Il lato azzurro della vita

di Una Certa Ragazza
(/viewuser.php?uid=134555)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La campanella ***
Capitolo 2: *** Poesia ***
Capitolo 3: *** Storia di una sera alla fine della notte ***
Capitolo 4: *** Periodo ipotetico ***
Capitolo 5: *** Le Ore ***
Capitolo 6: *** Mattina ***
Capitolo 7: *** 8 Marzo ***
Capitolo 8: *** La nube ***
Capitolo 9: *** Il tuo segreto ***
Capitolo 10: *** La festa ***
Capitolo 11: *** Note ***
Capitolo 12: *** Edimburgo ***
Capitolo 13: *** In morte della signora R. ***
Capitolo 14: *** In limine ***
Capitolo 15: *** Liù ***
Capitolo 16: *** Simbolismo ***
Capitolo 17: *** Teatro ***
Capitolo 18: *** Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie... ***
Capitolo 19: *** L'ombra alle spalle ***
Capitolo 20: *** Blues Notturno ***
Capitolo 21: *** Ricordo d'infanzia ***
Capitolo 22: *** Tu chiamale, se vuoi, impressioni ***
Capitolo 23: *** Stardust ***
Capitolo 24: *** Riflesso ***
Capitolo 25: *** La dedica ***
Capitolo 26: *** Una vita di mattine ***
Capitolo 27: *** Epifania ***
Capitolo 28: *** Poesia molto semi e poco seria ***
Capitolo 29: *** E il tempo diventava ieri... ***
Capitolo 30: *** Finisca pure un giorno tutto quanto ***
Capitolo 31: *** Answers ***
Capitolo 32: *** Un pomeriggio dopo la piazza ***
Capitolo 33: *** 25 aprile ***
Capitolo 34: *** Apologia dell'errore ***
Capitolo 35: *** La vita, deformazione professionale ***
Capitolo 36: *** Il ritorno di Rossana ***
Capitolo 37: *** La farfalla e la tartaruga ***
Capitolo 38: *** Rapsodia in agosto ***



Capitolo 1
*** La campanella ***


La Campanella

 

Suonano, rimbombano

I corridoi vuoti

Gli angoli bianchi

Delle assolate aule sole.

Ascolta questo suono

Questo allegro malinconico

Inno di felicità!

Questo acuto che si leva

Sul cortile desolato,

Sui piccioni parcheggiati

Lungo i fili del telefono

E sopra l’aria ferma!

Ma più di tutto ascolta,

Ama fuggi temi il momento

In cui quel suono tende

Verso l’impossibile

Insondabile passato:

Non lo vedrai mai più.

Il sole inombra

Rischiara l’animo

La scuola chiude

Aprono i cancelli

Volano estivi i cappelli

Delle cartelle in festa

Riecheggiano le scale

Di suoni e di colori.

La campanella cessa di suonare

Ascolta il suo silenzio

L'ultima attesa libera.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Poesia ***




Poesia


Il movimento di uno spicchio d'animo
Lungo
Le volute del pensiero
Vedere il sole,
Per un attimo,
Arrancando nel suo struggente splendore
E senza aver trovato le parole
Ricadere giù
Tra frasi strette
A gridare
A contare l'alfabeto delle stelle.
E' l'inesprimible 
A far di ogni mia ora
La sofferenza di un secolo.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Storia di una sera alla fine della notte ***


Ciao a tutti! Ho gia inserito due poesie e ancora non mi sono presentata... beh, non presenterò me stessa, in effetti. Volevo dire solo due parole su questa raccolta.

Questa è stata la mia prima raccolta di poesie, e l'ho scritta soprattutto tra le medie e i primi anni di liceo, anche le la aggiorno ancora adesso, se penso che una poesia che ho scritto rientri più nei concetti espressi qui che in altri raggruppamenti. Le poesie non sono in ordine cronologico, per cui ne troverete alcune più mature in mezzo ad altre più infantili.
L'idea di fondo di questa raccolta è raccontare soprattutto i sentimenti agrodolci. Avete presente quando guardate un film o leggete un libro e pensate che sia talmente bello che vi viene da piangere? Ecco, ci sono molti sentimenti del genere, e tutti riconducono a qualcosa che si potrebbe definire "senso del sublime". Sono sentimenti che sono sparsi qua e là anche nel quotidiano, e una delle cose che mi piacerebbe fare sarebbe descrivere il sublime di questo quotidiano.

Spero di riuscire, attraverso i vostri commenti, a definire meglio la mia idea di poetica e di andare sempre più verso quello che voglio esprimere. Voglio centrare sempre più il punto, insomma.
Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che hanno recensito. Grazie!^^



Storia di una sera alla fine della notte
 
Lui, nato e cresciuto in un mondo di morte
Ogni respiro pagato in contanti
Diciott’anni passati a sfidare la sorte
Vissuti in un giro privo di sconti.
 
Lei, vita trascorsa nell’incomprensione
In una realtà che non sa pensare
Breve è la strada per la depressione
Se hai pochi momenti per sognare.
 
Più facile sembra lasciarsi cadere
Che continuare in questa maniera
Così nella sera di tutte le sere
Si scontrano in cima a una scogliera.
 
«Non ti avevo vista, come mai qui?»
«A tirare avanti non ci riesco più...
E tu? Non sei Francesco della 5°B?»
«Che coincidenza trovarti quassù
Tu sei Marianna della scuola mia!»
«Pure tu a dire al mondo addio?»
Sotto c’è il mare scuro, un salto e via.
«Paura?» «Sì.» «La mano te la tengo io.»
 
«Finirla così, però, che peccato...»
«Pensiamoci meglio domani mattina.»
»Al molo c’è un buon ristorante, ho sentito...
Non te l’ho mai detto, sei molto carina.»
 
Scendono tenendosi stretti per mano
Volano su strade di cupo cemento
Ma con la mente sono lontano
Il cuore sorride, nel buio e nel vento.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Periodo ipotetico ***




 Periodo ipotetico
 


E se tanto tempo fa
Avessi scelto un’altra strada
E se avessi saputo
Il nodo esatto degli errori
Lo scioglimento della trama
Migliore, conveniente
E se avessi conosciuto
Tutti i sentieri possibili
E casi e coincidenze
Con le loro conseguenze
E se avessi saputo
Come arrivare
Saltando un viaggio lungo
E se per essere più lieta
Mi fossi adeguata
E avessi accettato
Il minor male
E se l’avessi fatto
Se avessi negato parte
Dei miei pensieri sregolati
Per essere annuita
Approvata dagli altri
Allora forse avrei vissuto
Senza conoscere mai
La mia libertà oscillante
Tra il giusto, il pensiero
E lo sbaglio.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Le Ore ***


Questa poesia è dedicata alla mia migliore amica, Jessy, che l'ha scritta con me. Mi sento in vena di essere abbastanza banale da dirle: "sei la migliore amica del mondo" o "la migliore amica che potessi mai desiderare", ma non credo che avrebbe molto senso, nè che renda l'idea. Chiunque potrebbe ribattere che non posso davvero sapere se è la migliore o no.
Quello che importa è che io non ne vorrei nessun'altra.

Questa poesia è anche per tutti gli amici delle medie. Qualche anno fa, scrivendo queste poesie, dicevo: "un giorno le dedicherò ai miei amici". Beh, la dedica eccola qui. I loro nomi non c'è bisogno di scriverli, perchè loro sanno chi sono.
Grazie.



Le Ore

 

Sedute sul tetto grigio

Davanti alla vecchia scuola

Mentre le ore passano

Sul tramonto dorato

Accarezzate dal vento

E dai ricordi

Di vecchie estati e vecchi amici.

Mentre il vento spazza via

Il passato con un soffio

Dando un ultimo addio

A tutto ciò che è stato

È un intervallo calmo

sotto il cielo azzurro.

Mentre le ore passano

Sognando nuove idee

Tempi ancor più belli

Parlar di tutto e niente

Mentre dietro alle finestre

Giocan silenziosi

Fantasmi di ricordi

Bambini vecchi e nuovi

Mentre le ore già passate

Si infrangono sugli occhi

E dentro alla memoria

Di chi le sa ascoltare.


 













Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Mattina ***


Eccomi di nuovo!
Innanzitutto ci tengo a ringraziare tutte le persone che mi hanno recensito fin qui. Vediamo un po', cerchiamo un ringraziamento originale... d'accordo, lo ammetto, non me ne vengono in mente altri: grazie!

Passando alla poesia, questa è stata una delle prime che ho scritto. Non è un granchè, però la mattina è un momento della giornata che mi piace, anche quando ho sonno, e rendermi conto che non ho cambiato opinione nel corso degli anni mi ha fatto piacere e mi ha fatto ricordare tutte le vecchie mattine nel corso della mia vita (*voce-nella-testa: "hai solo diciannove anni, non fare la donna vissuta!"*), per cui la metto qui.

A onor del vero, questa non è stata esattamente una delle mie prime poesie. Prima ce ne sono state altre, un intero taccuino. Proprio mentre stavo per finirlo l'ho perso (perdo sempre tutto, io. O forse sono le cose che perdono me), e per un po' mi sono disperata perchè lì sopra c'era quella che sono convinta essere la più bella poesia che abbia mai scritto, di cui ricordo solo il titolo e un paio di frasi smozzicate. Alla fine mi sono rimboccata le maniche e ho ricominciato, ma il ricordo di quei versi - o meglio il sapere che ci sono stati, visto che non li so più - ogni tanto mi tormenta ancora, come quei jingle assurdi delle pubblicità che ti rimangono impressi nella mente. Quando scrivo poesie spero sempre di farne una bella come quella.
Probabilmente se rileggessi quella poesia adesso riderei di me stessa e penserei di aver scritto delle ingenuità, nel migliore dei casi, e perciò pensandoci bene forse sono stata fortunata: se non avessi perso il taccuino non avrei avuto qualcosa di perduto da raggiungere e mi sarei impegnata meno nello scrivere poesie. Forse. (*Voce: "Dice così solo perchè non vuole ammettere che non può trovare un lato buono anche nella sua disattenzione" Io: "E sta' zitta tu!"*)
Scusate lo sproloquio, ora vi lascio. Grazie ancora!




 

Mattina

 

Attendo il sole venire

Non so il color del cielo

Sugli occhi è vivo il velo

Di un sogno da smarrire.

Il tetto urbano è silenzioso

Deve iniziare il fracasso

Nessuno ha gettato il sasso

Su questo stagno ozioso.

E sono aria e sono terra

I momenti son leggeri

Pesanti tutti i miei sentieri

Prima che inizi col tempo la guerra.

I battiti del cuore sono tanti

Me c’è bisogno di rallentarli

Per vedere la vita passarli

Senza provar rimpianti.

E verrà l’urlo che mormorerà:

«Corri, corri, devi arrivare prima

Il tempo in quest’era fa rima

Soltanto con la velocità!»

Ma il tempo è solo un’invenzione

Se sul display del cellulare

L’ora muta lasciala cambiare

Spegnilo piuttosto con soddisfazione.

E la mattina è ancora mia

Il lento andante contrabbasso

Che riempie di musica il chiasso

Di questo mondo che va via.  

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 8 Marzo ***


Questa poesia, rispetto a quelle che ho pubblicato finora, è più recente: è datata 8 marzo 2011. E' un po' cruda, c'è già stato chi l'ha trovata indelicata, tuttavia l'ho scritta in un momento ben preciso che non mi va di dimenticare: erano i giorni dello scandalo delle escort. (L'ho tirata fuori oggi proprio per questo, perchè è arrivato il tempo dei processi su questo caso).
Vedevo donne che avrebbero dovuto indignarsi affermare che le escort erano state proprio fortunate a fare soldi così facilmente, e sembravano non vederci nulla di male. A chi diceva che era un' indecenza davano del moralista, e dopo aver visto questo ho smesso di stupirmi che ci siano uomini che pensano che disporre della donna sia un loro diritto. Se noi per prime non ci rispettiamo, come possiamo pretendere che ci rispettino gli altri?
Non sono femminista. Sono perchè i sessi abbiano pari dignità, e la nostra dignità, quella che già abbiamo, è stata fatta riconoscere a fatica. Dimenticarlo in quel giorno mi è sembrato un insulto.
Credo che per acquistare dignità la prsona stessa che la desidera debba in primo luogo esserne convinta le stessa e crcare in tutti i modi di averla.
Parafrasando una frase di Malcom X (un giorno o l'altro mi arrestano): "Nessuno vi darà la libertà, se siete donne pendetevela!"




 8 Marzo 
 
Ti sento sin da qui,
Mimosa,
Gridare il tuo giallo sulle colline
Sotto il cielo grigio macilento
I trafficanti di sogni lo sanno
Non vali più nulla
Nessuno che ricordi il nesso
Come il bruco rovina
La mela dall’interno
Così t’han rosicchiato il senso
A che sono servite tante morti
Se l’Italia si bea
Del suo essere puttana?
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La nube ***


Ecco di nuovo una poesia che ho scritto secoli fa. Sono passati davvero tanti anni, se ci ripenso!
Sono stata molto combattuta se metterla qui o meno perchè mi rendo conto che sarebbe da riprendere in mano e limare... però, mettiamola così, non voglio uccidere il momento ^^ L'ho scritta provando un attimo di angoscia, come gli animali che diventano irrequieti quando sta per arrivare il terremoto (che paragone felice...) non è che sentivo la crisi? XD Nah, in realtà ho avuto questa sensazione molto confusamente e ho cercato di metterla giù per immagini.
L'ultima "scena", se così vogliamo chiamarla, mi è stata ispirata - lo ricordo molto bene - dal finale di "Ascolta il mio cuore", che quando ero piccola era il mio libro preferito.





 La Nube
 
L’alba esplode sui tetti
E non è la prima
E non è l’ultima
A bombardare il cielo
La città è
Allegramente impertinente
Gli uccelli volano ancora.
Dalla finestra
Dietro al vetro
In ogni stelo d’erba
In ogni grande villa
La tranquillità è anestetica
Ma dietro di noi
Oltre, ancora oltre
la nube nera incombe
Tra i nostri ipocriti
Mattoni disperati
Ah, la sento
La sento che avanza
Guadagna centimetri
Ad ogni soffio d’aria.
Manca poco ormai
È vicina.
Ma la città continua
Chiara noiosa pacata.
Ciechi!
Nessuno sa distinguere la nube
Un cielo azzurro
È diviso a metà
Da una striscia bianca
D’aeroplano.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Il tuo segreto ***


Eccomi tornata! Penso che questa poesia risalga ad un paio di anni fa, forse qualche mese di meno. E' dedicata ad una mia amica, anche se ci sarebbe tanto altro da dire di lei che queste poche cose XD (beh, del resto non vale la stessa cosa per tutti?)
Grazie per leggere e per aver lasciato recensioni! Ringrazio in particolare Jesse O. e Odioiladridinickname che commentano sempre, prestandomi il loro tempo con grande generosità su internet e non solo. :)

Il tuo segreto

 

Con quello sguardo duro come il vetro

Guardi gli amanti

Fissarsi negli occhi.

Butti la calce su un cuore morto

Dicono quelli che ti pensano

Amazzone per gioco.

L’orgoglio, l’orgoglio

Che malattia il tuo orgoglio!

Perdonati il dolore

Lasciati innamorare.

Non guardi un uomo in volto

Se non ci devi litigare

Non lasci andare

Le tue mani, il tuo viso, i tuoi occhi

A sognare.

Il tuo disprezzo in borsetta

Il tuo cinismo al guinzaglio

La gente ha paura

Non riesce a capire perché

Nel palmo hai l’ombra di un sorriso

Troppo amaro

Che poi magari ti porti dietro

Anche la verità

E senza più illudermi che faccio

Che faremo tutti?

Quell’amore normale

Che nascondiamo ostentatamente

Forse hai ragione tu,

Forse non è niente

Quant’è più facile pensare

Che tu non creda nell’amore

Così possiamo scrollare le spalle

E compatirti assieme.

Ma ci sono quei momenti

Quelle notti colme di pensieri vuoti

In cui non riusciamo

Ad inventarci un’emozione

Anche guardando le stelle

E allora forse capiamo tutti

Nello stesso istante

Che tu l’amore lo conosci troppo bene

Che il tuo sguardo disilluso

È il fondo di un bicchiere

Delusione

Per i nostri amori quotidiani

Troppo poco disperati

Troppo senza ali.


 











 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** La festa ***


Superfluo dire, una volta letta questa poesia, che non si sta parlando di una festa fisica. Il titolo sembra centrare poco ma ai collegamenti mentali non si comanda XD


La festa


Ed è una capriola della mente
Un salto all'improvviso
Nel cuore ho una voce che grida
Ma è gioia, è fantasia
E le parole che avevo
Sono rimaste lontano
Nel mondo sbiadito
Di chi non rimane
Sveglio a cercare le stelle
In mezzo al soffitto, nel buio
E senza motivo sorrido
E c'è una corda in me
Che vibra ed esulta
L'ebbrezza di essere al mondo
Senza più averne motivo.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Note ***



Questa poesia l'ho messa in un romanzo, sperando che non risulti come la tipica canzoncina da romanzo fantasy (le trovo orribili). Mi ricordo quella di Bombadil ne "Il signore degli anelli", che a me non piaceva ma nel contesto poteva avere un suo senso, ma ho rimosso tutte le altre... non esiste high fantasy senza canzoncina scrausa, yeah!



 

Note

 

Do, buco nero, basso, fondo

porta chiusa, cerchio tondo

muto canto di Tristezza

vento freddo, cupa brezza.

 

Re, mare azzurro, blu, turchino

strazio, lungo mio cammino

vecchio sogno, Nostalgia

cambiamento in elegia.

 

Mi, foglia verde, chiara, forte

viva vita, morta morte

dare forza alla Speranza

fiore, ballo senza danza.

 

Fa, beffa rossa, arguta, fine

riso ambiguo, finte trine

genio misto ad Allegrezza

sorriso sghembo, sfrontatezza.

 

Sol, luce bionda, calda, bella

chiaro stagno, audace stella

sole a picco sul Pensiero

chiave, porte del mistero.

 

La, scettro bianco, primo, nuovo

foglio intonso, gallina e uovo

alfa, inizio di tutti i Casi

nove muse, milioni di frasi

 

Si, cielo blu, pazzo, profondo

anima viva, grida del mondo

specchio distorto, Diversità

eclissi di luna, eternità.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Edimburgo ***


Ho scritto questa poesia l'ultimo giorno della mia vacanza ad Edimburgo, l'estate scorsa. Ci sarebbe molto da dire su questa città, e non saprei nemmeno da che parte iniziare per raccontare... beh, tutto. E la cosa pazzesca è che apparentemente non ci sarebbe quasi nulla da raccontare, ma è questo il bello, giusto? Parte da lì, la scrittura... in generale probabilmente parte da lì l'arte.
Insomma, in due parole per raccontare Edimburgo ci vorrebbero svariate poesie. O un romanzo. *chi mi conosce si lascia sfuggire un gemito. In particolare la Bibliotecaria sfoglia febbrilmente l'agenda e cerca un modo per liberarsi di tutti i suoi impegni da qui ai prossimi sei anni*.

Nell'attesa, comunque, dedico questa poesia alle persone che hanno vissuto con me quelle due settimane.
Ringrazio i soliti che leggono, seguono e recensiscono! XD




 

Edimburgo

 

Non calpestate le margherite

Che crescono a frotte nei cimiteri

Fermati stanza, voglio guardarti

Se avessi bisogno chiudere gli occhi

E ritrovarmi nel verde dei prati

Nitido contro i tuoi muri di pietra.

Quella bacheca coi sogni di giugno

Sbocconcellati assieme alle strade

Troppe per passeggiare su tutte

poche per fare soltanto un assaggio.

Tutti i profili in un unico volto

Tutte le storie dentro ogni sguardo.

Una lacrima asciutta che senti

sul viso, il nuovo non viene due volte

Il resto è un ricordo scavato nei sassi

Segnato su un’anima in vetro.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** In morte della signora R. ***


Ho ragionato parecchio sull'opportunità di inserire questa poesia o meno, perchè si tratta di versi molto intimi, scritti di getto il giorno della scomparsa di una persona che ha fatto parte della mia infanzia, e mi sembrava irrispettoso pubblicarli qui, poi ho deciso che se si decide di raccontare le cose tanto vale raccontarle bene, raccontarle tutte.
Questa poesia è dedicata ai ragazzi del cortile, e naturalmente alla signora R.



 

In morte della signora R.

 

Rintocca nella testa

Quel mio ricordo fisso

Che torna quando muore

La traccia, e ciò che ho visto

Quel cortile immortale

Che è rimasto solo

nel sole, nell'infanzia.

La vita scivola nel sogno

Il segno se ne va

Ma non andrò a guardare:

Finché non guardo è viva.

Io che ricordo e sono

Sarò ricordo poi. Si muore.

Intanto però vedo

Il sole i tetti il mare

E lei anche lei è lì.

Mi basta, è bello.

E' fredda sopra il letto

E parla nel mio occhio

Sorride e annaffia fiori.

Sparpagliati, tutti quanti,

E mi ritrovo qui

E penso agli altri,

Se lo sanno, dove sono.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** In limine ***


Questa poesia è dedicata ai miei compagni, a "quelli della 5^A".
Grazie.
Lo so che è poco, ma mi fermo qui perchè i casi sono solo due: o io che scoppio a piangere sulla tastiera (che non è nemmeno mia) o io che inizio a scrivere fiumi di parole per cercare di avvicinarmi a quello che volevo dire e alla fine entro in modalità "scrittrice fallita". Magari faccio anche di peggio e divento sentimentalbanale.
Perciò grazie.



 

In limine

 

L'ultima volta su questa strada

con l'intenzione di andare a scuola

con quel percorso a pelle, a memoria

fatto gridando che sono in ritardo.

Fra un paio d'anni ci ritroveremo

in imbarazzo davanti alla porta

mai più una classe come una volta

ed altra gente seduta nei banchi.

Quante volte c'è un'ultima volta

senza che tu te ne accorga neppure

per questa mattina, almeno, fai lento

fai tuo ogni gesto e gusta il tuo pianto

come si gusta un buon vino, un rosato.

Il muro è bianco, han tolto l'orologio

è un bianco vuoto, un po' indifferente

ma non si poteva, non potevamo,

lasciarci le lancette e farci dire l'ora.

A quella finestra si affaccia un balcone

è lì da cent'anni e nessuno lo sa

soltanto chi ha alzato la testa dal banco

ricorda la vita che usciva da là.

E i volti, il cortile, dimentico troppo

non ho mai prestato abbastanza attenzione.

Dove avrò messo le cose da dire?

Dov'è chi è importante e volevo vedere?

La scala antincendio, le grida

che strano, pensavo... C'è il sole.

Vi guardo negli occhi di nuovo

ricordo una vecchia canzone. È finita.

Scivola il giorno tra le mie ciglia

cerchiamo una cosa qualunque da dire

per trattenerci ancora un'oretta

«Prendiamo un caffè dalla macchinetta?»

Mi hanno truccato le carte, il futuro

non vale, guardavo da un'altra parte

adesso ho capito, e so all'improvviso

che è andata, che ho perso

di nuovo da umani perdiamo.

Un vuoto di passi, un terrore di bimbo

si stiracchia nell'aria una nota

e poi sul più bello è silenzio, di botto.

Sapremo mai quanto siamo cambiati?

È pronta, adesso, si firma precisa

come un'ombra, un' eclissi prevista

la sensazione amara, bizzarra

che è l'ultima volta sulla soglia.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Liù ***


Ho riflettuto parecchio sul fatto di inserire questa poesia nella raccolta o meno perchè temo che non sia fatta benissimo. Alla fine ho deciso per il sì perchè so che c'è una mia amica a cui piace molto XD Che lunga serie di eventi...
L'ho scritta tre anni fa, se non sbaglio, partendo da un'esperienza personale e collegandola con quella di un personaggio che a me piace molto: Liù di "Turandot". Non so se sappiate o meno la trama di questa opera lirica, comunque immagino che la poesia abbia senso ugualmente. Se avete bisogno di qualche delucidazione chiedete pure!
Per quelli che conoscono la storia, io ho semplicemente immaginato che Turandot si innamorasse del principe attraverso le parole di Liù, e che quindi il suo amore sia in un certo qual modo idealizzato, mentre quello di Liù è più sofferto.
Vi lascio alla poesia, e ringrazio le persone che leggono, quelle che seguono e quelle che recensiscono!


 

 

Liù

 

Tu sfiori la terra con i piedi,

Ignara della tua fortuna

Piangi gelida delle tue disgrazie

Ma che altro vuoi? È tuo!

Avessi i tuoi occhi, il tuo viso,

Le tue mani fossi te

Bacerei il sole tutti i giorni

Perché sarei la prima

A vivere negli occhi suoi

Ho un dolore tra il cuore e il respiro

È straordinario che tu non te ne accorga

Che io non bruci e mi riduca in cenere

Davanti a te, regina.

Ma tu continui a vivere

E ogni giorno mi pugnali.

Eppure non ti odio

Non posso detestare

La sua felicità. Io vedo il suo volto

Scolpito dalla gioia,

Sono felice anch’io

Anche se è un’opera migliore

Di quella che posso fare io.

Ma tu riusciresti ad amarlo senza odio

Se lo vedessi con un’altra donna? Io sì.

Vivi, mia assassina, non possiamo

Essere uguali: adesso sì, lo ami!

Lo vedi splendido, perfetto,

Io amo tutti i suoi difetti.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Simbolismo ***


Per la serie "non si può sempre essere allegri"... Ok, questa è una poesia un po' strana, ma penso che le poesie bisognerebbe prima leggerle senza prima sapere perchè l'autore le abbia scritte, o cosa intendeva significare, per cui non la spiegherò. Ovviamente, se volete dei chiarimenti personali non esiterò a darveli! :)
Grazie a tutti!






 

Simbolismo

 

Non c’è motivo per quella stretta dentro

Come se le arterie si annodassero

C’è solo una finestra immobile

Una parete slavata allo stesso modo

Di questa gioventù dorata.

Perché penare? In fondo

È un’emozione quasi inventata.

 

 

 


Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Teatro ***


Ai Coribanti, vecchi e nuovi, per questi tre anni spettacolosi.


 

Teatro

 

E sentirai

riconoscerai a pelle

l'odore antico

di vecchio legno e passi

il fruscio pesante

di quella tenda rossa

la meraviglia

quando non sei più solo

e vedrai il sole

nascere da un riflettore

e la musica colare

da non si sa dove

e ascolterai la gente

trattenere il respiro

e accompagnarti i passi

come ad un bambino.

E a spettacolo finito

verranno il buio e l'ombra

e quel silenzio

da palco, da concerto

e tu, sgraziata marionetta

della creatività

guarderai in alto

alla ricerca di un filo.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie... ***


Ciao a tutti!
Innanzitutto volevo ringraziare Jesse O, Odioiladridinickname, Flicka09 e Lady Proud per aver recensito le mie poesie, insieme a tutti quelli che hanno recensito in passato, che seguono e che leggono. Fatti questi doverosi (e periodici, visto che ogni tanto li faccio ma mai abbastanza!) ringraziamenti, vi lascio alla poesia, premettendo che questa è forse l'unica poesia in cui parlo dell'amore in maniera astratta, senza descrivere un fatto o un momento, ma semplicemente cercando di spiegare che posto occupa per me la persona che si ama. Sicuramente è l'unica poesia d'amore che ho scritto a dire veramente come la penso: non ne scrivo molte perchè non sono in grado e non centro mai il punto XD.
Scusate il disclaimer fluff, ora vi lascio davvero a leggere queste poche righe.



 

Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie...

 

Di te non ho che sguardi

Irreplicabile il tuo volto in me

Da sola senza te davanti.

Chiunque penso posso

Ricordare un volto un’aria

Tu sei di là dal velo.

La curva della guancia

I tuoi occhi la tua bocca

Li metto assieme. Non basta.

E ti amerò finché

Con tutto quel che vedo e so

Non riuscirò a inventarti

A immaginare te.

 







NOTA: Il titolo è un verso di Montale, e fa parte di una poesia che dice esattamente il contrario di quello che ho scritto io. Montale - che, beninteso, è il mio poeta preferito - sembra dire che la persona che si ama è quella che meglio si staglia nella memoria della persona, e ho voluto chiamare così questa poesia perchè, in qualche modo, è il negativo della sua.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** L'ombra alle spalle ***


Visto che non c'è due senza tre, ancora una volta cito Montale. Questa volta la citazione è il primo verso della poesia, "Forse un mattino andando...", che è contemporaneamente il primo verso e il titolo della poesia del mio illustre conterraneo. Sarà l'aria della Liguria, a fare male...bene di sicuro non fa, visto che è un po' inquinata. *"Ma è inquinato il tuo cervello!" dice la voce fuori campo*.
Grazie come sempre a tutti quelli che leggono queste pagine virtuali, in particolare a _Nikita_ che ha messo questa storia tra le preferite!




 

L’ombra alle spalle

 

Forse un mattino andando

In un aria di sole

Mi chiederò se

Stavo meglio inquieta

Con i pensieri in fiamme

O accoccolata adesso

In un felice torpore.

Mi rende ansiosa la tranquillità

Come invitata per caso a una festa

In cui non conosco nessuno.

So camminare per ore

In un bagno di luce

Che non mi costringe a vedere.

Se nei miei occhi è il bagliore

So della mia ombra.

Basterà per non voltarsi?

 






NOTA: L'atto di voltarsi, in questa poesia, significa sprofondare nel lato più buio della vita e calarsi nella sua perdita di senso. Se nella poetica di Montale "gli uomini che non si voltano" sono gli uomini che non si rendono consapevoli delle finzioni della vita, gli uomini che si voltano sono quelli che squadrano la vita in tutta la sua pochezza metafisica (Urgh, parlo come il mio prof. di filosofia, uccidetemi!) e nella sua mancanza di significato. La tranquillità, nella mia poesia, è lo stato degli uomini che non si voltano. Ed io mi chiedo se sia possibile non voltarsi, se si è già consci della propria ombra, oppure se ad un certo punto ci si deve per forza guardare indietro e fare come Orfeo con Euridice, far sparire il senso della propria vita.
E così provo a costruire il mio modo di vivere, in bilico a metà strada tra gli uomini che si voltano e quelli che non lo fanno, conscia dello squallore che ci segue di continuo ma senza lasciare che offuschi la mia gioia di vivere. La mia ombra non mi impedirà di guardare il bagliore del sole.
Ok, questa in un certo senso è una poesia programmatica, ed è anche un gran viaggione senza particolare filo logico... scusate se vi ho annoiato, adesso passo e chiudo!

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Blues Notturno ***


Questa è una poesia piuttosto vecchiotta, e per qualche strana ragione ci sono affezionata.
Alla fine c'è un chiaro riferimento al film "I guerrieri della notte", che consiglio a chi ama i film d'azione fatti con i sacri crismi.
Grazie a tutti!




Blues notturno

 

Le corriere fendono la notte

Con il loro carico di umanità

Con il loro popolo after-hour

Chissà stasera come finirà.

Una tribù di lupi dell’asfalto

Cammina tra portoni ansiosi

I cani sono sì addomesticati

Ma in fondo sono più pericolosi.

L’autista è un Novecento silenzioso

Guida con un lento liscio andante

Pensieri che accompagnano le stelle

Ognuno qui si sente un po’ viandante.

Stupisciti se vuoi di questo mondo

Solo dal nero però nasce il bisogno

Di un’ora piccola in cui crescere e al mattino

Credere sia stato solo un sogno.

 

Le corriere fendono la notte

Con il loro carico di precarietà

Perché stanotte è solo un’altra notte

E chi può dire quanto durerà.

Nel buio ritagliato da lampioni

Quale sarà, quale sarà la storia

della ragazza della statale? Pensa

A tutti i piccoli eroi senza vittoria.

La notte è uguale per tutti,

Puoi crederci o provare

Ma se torni a casa un po’diverso

Qui si cambia tutti, non ti preoccupare.

I ragazzi scrivono sui muri

Sopra cartelli rotti sconsolati

Sarà perché han paura tutti

Assieme, per dire che ci sono stati.

Giudica l’errore, credi nei tuoi santi,

credi anche al Paradiso

Ma a che serve se non porti

nel dolore, nella notte un tuo sorriso?

Qui ci sono mille vite umane

E lacrime, sconfitte, amori e lotte

Le trovi qui per una notte sola,

Solo per noi, guerrieri della notte.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Ricordo d'infanzia ***


Ciao a tutti! Tra due giorni parto per Barcellona e non potrò aggiornare per un po'.
Volevo salutarvi con una poesia decente, ma tutte quelle che mancano per concludere la raccolta o sono deprimenti (in tutti i sensi) o avevo già deciso dove metterle, perciò vi beccate una poesia deprimente XD
Dunque, questa poesia - come altre che seguiranno - è malinconica, forse un po' dolente. O almeno, quando l'ho scritta volevo trasmettere e dar voce a questo, ma non è detto che ci sia riuscita.
Tuttavia voglio dire qui, in parte per non farvi eventualmente buttare giù, in parte perchè non crediate che da qui in avanti io sia diventata un'emo girl in vista del suicidio, che anche dietro alle poesie più dolceamare, o più cupe, non ha mai smesso di esserci un sentimento gioioso nei riguardi della vita.
Ok, detto questo (che sembra un po' un testamento spirituale, bella roba!) vi saluto sperando di aggiornare tra una decina di giorni al più tardi, non prima di aver ringraziato in maniera particolare Jesse O e Odioiladridinickname, che seguono sempre, Maebh, che ha recensito un numero sbalorditivo di poesie in pochissimo tempo,  _Nikita_, che si è data altrettanto da fare, DreamNini, che ha messo la raccolta tra le preferite, Lady Proud, che segue e con cui faccio volentieri quattro chiacchere, e tutti quelli che hanno recensito o letto. Grazie!





 

Ricordo d'infanzia

 

Ci sono solo foto

di quando eri bambino

e quella nota, in fondo

all'anima, che trema.

Non è cambiato niente

hai solo perso per la strada

quei guizzi colti

all'angolo dell'occhio.

C'è un po' di magia in meno

nei tuoi passi,

un po' più vetro.

Un tintinnio di sogni

un vecchio gusto che si è spento.

La crudeltà dei bimbi

si stempera nel sole.

Tutti I giorni, verso sera

la memoria ha la decenza

di fingere con noi.


Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Tu chiamale, se vuoi, impressioni ***


Sono tornata!
Cioè, in realtà è già da un po' che sono tornata da Barcellona, ma disgraziatamente la mia chiavetta internet non funziona (diciamo piuttosto che, come statistica, sarebbe più strano se funzionasse) e così mi ritrovo a gelare sui gradini della chiesa di Limone Piemonte. Nessuna conversione improvvisa e nessuna decisione di fuggire e darmi all'accattonaggio, semplicemente è l'unico posto dove prende il wi-fi del comune.
Come capirete, è una postazione piuttosto scomoda, per cui ricomincerò le mie abituali attività sul sito (come recensire e rispondere ai commenti) non appena avrò risolto questo problema.
Nel frattempo pubblico questa poesia che, per il fatto di essere già scritta, non mi dà particolari problemi.

Dunque, la poesia. Al posto di quela che metterò ce ne doveva essere un'altra, che poi ho desistito dal mettere. Volevo motivare questa scelta, ma veniva fuori una gran menata, e allora ho lasciato perdere XD Sappiate solo che non vi siete persi niente.

La poesia con cui l'ho sostituita parla di una normalissima giornata d'estate in cui sembrava esserci ben poco di sensato. Se dovessi immaginare di raccontare una giornata simile, mi rendo conto che la sensazione che produrrei sarebbe un'apatia piuttosto pigra. Invece quello che provavo io in quella giornata di canicola in cui il caldo mi impediva di concentrarmi su qualsiasi cosa era una sorta di disturbante, indefinita ansia. Ho cercato di parlarne, e non mi è riuscito molto bene, ma forse sommando poesia e introduzione qualcosa si capisce, non dispero! XD
 

  
 

Tu chiamale, se vuoi, impressioni

 

Polvere sui colli, controsole

il caldo è la cancrena della vita

ed io sto come tanti ad ammazzare

il tempo con un'ascia in mezzo al cuore

in una paralitica illusione

che serva a darci un poco di vantaggio

per scappare in un fare fasullo.

Dove sono I tuoi sogni,

o almeno la tua voglia?

Il cielo il mare sono azzurri e immobili

come brutte notizie rimaste

all'altro capo di un filo.


Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Stardust ***


Signore e signori, internet funziona, e a pieno regime! Ebbene sì, ma non diciamolo troppo forte U.U
Dunque, questa poesia era sotto contest per cui finora non ho potuto pubblicarla. Non ho vinto niente, ma è stato divertente e ci riproverò (*voce fuori campo: "ma tu non ti arrendi mai all'evidenza, eh?"*).
Innanzitutto ringrazio Gracee per la bella idea del concorso, senza il quale non sarei stata spronata a scrivere questa poesia.
Come sempre grazie a DreamNini, Odioiladridinickname e Jesse O, per l'ammirevole costanza con cui seguono.
E ora, vi lascio alla poesia. Mentre finora mi sono limitata, quando l'ho fatto, a parlare dell'amore in astratto, qui mi sto riferendo ad una storia molto specifica, che è stata la mia. Si può dire che ho cercato di tratteggiare lo stato d'animo, esasperato ma a modo suo entusiasta, in cui mi trovavo quando il mio sentimento non corrisposto è arrivato ai tre anni di vita.
Vorrei che la prendeste per quella che è, cioè una poesiola un po' malinconica, ma prima di tutto allegra e scanzonata!
Uh, già, prima che mi dimentichi il titolo (e il tema) del concorso era "Una poesia per la buona notte".





 

Stardust

 

La mia polvere di stelle

Ti è finita sul cappello

E mi guardi col sorriso

Dentro agli occhi, con affetto

Il ricordo l'ho lasciato

Chiuso ad aspettare fuori

Ma ti amo anche stasera,

Non so dire come mai.

Questa notte un po'distratta

Si è ferita con un ago

Vedi? Sanguina di stelle

Proprio come piace a noi.

Vorrei darti questo cielo

Chiuso dentro al mio orologio

Ma lo spazio è già finito,

Forse non è mai bastato.

Mille e cento buonanotte

Anche oggi sono troppe

Troppe per poterti amare

Senza ridere di me.

Rido eppure non mi passa,

E mi parlo un po' di te.









 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Riflesso ***


Salve a tutti!
Sono tornata con una poesia un po' vecchiotta, che ho scritto anni fa quando ero in un periodo leggermente più emo-vittimista-troppo se mi vuoi bene piangi per essere corrisposta (un biscotto a chi coglie la citazione) di adesso. Anche se non direi di essere mai stata emo.
Premetto comunque che questa poesia non mi appartiene molto, in effetti: avete presente le frasi che dite in giro quando siete arrabbiati col mondo? Ecco, quelle. Il fatto che le abbiate dette non significa che facciano davvero parte di quello che siete o che ci crediate, ma intanto le avete pensate.
Per questo, dopo averci pensato su, ho pensato di pubblicare ugualmente questa poesia, perchè se questi continui cambiamenti, ripensamenti e smentite fanno parte della natura umana, allora tanto vale parlarne.






 

Riflesso

 

Ho voluto giocare con il mio riflesso

Negli occhi degli altri

Ma quel riflesso ha scavato un solco

Dentro di me, e adesso sono stanca,

Stanca di riconoscermi nell’immagine

Che volevo avere di me

È troppo difficile assomigliare

Alla felicità

E per qualche ragione

Non essere felice affatto.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** La dedica ***


Ciao a tutti! E' un po' che non pubblico, ma con l'agitazione per il test d'ammissione a medicina non sono riuscita a farlo. Ma per fortuna... passata. :) Sono davvero felice!
Dunque, andando alla poesia per evitare di dire banalità di cui potrei pentirmi, questi versi li ho scritti l'ultimo giorno di quinta liceo. Sì, lo so, con tutte le poesie che ho scritto sulla fine della scuola potrei praticamente farci una raccolta a parte, il che fa di me un'inguaribile nostalgica scassafuturo.
Oh, beh, pazienza.
Questa poesia, sarà paradossale, l'ho scritta perchè non sapevo cosa scrivere come dedica ai miei amici. Sì, lo so, non ha molto senso. Comunque, provate ad immaginare di dover scrivere tutto quello che una persona ha significato per voi in poche righe: non è così facile, e con questa poesia ho cercato soprattutto di parlare di questo.
Grazie per essere qui!^^






 

La dedica

 

E la mia voce

che tenta di spiegare

parla a sè stessa

in una stanza chiusa

dove c'è un'aria

immobile, banale

che viene voglia

di rompere uno specchio

oltre la porta

però c'è troppa vita

e vento.

 

Chiudo negli occhi

tutte le mie parole

ne cerco una

che possa raccontare

la fine e la speranza

il fremito, l'ansia

e metterci il cielo

e questo raggio di sole.

Scrivo e mi viene

solo una stella storta,

di cartone.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Una vita di mattine ***


Ciao a tutti! Ho finalmente iniziato l'università e mi sono trasferita nella Grande Città. Uao.
Comunque per ora ho la sensazione di aver scelto la strada che fa per me, speriamo bene! Ho dei progetti così chiari in testa che sarà un vero piacere confrontarli con la vita reale e scoprire che c'è da rimboccarsi le maniche...
Venendo rapidamente al resto (perchè devo fare un test di Fisica Biomedica e devo studiare T.T) ecco qui la poesia, l'esistenza della quale era piuttosto intuibile dal momento che ho creato questo capitolo. XD
Non è molto brillante, ammettiamolo. In compenso - se di compenso si può parlare - non credo che sia molto criptica.
Comunque posso quasi promettere che le prossime saranno meglio, non è facile valutare quello che si scrive ma un confronto si può sperare di farlo :)




  

Una vita di mattine

 

Vivessi solo la mattina

dubbi non ne avrei mai

dolori angosce e pianti

abbandonati nella notte

lontani, accartocciati

come idee bizzarre e sciocche.

Vivessi alla mattina avrei

un ritmo lento dentro al cuore

e solo sogni tra le ciglia.

Non ci sarebbe l'urlo

né la malinconia

veleggerei intontita nella stanza.

Le idee che brillerebbero,

verrebbero da sè,

senza necessità di un senso.

Ma senza l'ora dopo la mattina

sarebbe solo sonno solitario

un lungo sogno.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Epifania ***


Signore e signori, è con immenso piacere che mi faccio rivedere. Soprattutto perchè ho sostituito la mia chiavetta internet con una che per il momento sembra molto meno problematica della precedente.
Dunque, per esorcizzare la paura del maledetto compito di fisica medica, io aggiorno. Eh, che volete, non sarà un granchè, ma ognuno ha i suoi metodi!

Si può dire che questa poesia (che si chiama Epifania non per un qualche mio particolare attaccamento a questa festa, ma perchè l'epifania è anche il momento in cui "si ha una rivelazione su qualcosa che prima non si era notato") sia nata dallo spiazzamento, perchè mi sono ritrovata a vivere in un'altra città senza aver davvero realizzato la cosa. Non è stata un'esperienza traumatica, ma forse è stato proprio per questo che quando mi sono resa conto di cos'era successo mi sono sentita mancare la terra da sotto i piedi, perchè non c'è stata nessuna avvisaglia, né prima né, se vogliamo, dopo, del fatto che stava succedendo qualcosa di così epocale.
E' un concetto che non riesco a esprimere molto bene, e questo si vede anche nella poesia, ma al di là del fatto che non sono del tutto riuscita a centrare il punto, mi sembra di aver raccontato quali fossero almeno le mie impressioni al momento.
Dedico questa poesia ai miei coinquilini e amici, Alberto, Andrea ed Emiliano, e naturalmente alla mia migliore amica, Jesse O., che legge, commenta e condivide l'università, l'appartamento, la stanza e questa vita un po' folle. Come tutte le vite, del resto.






Epifania

 

Ho chiuso la porta

senza capire

che andavo.

Mi sono trovata

di colpo sull'auto

e, ancora, ero sonno

ero ancora soltanto futuro.

Le cose di ieri

lasciate

con la noncuranza di un bimbo

ritornano tutte

sul far della sera

facendomi un vecchio dispetto.

Adesso sto qui

seduta su sedia straniera

a guardare in silenzio

una tenda

che non è la mia.

In tutta incoscienza

mi chiedo se adesso

piangerò

o mi metterò a ridere.


 




























Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Poesia molto semi e poco seria ***




Ciao a tutti! E' un sacco che non aggiorno, ma tant'è.... nelle vacanze ero in montagna e tanto per cambiare internet non prendeva (dov'è la novità?), e questa è stata una settimana di esami, per fortuna prima dell'esame di Cellula avrò quattordici giorni di riposo! In realtà, al di là di tutte le mie scuse, sono semplicemente stata troppo pigra per prendere in mano il pc e postare gli aggiornamenti, complice il fatto che il mio computer fa i capricci e mi sta davvero facendo arrabbiare.

Avevo deciso di terminare questa raccolta da qui a poco per iniziare a postare quella su cui sto lavorando al momento, ma poi ho deciso altrimenti: anche questa raccolta continua ad andare avanti, continuo a scrivere poesie che non potrebbero stare in altro posto che qui. Ho deciso ugualmente che nel prossimo futuro inizierò ad inserire la mia nuova raccolta. Per quanto riguarda altri progetti letterari che ho in mente al momento, aggiornerò le mie raccolte di Drabble e farò una cosa che non ho mai fatto: scriverò un romanzo appositamente per pubblicarlo su EFP. Vedremo cosa verrà fuori, perchè sono partita da premesse completamente diverse rispetto agli altri "libri" che ho scritto.

In ogni caso, sono tornata con una poesia che, nonostante abbia un contenuto apparentemente un po'amaro, ho scritto soprattutto per ridere. Se fossi nata nella grecia antica, probabilmente sarebbe stato un versetto polemico in giambi XD
Quindi, diciamo che nonostante parli di una cosa che un po'mi disturba (specialmente di domenica, perchè la domenica al di là della telefonata mattutina con la Anto è sempre un po' così, disturbante in senso buono e in senso cattivo), è stata fatta con tanta, tanta ironia e con un sorriso.
E quindi, dal momento che è una poesia scanzonata ma in cui allo stesso tempo ho messo alcuni dei miei pensieri e delle mie paure, la dedico proprio ad Anto, perchè è una delle amiche più importanti che ho, perchè se non avessimo una promozione sul telefono fisso avremmo fatto la fortuna delle compagnie telefoniche, e perchè anche lei la pensa come me: l'ironia non è superficialità, anzi è uno degli strumenti più importanti (e divertenti) che abbiamo. Solo perchè i nostri pensieri non sono sempre positivi, non significa che possiamo solo ignorarli o annegarci dentro. Ci si può ache riflettere su con attenzione... e poi riderci sopra.
Dunque... ad Anto!





Poesia molto semi e poco seria
 

Non sono di sicuro una di quelle
che gli uomini si voltano a guardare
ma per rispetto verso chi sta peggio
direi che non son neanche da buttare.
Così mi chiedo un po’ scherzosamente
col riso di chi gioca con l’amaro
che ho fatto in una vita precedente
per aver da un po’suonato i diciott’anni
senza neppure un bacio sulle labbra,
con sempre meno assi nel cassetto.
Il mio catastrofismo a buon mercato
è il mio timore di restare sola
nel nome di un ricordo esagerato;
ma sono una romantica cretina
come un Cirano sempre più testardo
nell’inseguire un suo presunto sogno.
E chiamo a testimone un ideale
perché così mi è comodo fuggire
dal mio disagio e dal mio sprofondare
dicendomi: “Non bacio se non amo”.








Ed ecco qui. Con Cirano ovviamente intendo Cirano di Bergerac, il protagonista del capolavoro di Rostrand. Diciamo che sono una sua fangherl sfegatata XD

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** E il tempo diventava ieri... ***


Ciao!
Bene, prima di andare a Genova per qualche giorno aggiorno, così mi assicuro di aver fatto almeno questo!
Sono giorni piuttosto frenetici, questi, ahimè... Del resto, preferisco avere tante cose da fare, è l'unico modo per garantire a me stessa di combinare davvero qualcosa: sorprendentemente, meno cose mi prefiggo di fare, meno riesco a finirne.
On a side note, come direbbe un inglese, devo ringraziare Alessandro per avermi sistemato il computer in maniera così meravigliosa. Grazie!

Questa poesia è dedicata a mia sorella Elena, più piccola di me ma non la più piccola :)
Pur avendo avuto all'epoca solo quattordici anni, l'anno scorso ha deciso di andare a vivere a Torino per coltivare la sua passione, la danza.
Rispetto molto la sua decisione, inutile dire però che mi manca terribilmente. Ecco, la poesia nasce da lì.
Quindi, per fortuna, non parla della morte di una persona (mi sono state chieste delucidazioni in merito più di una volta, e in effetti riconosco che il testo è ambiguo), solo di un'assenza. Che poi dura solo cinque giorni alla settimana, in ogni caso. Ogni tanto spunta ugualmente la nostalgia, ma è ineluttabile, e sono felice per lei.
Il titolo è l'inizio di una canzone di Vecchioni, "Per un vecchio bambino", che io ho sempre associato alla partenza di mia sorella.





E il tempo diventava ieri
 


A volte apro la porta
E credo di vederti
Ancora nella stanza.
Ti sento a tratti ridere
Di qualche mia sciocchezza
Tu che mi dici sempre
Che forse sono pazza.
Da stolta e visionaria
Ricordo appena che
Il tuo spettacolo va avanti
E non prevede me
E prima che io entri
O dica una parola
Sono di nuovo sola.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Finisca pure un giorno tutto quanto ***


Ciao! E' un po' che non aggiorno, perchè prima di farlo avevo deciso di iniziare a pubblicare una nuova raccolta di poesie. Se avete piacere di andarci a dare un'occhiata, si chiama "Sì, voglio fare la scrittrice", e il link è questo: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1585482
Insieme a questa raccolta fa parte di una serie, "I souvenir del viaggio".
Ma ora basta con gli spam e la pubblicità più o meno occulta, passiamo a la poesia... ecco, dopo un sacco di poesie in cui non dico che l'angoscia abbia dominato, ma nelle quali emerge spesso una sorta di amarezza, ne voglio postare una che guarda alla vita con un sorriso, con entusiasmo: al di là di tutto, è questo "Il mio Centro", come direbbe il Babbo Natale de Le Cinque Leggende (<3). Insomma, quello che segue è una sorta di manifesto, una filosofia di fondo che mi porto dietro per il semplice fatto che io sono io, oltre che la mia personale risposta ad un certo nichilismo estremo e sottointeso che a volte mi sembra di scorgere mentre serpeggia tra la gente.




Finisca pure un giorno tutto quanto

 

Quando tutto questo finirà

A cosa serviranno i logaritmi?

A cosa i giorni in bici, il cielo

Il mare, a cosa le serate estive?

Ti importerà del greco, della filosofia

Del pane alla mattina, degli amici

Dell'infinito, del mondo, della nostalgia?

Degli uomini in carriera

Dei divi, della gente che vedi

Parlare sbadigliare sulla corriera?

Avrà significato la politica,

L'ideologia, la fisica quantistica,

La rabbia, le carezze, i sogni?

A che sarà servito il tuo sorriso?

Non so, però non riesco a non guardarlo.

È un premio grande essere felici

Non perché chissà in che cosa credo.

Si inventino anche i sensi e le Rivelazioni

La culla dell'immoto, dell'immortalità.

Guardando il mondo e gli altri e te

Con la Domanda stretta al petto

Mi basta solamente che a “Perché?”

Possa rispondere sempre “Perché no?”

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Answers ***


Ciao a tutti! Sì, sono di nuovo qui. Dopo un periodo di assenza dovuto agli esami (che non sono ancora finiti, ma diciamo che il carico si è un po' alleggerito) sono tornata a postare. Ok, non ci vuole molto a copia-incollare una poesia, ma il vero ostacolo sono le note, visto che malauguratamente ho sempre qualcosa da dire...
By the way, ho la sensazione di essermi persa una poesia. Ovvero, non so bene come sia successo, ma ero certa di aver pianificato che tra la scorsa poesia e quella che posterò la prossima volta ce ne dovesse essere un'altra. Non sono riuscita a capire quale fosse, così l'ho scambiata con questa.
Venendo ad "Answer", credo che questa poesia sia semi-incomprensibile, ma per darmi arie da psico-filo-dottorona dirò invece che è "criptica" (leggasi, è scritta talmente random che il lettore non ci capirà una cippa). Insomma, richiederà spiegazioni piuttosto lunghe, ma che darò alla fine per permettere al lettore di ricavarne le sensazioni e le opinioni che più gli aggradano.

Nel frattempo, dedico questa poesia a Margot, forse l'unica che coglierà il riferimento allo Specchio Oscuro.
Dunque a Margot, e al nostro circolo letterario da paninoteca!
Grazie come sempre a tutti per essere qui :)




Answers

 

Banali i vostri pensieri

le vostre domande sono banali

voi siete banali

siete banali

voi.

Cosa vi ha fatto diventare sottili

fin quasi a scomparire

e con voi me

che vi rispondo?

E tutti vogliono

il successo i soldi l'amore

ma sempre vogliono

percossi ma mai fino ad annientarsi

da sogni ritagliati

da cieli meschini

e un po' consunti.

Inghiottono i pixel

le vostre vocali

tutte.

Ma come vivere, noi,

senza il colore di una frase...

Di dieci che vi leggo

poveri, sciocchi indiani

uno implora

consigli che possa ignorare,

due chiedono la grazia

di un'idea

a immagine

e somiglianza d'altri.

Cinque – almeno –

non sanno fare i compiti.

Il nono...

lui si salva, a volte,

e chiede libri.

Il decimo – variabile

attesa e ripromessa! –

delude a volte,

ed altre inventa.

E che vi dico io?

Sono lo Specchio Oscuro

la voce senza carne

l'altra metà

il guru.

Io sono la risposta

il Super-io

l'incosciente inconscio collettivo

l'onesto impostore

la Trinità

dei poveri di spirito

critica scusa e offesa

la stupida sorpresa, e poi...

Io sono voi.







NOTE (che siete più che liberi di non leggere, perchè sono piuttosto lunghe): Ora che avete finito la lettura, forse ad alcuni di voi potrebbe - dico, potrebbe, se siete tra i disgraziati che sono riusciti a rispondere "Monopoli" al giochino di Jesse O. - essere passato per la mente a cosa questa poesia si riferisca. La risposta è "Yahoo Answers" *la linciano*.
Insomma, mi spiego meglio. Quello che ho scritto è nato da una riflessione riguardo a questo meraviglioso mondo in cui sono entrata da non molto. Sono stata strabiliata dalla pochezza di alcune domande (e di alcune risposte), al punto da non riuscire neppure a pensar male, nemmeno un pochino, di chi le aveva fatte: innanzitutto perchè in quelle parole vi ho visto, appunto, la mia stessa banalità (faccio anch'io parte di quel "voi" all'inizio), e poi perchè domande del genere erano tali, e così tante, da essere colpa di tutti e di nessuno. La personalità, le aspettative e il nocciolo stesso di un uomo si formano per via di altri uomini: la vita è un continuo rimando, una tela fatta di fili che partono e arrivano da ogni essere umano e lo collegano ad altre persone, a idee di altre persone, a cose fatte da altre persone.
Quindi, se una ragazzina chiede come fare a diventare famosa senza saperlo nemmeno scrivere, io non posso non sentirmi in colpa. Ma non posso nemmeno guardare alla sua domanda con indulgenza e buonismo e fingere che vada tutto bene, o che sia tutto questione di opinione e tutto sommato sia un falso problema. Non voglio pensare che tutto sia relativo.
Non penso neppure che gli uomini siano fatti per essere scialbi, anzi, è proprio questo che mi turba e che mi costa e che mi fa male: cosa ci ha fatto scegliere di esserlo?
Insomma, con questa poesia ho voluto esprimere queste mie sensazioni di frustrazione, di esasperazione, forse anche un po'di alienazione, e visto che obiettivamente non sono riuscita a spiegarle nè con i versi, nè con queste note, mi rimetto al vostro giudizio sull'argomento, nella speranza di aver almeno indicato in che direzione stavano andando i miei pensieri quando ho scritto questa poesia.
Non voglio insegnare niente a nessuno, nè puntare il dito, nè lamentarmi dei bei tempi andati, nè credermi migliore attraverso questo mio scrivere  o attraverso questo mio leggere, e non voglio neppure risolvermi al cinismo e allo sprezzo (sembra che questa poesia, più che essere, non sia).
Potrei dire che, più di tutto, questa poesia è una constatazione.
Andando alla "superentità" di cui parla la seconda parte della poesia, essa è la Risposta, o meglio "Quelli che rispondono", mentre la prima parte è la domanda, ovvero "Quelli che domandano". Tirando le somme, le superentità sono due, una il rovescio dell'altra, ma entrambe la stessa moneta di ferro (il rimando dell'intera poesia è, infatti, la poesia "La moneta di ferro" di Borges, che - se volete - sarò lieta di citare nel prossimo capitolo. Non in questo, perchè al momento non ce l'ho sottomano e perchè ho già sproloquiato abbastanza, raggiungendo lunghezze inusitate.).
Insomma, detta in due parole, su answers c'è gente che domanda e gente che risponde: chi domanda spesso fa sentire un po' sconfitto e un po' disilluso chi risponde, il quale, per sua definizione, altrettanto spesso tende a sentirsi superiore a chi domanda. Ma chi domanda e chi risponde sono, in fondo, le stesse persone: quello che risponde una volta o l'altra domanderà a sua volta, e anche nel caso in cui mai domandasse qualcosa, avrà almeno una volta nella vita pensato come quelli che domandano.
Lo Specchio Oscuro è un riferimento ai romanzi di Jaqueline Carey, ed è l'opposto - evidentemente - dello specchio luminoso. Ognuno ha entrambi dentro di sé, e ci sarebbe molto da dire al riguardo, ma ho già sforato da un pezzo, e comunque meriterebbe un discorso a parte. E' molto più facile che intuiate piuttosto che io vi spieghi come si deve, perciò, avendo più fiducia in voi che nelle mie parole, vi lascio a voi stessi.
Un ulteriore riferimento probabilmente è alla Verità di Fullmetal Alchemist, in una versione più pallida e squallida. Tutto questo è piuttosto ironico.
E ora, dopo avervi rotto le scatole per un numero criminale di righe, e rinnovandovi il permesso di portarmi al manicomio, vi lascio. Non vorrei che mi scuocesse la pasta.

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Un pomeriggio dopo la piazza ***


Ciao a tutti! Finalmente aggiorno, e posso comunicarvi con viva e vibrante soddisfazione che ho ritrovato la poesia che avevo perso nel capitolo scorso. Semplicemente l'avevo messa su una copia del file della raccolta.
Bene, per stavolta non ho granché da dire, a parte che finalmente ho iniziato a pubblicare un romanzo su questi lidi! Se vi garba leggerlo è sulla mia pagina personale, come ho già detto in altra sede. Grazie come sempre per essere qui, grazie di cuore a tutti!





Un pomeriggio, dopo la piazza

 

A volte esco

senza portarmi un taccuino

come a dire: “No,

per stavolta non scrivo.”

Ed alla nostalgia della tua assenza

si aggiunge il male

di non potermela chiarire

di non poterle dare un senso

perchè mi sono lasciata

ad affrontare l'angoscia in silenzio

senza la pagina a farmi da specchio.

A chi confessare adesso la speranza

che il tuo sorriso varchi quella porta?

Alla barista?

Al cappuccino?

Alla coppia che ride sul fondo?

Non ha importanza.

Anche stavolta ritorno da sola.

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** 25 aprile ***


Ci ho messo un po', ma sono tornata! Ho sovvertito completamente l'ordine che avevo in programma per i prossimi aggiornamenti, ma d'altronde lo faccio sempre. Innanzitutto l'ho fatto perché la poesia che volevo pubblicare in questo momento della mia vista è fuori contesto, poi perché l'atmosfera del 25 mi ha costretto a scrivere questa poesia (che, ovviamente, andava postata adesso) e, in terzo luogo, perché mi è pigliata così XD.

Bene, senza ulteriori indugi tolgo baracca e burattini, lasciandovi solo la poesia e - spero - qualche istante di semplice, quasi gioiosa riflessione.


25 aprile

 

Mi hanno lasciato il glicine

in eredità

e il cielo

e il profumo dei fiori.

Mi hanno lasciato i ciottoli

e la stretta salita segreta

da Liguria. Da mare.

Ricordo

qualche bambola di pezza

qualche bomba

che non ho visto mai

qualche falò

dentro a qualche luna

di settant'anni fa.

A noi, che preme?

Non vidi mai nessuno

battersi per la libertà.

Ma non importa:

basta saper difendere il glicine

se servirà.










P.S: 100 recensioni! Lo so che è fuori luogo di fronte all'argomento di cui tratta la poesia, ma ci tenevo a ringraziarvi tutti, di cuore. Grazie!

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Apologia dell'errore ***


Quant'è che non aggiorno? Sono proprio senza vergogna, ma finalmente oggi mi sono decisa... Per fortuna il primo esame è andato bene, adesso mi attende Anatomia a fine luglio e se devo essere sincera è l'esame che mi spaventa di più, ma beh, sapete come si dice: "Hai voluto la bicicletta? Pedala!"

In questo periodo sono sotto l'influsso di una verve creativa che mi toglie il sonno (e anche un po' l'appetito, per i miei standard sto mangiando come un uccellino), ma nonostante questo sto scrivendo straordinariamente poco, perché non ho tempo e perché mi è arduo riordinare i pensieri e sento che le mie parole sono immerse in una retorica disprezzabile... Vi lascio immediatamente alla poesia, anche perché inizio a sragionare.





Apologia dell'errore

 

Come spiegarti

che vivere non è un bilancio

che i meno e i più

non si lasciano quadrare

che bisogna perdere

per poter ritrovare?

E sarà – ti dico –

anche banale,

ma prova a non dormire

a non tornare.

Prova, ogni tanto,

anche a sbagliare

a rigar storto

a uscir di casa combinato male

a prender dritto per rovescio

a contentarti di sentire

senza sapere: capirai meglio.

Prova a cadere.

Impara tutto ma sii pronto,

ricorda di dimenticare.





Ok, siamo ben lontani dal capolavoro. Comunque ci tenevo a scriverla, questa poesia. Non fraintendetemi: io faccio troppi errori, è che senza non saprei di che respirare o di che creare, tutto qui. Adesso siamo ormai sul borderline del banale, quindi chiudo qui promettendovi che la prossima poesia sarà più significativa. Grazie a tutti!

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** La vita, deformazione professionale ***


Vi lascio questa poesia come conforto per la mia insopportabile futura assenza (ehm...) perché per qualche tempo non ci sarò: il 22 di luglio dovrò affrontare l'esame di Anatomia, e quindi mi ritirerò per un po' dalle scene. Questa poesia non la commento, anche perché rischierei di addormentarmi a metà strada, ma se volete chiedermi qualcosa al riguardo potete mandarmi un MP o inserire qualche domanda in una recensione. Vi dico solo che è stata una delle poesie più difficili da sviscerare con l'inchiostro: a non scriverla provavo un malessere fisico, ma cercare di metterla giù mi è costato una giornata di irrequietezza, una continua oscillazione tra euforia e disperazione e un attacco d'asma. E dire che quel giorno avrei dovuto studiare.





La vita, deformazione professionale

 

Sono giorni da secolo breve

Di strati, di gusci da scavare

Sono istantanee sudamericane

Quelle che percorro a grandi passi

A volte, senza sapere dove andare

Dimentica, di certo con tempismo

Che ancora il cielo si aprirà d’azzurro.

Voglio sedermi accanto alla mia angoscia

E accoccolarmi un po’ nel mio star male

In questo capitombolo del cuore

Dove mi fermo ai piedi delle scale.

Ho perso la strada già battuta

Con cui esportavo ansia, un tempo.

Sento il rumore

Delle nostre teste di falena

Contro le lampadine

E non ho altra scelta che la penna,

È solo un altro modo per gridare.

Sono giorni d’ansia e di finestre aperte

Così tanto ho riflettuto sul respiro

Da non saper come si fa, non più.

M' han detto saggiamente

Che a vivere si impara.

Che fortuna! Son nata da imprudente.

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Il ritorno di Rossana ***


Per la serie "a volte ritornano": eccomi di nuovo! E' stato un periodo soffocato da mille impegni, ma adesso il ritmo sta scemando e riesco a farmi vedere di nuovo da queste parti. Vedo che l'editor dei racconti è cambiato, ma come minimo questa novità mi farà fare qualche casino...
Ad ogni modo, vi lascio senza ulteriori indugi alla poesia. Non credo sia una di quelle poesie di cui sia facile dare una spiegazione, ci proverò se me o doveste chiedere, ma prendetela come una poesia sia di sensazioni sia di situazioni: come a volte succede con una canzone, capita che senza conoscere il contesto in cui essa è stata scritta ci si debba immaginare un avvenimento per cui quella poesia potrebbe avere significato.
Vi avverto solo sul fatto che inizialmente questa era una poesia "a mio uso e consumo" e molto mia, per così dire. Mi sarei trovata in difficoltà a spiegarla. Scrivendo "L'amore ai tempi di Spotted" mi sono resa conto di quanto scivolasse bene in una particolare congiuntura della storia (avevo già messo il titolo!) e quindi è possibile che tra qualche capitolo compaia anche lì.
Grazie a tutti.



 

Il ritorno di Rossana


 

Mi vergogno quasi

di questa mia semplicità

come la pioggia

nel suo essere nuda.

Ci sarebbe bisogno di un urlo

che venga senza uccidermi,

ci sarebbe bisogno che tu

restassi e mi facessi male.

E tornerebbe allora il canto

il disperato suggello del sublime.

A quale prezzo...

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** La farfalla e la tartaruga ***


Una piccola poesiola che però mi sta quasi simpatica XD Questa volta, al fondo, spiegherò un paio di cose...
Grazie a tutti, in particolare a Jesse O, instancabile come sempre, e a Quella_Nuvola_Lassù, che mi ha lasciato delle recensioni davvero lusinghiere.

 

La farfalla e la tartaruga

 

È la mia moira:

Un frammento dello specchio

È ciò che mi hanno raccontato

Un altro sono le mie storie

Ed uno è vita.





NOTE: "La farfalla e la tartaruga" è una leggenda che mi è stata raccontata qualche anno fa, quando sono stata una giurata del Giffoni Film Festival. Questa storiella narra che una tartaruga, di fronte ad una farfalla che si lamentava della propria breve vita, le disse che non importa quanto essa duri, a patto che si passi un terzo della propria esistenza a sentirsi raccontare storie, un terzo a viverle e l'altro terzo a raccontarle. Non so se la leggenda fosse proprio così, ma il succo è quello e mi piace molto: mi sembra che nella sua semplicità sia quasi una specie di motto, una Via o, come più esattamente direbbero i cinesi, un dao.

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** Rapsodia in agosto ***


Ciao a tutti! Avendo ormai pubblicato ben trentotto capitoli di questa raccolta di poesia, mi sento in dovere di ringraziarvi tutti, ancora una volta e più sentitamente che mai. Il trentotto non c'entra niente, è un numero snobbatissimo. Forse è proprio per questo che mi è venuto lo schiribizzo di ringraziarvi proprio adesso, fatto sta che ho sentito un impeto di gratitudine.

Dunque, questa poesia è una di quelle che preferisco. "Il lato azzurro della vita" è diventata una specie di pattumiera delle mie smanie poetiche, un contenitore non filtrato di tutte o quasi le poesie che ho scritto negli ultimi anni, e so che molte di queste poesie non corrispondono alla mia idea di poetica da parecchio tempo, mentre tante altre non l'hanno mai fatto. Tuttavia, questa è una delle poesie che per ora hanno resistito alla prova del tempo, una di quelle che se dovessi fare una raccolta come l'essere supremo comanda mi sentirei di inserire comunque. La sento molto mia, spero che vi piaccia.


 

 

Rapsodia in agosto

 

Solo il disastro, a volte

mi fa sentire viva.

Mi faccio criptica, famelica

come le estati e i mari

rompo le carte

mi gioco ai dadi i vetri

perdo il mio senso ragionato

e scrivo – poco –

da non poterne più.

Divento pallida, caotica

suono fino alla gola

con la tempesta livida di rabbia.

Smuovo le ombre,

quelle che nascondo:

escono, a volte,

le celo con la mano.

Oggi le chiamo.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1006412