The Reason.

di JustALittleLie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


La prima cosa che pensò Jude appena aprì gli occhi, fu che sarebbe stato carino per una volta essere svegliata dal trillo della sveglia che accuratamente programmava ogni sera, e non dalla voce di Lauren che dal bagno intonava una melodia a lei sconosciuta, ma alquanto acuta e stridula.

Con uno sbuffo cercò di coprirsi le orecchie come meglio poteva col cuscino, ma la voce di Lauren riusciva a oltrepassare qualsiasi ostacolo. Si mise a sedere sul letto, spegnendo la sveglia prima che suonasse –perché diavolo continuava a metterla se sapeva che sarebbe stata svegliata dalle urla di Lauren?- poi si dedicò alla ricerca delle sue pantofole, intenzionata ad andare dalla coinquilina per tapparle la bocca in qualche modo violento e poco gentile, ma proprio mentre stava indossando le sue pantofole rosa a forma di coniglio sentì Elle, dal corridoio, precederla.

-LAUREN! SONO STUFA DI SENTIRTI CANTARE OGNI MATTINA, CHIUDI IL BECCO!-

Lauren non rispose, ma Jude la sentì improvvisamente smettere di cantare e sorrise soddisfatta mentre si alzava per recuperare i vestiti che aveva accuratamente preparato la sera prima su una sedia.

A Jude sembrava che fossero passati solo una decina di giorni da quando si era trasferita in quella casa, a New York, da quando aveva conosciuto Lauren ed Elle, che poteva considerare le uniche persone con cui aveva un qualche rapporto, ed invece era passato più di un anno.

Alla notizia che la Columbia University aveva accettato la sua domanda, Jude si era sentita eccitata e terrorizzata nello stesso momento. Nel piccolo paesino del North Carolina, dove aveva vissuto per diciotto anni, Jude non aveva trovato nessuno con cui potesse veramente parlare o confrontarsi, in una cittadina di provincia le persone hanno la mentalità ristretta e più volte si era trovata a sostenere gli occhi sbarrati di qualche suo compagno di classe quando parlava di un qualche argomento un po’ più maturo che andasse al di là dei semplici concetti che ti insegnano a scuola. Jude si sentiva terribilmente diversa dalle persone che la circondavano, forse per questo non aveva mai avuto una migliore amica, come tutte le ragazze della sua età avevano. Anche i suoi rapporti con l’altro sesso erano molto limitati e poco stimolanti, ma ora stava per trasferirsi a New York e tutto sarebbe cambiato, sapeva che da qualche parte lì in giro c’era la sua anima gemella, che l’attendeva. Allo stesso tempo però era anche terrorizzata all’idea, perché avrebbe dovuto affrontare un cambiamento così grande da sola, senza l’aiuto dei suoi genitori, gli unici veri amici che avesse mai avuto.

I primi tempi erano stati difficili, la casa che aveva fittato via internet era mal ridotta ed il fitto era così caro che a fine mese le restavano a mal appena i soldi per mangiare, le lezioni all’università erano molto interessanti e piacevoli, ma non si era ancora ambientata del tutto e, contrariamente a quanto si era aspettata, nessuno pareva interessato a parlare con lei, tutti erano impegnati a correre da una parte all’altra del campus, in ritardo per qualche lezione, come cavalli sbizzarriti e lei si sentiva del tutto spaesata.

Poi, finalmente, era arrivata Lauren che con un sorriso a trentadue denti l’aveva invitata a sedere accanto a lei a lezione e parlando del più e del meno le aveva detto che lei e la sua amica erano in cerca di una nuova coinquilina. Non ci volle molto per convincere Jude a lasciare la casa mal messa e triste dove viveva, per andare con loro.

Dal primo momento in cui l’aveva vista, Lauren le aveva trasmesso un senso di sicurezza e calore, era una di quelle persone forti e indipendenti, una di quelle che parevano ridere di fronte alle difficoltà della vita, prendendo tutto con innata leggerezza ed uscendone sempre illese. Jude sognava di essere un po’ come lei, ma il suo carattere ansioso e dedito all’ordine mentale e materiale glielo impediva.

Elle, invece, era tutt’altra storia. La prima volta che l’aveva vista -quando Lauren l’aveva portata a casa per farle vedere l’appartamento- Jude ebbe come l’impressione che Elle volesse sbatterle la porta in faccia. I capelli rossi erano legati in uno chignon disordinato e gli occhi verdi l’avevano squadrata attentamente per qualche istante prima di posarsi su Lauren che intanto volteggiava verso la camera che poi sarebbe stata sua.

-si può sapere perché continui a bussare se hai le chiavi? Non sono il tuo portiere- aveva sbottato puntandosi una mano su un fianco, mentre Jude si era sentita completamente fuori luogo.

-oh, non riuscivo a trovarle nella borsa!- in realtà Jude non l’aveva vista cercare le chiavi di casa –non essere sgarbata Ells, saluta la nostra nuova coinquilina!-

Gli occhi verdi di Elle erano tornati a squadrare Jude in un modo che le fece colorare le guance di rosso per l’imbarazzo.

-beh, almeno saremo in due a sopportare l’egocentrismo di Lauren- aveva borbottato in fine, prima di voltarle le spalle e tornare a chiudersi nella sua stanza.

Le parole di Elle si avverarono, e tutti i giorni le due si ritrovavano a dover sopportare il fastidioso cantare di Lauren sotto la doccia, il suo incurabile disordine, l’andirivieni di ragazzi che entravano la sera ed andavano via la mattina -preferibilmente prima di colazione- e i mille altri difetti della ragazza, come quello di essere perennemente in ritardo.

-se mi fa fare tardi anche questa mattina, giuro che la uccido- ringhiò Elle seduta al piccolo tavolo rotondo della cucina insieme a Jude, lanciando uno sguardo furioso all’orologio che portava al polso.

-vedrai che ora arriva- la rassicurò Jude, ansiosa, non le piaceva arrivare in ritardo.

Elle ringhiò ancora, in risposta, finendo in un sorso il suo caffellatte.

La pazienza non era uno dei pregi di Elle, per questo Jude spesso era chiamata a mettere pace tra le due e più volte si era chiesta come avessero fatto a vivere insieme senza scannarsi, prima che arrivasse lei.

-dopo le lezioni mi aspetti? potremmo andare insieme a lavoro- chiese Jude, tentando di distogliere l’amica dall’accurata preparazione mentale del piano perfetto per uccidere Lauren.

Elle si limitò ad annuire, mentre si alzava per riporre la tazza ormai vuota nel lavabo.

-E’ vicino la biblioteca, no?- chiese frettolosa mentre infilava il giubbotto nero, per lanciare poi uno sguardo spazientito verso il corridoio.

-si- Jude sperava che Lauren si muovesse prima che Elle decidesse di andare  prenderla personalmente, probabilmente trascinandola a forza fino alla porta –proprio di fronte-

Elle lavorava da una vita ormai in biblioteca, il salario non era alto ma la ragazza era entusiasta di poter essere circondata da libri, da sempre preferiti alle persone. Senza contare che Elle, a differenza di Lauren e Jude, non aveva bisogno di lavorare per mantenersi agli studi visto che proveniva da una famiglia piuttosto ricca, ma la ragazza, spinta da uno spirito di autosufficienza, non prendeva più del dovuto dai genitori, lavorando e sudando qualsiasi cosa volesse che andasse al di là delle spese universitarie. Era una che non approfittava del suo status sociale, come dimostrava il fatto che vivesse in una casa con due coinquiline fastidiose, nonostante fosse bastato uno squillo al padre per ottenere un attico con vista su central park.

-eccomi qui!- la voce squillante di Lauren fece capolino in cucina facendo rilassare visibilmente Jude, che si alzò di scatto per afferrare la sua borsa.

Finalmente riuscirono ad uscire di casa, stranamente in orario.

-Hei Jud, non hai il tuo primo giorno di lavoro oggi?- chiese Lauren mentre si avviavano a passo svelto per la strada

-si, ma sono già nervosa, non me lo ricordare!- rispose stringendosi di più al collo la sua sciarpa rossa

-la nuova ragazza delle consegne di Frankie’s!- trillò allegra Lauren in risposta –oh, sarai fantastica con l’uniforme gialla-

Jude la ignorò avanzando il passo, ma a quanto pare quella mattina Lauren aveva più voglia che mai di infastidire le sue coinquiline.

-hei, cos’hai stamattina, brontolo?- si avvicinò pericolosamente a Elle picchiettandole una spalla –sei più imbronciata del solito-

Jude sospiro. Certo, Elle aveva il suo caratteraccio, ma non si poteva dire che Lauren facesse di tutto per evitare la collera della rossa.

-forse brontolo- saltò immediatamente Elle indicandosi –non sarebbe così imbronciata se sua altezza la regina delle oche non avesse perso tutto quel tempo a rimirarsi allo specchio facendole fare tardi-

Lauren si ritrasse come scottata e Jude alzò gli occhi al cielo, pronta ad assistere ad un altro dei loro soliti battibecchi.

-ma se siamo in perfetto orario!- sbottò la mora

-siamo cinque minuti in ritardo-

Elle, precisa come sempre.

-in ritardo per cosa? Sono le otto e quaranta e le lezioni non cominciano prima delle nove!-

-sai che mi piace arrivare in anticipo! E poi tu…-

Jude premette il tasto play sul suo iPod e la voce di Paul McCartney sostituì quella ben più fastidiosa delle due ragazze a qualche metro da lei che discutevano inutilmente.

Conoscendo le due quel battibecco sarebbe durato finché non fossero arrivate a scuola e, fortunatamente, sarebbero state costrette a separarsi, quindi, meglio impiegare il tempo fino ad allora in modo piacevole.

Amava i Beatles da quando era bambina, all’inizio li ascoltava solo perché suo padre, di origini inglesi, ne andava matto –non a caso aveva tanto insistito per chiamarla Jude- ma poi col tempo si era resa conto che le piacevano davvero quelle canzoni che parlavano d’amore, di sogni, di speranze per un mondo migliore.

Ricordava che ogni sera suo padre intonava le note di Hey Jude, poi le baciava una guancia augurandole la buonanotte e sussurrandole la stessa frase ogni sera: “Sarò sempre qui per te principessa, fin quando non crescerai e troverai il tuo principe che ti proteggerà e ti amerà come faccio io”.

Ora suo padre era lontano e lei era cresciuta, ma quel principe di cui tanto le aveva parlato non era ancora arrivato.

Eppure Jude sentiva che era vicino, che nascosto tra quei ragazzi arroganti, rudi e senza più un minimo di romanticismo, c’era anche il suo principe.

 

 

 

 

 

Andrew tese l’orecchio verso la porta nell’intento di cogliere le parole del fratello nell’altra stanza.

-Si mamma, qui va tutto bene ti ho detto- il tono era accondiscendente, ma impaziente –perché non provi a parlargli?-

I muscoli delle spalle di Andrew si tesero automaticamente nel sentire quelle parole.

-E’ di la, vuoi che te lo passi?-

Con un gesto riflesso strinse la mano attorno alla chiave infilata nella serratura, pronto a barricarsi dentro nel caso suo fratello avesse avuto l’intenzione di farlo parlare a telefono.

-no, certo, lo chiamerai tu quando avrai tempo- lo sentì sospirare e si rilassò un po’

Quando avrai tempo. Quando mai sua madre aveva avuto tempo per lui?

Sentì dei passi avvicinarsi alla porta e poco dopo qualcuno bussare. Si passò una mano sul viso stanco e poi tra i capelli, prima di aprire la porta, trovando il fratello in giacca e cravatta già pronto per uscire per la sua tipica, monotona, giornata.

-io vado a lavoro- lo avvertì

-bene- rispose semplicemente lui alzando un sopracciglio con aria strafottente, come a voler sottolineare che la cosa non lo interessava minimamente.

Il fratello sospirò, prima di ricominciare a parlare –intendi fare qualcosa di costruttivo della tua vita, oggi?-

Andrew strinse i pugni affondando le unghie nel palmo delle mani –lo faccio tutti i giorni, in realtà- rispose tra i denti.

-e quello che fai lo chiami costruttivo?- chiese scettico

Ecco, una delle loro conversazioni standard. Di solito però queste avvenivano la sera, quando suo fratello tornava stanco da lavoro e non riusciva a fingere di sopportarlo, allora inveiva contro di lui ricordandogli in tutti i modi possibili che era la pecora nera della famiglia, quella che aveva portato il seme della discordia. Era strano che il fratello non lo sopportasse già da prima mattina, sicuramente una buona parte di quella reazione era dovuta alla telefonata della madre.

-perché non mi butti fuori di casa se non sei d’accordo con quello che faccio?- lo sfidò alzando il mento

-perché sei mio fratello, diamine! E voglio solo aiutarti a capire chi sei veramente-

Oh, ecco che veniva fuori il suo lato da psicologo fallito, quello che voleva capire ed aiutare il mondo.

-Posso dirti quello che non sono Ben- ringhiò –non sono come te, non sono come mamma e papà e non studierò mai medicina e non diventerò mai un chirurgo-

Ben annuì indietreggiando di qualche passo –io non sono come loro, non voglio costringerti ad essere qualcosa che tu non vuoi, voglio solo aiutarti ad essere qualcuno, ma tu sei troppo perso per capirlo- voltò le spalle e se ne andò sbattendo la porta dietro di se.

Andrew si prese il viso tra le mani facendo pressione coi polpastrelli sulla sua pelle. Aveva voglia di prendersi a schiaffi, di graffiarsi, urlare, ma non poteva farlo, il suo viso era tutto quello che aveva, venderlo era l’unico modo per sopravvivere in quella giungla di cemento.

Aveva fatto bene a trasferirsi da suo fratello in un altro continente? Era la domanda che si faceva più o meno tutte le sere prima di andare a dormire, la domanda che era rimasta in sospeso da tre anni ormai.

Qual’era l’alternativa, d'altronde? Rimanere in Inghilterra e seguire la volontà dei suoi genitori di diventare un chirurgo come loro? Non riusciva nemmeno ad immaginarlo.

I suoi genitori avevano messo al mondo i due fratelli con l’intento di creare due cloni di loro stessi. Fin da piccoli quando agli altri bambini del vicinato ricevevano per Natale delle bici nuove con cui facevano gare per la strada, Andrew e Benjamin ricevevano regali come “il piccolo chirurgo” o interessantissimi libri sul corpo umano ed ai due non restava che guardare fuori dalla finestra con aria sognante i bambini che sfrecciavano felici sulle loro biciclette fiammanti.

Ben, di tre anni più grande di Andrew e dal carattere più mansueto e sottomesso, aveva accettato la volontà del genitori quando frequentava le scuole superiori, Andrew poteva persino ricordare il momento esatto della sottomissione totale.

Era un giorno di metà ottobre e Ben portò a casa il suo primo compito di chimica, sulla quale una A+ era cerchiata di rosso; Andrew guardò attentamente la madre mentre prendeva il foglio tra le mani e successivamente rivolgeva uno sguardo di pura soddisfazione verso il figlio più grande. In quel momento una scintilla passò negli occhi di Ben e Andrew capì che da quel momento in poi il fratello avrebbe fatto di tutto per ottenere il maggior numero di quegli sguardi e l’unico modo, ovviamente, era seguire la volontà dei suoi genitori.

Dopo la sottomissione del primo figlio, ai suoi genitori pareva scontato che anche il secondo avrebbe obbedito al loro volere, ma non avevano fatto i conti col carattere e la testardaggine di quest’ultimo.

Il fastidioso vibrare del suo cellulare lo distrasse dal pericoloso fluire dei suoi pensieri.

-chi è?- rispose senza nemmeno guardare il numero sul display

-il tuo angelo custode- ridacchiò una voce maschile dall’altro lato –vuole ricordarti che sei in ritardo, di nuovo. E che se non varcherai la soglia dell’ufficio tra cinque minuti ti licenzieranno, di nuovo-

Andrew gettò uno sguardo veloce alla sveglia sul comodino per poi imprecare a mezz’aria.

-arrivo, intrattienili per quindici minuti e sono lì- soffiò mentre raccoglieva dei vestiti dalla sedia

-sbrigati- rispose semplicemente il ragazzo dall’altro lato, per poi riagganciare.

Andrew si avviò verso il bagno mentre cercava di ricordare mentalmente tutti gli impegni della giornata. Avrebbe dovuto trascorrere tutta la giornata a lavoro e se, per puro miracolo, avesse finito prima delle otto, sarebbe dovuto passare per il market a fare la spesa, cosa che Ben era del tutto incapace di fare.

Arrivato in bagno si guardò allo specchio, passandosi una mano tra i capelli. Non aveva un bell’aspetto. Gli occhi erano contornati da pesanti occhiaie violacee e il volto era stanco e pallido, evidentemente penalizzato dalle pochissime ore di sonno che accumulava a notte.

Da quando era arrivato lì non c’era una sera in cui riuscisse a dormire sereno, non una sera in cui i suoi fantasmi non fossero andati a trovarlo e lui tremava ogni sera, stringendosi, attendendo il loro arrivo. Quei fantasmi gli sussurravano cose che lui non voleva sentire, gli sussurravano quello che infondo anche lui sapeva.

Che era un fallito.

Ma lui aveva trovato una soluzione, un sistema che gli permettesse di scacciare quel fantasmi malvagi, almeno di giorno.

Aprì il mobiletto di vetro di fronte a se e dopo aver scostato vari barattolini di medicinali afferrò una scatola bianca che giaceva sul fondo dello scomparto. La scritta sulla scatola diceva “aspirina”, ma quello che Andrew estrasse dal suo interno, di certo non lo era.

Aveva deciso di nasconderla lì perché suo fratello era allergico alla aspirina e sapeva che non gli sarebbe mai venuto in mente di prendere quella scatola, nemmeno per sbaglio.

Prese la bustina di plastica trasparente dalla scatola e versò un po’ del suo contenuto sulla superficie piatta della mensola accanto al lavandino per poi estrarre un piccolo pezzo di vetro, sottilissimo, cominciando a sminuzzare attentamente la polverina bianca di fronte a se.

Solo una volta -si riprometteva tutti i giorni- domani sarò più forte e riuscirò a farcela senza questa roba.

Ma ogni giorno, inevitabilmente, si ritrovava nella stessa situazione, nella sua stessa trappola, senza nemmeno accorgersene.

 

 

 

 

 

-e questo è tutto. C’è qualcosa che non ti è chiaro?-

Jude scosse la testa allungando la mano per afferrare la divisa –giacca e cappellino- gialla che l’uomo grassotto di fronte a lei le stava porgendo per poi indossarla frettolosamente.

-sicura?- chiese ancora

-certo- sistemò meglio il cappello sulla fronte in modo che non le tirasse i capelli.

Non c’era poi molto da capire. Doveva prendere le ordinazioni che i ragazzi preparavano dietro al bancone e portarle all’indirizzo che avrebbero scritto sulla busta. Anche l’ultimo degli idioti avrebbe capito.

-bene, allora ecco la tua prima consegna- prese una busta dal lungo bancone in acciaio e la piazzò tra le braccia della ragazza, che traballò per un istante sotto l’improvviso peso.

-ce la fai?- chiese l’uomo con espressione dubbiosa

-si, si, tutto a posto- si sforzò di sorridere lei afferrando il manico della busta di cartone con una mano.

-lì sopra c’è l’indirizzo, buona fortuna- borbottò tra i folti baffi castani per poi tornare dietro al suo bancone, per dedicarsi alle sue mansioni.

Jude sospirò uscendo dal piccolo negozio, accompagnata dal trillo del campanello appeso alla porta. Controllò l’indirizzo scarabocchiato in maniera più o meno comprensibile su un lato della busta, prima di avviarsi lungo la strada che conduceva a Central Park.

Quel lavoro era stata una vera e propria manna dal cielo. Quando, qualche settimana prima, aveva deciso di lasciare il lavoro al pub sotto casa dove la sfruttavano vergognosamente, aveva creduto di non riuscire a trovare un altro lavoro part-time che pagasse abbastanza bene per permetterle di mantenersi in quella città, ma grazie ad una soffiata di Lauren, che aveva un amico che lavorava lì, aveva saputo che il vecchio Frankie aveva bisogno di un’altra persona che facesse consegne nelle zone vicino al bar. Secondo Frankie era inutile sprecare soldi e benzina per trecento metri quando poteva sfruttare le gambe di qualche giovane con forze fresche, come Jude.

Quel lavoro sarebbe stato stancante, ma Frankie le aveva promesso un buon salario, e inoltre le consegne venivano richieste maggiormente negli uffici, per cui una volta chiusi questi, alle sei del pomeriggio, Jude poteva anche tornare a casa. In questo modo avrebbe avuto anche il tempo di studiare, invece di farlo di notte come le era capitato più volte.

Svoltò a sinistra e si avvicinò all’ingresso di uno dei tanti grattacieli che si imponevano in quella lunga strada per controllare il numero civico. Per fortuna non aveva sbagliato via.

Entrò nell’androne del grattacielo avviandosi verso l’ascensore, controllò che il piano fosse segnato sulla busta, accanto all’indirizzo, e attese pazientemente per qualche minuto che le porte in acciaio si aprissero di fronte a lei.

Trentacinquesimo piano.

Alzò gli occhi seguendo la luce che si illuminava segnando la sua salita, piano dopo piano, mentre batteva ritmicamente con un piede a terra.

Non ci vollero più di tre minuti per arrivare al suo piano e quando le porte di fronte a lei si aprirono, si ritrovò di fronte ad un enorme scrivania in mogano.

-Salve- salutò scorgendo dietro di essa una ragazza sulla trentina di bell’aspetto.

La ragazza, con la testa biondo platino china su alcuni fogli che teneva sotto il naso, borbottò uno svogliato “Salve” in risposta, senza alzare minimamente il volto.

Jude si avvicinò sperando di catturare la sua attenzione, ma la ragazza non si distrasse dalle sue faccende nemmeno per un secondo.

-sto cercando l’ufficio di…- alzò la busta all’altezza del volto per controllare il nome –Claire&Co-

-a sinistra- rispose distrattamente

-gentilissima- sibilò sarcastica Jude per poi avviarsi lungo il corridoio a sinistra della scrivania.

Trovare la stanza che le interessava, non fu difficile visto che era presente una sola grande porta di ferro alla fine del corridoio scarsamente illuminato. Man mano che si avvicinava sentiva un rumore assordante provenire dall’interno della stanza e la cosa la insospettì facendole credere di aver sbagliato. Frankie le aveva detto che le loro consegne riguardavano gli uffici, ma dal baccano che sentiva provenire da lì dentro, non credeva ci fossero persone intente a fare il proprio lavoro.

Che tipo di ufficio era, quello?

Abbassò la maniglia e si decise a dare una sbirciatina dentro, l’indirizzo era quello, non poteva aver sbagliato.

Quando la porta si aprì avanti a lei, Jude rimase impalata a fissare l’interno della stanza, chiedendosi se non fosse finita proprio in paradiso.

-oh mio Dio- sussurrò mentre con occhi avidi passava a rassegna ogni centimetro del corpo mezzo nudo del ragazzo che passò a mezzo metro da lei.

Quello non era un ufficio, almeno non come lo immaginava lei. L’immensa sala –sarà stato almeno mezzo piano di quell’enorme grattacielo- era stata allestita con teloni bianchi sul lato sinistro, mentre sul destro c’erano tanti stand stracolmi di vestiti e gente che correva avanti e indietro. Era finita su un set fotografico.

Quello che colpì Jude però non era di certo il fotografo che scattava come impazzito foto a raffica ad una ragazza dal lunghi capelli biondi e dal fisico slanciato e fin troppo magro, e nemmeno l’elevato numero di gente che correva avanti e indietro urlando o parlando ad un auricolare, no. Quello che colpì Jude e catturò completamente la sua attenzione, fu la fila di ragazzi in intimo che aspettavano pazienti vicino agli stand che qualcuno gli dicesse cosa indossare.

Jude non era una di quelle ragazze maliziose che rivolgevano sguardi ammalianti ad ogni essere che avesse un apparato respiratorio funzionante e due testicoli, di solito era Lauren quella che si perdeva in commenti poco velati, ma ora era impossibile per lei impedire alle sue ovaie di incendiarsi completamente, chiedendo pietà. Era impossibile restare impassibili di fronte a fisici tanto scolpiti che sembravano di pietra.

Doveva consegnare quella maledetta busta e scappare via di li, prima che qualcuno l’avesse sorpresa a sbavare indecorosamente.

Richiuse la porta alle sue spalle appiattendosi quanto più possibile vicino al muro, doveva trovare qualcuno che aveva l’aspetto di un responsabile, o qualcosa del genere, sicuramente doveva consegnare a lui quella busta.

Si voltò a destra, dove un paio di ragazze sedute su delle sedie di plastica erano intente a fissare la loro immagine all’enorme specchio di fronte a loro, mentre due ragazzi sulla trentina, dietro di loro, erano impegnati ad acconciare i lunghi capelli biondi in morbidi boccoli.

Distolse lo sguardo alla ricerca di quello che cercava, ma fu interrotta da un improvviso rumore alle sue spalle.

Sobbalzò voltandosi alla sua sinistra, dove la porta che lei stessa aveva varcato qualche istante prima, era stata nuovamente aperta, questa volta da un ragazzo. Un ragazzo decisamente bello.

-ANDY! Avevi detto quindici minuti, ne sono passati trenta!- sobbalzò nuovamente nel sentire qualcuno che si avvicinava sbraitando, e si appiattì ancora più vicino al muro, facendo un passo per allontanarsi dalla porta.

Jude studiò il ragazzo che si avvicinava a quello appena arrivato, sperando che lui non la notasse, non che fosse una cosa molto difficile per lei non farsi notare in mezzo a tutte quelle stangone perfette, effettivamente. Il ragazzo aveva la carnagione scura e i lineamenti molto più marcati rispetto all’altro. Le labbra carnose, le folte sopracciglia, quel leggero filo di barba e lo sguardo malizioso gli davano quell’aria da sex simbol a cui ogni uomo aspirava. I capelli scuri erano spettinati e gli occhi scuri nascondevano un velo di preoccupazione.

L’altro, quello a cui stava sbraitando contro, era completamente diverso. La pelle di porcellana era lattea e i lineamenti erano così delicati che rendevano il suo profilo perfetto, gli occhi a mandorla leggermente arrossati sembravano vuoti e poco interessati alle urla dell’amico.

-sei riuscito a tenerli occupati?- chiese, senza particolare interesse o preoccupazione nel tono della voce

Il moro fece per rispondere, ma un uomo con una maglietta slabbrata e un paio di jeans tanto aderenti da bloccargli la circolazione fece la sua comparsa, facendolo zittire. Dalla cartellina che teneva tra le mani Jude pensò che poteva essere l’uomo che cercava, ma non fece in tempo ad aprire la bocca che questo prese ad inveire contro il ragazzo.

-Andrew! Sei di nuovo in ritardo!-

Andrew -così si chiamava il ragazzo appena entrato- restò in silenzio, senza nemmeno provare a giustificare il suo ritardo o scusarsi. Quel silenzio parve stizzire ancora di più l’uomo.

-Vai immediatamente a cambiarti! E se fai anche solo cinque minuti di ritardo domani, sei licenziato!- urlò ancora, per poi girare sui tacchi e tornare sui suoi passi.

Il moro scosse la testa nella direzione di Andrew.

-ti conviene muovere le chiappe d’oro amico- gli suggerì prima di andarsene

Jude rimase immobile, mentre fissava il ragazzo stretto in una felpa verde muschio che si strofinava gli occhi con le dita, con aria stanca.

C’era qualcosa di strano in quel ragazzo, qualcosa che aveva colpito Jude nel momento stesso in cui era entrato. Non aveva quasi parlato, non aveva detto nulla di strano o particolare, eppure c’era qualcosa in lui, nel suo sguardo spento, qualcosa che…

Il ragazzo, evidentemente, si sentì osservato e di colpo alzò lo sguardo verso Jude, che venne scoperta in flagrante. La ragazza fece per distogliere lo sguardo, ma ormai era troppo tardi per far finta di niente.

-che diavolo hai da guardare tu?- sbottò il ragazzo, facendola sussultare

Jude avrebbe volentieri aperto un varco a testate tra le mattonelle e ci sarebbe sprofondata dentro. Scoperta mentre fissava un ragazzo, che cosa imbarazzante.

-niente- balbettò senza riuscire a distogliere lo sguardo, suo malgrado –cercavo qualcuno a cui consegnare questo- rispose flebilmente alzando la busta

-beh? Ti sembro qualcuno che si occupa di queste cose?- sbottò

Jude si accigliò chiedendosi perché quel ragazzo che nemmeno la conosceva aveva avuto quella reazione nei suoi confronti. Non sapeva come funzionava in quell’ambiente, ma dalle sue parti la prima cosa che le avevano insegnato era l’educazione. Cosa che evidentemente era completamente assente in quel ragazzo.

-non c’è bisognò di essere così scortesi- controbatté cercando di mantenere la calma –stavo solo…-

-non mi interessa cosa stavi facendo- la interruppe bruscamente lui –togliti dai piedi ora-

E la sorpassò sfiorando la sua spalla e lasciandola con un enorme punto interrogativo sulla faccia.

Che razza di maleducato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*                  *                  *

 

 

 

 

Ok, non sono del tutto convinta di quello che sto facendo e sono quasi sicura che me ne pentirò. In questo fandom ci sono decine di autrici bravissime e mi viene voglia di correre a nascondermi nel primo angolo più vicino.

Questo primo capitolo è una sorta di prova, se vi piacerà la continuerò, altrimenti eviterò di rendermi ridicola continuando a postarla.

Bene, detto questo sappiate che accetterò qualsiasi tipo di recensione, soprattutto critica! Quindi non trattenetemi dal dirmi cosa ne pensate.

A presto(spero).

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Se c’era una cosa che Jude odiava con tutto il suo essere, erano gli esami di metà semestre.

Quando aveva deciso di studiare letteratura, sapeva che non sarebbe stato semplice e che doveva impegnarsi, ma mai aveva immaginato di poter sentire l’irrefrenabile impulso di prendere il libro di fronte a lei e bruciarlo. O, meglio ancora, lanciarlo sul naso del professor Manson.

Non aveva alcuna voglia di studiare in quel momento e di certo la fitta coltre di nubi che si estendevano fuori dalla finestra creando uno scenario alquanto cupo e triste non la aiutavano.

Jude amava il sole, il caldo e il verde, tutte cose che a New York erano solo un miraggio lontano, a meno che non andasse a central park il quattordici di agosto.

Quel freddo le metteva tristezza e faceva salire la sua pigrizia a livelli esorbitanti, senza contare gli effetti negativi del mal tempo sul suo umore già di per se lunatico che la rendevano alquanto irritabile. Tutto quello che voleva in quel momento era prendere una cioccolata calda, addormentarsi sotto un piumone e svegliarsi in primavera, quando avrebbe potuto mettere il viso fuori la finestra senza congelarsi il naso.

Ovviamente non poteva farlo, aveva la scuola, il lavoro ed un’inesistente vita sociale da portare avanti.

-nevica!- Lauren spalancò la porta della stanza di Jude non curante del fatto che la ragazza stesse disperatamente cercando la voglia studiare da qualche parte.

Jude si voltò verso di lei, con un cipiglio di disappunto e per tutta risposta Lauren saltellò verso la finestra, spalancando la tenda color lavanda.

-nevica!- ripeté allargando le braccia

Jude guardò per un istante fuori dalla finestra fissando i piccoli fiocchi di neve che vorticavano in aria prima di poggiarsi leggeri agli angoli della finestra.

Perfetto.

Poteva mancare la neve a coronare quella giornata stupenda? Odiava l’inverno.

-sto cercando di studiare- si lamentò costringendosi a tornare con la testa sul libro di letteratura aperto sulla piccola scrivania

-oh, ecco cos’è quella strana aura nera che volteggia attorno alla tua persona!- gesticolò freneticamente avvicinandosi a lei

-non hai Elle da importunare?- chiese speranzosa

Lauren fece schioccare la lingua scuotendo la testa –è andata prima in biblioteca-

-e tu non avevi un lavoro?- chiese con la speranza che la ragazza si togliesse dai piedi.

Lauren lavorava al bar sotto casa più o meno da quando la conosceva. Stava al bancone e distribuiva drink ai ragazzi che molte sere si presentavano lì, probabilmente solo per lei. Non era raro che Lauren scegliesse tra uno dei tanti che lasciava scie di bava sul bancone il suo compagno per una notte. Una sola notte era il tempo concesso al fortunato, poi Lauren lo invitava gentilmente a lasciare l’appartamento e la sua vita, preferibilmente in punta di piedi, senza svegliarla.

Lei diceva che quel lavoro la divertiva, che poteva mettere in pratica sulle persone quello che studiava all’università. Amava psicoanalizzare le persone che si sedevano ad uno sgabello e con aria triste le raccontavano i loro problemi, le piaceva scavare a fondo e, con grande terrore da parte di Jude, ci riusciva anche bene.

-comincio tra un’ora- rispose la mora sfiorandosi i capelli con la mano destra

Rassegnata, Jude fece per tornare ai suoi studi, ma si bloccò quasi subito, portando l’orologio legato al polso sotto i suoi occhi.

-maledizione!- urlò scattando in piedi

-che succede?- quasi urlò Lauren di rimando, sobbalzando

-sono in ritardo, tra quindici minuti devo essere a lavoro!- sbottò correndo verso la sala da pranzo alla ricerca del suo cappotto.

-hey, ieri sono tornata tardi e non mi hai più detto com’è andato il tuo primo giorno!- Lauren la raggiunse porgendole il cappotto e la sciarpa

-bene- commentò sbrigativa afferrando entrambi

-qualche consegna interessante?- chiese ancora mentre si lasciava cadere sul sofà

Jude si bloccò giusto un istante col braccio allungato nell’intento di afferrare la tracolla dall’appendi abiti, mentre l’espressione accigliata e nervosa di quel ragazzo si faceva spazio tra i suoi pensieri.

Se Lauren avesse scoperto che uno dei posti dove aveva fatto una consegna era un set fotografico gremito di modelli mezzi nudi, molto probabilmente le si sarebbe attaccata alla gamba costringendola a trascinarla con lei.

-no, nessuna, ora devo andare- spalancò la porta, ma ancora una volta la voce di Lauren la bloccò

-passa al bar stasera, ti ci vuole del puro e sano alcol!-

Jude alzò gli occhi al cielo prima di richiudere la porta dietro di lei.

Parafrasando le parole di Lauren però poteva trovarci un po’ di verità: aveva bisogno di distrarsi. Non era il tipo da strani festeggiamenti a base di alcol e sesso, ma poteva trovare qualcosa di divertente da fare. Un hobby, le serviva un hobby.

Imprecò sotto voce quando un turbine di vento la travolse facendole male il viso. Alzò la sciarpa fino agli occhi e, infilando le mani in tasca, si diresse a passo svelto verso il negozio, sperando di arrivarci prima di morire assiderata.

 

 

Il calore che padroneggiava all’interno di Frankie’s le sembrò il paradiso in quel momento. Sospirò scostandosi la sciarpa dalla bocca e gettando una rapida occhiata all’orologio a muro: per fortuna non era in ritardo.

-eccoti qui!- l’accolse Frankie dal bancone e lei sorrise di rimando

-fa un freddo bestiale fuori- commentò mentre si fregava le mani, cercando di riscaldarle

Frankie annuì alzando poi la testa per controllare un foglio di carta rettangolare che penzolava dalla cappa in ferro di fronte a lui.

-oggi ci sono poche consegne- commentò –se termini prima dell’orario puoi anche andare a casa-

-grazie- sospirò –con questo tempaccio andare in giro non è l’ideale-

-ti avrei lasciato usare il furgoncino delle consegne, ma abbiamo avuto un problema ed è dal meccanico-

Jude alzò le spalle afferrando la busta che Frankie le porgeva. Doveva essere la sua giornata fortunata quella.

Nevicava, era stanca, nervosa ed ipersensibile, poteva andare peggio?

Quando uscì al gelo la sua unica speranza, l’ultima che le era rimasta quella giornata, era di non dover rivedere quel ragazzo antipatico che l’aveva guardata dall’alto in basso il giorno prima, lo sperava con tutto il cuore.

Quel ragazzo era così bello che quasi non riusciva a capacitarsi che a tanta bellezza potesse corrispondere altrettanta maleducazione. Lei non aveva fatto niente, si era appiattita contro il muro cercando di passare inosservata, eppure quel ragazzo aveva avuto da ridire perché lei lo stava osservando. Come se fosse possibile non osservare uno come lui.

Dopo la decima consegna quasi sentiva le stalattiti  penderle dalla punta del naso ghiacciata.

-questa è l’ultima consegna- le sorrise incoraggiante l’uomo –questo cliente non paga in contanti, quindi puoi andare a casa dopo aver consegnato-

 Jude ringraziò afferrando la busta ed uscendo rapidamente, aveva fretta di tornare a casa.

Peccato però che non avesse alcuna voglia di studiare. Magari per una volta avrebbe ascoltato il consiglio di Lauren e sarebbe passata da lei per bere una birra. Dopo tutto era mercoledì, il locale non doveva essere affollato come nel fine settimana.

Alzò le spalle annuendo a se stessa, perché no.

Dopo due minuti di girovagare si rese conto che non aveva nemmeno controllato l’indirizzo sulla busta di carta e, quando lo fece, quello spiraglio di buon umore che stava facendo capolino dall’oscurità del suo stato d’animo, scomparve definitivamente.

Oh, quella era proprio la sua giornata fortunata.

Si diresse verso quel grattacielo, questa volta con passo strisciante, costringendosi a mettere un piede avanti all’altro. Arrivata all’ingresso si fece forza, dopo tutto poteva anche non incontrare quel ragazzo e poi non era più una ragazzina, non poteva lasciarsi intimidire da uno sconosciuto che le faceva la voce dura.

Entrò nell’ascensore con la convinzione che l’amica avrebbe dovuto offrire una camomilla dopo, altro che birra.

Quando arrivò al suo piano, le porte si aprirono svelandole la stessa scrivania, con la stessa segretaria, con la stessa simpatia e disponibilità.

-prego?- le chiese la biondina

Jude alzò la busta all’altezza del viso –devo fare una consegna-

La ragazza la fissò per qualche istante e Jude sperò con tutta se stessa che la invitasse a lasciarla a lei, ma quella ovviamente, era la sua giornata fortunata. L’aveva già detto?

-infondo  a sinistra- bofonchiò prima di tornare ad ignorarla

-grazie- quasi ringhiò Jude

Percorse il corridoio con passo svelto, nervosa, e quando arrivò alla porta si fermò un istante chiudendo gli occhi e prendendo un respiro profondo. Avrebbe aperto quella porta, consegnato quella busta alla prima persona che si sarebbe trovata di fronte e sarebbe scappata via.

Il suo piano era perfetto, peccato che quando aprì la porta si ritrovò di fronte un ragazzo abbronzato con indosso solo uno slip bianco che le causò un’istantanea paralisi.

Il ragazzo si voltò verso di lei e lo riconobbe al volo, era lo stesso che il giorno prima aveva visto parlare con l’altro, l’antipatico.

Il moro la fissò per qualche istante, probabilmente chiedendosi se la ragazza stesse per soffocare o quel grazioso color rosso fuoco era naturale, poi passò lo sguardo sulla busta che portava tra le mani, sorridendo.

-Andy, sono arrivati i nostri caffè!- trillò il ragazzo a qualcuno avvicinandosi a lei

-ciao!- le sorrise prendendole la busta dalle mani –sei nuova?-

Jude annuì in silenzio, cercando di non fissare lo sguardo sulle braccia muscolose del ragazzo, o peggio sui suoi slip bianchi.

-finalmente- sbottò una voce familiare

Vide un ragazzo, quel ragazzo, fare capolino alle spalle del moro, per poi guardarla con aria accigliata.

Jude trattenne il respiro, per un attimo temette che le facesse un’altra inspiegabile sfuriata, ma quello la ignorò prendendo la busta dalle mani dell’amico e poggiandola su una sedia lì accanto.

Anche lui indossava solo un paio di slip e quella visione le fece sentire improvvisamente caldo. Cercò di non fissarsi sul movimento della schiena muscolosa che si inarcava, spostando lo sguardo sull’altro ragazzo.

-io sono Marlon- il moro allungò una mano verso di lei, ignorando l’amico che era quasi immerso con la testa nella busta di cartone alla ricerca del suo caffè.

-Jude- fece un sorriso tirato stringendogli la mano

Il fatto che fosse in solo intimo non pareva disturbare minimante Marlon che sorrideva a Jude, rilassato. La cosa era diversa invece per lei, che stava per andare praticamente a fuoco.

-dovrei consegnare lo scontrino ad un responsabile- sorrise imbarazzata –sapresti dove posso trovarlo?-

-dai a me, glielo consegno io- si offrì il ragazzo

-grazie- sorrise lei, contenta che ci fosse ancora qualcuno di gentile in quella città

Marlon fece per rispondere, ma venne interrotto da uno sbuffo sonoro da parte dell’amico.

-e questo sarebbe un cappuccino al caramello?- borbottò alzando un sopracciglio nella direzione di Jude

La ragazza rimase spiazzata, guardando il bicchiere di cartone che il ragazzo teneva tra le mani.

-prego?- chiese confusa

-questo- ringhiò allungando con un gesto troppo veloce il bicchiere alla ragazza, che saltellò indietro –ti sembra un cappuccino al caramello?- ripeté irritato

Jude abbassò lo sguardo per un attimo, per poi tornare a fissare il ragazzo, incerta.

-cos’ha che non va?-

-non vedo la schiuma- commentò

La bionda alzò un sopracciglio, sconcertata. Che razza di persona era quella ed in quale ambiente era cresciuto per lamentarsi dell’assenza di schiuma su un cappuccino?

-Andy, andiamo, non è così grave- cercò di farlo ragionare il moro

-non è questo. E’ che non sopporto le persone che non sanno fare il loro lavoro- socchiuse gli occhi, praticamente incenerendola con lo sguardo.

Perché diavolo ce l’aveva con lei? Beh, qualunque fosse il motivo, quel ragazzo aveva scelto la giornata sbagliata per stuzzicarla.

-io mi occupo solo delle consegne- rispose ricambiando l’occhiataccia

-e non dovresti anche controllare che il prodotto sia quello giusto?- la sfidò lui

Jude sbuffò, puntandosi le mani ai fianchi –non è forse un cappuccino al caramello quello che volevi?-

-lo volevo con la schiuma-

Marlon alzò gli occhi al cielo mentre Jude lo imitava, esasperata.

-la prossima volta lo specificherò a chi di dovuto- cercò di restare calma

-sarà meglio- commentò acido –incompetente- sibilò prima di voltarsi, per andarsene.

Jude sapeva che doveva lasciarlo andare, doveva fingere di non aver sentito quell’ultima, gratuita, offesa. Doveva ignorarlo, andare via da lì e sperare che quell’ufficio non avrebbe ordinato più niente da Frankie’s.

Doveva mantenere la calma, doveva…

-prego?!- sbottò facendo voltare nuovamente il ragazzo, che la guardò con aria di sufficienza

-volevo solo dire che non mi sembri molto competente in…quello che fai- indicò l’uniforme gialla più che lei

Jude strinse le mani in due pugni –ma come ti permetti?- sbottò

-stai calma- sbuffò –stavo solo facendo le mie considerazioni-

-Andrew- lo interruppe l’amico –forse e meglio che…-

-beh, ti dico una cosa- sbottò Jude interrompendolo –a me non interessano le tue considerazioni, quindi tienitele per te-

Edmund, o come diavolo si chiamava, scrollò le spalle.

-se non sei capace di fare il tuo lavoro qualcuno dovrebbe fartelo notare-

- ti prego- si lamentò Marlon passandosi una mano sul volto

Jude fece un passo verso di lui fissandolo negli occhi.

Non era arrivata a New York per farsi mettere i piedi in testa da un ragazzino viziato, non era andata lì per farsi insultare e non era lì per passare per l’idiota di turno.

-e se non sei capace di pensare prima di parlare, sarebbe meglio non farlo- ringhiò

Quello che accadde dopo fu inconscio, involontario. Allungò il braccio verso il ragazzo, afferrando il bicchiere dalle sue mani. Con un gesto veloce versò il contenuto caldo sul suo petto e rimase qualche istante a fissare il liquido appiccicoso scivolare fino alla pancia prima di rendersi conto di quello che aveva fatto.

Vide Marlon portare una mano alla bocca spalancata, ma non ebbe il coraggio di alzare la testa per scoprire l’espressione del ragazzo.

Lasciò cadere il bicchiere a terra e si voltò pronta a scappare. Era sicura che quel ragazzo avrebbe preso ad urlarle dietro qualsiasi tipo di improperio, ma tutto quello che sentì prima di chiudere la porta fu la voce di Marlon, al metà tra il divertito e lo sconsolato.

-questa te la sei proprio cercata, amico-

 

 

 

-mi licenzieranno- Jude abbandono la fronte sulla superficie liscia e fresca del bancone, cercando un po’ di sollievo, ma aveva fissa in mente l’immagine del ragazzo che la guardava spalancando gli occhi.

Come diavolo le era venuto in mente di fare una cosa del genere? Come aveva anche solo lontanamente pensato di farlo?

Lui era un cliente, simpatico o meno non erano affari suoi, ed il cliente ha sempre ragione. Non era forse questa la prima regola da imparare?

E per quanto il cliente potesse essere rozzo, maleducato, sgarbato, arrogante e presuntuoso, lei non aveva avuto alcun diritto di buttargli un cappuccino bollente addosso e scappare come un’invasata.

-vedrai che non lo faranno-

Era andata da Lauren, alla ricerca di un po’ di conforto, ma sentiva chiaramente che la ragazza stava trattenendo a stento una risata, il che la fece innervosire parecchio.

Alzò di scatto la testa guardandola, mentre si mordeva il labbro inferiore, alzando un sopracciglio.

Alla vista di quella che doveva essere un’espressione minacciosa da parte della biondina, Lauren non riuscì più a trattenersi, scoppiando a ridere.

-scusami!- singhiozzò tra una risata e l’altra –è solo che sto cercando di immaginare te, la regina delle sante, buttare un cappuccino in faccia a qualcuno-

-smettila!- sbottò –mi licenzieranno, non avrò più un lavoro e non potrò più pagare l’affitto!-

Lauren si ricompose per poi alzare gli occhi al cielo.

-a volte mi sembri Elle- sospirò prima di voltarsi un attimo per prendere una bottiglia –non essere così pessimista, magari puoi usare la scusa che ti è scivolato il bicchiere dalle mani che poi è accidentalmente caduto sul povero ragazzo-

-certo e poi invece di scusarmi sono scappata via correndo perché un troll incazzato nero mi inseguiva, giusto?-

Lauren schioccò le dita, come se una lampadina si fosse accesa nella sua testa –giusto!- squittì divertita

Perché mai aveva avuto l’assurda idea di andare da Lauren?

Jude si alzò dallo sgabello, raccogliendo la borsa che aveva poggiato sul bancone -vado a deprimermi con Titanic, ci vediamo dopo-

Lauren storse il naso mentre versava del rum in un bicchiere, per poi far scivolare quest’ultimo sul bancone fino ad arrivare ad un uomo grassoccio ad almeno due metri da loro. Se ci avesse provato Jude, probabilmente il bicchiere si sarebbe schiacciato al suolo prima di fare dieci centimetri.

-non puoi torturarti così- sentenziò infine la mora

Jude sospirò chiudendosi la giacca –credimi, quello di cui ho bisogno ora è Leo sullo schermo per tre ore di fila-

-contenta tu- commentò improvvisamente distratta da qualcosa alle spalle di Jude

La biondina si voltò in tempo per vedere un ragazzo dai capelli castani fare il suo ingresso, era muscoloso e pareva non sentire il freddo nel suo giacchetto leggero di pelle.

Tornò a guardare Lauren che ormai era entrata nella modalità “rimorchiatrice selvaggia” –ci vediamo a casa- alzò gli occhi al cielo prima di uscire di tutta fretta.

Uscita in strada, si rese conto che aveva smesso di nevicare. Quanto era stata lì dentro in compagnia di Lauren? Non lo sapeva, ma aveva avuto bisogno di fuggire dalla realtà, di fermarsi per un istante.

Se l’avessero licenziata, avrebbe dovuto rinunciare all’università. I suoi non navigavano nell’oro, Jude sapeva quanto gli sarebbe costato mantenerla e, sebbene l’avrebbero fatto di spontanea volontà, era cosciente degli enormi problemi economici che avrebbe portato quella spesa a casa sua. Non voleva essere un peso, anzi, voleva laurearsi anche per riuscire a dare una mano ai suoi genitori.

Alzò la testa verso il cielo e notò una stella solitaria proprio sopra la sua testa. La luce era fioca, quasi impercettibile, ma Jude la vide e una volta arrivata sotto casa, prima di entrare, la fissò intensamente e sperò con tutto il suo cuore che non fosse costretta a lasciare la sua vita lì.

 

 

 

 

 

*                           *                          *

 

 

 

 

 

Io continuo ad essere terrorizzata.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e, boh, sono terrorizzata. L’ho già detto? LOL

Fatemi sapere cosa ne pensate anche(soprattutto) se non vi piace!

Grazie a tutte.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***



Appiattita contro una delle colonne del portico dell’università Jude sospirò, alzando il viso verso la spessa coltre di nubi che copriva il cielo.

Era la prima volta che nevicava quell’anno e Jude aveva interpretato il semplice avvenimento meteorologico come un presagio di malaugurio. Quella neve, quel cielo scuro che tanto odiava, la stava sbeffeggiando, ricordandole che quello stesso pomeriggio avrebbe perso il lavoro.

Perché l’avrebbe perso, lo sentiva, e non si sarebbero limitati a licenziarla, ma le avrebbero anche consegnato il premio come imbecille-lancia-cappuccini dell’anno.

-sono pronta, andiamo?- Elle la raggiunse mentre era ancora intenta a riporre i libri nello zaino.

-certo- borbottò cominciando a scendere gli scalini

-va tutto bene?- Elle doveva essersi accorta del suo malumore, visto che di solito Jude era piuttosto loquace

-no, mi licenzieranno- disse secca lei e Elle si accigliò

-cos’è successo?-

Jude sbuffò concentrando il suo sguardo sulle sue scarpe.

-ho buttato un cappuccino addosso ad un cliente- sussurrò imbarazzata

-beh sono cose che capitano, sei nuova e devi ancora ambientarti, vedrai che non sarà così tragica- Elle cercò di consolarla, ma non conosceva ancora gli avvincenti dettagli della vicenda.

-il fatto è che…- come poteva spiegarle di essere una pazza psicopatica? -…ecco…quel cappuccino…non mi è casualmente caduto di mano-

Elle alzò entrambe le sopracciglia, intuitiva –vuoi dire che gliel’hai buttato addosso di proposito?-

Jude si limitò ad annuire mentre per l’ennesima volta, dentro di se, si dava dell’idiota. Si era abbondantemente pentita di quello che aveva fatto, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Ci aveva pensato tutta la notte e la cosa che più l’aveva irritata era il fatto che quel gesto non era affatto da lei. Lei che era sempre così sorridente, disponibile verso il prossimo, che trovava sempre qualcosa di buono in tutti, che credeva che ci fossa ancora qualcosa di buono in tutti, come poteva aver avuto quello scatto di rabbia? Certo, non che quel ragazzo non avesse fatto niente per meritarselo. Jude non aveva mai visto un ragazzo tanto bello quanto viziato e forse, quando gli aveva tirato quel cappuccino addosso, era solo arrabbiata con se stessa per essersi sentita attratta per un istante da quel troglodita senza un minimo di educazione.

-perché l’hai fatto?- Elle sembrava sorpresa, come lo era lei stessa tra l’altro

-quel ragazzo era un vero maleducato- si limitò a borbottare lei, senza addentrarsi nei dettagli

-e credi che abbia avvertito il tuo capo della cosa?-

Jude storse il naso –a giudicare dal tipo, di certo non si terrà la cosa per se- sospirò –gli ho offerto su un piatto d’argento l’occasione di provare che aveva ragione sulla mia professionalità- sussurrò sta volta più a lei che all’amica.

-cosa vuoi dire?- chiese Elle confusa, ma ormai erano arrivate a destinazione

-lascia stare- si fermarono di fronte alla biblioteca –augurami buona fortuna!- urlò Jude mentre attraversava la strada, andando incontro al suo destino.

Nei pochi metri che separavano la biblioteca da Frankie’s Jude immaginò diverse situazioni, che finivano sempre con il suo licenziamento.

Quella mattina aveva controllato il suo cellulare una decina di volte, aspettandosi una chiamata da parte di Frankie che la invitasse a non presentarsi al lavoro quel pomeriggio, ma il suo cellulare era rimasto muto, probabilmente era uno che preferiva sbrigare le cose faccia a faccia e non parlarne a telefono.

Prese un respiro profondo prima di aprire la porta in legno laccata di giallo –che stonava completamente in quell’ambiente- e stringere le mani in due pugni.

-Jù!- l’apostrofò Frankie facendola sobbalzare nonostante avesse usato un tono calmo

Jude passò a rassegna l’intero locale, cercando di trovare qualcosa di diverso, un segno, prima di postare lo sguardo su Frankie che –a differenza del suoi pensieri, dove l’aveva immaginato rosso in viso, con un espressione furibonda- la guardava con un gran sorriso sotto i folti baffi.

-‘giorno Frankie- salutò avvicinandosi sospettosa al bancone

Perché le sorrideva in quel modo? Si stava forse prendendo gioco di lei?

-sei in anticipo oggi- commentò pulendosi le mani sul grembiule una volta bianco –meglio così, ci sono già alcune consegne che aspettano-

Cosa? Consegne? E cosa ne era stato del suo licenziamento?

Jude annuì lentamente, ancora confusa, mentre Frankie le posava la solita busta di cartone tra le braccia.

-va tutto bene?- era la seconda volta che qualcuno glielo chiedeva

-certo- ma il suo tono di voce era incerto e l’uomo piegò la testa di lato, come se così potesse studiarla meglio.

-mi sembri un po’ pallida- constatò in fine

-è il freddo- mentì lei.

Se lui stesso non sollevava la questione, perché avrebbe dovuto farlo lei?

Si avviò per la strada completamente in trance, mentre muoveva i piedi uno dietro l’altro in gesti automatici.

Perché non era stata ancora licenziata?

Non poteva essersi immaginata di aver buttato il cappuccino addosso a quel tipo, assolutamente. Che Frankie non avesse dato peso ad una cosa del genere era improbabile, anche se non l’avesse licenziata, come minimo le avrebbe fatto una ramanzina e non le avrebbe rivolto quell’enorme sorriso al suo arrivo.

Che quel ragazzo arrogante non avesse esposto lamentele? Era improbabile, ma era l’unica spiegazione logica. Perché non l’aveva fatto? Probabilmente non ne aveva avuto il tempo, si era esageratamente lamentato per un caffè senza schiuma, per il suo gesto avrebbe sicuramente fatto una tragedia. In questo caso, per una volta, gli avvenimenti erano a suo favore e doveva sfruttarli al meglio. Doveva andare dal ragazzo e ringraziarlo di non aver detto niente, sperando che questo suo gesto lo spingesse a non denunciare l’accaduto.

 

 

 

 

Non l’aveva mai fatto di giorno e questo lo turbava un po’.

Era solito cedere la sera, quando quella roba gli veniva offerta nelle discoteche o prima di qualche sfilata, di giorno era sempre riuscito a tenere i suoi pensieri ben chiusi in un angolino del suo cervello e a resistere alla tentazione di rendere le cose più semplici, meno dolorose, meno vuote.

Quel pomeriggio era diverso però, non aveva chiuso occhio tutta la notte ed anche quella precedente e quella precedente ancora, sarebbe crollato da un momento all’altro e lui non poteva permetterselo. Non poteva fare mezzo passo falso.

-oh, andiamo, ancora con quella merda- sentì la voce di Marlon alle sue spalle e sobbalzò spaventato, non che qualcuno in quel posto si sarebbe stupito a vederlo fare una cosa del genere, metà della gente che era lì faceva uso di cocaina per tenere i ritmi alti, proprio come lui. Dell’altra metà invece, faceva parte Marlon.

-non rompere- ringhiò aprendo il rubinetto per ripulire il bordo del lavandino

In due passi Marlon gli fu accanto, scostandolo poco delicatamente dal lavabo e costringendolo a posare gli occhi nei suoi.

Andrew si passò con fare stanco una mano sul viso, sospirando.

-senti, sono stanco, ok? Non ce la faccio a…-

-se sei stanco fatti prescrivere delle vitamine dal tuo dottore e smettila di prendermi per il culo-

Strinse i denti, pronto per ribattere ma nessuna parola uscì dalla sua bocca. Cosa poteva dirgli, d’altronde? Quello che faceva era sbagliato e lo sapeva, era un debole non un idiota.

-devi farti aiutare Andy- disse, questa volta in tono più gentile

Andrew si allontanò di qualche passo, dirigendosi verso l’uscita del bagno.

-non ho bisogno d’aiuto- rispose a denti stretti e sentì Marlon sospirare

-ti ucciderai così-

Il ragazzo si voltò nuovamente, di scatto, facendo scoccare la lingua. Marlon non capiva, come suo fratello, i suoi genitori, come tutti gli altri. Loro avevano la loro bella vita, i loro bei sogni, persone pronte ad amarli mentre lui non aveva niente, non gli era rimasto più niente.

–trovami una sola motivazione per cui debba vivere, ed io lo farò-

 

 

 

 

 

 

 

Jude si guardò intorno, ispezionando ogni centimetro quadrato della stanza, ma di quel ragazzo nemmeno l’ombra.

Nella sua mente si era ripetuta più e più volte il discorso che gli avrebbe fatto: si sarebbe scusata, gli avrebbe detto che non le era mai capitata una cosa del genere e l’avrebbe ringraziato di aver tenuto la bocca chiusa. Nel caso più disperato poi, aveva già deciso di buttarsi ai suoi piedi e pregarlo poco dignitosamente di non riferire nulla al suo capo.

Nel suo immaginario però il ragazzo era lì ad attenderla, con le braccia incrociate al petto e quel suo solito sguardo di sfida. Ora cosa avrebbe dovuto fare? Non poteva mica mettersi a girare tra quella gente impazzita per cercarlo.

-ciao- sentì alle sue spalle e sobbalzò stringendo convulsivamente la busta tra le mani

Si voltò di scatto incontrando lo sguardo divertito e gentile  del moro che aveva visto l’ultima volta, Marlon.

-vengo in pace, non buttarmi nulla addosso Bambi- lo vide alzare le mani in segno di resa ed inevitabilmente arrossì per l’imbarazzo.

-Bambi?- chiese storcendo il naso

-oh, scusa- sorrise con finto imbarazzo –quello proprio non sapeva dove stava di casa l’imbarazzo, ne era sicura- come se solo in quel momento si fosse reso conto del nomignolo appena usato –non si può non chiamarti così con quei begli occhioni blu-

Arrossire? Il leggero rossore sulle sue gote era solo un lontano ricordo, prontamente sostituito con l’imbarazzante color paprica diffuso su tutto il suo viso.

-è tutto ok?- le sorrise con una strana espressione, come se fosse stupito che si fosse imbarazzata per così poco

-certo- trillò cercando di spostare i suoi pensieri su qualcosa di meno imbarazzante e finalmente ricordò il motivo per cui era lì, oltre a consegnare il caffè, era chiaro.

–il tuo amico, quello di ieri, è qui?-

Marlon la guardò alzando un sopracciglio, probabilmente chiedendosi perché volesse saperlo –è lì infondo, si sta preparando. Perché me lo chiedi?-

-dovrei parlargli un attimo- rispose sbrigativa lei e con un mezzo sorriso tirato fece per avviarsi verso la parte della stanza indicatole, ma la voce del moro che le intimava di aspettare la fece bloccare, voltandosi nuovamente.

Come la volta precedente, Marlon le sorrise prendendole la busta dalle mani.

-in questo caso, è meglio che questi li prenda io- le fece l’occhiolino e Jude arrossì fino alla punta dei capelli. Ancora una volta.

 

 

Non fu difficile trovare Andrew, o meglio, non fu difficile notarlo. Nonostante ci fossero una decina di modelli nelle vicinanze, gli occhi di Jude erano subito corsi al ragazzo seduto di fronte ad un enorme specchio, con lo sguardo basso, mentre una ragazza dietro di lui era intenta ad aggiustargli i capelli.

Jude si fermò qualche metro dietro di lui e per la seconda volta mentre studiava il viso senza difetti del ragazzo si ritrovò a pensare che c’era qualcosa di unico in lui e non era nella sua bellezza o nel suo fisico che avrebbe fatto invidia ad ogni essere di genere maschile presente sulla terra, era negli occhi che teneva bassi, in quegli occhi che l’avevano guardata con indifferenza il giorno prima e quello prima ancora, era nei suoi occhi tristi, spenti, che non stonavano completamente col resto del viso che pareva essere più di un angelo, che un essere umano. Un ragazzo dotato di una tale bellezza avrebbe dovuto avere sempre gli occhi allegri, vivaci, perché i suoi non lo erano?

Improvvisamente proprio quegli occhi si alzarono incontrando i suoi. attraverso lo specchio. e Jude trattenne il respiro.

-oh…ehm…ciao- balbettò in completo imbarazzo per essere appena stata scoperta a fissarlo

In risposta, vide il sopracciglio del ragazzo curvarsi verso l’alto.

Sospirò e si avvicinò di qualche passo, prendendosi le mani tra di loro, torturandosi le dita.

-sono venuta qui per…- cominciò quando capì che non era intenzionato a rivolgerle la parola, ma si bloccò subito dopo quando vide la ragazza intenta ad aggiustargli i capelli sorridere sotto i baffi. Era già difficile per lei tentare di scusarsi, se poi accanto aveva anche una strana tizia con dei capelli dal colore più che discutibile che da un momento all’altro rischiava di scoppiarle a ridere in faccia, allora l’impresa diventava impossibile.

Andrew seguì il suo sguardo, fino alla ragazza.

-Amber, ti ringrazio, va bene così- il tono gentile che usò stupì Jude

Evidentemente il tono acido e scortese era riservato esclusivamente per lei. Sentì un po’ della rabbia provata il giorno prima, ma la soppresse sul nascere. Era lì per scusarsi, non per tirargli una bomboletta di lacca dietro la testa.

-dicevi?- chiese il ragazzo con quello che doveva essere un tono piatto, ma Jude ci colse qualcos’altro. Curiosità?

Jude osservò la ragazza andarsene senza battere ciglio per poi tornare a guardare Andrew, che si era voltato di poco per riuscire a guardarla direttamente negli occhi.

-sono qui per scusarmi-

-oh, ed io che temevo fossi tornata con una scorta di cappuccini bollenti da rovesciarmi addosso- e quello cos’era, sarcasmo?

Jude fece una smorfia con le labbra, prima di tornare a parlare –sono seria, mi dispiace per quello che è successo ieri, non accadrà mai più, e ti ringrazio di non aver detto nulla-

Andrew annuì distratto abbassando lo sguardo per qualche istante prima di alzarlo di scatto, facendo prendere un battito alla ragazza. Poteva davvero essere così bello?

-da dove vieni?- era così evidente che non fosse di lì?

-da New Bern, nel North Carolina-

Vide il ragazzo mordersi il labbro inferiore, come a voler trattenere una risata. La stava forse prendendo in giro? E poi dal suo accento nemmeno lui pareva essere di New York.

Era già pronta a chiedergli se avesse qualche problema con il North Carolina, quando lui riprese la parola.

- e cosa fai nella vita, Jude?- ricordava il suo nome. Dovette trattenersi per non spalancare gli occhi, per come l’aveva trattata il giorno prima non si sarebbe sorpresa che avesse preso a chiamarla “insetto” o qualcosa di simile, invece non solo ricordava il suo nome, ma l’aveva anche pronunciato in un modo che la fece rabbrividire.

-oltre a rovesciare cappuccini sulle persone, si intende- ancora quella cosa, ma questa volta era certa si trattasse di sarcasmo.

Non che lei non fosse una persona sarcastica, ma non credeva che il ragazzo fosse capace di farne e per di più con tanta non-chalance!

-studio letteratura alla Columbia- sussurrò

-e come ti sei ritrovata a fare consegne?-

-non vengo da una famiglia ricca, se voglio mantenermi a New York devo lavorare- alzò il mento, senza un filo di imbarazzo.

Quand’era una ragazzina ricordava che si sentiva in imbarazzo a dire alle sue amiche che non tutti i giorni poteva uscire con loro nel piccolo centro commerciale perché non poteva spendere tanto, che mentre loro compravano bei vestiti ogni settimana da sfoggiare il venerdì lei doveva racimolare tutti i risparmi per poter mangiare un hamburger con loro, ma crescendo Jude aveva capito e camminava a testa alta raccontando quanti sacrifici dovessero fare i suoi genitori per non farle mai mancare niente.

Vide Andrew annuire, pensieroso.

-so cosa significa lavorare per dover mangiare- la stupì ancora una volta –è per questo che non ho detto niente-

Incredibile, quindi, anche lui era un essere umano? E per di più non era uno di quei figli di papà che gira per Manhattan in limousine gettando dollari lungo il suo cammino?

Jude stava per sorridergli, ma lui prontamente rovinò l’atmosfera e quel briciolo di speranza che Jude nutriva pensando che lui fosse una persona gentile, in fondo.

-ovviamente, il mio silenzio ha un prezzo-

Jude spalancò la bocca, indignata, mentre Andrew prese a sorriderle con aria furba, alzandosi dalla sedia su cui era seduto.

-oh, piccola, non fare quella faccia su! Non voglio niente di così terribile-

Brutto figlio di…

-e cosa vuoi, sentiamo?- sentiva già il nervosismo crescere in lei e ringraziò mentalmente Marlon per averle preso quei dannati cappuccini di mano, altrimenti glieli avrebbe buttati in faccia ad uno ad uno.

Andrew si passò una mano sotto al mento, riflettendo –non lo so ancora, ci devo pensare- decretò in fine

Jude pestò un piede a terra, piena di collera –stammi bene a sentire, brutto troglodita, io non ho intenzione di fare nessuna delle cose che…-

-oh, piccola Jude, non dire così- scosse la testa con fingendo di essere afflitto –non è gentile da parte tua chiamarmi in quel modo- allungò una mano verso il suo mento, che Jude prontamente scacciò con un sonoro schiaffo, ignorando il brivido che le era corso dietro la schiena nell’istante in cui le sue dita avevano accarezzato la sua pelle.

Gentilezza? Proprio lui le stava parlando di gentilezza? Doveva essere finita in manicomio.

-non vuoi mica essere licenziata, no?-le sorrise furbo

-ma questo è un ricatto!- si ritrovò quasi ad urlare, rossa in viso, mentre il ragazzo si allontanava

-e questa è New York, piccola- e le fece l’occhiolino mandandole un bacio, con tanto di schiocco.    

 

 

 

 

 

*                      *                   *

 

 

 

 

Salve a tutte, care!

Scusatemi se vi ho fatto aspettare un po’ per questo capitolo, ma fino ad un paio di giorni fa ero immersa nell’epilogo di una fan fiction che portavo avanti da un po’, poi in questi giorni l’ispirazione è scemata parecchio e sono entrata in uno di quei miei periodi alla “non so scrivere niente, faccio schifo, odio il mondo” e via dicendo. La brutta notizia è che temo sia vero, la bella che per ora mi faccio coraggio e mi illudo che non sia così!

Ma torniamo a noi. Siamo al terzo capitolo ormai e si comincia a capire qualcosa in più del caratterino del nostro Andrew. Cosa ne pensate? E’ davvero così stronzo come sembra o è solo una maschera? A voi la sentenza!

Volevo dirvi inoltre che mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate di questi primi tre capitoli, capisco che la trama non si è ancora sviluppata al punto che possiate dirmi cosa ne pensate, ma mi farebbe piacere qualche commento anche al mio stile di scrittura.

Le critiche sono sempre ben accette, positive, ma soprattutto negative, sono qui per imparare e spero mi aiutiate.

That’s all!

Spero tanto il capitolo vi sia piaciuto, a presto.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Con aria assorta Jude continuava a fissare il cemento sotto i suoi piedi come se fosse la cosa più interessante al mondo. Poco importava in realtà quello che ci fosse attorno a lei, quel giorno la sua testa era da tutt’altra parte, tenuta in ostaggio da uno stupido, cafone, affascinante, perfetto ragazzo dal sorriso strafottente e gli occhi a mandorla.

Era spaventata dalle parole di quel ragazzo, e non poco. Aveva paura di perdere il lavoro e soprattutto aveva paura di cosa le avrebbe chiesto di fare per “mantenere il segreto”. Per quanto poteva saperne lei, poteva essere un pazzo psicopatico con tendenze al sadico e il fatto che volesse in qualche modo ricattarla non la rassicurava neanche un po’.

D’altro canto però, c’era una parte di lei che era tremendamente attratta da lui. Quei suoi modi strafottenti e distaccati la incuriosivano ed erano in totale contrasto con quegli occhi spenti, privi della vitalità che si sarebbe aspettata da uno con quel caratterino. Quegli occhi nascondevano qualcosa e Jude, abituata com’era a farsi i suoi viaggi mentali, non poteva smettere di chiedersi ossessivamente cosa.

Era talmente immersa nei suoi pensieri che non vide nemmeno Elle avvicinarsi, finché questa non le sventolo una mano avanti agli occhi.

Per qualche istante Jude si perse a fissare in silenzio l’amica che si era curvata verso di lei e la guardava con un sopracciglio alzato.

-si può sapere che hai?- borbottò

-che ho?- chiese retorica Jude, ancora tra le nuvole

Elle sospirò mettendosi in posizione eretta –non so, mi sembri più ritardata del solito oggi-

-sei sempre gentile Eleanor- alzò gli occhi al cielo chiamandola col suo nome intero e quando li riabbassò trovò John che le sorrideva con un sacchetto tra le mani

-ciao Jude- la salutò il ragazzo e lei sorrise in risposta seguendolo con lo sguardo mentre si sedeva accanto ad Elle, che intanto aveva preso posto sulla panchina alla sinistra di Jude.

John era l’ormai storico ragazzo di Elle, si erano conosciuti alla Columbia due anni prima, dove frequentavano lo stesso corso di matematica ed era stato subito colpo di fulmine, da parte di John almeno, che aveva impiegato qualche mese per riuscire a conquistare la fiducia e l’affetto di Elle. Ad ogni modo, nonostante il carattere scostante di Elle i due erano l’emblema della coppia perfetta, secondo Jude. Ad un primo sguardo non sembravano nemmeno una coppia di innamorati, Jude stessa in due anni non li aveva mai visti scambiarsi effusioni, ad eccezione di qualche carezza che ogni tanto sfuggiva, ma bastava osservarli per cinque secondi per notare il mondo in cui John osservava silenziosamente Elle con aria ammirevole o come a volte Elle gli sistemava il colletto della camicia lasciandogli, in un gesto che poteva sembrare del tutto casuale, una leggera carezza sul collo. Non si poteva dire che a causa dei continui cambi di umore della ragazza i due non litigassero spesso, ma il tutto si risolveva sempre in poche ore e con una serata in cui Jude e Lauren erano gentilmente invitate a lasciare la casa libera all’inquilina, per permetterle una degna riappacificazione.

Secondo Lauren, John aveva qualche tendenza masochista e soffriva di una sconcertante e grave schizofrenia per stare con Elle. Secondo Jude, invece, i due erano semplicemente innamorati.

-pausa pranzo anche per te?- le domandò il ragazzo estraendo dalla busta un hot dog grande come il suo viso –ne vuoi un po’?- chiese gentile allungandoglielo

A quella vista Jude non riuscì a trattenersi dallo storcere il naso, disgustata.

Elle assestò una gomitata leggera tra le costole del ragazzo, che sussultò appena –son quasi due anni che la conosci e ancora non ricordi che lei non mangia carne qui-

-oh già, dimentico sempre le sue stranezze- scosse la testa con aria affranta

Jude alzò un sopracciglio senza però rispondere. Con la ragazza che si ritrovava, proprio non le sembrava il caso che John prendesse in giro le sue di stranezze.

Però era vero, da quando era a New York non mangiava carne. Non perché fosse vegetariana, anzi, da buona ragazza del sud era stata cresciuta con bacon a colazione, costolette di agnello e hamburger a pranzo e grigliate la sera, ma quando era a casa sapeva cosa stava mangiando e da quale animale provenisse quella carne. Lì le cose erano diverse, a New York sarebbero stati capaci di usare i topi delle fogne per fare hot dog come quello che stava mangiando John e Jude proprio non ci teneva ad assaggiare carne di ratto.

-quanta bella gente!- l’urlo di Lauren distolse la sua attenzione dal calcolo mentale delle probabilità che in quell’hot dog ci fosse carne di ratto e si voltò a fissare la ragazza che con un sorriso si dirigeva verso di loro

-non dovevi andare a quel seminario sulla seconda guerra mondiale?- il sorriso di Lauren diventò una smorfia di fronte all’affermazione di Elle, che la guardava canzonatrice.

-non ne avevo voglia- sminuì il tutto con un gesto della mano prendendo posto accanto a Jude, ben lontana dalla rossa che stava prendendo una mela verde dalla sua tracolla –e poi tra mezz’ora ho la lezione di disegno, non voglio perdermela-

-oh, certo, sarebbe un’atrocità privare il mondo dei tuoi scarabocchi su tela-

Jude cercò di trattenere una risata, scambiando uno sguardo complice con John. Quelle due erano nate per punzecchiarsi.

-sei un’idiota! Sono migliorata tantissimo ultimamente- sbottò irritata Lauren

-cosa farete oggi?- chiese Jude, per nulla interessata, ma intenzionata come sempre ad evitare che una stupida discussione tra le due sfociasse in un vero e proprio litigio

Lauren parve apprezzare l’interesse di Jude e si illuminò, sorridendo contenta.

- dipingeremo la natura morta!-

-morta? Si sarà suicidata dopo aver saputo di dover posare per te- fu la triste battuta di Elle

Jude alzò gli occhi al cielo per poi posarli sulla mora, che intanto stava diventando paonazza.

-ok, io vado a lavoro!- scattò come una molla, cercando di distogliere i pensieri di Lauren dai mille modi in cui uccidere Elle

-non avevi letteratura dopo?- ci riuscì, fortunatamente

-in verità la professoressa Green ci ha dato buca per le prossime due ore- spiegò ai tre

-ho sentito dire da Matt, che segue il tuo stesso corso con la Green- cominciò John abbassando la voce, avvicinandosi con fare cospiratorio –che la professoressa abbia notizie importanti da darvi, probabilmente lo farà domani-

-notizie di che genere?- chiese Jude curiosa alzando entrambe le sopracciglia

-non lo so- il ragazzo scosse la testa –ma oggi non è qui perché doveva sistemare le ultime cose-

La professoressa Green insegnava letteratura alla Columbia, i suoi corsi erano sempre affollati tanto che gli alunni erano costretti a recarsi alle lezioni almeno un’ora prima per non rischiare di rimanere in piedi o seduti sulle scale, manco fosse un concerto degli AC/DC. D'altronde bastava seguire una sola lezione di quella donna per capire il perché di quella calca di giovani. Ogni volta che spiegava un argomento nuovo Jude pendeva dalle sue labbra, la passione, la precisione e la semplicità con cui riusciva a spiegare argomenti che a primo acchito potevano sembrare complicati era stupefacente. Inoltre aveva pubblicato qualche romanzo e Jude li aveva letti tutti, trovandoli squisitamente emozionanti.

Non vedeva l’ora di sapere cosa aveva da dire alla classe.

-beh, lo scopriremo domani allora- sorrise –ora devo andare-

-ma è presto per andare a lavoro- Lauren la guardò dubbiosa

 –ho già chiamato Frankie chiedendo se potevo andare un po’ prima, un po’ di straordinario non fa male- concluse alzando le spalle.

-rivedrai il modello psicopatico?- chiese Elle prima di addentare la sua mela

-non lo so- rispose sorridendo

Quando Jude le aveva raccontato l’accaduto, Elle l’aveva guardata sconcertata dicendole di star ben lontano da quel tipo, che da allora aveva preso a chiamare col tenero nomignolo di “psicopatico”.

- fagli vedere chi sei Jude!- Lauren agitò un pugno in aria, con fare teatrale

Jude sospirò sistemandosi la sciarpa attorno al collo –fareste meglio a rientrare, si congela qui fuori!- si avviò verso la strada

-in bocca al lupo- ridacchiò John strizzandole l’occhio

-già- si sforzò di sorridere -è proprio lì che sto andando-

 

 

 

 

 

 

La busta era arrivata, puntuale come ogni giorno, questa volta però Jude si dirigeva verso la meta con uno strano formicolio allo stomaco ed un sorriso stampato sulle labbra.

Un momento. Perché diavolo stava sorridendo? Era forse impazzita?

Si fermò al centro del marciapiede accigliandosi, mentre alcune persone la spintonavano per passare senza minimamente curarsi di lei. Stava andando diritta tra le braccia –non letteralmente- del suo sicario e lo faceva con un sorriso sulle labbra. Si, stava impazzendo, non c’era altra spiegazione.

Con un sospiro riprese la sua strada e nonostante fosse riuscita a togliersi quel ridicolo sorriso dalla faccia, il formicolio allo stomaco persisteva facendole avvertire una strana impazienza. Di certo non era impaziente di sapere come l’avrebbe ricattata il ragazzo, non era così masochista. Allora che accidenti le stava prendendo?

Piantala di psicoanalizzarti e cerca di uscire indenne da questa maledetta consegna.

Jude decise di seguire il consiglio della saggia vocina che volteggiava nella sua testa e si limitò a mettere un piedi avanti all’altro, smettendo di farsi inutili viaggi mentali sui suoi comportamenti da psicopatica.

Quando arrivò fuori al fatidico grattacielo sospirò prima di entrare e, come ormai era routine, prenotare l’ascensore che l’avrebbe portata al piano giusto. Prese a fissare i numeri in alto che si illuminavano uno dopo l’altro, mentre con un piede batteva a terra a ritmo del battito accelerato del suo cuore ed ignorando volutamente quella sensazione di claustrofobia del tutto insolita. Quando finalmente le porte si aprirono avanti a lei fu costretta a prendere l’ennesimo respiro profondo per evitare di collassare.

Uscì dall’ascensore senza nemmeno degnare di uno sguardo la ragazza seduta dietro la scrivania, dirigendosi a passo spedito verso quella porta che stava per farle venire un attacco di panico, o meglio chi che c’era dietro la porta.

Evidentemente però, quella bionda svampita doveva essere stata assunta col preciso scopo di rovinarle la giornata.

-Signorina!- la richiamò con aria indignata –dove va?-

Jude alzò gli occhi al cielo, prima di voltarsi ed alzare, per l’ennesima volta, la busta all’altezza del viso.

-devo consegnare questi- commentò con tono piatto, impaziente

-può consegnarli a me- la bionda si alzò facendo gelare Jude sul posto.

Poteva…che?

-ma ho sempre consegnato di persona…- controbatté flebilmente, confusa

-da oggi prenderò io le consegne, non si preoccupi-

Jude si avvicinò lentamente alla scrivania mentre mille pensieri le affollavano la mente. Perché quel cambiamento? La spiegazione logica ed avventata che le venne in mente fu che Andrew avesse spifferato tutto e che quindi qualcuno avesse dato preciso ordine alla bionda di non far avvicinare Jude. Ma perché l’avrebbe fatto? Il giorno prima non sembrava intenzionato a dire nulla, anzi, sembrava aver preso la cosa con sorprendente sarcasmo. Perché avrebbe dovuto cambiare idea in una notte?

Posò la busta sul bancone alzando lentamente lo sguardo verso la ragazza, forse avrebbe potuto chiedere spiegazioni. Ma quando la vide guardarla con aria incerta e di superiorità non ebbe il coraggio di proferire parola.

-può andare- infierì la bionda, con tono gelido ed impaziente

Jude balbettò qualcosa e si avviò verso l’ascensore, rifugiandosi dentro.

Era delusa e spaventata e non poté che darsi dell’idiota quando capì che la sua delusione non era dovuta al fatto che il ragazzo con ogni probabilità avesse deciso di dire tutto, ma era terrorizzata dalla certezza che ora non l’avrebbe rivisto mai più.

 

 

 

I giorni intanto passavano e Jude era sempre più intrattabile. Ogni volta che entrava in quel grattacielo e consegnava la busta tra le mani laccate di fuxia della bionda si rabbuiava, lanciando occhiate furtive e speranzose a quella porta, che però restava sempre chiusa.

Ed ora, mentre camminava in quella strada che mai aveva visto prima e che aveva un aria tetra e sinistra, una nuova consapevolezza si faceva largo dentro di lei: si era persa.

Sbuffò alzando il viso verso il cielo ormai scuro, solo quella ci mancava. Controllò di nuovo l’indirizzo segnato sulla busta ed ebbe la conferma che il nome della strada coincideva con quella in cui si trovava in quel momento, ma non c’era nessuna traccia del numero civico scarabocchiato in modo veloce. Aveva anche provato a chiamare il numero che era stato lasciato per casi di emergenza come quello, ma dopo la seconda volta che aveva aspettato inutilmente che qualcuno le rispondesse Jude ci aveva rinunciato.

Cosa doveva fare in questi casi? Frankie non le aveva detto niente a riguardo, ma le alternative erano: girovagare inutilmente per quella strada poco rassicurante o tornare indietro, probabilmente beccandosi una ramanzina da Frankie.

Restò ferma per qualche istante a pensare, ma quando vide un gruppo di ragazzi uscire da un market dal fondo della strada -che emanava un odore nauseabondo- con in mano varie bottiglie di vetro che di certo non contenevano acqua, decise che con ogni certezza era meglio sorbirsi una ramanzina da Frankie piuttosto che restare in quella strada, da sola, un minuto in più.

Si voltò di scatto dando le spalle al gruppo ed aumentò il passo cercando di tornare sulla strada principale ed uscire da quella priva di luce, era stata fin troppo coraggiosa fino a quel momento. Fece solo qualche metro però, perché una sagoma scura sbucò dall’oscurità puntandosi avanti a lei, facendola inchiodare sul posto. Jude alzò lo sguardo e trattenne rumorosamente il respirò quando vide un uomo che aveva tutta l’aria di essere un senza tetto con gli occhi rossi iniettati di sangue.

-hei, biondina, ti serve qualcosa?- biascicò barcollando e Jude rabbrividì intuendo che probabilmente l’uomo aveva fatto uso di stupefacenti o alcol

-no- abbassò lo sguardo e scattò verso destra, cercando di superarlo, ma nonostante i suoi riflessi non fossero del tutto pronti, l’uomo riuscì ad afferrarla per un braccio

-qui vendiamo di tutto bellezza, cosa ti serve? Hashish, coca, ecstasy?-

Jude spalancò gli occhi e strattonò il braccio cercando di fuggire alla presa salda dell’uomo. Dove diavolo si era cacciata, nel covo degli spacciatori?

-non mi serve nulla, mi lasci andare la prego- sentì il cuore cominciare a batterle a mille mentre la paura cominciava ad annebbiarle la mente

-e allora che ci fai qui?- sbottò l’uomo stizzito strattonandola per il braccio, attirandola più vicina a se

-mi sono persa- gemette Jude cercando nuovamente di divincolarsi senza successo

-vuoi che ti accompagni a casa?- il sorriso che le rivolse la fece gelare sul posto, quel tipo non l’avrebbe mollata tanto facilmente.

Gettò un’occhiata dietro le sue spalle sperando di intravedere di nuovo quei ragazzi di poco prima, magari avrebbero potuto aiutarla. Ma non c’era più traccia di anima viva.
Se si fosse messa ad urlare? Quante probabilità c’erano che qualcuno la venisse ad aiutare in quel posto?  

Jude sentì le lacrime pizzicarle gli occhi mentre l’uomo di fronte a lei la fissava con aria famelica. Mille scenari diversi le si pararono di fronte e tutti erano alquanto violenti e si concludevano non bene per lei. D’altronde le intenzioni di quell’uomo non erano di certo galanti e lei non avrebbe fatto una bella fine.

-Tesoro, scusa il ritardo, sono arrivato-

Jude irrigidì automaticamente le spalle sentendo quella voce dietro di lei. Stava forse sognando?

L’uomo allentò la presa sul suo braccio e Jude ne approfittò fulminea per balzare indietro voltandosi a metà tra l’uomo, che ora aveva assunto uno sguardo meno determinato, e il ragazzo che aveva parlato poco prima, liberandola da quella scomoda situazione.

Vedendola impalata e con l’espressione sconcertata, Andrew decise di afferrarle poco delicatamente un polso e trascinarla accanto a lui. Jude sentì una scarica elettrica attraversarle tutto il braccio fino alla spina dorsale mentre uno strano calore cominciava a diffondersi nel punto esatto in cui il ragazzo continuava a stingerla. Era la prima volta che lui la sfiorava e Jude non riusciva a pensare che a quello, nonostante la situazione in cui si trovassero entrambi era del tutto assurda e pericolosa.

La stretta del ragazzo si era fatta più delicata ora, dandole la possibilità di sciogliere la presa qualora volesse, ma Jude rimase immobile, si sentiva più al sicuro con quella presa salda ma gentile. Almeno questa fu la scusa che inventò per non interrompere il contatto fisico col ragazzo. Fissò gli occhi sul suo volto accigliato e teso,così diverso dall’ultima volta che l’aveva visto, ma non per questo meno perfetto.

-c’è qualche problema qui?- la domanda di Andrew la riportò alla realtà, facendole ricordare che solo qualche istante prima l’uomo di fronte a lei la stava tenendo forte per un braccio per chissà quale losche intenzioni.

-stavo solo indicando alla signorina la via di casa- borbottò l’uomo, non più sorridente come prima

-molto gentile da parte sua- commentò con tono irritato e sarcastico –ci penso io a lei ora-

E senza darle il tempo di dire niente la trascinò dietro di se, mentre la presa si era fatta di nuovo salda.

Jude si fece trascinare come un trolley mentre improvvisamente la consapevolezza di quello che era appena successo le crollava sulle spalle. Aveva rischiato davvero grosso, quell’uomo di certo non l’avrebbe lasciata andare se non fosse intervenuto qualcuno. Conoscendosi sarebbe dovuta essere già svenuta da un pezzo, invece le gambe non le tremavano nemmeno. Alzò lo sguardo trovando le spalle di Andrew avanti a se e con enorme stupore si rese conto che era merito suo, lui e la sua presa salda sul suo polso l’avevano fatta sentire istantaneamente al sicuro, protetta.

Sorrise ed arrossì quando si rese conto che in quel momento doveva essere spaventata a morte e non col cuore a mille, felice di aver rivisto il ragazzo. Tutto quello che riusciva a pensare in quel momento però era “Oddio, mi sta stringendo la mano”.

Una psicopatica, ecco cos’era.

Andrew si fermò di colpo una volta arrivati alla strada principale, piena di luci e persone e Jude ritrovò il respiro, riempiendo i polmoni.

-tutto ok?- lasciò la presa e Jude si sforzò di trattenere il broncio, come una bambina capricciosa, per l’improvvisa mancanza di quel contatto

-si- sussurrò incontrando il suo sguardo teso –grazie, io non…-

-che ci facevi lì?- la interruppe con tono brusco, sembrava irritato

-dovevo fare una consegna- bisbigliò piano intimorita dal tono e dallo sguardo che le stava rivolgendo

-lì?- chiese, questa volta lo sguardo era dubbioso

Jude annuì e gli mostrò la busta, lasciando che lui stesso controllasse il nome della strada.

-quel numero civico non esiste- commentò fissando la busta ed un campanellino d’allarme suonò nella testa di Jude

Cosa ci faceva Andrew lì? Il posto dove lavorava era lontano, quindi era improbabile che fosse lì di passaggio. Forse viveva nelle vicinanze. Le aveva fatto intuire l’ultima volta che avevano parlato che lui sapeva cosa significava dover lavorare per mantenersi, quindi forse aveva dovuto scegliere un piccolo appartamento nel quartiere più malnutrito di New York, per riuscire ad arrivare a fine mese. Ma un modello guadagnava davvero così poco da essere costretto a vivere in un posto del genere?

 -abbiti da queste parti?- chiese con naturalezza, ma il ragazzo distolse subito lo sguardo da lei, voltandolo dal lato opposto

-no- e il tono con cui lo disse le fece capire che non aveva alcuna intenzione di tornare su quel discorso

-sei capace di tornare indietro o rischi di ritrovarti di nuovo tra le braccia di qualche maniaco?-

Perché stava usando quel tono così duro e burbero? Qualche giorno prima l’aveva presa in giro e stuzzicata, ed ora la sua presenza sembrava chiaramente infastidirlo. Allora era vero, era stato lui a chiedere di non farla entrare.

-posso farcela- rispose indispettita, ma lui non le badò minimamente

-stai attenta- freddo, distaccato. Chiaramente era un ammonimento di circostanza dettato dalla situazione e non dalla sua eventuale preoccupazione.

Sparì così velocemente che Jude non ebbe nemmeno tempo di aprire la bocca per rispondere, ma probabilmente nemmeno l’avrebbe fatto.

Si guardò velocemente in giro riconoscendo la strada, fortunatamente, e prese a camminare verso Frankie’s con la testa tra le nuvole.

Altro che stare attenta, se qualcuno le si fosse avvicinato in quel momento probabilmente lei gli avrebbe consegnato tranquillamente il portafogli. Perchè Andrew era lì? Che motivo aveva di andare in quel postaccio se nemmeno ci viveva? Forse aveva qualche parente, o un’amante. Quest’ultima ipotesi la infastidì più del lecito e si morse l’interno di una guancia dandosi della stupida.

E perché si era comportato con tale freddezza dopo averla soccorsa? Il suo comportamento non aveva senso e lei decisamente non sapeva stare dietro i suoi sbalzi d’umore. Ormai era chiaro dal suo comportamento infastidito che era stato lui stesso a chiedere di non farla più entrare, ma allora perché aveva scherzato così con lei qualche giorno prima? Perché sembrava speranzoso di vederla per poterla ricattare? Forse si era immaginata tutto, forse era pazza.

Sospirò, rendendosi conto che era inutile preoccuparsi eccessivamente, perché con ogni probabilità non l’avrebbe rivisto mai più.

 

 

 

 

 

*                *                 *

 

 

 

Bene, comincio col dire che non ho il coraggio di controllare la data del capitolo precedente perchè credo che vedendo quanto vi ho fatto aspettare non riuscirei a reprimere l’istinto di prendermi a schiaffi da sola.

Vi chiedo umilmente perdono, il fatto è che proprio non voleva uscire questo capitolo, ed anche ora dopo averlo riletto non mi sembra che ne sia uscito fuori un granché. Mi dispiace davvero tanto di avervi fatto aspettare per questo. Cercherò di rifarmi col prossimo capitolo!

Detto questo, che ve ne pare? Ci siete rimaste male anche voi quando non hanno lasciato entrare Jude nella stanza per andare incontro al caro Andrew, eh? Ed Andrew versione superman con i suoi inquietanti sbalzi d’umore? Perchè si trovava in quella strada secondo voi? A VOI I COMMENTI!

AH! A proposito di commenti, allo scorso capitolo ho ricevuto 9 recensioni ed io non so quanto ghvolkjfhdkjkgbkjg *-* Non me lo sarei mai aspettata, giuro! Ero saltellante come un grillo psicopatico!

Grazie mille a tutte!

Al prossimo capitolo :)

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



La classe era fremente quella mattina, segno che qualcosa di importante bolliva in pentola, ed ora tutti aspettavano che la professoressa Green facesse il suo ingresso per alzare il coperchio e lasciarvi sbirciare all’interno.

Jude, come sempre, sedeva ad una delle prime file affiancata da due ragazze di cui non conosceva nemmeno il nome, che bisbigliavano come forsennate tra di loro, come il resto della classe d'altronde. I vari “cosa avrà da dirci?” “sarà sicuramente qualcosa di importante”non resisto più!” si confondevano tra di loro formando un unico fastidioso ronzio. A differenza degli altri che sembravano non poter smettere di parlare per l’agitazione, Jude batteva ritmicamente un piede a terra, mentre il tappo della sua biro era praticamente distrutto a suon di morsi.

Di colpo il ronzio si fermò, la sua gamba isterica cessò di muoversi e la professoressa fece il suo ingresso, poggiando dei libri sulla cattedra, niente di nuovo.

-oddio- fu il commento in tono grave della ragazza alla sua sinistra

Jude aveva gli occhi incollati alla professoressa che, dopo essersi liberata delle sue cose, fece il giro della cattedra sedendosi alla sua estremità.

-buongiorno ragazzi- salutò gentile come sempre, con un sorriso che le incurvava appena le labbra

-spero che non abbiate sentito troppo la mia mancanza in questi giorni- probabilmente in una situazione normale il simpaticone di turno avrebbe fatto qualche commento alla “nemmeno per sogno” e ci sarebbe stata qualche risatina, ma erano tutti troppo tesi per fare del sarcasmo ed anche la professoressa parve accorgersene.

-so che in questi giorni sono girate parecchie voci su un progetto a cui sto lavorando e che vi coinvolgerà direttamente, quindi prima di cominciare la lezione voglio dirvi tutto, senza farvi stare sulle spine-

La ragazza alla sua sinistra trattenne il fiato con un rantolo e Jude ebbe la voglia di girarsi e tirarle un ceffone. La stava facendo innervosire più di quanto già non fosse.

La professoressa si sistemo gli occhiali che le erano scivolati sul naso, prima di cominciare -la casa editrice per cui lavoro è una delle poche molto interessate ai lavori di giovani emergenti, così sotto mia proposta hanno accettato di pubblicare un racconto scritto da uno di voi- questa volta fu Jude a trattenere il fiato rumorosamente

-avrei potuto includere in questo progetto solo migliori della classe, ma essendo una cosa del tutto nuova non ho voluto escludere nessuno, potete partecipare tutti ed ecco come funzionerà: non c’è alcun limite per quanto riguarda la trama, il genere, lo stile, avete carta bianca, il racconto però dovrà essere di un minimo di trecento pagine. Dovrete consegnare i racconti a me, io ne sceglierò dieci, numero variabile, che porterò alla casa editrice e questa a sua volta sceglierà la storia che successivamente pubblicherà-

I ronzii ricominciarono più forti di prima e Jude non sapeva se urlare o voltarsi ed abbracciare la ragazza che un minuto prima voleva picchiare, dalla gioia.

La professoressa batté un paio di volte la mano sulla cattedra richiamando la classe all’ordine.

-se avete qualche domanda, alzate pure la mano-

Una mano si alzò dalle prime file e con un gesto fluido del braccio la professoressa invitò la ragazza a parlare.

-quanto tempo abbiamo per consegnare il lavoro?-

-dovrete consegnarmi i racconti a fine semestre, prima degli esami finali- mancavano solo cinque mesi, quindi.

I borbottii ripresero, non era facile scrivere una storia in così poco tempo, per un progetto così importante.

-lo so che il tempo non è molto, ma è il massimo che sono riuscita a farmi concedere dalla casa editrice, è una grande opportunità per voi, sfruttatela al meglio-

Altro che grande opportunità, quello era un vero e proprio trampolino di lancio. La metà dei ragazzi lì dentro studiava letteratura proprio per diventare scrittore una volta laureato e l’altra metà per intraprendere la strada della critica. Poi, ovviamente, c’era lei nel mezzo, indecisa come sempre.

Jude amava scrivere ma era convinta di non saperlo fare. Aveva scritto qualche racconto quando ancora frequentava il liceo, ma non era stato affatto soddisfacente. Non che avesse mai fatto leggere i suoi racconti a qualcuno, sarebbe stato troppo imbarazzante per lei, ma rileggendoli li aveva cestinati ad uno ad uno.

L’autostima a volte era un grande problema di Jude, ma non poteva di certo rinunciare a quell’occasione. Doveva farcela, o almeno provarci. Sarebbe stata la prima volta che qualcuno avrebbe letto qualcosa scritto da lei e la cosa la innervosiva parecchio, soprattutto se a leggerlo sarebbe stata la professoressa Green per la quale nutriva una profonda stima e ammirazione, ma proprio come la donna aveva detto poco prima, doveva sfruttare quell’opportunità al meglio.

Si dice che il treno passa una sola volta nella vita e Jude ce l’avrebbe messa tutta per saltarci su.

 

 

 

 

-L’unica cosa che non capisco è: perchè non stai saltellando per la gioia?-

Jude distolse lo sguardo da Lauren, di fronte a se, per portarlo alle sue scarpe.

-perché tanto non mi sceglieranno mai- e tanti saluti ai buoni propositi di non lasciarsi scoraggiare

Era bastato uscire dall’aula di letteratura e guardare lo sconcertante numero di studenti presenti perché Jude pensasse che tra tutte quelle persone era improbabile che venisse scelta proprio lei.

-piantala di auto-sfigarti!- nuova parola appena inventata da Lauren –mai sentito la frase “sorridi al mondo e il mondo ti sorriderà”?-

Jude fece una smorfia storcendo il naso. Lei era di natura ottimista e solare, ed era una persona determinata e testarda. Ma anche le persone più determinate hanno paura di fallire.

-Sai quanta gente c’è nel mio corso di lettere? Perché dovrebbero scegliere proprio me?-

-perché tu scriverai il racconto migliore, semplice- sbottò con ovvietà

-se solo sapessi scrivere- sospirò Jude scuotendo lentamente la testa

-oh, andiamo- Lauren l’afferrò per le spalle scuotendola leggermente –dov’è finita da determinata ragazza del sud che è riuscita ad arrivare a New York per farsi strada? Sei forte, ce la farai!-

Jude alzò un sopracciglio, per niente convinta –ne sei sicura?-

Lauren sbuffò alzando gli occhi al cielo -ok, so esattamente cosa ti serve- le afferrò un braccio con aria determinata -Hai qualche lezione nell’ora successiva?-

-no-

Se solo avesse saputo a cosa avrebbe portato quel “no”, Jude probabilmente si sarebbe inventata una serie di impegni improrogabili.

 

 

 

 

 

 

 

L’arte aveva sempre affascinato Jude, come la letteratura.

L’arte è l’unico segno del passaggio dell’uomo sulla terra”, forse era per questo che ne era affascinata. Nonostante la studiasse da anni però, la sua preparazione teorica, grazie ai mille libri che aveva letto, non era paragonabile a quella pratica che si avvicinava praticamente allo zero.

Sotto il punto di vista artistico, tutto quello che Jude sapeva disegnare era una casa dal tetto rosso contornata da un bel prato verde, tipico dei bambini di tre anni. Per questo non riusciva a capire come si era lasciata convincere a seguire quella lezione di disegno con Lauren, che invece sembrava assai a suo agio mentre smanettava coi mille pennelli di fronte a se.

Solo una volta- le aveva promesso l’amica –ti assicuro che ti piacerà!

Le sarebbe piaciuto, se solo fosse stata in grado di riconoscere la differenza tra i dieci pennelli che la ragazza le stava porgendo in quel momento.

-dovrei usarli tutti?- chiese dubbiosa

Lauren scosse la testa –no, questi ti serviranno dopo, ora dovrai usare il carboncino- fece cenno al pezzo di carbone poggiato alla base del cavalletto di legno

Jude sospirò, afferrando i pennelli.

-spiegami ancora cosa ci faccio qui-

Lauren prese un respiro profondo, prima di voltarsi verso di lei e spiegare con calma –il disegno aiuta a rilassarti, una specie di yoga, e sono sicura che disegnando ti verrà qualche illuminazione su questo racconto che devi scrivere- parlava con lentezza, come se Jude fosse una bambina un po’ tarda –ora rilassati e smettila di rompere- bentornata Lauren

-cosa dovremmo disegnare, precisamente?- si arrese Jude con uno sbuffo

La mora prese l’elastico che teneva al polso legando i lunghi capelli in una coda disordinata.

-il soggetto cambia ogni giorno, sta alla professoressa Ridle sceglierlo-

-e qual è il soggetto oggi?-

-il corpo umano- rispose con nonchalance Lauren, sistemando i fogli avanti a lei

-intendi dire che porteranno un manichino in classe per farcelo dipingere o useranno una sorta di barbie?- chiese curiosa

Lauren si voltò verso di lei –intendo dire che verrà un modello a posare per noi, nudo-

Jude spalancò la bocca –nudo?!- alzò di poco la voce e qualche compagno si voltò verso di lei –questo non me l’avevi detto- ringhiò

La ragazza alzò le spalle, scuotendo la testa –qual è il tuo problema? Devi solo dipingere un uomo-

-nudo- sottolineò ancora lei diventando rossa in viso

-non mi sembra che questo sia il primo uomo nudo che vedi- ghignò con aria di chi la sapeva lunga, facendola arrossire.

Jude fece schioccare la lingua e si voltò dall’altra parte. Primo o meno, non poteva restare lì a fissare una persona nuda. Di certo non era la prima volta che vedeva un ragazzo nudo, ma le altre volte la situazione era decisamente diversa e lei non doveva applicarsi su certi particolari per doverli disegnare. E poi, Dio santo, non sarebbe mai riuscita a disegnare una cosa del genere.

Fece per afferrare lo zaino che giaceva sul pavimento, pronta a sgattaiolare via, quando la professoressa Ridle entrò in aula portando al suo seguito un ragazzo dall’aria familiare.

-oh, Santissimo Signore- si lamentò Jude lasciando ricadere lo zaino con gli occhi spalancati

Non poteva essere lui, non lì, non ora, no.

-buongiorno ragazzi, lui è il ragazzo che gentilmente poserà per voi- sorrise la donna per poi indicarlo –il suo nome è Andrew-

-Lauren!- ululò Jude con voce strozzata sporgendosi per afferrare il gomito della ragazza, rischiando di cadere dallo sgabello

-che c’è?- sussurrò di rimando, infastidita dall’interruzione del’occhiata a raggi x che stava lanciando al ragazzo

-dobbiamo andarcene, ora, prima che ci veda- sibilò cercando di nascondersi quanto poteva dietro la tela

-di chi diavolo stai parlando?-

-Andrew- indicò il ragazzo che sorrideva alla classe –è quell’Andew-

Vide Lauren spalancare bocca ed occhi, completamente sorpresa, prima di urlare –OH CAZZO!-

Ovviamente non fece in tempo a tapparle la bocca che tutta la classe si era voltata verso di loro. Compresi la professoressa ed Andrew.

Jude sobbalzò sullo sgabello ed automaticamente portò il suo sguardo sul volto del ragazzo. Vide chiaramente un lampo di sorpresa passare nei suoi occhi, prontamente sostituito dal suo solito sguardo a metà tra il malizioso e divertito. Le sorrise e prontamente Jude avvampò, rendendosi più ridicola di quanto già non si sentisse in quella situazione.

-va tutto bene la giù?- ci pensò la professoressa a rincarare la dose di imbarazzo, ovviamente.

-certo, alla mia compagna era caduto un pennello- fu la pronta risposta di Lauren

-bene- rispose brevemente la donna per poi rivolgersi ad Andrew –puoi anche andare a prepararti lì dietro- ed indicò un separé all’angolo della classe

La professoressa cominciò a parlare, ma Jude era in completa trance su un altro pianeta.

Perchè dovevano capitare tutte a lei? Il giorno prima l’aveva incontrato in strane circostanze e lui non le aveva praticamente rivolto la parola, ora se lo ritrovava nella sua università, e tra poco l’avrebbe visto nudo. E che figura aveva fatto prima! Se solo si fosse mossa prima ad andarsene via da quella classe! Ora di certo non poteva andarsene, avrebbe fatto la figura della ragazzina immatura, cosa che lui sicuramente già pensava, e non voleva di certo dargli la conferma.

Non sarebbe stato poi così difficile, magari poteva limitarsi a fissare il foglio bianco senza guardarlo. Dopo tutto era la sua prima lezione, alla professoressa non sarebbe importato se invece di un corpo avesse disegnato il tronco di un albero, no?

Andrew uscì dal separé quando la professoressa finì di parlare e Jude tirò un sospiro di sollievo quando vide che indossava un paio di boxer neri. Decisamente attillati, doveva ammetterlo, ma almeno era coperto. Non che il suo petto nudo non le creasse qualche imbarazzante problema di respirazione, ma si era aspettata di peggio. Forse aveva fatto tanto rumore per niente, forse Lauren non si era spiegata bene e per “nudo” non intendeva un nudo integrale.

La professoressa fece cenno ad Andrew di potersi accomodare sulla scrivania, arrangiata a mo di letto, ed ogni vana speranza di Jude svanì come sabbia al vento.

Andrew puntò gli occhi nei suoi, rivolgendole uno dei suoi soliti ghigni divertiti, e le strizzò l’occhio prima di portare entrambe le mani all’elastico dei boxer e abbassarli con un gesto fluido.

Jude trattenne il fiato, probabilmente diventando cianotica, sforzandosi di rimanere con gli occhi incollati a quelli di Andrew, che continuava a fissarla aspettandosi che svenisse da un momento all’altro, cosa molto probabile.

Doveva solo calmarsi, fare un respiro profondo, rilassarsi, ed evitare di pensare a cosa avrebbe visto se…

-oddio, ecco dove si nascondeva Nessie-

Grazie mille, Lauren.

 

 

 

 

 

 

 

Non osare distogliere lo sguardo dalla tela.

Era questa la frase che Jude si era ripetuta nella sua testa per tutta l’estenuante durata di quella lezione.

Quando Lauren era esplosa nella sua affermazione poco delicata, a Jude era venuto naturale abbassare lo sguardo per confermare le parole dell’amica. E che conferma. In un istante i suoi occhi erano tornati al viso del ragazzo, al quale però di certo non era sfuggito quel suo viaggetto ai paesi bassi. Di fronte all’espressione sconcertata di Jude, ovviamente, il suo ghigno a quel punto si era trasformato in un vero e proprio sorriso. Dopo essere avvampata vergognosamente la ragazza aveva distolto lo sguardo puntandolo sulla tela, dove era rimasto per tutta la lezione.

Poco le importava che la professoressa avrebbe potuto rimproverarla, non avrebbe alzato lo sguardo da quel maledetto foglio per niente al mondo. Si era così limitata a scarabocchiare qualche arto innocuo come un piede, un braccio, evitando di entrare nei particolari come invece stava facendo Lauren, chiaramente esagerando le dimensioni.

Alla fine della lezione la professoressa aveva mandato Andrew a rivestirsi, facendo finalmente respirare Jude, ed aveva detto alla classe di dare un nome al loro disegno, il nome che pensavano più adatto, e quasi si strozzò quando vide Lauren prendere il carboncino e scrivere a caratteri cubitali “Nessie”.

-beh, lezione interessante, non credi?- commentò Lauren mentre lei era intenta a raccogliere le sue cose alla rinfusa, doveva scappare di lì prima che Andrew uscisse da quel separé.

-si, molto, ora andiamo- ringhiò afferrando il suo zaino ed alzandosi frettolosamente dallo sgabello

-come, nemmeno un salutino al tuo amico?- ghignò riponendo con estrema lentezza i pennelli nel loro astuccio

-non è affatto mio amico, ed ora spicciati- Jude si dondolava da un piede all’altro, come se avesse problemi di incontinenza, ma non era certo quello il suo problema in quel momento.

-e va bene, va bene- Lauren sbuffò alzandosi a sua volta e Jude quasi l’afferrò per un braccio trascinandola verso la porta

Era stata messa abbastanza in imbarazzo per quella giornata, meglio scappare prima che le cose fossero peggiorate.

-dove stai scappando?- come non detto.

La voce di Andrew la bloccò a pochi passi dalla porta, pochi ma troppi per fingere di non aver sentito e sgattaiolare via, troppi per impedire a Lauren di bloccarsi e strattonarla per il gomito, costringendola a voltarsi.

Deglutì e si voltò riluttante verso il ragazzo che la fissava con le mani lungo i fianchi.

-Ciao Andrew, scusa ma sono di fretta, devo andare a lavoro- mentì, sperando che la lasciasse andare

Speranza resa vana dall’inopportuno commento di Lauren.

-ma se oggi è il tuo giorno libero!- se gli sguardi potessero uccidere, di sicuro Lauren sarebbe morta trafitta da quello che le rivolse Jude

-me n’ero dimenticata- ringhiò –meno male che ci sei tu, Lauren-

-oh, figurati!- cinguettò con un sorriso falso

Andrew aveva seguito la scenetta con un lieve sorriso, passando lo sguardo dall’una all’altra come se stesse seguendo un’avvincente partita di ping pong.

-Jude è sempre sbadata, io sono Lauren, la sua coinquilina- gli porse la mano e per la prima volta Jude non colse nessun segno di malizia nel suo gesto

-è sempre un piacere conoscere belle ragazze- ammiccò Andrew e Jude alzò automaticamente gli occhi al cielo –io sono Andrew-

-oh, è un piacere per me Andrew, un enorme piacere-

Jude, per l’ennesima volta, si strozzò con la sua stessa saliva a sentire l’amica calcare sulla parola “enorme”, convinta che non si stesse affatto riferendo al suo piacere di conoscerlo.

-va tutto bene?- Andrew aveva un’espressione confusa, mentre osservava il volto di Jude diventare da bianco latte a rosso.

-si, si, a volte le succede, poi si riprende- lo rassicurò la mora, facendole inevitabilmente fare la figura dell’idiota.

Per fortuna Jude si riprese in fretta, tanto in fretta da riuscire a capire che doveva scappare di lì, il prima possibile.

-bene, ora che vi siete conosciuti io andrei a…-

-ti va di andare a prendere un caffè?- la interruppe Andrew e Jude rimase del tutto sconcertata

La stava davvero invitando a prendere un caffè? Proprio lui, che il giorno prima l’aveva guardata con aria infastidita, che le aveva vietato l’ingresso nel luogo dove lavorava, le stava chiedendo di andare a prendere un caffè? Era pazzo, non c’era altra spiegazione.

-certo che le va!- fu Lauren a rispondere per lei dandole una pacca sulla spalla, facendola risvegliare –magari questa volta eviterà perfino di buttartelo addosso-

Jude aprì un paio di volte la bocca, come un pesce, prima di assumere un tenero colorito rosso pompeiano.

-Lauren!- strillò con voce acuta

Perchè quella ragazza doveva essere così tremendamente imbarazzante?

Andrew, al contrario, scoppiò a ridere e Jude si incantò a guardare la fila di denti bianchi e perfetti che facevano capolino dalle labbra rosse e quegli occhi che si stringevano in una mossa divertita. Maledizione, quel ragazzo era perfetto.

-…se non sbaglio- dannazione, si era talmente incantata a guardare quelle labbra che si muovevano sinuosamente che aveva perso l’inizio della frase.

-come scusa?- chiese gentile, ignorando lo sbuffo che sentì provenire da Lauren al suo fianco.

Andrew le rivolse un sorriso gentile, probabilmente il primo da quando si erano incontrati, prima di ripetere –dicevo che Lauren ha ragione, mi devi ancora un caffè-

Lauren” e “ragione” nella stessa frase stonavano terribilmente, avrebbe dovuto spiegarglielo più tardi.

-io, non so, dovrei studiare e…-

-solo dieci minuti, dovrai pure fare una pausa prima di riprendere a studiare, no? Offro io- la interruppe di nuovo e le rivolse uno strano sguardo

Per la prima volta era uno sguardo privo di malizia o sarcasmo, era uno sguardo sincero, dolce. Come poteva dirgli di no?

-non dovevo offrirtelo io?- si arrese e lo vide sorridere

-perfetto!- gridò Lauren alle sue spalle facendola sobbalzare –allora io vado, Andrew e stato un piacere, Jude ci vediamo a casa!- le schioccò un bacio sulla guancia e fece per andarsene, per poi fermarsi sulla soglia e voltarsi di scatto

-Ah, Andrew, a Jude piace il caffè macchiato, quello lungo-

E Jude riprese a tossire.

 

 

 

 

*                   *                  *

 

 

 

 

Spero vivamente che vi siate divertite a leggere questo capitolo come io mi sono divertita a scriverlo. Per la prima volta mi veniva da ridere mentre scrivevo lol

Allooooooora, ve lo aspettavate? Scommetto di no uù

Lauren sempre più effervescente e, a detta di Jude, imbarazzante. Jude sempre più impacciata, timida e pronta a prendere fuoco. Andrew sempre più nudo provocante e lunatico.

Ed ora? Riuscirà la nostra eroina a non buttare un altro caffè sul bel faccino del nostro Andrew? Lo scoprirete nel prossimo capitolo!

Spero davvero, davvero tanto che questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio con tutto il cuore chi recensisce, legge e chi ha messo la storia tra preferite/seguite/ ricordate, siete più di quanto mi aspettassi.

E ricordate che ogni critica/commento positivo o negativo che sia è sempre ben accetto!

Al prossimo capitolo J

Ps. Grazie a Soriana per avermi aiutato a centrare il blend LOL

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Salve a tutte!
Questa volta ho deciso di scrivere la nota all’inizio, perchè così mi ha detto Paul(per chi non lo sapesse, Paul è l’omino che vive nella mia testa).
SO! Questa storia ha raggiunto le 47 seguite e la cosa mi terrorizza alquanto, sinceramente. Spero tanto di non deludere le vostre aspettative!
PPPPPPOI nello scorso capitolo ho raggiunto la doppia cifra per la prima volta(spero non sia l’ultima lol) in questa storia: 10 recensioni *-*
Grazie di cuore a tutte, tutte, tutte!
Non mi resta che augurarvi una buona lettura e ci “vediamo” a fine capitolo con una domanda speciale per voi!

Love u all.






 


Seduta su quella sedia rivestita di pelle rossa, di fronte ad un piccolo tavolino rotondo, proprio non riusciva a stare ferma combattuta tra le sue gambe che le suggerivano di alzarsi e scappare via e i suoi occhi che non volevano staccarsi dalla schiena di Andrew, che a pochi metri da lei stava ordinando per entrambi al bancone della caffetteria appena fuori al campus.

Quel ragazzo trovava sempre un modo per farla sentire tremendamente in imbarazzo, un po’ come Lauren, e Jude ancora non capiva perchè diavolo aveva accettato quell’assurdo invito. In realtà, dato i suoi sbalzi d’umore e comportamenti strani, Jude era quasi sicura che quel ragazzo fosse una specie di psicopatico.

Prese un respiro profondo, facendo il punto della situazione: il primo giorno che l’aveva visto, lui sembrava quasi volerla schiacciare sotto il piede come un moscerino fastidioso, improvvisamente poi aveva deciso di prenderla in giro promettendole che l’avrebbe ricattata in cambio del suo silenzio su quell’incidente, l’aveva fatta bandire dal posto in cui lavorava negandole l’accesso, poi era sbucato dal nulla salvandola da un individuo dall’aria poco raccomandabile che probabilmente stava per sgozzarla dopo averla derubata e l’attimo dopo si era comportato come se il suo solo respirare lo infastidisse. In fine, poco più di un’ora prima, se lo era ritrovato in classe, la sua faccia da schiaffi e l’espressione impertinente era tornata e le aveva chiesto amichevolmente di andare a prendere un caffè insieme come due vecchi amici.

Una volta arrivata a casa avrebbe dovuto controllare la voce “schizofrenico” sul vocabolario, giusto per controllare i sintomi.

-ecco a te- Andrew le allungò sul tavolo una tazza fumante, prima di sedersi di fronte a lei –caffè lungo macchiato, giusto?-

Jude si sforzò di non arrossire promettendosi di strozzare Lauren nel modo più doloroso possibile più tardi –grazie-

Andrew sorrise e si portò il bicchiere alle labbra, prendendo un sorso.

-e così, studi arte, oltre alla letteratura?- le chiese abbandonando la schiena contro la sedia

Ricordava cosa studiava, incredibile. Jude cercò di mascherare la sua sorpresa dietro un sorriso appena accennato -in realtà no, la mia amica ha questa passione, dice che dipingere la rilassa e così mi ha convinto a provare-

Un lampo malizioso passò tra gli occhi di Andrew che si protese leggermente verso di lei -e ti è piaciuto?- la voce bassa e roca

Si stava riferendo solo alla lezione, vero?

-non fa per me- rispose in fretta schiacciandosi contro la sedia, aveva bisogno di aria

Andrew ridacchiò passando distrattamente un dito sul bordo del suo bicchiere.

-ho di fronte una futura scrittrice, allora?-

-magari- si lasciò sfuggire in un sussurro e vide Andrew accigliarsi.

-tu invece cosa ci facevi lì?- chiese prontamente per evitare che il ragazzo le facesse qualche domanda a cui non avrebbe avuto risposta

Andrew la osservò con sguardo curioso per qualche istante –pensavo avessi capito che sono un modello-

Jude arrossì lievemente –credevo che lavorassi per qualche agenzia-

Il ragazzo annuì con aria assente -dovevo un favore alla professoressa Green, era la prima volta e non penso che lo farò più- distolse lo sguardo da lei, prendendo un altro sorso del suo caffè

Jude si limitò ad annuire a sua volta, serrando le labbra per impedirsi di formulare le mille altre domande che le erano venute in mente. Che tipo di favore? Che c’entrava lui con la loro professoressa d’arte? Dal tono con cui lui aveva liquidato la questione però, Jude non pensava che il ragazzo le avrebbe risposto.

-l’ho capito dal primo istante che non sei di queste parti, sai?- ghignò nella sua direzione –tipica ragazza del sud- di nuovo quell’allusione alle sue origini. Cosa aveva contro la gente del sud?

-e come sarebbe una tipica ragazza del sud?- sbottò alzando un sopracciglio

Andrew sorrise divertito incrociando le braccia al petto, poggiandosi allo schienale.

-una brava ragazza-

Oh, questo non se lo aspettava.

-beh, nemmeno tu sembri avere l’accento newyorkese- sussurrò lei vergognandosi di aver pensato avesse detto qualcosa di poco carino nei suoi confronti e ritraendo velocemente gli artigli.

-sono inglese- confessò con un sorriso tirato -vivevo vicino Londra fino ad un paio di anni fa-

-oh- commentò Jude, anche suo padre era di origini inglesi –e sei venuto qui per fare il modello?-

Andrew ridacchiò, ma non sembrava essere allegro, anzi, i suoi occhi si appannarono leggermente mentre si abbassavano sulla superficie liscia del tavolo

–non proprio- l’ennesima risposta evasiva

Ed eccola di nuovo, quella nebbia misteriosa che prendeva a volteggiare attorno a lui ogni volta che si comportava in modo strano, come quando in quel vicolo buio l’aveva salvata da quel malvivente per poi trattarla con freddezza subito dopo.
Improvvisamente la sensazione della mano di Andrew –che la trascinava velocemente verso la luce- attorno al suo polso si fece viva più che mai dentro di lei, che sentì improvvisamente caldo, nonostante fuori avesse ripreso a nevicare.

-e cosa sei venuto a fare?- trovò il coraggio di chiedergli, in un sussurro appena udibile, mettendo da parte l’imbarazzo.

Andrew alzò lo sguardo restando però in silenzio. Jude si sentì arrossire sotto il peso di quegli occhi indiscreti che la stavano fissando in silenzio per troppo tempo. Era uno sguardo strano, insolito, come se fosse insicuro. Probabilmente si stava chiedendo se rispondere alla sua domanda o meno ed inevitabilmente Jude si pentì di essere stata tanto avventata. Ma era così curiosa di sapere qualcosa in più sul suo conto! Infondo era una domanda semplice, non molto diversa da quelle che lui le aveva posto qualche minuto prima.

Alla fine però, lui non rispose, cambiando completamente argomento.

-non ti ho vista più sul set col tuo bel completino da lavoro, Marlon pensa che non sia più venuta perchè hai paura di me- ci volle poco per sostituire lo sguardo smarrito col solito ghigno divertito

Jude socchiuse gli occhi, cercando di focalizzarsi su quel nome, finché un’immagine del moro sorridente in boxer non si materializzò nella sua mente facendola sorridere automaticamente. Quel Marlon le stava simpatico, sicuramente più del ragazzo che era di fronte e lei, ma –e le costava ammetterlo- non aveva nemmeno la metà del suo fascino misterioso che tanto l’attirava verso di lui.

Quando il significato di quelle parole però arrivò dritto ai neuroni di Jude, questa si ritrovò a spalancare gli occhi, facendo sparire del tutto il sorriso.

La stava forse prendendo in giro? Lui, che chiaramente aveva vietato il suo ingresso, le stava chiedendo come mai non si era più fatta vedere?

-mi era sembrato di capire che la mia presenza non fosse voluta- quasi le sembrò di vedere del veleno che usciva dalla sua bocca

Andrew piegò la testa da un lato, come se avesse parlato un’altra lingua –e da chi?-

Oh, ma allora pensava proprio che fosse ritardata.

-da te- ormai ringhiava

-me?- sembrava sinceramente confuso, sarebbe stato un ottimo attore, avrebbe fatto carriera –mi sembrava di essere stato piuttosto chiaro quando ti ho detto che mi devi ancora un favore, la tua presenza a questo fine mi pare essenziale-

Va bene, a che gioco stava giocando? Era forse questa la sua vendetta: tormentarla fino a farla impazzire?

-E’ per questo che hai detto alla biondina alla reception di non farmi entrare?- fine dei giochi, diritta al punto.

-Amber non ti ha fatto entrare?-

Jude sentì uno strano formicolio alla bocca dello stomaco quando lo sentì pronunciare il nome dell’oca starnazzante con tanta familiarità. Niente di strano, visto che lavoravano nello stesso posto da chi sa quanto tempo, ma Jude provo lo stesso l’istinto di prenderla a schiaffi.

-come se tu non lo sapessi- sibilò ottenendo uno sguardo confuso in risposta

-un momento- esordì Andrew dopo un interminabile attimo di silenzio, alzando entrambe le sopracciglia –pensi che sia stato io a chiedere che non ti facessero passare?- lo sguardo era divertito, come il leggero sorriso che comparve sulle sue labbra

-non è così?- chiese cercando di nascondere l’irritazione per il tono divertito che aveva assunto

Andrew scosse la testa intrecciando le mani sul tavolo -sono gli ultimi giorni che lavoro lì e c’è una confusione assurda per cercare di finire tutto in tempo, forse i dirigenti hanno dato ordine di non far entrare nessuno per evitare rallentamenti inutili- spiegò, il sorriso sempre presente

-oh- fu l’unica cosa che riuscì a dire lei abbassando lo sguardo e arrossendo vistosamente dandosi della stupida.

Vide il braccio del ragazzo allungarsi verso di lei finché due dita non le accarezzarono leggermente il mento, facendole alzare nuovamente il viso e ritrovarsi davanti a due occhi luminosi, che in quel momento la fissavano con aria maliziosa, facendole mancare il respiro.

-non avrei mai rinunciato a divertirmi ricattandoti-

Jude sbuffò allontanandosi di scatto, dimenticando l’imbarazzo di qualche istante prima e partendo all’attacco.

-cos’è, pensi che sia un gioco?-

Andrew si ritrasse poggiandosi allo schienale della sedia –più o meno- alzò un angolo della bocca.

La stava prendendo in giro.

-beh, per me non è divertente, quindi piantala- sibilò alzandosi di scatto e poggiando una banconota da dieci sul tavolo, decisa ad andare via prima che quella faccia da schiaffi la irritasse ulteriormente.

Recupererò velocemente cappotto e sciarpa, indossandoli mentre usciva dalla caffetteria.

-non avevamo detto che avrei offerto io il caffè?- l’aveva seguita fuori, intenzionato a non demordere

Jude alzò gli occhi al cielo, osservando i piccoli fiocchi di neve mentre cadevano verso il suo viso, continuando a camminare con passo svelto, sperando che il ragazzo la lasciasse in pace.

-oh andiamo Juds- le afferrò un braccio costringendola a voltarsi –non ti sarai mica offesa?-

Come poteva non sciogliersi di fronte a quell’espressione così implorante? Maledetto Andrew e il suo fascino.

-oh, perché dovrei?- sarebbe dovuta suonare sarcastica, se solo la voce non le avesse tremato

-beh, lascia almeno che ti paghi il caffè per farmi perdonare del mio comportamento- sorrise sventolando avanti al suo viso i dieci dollari che lei stessa aveva poggiato sul tavolo poco prima

-puoi tenerteli, se la pianti con i ricatti-

Andrew rise apertamente e Jude sentì il desiderio di stringergli le mani attorno al collo per farlo smettere o quanto meno tappargli la bocca in altro modo.

Oh Santo cielo, stava diventando pazza dietro quell’idiota.

-vuoi cercare di comprare il mio silenzio con dieci dollari?- la guardò divertito mentre lei era già pronta per rispondere che quei soldi poteva anche infilarseli dove più desiderava, ma Andrew la precedette, avvicinandosi pericolosamente a lei.

-non mi lascio corrompere dai soldi- le sussurrò in tono basso e suadente tra i capelli, vicino al suo orecchio –puoi provare con altro però, se vuoi-

Si allontanò da lei e sorrise soddisfatto di riveder spuntare il rossore sulle sue gote. Senza dire una parola le mise i soldi in mano e girò i tacchi lasciandola da sola nel bel mezzo del marciapiede con le ginocchia tremanti ed il cuore a mille mentre stringeva convulsivamente quella banconota.

Maledizione, era cotta.    

 

 

 

 

 

 

 

 

Quella sera, al suo ritorno, Jude trovò Lauren ad accoglierla sulla soglia di casa col suo pigiama preferito, i capelli raccolti dietro la nuca e tanto di pantofole pelose.

-serata di riposo al lavoro- spiegò intercettando il suo sguardo interrogativo

-ed ora raccontami tutto!- le urlò poi in faccia, facendole perdere l’equilibrio per un istante, prima di afferrarla per un braccio e trascinarla sul divano in salotto

-potresti darmi almeno il tempo di togliermi il cappotto!- la canzonò lei sfilandolo e poggiandolo sul bracciolo dietro di lei

-il tempo è denaro- cantilenò sedendosi con le gambe incrociate per poi sporgersi verso di lei con aria inquietante –dimmi, dimmi, dimmi-

Jude fissò con sguardo sconcertato l’amica protesa verso di lei con gli occhi spalancati più di quanto credeva umanamente possibile, che le brillavano, il tutto contornato da un sorriso enorme che, ne era sicura, stava per slogarle la mascella.

Allungò lentamente una mano verso la testa di Lauren, lasciandole poi un leggero schiaffo dietro la nuca.

-ahi!- sbottò questa, sconcertata –che ho fatto?!-

-prima di tutto: non azzardarti a fare mai più una cosa del genere- cominciò Jude –hai idea di quanto sia stato imbarazzante restare sola con lui?-

-oh, andiamo! Dico, l’hai visto bene? Quale persona sana di mente si lamenterebbe a stare sola con lui?- Scosse la testa, del tutto contrariata

-secondo- la ignorò volutamente, ricevendo in cambio uno sbuffo di protesta –dovresti seriamente smetterla con i tuoi commenti fuori luogo-

Lauren si portò una mano sotto al mento, con fare pensieroso –intendi dire i miei commenti sulle dimensioni del…-

-cos’è questo baccano?- fortunatamente, comparendo sulla soglia della sua camera da letto, Elle interruppe Lauren prima che potesse dire qualcosa che avrebbe fatto morire Jude dall’imbarazzo.

-E’ tornata Jude!- squittì a mo di spiegazione la mora facendo capire a Jude che probabilmente prima del suo ritorno Lauren aveva già raccontato l’accaduto di quella mattina ad Elle.

-beh, io stavo cercando di studiare- borbottò la rossa aggrottando le sopracciglia

-non ti interessa il racconto di Jude? Sono sicura che ne siano successe delle belle! Quell’Andrew è proprio un bel tipino, per non parlare del suo…-

-Lauren!- strillò Jude esasperata

-Si, mi hai già fatto la descrizione dettagliata di forme, lunghezza e quant’altro prima Lau, contro il mio volere, non c’è bisogno di ripeterlo ogni volta- sbuffò Elle, sprofondando però nella poltrona posizionata di fronte al divano dove sedevano le altre due.

-era un soggetto degno di attenzione- liquidò in fretta la faccenda, tornando a rivolgersi a Jude –allora, vuoi dirmi cosa è successo?-

Jude prese un respiro profondo, prima di cominciare la descrizione dettagliata della loro conversazione, cercando di non dare peso allo sguardo eccitato di Lauren o al sorrisetto sarcastico sulle labbra di Elle.

Raccontò tutto, di come lui l’avesse lasciata per l’ennesima volta senza parole, del suo comportamento sfrontato, del suo chiudersi a riccio quando si accennava alla sua vita privata e ai suoi strani e costanti cambi di umore che confondevano Jude.

Quando ebbe finito di raccontare tutto sospirò poggiando la schiena contro i morbidi cuscini del divano, osservando Lauren che aveva assunto un’improvvisa espressione assorta. Jude sapeva bene cosa stava facendo, l’aveva vista farlo un milione di volte: cercava di capire che tipo fosse Andrew.

-che c’è? Il tuo ragazzo perfetto perde punti dopo il mio racconto?- chiese divertita, senza però riuscire a nascondere una punta di timore mentre aspettava il giudizio di Lauren. Per quando la ragazza potesse essere eccessivamente frizzante e senza peli sulla lingua, doveva ammettere che in materia di ragazzi lei era sicuramente più esperta di Jude. Avrebbe capito qualcosa del comportamento di Andrew, sicuramente più di lei.

-non so- fece schioccare la lingua -se analizzi bene i suoi comportamenti c’è qualcosa di strano. Il suo nascondere alcuni dettagli della sua vita privata, il mostrarsi sempre forte e sicuro di se. Per me nasconde qualcosa-

-forse nasconde il fatto che è un maniaco con crisi di personalità multipla-

Jude alzò una mano indicando Elle, che aveva appena parlato, con un eloquente cenno del capo.

Lauren alzò gli occhi al cielo con fare esasperato –a volte siete così superficiali!-

Elle e Jude si scambiarono una lunga occhiata scettica. Era davvero Lauren quella che stava dando a loro delle superficiali? Quella che si portava a casa uno diverso a sera e seguiva sua filosofia di vita “quel che ho fatto domani è già passato”?

-sapete che capisco le persone meglio di voi- le zittì fulminandole entrambe con un’occhiataccia. Era assolutamente vero, non per niente aveva deciso di studiare psicologia.

-per me dovresti dargli una possibilità, scoprire cosa c’è dietro il suo bel faccino- concluse convita

-certo, diamo una possibilità al maniaco psicopatico, sono così impaziente di ritrovarti morta dentro un cassonetto dell’immondizia!-

Con una smorfia Jude ignorò volutamente la battuta macabra della rossa, rivolgendosi all’altra amica -io dovrei dagli una possibilità?- chiese allora, scettica –ma se è lui quello che mi odia!-

Lauren scosse la testa, scacciando con una mano un insetto immaginario avanti al suo naso –se ti odiasse farebbe di tutto per evitarti. E non penso che avesse quelle intenzioni invitandoti a prendere un caffè-

Jude alzò le spalle mordendosi l’interno di una guancia. Era impossibile cercare di trovare una spiegazione al comportamento di Andrew, l’aveva capito dopo la seconda volta che l’aveva incontrato ormai. Eppure voleva aggrapparsi con tutta se stessa alle parole di Lauren, voleva credere che Andrew fosse più di un modello vanitoso e pieno di se, voleva credere che sotto quel ghigno divertito ci fosse qualcosa di più profondo, di più vero.

In un attimo, come ad appoggiare quella folle speranza, si materializzarono di fronte a lei gli occhi del ragazzo, così rossi, tristi, spenti. Solo quando faceva qualche battuta maliziosa o la prendeva in giro quegli occhi parevano illuminarsi di una strana scintilla vitale.

C’era di più in Andrew, c’era qualcosa in quel suo intrigante alone misterioso che lo rendeva speciale, ne era sicura.

-ad ogni modo non è più un mio problema, visto che sarà difficile incontrarlo di nuovo- sospirò passandosi stancamente una mano tra i capelli

Qualche ora prima lui se n’era andato di nuovo così, senza dirle niente, non le aveva chiesto il numero o l’indirizzo. Come potevano vedersi di nuovo?

-beh, pare che il nostro modello superdotato abbia una speciale abilità nel trovarti, ovunque tu sia- Lauren sorrise verso di lei, incoraggiandola

-in tutti i paesi degli Stati uniti d’America questa speciale abilità è chiamata stalking, ed è condannabile- il sorriso di Lauren divenne una smorfia di fronte all’affermazione di Elle, mentre Jude non riuscì a trattenere una risata

-si può sapere che problema hai nei confronti dell’umanità?- sbotto stizzita voltandosi verso l’amica –perchè devi essere sempre così acida?-

Elle accavallo le gambe con aria di sufficienza, per niente colpita dalle parole della mora.

-e tu perchè la stai spingendo tra le braccia di uno stronzo arrogante, slash, potenziale stalker?-

-piantala! Penso sia una persona interessante- insisté mentre Jude seguiva entrambe con una spettatrice, nonostante il discorso la coinvolgeva direttamente

-e se non lo fosse?- calzò Elle

Lauren alzò gli occhi al cielo, prima di rivolgersi direttamente a Jude con sguardo divertito e un sorrisetto inquietante –se non lo fosse, Jude avrà comunque l’opportunità di cavalcare Nessie almeno una volta!–

-Lauren!- Jude avvampò ottenendo una risatina divertita in risposta

Elle le rivolse un’occhiata disperata, prima di alzare gli occhi al cielo e dare voce al pensiero di entrambe –Sei senza speranze, Lau-

 

  *          *          *

E voi? Vi è mai capitato di incontrare una persona misteriosa che vi intrigava al punto di spingervi a volerla conoscere di più? Siete riuscite ad avvicinarvi o eravate troppo intimorite?

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Alcune di voi hanno conosciuto una persona misteriosa con cui sono rimaste in buoni rapporti d’amicizia, ad altre non è andata così bene e si sono scottate dopo averle conosciute, altre ancora la persona più misteriosa che abbiano mai conosciuto è stato il venditore ambulante al semaforo che tenta disperatamente di rifilarci un pacco di fazzoletti.

Queste sono state le vostre risposte alla scorsa domanda. Io? Per quanto mi riguarda di solito capisco le persone dopo tre minuti, ma c’è stata una volta in cui ne ho incontrato una e non l’ho capita. Ci ho provato, ci sono riuscita e…ho scoperto che era come tutti gli altri. Niente lieto fine, quindi!

Ma torniamo a noi. Mi scuso del ritardo, ma il caldo non è d’aiuto a me e Paul e queste due settimana sono state piene di cambiamenti e stress.

Grazie mille a tutte quelle che hanno recensito lo scorso capitolo, a chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite. Love u all so much!

In questo capitolo non ci sarà il nostro Andrew, mi dispiace, anche per me è stato un sacrificio scrivere undici pagine senza pensare alla tartaruga di Lachowski. Ci rifaremo nel prossimo ragazze, non temete!

Ci vediamo a fine capitolo con un’altra domanda ;)

Ps. Seguitemi pure su twitter o aggiungetemi su facebook se vi va o per qualsiasi domanda/curiosità ;)

 

 

    

 

 

La pagina bianca che riempiva il monitor del suo mac sembrava risplendere, ricordandole che era ancora al punto di partenza.

Aggrottò la fronte facendo un veloce resoconto: le gambe erano comodamente stese lungo il letto, la schiena era adagiata su un cuscino, abbastanza inclinata per avere una visuale completa e nella stanza c’era un silenzio assoluto ed irreale che trasmetteva tranquillità. La situazione era ideale, allora perchè le sue mani restavano immobili sui tasti, invece di picchiettare veloci mettendo nero su bianco il turbine di idee che avrebbe dovuto affollarle la mente in quel momento?

Vuota. La sua testa era assolutamente, completamente, irrimediabilmente vuota e questo era un grosso problema. Aveva soli cinque mesi per finire il suo racconto e non solo non aveva ancora scritto nemmeno una frase, ma non aveva nemmeno la più pallida idea di dove cominciare. Le erano venute alcune idee sulla trama, ma le aveva subito scartate: doveva essere qualcosa di speciale, di unico. Se voleva avere una possibilità di vincere quel concorso, doveva avere un’idea originale e, soprattutto, doveva scriverla al meglio perchè il suo prodotto fosse migliore degli altri.

-ciao!- Lauren entrò in camera sua spalancando la porta, senza bussare, sfilandosi la tracolla e gettandola alla rinfusa sul pavimento

-che vuoi?- sbottò stizzita, non voleva essere scortese, ma aveva solo bisogno di calma e concentrazione in quel momento e, chiaramente, Lauren non conosceva il significato di entrambe.

-hai le tue cose?- chiese dubbiosa alzando un sopracciglio

-no-

-e perchè sei così acida? Pensavo questo comportamento fosse un’esclusiva di Elle-

Jude sospirò, cercando di calmarsi e darsi un contegno- devo semplicemente scrivere un libro in cinque mesi, che comunque non verrà mai scelto tra tutti, e sono ancora a zero. Scusa se sono un po’ agitata-

Lauren alzò gli occhi al cielo prima di avviarsi verso di lei e sbirciare verso lo schermo.

-mmhm, blocco dello scrittore?- trillò lasciandosi cadere sul letto

Jude riuscì a ritirare velocemente le gambe prima che l’amica ci si tuffasse sopra.

-scrittore, certo- borbottò scettica –piuttosto lo definirei blocco di una persona senza talento e senza idee-

Lauren afferrò il mac dalle sue ginocchia poggiandolo sulla sedia –se fossi senza talento ed idee a quest’ora non saresti arrivata qui dove sei, ricordalo sempre- le puntò un dito contro

Jude fece per dire qualcosa, ma l’amica la interruppe all’istante –che tipo di storia vuoi scrivere?-

Ci pensò per qualche istante, poi sospirò rassegnata –non voglio cimentarmi in niente di troppo complicato, credo che opterò per un romanzo-

-ci avrei scommesso!- Lauren batté un pugno sul palmo aperto della mano –un romanzo, sei così prevedibile, mia cara amica-

-cosa c’è che non va in un romanzo?- chiese esasperata. Era l’unica cosa di cui era sicura di quel progetto, non poteva sconvolgerle anche quella.

-assolutamente niente!- alzò le mani in segno di resa -Solo che…-

-cosa?- la interruppe bruscamente

Lauren sospirò con fare teatrale, prendendo una ciocca di capelli tra le dita, osservando le punte -credo che prima di essere in grado di scrivere un romanzo tu debba fare una cosa importante-

-sarebbe?- chiese curiosa

La mora punto gli occhi nei suoi -vivere-

-io vivo- borbottò confusa

-si, e quando?- lo sguardo che le rivolse era alquanto scettico -mentre segui millemila corsi all’università? O mentre fai le consegne per Frankie’s? Oh, aspetta, forse mentre studi fino alla sera tardi e poi crolli sul letto-

-e questo non è vivere?-

-per amor del cielo, no!- sbottò sconcertata

Lauren si alzò improvvisamente dal letto camminando spedita verso il piccolo armadio posto sulla parete ad est, aprendo entrambe le ante.

-che fai?- chiese Jude spaesata

-guarda i tuoi vestiti- commentò con un gesto della mano ad indicarli

Jude fissò nel suo armadio, studiando brevemente i suoi capi che pendevano dalle grucce e proprio non riusciva a trovare niente di strano. Certo, non erano capi particolari o alla moda come quelli di Lauren, ma anche lei aveva un po’ di gusto e non le sembravano nemmeno così anonimi o indecenti.

-allora?-

-allora?- Lauren la fissò con la fronte aggrottata –sono sistemati in ordine di colore!-

Jude spostò nuovamente lo sguardo osservando le sue cose accuratamente sistemate per colore e, questo Lauren non lo sapeva, lunghezza. Le piaceva fare le cose per bene, non era mica una specie di maniaca.

-mi piace tenere in ordine, mi aiuta a trovare subito le cose quando sono di fretta- rispose piccata -Cosa c’è di male?-

-C’è di male che questo non è vivere!- sbuffò pestando un piede atterra –non puoi avere il controllo su ogni minima cosa, questo non è nemmeno lontanamente vivere, è programmare la propria esistenza-

-e cosa dovrei fare?-

-smetterla! Smettila di immergerti nello studio, smettila di fare straordinari a lavoro quando non ne hai bisogno, smettila di chiuderti in questa stanza da sola e, per l’amor del cielo, smettila di piegarti le mutande-

Nonostante Lauren le avesse appena fatto notare quanto patetica fosse la sua esistenza, Jude non riuscì a trattenere una risatina bassa.

-da quanto tempo non ti vedi con qualcuno, Jude? Da quanto tempo non esci con le amiche e fai tardi per una sera?-

Dal liceo. Era dal liceo che non aveva un ragazzo, che non aveva un’amica. Era dal liceo che non aveva una vita.

-So che io e te siamo diverse, ma potresti accettare di uscire con me e le ragazze qualche volta, giusto per distrarti un po’- Lauren le sorrise incoraggiante e Jude fu tentata di sorriderle di rimando ed accettare la sua proposta, ma la piccola Jude dentro di lei, quella noiosa e responsabile, le ricordò che non poteva farlo.

-Lau, sei molto gentile, ma non ho tempo ora per le uscite con te o le mie inesistenti amiche o per vedermi con qualcuno-

-e come intendi scrivere quel romanzo, allora?- incrociò le braccia sotto il petto, sfidandola con lo sguardo

-cosa c’entra ora il mio romanzo?-

-c’entra e come! Di cosa parla un romanzo? Di amore, sofferenza, gioia, paura. Come puoi descrivere queste cose se non le hai mai provate sulla tua pelle?-

-io…io…- aveva ragione, lo sapeva ed era per questo esatto motivo che fino ad ora aveva cestinato tutte le cose che aveva scritto. Erano tutte vuote, senza sentimento, senza vere emozioni, erano un succedersi di fatti, un documentario. E un romanzo non doveva affatto essere così.

-so che ami vivere nel tuo mondo fatato, sognando che un giorno il tuo principe azzurro arrivi alla tua finestra e ti trovi rapendoti dalla miriade di libri in cui ti immergi- indicò con un gesto la finestra –ma tesoro, qui non siamo nel paese delle meraviglie e tu non sei Alice- le accarezzò una guancia teneramente –e a meno che il tuo principe azzurro sia un pompiere, cosa per cui ti invidierei per il resto dei miei giorni, e la tua stanza stia andando a fuoco, non credo che qualcuno entrerà da quella finestra, visto che siamo al ventesimo piano-

-beh, potrebbe usare le scale antincendio!- scherzò lei

-oh cara, dovrebbe essere proprio innamorato per farsi venti piani a piedi per te!-

Jude sorrise, un sorriso triste, consapevole.

Sapeva che Lauren non voleva buttarla giù, voleva solo farle capire che era lei che stava buttando la sua vita.

Era sempre stata una sognatrice, da bambina, e proprio come aveva detto Lauren aveva sempre immaginato che prima o poi qualcuno avrebbe spalancato la sua finestra e l’avrebbe portata via, promettendole amore eterno. Ora però si rendeva conto che non era così che andavano le cose, in nessun posto del mondo e soprattutto a New York.

La gente, i ragazzi, si conoscevano nei locali, nei pub, non sul cornicione di una finestra mentre gli usignoli intonano una melodia melense.

-e va bene, uscirò con te qualche volta- sospirò rassegnata

Lauren le rivolse un enorme sorriso prima di urlare -stasera!-

-come?- Jude spalancò gli occhi, sperando di aver capito male

-uscirai con me, stasera- ripeté la mora battendo le mani, emozionata

-stasera? E’ troppo presto! Non sono ancora psicologicamente pronta-

-non essere stupida! E’ sabato sera e tu non resterai chiusa qui, avevo intenzione di andare in un posto non molto lontano con Jac e Audrey e tu ti unirai a noi!-

Chi diavolo erano Jac e Audrey? E perchè il solo sapere che erano amiche di Lauren non la rassicurava affatto?

-Lauren…-

-mi hai detto di si, l’hai detto! Ti prego, una sola sera, poi sarai libera di decidere se farlo di nuovo o no-

Lauren unì entrambe le mani a mo di preghiera, avvicinandosi a lei, con tanto di labbro inferiore sporgente.

-e va bene- si sentì dire, per la seconda volta, sospirando

-perfetto!- urlò saltellando sul letto –dovrò darti in anticipo il regalo per il tuo compleanno- rifletté picchiettandosi l’indice sulle labbra

-il mio compleanno è tra più di tre mesi- le fece notare lei, confusa

-lo so, per questo ti ho detto che dovrò dartelo in anticipo, ma a questo penseremo dopo, ora dobbiamo prepararci!-

-in che tipo di locale andremo? Per capire come devo vestirmi- si era rassegnata all’idea ormai, tanto valeva assecondarla ed evitare di sentirsi fuori luogo almeno in termini di abbigliamento

-non devi preoccuparti di niente! Stasera farò tutto io, ti vestirò, truccherò e sistemerò i capelli- Lauren scattò dal letto con uno strano luccichio negli occhi, un luccichio per niente rassicurante.

“Signore, aiutami tu”, pensò Jude prima di sospirare.

 

 

 

 

 

Un paio d’ore dopo, il minimo che una donna dovrebbe impiegare per prepararsi, a detta di Lauren, Jude si fissava con espressione dubbiosa al grande specchio posizionato in un angolo della stanza della mora.

-Lauren, non sarà un po’ troppo?- sussurrò timorosa, rivolta all’amica che seduta sul letto si infilava un paio di scarpe dall’aria per niente comoda

-cosa sarebbe troppo?-

Tutto. Tutto era troppo. I suoi capelli erano troppo voluminosi, il trucco attorno agli occhi era troppo nero, le sue guance erano troppo rosa, il vestito era troppo corto e troppo scollato sulla schiena e quei tacchi –che l’avrebbero sicuramente fatte inciampare da qualche parte, spezzandole una gamba- erano troppo alti.

-forse dovrei provare qualcosa di più comodo- propose cercando di sorridere all’amica, che si alzò di scatto dal letto, come se la parola “comodo” le avesse causato un improvviso senso di prurito sul fondoschiena.

-comodo? Devi forse andare a fare jogging?- la rimproverò con tono severo

-beh, no, ma io…-

-perfetto, conserva quella parola per quell’occasione allora- la zittì all’istante -ora stiamo andando a cercare il tuo principe azzurro, non devi essere comoda, devi essere bella, sexy e provocante-

-e lo sono?- chiese scettica, guardando di nuovo la sua immagine. Sembrava più un cerbiatto spaurito dai fari di un fuoristrada, a dirla tutta. Un cerbiatto travestito da battona, per di più.

-certo! Ed ora andiamo, le ragazze sono giù fuori al locale-

Jude sospirò, afferrando la pochette che l’amica che stava porgendo, seguendola poi fuori dalla sua stanza. 

-oh signore, avete deciso di andare a battere per arrotondare?- fu il commento poco fine di Elle, che le accolse dal divano sulla quale era seduta indossando una comoda tuta. Jude la invidiò immensamente.

-te l’avevo detto che era troppo- sibilò cercando di abbassare la gonna troppo corta

Lauren la zittì con un gesto della mano –chi resta sul divano a mangiare pop corn di sabato sera non ha il diritto di commentare le scelte altrui- con una mano indicò l’enorme ciotola poggiata sulle gambe di Elle, colma di pop corn - Dov’è quel santo che ti sopporta?-

-E’ dai suoi per un paio di giorni- commentò –vedete di guadagnare bene, ci serve un nuovo tostapane- indicò la cucina, trattenendo a stento una risata

La mora finse di non sentire le sue parole e si avviò all’ingresso, prendendo il copri abito.

-perchè non vieni anche tu?- chiese Jude titubante e speranzosa ad Elle

Non sapeva che tipi erano le amiche di Lauren e sapere di poter contare su Elle, una persona vagamente sana di mente, la rassicurava.

Al suono di quelle parole però, per poco la rossa non si strozzò con la generosa manciata di pop corn che aveva appena infilato in bocca, riuscì a salvarsi solo sputacchiandone la maggior parte.

-assolutamente no!- rise

-ti prego- Jude fece un passo verso di lei, per evitare di farsi sentire da Lauren, sfoggiando la miglior faccia da cucciolo bastonato che era in grado di fare

Elle scosse la testa, sconsolata –mi dispiace occhi dolci, non so come hai fatto a farti convincere da Lauren, ma non riuscirai di certo a convincere me-

-preferisci restare qui tutta sola?- Jude tentò l’ultima carta

-francamente Jù, preferirei persino passare un intera notte con Jack lo squartatore-

Jude sbuffò nello stesso istante in cui Lauren urlava il suo nome, invitandola a sbrigarsi ad uscire.

-augurami buona fortuna- borbottò

-oh, te ne servirà parecchia- ridacchiò Elle divertita

Si, quella ragazza sapeva essere molto confortante quando voleva.

Una volta in strada le due presero un taxi e, come previsto da Lauren, in soli quindici minuti erano fuori ad un locale da cui proveniva una musica assordante. Fuori al locale c’era una fila che sembrava chilometrica, doveva essere un posto in voga o frequentato da vip o, molto probabilmente, entrambe le cose.

Jude si perse a guardare quelle persone, tutte sembravano più grandi di lei e solo allora fece caso al nome del locale.

-Lauren, sei sicura che possiamo entrare qui?-

-certo- rispose lei recuperando il cellulare dalla pochette, probabilmente per rintracciare le sue amiche –perchè?-

Club21, era il nome del locale, ed era più che sicura che fosse un chiaro segno che potessero entrare solo persone che potevano fare consumo di alcolici, cioè che avevano più di ventuno anni. E loro ne avevano solo diciannove.

-perchè non abbiamo l’età per bere-

Lauren si fermò a fissarla come se avesse un terzo occhio, poi parve capire.

-ma certo! Non ti ho ancora dato il mio regalo-

Il suo regalo? E cosa centrava ora il suo regalo?

Lauren tornò a frugare nella sua borsa, per poi passarle un pezzo di carta plastificata, rettangolare.

-buon compleanno!- trillò con un sorriso

Jude afferrò dubbiosa quello che le stava porgendo, cercando di capire cosa fosse esattamente e perchè glielo stesse dando proprio ora.

-ma questo è…è…-

-un documento falso- concluse per lei portando il cellulare all’orecchio

Jude rimase in silenzio a studiare il documento mentre in sottofondo sentiva Lauren parlare con le amiche.

Si sarebbe cacciata nei guai, lo sentiva.

-Lauren, sei sicura che non ci sia alcun rischio di…?-

-tranquilla- sminuì il tutto con un gesto della mani, prendendola poi sotto braccio –il buttafuori è il fratello di Jac, non fa nemmeno caso alle nostre carte d’identità, è solo per precauzione! Ed ora andiamo, le ragazze ci aspettano all’entrata-

Si lasciò trascinare inerme verso l’entrata del Club21, ormai era lì e non poteva tirarsi indietro.

Quando sorpassarono la lunghissima fila per avviarsi alla porta principale, Jude fece per chiedere spiegazioni, ma non ne ebbe il tempo perchè venne sommersa da un turbine di gridolini ed abbracci. Le ci volle qualche secondo per capire che le grida arrivavano da due ragazze di fronte loro, che urlavano e si sbracciavano per salutare Lauren.

Quando notò l’abbigliamento delle due, smise di preoccuparsi del suo. Entrambe erano alte, avevano un fisico slanciato e fin troppo magro, Jude non si sarebbe meravigliata a scoprire che fossero due modelle con problemi di alimentazione. Una delle due aveva i capelli tinti di un rosso carota molto acceso, i lineamenti spigolosi, gli zigomi alti e due occhi furbi, l’altra invece aveva i capelli di un’inquietante tonalità di fucsia ed erano talmente arricciati da farli sembrare una criniera, i suoi lineamenti erano più delicati e il suo sorriso era più dolce, tutta apparenza. Entrambe non sembravano per niente a disagio nelle loro minigonne inguinali, maglie scollate e tacchi alti.

Jude sorrise sollevata, con quelle due accanto di sicuro nessuno avrebbe fatto caso a lei e la sua gonna che le arrivava a metà coscia.

-ragazze lei è Jude, la mia coinquilina!- trillò Lauren indicandola

-Jude, loro sono Jac- indicò la carota –e Audrey- criniera di leone

-molto piacere- sorrise lei stringendo la mano di Audrey, quando provò a fare lo stesso con Jac questa la sorprese attirandola a se e stringendola

-oh, sono così contenta di conoscerti! Lauren mi ha detto che non esci mai di casa ed ora che ti vedo mi chiedo come possa una ragazza carina come te restare chiusa in un appartamento per tanto tempo. Sono felice che tu abbia deciso di uscire con noi, vedrai che ti divertirai tantissimo, veniamo in questo locale da anni e non ci siamo mai annoiate! Certo, forse dovrai abituarti un po’ a…-

La carota parlante si bloccò nel momento in cui sentì la mano di criniera poggiarsi sulla sua spalla.

-Jac- cominciò la ragazza intercettando lo sguardo spaesato di Jude –calmati e respira, la stai spaventando-

-oh- Jac si portò una mano alle labbra con espressione di scuse

Lauren scoppiò a ridere, poggiando poi una mano sulla spalla di Jude –perdonala, a volte dimentica di prendere fiato tra un monologo e l’altro-

Jac, la carota, fece per ribattere, ma venne interrotta da Audrey che la spintonò leggermente –entriamo?-

Dopo aver ricevuto un segno di consenso da tutte, si avvicinarono all’entrata dove due uomini di stazza robusta dirigevano la fila e controllavano i documenti.

Documenti.

-ciao Jim- salutarono quasi in coro uno dei due, che si voltò con un mezzo sorriso

-vi stavo aspettando- sorrise, poi la sua espressione si indurì –non avrete intenzione di combinare altri casini?- la sua voce era divertita, segno che stava scherzando

-noi non combiniamo mai casini, siamo degli angioletti!- cinguettò Lauren portando le mani dietro la schiena e sporgendo automaticamente il petto in fuori meritandosi un’occhiata a raggi x dal caro Jim.

-Si, certo- commentò distogliendo lo sguardo -Fate le brave- le canzonò, riservando uno sguardo alla sorella

-tranquillo fratellone- Jac si allungò per stampargli un bacio sulla guancia

Gli occhi di Jim si posarono su Jude, che cercava in tutti i modi di nascondersi dietro alle tre per passare inosservata.

-e lei?- chiese

-è un’amica di Lauren, Jude- spiegò Audrey senza smettere di sorridere

-ed ha ventun anni?- chiese scettico e a Jude si fermò il respiro

Era stata scoperta. Era chiaro che non avesse ventuno anni, si vedeva lontano un miglio e Lauren era stata ingenua a credere che qualcuno potesse crederlo. Lei non era slanciata come Audrey, non era formosa come Lauren e non era la sorella di un buttafuori come Jac. Lei era…Jude ed in quel momento doveva sembrare parecchio terrorizzata.

-certo, come tutte noi- fu il turno di Lauren, questa volta, ma Jim continuò a fissarla senza dire niente.

Doveva confessare, doveva arrendersi, doveva dire che aveva soli diciannove anni e che non doveva essere lì ora, maledizione. Doveva essere a casa a scrivere il suo stramaledetto racconto.

Era sul punto di urlare quando Jim sorrise rilassato, facendosi da parte –buona serata ragazze-

Una volta che il respiro le si fu regolarizzato Jude si rese conto che ce l’aveva fatta, era dentro. L’ambiente era molto grande, strutturato su due piani, il primo era già affollatissimo, pieno di gente che si muoveva a ritmo di quella musica assordante, con bicchieri pieni di liquidi di diverso colore. Sul piano superiore invece –che affacciava sulla pista da ballo- probabilmente erano situati i prive.

-quanta gente!- riuscì a sentire la voce di Lauren sovrastare la musica –ci buttiamo?- sorrise verso di lei, facendole l’occhiolino.

Jude ci pensò un attimo, annuendo poi titubante. Era in ballo, tanto valeva ballare.

La sala era completamente al buio, ad eccezione dei fari colorati che illuminavano la pista. Stentava anche a vedere i suoi piedi, per questo non si stupì a fatto quando andò a sbattere contro un paio di spalle che aveva visto all’ultimo secondo.

-oh Dio, scusa!- arrossì imbarazzata.

Ottimo ingresso, Jude.

Il ragazzo si voltò e a Jude si ghiacciò il sangue nelle vene, facendola restare impalata con gli occhi spalancati dalla sorpresa.

-che ci fai qui?-    

 

*        *        *

 

Si, lo so, sono stata un po’ stronza. Chi mi conosce dalle mie FF passate sa che ho una passione smisurata per i “finali a cazzo” *O*

So cosa state pensando e vi dico che vi sbagliate uù Fidatevi di me!

DOMANDA: Cosa preferite fare il sabato sera? Siete tipi da discoteca, pub, pizzeria? O vi capita spesso di restare a casa come la nostra Jude?

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Dovrei iniziare questa nota con il giustificare la mia sparizione da efp, presumo.

La verità è unica e semplice: non ho tempo.
Ho cominciato un nuovo lavoro che mi tiene impegnata sette giorni su sette, dalla mattina alla sera senza spacco. Il poco tempo libero che ho a disposizione, in tutta sincerità, lo trascorro tra famiglia ed amici per cui il tempo che mi rimane per scrivere è pochissimo.
Ho pensato anche all’eventualità di mettere questa storia in una pausa temporanea, ma la sola idea di smettere di scrivere non è nemmeno contemplabile per me.
So che è noioso seguire una storia che non viene aggiornata spesso, io sono la prima che perde il filo della trama o non riesce ad appassionarsi se la storia non è costante e continua, ma vi assicuro che da parte mia c’è tutta la buona volontà e l’intenzione di portare avanti questa storia e di farlo in tempi non lunghissimi.

Spero che siate pazienti.

Detto questo, voglio ringraziare di cuore tutte quelle che mi lasciano una recensione, anche breve, per me è davvero importante.
Ovviamente voi non mi conoscete personalmente e non sapete che sto passando un periodo poco sereno, uno di quelli seri, che non auguro a nessuno, uno di quelli che ti fa domandare come arriverai a domani.
Non sono qui per raccontarvi i miei guai, ma voglio solo dirvi che con le vostre recensioni riuscite a farmi sorridere e a farmi pensare che non sono poi così inutile e persa.

Grazie.

 


 

 

La musica alta le rimbombava in testa eccessivamente, stordendola più di quanto già non si sentisse in quella situazione. Dovette concentrarsi attentamente sul labiale del ragazzo per riuscire a cogliere le sue parole.

-Bambi! Cosa ci faccio qui?- trillò allegro Marlon –che ci fai tu qui, questo è il mio regno- allargò le braccia come a voler sottolineare l’ampiezza del suo territorio

Jude si guardò rapidamente intorno cercando con lo sguardo Lauren o una delle sue strane amiche, ma queste parevano essersi dissolte nel vuoto. Perfetto.

-il…questo posto è tuo?- balbettò alzando la voce per riuscire a farsi sentire

Marlon si accigliò per un attimo prima di aprirsi in una fragorosa risata scoprendo la linea perfetta dei denti bianchi.

-magari!- scosse la testa –intendevo dire che io sono qui praticamente tutti i fine settimana- sorrise gentile –e non ti ho mai vista da queste parti-

-sono con delle amiche- spiegò e quando vide Marlon guardare dietro di lei con aria dubbiosa si affrettò ad aggiungere –saranno andate a prendere da bere-

Il ragazzo le sorrise e riprese a parlare, ma questa volta Jude non riuscì a sentire una parola e non a causa del volume troppo alto, ma per i suoi pensieri che ormai aveva sguinzagliato e correvano liberamente verso un’unica domanda: c’era qualche probabilità che anche Andrew fosse lì?

Da quello che le era sembrato di capire i due erano amici oltre che colleghi e poteva quindi esserci una possibilità che uscissero insieme il fine settimana.

Marlon le toccò leggermente una spalla e Jude tornò al presente.

-hai capito?- chiese Marlon intercettando lo sguardo incantato della ragazza

Jude avvampò e questa volta ringraziò il buio per aver nascosto le sue guance.

-non ho sentito, scusa- diede, per l’ennesima volta, la colpa al volume alto mentre si era semplicemente persa nei suoi viaggi mentali

-ti ho chiesto se vuoi che ti accompagni al bar per cercare le tue amiche-

-oh- Jude rifletté un secondo valutando le possibilità che aveva di fronte

La prima era restare lì da sola con Marlon, sperando che prima o poi Lauren avrebbe avuto il buon senso di andarla a cercare; La seconda era quella di andare a cercarla lei stessa e, con ogni probabilità, senza l’aiuto di Marlon si sarebbe persa ed avrebbe girovagato per la sala per tutta la sera.

-si, ti ringrazio- sorrise rendendosi conto che era inutile contare sul buon senso di Lauren o sul suo senso dell’orientamento

-vieni- con l’ennesimo sorriso Marlon le afferrò il gomito in una presa salda e cominciò a farsi spazio tra la folla di persone che ballava nel modi più assurdi

Appena trovata Lauren, decise, l’avrebbe uccisa.

Come aveva potuto lasciarla nel bel mezzo della pista, da sola? E se le fosse successo qualcosa? Se un maniaco le si fosse avvicinato e le avrebbe fatto Dio solo sa quali cose? Era stata fortunata ad incontrare Marlon in mezzo a tutta quella gente. Certo, se magari al suo posto ci fosse stato Andrew…

-eccoci- Marlon interruppe il pericoloso defluire dei suoi pensieri fermandosi ad un metro da un lungo bancone in vernice nera, dietro il quale alcune persone si muovevano frenetiche riempiendo grandi bicchieri di plastica trasparente con liquidi colorati.

-riesci a vedere le tue amiche?-

Jude si alzò sulle punte, cercando di avere una visuale più completa della situazione.

Proprio mentre stava per sospirare rassegnata una mano le si posò sulla spalla e la voce squillante di Lauren la face sobbalzare.

-Jude! Dov’eri finita?- la biondina si voltò verso di lei pronta ad incenerirla con lo sguardo, ma Lauren non gliene diede il tempo porgendole un bicchiere –tieni, ho preso da bere anche per te-

Afferrò titubante il contenitore portandolo lentamente sotto al naso. L’odore forte di alcol la nauseò, facendole girare leggermente la testa.

Strizzò gli occhi e allontanò il bicchiere.

-potevi dirmelo che ti allontanavi- disse tra i denti, ma lo sguardo di Lauren viaggiava già dietro le spalle di Jude, dove c’era Marlon.

-vedo che non ti sei annoiata nel frattempo, cara-

Jude si voltò verso Marlon che sorrideva con uno strano sguardo verso Lauren.

-lui è Marlon- spiegò all’amica, facendo un passo indietro perchè i due potessero avvicinarsi

-Jude! Ti lascio due minuti da sola e abbordi uno sconosciuto- parlava con Jude, ma senza distogliere lo sguardo dal ragazzo –sono fiera di te!-

La ragazza avvampò sentendosi per l’ennesima volta in imbarazzo per la mancanza di tatto e delicatezza di Lauren. Balbettò qualcosa di insensato, prima che Marlon decidesse di prendere la parola.

-veramente io e Jude ci conosciamo già- fece un passo verso Lauren alzando leggermente la voce

-vi frequentate?- lanciò un’occhiata interrogativa a Jude, facendo un passo indietro

Lauren era una a cui piaceva divertirsi, si, ma aveva delle regole ben precise che seguiva. Una di queste, Jude le conosceva a memoria ormai dopo tutte le volte in cui le aveva elencate, era “non toccare la roba d’altri, soprattutto quella delle tue amiche”.

-no- rispose Jude per entrambi –l’ho conosciuto a lavoro-

-anche tu lavori da Frankie?- chiese a Marlon tornando ad ignorare Jude

-oh no, sono un modello-

Anche al buio Jude riuscì perfettamente a cogliere il luccichio nello sguardo di Lauren.

-interessante- sorrise mordendosi il labbro inferiore

La caccia era cominciata.

Jude non aveva mai visto Lauren all’opera, ne aveva solo osservato i frutti quando la mattina si ritrovava qualcuno mezzo nudo in casa pronto per uscire in punta di piedi.

Lauren era una di quelle ragazze che per strada fa girare anche le donne, che le rivolgono sguardi invidiosi, ed era quindi convinta che le bastasse avvicinarsi a qualcuno per farlo cadere ai suoi piedi. Lauren però le aveva spiegato più volte che non era così, che la seduzione non era solo questione di avere un bel faccino, ma Jude non aveva mai capito a fondo il significato di quelle parole fino a quel momento.

Ora che vedeva Lauren abbassare leggermente la testa e rivolgere a Marlon uno sguardo quasi timido dietro le ciglia scure, che ondeggiava leggermente il corpo stretto in un tubino nero, ora che la osservava portarsi il bordo del bicchiere ai denti e mordicchiarlo, ora, capiva cosa intendeva dire.

Si voltò verso Marlon ed il suo sguardo da pesce lesso non le lasciò alcun dubbio: Lauren aveva già atterrato la preda.

Sentendosi improvvisamente di troppo distolse lo sguardo dai due puntandolo sulla fila di divani in pelle alla sua sinistra. Sul primo divano intravide due ragazze intente a bere in un sol sorso il contenuto dei loro bicchieri, mentre i ragazzi che le accerchiavano le guardavano ridendo sguaiatamente, probabilmente già alticci. Lo sguardo allora volò verso la parte superiore del locale, dove dal balconcino si sporgevano quelli che dovevano essere i “vip” della serata o, più probabilmente, persone con un budget tale che permettesse di guardare gli altri dall’alto.

Passò a rassegna le varie persone che ballavano più o meno a ritmo senza soffermarsi su nessuno in particolare finché una figura non attirò la sua attenzione. Si soffermò proprio su di lui perchè a differenza degli altri non ballava e non si muoveva, aveva le braccia conserte poggiate alla balaustra in ferro e sembrava guardare nella sua direzione.
Per un istante ebbe la convinzione che quel ragazzo fosse Andrew, l’istante dopo si convinse che stava diventando paranoica.

Portò il bicchiere alle labbra, bevendo metà del contenuto in un sorso dopo, per poi strizzare gli occhi. Che diavolo era quella roba?

-Jude, hai sentito cosa ho detto?-

Jude si voltò verso Lauren con aria confusa -no, scusa-

Lauren la guardò in modo curioso, probabilmente chiedendosi su quale pianeta fosse Jude, ma stranamente non commentò come al suo solito con qualche battutina sarcastica.

-Marlon mi stava raccontando come vi siete conosciuti- fece una pausa per sorridere strategicamente nella direzione del ragazzo -mi ha detto che lui ed Andrew sono molto amici-

Jude si irrigidì senza apparente motivo. Marlon e Andrew erano amici, niente di nuovo, non c'era motivo di sentirsi agitati solo perchè questo poteva implicare
la sua presenza lì e due minuti prima aveva creduto di averlo visto.

-quasi fratelli- sorrise Marlon in conferma alla mora -tu come conosci Andy?- era rivolto a Lauren

Gli occhi della ragazza si illuminarono e, ricordando in quali circostanze avessero visto Andrew l'ultima volta, Jude spalancò gli occhi sperando che l'amica non rispondesse con qualcosa di estremamente imbarazzante.

-l'ho conosciuto all'università- rispose vaga e Jude tirò un sospiro di sollievo

Spostò lo sguardo sul viso del ragazzo e il lampo di comprensione che lo attraversò le fece ricordare che le circostanze per la quali Andrew fosse lì quel giorno non le erano chiare. Quando gliel’aveva chiesto il ragazzo le aveva risposto con aria vaga che doveva un favore alla professoressa d’arte, che tipo di favore e cosa c’entrasse Andrew con la Ridle, Jude non l’aveva ancora capito. Al contrario di Marlon che sembrava saperla lunga.

-oh, capisco- sorrise, stranamente senza aggiungere altro

Jude lo vide aprire la bocca come per dire qualcosa, per poi richiuderla repentinamente, mordendosi il labbro inferiore. Di fronte al suo strano silenzio, Jude fu quasi tentata di chiedergli discretamente qualche informazione, quando Lauren prese nuovamente parola.

-già, era in compagnia di Nessie!-

Jude spalancò gli occhi, prima di cominciare a tossire convulsivamente a causa di qualcosa che le era andato di traverso, mentre Marlon assunse un’aria confusa.

-Nessie?- chiese il moro

-Lauren ha sempre voglia di scherzare!- si affrettò a rispondere la ragazza, prima che l’amica peggiorasse le cose –come sta Andrew?- balbettò a disagio

-si parlava di me?-

La voce che sentì al suo fianco fece gelare Jude sul posto.
Stava sognando, vero? La stava solo immaginando, doveva essere per forza così.

Con la lentezza pari a quella di un bradipo in punto di morte, Jude si voltò alla sua sinistra, dove trovò Andrew con un sorriso vago stampato sulle labbra, che passava lo sguardo da lei, Marlon e Lauren.

Fu proprio Marlon a spezzare quel silenzio imbarazzante, battendo una pacca sulla spalla dell’amico.

-Andy! Dove ti eri cacciato?-

Andrew non distolse lo sguardo da Jude nemmeno per un attimo mentre rispondeva all’amico con tono piatto.

-ero di sopra, ma mi stavo annoiando- poi le labbra si arricciarono in un sorriso malizioso –vedo che invece tu hai trovato qualcosa di interessante qui-

Per un attimo il suo sguardo volò verso Lauren e Jude si sentì avvampare dalla collera. Era Lauren quella interessante, o si stava riferendo a lei?

-lo sai- sospirò Marlon con finta aria di sufficienza avvicinandosi alle ragazze –io attiro sempre cose interessanti- ammiccò allargando le braccia ed attirando le due a se. Lauren ridacchiò con fare lusingato, mentre Jude in pieno imbarazzo- sembrava più un pezzo di legno sballottato in ogni direzione da quel torrente che era Marlon.

Andrew alzò gli occhi al cielo, per poi abbassarli e guardare l’amico con aria scettica. Fece per dire qualcosa ma Marlon, togliendo il braccio dalle spalle di Jude si rivolse a Lauren.

-Vedo che hai il bicchiere vuoto! Ti accompagno a prendere da bere- disse con naturalezza e senza aspettare una risposta da parte della ragazza, si voltò verso Jude –visto che sei in buona compagnia, ti spiace se ti rubo l’amica?-

Jude lanciò un’occhiata alla sua “buona compagnia” per poi gettare uno sguardo pieno di panico in direzione di Lauren, trovando con orrore lo sguardo luccicante e vittorioso dell’amica. Conosceva quello sguardo e sapeva che non sarebbe riuscita a staccare Lauren da Marlon nemmeno se l’avesse trascinata di peso.

-certo che no- balbettò cercando di fare un sorriso, ma probabilmente le uscì solo una smorfia.

Il sorriso di Marlon si aprì a dismisura mentre aumentava la stretta attorno alle spalle di Lauren –perfetto, a dopo allora!- e senza dare tempo a nessuno di proferire parola trascinò la ragazza verso il bancone, lasciando Andrew e Jude tra la folla.

Prendendo un respiro profondo, Jude trovò dentro di se il coraggio di voltarsi verso Andrew che, a meno di un metro da lei, continuava a fissarla rivolgendole uno strano sorriso. Avrebbe pagato per poter leggere nella mente del ragazzo in quel momento, per sapere a cosa era dovuto quel sorrisino. La trovava forse ridicola in quel vestitino succinto e quei tacchi alti? Non doveva dar retta a Lauren.

-non lo bevi?- Andrew ammiccò verso il bicchiere tra le sue mani e solo in quel momento Jude ricordò di averne uno

Non le piaceva bere. Aveva bevuto qualche birra il sabato sera insieme alle amiche del liceo, ma quando avevano provato a farle assaggiare qualcosa con una gradazione più forte aveva risputato immediatamente tutto il contenuto nel bicchiere con la bocca che le andava in fiamme. Odiava il sapore dell’alcool e, nonostante fosse coperto da un aroma di mirtillo, il contenuto del suo bicchiere puzzava tremendamente d’alcool.

Osservò Andrew che dal suo canto continuava a rivolgerle strane occhiate e decise che era il caso di mandare giù quello che era rimasto del contenuto anonimo nel suo bicchiere.

Qualcuno spintonò Jude proprio mentre prendeva l’ultimo sorso, che per poco non le andò di traverso.

-vieni, c’è troppa gente qui- ed afferrandola per un gomito Andrew la trascinò dietro di se, verso il margine della pista.

Al contatto con la sua mano il cuore di Jude prese a battere all’impazzata. Come poteva un così semplice contatto sconvolgerla così tanto? La presa sul gomito era calda e Jude sentì il bisogno di sentire quella mano stringere la sua.

Attraversarono la folla spintonando qualcuno qua e la, fino ad arrivare in un punto dove la folla si diradava e la musica era leggermente ovattata. Andrew si fermò, con le spalle al muro e si voltò a guardarla, lasciando la presa. Jude alzò lo sguardo verso di lui ed incrociando i suoi occhi si ritrovò a pensare a quante cose non sapesse di lui.

-non pensavo fossi tipo da un luogo del genere- esordì Andrew dopo un interminabile minuto di silenzio

Effettivamente, Jude non era quello che si poteva definire un tipo da discoteca, ma cosa voleva intendere lui con quella frase? Pensava forse che fosse una di quelle che passava il sabato sera avanti al televisore in compagnia di un cartone di pizza e la sua bibita analcolica preferita?
Con orrore si rese conto che lei era esattamente quel tipo, quindi si limitò a dondolarsi da un piede all’altro, cercando qualcosa di intelligente da dire.

-e che tipo sarebbe uno che frequenta questo posto?- risposta neutra e semplice, si complimentò con se stessa.

Il sorriso che le rivolse Andrew era poco rassicurante. Jude rimase immobile, a guardarlo mentre lui prendeva a squadrarla dai piedi, salendo poi per le gambe lasciate scoperte in gran parte dal vestito, soffermandosi sui suoi fianchi e la vita stretta. Quando i suoi occhi tornarono a guardare quelli di Jude, la ragazza ormai aveva assunto un colorito cremisi, dovuto probabilmente anche al fatto che stesse trattenendo il fiato, come in attesa di una sentenza.

-tipi che vogliono trovare compagnia per una notte- il sorriso malizioso con cui accompagnò quelle parole fece rabbrividire Jude

Le stava forse dando della sgualdrina?

Spalancò gli occhi, irritata, diventando rossa per la rabbia questa volta e si preparò a riversargli addosso gli insulti peggiori che conosceva quando una risposta migliore le venne in mente.

-quindi tu sei così disperato da venire qui il sabato sera per abbordare qualche ragazza facile da portare a casa?- quasi non si riconobbe mentre pronunciava quelle parole così taglienti

Lo sguardo sorpreso di Andrew la fece rinsavire. Chi era lei? Dov’era finita la timida ed impacciata Jude? Lei non rispondeva in modo così indisponente, non era così sfacciata. Fece un passo indietro e si rese conto che Andrew le faceva tirar fuori la parte peggiore di se, le faceva perdere la pazienza e lei non lo faceva mai.

Non doveva bere quel bicchiere dal contenuto sconosciuto.

Quando la risata di Andrew le giunse alle orecchie, ebbe il coraggio di alzare di nuovo gli occhi, stupita.
Che Andrew fosse di una bellezza fuori dal comune Jude se n’era resa conto dall’inizio, ma vederlo ridere in un gesto così naturale, le spezzo il fiato. Gli occhi che si socchiudevano leggermente, le labbra che si distendevano per far spazio alla fila di denti bianchi perfettamente allineati. Il viso di Andrew si illuminava quando rideva, facendo sparire tutta la malizia dietro cui si nascondeva. Quello era il vero Andrew, ed era così bello vederlo che Jude si ritrovò a sorridere, con espressione estasiata.

Lo vide borbottare qualcosa sottovoce, mentre scuoteva la testa, ma non riuscì a cogliere le parole esatte. Fece un passo verso di lui, ma il movimento troppo rapido le causò un senso di vertigine che la fece barcollare per un attimo.

-ti senti bene?- gli occhi di Andrew la studiavano attentamente

La musica le rimbombava nella testa stordendola e la folla –anche se rada- la opprimeva facendole mancare l’aria e per di più cominciava a sentire uno strano senso di nausea.

No, decisamente non avrebbe dovuto bere il contenuto di quel bicchiere.

-ho bisognò di un po’ d’aria- riuscì a dire passandosi una mano sulla fronte imperlata di sudore –dove…dov’è l’uscita?- chiese dubbiosa

L’idea di uscire da quel locale da sola non l’allettava molto, ma se l’alternativa era perdere i sensi di fronte ad Andrew allora l’avrebbe fatto.

-vieni- disse semplicemente lui poggiandole una mano dietro la schiena per guidarla

Jude trattenne il fiato quando sentì la mano di Andrew poggiarsi sulla sua pelle nuda. Aveva dimenticato di avere uno scollo così profondo sulla schiena che il tocco fu tanto improvviso quanto destabilizzante. Fu automatico voltarsi verso di lui, che era più vicino di quanto credesse. La sua espressione smarrita fece sorridere Andrew che si abbasso lentamente verso di lei per sussurrarle all’orecchio –andiamo- solo quando sentì la leggera pressione della sua mano dietro la schiena però, le sue gambe presero a muoversi percorrendo al suo fianco un lungo corridoio buio.

Arrivati all’aperto Jude chiuse gli occhi, beandosi dell’aria fredda dell’inverno Newyorkese.

-non senti freddo così?- le chiese Andrew indicando il suo vestito

-no- era fin troppo accaldata

Jude si appallottolò al muro dietro di lei, studiando la situazione. Si trovavano in una stradina secondaria buia, probabilmente il retro del locale, che era deserto ad eccezione del gatto nero seduto sul cassonetto dei rifiuti a pochi metri da loro.

Andrew, accanto a lei, si strofinava entrambe le mani tra di loro, per cercare di riscaldarle.

-vieni spesso qui?- chiese Jude, mentre una nuvoletta usciva dalla sua bocca a causa dell’aria fredda

Il ragazzo rispose con un’alzata di spalle, distogliendo lo sguardo.

-non so niente di te- non era lei che parlava, probabilmente era stata posseduta dallo spirito schietto di Lauren

Andrew si voltò verso di lei, piegando la testa da un lato con fare curioso –non c’è niente di interessante in me-

Jude non la pensava affatto così, ma per miracolo riuscì a trattenersi dal dirlo.

-non so nemmeno chi sei- incalzò

Scosse la testa e si avvicinò a lei -sono un serial killer che trascina ragazze indifese in vicoli scuri per approfittare di loro e poi ucciderle-

Probabilmente, se fosse stata meno brilla, il tono serio con cui disse quella frase –insieme ai suoi reali sospetti che lui fosse un maniaco psicopatico con crisi di personalità multipla- l’avrebbe spaventata. Ora invece si limitò a sbuffare, abbandonando la testa all’indietro.

-sei troppo bello per essere un killer-

Gli occhi di Andrew si illuminarono, di nuovo, mentre un sorriso incurvava le sue labbra.

-credo sia arrivato il momento per te di tornare a casa- sorrise allungando una mano verso di lei

-non voglio!- urlò tirandosi indietro come un animale impaurito –voglio restare qui, c’è troppa musica dentro!- ed era vero, certo era l’alcol che parlava per lei in quel momento, ma voleva davvero restare lì, con lui ed i loro discorsi improbabili.

-chiamiamo la tua amica e la facciamo venire qui allora, comincia a fare freddo- scandì bene le parole

Jude fece per protestare, ma quando per l’ennesima volta un giramento di testa la colse nuovamente si convinse. Era meglio tornare a casa, si era messa abbastanza in ridicolo per quella sera.

-va bene- biascicò aprendo la pochette per cercare il suo cellulare

Qualche minuto dopo la voce di Lauren ovattata dalla musica in sottofondo, fece capolino dal telefono. Dopo aver spiegato all’amica dove si trovasse riagganciò, alzando poi la testa verso il cielo e prendendo un respiro profondo, cercando di trovare un po’ di lucidità.

Quando riaprì gli occhi, la consapevolezza di quello che era successo la colpì in parte.

-mi dispiace- sussurrò in direzione del ragazzo di fronte a lei

Andrew la fissò dubbioso, chiedendole con lo sguardo il perchè di quelle parole.

-devo averti trattenuto per troppo tempo, ti ho rovinato la serata- non avrebbe mai pronunciato quelle parole se fosse stata lucida

-non hai rovinato nulla Jude- perchè continuava a sorriderle? E da quando era diventato così bello? –è stata una bella serata-

Jude sorrise, con tanto di espressione inebetita. Era stata una bella serata.

Il rumore della porta di emergenza che si apriva accanto a loro la fece sobbalzare e spalancò gli occhi mentre Lauren faceva capolino portando al suo seguito Marlon.

-Jude!- trillò Lauren, inconsapevole del dolore alla testa che aveva appena procurato all’amica

Marciò diritta verso di lei per poi fermarsi quasi subito, accortasi della presenza di Andrew.

-cosa ci fate qui?- chiese sospettosa passando lo sguardo da uno all’altro

Jude fece un passo in avanti, indicando Andrew –lui è un killer e vuole uccidermi-

Lauren spalancò gli occhi, rendendosi conto che l’amica non era nel pieno delle sue facoltà mentali. Si voltò verso Andrew, in cerca di una spiegazione che arrivò presto.

-Jude si sentiva poco bene e voleva prendere un po’ d’aria- commentò, la voce piatta non somigliava nemmeno lontanamente a quella serena di poco prima –credo sia meglio portarla a casa- continuava a dare le spalle a Jude e lei non riusciva a vedere più i suoi occhi

La mora annuì frettolosamente, prima di avvicinarsi a Jude ed afferrarla per un polso. Perchè aveva quello sguardo severo? Perchè Andrew le dava le spalle? Perchè diavolo improvvisamente tutti ce l’avevano con lei?

-andiamo a casa tesoro- Jude annuì staccandosi dal muro sulla quale si era poggiata

-casa vostra è molto distante?- chiese Marlon uscendo dal buio –posso accompagnarvi se…-

-prenderemo un taxi- lo interruppe Lauren –grazie- gli sorrise

Marlon sorrise di rimando lanciando poi uno sguardo ad Andrew che finalmente si voltò nuovamente. Jude non riuscì a reprimere un broncio di delusione quando vide che l’espressione spensierata e genuina era stata nuovamente sostituita dalla solita maliziosa ed enigmatica.

-fate attenzione- disse semplicemente in direzione delle due

Riservò una lunga occhiata a Jude, prima di sparire dietro la porta di ferro, senza dire una parola.

-andiamo- sussurrò Lauren circondandole le spalle col braccio.

Per tutto il tragitto verso casa, abbandonata con la testa contro il finestrino e con i pensieri confusi pensò ad Andrew ed i suoi sbalzi d’umore.
Com’era possibile essere così lunatici? E da cosa dipendevano i suoi sbalzi d’umore?
Cercò di mettere un po’ d’ordine nella sua testa, ma era ancora troppo intontita e le immagini della serata si ripetevano confuse nella sua mente.

Si addormentò così, con la testa contro il finestrino gelato e due occhi lucenti come diamanti che la guardavano con dolcezza.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Ciao, vi ricordate di me? LOL

Chiedo perdono per la lunga assenza, non sto qui a giustificarmi perchè i motivi che mi hanno allontanato da questa storia sono molteplici e complicati.

L’importante è che sono tornata, no?

Spero che qualcuno segua ancora questa storia e che da oggi in poi io riesca a postarla con più frequenza!

Perdonatemi, ci vediamo a fine capitolo!

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La testa gli girava come se qualcuno gli avesse appena dato un pugno in faccia. Arrancò per un paio di piani, arrampicandosi lungo il corrimano e rischiando di cadere ad ogni scalino.

Si fermò sul pianerottolo e si tastò le tasche in cerca delle chiavi di casa, sperando di non averle perse per l’ennesima volta. Per pura fortuna per tutto il tempo erano rimaste proprio lì, nella tasca posteriore dei jeans. Poggiò una mano alla porta fredda e, al terzo tentativo, riuscì ad inserire la chiave nella serratura.

Aprì la porta accompagnando il gesto con una risatina nevrotica e per poco non cadde, inciampando probabilmente tra i suoi stessi piedi.

-dove sei stato?- la voce tuonante del fratello gli fece ritrovare un pizzico di lucidità, svegliandolo dall'intontimento almeno in parte

-è sabato- biascicò strusciando il dorso della mano sulle labbra secche -le persone normali di solito vanno in giro a divertirsi- rispose scocciato avviandosi verso il corridoio, sperando che Ben lo lasciasse in pace, ma venne bloccato a pochi metri dal traguardo

-domenica mattina direi, visto l’orario-

Andrew sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Voleva solo andare a stendersi sul suo letto finché il mal di testa non gli fosse passato, perchè non lo lasciava in pace?

-cos'è, vuoi impormi anche il coprifuoco ora?-

-dove sei stato?- sbottò ancora Ben ignorando il tono scocciato del fratello

-non sono affari tuoi- ringhiò in risposta, sorpassandolo e andando verso la sua stanza

Prima che ci riuscisse però, Ben lo bloccò di nuovo, questa volta afferrandolo per un polso.

-lasciami.andare.subito- rispose tra i denti guardando il fratello negli occhi con aria di sfida.

Gli occhi verdi di Ben, così simili ai suoi di una volta, lo studiarono per qualche istante accuratamente, poi allentò la presa con aria sconfitta.

-che cosa sei diventato, Andy- sospirò malinconicamente abbassando le spalle

Cosa era diventato? Andrew lo sapeva bene. Era diventato una persona debole, senza sogni ne ambizioni, che vive la vita attimo per attimo, senza progetti per il futuro. Una persona vuota, spenta, senza passioni ne emozioni.

Morto. Anche se il suo cuore continuava a battere lui si sentiva privo di vitalità.

E come poteva il fratello, affermato chirurgo, capire lui e la sua vita?

-lasciami in pace!- urlò spintonandolo da parte e correndo a rifugiarsi nella sua stanza.

Si portò le mani al viso imperlato di sudore e si lasciò cadere lungo la porta in mogano, appena sbattuta con brutalità.

L'effetto della coca stava sparendo e al suo posto si stava facendo largo la solita sensazione di vuoto mista ad insoddisfazione. La consapevolezza di essere una nullità stava prendendo di nuovo il sopravvento. Lo odiava e odiava Ben per avergli detto quelle cose, per averlo guardato in quello stupido modo pieno di compassione. Che era una nullità lo sapeva da un pezzo, non c’era bisogno che il fratello glielo ricordasse ogni giorno.

Dannazione, stava pensando troppo e non doveva farlo.

Sapeva che in bagno c'era la sua scorta segreta, poco importava che si era fatto meno di tre ore prima, si alzò di scatto afferrando la maniglia della porta. Poi all'improvviso, come un fulmine a ciel sereno, gli venne l'idea.

Cambiò repentinamente direzione e si avvio verso il grande armadio sul fondo della stanza, scostò brutalmente i vestiti appesi alle grucce facendone cadere qualcuno e sul fondo recuperò una grande tela bianca, ferma lì da mesi ormai. La fissò per qualche istante poi con gesti decisi prese il cavalletto ripiegato accanto ad essa, sistemandoci la tela sopra. Si inginocchiò poi accanto al suo letto infilandoci una mano sotto ed estraendo poco dopo una valigia scura.

L'aprì e guardò attentamente il contenuto trattenendo rumorosamente il fiato. In quella valigia c'era la sua vita, tutto quello che desiderava essere, tutto quello che non aveva il coraggio di diventare.

Col cuore a mille afferrò una boccetta contenente una pittura di un color pesca, delicato, e l'appoggiò su un ripiano vicino. Con mano tremante poi e con un lungo sospiro prese un pennello immergendolo interamente nel liquido. Quel semplice gesto gli causò un fremito interiore che gli percorse l'intera spina d'orsale.

Cercò di tenere la mano ben ferma mentre avvicinava il pennello alla tela. Un calore lo avvolse quando vide il foglio colorarsi. Continuò senza sosta, sentendosi man mano più sereno ed appagato mentre le brutte sensazioni di poco prima scivolavano via. Non era più un fallito, non si sentiva più perso, non si sentiva più una nullità, al contrario, si sentiva la persona più forte del mondo.

Ripose il pennello proprio nel momento il cui le prime luci dell'alba illuminavano la tela abbellita dal suo lavoro e per la prima volta dopo tempo sorrise teneramente, guardando la sua opera, sentendosi se stesso.

 

 

 

 

Jude guardò distrattamente l’orologio per poi chiudere di scatto il portatile poggiato sul tavolo di fronte a lei ed infilarlo frettolosamente nella tracolla. Si passò una mano tra i capelli e sospirando si avviò verso l’uscita della biblioteca.

Quella mattina si era svegliata presto e, anche se non aveva nessun corso da seguire, aveva deciso di recarsi ugualmente all’università per usufruire dell’immensa biblioteca del terzo piano. Aveva pensato che lontano dalle urla di Lauren e i continui borbottii di Elle avrebbe trovato qualche idea da buttare giù per la storia che doveva scrivere, invece si sbagliava. Aveva provato di tutto: fissare il vuoto alla ricerca di un’illuminazione, guardare video strappalacrime che potessero darle qualche idea, aveva persino seguito l’assurda idea di Lauren di farle vivere la sua vita uscendo con lei. Come se lei non vivesse! Certo, forse conduceva una vita più simile a quella di un ottantenne che a quella di una diciannovenne, ma dopo tutto cosa c’è di bello nell’uscire ed ubriacarsi tutte le sere? Le era successo una sola volta, ed il ricordo di Andrew che la guardava con aria sconcertata ancora la tormentava. Tornata a casa quella sera aveva chiesto a Lauren se Andrew fosse stato davvero lì o se le alcol le avesse fatto immaginare tutto, con gran malincuore però l’amica le aveva risposto che era proprio Andrew quello con cui era stata per metà serata e a cui aveva detto frasi sconnesse e senza senso.

Scosse la testa cercando di scacciare Andrew dai suoi pensieri,cosa che diventava sempre più complicata col passare del tempo. Aveva cose più importanti a cui pensare in quel momento, aveva gli esami da preparare, una storia da scrivere ed orari di lavoro da rispettare.

L’aria gelida di New York l’aiutò a riprendersi e ne fece scorta, riempiendone i polmoni. Si avvolse la sciarpa rossa attorno al collo, coprendosi fino al naso e prese a scendere gli scalini saltellando, diretta da Frankie’s. Forse quel giorno avrebbe incontrato qualcuno o visto qualcosa che le avrebbe dato qualche idea, forse lo stesso Frankie con uno dei suoi molteplici aneddoti sui suoi innumerevoli cugini italiani, forse avrebbe…

-ciao-

Si fermò di botto e per poco non cadde lungo la scalinata resa scivolosa dalla neve.

Andrew, spuntato dal profondo nulla, era a qualche scalino più in basso del suo, che la fissava con la sua solita espressione divertita, come se fosse consapevole di riuscire a metterla in imbarazzo con un solo sguardo e probabilmente lo era davvero.

-sembra che tu abbia visto un fantasma- il sorriso si allargò e salì gli ultimi scalini fermandosi a quello prima di dove Jude era rimasta impalata a fissarlo.

Com’è che faceva improvvisamente così caldo?

-cosa ci fai qui?- riuscì a balbettare Jude scostando la sciarpa dal volto

-passavo da queste parti- disse vago, allungandole poi un bicchiere –tieni, l’ho preso per te-

Jude deglutì, senza muovere un muscolo -passavi di qui per caso e per caso mi hai preso un caffè?-

-in realtà speravo di incontrarti- sussurrò senza smettere per un istante di guardarla negli occhi

-oh, beh, posso aiutarti in qualche modo?- balbettò mentre, ne era certa, il suo colorito sfiorava le tonalità di rosso più sgargianti

Andrew ridacchio, scuotendo la testa -dove sei diretta?- rispose con un’altra domanda

-a lavoro-

-posso farti compagnia? Andiamo nella stessa direzione-

Jude non riuscì a far altro che annuire facendo automaticamente sorridere Andrew, che le porse nuovamente il caffè che aveva preso appositamente per lei. Questa volta Jude l’afferrò senza tentennare, sussurrando un flebile “grazie”, mentre si avviavano per la strada uno affianco all’altro.

La ragazza strinse convulsivamente il bicchiere bollente e ne prese un sorso, sentendo all’istante una sensazione di calore percorrerle la spina d’osale, che inevitabilmente la fece rabbrividire.

-non sei abituata a questo freddo, vero?- Andrew non si fece sfuggire nulla, mentre camminava al suo fianco, osservandola.

La biondina scosse la testa, cercando di non guardarlo, quel ragazzo le faceva uno strano effetto.

-sono abituata all’umidità e al caldo, questo gelo non lo sopporto proprio- un brivido la percosse, come a voler confermare la sua risposta

-da quanto sei qui a New York?-

-un anno e mezzo circa- rispose formando una nuvoletta di vapore nell’aria

Andrew annuì con aria pensierosa.

-come mai hai scelto di venire qui?- -è solo curiosità, non sei obbligata a rispondermi-

-a volte tu mi prendi in giro dicendomi che sono una ragazzina del sud- sospirò abbassando lo sguardo –beh, io non mi ci sono mai sentita invece. Tutte le mie coetanee erano felici di andare alla festa del paese o di andare al piccolo cinema fuori città, mentre io sognavo di vedere la central station, di passeggiare tra le grandi luci di new york- sorrise quasi involontariamente, mentre le si illuminavano gli occhi –libertà, per questo sono venuta qui, New York ti da la libertà, l’opportunità, di diventare qualsiasi cosa tu voglia essere-

-e tu cosa vuoi essere?- fu la naturale domanda di Andrew

Jude affondò il naso nella sciarpa mordendosi la lingua. Cosa voleva essere? Una scrittrice e stava studiando duramente per diventarlo, ma poteva dirlo ad Andrew senza che lui le scoppiasse a ridere in faccia?

-non lo so ancora- alzò le spalle senza guardarlo in faccia –devo ancora visitare tanti posti di questa città, forse mi ispireranno e mi aiuteranno a capire cosa voglio diventare!-

Andrew sorrise e scosse la testa –cosa ti piacerebbe vedere che ancora non hai visto?-

-la statua della libertà- disse automaticamente, senza pensarci

Il ragazzo si voltò verso di lei, come se avesse appena bestemmiato in aramaico.

-non hai mai visto la statua della libertà?- allungò un braccio sbarrandole la strada, facendola fermare di colpo insieme a lui

Scosse la testa mentre un leggero rossore le imporporava le guance. Era una cosa così grave?

-ma vivi qui da più di un anno!- le fece notare

-beh io…- balbettò –io n-non- come poteva spiegargli che aveva speso più di un anno rinchiusa in casa a studiare? Aveva girato central park solo perchè era di passaggio per andare da casa sua alla columbia, non aveva mai sognato di allontanarsi così tanto.

-dovresti andarci al più presto- sentenziò Andrew riprendendo a camminare, lasciandola qualche passo indietro, imbambolata.

-e tu?- Jude lo raggiunse saltellando quasi –cosa ti ha portato qui?-

La ragazza fissò con attenzione l’espressione di Andrew, che si indurì appena alla sua domanda -le luci della grande mela attirano tutti, l’hai detto anche tu-

Jude annuì, ma c’era qualcosa nel tono del ragazzo che le fece chiaramente intuire che quella non era la verità, non tutta almeno. Ormai ci era abituata: ogni volta che cercava di sapere qualcosa in più di Andrew, lui tirava su un enorme muro in cemento armato, nascondendosi dietro. La domanda che si poneva Jude era: quella di Andrew era semplice riservatezza, o aveva strane cose da nascondere dietro quel muro?

-siamo arrivati- sentì Andrew accanto a lei fermarsi e lo fece di riflesso, ancora immersa nei suoi pensieri

Alzò per un istante lo sguardo verso l’insegna di Frankie’s, per poi tornare a guardare Andrew.

-grazie per avermi fatto compagnia- sorrise strofinando le mani l’una con l’altra

Andrew non rispose, limitandosi a rivolgerle uno dei suoi sorrisi obliqui infilando le mani in tasca.

Una folata di vento, segno che la neve stava per tornare, li travolse scompigliando i capelli di Jude, che le ricaddero distrattamente sulla fronte.

-stavo pensando…- Andrew estrasse una mano dalla tasca, allungandola lentamente verso il viso della ragazza. Jude trattenne il fiato, mentre sentiva la pelle calda dei polpastrelli del ragazzo accarezzarle la fronte, mentre le scostava i capelli per poi portarli dietro l’orecchio. Ormai la biondina era in fiamme e il cuore che prese a martellarle nel petto non le era di certo d’aiuto –potrei accompagnarti a vedere la statua della libertà, domani-

Jude, ancora in completo subbuglio per aver sentito la pelle di Andrew così vicino, non colse al volo il significato delle sue parole, ma quando lo fece per poco il cuore non le uscì dal petto.

-domani?- balbettò la prima parola che le venne in mente, giusto per avere il tempo di far rinvenire i suoi neuroni

-hai impegni?- la guardò scettico

-oh, no-

-bene- sorrise facendo un passo indietro –ci vediamo sulle scale della Columbia, solito orario-

Jude sorrise a sua volta infilando le mani nella giacca, ciondolandosi da un piede all’altro. Andrew la guardò un ultima volta prima di voltarsi e perdersi tra la folla.

Rimase così, impalata, al centro del marciapiede a fissare il punto verso il quale si era diretto Andrew con un sorriso stampato sulle labbra. L’avrebbe rivisto ancora, il giorno dopo, il solo pensiero l’elettrizzava tremendamente. Forse quella sarebbe stata l’occasione giusta per conoscerlo meglio, forse avrebbe trovato il modo di farlo aprire di più con lei o almeno di capire un minimo sulla vita che conduceva, su quello che gli passava per la testa.

Col suo sorriso e il cuore che le batteva nel petto come non mai, fece per entrare da Frankie’s quando un pensiero le balenò in testa: quello non era un appuntamento, vero?

*         *           *

 

 

Domanda! Giusto per farmi i fatti vostri!

Qual è il posto che più vorreste visitare al mondo? Let me know!

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Qual è il posto che più vorreste visitare al mondo?

Le vostre mete preferite sono per lo più Londra e New York. Alcune poi sognano la Francia o l’Australia.
Io? Io ho sempre avuto un interesse morboso per l’Inghilterra e tutto ciò che la riguarda. Tre anni fa ho realizzato il mio sogno e sono partita per Londra, dove spero di tornare presto.

Detto questo, scusatemi ancora una volta per avervi fatto aspettare un po’, spero almeno troviate che ne sia valsa la pena!

Ci vediamo alla fine.

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-non puoi vestirti così per un appuntamento!-

Jude guardò per qualche istante la sua immagine allo specchio studiando il maglioncino a collo alto color amarena e i suoi jeans consumati, per poi rivolgere all'amica uno sguardo annoiato attraverso lo specchio

-te l'ho detto decine di volte, Lauren: non è un appuntamento-

Lauren portò gli occhi al cielo, esasperata dall'ingenuità dell'amica.

-ti ha invitato ad andare in giro con lui: è un appuntamento-

Jude sbuffò allontanandosi dallo specchio per poi dirigersi verso il letto sul quale aveva poggiato il suo cappotto. Fece per afferrarlo quando Lauren, più veloce di lei, ci piantò una mano sopra bloccandolo.

-oh, almeno questo risparmiatelo, ti prego-

Jude pestò un piede a terra strattonando il cappotto -cos'ha che non va questo cappotto, ora?

-oh, per favore! Nemmeno mia nonna avrebbe il coraggio di andarci in giro-

-ma è caldo!- sbottò -e fuori ci saranno si e no tre gradi!- aggiunse indicando la finestra fuori dalla quale si intravedevano i rami di un albero dondolare sotto la forza del vento.

-ok Jude, ascoltami- la biondina ammutolì di fronte all'espressione improvvisamente seria dell'amica -ti piace Andrew?-

Diretta come sempre, Lauren la fece arrossire fino alla punta dei capelli.

Le piaceva Andrew? Cavolo si, ma sapeva così poco sul suo conto che non poteva dirlo con certezza. Forse avrebbe scoperto qualcosa di così brutto da farle cancellare tutto ciò che di buono aveva visto in lui, forse avrebbe cambiato idea.

Al momento però, Andrew le piaceva, ed anche parecchio.

-si- si arrese con un sospiro

Lauren le sorrise arricciando le labbra in un modo poco rassicurante.

-e tu vuoi piacergli, giusto?-

Jude annuì in modo più o meno convinto.

-bene- si alzò trascinando con se il cappotto -allora lascia perdere questo dannatissimo cappotto-

 

 

 

Un fiocco di neve le cadde proprio sulla punta del naso e Jude scosse la testa infilando le mani nelle tasche, sbuffando infastidita. Dimenticava sempre la regola numero uno che Elle le aveva vivamente consigliato di seguire in ogni caso: mai ascoltare Lauren.

Aveva detto all’amica dell’incontro con Andrew sperando che questa potesse aiutarla, invece Lauren non aveva fatto altro che metterla ancora più in agitazione con le sue raccomandazioni su come vestirsi, salutare, sorridere e quant’altro. Jude aveva annuito con aria assente, poi aveva prontamente dimenticato tutto quello che le aveva detto e, soprattutto, era riuscita a convincerla a non farle indossare quei tacchi vertiginosi che erano improvvisamente spuntati dal suo armadio. Alla fine era riuscita a raggiungere un accordo: si al giubbino super aderente e scoprente, no ai tacchi assassini.

Quindi, tirando le somme, poteva considerarsi fortunata che le si stesse gelando il fondoschiena.

Quando Jude arrivò di fronte alla Columbia, dove lei ed Andrew si erano dati appuntamento, ormai la biondina era ormai in stato di ibernazione. Alzò la sciarpa fino al naso cercando di compensare così il freddo che sentiva ghiacciarle la schiena.

A pochi passi da lei vide Andrew, che invece sembrava essere a suo agio stretto in un morbido trench color fango dall’aria calda. Quando la vide, il solito sorriso furbo gli spuntò sulle labbra, mentre anche gli occhi si assottigliavano facendo fare una capriola al cuore di Jude che sussultò, prima di sorridergli a sua volta.

-scusa il ritardo- Jude si sistemò una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio, abbassando lo sguardo.

-sono qui da poco, tranquilla-

La ragazza gli sorrise alzando la testa e se lo ritrovò più vicino di quanto credesse con gli occhi che scrutavano i suoi. Trattenne il fiato per un istante, mentre cercava di darsi un contegno: non poteva andare a fuoco ogni volta che la guardava!

-sei emozionata?-

Jude spalancò gli occhi, sobbalzando. Aveva capito l’effetto che aveva su di lei?

-come?- balbettò tirando una ciocca di capelli all’indietro in un tic nervoso

-sei emozionata all’idea di vedere Liberty?-  chiarì facendo tirare a Jude un sospiro di sollievo

-certo, non vedo l’ora! Quanto pensi ci metteremo per arrivare fin lì?- non era poi così tanto distante da dove si trovavano, ma si era documentata un po’ in rete ed aveva visto che per raggiungere Liberty Street dovevano prendere due linee metropolitane e questo sicuramente gli avrebbe fatto perdere del tempo.

-dieci minuti circa- decretò con nonchalance e Jude si accigliò all’istante

-ne sei sicuro? Pensavo ci volesse più tempo con la metro- chiese dubbiosa, dopo tutto era lui quello esperto in quel caso

Andrew sorrise, un sorriso strano che Jude trovò alquanto inquietante.

-ma noi non andremo in metro, ovviamente- con un gesto fluido Andrew le passo un braccio attorno alle spalle, trascinandola letteralmente lungo il marciapiede.

Jude ammutolì, mentre sentiva la voce di Andrew come se fosse distante chilometri, e quasi inciampò tra i suoi stessi piedi che le sembravano due lastre di marmo. Sentiva il calore del ragazzo avvolgerle le spalle e questo era più che sufficiente per far andare i suoi neuroni in brodo di giuggiole.

Era talmente concentrata sulla regolazione del battito del suo cuore per impedirgli di farle venire un infarto, che nemmeno si accorse che Andrew si era fermato, se ne rese conto solo quando il ragazzo tolse la mano dalle sue spalle, facendo scoppiare la bolla nella quale era finita imprigionata.

-…questa- colse solo l’ultima parola, ma quando si rese conto che Andrew la fissava in modo strano si decise a tirare le redini dei suoi neuroni impazziti

-cosa?- domandò ancora frastornata, mentre una fastidiosa ed insistente voce dentro di se non smetteva di ripeterle che voleva sentire ancora il calore del ragazzo

Andrew la guardò, alzando un sopracciglio, prima di indicare qualcosa alla loro destra.

-ho detto, che andremo con questa-

Jude seguì con lo sguardo il punto che Andrew stava indicando e quando i suoi occhi incontrarono quel mostro in ferro sperò vivamente di aver capito male.

-noi dovremmo andare con questa…cosa?-

-questa cosa si chiama moto- scosse la testa sorridendo avvicinandosi alla cosa rossa fiammeggiante.

-non mi interessa come si chiama, io non ci salgo di certo!- sbottò Jude piantando i piedi a terra.

Era forse impazzito? Se pensava che si fosse avvicinata a meno di un metro da quel aggeggio a due ruote era del tutto fuori strada. Aveva soli diciannove anni e non ci teneva a morire spiaccicata contro un camion.

-non è un drago Jud- Andrew alzò gli occhi al cielo aprendo la sella -oh, non dirmi che giù al sud non avete dei gioiellini come questo- sorrise furbo, consapevole di star punzecchiando i suoi nervi

Jude diventò paonazza, quel ragazzo aveva la capacità farla passare dalla calma totale alla rabbia più feroce in pochi minuti. Poco prima stava per pregarlo di toccarla di nuovo, mentre ora era alla ricerca di un oggetto contundente con cui spaccargli la testa.

Andrew estrasse due caschi, porgendone uno a Jude, richiudendo poi la sella.

-forse non ci crederai- sibilò scansando il casco -ma il New Bern non fa parte del terzo mondo ed anche noi disponiamo di mezzi con cui spostarci- replicò stizzita

-davvero?- Andrew sfoderò la faccia sorpresa più falsa a disposizione nel suo repertorio –ed io che pensavo che scorazzaste per i campi a piedi nudi!-

-certo, di tanto in tanto ci piace anche sguazzare nel fango- commentò sarcastica

-gente di altri tempi, non c’è che dire- Andrew sghignazzo di fronte all’espressione furibonda di Jude –non pensi che sia venuta l’ora di dire addio a forcone e ascia e provare qualcosa di nuovo?-

Jude ringhiò afferrando il casco dalle sue mani –dammi questo dannatissimo coso prima che te lo spacchi in testa-

Questa volta la risata di Andrew fu piena e senza freni.

-Aggressiva: così mi piaci!- le strizzò l’occhio prima di salire a cavallo di quella cosa infernale

Jude strinse forte i pugni mentre il fumo era pronto ad uscirle dalle orecchie.

Forse, pensò, poteva tirargli un paio di volte in testa il casco, prima di indossarlo.

 

 

 

Il viaggio non era stato poi così traumatico come aveva pensato. Certo, escludendo il fatto che Andrew era un vero folle alla guida, che un paio di volte avevano rischiato di schiantarsi e che alla fine del giro le tremavano le gambe e sentiva l’irrefrenabile impulso di vomitare.

La cosa positiva era che in tutto ci avevano impiegato si è no dieci minuti, come previsto da Andrew.

-Al ritorno prendo la metro- sibilò contrariata consegnando il casco tra le mani di Andrew, che prontamente alzò gli occhi al cielo.

-non fai mai nuove esperienze?- borbottò con aria scocciata

-certo che sì!- scattò sulla difensiva, essendo stata colta nel suo punto debole –rischiare la vita non è contemplato nel mio concetto di “fare nuove esperienze”, però-

-quanto la fai lunga- infilò le chiavi in tasca cominciando a camminare lungo la strada dove avevano parcheggiato

-sentiamo- ricominciò pensieroso dopo qualche minuto che camminavano in silenzio, uno affianco all’altro –cosa rientra nel tuo concetto di fare nuove esperienze?-

Jude aprì la bocca pronta a ribattere, ma la chiuse all’istante quando si rese conto che non aveva idea di cosa dire.

Lei, fare nuove esperienze? Se ci fosse stata Lauren lì, di sicuro sarebbe scoppiata a ridere. Lei era avversa ad ogni nuova esperienza, le nuove esperienze le mettevano ansia, paura, agitazione. Non era meglio rifugiarsi nella cara e familiare routine?

Però in moto col bell’imbusto ci sei andata, l’ammonì la sua stupida coscienza che lei prontamente zittì. Non poteva mica prendere la metro da sola? Era stata costretta ad accettare!

-come pensavo- sussurrò

-sono qui per studiare- rispose stizzita sistemando la sciarpa –non ho tempo per…-

-vivere?-

-per le distrazioni- lo ammonì lei guardandolo di traverso. Perchè da qualche giorno a questa parte tutti erano pronti a criticare la sua vita?

Andrew si accigliò, allungando in un attimo una mano verso il suo viso, per scostare un ciuffo che le ricadeva sulla guancia, che prontamente diventò rosa.

-io sono una distrazione?- chiese diretto, come sempre

Jude boccheggiò un paio di volte. Certo che era una distrazione, ma era anche la distrazione più piacevole ed emozionante.

Andrew le sorrise come se, come sempre, le avesse letto nel pensiero.

-cosa fai durante la tua giornata?- le chiese interessato infilando le mani in tasca

-beh, per lo più vado all’università, lavoro, poi casa a studiare- gli rispose sincera ed imbarazzata. Di certo Andrew aveva una vita sociale molto più movimentata della sua e lei si era appena descritta come una vecchia zitella in menopausa.

-e quando fai le cose che ti piacciono?-

-a me piace andare all’università!-

-sto parlando di hobbies Jude, ne avrai avuto uno, no?-

Jude si torturò il labbro inferiore nascondendo il viso nella sciarpa. Aveva tanti hobbie Jude, amava scrivere, la musica, il cinema, ma da quando era a New York non riusciva a dedicarsi a nessuno di questi.

-beh, non ne ho il tempo-

Andrew alzò un sopracciglio, guardandola di traverso.

-si dovrebbe trovare il tempo per dedicarsi a ciò che si ama Jude, sempre-

 

 

 

-wow- fu l’unica affermazione che uscì dalle labbra di Jude di fronte all’imponenza di quell’opera d’arte.

Dopo interminabili minuti finalmente erano arrivati a destinazione, ed ora Liberty si ergeva in tutta la sua maestosità di fronte a loro.

-è stupenda, non è vero?- sentì sussurrare Andrew accanto a lei e non poté far altro che annuire

-ora capisco perchè è il simbolo di New York- sussurrò estasiata

-è il simbolo della speranza- il tono con cui Andrew pronunciò quelle parole la costrinse ad abbassare lo sguardo, fino ad incontrare l’espressione seria di lui, intento a fissare Liberty a naso all’insù.

Sentendosi osservato Andrew distolse a sua volta l’attenzione dall’enorme statua per dedicarsi a Jude, che lo studiava a qualche centimetro di distanza. Andrew le sorrise, prima di voltarsi ed indicarle il fiume che sfociava nell’oceano.

-Da lì persone che affrontavano lunghi viaggi arrivavano a New York- cominciò a spiegare –persone che lasciavano tutto dietro di se: casa, famiglia, amici, si lasciavano alle spalle la loro vita per affrontare qualcosa di totalmente nuovo e sconvolgente, un nuovo inizio- a Jude parve di scorgere una strana scintilla nei suoi occhi, mentre a bassa voce le parlava di tempi lontani –dopo mesi di viaggio, stanchi e scoraggiati, arrivavano qui e la prima cosa che vedevano era lei- alzò di nuovo lo sguardo, per un istante solo prima di fonderlo nuovamente con quello cristallino di Jude –ed allora la speranza tornava a vibrare forte nei loro cuori, sussurrandogli che qui avrebbero trovato una vita migliore, la libertà-

Jude era senza parole, non tanto per la storia appena raccontatale, ma per la luce che aveva attraversato gli occhi di Andrew per tutto il tempo in cui aveva parlato, come se lui stesso fosse stato su una di quelle navi, come se avesse condiviso il loro dolore, le loro ansie, le loro paure.

-chi te l’ha raccontato?- chiese titubante e la luce nei suoi occhi si spense all’istante

-mio padre- rispose distogliendo lo sguardo

-ci venivi spesso con lui qui?-

-no- altra risposta secca, che questa volta spiazzò Jude e lui se ne accorse

Sospirò passandosi una mano sul viso –ci sono venuto da bambino, un paio di volte, quando ancora mio padre mi portava con se nei suoi viaggi di lavoro-

Jude si morse la lingua impedendosi di formulare la domanda che era sorta spontanea nella sua mente. Che lavoro faceva suo padre? Era lì in America con lui? Perchè si era trasferito?

Aveva mille domande da fargli, ma come sempre non sapeva fin dove poteva spingersi con Andrew, aveva paura che al primo passo falso lui potesse richiudersi a riccio come era successo poco prima. Aveva capito che aveva poco piacere a parlare della sua famiglia e non voleva di certo obbligarlo a farlo, ma d’altro canto moriva dalla curiosità di sapere qualcosa in più sul suo conto perchè era morbosamente curiosa e maledettamente attratta da lui e dal suo alone misterioso.

Una folata di vento li travolse e Jude rabbrividì maledicendo, per l’ennesima volta, Lauren ed il suo stupidissimo giubbino.

-Hai freddo?- le chiese gentilmente il ragazzo, studiandola

-n…no- balbettò battendo però poi i denti tra di loro

Andrew alzò gli occhi al cielo, prima di allungare le mani verso le sue, unite, e stringerle forte.

-sei ghiacciata!- constatò strofinando le mani sulle sue

Se non altro, Jude riacquistò colorito all’istante.

-ho dimenticato i guanti- si giustificò lei arrossendo

-ed anche un pezzo di giubbino- constatò studiando ogni centimetro e Jude avvampò, questa volta per la vergogna.

Maledetta Lauren.

Non ebbe nemmeno il tempo di aprire la bocca che, con uno strattone, Andrew la fece avvicinare a se portando le loro mani unite alle labbra.

-vieni qui- sussurrò prima di soffiare in quel groviglio di dita intrecciate, riscaldandole

Jude si limitò ad avvampare silenziosamente, mentre non riusciva a distogliere lo sguardo dagli occhi di Andrew. Che diavolo le stava succedendo? Non era mai stato il tipo di ragazza che si lasciava incantare da un bel faccino, anzi, aveva sempre trovato difficile provare interesse per qualcuno ed ora si stava infatuando di un ragazzo conosciuto da poco, del quale non sapeva praticamente niente.

Eppure non si era mai sentita attratta così tanto da qualcuno prima.

-pensi che potresti permetterti qualche altra distrazione nei prossimi giorni?- il tono basso e caldo con cui pronunciò quelle parole fece perdere a Jude il controllo sulle sue ginocchia che traballarono per un istante. Le stava forse chiedendo di vedersi ancora?

-penso…penso di si- riuscì a rispondere dopo essersi schiarita la voce un paio di volte

Andrew le sorrise, questa volta un sorriso privo di malizia o doppi sensi, un sorriso sincero come quello di un bambino quando apre i regali il giorno di Natale.
In silenzio avvicinò nuovamente le labbra alle loro mani, questa volta però lasciando un bacio leggero sulle dita di Jude, prima di lasciarle andare.

-perfetto-

Per la prima volta, quella notte, Jude sognò di baciare Andrew.

 

 

 

 

 

 

 

HOBBIES! Quali sono i vostri? C’è qualcosa che avreste voluto fare ma non ne avete mai avuto modo? Tempo?

LET ME KNOW!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Niente chiacchiere questa volta, scusatemi ma sono di fretta come un lama impazzito(?)

Un solo, enorme, grazie ad Egg___s che ha letto in fretta e furia la storia e mi ha aiutata con l’ultimo capitolo :)

Hope you enjoy

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Alzarsi presto la mattina non era mai stato un problema per Jude, quella mattina però avrebbe decisamente preferito restare sepolta tra le coperte.

Con uno sbuffo scalciò il piumone e si mise a sedere sul letto fissando il quaderno degli appunti, vuoto, poggiato sulla scrivania di fronte a lei. Quel giorno la professoressa avrebbe chiesto ad alcuni alunni di parlare della storia che avrebbero dovuto scrivere per la fine dell’anno e Jude sperava vivamente che lei non fosse tra quelli per un solo, semplice, motivo: non aveva alcuna idea.

Si stava arrovellando la mente da giorni alla ricerca di una trama per la sua storia, ma niente, quello che usciva fuori erano le solite storie melense e scontate. Se voleva vincere, o almeno provarci, doveva scrivere qualcosa di forte, diverso e vero.

Come se non bastasse, a distrarla in quei giorni  c’era il pensiero fisso di Andrew, che era tutto un mistero per lei.

Un rumore proveniente dalla cucina la sorprese, facendola sobbalzare sul letto. Diede un’occhiata alla sveglia poggiata sul comodino, accigliandosi. Erano le nove di lunedì mattina, Elle doveva essere già uscita visto che ogni lunedì passava dalla biblioteca prima di andare a seguire le lezione e, con ogni probabilità, Lauren era ancora a letto, quasi certamente stravolta dalla nottata precedente passata chissà dove.

Chi diavolo c’era in cucina, allora?

La biondina infilò al volo le pantofole e afferrò la prima cosa che prese sotto tiro: il suo quaderno.

Espressione assonnata, pigiama rosa con tanto di coniglietti, pantofole di peluche e un quaderno con gli anelli brandito a mo’ di arma. Così si che avrebbe fatto spaventare un potenziale ladro/serial killer.

Cercando di non pensare a quanto poco di fosse di minaccioso in lei, Jude aprì la porta e con passo leggero si avviò verso la cucina.

Il rumore di un’anta che si chiudeva la fece bloccare nel bel mezzo del corridoio, facendole saltare il cuore in gola. Che stava facendo? Forse avrebbe fatto meglio ad andare a svegliare Lauren, ma probabilmente la ragazza avrebbe bofonchiato qualcosa senza prestarle attenzione e si sarebbe rimessa a dormire.

Incerta, Jude fece un altro passo verso la stanza. Forse Lauren aveva deciso di alzarsi presto o Elle aveva fatto tardi, forse lei era solo paranoica e doveva smetterla di spaventarsi per niente.

Con un respiro profondo Jude si fermò ad un passo dall’entrata. Brandì il suo quaderno, la sua unica arma e, facendosi coraggio, entrò.

Quello che vide davanti a lei, di spalle, era un energumeno alto quasi il doppio di lei con due spalle enormi. Indossava dei jeans aderenti, senza maglietta. Chi diavolo…

Il ragazzo stava per voltarsi e, presa alla sprovvista, Jude cacciò un urlo cominciando a battere l’unica arma che aveva sulla schiena dello sconosciuto. Chiuse gli occhi con forza dimenandosi come un’anguilla. Chi era quell’uomo? Cosa ci faceva a casa sua? Nella sua cucina? E perchè era mezzo nudo?

Sentì una mano afferrarle il polso con il quale brandiva la sua arma e si fermò di colpo, sconfitta.

Aprì gli occhi deglutendo, spaventata. Un momento, ma quello era…

-Jude?-

-Marlon?!- dissero nello stesso momento.

La biondina spalancò gli occhi, mentre il viso le andava a fuoco.

-cosa stavi cercando di fare?- chiese il ragazzo osservando l’oggetto che teneva in mano.

-spaventarti?-

Marlon alzò un sopracciglio, guardandola serio –hai bisogno di un corso di auto-difesa- 

-cosa ci fai qui?- sbottò liberando il polso dalla sua presa.

-sono qui da ieri notte, in realtà-

Jude alzò entrambe le sopracciglia, senza capire.

-sono stato con Lauren- le spiegò lui paziente

La ragazza spalancò gli occhi dalla sorpresa, restando interdetta. Lauren aveva portato a casa Marlon?

-questo significa che avete…-

-fatto sesso- la interruppe lui con un sorriso stampato in faccia.

Jude si tappò le orecchie senza riuscire a reprimere un –AH!-

Possibile che non ci fosse niente che imbarazzasse quel ragazzo?

Marlon ridacchiò divertito afferrando la caraffa poggiata sull’angolo cottura.

-caffè?- propose con un sorriso cordiale.

Jude annuì sedendosi sullo sgabello, aspettando che Marlon le riempisse la tazza come se fosse lui il padrone di casa e lei l’ospite.

-Quindi…- si schiarì la voce afferrando la tazza –tu e Lauren vi state…frequentando?- chiese dubbiosa.

Marlon arricciò il naso grattandosi il mento.

-Dipende cosa intendi per “frequentare”-

-beh- chiarì lei sistemandosi meglio sullo sgabello –fate sesso, quindi uscite insieme?- che domanda spavalda, peccato che fosse avvampata subito dopo averla posta.

-ci siamo incontrati un paio di volte al club 21- spiegò con nonchalance alzando le spalle ed in quel momento Jude capì che non voleva sapere di più.

La sua coinquilina era una folle e lo sapeva, ma quel tipo pareva esserlo ancora di più. Perchè cercare di entrare nei loro affari contorti?

Marlon si sedette di fronte e lei, sorseggiando a sua volta una tazza di caffè, sorridendole rilassato. Jude, invece, non era poi così rilassata.
Un modello brasiliano, mezzo nudo, migliore amico del ragazzo per cui aveva ormai aveva perso la testa, le sedeva di fronte e lei era lì che lo fissava con aria da rimbambita. Era un caso perso.

-Quindi…- cominciò il ragazzo -…cosa combinate tu ed Andrew?-

Jude si sforzò di mandare giù il caffè per evitare che le andasse di traverso, prima di diventare completamente rossa dall’imbarazzo.

-io…Andrew…che?- balbettò poggiando la tazza sul marmo.

Calma, doveva restare calma.

-si, ho saputo che vi siete visti qualche volta- prese un sorso di caffè mentre Jude continuava a muoversi istericamente –certo, ho dovuto praticamente estorcergli quattro parole in croce- alzò gli occhi al cielo, infastidito –Andrew non è un tipo a cui piace parlare molto-

-l’ho notato- commentò Jude in un sussurro abbassando lo sguardo.

Marlon sorrise furbo –però ti piace-

Perchè doveva essere come un libro aperto per tutti?

-non lo conosco molto, in realtà- una verità che non c’entrava affatto col fatto che fosse già cotta e stracotta.

Improvvisamente Marlon, sempre sorridente, si adombrò abbassando lo sguardo sulla sua tazza.

-sta attenta con lui Jude- sussurrò talmente piano che la ragazza faticò a sentire –Andrew è un bravo ragazzo, ma a volte lo dimentica. Dimentica se stesso e la strada giusta da percorrere-

Jude guardò il ragazzo con un’espressione indecifrabile. Cosa voleva dire con le sue parole? La stava mettendo in guardia da Andrew, ma perchè?

Aprì la bocca per chiedergli spiegazioni, ma un rumore alle sue spalle la distrasse e Lauren fece il suo ingresso nella stanza.

-Buondì raggio di sole- la brunetta salutò Jude, che aveva ancora un’espressione spaesata in viso, per poi rubarle la tazza dalle mani, senza degnare di uno sguardo Marlon.

-oh, sei ancora qui- piegò la testa di lato, accorgendosi finalmente della presenza del ragazzo.

-stavo chiacchierando con Jude- rispose, il sorriso affabile era tornato sulle sue labbra –stavo pensando che…-

-oh, beh- lo interruppe Lauren –io vado a fare la doccia. Quando avete finito, Marlon, conosci la strada- sorrise dolce, come se gli avesse offerto delle caramelle e non la porta di casa.

Veloce com’era entrata Lauren sparì e Jude vide Marlon fare una strana smorfia, probabilmente non era abituato a farsi mettere alla porta, ma Lauren era fatta così: una sera e basta. Nessuna eccezione.

 

 

 

 

 

 

-Quindi tu non mangi carne- Andrew rimase con l’hot dog appena comprato a mezz’aria guardandola sconcertato dietro i suoi Ray-Ban neri, come se lei avesse appena bestemmiato.

-si che mangio carne, ma non qui-

A quella risposta l’espressione del ragazzo divenne alquanto dubbiosa. Jude sospirò, mentre si accingeva a spiegare la sua teoria sulla dubbia provenienza di quella carne. Per tutto il tempo in cui parlò Andrew la guardò con un sopracciglio alzato e alla fine scosse la testa.

-è una cosa strana, ma da te-

-da me?- chiese interdetta, cosa intendeva dire?

Ma Andrew per tutta risposta diede un morso enorme che portò via quasi metà del suo panino farcito con tutte le salse possibili ed immaginabili.

-per il lavoro che fai non dovresti fare una cosa tipo: un’alimentazione corretta?- chiese divertita ed Andrew le sorrise, con le guance ancora piene.

-metabolismo veloce- bofonchiò battendo leggermente una mano sulla pancia al di sotto del cappotto.

Jude sorrise a sua volta, nascondendo poi il viso dietro la sciarpa color amarena.

Nonostante fosse una delle rare giornate assolate a New York, per Jude l’aria era fin  troppo fredda per fare una passeggiata a Central Park, Andrew però non era dello stesso parere visto che l’aveva praticamente trascinata fin lì dicendole che di giornate come quella non ce ne sarebbero state molte nelle prossime settimane. Come dargli torto?

Nonostante il freddo, quando i suoi occhi incontrarono quelle immense distese di neve si ritrovò felice di aver acconsentito.

 -vuoi dire che non ti sei mai seduta sotto una quercia mangiando un hot dog?- disse di punto in bianco il ragazzo, evidentemente ancora incredulo dalle sue parole

-ho seduto sotto una quercia leggendo un libro- sorrise in risposta lei di fronte alla sua espressione.

-non è la stessa cosa- scosse la testa contrariato -vieni con me- e senza aggiungere altro le afferrò una mano trascinandola dietro di se lungo la stradina in ghiaia.

Jude lo seguì senza fiatare rimpiangendo di aver messo i guanti che le impedivano il contatto diretto con la pelle del ragazzo. Dio Santo, era messa proprio male.

-Andrew, che stai facendo?- chiese dubbiosa senza però fermarsi.

-ti sto portando in un posto- lo sentì borbottare distrattamente.

Il ragazzo non si fermò finché non si trovarono di fronte alla quercia più grande che Jude avesse mai visto in vita sua.

-Dio, è enorme- sussurrò estasiata mentre lo sguardo si perdeva all’insù dove il sole giocava con le foglie secche creando uno spettacolo di luci ed ombre.

-E’ la più grande del parco- spiegò Andrew e senza mai lasciarle andare la mano la fece avvicinare al grandissimo tronco.

-siediti- ordinò in tono gentile ricevendo in risposta un’occhiata stranita da parte della biondina.

-e va bene- sospirò allora Andrew alzando gli occhi al cielo.

Le lasciò la mano e per un istante Jude ebbe l’impulso di riafferrarla al volo. Non riuscì a farlo però, perchè inaspettatamente Andrew si lasciò cadere sul sottile strato di neve ai piedi della quercia, stando attento a non far cadere il suo panino mentre si stendeva comodamente di schiena.

Jude alzò entrambe le sopracciglia nel guardarlo immerso nella neve mentre batteva lentamente una mano sullo spazio vuoto accanto a se, invitandola chiaramente a raggiungerlo.

-è freddo lì e mi bagne…- si interruppe vedendo il ragazzo cominciare a sbottonare il giubbino. Dopo di che, con cura lo poggiò sullo spazio vuoto accanto a lui.

-ora ti siedi qui?- la biondina ci mise qualche secondo per capire le parole del ragazzo, distratta dal maglioncino a girocollo che aderiva perfettamente al suo corpo.

Seppur dubbiosa Jude si chinò a sua volta, sedendosi a gambe incrociate accanto a lui che si mise sdraiato su un fianco come se stesse prendendo il sole.

-tieni- disse semplicemente mollandole l’hot dog tra le mani

-non mangerò questa roba, Andrew- rispose storcendo vistosamente il naso –e dovresti seriamente rinfilare il giubbino prima che ti venga una polmonite-

Con uno scatto di reni il ragazzo le fu di fronte, talmente vicino che Jude si scansò spaventandosi.

-tu, invece, dovresti rilassarti di più, Jude- con una mossa subdolamente studiata allungò un dito verso il suo collo mentre con la scusa di scostarle una ciocca di capelli le lasciava una carezza calda dietro l’orecchio.

La biondina rabbrividì e, a giudicare dal sorriso beffardo, Andrew se ne accorse e colse anche il motivo.

Jude avrebbe risposto, gli avrebbe detto che lei era rilassatissima, che non avrebbe mai mangiato quello stupido pezzo di carne, glielo avrebbe detto se solo quello stupidissimo dito non avesse preso a disegnare linee immaginarie sul suo collo.

-io…non…- riuscì a borbottare mentre le sue guance si imporporavano di rosso.

-shhh…rilassati- sussurrò lui facendola letteralmente sciogliere.

Jude si voltò, un’espressione persa sul suo viso, e incrociò i suoi occhi. Quegli occhi sempre rossi e stanchi che nascondevano un mondo. Mentre Andrew s’impegnava a “rilassarla” lei si perse nello studio minuzioso del suo viso. Quel giorno Andrew aveva un’espressione serena e un sorriso sempre presente sulle labbra carnose e Jude non poté far a meno di notare quanto fosse diverso il ragazzo che si trovava di fronte a lei in quell’istante da quello che aveva conosciuto qualche settimana prima, arrogante e scontroso.

Inevitabilmente le parole di Marlon le rimbombarono improvvisamente e insistentemente in testa. Il ragazzo l’aveva messa in guardia, facendole capire che in Andrew c’era qualcosa di strano, quel qualcosa che lei aveva intuito ma non ancora scoperto. Quel qualcosa che l’attraeva in modo quasi ossessivo.

Le prime volte che si erano visti Andrew pareva tollerare appena la presenza di Jude, ora invece sembrava cercarla con piacere. Cos’aveva fatto cambiare idea al ragazzo? Cosa l’aveva resa improvvisamente interessante per lui?

-ecco- sorrise lui afferrandole delicatamente la mano con la quale reggeva l’hot dog –ora da un morso-

Come ipnotizzata, ancora persa nei suoi pensieri, Jude obbedì all’ordine del ragazzo. Quando si rese conto di quello che aveva fatto spalancò gli occhi portandosi una mano alla bocca.

-Andrew!- gridò in preda al panico –che diavolo…-

Venne bloccata però dalle sue dita che si posarono leggere sulle sue labbra –niente panico Jude, ci sono persone che lo mangiano tutti i giorni e sono ancora vive-

Jude diventò rossa, in un misto di rabbia e vergogna.

-tu sei un…- dovette fermarsi per deglutire quando le dita di Andrew le fecero una carezza sul labbro inferiore

-sei un…- provò di nuovo, ma stavolta venne interrotta dall’occhiata intensa che le stava rivolgendo.

Non era forse la neve quella che aveva sentito gelarle il fondoschiena fino a cinque minuti prima? Perchè ora si sentiva bollire dall’interno?

-un…?- la sfidò a continuare con voce suadente e un sorriso furbo.

-un…idiota- riuscì a dire con voce strozzata.

-un adorabile idiota- le accarezzò il mento e Jude provò l’impulso di chiudere gli occhi.

L’avrebbe baciata. Se solo avesse voluto avrebbe potuto azzerare la poca distanza tra loro alimentando il fuoco che stava nascendo in Jude. Avrebbe potuto prenderle il viso tra le mani e baciarla per ore, ma non lo fece. Semplicemente le lasciò il mento e poi Jude la vide chiaramente, vide quella strana ombra oscurare i suoi occhi, facendolo diventare nuovamente freddo e distaccato.

-sarà meglio andare- sbottò alzandosi di scatto –non voglio che tu ti lamenti perchè ti è venuto il raffreddore a star seduta lì-

Jude aprì la bocca per controbattere, ma la chiuse all’istante totalmente spiazzata dall’ennesimo, repentino, cambio d’umore del ragazzo.

Sì alzò lentamente raccogliendo il giubbino e porgendolo al ragazzo, che l’afferrò senza nemmeno degnarla di uno sguardo.

-Andiamo-

A Jude si strinse lo stomaco ed il cuore nel guardare le spalle di Andrew che si allontanavano a passo deciso.

Il mistero Andrew era ancora tutto da scoprire.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Salve, mie care :)

Visto? Sono sempre viva! Mi scuso ancora una volta se non riesco ad aggiornare con più frequenza, ma sono davvero super impegnata ed il tempo libero è davvero poco. Vi chiedo un po’ di pazienza!

Grazie a tutte quelle che hanno messo la storia tra le seguite (siete davvero tantissime!), preferite e seguite! Un enorme grazie a chi recensisce, rallegrandomi la giornata.

Vi lascio al capitolo, invitandovi a lasciare una recensione, anche piccola, se vi va.

Ci vediamo a fine capitolo con la domanda di curiosità!

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-Io rivaluterei l’opzione della psicopatia, se fossi in te-

Elle, poggiata allo stipite della porta, quasi le fece venire un infarto.

-Bussare prima di entrare no, eh?- commentò infilando gli stivali antipioggia

-Tecnicamente non sono ancora entrata- le fece notare indicando una linea immaginaria sulla quale lei si trovava

Jude alzò gli occhi al cielo, mentre cercava di ignorare l’amica.

-Vi vedrete anche stasera? Questa volta ti ha chiesto ufficialmente di uscire almeno o ha buttato lì l’invito con nonchalance, come sempre?-

Cercare di evitare Elle si faceva sempre più difficile, soprattutto se la ragazza cominciava a toccare i suoi punti deboli.

-Andiamo solo a mangiare qualcosa insieme, Elle-

-Di sabato sera- precisò sedendosi accanto a lei sul suo letto –da soli e questa volta si è fatto dare il tuo indirizzo per venire fin qui a prenderti-

-E allora?- Jude si alzò come se qualcosa le avesse improvvisamente punto il sedere –io ed Andrew siamo…-

-Loro sono solo amici Ells- Lauren fece il suo ingresso ed a quel punto Jude realizzò di non avere  più via di scampo con quelle due ficcanaso –Non è chiaro?- borbottò sarcasticamente

Elle fece per annuire, ma si bloccò di scatto guardando Lauren -Che diavolo è quella roba che hai in faccia?- Trillò con aria scioccata, distogliendo l’attenzione da Jude.

Lauren si accigliò per un istante, prima di guardarsi allo specchio.

-Intendi questa?- si indicò il viso, dove una sostanza verdastra non identificata le ricopriva la pelle.

-Esattamente-

-E’ una maschera antistress- le spiegò Lauren con aria di sufficienza –dovresti cominciare ad usarla anche tu, non mi sembri molto rilassata ultimamente-

Elle alzò una mano verso la ragazza, come a fermarla, mentre scuoteva la testa con aria grave.

-Parleremo più tardi dei tuoi problemi di autostima che ti spingono a spalmarti sul viso strane sostanze viscide- poi si rivolse di nuovo a Jude –Quando hai intenzione di…-

Ma venne interrotta dal trillo del cellulare di Jude che prese a suonare dalla tasca dei suoi jeans.

Salvata dal suono della campana, come si suol dire.

Il nome di Andrew che lampeggiava sullo schermo del suo cellulare la fece sorridere automaticamente, illuminandole gli occhi.

-Devo andare- liquidò in tutta fretta le due infilando nuovamente il telefono nella tasca dei jeans.

-Dove andate?- Lauren scattò in piedi seguendola fino alla porta.

-Non lo so Lau e non dovrebbe interessarti- cercò di zittirla, mentre si infilava il cappotto poggiato all’appendiabiti.

Lauren assunse un espressione sconvolta e del tutto contrariata.

-Ok- La interruppe Elle comparendo alle spalle dell’amica –Solo, se ti trovassi in un vicolo scuro, senza via d’uscita: urla più forte che puoi- Le puntò l’indice contro, con aria tremendamente seria.

-Buona serata, ragazze- fu la risposta di Jude, mentre alzava gli occhi al cielo e si chiudeva la porta alle spalle.

Quelle due avevano decisamente qualche rotella fuori posto.

 

 

 

 

Jude si fermò un istante dietro il portone che la separava da Andrew, per prendere un respiro profondo e, soprattutto, per togliersi quel sorriso ebete dalla faccia.

Scosse la testa e spalancò la porta, fiondandosi fuori.

Ciao- salutò il ragazzo sorridendogli titubante mentre si stringeva le mani, nel tentativo di scaldarle.

-Ciao- rispose l’altro in un sussurro con aria assente.

Jude piegò la testa di lato, studiando l’espressione stanca del suo viso -va tutto bene?-

-Certo- Andrew si accigliò

La ragazza alzò un sopracciglio, guardando con diffidenza il volto pallido e contornato di occhiaie del ragazzo. Non le sembrava che stesse molto bene in realtà.

-Ne sei sicuro? Credo che…-

-Tranquilla- sbottò stringendosi nel suo cappotto –Ho avuto una giornata pesante, sono solo un po’ stanco-

Jude annuì più o meno convinta.

-Andiamo- non era una domanda e il ragazzo cominciò a camminare spedito lungo il marciapiede.

Jude si stava ancora interrogando sugli strani sbalzi d’umore che aveva avuto il ragazzo l’ultima volta che si erano visti ed ora stava assistendo ad un altro dei suoi.

Dopo essere andati al parco, quel pomeriggio, Jude pensava che Andrew sarebbe sparito. Invece inaspettatamente aveva insistito per riaccompagnarla fino a casa, con la scusa che si era fatto tardi e lei non doveva girare da sola per strada a quell’ora, poi con la sua solita espressione serena le aveva chiesto il numero del suo cellulare.

Così è più semplice” aveva sorriso, non curante del fatto che stesse facendo andare la ragazza in iperventilazione.

Jude aveva aspettato per giorni una chiamata del ragazzo, ma niente. Proprio quando stava per perdere le speranze però, ecco che era arrivata, la chiamata che tanto aspettava, di sabato pomeriggio Andrew la stava invitando ad andare a mangiare qualcosa insieme la sera stessa. Jude aveva accettato all’istante, provocando l’ilarità del ragazzo.

Ora però, Andrew non sembrava tanto contento di essere in sua compagnia.

Bloccò il  fluire dei suoi pensieri quando vide, accanto a lei, Andrew perdere l’equilibrio, poggiando una mano al muro freddo in mattoni.

-Andrew!- strillò quasi avvicinandosi al ragazzo che si era portato una mano al viso –che ti succede?- chiese allarmata

-Non è niente- la voce lontana ed ovattata –Solo un po’ di stanchezza, dammi solo un minuto-

Jude scosse la testa.

-Torniamo indietro, saliamo da me e mangi qualcosa- disse decisa afferrandogli un polso –Hai bisogno di zuccheri-

-Non ce n’è bisogno, Jude- rispose secco, scrollando la sua mano

La ragazza si gelò sul posto, interdetta.

Andrew era sempre più pallido, il suo respiro era sempre più affannato e lei cominciava a preoccuparsi seriamente. Non era stupida e sapeva che nessuno poteva ridursi in quello stato per un po’ di stanchezza, doveva essere qualcos’altro.

Cosa doveva fare? Doveva trascinarlo con la forza?

Mentre stava seriamente pensando a quell’eventualità, Andrew si raddrizzò prendendo un respiro profondo.

-Visto?- alzò lo sguardo verso di lei, con un sorriso obliquo –sto meglio-

-Va bene- sospirò non del tutto certa

Il ragazzo le sorrise, l’espressione leggermente addolcita, e riprese a camminare, questa volta più lentamente.

Camminarono in silenzio per un tempo indefinito, solo qualche battuta scambiata sotto voce aveva riempito il vuoto e Jude cominciava ad innervosirsi. Insomma, Andrew non poteva comportarsi così ogni volta. Un attimo sembrava contento alla sola idea di passare del tempo con lei, quello pareva che quasi preferisse essere sbranato da un branco di leoni pur di non essere in sua compagnia.

-Ti va se…- cominciò per poi stropicciarsi gli occhi con aria stanca –ti spiace se ci sediamo un attimo lì?- indicò un muretto basso a pochi metri da loro

Jude annuì avviandosi verso il posto che le aveva appena indicato.

-Andrew- cominciò mentre il ragazzo si sedeva accanto a lei –sei sicuro che…-

-Sto bene Jude- sbuffò lui passandosi però una mano sulle tempie

-Se sei stanco potremmo…rimandare ad un’altra volta? Forse è meglio che tu vada a riposarti- si costrinse a dire quelle parole nonostante volesse più di ogni altra cosa passare del tempo con lui.

Ma Andrew scosse la testa fissando i suoi occhi stanchi in quelli della ragazza.

-Dammi solo cinque minuti e poi andiamo, ok?-

Jude si trovò ad annuire, di nuovo, poco convinta.

Dopo i cinque minuti stabiliti, Andrew parve sentirsi meglio, quando si alzò però, Jude lo vide alzare innaturalmente gli occhi verso il cielo, prima di lasciarsi cadere a peso morto sul marciapiede.

-Andrew!- strillò la ragazza buttandosi di getto su di lui, che giaceva inerme.

Jude sentì il suo cuore andare a mille quando vide gli occhi del ragazzo chiudersi.

-Andrew! Andrew!- continuò a chiamarlo senza sosta mentre gli scuoteva le spalle con la speranza di rianimarlo, ma Andrew restava immobile, privo di sensi.

Spalancò gli occhi, in preda all’ansia. Cosa stava succedendo? Perchè non le rispondeva? Era un calo di zuccheri, doveva essere un calo di zuccheri, ma cosa doveva fare lei, da sola, nel bel mezzo di una strada deserta?

-Andrew, ti prego, mi senti?- Cosa si doveva fare in caso di svenimento? Non ne aveva la minima idea, maledizione!

Continuò a chiamare il ragazzo e a scuoterlo, ma quando vide il ragazzo non dare alcun segno di vita si fece prendere totalmente dal panico. In un ultimo lampo di lucidità riuscì ad estrarre il cellulare dalla sua tasca e a comporre il numero di emergenza. Quando dall’altro lato le risposero quasi non riuscì a parlare mentre le parole le si incastravano tra i denti.

Lasciò scivolare il telefono dalle sue mani per poi aggrapparsi al cappotto di Andrew ad accasciarsi sul suo petto e a quel punto fu buio totale.

 

 

 

Si rianimò solo quando improvvisamente qualcuno le posò un plaid sulle spalle.

Jude spalancò gli occhi guardandosi in torno, ritrovandosi in un corridoio angusto, dall’aria deprimente e la luce troppo forte, seduta su una sedia in plastica alquanto scomoda.

Alzò lo sguardo, accigliata, verso l’infermiera in piedi di fronte a lei che le sorrideva rassicurante. Probabilmente era stata lei a coprirla pochi secondi prima.

-Come stai, tesoro?- le chiese dolcemente la donna –Prendi questo- le allungò una tazza fumante e Jude allungò una mano per afferrarla.

Cosa ci faceva lì? Perchè quella donna era tanto premurosa con lei?

Una porta, dal fondo del corridoio, sbatté e lei ricordò tutto.

-Andrew- sussurrò spalancando gli occhi, fissandoli in quelli dell’infermiera –Dov’è Andrew?- fece per alzarsi, ma la donna le mise una mano sulla spalla, bloccandola gentilmente.

-Va tutto bene, tranquilla- la donna si sedette accanto a lei prendendole la mano libera tra le sue.

-Come sta Andrew?- Non riusciva a pensare ad altro in quel momento, non voleva sapere altro.

-Si è ripreso, sta meglio ora- Jude riuscì a sentire distintamente il battito del suo cuore regolarizzarsi, insieme al suo respiro.

-Cosa gli è successo?- sussurrò

La donna le accarezzò una mano sorridendole tristemente.

-Tra poco ti raggiungerà il dottore che ti spiegherà tutto- allungò una mano per aggiustarle un ciuffo di capelli dietro l’orecchio, con fare materno.

-Quando?- chiese impaziente, ma l’infermiera non fece in tempo a risponderle che un uomo in camice bianco uscì da una porta del corridoio, camminando verso di loro.

Jude si alzò di scatto, facendo cadere la coperta poggiata sulle sue spalle, mentre il dottore la raggiungeva.

-Lei è la signorina Turner?- chiese l’uomo massaggiandosi gli occhi con aria stanca

Jude ricordò di aver dato i suoi dati alla reception quando era arrivata in ospedale ed annuì frettolosamente.

-E’ una parente di Andrew Thompson?-

La ragazza scosse la testa –Come sta Andrew?-

-Non posso dirle niente, dal momento che lei non è un familiare del paziente-

-Dottor Hansen- lo richiamò gentilmente la donna –La ragazza era insieme a lui quando è svenuto ed è stata lei a chiamare prontamente l’ambulanza. Sono ore aspetta qui, da sola. Sono sicura che non è un’estranea e dovrebbe conoscere la situazione del signor Thompson-

Il dottor Hansen passò lo sguardo dall’infermiera a Jude, con espressione accigliata. Sicuramente c’era un qualche regolamento che impediva espressamente ai dottori di comunicare situazioni private dei loro pazienti a persone che non facessero parte della loro famiglia, ma Jude voleva solo sapere come stava ora Andrew, ad ogni costo.

-La prego- rincarò lei stringendo i pugni

L’uomo sospirò, rassegnandosi di fronte alle due donne.

-Il signor Thompson ora si è ripreso, ma è stato fortunato- spiegò stringendo la cartellina tra le mani –Ha chiamato giusto in tempo-

Jude spalancò gli occhi, spaventata. Non aveva capito che la situazione fosse così grave, pensava si trattasse di un semplice svenimento dovuto a un calo di zuccheri o allo stress, ma dalle parole del dottore evidentemente non era così.

-Cosa ha avuto?- Che Andrew avesse qualche malattia di cui non le aveva parlato? Poteva essere, dopo tutto, cosa sapeva di lui? Praticamente nulla.

Il dottore guardò prima l’infermiera, che scosse la testa, poi nuovamente Jude.

-Signorina, il suo amico ha avuto un principio di overdose-

Jude si sentì gelare il cuore, come se qualcuno le avesse appena dato un cazzotto in pieno petto.

Andrew aveva avuto un principio di overdose. Quelle parole le rimbombavano in testa, ma proprio non riusciva ad accettarle.

-non so che rapporti abbia col signor Thompson, ma le consiglio vivamente di convincerlo ad andare in un centro di disintossicazione. Se l’ambulanza fosse arrivata cinque minuti più tardi il suo amico non ce l’avrebbe fatta-

Era una statua di sale ormai. Continuava a fissare il vuoto con espressione vuota.

-Questo era nelle tasche del suo giaccone- Il dottor Hansen sospirò, consegnandole poi tra le mani un cellulare –sulla cartella clinica c’era un solo numero da chiamare in caso d’emergenza, e pare essere inesistente. Se fosse così gentile da chiamare un suo familiare, se ne ha, per informarlo della situazione-

Jude annuì assente fissando l’oggetto nelle sua mani.

Non sapeva se Andrew avesse dei parenti lì in città, per quanto ne sapeva la sua intera famiglia poteva essere in Inghilterra o dall’altro lato del mondo.

Non sapeva dove viveva, non sapeva chi era e non sapeva che facesse uso di droghe.

Strinse il cellulare tra le mani chiedendosi per l’ennesima volta, con un po’ di panico, chi fosse realmente Andrew.   

 

 

 

 

 

 

 

*                 *               *

 

 

Droghe! Pro o contro a quelle “leggere”?

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Salve care!

Eccomi qui, questa volta non vi ho fatto aspettare troppo. Sono stata brava!

Tornando a noi: la maggior parte di voi è contraria alle droghe e quindi alla loro legalizzazione, pochi altri pensano che ognuno fa quello che gli pare.

Io penso che legalizzare le droghe, anche se leggere, non sia una cosa giusta. Siamo nel 2013 e credo che tutti ormai sappiamo quali danni l’uso di sostanze stupefacenti possa apportare. E’ anche vero che molte altre cose che sono dannose sono legali: le sigarette(addirittura sotto il monopolio dello Stato), gli alcolici, ecc.

Ad ogni modo, in sintesi, non credo che vadano legalizzate, ma credo anche che della propria vita ognuno è liberò di fare ciò che gli pare, purché non intacchi la libertà degli altri.

Si, ora la smetto di straziarvi con le mie inutili chiacchiere e vi lascio al capitolo!

Ci vediamo alla fine con una, come sempre stupida, domanda!


.

Una folata di vento le arrivò al viso, mentre ancora stringeva tra le mani il cellulare di Andrew.

Era in uno stato catatonico, di apatia, e proprio non riusciva a pensare a niente. La sua mente era stata annullata da due parole che con prepotenza si erano impadronite dei suoi pensieri, rimbombandole continuamente nelle orecchie.

Andrew – overdose.                

Per tutto quel tempo aveva desiderato conoscere qualcosa di più di quel ragazzo scontroso e misterioso ed ora che la verità stava venendo a galla non era poi così contenta di aver scoperto una parte di lui.

“Sta attenta a cosa desideri, perchè potresti ottenerlo” le ripeteva sempre suo padre e lei non aveva mai capito il significato di quella frase, fino a quel momento.

Il telefono tra le sue mani prese a vibrare risvegliandola brutalmente, come se qualcuno l’avesse appena presa a schiaffi. Restò qualche istante indecisa, fissando lo schermo sulla quale lampeggiava freneticamente il nome ‘Ben’.
Strinse l’oggetto tra le mani, indecisa.

Come le aveva consigliato il dottore, Jude era intenzionata a contattare qualche familiare di Andrew per informarlo della situazione, ma scorrendo la rubrica si era accorta che non ci fosse nessun “mamma” o “papà”, al contrario pochissimi numeri erano presenti. In un lampo di genio ricordò il nome di Marlon, che fortunatamente era presente in rubrica, ma dopo qualche minuto di attesa la voce registrata di una signorina la informò che il numero non era raggiungibile. Mentre fissava lo schermo con espressione sconfitta, si rese conto che erano le sette del mattino e lei aveva passato tutta la notte fuori senza avvisare le sue coinquiline che, di sicuro, avrebbero dato di matto appena sveglie.

Prendendo un respiro  profondo Jude fece scorrere il dito sullo schermo, accettando la chiamata.

-Pronto?- sentì la sua voce tremare, incerta.

Dall’altro lato solo silenzio, fino a che non sentì qualcuno sospirare.

-E tu chi sei?-

Jude strinse più forte il telefono. Come avrebbe fatto ora a raccontare quello che era successo? E poteva raccontarlo al ragazzo, almeno così sembrava dalla voce, dall’altro capo del telefono? Per chiamare a quell’ora del mattino, doveva essere qualcuno che lo conoscesse bene e che magari, come le sue coinquiline, si era preoccupato perchè Andrew non aveva fatto ritorno a casa. Probabile, ma non poteva averne la certezza.

-Sono un’amica- decisamente vaga –Tu sei…-

-Ben, suo fratello- la interruppe –Ti dispiacerebbe passarmi quell’incosciente di Andrew, amica- pronunciò l’ultima frase con tono amaro, come se fosse un insulto.

-Lui…non è qui-

-Cos’è, uno scherzo?- lo sentì sbuffare spazientito –Ascoltami ragazzina, non ho tempo da perdere, ti spiacerebbe farmi parlare con Andrew? Ti assicuro che dopo vi lascerò ai vostri intrattenimenti da amici-

Jude si accigliò capendo al volo: pensava che avessero passato la notte insieme.

-Mi spiace, ma Andrew non è qui- ripeté, stavolta con voce indurita dalla collera –Ieri si è sentito poco bene e siamo andati in ospedale…per degli accertamenti- concluse incerta. Non sarebbe stata certo lei a dirgli che il fratello aveva rischiato di morire per overdose da cocaina.

-Ospedale?- la voce del ragazzo trillò preoccupata –Cosa gli è successo? Come sta?-

-Sta meglio, ora- rispose sorvolando volutamente sulla prima domanda –Siamo al St.James ospital, se vuoi…- ma Ben non le diede modo di aggiungere altro

-Arrivo- E terminò la chiamata

Jude sospirò portandosi una mano alle tempie, massaggiandole lentamente. Era del tutto stravolta, stanca e spaesata. Ancora non riusciva a capire come aveva fatto a cacciarsi in quella situazione: aveva appena passato la nottata in ospedale perchè un suo amico, o meglio ragazzo che conosceva da qualche settimana, aveva avuto un principio di overdose.

In passato molto di meno sarebbe bastato a Jude per correre via a gambe levate, proprio lei che era la persona più fifona del mondo. Ora invece era rimasta lì, nemmeno l’imminente arrivo del fratello di Andrew –che pensava lei fosse una specie di escort, a quanto aveva capito- le aveva portato a pensare per un attimo di andare via.

Ma cosa doveva fare, esattamente? Come si doveva comportare con Andrew? L’unica cosa che sarebbe stata in grado di fare in quel momento era scoppiare a piangere. Dopo la nottata appena passata non si sarebbe sorpresa così tanto se si fosse ritrovata raggomitolata su se stessa, singhiozzante.

-Tesoro- una voce alle sue spalle la fece sobbalzare

Jude si voltò di scatto, trovando di fronte a lei la stessa infermiera di poco prima, che le rivolgeva lo stesso sorriso dolce e gli stessi occhi pieni di comprensione.

-Il tuo amico si è svegliato- sussurrò –puoi andare da lui, se vuoi-

Le labbra di Jude tremarono in un sussulto. Voleva vedere Andrew più di ogni altra cosa, voleva accertarsi delle sue condizioni e sapere che stesse bene come le avevano detto. Ma era quello che Andrew voleva in quel momento? Al ragazzo avrebbe infastidito la sua presenza? Voleva restare da solo in un momento come quello?

-Io…non…- cominciò incerta –io non so se lui vuole vedermi…-

L’infermiera si accigliò appena, facendo arrossire Jude, che abbassò lo sguardo.

-Sono sicura che vedere il viso di una persona che gli vuole bene sia l’unica cosa che voglia, ora- disse in tono sicuro e a Jude venne spontaneo chiedersi quanti ragazzi come Andrew vedesse ogni giorno quella donna.

Quanti ragazzi c’erano, pronti a sprecare la loro bellezza, il loro cuore, la loro vita, come Andrew? Quanta disperazione c’era intorno a lei?

-Io non so cosa…dirgli- ammise in fine, arrossendo ancora una volta

-Sono sicura che quello che conta ora non sono le parole, cara- la donna tornò a rivolgerle uno sguardo materno –L’importante è che tu gli stia vicina-

Jude annuì automaticamente, come se non avesse scelta, come se non ne volesse avere altra.

-Non sarà facile- sospirò Jude, più a se stessa che alla donna

-Lo so, tesoro- le allungò una mano, stringendo la sua –Non sarà affatto facile. Vedi le persone come Andrew…- si fermò per un sospiro –Non è facile stare accanto a persone come lui: persone che non credono in loro stessi, nelle loro potenzialità. Sono ragazzi che hanno perso la speranza, ma tu…- scosse la testa –Da quando ti ho vista su quella sedia, con quegli occhioni blu spalancati, ho visto chiaramente la tua purezza, la tua voglia di vivere e sono fermamente convinta che tu possa riuscire a restituire un po’ di vita a quel ragazzo-

Gli occhi di Jude si riempirono di lacrime. Voleva davvero, voleva con tutto il cuore trasmettere tutto il bello che lei vedeva nel mondo ad Andrew, ma non sapeva come fare.

E se non fosse stata in grado di farlo? Se non fosse stata all’altezza, cosa sarebbe successo ad Andrew?

-Andrà tutto bene- la donna le sorrise rassicurante, stringendo la presa sulla sua mano –Ora va da lui-

 

 

 

 

Find me, here in your arms

Now I’m wondering where you’ve always been

 

 

 

Aprì la porta della stanza col cuore in gola, ignara di quello che avrebbe trovato al suo interno. Si fece coraggio prendendo un respiro profondo, entrando di slancio. I suoi occhi andarono subito al ragazzo seduto sul letto che guardava nella direzione opposta alla sua, verso la finestra.
Trattenne il fiato quando vide tutti quegli aghi infilati nelle braccia di Andrew e, titubante, fece un passo verso di lui.

-Cosa ci fai qui?- la voce del ragazzo arrivò forte e crudele facendole male più di un pugno in faccia.

Cosa ci faceva lì? Glielo stava davvero chiedendo?

-Come stai?- chiese incerta, ignorando volutamente la sua domanda.

Andrew fu scosso da una risata isterica, prima di rispondere -Come uno che ha appena rischiato di morire per overdose-

Jude sussultò stringendo i pugni.

-Andrew...- cominciò facendo un passo verso il ragazzo che continuava a tenere lo sguardo fisso verso la finestra, ma lui la interruppe subito.

-Perchè sei qui?- il tono era infastidito ed irrequieto -va a casa-

Jude strinse ancora più forte i pugni, fino a farsi male.

Se prima il pensiero di un rifiuto da parte di Andrew la terrorizzava, ora la innervosiva terribilmente. Non sapeva come approcciarsi con lui, ma a quanto pare le buone maniere con Andrew non servivano a molto.

Era convalescente e il medico le aveva spiegato bene, prima di farla entrare, che per nessun motivo doveva farlo agitare. Per questo cercò di mantenere la calma, mentre a passo di marcia si dirigeva verso il letto.

-Stammi a sentire- tuonò arrivando al suo fianco, cercando di cacciare in dietro le lacrime -non sono stata qui una notte intera per farmi trattare in questo modo da te- le tremavano la voce e le mani -Quindi ora ti giri, mi guardi negli occhi e mi dici come ti senti. Dopo di che toglierò il disturbo-

Vide la mano di Andrew stringere convulsivamente il lenzuolo che lo ricopriva fino alla vita, senza però voltarsi di un centimetro.

-Andrew- lo richiamò.

Non era intenzionata a desistere, finché non si fosse voltato a guardarla lei sarebbe rimasta lì, accanto a lui.
Finalmente Andrew si convinse, voltandosi verso di lei con uno scatto deciso. Quello che vide però, non la rassicurò affatto. Andrew la fissava accigliato, gli occhi gonfi colmi di lacrime e lo sguardo spento.
Jude sentì il suo cuore tremare e perdere un battito. Non era Andrew il ragazzo di fronte a lei, quello era un ragazzo stanco, martoriato, spaventato. Dov’era finita la sua espressione spavalda ed il suo sorriso enigmatico?

-Sei contenta, ora?- sibilò stringendo i denti

-Andrew, io…- balbettò flebilmente, ma lui la interruppe.

-No- disse con un tono basso, che non ammetteva repliche –Non mi vedi, Jude?- chiese retorico, lo sguardo spento e il viso inespressivo –Guarda come sono ridotto: un drogato- quasi sputò l’ultima parola, facendo sussultare visibilmente Jude –Sono un fallito, un perdente, uno senza speranze, uno di quelli che va lasciati al suo destino-

Gli occhi di Jude si riempirono di lacrime mentre quelli di Andrew scrutavano nei suoi. Le parole di Andrew, ad una ad una, le avevano trafitto il cuore peggio di mille frecce. La stava guardando in un modo così intenso, così perso, così tenero. Come se sapesse che quella fosse stata l’ultima volta che l’avrebbe vista, come se le stesse dicendo addio, con quegli occhi pieni di niente.

-Tu non c’entri niente qui- sussurrò voltandosi nuovamente verso la finestra –va via-

L'unica cosa giusta da fare era andare via, voltare le spalle e sparire da quella porta, dalla sua vita. L'unica cosa sensata era lasciare andare Andrew, perchè era troppo per lei, per quella ragazzina ingenua e smaliziata.

E invece contro ogni logica, contro le sue stesse paure, contro i suoi principi si allungò di qualche passo, avvolgendo Andrew con le sue braccia, i suoi capelli, i suoi occhi.

Sentì il ragazzo irrigidirsi a quel contatto inaspettato e sperò che non la respingesse, che non respingesse quell'ancora di salvezza che gli stava lanciando e lui non lo fece: affondò il viso nell'incavo del suo collo, sospirando tra i suoi capelli.

Jude lo strinse ancora di più, mentre il suo cuore impazziva. Non sarebbe scappata via, non ora che stava scoprendo il vero Andrew, non ora che sentiva che la sua presenza lì era necessaria. Andrew aveva bisogno di lei proprio come Jude ora aveva bisogno di lui.

-Jude…- cominciò flebilmente il ragazzo, la voce ovattata contro la sua pelle, ma una voce li fece sobbalzare entrambi, paralizzando lui, sorprendendo lei.

-Andrew- il tono era basso e deciso, Jude riconobbe al volo quella voce.

La ragazza si allontanò di scatto, sciogliendo l’abbraccio ed avvampando vergognosamente.

-Ben- sospirò stanco Andrew, chiudendo gli occhi, mentre si ricomponeva seduto sul letto.

-Cosa è successo?- non c’era un filo di dolcezza nel tono usato da Ben e Jude strinse i pugni, costringendosi a stare calma.

-I tuoi amici non te l’hanno spiegato?- Andrew puntava lo sguardo alle spalle di Jude, verso suo fratello,  mentre la ragazza non aveva ancora trovato il coraggio di parlare.

-I miei colleghi mi hanno spiegato dettagliatamente la situazione- ribatté ancora lui –ma voglio sapere cosa è successo, da te-

Colleghi. Il fratello di Andrew era un dottore!

-O forse preferisci che me lo racconti la tua amichetta- Jude si raggelò sul posto, stringendo i pugni –Te l’ha data lei quella roba?-

Ma come diavolo si permetteva? Era entrato in quella stanza con un’aria spavalda fuori luogo, senza chiedere al fratello come si sentisse, senza accertarsi della situazione era entrato ed aveva cominciato a fare tutte quelle stupide domande.

Jude si voltò di scatto, pronta ad affrontarlo, ma si bloccò nuovamente di fronte all’esatta copia di Andrew.

Quello che si trovò di fronte, infatti, altro non era che una versione di Andrew più  vecchia di cinque o sei anni. Quell’uomo era bello quanto il fratello e quell’atteggiamento serio e adulto gli davano un’aria attraente che inevitabilmente fecero intimidire Jude, impedendole di pronunciare una minima parola.

Non ce ne fu bisogno però, perchè il ringhio di Andrew si fece sentire subito dopo, chiaro e deciso.

-Non ti azzardare Benjamin- era la prima volta che Jude lo sentiva parlare in tono così serio –Se non fosse per lei a quest’ora sarei morto- la ragazza rabbrividì sotto la consapevolezza di quelle parole.

Ben assunse un’espressione sorpresa, forse non si aspettava quella reazione da parte del fratello e spostò lo sguardo da lui a Jude, studiandola minuziosamente. Nonostante gli occhi indagatori del ragazzo la mettessero in imbarazzo, Jude non abbassò minimamente lo sguardo, non in quel caso.

-E’ vero?- le chiese, rivolgendole per la prima volta la parola.

Jude si limitò ad annuire, non aveva la minima intenzione di parlare con lui, nemmeno per un semplice “si”.

-In questo caso devo ringraziarti- alzò un sopracciglio, scettico, e a Jude venne decisamente voglia di tirargli un ceffone.

-Non c’è motivo di ringraziarmi- si voltò verso Andrew, che la guardava con una strana espressione ansiosa –l’importante ora è che lui stia bene- gli sorrise rassicurandolo e vide il suo viso addolcirsi un po’.

Non avrebbe voluto lasciare quella stanza, Andrew, per niente al mondo. Ben non le era simpatico nemmeno un po’ e a quanto aveva capito non andava a genio nemmeno ad Andrew, non sapeva quanto la sua vicinanza potesse giovare al ragazzo, ma era pur sempre suo fratello e quello che aveva fatto Andrew era una cosa sbagliata e stupida. Doveva lasciarli da soli, per parlare liberamente tra di loro.

-Ora devo andare- aggiunse senza dare tempo a Ben di replicare con qualcosa che l’avrebbe fatta ulteriormente innervosire.

-Passo a casa per una doccia, ci vediamo dopo- promise ad Andrew sorridendogli incoraggiante.

-Non c’è bisogno che torni dopo, sei stata qui tutta la notte, va a riposarti- le sussurrò Andrew teso, la presenza del fratello lo infastidiva.

Jude scosse la testa, estraendo poi dalle tasche il cellulare di Andrew –Ci vediamo dopo- ripeté sicura allungandogli il cellulare che il ragazzo afferrò.

-Se hai bisogno, chiama- sorrise di fronte all’espressione grata di Andrew.

-Jude- Andrew le afferrò una mano prima che lei potesse allontanarsi. Lanciò uno sguardo dietro di lei, verso suo fratello, poi tornò a guardarla negli occhi.

-Grazie- lo disse con così tanta tenerezza, sincerità e commozione che Jude non poté evitare di arrossire.

Era quello l’Andrew che si nascondeva sotto quello arrogante e spavaldo? Era un Andrew così dolce ed indifeso?

Jude gli strinse di più la mano, prima di voltarsi ed avviarsi verso l’uscita.

-Arrivederci- sussurrò, solo per educazione, a Ben che si era fatto da parte per farla passare.

 

 

 

 

 

*                 *                *

 

Here we are!

Spero il capitolo vi sia piaciuto! Grazie mille a tutti quelli che hanno recensito quello precedente :) Love ya all.

Fratelli e sorelle. Ne avete? Che rapporti avete con loro? Let me know!

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Fratelli e sorelle.

Molti di voi ne hanno. Alcune un fratello pestifero che le costringe alle lotte in stile wrestling, altre una sorella che vorrebbero strozzare un giorno si e l’altro pure. Altre ancora hanno la fortuna/sfortuna di essere figlie uniche.

Io ho una sorella e un fratello, gemelli. Sono più grandi di me di sette anni ed ho due rapporti completamente diversi con i due. Con mia sorella, quando vivevamo insieme, ci sopportavamo appena. Caratteri opposti ed incompatibili, da quando si è trasferita devo dire che il nostro rapporto è migliorato, molto.
Io e mio fratello ci siamo sempre amati, da bambini. Non viviamo in simbiosi, anche per la differenza d’età, ma ci troviamo sempre bene insieme e non abbiamo nessun problema ad andare a prendere una birra da soli e chiacchierare.

Dopo avervi annoiato in abbondanza vi lascio al capitolo!


.

Jude si ritrovò ad andare tutti i giorni, per una settimana, in quella stanza d’ospedale, dove la logora poltroncina in pelle bianca aveva ormai preso la forma della sua sagoma.

Di solito si perdeva in lunghe chiacchierate con Andrew, come se fossero due vecchi amici al tavolo di un caffè che parlavano delle loro noiose vite e non due ragazzi costretti in una stanza d’ospedale dopo uno dei due aveva avuto un principio overdose. Quella mattina invece al suo arrivo, Andrew era ancora immerso nel mondo dei sogni.

Jude si avvicinò ad Andrew in punta di piedi, cercando di non far nessun rumore che potesse destare il ragazzo. Quando fu abbastanza vicina da scorgere il suo viso, un sospirò spontaneo le uscì dalle labbra socchiuse. Andrew dormiva con un’espressione talmente innocente e rilassata che a vederlo così nessuno avrebbe dedotto il motivo per cui era costretto in quel letto, motivo che stava facendo impazzire Jude, impedendole di dormire la notte.

Allungò una mano poggiandola delicatamente sulla guancia del ragazzo, dove era cresciuta un po’ di barba e subito sentì una scossa attraversarle le dita per raggiungere direttamente il suo petto.

In quei giorni Jude avrebbe tanto voluto sapere la verità da Andrew, avrebbe voluto sapere perchè si era ridotto così, cosa l’aveva spinto ad abusare così tanto di quella robaccia da rischiare la sua vita. Ogni volta però che Jude cercava di fargli qualche domanda, lui sviava subito il discorso, rabbuiandosi all’istante. La ragazza non aveva insistito più, perchè se c’era una cosa che aveva capito di Andrew era che se messo alle strette si chiudeva a riccio. Non aveva altra scelta, e speranza, che il ragazzo ne parlasse volontariamente con lei, cosa che con suo grande disappunto non era avvenuta. Non era curiosità morbosa la sua, o voglia di impicciarsi, semplicemente voleva aiutarlo, ma le era difficile se non sapeva cosa c’era che non andava in lui e nella sua vita. Certo, aveva capito che lo scenario della sua famiglia era alquanto strano, se non del tutto inesistente e questo non era certo d’aiuto per migliorare la situazione. Nella settimana in cui era stata lì, il fratello Ben, di cui aveva ancora il pessimo ricordo stampato nella mente, era passato tutti i giorni, per brevi visite. Dei genitori, invece, nessuna traccia. Non l’aveva mai visto parlare al telefono, o un accenno in un discorso, tanto che alla fine Jude era arrivata alla conclusione che il ragazzo fosse orfano.
A contrario dei famigliari, però, Marlon era andato a trovarlo tutti i giorni, restando a parlare con lui per ore e facendolo ridere di tanto in tanto.

Jude allontanò la mano dal volto di Andrew per poi passarla stancamente tra i suoi capelli. Forse stava sbagliando tutto, forse doveva scuoterlo per le spalle e convincerlo a tirare fuori quello che aveva dentro o, forse, stava semplicemente diventando troppo ansiosa.

Si allontanò prendendo posto sulla sua solita poltroncina, accanto al letto del ragazzo. Afferrò il portatile dalla borsa che usava per andare all’università, poggiandolo sulle sue gambe. Aspettò pazientemente che l’aggeggio si avviasse, prima di aprire la pagina, ancora bianca, di word.

Con suo grande disappunto, nonostante gli sconvolgenti avvenimenti di quel fine settimana, il mondo fuori da quella stanza non si era fermato, anzi, correva più impazzito che mai e lei aveva un progetto a cui lavorare. Quando Catherine, la sua compagna di corso, le aveva mandato una mail chiedendole come procedeva il suo racconto per il progetto della professoressa Green, a Jude quasi era venuto un infarto. Come procedeva? Non aveva nemmeno iniziato! E come avrebbe potuto con tutto quel trambusto? I giorni passavano però e lei doveva buttare giù almeno qualche idea.

Fissò il foglio bianco luminoso di fronte a lei e cercò di pensare a qualcosa, ma l’unica cosa che le venne in mente fu Andrew, il suo sorriso strafottente, il suo sguardo malizioso, la sua voce calda e profonda. La sua mente andò al primo giorno in cui l’aveva visto e alla sensazione d’odio che aveva provato, che ora era stata sostituita da ben altro. Sorrise e senza nemmeno accorgersene veramente le sue dita cominciarono a picchiettare sui tasti, ripercorrendo con lei i momenti, le immagini, le sensazioni che ora le tornavano in mente più vive che mai.

-Cosa stai facendo?- Jude sobbalzò, sentendo la voce assonnata di Andrew provenire dal letto.

-Mi hai spaventata!- lo accusò, chiudendo di scatto lo schermo del pc, guardandosi in giro con aria colpevole.

Andrew sorrise con quell’espressione maliziosa che gli era tornata da qualche giorno –Cosa stai facendo?- ripeté richiamando la sua attenzione

Jude puntò gli occhi in quelli del ragazzo, arrossendo senza riuscire a trattenersi -Studiavo, dal momento in cui tu dormivi beatamente- mentì, non poi del tutto.

In fondo stava lavorando per un progetto universitario, no? Quindi era di studio che si trattava.

-Che secchiona- sospirò Andrew buttandosi con la testa tra i cuscini, per poi emergerne subito dopo e fissarla negli occhi con espressione accigliata.

-Non starai perdendo troppe lezioni?- chiese il ragazzo con uno strano sguardo indagatore.

Jude si passò una mano avanti al viso, per sminuire la situazione.

-Sono una secchiona, l’hai detto anche tu, qualche lezione in meno non mi farà male!-

Ne stava perdendo davvero tante, troppe in realtà, ma non aveva alternativa e, a dire la verità, la cosa non le interessava minimamente in quel momento.

Andrew la fissò con espressione dubbiosa per qualche altro istante, senza però dire niente.

-Vieni qui?- chiese con un tono che non era il suo, quasi titubante, battendo leggermente una mano sulla parte libera del materasso accanto a lui.

Jude si accigliò, guardando prima la mano, poi lui, alzandosi come un automa ed avvicinandosi a lui.

-Volevo ringraziarti per quello che stai facendo per me- le disse, una volta che la ragazza ebbe raggiunto il suo letto.

-Ma io non sto facendo nulla-

-So quanto siano importanti per te gli studi e so quanto ti è costato perdere una settimana di corsi- Jude abbassò lo sguardo. Aveva ragione, normalmente le sarebbe pesato tanto perdere anche solo una mattina di lezioni, ma in quel caso non le interessava minimamente. Se non le fossero serviti i soldi per l’affitto avrebbe saltato anche il lavoro, pur di stargli vicino.

Due dita affusolate le afferrarono delicatamente il mento e Jude alzò automaticamente gli occhi, ritrovando quelli di Andrew più vicini di quanto pensasse.

-Andrew…- sospirò, senza saper bene cosa dire.

Deglutì a fatica mentre lo vedeva farsi sempre più vicino. Un brivido la scosse prepotentemente quando capì le intenzioni del ragazzo e d’istinto socchiuse gli occhi, ritrovandosi ansiosa di ricevere un bacio che inconsciamente, ma neanche troppo, attendeva da tempo.

Andrew sussurrò qualcosa quando le punte dei loro nasi arrivarono a sfiorarsi, ma Jude non lo sentì nemmeno, con le orecchie piene del tamburellio del suo cuore.

Serrò gli occhi, sporgendosi leggermente verso di lui, col cuore che le andava a mille ed il respiro corto, in attesa di quel bacio, che però non arrivò.

Riaprì gli occhi quel poco che bastava per scorgere il ragazzo, con una strana espressione triste in viso, che si allontanava nuovamente da lei. No, non poteva fare così, non anche questa volta. Non poteva avvicinarla e poi scacciarla a suo piacimento, non poteva giocare con lei ed i suoi sentimenti in quel modo crudele.

Jude aprì la bocca, pronta a dar sfogo ai suoi dubbi, ma il rumore di qualcuno che bussava alla porta li fece voltare entrambi, mentre un dottore che non aveva mai visto prima si schiariva la voce.

-Buongiorno signor Thompson- salutò educatamente –E signorina…-

Jude balzò indietro, allontanandosi rapidamente dal ragazzo -Turner- trillò in tono isterico arrossendo vergognosamente –Jude Turner-

Il dottore le sorrise, prima di lanciare uno sguardo frettoloso ad Andrew, per poi tornare a lei.

-Le dispiace lasciarmi un attimo da solo col signor Thompson, signorina Turner?-

Jude si voltò automaticamente verso Andrew, che aveva assunto un’espressione neutra, per poi afferrare velocemente la sua borsa.

Col portatile sotto un braccio e la borsa nell’altra, annuì al dottore per poi rivolgere ad Andrew un sorriso tirato.

-Sono qui fuori- sussurrò nella sua direzione prima di uscire.

Jude corse fuori dalla stanza appiattendosi contro il muro freddo del corridoio.  Sospirò stancamente prima di passarsi una mano sul viso ancora accaldato.

Stava per baciarla, Andrew stava per baciarla e lei l’avrebbe lasciato fare senza fiatare. Quando si era avvicinato e l’aveva guardato con espressione così intensa Jude si era riscoperta a desiderare quel bacio più di ogni altra cosa. Voleva Andrew, ora ne aveva la certezza, con un’intensità che nemmeno pensava di poter avere. Aveva sperato, ingenuamente, che l’attrazione che sentiva per quel ragazzo fosse puramente fisica, pochi minuti prima il suo cuore impazzito le aveva fatto capire che c’era molto di più. Le piaceva, da morire, ma non pensava che fosse corrisposta.

Quando aveva riaperto gli occhi per osservare Andrew, aveva letto sul suo viso un misto di tristezza, insicurezza e qualcos’altro che non era riuscita a decifrare. Forse voleva baciarla per ringraziarla di quello che stava facendo per lui, ma si era fermato perchè aveva capito che per lei sarebbe stato qualcosa di più?

Dio! Stava diventando matta dietro quel ragazzo che un attimo prima sembrava pendere dalle sue labbra, quello dopo la trattava peggio di un’appestata in punto di morte.

Jude si prese la testa tra le mani, cercando di riordinare le idee, senza successo.

-Bambi?- la ragazza alzò di scatto la testa, incrociando lo sguardo dell’unica persona che la chiamava con quell’assurdo nome.

-Ciao Marlon- cerco di riacquistare un po’ di contegno, sorridendo appena.

Marlon la guardò stranito –Cosa c’è? E’ successo qualcosa ad Andrew?- chiese in tono spaventato, lanciando un’occhiata alla porta della stanza del ragazzo, a qualche metro da loro.

-No, no- si affrettò a tranquillizzarlo lei, scuotendo energicamente la testa –Sono solo un po’ stanca- gli appioppò la prima scusa che le venne in mente.

L’espressione di Marlon si rilassò, ma i suoi occhi erano sempre concentrati su di lei.

-Come mai sei qui fuori?- le chiese, facendo un cenno verso la stanza.

-Il dottore mi ha chiesto di poter parlare un attimo da solo con Andrew- mentre lei stessa pronunciava quelle parole, sentì una strana ansia crescerle dentro.

Cosa voleva dire il dottore ad Andrew? Doveva restare lì un’altra settimana? C’era qualcosa che non andava nelle sue analisi?

-Jude, sei sicura che vada tutto bene?- Marlon l’afferrò per le spalle, costringendola a guardarlo negli occhi.

-Certo- riuscì a sibilare, per niente convincente –Spero solo che stia bene-

-Perchè dici così? C’è qualcosa che io non so? I dottori ti hanno detto qualcosa?- Marlon diventò ansioso a sua volta, interrogandola.

-No, no! Anzi, ieri hanno detto che ha un fisico forte e grazie a questo la ripresa sembra essere più veloce del previsto-

-E allora cosa c’è?- Le chiese con espressione confusa.

-Niente!- Trillò spazientita, sentendosi stupida –Sono solo in ansia, ok?-

Marlon la guardò in silenzio per qualche istante, prima di scoppiare a ridere incontrollatamente.

-Cosa c’è da ridere, ora?- chiese sospirando

-C’è che sembri mia madre, Jude!- la prese in giro facendola arrossire –Va tutto bene, i dottori ce lo ripetono ogni giorno, sta tranquilla-

Jude lo ignorò, incrociando le braccia al petto e battendo un piede a terra in un ritmo isterico mentre Marlon continuava a ridersela sotto i baffi. Fortunatamente il dottore uscì dalla stanza di Andrew prima che lei rompesse in mille pezzi la mattonella contro la quale si era accanita o prendesse a schiaffi Marlon.

-Va bene ragazzi, ora potete entrare- parlò al plurale, rivolgendosi però maggiormente a Jude, che non aspettò un secondo di più per buttarsi nella stanza.

L’ansia era cresciuta così tanto, che Jude si aspettava di vedere un Andrew disteso sul letto, quasi morente. Invece trovò il ragazzo proprio come l’aveva lasciato, ad eccezione del sorriso luminoso che le stava rivolgendo e che stava per causarle un infarto.

-Hei amico, sei ancora a letto vedo- salutò Marlon entrando nella camera di Andrew –Non ti starai impigrendo un po’ troppo?- Andrew sorrise all’amico, ma Jude non gli diede tempo di rispondere.

-Cosa ti ha detto il dottore?- esordì avvicinandosi a lui, ansiosa.

Andrew la guardò con un sopracciglio alzato, facendola arrossire, mentre le immagini del suo viso vicino al suo le ritornavano in mente.

-Mi ha detto che…- cominciò lui, per poi fare una pausa alquanto straziante.

-Cosa?- non riuscì a trattenersi –Cosa, eh? Cosa ha detto?-

Andrew riuscì a stento a trattenere una risata seguito dall’amico.

-Per amor del cielo Bambi, vacci piano!- la riprese Marlon facendole rendere improvvisamente conto che si stava comportando da isterica.

-Avresti dovuto vederla qui fuori Andy- continuò rivolgendosi all’amico e Jude spalancò gli occhi mentre sentiva il sangue salirle al cervello troppo velocemente –Non è riuscita a stare ferma per un istante! Era così in ansia, nemmeno fosse tua madre!-

Jude si passò una mano sul viso attraversato da mille tonalità di rosso, distogliendo lo sguardo da Andrew, per l’imbarazzo.

-Grazie mille, Marlon- sibilò la ragazza –E scusatemi se sono l’unica qua dentro che si rende conto della gravità della situazione- sbottò e quando vide il volto di Andrew rabbuiarsi se ne pentì all’istante.

Jude 1 – Tatto 0

-E’ per questo che sei essenziale per la nostra esistenza Bambi- scherzò Marlon, spezzando la tensione che si era creata –Saremo stati persi senza di te-

Le accarezzo la testa come se fosse un cucciolo di labrador, per poi rivolgersi ad Andrew.

-Allora, cosa ti ha detto il dottore? Quanto tempo ti rimane?-

Andrew parve trovare il sorriso e scosse la testa alzando gli occhi al cielo –Abbastanza per poterti battere altre cento volte al bowling-

-Accidenti!-

-E’ una schiappa- spiegò, rivolgendosi a Jude, che sorrise spontaneamente.

-Tipico dei brasiliani- commentò complice, con un sorrisetto divertito.

-Ok, ok- Marlon alzò le mani –Come siamo passati dal “cosa ti ha detto il dottore” a “Marlon è una schiappa”?-

Andrew sorrise, alzando gli occhi al cielo.

-Ho una buona e una cattiva notizia-

-Prima la buona- dissero contemporaneamente Jude e Marlon.

-Bene, la buona notizia è che oggi pomeriggio mi dimettono da qui-   

-Ma è grandioso!- tuonò Marlon mentre Jude alzò i pugni al cielo, trattenendosi dall’esultare con urla fuori luogo.

-Sono così contenta- disse e lo era davvero tanto. Finalmente Andrew poteva andare fuori da lì e cercare di ricominciare la sua vita, in modo migliore.

-Non vi ho ancora detto la brutta notizia, però-

Jude si ricompose subito, prestando la massima attenzione al ragazzo.

-Per sicurezza- mimò le virgolette con le mani –Qualcuno deve restare con me per le prossime quarantotto ore-

Entrambi lo guardarono con espressione confusa ed Andrew si affrettò a spiegare –Hanno paura che io possa rifare…- si interruppe incrociando lo sguardo di Jude, che cercava di mantenere la sua espressione più neutra possibile, poi puntò lo sguardo in quello di Marlon, proseguendo –Se assumo sostanze stupefacenti con tutte le medicine che mi hanno somministrato negli ultimi due giorni, potrei restarci secco. Vogliono qualcuno che stia con me, per accertarsi che non lo rifaccia-

-E non lo rifarai- fu la risposta dura di Marlon.

Fu strano sentirlo parlare in tono così serio e solo in quel momento, forse, Jude capì quanto fosse profonda l’amicizia tra i due.

 -Marlon tu potresti…-

-Certo- rispose di getto, per poi mordersi la lingua un istante dopo –Maledizione! Domani ho una sfilata, non posso saltarla-

-Tranquillo- rispose Andrew con un sorriso triste.

-Tuo fratello?- propose, ma lo sguardo di Andrew fu eloquente.

-Non è mai in casa, col suo lavoro, e comunque ieri è partito per San Francisco, per uno dei suoi stupidi convegni-

Marlon sospirò, passandosi una mano dietro al collo.

-Cosa succede se non riusciamo a trovare nessuno?- chiese

-Dovrò restare qui per minimo altri due giorni- sospirò Andrew, con aria sconfitta –non importa, sono qui da una settimana, posso far…-

-Lo farò io- proruppe Jude, dal suo silenzio e due paia di occhi si voltarono verso di lei, con espressione stupita.

-Cosa?- chiese Andrew, mentre sul volto di Marlon si formava un sorriso per niente rassicurante.

-Starò io con te- precisò, sicura, col cuore che le andava a mille.

-Jude, no! Hai già fatto troppo per me…-

-E’ perfetto!- lo interruppe Marlon, senza smettere di sorridere a Jude.

-Marlon- lo richiamò Andrew –Jude ha degli impegni: l’università, il lavoro-

-Ho saltato una settimana di corsi, due giorni in più non saranno la fine del mondo- commentò con tranquillità.

-E il lavoro?- la sfidò Andrew

-Non importa, mi farò dare due giorni di ferie- Cosa stava dicendo poco prima riguardo all’importanza di pagare l’affitto?

-Jude…-

-Oh, Andrew!- lo riprese ancora Marlon, alzando gli occhi al cielo –Non essere stupido, vuoi trascorrere altri due giorni in questo inferno?-

Andrew sospirò, prima di puntare i suoi occhi in quelli di Jude in un silenzio che parve interminabile –No, non voglio-

Jude gli sorrise, mentre realizzava quello che aveva appena fatto.

Avrebbe trascorso due giorni, quarantotto ore, duemiladuecentottanta minuti, con Andrew.

Stava per ficcarsi direttamente nella tana del lupo.

 

 

 

 

*                   *                    *

 

 

 

Prima della domanda, volevo ringraziare tutte le persone che hanno messo la mia storia tra le seguite/ricordate/preferite ed un grande abbraccio alle 42 che mi hanno inserito tra le autrici preferite! Love ya all.

Amicizia.

Esiste per voi quella vera? Avete una migliore amica/amico?

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Sono ancora viva, non temete.

Scusatemi ancora una vota, ma ho davvero troppo poco tempo per dedicarmi alle cose che amo, come questa. Ce la metto tutta e spero che siate pazienti e che qualcuno mi segua ancora!

Per farmi perdonare vi lascio a questo capitolo pieno di svolte e confessioni!

Hope you enjoy!

 

 


 

 

 

 

 

 

Si rese conto di trattenere il fiato solo quando sentì la serratura scattare. Alzò lo sguardo sulle spalle di Andrew, avanti a lei, che stava aprendo la porta con un movimento che le sembrò lentissimo.

Andrew si sporse all’interno accendendo qualche luce, per poi farsi da parte per farla entrare.

-Grazie- sussurrò appena facendo un passo in avanti.

Jude si guardò attorno studiando l’ampio salone minuziosamente arredato. La prima cosa che notò fu l’enorme vetrata sul lato nord, da cui si poteva ammirare la Upper Bay. Persino l’enorme camino in marmo e l’impianto stereo che prendeva tutta la parete destra passarono in secondo piano, di fronte a quello scenario mozza fiato.

Studiò per qualche istante la stanza, cercando di trovarci qualche segno personale di Andrew: una foto, un quadro, un vaso particolare, ma non trovò nulla, era tutto molto neutro ed impersonale.

Si avviò come per riflesso verso la vetrata, restando incantata a fissare di fronte a se. Davvero viveva in una casa a Sunset Park, da solo?

-E’ bellissimo- soffiò, fermandosi ad un passo dalla vetrata.

-A mio fratello piace il panorama Newyorkese- disse in tono piatto rispondendo indirettamente alla domanda che si era fatta poco prima. Viveva lì con il fratello.

-E a te?- chiese spontanea, girandosi a guardarlo, ma lui era impegnato a sfilarsi il cappotto dandole le spalle.

-Preferisco il Tower Bridge al ponte di Brooklyn-

Allora perchè sei qui? Avrebbe voluto chiedergli, ma si strinse la lingua tra i denti, timorosa ancora una volta che se si fosse mostrata troppo invadente Andrew l’avrebbe tagliata fuori.

-Hai fame?- chiese, improvvisamente bisognosa di cambiare discorso.

-Un po’- ammise lui, passandosi una mano tra i capelli –Ma non credo ci sia molto da cucinare, mio fratello è a quel convegno e non credo abbia riempito il frigo prima di partire-

Andrew sembrava teso, nervoso, e questo a sua volta faceva innervosire Jude, che ora avrebbe dato qualsiasi cosa pur di allontanarsi da quella stanza.

-Ok, non c’è problema, potrei andare a prendere della pizza?-

Andrew sospirò pesantemente, portandosi una mano al volto. L’idea della pizza lo innervosiva così tanto?

-Perché stai facendo tutto questo per me, Jude?- sbottò improvvisamente, alzando lo sguardo verso di lei.

-Perché…- che diavolo di domanda era? Jude rimase interdetta, col cuore a mille, e zero risposte. Dopotutto quella era la domanda che si stava ponendo anche lei da qualche giorno: perchè voleva prendersi cura di lui a tutti i costi? Perchè le piaceva, ecco perchè, ma forse era meglio non dirglielo, per il momento.

 -Perché penso che nonostante tu voglia dare a tutti i costi a te stesso l’immagine del perfetto stronzo, da qualche parte lì dentro c’è una persona sensibile che ha solo bisogno di un po’ d’aiuto per ritrovare se stesso-

Una scintilla illuminò gli occhi di Andrew, che inarcò un sopracciglio.

-Quindi mi aiuterai, anche se sono uno stronzo?-

Jude sorrise, scuotendo la testa –Non ho detto che lo sei, ma è quello che vuoi far credere di essere-

Andrew abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore e quando rialzò gli occhi verso Jude, la ragazza si sentì avvampare per l’occhiata che le stava rivolgendo.

-Tu pensi di potermi aiutare, Jude?-

Non seppe se fu il tono in cui lo disse o lo sguardo tenero ed insicuro con cui accompagnò quelle parole a farla sciogliere e farle desiderare ardentemente di abbracciarlo.
Sospirò, indecisa tra il cuore che le suggeriva di buttarsi tra le sue braccia e la sua testa che le intimava di ragionare e non metterlo in imbarazzo.
Alla fine di quella che le sembrò una battaglia epica tra la sua testa ed il suo cuore, Jude allungò una mano verso quella del ragazzo, afferrandola saldamente.
Andrew abbassò lo sguardo, osservando le loro mani unite, per poi rialzarlo negli occhi cristallini di Jude, in cerca di una risposta.

-Non lo so Andrew- le disse con la sua tipica sincerità –Ma credo, sono sicura, di volerci provare-

-Non sarà facile-

Jude deglutì, lo sapeva che non era facile. Aveva passato più di un’ora nello studio del Dottore, che le aveva fatto firmare molteplici documenti, mentre le dava raccomandazioni su cosa fare in casi di emergenza come eventuali crisi d’astinenza.
Era spaventata, a morte, non sapeva cosa avrebbe dovuto affrontare, ne se ce l’avrebbe fatta, ma voleva farlo, con tutta se stessa.

-Puoi tirarti indietro da un giorno all’altro- disse, aumentando però la presa sulla sua mano –Se scapperai via urlando non ti biasimerò-

Jude scosse la testa con fermezza –Non succederà-

Forse fu il tono sicuro con cui disse quelle parole, o forse il suo sguardo determinato a spingere Andrew a strattonarla per la mano per poi avvolgerla con le sue braccia calde.

E quell’abbraccio, per Jude, in quel momento valeva più di ogni altra cosa, perché era l’unica cosa di cui aveva bisogno.

 

 

 

 

 

 

Un’ora dopo Jude ed Andrew sedevano all’enorme isola in marmo bianco della cucina pronti a mangiare. Alla fine Jude aveva trovato abbastanza ingredienti per cucinare un piatto di pasta e, inoltre, aveva scoperto che Andrew era una vera frana in cucina.

-Come sopravvivi ogni giorno?- gli chiese addentando un boccone di spaghetti

-Mi nutro di hot dog- la prese in giro, ricordando quella volta al parco quando con l’inganno era riuscito a farle dare un morso al suo panino farcito.

Jude storse il naso, mandando giù il boccone –Divertente-

Andrew ridacchiò, per poi soffermarsi a guardare la tavola di fronte a loro -E’ tutto così strano-

-Cosa?- chiese Jude aggrottando la fronte.

-Questo…- indicò il tavolo bandito avanti a loro -…del cibo buonissimo cucinato da qualcuno che si prende cura di me-

La ragazza sorrise, incrociando il suo sguardo.

-E’ strano, è come se mi sentissi a casa-

Jude lo guardò attentamente, studiando i suoi lineamenti che si addolcivano. Di certo trasferirsi dall’altra parte dell’oceano non doveva essere una cosa semplice; Lei era in un altro stato e sentiva terribilmente la mancanza della sua famiglia, figurarsi se fosse stata in un altro continente.

-Non che a Londra ne avessi mai avuto una vera- il tono amaro con cui pronunciò quelle parole fece accigliare Jude.

Andrew intercettò il suo sguardo dubbioso e sospirò leggermente, mentre abbassava la testa verso il piatto.

-Non ho mai avuto un buon rapporto con i miei genitori, Jude- cominciò e la ragazza si drizzò sulla sedia consapevole che quell’evento fosse più unico che raro.
Andrew che parlava di se stesso non era una cosa che si vedeva tutti i giorni.

-Anzi, non ho mai avuto alcun tipo di rapporto- una risata amara uscì dalle sue labbra.

-Mia madre e mio padre sono due dei più affermati chirurghi di tutta l’Europa, due persone fredde e calcolatrici anche nella vita privata- Jude non toglieva un attimo gli occhi da Andrew, pronta a cogliere ogni inflessione della sua voce, ogni suo minimo gesto.

-Hanno un piano ben preciso di come deve svolgersi la loro vita e in questo piano, ovviamente, eravamo inclusi anche io e mio fratello maggiore, Ben-

Al ricordo del fratello di Andrew, Jude riuscì a malapena a trattenersi dal fare una smorfia. Quel ragazzo proprio non le stava simpatico e, se aveva appreso quei modi dai genitori, poteva capire perchè Andrew non avesse alcun tipo di rapporto con loro.

-Avevano un piano anche per voi? In che senso?- chiese, ormai del tutto interessata a scoprire ogni cosa della sua vita.

Andrew giocherellò con un pezzo di pollo nel suo piatto, prima di rispondere alla sua domanda.

-Noi ovviamente saremmo dovuti crescere proprio come loro, frequentare Oxford e diventare due illustri chirurghi- un sorriso amaro si dipinse sulle sue labbra, mentre i suoi occhi restavano puntati sul piatto –Sin da piccoli ci hanno spinto, quasi obbligato, a frequentare certi ambienti: il circolo esclusivo di Tennis, i migliori campi estivi costati un occhio della testa e le migliori scuole. Tutti ambienti frequentati da stupidi ragazzini con la puzza sotto al naso-

-Quando Ben pese il diploma e fu accettato ad Oxford, i miei erano così fieri di lui, ed erano sicuri che io avrei seguito le sue orme, visto il legame che c’era tra di noi-

Il legame che c’era. Quindi una volta Andrew e Ben erano stati amici, oltre che fratelli? Cosa li aveva spinti ad arrivare a quello che erano ora?

Jude pendeva dalle sue labbra, totalmente interessata al suo discorso, quando Andrew alzò gli occhi verso di lei, facendole un sorriso tirato.

-Quindi potrai immaginare la loro sorpresa nello scoprire che il loro figlio minore dopo scuola frequentava dei corsi di arte invece che il circolo di tennis-

La ragazza trattenne il fiato, come se avesse mentito lei ai suoi genitori e fosse stata beccata.

-Frequentavi corsi d’arte?- sussurrò sorpresa ed Andrew annuì distrattamente.

-La mia professoressa del liceo mi avvicinò all’arte, spronandomi ad approfondire questo mio interesse. All’inizio ero titubante, sapendo che i miei non sarebbero stati d’accordo: Andrew Thompson, aspirante futuro chirurgo, che butta al vento il suo futuro per fare l’artista. Potevo vedere le loro espressioni di biasimo cristalline nella mia mente- scosse la testa con un’altra risata nervosa –Un giorno però mi lasciai convincere, andai ad una delle lezioni che la professoressa teneva a Londra e quando per la prima volta poggiai il pennello su una tela bianca mi si aprì un mondo, da allora capii che l’unica cosa che sarei riuscito a fare per tutta la vita era dipingere-

Una scintilla illuminò il suo viso e Jude sorrise di riflesso.

-Al quarto anno la professoressa mi mise tra le mani un plico di fogli: era la domanda d’iscrizione per “L’Accademia delle belle arti” a Parigi-

Jude strinse i pugni, sporgendosi verso di lui –Ti hanno accettato?-

Andrew rise sarcastico e lasciò cadere la forchetta.

-Non l’ho mai spedita. I miei hanno trovato il modulo che avevo nascosto, hanno fatto licenziare la mia insegnante d’arte e hanno dato chiaro ordine all’università di Parigi di rifiutare una mia eventuale candidatura-

La ragazza spalancò la bocca, allibita. I genitori di Andrew avevano davvero così peso? Erano così importanti?

-Ovviamente, così hanno fatto con tutte le università Europee- evidentemente si, erano davvero importanti.

-Come ci sono riusciti?- chiese in un sussurro basso

Andrew scrollò le spalle –Frequentare certi ambienti ti da l’opportunità di farti molti amici che contano-

Jude deglutì di fronte alla chiara ingiustizia subita da Andrew solo ed unicamente per uno stupido capriccio dei suoi genitori.

-E tu cosa hai fatto?-

-Ho cercato di parlargli, ma ovviamente loro non volevano sapere ragioni, dicevano che ero un ingrato, uno stupido immaturo che non prendeva seriamente il suo futuro. Non capivano che io non sono come loro, come Ben, io sono diverso- strinse i pugni sottolineando le ultime parole, come se fossero riferite più a se stesso che a Jude.

La ragazza allungò una mano verso il pugno chiuso, stringendola nella sua.

-Si che sei diverso- sussurrò fissandolo intensamente. Lui non era insensibile come suo fratello, non era glaciale come i suoi genitori. Lui era caloroso, passionale, intelligente, divertente, spiritoso. Lui era fantastico e non doveva sentirsi nemmeno un istante come loro.

Andrew le sorrise, prendendo un respiro, prima di ricominciare a parlare.

-Dissi ai miei che non volevo studiare medicina, che se non mi avessero fatto studiare arte, sarei diventato un artista di strada, avrei vissuto con le mie tele e i miei colori- Jude guardava affascinata il viso di Andrew illuminarsi alle sue parole.

-Mio padre mi prese in parola. Chiuse il  mio conto in banca e bloccò tutte le mie carte di credito. Finché non avessi ritrovato la ragione loro non mi avrebbero più dato nemmeno da mangiare. Subito dopo il diploma me ne andai di casa, prendendo in affitto una stanza nella city, con la speranza di trovare un lavoro per sopravvivere, ma ovviamente mio padre aveva sparso la voce e nessuno era disposto a darmi un lavoro- La ragazza gli strinse più forte la mano e lo vide sussultare leggermente.

-Dopo un mese mio fratello venne a farmi visita, stava partendo per l’America per collaborare con uno dei più grandi ospedali del nuovo continente e mi chiese di seguirlo. Sapevo che fosse un piano di mio padre per tenermi sotto controllo, per permettere a mio fratello di farmi il lavaggio del cervello, ma non avevo altra scelta, forse dall’altra parte del mondo avrei avuto qualche possibilità-

Jude scosse la testa, incredula di fronte a quella storia. Andrew aveva subito tutte quelle ingiustizie, gli era stato messo ripetutamente il bastone tra le ruote, dai suoi stessi genitori, le persone che avrebbero invece dovuto sostenerlo in tutte le sue scelte.

-Sei ancora in tempo Andrew, puoi ancora seguire i tuoi sogni-

Ora era in un altro continente, l’aveva detto anche lui, era libero di fare quello che voleva, senza sentire il fiato del padre sul collo.

Andrew le sorrise con espressione compassionevole, come se ci fosse ancora dell’altro.

-Quando sono arrivato a New York, per prima cosa ho fatto domanda alla Columbia e la mia domanda è stata rifiutata-

Jude spalancò la bocca –Tuo padre ha amici influenti anche qui?-

-Credo li abbia persino in Kazakistan, temo- rise lui, scuotendo la testa.

-Come sei finito a fare il modello?- Era una domanda che avrebbe sempre voluto porgergli, ma aveva sempre avuto il timore che lui non le avrebbe dato risposta. Visto che quella sera era in vena di confessioni, era meglio battere il ferro finché era caldo.

Andrew si concentrò, aggrottando le sopracciglia.

-Qualche giorno dopo la lettera di rifiuto della Columbia, ricevetti una chiamata dalla professoressa Green-

-La professoressa di arte?-

-Si, la mia domanda era passata tra le sue mani, ed era rimasta colpita da alcune foto di miei dipinti che avevo mandato come allegato. Voleva vedermi per parlare della mia “carriera”-

-Cosa ti disse?-

-Che se volevo, poteva darmi delle lezioni private- Sorrise al ricordo passandosi una mano tra i capelli –Ma allora ero scoraggiato e stanco e rifiutai, dicendole che avevo bisogno di un lavoro, non di uno stupido corso di pittura, allora lei mi presentò questo suo amico fotografo, che mi fece entrare in un’agenzia di modelli-

Jude lo guardò aggrottando la fronte, perchè aveva rifiutato un’opportunità del genere? Delle lezioni d’arte dalla professoressa Green, una delle più rinomate del paese.  

Andrew captò il suo sguardo e si affrettò a spiegare.

-Per un periodo, un lungo periodo, ho odiato l’arte Jude. La ritenevo la fonte di tutti i miei problemi, ma allo stesso tempo non riuscivo a farne a meno. Barattavo colori e tavolozze con la professoressa Green, in cambio io dovevo posare per lei- puntò gli occhi in quelli di Jude, che prontamente arrossì al ricordo di Andrew in quell’aula. Completamente nudo.

-Ho provato a farne a meno, dell’arte, ma ho capito che è stato il mio più grande sbaglio. L’arte fa parte di me, non è una cosa che posso cancellare, nemmeno con la robaccia che usavo-

Jude rabbrividì a quelle parole, capendole a fondo. Aveva cominciato a drogarsi perchè odiava se stesso, odiava quella parte che non poteva modificare.

-Andrew- Jude scosse la testa, cercando di trovare le parole adatte –Avere una passione, così forte, è una cosa bellissima-

Il ragazzo abbassò lo sguardo, per niente convinto.

-Riesco a capire come ti senti. La pittura e parte di te come la scrittura lo è di me- alzò lo sguardo interessato, prestandole finalmente attenzione –E non c’è niente di sbagliato in questo, anzi, ci rende speciali-

Allungò una mano verso il viso di Andrew, accarezzandogli una guancia. Deglutì sentendo il contatto con la sua pelle contro i polpastrelli e arrossì sforzandosi di pronunciare quelle parole. Non era momento di essere timidi, ora.

-Tu sei speciale- lo disse con così tanta fermezza e convinzione che fu impossibile per Andrew trattenersi dal sorriderle.

Jude gli sorrise di rimando, sospirando in cuor suo.

Andrew si era finalmente aperto con lei, le aveva raccontato la sua storia e si era fidato di lei. Quel ragazzo aveva sofferto davvero molto e non poteva ancora credere a tutte le ingiustizie che aveva subito a tutti i sogni che gli avevano strappato. Solo in quel momento si rese conto della solitudine di Andrew e sentì l’impulso di trasmettergli tutto il suo calore, il suo affetto.

Ci sarebbe riuscita, a poco a poco.

 

 

 

 

 

 

-Si è fatto tardi, è il caso di andare-

Andrew guardò l’orologio che portava al polso, per poi rivolgere uno sguardo severo a Jude.

-Non se ne parla-

Jude spalancò gli occhi, quasi spaventata dal tono duro e risoluto che aveva assunto. Aprì la bocca per controbattere, ma Andrew fu più veloce di lei.

-E’ mezzanotte passata e tu sei stata tutto questo tempo fuori casa a causa mia, il minimo che possa fare è non farti girare per la città a quest’ora-

La ragazza si trattenne dallo sbuffare e battere i piedi a terra come una ragazzina. Non aveva mica tre anni, era perfettamente in grado di tornare a casa da sola, a qualsiasi ora della notte o del giorno e poi l’alternativa qual’era? Dormire a casa di Andrew? Quella giornata aveva avuto fin troppi colpi di scena per i suoi gusti, ci mancava solo che le venisse un infarto.

-Chiamo un taxi, non è un problema- tentò, ma Andrew scosse la testa in senso negativo.

Va bene, ora cominciava ad innervosirla. Non poteva darle ordini, non era mica suo padre!

-Una ragazza non può girare da sola per le strade di New York a quest’ora-

Stava per partire con il suo tono polemico facendogli notare che era in uno dei quartieri più ricchi della città, non nel Bronx, e il suo discorsetto sulla parità dei sessi era già in procinto di cominciare, quando Andrew fece un passo verso di lei, con l’espressione più dolce che gli avesse mai visto in viso.

-Sono solo preoccupato per te- occhi languidi, parole sussurrate e labbro sporgente: l’aveva già messa KO.

-Andrew, è stata una giornata pesante, voglio solo tornare nella mia stanza- cercò di buttarla sul comfort della sua stanza, ma il tono con cui lo disse non convinse nemmeno se stessa, figurarsi lui che trattenne a stento un sorrisino di vittoria.

-Dormirai nella stanza degli ospiti, non ti disturberò per nessuna ragione al mondo, per rilassarti c’è una favolosa Jacuzzi nel bagno in fondo al corridoio, se poi vuoi rilassarti in altro modo…- le lanciò una strana occhiata, che Jude non colse al volo -la mia stanza è quella in fondo al corridoio- concluse passandosi la lingua sul labbro inferiore, in un invito esplicito.

-Andrew!- starnazzò lei diventando paonazza, mentre gli mollava uno schiaffo sul braccio –La Jacuzzi andrà benissimo, grazie- quel ragazzo era incredibile, un attimo prima sembrava la persona più profonda del mondo, coi suoi discorsi sulla famiglia e il senso della vita, quello dopo di perdeva in allusioni volgari e fuori luogo. Beh, magari non del tutto fuori luogo. Insomma, non che lei non ci avesse mai pensato all’eventualità di…

-Come preferisci- Andrew interruppe la pericolosa piega che stavano prendendo i suoi pensieri, sorridendole con una scrollata di spalle.

Jude sospirò, arrendendosi definitivamente –Sei tremendo, non ho nemmeno il pigiama con me!-

Andrew alzò un sopracciglio, arricciando le labbra in un ghigno malizioso e divertito.

-Zitto- sibilò Jude alzando una mano all’altezza del suo volto, bloccandolo prima che potesse dar voce ai suoi pensieri distorti –non importa, mi arrangerò-

-Che mal pensante!- Andrew scoppiò in una fragorosa risata –Volevo solo proporti di prendere in prestito una mia felpa!- Tirò la lingua fuori, prendendola palesemente in giro.  

La ragazza alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. La felpa, certo.

-Vieni su- ridacchiò allungando una mano per scompigliarle i capelli.

Seguì Andrew per il corridoio, fino ad arrivare in quella che doveva essere la sua stanza. Come il resto della casa quella stanza era bellissima, ampia e luminosa, ma era vuota. Nessuna fotografia, nessuna libreria o un qualsiasi segno di Andrew lì dentro: era totalmente anonima.

Andrew si avvicinò all’enorme armadio a muro accanto ad un letto a due piazze, aprendone un’anta. Frugò per qualche minuto mentre Jude prese a tormentarsi una ciocca di capelli improvvisamente nervosa e ansiosa nel sapersi nella stanza di Andrew, a pochi metri da lui e un letto dall’aria molto comoda. Dannazione, stava per caso diventando una ninfomane?

-Ecco- sentenziò in fine estraendo qualcosa dall’enorme armadio –Questa dovrebbe essere abbastanza grande- Le porse un enorme felpa grigia con uno stemma strano, che non aveva mai visto.

Quando alzò lo sguardo verso Andrew, lo trovò a guardarla con uno strano sorriso in volto. Non era il suo solito ghigno, un sorriso di scherno o malizioso, era stranamente dolce.

-Ti accompagno nella tua stanza- soffiò senza mai smettere di sorriderle.

Cosa diavolo aveva da sorridere in quel modo?

 

 

 

 

 

Jude girò con lo sguardo per quell’enorme stanza in cui Andrew l’aveva lasciata da più di venti minuti ormai.
Se la casa e la stanza di Andrew le erano sembrate vuote, quella lo era davvero. La stanza dalle pareti ocra, era del tutto vuota, eccezione fatta per il letto matrimoniale che padroneggiava accanto ad una finestra altrettanto grande.

Abbassò lo sguardo sulle sue gambe lasciate scoperte dalla felpa e si chiese cosa dovesse fare. Dal bagno non sentiva più il rumore della doccia, segno che Andrew ne era uscito. Doveva andare ad augurargli la buonanotte? Doveva andare a dormire senza dire una parola? Dio, quante complicazioni!

Sentì bussare alla sua porta e si alzò di scatto, cercando di allungare il più possibile quella maledetta felpa, che arrivava a coprirle fino a metà coscia.

La testa di Andrew fece capolino dalla porta, sorridente, ma quando la vide in piedi a pochi metri da lui, la sua espressione cambiò, diventando improvvisamente seria.

Cosa aveva fatto, ora?

Aprì del tutto la porta, facendo un passo all’interno della stanza, mentre Jude restava ferma col cuore a mille. Andrew si soffermò sulle sue gambe nude, poi sui fianchi e le spalle. Quando gli occhi di Andrew arrivarono ai suoi, Jude ci lesse una strana brama dentro e questo la fece tremare come se un cubetto di ghiaccio le stesse scendendo giù per il collo, che invece era accaldato.

Jude fissò Andrew, i capelli ancora bagnati e indossava solo un pantalone largo, probabilmente di una vecchia tuta. I suoi occhi si fermarono sul petto scoperto del ragazzo, ancora umido, e desiderò di sfiorare con le sue mani la sua pelle liscia.

Si morse un labbro imponendosi di tornare con gli occhi a quelli di Andrew, che ovviamente non si era perso nessuna delle sue espressioni da malata mentale ed ora sogghignava impunemente.

-Fa molto caldo qui dentro, non trovi?- Dio santissimo, doveva per forza dirlo con quel tono di voce basso e suadente? E doveva per forza muovere con non-chalance quella mano sul ventre scolpito?

-Un po’- balbettò cercando di allargare un po’ il collo di quella dannata felpa.

-La mia felpa…ti sta bene- si passò la lingua sulle labbra e Jude si sentì svenire come una ragazzina.

-Grazie- rispose titubante abbassando lo sguardo, mentre univa le mani.

-Jude…- la ragazza alzò lo sguardo e lo vide stringere forte la maniglia della porta, mentre la fissava con quegli occhi timorosi, ma decisi e quel ghigno dipinto sulla faccia.

Lasciò la maniglia con decisione, arrivando di fronte a lei in due falcate. Fissò i suoi occhi verdi in quelli cristallini, di Jude, studiandoli per qualche secondo. Poi leggera ed inaspettata arrivò una carezza sul viso di Jude, che si sentì andare a fuoco dalla tempia al mento. Lo sguardo che Andrew le stava rivolgendo era così carico di emozioni, così languido, fiducioso, speranzoso e quella carezza era stata così dolce che gli occhi le si fecero pesanti e la sua mano corse automaticamente a quella di Andrew, ancora ferma sul suo viso, per far intrecciare le loro dita in un gesto rassicurante e spontaneo.

-La prima volta che ti ho visto, ero talmente cieco che non mi ero nemmeno accorto della persona che avevo di fronte- sussurrò carezzandole una guancia col pollice –quando poi ti ho rivista ancora, sai cosa ho pensato?-

Jude cercò di sforzarsi di ricordare le prime volte che aveva visto Andrew, non perchè aveva una scarsa memoria, ma perchè le mani del ragazzo che accarezzavano il suo viso non erano di certo d’aiuto per la sua concentrazione.

-Cosa hai pensato?- ripeté meccanicamente le sue parole, ormai completamente andata.

-Che eri bellissima- sussurrò così vicino al suo volto che Jude non riuscì più a tenere gli occhi aperti.

Sentì Andrew sospirare prima di avvicinarsi e poggiare delicatamente le labbra sulle sue, senza muoverle. E poi sentì il vuoto sotto di lei.
Il cuore prese a batterle impazzito, lo stomaco si strinse in una morsa assassina e il suo cervello non aveva ancora captato quello che stava succedendo. Le sue mani furono più veloci della sua testa e lentamente andarono alle spalle del ragazzo, ma prima che riuscissero ad attirarlo verso di lei, Andrew si staccò, lasciandola interdetta.

Si guardarono per un istante, senza dir niente, poi Andrew le lasciò un’altra carezza sulla guancia, questa volta allontanandosi di un passo da lei.

-Buonanotte Jude- nessun sorriso dolce, solo uno sguardo pieno di qualcosa che non sapeva ancora riconoscere.

-Buona…notte- riuscì ad ansimare prima che lui uscisse dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Jude rimase impalata in quella stessa posizione per diversi minuti, lo sguardo verso la porta ed una mano ad accarezzare le sue labbra dove poco prima aveva sentito il calore di quelle di Andrew.

Non l’aveva immaginato, vero? Andrew l’aveva baciata. Certo, era stato uno sfioramento di labbra più che altro, uno di quel baci che si scambiano i bambini all’asilo, ma cavolo, aveva poggiato le sue labbra su quelle di Jude.

Sospirò sonoramente buttandosi all’indietro verso il letto sotto di lei, portando una mano a coprirsi gli occhi, mentre un piccolo sorriso si faceva largo sulle sue labbra.
Ora che conosceva la storia di Andrew, capiva di più il suo comportamento: quel voler sembrare sempre freddo, distaccato, indifferente, era tutto un riflesso del suo rapporto con i genitori. Vederlo ora aprirsi, anche se a poco a poco, con lei, vedere che era attratto da lei, era fantastico. Perchè poteva essere anche la persona più ingenua del mondo, ma ormai era chiaro che Andrew fosse attratta da lei almeno un terzo di quanto lei non lo fosse da lui.

Lui, al suo contrario però, sembrava timoroso di qualcosa. Andava lentamente con lei, forse anche troppo. Doveva spingersi e fare la prima mossa o rispettare i suoi tempi a costo di dover aspettare anni?
Scosse la testa, sbuffando infastidita: lei fare la prima mossa? Non ci sarebbe riuscita nemmeno volendo e poi doveva andarci piano con Andrew che non era abituato a tutto quello, ad avere qualcuno che si preoccupa e prende cura di lui. Una sua mossa avventata l’avrebbe solo spaventato e fatto allontanare da lei. Per ora Andrew aveva problemi ben più importanti di quelli di cuore che aveva lei, e Jude doveva sostenerlo e concentrarsi su quello.

Non sapeva cosa si provasse ad essere dipendenti da qualcosa, ma sapeva che per Andrew non sarebbe stato facile uscirne ed era suo compito stargli accanto e sostenerlo, sempre.

Doveva prima aiutarlo a guarire il suo corpo poi, magari, sarebbe riuscita a guarire anche il suo cuore.

 

 

 

*                *                  *

 

 

 

 

 

 

 

 

TATATATAAAAAAN!

Eccoci qui. Ecco scoperta la storia di Andrew, povero cucciolo, e finalmente tra i due la situazione si sta smuovendo.

Spero vi sia piaciuto il capitolo :)

A presto, spero!

Futuro. Cosa volete diventare? Lo sapete già o siete ancora indecisi?

 

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