I mille volti possibili della verità

di angelad
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Prova a fermarmi Kate, ti sto aspettando ***
Capitolo 2: *** Improvvisamente tutto cambia ***
Capitolo 3: *** Pensieri e parole ***
Capitolo 4: *** La terribile spirale degli eventi ***
Capitolo 5: *** La prima parte della verità ***
Capitolo 6: *** La verità fa male ***
Capitolo 7: *** La seconda parte della verità ***
Capitolo 8: *** Le ali della libertà ***
Capitolo 9: *** Quando la verità sorprende ***
Capitolo 10: *** Finalmente insieme ***
Capitolo 11: *** Le prime mosse del gioco ***
Capitolo 12: *** Si torna a casa ***
Capitolo 13: *** Quando i brutti presagi diventano realtà ***
Capitolo 14: *** Si scoprono le carte ***
Capitolo 15: *** La verità si nasconde nell'elemento discordante ***
Capitolo 16: *** Finalmente la verità (1 parte) ***
Capitolo 17: *** Finalmente la verità (2 parte) ***
Capitolo 18: *** Una trappola per il drago ***
Capitolo 19: *** Faccia a faccia ***
Capitolo 20: *** Nell'oscurità... ***
Capitolo 21: *** Passato, presente e futuro ***
Capitolo 22: *** Vincit omnia veritas 1 parte ***
Capitolo 23: *** Vincit omnia veritas 2 parte ***
Capitolo 24: *** Chiamami ancora amore ***



Capitolo 1
*** Prologo: Prova a fermarmi Kate, ti sto aspettando ***


Prologo "Prova a fermarmi Kate, ti sto aspettando"

I MILLE VOLTI POSSIBILI DELLA VERITA’

 

È notte fonda, il buio ricopre ogni cosa. Solo la luna rischiara un poco quell’oscurità.

Una giovane donna si guarda intorno spaesata: non sa dove si trova, non riconosce quel posto. La strada è completamente deserta, non si sente neanche un rumore, tutto è avvolto in un silenzio surreale.

La testa le duole, non riesce a stare in piedi. Non sa come ha trovato la forza, ma è riuscita a sfuggirgli.

I suoi movimenti sono alterati, non ha il pieno controllo del suo corpo, deve essere stata drogata. La vista le si annebbia, ma non vuole fermarsi, non vuole ritornare in quell’inferno.

Sa che dovesse arrestarsi lui la ritroverebbe, sente la sua presenza dietro le sue spalle, sente l’odore del marcio.

Spesso si dice che il terrore non abbia suono, finchè una mano non ti afferra da un vicolo oscuro per trascinarti di nuovo in quell’incubo, allora la paura si trasforma in un urlo disperato, un grido lanciato nel vento, dove nessuno può sentirlo, dove nessuno può aiutarti.

La giovane donna capisce ciò che sta per accadere, il suo cuore martella nel suo petto fino a scoppiare.

Lo guarda, ma non vede nulla tranne che un demone.

Ha gli occhi spiritati, la sua voce sembra un ringhio: “Non avresti dovuto farlo.. hai rovinato tutto..”.

Cerca di parlare: “Ti prego, non..”, ma uno schiaffo sonoro la scaraventa a terra. Batte violentemente la testa contro l’asfalto e sente il calore del sangue attraversarle il viso fino a giungerle alla bocca.

Non ha nemmeno il tempo di rialzarsi.

Su di lei si abbatte un uragano violento ed impetuoso.

Chiude gli occhi e cerca di proiettare nella sua mente i suoi ricordi più cari: la sua famiglia, la sua vita, il suo amore.. Vuole allontanarsi da tutto quel dolore, in fondo non potrà durare in eterno.

Accennò un lieve sorriso, non  avrebbe mai pensato di poter perdere tutto in così poco tempo, per un motivo che, in realtà, nemmeno conosce. In fondo voleva solo aiutare un amico.

Non riesce a versare nemmeno una lacrima, non ne ha il tempo.

Quando quella furia si ferma, lei non si muove più. Quell’animale la volta, ma i suoi occhi ancora aperti non possono più guardare il cielo stellato. Il suo sguardo, ormai, può ammirare solo mondi ancora più lontani..

****************************************************************

Le volanti della polizia di New York giunsero in prossimità del vicolo al sorgere del sole.

Victoria Gates uscì dall’abitacolo della prima autovettura stringendosi nel cappotto. L’aria era decisamente frizzante. Non aveva l’abitudine di recarsi sulla scena del delitto da quando era diventata il nuovo capitano del dodicesimo, ma quella telefonata anonima l’aveva colpita. Il suo sesto senso le aveva detto che era meglio accertarsi delle reale  gravità della situazione in prima persona.

Questa volta non poteva restare seduta dietro ad una scrivania, doveva scendere in trincea.

Il luogo del ritrovamento non era nel suo distretto, ma avendo ricevuto la chiamata il caso era ufficialmente il loro, almeno fino al probabile arrivo dei federali.

Si rese conto che la polizia scientifica era già arrivata quando vide la patologa forense della sua squadra china su un corpo di donna orribilmente mutilato. Aveva lunghi capelli biondi, corporatura minuta, doveva essere molto giovane, ma era totalmente irriconoscibile.

 La dottoressa Parish non si era accorta del suo arrivo, guardava e studiava il cadavere con attenzione.

“Mi aggiorni dottoressa” comandò secca la donna.

Lanie alzò lo sguardo alquanto sorpresa di trovarsi davanti il capitano in persona e non la sua amica detective Kate Beckett, probabilmente si stava chiedendo come mai non fosse lì.

“Dottoressa, allora?” incalzò la Gates.

“Mi scusi signore. Donna bianca, sui 30 anni, identità sconosciuta. Per accertare la vera causa del decesso dovrò attendere di effettuare l’esame autoptico, ma credo di non sbagliare ad affermare che questa donna è morta in conseguenza alle percosse ricevute”.

“Sta cercando di dirmi che l’ha uccisa a pugni?” concluse il capitano con reale disgusto.

Lanie si limitò ad annuire con la testa.

Guardando il corpo straziato di quella povera ragazza era evidente ciò che le era stato fatto, ma la donna non riusciva  nemmeno lontanamente immaginare, né ciò che doveva aver provato né il motivo da scatenare una furia del genere. Quella donna era stata massacrata di botte, ma prima era stata fatta prigioniera. Aveva notato i segni di una corda attorno alle sue mani, anche se la dottoressa Parish non li aveva menzionati. L’assassino aveva instaurato con lei un rapporto intimo, morboso, malato. Non era un elemento da sottovalutare.

La Gates aveva sperato che quell’animale, in un attimo di pietà, l’avesse finita senza ulteriori sofferenze, ma la parola “misericordia” non doveva essere scritta sul suo vocabolario.

 Strinse forte i pugni dentro alle tasche cercando di non farsi notare dai suoi agenti e giurò a se stessa che avrebbe sbattuto a marcire in galera quella bestia. Chiunque fosse, non avrebbe avuto nessuna pietà.

 “Sono già stati fatti i rilievi fotografici?” domandò vedendo avvicinarsi la componente maschile della sua squadra.

“Sì signore” rispose Esposito avvicinandosi alle due donne “abbiamo già imbustato tutto”.

“Voglio vedere il messaggio” rispose piccata.

Ryan le passò una bustina di plastica dove all’interno si trovava un foglietto di carta. Era stato travato sul cadavere, l’assassino aveva lasciato un messaggio per loro.

La scritta era eloquente.

 Alla straordinaria KB e a tutti i miei amici del dodicesimo. Il nostro gioco è appena cominciato. Prova a fermarmi Kate, ti sto aspettando”.

La Gates capì di essere davanti a una e vera e propria sfida e non sarebbe stato facile vincere. L’assassino aveva un conto in sospeso col suo distretto, aveva sfidato apertamente uno dei suoi.

Si girò verso i suoi uomini e parlò: “Ryan, Esposito avete delle opinioni in proposito? Collegamenti con vecchi casi arretrati?”

“La frase è la dedica che Castle ha scritto sul primo romanzo di Nikki Heat..” rispose Esposito, ma venne bruscamente interrotto dalla donna: “So benissimo, cos’è quella frase detective. So chi è il signor Castle e quali romanzi ha scritto. Non sono mica nata ieri! Intendevo se questo massacro poteva essere collegato a qualche caso regresso qualcuno seguito da Beckett, qualcuno che, uscito di prigione, voglia vendicarsi di lei”.

Ryan scosse la testa: “No.. Solo uno psicopatico di nome Scott Dunn che aveva attentato alla vita di Beckett mettendole una bomba in casa, ma per quanto ne so è ancora in prigione.. Inoltre non dimentichiamo che lui uccideva le sue vittime con un colpo di pistola”.

Si fermò per un attimo, prese fiato e guardò il suo capo dritto negli occhi:  “Signore se posso permettermi, suggerirei di richiamarla in servizio. È stata citata personalmente, potrebbe essere in pericolo senza saperlo”.

La donna sospirò: “Lei ha ragione Kevin, ci penserò io. Voi controllate che questo Dunn non sia stato rilasciato, ma non credo c’entri molto. Siamo davanti a qualcosa di più complesso” sentenziò la poliziotta e si allontanò.

 Alla straordinaria KB”.

Perché voleva proprio che fosse Kate Beckett ad indagare su di lui? Forse semplicemente aveva letto Heat Wave ed era affascinato da  Nikki Heat.

No, non voleva Nikki al comando delle operazioni. Non aveva associato il personaggio letterario alla reale Beckett. Non era una fantasia malata di uno psicopatico.

Voleva Kate, in carne ed ossa.

Quella consapevolezza la inquietò, non ne capiva il reale motivo, ma sapeva che qualcosa non andava. Pregò con tutto il cuore non si avverasse il terribile presentimento passatele nella testa.

 Lo scacciò prontamente, non era possibile. Non era ancora il momento, c’era ancora troppo da perdere, la posta in gioco era troppo alta. Sarebbe stato un rischio troppo grande.

Suo malgrado si rese conto di dover stare al gioco dell’assassino, almeno per il momento.

Non amava mettere in pericolo i suoi uomini, ma quell’uomo voleva Kate Beckett?

Bene, Kate Beckett avrebbe avuto.

Per un attimo le sue paure scomparvero lasciando il posto alla fierezza tipica di un investigatore.

“Ti sei fregato con le tua mani tesoro. Montgomery aveva ragione, quella donna è la migliore che si sia mai vista. Hai le ore contate” pensò, mentre digitava il numero della detective sul cellulare.

Angolo mio!

Ecco la mia nuova long... Il capitolo è un po' corto, ma diciamo che è solo un prologo, altrimenti veniva troppo lungo da leggere.

Ho introdotto la vicenda, non succede granchè, ma come ho scritto nella descrizione in questo racconto "non tutto è come sembra". 

Ricordatevelo, specialmente nei capitoli successivi..

un bacione ragazze

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Capitolo 2
*** Improvvisamente tutto cambia ***


Improvvisamente tutto cambia

IMPROVVISAMENTE TUTTO CAMBIA

 

Il suono del telefono la sorprese mentre era intenta a prepararsi la colazione. Chiuse la fiamma sotto il pentolino del latte e posò il bricco del caffè sul tavolo.

Prese in mano il telefonino e rimase stupita nel leggere sul display il nome del capitano Victoria Gates. Non doveva andare al distretto quella mattina, si era presa qualche giorno di riposo. Non immaginava il motivo per quella telefonata, ma non si fece pregare e rispose prontamente: “Beckett. Buongiorno signore!”.

La voce di Victoria Gates le sembrò meno austera del solito, anzi giunse alle sue orecchie con una lieve traccia di gentilezza: “Buongiorno detective. Mi scusi per l’ora. So che aveva chiesto alcuni giorni di ferie, ma avrei bisogno che tornasse in servizio subito. Abbiamo un caso scottante per le mani e ho bisogno di lei per condurre le indagini. Non posso affidarlo a nessun altro”.

Kate era incredula, il nuovo capitano non aveva mai manifestato simpatia nei suoi confronti, anzi era convinta che non la considerasse nemmeno un investigatore eccellente. Quella chiamata le sembrò decisamente strana. Nonostante ciò non si sentì di tirarsi indietro.

“Beckett mi ha sentito?”

Il tono rude del suo capitano la distolse dai suoi pensieri.

“Si signore, mi scusi. Arrivo al distretto nel minor tempo possibile” e riattaccò.

“Maledizione.. mormorò tra sé e sé- non ci voleva.”

 Aveva promesso a Castle di accompagnarlo fuori città per un impegno di lavoro. L’uomo aveva insistito così tanto che alla fine aveva ceduto stremata, ma in fondo aveva ammesso a se stessa che non le dispiaceva passare il suo tempo con lui.

Come avrebbe fatto a dirgli che era andato tutto a monte? Già si immaginava la sua faccia delusa e il suo sguardo da cucciolo smarrito. Non sapeva più resistergli quando la fissava in quel modo.

La psicoterapia la stava aiutando, aveva preso consapevolezza dei suoi sentimenti e stava cercando il momento migliore per confessare il suo segreto. Quella gita fuori New York poteva essere una buona occasione, se non addirittura una svolta.

Sospirò, sarebbe andata meglio la prossima volta. Almeno lo sperava.

Compose il numero dello scrittore e, mentre il telefono squillava a vuoto, rovistò nell’armadio alla ricerca di qualcosa di decente da mettersi.

Castle avanti rispondi” pensò afferrando un paio di jeans e una camicia nera. Stava per riattaccare quando sentì la voce dell’uomo: “Castle”.

“Ti ho svegliato? Hai una voce terribile stamattina, sembri assonnato”.

“Effettivamente stavo riposando le mie membra” rispose l’uomo serio.

“Scusami allora. Volevo avvisarti, non posso accompagnarti alla presentazione del libro ad Orlando, la Gates mi ha richiamato in servizio urgentemente” disse la donna non nascondendo il suo tono molto dispiaciuto.

“Non importa, non preoccuparti. Il tuo lavoro è sempre un’incognita. Prendi quell’assassino, mi raccomando”.

Castle restò troppo composto, non tradiva nessuna emozione. Una strana sensazione attraversò l’animo di Kate. Non era certo la reazione che si aspettava da lui. Poteva arrabbiarsi, poteva rimanerci male e piagnucolare come un bambino piccolo, ma non rimanere così inerme, impassibile, come se in fondo non gli importasse.

“Castle va tutto bene? Mi sembri strano”.

L’uomo tagliò corto: “Ho solo un terribile mal di testa. Non preoccuparti per me, mi prendo un’aspirina e ritornerò come nuovo”.

Kate si rasserenò un poco: “Sicuro? Ok, mi fido di te. Ci vediamo al tuo rientro scrittore?”.

“Certo Kate. Tornerò sempre da te”.

Se fosse stato lì con lei l’avrebbe vista diventare bordeaux. Non si sarebbe abituata alle sue infinite gentilezze, al modo in cui sapeva toccarle il cuore.

Riuscì solo a dire: “Buon viaggio Castle”.

“Grazie..”.

La frase morì nell’aria, ma mentre la donna stava per salutare si sentì chiamare: “Kate, aspetta. Ricordati sempre che sei la migliore” e chiuse la telefonata.

Alla donna scappò l’ennesimo sorriso, Rick sapeva sempre dire la parola giusta al momento opportuno, anche se non era in piena forma. Certo non poteva partecipare all’indagine e lei non poteva negare di essere delusa; senza lo scrittore sarebbe stato sicuramente molto più noioso, ma sapeva che lo avrebbe rivisto presto, era solo questione di qualche giorno.

Dopo essersi cambiata, si mise alla guida della sua auto e in poco meno di mezz’ora aveva raggiunto il distretto.

Mentre saliva con l’ascensore pensò che quella giornata era davvero iniziata col piede sbagliato, ma non poteva immaginare ciò che la attendeva una volta giunta in ufficio.

Tutti i suoi colleghi erano impegnati in diverse mansioni: chi rispondeva al telefono, chi fotocopiava documenti, chi aggiornava la lavagna. Non si era mai visto così tanto fermento, neanche quando la Gates aveva sostituito Montgomery e tutti cercavano di fare buona impressione.

Esposito e Ryan erano vicini alla sua scrivania e studiavano qualcosa dal monitor del suo computer. I due, quando sentirono il suono inconfondibile dei suoi tacchi, alzarono lo sguardo e la invitarono a raggiungerli subito. La donna si avvicinò e, lasciata la borsa e la giacca sulla sedia del suo scrittore, osservò le fotografie aperte sullo schermo. Lo spettacolo era a dir poco agghiacciante.

“E’ la vittima?” domandò Beckett.

“Sì. Sono le foto preliminari dell’autopsia, ce le ha appena inviate Lanie. Ci chiamerà quando avrà terminato tutti gli esami, così potremo farci un quadro completo della situazione” spiegò Ryan.

“Abbiamo scoperto l’identità di questa povera ragazza?”

“No, per ora non siamo riusciti ad identificarla, nessuno ha denunciato la scomparsa di una giovane donna recentemente. Lanie sta cercando di ricavarne le impronte, ma l’assassino ha fatto di tutto per renderci l’indagine difficile. Pensa di vincere con facilità. Spera che tu non riuscirai a risolvere l’enigma” disse Esposito concitato.

La donna, ancora intenta a studiare le fotografie sul monitor del computer, alzò il busto di scatto:“Aspettate un momento. Fatemi capire bene. Per lui tutto questo è un gioco?  Sta sfidando me?”. Kate era sempre più incredula.

 I due uomini si studiarono per qualche secondo, poi Ryan ruppe il silenzio: “La Gates non ti ha spiegato la situazione al telefono?”

“No, pensavo di farlo di persona”.

La voce squillante del capitano del dodicesimo attirò la loro attenzione, facendoli voltare. 

 “Beckett venga nel mio ufficio per favore”.

Il suo viso non tradiva nessuna emozione. La fece accomodare sulla sedia davanti alla sua scrivania ed iniziò ad aggiornarla su ogni particolare del caso. La Gates le mostrò il foglietto dove era stato lasciato il messaggio per lei e Beckett lo studiò per bene.

“Le dice qualcosa detective? Escludendo per un attimo la dedica del libro, le viene in mente qualcuno che potrebbe avere desideri di vendetta nei suoi confronti?”.

 Kate scosse la testa, poi rispose: “Al momento non saprei, devo rifletterci sopra..”.

La donna cercò di rimanere evasiva, non voleva mostrare le sue carte così in fretta, ma nella sua mente si erano fatti strada molti scenari. In fondo stava solo cercando di catturare uno spietato assassino soprannominato “il drago”, le avevano sparato al funerale del capitano Montgomery e, considerando che ci avrebbero sicuramente riprovato visto che la volevano morta, aveva parecchi spunti in mente su chi e perché volesse “giocare” con lei.

La Gates non la torchiò e, mentre la accompagnava verso la porta, le si parò davanti dicendole: “Ascolti Beckett, non so cosa questo pazzo maniaco voglia da lei, ma  deve promettermi di non fare colpi di testa. Voglio essere informata di qualunque suo movimento, qualunque sua scoperta. Mi consideri il suo partner in questa investigazione. Prima di chiunque altro deve informare me, d’accordo?”.

“Va bene signore” annuì Beckett.

Non era entusiasta di avere la Gates addosso, ma sapeva di non avere alternative. Castle sarebbe stato ancor meno felice di lei quando ne fosse venuto al corrente.

 Si stupì di se stessa, la sua mente correva al ricordo del suo scrittore ormai sempre più frequentemente.

Il suo cellulare suonò riportandola alla realtà.

“Beckett” rispose sicura.

“Ciao tesoro, sono io”. Riconobbe subito la sua voce.

“Ciao Lanie, ci sono novità?”.

“Sì. Dovresti raggiungermi in obitorio. Da sola però, voglio parlarti” rispose la donna in maniera del tutto distaccata.

Kate inarcò le sopracciglia stupita, la sua migliore amica non aveva quasi mai quel tono. Lo aveva usato solo una volta, quando era stata costretta a riaprire il caso di sua madre, quando sapeva di doverla ferire.

“Arrivo subito”.

 

Aprì le porte della sala autopsie con una certa forza ed entrò visibilmente alterata, dentro l’ascensore si era lasciata prendere dall’ansia.

Non appena la udì alle sue spalle la dottoressa si voltò e le si avvicinò.

“Allora Lanie che c’è? Perché hai voluto vedermi da sola?”.

“L’esame autoptico ha confermato la morte per emorragia interna dovuta alle percosse ricevute, mentre l’esame tossicologico ha evidenziato una massiccia dose di tranquillanti. È stata stordita non solo per poterla sequestrare, anche per tenerla calma, per impedirle di fuggire..”

Kate la interruppe: “ Lanie queste cose potevi dirle anche davanti agli altri. Cosa volevi dire solo a me? Siamo amiche, so riconoscere quando cerchi di proteggermi da qualcosa che può irritarmi o ferirmi, ma ti prego, non sono più una ragazzina, spiegami come stanno veramente le cose”.

Si parò davanti all’amica, mentre attendeva una sua risposta. Lanie sospirò e diminuì ulteriormente la distanza tra loro, passando al di là del tavolo di metallo. Si fermò proprio accanto a lei e, guardandola dritta negli occhi, mormorò: “Kate, riguarda Castle”.

La giovane donna sobbalzò: “Cosa diavolo c’entra Castle con la morte di questa donna?”

Il cuore aveva incominciato a martellarle nel petto e ben presto la gola le si contrasse come se stesse soffocando.

“Quando eseguo un’autopsia devo necessariamente ricercare tracce dell’eventuale assassino o delle persone che sono venute a contatto con la vittima per scoprirne l’identità, proprio come nel nostro caso. Non ho trovato alcuna traccia di Dna differente a quello della vittima tranne che in questa ferita. La vedi?”- disse indicandole una lacerazione sul palmo della mano destra della vittima.

Kate annuì: era estremamente precisa, sembrava essere stata fatta o da un coltello o da un oggetto affilato e tagliente. Non era molto profonda, però, ad un primo sguardo.

Lanie, nel frattempo, stava continuando il suo discorso: “qui  ho riscontrato un altro profilo genetico oltre al suo. L’ho isolato e ho fatto partire una ricerca sul database del distretto..”

Si fermò.

“Lanie, per l’amore del cielo, continua..”. Kate risultò brusca, ma quell’attesa la stava facendo impazzire.

“E’ di Castle”.

La detective quasi gridò: “Che cosa? Non è possibile. Non starai mica pensando che lui sia l’assassino, vero?”

Kate non poteva credere alle proprie orecchie.

Lanie le prese le mani nel vano tentativo di calmarla.

“Tesoro non sto dicendo questo, io non lo penserei mai ok? Però il suo  Dna è l’unica prova organica sul corpo di una giovane donna uccisa. Cosa pensi dirà la Gates? O peggio, il procuratore? Sai come funzionano queste cose Kate, sarà il primo sospettato. Se non direttamente di omicidio, almeno di sequestro. Vorranno sapere come conosceva la vittima, chi sia..”.

La dottoressa parlò in maniera più dolce possibile, ma negli occhi della sua amica era visibile il dolore che provava nell’anima. Kate non lo aveva mai ammesso apertamente, ma Lanie sapeva quali erano i suoi veri sentimenti nei confronti dello scrittore.

“Sei riuscita a stabilire l’ora del decesso?”. La voce seria della detective Beckett ruppe il silenzio, stava cercando di riacquistare un po’ di controllo.

“Sì, certo. È stata uccisa verso le tre di questa mattina, ma è stata sequestrata in precedenza. Lo provano la disidratazione e i segni di lacci sui suoi polsi. Era legata con le mani dietro alla schiena”.

Kate alzò gli occhi al cielo come segno di ringraziamento.

“Castle ha un alibi allora. Ieri sera era da me, abbiamo cenato insieme. Nei giorni precedenti è stato la mia ombra praticamente sempre. Posso testimoniarlo”.

Lanie la guardò maliziosa, ma non del tutto rassicurata: “Avete anche dormito insieme? Hai passato la notte con lui Kate?”.

“No Lanie, che vai a pensare? Io e Castle non siamo andati a letto insieme”.

“Sarei stata felice del contrario, ovviamente. Tesoro, ti rendi conto che allora  non ha un vero alibi? Tutto quello che mi hai raccontato non prova che lui non l’abbia uccisa, o non sia stato sul luogo del delitto. L’accusa ci andrà a nozze: il famoso scrittore di gialli si crea un alibi “fasullo” passando il suo tempo, anche al di fuori dell’orario lavorativo,  invitando a cena il miglior detective della polizia di New York che, guarda caso, sta investigando sul crimine di cui viene accusato. Vi massacreranno..”.

Beckett dovette appoggiarsi con le mani a uno dei tavolini metallici. Lanie aveva ragione, erano in trappola. Qualcuno stava cercando di incastrare Castle, usando lei, manipolandoli entrambi.

Doveva trovare una soluzione, non avrebbe permesso che l’uomo che amava andasse in prigione.

“Ascolta Lanie, ho bisogno di un favore da te. Ti prego, non riferire a nessuno, nemmeno alla Gates, l’esito di questa autopsia. Regalami un po’ di tempo”.

Aveva già infilato la giacca di pelle, mentre parlava all’amica.

“Cosa hai intenzione di fare?” chiese la patologa.

“Devo impedire a Castle di prendere quel maledetto aereo per Orlando, devo capire cosa sa. Voglio sentire la sua versione dei fatti, mi deve una spiegazione. Se i piani alti mi dovessero cercare, io e te non ci siamo mai parlate, questo incontro non è mai avvenuto. Non voglio cacciarti nei guai”.

L’amica le sorrise: “D’accordo Kate, posso concederti al massimo due ore, poi dovrò fare rapporto, se non voglio destare i sospetti dei superiori”.

Kate abbozzò un sorriso riconoscente: “Grazie Lanie, ti devo un favore”.

 

Angolo mio!!!

Tatatata dam!!!! Sono iniziati i guai.. Che ne dite? Riuscirà Kate a fermare Rick? Cosa c’entra il nostro amato scrittore con l’omicidio di questa donna? Mah chi lo sa…

Lo scopriremo solo vivendo.. e leggendo!

Un grazie a tutte coloro che hanno letto e recensito o solamente letto! Un bacione particolare alle mie tre preziose aiutanti Mari24, Caskett96 e 1rebeccam che mi hanno quotato la storia e mi hanno convinta a pubblicarla, altrimenti forse l’avrei cancellata!

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Capitolo 3
*** Pensieri e parole ***


Pensieri e parole

PENSIERI E PAROLE

 

Scese nel seminterrato dove poco tempo prima aveva posteggiato l’auto. Cercò di non dare troppo nell’occhio, muovendosi a passo tranquillo per il parcheggio. Non voleva rivelare la sua reale fretta, doveva sembrare tutto tranquillo. La sua fredezza esteriore era l’esatto opposto dei sentimenti presenti nel suo animo.

Sensazioni contrastanti ed opposte: sicurezza di poter risolvere il caso, ma anche paura. Paura di avere le mani legate, paura di non poterlo aiutare.  Non avrebbe mai creduto alla colpevolezza di Castle, né mai le sarebbe passata per la mente solo l’idea, ma quella maledetta prova trovata da Lanie aleggiava sulle loro teste come una spada di Damocle.

Doveva riuscire a raggiungerlo ed a parlarci prima che si scatenasse l’Apocalisse.

Mise in moto la macchina e, mentre si immetteva nel traffico newyorkese, i suoi pensieri volarono alla sera precedente passata con Castle.

Lo scrittore le si era presentato a casa Beckett, computer alla mano, con il suo splendido sorriso stampato sulla faccia. Non appena Kate aveva aperto la porta si era accomodato senza troppi complimenti e, col suo proverbiale entusiasmo le aveva comunicato: “Mia musa ho bisogno del tuo aiuto!”.

Kate alzò gli occhi al cielo: “Castle, quante volte ti ho già detto che non devi chiamarmi mia musa?”.

“Avanti Kate, è quello che sei, non fare la difficile. Comunque mi avevi detto di non chiamarti così davanti agli altri. Ora siamo soli, quindi non puoi rimproverarmi” disse Castle, mentre appoggiava il computer sul tavolo, inseriva la spina del caricabatterie nella presa e si appropriava di una sedia.

“Prego, fai pure tranquillamente come se fossi a casa tua!”

“Grazie! Dai avvicinati. Mi devi dare alcuni consigli sul mio nuovo romanzo. Devi spiegarmi come reagirebbe Nikki Heat, o meglio te, davanti a questo scenario”.

Kate era andata dietro la sedia dove l’uomo era seduto e, dopo essersi appoggiata allo schienale, lo aveva punzecchiato: “Come?! Il grande scrittore vuole una mia consulenza per descrivere Nikki? Mi sbaglio o sei sempre stato convinto di conoscermi a 360 gradi? Il tuo ego sta vacillando Castle!”

Aveva riso. Sapeva che quella era una banalissima scusa per stare un po’ con lei. Erano diversi giorni che non la mollava mai, per un motivo o per l’altro le era sempre in mezzo ai piedi, ma la donna non era infastidita. Anzi, queste sue premure incominciavano a farle piacere sul serio. Quell’uomo sapeva come renderla serena.

Appoggiò una mano sulle sue spalle e, cercando di sembrare offesa, disse: “Visto che sei arrivato all’ora di cena, è come se praticamente ti fossi autoinvitato. Intanto che tu apri il tuo prezioso file e cerchi esattamente il punto in cui  dovrei esserti d’aiuto, io inizio a preparare qualcosa da mangiare. Ho fame”.

“Mi hai scoperto detective, tutto questo era solo un depistaggio, per assaggiare la tua straordinaria cucina. Cosa tirerai fuori dal tempio di polistirolo che hai in frigo?” scherzò Castle.

Lo colpì con un buffetto dietro alla testa: “Lei è un impertinente signor Castle! Si dà il caso che da domani io sia in ferie e quindi abbia il tempo di prendermi cura di me stessa e di fare le cose che più mi piacciono, tra cui cucinare! Oggi ho fatto una bella spesa e la mia dispensa è fornita di ogni ben di Dio. Quindi sono in grado di preparare qualunque cosa lei voglia!” sottolineò la donna maliziosa.

“Quindi posso scegliere?” chiese l’uomo mostrandole la sua proverbiale faccia da cucciolo.

La donna sorrise, si era incastrata da sola.

“Ok scrittore. Hai l’opportunità di darmi un ordine e io lo eseguirò senza discutere. Approfittane, non capiterà mai più”.

Castle era veramente stupito, non avrebbe creduto che la detective avrebbe ceduto così facilmente: “Davvero? Ok..”.

Restò per qualche secondo in silenzio, poi assumendo l’espressione di chi è appena stato fulminato sulla via di Damasco, disse: “Voglio che mi cucini il tuo piatto preferito, qualunque cosa sia. Sono sempre stato di bocca buona e poi sono molto curioso di sapere qualcosa di nuovo su di te”.

Kate pensò che, in quel momento, fosse l’essere umano più tenero del mondo: poteva  metterla in difficoltà, invece aveva fatto in modo di metterla a suo agio ancora una volta.

Se quel muro non fosse stato ancora lì, lo avrebbe accarezzato, ma si limitò ad una leggera spinta in modo amichevole: “Ok scrittore, vedrai che ti stupirò!”.

“Non ne dubito”.

La donna si era messa all’opera e in pochissimo tempo aveva preparato una pasta all’amatriciana. Mentre stava condendo i bucatini, sentì due mani posarsi delicatamente sui suoi fianchi spostandola leggermente all’indietro finchè non sentì aderire il suo corpo contro quello dell’uomo. Si sentì avvampare le guance e, roteando un poco la testa, vide il viso incuriosito dello scrittore spuntare da dietro la sua spalla e sporgersi in avanti.

“E’ pronto mia musa? Wow, cucina italiana.. hai deciso di mandarmi a ko stasera.. Io lo adoro. Come facevi a saperlo? Non mi guardare così.  Ho provato a stare seduto di là buono buono, lo giuro, perché so che non ami avere intorno persone indiscrete, mentre lavori e, quindi anche mentre cucini, ma dei profumi veramente deliziosi stavano arrivando alle mie narici  ipersensibili.. Non ce l’ho fatta a resistere. Sai non mangio da oggi a pranzo e…”

“Castle!- lo interruppe  bruscamente la donna- se non la pianti con il tuo interminabile monologo, la pasta si fredda! Renditi utile e prendi due piatti nel tinello. E comunque il fatto che tu sia affamato non ti da il diritto di abbracciarmi a tradimento!”.

“Giusto! Solo il mio inesauribile fascino mi dà questo onore. Su non prendertela, dovresti cercare di rilassarti un po’, sei così bella quando sorridi. E, ammettilo, io in fondo ti piaccio. Come amico naturalmente, non voglio che tu mi spari prima di cena, vorrei mangiare. Sii sincera, chi ti fa ridere quanto me? Chi ti porta il caffè ogni mattina viziandoti? La mia stupenda persona! Ok, hai ragione, sto gonfiando di nuovo il mio ego, la smetto. Comunque mia cara detective non ti dimenticare mai che tu resti la parte straordinaria della nostra folle coppia”.

Kate posò la pasta sulla tavola ed alzò lo sguardo verso di lui: “Non cercare di addolcirmi. Devo ammettere di essere d’accordo con te questa volta, neanche tu sei così male Castle”.

Rick restò a guardarla interdetto: non si aspettava di certo che lei gli reggesse il gioco.

“Castle allora vuoi venire a sederti o no? Io tra cinque secondi mangio, non ti aspetto di certo”.

L’uomo prese la sedia e si accomodò proprio accanto a lei. Mangiarono continuando a ridere ed a scherzare, senza smettere di chiacchierare neanche un secondo, anche quando la cena era finita da un pezzo.

Nell’unico attimo di silenzio Kate si alzò ed iniziò a sparecchiare la tavola: “Se non ti dispiace lavo ancora i piatti, poi sono tutta tua, così potrai interrogarmi e finiremo insieme il tuo prezioso capitolo”.

L’uomo le aveva sorriso e si era avvicinato alla finestra nell’attesa. Il suo sguardo si perse ad ammirare lo scorrere continuo del traffico cittadino e sui palazzi di fronte. Ogni tanto sbirciava la sua musa intenta nelle faccende domestiche e pensò a ciò che le stava nascondendo. Al suo folle segreto. Sapeva di star agendo in maniera avventata, ma non aveva importanza. Aveva giurato a se stesso di proteggerla, a qualunque costo. Le conseguenza che si sarebbero abbattute su di lui non erano importanti. Kate non doveva rischiare mai più la sua vita, lui avrebbe risolto tutto.

Negli stessi istanti anche la donna lo fissava cercando di non farsi scoprire. Era serio, aveva un’espressione che gli aveva visto sul viso pochissime volte. Non era visibile la sua allegra vivacità di bambino cresciuto, ma una strana malinconia si era impadronita di lui.  Chissà a cosa stava pensando. Lo chiamò, ma non ottenne risposta. Si avvicinò e posò una mano sul braccio di lui, facendolo sussultare.

“Scusa non volevo spaventarti. Ti ho chiamato, ma non mi hai risposto. Stai bene?”.

Castle sfoderò uno dei suoi meravigliosi sorrisi: “Sì certo. Scusami tu stavo sognando ad occhi aperti come al solito. Sono uno scrittore, la fantasia non mi manca e quando vengo colto dal momento d’ispirazione e mi disconnetto dal mondo. Bando alle ciance, mettiamoci al lavoro!”.

Si stavano avvicinando al portatile quando il cellulare dell’uomo suonò. Rick sospirò:”Questa è sicuramente mia madre. Ha lo straordinario potere di riuscire a chiamarmi nei momenti meno opportuni”.

 Quando posò gli occhi sul display del suo nuovissimo cellulare l’espressione del suo viso cambiò per la seconda volta in pochi minuti: “Scusa devo proprio rispondere. È la mia casa editrice”.

 Fingendo d’avere freddo, Kate si eclissò in camera sua con la scusa di cercare un maglioncino pesante: non voleva essere indiscreta, se Castle avesse voluto gliene avrebbe in seguito. Non appena sentì il silenzio provenire dalla stanza accanto, segnale che la telefonata era conclusa, ritornò nel salotto. Castle, seduto sul divano, teneva una mano sulla fronte, mentre l’altra schiacciava con forza il ginocchio come a volerlo serrare in una morsa mortale. Si vedeva, era terribilmente preoccupato.

Kate attraversò la stanza per sedersi accanto a lui e con infinita dolcezza gli chiese: “Ne vuoi parlare?”

L’uomo si girò di scatto e la  guardò: “Tranquilla i soliti problemi organizzativi per le mie conferenze letterarie. Devo partecipare alla presentazione di un mio libro ad Orlando e, come al solito, le persone a cui ho designato la preparazione dell’evento non sono state all’altezza. Così devo risolvere la faccenda da solo, sennò domani sarà un totale disastro”.

Si alzò, imitato dalla donna, e prese il suo cappotto: “Devo andare, mi dispiace. Vorrei restare ancora qui con te, dico davvero, ma il dovere mi chiama”.

“Sta tranquillo Castle” lo rassicurò Kate.

“Ascolta, so di chiederti molto, ma domani verresti con me? Hai detto di essere in ferie e io ho bisogno di sostegno morale. Se devo essere totalmente sincero, non ho voglia d’andarci da solo”.

“No, non posso..”

“Dai, per favore.. mi abbandoni nel momento del bisogno?”

“Sì. E allora?”

“Allora sei malvagia! Su, vieni con me!”

“Castle, davvero.. Non so se è una buona idea..”

“E’ un’ottima idea! Lo scrittore e la sua musa insieme alla presentazione dell’ultimo romanzo della saga! I miei lettori impazziranno dalla gioia”.

L’entusiasmo ritrovato dell’uomo fu ridimensionato dalla detective: “Frena, frena. Io non dirò una sola parola, ti aspetterò nelle quinte, lontano da dove ti siederai, dove nessuno potrà vedermi. Non cerco pubblicità!”.

L’uomo sembrò soddisfatto: “Ok, per me va bene”.

La donna stupita, lo osservò perplessa: era stato troppo facile convincerlo.

Rick le strizzò l’occhio: “Hai appena detto che mi accompagnerai. Credo che non potrai aspettarmi nelle quinte se rimarrai a New York. Mi sa che non puoi più tirarti indietro”.

Non si era nemmeno resa conto di essersi fregata con le sue mani. Quell’uomo sapeva annullare le sue facoltà mentali, nessun altro sarebbe riuscito nel suo intento così facilmente.

“Ti passo a prendere alle nove mia musa. Tieniti pronta!”.

Lo accompagnò alla porta e, dopo averlo salutato e averla chiusa alle sue spalle, si appoggiò al muro passandosi una mano sul viso.

L’indomani sarebbe partita con Richard Castle. Non negò a se stessa di essere felice.

 

 

La vista del palazzo dove abitava Castle la distolse dai suoi pensieri. Era arrivata, finalmente avrebbe potuto parlare a quattr’occhi con l’uomo, sperava solo non fosse ancora partito.

L’ascensore non era disponibile, così Kate si catapultò su per le scale come se fosse una questione di vita o di morte. Arrivò davanti alla porta dell’appartamento molto trafelata e col fiato corto, ma, senza cercare di darsi un attimo di contegno, suonò vigorosamente il campanello.

Nell’istante in cui vide la porta muoversi il suo cuore sussultò: come avrebbe intavolato il discorso? Come avrebbe potuto chiedergli spiegazioni senza ferirlo?

Non si trovò davanti il suo scrittore, però, ma sua madre Martha.

La donna la guardò con aria perplessa, come se la sua visita fosse del tutto inaspettata.

“Darling, cosa ci fai tu qui?”.

Kate respirò profondamente: “Posso entrare Martha?”.

La donna si scansò permettendole l’accesso.

“Certo cara. Siete già rientrati? Posso offrirti qualcosa da bere?” disse dirigendosi con aria trionfante verso l’armadietto dei liquori.

“No, grazie. Sono in servizio. Rick è in casa?”.

Martha si voltò stupita e la guardò dritta negli occhi: “Mi stai prendendo in giro? Questo è un altro degli stupidi scherzi di mio figlio.. non pensavo che tu potessi sostenerlo.. Ah l’amore”.

“Martha ascoltami, è importante. Dov’è Rick? Devo assolutamente parlarci subito!”. Kate l’aveva interrotta in malo modo, ne era cosciente, ma non aveva il tempo per scherzare. Le due ore concessale da Lanie stavano per scadere.

Martha nel frattempo le si era avvicinata e, capendo che la detective non stava recitando, disse: “Kate, mio figlio era con te. Non lo vedo da ieri pomeriggio, da quando mi ha detto che ti avrebbe raggiunta per invitarti a trascorrere due giorni con lui fuori città.. Non è più rientrato a casa”.

L’intera muscolatura di Kate si contrasse, un brivido gelido l’attraversò per tutta la schiena. Doveva aver cambiato colore in viso, credeva di essere sbiancata di colpo, perché la madre  di Castle le prese le braccia e la sorresse: “Kate cosa fai, ti senti male?”. In effetti le sue gambe si erano fatte improvvisamente troppo pesanti per sostenerla.

“No, sto bene.. “ cercò di rassicurarla. In realtà non stava bene per niente.

“Mi spieghi cosa diavolo sta succedendo?” chiese l’attrice molto preoccupata.

“Non ne ho la minima idea”.

Angolo mio!!!

I pensieri di Kate la rimandano a una bella serata col suo scrittore, dove tutto sembrava tranquillo ed idilliaco, invece le parole, dettale da Lanie prima e da Martha poi sembrano trascinarla in un mistero fitto e per nulla gioioso.
Cosa sarà successo al buon Castle? Dove sarà?

Grazie a tutti voi che seguite la storia! Se avete voglia lasciatemi un commento per farmi capire come procedo, anche le critiche sono ben accette. 

Un grazie particolari alle 3 mie lettrici "cavie" che con pazienza attendono i miei aggiornamenti e mi aiutano a portarla avanti! Siete grandi! 

Dimenticavo, auguri di Buona Pasqua a tutti!!!!!! :)

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Capitolo 4
*** La terribile spirale degli eventi ***


La terribile spirale degli eventi

LA TERRIBILE SPIRALE DEGLI EVENTI

 

Buio, solo buio davanti a sé.

Camminava a tastoni in quell’infinita oscurità. Aveva i nervi a fior di pelle, ogni suo muscolo era contratto, sapeva che il pericolo si poteva nascondere ovunque, dietro ad ogni angolo.

Inciampò dentro a qualcosa e rovinò fragorosamente a terra battendo forte la testa. Non era riuscito a farsi scudo con le mani. Si girò di scatto per vedere cosa fosse successo. Notò solo allora un corpo di donna riverso a terra, immobile, abbandonato come fosse stato un sacco vuoto.

La fissò e la riconobbe subito. Si portò la mano alla bocca, soffocando un urlo di disperazione. Era proprio lei.. Quell’uomo non gli aveva  mentito.

Era morta, solo per colpa sua: lui l’aveva convinta ad aiutarlo, lui le aveva chiesto di trovare quelle informazioni.

In quell’istante sentì una voce dietro di lui e quando si voltò,rabbrividì nel vedere il suo fantasma: “Sì Richard me ne sono andata. Quella gente non scherza, te la farà pagare. Uccideranno Kate non potrai fermarli. Il suo destino è già scritto..”

 

Castle si svegliò bagnato di sudore da capo a piede, con il cuore nel petto che batteva a mille all’ora.

Grazie al cielo era solo un incubo. O forse no..

Il suo corpo gridava che non era stato solo frutto della sua immaginazione. Ogni muscolo era rigido, come non era mai stato, e se solo provava a muoversi una scarica di dolore lo attraversava, costringendolo a desistere.

Quando riuscì ad aprire completamente gli occhi si rese conto di non essere nel suo lussuoso appartamento, non era neanche a casa di Beckett. Era riverso per strada, appoggiato ad un muro in un vicolo, dove incorniciava a soffiare un vento fastidioso.

Cosa era successo? Perché si trovava lì? Non lo sapeva.

Non riusciva a mettere a fuoco i ricordi sulla sua sera precedente, l’unica immagine indelebile nella sua mente era Kate. Il suo viso meraviglioso quando sorrideva.

 Avevano mangiato insieme, a casa della donna, avevano trascorso la serata a chiacchierare. Era stato come sempre bellissimo poi…

Aveva ricevuto una telefonata! E se n’era dovuto andare.. ma perché?

La testa gli faceva troppo male.

 Si guardò le mani e le vide piene di escoriazioni e di ferite. Le braccia non erano messe meglio.. Doveva essere stato pestato, sennò come si era procurato tutte quelle lesioni? Non riusciva a ricordare.

Una buffa canzoncina, che l’uomo riconobbe come la sua suoneria, attraversò l’aria. Cercò a tastoni il cellulare seguendo il suono e lo trovò a poca distanza da lui. Riuscì a trovare una nota positiva in quel terribile inizio di mattinata: almeno non era stato derubato..

Lo raggiunse e, con non poca fatica, riuscì a rispondere. Dall’altra parte sentì la voce inconfondibile di Kate.

Oddio Kate..

Nell’istante in cui udì la voce della donna, nella sua mente, come un lampo, si fecero strada i ricordi, uno ad uno. Di punto in bianco sapeva cosa gli era successo la notte precedente.

Tutto ciò non gli procurò nessun sollievo, anzi aumentò la sua ansia. Aveva innescato una serie di avvenimenti che si sarebbero abbattuti su di loro come un domino. Erano in pericolo, lei era in pericolo. Ancor di più, sempre di più. Solo per colpa sua.

La donna si stava scusando, non poteva andare ad Orlando con lui.

 Si ritrovò a pensare -Kate quale Orlando?  Tesoro mio, non andremo da nessuna parte. Siamo nei guai fino al collo.. E tu neanche lo sai.. ti ho mentito, l’ho fatto per proteggerti, ma mi sta tornando indietro tutto come un boomerang-

Gli stava spiegando di essere stata richiamata in servizio urgentemente dalla Gates in persona.

-Dio mio fa in modo che non sia quello che sto pensando.. Kate non devi investigare su quell’omicidio. Ti  stanno attirando in una trappola-

Non avrebbe potuto passare la giornata con lui.

Gli chiese se stesse bene, aveva capito che qualcosa non andava.

-No Kate non va tutto bene-

Le mentì ancora una volta, rassicurandola, non poteva dirle la verità. Doveva aggiustare le cose da solo, sapeva di avere un'unica soluzione possibile. Il conto da pagare sarebbe stato salato, ma saperla al sicuro, lo avrebbe ripagato di tutto.

Le sentì pronunciare: “Sicuro? Ok mi fido di te. Ci vediamo al tuo rientro scrittore?”. Quella frase fu peggio di una pugnata al cuore, quella donna era la sua unica ragione di vita, avrebbe fatto di tutto per lei.

Le rispose: “Certo Kate, tornerò sempre da te”.

Era vero, l’avrebbe fatto, a qualunque costo, anche se avesse dovuto sconfiggere il mondo intero. 

Quello era un addio, momentaneo, ma era un addio. La detective non lo immaginava di certo, come avrebbe potuto?

Si rese conto che Kate stava per riagganciare, ma riuscì a fermarla appena in tempo: “Kate, ricordati che sei la migliore” e fu lui ad interrompere la comunicazione, senza darle il tempo di replicare.

Già non doveva dimenticarlo. I giorni a venire sarebbero stati un incubo per lei, avrebbero minato le sue poche certezze, doveva essere forte.

Con estrema fatica si alzò e si mise in piedi. Doveva continuare il suo folle ed insensato piano. Cercò di trovare la forza dentro di se, nei ricordi della sua musa. Il caffè, i battibecchi, i casi, i libri, le loro cene dopo il lavoro, la loro vita, ma soprattutto l’amore che provava per lei.

Sì, Kate Beckett valeva tutto quel dolore, valeva ogni singolo sacrificio.

 

 

 

Era quasi mezzogiorno, ormai il sole splendeva alto nel cielo, ma all’orizzonte, nascoste qua e là tra i grattacieli, erano apparse alcune nubi minacciose di pioggia portate da un gelido vento.

Kate era seduta su una panchina di Central Park. Lasciata casa Castle, aveva tentato di rintracciare Rick in tutti i modi, ma il telefono dell’uomo era sempre staccato.

Era andata alla sua casa editrice, aveva chiamato sia Gina sia Paula per avere sue notizie, ma nessuno sembrava sentirlo da giorni.

Incominciò a temere il peggio, Castle non si era mai comportato in quella maniera, doveva essergli successo qualcosa. Sperava stesse bene, il suo cuore le diceva di sì, invece la sua razionalità le suggeriva il contrario, si era cacciato in qualche guaio. Dentro di lei qualcosa si era spezzato, si sentiva di nuovo sola a combattere contro un fantasma, un nemico invisibile che era riuscito a metterla al tappeto già al primo round, togliendole il suo fedele alleato, il suo adorato scrittore.

Non riusciva a trovare dentro di sé la forza per tornare al distretto, Lanie doveva aver già inoltrato i risultati dell’autopsia da un pezzo; la terribile spirale degli eventi si era innescata e lei non poteva far nulla per fermarla.

Restò per qualche secondo immobile, mentre il vento le sferzava sul viso scompigliandole i capelli, poi, come un lampo, si rese conto di essere davanti ad un bivio. Si era sentita sperduta, ma in realtà aveva una scelta davanti a lei: arrendersi o provare a lottare. Per lei, ma soprattutto per lui. Gli doveva tanto, se ora poteva definirsi una donna diversa, era soprattutto merito suo.

Non poteva restare lì con le mani in mano.

Doveva scovare quell’assassino.

Quel maledetto voleva uno scontro alla pari: lei contro di lui, il resto del mondo non era calcolato. Si era già portato a casa una mezza vittoria.

Assassino 1, Kate 0.

 Era tempo d’invertire quella tendenza, non le piaceva affatto essere sconfitta. Sentì a poco a poco affiorare dalle profondità nascoste del suo animo una rabbia e una determinazione mai provate. Il coraggio si stava facendo strada in quel groviglio di sentimenti e incominciava a scaldarle l’animo.

“Ok, va bene stupido idiota. Vuoi giocare? Giochiamo. Troverò Rick e lo scagionerò da queste terribili accuse. Poi ti braccherò finchè non ti avrò nelle mie mani e, allora, maledirai il giorno in cui hai deciso di sfidarmi. Ti giuro su ciò che ho di più caro: da oggi agli anni a venire vedrai solo il freddo e il buio di una cella. Butterò via la chiave personalmente”.

Si alzò e, mentre si incamminava verso la sua auto a grandi passi, accese il suo cellulare. Sullo schermo apparvero una marea di messaggini, l’avevano cercata tutti: Lanie, Esposito, Ryan, la Gates..

Tutti tranne lui, del suo numero nemmeno l’ombra. Il cuore le si strinse nel petto, ma non si fece più sopraffare dalla tristezza.

Sapeva che avrebbe preso una lavata di testa da Iron Gates, ma non le importava. Si era concessa il tempo necessario per metabolizzare la situazione e cercare d’uscire dal labirinto nel quale si trovava.

Ora si sentiva forte, nessuno l’avrebbe fermata.

Si era appena seduta al posto di guida, quando il suo telefono tornò a suonare. La donna lesse dallo schermo, chi la stava cercando. Esposito.

“Hei Espo, novità?” cercò di restare tranquilla.

Il suo amico lo era decisamente di meno: “Becks maledizione, ma dove ti eri cacciata? Ti stanno cercando tutti. La Gates sta impazzendo, sta per convocare una task force per trovarti. Ti vuole qui subito!”.

Kate sorrise, addirittura una task force?

“Espo stai esagerando. È solo passata qualche ora da quando ho lasciato il distretto, stavo svolgendo delle ricerche”.

“Col telefonino staccato? Avanti Kate, non raccontarmi bugie, sono tuo amico, so dove sei stata. Lanie è la mia ragazza dopotutto. Appena te ne sei andata mi ha cercato per avvertirmi di cosa stava succedendo. È preoccupata per te e, sinceramente, lo siamo anche io e Ryan”.

“Espo sto bene”.

“Sicura Kate? Mi dispiace doverti contraddire, ma non credo. Non sei riuscita a parlare con lui, vero?”. La voce dell’uomo si era tinta di una tristezza tangibile, come se se avesse il compito d’infliggerle l’ennesima pugnalata.

“E tu come fai a saperlo?” mormorò la donna.

“Castle è qui. Si è costituito un’ora fa. La sua situazione non è delle più rosee, lo sai. Come se non bastasse ha escoriazioni su entrambe le mani, come se avesse partecipato a un pestaggio o una rissa.. Kate ci sei?”

La donna alle parole dell’uomo era rimasta muta, ma aveva iniziato involontariamente a tremare. Aveva stretto con forza il volante con entrambe le mani per cercare di calmarsi, ma non le aveva provocato nessun miglioramento.

“Passamelo, ho bisogno di parlarci subito”.

“Non posso..”

“Certo che puoi, passamelo, subito! Adesso Espo, non aspetterò un minuto di più!”. Aveva gridato, non era riuscita a trattenersi.

Il detective cercò di farla ragionare: “Kate davvero non posso.. E’ stato trasferito in una stanza isolata. Ha chiesto di non parlare con noi. Il capitano lo interrogherà tra poco.. Ti conviene sbrigarti, se vuoi vederlo. Riesci a guidare o vuoi che venga a prenderti?”.

“No.. Vengo da sola..”.

Si era costituito? Per quale motivo?

Non era l’assassino, no!

No! No!

Assolutamente.

Non ci avrebbe mai creduto, mai. Neanche davanti all’evidenza.

Accese la macchina e, spingendo sull’acceleratore più che poteva, si diresse verso il dodicesimo.

 

 

Angolo mio!

Finalmente è entrato in scena Castle.. Cosa avrà intenzione di fare? Perché vuol parlare col capitano Gates? Mi sa che ha ragione Kate, si è cacciato in un guaio bello grosso…

Aspetto i vostri commenti! Bacione grande!

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Capitolo 5
*** La prima parte della verità ***


Cap 4 La prima parte della verità

LA PRIMA PARTE DELLA VERITA’

 

Castle aveva raggiunto il distretto qualche ora più tardi dal suo risveglio. Ora seduto nella stanza degli interrogatori aspettava il momento in cui la Gates sarebbe entrata per iniziare la loro “chiacchierata”.

Aveva chiesto lui stesso di poter parlare con la donna, non poteva affrontare i suoi amici e  non voleva correre il rischio di trovarsi davanti Kate.

Voleva risparmiarle almeno quel dolore. Sapeva che avrebbe scoperto comunque la situazione, ma non voleva vedere l’espressione dei suoi occhi o non sarebbe riuscito ad andare fino in fondo.

La Gates lo aveva sempre detestato, con lei non si sarebbe fatto prendere dall’emozione e tutto sarebbe stato più semplice. Avrebbe centrato l’obbiettivo.

La sua vita stava per cambiare per sempre. Avrebbe inflitto un dolore terribile a sua madre, a sua figlia e alla donna che amava. Non glielo avrebbero mai perdonato. Se solo avessero saputo le sue reali intenzioni, forse lo avrebbero compreso.

Quella donna era morta per colpa sua, l’assassino aveva ragione. Solo lui era la causa di tutto.

La sua mente ritornò alla sera dell’omicidio, quando quella telefonata, aveva drasticamente cambiato il corso degli eventi, spezzando i suoi sogni.

 

Stava perdendosi ancora una volta ad ammirarla di nascosto. La loro serata stava procedendo nel migliore dei modi, erano entrambi contenti. Una telefonata aveva interrotto il loro idillio.

Quando aveva letto il nome sul display si era sorpreso. Era la sua amica giornalista Lucy Williams. Lo aveva contattato alcuni giorni prima, dicendogli di aver trovato una nuova pista per dimostrare che il rogo  nel magazzino, dove erano stati depositati gli estratti conto estinti dei poliziotti, non era stato un incidente. Poteva essere un nuovo punto di partenza per riaprire il caso sull’omicidio di Johanna Beckett. Le aveva chiesto di approfondire le sue fonti e, una volta aver ricevuto notizie certe, si sarebbero contattati.

 Dopo quella conversazione erano passati molti giorni, non si erano più sentiti. Lui non aveva abbandonato Kate neanche un momento, sentiva dentro di sé il desiderio di doverla proteggere ancor di più di prima. Stava attizzando nuovamente le braci silenti del drago, ma voleva abbattere quel suo maledetto muro interiore e, se fosse riuscito ad ottenere delle novità, tutto sarebbe stato più semplice.

Kate si era rintanata nella sua stanza e lo aveva lasciato solo. Poteva parlare liberamente.

“Castle! Allora Lucy novità?”.

La voce che sentì, però, non era quella dell’amica. Era maschile.

“Mi dispiace doverla deludere sig. Castle. La signora in questione non può parlare con lei al momento. Diciamo che non potrà più farlo.  Sta giocando col fuoco, se ne rende conto? Ma non sarà lei a rimetterci. Se vuole venire a verificare di persona le conseguenze delle sue azioni mi raggiunga, le spiegherò cosa si rischia nell’affrontare il drago. Riceverà istruzioni via sms. Ah dimenticavo, se lei non si presenterà al nostro appuntamento di stasera, la sua amata detective andrà a far compagnia al capitano Montgomery e sua madre entro domani. Sono stato abbastanza chiaro? Stia tranquillo, non ho intenzione di ucciderla finora. Lei mi serve vivo, deve fare una cosa per me”.

Qualche secondo dopo sentì l’inconfondibile suono della linea telefonica libera.

Castle si dovette sedere sul divano, la situazione era precipitata. La sua amica aveva pagato caro un errore di entrambi, ma soprattutto suo. Doveva affrontare quell’uomo, doveva trovare il coraggio.

Immerso nei suoi pensieri non aveva sentito Kate tornare. Si era seduta accanto a lui e non poté non guardarla disperato. Stava per tradire la sua fiducia ancora una volta, stava prendendosi volontariamente gioco di lei.

Cercò di apparire lo stesso di sempre, contento e giocherellone, ed inventò una scusa per poter lasciare l’appartamento della donna senza destare in lei dei sospetti.

La salutò in fretta e furia, strappandole la promessa che l’indomani sarebbero stati insieme. Non voleva perderla di vista neanche un istante.

Quando si ritrovò in strada il suo cellulare suonò. Le istruzioni erano arrivate. La sua destinazione era fuori città, un posto che non conosceva. Fermò un taxi e si fece accompagnare là. La strada era completamente buia e il posto desertico.

Camminò a tastoni nell’oscurità, guardandosi intorno aspettandosi un agguato da un momento all’altro, finchè non inciampò in qualcosa riverso a terra, sbattendo forte la testa.

Si girò e vide il corpo di Lucy abbandonato in strada. Si avvicinò e la toccò. Capì immediatamente che la donna era morta. Si accorse solo dopo delle numerose e vistose ferite presenti sul corpo.

“Vedo che hai già scoperto il mio piccolo segreto”.

Una voce sibilante proveniva da dietro le sue spalle. Castle si rimise in piedi e si voltò in direzione del suono.

“Perché lo hai fatto?”

“Ah ah davvero non ne hai idea? Al mio capo non piace essere spiato, ancor meno sapere che la sua identità può essere scoperta”.

“Non sei tu il drago?”

La risata malvagia dell’uomo echeggiò nell’aria.

“Mi prendi in giro? Pensavi davvero che fossi lui? Sapevo che eri un uomo egocentrico, ma non immaginavo così tanto. Solo perché sei il famoso Richard Castle, non crederai davvero di poterlo incontrare e di restare vivo per raccontarlo?”.

“Credevo fosse la resa dei conti..”.

“Sei veramente un ingenuo. Non ci sarà mai una resa dei conti.. Lui vincerà sempre, tu e la tua cara detective non avete speranze. Vi consiglierei di lasciar perdere se vi è cara la pelle, ma so che la tua donna non sarà di quest’avviso, è decisamente troppo ostinata per i nostri gusti. Beh ripensandoci  se fossi nei suoi panni anch’io cercherei vendetta..”

Castle lo interruppe: “Non cerca vendetta, lei vuole giustizia”.

L’uomo lo guardò dritto negli occhi: “Giustizia? Cos’è la giustizia? Solo una parola con cui le persone per bene si riempiono la bocca per pulirsi la coscienza e per giustificare le loro azioni. Cosa cambierà se riuscirà a prendere il drago? Sua madre è morta e non potrà mai più tornare da lei. Non troverà la pace, perché nel suo animo quella ferita non potrà mai cicatrizzarsi. È egoista, mette costantemente in pericolo coloro che ama, oltre a se stessa. Guardati, quattro anni fa, prima di conoscerla, avresti mai pensato di  trovarti in un vicolo buio a parlare con un assassino? Puoi pensare quello che vuoi, ma ciò che quella donna si ostina a cercare è solo vendetta”.

Richard sorrise: “Tu non conosci Kate Beckett. In parte hai ragione, ma non è come pensi tu. Vuole eliminare un mostro dalle strade di questa città, un uomo che non ha esitato ad uccidere chiunque si contrapponesse tra lui e i suoi obbiettivi, sconosciuti, come Johanna Beckett, ma anche amici, una volta che non erano più utilizzabili per i suoi scopi. Il posto per un essere del genere è solo la prigione e io la aiuterò, costi quel che costi. Voglio donarle una nuova vita, in cui sia felice e serena”.

L’uomo rise di nuovo: “Devo ricordarmi di non innamorarmi mai, non avevo mai sentito tante stupidaggini tutte insieme. Davvero vuoi aiutarla? Ti dirò cosa devi fare, cosa lui pretende che tu faccia se vuoi mantenere intatta la sua incolumità.”.

“Qualunque cosa per lei”.

Sul suo viso apparve un terribile sorriso maligno: “Bene, è la risposta che volevo sentire”.

Si avvicinò al corpo della giornalista con passo lento e felpato: “La tua amica qui presente ha commesso una serie di errori grossolani. In principio ha cercato d’intercettare delle informazioni riservate e quando, molto gentilmente, le ho intimato di smettere, non solo non mi ha ascoltato, ma al contrario, ha continuato. Sono stato costretto a sequestrarla, drogandola un po’. Nonostante ciò è riuscita a scappare, irritandomi. Non riesco a trattenermi, quando mi arrabbio e ciò che vedi è il risultato. Il mio capo non è stato molto felice di ciò che è accaduto, per questo entri in gioco tu. Sei stato tu a spingerla ad indagare, quindi la responsabilità è tua. Tua e della tua donna”.

Castle precisò: “Kate non è al corrente delle mie indagini”.

“Credi che cambi qualcosa? Vuoi aiutarla o no? Stammi a sentire. Dovrai solo accusarti di questo omicidio, prendertene la responsabilità. Se lo farai, nessuno toccherà più Katherine Beckett, il drago si dimenticherà di lei. Altrimenti come ti ho già detto prima al telefono, raggiungerà la sua cara mammina molto presto. Ti sto dando la possibilità concreta di dimostrarle il tuo amore”.

Castle fu scosso dai brividi, doveva confessare un omicidio da innocente? Non credeva a ciò che quell’uomo gli stava dicendo, ma non aveva molte alternative. Era un ricatto, ma Kate aveva la priorità, sempre e comunque. Lei doveva essere al sicuro.

“Va bene. Lo farò”.

La voce di Rick era ferma ed impassibile. Strinse i pugni, una parte di lui era ancora incredula nell’aver pronunciato quella frase.

“Sei veramente un uomo innamorato! La tua detective dovrebbe essere fiera di te, ma, aspetta un attimo. Lei non lo saprà mai. Ironia della sorte, non apprezzerà mai il tuo plateale gesto d’amore. Sai, ora che tu finirai in prigione e, non ne uscirai tanto facilmente, avrà bisogno di essere consolata. Potrei farci un pensierino, dopotutto non è niente male..”.

Castle sentì salire una rabbia impetuosa dall’interno delle sue viscere: “Stai lontano da lei animale, non ti osare toccarla neanche con un dito. Lei non sarà mai tua..”.

“E chi me lo impedirà? Tu?” lo sfidò l’uomo.

“Maledetto bastardo”. Castle si avventò su di lui, non riuscendo a trattenere i suoi sentimenti. Lo colpì al viso riuscendo a farlo indietreggiare sferrando alcuni pugni a segno, ma l’assassino riuscì ben presto a ribaltare la situazione, mandandolo al tappeto con poche mosse precise. Non riusciva a rialzarsi, l’uomo lo teneva bloccato a terra infliggendogli una lunga e dolorosa serie di calci. Cercò di proteggersi con le mani e con le braccia con risultati non molto soddisfacenti. Quando sentì di non riuscire più a resistere, la morsa violenta si attenuò.

“Ringrazia il cielo che mi servi vivo scrittore. Non dimenticarti ciò che devi fare domani, appena sarai in grado di muoverti. Addio. Spero che riceverai un buon trattamento in prigione. Non mi crederai, ma mi sei simpatico” e sparì nell’oscurità.

Castle riuscì a mettersi in piedi e barcollando cercò d’allontanarsi anch’egli da quel luogo. Percorse poca strada, il suo corpo era un tripudio di dolore. Non sapeva dove stava andando, quei luoghi sembravano essere dimenticati da Dio.

 Si appoggiò contro un muro, non riuscendo a proseguire. Si accucciò accanto ad esso, sprofondando in un sonno costellato da incubi.

 

Nei medesimi istanti si stava tenendo una conversazione telefonica.

“Hai fatto?”

“Certo capo. Tutto secondo i nostri piani”.

“Ha accettato?”

“Non solo, non ha avuto neanche un attimo d’incertezza. È completamente perso di quella donna”.

“Hai messo quel biglietto sul corpo?”

“Sì capo”

“Bene”.

Il drago riagganciò ed esultò nel silenzio.

“Sei mia Kate Beckett, ora nessuno si potrà mettere tra di noi. Il re si è appena mangiato un pedone ben piazzato”.

 

  

  Iron Gates entrò dalla porta in quell’istante. Completo rosso, occhiali sul naso, aveva in mano un fascicolo contenente, con molta probabilità, il rapporto preliminare sul caso. Scostò la sedia e si sedette proprio di fronte a lui.

Restò in silenzio per qualche secondo, poi guardando Rick direttamente negli occhi, che nel frattempo non aveva mai abbassato lo sguardo, parlò: “Signor Castle bentornato al dodicesimo. So che so è presentato qui di sua spontanea volontà, anche se, devo ammetterlo, tutti noi la stavamo cercando. Ha chiesto di parlare solo con me. Posso sapere per quale motivo?”.

Rick prese un lungo e profondo respiro e senza smettere di fissare il volto del capitano recitò la frase di rito: “Sono qui per rendere una dichiarazione spontanea”.

 

 

 

Angolo mio!

Mi nascondo, volete tirarmi qualcosa? Adesso si è scoperto perché Castle si è cacciato in un guaio più grande di lui.. Il draghetto sputa fiamme lo ha fregato per bene, ma lui è il prode Richard Castle, per la sua bella Kate farebbe di tutto..

Che ne dite?

Un grazie a tutti voi che leggete e al mio super trio di lettrici in anteprima per il sostegno morale! Un bacione grande!

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Capitolo 6
*** La verità fa male ***


La verità fa male

LA VERITA’ FA MALE

 

 

Kate Beckett uscì dall’ascensore in fretta e furia, urtando tutti coloro che le si paravano davanti. Ryan ed Esposito le andarono incontro.

“Dov’è?” chiese la donna concitata.

Esposito le circondò una spalla e la condusse in sala relax, nel tentativo di sottrarla allo sguardo generale dei colleghi.

Kate si liberò della stretta e ripeté la sua domanda: “Ragazzi, dov’è Rick? Vi prego ditemelo subito”.

“Per prima cosa cerca di calmarti Kate” provò a tranquillizzarla Ryan, ma la donna lo interruppe bruscamente: “Come faccio a calmarmi? Devo vederlo subito, devo parlarci. È accusato di omicidio ragazzi, non di avere rubato le caramelle ad un bambino. Dobbiamo assolutamente fare qualcosa per aiutarlo. Subito!”.

Esposito la prese per le braccia e la costrinse la fissarlo, facendola volontariamente fermare: “Kate, Castle è nella sala interrogatori e non puoi vederlo. Nessuno di noi può farlo. Ha espressamente chiesto che noi tre ne stessimo fuori, vuole essere interrogato solo dalla Gates in persona. Possiamo solo assistere all’interrogatorio dalla stanza con lo specchio, il capo ce lo ha concesso”.

La donna era sorpresa: perché Rick rifiutava la sua presenza e quella dei suoi amici? Non aveva nessun senso.

Ryan la riportò alla realtà toccandole il braccio: “Becks dai andiamo, la Gates è appena entrata. Te la senti?”.

“Certo” rispose e aprendo la porta, si diresse a passo svelto nell’altra stanza.

Vide Castle seduto davanti al capitano. Le fece impressione vederlo lì. Era stato molte volte in quella camera insieme a lei per far crollare i colpevoli, ma ora si trovava dalla parte sbagliata del tavolo. Lo aveva già arrestato una volta in passato, solo per ripicca. Voleva fargliela pagare per non essersi presentato al distretto quando era ritornato dagli Hamptons, dopo aver terminato il suo secondo libro su Nikki Heat.. Ora era diverso, la sua situazione era molto più complicata.

Udì il borbottare di un tuono in lontananza, si stava avvicinando un temporale.

Kate si sedette sul tavolo di legno seguita sia da Esposito sia da Ryan. Voleva cercare d’ascoltare rimanendo il più lucida possibile.

La Gates aveva iniziato a parlare con Castle. Il capitano domandò perché avesse rifiutato di vedere gli altri componenti della squadra.

Era un’ottima domanda, voleva saperlo anche lei.

Un lampo illuminò la stanza, seguito da un tuono così forte che la fece sobbalzare.

“Voglio rendere una dichiarazione spontanea” aveva detto Rick senza rispondere al precedente quesito.

La Gates lo guardò truce inconsapevole di ciò che stava per ascoltare: “Sono qui per ascoltarla signor Castle, prego mi dica pure”.

Castle si fermò un attimo, posò le mani sul tavolo intrecciando le dita, poi, cercando di mantenere un atteggiamento serio e credibile affermò: “Sono io. L’uomo a cui state dando la caccia sono io. Ho ucciso quella donna, sono il suo assassino”.

Un altro lampo fece vacillare la luce per un attimo, seguito dall’ennesimo boato, ed il suono di una pioggia battente risuonò dall’esterno nelle loro orecchie.

Kate Beckett non se ne rese nemmeno conto, il suo cervello si era ammutolito e il suo cuore aveva smesso di battere nell’istante in cui aveva sentito echeggiare la parola “assassino” dalla bocca dell’uomo. Le girò la testa e si accasciò tra le braccia di un Ryan incredulo, mentre Esposito manifestò la sua frustrazione dando un pugno contro lo stipite della porta.

 

L’interrogatorio si concluse qualche minuto più tardi. Castle aveva raccontato tutta la sua verità, aveva svelato l’identità della vittima e il presunto motivo di quel delitto così efferato. Delitto passionale, era stato respinto.

Aveva ricostruito minuziosamente quella sera dalla cena a casa di Beckett al suo arrivo sulla scena del crimine.

Rifiutò un avvocato dicendo che ne avrebbe contattato uno più tardi, prima doveva ripulirsi la coscienza. 

 In quel momento era rimasto solo nella stanza, la Gates era uscita per formalizzare la deposizione e di conseguenza l’arresto. Appoggiò una mano sulla fronte per sostenersi. Si sentiva stanco, ora che tutto era finito.

Kate aveva assistito a tutta la scena, non erano riusciti a convincerla ad allontanarsi. Ryan non la lasciò nemmeno un minuto, era ancora seduto accanto a lei e le aveva circondato la spalla in un abbraccio fraterno. Lei non aveva protestato, lo aveva lasciato fare. Davanti a quella confessione non era riuscita a mantenere la sua forza, la sua fierezza.

Aveva bisogno dei suoi amici specialmente in quel momento.

Non le chiesero niente, non le dissero niente, quel silenzio valeva di più di mille parole. La loro presenza dimostrava quanto fossero una squadra unita, quanto in un gruppo così eterogeneo non contassero le differenze, ma solo l’amicizia e la solidarietà.

Kate era loro riconoscente e, vedendo rientrare Javier con un bicchier d’acqua e porgerglielo, il suo cuore non poté non scaldarsi almeno un po’.

“So che avresti bisogno di qualcosa di più forte, ma al momento ti dovrai accontentare” cercò di sdrammatizzare l’uomo.

Lo accettò, ma riuscì a berne solo un piccolo sorso, la sua gola era ancora chiusa, una goccia in più non sarebbe passata.

Prima che il suo amico riuscisse ad allontanarsi troppo, gli prese la mano con cui aveva colpito la porta. Era gonfia, rosso-violacea e, al suo tocco leggero, l’uomo aveva chiuso gli occhi in segno di dolore.

“Javi vai a mettere del ghiaccio su questa mano e fattela medicare da Lanie. Speriamo  non sia rotta”.

L’uomo la guardò serio: “Ci vado dopo, ora non posso. Voglio rimanere qui e capire fino in fondo cosa diavolo sta succedendo. È pura follia, non posso ancora crederci”.

“Io non ci crederò mai, non posso farlo” sussurrò la donna.

Ryan le accarezzò l’avambraccio ed accennò un sorriso. Sapevano benissimo entrambi quale era la sua posizione.

“Cosa possiamo fare per aiutarlo?” chiese Esposito.

“Qualcosa ci verrà in mente, ma dobbiamo far presto” sintetizzò la donna.

In quel preciso istante sentirono la porta aprirsi e Victoria Gates li raggiunse all’interno.

“Bene siete qui. Avete ascoltato tutto? Nessuno si osi dire che è impossibile, perché ho imparato che in questa vita nulla può essere dato per scontato. Quindi dobbiamo attenerci ai fatti e verificare se corrispondono a verità. Non fate quelle facce, so benissimo anch’io che la situazione è tutt’altro che piacevole, ma non possiamo concederci il lusso di lamentarci”.

La donna aveva parlato con l’intera squadra, poi si rivolse direttamente il suo sguardo su Beckett: “Detective questo caso è suo e mi aspetto che lei continui a lavorarci sopra”.

Kate tremò.

Davvero le stava chiedendo di incastrare Castle? Non ci sarebbe mai riuscita.

Fu Ryan a rispondere per lei: “Capitano con il dovuto rispetto..”

La donna non gli lasciò nemmeno finire la frase, incenerendolo all’istante: “Ryan non accetterò repliche. Non mi interessano i motivi personali, il detective Beckett porterà avanti questa indagine, che le piaccia o no. Anzi vi dirò di più, adesso  entra là dentro e mostra al signor Castle il messaggio che l’assassino ha lasciato sul corpo di quella povera donna. Dovrebbe conoscerlo, visto che ha appena confessato, ma si è dimenticato di menzionarlo. E io non amo essere presa in giro”.

Stavolta fu Esposito a cercare di far ragionare la donna: “Capitano il signor Castle ha chiaramente fatto capire che non gradisce la nostra presenza..”

“E da quando sono gli imputati a comandare? Non ho mai permesso a nessuno di mettermi i piede in testa, figuriamoci se inizierò da oggi”.

Fece alcuni passi verso la detective che, oltre a rimanere in silenzio per tutto il resto della conversazione, aveva abbassato la testa e scrutava il pavimento. Allungò il braccio e le porse la prova incriminata.

“Vada Beckett”.

Il suo tono non ammetteva repliche.

Kate restò per qualche secondo immobile, poi alzò la testa e cercò gli occhi della donna. La fissò per un attimo che sembrò infinito, poi prese il foglietto tra le mani ed uscì dalla stanza.

Victoria Gates non fece una piega e, incrociando le braccia sul petto,  si girò verso lo specchio in modo da avere la visuale libera. Si ritrovò a pensare a ciò che aveva visto negli occhi della sua giovane collega pochi istanti prima e dovette star attenta a non mostrare tutta la sua ammirazione.

“Brava Kate, hai capito. Richard Castle ha ragione, sei una donna veramente straordinaria”.

Non riuscì quasi a concludere il pensiero che la porta della sala interrogatori si aprì e Kate Beckett fece il suo ingresso con aria trionfale.

Il viso di Castle mostrò tutta la sua meraviglia, non si aspettava di vederla.

“So che non mi deluderai Kate, che lo show abbia inizio!”

 

Kate aveva dovuto fermarsi per respirare prima di poter girare quella maniglia. Sembrava che il suo corpo avesse dimenticato tutte le sue funzioni, anche quelle vitali. Riuscì a tranquillizzarsi, doveva farlo. Aveva una chance per poter parlare con lui e non doveva sprecarla non riuscendo a gestire i suoi sentimenti.

Quando entrò, puntò dritta alla sedia senza mostrare incertezze e si sedette proprio davanti all’uomo. Solo allora riuscì a guardarlo in viso.

Negli splendidi occhi azzurri dell’uomo era presente solo un sentimento, il terrore. Perché era così spaventato dalla sua presenza?

“Non dovresti essere qui”.

La voce dell’uomo la svegliò dal suo torpore.

“Questo è il mio lavoro Castle, sono esattamente dove dovrei essere. Chi si trova nel luogo e nella situazione sbagliata sei tu. So che non hai ucciso nessuno..”.

 La donna parlò con tono calmo, ma deciso, andando al punto senza troppe metafore. Voleva gestire la conversazione portandola a suo vantaggio, doveva trovare dei punti che l’aiutassero a confermare la sua intuizione.

“Ti stai sbagliando, io ho raccontato la verità”. Castle era apparentemente fermo quanto lei.

“Non vuoi che io segua il caso?”

“Esatto. Kate, tu non devi essere qui”.

La donna scrollò il capo: “Mi dispiace Castle, non posso accontentarti. Il caso è mio, e nessuno mi toglierà dalla testa il fatto che tu stia mentendo”.

L’uomo parlò calmo: “Mi dispiace, ma io ho detto semplicemente la verità. So che è difficile da accettare. Non so cosa mi abbia preso. Lei ha respinto le mie avance ed io ho perso la testa..”

Pensava davvero di convincerla con quella stupida storia? Castle non era un uomo che si alterava solo per essere stato respinto, lei lo sapeva bene. Erano quattro anni che si attraevano e si respingevano come calamite dello stesso polo, ma lui si era sempre comportato come un Uomo.

A chi voleva raccontarla? Di certo non a lei.

Lo fermò senza troppi complimenti: “Smettila di raccontarmi una delle tue storie scrittore! Credi davvero che mi beva questa farsa? Vuoi farmi credere di aver ucciso quella donna, ma non vuoi che sia io ad indagare, non hai richiesto la mia presenza”.

“Non riesco a capire come mai tu continui a sottolinearlo, ma te lo ripeto ancora una volta, non devi interessarti a questo caso. Restane fuori!”. L’uomo aveva alzato la voce, ma la situazione lo stava esasperando. Se lei avesse continuato, il suo sacrificio sarebbe stato vano.

Kate si alzò, fece il giro del tavolo, si accucciò accanto a lui e, guardandolo dritto negli occhi, con un tono di voce dolcissimo disse: “E allora perché hai lasciato questo biglietto sul corpo?”. Gli porse il foglietto.

“Tu non hai ucciso nessuno”.

Castle, stupito, prese la prova in mano e la guardò, ma, quando lesse ciò che era stato scritto sopra, si sentì morire.

“Alla straordinaria KB e a tutti i miei amici del dodicesimo. Il nostro gioco è appena cominciato. Prova a fermarmi Kate, ti sto aspettando”.

Lo avevano preso in giro, era stato tutto calcolato. Volevano levarselo dai piedi per avere campo libero  con lei.. Oddio, gli stava consegnando Kate su un piatto d’argento.

Il  panico si impadronì di lui, aveva commesso un errore imperdonabile, forse, però, non era ancora tutto perduto, ma quella conversazione doveva finire al più presto. Si limitò a dire: “Voglio un avvocato”.

Kate non si aspettava quella reazione, sperava in una risposta differente dall’uomo. Gli si avvicinò ancor di più, posò una mano sul suo braccio e gli sussurrò: “Non so perché tu voglia escludermi così. Non vuoi parlarmi? Va bene, rispetterò la tua decisione.  Però tu puoi ascoltarmi. Non so ancora in quale guaio ti sia cacciato, ma, lo giuro, non ti permetterò di gettar via la tua vita così. Ti aiuterò che ti piaccia o no. Ti sei arreso, l’uomo che conosco io non si sarebbe mai lasciato andare così, se non avesse avuto un valido motivo. Io lo scoprirò e mi riprenderò il mio partner”.

La donna si alzò e fece per andarsene, quando sentì Rick afferrarle un polso: “Non ho mentito Kate, sono responsabile della morte di quella donna. Ho sempre detto la verità, ma soprattutto l’ho sempre scritta, nei miei romanzi. Non sono solo l’uomo che conosci, sono diverso”.

Stava per replicare, quando entrò Ryan concitato: “Becks ha chiesto un avvocato, il colloquio è finito. Non puoi più parlare con lui. Deve essere trasferito in carcere”.

La donna non aveva compreso bene il vero significato l’ultima frase, ma non ebbe il tempo di pensarci troppo su. Si perse per l’ultima volta negli occhi del suo amato Castle, poi spinta dal collega, uscì dalla stanza.

 

Victoria Gates chiuse gli occhi, una volta rimasta sola.

“Maledizione, i miei sospetti sono diventati realtà”.

Prese il suo telefonino ed inoltrò una chiamata. Non poteva permettere che la situazione le sfuggisse di mano.

 

 

 

 

ANGOLO MIO

Kate sa finalmente la “verità”, o almeno quello che vogliono farle credere. Prima era solo nell’aria, ora l’ha sentita uscire dalla bocca del suo amato scrittore. Starà con le mani in mano? Io non penso..

Castle si avvia per davvero alla galera, tra lo sconcerto dei suoi amici.

Cosa succederà? Io vi posso solo dire che le sorprese non sono finite.. Un bacione e grazie a tutte!!!

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Capitolo 7
*** La seconda parte della verità ***


La seconda parte della verità

LA SECONDA PARTE DELLA VERITA’

 

 

Il suo turno era finito da un pezzo, ma non riusciva ad andarsene dal distretto. Aveva visto portar via Castle in manette, il suo cuore sanguinava.

Aver parlato con lui senza nessun risultato e la sua totale chiusura la facevano impazzire. Non riusciva a rimettere insieme i pezzi, la sua mente non era lucida. Seduta alla sua scrivania cercava un solo spiraglio di luce in quell’infinità di tenebre, ma non lo trovava.

Non aveva il coraggio di chiamare Martha ed Alexis per dir loro cosa era successo, anche se, molto probabilmente, ci aveva già pensato l’avvocato di Rick. No, non poteva essere così codarda, in fondo erano come una famiglia per lei, glielo doveva.

Si alzò, si infilò la giacca di pelle e lasciò l’edificio senza salutare nessuno.

Le strade newyorkesi erano totalmente intasate dalla pioggia violenta che si stava abbattendo sulla città. Ogni spostamento era estremamente difficoltoso, ma a Kate non importava. Quella sera non poteva far niente per Rick, non aveva fretta.

Dovette accendere il riscaldamento dell’auto si era resa conto di stare tremando. Aveva freddo, sembrava che un gelo infinito fosse entrato nelle sue ossa. In realtà  quel tremore era solo il riflesso della paura che aveva nell’anima..

La notizia doveva essersi diffusa in fretta: davanti a casa di Castle erano già presenti molti giornalisti. Non le sarebbe stato facile entrare. Posteggiò distante dal portone principale e, cercando di non farsi notare, si diresse verso l’uscita posteriore. Sperava di riuscir ad entrare da lì..

Una figura sconosciuta la raggiunse da dietro e le parlò: “Detective mi segua, la faccio entrare io”. L’uomo aprì una porticina molto piccola e spinse dentro la donna. Kate si guardò attorno, si trovava nella sala lavanderia.

Una luce si accese e la detective riconobbe chi le era venuto in aiuto: il fedele portiere di casa Castle. L’uomo le sorrise: “La signora Rogers mi aveva detto che prima o poi sarebbe arrivata, dovevo stare attento. Con quei ficcanaso là fuori le sarebbe stato impossibile raggiungerla se non l’avessi aiutata. Chiedo scusa per averla spaventata prima, ma non sapevo come altro fare”.

Kate lo ringraziò con tutto il cuore: “Ora devo salire. Grazie John.”.

L’uomo sorrise: “Per lei questo ed altro signora. Aiuti il signor Castle”.

La donna annuì con la testa, poi raggiunse l’ascensore di servizio e schiacciò il tastino che l’avrebbe fatta salire fino all’ultimo piano. Camminò avanti ed indietro incessantemente, come una tigre in gabbia, finchè il bip metallico, che precede l’apertura delle porte, non la costrinse a fermarsi.

Percorse il piccolo corridoio fino alla porta di casa Castle cercando di trattenere le lacrime che  le riempivano gli occhi, ma quando vide Martha davanti a lei, sentì le sue guance bagnarsi inesorabilmente ogni secondo di più.

Non riuscì a pronunciare una sola sillaba, abbassò d’istinto la testa. Si sentì una stupida.

La madre di Castle, vedendola in quello stato, l’attirò  nell’appartamento e chiuse la porte alle loro spalle. La spinse verso il divano e, quando furono entrambe sedute, le prese il viso tra le mani e le sussurrò: “Oh Darling.. non fare così”.

Quelle parole ottennero l’effetto contrario, la diga che tratteneva i suoi sentimenti crollò. Martha la strinse in un forte abbraccio. Le accarezzò la schiena e le donò un bacio su una guancia, mentre Kate, appoggiata con la testa nell’incavo della sua spalla, continuava a piangere. Non ricordava neanche più l’ultima volta che aveva pianto così liberamente.

Quando riuscì a calmarsi, si staccò dall’attrice, mentre Martha si asciugava gli occhi. Aveva ceduto alle lacrime anche lei.

Kate si scusò:“Perdonami, ero venuta a far coraggio a te, ma mi sono comportata come una bambina. Non so cosa mi abbia preso, quando ti ho visto non sono più riuscita a trattenermi”.

Martha le diede l’ennesima carezza sul viso: “Ragazza mia quando capirai che mostrare i tuoi sentimenti non è una debolezza? La reazione che hai appena avuto mi ha fatto capire quanto tu tenga a mio figlio. Sei innamorata di lui, tesoro. Il tuo comportamento è del tutto normale. Oggi per tutti noi è stata una giornata terribile, anche per te. Non devi essere sempre l’integerrima detective Beckett, qui con me puoi essere solo Kate. Non devi vergognarti di essere te stessa. Noi ti amiamo così come sei, fai parte della famiglia ormai, non sei più sola”.

Kate capì che la donna aveva ragione. Si era sentita al sicuro quando Martha l’aveva stretta, si era comportata amorevolmente con lei. L’aveva sempre trattata come una figlia fin dal primo momento e lei le era riconoscente.

La guardò seria e le chiese: “Sai già tutto? Nei minimi dettagli?”.

“Sì Kate, ho appena parlato con l’avvocato di mio figlio, ma non mi interessa molto ciò che mi ha detto lui. Preferisco sapere la tua versione. Tu sei riuscita a parlare con Rick?”.

“Per poco, non quanto avrei voluto. Non ho potuto interrogarlo, ha chiesto del capitano e ha cercato di escludermi dall’indagine”.

“Come è possibile?”

Kate sospirò: “Me lo sto chiedendo anch’io. Si è sempre fidato di me..”

La donna corruggiò la fronte: “Hai intenzione di continuare a lavorare al caso?”

“Non lo so Martha, mi rendo conto da sola di essere troppo coinvolta. Sono convinta dell’ innocenza di Rick, voglio aiutarlo. Hai ragione quando dici che  lo amo e non so se riuscirò a non farmi prendere dai miei sentimenti ed a ragionare lucidamente, ma di una cosa sono certa. Devo provare la sua innocenza”.

Alzò per un attimo gli occhi e vide la donna sorridere: “Che succede?”.

“E’ bello sentirti dire che ami mio figlio. Sono anni che desidero che tra di voi nasca qualcosa. Io lo avevo capito da molto tempo, il vostro sguardo ha sempre parlato per voi, ma il mio cuore ha sussultato quando quella frase è uscita dalla tua bocca”.

Kate arrossì visibilmente: “Oh.. davvero?”.

La donna le prese le mani: “Davvero. Sei l’unica donna degna di stare al fianco di mio figlio. Promettimi che, quando questa storia sarà finita, dirai anche a lui ciò che hai appena detto a me”.

Kate sorrise imbarazzata e Martha fece lo stesso.

“Devo fare qualcosa per lui, subito. Se solo riuscissi a capire per quale assurdo motivo ha confessato un omicidio che non ha commesso e perché non vuole che segua il suo caso. Mi ha espressamente detto di starne fuori”.

L’attrice si fece improvvisamente seria e si alzò dal divano.

Un’idea le attraversò la mente per un attimo. Tutto incominciava a esserle chiaro. I pezzi del puzzle avevano incominciato a prendere forma per lei. O almeno così credeva. Si girò verso Kate e le disse:: “Credo di poterti aiutare io, seguimi”. 

Andarono verso lo studio di Castle e si fermarono davanti al monitor nero presente nella stanza. Kate non riusciva a capire cosa Martha volesse farle vedere.

“Mio figlio mi ucciderà quando lo scoprirà, ma è venuto il momento che tu sappia la verità”.

Kate era interdetta, quale ulteriore sconvolgimento stava per ricevere la sua vita?

 Martha toccò lo schermo con un dito  e, questi si accese immediatamente, vide  davanti a lei apparve lo schema investigativo del suo tentato omicidio e, di conseguenza del caso di sua madre. Rimase sbigottita, incapace di muoversi e di parlare. Aveva pensato a molteplici scenari, ma quello no, non lo avrebbe mai immaginato.

 Si avvicinò ulteriormente per poter osservare meglio. Vide le foto dei tre poliziotti, di Pulgatti, di Montgomery, di sua madre e anche la sua. Non mancava nessuno.

Era tutto annotato nei minimi particolari, era un lavoro certosino.

Perché Castle non l’aveva mai menzionato? Perché non ne era al corrente?

Stava ricercando la verità da solo?

 Aveva così insistito perché abbandonasse quel caso.

“Sei appena tornata e sei già in caduta libera.. troveremo i responsabili e gliela faremo pagare, solo non adesso”.

Così aveva detto. Perché allora le aveva mentito?

La voce di Martha la distolse dai suoi pensieri: “Alcuni giorni dopo il funerale del capitano Montgomery e del tuo ferimento, mio figlio ha ricevuto una telefonata da un uomo sconosciuto. Ha detto di essere un amico di Roy e di aver ricevuto dei documenti che riguardano la cospirazione e l’omicidio di tua madre. Hanno parlato di te, della tua situazione. Quell’uomo ha confidato a Rick che, grazie a quei file, ti avrebbe potuto proteggere dal drago, solo se tu avessi smesso d’indagare sull’omicidio di tua madre. In caso contrario saresti stata in pericolo per sempre. Rick ti aveva appena visto “morire” tra le sue braccia e non avrebbe più permesso che ti accadesse qualcosa di male. Così ha cercato di convincerti a desistere. Voleva proteggerti finchè la situazione non si fosse calmata, impedendoti di scoprire novità, ma, nello stesso tempo, raccogliendo informazioni per aiutarti. In poche parole ha indagato al posto tuo. Ho provato a convincerlo a raccontarti tutto, a spiegargli che non aveva il diritto di escluderti, ma è stato irremovibile. Aveva troppa paura che facessi qualche sciocchezza”.

Kate respirò profondamente: “Così alla fine l’ha fatta lui. Per colpa mia”.

Martha la fermò prima che potesse continuare: “No Kate, non è il momento di colpevolizzarti. Rick ha sempre deciso con la sua testa, nessuno lo ha costretto, ma non ha ucciso quella donna. È stato incastrato. Sono assolutamente convinta che tutto sia collegato.”.

“Credo che tu abbia ragione Martha”.

“Ti ho dato uno spunto per capire come aiutarlo. Ora tu devi trovare la verità, quella occulta, quella che a tutti sfugge”.

La giovane donna era ancora in stato di shock, ma le ultime parole della donna l’avevano illuminata. Aveva avuto un’idea, aveva visto un raggio di luce davanti a sé.

“Grazie Martha, ora devo andare” e si avviò alla porta rapidamente, dopo aver recuperato la sua giacca.

L’attrice si preoccupò, la sua reazione l’aveva sorpresa. Era visibilmente eccitata, al contrario di qualche secondo prima, quando guardava davanti a sé paralizzata.

“Dove stai andando?”.

Dopo aver aperto la porta, Kate si voltò e le sorrise: “A tirar fuori di galera tuo figlio”.

 

 Entrò come una furia in casa sua, lanciò la giacca sul divano ed incominciò a guardarsi intorno intensamente. Non vide subito ciò che stava cercando, poi notò la borsa nera appoggiata in terra accanto al tavolo. Si accucciò e la raccolse.

Prese la sedia più vicina e si sedette, mentre tirava fuori dalla sacca il computer di Castle. Lo aveva visto quella mattina abbandonato sul pavimento,, aveva pensato che lo avesse semplicemente dimenticato la sera precedente. Ora, dopo tutto quello che era successo, non ne era più sicura.

Premette il tasto d’accensione e, mentre attendeva che il pc fosse pronto, lasciò vagare i suoi pensieri. Forse aveva intuito ciò che Rick voleva dirle al distretto.

 “Non ho mentito Kate, sono responsabile della morte di quella donna. Ho sempre detto la verità, ma soprattutto l’ho sempre scritta, nei miei romanzi.”

L’ho sempre scritta..

Sperava d’aver avuto l’intuizione giusta, forse Nikki Heat poteva esserle d’aiuto, poteva regalarle gli ultimi pezzi di quel rompicapo.

Andò direttamente nei cartella “documenti recenti” e trovò l’ultimo file che Castle aveva aperto: il capitolo del romanzo che voleva farle leggere.

Mentre leggeva Kate non potè non sorridere, mentre una lacrima le scese sul viso.

Quell’uomo possedeva una tenerezza disarmante.

Castle aveva descritto semplicemente la loro storia dal giorno dell’attentato. Una trascrizione letterale di ciò che era veramente accaduto, recitata dai suoi personaggi. Rispecchiava esattamente ciò che le aveva raccontato Martha pochi minuti prima, ma, nella trama era apparso un personaggio nuovo, che lei non conosceva,.Un giornalista che stava indagando per conto di Rook sul presunto incendio del magazzino di una banca. Doveva ancora comunicare i  risultati all’amico, dovevano ancora incontrarsi.

La detective intuì che nella realtà il giornalista doveva essere la donna uccisa. Capì finalmente il collegamento con Castle, l’uomo le aveva chiesto un favore.

 Incominciò a singhiozzare quando lesse le ultime righe: Jameson Rook aveva deciso di confessare a Nikki il suo segreto, per poter affrontare il pericolo insieme, uniti contro chi voleva far loro del male, per ottenere quella giustizia tanto aspettata. Non voleva più nascondersi, stava per rivelarle i suoi sentimenti.

Il romanzo si interrompeva lì.

Così era andato da lei per questo.

Voleva parlarle. Stava per raccontarle ciò che stava facendo.

La presunta consulenza era solo per capire come avrebbe reagito.

Cosa era cambiato nel frattempo? Perché era scappato senza rivelarle nulla?

La telefonata!

Chi lo aveva chiamato? Sicuramente non Gina, ora le era chiaro.

Qualcuno lo aveva così spaventato da indurlo a ritornare sui suoi passi, a mentirle ancora. Non sapeva ancora il perché avesse confessato un omicidio, ma lo aveva fatto per lei. Ne era sicura.

Aveva fatto tutto solo per lei.

Non si era mai sentita così tanto amata.

Doveva riuscire a parlare con lui. Doveva assolutamente vederlo.

Esisteva solo un modo, ma avrebbe comportato dei sacrifici.

Si alzò e andò verso la cassettiera dove era nascosto il cofanetto con la fotografia dei suoi genitori. Lo prese in mano, e guardando il sorriso di Johanna, disse: “Spero che tu possa capire, lo faccio per lui. Non posso permettergli di rovinarsi per me”.

Aveva preso la sua decisione, nonostante la facesse soffrire.

Il drago aveva vinto, l’avrebbe fatta franca.

 In quel momento, però non le importava molto: il futuro valeva più del passato.

Castle era più importante di qualunque vendetta, di qualunque giustizia.

Mentre si accingeva a prendere carta e penna, sentì suonare il campanello. Guardò l’ora, era molto tardi, chi poteva essere?

Osservò attraverso lo spioncino e rimase interdetta.

Di certo non si aspettava quella visita.

 

 

Angolo mio!

Svelato anche il segreto di Rick! In maniera non troppo traumatica direi, la seconda parte di verità prima l’ha vista, poi l’ha letta..

Ora conosce il collegamento tra la bella giornalista e Castle. E ha preso una decisione importante.. Secondo voi? Si accettano scommesse…

Sembra che il draghetto sputa fiamme l’abbia fatta franca (ma chi ci crede?).. Chi sarà andata a trovarla?

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Capitolo 8
*** Le ali della libertà ***


Le ali della libertà

LE ALI DELLA LIBERTA’

 

 

 

“Non so dove vada la mia strada,

ma cammino meglio se la mia mano stringe la tua”

Alfred de Musset

 

La notte era scesa su New York, l’oscurità avvolgeva la città che non dorme mai. Castle coricato sul lettino della sua cella immaginava la luna specchiarsi sul fiume Hudson creando strani effetti di luce sull’acqua. Chiuso tra quelle grigie mura, non gli restava altro, solo la sua immaginazione.

Era stato messo in isolamento, gli altri detenuti non gli avevano riservato un trattamento di favore. Gli avevano dato un “benvenuto” molto particolare. Lo avevano aggredito nel peggiore dei modi senza dargli il tempo di potersi difendere. “Non capita tutti i giorni di avere tra noi una celebrità” lo avevano schernito.  Se non fossero intervenute le guardie, sarebbe finito male. Il direttore del penitenziario aveva deciso che sarebbe rimasto nella sua cella, finchè gli animi non si fossero calmati, per garantire la sua incolumità.

Aveva lividi in ogni parte del corpo, ma il dottore aveva escluso delle fratture.

Il dolore nelle ossa gli impediva di dormire, così trascorreva il suo tempo con l’unico svago concessagli: pensare.

Si stava chiedendo come passassero la giornata  la sua adorata bambina e sua madre. Non aveva potuto ancora incontrarle, erano passati quattro giorni dal suo arresto, ma il giudice non gli aveva ancora concesso il permesso di avere delle visite. Gli mancavano molto, voleva sapere come stavano affrontando la situazione, voleva guardarle negli occhi per capire cosa pensavano e cosa provavano.

Ma il pensiero che più lo torturava era Kate. Cercava di non fossilizzarsi su di lei, ma con scarsi risultati. Appena si rilassava un momento e allentava la guardia il suo volto gli appariva nella mente e il suo cuore tornava a sanguinare. Sentiva la sua nostalgia in maniera viscerale. Avrebbe pagato oro per poter rivedere il suo sorriso e per poter sfiorare la sua pelle anche solo per un secondo, mentre le passava il caffè.

In quei lunghi e solitari giorni si era perfino immaginato più volte di percepire il suo adorabile profumo di ciliegia, ma tutte le volte era rimasto deluso.

Lei non era venuta.

Forse non glielo avevano permesso.

L’aveva vista l’ultima volta al distretto quando era entrata nella sala interrogatori e avevano parlato. Non avrebbe mai dimenticato i suoi splendidi occhi verdi ricolmi di tristezza, sconcerto e paura.

Si passò le mani sul viso: sapeva di averla fatta soffrire, ma non aveva avuto alternative.

Cos’altro avrebbe potuto fare?

 Sperava solo non si stesse cacciando nei guai, che fosse al sicuro. Aveva sbagliato a dirle quella frase, mentre Ryan la trascinava fuori dalla stanza. Con il suo fenomenale intuito doveva aver capito, se non tutto, almeno qualcosa, ma sperava con tutto il cuore che avesse lasciato perdere. Conoscendola sapeva di stare sbagliando, non aveva mai visto Kate arrendersi davanti a una difficoltà.

Uno strano rumore metallico attirò la sua attenzione riportandolo alla realtà. Proveniva dalla serratura della porta della cella, qualcuno stava cercando di aprirla. Castle saltò a sedere e si mise in posizione d’allerta.

A quell’ora  nessuna guardia aveva un motivo valido per entrare.

Si nascose dietro lo stipite della porta, voleva cogliere di sorpresa l’intruso. Ogni movimento, però, gli provocava dolori inauditi e gli scappò un lamento, impedendogli di essere silenzioso come avrebbe voluto.

In quel momento la porta si aprì lentamente e una figura scura entrò nella stanza. L’uomo si scagliò contro di essa, ma questa riuscì a scansarsi in tempo prima che Castle potesse colpirla.

“Castle che fai? Vuoi uccidermi?”.

Credette di stare sognando,ma quella voce era musica per le sue orecchie. Per un istante pensò che il mondo si fosse capovolto, non poteva essere vero.

“Kate?! Cosa ci fai qui?”.

La guardò. Indossava un paio di jeans scuri, una felpa nera con cappuccio sulla testa, come a volersi nascondere, e i capelli dovevano essere racchiusi in quel terribile chignon, poiché non ricadevano lunghi sulle spalle, ma era lei.

Sembrava incredibile, ma era proprio la sua amata.

La donna lo guardò con aria sconsolata, ma nello stesso tempo, molto tesa: “Sono venuta a giocare a carte. Secondo te? Voglio per portarti via da questo posto. Devi uscire di qui”.

“Vuoi farmi evadere? Kate sei un poliziotto..”.

Castle non capiva più nulla.

La donna, al contrario, era molto determinata, lo prese per mano ed iniziò a tirarlo: “Lo so Rick, so bene quale sia il mio mestiere, ma ora andiamo, non abbiamo molto tempo per parlare”.

L’uomo si fermò: “No Kate, non posso lasciartelo fare. Se mi porti via di qui, la tua carriera in polizia è finita, avrai delle ripercussioni.. se ci scopriranno non potrai più fare il detective e la tua vita sarà rovinata..”.

La donna gli mise un dito sulla bocca per zittirlo e, incatenando i suoi occhi con quelli dell’uomo, lasciò fuoriuscire un fiume di parole represse nell’animo da troppo tempo: “Vuoi capire che non mi importa niente della mia carriera o del mio lavoro se tu non sei con me? Mi sono dimessa! Se tu non sei al mio fianco la mia vita non ha alcun senso. Vuoi sapere il perché? Perché sono follemente innamorata di te, scrittore. Si lo ammetto Richard Castle, ti amo e non posso vederti qui per causa mia. Ora, però, dobbiamo andare, o ci troveranno. Abbiamo poco tempo”.

La donna lo riprese per mano e si avviò verso la porta, tirandosi dietro un Castle totalmente ammutolito ed imbambolato. Quelle parole lo avevano colpito, di certo non si aspettava una rivelazione del genere in quel momento. Non dalla Kate che conosceva. Si rilassò e un’intensa sensazione di calore si diffuse in tutta la sua anima. Si sentiva come catapultato in un’altra dimensione.

Non appena ritornò un attimo in sé, l’uomo si fermò per la seconda volta.

Kate si girò con occhi preganti, non poteva credere di non essere riuscita a convincerlo. L’uomo non voleva parlare, il suo desiderio era un altro. Doveva farlo, non poteva più aspettare, era diventata un’esigenza impellente. Ne aveva bisogno come l’ossigeno per respirare.

Era un ulteriore rischio perdere ancora minuti preziosi, lo sapeva, ma come dice il proverbio? La fortuna aiuta gli audaci.

In fondo se il destino era dalla loro parte, strappargli ancora qualche secondo, non sarebbe stato di certo un crimine.

Così attirò Kate a sé senza darle il tempo di rendersene conto e posò le labbra su quelle della donna. Lei lo abbracciò, mentre con la mano libera gli accarezzò i capelli, e rispose al suo bacio. Sentirono le loro guance bagnarsi: tutta la tensione accumulata per giorni e giorni si era disciolta grazie al calore che quel contatto trasmetteva.

“Sei completamente fuori di testa, lo sai?” disse l’uomo posando la fronte su quella di Kate, continuando a stringerla per la vita.

“Grazie, ma devi ammettere che ho avuto un buon insegnante” gli sussurrò la donna.

“Touché”.

Castle riuscì a strapparle un sorriso.

“Cosa hai intenzione di fare una volta fuori di qui?”

“Ha importanza?”

“Forse non molta. Saremo in pericolo, ma da oggi cammineremo insieme. Non vedo l’ora”.

Kate si destò d’improvviso: “Ascolta, starei qui tra le tue braccia per tutta la vita, lo giuro, ma ora dobbiamo proprio andare. Tra poco l’intero penitenziario si sveglierà e, con tutti i posti nel mondo, per abbracciarci, questo lo eviterei, se non ti dispiace”.

Castle rise alla sua battuta e fu lui, questa volta, a stringerle la mano.

“Come vuoi mia musa”.

Si spinsero nel buio dei corridoi cercando di evitare le torrette delle guardie. Camminarono mano nella mano per un tempo che all’uomo sembrò infinito, mentre Kate lo guidava verso la libertà.

 Raggiunsero ben presto una porta che dava su un vicolo poco illuminato..

“Come faremo ad andarcene senza che nessuno ci noti?” chiese l’uomo.

“Un amico ci sta aspettando per aiutarci”.

Quando riuscirono ad uscire ed ad assaporare l’aria fresca della  notte, Castle notò una macchina scura semi nascosta tra i bidoni per l’immondizia. Non appena il guidatore li vide, si avvicinò per permettere loro di salire.

 Kate aprì la portiera, spinse dentro l’uomo e si sedette accanto a lui.

Al posto di guida un’ombra si voltò.

“Tutto bene detective? Il nostro piano è riuscito a quanto vedo”.

Kate annuì, mentre Castle manifestò apertamente il suo stupore: “Capitano Gates?”

“Buonasera signor Castle” rispose la donna.

 

 

Angolo mio!

Il capitolo è un po’ corto, ma ho dovuto stopparlo qui.. Mi dovevo togliere una soddisfazione personale! E’ dalla 3x05 che volevo che Kate lo facesse evadere!! Ahahahah ho adorato la scena finale di quella puntata e l’ho presa come spunto!

Somma ed immane soddisfazione..

Ho citato all’inizio del capitolo una frase stupenda a mio avviso, una frase che si adatta ai due perfettamente! Ora tra loro non ci sono più segreti, devono ancora parlare un po’, ma ora sanno che se le loro mani si stringeranno potranno superare ogni ostacolo!

Ora attendo i vostri commenti..

Un bacione e grazie a tutte!!

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Capitolo 9
*** Quando la verità sorprende ***


Quando la verità sorprende

QUANDO LA VERITA’ SORPRENDE

 

L’auto era subito ripartita diretta verso una destinazione sconosciuta sia a Kate sia a Rick.

Victoria Gates sapeva di doverli nascondere per bene se non voleva far saltare la sua copertura, ma aveva già individuato il nascondiglio perfetto. Nessuno li avrebbe cercati lì.

Accese la radio e, cercando una stazione che trasmettesse un notiziario commentò: “Vediamo quanto ci mettono a scoprire la sua fuga sig. Castle e da chi è stato aiutato. Vorrei proprio godermi la faccia di quel pallone gonfiato del direttore del penitenziario quando si renderà conto che il suo carcerato di spicco gli è fuggito sotto il naso. Sarà un’enorme soddisfazione vederlo durante la conferenza stampa”.

A Kate scappò una risata, mentre si appoggiò con la testa sulla spalla di Castle.

L’uomo le guardava interdetto: cosa c’era di tanto divertente?

La giovane detective, notando la sua faccia, commentò: “Non ci stai capendo niente, vero?”.

“Effettivamente no. Mi sembrate entrambe poco lucide, con il dovuto rispetto capitano” si preoccupò di sottolineare l’uomo.

“E’ naturale sig. Castle. Fa bene a pensarla in questo modo. Ci sono tanti risvolti in questa faccenda che lei ignora. Kate gli racconti ciò che è successo quella sera a casa sua”.

 

Kate allontanò l’occhio dallo spioncino e chiuse gli occhi, maledicendo l’universo.

Non ho già avuto abbastanza casini per oggi?

Si stampò sulla faccia un sorriso di circostanza, cercando di nascondere gli occhi rossi, ed aprì la porta.

“Buonasera signore”.

Iron Gates entrò nell’appartamento come una furia: “Beckett mi spieghi cosa non le è chiaro della semplice frase –deve promettermi di non fare colpi di testa; voglio essere informata di qualunque suo movimento?- Non mi sembrava un concetto così difficile da capire, ma a quanto pare mi sbagliavo”.

“Ha ragione signore, ma..”

Lo sguardo inceneritore della Gates la fulminò lì: “Non esiste nessun “ma” Beckett! Lo sa che se oggi avessi voluto parlare, rispettivamente nell’ordine, col Presidente, col capo della CIA e col Papa avrei fatto meno fatica che rintracciare lei?! Le sembra possibile? La richiamo in servizio, riceve notizie compromettenti sul signor Castle e che fa? Sparisce. Su questo potrei anche sorvolare, comprendendo la sua sorpresa e il suo dolore, ma dopo il colloquio che le ho lasciato avere con lui, non può andarsene dal distretto in quel modo! Se ne rende conto?

Lei è il detective assegnato al caso e non può scorrazzare in giro per New York da sola, senza la sua squadra. Crede che io sia felice di sapere uno dei miei uomini in pericolo? Quell’assassino vuole lei Kate, non lo dimentichi!”.

Kate era sbalordita, aveva rimosso la sfida dalla sua testa. Era troppo concentrata su ciò che era accaduto a Rick.

“Lei crede che Castle sia innocente?”.

La Gates alzò gli occhi al cielo: “Signore del cielo, certo che lo credo innocente! So ancora riconoscere un bugiardo! Un bugiardo molto innamorato per giunta. Non faccia quella faccia per cortesia, perfino ogni singolo mattone del dodicesimo ha capito i vostri veri sentimenti. Gli unici a negarlo siete voi due! Sono arrivata da poco, ma non sono di certo una stupida”.

Kate era decisamente arrossita e si stava mordendo il labbro inferiore: “Per questo ha insistito perché gli mostrassi io quella prova? Per avere conferma della sua innocenza. Voleva osservare la sua reazione vedendomi”.

La donna rispose: “Non solo. Speravo ritrattasse la confessione una volta che lei lo avesse messo con le spalle al muro, ma quell’uomo è un vero testone! Chiedendo un avvocato le ha impedito di continuare. Ho dovuto arrestarlo, non potevo evitarlo. Mi dispiace doverglielo dire Kate, ma è stato ricattato da qualcuno di molto potente. È stato incastrato per arrivare a lei. Sappiamo entrambe di chi stiamo parlando”.

La giovane donna sussultò e venne assalita da un dubbio atroce: quella donna sapeva molte più cose di quanto avesse fatto intendere.

Come poteva essere arrivata a quella conclusione?

Doveva aver mostrato tutto il suo disappunto perché vide i lineamenti della sua interlocutrice rilassarsi ed si avvicinò a lei.

“Kate, io e lei dobbiamo parlare. Ci sono ancora molte cose che deve sapere ed è venuto il momento di conoscerle. Avrei preferito passasse ancora un po’ di tempo dal suo ferimento, ma il destino ha voluto diversamente. Posso avere un bicchier d’acqua prima?”.

Kate annuì e la fece accomodare sul divano. Andò in cucina, riempì due bicchieri e la raggiunse. Quella giornata sembrava infinita..

Era stanca e stava incominciando a perdere la pazienza. Voleva sapere cosa la donna conoscesse e così decise di prendere la parola: “Signore per favore, mi dica tutto quello che sa. Ho bisogni di farmi un quadro completo della situazione, devo capire a cosa sto andando incontro”.

Victoria Gates respirò profondamente ed iniziò il suo racconto: “Kate, lei è una donna intelligente, non analizzi gli eventi solo dalla sua prospettiva, provi a guardarli da diverse angolazioni. Non si ostini a cercare quella che lei considera la “verità” unica ed indissolubile. Non esiste, non come si crede. La verità ha mille volti e deve vederli uno ad uno prima di riuscire a mettere insieme tutte le tessere di questo puzzle, se vuole riuscire ad avere giustizia per riuscire quantomeno a curare la ferita devastante che ha dentro se stessa.

Guardi me, per esempio,  lavoravo per gli affari interni, crede davvero che sia stata trasferita a caso? Che abbia deciso volontariamente di voler gestire un distretto di polizia, dove il precedente capitano era stato appena ucciso e il suo miglior elemento ridotto in fin di vita? Con rispetto parlando, sarebbe stato da pazzi!”.

La giovane donna trasalì a quella frase: “E’ stata costretta capitano?”.

“Vede Beckett? Non riesce a staccarsi da ciò che le sembra la realtà. No, non sono stata costretta. L’ho fatto per aiutare un amico. Roy Montgomery per me era un vero amico, al quale dovevo molto.

Il giorno dopo l’attentato ho ricevuto una sua lettera nella quale mi spiegava la sua situazione, mi scongiurava di fare qualcosa per lui dopo la sua morte. Immagina cosa mi ha chiesto detective?”.

Kate dovette asciugarsi una lacrima, aveva capito perfettamente ciò che il nuovo capitano stava cercando di dirle.

Roy era stato fino all’ultimo il suo secondo padre, l’unico uomo, oltre a Castle, ad aver compreso la complessità del suo animo tormentato. La sua mancanza era sempre stata forte dentro di lei, ma, in quel momento, era diventata insostenibile. Avrebbe fatto qualunque cosa per poter parlare ancora una volta con lui, per potergli dire quel “grazie” che non era stata in grado di pronunciare in quell’hangar, mentre tutto precipitava, mentre si stava sacrificando per lei.

“Le ha chiesto di badare a me” sussurrò con un filo di voce.

“Non la metterei proprio su questo piano, perché io non sono una babysitter e, come avrà potuto notare, il mio lato materno non è molto sviluppato, ma in parte è così. Sapeva che dopo tutto quello che era stata costretta a vivere, venendo a conoscenza del suo segreto, avrebbe avuto bisogno di una guida forte vicino a lei sul posto di lavoro. Qualcuno che potesse controllarla e frenarla all’occorrenza, quando neanche il signor Castle fosse riuscito a farla ragionare. Chi meglio di Iron Gates?”.

La donna le sorrise, ma Kate non riuscì a risponderle.

“Kate, lei ha molti nemici, ma ha molte persone che le vogliono bene e darebbero la loro vita per lei, se solo glielo chiedesse. E non sto parlando solo del signor Castle. Non può impedir loro d’agire secondo coscienza. Le saranno sempre accanto. Non è sola e, adesso, è venuto il momento di reagire. Il drago vi ha teso una trappola, dobbiamo cercare di tirarvene fuori”.

Improvvisamente la giovane donna si destò dal suo limbo: “Lei sa chi è? Mi dica quel nome! Ho il diritto di saperlo”.

La Gates scosse la testa: “Mi dispiace, non conosco la sua identità, è un mistero anche per me. So solo che è estremamente potente, lavora in polizia o in qualche agenzia governativa. È un insospettabile.. Ha infiltrati ovunque, forse anche al dodicesimo, e la sta tenendo d’occhio. La vuole fuori dai giochi in un modo o nell’altro. Tutte cose che sa anche lei, non sono sicuramente delle novità. Ora dobbiamo trovare il modo di ribaltare l’andamento di questa sfida!”.

 In quel momento il capitano Gates notò il  foglio di carta e la penna appoggiati  sul tavolo della sala. Li prese in mano e si voltò verso la donna con aria interrogativa.

“Cosa stava pensando di fare?”.

“Stavo per scrivere la mia lettera di dimissioni” confessò Kate.

La donna si alterò di nuovo: “Dimissioni? Sta scherzando, vero?”.

 Poi alzando gli occhi al cielo disse: “Roy doveva lasciarmi il libretto d’istruzioni per voi due. Ci provo, davvero, ma proprio non vi capisco”.

Ritornò a guardare Beckett: “Ora, per l’amore del cielo, vuole spiegarmi perché vuole dimettersi?”.

Kate respirò profondamente, poi cercò di spiegare le sue ragioni in maniera tranquilla: “Non sopporto l’idea che Rick sia in prigione, lo rivoglio accanto a me. Senza di lui nulla ha più significato, neanche la risoluzione del caso di mia madre. Voglio che lui diventi il mio futuro e non voglio che il passato continui a condizionarmi. Sarò patetica, ma è così”.

“Non è patetica Kate, è solo innamorata. Prima di prendere qualunque decisione, però, mi illustri il suo piano”.

 “In effetti ne ho preparato uno, ma non posso metterlo in pratica finchè sono un poliziotto. Creerei dei problemi a tutto il distretto.. Insomma capitano, voglio farlo evadere!”.

Sul volto di Iron Gates apparve un sorriso compiaciuto: “Finalmente Beckett! È la prima idea sensata che le è uscita dalla bocca stasera. Sono pienamente d’accordo con lei!”.

Kate pensò che poliziotta davanti a lei fosse impazzita del tutto.

Come poteva approvare?

“Capitano, ma cosa sta dicendo?  I poliziotti non fanno evadere i carcerati, di solito”.

“Dettagli Beckett, dettagli” minimizzò.

“Credo che lei non abbia capito bene, signore. Se io lo faccio scappare, non potrò più indagare sugli omicidi connessi al drago. Lui avrà vinto!”.

“E’ quello che gli faremo credere! Lui può giocare sporco e noi no? Dove sta scritto? Io devo risolvere l’omicidio di Lucy Williams, non lo dimentichi. Se, poi, riusciamoa prendere due piccioni con una fava, tanto meglio!

 Ragioni: il drago la vuole fuori dalla polizia e vedrebbe la sua rinuncia come un ulteriore punto a suo vantaggio. Cosa penserebbe, invece, se il signor Castle rientrasse prepotentemente in scena con una rocambolesca fuga? Si sentirebbe quantomeno minacciato. Castle deve aver ceduto ad un loro ricatto, quindi avrà in mano degli elementi, a noi ancora sconosciuti, a svantaggio di questo spietato criminale”.

Kate capì finalmente dove la donna volesse andare a parare: “Così, quando renderemo Rick un fuggitivo, lui sarà costretto a muoversi, a scoprirsi, ad uscire dal bunker di segretezza nel quale si nasconde.. Invierà il nostro assassino a cercarlo e quando lo farà..”

“noi saremo lì ad aspettarlo! Perfetto, vedo che gli ingranaggi del suo cervellino sono tornati a funzionare”. La Gates terminò la frase con aria trionfante.

Kate si passò una mano sul viso, sprofondando tra i cuscini del divano: “E meno male che non volevo più mettere Rick in pericolo.. lo sto letteralmente lanciando nell’occhio del ciclone”.

La donna davanti a lei fece spallucce: “Non dica così Beckett, ci si è già lanciato da solo, quando ha deciso d’assecondare i desideri di un criminale. Non si preoccupi, lei sarà sempre accanto a lui, non lo perderà mai di vista. Ho intenzione di lasciarvi soli soletti per alcuni giorni. Credo che dobbiate chiarire alcuni aspetti strettamente personali o sbaglio? Trovate il coraggio di essere felici.

 Nel frattempo io cercherò di trovare un possibile alleato disposto ad aiutarci. So che Roy deve aver mandato alcuni importanti documenti ad un amico, devo scoprire chi è”.

La donna sorrise: “Credo che Rick possa esserci d’aiuto anche in questo. So che è stato contattato da un uomo misterioso, ma dovremo parlarne con lui”.

“Questo scrittore è davvero pieno di risorse! Non mi sarei aspettata si rivelasse così utile, devo ammetterlo. Sta incominciando a piacermi sul serio, ma non si osi dirglielo. Devo mantenere la mia apparenza di donna dura e inarrivabile”.

Kate riuscì finalmente a sorridere, si sentiva sollevata. Tra poco tempo avrebbe riabbracciato l’uomo che amava. La loro situazione era, adir poco, ingarbugliata, ma l’avrebbe risolta con lui al suo fianco.

Il capitano si alzò e, dirigendosi verso la porta, si congedò dalla collega: “Mi raccomando si tenga pronta Kate. Appena avrò sistemato tutto, agiremo. Cerchi di riposare, avrà bisogno di molte energie. Buonanotte”.

“Buonanotte a lei capitano. E.. grazie!”.

Victoria Gates si voltò verso di lei e, sorridendole, rispose: “Dovere Beckett”.

 

Castle era decisamente esterrefatto da quel racconto: “Fatemi capire, mi avete tirato fuori di galera per usarmi come esca per catturare il drago?”.

Victoria Gates rispose sicura: “Per quanto mi riguarda sì, ma credo che, da come la tiene stretto, non sia quella l’intenzione della sua Kate. Lei avrebbe fatto da sola questa follia, io ho solo cercato di trarne un vantaggio. Non si creda di piacermi Castle, mi sembra di aver a che fare con i bambini dell’asilo a volte. Il convento passa questo e mi devo adattare”.

Castle si accucciò e sussurrò all’orecchio da Kate: “Mi ama anche lei, ma non lo ammetterà mai! Sta correndo un grosso rischio aiutandoci in questo modo”.

Kate annuì: “Sono d’accordo Rick. Le dobbiamo molto”.

Castle strinse le loro dite ancora intrecciate e si accoccolò ancor di più alla sua musa.

“Piccioncini non mettetevi troppo comodi, siamo arrivati” sentenziò la voce austera del capitano.

 

Angolo mio!!

Avrei dovuto pubblicare martedì, ma lo faccio stasera perché non credo che l’8 di maggio sarò in possesso pieno delle mie facoltà mentali, così anticipo.

Finalmente si è scoperto che a bussare alla porta di Kate quella sera era stata Iron Gates (ma in realtà l’avevate capito già tutte! J). Vi piace il mio capitano?

Non so se nel telefilm la Gates avrà un collegamento con Roy (quello è frutto della mia fantasia), ma sono assolutamente convinta che non sia stata messa lì a caso, ma abbia una funzione ben precisa. E non sarà un personaggio negativo legato ai cattivi, secondo me aiuterà Kate (ho quest’idea dalla 4x12 quando davanti a quella lavagna le ha detto, rivolto al caso del sindaco, “this is a long game Kate. Play piece by piece”. Era la prima volta che la chiamava per nome, credo, e quella frase aveva un doppio significato).

Naturalmente il barbuto mi smentirà sicuramente, ma io mi sono fatta questo viaggio mentale e ne ho preso spunto per il racconto.  Spero vi sia piaciuto!

Grazie mille a tutti!!

Wow che mega angolo mi sono sparita stavolta! ;-)

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Capitolo 10
*** Finalmente insieme ***


Finalmente insieme

FINALMENTE INSIEME…

 

 

L’auto deviò dalla strada principale ed iniziò a percorrerne una più stretta, che costeggiava un piccolo agglomerato di abitazioni, per concludere la sua marcia davanti ad una tipica villetta americana.

“Ora siamo arrivati sul serio” disse Victoria Gates girandosi verso i sedili posteriori dove Castle e Beckett erano ancora attaccati.

La donna si tirò su e, guardandosi intorno, domandò: “Dove siamo capitano? A chi appartiene questa casa?”.

“Era dei miei genitori, io vivevo qui prima di trasferirmi a Manhattan. Sarete al sicuro per qualche giorno. È sempre affittata e non darete nell’occhio. Nessun poliziotto verrà a cercarvi in casa mia, soprattutto dopo la conferenza stampa che terrò questa mattina. Sempre se lei sig. Castle non decida di fare del giardinaggio, allora ci sarebbero sicuramente dei problemi”.

L’uomo alzò gli occhi al cielo e sbuffò:“Mi crede davvero così stupido? Senza falsa modestia sono consapevole di avere un faccino famoso, quindi me ne starò chiuso in casa e non vi creerò problemi”.

“Sarà meglio” rispose piccata la donna.

Kate sorrise tra sé e sé, era divertente sentirli battibeccare. La Gates era davvero un’ottima attrice. Era stata una scoperta davvero piacevole sapere di averla dalla loro parte.

“Avanti entriamo. Sig. Castle lei venga immediatamente con me, non possiamo correre il rischio che qualcuno la veda con quella tuta arancione, anche se è piena notte. Aspetterà in casa. Beckett lei recuperi la valigia con i vostri vestiti nel baule e ci raggiunga dentro. Castle, so che il suo codice cavalleresco non lo tollererebbe mai, ma, grazie al cielo, c’è stato il movimento femminile e abbiamo ottenuto gli stessi diritti di un uomo. Quindi non voglio sentire lamentele!”

“Perché ho fiatato?” rispose irritato lo scrittore.

Kate rispose sicura: “Non si preoccupi capo, posso farcela”.

Così, mentre Beckett apriva il portabagagli, la Gates fece gli onori di casa e condusse l’uomo all’interno della sua abitazione.

Quando raggiunsero il salotto la donna si voltò e guardò lo scrittore direttamente in faccia: “Mi ascolti bene e non osi interrompermi. Ho poco tempo prima che Kate ci raggiunga. Se il drago ha architettato tutta questa messa in scena significa che ha un obbiettivo e sappiamo entrambi qual è: chiudere la bocca alla sua bella una volta per sempre. Noi non permetteremo che ciò accada, quindi stia all’erta. Qualunque movimento sospetto, qualunque cosa non la convinca mi avvisi. Possono garantire che i poliziotti non vi creeranno problemi, ma nulla posso per le azioni degli uomini di quel farabutto. Lei sa cogliere i dettagli meglio di chiunque altro, usi questa sua qualità, tenga gli occhi aperti. Cercate di recuperare le vostre energie, mentre sarete nascosti qui”.

Castle annuì col capo, ma non riuscì a replicare poiché sentì il rumore della porta che si apriva, segno che Kate era ormai all’interno dell’edificio.

Le andò incontro e le strappò letteralmente la valigia dalle mani: “Ora, però, posso trasformarmi  di nuovo in un cavaliere?”.

Si pentì subito della sua decisione: “Cosa ci hai messo qui dentro? Piombo?” si lamentò.

“In parte: c’è la mia pistola, un computer nuovo, due telefoni e qualche cambio per entrambi. Declino ogni responsabilità sui tuoi vestiti.  Non li ho scelti io, ho lasciato l’incombenza a tua madre ed ad Alexis.  Quindi non te la prendere con me” disse Kate regalandogli uno splendido sorriso.

“Non puoi averglielo lasciato fare. Mia madre non sa minimamente vestire un uomo, non mi lasciavo mettere una maglietta da lei neanche quand’ero un bambino, figurati ora.. Spero ci abbia pensato mia figlia..”

“Secondo te in questi giorni io ho avuto il tempo di poterti fare la valigia? Non essere melodrammatico, non potrà essere così male”.

“Tu non ne hai idea..”.

La Gates decise che ne aveva abbastanza: “Mi dispiace interrompere il vostro idillio amoroso, ma vorrei ricordarvi che io sono ancora qui e se volessi assistere a una litigata tra innamorati ci sono milioni di programmi sull’argomento in televisione. È ora che io torni a New York.  Avrete mie notizie molto presto, Beckett lei sa in che modo.  Cercate di dimenticare per qualche ora questa storia” disse spostando gli occhi sullo scrittore.

Nonostante avesse parlato in quel modo l’uomo sapeva che quell’occhiata significava “Stia all’erta”.

“La accompagno alla porta signore” disse Castle.

“Non faccia il galante con me, se non vuole far arrabbiare la sua detective” scherzò la Gates, ma Kate arrossì lo stesso visibilmente.

Quando furono in prossimità della porta il capitano sussurrò all’uomo: “Le faccia capire di essere amata, ne ha un maledetto bisogno. Come sempre crede che questa faccenda sia solo colpa sua”.

Castle sorrise di nuovo: “Si preoccupa molto per lei. E’ molto carino da parte sua lo sa? Credo che cambierò il suo soprannome da Iron Gates a Sweety Gates…”.

La donna lo incenerì all’istante: “Non lo ripeta mai più Castle o ad indagine conclusa la sbatto fuori dal distretto a vita. Non mi importa di chi sia amico.. Sa che posso farlo e lo farò, può starne certo!” e voltatosi si dileguò nella notte.

Castle ridacchiò tra sé e sé e, chiusa la porta a chiave con il doppio giro, ritornò nel salotto, dove Kate aveva aperto la valigia e aveva incominciato a dividerne il contenuto. L’uomo la guardò perplesso, quella ragazza non era capace di stare ferma un attimo. 

Si avvicinò a lei senza farsi sentire, le passò le mani intorno alla vita e  le appoggiò il mento su una spalla, voltando leggermente il capo per donarle un bacio sul collo. Kate si abbandonò tra le sua braccia e spostò lievemente il corpo all’indietro ed appoggiò la testa su quella di lui.

Rick le sussurrò all’orecchio: “Ti ho mai detto che sei bellissima?”.

Kate posò le mani su quello dell’uomo e accarezzandole dolcemente disse: “Sì caro”.

“E posso sapere quando?”.

Lei si voltò completamente per poterlo guardare negli occhi e rispose: “Ora con le parole. Con le tue gentilezze e il tuo modo di comportarti sei sempre stato l’unico a riuscire a farmi sentire così”.

Lui le fece passare una mano dietro al collo e, con un rapido gesto, le slegò i capelli ancora raccolti nello chignon. Quando le ricaddero fluenti sulle spalle e le incorniciarono il viso, Castle, tornando ad abbracciarla, le confidò: “Così, però, sei decisamente sublime. Mi fai impazzire”.

Kate arrossì visibilmente.

“Sei stupefacente lo sai? Sei una detective integerrima, a tratti dura, sicura di se stessa ed estremamente coraggiosa, ma quando ti si fa un complimento diventi di una tenerezza disarmante. In questo momento sei più rossa di una mela”.

“Non mi prendere in giro!” disse Kate dandogli un buffetto sul torace.

Castle di ritrasse di colpo cercando di soffocare un lamento. Le costole gli facevano ancora un gran male e la donna aveva colpito un punto critico.

“non fare il bambino, era solo un colpetto” rispose Kate stizzita, ma, improvvisamente si fece seria e si avventò sulla camicia dell’uomo iniziando ad aprire i bottoni uno ad uno.

“Kate che cosa stai facendo?” chiese Rick piacevolmente stupito.

Il tocco della donna era estremamente delicato, ma preciso ed efficace. Ben presto mezza camicia fu aperta e Castle poté sentire la pelle delle mani di Kate sfiorare la sua. Aveva immaginato molte volte ciò che avrebbe potuto provare in quella situazione, ma ora quelle sensazioni erano di gran lunga più potenti, duplicate se non triplicate.

“Kate fermati o tra qualche secondo non rispondo di me” scherzò l’uomo.

La donna non gli prestò attenzione e, nel frattempo, aveva terminato la sua opera e, afferrata la camicia per il colletto aperto, l’aveva fatta scendere sotto le spalle lasciando Rick a petto nudo. Fissando attentamente il torace dell’uomo posò la mano su un rigonfiamento rosso violaceo. Non riuscì a spostare lo sguardo per un po’,  poiché si rese conto che quel livido non era l’unico: il corpo dell’uomo ne era totalmente ricoperto.

“Tesoro, non è niente. Passeranno..”: la voce dolce di Rick la costrinse ad alzare lo sguardo.

“Ti sembrano niente? Sei stato brutalmente picchiato. Perché non me lo hai detto?” disse la donna alzando un poco il tono della voce. In quel momento si sentiva terribilmente frustrata. Castle aveva sul suo corpo i segni del suo fallimento, non avrebbe mai dovuto permettere che tutto ciò accadesse.

“So cosa stai pensando tesoro e ti prego di smetterla. Non mi hai coinvolto tu in questa storia, ho fatto tutto da solo. Ti ho spinto io a riaprire il caso di tua madre. Ora ascoltami per un momento. Ti ricordi quando avevi tra le mani Dick Coonan? Pagai quella trance per riuscire ad arrestare Raptur e ti confidai che avrei sborsato molto di più per catturare quell’assassino. A quei tempi eri solo un’amica, ma ammetto che stavi iniziando a diventare qualcosa di più del mio cuore. Ora  sei la donna della mia vita e sacrificherei me stesso per te, credo di avertelo dimostrato. Quindi questi lividi non sono niente di importante se hanno condotti fin qui, uno nelle braccia dell’altro. Anzi li considero i cimeli della battaglia, fanno molto macho” e la strinse di nuovo a sé.

 Stava cercando di sdrammatizzare, ma conosceva troppo bene Kate e sapeva meglio di chiunque altreo che quelle parole non la rassicurarono del tutto.

“Io, invece, vorrei che non avessi mai corso questo pericolo, dovevi parlarne con me della tua indagine. Ti avrei impedito di fare questa follia, quella gente non scherza.  Non mi ero mai resa veramente conto di quanto tu fossi importante per me. Sei entrato nel mio cuore scrittore e non ho nessuna intenzione di permetterti di andartene”.

“Non voglio andarmene via, ci sto da Dio! Il tuo amore mi scalda, non posso chiedere di meglio. Sai che ti dico? Sei un genio! È un nascondiglio perfetto, nessuno mi troverà lì dentro, neanche il drago! Sono proprio al sicuro!”.

Kate sorrise e gli sussurrò: “Quanto sei stupido! Sarà per questo che ti amo così tanto?”.

“E io che pensavo che fosse per il mio magnifico sedere! Per non parlare dei miei pettorali scolpiti.. Guarda che tartaruga!”.

La donna non riuscì a trattenere una sonora risata: “Vedo, vedo. Una tartaruga rovesciata che annaspa”.

Castle si toccò il cuore mimando un urlo di dolore: “Detective così tu mi pugnali! Morirò dissanguato.. Dolore, dolore, dolo..”.

La voce di Rick si disperse nell’aria, o meglio, Kate riuscì a zittirlo. Aveva catturato con la bocca  il labbro inferiore dell’uomo e lo stuzzicò con la lingua finchè Rick  dischiuse leggermente la bocca e, insieme, approfondirono quel bacio.

“Visto che stavi soffrendo come un  matto, ho pensato che avresti avuto bisogno di un rimedio efficace. Che ne dici, può andare?”

“Adoro i suoi rimedi dottoressa Beckett! Non potrebbe darmi ancora una dose di quella stupenda medicina di poco fa? È stata miracolosa. Mi sento molto meglio, ma non sono guarito del tutto”.

“ Mi dispiace, ma non sono sicura di poterne prescrivere altre. È un farmaco che non prescrivo facilmente..” lo stuzzicò la giovane donna.

“Vorrà dire che mi toccherà svaligiare la sua farmacia, tanto in galera sono già stato..” e questa volta fu l’uomo a baciarla con passione.

La spinse pian piano verso il divano e, quando la donna sentì le gambe toccarne la parte inferiore, piegò le ginocchia lasciandosi cadere all’indietro, trascinandosi dietro Castle.

La valigia cadde sul pavimento insieme ai loro vestiti facendo un gran rumore, ma non fu quello ad interrompere l’idillio. Castle aveva affondato la testa contro la spalla della donna stringendo i denti, maledicendo le sue costole e la scarsa ospitalità dei detenuti. Quel maledetto dolore doveva ripresentarsi proprio durante il momento che aveva sognato per tutta la vita? Non era affatto giusto. L’universo doveva avercela con lui..

Il corpo di Rick si irrigidì e la sua voce divenne quasi un sussurro: “Scusami Rick, mi sono lasciata trasportare dal momento. Avrei dovuto pensare che ti avrei fatto male col torace ridotto in simili condizioni”. Gli passò una mano tra i capelli e spingendolo leggermente, lo fece scivolare sulla sua destra e si alzò.

Rick la afferrò per un braccio: “Dove stai andando? Scusami.. Ho rovinato tutto, avrei dovuto sopportare in silenzio”. Era veramente dispiaciuto, quel momento doveva finire in maniera diversa.

Kate capì il disagio dell’uomo e si accucciò accanto a lui per guardarlo negli occhi: “Rick hai frainteso. Va tutto bene tesoro, non devi preoccuparti. Non è successo niente, non sono arrabbiata. Stavo solo andando a cercarti una medicina vera, chiamata antidolorifico. Ne hai bisogno. Non voglio vedere quel tuo dolce musetto così triste e sofferente. Mi prenderò cura di te e ti rimetterò in sesto al più presto, così potremo riprendere da dove abbiamo interrotto. Non ho fretta, abbiamo tutta la vita davanti” e gli donò una carezza sulla guancia per sparire poco dopo, in quello che doveva essere un bagno, per cercare la cassetta dei medicinali.

L’uomo la seguì con lo sguardo per l’intero tragitto, pensando di non aver mai visto una creatura così perfetta.

Aveva proprio detto “tutta la vita”?

La donna che era assolutamente convinta di donare il suo cuore solo una volta in tutta la sua esistenza alla persona giusta?

Tutto ciò per cui aveva lottato, mentito, aspettato e anche sofferto, era dunque diventato realtà. Il suo sogno si era avverato con tre semplici parole.

Rick, finalmente prese consapevolezza che non aveva pronunciato quel “ti amo” in un momento di trasporto emotivo: era vero, era reale, era per sempre..

Ancora non ci credeva.

Non erano più Rick e Kate, erano diventati Noi.

In quel preciso momento, su quel divano, decretò che quel “noi” andava protetto a qualunque costo e nessuno glielo avrebbe portato via.

Tantomeno un draghetto sputa fiamme.

 

Angolo mio!!!

Sono un po’ in ritardo e mi scuso..

 Cosa ne dite? Castle ha rischiato che la Gates gli sparasse sul serio? No.. Lo adora sotto sotto..

Mi dispiace, ma per ora nel mio racconto non si conga, Rick è infortunato. Ne riparliamo più avanti.. (sono sadica e maligna).

Un bacione a tutte!!!

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Capitolo 11
*** Le prime mosse del gioco ***


Le prime mosse del gioco

LE PRIME MOSSE DEL GIOCO

 

Il sole era di nuovo sorto su New York illuminando coi suoi caldi raggi quella città in costante movimento. La vita scorreva frenetica alimentata dal costante fluire degli eventi. Ogni novità creava stupore e quella mattina chiunque avesse acceso il televisore sarebbe stato attratto dalla notizia clou trasmessa da ogni telegiornale: l’evasione del famoso scrittore Richard Castle.

Molti giornalisti si erano accalcati al di fuori del penitenziario in attesa di essere ricevuti per poter ricavare notizie certe sull’accaduto, ma solo pochi prescelti erano stati condotti all’interno dove si sarebbe tenuta la conferenza stampa.

  “Qui è la vostra Megan Philipps che vi parla. Siamo collegati in diretta col penitenziario di Sing sing dove questa notte è avvenuta un’evasione di lusso. Il celebre scrittore Richard Castle, autore di numerosi best seller, reo confesso dell’omicidio della nostra collega Lucy Williams, ha fatto perdere le sue tracce con l’aiuto dell’oscurità. Non è ancora chiaro come l’uomo sia riuscito ad eludere la sorveglianza impeccabile del complesso carcerario ed a rendersi irreperibile. Si sospetta che abbia avuto dei complici, ma nulla è ancora certo. Siamo in attesa di assistere alla conferenza stampa del capitano del dodicesimo distretto della città, la signora Victoria Gates a cui è stato assegnato il compito di catturare il fuggiasco. Era stata proprio la donna a riceverne la confessione ed a firmare la sua custodia cautelare in carcere. Ma eccola arrivare! Siamo fortunati telespettatori, riusciremo a mostrarvi il suo discorso in diretta televisiva.”

Victoria Gates fece il suoi ingresso, scortata da Ryan ed Esposito, nel salone dove avrebbe dovuto parlare all’intera città di New York.

Impeccabile nel suo tailleur color crema e il look perfetto, nonostante la notte movimentata, si avvicinò al microfono e sistemò con calma i fogli sul leggio.

Adorava lasciar friggere dall’impazienza i giornalisti, la trovava una soddisfazione personale.

Sapeva che avrebbero creduto ad ogni sua singola parola, non potevano immaginare quanto l’apparenza fosse ingannevole a volte.

Prese un profondo respiro, poi alzò uno sguardo fisso e fiero verso la folla: “Buongiorno a tutti e grazie per essere venuti. Siamo qui per rendere conto a tutta la popolazione newyorkese dell’increscioso episodio verificatosi questa notte. Come ben tutti sapete ormai c’è stata un’evasione. Sulle strade della nostra città è tornato in circolazione una mente malata ed irresponsabile che si è macchiata di un orrendo delitto: Richard Castle.

Io in persona, il direttore e i nostri fedeli collaboratori abbiamo visionato tutti i filmati di sorveglianza del carcere, arrivando alla conclusione che ha agito solo, al massimo con una collaborazione interna che stiamo cercando di verificare. Nulla fa pensare ad un aiuto esterno, nessuna videocamera del sistema di allarme ha rivelato segni di manomissione. Ho ricevuto l’onore di poter condurre le indagini in prima persona.

Come ben tutti ben saprete il signor Castle ha passato molto tempo nel mio distretto per trarre informazioni utili per completare la sua trilogia di romanzi, seguendo e collaborando con uno dei miei uomini, la detective Katherine Beckett.

Non avevo mai approvato del tutto questa collaborazione, ma l’avrei sicuramente impedita se mi fossi resa conto della parte violenta che nascondeva quell’uomo.  Per questo motivo farò qualunque cosa in mio potere per rintracciarlo e riconsegnarlo alla giustizia. E ricordatevi bene io non ho mai fatto promesse a caso. Quello scrittore da quattro soldi ha le ore contate!”.

Aveva calcato la mano, ma era una necessità in quel momento. Sfoderò un lieve sorriso e si congedò: “Vi ringrazio per la vostra attenzione ed auguro a tutti voi una buona giornata”.

Stava per andarsene quando una domanda a bruciapelo di un uomo la costrinse a fermarsi: “Il detective Beckett l’aiuterà nelle indagini?”.

Victoria Gates gongolò in silenzio, sapeva che le avrebbero posto quel quesito e lei aveva la risposta pronta, ma  non rispose immediatamente per non dare l’impressione di essere preparata.

Si voltò e senza alcun pudore, guardò direttamente verso il suo interlocutore che, al contrario, manifestò un forte imbarazzo incrociando lo sguardo sicuro della donna.

“Senza nulla togliere agli altri investigatori, Katherine Beckett è il miglior elemento del mio distretto, o meglio lo era. Questo caso l’ha molto provata  e lei stessa ha messo in discussione la sua integrità come poliziotto, non avendo compreso la situazione in tempo. Come potete vedere oggi non è qui con me. Mi ha consegnato la sua lettera di dimissioni, ma, per il momento, non ho ancora deciso se accettarle. Al momento non è in servizio attivo, le ho concesso un permesso speciale durante il quale possa chiarirsi le idee e, spero, ritornare sulla sua decisione. So che ha lasciato la città, ha bisogno di tempo per riflettere. Quindi la risposta alla sua domanda è no. Beckett non collaborerà questo caso. Qualcuno ha altre curiosità da soddisfare impedendomi così di tornare al mio lavoro?”

La folla restò muta, nessuno osò fiatare.

“Bene se è tutto chiaro, vi porgo di nuovo i miei saluti. Arrivederci” e con passo felpato lasciò il salone seguita dai suoi uomini.

Quando furono certi di essere soli Esposito le disse: “Complimenti capitano lei è una forza della natura”.

La donna sibilò: “Stia zitto Esposito, ne parleremo più tardi”.

 

 

Spense il televisore con un gesto di stizza e si girò verso il suo uomo con aria minacciosa: “Non lo avevi convinto a prendersi ogni responsabilità?”.

L’uomo deglutì a forza tentando di rispondere: “Sì. Non aveva avuto il minimo dubbio, aveva accettato senza alcuna remore..”.

La sua voce si fece più forte e, scandendo le parole per trattenere la rabbia, disse:“E allora per quale motivo è evaso e sta scorrazzando in giro rovinando tutti i nostri piani?”.

Il killer restò muto: qualunque cosa avesse detto si sarebbe cacciato in un guaio più grande di lui. Col suo capo non si poteva scherzare.

“Sei senza parole? Bene le userò io per te. Ora muovi il tuo dolce fondoschiena e mi rintracci quello scrittore impiccione. Lo voglio qui, vivo! Ho bisogno di dirgli due paroline.. Non mi interessa come farai, arrangiati, ma portamelo al più presto, così sistemeremo questa faccenda una volta per tutte!”..

 L’uomo non se lo fece ripetere due volte e si eclissò velocemente.

Camminò avanti ed indietro per la stanza cercando di mettere ordine nei suoi pensieri. Castle avrebbe spiazzato chiunque. Era un uomo imprevedibile, lo sapeva bene, e sapeva altrettanto bene che non si sarebbe mai arreso. Lui doveva scoprire come finiva la storia. Gli era sempre piaciuto giocare con la dinamite. Se era fuggito in quella maniera aveva un piano e sicuramente riguardava la sua bella detective.

Già la sua Kate..

Il suo sguardo, quando parlava di lei, raccontava perfettamente quanto quella donna fosse importante per lui. La detective, però, era una mina vagante e non potevano lasciarla in circolazione ancora per molto tempo.

-Hai rassegnato le dimissioni, mossa stupida mia cara. Pensi davvero d’ingannarci facendoci credere di essertene andata dalla città? Ti sei ricongiunta al tuo folle fidanzato, stai cercando di fregarci, ma non ci riuscirai. La partita con te è ancora aperta e sappiamo chi vincerà. Preparati Kate, stiamo venendo a prenderti e il tuo scrittore  ci darà una mano, che gli piaccia o no-.

Si sedette di nuovo alla sua scrivania per rispondere al telefono che squillava.

“E’ lei capo.. sì, ho sentito il telegiornale. Non si preoccupi, ho già sguinzagliato il nostro cane alle sue calcagna..”.

Annuì con la testa, mentre il suo interlocutore parlava dall’altra parte dell’apparecchio.

“D’accordo mi occuperò personalmente di lei. Cercherò di rintracciare e ricostruire ogni spostamento di Katherine Beckett negli ultimi giorni. Scoprirò dove si trova, se è ancora a New York e metterò in atto la seconda parte del piano. Certo, avrà mie notizie molto presto. Stia tranquillo. La sua missione è in buone mani” e riagganciò.

Intrecciò le dita delle mani e sussurrò al vento sorridendo maleficamente: “Goditi questo momento finchè puoi Kate. Sto venendo a prenderti. Hai le ore contate”.

 

 

 

Castle puntò il dito verso il televisore ancora acceso: “Ti rendi conto di come mi ha descritto? Sembro il peggior criminale della città! Come mi ha chiamato? Scrittore da quattro soldi?! Con tutto il rispetto possibile, ma io sono il creatore di best seller da milioni di dollari. Non si può liquidare il mio stupendo lavoro in quel modo, non è stata per niente gentile!”.

Rosso in viso, continuò a minacciare il monitor, ormai spento, non capacitandosi di ciò che era appena accaduto.

Kate riuscì a trattenere a stento una risata, era davvero troppo buffo. Sembrava un bambino ferito nel suo orgoglio. Continuò a preparare la colazione come se nulla fosse, sperando che i suoi pancake lo aiutassero a ritrovare il buonumore. Li girò ancora una volta e, constatando che erano pronti, li servì in un piatto.

“Rick vieni, mangiare qualcosa ti farà bene” disse la donna, mentre posava i piatti sul tavolino.

“Mi ha fatto passare l’appetito con quel discorso, non credo che riuscirò a buttare giù niente! Ho lo stomaco chiuso” piagnucolò Castle seduto sul divano con le mani sul viso e l’espressione imbronciata.

“E’ un vero peccato, avevo preparato oltre al classico bacon e pancetta, qualcosa di speciale per te. I pancake guarniti con i frutti di bosco o con la Nutella, ma se proprio non hai fame, mi toccherà mangiarmeli da sola” rispose maliziosa Kate. Aveva decisamente giocato sporco.

Castle rizzò la schiena e, rianimandosi d’improvviso, commentò: “Vabbé vedrò di sforzarmi. Dopotutto ci hai messo così tanto impegno, non voglio deluderti non assaggiando nulla” e scattò in piedi per sedersi accanto alla donna.

“Comunque ritengo che abbia esagerato lo stesso”.

Kate alzò gli occhi al cielo, non poteva ricominciare..

“Lo so il motivo per cui l’ha fatto, si è voluta vendicare perché l’ho chiamata Sweety Gates. Stavo solo scherzando”.

La donna scoppiò a ridere e il boccone di dolce che aveva in bocca le andò per traverso: “Come l’hai chiamata?”.

Aveva le lacrime agli occhi.

“Ti è ancora andata bene tesoro, hai rischiato che reagisse molto peggio di così. Poteva spararti all’istante”.

“Non vedo cosa ci trovi di tanto divertente, avete uno strano senso dell’umorismo voi donne. Se ti interessa, però, ha minacciato di cacciarmi di nuovo dal distretto, privandosi del mio acume”.

“Quanto amo la tua modestia, la polizia non potrebbe mai andare avanti senza di te!” rispose Kate alzandosi per portare le stoviglie sporche in cucina.

L’uomo si alzò e la seguì, appoggiandosi con i gomiti sul balcone che divideva le due stanze, e, ritornando serio, decise di intavolare un discorso importante: “Kate ascolta, a proposito di polizia.. vorrei chiederti una cosa.. In quella cella mi hai detto di esserti dimessa, poi quando siamo saliti su quell’auto, ho capito che era solo una copertura, per non farti scoprire e per non mettere a rischio il capitano...”.

La donna lo fermò: “Rick mi stai chiedendo se sono ancora un poliziotto e se ti ho mentito? No, non l’ho fatto, non sono attiva al momento. Ciò che la Gates ha detto alla conferenza stampa è in parte vero. Non mi sono proprio dimessa perché il capo me lo ha impedito, ma lo avrei fatto. Io volevo te, non mi importava più scoprire il mandante dell’omicidio di mia madre. Ora, però, dopo quello che ti ha fatto, voglio catturarlo ancor più di prima. Quel farabutto non ci lascerà mai in pace, deve sparire dalle nostre vite. Abbiamo diritto ad un futuro roseo, senza ombre minacciose sulla nostra testa. Abbiamo l’occasione di spazzar via il problema una volta per tutte e non intendo lasciarmela sfuggire”.

Rick vide quella fierezza nel suo sguardo che tanto l’aveva colpito quando l’aveva conosciuta. Era sempre stata testarda ed ostinata, ma l’uomo non li considerava difetti, bensì qualità. Senza di essi non sarebbe riuscita a sopravvivere all’immenso dolore che l’aveva colpita quando era solo una ragazzina e a diventare donna che amava. Aveva sbagliato a mentirle.

Odiava ammetterlo, ma sua madre aveva ragione fin dall’inizio.

Le doveva una spiegazione, Kate la meritava, niente più bugie tra loro.

“Tesoro, ascolta.. devo scusarmi con te per non averti coinvolto nelle mie indagini segrete, per non essere stato sincero..”

Restò muto per un attimo, guardandola avvicinarsi a lui ancor di più. Kate lo fissò inespressiva per qualche secondo, che all’uomo sembrò infinito, poi appoggiò una mano sul suo viso muovendo il pollice ritmicamente per donargli una leggera carezza e rispose: “ Non scusarti, non devi. Quando tua madre ha aperto quel grafico sul tuo monitor, ammetto di essermi arrabbiata, ma, mentre Martha parlava, ho capito che lo avevi fatto solo per proteggermi. Perché mi ami, mi hai sempre amato.  Ho capito che prendendomela con te avrei solo perso del tempo prezioso, per salvarti e dimostrare a me stessa che noi siamo destinati a stare insieme. Quindi per favore non parliamone più, è acqua passata. Ora siamo insieme, è tutto ciò che conta!”.

Castle le sorrise: “D’accordo, se è quello che vuoi”.

“E’ quello che voglio” -scandì la donna.

 “Mi devi solo una spiegazione:  chi è l’uomo misterioso che ti ha contattato e, perché Roy ha mandato a lui quei documenti che salvaguardano la mia incolumità?”.

Rick si sedette sul divano e le fece segno di raggiungerla accanto a lui. Le prese una mano e, stringendola forte tra le sue, iniziò a raccontarle ciò che sapeva: “Non so chi sia, è stato lui a cercare me. Mi ha telefonato sul cellulare dicendo di essere un amico del capitano Montgomery e spiegandomi la tua situazione. L’ho incontrato una seconda volta durante l’indagine riguardante il sindaco, ma non mi ha mai detto nulla che possa aiutarci a risalire alla sua identità. È sempre e solo rimasto un’ombra”.

Kate lo guardò seria: “Hai il suo numero salvato sul cellulare?”.

Rick scosse la testa: “E’ inattivo da molto tempo ormai. Io non posso richiamarlo, è sempre lui che contatta me”.

La donna parve delusa, ma cercò di non darlo a vedere: “Lui conosce l’identità del drago, vero?”.

“Assolutamente sì. Deve essergli stato vicino in passato, ma, se è riuscito ad ottenere un accordo  per la tua sicurezza, significa che in parte ha ancora una certa influenza su di lui”.

“I documenti di Montgomery sono la mia sicurezza..” sussurrò Kate. La donna si alzò in piedi, tirò fuori dalla sacca il computer datole dalla Gates e lo accese.

Rick si preoccupò immediatamente: “Kate che fai?”.

“Chiamo la Gates, devo parlarci”.

“Sei matta? Se ti attacchi al wi fi ci rintracceranno subito. Staranno sicuramente sorvegliando le comunicazioni telefoniche del dodicesimo!”

“Rick ti preoccupi troppo, secondo te non l’abbiamo messo in considerazione? Questo pc è dotato di un sistema di sicurezza impeccabile. Nessuno, nemmeno i migliori informatici della Cia, riuscirebbe ad identificarlo ed a rintracciarlo. Praticamente non esiste”.

Castle era esterrefatto: “E chi avrebbe progettato una simile meraviglia? Qualche famoso tecnico legato alla segretezza nazionale?”

La donna minimizzò: “No, no. Abbiamo avuto un aiuto speciale da un hacker amico di Esposito. Gli doveva un favore..”.

“Un hacker?! Nelle migliori delle ipotesi già mi rivedo in galera, se non addirittura morto. Tanta fatica per nulla” disse l’uomo passandosi una mano sulla fronte.

“La vuoi smettere di lamentarti? Piuttosto vieni qui , siediti e prendimi in braccio. Così il capitano potrà vederci entrambi, mentre parliamo”.

Rick ubbidì di malavoglia: “Cosa vuoi chiedere a quella donna?”.

Kate si girò verso di lui e, con aria decisa, rispose: “Di rintracciarmi il tuo informatore. Dai tuoi tabulati telefonici potremo risalire se non direttamente a un nome, almeno a una zona della città, da cui far iniziare le nostre ricerche. Voglio parlarci! Devo capire quali informazioni contengano quei documenti!”.

 

 

 

Angolo mio

Ci siamo, entrambe le fazioni hanno iniziato a delineare le loro strategie di gioco. Dopo essersi chiariti Rick e Kate sono pronti a giocare insieme.

Il drago riuscirà a catturare Rick o saranno loro a scovarlo? Riusciranno a rintracciare il misterioso informatore?

Che dire su Iron/Sweety Gates?

 A voi la parola!

Grazie a tutte voi che seguite la mia storia! Bacione J

Lo so il titolo fa schifo, ma proprio non mi veniva... L

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Capitolo 12
*** Si torna a casa ***


Si torna a casa

SI TORNA A CASA

 

Al dodicesimo era una giornata come tante altre. Telefoni che squillavano, un gran vociare e molti agenti in movimento.

Ryan ed Esposito, invece, erano seduti alle loro scrivanie e fingevano di lavorare al caso. In realtà stavano aspettando istruzioni dal capitano che, dopo la conferenza stampa, si era rintanata nel suo ufficio per sistemare gli ultimi dettagli del loro futuro piano di battaglia e non ne era ancora uscita.

“Secondo te stanno bene?” chiese ad un tratto Ryan rompendo il silenzio.

Esposito, capendo senza problemi a chi si stava riferendo l’amico, sorrise: “Stanno benissimo, fidati. Almeno per ora. Sono soli e non possono evitarsi. Saranno già l’uno nelle braccia dell’altro”.

Una voce femminile alle loro spalle si unì alla conversazione: “Lo spero bene se a  Kate è cara la pelle. Se non ha concluso niente con writer boy, il drago può starsene tranquillo e rilassarsi. La uccido io con le mie mani”.

I due uomini si voltarono di scatto e sorrisero alla patologa del distretto. Quella ragazza aveva sempre la battuta pronta.

“Ciao Lanie” la salutò cortesemente Ryan.

Esposito, invece, le sorrise felice e la strinse a sé cingendola  per la vita, cercando, di non dare nell’occhio: “Hola chica, come mai da queste parti?” Lanie gli sorride teneramente, non sottraendosi. Davanti a Ryan non si sentiva in imbarazzo.

“Come mai sei salita tra i vivi?” incalzò l’amico.

La donna indicò l’ufficio del capitano e rispose: “Mi ha convocato il capo in persona. Credo che ci voglia parlare del fattaccio”.

La voce austera di Victoria Gates li raggelò: “Non avrei mai potuto spiegarlo meglio dottoressa. Devo dire che lei ha una fantastica dote per la sintesi”.

I tre quasi si spaventarono, quella donna era peggio di un fantasma, quando appariva non se ne accorgevano mai. Javier lasciò andare Lanie immediatamente, ma il danno ormai era stato fatto, erano stati scoperti.

Restarono muti, poi la Gates, scansandosi di lato, li fece accomodare nel suo ufficio. Quando ebbe chiuso la porta alle loro spalle si voltò verso Ryan e con aria seria gli chiese: “Ryan sua moglie sta bene? È soddisfatta del suo lavoro? In caso contrario può sempre venire qui, così potremmo diventare un’agenzia matrimoniale, invece di continuare ad essere un noioso distretto di polizia della sezione omicidi”. Poi alzando gli occhi al cielo sospirò: “Ma cos’è? Un’epidemia? L’amore serpeggia ovunque..”.

L’irlandese riuscì a trattenere a stento una risata, fissando la faccia imbarazzata dei suoi colleghi. Non era facile capire se quella donna fosse realmente seria o se li stesse prendendo in giro, ma la frase seguente cancellò ogni dubbio: “Spero solo di essere invitata ad un eventuale matrimonio” disse il capitano strizzando l’occhio verso di loro.

Quella donna incominciava a piacergli sul serio, aveva dei lati nascosti interessanti e si era rivelata decisamente diversa da come si era presentata all’inizio. Se glielo avessero detto non avrebbe mai creduto che si sarebbe esposta in maniera così diretta per aiutarli. Quel caso si stava rivelando più complicato del previsto e li stava portando a rischiare non solo le loro carriere, ma anche la vita non potendo agire alla luce del sole. Ora era chiaro che le due fazioni avevano superato la sottile linea di demarcazione creatasi tra loro negli anni e non si poteva più tornare indietro.

Qualcuno avrebbe vinto quella partita, in un modo o nell’altro e naturalmente auspicava fossero loro. La giustizia doveva trionfare.

La voce di Victoria Gates lo riportò alla realtà. La donna aveva iniziato il loro colloquio e stava facendo il punto della situazione.

“Detective illustratemi cosa avete scoperto indagando sulla vita e sul lavoro della nostra vittima. Ditemi su cosa stava investigando e perché tutto ciò le sia costato la vita. Dobbiamo trovare un punto di partenza forte per riuscire a far leva sugli eventi e costringere l’assassino ad uscire allo scoperto”.

Esposito parlò per primo: “Dalle sua carte abbiamo scoperto che non era nuova a scoop di ogni genere. La sua linea giornalistica era alquanto spregiudicata, amava le situazioni difficili. Si addentrava spesso in situazioni ambigue cercando di scovare dove si nascondeva il torbido.. Degna amica di Castle, direi. Quando il nostro amico deve averle parlato dell’incendio verificatosi nel container, dove erano stati depositati i file coi conti dei poliziotti corrotti, dev’essersi sentita alquanto felice. Dentro di lei si è accesa la curiosità e ha cercato delle informazioni. Si sa quasi per certo che sia riuscita a trovare dei collegamenti compromettenti e che sia arrivata alla conclusione che il fuoco non si sia appiccato da solo. Insomma, non è stato un incidente”.

“Aveva capito che il capo dei vigili del fuoco era stato corrotto da qualcuno di molto potente. A quanto pare il drago gli aveva  garantito protezione e gli aveva permesso d’entrare nella loro cerchia. Doveva solo alterare il rapporto. Lucy aveva elaborato delle ipotesi sull’identità del nostro nemico e non doveva essersi sbagliata, considerando con quanta ferocia è stata messa a tacere. Aveva annotato tutto sul suo portatile, così dice la sua agenda, ma, quando siamo andati a perquisire casa sua,  era sparito. Sicuramente è stato portato via agli uomini del drago, ed è stato distrutto” terminò Ryan.

Il capitano si passò una mano tra i capelli  e commentò: “Beh sarebbe stato troppo facile altrimenti. Mai sperare in un colpo di fortuna. Ricominciamo da zero”.

Si voltò verso Lanie: “Dottoressa, lei ricontrolli tutte le prove forensi possibili, una, due, tre volte, anche fino all’infinito se necessario, ma trovi una traccia biologica dell’assassino. Ho bisogno di una svolta. Devo possedere una prova fisica di quell’uomo se voglio avere la possibilità di conoscere la sua identità, o quantomeno, poter effettuare un riscontro con un possibile sospettato. Effettui di nuovo l’autopsia sul cadavere se è necessario, analizzi gli indumenti prelevati al signor Castle  quando è stato condotto in carcere.. insomma si inventi qualcosa, ma non torni a mani vuote. So di darle una grande responsabilità, ma lei è in grado di gestire la situazione. Mi fido di lei”.

La donna annuì. Si sarebbe impegnata al massimo per aiutare i suoi amici.

 La Gates intanto continuò ad impartire ordini: “Esposito vada alla prigione e si faccia consegnare dalle guardie gli effetti personali del signor Castle, specialmente il suo cellulare.  Potrebbe esserci utile in futuro per rintracciare il famoso signor Smith.

Ryan lei venga con me. Dobbiamo escogitare un piano per riuscire a far entrare al commissariato lo scrittore senza dare nell’occhio. Beckett può entrare dalla porta principale senza troppi problemi, in fondo è sempre un agente, ho appena deciso di rifiutare le sue dimissioni- sottolineò la donna sorridendo- Ma il signor Castle resta un fuggitivo.. e non possiamo nemmeno farlo scorrazzare tranquillamente per i piani alti.  Quanti problemi, mi verrà un’ulcera prima che questa storia sia finita..”.

I tre la guardarono increduli: “Hanno intenzione di rientrare a New York? Adesso?”

La donna annuì: “Li ho appena sentiti. Ci sono novità da approfondire, il loro rientro è inevitabile. Conoscete tutti Beckett, quando ha una pista non si ferma davanti a niente. Non è prudente lasciare il signor Castle da solo, dobbiamo tenerlo d’occhio. Chi  dà loro la caccia non è uno stupido, starà setacciando la città in lungo e in largo e non si fermerà finchè non li avrà rintracciati”.

Si fermò un secondo per pensare, doveva trovare una soluzione eccellente, ma non le venne in mente nulla che potesse essere risolutivo in quel momento.

Fu qualcun altro ad avere l’intuizione giusta.

“Se posso permettermi signore, io conoscerei il posto perfetto tra queste mura dove nessuno penserebbe di cercarlo..” decretò seria Lanie.

“Ci illumini dottoressa”.

“So che non è molto ortodosso, ma al momento mi sembra l’unico luogo possibile. Accanto alla sala autopsie dove lavoro, c’è una stanza dentro la quale non entra mai nessuno, a parte noi patologi”.

Esposito la frenò: “Aspetta Lanie, per quanto ne so io, accanto alla sala autopsie c’è solo l’obitorio”.

“Appunto” lo guardò fissa la donna.

“Hai intenzione di nascondere Castle nell’obitorio? Come pensi di farlo entrare lì dentro da vivo, scusa?”

“Credo esista solo un modo Javier” rispose la donna.

 L’uomo scosse la testa: “Non credo che lui apprezzerebbe quest’idea Lanie”.

La Gates, al contrario, sembrò apprezzare molto: “Suvvia Esposito non faccia il puntiglioso. La sua metà ha avuto un’idea a dir poco stratosferica, neanch’io avrei potuto far di meglio. Preparate tutto il necessario per quest’entrata con stile. Quando arriveranno a New York ho dato loro ordine di contattarmi e vi manderò loro incontro. Io vi aspetterò direttamente ai piani inferiori,  non voglio perdermi quella scena per nulla al mondo, sarà molto divertente!” sottolineò Iron Gates congedando i suoi uomini con un gran sorriso.

 

Era ormai pomeriggio inoltrato quando Esposito, di ritorno dal penitenziario con gli effetti personali di Castle, era stato inviato dal capitano a prelevarli dal loro nascondiglio.

Li aveva trovati ad aspettarlo già pronti, erano entrambi molto carichi. Kate si sedette accanto al posto del guidatore, mentre Castle si accomodò nei sedili anteriori dell’autovettura dove i finestrini oscurati gli avrebbero permesso di passare inosservato.  

Davanti ai loro occhi riapparvero poco a poco i tipici grattacieli e palazzi dell’agglomerato cittadino newyorkese e Kate chiese all’amico se avessero studiato un piano per poter arrivare al distretto senza correre rischi. Quando Esposto espose la teoria elaborata durante la riunione di qualche ora prima, si rese conto di aver indovinato in pieno la reazione che lo scrittore avrebbe avuto.

“Assolutamente no! Non lo farò! E non mi guardare in quel modo Kate, fai sparire quegli occhi da cerbiatta dal tuo bel viso, perché non riuscirai mai a convincermi. Per te qualunque cosa, ma non quello! Dovresti averlo capito dal caso della mummia, sono superstizioso e, a differenza di te, io credo che col fato non si debba mai giocare!”.

Appoggiato al finestrino posteriore dell’auto Castle  comunicò il suo disappunto in maniera concitata.

“Andiamo tesoro, non è così grave. Hai affrontato di peggio. Considerala un’operazione sotto copertura..” tentò di convincerlo Kate restando il più seria possibile, ma più pensava all’idea avuta da Lanie, più le scappava da ridere.

“Non voglio avere quel genere di copertura, oddio un giorno l’avrò, non posso di certo evitarlo, sempre se non decidessi di farmi crio preservare come ultima spiaggia, ma, comunque sia, accadrà tra molti molti anni! Non di certo tra qualche minuto. Mi chiedo come Lanie abbia solo potuto pensarlo. E il  bello è che si considera nostra amica. Credo che le farò un certo discorsetto..”.

“Suvvia tesoro non sarà poi così terribile, devi solo fingere. Non ti accadrà nulla di male se ti sdraierai per qualche minuto lì..”.

Castle la zittì: “No Kate non mi coricherò in una bara! Nemmeno per entrare al distretto. Piuttosto passo dal portone principale e rischio l’arresto!”.

“Eh no Rick non ti permetterò di farlo! Oppure se deciderai di testa tua, dovrai rassegnarti a trascorrere l’esistenza in carcere, perché non ti farò evadere una seconda volta. Cerca di tranquillizzarti e di ragionare. Chi ti ha chiesto di coricarti in una bara? Devi solo fingere di essere morto, steso su una lettiga e coperto da un telo bianco. Così potrai raggiungere l’obitorio dove saremo ad attenderti. Non capisco come tu abbia potuto pensare che ti avremo tumulato vivo. Siamo poliziotti e lo ammetto anche un po’ duri ed eccentrici, ma non siamo così macabri”.

Castle si eclissò nel silenzio e capì di aver totalmente frainteso.

Esposito ridacchiò: “Non essere troppo dura Becks, qualcuno potrebbe aver ingigantito la cosa quando sei andata a prendere quella bottiglietta d’acqua al distributore automatico”.

“Espo..” commentò la donna sorpresa.

“Vedi che non sono totalmente stupido?” si rianimò lo scrittore.

Stava per replicare quando l’auto svoltò in una stradina secondaria e ben presto si ritrovarono in un piazzale circondato da edifici abbandonati. Castle individuò immediatamente il furgone nero della polizia forense. Quando l’auto si fermò accanto ad esso Ryan e Lanie scesero dall’abitacolo.

La patologa forense squadrò Kate da capo a piede e la fissò con uno sguardo interrogativo che solo due donne potevano comprendere.

Le sembrò di sentirla chiedere: “Allora con lo scrittore?”.

La donna reclinò un poco la testa e sfoderò un lieve sorriso. A quel gesto, se avesse potuto Lanie Parish avrebbe gridato dalla felicità!

Finalmente quei due si erano chiariti! Andò verso l’amica e l’abbracciò e Kate la lasciò fare, felice di sentire il suo calore.

“Voglio tutti i dettagli non appena saremo sole” le disse all’orecchio strappando alla giovane detective una risata.

“Ragazze avanti, non è prudente restare qui allo scoperto per molto. Rientriamo al distretto, parlerete più tardi. La Gates ci sta aspettando e io suggerirei di non arrivare in ritardo” tagliò corto Esposito.

“Javier Esposito nessuno ti ha mai detto quanto sei insopportabile?”.

Mentre gli amici risero a quel divertente siparietto, Castle si avvicinò a Kate e, appoggiandole una mano dietro la schiena, la distaccò per un attimo dal gruppo. Voleva parlarle in privato.

“Quindi ci separiamo momentaneamente” disse triste.

“Rick è solo per pochi minuti, tra poco saremo di nuovo insieme. Sai che non si poteva fare diversamente”.

“Già, lo so..”.

Kate lo guardò preoccupata, il volto di Rick tradiva sentimenti di solito estranei alla sua personalità: ansia e paura. Infischiandosene di ciò che avrebbero potuto dire i suoi colleghi gli accarezzò gli avambracci: “Perché hai quella faccia? Cosa c’è che ti preoccupa? Non sarà ancora per la bara..”.

“No, non è per quello.. Ho una strana sensazione, non riesco a spiegarti razionalmente ciò che sento, ma qualcosa non va. Non mi piace saperti qua fuori da sola, anche per poco, col drago alle calcagna”.

La donna lo abbracciò e Rick chiuse le sue forti braccia contro la schiena di lei.

“Non sarò sola, c’è Esposito”.

“Ma  non ci sarò io..”

“Non mi accadrà niente di male” disse Kate non scollando nemmeno per un attimo la testa dall’incavo della sua spalla.

“Lo spero” sussurrò l’uomo non del tutto convinto.

“Ragazzi dobbiamo proprio andare”. Ryan li stava chiamando.

I due sciolsero la loro stretta e, dopo essersi guardati intensamente negli occhi un’ultima volta, si diressero rispettivamente alle vetture che li avrebbero condotti al distretto.

Quando si accomodò sul sedile e l’auto partì, Kate sospirò profondamente. Non aveva voluto turbarlo, ma sapeva che Rick aveva ragione. Il suo sesto senso si era attivato non appena avevano raggiunto quel luogo isolato. C’era qualcosa di strano.

Il suo uomo aveva torto solo su un aspetto: non era lei ad essere in pericolo, almeno non nell’immediato.

Il  cuore le diceva che gli avvenimenti avrebbero dimostrato il contrario.

 

 

Nascosto dietro ad un muretto un uomo si era goduto tutta la scena.

Si era rivelata una buona idea seguire i colleghi di Kate Beckett in cerca di una pista. Non aveva creduto un solo istante al fatto che la bella detective affranta dal senso di colpa si fosse eclissata da quella storia.

Quella donna aveva un caratterino niente male: era tenace, non avrebbe mai mollato. Lei doveva scoprire la verità.

L’aveva trovata senza troppa fatica, senza doversi veramente impegnare.. per di più era insieme all’amato scrittore.

Il suo capo sarebbe stato contento. Prese il cellulare ed inoltrò una chiamata: “Capo, sono io. Ho trovato lo scrittore ed è decisamente in dolce compagnia. Hanno incontrato i loro colleghi in un luogo appartato..

No il loro capitano non c’è, credo che stiano agendo di loro iniziativa..

Non so dove siano diretti con precisione, ma si sono separati. Lei con l’ispanico, lui con l’irlandese e con la patologa..

Cosa devo fare?”.

Per qualche istante restò in silenzio per recepire le istruzioni impartitegli.

“Va bene, sarà fatto. Prima del tramonto potrà parlare col signor Castle” e chiuse con un rapido gesto il cellulare.

Gettò a terra la sigaretta, che teneva ancora stretta tra le dita, e si avvicinò all’auto che aveva nascosto poco distante.

La mise in moto e, premendo a tavoletta sull’acceleratore, si mise all’inseguimento del furgoncino.   

 

Angolo mio!!!

Ops beccati.. Ce la faranno i nostri eroi a tornare al distretto?

Mi sa che i presentimenti di Rick erano fondati..

Vi avverto, questo era l’ultimo capitolo semi divertente, ora la faccenda si fa tosta e seria. Lo scontro col drago si avvicina..

Grazie a chiunque legga!!

Grazie alle mie tre lettrici in anteprima che mantengono alta la mia stima e la voglia di continuare questa storia! Siete mitiche e vi voglio bene!

Kiss a tutti!

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Capitolo 13
*** Quando i brutti presagi diventano realtà ***


Quando i brutti presagi diventano realtà

QUANDO I BRUTTI PRESAGI DIVENTANO REALTA’

 

 

Le strade della grande mela erano intasate come sempre.

Mentre Beckett ed Esposito erano riusciti a passare evitando quel momentaneo ingorgo, Castle e gli altri si ci erano trovati in mezzo senza quasi accorgersene. Ryan alla guida malediceva l’ora del rientro ed era tentato di azionare il lampeggiante e la sirena in modo da dileguarsi da lì nel minore tempo possibile, ma non sarebbe stato etico, così rinunciò.

 Si rassegnò a dover passare mezz’ora, come minimo, tra clacson e maledizioni degli automobilisti. Castle e Lanie, invece, erano nascosti nel retro del furgone ed erano pronti per mettere in atto il travestimento concordato.

“Siamo intasati nel traffico. Speriamo che Kate sia già al distretto” disse Rick guardando un punto indefinito davanti al lui.

“Secondo me hanno avuto fortuna e stanno subendo le lamentele di Iron Gates sul nostro ritardo” scherzò Lanie.

“Beh allora non la considererei proprio una fortuna” riuscì a rispondere lo scrittore dimenticando per un momento di dubbi che lo affliggevano.

In quel preciso istante il furgoncino tornò a muoversi e Ryan comunicò loro di aver deciso di seguire un percorso alternativo. Avrebbero allungato il tragitto, ma sperava di riuscire a liberarsi di quel marasma.

Si infilò in una stradina secondaria, del tutto ignaro che qualcun altro aveva compiuto la medesima manovra, non perdendolo di vista un istante. Il poliziotto non si era accorto di nulla, al contrario di Castle, che guardando dal finestrino accanto a lui, aveva notato che un’autovettura scura non li perdeva di vista un attimo.

La sua ansia incominciò a tornare a galla prepotentemente: “Ci stanno seguendo”.

Lanie cercò di rassicurarlo ancora una volta: “Writer boy rilassati.. la tua immaginazione ti sta tirando un brutto scherzo. Nessuno sa che siamo qui. Andrà tutto ben..”.

Non riuscì a terminare la frase.

Un violento urto la scaraventò a terra dall’altra parte dell’abitacolo. Anche Castle subì la botta, ma riuscì a mantenere l’equilibrio, anche se a stento, ed andare in soccorso dell’amica.

“Mi dispiace doverti correggere, ma mi sa che non è solo frutto della mia immaginazione” disse, assicurandosi che l’amica non fosse ferita.

Nel frattempo Ryan tentava disperatamente di tenere il veicolo in strada, le ruote fischiavano come treni. Quel suono stridulo rimbombava nella testa dei tre, tesi come corde di violino, in attesa della prossima mossa del loro assalitore.

Un secondo violentissimo urto si udì provenire dalla sinistra.

Castle guardò fuori: sulla loro destra si vedevano solo muri di palazzi.

Non c’era alcun dubbio, qualcuno stava cercando di mandarli fuori strada, impedendogli di scappare.

Si avvicinò al vetro che metteva in comunicazione la zona di guida von il resto del veicolo in modo che l’amico potesse sentirlo ed urlò: “Ryan non farti stringere, cerca di tornare al centro della carreggiata! Se riescono nel loro intento di farci avvicinare agli edifici saremo in trappola!”.

L’uomo annuì: “Ci sto provando amico, ma non è facile”.

Improvvisamente si udì lo stridere acuto della carrozzeria contro il muro e tutti entrarono nel panico, ma grazie a non so quale miracolo,  il veicolo sobbalzò vistosamente, ma non si capovolse.

Dovevano reagire.

Ryan, con un abile controsterzata, riuscì a ribaltare la situazione ed a spingere via il nemico, giocando sulla maggiore resistenza e potenza del furgone.

La situazione favorevole, però, durò poco, chiunque li stesse inseguendo non aveva nessuna intenzione di arrendersi e l’uomo lo vide affiancarsi nuovamente a loro.

Doveva prendere una decisione in poco tempo: fermarsi ed affrontarlo a viso aperto, nonostante fosse l’unico ad avere una pistola e di conseguenza l’unico che avrebbe potuto difenderli realmente, oppure provare a resistere finchè non avesse raggiunto la loro destinazione.

Optò per la seconda ipotesi con una lieve modifica: doveva liberarsi dell’inseguitore. Non poteva rischiare di avvicinarsi troppo al distretto.

“Tenetevi forte, tra qualche istante balleremo più di prima!”.

Castle e Lanie si guardarono in viso preoccupati e si aggrapparono saldamente a ciò che trovarono, ma non fu molto risolutivo, poiché, non appena il poliziotto attuò la sua violenta manovra verso sinistra, entrambi andarono a sbattere contro le portiere, come fossero palline rimbalzanti impazzite.

I due veicoli entrarono in collisione in maniera violenta e precisa, come negli inseguimenti che si vedono solo nei telefilm.

Entrambi furono spostate dalla forza dell’impatto, ma nessuna delle due ebbe la meglio.

La situazione stava diventando insostenibile poiché si stavano progressivamente avvicinando alle vie principali della città: quello stallo doveva finire o il rischio che qualche estraneo venisse coinvolto sarebbe divenuto sempre più concreto.

L’uomo del drago lo sapeva bene, così decise di passare al piano B: se non riusciva a farli accostare speronandoli, conosceva un altro modo per far in modo che quella maledetta auto si fermasse.

Recuperò dal bauletto del cruscotto la pistola di contrabbando, comprata poche ore prima al mercato nero e, dopo essersi affiancato di nuovo in maniera perfetta, abbassò il finestrino e mirò alla ruota posteriore.

Il primo e il secondo colpo mancarono il bersaglio, mentre il terzo andò a conficcarsi saldamente nel pneumatico che in attimo si sgonfiò, facendo perdere immediatamente aderenza al veicolo.

Ryan cercò disperatamente di mantenere il controllo per impedirne lo schianto, ma fu tutto inutile. La forte velocità, tenuta fino a quel momento, divenne incontrollabile e, in men che non si dica, si ritrovarono contro un palo della luce.

Le lamiere del muso si accartocciarono su se stesse, schiacciando il guidatore nell’abitacolo. Gli air bag si aprirono, andando a sbattere contro il corpo di Ryan che, a causa del trauma, si accasciò sul volante privo di coscienza. Nel retro del furgone Lanie e Castle non erano messi molto meglio.

Erano entrambi a terra feriti e l’uomo poteva udire indistintamente i lamenti della donna.

“Lanie stai bene?” domandò con un fil di voce lo scrittore.

La dottoressa riuscì a mormorare: “Devo essermi rotta un polso, fa un male atroce, ma per il resto direi che è tutto ok”.

Un filo di sangue, invece, le colava sul viso, non doveva essersi accorta di essersi ferita anche sulla fronte durante l’impatto.

Castle cercò di raggiungerla, ma non ci riuscì: la testa gli doleva e non riusciva a mantenere l’equilibrio.. La sua mente era offuscata, ma ricordava di aver preso una brutta testata sotto la nuca. Sperò di non essersi procurato un trauma cranico..

Ne ebbe quasi la certezza, però, quando il portellone anteriore del furgone si aprì e la luce del giorno lo investì in pieno viso. Immediatamente gli salì la nausea.

Il suo cuore divenne un martello pneumatico nel petto nell’istante in cui vide la figura di un uomo armato salire all’interno e puntare dritto verso di loro.

“Lasciala in pace” disse Castle riconoscendolo immediatamente.

Il killer ridacchiò: “Non ti preoccupare scrittore, i tuoi amici sono fortunati, non ho intenzione di far loro del male. Devo solo occuparmi di te. Qualcuno desidera farsi una chiacchierata in amicizia con te e io ti porterò da lui. Se non opporrai  resistenza, ce ne andremo come se nulla fosse accaduto. Altrimenti- disse puntando la pistola verso Lanie- dovrò convincerti con le cattive. Non devo ricordarti che, per colpa tua, è già morta un’altra donna nell’ultimo periodo, vero?”.

L’uomo si sentì in trappola, ma non aveva altra scelta, doveva seguirlo.

Il drago lo aveva messo con le spalle al muro per la seconda volta.

Si mise in piedi con estrema fatica, ma prima di scendere, controllò d’avere al polso il suo orologio. Per fortuna constatò che non era rotto..

Il suo rapitore non si rese conto di nulla e lo spinse verso la sua macchina in fretta e furia, non poteva perdere altro tempo. Quando riuscì a far entrare Rick nei sedili posteriori, lo colpì col calcio della pistola alla testa, rendendolo incosciente. Non poteva rischiare che memorizzasse il tragitto per arrivare al loro covo, semmai ne fosse uscito vivo.

Mentre ripartiva, pensò che, per una volta, il suo capo sarebbe stato contento di lui.

 

“Che cosa?! Quando? Sì, naturalmente! Stiamo arrivando..” disse Victoria Gates sbattendo la cornetta del telefono sull’apparecchio sottostante. Chiuse gli occhi e si passò una mano sul viso.  Erano decisamente nei guai, si erano fatti fregare come pivelli, maledizione.

Esposito e Beckett, giunti sani e salvi al distretto, avevano assistito alla scena al di fuori dell’ufficio del capitano.

Ciò che avevano visto attraverso i vetri era chiaro, anche se non avevano intuito le esatte parole della conversazione: era successo qualcosa di serio.

La Gates fece loro segno d’entrare e i due ubbidirono prontamente. Una volta al’interno la donna fece scendere le tapparelle sui vetri in modo che quella diventasse una conversazione privata, senza avere gli occhi di tutto il distretto addosso.

Kate la scrutò attentamente, consapevole che quello che stava per ascoltare non le sarebbe piaciuto.

Il capitano prese un profondo respiro e parlò: “C’è stato un grave incidente  stradale nella zona del decimo distretto. Un furgone della polizia forense è stato speronato e fatto uscire di strada da un altro veicolo non ancora identificato. I due poliziotti all’interno sono rimasti feriti e li stanno trasportando all’ospedale più vicino. Non sono in pericolo di vita. I colleghi mi hanno appena confermato che si tratta del detective Ryan e della dottoressa Parish.”.

Esposito mise le mani sui fianchi e maledì l’universo.

Come era potuto accadere?

Kate era rimasta senza parole.

Un unico tarlo le offuscava la mente..

La Gates aveva detto “due poliziotti”…

Lanie e Ryan..

E Rick? Dov’era finito Rick?

Sapeva di conoscere la risposta e ciò la inquietò ancora di più. Non volle pensare subito al peggio: quei maledetti volevano lei, non avrebbe avuto alcun senso ucciderlo ora. In caso contrario avrebbe abbandonato il cadavere sul luogo dell’attentato, come segno del loro potere.

Aveva ancora una possibilità, doveva trovarlo. Sarebbe andato a riprenderselo, anche se avesse dovuto affrontare il drago in persona.

Victoria Gates doveva averle letto nel pensiero, o più semplicemente aveva interpretato l’espressione del suo viso, perché le si parò davanti e, con aria severa, decretò: “Non ci pensi neanche detective. Lei non uscirà di qui senza un piano preciso e dettagliato. Stanno tendendoci una trappola. Ammetto che sono stati più scaltri di noi stavolta, sono riusciti a seguirvi senza che ve ne rendiate conto, e mi chiedo come questo sia possibile- disse guardando torva Esposito- ma non riusciranno a fregarci del tutto. Aver rapito la persona più importante della sua vita è solo un espediente per renderla vulnerabile, per attirarla verso di loro senza difese, ma non deve permetterglielo. Non torceranno un capello al signor Castle, il vero obbiettivo resta lei”.

La giovane donna sapeva che il suo capo aveva ragione, doveva riuscire a scindere i sentimenti dalla razionalità anche se era quasi impossibile. Non poteva permettere al drago di mandarla sotto ancora una volta.

“Ha ragione capitano, non devo agire d’istinto questa volta. Non le nascondo la mia angoscia, ma vedrò di non cacciarmi nei guai. Farò tutto ciò che devo fare, ma la prego, ritroviamolo in fretta”.

“Non si preoccupi detective, anch’io voglio che questa storia finisca presto, comincia ad irritarmi il fatto che siamo sempre un passo davanti a noi. Loro non sanno, però, che abbiamo un asso nella manica..”.

“L’informatore di Rick!” esclamò Kate.

Come aveva potuto dimenticarsene?

Doveva assolutamente rintracciarlo, ora più che mai.

“Ok, la sua identità non può più rimanere segreta, ci devo assolutamente parlare. Ho bisogno di alcuni chiarimenti che solo lui può darmi”.

Si diresse a passo svelto verso l’ufficio dove venivano custodite le prove senza aspettare un secondo di più.

Aveva negli occhi una nuova luce, forse mai avuta prima.

Victoria Gates sorrise: quella era la Kate Beckett che le aveva descritto Roy, non la donna testarda ed indisciplinata che aveva conosciuto.

Sarebbe stato un piacere lavorare con lei.

Si girò verso Esposito e gli impartì ordini: “Vada all’ospedale ad accertarsi delle condizioni della sua ragazza e del suo amico e mi faccia sapere al più presto. Io resterò qui col detective Beckett per riuscire a sciogliere il groviglio di questa matassa”.

L’uomo la guardò riconoscente, aveva una gran voglia di vedere Lanie: “Agli ordini capitano” e sparì dentro all’ascensore.

 

Sentiva solo suoni confusi che gli rimbalzavano nella mente torturandolo, come se un martello pneumatico gli stesse perforando le meningi.

Non aveva cognizione di dove fosse, non riusciva nemmeno ad aprire gli occhi. I suoi sensi erano del tutto alterati e il corpo non rispondeva ai suoi comandi.

Presto si rese conto del perché: era legato mani e piedi ad una sedia e la testa gli pendeva in avanti. Con immane fatica cercò di raddrizzarsi, ma i muscoli intorpiditi del collo gli causarono una scarica dolorosa aumentandogli decisamente la nausea.

Udì una voce accanto a lui pronunciare: “Bene, ti stai svegliando”.

Un rumore leggero di tacchi si avvicinò sempre di più. Castle si sforzò per mettere a fuoco la figura davanti a lui. A poco a poco tutto si fece più chiaro, ma la sua sorpresa fu assoluta.

Non poteva essere lei.

La donna si limitò ad alzargli il mento con la mano, per poterlo guardare negli occhi, ed a dire: “Hello Rick”.

 

 

 

Angolo mio!!!

Come avevo promesso la situazione si è decisamente movimentata!! Rick aveva ragione a sentire puzza di guai..

Dove sarà stato portato? E la misteriosa donna che lo ha segregato chi sarà?

Aspetto i vostri commenti!

Un bacione a tutti! E grazie col cuore ..

Kiss

 

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Capitolo 14
*** Si scoprono le carte ***


Si scoprono le carte

SI SCOPRONO LE CARTE

 

 

Riconobbe immediatamente quella voce, non si era sbagliato.

Era davanti a lui, ma non poteva essere vero.

 L’aveva vista cadere abbattuta dal proiettile sparato da un collega,  mentre cercava di ucciderli.

“Sophia..”  mormorò..

Colei che credeva un’amica, la donna con cui aveva avuto una relazione, la donna che per prima aveva considerato la sua musa ispiratrice era solo una traditrice della peggior specie. Non solo per l’intero Paese, per loro, ma, soprattutto per lui.

Si era alleata col peggior criminale della città, un uomo che aveva decretato la morte di tante persone innocenti solo per mantenere segreta la sua identità e continuare a compiere i suoi sporchi affari.

Quell’alleanza era incredibile.

Lo disgustava.

La donna gli sorrise beffarda: “Non credevi che mi avresti rivisto, vero? Mi dispiace per voi, ma ho la pelle dura. Non vi libererete di me molto facilmente!”.

Fece il giro della sedia  con passo lento e deciso, per sottolineare chi avesse il potere nelle sue mani.

“Perché stai facendo tutto questo?” chiese lo scrittore cercando il suo sguardo.

La donna si fermò, si abbassò davanti a lui e lo fissò: “Cosa intendi di preciso? Allearmi con un uomo estremamente potente,  che mi aiuterà a raggiungere i miei obbiettivi, chiedendo in cambio solo un po’ di riservatezza? Oppure perché sto tradendo l’America?

 Beh la seconda domanda ha una semplice risposta. Come ti ho già detto gli Stati Uniti non sono il mio Paese, sono il nemico. Agendo in questo modo, sto solo cercando di ottenere vantaggi per il mio popolo, ma non starò ad elencarti i dettagli. Non puoi biasimarmi per questo”.

L’uomo era disgustato: “Anche se ci andranno di mezzo ancora una volta persone del tutto incolpevoli?”

Sophia scoppiò a ridere: “Sei il solito melodrammatico, Rick. Questa frase fatta è degna di un vero scrittore, di un uomo di lettere in ogni cellula del suo corpo.. Hai sempre avuto un grande cuore, lo riconosco, e questo ti farà ammazzare, lo sai?. Non ti credere di riuscire a conquistare tutti col tuo straordinario fascino. Con me non succederà. Eri un passatempo divertente, ne abbiamo giovato entrambi, ma non sono mai stata veramente coinvolta con te. Non sono come mi hai descritto nei tuoi libri, te l’ho solo fatto credere.

Ma non è questo che ti preoccupa, vero? Ti stai chiedendo quale sarà la mia prossima mossa, perché ho catturato te, invece della tua bella. Non sei così stupido da non comprendere che è lei il nostro vero obbiettivo..”

“Lascia in pace Kate!” la fermò l’uomo.

La donna cercò di prendere di nuovo il suo mento tra le mani, ma l’uomo si divincolò, facendole scappare una risata malvagia: “Mi piacerebbe farlo, ma quella ragazza è decisamente una scocciatura. Se solo avesse smesso d’indagare molto tempo fa, se avesse continuato a vivere, senza rituffarsi nel passato ossessivamente, non si troverebbe nel nostro mirino. È come sua madre, una curiosa guastafeste..”

Rick la interruppe: “Johanna Beckett era solo una donna onesta che stava cercando di tirar fuori di prigione un uomo condannato ingiustamente per un crimine che non ha mai commesso. Era un vero avvocato e quello era semplicemente  il suo lavoro.

Kate sta solo ricercando giustizia, per poter finalmente andare avanti. L’uomo che tanto idolatri le ha spezzato l’esistenza, distruggendo la sua giovinezza. È stata costretta a crescere troppo in fretta, portando un peso sulle spalle e un dolore intrinseco nel cuore che una ragazzina di quell’età non dovrebbe nemmeno conoscere.  Sta cercando di mandare in prigione un criminale, non puoi certo biasimarla per questo”.

Aveva usato le stesse parole della donna di poco prima volontariamente, per colpirla. La donna rise di nuovo: “Sempre molto abile con le parole Rick, ma ti ripeto, non sei nella condizione di dettare legge. Ho io il controllo della situazione, completamente. La partita sta girando a mio favore e, tra poco, assesterò l’affondo decisivo e per la tua bella detective saranno guai”.

“Te lo ripeto un’ultima volta, lascia in pace Kate! Non farle del male. Stai sbagliando tutto Sophia!” urlò Rick.

“Sei tu a sbagliare Rick! Non hai ancora capito niente? Io uscirò vincitrice da questa battaglia, ma lascerò a  Kate Beckett l’onore di compiere  un gesto eroico: salvare il suo grande amore e dimostrare la sua innocenza.

Vuoi conoscere i dettagli del mio geniale piano? Ciò che faremo credere al mondo intero?

 Il famoso scrittore Richard Castle, dopo essere evaso di prigione, fa perdere le sue tracce. La detective, con la quale ha collaborato per molto tempo, si chiede per quale motivo l’abbia presa in giro e così decide di ritrovarlo: esige  una spiegazione. Riesce nel suo intento ma, il destino le riserva un brutto scherzo: lui è armato e poco disposto a vederla e a confrontarsi con lei. Durante lo scontro inavvertitamente parte un colpo e Kate Beckett si accascia al suolo ferita a morte. La polizia sopraggiunge sul luogo del delitto chiamata da una telefonata anonima e trova lo scrittore con una pistola in mano, coperto dal sangue della donna. Viene arrestato come unico colpevole e passa il resto della sua vita in carcere.

Che ne dici? La trama di questa storia non è niente male. Stare insieme a te è servito a qualcosa.

Certo, tu dovrai recitare il ruolo del capro espiatorio, ma sono sicura che senza la tua bella, la tua vita non avrà più senso. La prigione non sarà mai così terribile come il rimorso che ti porterai nel cuore.  Mi sto sbagliando?”.

Castle si sentì invadere dalla rabbia e cercò di liberarsi, ma i lacci che lo tenevano legato alla sedia erano ben saldi e non riuscì  nel suo intento. Guardò con un odio mai provato quella donna.: “Kate capirà che le stai tendendo una trappola. Non abboccherà mai”.

Sophia lo guardò con disprezzo e, sorridendo malignamente, lo corresse: “Forse lo intuirà, ma ha già dimostrato di essere irrazionale quando si parla di te. Non permetterà che ti accada nulla di male. sai, credo che quella ragazza sia veramente innamorata di te. Per questo sei qui. Non saremo noi a cercarla, sarà lei a trovare noi. Stai tranquillo, le daremo un buona accoglienza. A mantenere le apparenze sono brava..” .

Si avvicinò alla porta: “Tornerò presto. Cerca di non divertirti troppo mentre sono via” e, detto questo, uscì dalla stanza.

Castle respirò profondamente, dopo il duro faccia a faccia avuto con Sophia si rese conto di avere le vertigini ed un senso di nausea gli opprimeva lo stomaco.

Guardò fuori dall’unica finestra della stanza e pensò alla sua donna: “Kate non correre pericoli per me. Stai attenta tesoro, mi raccomando”.

In quel preciso istante l’orologio, che aveva al suo polso, emise un leggero bip, che lo scrittore, immerso nei suoi pensieri, neanche sentì.

 

 

Kate Beckett guardò fuori dalla finestra, mentre il sole iniziava a tramontare su New York. Il suo cuore aveva sussultato senza motivo. Non aveva mai creduto alle connessioni paranormali, ma sapeva che la sua sensazione riguardava il suo scrittore. Sperava con tutto il cuore che fosse al sicuro, ma lo avrebbe ritrovato presto.

Si erano presi sua madre nel modo più brutale possibile, non avrebbe perso anche l’uomo che amava. Avrebbe risolto quel caso a costo della sua vita.

Davanti a lei, Victoria Gates aprì la scatola portata dalla prigione da Esposito poche ore prima. Prese tra le mani il cellulare dello scrittore e lo porse alla collega: “Lo accenda lei Kate, sa sicuramente usarlo meglio di me. Io non sono molto pratica di queste tecnologie”.

 La donna lo accese e in pochi secondi tutte le mille applicazioni dell’apparecchio furono pronte all’uso. Sullo schermo principale apparvero una marea di icone delle quali perfino Kate ignorava l’esistenza.

In men che non si dica, riuscì a trovare la lista delle chiamate ricevute e ben presto a scovare il nome “Mr  Shadows” nell’elenco.

Sapeva che era il nominativo giusto, era stato Castle stesso a confessargli come lo aveva salvato nella rubrica.

Trascrisse il numero su un foglietto e lo porse al capitano Gates.

La donna si fermò per un secondo e la guardò: “E’ sicura di volerlo fare detective? Minerà la sua copertura, l’accordo che la mantiene in vita”.

Kate la guardò dritta negli occhi e senza nessuna esitazione rispose: “Certo capitano, devo trovare quell’uomo. Devo sapere. Non importa se infrangerò le regole. Se tutto andrà per il verso giusto, ci libereremo del drago una volta per tutte e nessuno sarà più in pericolo”.

Victoria Gates sorrise e digitò il numero di telefono del misterioso informatore nel database del distretto.

Entrambe rimasero in silenzio, l’una accanto all’altra, nell’attesa che la ricerca si interrompesse rivelando loro informazioni utili.

Quando il computer si fermò rivelando, come la Gates aveva sempre sospettato, che si trattava di una scheda prepagata difficilmente identificabile.

Kate si passò una mano sul viso ed il capitano sbuffò: “Mai che il fato, il destino, il caso, la vita o come diavolo la si voglia chiamare, ci venga in aiuto e ci velocizzi le cose. Cosa abbiamo fatto di male? Devo ancora capire se l’universo ce l’ha con me, con lei o col signor Castle, ma di una cosa son sicura, qui non siamo messi bene per niente”.

La giovane detective stava per concordare con lei, quando ebbe un’illuminazione: “Aspetto capitano. Se non è stato gettato e anche se non è acceso al momento, non esiste un modo per localizzarlo lo stesso? Attacchiamoci a un satellite militare o civile e scopriamo da quale zona della città proviene il segnale. Si può fare, vero?”.

“Ora ho capito come ha fatto a battermi di alcuni mesi quando è stata promossa a detective. Lei rende bene sotto pressione, la sua testolina a volte mi sorprende. Certo che si può fare! Basta avere un’autorizzazione e, se non ricordo male, un vecchio collega degli affari interni mi deve un favore” esclamò la donna, lasciandosi cadere sulla sedia ed inoltrando la chiamata.

Kate respirò profondamente e sperò di ricevere buone notizie, ne aveva un impellente bisogno.

“Dobbiamo aspettare sue notizie, ma ha detto che ci aiuterà e che abbiamo la priorità su qualunque altro caso. Tra pochi minuti ci invierà una e-mail con le immagini del satellite”.

“Grazie signore” rispose sollevata la donna.

“Avanti Beckett, andiamo a farci un caffè, abbiamo una lunga nottata davanti. Un po’ di caffeina non può farci che bene”.

Le due donne si diressero verso la sala relax e, mentre Kate preparava un cappuccino per entrambe, la Gates intavolò un discorso mai affrontato prima.

“Kate ascolti. Quando Roy mi ha chiesto di aiutarla, non mi vergogno ad ammettere di essermi domandata cosa lei avesse di speciale. Per quale motivo un uomo della sua carica morale avesse deciso di sacrificare la vita per tenere al sicuro la sua. E, soprattutto, perché la amasse come solo un padre ama sua figlia.

I mesi in cui è stata convalescente dopo il suo attentato li ho passati a cercare di “conoscerla” meglio e a studiare il caso di sua madre. Una tragedia senza precedenti, archiviata nel più subdolo dei modi. Nessun poliziotto si dovrebbe mai macchiare di una simile codardia.

Il coinvolgimento del mio amico mi ha ferito: quel suo lato nascosto, non lo avrei mai immaginato. Mi piace pensare che sia morto in quel vicolo con Armen prima, anni dopo insieme a sua madre..”.

“Signore ascolti, il vecchio capitano ha pagato caro il prezzo delle sue azioni passate. Il mio unico rammarico è di essermi accorta troppo tardi della profondità dei suoi sentimenti nei miei confronti. In maniera sbagliata, ha sempre cercato d’indirizzare la mia vita verso la felicità. Ha permesso a Rick di rimanere qui solo perché si era accorto che “mi faceva bene”, con lui avevo ritrovato il sorriso. Se ora ho la possibilità concreta di essere felice, lo devo in parte a Roy Montgomery. Non gli imputo nessuna colpa, l’ho perdonato.

Per la sua memoria, per quella di mia madre e di tutte le vittime del drago, io catturerò quell’assassino. Ormai non posso più tirarmi indietro”.

La Gates sorrise: quella giovane donna era pronta ad affrontare la realtà, della ragazzina ferita di tutti gli anni precedenti, non c’era più traccia.

“Sono convinta, però, che il nodo della matassa vada ancora ricercato nel caso di sua madre. L’ho studiato per bene e sembra avere una logica investigativa sensata se si analizzano insieme tutti gli avvenimenti da lei scoperti in questi quattro anni, ma qualcosa non mi convince.

Ci deve essere sicuramente qualche dettaglio che ci possa condurre a scoprire l’identità del drago, ma continua a sfuggirci, anche se ce l’abbiamo sotto il naso da molto tempo”.

Kate rispose sicura: “Ho letto e riletto quelle carte capitano, erano diventate la mia ossessione, ma non c’era nulla che mi possa condurre da lui. Se solo avessi avuto una benché minima idea, ora non saremmo qui a discuterne. L’unico che può indirizzarci nella giusta direzione è quell’uomo..”.

“Allora andiamo a vedere se quell’e-mail è arrivata”.

Quando giunsero nuovamente davanti al monitor del computer furono felici di constatare che nella casella della posta elettronica c’erano dei nuovi messaggi.

La aprirono e la Gates la scrutò: “Ci siamo detective”.

“La apra capitano, non perdiamo altro tempo”.

Il click del mouse sembrò un tuono alle loro orecchie ed il secondo, con cui la cartella si aprì, mostrandone il contenuto, il più lungo della loro vita.

Erano terribilmente tese.

Davanti a loro videro una rilevazione satellitare di un famoso quartiere di New York, un quartiere dove vivevano solo pezzi grossi.

Poco più in basso era annotato un indirizzo preciso.

Kate prese carta e penna e trascrisse il tutto, mentre Victoria Gates rimase a fissare lo schermo quasi stregata.

Di certo non si aspettava quel nome.

 

 

Angolo mio!!

Ragazze siete bravissime! Avevate capito tutte che si trattava di Sophia! Si è schierata col nostro draghetto sputa fiamme.. e ora?

Ed è arrivata l’e-mail col nome dell’informatore.. E la Gates si è zittita, ops..

Alla prossima!

Come sempre grazie a tutte!! A chi legge, a chi recensisce, a tutte!!  Grazie

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Capitolo 15
*** La verità si nasconde nell'elemento discordante ***


La verità si nasconde nell'elemento discordante

LA VERITA’ SI NASCONDE NELL’ELEMENTO DISCORDANTE

 

 

Era seduta sul pavimento del suo appartamento davanti alla sua lavagna personale a studiare per l’ennesima volta il caso di sua madre.

 Quando era rientrata le forze l’avevano abbandonata di colpo e accasciata a terra, non riusciva a smettere di fissare quei fogli, quelle note che avevano caratterizzato la sua vita in maniera così radicale fino ad allora.

Ora che tutto stava per finire, si chiedeva se era veramente pronta. Lo aveva desiderato con tutta la sua anima da sempre, ma ora come si sentiva?

Sicura.

Finalmente sicura di venirne a capo, di riuscire ad attraversare quel fiume di dolore ed ad andare avanti.

A fare ciò che sua madre avrebbe voluto, farsi una vita.

Doveva risolvere solo l’ultimo rebus che si nascondeva nei meandri di quegli avvenimenti, poi avrebbe saputo quel nome. Doveva farlo e ci sarebbe riuscita.

L’informatore di Rick le aveva detto una frase che l’aveva molto colpita, le aveva dato un indizio molto importante.

“La verità la può intuire solo dall’elemento discordante”.

Quella frase le era in parte ancora oscura, ma sapeva che era la chiave per scardinare quel rompicapo.

La sua mente ritornò a qualche ora prima, al loro colloquio in quella casa. Doveva prestare attenzione, anche il più piccolo dettaglio poteva essere importante.

 

 

Uscite dal distretto, erano salite sull’auto della Gates in fretta e furia.  Non potevano aspettare l’indomani, sarebbero andate da quell’uomo quella sera stessa. In fondo non era così tardi!

La loro destinazione non era vicino al dodicesimo, ma vi si trovarono in men che non si dica. Si fermarono proprio davanti al palazzo preciso e Kate spense il motore dell’auto. Respirò profondamente per un istante, come a cercare di far convogliare le sue ultime energie dentro di sé: doveva essere forte, quello poteva essere il momento decisivo.

Il capitano, invece, era rimasta stranamente in silenzio per tutto il viaggio, si era limitata a guardare fuori dal finestrino. Kate aveva notato il suo improvviso cambiamento d’umore, ma non aveva voluto interferire, non la conosceva così a fondo per permettersi simili confidenze.

“Saliamo capitano?” si permise di dire dopo qualche secondo.

“Certo Beckett, andiamo e togliamoci il pensiero”.

Si trovavano in un vecchio palazzo, forse in uno dei più antichi della città, ma non si fecero ingannare dalle apparenze, sapevano entrambe di stare per disturbare un pezzo grosso della società newyorkese.

Quando furono davanti al portone la Gates si parò davanti a Beckett e le ordinò: “Lasci parlare me per ora”.

Kate annuì, non poteva discutere i suoi ordini in quel momento.

 La donna suonò il campanello e, quando ottenne risposta, si identificò: “Sono il capitano Gates della polizia di New York, apra la porta per favore”.

Immediatamente fu accontentata e, davanti a loro, apparve un uomo sulla sessantina, raffinato, elegante e con uno splendido sorriso: “Mi stavo chiedendo quando saresti arrivata Victoria. Se devo essere sincero ti aspettavo un po’ prima, ma comprendo che la situazione era difficile da interpretare”.

 La donna si limitò a rispondere: “Buonasera senatore Davon”.

L’uomo le sorrise ancora, poi si girò verso Kate e le porse la mano: “E’ un piacere conoscerla di persona detective Beckett. La sua fama e i suoi guai la precedono. Io sono colui a cui deve la vita, in parte direi, il vero onore resta a Roy Montgomery. Prego, entrate, non vorremmo parlare sul pianerottolo..” e, scostandosi per permettere loro d’entrare, le fece accomodare nel salotto.

Kate guardò intorno a sé: quella casa era veramente splendida. In confronto la casa super tecnologica di Castle sembrava un appartamento di provincia. Le pareti erano ricoperte di quadri di estremo valore, il mobilio era costituito da numerosi pezzi di grande pregio e i pavimenti erano nascosti da terribili tappeti.

Kate aveva quasi timore di muoversi tra quelle stanze. Seguì il padrone di casa senza battere ciglio e si accomodò sul divano del salotto accanto alla Gates che, al contrario, si destreggiava con facilità in quell’ambiente, come se in realtà lo conoscesse bene.  La giovane donna aveva intuito che il capitano conosceva il senatore e sospettava che la loro conoscenza non fosse superficiale.

Dopotutto l’aveva anche chiamata per nome.

L’uomo si sedette davanti a loro e facendosi più serio incominciò a parlare: “Credo di sapere per quale motivo siate qui, ma prima di iniziare il nostro discorso, vorrei sapere come avete fatto a rintracciarmi. Sono curioso”.

Fu la Gates a rispondere: “Abbiamo attivato  il gps del telefono che hai utilizzato per comunicare con il signor Castle tramite un satellite militare. Così ho scoperto, ammetto con un certo stupore, che l’informatore eri tu”.

L’uomo rise: “Hai scomodato i militari? È tipico di te Victoria, sei un carro armato, per ottenere ciò che vuoi sei capace di usare i mezzi più disparati!”.

“Dovevo dare una svolta alla situazione. Non potevo continuare a brancolare nel buio, siamo qui per avere delle risposte” commentò  fredda la donna.

L’uomo si irrigidì e la guardò fisso. Aveva compreso che il momento dei convenevoli era finito.

Fu Kate a rompere quel silenzio imbarazzante che si era creato: “Senatore, ho bisogno del suo aiuto. So che possiede dei documenti ricevuti dal capitano Montgomery con i quali sta salvaguardando la mia vita”.

“E’ esatto, detective”

“So che aveva contattato il signor Castle per far si che mi astenessi dal continuare le mie indagini personali. Solo così sarei stata al sicuro. Le cose, però, sono cambiate: il drago stesso ha rotto volontariamente quell’accordo, costringendo Rick a mettersi nei guai..”

 L’uomo la fermò: “Immagino detective. Lei ha lo straordinario potere di ammaliare gli uomini. Nel senso buono del termine, non mi fraintenda. Quando parlavano di lei, sia il signor Castle sia Roy avevano una luce particolare negli occhi. Non mi sorprende il fatto che entrambi si siano sacrificati per lei”.

Kate riprese il filo del suo discorso: “Ecco, il punto è proprio questo. Io non posso più permettere che le persone importanti per me, siano in pericolo per causa mia. Questa storia deve finire, devo rintracciare il drago, devo assolutamente dargli un volto. Rick è in pericolo, è stato rapito e temo per la sua vita. Se scopro l’identità di quel farabutto, potrò riprendermi il mio uomo. Lo devo ritrovare al più presto”.

“Freni Kate, non sia precipitosa. Lei non potrà mai sconfiggere sul serio il drago se non prova la sua colpevolezza senza alcun ragionevole dubbio con delle prove. Lui è un pezzo grosso, mia cara. Non per screditare la sua posizione, ma lei è solo una detective della polizia di New York. La sua parola contro quella del drago non vale nulla..”.

Kate non comprendeva fino in fondo: “Ma i documenti in suo possesso, potrebbero incastrarlo”.

L’uomo scosse un poco la testa: “Potrebbero affossarlo, ma non distruggerlo. Secondo lei perché un uomo così potente è così terrorizzato da dei semplici fogli di carta?”.

La donna rispose sicura: “Rivelerebbero la sua identità, chi veramente si nasconde dietro a tutti questi efferati omicidi”.

L’uomo annuì con la testa: “Infatti c’è il suo nome lì sopra”.

Kate stava perdendo la pazienza: “Me li consegni per favore, ho il diritto di sapere la verità, adesso! Forse prima non sono stata abbastanza chiara, la vita di un uomo è in pericolo! La prego non perdiamo ulteriore tempo!!”.

L’uomo davanti a lei rimase impassibile: “Non posso consegnarle quei documenti, non li ho qui con me. Sono in un posto al sicuro, dove il drago non li cercherà mai. Ho dovuto nasconderli, se non volevo correre alcun rischio”.

“Allora mi dica chi è.. Almeno questo me lo deve..”.

Aveva pronunciato le stesse parole usate con Roy nell’hangar senza accorgersene, e, anche in questo caso, la sua non era più una richiesta, era diventata quasi una supplica.

L’uomo si sporse in avanti e la guardò intensamente. Kate si perse nel suo sguardo per cercare di capire quali sentimenti e quali pensieri gli stessero passando per la mente, ma non riuscì a carpire nulla dal castano dei suoi occhi.

Il senatore, al contrario, comprendeva  lo sconcerto della giovane donna e le posò una mano sulle ginocchia per rendere meno doloroso ciò che stava per dire: “Kate so cosa sta pensando e cosa sta provando, ma non le dirò quel nome, almeno non stasera. I tempi non sono ancora maturi..”.

A quelle parole la rabbia di Kate Beckett esplose improvvisa, senza che la giovane donna riuscisse a trattenerla: “Cosa significa che i tempi non sono ancora maturi? Cosa devo aspettare? Che quel maledetto, infimo essere umano uccida senza pietà l’uomo che amo, solo per dimostrarmi di essere più bravo di me a giocare al gatto e al topo? Voi siete impazziti tutti, ma io non starò qui ad assecondare i vostri giochini. Io devo assolutamente fare qualcosa e se lei non intende aiutarmi, troverò una soluzione da sola”.

Si sentiva totalmente esasperata e distrutta psicologicamente.

Si alzò di scatto, ma una mano le afferrò il polso destro e la tirò verso il basso.

 “Detective si sieda. Non sia precipitosa. Lo lasci finire di parlare. Quello che quest’uomo può dirle le sarà utile, ne sono più che sicura”.

Il capitano Gates parlò ferma e decisa, senza muoversi di un solo millimetro da dove era seduta e continuò a fissare l’uomo, quasi con fare minaccioso.

“Stia tranquilla, non usciremo di qui a mani vuote”.

L’uomo le diede manforte: “Grazie Victoria per essere intervenuta. Non avevo terminato il discorso e sono stato frainteso. Stavo dicendo, non posso dirle apertamente il suo nome, ho fatto una promessa al mio vecchio amico Roy. Niente, però, mi impedisce di confermare una sua teoria o una sua supposizione”.

Kate si contorse le mani in segno di frustrazione.

Perché nulla nella sua vita era semplice?

Perché Roy si era premurato che non conoscesse la verità, neanche dopo l’attentato?

In fondo sapeva già del suo coinvolgimento, non riusciva a capire..

Il senatore nel frattempo, si era alzato dalla poltrona e, attraversata la stanza, si era fermato davanti ad un quadro appeso al muro e ne accarezzò la cornice con un dito: “Lei ama l’arte detective?”.

La giovane donna annuì con la testa.

“Bene allora riuscirà a seguirmi, mentre cercherò di illustrare una metafora attraverso di essa. Come saprà, ogni quadro ha intrinseco dentro di sé un messaggio, una tematica: alcuni sono di facile interpretazione, altri meno. Ognuno di essi contiene il pensiero dell’autore, una piccola parte di se stesso che, volutamente o no, mostra al mondo. Chi si sofferma ad ammiralo di solito ne coglie un aspetto, solo chi è particolarmente sensibile riesce a comprenderne il  significato a tutto tondo.

Ci sono artisti, poi, a cui piace giocare, a cui piace nascondere il loro vero pensiero dentro un altro, per ingannare lo spettatore. Allora inseriscono nella trama della loro opera un elemento, che può essere un oggetto, una figura o più semplicemente uno sguardo o un movimento di uno dei personaggi che nell’insieme dell’opera passa inosservato, poiché sembra in armonia con gli altri, ma, in realtà, se si osserva se ne discorda.

Vorrei che portasse alla sua memoria il capolavoro “La vergine delle rocce” di Leonardo da Vinci. Esistono due versioni di questo famosissimo dipinto, estremamente simili, ma diverse l’una dall’altra solo per alcuni particolari. Lo sapeva?”.

Mentre parlava si avvicinò alla biblioteca, ne estrasse un libro e lo aprì davanti alle due donne. Mostrò loro due fotografie del quadro di cui stava parlando.

“Osservi bene detective, riesce ad individuare in cosa differiscono? Qual è la differenza più eclatante che salta agli occhi immediatamente?”.

La giovane donna guardò per bene i due dipinti prima di rispondere, poi senza nessuna esitazione, concluse: “L’angelo. La differenza più nitida è l’angelo. Nel primo quadro sta indicando col dito il piccolo Giovanni Battista e sembra guardare lo spettatore come a voler attirare la sua attenzione. Nel secondo il suo gesto è del tutto scomparso e sembra immerso nella scena, senza coinvolgimenti esteriori col pubblico. Diventa un personaggio del tutto secondario, come se la sua presenza fosse, in un certo senso, del tutto indifferente”.

L’uomo sorrise: “Esatto detective, ha colto il punto. L’autore ha volutamente modificato alcuni particolari, anche importanti, della sua opera lasciandone intatto il soggetto e in parte anche il messaggio.. Ha semplicemente fatto scomparire un personaggio riducendolo ad un semplice elemento decorativo. Qualcosa del genere è successo anche con il caso di sua madre Kate.. All’inizio lei aveva davanti agli occhi una storia, una serie di avvenimenti concatenati, precisi.  Le mancava il movente, però, il vero motivo perché sua madre abbia dovuto pagare un prezzo così alto. Quando si è avvicinata troppo a scoprire qualcosa di compromettente, il drago le ha cambiato le carte in tavola. Hanno distolto la sua attenzione da alcuni dettagli, mettendole sotto gli occhi la storia dei tre poliziotti e dei loro misfatti. Non nego che quello che ha scoperto in questi ultimi due anni sia vero, in fondo tutto è iniziato lì..

Il drago ha cercato di allontanarla da tutto ciò che l’avrebbe aiutata a scoprire la sua l’identità. Se vuole trovarlo deve tornare a studiare l’intero caso, deve collegare per bene tutto ciò che sa.

Guardi entrambi i quadri Kate, non si limiti all’ultima versione e ne verrà a capo.

La verità si nasconde nell’elemento discordante.

Lo individui, lo faccia suo e capirà di aver avuto la soluzione sotto gli occhi da molto tempo.

Nell’istante in cui avrà scovato il suo “dito dell’angelo”, quell’uomo non potrà più nascondersi da lei. Giocherete finalmente a carte scoperte e riuscirà a porre fine al suo regno di terrore”.

Kate era meravigliata ed incredula allo stesso tempo, ma la rabbia era sparita.

Aveva capito.

Si alzò di nuovo e, questa volta, non fu fermata da nessuno. La conversazione era finita.

Quella sera non aveva ricevuto un nome, ma aveva scoperto la chiave di volta, ora sapeva come risolvere quel caso.

Si avvicinò all’uomo e gli porse la mano.

Il senatore gliela strinse con forza: “Quando avrà scoperto la verità, mi chiami. Avrà quei documenti”.

Kate sorrise: “Avrà mie notizie molto presto, non ne dubiti”.

L’uomo fece altrettanto: “Ne sono sicuro. Buona fortuna Kate”.

Venne accompagnata alla porta dall’uomo e uscì seguita dalla Gates.

Nell’istante in cui la donna stava per scendere le scale sentì una voce dietro le sue spalle: “Victoria, il sole sta per sorgere, il buio scomparirà tra poche ore”.

La donna si voltò, lo squadrò da capo a piedi, senza dire una parola, per continuare per la sua strada, andando a raggiungere Kate che, nel frattempo, era sparita nell’androne delle scale.

Quando furono sedute in macchina ed immesse nel traffico cittadino, la Gates parlò: “Era un famoso giudice della Corte d’appello, un uomo stimato da tutti in polizia. Tutti si auguravano che i propri casi venissero giudicati da lui: era onesto e preciso, ogni suo processo aveva una giusta sentenza.

Lo conobbi al matrimonio di Roy, me lo presentò lui stesso e in poco tempo diventammo amici.  Mi ha aiutato moltissimo all’inizio della mia carriera, quando non mi erano del tutto chiari i meccanismi del mondo giuridico e come dovevo muovermi.

Era una bella amicizia finchè non ha intrapreso la carriera politica ed abbandonato quella giuridica. Da quel giorno non l’ho più visto né sentito. Non avevo la minima idea che fosse collegato al caso di sua madre”.

Kate non scollò lo sguardo dalla strada e rispose: “Non l’ho chiesto signore”.

Il capitano sorrise: “Non l’ha fatto ad alta voce, ma il suo silenzio valeva più di mille domande. Era giusto che sapesse, siamo una squadra, non dobbiamo avere segreti tra noi. Rientriamo al distretto detective, non riuscirei a dormire stanotte neanche lo volessi, meglio spendere il mio tempo in modo produttivo. Esposito dovrebbe essere tornato dall’ospedale con notizie dei suoi colleghi e ricontrolleremo insieme tutte le prove in nostro possesso sul caso Williams”.

“Se non le dispiace io avrei un rebus da risolvere, un elemento discordante da trovare.  Devo riuscirci, ma devo riflettere da sola. Andrò a casa mia capitano”.

La donna non obbiettò: “D’accordo Kate, mi chiami non appena avrà scoperto la verità”.

 

 

Erano passate molte ore da quando si era separata dal capitano, ma Kate non aveva ancora toccato il telefono.

La verità continuava a sfuggirgli tra le mani.

Era davanti a lei, ma non riusciva ancora a vederla.

Non aveva nessuna intenzione di arrendersi e faceva correre freneticamente gli occhi su quelle parole scritte durante un’estate in cui si sentiva particolarmente sola, quando il suo Castle era scappato negli Hemptons lasciandola affogare di nuovo in quel mare oscuro.

Tieni duro Rick, abbi fiducia in me, ce la farò. Tra non molto saremo di nuovo insieme.

Scacciò quel pensiero dalla testa e tornò a concentrarsi riflettendo ad alta voce: “Mamma sei morta in quel vicolo, lo stesso dove tre poliziotti avevano tentato di rapire un mafioso, uccidendo per sbaglio un agente sotto copertura..

Dal carcere sei stata contattata da Armen, volevi provare la sua innocenza. Gli hai creduto... hai provato ad aiutarlo..

 Il drago ti ha ucciso prima che riuscissi a farlo..

Quell’uomo sapeva dei misfatti dei tre poliziotti, li ha ricattati.. dove lo ha scoperto? Come ha fatto?

No, sto ragionando ancora in maniera sbagliata. Devo ricercare un elemento che sembra fare parte del tutto, ma se ne discorda..

Ma in che senso?

In che modo se ne discorda?

Avanti Kate.. ce la puoi fare..

Mamma e le sue colleghe..

Vicolo..

Richiesta fascicolo al tribunale..

Omicidio..

Fascicolo scomparso..

Aspetta..

Fascicolo scomparso..

Quel fascicolo, hai richiesto quel fascicolo, mamma..

Oddio.. ”.

Si alzò in piedi di scatto e si avvicinò alla lavagna.

Una frase dell’informatore le rimbombò nella testa..

“Infatti c’è scritto il suo nome”.

Rimase immobile per alcuni secondi, poi staccò una fotografia da essa e la tenne tra le mani come se si trattasse di una reliquia.

Aveva capito, ci era riuscita.

“Sei tu il mio elemento discordante, tu unisci il tutto. Non ci posso ancora credere.. Ora tutto è chiaro, so chi è il drago..”.

Prese il telefono e compose un numero.

 Doveva riscuotere la sua vincita.

 

Nei medesimi istanti un ombra scura raggiungeva una panchina in un tratto poco illuminato di Central Park.

Passeggiare a quell’ora era sicuramente un rischio, ma la donna era armata e non aveva paura.

Quando la vide arrivare l’uomo si alzò e le si parò davanti: “Sapevo che avresti capito il messaggio Victoria”.

La donna lo gelò: “Non perdiamo tempo, se hai qualcosa da dire, dilla e basta. Non sono qui per rimembrare i tempi passati”.

Il senatore le sorrise: “E’ un vero peccato, sto rischiando molto in questa situazione e tu lo sai. Lascia a un vecchio i suoi ricordi, per quel poco che gli resta. Aver parlato con voi, mi espone a un rischio immane e lui non ama essere preso in giro.  Per questo motivo mi ritirerò dalla scena per qualche giorno, finchè non riuscirete ad incastrarlo. Lei troverà l’indizio fondamentale, collegherà tutti i pezzi. È molto più vicina di quanto possa immaginare, ne sei consapevole vero?”.

“Perché non le hai detto quel nome stasera? Non credo che tu abbia fatto quella promessa a Roy”

“Semplicemente perché volevo che avesse l’onore di scoprirlo da sola, di rendere giustizia a sua madre e di chiudere i conti col suo passato solo con le sue forze. Lo meritava, dopo tutto ciò che ha dovuto passare. Non siamo qui, però, per parlare di lei. Ho una cosa per te, devi conservarla tu” disse estraendo dalla tasca una chiavetta usb.

La donna la prese tra le sue mani.

Sapeva cosa conteneva, sapeva che ora tutto dipendeva da lei.

“Ne ho fatte diverse copie. Non potrà mai cancellarle tutte. All’interno troverai scritto il luogo dove ho nascosto l’originale. Vi sarà utile. Abbine cura e utilizzala al momento giusto. Addio Victoria, e ricordati per il bene di tutti noi, questa conversazione non è mai avvenuta”.

Lo vide sparire nell’oscurità, come un fantasma inghiottito dalle tenebre.

“Grazie” mormorò soddisfatta Victoria Gates, quando fu sicura che lui non potesse udirla.

 

 

 

Angolo mio!!

Buonasera a tutte!! Tutto bene? Fa un caldo... ^.^

Vi aspettavate che l’informatore di Rick svelasse a Kate il nome del drago? No, sono malvagia e non ve lo dico! Scherzi a parte, come ha ben detto il senatore, Kate meritava di risolvere il caso da sola, di scoprire quel nome solo con l’aiuto del suo cervellino (come direbbe la Gates).

Bene, ora lei lo sa. Ha trovato l’elemento discordante.. Voi? Avete qualche idea? Abbiate pazienza, sto per iniziare a scrivere il finale della vicenda (non so ancora in quanti capitoli sarà), ma vi svelerò presto tutto!

Volevo mettervi le due immagini del quadro, ma non ci riesco. Ci ho provato lo giuro! Sorry!

Grazie di cuore a tutte!!! Siete fantastiche come sempre!

 Kiss, alla prossima!!!!

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Capitolo 16
*** Finalmente la verità (1 parte) ***


Finalmente la verità 1p

FINALMENTE LA VERITA’

 

 

Dalla finestra non proveniva più luce, doveva essere notte.

Aveva perso la cognizione del tempo, non riusciva più a rimanere vigile per molto, era troppo stanco e debilitato. Il trauma cranico doveva essersi aggravato: si sentiva terribilmente caldo e se provava a muoversi, veniva colto dalle vertigini.

In un primo momento non se ne era nemmeno reso conto, ma non era più legato alla sedia, era sdraiato su una brandina, solo e slegato.

“Non hanno neanche paura che riesca a fuggire. Devo essere messo davvero male..” pensò Castle con un pizzico di autoironia.

Doveva cercare di trovare vantaggio da quella situazione: provò a mettersi in piedi, ma non ci riuscì, poiché un nitido rumore di passi si stava avvicinando e decise che era  più prudente rimanere sdraiato e vedere cosa stava per accadere. Chiuse gli occhi e fece finta di essere ancora addormentato.

La porta si aprì sbattendo, facendo un gran rumore e nessuno cercò di trattenerla.  Una Sophia decisamente fuori di sé gli venne incontro urlando: “Avanti svegliati! Dobbiamo parlare!”.

Rick rimase immobile nel tentativo di riordinare le idee, ma quando la donna si avvicinò e lo scosse violentemente non poté far finta di niente e fu costretto ad aprire gli occhi.

Lo sguardo di Sophia non prometteva nulla di buono e parlò come un fiume in piena, mentre continuava a tenerlo per la camicia: “Adesso mi spighi per bene cosa sa la tua ragazza sul mio capo, cosa ha scoperto dopo la sua sparatoria o ti faccio pentire di essere nato!”.

Castle la guardò interdetto. Non capiva a  cosa si riferisse: Kate non aveva continuato le sue indagini personali dopo quel maledetto giorno al cimitero, lui glielo aveva impedito..

Ora le cose erano leggermente cambiate, sapeva del suo informatore, ma non aveva compiuto nessuna clamorosa scoperta.. a meno che qualcosa non fosse cambiato negli ultimi giorni, ma lui non poteva esserne a conoscenza.

“Non so di cosa tu stia parlando” mormorò.

La sua risposta fece infuriare la donna ancora di più: “Mi prendi per una stupida? Si sta comportando in maniera strana, sta architettando qualcosa e devo assolutamente capire cosa!”.

Rick la provocò: “Il tuo fantastico piano non sta funzionando? Ti stanno fregando e non mi stupisce per niente. Kate è molto più intelligente di te! Lo è sempre stata.. Davvero credevi che sarebbe caduta nella tua stupida trappola?”.

La donna, ascoltando quelle parole, estrasse una pistola nascosta sotto la maglietta e puntò dritta in mezzo alla faccia..

“Si vede che prima non ci siamo capiti bene, qui comando io! Non sei nella posizione di fare troppo lo spiritoso e se la tua bella prova a fregarci, se ne pentirà amaramente quando si troverà faccia a faccia col tuo cadavere..”.

La reazione dell’uomo, però, non fu quella che la donna si aspettava. Non si mostrò impaurito, anzi sul suo volto apparve uno splendido sorriso e d’istinto chiuse gli occhi.

Sophia lo guardò stupita: “Non avrai mica intenzione di collassarmi adesso? non che mi importi della tua stupida vita, ma devi ancora rispondere alla mia domanda. Cosa diavolo sa Kate Beckett sul drago?”.

Rick non mosse un solo muscolo, continuava a restare supino con gli occhi chiusi, sperando che i suoi sensi non lo stessero tradendo. Non riusciva a vedere niente dinnanzi a sé oltre al corpo di Sophia, ma quella fragranza aleggiante per l’aria era inconfondibile e lui la conosceva molto bene.

Ciliegie..

Era lo splendido profumo della sua donna.

Forse lo stava solo sognando, o più semplicemente il suo cervello iniziava a perdere lucidità, ma si sentiva straordinariamente sereno, al sicuro.

Una voce echeggiò nella stanza qualche istante dopo, come a volerlo rassicurare: “Perché non lo lasci in pace e non lo chiedi direttamente a me?”.

Kate Beckett, pistola in pugno ed espressione seria sul viso, era apparsa come dal  nulla.

Sophia, colta totalmente di sorpresa, si voltò di scatto e la vide proprio davanti lei, fiera come non era mai stata. Kate fece un passo in avanti, senza smettere di minacciarla con la pistola ed impartì un ordine con voce ferma: “Allontanati da lui, subito”.

Sophia si alzò in piedi con rapidità e puntò anch’essa la pistola contro la poliziotta riequilibrando la situazione.

Kate non si scompose di un millimetro e tornò a parlare facendo un ulteriore passo all’interno: “Credo che tu non mi abbia sentito, allontanati da lui”.

La donna si spostò verso destra, lasciando libera la visuale della brandina su cui era steso Rick, mentre Kate si avvicinava sempre di più.

Si mossero in cerchio, senza perdersi di vista un solo istante e ben presto si trovarono in posizioni invertite. Sophia con le spalle alla porta, Kate accanto allo scrittore.  Non avevano detto una sola parola, ma i loro sguardi trasmettevano indistintamente i sentimenti provati dalle due donne: sorpresa ed odio per Sophia, determinazione ed apprensione per Kate.

Sentiva dietro alla schiena il respiro regolare di Castle ed era una vera e propria tortura non potere accucciarsi per constatare le sue reali condizioni di salute.

L’ex agente della CIA cercò di utilizzare a suo vantaggio questa sua piccola debolezza: “Il tuo amato scrittore sta morendo mia cara eroina, ma se riceverà al più presto le cure di cui ha bisogno, forse potrebbe ancora salvarsi. Ti propongo un patto: lasciami andare e non farò del male né a te né a Rick. Devo solo uscire da quella porta”.

Kate sapeva che era una bugia, un trucco subdolo per distrarla: se avesse abbassato la guardia sarebbero morti entrambi.

Come se le avesse letto nel pensiero, Rick allungò una mano verso di lei e, con un lieve gesto, le sfiorò una gamba per rassicurarla, per farle capire di non cedere, aveva ancora un po’ di tempo. Non era conciato così male, poteva resistere.

“Non ci pensare neanche, non andrai da nessuna parte. Tranne che in galera naturalmente. Non volevi sapere cosa conosco sul tuo capo? Bene sarai accontentata..”

Sophia le rispose sprezzante: “Non è molto importante ormai, non dovevi trovare questo luogo. Se sei qui significa che hai scoperto abbastanza da inquietarlo. Si farà vivo molto presto. Sono proprio curiosa, come diavolo hai fatto a rintracciarci?”.

Kate accennò ad un lieve sorriso: “E’ una lunga storia..”

 

 

Kate aveva ancora in mano la fotografia e la guardava interdetta, mentre componeva il numero del senatore Davon.

Come non aveva fatto ad accorgersene prima?

 Il cellulare risultò staccato.

Non era possibile, non poteva essere vero. Non poteva essere stata tradita ancora una volta. Riprovò di nuovo, ma tutto fu inutile: quel numero non esisteva più.

Per un attimo le mancò il fiato e le sembrò che la terra le stesse crollando sotto i piedi, poi il suo sguardo si posò sulla lavagna. Guardò la fotografia del cadavere di sua madre e una fitta le attraversò il cuore.

Ora sapeva la verità, ma non le bastava.

Voleva gridare ciò che sapeva al mondo intero, tutte quelle persone uccise barbaramente meritavano giustizia.

La forza ritornò in lei all’improvviso: non si sarebbe arresa ora, assolutamente no.

Avrebbe ritrovato quel fascicolo e avrebbe dimostrato l’identità di quel criminale. Quell’uomo si nascondeva dietro a una maschera ed era venuto il momento di strapparla. La finta facciata di uomo per bene che contraddistingueva la sua vita doveva essere abbattuta, non si sarebbe più trincerato dietro al suo lavoro.

Mentre rifletteva sul da farsi, il suo telefono squillò. Il capitano la stava chiamando. Decise di rispondere, la Gates l’avrebbe aiutata e, se necessario, sarebbero tornate insieme da quell’uomo.

“Beckett” disse sicura.

La voce di Victoria Gates giunse alle sue orecchie chiara e ferma: “Kate è riuscita a venirne a capo? Ha risolto il rebus?”.

“Sì capitano, so chi è stato. So chi si è macchiato di questi terribili crimini. Il solo che poteva architettare questa messa in scena,  il solo che  poteva averne la possibilità. Devo consultare i documenti del suo amico, devo accertarmi che siano gli stessi  che mia madre aveva richiesto molto tempo fa. Solo con quelli potrò avere l’assoluta certezza di aver risolto questo caso”.

Se avesse potuto vederla, Kate si sarebbe rallegrata nel notare lo sguardo orgoglioso e felice del suo capo.

“Allora venga al distretto Kate, ho qualcosa da mostrarle” disse chiudendo la comunicazione.

Kate  prese la giacca di pelle e  aprì la porta ed uscì dal suo appartamento senza voltarsi indietro. Non aveva idea che sarebbe rientrata tra quelle mura quando tutti i nodi sarebbero venuti al pettine.

Quando tutti i fantasmi nascosti nel suo cuore sarebbero scomparsi.

 

 

Victoria Gates posò il ricevitore e sprofondò sulla sua sedia della scrivania da dove, ormai da più di un anno, svolgeva il suo lavoro di capitano.

Aveva sempre amato risolvere omicidi, ma quella sera si sentiva soddisfatta come mai nella vita. Nonostante stessero correndo un grave pericolo, si sentiva viva più che mai. Questo caso e quella ragazza le avevano decisamente movimentato la vita.

“In meglio” si ritrovò a pensare.

Immersa nei suoi pensieri, non si era ancora accorta del detective Esposito che, ritornato dall’ospedale, stava per bussare alla sua porta. L’uomo toccò con un lieve colpo il vetro ed attirò la sua attenzione.

La donna gli fece cenno d’entrare e il detective ubbidì.

“Bentornato detective, mi dica, quali sono le condizioni dei suoi colleghi?”.

L’uomo rispose: “Ryan è stato trattenuto ancora una notte in ospedale per escludere un eventuale trauma cranico, ma i dottori assicurano che si riprenderà presto. La dottoressa Parsih è stata dimessa, ha riportato solo una leggera frattura al polso sinistro”.

La Gates sorrise: “Meno male sono contenta, poteva andare molto peggio. L’ha riaccompagnata a casa?”.

Esposito si irrigidì ed assunse una strana espressione come di chi è appena stato colto in fallo: “No capitano,  veramente no. Non appena abbiamo messo piede fuori dall’ospedale è voluta venire subito qui a lavorare in laboratorio. Ha detto di avere un criminale da incastrare. Ho provato a convincerla, ma, sa come sono le donne,  non ha voluto darmi retta..”.

Alla donna scappò quasi da ridere e pensò: “Ma si ricorderà che sono donna anch’io? L’orgoglio da maschio ferito..”, ma si limitò a tranquillizzarlo: “Esposito si calmi, va tutto bene. Se la sua ragazza si di sente stare qui, non vedo quale sia il problema. Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile in questo momento. Tra poco ci raggiungerà il detective Beckett e la aggiorneremo sugli ultimi sviluppi. Ora torni alla sua scrivania, la chiamerò al momento giusto.”.

L’uomo ubbidì senza fiatare.

La donna sorrise: quella squadra era davvero speciale, erano un gruppo unito ed omogeneo, anche se molto diversi tra loro. Erano legati da una sincera amicizia e avrebbero fatto qualunque cosa per aiutarsi uno con l’altro, per questo il bel gesto della dottoressa Parish non l’aveva sorpresa.

In team erano formidabili, ma ognuno di loro possedeva qualcosa di speciale che lo rendeva insostituibile.

Era notte inoltrata e per tutti il turno era ormai finito da un pezzo, ma a nessuno era passato neppure per un momento il pensiero d’andarsene a casa. La loro lealtà verso un’amica veniva prima di tutto.

Le stavano dando una vera lezione di vita e lei ne era onorata.

Scosse la testa, cosa stava pensando?

 

“Oddio, sto diventando una terribile sentimentale anch’io, non posso di certo permetterlo. Sono o non sono Iron Gates?!  Tutta colpa di questo amore serpeggiante..”.

Necessitava dell’ennesimo caffè giornaliero. Ormai aveva perso il conto di quanti ne aveva bevuti, ma non le importava granché. Così raggiunta la sala relax, aveva riempito il bicchiere.

Si mise una mano nella tasca della giacca per controllare che la chiavetta usb fosse al suo posto nascosta per bene. Non voleva lasciarla in giro, anche se si fidava dei suoi uomini, ma lì dentro era contenuta la prova decisiva che poteva confermare la teoria di Beckett.

In quel preciso istante Kate uscì dall’ascensore e vedendola si fermò per un istante. La Gates si voltò e i loro occhi si incrociarono.

Si sorrisero, ma entrambe percepirono la tensione che avevano addosso.

Tutto stava per cambiare per sempre, il così detto effetto farfalla si era innescato. Da una semplice chiacchierata si stava per arrivare alla battaglia decisiva con quel nemico fantasma, che tanto male aveva commesso.

Quando Kate si avvicinò il capitano del dodicesimo fece segno sia a lei sia ad Esposito di seguirla nel suo ufficio.

La giovane donna non riusciva a stare ferma e si muoveva come una tigre in gabbia. Era il momento di agire, non riusciva più ad aspettare.

“Kate cerchi di calmarsi un secondo e mi illustri ciò che ha scoperto”.

Kate respirò profondamente: “Tutto capitano. Ho collegato insieme tutti i pezzi ed ho capito perché mia madre sia stata ammazzata solo perché voleva difendere un uomo innocente. Il drago stesso ha fatto in modo che Pulgatti venisse condannato. Quando è venuto a conoscenza dei misfatti dei tre poliziotti corrotti, ha cercato di portare la situazione a suo vantaggio. Come già sappiamo li ha ricattati e si è fatto consegnare il denaro accumulati con i riscatti, consolidando la sua posizione sociale. Signore lei mi aveva detto di sapere che il drago potesse essere un poliziotto o comunque un agente di qualche altra agenzia governativa.”

“E’ quello che mi era stato riferito Kate..”.

“Beckett la fermò: “Certo capitano, non volevo mettere in discussione la sua parola, ma sono arrivata ad una conclusione differente analizzando i fatti.

Quell’uomo non è mai stato in polizia, lo ha solo fatto credere. Il caso Armen gli è capitato sotto gli occhi in maniera differente ed ha capito che alcuni tasselli del puzzle non potevano quadrare.

Così ha cominciato a fare supposizioni fino ad arrivare alla verità e, di conseguenza, al ricatto.

Invece di consegnarli alla giustizia, ha comprato il silenzio dei tre poliziotti impedendo che fossero scoperti e di finire in galera.

Roy, però, ha giocato sporco, non si è lasciato completamente schiacciare dalla sua morsa. Non so ancora come abbia fatto, ma ha sottratto dei documenti, gli stessi che ora sono in possesso del suo amico.

Gli stessi che mia madre richiese alla Corte di Appello molti anni fa, quando decise di chiedere il riesame per il caso Pulgatti.

Se fossero davvero quelli, la mia teoria sarebbe confermata, quindi devo assolutamente consultare quei file.

Victoria Gates allora tirò fuori dalla tasca un piccolo oggetto ancora sconosciuto a Kate: “Accertiamoci allora che lei abbia ragione detective. Il senatore Davon mi ha consegnato questa chiavetta qualche ora fa, prima che io rientrassi al distretto.

Ha detto che qui avremmo trovato tutte le risposte alle nostre domande.

Avanti Kate, a lei l’onore. Dopotutto, questa può considerarla la sua vincita” e le allungò l’oggetto.

La giovane donna la prese e, tolto il cappuccio, la infilò con un rapido gesto nella porta del computer.

Mentre il sistema operativo eseguiva l’auto caricamento dei dati, sia il capitano sia Esposito si erano sistemati alle sua spalle per poter leggere insieme a lei.

Quando sul monitor apparve l’icona della cartella, Kate si affrettò ad aprirla, come se potesse scomparire da un momento all’altro.

Davanti ai suoi occhi apparve tutto ciò per cui aveva sempre lottato, le uniche risposte che aveva sempre cercato.

I file erano precisi ed ordinati. Li fissò solo per un istante, poi decise di aprire l’unico che realmente le interessava.

“Rapporto e sentenza caso Pulgatti”.

In pochi secondi la verità venne finalmente alla luce del sole. Incominciò a far correre freneticamente gli occhi sullo schermo, leggendo accuratamente.

I fatti erano descritti in maniera dettagliata e riportavano fedelmente la bugia fatta credere per moltissimo tempo.

Più scorreva le pagine di quel documento, più le sue intuizioni si rivelavano fondate. Aveva finalmente tra le mani il rapporto manipolato, sparito tanto tempo prima assieme alla vita di sua madre. Aveva visto giusto.

Ad un tratto fermò quella lettura, per i dettagli avrebbe avuto tempo più tardi, ora il suo unico desiderio era scoprire quel nome, non poteva più aspettare.

Fece correre le pagine sempre più velocemente, finchè non le bloccò di colpo.

Eccolo, era scritto proprio davanti a lei.

Era come se potessero guardarsi negli occhi.

Per un momento si immaginò quel farabutto con l’unico abito che non aveva in alcun modo il diritto d’indossare. Nonostante non conoscesse il suo aspetto fisico, non ancora per lo meno, lo immaginò come un uomo qualunque, qualcuno che si sarebbe mimetizzato in mezzo alla folla senza problemi.

Un uomo comune, un uomo “per bene”.

Un uomo che si nascondeva dietro la parola giustizia.

Poteva averlo già incontrato, anzi era sicuramente accaduto senza che lei avesse avuto il benché minimo sensore negativo. Magari l’aveva anche osservata da molto vicino, come un predatore studia la sua preda prima di cacciarla.

Le ribollì il sangue nelle vene, ma nel medesimo istante, senza che lei potesse impedirlo, le si strinse la gola e una lacrima silenziosa le solcò il viso.

La tensione e il dolore accumulati per dieci lunghi anni dentro la sua anima, di ragazzina prima di donna poi, si erano improvvisamente spezzati lasciando che a poco a poco si sentisse più leggera.

Mamma tra poco riuscirò a farti giustizia.

Doveva essersi immobilizzata per parecchio tempo, quando un lieve sensore di calore la riportò alla realtà. Vide una mano maschile appoggiata sulla sua spalla e capì che Esposito le stava dicendo senza parole che lui era accanto a lei se ne avesse avuto bisogno.

La giovane donna alzò di poco la mano sinistra ed andò a sfiorare le dita dell’uomo per ringraziarlo.

Victoria Gates, invece, fece ciò che Kate non era riuscita a fare colta dall’emozione. Lesse ad alta voce quel nome: “Jackson Madison.. E’ incredibile..”

 

“Sapete perfino il suo nome?”.

La domanda urlata al vento da Sophia interruppe il racconto di Kate. La sua sorpresa era totale.

Ormai non aveva più dubbi, quei due non potevano uscire vivi da quelle mura. La posta in gioco era maledettamente troppo alta.

Kate la fissò con un sorriso divertito sul viso: “Oh sì, so il suo nome e non solo. Ora conosco tutto di lui. Tutto.. So cosa stai pensando, ho poche possibilità di uscire viva da qui, vero? Bene, io proporrei di alzare la posta: perché non lo chiami al telefono e non gli dici di raggiungerci? Ho proprio voglia di fare quattro chiacchiere con “vostro onore”…..” .

 

 

Angolo mio

Buonasera gente! Mi scuso con il ritardo con cui pubblico, ma dovete avere pazienza, grazie al cielo, è esplosa la stagione e devo lavorare. Il tempo per scrivere è meno, ma mi sto ritagliando qualche ora alla sera..

Non ho nessuna intenzione di abbandonarvi!!

Allora cosa ne dite? Qui la situazione procede..

E’ arrivata Kate, sanno il nome del drago.. E ora?

Verrà? Non verrà? Che succederà?

Mah… Alla prossima!!

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Capitolo 17
*** Finalmente la verità (2 parte) ***


Finalmente la verità 2p

FINALMENTE LA VERITA’   2 PARTE

 

Sophia restò ammutolita nell’ascoltare quella richiesta: “Sei impazzita? Lui non verrà mai qui. Non funziona così. Lui ordina e noi eseguiamo”.

“Giusto dimenticavo che non ha il coraggio di fare il lavoro sporco, quello lo lascia ai suoi scagnozzi, ai suoi fedeli seguaci. Si dà il caso, però, che il suo piano per mettermi fuori gioco non sia andato esattamente come sperava. Mi sbaglio?

Ho perfino trovato il suo covo, quindi credo di essermi meritata la sua attenzione” concluse la giovane donna.

“Non verrà mai qui, nemmeno dovesse crollare il creato!”.

“Su questo ti sbagli, anche se tu non lo chiamassi, lui verrà qui, solo che impiegherà più tempo” rispose sicura la detective.

“Come puoi esserne così sicura?”.

“Perché ho innescato un vortice di eventi alla quale non potrà sottrarsi..”.

 

“Jackson Madison.. E’ decisamente impensabile a mente fredda. Non lo avrei mai creduto, sul serio.. Quell’uomo è molto potente, avrà appoggi ovunque. È uno dei giudici più importanti della Corte d’Appello, un veterano. Nel corso degli ultimi anni ha acquistato forza e potere, ha scalato con successo la piramide ed è arrivato quasi al vertice. Si diceva con merito, ma ora noi sappiamo che non è così. Se non sbaglio voci di corridoio lo volevano come uno dei nuovi possibili candidati alla Corte Suprema.

Ora capisco perché la volesse morta detective, lei rappresenta l’ultimo ostacolo tra lui e tutti i suoi obbiettivi. Finchè lei fosse stata in vita, quei documenti rappresentano una bomba.. che solo lei può innescare.. Sono d’importanza vitale..

Immaginavo che la situazione non sarebbe stata piacevole, ma ora ho la certezza di essere seduta su una polveriera. Dobbiamo agire in fretta, ma con i piedi di piombo. Dobbiamo escogitare un piano infallibile, non possiamo permetterci di sbagliare nemmeno una virgola.”.

Anche Esposito era rimasto interdetto. Chiunque conosceva il giudice Madison, almeno per fama, sarebbe rimasto scioccato dalla verità,  e non sarebbe stato facile avere il permesso per indagare più a fondo su di lui.

Kate era decisamente stupita: solo lei non lo conosceva?

Certo quel nome non le era del tutto nuovo, ma non si era mai interessata molto ai giochi di potere e quindi non ricordava il suo volto.

Smanettò sulla tastiera alla ricerca di ulteriori informazioni all’interno di quella chiavetta.

Il senatore Davon era stato di parola: conteneva davvero tutto ciò di cui avevano bisogno.

Un file dettagliato sulla vita del drago, una marea d’informazioni, tra cui delle fotografie. Così, in men che non si dica, Kate si ritrovò davanti l’immagine di quel verme.

“Finalmente so chi sei maledetto, ora non sei più un fantasma. Sei solo un assassino.. E io ti troverò..”.

La voce della Gates attraversò la stanza: “Kate ritorni tra noi. So che per lei è un momento particolare, ma sia lucida, non si lasci prendere dall’emozione. Le do in mano le indagini, studi un piano. Noi saremo con lei, in tutto e per tutto. Agisca come meglio crede. Mi permetto solo di ricordarle, anche se non l’avrà sicuramente dimenticato, che ora la priorità è ritrovare il signor Castle. Quindi, ci illustri come vuole procedere”.

Non si aspettava di certo quell’enorme manifestazione di fiducia nei suoi confronti dal suo capitano: le aveva letteralmente ceduto i comandi della nave.

Quella donna stava cercando di dimostrarle ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, quanto la considerasse all’altezza. Il loro rapporto era mutato e maturato in poche ore. Al momento opportuno si sarebbe sicuramente sdebitata. 

La giovane donna annuì: “Naturalmente capitano, Rick deve tornare a casa nel minor tempo possibile. Analizziamo tutti i suoi ultimi spostamenti e iniziamo a controllare dove siano collocate le sue proprietà in città. Scopriamo se è stato aiutato da qualcuno, almeno se è stato così stupito da lasciare delle tracce. Non sarà facile, ma non lasciamo nulla d’intentato!

Il rapimento è avvenuto poche ore fa, non possono essere andati molto lontano. Con molta probabilità saranno ancora a New York.

Signore, so che la mia è una richiesta a dir poco impensabile senza attirare l’attenzione su di noi, ma dobbiamo accedere al suo conto. Dobbiamo cercare la conferma che quei soldi finivano nelle sue tasche” e guardò nella direzione del suo capitano.

La donna alzò le spalle: “Bene è il momento di fare qualche telefonata. Fatemi controllare l’ora. Sono le quattro del mattino, il momento perfetto per svegliare il procuratore ed essere sicuri di attirarsi addosso la sua ira. In fondo devo solo dirgli che vorremmo indagare su uno dei più potenti giudici della città, considerando che è uno spietato criminale. Se non mi prenderà per matta sarà tanto..”. 

Nonostante quell’affermazione, prese il cellulare ed inoltrò la chiamata allontanandosi.

I due poliziotti riuscirono solo ad udire: “Buonasera signor procuratore, sono il capitano Victoria Gates del dodicesimo distretto. Mi scusi per l’ora...”.

Esposito volle rendersi utile offrendosi di esaminare alcuni file in questione ed andò a sedersi alla sua scrivania, visibilmente indaffarato.

Kate lo imitò e, seduta davanti al computer, incominciò a stampare il rapporto sull’omicidio Armen.

 Nulla doveva essere lasciato al caso, doveva ricontrollare tutto per essere sicura di non aver omesso e trascurato alcun dettaglio. Presto avrebbe ottenuto il permesso per iniziare un’indagine approfondita su quell’uomo e tutti i nodi sarebbero venuti al pettine.

La sua priorità rimaneva scoprire dove tenevano prigioniero Rick e riuscire a riportarlo a casa. Non sarebbe stato facile, poiché non aveva nessuna idea concreta sul luogo della detenzione.

Magazzini, appartamenti, box.

 New York era una città dai mille volti e conteneva al suo interno altrettanti possibili nascondigli. Se qualcuno decideva di sparire, la città gli veniva molto spesso in aiuto.

Come poliziotto lo sapeva bene, quella era una nuova sfida, ma avrebbe risolto anche quell’enigma. In fondo meno di due ore prima aveva fatto suo il re di tutti i misteri, scoprendo l’identità del drago.

Non si sarebbe sicuramente fermata.

Si tuffò di nuovo nella lettura finchè il suono del suo telefono non la destò.

Afferrò velocemente la cornetta e rispose: “Beckett”.

Riconobbe immediatamente la voce della sua migliore amica dall’altra parte dell’apparecchio: “Kate, sono io”.

“Ciao Lanie! È un piacere sentirti. Come stai? Sei ancora in ospedale?”.

La giovane patologa le rispose stupita: “Tesoro  sono all’obitorio da almeno due ore a lavorare al nostro caso. Non sarà uno stupido braccio rotto a fermare Lanie Parish! Immagino che Javier non ti abbia detto niente, ma non importa, di lui mi occuperò dopo, torniamo alle cose serie..”.

Kate non riuscì a trattenere un sorriso, quella ragazza era speciale. Non  a caso era la sua migliore amica.

Lanie, intanto, stava continuando il suo discorso: “.. Ho almeno tre notizie da darti, due buone e una cattiva. Come mi è stato ordinato dalla Gates, ho rifatto l’autopsia sul corpo di Lucy Williams e purtroppo l’esito è sempre il medesimo: l’unico DNA estraneo alla vittima è quello di Castle..”

Kate chiuse gli occhi in segno di sconforto, non era possibile.

“..Questa, ovviamente, era la notizia negativa, ma.. Kate ci sei ancora o sei già collassata? Ho detto che c’è un ma, quindi rilassati.  Ho ripensato alla dichiarazione resa da Castle dopo che lo avevi fatto evadere di prigione. Rick ha raccontato di aver ricevuto una telefonata dal numero della giornalista la sera che si trovava a casa tua. Come noi già sappiamo, Lucy non avrebbe mai potuto telefonare, era già morta. Era l’assassino al telefono.

Avevo visto il cellulare tra le prove consegnatemi insieme al cadavere e mi ricordavo che era un modello blackberry con i tastini molto piccoli, adatto per una donna con le dita esili come aveva Lucy, ma difficilmente utilizzabili da un uomo. Così ho avuto un’illuminazione dal cielo e ho pensato: vuoi vedere che quello stupido si è tolto i guanti, utilizzati per l’omicidio, per cercare il numero dello scrittore? Ho deciso, quindi, di esaminarlo. Sul frontalino posteriore è presente una macchia di sangue della vittima, segno che l’aveva indosso quando è stata uccisa. Sui tasti, invece, ho riscontrato dei campioni di sudore. Ne ho raccolti alcuni ed ho avviato un ulteriore ricerca di tracce biologiche estranee..”

Kate aveva seguito senza problemi il discorso dell’amica e si ritrovò a trattenere il fiato, mentre attendeva la conclusione del racconto.

“.. Ci è voluto un po’, poi ho fatto centro. Il computer mi ha segnalato un profilo genetico differente. L’ho isolato e inserito nel database. Ho avuto un riscontro Kate: Kenneth Brown, arrestato per violenza domestica e condannato più volte per aggressione. Un tipo molto pericoloso, fuggito dal carcere qualche mese fa e del quale non si hanno più notizie da quel giorno..”.

La giovane detective era rimasta ancora una volta in silenzio, ma aveva abbandonato il suo corpo contro lo schienale della sedia rilassando le spalle. Si portò una mano sulla bocca e sospirò.

Quella poteva essere la prova che poteva scagionare Rick.

Riuscì solo a dire: “Sei sicura Lanie?”.

L’amica rispose: “Certo che ne sono sicura! Lo sai che sono precisa nel mio lavoro.. Comunque quella era solo la prima delle notizie positive, la seconda è questa.

Avendo confessato, non avevamo eseguito nessuna analisi sui vestiti di Rick, non era necessario. Adesso, al contrario, era mio preciso dovere farlo.  Ti risparmio tutti i dettagli ed arrivo al nocciolo della questione immediatamente, sennò rischio di ritrovarmi a parlare al vento, mentre tu hai una crisi d’ansia..”.

“Lanie..”

“Ok tesoro, eccomi. Stavo dicendo,  ho trovato il profilo del signor Brown sulla camicia di Castle, dove si deve essere inavvertitamente pulito le mani quando hanno iniziato la colluttazione. Fare il macho writer a qualcosa è servito!

Dovete trovare quel Brown e farlo confessare, ma credo che queste prove possano bastare per scagionare il  tuo amato Rick”.

Kate non riusciva ancora a crederci, un altro tassello del puzzle era andato a posto da solo.

 No, grazie alla caparbietà di Lanie.

“Sei stata straordinaria tesoro. Te ne sarò riconoscente per tutta la vita. Dico davvero”.

Sentì l’amica ridere: “No ragazza mia, so già come farai a sdebitarti. Voglio essere l’unica ed indiscussa madrina del primo figlio tuo e di writer boy. Non esigo repliche. Direi di essermelo meritato”.

Kate rise insieme a lei.

D’un tratto, però, si fecero serie e Lanie disse: “Kate, ora tocca a te. Va.. e riportalo a casa.”.

La giovane donna annuì: “Puoi starne certa”.

Detto questo riattaccò. Lanie aveva ragione: tutti stavano facendo la loro parte, ora toccava a lei.

Era il suo momento.

Dentro di sé, però, la mancanza di Castle stava diventando insopportabile.  Chiuse un attimo occhi e lo pensò. Quando tutta questa storia sarebbe finita, lei sarebbe cambiata.

Avrebbe basato la sua esistenza su quel “noi” ormai così radicato nel suo cuore.

Voleva vivere con lui al suo fianco.

Quanto avrebbe avuto bisogno in quel momento di una delle sue stupide battute  e gli sembrò di vederlo entrare al distretto con i soliti caffè in mano.

Si ricordò di aver nascosto il cellulare del suo scrittore nel cassetto della scrivania. In quel momento di debolezza pensò che stringendolo tra le mani per qualche secondo si sarebbe sentita meno sola. Si assicurò che nessuno potesse vederla e lo prese tra le mani.

Si accorse solo in quel momento di averlo dimenticato acceso e sorrise nel vedere la buffa foto messa da Castle come sfondo: lui e sua figlia che facevano le linguacce.

Era un uomo adorabile.

Sperò che non stesse soffrendo troppo a causa sua.

Scacciò quel pensiero dalla mente e decise di comunicare al resto della squadra i risultati dei nuovi esami effettuati da Lanie.

Mentre si accingeva a spegnere il telefono per non far scaricare del tutto la batteria, notò un’icona sul display che non conosceva, nonostante avesse lo stesso tipo di telefono.

La guardò con aria interrogativa: chissà quale applicazione assurda aveva scaricato Rick. Quell’icona, però, esercitava un fascino magnetico su di lei ed ad un tratto si mise a lampeggiare incessantemente.

Kate non resistette alla tentazione e ci cliccò sopra.

Lo schermo diventò improvvisamente scuro.  La giovane donna pensò di aver combinato un guaio, quando davanti ai suoi occhi apparve un’immagine satellitare, stile Google Earth, che la portò per qualche secondo in un tour virtuale per la città fino ad esaurire la sua corsa non eccessivamente lontano dal dodicesimo, in una zona notoriamente tranquilla.

Una voce alle sue spalle la fece sussultare: “Beccata! Stai giocando con i giochi iper tecnologici di Castle. Non ci posso credere, dopo tutte le volte che lo hai rimproverato!”.

Kate sbuffò: “Non sto giocando Javier!”.

Esposito si sporse in avanti per osservare: “Effettivamente quello non è un gioco. Sembra una rilevazione satellitare? A che serve?”.

La donna scosse la testa: “Non ne ho la minima idea Javier, davvero”.

“Come fate a non ricordare il sofisticato rilevatore GPS che Castle ha scaricato per poter sempre sapere dove si trovava il suo nuovo orologio del quale ha elogiato le sue straordinarie funzioni per settimane? Mi meraviglio di voi! Dove eravate?”.

I due detective si voltarono di colpo e furono sorpresi di vedere davanti al loro l’amico e collega Kevin Ryan.

“Amico ti hanno dimesso? Sono felice che tu stia meglio!”.

“Certo! Voi state per effettuare l’arresto del secolo ed io sarei dovuto stare buono in un letto d’ospedale e lasciare tutta la gloria a voi?”. Ryan strizzò l’occhio.

Kate lo abbracciò di slancio e poi disse: “Sono felice che sei di nuovo dei nostri, ma sono ancora più felice che tu abbia ascoltato Rick durante i suoi infiniti monologhi tecnologici. Lo amo, ma mi disconnetto spesso, quando fa quel tipo di discorsi.. Fammi capire,  quindi quella mappa ci sta indicando dove si trova l’orologio in questo preciso momento?”.

“Esatto Kate” rispose sicuro l’amico.

Kate si alzò in piedi di scatto: “Siete pronti ragazzi? Andiamo! Se l’oggetto si trova in quell’edificio, Rick è tenuto prigioniero lì. Sono sicura che quando siamo partiti dalla casa della Gates fosse al suo polso. Mi ha tormentato la schiena per tutto il viaggio di ritorno, mentre Rick mi abbracciava...”.

 

 

Sophia sgranò gli occhi ancor di più: “Quindi stai cercando di dirmi che siamo stati fregati da una stupida applicazione? Anni di segretezza e di raggiri annullati da una specie di antifurto? È pazzesco! È folle! Se lo avessi immaginato ti avrei ammazzato all’istante maledetto impiccione ficcanaso!” e puntò la pistola verso la brandina dove Castle era ancora inerme.

Kate si spostò di colpo verso la possibile traiettoria del colpo della donna, ma non sparò. Cercò, al contrario, di attirare nuovamente la sua attenzione: “Lascialo in pace, ricordati che il tuo nemico sono io! Sono io quella armata! Parla con me..”.

Sophia urlò: “Non ho nessuna intenzione di parlare ancora con te. Devo mettermi in salvo ed avvertire il mio capo della vostra trappola!”.

“Non fare mosse azzardate o sarò costretta ad ucciderti”.

“Se non lo farò prima io..” sibilò l’ex agente della Cia serrando l’impugnatura della pistola e perfezionando la mira contro Kate.

Un improvviso freddo, però, si impadronì della sua nuca e quando sentì pronunciare alle sue spalle la frase: “Non credo proprio che lo farà”, si rese conto di essere sotto tiro.

Victoria Gates, spuntata come sempre dal nulla, la disarmò immediatamente in modo che Beckett potesse allentare la tensione sulle braccia, poi la condusse verso la sedia, dove fino a poco tempo prima era prigioniero Castle, e la legò in modo che non riuscisse a scappare.

In pochi minuti la situazione iniziale si era totalmente capovolta. 

 

 

Angolo mio

Buonasera a tutti! Non sono scomparsa, ma non ho molto tempo in questo periodo..

La situazione è sempre in stallo, ma ho cercato di mandare a posto qualche pezzo del rompicapo che mi ero creata da sola.. hihihi

Spero che la storia vi piaccia sempre!

Grazie a tutte!

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Capitolo 18
*** Una trappola per il drago ***


Una trappola per il drago

Siccome sono mesi che non pubblico più, per problemi lavorativi, ho deciso di mettere un piccolo riassunto per chi giustamente, a causa del troppo tempo trascorso, non si ricorda più tutta la vicenda.

 

Un brutale omicidio scuote il dodicesimo: una giovane ragazza viene trovata uccisa, massacrata di botte, in un vicolo. Il caso viene affidato dal capitano Gates a Kate Beckett, poiché è stata direttamente sfidata dall’assassino, ma si rivela complicato. Incomprensibilmente Castle confessa l’omicidio. Per Kate è uno schock, ma ancora non immagina che sotto ci sia una macchinazione del drago per farle del male e che Rick stia solo cercando di proteggerla. Così, con l’aiuto inaspettato del capitano Gates, riesce a farlo evadere dal carcere, mentre la squadra continua a cercare indizi della sua innocenza e a catturare il vero killer. Castle e Beckett, in un primo momento si nascondono, ma quando decidono di rientrare in città, il veicolo su cui Castle viaggia viene speronato dagli uomini del drago, l’uomo viene rapito e condotto in un nascondiglio. Nel frattempo una Kate disperata riesce a conoscere finalmente una parte della verità sull’omicidio della madre e, dopo un’indagine personale, riesce a comprendere la vera identità del drago e, di conseguenza, a rintracciare il luogo dove Rick è tenuto prigioniero da Sophia. Lo scontro tra il bene e il male è appena cominciato.

 

Ora vi auguro buona lettura!!!

 

UNA TRAPPOLA PER IL DRAGO

 

 

Kate corse immediatamente al capezzale di Rick e d’istinto gli passò una mano sulla fronte. Era decisamente caldo. Lo accarezzò sul viso e gli sussurrò amorevole: “Stai tranquillo, andrà tutto bene. Ora chiamo un’ambulanza e ti faccio portare in ospedale. Tra pochi minuti sarai al sicuro e starai meglio”.

L’uomo nell’ascoltare quelle parole, si forzò e riuscì ad apre gli occhi appena appena.  Quando la vide accanto a sé, il cuore tornò a martellargli nel petto. 

Ormai era un riflesso incondizionato del suo essere: era innamorato perso di quella donna. Non gli importava come sarebbe finita quella storia, se avrebbe dovuto pagare un prezzo alto, ma non poteva morire senza rivedere ancora una volta i suoi magnifici occhi.

Cercò la mano della sua compagna e gliela strinse  forte: “Ti ho sentita sai? Sei bellissima in versione wonder woman, ma non andrò da nessuna parte senza di te..”.

Kate lo zittì: “La smetti di preoccuparti per me? Sta tranquillo, so badare a me stessa. Ti raggiungerò appena possibile, ma prima devo incontrare una persona”.

L’uomo scosse la testa e rispose sicuro: “Non ti lascerò qui in questo momento. Non me lo perdonerei mai..”.

La donna cercò di rassicurarlo ancora una volta: “Non sarò sola, come puoi vedere. Lei non mi permetterà di fare colpi di testa mia e di cacciarmi nei guai” e guardò nella direzione della Gates.

Il capitano, ancora intenta nel tener d’occhio Sophia, colse con un attimo di ritardo la sua richiesta d’aiuto silenziosa, poi annuì: “Ci può scommettere sopra detective. Stia tranquillo signor Castle, gliela riporterò sana e salva, parola d’onore. Non ho mai permesso a nessuno dei miei uomini di morire in servizio, figuriamoci se mi farò rovinare la carriera dalla sua bella!”.

Rick annuì debolmente, ma non parve del tutto convinto dal discorso delle due donne. Sapeva bene che Kate avrebbe fatto di tutto per cercare di rassicurarlo, ma tra il desiderio di chiarire una situazione e il non cacciarsi nei guai, c’era una bella differenza.

Non era di certo uno stupido. Se stavano cercando di attirare il drago in una trappola, dovevano stare attente, quell’uomo aveva già dimostrato più volte di saper elargire fiammate inaspettate e di ribaltare la situazione a suo favore.

E lui se ne sarebbe dovuto andare lasciandola lì?

Non se ne parlava neanche.

Era o non era il famoso Richard Castle, lo scrittore più disubbidiente del pianeta? Non le sarebbe state a sentire, lui voleva essere della partita e cercò di rimettersi in piedi.

Nel vedere ciò che l’uomo stava facendo, Kate gli posò una mano sul torace nel vano tentativo di farlo coricare di nuovo: “Tesoro, no. Sei troppo debole, resta disteso. Ti ripeto tra poco arriveranno i soccorsi. Non sforzarti”.

L’uomo, però, non l’ascoltò, si mise a sedere,  la guardò dritta negli occhi e, posandole le mani sul viso per accarezzala, disse: “Non ti ho ancora materialmente sposato Kate Beckett, ma tempo fa ho giurato a me stesso che ti sarei rimasto accanto nel bene e nel male. Quindi non riuscirai a convincermi. Io resto qui con te. Perciò attiriamo quel farabutto e sbattiamolo in galera al più presto”.

Kate arrossì visibilmente e mise un dito sulla bocca del suo uomo come a zittirlo. Per quanto fosse stata onorata da quella frase, si era sentita in imbarazzo. Era molto riservata nei suoi sentimenti, ma lo ringraziò mandandogli un bacio di sfuggita. Quell’uomo meraviglioso sapeva sempre quali corde del suo animo toccare: “Ok, come vuoi, ma farai tutto ciò che ti dico. Non rischierei la vita senza motivo”.

Castle annuì.

“O signore del cielo, siete nauseabondi. La finite con tutto questo miele? Non sei mai stato un sentimentale Richard, per quel che mi ricordo andavi direttamente al sodo. Siete patetici..”.

Sophia aveva appena distrutto il loro momento magico.

Rick si voltò verso di lei e, incrociandone lo sguardo, sentì un sentimento di tristezza salire nel suo cuore. Quella donna non aveva mai provato veramente cosa significasse amare, se parlava in quel modo. Nonostante avesse fatto loro del male e lo avesse ripetutamente ingannato, non poté non provare compassione per lei.

La Gates, al contrario, la guardò torva e, fissando Kate con aria seria, rispose: “O la interroghiamo subito o questa io la imbavaglio. Non la tollererò un minuto di più. Riesce ad irritarmi come nessun altro al mondo..”

Rick per un attimo trasalì, forse il rapporto amore- odio con la Gates stava cambiando, visto che aveva appena sentenziato che esisteva qualcuno più odioso di lui, ma fu prontamente smentito dalla donna che aggiunse strizzando l’occhio: “Tranne lei signor Castle, è ovvio”.

Nel frattempo Kate si alzò in piedi, si avvicinò alla donna legata e, fissandola direttamente negli occhi, la minacciò: “Il mio capo ha ragione, è venuto il momento che tu dica qualcosa di utile al posto delle tue continue illazioni e minacce. Stasera io parlerò con il drago che ti piaccia oppure no e non sarai di certo tu a fermarmi. Sta a te decidere se aiutarmi oppure no..”.

“Mai” rispose sicura Sophia in tono di sfida.

La giovane detective decise di giocarsi un ulteriore carta del suo mazzo: “Non ti conviene metterti contro di me, Sophia, potrei ancora esserti utile. Io potrei intercedere col procuratore per te e la tua pena sarebbe mitigata. Non rimanere schiacciata dalla distruzione del regno del terrore del tuo capo, accogli la via di fuga che ti sto offrendo”.

Sophia la guardò in cagnesco, non aveva creduto a una sola parola: “Stai bleffando mia cara,  non sono una stupida. Tu non dirai niente in mio favore, una volta che ti avrò aiutata mi farai marcire in galera senza nessun ripensamento.”.

“No, Sophia. Io non sono come lui. Io mantengo sempre la parola data. Ti posso giurare su ciò che ho di più caro al mondo che lo farò, parlerò col procuratore”.

Un ghigno malefico nacque sul volto della donna: “Non mi sono spiegata bene allora. Non sto dicendo che sei una bugiarda, ma sono pronta a scommettere che sotto tre metri di terra avrai delle difficoltà a proferir parola. Tu non te ne vuoi rendere conto, ma sei morta Kate. Lui non ti lascerà mai vincere!”.

Kate sorrise debolmente: “Questo è ancora tutto da vedere. Non riuscirà ad avere la meglio, quando sarà davanti a me”.

“Sei un’illusa.”

“Staremo a vedere..” concluse Kate. Quella discussione finiva lì, purtroppo non avrebbe ottenuto niente da lei.

Così, si voltò nella direzione del suo capitano e del suo uomo, che con  non poca fatica si era avvicinato ulteriormente a loro, e comunicò quali sarebbero state le sue prossime mosse. “Credo che sia chiaro, dobbiamo riuscire ad attirare qui il drago senza il suo aiuto. Capitano io avrei un’idea, ma deve assicurarmi che il procuratore è dalla nostra parte”.

“Non è stato facile Kate, ma, come le ho già spiegato mentre venivamo qui, abbiamo carta bianca. Dobbiamo incastrarlo a 360 gradi però, o ne andrà delle nostre carriere. La sua storia è credibile e veritiera, ma vuole essere sicuro che arriveremo sino in fondo. Non deve esserci nessun dubbio sulla sua colpevolezza”.

La giovane donna annuì: “A quello ci penserò io, non deve preoccuparsi. Ora staniamolo”.

Si voltò verso il suo amato: “Rick, ho bisogno del recapito del giornale dove lavorava Lucy. I suoi colleghi saranno ben disposti a renderle giustizia e saranno dalla nostra parte. Noi faremo in modo che un notiziario trasmetta un’edizione straordinaria del telegiornale, dove si dice che ti sei costituito alle forze dell’ordine, ma nello stesso tempo, sei riuscito a provare la tua innocenza portando alla nostra attenzione delle prove schiaccianti che coinvolgono qualcuno di altrettanto famoso..”.

 L’uomo continuò la frase per lei : “In questo modo sarà costretto a mettersi in contatto con Sophia, poiché lui sa perfettamente che, in realtà, sono tenuto prigioniero qui e che non posso trovarmi in nessun distretto di polizia. Quando non riuscirà nel suo intento, sarà costretto a venire a constatare di persona cosa sta accadendo e.. sorpresa! Ci saremo noi ad aspettarlo!”.

“Ci sarò Io ad aspettarlo, mi hai promesso di stare buono..” precisò la giovane donna.

 “Odio quando distruggi il mio ragionamento in questo modo, ma va bene. Una promessa va sempre mantenuta..”.

La Gates li osservava interdetta, ora comprendeva perfettamente i discorsi fattali dal resto della squadra in precedenza. Quando quei due ragionavano insieme non c’era possibilità di dissuaderli per neanche un secondo. Erano proprio bellini!

Kate, nel frattempo, si era allontanata di qualche passo da loro, aveva bisogno di riordinare un’ultima volta le idee prima di agire.

 Era un piano decisamente rischioso, lo sapeva, ma era venuto il momento di sfoderare tutto il suo coraggio.

Prese il telefono e, letto il numero dell’emittente televisiva sul cellulare di Rick che aveva portato con sé, inoltrò la telefonata.

Un unico pensiero le stava martellando nella mente: “Vieni da me, caro drago, è il momento di spegnere per sempre le tue fiamme”.

Come auspicato i colleghi e il direttore furono ben felici di collaborare con loro quando ebbero la conferma che non ci sarebbero state ripercussioni legali nei loro confronti. Quella era un’indagine della polizia di New York, non c’era nulla di illegale.

Kate si avvicinò all’unica finestra nella stanza e guardò fuori.  La prima parte del loro piano era finita, ora dovevano solo aspettare. La città sembrava tranquilla a quell’ora, ma lei sapeva bene che quella era solo apparenza: la quiete prima della tempesta.

Stava sistemando alcuni documenti sulla scrivania del suo studio, quando sentì la moglie chiamarlo dalla sala accanto. Si arrabbiò, possibile che quella donna dovesse sempre avere bisogno di lui nel momento sbagliato?

Aveva molto lavoro da fare, dover controllare due vite completamente diverse l’una dall’altra necessitava di notevole impegno e di una precisa organizzazione. Non aveva il tempo per essere disturbato.

Fece finta di nulla nel vano tentativo che la donna si calmasse e lo lasciasse in pace, ma l’ennesimo richiamo lo convinse a scoprire qual era l’evento così urgente che aveva interrotto i suoi affari.

Quando arrivò nel salotto trovò la televisione accesa: il normale palinsesto televisivo era stato interrotto da un’edizione straordinaria del telegiornale. Oltre ai soliti aggiornamenti sulla guerra in Iraq e l’andamento discordante delle borse mondiali, l’avvenimento più eclatante della giornata sembrava essere un fatto di cronaca.

Richard Castle, il famoso scrittore di gialli, si era appena costituito alla polizia di New York riuscendo a dimostrare la sua estraneità ai fatti di cui era accusato. Il particolare rimarcato dalla giornalista bionda, che parlava dallo schermo, era la sua decisione di non recarsi al dodicesimo distretto, come se volesse escludere le persone di cui si fidava, fino a poco tempo prima..

L’uomo fissava il televisore sbigottito.

Qualcuno doveva aver sparato un gas allucinogeno sulla città a sua insaputa: quella notizia era una bufala grande quanto la Statua della Libertà.

Oppure no?..

Una vocina gli insinuò il tarlo del dubbio nell’animo.

Si sentì uno stupido. Certo che era una bugia!!

Richard Castle era nelle sue mani, o meglio, in quelle dei suoi fidati collaboratori.

Sicuramente non poteva trovarsi in un distretto di polizia a sua insaputa.

Almeno lo sperava. Altrimenti avrebbe dovuto innescare una serie di avvenimenti alquanto sgradevoli per poter rimanere nell’anonimato e chi lo aveva tradito l’avrebbe pagata cara.

Doveva accertarsi di avere la situazione sotto controllo..

Non ascoltò minimamente i commenti della moglie accanto a lui: “Io lo sapevo che non poteva essere colpevole. Un uomo come lui.. Un grandissimo scrittore non poteva essere una cattiva persona. Qualcuno sta solo cercando d’incastrarlo, poveretto..”.

L’uomo alzò gli occhi al cielo, come poteva aver sposato una donna così ingenua?

Non si era mai resa conto della sua doppia vita. Che stupida..

Ora, però, non aveva il tempo di rimuginare sulla sua esistenza, doveva telefonare a Sophia così,  si sarebbe accertato che tutto procedeva secondo i loro piani e avrebbe potuto continuare il suo lavoro.

Senza salutare la moglie si chiuse nel suo ufficio e, preso dalla scrivania il suo secondo telefono, quello che utilizzava solo quando indossava la maschera del drago, cercò di mettersi in contatto con l’ex agente della Cia.

La linea era libera, ma nessuno sembrava voler rispondere dall’altra parte.

In un primo momento pensò che la donna fosse impegnata in un ulteriore interrogatorio col prigioniero, ma dopo la terza telefonata a vuoto, dentro di lui incominciò a salire un leggero sentimento d’ansia.

Qualcosa non tornava.

Dove si era cacciata quella maledetta?

Riprovò una quarta volta, ma la conversazione restò ancora muta.

Non poteva crederci. Cosa era accaduto al covo?

Quello scrittore da strapazzo era riuscito a fuggire per davvero?

Maledizione, se era così, la situazione si era decisamente complicata.

Raccolse velocemente il cappotto dalla sedia e si preparò ad uscire.

Qualunque cosa fosse accaduta, lui avrebbe trovato la soluzione. A costo di uccidere lo scrittore con le sue mani, non gli importava nulla se si trovava in un commissariato. Lui aveva il pass par tout per qualunque posto. Ci avrebbe messo poco meno di un secondo a ritrovarlo e a chiudere quella faccenda una volta per tutte.

Quando chiuse il portone di casa alle sue spalle e si incamminò per la strada, l’oscurità della notte avvolgeva ogni cosa.

Nessuno lo notò, nessuno lo ostacolò, ma lui non si stupì.

Un ombra nera e marcia come la sua si mimetizzava benissimo nella notte.

 

 

 

Angolo mio

Ecco qua, Kate ha lanciato una trappola al drago. Ha giocato la carta dell’astuzia.. Sara la mossa giusta?

Il drago è entrato in scena di persona, non è più solo una presenza che aleggia sulle loro teste, ora è diventato reale.  Chissà se ha abboccato all’amo o se si immagina qualcosa.. Mah, vedremo..

Grazie a chiunque leggerà e avrà voglia di lasciarmi un commento, ma anche a chi solo leggerà.

Un grazie speciale stavolta va a Rebecca, che ha avuto la pazienza di ascoltarmi una sera di mio totale sconforto e mi ha tirato su il morale, oltre che a correggermi gli errori d’ortografia che mi sfuggono, naturalmente! Grazie davvero.. <3 <3

Grazie mille anche alla Mari e a Marta  che leggono in anteprima e mi danno i loro commenti, così riesco ad andare avanti!

Ora vado… Ops è quasi più lungo l’angolo che il capitolo.. 

 

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Capitolo 19
*** Faccia a faccia ***


Faccia a faccia

FACCIA A FACCIA

 

 

Dentro all’edificio proveniva solo un silenzio surreale, intensificato dalle tenebre che avvolgevano il tutto.

Tutte le luci erano state spente per preciso volere della poliziotta. L’unico chiarore visibile era un sottile raggio di luna che risplendeva sul viso di Kate.

Era in piedi, appoggiata al muro e con lo sguardo scrutava la strada in attesa dell’arrivo del suo peggior nemico.

Era passato diverso tempo  da quando la falsa notizia della resa di Rick era stata trasmessa dalla televisione. Era certa che il drago si sarebbe mosso immediatamente, ma così non era stato.

Dell’uomo nessuna traccia. Si rese conto di essere troppo impaziente, quel maledetto non poteva scoprire le proprie carte senza prendere alcune precauzioni e sicuramente lo stava facendo.

Dentro al suo cuore rimaneva la certezza del suo prossimo arrivo. Sperava prima dell’alba, poiché se il giorno li avesse raggiunti troppo in fretta, l’effetto sorpresa da lei ideato sarebbe risultato nullo.

Rick si avvicinò alla sua compagna e, approfittando dell’oscurità, le strinse una mano. Voleva ricordarle che non era sola in quei momenti, lui era lì solo per lei.

La giovane donna non si voltò, ma  rispose al suo gesto incrociando le sue dita con quelle dell’uomo.

Si sentiva tranquilla con Castle accanto, anche se considerava ancora una follia non essere riuscita a convincerlo a raggiungere un ospedale.

Non dissero una parola, non ne avevano la forza, ma quel gesto significava già tutto per loro. Doveva rimanere all’erta, la situazione poteva cambiare da un momento all’altro.

“Becks, tutto ok? Novità in vista?”.

La voce di Esposito nell’auricolare la fece sussultare. Aveva dimenticato che i suoi amici l’avevano raggiunta dopo aver accompagnato il killer al distretto, arrestato mentre faceva la guardia all’edificio qualche ora prima. Le prove trovate da Lanie avevano permesso il confronto e, accertata la corrispondenza, era stato convalidato il suo fermo. A operazione conclusa si sarebbero occupati anche di lui.  Ormai non costituiva più un problema.

Ora, l’intera squadra era nascosta nell’edificio per aiutarla ad ottenere giustizia. 

“No Espo, ancora niente. Forse non ha mangiato la foglia..” sussurrò con un pizzico di rassegnazione nella voce.

L’uomo, però, non emise alcun suono. Kate si irrigidì e lo chiamò: “Espo..”.

Nessuna risposta.

La donna ripeté più forte: “Espo..”.

Finalmente udì il suono della voce dall’amico, ma era poco più di un sussurro: “Credo che tu ti stia sbagliando Kate. C’è cascato in pieno..”.

“Come fai a dirlo?”.

Immaginò il suo sguardo illuminarsi e ogni muscolo del suo corpo tendersi per essere pronto all’azione: “Perché è appena entrato nell’edificio da questa porta. Sta venendo nella vostra direzione..”.

Kate si irrigidì e istintivamente posò una mano sulla fondina legata alla sua vita accarezzando il calcio della sua pistola: “Nessuno lo fermi, lui è mio. Lasciatelo raggiungere la nostra stanza. Vediamo come reagisce nel vedere la sua preziosa alleata legata in nostro potere”.

“Ai tuoi ordini Kate! Siamo con te!”. La voce di Esposito era carica di rispetto.

La donna lo abbracciò con la mente, era davvero un amico speciale.

Guardò nella direzione di Sophia che la fulminò con lo sguardo, ma non riuscì a proferir parola poiché il bavaglio, sistematole sulla bocca, con enorme soddisfazione dalla Gates, era ben stretto.

Poi, all’improvviso, un’altra voce le giunse alle sue orecchie: “Kate si ricordi cosa ha promesso. Se la situazione dovesse sfuggirle di mano interverrò, non la lascerò compiere dei gesti azzardati. Lei è sempre sotto la mia responsabilità. Ha la mia fiducia illimitata, ma non dimentichi: faccia in modo che lo scrittore non decida di fare l’eroe, piuttosto leghi anche lui!”.

La Gates aveva cercato di sdrammatizzare, ma la giovane donna non colse l’ironia della frase, era troppo coinvolta: “Certo capitano. Non si preoccupi”.

“In bocca al lupo Kate”.

Quella frase proprio non se l’aspettava, ma le scaldò un poco il cuore.

Quello era un augurio quasi da madre, sicuramente non da capo. Chiunque altro non gli avrebbe permesso di far tutto da sola. Tra loro, ormai, si era instaurato veramente un rapporto speciale.

Sapeva di dover affrontare l’ostacolo più grande della sua vita, ma voleva farlo da sola. Lo aveva sempre desiderato e, finalmente, quel momento era arrivato. Non poté non essere attraversata da una potente scarica d’adrenalina delle vene.

Si voltò verso Rick e gli fece promettere di rimanere fermo al suo posto, nascosto dietro all’armadio, non doveva muoversi da lì per nessun motivo. L’uomo acconsentì, ma prima che la donna potesse muoversi,  le prese il volto tra le mani per un secondo le donò un rapido bacio al quale Kate rispose con tutto il suo cuore. 

Quando la giovane donna nascose dietro allo stipite della porta, allontanandosi da lui e mimetizzandosi al meglio nell’oscurità della stanza, nella sua mente riecheggiò la frase: “Solo se non sarai in pericolo amore mio, altrimenti nessuno mi impedirà di venire in tuo soccorso. Uscirai viva da questo edificio, come è vero che ho scritto 28 best seller”.

Il tempo sembrava non passare mai ed il silenzio assordante rimbombava loro nella testa.

Dove diavolo si era cacciato il drago?

Mentre  cercavano di venire a capo di questi pensieri udirono il cigolio della porta che si apriva e l’ombra oscura del drago entrare prima del suo corpo. Kate strinse forte l’impugnatura della pistola saldamente ancorata nelle sue mani e cercò di normalizzare il suo respiro.

“Avanti idiota ti decidi ad entrare?”.

I suoi desideri furono presto esauditi poiché l’uomo con un’ampia falcata, vista Sophia legata alla sedia che si dimenava nel vano tentativo d’avvertirlo, si avvicinò verso di lei pronunciando un sonoro: “Che cosa è successo?”.

Kate, accendendo la luce, rispose: “Se vuole posso spiegarglielo io, signor giudice”.

L’uomo ispirò profondamente e si girò nella direzione della donna sfoderando un sorriso malvagio: “Katherine.. Avrei dovuto immaginarlo. Buonasera.. a cosa devo l’onore di questa visita?”.

“ Davvero non lo immagina? Da dove devo partire? Dal rapimento del signor Castle? O ancor prima, dall’omicidio di mia madre? Un giovane avvocato che ha fatto ammazzare in un vicolo, Si chiamava Johanna Beckett..”.

L’uomo continuò a sorridere: “So benissimo chi era sua madre detective. Un omicidio atroce, che ha spezzato il cuore a tutti nell’ambiente. Sono un giudice e devo ammettere  che la conoscevo bene, ho dovuto presiedere processi nelle quali lei compiva egregiamente il suo mestiere. Una donna in gamba che ha avuto una brutta fine. Però, mia cara, io non centro niente con questa storia. Né col presunto rapimento del suo amato scrittore. Per quanto ne so, è fuggito dal carcere ed è ricercato dalla polizia. Non può incolparmi di nulla”.

Kate sentì crescere dentro di lei una profonda rabbia e si ritrovò ad urlare: “Non provi a mentire! Non si azzardi neanche. So tutto. TUTTO. Non può permettersi di raccontarmi ancora delle bugie con me!. La verità mi è stata svelata, ma merito di conoscerla fino in fondo”.

L’uomo rise, mentre si chinò per liberare Sophia: “Mi dispiace molto, ma la sta cercando dalla persona sbagliata e, sequestrando un agente della CIA, sta compromettendo la sua carriera mia cara. Io non ho nulla a che fare con la sparizione del suo fidanzato. Sta agendo in maniera irrazionale, cerchi di calmarsi e troveremo una soluzione”.

Quell’uomo stava cercando di manipolarla per l’ennesima volta e doveva ammettere che era molto bravo. Se lei non fosse stata più che certa di essere stata dalla parte del giusto, ascoltando le sue parole e il tono con cui le pronunciava, qualche dubbio le sarebbe anche venuto. Era un mago dell’inganno. Ora incominciava ad essere chiaro come avesse fatto a nascondersi tutti quegli anni, ma lei non avrebbe permesso di usarla come una marionetta.

Kate lo fermò parandosi tra lui e la donna, costringendolo ad allontanarsi.

“Si allontani da lei e continui a parlare con me” gli intimò.

“Come può pretendere che parli con lei, quando mi sta puntando contro una pistola minacciando la mia vita? Qui c’è solo un grande malinteso da chiarire”.

Sophia tentò di mugolare qualche suono nel vano tentativo di avvertire l’uomo del pericolo che stava correndo, ma Kate con un calcio ben assestato all’altezza delle gambe, la zittì.

Non avrebbe permesso che quella sciocca rovinasse il suo piano proprio adesso.

Se il drago credeva che quell’irruzione fosse solo una sua idea per liberare Rick e che non avesse interpellato i suoi colleghi poliziotti, perché convincerlo del contrario? Doveva fargli confessare l’omicidio di sua madre, solo così avrebbe potuto procedere ad un arresto.

Decise di provare con un approccio meno razionale. Cercando di utilizzare le sue emozioni lasciandole fuoriuscire libere dalla sua anima, magari sarebbe riuscita a smuovere quel briciolo di umanità che era nascosta nel suo cuore.  Così abbassò la pistola.

 Una lacrima le solcò il viso e la sua voce si fece roca dal pianto: “Ascolti sono anni che  porto questo macigno sul cuore, devo sapere perché. Solo così potrò andare avanti, ricostruirmi una vita ed essere una donna come tutte le altre...”.

L’uomo sembrò così sicuro di sé quando si mosse verso di lei, che Kate per un breve attimo pensò che non sarebbe mai riuscita a farlo crollare. Era inutile..

Il drago alzò una mano verso di lei.

Castle dal suo nascondiglio rabbrividì nel vedere quella scena ed era sul punto d’uscire allo scoperto, ma avrebbe rovinato il piano di Kate.  Non capiva dove stesse andando a parare, ma aveva fiducia nella sua donna, sapeva che era in grado di gestire la situazione. Decise di attendere ancora per qualche minuto.

Il drago, intanto, posò  la sua mano sulla guancia della poliziotta e Kate lo lasciò fare. La sua parte razionale era sbigottita e le chiedeva cosa stesse facendo. Non seppe risponderle, ma il suo istinto le suggerì di non scansarsi.

Ripeté per la seconda volta: “Perché ha ucciso mia madre? Perché mi ha inferto un dolore così profondo? Ero solo una ragazzina. Avevo ancora bisogno di lei. Dei suoi baci, delle sue carezze, dei suoi consigli..”.

Pianse ancora e abbassò la testa mentre le lacrime le correvano lungo le guance.  Il drago gliene asciugò una  prima di parlare: “Non è stato personale nei suoi confronti Kate, non volevo arrecarle alcun male, ma sono stato costretto. Sua madre ha riaperto un caso che doveva restare sepolto per l’eternità. Aveva scoperto il vaso di Pandora ed alcuni mali del mondo in cui viviamo si sono riservati all’esterno. Dovevo proteggermi o la  mia carriera di giudice sarebbe stata finita. In fondo stavo ricattando dei poliziotti corrotti che si credevano dei supereroi. In pochi mi avrebbero criticato, ma ho preferito correre ai ripari.  Quando ho dato quell’ordine mi sono sentito morire. Volevo bene a Johanna, ma non ho potuto fare altrimenti. Se solo si fosse fermata in tempo.. Se solo si fosse fermato a riflettere per lui secondo su cosa stava facendo invece d’inseguire un ideale inesistente, la giustizia, forse le cose sarebbero andate diversamente”.

Kate chiuse gli occhi e si sentì catapultata al di fuori dello spazio e del tempo.

Lo aveva ammesso, aveva dato quell’ordine.

Ce l’aveva fatta! Lo aveva fregato. Lo aveva costretto a confessare.

Era stata davvero un’ottima attrice.

Respirò profondamente, quando riaprì gli occhi e rialzò la testa, il suo sguardo aveva una luce nuova: rabbia, determinazione e dolore. Un mix esplosivo.

Nell’istante in cui lo scorse il drago capì di essere caduto nella trappola. Si spaventò e cercò di allontanarsi, ma Kate fu più rapida. Stacco la mano di quell’essere immondo dal suo viso e, con un’abile mossa, gli afferrò il polso facendo roteare il braccio dietro la sua schiena immobilizzandolo.  L’uomo sentì un forte dolore irradiarsi per tutto l’arto e non poté opporre resistenza.

La giovane donna prese le manette dalla sua cintura e gli sussurrò all’orecchio: “Lei è in arresto per l’omicidio di Johanna Beckett lurido bastardo”.

L’uomo era sbigottito.

Era stato ingannato e si era fregato con le sue stesse mani.

Kate stava per procedere materialmente all’arresto, quando improvvisamente perse l’equilibrio e fu costretta a lasciare la presa dall’uomo e la sua pistola cadde rovinosamente a terra.

Qualcuno l’aveva spinta.

 In un primo momento non capì chi poteva essere stato, poi la voce di Sophia giunse alle sue orecchie forte e decisa: “Scappi maledizione, non si è ancora reso conto che è una trappola? Questo edificio è occupato da mezza polizia di New York!”.

Quella maledetta donna era riuscita a liberarsi!  Come aveva fatto?

Il suo disappunto crebbe ancor di più quando cercò la sua arma, ma non la trovò accanto a lei. Immediatamente fu assalita dal terrore che fosse finita nelle sue mani, non tanto per la sua persona, quanto per Rick. Mentre cadeva aveva visto un’ombra accorrere in suo soccorso e non aveva dubbi sulla sua identità.

Rialzò lo sguardo in tempo per vedere con la coda dell’occhio il drago dileguarsi dalla stanza. Quel lurido figlio di buona donna stava scappando veramente! Meno male che si era definito un uomo d’onore. Era solo un codardo.

Rick, nel frattempo, si  lanciò contro Sophia, che stava effettivamente cercando di recuperare l’arma di Kate, impedendole di far loro del male e urlò: “Corrigli dietro tesoro, avanti va! Di lei me ne occupo io!”.

Spinse con un calcio la pistola verso di lei e la giovane donna non se lo fece ripetere due volte: si lanciò all’inseguimento dell’uomo, sparendo lungo una scala tortuosa.

Sophia cercò di liberarsi dalla stretta salda di Castle, ma in un primo momento non ci riuscì, avvantaggiando la detective: “Sei uno stupido Rick, cosa credi di fare? L’hai appena mandata a morire da sola. Senza qualcuno che le guardi le spalle la tua bella è spacciata! Ti credi davvero che quell’uomo voglia solo fuggire? Che sia veramente dispiaciuto per i gesti compiuti in passato? Lui non avrà scrupoli: le tapperà la bocca una volta per tutte non appena ne avrà l’occasione”.

L’uomo, nonostante fosse cosciente del pericolo corso dalla sua compagna, sorrise: “ tu non conosci Kate, la mia splendida donna ha mille risorse..”.

Mentre parlava non si rese conto di aver indebolito inavvertitamente la stretta, e l’ex agente della Cia, con un rapido gesto, riuscì a scivolar via dalle sue braccia.

Un violento capogiro la costrinse a chiudere gli occhi  e un conato di vomito gli serrò la gola. Lo aveva negato a se stesso fino a quel momento, ma il suo stato di salute era veramente critico, e, per un attimo, si chiese se fosse solo d’impiccio in quelle condizioni. Kate aveva ragione nell’insistere a mandarlo in ospedale, ma dentro al suo cuore sentiva di doverla proteggere ancora, almeno finchè avesse avuto aria dentro ai polmoni.

Così con un ultimo immane sforzo, per l’ultima volta, cacciò indietro il suo malessere e cercò di raggiungere la sua spietata vecchia fiamma, sparita anch’essa lungo quel buio cunicolo.

 

Victoria Gates fece il suo ingresso nella stanza correndo. Non appena aveva percepito il pericolo corso dai suoi uomini, aveva abbandonato il suo nascondiglio per raggiungerli.

Non ricordava se avesse impartito ordini al resto della squadra, ma sapeva che non erano certo degli stupidi: la copertura era saltata e l’addestramento impartitogli gli avrebbe fatti muovere nella maniera giusta.

Correva ed aveva il respiro affannato, ma  non avrebbe lasciato morire Rick e Kate. Prima quei farabutti dovevano passare sul suo cadavere. In fondo era pur sempre il capitano e un comandante  affronta sempre le difficoltà di petto, non scappa davanti al pericolo. L’incolumità dei suoi sottoposti doveva venire prima di tutto, era una sua precisa responsabilità.

Brandendo la pistola nel pugno entrò controllando che la situazione non presentasse un pericolo imminente, ma, quando fu al centro della stanza, si rese conto che era deserta.

Di Rick, Kate, il drago e Sophia nemmeno l’ombra. Dove erano finiti tutti?

Scrutò intorno a sé con fare sicuro e finalmente individuò la porta dalla quale dovevano essere scappati. Non la ricordava, probabilmente era una via di fuga alternativa che solo i loro nemici conoscevano. Si erano giocati il loro piano B.

All’improvviso il buio la avvolse: qualcuno doveva aver fatto saltare l’interruttore generale della corrente nell’edificio. Imprecò in silenzio, ora la situazione si era decisamente complicata.

Capì che i loro nemici stavano architettando un piano di fuga e, in un primo momento, sperò che Ryan ed Esposito fossero rimasti nelle rispettive posizioni, cioè a presidiare le uscite, ma il suono di passi alle sue spalle, le confermò di essere in errore.

In pochi istanti i suoi uomini furono dietro di lei: “Capitano cos’è successo? Dove sono finiti tutti?”.

La donna puntò gli occhi verso di loro: “Devono essersi lanciati giù da queste scale. Io li inseguo, voi cercate di ripristinare l’impianto elettrico. Questo stabile al buio può essere più pericoloso di un labirinto. Se non vogliamo finire stesi dobbiamo riuscire a guardare bene cosa stiamo facendo”.

I due la fissarono con occhi interrogativi, quello che la donna stava comandando loto era un azzardo. Scendere quelle scale alla cieca poteva essere una pazzia.

La donna intuì i loro pensieri: “Avanti, questo è un ordine. Se volete aiutare la vostra amica fate quello che vi ho chiesto! Non serve a nulla rischiare la vita tutti quanti. Cerchiamo di unire le forze!”.

Il tono del capitano non ammetteva repliche e i due, anche se non del tutto convinti, tornarono verso la direzione dalla quale erano venuti, mentre la donna iniziò la sua lunga discesa verso le tenebre.

“Spero solo di non trovarmi all’inferno”, pensò.

 

Angolo mio!

Come promesso, aggiornamento veloce! Kate e il drago si sono incontrati... Come andrà a finire? Riuscirà a prenderlo? Mah, chi lo sa.. A presto

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Capitolo 20
*** Nell'oscurità... ***


Nell'oscurità...

NELL’OSCURITA’…

 

 

Quando il buio la colse, aveva già terminato la discesa ed aveva decisamente il fiato corto.

Per essere un uomo di mezza età il giudice sapeva il fatto suo, il fisico non lo aveva tradito di certo.

Era riuscita a capire a malapena dove si trovava: un enorme garage. Il fuggiasco si era precipitato verso il lato sinistro di quell’enorme spazio, probabilmente diretto ad un’uscita nascosta, e lei si era messa di nuovo al suo inseguimento quando tutto era diventato  nero.

Si era bloccata all’istante mentre i suoi sensi cercavano di abituarsi alla nuova situazione. Era pronta a scommettere che fosse colpa di Sophia. Quella maledetta donna stava cercando d’agevolare la fuga del suo capo in ogni modo. Non si capacitava ancora dell’odio sempre crescente nei suoi confronti. Fin dal primo istante aveva cercato di ferirla, raccontando cose non vere sul passato di Rick cercando d’insinuare molti dubbi nella sua testa. Lo aveva descritto come un uomo incapace di una storia seria, aveva cercato di scoraggiarla. Ora voleva vederla morta e stava tirando fuori il peggio di sé.  Le faceva un po’ pena, era davvero insicura di se stessa per dover utilizzare simili trucchetti per esternare la sua di gelosia.

Nonostante simili pensieri le passassero per la mente, Kate rimase concentrata. 

Si mosse nell’oscurità con circospezione, lentamente, ben attenta a non fare il benché minimo rumore. Era nella tana del lupo ed era sicuramente sotto tiro. Il fattore ambientale la svantaggiava, ma il suo istinto ed il suo addestramento da poliziotta le vennero immediatamente in aiuto.

Capì quanto fosse inutile cercare di vedere subito nell’oscurità, gli altri sensi dovevano aiutarla. Così chiuse gli occhi e cercò di normalizzare il respiro in modo che il suo udito potesse lavorare meglio.

Per alcuni infiniti secondi sentì solo l’alzarsi e l’abbassarsi della sua cassa toracica, poi incominciò a percepire anche alcuni rumori estranei a se stessa.

Riuscì ad individuare un leggero fruscio, come se qualcuno stesse strisciando lungo una parete. Cercò d’andare nella medesima direzione senza far molto rumore, ma i suoi adorati tacchi la tradivano. Il suono prodotto era troppo nitido e rischiava di essere scoperta. Non poteva muoversi in quelle condizioni.

Infatti,  qualcuno aveva percepito la sua presenza, si era bloccato e il silenzio riempì nuovamente la stanza. Entrambi dovevano architettare un nuovo piano.

Decise di abbandonare momentaneamente le scarpe dove si trovava, non poteva dar alcun punto di riferimento se voleva sopravvivere. Nell’istante in cui i suoi piedi toccarono il pavimento, però, un brivido di freddo le si irradiò per tutto il corpo.

Era solo per il contatto con la superficie gelata o la paura stava avendo il sopravvento su di lei rendendola vulnerabile?

Si rese conto di dover assolutamente controllare quel mix esplosivo dentro se stessa e ritornò a contemplare il vuoto. Una volta qualcuno le aveva detto che a poco a poco gli occhi si abituano all’oscurità, che si riesce a scorgere qualcosa dentro di essa, ma più i minuti passavano, più Kate maturava l’idea che fosse solo una diceria.

Si sentiva intrappolata in un labirinto senza fine.

Quella sensazione, però, non la sconvolgeva più di tanto, in fondo vi si trovava quasi a suo agio. La percepiva come famigliare, poiché realizzò in quel momento che, in fondo, tutta la sua vita, da quel terribile giorno di dieci anni prima, era semplicemente stata la continua ricerca della luce per uscire da quell’indescrivibile notte che era calata dentro di lei.

 Nella sua vita ora era apparso Rick, unico raggio di sole ad indicarle la via da percorrere e sapeva che l’avrebbe aiutata ad uscire da quel tunnel ed insieme sarebbero stati felici. In quella stanza, al contrario, doveva appigliarsi solo alle sue sensazioni e alle sue forze.

Dove si era cacciato quell’uomo?

Di certo non poteva essere sparito. Ancora una volta si stava nascondendo nell’ombra, cercando il modo di far perdere le sue tracce. Sicuramente  non era ancora riuscito ad uscire di lì dentro o avrebbe intravisto qualcosa, forse si stavano girando intorno più vicino di quanto entrambi potessero immaginare.

Al solo pensiero un altro brivido la percorse da capo a piedi.

“Avanti Kate, stai calma. Va tutto bene, respira. Non sei sola, i tuoi amici e tua madre sono con te nascosti nel tuo cuore, rimani concentrata”, cercava di farsi coraggio la giovane donna.

Improvvisamente un rumore di passi risuonò dietro la sua schiena: qualcun’altro era sopraggiunto là sotto.

Erano i suoi amici o qualche alleato del drago?

 Avrebbe voluto parlare per verificarlo, ma avrebbe compromesso la sua posizione e si sarebbe trovata allo scoperto. Quella situazione di stallo non doveva essere interrotta. Avevano tutti troppo da perdere: un piccolo rumore sbagliato, un errore di valutazione o semplicemente un suono avrebbe potuto scatenare l’Apocalisse.

Fece un passo indietro, trattenendo il respiro e la sua schiena toccò la superficie fredda di un muro. Bene, almeno doveva solo assicurarsi che il pericolo non provenisse dal davanti, aveva le spalle coperte.

Sentì riecheggiare nuovamente alcuni passi alla sua sinistra e, dopo alcuni istanti, udì un’imprecazione trattenuta. Il nuovo arrivato aveva urtato qualcosa, o non si era trovato davanti a qualcuno.

Ma cosa? O chi?  Lei non si era accorta di nulla, ma non avrebbe saputo garantire di aver seguito lo stesso percorso. In fondo si stava muovendo a caso, probabilmente in tondo, verso la sua destinazione sconosciuta. Magari aveva semplicemente inciampato nelle sue scarpe.

Improvvisamente si rese conto di sentire il leggero rumore di un respiro avvicinarsi, quel qualcuno stava muovendosi contro il muro e presto l’avrebbe raggiunta e scoperta.

Tremò, ma nello stesso tempo si preparò ad affrontare l’eventuale nemico. Non le era mai mancato il coraggio, lei era una vera tigre. Roy l’aveva sempre soprannominata così e adesso era venuto il momento di dimostrarlo. Non l’avrebbe di certo deluso.

 Strinse se possibile ancor più forte l’impugnatura della pistola e la puntò nel vuoto nella direzione del fruscio.

Lo sentì avvicinarsi, passo dopo passo ed in poco tempo le era praticamente attaccato. Quando stavano per sfiorarsi, però, lo sconosciuto cambiò direzione senza motivo apparente. Si spostò in avanti a piccoli e veloci passi, ben presto fu lontano da lei.

L’aveva vista? Quasi sicuramente no, la sua attenzione era stata attirata da qualcos’altro.

Solo lei non riusciva a muoversi da quella posizione?

Stava per darsi l’ennesima risposta negativa, quando un piccolo luccichio interruppe quel motivo oscuro. Si spostava lento e fugace nel medesimo tempo, sicuro ed incerto. Se non fosse stata certa di essere in luogo chiuso, avrebbe scommesso che fosse il volteggiare di una lucciola. Certo non era facile incontrare quell’animaletto a New York, ma ebbe la strana sensazione che quella lieve lucina fosse lì per aiutarla.

Non capì mai il motivo, ma seppe che era così. Non aveva mai creduto agli eventi soprannaturali, ma qualcuno lo stava indicando nel buio le stava indicando la via da seguire.

Il drago doveva trovarsi proprio dove quel piccolo chiarore si era fermato.

Si dimenticò della terza persona presente in quel magazzino, la partita era solo tra loro due, nessuno si sarebbe messo in mezzo.

Doveva coglierlo di sorpresa, in qualche modo. Avanzò verso di lui, fiera proprio come l’animale al quale l’avevano spesso paragonata. Era a caccia e i felini sono sempre più scaltri delle loro prede. Non avrebbe potuto sfuggirle.

Quando gli fu addosso si rese conto che l’uomo le dava la schiena. Era riuscita a non farsi sentire, era in una posizione di vantaggio assoluto: il drago non si era assolutamente accorto del suo arrivo. Lo avrebbe arrestato di lì a pochi secondi.

Non poteva ancora credere che stesse per accadere. Dopo tutti quegli anni ce l’aveva fatta.

Fece scivolare la mano libera lungo il suo fianco per cercare le manette e ben presto le sue dita furono a contatto con la superficie metallica.

Mosse le gambe per compiere l’ultimo passo, quello decisivo e, appoggiata la pistola contro la sua schiena, mormorò al suo orecchio: “Come ho già detto prima, lei è in arresto gran figlio di puttana. Non credo che vorrà nuovamente cercare di scappare o si ritroverà un colpo di pistola nello stomaco e potrebbe avere una morte lenta e dolorosa. Non cerchi nemmeno di metterlo in dubbio, perché sarei in grado di farlo. Non osi provocarmi”.

Sentì le spalle dell’uomo rilassarsi: “Non lo farei mai poiché credo ciecamente nelle tue parole Kate. Fa quello che devi fare, non avere timore”. 

La sua reazione colpì la donna, possibile che accettasse così di buon grado una sconfitta? Non volle perdere troppo tempo a rifletterci su  e fece scattare le manette attorno ai polsi dell’uomo.

Non appena ebbe portato a termine l’operazione un urlo lancinante trafisse il silenzio mistico di quel luogo. Di scattò girò la testa nella direzione dalla quale era provenuto. Sapeva chi era, non doveva pensarci, il suo cuore aveva conosciuto immediatamente quella voce.

Il capitano Gates.

Cosa stava accadendo?

Non ebbe quasi il tempo di rendersene conto, ma, mentre formulava quel pensiero, il magazzino fu illuminato da una luce improvvisa che la accecò per qualche secondo. Qualcuno era riuscito a far ripartire l’impianto sapeva di dover ringraziare mentalmente i suoi amici.

La loro squadra era perfetta, il motto “uno per tutti, tutti per uno” li rappresentava in pieno. Doveva ricordarsi di ringraziarli e di offrir loro una cena se fossero usciti incolumi da quell’edificio.

 Ciò che vide, però, la scosse. La Gates era sopraggiunto e aveva iniziato una lotta fredda con Sophia. Pistole in pugno, entrambe si minacciavano senza indietreggiare di un passo.

L’improvvisa comparsa della luce doveva averle colte di sorpresa e stavano cercando il modo di prevalere l’una sull’altra.

Kate, indecisa sul da farsi, guardò in entrambe le direzioni, dove l’assassino di sua madre si stava dileguando o dove si stava svolgendo la partita di roulette russa tra le due donne, ma la decisione che le si prospettava davanti era tutt’altro che semplice.

Rincorrere il drago o accorrere in aiuto della donna?

Fu la stessa Iron Gates a suggerirle la soluzione: “Detective non si lasci sfuggire quel mascalzone, qui ho la soluzione sotto controllo! Vada!”.  

Il giudice, nel frattempo, aveva cercato di recuperare la sua libertà lanciandosi verso una direzione imprecisata della stanza. Kate allora cercò di raggiungerlo. Corse a per di fiato verso la porta, da dove era sparito l’uomo.

Avrebbe esaurito le ultime energie rimaste, non si sarebbe risparmiata, ma questa volta avrebbe vinto lei. Nelle sue orecchie aveva ancora il suono delle parole del suo capitano che le intimava l’azione. Non poteva deludere chi le voleva bene, non questa volta.

Si incuneò in uno stretto tunnel senza illuminazione che diveniva sempre più buio a mano a mano che procedeva. Lasciò il garage e la contesa delle due donne alle sue spalle e, dopo qualche secondo, non riusciva neanche ad intuire le loro voci.

Ad un tratto, però, quando stava per raggiungere il fuggiasco, quando lo aveva praticamente davanti a sé e sarebbe bastato allungare una mano per toccarlo, qualcosa dentro di lei si ruppe.

Una strana sensazione si insinuò nel suo animo, divorandola come un tarlo nel legno. Il suo cuore incominciò a batterle nel petto all’impazzata. In maniera diversa, in maniera mai provata prima.

Dovette fermarsi e d’istinto si voltò pensando a ciò che si era lasciato alle spalle.

L’ansia l’aveva colta impreparata, non poteva avere un attacco di panico in quel momento, non poteva assolutamente permetterselo.

Doveva continuare l’inseguimento.

Era giusto così.

Ma lo era davvero?

 

 

 

 

Era sopraggiunta di corsa dalle scale e si era lanciata nel buio senza esitare.

Qualcuno cercò di aggredirla immediatamente spingendola verso un muro, nel tentativo di immobilizzarla, ma la Gates, con un abile calcio, l’aveva cacciato indietro. Istintivamente quando le sue membra avevano toccato la dura superficie, aveva urlato, ma era stata colta di sorpresa. Assicuratosi di essere al sicuro per il momento, si spostò di qualche passo linearmente, poi decise di cambiare direzione e di spostarsi in avanti. Aveva intravisto qualcosa proprio di fronte a lei, forse il suo stesso assalitore.

Si scostò di lato e si nascose dietro a ciò che doveva essere una colonna, per non subire ulteriori attacchi.

Stava ancora cercando di abituarsi all’oscurità ed a prendere confidenza con lo spazio intorno a lei, quando le luci si accesero di colpo. I suoi uomini erano stati molto efficienti.

“Modestamente sono la mia squadra” pensò sorridendo.

Il suo buon umore, però, durò ben poco. Davanti a lei stava una figura ben nota: Sophia. Ma quella lì doveva essere sempre in mezzo ai piedi? Non aveva do meglio da fare che rovinarle la giornata?

Estrasse la pistola dalla fondina nel preciso istante in cui la sua nemica fece lo stesso in meno di un secondo e si ritrovarono a minacciarsi a vicenda.

Doveva escogitare un modo per distrarla e farle abbassare la guardia se voleva uscirne viva. Quella donna aveva lavorato per molto tempo per la Cia, sapeva il fatto suo e aveva già dimostrato di essere estremamente pericolosa, non sarebbe stata una passeggiata.

Nonostante ciò non si sentiva inferiore, anche lei poteva essere una brutta gatta da pelare, quando la mettevano alla prova.

Sarebbe stato divertente scoprire come si sarebbe svolta quella battaglia.

Solo in quel momento si rese conto di essere osservata: Kate Beckett si trovava a qualche metro da loro e le fissava imbambolata. Accanto a lei una figura oscura si stava dando alla fuga.

Cosa stava combinando? Lasciava scappare il drago così?

Solo in un secondo momento capì che la giovane donna stava valutando se la sua fosse una situazione di pericolo e se accorrere in suo aiuto.

Quella benedetta ragazza e la sua mania di fare l’eroina. Avrebbe gestito benissimo la situazione da sola e, così, decise di rassicurarla. Le intimò di passare all’azione e di catturare quel maledetto drago. Non potevano lasciarselo sfuggire proprio adesso  e deludere il procuratore distrettuale. Avevano carta bianca, ma non potevano tornare a mani vuote.

Con sua immensa gioia notò che le sue parole avevano svegliato Kate dal torpore. Si era lanciata all’inseguimento e ben presto sparì dal suo raggio visivo. Sapeva che di certo non l’avrebbe delusa.

Girò la testa e tornò a rivolgere l’attenzione verso Sophia. Cercò d’instaurare un dialogo con lei: “Non faccia sciocchezze, non le conviene uccidere un detective della polizia di New York. Come ben sa io e la detective Beckett non siamo gli unici poliziotti in questo edificio, sarebbe catturata comunque e le accuse contro di lei diventerebbero ancora più pesanti..”.

Sophia sogghignò: “La prego, non perdiamo tempo con questi stupidi discorsi. Non le darò ascolto. Non ho più niente da perdere, ma voglio togliermi un’ultima soddisfazione. Vedere la vita abbandonare il suo corpo sarà decisamente divertente..”.

La Gates capì che non sarebbe riuscita a farla ragionare. Lo scontro sarebbe cominciato di lì a poco e una delle due sarebbe uscita in una bara da quel covo. Sperò con tutta l’anima di non essere lei. Sicuramente le avrebbe dato del filo da torcere, le avrebbe reso il compito il più difficile possibile. Ci teneva alla pelle.

Incominciò a spostarsi lentamente nello spazio senza perdere di vista nemmeno per un secondo la sua avversaria.

Si studiavano guardandosi negli occhi, ma nessuna delle due osò fare la prima mossa. Chi avrebbe avuto l’onore doveva essere rapida ed estremamente precisa o l’altra avrebbe avuto il sopravvento. 

Mentre era intenta a formulare questi pensieri, senza quasi che se ne rendesse conto, Sophia partì all’attacco. Cercò di difendersi, ma la donna era molto veloce e, in men che non si dica, la Gates si ritrovò disarmata. La sua pistola venne scaraventata lontano, in modo da non essere facilmente recuperabile. Era inerme davanti alla sua nemica.

Per un attimo il suo cuore smise di battere, choccata. Possibile che stesse per vivere gli ultimi istanti della sua vita?

Quel labile pensiero si era trasformato nel suo ultimo tormento: sarebbe morta di lì a pochi minuti per mano di una criminale da strapazzo.

Sul volto di Sophia era apparsa un’espressione irriverente, quasi divertita: “Mi sembra di capire di aver vinto. Siamo sole qui. Lei ed io. La sua amata collega se n’è andata ed il resto dei suoi uomini non arriverà in tempo. La ritroveranno riversa in una pozza di sangue, morta, senza nessuna possibilità di essere salvata”.

La Gates la guardò senza nessuna esitazione, senza alcuna paura. Avrebbe affrontato la morte con onore, senza nulla da recriminarsi: aveva vissuto la sua vita intensamente nel bene e nel male: l’esistenza di un uomo  non è mai perfetta, chiunque commette degli errori, ma sapeva di aver dato sempre il massimo.

Non era felice di quella situazione e, sicuramente avrebbe preferito un esito migliore per quella serata, ma, in quel momento, le sarebbe servito un miracolo al quale non aveva il coraggio di aggrapparsi. Così pronunciò le sue ultime parole: “Fa quello che devi fare, ma non credere di averci sconfitto. Kate catturerà quell’uomo e giustizia sarà fatta!”.

Sophia rise: “Risparmi il fiato che le resta per pronunciare le sue ultime preghiere, ne avrà bisogno quando si ritroverà ad affrontare il giudizio dall’altra parte. Ora si metta in ginocchio”.

Un’esecuzione in perfetto stile criminale..

Beh almeno avrebbe potuto vantarsi con gli altri defunti d’aver avuto una morte importante. Eseguì gli ordini della sua nemica lentamente, quasi al rallentatore, continuando a fissarla negli occhi. Non voleva che credesse neanche per un istante di averla sconfitta.

“Iron Gates vince sempre e comunque” pensò.

 Chiuse gli occhi e portò le mani dietro alla schiena, reclinando il capo.

Respirò profondamente e, nonostante un po’ di paura, l’ atteggiamento fiero e distinto di chi è stato condannato a marte ingiustamente, non l’abbandonò.

Era pronta, ormai era una questione di secondi.

Udì il suono inconfondibile dello scatto del rullino della pistola ed il colpo entrare nella canna. Doveva solo aspettare lo sparo.

Credette di vivere gli istanti più lunghi della sua intera esistenza, poi li udì.

Non fu uno solo, ne distinse nettamente almeno tre.

Non avrebbe mai creduto che fossero necessari così tanti proiettili per ucciderla, probabilmente Sophia voleva essere certi di non fallire.

Aspettò il temuto dolore, sperando che fosse di breve intensità, ma questi non arrivò. Si rese conto di essere ancora in grado di respirare quando le sue narici si impregnarono del forte odore metallico del sangue.

Aprì gli occhi e fu sorpresa di constatare di non essere ferita: il liquido biologico riverso sul pavimento era di qualcun altro.

Cos’era accaduto?

Si alzò in piedi e, girando la testa, scrutò la situazione. Vide il cadavere di Sophia riemergere da un’enorme chiazza rossa e Kate Beckett ancora in posizione di tiro.

Quindi era stata lei a sparare.

Le aveva salvato la vita.

Il loro sguardo si incrociò e le due donne si fissarono per alcuni secondi, poi Kate le si avvicinò chiedendole: “Come si sente signore? Sta bene?”.

La Gates, ancora scossa per l’esperienza appena vissuta, riuscì solo a risponderle: “Sto bene. E il drago?”.

La giovane detective si passò una mano tra i capelli, come se stesse cercando di calmarsi da sola, e poi rispose: “Non lo so. Credo che sia fuggito.. l’avevo proprio davanti a me ed è scomparso nell’oscurità, quando mi sono fermata.  Sa, sono semplicemente tornata indietro. Dovevo farlo”.

Sul suo viso nacque un sorriso irresistibile, così profondo da far sentire la Gates quasi in imbarazzo. Stava cercando le parole giuste per esprimerle la sua gratitudine, quando notò lo sguardo di Kate rivolto oltre le sue spalle e il suo repentino cambiamento di umore. Nei suoi occhi apparve un improvviso terrore.

La vide scattare come una freccia, abbandonando la pistola accanto ai suoi piedi, ed urlare: “Rick, noo!!”.

Si girò di scatto anche lei, inseguendola con lo sguardo ed individuò anch’essa ciò che aveva sconvolto così tanto la giovane donna: il signor Castle era disteso a faccia in giù sul pavimento e non dava il minimo segno di vita.

Accorse al suo capezzale per aiutarlo, mentre Kate si inginocchiò accanto a lui e lo prese tra le sue braccia, girandolo in modo da poterne osservare il viso. Si resero subito conto che, grazie al cielo, respirava con difficoltà, ma era ancora vivo.

La giovane donna lo chiamò con insistenza, ma l’uomo non ebbe nessuna reazione. Kate era visibilmente scossa e gli alzò la testa ancor di più, per permettergli di respirare meglio.

Solo in quel momento la Gates notò che la mano della sua collega, impegnata in quell’operazione, si stava tingendo di rosso.

Castle doveva essere ferito alla testa.

“Kate, la sua mano..” mormorò spaventata il capitano.

La donna la guardò interdetta, come se non avesse compreso appieno ciò che la Gates stava cercando di dirle, poi spostò lo sguardo verso il basso ed, individuato il fluido che ormai le scendeva lungo il polso, precipitò nel più assoluto terrore: “No, Rick! Non è possibile, no!! Non puoi morire, ti prego non mi lasciare. Non adesso! Resta con me”. Soprafatta dai sentimenti e dalla stanchezza, Kate aveva iniziato a piangere.

Nell’assistere a quella scena straziante il capitano sentì stringersi il cuore.

Quella giornata non poteva finire in quel modo: quella giovane e tenace donna non si meritava di dover affrontare di nuovo un simile dolore. Si ritrovò a formulare una preghiera a quel Dio rinnegato molto tempo prima, quando l’orrore presente nel mondo aveva fatto capolino nella sua vita, e pregarlo di assecondare la sua richiesta: “Ti sei già preso la sua infanzia e la sua giovinezza con la morte di sua madre, ti prego non portarle via anche il suo futuro”.

Non si limitò a pensare, ma agì: prese il suo cellulare ed inoltrò la chiamata per i soccorsi al 911 sollecitando il loro intervento immediato. Poi si accucciò accanto a Kate, ancora intenta ad accarezzare il volto del suo uomo, e le cinse le spalle in un abbraccio materno: “L’ambulanza sta per arrivare Kate! Ce la farà, lui è una roccia. Combatterà come un leone perché vuole vivere con lei, vuole stare con lei. Non è il suo destino morire qui, stanotte. Ne sono sicura! Le ha promesso di rimanere accanto a lei per il resto della vita e, per quel poco che lo conosco, il signor Castle ha sempre mantenuto la parola data”.

Kate non riuscì a dir nulla, ma appoggiò la testa sul braccio della donna per ringraziarla. Sapeva che ciò che la Gates aveva detto era vero, ma sentirlo pronunciare ad alta voce le aveva fatto ritrovare un po’ di coraggio. Si sentì meno impaurita, ma non del tutto convinta.

E pregò con tutto il suo cuore che avesse ragione.

 

 

Angolo mio

Capitolo lunghetto, volevo dividerlo, ma ho preferito farvelo leggere tutto insieme…

Ops il drago è scappato.. Kate l’ha lasciato andare. Ve lo aspettavate?!?  La Gates sta bene, ma la situazione è nuovamente precipitata, Rick è ferito..

Sì, lo ammetto sono un po’ sadica.. Mi piace complicare la situazione..

Aspetto i vostri commenti!

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Capitolo 21
*** Passato, presente e futuro ***


Passato, presente e futuro

PASSATO, PRESENTE, FUTURO

 

Era quasi l’alba quando l’ambulanza era ripartita alla volta dell’ospedale più vicino. Kate era voluta salire insieme a Rick, nessuno era riuscito a farle cambiare idea, nonostante fosse esausta e visibilmente provata. Con enorme fatica era riuscita ad avvertire Martha ed Alexis dell’accaduto e aveva concordato che li avrebbero raggiunte direttamente al pronto soccorso.

Rick non aveva ripreso conoscenza, ma l’entità dell’emorragia sembrava essersi ridimensionata ed i paramedici, che gli avevano prestato le prime cure, l’avevano rassicurata. La testa era una parte molto delicata del corpo ed estremamente irrorata dai vasi sanguigni ed una perdita di sangue in caso di ferita era abbastanza naturale, ma una tac avrebbe aiutato a formulare una diagnosi più precisa. Comunque non era ancora fuori pericolo. Aveva bisogno di cure immediate.

Il cadavere di Sophia era stato preso in custodia da Lanie e da alcuni agenti della polizia scientifica di New York, ma nessuno aveva tentato di confutare la ricostruzione del capitano Gates.

La donna, insieme a Ryan ed Esposito, seguiva, a bordo di una volante con il lampeggiante inserito, la vettura di soccorso che filava come un razzo nelle strade già trafficate della Grande Mela. L’ambulanza si fermò nel piazzale adiacente l’entrata del pronto soccorso e la donna di precipitò fuori dalla macchina seguita dai suoi uomini, ma una voce conosciuta attirò la sua attenzione: “Capitano Gates!”.

Scorse il procuratore distrettuale accorrere verso di lei. Si fermò e diede ordine a Ryan ed Esposito: “Andate dentro con Beckett, vi raggiungerò il prima possibile”, poi andò incontro all’uomo.

“Buongiorno signore”.

Il procuratore iniziò serio: “Capitano non so davvero cosa dirle: là dentro siete stati una manica di incoscienti..”.

“Lo so bene signore, ma...” lo interruppe la donna. Sapeva di dover affrontare un eventuale richiamo da parte dei suoi superiori, ma quello le parve un momento decisamente inopportuno. Uno dei suoi uomini era ancora in pericolo, doveva accertarsi che si sarebbe ripreso al più presto.

L’uomo, però, la zittì: “Victoria mi lasci finire. Stavo sottolineando la pazzia totale della sua squadra e, già non mi capacitavo dell’assurdità dell’idea del detective Beckett di lanciarsi all’inseguimento di un fuggiasco al buio, si figuri il mio totale panico e disappunto mentre stavo per assistere alla sua esecuzione! Stavo per far intervenire gli uomini che erano sul furgone con me, ma per fortuna la sua collega è rinsavita ed è tornata ad aiutarla..”

“Signore, lei ha ragione..” cercò di giustificarsi la Gates.

“Capitano! Insomma.. devo citarla per insubordinazione? Non si permetta d’interrompermi un’altra volta, mi lasci finire sto benedetto discorso o non capirà mai il mio pensiero. Lei si preoccupa troppo Victoria, in realtà stavo per complimentarmi con lei e con la sua squadra. Siete riusciti a far confessare un crimine efferato a un pericoloso criminale che si stava nascondendo nel nostro sistema da anni, facendoci credere di essere dalla parte dei buoni.  Certo, avete utilizzato alcuni metodi poco ortodossi, ma efficaci. In fondo siete il gruppo più strampalato di tutta la polizia di New York, avete tra voi anche uno scrittore che si crede un gran detective, ma devo ammettere di aver visto poche volte sentimenti così veri come l’amicizia, l’onestà, l’integrità e il rispetto che avete dimostrato di provare gli uni verso gli altri. Non posso che rallegrarmi per questo! Siamo fortunati ad avervi al nostro servizio”.

Il procuratore sfoggiò un gran sorriso, mentre la donna, sentitamente imbarazzata, non seppe cosa rispondere. Era difficile metterla in evidente difficoltà verbale, ma questa volta c’erano riusciti.

L’uomo continuò:“Tranquillizzi il detective Beckett, ho fatto in modo di sollecitare l’intervento di ogni organo di polizia dello Stato, dall’FBI alla CIA. Quell’uomo non potrà sfuggirci! Ho segnalato la sua identità ad aeroporti, stazioni ferroviarie e per gli autobus. Se provasse a lasciare la città, noi lo sapremo. È scappato, ma le prometto solennemente che lo prenderemo, fosse l’ultima cosa che faccio come uomo politico di questa città”.  

Victoria Gates annuì con la testa: “Riferirò signore, e grazie mille”.

Si strinsero la mano e la donna si voltò per raggiungere i suoi uomini all’interno dell’ospedale. Percorse alcuni passi quando la voce dell’uomo attirò la sua attenzione per la seconda volta: “ Ah Victoria, dimenticavo. Dica a Beckett che pretendo un invito al suo matrimonio con lo scrittore di best seller, quando quest’ultimo si sarà ripreso. È stato un po’ imbarazzante ascoltare, senza volerlo, le loro dichiarazioni d’amore, mi sono sentito un po’ come la candela di turno, neanche avessi tredici anni.. Almeno vorrei gustarmi il buffet!!”.

L’uomo le strizzò l’occhio ed una risata scappò ad entrambi.

Il procuratore aveva ragione: quando Castle aveva promesso a Kate di sposarla, anche lei era arrossita. Lo scrittore, però, non poteva immaginare che avessero nascosto un microfono sotto la camicetta della detective per poter registrare un eventuale confessione del drago. Quindi tutti gli uomini collegati all’auricolare di Beckett avevano ascoltato.

La Gates sogghignò: lo avrebbe preso in giro per anni, quello era poco ma sicuro.

Per di più era stata lei regalar loro una prima luna di miele un po’ alternativa, nella sua casa fuori città.

E sì, una cena di gran classe sentiva di meritarla anche lei.

 

 

La barella fu portata nella prima sala emergenza libera, ma a Kate non fu permesso di proseguire oltre. Un medico giovane dalle maniere gentili la convinse ad aspettare in sala d’attesa, con la promessa d’avvertirla non appena avesse avuto notizie sullo stato di salute di Rick.

La giovane donna si accomodò sulla prima sedia libera che trovò e, improvvisamente, sentì il suo corpo diventare pesante, aveva dolori ovunque. Forse stava rilasciando la tensione nervosa.  Abbassò lo sguardo verso il pavimento e, solo in quel momento notò d’aver ancora le mani sporche del sangue del suo fidanzato. Intrecciò le dita, ma non si mosse. Non se la sentiva ancora di lavarle, aveva bisogno d’avere ancora qualcosa di Rick sulla sua pelle, non aveva importanza se era il suo sangue. Voleva sentirlo ancora accanto a sé in qualche modo.

Vide davanti a lei una tazza fumante di caffè e, per un attimo sperò, che fosse Castle a porgergliela, ma, quando incrociò lo sguardo con quello del suo grande amico Esposito una sensazione di tristezza infinita scese nel suo cuore.

 “Credo che un po’ di caffeina possa aiutarti”.

Kate allungò la mano ed accettò il bicchiere  e riuscì a sorridere a malapena, mentre Ryan si sedette accanto a lei accarezzandole le spalle. 

I suoi amici erano stati per anni i suoi angeli custodi e anche in quel frangente si erano dimostrati tali. Si sentì veramente fortunata ad averli accanto.

 I tre rimasero in silenzio per molti minuti, mentre aspettavano notizie sullo stato di salute del loro amico scrittore.

Il tempo sembrava non passare mai, come se si stesse dilatando all’infinito. 

Finalmente udirono una voce maschile chiamare: “Chi sono i parenti di Richard Castle?”.

Kate scattò in piedi d’istinto e gli andò incontro. L’uomo la guardò come se aspettasse di conoscere l’identità di chi le stava davanti, prima di iniziare una conversazione di quel genere.

 La giovane donna rispose: “Sono la sua fidanzata”.

“Finalmente ti sei decisa ad ammetterlo tesoro, mio figlio sarebbe felice di sentirlo”. La voce di Martha giunse da dietro le sue spalle facendola sussultare. L’attrice si avvicinò alla giovane donna e le appoggiò una mano sulla spalla per rincuorarla. Qualunque notizia fosse uscita dalla bocca del medico, sarebbero state in due ad affrontarlo. Così si presentò: “Io sono la madre. Dottore, come sta mio figlio?”

Il medico abbandonò l’aria serena tenuta fino a poco tempo prima e disse: “Il signor Castle  ha un forte trauma cranico dovuto a ripetuti traumi, l’ultimo dei quali ha provocato una ferita seria. Abbiamo dovuto eseguire una lunga sutura, gli resterà una brutta cicatrice, ma non abbiamo riscontrato nessun danno rilevante. Dovrà riposarsi e non strapazzarsi nei giorni a venire, ma posso rassicurarvi sul suo stato salute. Si riprenderà senza problemi e tornerà come prima.”.

Martha lo interruppe con fare teatrale: “Aspetti dottore, sta cercando di dirci che  sopportare ancora il suo carattere vulcanico di bambino di otto anni? Di solito le botte in testa fanno rinsavire.. Dice che mio figlio è senza speranza? Pazienza in fondo non è un grande sacrificio, quando vuole sa essere un ragazzone adorabile!”.

Strizzò l’occhio e strinse ancor di più la spalla della sua futura nuora che, finalmente, aveva rilasciato la tensione nervosa dentro di lei.

Il giovane medico dovette sforzarsi per non scoppiare a ridere e concluse: “Lo tratteniamo in osservazione per un giorno, poi se tutto procederà per il meglio, lo dimetteremo e potrete riportarvelo a casa”.

Kate chiuse gli occhi in segno di sollievo e ringraziò mentalmente che il destino non le avesse riservato un altro brutto tiro.

L’uomo, intanto, stava concludendo il discorso: “Ora sta dormendo, ma potete stare con lui ed aspettare il suo risveglio. Cercate solamente di non accalcarvi in troppi nella stanza. Fate a turno, d’accordo?”

“Non si preoccupi, cercheremo d’essere persone adulte e responsabili!” rispose Martha.

L’uomo, scrollando un poco la testa, sorridendo si congedò lasciandoli decisamente più sollevati.

Esposito e Ryan dissero che dovevano  compilare il rapporto e sparirono presto dalla loro vista, ma promisero di ritornare che sarebbero venuti a trovare lo scrittore appena possibile. In realtà avevano capito che ormai era solo una questione di famiglia e non volevano impicciarsi troppo.

Rimaste sole, Martha sussurrò a Kate: “Avanti va, ti sta aspettando. Rimani un po’ con lui”.

La giovane donna le sorrise, ma rispose: “No Martha, entrare prima tu ed Alexis. Sarà felice di vedere il volto di sua figlia quando si risveglierà. A proposito, dov’è? Non è venuta?”.

“E’ rimasta fuori, non se la sentiva d’entrare. Aveva il terrore che fosse successo qualcosa di estremo, quando ci hai chiamati. Ora vado a rassicurarla, poi raggiungeremo Rick. Quindi hai qualche minuto per restare sola con lui, se vuoi..”.

Kate apprezzò il gesto della suocera, ma non aveva cambiato idea: “No Martha. Davvero.. Io entrerò più tardi. Sta tranquilla,  non ho intenzione di fuggire, ma vorrei almeno rendermi presentabile. Concedimi qualche minuto”.

L’attrice le accarezzò la guancia: “Come vuoi mia cara, ma non farlo aspettare troppo. Lui vuole solo te, quando non ti vedrà al suo fianco si preoccuperà moltissimo”.

“Lo so, non temere. Tornerò presto. Anch’io voglio restare accanto a lui per sempre..”.

La donna, a quelle parole,  non obbiettò. Sorrise ancora una volta nella direzione di Kate e si allontanò, mentre la giovane detective, rimasta sola, sparì dietro alla porta di un bagno.

 

 

Un leggero vento soffiava scompigliandole i capelli che le ricoprivano il viso.  Doveva scansarli con una mano se voleva guardare dinnanzi a sé.

Era uscita per prendere un po’ d’aria, chiusa in quelle quattro mura si sentiva soffocare. Rick era fuori pericolo ed era in compagnia di sua madre e di sua figlia e lei voleva stare per qualche minuto da sola, aveva bisogno di respirare e la terrazza rialzata dell’ospedale le sembrò il posto migliore possibile.

 Appoggiata al parapetto poteva osservare New York dall’alto, senza che nessuno si curasse di lei.

Si sentiva spossata, quei giorni erano stati infiniti ed estenuanti.

Molteplici emozioni si erano susseguite nel suo animo in quelle ore: dalla tensione nervosa dell’inizio dell’indagine alla paura di perdere il suo uomo, quando l’avevano trasportato in ospedale incosciente.

Era riuscita a stanare il drago, ma non a catturarlo, ad assicurarlo alla giustizia.

Qualunque altro investigatore si sarebbe sentito un fallito, ma non lei. Non in quel momento.

Aveva chiuso il cerchio, aveva scoperto la verità.

Il regno dorato nel quale quell’uomo credeva di vivere era caduto in malora ed il suo castello di bugie era crollato per sempre.

Niente sarebbe potuto tornare com’era. Il terremoto politico e mediatico che si era scatenato non gli avrebbe dato scampo: era braccato da tutti gli organi di polizia dello Stato, dall’FBI alla CIA, non sarebbe sfuggito alla giustizia.

Lo aveva lasciato andare, ma non era pentita della sua decisione.

Era in pace con se stessa.

Si sentiva solo molto stanca.

Non poteva di certo affermare di essere felice, ma in fondo al suo cuore, era scesa una serenità mai provata.

Era immersa nei suoi pensieri quando udì dei passi alle sue spalle, ma non si voltò.

Non era preoccupata, chiunque avrebbe potuto salire lì sopra, quello era un luogo pubblico. Si rese conto di sapere chi la stava raggiungendo, aveva riconosciuto la camminata.

Una figura femminile si appoggiò con la schiena alla ringhiera, proprio accanto a lei.

“Mi hanno detto che l’avrei trovata qui”: la voce di Victoria Gates arrivò alle sue orecchie dolce e rassicurante.

Kate si voltò leggermente verso sinistra e rispose: “Signore ha bisogno di me?”.

Alla donna scappò un lieve sorriso: “No Kate, in realtà volevo parlare con lei, da sole..”.

Respirò profondamente e restò per un attimo a guardare la sua giovane collega negli occhi, come se stesse cercando le parole giuste per intavolare quel discorso.

Kate capì ciò che il suo capitano stava per dire, ma restò in silenzio per rispetto. Le avrebbe lasciato tutto il tempo necessario.

La donna non interrompendo il loro contatto visivo, disse seria e decisa: “Grazie Kate. Grazie per essere tornata indietro”.

La sua gratitudine era palpabile, quella non era una frase di circostanza. Veniva dal cuore.

Kate sorrise: “Non mi ringrazi capitano, non ce n’è motivo. Lei avrebbe fatto lo stesso se si fosse trovata al mio posto”.

La donna scosse la testa: “Per aiutarmi, il drago le è sfuggito. Lo aveva praticamente catturato, ma bloccando la sua corsa gli ha permesso di dileguarsi. Perché si è fermata? Perché è tornata a cercarmi?”.

Kate si tirò indietro i capelli con una mano e tornò a fissare il vuoto davanti a sé: “Non so se riuscirà a credermi, ma dentro di me ho sentito che qualcosa non andava.. nel buio non riuscivo a comprendere bene cosa stava succedendo, ma non sono riuscita a continuare a correre. Lei doveva essere in pericolo, come in effetti era, ed io  non avrei permesso che qualcun altro morisse per colpa di questo caso. Soprattutto non lei, l’unica ad essermi stata totalmente vicino nelle indagini degli ultimi giorni.

Ha rischiato la carriera esponendosi in quel modo per aiutarmi non solo dal punto di vista delle indagini, ma soprattutto dal punto di vista umano. Credo di essere cresciuta e maturata grazie a lei.

Non mi fraintenda, ora fa parte della mia squadra, quella del cuore.

A cosa sarebbe servito catturare quel farabutto quando avrei avuto sulla coscienza un’altra vita? A nulla..

Non credo d’aver fatto torto a qualcuno, agendo a quel modo. 

Non sicuramente mia madre: lei amava la giustizia, ma perdere un’altra persona cara sarebbe stato un prezzo troppo alto da pagare”.

Victoria Gates sospirò ed appoggiò una mano sull’avambraccio di Kate: “Lei si sottovaluta. Parla con una dolcezza e una tranquillità, come se gli eventi non avessero potuto avere decorrenza diversa. Fa sembrare tutto facile e giusto, ma non tutti lo avrebbero fatto, lo sa? Devo concordare col signor Castle stavolta. Lei è una donna veramente straordinaria, ma si nasconde troppo.  Ama fare la dura, ma, in realtà, ha un cuore tenero..”.

“Non credo di essere la sola su questa terrazza” rise la giovane donna.

La Gates la spinse per scherzo: “Kate non si permetta! In fondo resto il suo capo.. Io? Un cuore tenero? Ma quando mai? Questi giovani impertinenti..”.

Kate rise sonoramente, seguita qualche istante dopo dalla donna.

Si guardarono ancora negli occhi in silenzio e capirono che quella conversazione era finita. Si erano già dette tutto, altre parole sarebbero state superflue.

La Gates si sistemò la giacca spostatele dal vento e dopo essersi rimessa diritta, disse: “Torno al distretto, il procuratore mi ha chiamato di nuovo, vuole parlarmi. Vorrà il rapporto su quanto è accaduto. Oppure vorrà che tenga una conferenza stampa  nella quale informerò la città di come abbiamo scagionato il signor Castle.

Quando tutto sarà concluso, però, mi prenderò una vacanza. Sola, su un’isola deserta dove l’unico rumore che possa sentire sia l’infrangersi dell’onda sulla battigia. Lo farò.. eccome se lo farò..” e si incamminò verso la porta che conduceva alle scale.

Kate, colta da un improvviso dubbio, si girò verso di lei e le chiese: “Signore, vuole che venga anch’io?.

La Gates la guardò con aria stupita: “Allora chiariamo una cosa Kate. Ok, mi ha salvato la vita, ma questo non le consente di credere che io sia sua nonna. So ancora tornare al mio lavoro da sola”.

Kate rimase interdetta poi vide il capitano strizzarle l’occhio: “Suvvia non faccia quell’espressione! Stavo scherzando! Lei prende tutto troppo seriamente. No, non deve venire con me. Da questo istante è in ferie.

Si occupi di quello scrittore lagnoso. Avrà sicuramente bisogno d’attenzioni.. Non ho nessuna voglia d’ascoltare i suoi lamenti per i prossimi mesi..”.

“Quindi potrà..”.

“Sì ho deciso che potrà tornare al distretto quando vorrà. E, va bene, lo ammetto, quell’uomo mi piace e se non fosse già impegnato lo corteggerei!”.

Kate avvampò alla battuta della donna, riusciva ancora ad imbarazzarsi per certe cose. La Gates sorrise per l’ultima volta e  sparì chiudendo la porta alle sue spalle.

La giovane donna tornò ad appoggiarsi al parapetto e si lasciò cullare ancora per un po’ dal dolce tocco del vento.

Non era ancora pronta per ritornare da Rick, voleva restare ancora sola con i suoi pensieri per un po’. Doveva sistemare ancora alcuni dettagli con se stessa. Quel dolce vento, che le picchiava in faccia, le fece tornare alla mente una storia che le era stata raccontata quando era solo una bambina.

Una storia che aveva contribuito alla formazione del suo carattere. 

Era in spiaggia con sua madre e tirava un forte vento di libeccio. I suoi giochini venivano fatti rotolare dall’aria e non rimanevano dove lei li aveva sistemati.

In un primo momento aveva cercato in tutti i modi di raccoglierli e di metterli a posto per molte volte, senza successo. Così stremata, aveva iniziato a piangere cercando rifugio nelle braccai di Johanna.

La donna l’aveva abbracciata stretta, l’aveva sollevata e presa in braccio ed infine  le aveva domandato: “Katie perché piangi?”.

La piccola le aveva sussurrato tra le lacrime: “Il vento cattivo porta via le mie formine..”.

La madre l’aveva accarezzata dolcemente sulla testa: “E tu piangi per quello?”.

Lei aveva annuito, mentre un grosso lacrimone le scendeva lungo la guancia. Johanna lo aveva asciugato e donandoli uno dei suoi proverbiali sorrisi le aveva detto:  “Tesoro, non farlo. Non è successo niente di grave. Magari sono gli angeli del cielo che vogliono giocare con te. Ti fanno i dispetti per attirare la tua attenzione, visto che non possono parlarti. Che ne dici? Vuoi lasciarli vincere o cerchi di batterli?”. 

 Le parole della madre avevano infuso un’improvvisa tranquillità nell’animo. Riusciva sempre a tranquillizzala, a trovare il modo di far scomparire le sue paure. Così era scesa di corsa dalle sue braccia per tornare a rincorrere i suoi giochini.

Era già una tosta fin da bimba e non aveva nessuna intenzione di perdere contro gli angeli. Doveva giocare d’astuzia: prese la paletta e, con non poca fatica, scavò una buca nella sabbia abbastanza grande da poter contenere “il suo prezioso tesoro”.

Si ricordò di aver saltellato entusiasta, quando aveva visto che i suoi giochi non potevano più scappare. In quel momento Johanna, che l’aveva osservata orgogliosa  per tutto il tempo, si era inginocchiata accanto a lei e l’aveva attirata verso di sé.

Donandole un bacio sulla guancia le aveva sussurrato: “Hai visto Katie? Ce l’hai fatta, hai vinto. Ricordati, qualunque difficoltà si presenti sul tuo cammino, dentro di te, hai le risorse per superarle.  Non importa come e neanche il tempo che ti occorrerà per farlo, ma ce la farai. Sempre.  A volte sarà faticoso, a volte meno, ma ricordarti  di credere in te stessa. E vincerai”.

In quel momento non aveva totalmente compreso l’insegnamento intrinseco delle parole di sua madre, era troppo piccola, ma quell’episodio le era rimasto impresso indelebilmente nella mente.

Crescendo ne aveva colto l’intero significato e, quando la sua vita era stata sconvolta dagli eventi, aveva basato la sua vita su quelle parole.

Quella metafora le aveva insegnato ad essere forte, a cercare di trovare una soluzione anche nei momenti più duri.

Nonostante i buoni propositi aveva commesso molti errori durante il suo cammino, ma, grazie al cielo,  aveva incontrato tante persone che le erano state vicino e le volevano bene.

Mandate da qualche angelo del cielo che voleva aiutarla..

Lo aveva sempre saputo: sua madre, custodita gelosamente nel suo cuore, non l’aveva mai abbandonata.

Ed ora era fiera di lei.

Chiuse gli occhi e dentro la sua anima qualcosa cambiò: era come se potesse sentire ancora il calore dell’abbraccio di quel lontano giorno sulla spiaggia. Era come se sua madre fosse accanto a lei in quel preciso istante.

Kate si sentì rinascere: ora che Johanna aveva avuto giustizia, lei poteva andare avanti. Avrebbe gettato pian piano il passato alle spalle e, quando avrebbe ripensato a lei, l’unico sentimento provato dalla sua anima sarebbe stata la nostalgia.

Quella era una cicatrice indelebile sul suo cuore, non l’avrebbe potuta cancellare neanche volendo, ma il suo adorato scrittore le avrebbe dato tutto ciò di cui aveva bisogno.

Doveva solo scendere le scale e tornare nella stanza d’ospedale dove l’attendeva il suo futuro.

Non voleva più fuggire, mai più. Voleva solo raggiungere Rick e farsi stringere dalle sue forti braccia.

Voleva essere solo una donna innamorata. Una donna normale, come milioni di altre nel mondo.

 Quando riaprì gli occhi si accorse che il sole stava tramontando dietro ai grattacieli di New York, tingendo il rosso le grigie palazzine della città.

Kate si rese conto di essere stata lassù per molto tempo, anche dopo la chiacchierata con la Gates.

Si alzò di scatto, forse Rick incominciava a preoccuparsi, non vedendola tornare.

Si girò per andarsene, ma rimase impietrita.

Il sangue le si congelò nelle vene.

Davanti a lei stava qualcuno che aveva, suo malgrado, imparato a conoscere molto bene negli ultimi giorni, col quale aveva già parlato ore prima.

Quel qualcuno che per quattordici anni aveva reso la sua vita un vero inferno..

 

 

 

Angolo mio!

Pensavate che il drago si fosse dileguato? E no, eccolo di nuovo…

Che accadrà su quella terrazza? Ne sapremo di più nel prossimo capitolo..

Riccardone sta bene visto? Non sono così perfida..

Piaciuta la chiacchierata tra Kate e la Gates? Mi piace sempre di più il loro rapporto..

Per quanto riguarda la storia siamo quasi in dirittura d’arrivo, abbiate pazienza, manca poco!

Un bacione grande..

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Capitolo 22
*** Vincit omnia veritas 1 parte ***


Vincit omnia veritas 1 parte

VINCIT OMNIA VERITAS

(1 parte)

 

 

D’istinto infilò la mano sotto la giacca per cercare la sua pistola, ma si ricordò di averla consegnata ai suoi colleghi prima d’entrare in ospedale.

Era sola e disarmata davanti al drago.

L’uomo, estremamente tranquillo e rilassato, fece un passo verso di lei e parlò: “Bel tramonto non trova?”.

Kate non rispose, aveva ogni singolo muscolo del suo corpo in trazione. Si trovava in una situazione molto pericolosa e stava studiando un piano per uscirne viva.

Come aveva fatto a raggiungerla li sopra? Come lo sapeva? Doveva trovare un modo per avvertire i suoi colleghi ed amici.

L’uomo, come se le avesse letto nel pensiero, disse: “Stia tranquilla, non ho avuto nessuna soffiata mia cara. Lei ha distrutto tutte le mie alleanze in quarantotto ore, non ho più nessuno a cui potermi rivolgere, ma ho ancora qualche asso nella manica da giocarmi. Lei è sempre stata la gatta da pelare più significativa della mia esistenza, quindi, deve sapere,  ho passato anni a studiare ogni sua mossa da lontano e la conosco meglio di quanto possa lontanamente immaginare. Dopo la lunga giornata che ha avuto, sapevo che sarebbe voluta rimanere sola per un po’.. Così non ho fatto altro che seguirla. Mentre tutti mi davano la caccia, io ero nell’unico posto dove nessuno mi avrebbe cercato: accanto a lei, nascosto dietro la sua ombra”.

La giovane donna lo guardò esterrefatta continuando  a non proferir parola, così fu ancora l’uomo a parlare: “Non si preoccupi detective, non sono qui per farle del male. Sono sicuro che conoscerà le usanze dei popoli antichi. Durante le guerre o le ostilità, le battaglie si svolgevano dall’alba al tramonto. Non appena il sole calava dietro all’orizzonte tutti si fermavano ed ogni popolo piangeva i suoi morti e curava i suoi feriti. In poche parole si instaurava una tregua..

Ora come le ho fatto notare in precedenza, anche qui la notte si stava avvicinando e anche tra noi ci sarà una momentanea pace. Non sono qui per combattere, voglio solo parlarle”.

Kate non abbassò la guardia: “Cos’ha di così importante da dirmi? Poteva parlare al magazzino invece di scappare”.

L’uomo rise: “Capisco la sua riluttanza, ma, anche se la cosa la stupirà, sono qui per complimentarmi con lei”.

“Complimentarsi con me? Non sia ridicolo! È qui solo per chiudere i giochi, lei non può permettersi di perdere, vuole assestare il colpo decisivo, quello che mi manderà al tappeto. Almeno così spera..”.

L’uomo non ebbe nessuna reazione e continuò a fissarla, nonostante la luce si stesse pian piano affievolendo: “Si sbaglia detective. Non sono una bella persona, su questo ha ragione, ma so ancora ammettere una sconfitta. Lei ha vinto. I giochi sono finiti. Ne è pienamente consapevole, per questo mi ha lasciato scappare.. poteva uccidermi, ero perfettamente nella sua traiettoria, ma non lo ha fatto. Lei possiede uno straordinario talento, un intuito eccezionale, ma non ha avuto il coraggio di sparare ad un uomo fuggitivo e disarmato, nonostante le abbia procurato molto dolore in passato”.

Kate rispose piccata: “Ha ragione su un aspetto. Io non sono fredda e calcolatrice come lei, ma si sbaglia su un punto fondamentale: io non l’ho lasciato scappare. Sono andata in soccorso di una persona a cui tenevo. La vita è più importante di una vendetta. Lo ammetto, nel momento in cui l’ho vista entrare in quell’edificio, l’unico sentimento che ho provato è stato l’odio.

Volevo fargliela pagare, volevo ucciderla, ma quella situazione così pericolosa che il mio capitano stava vivendo mi ha come svegliato da un brutto sogno.

Cosa stavo facendo?

Mi ero lasciata accecare e non stavo più ragionando. Stavo abbandonando i miei amici, le persone che amo.

Il mio più grande incubo si stava avverando: stavo diventando come lei, un’assassina.

Perché se l’avessi raggiunta in quelle condizioni emotive, non mi sarei fermata. Non ci sarei riuscita ed avrei infranto la solenne promessa che feci molti anni fa..”.

 

 

La neve scendeva candida su New York, l’intera città era ricoperta da una sottile coperta bianca.

La popolazione intera continuava frenetica la sua vita tra lavoro, amicizia ed amore. Solo per una ragazzina, una volta piena di sogni, il tempo si era come fermato. Da quella notte, in cui lei e suo padre rincasando avevano trovato quel detective del NYPD ad aspettarli, nulla era più stato come prima.

Il suo cuore batteva ancora nel suo petto, ma lei non si sentiva viva, non più.

Seduta sul davanzale interno della finestra con le gambe strette contro il suo petto, sembrava guardare  quella moltitudine di fiocchi scendere dal cielo, ma in realtà stava fissando  il vuoto.

Non era più uscita di casa, non  era più andata all’università, aveva deciso di abbandonare gli studi. Non sarebbe più entrata in quelle aule, le mancava l’aria al solo pensiero. La facoltà di giurisprudenza era un capitolo chiuso. Le ricordava lei, quella giovane mamma morta troppo presto, forse proprio a causa del suo lavoro di avvocato.

Era sola in casa, come sempre del resto. Suo padre usciva ogni pomeriggio e ritornava a notte inoltrata incapace quasi di reggersi in piedi.

Katie non gliene faceva una colpa, in qualche modo si deve sopravvivere al dolore.

Quel giorno però era successo qualcosa che l’aveva scossa dal suo torpore: aveva ricevuto una notizia che l’aveva, se possibile, inquietata ancora di più.

Il distretto dell’NYPD che indagava sull’omicidio di sua madre aveva comunicato loro la conclusione delle indagini.

Omicidio a causa di un banale litigio tra bande, un evento occasionale non prevedibile in alcun modo.

Come a voler dire tra le righe che Johanna Beckett si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Non ci credeva, era troppo strano per essere vero.

 Quel terribile dubbio le torturava il cervello da molte ore e, anche se cercava di distrarsi, non ci riusciva.

La sua mente continuava a sussurrarle: “Stanno mentendo..”.

Si sentiva sola ed inerme.

Una lacrima le solcò una guancia.

Cosa poteva fare? In fondo era solo una ragazzina..

Non trovava risposta a quella domanda.

Scese dal davanzale ed andò verso il suo letto. Si abbandonò lì sopra e guardò la fotografia appoggiata sul suo comodino.

 Johanna Beckett la abbracciava e le sorrideva da dentro la cornice. La accarezzò con un dito e, d’improvviso, come un’illuminazione, ebbe un’idea.

Capì cosa era giusto fare.

Doveva parlarne con qualcuno.

Si alzò e corse fuori dalla sua casa come una furia. Non si curò d’infilarsi nulla di pesante addosso e, quando fu in strada, un’onda d’aria gelida la investì in pieno. Rabbrividì per un breve istante, ma non riuscì ad arrestare la sua corsa: doveva raggiungere la sua destinazione al più presto. I passanti la guardavano stupiti, ma Katie non li calcolò neanche.

Corse incessantemente finchè non arrivò.

Solo allora si fermò piegandosi sulle ginocchia col fiato decisamente corto.

Cercò di regolarizzare il suo respiro piuttosto irregolare, mentre la nevicata continuava a scendere copiosa sopra la sua testa.

Il cimitero era deserto e regnava una gran pace.

Quando si fu definitivamente calmata, Katie tolse la neve che ricopriva la tomba della madre e ne accarezzò il nome.

Come abbattuta dal peso che credeva di portare sulle sue spalle, inginocchiò davanti ad essa.

“Non lo permetterò mamma, non lascerò che il tuo omicidio rimanga insoluto”.

Il suo sguardo cadde sull’effige funebre fatta incidere da suo padre sotto il nome di sua Johanna.

VINCIT OMNIA VERITAS.

La verità vince su tutto.

“Avevi basato la tua vita su questa massima: la verità va sempre perseguita, la verità porta alla giustizia.

Vogliono insabbiare la tua mamma, ma io non lo permetterò. Ti prometto solennemente che troverò chi ti ha strappato da me..

Mi iscriverò all’accademia, diventerò il miglior poliziotto di tutta New York e, quando sarò una detective, riaprirò il tuo caso.

Potrei trovarmi a contatto con la morte più spesso di quanto possa immaginare, sarò costretta ad ammirare il lato peggiore del genere umano e forse sarò anche costretta ad uccidere.

Ma ti prometto solennemente di rimanere chi sono, non permetterò alla vendetta di plasmarmi né rimarrò schiava di essa. Cercherò sempre di essere rispettosa e giusta e sarò ricompensata.

E quando avrò davanti agli occhi colui che ti ha uccisa, lo lascerò arrestare, non permetterò alla rabbia di farmi compiere gesti di cui potrei pentirmi.

Non sarà facile, già lo immagino. Ho scelto una strada tortuosa per una donna, ma tu mi conosci, non mi arrendo tanto facilmente.

Ti chiedo solo un favore: non mi lasciare. Se, per qualche strano volere del destino, dovessi perdermi ed abbandonare la retta via, ti prego mandami un segnale ed io capirò di essere in errore..”.

Pianse la sua ultima lacrima ma la asciugò in fretta.

Katie era sparita, trincerata dietro ad un muro di dolore impenetrabile.. Aveva lasciato il posto a colei che sarebbe diventata la futura detective Katherine Beckett.

Si scrollò la neve di dosso e, lanciato un ultimo sguardo al luogo dove riposava la madre, si voltò e si incamminò a lunghi passi verso casa.

 

“Vuoi dire che mi ha permesso di fuggire solo per mantenere una stupida promessa?”. Il drago scoppiò in una risata fragorosa: “Mi stupisce Kate, non la facevo così sentimentale. Pensavo che catturarmi fosse la missione della sua vita.. Forse l’avevo sopravvalutata. Nonostante ciò è stata una degna avversaria e quindi il motivo per cui sono venuto non cambia. Lei ha distrutto la mia vita e la mia carriera in  meno di una settimana, si meritava un elogio da parte mia.. Nessuno era mai riuscito a fregarmi in maniera così clamorosa.”.

L’uomo fece una piccola pausa e prese un profondo respiro. Kate, intanto, continuava a maledire se stessa per non possedere un’arma in quel momento così delicato. Il drago  poteva dire cosa voleva, ma non era così stupida da non capire che le possibilità di lasciare viva quella terrazza erano meno di zero.

Incominciò a studiare un piano per modificare quell’assurda situazione: il suo nemico non poteva aver degli uomini fidati al seguito, li aveva arrestati tutti, ma non doveva dimenticare di avere davanti agli occhi un mago della menzogna.

 Non doveva abbassare la guardia e permettergli di manipolarla.

Il drago, intanto, aveva riniziato a parlare: “.. ma lei mi deve qualcosa mia cara..”.

Kate deglutì a forza: “Ci siamo, il drago si gioca la sua prima mossa” pensò.

“.. Lei ha già vinto, non le costerà nulla adempiere a questo mio ultimo desiderio..”

Desiderio? Cosa poteva volere quell’uomo da lei?

“… Deve spiegarmi come ha fatto a comprendere la mia vera identità, come ha collegato insieme tutti i pezzi. Mi ero personalmente assicurato di non aver lasciato tracce sul mio cammino, ma a quanto pare mi sbagliavo. Mi dica Kate, dove ho sbagliato?”.

La giovane donna era sempre più stupita: quell’uomo era ricercato da tutta la polizia di New York e stava correndo un rischio enorme, trovandosi in quel momento faccia a faccia con lei, solo per soddisfare una curiosità? Per scoprire come aveva ricostruito il puzzle?

 Avrebbe avuto senso solo se volesse tentare di ucciderla di nuovo, volesse chiudere il cerchio con lei, ma in quel preciso istante, mentre lo fissava, non ne era più molto sicura.

Qualcosa la stava convincendo a dare una possibilità alle parole di quel farabutto anche se la sua parte razionale le stava urlando di non comportarsi la stupida. 

Ad un tratto, però, capì: quell’uomo aveva impostato la sua vita solo su se stesso, schiacciando gli altri per raggiungere i suoi obbiettivi.

 Ora che i suoi sogni di dominio erano stati distrutti per sempre aveva bisogno di saziare per un ultima volta i suoi istinti maniacali di perfezione e di dominio.

Era solo un piccolo uomo che si era perso il meglio della vita.

Per una frazione di secondo ebbe pietà di lui e decise di accontentarlo: “Dove ha sbagliato? Non la metterei proprio così. Lei ha cercato di mimetizzarsi in un ambiente  nel quale si credeva al sicuro, ma il suo innaturale istinto di onnipotenza le è stato fatale.

Le svelerò un segreto, al mondo nessuno è perfetto né io né lei. Nel suo meraviglioso e ben congeniato piano c’era una piccola falla.

 Per molti anni non l’ho notata, nonostante l’avessi sempre avuta davanti agli occhi. Un piccolo ed insignificante dettaglio che, però, capovolgeva del tutto la lettura degli eventi..”.

Il drago sembrò impaziente: “Quale dettaglio? Cosa sta cercando di dirmi?”.

Kate fece un passo verso di lui, come a ribaltare completamente le loro posizioni. Era lei ad avere il coltello dalla parte del manico. O almeno così doveva credere l’uomo, ma soprattutto se stessa.

“Non sia precipitoso. Se vuole conoscere la mia verità dovrà lasciarmi il tempo di spiegare”.

 

 

Angolo mio

Buonasera!! Che mi raccontate?

Qualcuna mi odierà, ma ho dovuto dividere il capitolo in due perché era un po’ lunghetto. Tranquille pubblicherò il seguito presto, poiché la storia è quasi finita.

Cosa dirà Kate al drago? E lui come reagirà?

Ora scappo!!!

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Capitolo 23
*** Vincit omnia veritas 2 parte ***


Vincit omnia veritas 2p

VINCIT OMNIA VERITAS (2 PARTE)

 

 

 

L’uomo la guardò dritta negli occhi, poi in tono di sfida, rispose: “Prego, sono tutto orecchi”.

Kate notò un sottile cambiamento nella voce del giudice, ma cercò di non darlo a vedere. Così continuò: “La prima volta che ho provato a risolvere il caso di mia madre credevo di trovarmi davanti ad un solo enigma, una sola morte da sviscerare, ma mi sono resa presto conto che lo scenario, che mi si presentava era ben diverso: una serie di omicidi concatenati, con notevoli varianti ed indizi incastrati gli uni agli altri.

Ero solo una ragazzina, ma mi apparve subito evidente che i fatti non si erano svolti nel modo in cui affermava la polizia. Qualche indizio era stato occultato volontariamente.

Tentai di venirne a capo, ma non riuscii ad avere la forza necessaria: il dolore e il rimorso che mi opprimevano l’animo, mi schiacciarono e fui costretta a desistere. Nonostante ciò ero riuscita ad ottenere un punto di partenza, sapevo che l’omicidio di mia madre non era un caso isolato. Sulla coscienza di qualcuno, ora so essere la sua, pesava il macigno di altre tre morti.

Per molti anni fui costretta a restare in analisi ed abbandonai l’idea di risolvere il caso: se avessi incominciato di nuovo non mi sarei più fermata, giungendo, forse, all’autodistruzione. Rimasi in polizia e fui assegnata alla sezione omicidi. Non ne ero pienamente cosciente, ma nella mia mente, quel tarlo restava nascosto, in attesa che qualcosa riattivasse in me la voglia di sapere..”.

Kate si fermò per un istante e sul suo volto apparve un leggero sorriso: “Un giorno, però, sulla mia strada ho incontrato qualcuno che, in un primo momento, solo per  sua curiosità personale, mi ha spinto a riaprire il caso di mia madre. Non sono riuscita a spiegarmi come abbia fatto a parlarne con lui con una naturalezza che, in fin dei conti, ha stupito anche me, ma è riuscito dove io ho fallito: ha riacceso dentro di me la miccia sopita della verità.

Sono ripartita alla carica: avrei sciolto l’enigma e avrei fatto giustizia.

 Non ne ero cosciente, ma la Katie dentro di me voleva riappropriarsi della sua vita. Aveva visto, che all’esterno di quel muro nel quale l’avevo rinchiusa, c’era qualcosa, o meglio, c’era qualcuno per cui valesse la pena vivere.

E non potevo farlo se non avessi curato il trauma che  mi affliggeva..

Ho ripreso le indagini sostenuta da Rick e, a poco a poco, sono riuscita ad ottenere delle risposte importanti. Il destino mi ha aiutato, facendomi comprendere che l’omicidio di mia madre era stato commissionato, assegnato ad un serial killer professionista. Dick Coonan, se lo ricorda?

Ho dovuto ucciderlo, ma avevo compreso un dettaglio importante: il mandante era qualcuno insospettabile, qualcuno su cui nessuno avrebbe potuto puntare il dito contro.

 Non ebbi nessuna pista per mesi, poi improvvisamente venni a conoscenza della storia dei tre poliziotti e dell’omicidio Armen. Nel loro tentativo di fare giustizia e di ripulire la città da ciò che consideravano feccia, tre poliziotti si inventarono una serie di rapimenti, con la richiesta di rispettivi riscatti, a danno di alcune famiglie mafiose della città.

Per un po’ di tempo continuarono le loro azioni indisturbati finchè l’FBI non mandò l’agente Bob Armen sotto copertura all’interno di una di esse, per riuscire a comprendere meglio ciò che stava accadendo.

Nel momento del suo rapimento, però, qualcosa andò storto e Armen venne ucciso da un colpo di pistola nello stesso vicolo chiuso in cui mia madre avrebbe trovato la morte qualche anno dopo. Venne accusato dell’omicidio un esponente di una famiglia rivale, un certo Joe Pulgatti, e venne ben presto condannato grazie alla falsa testimonianza del detective Reglan. Non esistevano prove schiaccianti contro di lui, solo le parole del poliziotto lo avevano incastrato.

Quando andai ad interrogarlo in carcere mi pose una domanda precisa alla quale non seppi rispondere: “In quel vicolo c’eravamo solo io, Armen e chi ha sparato, detective. Come poteva sapere quel poliziotto che io ero lì? Solo se ci fosse stato anche lui..”.

 Quella domanda deve essersela posta anche lei, quando fu costretto a presenziare al processo Armen. Lei è solo un malvagio essere umano, ma devo ammettere che possiede un’intelligenza superiore alla media, deve aver notato sicuramente un’anomalia. Ha capito che quell’indagine faceva acqua da tutte le parti. C’era ancora del torbido..

Fece in modo d’incontrare Reglan di nascosto, prima che il verdetto fosse emesso, e riuscì a metterlo alle strette facendogli confessare i loro misfatti. Quando l’uomo le parlò dei riscatti che si erano fatti consegnare, vide davanti a lei un’occasione da non perdere: un guadagno facile ed immediato.  

Ricattò il detective e l’intera banda: lei avrebbe soprasseduto nell’informare i giurati, ma soprattutto i loro superiori, su ciò che aveva scoperto solo se avessero acconsentito a consegnarle l’intera somma ottenuta.

Prese il potere in mano e in poco tempo la sua metamorfosi si compì: ora era lei a dettare le regole, ad avere il coltello dalla parte del manico.

Pulgatti venne condannato e lei pensò addirittura di essere un benefattore, in fondo stava togliendo dalle strade di New York un pericoloso criminale.

 Peccato, però, che non si rese conto di aver creato un mostro nel medesimo istante..”.

Il drago continuò a guardarla in silenzio senza lasciar trapelare alcuna emozione: “Stare a stretto contatto col signor Castle ha migliorato sicuramente la sua fantasia Kate, ma la storia che mi ha illustrato non spiega ancora come abbia fatto a risalire alla mia identità”.

Kate fece un passo in avanti, girando in tondo, per cercare d’avvicinarsi il più possibile alla porta, per poter avere una via di fuga se fosse divenuto necessario, senza dare troppo nell’occhio: “La storia, come la chiama lei, non è ancora finita. Manca ancora tutta la seconda parte, quella che mi sta più a cuore.

Mentre si sentiva protetto nascosto nel suo regno del terrore, Pulgatti, non felice di essere diventato un capro espiatorio, dal carcere continuò a cercare qualcuno che fosse pronto a rischiare per aiutarlo.

Mandò lettere a tutti gli avvocati della città, ma ne trovò solo uno disposto a dargli fiducia: mia madre. Lei  si appassionò al caso e decise di accettare la sua difesa. Si fece consegnare gli incartamenti necessari per analizzare la vicenda e costruire una linea difensiva adeguata.

Non posso sapere con precisione ciò che accadde dopo, ma sono sicura che mia madre intuì immediatamente l’innocenza di quell’uomo, ma doveva raccogliere prove per dimostrarlo e così ha smosso le acque.

Quando è venuto a conoscenza della riapertura del caso, si deve essere sentito mancare il terreno sotto ai piedi. Stava rischiando di essere scoperto e non poteva di certo permetterlo.

Mi pare di vederla, seduto alla sua scrivania decretare la sua morte, di ascoltare le sue parole “Chi diavolo è quest’impicciona? Non posso permetterle di rovinare tutto quanto.. Non avrei mai voluto arrivare a tanto, ma mi ha costretto a prendere questa decisione. Se non avesse ficcato il naso in questioni che non la riguardavano, potrebbe ritornare a casa dalla sua bella famiglia, invece..” …”.

Kate fu costretta ad interrompere il suo discorso per un momento, quando le lacrime le salirono agli occhi, ma, schiaritasi la voce, continuò: “Invece la sua condanna a morte venne eseguita senza pietà una notte di 10 anni fa. Doveva essere una serata come le altre, ma si trasformò in un incubo per me e per mio padre, quando quel poliziotto ci comunicò che mamma non sarebbe mai più tornata a casa.

Lei doveva essere l’unico felice quella sera, ma qualcosa andò storto, un particolare del suo ingegnoso piano non si concretizzò. Il fascicolo che mia madre aveva ricevuto dal tribunale era sparito, volatilizzato nel nulla. Aveva dato precise istruzioni su come recuperarlo, ma i suoi uomini non ne furono capaci.

Lei sapeva che quel documento era una  mina vagante..

Ora quei file sono in mano mia e li ho consegnati al procuratore, prima di tentare di catturarla..”.

“Quindi è venuta a conoscenza della mia identità leggendola su quei fogli..”.

“Ho letto lì solo il suo nome, ma sapevo già chi era “il drago”, sapevo che sotto quello pseudonimo si nascondeva il giudice che aveva presenziato al caso Armen. Avevo già risolto il caso. Avevo collegato insieme tutti gli elementi e ormai la verità era davanti a me..”.

L’uomo era esterrefatto: “Come lo hai capito, come ci è riuscita?”.

Kate sorrise beffarda. Aveva quasi dimenticato di essere là sopra da sola con lui, ma riuscire  a dominare la situazione la stava decisamente caricando: “Qualcuno mi ha aiutato, mi ha fatto analizzare questo caso da una prospettiva diversa. “La verità si nasconde nell’elemento discordante..”. 

Quella frase non mi fu chiara in principio, non capivo quale fosse l’elemento fuorviante, cosa dovessi realmente cercare. Troppi indizi, troppe rivelazioni tutte insieme concatenate in un racconto troppo nebuloso per essere sviscerato.

Così ho cercato di calmarmi e sono ripartita dalla regola numero uno per qualunque detective: quando si arriva ad un vicolo cieco bisogna fermarsi e ricominciare a rivedere l’indagine dal principio cercando di analizzare tutto con occhi diversi per capire cosa ti è sfuggito.

Mi sono seduta in terra davanti alla lavagna investigativa improvvisata in casa mia e sono ripartita da zero. Tutto, però, mi sembrava quadrare, non riuscivo a trovare quel particolare che avrebbe scardinato l’apparenza, che sarebbe riuscito a modificare quanto bastasse la mia teoria per condurmi alla verità.

 Mia madre era stata uccisa e supponevo che le sue colleghe avessero condiviso la stessa sorte a causa della scomparsa del fascicolo poiché, forse, lei credeva che fosse stato occultato da qualche altro avvocato del suo studio, ma si sbagliava. È  sempre stato in mani diverse.

Continuavo a spremermi le meningi, ma non riuscivo a trovare una soluzione, quando, improvvisamente, qualcosa, o meglio qualcuno, emerse alla mia attenzione quasi come un’apparizione divina e finalmente capii..”.

“Vuole arrivare al punto? Qual è il particolare che le ha fatto capire tutto?”.

“E’ stato Scott Murray”.

“Scott Murray?!”.

“Sì, proprio lui. Mi sono chiesta quale fosse la sua “colpa” in questa vicenda e d’istinto non l’ho trovata. Tutte le risposte che mi davo non potevano essere veritiere. Non poteva essere stato ucciso perché aver sospettato di aver nascosto quei file, non era nemmeno implicato nelle indagini dei tre poliziotti, ma, forse aveva presieduto il caso Armen. Era stato lui a consegnarle la documentazione a mia madre, quando gliel’aveva richiesta, ma niente di più.

Quindi perché uccidere un cancelliere della corte di appello?  Avrebbe avuto senso solo se il drago si fosse sentito minacciato da lui, forse perché lavoravano insieme.

Era il suo cancelliere, l’unico che la conosceva, lavorativamente parlando, così intensamente da poter fare due più due.

Consegnare quegli incartamenti senza il suo permesso è stato un errore fatale. Si deve essere molto arrabbiato quando ha scoperto tutto: colui che considerava un suo fedele alleato, l’aveva tradita.

In realtà aveva fatto semplicemente il suo lavoro, ma a lei non importò. Così ha agito d’impeto, di rabbia. L’omicidio di Scott Murray è stato l’unico non premeditato, non ha riflettuto, ha seguito le sue emozioni e i suoi sentimenti senza esitare.

Murray l’aveva tradita e di conseguenza andava punito.

Inoltre non poteva correre il rischio che ricostruisse il suo oscuro passato quando si sarebbero sollevate chiacchiere nell’ambiente giudiziario alla morte di mia madre.

È stata proprio quella decisione a creare una piccola falla nel suo geniale piano. Lo ammetto, era un insignificante dettaglio, ma mi ha permesso di risolvere il caso. Di rendere giustizia a mia madre”.

Il drago la guardò con occhi ancora sorpresi, poi ammise: “Voglio essere sincero con lei, non credevo che lei costituisse una vera  minaccia quando entrò in polizia. Mi era sembrata solo una decisione impulsiva di una ragazzina disperata. Ero convinto che l’ambiente l’avrebbe schiacciata e costretta a desistere, invece ha dimostrato di possedere un coraggio non da pochi.

Ha bruciato ogni tipo di tappa, ha collezionato vari record, ha ottenuto rispetto da ogni poliziotto che ha incontrato sul suo cammino.

Ho sempre seguito ogni suo passo e non c’è dubbio che lei sia veramente una straordinaria detective, l’unica in grado di incastrarmi, cosa che è puntualmente avvenuta.

Non ho solo perso, lei mi ha disintegrato. Ha vinto su tutta la linea..”.

Kate scrollò la testa: “No, non sono io ad aver vinto. L’unica ad averlo fatto è la verità. Ora capisco il vero significato della scritta che mio padre volle far incidere sulla tomba di mamma. “Vincit veritas omnia”.

Ed è vero: la verità vince sempre su tutto.

Può essere nascosta, infangata, anche uccisa, ma lei troverà sempre il modo di risorgere, di far tornare a brillare la propria luce.

Mi consideri pure solo una sciocca idealista, ma credo fortemente in ciò che ho detto e non a caso, io sono stata solo il tramite perché questo destino avvenisse..”.

Kate fu costretta a fermarsi poiché l’uomo le voltò le spalle e fece l’unica cosa che la giovane detective non si sarebbe mai aspettata: scoppiò a ridere. Una risata forte e vigorosa che sembrò espandersi per l’intera città.

Le si gelò il sangue nelle vene, quella reazione non aveva nulla di positivo, era del tutto incomprensibile. Rimase immobile dove si trovava, quasi fosse stata stregata, mentre avrebbe dovuto cogliere l’occasione, se non per scappare, almeno per chiamare rinforzi. Invece attese in silenzio che l’uomo si girasse per parlare di nuovo con lei e, quando lo fece, capì che quella situazione di stallo creatasi sulla terrazza era ormai giunta alla fine.

Il drago stava per compiere la sua prossima mossa, la sua espressione non lasciava alcun dubbio: “Credo che sia venuto il momento di porre fine alla nostra lotta Kate. Basta scappare, basta nascondersi. Io non ho mai avuto paura, sono un uomo d’azione. E non mi nasconderò più.  Lei ha ragione, la verità è stata scoperta.. E le conseguenze saranno catastrofiche. Perché, sa, non credo  che il mondo possa ancora sopportare la presenza di entrambi, uno dei due deve scomparire..”.

Kate rabbrividì nell’ascoltare la sua condanna a morte, perché sapeva bene di aver poche speranze davanti a quell’uomo completamente disarmata. Avrebbe potuto cercare di resistere attraverso il suo addestramento e con la lotta ne avrebbe rallentato l’operazione, ma se avesse estratto qualunque tipo di arma, non avrebbe avuto scampo..

L’uomo intanto continuava nel suo monologo infinito: “… Questo è il momento conclusivo Kate, è la fine e l’inizio. La fine di tutto e l’inizio di qualcosa. Siamo stati uniti in tutti questi anni da un lunghissimo filo invisibile, che comunque sia ha plasmato e condizionato le nostre esistenze. Non le chiederò perdono, non mi pento di quel che ho fatto, sarebbe inutile e lei non mi crederebbe mai.  Voglio solo mettere la parola fine su questa faccenda, ora, adesso”.

Si voltò nuovamente e, ancor prima che la giovane donna potesse rendersi conto delle sue reali intenzioni, scavalcò il parapetto che delimitava la terrazza. Si tenne alla sbarra di metallo il tempo di girarsi un’ultima volta verso la sua vecchia nemica e far incrociare il loro sguardo per alcuni secondi. Poi si lasciò cadere all’indietro nel vuoto, a braccia aperte, come se si fosse appena trasformato in un nuotatore che deve effettuare il suo tuffo migliore, e iniziò la sua discesa verso l’asfalto.

Kate, totalmente attonita, riuscì a raggiungere il parapetto solo per vedere un’ombra scura finire la sua folle corsa molti metri più in basso ed udirne nettamente il tonfo emesso quando fu a contatto con la dura superficie. Si sporse un poco e ciò che rimaneva di quello spietato criminale era solo un punto nero, minuscolo ed immobile sulla strada.

Non riusciva ancora a crederci, l’aveva risparmiata. Aveva preferito uccidersi, ma non l’aveva toccata.

Perché?

Probabilmente era stato l’ultimo gesto di una persona veramente disperata ed orgogliosa, che come i migliori condottieri del passato, non avrebbe mai accettato di cadere nelle mani nemiche.

Meglio uscire di scena con un colpo da maestro piuttosto che ricevere la vergogna del carcere e del pubblico giudizio. In fondo era un ulteriore riprova del suo totale egoismo.

Sarebbe stato completamente assurdo pensare che quell’uomo avesse compiuto un gesto “affettuoso” nei suoi confronti, ma Kate non ne era sicura.

Nei suoi occhi, per un piccolissimo secondo, era riuscita a leggere una luce diversa, come se con quell’ultima occhiata avesse voluto chiederle perdono, anche se qualche istante prima aveva negato quell’intuizione.

“Siamo stati legati da un filo invisibile tutta la vita”.

Era vero. Un legame oscuro, ma nello stesso tempo inscindibile, più per sua volontà che per quella dell’uomo, ma con quell’assurda decisione di lanciarsi nel vuoto ne aveva sancito per sempre la fine.

“E’ l’inizio di qualcosa..”.

Forse della sua nuova vita. Lei ne era più che certa, ancor prima di giungere su quella terrazza, ma lui, forse, stava cercando ancora di condizionarla.

E se l’avesse fatto per lei?

Sembrava impossibile, ma non avrebbe mai potuto togliersi il dubbio. Ora era finito tutto davvero. 

Quello sarebbe stato l’ultimo segreto del drago destinato a non avere risposta, ma in fondo a Kate non importava. Fece due passi indietro, passandosi il volto sulle mani, come se si fosse svegliata da un brutto sogno.

Era sudata e, colpita dal vento, rabbrividì accorgendosi di avere freddo. Il sole era praticamente tramontato ed una tenue oscurità stava ricoprendo i molteplici palazzi di New York e la temperatura si era abbassata.

Kate si ritrovò seduta in terra come se tutto il peso del mondo, che sentiva premerle sulle spalle, fosse riuscito a piegarle le gambe ed a schiacciarla.

Appoggiò la schiena contro un muretto ed alzò gli occhi al cielo e in quel blu cobalto notò una piccola lucetta, la stella del viandante, la stella che indica il cammino. Una lacrima le solcò il suo bel viso, il suo cuore era libero. Sapeva ciò che doveva fare, ma prima di seguire il suo destino, aveva ancora un compito da espletare.

Prese il cellulare che era al sicuro nella tasca interna della sua giacca e compose un numero a lei noto.

“Javi, sono Kate. Sono sulla terrazza sul tetto dell’ospedale. Ho incontrato il drago.. Sì, sta tranquillo sto bene, ma lui è morto. Si è lanciato.. dovresti chiamare Lanie e i colleghi per un sopralluogo..”.

La comunicazione si interruppe di colpo e in un tempo assai breve, che Kate calcolò di non essere più di due minuti, la porta di accesso alla terrazza si aprì e Ryan ed Esposito fecero il loro ingresso di corsa.

Kate sorrise, quei due non avevano lasciato ancora l’ospedale evidentemente, l’avevano vista turbata ed erano rimasti nei paraggi se lei avesse avuto bisogno. Avevano preso davvero seriamente il loro compito di angeli custodi!

Infatti si precipitarono verso di lei, quando la videro riversa in terra, e la tempestarono di domande: “Becks, stai bene?”   “Sei ferita?”    “Quel maledetto ti ha fatto del male o ha solo osato provarci?”.

Esposito le aveva posato una mano sulla spalla e sembrava decisamente angosciato, mentre Ryan le scrutava il viso alla ricerca di qualche ferita. Era una scena decisamente tenera e Kate cercò di tranquillizzarli: “Ragazzi sto bene, davvero. Sono solo stanca, devo aver esaurito le energie. Non preoccupatevi per me”.

I due si sedettero accanto a lei, uno alla sua destra, uno alla sua sinistra, allungando le gambe e lasciando cadere a penzoloni le braccia, e in coro risposero: “E non sei l’unica!”.

“Sai che è stata davvero una giornata infinita? Starti dietro è decisamente complicato” sentenziò Javier.

“Tutto questa azione, adrenalina e inseguimenti, non fa mica per noi. Forse a te farà piacere, ma noi stiamo invecchiando. Ogni tanto ci vorrebbero solo un sacco di scartoffie per poter rimanere incollati alla sedia in ufficio, ma stando nella tua squadra, abbiamo notato che è praticamente impossibile!” continuò accigliato Ryan.

“Meno male che sei riuscita a far buttar giù da questo edificio quel gran contaballe di un giudice o saremmo dovuti rimanere a farti da scorta per l’intera nottata, o chi l’avrebbe sentito writer boy! Se non c’è lui, siamo noi a doverci occupare di te”.

“Ma non avevamo calcolato che sei la calamita per i guai e, anche se ti abbiamo lasciata da sola per poco, sei riuscita a rischiare la pelle ancora una volta. Devi insegnarci come fai, devi pur avere qualche tocco segreto, o non potrò mai capacitarmi di questa tua abilità”

La giovane donna era rimasta senza parole nell’ascoltare il discorso dei due colleghi che apparentemente apparivano seri e veritieri, ma quando vide le labbra di Esposito alzarsi lievemente all’insù, notò che anche Ryan stava facendo una gran fatica per non mettersi a ridere.

Quando capì che la stavano prendendo in giro, diede ad entrambi una forte spinta sulle spalle e disse loro: “Ma smettetela! E io che vi sto anche a sentire! Siete davvero due grandi attori lo sapete?” e fece finta di mettere il muso.

I due risero sonoramente: “Avanti Kate, volevamo solo farti ridere, quando siamo arrivati quassù avevi una faccia terribile, spaventata a morte. Ci siamo assicurati che stessi bene, poi dovevamo farti riprendere un po’ di colore in viso. Devi essere presentabile quando andrai a trovare Castle o lo farai fuggire a gambe levate!”

La detective scosse la testa: “Stare a stretto contatto con Lanie ti fa male, Javi. Stai incominciando a parlare come lei! E poi Castle non fuggirà a gambe levate, lo ha promesso! Sarò costretta ad arrestarlo se solo ci proverà!”.

Ryan si alzò in piedi di nuovo e le porse una mano: “Allora è giunto il momento di tornare da lui e ricordargli la promessa che ti ha fatto, ma sono certo che non se ne sia dimenticato”.

Kate l’afferrò e l’amico l’aiutò a rimettersi in piedi tirandola un poco: “Hai ragione, voglio vederlo”.

Una voce alle sue spalle le suggerì: “Allora non perdere altro tempo, non fare aspettare il vero amore. Ci occupiamo noi di sistemare le cose e di far portar via il cadavere del drago, anche se ci avrà già pensato la Gates, che abbiamo prontamente avvertito. Tu non devi mai più preoccuparti, è tutto finito”.

La giovane donna annuì e gli sorrise: “Ok, ma prima di scendere da questa terrazza devo far una cosa. Avvicinatevi a me, di più. Su ancora un pochino, mica mordo..”.

Quando i due uomini furono alla distanza giusta Kate si sistemò perfettamente in mezzo ad entrambi, allargò le braccia e li strinse in un abbraccio affettuoso: “Grazie”. I due poliziotti ricambiarono il gesto prontamente stringendole la schiena in una dolce stretta. Quella ragazza sapeva essere di una dolcezza disarmante.

Si staccarono dopo qualche minuto e si guardarono negli occhi. Il tempo delle parole era finito, con quel gesto si erano già detti tutto. Così la giovane donna li salutò con un veloce cenno della mano e si incamminò verso le scale che l’avrebbero riportata all’interno dell’edificio.

Si era ripresa in mano la sua vita quel giorno, era ritornata a respirare.

Ora doveva solo far continuare a battere il suo cuore e sapeva benissimo come ci sarebbe riuscita.

 

 

Angolo mio!

Eccoci qui, questo è il penultimo capitolo.. Ce n’è ancora uno, ma è solo un piccolo epilogo. Ho concluso la faticosa lotta di Kate contro il drago e ho risolto a modo mio il caso di Johanna Beckett..

Mi sono messa lì con tutti gli appunti e l’ho ricostruito a mio piacimento. Naturalmente non ci ho beccato una mazza, ma mi sono divertita un sacco lo stesso!

Vi immaginavate una conclusione così? ^.^

Mo scappo!

I ringraziamenti ci saranno nel prossimo capitolo!!!

Bacione

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Capitolo 24
*** Chiamami ancora amore ***


Chiamami ancora amore

CHIAMAMI ANCORA AMORE

 

 

 

Si fermò davanti alla porta e si appoggiò allo stipite, guardando all’interno della stanza.

Steso nel suo letto, Castle dormiva il sonno dei giusti.

La giovane donna si perse ad ammirarlo di nascosto: i lineamenti del suo viso erano rilassati e a Kate non era mai parso così bello. Dormiva sereno come un bambino.

La donna non si mosse, non voleva svegliarlo, non voleva turbarlo.

Era ancora un po’ scossa per gli avvenimenti accaduti poco prima sulla terrazza, ma guardando il respiro regolare del suo uomo, la pace e la serenità scesero nel suo cuore una volta per sempre.

Ora che tutto era finalmente finito, era libera di poter essere la donna che aveva sempre voluto. Il suo orizzonte era libero dalle nuvole di tempesta.

Sarebbe rimasta ancora una donna piacevolmente imperfetta, e decisamente complicata, ma, per la prima volta, non sentiva il peso del mondo sulle sue spalle. Quell’enorme macigno si era dissolto, grazie soprattutto a quell’uomo che dormiva davanti a lei, ancora ignaro che la vita stava dando loro una vera possibilità. Ora possedevano una chiave per raggiungere un regno magico incentrato solo di su loro, lontano dalle difficoltà della vita, dove si sarebbero rifugiati ed avrebbero costruito insieme qualcosa d’importante. Qualcosa che a Kate era sempre mancato: una famiglia.

Quell’uomo con la sua allegria, la sua spensieratezza e un pizzico di pazzia, l’aveva aiutata a credere in se stessa e l’aveva sempre fatta sentire una creatura straordinaria anche quando lei, in realtà, si sentiva morta dentro.

Un uomo che non voleva perdere. L’uomo che amava con tutto il suo cuore, che meritava di ricevere un amore incommensurabile che lei era ormai disposta a donargli.

Aveva deciso: non sarebbe rientrata a casa quella notte, anche se a malapena si reggeva in piedi. La sua prima notte da donna “libera” voleva passarla con lui, poco importava se erano rinchiusi in quelle quattro mura che sapevano di disinfettante.

Non poteva perdere nemmeno un secondo, avevano già sprecato troppo tempo. Aveva bisogno della sua vicinanza.

“Hai intenzione di restare sulla soglia di questa stanza ancora per molto?”: Castle ancora con gli occhi chiusi, l’aveva risvegliata dal suo torpore.

Kate sorrise dolcemente. Amava così tanto il suono della sua voce.

“Come facevi a sapere che ero qui? Stavi dormendo..”.

 Quell’uomo riusciva sempre a sorprenderla.

 Entrò lentamente ed andò a sedersi sul letto accanto a lui.

L’uomo, aperti gli occhi e presa la mano della giovane donna tra le sue,  le sorrise a sua volta: “Ti svelo un segreto. Io so sempre quando sei accanto a me. Ti sento immediatamente, sei come una scarica elettrica che mi attraversa tutto l’anima. Chiamala come ti pare, sensazione paranormale, pazzia. Non mi importa. Tu ormai sei una parte di me e io mi sento decisamente meglio quando ci sei. Ho imparato a conoscerti e, nonostante qui siamo al sicuro, sento che c’è qualcosa che ti turba tesoro”.

Kate lo accarezzò dolcemente, scacciando via l’immagine del drago dagli occhi: “Non è niente: ormai è acqua passata. Sono qui con te e vorrei solo un tuo abbraccio. Ho bisogno di sentire il calore delle tue forti braccia irradiarsi per tutto il mio corpo”.

Castle la attirò a sé e sentì il corpo di Kate abbandonarsi contro le sue membra. Qualunque cosa la stesse tormentando fino a pochi secondi prima, si era dissolta, ne era sicuro.

“Va meglio tesoro? Se così non fosse, mi gioco la mia carta segreta per farti sorridere..”.

“E sarebbe?” lo punzecchiò Kate.

Castle prese i capelli che le coprivano l’orecchio e ne scostò una ciocca. Girò la testa per avvicinarsi a lei il più possibile e le sussurrò: “Ti amo da impazzire detective. Lo sai che mi stai rendendo l’uomo più felice del mondo lasciandoti stringere così?”.

Una piccola lacrima solcò la guancia della donna, ma a differenza delle tante versate in passato, quella piccola goccia era solo un riflesso dell’enorme felicità racchiusa nella sua anima.

Quell’uomo era unico: come riuscisse sempre a dire la parola giusta al momento giusto sarebbe rimasto un mistero, ma le piaceva da morire essere coccolata in quel modo da lui.

Kate si accoccolò ancor di più nell’incavo della spalla dell’uomo stringendosi forte al suo braccio e mormorò: “Non riuscirò mai a dimostrarti il mio amore con la stessa intensità con cui lo fai tu.. rendi tutto così magico”.

Rick continuò ad accarezzarle la schiena ed a giocare con i suoi lunghi capelli: “Non scherzare tesoro. Me lo hai dimostrato anche tu molte volte: lasciandoti andare con me, lasciando che ti aiutassi ad abbattere quel muro. E poi tu mi hai incantato subito, mentre io ho dovuto usare tutte le mie arti per farti capitolare..”.

“Sei uno sciocco se la pensi così. Lo ammetto: sei entrato nella mia vita come un tornado, e io non ero pronta. Sei riuscito a cambiarla e senza che me ne rendessi conto non potevo più fare a meno di te. Ma avevo paura, eri l’unico a farmi perdere il controllo delle mie emozioni e del mio precario equilibrio. Ora, però, mi rendo conto di essere stata fortunata e non puoi  nemmeno immaginare quanto io sia felice che tu lo abbia fatto. Ti amo da impazzire Rick. Non lasciarmi mai, promettilo”.

Castle le rispose dolcemente: “Lo giuro solennemente, parola di scout” e strizzò l’occhio.

Kate rise e ne fu felice. La strinse forte, ma non la sforzò a rialzarsi. In quel momento Kate aveva bisogno di quel contatto e lui si era ripromesso di divenire l’uomo dei suoi sogni, di assecondare ogni suo desiderio ed esigenza.

Sentì il corpo della sua donna divenire a poco a poco sempre più pesante. La giovane stava scivolando nel sonno e l’uomo se ne rese conto. Si avvicinò al suo orecchio e dolcemente la chiamò: “Kate, devi andare a casa. Va a riposare su un vero letto. Hai diritto ad un po’ di tranquillità dopo queste giornate infinite. Tornerai domani, io mica scappo”.

Kate riuscì a dire solo poche parole già impastate dal sonno: “Fammi restare qui ti prego, voglio dormire accanto a te stanotte. Se non ti dispiace..”.

“Io lo dicevo per te, credevo saresti stata più comoda. Non mi dispiace per niente averti qui. Anzi non chiedo di meglio. Oddio, fossimo in un grande hotel, in un letto di seta, con morbidi guanciali, forse sarebbe una nottata migliore” sdrammatizzò lo scrittore.

“Sicuramente se ci fossimo trovati in un luogo diverso, con uno stato di salute migliore, la conclusione di quella lunga giornata sarebbe stata decisamente migliore tesoro” fu, invece, il suo pensiero, ma la voce di Kate lo riportò presto alla realtà.

“Non abbatterti, sei un cuscino perfetto amore” mormorò sorridendo la giovane donna.

 Castle si irrigidì di colpo e Kate si preoccupò per un istante.

 Cosa poteva essere accaduto?

L’uomo si mosse di scatto e la costrinse a rialzarsi. Le mise le mani sul viso e le sussurrò: “Fallo di nuovo..”.

Lei non capì: “Cosa?”.

Rick la fissò serio negli occhi e, mentre con i pollici le donava leggere carezze sul viso, disse: “Chiamami ancora amore.. E’ stupendo sentir pronunciare quella parola dalla tua bellissima voce”.

Kate arrossì, quasi come se stesse prendendo fuoco. Non si sarebbe mai abituata. Rick sapeva essere di una dolcezza disarmante: si abbassò, lo accarezzò e, raggiunta la sua bocca, lo baciò teneramente: “Ti chiamerò per sempre amore. Da qui all’eternità.. Lo farò talmente tanto che un giorno ti stuferai di sentirlo”.

L’uomo scosse la testa: “Mai, non accadrà mai. Voglio che tu mi chiami così ogni giorno. Ogni volta che saremo soli. Ogni volta che ti abbraccerò, ti coccolerò, che ti renderò felice. Ma anche se ti farò arrabbiare, quando litigheremo e quando sarai triste. Perché, se tu lo farai, io saprò che il nostro “noi” esiste ancora. Ci saremo io e te, uniti nel profondo. Sempre.

Significherà che stiamo difendendo questo sentimento così profondo e magnetico.

Sì ora so cos’è l’Amore, e lo devo a te Kate Beckett. Non voglio perderti, quindi, ti prego, chiamami sempre amore..”.

Kate si emozionò moltissimo. Nessun uomo le aveva mai fatto una richiesta così speciale. Lo abbracciò di slancio: “Certo, amore mio, sarà un vero piacere”. Si staccò per poco dal loro abbraccio e lo baciò teneramente, senza forza, ma nello stesso tempo passionale, senza interrompere la delicatezza del momento.

Si sentì orgogliosa di avere al suo fianco un uomo simile e, quando le loro bocche si staccarono, l’uomo la strinse di nuovo contro il suo petto e poi disse: “Ora però dormiamo tesoro.  Tu sarai sfinita e io incomincio a sentire un po’ troppi dolori. Nemmeno gli antidolorifici sono quelli di una volta. Domani protesterò ufficialmente”.

Kate rise di nuovo: “Ok vecchietto, dormiamo”.

Rick si scostò un poco e si girò su un fianco per permettere alla donna di sistemarsi meglio accanto a lui.

Scivolarono insieme lungo il letto finchè entrambi non posarono la testa sul cuscino. Castle si perse per qualche istante nel verde magnetico degli occhi di lei, poi, dopo averle donato l’ennesima carezza sul viso le sussurrò: “Dormi bene amore”.

Così, mentre Rick continuava ad accarezzarla ed a cullarla nelle sue braccia, Kate si incamminò pian piano nel mondo dei sogni.

Non poteva ancora saperlo, ma da quel momento, avrebbe avuto solo notti tranquille e serene, ben lontane da quelle costellate da incubi, rabbia e frustrazione degli anni passati.

Era stata ferita, la vita l’aveva pugnalata rendendola diversa dalla donna che avrebbe voluto diventare. Si era dannata l’anima alla ricerca di una risposta divenuta per molto tempo irraggiungibile.

Alla ricerca di una verità che, quando credeva di aver ottenuto,  si era sgretolata nelle sue mani, lasciandola solo con una manciata di cenere.

Era caduta, ma si era sempre rialzata.

E ora era arrivata alla fine di quel tunnel.

 Ora sapeva di aver vinto davvero, di aver sconfitto il drago. Non solo quello in carne ed ossa, ma soprattutto quello dentro se stessa, quello che si alimentava del suo odio e della sua rabbia, uccidendola giorno per giorno.

Un'unica certezza era radicata nel suo cuore: l’indomani, quando si sarebbe svegliata, avrebbe trovato ad attenderla una nuova vita e un nuovo futuro carico di speranza.

Il regalo più grande che Rick le aveva fatto innamorandosi di lei, era proprio la speranza.

La speranza di una vita migliore.

Quel calore che ora sentiva dentro non si sarebbe mai spento ed avrebbe alimentato la loro  felicità.

Aveva compreso che l’unica verità che doveva ricercare nella vita era molto più vicina di quanto potesse immaginare: era semplicemente nascosta nel suo cuore.

Il cuore ha sempre la risposta giusta se lo si sta ascoltare, è lui a guidarti verso la felicità.

E il suo cuore aveva sempre ripetuto per quattro lunghi anni un’unica parola, un unico battito.

Rick.

Il loro amore sarebbe durato per sempre.

Quella in fondo era l’unica verità a cui voleva credere.

L’unica verità che l’avrebbe resa veramente felice.

 

 

 

Angolo mio!

Ecco è finito! A mio modestissimo parere questa scena è molto tenerella! (almeno io ho cercato di renderla tale), quell’abbraccio vale molto di più di tantissimi gesti eclatanti che avrei potuto far loro fare.

Mentre stavo scrivendo questo capitolo alla radio è passata la canzone “Chiamami ancora amore” di Vecchioni e mia madre mi fa: “Questa canzone è bellissima, la adoro” e ho deciso di prenderne spunto, per farle una dedica implicita. È venuta bene?

Ora veniamo ai ringraziamenti. Per prima cosa vorrei ringraziare tutte voi che avete sempre letto, nonostante i miei innumerevoli ritardi! Mi sono fatta desiderare a volte! :P

Grazie per chi ha recensito, per chi ha solo letto e anche solo chi ha curiosato!

Grazie a Mari e a Marta (dalla quale mi aspetto una recensione delle sue, vero?) per aver avuto la voglia di leggere questa “pazzia” in anteprima e di avermi dato il loro giudizio!

E per ultima, ma non per importanza, il mio grazie enorme va a Rebecca. Lei ha letto in anteprima, mi ha dato il suo parere e, cosa di vitale importanza, mi ha corretto gli errori grammaticali che mi scappavano! (oltre ad avermi supportato, sia chiaro). Quindi thank you very much <3 <3 <3

Ora vi saluto, ho scritto un angolo enorme! Alla prossima ispirazione!

Bacione a tutti!!! 

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