Limbus - Fringe 1215

di katyjolinar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'ordine dei Cavalieri della Croce Blu ***
Capitolo 3: *** Petrus, il figlio dell'alchimista ***
Capitolo 4: *** Padre Walther, il monaco alchimista ***
Capitolo 5: *** Il laboratorio di Padre Bischoff ***
Capitolo 6: *** Il segreto di Oliver ***
Capitolo 7: *** Un nuovo caso per la Squadra Limbus ***
Capitolo 8: *** Un passo falso ***
Capitolo 9: *** Investigazioni lontane da casa ***
Capitolo 10: *** Dubbi ***
Capitolo 11: *** Missione sotto copertura ***
Capitolo 12: *** Preparativi e partenza ***
Capitolo 13: *** La Contessa Scharff ***
Capitolo 14: *** Segreti ***
Capitolo 15: *** Discussioni ***
Capitolo 16: *** Altre indaggini ***
Capitolo 17: *** Decisioni ***
Capitolo 18: *** Il mostro di Jones ***
Capitolo 19: *** Nuove vite ***
Capitolo 20: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 21: *** Reintegro ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Val di Susa, estate 1215.

Generalmente quel valico sulle Alpi era semplice da attraversare, specialmente in quel periodo dell’anno, senza la neve e il freddo che rallentavano la marcia. La carovana camminava lenta lungo il sentiero. In lontananza si vedeva già la loro prossima tappa: la Sacra di San Michele. L’avrebbero raggiunta entro sera, procedendo a quella andatura.

Il capo carovaniere apriva la fila. Il suo cavallo camminava rapido e prudente allo stesso tempo; era una bestia resistente.

Qualcuno tossì, alle sue spalle. Il capo carovana non se ne curò, era normale che qualcuno si ammalasse, durante quei lunghi viaggi. I monaci della Sacra lo avrebbero curato e il giorno dopo sarebbe stato meglio.

Un altro colpo di tosse. Un’altra persona si era ammalata. Il capo carovaniere cominciò a considerare l’idea di assumere dei sostituti nel vicino borgo di Sant’Ambrogio.

Ancora tosse. Questa volta erano più persone. Il capo carovana si voltò. Quello che vide non gli piacque affatto.

Il monaco guardiano stava per chiudere i cancelli per la notte, quando vide salire lungo il sentiero che si arrampicava sul Monte Pirchiriano e portava all’abbazia la carovana che aspettavano.

I cavalli camminavano lenti, in fila indiana. Il monaco guardiano si avvicinò per dare il benvenuto ai nuovi arrivati. Riconobbe il capo carovana, davanti al gruppo, ma c’era qualcosa di strano. Il monaco lo guardò meglio; era accasciato sulla sella del cavallo, e grossi bubboni scuri gli coprivano la pelle. Il monaco riconobbe i sintomi e si affrettò a dare l’allarme: la peste nera aveva colpito ancora.

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Capitolo 2
*** L'ordine dei Cavalieri della Croce Blu ***


Estate 1215. Campo di addestramento dei Cavalieri della Croce Blu, nei pressi di Avignone.

Il corpo dei Cavalieri della Croce Blu era stato fondato quindici anni prima da Papa Innocenzo III, e accoglieva al suo interno soldati provenienti da tutta Europa. Avevano ruoli di appoggio agli eserciti locali, ma agivano anche come corpo di polizia, affiancando l’Inquisizione e il Tribunale Pontificio, eseguendo indagini per loro conto.

Oliver era un giovane ufficiale. Aveva 17 anni, ed era entrato nel corpo dei Cavalieri della Croce Blu quando ne aveva appena 12, iniziando come stalliere e scudiero, ma facendo carriera grazie alle sue conoscenze tra i Templari. Infatti suo padre era stato un Cavaliere del Tempio, e grazie a questo era diventato dopo poco l’ufficiale di collegamento tra i due corpi armati.

Il giovane Oliver Du Nam era nel grande cortile interno del campo di addestramento, e si stava allenando nel combattimento col bastone, assieme al suo collega e amico, l’ufficiale inglese John Scott.

Il ragazzo era magro e agile, e riusciva a schivare buona parte dei colpi che il nerboruto quarantenne inglese tentava di infierirgli. Aveva appena atterrato Scott, quando Carlo, un ufficiale italiano, nativo della Repubblica di Firenze, superiore diretto di Oliver, corse a chiamarli.

“Il comandante Broyles ci vuole a raccolta!” esclamò.

I due lottatori scattarono in piedi e lo seguirono al punto di raccolta.

Il comandante Broyles era un uomo alto, sulla cinquantina. Era francese, ma si vociferava fosse figlio di un Moro, per via della sua carnagione scura. Attese che tutti fossero arrivati e, finalmente, parlò.

“Ci hanno chiamato per una indagine alla Sacra di San Michele, quelli che chiamerò facciano un passo avanti e preparino i loro cavalli, partiremo tra poco. Gli altri aspetteranno qui.” disse, guardando uno per uno tutti i soldati.

Oliver attese, ma il suo nome non venne chiamato. Appena il gruppo si fu disperso corse dietro il comandante.

“Signore! Vorrei parlarle…” lo chiamò. L’uomo si voltò per guardarlo e il giovane si identificò “Oliver Du Nam, ufficiale di collegamento con i Cavalieri del Tempio, signore. Posso chiedere perché non sono stato chiamato?”

“Non credo ci sia bisogno di voi, Collegamento.” rispose, spicciamente, Broyles.

“Io invece credo di sì. Cosa crede che penseranno i Templari, quando verranno a sapere che uno dei loro santuari è al centro di una nostra indagine?”

“Va bene, ragazzo. Se ci tenete tanto a venire, allora preparate le vostre cose e sellate il vostro cavallo. Partiamo tra poco.” ordinò l’uomo, infine si allontanò.

Dopo poco si misero in viaggio. Due sere più tardi erano arrivati alla sacra di San Michele; vennero accolti dall’abate priore, che li condusse immediatamente dal monaco speziale.

“Ci dica tutto.” lo incitò Broyles.

“E’ meglio se guardate da voi… mettete questi.” disse lo speziale, passando al gruppo di soldati dei pezzi di stoffa da usare come mascherine. Quando furono pronti li condusse nella zona più fredda della Sacra.

Il monaco aprì la porta che li separava da ciò che andavano a vedere e subito vennero investiti da un odore nauseabondo di carne in putrefazione.

Oliver si premette il drappo sul naso e sulla bocca, guardandosi intorno. Sul pavimento erano stesi, in fila, i corpi di una quindicina di uomini. Sulle loro pelli erano evidenti i segni della peste.

“La peste nera…” sussurrò il ragazzo, sconvolto.

Il monaco annuì.

“Come l’abbiano presa è un mistero. In nessuno dei borghi dove questa carovana è passata ci sono focolai di peste.”

“La mano del Demonio!” esclamò Carlo, avvicinandosi al giovane Du Nam.

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Capitolo 3
*** Petrus, il figlio dell'alchimista ***


I corpi vennero seppelliti subito dopo che Oliver ebbe annotato con degli schizzi tutto ciò che poteva essere utile alle indagini. I monaci dell’abazia fecero una funzione in memoria dei carovanieri morti, a cui parteciparono anche gli uomini di Broyles.

Al termine della cerimonia, Oliver si mise immediatamente al lavoro, insieme agli altri, cercando in numerosi archivi notizie sui morti e su quel nuovo tipo di peste, che sembrava comparsa dal nulla e aveva avuto un periodo di incubazione più breve del previsto.

Oliver, sfogliando uno dei tomi che gli erano stati consegnati, notò un particolare su una delle vittime, quindi andò a riferirlo al comandante.

“Signore… una delle vittime ha un fratello nella vicina Torino. Forse vorrà avere sue notizie, e magari darci informazioni utili…”

Il comandante annuì, quindi si rivolse a John Scott.

“Sir Scott, andate voi. E portatevi dietro anche il ragazzo.”

“Sissignore!” rispose l’uomo, infine lanciò uno sguardo al giovane Du Nam ed entrambi uscirono di corsa.

Dopo una cavalcata di tre ore arrivarono alle porte della città, quindi passarono l’imponente Porta Segusina e si infilarono nella scacchiera di vicoli all’interno delle grandi mura.

Si fermarono di fronte a un edificio di tre piani, in cui, al piano terra, c’era la bottega di uno speziale. Bussarono alla posta di quest’ultima; un uomo aprì.

“Signor Stej? Dobbiamo darvi una cattiva notizia riguardo vostro fratello. Purtroppo è morto tre giorni fa, mentre viaggiava con una carovana.” disse John, calmo.

L’uomo non disse nulla, si passò una mano sul volto, infine, inaspettatamente, lanciò in faccia a Sir Scott una scodella con una polvere non identificata e scappò via prima che i due cavalieri potessero reagire.

Scott tossì forte e si accasciò a terra, senza fiato. Oliver lo soccorse e lo fece salire sul suo cavallo. Era meglio tornare all’abazia e lasciare John nelle mani del monaco speziale, prima di continuare le indagini.

Poche ore dopo stavano salendo lungo il sentiero che portava alla Sacra, quando Sir Scott perse i sensi. Oliver lo soccorse ancora, ma dovette allontanarsi immediatamente: gli era comparso un grosso bubbone nero sul collo. Senza toccare l’amico, prese le briglie del cavallo e salì velocemente lungo il sentiero, dando l’allarme.

Il monaco speziale mise immediatamente John Scott in isolamento. Oliver era scosso, ma non riuscì a stare con le mani in mano; si chiuse negli archivi per fare ricerche.

Dopo poche ore ne uscì di corsa, con un rotolo di pergamena in mano, per parlare con il comandante Broyles.

“Signore, so come salvare Sir Scott!” esclamò.

“Mh… ditemi, ragazzo.”

Il giovane gli mise in mano la pergamena.

“Si chiama Walther Bischoff. È un monaco tedesco, ma è vissuto a lungo in questa zona. È un alchimista. Attualmente vive nel monastero di Saint Claire, a Lyon…”

“Qui dice che è un folle, e per questo non gli è consentito uscire dal convento e può ricevere visite solo dai parenti più stretti.”

“Sì signore. Ha un figlio adottivo, Petrus.”

“Bene, allora trovatelo e convincetelo ad accompagnarvi a Lyon per parlare con suo padre.”

“Parto subito, signore. Ma mi ci vorrà qualche giorno…”

“Perché? Sapete dove si trova ora?”

“Sì signore.”

“Bene. Partite subito…” la incitò l’uomo, infine gli consegnò un sacchetto di monete d’oro “Questo vi basterà per sostenere le spese di viaggio?”

“Credo di sì, signore.” Rispose il giovane, soppesando il sacchetto, quindi sellò il suo cavallo e partì.

Gerusalemme. Qualche giorno più tardi.

Petrus Bischoff era un giovane di 25 anni, alto e particolarmente prestante. Si guadagnava da vivere facendo qualunque lavoro gli capitasse, senza farsi troppi scrupoli.

Scese dal cavallo e lo affidò al servo della locanda in cui aveva appuntamento per un nuovo lavoro, infine entrò e si sedette al tavolo con due uomini.

“Ci saranno delle spese da sostenere… inoltre si sta avvicinando l’inverno, e con il freddo i pericoli aumentano.” disse, a conclusione del discorso che aveva appena fatto per convincere i due uomini ad assumerlo “Vi servirà qualcuno che possa trattare con i veneziani e che possa piazzare la merce sul mercato. Sapete, c’è parecchia concorrenza nel campo del commercio delle spezie…”

I due uomini si consultarono tra loro. Petrus li fissò e sorrise.

“Anche io parlo l’arabo. E 100 pezzi d’oro mi sembra un prezzo più che accettabile.”

Ad affare concluso, il giovane uscì. Stava per andare a riprendersi un cavallo, quando Oliver gli sbarrò la strada.

“Siete voi Petrus Bischoff? Figlio di Walther Bischoff?”

“L’ultima volta che me l’hanno chiesto era l’Inquisizione. Comunque sì, sono io.” rispose il giovane uomo, guardando l’esile figura del cavaliere dall’alto in basso.

“Mi chiamo Oliver Du Nam, Cavaliere della Croce Blu. Dovete seguirmi fino a Lyon, devo parlare con vostro padre.”

 

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Capitolo 4
*** Padre Walther, il monaco alchimista ***


Erano in viaggio dal giorno prima. La nave era salpata nel pomeriggio, ed ora si trovavano lungo le coste del Peloponneso. Sarebbero sbarcati nel porto di Siponto la sera seguente.

Petrus guardava il mare attorno a loro, calmo, poggiato sulla ringhiera della nave.

Ancora si chiedeva come aveva fatto a farsi convincere da quel ragazzino imberbe a tornare in Europa e, soprattutto, come era riuscito a farsi convincere ad accompagnarlo al monastero di St. Claire a Lyon per parlare con suo padre.

Suo padre, frate Walther Bischoff, un monaco folle, che lo aveva cresciuto fin da quando era in fasce, dopo averlo trovato vicino alla antica necropoli della Vallis Uccisorum, non lontano dalla Porta Segusina, a Torino, dove Padre Walther viveva.

Oliver gli si avvicinò. Petrus lo osservò; c’era qualcosa di strano in quel ragazzino: aveva 17 anni, ma ne dimostrava molti meno, la sua voce non era ancora cambiata e la corporatura esile era più adatta a una donna che a un ragazzo della sua età.

“Dimmi un po’, Oliver.” cominciò il giovane uomo, guardandolo negli occhi “Che cosa vuole l’Ordine dei Cavalieri della Croce Blu da un pazzo a cui piaceva giocare con le spezie?”

“Beh, vostro padre in realtà era un importante alchimista.” spiegò il ragazzo “Ha fatto importanti ricerche su malattie infettive, come la peste e il vaiolo, oltre a dedicarsi alla ricerca sulla trasmutazione dei metalli.”

Petrus si voltò verso il ragazzino e scoppiò a ridere.

“Stai dicendo che mio padre era Abu Bakr Mohammad Ibn Zakariya al-Razi?”

Oliver alzò un sopracciglio. Aveva capito la battuta ma non aveva voglia di commentarla. Quell’uomo cominciava a irritarlo… era una vera spina nel fianco. Per fortuna una volta tirato fuori Padre Bischoff dal monastero se ne sarebbe liberato.

Qualche giorno più tardi finalmente arrivarono a Lyon. Lasciati i cavalli al monaco guardiano, entrarono nel monastero di St. Claire e parlarono con il priore.

Il padre priore li scortò alla cella di Padre Bischoff. Peter si fermò a pochi metri dalla porta.

“Sai cosa, Du Nam? Non me la sento di vederlo. Io ti ho fatto entrare, ora puoi andare da solo. Io aspetterò qui.”

Il ragazzo annuì e superò la porta che lo separava dal vecchio alchimista.

“Padre Walther, avete visite.” Lo chiamò il priore, poi lasciò entrare Oliver e li chiuse dentro.

Oliver fissò il vecchio. Era inginocchiato su un vecchio inginocchiatoio consumato, di fronte a un crocifisso in legno, appeso al muro sulla parete di fronte al letto. Aveva la barba e i capelli lunghi e disordinati, e gli occhi erano annebbiati dall’età e, probabilmente, dalla follia.

“Padre Bischoff, mi chiamo Oliver Du Nam, Cavalliere della Croce Blu.” si presentò il ragazzo.

Walther aprì gli occhi e fissò il giovane.

“Ora gli ordini cavallereschi prendono anche le ragazzine al loro interno?” chiese, senza togliergli gli occhi di dosso. Oliver non si scompose, era abituato ai commenti sul suo aspetto fisico, e ormai non ci badava più.

“Padre, devo parlarvi…” cominciò.

“Ha a che fare con quello che è successo alla Sacra di San Michele?” lo interruppe il vecchio “La notizia è arrivata anche qui.”

“Sì, Padre. È rimasto coinvolto anche un cavaliere mio compagno. Ho bisogno del vostro aiuto per salvargli la vita.”

Padre Walther restò in silenzio per qualche secondo, si alzò in piedi a fatica e fissò il giovane.

“Sei venuto con mio figlio.” sentenziò.

“Come, Padre?”

“Non mi è concesso ricevere visite se non dai parenti più stretti. Quindi, o i Cavalieri della Croce Blu hanno avuto qualche dispensa papale, oppure ti ha accompagnato Petrus.”

Oliver era sconcertato: quel vecchio era meno folle di quanto pensasse.

“Sì, Padre…” balbettò.

“Bene. Ti darò il mio aiuto a una condizione: voglio vedere mio figlio.” disse, determinato, il vecchio.

Oliver annuì e uscì dalla cella. Si avvicinò a Petrus e gli parlò.

“Vuole vedervi.”

“Fantastico!” esclamò, sarcastico, l’uomo “Grazie mille, ragazzino!”

“Non gliel’ho detto io. Lo ha capito da solo.” si giustificò il giovane.

Petrus sospirò e camminò scocciato verso la cella del vecchio. Oliver lo seguì a distanza.

Quando entrò, Walther gli corse incontro.

“Petrus, figlio mio!” lo accolse il vecchio monaco “Stai bene?” detto questo gli afferrò la testa e gli controllò i capelli.

“Ehi! Calmatevi! Che state facendo?” obiettò il giovane uomo, allontanandosi di scatto.

“Controllavo che non avessi i pidocchi… i capelli ne risentono se hai i pidocchi…” spiegò Walther, tormentandosi le mani, infine si rivolse a Oliver, che era appena rientrato “Riguardo al tuo amico cavaliere, devo vederlo per poter trovare una cura… e dato che non mi è concesso uscire…”

Oliver annuì e guardò Petrus, eloquente. Petrus capì al volo.

“Cosa?! No! Non se ne parla! Io non farò da nutrice a un vecchio pazzo! Puoi scordartelo!” protestò.

“Va bene, allora manderò un messaggero agli Archivi Vaticani… lì c’è un fascicolo su di voi…” lo minacciò il ragazzo.

“Che fascicolo?”

“Uno di quelli che piacciono tanto al Tribunale Pontificio e, forse, all’Inquisizione.” Rispose Oliver, con un sorriso trionfante stampato in volto.

Petrus lo fissò sorpreso. Quel ragazzino da Coro Pontificio era pieno di risorse. Sospirò e annuì, quindi uscì dalla cella e parlò con il padre priore.

Poco dopo erano fuori, sui loro cavalli, diretti in Val di Susa.

Arrivarono la sera seguente alla Sacra di San Michele. Walther volle subito vedere Sir Scott, che il monaco speziale aveva messo in isolamento e che era ridotto male, ma ancora vivo.

Dopo aver preso dei teli puliti per coprirsi le vie respiratorie, i tre entrarono nella stanza di isolamento. John Scott era steso su una branda, ormai completamente coperto dei segni tipici della peste, e delirava.

Walther lo osservò per qualche secondo, concentrandosi sui bubboni neri che coprivano il corpo del cavaliere. Si voltò, avvicinandosi al tavolo che lo speziale usava per curare il malato, prese un coltellino e un piccolo contenitore e si avvicinò nuovamente al malato. Stava per incidere uno dei bubboni quando Petrus lo fermò.

“Ehi! Che volete fare?”

“Devo prelevare un campione per analizzarlo…” spiegò il vecchio. Petrus fissò Oliver, che gli fece cenno di lasciarlo andare, cosa che il giovane uomo fece malvolentieri.

Walther prelevò il suo campione e chiuse il contenitore, consegnandolo a Petrus.

“Questo dobbiamo portarlo al mio laboratorio alchemico.”

“Quale laboratorio?” chiese il giovane Du Nam, confuso.

“Come quale? Cripta della chiesa di Sant’Andrea, accanto alla torre angolare nord occidentale delle mura di Torino!”

“Padre Walther, il vostro laboratorio è stato chiuso…” spiegò il ragazzo.

“Cosa? No! Riapritelo! Io devo avere accesso al mio laboratorio!” esclamò il vecchio, agitandosi.

“Ok, calmatevi padre. Vedrò cosa posso fare…” lo rassicurò Oliver, quindi uscì e andò a parlare con il comandante Broyles.

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Capitolo 5
*** Il laboratorio di Padre Bischoff ***


Oliver era riuscito ad avere il permesso per rimettere in funzione il laboratorio di Padre Walther.

Si trovavano a Torino, nella cripta della chiesa di Sant’Andrea; il vecchio frate stava dando indicazioni a dei garzoni per il posizionamento dei vari tavoli e della strumentazione che aveva richiesto. Petrus se ne stava in disparte, con la schiena poggiata sul muro accanto alla scala d’ingresso alla cripta e le braccia incrociate sul petto, fissando, poco contento, un po’ il padre adottivo e un po’ Oliver. Quest’ultimo stava dando delle indicazioni a una giovane suora.

Suor Astrid era coetanea di Oliver. Si erano conosciuti quando erano piccoli, poiché il padre di Oliver era il padrino della ragazza, e si era preso in carico di occuparsi della sua istruzione, quindi i due erano cresciuti insieme. Quando Oliver aveva deciso di diventare Cavaliere della Croce Blu, Astrid l’aveva seguito, e quando lei aveva ricevuto la Chiamata del Signore, il ragazzo l’aveva appoggiata.

La giovane suora era l’unica donna all’interno del campo dei Cavalieri, ma tutti la rispettavano, come persona e come suora. Era un aiuto importante per tutti: sapendo leggere e scrivere, in molti si affidavano a lei, poiché molti cavalieri erano analfabeti, e si occupava anche della contabilità, e di diverse faccende in cui c’era bisogno del tocco femminile.

Quando Padre Walther aveva richiesto l’apertura del suo laboratorio alchemico, Suor Astrid si era offerta volontaria per dare una mano. Era anche la confidente personale di Oliver, la persona che lo conosceva meglio, quindi il giovane accettò di averla con sé nella cittadina cisalpina.

Quando, finalmente, fu tutto in ordine, Walther accese il fuoco nel camino, poi aprì il contenitore in cui aveva messo il campione prelevato da John Scott e l’aveva suddiviso in diverse provette. Suor Astrid si era avvicinata e lo osservava interessata, mentre Oliver si era fatto da parte, andandosi a sistemare accanto a Petrus.

“Vi ho trovato un alloggio qui in città.” lo informò il ragazzo “Tra Piazza delle Erbe e Via Dora Grossa. Ho pensato che sareste stati più comodi che nell’ostello della chiesa.”

L’uomo lo guardò di traverso ma non disse nulla. Era evidente che non aveva gradito il fatto di dover stare dietro al folle padre.

“Capisco cosa provate, Petrus, ma è per una buona causa…” cercò di convincerlo il ragazzo.

“Una buona causa? Intanto che quel folle fa i suoi esperimenti il tuo amico potrebbe essere morto. E comunque ne muoiono tanti di peste, che differenza fa?”

Oliver non gradì l’affermazione; fissò Petrus con aria ferita e corse su per le scale, andando a rifugiarsi nella chiesa soprastante.

Petrus sospirò e lo seguì. Oliver era uscito dalla chiesa e si era seduto all’ombra del campanile annesso alla chiesa, aveva i gomiti poggiati sulle cosce e si copriva il volto con le mani. L’uomo si sganciò il fodero con la spada dalla cintura e la poggiò al muro del campanile, per potersi sedere meglio accanto al ragazzo.

“Ok, forse sono stato troppo brusco, ma non è il caso di prendersela così.” cercò di rimediare.

“Voi non sapete nulla! Sir Scott era un mio amico!” lo accusò Oliver.

“Va bene, forse ho esagerato. Ti chiedo scusa.”

Il giovane alzò finalmente gli occhi, asciugandosi le lacrime, e lo guardò.

“Va bene, accetto le vostre scuse.” rispose.

Petrus sorrise e lo fissò intensamente negli occhi.

“Dimmi un po’, ragazzo, cosa dice quel fascicolo su di me che tengono negli Archivi Vaticani?” chiese, inaspettatamente. Il ragazzo si mostrò imbarazzato e Petrus capì “Non c’è nessun fascicolo, vero?”

Oliver sospirò.

“Avevo bisogno di Padre Walther… era l’unico modo…” si giustificò.

“Incredibile… sono stato fregato da un ragazzino…” borbottò tra sé l’uomo.

Oliver non disse nulla, si alzò e tornò nella cripta. Walther stava facendo delle prove sui campioni, aiutato da Suor Astrid.

“Qualche progresso?” chiese, avvicinandosi ai due.

“Padre Walther forse ha trovato una cura.” spiegò la suora, aiutando il vecchio a ripulire.

“Perfetto. Prepariamoci, andiamo subito alla Sacra di San Michele.” ordinò Oliver.

Tutti si prepararono, qualche ora dopo erano davanti alle porte della Sacra. Il comandante Broyles li stava aspettando.

“Siete arrivati, finalmente…” li accolse “Sir Scott è peggiorato, se avete una cura dovete fare in fretta.”

Oliver annuì e fece cenno agli altri di correre dentro: non avevano tempo da perdere.

Padre Walther si chiuse immediatamente nella stanza di isolamento, con lo speziale, mentre Suor Astrid, Oliver e Petrus attendevano fuori. Broyles prese da parte il giovane e gli parlò.

“Ci sono stati altri attacchi in zona… stiamo indagando da tempo, non solo peste, ma anche altre cose…” spiegò, poi gli mise delle pergamene in mano, che Oliver sfogliò.

“Cosa significa?”

“L’Ordine chiama questi eventi Schema. Stanno usando il mondo come un enorme laboratorio alchemico. Stiamo cercando di venirne a capo, ma continuiamo a fare un buco nell’acqua.”

“Perchè me lo state dicendo, signore?”

“Vorrei che voi e i Bischoff vi uniate alla divisione che si occupa di indagare su questi eventi.” disse, infine, il comandante.

Oliver stava per rispondere quando Walter e Suor Astrid uscirono dalla stanza dell’isolamento. Il vecchio si avvicinò ai due cavalieri.

“Mi dispiace… il vostro collega non ce l’ha fatta… io ci ho provato, ma Dio ha voluto così…” balbettò Padre Walther.

Oliver abbassò lo sguardo. John Scott era suo amico, ma non avrebbe voluto che piangesse per lui, quindi si rivolse nuovamente a Broyles.

“Va bene, accetto.”

“Ehi, un momento! Cosa…” obiettò il giovane Bischoff.

Oliver lo prese per un braccio e si allontanò dal gruppo insieme a lui.

“Petrus, vostro padre sembra rinato da quando è uscito dal St. Claire. Credo che si lascerebbe morire, piuttosto che ritornare lì dentro.” spiegò “Ho bisogno che voi rimaniate, Padre Walther ne ha bisogno… vi prego, Petrus…”

Petrus guardò prima il giovane che lo stava implorando, poi rivolse lo sguardo verso il vecchio padre, infine annuì. Accettò, anche se sapeva che se ne sarebbe pentito. Quel ragazzino lo aveva incastrato di nuovo.

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Capitolo 6
*** Il segreto di Oliver ***


Erano passati sei mesi da quando Oliver aveva accettato di far parte della nuova divisione creata dal comandante Broyles.

Poiché Walther non aveva alcuna intenzione di abbandonare il suo laboratorio, era stata scelto questo come sede principale della divisione, che era stata denominata Limbus.

Erano i primi di febbraio del 1216.

Da un mese non c’erano stati casi su cui investigare, quindi Padre Walther passava parecchio tempo nel laboratorio a fare diversi esperimenti, oppure aiutava Suor Astrid in cucina. Petrus, quando poteva, si allontanava dal trambusto della cripta-laboratorio e si addentrava nelle vie della cittadina.

Una mattina Oliver era andato a sbrigare delle commissioni per conto del vecchio frate. Passando nell’area delle Tre Basiliche, il ragazzo vide Petrus salire le scale d’ingresso della chiesa di San Salvatore, e poi entrarvi, dopo aver dato uno sguardo intorno con aria circospetta. Incuriosito dal comportamento dell’uomo, Oliver decise di seguirlo dentro la vecchia basilica.

Entrato dentro, non vedendo più Petrus, lo cercò nelle cappelle laterali, finchè non lo trovò nell’ultima, dietro l’altare. Era una cappella adibita a tomba. Contro il muro era stato posto un sarcofago di pietra, e sopra questo era stata appesa una tavola dipinta, raffigurante una suora. Probabilmente era la defunta che vi era stata sepolta; Petrus era inginocchiato di fronte al sarcofago. Aveva poggiato la spada a terra e dava le spalle a Oliver.

Il ragazzo si avvicinò, fermandosi accanto al giovane uomo. Petrus stava pregando, e stringeva tra le mani un crocifisso in legno dorato di buona fattura, simile a quello che Suor Astrid teneva sempre appeso al collo.

“La conoscevate?” gli chiese Oliver, rompendo il silenzio.

“Suor Elisa è stata una madre per me. Si è presa cura di me fin da quando Walther mi ha trovato nella Vallis Uccisorum. Era una santa donna…”

“Dovevate esserle molto affezionato.”

Petrus annuì, poi finalmente si alzò in piedi, risistemando il crocifisso sotto la veste scura, fece il segno della croce, imitato da Oliver e, insieme, uscirono dalla chiesa.

Fuori faceva freddo. Oliver si strinse nel mantello e, nella sua mente cominciò a progettare, per quella sera, di prepararsi un bagno caldo, non appena sarebbe tornato a casa.

Petrus camminava accanto a lui, avvolto nel suo mantello scuro, con il cappuccio tirato su. In mezzo a quella neve, quell’uomo grande e grosso pareva la Morte che camminava lungo le vie della cittadina in cerca della sua prossima vittima.

Dopo una camminata di pochi minuti, entrarono nella chiesa di Sant’Andrea e si diressero nella cripta.

Walther stava cuocendo delle uova su una grossa pietra che aveva posto sopra al focolare al centro del laboratorio, Suor Astrid passava la scopa per togliere la polvere e un altro uomo attendeva in un angolo, senza sapere come comportarsi.

L’uomo aveva circa 22 anni, era poco più basso di Petrus e indossava l’uniforme dell’Ordine della Croce Blu. Oliver gli si avvicinò e gli fece il saluto.

“Sono il Capitano Du Nam. Posso esservi utile, collega?” si presentò.

“Capitano Lincoln Lee.” rispose l’uomo, in corretto italiano, ma con un accento gallese fortemente marcato “Il comandante Broyles mi ha assegnato alla vostra squadra.”

Oliver annuì e presentò gli altri membri della squadra. Lincoln si guardò intorno, interessato.

“Come posso esservi utile?” chiese, dopo qualche minuto.

“Siamo in un momento di calma, non abbiamo molto da fare. Avete già un alloggio in città?” rispose il ragazzo, togliendosi il mantello di lana che usava per ripararsi dal freddo quando usciva per strada: nella cripta faceva molto caldo, perché il focolare restava acceso tutto il tempo.

“Ho trovato una casa in Via Dora Grossa, non lontano dal Forte della Porta Decumana. Ma se c’è bisogno che stia più vicino posso cercare in zona…” lo informò Lincoln.

“Non c’è bisogno, è a meno di mezzo miglio da qui, puoi arrivare abbastanza in fretta se c’è bisogno. Ora se permettete, vorrei ritirarmi. È stata una lunga giornata.” disse Oliver, quindi uscì e tornò a casa.

Arrivato nel suo alloggio accese il fuoco nel camino per scaldare bene l’ambiente, quindi preparò il grosso catino che usava come vasca da bagno e andò a prendere l’acqua al pozzo. Mentre questa si scaldava in una grossa pentola posta sopra il focolare, si assicurò che le finestre fossero ben chiuse e che non si vedesse nulla da fuori. Non voleva che si scoprisse il suo segreto, correva il rischio di essere cacciato dall’Ordine.

Si tolse i vestiti, appendendoli vicino al camino per non farli raffreddare e mise un telo asciutto su una sedia accanto al camino. Stava per immergersi nell’acqua bollente quando qualcuno bussò alla porta.

“Chi è?” chiese, allarmato.

“Sono Petrus. Abbiamo un caso!” rispose, da fuori, la voce dell’uomo.

“Eh? Sì, un momento! Arrivo subito!”

“Va bene… senti, fuori fa freddo, ti dispiace se entro mentre aspetto? Se no qui muoio congelato.”

“No, aspe…” stava per rispondere Oliver, ma Petrus aveva già aperto la porta, e si trovarono faccia a faccia. Oliver si affrettò ad afferrare il telo, per coprirsi.

Improvvisamente calò il silenzio. Petrus fissò la persona che aveva davanti, sconcertato, quindi si affrettò a chiudere la porta e a girarsi di spalle, guardando il muro: Oliver era una giovane donna.

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Capitolo 7
*** Un nuovo caso per la Squadra Limbus ***


“Posso girarmi ora?” chiese, dopo qualche minuto, Petrus, visibilmente imbarazzato.

“Ok…” rispose la giovane, dopo essersi rivestita e aver messo via tutto.

L’uomo si voltò e la fissò, sconcertato. La ragazza teneva lo sguardo basso, in attesa.

“Una donna…” sussurrò Petrus “Avrei dovuto capirlo… c’erano troppe cose che non tornavano. Suppongo che non ti chiami Oliver.”

“Olivia…” rispose la giovane, storcendosi nervosamente le mani “Vi prego, non dite nulla al comandante Broyles. Mi caccerà dall’Ordine…”

Petrus non pronunciò parola, si limitò a fissarla.

“Posso sapere il motivo di questa farsa?” domandò, infine. Olivia esitò, quindi il giovane aggiunse “Se devo mantenere il segreto, devo sapere perché lo fai.”

Olivia si rilassò, gli offrì la sedia e si sedette sul letto, di fronte a Petrus.

“Sono figlia di un Templare.” cominciò “Ma mio padre è morto quando ero ancora una bambina. Ho ricevuto un’istruzione pari a quella di Astrid, ma il nostro futuro, quello che era stato scelto per noi, non ci piaceva. Io non volevo sposare uno sconosciuto solo per mantenere il nome della famiglia, e così anche Astrid.”

Petrus ascoltava attentamente, guardandola negli occhi. Olivia si fermò per prendere fiato, quindi l’uomo parlò.

“Siete scappate di casa e tu hai cominciato a spacciarti per un ragazzino, giusto?”

Olivia annuì, si asciugò una lacrima e continuò.

“Due ragazze, da sole, correvano più pericoli di una ragazza accompagnata da un ragazzo, così mi sono tagliata le trecce e ho rubato dei vestiti maschili, infine mi sono presentata alla porta del comandante Broyles, offrendogli i miei servigi. Ho mantenuto il mio cognome, che mi ha permesso di essere rispettata all’interno dell’Ordine, e sono arrivata dove sono ora… vi prego, non mandate tutto all’aria, potrebbe andarci di mezzo anche Suor Astrid…”

Petrus chiuse gli occhi ed inspirò profondamente. Quella ragazza era in fuga, come lo era stato lui dopo che Suor Elisa era morta e Padre Walther era stato rinchiuso. Erano entrambi soli al mondo, entrambi in qualche modo si nascondevano. Decise che l’avrebbe aiutata.

“Va bene, Olivia. Manterrò il segreto. Ora andiamo, abbiamo del lavoro da fare.” disse, quindi si alzò e, insieme, andarono alla cripta di Sant’Andrea.

Walther era eccitato all’idea di uscire dal laboratorio, e Suor Astrid e il nuovo arrivato, Lincoln, cercavano di farlo stare calmo, in attesa del ritorno degli altri due, che non tardarono a presentarsi.

“Allora? Che abbiamo?” chiese Olivia, avvicinandosi al trio.

“Dei contadini del circondario hanno segnalato delle strane morie di animali.” spiegò Lincoln, leggendo degli appunti su una pergamena.

“Va bene.” annuì la giovane “Avete preparato il carro?”

Gli altri annuirono, quindi tutti uscirono; Suor Astrid e Walther salirono sul carro, mentre gli altri tre presero i loro cavalli, quindi il Capitano Lee fece strada in direzione della Casaforte e fuori dalla Porta Fibellona.

Attraversato il ponte sul Po, si fermarono a un campo ai piedi delle colline circostanti la cittadina. Un contadino stava seduto su una roccia, fissando lo spettacolo che aveva di fronte: tutte le sue mucche, una ventina di capi, erano sparse nel campo, fatte a pezzi da qualche animale.

“Santo Cielo… cosa è successo qui?” chiese Lincoln, facendosi il segno della croce.

“Siamo qui per scoprirlo.” rispose Petrus, avvicinandosi ad una delle carcasse, per analizzarla più da vicino.

Olivia si guardò intorno. Quel posto le metteva i brividi. Forse erano vere le dicerie della gente, che indicavano in quella zona un ingresso agli Inferi, come la zona della Vallis Uccisorum. Petrus la richiamò alla realtà.

“Oliv… er, vieni a vedere qui!” la chiamò.

La ragazza si avvicinò e Petrus indicò dei segni sulla carcassa dell’animale.

“Che razza di denti possono lasciare questi segni?” chiese la giovane, analizzando i segni di morsi più da vicino.

“Non lo so. Postiamolo alla cripta. Padre Walther sicuramente ne saprà più di noi.” concluse il giovane uomo, infine chiamò Lincoln e insieme infilarono alcune carcasse in dei sacchi e li caricarono sul carro, mentre Padre Walther era intento a raccogliere dei campioni di erba e di sangue intorno alle carcasse degli animali.

Dopo che il vecchio monaco ebbe raccolto i suoi campioni, tornarono tutti alla cripta-laboratorio.

Walther cominciò subito gli esami sulle carcasse, nonostante fosse ormai tarda sera; era eccitato come un bambino alle prese con un nuovo giocattolo, quindi Petrus e Olivia lo lasciarono lavorare, sotto la sorveglianza di Lincoln e Suor Astrid, mentre loro decisero di andare a mangiare qualcosa in una taverna nei pressi di Via Dora Grossa.


Sette capitoli e ancora nessun commento... comincio a pensare che questa storia non piaccia a nessuno...

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Capitolo 8
*** Un passo falso ***


Walther lavorava su quelle carcasse da una settimana.

Aveva trovato degli elementi in comune con dei suoi vecchi esperimenti alchemici, ma non riusciva a ricordare i dettagli.

“Avanti, Padre Walther! Non potete esservelo dimenticato!” lo incoraggiò Petrus “Pensateci meglio.”

“Davvero, figliolo, non ricordo. Però…” balbettò il vecchio, camminando per il laboratorio.

“Però?” chiese ancora il giovane uomo.

“Forse Campana si ricorda qualcosa…” concluse Walther.

“Chi?” chiese Olivia, avvicinandosi a Petrus, incuriosita.

“Guglielmo Campana. Anni fa dividevamo il laboratorio… abbiamo fatto parecchie ricerche, insieme.” spiegò il monaco, avvicinandosi ai due.

“Un momento, Padre…” lo interruppe Petrus “Guglielmo Campana? L’alchimista personale della Contessa Nina Scharff?”

Walther lo guardò confuso, poi tornò a borbottare, camminando in giro per la stanza, quando Lincoln entrò nella cripta.

“Ci sono stati segnalati altri casi di moria di bestiame…” informò “Nella signoria di Bagnolo…”

“E’ a quasi due giornate di cammino. Parto subito.” disse Olivia, prendendo le sue cose.

“Aspetta, Oliver, vengo con te.” scattò Petrus, e la seguì fuori.

Erano appena usciti dalla città quando cominciò a nevicare e dovettero rallentare la marcia.

“Dannazione… questa non ci voleva…” imprecò la ragazza, stringendosi nel mantello di lana.

“Avanti, non ti demoralizzare, andiamo con calma, arriveremo in tempo.” la rassicurò l’uomo.

“Non è questo… è che con questa neve, stanotte sarà difficile trovare posto da qualche parte per dormire.”

“Io mi accontento anche di un fienile. Mi basta poco.” disse Petrus, alzando le spalle.

“Sì, ma… vabbè, vedremo stasera.” chiuse il discorso Olivia.

Quella sera, arrivati nei pressi del piccolo borgo di Caborrum, cercarono alloggio in una delle locande attorno alla Rocca, ma non ebbero successo, finchè non arrivarono a un piccolo ostello nei pressi del confine del borgo. Olivia entrò per chiedere una stanza, e ne uscì dopo qualche minuto, demoralizzata.

“Hanno solo una stanza, con un solo letto. Dovremo fare a turno, stanotte, per dormire.”

L’uomo annuì e, insieme, salirono nella camera.

Era piccola, ma era particolarmente calda grazie al camino acceso, posto in uno degli angoli. Le pareti erano coperte da degli arazzi di fattura semplice, che servivano a mantenere il calore nella stanza, e in uno degli altri angoli era stato posto un paravento per potersi cambiare i vestiti. Il letto era grande e le coperte, di lana pesante, dovevano essere state cambiate di fresco.

Petrus fissò il letto, infine guardò la ragazza.

“Sembra abbastanza grande per entrambi.” commentò “Prometto che sarò un gentiluomo.”

Olivia annuì e andò a cambiarsi dietro il paravento.

Quando ne uscì, Petrus era già a letto, e le dava le spalle. Lei si sistemò sotto le coperte, quindi l’uomo spense il lanternino che era stato messo a loro disposizione dal locandiere.

Fuori infuriava la tormenta, e dagli spifferi della finestra entrava aria gelata. Nonostante il camino acceso e le coperte di lana, Olivia non riusciva a scaldarsi.

Petrus la sentì tremare, quindi si girò e le si avvicinò. Sicuramente il calore del suo corpo l’avrebbe scaldata un po’. Non disse nulla, semplicemente le passò il braccio muscoloso attorno alla vita.

Olivia smise immediatamente di tremare e si girò verso il giovane.

Si fissarono a lungo, prima che succedesse qualcosa. Alla fine si trovarono coinvolti in un bacio appassionato.

Il mattino seguente, quando Petrus si svegliò, si sentiva indolenzito. Aveva ricordi confusi di quello che era successo la notte. Aprì gli occhi e si guardò intorno; Olivia era già vestita, era in piedi, davanti alla finestra, e gli voltava le spalle.

“Olivia?” la chiamò. La giovane si girò. C’era qualcosa di strano nel suo sguardo, qualcosa che Peter non riuscì a decifrare finché non vide una macchia rossastra sulle lenzuola. L’uomo la esaminò attentamente: sangue. Quello era il sangue di Olivia, e lo sguardo della ragazza traspirava contemporaneamente dolore, odio e rimorso.

Quella notte, Petrus aveva preso l’innocenza di quella fanciulla.

“Olivia, io…” cercò di spiegare.

“Vestitevi, dobbiamo arrivare al più presto a Bagnolo.” lo interruppe la giovane, lanciandogli i vestiti, senza mai guardarlo in faccia.

Petrus si vestì in fretta, e insieme uscirono dall’ostello. Senza parlare salirono sulle loro cavalcature e partirono verso la loro destinazione.


Otto capitoli e ancora nessun commento... comincio a pensare che non piaccia a nessuno questa storia... ragazzi, almeno ditemi se è brutta, ma il silenzio così non è molto piacevole...

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Capitolo 9
*** Investigazioni lontane da casa ***


Per il resto del viaggio cavalcarono in silenzio.

Olivia guardava dritta davanti a sé, con l’espressione seria; ciò che era successo quella notte doveva averla sconvolta.

Petrus la osservò; poteva capire cosa stava provando, lui stesso non riusciva a capire perché lo aveva fatto. Lui non era il tipo da prendere la verginità di una donna in quel modo. Non ricordava molto della notte precedente; dopo il loro primo bacio era tutto confuso.

Finalmente, nel tardo pomeriggio, arrivarono a Bagnolo. In lontananza si vedeva già il Complesso Feudale di Malingri, sede del nobile che controllava il territorio attorno al borgo. Petrus e Olivia erano diretti proprio lì.

All’imbrunire, finalmente, uscirono dal sentiero che passava attraverso i boschi, arrivando all’entrata del castello.

Olivia scese dal cavallo e si presentò alla guardia.

“Oliver Du Nam, Cavaliere della Croce Blu. Lui è Petrus Bischoff. Siamo qui per indagare sulla morte anomala di animali verificatasi nella zona.”

L’uomo di guardia si mise sull’attenti non appena la giovane nominò il corpo di cavalieri di cui faceva parte, quindi mandò un giovane commilitone ad avvertire il padrone del castello. Quando questo tornò, finalmente li fece entrare.

I due affidarono i cavalli agli stallieri e vennero accolti dall’attuale Signore del Feudo. Era un uomo anziano, sui quaranta anni, col viso segnato da rughe di vecchiaia e di preoccupazione.

“Finalmente siete arrivati… vi occuperete voi della moria di bestiame?” chiese, stringendo la mano ai nuovi arrivati.

“Sì, signore. Faremo tutto noi.” lo rassicurò la giovane Du Nam.

“Grazie mille…” li ringraziò il Signore del Feudo, facendo un sospiro di sollievo “Ho già abbastanza problemi con le mire espansioniste dei Savoia; il Diavolo che mi uccide il bestiame non ci voleva…”

“Signore, ci dica solo dove sono stati trovati gli animali.” lo incoraggiò Petrus.

Il vecchio feudatario annuì e chiamò uno dei suoi servi, al quale ordinò di accompagnare Bischoff e Du Nam sul luogo della tragedia.

Il servo obbedì e li scortò a prendere i cavalli, infine li portò attraverso il bosco. Dopo venti minuti di cavalcata sbucarono in un piccolo borgo contadino, nei pressi di un pascolo circondato dagli alberi, con un laghetto artificiale in fondo alla vallata.

Lo spettacolo che si presentò loro davanti agli occhi era favoloso, nonostante la neve e il lago ghiacciato. Quel posto, in estate, doveva essere spettacolare, luminoso, verdeggiante e riparato dal bosco.

Il servo parlò con una delle donne che vivevano al borgo. Teneva in braccio un neonato avvolto in calde fasce di lana. La donna fissò i due cavalieri e annuì. Il servo si congedò e Oliver e Petrus, finalmente, scesero dai cavalli.

“Vorremmo vedere gli animali morti.” chiese Olivia, avvicinandosi alla donna. Questa chiamò un ragazzino, che scortò i due verso il grosso pascolo a monte della borgata.

Un gruppo di uomini aveva accatastato le carcasse in un angolo, pronti a bruciarle. Il ragazzino li chiamò e uno di loro si avvicinò a Petrus e Olivia.

“Cosa posso fare per voi?” chiese, servilmente.

“Vorremmo analizzare le carcasse.” rispose Petrus. L’uomo annuì e il giovane si avvicinò alla montagna di corpi. “Le ferite sono identiche alle altre.” riferì, rivolto a Olivia, dopo aver esaminato attentamente tutto quanto.

“Va bene. Posso chiedere come è successo? Avete visto qualcosa?” chiese, infine, la ragazza al contadino.

“No, signore. Era notte, stavamo dormendo. Abbiamo trovato tutto così al mattino.”

Olivia trascrisse la testimonianza con un carboncino su un libercolo che aveva con sé e si congedò dai contadini. Si stava facendo tardi, dovevano trovare un posto per la notte.

Scesero in paese e trovarono una locanda sulla strada principale. Questa volta riuscirono ad avfere due camere separate, con gran sollievo di entrambi.

Olivia si stava preparando per la notte, quando qualcuno bussò alla sua stanza. Indossò il mantello, per mascherare le sue forme ed andò ad aprire; Petrus la guardava, in attesa del permesso di entrare. La donna non disse nulla, ma gli fece strada, chiudendo la porta alle spalle.

“Olivia… dobbiamo parlare…” esordì il giovane. Vedendola irrigidirsi cercò di rassicurarla “Non ti tocco, lo giuro… vorrei solo parlare.”

“Non abbiamo niente da dirci.” cercò di zittirlo la ragazza.

“Credo di sì, invece… quello che è successo ieri notte…”

“Uscite di qui. Non voglio parlarne.” insistette Olivia.

“Olivia, forse dovremmo farlo…”

“E cosa vorreste dirmi? Tanto ormai è successo.”

“Olivia, mi dispiace… davvero, non ero in me.” cercò di spiegare Petrus, guardandola negli occhi.

Olivia fece un respiro profondo, prima di parlare.

“Pensavo di potermi fidare di voi, invece…”

“Ma tu puoi fidarti di me…” cercò ancora di spiegare il ragazzo, ma venne zittito dall’occhiata d’odio della ragazza.

“Ieri non ho perso solo la verginità, ma anche la fiducia che riponevo in voi. Ora andatevene.” ruggì, spingendolo fuori.

“Olivia… mi dispiace…” sussurrò Petrus. Ma la porta era ormai chiusa.

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Capitolo 10
*** Dubbi ***


Dopo aver spinto fuori l’uomo, chiuse la porta a doppia mandata. Non voleva dargli alcuna possibilità di avvicinarsi di nuovo a lei quella notte.

Si tolse il mantello e si stese sotto le coperte. Appena chiuse gli occhi, però, le tornarono in mente le immagini di ciò che era successo la notte precedente.

Ricordava tutto quanto alla perfezione; lui si era avvicinato per scaldarla con il calore del suo corpo, lei era stata grata per il gesto, e si era voltata per ringraziarlo. Ma appena si era voltata si era trovata a pochissima distanza da quei profondi occhi blu.

Ne fu subito ipnotizzata. Qualcosa la aveva attirata verso di lui e si era ritrovata a baciarlo.

Il suo primo bacio. Si era stranamente sentita molto bene, e per qualche strano motivo si era lasciata andare, accorgendosi solo troppo tardi di quello che stava succedendo. Il dolore intenso della prima volta la aveva destabilizzata, ma era ancora intontita da tutto quanto, inoltre lei, in confronto a Petrus, non era nulla. Lui era il doppio di lei e, vedendo quei muscoli, privi dei vestiti che li coprivano, a quella distanza così ravvicinata, aveva quasi paura, una stretta di quelle mani potevano spezzarle le ossa in qualunque momento.

Ma la sera prima, quando era successo tutto quanto, non sentiva alcuna paura. Ripensando a quello che stava provando in quei momenti, si era sentita quasi protetta. Questo la mandò in confusione più di quanto non lo fosse prima.

Cosa avrebbe dovuto fare? E se quello che era successo avesse prodotto un… effetto indesiderato? La sua copertura sarebbe saltata, sarebbe stata cacciata dall’Ordine e, probabilmente, sarebbe finita in mezzo a una strada con un illegittimo a cui badare.

C’era anche un’altra possibilità: con l’aiuto di Suor Astrid poteva nascondere la cosa e poi, alla fine, fare visita alla Ruota che c’era nei pressi di Via Dora Grossa.

Ma finchè non aveva la certezza che il fatto aveva dato vita a un illegittimo era meglio non pensarci. L’unica cosa che poteva fare era stare lontana da Petrus.

Quell’uomo aveva uno strano effetto su di lei, se ne era accorta fin da quando lo aveva prelevato a Gerusalemme, sei mesi prima. Quando le stava vicino, sentiva una sensazione a metà tra quelle che aveva quando passava nella Vallis Uccisorum o nella zona precollinare oltre il Po, e quella che sentiva ogni volta che entrava in una chiesa; era gradevole e sgradevole allo stesso tempo.

Aveva bisogno di confidarsi con qualcuno. Pregò che i due giorni successivi passassero in fretta, in modo da poter ritrovare la sua amica d’infanzia Astrid e confidarsi con lei. Chiuse gli occhi e si addormentò con questo pensiero nella mente.

Quando, due giorni dopo, finalmente, tornarono a Torino, Olivia lasciò che Petrus aggiornasse Padre Walther sul caso e prese da parte Suor Astrid. Uscì dalla chiesa e si sedette in una zona al riparo dagli orecchi indiscreti.

“Astrid… è successa una cosa, tre giorni fa…” cominciò, tormentandosi le mani.

“Dimmi tutto, Oliver.” la incoraggiò. La suora usava chiamarla con il suo nome maschile anche in privato, per non rischiare di sbagliarsi.

“Si tratta di Petrus… lui sa chi sono veramente, lo ha scoperto qualche giorno fa.”

“Oh… capisco.” disse la giovane suora “Vuole dirlo al comandante?”

“No… il problema è che tre notti fa…” si bloccò e fece un respiro profondo, prima di continuare “tre notti fa si è preso la mia verginità.”

“Santo cielo… Oliver, mi dispiace tanto… non credevo che Petrus fosse quel tipo di uomo…”

“Non lo è stato. Nel senso che, nel complesso, è stato… non so come spiegarlo… lui non mi ha fatto male, a parte, beh… sai cosa…” cercò di spiegare, arrossendo “E’ solo che… era strano…”

“Capisco. Ne avete parlato?!

“No, non voglio. Non sono pronta. È stato. È stato tutto così… non doveva succedere, basta.”

Detto questo, la ragazza si alzò in piedi e rientrò nella cripta.

I giorni successivi, Olivia tentò di passare meno tempo possibile da sola con Petrus. Non voleva che accadesse di nuovo ciò che era successo.

Un mattino, una decina di giorni dopo, era particolarmente irritabile. Leggendo un rapporto del Capitano Lee, aveva imprecato ad alta voce, ignorando il posto sacro dove si trovavano e, dopo aver coperto di insulti il commilitone, era uscita di corsa dalla chiesa.

Suor Astrid e i Bischoff assistettero alla scena in silenzio.

Dopo qualche minuto, Padre Walther decise di parlare.

“Se non fossi certo che Oliver è un uomo, direi che è incinta.” Esclamò, mangiando un pezzo di mela.

Petrus si voltò verso il vecchio frate, impallidendo all’istante, infine, con una scusa, corse fuori.

Raggiunse Olivia mentre stava già entrando in casa sua e la fermò sulla porta.

“Dobbiamo parlare… in privato se è possibile.” le disse. La ragazza esitò e non si mosse, quindi Petrus si guardò intorno, prima di parlare, per assicurarsi che non li ascoltasse nessuno “Olivia, sei incinta per caso?”

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Capitolo 11
*** Missione sotto copertura ***


Erano vicini. Troppo vicini per non destare sospetti, in quella via particolarmente frequentata.

Per fortuna in quel momento non c’era nessuno nei paraggi; Olivia fissava in silenzio l’uomo che aveva di fronte, stringendosi nel mantello. Febbraio era quasi finito e il freddo era ancora particolarmente intenso, ma Petrus sembrava non curarsene: era uscito dal laboratorio con i vestiti che aveva addosso, un paio di pantaloni in lana, gli stivali in cuoio imbottito e una camicia di tessuto spesso, aperta sul petto, perché nel laboratorio faceva particolarmente caldo. Sotto la camicia spiccava la corda a cui aveva attaccato la croce di Suor Elisa, la donna che lo aveva cresciuto.

“Sei incinta?” ripetè l’uomo, più calmo, mentre spingeva la porta della casa di Olivia, per aprirla, e riuscire ad avere un po’ più di privacy.

Quando, finalmente, furono entrati in casa, Olivia sembrò ridestarsi.

“Non… non lo so, è ancora presto per saperlo.” rispose, con un filo di voce.

Petrus la guardò negli occhi per qualche altro secondo, infine si avvicinò nuovamente alla giovane. Doveva mantenere la calma, già quello che aveva fatto stava minando la loro amicizia, nata con qualche difficoltà in quei mesi a stretto contatto lavorativo; se faceva un altro passo falso non avrebbe più recuperato il loro rapporto.

“Olivia, davvero… non so cosa mi sia preso quella notte… non ricordo nulla, non ero in me.” spiegò, a voce bassa e controllata.

“Io ricordo tutto, invece…” sussurrò Olivia, sull’orlo delle lacrime. Quella situazione era snervante, e avere quell’uomo così vicino rendeva tutto più difficile.

“A vedere la tua reazione devo essere stato un mostro…”

“Mi avete fatto male… era la prima volta… non doveva essere così…” balbettò la ragazza, abbassando gli occhi.

Petrus fece un respiro profondo per raccogliere energie e pensieri.

“Ascolta, nel caso avessi combinato il guaio, farò di tutto per mantenerti nella squadra con i compiti attuali. Sei un ottimo elemento, e se ti cacciassero via farebbero un grosso errore. Però devi promettermi una cosa: non portare il bambino alla Ruota degli Esposti, quando nascerà, e non abbandonarlo per strada.”

“Non è detto che io sia… e poi se fossi incinta mancherebbe ancora un sacco di tempo.”

“Lo so, ma non posso permettere che mio figlio faccia la vita che ho fatto io. Piuttosto lo crescerò io, o troveremo una famiglia adatta, ma non devi abbandonarlo per nessun motivo.”

Olivia esitò. Cosa avrebbe dovuto fare? Crescere un bambino era una cosa impegnativa, e se Petrus fosse riuscito a convincere i superiori a non cacciarla, la sua vita sarebbe comunque stata un inferno, soprattutto con un bambino a seguito.

Ma aveva ragione anche Petrus: gli esposti non sopravvivevano quasi mai oltre il ritrovamento, altri addirittura morivano prima di essere raccolti. E quelli che riuscivano a sopravvivere finivano per strada, vivendo di elemosina e di furti.

Quindi annuì debolmente, sempre evitando lo sguardo dell’uomo.

“Troveremo una buona famiglia.” disse, decisa.

Petrus si rilassò e sorrise, sollevato.

“Ora posso sapere perché hai trattato così male il Capitano Lee? Cosa c’era scritto nel dispaccio?” chiese l’uomo, incuriosito.

“Non è nulla… è solo che la Contessa Nina Scharff non vuole riceverci. Dobbiamo trovare il modo di incontrare il suo alchimista.” spiegò la ragazza.

“Ok, torniamo al laboratorio e parliamo con gli altri, una soluzione si troverà.” concluse Petrus, prima di uscire per strada e tornare al laboratorio.

Il Capitano Lincoln Lee aveva spiegato già tutto a Suor Astrid e Padre Walther, e i tre stavano già pensando a una possibile soluzione al problema. Era arrivato anche il Comandante Broyles, informato del dispaccio.

“Si potrebbe entrare in incognito.” suggerì il vecchio frate, non appena furono tutti quanti riuniti.

“In incognito? Come pensate di fare?” domandò il Comandante.

Padre Walther si rivolse al figlio, poggiandogli le mani sulle spalle.

“Campana non ti conosce, figliolo. Io ti ho adottato dopo che lui si è trasferito. Potresti fingerti un nobile, o qualcosa del genere…”

“Ma dovrei trovare un’identità plausibile, e comunque non posso andarci da solo.”

“Per questo secondo punto non c’è problema.” Si intromise Broyles “I Capitani Lee e Du Nam saranno le vostre guardie del corpo, Petrus.”

Padre Walther annuì, camminando per il laboratorio.

“Sì, ma c’è un problema: Oliver è poco credibile come guardia del corpo di mio figlio. È troppo minuto.” obiettò il vecchio.

“Va bene.” acconsentì Olivia “Allora sarò il servo, mentre il Capitano Lee sarà la guardia del corpo.”

“No. Non avresti accesso a tutti gli ambienti.” disse il monaco; pensò per qualche minuto, infine finalmente parlò “Potresti fare la moglie di Petrus.”

“CHE COSA?!” esclamarono all’unisono Petrus e Olivia.

“Beh? Non avete mai visto una compagnia teatrale all’opera?” spiegò il vecchio “Per le parti femminili vengono usati eunuchi e ragazzini prepuberi, e spesso non si capisce la differenza con una donna vera. Oliver sarà una donna perfetta.”

“No, non se ne parla! Oliver non sarà per niente adatto! Potrebbero scoprirlo!” obiettò Petrus, ma Olivia si fece avanti.

“Va bene, lo farò.” acconsentì.

“Ne siete sicuro, Capitano?” domandò il Comandante Broyles. Olivia annuì, quindi il superiore si rivolse a Suor Astrid “Preparate dei vestiti di buona fattura per tutti e tre, ricordandovi che Bischoff e il Capitano Du Nam devono sembrare una coppia di nobili e il Capitano Lee deve sembrare la loro guardia del corpo. Non badate a spese per le stoffe. Ai documenti e le false identità ci penserò io.”

Suor Astrid annuì, quindi Broyles uscì. Nel laboratorio calò il silenzio.

“Oliver, dovresti cominciare ad allenarti per la parte.” disse il vecchio frate, dopo un po’.

Olivia annuì, fece un respiro profondo e salì nella chiesa. Petrus la seguì.

La ragazza si era seduta su una panca in fondo alla navata, da sola. Petrus la raggiunse e si sedette accanto a lei.

“Cosa ti è saltato in mente?” esordì, a bassa voce.

“Se è l’unico modo per parlare con Guglielmo Campana, mi sacrificherò.” spiegò Olivia, senza guardarlo.

“Ma così potrebbero scoprire chi sei veramente…” obiettò l’uomo.

“Correrò il rischio. Non possiamo lasciarci scappare questa occasione.”

“Ma Olivia…” tentò ancora di obiettare il giovane uomo.

“Petrus, ho preso la mia decisione. Per favore, appoggiatemi. Al resto penserò se mai succederà.” lo interruppe la ragazza, ormai decisa.

Petrus sospirò frustrato. Quella ragazzina era più cocciuta di un mulo.

Fece un altro respiro profondo, si guardò intorno, quindi le poggiò la mano sulla testa, in un buffetto affettuoso.

“Sei la ragazza più testarda che abbia mai conosciuto! Comunque fatti crescere i capelli, non voglio che mia moglie porti i capelli più corti dei miei.” esclamò, ormai rassegnato.

“Te lo puoi scordare! A me piacciono così.” obiettò Olivia.

“Ma a me no, se vuoi che ti appoggi fatti crescere i capelli.”

Olivia sospirò. Lei era cocciuta, ma anche lui non scherzava, quindi annuì.

“Perfetto.” concluse l’uomo “Per fortuna ci vorrà un po’ per preparare tutto, c’è tutto il tempo per imparare la parte.”

Olivia restò in silenzio. Sapeva che se ne sarebbe pentita, ma ormai c’era dentro fino al collo, e si era buttata da sola, non poteva tornare indietro.

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Capitolo 12
*** Preparativi e partenza ***


Suor Astrid si mise al lavoro il giorno successivo.

Prima di tutto comprò delle stoffe di ottima fattura ed affidò la preparazione dei vestiti per Petrus e Lincoln a dei sarti di fiducia, che avevano già lavorato per l’Ordine della Croce Blu, quindi sapevano mantenere i segreti; mentre si occupò personalmente dei vestiti femminili per Olivia.

Padre Walther era su di giri, da quando avevano cominciato i preparativi, e aveva deciso di uscire temporaneamente dal laboratorio per aiutare la squadra nella ricerca di ciò che serviva per la copertura. Insistette a comprare dei pezzi d’oro per un progetto, utile per la missione, a quanto diceva lui, di cui voleva occuparsi personalmente, ma del quale non aveva voluto accennare nulla.

Era la fine di maggio, ed era quasi tutto pronto. Il Comandante Broyles consegnò a Petrus i documenti falsi, autenticati con la complicità di qualche dignitario dello Stato Pontificio.

Olivia e Suor Astrid entrarono nel laboratorio proprio mentre il giovane si accingeva a rompere il sigillo che chiudeva i documenti. Le due donne trasportavano un grosso baule da viaggio che, molto probabilmente, conteneva delle cose utili per la missione.

“Oh… appena in tempo. Sono arrivati i documenti.” le informò, mostrando loro le pergamene. Olivia annuì e si avvicinò per leggerli.

Petrus aprì il foglio e lesse ad alta voce.

“Cominciamo con la guardia del corpo… Capitano, siete fortunato: non cambiate nome. Lincoln Lee, nato nel Galles. Siete la guardia del corpo personale di mia moglie, Olivia, figlia del Signore di Rennes-Le-Chateau, sposata con me, il Marchese Petrus di Valdocco.”

“Valdocco?” chiese il Capitano Lincoln, confuso “Che posto sarebbe?”

“E’ la Vallis Uccisorum. La chiamano così i contadini che vivono qui intorno.” spiegò Petrus, chiudendo la pergamena, infine guardò il baule e, incuriosito, si rivolse a Suor Astrid “Cosa c’è lì dentro?”

“Sono i vestiti per voi tre. Li ho messi qui per comodità, ma prima di partire dovremo dividerli su tre bauli. Per Oliver mancano ancora delle cose, e occupano spazio.” spiegò la giovane suora.

Padre Walther, che fino a quel momento era impegnato sul suo lavoro, vicino al focolare, si avvicinò, indicando il baule.

“Magari sarebbe buona cosa provarli, per vedere come stanno.” propose.

“Lo faremo prima di partire.” obiettò il giovane Bischoff.

“Quando partirete sarà troppo tardi. Meglio farlo ora, così se ci sono delle modifiche da fare si è ancora in tempo.” spiegò il vecchio, con un mezzo sorriso stampato in volto.

Petrus e Olivia si scambiarono un fugace sguardo rassegnato, quindi la ragazza acconsentì.

“Va bene… Suor Astrid, mi aiuti?” chiese, cercando di mantenere la calma.

“D’accordo Oliver. Magari andiamo nel magazzino, lì c’è più spazio.” propose la suora, quindi aprì il baule e prese un vestito a testa per i due uomini, quindi prese un grosso pacco e andò nel magazzino assieme a Olivia.

I due uomini si vestirono in fretta. Erano entrambi abiti di ottima fattura, di colore nero. Quello di Lincoln era più semplice, più adatto a un soldato, mentre quello di Petrus era più elaborato, lasciando intendere che chi lo indossava era un nobile. Nonostante ciò era comodo e non intralciava i movimenti in caso avesse dovuto mettere mano alle armi.

Quando Olivia uscì dal magazzino assieme a Suor Astrid, restarono tutti quanti senza fiato.

L’abito, di colore blu, era un biliaut di seta con un’ampia scollatura a V e una cintura in cuoio attorno alla vita. I capelli, ormai lunghi fino alle spalle, erano raccolti in una treccia e ornati con una fascia di raso dello stesso colore del vestito.

“Capitano… è incredibile…” esclamò Lincoln, dopo qualche secondo “Se non fossi sicuro che siete un uomo vi avrei già fatto i complimenti per la vostra bellezza!”

“Ehm… vi ringrazio, Capitano Lee.” ringraziò la ragazza, aggiustandosi le maniche dell’abito, aderenti fino ai gomiti, ma che si allargavano oltre questi, con eleganti pieghe e ricami dorati, uguali a quelli della gonna.

Petrus la guardò stupito. Quell’abito valorizzava fortemente le sue forme, non lasciando dubbi: Olivia era una giovane donna con un fascino incredibile, che però tendeva a nascondere con i vestiti maschili, i capelli corti e gli atteggiamenti da uomo.

“Ottimo lavoro, Suor Astrid.” si limitò a dire, incapace di pronunciare altre parole.

Il vecchio frate era rimasto in silenzio per tutto il tempo, osservando i tre con sguardo critico.

“Mh… credo che manchi qualcosa…” disse “Il capitano Lee va benissimo così, ma il Marchese e la sua consorte devono passare per nobili.”

“Che altro hai in mente, Padre Walther?” chiese Olivia, osservandosi a uno specchio in ottone posto in un angolo del laboratorio.

“Niente… solo di vedere se quello che ho fatto sta bene con i vostri vestiti.” disse, poi prese la croce di Suor Elisa dal collo del figlio e, ignorando le sue proteste, ne tolse la corda e la sostituì con una catena d’oro finemente lavorato. La restituì a Petrus e si avvicinò a Olivia, tenendo una scatola in legno intarsiato tra le mani.

“Devo farti i buchi alle orecchie, Oliver.” le disse, tranquillo.

“Cosa? Perché?” protestò la giovane.

“Dovrai indossare degli orecchini, è indispensabile che ti faccia i buchi alle orecchie.”

“Devo farlo per forza?” tentò ancora di protestare Olivia.

“Certo che sì! Se vuoi che la copertura regga.” le rispose il vecchio, poggiando il bauletto in legno intarsiato e prendendo una sedia, su cui fece sedere la giovane. Infine le diede un pezzo di cuoio da mordere e si mise al lavoro, con degli strumenti costruiti appositamente da lui stesso.

L’operazione fu veloce, Olivia non fece un fiato, anche se si vedeva che stava soffrendo, e alla fine il vecchio le fece tenere dei pezzi di ghiaccio della ghiacciaia a contatto delle ferite, per farle riemarginare, e vi applicò un unguento speciale. Dopo circa mezz’ora era di nuovo a posto e potè già indossare degli orecchini d’oro particolarmente elaborati, che erano stati ordinati da un orefice di fiducia, come anche la collana e gli altri gioielli che la ragazza dovette indossare in prova.

“Manca ancora una cosa.” concluse il vecchio monaco, andando a prendere un sacchettino di velluto vicino alla sua postazione di lavoro.

“Che altro devo indossare, Padre Walther? Se mi fa mettere ancora altri gioielli sarò scambiato per la Santa Vergine…”

“Questo è indispensabile, se tu e Petrus volete passare per sposati. Li ho fatti io.” spiegò Padre Walther, estraendo dal sacchettino due anelli d’oro, semplici ma brillanti, quindi li mise in mano al figlio, che li esaminò.

“Sono le fedi.” disse il giovane, provando la più grande, quindi passò l’altra a Olivia.

“No, figliolo. Dovresti essere tu a mettergliela!” lo fermò il frate.

“Cosa? Per quale motivo?” chiese Petrus, trattenendosi a stento dal rispondergli male.

“Come? Ma è ovvio! È tua moglie!” esclamò il vecchio, ancora su di giri.

Petrus e Olivia si fissarono rassegnati, quindi l’uomo si voltò verso Petrus e gli parlò con fare minaccioso.

“Ricordatevi che voi siete tenuto al silenzio, Capitano.”

Infine si voltò verso Olivia e le mise la fede. Padre Walther osservò tutto quanto e, alla fine, passò le braccia sulle spalle , eccitato con un bambino.

“In virtù dei poteri conferitemi, vi dichiaro marito e moglie!” esclamò.

Petrus E Olivia ormai erano rassegnati alle uscite del vecchio pazzo, quindi si limitarono a sospirare nascondendo l’imbarazzo creato da quella situazione. Quando il vecchio si fu calmato, poterono tutti cambiarsi e continuare i preparativi.

Qualche sera dopo era, finalmente, tutto pronto. Avevano a disposizione una carrozza signorile, che avrebbe guidato Lincoln; il Comandante Broyles aveva concesso loro disponibilità illimitata di fondi, e se avevano bisogno di servitù avevano convenuto che l’avrebbero assunta una volta arrivati sul posto.

Era una notte senza luna, l’ideale per uscire senza essere notati. I bauli erano già stati caricati sulla carrozza, parcheggiata appena fuori delle mura, e Olivia aveva deciso di vestirsi già a casa. Camminò in silenzio per l’intero tragitto, scortata da Suor Astrid; il vestito sfarzoso era coperto dal mantello, così come l’acconciatura era celata dal cappuccio calato sulla testa. Uscì dalle mura e si avvicinò alla carrozza, illuminata solo da una lanterna tenuta in mano dal Capitano Lincoln. Petrus attendeva in silenzio, con le braccia conserte e la schiena poggiata alla porta della carrozza.

“Ci sono.” sussurrò, identificandosi. Lincoln annuì e saltò alla guida, mentre Petrus le aprì la porta. Olivia salutò l’amica e salì, seguita dall’uomo, quindi il capitano spronò i cavalli e partirono.

Petrus si sistemò accanto alla ragazza, la quale si tolse il mantello e si aggiustò il vestito. Era quasi estate, ma si sentiva ancora l’aria fresca, strascico della rigidità di quell’inverno; il giovane le passò una mano attorno alle spalle, mentre Olivia guardava fuori dalla finestrella dello sportello, in silenzio. Stava albeggiando, Olivia pareva incantata.

“Questo è il momento della giornata che preferisco.” sussurrò, senza togliere gli occhi dal cielo arrossato “Quando il mondo è pieno di promesse.”

Petrus sorrise e la strinse a sé, guardando l’alba insieme a lei. Le loro mani sinistre si incontrarono a metà; le fedi, colpite da un raggio di sole nascente, brillarono quasi nel buio, ma loro non se ne accorsero, immersi nella visione delle promesse della giornata che stava per cominciare.

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Capitolo 13
*** La Contessa Scharff ***


Il viaggio era lungo, e dovette essere fatto a tappe. Di giorno viaggiavano e di notte si riposavano, presso castelli o ostelli di classe, adatti per mantenere la copertura.

Poco per volta, Olivia perse quegli atteggiamenti che la caratterizzavano come un uomo, frutto di anni di finzione, mostrando prima il suo lato femminile, e poi imparando le movenze di una nobildonna cresciuta in una corte. Ma, nonostante tutto, non era cosciente del fascino che trasmetteva agli uomini che le stavano attorno, primo tra tutti Petrus, l’unico a conoscenza del suo segreto, con cui doveva impersonare il ruolo della coppia in viaggio di nozze.

Dopo venti giorni di viaggio, finalmente arrivarono nei pressi del castello della Contessa Scharff, in Baviera. Un messaggero li aveva preceduti di una settimana, avvertendo la Contessa dell’arrivo dei due nobili con la loro guardia del corpo.

“Marchese?” chiamò Lincoln, rivolto a Petrus. Avevano deciso di usare nomi e titoli di copertura anche in privato, per non rischiare di sbagliare in pubblico; idea, questa, proposta da Olivia e subito accolta dai due uomini.

“Dimmi, Lincoln.” lo incoraggiò Petrus.

“Siamo quasi arrivati, guardate alla vostra destra.”

Petrus annuì e svegliò Olivia, che si era appisolata sulla spalla dell’uomo. La ragazza aprì gli occhi e Petrus le indicò fuori dalla finestrella dello sportello, alla loro destra.

Il castello era enorme e maestoso; appollaiato sulla cima di una collina isolata dominava sulla valle circostante. Grandi torri poligonali guardavano ai quattro angoli della valle, e spesse mura assicuravano una protezione quasi totale a potenziali attacchi nemici.

Nonostante tutto, aveva un aspetto elegante, che quasi si fondeva con il panorama circostante. Il suo riflesso era visibile sulla superficie di un lago poco distante; in tutto il luogo aleggiava un’aria magica.

Olivia era rimasta senza parole. Continuava a fissare, incantata, il panorama. Non aveva mai visto un castello così prima d’ora, era abituata alle fortificazioni più modeste di Francia e Italia, quindi non pensava potessero esistere dei capolavori architettonici come quello che stava guardando in quel momento.

Una leggera pressione nell’abbraccio di Petrus la riportò alla realtà. La ragazza lo guardò negli occhi, lui le sorrise e le tirò indietro una ciocca di capelli, sfuggita all’acconciatura.

“Prepariamoci per lo spettacolo, mia signora.” esclamò, quindi la aiutò ad aggiustarsi per poter interpretare la parte della giovane moglie di un nobile.

Dopo un paio d’ore, finalmente, arrivarono al cancello d’entrata. Una guardia si avvicinò e chiese a Lincoln di identificarsi.

“Sto scortando il Marchese Petrus di Valdocco e la sua consorte. La Contessa li sta aspettando, quindi non ci fate perdere tempo e fateci entrare.” rispose il Capitano, in tono calmo e quasi autoritario.

La guardia annuì e si allontanò per parlare con un commilitone, quindi li fece passare. Nel cortile interno vennero avvicinati da servi, pronti a scaricare i bagagli e occuparsi dei cavalli e della carrozza. Lincoln aprì il portello, guardandosi intorno per memorizzare ogni particolare del luogo, e attese che Petrus fosse sceso, poi insieme aiutarono Olivia, quindi li scortò all’interno, per presentarsi alla padrona di casa.

La Contessa li attendeva nel salone centrale al piano terra dell’edificio principale del castello. Era una donna sui quaranta, con i capelli rossi raccolti in un’acconciatura alla moda. Il vestito era nero e sfarzoso, con pizzi e merletti elaborati. Si avvicinò alla coppia con passo altero e li squadrò da capo a piedi.

“Contessa, è un vero piacere fare la vostra conoscenza.” la salutò Petrus.

“Piacere mio, Marchese.” gli rispose la donna, che sorrise e guardò la ragazza “Devo farvi i complimenti. Vostra moglie è una giovane di rara bellezza. Dovrete tenere lontani i cavalieri che incontrerete.”

“Ho assunto apposta una guardia del corpo.” confermò Petrus, indicando Lincoln, il quale era fermo alle loro spalle e si guardava intorno con fare serio.

La donna annuì, quindi prese le mani di Olivia e la fissò negli occhi, cordiale.

“Quanti anni avete, Madama Olivia?” chiese.

“Compirò 18 anni tra un mese, Contessa.” rispose la ragazza, tenendo lo sguardo basso, come era d’uso quando ci si trovava al cospetto di una persona di rango superiore al proprio.

“Oh… ve ne avrei dati al massimo 16.” commentò “Sono sicura che darete al Marchese vostro marito una prole sana e forte.”

“Lo spero, signora… ci siamo sposati solo due mesi fa.” disse la giovane, arrossendo leggermente.

“Oh, beh… allora avrete già concepito, o comunque ci starete provando.”

La ragazza arrossì ancora di più e attese qualche secondo prima di rispondere, con un filo di voce.

“Sì, signora…”

La contessa sorrise e benedisse la giovane, facendole una carezza materna.

“Ma che razza di ospite ingrata sono?!” esclamò “Sarete stanchi per il lungo viaggio. Ho già fatto portare i vostri bagagli alle stanze degli ospiti. Secondo le vostre disposizioni vi ho assegnato due stanze attigue, per i Marchesi e per la vostra guardia. La servitù sta anche preparando dei bagni caldi per ristorarvi.”

“Vi ringrazio, Contessa. Ne abbiamo proprio bisogno.” la ringraziò Petrus, quindi prese la mano di Olivia e seguì uno dei servi, che li accompagnò alle loro stanze, in uno degli edifici secondari del castello, quello con una maggiore privacy ma facilmente raggiungibile dall’edificio principale, dove viveva la Contessa Nina Scharff.

La stanza di Petrus e Olivia era ampia e confortevole, con un grande camino ad una parete e, sulla parete opposta, un grande letto a baldacchino circondato di drappi di seta rossa con ricami in oro. Ai piedi del letto erano già stati posati i due bauli degli sposi e una vasca da bagno in ottone era stata posta vicino al camino, ed era piena di acqua fumante.

Olivia ispezionò la stanza, sfiorando i tessuti del letto e delle tende che ornavano le finestre, infine guardò Petrus.

“E ora? Che si fa?” chiese, indecisa su cosa fare.

“Beh… tanto per cominciare potresti approfittare del bagno caldo. Se vuoi esco, nel frattempo.”

Olivia scosse la testa e aprì il suo baule.

“No… se ti vedessero fuori da solo si insospettirebbero.” disse, poi tirò fuori una vestaglia da camera e la posò sul letto, per cambiarsi.

Petrus le diede le spalle per concederle un po’ di privacy, quando qualcuno bussò alla porta.

Petrus e Olivia imprecarono all’unisono, quindi l’uomo andò ad aprire. Lincoln attendeva davanti all’uscio, guardandosi intorno con aria circospetta.

“Lincoln…” sospirò Petrus “Che ci fai qui?”

“Ho appena terminato il mio giro di controllo. Dobbiamo definire gli ultimi dettagli del piano. Posso entrare?”

“Veramente non è il mo…” tentò di fermarlo Petrus, ma Lincoln era ormai entrato. Olivia non aveva fatto in tempo a chiudersi la vestaglia prima che lui entrasse, quindi al giovane uomo non sfuggirono i dettagli anatomici del corpo di quello che, fino a pochi secondi prima, pensava essere il Capitano Oliver Du Nam.

“Che diavoleria è questa?” esclamò, fissando alternativamente Olivia e Petrus, sconvolto.

I due si scambiarono uno sguardo, incerti, quindi Petrus porse una sedia al Capitano e lo fece sedere di fronte al letto, dove si era sistemata Olivia, mentre lui restò in piedi, camminando nervosamente per la stanza.

“Capitano Lincoln…” cominciò la giovane.

“Siete… siete una donna, Capitano?” domandò, ancora sconvolto, il ragazzo. Olivia annuì.

“Per favore, ho bisogno che manteniate il segreto…” lo implorò.

Lincoln ci pensò su, quindi annuì.

“Va bene, ma… Padre Walther credo che l’abbia capito.” rispose, guardando alternativamente i due.

“Mio padre è solo un monaco folle!” esclamò Petrus, ancora alterato.

“Sì, ma… non vi è sembrato strano il suo comportamento? Ha sempre trattato il Capitano come fosse una donna, e poi…” spiegò Lincoln, ma si interruppe all’improvviso.

“E poi?” lo incoraggiò Olivia, stringendosi nella vestaglia.

“Santa Madre di Dio… credo che vi abbia sposati!” esclamò, all’improvviso, il giovane.

“Cosa? No, non l’ha fatto!” obiettò Petrus.

“Invece sì.” spiegò Lincoln “Quando ci ha fatto provare gli abiti. Vi ha fatto mettere gli anelli e poi ha detto…”

“‘Per il potere conferitemi, io vi dichiaro marito e moglie.’” recitarono Olivia e Petrus all’unisono, poi quest’ultimo si avvicinò al massiccio armadio in legno posto accanto al letto e tirò un forte pugno all’anta.

“Dannazione!” esclamò “Quando torneremo a Torino io lo uccido! E non provate a fermarmi!”

Petrus era parecchio arrabbiato, doveva calmarsi, prima di continuare la discussione, quindi Olivia si alzò, prese un fazzoletto dal baule dell’uomo e si avvicinò. Gli prese con delicatezza la mano con cui aveva tirato il pugno, che stava sanguinando, e gliela fasciò. Petrus fece dei respiri profondi, guardandola lavorare, calmandosi lentamente.

“Però non avete consumato… potreste farlo annullare.” suggerì il Capitano. I due si guardarono negli occhi, in un gesto di intima intesa.

“No. Per annullarlo devo dare la prova di non aver consumato, ma non posso…” spiegò Olivia.

“Perché?” chiese ancora Lincoln.

“Perché Olivia non è vergine.” completò Petrus, continuando a fissare gli occhi della ragazza.

“Oh… beh… una soluzione si troverà… credo… comunque per ora occupiamoci della missione… ora vi lascio soli.” concluse il Capitano Lee, quindi uscì dalla stanza, quasi di corsa.

Petrus e Olivia si sedettero in silenzio. La ragazza teneva gli occhi bassi e non riusciva a togliere lo sguardo dalle due fedi. L’uomo le prese delicatamente il viso tra le mani.

“Lincoln ha ragione. Una soluzione si troverà.” la rassicurò.

Olivia annuì, ma scoppiò a piangere. Aveva ricevuto troppe informazioni, tutte insieme, e il suo sistema difensivo emozionale era esploso. Petrus non potè fare altro che abbracciarla e aspettare che si calmasse.

 

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Capitolo 14
*** Segreti ***


Le giornate successive passarono veloci. Petrus e Olivia interpretavano la parte degli sposini perfetti, e quando si ritiravano in privato, Lincoln era libero di girare per il castello ed ispezionare ogni angolo della costruzione.

Purtroppo di Guglielmo Campana non c’era traccia, ma i tre non perdevano la speranza e continuavano a cercare.

Erano al castello da un mese e mezzo; quel pomeriggio di metà luglio Petrus e Olivia stavano passeggiando nel cortile interno del palazzo, mano nella mano, mentre Lincoln li seguiva a poca distanza. La Contessa li raggiunse, seguita dalla propria dama, e si fermò di fronte a loro.

“Miei cari, stasera vorrei dare una festa. Spero che voi vogliate essere dei nostri, ci sarà anche una sorpresa finale.” li informò. Petrus e Olivia si guardarono negli occhi, quindi l’uomo annuì.

“Sarà un vero onore parteciparvi, Contessa.” rispose, sorridendo e stringendo la giovane moglie.

La Contessa sorrise e si rivolse a Olivia.

“Magari la Marchesa potrebbe approfittare della presenza a palazzo della mia sarta, per farsi fare un vestito per l’occasione.” suggerì.

Olivia, incerta, guardò Petrus. Non sapeva se accettare la proposta. L’uomo annuì, quindi Olivia tornò a rivolgersi alla Contessa, sorridendo.

“Sarei molto felice di avere un nuovo vestito, Contessa.” rispose.

“Oh… allora, Marchese, non vi dispiace se vi rubo la vostra giovane sposa per un paio d’ore, vero?” chiese la Contessa, sempre cordiale.

“Non c’è problema. Però se non vi dispiace vorrei che Lincoln vi accompagni…” suggerì l’uomo, scambiando uno sguardo d’intesa con il Capitano Lee.

La donna acconsentì, quindi Lincoln seguì le due donne all’interno dell’edificio principale del palazzo.

Petrus attese che i tre entrassero, quindi decise di ispezionare meglio alcune zone del castello.

La Contessa portò Olivia nei suoi appartamenti, dove l’attendeva la sua sarta personale. Lincoln ispezionò la stanza, quindi uscì e attese fuori dalla porta. La giovane si guardò intorno, incerta; la sarta, dopo aver parlato con la Contessa Scharff, si avvicinò e le prese le misure, segnandole su una tavoletta.

“Mh… da quello che vedo, il modello che indossate vi sta stretto, mia signora…” commentò.

“Ma… mi sono sempre stati bene i vestiti di questa misura…” obiettò la ragazza.

“Perdonate la mia sfrontatezza, ma è probabile che siate ingrassata.” suggerì la sarta, mentre controllava le stoffe che aveva a disposizione.

“O forse siete incinta.” completò la contessa. Olivia abbassò la testa, la donna capì “Ho detto giusto, vero cara?”

Olivia annuì, tenendo lo sguardo basso.

“Non l’ho ancora detto a mio marito. Vorrei che fosse una sorpresa.” si giustificò. La Contessa le fece una carezza materna.

“Sono sicura che sarà una sorpresa molto gradita. Vostro marito ci tiene molto a voi, è raro vedere questo tipo di affiatamento in un matrimonio combinato.”

Olivia annuì. Sapeva di essere incinta da prima di partire; ormai era quasi al quinto mese, ma aveva paura a dirlo a Petrus, nonostante quello che si erano detti quella sera a casa sua, soprattutto visto quello che aveva combinato Padre Walther prima della loro partenza. Se volevano ancora annullare il matrimonio, quel bambino che stava crescendo nel suo grembo glielo avrebbe definitivamente impedito, senza contare che, nelle sue condizioni, se la missione fosse durata ancora a lungo, sarebbe diventata un intralcio.

Mentre era immersa nei suoi pensieri, non si accorse che la sarta le aveva completato il vestito, cucendoglielo addosso, e stava avvicinando un grosso specchio in ottone perché Olivia potesse ammirarne l’opera.

La giovane restò a fissarsi a lungo allo specchio, mentre la Contessa aprì la porta e lasciò entrare Lincoln, poiché il lavoro era finito. L’uomo si fermò sulla porta e ammirò la ragazza, senza dire una parola; quel vestito esaltava il fascino naturale di Olivia, un fascino misterioso e solare, mostrato con la spontaneità di chi non sa di possederlo.

Il vestito era rosso con rifiniture oro. La scollatura quadrata lasciava le spalle parzialmente scoperte, le maniche erano strette tra spalla e gomito, e si allargavano fortemente fino al polso. La cintura, era allacciata poco sotto il seno, dove cominciava l’ampia gonna, che si allargava fino a creare un lungo strascico. Il corsetto che stringeva il seno era arricchito da un pizzo dorato e nastri in raso dello stesso colore del vestito. Qualunque uomo avesse incrociato la strada con la giovane donna non sarebbe più riuscito a toglierle gli occhi di dosso.

“Vostro… vostro marito ne resterà incantato, mia signora.” fu l’unica cosa che riuscì a dire il Capitano, quando si fu ripreso.

“Grazie, Lincoln.” rispose Olivia, diventando rossa “Mi accompagni in camera, per piacere?” chiese, poi si rivolse di nuovo alla Contessa “Signora, vi ringrazio del vestito, è davvero molto bello.”

“Non c’è di che, mia cara. È stato un piacere. Consideratelo un regalo di nozze in ritardo.” rispose la donna. Olivia sorrise e si congedò.

Quando fu abbastanza sicura che nessuno potesse sentirli, la ragazza si fermò e guardò il Capitano.

“Lincoln… ho bisogno che, appena torniamo a Torino, tu faccia una cosa per me.” riferì.

“Ditemi tutto, Olivia.” la incoraggiò.

“Devi cercare una buona famiglia che possa prendersi cura di un orfano.” rispose, facendo un respiro profondo.

“Un orfano?”

La ragazza ci mise un po’ a rispondere; doveva misurare le parole, trovare il modo giusto per dire quello che aveva in mente.

“Sono incinta, Lincoln. Il bambino nascerà tra poco più di quattro mesi, e non posso occuparmi di lui, ma non voglio neanche abbandonarlo alla Ruota degli Esposti. Ho bisogno che tu faccia quello che ti ho detto, possibilmente in segreto. Non voglio che qualcuno venga a saperlo, soprattutto Petrus.”

“Petrus? Perché?”

La giovane non rispose subito, non voleva farlo.

“Per favore, Lincoln, fai quello che ti ho detto.” lo implorò. L’uomo sospirò e annuì, quindi ripresero a camminare ed arrivarono alle loro stanze.

Petrus li attendeva davanti alla porta. Quando vide Olivia ne restò subito incantato, anche più di quanto lo era stato Lincoln, si avvicinò e la squadrò da capo a piedi.

“Santa Madre… sei… sei perfetta!” esclamò. Olivia sorrise, timida.

“Grazie. Dovresti prepararti anche tu, però. La festa inizierà presto.” ringraziò. Petrus annuì ed entrò in camera. Prima di seguirlo, Olivia lanciò un fugace sguardo di intesa a Lincoln, il quale annuì e attese in corridoio.

La festa cominciò all’imbrunire. Erano presenti molti nobili della zona, i quali erano raccolti in piccoli gruppi, intenti a spettegolare sugli ultimi avvenimenti, mentre un gruppo di musici suonava in un angolo e un acrobata si esibiva al centro della sala.

Quando la Contessa si presentò, finalmente ci si mise a tavola, e al termine del banchetto la donna si alzò in piedi, attirando l’attenzione di tutti quanti.

“Signori, ospiti miei, ho il piacere di annunciarvi che sono entrata in possesso di un’importante reliquia.”

Il silenzio del salone fu spezzata da un brusio incredulo. La Contessa non ci fece caso e continuò il suo discorso.

“I miei alchimisti l’hanno analizzata e mi assicurano che è autentica. Ora David Robert Jones, assistente personale di Guglielmo Campana, la porterà in sala, così che voi possiate ammirarla.” attese ancora qualche secondo e completò il suo discorso “Signori, avrete il piacere di ammirare il Sacro Sudario in cui è stato avvolto il corpo di Nostro Signore Gesù Cristo deposto dalla Santa Croce.”

Il brusio aumentò. Mentre dei servi disponevano un lungo tavolo al centro del salone, un uomo biondo, sui 30 anni, entrava tenendo tra le braccia un piccolo baule in legno dorato, lo poggiava sul tavolo e lo apriva, mostrandone il contenuto: un lungo drappo di lino su cui pareva impressa un’immagine.

Molti degli invitati si fecero il segno della croce. Petrus fu uno dei primi ad alzarsi per vedere da vicino il lenzuolo; dopo averlo osservato attentamente, tornò al suo posto, accanto a Olivia, mantenendo un’aria seria.

Olivia lo osservò. Lo sguardo serio e concentrato dell’uomo le fece capire che qualcosa non andava.

“Qualcosa non va, Petrus?” chiese, preoccupata. L’uomo sospirò e la attirò delicatamente a sé, per poterle parlare in privato senza destare sospetti.

“Quella reliquia è un falso.” sussurrò all’orecchio della donna.

“Cosa? Ne sei sicuro?” chiese Olivia, incredula. Petrus annuì.

“Ho visto quella autentica un paio d’anni fa, a Gerusalemme. Era nelle mani di un gruppo di Templari. E comunque so riconoscere un falso, quando lo vedo.” spiegò.

La ragazza era shockata. Se quella reliquia era falsa doveva avvertire l’Ordine della Croce Blu, ma se fosse intervenuto, la loro copertura sarebbe saltata.

“Come l’hanno fatta?” chiese, incuriosita.

“Non lo so.” ammise il giovane “Però credo sia frutto di alchimia.”

Olivia spalancò gli occhi. Aveva appena avuto un’idea.

“Petrus! Se è frutto di alchimia potrebbe averla creata Campana!” esclamò. Petrus la fissò, illuminato.

“Hai ragione! Dovremo tenere d’occhio i movimenti attorno a quella reliquia! Ma non ora, desteremmo solo dei sospetti inutili. Cominceremo domani, con discrezione.”

Olivia annuì, contenta che Petrus avesse rimandato tutto al giorno dopo. Era stanca morta, non vedeva l’ora che quella festa finisse per togliersi quell’ingombrante vestito, che cominciava a sentire un po’ scomodo, senza contare che gli stivali le facevano male, e aveva una nausea incredibile. Non avrebbe resistito a lungo, in quelle condizioni.

Per fortuna, una ventina di minuti dopo, la Contessa decise che la festa era terminata e congedò gli ospiti.

Olivia, Petrus e Lincoln tornarono alle loro camere. La ragazza si tolse subito gli stivali e cercò di togliersi da sola il vestito, senza successo, perché i bottoni che lo chiudevano erano lungo la schiena, difficilmente raggiungibili dalle sue mani. L’uomo le venne in aiuto e glieli sbottonò, uno alla volta.

Olivia sentì le sue mani calde sfiorarle la schiena e, quando Petrus ebbe finito, reggendo la parte anteriore dell’abito per coprirsi, si voltò e lo fissò negli occhi.

Petrus non si mosse. I suoi occhi blu la fissavano in silenzio, quasi ipnotizzandola. Erano due calamite da cui non riusciva a staccarsi. Sentiva che doveva fare qualcosa, ma non sapeva cosa. Decise di lasciare che la sua mente vagasse, e che il corpo fosse libero di fare ciò che voleva.

Fece un passo verso il giovane e gli sfiorò il viso con una mano. Petrus era ancora immobile, incerto su cosa volesse fare la compagna. Olivia continuava a carezzargli il viso, fece un altro passo avanti e si alzò sulle punte. Le loro labbra si sfiorarono per qualche secondo, infine si toccarono in un intenso bacio, che durò a lungo.

Petrus la attirò a sé, senza smettere di baciarla, finchè non fu lei ad allontanarsi.

Olivia sorrideva. Petrus non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, quel sorriso era un raggio di luna che illuminava la strada in una notte buia.

“Petrus…” sussurrò la ragazza “Sono pronta…”

“Sei… sei pronta?” chiese il giovane, incapace di muoversi.

Olivia gli sorrise di nuovo, lo prese per mano e lo trascinò verso il letto.

Il mattino seguente, quando Petrus si svegliò si sentiva particolarmente bene. A differenza della volta precedente, ora ricordava tutto: lei e Olivia avevano fatto l’amore, a lungo e in modo intenso. Non ricordava di essersi mai sentito così con una donna, eppure di donne ne aveva avute tante.

Ma Olivia era speciale. La guardò; dormiva ancora, con la schiena poggiata sul suo fianco. Era serena, e sembrava felice.

Senza svegliarla, le passò un braccio attorno alla vita e la strinse.

Improvvisamente sentì qualcosa di strano. La sua mano, poggiata sul ventre della donna, aveva avvertito un colpo. Poggiò meglio la mano. Un altro colpo. Qualcosa si muoveva dentro di lei.

In quel momento Olivia si svegliò e si girò verso Petrus.

L’uomo era sotto shock.

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Capitolo 15
*** Discussioni ***


Petrus fissava Olivia con un’espressione shockata dipinta in volto. La sua mano era ferma sulla sua pancia, e lei sentiva i movimenti del bambino, dentro il suo corpo. Si stava muovendo parecchio, e l’uomo aveva sentito tutto.

“Petrus…” sussurrò. Il giovane sembrò riprendersi e tolse la mano, quindi si alzò e si vestì.

“Devo parlare con Lincoln. Tu resta qui.” ordinò.

“Cosa? Perché?” chiese, tirandosi su e vestendosi anche lei.

“Dobbiamo ridefinire tutto.”

“Tutto cosa? Non dobbiamo ridefinire nulla! Dobbiamo solo seguire il piano!” obiettò la giovane, fermandolo sulla porta.

“Il piano non vale più. Tu non puoi lavorare.” affermò serio e determinato Petrus.

“Come? Chi lo decide?”

“Sei incinta, Olivia! Non puoi lavorare a prescindere, per il bene tuo e del bambino! Quindi ora fatti da parte e lascia lavorare noi uomini!” le ordinò Petrus, aprendo la porta e andando a bussare alla stanza di Lincoln.

La ragazza lo seguì, livida di rabbia. Il Capitano aprì e Petrus, ignorando la compagna, si rivolse a lui.

“Lincoln, dobbiamo parlare. Fammi entrare.” Ordinò, quindi tornò a rivolgersi a Olivia “E tu torna in camera. Non farmelo ripetere.”

Olivia lo fissò, incenerendolo con lo sguardo, quindi Petrus dovette rassegnarsi e lasciarla entrare assieme a lui.

“Che succede?” chiese il giovane Capitano, assistendo a quel litigio silenzioso tra i due amici.

“Succede che dobbiamo ridefinire il piano.” spiegò Petrus, camminando nervoso per la stanza.

“Perché? Qualcosa non va?” domandò ancora Lincoln, fissando alternativamente i due.

“Sì.” rispose Petrus.

“No.” rispose, contemporaneamente Olivia.

I due coniugi si fissarono in cagnesco, quindi Petrus si fermò e, frustrato, si poggiò con la schiena alla grossa porta in legno, con le braccia conserte e le gambe leggermente divaricate.

“Dovremo ridefinire tutto. Olivia è incinta, non può fare nulla, e per un po’ non sarà in grado di proteggersi da sola.”

Petrus aveva appena terminato la frase che si trovò un pugnale piantato sulla robusta porta, nello spazio tra le gambe, appena sotto il cavallo dei pantaloni.

Nella stanza calò il silenzio e i due uomini, presi alla sprovvista, si girarono verso Olivia, seduta sulla cassapanca vicino al letto, che aveva ancora il braccio teso dopo aver lanciato il pugnale.

“Ma che…” imprecò Petrus, afferrando il pugnale “Olivia ti rendi conto che avresti potuto infilzarmi una gamba, o, peggio, evirarmi?”

“Se avessi voluto lo avrei fatto… e comunque per come ti comporti te lo meriteresti!” esclamò Olivia, alzandosi e avvicinandosi al compagno per riprendere il pugnale “Come vedi sono perfettamente in grado di badare a me stessa.” concluse, quindi afferrò il manico e infilò nuovamente l’arma nella fodera che teneva nascosta sotto la gonna, legata alla coscia. I due uomini continuarono a fissarla in silenzio. Quella ragazza sapeva il fatto suo, e sarebbe stato impossibile farle cambiare idea. Petrus sospirò.

“Va bene, non cambiamo il piano. Però a una condizione, se si fa troppo pericoloso fatti da parte, per piacere.” acconsentì, guardandola negli occhi.

Olivia sostenne il suo sguardo. Era determinata e testarda. Petrus si avvicinò di un passo e le poggiò la mano sulla pancia; il bambino non smetteva di muoversi. Il giovane sorrise: il piccolo era forte. Quindi tornò serio e fissò Olivia a pochi centimetri dal suo viso, ipnotizzandola.

“Se non vuoi farlo per te, fallo per nostro figlio. Lui non può difendersi come te.” le sussurrò.

La ragazza non rispose, era rimasta ipnotizzata dallo sguardo di Petrus, che non la mollava e continuava a carezzarle la pancia.

“Ho… ho bisogno di sedermi… mi gira la testa…”balbettò. L’uomo la prese per la vita e la fece sedere sulla cassapanca per farle riprendere un po’ fiato. Tutte quelle emozioni, tutte insieme, l’avevano indebolita. Era pallida e tremava leggermente.

Petrus si inginocchiò di fronte a lei e le prese il viso tra le mani.

“Ascolta, piccola…” le disse “Ora io e Lincoln ci mettiamo d’accordo per i turni. Tu però non fare storie, hai bisogno di riposare.”

Olivia annuì. Si sentiva troppo debole, non aveva la forza di lottare ancora. L’uomo si alzò e prese da parte Lincoln; dopo aver parlato un po’ tra loro, Petrus tornò da Olivia e la aiutò ad alzarsi.

“Andiamo. Hai bisogno di mangiare qualcosa, la contessa starà già servendo la colazione.”

La ragazza si strinse al suo braccio ed entrambi uscirono, andando al salone, dove stavano già servendo da mangiare.

 

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Capitolo 16
*** Altre indaggini ***


Appena Olivia si fu rifocillata, Petrus decise di portarla a prendere un po’ d’aria. Era piena estate, e un po’ di sole le avrebbe fatto bene. Inoltre era anche un modo per distrarla dalla missione; lui e Lincoln si sarebbero dati il cambio nelle ricerche, tenendo la donna il più possibile fuori. Sapeva che Olivia si sarebbe arrabbiata molto, appena lo avesse scoperto, ma Petrus non poteva permettere che corresse pericoli, soprattutto nelle sue condizioni attuali.

Portò la donna in un grosso giardino riparato, sul retro dell’edificio principale, un grande prato ben curato, con due enormi querce che facevano ombra. Petrus sistemò una coperta e fece sedere la ragazza sotto una di queste, poi si sedette accanto a lei, guardandosi intorno.

Il prato era adiacente al muro di cinta, che ne delimitava due lati. Gli altri due erano composti da porticati addossati all’edificio principale e a un edificio di servizio, da cui si aprivano alcune porte. Petrus analizzò tutte le entrate; osservando i movimenti del personale, il giorno precedente, aveva scoperto che una di quelle dell’edificio di servizio era stata usata più volte dall’aiutante di Campana, David Robert Jones. Ne dedusse che era l’entrata del laboratorio alchemico, e in quel modo poteva tenerlo d’occhio.

Senza perdere d’occhio quella porta, si voltò verso la donna e le carezzò la pancia. Il bambino continuava a muoversi; era forte, e la cosa lo rendeva orgoglioso.

“Non sta fermo un secondo…” sussurrò Olivia, visibilmente stanca “E’ inquieto…”

“E’ un bambino forte.” rispose l’uomo, sorridendo.

“O una bambina forte.” lo corresse la ragazza.

Petrus non rispose e le fece una carezza. In quel momento notò un’ombra sul tetto del fabbricato di servizio, quindi si fermò per osservare con più attenzione.

“Petrus? Che succede?” chiese Olivia, allarmata dal suo sguardo.

L’uomo la zittì e continuò a fissare il tetto qualcosa che si muoveva, ma non riusciva a capire cosa, ed era esattamente sopra la porta del laboratorio di Campana.

Era un’ombra particolarmente goffa, a prima vista poteva sembrare un animale, ma era troppo grosso, anche per essere un uomo, e sembrava essere coperto da un mantello. Continuava ad arrampicarsi sul tetto, in direzione del muro di cinta. Quando arrivò allungò una mano per aggrapparsi e saltare oltre.

Petrus pensò di aver visto male: la forma era umana, ma era enorme, scura, pelosa e con grandi artigli.

“Olivia, vedi anche tu quello che vedo io?” chiese, indicando verso la strana figura. Olivia annuì e si tirò su.

“Dobbiamo avvertire Lincoln. Qui stanno davvero succedendo cose strane.” disse, poi si alzò e rientrò nel palazzo, con il compagno a seguito.

Ritrovarono Lincoln davanti alle loro stanze, quindi gli riferirono l’accaduto.

“D’accordo, terrò gli occhi aperti.” esclamò, dopo aver ascoltato attentamente il loro racconto.

Intanto si era fatta sera, e i due coniugi andarono a cena nel salone della Contessa.

Erano seduti a tavola da dieci minuti quando un contadino del circondario corse dentro la sala, era sporco e terrorizzato, e si inginocchiò davanti alla Contessa, in lacrime, prima di riferirle qualcosa nella sua lingua.

“Che sta dicendo?” chiese Petrus, alzandosi.

“I suoi animali sono stati sterminati da una strana bestia. È venuto a chiedere aiuto.” riferì la Contessa.

Petrus lanciò uno sguardo a Olivia, la quale si alzò e raggiunse il compagno.

“Una bestia? Che tipo di bestia?” domandò, prendendo il braccio di Petrus, il quale si affrettò a spiegare alla Contessa il motivo del loro interesse.

“Nella Marca di Valdocco abbiamo avuto degli attacchi ad animali, vorremmo sapere se sono dello stesso tipo…”

La Contessa annuì e parlò al contadino, infine tradusse la risposta.

“Ha detto che non ha visto la bestia, però se volete vi fa vedere gli animali morti.”

Petrus e Olivia annuirono, quindi seguirono il contadino, assieme a Lincoln e la Contessa.

I corpi degli animali erano orribilmente mutilati, esattamente come quelli visti nei dintorni di Torno. Olivia si sentì male alla vista di quei corpi, anche se ne aveva già visti a decine, i mesi passati. Petrus la sorresse, mentre Lincoln esaminava uno dei corpi. Quando il Capitano annuì, confermando che erano esattamente come gli altri, la Contessa chiese spiegazioni.

“C’è un animale che gira l’Europa ad ammazzare le bestie dei contadini, Contessa. Ci permettete di indagare?” rispose Petrus, reggendo la giovane moglie, impallidita di colpo.

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Capitolo 17
*** Decisioni ***


La Contessa fissò il giovane uomo, poi lanciò uno sguardo a Olivia, che era pallida e si reggeva a stento in piedi.

“Va bene, Marchese, ma ora portate vostra moglie agli alloggi, ha bisogno di riposare. Comincerete domani.”

Petrus annuì e strinse Olivia, reggendola delicatamente. Effettivamente Olivia non stava bene, e nelle sue condizioni non sarebbe stata in grado di fare nulla, quindi decise di delegare Lincoln per le prime indagini e portare la giovane nella loro stanza.

Olivia si sedette subito sul letto, tenendosi la pancia. Era ancora pallida; Petrus era preoccupato.

“Non… non mi era mai successo…” balbettò la ragazza, con un filo di voce.

Petrus si inchinò davanti a lei, per guardarla negli occhi. Catturò immediatamente l’attenzione di Olivia. Che lo fissò ipnotizzata.

“Olivia, è normale, sei incinta. È per questo che non volevo che tu partecipassi più alle indagini, è troppo faticoso per te.” la rassicurò, quindi le poggiò la mano sulla pancia e ascoltò con attenzione i movimenti del bambino.

Sentì un leggero movimento, come se gli avesse toccato la mano, e sorrise. Nella sua mente cominciarono a formarsi delle immagini, cose che non aveva mai vissuto, ma che lo rendevano felice.

Si vide con un neonato tra le braccia, poi vide un bambino di un anno che camminava traballante verso di lui, infine un ragazzino di 10 anni che giocava con lui a fare la lotta. Quelle erano immagini di suo figlio, il bambino che stava crescendo nel corpo della ragazza che aveva di fronte.

Guardò di nuovo il viso di Olivia; si era ripresa, le sue guance avevano ripreso il solito colorito roseo, ed ora ricambiava il suo sguardo.

Un ricordo gli comparve improvvisamente in mente: la loro prima notte.

Per qualche strano motivo non si ricordava nulla di ciò che era successo, ma qualcosa era scattato. Era stato gentile e attento, ma non era comunque stato un vero gentiluomo. Non avrebbe dovuto farsi prendere dall’istinto, avrebbe dovuto resistere, per rispetto verso Olivia.

Una cosa che Suor Elisa gli aveva insegnato era quella di rispettare le donne, di qualunque età e qualunque condizione. Con Olivia non l’aveva fatto, ed ora lei ne stava pagando le conseguenze: il suo sogno di essere pari a un uomo stava andando in frantumi perché lui si era preso la sua verginità.

Petrus continuava a fissare la ragazza. Olivia vide i dubbi trasparire da quegli occhi di ghiaccio, e pur non sapendo che cosa aveva procurato quei dubbi, si sporse in avanti e lo baciò, per rassicurarlo. Non poteva fare molto, ma una cosa era certa: era sua moglie, e avrebbe fatto qualunque cosa perché lui le sorridesse ancora.

Sua moglie.

Olivia non aveva mai pensato a sé stessa come moglie, tantomeno come madre. Aveva fuggito quella vita per tanto tempo perché non voleva sposare uno sconosciuto, ed ora si trovava sposata con un suo compagno di lavoro, un matrimonio deciso da un monaco pazzo e celebrato in una Casa di Dio in presenza di due testimoni, anche se gli sposi non ne erano coscienti.

Petrus aveva quasi dieci anni più di lei, ma si era dimostrato rispettoso nei confronti delle donne molto più di certi suoi coetanei; quando aveva scoperto il suo segreto aveva deciso di coprirla e appoggiare la sua decisione, e quando aveva avuto il dubbio che lei fosse incinta – cosa che dopo aveva scoperto essere vera – si era addirittura offerto di crescere il loro figlio da solo, se lei non avesse voluto tenerlo. In più le aveva promesso che avrebbe lottato perché lei non venisse cacciata dall’Ordine.

Quel bacio durò a lungo. Petrus la lasciò fare, quindi si allontanò leggermente e si sedette sul letto, accanto a lei.

Con un gesto affettuoso le sciolse le trecce e, passando la mano sui capelli lunghi, le parlò in tono affettuoso.

“Ora sembri davvero una donna, Capitano Du Nam.”

“Lo sono, Petrus…” rispose la ragazza, con lo stesso tono, quindi fece un respiro profondo, prima di continuare “Io sono tua moglie.”

Il ragazzo la guardò, preso alla sprovvista. I giorni precedenti avevano accuratamente evitato l’argomento, sicuri di voler annullare tutto una volta tornati in patria, ma ora non era più così sicuro di volerlo fare.

Olivia era una donna fantastica, capace di atti di forza determinata, ma anche di incredibile dolcezza. Ne aveva avuto la prova in quei giorni di stretto contatto.

Certo, Padre Walther aveva fatto una mossa molto azzardata; era pazzo, ma c’era sempre un motivo per qualunque cosa facesse. Aveva intuito la vera identità di Olivia, questo era certo, e probabilmente aveva anche capito che l’amicizia tra loro era stata minata da qualcosa di profondo. Quel matrimonio celebrato nella cripta della chiesa di Sant’Andrea era un tentativo goffo di rimettere pace tra i due ragazzi. Probabilmente aveva anche capito che Olivia era incinta, e voleva che Petrus si prendesse le sue responsabilità, occupandosi della madre e del bambino.

Inizialmente avrebbe voluto tornare a Torino, annullare il matrimonio il più velocemente possibile e fargliela pagare in qualche modo a suo padre; ma ora non aveva più tutta questa fretta, quelle idee erano volate via come foglie nel vento nel momento in cui aveva sentito per la prima volta il piccolo essere che si muoveva. Un innocente, un bambino che non aveva nessuna colpa se suo padre era un idiota.

Si, perché Petrus era un idiota, un vero idiota. Avrebbe dovuto pensarci lui, non Padre Walther; avrebbe dovuto chiederle di sposarla molto tempo prima. Forse lei non avrebbe accettato, o forse sì. Forse avrebbe accettato di togliersi i panni maschili e diventare sua moglie, per il bene di quel bambino, il frutto del loro amore.

Amore. Quella parola prese forma nella mente di entrambi; quello era il nome delle sensazioni che stavano provando.

Olivia amava Petrus. Amava il suo sguardo, i suoi occhi di ghiaccio, i suoi muscoli, persino i suoi modi, talvolta bruschi, di rapportarsi con le altre persone. lo aveva amato persino la prima volta che avevano fatto l’amore, anche se dopo si era sentita tradita per via della perdita dell’innocenza, ma questo ora non le importava.

Petrus amava Olivia. Amava il suo sorriso, il suo sguardo concentrato quando esaminava un reperto, addirittura la amava per i suoi modi maschili, non completamente persi durante il periodo di copertura, lì al castello della Contessa Scharff.

Olivia fece un respiro profondo; doveva riprendersi.

“Petrus… io vorrei tenere il bambino…” confessò. L’uomo sorrise e le carezzò la guancia.

“D’accordo, Olivia. Ti aiuterò. Però forse non riusciremo a ottenere l’annullamento, in questo modo.”

“Al Diavolo l’annullamento!” esclamò la giovane, cogliendo di sorpresa Petrus “E’ tuo figlio. Pensi davvero che voglia tenere mio figlio lontano da suo padre?”

Petrus era confuso: se restavano legati, tutti i suoi sogni venivano persi, non avrebbe più potuto fare quello che faceva prima. In ogni caso, con la decisione di tenere il bambino aveva già calcolato tutto ciò, molte cose che faceva prima sarebbero state solo un lontano ricordo, e la vita nell’Ordine dei Cavalieri della Croce Blu sarebbe diventata molto più dura; ma a lei non interessava, il loro bambino aveva cambiato tutto.

“D’accordo, quando torneremo alla base parlerò con il Comandante.” la rassicurò, quindi le sorrise e la aiutò a prepararsi per la notte.

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Capitolo 18
*** Il mostro di Jones ***


Il tempo passava lento al castello della Contessa Nina Scharff.

Nei successivi due mesi ci furono altri attacchi, e Petrus, insieme a Lincoln, si dava parecchio da fare per scoprire chi ne fosse il responsabile.

Era una mattina di fine settembre.

Petrus era fuori con Lincoln, mentre Olivia era rimasta al castello, poiché non poteva muoversi molto, a causa della gravidanza. Stava ricamando un telo che faceva parte del corredo per il bambino, regalatole dalla Contessa, e pur con qualche difficoltà, poiché non ricamava da anni, era riuscita a fare un piccolo capolavoro, disegnando lo stemma dell’Ordine dei Cavalieri della Croce Blu e scrivendo accanto una B in fili d’oro, l’iniziale di quello che sarebbe stato il cognome del bambino: Bischoff.

Finito il lavoro posò tutto nel cesto che le aveva prestato la padrona di casa, la quale stava anche lei ricamando, seduta di fronte a Olivia, accanto al camino del salone centrale.

Il bambino tirò un calcio e la giovane si portò una mano alla pancia. Negli ultimi giorni si era fatto più forte, e questi movimenti improvvisi si erano fatti più frequenti. Fece un respiro profondo e cercò di rilassarsi, il piccolo presto si sarebbe calmato.

“Volete andare a stendervi un po’, Marchesa?” chiese la Contessa, con fare premuroso. Evidentemente aveva notato la smorfia che aveva fatto quando aveva sentito il movimento del piccolo.

Olivia annuì e si alzò, prendendo le sue cose e andando ai suoi alloggi. Arrivata nella sua stanza da letto, mise via il cesto e si affacciò alla finestra.

Da quella posizione poteva vedere un bel panorama: le torri che circondavano il castello non erano troppo alte e si poteva vedere il paesaggio circostante, con il laghetto alla base della collina e le montagne in lontananza.

Stava ammirando il panorama da dieci minuti, quando un movimento sui tetti attirò la sua attenzione: vide un’ombra arrampicarsi e andare in direzione del giardino delle querce. Guardò meglio e riconobbe l’ombra, era la stessa che aveva visto assieme a Petrus arrampicarsi sul tetto del laboratorio alchemico di Guglielmo Campana.

Petrus e Lincoln non erano ancora tornati, e chissà quando lo avrebbero fatto, quindi Olivia decise di provare a investigare da sola. Sapeva che Petrus si sarebbe arrabbiato, ma non poteva perdere quella occasione, doveva scoprire cosa stesse succedendo.

Uscì quindi dalla sua stanza, diretta al cortile delle querce, e poi al laboratorio alchemico. Arrivata davanti alla porta, si guardò intorno e la spinse.

La porta era aperta. La donna vi entrò; la stanza era buia, e non si riusciva a vedere molto, quindi cercò una lanterna e una pietra focaia per accenderla.

Quando finalmente la trovò, la accese e si guardò intorno.

Il laboratorio era molto simile a quello di Padre Walther, forse un po’ più ordinato e con della strumentazione in più.

Due tavoli centrali erano colmi di ampolle e bottiglie piene di sostanze strane, e in un angolo c’era una tavola vuota, che ricordava molto le brande usate dai monaci speziali per visitare le persone malate.

Olivia si avvicinò a quest’ultima e la esaminò. Il legno era spesso e resistente, di castagno; una macchia attirò la sua attenzione, quindi avvicinò la lanterna per esaminarla meglio.

In quel momento sentì due forti calci nella sua pancia. Trattenne il respiro per non urlare e si poggiò meglio alla tavola; un’ombra alle sue spalle la fece però trasalire. Si voltò e restò pietrificata dalla visione.

Un enorme essere mostruoso era fermo di fronte a lei. La luce soffusa della lanterna dava al mostro un aspetto ancora più terrorizzante.

Era alto più di due metri, una folta pelliccia gli copriva tutto il corpo, ma non nascondeva lo scintillio diabolico degli occhi gialli e le lunghe zanne che uscivano dalla bocca. Olivia pensò che fosse una creatura del Demonio; si portò in automatico la mano alla coscia per prendere il pugnale nascosto tra i vestiti, ma si ricordò troppo tardi che era rimasto in fondo al baule, nella sua stanza. Era sola e disarmata, e il bambino si agitava frenetico nella sua pancia.

Qualcuno entrò nel laboratorio e aprì gli oscuri, facendo entrare un po’ di luce dall’esterno.

“Cosa abbiamo qui, Tommaso?” chiese. Olivia lo riconobbe: David Robert Jones, l’aiuto alchimista di Guglielmo Campana.

Il mostro grugnì e afferrò Olivia per i capelli. La giovane cercò di liberarsi, senza però riuscirci.

“Mh… la giovane Marchesa di Valdocco che curiosa dove non dovrebbe…” commentò Jones, avvicinandosi alla ragazza.

“Cosa… chi…” balbettò Olivia, cercando ancora di liberarsi dalla presa del mostro.

“Oh… beh, sapete… il Maestro è in viaggio, così mi ha affidato il laboratorio. E io ne ho approfittato per andare avanti con le mie ricerche.” spiegò l’uomo, quindi indicò la creatura “Vi presento Tommaso Geremia Neotoni, il mio assistente. L’ho creato io, ma non è l’unico. Ce ne sono altri nel resto dell’Europa, lavorano tutti per me.”

Olivia fissò l’uomo incredula. Perché aveva creato quei mostri infernali? Quale era il loro scopo? Jones vide quelle domande trasparire dal suo volto e rispose.

“Sono uno scienziato, mia cara signora. E quale migliore posto posso usare per i miei test se non il mondo intero?”

La ragazza era raggelata. Usare il mondo come un laboratorio? Ma chi si credeva di essere? Dio? Era una blasfemia! Stava per ribattere, quando una fitta di dolore dovuta alla contorsione improvvisa del bambino nella sua pancia la fece urlare e piegare per il dolore.

Il dolore era parecchio forte, e le fece quasi perdere conoscenza. La presa del mostro si sciolse e lei cadde a terra, stesa su un fianco, con gli occhi chiusi.

Tutto si fece confuso, si accorse a malapena della porta che veniva spalancata e dei soldati che entravano, armati fino ai denti, uccidendo il mostro e imprigionando David Robert Jones.

Qualcuno si avvicinò e si inginocchiò accanto a lei.

“Olivia… stai bene?” chiese una voce preoccupata, quella di Petrus. Olivia aprì gli occhi e fissò l’uomo.

“Petrus…” sussurrò, con le lacrime agli occhi “Il bambino…”

“Tranquilla, piccola. È tutto finito.” la rassicurò; Olivia scosse la testa.

“No, Petrus… il bambino sta per nascere…” lo informò la ragazza.

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Capitolo 19
*** Nuove vite ***


Petrus non perse tempo e la prese in braccio, quindi lanciò uno sguardo a Lincoln, il quale, mentre l’altro portava la giovane moglie in camera più velocemente che poteva, correva a parlare con la Contessa, lasciando che i soldati si occupassero di David Robert Jones e della sua creatura infernale.

Olivia aveva bisogno di una levatrice, il più in fretta possibile, e sicuramente nella contea ce ne era almeno una.

Petrus adagiò con delicatezza Olivia sul letto; lei era agitata e il giovane poteva vedere la pancia muoversi e saltare in modo anomalo, sotto il vestito. La aiutò a togliersi l’abito, per poter restare in sottoveste, più comoda e pratica, che avrebbe anche agevolato il lavoro della levatrice.

Olivia si era appena rimessa a letto, quando Lincoln entrò di corsa.

“Ho brutte notizie…” li informò “la levatrice è via e non tornerà prima di due giorni.”

“Cosa? Ma Olivia ne ha bisogno adesso! Mio figlio sta per nascere!” esclamò Petrus, adirato.

Lincoln fece un respiro profondo e fissò i due coniugi. Olivia tratteneva a stento le lacrime, e si vedeva che stava soffrendo, e Petrus era agitato come mai lo aveva visto.

“Va bene, sentite… io qualche esperienza di parti ce li ho… ho aiutato un po’ di volte mio fratello quando le sue mucche erano in travaglio.” propose il Capitano Lee.

“Olivia non è una mucca!” obiettò Petrus, ma Olivia allungò la sua mano e gliela strinse, attirando la sua attenzione.

“Petrus… va bene… mi fido di lui.” sussurrò, cercando di raccogliere le forze.

Il giovane annuì, quindi Lincoln si avvicinò al letto.

“Capitano, devo controllare a che punto siamo… ti dispiace?” chiese. Olivia annuì e Lincoln si sedette sul letto per poter controllare la dilatazione, sotto l’occhio severo del giovane Bischoff. Lincoln sospirò di nuovo e alzò gli occhi “Ci vorrà ancora qualche ora. Cerca di stare rilassata, Olivia. Io vado a cercare tutto quello di cui avrò bisogno.”

Quando il giovane fu uscito, Petrus si sedette accanto al letto, guardando la compagna. Era parecchio preoccupato, sia per lei che per il bambino; la mortalità neonatale era molto elevata, e anche le partorienti, spesso, non riuscivano a sopravvivere a lungo dopo il parto. Quella poteva essere l’ultima volta che vedeva Olivia viva.

Se Olivia fosse morta in seguito al parto non se lo sarebbe mai perdonato. Lei era la sua famiglia, ora; la sua ragione di vita, così come lo era il figlio che avrebbe visto entro poche ore.

Si era perso da qualche minuto nei suoi pensieri, quando Olivia lo chiamò.

“Petrus…” sussurrò “Per favore, avvicinati… vorrei che non te ne andassi fuori quando il bambino deve nascere…”

Petrus annuì e si alzò, quindi si sedette sul letto, passandole un braccio attorno alle spalle.

“Non ho nessuna intenzione di andarmene, mentre tu sei qui a combattere, piccola.” la rassicurò, quindi le baciò la fronte. Era spaventata per la sua sorte quasi quanto lui. Olivia si accoccolò meglio tra le sue braccia e restarono in quella posizione fino al ritorno di Lincoln, circa mezz’ora più tardi, accompagnato da delle serve del castello che portavano delle bacinelle con dell’acqua, e delle salviette pulite.

Lincoln si avvicinò ai due, quindi tastò la pancia della ragazza con entrambe le mani, da varie angolazioni, la guardò e parlò, calmo e controllato.

“Sarà faricoso, Olivia, ti avverto. Raccogli tutta la tua forza e concentrala su questo, ti dirò io cosa fare.”

Olivia annuì e strinse la mano di Petrus, per farsi forza. Una contrazione improvvisa la sorprese e lei non potè trattenere una smorfia di dolore. Il compagno la strinse di più a sé, aspettando che si fosse tranquillizzata.

Lincoln si avvicinò a una delle tinozze, si lavò bene le mani e la mise da parte, quindi prese l’altra tinozza e la avvicinò al letto, assieme alle salviette, quindi tornò a controllare la ragazza.

Dopo qualche ora, finalmente, era giunto il momento.

“Ci siamo. Quando te lo dico io devi spingere con tutte le tue forze!” la incitò il Capitano. Attese la risposta di Olivia, quindi ordinò “Ora!”

La ragazza eseguì e si rilassò. Petrus non la mollava; si guardarono negli occhi, quindi Lincoln diede di nuovo l’ordine.

Dieci munuti e qualche spinta più tardi, l’aria fu invasa dal suono del pianto di un neonato.

“E’ un maschio!” esclamò Lincoln, passando il bambino a una delle serve, che lo lavò nella tinozza vicina al letto e lo avvolse in un telo pulito.

Olivia stava per tirarsi su per guardarlo meglio ma Lincoln la trattenne.

“Resta giù. Ce n’è ancora uno.” ordinò.

“Come? Ce n’è ancora uno? Cosa significa?” chiese Petrus, confuso.

“Olivia aspettava due gemelli. Me ne sono accorto quando le ho toccato la pancia prima.” spiegò, quindi tornò a dare istruzioni alla partoriente.

Queste spinte furono più dolorose; Olivia non sapeva se sarebbe riuscita a farcela. Nella pausa tra due spinte guardò il compagno, in modo dolce e intenso, ma preoccupato allo stesso tempo.

“Petrus… ti amo…” sussurrò.

Diede un’ultima spinta. Un altro pianto invase la stanza.

“Questa è una femmina.” la informò Lincoln.

Petrus sorrise e fissò i neonati, che venivano lavati dalle serve e avvolti nei teli. Strinse ancora la ragazza.

“Hai sentito, Olivia? Abbiamo un maschio e una femmina!” esclamò. Olivia non rispose; Petrus si girò per guardarla. La ragazza aveva gli occhi chiusi, questo lo allarmò “Olivia?” la chiamò, ancora più allarmato.

Passò qualche secondo, prima che la giovane riaprisse gli occhi. Si voltò verso Petrus, stremata.

“Voglio vedere i miei figli.”sussurrò.

Il giovane fece un respiro di sollievo e fece cenno alle serve di portare i bambini. Olivia li prese entrambi e li guardò intensamente. Avevano anche loro l’aria stanca, e appena le vennero poggiati sul seno, cercarono subito di attaccarsi per poppare. La madre li aiutò e restò a fissarli per tutto il tempo necessario.

In quel momento esistevano solo loro, non c’era nessun altro in quella stanza.

Quasi non si accorse che Petrus le aveva dato un bacio sulla fronte, presa com’era da quel momento. si voltò verso di lui solo dopo qualche minuto e gli sorrise.

Petrus ne restò incantato. Quello non era il sorriso della ragazzina un po’ maschiaccio che aveva conosciuto; quello era il sorriso di una donna. La sua donna, la madre dei suoi figli.

“Rachele ha il tuo naso. E Edoardo i tuoi occhi.” disse la giovane.

“Rachele? Edoardo?” chiese, confuso, l’uomo.

“Pensavo di chiamarli così, ma se non ti piacciono puoi sceglierne di più belli…”

“No, sono perfetti.” confermò Perus.

In quel momento, in realtà, tutto era perfetto per lui.

 

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Capitolo 20
*** Ritorno a casa ***


I bambini erano nati a notte fonda, e Petrus decise che era meglio che madre e figli avessero modo di riposarsi, i giorni successivi.

Faceva portare i pasti in camera e passava ore a guardare le due creature che dormivano sul letto, accanto alla giovane madre. A dire la verità non sempre dormivano, o almeno non entrambi; i due neonati, già a poche ore dalla nascita, sembravano mostrare caratteri diversi: Edoardo era tranquillo, dormiva molto e scoppiava a piangere immediatamente se qualcosa lo infastidiva, ma si calmava non appena Olivia lo prendeva in braccio e lo coccolava un po’; Rachele sembrava più vivace, dormiva di meno e passava parecchio tempo a cercare di captare ogni particolare di ciò che la circondava. La sua attenzione era spesso rivolta ai movimenti di Petrus attorno al letto; era tranquilla e, al contrario del gemello, piangeva solo quando aveva fame.

Era un assolato pomeriggio di inizio ottobre; i bambini si erano svegliati da pochi minuti, chiedendo contemporaneamente cibo a gran voce, e Olivia li aveva appena presi in braccio per allattarli, quando Lincoln bussò ed entrò nella stanza, fece qualche passo avanti e si fermò a rispettosa distanza dalla giovane e dai due piccoli, per non disturbarli mentre mangiavano.

“Ho mandato un messaggio al quartiere generale dell’Ordine dei Cavalieri della Croce Blu.” riferì “Ho riferito che il responsabile è stato assicurato alla giustizia e che torneremo a Torino appena l’inverno sarà passato.”

“Non hai accennato ai bambini, vero?” si informò Petrus, preoccupato.

“No. Credo che sia una cosa che vada affrontata di persona.” rispose il Capitano “Ma vi appoggerò in ogni caso; Olivia è un buon elemento per l’Ordine, se la mandano via farebbero un errore enorme.”

Petrus annuì e tornò a guardare la ragazza. Olivia era concentrata sui bambini, serena, e in quel momento niente pareva importarle, che non fosse direttamente collegato ai due piccoli che teneva tra le braccia.

“Giusto.” acconsentì, dopo qualche minuto di silenzio “Ora credo che dovremmo parlare con la Contessa. Non è corretto non dirle la verità, ora che è tutto risolto.”

“Ma potrebbe reagire male, l’abbiamo ingannata per tutti questi mesi…” obiettò il giovane.

“Non credo lo farà.” si intromise Olivia, continuando a cullare i due bambini, che intanto avevano finito di mangiare “La Contessa è una brava persona; può sembrare severa, ma se le spieghiamo le nostre ragioni sicuramente capirà.”

Nessuno dei due uomini parlò, Olivia li aveva convinti.

C’era silenzio nella stanza, un silenzio sereno, rotto solo dai leggeri lamenti di Edoardo che chiedeva le attenzioni della madre e dai versi sereni e curiosi di Rachele che, soddisfatta, con la pancia piena, ora fissava con fare indagatorio il padre, seduto accanto al letto.

Petrus la prese su, delicatamente. La bambina lo fissava serena con quei grandi occhi blu così simili ai suoi, stringendo i pugnetti, piccoli come noci. Era così piccola e indifesa, ma sembrava non aver paura di niente.

Bussarono alla porta. Lincoln andò ad aprire e la contessa entrò, andando subito verso il letto su cui era seduta Olivia.

“Mia cara, non ho ancora avuto modo di farvi le congratulazioni per il lieto evento.” si congratulò “Spero vogliate restare finchè non vi sarete ristabilita.”

Olivia annuì e le fece cenno di sedersi sulla sedia accanto al letto, lasciata libera da Petrus. Quando la Contessa si fu seduta, la ragazza finalmente parlò.

“Signora, dobbiamo confessarle alcune cose.” disse, quindi raccontò tutto dell’Ordine, della sezione speciale Limbus, degli attentati e della missione sotto copertura che avevano portato avanti fino a quel momento per poter stanare il responsabile.

La Contessa Nina Scharff ascoltò in silenzio tutto il racconto. Non era né arrabbiata per essere stata ingannata, né sorpresa.

“Conosco l’Ordine della Croce Blu da molto tempo. È uno dei migliori sulla piazza, e al suo interno militano uomini validi.” spiegò, quando Olivia ebbe finito di parlare “E quando vi siete offerti volontari per indagare su quelle morti di bestiame ho avuto il sospetto che c’entrasse proprio l’Ordine. Inoltre siete stati fin dall’inizio una coppia molto particolare, non sembravate affatto una coppia formata per un matrimonio combinato, come capita tra nobili, e Olivia aveva degli atteggiamenti che avevano poco a che fare con una giovane donna cresciuta in una corte. Siete delle brave persone, vi amate e avete due splendidi bambini. Ovunque vi porti la vostra strada, in futuro, io non porto nessun rancore verso di voi, facevate il vostro lavoro, e l’avete fatto egregiamente. Avete la mia benedizione.”

Olivia sorrise e guardò i due uomini. Petrus, suo marito, ricambiò il sorriso, tenendo ben salda la figlia, che si era addormentata in braccio; anche Lincoln, l’uomo che aveva fatto nascere i suoi figli, accennò un sorriso. Il Capitano si era dimostrato una buona spalla e un ottimo amico nelle settimane precedenti, e se non fosse stato per lui chissà cosa sarebbe successo a lei e ai bambini, qualche giorno prima. Anche lui faceva parte di quella strana famiglia che si era creata, Olivia decise che lui sarebbe diventato il padrino dei gemelli.

 

Il tempo passò, l’autunno fece posto all’inverno e poi alla primavera.

Era passato quasi un anno da quando i tre giovani erano partiti in missione, la quale si era conclusa con successo, ma non potevano ancora tornare, perché l’inverno li avrebbe rallentati durante il viaggio.

Era la Domenica delle Palme del 1217, e Padre Walther si stava preparando per il rito pasquale, o almeno ci provava, poiché aveva un modo suo di celebrare la Quaresima, modo che a Suor Astrid non andava molto a genio.

Quella mattina era nel laboratorio che, tranquillamente, eseguiva esperimenti alchemici. Il saio era buttato in un angolo e Suor Astrid si era defilata con una scusa, perché non voleva assistere all’imbarazzante scena del vecchio monaco che girava per il laboratorio nella cripta della chiesa di Sant’Andrea completamente nudo.

Mentre eseguiva l’esperimento recitava le preghiere quaresimali, ignorando le avemaria recitate dalla giovane suora, ogni volta che passava nelle vicinanze. La Quaresima era un periodo di purificazione, e quello era il suo modo per farlo, il migliore, secondo lui.

Aveva appena finito di recitare l’ennesima preghiera, quando sentì un’imprecazione provenire dalla rampa di scale. Riconobbe la voce.

“Figliolo, siamo in un luogo sacro! Modera i termini!” lo ammonì l’anziano frate.

“E voi mettetevi qualcosa addosso, per piacere!” rispose la voce di Petrus, visibilmente disgustata “Che ci sono delle signore!”

Padre Walther sospirò contrariato e si infilò il saio, quindi andò incontro al figlio, sfoggiando un luminoso sorriso di benvenuto.

“Petrus! Finalmente sei tornato! Dove sono il Capitano Du Nam e il Capitano Lee?”

“Il Capitano Du Nam è di sopra che ci aspetta. Venite con me, Padre.” rispose il giovane, quindi lo accompagnò alla chiesa soprastante.

Olivia li attendeva all’entrata; indossava un abito femminile di semplice fattura, ultimo regalo della Contessa prima della loro partenza per Torino, e teneva in braccio i due bambini. Edoardo esaminava un nastrino del vestito della madre, mentre Rachele si guardava attorno curiosa, e appena vide tornare Petrus fece un urletto felice, sorridendo e allungandosi verso di lui.

Padre Walther si fermò vicino alla scala e li fissò, sorridente.

“Capitano, allora alla fine hai avuto due gemelli!” esclamò, per nulla sorpreso.

Petrus sospirò. Ormai aveva intuito da tempo che quel vecchio pazzo sapeva tutto, e non aveva dimenticato lo scherzo che gli aveva fatto l’anno prima, quando aveva inscenato quel matrimonio.

Se glielo avessero chiesto un anno prima, forse avrebbe preso il padre adottivo per il collo e lo avrebbe rigirato come un calzino per quello che aveva fatto, ma ora…

Sì, era ancora arrabbiato, ma non tanto quanto prima, era arrabbiato solo perché Padre Walther aveva fatto di testa sua, senza consultarlo. Amava Olivia, ricambiato, e avevano due bellissimi bambini, in quel momento non poteva desiderare altro.

“Noi due dovremmo fare un discorsetto, Padre.” si limitò a commentare, prendendo in braccio Rachele, la quale si strinse a lui, fissando Padre Walther con fare curioso “Ma magari più tardi. Ora stiamo aspettando che Lincoln ci raggiunga con il Comandante Broyles…”

“Sono qui, Bischoff.” lo interruppe la voce del Comandante alle sue spalle “Suppongo che abbiate un po’ di cose da spiegare.”

 

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Capitolo 21
*** Reintegro ***


Tutto tacque, all’interno della chiesa, all’arrivo del Comandante Broyles. Petrus e Olivia si voltarono verso di lui, indecisi su cosa fare. Padre Walther venne loro in aiuto.

“Comandante! Giusto in tempo!” esclamò, quindi si diresse verso la scala che conduceva alla cripta “Venite tutti di sotto, così potrete parlare con più tranquillità.”

Tutti lo seguirono, in imbarazzante silenzio. Olivia evitava cautamente lo sguardo del Comandante, visibilmente a disagio; Edoardo, che fino a qualche momento prima lallava felice, in braccio alla madre, percependo il suo umore si era zittito di colpo, e fissava Broyles intimorito, mentre Rachele, in braccio al padre, aveva fatto un leggero urlo di disapprovazione quando Petrus, in un gesto automatico, l’aveva presa meglio, per poterla proteggere con più facilità nel caso le cose si fossero messe male, ma ora era tranquilla e scrutava il grosso Moro francese con la sua tipica curiosità.

Walther li condusse al centro della cripta, porgendo loro un paio di sedie, mentre Suor Astrid fissava Olivia, preoccupata. La giovane madre le sorrise rassicurante e lei tornò ai suoi lavori, rasserenata.

“Bene, Capitano Du Nam. Suppongo abbiate delle cose da spiegarmi.”

“Sì, signore, io…” cominciò la giovane, ma Lincoln la interruppe.

“Signore, qualunque cosa decidiate, non mandate via Olivia. È un ottimo elemento…”

“Capitano Lee, calmatevi!” lo ammonì l’uomo, quindi tornò a rivolgersi alla ragazza “Olivia?”

“E’… è il mio vero nome, signore…” rispose, nervosa. Petrus le mise una mano sulla spalla, per rassicurarla e calmarla, ed ebbe l’effetto sperato “Sì, signore… mi sono finta uomo per poter entrare nell’Ordine.”

Il Comandante la fissò per qualche secondo, infine parlò.

“Vi rendete conto che mi avete mentito?” la ammonì.

Olivia annuì, stringendo Edoardo al petto, in attesa del prossimo rimprovero, ma Petrus intervenne.

“Signore, capisco che Olivia ha sbagliato, ma non potete negare che si è sempre rivelato un ottimo elemento, uomo o donna che fosse.”

Broyles rimase ancora in silenzio, esaminando tutte le informazioni, quindi fissò i bambini.

“Di chi sono?” chiese, indicandoli. Edoardo si strinse alla madre, impaurito. Olivia lo rassicurò con una carezza.

“Sono nostri, Comandante.” rispose il giovane Bishoff “Miei e di Olivia.”

Il Comandante esaminò i volti dei due giovani, quindi parlò.

“In quasi 20 anni di servizio nell’Ordine dei Cavalieri della Croce Blu non è mai stata ammessa una donna nell’Ordine. Sono sempre state reputate troppo deboli, per quanto ci siano molti casi di donne partite per le varie guerre in qualità di soldati e cavalieri, con abiti maschili; comunque non accetto di principio la candidatura di una donna che voglia entrare a far parte dell’Ordine…” spiegò, prima di venire interrotto dalla ragazza, che voleva protestare, ma lui la zittì con uno sguardo severo “Però Oliver Du Nam era un ottimo soldato e un eccelso Capitano. Se lo era in quanto uomo, deve esserlo altrettanto in quanto donna e giovane madre.” concluse. Olivia lo fissò, ancora in attesa “Manderò una richiesta formale di reintegro Roma. Farò in modo che possiate restare nell’Ordine e possiate conciliare il lavoro nella Sezione Limbus con i vostri obblighi di madre e moglie.” si interruppe, incerto “Spero voi siate sposati.”

“Mh… vediamo…” rispose Petrus “Credo che uno scambio di anelli e un monaco che dice ‘per il potere conferitemi vi dichiaro marito e moglie’, il tutto davanti a due testimoni, sia da ritenersi un matrimonio in piena regola. E non ero neanche stato interpellato in merito.” aggiunse, guardando con fare ammonitore il padre adottivo, che rimase in silenzio, seduto sul suo sgabello.

Broyles annuì serio e si congedò, quindi il gruppo si rilassò e Petrus si voltò nuovamente verso il padre.

“Padre, voi siete completamente pazzo! Vi rendete conto di quello che avete fatto?” lo rimproverò.

“Io l’ho fatto per il vostro bene, figliolo.” si giustificò, avvicinandosi a lui e facendo una carezza alla bambina, che lo fissò sorridente “Come si chiamano?” chiese, cambiando repentinamente argomento.

“Lei è Rachele e lui è Edoardo.” rispose Olivia, avvicinandosi. Alche il bambino si era rilassato, ed ora fissava il vecchio monaco, curioso e intimorito allo stesso tempo.

“Sono dei bellissimi nomi. Edoardo è stato un grande re delle isole brettoni. E Rachele è il nome della moglie del biblico Giacobbe. Sono entrambi nomi importanti! Quando avete fatto il battesimo?” chiese, incuriosito, Walther

“Veramente non li abbiamo ancora battezzati…” spiegò la ragazza. Padre Walther non la prese bene; cominciò a vagare per la cripta in cerca di qualcosa, blaterando di quanto fosse importante dare a un bambino il sacramento del battesimo il prima possibile, per proteggerlo dal male.

“Per colpa della vostra poca cura per il bene dei bambini dovrò occuparmene io! Andiamo tutti di sopra, prima si fa meglio è!” concluse, indossando i paramenti sacri e salendo nella chiesa.

Tutti lo seguirono e si radunarono intorno all’altare, su cui Padre Walther aveva posato un catino di argento dorato, con dei simboli in rilievo sui bordi, riempito di acqua santificata. Petrus riconobbe quei simboli: erano simboli alchemici; stando a contatto con il vecchio monaco ne aveva visti tanti di quel tipo. Sperò di aver fatto la cosa giusta a non frenare l’entusiasmo di Padre Walther, ma non disse nulla, si tenne soltanto pronto a intervenire nel caso avesse messo i bambini in pericolo.

Walther fece mettere tutti in cerchio attorno al catino e fece preparare i bambini per l’immersione completa, indispensabile per un battesimo ben fatto, quindi disse alcune parole in latino, sfiorando i simboli con la punta delle dita. Al contatto si sentì un suono che ricordava un organo lontano. Petrus riconobbe la nota, un Do.

Walther prese i due bambini, continuando a dire frasi latine. La nota cambiò lentamente in Sol. Infine li immerse nell’acqua santificata. I bambini erano tranquilli, e lo fissavano sorridendo. Appena vennero immersi la nota cambiò nuovamente in un Mi, e un raggio di sole, proveniente da una delle finestre laterali della chiesa colpì il catino, che si illuminò in una leggera luce violetta.

Padre Walther sorrise e tirò fuori i due piccoli, restituendoli alla madre. La nota lontana tornò al Sol, e la luce divenne rissastra, e infine al Do, con una luce azzurrina, prima di spegnersi. Il monaco si fece il segno della croce. Gli altri lo imitarono; Petrus si chiese cosa fosse successo, ma era tranquillo, perché i bambini ora erano al sicuro.

 

All’esterno della chiesa un uomo, fermo sulla cima della torre angolare della città, osservava la Chiesa di Sant’Andrea, sotto di lui.

Indossava un mantello grigio, chiuso attorno al corpo, col cappuccio tirato su per nascondere la forte calvizie e la mancanza delle sopracciglia.

Osservò in silenzio per qualche minuto, quindi alzò una mano, che stringeva uno strano oggetto rettangolare nero, e se lo portò all’orecchio.

“E’ cominciato.” disse, infine mise via l’oggetto e scese dalla torre.

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Capitolo 22
*** Epilogo ***


ATTENZIONE!
Prima di lasciarvi al capitolo un'avvertenza: l'ultima parte del capitolo potrebbe contenere spolier sulla quinta stagione!

Erano passati sei mesi dal ritorno a casa.

Petrus e Olivia avevano preso una casa vicino alla chiesa di Sant’Andrea, e i due gemelli passavano molto tempo alla cripta, assieme a Suor Astrid e al vecchio monaco, che consideravano il loro nonno.
Quel pomeriggio, Petrus entrò nella cripta trasportando della legna per il focolare. Rachele gli corse incontro, ridendo allegramente, mentre Edoardo rimase seduto al tavolo assieme a Suor Astrid, concentrato sulle erbette che stava tagliuzzando per aiutare Padre Walther nei suoi esperimenti.
Il giovane uomo prese la bambina in braccio e si avvicinò alla suora.
“Olivia e il Capitano Lee sono a rapporto dal Comandante Broyles.” riferì la giovane, anticipando la domanda di Petrus, che annuì. Proprio in quel momento tornarono i due.
“Petrus, accompagni tu Lincoln? C’è un’indagine da condurre, e io non posso muovermi da qui.” disse la giovane donna, prendendogli dalle braccia la bambina.
Petrus la guardò interrogativo. Non era da lei rinunciare a un’indagine; Olivia capì, si avvicinò e gli disse qualcosa all’orecchio. L’uomo sorrise e la baciò.
Padre Walther li fissò per qualche secondo, quindi sorrise anche lui.
“Quando ero un giovane novizio inesperto c’erano due persone che sono stati dei padri per me.” disse, eloquente “Non li dimenticherò mai… Padre Robert era lo speziale del nostro monastero, e Padre Heinrich ne è stato il priore per parecchio tempo…”
“So a cosa state pensando, Padre.” rispose il giovane “Ci penseremo, ok?”
Il monaco sorrise e tornò al suo lavoro. Petrus sospirò: per fortuna lui e Olivia erano già sposati, altrimenti chissà che cosa si inventava stavolta quel vecchio monaco pazzo…

Peter si svegliò di soprassalto.
Si era addormentato sulla coperta dopo mangiato.
Olivia leggeva, stesa accanto a lui, senza però mai perdere d’occhio Henrietta, la loro figlia di tre anni.
Era domenica, giorno della gita fuori porta per la famiglia Bishop, un angolo di normalità in una vita piena di stranezze.
Stranezze come quel sogno così nitido da sembrare reale, ma che stava già fuggendo via dalla sua mente, prima ancora che potesse ricordarne tutti i particolari. Immagini di una città medievale passavano davanti ai suoi occhi come se fosse stato lì. Volti di bambini sorridenti, e Olivia. Lei c’era sempre, ma i vestiti non erano i soliti.
Era davvero un sogno strano.
Henrietta lo chiamò. Voleva giocare con lui.
Peter si alzò per rincorrerla; la bambina corse. Rideva, era felice.
Ma improvvisamente qualcosa lo fece bloccare. Uno strano presentimento gli fece venire la pelle d’oca.
Henrietta era a una quindicina di metri da lui, lo chiamava.
Intorno al prato, Peter vide avvicinarsi degli uomini. Erano calvi, e tutti vestiti uguali.
Osservatori.
L’uomo scattò. Doveva portare in salvo la bambina.
Un altro uomo osservava da dietro gli alberi. Indossava un completo anacronistico, sembrava uscito da una festa medievale.
Non aveva avuto il tempo di cambiarsi, era più urgente osservare quel momento.
Prese un cellulare e compose un numero.
“E’ il momento.”

FINE

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