And you saved me.

di _Slash_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter One. ***
Capitolo 2: *** Chapter Two. ***
Capitolo 3: *** Chapter Three. ***



Capitolo 1
*** Chapter One. ***


Capitolo 1

 

 

 

 

 

 

 

 

Chiusi la porta di casa ormai in lacrime lasciandomi alle spalle le urla e i tonfi provenienti che si sentivano al suo interno.

L’avevano fatto di nuovo, avevano litigato di nuovo ed entrambi continuavano a imperterriti a mantenere la propria posizione probabilmente per orgoglio, fottuti genitori!

Quella che non ce l’aveva fatta questa volta ero io non ne potevo più dei loro stupidi litigi, delle loro stupide urla, delle loro stupide porte sbattute, 

non ne potevo più di loro che sembravano non accorgersi di quanto io stessi male per questo, troppo impegnati ad auto commiserarsi.

L’aria fredda di Dicembre mi sferzò il viso e mi avvolsi nel mio giubbotto mentre continuavo a camminare per le strade di Londra.

Le calde lacrime sgorgavano dai miei occhi e rappresentavano proprio tutto il dolore, tutta la tensione e la rabbia accumulati negli ultimi tempi.

Generalmente in questi casi, andavo dalle mie migliori amiche: Lucy, Lizzie e Mafy, loro mi comprendevano e mi aiutavano proprio come si fa tra sorelle, 

ma purtroppo avevano tutte degli impegni con la propria famiglia.

Famiglia, già! Beate loro che ne hanno una, la mia non si poteva definire tale, semmai tutt’al più era un gruppo di persone che condividono la stessa casa, 

se proprio la si vuole definire in qualche modo.

Persa nei miei pensieri non mi accorsi di essere andata a sbattere contro qualcosa, o meglio, qualcuno.

«Scusa» mormorai con un filo di voce.

Non alzai nemmeno il capo, un po’ per l’imbarazzo un po’ perché non volevo far vedere il mio viso sapendo in che condizioni sarebbe stato: 

profonde occhiaie, trucco colato, capelli arruffati, un perfetto panda insomma.

Feci per continuare a camminare ma lo sconosciuto mi bloccò e fui costretta ad alzare il capo. E li fu la fine: era stupendo, alto, viso d’angelo incorniciato

da una massa informe di capelli ricci e al posto degli occhi due smeraldi splendenti; riuscii a notare tutto ciò nonostante la tristezza e l’angoscia che mi opprimevano il cuore e pensai:

Wow! Questa è l’incarnazione del modo di dire “ Angelo sceso in Terra”.

«Come mai stai rovinando il tuo bel viso piangendo?»

Per essere uno sconosciuto si era già preso fin troppa confidenza, ma non mi importava, era per merito della sua bellezza se in quel momento 

stavo riuscendo a non pensare a nulla che non fosse lui.

«Perché la mia vita fa schifo» riuscii a rispondere con tono neutro.

«Wo, wo, calma con le parole, cosa potrebbe mai esserti successo?..Mh..vediamo…morto il pesce rosso?» tentò di farmi ridere lui, non ci riuscii, 

ma spuntò comunque un sorriso sul mio volto.

«No, non ho mai avuto animali in realtà, certo, se non contiamo mi fratello!».

Quel ragazzo era riuscito a farmi tornare il buon umore in men’ che non si dica, saranno stati i suoi occhi. 

Parlo di uno sconosciuto come fosse stato il mio ragazzo…le lacrime mi hanno dato alla testa!

«Oh, vedo che ti è tornato il buon umore! Comunque piacere, io sono Harry».

Harry, carino come nome, insolito.

«Gabriella»  dissi solo stringendogli la mano.

«Oh, dal tuo nome deduco che non sei Inglese originale! E io che speravo potessi farmi da guida! Sai sono nuovo di qui e le cartine non servono a molto dal momento che non ci capisco una mazza» fine il ragazzo!  

Però adesso guardandolo bene vidi che aveva la macchina fotografica appesa al collo e la cartina in una mano.

«Ehy, ho origini Italiane è vero, ma vivo qui a Londra da quando avevo tre anni, perciò la conosco come le mie tasche».

L’idea di poter trascorrere un intero pomeriggio con lui mi metteva di buon umore e questa cosa mi spaventava, insomma lo conoscevo da poco più di dieci minuti! 

Sarà stata la voglia di divertirmi una volta tanto.

«Davvero saresti disposta? Grazie davvero, mi hai salvato dal fare una brutta fine!»

Scoppiai inevitabilmente a ridere, quel ragazzo era buffo!

«Di niente. Allora cosa vorresti vedere prima?»

«Beh, mentirei se dicessi di non avere fame perciò, mi porti da Starbucks?»

«Ma sono le tre del pomeriggio!» dissi sconvolta, ero sconvolta!

«E allora?» rispose con nonchalance

«Allora, le persone normali a quest’ora hanno da poco finito di mangiare. E poi con tutte le cose belle che ci sono, proprio da Starbucks vuoi andare? 

Sei strano ragazzo lasciatelo dire!»

«Ma che vuoi! I monumenti non se ne vanno di lì, la mia fame invece mi sta lacerando!».

L’ultima frase la disse frignando manco fosse un bambino di cinque anni, se non più piccolo.

«Andiamo và, è qui vicino dieci minuti e siamo lì»

Cominciammo a camminare e lui subito mi chiese:

«Allora Gabriella, quanti anni hai?»

«Ah-Ah Harry mossa sbagliata! Non si chiede l’età a una signora.» risposi ironicamente.

«Mh, questo mi fa presupporre che tu sia più vecchia di quanto sembri» disse accarezzandosi il mento liscio come il culetto di un bambino.

«Non è vero ho solamente diciassette anni!» lo fulminai con lo sguardo.

Mi sorrise sornione e solo dopo mi resi conto della mia gaffe.

«Mi hai manipolata!» esclamai imbronciandomi.

«No. Si chiama psicologia inversa, mai sentito parlarne?» mi sorrise soddisfatto.

Gli feci il verso e il suo sorriso mutò in una risata, una lunga, fragorosa, meravigliosa risata.

Proprio in quel momento arrivammo da Starbucks e quando anche lui se ne rese conto smise di ridere e corse dentro senza nemmeno aspettarmi.

Bene! Della serie: Viva la Galanteria.

Entrai e lo vidi già seduto al tavolo che stava ordinando, lo raggiunsi e proprio in quel momento la cameriera si allontanò con l’ordinazione.

«Oh, e la galanteria dov’è? A farsi fottere?» dissi leggermente inacidita dal fatto che non mi avesse aspettato, insomma!

«Già proprio come la tua finezza. E poi cosa vuoi, tu ti senti normale?» non capii il senso di quella domanda ma risposi comunque

«Sì, direi di sì»

«E allora! Sei stata tu prima a dire che le persone normali di solito a quest’ora hanno da poco finito di mangiare, non hai bisogno di nutrirti!» affermò lui convinto.

Scossi la testa contrariata ma inevitabilmente mi venne da sorridere per il suo ragionamento contorto.

«Lasciamo perdere và! Piuttosto, prima hai accennato al fatto che si nuovo di qui, da dove vieni?»

«Vengo dal Cherchshire, da Holmes Chapel precisamente» rispose lui pensandoci bene però non mi era nuovo quel nome, vediamo….I nonni! Ma certo abitavano lì!

«Ah sì! Lo conosco, abitano lì i miei nonni e ogni tanto li vado a trovare, perciò..»

«Congratulazioni!» disse ironico

«Ma che fai mi prendi in giro?» dissi scocciata.

«No,no, per carità!» alzò le mani per provare la sua innocenza.

«Meglio, allora, dimmi tu, quanti anni hai?»

«Anche io diciassette» disse.

In quel momento arrivò la cameriera con l’ordinazione e gli sbatté praticamente le tette in faccia, non prima ovviamente di avergli rivolto un sorrisino malizioso. 

Non so la reazione di lui, girai il volto schifata, ormai la dignità era un optional!

Quando se ne andò esclamai «Wow Hazza hai fatto colpo!»

«Come mi hai chiamato?» chiese lui confuso.

«Hazza» risposi con ovvietà mentre lui pensava a ingurgitare il panino che aveva ordinato.

«Ah, e da dove ti è uscito mo’ ‘sto nome?» disse ancora più confuso e sputacchiando cibo a destra e a manca.

«Fai schifo! Bleah! Poi non lo so! Quante domande mammamia!»

«Ok, ok, non mi mangiare però!» sembrava impaurito, ma del resto sapevo che stava scherzando.

«Vabbè dai per questa volta ti perdono» dissi con tono di superiorità.

«La ringrazio» si limitò a dire lui.

Gli sorrisi dolcemente e lo stesso fece lui, mi persi nei suoi occhi, in quelle due pozzanghere verdi, i nostri occhi incatenati erano come delle coppie di smeraldi che si incontrano, 

già ho gli occhi verdi.

Rimanemmo a fissarci fin quando lui non distolse lo sguardo in evidente imbarazzo.

Lo si capiva dal rossore che albergava sulle sue guancie, quelle sue guancie paffutelle sulle quali ogni volta che sorrideva comparivano delle tenerissime fossette.

C’era da ammetterlo: era davvero un bel ragazzo.

Ma non uno di quelli tutti muscoli che sembravano fatti di plastica, bello di una rara bellezza che emana luce propria.

Ci alzammo, andammo alla cassa e dopo che lui ebbe pagato uscimmo in un religioso silenzio, aleggiava ancora tra noi l’elettricità creata dai  nostri sguardi incatenati di poco prima.

Il vento mi colpì in pieno viso, facendomi risvegliare dal mio stato catatonico e scompigliando i miei lunghi boccoli castani.

«Allora cosa vogliamo fare adesso?» ruppe il silenzio lui entusiasta.

Diedi una rapida occhiata all’orologio al mio polso e mi accorsi che erano già le cinque.

«Veramente io dovrei tornare a casa».

Non volevo tornare a casa, dove molto probabilmente sarei nuovamente scoppiata in lacrime, non volevo allontanarmi da lui che era riuscito a farmi sorridere di nuovo, 

mi rattristai e lui lo notò chiedendomi:

«Ehy, qualcosa non và?»

«Tutto non và Harry, ma non mi sento ancora pronta per raccontarti cosa sta succedendo,scusa. Potresti comunque accompagnarmi a casa?Mi farebbe sentire meno…sola, ecco.»

Era vero, non mi sentivo ancora pronta per aprirmi con lui, dopotutto, tralasciando il fatto che con lui stessi maledettamente bene, era pur sempre uno sconosciuto.

«Certo, andiamo» inaspettatamente mi prese la mano e quel contatto mi provocò una scarica di brividi lungo lo spina dorsale.

Camminammo ridendo e scherzando, senza mai far staccare le nostre mani, quel ragazzo era come una medicina, la mia medicina.

Quando arrivammo davanti casa non sapevo come salutarlo ma poi mi decisi, mi alzai sulle punte, in quei casi essere un “puffo” di statura e portare perennemente le Converse era scomodo, 

e gli diedi un dolce e delicato bacio sulla guancia, profumava di mele, che profumo magnifico!

Aprii la porta di casa ma lui mi bloccò per un braccio e mi disse:

«Dammi almeno il tuo numero di cellulare».

«Tu dammi una penna» ribattei io.

Mi porse il suo I-Phone, segnai il mio numero e glielo restituii. Questa volta fu lui a baciare me sulla guancia e se ne andò lasciandomi lì imbambolata e con il battito del cuore accelerato.

Rientrai in casa sorridente, per la prima volta dopo tanto tempo, toccando il punto che poco prima era stato sfiorato dalle sue labbra-

Ma tutta la mia felicità fu distrutta come i castelli di sabbia dall’alta marea quando mi accorsi che mia madre era in soggiorno a piangere, o meglio singhiozzare, 

con la testa affondata nel bracciolo del divano.

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Capitolo 2
*** Chapter Two. ***


Capitolo 2

 

 

 

 

Mi avvicinai a lei cautamente, quasi avessi paura di disturbarla, e le poggiai delicatamente le mani sulle spalle.

A quel contatto sobbalzò, probabilmente non mi aveva sentita arrivare.

Alzò il capo e per me fu un colpo al cuore, non mi piaceva vedere mia madre in quelle condizioni.

Per “Quelle condizioni” intendo, il volto rigato dalle lacrime che ininterrotte scendevano, occhi gonfi e un taglio abbastanza profondo sulla mano destra, l’aveva fatto di nuovo, 

si era auto lesionata di nuovo.

E che diamine! Non potevo permettermi di essere felice anche io? Perché la tristezza doveva essere onnipresente nella mia insulsa vita? 

E la felicità dove la vogliamo mettere?

Ero sul punto di lanciare un urlo tanto forte che avrebbe potuto rompere i vetri delle finestre proprio come succede nei film, ma mi trattenni.

Non potevo farlo, avrei letteralmente distrutto il già precario “equilibrio”, se così si poteva definire, di mia madre.

Mi limitai a respirare profondamente e a sedermi accanto a lei cingendole le spalle con un braccio.

In quel momento mi sentivo più adulta di quanto fossi realmente, mi sentivo come una mamma che sta consolando sua figlia reduce da una relazione amorosa finita male, 

quando invece quella che doveva essere consolata ero io, la vera “diciassettenne delusa” qui ero io non loro, ma erano troppo presi a litigare per capirlo, 

erano troppo impegnati perfino per ricordarsi della mia esistenza.

Era già da qualche anno che andava avanti questa storia.

Il lavoro di mio padre non produceva più come prima, avevamo, e abbiamo ancora tutt’ora, molti problemi economici, e con “molti” intendo una miriade.

Inizialmente però era sempre tutto uguale, eravamo anche più uniti di prima, forse perché credevano che in quei momenti la famiglia fosse l’unica cosa che rimane, 

forse perché….

Non lo so perché!

Fatto sta che sembravamo la perfetta famiglia felice, andavamo in Chiesa la Domenica, facevamo passeggiate tutti insieme…

Avete presente la famiglia del Mulino Bianco? Ecco, eravamo più o meno come loro.

Poi però evidentemente a mio padre non è bastato più tutto ciò, del resto non si pagavano mica con l’unita familiare le tasse?! Eh!

Cominciò a distaccarsi sempre più da noi.

Non c’era mai in casa, era sempre a lavoro o in giro a bere con la sua banda di squilibrati che lui chiama “amici”, 

ma che alla fine sono pronti a pugnalarlo alle spalle non appena possono.

Quando era in casa invece urlava e sbraitava contro mia madre per qualsiasi cosa.

Quest’ultima a sua volta non ce la faceva più, ha un carattere molto debole di conseguenza subiva tutto senza opporsi mai.

Il massimo si è raggiunto però quel maledettissimo Lunedì 20 Ottobre.

“E’ in coma, non tanto grave, ma la cosa non è comunque da sottovalutare”

Ricordo ancora, furono queste le parole che ci disse il medico con tanta professionalità.

Mi crollò il mondo addosso, mi sentii come se quel minimo briciolo di ottimismo che mi era rimasto avesse deciso di abbandonarmi e di lasciarmi avvolgere dal pessimismo.

Perpetuò in quello stato per ben tre mesi, tre mesi d’inferno.

Io, mia madre e mio fratello, Logan che all’epoca aveva solamente sei anni, rimanevamo costantemente seduti su quelle poltroncine che “ornavano” i corridoi dell’ospedale.

E quando si è svegliato come ha ricambiato tutto ciò?

Con un freddo “Potevate anche risparmiarvela so badare a me stesso”.

Da allora è cambiato tutto, i miei litigavano di continuo, più volte si è parlato di divorzi, ma fortunatamente le parole non sono mai divenute realtà.

In tutto questo io soffrivo in silenzio, non osavo esternare le mie emozioni, già c’erano abbastanza problemi .

Quei pensieri fecero rafforzare in me il senso di abbandono, di tristezza, di rabbia, e fu così che mi ritrovai a singhiozzare insieme a mia madre.

«Ma, perché piangi mamma?» mi decisi a chiedere mentre continuavo a fare lo stesso, ma non ricevetti risposta.

Non so per quanto tempo rimanemmo su quel divano, so solo che ad un certo punto con gli occhi che bruciavano ed un forte mal di testa, mi addormentai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il mattino seguente mi svegliai di colpo sentendo il mio cellulare squillare.

Lo estrassi dalla tasca con molta fatica e risposi:

«Pronto?»

«Buongiorno, è lei la signorina Gabriella Cox?» rispose una voce squillante che mi fracassò i timpani.

«Sì sono io, con chi parlo?»

«Bene vorrei elencarle tutte le promozioni che la TIM ha da offrirle questo mese.»

Ogni parola equivaleva ad un pezzo del mio timpano che andava a farsi fottere e alla mia irritazione che cresceva.

«Ma vada in Culonia» e attaccai.

Solo in quel momento mi resi conto di essere sola su quel divano.

«Mamma!» chiamai. Nessuna risposta-

Riprovai, il silenzio totale.

Comincia a preoccuparmi. Corsi al piano superiore, nessuna traccia di lei.

Andai in cucina e proprio sul tavolo trovai un folio piegato sul quale c’era scritto “Per Gabry”.

Avevo paura di leggere ciò che c’era scritto, tremavo tutta e il cuore mi batteva a mille.

Passavano i minuti e io continuavo a rimanere inerme, ma alla fine mi decisi e leggerne il contenuto.

 

 

Cara Gabry,

Ciao! Sono la tua mamma, esatto sì, quella che ti ha messo al mondo, quella che ti ha vista crescere e quella che in questo momento ti sta abbandonando con un’insulsa lettera.

Mi faccio schifo da sola, credimi ma come ben sai non mi piacciono gli addii, e nemmeno a te, perciò è la scelta migliore.

Sai ricordo ancora quando eri piccola e correvi con un pannolino in testa per casa gridando:

-Arggggh! Eccomi sono Peter Pan e sono qui per ucciderti brutto barbone di un Capitan Uncino!-.

Adoravi Peter Pan, dicevi che anche tu volevi rimanere per sempre bambina così la tua mamma avrebbe sempre potuto prenderti tra le sue braccia e coccolarti.

Eri dolcissima.

Con quei tuoi occhioni verdi e quelle tue giancie paffutelle.

Ieri con tuo padre è successo un casino.

Vuoi sapere perché abbiamo litigato? Ancora per colpa di quel suo lavoro di merda.

Però e stato diverso dalle altre volte, i suoi occhi trasmettevano rabbia, disprezzo.

Se n’è andato Gabry, ci ha abbandonate e prima di sbattere definitivamente la porta di casa ha affermato esplicitamente che di noi non gli importa nulla.

Io non ce la potevo fare a rimanere in questa casa, ogni singola cosa fa riaffiorare in me determinati ricordi, prova a comprendermi.

Ho deciso di non portarti con me dal momento che non voglio portarti via dalla vita che ti sei creata qui, hai i tuoi amici, le tue abitudini, il tuo modo di vivere.

Logan è con me, non ti preoccupare.

Probabilmente quando leggerai questa “cosa” io sarò già diretta in Florida da qua nonna.

Ho esaurito le parole, ricorda piccola mia che ti vorrò sempre bene, e che non ti ho realmente abbandonato, sentiti libera di chiamarmi ogni volta che vuoi.

 

 

                                                                              Con tanto affetto la tua mamma.

 

 

 

 

 

Sul fondo della pagina si distingueva la forma delle labbra di mia madre.

Mi aveva abbandonata, ero sola…sola.

I singhiozzi ormai mi possedevano a intervalli regolari, presi il telefono, avevo bisogno di loro in quel preciso istante.

Chiamai Lizzie.

«Pronto» rispose dopo il terzo squillo.

«Ti prego vieni subito, avvisa le altre, ho bisogno di voi»

«Gabry, oddio cosa è successo? Stai singhiozzando!»

«Muovetevi a venire e vi spiegherò tutto»

«Ok» rispose solamente, e attaccò.

Arrivarono circa 10 minuti dopo e appena mi videro mi strinsero fortissimo tra le loro braccia.

Gli raccontai tutto, gli feci leggere la lettera e cercai rifugio ancora una volta tra le loro braccia.

«Vieni a stare da me!» esclamò Lizzie ad un tratto.

«Da te?!» quella ragazza aveva un cuore enorme ma non volevo approfittarne.

«Sì dai, il posto c’è per te, per mia madre non ci saranno problemi la conosci e poi, proprio nella casa affianco alla mia i sono trasferiti cinque ragazzi che soni dei perfetti chiav..»

«Lizzie! Ma ti sembra questo il momento?!» La interruppero Lucy e Mafy.

Sapevo come finiva la frase. “Chiavatone” era il nostro modo per definire “bello” un ragazzo.

Non sapevo cosa fare. Di sicuro non volevo rimanere da sola in quella casa, ma non volevo approfittare di Lizzie.

Alla fine mi decisi.

«Vengo. Però a petto che darò un aiuto in casa».

Lizzie mi guardò con un sorriso a 54 denti e disse:

«Sì, sì, ok, che bello non vedo l’ora, su sbrigati e impachetta la tua roba».

Lucy e Mafy in tutto questo erano rimaste in disparte.

Erano molto silenziose e timide ma erano davvero buone amiche.

Nel giro di un’ora riuscii a prendere tutte le mie cose, non che avessi molto.

Ci avviammo tutte a casa di Lizzie, avevamo deciso, o meglio avevano, di fare un pigiama party in mio onore.

La madre acconsentì, d’altronde aveva sempre affermato che le stavo simpatica.

Mi aiutarono a sistemare la mia roba e riuscirono anche a strapparmi qualche sorriso di tanto in tanto.

Finimmo proprio mentre Diana, la mamma di Lizzie, ci chiamò per andare a tavola.

 

 

 

«Cosa facciamo io mi annoio!» esclamò Mafy.

Avevamo da poco finito di pranzare, ci trovavamo nella stanzetta di Lizzie e non avevamo nulla da fare…non che mi andasse di fare molto..però!

«Già anche io.» questa volta parlò Lucy, mettendo su il broncio.

Salii sul letto mi misi in piedi e per attirare la loro attenzione esclamai “Carrots”.

«Cosa c’è Gabry?» chiesero.

«Niente, vi voglio solo bene!»

Non l’avessi mai detto! Mi ritrovai addosso tre ragazze anche abbastanza pesanti che mi stavano sfracassando uno sterno.

«Anche noi ti vogliamo bene!»

Ecco con la vocetta che fecero sembrarono proprio delle bambine di quattro anni.

«Vabbè, ora però toglietevi che non respiro»

E così fecero senza risparmiarsi una linguaccia rivolta a me. Alzai gli occhi al cielo, non cresceranno mai.

Ad un tratto squillò il cellulare, un messaggio.

 

 

Ciao Gabriella, sono Harry ricordi, il tizio che mafia alle tre del pomeriggio. Ecco mi chiedevo, ti andrebbe di rivederci?”

 

Mi spuntò un sorriso da ebete sul volto, certo che lo volevo!

Mentre decidevo le parole da usare nella risposta sentii le altre dire:

«Dicci» iniziò Mafy.

«Subito» la appoggiò Lucy.

«Chi era» concluse soddisfatta Lizzie-

Devolsi il mio cellulare a loro che cominciarono a gridare manco fossero degli antifurti.

«E questo quando avevi intenzione di dircelo?!Eh?!» esclamò Lucy.

«Non so…ora?!»

Raccontai loro dell’incontro e di come mi aveva salutato.

Notai che mentre parlavo i loro occhi brillavano come diamanti.

Risposero loro al posto mio esattamente così:

 

 

Ciao! Sì mi ricordo di te. Comunque va bene! Quando ci vogliamo vedere?”

 

La sua risposta non si fece attendere:

 

 

Facciamo stasera alle otto?”

 

Risposero sempre loro per me:

 

 

“Va bene, perfetto.”

 

 

«E il pigiama party?» chiesi.

Mi guardarono come a dire “ ma sei scema o cosa?!”

«Lo rimandiamo!» disse Mafy.

«Ok, come volete.»

«Ed ora, abbandonati tra le nostre braccia, abbiamo solamente tre ore per farti diventare una principessa» esclamò Lizzie entusiasta.

Riuscii a pensare solo “aiuto” prima di essere trasportata nel mondo della moda con annessi e connessi.

 

 

 

ZUMBA!

Salve a tutte *-*

Okkei lo so, già i capitoli fanno schifo loro e blablabla poi ci metto pure anni ad aggiornare è ovvio che nessuno la segue ‘sta storia ç__ç

No dai.

Volevo solamente dire grazie.

Alle 3 che l’hanno inserita tra le seguite *w*

Alle 6 che l’hanno recensita *w*

E alle 88 visualizzazioni *w*

Davvero, pensavo facesse totalmente schifo v.v

Vabbè dai mmi fate sapere cosa ne pensare con una minuscolerrima recensione? Non costa nulla a voi e fate felice me *w*

Okkei vi lascio che devo andare a studiare ç__ç

KissKiss _Lalle_

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Capitolo 3
*** Chapter Three. ***


Capitolo tre (parte prima)

 

 

 

 

 

 

Ero teoricamente pronta.

Teoricamente.

Non avevo, o meglio avevano, scelto nulla di appariscente fortunatamente…Jeans, felpa,  ovviamente due taglie in più, e converse. Il solito.

Non ero il tipo cui piaceva mettersi in tiro, ero più il tipo da “Mette le prime cose che capitano”.

L’aspetto esteriore non è tutto, avevo sempre odiato le ragazze della mia classe che venivano a scuola solo per mostrare tette e sedere.

Ok, basta Gabriella, stai vaneggiando.

Mi guardai un ultima volta allo specchio, come il solito schifata da ciò che vedevo, e scesi al piano di sotto dove mi aspettavano quelle tre streghe alias migliori amiche.

A metà scale mi venne però un colpo di fulmine, e sobbalzai cadendo rovinosamente per le scale.

«Cazzo che male» dissi.

Non ebbi nemmeno il tempo di alzarmi che mi ritrovai davanti quelle tre sceme che ridevano come possedute.

Faceva tanto scena da film americano, peccato che io mi ero fatta male sul serio.

Mi rialzai ignorando i loro sguardi divertiti ed esposi loro il mio dubbio.

«Ma se non sa dove si trova casa tua..» comincia indicando Lizzie «Come viene a prendermi?».

Lo ammetto, l’ultima parte della frase la dissi con finta drammaticità.

Fu buffo il cambiamento repentino delle loro espressioni, sembravano avessero avuto una paralisi facciale…o molto probabilmente stavano spremendo 

quei pochi neuroni che gli rimanevano per trovare una soluzione.

«Vabbè ho capito. Esco a telefonarlo, voi mi raccomando non combinate guai in mia assenza».

Già, il sarcasmo era il mio forte.

Mi sedetti sulle scale e composi il numero.

Stavo per premere il piccolo tasto verde per chiamare quando sentii la porta della casa affianco chiudersi rumorosamente.

Mi girai istintivamente e strizzai gli occhi per riuscire a vederci qualcosa, già portavo gli occhiali, e …era lui!

Cavolo se era lui!

Quella chioma riccia si distingueva fra mille.

Gli corsi in contro e quando gli fui di fronte finalmente mi notò, strabuzzando gli occhi.

«Ehi, ciao!» era…sorridente! Già quello era proprio un sorriso.

«Ehm, ehi!» ed io ero insicura, fottutamente insicura. Ma perché?

«Sai ti stavo per venire a prenderti ma poi ho pensato : “Dove abita ora?” e stavo per chiamarti, ma poi mi sei piombata davanti e  ti ringrazio perché 

mi hai risparmiato una buona mezz’ora in cui sarei di sicuro impazzito»

Alla fine del discorso aggiunse un sorrisetto idiota ed io ,che non avevo perfettamente compreso il senso del suo discorso, scoppiai a ridere.

Ma non una risata solita di una diciassettenne come me, no,  una risata fragorosa, da maschiaccio.

Le risatine mi davano sui nervi.

«Ok aspettami qui vado a prendere la giacca».

Corsi in casa e trovai quelle tre cretine a ballare la macarena.

Ma il cervello dove l’avevano?!

«Ragazze fermate la vostra intensa attività fisica e venite a salutarmi, il mio Principe Azzurro» a quel punto mimai le virgolette «è arrivato e mi sta aspettando»

Si fermarono, si voltarono lentamente e mi sorrisero scaltre.

«Vai, mi raccomando divertiti, “sciscia”»

«Come mi hai chiamato Mafy?»

«Sciscia, perché?»

«Niente, lasciamo stare va che è meglio»

Presi la giacca e prima di chiudermi definitivamente la porta alle spalle gridai un “Ciao” a tutte.

Arrivai da Harry col fiatone e proprio per questo quando mi chiese se volevamo andare feci solo un cenno col capo.

Ci avviammo al garage di casa sua…Un momento ..Casa sua era affianco a quella di Lizzie….

«Oddio ma tu sei in pratica il mio vicino!».

«Ma guarda sei un genio, e da cosa l’avresti dedotto?»

«Vedo che te la cavi con il sarcasmo Styles, ma lascia stare, sono io la sarcastica per eccellenza».

Dissi alzando ritmicamente le sopracciglia per rafforzare il concetto.

«Ahaha, certo convinta tu!»

Alzò la serranda del box, e quello che comparve mi fece letteralmente perdere la testa.

Positivamente, s’intende.

«Harry» lo chiamai.

«Dimmi» disse mentre cercava con espressione confusa le chiavi della macchina.

Ma come si facevano a perdere? Bah!
«Dimmi che non sto sognando e che quella è davvero una Kawaski ninjia ZX-6R nera»

I miei occhi luccicavano in quel momento, ne ero sicura.

«Ti piacciono le moto?! Oddio, sposami»

S'inginocchiò ai miei piedi e giunse le mani in preghiera.

Gli diedi uno scappellotto «Alzati cretino!»

Così fece, e non appena fu di nuovo alla mia altezza, gli chiesi:
«Me la farai guidare un giorno vero? Vero?!»

«Solo sei mi dai qualcosa in cambio»

Malizia. Ecco cosa traspirava dalla sua voce e dal suo sorriso.

«Preferisco non guidarla allora»

«Grr, permalosa la ragazza»

Lo fulminai, anzi, lo paralizzai con lo sguardo, ma poi incontrai quei grandi brillanti verdi che si ritrovava al posto degli occhi, e mi sciolsi in un sorriso.

Entrammo in macchina, giacché lui aveva finalmente trovato le chiavi.

Partì a tutto gas mentre io mi persi a guardare fuori dal finestrino il sole che perdeva oltre quella linea, più comunemente chiamata orizzonte.

Regnava il silenzio.

«Gabriella, posso farti una domanda?»

Sobbalzai nel sentire la sua voce, ma alla fine annuii.

«L’altra volta ti riaccompagnai io a casa, giusto? E sono certo di ricordare che non era affianco alla mia….Perciò…ti sei trasferita in questi giorni per caso?»

Sembrava…imbarazzato. Oh cucciolo! Le sue guance erano diventate leggermente rosate.

Sembrava tanto spavaldo e poi..

«E’ una situazione complicata e non credo sia il caso di raccontartela.…vedi non mi sento ancora pronta. Mi dispiace»

«Ricevuto» e mi fece l’occhiolino.

«Allora, dove mi porti di bello?»

«In un posto segreto, molto lontano»

«Sai fa molto film d’amore americano, ed io odio profondamente quei film»

«Noo! E ora come farò?Avevo già programmato tutto seguendo lo schema di quei film»

Se non fosse stato che rideva, avrei creduto che la sua disperazione fosse reale.

Feci spallucce.

«Mi accontenterò»

Fece finta di asciugarsi le goccioline di sudore sulla fronte per poi sussurrare un “menomale”.

Mi persi a guardarlo, era veramente bello.

Ma non del genere “modello da copertina di una rivista”, il suo viso aveva dei tratti come quelli dei bambini.

Probabilmente rimasi un po’ troppo a guardarlo, poiché non mi accorsi di quando arrivammo, e di Harry che cercava in tutti i modi di reclamare la mia attenzione.

«Ehi, lo so che sono bello, ma se continui a fissarmi mi sciupo!»

«E magari tu quando mi parli potresti guardarmi in faccia e non le mie tette…che poi ho messo una felpa…che ti fissi?!»

Alzò il viso, guardandomi fisso negli occhi.

Oddio, forse era meglio che continuava a tenerlo rivolto verso il basso, ci si poteva perdere nei suoi occhi, e poi…guardando le sue labbra mi veniva un irrefrenabile voglia di baciarlo…

Cosa cavolo penso? Quelle tre sceme mi hanno contagiato, aiuto!

«Le cose belle vanno guardate!»

Mi distrasse lui dalle mie seghe mentali.

«Sì, e i cretini vanno picchiati»

E così dicendo gli diedi uno schiaffo sul braccio.

«Sei manesca però, è il secondo schiaffo che mi dai in meno di un 'ora, non vale»

«Abituatici!»

Scesi dall’auto e subito trovai lui che mi afferrò la mano.

Fu come prendere la corrente.

Camminammo per un bel po’ in silenzio, non staccando mai le nostre mani.

Quando poi arrivammo in un parchetto.

Era abbandonato, isolato, appena entrati sulla destra, si poteva scorgere una vecchia altalena arrugginita, e al suo fianco, uno scivolo, non in condizioni migliori.

L’erba era cresciuta rigogliosa, non era curato.

Ci sedemmo su una piccola panchina mezza rotta e cominciammo a guardarci negli occhi.

Da quel momento fu come se fossi entrata in un universo parallelo, dove esistevamo solamente io e lui.

ZUMBA!

Sera, a tutte, mi scuso innanzitutto per l’enorme ritardo.

E’ più di un mese che non aggiorno çç

Ma la scuola porta via tempo, e voglia di vivere.

Se poi si mettono i miei che rompono e che devo studiare, io che litigo con il mio migliore amico, interrogazioni che vanno male….

Sono nella merda fino al collo insomma.

ANYWAY.

Che ne pensate , vi piace? Me lo fate sapere con una minuscola recensione, vi prego!

A me personalmente piace molto, anche perché l’ho scritto molto spontaneamente.

Ovviamente questa è solo la prima parte dell’appuntamento, poi ci sarà la seconda parte in cui .

AHAHAHAHAH EH NO! NON SONO AUTORIZZATA AL RILASCIO DI SPOILER.

E a noi che importa?

Starete pensando voi.

Niente appunto lo so.

Ok, vi devo lasciare che domani scuola, e non so cosa aspettarmi dalla mia compagna di banco siccome dice di volermi 

far riappacificare con il mio amico..MA VABE’!

MI RACCOMANDO VI PREGO, LASCIATE UNA RECENSIONE.

Fuck off and kiss _Slash_

 

 

 

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