanno detto che l’avrei
trovata qui”: la voce di Victoria Gates arrivò alle sue orecchie dolce e
rassicurante.
Kate si voltò leggermente verso
sinistra e rispose: “Signore ha bisogno di me?”.
Alla donna scappò un lieve sorriso:
“No Kate, in realtà volevo parlare con lei, da sole..”.
Respirò profondamente e restò per
un attimo a guardare la sua giovane collega negli occhi, come se stesse
cercando le parole giuste per intavolare quel discorso.
Kate capì ciò che il suo capitano
stava per dire, ma restò in silenzio per rispetto. Le avrebbe lasciato tutto il
tempo necessario.
La donna non interrompendo il
loro contatto visivo, disse seria e decisa: “Grazie Kate. Grazie per essere
tornata indietro”.
La sua gratitudine era palpabile,
quella non era una frase di circostanza. Veniva dal cuore.
Kate sorrise: “Non mi ringrazi
capitano, non ce n’è motivo. Lei avrebbe fatto lo stesso se si fosse trovata al
mio posto”.
La donna scosse la testa: “Per
aiutarmi, il drago le è sfuggito. Lo aveva praticamente catturato, ma bloccando
la sua corsa gli ha permesso di dileguarsi. Perché si è fermata? Perché è
tornata a cercarmi?”.
Kate si tirò indietro i capelli
con una mano e tornò a fissare il vuoto davanti a sé: “Non so se riuscirà a
credermi, ma dentro di me ho sentito che qualcosa non andava.. nel buio non
riuscivo a comprendere bene cosa stava succedendo, ma non sono riuscita a
continuare a correre. Lei doveva essere in pericolo, come in effetti era, ed
io non avrei permesso che qualcun altro
morisse per colpa di questo caso. Soprattutto non lei, l’unica ad essermi stata
totalmente vicino nelle indagini degli ultimi giorni.
Ha rischiato la carriera
esponendosi in quel modo per aiutarmi non solo dal punto di vista delle
indagini, ma soprattutto dal punto di vista umano. Credo di essere cresciuta e
maturata grazie a lei.
Non mi fraintenda, ora fa parte
della mia squadra, quella del cuore.
A cosa sarebbe servito catturare
quel farabutto quando avrei avuto sulla coscienza un’altra vita? A nulla..
Non credo d’aver fatto torto a
qualcuno, agendo a quel modo.
Non sicuramente mia madre: lei
amava la giustizia, ma perdere un’altra persona cara sarebbe stato un prezzo
troppo alto da pagare”.
Victoria Gates sospirò ed
appoggiò una mano sull’avambraccio di Kate: “Lei si sottovaluta. Parla con una
dolcezza e una tranquillità, come se gli eventi non avessero potuto avere
decorrenza diversa. Fa sembrare tutto facile e giusto, ma non tutti lo
avrebbero fatto, lo sa? Devo concordare col signor Castle stavolta. Lei è una
donna veramente straordinaria, ma si nasconde troppo. Ama fare la dura, ma, in realtà, ha un cuore
tenero..”.
“Non credo di essere la sola su
questa terrazza” rise la giovane donna.
La Gates la spinse per scherzo:
“Kate non si permetta! In fondo resto il suo capo.. Io? Un cuore tenero? Ma
quando mai? Questi giovani impertinenti..”.
Kate rise sonoramente, seguita
qualche istante dopo dalla donna.
Si guardarono ancora negli occhi
in silenzio e capirono che quella conversazione era finita. Si erano già dette
tutto, altre parole sarebbero state superflue.
La Gates si sistemò la giacca
spostatele dal vento e dopo essersi rimessa diritta, disse: “Torno al distretto,
il procuratore mi ha chiamato di nuovo, vuole parlarmi. Vorrà il rapporto su
quanto è accaduto. Oppure vorrà che tenga una conferenza stampa nella quale informerò la città di come
abbiamo scagionato il signor Castle.
Quando tutto sarà concluso, però,
mi prenderò una vacanza. Sola, su un’isola deserta dove l’unico rumore che
possa sentire sia l’infrangersi dell’onda sulla battigia. Lo farò.. eccome se
lo farò..” e si incamminò verso la porta che conduceva alle scale.
Kate, colta da un improvviso
dubbio, si girò verso di lei e le chiese: “Signore, vuole che venga anch’io?.
La Gates la guardò con aria
stupita: “Allora chiariamo una cosa Kate. Ok, mi ha salvato la vita, ma questo
non le consente di credere che io sia sua nonna. So ancora tornare al mio
lavoro da sola”.
Kate rimase interdetta poi vide
il capitano strizzarle l’occhio: “Suvvia non faccia quell’espressione! Stavo
scherzando! Lei prende tutto troppo seriamente. No, non deve venire con me. Da
questo istante è in ferie.
Si occupi di quello scrittore
lagnoso. Avrà sicuramente bisogno d’attenzioni.. Non ho nessuna voglia
d’ascoltare i suoi lamenti per i prossimi mesi..”.
“Quindi potrà..”.
“Sì ho deciso che potrà tornare
al distretto quando vorrà. E, va bene, lo ammetto, quell’uomo mi piace e se non
fosse già impegnato lo corteggerei!”.
Kate avvampò alla battuta della
donna, riusciva ancora ad imbarazzarsi per certe cose. La Gates sorrise per
l’ultima volta e sparì chiudendo la
porta alle sue spalle.
La giovane donna tornò ad appoggiarsi
al parapetto e si lasciò cullare ancora per un po’ dal dolce tocco del vento.
Non era ancora pronta per
ritornare da Rick, voleva restare ancora sola con i suoi pensieri per un po’.
Doveva sistemare ancora alcuni dettagli con se stessa. Quel dolce vento, che le
picchiava in faccia, le fece tornare alla mente una storia che le era stata
raccontata quando era solo una bambina.
Una storia che aveva contribuito
alla formazione del suo carattere.
Era
in spiaggia con sua madre e tirava un forte vento di libeccio. I suoi giochini
venivano fatti rotolare dall’aria e non rimanevano dove lei li aveva sistemati.
In
un primo momento aveva cercato in tutti i modi di raccoglierli e di metterli a
posto per molte volte, senza successo. Così stremata, aveva iniziato a piangere
cercando rifugio nelle braccai di Johanna.
La
donna l’aveva abbracciata stretta, l’aveva sollevata e presa in braccio ed
infine le aveva domandato: “Katie perché
piangi?”.
La
piccola le aveva sussurrato tra le lacrime: “Il vento cattivo porta via le mie
formine..”.
La
madre l’aveva accarezzata dolcemente sulla testa: “E tu piangi per quello?”.
Lei
aveva annuito, mentre un grosso lacrimone le scendeva lungo la guancia. Johanna
lo aveva asciugato e donandoli uno dei suoi proverbiali sorrisi le aveva
detto: “Tesoro, non farlo. Non è
successo niente di grave. Magari sono gli angeli del cielo che vogliono giocare
con te. Ti fanno i dispetti per attirare la tua attenzione, visto che non
possono parlarti. Che ne dici? Vuoi lasciarli vincere o cerchi di
batterli?”.
Le parole della madre avevano infuso
un’improvvisa tranquillità nell’animo. Riusciva sempre a tranquillizzala, a
trovare il modo di far scomparire le sue paure. Così era scesa di corsa dalle
sue braccia per tornare a rincorrere i suoi giochini.
Era
già una tosta fin da bimba e non aveva nessuna intenzione di perdere contro gli
angeli. Doveva giocare d’astuzia: prese la paletta e, con non poca fatica,
scavò una buca nella sabbia abbastanza grande da poter contenere “il suo
prezioso tesoro”.
Si
ricordò di aver saltellato entusiasta, quando aveva visto che i suoi giochi non
potevano più scappare. In quel momento Johanna, che l’aveva osservata
orgogliosa per tutto il tempo, si era
inginocchiata accanto a lei e l’aveva attirata verso di sé.
Donandole
un bacio sulla guancia le aveva sussurrato: “Hai visto Katie? Ce l’hai fatta,
hai vinto. Ricordati, qualunque difficoltà si presenti sul tuo cammino, dentro
di te, hai le risorse per superarle. Non
importa come e neanche il tempo che ti occorrerà per farlo, ma ce la farai.
Sempre. A volte sarà faticoso, a volte
meno, ma ricordarti di credere in te
stessa. E vincerai”.
In quel momento non aveva
totalmente compreso l’insegnamento intrinseco delle parole di sua madre, era
troppo piccola, ma quell’episodio le era rimasto impresso indelebilmente nella
mente.
Crescendo ne aveva colto l’intero
significato e, quando la sua vita era stata sconvolta dagli eventi, aveva
basato la sua vita su quelle parole.
Quella metafora le aveva
insegnato ad essere forte, a cercare di trovare una soluzione anche nei momenti
più duri.
Nonostante i buoni propositi
aveva commesso molti errori durante il suo cammino, ma, grazie al cielo, aveva incontrato tante persone che le erano
state vicino e le volevano bene.
Mandate da qualche angelo del
cielo che voleva aiutarla..
Lo aveva sempre saputo: sua
madre, custodita gelosamente nel suo cuore, non l’aveva mai abbandonata.
Ed ora era fiera di lei.
Chiuse gli occhi e dentro la sua
anima qualcosa cambiò: era come se potesse sentire ancora il calore
dell’abbraccio di quel lontano giorno sulla spiaggia. Era come se sua madre
fosse accanto a lei in quel preciso istante.
Kate si sentì rinascere: ora che
Johanna aveva avuto giustizia, lei poteva andare avanti. Avrebbe gettato pian
piano il passato alle spalle e, quando avrebbe ripensato a lei, l’unico
sentimento provato dalla sua anima sarebbe stata la nostalgia.
Quella era una cicatrice
indelebile sul suo cuore, non l’avrebbe potuta cancellare neanche volendo, ma
il suo adorato scrittore le avrebbe dato tutto ciò di cui aveva bisogno.
Doveva solo scendere le scale e
tornare nella stanza d’ospedale dove l’attendeva il suo futuro.
Non voleva più fuggire, mai più.
Voleva solo raggiungere Rick e farsi stringere dalle sue forti braccia.
Voleva essere solo una donna
innamorata. Una donna normale, come milioni di altre nel mondo.
Quando riaprì gli occhi si accorse che il sole
stava tramontando dietro ai grattacieli di New York, tingendo il rosso le
grigie palazzine della città.
Kate si rese conto di essere
stata lassù per molto tempo, anche dopo la chiacchierata con la Gates.
Si alzò di scatto, forse Rick
incominciava a preoccuparsi, non vedendola tornare.
Si girò per andarsene, ma rimase
impietrita.
Il sangue le si congelò nelle
vene.
Davanti a lei stava qualcuno che
aveva, suo malgrado, imparato a conoscere molto bene negli ultimi giorni, col
quale aveva già parlato ore prima.
Quel qualcuno che per quattordici
anni aveva reso la sua vita un vero inferno..
Angolo mio!
Pensavate che il drago si fosse
dileguato? E no, eccolo di nuovo…
Che accadrà su quella terrazza?
Ne sapremo di più nel prossimo capitolo..
Riccardone sta bene visto? Non
sono così perfida..
Piaciuta la chiacchierata tra
Kate e la Gates? Mi piace sempre di più il loro rapporto..
Per quanto riguarda la storia
siamo quasi in dirittura d’arrivo, abbiate pazienza, manca poco!
Un bacione grande..
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Vincit omnia veritas 1 parte ***
Vincit omnia veritas 1 parte
VINCIT OMNIA VERITAS
(1 parte)
D’istinto
infilò la mano sotto la giacca per cercare la sua pistola, ma si ricordò di
averla consegnata ai suoi colleghi prima d’entrare in ospedale.
Era
sola e disarmata davanti al drago.
L’uomo,
estremamente tranquillo e rilassato, fece un passo verso di lei e parlò: “Bel
tramonto non trova?”.
Kate
non rispose, aveva ogni singolo muscolo del suo corpo in trazione. Si trovava
in una situazione molto pericolosa e stava studiando un piano per uscirne viva.
Come aveva
fatto a raggiungerla li sopra? Come lo sapeva? Doveva trovare un modo per
avvertire i suoi colleghi ed amici.
L’uomo,
come se le avesse letto nel pensiero, disse: “Stia tranquilla, non ho avuto
nessuna soffiata mia cara. Lei ha distrutto tutte le mie alleanze in
quarantotto ore, non ho più nessuno a cui potermi rivolgere, ma ho ancora
qualche asso nella manica da giocarmi. Lei è sempre stata la gatta da pelare
più significativa della mia esistenza, quindi, deve sapere, ho passato anni a studiare ogni sua mossa da
lontano e la conosco meglio di quanto possa lontanamente immaginare. Dopo la
lunga giornata che ha avuto, sapevo che sarebbe voluta rimanere sola per un
po’.. Così non ho fatto altro che seguirla. Mentre tutti mi davano la caccia,
io ero nell’unico posto dove nessuno mi avrebbe cercato: accanto a lei,
nascosto dietro la sua ombra”.
La
giovane donna lo guardò esterrefatta continuando a non proferir parola, così fu ancora l’uomo
a parlare: “Non si preoccupi detective, non sono qui per farle del male. Sono
sicuro che conoscerà le usanze dei popoli antichi. Durante le guerre o le
ostilità, le battaglie si svolgevano dall’alba al tramonto. Non appena il sole
calava dietro all’orizzonte tutti si fermavano ed ogni popolo piangeva i suoi
morti e curava i suoi feriti. In poche parole si instaurava una tregua..
Ora
come le ho fatto notare in precedenza, anche qui la notte si stava avvicinando
e anche tra noi ci sarà una momentanea pace. Non sono qui per combattere,
voglio solo parlarle”.
Kate
non abbassò la guardia: “Cos’ha di così importante da dirmi? Poteva parlare al
magazzino invece di scappare”.
L’uomo
rise: “Capisco la sua riluttanza, ma, anche se la cosa la stupirà, sono qui per
complimentarmi con lei”.
“Complimentarsi
con me? Non sia ridicolo! È qui solo per chiudere i giochi, lei non può
permettersi di perdere, vuole assestare il colpo decisivo, quello che mi
manderà al tappeto. Almeno così spera..”.
L’uomo
non ebbe nessuna reazione e continuò a fissarla, nonostante la luce si stesse
pian piano affievolendo: “Si sbaglia detective. Non sono una bella persona, su
questo ha ragione, ma so ancora ammettere una sconfitta. Lei ha vinto. I giochi
sono finiti. Ne è pienamente consapevole, per questo mi ha lasciato scappare..
poteva uccidermi, ero perfettamente nella sua traiettoria, ma non lo ha fatto.
Lei possiede uno straordinario talento, un intuito eccezionale, ma non ha avuto
il coraggio di sparare ad un uomo fuggitivo e disarmato, nonostante le abbia
procurato molto dolore in passato”.
Kate
rispose piccata: “Ha ragione su un aspetto. Io non sono fredda e calcolatrice
come lei, ma si sbaglia su un punto fondamentale: io non l’ho lasciato
scappare. Sono andata in soccorso di una persona a cui tenevo. La vita è più
importante di una vendetta. Lo ammetto, nel momento in cui l’ho vista entrare
in quell’edificio, l’unico sentimento che ho provato è stato l’odio.
Volevo
fargliela pagare, volevo ucciderla, ma quella situazione così pericolosa che il
mio capitano stava vivendo mi ha come svegliato da un brutto sogno.
Cosa
stavo facendo?
Mi ero
lasciata accecare e non stavo più ragionando. Stavo abbandonando i miei amici,
le persone che amo.
Il mio
più grande incubo si stava avverando: stavo diventando come lei, un’assassina.
Perché
se l’avessi raggiunta in quelle condizioni emotive, non mi sarei fermata. Non
ci sarei riuscita ed avrei infranto la solenne promessa che feci molti anni
fa..”.
La neve scendeva candida su New York,
l’intera città era ricoperta da una sottile coperta bianca.
La popolazione intera continuava frenetica la
sua vita tra lavoro, amicizia ed amore. Solo per una ragazzina, una volta piena
di sogni, il tempo si era come fermato. Da quella notte, in cui lei e suo padre
rincasando avevano trovato quel detective del NYPD ad aspettarli, nulla era più
stato come prima.
Il suo cuore batteva ancora nel suo petto, ma
lei non si sentiva viva, non più.
Seduta sul davanzale interno della finestra
con le gambe strette contro il suo petto, sembrava guardare quella moltitudine di fiocchi scendere dal
cielo, ma in realtà stava fissando il
vuoto.
Non era più uscita di casa, non era più andata all’università, aveva deciso
di abbandonare gli studi. Non sarebbe più entrata in quelle aule, le mancava
l’aria al solo pensiero. La facoltà di giurisprudenza era un capitolo chiuso.
Le ricordava lei, quella giovane mamma morta troppo presto, forse proprio a
causa del suo lavoro di avvocato.
Era sola in casa, come sempre del resto. Suo
padre usciva ogni pomeriggio e ritornava a notte inoltrata incapace quasi di
reggersi in piedi.
Katie non gliene faceva una colpa, in qualche
modo si deve sopravvivere al dolore.
Quel giorno però era successo qualcosa che
l’aveva scossa dal suo torpore: aveva ricevuto una notizia che l’aveva, se
possibile, inquietata ancora di più.
Il distretto dell’NYPD che indagava
sull’omicidio di sua madre aveva comunicato loro la conclusione delle indagini.
Omicidio a causa di un banale litigio tra
bande, un evento occasionale non prevedibile in alcun modo.
Come a voler dire tra le righe che Johanna
Beckett si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Non ci credeva, era troppo strano per essere
vero.
Quel
terribile dubbio le torturava il cervello da molte ore e, anche se cercava di
distrarsi, non ci riusciva.
La sua mente continuava a sussurrarle:
“Stanno mentendo..”.
Si sentiva sola ed inerme.
Una lacrima le solcò una guancia.
Cosa poteva fare? In fondo era solo una
ragazzina..
Non trovava risposta a quella domanda.
Scese dal davanzale ed andò verso il suo
letto. Si abbandonò lì sopra e guardò la fotografia appoggiata sul suo
comodino.
Johanna Beckett la abbracciava e le sorrideva da
dentro la cornice. La accarezzò con un dito e, d’improvviso, come
un’illuminazione, ebbe un’idea.
Capì cosa era giusto fare.
Doveva parlarne con qualcuno.
Si alzò e corse fuori dalla sua casa come una
furia. Non si curò d’infilarsi nulla di pesante addosso e, quando fu in strada,
un’onda d’aria gelida la investì in pieno. Rabbrividì per un breve istante, ma
non riuscì ad arrestare la sua corsa: doveva raggiungere la sua destinazione al
più presto. I passanti la guardavano stupiti, ma Katie non li calcolò neanche.
Corse incessantemente finchè non arrivò.
Solo allora si fermò piegandosi sulle
ginocchia col fiato decisamente corto.
Cercò di regolarizzare il suo respiro
piuttosto irregolare, mentre la nevicata continuava a scendere copiosa sopra la
sua testa.
Il cimitero era deserto e regnava una gran
pace.
Quando si fu definitivamente calmata, Katie
tolse la neve che ricopriva la tomba della madre e ne accarezzò il nome.
Come abbattuta dal peso che credeva di
portare sulle sue spalle, inginocchiò davanti ad essa.
“Non lo permetterò mamma, non lascerò che il
tuo omicidio rimanga insoluto”.
Il suo sguardo cadde sull’effige funebre
fatta incidere da suo padre sotto il nome di sua Johanna.
VINCIT OMNIA VERITAS.
La verità vince su tutto.
“Avevi basato la tua vita su questa massima:
la verità va sempre perseguita, la verità porta alla giustizia.
Vogliono insabbiare la tua mamma, ma io non
lo permetterò. Ti prometto solennemente che troverò chi ti ha strappato da me..
Mi iscriverò all’accademia, diventerò il
miglior poliziotto di tutta New York e, quando sarò una detective, riaprirò il
tuo caso.
Potrei trovarmi a contatto con la morte più
spesso di quanto possa immaginare, sarò costretta ad ammirare il lato peggiore
del genere umano e forse sarò anche costretta ad uccidere.
Ma ti prometto solennemente di rimanere chi
sono, non permetterò alla vendetta di plasmarmi né rimarrò schiava di essa.
Cercherò sempre di essere rispettosa e giusta e sarò ricompensata.
E quando avrò davanti agli occhi colui che ti
ha uccisa, lo lascerò arrestare, non permetterò alla rabbia di farmi compiere
gesti di cui potrei pentirmi.
Non sarà facile, già lo immagino. Ho scelto
una strada tortuosa per una donna, ma tu mi conosci, non mi arrendo tanto
facilmente.
Ti chiedo solo un favore: non mi lasciare.
Se, per qualche strano volere del destino, dovessi perdermi ed abbandonare la
retta via, ti prego mandami un segnale ed io capirò di essere in errore..”.
Pianse la sua ultima lacrima ma la asciugò in
fretta.
Katie era sparita, trincerata dietro ad un
muro di dolore impenetrabile.. Aveva lasciato il posto a colei che sarebbe
diventata la futura detective Katherine Beckett.
Si scrollò la neve di dosso e, lanciato un
ultimo sguardo al luogo dove riposava la madre, si voltò e si incamminò a
lunghi passi verso casa.
“Vuoi
dire che mi ha permesso di fuggire solo per mantenere una stupida promessa?”.
Il drago scoppiò in una risata fragorosa: “Mi stupisce Kate, non la facevo così
sentimentale. Pensavo che catturarmi fosse la missione della sua vita.. Forse
l’avevo sopravvalutata. Nonostante ciò è stata una degna avversaria e quindi il
motivo per cui sono venuto non cambia. Lei ha distrutto la mia vita e la mia
carriera in meno di una settimana, si
meritava un elogio da parte mia.. Nessuno era mai riuscito a fregarmi in
maniera così clamorosa.”.
L’uomo
fece una piccola pausa e prese un profondo respiro. Kate, intanto, continuava a
maledire se stessa per non possedere un’arma in quel momento così delicato. Il
drago poteva dire cosa voleva, ma non
era così stupida da non capire che le possibilità di lasciare viva quella
terrazza erano meno di zero.
Incominciò
a studiare un piano per modificare quell’assurda situazione: il suo nemico non
poteva aver degli uomini fidati al seguito, li aveva arrestati tutti, ma non
doveva dimenticare di avere davanti agli occhi un mago della menzogna.
Non doveva abbassare la guardia e permettergli
di manipolarla.
Il
drago, intanto, aveva riniziato a parlare: “.. ma lei mi deve qualcosa mia
cara..”.
Kate
deglutì a forza: “Ci siamo, il drago si gioca la sua prima mossa” pensò.
“.. Lei
ha già vinto, non le costerà nulla adempiere a questo mio ultimo desiderio..”
Desiderio?
Cosa poteva volere quell’uomo da lei?
“… Deve
spiegarmi come ha fatto a comprendere la mia vera identità, come ha collegato
insieme tutti i pezzi. Mi ero personalmente assicurato di non aver lasciato
tracce sul mio cammino, ma a quanto pare mi sbagliavo. Mi dica Kate, dove ho
sbagliato?”.
La
giovane donna era sempre più stupita: quell’uomo era ricercato da tutta la
polizia di New York e stava correndo un rischio enorme, trovandosi in quel
momento faccia a faccia con lei, solo per soddisfare una curiosità? Per
scoprire come aveva ricostruito il puzzle?
Avrebbe avuto senso solo se volesse tentare di
ucciderla di nuovo, volesse chiudere il cerchio con lei, ma in quel preciso
istante, mentre lo fissava, non ne era più molto sicura.
Qualcosa
la stava convincendo a dare una possibilità alle parole di quel farabutto anche
se la sua parte razionale le stava urlando di non comportarsi la stupida.
Ad un
tratto, però, capì: quell’uomo aveva impostato la sua vita solo su se stesso,
schiacciando gli altri per raggiungere i suoi obbiettivi.
Ora che i suoi sogni di dominio erano stati
distrutti per sempre aveva bisogno di saziare per un ultima volta i suoi
istinti maniacali di perfezione e di dominio.
Era
solo un piccolo uomo che si era perso il meglio della vita.
Per una
frazione di secondo ebbe pietà di lui e decise di accontentarlo: “Dove ha
sbagliato? Non la metterei proprio così. Lei ha cercato di mimetizzarsi in un
ambiente nel quale si credeva al sicuro,
ma il suo innaturale istinto di onnipotenza le è stato fatale.
Le
svelerò un segreto, al mondo nessuno è perfetto né io né lei. Nel suo
meraviglioso e ben congeniato piano c’era una piccola falla.
Per molti anni non l’ho notata, nonostante
l’avessi sempre avuta davanti agli occhi. Un piccolo ed insignificante
dettaglio che, però, capovolgeva del tutto la lettura degli eventi..”.
Il
drago sembrò impaziente: “Quale dettaglio? Cosa sta cercando di dirmi?”.
Kate
fece un passo verso di lui, come a ribaltare completamente le loro posizioni.
Era lei ad avere il coltello dalla parte del manico. O almeno così doveva
credere l’uomo, ma soprattutto se stessa.
“Non
sia precipitoso. Se vuole conoscere la mia verità dovrà lasciarmi il tempo di
spiegare”.
Angolo
mio
Buonasera!!
Che mi raccontate?
Qualcuna
mi odierà, ma ho dovuto dividere il capitolo in due perché era un po’
lunghetto. Tranquille pubblicherò il seguito presto, poiché la storia è quasi
finita.
Cosa
dirà Kate al drago? E lui come reagirà?
Ora
scappo!!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** Vincit omnia veritas 2 parte ***
Vincit omnia veritas 2p
VINCIT OMNIA VERITAS (2 PARTE)
L’uomo la guardò dritta negli
occhi, poi in tono di sfida, rispose: “Prego, sono tutto orecchi”.
Kate notò un sottile cambiamento
nella voce del giudice, ma cercò di non darlo a vedere. Così continuò: “La
prima volta che ho provato a risolvere il caso di mia madre credevo di trovarmi
davanti ad un solo enigma, una sola morte da sviscerare, ma mi sono resa presto
conto che lo scenario, che mi si presentava era ben diverso: una serie di
omicidi concatenati, con notevoli varianti ed indizi incastrati gli uni agli
altri.
Ero solo una ragazzina, ma mi
apparve subito evidente che i fatti non si erano svolti nel modo in cui
affermava la polizia. Qualche indizio era stato occultato volontariamente.
Tentai di venirne a capo, ma non
riuscii ad avere la forza necessaria: il dolore e il rimorso che mi opprimevano
l’animo, mi schiacciarono e fui costretta a desistere. Nonostante ciò ero
riuscita ad ottenere un punto di partenza, sapevo che l’omicidio di mia madre
non era un caso isolato. Sulla coscienza di qualcuno, ora so essere la sua,
pesava il macigno di altre tre morti.
Per molti anni fui costretta a
restare in analisi ed abbandonai l’idea di risolvere il caso: se avessi
incominciato di nuovo non mi sarei più fermata, giungendo, forse,
all’autodistruzione. Rimasi in polizia e fui assegnata alla sezione omicidi. Non
ne ero pienamente cosciente, ma nella mia mente, quel tarlo restava nascosto,
in attesa che qualcosa riattivasse in me la voglia di sapere..”.
Kate si fermò per un istante e
sul suo volto apparve un leggero sorriso: “Un giorno, però, sulla mia strada ho
incontrato qualcuno che, in un primo momento, solo per sua curiosità personale, mi ha spinto a
riaprire il caso di mia madre. Non sono riuscita a spiegarmi come abbia fatto a
parlarne con lui con una naturalezza che, in fin dei conti, ha stupito anche
me, ma è riuscito dove io ho fallito: ha riacceso dentro di me la miccia sopita
della verità.
Sono ripartita alla carica: avrei
sciolto l’enigma e avrei fatto giustizia.
Non ne ero cosciente, ma la Katie dentro di me
voleva riappropriarsi della sua vita. Aveva visto, che all’esterno di quel muro
nel quale l’avevo rinchiusa, c’era qualcosa, o meglio, c’era qualcuno per cui
valesse la pena vivere.
E non potevo farlo se non avessi
curato il trauma che mi affliggeva..
Ho ripreso le indagini sostenuta
da Rick e, a poco a poco, sono riuscita ad ottenere delle risposte importanti. Il
destino mi ha aiutato, facendomi comprendere che l’omicidio di mia madre era
stato commissionato, assegnato ad un serial killer professionista. Dick Coonan,
se lo ricorda?
Ho dovuto ucciderlo, ma avevo
compreso un dettaglio importante: il mandante era qualcuno insospettabile,
qualcuno su cui nessuno avrebbe potuto puntare il dito contro.
Non ebbi nessuna pista per mesi, poi
improvvisamente venni a conoscenza della storia dei tre poliziotti e
dell’omicidio Armen. Nel loro tentativo di fare giustizia e di ripulire la
città da ciò che consideravano feccia, tre poliziotti si inventarono una serie
di rapimenti, con la richiesta di rispettivi riscatti, a danno di alcune
famiglie mafiose della città.
Per un po’ di tempo continuarono
le loro azioni indisturbati finchè l’FBI non mandò l’agente Bob Armen sotto
copertura all’interno di una di esse, per riuscire a comprendere meglio ciò che
stava accadendo.
Nel momento del suo rapimento,
però, qualcosa andò storto e Armen venne ucciso da un colpo di pistola nello
stesso vicolo chiuso in cui mia madre avrebbe trovato la morte qualche anno dopo.
Venne accusato dell’omicidio un esponente di una famiglia rivale, un certo Joe
Pulgatti, e venne ben presto condannato grazie alla falsa testimonianza del
detective Reglan. Non esistevano prove schiaccianti contro di lui, solo le
parole del poliziotto lo avevano incastrato.
Quando andai ad interrogarlo in
carcere mi pose una domanda precisa alla quale non seppi rispondere: “In quel
vicolo c’eravamo solo io, Armen e chi ha sparato, detective. Come poteva sapere
quel poliziotto che io ero lì? Solo se ci fosse stato anche lui..”.
Quella domanda deve essersela posta anche lei,
quando fu costretto a presenziare al processo Armen. Lei è solo un malvagio
essere umano, ma devo ammettere che possiede un’intelligenza superiore alla
media, deve aver notato sicuramente un’anomalia. Ha capito che quell’indagine
faceva acqua da tutte le parti. C’era ancora del torbido..
Fece in modo d’incontrare Reglan
di nascosto, prima che il verdetto fosse emesso, e riuscì a metterlo alle
strette facendogli confessare i loro misfatti. Quando l’uomo le parlò dei
riscatti che si erano fatti consegnare, vide davanti a lei un’occasione da non
perdere: un guadagno facile ed immediato.
Ricattò il detective e l’intera
banda: lei avrebbe soprasseduto nell’informare i giurati, ma soprattutto i loro
superiori, su ciò che aveva scoperto solo se avessero acconsentito a consegnarle
l’intera somma ottenuta.
Prese il potere in mano e in poco
tempo la sua metamorfosi si compì: ora era lei a dettare le regole, ad avere il
coltello dalla parte del manico.
Pulgatti venne condannato e lei
pensò addirittura di essere un benefattore, in fondo stava togliendo dalle
strade di New York un pericoloso criminale.
Peccato, però, che non si rese conto di aver
creato un mostro nel medesimo istante..”.
Il drago continuò a guardarla in
silenzio senza lasciar trapelare alcuna emozione: “Stare a stretto contatto col
signor Castle ha migliorato sicuramente la sua fantasia Kate, ma la storia che
mi ha illustrato non spiega ancora come abbia fatto a risalire alla mia identità”.
Kate fece un passo in avanti,
girando in tondo, per cercare d’avvicinarsi il più possibile alla porta, per
poter avere una via di fuga se fosse divenuto necessario, senza dare troppo
nell’occhio: “La storia, come la chiama lei, non è ancora finita. Manca ancora
tutta la seconda parte, quella che mi sta più a cuore.
Mentre si sentiva protetto
nascosto nel suo regno del terrore, Pulgatti, non felice di essere diventato un
capro espiatorio, dal carcere continuò a cercare qualcuno che fosse pronto a rischiare
per aiutarlo.
Mandò lettere a tutti gli
avvocati della città, ma ne trovò solo uno disposto a dargli fiducia: mia
madre. Lei si appassionò al caso e
decise di accettare la sua difesa. Si fece consegnare gli incartamenti necessari
per analizzare la vicenda e costruire una linea difensiva adeguata.
Non posso sapere con precisione
ciò che accadde dopo, ma sono sicura che mia madre intuì immediatamente
l’innocenza di quell’uomo, ma doveva raccogliere prove per dimostrarlo e così
ha smosso le acque.
Quando è venuto a conoscenza
della riapertura del caso, si deve essere sentito mancare il terreno sotto ai
piedi. Stava rischiando di essere scoperto e non poteva di certo permetterlo.
Mi pare di vederla, seduto alla
sua scrivania decretare la sua morte, di ascoltare le sue parole “Chi diavolo è
quest’impicciona? Non posso permetterle di rovinare tutto quanto.. Non avrei
mai voluto arrivare a tanto, ma mi ha costretto a prendere questa decisione. Se
non avesse ficcato il naso in questioni che non la riguardavano, potrebbe
ritornare a casa dalla sua bella famiglia, invece..” …”.
Kate fu costretta ad interrompere
il suo discorso per un momento, quando le lacrime le salirono agli occhi, ma,
schiaritasi la voce, continuò: “Invece la sua condanna a morte venne eseguita
senza pietà una notte di 10 anni fa. Doveva essere una serata come le altre, ma
si trasformò in un incubo per me e per mio padre, quando quel poliziotto ci
comunicò che mamma non sarebbe mai più tornata a casa.
Lei doveva essere l’unico felice
quella sera, ma qualcosa andò storto, un particolare del suo ingegnoso piano
non si concretizzò. Il fascicolo che mia madre aveva ricevuto dal tribunale era
sparito, volatilizzato nel nulla. Aveva dato precise istruzioni su come
recuperarlo, ma i suoi uomini non ne furono capaci.
Lei sapeva che quel documento era
una mina vagante..
Ora quei file sono in mano mia e
li ho consegnati al procuratore, prima di tentare di catturarla..”.
“Quindi è venuta a conoscenza
della mia identità leggendola su quei fogli..”.
“Ho letto lì solo il suo nome, ma
sapevo già chi era “il drago”, sapevo che sotto quello pseudonimo si nascondeva
il giudice che aveva presenziato al caso Armen. Avevo già risolto il caso.
Avevo collegato insieme tutti gli elementi e ormai la verità era davanti a
me..”.
L’uomo era esterrefatto: “Come lo
hai capito, come ci è riuscita?”.
Kate sorrise beffarda. Aveva
quasi dimenticato di essere là sopra da sola con lui, ma riuscire a dominare la situazione la stava decisamente
caricando: “Qualcuno mi ha aiutato, mi ha fatto analizzare questo caso da una
prospettiva diversa. “La verità si nasconde nell’elemento discordante..”.
Quella frase non mi fu chiara in
principio, non capivo quale fosse l’elemento fuorviante, cosa dovessi realmente
cercare. Troppi indizi, troppe rivelazioni tutte insieme concatenate in un
racconto troppo nebuloso per essere sviscerato.
Così ho cercato di calmarmi e
sono ripartita dalla regola numero uno per qualunque detective: quando si
arriva ad un vicolo cieco bisogna fermarsi e ricominciare a rivedere l’indagine
dal principio cercando di analizzare tutto con occhi diversi per capire cosa ti
è sfuggito.
Mi sono seduta in terra davanti
alla lavagna investigativa improvvisata in casa mia e sono ripartita da zero.
Tutto, però, mi sembrava quadrare, non riuscivo a trovare quel particolare che
avrebbe scardinato l’apparenza, che sarebbe riuscito a modificare quanto
bastasse la mia teoria per condurmi alla verità.
Mia madre era stata uccisa e supponevo che le
sue colleghe avessero condiviso la stessa sorte a causa della scomparsa del
fascicolo poiché, forse, lei credeva che fosse stato occultato da qualche altro
avvocato del suo studio, ma si sbagliava. È
sempre stato in mani diverse.
Continuavo a spremermi le
meningi, ma non riuscivo a trovare una soluzione, quando, improvvisamente,
qualcosa, o meglio qualcuno, emerse alla mia attenzione quasi come
un’apparizione divina e finalmente capii..”.
“Vuole arrivare al punto? Qual è
il particolare che le ha fatto capire tutto?”.
“E’ stato Scott Murray”.
“Scott Murray?!”.
“Sì, proprio lui. Mi sono chiesta
quale fosse la sua “colpa” in questa vicenda e d’istinto non l’ho trovata.
Tutte le risposte che mi davo non potevano essere veritiere. Non poteva essere
stato ucciso perché aver sospettato di aver nascosto quei file, non era nemmeno
implicato nelle indagini dei tre poliziotti, ma, forse aveva presieduto il caso
Armen. Era stato lui a consegnarle la documentazione a mia madre, quando
gliel’aveva richiesta, ma niente di più.
Quindi perché uccidere un
cancelliere della corte di appello?
Avrebbe avuto senso solo se il drago si fosse sentito minacciato da lui,
forse perché lavoravano insieme.
Era il suo cancelliere, l’unico
che la conosceva, lavorativamente parlando, così intensamente da poter fare due
più due.
Consegnare quegli incartamenti
senza il suo permesso è stato un errore fatale. Si deve essere molto arrabbiato
quando ha scoperto tutto: colui che considerava un suo fedele alleato, l’aveva
tradita.
In realtà aveva fatto
semplicemente il suo lavoro, ma a lei non importò. Così ha agito d’impeto, di
rabbia. L’omicidio di Scott Murray è stato l’unico non premeditato, non ha
riflettuto, ha seguito le sue emozioni e i suoi sentimenti senza esitare.
Murray l’aveva tradita e di
conseguenza andava punito.
Inoltre non poteva correre il
rischio che ricostruisse il suo oscuro passato quando si sarebbero sollevate
chiacchiere nell’ambiente giudiziario alla morte di mia madre.
È stata proprio quella decisione
a creare una piccola falla nel suo geniale piano. Lo ammetto, era un
insignificante dettaglio, ma mi ha permesso di risolvere il caso. Di rendere
giustizia a mia madre”.
Il drago la guardò con occhi
ancora sorpresi, poi ammise: “Voglio essere sincero con lei, non credevo che
lei costituisse una vera minaccia quando
entrò in polizia. Mi era sembrata solo una decisione impulsiva di una ragazzina
disperata. Ero convinto che l’ambiente l’avrebbe schiacciata e costretta a
desistere, invece ha dimostrato di possedere un coraggio non da pochi.
Ha bruciato ogni tipo di tappa,
ha collezionato vari record, ha ottenuto rispetto da ogni poliziotto che ha
incontrato sul suo cammino.
Ho sempre seguito ogni suo passo
e non c’è dubbio che lei sia veramente una straordinaria detective, l’unica in
grado di incastrarmi, cosa che è puntualmente avvenuta.
Non ho solo perso, lei mi ha
disintegrato. Ha vinto su tutta la linea..”.
Kate scrollò la testa: “No, non
sono io ad aver vinto. L’unica ad averlo fatto è la verità. Ora capisco il vero
significato della scritta che mio padre volle far incidere sulla tomba di
mamma. “Vincit veritas omnia”.
Ed è vero: la verità vince sempre
su tutto.
Può essere nascosta, infangata,
anche uccisa, ma lei troverà sempre il modo di risorgere, di far tornare a
brillare la propria luce.
Mi consideri pure solo una sciocca
idealista, ma credo fortemente in ciò che ho detto e non a caso, io sono stata
solo il tramite perché questo destino avvenisse..”.
Kate fu costretta a fermarsi
poiché l’uomo le voltò le spalle e fece l’unica cosa che la giovane detective
non si sarebbe mai aspettata: scoppiò a ridere. Una risata forte e vigorosa che
sembrò espandersi per l’intera città.
Le si gelò il sangue nelle vene,
quella reazione non aveva nulla di positivo, era del tutto incomprensibile. Rimase
immobile dove si trovava, quasi fosse stata stregata, mentre avrebbe dovuto
cogliere l’occasione, se non per scappare, almeno per chiamare rinforzi. Invece
attese in silenzio che l’uomo si girasse per parlare di nuovo con lei e, quando
lo fece, capì che quella situazione di stallo creatasi sulla terrazza era ormai
giunta alla fine.
Il drago stava per compiere la
sua prossima mossa, la sua espressione non lasciava alcun dubbio: “Credo che
sia venuto il momento di porre fine alla nostra lotta Kate. Basta scappare,
basta nascondersi. Io non ho mai avuto paura, sono un uomo d’azione. E non mi
nasconderò più. Lei ha ragione, la
verità è stata scoperta.. E le conseguenze saranno catastrofiche. Perché, sa,
non credo che il mondo possa ancora
sopportare la presenza di entrambi, uno dei due deve scomparire..”.
Kate rabbrividì nell’ascoltare la
sua condanna a morte, perché sapeva bene di aver poche speranze davanti a
quell’uomo completamente disarmata. Avrebbe potuto cercare di resistere
attraverso il suo addestramento e con la lotta ne avrebbe rallentato
l’operazione, ma se avesse estratto qualunque tipo di arma, non avrebbe avuto
scampo..
L’uomo intanto continuava nel suo
monologo infinito: “… Questo è il momento conclusivo Kate, è la fine e
l’inizio. La fine di tutto e l’inizio di qualcosa. Siamo stati uniti in tutti
questi anni da un lunghissimo filo invisibile, che comunque sia ha plasmato e
condizionato le nostre esistenze. Non le chiederò perdono, non mi pento di quel
che ho fatto, sarebbe inutile e lei non mi crederebbe mai. Voglio solo mettere la parola fine su questa
faccenda, ora, adesso”.
Si voltò nuovamente e, ancor
prima che la giovane donna potesse rendersi conto delle sue reali intenzioni,
scavalcò il parapetto che delimitava la terrazza. Si tenne alla sbarra di
metallo il tempo di girarsi un’ultima volta verso la sua vecchia nemica e far
incrociare il loro sguardo per alcuni secondi. Poi si lasciò cadere
all’indietro nel vuoto, a braccia aperte, come se si fosse appena trasformato
in un nuotatore che deve effettuare il suo tuffo migliore, e iniziò la sua
discesa verso l’asfalto.
Kate, totalmente attonita, riuscì
a raggiungere il parapetto solo per vedere un’ombra scura finire la sua folle
corsa molti metri più in basso ed udirne nettamente il tonfo emesso quando fu a
contatto con la dura superficie. Si sporse un poco e ciò che rimaneva di quello
spietato criminale era solo un punto nero, minuscolo ed immobile sulla strada.
Non riusciva ancora a crederci,
l’aveva risparmiata. Aveva preferito uccidersi, ma non l’aveva toccata.
Perché?
Probabilmente era stato l’ultimo
gesto di una persona veramente disperata ed orgogliosa, che come i migliori
condottieri del passato, non avrebbe mai accettato di cadere nelle mani
nemiche.
Meglio uscire di scena con un colpo
da maestro piuttosto che ricevere la vergogna del carcere e del pubblico
giudizio. In fondo era un ulteriore riprova del suo totale egoismo.
Sarebbe stato completamente
assurdo pensare che quell’uomo avesse compiuto un gesto “affettuoso” nei suoi
confronti, ma Kate non ne era sicura.
Nei suoi occhi, per un piccolissimo
secondo, era riuscita a leggere una luce diversa, come se con quell’ultima
occhiata avesse voluto chiederle perdono, anche se qualche istante prima aveva
negato quell’intuizione.
“Siamo stati legati da un filo
invisibile tutta la vita”.
Era vero. Un legame oscuro, ma nello
stesso tempo inscindibile, più per sua volontà che per quella dell’uomo, ma con
quell’assurda decisione di lanciarsi nel vuoto ne aveva sancito per sempre la
fine.
“E’ l’inizio di qualcosa..”.
Forse della sua nuova vita. Lei
ne era più che certa, ancor prima di giungere su quella terrazza, ma lui,
forse, stava cercando ancora di condizionarla.
E se l’avesse fatto per lei?
Sembrava impossibile, ma non
avrebbe mai potuto togliersi il dubbio. Ora era finito tutto davvero.
Quello sarebbe stato l’ultimo
segreto del drago destinato a non avere risposta, ma in fondo a Kate non
importava. Fece due passi indietro, passandosi il volto sulle mani, come se si
fosse svegliata da un brutto sogno.
Era sudata e, colpita dal vento,
rabbrividì accorgendosi di avere freddo. Il sole era praticamente tramontato ed
una tenue oscurità stava ricoprendo i molteplici palazzi di New York e la
temperatura si era abbassata.
Kate si ritrovò seduta in terra
come se tutto il peso del mondo, che sentiva premerle sulle spalle, fosse
riuscito a piegarle le gambe ed a schiacciarla.
Appoggiò la schiena contro un
muretto ed alzò gli occhi al cielo e in quel blu cobalto notò una piccola
lucetta, la stella del viandante, la stella che indica il cammino. Una lacrima
le solcò il suo bel viso, il suo cuore era libero. Sapeva ciò che doveva fare,
ma prima di seguire il suo destino, aveva ancora un compito da espletare.
Prese il cellulare che era al
sicuro nella tasca interna della sua giacca e compose un numero a lei noto.
“Javi, sono Kate. Sono sulla
terrazza sul tetto dell’ospedale. Ho incontrato il drago.. Sì, sta tranquillo
sto bene, ma lui è morto. Si è lanciato.. dovresti chiamare Lanie e i colleghi per
un sopralluogo..”.
La comunicazione si interruppe di
colpo e in un tempo assai breve, che Kate calcolò di non essere più di due
minuti, la porta di accesso alla terrazza si aprì e Ryan ed Esposito fecero il
loro ingresso di corsa.
Kate sorrise, quei due non
avevano lasciato ancora l’ospedale evidentemente, l’avevano vista turbata ed
erano rimasti nei paraggi se lei avesse avuto bisogno. Avevano preso davvero
seriamente il loro compito di angeli custodi!
Infatti si precipitarono verso di
lei, quando la videro riversa in terra, e la tempestarono di domande: “Becks,
stai bene?” “Sei ferita?” “Quel maledetto ti ha fatto del male o ha
solo osato provarci?”.
Esposito le aveva posato una mano
sulla spalla e sembrava decisamente angosciato, mentre Ryan le scrutava il viso
alla ricerca di qualche ferita. Era una scena decisamente tenera e Kate cercò
di tranquillizzarli: “Ragazzi sto bene, davvero. Sono solo stanca, devo aver
esaurito le energie. Non preoccupatevi per me”.
I due si sedettero accanto a lei,
uno alla sua destra, uno alla sua sinistra, allungando le gambe e lasciando
cadere a penzoloni le braccia, e in coro risposero: “E non sei l’unica!”.
“Sai che è stata davvero una
giornata infinita? Starti dietro è decisamente complicato” sentenziò Javier.
“Tutto questa azione, adrenalina
e inseguimenti, non fa mica per noi. Forse a te farà piacere, ma noi stiamo
invecchiando. Ogni tanto ci vorrebbero solo un sacco di scartoffie per poter
rimanere incollati alla sedia in ufficio, ma stando nella tua squadra, abbiamo
notato che è praticamente impossibile!” continuò accigliato Ryan.
“Meno male che sei riuscita a far
buttar giù da questo edificio quel gran contaballe di un giudice o saremmo
dovuti rimanere a farti da scorta per l’intera nottata, o chi l’avrebbe sentito
writer boy! Se non c’è lui, siamo noi a doverci occupare di te”.
“Ma non avevamo calcolato che sei
la calamita per i guai e, anche se ti abbiamo lasciata da sola per poco, sei
riuscita a rischiare la pelle ancora una volta. Devi insegnarci come fai, devi
pur avere qualche tocco segreto, o non potrò mai capacitarmi di questa tua
abilità”
La giovane donna era rimasta
senza parole nell’ascoltare il discorso dei due colleghi che apparentemente
apparivano seri e veritieri, ma quando vide le labbra di Esposito alzarsi
lievemente all’insù, notò che anche Ryan stava facendo una gran fatica per non
mettersi a ridere.
Quando capì che la stavano
prendendo in giro, diede ad entrambi una forte spinta sulle spalle e disse
loro: “Ma smettetela! E io che vi sto anche a sentire! Siete davvero due grandi
attori lo sapete?” e fece finta di mettere il muso.
I due risero sonoramente: “Avanti
Kate, volevamo solo farti ridere, quando siamo arrivati quassù avevi una faccia
terribile, spaventata a morte. Ci siamo assicurati che stessi bene, poi
dovevamo farti riprendere un po’ di colore in viso. Devi essere presentabile
quando andrai a trovare Castle o lo farai fuggire a gambe levate!”
La detective scosse la testa:
“Stare a stretto contatto con Lanie ti fa male, Javi. Stai incominciando a
parlare come lei! E poi Castle non fuggirà a gambe levate, lo ha promesso! Sarò
costretta ad arrestarlo se solo ci proverà!”.
Ryan si alzò in piedi di nuovo e
le porse una mano: “Allora è giunto il momento di tornare da lui e ricordargli
la promessa che ti ha fatto, ma sono certo che non se ne sia dimenticato”.
Kate l’afferrò e l’amico l’aiutò
a rimettersi in piedi tirandola un poco: “Hai ragione, voglio vederlo”.
Una voce alle sue spalle le
suggerì: “Allora non perdere altro tempo, non fare aspettare il vero amore. Ci
occupiamo noi di sistemare le cose e di far portar via il cadavere del drago,
anche se ci avrà già pensato la Gates, che abbiamo prontamente avvertito. Tu
non devi mai più preoccuparti, è tutto finito”.
La giovane donna annuì e gli
sorrise: “Ok, ma prima di scendere da questa terrazza devo far una cosa.
Avvicinatevi a me, di più. Su ancora un pochino, mica mordo..”.
Quando i due uomini furono alla
distanza giusta Kate si sistemò perfettamente in mezzo ad entrambi, allargò le
braccia e li strinse in un abbraccio affettuoso: “Grazie”. I due poliziotti
ricambiarono il gesto prontamente stringendole la schiena in una dolce stretta.
Quella ragazza sapeva essere di una dolcezza disarmante.
Si staccarono dopo qualche minuto
e si guardarono negli occhi. Il tempo delle parole era finito, con quel gesto
si erano già detti tutto. Così la giovane donna li salutò con un veloce cenno
della mano e si incamminò verso le scale che l’avrebbero riportata all’interno
dell’edificio.
Si era ripresa in mano la sua
vita quel giorno, era ritornata a respirare.
Ora doveva solo far continuare a
battere il suo cuore e sapeva benissimo come ci sarebbe riuscita.
Angolo mio!
Eccoci qui, questo è il penultimo
capitolo.. Ce n’è ancora uno, ma è solo un piccolo epilogo. Ho concluso la
faticosa lotta di Kate contro il drago e ho risolto a modo mio il caso di
Johanna Beckett..
Mi sono messa lì con tutti gli
appunti e l’ho ricostruito a mio piacimento. Naturalmente non ci ho beccato una
mazza, ma mi sono divertita un sacco lo stesso!
Vi immaginavate una conclusione
così? ^.^
Mo scappo!
I ringraziamenti ci saranno nel
prossimo capitolo!!!
Bacione
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** Chiamami ancora amore ***
Chiamami ancora amore
CHIAMAMI ANCORA AMORE
Si fermò davanti alla porta e si
appoggiò allo stipite, guardando all’interno della stanza.
Steso nel suo letto, Castle
dormiva il sonno dei giusti.
La giovane donna si perse ad
ammirarlo di nascosto: i lineamenti del suo viso erano rilassati e a Kate non
era mai parso così bello. Dormiva sereno come un bambino.
La donna non si mosse, non voleva
svegliarlo, non voleva turbarlo.
Era ancora un po’ scossa per gli
avvenimenti accaduti poco prima sulla terrazza, ma guardando il respiro
regolare del suo uomo, la pace e la serenità scesero nel suo cuore una volta
per sempre.
Ora che tutto era finalmente
finito, era libera di poter essere la donna che aveva sempre voluto. Il suo
orizzonte era libero dalle nuvole di tempesta.
Sarebbe rimasta ancora una donna
piacevolmente imperfetta, e decisamente complicata, ma, per la prima volta, non
sentiva il peso del mondo sulle sue spalle. Quell’enorme macigno si era
dissolto, grazie soprattutto a quell’uomo che dormiva davanti a lei, ancora
ignaro che la vita stava dando loro una vera possibilità. Ora possedevano una
chiave per raggiungere un regno magico incentrato solo di su loro, lontano
dalle difficoltà della vita, dove si sarebbero rifugiati ed avrebbero costruito
insieme qualcosa d’importante. Qualcosa che a Kate era sempre mancato: una
famiglia.
Quell’uomo con la sua allegria,
la sua spensieratezza e un pizzico di pazzia, l’aveva aiutata a credere in se
stessa e l’aveva sempre fatta sentire una creatura straordinaria anche quando
lei, in realtà, si sentiva morta dentro.
Un uomo che non voleva perdere.
L’uomo che amava con tutto il suo cuore, che meritava di ricevere un amore
incommensurabile che lei era ormai disposta a donargli.
Aveva deciso: non sarebbe
rientrata a casa quella notte, anche se a malapena si reggeva in piedi. La sua
prima notte da donna “libera” voleva passarla con lui, poco importava se erano
rinchiusi in quelle quattro mura che sapevano di disinfettante.
Non poteva perdere nemmeno un
secondo, avevano già sprecato troppo tempo. Aveva bisogno della sua vicinanza.
“Hai intenzione di restare sulla
soglia di questa stanza ancora per molto?”: Castle ancora con gli occhi chiusi,
l’aveva risvegliata dal suo torpore.
Kate sorrise dolcemente. Amava
così tanto il suono della sua voce.
“Come facevi a sapere che ero qui?
Stavi dormendo..”.
Quell’uomo riusciva sempre a sorprenderla.
Entrò lentamente ed andò a sedersi sul letto
accanto a lui.
L’uomo, aperti gli occhi e presa
la mano della giovane donna tra le sue, le sorrise a sua volta: “Ti svelo un segreto.
Io so sempre quando sei accanto a me. Ti sento immediatamente, sei come una
scarica elettrica che mi attraversa tutto l’anima. Chiamala come ti pare,
sensazione paranormale, pazzia. Non mi importa. Tu ormai sei una parte di me e
io mi sento decisamente meglio quando ci sei. Ho imparato a conoscerti e,
nonostante qui siamo al sicuro, sento che c’è qualcosa che ti turba tesoro”.
Kate lo accarezzò dolcemente,
scacciando via l’immagine del drago dagli occhi: “Non è niente: ormai è acqua
passata. Sono qui con te e vorrei solo un tuo abbraccio. Ho bisogno di sentire
il calore delle tue forti braccia irradiarsi per tutto il mio corpo”.
Castle la attirò a sé e sentì il
corpo di Kate abbandonarsi contro le sue membra. Qualunque cosa la stesse
tormentando fino a pochi secondi prima, si era dissolta, ne era sicuro.
“Va meglio tesoro? Se così non
fosse, mi gioco la mia carta segreta per farti sorridere..”.
“E sarebbe?” lo punzecchiò Kate.
Castle prese i capelli che le
coprivano l’orecchio e ne scostò una ciocca. Girò la testa per avvicinarsi a
lei il più possibile e le sussurrò: “Ti amo da impazzire detective. Lo sai che
mi stai rendendo l’uomo più felice del mondo lasciandoti stringere così?”.
Una piccola lacrima solcò la
guancia della donna, ma a differenza delle tante versate in passato, quella
piccola goccia era solo un riflesso dell’enorme felicità racchiusa nella sua
anima.
Quell’uomo era unico: come
riuscisse sempre a dire la parola giusta al momento giusto sarebbe rimasto un
mistero, ma le piaceva da morire essere coccolata in quel modo da lui.
Kate si accoccolò ancor di più
nell’incavo della spalla dell’uomo stringendosi forte al suo braccio e mormorò:
“Non riuscirò mai a dimostrarti il mio amore con la stessa intensità con cui lo
fai tu.. rendi tutto così magico”.
Rick continuò ad accarezzarle la
schiena ed a giocare con i suoi lunghi capelli: “Non scherzare tesoro. Me lo
hai dimostrato anche tu molte volte: lasciandoti andare con me, lasciando che
ti aiutassi ad abbattere quel muro. E poi tu mi hai incantato subito, mentre io
ho dovuto usare tutte le mie arti per farti capitolare..”.
“Sei uno sciocco se la pensi
così. Lo ammetto: sei entrato nella mia vita come un tornado, e io non ero
pronta. Sei riuscito a cambiarla e senza che me ne rendessi conto non potevo
più fare a meno di te. Ma avevo paura, eri l’unico a farmi perdere il controllo
delle mie emozioni e del mio precario equilibrio. Ora, però, mi rendo conto di
essere stata fortunata e non puoi nemmeno immaginare quanto io sia felice che tu
lo abbia fatto. Ti amo da impazzire Rick. Non lasciarmi mai, promettilo”.
Castle le rispose dolcemente: “Lo
giuro solennemente, parola di scout” e strizzò l’occhio.
Kate rise e ne fu felice. La
strinse forte, ma non la sforzò a rialzarsi. In quel momento Kate aveva bisogno
di quel contatto e lui si era ripromesso di divenire l’uomo dei suoi sogni, di
assecondare ogni suo desiderio ed esigenza.
Sentì il corpo della sua donna
divenire a poco a poco sempre più pesante. La giovane stava scivolando nel
sonno e l’uomo se ne rese conto. Si avvicinò al suo orecchio e dolcemente la
chiamò: “Kate, devi andare a casa. Va a riposare su un vero letto. Hai diritto
ad un po’ di tranquillità dopo queste giornate infinite. Tornerai domani, io
mica scappo”.
Kate riuscì a dire solo poche
parole già impastate dal sonno: “Fammi restare qui ti prego, voglio dormire
accanto a te stanotte. Se non ti dispiace..”.
“Io lo dicevo per te, credevo
saresti stata più comoda. Non mi dispiace per niente averti qui. Anzi non
chiedo di meglio. Oddio, fossimo in un grande hotel, in un letto di seta, con
morbidi guanciali, forse sarebbe una nottata migliore” sdrammatizzò lo
scrittore.
“Sicuramente se ci fossimo
trovati in un luogo diverso, con uno stato di salute migliore, la conclusione
di quella lunga giornata sarebbe stata decisamente migliore tesoro” fu, invece,
il suo pensiero, ma la voce di Kate lo riportò presto alla realtà.
“Non abbatterti, sei un cuscino
perfetto amore” mormorò sorridendo la giovane donna.
Castle si irrigidì di colpo e Kate si
preoccupò per un istante.
Cosa poteva essere accaduto?
L’uomo si mosse di scatto e la
costrinse a rialzarsi. Le mise le mani sul viso e le sussurrò: “Fallo di
nuovo..”.
Lei non capì: “Cosa?”.
Rick la fissò serio negli occhi
e, mentre con i pollici le donava leggere carezze sul viso, disse: “Chiamami
ancora amore.. E’ stupendo sentir pronunciare quella parola dalla tua
bellissima voce”.
Kate arrossì, quasi come se
stesse prendendo fuoco. Non si sarebbe mai abituata. Rick sapeva essere di una
dolcezza disarmante: si abbassò, lo accarezzò e, raggiunta la sua bocca, lo
baciò teneramente: “Ti chiamerò per sempre amore. Da qui all’eternità.. Lo farò
talmente tanto che un giorno ti stuferai di sentirlo”.
L’uomo scosse la testa: “Mai, non
accadrà mai. Voglio che tu mi chiami così ogni giorno. Ogni volta che saremo
soli. Ogni volta che ti abbraccerò, ti coccolerò, che ti renderò felice. Ma
anche se ti farò arrabbiare, quando litigheremo e quando sarai triste. Perché,
se tu lo farai, io saprò che il nostro “noi” esiste ancora. Ci saremo io e te,
uniti nel profondo. Sempre.
Significherà che stiamo
difendendo questo sentimento così profondo e magnetico.
Sì ora so cos’è l’Amore, e lo
devo a te Kate Beckett. Non voglio perderti, quindi, ti prego, chiamami sempre
amore..”.
Kate si emozionò moltissimo.
Nessun uomo le aveva mai fatto una richiesta così speciale. Lo abbracciò di
slancio: “Certo, amore mio, sarà un vero piacere”. Si staccò per poco dal loro
abbraccio e lo baciò teneramente, senza forza, ma nello stesso tempo
passionale, senza interrompere la delicatezza del momento.
Si sentì orgogliosa di avere al
suo fianco un uomo simile e, quando le loro bocche si staccarono, l’uomo la
strinse di nuovo contro il suo petto e poi disse: “Ora però dormiamo tesoro. Tu sarai sfinita e io incomincio a sentire un
po’ troppi dolori. Nemmeno gli antidolorifici sono quelli di una volta. Domani
protesterò ufficialmente”.
Kate rise di nuovo: “Ok
vecchietto, dormiamo”.
Rick si scostò un poco e si girò
su un fianco per permettere alla donna di sistemarsi meglio accanto a lui.
Scivolarono insieme lungo il
letto finchè entrambi non posarono la testa sul cuscino. Castle si perse per
qualche istante nel verde magnetico degli occhi di lei, poi, dopo averle donato
l’ennesima carezza sul viso le sussurrò: “Dormi bene amore”.
Così, mentre Rick continuava ad
accarezzarla ed a cullarla nelle sue braccia, Kate si incamminò pian piano nel
mondo dei sogni.
Non poteva ancora saperlo, ma da
quel momento, avrebbe avuto solo notti tranquille e serene, ben lontane da
quelle costellate da incubi, rabbia e frustrazione degli anni passati.
Era stata ferita, la vita l’aveva
pugnalata rendendola diversa dalla donna che avrebbe voluto diventare. Si era
dannata l’anima alla ricerca di una risposta divenuta per molto tempo
irraggiungibile.
Alla ricerca di una verità che,
quando credeva di aver ottenuto, si era
sgretolata nelle sue mani, lasciandola solo con una manciata di cenere.
Era caduta, ma si era sempre
rialzata.
E ora era arrivata alla fine di
quel tunnel.
Ora sapeva di aver vinto davvero, di aver
sconfitto il drago. Non solo quello in carne ed ossa, ma soprattutto quello
dentro se stessa, quello che si alimentava del suo odio e della sua rabbia,
uccidendola giorno per giorno.
Un'unica certezza era radicata
nel suo cuore: l’indomani, quando si sarebbe svegliata, avrebbe trovato ad
attenderla una nuova vita e un nuovo futuro carico di speranza.
Il regalo più grande che Rick le
aveva fatto innamorandosi di lei, era proprio la speranza.
La speranza di una vita migliore.
Quel calore che ora sentiva dentro
non si sarebbe mai spento ed avrebbe alimentato la loro felicità.
Aveva compreso che l’unica verità
che doveva ricercare nella vita era molto più vicina di quanto potesse
immaginare: era semplicemente nascosta nel suo cuore.
Il cuore ha sempre la risposta
giusta se lo si sta ascoltare, è lui a guidarti verso la felicità.
E il suo cuore aveva sempre
ripetuto per quattro lunghi anni un’unica parola, un unico battito.
Rick.
Il loro amore sarebbe durato per
sempre.
Quella in fondo era l’unica
verità a cui voleva credere.
L’unica verità che l’avrebbe resa
veramente felice.
Angolo mio!
Ecco è finito! A mio modestissimo
parere questa scena è molto tenerella! (almeno io ho cercato di renderla tale),
quell’abbraccio vale molto di più di tantissimi gesti eclatanti che avrei
potuto far loro fare.
Mentre stavo scrivendo questo
capitolo alla radio è passata la canzone “Chiamami ancora amore” di Vecchioni e
mia madre mi fa: “Questa canzone è bellissima, la adoro” e ho deciso di
prenderne spunto, per farle una dedica implicita. È venuta bene?
Ora veniamo ai ringraziamenti.
Per prima cosa vorrei ringraziare tutte voi che avete sempre letto, nonostante
i miei innumerevoli ritardi! Mi sono fatta desiderare a volte! :P
Grazie per chi ha recensito, per
chi ha solo letto e anche solo chi ha curiosato!
Grazie a Mari e a Marta (dalla
quale mi aspetto una recensione delle sue, vero?) per aver avuto la voglia di
leggere questa “pazzia” in anteprima e di avermi dato il loro giudizio!
E per ultima, ma non per
importanza, il mio grazie enorme va a Rebecca. Lei ha letto in anteprima, mi ha
dato il suo parere e, cosa di vitale importanza, mi ha corretto gli errori
grammaticali che mi scappavano! (oltre ad avermi supportato, sia chiaro). Quindi
thank you very much <3 <3 <3
Ora vi saluto, ho scritto un
angolo enorme! Alla prossima ispirazione!
Bacione a tutti!!!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1005439
|