The Reason. di JustALittleLie (/viewuser.php?uid=96818)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 1 *** capitolo 1 ***
La
prima
cosa che pensò Jude appena aprì gli occhi, fu che
sarebbe stato carino per una
volta essere svegliata dal trillo della sveglia che accuratamente
programmava
ogni sera, e non dalla voce di Lauren che dal bagno intonava una
melodia a lei sconosciuta,
ma alquanto acuta e stridula.
Con
uno
sbuffo cercò di coprirsi le orecchie come meglio poteva col
cuscino, ma la voce
di Lauren riusciva a oltrepassare qualsiasi ostacolo. Si mise a sedere
sul
letto, spegnendo la sveglia prima che suonasse –perché
diavolo continuava a metterla se sapeva che sarebbe stata
svegliata dalle urla di Lauren?- poi si dedicò
alla ricerca delle sue
pantofole, intenzionata ad andare dalla coinquilina per tapparle la
bocca in
qualche modo violento e poco gentile, ma proprio mentre stava
indossando le sue
pantofole rosa a forma di coniglio sentì Elle, dal
corridoio, precederla.
-LAUREN!
SONO STUFA DI SENTIRTI CANTARE OGNI MATTINA, CHIUDI IL BECCO!-
Lauren
non rispose, ma Jude la sentì improvvisamente smettere di
cantare e sorrise
soddisfatta mentre si alzava per recuperare i vestiti che aveva
accuratamente
preparato la sera prima su una sedia.
A
Jude
sembrava che fossero passati solo una decina di giorni da quando si era
trasferita in quella casa, a New York, da quando aveva conosciuto
Lauren ed
Elle, che poteva considerare le uniche persone con cui aveva un qualche
rapporto,
ed invece era passato più di un anno.
Alla
notizia che la Columbia University aveva accettato la sua domanda, Jude
si era
sentita eccitata e terrorizzata nello stesso momento. Nel piccolo
paesino del
North Carolina, dove aveva vissuto per diciotto anni, Jude non aveva
trovato
nessuno con cui potesse veramente parlare o confrontarsi, in una
cittadina di
provincia le persone hanno la mentalità ristretta e
più volte si era trovata a
sostenere gli occhi sbarrati di qualche suo compagno di classe quando
parlava
di un qualche argomento un po’ più maturo che
andasse al di là dei semplici
concetti che ti insegnano a scuola. Jude si sentiva terribilmente
diversa dalle
persone che la circondavano, forse per questo non aveva mai avuto una
migliore
amica, come tutte le ragazze della sua età avevano. Anche i
suoi rapporti con
l’altro sesso erano molto limitati e poco stimolanti, ma ora
stava per
trasferirsi a New York e tutto sarebbe cambiato, sapeva che da qualche
parte lì
in giro c’era la sua anima gemella, che
l’attendeva. Allo stesso tempo però era
anche terrorizzata all’idea, perché avrebbe dovuto
affrontare un cambiamento
così grande da sola, senza l’aiuto dei suoi
genitori, gli unici veri amici che
avesse mai avuto.
I
primi
tempi erano stati difficili, la casa che aveva fittato via internet era
mal
ridotta ed il fitto era così caro che a fine mese le
restavano a mal appena i
soldi per mangiare, le lezioni all’università
erano molto interessanti e
piacevoli, ma non si era ancora ambientata del tutto e, contrariamente
a quanto
si era aspettata, nessuno pareva interessato a parlare con lei, tutti
erano
impegnati a correre da una parte all’altra del campus, in
ritardo per qualche
lezione, come cavalli sbizzarriti e lei si sentiva del tutto spaesata.
Poi,
finalmente, era arrivata Lauren che con un sorriso a trentadue denti
l’aveva
invitata a sedere accanto a lei a lezione e parlando del più
e del meno le
aveva detto che lei e la sua amica erano in cerca di una nuova
coinquilina. Non
ci volle molto per convincere Jude a lasciare la casa mal messa e
triste dove
viveva, per andare con loro.
Dal
primo momento in cui l’aveva vista, Lauren le aveva trasmesso
un senso di
sicurezza e calore, era una di quelle persone forti e indipendenti, una
di
quelle che parevano ridere di fronte alle difficoltà della
vita, prendendo
tutto con innata leggerezza ed uscendone sempre illese. Jude sognava di
essere
un po’ come lei, ma il suo carattere ansioso e dedito
all’ordine mentale e
materiale glielo impediva.
Elle,
invece, era tutt’altra storia. La prima volta che
l’aveva vista -quando Lauren
l’aveva portata a casa per
farle vedere l’appartamento- Jude ebbe come
l’impressione che Elle volesse
sbatterle la porta in faccia. I capelli rossi erano legati in uno
chignon
disordinato e gli occhi verdi l’avevano squadrata
attentamente per qualche
istante prima di posarsi su Lauren che intanto volteggiava verso la
camera che
poi sarebbe stata sua.
-si
può
sapere perché continui a bussare se hai le chiavi? Non sono
il tuo portiere- aveva
sbottato puntandosi una mano su un fianco, mentre Jude si era sentita
completamente fuori luogo.
-oh,
non
riuscivo a trovarle nella borsa!- in realtà Jude non
l’aveva vista cercare le
chiavi di casa –non essere sgarbata Ells, saluta la nostra
nuova coinquilina!-
Gli
occhi verdi di Elle erano tornati a squadrare Jude in un modo che le
fece
colorare le guance di rosso per l’imbarazzo.
-beh,
almeno saremo in due a sopportare l’egocentrismo di Lauren-
aveva borbottato in
fine, prima di voltarle le spalle e tornare a chiudersi nella sua
stanza.
Le
parole di Elle si avverarono, e tutti i giorni le due si ritrovavano a
dover
sopportare il fastidioso cantare di Lauren sotto la doccia, il suo
incurabile
disordine, l’andirivieni di ragazzi che entravano la sera ed
andavano via la
mattina -preferibilmente prima di
colazione- e i mille altri difetti della ragazza, come quello
di essere perennemente
in ritardo.
-se
mi
fa fare tardi anche questa mattina, giuro che la uccido-
ringhiò Elle seduta al
piccolo tavolo rotondo della cucina insieme a Jude, lanciando uno
sguardo
furioso all’orologio che portava al polso.
-vedrai
che ora arriva- la rassicurò Jude, ansiosa, non le piaceva
arrivare in ritardo.
Elle
ringhiò ancora, in risposta, finendo in un sorso il suo
caffellatte.
La
pazienza non era uno dei pregi di Elle, per questo Jude spesso era
chiamata a
mettere pace tra le due e più volte si era chiesta come
avessero fatto a vivere
insieme senza scannarsi, prima che arrivasse lei.
-dopo
le
lezioni mi aspetti? potremmo andare insieme a lavoro- chiese Jude,
tentando di
distogliere l’amica dall’accurata preparazione
mentale del piano perfetto per uccidere
Lauren.
Elle
si
limitò ad annuire, mentre si alzava per riporre la tazza
ormai vuota nel
lavabo.
-E’
vicino la biblioteca, no?- chiese frettolosa mentre infilava il
giubbotto nero,
per lanciare poi uno sguardo spazientito verso il corridoio.
-si-
Jude
sperava che Lauren si muovesse prima che Elle decidesse di andare prenderla personalmente,
probabilmente
trascinandola a forza fino alla porta –proprio di fronte-
Elle
lavorava da una vita ormai in biblioteca, il salario non era alto ma la
ragazza
era entusiasta di poter essere circondata da libri, da sempre preferiti
alle
persone. Senza contare che Elle, a differenza di Lauren e Jude, non
aveva
bisogno di lavorare per mantenersi agli studi visto che proveniva da
una
famiglia piuttosto ricca, ma la ragazza, spinta da uno spirito di
autosufficienza, non prendeva più del dovuto dai genitori,
lavorando e sudando
qualsiasi cosa volesse che andasse al di là delle spese
universitarie. Era una
che non approfittava del suo status sociale, come dimostrava il fatto
che
vivesse in una casa con due coinquiline fastidiose, nonostante fosse
bastato
uno squillo al padre per ottenere un attico con vista su central park.
-eccomi
qui!- la voce squillante di Lauren fece capolino in cucina facendo
rilassare
visibilmente Jude, che si alzò di scatto per afferrare la
sua borsa.
Finalmente
riuscirono ad uscire di casa, stranamente in orario.
-Hei
Jud, non hai il tuo primo giorno di lavoro oggi?- chiese Lauren mentre
si
avviavano a passo svelto per la strada
-si,
ma
sono già nervosa, non me lo ricordare!- rispose stringendosi
di più al collo la
sua sciarpa rossa
-la
nuova ragazza delle consegne di Frankie’s!- trillò
allegra Lauren in risposta
–oh, sarai fantastica con l’uniforme gialla-
Jude
la
ignorò avanzando il passo, ma a quanto pare quella mattina
Lauren aveva più
voglia che mai di infastidire le sue coinquiline.
-hei,
cos’hai stamattina, brontolo?- si avvicinò
pericolosamente a Elle
picchiettandole una spalla –sei più imbronciata
del solito-
Jude
sospiro. Certo, Elle aveva il suo caratteraccio, ma non si poteva dire
che
Lauren facesse di tutto per evitare la collera della rossa.
-forse
brontolo- saltò
immediatamente Elle
indicandosi –non sarebbe così imbronciata se sua
altezza la regina delle oche
non avesse perso tutto quel tempo a rimirarsi allo specchio facendole
fare
tardi-
Lauren
si
ritrasse come scottata e Jude alzò gli occhi al cielo,
pronta ad assistere ad
un altro dei loro soliti battibecchi.
-ma
se
siamo in perfetto orario!- sbottò la mora
-siamo
cinque minuti in ritardo-
Elle,
precisa come sempre.
-in
ritardo per cosa? Sono le otto e quaranta e le lezioni non cominciano
prima
delle nove!-
-sai
che
mi piace arrivare in anticipo! E poi tu…-
Jude
premette il tasto play sul suo iPod e la voce di Paul McCartney
sostituì quella
ben più fastidiosa delle due ragazze a qualche metro da lei
che discutevano
inutilmente.
Conoscendo
le due quel battibecco sarebbe durato finché non fossero
arrivate a scuola e,
fortunatamente, sarebbero state costrette a separarsi, quindi, meglio
impiegare
il tempo fino ad allora in modo piacevole.
Amava
i
Beatles da quando era bambina, all’inizio li ascoltava solo
perché suo padre,
di origini inglesi, ne andava matto –non
a caso aveva tanto insistito per chiamarla Jude- ma poi col
tempo si era
resa conto che le piacevano davvero quelle canzoni che parlavano
d’amore, di
sogni, di speranze per un mondo migliore.
Ricordava
che ogni sera suo padre intonava le note di Hey Jude, poi le baciava
una
guancia augurandole la buonanotte e sussurrandole la stessa frase ogni
sera: “Sarò sempre qui
per te principessa, fin
quando non crescerai e troverai il tuo principe che ti
proteggerà e ti amerà
come faccio io”.
Ora
suo
padre era lontano e lei era cresciuta, ma quel principe di cui tanto le
aveva
parlato non era ancora arrivato.
Eppure
Jude sentiva che era vicino, che nascosto tra quei ragazzi arroganti,
rudi e
senza più un minimo di romanticismo, c’era anche
il suo principe.
Andrew
tese l’orecchio verso la porta nell’intento di
cogliere le parole del fratello
nell’altra stanza.
-Si
mamma, qui va tutto bene ti ho detto- il tono era accondiscendente, ma
impaziente –perché non provi a parlargli?-
I
muscoli delle spalle di Andrew si tesero automaticamente nel sentire
quelle
parole.
-E’
di
la, vuoi che te lo passi?-
Con
un
gesto riflesso strinse la mano attorno alla chiave infilata nella
serratura,
pronto a barricarsi dentro nel caso suo fratello avesse avuto
l’intenzione di
farlo parlare a telefono.
-no,
certo, lo chiamerai tu quando avrai tempo- lo sentì
sospirare e si rilassò un
po’
Quando
avrai tempo.
Quando mai sua madre aveva avuto tempo per lui?
Sentì
dei passi avvicinarsi alla porta e poco dopo qualcuno bussare. Si
passò una
mano sul viso stanco e poi tra i capelli, prima di aprire la porta,
trovando il
fratello in giacca e cravatta già pronto per uscire per la
sua tipica,
monotona, giornata.
-io
vado
a lavoro- lo avvertì
-bene-
rispose semplicemente lui alzando un sopracciglio con aria
strafottente, come a
voler sottolineare che la cosa non lo interessava minimamente.
Il
fratello sospirò, prima di ricominciare a parlare
–intendi fare qualcosa di
costruttivo della tua vita, oggi?-
Andrew
strinse i pugni affondando le unghie nel palmo delle mani –lo
faccio tutti i
giorni, in realtà- rispose tra i denti.
-e
quello
che fai lo chiami costruttivo?- chiese scettico
Ecco,
una delle loro conversazioni standard. Di solito però queste
avvenivano la sera,
quando suo fratello tornava stanco da lavoro e non riusciva a fingere
di sopportarlo,
allora inveiva contro di lui ricordandogli in tutti i modi possibili
che era la
pecora nera della famiglia, quella che aveva portato il seme della
discordia.
Era strano che il fratello non lo sopportasse già da prima
mattina, sicuramente
una buona parte di quella reazione era dovuta alla telefonata della
madre.
-perché
non mi butti fuori di casa se non sei d’accordo con quello
che faccio?- lo
sfidò alzando il mento
-perché
sei mio fratello, diamine! E voglio solo aiutarti a capire chi sei
veramente-
Oh,
ecco
che veniva fuori il suo lato da psicologo fallito, quello che voleva
capire ed
aiutare il mondo.
-Posso
dirti quello che non sono Ben-
ringhiò –non sono come te, non sono come mamma e
papà e non studierò mai
medicina e non diventerò mai un chirurgo-
Ben
annuì indietreggiando di qualche passo –io non
sono come loro, non voglio
costringerti ad essere qualcosa che tu non vuoi, voglio solo aiutarti
ad essere
qualcuno, ma tu sei troppo perso per
capirlo- voltò le spalle e se ne andò sbattendo
la porta dietro di se.
Andrew
si prese il viso tra le mani facendo pressione coi polpastrelli sulla
sua
pelle. Aveva voglia di prendersi a schiaffi, di graffiarsi, urlare, ma
non
poteva farlo, il suo viso era tutto quello che aveva, venderlo era
l’unico modo
per sopravvivere in quella giungla di cemento.
Aveva
fatto bene a trasferirsi da suo fratello in un altro continente? Era la
domanda
che si faceva più o meno tutte le sere prima di andare a
dormire, la domanda
che era rimasta in sospeso da tre anni ormai.
Qual’era
l’alternativa, d'altronde? Rimanere in Inghilterra e seguire
la volontà dei
suoi genitori di diventare un chirurgo come loro? Non riusciva nemmeno
ad
immaginarlo.
I
suoi
genitori avevano messo al mondo i due fratelli con l’intento
di creare due
cloni di loro stessi. Fin da piccoli quando agli altri bambini del
vicinato
ricevevano per Natale delle bici nuove con cui facevano gare per la
strada, Andrew
e Benjamin ricevevano regali come “il
piccolo chirurgo” o interessantissimi libri sul
corpo umano ed ai due non
restava che guardare fuori dalla finestra con aria sognante i bambini
che
sfrecciavano felici sulle loro biciclette fiammanti.
Ben,
di
tre anni più grande di Andrew e dal carattere più
mansueto e sottomesso, aveva
accettato la volontà del genitori quando frequentava le
scuole superiori, Andrew
poteva persino ricordare il momento esatto della sottomissione totale.
Era
un
giorno di metà ottobre e Ben portò a casa il suo
primo compito di chimica,
sulla quale una A+ era cerchiata di rosso; Andrew guardò
attentamente la madre
mentre prendeva il foglio tra le mani e successivamente rivolgeva uno
sguardo
di pura soddisfazione verso il figlio più grande. In quel
momento una scintilla
passò negli occhi di Ben e Andrew capì che da
quel momento in poi il fratello
avrebbe fatto di tutto per ottenere il maggior numero di quegli sguardi
e
l’unico modo, ovviamente, era seguire la volontà
dei suoi genitori.
Dopo
la
sottomissione del primo figlio, ai suoi genitori pareva scontato che
anche il
secondo avrebbe obbedito al loro volere, ma non avevano fatto i conti
col
carattere e la testardaggine di quest’ultimo.
Il
fastidioso vibrare del suo cellulare lo distrasse dal pericoloso fluire
dei
suoi pensieri.
-chi
è?-
rispose senza nemmeno guardare il numero sul display
-il
tuo
angelo custode- ridacchiò una voce maschile
dall’altro lato –vuole ricordarti
che sei in ritardo, di nuovo. E che se non varcherai la soglia
dell’ufficio tra
cinque minuti ti licenzieranno, di nuovo-
Andrew
gettò uno sguardo veloce alla sveglia sul comodino per poi
imprecare a
mezz’aria.
-arrivo,
intrattienili per quindici minuti e sono lì-
soffiò mentre raccoglieva dei
vestiti dalla sedia
-sbrigati-
rispose semplicemente il ragazzo dall’altro lato, per poi
riagganciare.
Andrew
si avviò verso il bagno mentre cercava di ricordare
mentalmente tutti gli
impegni della giornata. Avrebbe dovuto trascorrere tutta la giornata a
lavoro e
se, per puro miracolo, avesse finito prima delle otto, sarebbe dovuto
passare
per il market a fare la spesa, cosa che Ben era del tutto incapace di
fare.
Arrivato
in bagno si guardò allo specchio, passandosi una mano tra i
capelli. Non aveva
un bell’aspetto. Gli occhi erano contornati da pesanti
occhiaie violacee e il
volto era stanco e pallido, evidentemente penalizzato dalle pochissime
ore di
sonno che accumulava a notte.
Da
quando era arrivato lì non c’era una sera in cui
riuscisse a dormire sereno,
non una sera in cui i suoi fantasmi non fossero andati a trovarlo e lui
tremava
ogni sera, stringendosi, attendendo il loro arrivo. Quei fantasmi gli
sussurravano cose che lui non voleva sentire, gli sussurravano quello
che
infondo anche lui sapeva.
Che
era
un fallito.
Ma
lui
aveva trovato una soluzione, un sistema che gli permettesse di
scacciare quel
fantasmi malvagi, almeno di giorno.
Aprì
il
mobiletto di vetro di fronte a se e dopo aver scostato vari barattolini
di
medicinali afferrò una scatola bianca che giaceva sul fondo
dello scomparto. La
scritta sulla scatola diceva “aspirina”,
ma quello che Andrew estrasse dal suo interno, di certo non lo era.
Aveva
deciso di nasconderla lì perché suo fratello era
allergico alla aspirina e
sapeva che non gli sarebbe mai venuto in mente di prendere quella
scatola,
nemmeno per sbaglio.
Prese
la
bustina di plastica trasparente dalla scatola e versò un
po’ del suo contenuto
sulla superficie piatta della mensola accanto al lavandino per poi
estrarre un
piccolo pezzo di vetro, sottilissimo, cominciando a sminuzzare
attentamente la
polverina bianca di fronte a se.
Solo
una volta
-si
riprometteva tutti i giorni- domani
sarò
più forte e riuscirò a farcela senza questa roba.
Ma
ogni
giorno, inevitabilmente, si ritrovava nella stessa situazione, nella
sua stessa
trappola, senza nemmeno accorgersene.
-e
questo è tutto. C’è qualcosa che non ti
è chiaro?-
Jude
scosse la testa allungando la mano per afferrare la divisa –giacca e cappellino- gialla che
l’uomo
grassotto di fronte a lei le stava porgendo per poi indossarla
frettolosamente.
-sicura?-
chiese ancora
-certo-
sistemò
meglio il cappello sulla fronte in modo che non le tirasse i capelli.
Non
c’era poi molto da capire. Doveva prendere le ordinazioni che
i ragazzi
preparavano dietro al bancone e portarle all’indirizzo che
avrebbero scritto
sulla busta. Anche l’ultimo degli idioti avrebbe capito.
-bene,
allora ecco la tua prima consegna- prese una busta dal lungo bancone in
acciaio
e la piazzò tra le braccia della ragazza, che
traballò per un istante sotto
l’improvviso peso.
-ce
la
fai?- chiese l’uomo con espressione dubbiosa
-si,
si,
tutto a posto- si sforzò di sorridere lei afferrando il
manico della busta di
cartone con una mano.
-lì
sopra c’è l’indirizzo, buona fortuna-
borbottò tra i folti baffi castani per
poi tornare dietro al suo bancone, per dedicarsi alle sue mansioni.
Jude
sospirò uscendo dal piccolo negozio, accompagnata dal trillo
del campanello
appeso alla porta. Controllò l’indirizzo
scarabocchiato in maniera più o meno
comprensibile su un lato della busta, prima di avviarsi lungo la strada
che
conduceva a Central Park.
Quel
lavoro era stata una vera e propria manna dal cielo. Quando, qualche
settimana
prima, aveva deciso di lasciare il lavoro al pub sotto casa dove la
sfruttavano
vergognosamente, aveva creduto di non riuscire a trovare un altro
lavoro
part-time che pagasse abbastanza bene per permetterle di mantenersi in
quella
città, ma grazie ad una soffiata di Lauren, che aveva un
amico che lavorava lì,
aveva saputo che il vecchio Frankie aveva bisogno di un’altra
persona che
facesse consegne nelle zone vicino al bar. Secondo Frankie era inutile
sprecare
soldi e benzina per trecento metri quando poteva sfruttare le gambe di
qualche
giovane con forze fresche, come Jude.
Quel
lavoro sarebbe stato stancante, ma Frankie le aveva promesso un buon
salario, e
inoltre le consegne venivano richieste maggiormente negli uffici, per
cui una
volta chiusi questi, alle sei del pomeriggio, Jude poteva anche tornare
a casa.
In questo modo avrebbe avuto anche il tempo di studiare, invece di
farlo di
notte come le era capitato più volte.
Svoltò
a
sinistra e si avvicinò all’ingresso di uno dei
tanti grattacieli che si
imponevano in quella lunga strada per controllare il numero civico. Per
fortuna
non aveva sbagliato via.
Entrò
nell’androne del grattacielo avviandosi verso
l’ascensore, controllò che il
piano fosse segnato sulla busta, accanto all’indirizzo, e
attese pazientemente
per qualche minuto che le porte in acciaio si aprissero di fronte a lei.
Trentacinquesimo
piano.
Alzò
gli
occhi seguendo la luce che si illuminava segnando la sua salita, piano
dopo
piano, mentre batteva ritmicamente con un piede a terra.
Non
ci
vollero più di tre minuti per arrivare al suo piano e quando
le porte di fronte
a lei si aprirono, si ritrovò di fronte ad un enorme
scrivania in mogano.
-Salve-
salutò scorgendo dietro di essa una ragazza sulla trentina
di bell’aspetto.
La
ragazza, con la testa biondo platino china su alcuni fogli che teneva
sotto il
naso, borbottò uno svogliato “Salve”
in risposta, senza alzare minimamente il volto.
Jude
si
avvicinò sperando di catturare la sua attenzione, ma la
ragazza non si
distrasse dalle sue faccende nemmeno per un secondo.
-sto
cercando l’ufficio di…- alzò la busta
all’altezza del volto per controllare il
nome –Claire&Co-
-a
sinistra- rispose distrattamente
-gentilissima-
sibilò sarcastica Jude per poi avviarsi lungo il corridoio a
sinistra della
scrivania.
Trovare
la stanza che le interessava, non fu difficile visto che era presente
una sola
grande porta di ferro alla fine del corridoio scarsamente illuminato.
Man mano
che si avvicinava sentiva un rumore assordante provenire
dall’interno della
stanza e la cosa la insospettì facendole credere di aver
sbagliato. Frankie le
aveva detto che le loro consegne riguardavano gli uffici, ma dal
baccano che
sentiva provenire da lì dentro, non credeva ci fossero
persone intente a fare
il proprio lavoro.
Che
tipo
di ufficio era, quello?
Abbassò
la maniglia e si decise a dare una sbirciatina dentro,
l’indirizzo era quello,
non poteva aver sbagliato.
Quando
la porta si aprì avanti a lei, Jude rimase impalata a
fissare l’interno della
stanza, chiedendosi se non fosse finita proprio in paradiso.
-oh
mio
Dio- sussurrò mentre con occhi avidi passava a rassegna ogni
centimetro del
corpo mezzo nudo del ragazzo che passò a mezzo metro da lei.
Quello
non era un ufficio, almeno non come lo immaginava lei.
L’immensa sala –sarà
stato almeno mezzo piano di
quell’enorme grattacielo- era stata allestita con
teloni bianchi sul lato
sinistro, mentre sul destro c’erano tanti stand stracolmi di
vestiti e gente
che correva avanti e indietro. Era finita su un set fotografico.
Quello
che colpì Jude però non era di certo il fotografo
che scattava come impazzito
foto a raffica ad una ragazza dal lunghi capelli biondi e dal fisico
slanciato
e fin troppo magro, e nemmeno l’elevato numero di gente che
correva avanti e
indietro urlando o parlando ad un auricolare, no. Quello che
colpì Jude e
catturò completamente la sua attenzione, fu la fila di
ragazzi in intimo che
aspettavano pazienti vicino agli stand che qualcuno gli dicesse cosa
indossare.
Jude
non
era una di quelle ragazze maliziose che rivolgevano sguardi ammalianti
ad ogni
essere che avesse un apparato respiratorio funzionante e due testicoli,
di
solito era Lauren quella che si perdeva in commenti poco velati, ma ora
era
impossibile per lei impedire alle sue ovaie di incendiarsi
completamente,
chiedendo pietà. Era impossibile restare impassibili di
fronte a fisici tanto
scolpiti che sembravano di pietra.
Doveva
consegnare quella maledetta busta e scappare via di li, prima che
qualcuno
l’avesse sorpresa a sbavare indecorosamente.
Richiuse
la porta alle sue spalle appiattendosi quanto più possibile
vicino al muro,
doveva trovare qualcuno che aveva l’aspetto di un
responsabile, o qualcosa del
genere, sicuramente doveva consegnare a lui quella busta.
Si
voltò
a destra, dove un paio di ragazze sedute su delle sedie di plastica
erano
intente a fissare la loro immagine all’enorme specchio di
fronte a loro, mentre
due ragazzi sulla trentina, dietro di loro, erano impegnati ad
acconciare i
lunghi capelli biondi in morbidi boccoli.
Distolse
lo sguardo alla ricerca di quello che cercava, ma fu interrotta da un
improvviso rumore alle sue spalle.
Sobbalzò
voltandosi alla sua sinistra, dove la porta che lei stessa aveva
varcato
qualche istante prima, era stata nuovamente aperta, questa volta da un
ragazzo.
Un ragazzo decisamente bello.
-ANDY!
Avevi detto quindici minuti, ne sono passati trenta!-
sobbalzò nuovamente nel
sentire qualcuno che si avvicinava sbraitando, e si appiattì
ancora più vicino
al muro, facendo un passo per allontanarsi dalla porta.
Jude
studiò il ragazzo che si avvicinava a quello appena
arrivato, sperando che lui
non la notasse, non che fosse una cosa molto difficile per lei non
farsi notare
in mezzo a tutte quelle stangone perfette, effettivamente. Il ragazzo
aveva la
carnagione scura e i lineamenti molto più marcati rispetto
all’altro. Le labbra
carnose, le folte sopracciglia, quel leggero filo di barba e lo sguardo
malizioso gli davano quell’aria da sex simbol a cui ogni uomo
aspirava. I
capelli scuri erano spettinati e gli occhi scuri nascondevano un velo
di
preoccupazione.
L’altro,
quello a cui stava sbraitando contro, era completamente diverso. La
pelle di
porcellana era lattea e i lineamenti erano così delicati che
rendevano il suo
profilo perfetto, gli occhi a mandorla leggermente arrossati sembravano
vuoti e
poco interessati alle urla dell’amico.
-sei
riuscito a tenerli occupati?- chiese, senza particolare interesse o
preoccupazione nel tono della voce
Il
moro
fece per rispondere, ma un uomo con una maglietta slabbrata e un paio
di jeans
tanto aderenti da bloccargli la circolazione fece la sua comparsa,
facendolo
zittire. Dalla cartellina che teneva tra le mani Jude pensò
che poteva essere
l’uomo che cercava, ma non fece in tempo ad aprire la bocca
che questo prese ad
inveire contro il ragazzo.
-Andrew!
Sei di nuovo in ritardo!-
Andrew
-così si chiamava il ragazzo appena
entrato-
restò in silenzio, senza nemmeno provare a giustificare il
suo ritardo o
scusarsi. Quel silenzio parve stizzire ancora di più
l’uomo.
-Vai
immediatamente a cambiarti! E se fai anche solo cinque minuti di
ritardo
domani, sei licenziato!- urlò ancora, per poi girare sui
tacchi e tornare sui
suoi passi.
Il
moro
scosse la testa nella direzione di Andrew.
-ti
conviene muovere le chiappe d’oro amico- gli
suggerì prima di andarsene
Jude
rimase immobile, mentre fissava il ragazzo stretto in una felpa verde
muschio
che si strofinava gli occhi con le dita, con aria stanca.
C’era
qualcosa di strano in quel ragazzo, qualcosa che aveva colpito Jude nel
momento
stesso in cui era entrato. Non aveva quasi parlato, non aveva detto
nulla di
strano o particolare, eppure c’era qualcosa in lui, nel suo
sguardo spento,
qualcosa che…
Il
ragazzo, evidentemente, si sentì osservato e di colpo
alzò lo sguardo verso
Jude, che venne scoperta in flagrante. La ragazza fece per distogliere
lo
sguardo, ma ormai era troppo tardi per far finta di niente.
-che
diavolo hai da guardare tu?- sbottò il ragazzo, facendola
sussultare
Jude
avrebbe volentieri aperto un varco a testate tra le mattonelle e ci
sarebbe sprofondata
dentro. Scoperta mentre fissava un ragazzo, che cosa imbarazzante.
-niente-
balbettò senza riuscire a distogliere lo sguardo, suo
malgrado –cercavo
qualcuno a cui consegnare questo- rispose flebilmente alzando la busta
-beh?
Ti
sembro qualcuno che si occupa di queste cose?- sbottò
Jude
si
accigliò chiedendosi perché quel ragazzo che
nemmeno la conosceva aveva avuto
quella reazione nei suoi confronti. Non sapeva come funzionava in
quell’ambiente, ma dalle sue parti la prima cosa che le
avevano insegnato era
l’educazione. Cosa che evidentemente era completamente
assente in quel ragazzo.
-non
c’è
bisognò di essere così scortesi-
controbatté cercando di mantenere la calma
–stavo solo…-
-non
mi
interessa cosa stavi facendo- la interruppe bruscamente lui
–togliti dai piedi
ora-
E
la
sorpassò sfiorando la sua spalla e lasciandola con un enorme
punto
interrogativo sulla faccia.
Che
razza di maleducato.
* *
*
Ok,
non
sono del tutto convinta di quello che sto facendo e sono quasi sicura
che me ne
pentirò. In questo fandom ci sono decine di autrici
bravissime e mi viene
voglia di correre a nascondermi nel primo angolo più vicino.
Questo
primo capitolo è una sorta di prova, se vi
piacerà la continuerò, altrimenti
eviterò di rendermi ridicola continuando a postarla.
Bene,
detto questo sappiate che accetterò qualsiasi tipo di
recensione, soprattutto
critica! Quindi non trattenetemi dal dirmi cosa ne pensate.
A
presto(spero).
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Se c’era una cosa che
Jude odiava
con tutto il suo essere, erano gli esami di metà semestre.
Quando aveva deciso di studiare
letteratura, sapeva che non sarebbe stato semplice e che doveva
impegnarsi, ma
mai aveva immaginato di poter sentire l’irrefrenabile impulso
di prendere il
libro di fronte a lei e bruciarlo. O, meglio ancora, lanciarlo sul naso
del
professor Manson.
Non aveva alcuna voglia di studiare
in quel momento e di certo la fitta coltre di nubi che si estendevano
fuori
dalla finestra creando uno scenario alquanto cupo e triste non la
aiutavano.
Jude amava il sole, il caldo e il
verde, tutte cose che a New York erano solo un miraggio lontano, a meno
che non
andasse a central park il quattordici di agosto.
Quel freddo le metteva tristezza e
faceva salire la sua pigrizia a livelli esorbitanti, senza contare gli
effetti
negativi del mal tempo sul suo umore già di per se lunatico
che la rendevano
alquanto irritabile. Tutto quello che voleva in quel momento era
prendere una
cioccolata calda, addormentarsi sotto un piumone e svegliarsi in
primavera,
quando avrebbe potuto mettere il viso fuori la finestra senza
congelarsi il
naso.
Ovviamente non poteva farlo, aveva
la scuola, il lavoro ed un’inesistente vita sociale da
portare avanti.
-nevica!- Lauren
spalancò la porta
della stanza di Jude non curante del fatto che la ragazza stesse
disperatamente
cercando la voglia studiare da qualche parte.
Jude si voltò verso di
lei, con un
cipiglio di disappunto e per tutta risposta Lauren saltellò
verso la finestra,
spalancando la tenda color lavanda.
-nevica!- ripeté
allargando le
braccia
Jude guardò per un
istante fuori
dalla finestra fissando i piccoli fiocchi di neve che vorticavano in
aria prima
di poggiarsi leggeri agli angoli della finestra.
Perfetto.
Poteva mancare la neve a coronare
quella giornata stupenda? Odiava l’inverno.
-sto cercando di studiare- si
lamentò costringendosi a tornare con la testa sul libro di
letteratura aperto
sulla piccola scrivania
-oh, ecco
cos’è quella strana aura
nera che volteggia attorno alla tua persona!- gesticolò
freneticamente
avvicinandosi a lei
-non hai Elle da importunare?-
chiese speranzosa
Lauren fece schioccare la lingua
scuotendo la testa –è andata prima in biblioteca-
-e tu non avevi un lavoro?- chiese
con la speranza che la ragazza si togliesse dai piedi.
Lauren lavorava al bar sotto casa
più o meno da quando la conosceva. Stava al bancone e
distribuiva drink ai
ragazzi che molte sere si presentavano lì, probabilmente
solo per lei. Non era
raro che Lauren scegliesse tra uno dei tanti che lasciava scie di bava
sul
bancone il suo compagno per una notte. Una sola notte era il tempo
concesso al
fortunato, poi Lauren lo invitava gentilmente a lasciare
l’appartamento e la
sua vita, preferibilmente in punta di piedi, senza svegliarla.
Lei diceva che quel lavoro la
divertiva, che poteva mettere in pratica sulle persone quello che
studiava
all’università. Amava psicoanalizzare le persone
che si sedevano ad uno
sgabello e con aria triste le raccontavano i loro problemi, le piaceva
scavare
a fondo e, con grande terrore da parte di Jude, ci riusciva anche bene.
-comincio tra un’ora-
rispose la
mora sfiorandosi i capelli con la mano destra
Rassegnata, Jude fece per tornare
ai
suoi studi, ma si bloccò quasi subito, portando
l’orologio legato al polso
sotto i suoi occhi.
-maledizione!- urlò
scattando in
piedi
-che succede?- quasi
urlò Lauren di
rimando, sobbalzando
-sono in ritardo, tra quindici
minuti devo essere a lavoro!- sbottò correndo verso la sala
da pranzo alla
ricerca del suo cappotto.
-hey, ieri sono tornata tardi e non
mi hai più detto com’è andato il tuo
primo giorno!- Lauren la raggiunse
porgendole il cappotto e la sciarpa
-bene- commentò
sbrigativa
afferrando entrambi
-qualche consegna interessante?-
chiese ancora mentre si lasciava cadere sul sofà
Jude si bloccò giusto un
istante col
braccio allungato nell’intento di afferrare la tracolla
dall’appendi abiti,
mentre l’espressione accigliata e nervosa di quel ragazzo si
faceva spazio tra
i suoi pensieri.
Se Lauren avesse scoperto che uno
dei posti dove aveva fatto una consegna era un set fotografico gremito
di
modelli mezzi nudi, molto probabilmente le si sarebbe attaccata alla
gamba
costringendola a trascinarla con lei.
-no, nessuna, ora devo andare-
spalancò la porta, ma ancora una volta la voce di Lauren la
bloccò
-passa al bar stasera, ti ci vuole
del puro e sano alcol!-
Jude alzò gli occhi al
cielo prima
di richiudere la porta dietro di lei.
Parafrasando le parole di Lauren
però poteva trovarci un po’ di verità:
aveva bisogno di distrarsi. Non era il
tipo da strani festeggiamenti a base di alcol e sesso, ma poteva
trovare
qualcosa di divertente da fare. Un hobby, le serviva un hobby.
Imprecò sotto voce
quando un turbine
di vento la travolse facendole male il viso. Alzò la sciarpa
fino agli occhi e,
infilando le mani in tasca, si diresse a passo svelto verso il negozio,
sperando di arrivarci prima di morire assiderata.
Il calore che padroneggiava
all’interno di Frankie’s le sembrò il
paradiso in quel momento. Sospirò
scostandosi la sciarpa dalla bocca e gettando una rapida occhiata
all’orologio
a muro: per fortuna non era in ritardo.
-eccoti qui!- l’accolse
Frankie dal
bancone e lei sorrise di rimando
-fa un freddo bestiale fuori-
commentò mentre si fregava le mani, cercando di riscaldarle
Frankie annuì alzando
poi la testa
per controllare un foglio di carta rettangolare che penzolava dalla
cappa in
ferro di fronte a lui.
-oggi ci sono poche consegne-
commentò –se termini prima dell’orario
puoi anche andare a casa-
-grazie- sospirò
–con questo
tempaccio andare in giro non è l’ideale-
-ti avrei lasciato usare il
furgoncino delle consegne, ma abbiamo avuto un problema ed è
dal meccanico-
Jude alzò le spalle
afferrando la
busta che Frankie le porgeva. Doveva essere la sua giornata fortunata
quella.
Nevicava, era stanca, nervosa ed
ipersensibile, poteva andare peggio?
Quando uscì al gelo la
sua unica
speranza, l’ultima che le era rimasta quella giornata, era di
non dover
rivedere quel ragazzo antipatico che l’aveva guardata
dall’alto in basso il
giorno prima, lo sperava con tutto il cuore.
Quel ragazzo era così
bello che
quasi non riusciva a capacitarsi che a tanta bellezza potesse
corrispondere
altrettanta maleducazione. Lei non aveva fatto niente, si era
appiattita contro
il muro cercando di passare inosservata, eppure quel ragazzo aveva
avuto da
ridire perché lei lo stava osservando. Come se fosse
possibile non osservare
uno come lui.
Dopo la decima consegna quasi
sentiva le stalattiti penderle
dalla
punta del naso ghiacciata.
-questa è
l’ultima consegna- le
sorrise incoraggiante l’uomo –questo cliente non
paga in contanti, quindi puoi
andare a casa dopo aver consegnato-
Jude
ringraziò afferrando la busta ed uscendo
rapidamente, aveva fretta di tornare a casa.
Peccato però che non
avesse alcuna
voglia di studiare. Magari per una volta avrebbe ascoltato il consiglio
di
Lauren e sarebbe passata da lei per bere una birra. Dopo tutto era
mercoledì,
il locale non doveva essere affollato come nel fine settimana.
Alzò le spalle annuendo
a se stessa,
perché no.
Dopo due minuti di girovagare si
rese conto che non aveva nemmeno controllato l’indirizzo
sulla busta di carta
e, quando lo fece, quello spiraglio di buon umore che stava facendo
capolino
dall’oscurità del suo stato d’animo,
scomparve definitivamente.
Oh, quella era proprio la sua
giornata fortunata.
Si diresse verso quel grattacielo,
questa volta con passo strisciante, costringendosi a mettere un piede
avanti
all’altro. Arrivata all’ingresso si fece forza,
dopo tutto poteva anche non
incontrare quel ragazzo e poi non era più una ragazzina, non
poteva lasciarsi
intimidire da uno sconosciuto che le faceva la voce dura.
Entrò
nell’ascensore con la
convinzione che l’amica avrebbe dovuto offrire una camomilla
dopo, altro che
birra.
Quando arrivò al suo
piano, le porte
si aprirono svelandole la stessa scrivania, con la stessa segretaria,
con la
stessa simpatia e disponibilità.
-prego?- le chiese la biondina
Jude alzò la busta
all’altezza del
viso –devo fare una consegna-
La ragazza la fissò per
qualche
istante e Jude sperò con tutta se stessa che la invitasse a
lasciarla a lei, ma
quella ovviamente, era la sua giornata fortunata. L’aveva
già detto?
-infondo
a sinistra- bofonchiò prima di tornare ad
ignorarla
-grazie- quasi ringhiò
Jude
Percorse il corridoio con passo
svelto, nervosa, e quando arrivò alla porta si
fermò un istante chiudendo gli
occhi e prendendo un respiro profondo. Avrebbe aperto quella porta,
consegnato
quella busta alla prima persona che si sarebbe trovata di fronte e
sarebbe
scappata via.
Il suo piano era perfetto, peccato
che quando aprì la porta si ritrovò di fronte un
ragazzo abbronzato con indosso
solo uno slip bianco che le causò un’istantanea
paralisi.
Il ragazzo si voltò
verso di lei e lo
riconobbe al volo, era lo stesso che il giorno prima aveva visto
parlare con
l’altro, l’antipatico.
Il moro la fissò per
qualche
istante, probabilmente chiedendosi se la ragazza stesse per soffocare o
quel
grazioso color rosso fuoco era naturale, poi passò lo
sguardo sulla busta che portava
tra le mani, sorridendo.
-Andy, sono arrivati i nostri
caffè!- trillò il ragazzo a qualcuno
avvicinandosi a lei
-ciao!- le sorrise prendendole la
busta dalle mani –sei nuova?-
Jude annuì in silenzio,
cercando di
non fissare lo sguardo sulle braccia muscolose del ragazzo, o peggio
sui suoi
slip bianchi.
-finalmente- sbottò una
voce
familiare
Vide un ragazzo, quel
ragazzo, fare capolino alle spalle
del moro, per poi guardarla con aria accigliata.
Jude trattenne il respiro, per un
attimo temette che le facesse un’altra inspiegabile sfuriata,
ma quello la
ignorò prendendo la busta dalle mani dell’amico e
poggiandola su una sedia lì
accanto.
Anche lui indossava solo un paio di
slip e quella visione le fece sentire improvvisamente caldo.
Cercò di non
fissarsi sul movimento della schiena muscolosa che si inarcava,
spostando lo
sguardo sull’altro ragazzo.
-io sono Marlon- il moro
allungò una
mano verso di lei, ignorando l’amico che era quasi immerso
con la testa nella
busta di cartone alla ricerca del suo caffè.
-Jude- fece un sorriso tirato
stringendogli la mano
Il fatto che fosse in solo intimo
non pareva disturbare minimante Marlon che sorrideva a Jude, rilassato.
La cosa
era diversa invece per lei, che stava per andare praticamente a fuoco.
-dovrei consegnare lo scontrino ad
un responsabile- sorrise imbarazzata –sapresti dove posso
trovarlo?-
-dai a me, glielo consegno io- si
offrì il ragazzo
-grazie- sorrise lei, contenta che
ci fosse ancora qualcuno di gentile in quella città
Marlon fece per rispondere, ma
venne
interrotto da uno sbuffo sonoro da parte dell’amico.
-e questo sarebbe un cappuccino al
caramello?- borbottò alzando un sopracciglio nella direzione
di Jude
La ragazza rimase spiazzata,
guardando il bicchiere di cartone che il ragazzo teneva tra le mani.
-prego?- chiese confusa
-questo- ringhiò
allungando con un
gesto troppo veloce il bicchiere alla ragazza, che saltellò
indietro –ti sembra
un cappuccino al caramello?- ripeté irritato
Jude abbassò lo sguardo
per un
attimo, per poi tornare a fissare il ragazzo, incerta.
-cos’ha che non va?-
-non vedo la schiuma-
commentò
La bionda alzò un
sopracciglio,
sconcertata. Che razza di persona era quella ed in quale ambiente era
cresciuto
per lamentarsi dell’assenza di schiuma su un cappuccino?
-Andy, andiamo, non è
così grave-
cercò di farlo ragionare il moro
-non è questo.
E’ che non sopporto
le persone che non sanno fare il loro lavoro- socchiuse gli occhi,
praticamente
incenerendola con lo sguardo.
Perché diavolo ce
l’aveva con lei?
Beh, qualunque fosse il motivo, quel ragazzo aveva scelto la giornata
sbagliata
per stuzzicarla.
-io mi occupo solo delle consegne-
rispose ricambiando l’occhiataccia
-e non dovresti anche controllare
che il prodotto sia quello giusto?- la sfidò lui
Jude sbuffò, puntandosi
le mani ai
fianchi –non è forse un cappuccino al caramello
quello che volevi?-
-lo volevo con la schiuma-
Marlon alzò gli occhi al
cielo
mentre Jude lo imitava, esasperata.
-la prossima volta lo
specificherò a
chi di dovuto- cercò di restare calma
-sarà meglio-
commentò acido
–incompetente- sibilò prima di voltarsi, per
andarsene.
Jude sapeva che doveva lasciarlo
andare, doveva fingere di non aver sentito quell’ultima,
gratuita, offesa.
Doveva ignorarlo, andare via da lì e sperare che
quell’ufficio non avrebbe
ordinato più niente da Frankie’s.
Doveva mantenere la calma,
doveva…
-prego?!- sbottò facendo
voltare
nuovamente il ragazzo, che la guardò con aria di sufficienza
-volevo solo dire che non mi sembri
molto competente in…quello che fai- indicò
l’uniforme gialla più che lei
Jude strinse le mani in due pugni
–ma come ti permetti?- sbottò
-stai calma- sbuffò
–stavo solo
facendo le mie considerazioni-
-Andrew- lo interruppe
l’amico
–forse e meglio che…-
-beh, ti dico una cosa-
sbottò Jude
interrompendolo –a me non interessano le tue considerazioni,
quindi tienitele
per te-
Edmund, o come diavolo si chiamava,
scrollò le spalle.
-se non sei capace di fare il tuo
lavoro qualcuno dovrebbe fartelo notare-
- ti prego-
si lamentò Marlon passandosi una mano sul volto
Jude fece un passo verso di lui
fissandolo negli occhi.
Non era arrivata a New York per
farsi mettere i piedi in testa da un ragazzino viziato, non era andata
lì per
farsi insultare e non era lì per passare per
l’idiota di turno.
-e se non sei capace di pensare
prima di parlare, sarebbe meglio non farlo- ringhiò
Quello che accadde dopo fu
inconscio, involontario. Allungò il braccio verso il
ragazzo, afferrando il
bicchiere dalle sue mani. Con un gesto veloce versò il
contenuto caldo sul suo
petto e rimase qualche istante a fissare il liquido appiccicoso
scivolare fino
alla pancia prima di rendersi conto di quello che aveva fatto.
Vide Marlon portare una mano alla
bocca spalancata, ma non ebbe il coraggio di alzare la testa per
scoprire
l’espressione del ragazzo.
Lasciò cadere il
bicchiere a terra e
si voltò pronta a scappare. Era sicura che quel ragazzo
avrebbe preso ad
urlarle dietro qualsiasi tipo di improperio, ma tutto quello che
sentì prima di
chiudere la porta fu la voce di Marlon, al metà tra il
divertito e lo
sconsolato.
-questa te la sei proprio cercata,
amico-
-mi licenzieranno- Jude abbandono
la
fronte sulla superficie liscia e fresca del bancone, cercando un
po’ di
sollievo, ma aveva fissa in mente l’immagine del ragazzo che
la guardava
spalancando gli occhi.
Come diavolo le era venuto in mente
di fare una cosa del genere? Come aveva anche solo lontanamente pensato
di farlo?
Lui era un cliente, simpatico o
meno
non erano affari suoi, ed il cliente ha sempre ragione. Non era forse
questa la
prima regola da imparare?
E per quanto il cliente potesse
essere rozzo, maleducato, sgarbato, arrogante e presuntuoso, lei non
aveva avuto
alcun diritto di buttargli un cappuccino bollente addosso e scappare
come
un’invasata.
-vedrai che non lo faranno-
Era andata da Lauren, alla ricerca
di un po’ di conforto, ma sentiva chiaramente che la ragazza
stava trattenendo
a stento una risata, il che la fece innervosire parecchio.
Alzò di scatto la testa
guardandola,
mentre si mordeva il labbro inferiore, alzando un sopracciglio.
Alla vista di quella che doveva
essere un’espressione minacciosa da parte della biondina,
Lauren non riuscì più
a trattenersi, scoppiando a ridere.
-scusami!- singhiozzò
tra una risata
e l’altra –è solo che sto cercando di
immaginare te, la regina delle sante,
buttare un cappuccino in faccia a qualcuno-
-smettila!- sbottò
–mi
licenzieranno, non avrò più un lavoro e non
potrò più pagare l’affitto!-
Lauren si ricompose per poi alzare
gli occhi al cielo.
-a volte mi sembri Elle-
sospirò
prima di voltarsi un attimo per prendere una bottiglia –non
essere così
pessimista, magari puoi usare la scusa che ti è scivolato il
bicchiere dalle
mani che poi è accidentalmente caduto sul povero ragazzo-
-certo e poi invece di scusarmi
sono
scappata via correndo perché un troll incazzato nero mi
inseguiva, giusto?-
Lauren schioccò le dita,
come se una
lampadina si fosse accesa nella sua testa –giusto!-
squittì divertita
Perché mai aveva avuto
l’assurda
idea di andare da Lauren?
Jude si alzò dallo
sgabello,
raccogliendo la borsa che aveva poggiato sul bancone -vado a deprimermi
con
Titanic, ci vediamo dopo-
Lauren storse il naso mentre
versava
del rum in un bicchiere, per poi far scivolare quest’ultimo
sul bancone fino ad
arrivare ad un uomo grassoccio ad almeno due metri da loro. Se ci
avesse
provato Jude, probabilmente il bicchiere si sarebbe schiacciato al
suolo prima
di fare dieci centimetri.
-non puoi torturarti
così- sentenziò
infine la mora
Jude sospirò chiudendosi
la giacca
–credimi, quello di cui ho bisogno ora è Leo sullo
schermo per tre ore di fila-
-contenta tu- commentò
improvvisamente distratta da qualcosa alle spalle di Jude
La biondina si voltò in
tempo per
vedere un ragazzo dai capelli castani fare il suo ingresso, era
muscoloso e
pareva non sentire il freddo nel suo giacchetto leggero di pelle.
Tornò a guardare Lauren
che ormai
era entrata nella modalità “rimorchiatrice
selvaggia” –ci vediamo a casa-
alzò gli occhi al cielo prima di uscire di
tutta fretta.
Uscita in strada, si rese conto che
aveva smesso di nevicare. Quanto era stata lì dentro in
compagnia di Lauren?
Non lo sapeva, ma aveva avuto bisogno di fuggire dalla
realtà, di fermarsi per
un istante.
Se l’avessero licenziata,
avrebbe
dovuto rinunciare all’università. I suoi non
navigavano nell’oro, Jude sapeva
quanto gli sarebbe costato mantenerla e, sebbene l’avrebbero
fatto di spontanea
volontà, era cosciente degli enormi problemi economici che
avrebbe portato
quella spesa a casa sua. Non voleva essere un peso, anzi, voleva
laurearsi
anche per riuscire a dare una mano ai suoi genitori.
Alzò la testa verso il
cielo e notò
una stella solitaria proprio sopra la sua testa. La luce era fioca,
quasi
impercettibile, ma Jude la vide e una volta arrivata sotto casa, prima
di
entrare, la fissò intensamente e sperò con tutto
il suo cuore che non fosse
costretta a lasciare la sua vita lì.
*
*
*
Io continuo ad essere terrorizzata.
Spero che il capitolo vi sia
piaciuto e, boh, sono terrorizzata. L’ho già
detto? LOL
Fatemi sapere cosa ne pensate
anche(soprattutto) se non vi piace!
Grazie a tutte.
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Appiattita contro una delle colonne
del portico dell’università Jude
sospirò, alzando il viso verso la spessa
coltre di nubi che copriva il cielo.
Era
la prima volta che nevicava
quell’anno e Jude aveva interpretato il semplice avvenimento
meteorologico come
un presagio di malaugurio. Quella neve, quel cielo scuro che tanto
odiava, la
stava sbeffeggiando, ricordandole che quello stesso pomeriggio avrebbe
perso il
lavoro.
Perché
l’avrebbe perso, lo sentiva,
e non si sarebbero limitati a licenziarla, ma le avrebbero anche
consegnato il
premio come imbecille-lancia-cappuccini
dell’anno.
-sono
pronta, andiamo?- Elle la
raggiunse mentre era ancora intenta a riporre i libri nello zaino.
-certo-
borbottò cominciando a
scendere gli scalini
-va
tutto bene?- Elle doveva essersi
accorta del suo malumore, visto che di solito Jude era piuttosto loquace
-no,
mi licenzieranno- disse secca
lei e Elle si accigliò
-cos’è
successo?-
Jude
sbuffò concentrando il suo
sguardo sulle sue scarpe.
-ho
buttato un cappuccino addosso ad
un cliente- sussurrò imbarazzata
-beh
sono cose che capitano, sei
nuova e devi ancora ambientarti, vedrai che non sarà
così tragica- Elle cercò
di consolarla, ma non conosceva ancora gli avvincenti dettagli della
vicenda.
-il
fatto è che…- come poteva
spiegarle di essere una pazza psicopatica?
-…ecco…quel cappuccino…non mi
è casualmente caduto di
mano-
Elle
alzò entrambe le sopracciglia,
intuitiva –vuoi dire che gliel’hai buttato addosso
di proposito?-
Jude
si limitò ad annuire mentre per
l’ennesima volta, dentro di se, si dava
dell’idiota. Si era abbondantemente
pentita di quello che aveva fatto, ma ormai era troppo tardi per
tornare
indietro. Ci aveva pensato tutta la notte e la cosa che più
l’aveva irritata
era il fatto che quel gesto non era affatto da lei. Lei che era sempre
così
sorridente, disponibile verso il prossimo, che trovava sempre qualcosa
di buono
in tutti, che credeva che ci fossa
ancora qualcosa di buono in tutti, come poteva aver avuto quello scatto
di rabbia?
Certo, non che quel ragazzo non avesse fatto niente per meritarselo.
Jude non
aveva mai visto un ragazzo tanto bello quanto viziato e forse, quando
gli aveva
tirato quel cappuccino addosso, era solo arrabbiata con se stessa per
essersi
sentita attratta per un istante da quel troglodita senza un minimo di
educazione.
-perché
l’hai fatto?- Elle sembrava
sorpresa, come lo era lei stessa tra l’altro
-quel
ragazzo era un vero
maleducato- si limitò a borbottare lei, senza addentrarsi
nei dettagli
-e
credi che abbia avvertito il tuo
capo della cosa?-
Jude
storse il naso –a giudicare dal
tipo, di certo non si terrà la cosa per se-
sospirò –gli ho offerto su un
piatto d’argento l’occasione di provare che aveva
ragione sulla mia
professionalità- sussurrò sta volta
più a lei che all’amica.
-cosa
vuoi dire?- chiese Elle
confusa, ma ormai erano arrivate a destinazione
-lascia
stare- si fermarono di
fronte alla biblioteca –augurami buona fortuna!-
urlò Jude mentre attraversava
la strada, andando incontro al suo destino.
Nei
pochi metri che separavano la
biblioteca da Frankie’s Jude immaginò diverse
situazioni, che finivano sempre
con il suo licenziamento.
Quella
mattina aveva controllato il
suo cellulare una decina di volte, aspettandosi una chiamata da parte
di Frankie
che la invitasse a non presentarsi al lavoro quel pomeriggio, ma il suo
cellulare era rimasto muto, probabilmente era uno che preferiva
sbrigare le
cose faccia a faccia e non parlarne a telefono.
Prese
un respiro profondo prima di
aprire la porta in legno laccata di giallo –che
stonava completamente in quell’ambiente- e
stringere le mani in due pugni.
-Jù!-
l’apostrofò Frankie facendola
sobbalzare nonostante avesse usato un tono calmo
Jude
passò a rassegna l’intero
locale, cercando di trovare qualcosa di diverso, un segno, prima di
postare lo
sguardo su Frankie che –a differenza
del
suoi pensieri, dove l’aveva immaginato rosso in viso, con un
espressione
furibonda- la guardava con un gran sorriso sotto i folti
baffi.
-‘giorno
Frankie- salutò avvicinandosi
sospettosa al bancone
Perché
le sorrideva in quel modo? Si
stava forse prendendo gioco di lei?
-sei
in anticipo oggi- commentò
pulendosi le mani sul grembiule una volta bianco –meglio
così, ci sono già
alcune consegne che aspettano-
Cosa?
Consegne? E cosa ne era stato
del suo licenziamento?
Jude
annuì lentamente, ancora
confusa, mentre Frankie le posava la solita busta di cartone tra le
braccia.
-va
tutto bene?- era la seconda
volta che qualcuno glielo chiedeva
-certo-
ma il suo tono di voce era incerto
e l’uomo piegò la testa di lato, come se
così potesse studiarla meglio.
-mi
sembri un po’ pallida- constatò
in fine
-è
il freddo- mentì lei.
Se
lui stesso non sollevava la
questione, perché avrebbe dovuto farlo lei?
Si
avviò per la strada completamente
in trance, mentre muoveva i piedi uno dietro l’altro in gesti
automatici.
Perché
non era stata ancora
licenziata?
Non
poteva essersi immaginata di
aver buttato il cappuccino addosso a quel tipo, assolutamente. Che
Frankie non
avesse dato peso ad una cosa del genere era improbabile, anche se non
l’avesse
licenziata, come minimo le avrebbe fatto una ramanzina e non le avrebbe
rivolto
quell’enorme sorriso al suo arrivo.
Che
quel ragazzo arrogante non
avesse esposto lamentele? Era improbabile, ma era l’unica
spiegazione logica.
Perché non l’aveva fatto? Probabilmente non ne
aveva avuto il tempo, si era
esageratamente lamentato per un caffè senza schiuma, per il
suo gesto avrebbe
sicuramente fatto una tragedia. In questo caso, per una volta, gli
avvenimenti
erano a suo favore e doveva sfruttarli al meglio. Doveva andare dal
ragazzo e
ringraziarlo di non aver detto niente, sperando che questo suo gesto lo
spingesse a non denunciare l’accaduto.
Non
l’aveva mai fatto di giorno e
questo lo turbava un po’.
Era
solito cedere la sera, quando
quella roba gli veniva offerta nelle discoteche o prima di qualche
sfilata, di
giorno era sempre riuscito a tenere i suoi pensieri ben chiusi in un
angolino
del suo cervello e a resistere alla tentazione di rendere le cose
più semplici,
meno dolorose, meno vuote.
Quel
pomeriggio era diverso però,
non aveva chiuso occhio tutta la notte ed anche quella precedente e
quella
precedente ancora, sarebbe crollato da un momento all’altro e
lui non poteva
permetterselo. Non poteva fare mezzo passo falso.
-oh,
andiamo, ancora con quella
merda- sentì la voce di Marlon alle sue spalle e
sobbalzò spaventato, non che
qualcuno in quel posto si sarebbe stupito a vederlo fare una cosa del
genere,
metà della gente che era lì faceva uso di cocaina
per tenere i ritmi alti,
proprio come lui. Dell’altra metà invece, faceva
parte Marlon.
-non
rompere- ringhiò aprendo il
rubinetto per ripulire il bordo del lavandino
In
due passi Marlon gli fu accanto,
scostandolo poco delicatamente dal lavabo e costringendolo a posare gli
occhi
nei suoi.
Andrew
si passò con fare stanco una
mano sul viso, sospirando.
-senti,
sono stanco, ok? Non ce la
faccio a…-
-se
sei stanco fatti prescrivere
delle vitamine dal tuo dottore e smettila di prendermi per il culo-
Strinse
i denti, pronto per
ribattere ma nessuna parola uscì dalla sua bocca. Cosa
poteva dirgli, d’altronde?
Quello che faceva era sbagliato e lo sapeva, era un debole non un
idiota.
-devi
farti aiutare Andy- disse,
questa volta in tono più gentile
Andrew
si allontanò di qualche
passo, dirigendosi verso l’uscita del bagno.
-non
ho bisogno d’aiuto- rispose a
denti stretti e sentì Marlon sospirare
-ti
ucciderai così-
Il
ragazzo si voltò nuovamente, di
scatto, facendo scoccare la lingua. Marlon non capiva, come suo
fratello, i
suoi genitori, come tutti gli altri. Loro avevano la loro bella vita, i
loro
bei sogni, persone pronte ad amarli mentre lui non aveva niente, non
gli era
rimasto più niente.
–trovami
una sola motivazione per
cui debba vivere, ed io lo farò-
Jude
si guardò intorno, ispezionando
ogni centimetro quadrato della stanza, ma di quel ragazzo nemmeno
l’ombra.
Nella
sua mente si era ripetuta più
e più volte il discorso che gli avrebbe fatto: si sarebbe
scusata, gli avrebbe
detto che non le era mai capitata una cosa del genere e
l’avrebbe ringraziato
di aver tenuto la bocca chiusa. Nel caso più disperato poi,
aveva già deciso di
buttarsi ai suoi piedi e pregarlo poco dignitosamente di non riferire
nulla al
suo capo.
Nel
suo immaginario però il ragazzo
era lì ad attenderla, con le braccia incrociate al petto e
quel suo solito
sguardo di sfida. Ora cosa avrebbe dovuto fare? Non poteva mica
mettersi a
girare tra quella gente impazzita per cercarlo.
-ciao-
sentì alle sue spalle e
sobbalzò stringendo convulsivamente la busta tra le mani
Si
voltò di scatto incontrando lo
sguardo divertito e gentile del
moro che
aveva visto l’ultima volta, Marlon.
-vengo
in pace, non buttarmi nulla
addosso Bambi- lo vide alzare le
mani
in segno di resa ed inevitabilmente arrossì per
l’imbarazzo.
-Bambi?-
chiese storcendo il naso
-oh,
scusa- sorrise con finto
imbarazzo –quello proprio non sapeva
dove
stava di casa l’imbarazzo, ne era sicura- come se
solo in quel momento si
fosse reso conto del nomignolo appena usato –non si
può non chiamarti così con
quei begli occhioni blu-
Arrossire?
Il leggero rossore sulle
sue gote era solo un lontano ricordo, prontamente sostituito con
l’imbarazzante
color paprica diffuso su tutto il suo viso.
-è
tutto ok?- le sorrise con una
strana espressione, come se fosse stupito che si fosse imbarazzata per
così
poco
-certo-
trillò cercando di spostare
i suoi pensieri su qualcosa di meno imbarazzante e finalmente
ricordò il motivo
per cui era lì, oltre a consegnare il caffè, era
chiaro.
–il
tuo amico, quello di ieri, è
qui?-
Marlon
la guardò alzando un
sopracciglio, probabilmente chiedendosi perché volesse
saperlo –è lì infondo,
si sta preparando. Perché me lo chiedi?-
-dovrei
parlargli un attimo- rispose
sbrigativa lei e con un mezzo sorriso tirato fece per avviarsi verso la
parte
della stanza indicatole, ma la voce del moro che le intimava di
aspettare la
fece bloccare, voltandosi nuovamente.
Come
la volta precedente, Marlon le
sorrise prendendole la busta dalle mani.
-in
questo caso, è meglio che questi
li prenda io- le fece l’occhiolino e Jude arrossì
fino alla punta dei capelli.
Ancora una volta.
Non
fu difficile trovare Andrew, o
meglio, non fu difficile notarlo. Nonostante ci fossero una decina di
modelli
nelle vicinanze, gli occhi di Jude erano subito corsi al ragazzo seduto
di
fronte ad un enorme specchio, con lo sguardo basso, mentre una ragazza
dietro
di lui era intenta ad aggiustargli i capelli.
Jude
si fermò qualche metro dietro
di lui e per la seconda volta mentre studiava il viso senza difetti del
ragazzo
si ritrovò a pensare che c’era qualcosa di unico
in lui e non era nella sua
bellezza o nel suo fisico che avrebbe fatto invidia ad ogni essere di
genere
maschile presente sulla terra, era negli occhi che teneva bassi, in
quegli
occhi che l’avevano guardata con indifferenza il giorno prima
e quello prima
ancora, era nei suoi occhi tristi, spenti, che non stonavano
completamente col
resto del viso che pareva essere più di un angelo, che un
essere umano. Un
ragazzo dotato di una tale bellezza avrebbe dovuto avere sempre gli
occhi
allegri, vivaci, perché i suoi non lo erano?
Improvvisamente
proprio quegli occhi
si alzarono incontrando i suoi. attraverso lo specchio. e Jude
trattenne il respiro.
-oh…ehm…ciao-
balbettò in completo
imbarazzo per essere appena stata scoperta a fissarlo
In
risposta, vide il sopracciglio
del ragazzo curvarsi verso l’alto.
Sospirò
e si avvicinò di qualche
passo, prendendosi le mani tra di loro, torturandosi le dita.
-sono
venuta qui per…- cominciò
quando capì che non era intenzionato a rivolgerle la parola,
ma si bloccò
subito dopo quando vide la ragazza intenta ad aggiustargli i capelli
sorridere
sotto i baffi. Era già difficile per lei tentare di
scusarsi, se poi accanto aveva
anche una strana tizia con dei capelli dal colore più che
discutibile che da un
momento all’altro rischiava di scoppiarle a ridere in faccia,
allora l’impresa
diventava impossibile.
Andrew
seguì il suo sguardo, fino
alla ragazza.
-Amber,
ti ringrazio, va bene così-
il tono gentile che usò stupì Jude
Evidentemente
il tono acido e
scortese era riservato esclusivamente per lei. Sentì un
po’ della rabbia
provata il giorno prima, ma la soppresse sul nascere. Era lì
per scusarsi, non
per tirargli una bomboletta di lacca dietro la testa.
-dicevi?-
chiese il ragazzo con
quello che doveva essere un tono piatto, ma Jude ci colse
qualcos’altro.
Curiosità?
Jude
osservò la ragazza andarsene
senza battere ciglio per poi tornare a guardare Andrew, che si era
voltato di
poco per riuscire a guardarla direttamente negli occhi.
-sono
qui per scusarmi-
-oh,
ed io che temevo fossi tornata
con una scorta di cappuccini bollenti da rovesciarmi addosso- e quello
cos’era,
sarcasmo?
Jude
fece una smorfia con le labbra,
prima di tornare a parlare –sono seria, mi dispiace per
quello che è successo
ieri, non accadrà mai più, e ti ringrazio di non
aver detto nulla-
Andrew
annuì distratto abbassando lo
sguardo per qualche istante prima di alzarlo di scatto, facendo
prendere un
battito alla ragazza. Poteva davvero essere così bello?
-da
dove vieni?- era così evidente
che non fosse di lì?
-da
New Bern, nel North Carolina-
Vide
il ragazzo mordersi il labbro
inferiore, come a voler trattenere una risata. La stava forse prendendo
in
giro? E poi dal suo accento nemmeno lui pareva essere di New York.
Era
già pronta a chiedergli se
avesse qualche problema con il North Carolina, quando lui riprese la
parola.
-
e cosa fai nella vita, Jude?-
ricordava il suo nome. Dovette trattenersi per non spalancare gli
occhi, per
come l’aveva trattata il giorno prima non si sarebbe sorpresa
che avesse preso
a chiamarla “insetto”
o qualcosa di
simile, invece non solo ricordava il suo nome, ma l’aveva
anche pronunciato in
un modo che la fece rabbrividire.
-oltre
a rovesciare cappuccini sulle
persone, si intende- ancora quella cosa,
ma questa volta era certa si trattasse di sarcasmo.
Non
che lei non fosse una persona
sarcastica, ma non credeva che il ragazzo fosse capace di farne e per
di più
con tanta non-chalance!
-studio
letteratura alla Columbia-
sussurrò
-e
come ti sei ritrovata a fare
consegne?-
-non
vengo da una famiglia ricca, se
voglio mantenermi a New York devo lavorare- alzò il mento,
senza un filo di
imbarazzo.
Quand’era
una ragazzina ricordava
che si sentiva in imbarazzo a dire alle sue amiche che non tutti i
giorni
poteva uscire con loro nel piccolo centro commerciale perché
non poteva
spendere tanto, che mentre loro compravano bei vestiti ogni settimana
da sfoggiare
il venerdì lei doveva racimolare tutti i risparmi per poter
mangiare un
hamburger con loro, ma crescendo Jude aveva capito e camminava a testa
alta
raccontando quanti sacrifici dovessero fare i suoi genitori per non
farle mai
mancare niente.
Vide
Andrew annuire, pensieroso.
-so
cosa significa lavorare per
dover mangiare- la stupì ancora una volta
–è per questo che non ho detto
niente-
Incredibile,
quindi, anche lui era
un essere umano? E per di più non era uno di quei figli di
papà che gira per
Manhattan in limousine gettando dollari lungo il suo cammino?
Jude
stava per sorridergli, ma lui
prontamente rovinò l’atmosfera e quel briciolo di
speranza che Jude nutriva
pensando che lui fosse una persona gentile, in fondo.
-ovviamente,
il mio silenzio ha un
prezzo-
Jude
spalancò la bocca, indignata,
mentre Andrew prese a sorriderle con aria furba, alzandosi dalla sedia
su cui
era seduto.
-oh,
piccola, non fare quella faccia
su! Non voglio niente di così terribile-
Brutto
figlio di…
-e
cosa vuoi, sentiamo?- sentiva già
il nervosismo crescere in lei e ringraziò mentalmente Marlon
per averle preso
quei dannati cappuccini di mano, altrimenti glieli avrebbe buttati in
faccia ad
uno ad uno.
Andrew
si passò una mano sotto al
mento, riflettendo –non lo so ancora, ci devo pensare-
decretò in fine
Jude
pestò un piede a terra, piena
di collera –stammi bene a sentire, brutto troglodita, io non
ho intenzione di
fare nessuna delle cose che…-
-oh,
piccola Jude, non dire così-
scosse la testa con fingendo di essere afflitto –non
è gentile da parte tua
chiamarmi in quel modo- allungò una mano verso il suo mento,
che Jude
prontamente scacciò con un sonoro schiaffo, ignorando il
brivido che le era
corso dietro la schiena nell’istante in cui le sue dita
avevano accarezzato la
sua pelle.
Gentilezza?
Proprio lui le stava
parlando di gentilezza? Doveva
essere
finita in manicomio.
-non
vuoi mica essere licenziata,
no?-le sorrise furbo
-ma
questo è un ricatto!- si ritrovò
quasi ad urlare, rossa in viso, mentre il ragazzo si allontanava
-e
questa è New York, piccola- e le
fece l’occhiolino mandandole un bacio, con tanto di schiocco.
* * *
Salve
a tutte, care!
Scusatemi
se vi ho fatto aspettare
un po’ per questo capitolo, ma fino ad un paio di giorni fa
ero immersa nell’epilogo
di una fan fiction che portavo avanti da un po’, poi in
questi giorni l’ispirazione
è scemata parecchio e sono entrata in uno di quei miei
periodi alla “non so
scrivere niente, faccio schifo, odio il mondo” e via dicendo.
La brutta notizia
è che temo sia vero, la bella che per ora mi faccio coraggio
e mi illudo che
non sia così!
Ma
torniamo a noi. Siamo al terzo
capitolo ormai e si comincia a capire qualcosa in più del
caratterino del
nostro Andrew. Cosa ne pensate? E’ davvero così
stronzo come sembra o è solo
una maschera? A voi la sentenza!
Volevo
dirvi inoltre che mi farebbe
davvero piacere sapere cosa ne pensate di questi primi tre capitoli,
capisco
che la trama non si è ancora sviluppata al punto che
possiate dirmi cosa ne
pensate, ma mi farebbe piacere qualche commento anche al mio stile di
scrittura.
Le
critiche sono sempre ben accette,
positive, ma soprattutto negative, sono qui per imparare e spero mi
aiutiate.
That’s
all!
Spero
tanto il capitolo vi sia
piaciuto, a presto.
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Con
aria assorta Jude continuava a
fissare il cemento sotto i suoi piedi come se fosse la cosa
più interessante al
mondo. Poco importava in realtà quello che ci fosse attorno
a lei, quel giorno
la sua testa era da tutt’altra parte, tenuta in ostaggio da
uno stupido,
cafone, affascinante, perfetto ragazzo dal sorriso strafottente e gli
occhi a
mandorla.
Era
spaventata dalle parole di quel
ragazzo, e non poco. Aveva paura di perdere il lavoro e soprattutto
aveva paura
di cosa le avrebbe chiesto di fare per “mantenere
il segreto”. Per quanto poteva saperne lei, poteva
essere un pazzo
psicopatico con tendenze al sadico e il fatto che volesse in qualche
modo
ricattarla non la rassicurava neanche un po’.
D’altro
canto però, c’era una parte
di lei che era tremendamente attratta da lui. Quei suoi modi
strafottenti e
distaccati la incuriosivano ed erano in totale contrasto con quegli
occhi
spenti, privi della vitalità che si sarebbe aspettata da uno
con quel
caratterino. Quegli occhi nascondevano qualcosa e Jude, abituata
com’era a farsi
i suoi viaggi mentali, non poteva smettere di chiedersi ossessivamente cosa.
Era
talmente immersa nei suoi
pensieri che non vide nemmeno Elle avvicinarsi, finché
questa non le sventolo
una mano avanti agli occhi.
Per
qualche istante Jude si perse a
fissare in silenzio l’amica che si era curvata verso di lei e
la guardava con
un sopracciglio alzato.
-si
può sapere che hai?- borbottò
-che
ho?- chiese retorica Jude,
ancora tra le nuvole
Elle
sospirò mettendosi in posizione
eretta –non so, mi sembri più ritardata del solito
oggi-
-sei
sempre gentile Eleanor- alzò
gli occhi al cielo chiamandola col suo nome intero e quando li
riabbassò trovò
John che le sorrideva con un sacchetto tra le mani
-ciao
Jude- la salutò il ragazzo e
lei sorrise in risposta seguendolo con lo sguardo mentre si sedeva
accanto ad
Elle, che intanto aveva preso posto sulla panchina alla sinistra di
Jude.
John
era l’ormai storico ragazzo di
Elle, si erano conosciuti alla Columbia due anni prima, dove
frequentavano lo
stesso corso di matematica ed era stato subito colpo di fulmine, da
parte di
John almeno, che aveva impiegato qualche mese per riuscire a
conquistare la
fiducia e l’affetto di Elle. Ad ogni modo, nonostante il
carattere scostante di
Elle i due erano l’emblema della coppia perfetta, secondo
Jude. Ad un primo
sguardo non sembravano nemmeno una coppia di innamorati, Jude stessa in
due
anni non li aveva mai visti scambiarsi effusioni, ad eccezione di
qualche
carezza che ogni tanto sfuggiva, ma bastava osservarli per cinque
secondi per
notare il mondo in cui John osservava silenziosamente Elle con aria
ammirevole
o come a volte Elle gli sistemava il colletto della camicia
lasciandogli, in un
gesto che poteva sembrare del tutto casuale, una leggera carezza sul
collo. Non
si poteva dire che a causa dei continui cambi di umore della ragazza i
due non litigassero
spesso, ma il tutto si risolveva sempre in poche ore e con una serata
in cui
Jude e Lauren erano gentilmente invitate a lasciare la casa libera
all’inquilina, per permetterle una degna riappacificazione.
Secondo
Lauren, John aveva qualche
tendenza masochista e soffriva di una sconcertante e grave schizofrenia
per
stare con Elle. Secondo Jude, invece, i due erano semplicemente
innamorati.
-pausa
pranzo anche per te?- le
domandò il ragazzo estraendo dalla busta un hot dog grande
come il suo viso –ne
vuoi un po’?- chiese gentile allungandoglielo
A
quella vista Jude non riuscì a
trattenersi dallo storcere il naso, disgustata.
Elle
assestò una gomitata leggera
tra le costole del ragazzo, che sussultò appena
–son quasi due anni che la
conosci e ancora non ricordi che lei non mangia carne qui-
-oh
già, dimentico sempre le sue
stranezze- scosse la testa con aria affranta
Jude
alzò un sopracciglio senza però
rispondere. Con la ragazza che si ritrovava, proprio non le sembrava il
caso
che John prendesse in giro le sue
di
stranezze.
Però
era vero, da quando era a New
York non mangiava carne. Non perché fosse vegetariana, anzi,
da buona ragazza
del sud era stata cresciuta con bacon a colazione, costolette di
agnello e
hamburger a pranzo e grigliate la sera, ma quando era a casa sapeva
cosa stava
mangiando e da quale animale provenisse quella carne. Lì le
cose erano diverse,
a New York sarebbero stati capaci di usare i topi delle fogne per fare
hot dog
come quello che stava mangiando John e Jude proprio non ci teneva ad
assaggiare
carne di ratto.
-quanta
bella gente!- l’urlo di
Lauren distolse la sua attenzione dal calcolo mentale delle
probabilità che in
quell’hot dog ci fosse carne di ratto e si voltò a
fissare la ragazza che con
un sorriso si dirigeva verso di loro
-non
dovevi andare a quel seminario
sulla seconda guerra mondiale?- il sorriso di Lauren diventò
una smorfia di
fronte all’affermazione di Elle, che la guardava canzonatrice.
-non
ne avevo voglia- sminuì il
tutto con un gesto della mano prendendo posto accanto a Jude, ben
lontana dalla
rossa che stava prendendo una mela verde dalla sua tracolla
–e poi tra mezz’ora
ho la lezione di disegno, non voglio perdermela-
-oh,
certo, sarebbe un’atrocità
privare il mondo dei tuoi scarabocchi su tela-
Jude
cercò di trattenere una risata,
scambiando uno sguardo complice con John. Quelle due erano nate per
punzecchiarsi.
-sei
un’idiota! Sono migliorata
tantissimo ultimamente- sbottò irritata Lauren
-cosa
farete oggi?- chiese Jude, per
nulla interessata, ma intenzionata come sempre ad evitare che una
stupida
discussione tra le due sfociasse in un vero e proprio litigio
Lauren
parve apprezzare l’interesse
di Jude e si illuminò, sorridendo contenta.
-
dipingeremo la natura morta!-
-morta?
Si sarà suicidata dopo aver
saputo di dover posare per te- fu la triste battuta di Elle
Jude
alzò gli occhi al cielo per poi
posarli sulla mora, che intanto stava diventando paonazza.
-ok,
io vado a lavoro!- scattò come
una molla, cercando di distogliere i pensieri di Lauren dai mille modi
in cui
uccidere Elle
-non
avevi letteratura dopo?- ci
riuscì, fortunatamente
-in
verità la professoressa Green ci
ha dato buca per le prossime due ore- spiegò ai tre
-ho
sentito dire da Matt, che segue
il tuo stesso corso con la Green- cominciò John abbassando
la voce,
avvicinandosi con fare cospiratorio –che la professoressa
abbia notizie
importanti da darvi, probabilmente lo farà domani-
-notizie
di che genere?- chiese Jude
curiosa alzando entrambe le sopracciglia
-non
lo so- il ragazzo scosse la
testa –ma oggi non è qui perché doveva
sistemare le ultime cose-
La
professoressa Green insegnava
letteratura alla Columbia, i suoi corsi erano sempre affollati tanto
che gli
alunni erano costretti a recarsi alle lezioni almeno un’ora
prima per non
rischiare di rimanere in piedi o seduti sulle scale, manco fosse un
concerto
degli AC/DC. D'altronde bastava seguire una sola lezione di quella
donna per
capire il perché di quella calca di giovani. Ogni volta che
spiegava un
argomento nuovo Jude pendeva dalle sue labbra, la passione, la
precisione e la
semplicità con cui riusciva a spiegare argomenti che a primo
acchito potevano
sembrare complicati era stupefacente. Inoltre aveva pubblicato qualche
romanzo
e Jude li aveva letti tutti, trovandoli squisitamente emozionanti.
Non
vedeva l’ora di sapere cosa
aveva da dire alla classe.
-beh,
lo scopriremo domani allora-
sorrise –ora devo andare-
-ma
è presto per andare a lavoro-
Lauren la guardò dubbiosa
–ho già
chiamato Frankie chiedendo se potevo
andare un po’ prima, un po’ di straordinario non fa
male- concluse alzando le
spalle.
-rivedrai
il modello psicopatico?-
chiese Elle prima di addentare la sua mela
-non
lo so- rispose sorridendo
Quando
Jude le aveva raccontato
l’accaduto, Elle l’aveva guardata sconcertata
dicendole di star ben lontano da
quel tipo, che da allora aveva preso a chiamare col tenero nomignolo di
“psicopatico”.
-
fagli vedere chi sei Jude!- Lauren
agitò un pugno in aria, con fare teatrale
Jude
sospirò sistemandosi la sciarpa
attorno al collo –fareste meglio a rientrare, si congela qui
fuori!- si avviò
verso la strada
-in
bocca al lupo- ridacchiò John
strizzandole l’occhio
-già-
si sforzò di sorridere -è
proprio lì che sto andando-
La
busta era arrivata, puntuale come
ogni giorno, questa volta però Jude si dirigeva verso la
meta con uno strano
formicolio allo stomaco ed un sorriso stampato sulle labbra.
Un
momento.
Perché diavolo stava sorridendo? Era forse impazzita?
Si
fermò al centro del marciapiede
accigliandosi, mentre alcune persone la spintonavano per passare senza
minimamente curarsi di lei. Stava andando diritta tra le braccia
–non letteralmente- del
suo sicario e lo
faceva con un sorriso sulle labbra. Si, stava impazzendo, non
c’era altra
spiegazione.
Con
un sospiro riprese la sua strada
e nonostante fosse riuscita a togliersi quel ridicolo sorriso dalla
faccia, il formicolio
allo stomaco persisteva facendole avvertire una strana impazienza. Di
certo non
era impaziente di sapere come l’avrebbe ricattata il ragazzo,
non era così
masochista. Allora che accidenti le stava prendendo?
Piantala
di psicoanalizzarti e cerca di uscire indenne da questa maledetta
consegna.
Jude
decise di seguire il consiglio
della saggia vocina che volteggiava nella sua testa e si
limitò a mettere un
piedi avanti all’altro, smettendo di farsi inutili viaggi
mentali sui suoi
comportamenti da psicopatica.
Quando
arrivò fuori al fatidico
grattacielo sospirò prima di entrare e, come ormai era
routine, prenotare
l’ascensore che l’avrebbe portata al piano giusto.
Prese a fissare i numeri in
alto che si illuminavano uno dopo l’altro, mentre con un
piede batteva a terra
a ritmo del battito accelerato del suo cuore ed ignorando volutamente
quella
sensazione di claustrofobia del tutto insolita. Quando finalmente le
porte si
aprirono avanti a lei fu costretta a prendere l’ennesimo
respiro profondo per
evitare di collassare.
Uscì
dall’ascensore senza nemmeno
degnare di uno sguardo la ragazza seduta dietro la scrivania,
dirigendosi a
passo spedito verso quella porta che stava per farle venire un attacco
di
panico, o meglio chi che
c’era dietro
la porta.
Evidentemente
però, quella bionda
svampita doveva essere stata assunta col preciso scopo di rovinarle la
giornata.
-Signorina!-
la richiamò con aria
indignata –dove va?-
Jude
alzò gli occhi al cielo, prima
di voltarsi ed alzare, per l’ennesima volta, la busta
all’altezza del viso.
-devo
consegnare questi- commentò
con tono piatto, impaziente
-può
consegnarli a me- la bionda si
alzò facendo gelare Jude sul posto.
Poteva…che?
-ma
ho sempre consegnato di
persona…- controbatté flebilmente, confusa
-da
oggi prenderò io le consegne,
non si preoccupi-
Jude
si avvicinò lentamente alla
scrivania mentre mille pensieri le affollavano la mente.
Perché quel
cambiamento? La spiegazione logica ed avventata che le venne in mente
fu che
Andrew avesse spifferato tutto e che quindi qualcuno avesse dato
preciso ordine
alla bionda di non far avvicinare Jude. Ma perché
l’avrebbe fatto? Il giorno
prima non sembrava intenzionato a dire nulla, anzi, sembrava aver preso
la cosa
con sorprendente sarcasmo. Perché avrebbe dovuto cambiare
idea in una notte?
Posò
la busta sul bancone alzando
lentamente lo sguardo verso la ragazza, forse avrebbe potuto chiedere
spiegazioni. Ma quando la vide guardarla con aria incerta e di
superiorità non
ebbe il coraggio di proferire parola.
-può
andare- infierì la bionda, con
tono gelido ed impaziente
Jude
balbettò qualcosa e si avviò
verso l’ascensore, rifugiandosi dentro.
Era
delusa e spaventata e non poté
che darsi dell’idiota quando capì che la sua
delusione non era dovuta al fatto
che il ragazzo con ogni probabilità avesse deciso di dire
tutto, ma era
terrorizzata dalla certezza che ora non l’avrebbe rivisto mai
più.
I
giorni intanto passavano e Jude
era sempre più intrattabile. Ogni volta che entrava in quel
grattacielo e
consegnava la busta tra le mani laccate di fuxia della bionda si
rabbuiava,
lanciando occhiate furtive e speranzose a quella porta, che
però restava sempre
chiusa.
Ed
ora, mentre camminava in quella
strada che mai aveva visto prima e che aveva un aria tetra e sinistra,
una
nuova consapevolezza si faceva largo dentro di lei: si
era persa.
Sbuffò
alzando il viso verso il
cielo ormai scuro, solo quella ci mancava. Controllò di
nuovo l’indirizzo
segnato sulla busta ed ebbe la conferma che il nome della strada
coincideva con
quella in cui si trovava in quel momento, ma non c’era
nessuna traccia del
numero civico scarabocchiato in modo veloce. Aveva anche provato a
chiamare il
numero che era stato lasciato per casi di emergenza come quello, ma
dopo la
seconda volta che aveva aspettato inutilmente che qualcuno le
rispondesse Jude
ci aveva rinunciato.
Cosa
doveva fare in questi casi?
Frankie non le aveva detto niente a riguardo, ma le alternative erano:
girovagare inutilmente per quella strada poco rassicurante o tornare
indietro,
probabilmente beccandosi una ramanzina da Frankie.
Restò
ferma per qualche istante a
pensare, ma quando vide un gruppo di ragazzi uscire da un market dal
fondo
della strada -che emanava un odore
nauseabondo- con in mano varie bottiglie di vetro che di
certo non
contenevano acqua, decise che con ogni certezza era meglio sorbirsi una
ramanzina da Frankie piuttosto che restare in quella strada, da sola,
un minuto
in più.
Si
voltò di scatto dando le spalle
al gruppo ed aumentò il passo cercando di tornare sulla
strada principale ed
uscire da quella priva di luce, era stata fin troppo coraggiosa fino a
quel
momento. Fece solo qualche metro però, perché una
sagoma scura sbucò
dall’oscurità puntandosi avanti a lei, facendola
inchiodare sul posto. Jude
alzò lo sguardo e trattenne rumorosamente il
respirò quando vide un uomo che
aveva tutta l’aria di essere un senza tetto con gli occhi
rossi iniettati di
sangue.
-hei,
biondina, ti serve qualcosa?-
biascicò barcollando e Jude rabbrividì intuendo
che probabilmente l’uomo aveva
fatto uso di stupefacenti o alcol
-no-
abbassò lo sguardo e scattò
verso destra, cercando di superarlo, ma nonostante i suoi riflessi non
fossero
del tutto pronti, l’uomo riuscì ad afferrarla per
un braccio
-qui
vendiamo di tutto bellezza,
cosa ti serve? Hashish, coca, ecstasy?-
Jude
spalancò gli occhi e strattonò
il braccio cercando di fuggire alla presa salda dell’uomo.
Dove diavolo si era
cacciata, nel covo degli spacciatori?
-non
mi serve nulla, mi lasci andare
la prego- sentì il cuore cominciare a batterle a mille
mentre la paura
cominciava ad annebbiarle la mente
-e
allora che ci fai qui?- sbottò
l’uomo stizzito strattonandola per il braccio, attirandola
più vicina a se
-mi
sono persa- gemette Jude
cercando nuovamente di divincolarsi senza successo
-vuoi
che ti accompagni a casa?- il
sorriso che le rivolse la fece gelare sul posto, quel tipo non
l’avrebbe
mollata tanto facilmente.
Gettò
un’occhiata dietro le sue
spalle sperando di intravedere di nuovo quei ragazzi di poco prima,
magari
avrebbero potuto aiutarla. Ma non c’era più
traccia di anima viva.
Se si fosse messa ad urlare? Quante probabilità
c’erano che qualcuno la venisse
ad aiutare in quel posto?
Jude
sentì le lacrime pizzicarle gli
occhi mentre l’uomo di fronte a lei la fissava con aria
famelica. Mille scenari
diversi le si pararono di fronte e tutti erano alquanto violenti e si
concludevano non bene per lei. D’altronde le intenzioni di
quell’uomo non erano
di certo galanti e lei non avrebbe fatto una bella fine.
-Tesoro,
scusa il ritardo, sono
arrivato-
Jude
irrigidì automaticamente le
spalle sentendo quella voce dietro di lei. Stava forse sognando?
L’uomo
allentò la presa sul suo
braccio e Jude ne approfittò fulminea per balzare indietro
voltandosi a metà
tra l’uomo, che ora aveva assunto uno sguardo meno
determinato, e il ragazzo
che aveva parlato poco prima, liberandola da quella scomoda situazione.
Vedendola
impalata e con l’espressione
sconcertata, Andrew decise di afferrarle poco delicatamente un polso e
trascinarla accanto a lui. Jude sentì una scarica elettrica
attraversarle tutto
il braccio fino alla spina dorsale mentre uno strano calore cominciava
a
diffondersi nel punto esatto in cui il ragazzo continuava a stingerla.
Era la
prima volta che lui la sfiorava e Jude non riusciva a pensare che a
quello,
nonostante la situazione in cui si trovassero entrambi era del tutto
assurda e pericolosa.
La
stretta del ragazzo si era fatta
più delicata ora, dandole la possibilità di
sciogliere la presa qualora
volesse, ma Jude rimase immobile, si sentiva più al sicuro
con quella presa
salda ma gentile. Almeno questa fu la scusa che inventò per
non interrompere il
contatto fisico col ragazzo. Fissò gli occhi sul suo volto
accigliato e teso,così
diverso dall’ultima volta che l’aveva visto, ma non
per questo meno perfetto.
-c’è
qualche problema qui?- la
domanda di Andrew la riportò alla realtà,
facendole ricordare che solo qualche
istante prima l’uomo di fronte a lei la stava tenendo forte
per un braccio per
chissà quale losche intenzioni.
-stavo
solo indicando alla signorina
la via di casa- borbottò l’uomo, non
più sorridente come prima
-molto
gentile da parte sua-
commentò con tono irritato e sarcastico –ci penso
io a lei ora-
E
senza darle il tempo di dire
niente la trascinò dietro di se, mentre la presa si era
fatta di nuovo salda.
Jude
si fece trascinare come un
trolley mentre improvvisamente la consapevolezza di quello che era
appena
successo le crollava sulle spalle. Aveva rischiato davvero grosso,
quell’uomo
di certo non l’avrebbe lasciata andare se non fosse
intervenuto qualcuno.
Conoscendosi sarebbe dovuta essere già svenuta da un pezzo,
invece le gambe non
le tremavano nemmeno. Alzò lo sguardo trovando le spalle di
Andrew avanti a se
e con enorme stupore si rese conto che era merito suo, lui e la sua
presa salda
sul suo polso l’avevano fatta sentire istantaneamente al
sicuro, protetta.
Sorrise
ed arrossì quando si rese
conto che in quel momento doveva essere spaventata a morte e non col
cuore a
mille, felice di aver rivisto il ragazzo. Tutto quello che riusciva a
pensare
in quel momento però era “Oddio,
mi sta
stringendo la mano”.
Una
psicopatica, ecco cos’era.
Andrew
si fermò di colpo una volta
arrivati alla strada principale, piena di luci e persone e Jude
ritrovò il
respiro, riempiendo i polmoni.
-tutto
ok?- lasciò la presa e Jude
si sforzò di trattenere il broncio, come una bambina
capricciosa, per l’improvvisa
mancanza di quel contatto
-si-
sussurrò incontrando il suo
sguardo teso –grazie, io non…-
-che
ci facevi lì?- la interruppe
con tono brusco, sembrava irritato
-dovevo
fare una consegna- bisbigliò
piano intimorita dal tono e dallo sguardo che le stava rivolgendo
-lì?-
chiese, questa volta lo
sguardo era dubbioso
Jude
annuì e gli mostrò la busta,
lasciando che lui stesso controllasse il nome della strada.
-quel
numero civico non esiste-
commentò fissando la busta ed un campanellino
d’allarme suonò nella testa di
Jude
Cosa
ci faceva Andrew lì? Il posto
dove lavorava era lontano, quindi era improbabile che fosse
lì di passaggio.
Forse viveva nelle vicinanze. Le aveva fatto intuire l’ultima
volta che avevano
parlato che lui sapeva cosa significava dover lavorare per mantenersi,
quindi
forse aveva dovuto scegliere un piccolo appartamento nel quartiere
più
malnutrito di New York, per riuscire ad arrivare a fine mese. Ma un
modello
guadagnava davvero così poco da essere costretto a vivere in
un posto del
genere?
-abbiti da queste parti?-
chiese con
naturalezza, ma il ragazzo distolse subito lo sguardo da lei,
voltandolo dal
lato opposto
-no-
e il tono con cui lo disse le
fece capire che non aveva alcuna intenzione di tornare su quel discorso
-sei
capace di tornare indietro o
rischi di ritrovarti di nuovo tra le braccia di qualche maniaco?-
Perché
stava usando quel tono così
duro e burbero? Qualche giorno prima l’aveva presa in giro e
stuzzicata, ed ora
la sua presenza sembrava chiaramente infastidirlo. Allora era vero, era
stato
lui a chiedere di non farla entrare.
-posso
farcela- rispose
indispettita, ma lui non le badò minimamente
-stai
attenta- freddo, distaccato.
Chiaramente era un ammonimento di circostanza dettato dalla situazione
e non dalla
sua eventuale preoccupazione.
Sparì
così velocemente che Jude non
ebbe nemmeno tempo di aprire la bocca per rispondere, ma probabilmente
nemmeno
l’avrebbe fatto.
Si
guardò velocemente in giro
riconoscendo la strada, fortunatamente, e prese a camminare verso
Frankie’s con
la testa tra le nuvole.
Altro
che stare attenta, se qualcuno
le si fosse avvicinato in quel momento probabilmente lei gli avrebbe
consegnato
tranquillamente il portafogli. Perchè Andrew era
lì? Che motivo aveva di andare
in quel postaccio se nemmeno ci viveva? Forse aveva qualche parente, o
un’amante.
Quest’ultima ipotesi la infastidì più
del lecito e si morse l’interno di una
guancia dandosi della stupida.
E
perché si era comportato con tale
freddezza dopo averla soccorsa? Il suo comportamento non aveva senso e
lei
decisamente non sapeva stare dietro i suoi sbalzi d’umore.
Ormai era chiaro dal
suo comportamento infastidito che era stato lui stesso a chiedere di
non farla
più entrare, ma allora perché aveva scherzato
così con lei qualche giorno
prima? Perché sembrava speranzoso di vederla per poterla
ricattare? Forse si
era immaginata tutto, forse era pazza.
Sospirò,
rendendosi conto che era
inutile preoccuparsi eccessivamente, perché con ogni
probabilità non l’avrebbe
rivisto mai più.
*
*
*
Bene,
comincio col dire che non ho
il coraggio di controllare la data del capitolo precedente
perchè credo che
vedendo quanto vi ho fatto aspettare non riuscirei a reprimere
l’istinto di
prendermi a schiaffi da sola.
Vi
chiedo umilmente perdono, il
fatto è che proprio non voleva uscire questo capitolo, ed
anche ora dopo averlo
riletto non mi sembra che ne sia uscito fuori un granché. Mi
dispiace davvero
tanto di avervi fatto aspettare per questo. Cercherò di
rifarmi col prossimo
capitolo!
Detto
questo, che ve ne pare? Ci
siete rimaste male anche voi quando non hanno lasciato entrare Jude
nella
stanza per andare incontro al caro Andrew, eh? Ed Andrew versione
superman con
i suoi inquietanti sbalzi d’umore? Perchè si
trovava in quella strada secondo
voi? A VOI I COMMENTI!
AH!
A proposito di commenti, allo
scorso capitolo ho ricevuto 9 recensioni ed io non so quanto
ghvolkjfhdkjkgbkjg
*-* Non me lo sarei mai aspettata, giuro! Ero saltellante come un
grillo
psicopatico!
Grazie
mille a tutte!
Al
prossimo capitolo :)
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
La
classe era fremente quella
mattina, segno che qualcosa di importante bolliva in pentola, ed ora
tutti
aspettavano che la professoressa Green facesse il suo ingresso per
alzare il
coperchio e lasciarvi sbirciare all’interno.
Jude,
come sempre, sedeva ad una
delle prime file affiancata da due ragazze di cui non conosceva nemmeno
il
nome, che bisbigliavano come forsennate tra di loro, come il resto
della classe
d'altronde. I vari “cosa
avrà da dirci?”
“sarà sicuramente
qualcosa di importante”
“non resisto più!”
si confondevano
tra di loro formando un unico fastidioso ronzio. A differenza degli
altri che
sembravano non poter smettere di parlare per l’agitazione,
Jude batteva ritmicamente
un piede a terra, mentre il tappo della sua biro era praticamente
distrutto a
suon di morsi.
Di
colpo il ronzio si fermò, la sua
gamba isterica cessò di muoversi e la professoressa fece il
suo ingresso,
poggiando dei libri sulla cattedra, niente di nuovo.
-oddio-
fu il commento in tono grave
della ragazza alla sua sinistra
Jude
aveva gli occhi incollati alla
professoressa che, dopo essersi liberata delle sue cose, fece il giro
della
cattedra sedendosi alla sua estremità.
-buongiorno
ragazzi- salutò gentile
come sempre, con un sorriso che le incurvava appena le labbra
-spero
che non abbiate sentito
troppo la mia mancanza in questi giorni- probabilmente in una
situazione
normale il simpaticone di turno avrebbe fatto qualche commento alla
“nemmeno per sogno”
e ci sarebbe stata
qualche risatina, ma erano tutti troppo tesi per fare del sarcasmo ed
anche la
professoressa parve accorgersene.
-so
che in questi giorni sono girate
parecchie voci su un progetto a cui sto lavorando e che vi
coinvolgerà
direttamente, quindi prima di cominciare la lezione voglio dirvi tutto,
senza
farvi stare sulle spine-
La
ragazza alla sua sinistra
trattenne il fiato con un rantolo e Jude ebbe la voglia di girarsi e
tirarle un
ceffone. La stava facendo innervosire più di quanto
già non fosse.
La
professoressa si sistemo gli
occhiali che le erano scivolati sul naso, prima di cominciare -la casa
editrice
per cui lavoro è una delle poche molto interessate ai lavori
di giovani
emergenti, così sotto mia proposta hanno accettato di
pubblicare un racconto
scritto da uno di voi- questa volta fu Jude a trattenere il fiato
rumorosamente
-avrei
potuto includere in questo
progetto solo migliori della classe, ma essendo una cosa del tutto
nuova non ho
voluto escludere nessuno, potete partecipare tutti ed ecco come
funzionerà: non
c’è alcun limite per quanto riguarda la trama, il
genere, lo stile, avete carta
bianca, il racconto però dovrà essere di un
minimo di trecento pagine. Dovrete
consegnare i racconti a me, io ne sceglierò dieci, numero
variabile, che
porterò alla casa editrice e questa a sua volta
sceglierà la storia che successivamente
pubblicherà-
I
ronzii ricominciarono più forti di
prima e Jude non sapeva se urlare o voltarsi ed abbracciare la ragazza
che un
minuto prima voleva picchiare, dalla gioia.
La
professoressa batté un paio di
volte la mano sulla cattedra richiamando la classe all’ordine.
-se
avete qualche domanda, alzate
pure la mano-
Una
mano si alzò dalle prime file e
con un gesto fluido del braccio la professoressa invitò la
ragazza a parlare.
-quanto
tempo abbiamo per consegnare
il lavoro?-
-dovrete
consegnarmi i racconti a
fine semestre, prima degli esami finali- mancavano solo cinque mesi,
quindi.
I
borbottii ripresero, non era
facile scrivere una storia in così poco tempo, per un
progetto così importante.
-lo
so che il tempo non è molto, ma
è il massimo che sono riuscita a farmi concedere dalla casa
editrice, è una
grande opportunità per voi, sfruttatela al meglio-
Altro
che grande opportunità, quello
era un vero e proprio trampolino di lancio. La metà dei
ragazzi lì dentro
studiava letteratura proprio per diventare scrittore una volta laureato
e
l’altra metà per intraprendere la strada della
critica. Poi, ovviamente, c’era
lei nel mezzo, indecisa come sempre.
Jude
amava scrivere ma era convinta
di non saperlo fare. Aveva scritto qualche racconto quando ancora
frequentava il
liceo, ma non era stato affatto soddisfacente. Non che avesse mai fatto
leggere
i suoi racconti a qualcuno, sarebbe stato troppo imbarazzante per lei,
ma
rileggendoli li aveva cestinati ad uno ad uno.
L’autostima
a volte era un grande
problema di Jude, ma non poteva di certo rinunciare a
quell’occasione. Doveva
farcela, o almeno provarci. Sarebbe stata la prima volta che qualcuno
avrebbe
letto qualcosa scritto da lei e la cosa la innervosiva parecchio,
soprattutto
se a leggerlo sarebbe stata la professoressa Green per la quale nutriva
una
profonda stima e ammirazione, ma proprio come la donna aveva detto poco
prima,
doveva sfruttare quell’opportunità al meglio.
Si
dice che il treno passa una sola
volta nella vita e Jude ce l’avrebbe messa tutta per saltarci
su.
-L’unica
cosa che non capisco è:
perchè non stai saltellando per la gioia?-
Jude
distolse lo sguardo da Lauren,
di fronte a se, per portarlo alle sue scarpe.
-perché
tanto non mi sceglieranno
mai- e tanti saluti ai buoni propositi di non lasciarsi scoraggiare
Era
bastato uscire dall’aula di
letteratura e guardare lo sconcertante numero di studenti presenti
perché Jude
pensasse che tra tutte quelle persone era improbabile che venisse
scelta
proprio lei.
-piantala
di auto-sfigarti!- nuova parola
appena inventata da Lauren –mai
sentito la frase “sorridi al mondo e il mondo ti
sorriderà”?-
Jude
fece una smorfia storcendo il
naso. Lei era di natura ottimista e solare, ed era una persona
determinata e
testarda. Ma anche le persone più determinate hanno paura di
fallire.
-Sai
quanta gente c’è nel mio corso
di lettere? Perché dovrebbero scegliere proprio me?-
-perché
tu scriverai il racconto
migliore, semplice- sbottò con ovvietà
-se
solo sapessi scrivere- sospirò
Jude scuotendo lentamente la testa
-oh,
andiamo- Lauren l’afferrò per
le spalle scuotendola leggermente –dov’è
finita da determinata ragazza del sud
che è riuscita ad arrivare a New York per farsi strada? Sei
forte, ce la
farai!-
Jude
alzò un sopracciglio, per
niente convinta –ne sei sicura?-
Lauren
sbuffò alzando gli occhi al
cielo -ok, so esattamente cosa ti serve- le afferrò un
braccio con aria determinata
-Hai qualche lezione nell’ora successiva?-
-no-
Se
solo avesse saputo a cosa avrebbe
portato quel “no”,
Jude probabilmente
si sarebbe inventata una serie di impegni improrogabili.
L’arte
aveva sempre affascinato
Jude, come la letteratura.
“L’arte
è l’unico segno del passaggio dell’uomo
sulla terra”, forse era per questo
che ne era affascinata. Nonostante la studiasse da anni
però, la sua
preparazione teorica, grazie ai mille libri che aveva letto, non era
paragonabile a quella pratica che si avvicinava praticamente allo zero.
Sotto
il punto di vista artistico,
tutto quello che Jude sapeva disegnare era una casa dal tetto rosso
contornata
da un bel prato verde, tipico dei bambini di tre anni. Per questo non
riusciva
a capire come si era lasciata convincere a seguire quella lezione di
disegno
con Lauren, che invece sembrava assai a suo agio mentre smanettava coi
mille
pennelli di fronte a se.
“Solo
una volta- le aveva promesso l’amica –ti
assicuro che ti piacerà!”
Le
sarebbe piaciuto, se solo fosse stata
in grado di riconoscere la differenza tra i dieci pennelli che la
ragazza le
stava porgendo in quel momento.
-dovrei
usarli tutti?- chiese
dubbiosa
Lauren
scosse la testa –no, questi
ti serviranno dopo, ora dovrai usare il carboncino- fece cenno al pezzo
di
carbone poggiato alla base del cavalletto di legno
Jude
sospirò, afferrando i pennelli.
-spiegami
ancora cosa ci faccio qui-
Lauren
prese un respiro profondo,
prima di voltarsi verso di lei e spiegare con calma –il
disegno aiuta a
rilassarti, una specie di yoga, e sono sicura che disegnando ti
verrà qualche
illuminazione su questo racconto che devi scrivere- parlava con
lentezza, come
se Jude fosse una bambina un po’ tarda –ora
rilassati e smettila di rompere-
bentornata Lauren
-cosa
dovremmo disegnare,
precisamente?- si arrese Jude con uno sbuffo
La
mora prese l’elastico che teneva
al polso legando i lunghi capelli in una coda disordinata.
-il
soggetto cambia ogni giorno, sta
alla professoressa Ridle sceglierlo-
-e
qual è il soggetto oggi?-
-il
corpo umano- rispose con
nonchalance Lauren, sistemando i fogli avanti a lei
-intendi
dire che porteranno un
manichino in classe per farcelo dipingere o useranno una sorta di
barbie?-
chiese curiosa
Lauren
si voltò verso di lei
–intendo dire che verrà un modello a posare per
noi, nudo-
Jude
spalancò la bocca –nudo?!- alzò
di poco la voce e qualche compagno si voltò verso di lei
–questo non me l’avevi
detto- ringhiò
La
ragazza alzò le spalle, scuotendo
la testa –qual è il tuo problema? Devi solo
dipingere un uomo-
-nudo-
sottolineò ancora lei diventando rossa in viso
-non
mi sembra che questo sia il
primo uomo nudo che vedi- ghignò con aria di chi la sapeva
lunga, facendola
arrossire.
Jude
fece schioccare la lingua e si
voltò dall’altra parte. Primo o meno, non poteva
restare lì a fissare una
persona nuda. Di certo non era la
prima volta che vedeva un ragazzo nudo, ma le altre volte la situazione
era
decisamente diversa e lei non doveva applicarsi su certi particolari
per
doverli disegnare. E poi, Dio santo, non sarebbe mai riuscita a
disegnare una
cosa del genere.
Fece
per afferrare lo zaino che
giaceva sul pavimento, pronta a sgattaiolare via, quando la
professoressa Ridle
entrò in aula portando al suo seguito un ragazzo
dall’aria familiare.
-oh,
Santissimo Signore- si lamentò
Jude lasciando ricadere lo zaino con gli occhi spalancati
Non
poteva essere lui, non lì, non
ora, no.
-buongiorno
ragazzi, lui è il
ragazzo che gentilmente poserà per voi- sorrise la donna per
poi indicarlo –il
suo nome è Andrew-
-Lauren!-
ululò Jude con voce
strozzata sporgendosi per afferrare il gomito della ragazza, rischiando
di
cadere dallo sgabello
-che
c’è?- sussurrò di rimando,
infastidita dall’interruzione del’occhiata a raggi
x che stava lanciando al
ragazzo
-dobbiamo
andarcene, ora, prima che
ci veda- sibilò cercando di nascondersi quanto poteva dietro
la tela
-di
chi diavolo stai parlando?-
-Andrew-
indicò il ragazzo che
sorrideva alla classe –è quell’Andew-
Vide
Lauren spalancare bocca ed
occhi, completamente sorpresa, prima di urlare –OH CAZZO!-
Ovviamente
non fece in tempo a
tapparle la bocca che tutta la classe si era voltata verso di loro.
Compresi la
professoressa ed Andrew.
Jude
sobbalzò sullo sgabello ed
automaticamente portò il suo sguardo sul volto del ragazzo.
Vide chiaramente un
lampo di sorpresa passare nei suoi occhi, prontamente sostituito dal
suo solito
sguardo a metà tra il malizioso e divertito. Le sorrise e
prontamente Jude
avvampò, rendendosi più ridicola di quanto
già non si sentisse in quella
situazione.
-va
tutto bene la giù?- ci pensò la
professoressa a rincarare la dose di imbarazzo, ovviamente.
-certo,
alla mia compagna era caduto
un pennello- fu la pronta risposta di Lauren
-bene-
rispose brevemente la donna
per poi rivolgersi ad Andrew –puoi anche andare a prepararti
lì dietro- ed
indicò un separé all’angolo della classe
La
professoressa cominciò a parlare,
ma Jude era in completa trance su un altro pianeta.
Perchè
dovevano capitare tutte a
lei? Il giorno prima l’aveva incontrato in strane circostanze
e lui non le
aveva praticamente rivolto la parola, ora se lo ritrovava nella sua
università,
e tra poco l’avrebbe visto nudo. E che figura aveva fatto
prima! Se solo si
fosse mossa prima ad andarsene via da quella classe! Ora di certo non
poteva
andarsene, avrebbe fatto la figura della ragazzina immatura, cosa che
lui
sicuramente già pensava, e non voleva di certo dargli la
conferma.
Non
sarebbe stato poi così
difficile, magari poteva limitarsi a fissare il foglio bianco senza
guardarlo.
Dopo tutto era la sua prima lezione, alla professoressa non sarebbe
importato
se invece di un corpo avesse disegnato il tronco di un albero, no?
Andrew
uscì dal separé quando la
professoressa finì di parlare e Jude tirò un
sospiro di sollievo quando vide
che indossava un paio di boxer neri. Decisamente attillati, doveva
ammetterlo,
ma almeno era coperto. Non che il suo petto nudo non le creasse qualche
imbarazzante problema di respirazione, ma si era aspettata di peggio.
Forse
aveva fatto tanto rumore per niente, forse Lauren non si era spiegata
bene e
per “nudo” non
intendeva un nudo
integrale.
La
professoressa fece cenno ad
Andrew di potersi accomodare sulla scrivania, arrangiata a mo di letto,
ed ogni
vana speranza di Jude svanì come sabbia al vento.
Andrew
puntò gli occhi nei suoi,
rivolgendole uno dei suoi soliti ghigni divertiti, e le
strizzò l’occhio prima
di portare entrambe le mani all’elastico dei boxer e
abbassarli con un gesto
fluido.
Jude
trattenne il fiato,
probabilmente diventando cianotica, sforzandosi di rimanere con gli
occhi
incollati a quelli di Andrew, che continuava a fissarla aspettandosi
che
svenisse da un momento all’altro, cosa molto probabile.
Doveva
solo calmarsi, fare un
respiro profondo, rilassarsi, ed evitare di pensare a cosa avrebbe
visto se…
-oddio,
ecco dove si nascondeva
Nessie-
Grazie
mille, Lauren.
Non
osare distogliere lo sguardo dalla tela.
Era
questa la frase che Jude si era
ripetuta nella sua testa per tutta l’estenuante durata di
quella lezione.
Quando
Lauren era esplosa nella sua
affermazione poco delicata, a Jude era venuto naturale abbassare lo
sguardo per
confermare le parole dell’amica. E che conferma. In un
istante i suoi occhi
erano tornati al viso del ragazzo, al quale però di certo
non era sfuggito quel
suo viaggetto ai paesi bassi. Di fronte all’espressione
sconcertata di Jude,
ovviamente, il suo ghigno a quel punto si era trasformato in un vero e
proprio
sorriso. Dopo essere avvampata vergognosamente la ragazza aveva
distolto lo
sguardo puntandolo sulla tela, dove era rimasto per tutta la lezione.
Poco
le importava che la
professoressa avrebbe potuto rimproverarla, non avrebbe alzato lo
sguardo da
quel maledetto foglio per niente al mondo. Si era così
limitata a
scarabocchiare qualche arto innocuo come un piede, un braccio, evitando
di
entrare nei particolari come invece stava facendo Lauren, chiaramente
esagerando le dimensioni.
Alla
fine della lezione la
professoressa aveva mandato Andrew a rivestirsi, facendo finalmente
respirare
Jude, ed aveva detto alla classe di dare un nome al loro disegno, il
nome che
pensavano più adatto, e quasi si strozzò quando
vide Lauren prendere il
carboncino e scrivere a caratteri cubitali “Nessie”.
-beh,
lezione interessante, non
credi?- commentò Lauren mentre lei era intenta a raccogliere
le sue cose alla
rinfusa, doveva scappare di lì prima che Andrew uscisse da
quel separé.
-si,
molto, ora andiamo- ringhiò
afferrando il suo zaino ed alzandosi frettolosamente dallo sgabello
-come,
nemmeno un salutino al tuo
amico?- ghignò riponendo con estrema lentezza i pennelli nel
loro astuccio
-non
è affatto mio amico, ed ora
spicciati- Jude si dondolava da un piede all’altro, come se
avesse problemi di
incontinenza, ma non era certo quello il suo problema in quel momento.
-e
va bene, va bene- Lauren sbuffò
alzandosi a sua volta e Jude quasi l’afferrò per
un braccio trascinandola verso
la porta
Era
stata messa abbastanza in
imbarazzo per quella giornata, meglio scappare prima che le cose
fossero
peggiorate.
-dove
stai scappando?- come non
detto.
La
voce di Andrew la bloccò a pochi
passi dalla porta, pochi ma troppi per fingere di non aver sentito e
sgattaiolare via, troppi per impedire a Lauren di bloccarsi e
strattonarla per
il gomito, costringendola a voltarsi.
Deglutì
e si voltò riluttante verso
il ragazzo che la fissava con le mani lungo i fianchi.
-Ciao
Andrew, scusa ma sono di
fretta, devo andare a lavoro- mentì, sperando che la
lasciasse andare
Speranza
resa vana dall’inopportuno
commento di Lauren.
-ma
se oggi è il tuo giorno libero!-
se gli sguardi potessero uccidere, di sicuro Lauren sarebbe morta
trafitta da
quello che le rivolse Jude
-me
n’ero dimenticata- ringhiò –meno
male che ci sei tu, Lauren-
-oh,
figurati!- cinguettò con un sorriso
falso
Andrew
aveva seguito la scenetta con
un lieve sorriso, passando lo sguardo dall’una
all’altra come se stesse
seguendo un’avvincente partita di ping pong.
-Jude
è sempre sbadata, io sono
Lauren, la sua coinquilina- gli porse la mano e per la prima volta Jude
non
colse nessun segno di malizia nel suo gesto
-è
sempre un piacere conoscere belle
ragazze- ammiccò Andrew e Jude alzò
automaticamente gli occhi al cielo –io sono
Andrew-
-oh,
è un piacere per me Andrew, un enorme
piacere-
Jude,
per l’ennesima volta, si
strozzò con la sua stessa saliva a sentire l’amica
calcare sulla parola “enorme”,
convinta che non si stesse
affatto riferendo al suo piacere di conoscerlo.
-va
tutto bene?- Andrew aveva
un’espressione confusa, mentre osservava il volto di Jude
diventare da bianco
latte a rosso.
-si,
si, a volte le succede, poi si
riprende- lo rassicurò la mora, facendole inevitabilmente
fare la figura
dell’idiota.
Per
fortuna Jude si riprese in
fretta, tanto in fretta da riuscire a capire che doveva scappare di
lì, il
prima possibile.
-bene,
ora che vi siete conosciuti
io andrei a…-
-ti
va di andare a prendere un
caffè?- la interruppe Andrew e Jude rimase del tutto
sconcertata
La
stava davvero invitando a
prendere un caffè? Proprio lui, che il giorno prima
l’aveva guardata con aria
infastidita, che le aveva vietato l’ingresso nel luogo dove
lavorava, le stava
chiedendo di andare a prendere un caffè? Era pazzo, non
c’era altra
spiegazione.
-certo
che le va!- fu Lauren a
rispondere per lei dandole una pacca sulla spalla, facendola
risvegliare –magari
questa volta eviterà perfino di buttartelo addosso-
Jude
aprì un paio di volte la bocca,
come un pesce, prima di assumere un tenero colorito rosso pompeiano.
-Lauren!-
strillò con voce acuta
Perchè
quella ragazza doveva essere
così tremendamente imbarazzante?
Andrew,
al contrario, scoppiò a ridere
e Jude si incantò a guardare la fila di denti bianchi e
perfetti che facevano
capolino dalle labbra rosse e quegli occhi che si stringevano in una
mossa
divertita. Maledizione, quel ragazzo era perfetto.
-…se
non sbaglio- dannazione, si era
talmente incantata a guardare quelle labbra che si muovevano
sinuosamente che
aveva perso l’inizio della frase.
-come
scusa?- chiese gentile,
ignorando lo sbuffo che sentì provenire da Lauren al suo
fianco.
Andrew
le rivolse un sorriso
gentile, probabilmente il primo da quando si erano incontrati, prima di
ripetere –dicevo che Lauren ha ragione, mi devi ancora un
caffè-
“Lauren”
e “ragione”
nella stessa frase
stonavano terribilmente, avrebbe dovuto spiegarglielo più
tardi.
-io,
non so, dovrei studiare e…-
-solo
dieci minuti, dovrai pure fare
una pausa prima di riprendere a studiare, no? Offro io- la interruppe
di nuovo
e le rivolse uno strano sguardo
Per
la prima volta era uno sguardo
privo di malizia o sarcasmo, era uno sguardo sincero, dolce. Come
poteva dirgli
di no?
-non
dovevo offrirtelo io?- si
arrese e lo vide sorridere
-perfetto!-
gridò Lauren alle sue
spalle facendola sobbalzare –allora io vado, Andrew e stato
un piacere, Jude ci
vediamo a casa!- le schioccò un bacio sulla guancia e fece
per andarsene, per
poi fermarsi sulla soglia e voltarsi di scatto
-Ah,
Andrew, a Jude piace il caffè
macchiato, quello lungo-
E
Jude riprese a tossire.
*
* *
Spero
vivamente che vi siate
divertite a leggere questo capitolo come io mi sono divertita a
scriverlo. Per la
prima volta mi veniva da ridere mentre scrivevo lol
Allooooooora,
ve lo aspettavate?
Scommetto di no uù
Lauren
sempre più effervescente e, a
detta di Jude, imbarazzante. Jude sempre più impacciata,
timida e pronta a
prendere fuoco. Andrew sempre più nudo
provocante e lunatico.
Ed
ora? Riuscirà la nostra eroina a
non buttare un altro caffè sul bel faccino del nostro
Andrew? Lo scoprirete nel
prossimo capitolo!
Spero
davvero, davvero tanto che
questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio con tutto il cuore chi
recensisce,
legge e chi ha messo la storia tra preferite/seguite/ ricordate, siete
più di
quanto mi aspettassi.
E
ricordate che ogni
critica/commento positivo o negativo che sia è sempre ben
accetto!
Al
prossimo capitolo J
Ps.
Grazie a Soriana per avermi
aiutato a centrare il blend LOL
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6. ***
Salve
a tutte!
Questa volta ho deciso di scrivere la nota all’inizio,
perchè così mi ha detto
Paul(per chi non lo sapesse, Paul è l’omino che
vive nella mia testa).
SO! Questa storia ha raggiunto le 47 seguite e la cosa mi terrorizza
alquanto,
sinceramente. Spero tanto di non deludere le vostre aspettative!
PPPPPPOI nello scorso capitolo ho raggiunto la doppia cifra per la
prima
volta(spero non sia l’ultima lol) in questa storia: 10
recensioni *-*
Grazie di cuore a tutte, tutte, tutte!
Non mi resta che augurarvi una buona lettura e ci
“vediamo” a fine capitolo con
una domanda speciale per voi!
Love u all.
Seduta su quella
sedia rivestita di pelle rossa, di fronte ad un piccolo
tavolino rotondo, proprio non riusciva a stare ferma combattuta tra le
sue
gambe che le suggerivano di alzarsi e scappare via e i suoi occhi che
non
volevano staccarsi dalla schiena di Andrew, che a pochi metri da lei
stava
ordinando per entrambi al bancone della caffetteria appena fuori al
campus.
Quel
ragazzo trovava sempre un modo
per farla sentire tremendamente in imbarazzo, un po’ come
Lauren, e Jude ancora
non capiva perchè diavolo aveva accettato
quell’assurdo invito. In realtà, dato
i suoi sbalzi d’umore e comportamenti strani, Jude era quasi
sicura che quel
ragazzo fosse una specie di psicopatico.
Prese
un respiro profondo, facendo
il punto della situazione: il primo giorno che l’aveva visto,
lui sembrava quasi
volerla schiacciare sotto il piede come un moscerino fastidioso,
improvvisamente poi aveva deciso di prenderla in giro promettendole che
l’avrebbe ricattata in cambio del suo silenzio su
quell’incidente,
l’aveva fatta bandire dal posto in cui lavorava
negandole l’accesso, poi era sbucato dal nulla salvandola da
un individuo
dall’aria poco raccomandabile che probabilmente stava per
sgozzarla dopo averla
derubata e l’attimo dopo si era comportato come se il suo
solo respirare lo
infastidisse. In fine, poco più di un’ora prima,
se lo era ritrovato in classe,
la sua faccia da schiaffi e l’espressione impertinente era
tornata e le aveva
chiesto amichevolmente di andare a prendere un caffè insieme
come due vecchi
amici.
Una
volta arrivata a casa avrebbe
dovuto controllare la voce “schizofrenico”
sul vocabolario, giusto per controllare i sintomi.
-ecco
a te- Andrew le allungò sul
tavolo una tazza fumante, prima di sedersi di fronte a lei
–caffè lungo
macchiato, giusto?-
Jude
si sforzò di non arrossire
promettendosi di strozzare Lauren nel modo più doloroso
possibile più tardi
–grazie-
Andrew
sorrise e si portò il
bicchiere alle labbra, prendendo un sorso.
-e
così, studi arte, oltre alla
letteratura?- le chiese abbandonando la schiena contro la sedia
Ricordava
cosa studiava,
incredibile. Jude cercò di mascherare la sua sorpresa dietro
un sorriso appena
accennato -in realtà no, la mia amica ha questa passione,
dice che dipingere la
rilassa e così mi ha convinto a provare-
Un
lampo malizioso passò tra gli
occhi di Andrew che si protese leggermente verso di lei -e ti
è piaciuto?- la
voce bassa e roca
Si
stava riferendo solo alla
lezione, vero?
-non
fa per me- rispose in fretta
schiacciandosi contro la sedia, aveva bisogno di aria
Andrew
ridacchiò passando
distrattamente un dito sul bordo del suo bicchiere.
-ho
di fronte una futura scrittrice,
allora?-
-magari-
si lasciò sfuggire in un
sussurro e vide Andrew accigliarsi.
-tu
invece cosa ci facevi lì?-
chiese prontamente per evitare che il ragazzo le facesse qualche
domanda a cui
non avrebbe avuto risposta
Andrew
la osservò con sguardo
curioso per qualche istante –pensavo avessi capito che sono
un modello-
Jude
arrossì lievemente –credevo che
lavorassi per qualche agenzia-
Il
ragazzo annuì con aria assente -dovevo
un favore alla professoressa Green, era la prima volta e non penso che
lo farò
più- distolse lo sguardo da lei, prendendo un altro sorso
del suo caffè
Jude
si limitò ad annuire a sua
volta, serrando le labbra per impedirsi di formulare le mille altre
domande che
le erano venute in mente. Che tipo di favore? Che c’entrava
lui con la loro
professoressa d’arte? Dal tono con cui lui aveva liquidato la
questione però,
Jude non pensava che il ragazzo le avrebbe risposto.
-l’ho
capito dal primo istante che
non sei di queste parti, sai?- ghignò nella sua direzione
–tipica ragazza del
sud- di nuovo quell’allusione alle sue origini. Cosa aveva
contro la gente del
sud?
-e
come sarebbe una tipica ragazza
del sud?- sbottò alzando un sopracciglio
Andrew
sorrise divertito incrociando
le braccia al petto, poggiandosi allo schienale.
-una
brava ragazza-
Oh,
questo non se lo aspettava.
-beh,
nemmeno tu sembri avere l’accento
newyorkese- sussurrò lei vergognandosi di aver pensato
avesse detto qualcosa di
poco carino nei suoi confronti e ritraendo velocemente gli artigli.
-sono
inglese- confessò con un
sorriso tirato -vivevo vicino Londra fino ad un paio di anni fa-
-oh-
commentò Jude, anche suo padre
era di origini inglesi –e sei venuto qui per fare il modello?-
Andrew
ridacchiò, ma non sembrava
essere allegro, anzi, i suoi occhi si appannarono leggermente mentre si
abbassavano sulla superficie liscia del tavolo
–non
proprio- l’ennesima risposta
evasiva
Ed
eccola di nuovo, quella nebbia
misteriosa che prendeva a volteggiare attorno a lui ogni volta che si
comportava in modo strano, come quando in quel vicolo buio
l’aveva salvata da
quel malvivente per poi trattarla con freddezza subito dopo.
Improvvisamente la sensazione della mano di Andrew –che la
trascinava
velocemente verso la luce- attorno al suo polso si fece viva
più che mai dentro
di lei, che sentì improvvisamente caldo, nonostante fuori
avesse ripreso a
nevicare.
-e cosa sei venuto a fare?- trovò il coraggio di chiedergli,
in un sussurro
appena udibile, mettendo da parte l’imbarazzo.
Andrew
alzò lo sguardo restando però
in silenzio. Jude si sentì arrossire sotto il peso di quegli
occhi indiscreti
che la stavano fissando in silenzio per troppo tempo. Era uno sguardo
strano,
insolito, come se fosse insicuro. Probabilmente si stava chiedendo se
rispondere alla sua domanda o meno ed inevitabilmente Jude si
pentì di essere
stata tanto avventata. Ma era così curiosa di sapere
qualcosa in più sul suo
conto! Infondo era una domanda semplice, non molto diversa da quelle
che lui le
aveva posto qualche minuto prima.
Alla
fine però, lui non rispose,
cambiando completamente argomento.
-non
ti ho vista più sul set col tuo
bel completino da lavoro, Marlon pensa che non sia più
venuta perchè hai paura
di me- ci volle poco per sostituire lo sguardo smarrito col solito
ghigno
divertito
Jude
socchiuse gli occhi, cercando
di focalizzarsi su quel nome, finché un’immagine
del moro sorridente in boxer
non si materializzò nella sua mente facendola sorridere
automaticamente. Quel
Marlon le stava simpatico, sicuramente più del ragazzo che
era di fronte e lei,
ma –e le costava ammetterlo- non aveva nemmeno la
metà del suo fascino misterioso
che tanto l’attirava verso di lui.
Quando
il significato di quelle
parole però arrivò dritto ai neuroni di Jude,
questa si ritrovò a spalancare
gli occhi, facendo sparire del tutto il sorriso.
La
stava forse prendendo in giro?
Lui, che chiaramente aveva vietato il suo ingresso, le stava chiedendo
come mai
non si era più fatta vedere?
-mi
era sembrato di capire che la
mia presenza non fosse voluta- quasi le sembrò di vedere del
veleno che usciva
dalla sua bocca
Andrew
piegò la testa da un lato,
come se avesse parlato un’altra lingua –e da chi?-
Oh,
ma allora pensava proprio che
fosse ritardata.
-da
te- ormai ringhiava
-me?-
sembrava sinceramente confuso,
sarebbe stato un ottimo attore, avrebbe fatto carriera –mi
sembrava di essere
stato piuttosto chiaro quando ti ho detto che mi devi ancora un favore,
la tua
presenza a questo fine mi pare essenziale-
Va
bene, a che gioco stava giocando?
Era forse questa la sua vendetta: tormentarla fino a farla impazzire?
-E’
per questo che hai detto alla
biondina alla reception di non farmi entrare?- fine dei giochi, diritta
al
punto.
-Amber
non ti ha fatto entrare?-
Jude
sentì uno strano formicolio
alla bocca dello stomaco quando lo sentì pronunciare il nome
dell’oca
starnazzante con tanta familiarità. Niente di strano, visto
che lavoravano
nello stesso posto da chi sa quanto tempo, ma Jude provo lo stesso
l’istinto di
prenderla a schiaffi.
-come
se tu non lo sapessi- sibilò
ottenendo uno sguardo confuso in risposta
-un
momento- esordì Andrew dopo un
interminabile attimo di silenzio, alzando entrambe le sopracciglia
–pensi che
sia stato io a chiedere che non ti facessero passare?- lo sguardo era
divertito, come il leggero sorriso che comparve sulle sue labbra
-non
è così?- chiese cercando di
nascondere l’irritazione per il tono divertito che aveva
assunto
Andrew
scosse la testa intrecciando
le mani sul tavolo -sono gli ultimi giorni che lavoro lì e
c’è una confusione
assurda per cercare di finire tutto in tempo, forse i dirigenti hanno
dato
ordine di non far entrare nessuno per evitare rallentamenti inutili-
spiegò, il
sorriso sempre presente
-oh-
fu l’unica cosa che riuscì a
dire lei abbassando lo sguardo e arrossendo vistosamente dandosi della
stupida.
Vide
il braccio del ragazzo
allungarsi verso di lei finché due dita non le accarezzarono
leggermente il
mento, facendole alzare nuovamente il viso e ritrovarsi davanti a due
occhi
luminosi, che in quel momento la fissavano con aria maliziosa,
facendole
mancare il respiro.
-non
avrei mai rinunciato a
divertirmi ricattandoti-
Jude
sbuffò allontanandosi di
scatto, dimenticando l’imbarazzo di qualche istante prima e
partendo
all’attacco.
-cos’è,
pensi che sia un gioco?-
Andrew
si ritrasse poggiandosi allo
schienale della sedia –più o meno- alzò
un angolo della bocca.
La
stava prendendo in giro.
-beh,
per me non è divertente,
quindi piantala- sibilò alzandosi di scatto e poggiando una
banconota da dieci
sul tavolo, decisa ad andare via prima che quella faccia da schiaffi la
irritasse ulteriormente.
Recupererò
velocemente cappotto e
sciarpa, indossandoli mentre usciva dalla caffetteria.
-non
avevamo detto che avrei offerto
io il caffè?- l’aveva seguita fuori, intenzionato
a non demordere
Jude
alzò gli occhi al cielo, osservando
i piccoli fiocchi di neve mentre cadevano verso il suo viso,
continuando a
camminare con passo svelto, sperando che il ragazzo la lasciasse in
pace.
-oh
andiamo Juds- le afferrò un
braccio costringendola a voltarsi –non ti sarai mica offesa?-
Come
poteva non sciogliersi di
fronte a quell’espressione così implorante?
Maledetto Andrew e il suo fascino.
-oh,
perché dovrei?- sarebbe dovuta
suonare sarcastica, se solo la voce non le avesse tremato
-beh,
lascia almeno che ti paghi il
caffè per farmi perdonare del mio comportamento- sorrise
sventolando avanti al
suo viso i dieci dollari che lei stessa aveva poggiato sul tavolo poco
prima
-puoi
tenerteli, se la pianti con i
ricatti-
Andrew
rise apertamente e Jude sentì
il desiderio di stringergli le mani attorno al collo per farlo smettere
o
quanto meno tappargli la bocca in altro modo.
Oh
Santo cielo, stava diventando
pazza dietro quell’idiota.
-vuoi
cercare di comprare il mio
silenzio con dieci dollari?- la guardò divertito mentre lei
era già pronta per
rispondere che quei soldi poteva anche infilarseli dove più
desiderava, ma
Andrew la precedette, avvicinandosi pericolosamente a lei.
-non
mi lascio corrompere dai soldi-
le sussurrò in tono basso e suadente tra i capelli, vicino
al suo orecchio
–puoi provare con altro però, se vuoi-
Si
allontanò da lei e sorrise soddisfatto
di riveder spuntare il rossore sulle sue gote. Senza dire una parola le
mise i
soldi in mano e girò i tacchi lasciandola da sola nel bel
mezzo del marciapiede
con le ginocchia tremanti ed il cuore a mille mentre stringeva
convulsivamente
quella banconota.
Maledizione,
era cotta.
Quella
sera, al suo ritorno, Jude trovò
Lauren ad accoglierla sulla soglia di casa col suo pigiama preferito, i
capelli
raccolti dietro la nuca e tanto di pantofole pelose.
-serata
di riposo al lavoro- spiegò
intercettando il suo sguardo interrogativo
-ed
ora raccontami tutto!- le urlò poi
in faccia, facendole perdere l’equilibrio per un istante,
prima di afferrarla
per un braccio e trascinarla sul divano in salotto
-potresti
darmi almeno il tempo di
togliermi il cappotto!- la canzonò lei sfilandolo e
poggiandolo sul bracciolo
dietro di lei
-il
tempo è denaro- cantilenò
sedendosi con le gambe incrociate per poi sporgersi verso di lei con
aria
inquietante –dimmi, dimmi, dimmi-
Jude
fissò con sguardo sconcertato l’amica
protesa verso di lei con gli occhi spalancati più di quanto
credeva umanamente
possibile, che le brillavano, il tutto contornato da un sorriso enorme
che, ne
era sicura, stava per slogarle la mascella.
Allungò
lentamente una mano verso la
testa di Lauren, lasciandole poi un leggero schiaffo dietro la nuca.
-ahi!-
sbottò questa, sconcertata
–che ho fatto?!-
-prima
di tutto: non azzardarti a
fare mai più una cosa del genere- cominciò Jude
–hai idea di quanto sia stato
imbarazzante restare sola con lui?-
-oh,
andiamo! Dico, l’hai visto
bene? Quale persona sana di mente si lamenterebbe a stare sola con
lui?- Scosse
la testa, del tutto contrariata
-secondo-
la ignorò volutamente, ricevendo in cambio uno sbuffo di
protesta –dovresti
seriamente smetterla con i tuoi commenti fuori luogo-
Lauren
si portò una mano sotto al
mento, con fare pensieroso –intendi dire i miei commenti
sulle dimensioni del…-
-cos’è
questo baccano?-
fortunatamente, comparendo sulla soglia della sua camera da letto, Elle
interruppe Lauren prima che potesse dire qualcosa che avrebbe fatto
morire Jude
dall’imbarazzo.
-E’
tornata Jude!- squittì a mo di
spiegazione la mora facendo capire a Jude che probabilmente prima del
suo
ritorno Lauren aveva già raccontato l’accaduto di
quella mattina ad Elle.
-beh,
io stavo cercando di studiare-
borbottò la rossa aggrottando le sopracciglia
-non
ti interessa il racconto di
Jude? Sono sicura che ne siano successe delle belle!
Quell’Andrew è proprio un
bel tipino, per non parlare del suo…-
-Lauren!-
strillò Jude esasperata
-Si,
mi hai già fatto la descrizione
dettagliata di forme, lunghezza e quant’altro prima Lau,
contro il mio volere,
non c’è bisogno di ripeterlo ogni volta-
sbuffò Elle, sprofondando però nella
poltrona posizionata di fronte al divano dove sedevano le altre due.
-era
un soggetto degno di
attenzione- liquidò in fretta la faccenda, tornando a
rivolgersi a Jude
–allora, vuoi dirmi cosa è successo?-
Jude
prese un respiro profondo,
prima di cominciare la descrizione dettagliata della loro
conversazione,
cercando di non dare peso allo sguardo eccitato di Lauren o al
sorrisetto
sarcastico sulle labbra di Elle.
Raccontò
tutto, di come lui l’avesse
lasciata per l’ennesima volta senza parole, del suo
comportamento sfrontato,
del suo chiudersi a riccio quando si accennava alla sua vita privata e
ai suoi
strani e costanti cambi di umore che confondevano Jude.
Quando
ebbe finito di raccontare
tutto sospirò poggiando la schiena contro i morbidi cuscini
del divano,
osservando Lauren che aveva assunto un’improvvisa espressione
assorta. Jude
sapeva bene cosa stava facendo, l’aveva vista farlo un
milione di volte:
cercava di capire che tipo fosse Andrew.
-che
c’è? Il tuo ragazzo perfetto
perde punti dopo il mio racconto?- chiese divertita, senza
però riuscire a
nascondere una punta di timore mentre aspettava il giudizio di Lauren.
Per
quando la ragazza potesse essere eccessivamente frizzante e senza peli
sulla
lingua, doveva ammettere che in materia di ragazzi lei era sicuramente
più
esperta di Jude. Avrebbe capito qualcosa del comportamento di Andrew,
sicuramente più di lei.
-non
so- fece schioccare la lingua -se
analizzi bene i suoi comportamenti c’è qualcosa di
strano. Il suo nascondere
alcuni dettagli della sua vita privata, il mostrarsi sempre forte e
sicuro di
se. Per me nasconde qualcosa-
-forse
nasconde il fatto che è un
maniaco con crisi di personalità multipla-
Jude
alzò una mano indicando Elle,
che aveva appena parlato, con un eloquente cenno del capo.
Lauren
alzò gli occhi al cielo con
fare esasperato –a volte siete così superficiali!-
Elle
e Jude si scambiarono una lunga
occhiata scettica. Era davvero Lauren quella che stava dando a loro
delle
superficiali? Quella che si portava a casa uno diverso a sera e seguiva
sua
filosofia di vita “quel che ho fatto
domani è già passato”?
-sapete
che capisco le persone
meglio di voi- le zittì fulminandole entrambe con
un’occhiataccia. Era
assolutamente vero, non per niente aveva deciso di studiare psicologia.
-per
me dovresti dargli una
possibilità, scoprire cosa c’è dietro
il suo bel faccino- concluse convita
-certo,
diamo una possibilità al
maniaco psicopatico, sono così impaziente di ritrovarti
morta dentro un
cassonetto dell’immondizia!-
Con
una smorfia Jude ignorò
volutamente la battuta macabra della rossa, rivolgendosi
all’altra amica -io dovrei
dagli una possibilità?- chiese
allora, scettica –ma se è lui quello che mi odia!-
Lauren
scosse la testa, scacciando
con una mano un insetto immaginario avanti al suo naso –se ti
odiasse farebbe
di tutto per evitarti. E non penso che avesse quelle intenzioni
invitandoti a
prendere un caffè-
Jude
alzò le spalle mordendosi
l’interno di una guancia. Era impossibile cercare di trovare
una spiegazione al
comportamento di Andrew, l’aveva capito dopo la seconda volta
che l’aveva
incontrato ormai. Eppure voleva aggrapparsi con tutta se stessa alle
parole di
Lauren, voleva credere che Andrew fosse più di un modello
vanitoso e pieno di
se, voleva credere che sotto quel ghigno divertito ci fosse qualcosa di
più
profondo, di più vero.
In
un attimo, come ad appoggiare
quella folle speranza, si materializzarono di fronte a lei gli occhi
del
ragazzo, così rossi, tristi, spenti. Solo quando faceva
qualche battuta
maliziosa o la prendeva in giro quegli occhi parevano illuminarsi di
una strana
scintilla vitale.
C’era
di più in Andrew, c’era
qualcosa in quel suo intrigante alone misterioso che lo rendeva
speciale, ne
era sicura.
-ad
ogni modo non è più un mio
problema, visto che sarà difficile incontrarlo di nuovo-
sospirò passandosi
stancamente una mano tra i capelli
Qualche
ora prima lui se n’era
andato di nuovo così, senza dirle niente, non le aveva
chiesto il numero o
l’indirizzo. Come potevano vedersi di nuovo?
-beh,
pare che il nostro modello
superdotato abbia una speciale abilità nel trovarti, ovunque
tu sia- Lauren
sorrise verso di lei, incoraggiandola
-in
tutti i paesi degli Stati uniti
d’America questa speciale
abilità è
chiamata stalking, ed è condannabile- il sorriso di Lauren
divenne una smorfia
di fronte all’affermazione di Elle, mentre Jude non
riuscì a trattenere una
risata
-si
può sapere che problema hai nei
confronti dell’umanità?- sbotto stizzita
voltandosi verso l’amica –perchè devi
essere sempre così acida?-
Elle
accavallo le gambe con aria di
sufficienza, per niente colpita dalle parole della mora.
-e
tu perchè la stai spingendo tra
le braccia di uno stronzo arrogante, slash,
potenziale stalker?-
-piantala!
Penso sia una persona
interessante- insisté mentre Jude seguiva entrambe con una
spettatrice,
nonostante il discorso la coinvolgeva direttamente
-e
se non lo fosse?- calzò Elle
Lauren
alzò gli occhi al cielo,
prima di rivolgersi direttamente a Jude con sguardo divertito e un
sorrisetto
inquietante –se non lo fosse, Jude avrà comunque
l’opportunità di cavalcare Nessie
almeno una volta!–
-Lauren!-
Jude avvampò ottenendo una
risatina divertita in risposta
Elle
le rivolse un’occhiata
disperata, prima di alzare gli occhi al cielo e dare voce al pensiero
di
entrambe –Sei senza speranze, Lau-
*
*
*
E
voi? Vi è mai capitato di incontrare una persona misteriosa
che vi intrigava al
punto di spingervi a volerla conoscere di più? Siete
riuscite ad avvicinarvi o
eravate troppo intimorite?
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Alcune
di voi hanno conosciuto una
persona misteriosa con cui sono rimaste in buoni rapporti
d’amicizia, ad altre
non è andata così bene e si sono scottate dopo
averle conosciute, altre ancora
la persona più misteriosa che abbiano mai conosciuto
è stato il venditore
ambulante al semaforo che tenta disperatamente di rifilarci un pacco di
fazzoletti.
Queste
sono state le vostre risposte
alla scorsa domanda. Io? Per quanto mi riguarda di solito capisco le
persone
dopo tre minuti, ma c’è stata una volta in cui ne
ho incontrato una e non l’ho
capita. Ci ho provato, ci sono riuscita e…ho scoperto che
era come tutti gli
altri. Niente lieto fine, quindi!
Ma
torniamo a noi. Mi scuso del
ritardo, ma il caldo non è d’aiuto a me e Paul e
queste due settimana sono
state piene di cambiamenti e stress.
Grazie
mille a tutte quelle che
hanno recensito lo scorso capitolo, a chi ha messo la storia tra le
preferite/ricordate/seguite. Love u all so much!
In
questo capitolo non ci sarà il
nostro Andrew, mi dispiace, anche per me è stato un
sacrificio scrivere undici
pagine senza pensare alla tartaruga di Lachowski. Ci rifaremo nel
prossimo
ragazze, non temete!
Ci
vediamo a fine capitolo con un’altra
domanda ;)
Ps.
Seguitemi pure su twitter
o
aggiungetemi su facebook
se vi va o per qualsiasi domanda/curiosità ;)
La
pagina bianca che riempiva il
monitor del suo mac sembrava risplendere, ricordandole che era ancora
al punto
di partenza.
Aggrottò
la fronte facendo un veloce
resoconto: le gambe erano comodamente stese lungo il letto, la schiena
era
adagiata su un cuscino, abbastanza inclinata per avere una visuale
completa e
nella stanza c’era un silenzio assoluto ed irreale che
trasmetteva
tranquillità. La situazione era ideale, allora
perchè le sue mani restavano
immobili sui tasti, invece di picchiettare veloci mettendo nero su
bianco il
turbine di idee che avrebbe dovuto affollarle la mente in quel momento?
Vuota.
La sua testa era
assolutamente, completamente, irrimediabilmente vuota e questo era un
grosso
problema. Aveva soli cinque mesi per finire il suo racconto e non solo
non
aveva ancora scritto nemmeno una frase, ma non aveva nemmeno la
più pallida
idea di dove cominciare. Le erano venute alcune idee sulla trama, ma le
aveva
subito scartate: doveva essere qualcosa di speciale, di unico. Se
voleva avere
una possibilità di vincere quel concorso, doveva avere
un’idea originale e,
soprattutto, doveva scriverla al meglio perchè il suo
prodotto fosse migliore
degli altri.
-ciao!-
Lauren entrò in camera sua
spalancando la porta, senza bussare, sfilandosi la tracolla e
gettandola alla
rinfusa sul pavimento
-che
vuoi?- sbottò stizzita, non
voleva essere scortese, ma aveva solo bisogno di calma e concentrazione
in quel
momento e, chiaramente, Lauren non conosceva il significato di entrambe.
-hai
le tue cose?- chiese dubbiosa
alzando un sopracciglio
-no-
-e
perchè sei così acida? Pensavo
questo comportamento fosse un’esclusiva di Elle-
Jude
sospirò, cercando di calmarsi e
darsi un contegno- devo semplicemente scrivere un libro in cinque mesi,
che
comunque non verrà mai scelto tra tutti, e sono ancora a
zero. Scusa se sono un
po’ agitata-
Lauren
alzò gli occhi al cielo prima
di avviarsi verso di lei e sbirciare verso lo schermo.
-mmhm,
blocco dello scrittore?-
trillò lasciandosi cadere sul letto
Jude
riuscì a ritirare velocemente
le gambe prima che l’amica ci si tuffasse sopra.
-scrittore,
certo- borbottò scettica
–piuttosto lo definirei blocco di una persona senza talento e
senza idee-
Lauren
afferrò il mac dalle sue
ginocchia poggiandolo sulla sedia –se fossi senza talento ed
idee a quest’ora
non saresti arrivata qui dove sei, ricordalo sempre- le
puntò un dito contro
Jude
fece per dire qualcosa, ma
l’amica la interruppe all’istante –che
tipo di storia vuoi scrivere?-
Ci
pensò per qualche istante, poi
sospirò rassegnata –non voglio cimentarmi in
niente di troppo complicato, credo
che opterò per un romanzo-
-ci
avrei scommesso!- Lauren batté
un pugno sul palmo aperto della mano –un romanzo, sei
così prevedibile, mia
cara amica-
-cosa
c’è che non va in un romanzo?-
chiese esasperata. Era l’unica cosa di cui era sicura di quel
progetto, non
poteva sconvolgerle anche quella.
-assolutamente
niente!- alzò le mani
in segno di resa -Solo che…-
-cosa?-
la interruppe bruscamente
Lauren
sospirò con fare teatrale,
prendendo una ciocca di capelli tra le dita, osservando le punte -credo
che
prima di essere in grado di scrivere un romanzo tu debba fare una cosa
importante-
-sarebbe?-
chiese curiosa
La
mora punto gli occhi nei suoi -vivere-
-io
vivo- borbottò confusa
-si,
e quando?- lo sguardo che le
rivolse era alquanto scettico -mentre segui millemila corsi
all’università? O
mentre fai le consegne per Frankie’s? Oh, aspetta, forse
mentre studi fino alla
sera tardi e poi crolli sul letto-
-e
questo non è vivere?-
-per
amor del cielo, no!- sbottò sconcertata
Lauren
si alzò improvvisamente dal
letto camminando spedita verso il piccolo armadio posto sulla parete ad
est,
aprendo entrambe le ante.
-che
fai?- chiese Jude spaesata
-guarda
i tuoi vestiti- commentò con
un gesto della mano ad indicarli
Jude
fissò nel suo armadio,
studiando brevemente i suoi capi che pendevano dalle grucce e proprio
non
riusciva a trovare niente di strano. Certo, non erano capi particolari
o alla
moda come quelli di Lauren, ma anche lei aveva un po’ di
gusto e non le sembravano
nemmeno così anonimi o indecenti.
-allora?-
-allora?-
Lauren la fissò con la
fronte aggrottata –sono sistemati in ordine di colore!-
Jude
spostò nuovamente lo sguardo
osservando le sue cose accuratamente sistemate per colore e, questo
Lauren non
lo sapeva, lunghezza. Le piaceva fare le cose per bene, non era mica
una specie
di maniaca.
-mi
piace tenere in ordine, mi aiuta
a trovare subito le cose quando sono di fretta- rispose piccata -Cosa
c’è di
male?-
-C’è
di male che questo non è
vivere!- sbuffò pestando un piede atterra –non
puoi avere il controllo su ogni
minima cosa, questo non è nemmeno lontanamente vivere,
è programmare la propria
esistenza-
-e
cosa dovrei fare?-
-smetterla!
Smettila di immergerti
nello studio, smettila di fare straordinari a lavoro quando non ne hai
bisogno,
smettila di chiuderti in questa stanza da sola e, per l’amor
del cielo,
smettila di piegarti le mutande-
Nonostante
Lauren le avesse appena
fatto notare quanto patetica fosse la sua esistenza, Jude non
riuscì a
trattenere una risatina bassa.
-da
quanto tempo non ti vedi con
qualcuno, Jude? Da quanto tempo non esci con le amiche e fai tardi per
una
sera?-
Dal
liceo. Era dal liceo che non
aveva un ragazzo, che non aveva un’amica. Era dal liceo che
non aveva una vita.
-So
che io e te siamo diverse, ma
potresti accettare di uscire con me e le ragazze qualche volta, giusto
per
distrarti un po’- Lauren le sorrise incoraggiante e Jude fu
tentata di
sorriderle di rimando ed accettare la sua proposta, ma la piccola Jude
dentro
di lei, quella noiosa e responsabile, le ricordò che non
poteva farlo.
-Lau,
sei molto gentile, ma non ho
tempo ora per le uscite con te o le mie inesistenti amiche o per
vedermi con
qualcuno-
-e
come intendi scrivere quel
romanzo, allora?- incrociò le braccia sotto il petto,
sfidandola con lo sguardo
-cosa
c’entra ora il mio romanzo?-
-c’entra
e come! Di cosa parla un
romanzo? Di amore, sofferenza, gioia, paura. Come puoi descrivere
queste cose
se non le hai mai provate sulla tua pelle?-
-io…io…-
aveva ragione, lo sapeva ed
era per questo esatto motivo che fino ad ora aveva cestinato tutte le
cose che
aveva scritto. Erano tutte vuote, senza sentimento, senza vere
emozioni, erano un
succedersi di fatti, un documentario. E un romanzo non doveva affatto
essere così.
-so
che ami vivere nel tuo mondo
fatato, sognando che un giorno il tuo principe azzurro arrivi alla tua
finestra
e ti trovi rapendoti dalla miriade di libri in cui ti immergi-
indicò con un
gesto la finestra –ma tesoro, qui non siamo nel paese delle
meraviglie e tu non
sei Alice- le accarezzò una guancia teneramente –e
a meno che il tuo principe
azzurro sia un pompiere, cosa per cui ti invidierei per il resto dei
miei
giorni, e la tua stanza stia andando a fuoco, non credo che qualcuno
entrerà da
quella finestra, visto che siamo al ventesimo piano-
-beh,
potrebbe usare le scale
antincendio!- scherzò lei
-oh
cara, dovrebbe essere proprio
innamorato per farsi venti piani a piedi per te!-
Jude
sorrise, un sorriso triste,
consapevole.
Sapeva
che Lauren non voleva buttarla
giù, voleva solo farle capire che era lei che stava buttando
la sua vita.
Era
sempre stata una sognatrice, da
bambina, e proprio come aveva detto Lauren aveva sempre immaginato che
prima o
poi qualcuno avrebbe spalancato la sua finestra e l’avrebbe
portata via,
promettendole amore eterno. Ora però si rendeva conto che
non era così che
andavano le cose, in nessun posto del mondo e soprattutto a New York.
La
gente, i ragazzi, si conoscevano
nei locali, nei pub, non sul cornicione di una finestra mentre gli
usignoli
intonano una melodia melense.
-e
va bene, uscirò con te qualche
volta- sospirò rassegnata
Lauren
le rivolse un enorme sorriso
prima di urlare -stasera!-
-come?-
Jude spalancò gli occhi,
sperando di aver capito male
-uscirai
con me, stasera- ripeté
la mora battendo le
mani, emozionata
-stasera?
E’ troppo presto! Non sono
ancora psicologicamente pronta-
-non
essere stupida! E’ sabato sera
e tu non resterai chiusa qui, avevo intenzione di andare in un posto
non molto
lontano con Jac e Audrey e tu ti unirai a noi!-
Chi
diavolo erano Jac e Audrey? E
perchè il solo sapere che erano amiche di Lauren non la
rassicurava affatto?
-Lauren…-
-mi
hai detto di si, l’hai detto! Ti
prego, una sola sera, poi sarai libera di decidere se farlo di nuovo o
no-
Lauren
unì entrambe le mani a mo di
preghiera, avvicinandosi a lei, con tanto di labbro inferiore sporgente.
-e
va bene- si sentì dire, per la
seconda volta, sospirando
-perfetto!-
urlò saltellando sul
letto –dovrò darti in anticipo il regalo per il
tuo compleanno- rifletté
picchiettandosi l’indice sulle labbra
-il
mio compleanno è tra più di tre
mesi- le fece notare lei, confusa
-lo
so, per questo ti ho detto che
dovrò dartelo in anticipo, ma a questo penseremo dopo, ora
dobbiamo
prepararci!-
-in
che tipo di locale andremo? Per
capire come devo vestirmi- si era rassegnata all’idea ormai,
tanto valeva
assecondarla ed evitare di sentirsi fuori luogo almeno in termini di
abbigliamento
-non
devi preoccuparti di niente!
Stasera farò tutto io, ti vestirò,
truccherò e sistemerò i capelli- Lauren
scattò
dal letto con uno strano luccichio negli occhi, un luccichio per niente
rassicurante.
“Signore,
aiutami tu”, pensò
Jude prima di sospirare.
Un
paio d’ore dopo, il minimo che
una donna dovrebbe impiegare per prepararsi, a detta di Lauren, Jude si
fissava
con espressione dubbiosa al grande specchio posizionato in un angolo
della
stanza della mora.
-Lauren,
non sarà un po’ troppo?-
sussurrò timorosa, rivolta all’amica che seduta
sul letto si infilava un paio
di scarpe dall’aria per niente comoda
-cosa
sarebbe troppo?-
Tutto. Tutto era troppo.
I suoi capelli erano troppo voluminosi, il trucco attorno agli occhi
era troppo
nero, le sue guance erano troppo rosa, il vestito era troppo corto e
troppo
scollato sulla schiena e quei tacchi –che
l’avrebbero sicuramente fatte inciampare da qualche parte,
spezzandole una
gamba- erano troppo alti.
-forse
dovrei provare qualcosa di
più comodo- propose cercando di sorridere
all’amica, che si alzò di scatto dal
letto, come se la parola “comodo”
le
avesse causato un improvviso senso di prurito sul fondoschiena.
-comodo?
Devi forse andare a fare
jogging?- la rimproverò con tono severo
-beh,
no, ma io…-
-perfetto,
conserva quella parola
per quell’occasione allora- la zittì
all’istante -ora stiamo andando a cercare
il tuo principe azzurro, non devi essere comoda, devi essere bella,
sexy e
provocante-
-e
lo sono?- chiese scettica,
guardando di nuovo la sua immagine. Sembrava più un
cerbiatto spaurito dai fari
di un fuoristrada, a dirla tutta. Un cerbiatto travestito da battona,
per di
più.
-certo!
Ed ora andiamo, le ragazze
sono giù fuori al locale-
Jude
sospirò, afferrando la pochette
che l’amica che stava porgendo, seguendola poi fuori dalla
sua stanza.
-oh
signore, avete deciso di andare
a battere per arrotondare?- fu il commento poco fine di Elle, che le
accolse
dal divano sulla quale era seduta indossando una comoda
tuta. Jude la invidiò immensamente.
-te
l’avevo detto che era troppo-
sibilò cercando di abbassare la gonna troppo corta
Lauren
la zittì con un gesto della
mano –chi resta sul divano a mangiare pop corn di sabato sera
non ha il diritto
di commentare le scelte altrui- con una mano indicò
l’enorme ciotola poggiata
sulle gambe di Elle, colma di pop corn - Dov’è
quel santo che ti sopporta?-
-E’
dai suoi per un paio di giorni-
commentò –vedete di guadagnare bene, ci serve un
nuovo tostapane- indicò la
cucina, trattenendo a stento una risata
La
mora finse di non sentire le sue
parole e si avviò all’ingresso, prendendo il copri
abito.
-perchè
non vieni anche tu?- chiese
Jude titubante e speranzosa ad Elle
Non
sapeva che tipi erano le amiche
di Lauren e sapere di poter contare su Elle, una persona vagamente sana
di
mente, la rassicurava.
Al
suono di quelle parole però, per
poco la rossa non si strozzò con la generosa manciata di pop
corn che aveva
appena infilato in bocca, riuscì a salvarsi solo
sputacchiandone la maggior
parte.
-assolutamente
no!- rise
-ti
prego- Jude fece un passo verso
di lei, per evitare di farsi sentire da Lauren, sfoggiando la miglior
faccia da
cucciolo bastonato che era in grado di fare
Elle
scosse la testa, sconsolata –mi
dispiace occhi dolci, non so come hai fatto a farti convincere da
Lauren, ma
non riuscirai di certo a convincere me-
-preferisci
restare qui tutta sola?-
Jude tentò l’ultima carta
-francamente
Jù, preferirei persino
passare un intera notte con Jack lo squartatore-
Jude
sbuffò nello stesso istante in
cui Lauren urlava il suo nome, invitandola a sbrigarsi ad uscire.
-augurami
buona fortuna- borbottò
-oh,
te ne servirà parecchia-
ridacchiò Elle divertita
Si,
quella ragazza sapeva essere
molto confortante quando voleva.
Una
volta in strada le due presero
un taxi e, come previsto da Lauren, in soli quindici minuti erano fuori
ad un
locale da cui proveniva una musica assordante. Fuori al locale
c’era una fila
che sembrava chilometrica, doveva essere un posto in voga o frequentato
da vip
o, molto probabilmente, entrambe le cose.
Jude
si perse a guardare quelle
persone, tutte sembravano più grandi di lei e solo allora
fece caso al nome del
locale.
-Lauren,
sei sicura che possiamo
entrare qui?-
-certo-
rispose lei recuperando il
cellulare dalla pochette, probabilmente per rintracciare le sue amiche
–perchè?-
Club21, era il nome del
locale, ed era più che sicura che fosse un chiaro segno che
potessero entrare
solo persone che potevano fare consumo di alcolici, cioè che
avevano più di
ventuno anni. E loro ne avevano solo diciannove.
-perchè
non abbiamo l’età per bere-
Lauren
si fermò a fissarla come se
avesse un terzo occhio, poi parve capire.
-ma
certo! Non ti ho ancora dato il
mio regalo-
Il
suo regalo? E cosa centrava ora
il suo regalo?
Lauren
tornò a frugare nella sua
borsa, per poi passarle un pezzo di carta plastificata, rettangolare.
-buon
compleanno!- trillò con un
sorriso
Jude
afferrò dubbiosa quello che le
stava porgendo, cercando di capire cosa fosse esattamente e
perchè glielo
stesse dando proprio ora.
-ma
questo è…è…-
-un
documento falso- concluse per
lei portando il cellulare all’orecchio
Jude
rimase in silenzio a studiare
il documento mentre in sottofondo sentiva Lauren parlare con le amiche.
Si
sarebbe cacciata nei guai, lo
sentiva.
-Lauren,
sei sicura che non ci sia
alcun rischio di…?-
-tranquilla-
sminuì il tutto con un
gesto della mani, prendendola poi sotto braccio –il
buttafuori è il fratello di
Jac, non fa nemmeno caso alle nostre carte
d’identità, è solo per precauzione!
Ed ora andiamo, le ragazze ci aspettano all’entrata-
Si
lasciò trascinare inerme verso l’entrata
del Club21, ormai era lì e non poteva tirarsi indietro.
Quando
sorpassarono la lunghissima
fila per avviarsi alla porta principale, Jude fece per chiedere
spiegazioni, ma
non ne ebbe il tempo perchè venne sommersa da un turbine di
gridolini ed
abbracci. Le ci volle qualche secondo per capire che le grida
arrivavano da due
ragazze di fronte loro, che urlavano e si sbracciavano per salutare
Lauren.
Quando
notò l’abbigliamento delle
due, smise di preoccuparsi del suo. Entrambe erano alte, avevano un
fisico
slanciato e fin troppo magro, Jude non si sarebbe meravigliata a
scoprire che
fossero due modelle con problemi di alimentazione. Una delle due aveva
i
capelli tinti di un rosso carota molto acceso, i lineamenti spigolosi,
gli
zigomi alti e due occhi furbi, l’altra invece aveva i capelli
di un’inquietante
tonalità di fucsia ed erano talmente arricciati da farli
sembrare una criniera,
i suoi lineamenti erano più delicati e il suo sorriso era
più dolce, tutta
apparenza. Entrambe non sembravano per niente a disagio nelle loro
minigonne
inguinali, maglie scollate e tacchi alti.
Jude
sorrise sollevata, con quelle
due accanto di sicuro nessuno avrebbe fatto caso a lei e la sua gonna
che le
arrivava a metà coscia.
-ragazze
lei è Jude, la mia
coinquilina!- trillò Lauren indicandola
-Jude,
loro sono Jac- indicò la
carota –e Audrey- criniera di leone
-molto
piacere- sorrise lei
stringendo la mano di Audrey, quando provò a fare lo stesso
con Jac questa la
sorprese attirandola a se e stringendola
-oh,
sono così contenta di
conoscerti! Lauren mi ha detto che non esci mai di casa ed ora che ti
vedo mi
chiedo come possa una ragazza carina come te restare chiusa in un
appartamento
per tanto tempo. Sono felice che tu abbia deciso di uscire con noi,
vedrai che
ti divertirai tantissimo, veniamo in questo locale da anni e non ci
siamo mai annoiate!
Certo, forse dovrai abituarti un po’ a…-
La
carota parlante si bloccò nel
momento in cui sentì la mano di criniera
poggiarsi sulla sua spalla.
-Jac-
cominciò la ragazza
intercettando lo sguardo spaesato di Jude –calmati e respira,
la stai
spaventando-
-oh-
Jac si portò una mano alle
labbra con espressione di scuse
Lauren
scoppiò a ridere, poggiando
poi una mano sulla spalla di Jude –perdonala, a volte
dimentica di prendere
fiato tra un monologo e l’altro-
Jac,
la carota, fece per ribattere,
ma venne interrotta da Audrey che la spintonò leggermente
–entriamo?-
Dopo
aver ricevuto un segno di
consenso da tutte, si avvicinarono all’entrata dove due
uomini di stazza
robusta dirigevano la fila e controllavano i documenti.
Documenti.
-ciao
Jim- salutarono quasi in coro
uno dei due, che si voltò con un mezzo sorriso
-vi
stavo aspettando- sorrise, poi
la sua espressione si indurì –non avrete
intenzione di combinare altri casini?-
la sua voce era divertita, segno che stava scherzando
-noi
non combiniamo mai casini,
siamo degli angioletti!- cinguettò Lauren portando le mani
dietro la schiena e
sporgendo automaticamente il petto in fuori meritandosi
un’occhiata a raggi x
dal caro Jim.
-Si,
certo- commentò distogliendo lo
sguardo -Fate le brave- le canzonò, riservando uno sguardo
alla sorella
-tranquillo
fratellone- Jac si
allungò per stampargli un bacio sulla guancia
Gli
occhi di Jim si posarono su
Jude, che cercava in tutti i modi di nascondersi dietro alle tre per
passare
inosservata.
-e
lei?- chiese
-è
un’amica di Lauren, Jude- spiegò
Audrey senza smettere di sorridere
-ed
ha ventun anni?- chiese scettico
e a Jude si fermò il respiro
Era
stata scoperta. Era chiaro che
non avesse ventuno anni, si vedeva lontano un miglio e Lauren era stata
ingenua
a credere che qualcuno potesse crederlo. Lei non era slanciata come
Audrey, non
era formosa come Lauren e non era la sorella di un buttafuori come Jac.
Lei era…Jude ed in quel
momento doveva sembrare
parecchio terrorizzata.
-certo,
come tutte noi- fu il turno
di Lauren, questa volta, ma Jim continuò a fissarla senza
dire niente.
Doveva
confessare, doveva
arrendersi, doveva dire che aveva soli diciannove anni e che non doveva
essere
lì ora, maledizione. Doveva essere a casa a scrivere il suo
stramaledetto
racconto.
Era
sul punto di urlare quando Jim
sorrise rilassato, facendosi da parte –buona serata ragazze-
Una
volta che il respiro le si fu
regolarizzato Jude si rese conto che ce l’aveva fatta, era
dentro. L’ambiente
era molto grande, strutturato su due piani, il primo era già
affollatissimo,
pieno di gente che si muoveva a ritmo di quella musica assordante, con
bicchieri pieni di liquidi di diverso colore. Sul piano superiore
invece –che affacciava sulla pista
da ballo-
probabilmente erano situati i prive.
-quanta
gente!- riuscì a sentire la
voce di Lauren sovrastare la musica –ci buttiamo?- sorrise
verso di lei,
facendole l’occhiolino.
Jude
ci pensò un attimo, annuendo
poi titubante. Era in ballo, tanto valeva ballare.
La
sala era completamente al buio,
ad eccezione dei fari colorati che illuminavano la pista. Stentava
anche a
vedere i suoi piedi, per questo non si stupì a fatto quando
andò a sbattere
contro un paio di spalle che aveva visto all’ultimo secondo.
-oh
Dio, scusa!- arrossì
imbarazzata.
Ottimo
ingresso, Jude.
Il
ragazzo si voltò e a Jude si
ghiacciò il sangue nelle vene, facendola restare impalata
con gli occhi
spalancati dalla sorpresa.
-che
ci fai qui?-
*
*
*
Si,
lo so, sono stata un po’ stronza.
Chi mi conosce dalle mie FF passate sa che ho una passione smisurata
per i “finali
a cazzo” *O*
So
cosa state pensando e vi dico che
vi sbagliate uù Fidatevi di me!
DOMANDA:
Cosa preferite fare il
sabato sera? Siete tipi da discoteca, pub, pizzeria? O vi capita spesso
di
restare a casa come la nostra Jude?
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Dovrei
iniziare questa nota con il
giustificare la mia sparizione da efp, presumo.
La
verità è unica e semplice: non ho
tempo.
Ho cominciato un nuovo lavoro che mi tiene impegnata sette giorni su
sette,
dalla mattina alla sera senza spacco. Il poco tempo libero che ho a
disposizione, in tutta sincerità, lo trascorro tra famiglia
ed amici per cui il
tempo che mi rimane per scrivere è pochissimo.
Ho pensato anche all’eventualità di mettere questa
storia in una pausa
temporanea, ma la sola idea di smettere di scrivere non è
nemmeno contemplabile
per me.
So che è noioso seguire una storia che non viene aggiornata
spesso, io sono la
prima che perde il filo della trama o non riesce ad appassionarsi se la
storia
non è costante e continua, ma vi assicuro che da parte mia
c’è tutta la buona
volontà e l’intenzione di portare avanti questa
storia e di farlo in tempi non
lunghissimi.
Spero
che siate pazienti.
Detto
questo, voglio ringraziare di
cuore tutte quelle che mi lasciano una recensione, anche breve, per me
è
davvero importante.
Ovviamente voi non mi conoscete personalmente e non sapete che sto
passando un
periodo poco sereno, uno di quelli seri, che non auguro a nessuno, uno
di
quelli che ti fa domandare come arriverai a domani.
Non sono qui per raccontarvi i miei guai, ma voglio solo dirvi che con
le
vostre recensioni riuscite a farmi sorridere e a farmi pensare che non
sono poi
così inutile e persa.
Grazie.
La
musica alta le rimbombava in
testa eccessivamente, stordendola più di quanto
già non si sentisse in quella
situazione. Dovette concentrarsi attentamente sul labiale del ragazzo
per riuscire
a cogliere le sue parole.
-Bambi!
Cosa ci faccio qui?- trillò
allegro Marlon –che ci fai tu
qui,
questo è il mio regno- allargò le braccia come a
voler sottolineare l’ampiezza
del suo territorio
Jude
si guardò rapidamente intorno
cercando con lo sguardo Lauren o una delle sue strane amiche, ma queste
parevano essersi dissolte nel vuoto. Perfetto.
-il…questo
posto è tuo?- balbettò
alzando la voce per riuscire a farsi sentire
Marlon
si accigliò per un attimo
prima di aprirsi in una fragorosa risata scoprendo la linea perfetta
dei denti
bianchi.
-magari!-
scosse la testa –intendevo
dire che io sono qui praticamente tutti i fine settimana- sorrise
gentile –e
non ti ho mai vista da queste parti-
-sono
con delle amiche- spiegò e
quando vide Marlon guardare dietro di lei con aria dubbiosa si
affrettò ad
aggiungere –saranno andate a prendere da bere-
Il
ragazzo le sorrise e riprese a
parlare, ma questa volta Jude non riuscì a sentire una
parola e non a causa del
volume troppo alto, ma per i suoi pensieri che ormai aveva
sguinzagliato e
correvano liberamente verso un’unica domanda: c’era
qualche probabilità che
anche Andrew fosse lì?
Da
quello che le era sembrato di
capire i due erano amici oltre che colleghi e poteva quindi esserci una
possibilità che uscissero insieme il fine settimana.
Marlon
le toccò leggermente una
spalla e Jude tornò al presente.
-hai
capito?- chiese Marlon
intercettando lo sguardo incantato della ragazza
Jude
avvampò e questa volta
ringraziò il buio per aver nascosto le sue guance.
-non
ho sentito, scusa- diede, per
l’ennesima volta, la colpa al volume alto mentre si era
semplicemente persa nei
suoi viaggi mentali
-ti
ho chiesto se vuoi che ti
accompagni al bar per cercare le tue amiche-
-oh-
Jude rifletté un secondo
valutando le possibilità che aveva di fronte
La
prima era restare lì da sola con
Marlon, sperando che prima o poi Lauren avrebbe avuto il buon senso di
andarla
a cercare; La seconda era quella di andare a cercarla lei stessa e, con
ogni
probabilità, senza l’aiuto di Marlon si sarebbe
persa ed avrebbe girovagato per
la sala per tutta la sera.
-si,
ti ringrazio- sorrise
rendendosi conto che era inutile contare sul buon senso di Lauren o sul
suo
senso dell’orientamento
-vieni-
con l’ennesimo sorriso
Marlon le afferrò il gomito in una presa salda e
cominciò a farsi spazio tra la
folla di persone che ballava nel modi più assurdi
Appena
trovata Lauren, decise,
l’avrebbe uccisa.
Come
aveva potuto lasciarla nel bel
mezzo della pista, da sola? E se le fosse successo qualcosa? Se un
maniaco le
si fosse avvicinato e le avrebbe fatto Dio solo sa quali cose? Era
stata
fortunata ad incontrare Marlon in mezzo a tutta quella gente. Certo, se
magari
al suo posto ci fosse stato Andrew…
-eccoci-
Marlon interruppe il
pericoloso defluire dei suoi pensieri fermandosi ad un metro da un
lungo
bancone in vernice nera, dietro il quale alcune persone si muovevano
frenetiche
riempiendo grandi bicchieri di plastica trasparente con liquidi
colorati.
-riesci
a vedere le tue amiche?-
Jude
si alzò sulle punte, cercando
di avere una visuale più completa della situazione.
Proprio
mentre stava per sospirare
rassegnata una mano le si posò sulla spalla e la voce
squillante di Lauren la
face sobbalzare.
-Jude!
Dov’eri finita?- la biondina
si voltò verso di lei pronta ad incenerirla con lo sguardo,
ma Lauren non
gliene diede il tempo porgendole un bicchiere –tieni, ho
preso da bere anche
per te-
Afferrò
titubante il contenitore
portandolo lentamente sotto al naso. L’odore forte di alcol
la nauseò,
facendole girare leggermente la testa.
Strizzò
gli occhi e allontanò il
bicchiere.
-potevi
dirmelo che ti allontanavi-
disse tra i denti, ma lo sguardo di Lauren viaggiava già
dietro le spalle di
Jude, dove c’era Marlon.
-vedo
che non ti sei annoiata nel
frattempo, cara-
Jude
si voltò verso Marlon che
sorrideva con uno strano sguardo verso Lauren.
-lui
è Marlon- spiegò all’amica,
facendo un passo indietro perchè i due potessero avvicinarsi
-Jude!
Ti lascio due minuti da sola
e abbordi uno sconosciuto- parlava con Jude, ma senza distogliere lo
sguardo
dal ragazzo –sono fiera di te!-
La
ragazza avvampò sentendosi per
l’ennesima volta in imbarazzo per la mancanza di tatto e
delicatezza di Lauren.
Balbettò qualcosa di insensato, prima che Marlon decidesse
di prendere la
parola.
-veramente
io e Jude ci conosciamo
già- fece un passo verso Lauren alzando leggermente la voce
-vi
frequentate?- lanciò un’occhiata
interrogativa a Jude, facendo un passo indietro
Lauren
era una a cui piaceva
divertirsi, si, ma aveva delle regole ben precise che seguiva. Una di
queste,
Jude le conosceva a memoria ormai dopo tutte le volte in cui le aveva
elencate,
era “non toccare la roba
d’altri,
soprattutto quella delle tue amiche”.
-no-
rispose Jude per entrambi –l’ho
conosciuto a lavoro-
-anche
tu lavori da Frankie?- chiese
a Marlon tornando ad ignorare Jude
-oh
no, sono un modello-
Anche
al buio Jude riuscì
perfettamente a cogliere il luccichio nello sguardo di Lauren.
-interessante-
sorrise mordendosi il
labbro inferiore
La
caccia era cominciata.
Jude
non aveva mai visto Lauren
all’opera, ne aveva solo osservato i frutti quando la mattina
si ritrovava
qualcuno mezzo nudo in casa pronto per uscire in punta di piedi.
Lauren
era una di quelle ragazze che
per strada fa girare anche le donne, che le rivolgono sguardi
invidiosi, ed era
quindi convinta che le bastasse avvicinarsi a qualcuno per farlo cadere
ai suoi
piedi. Lauren però le aveva spiegato più volte
che non era così, che la seduzione
non era solo questione di avere un bel faccino, ma Jude non aveva mai
capito a
fondo il significato di quelle parole fino a quel momento.
Ora
che vedeva Lauren abbassare
leggermente la testa e rivolgere a Marlon uno sguardo quasi timido
dietro le
ciglia scure, che ondeggiava leggermente il corpo stretto in un tubino
nero,
ora che la osservava portarsi il bordo del bicchiere ai denti e
mordicchiarlo,
ora, capiva cosa intendeva dire.
Si
voltò verso Marlon ed il suo
sguardo da pesce lesso non le lasciò alcun dubbio: Lauren
aveva già atterrato
la preda.
Sentendosi
improvvisamente di troppo
distolse lo sguardo dai due puntandolo sulla fila di divani in pelle
alla sua
sinistra. Sul primo divano intravide due ragazze intente a bere in un
sol sorso
il contenuto dei loro bicchieri, mentre i ragazzi che le accerchiavano
le
guardavano ridendo sguaiatamente, probabilmente già alticci.
Lo sguardo allora
volò verso la parte superiore del locale, dove dal
balconcino si sporgevano
quelli che dovevano essere i “vip” della serata o,
più probabilmente, persone
con un budget tale che permettesse di guardare gli altri
dall’alto.
Passò
a rassegna le varie persone
che ballavano più o meno a ritmo senza soffermarsi su
nessuno in particolare
finché una figura non attirò la sua attenzione.
Si soffermò proprio su di lui
perchè a differenza degli altri non ballava e non si
muoveva, aveva le braccia
conserte poggiate alla balaustra in ferro e sembrava guardare nella sua
direzione.
Per un istante ebbe la convinzione che quel ragazzo fosse Andrew,
l’istante
dopo si convinse che stava diventando paranoica.
Portò
il bicchiere alle labbra,
bevendo metà del contenuto in un sorso dopo, per poi
strizzare gli occhi. Che
diavolo era quella roba?
-Jude,
hai sentito cosa ho detto?-
Jude
si voltò verso Lauren con aria
confusa -no, scusa-
Lauren
la guardò in modo curioso,
probabilmente chiedendosi su quale pianeta fosse Jude, ma stranamente
non
commentò come al suo solito con qualche battutina
sarcastica.
-Marlon
mi stava raccontando come vi
siete conosciuti- fece una pausa per sorridere strategicamente nella
direzione
del ragazzo -mi ha detto che lui ed Andrew sono molto amici-
Jude
si irrigidì senza apparente
motivo. Marlon e Andrew erano amici, niente di nuovo, non c'era motivo
di
sentirsi agitati solo perchè questo poteva implicare
la sua presenza lì e due minuti prima aveva creduto di
averlo visto.
-quasi
fratelli- sorrise Marlon in
conferma alla mora -tu come conosci Andy?- era rivolto a Lauren
Gli
occhi della ragazza si
illuminarono e, ricordando in quali circostanze avessero visto Andrew
l'ultima
volta, Jude spalancò gli occhi sperando che l'amica non
rispondesse con qualcosa
di estremamente imbarazzante.
-l'ho
conosciuto all'università-
rispose vaga e Jude tirò un sospiro di sollievo
Spostò
lo sguardo sul viso del
ragazzo e il lampo di comprensione che lo attraversò le fece
ricordare che le
circostanze per la quali Andrew fosse lì quel giorno non le
erano chiare.
Quando gliel’aveva chiesto il ragazzo le aveva risposto con
aria vaga che
doveva un favore alla professoressa d’arte, che tipo di
favore e cosa
c’entrasse Andrew con la Ridle, Jude non l’aveva
ancora capito. Al contrario di
Marlon che sembrava saperla lunga.
-oh,
capisco- sorrise, stranamente
senza aggiungere altro
Jude
lo vide aprire la bocca come
per dire qualcosa, per poi richiuderla repentinamente, mordendosi il
labbro
inferiore. Di fronte al suo strano silenzio, Jude fu quasi tentata di
chiedergli discretamente qualche informazione, quando Lauren prese
nuovamente
parola.
-già,
era in compagnia di Nessie!-
Jude
spalancò gli occhi, prima di
cominciare a tossire convulsivamente a causa di qualcosa che le era
andato di
traverso, mentre Marlon assunse un’aria confusa.
-Nessie?-
chiese il moro
-Lauren
ha sempre voglia di
scherzare!- si affrettò a rispondere la ragazza, prima che
l’amica peggiorasse
le cose –come sta Andrew?- balbettò a disagio
-si
parlava di me?-
La
voce che sentì al suo fianco fece
gelare Jude sul posto.
Stava sognando, vero? La stava solo immaginando, doveva essere per
forza così.
Con
la lentezza pari a quella di un
bradipo in punto di morte, Jude si voltò alla sua sinistra,
dove trovò Andrew
con un sorriso vago stampato sulle labbra, che passava lo sguardo da
lei,
Marlon e Lauren.
Fu
proprio Marlon a spezzare quel
silenzio imbarazzante, battendo una pacca sulla spalla
dell’amico.
-Andy!
Dove ti eri cacciato?-
Andrew
non distolse lo sguardo da
Jude nemmeno per un attimo mentre rispondeva all’amico con
tono piatto.
-ero
di sopra, ma mi stavo
annoiando- poi le labbra si arricciarono in un sorriso malizioso
–vedo che
invece tu hai trovato qualcosa di interessante qui-
Per
un attimo il suo sguardo volò
verso Lauren e Jude si sentì avvampare dalla collera. Era
Lauren quella
interessante, o si stava riferendo a lei?
-lo
sai- sospirò Marlon con finta
aria di sufficienza avvicinandosi alle ragazze –io attiro
sempre cose
interessanti- ammiccò allargando le braccia ed attirando le
due a se. Lauren
ridacchiò con fare lusingato, mentre Jude in pieno
imbarazzo- sembrava più un
pezzo di legno sballottato in ogni direzione da quel torrente che era
Marlon.
Andrew
alzò gli occhi al cielo, per
poi abbassarli e guardare l’amico con aria scettica. Fece per
dire qualcosa ma
Marlon, togliendo il braccio dalle spalle di Jude si rivolse a Lauren.
-Vedo
che hai il bicchiere vuoto! Ti
accompagno a prendere da bere- disse con naturalezza e senza aspettare
una
risposta da parte della ragazza, si voltò verso Jude
–visto che sei in buona
compagnia, ti spiace se ti rubo l’amica?-
Jude
lanciò un’occhiata alla sua
“buona compagnia” per poi gettare uno sguardo pieno
di panico in direzione di
Lauren, trovando con orrore lo sguardo luccicante e vittorioso
dell’amica. Conosceva
quello sguardo e sapeva che non sarebbe riuscita a staccare Lauren da
Marlon
nemmeno se l’avesse trascinata di peso.
-certo
che no- balbettò cercando di
fare un sorriso, ma probabilmente le uscì solo una smorfia.
Il
sorriso di Marlon si aprì a
dismisura mentre aumentava la stretta attorno alle spalle di Lauren
–perfetto,
a dopo allora!- e senza dare tempo a nessuno di proferire parola
trascinò la
ragazza verso il bancone, lasciando Andrew e Jude tra la folla.
Prendendo
un respiro profondo, Jude
trovò dentro di se il coraggio di voltarsi verso Andrew che,
a meno di un metro
da lei, continuava a fissarla rivolgendole uno strano sorriso. Avrebbe
pagato
per poter leggere nella mente del ragazzo in quel momento, per sapere a
cosa
era dovuto quel sorrisino. La trovava forse ridicola in quel vestitino
succinto
e quei tacchi alti? Non doveva dar retta a Lauren.
-non
lo bevi?- Andrew ammiccò verso
il bicchiere tra le sue mani e solo in quel momento Jude
ricordò di averne uno
Non
le piaceva bere. Aveva bevuto
qualche birra il sabato sera insieme alle amiche del liceo, ma quando
avevano
provato a farle assaggiare qualcosa con una gradazione più
forte aveva
risputato immediatamente tutto il contenuto nel bicchiere con la bocca
che le
andava in fiamme. Odiava il sapore dell’alcool e, nonostante
fosse coperto da
un aroma di mirtillo, il contenuto del suo bicchiere puzzava
tremendamente
d’alcool.
Osservò
Andrew che dal suo canto
continuava a rivolgerle strane occhiate e decise che era il caso di
mandare giù
quello che era rimasto del contenuto anonimo nel suo bicchiere.
Qualcuno
spintonò Jude proprio
mentre prendeva l’ultimo sorso, che per poco non le
andò di traverso.
-vieni,
c’è troppa gente qui- ed
afferrandola per un gomito Andrew la trascinò dietro di se,
verso il margine
della pista.
Al
contatto con la sua mano il cuore
di Jude prese a battere all’impazzata. Come poteva un
così semplice contatto
sconvolgerla così tanto? La presa sul gomito era calda e
Jude sentì il bisogno
di sentire quella mano stringere la sua.
Attraversarono
la folla spintonando
qualcuno qua e la, fino ad arrivare in un punto dove la folla si
diradava e la
musica era leggermente ovattata. Andrew si fermò, con le
spalle al muro e si
voltò a guardarla, lasciando la presa. Jude alzò
lo sguardo verso di lui ed
incrociando i suoi occhi si ritrovò a pensare a quante cose
non sapesse di lui.
-non
pensavo fossi tipo da un luogo
del genere- esordì Andrew dopo un interminabile minuto di
silenzio
Effettivamente,
Jude non era quello
che si poteva definire un tipo da discoteca, ma cosa voleva intendere
lui con
quella frase? Pensava forse che fosse una di quelle che passava il
sabato sera
avanti al televisore in compagnia di un cartone di pizza e la sua
bibita
analcolica preferita?
Con orrore si rese conto che lei era esattamente quel tipo, quindi si
limitò a
dondolarsi da un piede all’altro, cercando qualcosa di
intelligente da dire.
-e
che tipo sarebbe uno che
frequenta questo posto?- risposta neutra e semplice, si
complimentò con se
stessa.
Il
sorriso che le rivolse Andrew era
poco rassicurante. Jude rimase immobile, a guardarlo mentre lui
prendeva a
squadrarla dai piedi, salendo poi per le gambe lasciate scoperte in
gran parte
dal vestito, soffermandosi sui suoi fianchi e la vita stretta. Quando i
suoi
occhi tornarono a guardare quelli di Jude, la ragazza ormai aveva
assunto un
colorito cremisi, dovuto probabilmente anche al fatto che stesse
trattenendo il
fiato, come in attesa di una sentenza.
-tipi
che vogliono trovare compagnia
per una notte- il sorriso malizioso con cui accompagnò
quelle parole fece
rabbrividire Jude
Le
stava forse dando della
sgualdrina?
Spalancò
gli occhi, irritata,
diventando rossa per la rabbia questa volta e si preparò a
riversargli addosso
gli insulti peggiori che conosceva quando una risposta migliore le
venne in
mente.
-quindi
tu sei così disperato da
venire qui il sabato sera per abbordare qualche ragazza facile da
portare a
casa?- quasi non si riconobbe mentre pronunciava quelle parole
così taglienti
Lo
sguardo sorpreso di Andrew la
fece rinsavire. Chi era lei? Dov’era finita la timida ed
impacciata Jude? Lei
non rispondeva in modo così indisponente, non era
così sfacciata. Fece un passo
indietro e si rese conto che Andrew le faceva tirar fuori la parte
peggiore di
se, le faceva perdere la pazienza e lei non lo faceva mai.
Non
doveva bere quel bicchiere dal
contenuto sconosciuto.
Quando
la risata di Andrew le giunse
alle orecchie, ebbe il coraggio di alzare di nuovo gli occhi, stupita.
Che Andrew fosse di una bellezza fuori dal comune Jude se
n’era resa conto
dall’inizio, ma vederlo ridere in un gesto così
naturale, le spezzo il fiato.
Gli occhi che si socchiudevano leggermente, le labbra che si
distendevano per
far spazio alla fila di denti bianchi perfettamente allineati. Il viso
di
Andrew si illuminava quando rideva, facendo sparire tutta la malizia
dietro cui
si nascondeva. Quello era il vero Andrew, ed era così bello
vederlo che Jude si
ritrovò a sorridere, con espressione estasiata.
Lo
vide borbottare qualcosa
sottovoce, mentre scuoteva la testa, ma non riuscì a
cogliere le parole esatte.
Fece un passo verso di lui, ma il movimento troppo rapido le
causò un senso di
vertigine che la fece barcollare per un attimo.
-ti
senti bene?- gli occhi di Andrew
la studiavano attentamente
La
musica le rimbombava nella testa
stordendola e la folla –anche se rada- la opprimeva facendole
mancare l’aria e
per di più cominciava a sentire uno strano senso di nausea.
No,
decisamente non avrebbe dovuto
bere il contenuto di quel bicchiere.
-ho
bisognò di un po’ d’aria-
riuscì
a dire passandosi una mano sulla fronte imperlata di sudore
–dove…dov’è
l’uscita?- chiese dubbiosa
L’idea
di uscire da quel locale da
sola non l’allettava molto, ma se l’alternativa era
perdere i sensi di fronte
ad Andrew allora l’avrebbe fatto.
-vieni-
disse semplicemente lui
poggiandole una mano dietro la schiena per guidarla
Jude
trattenne il fiato quando sentì
la mano di Andrew poggiarsi sulla sua pelle nuda. Aveva dimenticato di
avere
uno scollo così profondo sulla schiena che il tocco fu tanto
improvviso quanto
destabilizzante. Fu automatico voltarsi verso di lui, che era
più vicino di
quanto credesse. La sua espressione smarrita fece sorridere Andrew che
si
abbasso lentamente verso di lei per sussurrarle all’orecchio
–andiamo- solo
quando sentì la leggera pressione della sua mano dietro la
schiena però, le sue
gambe presero a muoversi percorrendo al suo fianco un lungo corridoio
buio.
Arrivati
all’aperto Jude chiuse gli
occhi, beandosi dell’aria fredda dell’inverno
Newyorkese.
-non
senti freddo così?- le chiese
Andrew indicando il suo vestito
-no-
era fin troppo accaldata
Jude
si appallottolò al muro dietro
di lei, studiando la situazione. Si trovavano in una stradina
secondaria buia,
probabilmente il retro del locale, che era deserto ad eccezione del
gatto nero
seduto sul cassonetto dei rifiuti a pochi metri da loro.
Andrew,
accanto a lei, si strofinava
entrambe le mani tra di loro, per cercare di riscaldarle.
-vieni
spesso qui?- chiese Jude,
mentre una nuvoletta usciva dalla sua bocca a causa dell’aria
fredda
Il
ragazzo rispose con un’alzata di
spalle, distogliendo lo sguardo.
-non
so niente di te- non era lei
che parlava, probabilmente era stata posseduta dallo spirito schietto
di Lauren
Andrew
si voltò verso di lei,
piegando la testa da un lato con fare curioso –non
c’è niente di interessante
in me-
Jude
non la pensava affatto così, ma
per miracolo riuscì a trattenersi dal dirlo.
-non
so nemmeno chi sei- incalzò
Scosse
la testa e si avvicinò a lei -sono
un serial killer che trascina ragazze indifese in vicoli scuri per
approfittare
di loro e poi ucciderle-
Probabilmente,
se fosse stata meno
brilla, il tono serio con cui disse quella frase –insieme ai suoi reali sospetti che lui fosse un
maniaco psicopatico con
crisi di personalità multipla- l’avrebbe
spaventata. Ora invece si limitò a
sbuffare, abbandonando la testa all’indietro.
-sei
troppo bello per essere un
killer-
Gli
occhi di Andrew si illuminarono,
di nuovo, mentre un sorriso incurvava le sue labbra.
-credo
sia arrivato il momento per
te di tornare a casa- sorrise allungando una mano verso di lei
-non
voglio!- urlò tirandosi
indietro come un animale impaurito –voglio restare qui,
c’è troppa musica
dentro!- ed era vero, certo era l’alcol che parlava per lei
in quel momento, ma
voleva davvero restare lì, con lui ed i loro discorsi
improbabili.
-chiamiamo
la tua amica e la
facciamo venire qui allora, comincia a fare freddo- scandì
bene le parole
Jude
fece per protestare, ma quando
per l’ennesima volta un giramento di testa la colse
nuovamente si convinse. Era
meglio tornare a casa, si era messa abbastanza in ridicolo per quella
sera.
-va
bene- biascicò aprendo la
pochette per cercare il suo cellulare
Qualche
minuto dopo la voce di
Lauren ovattata dalla musica in sottofondo, fece capolino dal telefono.
Dopo
aver spiegato all’amica dove si trovasse
riagganciò, alzando poi la testa verso
il cielo e prendendo un respiro profondo, cercando di trovare un
po’ di
lucidità.
Quando
riaprì gli occhi, la
consapevolezza di quello che era successo la colpì in parte.
-mi
dispiace- sussurrò in direzione
del ragazzo di fronte a lei
Andrew
la fissò dubbioso,
chiedendole con lo sguardo il perchè di quelle parole.
-devo
averti trattenuto per troppo
tempo, ti ho rovinato la serata- non avrebbe mai pronunciato quelle
parole se
fosse stata lucida
-non
hai rovinato nulla Jude- perchè
continuava a sorriderle? E da quando era diventato così
bello? –è stata una
bella serata-
Jude
sorrise, con tanto di
espressione inebetita. Era stata una bella serata.
Il
rumore della porta di emergenza
che si apriva accanto a loro la fece sobbalzare e spalancò
gli occhi mentre
Lauren faceva capolino portando al suo seguito Marlon.
-Jude!-
trillò Lauren, inconsapevole
del dolore alla testa che aveva appena procurato all’amica
Marciò
diritta verso di lei per poi
fermarsi quasi subito, accortasi della presenza di Andrew.
-cosa
ci fate qui?- chiese
sospettosa passando lo sguardo da uno all’altro
Jude
fece un passo in avanti,
indicando Andrew –lui è un killer e vuole
uccidermi-
Lauren
spalancò gli occhi, rendendosi
conto che l’amica non era nel pieno delle sue
facoltà mentali. Si voltò verso
Andrew, in cerca di una spiegazione che arrivò presto.
-Jude
si sentiva poco bene e voleva
prendere un po’ d’aria- commentò, la
voce piatta non somigliava nemmeno lontanamente
a quella serena di poco prima –credo sia meglio portarla a
casa- continuava a
dare le spalle a Jude e lei non riusciva a vedere più i suoi
occhi
La
mora annuì frettolosamente, prima
di avvicinarsi a Jude ed afferrarla per un polso. Perchè
aveva quello sguardo
severo? Perchè Andrew le dava le spalle? Perchè
diavolo improvvisamente tutti
ce l’avevano con lei?
-andiamo
a casa tesoro- Jude annuì
staccandosi dal muro sulla quale si era poggiata
-casa
vostra è molto distante?-
chiese Marlon uscendo dal buio –posso accompagnarvi
se…-
-prenderemo
un taxi- lo interruppe
Lauren –grazie- gli sorrise
Marlon
sorrise di rimando lanciando
poi uno sguardo ad Andrew che finalmente si voltò
nuovamente. Jude non riuscì a
reprimere un broncio di delusione quando vide che
l’espressione spensierata e
genuina era stata nuovamente sostituita dalla solita maliziosa ed
enigmatica.
-fate
attenzione- disse
semplicemente in direzione delle due
Riservò
una lunga occhiata a Jude,
prima di sparire dietro la porta di ferro, senza dire una parola.
-andiamo-
sussurrò Lauren
circondandole le spalle col braccio.
Per
tutto il tragitto verso casa,
abbandonata con la testa contro il finestrino e con i pensieri confusi
pensò ad
Andrew ed i suoi sbalzi d’umore.
Com’era possibile essere così lunatici? E da cosa
dipendevano i suoi sbalzi
d’umore?
Cercò di mettere un po’ d’ordine nella
sua testa, ma era ancora troppo
intontita e le immagini della serata si ripetevano confuse nella sua
mente.
Si
addormentò così, con la testa
contro il finestrino gelato e due occhi lucenti come diamanti che la
guardavano
con dolcezza.
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Ciao,
vi ricordate di me? LOL
Chiedo
perdono per la lunga assenza,
non sto qui a giustificarmi perchè i motivi che mi hanno
allontanato da questa
storia sono molteplici e complicati.
L’importante
è che sono tornata, no?
Spero
che qualcuno segua ancora
questa storia e che da oggi in poi io riesca a postarla con
più frequenza!
Perdonatemi,
ci vediamo a fine
capitolo!
La
testa gli girava come se qualcuno
gli avesse appena dato un pugno in faccia. Arrancò per un
paio di piani,
arrampicandosi lungo il corrimano e rischiando di cadere ad ogni
scalino.
Si
fermò sul pianerottolo e si tastò
le tasche in cerca delle chiavi di casa, sperando di non averle perse
per
l’ennesima volta. Per pura fortuna per tutto il tempo erano
rimaste proprio lì,
nella tasca posteriore dei jeans. Poggiò una mano alla porta
fredda e, al terzo
tentativo, riuscì ad inserire la chiave nella serratura.
Aprì
la porta accompagnando il gesto
con una risatina nevrotica e per poco non cadde, inciampando
probabilmente tra
i suoi stessi piedi.
-dove
sei stato?- la voce tuonante
del fratello gli fece ritrovare un pizzico di lucidità,
svegliandolo
dall'intontimento almeno in parte
-è
sabato- biascicò strusciando il
dorso della mano sulle labbra secche -le persone normali di solito
vanno in
giro a divertirsi- rispose scocciato avviandosi verso il corridoio,
sperando
che Ben lo lasciasse in pace, ma venne bloccato a pochi metri dal
traguardo
-domenica
mattina direi, visto
l’orario-
Andrew
sbuffò, alzando gli occhi al
cielo. Voleva solo andare a stendersi sul suo letto finché
il mal di testa non
gli fosse passato, perchè non lo lasciava in pace?
-cos'è,
vuoi impormi anche il
coprifuoco ora?-
-dove
sei stato?- sbottò ancora Ben ignorando
il tono scocciato del fratello
-non
sono affari tuoi- ringhiò in
risposta, sorpassandolo e andando verso la sua stanza
Prima
che ci riuscisse però, Ben lo
bloccò di nuovo, questa volta afferrandolo per un polso.
-lasciami.andare.subito-
rispose tra
i denti guardando il fratello negli occhi con aria di sfida.
Gli
occhi verdi di Ben, così simili
ai suoi di una volta, lo studiarono per qualche istante accuratamente,
poi
allentò la presa con aria sconfitta.
-che
cosa sei diventato, Andy-
sospirò malinconicamente abbassando le spalle
Cosa
era diventato? Andrew lo sapeva
bene. Era diventato una persona debole, senza sogni ne ambizioni, che
vive la
vita attimo per attimo, senza progetti per il futuro. Una persona
vuota, spenta,
senza passioni ne emozioni.
Morto.
Anche se il suo cuore
continuava a battere lui si sentiva privo di vitalità.
E
come poteva il fratello, affermato
chirurgo, capire lui e la sua vita?
-lasciami
in pace!- urlò
spintonandolo da parte e correndo a rifugiarsi nella sua stanza.
Si
portò le mani al viso imperlato
di sudore e si lasciò cadere lungo la porta in mogano,
appena sbattuta con
brutalità.
L'effetto
della coca stava sparendo
e al suo posto si stava facendo largo la solita sensazione di vuoto
mista ad
insoddisfazione. La consapevolezza di essere una nullità
stava prendendo di
nuovo il sopravvento. Lo odiava e odiava Ben per avergli detto quelle
cose, per
averlo guardato in quello stupido modo pieno di compassione. Che era
una
nullità lo sapeva da un pezzo, non c’era bisogno
che il fratello glielo
ricordasse ogni giorno.
Dannazione,
stava pensando troppo e
non doveva farlo.
Sapeva
che in bagno c'era la sua
scorta segreta, poco importava che si era fatto meno di tre ore prima,
si alzò
di scatto afferrando la maniglia della porta. Poi all'improvviso, come
un
fulmine a ciel sereno, gli venne l'idea.
Cambiò
repentinamente direzione e si
avvio verso il grande armadio sul fondo della stanza, scostò
brutalmente i
vestiti appesi alle grucce facendone cadere qualcuno e sul fondo
recuperò una
grande tela bianca, ferma lì da mesi ormai. La
fissò per qualche istante poi
con gesti decisi prese il cavalletto ripiegato accanto ad essa,
sistemandoci la
tela sopra. Si inginocchiò poi accanto al suo letto
infilandoci una mano sotto
ed estraendo poco dopo una valigia scura.
L'aprì
e guardò attentamente il
contenuto trattenendo rumorosamente il fiato. In quella valigia c'era
la sua
vita, tutto quello che desiderava essere, tutto quello che non aveva il
coraggio di diventare.
Col
cuore a mille afferrò una
boccetta contenente una pittura di un color pesca, delicato, e
l'appoggiò su un
ripiano vicino. Con mano tremante poi e con un lungo sospiro prese un
pennello
immergendolo interamente nel liquido. Quel semplice gesto gli
causò un fremito
interiore che gli percorse l'intera spina d'orsale.
Cercò
di tenere la mano ben ferma
mentre avvicinava il pennello alla tela. Un calore lo avvolse quando
vide il
foglio colorarsi. Continuò senza sosta, sentendosi man mano
più sereno ed
appagato mentre le brutte sensazioni di poco prima scivolavano via. Non
era più
un fallito, non si sentiva più perso, non si sentiva
più una nullità, al
contrario, si sentiva la persona più forte del mondo.
Ripose
il pennello proprio nel
momento il cui le prime luci dell'alba illuminavano la tela abbellita
dal suo
lavoro e per la prima volta dopo tempo sorrise teneramente, guardando
la sua
opera, sentendosi se stesso.
Jude
guardò distrattamente
l’orologio per poi chiudere di scatto il portatile poggiato
sul tavolo di
fronte a lei ed infilarlo frettolosamente nella tracolla. Si
passò una mano tra
i capelli e sospirando si avviò verso l’uscita
della biblioteca.
Quella
mattina si era svegliata
presto e, anche se non aveva nessun corso da seguire, aveva deciso di
recarsi
ugualmente all’università per usufruire
dell’immensa biblioteca del terzo
piano. Aveva pensato che lontano dalle urla di Lauren e i continui
borbottii di
Elle avrebbe trovato qualche idea da buttare giù per la
storia che doveva
scrivere, invece si sbagliava. Aveva provato di tutto: fissare il vuoto
alla
ricerca di un’illuminazione, guardare video strappalacrime
che potessero darle
qualche idea, aveva persino seguito l’assurda idea di Lauren
di farle vivere la
sua vita uscendo con lei. Come se lei non vivesse! Certo, forse
conduceva una
vita più simile a quella di un ottantenne che a quella di
una diciannovenne, ma
dopo tutto cosa c’è di bello nell’uscire
ed ubriacarsi tutte le sere? Le era
successo una sola volta, ed il ricordo di Andrew che la guardava con
aria
sconcertata ancora la tormentava. Tornata a casa quella sera aveva
chiesto a
Lauren se Andrew fosse stato davvero lì o se le alcol le
avesse fatto
immaginare tutto, con gran malincuore però l’amica
le aveva risposto che era
proprio Andrew quello con cui era stata per metà serata e a
cui aveva detto
frasi sconnesse e senza senso.
Scosse
la testa cercando di scacciare
Andrew dai suoi pensieri,cosa che diventava sempre più
complicata col passare
del tempo. Aveva cose più importanti a cui pensare in quel
momento, aveva gli
esami da preparare, una storia da scrivere ed orari di lavoro da
rispettare.
L’aria
gelida di New York l’aiutò a
riprendersi e ne fece scorta, riempiendone i polmoni. Si avvolse la
sciarpa
rossa attorno al collo, coprendosi fino al naso e prese a scendere gli
scalini
saltellando, diretta da Frankie’s. Forse quel giorno avrebbe
incontrato qualcuno
o visto qualcosa che le avrebbe dato qualche idea, forse lo stesso
Frankie con
uno dei suoi molteplici aneddoti sui suoi innumerevoli cugini italiani,
forse
avrebbe…
-ciao-
Si
fermò di botto e per poco non
cadde lungo la scalinata resa scivolosa dalla neve.
Andrew,
spuntato dal profondo nulla,
era a qualche scalino più in basso del suo, che la fissava
con la sua solita
espressione divertita, come se fosse consapevole di riuscire a metterla
in
imbarazzo con un solo sguardo e probabilmente lo era davvero.
-sembra
che tu abbia visto un
fantasma- il sorriso si allargò e salì gli ultimi
scalini fermandosi a quello
prima di dove Jude era rimasta impalata a fissarlo.
Com’è
che faceva improvvisamente
così caldo?
-cosa
ci fai qui?- riuscì a
balbettare Jude scostando la sciarpa dal volto
-passavo
da queste parti- disse
vago, allungandole poi un bicchiere –tieni, l’ho
preso per te-
Jude
deglutì, senza muovere un
muscolo -passavi di qui per caso e per
caso mi hai preso un caffè?-
-in
realtà speravo di incontrarti- sussurrò
senza smettere per un istante di guardarla negli occhi
-oh,
beh, posso aiutarti in qualche
modo?- balbettò mentre, ne era certa, il suo colorito
sfiorava le tonalità di
rosso più sgargianti
Andrew
ridacchio, scuotendo la testa
-dove sei diretta?- rispose con un’altra domanda
-a
lavoro-
-posso
farti compagnia? Andiamo
nella stessa direzione-
Jude
non riuscì a far altro che
annuire facendo automaticamente sorridere Andrew, che le porse
nuovamente il
caffè che aveva preso appositamente per lei. Questa volta
Jude l’afferrò senza
tentennare, sussurrando un flebile “grazie”,
mentre si avviavano per la strada uno affianco all’altro.
La
ragazza strinse convulsivamente
il bicchiere bollente e ne prese un sorso, sentendo
all’istante una sensazione
di calore percorrerle la spina d’osale, che inevitabilmente
la fece
rabbrividire.
-non
sei abituata a questo freddo,
vero?- Andrew non si fece sfuggire nulla, mentre camminava al suo
fianco,
osservandola.
La
biondina scosse la testa,
cercando di non guardarlo, quel ragazzo le faceva uno strano effetto.
-sono
abituata all’umidità e al
caldo, questo gelo non lo sopporto proprio- un brivido la percosse,
come a
voler confermare la sua risposta
-da
quanto sei qui a New York?-
-un
anno e mezzo circa- rispose
formando una nuvoletta di vapore nell’aria
Andrew
annuì con aria pensierosa.
-come
mai hai scelto di venire qui?-
-è solo curiosità, non sei obbligata a
rispondermi-
-a
volte tu mi prendi in giro
dicendomi che sono una ragazzina del sud- sospirò abbassando
lo sguardo –beh,
io non mi ci sono mai sentita invece. Tutte le mie coetanee erano
felici di
andare alla festa del paese o di andare al piccolo cinema fuori
città, mentre
io sognavo di vedere la central station, di passeggiare tra le grandi
luci di
new york- sorrise quasi involontariamente, mentre le si illuminavano
gli occhi
–libertà, per questo sono venuta qui, New York ti
da la libertà, l’opportunità,
di diventare qualsiasi cosa tu voglia essere-
-e
tu cosa vuoi essere?- fu la
naturale domanda di Andrew
Jude
affondò il naso nella sciarpa
mordendosi la lingua. Cosa voleva essere? Una scrittrice e stava
studiando
duramente per diventarlo, ma poteva dirlo ad Andrew senza che lui le
scoppiasse
a ridere in faccia?
-non
lo so ancora- alzò le spalle
senza guardarlo in faccia –devo ancora visitare tanti posti
di questa città,
forse mi ispireranno e mi aiuteranno a capire cosa voglio diventare!-
Andrew
sorrise e scosse la testa –cosa
ti piacerebbe vedere che ancora non hai visto?-
-la
statua della libertà- disse
automaticamente, senza pensarci
Il
ragazzo si voltò verso di lei,
come se avesse appena bestemmiato in aramaico.
-non
hai mai visto la statua della
libertà?- allungò un braccio sbarrandole la
strada, facendola fermare di colpo
insieme a lui
Scosse
la testa mentre un leggero
rossore le imporporava le guance. Era una cosa così grave?
-ma
vivi qui da più di un anno!- le
fece notare
-beh
io…- balbettò –io n-non- come
poteva spiegargli che aveva speso più di un anno rinchiusa
in casa a studiare?
Aveva girato central park solo perchè era di passaggio per
andare da casa sua
alla columbia, non aveva mai sognato di allontanarsi così
tanto.
-dovresti
andarci al più presto-
sentenziò Andrew riprendendo a camminare, lasciandola
qualche passo indietro,
imbambolata.
-e
tu?- Jude lo raggiunse
saltellando quasi –cosa ti ha portato qui?-
La
ragazza fissò con attenzione l’espressione
di Andrew, che si indurì appena alla sua domanda -le luci
della grande mela
attirano tutti, l’hai detto anche tu-
Jude
annuì, ma c’era qualcosa nel
tono del ragazzo che le fece chiaramente intuire che quella non era la
verità,
non tutta almeno. Ormai ci era abituata: ogni volta che cercava di
sapere
qualcosa in più di Andrew, lui tirava su un enorme muro in
cemento armato,
nascondendosi dietro. La domanda che si poneva Jude era: quella di
Andrew era
semplice riservatezza, o aveva strane cose da nascondere dietro quel
muro?
-siamo
arrivati- sentì Andrew
accanto a lei fermarsi e lo fece di riflesso, ancora immersa nei suoi
pensieri
Alzò
per un istante lo sguardo verso
l’insegna di Frankie’s, per poi tornare a guardare
Andrew.
-grazie
per avermi fatto compagnia-
sorrise strofinando le mani l’una con l’altra
Andrew
non rispose, limitandosi a
rivolgerle uno dei suoi sorrisi obliqui infilando le mani in tasca.
Una
folata di vento, segno che la
neve stava per tornare, li travolse scompigliando i capelli di Jude,
che le
ricaddero distrattamente sulla fronte.
-stavo
pensando…- Andrew estrasse
una mano dalla tasca, allungandola lentamente verso il viso della
ragazza. Jude
trattenne il fiato, mentre sentiva la pelle calda dei polpastrelli del
ragazzo
accarezzarle la fronte, mentre le scostava i capelli per poi portarli
dietro l’orecchio.
Ormai la biondina era in fiamme e il cuore che prese a martellarle nel
petto
non le era di certo d’aiuto –potrei accompagnarti a
vedere la statua della
libertà, domani-
Jude,
ancora in completo subbuglio
per aver sentito la pelle di Andrew così vicino, non colse
al volo il
significato delle sue parole, ma quando lo fece per poco il cuore non
le uscì
dal petto.
-domani?-
balbettò la prima parola
che le venne in mente, giusto per avere il tempo di far rinvenire i
suoi
neuroni
-hai
impegni?- la guardò scettico
-oh,
no-
-bene-
sorrise facendo un passo
indietro –ci vediamo sulle scale della Columbia, solito
orario-
Jude
sorrise a sua volta infilando
le mani nella giacca, ciondolandosi da un piede all’altro.
Andrew la guardò un
ultima volta prima di voltarsi e perdersi tra la folla.
Rimase
così, impalata, al centro del
marciapiede a fissare il punto verso il quale si era diretto Andrew con
un
sorriso stampato sulle labbra. L’avrebbe rivisto ancora, il
giorno dopo, il
solo pensiero l’elettrizzava tremendamente. Forse quella
sarebbe stata l’occasione
giusta per conoscerlo meglio, forse avrebbe trovato il modo di farlo
aprire di
più con lei o almeno di capire un minimo sulla vita che
conduceva, su quello
che gli passava per la testa.
Col
suo sorriso e il cuore che le
batteva nel petto come non mai, fece per entrare da Frankie’s
quando un
pensiero le balenò in testa: quello non era un appuntamento,
vero?
*
*
*
Domanda!
Giusto per farmi i fatti
vostri!
Qual
è il posto che più vorreste
visitare al mondo? Let me know!
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Qual
è il posto che più vorreste visitare al mondo?
Le
vostre mete preferite sono per lo
più Londra e New York. Alcune poi sognano la Francia o
l’Australia.
Io? Io ho sempre avuto un interesse morboso per l’Inghilterra
e tutto ciò che
la riguarda. Tre anni fa ho realizzato il mio sogno e sono partita per
Londra,
dove spero di tornare presto.
Detto
questo, scusatemi ancora una
volta per avervi fatto aspettare un po’, spero almeno
troviate che ne sia valsa
la pena!
Ci
vediamo alla fine.
-non
puoi vestirti così per un
appuntamento!-
Jude
guardò per qualche istante la
sua immagine allo specchio studiando il maglioncino a collo alto color
amarena
e i suoi jeans consumati, per poi rivolgere all'amica uno sguardo
annoiato
attraverso lo specchio
-te
l'ho detto decine di volte,
Lauren: non è un appuntamento-
Lauren
portò gli occhi al cielo,
esasperata dall'ingenuità dell'amica.
-ti
ha invitato ad andare in giro
con lui: è un appuntamento-
Jude
sbuffò allontanandosi dallo
specchio per poi dirigersi verso il letto sul quale aveva poggiato il
suo
cappotto. Fece per afferrarlo quando Lauren, più veloce di
lei, ci piantò una
mano sopra bloccandolo.
-oh,
almeno questo risparmiatelo, ti
prego-
Jude
pestò un piede a terra
strattonando il cappotto -cos'ha che non va questo cappotto, ora?
-oh,
per favore! Nemmeno mia nonna
avrebbe il coraggio di andarci in giro-
-ma
è caldo!- sbottò -e fuori ci
saranno si e no tre gradi!- aggiunse indicando la finestra fuori dalla
quale si
intravedevano i rami di un albero dondolare sotto la forza del vento.
-ok
Jude, ascoltami- la biondina
ammutolì di fronte all'espressione improvvisamente seria
dell'amica -ti piace
Andrew?-
Diretta
come sempre, Lauren la fece
arrossire fino alla punta dei capelli.
Le
piaceva Andrew? Cavolo si, ma
sapeva così poco sul suo conto che non poteva dirlo con
certezza. Forse avrebbe
scoperto qualcosa di così brutto da farle cancellare tutto
ciò che di buono
aveva visto in lui, forse avrebbe cambiato idea.
Al
momento però, Andrew le piaceva,
ed anche parecchio.
-si-
si arrese con un sospiro
Lauren
le sorrise arricciando le
labbra in un modo poco rassicurante.
-e
tu vuoi piacergli, giusto?-
Jude
annuì in modo più o meno
convinto.
-bene-
si alzò trascinando con se il
cappotto -allora lascia perdere questo dannatissimo cappotto-
Un
fiocco di neve le cadde proprio
sulla punta del naso e Jude scosse la testa infilando le mani nelle
tasche,
sbuffando infastidita. Dimenticava sempre la regola numero uno che Elle
le
aveva vivamente consigliato di seguire in ogni caso: mai
ascoltare Lauren.
Aveva
detto all’amica dell’incontro
con Andrew sperando che questa potesse aiutarla, invece Lauren non
aveva fatto
altro che metterla ancora più in agitazione con le sue
raccomandazioni su come
vestirsi, salutare, sorridere e quant’altro. Jude aveva
annuito con aria
assente, poi aveva prontamente dimenticato tutto quello che le aveva
detto e,
soprattutto, era riuscita a convincerla a non farle indossare quei
tacchi
vertiginosi che erano improvvisamente spuntati dal suo armadio. Alla
fine era
riuscita a raggiungere un accordo: si al giubbino super aderente e scoprente, no ai tacchi assassini.
Quindi,
tirando le somme, poteva
considerarsi fortunata che le si stesse gelando il fondoschiena.
Quando
Jude arrivò di fronte alla
Columbia, dove lei ed Andrew si erano dati appuntamento, ormai la
biondina era
ormai in stato di ibernazione. Alzò la sciarpa fino al naso
cercando di
compensare così il freddo che sentiva ghiacciarle la
schiena.
A
pochi passi da lei vide Andrew,
che invece sembrava essere a suo agio stretto in un morbido trench
color fango
dall’aria calda. Quando la vide, il solito sorriso furbo gli
spuntò sulle
labbra, mentre anche gli occhi si assottigliavano facendo fare una
capriola al
cuore di Jude che sussultò, prima di sorridergli a sua volta.
-scusa
il ritardo- Jude si sistemò
una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio, abbassando lo sguardo.
-sono
qui da poco, tranquilla-
La
ragazza gli sorrise alzando la
testa e se lo ritrovò più vicino di quanto
credesse con gli occhi che
scrutavano i suoi. Trattenne il fiato per un istante, mentre cercava di
darsi
un contegno: non poteva andare a fuoco ogni volta che la guardava!
-sei
emozionata?-
Jude
spalancò gli occhi,
sobbalzando. Aveva capito l’effetto che aveva su di lei?
-come?-
balbettò tirando una ciocca
di capelli all’indietro in un tic nervoso
-sei
emozionata all’idea di vedere
Liberty?- chiarì
facendo tirare a Jude
un sospiro di sollievo
-certo,
non vedo l’ora! Quanto pensi
ci metteremo per arrivare fin lì?- non era poi
così tanto distante da dove si
trovavano, ma si era documentata un po’ in rete ed aveva
visto che per
raggiungere Liberty Street dovevano prendere due linee metropolitane e
questo
sicuramente gli avrebbe fatto perdere del tempo.
-dieci
minuti circa- decretò con
nonchalance e Jude si accigliò all’istante
-ne
sei sicuro? Pensavo ci volesse
più tempo con la metro- chiese dubbiosa, dopo tutto era lui
quello esperto in
quel caso
Andrew
sorrise, un sorriso strano
che Jude trovò alquanto inquietante.
-ma
noi non andremo in metro,
ovviamente- con un gesto fluido Andrew le passo un braccio attorno alle
spalle,
trascinandola letteralmente lungo il marciapiede.
Jude
ammutolì, mentre sentiva la
voce di Andrew come se fosse distante chilometri, e quasi
inciampò tra i suoi
stessi piedi che le sembravano due lastre di marmo. Sentiva il calore
del
ragazzo avvolgerle le spalle e questo era più che
sufficiente per far andare i
suoi neuroni in brodo di giuggiole.
Era
talmente concentrata sulla
regolazione del battito del suo cuore per impedirgli di farle venire un
infarto, che nemmeno si accorse che Andrew si era fermato, se ne rese
conto
solo quando il ragazzo tolse la mano dalle sue spalle, facendo
scoppiare la
bolla nella quale era finita imprigionata.
-…questa-
colse solo l’ultima
parola, ma quando si rese conto che Andrew la fissava in modo strano si
decise
a tirare le redini dei suoi neuroni impazziti
-cosa?-
domandò ancora frastornata,
mentre una fastidiosa ed insistente voce dentro di se non smetteva di
ripeterle
che voleva sentire ancora il calore del ragazzo
Andrew
la guardò, alzando un
sopracciglio, prima di indicare qualcosa alla loro destra.
-ho
detto, che andremo con questa-
Jude
seguì con lo sguardo il punto
che Andrew stava indicando e quando i suoi occhi incontrarono quel
mostro in
ferro sperò vivamente di aver capito male.
-noi
dovremmo andare con questa…cosa?-
-questa
cosa si chiama moto- scosse
la testa sorridendo avvicinandosi alla cosa
rossa fiammeggiante.
-non
mi interessa come si chiama, io
non ci salgo di certo!- sbottò Jude piantando i piedi a
terra.
Era
forse impazzito? Se pensava che
si fosse avvicinata a meno di un metro da quel aggeggio a due ruote era
del
tutto fuori strada. Aveva soli diciannove anni e non ci teneva a morire
spiaccicata contro un camion.
-non
è un drago Jud- Andrew alzò gli
occhi al cielo aprendo la sella -oh, non dirmi che giù al
sud non avete dei
gioiellini come questo- sorrise furbo, consapevole di star
punzecchiando i suoi
nervi
Jude
diventò paonazza, quel ragazzo
aveva la capacità farla passare dalla calma totale alla
rabbia più feroce in
pochi minuti. Poco prima stava per pregarlo di toccarla di nuovo,
mentre ora
era alla ricerca di un oggetto contundente con cui spaccargli la testa.
Andrew
estrasse due caschi, porgendone
uno a Jude, richiudendo poi la sella.
-forse
non ci crederai- sibilò
scansando il casco -ma il New Bern non fa parte del terzo mondo ed
anche noi
disponiamo di mezzi con cui spostarci- replicò stizzita
-davvero?-
Andrew sfoderò la faccia
sorpresa più falsa a disposizione nel suo repertorio
–ed io che pensavo che
scorazzaste per i campi a piedi nudi!-
-certo,
di tanto in tanto ci piace
anche sguazzare nel fango- commentò sarcastica
-gente
di altri tempi, non c’è che
dire- Andrew sghignazzo di fronte all’espressione furibonda
di Jude –non pensi
che sia venuta l’ora di dire addio a forcone e ascia e
provare qualcosa di
nuovo?-
Jude
ringhiò afferrando il casco
dalle sue mani –dammi questo dannatissimo coso prima che te
lo spacchi in
testa-
Questa
volta la risata di Andrew fu
piena e senza freni.
-Aggressiva:
così mi piaci!- le
strizzò l’occhio prima di salire a cavallo di
quella cosa infernale
Jude
strinse forte i pugni mentre il
fumo era pronto ad uscirle dalle orecchie.
Forse,
pensò, poteva tirargli un paio
di volte in testa il casco, prima di indossarlo.
Il
viaggio non era stato poi così
traumatico come aveva pensato. Certo, escludendo il fatto che Andrew
era un
vero folle alla guida, che un paio di volte avevano rischiato di
schiantarsi e
che alla fine del giro le tremavano le gambe e sentiva
l’irrefrenabile impulso
di vomitare.
La
cosa positiva era che in tutto ci
avevano impiegato si è no dieci minuti, come previsto da
Andrew.
-Al
ritorno prendo la metro- sibilò
contrariata consegnando il casco tra le mani di Andrew, che prontamente
alzò
gli occhi al cielo.
-non
fai mai nuove esperienze?-
borbottò con aria scocciata
-certo
che sì!- scattò sulla
difensiva, essendo stata colta nel suo punto debole
–rischiare la vita non è
contemplato nel mio concetto di “fare nuove
esperienze”, però-
-quanto
la fai lunga- infilò le
chiavi in tasca cominciando a camminare lungo la strada dove avevano
parcheggiato
-sentiamo-
ricominciò pensieroso
dopo qualche minuto che camminavano in silenzio, uno affianco
all’altro –cosa
rientra nel tuo concetto di fare nuove esperienze?-
Jude
aprì la bocca pronta a
ribattere, ma la chiuse all’istante quando si rese conto che
non aveva idea di
cosa dire.
Lei,
fare nuove esperienze? Se ci
fosse stata Lauren lì, di sicuro sarebbe scoppiata a ridere.
Lei era avversa ad
ogni nuova esperienza, le nuove esperienze le mettevano ansia, paura,
agitazione. Non era meglio rifugiarsi nella cara e familiare routine?
Però
in moto col bell’imbusto ci sei andata, l’ammonì la
sua stupida coscienza che lei
prontamente zittì. Non poteva mica prendere la metro da
sola? Era stata
costretta ad accettare!
-come
pensavo- sussurrò
-sono
qui per studiare- rispose
stizzita sistemando la sciarpa –non ho tempo per…-
-vivere?-
-per
le distrazioni- lo ammonì lei
guardandolo di traverso. Perchè da qualche giorno a questa
parte tutti erano
pronti a criticare la sua vita?
Andrew
si accigliò, allungando in un
attimo una mano verso il suo viso, per scostare un ciuffo che le
ricadeva sulla
guancia, che prontamente diventò rosa.
-io
sono una distrazione?- chiese
diretto, come sempre
Jude
boccheggiò un paio di volte.
Certo che era una distrazione, ma era anche la distrazione
più piacevole ed
emozionante.
Andrew
le sorrise come se, come
sempre, le avesse letto nel pensiero.
-cosa
fai durante la tua giornata?-
le chiese interessato infilando le mani in tasca
-beh,
per lo più vado
all’università, lavoro, poi casa a studiare- gli
rispose sincera ed
imbarazzata. Di certo Andrew aveva una vita sociale molto
più movimentata della
sua e lei si era appena descritta come una vecchia zitella in
menopausa.
-e
quando fai le cose che ti
piacciono?-
-a
me piace andare all’università!-
-sto
parlando di hobbies Jude, ne
avrai avuto uno, no?-
Jude
si torturò il labbro inferiore
nascondendo il viso nella sciarpa. Aveva tanti hobbie Jude, amava
scrivere, la
musica, il cinema, ma da quando era a New York non riusciva a dedicarsi
a
nessuno di questi.
-beh,
non ne ho il tempo-
Andrew
alzò un sopracciglio, guardandola
di traverso.
-si
dovrebbe trovare il tempo per
dedicarsi a ciò che si ama Jude, sempre-
-wow-
fu l’unica affermazione che
uscì dalle labbra di Jude di fronte all’imponenza
di quell’opera d’arte.
Dopo
interminabili minuti finalmente
erano arrivati a destinazione, ed ora Liberty si ergeva in tutta la sua
maestosità di fronte a loro.
-è
stupenda, non è vero?- sentì
sussurrare Andrew accanto a lei e non poté far altro che
annuire
-ora
capisco perchè è il simbolo di
New York- sussurrò estasiata
-è
il simbolo della speranza- il
tono con cui Andrew pronunciò quelle parole la costrinse ad
abbassare lo
sguardo, fino ad incontrare l’espressione seria di lui,
intento a fissare
Liberty a naso all’insù.
Sentendosi
osservato Andrew distolse
a sua volta l’attenzione dall’enorme statua per
dedicarsi a Jude, che lo
studiava a qualche centimetro di distanza. Andrew le sorrise, prima di
voltarsi
ed indicarle il fiume che sfociava nell’oceano.
-Da
lì persone che affrontavano
lunghi viaggi arrivavano a New York- cominciò a spiegare
–persone che lasciavano
tutto dietro di se: casa, famiglia, amici, si lasciavano alle spalle la
loro
vita per affrontare qualcosa di totalmente nuovo e sconvolgente, un
nuovo
inizio- a Jude parve di scorgere una strana scintilla nei suoi occhi,
mentre a
bassa voce le parlava di tempi lontani –dopo mesi di viaggio,
stanchi e
scoraggiati, arrivavano qui e la prima cosa che vedevano era lei-
alzò di nuovo
lo sguardo, per un istante solo prima di fonderlo nuovamente con quello
cristallino di Jude –ed allora la speranza tornava a vibrare
forte nei loro
cuori, sussurrandogli che qui avrebbero trovato una vita migliore, la
libertà-
Jude
era senza parole, non tanto per
la storia appena raccontatale, ma per la luce che aveva attraversato
gli occhi
di Andrew per tutto il tempo in cui aveva parlato, come se lui stesso
fosse
stato su una di quelle navi, come se avesse condiviso il loro dolore,
le loro
ansie, le loro paure.
-chi
te l’ha raccontato?- chiese
titubante e la luce nei suoi occhi si spense all’istante
-mio
padre- rispose distogliendo lo
sguardo
-ci
venivi spesso con lui qui?-
-no-
altra risposta secca, che
questa volta spiazzò Jude e lui se ne accorse
Sospirò
passandosi una mano sul viso
–ci sono venuto da bambino, un paio di volte, quando ancora
mio padre mi
portava con se nei suoi viaggi di lavoro-
Jude
si morse la lingua impedendosi
di formulare la domanda che era sorta spontanea nella sua mente. Che
lavoro
faceva suo padre? Era lì in America con lui?
Perchè si era trasferito?
Aveva
mille domande da fargli, ma
come sempre non sapeva fin dove poteva spingersi con Andrew, aveva
paura che al
primo passo falso lui potesse richiudersi a riccio come era successo
poco
prima. Aveva capito che aveva poco piacere a parlare della sua famiglia
e non
voleva di certo obbligarlo a farlo, ma d’altro canto moriva
dalla curiosità di
sapere qualcosa in più sul suo conto perchè era
morbosamente curiosa e maledettamente
attratta da lui e dal suo alone misterioso.
Una
folata di vento li travolse e
Jude rabbrividì maledicendo, per l’ennesima volta,
Lauren ed il suo
stupidissimo giubbino.
-Hai
freddo?- le chiese gentilmente
il ragazzo, studiandola
-n…no-
balbettò battendo però poi i
denti tra di loro
Andrew
alzò gli occhi al cielo,
prima di allungare le mani verso le sue, unite, e stringerle forte.
-sei
ghiacciata!- constatò strofinando
le mani sulle sue
Se
non altro, Jude riacquistò
colorito all’istante.
-ho
dimenticato i guanti- si
giustificò lei arrossendo
-ed
anche un pezzo di giubbino-
constatò studiando ogni centimetro e Jude
avvampò, questa volta per la
vergogna.
Maledetta
Lauren.
Non
ebbe nemmeno il tempo di aprire
la bocca che, con uno strattone, Andrew la fece avvicinare a se
portando le
loro mani unite alle labbra.
-vieni
qui- sussurrò prima di
soffiare in quel groviglio di dita intrecciate, riscaldandole
Jude
si limitò ad avvampare
silenziosamente, mentre non riusciva a distogliere lo sguardo dagli
occhi di
Andrew. Che diavolo le stava succedendo? Non era mai stato il tipo di
ragazza
che si lasciava incantare da un bel faccino, anzi, aveva sempre trovato
difficile provare interesse per qualcuno ed ora si stava infatuando di
un
ragazzo conosciuto da poco, del quale non sapeva praticamente niente.
Eppure
non si era mai sentita
attratta così tanto da qualcuno prima.
-pensi
che potresti permetterti
qualche altra distrazione nei prossimi giorni?- il tono basso e caldo
con cui
pronunciò quelle parole fece perdere a Jude il controllo
sulle sue ginocchia
che traballarono per un istante. Le stava forse chiedendo di vedersi
ancora?
-penso…penso
di si- riuscì a
rispondere dopo essersi schiarita la voce un paio di volte
Andrew
le sorrise, questa volta un
sorriso privo di malizia o doppi sensi, un sorriso sincero come quello
di un bambino
quando apre i regali il giorno di Natale.
In silenzio avvicinò nuovamente le labbra alle loro mani,
questa volta però
lasciando un bacio leggero sulle dita di Jude, prima di lasciarle
andare.
-perfetto-
Per
la prima volta, quella notte,
Jude sognò di baciare Andrew.
HOBBIES!
Quali sono i
vostri? C’è qualcosa che avreste voluto fare ma
non ne avete mai avuto modo? Tempo?
LET
ME KNOW!
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Niente
chiacchiere
questa volta, scusatemi ma sono di fretta come un lama impazzito(?)
Un
solo, enorme, grazie ad Egg___s che
ha letto in fretta e furia la storia e mi ha aiutata con
l’ultimo capitolo :)
Hope
you enjoy
Alzarsi
presto la mattina non era
mai stato un problema per Jude, quella
mattina però avrebbe decisamente preferito restare sepolta
tra le coperte.
Con
uno sbuffo scalciò il piumone e
si mise a sedere sul letto fissando il quaderno degli appunti, vuoto,
poggiato
sulla scrivania di fronte a lei. Quel giorno la professoressa avrebbe
chiesto
ad alcuni alunni di parlare della storia che avrebbero dovuto scrivere
per la
fine dell’anno e Jude sperava vivamente che lei non fosse tra
quelli per un
solo, semplice, motivo: non aveva alcuna idea.
Si
stava arrovellando la mente da
giorni alla ricerca di una trama per la sua storia, ma niente, quello
che
usciva fuori erano le solite storie melense e scontate. Se voleva
vincere, o
almeno provarci, doveva scrivere qualcosa di forte, diverso e vero.
Come
se non bastasse, a distrarla in
quei giorni c’era
il pensiero fisso di
Andrew, che era tutto un mistero per lei.
Un
rumore proveniente dalla cucina
la sorprese, facendola sobbalzare sul letto. Diede
un’occhiata alla sveglia
poggiata sul comodino, accigliandosi. Erano le nove di
lunedì mattina, Elle
doveva essere già uscita visto che ogni lunedì
passava dalla biblioteca prima
di andare a seguire le lezione e, con ogni probabilità,
Lauren era ancora a
letto, quasi certamente stravolta dalla nottata precedente passata
chissà dove.
Chi
diavolo c’era in cucina, allora?
La
biondina infilò al volo le
pantofole e afferrò la prima cosa che prese sotto tiro: il
suo quaderno.
Espressione
assonnata, pigiama rosa
con tanto di coniglietti, pantofole di peluche e un quaderno con gli
anelli
brandito a mo’ di arma. Così si che avrebbe fatto
spaventare un potenziale
ladro/serial killer.
Cercando
di non pensare a quanto
poco di fosse di minaccioso in lei, Jude aprì la porta e con
passo leggero si
avviò verso la cucina.
Il
rumore di un’anta che si chiudeva
la fece bloccare nel bel mezzo del corridoio, facendole saltare il
cuore in
gola. Che stava facendo? Forse avrebbe fatto meglio ad andare a
svegliare
Lauren, ma probabilmente la ragazza avrebbe bofonchiato qualcosa senza
prestarle attenzione e si sarebbe rimessa a dormire.
Incerta,
Jude fece un altro passo
verso la stanza. Forse Lauren aveva deciso di alzarsi presto o Elle
aveva fatto
tardi, forse lei era solo paranoica e doveva smetterla di spaventarsi
per
niente.
Con
un respiro profondo Jude si
fermò ad un passo dall’entrata. Brandì
il suo quaderno, la sua unica arma e,
facendosi coraggio, entrò.
Quello
che vide davanti a lei, di
spalle, era un energumeno alto quasi il doppio di lei con due spalle
enormi.
Indossava dei jeans aderenti, senza maglietta. Chi diavolo…
Il
ragazzo stava per voltarsi e,
presa alla sprovvista, Jude cacciò un urlo cominciando a
battere l’unica arma
che aveva sulla schiena dello sconosciuto. Chiuse gli occhi con forza
dimenandosi
come un’anguilla. Chi era quell’uomo? Cosa ci
faceva a casa sua? Nella sua
cucina? E perchè era mezzo nudo?
Sentì
una mano afferrarle il polso
con il quale brandiva la sua arma e si fermò di colpo,
sconfitta.
Aprì
gli occhi deglutendo,
spaventata. Un momento, ma quello era…
-Jude?-
-Marlon?!-
dissero nello stesso
momento.
La
biondina spalancò gli occhi,
mentre il viso le andava a fuoco.
-cosa
stavi cercando di fare?-
chiese il ragazzo osservando l’oggetto che teneva in mano.
-spaventarti?-
Marlon
alzò un sopracciglio,
guardandola serio –hai bisogno di un corso di auto-difesa-
-cosa
ci fai qui?- sbottò liberando
il polso dalla sua presa.
-sono
qui da ieri notte, in realtà-
Jude
alzò entrambe le sopracciglia,
senza capire.
-sono
stato con Lauren- le spiegò
lui paziente
La
ragazza spalancò gli occhi dalla
sorpresa, restando interdetta. Lauren aveva portato a casa Marlon?
-questo
significa che avete…-
-fatto
sesso- la interruppe lui con
un sorriso stampato in faccia.
Jude
si tappò le orecchie senza
riuscire a reprimere un –AH!-
Possibile
che non ci fosse niente
che imbarazzasse quel ragazzo?
Marlon
ridacchiò divertito
afferrando la caraffa poggiata sull’angolo cottura.
-caffè?-
propose con un sorriso
cordiale.
Jude
annuì sedendosi sullo sgabello,
aspettando che Marlon le riempisse la tazza come se fosse lui il
padrone di
casa e lei l’ospite.
-Quindi…-
si schiarì la voce
afferrando la tazza –tu e Lauren vi
state…frequentando?- chiese dubbiosa.
Marlon
arricciò il naso grattandosi
il mento.
-Dipende
cosa intendi per
“frequentare”-
-beh-
chiarì lei sistemandosi meglio
sullo sgabello –fate sesso, quindi uscite insieme?- che
domanda spavalda,
peccato che fosse avvampata subito dopo averla posta.
-ci
siamo incontrati un paio di
volte al club 21- spiegò con nonchalance alzando le spalle
ed in quel momento
Jude capì che non voleva sapere di più.
La
sua coinquilina era una folle e
lo sapeva, ma quel tipo pareva esserlo ancora di più.
Perchè cercare di entrare
nei loro affari contorti?
Marlon
si sedette di fronte e lei,
sorseggiando a sua volta una tazza di caffè, sorridendole
rilassato. Jude,
invece, non era poi così rilassata.
Un modello brasiliano, mezzo nudo, migliore amico del ragazzo per cui
aveva
ormai aveva perso la testa, le sedeva di fronte e lei era lì
che lo fissava con
aria da rimbambita. Era un caso perso.
-Quindi…-
cominciò il ragazzo -…cosa
combinate tu ed Andrew?-
Jude
si sforzò di mandare giù il
caffè per evitare che le andasse di traverso, prima di
diventare completamente
rossa dall’imbarazzo.
-io…Andrew…che?-
balbettò poggiando
la tazza sul marmo.
Calma,
doveva restare calma.
-si,
ho saputo che vi siete visti
qualche volta- prese un sorso di caffè mentre Jude
continuava a muoversi
istericamente –certo, ho dovuto praticamente estorcergli
quattro parole in
croce- alzò gli occhi al cielo, infastidito
–Andrew non è un tipo a cui piace
parlare molto-
-l’ho
notato- commentò Jude in un
sussurro abbassando lo sguardo.
Marlon
sorrise furbo –però ti piace-
Perchè
doveva essere come un libro
aperto per tutti?
-non
lo conosco molto, in realtà-
una verità che non c’entrava affatto col fatto che
fosse già cotta e stracotta.
Improvvisamente
Marlon, sempre
sorridente, si adombrò abbassando lo sguardo sulla sua tazza.
-sta
attenta con lui Jude- sussurrò
talmente piano che la ragazza faticò a sentire
–Andrew è un bravo ragazzo, ma a
volte lo dimentica. Dimentica se stesso e la strada giusta da
percorrere-
Jude
guardò il ragazzo con
un’espressione indecifrabile. Cosa voleva dire con le sue
parole? La stava
mettendo in guardia da Andrew, ma perchè?
Aprì
la bocca per chiedergli
spiegazioni, ma un rumore alle sue spalle la distrasse e Lauren fece il
suo
ingresso nella stanza.
-Buondì
raggio di sole- la brunetta
salutò Jude, che aveva ancora un’espressione
spaesata in viso, per poi rubarle
la tazza dalle mani, senza degnare di uno sguardo Marlon.
-oh,
sei ancora qui- piegò la testa
di lato, accorgendosi finalmente della presenza del ragazzo.
-stavo
chiacchierando con Jude-
rispose, il sorriso affabile era tornato sulle sue labbra
–stavo pensando che…-
-oh,
beh- lo interruppe Lauren –io
vado a fare la doccia. Quando avete finito, Marlon, conosci la strada-
sorrise
dolce, come se gli avesse offerto delle caramelle e non la porta di
casa.
Veloce
com’era entrata Lauren sparì
e Jude vide Marlon fare una strana smorfia, probabilmente non era
abituato a
farsi mettere alla porta, ma Lauren era fatta così: una sera
e basta. Nessuna
eccezione.
-Quindi
tu non mangi carne- Andrew
rimase con l’hot dog appena comprato a mezz’aria
guardandola sconcertato dietro
i suoi Ray-Ban neri, come se lei avesse appena bestemmiato.
-si
che mangio carne, ma non qui-
A
quella risposta l’espressione del
ragazzo divenne alquanto dubbiosa. Jude sospirò, mentre si
accingeva a spiegare
la sua teoria sulla dubbia provenienza di quella carne. Per tutto il
tempo in
cui parlò Andrew la guardò con un sopracciglio
alzato e alla fine scosse la
testa.
-è
una cosa strana, ma da te-
-da
me?- chiese interdetta, cosa
intendeva dire?
Ma
Andrew per tutta risposta diede
un morso enorme che portò via quasi metà del suo
panino farcito con tutte le
salse possibili ed immaginabili.
-per
il lavoro che fai non dovresti
fare una cosa tipo: un’alimentazione corretta?- chiese
divertita ed Andrew le
sorrise, con le guance ancora piene.
-metabolismo
veloce- bofonchiò
battendo leggermente una mano sulla pancia al di sotto del cappotto.
Jude
sorrise a sua volta,
nascondendo poi il viso dietro la sciarpa color amarena.
Nonostante
fosse una delle rare
giornate assolate a New York, per Jude l’aria era fin troppo fredda per fare una
passeggiata a
Central Park, Andrew però non era dello stesso parere visto
che l’aveva
praticamente trascinata fin lì dicendole che di giornate
come quella non ce ne
sarebbero state molte nelle prossime settimane. Come dargli torto?
Nonostante
il freddo, quando i suoi
occhi incontrarono quelle immense distese di neve si ritrovò
felice di aver
acconsentito.
-vuoi dire che non ti sei
mai seduta sotto una
quercia mangiando un hot dog?- disse di punto in bianco il ragazzo,
evidentemente ancora incredulo dalle sue parole
-ho
seduto sotto una quercia
leggendo un libro- sorrise in risposta lei di fronte alla sua
espressione.
-non
è la stessa cosa- scosse la
testa contrariato -vieni con me- e senza aggiungere altro le
afferrò una mano
trascinandola dietro di se lungo la stradina in ghiaia.
Jude
lo seguì senza fiatare
rimpiangendo di aver messo i guanti che le impedivano il contatto
diretto con
la pelle del ragazzo. Dio Santo, era messa proprio male.
-Andrew,
che stai facendo?- chiese
dubbiosa senza però fermarsi.
-ti
sto portando in un posto- lo
sentì borbottare distrattamente.
Il
ragazzo non si fermò finché non
si trovarono di fronte alla quercia più grande che Jude
avesse mai visto in
vita sua.
-Dio,
è enorme- sussurrò estasiata
mentre lo sguardo si perdeva all’insù dove il sole
giocava con le foglie secche
creando uno spettacolo di luci ed ombre.
-E’
la più grande del parco- spiegò
Andrew e senza mai lasciarle andare la mano la fece avvicinare al
grandissimo
tronco.
-siediti-
ordinò in tono gentile
ricevendo in risposta un’occhiata stranita da parte della
biondina.
-e
va bene- sospirò allora Andrew
alzando gli occhi al cielo.
Le
lasciò la mano e per un istante
Jude ebbe l’impulso di riafferrarla al volo. Non
riuscì a farlo però, perchè
inaspettatamente Andrew si lasciò cadere sul sottile strato
di neve ai piedi
della quercia, stando attento a non far cadere il suo panino mentre si
stendeva
comodamente di schiena.
Jude
alzò entrambe le sopracciglia nel
guardarlo immerso nella neve mentre batteva lentamente una mano sullo
spazio
vuoto accanto a se, invitandola chiaramente a raggiungerlo.
-è
freddo lì e mi bagne…- si
interruppe vedendo il ragazzo cominciare a sbottonare il giubbino. Dopo
di che,
con cura lo poggiò sullo spazio vuoto accanto a lui.
-ora
ti siedi qui?- la biondina ci
mise qualche secondo per capire le parole del ragazzo, distratta dal
maglioncino a girocollo che aderiva perfettamente al suo corpo.
Seppur
dubbiosa Jude si chinò a sua
volta, sedendosi a gambe incrociate accanto a lui che si mise sdraiato
su un
fianco come se stesse prendendo il sole.
-tieni-
disse semplicemente
mollandole l’hot dog tra le mani
-non
mangerò questa roba, Andrew-
rispose storcendo vistosamente il naso –e dovresti seriamente
rinfilare il
giubbino prima che ti venga una polmonite-
Con
uno scatto di reni il ragazzo le
fu di fronte, talmente vicino che Jude si scansò
spaventandosi.
-tu,
invece, dovresti rilassarti di
più, Jude- con una mossa subdolamente studiata
allungò un dito verso il suo
collo mentre con la scusa di scostarle una ciocca di capelli le
lasciava una
carezza calda dietro l’orecchio.
La
biondina rabbrividì e, a
giudicare dal sorriso beffardo, Andrew se ne accorse e colse anche il
motivo.
Jude
avrebbe risposto, gli avrebbe
detto che lei era rilassatissima, che non avrebbe mai mangiato quello
stupido
pezzo di carne, glielo avrebbe detto se solo quello stupidissimo dito
non
avesse preso a disegnare linee immaginarie sul suo collo.
-io…non…-
riuscì a borbottare mentre
le sue guance si imporporavano di rosso.
-shhh…rilassati-
sussurrò lui
facendola letteralmente sciogliere.
Jude
si voltò, un’espressione persa
sul suo viso, e incrociò i suoi occhi. Quegli occhi sempre
rossi e stanchi che
nascondevano un mondo. Mentre Andrew s’impegnava a “rilassarla” lei si perse nello
studio minuzioso del suo viso. Quel
giorno Andrew aveva un’espressione serena e un sorriso sempre
presente sulle
labbra carnose e Jude non poté far a meno di notare quanto
fosse diverso il ragazzo
che si trovava di fronte a lei in quell’istante da quello che
aveva conosciuto
qualche settimana prima, arrogante e scontroso.
Inevitabilmente
le parole di Marlon
le rimbombarono improvvisamente e insistentemente in testa. Il ragazzo
l’aveva
messa in guardia, facendole capire che in Andrew c’era
qualcosa di strano, quel
qualcosa che lei aveva intuito ma non ancora scoperto. Quel qualcosa
che
l’attraeva in modo quasi ossessivo.
Le
prime volte che si erano visti
Andrew pareva tollerare appena la presenza di Jude, ora invece sembrava
cercarla con piacere. Cos’aveva fatto cambiare idea al
ragazzo? Cosa l’aveva
resa improvvisamente interessante per lui?
-ecco-
sorrise lui afferrandole
delicatamente la mano con la quale reggeva l’hot dog
–ora da un morso-
Come
ipnotizzata, ancora persa nei
suoi pensieri, Jude obbedì all’ordine del ragazzo.
Quando si rese conto di
quello che aveva fatto spalancò gli occhi portandosi una
mano alla bocca.
-Andrew!-
gridò in preda al panico
–che diavolo…-
Venne
bloccata però dalle sue dita
che si posarono leggere sulle sue labbra –niente panico Jude,
ci sono persone
che lo mangiano tutti i giorni e sono ancora vive-
Jude
diventò rossa, in un misto di
rabbia e vergogna.
-tu
sei un…- dovette fermarsi per
deglutire quando le dita di Andrew le fecero una carezza sul labbro
inferiore
-sei
un…- provò di nuovo, ma
stavolta venne interrotta dall’occhiata intensa che le stava
rivolgendo.
Non
era forse la neve quella che
aveva sentito gelarle il fondoschiena fino a cinque minuti prima?
Perchè ora si
sentiva bollire dall’interno?
-un…?-
la sfidò a continuare con
voce suadente e un sorriso furbo.
-un…idiota-
riuscì a dire con voce
strozzata.
-un
adorabile idiota- le
accarezzò il mento e Jude provò
l’impulso di
chiudere gli occhi.
L’avrebbe
baciata. Se solo avesse
voluto avrebbe potuto azzerare la poca distanza tra loro alimentando il
fuoco
che stava nascendo in Jude. Avrebbe potuto prenderle il viso tra le
mani e
baciarla per ore, ma non lo fece. Semplicemente le lasciò il
mento e poi Jude
la vide chiaramente, vide quella strana ombra oscurare i suoi occhi,
facendolo
diventare nuovamente freddo e distaccato.
-sarà
meglio andare- sbottò
alzandosi di scatto –non voglio che tu ti lamenti
perchè ti è venuto il
raffreddore a star seduta lì-
Jude
aprì la bocca per
controbattere, ma la chiuse all’istante totalmente spiazzata
dall’ennesimo,
repentino, cambio d’umore del ragazzo.
Sì
alzò lentamente raccogliendo il
giubbino e porgendolo al ragazzo, che l’afferrò
senza nemmeno degnarla di uno sguardo.
-Andiamo-
A
Jude si strinse lo stomaco ed il
cuore nel guardare le spalle di Andrew che si allontanavano a passo
deciso.
Il
mistero Andrew era ancora tutto da
scoprire.
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Salve,
mie care :)
Visto?
Sono sempre viva! Mi scuso
ancora una volta se non riesco ad aggiornare con più
frequenza, ma sono davvero
super impegnata ed il tempo libero è davvero poco. Vi chiedo
un po’ di
pazienza!
Grazie
a tutte quelle che hanno
messo la storia tra le seguite (siete davvero tantissime!), preferite e
seguite! Un enorme grazie a chi recensisce, rallegrandomi la giornata.
Vi
lascio al capitolo, invitandovi a
lasciare una recensione, anche piccola, se vi va.
Ci vediamo a fine
capitolo con la
domanda di curiosità!
.
-Io
rivaluterei l’opzione della
psicopatia, se fossi in te-
Elle,
poggiata allo stipite della
porta, quasi le fece venire un infarto.
-Bussare
prima di entrare no, eh?-
commentò infilando gli stivali antipioggia
-Tecnicamente
non sono ancora
entrata- le fece notare indicando una linea immaginaria sulla quale lei
si
trovava
Jude
alzò gli occhi al cielo, mentre
cercava di ignorare l’amica.
-Vi
vedrete anche stasera? Questa
volta ti ha chiesto ufficialmente di uscire almeno o ha buttato
lì l’invito con
nonchalance, come sempre?-
Cercare
di evitare Elle si faceva
sempre più difficile, soprattutto se la ragazza cominciava a
toccare i suoi
punti deboli.
-Andiamo
solo a mangiare qualcosa
insieme, Elle-
-Di
sabato sera- precisò sedendosi
accanto a lei sul suo letto –da soli e questa volta si
è fatto dare il tuo
indirizzo per venire fin qui a prenderti-
-E
allora?- Jude si alzò come se
qualcosa le avesse improvvisamente punto il sedere –io ed
Andrew siamo…-
-Loro
sono solo amici Ells- Lauren fece
il suo ingresso ed a quel punto Jude
realizzò di non avere più
via di scampo
con quelle due ficcanaso –Non è chiaro?-
borbottò sarcasticamente
Elle
fece per annuire, ma si bloccò
di scatto guardando Lauren -Che diavolo è quella roba che
hai in faccia?-
Trillò con aria scioccata, distogliendo
l’attenzione da Jude.
Lauren
si accigliò per un istante,
prima di guardarsi allo specchio.
-Intendi
questa?- si indicò il viso,
dove una sostanza verdastra non identificata le ricopriva la pelle.
-Esattamente-
-E’
una maschera antistress- le
spiegò Lauren con aria di sufficienza –dovresti
cominciare ad usarla anche tu,
non mi sembri molto rilassata ultimamente-
Elle
alzò una mano verso la ragazza,
come a fermarla, mentre scuoteva la testa con aria grave.
-Parleremo
più tardi dei tuoi
problemi di autostima che ti spingono a spalmarti sul viso strane
sostanze
viscide- poi si rivolse di nuovo a Jude –Quando hai
intenzione di…-
Ma
venne interrotta dal trillo del
cellulare di Jude che prese a suonare dalla tasca dei suoi jeans.
Salvata
dal suono della campana,
come si suol dire.
Il
nome di Andrew che lampeggiava
sullo schermo del suo cellulare la fece sorridere automaticamente,
illuminandole gli occhi.
-Devo
andare- liquidò in tutta
fretta le due infilando nuovamente il telefono nella tasca dei jeans.
-Dove
andate?- Lauren scattò in
piedi seguendola fino alla porta.
-Non
lo so Lau e non dovrebbe interessarti-
cercò di zittirla, mentre si infilava il cappotto poggiato
all’appendiabiti.
Lauren
assunse un espressione
sconvolta e del tutto contrariata.
-Ok-
La interruppe Elle comparendo
alle spalle dell’amica –Solo, se ti trovassi in un
vicolo scuro, senza via d’uscita:
urla più forte che puoi- Le puntò
l’indice contro, con aria tremendamente seria.
-Buona
serata, ragazze- fu la
risposta di Jude, mentre alzava gli occhi al cielo e si chiudeva la
porta alle
spalle.
Quelle
due avevano decisamente
qualche rotella fuori posto.
Jude
si fermò un istante dietro il
portone che la separava da Andrew, per prendere un respiro profondo e,
soprattutto, per togliersi quel sorriso ebete dalla faccia.
Scosse
la testa e spalancò la porta,
fiondandosi fuori.
Ciao-
salutò il ragazzo
sorridendogli titubante mentre si stringeva le mani, nel tentativo di
scaldarle.
-Ciao-
rispose l’altro in un
sussurro con aria assente.
Jude
piegò la testa di lato,
studiando l’espressione stanca del suo viso -va tutto bene?-
-Certo-
Andrew si accigliò
La
ragazza alzò un sopracciglio,
guardando con diffidenza il volto pallido e contornato di occhiaie del
ragazzo.
Non le sembrava che stesse molto bene in realtà.
-Ne
sei sicuro? Credo che…-
-Tranquilla-
sbottò stringendosi nel
suo cappotto –Ho avuto una giornata pesante, sono solo un
po’ stanco-
Jude
annuì più o meno convinta.
-Andiamo-
non era una domanda e il
ragazzo cominciò a camminare spedito lungo il marciapiede.
Jude
si stava ancora interrogando
sugli strani sbalzi d’umore che aveva avuto il ragazzo
l’ultima volta che si
erano visti ed ora stava assistendo ad un altro dei suoi.
Dopo
essere andati al parco, quel
pomeriggio, Jude pensava che Andrew sarebbe sparito. Invece
inaspettatamente
aveva insistito per riaccompagnarla fino a casa, con la scusa che si
era fatto
tardi e lei non doveva girare da sola per strada a quell’ora,
poi con la sua
solita espressione serena le aveva chiesto il numero del suo cellulare.
“Così
è più semplice” aveva
sorriso, non curante del fatto che stesse facendo
andare la ragazza in iperventilazione.
Jude
aveva aspettato per giorni una
chiamata del ragazzo, ma niente. Proprio quando stava per perdere le
speranze
però, ecco che era arrivata, la chiamata che tanto
aspettava, di sabato
pomeriggio Andrew la stava invitando ad andare a mangiare qualcosa
insieme la
sera stessa. Jude aveva accettato all’istante, provocando
l’ilarità del
ragazzo.
Ora
però, Andrew non sembrava tanto
contento di essere in sua compagnia.
Bloccò
il fluire dei suoi
pensieri quando vide, accanto
a lei, Andrew perdere l’equilibrio, poggiando una mano al
muro freddo in
mattoni.
-Andrew!-
strillò quasi
avvicinandosi al ragazzo che si era portato una mano al viso
–che ti succede?-
chiese allarmata
-Non
è niente- la voce lontana ed
ovattata –Solo un po’ di stanchezza, dammi solo un
minuto-
Jude
scosse la testa.
-Torniamo
indietro, saliamo da me e
mangi qualcosa- disse decisa afferrandogli un polso –Hai
bisogno di zuccheri-
-Non
ce n’è bisogno, Jude- rispose
secco, scrollando la sua mano
La
ragazza si gelò sul posto,
interdetta.
Andrew
era sempre più pallido, il
suo respiro era sempre più affannato e lei cominciava a
preoccuparsi
seriamente. Non era stupida e sapeva che nessuno poteva ridursi in
quello stato
per un po’ di stanchezza, doveva essere
qualcos’altro.
Cosa
doveva fare? Doveva trascinarlo
con la forza?
Mentre
stava seriamente pensando a
quell’eventualità, Andrew si raddrizzò
prendendo un respiro profondo.
-Visto?-
alzò lo sguardo verso di
lei, con un sorriso obliquo –sto meglio-
-Va
bene- sospirò non del tutto
certa
Il
ragazzo le sorrise, l’espressione
leggermente addolcita, e riprese a camminare, questa volta
più lentamente.
Camminarono
in silenzio per un tempo
indefinito, solo qualche battuta scambiata sotto voce aveva riempito il
vuoto e
Jude cominciava ad innervosirsi. Insomma, Andrew non poteva comportarsi
così
ogni volta. Un attimo sembrava contento alla sola idea di passare del
tempo con
lei, quello pareva che quasi preferisse essere sbranato da un branco di
leoni
pur di non essere in sua compagnia.
-Ti
va se…- cominciò per poi
stropicciarsi gli occhi con aria stanca –ti spiace se ci
sediamo un attimo lì?-
indicò un muretto basso a pochi metri da loro
Jude
annuì avviandosi verso il posto
che le aveva appena indicato.
-Andrew-
cominciò mentre il ragazzo
si sedeva accanto a lei –sei sicuro che…-
-Sto
bene Jude- sbuffò lui
passandosi però una mano sulle tempie
-Se
sei stanco potremmo…rimandare ad
un’altra volta? Forse è meglio che tu vada a
riposarti- si costrinse a dire
quelle parole nonostante volesse più di ogni altra cosa
passare del tempo con
lui.
Ma
Andrew scosse la testa fissando i
suoi occhi stanchi in quelli della ragazza.
-Dammi
solo cinque minuti e poi andiamo,
ok?-
Jude
si trovò ad annuire, di nuovo,
poco convinta.
Dopo
i cinque minuti stabiliti,
Andrew parve sentirsi meglio, quando si alzò
però, Jude lo vide alzare
innaturalmente gli occhi verso il cielo, prima di lasciarsi cadere a
peso morto
sul marciapiede.
-Andrew!-
strillò la ragazza
buttandosi di getto su di lui, che giaceva inerme.
Jude
sentì il suo cuore andare a
mille quando vide gli occhi del ragazzo chiudersi.
-Andrew!
Andrew!- continuò a
chiamarlo senza sosta mentre gli scuoteva le spalle con la speranza di
rianimarlo, ma Andrew restava immobile, privo di sensi.
Spalancò
gli occhi, in preda all’ansia.
Cosa stava succedendo? Perchè non le rispondeva? Era un calo
di zuccheri, doveva
essere un calo di zuccheri, ma cosa doveva fare lei, da sola, nel bel
mezzo di
una strada deserta?
-Andrew,
ti prego, mi senti?- Cosa
si doveva fare in caso di svenimento? Non ne aveva la minima idea,
maledizione!
Continuò
a chiamare il ragazzo e a
scuoterlo, ma quando vide il ragazzo non dare alcun segno di vita si
fece
prendere totalmente dal panico. In un ultimo lampo di
lucidità riuscì ad
estrarre il cellulare dalla sua tasca e a comporre il numero di
emergenza.
Quando dall’altro lato le risposero quasi non
riuscì a parlare mentre le parole
le si incastravano tra i denti.
Lasciò
scivolare il telefono dalle
sue mani per poi aggrapparsi al cappotto di Andrew ad accasciarsi sul
suo petto
e a quel punto fu buio totale.
Si
rianimò solo quando
improvvisamente qualcuno le posò un plaid sulle spalle.
Jude
spalancò gli occhi guardandosi
in torno, ritrovandosi in un corridoio angusto, dall’aria
deprimente e la luce
troppo forte, seduta su una sedia in plastica alquanto scomoda.
Alzò
lo sguardo, accigliata, verso l’infermiera
in piedi di fronte a lei che le sorrideva rassicurante. Probabilmente
era stata
lei a coprirla pochi secondi prima.
-Come
stai, tesoro?- le chiese
dolcemente la donna –Prendi questo- le allungò una
tazza fumante e Jude allungò
una mano per afferrarla.
Cosa
ci faceva lì? Perchè quella
donna era tanto premurosa con lei?
Una
porta, dal fondo del corridoio,
sbatté e lei ricordò tutto.
-Andrew-
sussurrò spalancando gli
occhi, fissandoli in quelli dell’infermiera
–Dov’è Andrew?- fece per alzarsi,
ma la donna le mise una mano sulla spalla, bloccandola gentilmente.
-Va
tutto bene, tranquilla- la donna
si sedette accanto a lei prendendole la mano libera tra le sue.
-Come
sta Andrew?- Non riusciva a
pensare ad altro in quel momento, non voleva sapere altro.
-Si
è ripreso, sta meglio ora- Jude
riuscì a sentire distintamente il battito del suo cuore
regolarizzarsi, insieme
al suo respiro.
-Cosa
gli è successo?- sussurrò
La
donna le accarezzò una mano
sorridendole tristemente.
-Tra
poco ti raggiungerà il dottore
che ti spiegherà tutto- allungò una mano per
aggiustarle un ciuffo di capelli
dietro l’orecchio, con fare materno.
-Quando?-
chiese impaziente, ma l’infermiera
non fece in tempo a risponderle che un uomo in camice bianco
uscì da una porta
del corridoio, camminando verso di loro.
Jude
si alzò di scatto, facendo
cadere la coperta poggiata sulle sue spalle, mentre il dottore la
raggiungeva.
-Lei
è la signorina Turner?- chiese
l’uomo massaggiandosi gli occhi con aria stanca
Jude
ricordò di aver dato i suoi
dati alla reception quando era arrivata in ospedale ed annuì
frettolosamente.
-E’
una parente di Andrew Thompson?-
La
ragazza scosse la testa –Come sta
Andrew?-
-Non
posso dirle niente, dal momento
che lei non è un familiare del paziente-
-Dottor
Hansen- lo richiamò
gentilmente la donna –La ragazza era insieme a lui quando
è svenuto ed è stata
lei a chiamare prontamente l’ambulanza. Sono ore aspetta qui,
da sola. Sono
sicura che non è un’estranea e dovrebbe conoscere
la situazione del signor
Thompson-
Il
dottor Hansen passò lo sguardo
dall’infermiera a Jude, con espressione accigliata.
Sicuramente c’era un
qualche regolamento che impediva espressamente ai dottori di comunicare
situazioni private dei loro pazienti a persone che non facessero parte
della
loro famiglia, ma Jude voleva solo sapere come stava ora Andrew, ad
ogni costo.
-La
prego- rincarò lei stringendo i
pugni
L’uomo
sospirò, rassegnandosi di
fronte alle due donne.
-Il
signor Thompson ora si è
ripreso, ma è stato fortunato- spiegò stringendo
la cartellina tra le mani –Ha
chiamato giusto in tempo-
Jude
spalancò gli occhi, spaventata.
Non aveva capito che la situazione fosse così grave, pensava
si trattasse di un
semplice svenimento dovuto a un calo di zuccheri o allo stress, ma
dalle parole
del dottore evidentemente non era così.
-Cosa
ha avuto?- Che Andrew avesse
qualche malattia di cui non le aveva parlato? Poteva essere, dopo
tutto, cosa
sapeva di lui? Praticamente nulla.
Il
dottore guardò prima l’infermiera,
che scosse la testa, poi nuovamente Jude.
-Signorina,
il suo amico ha avuto un
principio di overdose-
Jude
si sentì gelare il cuore, come
se qualcuno le avesse appena dato un cazzotto in pieno petto.
Andrew
aveva avuto un principio di
overdose. Quelle parole le rimbombavano in testa, ma proprio non
riusciva ad
accettarle.
-non
so che rapporti abbia col
signor Thompson, ma le consiglio vivamente di convincerlo ad andare in
un
centro di disintossicazione. Se l’ambulanza fosse arrivata
cinque minuti più
tardi il suo amico non ce l’avrebbe fatta-
Era
una statua di sale ormai.
Continuava a fissare il vuoto con espressione vuota.
-Questo
era nelle tasche del suo
giaccone- Il dottor Hansen sospirò, consegnandole poi tra le
mani un cellulare –sulla
cartella clinica c’era un solo numero da chiamare in caso
d’emergenza, e pare
essere inesistente. Se fosse così gentile da chiamare un suo
familiare, se ne
ha, per informarlo della situazione-
Jude
annuì assente fissando l’oggetto
nelle sua mani.
Non
sapeva se Andrew avesse dei
parenti lì in città, per quanto ne sapeva la sua
intera famiglia poteva essere
in Inghilterra o dall’altro lato del mondo.
Non
sapeva dove viveva, non sapeva
chi era e non sapeva che facesse uso di droghe.
Strinse
il cellulare tra le mani
chiedendosi per l’ennesima volta, con un po’ di
panico, chi fosse realmente
Andrew.
* *
*
Droghe!
Pro o contro a quelle “leggere”?
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Salve
care!
Eccomi
qui, questa volta non vi ho fatto
aspettare troppo. Sono stata brava!
Tornando
a noi: la maggior parte di
voi è contraria alle droghe e quindi alla loro
legalizzazione, pochi altri
pensano che ognuno fa quello che gli pare.
Io
penso che legalizzare le droghe,
anche se leggere, non sia una cosa giusta. Siamo nel 2013 e credo che
tutti
ormai sappiamo quali danni l’uso di sostanze stupefacenti
possa apportare. E’
anche vero che molte altre cose che sono dannose sono legali: le
sigarette(addirittura sotto il monopolio dello Stato), gli alcolici,
ecc.
Ad
ogni modo, in sintesi, non credo
che vadano legalizzate, ma credo anche che della propria vita ognuno
è liberò di
fare ciò che gli pare, purché non intacchi la
libertà degli altri.
Si,
ora la smetto di straziarvi con
le mie inutili chiacchiere e vi lascio al capitolo!
Ci vediamo alla fine con
una, come
sempre stupida, domanda!
.
Una
folata di vento le arrivò al
viso, mentre ancora stringeva tra le mani il cellulare di Andrew.
Era
in uno stato catatonico, di
apatia, e proprio non riusciva a pensare a niente. La sua mente era
stata
annullata da due parole che con prepotenza si erano impadronite dei
suoi
pensieri, rimbombandole continuamente nelle orecchie.
Andrew
– overdose.
Per
tutto quel tempo aveva
desiderato conoscere qualcosa di più di quel ragazzo
scontroso e misterioso ed
ora che la verità stava venendo a galla non era poi
così contenta di aver
scoperto una parte di lui.
“Sta
attenta a cosa desideri, perchè potresti ottenerlo” le ripeteva sempre
suo padre e lei non aveva mai capito il significato di quella frase,
fino a
quel momento.
Il
telefono tra le sue mani prese a
vibrare risvegliandola brutalmente, come se qualcuno l’avesse
appena presa a
schiaffi. Restò qualche istante indecisa, fissando lo
schermo sulla quale
lampeggiava freneticamente il nome ‘Ben’.
Strinse l’oggetto tra le mani, indecisa.
Come
le aveva consigliato il
dottore, Jude era intenzionata a contattare qualche familiare di Andrew
per
informarlo della situazione, ma scorrendo la rubrica si era accorta che
non ci
fosse nessun “mamma”
o “papà”,
al contrario pochissimi numeri erano
presenti. In un lampo di genio ricordò il nome di Marlon,
che fortunatamente
era presente in rubrica, ma dopo qualche minuto di attesa la voce
registrata di
una signorina la informò che il numero non era
raggiungibile. Mentre fissava lo
schermo con espressione sconfitta, si rese conto che erano le sette del
mattino
e lei aveva passato tutta la notte fuori senza avvisare le sue
coinquiline che,
di sicuro, avrebbero dato di matto appena sveglie.
Prendendo
un respiro profondo
Jude fece scorrere il dito sullo
schermo, accettando la chiamata.
-Pronto?-
sentì la sua voce tremare,
incerta.
Dall’altro
lato solo silenzio, fino
a che non sentì qualcuno sospirare.
-E
tu chi sei?-
Jude
strinse più forte il telefono.
Come avrebbe fatto ora a raccontare quello che era successo? E poteva
raccontarlo al ragazzo, almeno così sembrava dalla voce,
dall’altro capo del
telefono? Per chiamare a quell’ora del mattino, doveva essere
qualcuno che lo
conoscesse bene e che magari, come le sue coinquiline, si era
preoccupato
perchè Andrew non aveva fatto ritorno a casa. Probabile, ma
non poteva averne
la certezza.
-Sono
un’amica- decisamente vaga –Tu
sei…-
-Ben,
suo fratello- la interruppe
–Ti dispiacerebbe passarmi quell’incosciente di
Andrew, amica- pronunciò
l’ultima frase con tono amaro, come se fosse un
insulto.
-Lui…non
è qui-
-Cos’è,
uno scherzo?- lo sentì
sbuffare spazientito –Ascoltami ragazzina, non ho tempo da
perdere, ti
spiacerebbe farmi parlare con Andrew? Ti assicuro che dopo vi
lascerò ai vostri
intrattenimenti da amici-
Jude
si accigliò capendo al volo:
pensava che avessero passato la notte insieme.
-Mi
spiace, ma Andrew non è qui-
ripeté, stavolta con voce indurita dalla collera
–Ieri si è sentito poco bene e
siamo andati in ospedale…per degli accertamenti- concluse
incerta. Non sarebbe
stata certo lei a dirgli che il fratello aveva rischiato di morire per
overdose
da cocaina.
-Ospedale?-
la voce del ragazzo
trillò preoccupata –Cosa gli è
successo? Come sta?-
-Sta
meglio, ora- rispose sorvolando
volutamente sulla prima domanda –Siamo al St.James ospital,
se vuoi…- ma Ben
non le diede modo di aggiungere altro
-Arrivo-
E terminò la chiamata
Jude
sospirò portandosi una mano
alle tempie, massaggiandole lentamente. Era del tutto stravolta, stanca
e
spaesata. Ancora non riusciva a capire come aveva fatto a cacciarsi in
quella
situazione: aveva appena passato la nottata in ospedale
perchè un suo amico, o
meglio ragazzo che conosceva da qualche settimana, aveva avuto un
principio di
overdose.
In
passato molto di meno sarebbe
bastato a Jude per correre via a gambe levate, proprio lei che era la
persona
più fifona del mondo. Ora invece era rimasta lì,
nemmeno l’imminente arrivo del
fratello di Andrew –che pensava lei fosse una specie di
escort, a quanto aveva
capito- le aveva portato a pensare per un attimo di andare via.
Ma
cosa doveva fare, esattamente?
Come si doveva comportare con Andrew? L’unica cosa che
sarebbe stata in grado
di fare in quel momento era scoppiare a piangere. Dopo la nottata
appena
passata non si sarebbe sorpresa così tanto se si fosse
ritrovata raggomitolata
su se stessa, singhiozzante.
-Tesoro-
una voce alle sue spalle la
fece sobbalzare
Jude
si voltò di scatto, trovando di
fronte a lei la stessa infermiera di poco prima, che le rivolgeva lo
stesso
sorriso dolce e gli stessi occhi pieni di comprensione.
-Il
tuo amico si è svegliato-
sussurrò –puoi andare da lui, se vuoi-
Le
labbra di Jude tremarono in un
sussulto. Voleva vedere Andrew più di ogni altra cosa,
voleva accertarsi delle
sue condizioni e sapere che stesse bene come le avevano detto. Ma era
quello
che Andrew voleva in quel momento? Al ragazzo avrebbe infastidito la
sua
presenza? Voleva restare da solo in un momento come quello?
-Io…non…-
cominciò incerta –io non
so se lui vuole vedermi…-
L’infermiera
si accigliò appena,
facendo arrossire Jude, che abbassò lo sguardo.
-Sono
sicura che vedere il viso di
una persona che gli vuole bene sia l’unica cosa che voglia,
ora- disse in tono
sicuro e a Jude venne spontaneo chiedersi quanti ragazzi come Andrew
vedesse
ogni giorno quella donna.
Quanti
ragazzi c’erano, pronti a
sprecare la loro bellezza, il loro cuore, la loro vita, come Andrew?
Quanta
disperazione c’era intorno a lei?
-Io
non so cosa…dirgli- ammise in
fine, arrossendo ancora una volta
-Sono
sicura che quello che conta ora
non sono le parole, cara- la donna tornò a rivolgerle uno
sguardo materno
–L’importante è che tu gli stia vicina-
Jude
annuì automaticamente, come se
non avesse scelta, come se non ne volesse avere altra.
-Non
sarà facile- sospirò Jude, più
a se stessa che alla donna
-Lo
so, tesoro- le allungò una mano,
stringendo la sua –Non sarà affatto facile. Vedi
le persone come Andrew…- si
fermò per un sospiro –Non è facile
stare accanto a persone come lui: persone
che non credono in loro stessi, nelle loro potenzialità.
Sono ragazzi che hanno
perso la speranza, ma tu…- scosse la testa –Da
quando ti ho vista su quella
sedia, con quegli occhioni blu spalancati, ho visto chiaramente la tua
purezza,
la tua voglia di vivere e sono fermamente convinta che tu possa
riuscire a
restituire un po’ di vita a quel ragazzo-
Gli
occhi di Jude si riempirono di
lacrime. Voleva davvero, voleva con tutto il cuore trasmettere tutto il
bello
che lei vedeva nel mondo ad Andrew, ma non sapeva come fare.
E
se non fosse stata in grado di
farlo? Se non fosse stata all’altezza, cosa sarebbe successo
ad Andrew?
-Andrà
tutto bene- la donna le
sorrise rassicurante, stringendo la presa sulla sua mano –Ora
va da lui-
Find me, here in your arms
Now I’m wondering where
you’ve always been
Aprì
la porta della stanza col cuore
in gola, ignara di quello che avrebbe trovato al suo interno. Si fece
coraggio
prendendo un respiro profondo, entrando di slancio. I suoi occhi
andarono
subito al ragazzo seduto sul letto che guardava nella direzione opposta
alla
sua, verso la finestra.
Trattenne il fiato quando vide tutti quegli aghi infilati nelle braccia
di
Andrew e, titubante, fece un passo verso di lui.
-Cosa
ci fai qui?- la voce del
ragazzo arrivò forte e crudele facendole male più
di un pugno in faccia.
Cosa
ci faceva lì? Glielo stava
davvero chiedendo?
-Come
stai?- chiese incerta, ignorando
volutamente la sua domanda.
Andrew
fu scosso da una risata
isterica, prima di rispondere -Come uno che ha appena rischiato di
morire per
overdose-
Jude
sussultò stringendo i pugni.
-Andrew...-
cominciò facendo un
passo verso il ragazzo che continuava a tenere lo sguardo fisso verso
la
finestra, ma lui la interruppe subito.
-Perchè
sei qui?- il tono era infastidito
ed irrequieto -va a casa-
Jude
strinse ancora più forte i
pugni, fino a farsi male.
Se
prima il pensiero di un rifiuto
da parte di Andrew la terrorizzava, ora la innervosiva terribilmente.
Non
sapeva come approcciarsi con lui, ma a quanto pare le buone maniere con
Andrew
non servivano a molto.
Era
convalescente e il medico le
aveva spiegato bene, prima di farla entrare, che per nessun motivo
doveva farlo
agitare. Per questo cercò di mantenere la calma, mentre a
passo di marcia si
dirigeva verso il letto.
-Stammi
a sentire- tuonò arrivando
al suo fianco, cercando di cacciare in dietro le lacrime -non sono
stata qui
una notte intera per farmi trattare in questo modo da te- le tremavano
la voce
e le mani -Quindi ora ti giri, mi guardi negli occhi e mi dici come ti
senti.
Dopo di che toglierò il disturbo-
Vide
la mano di Andrew stringere
convulsivamente il lenzuolo che lo ricopriva fino alla vita, senza
però
voltarsi di un centimetro.
-Andrew-
lo richiamò.
Non
era intenzionata a desistere,
finché non si fosse voltato a guardarla lei sarebbe rimasta
lì, accanto a lui.
Finalmente Andrew si convinse, voltandosi verso di lei con uno scatto
deciso.
Quello che vide però, non la rassicurò affatto.
Andrew la fissava accigliato,
gli occhi gonfi colmi di lacrime e lo sguardo spento.
Jude sentì il suo cuore tremare e perdere un battito. Non
era Andrew il ragazzo
di fronte a lei, quello era un ragazzo stanco, martoriato, spaventato.
Dov’era
finita la sua espressione spavalda ed il suo sorriso enigmatico?
-Sei
contenta, ora?- sibilò
stringendo i denti
-Andrew,
io…- balbettò flebilmente,
ma lui la interruppe.
-No-
disse con un tono basso, che
non ammetteva repliche –Non mi vedi, Jude?- chiese retorico,
lo sguardo spento
e il viso inespressivo –Guarda come sono ridotto: un drogato-
quasi sputò
l’ultima parola, facendo sussultare visibilmente Jude
–Sono un fallito, un
perdente, uno senza speranze, uno di quelli che va lasciati al suo
destino-
Gli
occhi di Jude si riempirono di
lacrime mentre quelli di Andrew scrutavano nei suoi. Le parole di
Andrew, ad
una ad una, le avevano trafitto il cuore peggio di mille frecce. La
stava
guardando in un modo così intenso, così perso,
così tenero. Come se sapesse che
quella fosse stata l’ultima volta che l’avrebbe
vista, come se le stesse
dicendo addio, con quegli occhi pieni di niente.
-Tu
non c’entri niente qui- sussurrò
voltandosi nuovamente verso la finestra –va via-
L'unica
cosa giusta da fare era
andare via, voltare le spalle e sparire da quella porta, dalla sua
vita.
L'unica cosa sensata era lasciare andare Andrew, perchè era
troppo per lei, per
quella ragazzina ingenua e smaliziata.
E
invece contro ogni logica, contro
le sue stesse paure, contro i suoi principi si allungò di
qualche passo,
avvolgendo Andrew con le sue braccia, i suoi capelli, i suoi occhi.
Sentì
il ragazzo irrigidirsi a quel
contatto inaspettato e sperò che non la respingesse, che non
respingesse quell'ancora
di salvezza che gli stava lanciando e lui non lo fece:
affondò il viso
nell'incavo del suo collo, sospirando tra i suoi capelli.
Jude
lo strinse ancora di più,
mentre il suo cuore impazziva. Non sarebbe scappata via, non ora che
stava
scoprendo il vero Andrew, non ora che sentiva che la sua presenza
lì era
necessaria. Andrew aveva bisogno di lei proprio come Jude ora aveva
bisogno di
lui.
-Jude…-
cominciò flebilmente il
ragazzo, la voce ovattata contro la sua pelle, ma una voce li fece
sobbalzare
entrambi, paralizzando lui, sorprendendo lei.
-Andrew-
il tono era basso e deciso,
Jude riconobbe al volo quella voce.
La
ragazza si allontanò di scatto,
sciogliendo l’abbraccio ed avvampando vergognosamente.
-Ben-
sospirò stanco Andrew,
chiudendo gli occhi, mentre si ricomponeva seduto sul letto.
-Cosa
è successo?- non c’era un filo
di dolcezza nel tono usato da Ben e Jude strinse i pugni,
costringendosi a
stare calma.
-I
tuoi amici non te l’hanno
spiegato?- Andrew puntava lo sguardo alle spalle di Jude, verso suo
fratello, mentre la
ragazza non aveva
ancora trovato il coraggio di parlare.
-I
miei colleghi mi hanno spiegato
dettagliatamente la situazione- ribatté ancora lui
–ma voglio sapere cosa è
successo, da te-
Colleghi.
Il fratello di Andrew era
un dottore!
-O
forse preferisci che me lo
racconti la tua amichetta- Jude si raggelò sul posto,
stringendo i pugni –Te
l’ha data lei quella roba?-
Ma
come diavolo si permetteva? Era
entrato in quella stanza con un’aria spavalda fuori luogo,
senza chiedere al fratello
come si sentisse, senza accertarsi della situazione era entrato ed
aveva
cominciato a fare tutte quelle stupide domande.
Jude
si voltò di scatto, pronta ad
affrontarlo, ma si bloccò nuovamente di fronte
all’esatta copia di Andrew.
Quello
che si trovò di fronte,
infatti, altro non era che una versione di Andrew più vecchia di cinque o sei
anni. Quell’uomo era
bello quanto il fratello e quell’atteggiamento serio e adulto
gli davano
un’aria attraente che inevitabilmente fecero intimidire Jude,
impedendole di
pronunciare una minima parola.
Non
ce ne fu bisogno però, perchè il
ringhio di Andrew si fece sentire subito dopo, chiaro e deciso.
-Non
ti azzardare Benjamin- era la
prima volta che Jude lo sentiva parlare in tono così serio
–Se non fosse per
lei a quest’ora sarei morto- la ragazza rabbrividì
sotto la consapevolezza di
quelle parole.
Ben
assunse un’espressione sorpresa,
forse non si aspettava quella reazione da parte del fratello e
spostò lo
sguardo da lui a Jude, studiandola minuziosamente. Nonostante gli occhi
indagatori del ragazzo la mettessero in imbarazzo, Jude non
abbassò minimamente
lo sguardo, non in quel caso.
-E’
vero?- le chiese, rivolgendole
per la prima volta la parola.
Jude
si limitò ad annuire, non aveva
la minima intenzione di parlare con lui, nemmeno per un semplice
“si”.
-In
questo caso devo ringraziarti-
alzò un sopracciglio, scettico, e a Jude venne decisamente
voglia di tirargli
un ceffone.
-Non
c’è motivo di ringraziarmi- si
voltò verso Andrew, che la guardava con una strana
espressione ansiosa
–l’importante ora è che lui stia bene-
gli sorrise rassicurandolo e vide il suo
viso addolcirsi un po’.
Non
avrebbe voluto lasciare quella
stanza, Andrew, per niente al mondo. Ben non le era simpatico nemmeno
un po’ e
a quanto aveva capito non andava a genio nemmeno ad Andrew, non sapeva
quanto
la sua vicinanza potesse giovare al ragazzo, ma era pur sempre suo
fratello e
quello che aveva fatto Andrew era una cosa sbagliata e stupida. Doveva
lasciarli da soli, per parlare liberamente tra di loro.
-Ora
devo andare- aggiunse senza
dare tempo a Ben di replicare con qualcosa che l’avrebbe
fatta ulteriormente
innervosire.
-Passo
a casa per una doccia, ci vediamo
dopo- promise ad Andrew sorridendogli incoraggiante.
-Non
c’è bisogno che torni dopo, sei
stata qui tutta la notte, va a riposarti- le sussurrò Andrew
teso, la presenza
del fratello lo infastidiva.
Jude
scosse la testa, estraendo poi
dalle tasche il cellulare di Andrew –Ci vediamo dopo-
ripeté sicura
allungandogli il cellulare che il ragazzo afferrò.
-Se
hai bisogno, chiama- sorrise di
fronte all’espressione grata di Andrew.
-Jude-
Andrew le afferrò una mano
prima che lei potesse allontanarsi. Lanciò uno sguardo
dietro di lei, verso suo
fratello, poi tornò a guardarla negli occhi.
-Grazie-
lo disse con così tanta
tenerezza, sincerità e commozione che Jude non
poté evitare di arrossire.
Era
quello l’Andrew che si
nascondeva sotto quello arrogante e spavaldo? Era un Andrew
così dolce ed
indifeso?
Jude
gli strinse di più la mano,
prima di voltarsi ed avviarsi verso l’uscita.
-Arrivederci-
sussurrò, solo per
educazione, a Ben che si era fatto da parte per farla passare.
*
*
*
Here
we are!
Spero
il capitolo vi sia piaciuto!
Grazie mille a tutti quelli che hanno recensito quello precedente :)
Love ya
all.
Fratelli
e sorelle. Ne avete? Che rapporti avete con loro? Let me know!
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Fratelli e sorelle.
Molti di voi ne hanno. Alcune un
fratello pestifero che le costringe alle lotte in stile wrestling,
altre una
sorella che vorrebbero strozzare un giorno si e l’altro pure.
Altre ancora
hanno la fortuna/sfortuna di essere figlie uniche.
Io ho una sorella e un fratello,
gemelli. Sono più grandi di me di sette anni ed ho due
rapporti completamente
diversi con i due. Con mia sorella, quando vivevamo insieme, ci
sopportavamo
appena. Caratteri opposti ed incompatibili, da quando si è
trasferita devo dire
che il nostro rapporto è migliorato, molto.
Io e mio fratello ci siamo sempre amati, da bambini. Non viviamo in
simbiosi,
anche per la differenza d’età, ma ci troviamo
sempre bene insieme e non abbiamo
nessun problema ad andare a prendere una birra da soli e chiacchierare.
Dopo avervi annoiato in
abbondanza
vi lascio al capitolo!
.
Jude si ritrovò ad
andare tutti i giorni,
per una settimana, in quella stanza d’ospedale, dove la
logora poltroncina in
pelle bianca aveva ormai preso la forma della sua sagoma.
Di solito si perdeva in lunghe
chiacchierate con Andrew, come se fossero due vecchi amici al tavolo di
un
caffè che parlavano delle loro noiose vite e non due ragazzi
costretti in una
stanza d’ospedale dopo uno dei due aveva avuto un principio
overdose. Quella mattina
invece al suo arrivo, Andrew era ancora immerso nel mondo dei sogni.
Jude si avvicinò ad
Andrew in punta di
piedi, cercando di non far nessun rumore che potesse destare il
ragazzo. Quando
fu abbastanza vicina da scorgere il suo viso, un sospirò
spontaneo le uscì
dalle labbra socchiuse. Andrew dormiva con un’espressione
talmente innocente e
rilassata che a vederlo così nessuno avrebbe dedotto il
motivo per cui era
costretto in quel letto, motivo che stava facendo impazzire Jude,
impedendole
di dormire la notte.
Allungò una mano
poggiandola delicatamente
sulla guancia del ragazzo, dove era cresciuta un po’ di barba
e subito sentì
una scossa attraversarle le dita per raggiungere direttamente il suo
petto.
In quei giorni Jude avrebbe tanto
voluto
sapere la verità da Andrew, avrebbe voluto sapere
perchè si era ridotto così,
cosa l’aveva spinto ad abusare così tanto di
quella robaccia da rischiare la
sua vita. Ogni volta però che Jude cercava di fargli qualche
domanda, lui
sviava subito il discorso, rabbuiandosi all’istante. La
ragazza non aveva
insistito più, perchè se c’era una cosa
che aveva capito di Andrew era che se
messo alle strette si chiudeva a riccio. Non aveva altra scelta, e
speranza,
che il ragazzo ne parlasse volontariamente con lei, cosa che con suo
grande
disappunto non era avvenuta. Non era curiosità morbosa la
sua, o voglia di
impicciarsi, semplicemente voleva aiutarlo, ma le era difficile se non
sapeva
cosa c’era che non andava in lui e nella sua vita. Certo,
aveva capito che lo
scenario della sua famiglia era alquanto strano, se non del tutto
inesistente e
questo non era certo d’aiuto per migliorare la situazione.
Nella settimana in
cui era stata lì, il fratello Ben, di cui aveva ancora il
pessimo ricordo
stampato nella mente, era passato tutti i giorni, per brevi visite. Dei
genitori, invece, nessuna traccia. Non l’aveva mai visto
parlare al telefono, o
un accenno in un discorso, tanto che alla fine Jude era arrivata alla
conclusione che il ragazzo fosse orfano.
A contrario dei famigliari, però, Marlon era andato a
trovarlo tutti i giorni,
restando a parlare con lui per ore e facendolo ridere di tanto in tanto.
Jude allontanò la mano
dal volto di Andrew
per poi passarla stancamente tra i suoi capelli. Forse stava sbagliando
tutto,
forse doveva scuoterlo per le spalle e convincerlo a tirare fuori
quello che
aveva dentro o, forse, stava semplicemente diventando troppo ansiosa.
Si allontanò prendendo
posto sulla sua
solita poltroncina, accanto al letto del ragazzo. Afferrò il
portatile dalla
borsa che usava per andare all’università,
poggiandolo sulle sue gambe. Aspettò
pazientemente che l’aggeggio si avviasse, prima di aprire la
pagina, ancora
bianca, di word.
Con suo grande disappunto,
nonostante gli
sconvolgenti avvenimenti di quel fine settimana, il mondo fuori da
quella
stanza non si era fermato, anzi, correva più impazzito che
mai e lei aveva un
progetto a cui lavorare. Quando Catherine, la sua compagna di corso, le
aveva
mandato una mail chiedendole come procedeva il suo racconto per il
progetto
della professoressa Green, a Jude quasi era venuto un infarto. Come
procedeva?
Non aveva nemmeno iniziato! E come avrebbe potuto con tutto quel
trambusto? I
giorni passavano però e lei doveva buttare giù
almeno qualche idea.
Fissò il foglio bianco
luminoso di fronte a
lei e cercò di pensare a qualcosa, ma l’unica cosa
che le venne in mente fu
Andrew, il suo sorriso strafottente, il suo sguardo malizioso, la sua
voce
calda e profonda. La sua mente andò al primo giorno in cui
l’aveva visto e alla
sensazione d’odio che aveva provato, che ora era stata
sostituita da ben altro.
Sorrise e senza nemmeno accorgersene veramente le sue dita cominciarono
a picchiettare
sui tasti, ripercorrendo con lei i momenti, le immagini, le sensazioni
che ora
le tornavano in mente più vive che mai.
-Cosa stai facendo?- Jude
sobbalzò,
sentendo la voce assonnata di Andrew provenire dal letto.
-Mi hai spaventata!- lo
accusò, chiudendo
di scatto lo schermo del pc, guardandosi in giro con aria colpevole.
Andrew sorrise con
quell’espressione
maliziosa che gli era tornata da qualche giorno –Cosa stai
facendo?- ripeté
richiamando la sua attenzione
Jude puntò gli occhi in
quelli del ragazzo,
arrossendo senza riuscire a trattenersi -Studiavo, dal momento in cui
tu
dormivi beatamente- mentì, non poi del tutto.
In fondo stava lavorando per un
progetto
universitario, no? Quindi era di studio che si trattava.
-Che secchiona- sospirò
Andrew buttandosi
con la testa tra i cuscini, per poi emergerne subito dopo e fissarla
negli
occhi con espressione accigliata.
-Non starai perdendo troppe
lezioni?-
chiese il ragazzo con uno strano sguardo indagatore.
Jude si passò una mano
avanti al viso, per
sminuire la situazione.
-Sono una secchiona,
l’hai detto anche tu,
qualche lezione in meno non mi farà male!-
Ne stava perdendo davvero tante,
troppe in
realtà, ma non aveva alternativa e, a dire la
verità, la cosa non le
interessava minimamente in quel momento.
Andrew la fissò con
espressione dubbiosa
per qualche altro istante, senza però dire niente.
-Vieni qui?- chiese con un tono che
non era
il suo, quasi titubante, battendo leggermente una mano sulla parte
libera del
materasso accanto a lui.
Jude si accigliò,
guardando prima la mano,
poi lui, alzandosi come un automa ed avvicinandosi a lui.
-Volevo ringraziarti per quello che
stai
facendo per me- le disse, una volta che la ragazza ebbe raggiunto il
suo letto.
-Ma io non sto facendo nulla-
-So quanto siano importanti per te
gli
studi e so quanto ti è costato perdere una settimana di
corsi- Jude abbassò lo
sguardo. Aveva ragione, normalmente le sarebbe pesato tanto perdere
anche solo
una mattina di lezioni, ma in quel caso non le interessava minimamente.
Se non
le fossero serviti i soldi per l’affitto avrebbe saltato
anche il lavoro, pur
di stargli vicino.
Due dita affusolate le afferrarono
delicatamente il mento e Jude alzò automaticamente gli
occhi, ritrovando quelli
di Andrew più vicini di quanto pensasse.
-Andrew…-
sospirò, senza saper bene cosa
dire.
Deglutì a fatica mentre
lo vedeva farsi
sempre più vicino. Un brivido la scosse prepotentemente
quando capì le
intenzioni del ragazzo e d’istinto socchiuse gli occhi,
ritrovandosi ansiosa di
ricevere un bacio che inconsciamente, ma neanche troppo, attendeva da
tempo.
Andrew sussurrò qualcosa
quando le punte
dei loro nasi arrivarono a sfiorarsi, ma Jude non lo sentì
nemmeno, con le
orecchie piene del tamburellio del suo cuore.
Serrò gli occhi,
sporgendosi leggermente
verso di lui, col cuore che le andava a mille ed il respiro corto, in
attesa di
quel bacio, che però non arrivò.
Riaprì gli occhi quel
poco che bastava per
scorgere il ragazzo, con una strana espressione triste in viso, che si
allontanava nuovamente da lei. No, non poteva fare così, non
anche questa
volta. Non poteva avvicinarla e poi scacciarla a suo piacimento, non
poteva
giocare con lei ed i suoi sentimenti in quel modo crudele.
Jude aprì la bocca,
pronta a dar sfogo ai
suoi dubbi, ma il rumore di qualcuno che bussava alla porta li fece
voltare
entrambi, mentre un dottore che non aveva mai visto prima si schiariva
la voce.
-Buongiorno signor Thompson-
salutò
educatamente –E signorina…-
Jude balzò indietro,
allontanandosi rapidamente
dal ragazzo -Turner- trillò in tono isterico arrossendo
vergognosamente –Jude
Turner-
Il dottore le sorrise, prima di
lanciare
uno sguardo frettoloso ad Andrew, per poi tornare a lei.
-Le dispiace lasciarmi un attimo da
solo
col signor Thompson, signorina Turner?-
Jude si voltò
automaticamente verso Andrew,
che aveva assunto un’espressione neutra, per poi afferrare
velocemente la sua
borsa.
Col portatile sotto un braccio e la
borsa
nell’altra, annuì al dottore per poi rivolgere ad
Andrew un sorriso tirato.
-Sono qui fuori-
sussurrò nella sua
direzione prima di uscire.
Jude corse fuori dalla stanza
appiattendosi
contro il muro freddo del corridoio.
Sospirò stancamente prima di passarsi una mano
sul viso ancora
accaldato.
Stava per baciarla, Andrew stava
per
baciarla e lei l’avrebbe lasciato fare senza fiatare. Quando
si era avvicinato
e l’aveva guardato con espressione così intensa
Jude si era riscoperta a
desiderare quel bacio più di ogni altra cosa. Voleva Andrew,
ora ne aveva la
certezza, con un’intensità che nemmeno pensava di
poter avere. Aveva sperato,
ingenuamente, che l’attrazione che sentiva per quel ragazzo
fosse puramente
fisica, pochi minuti prima il suo cuore impazzito le aveva fatto capire
che c’era
molto di più. Le piaceva, da morire, ma non pensava che
fosse corrisposta.
Quando aveva riaperto gli occhi per
osservare Andrew, aveva letto sul suo viso un misto di tristezza,
insicurezza e
qualcos’altro che non era riuscita a decifrare. Forse voleva
baciarla per
ringraziarla di quello che stava facendo per lui, ma si era fermato
perchè
aveva capito che per lei sarebbe stato qualcosa di più?
Dio! Stava diventando matta dietro
quel
ragazzo che un attimo prima sembrava pendere dalle sue labbra, quello
dopo la
trattava peggio di un’appestata in punto di morte.
Jude si prese la testa tra le mani,
cercando di riordinare le idee, senza successo.
-Bambi?- la ragazza alzò
di scatto la
testa, incrociando lo sguardo dell’unica persona che la
chiamava con quell’assurdo
nome.
-Ciao Marlon- cerco di riacquistare
un po’ di
contegno, sorridendo appena.
Marlon la guardò
stranito –Cosa c’è? E’
successo qualcosa ad Andrew?- chiese in tono spaventato, lanciando
un’occhiata
alla porta della stanza del ragazzo, a qualche metro da loro.
-No, no- si affrettò a
tranquillizzarlo
lei, scuotendo energicamente la testa –Sono solo un
po’ stanca- gli appioppò la
prima scusa che le venne in mente.
L’espressione di Marlon
si rilassò, ma i
suoi occhi erano sempre concentrati su di lei.
-Come mai sei qui fuori?- le
chiese,
facendo un cenno verso la stanza.
-Il dottore mi ha chiesto di poter
parlare
un attimo da solo con Andrew- mentre lei stessa pronunciava quelle
parole,
sentì una strana ansia crescerle dentro.
Cosa voleva dire il dottore ad
Andrew?
Doveva restare lì un’altra settimana?
C’era qualcosa che non andava nelle sue
analisi?
-Jude, sei sicura che vada tutto
bene?-
Marlon l’afferrò per le spalle, costringendola a
guardarlo negli occhi.
-Certo- riuscì a
sibilare, per niente
convincente –Spero solo che stia bene-
-Perchè dici
così? C’è qualcosa che io non
so? I dottori ti hanno detto qualcosa?- Marlon diventò
ansioso a sua volta,
interrogandola.
-No, no! Anzi, ieri hanno detto che
ha un
fisico forte e grazie a questo la ripresa sembra essere più
veloce del previsto-
-E allora cosa
c’è?- Le chiese con
espressione confusa.
-Niente!- Trillò
spazientita, sentendosi
stupida –Sono solo in ansia, ok?-
Marlon la guardò in
silenzio per qualche
istante, prima di scoppiare a ridere incontrollatamente.
-Cosa c’è da
ridere, ora?- chiese
sospirando
-C’è che
sembri mia madre, Jude!- la prese
in giro facendola arrossire –Va tutto bene, i dottori ce lo
ripetono ogni
giorno, sta tranquilla-
Jude lo ignorò,
incrociando le braccia al
petto e battendo un piede a terra in un ritmo isterico mentre Marlon
continuava
a ridersela sotto i baffi. Fortunatamente il dottore uscì
dalla stanza di
Andrew prima che lei rompesse in mille pezzi la mattonella contro la
quale si
era accanita o prendesse a schiaffi Marlon.
-Va bene ragazzi, ora potete
entrare- parlò
al plurale, rivolgendosi però maggiormente a Jude, che non
aspettò un secondo
di più per buttarsi nella stanza.
L’ansia era cresciuta
così tanto, che Jude
si aspettava di vedere un Andrew disteso sul letto, quasi morente.
Invece trovò
il ragazzo proprio come l’aveva lasciato, ad eccezione del
sorriso luminoso che
le stava rivolgendo e che stava per causarle un infarto.
-Hei amico, sei ancora a letto
vedo- salutò
Marlon entrando nella camera di Andrew –Non ti starai
impigrendo un po’
troppo?- Andrew sorrise all’amico, ma Jude non gli diede
tempo di rispondere.
-Cosa ti ha detto il dottore?-
esordì
avvicinandosi a lui, ansiosa.
Andrew la guardò con un
sopracciglio alzato,
facendola arrossire, mentre le immagini del suo viso vicino al suo le
ritornavano in mente.
-Mi ha detto che…-
cominciò lui, per poi
fare una pausa alquanto straziante.
-Cosa?- non riuscì a
trattenersi –Cosa, eh?
Cosa ha detto?-
Andrew riuscì a stento a
trattenere una
risata seguito dall’amico.
-Per amor del cielo Bambi, vacci
piano!- la
riprese Marlon facendole rendere improvvisamente conto che si stava
comportando
da isterica.
-Avresti dovuto vederla qui fuori
Andy-
continuò rivolgendosi all’amico e Jude
spalancò gli occhi mentre sentiva il
sangue salirle al cervello troppo velocemente –Non
è riuscita a stare ferma per
un istante! Era così in ansia, nemmeno fosse tua madre!-
Jude si passò una mano
sul viso
attraversato da mille tonalità di rosso, distogliendo lo
sguardo da Andrew, per
l’imbarazzo.
-Grazie mille, Marlon-
sibilò la ragazza –E
scusatemi se sono l’unica qua dentro che si rende conto della
gravità della
situazione- sbottò e quando vide il volto di Andrew
rabbuiarsi se ne pentì all’istante.
Jude 1 – Tatto 0
-E’ per questo che sei
essenziale per la
nostra esistenza Bambi- scherzò Marlon, spezzando la
tensione che si era creata
–Saremo stati persi senza di te-
Le accarezzo la testa come se fosse
un
cucciolo di labrador, per poi rivolgersi ad Andrew.
-Allora, cosa ti ha detto il
dottore?
Quanto tempo ti rimane?-
Andrew parve trovare il sorriso e
scosse la
testa alzando gli occhi al cielo –Abbastanza per poterti
battere altre cento
volte al bowling-
-Accidenti!-
-E’ una schiappa-
spiegò, rivolgendosi a
Jude, che sorrise spontaneamente.
-Tipico dei brasiliani-
commentò complice,
con un sorrisetto divertito.
-Ok, ok- Marlon alzò le
mani –Come siamo
passati dal “cosa ti ha detto il
dottore”
a “Marlon è una schiappa”?-
Andrew sorrise, alzando gli occhi
al cielo.
-Ho una buona e una cattiva notizia-
-Prima la buona- dissero
contemporaneamente
Jude e Marlon.
-Bene, la buona notizia
è che oggi
pomeriggio mi dimettono da qui-
-Ma è grandioso!-
tuonò Marlon mentre Jude
alzò i pugni al cielo, trattenendosi dall’esultare
con urla fuori luogo.
-Sono così contenta-
disse e lo era davvero
tanto. Finalmente Andrew poteva andare fuori da lì e cercare
di ricominciare la
sua vita, in modo migliore.
-Non vi ho ancora detto la brutta
notizia,
però-
Jude si ricompose subito, prestando
la
massima attenzione al ragazzo.
-Per sicurezza- mimò le
virgolette con le
mani –Qualcuno deve restare con me per le prossime
quarantotto ore-
Entrambi lo guardarono con
espressione
confusa ed Andrew si affrettò a spiegare –Hanno
paura che io possa rifare…- si
interruppe incrociando lo sguardo di Jude, che cercava di mantenere la
sua
espressione più neutra possibile, poi puntò lo
sguardo in quello di Marlon,
proseguendo –Se assumo sostanze stupefacenti con tutte le
medicine che mi hanno
somministrato negli ultimi due giorni, potrei restarci secco. Vogliono
qualcuno
che stia con me, per accertarsi che non lo rifaccia-
-E non lo rifarai- fu la risposta
dura di
Marlon.
Fu strano sentirlo parlare in tono
così
serio e solo in quel momento, forse, Jude capì quanto fosse
profonda l’amicizia
tra i due.
-Marlon
tu potresti…-
-Certo- rispose di getto, per poi
mordersi
la lingua un istante dopo –Maledizione! Domani ho una
sfilata, non posso
saltarla-
-Tranquillo- rispose Andrew con un
sorriso
triste.
-Tuo fratello?- propose, ma lo
sguardo di
Andrew fu eloquente.
-Non è mai in casa, col
suo lavoro, e
comunque ieri è partito per San Francisco, per uno dei suoi
stupidi convegni-
Marlon sospirò,
passandosi una mano dietro
al collo.
-Cosa succede se non riusciamo a
trovare
nessuno?- chiese
-Dovrò restare qui per
minimo altri due
giorni- sospirò Andrew, con aria sconfitta –non
importa, sono qui da una
settimana, posso far…-
-Lo farò io- proruppe
Jude, dal suo
silenzio e due paia di occhi si voltarono verso di lei, con espressione
stupita.
-Cosa?- chiese Andrew, mentre sul
volto di
Marlon si formava un sorriso per niente rassicurante.
-Starò io con te-
precisò, sicura, col
cuore che le andava a mille.
-Jude, no! Hai già fatto
troppo per me…-
-E’ perfetto!- lo
interruppe Marlon, senza
smettere di sorridere a Jude.
-Marlon- lo richiamò
Andrew –Jude ha degli
impegni: l’università, il lavoro-
-Ho saltato una settimana di corsi,
due
giorni in più non saranno la fine del mondo-
commentò con tranquillità.
-E il lavoro?- la sfidò
Andrew
-Non importa, mi farò
dare due giorni di
ferie- Cosa stava dicendo poco prima riguardo all’importanza
di pagare l’affitto?
-Jude…-
-Oh, Andrew!- lo riprese ancora
Marlon,
alzando gli occhi al cielo –Non essere stupido, vuoi
trascorrere altri due
giorni in questo inferno?-
Andrew sospirò, prima di
puntare i suoi
occhi in quelli di Jude in un silenzio che parve interminabile
–No, non voglio-
Jude gli sorrise, mentre realizzava
quello
che aveva appena fatto.
Avrebbe trascorso due giorni,
quarantotto
ore, duemiladuecentottanta minuti, con Andrew.
Stava per ficcarsi direttamente
nella tana
del lupo.
*
*
*
Prima della domanda, volevo
ringraziare
tutte le persone che hanno messo la mia storia tra le
seguite/ricordate/preferite ed un grande abbraccio alle 42 che mi hanno
inserito tra le autrici preferite! Love ya all.
Amicizia.
Esiste
per voi quella vera? Avete una migliore amica/amico?
|
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Sono
ancora viva, non temete.
Scusatemi
ancora una vota, ma ho
davvero troppo poco tempo per dedicarmi alle cose che amo, come questa.
Ce la
metto tutta e spero che siate pazienti e che qualcuno mi segua ancora!
Per
farmi perdonare vi lascio a
questo capitolo pieno di svolte e confessioni!
Hope
you enjoy!
Si
rese conto di trattenere il fiato
solo quando sentì la serratura scattare. Alzò lo
sguardo sulle spalle di
Andrew, avanti a lei, che stava aprendo la porta con un movimento che
le sembrò
lentissimo.
Andrew
si sporse all’interno
accendendo qualche luce, per poi farsi da parte per farla entrare.
-Grazie-
sussurrò appena facendo un
passo in avanti.
Jude
si guardò attorno studiando
l’ampio salone minuziosamente arredato. La prima cosa che
notò fu l’enorme
vetrata sul lato nord, da cui si poteva ammirare la Upper Bay. Persino
l’enorme
camino in marmo e l’impianto stereo che prendeva tutta la
parete destra
passarono in secondo piano, di fronte a quello scenario mozza fiato.
Studiò
per qualche istante la
stanza, cercando di trovarci qualche segno personale di Andrew: una
foto, un
quadro, un vaso particolare, ma non trovò nulla, era tutto
molto neutro ed
impersonale.
Si
avviò come per riflesso verso la
vetrata, restando incantata a fissare di fronte a se. Davvero viveva in
una
casa a Sunset Park, da solo?
-E’
bellissimo- soffiò, fermandosi
ad un passo dalla vetrata.
-A
mio fratello piace il panorama
Newyorkese- disse in tono piatto rispondendo indirettamente alla
domanda che si
era fatta poco prima. Viveva lì con il fratello.
-E
a te?- chiese spontanea,
girandosi a guardarlo, ma lui era impegnato a sfilarsi il cappotto
dandole le
spalle.
-Preferisco
il Tower Bridge al ponte
di Brooklyn-
Allora
perchè sei qui? Avrebbe voluto
chiedergli, ma si strinse la lingua tra i denti, timorosa ancora una
volta che
se si fosse mostrata troppo invadente Andrew l’avrebbe
tagliata fuori.
-Hai
fame?- chiese, improvvisamente
bisognosa di cambiare discorso.
-Un
po’- ammise lui, passandosi una
mano tra i capelli –Ma non credo ci sia molto da cucinare,
mio fratello è a
quel convegno e non credo abbia riempito il frigo prima di partire-
Andrew
sembrava teso, nervoso, e
questo a sua volta faceva innervosire Jude, che ora avrebbe dato
qualsiasi cosa
pur di allontanarsi da quella stanza.
-Ok,
non c’è problema, potrei andare
a prendere della pizza?-
Andrew
sospirò pesantemente,
portandosi una mano al volto. L’idea della pizza lo
innervosiva così tanto?
-Perché
stai facendo tutto questo
per me, Jude?- sbottò improvvisamente, alzando lo sguardo
verso di lei.
-Perché…-
che diavolo di domanda
era? Jude rimase interdetta, col cuore a mille, e zero risposte.
Dopotutto
quella era la domanda che si stava ponendo anche lei da qualche giorno:
perchè
voleva prendersi cura di lui a tutti i costi? Perchè le
piaceva, ecco perchè,
ma forse era meglio non dirglielo, per il momento.
-Perché penso che
nonostante tu voglia dare a
tutti i costi a te stesso l’immagine del perfetto stronzo, da
qualche parte lì
dentro c’è una persona sensibile che ha solo
bisogno di un po’ d’aiuto per
ritrovare se stesso-
Una
scintilla illuminò gli occhi di
Andrew, che inarcò un sopracciglio.
-Quindi
mi aiuterai, anche se sono
uno stronzo?-
Jude
sorrise, scuotendo la testa
–Non ho detto che lo sei, ma è quello che vuoi far
credere di essere-
Andrew
abbassò lo sguardo,
mordendosi il labbro inferiore e quando rialzò gli occhi
verso Jude, la ragazza
si sentì avvampare per l’occhiata che le stava
rivolgendo.
-Tu
pensi di potermi aiutare, Jude?-
Non
seppe se fu il tono in cui lo
disse o lo sguardo tenero ed insicuro con cui accompagnò
quelle parole a farla
sciogliere e farle desiderare ardentemente di abbracciarlo.
Sospirò, indecisa tra il cuore che le suggeriva di buttarsi
tra le sue braccia
e la sua testa che le intimava di ragionare e non metterlo in imbarazzo.
Alla fine di quella che le sembrò una battaglia epica tra la
sua testa ed il
suo cuore, Jude allungò una mano verso quella del ragazzo,
afferrandola
saldamente.
Andrew abbassò lo sguardo, osservando le loro mani unite,
per poi rialzarlo
negli occhi cristallini di Jude, in cerca di una risposta.
-Non
lo so Andrew- le disse con la
sua tipica sincerità –Ma credo, sono sicura,
di volerci provare-
-Non
sarà facile-
Jude
deglutì, lo sapeva che non era
facile. Aveva passato più di un’ora nello studio
del Dottore, che le aveva
fatto firmare molteplici documenti, mentre le dava raccomandazioni su
cosa fare
in casi di emergenza come eventuali crisi d’astinenza.
Era spaventata, a morte, non sapeva cosa avrebbe dovuto affrontare, ne
se ce
l’avrebbe fatta, ma voleva farlo, con tutta se stessa.
-Puoi
tirarti indietro da un giorno
all’altro- disse, aumentando però la presa sulla
sua mano –Se scapperai via
urlando non ti biasimerò-
Jude
scosse la testa con fermezza
–Non succederà-
Forse
fu il tono sicuro con cui
disse quelle parole, o forse il suo sguardo determinato a spingere
Andrew a
strattonarla per la mano per poi avvolgerla con le sue braccia calde.
E
quell’abbraccio, per Jude, in quel
momento valeva più di ogni altra cosa, perché era
l’unica cosa di cui aveva
bisogno.
Un’ora
dopo Jude ed Andrew sedevano
all’enorme isola in marmo bianco della cucina pronti a
mangiare. Alla fine Jude
aveva trovato abbastanza ingredienti per cucinare un piatto di pasta e,
inoltre, aveva scoperto che Andrew era una vera frana in cucina.
-Come
sopravvivi ogni giorno?- gli
chiese addentando un boccone di spaghetti
-Mi
nutro di hot dog- la prese in
giro, ricordando quella volta al parco quando con l’inganno
era riuscito a
farle dare un morso al suo panino farcito.
Jude
storse il naso, mandando giù il
boccone –Divertente-
Andrew
ridacchiò, per poi
soffermarsi a guardare la tavola di fronte a loro -E’ tutto
così strano-
-Cosa?-
chiese Jude aggrottando la
fronte.
-Questo…-
indicò il tavolo bandito
avanti a loro -…del cibo buonissimo cucinato da qualcuno che
si prende cura di
me-
La
ragazza sorrise, incrociando il
suo sguardo.
-E’
strano, è come se mi sentissi a
casa-
Jude
lo guardò attentamente,
studiando i suoi lineamenti che si addolcivano. Di certo trasferirsi
dall’altra
parte dell’oceano non doveva essere una cosa semplice; Lei
era in un altro
stato e sentiva terribilmente la mancanza della sua famiglia, figurarsi
se
fosse stata in un altro continente.
-Non
che a Londra ne avessi mai
avuto una vera- il tono amaro con cui pronunciò quelle
parole fece accigliare
Jude.
Andrew
intercettò il suo sguardo
dubbioso e sospirò leggermente, mentre abbassava la testa
verso il piatto.
-Non
ho mai avuto un buon rapporto
con i miei genitori, Jude- cominciò e la ragazza si
drizzò sulla sedia
consapevole che quell’evento fosse più unico che
raro.
Andrew che parlava di se stesso non era una cosa che si vedeva tutti i
giorni.
-Anzi,
non ho mai avuto alcun tipo
di rapporto- una risata amara uscì dalle sue labbra.
-Mia
madre e mio padre sono due dei
più affermati chirurghi di tutta l’Europa, due
persone fredde e calcolatrici
anche nella vita privata- Jude non toglieva un attimo gli occhi da
Andrew,
pronta a cogliere ogni inflessione della sua voce, ogni suo minimo
gesto.
-Hanno
un piano ben preciso di come
deve svolgersi la loro vita e in questo piano, ovviamente, eravamo
inclusi
anche io e mio fratello maggiore, Ben-
Al
ricordo del fratello di Andrew,
Jude riuscì a malapena a trattenersi dal fare una smorfia.
Quel ragazzo proprio
non le stava simpatico e, se aveva appreso quei modi dai genitori,
poteva
capire perchè Andrew non avesse alcun tipo di rapporto con
loro.
-Avevano
un piano anche per voi? In
che senso?- chiese, ormai del tutto interessata a scoprire ogni cosa
della sua
vita.
Andrew
giocherellò con un pezzo di
pollo nel suo piatto, prima di rispondere alla sua domanda.
-Noi
ovviamente saremmo dovuti
crescere proprio come loro, frequentare Oxford e diventare due illustri
chirurghi- un sorriso amaro si dipinse sulle sue labbra, mentre i suoi
occhi
restavano puntati sul piatto –Sin da piccoli ci hanno spinto,
quasi obbligato,
a frequentare certi ambienti: il circolo esclusivo di Tennis, i
migliori campi
estivi costati un occhio della testa e le migliori scuole. Tutti
ambienti
frequentati da stupidi ragazzini con la puzza sotto al naso-
-Quando
Ben pese il diploma e fu
accettato ad Oxford, i miei erano così fieri di lui, ed
erano sicuri che io
avrei seguito le sue orme, visto il legame che c’era tra di
noi-
Il
legame che c’era. Quindi una
volta Andrew e Ben erano stati amici, oltre che fratelli? Cosa li aveva
spinti
ad arrivare a quello che erano ora?
Jude
pendeva dalle sue labbra,
totalmente interessata al suo discorso, quando Andrew alzò
gli occhi verso di
lei, facendole un sorriso tirato.
-Quindi
potrai immaginare la loro
sorpresa nello scoprire che il loro figlio minore dopo scuola
frequentava dei
corsi di arte invece che il circolo di tennis-
La
ragazza trattenne il fiato, come
se avesse mentito lei ai suoi genitori e fosse stata beccata.
-Frequentavi
corsi d’arte?- sussurrò
sorpresa ed Andrew annuì distrattamente.
-La
mia professoressa del liceo mi
avvicinò all’arte, spronandomi ad approfondire
questo mio interesse. All’inizio
ero titubante, sapendo che i miei non sarebbero stati
d’accordo: Andrew Thompson,
aspirante futuro chirurgo, che butta al vento il suo futuro per fare
l’artista.
Potevo vedere le loro espressioni di biasimo cristalline nella mia
mente-
scosse la testa con un’altra risata nervosa –Un
giorno però mi lasciai
convincere, andai ad una delle lezioni che la professoressa teneva a
Londra e
quando per la prima volta poggiai il pennello su una tela bianca mi si
aprì un
mondo, da allora capii che l’unica cosa che sarei riuscito a
fare per tutta la
vita era dipingere-
Una
scintilla illuminò il suo viso e
Jude sorrise di riflesso.
-Al
quarto anno la professoressa mi
mise tra le mani un plico di fogli: era la domanda
d’iscrizione per “L’Accademia
delle belle arti” a Parigi-
Jude
strinse i pugni, sporgendosi
verso di lui –Ti hanno accettato?-
Andrew
rise sarcastico e lasciò
cadere la forchetta.
-Non
l’ho mai spedita. I miei hanno
trovato il modulo che avevo nascosto, hanno fatto licenziare la mia
insegnante d’arte
e hanno dato chiaro ordine all’università di
Parigi di rifiutare una mia
eventuale candidatura-
La
ragazza spalancò la bocca,
allibita. I genitori di Andrew avevano davvero così peso?
Erano così
importanti?
-Ovviamente,
così hanno fatto con
tutte le università Europee- evidentemente si, erano davvero
importanti.
-Come
ci sono riusciti?- chiese in
un sussurro basso
Andrew
scrollò le spalle –Frequentare
certi ambienti ti da l’opportunità di farti molti
amici che contano-
Jude
deglutì di fronte alla chiara
ingiustizia subita da Andrew solo ed unicamente per uno stupido
capriccio dei
suoi genitori.
-E
tu cosa hai fatto?-
-Ho
cercato di parlargli, ma
ovviamente loro non volevano sapere ragioni, dicevano che ero un
ingrato, uno
stupido immaturo che non prendeva seriamente il suo futuro. Non
capivano che io
non sono come loro, come Ben, io sono diverso- strinse i pugni
sottolineando le
ultime parole, come se fossero riferite più a se stesso che
a Jude.
La
ragazza allungò una mano verso il
pugno chiuso, stringendola nella sua.
-Si
che sei diverso- sussurrò
fissandolo intensamente. Lui non era insensibile come suo fratello, non
era
glaciale come i suoi genitori. Lui era caloroso, passionale,
intelligente,
divertente, spiritoso. Lui era fantastico e non doveva sentirsi nemmeno
un
istante come loro.
Andrew
le sorrise, prendendo un
respiro, prima di ricominciare a parlare.
-Dissi
ai miei che non volevo studiare
medicina, che se non mi avessero fatto studiare arte, sarei diventato
un
artista di strada, avrei vissuto con le mie tele e i miei colori- Jude
guardava
affascinata il viso di Andrew illuminarsi alle sue parole.
-Mio
padre mi prese in parola.
Chiuse il mio conto
in banca e bloccò tutte
le mie carte di credito. Finché non avessi ritrovato la
ragione loro non mi
avrebbero più dato nemmeno da mangiare. Subito dopo il
diploma me ne andai di
casa, prendendo in affitto una stanza nella city, con la speranza di
trovare un
lavoro per sopravvivere, ma ovviamente mio padre aveva sparso la voce e
nessuno
era disposto a darmi un lavoro- La ragazza gli strinse più
forte la mano e lo
vide sussultare leggermente.
-Dopo
un mese mio fratello venne a
farmi visita, stava partendo per l’America per collaborare
con uno dei più
grandi ospedali del nuovo continente e mi chiese di seguirlo. Sapevo
che fosse
un piano di mio padre per tenermi sotto controllo, per permettere a mio
fratello di farmi il lavaggio del cervello, ma non avevo altra scelta,
forse
dall’altra parte del mondo avrei avuto qualche
possibilità-
Jude
scosse la testa, incredula di
fronte a quella storia. Andrew aveva subito tutte quelle ingiustizie,
gli era
stato messo ripetutamente il bastone tra le ruote, dai suoi stessi
genitori, le
persone che avrebbero invece dovuto sostenerlo in tutte le sue scelte.
-Sei
ancora in tempo Andrew, puoi
ancora seguire i tuoi sogni-
Ora
era in un altro continente, l’aveva
detto anche lui, era libero di fare quello che voleva, senza sentire il
fiato
del padre sul collo.
Andrew
le sorrise con espressione
compassionevole, come se ci fosse ancora dell’altro.
-Quando
sono arrivato a New York,
per prima cosa ho fatto domanda alla Columbia e la mia domanda
è stata
rifiutata-
Jude
spalancò la bocca –Tuo padre ha
amici influenti anche qui?-
-Credo
li abbia persino in Kazakistan,
temo- rise lui, scuotendo la testa.
-Come
sei finito a fare il modello?-
Era una domanda che avrebbe sempre voluto porgergli, ma aveva sempre
avuto il
timore che lui non le avrebbe dato risposta. Visto che quella sera era
in vena
di confessioni, era meglio battere il ferro finché era caldo.
Andrew
si concentrò, aggrottando le
sopracciglia.
-Qualche
giorno dopo la lettera di
rifiuto della Columbia, ricevetti una chiamata dalla professoressa
Green-
-La
professoressa di arte?-
-Si,
la mia domanda era passata tra
le sue mani, ed era rimasta colpita da alcune foto di miei dipinti che
avevo
mandato come allegato. Voleva vedermi per parlare della mia “carriera”-
-Cosa
ti disse?-
-Che
se volevo, poteva darmi delle
lezioni private- Sorrise al ricordo passandosi una mano tra i capelli
–Ma allora
ero scoraggiato e stanco e rifiutai, dicendole che avevo bisogno di un
lavoro,
non di uno stupido corso di pittura, allora lei mi presentò
questo suo amico
fotografo, che mi fece entrare in un’agenzia di modelli-
Jude
lo guardò aggrottando la fronte,
perchè aveva rifiutato un’opportunità
del genere? Delle lezioni d’arte dalla professoressa
Green, una delle più rinomate del paese.
Andrew
captò il suo sguardo e si
affrettò a spiegare.
-Per
un periodo, un lungo periodo,
ho odiato l’arte Jude. La ritenevo la fonte di tutti i miei
problemi, ma allo
stesso tempo non riuscivo a farne a meno. Barattavo colori e tavolozze
con la
professoressa Green, in cambio io dovevo posare per lei-
puntò gli occhi in
quelli di Jude, che prontamente arrossì al ricordo di Andrew
in quell’aula.
Completamente nudo.
-Ho
provato a farne a meno, dell’arte,
ma ho capito che è stato il mio più grande
sbaglio. L’arte fa parte di me, non
è una cosa che posso cancellare, nemmeno con la robaccia che
usavo-
Jude
rabbrividì a quelle parole,
capendole a fondo. Aveva cominciato a drogarsi perchè odiava
se stesso, odiava
quella parte che non poteva modificare.
-Andrew-
Jude scosse la testa,
cercando di trovare le parole adatte –Avere una passione,
così forte, è una
cosa bellissima-
Il
ragazzo abbassò lo sguardo, per
niente convinto.
-Riesco
a capire come ti senti. La
pittura e parte di te come la scrittura lo è di me-
alzò lo sguardo
interessato, prestandole finalmente attenzione –E non
c’è niente di sbagliato
in questo, anzi, ci rende speciali-
Allungò
una mano verso il viso di
Andrew, accarezzandogli una guancia. Deglutì sentendo il
contatto con la sua
pelle contro i polpastrelli e arrossì sforzandosi di
pronunciare quelle parole.
Non era momento di essere timidi, ora.
-Tu
sei speciale- lo disse con così
tanta fermezza e convinzione che fu impossibile per Andrew trattenersi
dal
sorriderle.
Jude
gli sorrise di rimando,
sospirando in cuor suo.
Andrew
si era finalmente aperto con
lei, le aveva raccontato la sua storia e si era fidato di lei. Quel
ragazzo
aveva sofferto davvero molto e non poteva ancora credere a tutte le
ingiustizie
che aveva subito a tutti i sogni che gli avevano strappato. Solo in
quel
momento si rese conto della solitudine di Andrew e sentì
l’impulso di
trasmettergli tutto il suo calore, il suo affetto.
Ci
sarebbe riuscita, a poco a poco.
-Si
è fatto tardi, è il caso di
andare-
Andrew
guardò l’orologio che portava
al polso, per poi rivolgere uno sguardo severo a Jude.
-Non
se ne parla-
Jude
spalancò gli occhi, quasi
spaventata dal tono duro e risoluto che aveva assunto. Aprì
la bocca per
controbattere, ma Andrew fu più veloce di lei.
-E’
mezzanotte passata e tu sei
stata tutto questo tempo fuori casa a causa mia, il minimo che possa
fare è non
farti girare per la città a quest’ora-
La
ragazza si trattenne dallo
sbuffare e battere i piedi a terra come una ragazzina. Non aveva mica
tre anni,
era perfettamente in grado di tornare a casa da sola, a qualsiasi ora
della
notte o del giorno e poi l’alternativa qual’era?
Dormire a casa di Andrew?
Quella giornata aveva avuto fin troppi colpi di scena per i suoi gusti,
ci mancava
solo che le venisse un infarto.
-Chiamo
un taxi, non è un problema-
tentò, ma Andrew scosse la testa in senso negativo.
Va
bene, ora cominciava ad
innervosirla. Non poteva darle ordini, non era mica suo padre!
-Una
ragazza non può girare da sola
per le strade di New York a quest’ora-
Stava
per partire con il suo tono
polemico facendogli notare che era in uno dei quartieri più
ricchi della città,
non nel Bronx, e il suo discorsetto sulla parità dei sessi
era già in procinto
di cominciare, quando Andrew fece un passo verso di lei, con
l’espressione più
dolce che gli avesse mai visto in viso.
-Sono
solo preoccupato per te- occhi
languidi, parole sussurrate e labbro sporgente: l’aveva
già messa KO.
-Andrew,
è stata una giornata
pesante, voglio solo tornare nella mia stanza- cercò di
buttarla sul comfort
della sua stanza, ma il tono con cui lo disse non convinse nemmeno se
stessa,
figurarsi lui che trattenne a stento un sorrisino di vittoria.
-Dormirai
nella stanza degli ospiti,
non ti disturberò per nessuna ragione al mondo, per
rilassarti c’è una favolosa
Jacuzzi nel bagno in fondo al corridoio, se poi vuoi rilassarti in
altro modo…-
le lanciò una strana occhiata, che Jude non colse al volo
-la mia stanza è quella
in fondo al corridoio- concluse passandosi la lingua sul labbro
inferiore, in
un invito esplicito.
-Andrew!-
starnazzò lei diventando
paonazza, mentre gli mollava uno schiaffo sul braccio –La
Jacuzzi andrà
benissimo, grazie- quel ragazzo era incredibile, un attimo prima
sembrava la
persona più profonda del mondo, coi suoi discorsi sulla
famiglia e il senso
della vita, quello dopo di perdeva in allusioni volgari e fuori luogo.
Beh,
magari non del tutto fuori luogo. Insomma, non che lei non ci avesse
mai
pensato all’eventualità di…
-Come
preferisci- Andrew interruppe
la pericolosa piega che stavano prendendo i suoi pensieri, sorridendole
con una
scrollata di spalle.
Jude
sospirò, arrendendosi
definitivamente –Sei tremendo, non ho nemmeno il pigiama con
me!-
Andrew
alzò un sopracciglio,
arricciando le labbra in un ghigno malizioso e divertito.
-Zitto-
sibilò Jude alzando una mano
all’altezza del suo volto, bloccandolo prima che potesse dar
voce ai suoi
pensieri distorti –non importa, mi arrangerò-
-Che
mal pensante!- Andrew scoppiò
in una fragorosa risata –Volevo solo proporti di prendere in
prestito una mia
felpa!- Tirò la lingua fuori, prendendola palesemente in
giro.
La
ragazza alzò gli occhi al cielo,
scuotendo la testa. La felpa, certo.
-Vieni
su- ridacchiò allungando una
mano per scompigliarle i capelli.
Seguì
Andrew per il corridoio, fino
ad arrivare in quella che doveva essere la sua stanza. Come il resto
della casa
quella stanza era bellissima, ampia e luminosa, ma era vuota. Nessuna
fotografia, nessuna libreria o un qualsiasi segno di Andrew
lì dentro: era
totalmente anonima.
Andrew
si avvicinò all’enorme
armadio a muro accanto ad un letto a due piazze, aprendone
un’anta. Frugò per
qualche minuto mentre Jude prese a tormentarsi una ciocca di capelli
improvvisamente nervosa e ansiosa nel sapersi nella stanza di Andrew, a
pochi
metri da lui e un letto dall’aria molto comoda. Dannazione,
stava per caso
diventando una ninfomane?
-Ecco-
sentenziò in fine estraendo
qualcosa dall’enorme armadio –Questa dovrebbe
essere abbastanza grande- Le
porse un enorme felpa grigia con uno stemma strano, che non aveva mai
visto.
Quando
alzò lo sguardo verso Andrew,
lo trovò a guardarla con uno strano sorriso in volto. Non
era il suo solito
ghigno, un sorriso di scherno o malizioso, era stranamente dolce.
-Ti
accompagno nella tua stanza-
soffiò senza mai smettere di sorriderle.
Cosa
diavolo aveva da sorridere in
quel modo?
Jude
girò con lo sguardo per quell’enorme
stanza in cui Andrew l’aveva lasciata da più di
venti minuti ormai.
Se la casa e la stanza di Andrew le erano sembrate vuote, quella lo era
davvero. La stanza dalle pareti ocra, era del tutto vuota, eccezione
fatta per
il letto matrimoniale che padroneggiava accanto ad una finestra
altrettanto
grande.
Abbassò
lo sguardo sulle sue gambe
lasciate scoperte dalla felpa e si chiese cosa dovesse fare. Dal bagno
non
sentiva più il rumore della doccia, segno che Andrew ne era
uscito. Doveva
andare ad augurargli la buonanotte? Doveva andare a dormire senza dire
una
parola? Dio, quante complicazioni!
Sentì
bussare alla sua porta e si
alzò di scatto, cercando di allungare il più
possibile quella maledetta felpa,
che arrivava a coprirle fino a metà coscia.
La
testa di Andrew fece capolino
dalla porta, sorridente, ma quando la vide in piedi a pochi metri da
lui, la
sua espressione cambiò, diventando improvvisamente seria.
Cosa
aveva fatto, ora?
Aprì
del tutto la porta, facendo un passo
all’interno della stanza, mentre Jude restava ferma col cuore
a mille. Andrew
si soffermò sulle sue gambe nude, poi sui fianchi e le
spalle. Quando gli occhi
di Andrew arrivarono ai suoi, Jude ci lesse una strana brama dentro e
questo la
fece tremare come se un cubetto di ghiaccio le stesse scendendo
giù per il
collo, che invece era accaldato.
Jude
fissò Andrew, i capelli ancora
bagnati e indossava solo un pantalone largo, probabilmente di una
vecchia tuta.
I suoi occhi si fermarono sul petto scoperto del ragazzo, ancora umido,
e
desiderò di sfiorare con le sue mani la sua pelle liscia.
Si
morse un labbro imponendosi di
tornare con gli occhi a quelli di Andrew, che ovviamente non si era
perso
nessuna delle sue espressioni da malata mentale ed ora sogghignava
impunemente.
-Fa
molto caldo qui dentro, non
trovi?- Dio santissimo, doveva per forza dirlo con quel tono di voce
basso e
suadente? E doveva per forza muovere con non-chalance quella mano sul
ventre
scolpito?
-Un
po’- balbettò cercando di
allargare un po’ il collo di quella dannata felpa.
-La
mia felpa…ti sta bene- si passò
la lingua sulle labbra e Jude si sentì svenire come una
ragazzina.
-Grazie-
rispose titubante
abbassando lo sguardo, mentre univa le mani.
-Jude…-
la ragazza alzò lo sguardo e
lo vide stringere forte la maniglia della porta, mentre la fissava con
quegli
occhi timorosi, ma decisi e quel ghigno dipinto sulla faccia.
Lasciò
la maniglia con decisione,
arrivando di fronte a lei in due falcate. Fissò i suoi occhi
verdi in quelli
cristallini, di Jude, studiandoli per qualche secondo. Poi leggera ed
inaspettata arrivò una carezza sul viso di Jude, che si
sentì andare a fuoco
dalla tempia al mento. Lo sguardo che Andrew le stava rivolgendo era
così
carico di emozioni, così languido, fiducioso, speranzoso e
quella carezza era
stata così dolce che gli occhi le si fecero pesanti e la sua
mano corse
automaticamente a quella di Andrew, ancora ferma sul suo viso, per far
intrecciare le loro dita in un gesto rassicurante e spontaneo.
-La
prima volta che ti ho visto, ero
talmente cieco che non mi ero nemmeno accorto della persona che avevo
di
fronte- sussurrò carezzandole una guancia col pollice
–quando poi ti ho rivista
ancora, sai cosa ho pensato?-
Jude
cercò di sforzarsi di ricordare
le prime volte che aveva visto Andrew, non perchè aveva una
scarsa memoria, ma
perchè le mani del ragazzo che accarezzavano il suo viso non
erano di certo d’aiuto
per la sua concentrazione.
-Cosa
hai pensato?- ripeté
meccanicamente le sue parole, ormai completamente andata.
-Che
eri bellissima- sussurrò così
vicino al suo volto che Jude non riuscì più a
tenere gli occhi aperti.
Sentì
Andrew sospirare prima di
avvicinarsi e poggiare delicatamente le labbra sulle sue, senza
muoverle. E poi
sentì il vuoto sotto di lei.
Il cuore prese a batterle impazzito, lo stomaco si strinse in una morsa
assassina e il suo cervello non aveva ancora captato quello che stava
succedendo. Le sue mani furono più veloci della sua testa e
lentamente andarono
alle spalle del ragazzo, ma prima che riuscissero ad attirarlo verso di
lei,
Andrew si staccò, lasciandola interdetta.
Si
guardarono per un istante, senza
dir niente, poi Andrew le lasciò un’altra carezza
sulla guancia, questa volta
allontanandosi di un passo da lei.
-Buonanotte
Jude- nessun sorriso
dolce, solo uno sguardo pieno di qualcosa che non sapeva ancora
riconoscere.
-Buona…notte-
riuscì ad ansimare
prima che lui uscisse dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Jude
rimase impalata in quella
stessa posizione per diversi minuti, lo sguardo verso la porta ed una
mano ad
accarezzare le sue labbra dove poco prima aveva sentito il calore di
quelle di
Andrew.
Non
l’aveva immaginato, vero? Andrew
l’aveva baciata. Certo, era stato uno sfioramento di labbra
più che altro, uno
di quel baci che si scambiano i bambini all’asilo, ma cavolo,
aveva poggiato le
sue labbra su quelle di Jude.
Sospirò
sonoramente buttandosi all’indietro
verso il letto sotto di lei, portando una mano a coprirsi gli occhi,
mentre un
piccolo sorriso si faceva largo sulle sue labbra.
Ora che conosceva la storia di Andrew, capiva di più il suo
comportamento: quel
voler sembrare sempre freddo, distaccato, indifferente, era tutto un
riflesso
del suo rapporto con i genitori. Vederlo ora aprirsi, anche se a poco a
poco,
con lei, vedere che era attratto da lei, era fantastico.
Perchè poteva essere
anche la persona più ingenua del mondo, ma ormai era chiaro
che Andrew fosse
attratta da lei almeno un terzo di quanto lei non lo fosse da lui.
Lui,
al suo contrario però, sembrava
timoroso di qualcosa. Andava lentamente con lei, forse anche troppo.
Doveva
spingersi e fare la prima mossa o rispettare i suoi tempi a costo di
dover
aspettare anni?
Scosse la testa, sbuffando infastidita: lei fare la prima mossa? Non ci
sarebbe
riuscita nemmeno volendo e poi doveva andarci piano con Andrew che non
era
abituato a tutto quello, ad avere qualcuno che si preoccupa e prende
cura di
lui. Una sua mossa avventata l’avrebbe solo spaventato e
fatto allontanare da
lei. Per ora Andrew aveva problemi ben più importanti di
quelli di cuore che
aveva lei, e Jude doveva sostenerlo e concentrarsi su quello.
Non
sapeva cosa si provasse ad
essere dipendenti da qualcosa, ma sapeva che per Andrew non sarebbe
stato
facile uscirne ed era suo compito stargli accanto e sostenerlo, sempre.
Doveva
prima aiutarlo a guarire il
suo corpo poi, magari, sarebbe riuscita a guarire anche il suo cuore.
* * *
TATATATAAAAAAN!
Eccoci
qui. Ecco scoperta la storia
di Andrew, povero cucciolo, e finalmente tra i due la situazione si sta
smuovendo.
Spero
vi sia piaciuto il capitolo :)
A
presto, spero!
Futuro. Cosa volete
diventare? Lo sapete già o siete ancora
indecisi?
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