TRIANGLe

di Asia_Addicted
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1_ ***
Capitolo 2: *** Chapter 2_ ***
Capitolo 3: *** Chapter 3_ ***
Capitolo 4: *** Chapter 4_ ***
Capitolo 5: *** Chapter 5_ ***



Capitolo 1
*** Chapter 1_ ***


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Capitolo 2
*** Chapter 2_ ***


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Capitolo 3
*** Chapter 3_ ***


Appena vide la chiamata in arriva esitò a premere il tasto che la accettava. Aveva una paura folle. Aveva terrore che all’unica persona a cui teneva davvero fosse capitato qualcosa di irreparabile. Stai calmo e rispondi a quel dannato telefono… Avvicinò lentamente il telefono all’orecchio e premette il tasto verde lampeggiante. “Pronto?” “Pronto, Mark Dauster?” “Sì, sono io…” “Elizabeth Tintser ha avuto delle complicazioni durante l’operazione che l’avrebbe sollevata dal coma farmacologico. Continuava a fare il suo nome, ma per il momento è in stato di incoscienza. Temiamo che abbia subito danneggiamenti alla cortecc….”. Da quella parola in poi Mark si sentì perduto. Danneggiamenti. La sua ragazza aveva subito dei danneggiamenti! Non poteva tollerarlo. Mentre l’infermiera continuava a parlargli senza fermarsi, Mark chiuse incredulo la chiamata. Rimase immobile a fissare la parete bianca immacolata della sua stanza. Dopo poco si lasciò cadere sul letto senza distogliere lo sguardo dalla parete. Piano piano le sopracciglia del ragazzo si inarcarono esageratamente assumendo un espressione d’ira pura. Mark gettò con forza il telefono sul palchetto che probabilmente era appena stato lucidato. Mentre lanciava il telefonino, gridò, gridò con tutto il fiato che aveva nei polmoni dimenticandosi del male alla gamba e delle mani ancora insensibili. Si alzò di scatto. Quel movimento provocò un dolore lacinante al femore, che lo fece cadere con un tonfo sul pavimento. Si mise le mani sulla gamba, massaggiando con i pollici il muscolo, ovviamente con cautela. Guardandosi la gamba gli salirono le lacrime agli occhi, e dopo qualche secondo Mark si ritrovò a piangere irrefrenabilmente, battendo i pugni a terra. Non poteva fare niente, era ferito. Non poteva correre da lei, salvarla e dirle che andava tutto bene, anche se lei non poteva sentirlo essendo incosciente. Continuò a singhiozzare per minuti e minuti steso sul pavimento della sua stanza. Lui e Beth avevano passato momenti davvero felici inquella camera. Compresa la loro prima volta…. Poco più di una settimana prima. Era stato emozionante, soprattutto stretto tra le braccia di lei, quell’amore che non poteva svanire,mai più. Ma ora, tutto in un giorno, quei momenti erano stati cancellati da un bastardo che l’aveva violentata, strappandogliela via da quel sogno che doveva essere stato eterno. 10 “Perché!!!!!!!!!! Perché a me??!”. Mark non smise di singhiozzare nemmeno quando sentì un rumore sordo di passi che battevano sul legno… delle scale! Suo padre l’aveva sentito urlare. No, non avrebbe dato al padre la soddisfazione di vederlo piangere per Beth. Velocemente si asciugò le lacrime con un lembo della maglietta dei Lakers. Si mise a gambe incrociate a velocità smisurata, che causò un'altra fitta dolorosissima. Sentì i passi avvicinarsi sempre di più. Fissò la porta di legno d’acero finchè, con un cigolio, non la vide aprirsi. Non era suo padre. Gli occhi di Mark si illuminarono come non mai di un misto d’ira e nostalgia. David. A Mark scappò un impercettibile singhiozzo, che però David riuscì a sentire. “Ehi, bello di mamma. Che fai? La tua fidanzata ha un trauma cranico e tu te ne stai qua a piagnucolare come un perdente? Alza quel culo che andiamo all’ospedale con la mia macchina nova.” Dopo quelle parole Mark non ci vide più dalla rabbia, si alzò velocemente, ignorando il dolore mascherato dall’ira e si scagliò contro il suo migliore amico. Lo prese per il collo, facendolo cadere a terra. Quando Mark riuscì a sedersi a cavalcioni su David, cominciò a tirargli raffiche di pugni facendosi male alle nocche gelate, che stavano cominciando a riprendere sensibilità. David incassò i pugni senza neanche un gemito. Improvvisamente, quando Mark meno se lo aspettava, David si alzò facendo rotolare Mark a terra, e gli mise un piede sul petto, guardandolo con malizia e provocazione, come se quei pugni che poco prima aveva subito da Mark non gli avessero fatto nulla-. “Sei solo un poppante che si consola piangendo. Non credere che con quello che hai fatto quasi cinque anni fa ormai, ti sei riguadagnato la mia fiducia. Era solo una stupida scommessa, e ti sei fatto fregare da me. Questo dimostra che sei anche più stupido di quel che credevo.” A quel punto tirò un calcio a Mark sulle labbra, facendogli colare un rivolo di sangue giù per il mento. “Sarò pure uno che si è fatto fregare da un bastardo come te, ma non lo rifarò un'altra volta. Beth ha scelto me. E ti odia. Ora siamo felici ed in questo momento tu dovresti essere in discoteca circondato da quattro puttanelle, solo come un cane che si consola con ragazze ed un bicchiere di Whisky. Non stare qui a preoccuparti della mia ragazza. Mia. Non tua hai capito farabutto? Io ti ho cancellato dalla mia vita anni fa e non ho intenzione di farti rientrare!” Gli occhi neri di Mark si accesero di una fiamma di speranza quando videro quelli chiari di David vennero trapassati da un riflesso di impotenza, come se Mark avesse ragione. Gli occhi di David si svuotarono e guardarono il nulla, sperduti. Approfittando di quel momento di distrazione, Mark saltò in piedi e colpì David con forza, facendolo barcollare e cadere a terra. I suoi occhi erano ancora carichi di impotenza, che fecero rischiarare il cuore di offuscato dalla rabbia di Mark , da uno spiraglio di pietà. Lasciò la presa dal suo collo, vedendolo respirare affannosamente. Con il dorso della mano si pulì la ferita al labbro e lo guardò provocatorio. I due si fissarono, parlandosi con gli occhi. 11 “Avrei solo una domanda per te David. Cosa ti è successo?” Gli occhi di David si riempirono nuovamente di calma e freddezza che aveva quando era entrato dentro la stanza. Si passò una mano tra i capelli castano chiaro, massaggiandosi la nuca e arruffando la zazzera. “Bè, ognuno, crescendo, si trova davanti ad un bivio. Io e te abbiamo scelto strade diverse, che tre anni fa si sono rincontrate. Tu inizialmente avevi preso la strada del bravo ragazzo, che si lasciava scappare qualche fuga da casa. Io invece ho scelto quella del ragazzo che tutte le mamme odiano, e che vogliono che stia alla larga da quelli come te. Poi è spuntata Ely.” Già, se n’era dimenticato, David la chiamava Ely-… “Che ci ha fatto rincontrare, dato che piaceva a tutti e due. Tu saresti diventato come me solo per averla…. E lo sei diventato. Facevi follie per lei. Io intanto provavo gli stessi sentimenti per lei… ma lei considerava solo te.Poi sei caduto in quella stupida scommessa…” Gli occhi di Mark si riempirono di lacrime. “Tu accettasti di affrontarla pur di stare con Elizabeth. Ma non sapevi che era solo un tranello per perderla e lasciarla a me… Ma a quanto pare non ha funzionato.. Però tu hai perso una persona a cui tenevi… Per carità, hai avuto Ely ma hai perso… C’è bisogno di continuare?” “No, non ce ne bisogno, non sprecarti.” “Il mio piano fallì miseramente quando mi accorsi che tu ed Ely eravate inseparabili, ed uno avrebbe fatto qualsiasi cose par avere l’altro. Così tu hai avuto Ely, perso il tuo migliore amico…” Mark non lo fece finire. “Ex…” “Sì, sì, come vuoi, ex migliore amico, e perduto… Demy” A sentire quel nome Mark ebbe un tuffo al cuore. “Basta parlarne! David, cosa sei venuto a fare qui?” Le labbra di David si incresparono in un sorriso. “per andare da Ely. La voglio rivedere, anche se, come dici tu, mi odia. Sai, da quella cazzata che hai fatto per racimolarti Elizabeth, non l’ho più vista… Com’è diventata? Ha sempre i capelli con le mesh blu?” Mark lo fissò con curiosità. Da quando parlava così tanto? “Andiamo a sto’ dannato ospedale e non pensiamoci più, tanto io pensavo già di andarci, ma a piedi. Però tu hai la macchina nuova e… Sai cosa intendo. Un patto però” David si sistemo la camicia, avvicinando i due lembi che erano stati allontanati a causa di un bottone che era saltato mentre si picchiavano. Poi finalmente gli diede retta fissandolo con i suoi occhi di ghiaccio. “Che tipo di patto?” Mark si guardò in giro senza motivo, dopo si abbassò a raccogliere il cellulare che durante la lotta e dopo esser stato lanciato da Mark aveva subito graffi su tutto lo schermo. Sistemò il letto e fece cento altre cose, come se non avesse sentito la domanda di David. Lo sguardo del ragazzo dagli occhi di ghiaccio si fece sempre più irritato. Finalmente Mark si girò e gli disse:”A patto che resti, la guardi e te ne vai.” David sorrise sarcastico. “Per me va bene gelosone.” Scoppiò in una risata calorosa, ma quando vide gli occhi infiammati di Mark la sua risata cessò. 12 “Andiamo pappamolle, che tra un po’ l’ospedale chiude.” Mark e David si avviarono verso la porta, l’aprirono ed uscirono sul pianerottolo di fronte alle scale che portavano al piano di sotto. Mark notò che le scale erano colme di impronte fangose, che forse erano le sue, e notò anche che il padre era ancora seduto davanti al camino con la sua tazza di tè in mano, non più fumante. Scesero le scale senza far rumore, finchè Mark non fu colto alla sprovvista da una fitta che lo fece scivolare e ruzzolare direttamente al piano di sotto. David scoppiò a ridere mentre il padre sobbalzò dalla sedia. Si voltò e fissò Mark e David alternatamene. Mark a sua volta, lo fissò con sguardo implorante come per chiedergli di non fare domande. Il padre annuì debolmente, accennò un saluto a David e si rimise a bere il suo tè fissando il camino. Mark e David uscirono e si avviarono verso la macchina, notando che stava diventando molto buio. Aprirono il cancello e si avviarono verso l’ospedale, mentre Mark si assaporava il momento in cui avrebbe rivisto Beth.

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Capitolo 4
*** Chapter 4_ ***


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Capitolo 5
*** Chapter 5_ ***


M ark non ce la faceva più. Voleva arrivare da Beth all’istante. Ma non poteva, aveva fatto una cavolata. Aveva visto l’ospedale all’orizzonte, e per questo non era più riuscito a ragionare. Sbandando a destra e a sinistra aveva causato un frontale tra una Nissan ed un Alfa Romeo… Ma a lui non importava, doveva raggiungere a tutti i costi l’ospedale, era andato in crisi e doveva rivederla. Mentre il finestrino dell’auto si abbassava e il rumore del motore dell’auto diminuiva sempre di più insieme alla velocità, Mark pensò all’ultima volta che aveva visto Beth. Impotente, dormiva sul lettino dell’ospedale. Aveva sofferto nel vederla in quello stato, molto. Un rumore sordo lo distolse dal suo flashback, facendogli instintivamente girare la testa verso il finestrino di scatto. Un uomo con un cappello possedente una visiera che circondava quasi completamente esso, bussava ostinatamente contro il vetro dell’auto, facendo inumidire i guanti neri ogni volta che arrivavano in contatto con il vetro. Mark all’inizio non capì. No, aspetta. Il ragazzo mise a fuoco il viso e l’uniforme dell’uomo. L’uniforme. Un poliziotto. Mark mise velocemente la mano sul piccolo pulsante quadrato che faceva scendere il finestrino. Premette verso il basso il basso finchè il finestrino non arrivò circa a metà. Il poliziotto li gurdò con severità. “Ragazzi, vi rendete conto di cosa aver provocato ....” Il poliziotto fece un vago gesto che indicava la strada dietro di loro. “questo?” David alzò la mano in segno di resa, aggiungendo: “Ok, amico. Ci scusi per.. questo. Ma abbiamo fretta di raggiungere un posto ed il mio amico... Ahi.” David fu interrotto da un forte pizzicotto sulla coscia, da parte di Mark. L’uomo in uniforme li guardò interrogativi alternativamente. “Cos’è tutta questa informalità? Io sono una forza dell’ordine e non devi permetterti di chiamarmi amico.” Il poliziotto fece una pausa. Successivamente si guardò cautamente intorno, come per accertarsi che nessuno fosse nei paraggi. Diede un ochhiata al suo collega ancora nell’auto, con i piedi sul cruscotto e le cuffie all’orecchio. A quanto pareva il poliziotto che li aveva fermati doveva essere un uomo importante nella classifica poliziesca, poichè lo fissò terrorizzato e si sfiò velocemente le cuffie, riponendo anche le gambe al loro posto. Il tenente accennò un lieve sorriso, ed annuì debolmente. Dopo ritornò a loro. 17 “Ragazzi, questa volta ve la cavate con la metà della multa, ma la prossima volta chevi becco la vostra patente finisce...” L’uomo sfilò dalla fondina un piccolo block-notes. Ne sfilò un foglietto e lo strappò con forza. “così.” David lo fisso come se in quel momento avesse strappato la sua patente. Tirò fuori il portafoglio con la mano tremante, lo aprì piano e disse: “Q-questi potrebbero b-bastare...?” Il poliziotto infilò con un movimento rapidissimo il braccio all’interno della macchina, sfilandogli le banconote di mano. Sfiorò il pollice con la lingua e comiciò a contarle, facendole scorrere da una mano all’altra. Alle ultime banconote si fermò pochi attimi, titubante. Ma poi ricominciò. “Sì, vanno bene. Alla prossima ragazzi.” Fece un passo indietro e, prima di voltarsi, guardò con un sorriso malizioso David, che gli ricambiò du occhiate terrorizzate, ma poi accellerò, come se volesse liberarsi al più presto da quel guaio. Dopo pochi minuti passati in machina dopo l’incontro con la polizia, David ruppe il silenzio. “Q-quel pliziotto è completamente... completamente...matto” Mark scoppiò in una risata calorosa, la prima da tanti anni in presenza di David. “Ahahah, sei terrorizzato... anche prima... Semrava che ti avessero fatto vedere un uomo squoiato.” A Mark scappò un ultima risatina. Stettero per pochi istanti in silenzio. David scosse lentamente la testa e lo guardò. Poi gli fece cenno di guardare al di là del tergicristalli. L’ospedale si ergeva imponente davanti ai loro occhi. A Mark si illuminarono gli occhi, finalmente l’avrebbe rivista, il suo amore, la sua ragione di vita, la protagonista dei suoi giorni e sogni. Ma qualcosa gli sopprimeva il petto. Paura. Profonda, maledetta, infinita stramaledettissima paura. Lei era lì dentro, e non poteva nemmeno sapere cosa le stava succedendo intorno. La macchina svoltò per imoccare la piccola via che portava al parcheggio dell’ospedale. Con poca fatica trovarono parcheggio, a quanto pareva quel giorno l’ospedale non aveva ricevuto molte visite. Il motoredella macchina si spense, e David stacco le chiavi dal foro in cui erano state infilate per accendere la macchina. Le buttò con un gesto svogliato sul cruscotto e guardò fuori. Anche Mark lo fece. Tutti e due guardavano nello stesso punto. David, sempre tenendo lo sguardo constantemente fuori, diede una poco lieve pacca sulla coscia, guadandolo subito dopo con un sorriso sincero. “Ci siamo.” “Già.” Mark lo disse alzando di poco le sopraciglia e sringendo gli angoli della bocca. “Pronto?” Già, sono pronto? Mark sinceramente non o sapeva minimamente. Gli avrebbe fatto male, tanto male. 18 “Non lo so.” David lo guardò con comprensione, come se anche lui avesse passato quei momenti. “Fatti coraggio... Non serve niente autocommiserarti. Devi andare avanti, e solo dopo potrai giudicare le tue emozioni.” “E da quando sei così filosofico?” “Da quando l’ho provato in prima persona.” “Tu l’hai provato di persona... ok, questo è divertente.” Mark espirò rumorosamente. Si mise le mani in tasca e si mise a frugare all’interno di esse. Ne fece uscire una toppa quadrata, o almeno, che un tempo doveva esser stata quadrata, poichè nel momento in cui la sfilò dalla tasca dei pantaloni non aveva gli angoli inferiori e quelli superiori era diventati rotondi. Aveva una miriade di fili che sporgevano dalle cuciture rotte, facendo avere alla toppa un’impressione ancora peggiore di quel che già era. Le esili mani di David si alzarono tremanti per la commozione, e la sfiorarono con la delicatrezza di uno storico che accarezza un resto rarissimo. “L-l-l’hai c...conservato.. v-vedo...” David dovette tirare su con il naso per non piangere. “Già, anche se ti odio, l’ho conservata.” “Me lo ricordo, quando... quando... quando te l’ho regalata....quel pomeriggio, nel bosco. Quando eravamo inseparabili... a otto anni...” Gli occhi di David si fecero una fessura, a causa della pelle tirata in quel sorriso nostalgico e commosso. “Sì, proprio inseparabili.” Mark invece sembrava completamente indifferente alla vista della toppa, come se l’avesse rigirata tra el mani ed ammirata tantissime volte. Aveva i bordi in rilievo dove le cuciture erano più spesse di un blu scurissimo, che faceva risaltare il giallo vivo che vi era all’interno. Lo sfondo dentro, appunto, era giallo, ma quello che per loro era sempre contato di più era il disegno al centro. Era raffigurato il nuomero otto, un semplicissimo ed insignificante otto, che per loro valeva molto però. “Me l’aveva cucita mia nonna il giorno del mio compleanno, per riparare il foro che si era formato all’altezza del ginocchio sui miei pantaloni preferiti, quando siamo caduti tutti e due dalla nostra casa sull’albero.” Mark lo guardò sorpreso. “Te lo ricordi?!” “Certo! Come potrei non ricordarmelo? Non eri solo tu quello che teneva lla nostra amicizia, eh!” Mark si voltò verso il finestrino, dopo guardò la maniglia che apriva la portiera. Doveva farlo? Era pronto a fare questo? Non ci pensò e la aprì. Uscì fuori, chiuse la portiera e si portò le mani alla schiena, curvando quest’ultima leggermente all’indietro, stiracchiandosi. “Mal di schiena?” “Sì, la tua macchina è alquanto scomoda.” David lanciò le chiavi in aria, ripredendole al volo con un gesto rapido. “Andiamo.” 19 “Andiamo.” Ripetè Mark. Fece qualche passo in avanti, salendo sul marciapiede. David era già davanti al portone d’ingresso dell’ospedale. Mark si stupì di quanto fosse stato veloce, quindi accellerò il passo, ma inciampò in una radice dei tanti alberi che si susseguivano nel vasto giardino dell’ospedale. Fece per cadere a terra quando du mani rapide lo afferrarono dietro. Il tocco delle mani era soffice ma saldo, e fece rilassare Mark. Si issò indietro e si girò per vedere chi fosse stato a impedirgli di sbattere il mento a terra. Davanti a lui vi era una bellissima ragazza. Era di una bellezza infinita, e nel momento in cui Mark al vide dimenticò Beth. Aveva lunghissimi capelli neri, riccissimi. I boccoli le cadevano eggermente sugli occhi, ma permettevano comunque di vedere la perfezione del viso, la pelle era liscia e pallida, e gli occhi verdi screziati di azzurro. Mark restò a bocca aperta. “Ti sei fatto mle?” Mark era troppo scosso per la vista di quell’angelo. Perciò non rispose subito. Ma poi: “Oh... Sì... Cioè... No, per niente grazie” Le labbra della ragazza si incresparono in un sorriso. “Io sono May. Tu?” “Io... Io sono... Sono Mark..” Lo disse sorridendole calorosamente. May gli tese la mano e sul volto le si disegnò un sorriso che fece diventare gli occhi due fessure. “Piacere Mark!” Mark tese la mano a sua volta, accennando un lieve sorriso. Era davvero affascinato da quella ragazza, l’aveva rapito in un modo indescrivibile. “Piacere… T…tu..” La ragazza gli sorrise nuovamente come se gli avesse letto nel pensiero. “Sono, come ti ho detto prima, May Crawforth… Ed il mio numero di telefono è, puoi passarmi il tuo cellulare?”. Mark si mise di scatto la mano in tasca in cerca del telefono, lo trovò e lo sfilò dalla tasca. Dopodichè porse il telefonino a May. “Grazie!” May prese il telefono con un delicatissimo gesto, e con altrettanta grazia digitò in numeri che componevano il suo numero di cellulare. Quando ebbe finito ridiede il cellulare a mark chiedendogli la ragione per cui era venuto all’ospedale. A quella domanda Mark ebbe un tuffo al cuore. Incontrando quell’angelo di bellezza aveva dimenticato completamente Beth. Si voltò di scatto verso l’entrata dell’ospedale per assicurarsi che David fosse ancora dove l’aveva lasciato. E infatti era così. David era inerme davanti all’entrata dell’ospedale che lo fissava con gli occhi pieni di odio. Mark rispose con un vago cenno della mano e si voltò nuovamente verso May. “Sono qui perché… perché la ragazza del mio migliore amico sta male.” Mentì. Non sapeva perché, ma aveva mentito. Non aveva confessato il vero perché per cui era giunto fin lì. Ma come avrebbe potuto dire la verità? Lei era così bella… Il fatto è che mi piace, ecco cosa… ma non posso fare questo a Beth. 20 “Ah, okay. Mi raccomando, chiamami.. Magari ci andiamo a bere qualcosa insieme uno di questi giorni che ne dici?” “E’, è una splendidissima idea….! Che ne dici di Mercoledì alle tre davanti al bar “Old Queen”?” “Perfetto Mark. A mercoledì. Ciao!” “C-ciao…” May lo guardò con sguardo pieno di affetto ed avanzò, sfiorandogli la spalla con la manica della giacca di pelle, da cui cadde qualcosa. Un foglietto. Sopra vi era una scritta “Blackwood street 35/7”. Mark sollevò il biglietto verso l’alto, sventolandolo. May si girò e lo guardò con intesa, mercoledì non sarebbero andati al bar. Mark la guardò sbigottito, sorpreso. Scosse la testa, ogni cosa ha il suo tempo, ora doveva solo pensare ad andare da Beth. Già, da Beth. Mark ebbe un lieve capogiro, che lo costrinse a sedersi goffamente sul margine del marciapiede, portandosi le mani sulla fronte madida di sudore. Non poteva credere di essersi dimenticato di Beth a causa di quella ragazza. Beth era sempre stato il suo unico pensiero che riempiva le sue giornate. Non poteva essere vero. Forse era un segno, un segno che doveva…. Doveva… No, non posso farlo. Eppure si sentiva un pesante fardello sul petto, che gli opprimeva il cuore in un modo indescrivibile. Di colpo si era innamorato di una mezza sconosciuta, anzi, in tre minuti. Se solo non fosse stato in quella situazione, ci avrebbe provato sin dal primo momento. Ma poco prima aveva cercato il più possibile di contenersi. Non poteva essere possibile. Ma perché continuava a ripeterselo? Non poteva negare la realtà. May gli piaceva, più di Beth. Molto di più

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