Heaven? Where is my angel? I Need Him Now di Eos BiancaLuna (/viewuser.php?uid=53606)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
CAPITOLO
1
Mentre ascoltavo
“The End” a tutto volume qualcuno aprì
bruscamente la
porta della mia camera e disse ad alta voce «Liz, sbrigati!
Non c’è tempo da
perdere!».
La voce di mia
madre mi ricordò
quello che già sapevo: dovevo essere all’Hotel fra
poco meno di mezz’ora e
attaccare il mio turno in cucina.
Guardai
l’orologio mentre a
malincuore toglievo il cd “The poison” dallo
stereo; accidenti erano quasi le
sette di sera.
Sfrecciai come
un fulmine dalla mia
camera al piano di sotto afferrando al volo la mia borsa nera sul
divano e
infilandomi in fretta e furia le New Rock.
Mia madre
ricomparve dalla rampa
delle scale con uno sguardo di rimprovero «E’ un
miracolo che non ti abbiano
ancora licenziata».
«Si certo» risposi
prontamente senza
preoccuparmi di nascondere il tono scocciato e uscii di prima che
potesse
replicare di nuovo.
Presi la mia
bici rossa fiammante
imprecando perché non avevo ancora la patente e finalmente
mi diressi a lavoro
sotto un cielo grigio e nuvoloso.
Arrivai per le
sette e mezza,
esattamente con mezz’ora di ritardo. Attraversai la sala
ristorante e notai
alcuni dei miei colleghi che risero fra loro guardando nella mia
direzione ma
li ignorai con successo.
«Ciao Liz» mi disse Lucy,
la cameriera più
“anziana” dello staff.
«Sei sempre
puntuale eh»
commentò Richard, l’altro cameriere che in quel
momento era
intento a lucidare boccali e calici.
«Salve a tutti» risposi
frettolosamente poi entrai
in cucina e trovai Sharon, lo chef mia coetanea, che li dentro era la
persona
migliore per quel che mi riguardava; lei no che non mi trattava mai
come la figlia
del proprietario dell’Hotel.
Alzò
gli occhi su di me e indugiò per
un secondo, «Liz, ma che ti
prende? Anche oggi sei in ritardo! Dai che se
ti becca il capo che sei ancora cosi ci ammazza a tutt’e due».
Si era rivolta a
me mettendosi le
mani sui fianchi lasciando perdere le patate che stava sbucciando.
«Ciao Sharon» le dissi
stampandole un bacio sulla
guancia, nonostante la sua espressione severa aggiunsi allegramente «Vado subito a
cambiarmi». Finalmente
sorrise ma poi vedendo
che mi ero messa ad assaggiare le sue verdure tornò seria «Ti vuoi muovere?», aveva preso il
coltello e lo puntava
verso di me con fare da assassina.
«Vado, vado e non
ti arrabbiare!» risposi e
scappai nel bagno poco
prima che Antonio, il nostro antipatico capo, apparve
nell’enorme cucina per
chiedere di me.
«Lizbeth
dov’è?» chiese del
tutto ironico guardandosi
intorno.
«Non si trova da
nessuna parte, tu ne sai qualcosa?» si era rivolto
a Sharon guardandola in faccia questa volta.
Lei, senza
smettere di concentrarsi
sul proprio lavoro, rispose «E’
sempre stata qui con me ad aiutarmi,
ma ora è andata un attimo…» non
riuscì a finire la frase perché
io, che avevo assistito alla scena senza che se ne fossero accorti,
apparvi davanti
a loro nella mia uniforme.
«Cercavi me forse?» domandai con un
sorrisetto al mio
capo.
Antonio
abbassò lo sguardo e mentre
uscì dalla porta fui quasi sicura di aver sentito che
sibilasse un “No” a
bassissima voce.
«Ahah mamma mia
fa tanto lo sbruffone ma poi come gli dai il
fatto suo scappa!» per la prima
volta da quando avevo
“attaccato” il mio turno vidi Sharon ridere a
crepapelle.
«Io non ho fatto
niente!” dissi ridendo anche io come una
matta quando Antonio tornò in cucina «C’è
gente che aspetta da mangiare
vedete di sbrigarvi sennò ci metto un attimo a cacciarvi
fuori di qui» aveva detto per
poi scomparire di nuovo.
“Ma
vattene a quel paese” pensai fra
me e me, «Che bastardo»
sussurrò Sharon e stavolta ci
mettemmo seriamente al lavoro.
Quando
finalmente, verso mezzanotte,
avevo finito di sparecchiare e riapparecchiare i tavoli per la
colazione del
giorno dopo e stavo pensando che fortunatamente il giorno dopo fosse
stato un
sabato, Lucrezia e Monica, le ragazze addette al front office (italiane
come
Antonio) mi chiamarono a “vedere un po’
qua” non seppi cosa.
Mi avvicinai al
bancone e loro mi
sorrisero e si lanciarono un’occhiatina.
«Una cosa veloce
eh, che sono molto
stanca» dissi
sbadigliando.
«Non ci crederai
mai!» urlò
Monica.
«Liz! Corri!» mi prese per un
braccio invitandomi
ad accelerare il passo, ma ottenne l’esatto effetto contrario.
«Calmati e che
sarà mai! Che c’è? Non dirmi che qui
arriva il
presidente degli stati uniti!» protestai,
avevo veramente sonno e
non vedevo l’ora di andarmene a casa, ascoltare un
po’ di metal e
addormentarmi.
Lucrezia, che
era seduta dietro al
monitor del pc rise, poi lei e Monica si guardarono ancora una volta.
«Veramente…
non proprio»
abbozzò quest’ultima.
Io non volevo
neppure guardare lo schermo,
infatti feci per andarmene «Va bene, a
domani allora» dissi
distrattamente, ma Lucrezia intervenne «Il presidente
degli stati uniti no» disse seria, «Ma i Bullet For
my Valentine… Si!”
concluse Monica.
Rimasi di
ghiaccio, stavo ancora
dando loro le spalle nell’intento di sgattaiolare via.
Poi,
improvvisamente, iniziai a
ridere.
Una risata
nervosa, piena di rabbia,
incredulità ma anche di desiderio.
«Non sono mai
venuti qui a Saint Helens!» mormorai
nervosamente, non volevo che si prendessero gioco
di me soltanto perché erano a conoscenza del mio punto
debole.
«Perché
vi divertite a farmi questo?» alzai la voce
di qualche ottava, stavolta mi ero girata.
«Ma
Liz…»
sussurrò Monica «Vieni a vedere
tu stessa, il loro manager ha prenotato qui un
breve soggiorno prima che inizi il loro prossimo tour…» non la lasciai
finire e mi avvicinai per leggere cosa ci
fosse scritto sul dannato monitor.
Per poco non
svenni quando scoprii
che Jay, Matt Moose e Padge sarebbero arrivati nel nostro Hotel il
giorno
seguente.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
CAPITOLO
2
Aprii gli occhi
per l’ennesima volta
quella notte e controllai l’orologio da polso nero che tenevo
sul comodino
rivolto verso di me; secondo le lancette fosforescenti erano le 4:45.
Mi girai a
pancia in su richiudendo
gli occhi ma Morfeo sembrava avermi abbandonata del tutto. Sbuffai e
cercai nel
buio con la mano sinistra il mio mp3 che avrebbe dovuto trovarsi da
qualche
parte sotto il cuscino quando mi accorsi del rumore, o meglio, dei
piccoli
rumori che si abbattevano sul vetro della mia finestra.
Pioveva.
Esattamente la
condizione climatica
che preferisco di più al mondo.
Sorrisi fra me e
me, premetti il
tasto play e mi riaddormentai cullata dalla voce di Matt sulle note si
“Say
goodnight”.
Quando mi
svegliai il mattino seguente
mi sentivo totalmente scombussolata.
Prima di tutto
ancora non credevo a
ciò che sarebbe dovuto succedere quel sabato 15 gennaio, poi
avevo gli
auricolari agli orecchi con la musica della mia band preferita da circa
tre ore
(la batteria stava morendo) e a dirla tutta ero ancora stanca del
giorno
precedente.
Lo stress del
lavoro e
dell’università si faceva sentire.
Il mio cellulare
diede segni di vita
e questo mi costrinse ad alzarmi definitivamente dal letto per andare a
rispondere alla chiamata.
«Pronto?» non guardai
nemmeno il display del
mio Nokia.
«Sono io, che
stai ancora dormendo per caso?” domandò una voce
piuttosto scocciata.
Lawrence il mio
ragazzo, ha sempre
avuto un caratteraccio purtroppo, un vero caso irreversibile.
«No amore ma che
dici, tu invece? Come stai? Che mi racconti…», mi interruppe
come spesso faceva bruscamente «Ma sei sicura?
Non è che hai intenzione di rimanere fra
quelle coperte ancora a lungo? Guarda che lo so che sei ancora nel
letto! Poi
ti lamenti che hai il culo grosso!».
Non lo ascoltai
e guardai fuori la
finestra: nuvoloso, wow.
«Ma che tesoro
che sei, come sempre! Buongiorno anche a te» dissi ridendo,
per sfotterlo.
Lui
deviò subito il discorso «Senti che
vogliamo fare, ci vediamo oggi? Che hai deciso? Io
avrei in mente di portarti a pranzo fuori in un posticino carino
però facciamo
a metà eh che non ho più soldi».
Sbuffai, «Sei sempre il
solito scialacquatore che non si sa tenere due
euro in tasca! Sempre a spenderli in cazzate, guarda che lo dico per
te! A me
non interessa posso anche offrire io tanto non è la prima
volta».
Lui
cambiò tono all’istante «Grazie amore,
veramente! Ci vediamo dopo» e
riattaccò. “Cominciamo bene oggi” pensai
e aprii l’armadio
indecisa su cosa mettermi come al solito.
Quando arrivammo
al ristorante
giapponese io scelsi un tavolo vicino alla vetrata, il cameriere prese
le
ordinazioni e sparì rapido. «Bel tempo oggi eh» dissi
sospirando radiosa, lui come sempre, non mi stava
ascoltando perché trafficava al cellulare con la madre.
«Scusa un attimo», fece per alzarsi rispondendo
ad una chiamata
appena in tempo per accorgermi del solito tono che sua madre usava
quando
parlava di me: «Non è
possibile anche questo fine
settimana mi lasci da sola per quella li? Ma non lo capisci che lei non
conta
niente, sono io la donna della tua vita!».
Il mio ragazzo
mi fece un sorrisetto
e si allontanò rapido.
Che situazione
che mi toccava
sopportare!
E nonostante
ciò lui negava sempre
tutto dicendomi che ero io a farmi le paranoie. Una volta addirittura
quella
bimba di quarantatré anni si era messa a darmi della
deficiente mentre era al
telefono con lui cosi senza motivo.
Ogni giorno di
più capivo quanto la
sua famiglia non mi avesse accettata a differenza della mia con lui, e
probabilmente non avrebbero mai tollerato la mia presenza.
Per i suoi
genitori lui era ancora un
bambino, e forse avevano ragione.
Tornò
a sedersi con fare beffardo,
come se non fosse successo niente di strano «Allora, dicevamo
amore mio?».
Io volsi lo
sguardo altrove e
desiderai ardentemente essere nel mio Hotel, avrei preferito sopportare
il mio
capo invece che mia suocera, di quello ne ero certa.
Le 18:00 alla
fine arrivarono e mi
precipitai a prendere l’autobus dopo aver discusso
animatamente col mio ragazzo
sul fatto che lavorassi nei week-end compresa la domenica.
Quando fui quasi
arrivata al mio
adorato albergo a 5 stelle mi preoccupai un po’ del mio abito
nero: era un
tantino elegante. Per quale motivo l’avevo indossato se i
Bullet non li avrei
visti quel giorno?
Risi, lo facevo
spesso quando pensavo
a qualcosa di divertente e siccome ero da sola nessuno poteva guardarmi
di
traverso. Ormai era sera inoltrata e l’aria gelida si faceva
sentire, c’era
anche qualche lampo nel cielo.
Finalmente
raggiunsi l’enorme porta
girevole, stavo per entrare quando notai sul viale illuminato dai
lampioni un
husky.
Un bellissimo
siberian husky dalle
iridi celesti quasi bianche.
Per me, che
adoravo quella tipologia
di animali quello doveva essere un miraggio. Mi abbassai piegando le
ginocchia
e dissi semplicemente «Bello».
Lui, che aveva
il collare slacciato,
mi si avvicinò piano poi prese confidenza e si fece
accarezzare. Aveva un pelo
morbidissimo, era un maschio di due o tre anni. E anche il carattere
era dolce!
L’occhio mi si posò sulla medaglietta che aveva al
collo, il nome inciso era
“Wolf”. Sorrisi sapendo che il lupo era uno dei
miei animali preferiti.
«Hey, io adesso
devo andare sennò mi cacciano» dissi
alzandomi. Il cane mi guardò e si mise in posizione
seduta, era sicuramente di qualche cliente ed era molto educato.
«Spero proprio di
rivederti Wolf» gli dissi, lui
abbaiò come se avesse
capito.
Oltrepassai
la porta girevole venendo immersa dal calore che emanava la hall, notai
che non
c’era quasi nessuno a parte un gruppo di persone appoggiate
al bancone della
reception con ai loro piedi almeno una ventina di valigie.
Sussultai.
Ma poi decisi di
non pensarci. “Dai”
mi dissi mentre mi toglievo il cappotto nero, “Ti pare che se
fossero arrivati
veramente…”smisi di pensare quando sentii che
parlavano tutti in inglese, la
mia lingua. Notai anche l’accento gallese di quello di spalle
capelli corti e
maglia degli Iron Maiden.
Cavoli, era
forse Moose? Gli
somigliava troppo.
Per arrivare in
cucina dall’interno
dovevo passare per forza vicino alla reception.
“Accidenti
a quando non entro dalla
porta sul retro!” mi dissi e facendo un respiro profondo
cominciai a muovere i
passi, c’erano solo loro nella hall , erano quattro ragazzi
più il
receptionista di turno e un tizio che somigliava proprio al loro
manager...
Mentre passavo
accanto a loro si
zittirono tutti per via del rumore dei miei passi enfatizzato dai
tacchi, io
abbassai la testa ma non smettevo di guardarli con la coda
nell’occhio.
Quello
più alto appoggiato al bancone
con il gomito si voltò verso di me, ma che strano, aveva dei
capelli abbastanza
lunghi e una giacca nera di pelle.
Si
alzò gli occhiali da sole mentre
passavo con la testa girata verso di lui ormai, e quello che potei
notare… Furono
gli occhi azzurri che adoravo, che avevo sempre sognato, che avevo
sempre
immaginato dal vivo.
Erano
gli occhi di Matthew Tuck.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
CAPITOLO
3
Entrai in cucina
sconvolta.
Come accidenti
era possibile che la
mia band preferita in assoluto era li, nell’Hotel in cui
lavoravo, l’Hotel di
proprietà di mio padre?
Sharon non era
presente, che strano, eppure il suo turno doveva già essere
iniziato. Mi
cambiai nel bagno ancora confusa e con mille pensieri per la testa.
Cioè, i
Bullet For My Valentine erano li con me, in Irlanda!
Tornai in cucina
e mi pizzicai la
mano, cosi, per testare ancora di più la realtà
quando Antonio apparve alle mie
spalle.
«Lizbeth…» disse senza
tono di rimprovero, «Mi raccomando
oggi abbiamo ospiti importanti dopo le 21:00 la
sala è riservata esclusivamente a loro».
Mi voltai.
«E Sharon?» chiesi
nervosamente, lui sorrise malvagiamente
«Oh non devi
preoccuparti è malata, oggi la sostituirai tu qui
in cucina».
E meno male che
non dovevo
preoccuparmi!
«Cioè
cucinerò io? Da sola?» sbottai
facendolo diventare serio «Hai tempo
un’ora e mezza per preparare i menu del giorno che
ti ho lasciato sulla lista, non mi deludere!»
bisbigliò arcigno e se ne andò.
In quel momento
mi sentii davvero
sola.
Presi
il mio Nokia e chiamai Sharon, ma
rispose la segreteria telefonica.
Lasciai un messaggio vocale dopo il beep «Hey bella
complimenti ti sei ammalata
proprio oggi! E io adesso come faccio? Mica solo una maga dei fornelli
come te…
Uffa! Dai richiamami appena puoi, un bacio”.
Decisi di
mettermi al lavoro cercando
di non perdere la cognizione del tempo. Ma sopportare i punzecchiamenti
dei
camerieri non era certo cosa facile….
Verso le 20 e 30
ebbi un momento di
pausa, mi era anche arrivato un sms da Sharon “Lizzz stasera
li con te ci sono
i Bullet!! Mi raccomando eh le ricette speciali sono nel cassetto in
alto
vicino alle stoviglie a sinistra. Buona fortuna Liz!”.
Mi fece davvero
tornare il buonumore
per un attimo.
Poi ricominciai
a preparare risotti
alla crema di scampi, vitello in salsa tonnata e soufflé al
cioccolato (le
ultime ordinazioni della serata). Alle 20:55 decisi si dare
un’occhiata alla
sala da pranzo.
Al centro vi
avevano messo un tavolo
rotondo abbastanza grande con un grande centrotavola blu con tanto di
candelabro e segnaposti con rose blu, io sfiorai quello con il nome
“Matt” poi
dalle porte a vetro li intravidi arrivare e sgattaiolai di nuovo in
cucina,
questa volta con il fiatone aprii il cassetto delle ricette speciali.
Lucy era rimasta
l’unica cameriera di
turno.
Mi si
avvicinò acida «Allora hai visto
anche tu che bei ragazzi che ci sono di là
eh? Ma dimmi un po’, ho sentito dire che tu li conoscevi
già non è cosi?».
Non risposi
perché ero alle prese con
un timballo di pasta e gnocchi. Ma vedendo che insisteva le dissi
infine «Senti
perché non vai a sbiancarti i guanti e a servire loro
dello champagne?» lei non
replicò e spari.
Quando Matt,
Jay, Padge e Moose
finirono di mangiare e io mi ero rimessa il mio abito troppo elegante
ed avevo
sciolto i capelli, Lucy tornò in cucina ridendo come al
solito, «C’è
quello più alto, quello bello con gli occhi celesti che
dice di volerti vedere».
La guardai
incredula, «A me?» chiesi confusa.
«Eh già» rispose
picchiandomi una mano sulla
spalla, «Io me ne vado ci
vediamo!».
Non mi resi
conto dell’ultima frase
che disse e mi avvicinai all’oblò della porta che
dava sulla sala e li vidi
mentre bevevano lo champagne, Matt era in piedi cosi io aprii
lentamente
un’anta della porta e lo sentii dire allegramente «Dov’è?
Fatemela conoscere!».
Indietreggiai…
«Ma questi qua
sono già ubriachi» pensai fra me e
me, ma era anche
vero che certe occasioni capitano una sola volta nella vita, quindi non
potevo
certo starmene li in cucina tutta la sera. Addrizzai le spalle ed uscii
dalla
cucina coraggiosamente.
Jay, Padge e
Moose mi sorrisero e si
alzarono perché si erano accorti della mia presenza, lui
invece era di spalle e
stava dicendo «Devo
assolutamente conoscere la cuoca».
Gli altri erano
venuti a presentarsi
dandomi la mano, baciandomi sulle guance e congratulandosi per il cibo.
Io
avevo ringraziato e ad ogni «Piacere io
sono…» avevo risposto «Lo so lo so, vi
seguo da un bel po’
ormai» e tutti avevano
sorriso.
Poi mi avvicinai
a Matt che in
quell’istante si voltò.
Il suo sguardo
mi incollò ferma
dov’ero, cercai di non guardarlo troppo negli occhi;
indossava una camicia nera
a mezze maniche e jeans grigi strappati. Mi sorrise guardandomi fisso
in viso.
Non so
perché ma gli altri erano
rimasti in silenzio.
Poi padge disse «Allora, un altro
bicchiere ce lo facciamo?», «Ma si» aveva risposto
Jay e insiema a Moose
ricominciarono a fare baldoria. Matt decise finalmente di rompere il
ghiaccio e
mi si avvicinò, io istintivamente sussurrai «Sono io che ho
cucinato stasera ma
non sono lo chef».
«Non
vedo dove sia il problema»
rispose. Non smetteva di guardarmi negli occhi e sorridere, io mi ero
fatta
piccola piccola. «Qual è il tuo nome
fanciulla?» mi chiese.
Scoppia in una
timida risatina,
«Lizbeth» risposi.
«Liz
per gli amici, il nome completo
per gli altri…» non finii la frase
perché mi prese la mano destra e se la portò
alla bocca «Incantato Liz…».
Perfetto,
già si considerava un
amico.
Mi
baciò la mano e non la finiva di
sostenere il mio sguardo finché Padge non diede un colpo di
tosse.
Riuscii a
distogliere lo sguardo
dall’azzurro di quelle iridi e mi rivolsi ai ragazzi «Scusate se vi ho
disturbato».
«Ma quale disturbo» mi disse Jay,
si alzò e mi passò un
braccio intorno al collo «Siediti e bevi
qualcosa con noi dai,
alla salute!».
Accettai
volentieri e notai che Matt
lo fulminò per un attimo con lo sguardo.
La serata
durò a lungo finché i
ragazzi non furono stanchi e decisero di andare a letto. Li salutai e
ricordandomi
che Lucy se ne era andata cominciai a mettere in ordine le sedie. Matt
però non
era andato con gli altri. Dopo qualche istante mi accorsi che era
ancora li,
cosi mi voltai verso di lui incuriosita.
«Che fai ancora
qui?” gli chiesi allegra.
«Mi sono
ricordato di non essermi presentato» sorrise, c’era una
luce particolare nei suoi occhi.
«Non vedo dove
sia il problema» risposi
imitandolo, «Io so chi sei tu», a quelle
parole rise.
«Però
da una parte hai ragione sai? Mi piacerebbe conoscere
Matthew Tuck al di fuori dall’essere il cantante dei Bullet» questa frase
l’avevo pensata ad alta voce e me la lasciai
sfuggire distrattamente.
«Non vedo dove
sia il problema»
sibilò.
«Non vedi
problemi da nessuna parte?» gli chiesi «La fai facile,
io devo ancora finire
di mettere apposto perché i camerieri mi hanno lasciata sola».
Lui si
guardò intorno staccandosi
dalla parete dove era appoggiato, poi rivolse di nuovo lo sguardo a me,
cosi
continuai «Adesso puoi
andare a nanna, scusami non vorrei essere
scortese rimarrei qui a parlare con te ma devo finire di lavorare».
«Non se ne parla
proprio!»
sbottò lui.
«Guardati; hai
dei polsi cosi magri, la pelle cosi diafana che
sembri di porcellana. Sicuramente sei molto delicata, perciò
non posso farti
stancare» disse impilando i
piatti sporchi dal tavolo rotondo, «Ti do una mano
io, anche due» sorrise di
nuovo.
Che bello che
era quando mi sorrideva
cosi.
Io rimasi a
bocca aperta «Mah…» dissi, «Niente mah»
M’interruppe appoggiandomi l’indice
sulle labbra mentre mi passava accanto.
Cosa potevo
fare?
In pochissimo
tempo lavammo i piatti,
il pavimento e mi aiutò a risistemare i tavoli e le sedie
per il giorno seguente.
Era un angelo
sicuramente mandatomi
dal cielo.
«Ora mi chiederai
il risarcimento, vero?» gli chiesi
scherzando in ascensore, “Mmh… Per il momento no,
per il futuro vedremo” rispose ridendo.
Lo accompagnai
fino alla porta della
suite in cui avrebbe dormito «Allora buonanotte» dissi piano
mentre cercava la chiave.
Mi sorrise di
nuovo «Anche a
te… Hey ma tu come torni a casa a quest’ora?», quella domanda
mi colse alla sprovvista anche perché era
mezzanotte passata e non mi ero resa conto di quanto fosse trascorsa
velocemente quella serata.
«Di solito,
quando faccio il turno di sera posso prendere una
stanza, questo albergo è di mio padre… Ma come
mai ti interessa saperlo?» non potei fare
a meno che chiederglielo.
«Non hai la
patente?» chiese lui
serio.
«Non ancora» risposi,
sicuramente si aspettava
che l’avessi già presa da un paio d’anni
ma non mi andava di spiegargli che
preferivo spostarmi con la mia bici.
«Ok scusami se mi
sono fatto gli affari
tuoi» aveva aperto la
porta. «Allora a domani»
abbozzò.
«Figurati…
Si a domani» dissi io. Come
suonava bene.
Si
voltò e abbracciandomi forte mi
baciò sulla guancia.
«Grazie ancora
per la cena e per la compagnia» disse
sottovoce, io che stavo per avere un mancamento lo
ringraziai cercando di restare in piedi «Ma grazie a te
di avermi aiutata!».
Mi diressi cosi
verso l’ascensore e
prima che le porte mi si chiusero davanti lo vidi ancora sulla soglia
della sua
camera, a fissarmi.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Il
giorno seguente mi svegliai
prestissimo, adoravo la camera che tenevano riservata per me nelle
situazioni
di emergenza, mi dispiaceva quasi non dormire sempre li; soprattutto
ora poi
che ero al corrente della LORO presenza in Hotel. Cosi feci un salto a
casa, e
dopo doccia e un’abbondante colazione mi cambiai.
Quella sarebbe stata una
giornata molto lunga
visto che dovevo essere come aiuto in cucina per tutti e tre i pasti.
Mia madre
non aveva niente da rimproverarmi visto che conosceva la situazione:
passavo la
notte fuori equivaleva che restavo in Hotel nella
“mia” camera riservata. Cosi
i miei potevano dormire sonni tranquilli.
Quella
mattina ero stranamente di
buonumore, Antonio mi aveva persino affidato il compito di portare la
colazione
in camera ai Bullet. Come potevo rifiutarmi? Mentre ero in ascensore mi
vibrò il
cellulare, era mio fratello maggiore Chris, in diretta da Londra
“Hey sorellina
come va? Te la stai spassando eh, ho saputo dell’arrivo dei
tuoi idoli li da
te” era un bel pò che non lo sentivo, sorrisi
“Ciao fratellone si si sono
proprio qui a Roma ancora non ci credo!” la conversazione
durò poco perché ero
arrivata all’ultimo piano, mi chiese come stavano mamma e
papà e mi invitava ad
andarlo a trovare appena potevo, e che mancavo tanto ai miei due
nipotini.
Dopo
aver chiuso il cellulare mi
guardai un secondo allo specchio prima di uscire
dall’ascensore, ancora non
avevo legati i miei capelli castano chiaro-rossi lunghi fino alla vita
ma avevo
pesantemente truccato i miei occhi verde scuro. Il mio capo stranamente
non
aveva ancora rotto le scatole. Fui tentava di passare prima nella suite
di
Matt, poi ci ripensai e lasciai quell’idea per ultima. Cosi
uno per uno, bussai
alle porte di Jay, Padge e Moose nonostante avessero tutti il
cartellino con la
scritta “Do not disturb”e notai, erano ancora mezzi
addormentati, lasciai ad
ognuno il vassoio sul tavolino del salotto delle suite senza
intrattenermi a lungo.
Ora ne mancava solo uno. Ero li a portare la colazione in camera ai
bullet. Mi
suonava cosi strano. Respirai profondamente e bussai
all’ultima porta. Dopo tre
secondi lui venne ad aprire, indossava solo i pantaloni di una tuta
grigia.
“Ecco
ti pareva” pensai, “Pure te
fatti trovare vestito no!” avrei voluto dirlo ad alta voce ma
mi limitai ad un
“Buongiorno…”.
Mi
face entrare dicendo “Anche a
te” poi chiuse la porta alle mie spalle. Panico.
“Allora
come hai dormito?” mi
chiese poi mentre appoggiavo il vassoio al suo posto stando attenta a
non farlo
cadere. Perché aveva chiuso la porta dannazione? gli altri
non ci avevano
neanche pensato. “I-io? Benissimo, tu?” non lo
guardai “Abbastanza bene” disse
sbadigliando, “meno male che sei arrivata, ho una
fame”.
Io
risi sotto i baffi, quella
frase poteva avere più di un significato, ma ben presto
scacciai questo
pensiero perché ero fidanzata, e lui anche.
Cominciò a girare lo zucchero nel
thè quando io dissi”Beh sarà meglio che
vada adesso cosi ti lascio in pace”,
“Ma dai resta! Dico sul serio, cosi mi fai
compagnia” non credevo alle sue
parole. Si sedette sul letto sfatto e mi guardò da sopra
l’orlo della tazza.
Di
nuovo il panico, anzi peggio
di prima, ora si che stavo diventando incapace di intendere e di
volere. Ma
perché diamine doveva comportarsi cosi con me, che non ero
nessuno per lui? Ero
rimasta in piedi in un angolo quasi incapace di muovere un dito quando
sentimmo
un rumore provenire dal bagno, poi il bellissimo husky apparve con un
paio di
pantofole in bocca.
“Wolf!”
lo chiamai ad alta voce, lo avevo
riconosciuto subito. Lui lasciò cadere le ciabatte ai piedi
del padrone e mi
venne incontro, lo accarezzai e iniziò a farmi un sacco di
feste. Matt che era
rimasto ad osservare la scena stupito commentò” Il
mio lupetto si deve essere
svegliato da poco e comunque…vedo che vi conoscete
già”. Lasciò la tazza dove
l’aveva presa un minuto prima e si sedette per terra vicino a
me che ero
intenta a coccolare Wolf. Gli passò una mano sulla testa,
delicatamente.
“Il tuo cane
è stupendo” gli
dissi, non riuscivo a smettere di giocarci
“Credo che lui pensi la stessa cosa di te, guarda quanto gli
piaci” disse con un
tono felice. Quando riuscii a staccarmi da Wolf e stavo per andarmene
sulla
porta mi girai “Hey Matt, ci vediamo a pranzo ok? Prometti
che mi farai vedere
il tuo cane ancora vero? Ti prego”, lui annui” Ma
certo, quando vuoi. Tanto noi
restiamo qui per un mese circa, c’è tutto il
tempo”.
“Un
mese???” pensai in ascensore
“Wow…”.
L’ora
di pranzo venne in fretta e
beh, diciamocelo, avevo socializzato parecchio con i quattro ragazzi.
Nel
momento in cui ero rimasta a parlare con loro per più di 10
minuti (sala riservata
esclusivamente in quell’ora) il mio capo però
cominciò a rompere facendomi una
bella scenata davanti a tutti, le mie parole furono inutili
perché aveva
ragione lui.
In
quel momento apparve
nell’ingresso del salone il mio ragazzo; che strano, forse
aveva deciso di
farmi una sorpresa. Mi venne incontro con fare minaccioso. I ragazzi
che stavano
convincendo il capo che io non avevo fatto niente di male e cose del
genere si
ammutolirono.
Matt
mi guardò poi si alzò e mi
chiese all’orecchio” Scusa ma questo chi
è?” non sapevo cosa rispondere, ma
sapevo che Lorenzo era sull’orlo di uno dei suoi attacchi
d’ira. Eppure io non
avevo fatto niente di sbagliato, almeno secondo me. “Ah bene
ma quanto ti stai
divertendo eh?” attaccò lui.
“Che
sta dicendo? Non parla
inglese?” mi chiese nuovamente Matt, “No”
sussurrai, poi mi rivolsi agli altri
“Scusatemi un momento”. “Senti parla
italiano per favore, o mi incazzo ancora
di più” urlò il mio ragazzo.
Fantastico. Voleva fare una delle sue piazzate li.
“Abbassa
la voce” risposi piano,
questa volta anche Antonio stranamente prese le mie difensive
“ Scusi lei, se
non la smette dovrò chiamare la security e farla
cacciare…” ma Lorenzo non lo
ascoltava, mi guardava con odio come faceva spesso.
“Non me
l’hai detto eh? Non me l’hai detto che
venivano questi! Mi nascondi le cose eh, ma cosa ci sto a fare io qua,
sei la
solita stronza andate tutti affanculo!” Detto fatto, Antonio
chiamò la sicurezza
mentre Lorenzo era in procinto di mettermi le mani addosso. Jay e Moose
lo afferrarono
per le spalle, poi vidi Matt pararsi davanti a me e Padge che mi si
avvicinava
e mi diceva “ E’ meglio che vieni via da qui, ma
questo cosa vuole? Perché ce
l’ha con te?” io ero senza parole.
Scossi la testa ma le
lacrime non si
decidevano a scendere. Intanto quella che era cominciata era una vera e
propria
rissa, Lorenzo aveva dato un calcio a quello della security e stavolta
erano
entrate in sala anche le guardie del corpo della band che avevano
immobilizzato
il mio fidanzato. Antonio si era alterato di parecchio, brandiva il
cellulare
in aria e diceva “Ma come si permette questo qui! La ragazza
sta solo lavorando,
fa che glielo dico al padre e poi sono affari tuoi!”.
I due tizi della security
avevano dato la
colpa a Jay che aveva trattenuto il ragazzo per la maglietta. Insomma,
stava
succedendo un macello. Finalmente iniziai a piangere e uscii dalla sala
a correndo,
urtando Padge. Matt mi seguì, fino al viale della strada
privata all’esterno
dell’Hotel.
Mi
asciugai nervosamente gli
occhi, ma non singhiozzai. Sentivo la presenza del ragazzo dei miei
sogni
dietro di me “Ti prego” gli dissi dandogli le
spalle “ Torna dentro, non fa
nulla, davvero”. Lui non mi ascoltò e mi prese per
le spalle costringendomi a
voltarmi “Si può sapere questo pazzo da dove esce
fuori?” Che voleva? E
soprattutto chi è?” mi stava facendo troppe
domande ma voleva una sola
risposta.
“E’
il mio ragazzo” gli dissi
guardandolo in faccia. Non parve troppo sconvolto. “Ah si,
accidenti quanto ti ama…senti
non so per quale motivo ti stesse facendo una scenata simile, forse per
gelosia
o non so cosa ma non è un buon motivo per cercare di
metterti le mani addosso,
è chiaro?”.
Aveva maledettamente ragione
e io lo sapevo
bene. Abbassai lo sguardo e mi allontanai da lui, mi sedetti su una
panchina.
Poi mi si avvicinò. Avevo intenzione di chiedergli come mai
tutto questo interesse
nei miei confronti invece di pensare a Charlotte, ma rimasi di stucco
quando lo
sentii dire “ Vi lascerete presto, lo so, e lo sai anche
tu…”.
Note
dell’autrice: Ringrazio
tantissimo tutti coloro che mi seguono e che apprezzano questa FF!
L’idea mi
era venuta già da tempo, anche se la storia non è
proprio autobiografica al
100%...magari aver incontrato i Bullet di persona!! Non ci pensiamo
va…Un
ringraziamento di cuore va a Lely 1441 che mi ha aiutata a risolvere il
problema dei capitoli!! Grazie 1000.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Salve
a tutti!! Visto che non mi
va di aspettare ecco a voi il capitolo 5!! Spero che la storia vi
piaccia e annuncio
che fra poco le cose si complicheranno leggermente…detto
questo vi auguro una BUONA LETTURA.
CAPITOLO 5
Quella sera la mia band
preferita non avrebbe cenato in
Hotel, d’altronde erano in vacanza e avevano tutto il diritto
di divertirsi.
Era ancora domenica, e si avvicinavano le 19:00. Io ero fuori sul
viale, a
fumarmi una sigaretta di quelle che rubavo a mia madre. Facevo cosi
quand’ero
nervosa.
Qualcuno
da dietro, mi
posò le mani sugli occhi e strillò “Chi
è?”, “Sharon!!!” risposi
abbracciandola
”Sei tornata, meno male!”. “Si tesoro ho
saputo quello che è successo oggi e mi
dispiace un casino!” mi disse triste. “Lascia
stare, è acqua passata, dai
entriamo” chiusi la conversazione e lei non mi fece
più domande su quanto era
successo.
Finito
il nostro
turno, stavolta per le 11:00 la mia amica mi comunicò dove
avrebbero passato la
serata i bullet “Che ne dici? Ci andiamo a divertire con
loro? Dai che da
quando sono arrivati ti vedo diversa, e poi Matt
com’è dal vivo…?” mi diede
una
gomitata ridendo “Beh…è”
dissi sognante, “comunque non ho alcuna intenzione di
andarmene per locali stasera, domani ho lezione
all’uni”. “E dai!!!” mi
implorò
lei, io sbuffai, poi aggiunse “Non sei curiosa di vederli a
questa festa?
Guarda che è un party privato! E suoneranno anche! E dai
Liz…” con quegli occhi
da ammaliatrice mi convinse.
Arrivammo
con la sua
auto davanti all’entrata principale del locale. Solo in
quell’istante mi
accorsi che mi vergognavo del mio abbigliamento: stivali con tacco 12
alti fino
al ginocchio, miniabito nero con bretelle e schiena più che
scoperta.
“Forse non
dovevo darti retta per quanto riguarda come mi
hai conciata”, “Non rompere! Andiamo dai”
parcheggiò ed entrammo. Il locale era
diviso in due spazi, birreria con salottini da un lato, e ampia
discoteca con
un palco abbastanza grande dall’altro; il tutto piuttosto
viola.
“Come hai fatto
ad ottenere gli inviti?” chiesi a Sharon
mentre mi porgeva una bottiglia di Corona Extra,
“Segreto” rispose ridendo e si
tuffò in mezzo alla folla pronta a ballare.
”Ecco lo
sapevo” pensai, “lei l’alcool lo regge
bene ed è
già pronta a scatenarsi io invece…” e
feci il giro della sala dove erano posti
tutti quei divanetti e poltrone.
C’era
un sacco di
gente straniera. E parecchie coppie impegnate a farsi i fatti loro.
Sorseggiai
la corona e mi accorsi delle luci sul palco che venivano dalla sala
discoteca,
poi i quattro ragazzi della situazione apparvero in scena.
“Ok
la prossima canzone
la voglio dedicare ad una
persona in particolare, una persona che oggi ho visto
soffrire…” la sua voce mi
colpi in pieno, poi attaccarono “Cries in Vain” e
la folla si animò ancora di
più.
Per
un attimo mi
arrabbiai con Sharon perché mi aveva lasciata sola, ma poi a
forza di pensarla
comparve alle mie spalle “Wow hai visto! Te l’ha
dedicata!” e mi trascinò a
ballare.
Odiavo essere succube di
qualcuno ma decisi di provare a divertirmi,
più che altro per dimenticarmi della giornata. Quando il
miniconcerto finì io e
la mia amica ci spostammo di nuovo nella birreria. Sharon mi invitava a
provare
un drink dopo l’altro dicendo “In questo
c’è la frutta!, In questo poco
alcool!” finché non mi ritrovai appoggiata ad una
parete,da sola di nuovo, la
testa mi girava leggermente.
D’un tratto
scorsi Matt appoggiato ad un tavolo che stava
parlando con dei ragazzi metallari. Si accorse di me, che lo stavo
fissando questa
volta senza paura. Mi sembrava fosse ubriaco perché rideva
come un pazzo e
continuava a mandare giù Dio solo sa cosa in quel bicchiere.
Non
ricordo l’ultima
volta in cui mi guardò prima che un tizio mi si
avvicinò toccandomi la spalla
“Ciao bella, sei da sola?” mi disse con
un’aria da strafottente. Io mi toccai
le tempie, la testa cominciava a girarmi sul serio, neanche risposi ma
mi
spostai in avanti. Il tizio non se ne andava “Hey aspettami
mica te ne puoi
andare cosi” mi trattenne, “lasciami”
riuscii a dire.
“Lasciala”
disse in tono seccato la SUA voce, quella del
ragazzo dei miei sogni. “Non ci senti? O devo fartelo capire
con le cattive?”
non sentii più niente e vidi tutto intorno a me che girava,
sentivo soltanto le
braccia di Matt che mi trascinavano fuori.
Poi
un rumore di
vetri rotti e non so come, ero finita in un’auto, che non era
quella di Sharon.
Risi e non la smettevo di toccarmi la fronte. Sentivo gli occhi del
guidatore
affianco a me “Nel tuo paese non avete la guida a
sinistra?” singhiozzai.
Matt,
che aveva indossato
gli occhiali scuri mi parve serissimo “Questo cosa centra
adesso? Ho fatto un
po’ di pratica anche per la destra non è
difficile, questa macchina l’ho
affittata se lo vuoi sapere, a casa mia ne ho una uguale”. Io
ascoltavo ma
continuavo a ridere “Anche io voglio la guida a sinistra! Mia
mamma è inglese
te l’ho mai detto?”, lui mi disse soltanto
“Si si piccola”. Credo che mi
addormentai perché quando fui di nuovo cosciente riconobbi
l’ascensore.
“Dov’è
la chiave della camera riservata a te?” udii queste parole
ma era come se non sentissi, le sue mani sul mio viso mi costrinsero a
guardarlo negli occhi” Liz ascoltami, devi dirmi qual
è il numero della tua
stanza e dove hai messo la chiave” io non ascoltavo ridevo e
avevo sonno “che
ne so” risposi debole.
“E
va bene” mi prese
in braccio e mi ritrovai in una camera, anzi in un bagno “Le
lenti a contatto devo
toglierle ma non mi va” risi di nuovo al mio riflesso allo
specchio poi
scivolai, ma non toccai terra o almeno non ricordo di esserci finita.
Il
giorno seguente
aprii gli occhi col riflesso del sole che mi batteva sul viso. Non
realizzai
subito cosi mi girai dall’altro lato. Avevo troppo mal di
testa però. Mi
stiracchiai. Poi avvertii un caldo forte, strano per essere gennaio.
Scacciai
il lenzuolo senza delicatezza e sbuffai. Mi girai su un fianco ma non
riuscivo
a richiudere gli occhi.
“Allora,
ti sei
svegliata oppure vuoi rimanere a poltrire ancora per molto?”.
Cos’era quella
voce? Forse stavo sognando. Sbadigliai e mi posizionai a pancia in su.
Quando
cercai di alzarmi però notai che stavo offrendo a Matt un
primo piano delle mie
mutandine. Mi resi conto che oltre a quelle indossavo
soltanto la camicia a mezze maniche
che aveva lui la sera che ci eravamo conosciuti. Non la smetteva di
guardarmi, era
di nuovo a petto nudo e aveva anche un espressione divertita.
“O
cazzo!” urlai, “Ma
ti vuoi girare?” annaspai cercando di coprirmi come meglio
potevo con il
lenzuolo che poco prima avevo buttato per terra. Lui
cominciò a ridere a
crepapelle. Poi il servizio in camera bussò alla porta.
Stavolta non ero io. Mi
alzai di scatto e corsi in bagno, anche se non riuscivo a stare bene in
piedi.
Quando il cameriere se ne andò mi ributtai sul letto e mi
coprii col lenzuolo a
mò di mantello.
Matt mi si
avvicinò “Sei proprio bella quando sei incazzata,
e anche senza trucco, sbronza, e mezza spogliata mentre
dormi” rise di nuovo
stavolta piegato in due. Gli tirai il cuscino e Wolf apparve da non so
dove,
salì sul letto. “Ciao!” lo abbracciai,
lui no che non era un guardone. “Devo
venire ad alzarti io, o ce la fai da sola?”
ironizzò Matt, quando cercò di
avvicinarsi io gridai”Levati!!” e mi alzai, solo
che il mal di testa non si
toglieva di mezzo.
Il lenzuolo mi cadde per
terra e lui mi sollevò la fronte
“Oh povera piccola, sei delicata anche di stomaco eh? Ma
quante birre ti sei
bevuta ieri sera?”, non la smetteva di scherzare e io avevo
chiuso gli occhi.
“Dai mangia qualcosa”, ma a tutto pensavo tranne
che a mangiare. Riaprii gli
occhi perché mi aveva dato una pacca sul di dietro.
“Ma io ti
uccido!” gridai e lui mi sollevò da terra per poi
farmi sedere su una poltrona “Sono il tuo cantante preferito
non lo faresti mai
e poi mai”. Che faccia da schiaffi! “Oh no
l’università” dissi ricordandomene e
distraendomi dalla voglia di chiedergli come faceva a sapere di essere
il mio
cantante preferito, “Che problema c’è ti
ci accompagno io” ma sentilo, faceva
il bravo per farsi perdonare forse, intanto mi aveva vista in mutande.
Wolf
venne a poggiare il suo musetto sulle mie ginocchia.
“Sei
sicuro che
puoi?” chiesi a Matt accarezzando il suo cane, tanto valeva
approfittare. “Solo
se fai colazione
come si deve”, e mi
porse la sua brioches. Alla fine accettai, non era poi cosi male come
tipo.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
CAPITOLO
6
“Ma come puoi
andartene in giro cosi tranquillo senza le tue
guardie del corpo?” chiesi a Matt distrattamente, lui rise
“Sono grande
abbastanza ormai da permettermi di andare in giro da solo non
credi?”, “Si ma
voglio dire…non è loro compito seguirti ovunque?
Perché non sono con te
adesso?” insistevo perché l’idea che
qualche fan potesse notarlo e saltargli
addosso non mi andava a genio.
“Tu non ti
preoccupare” mi disse lui lanciandomi un’occhiata
da sotto gli occhiali scuri. Fui tentava di rispondere ma mi ammutolii
perché
si era fermato di fronte ad un Bmv x-5 nero. “Che
c’è?, Non ti piace la mia
macchina ?”chiese allegro.
“Scherzi vero?
E’ questa qui? Oddio quanto la vorrei
anch’io” ero euforica. “Dai sali, che
questa è la prima volta che lo fai da
lucida”, a quelle parole mi bloccai
“Eh???” chiesi. Matt rise ancora” Per la
cronaca, ieri sera ti sei ubriacata ed io ti ho gentilmente portata in
Hotel
spogliata senza guardarti e ti ho offerto il mio letto
perché non sapevi quale
fosse la tua stanza…” io arrossii
“Shhh!!! Non lo voglio sapere, almeno spero
che tu abbia dormito sul divano”.
“Certo
contaci” disse ridendo entrando in macchina. Io feci
lo stesso e mi sbrigai a chiudere la portiera per strillare
“Che cosa hai fatto
tu?”.
“Calmati stavo
solo scherzando!”, ma il dubbio mi rimase a
lungo.
Durante il tragitto,
appena mi calmai, parlammo più che
altro della mia vita, era curiosissimo di sapere di me e del mio
ragazzo, della
mia famiglia, dei miei gusti musicali, argomento che non so come sapeva
già.
Arrivammo nel parcheggio
dell’università , e a malincuore
aprii la portiera quando lui mi colse di nuovo alla sprovvista
“Senti ma perché
non lasci perdere e passiamo la giornata insieme?”. Dire che
mi prese un colpo
non è niente in confronto al battito cardiaco che
accelerava. Decisi di non
dargli soddisfazione però.
Scesi dalla macchina e mi
voltai, “No grazie, è già tanto
che ti ho concesso questo passaggio in macchina, non mi dimentico
facilmente di
uno che mi ha visto in mutande!”. “Quanto la fai
lunga! E comunque bel
ringraziamento per ieri sera, se non era per me chissà dove
stavi adesso…e poi
togliti quell’aria da finta acida che non ti si addice per
niente” disse
guardandomi da sotto gli occhiali scuri.
”Come sei
tenero” risposi “perché non ti rifai una
bella
tinta invece? Visto che il tuo colore sta diventando una sottospecie di
castano…spento, e questo ti invecchia molto lo sai? Ciao e
grazie ancora!” gli
tirai un bacetto con la mano e corsi verso l’entrata,
perché l’ultima si sa,
deve essere sempre la mia.
A
lezione l’occhio mi
andò per sbaglio sull’agenda enorme sul quale una
mia compagna prendeva
appunti. Il giorno sul foglio era il 20 gennaio. Il suo compleanno.
“Oddio
Matt” pensai, “perché non te ne vai via
dai miei pensieri”.
Il
pomeriggio
finalmente tornai a casa. Avevo lasciato però
l’abito supersexy di Sharon in
camera di Matt, e anche gli stivali. Decisi di non pensarci e
chiacchierai un
po’ con mia madre sul divano. D’un tratto
però una fitta allo stomaco, mi
mancava Matt. No, forse era solo un’impressione.
Chissà che mi passava per la
testa. Il mio cellulare squillò e mi precipitai a vedere di
chi era l’sms
“Tesoro perdonami, non volevo, facciamo pace?” ecco
che anche Lorenzo tornava
fra i miei pensieri. Decisi di non rispondere. Non volevo vederlo ne
sentirlo.
Poi il cellulare squillò di nuovo, questa volta una chiamata
di Sharon. Mi
invitava a tornare in Hotel quella sera per presentarmi i nuovi cuochi
del
personale in cucina e per restituirle il vestito. Spiegai a mia madre
la situazione
e uscii di casa.
Quando
arrivai in
cucina c’erano una serie di persone in uniforme bianca. Erano
abbastanza
giovani. “E questi?” chiesi istintivamente a Sharon
quando la trovai “Oh Liz
sono i nuovi stagisti!” la notizia non mi face ne caldo ne
freddo. “E senti Liz
il mio abito?” non risposi perché alcuni stagisti
si erano immobilizzati e
guardavano alle mie spalle, Sharon rise.
Io
mi voltai e per
poco non riuscii a credere allo spettacolo che avevo di fronte. LUI aveva di nuovo i capelli
nero-blu e li aveva
un pò accorciati. Era identico a come appariva nel video di
“Scream aim fire”.
“Scusate ve la
rubo un attimo” disse sfuggente come se fosse la cosa
più
naturale del mondo mi prese la mano e mi trascinò fuori.
Sentivo qualcuno dalla
cucina bofonchiare “Ma quello
è…è… il cantante
dei…”. “Tu sei pazzo” dissi,
lui
non ci badò” Perché? Non ho fatto
niente di male” certo come no, strinsi la sua
mano e lo trascinai in ascensore. “Tu adesso mi porti in
camera tua che devo
recuperare il vestito” lo guardai, rideva.
Ma
non avevo detto
niente di ché. Fortuna che nell’hotel
c’era più di un ascensore perché stavo
per fargli una scenata unica “Vuoi spiegarmi che cavolo ti
salta in mente? Ma
ci sei o ci fai?” alzai la voce. Lui smise di ridere e mi si
avvicinò costringendomi
ad arretrare finché la mia schiena non toccò lo
specchio. Appoggiò le mani
contro il suo riflesso e la sua fronte alla mia.
“E’ inutile che ti fingi
arrabbiata per scacciarmi dai tuoi pensieri, tu un giorno sarai cosi
pazza di
me…” sussurrò al mio orecchio.
Cominciava a girarmi la
testa e avevo i brividi.”Siamo
arrivati” sussurrai. Mi baciò lentamente sulla
guancia. Non che mi dispiacesse
però lo incitai a lasciarmi passare, lo fece.
Mentre recuperavo il
vestito e gli stivali di Sharon lo
sentii dire “Anzi, lo sei già”. Capivo a
cosa si riferiva e aveva ragione in un
certo senso. Però io non cedevo. “Non so di cosa
parli” risposi semplicemente.
Quando tornai da Sharon a
restituirle la sua roba trovai
Antonio per la sala e gli chiesi se poteva spostarmi il turno di sabato
sera a
quella sera. Acconsenti. Cosi telefonai a mia madre per avvisarla che
ci saremo
viste direttamente il giorno dopo. Poi andai fuori a fumare. Trovai i
ragazzi
in piedi a chiacchierare, Matt teneva Wolf a guinzaglio. Mi vide e
corse da me.
Appoggiai la sigaretta dietro l’orecchio e mi chinai ad
accarezzarlo. Jay,
Padge e Moose mi guardarono stupiti
“Conosce
Wolf?” chiese Pagde, Matt annuì e aggiunse
“a lui
Liz piace” . “Si, e piace anche al suo padrone
vero” disse Jay ridendo. Io
alzai lo sguardo e Matt mi fece ciao con la mano. Lo ignorai.
“Charlotte l’hai
sentita?” chiese secco Moose. Ecco, quelle parole mi colsero
del tutto
impreparata. Il cantante mi guardò dritto pronunciando la
parola “no”. Io presi
il guinzaglio del cane e lo portai a fare una passeggiata. Era un
animale
adorabile, gli volevo già bene.
Quando se ne furono andati
tornai fuori l’ingresso e accesi
la malboro light. Un rumore di passi alle mie spalle mi fece
sobbalzare, poi la
sigaretta mi venne sfilata di mano e buttata a terra.
“Cioè, ma cosa fai mi
segui?” ero davvero arrabbiata con lui quel giorno.
“Dai vieni
qui” mi disse
dolce e mi abbracciò “Non devi fumare ti
rovinerà la voce” ma senti chi
parlava! “Lo so che canti”. Come diavolo faceva a
saperlo? Alzai la testa
“Stasera il tuo turno è cancellato, ceni con
noi”. “Ma cosa…?”,
“devo farmi
perdonare no?”. Era impossibile discutere con lui.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
CAPITOLO
7
La serata
passò. Tra nervi tesi, dubbi, e strani pensieri ma
passò. Rimasi a dormire in Hotel come previsto e il mattino
seguente ero in
piedi dalle 7:00 per ripassare, visto che il giorno dopo avrei avuto un
esame e
non avevo più aperto libro. Qualcuno bussò alla
porta. Lasciai il libro aperto
sul letto e mi diressi svogliatamente ad aprire. Chi poteva essere?
“Ahh…ma
allora stai diventando uno stalker?” mormorai senza
guardarlo.
Lui
entrò nella
camera e chiuse la porta “Buongiorno anche a te, hai fatto
colazione?” mi
chiese gentilmente. Stavolta era vestito pesante. “Ma cosa
centra adesso?”
sbottai. “Fammi un sorriso fanciulla, e sbrigati che
c’è una sorpresa per te!”
disse raggiante. Io scossi la testa poi mi costrinse a fare colazione
in camera
sua.
Quando uscii
dall’Hotel lo trovai in macchina ad aspettarmi.
Mi allontanai e lui mi seguii “Non sali?” mi chiese
“Non vorrai mica deludere
il mio lupetto”. Mi voltai, Wolf si trovava sul sedile
posteriore, abbaiò.
Stranamente mi tornò il sorriso. “Va
bene” dissi entrando in macchina “ma lo
faccio solo per lui”. Avrei giurato che Matt fece una
risatina prima di mettere
in moto.
Quando arrivammo
all’università parcheggiò e spense la
macchina poi mi guardò. Non avevo certo voglia di seguire
l’ultima lezione di
letteratura quel giorno, proprio no. “Prego madame”
ironizzò “Scenda pure, o
vuole che vengo ad aprirle la portiera?”. Non mi mossi di un
cm. Si avvicinò a
me “Fammi indovinare, oggi non ti va eh?”, lo
fissai e sorrisi “Ma certo che
si!”, scesi dalla macchina ma non chiusi lo sportello.
“E dai Liz! Fai
le cose che vorresti fare per una volta”,
che strazio non la finiva di “attaccarmi”. Finsi di
pensarci poi mi sporsi di
nuovo verso l’abitacolo “Posso? Sicuro?”
sussurrai. “Se non rientri in meno di
10 secondi me ne vado”disse scherzando, non me lo feci
ripetere due volte.
La giornata era fredda e
nuvolosa. Con la macchina passammo
vicino al Colosseo ed altri monumenti della capitale. Ogni tanto
scendevamo in
qualche parco in modo che Wolf potesse sgranchirsi le gambe, poi decisi
di
farlo venire a casa mia. I miei non c’erano.
“Carina la zona
dove abiti” commentò guardandosi
intorno quando stavamo per entrare, “Si
più o
meno…”risposi io. Lasciai Wolf nel giardino sul
retro della mia villa e invitai
il suo padrone a mettersi comodo. Sul divano c’ero anche il
mio gatto tigrato.
Matt ci socializzò subito. Sorrisi, poi gli
chiesi sedendomi accanto a lui “Senti
fra poco è ora di pranzo, cosa vorresti
mangiare?”, “Mangio solo ad una
condizione…” disse,
“Cioè?” sapevo che stava per tirare
fuori un’altra delle
sue. “Solo se lasci cucinare me”, risi
“Ok ma vacci leggero che sono a dieta”.
Si alzò e si diresse in cucina “Stronzate, stai
benissimo cosi”.
Mentre
era alle prese
con le pentole (io lo osservavo seduta sulle scale che portavano al
piano di
sopra) mi convinse che avrei dovuto fargli vedere tutta la casa, e
acconsentii.
Quel giorno sapevo che stavamo infrangendo molte regole ma la voglia di
conoscerlo meglio era troppa. Aveva cucinato per me piatti leggeri, e
ogni
volta mi chiedeva se poteva aprire il frigo e i pensili, che tenero.
Certo che
se i miei lo avessero saputo, sarebbe successo il finimondo.
Dopo
pranzo (avevo
fatto mangiare anche l’husky) Matt rimise apposto tutta la
cucina e decise di
portarmi al mare, visto che nel mio quartiere non mancava. Cosi
passammo l’intero
pomeriggio in spiaggia, davanti a noi, il mare d’inverno. Il
cielo era grigio e
il vento soffiava leggero, le onde leggermente mosse. Io tenevo al
guinzaglio
Wolf e LUI mi camminava affianco. La mia mente era intenta a pensare a
mille
cose, tra cui alla situazione che stavo vivendo.
“Visto che se
vogliamo riusciamo ad andare d’accordo?” disse
distraendomi dai miei pensieri e riportandomi alla realtà.
“Si hai ragione, in
fondo credo che tu sia una bella persona, ami gli animali, non sei
superficiale,
non so come spiegarmi eppure ciò che riesci a trasmettermi
è questo…credo che
Charlotte sia fortunata ad avere affianco un uomo come te”.
Si irrigidì
all’istante, lo capivo anche se in quel momento indossava gli
occhiali scuri.
Se li tolse e guardò in basso
“Lei…io…”,
“Cosa?” chiesi impaziente. Volse il
suo sguardo lontano, chissà dove poi i suoi occhi si
posarono di nuovo su di
me,sorrise. “Credo sia ora di rientrare è quasi
buio”. Mi abbracciò e tornammo
in auto.
Per tutto il tragitto fino
in albergo non toccai più
l’argomento della sua ragazza. Non riuscivo a capire
perché quella reazione ma
decisi di lasciar perdere. Al nostro ritorno gli altri tre ragazzi
della
situazione erano nella Hall, rimasero a bocca aperta quando ci videro
rientrare. Moose parlò per primo” Hey Matt, posso
parlarti un momento?”, Padge
lanciò un’ occhiataccia al batterista e sorrise a
me. Io li salutai tutti e tre
poi mi rivolsi a Matt “Bene io allora vi lascio soli, vuoi
che porti Wolf in
camera tua? Cioè volevo dire fuori…”
m’interruppe “Tranquilla ci penso io”.
Annuii e scappai in cucina.
“Sharon?”
cercai la mia amica ma invece di trovare lei
c’erano solo i stagisti e Antonio, prima che potesse
lamentarsi con me su
qualsiasi argomento sgattaiolai fuori e raggiunsi l’ufficio
di mio padre, il
quale mi comunicò che sarebbe rimasto a lavoro fino alle
21:00, quindi a casa
mi ci avrebbe accompagnato lui.
Così tornai
nella Hall e stavolta notai gran parte dello
staff dei bullet. Decisi di non farci caso e mi sedetti su uno dei
divani
angolari di pelle e aprii il libro di letteratura, argomento
Shakespeare. Il
fatto che avessi già cenato in Hotel la sera prima credo che
infastidiva il mio
capo. Scacciai anche questo pensiero finché i ragazzi non
scesero per la cena.
Mi unii a loro e venni a sapere che il giorno dopo avrebbero fatto
delle prove,
allenamenti in palestra e visita della città e dintorni.
Quindi la giornata non
l’avrei passata con Matt ma pensando solo
all’università. Che tristezza. Almeno
la settimana seguente, che le lezioni erano sospese per le sessioni
d’esame, mi
sarei concentrata sul lavoro e l’avrei visto tutti i giorni.
Il giovedì sarebbe
stato anche il suo compleanno.
Poi
qualcosa scattò
in me, “ma che mi prende? Io ho Lorenzo” mi dissi e
quando i ragazzi mi salutarono
perché avevano in programma un’altra serata decisi
di chiamare il mio ragazzo.
Il cellulare squillò e prima che rispondesse Matt me lo
tolse di mano e chiuse
la chiamata “Scusa ma lo faccio per te, fatti desiderare,
deve pagare per ciò
che ha fatto no? E poi tu che hai carattere, questa forte
personalità e sei
ribelle ti fai convincere da quello la cosi?”. In quei
momenti non so perché ma
mi faceva troppo arrabbiare. “Ci vediamo domani
Liz, buonanotte” sussurrò baciandomi
sulla fronte e sparendo insieme
agli altri.
Quando tornai a casa e
salutai mia madre mi fermò all’ingresso
“Aspetta un attimo Elizabeth, potresti spiegarmi
cos’è successo alla cucina?”.
Ecco, ci mancava anche questa. “Cosa? Perché?
Cos’ha che non va, a me sembra
apposto…” e mi avviai di nuovo verso le scale
“Ma” continuò mia madre
“Quando
sono uscita stamattina avevo lasciato dei bicchieri da lavare, e ora
non solo
trovo tutti i piatti e bicchieri lucidi ma anche più ordine
nei pensili, il
tavolo in ordine il pavimento brilla”.
“Mamma
sei sempre
stata una casalinga perfetta! Ti stupisci di te stessa? Beh era ora che
cominciavi ad avere un po’ d’autostima”
finalmente salii e scale poi aggiunsi
“Sicuramente avevi messo apposto tutto alla perfezione ma non
te lo sei
ricordata, notte!” e filai in camera mia.
NOTE DELL'AUTRICE: un saluto a tutti coloro che
hanno letto la storia e un ringraziamento particolare va a ladysynaky
che mi segue dal primo capitolo!!! Volevo fare un piccolo avviso, la
storia è lunga quindi non chiedetemi quando finisce
perchè non lo so neanch'io xDD
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
CAPITOLO 8
Il giorno successivo era
il giorno del mio fatidico esame
orale di letteratura inglese. Mentre ero sulla metro ascoltando
“Heart burts
into fire”, la mia canzone preferita, cercai di non pensare
ai cambiamenti che
mi stavano accadendo. Prima di scendere alla fermata della mia
università
spensi l’mp3.
“Se
continuo ad
ascoltare la voce di Matt perderò quella poca concentrazione
che mi rimane”
pensai.
Alle
9:00 in punto
iniziarono a chiamare gli studenti in ordine alfabetico, se fosse stata
una facoltà
ad accesso libero ci sarebbero stati il quadruplo dei ragazzi presenti
e il mio
cognome che iniziava con la lettera w mi avrebbe costretta ad aspettare
molte
ore. Trovai sulle ultime file della grande aula le mie amiche
più “strette” di
facoltà : Alessandra, Martina, Federica, Michela, Francesca,
Claudia e
Cristina. Mi salutarono e Martina mi fece posto accanto a lei
“Ciao Liz…oddio
sei sicura di star bene?, anche le altre mi fissarono “Come
sei pallida”
osservò Alessandra. “Ma no tranquille che non
è niente davvero” dissi
sforzandomi di sorridere e gettando l’occhio sul mio
orologio.
Riuscii a distrarle con un
argomento sulle unghie e non
fecero più caso alla mia cera, anche perché
nessuna aveva voglia di ripassare
quindi mi rilassai a parlare con loro di cose da donne
finché non le vidi
alzarsi una ad una ed affrontare l’esame. Io ero
l’ultima della lista, si
liberò il posto davanti all’assistente del
professore ed un ragazzo che era
stato appena chiamato quasi inciampò mentre si sbrigava a
raggiungerlo. Poi
toccò a me, “Walker” mi
chiamò il prof d’inglese. Mi alzai trascinando
svogliata la mia tracolla nera sulla spalla e quasi sbadigliai prima di
sedermi, poi cercai di fare un respiro profondo.
“Salve”
dissi e gli
porsi il documento d’identità. “Bene
signorina Walker cominciamo con gli esordi
dell’autore? O preferisce iniziare da un’opera a
piacere ?”.
Optai per un quadro
generale dell’epoca poi attaccai con
l’autore in questione, la sua vita e tutte le opere che avevo
studiato. “Ehm
ragazzi” m’interruppe il prof quando ero quasi alla
fine del discorso “allora?
Vi ho già detto di fare silenzio!”.
Io,
che ero di spalle
pensai a quanto fosse stato ridicolo rimanere li ad assistere anche
agli esami
degli altri, io me ne sarei andata , poi il prof continuò ad
incitarli a fare
silenzio e allora mi voltai giusto per dare un’occhiata. Il
sorriso mi si fermò
sulle labbra. Mi rigirai subito perché pensavo di aver avuto
una visione. Poi
ricontrollai. Matt era seduto a poche file dalla prima e mi aveva fatto
un
cenno con la mano sorridendomi come
sempre.
“Allora,
stava
dicendo?” la voce del prof mi costrinse a rigirarmi
“Si…dicevo che la tragedia
di Giulietta e Romeo…” ci pensai su, non ricordavo
l’ultima parte del mio
discorso ma poi riuscii a concludere l’analisi
dell’opera e a non pensare più a
LUI.
“Bene Walker, io
le darei 28…anzi no meglio un 30. L’ho
vista un po’ incerta sull’ultima parte ma
è andata abbastanza bene, accetta il
voto?” il prof sembrava arcistufo di quella giornata.
“Si certo” dissi, firmai
lo statino, ripresi la mia carta d’identità e mi
alzai.
Quando
passai davanti
a Matt lui si alzò e mi abbracciò le spalle
“Allora?” chiese impaziente,
“30”
dissi “è il massimo solo che non mi ha voluto
mettere la lode”.
“Oh
perdonami è stato
perché ti ho distratta” disse triste, io non ero
molto d’accordo, cosi tossii
leggermente “ E…come mai sei qui? Non dovevi
allenarti? E provare anche?”.
Il buonumore gli
tornò all’istante “Vietato fare domande,
e
comunque dovevo farti una sorpresa ricordi? Beh visto che ieri non ci
sono
riuscito…Oggi vedrai”.
Incredibilmente ero
tornata di buonumore anch’io ed ero
felicissima che fosse venuto a vedermi e che forse avrei passato mezza
giornata
con lui, ma non volevo dargli soddisfazione, chissà
perché. Cosi dopo averlo
rimproverato di non essersi lasciato gli occhiali scuri (alcuni ragazzi
lo
guardavano stranamente anche perché parlava inglese) lo
seguii nel parcheggio
posteriore dell’ateneo chiedendomi dove avesse messo la
macchina quando sembrò
leggermi nel pensiero.
“E’
questo il bello di oggi Liz, non piove, quindi non sono
venuto in macchina” mi abbracciò, non ebbi il
tempo di dire A perché mi fece
voltare verso una moto. Bellissima, nera e rossa tirata a lucido. Era
un
ultimissimo modello della Honda. Restai senza parole. Era
l’ennesima volta che
riusciva
a farmi restare muta, senza niente da dire, meravigliata.
Sghignazzando
montò in sella, mise in moto e percorrendo qualche metro
frenò accanto a me, che
ero rimasta del tutto scioccata.
“Dai
Liz,monta” mi
disse dolce. Il mio cervello non connetteva più, ero stata
in macchina col mio
cantante preferito, mi aveva aiutata a ripulire la sala da pranzo
dell’Hotel in
cui lavoravo, mi aveva fatta dormire nel letto della sua stanza con la
sua
camicia addosso la sera in cui mi ero ubriacata, mi aveva anche
spogliata
struccata e mi aveva tolto le lenti a contatto, era stato a casa mia,
avevo
anche socializzato col suo husky. Non contento mi aveva accompagnata
all’università per ben due volte, aveva assistito
a un mio esame e ora mi
riaccompagnava non sapevo dove in moto.
Le sue parole
“Guarda che non è pericoloso la so guidare
benissimo” mi portarono di nuovo con i piedi sulla terra.
“Allora…?”
insistette. Salii pronunciando un “Ok ma si facciamoci un
giretto in moto”.
Diede gas e mentre stavamo ripartendo mi voltai, cosi per guardarmi
intorno e
scorsi Martina, una delle mie amiche che mentre fumava e stava al
cellulare mi
lanciò un’occhiata molto interrogativa, io le
risposi con un saluto ed un
sorriso.
Sfrecciammo veloci nella
tarda mattinata di quel mercoledì
19 gennaio, la vigilia del suo compleanno. Io mi ero avvinghiata alla
sua
schiena e ogni volta che eravamo fermi ad un semaforo rosso mi dava una
pacca
su una coscia o mi chiedeva se era tutto ok. Con lui sarebbe stato
sempre tutto
ok. Avrei voluto che quel giorno non sarebbe mai finito, avrei voluto
che lui
fosse stato single, riuscii perfino a dimenticarmi del suo mestiere e
iniziai a
pensare a lui solo come Matt Tuck, nient’altro.
Quando tornammo in Hotel
mi annunciò che era l’ora
dell’allenamento,
cosi decisi di unirmi ai Bullet mentre si tenevano in forma. Andai
nella mia
camera riservata a cambiarmi e li raggiunsi in una delle 4 palestre, la
più
piccola. Jay era intento a fare una serie lunghissima di addominali
mentre
Padge si aggiustava la coda e Moose era alla cyclette. Soffocai una
risata.
“Oh
che c’è che ti fa
cosi ridere?” mi chiese Pagde beffardo lanciandomi un
asciugamano. Io lo presi
al volo e gli risposi “ Niente è che non vi ho mai
visti cosi”. Jay comparve
alle mie spalle “Ciao bella oggi abbiamo anche lezione di
autodifesa ti unisci
a noi?”, io che avevo rilanciato l’asciugamano a
Padge mi voltai verso Jay per
rispondergli ma in quel momento entrò Matt che indossava i
pantaloni della
solita tuta grigia e una canottiera nera. I suoi occhi mi colpirono in
pieno
come al solito, poi il suo sguardo si posò sul mio petto,
visto che indossavo
anch’io una canottiera nera ma con le iniziali bianche della
sigla della loro
band, arrotolata fin sopra l’ombelico. Il tutto completato
con pantaloni
bianchi elasticizzati e una treccia alla Lara Croft.
Jay che era rimasto in attesa di una risposta
si accorse che ci stavamo guardando e in quel momento Moose ci
passò davanti
con una bottiglia d’acqua in mano “Lei cosa ci fa
qui? Non dovrebbe essere in
cucina?” chiese severo ai suoi compagni di band, Matt gli
diede uno spinta e
dicendo “Ma che cazzo dici Michael” .
A
giudicare dal tono
di Moose non dovevo essergli molto simpatica, qualcosa mi
balenò in mente e
ricordai perché. “Si Jay faccio il corso di
autodifesa con voi molto
volentieri” dissi ad alta voce guardando Moose che si
voltò, poi aggiunsi “dal
momento che io non sono qui per prendere il posto di Charlotte se
è questo che
qualcuno teme, vero Moose?”.
Silenzio di tomba.
Matt fece per rispondermi
ma poi ci ripensò, “Niente di
personale” gli sussurrai. Moose si voltò verso di
me fulminandomi con lo
sguardo poi usci dalla porta che dava sul retro e la sbatté
. In quel momento
entrarono i personal trainer e l’istruttore di difesa
personale. Jay fece
qualche passo rapido intento a raggiungerlo ma Padge lo
intimò a restare.
Allora mi mossi io ma mentre passavo vicino a Matt mi bloccò
un braccio
dicendomi “Resta”. Quel contatto mi
provocò una serie di sensazioni strane.
Padge ci raggiunse” Cosi sai di lui e della sua
ragazza?” mi chiese.
Lo guardai ma non risposi
“ Padge” disse Matt “sai che non
sono affari vostri ma miei, e vorrei che nessuno si immischiasse della
mia vita
privata”. Padge rise “Quindi non
gliel’hai detto?” disse indicandomi. Io lo
guardai poi guardai di nuovo il cantante, “A me? Dire cosa
scusate…” non
riuscivo a capire a cosa si riferisse. “Matt e Charlotte
hanno dei seri
problemi…” continuò Padge, ma rideva.
“Hey…la vuoi smettere?”
intimò Matt poi
Padge si ritrovò a terra e i due iniziarono una specie di
lotta, meno male che
stavano scherzando.
Mi
voltai verso Jay
che si avvicinò guardandoli poi si rivolse a me
“Quanti anni hai tu?”. I due
che stavano ancora giocando si fermarono e corsero da me. Padge
sembrava
supercurioso, “Piu di 20 no?” chiese impaziente.
“In realtà…”dissi senza
guardare Matt, Padge pendeva dalle mie labbra “Sono ancora
19, quest’anno ne
compio 20” dissi sorridendo a Jay. Padge sbottò a
ridere e si rotolò per terra,
strappò un sorriso anche a me, poi Jay si unì a
lui. Non riuscivo a capire il
motivo di tutto ciò. Cosi rivolsi il mio sguardo altrove
evitando Matt che se
ne accorse subito “So cosa stai pensando” gli dissi
mentre si avvicinava. “No
non lo sai, non puoi saperlo ora, forse un giorno te lo
dirò” fu la sua
risposta, cosi mi girai a guardarlo in faccia. L’insegnante
di autodifesa ci
comunicò che era stanco di aspettare i nostri comodi e dopo
che Moose si fu
deciso a rientrare iniziammo l’allenamento.
La sera non ero di turno,
cosi dopo essermi fatta una doccia
nella mia camera in Hotel andai a spegnere lo stereo visto che aveva
terminato di
leggere le tracce del cd “Fever”. Chiamai mia madre
per dirle che sarei tornata
a casa per cena e distrattamente presi a leggere il libretto nella
custodia,
arrivai alla pagina dei ringraziamenti . I primi erano quelli di Matt,
diceva
le solite cose sull’amore dei fan e della famiglia, che era
dura passare molto
tempo lontano da casa ma il fatto di sapere che tutti sono orgogliosi
di lui
rende il tempo che passa fuori più bello. Dopo di
ciò lessi distrattamente i
nomi delle sorelle che sapevo già, cioè Rachael e
Deborah, ma poi la frase “ My
beautiful soulmate Charlotte and our baby boy Evann” mi
investi in pieno come
un treno diretto.
Il
cellulare mi cadde
di mano e anche qualche lacrima scese. Accessi di corsa il portatile
sulla
scrivania mentre mi infilavo i jeans sotto la camicia lunga scura che
indossavo, aprìì internet e cercai nervosamente
la biografia di Matt su
wikipedia. Sotto il titolo “Vita
Privata”
c’era scritto che lui aveva avuto il suo primo figlio Evann
il 25 marzo del
2010. Non saprei dire esattamente cosa provai in quel momento: rabbia,
delusione, rassegnazione . Chiusi il pc e senza scarpe con i capelli
ancora
umidi uscii svelta sul corridoio e mi precipitai in ascensore, avrei
potuto
fare le scale visto che lui si trovava ad un piano di differenza ma non
m’importava. Arrivata davanti la porta della sua camera
bussai con forza per
tre volte.
Padge
venne ad aprire
e il sorriso gli morì sulle labbra quando vide che entravo
spedita come un
razzo. Ignorai Jay che giocava all’xbox per terra davanti
all’enorme LCD in
soggiorno e mi diressi dritta verso
la
camera da letto, la porta era aperta e LUI era al cellulare in piedi
vicino la
finestra.
Mi vide e si
immobilizzò, un secondo prima che aprissi bocca
aveva chiuso la chiamata. “TU!” urlai, poi mi
sedetti sul letto, mi tremava la
voce e mi sentivo una stupida. Mi rialzai “Tu hai un figlio e
non me l’hai
detto! Perché?”. Avevo gli occhi lucidi, anche lui
era stato investito in pieno
da un treno diretto a tutta velocità. Era immobile, non
parlava più e mi
fissava; un misto fra tristezza e dispiacere.
“Perché?” ripetei guardandolo
negli occhi e avvicinandomi. La mia ira non si placava.
Padge
e Jay si erano
bloccati sulla porta alle mie spalle, me ne accorsi poi Padge ci chiese
”Che
succede ragazzi?” era seriamente preoccupato. “Ecco
perché quell’altro mi odia”
dissi ad alta voce. I due ragazzi si guardarono con aria
interrogativa
“Moose non ti odia, è solo che lui è
affezionato molto a Charlotte” disse Jay.
“E non me la nominate porca puttana!” strillai e
prima di piangere a dirotto
aggiunsi “Io
me ne vado a casa” e uscii
di corsa dalla stanza, attraversai il salotto e mi trovai di nuovo sul
pianerottolo,
Matt mi aveva seguita e bloccata chiudendo dentro la suite gli altri
due.
“Io pensavo che
tu lo sapessi, ecco perché non ho mai
toccato l’argomento” mi disse serio, io che stavo
piangendo con la p maiuscola
scossi la testa, poi mi sforzai di sorridere “scusami
è colpa mia, io non sono
nessuno per te e mai lo sarò, non capisco perché
ho reagito cosi”. Lui mi
asciugò le lacrime costringendomi a guardarlo in faccia
“Non è affatto vero, tu
sei già diventata importante per me”.
“Stronzate”
pensai subito. “Certo come no” lo sfidai,
“Vuoi
che te lo dimostro?” sussurrò appoggiandomi con le
spalle alla porta e
avvicinandosi. La sua espressione continuava ad essere triste.
“Fai cosi con
tutte quelle che incontri in vacanza, o negli Hotel o nei backstage
dopo i
concerti non è cosi?” ringhiai.
“Guardami negli occhi” disse piano,
“riesci a
capire…cosa voglio che tu sappia?” mi chiese poi
di botto avvicinò troppo il
viso al mio finché non sentii il suo respiro sulle mie
labbra. Una parte di me
fremeva al solo pensiero e l’avrebbe divorato di baci ma
l’altra aveva frenato
in pieno.
Mi accarezzò la
guancia poi si avvicinò ancora di più deciso
ma io lo fermai spingendolo via da una spalla “Se vuoi
mettere le corna alla
tua ragazza, fallo con qualcun’altra e non con me!”
dissi velenosamente e dopo
averlo scansato sfrecciai giù per le scale.
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
PREMESSA: la scena in cui
Liz scopre che Matt ha un figlio l’ho
inserita per rendere le cose più movimentate ed è
puramente autobiografica ^^,
infatti io l’ho scoperto nello stesso modo. Ciò
non toglie che io non sia una
fan accanita di Tuck anche se non seguo per filo e per segno tutto
ciò che
combina con quella li. Comunque il capitolo 10 è
già finito, intanto vi beccate
il nono,
Buona Lettura
CAPITOLO 9
Mi svegliai il mattino
seguente tardi visto che non avevo
lezione e ancora non smettevo di pensare alla sera precedente. Scoprire
che
Matt e Charlotte avevano un figlio fu per me il massimo della tragedia.
Ci
mancava solo che avessero anche un matrimonio già prenotato
o una convivenza
già iniziata, nei periodi in cui lui tornava in Galles.
Scesi in cucina a fare
colazione cercando di svuotarmi il cervello visto che anche io ero
fidanzata e
non dovevo fare dei pensieri simili.
Dopo pranzo decisi di
chiamare Lorenzo. Avevo la giornata
libera e visto che non mi sentivo neanche troppo bene sarei stata a
casa
volentieri. Il cellulare squillò a vuoto, come succedeva
spesso. Provai altre
tre volte ma niente da fare. Cosi scesi nel seminterrato a suonare un
po’ il
piano, ma dopo 10 minuti di brani di Chopen avevo cambiato idea e andai
a
correre. Il tempo però non passava.
Rientrata
a casa
trovai mio padre in cucina che mi comunicava di tornare in autoscuola
per
ricominciare le lezioni di guida in settimana. Mi tornò in
mente per un attimo
il mio esame precedente nel momento in cui l’esaminatore mi
bocciava perché
avevo inchiodato . Andai in camera mia e notai sul display del mio
nokia una
chiamata persa di Sharon. La richiamai subito.
“Liz!!!”
rispose euforicamente “Finalmente! Dunque arriviamo
subito al sodo, stasera c’è una festa a sorpresa
per…indovina un po’?”. Io
sbuffai “ Boh…uno dei stagisti?”. Sharon
si arrabbiò “Liz non essere cosi
stronza lo sai benissimo! Oggi è il trentunesimo compleanno
di nientemeno che
Matthew Tuck!”, “E sti cazzi” risposi
d’istinto.
Questo
la fece
arrabbiare sul serio “Ma scusa perché fai cosi? Li
hai sempre adorati i
bullet”, “Infatti è vero”
dissi “ loro si è il cantante che mi sta sulle
palle!”. Sharon restò un attimo in silenzio poi
disse “Ah si e da quanto?”,
“Beh diciamo da oggi” risposi ironica.
“Vabbè
Liz sei strana questo periodo, fa un po’ come ti pare
io te l’ho detto, se vuoi vieni alle otto nella sala grande
dei ricevimenti
sennò niente” il tono di Sharon stavolta emanava
perplessità.
La
salutai e la
ringraziai senza darle una conferma promettendo a me stessa che non
sarei
andata in Hotel fino a domenica. Difficile però fu
resistere. Mio padre quella
sera era anche di turno in ufficio d’amministrazione cosi
quando furono le
sette decisi che in fondo non avevo niente da temere e soprattutto
niente da
perdere.
Quando mio padre
uscì di casa io, dopo aver avvisato mia
madre di un ricevimento al quale dovevo esserci, lo raggiunsi e gli
chiesi di
portare anche me. Disse subito di si, pensando che dovevo lavorare
senza
neanche notare il mio abito nero di pizzo, con tanto di corpetto e
tulle che
scendeva fino alle caviglie lasciando scoperta una gamba. Stavolta
però le New
Rock sostituivano i tacchi.
Arrivammo alle 8 meno 10,
mio padre mi salutò all’ingresso
sgattaiolando subito nel suo ufficio e io raggiunsi il grande salone
dei
ricevimenti. La prima cosa che notai furono i paparazzi
perché la security ci
stava alquanto discutendo. Più o meno tutto lo staff dei
bullet for my
valentine era presente ma la festa non era ancora iniziata. Cosi tornai
nella
Hall giusto per vedere che aria tirava. Finalmente trovai Sharon che
usciva
dalla cucina. Indossava un abito rosso che insieme ai suoi capelli
corti e
biondi le stava particolarmente bene.
Mi vide e le
tornò il sorriso “Hey meno male che sei
arrivata! Sai che ci avrei giurato?”, l’abbracciai
e in quel momento vidi Matt
con la coda dell’occhio alla mia destra che mi lanciava
un’occhiata seria. Poi
sentii una voce che diceva “Amore, finalmente!”.
Mi staccai di botto da
Sharon e mi voltai verso l’entrata.
Charlotte accompagnata da due guardie del corpo si avvicinava a passo
svelto
verso il suo ragazzo per poi saltargli addosso in modo molto scenico.
Osservai
la scena schifata. Matt non aveva detto ne a e ne bah.
“Dai
lo so che sei
ancora arrabbiato con me piccolino ma non fare
cosi”continuava lei a voce alta,
lui non sembrava affatto divertito, la sua espressione era
indecifrabile, non
la guardava nemmeno in faccia. “Però, questa deve
essere una stronza…” disse
Sharon dandomi una gomitata. Poi Moose li raggiunse e lei
saltò addosso anche a
lui “ Moose mio ma come stai?” rideva a
più non posso.
Il
batterista intanto
mi lanciò un’occhiata soddisfatto.
“Oddio sto per vomitare” sibilai poi
afferrai Sharon e mentre la trascinavo via, passando vicino ai ragazzi,
Moose
ci fermò “Charlie lascia che ti presenti le
cameriere, cioè volevo dire le
cuoche, loro ci hanno trattato bene dal primo giorno della nostra
vacanza”.
Sharon
si era immobilizzata
affianco a Matt e io ero ancora in procinto di andarmene. Sentii la mia
amica
dire in inglese “Ciao tu devi essere…”,
“Già carina, sono io la sua ragazza e
nessun’altra”. Mi girai a guardarli mentre lei si
era abbracciata Matt e ad
occhi chiusi gli chiedeva un bacio scuotendo la testa.
“Ma che ha
questa? Sta male o ha bevuto?” dissi rivolta a
Sharon in italiano. “Che c’è
ehm…com’è che ti chiami
Elizabeth?” mi rimproverò
Moose. Matt mi lanciò un’occhiata strana.
Charlotte rise “Allora
andiamo a cena fuori io e te vero
cucciolo?”. Io la guardai disgustata, sembrava drogata o
qualcosa di simile,
indossava jeans e maglietta e non era proprio bellissima. Bassa,
capelli e
occhi castani, niente di particolare.
Smise di ridere poi mi
guardò, io volsi gli occhi altrove
“Ma chi è questa? Mi stai proprio antipatica se
non fosse per come sei vestita
lo sai?” disse ridendo. Moose rise poi si
precipitò ad aiutare Matt a tenerla
in equilibrio visto che per poco non cadde a terra.
Sharon
tossì, e Matt prese
in braccio colei che odiavo di più al mondo avviandosi verso
l’ascensore. Io lo
seguii d’istinto. Moose rimase con Sharon.
Il cantante si voltò a guardarmi prima di
entrate in ascensore , ero
sicurissima che il mio sguardo diceva “la stai portando in
camera tua vero?”
poi sentii il braccio della mia amica che mi trascinava via.
Quando la festa
cominciò il centro della sala era stato
sgombrato per ballare. C’era molta gente che avevo incontrato
anche al party in
cui mi ero ubriacata. Decisi di non toccare neanche una birra, non
volevo
finire di nuovo nel letto di Matt. Gli altri tre ragazzi della
situazione
intanto si divertivano in pista. Sharon e altre sue amiche che si erano
imbucate mi invitarono più volte a mangiare qualcosa ma il
mio stomaco era più
che chiuso.
Scorsi Matt seduto in un
angolo di uno de tanti tavoli che
chiacchierava con delle persone che erano di spalle quando
arrivò la torta su
un carrello scortata da 4 camerieri. Era quadrata ricoperta di panna
con al
centro una sua foto e 31 candeline nere “Wow”
pensai. Prima che avrebbero
tagliato le fette ci sarebbe voluto un po’ cosi andai in
pista dagli altri tre,
gli animatori continuarono il repertorio misto fra dance, musica anni
80 e
cyber. Chissà chi aveva fatto quella playlist.
Moose si
allontanò con una scusa quando mi unii a loro e Jay
mi disse sorridente “Vuoi ballare? Vieni vieni “
prendendomi la mano. Padge
rideva. Mi sentii imbarazzata perché Jay faceva troppo lo
scemo. Mentre ballavo
con loro due mi accorsi per un attimo che Matt non era più
dov’era prima ma non
molto distante da noi e mi fissava con quello sguardo che avrebbe
sciolto
perfino l’intero iceberg che ha affondato il Titanic. I suoi
occhi erano come
un oceano per me in cui vi annegavo ogni volta che li incontravo.
Mentre
Jay si divertiva
a farmi girare come una trottola iniziai e ridere poi fecero tutti il
trenino.
La musica cambiò e divenne di sottofondo, cosi Padge
andò a prendere tre fette
di torta. “Sei forte” mi disse Jay mentre
tracannava una Corona Extra, “Vuoi?”
me la porse, “No grazie è meglio che non
bevo” risposi tenendomi un attimo i
capelli a mo di coda.
Padge
tornò porgendo
un piatto colorato prima a me poi al bassista. “Sapete ancora
non sono stata a
un vostro vero concerto” dissi, Padge annuì
dicendo “Rimedieremo” poi Jay
domandò di Charlotte, “Doveva essere qui no? Tu ne
sai qualcosa Padge?”. Il
chitarrista fece spallucce cosi Jay urlò “Matt!
Vieni un po’ qui“. Cercai di
scappare ma Padge mi trattenne. Aveva intuito che fuggivo da Matt.
“Dimmi”
disse il ragazzo dei miei sogni comparendo vicino a
me, “La tua ragazza che fine ha fatto?” chiese di
nuovo Jay, “E’ a letto non
sta molto bene” rispose Matt poi i tre si guardarono e lui mi
toccò i capelli
sussurrandomi all’orecchio “Niente alcool
eh”. Io mi limitai a guardarlo poi il
cellulare che avevo bloccato nella cinta vibrò e mi
allontanai per rispondere:
era Lorenzo. La conversazione durò pochissimo visto che si
arrabbiò perché ero
ad una festa.
Tornai da Sharon e notai
con sorpresa che era in compagnia
di Moose, lui mi vide avvicinarsi e si alzò “Credo
di doverti delle scuse”
disse. Io guardai la mia amica collega e intuii che dovevo aver
interrotto una
seria conversazione “Accettate” sorrisi e gli diedi
una pacca su una spalla per
poi sparire di nuovo. La musica a tutto volume era ricominciata e le
luci erano
più basse di prima. Mi addentrai tra la gente che ancora si
scatenava cercando
Padge e Jay, mi erano diventati davvero simpatici. Continuai a cercarli
con lo
sguardo quando una mano mi afferrò delicatamente la mia
facendomi sussultare.
Mi
voltai trovandomi
di fronte di nuovo a quelle iridi azzurre che adoravo. In quel momento
l’animatore annunciò che era l’ora del
lento. “Mi concedi un ballo soltanto?
Poi giuro che non ti rompo più fino a domani”
disse con la sua solita dolcezza
che usava nei miei confronti. La canzone che iniziò in quel
momento era “Iris”
dei Dools. Non potevo dire di no cosi sussurrai un
“ok”.
Mi prese per i fianchi
costringendomi ad avvicinarmi al
massimo a lui poi mi abbracciò la vita. Non volevo
stringergli le braccia
intorno al collo per l’imbarazzo ma poi lo feci.
“Allora neanche gli auguri mi
hai fatto oggi eh?” mi disse all’orecchio. Quel
solo contatto mi faceva
rabbrividire. “B-buon compleanno” balbettai. Lui
rise “Alla fine sei venuta…”,
alzi la testa per guardarlo bene in faccia “Ma se neanche
sapevo che c’eri”
dissi tremante. La sua espressione divenne interrogativa.
“Guarda che dico sul
serio, io mi ero proprio dimenticata che oggi era il tuo trentunesimo
compleanno, sono venuta perché…perché
me lo ha detto Sharon…”. Posai la testa
sulla sua spalla per non guardarlo e le mie mani sul suo petto mentre
lui e la
canzone mi cullavano.
“E
il motivo di
stasera non te l’ha detto Sharon eh? Non sei brava a dire
bugie lo sai” disse
piano appoggiando la bocca sui miei capelli e respirandone il profumo.
Sarei
potuta rimanere cosi a lungo, molto a lungo , praticamente tutta la
notte.
Poi però la
canzone finì, alzai la testa senza staccarmi da
lui che appoggiò di nuovo la sua fronte sulla mia
“Tu hai paura di me” disse
“Perché?”. Io abbassai lo sguardo poi lo
rivolsi nei suoi occhi. In quel
momento c’erano dei fotografi che chiamarono i 4 ragazzi per
le foto di gruppo.
Mi staccai da lui e mi
allontanai senza pensarci su. Quando
le foto di gruppo furono finite toccò a quelle di ognuno di
loro con gli altri
ospiti.
Sentii la voce di Matt che
diceva “una con lei si”, io
cercai invano di fare finta di niente ma il fotografo mi
ordinò di
raggiungerli. Matt mi si avvicinò passandomi una mano su un
fianco e
accarezzandolo mi disse piano “ma dove accidenti scappi? Non
puoi fuggire da
me, è inutile scappare da ciò che si
desidera”, io gli misi un braccio intorno
al collo ignorando totalmente quelle parole e dopo uno scatto decisi
che era
ora di andarmene.
Cosi salutai gran parte
degli ospiti compresa Sharon, presi
la mia borsa e mi avviai fuori il viale . Matt come al solito mi aveva
seguita.
Aveva in mano una felpa, “tieni” disse tenero. La
giacca l’avevo lasciata in
macchina di mio padre cosi accettai. Lui tirò fuori una
sigaretta e l’accese
“ce l’hai ancora con me eh?”
sghignazzò. Non feci in tempo a rispondere perché
Antonio, il mio capo usci sul viale e mi raggiunse “Elizabeth
domani sei di
turno la mattina quindi tuo padre mi ha lasciato detto di dirti di
restare per
stanotte” disse in tono piatto, “Quindi lui se ne
è già andato?” ribadii.
Il mio capo
annuì, salutò Matt poi rientrò. Ci
rimasi un po’
male però decisi di lasciar perdere, “Che
succede?” mi chiese Matt. Gli spiegai
la situazione e a lui venne la brillante idea di farci una passeggiata
con il
suo cane. Era peggio di me a idee bizzarre nei momenti meno opportuni
quando ci
si metteva.
Lo
aspettai nella
Hall e guardai l’ora: mezzanotte e mezza passata.
Uscì dall’ascensore e Wolf mi
venne immediatamente incontro. Jay comparve ubriaco fradicio insieme a
Padge.
Mi aspettavo che ci avrebbe chiesto dove stavamo andando, ma si
limitò a dire
che era strafelice e che la vita era bella. Risi al gesto di Padge che
mi
indicava essere matto.
Fuori la serata era
stranamente meno fredda del solito per
essere il 20 gennaio. Mi trattenni dal toccare l’argomento
“Charlotte
Dollheart” perché di li a poco mi avrebbero
rinchiusa sicuramente in un
manicomio, per quanto mi dannavo. Cosi ripresi ad essere acida
“Sai Matt ho
accettato questa tua idea assurda solo per Wolf…”,
“Io te l’ho proposta perché
per tutta la sera volevo stare con te. Queste feste dedicate a me
potrebbero
anche evitarle, odio che si festeggi il mio compleanno” mi
disse sfiorandomi il
collo.
Lo guardai incredula
quando lui toccò l’argomento del mio
fidanzato. “Ma quel Lawrence lo senti ancora? Se fossi in te
l’avrei già
lasciato da tempo” rise. Io mi arrabbiai, “Per tua
informazione, sono quasi 2
anni che stiamo insieme hai capito? E poi io non
vengo a sindacare i tuoi problemi di coppia…a
proposito quali sono i gravi problemi tra te e quella?” non
mi trattenni dal
chiederglielo. Sembrò irrigidirsi perché disse
subito “Quella ha un nome”, io
sbuffai “allora me lo dici si o no” mi sedetti su
una panchina di ghisa e
l’husky si appollaiò ai miei piedi.
Matt non si sedette
subito. Lo osservai in quella camicia
bianca e cravatta mentre era immerso nei suoi pensieri poi girai la
testa
dall’altra parte. Allora si sedette.
“Lei
è…è
una…tossicodipendente” sussurrò. Li per
li mi venne da ridere, molto da ridere.
Invece mi girai verso di lui che sembrava rassegnato “Non
è un giorno. Sai è
una ragazza normale, va al college, avvolte fa la modella ma da un
po’ di tempo
ormai ha iniziato a frequentare persone e luoghi sbagliati mentre io
non ci
sono, è cambiata da cosi a cosi non la riconosco
più. E sento di non amarla più
come un tempo”, lo interruppi “Ma voi dovete
pensare al bene di vostro figlio
adesso”.
Il
suo sguardo si
fece tristissimo “Probabilmente verrà affiatato a
me, visto che ho un reddito
più alto e lui è sempre a casa dei miei, immagini
una ragazza di 23 anni che ha
continuamente problemi di alcool e droga a fare la madre?”.
Non risposi, lui
parlava come se si fossero già lasciati ma non volevo
continuare a fargli male
cosi annunciai che per me era ora di andare a dormire.
“Domattina
alle 7
inizia il mio turno ed è l’una
accidenti” dissi in ascensore. Matt si offrì di
accompagnarmi fino in camera. Quando aprii la porta Wolf si
precipitò sul letto
matrimoniale in cui dormivo. Matt lo sgridò subito.
“No dai poverino” gli
dissi. “Ma quale poverino, questo qui è un
viziato, vero Wolf?” e si buttò sul
mio letto a giocare con l’husky. Quella scena mi fece
sorridere cosi mi unii a
loro. Dopo pochi istanti però dissi a Matt
“E’ il caso che vai adesso”, lui si
scusò e si alzò. Si diresse verso la porta, lo
seguii e lo abbracciai “Io sono
con te” dissi “Buonanotte a tutti e due”.
Lui
mi ringraziò poi
quando uscirono si voltò verso di me “Che
c’è?” chiesi subito. “Stavo
pensando…potevamo dormire insieme no? Tanto una volta
è quasi successo” a
quelle parole lo fulminai con lo sguardo e sbattei la porta mentre
continuava a
dire ”Dai mi metto sul divano”.
Ci pensai per un secondo e
guardai il divano che si trovava
nella mia stanza. Non era piccolissimo. Matt ci avrebbe dormito alla
grande.
Poi non so per quale stupido motivo riaprii la porta della mia camera
ed uscii
sul pianerottolo speranzosa. Deserto. Rimasi
per qualche istante a fare su e giù per
il corridoio e imprecai contro me stessa sentendomi ridicola. Poi
rientrai in
camera e sprofondai sul letto. C’era ancora il profumo del
ragazzo dei miei
sogni sulla coperta.
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
CAPITOLO
10
Sognai molto quella notte.
Più che altro erano incubi. Immagini
di Lorenzo che mi rimproverava senza motivo e Charlotte che era di
nuovo
incinta non resero il mio sonno molto tranquillo. D’un tratto
mi svegliai di
soprassalto e sudata. Eppure indossavo soltanto una maglietta che mi
stava
grande, della mia band preferita, mutandine e calzini. Ero girata sul
lato
sinistro e avevo ancora molto sonno. Cosi emersi dalle coperte
scoprendomi fino
alle spalle e rimasi un secondo a pancia in su voltata verso la mia
destra con
le braccia incrociate. Chiusi gli occhi e li riaprii ancora mezza
addormentata.
La porta finestra che dava sul terrazzo era nascosta per
metà dalle tende.
Quindi non era buio pesto. Sbattei le palpebre e sentii vicino a me
come una presenza.
Qualcosa mi diceva che non ero sola. Alzai lo sguardo e affianco a me,
sopra le
coperte lunghi capelli scuri nascondevano il volto di un ragazzo
immobile,
probabilmente senza maglietta e intento a fissarmi. Notai il riflesso
degli
occhi in quella mezza oscurità. Quella scena si, che era la
parte più bella dei
sogni che avevo fatto fino a quel momento.
Le 6 e mezza arrivarono in
un baleno e la sveglia sul
cellulare annunciò l’ora di alzarsi. E chi ne
aveva voglia? Avevo dormito si e
no 5 ore e mezza e dopo tutti quei sogni e incubi ero ancora mezza
rimbambita.
Il sole che illuminava l’intera stanza mi costrinse ben
presto a svegliarmi del
tutto. Mi diressi lenta verso il bagno e ne uscii con uno spazzolino in
bocca.
Mentre mi lavavo i denti cercai la mia divisa nell’armadio.
La gonna nera la
trovai subito ma la camicetta bianca e i guanti dove erano andati a
finire?
“Che palle” pensai mentre con una mano cercavo fra
le stampelle e con l’altra
reggevo lo spazzolino quando un forte abbaiare mi fece sussultare.
Wolf
era sul mio
letto e scodinzolava a più non posso.
“Hey” dissi avvicinandomi per poi
strapazzarlo di coccole. Poi cominciai a fare mente locale: come
accidenti era
finito li? Ormai non dovevo più stupirmi di niente visto che
il padrone per quel
che ne sapevo, era strano abbastanza. Il mio cellulare
squillò, sentendo
“Hearts burst into fire” Wolf si diresse subito a
prenderlo con i denti e
portarlo a me. “Grazie” gli dissi, sicuramente
aveva riconosciuto quelle note.
Risposi senza guardare il
display con un semplice “pronto?”
poi sbadigliai. “ Non so cosa vuol dire comunque micia ben
alzata” era la voce
di Matt. Non sapevo cosa dire.
“Ti stai
chiedendo come ho fatto ad avere il tuo numero
vero? Sai un giorno te lo dirò. Comunque, potresti
riportarmi Wolf in camera ?
Lo devo portare fuori questa mattina…” il suo tono
era delicato come sempre,
nonostante la sua voce che beh, sappiamo tutti
com’è quando la usa nei
concerti.
“Potresti
spiegarmi come ci è finito in camera mia il tuo
cane alle 6 e mezza? Oddio alle 7 io devo lavorare, te lo riporto fra 1
po’ ok?
Ci vediamo dopo” dissi sfuggente e attaccai.
Cosi
dopo essere
finalmente pronta e aver servito la colazione a Jay, Padge e Moose, che
aveva
cambiato atteggiamento nei miei confronti, mi ritrovai di nuovo di
fronte la
porta della sua suite. Io e Wolf ci guardammo prima che bussai. Matt
venne ad
aprire e mi ringraziò. Stavolta voleva che gli lasciassi la
colazione
direttamente sul letto.
“L’ho
già portato fuori io il tuo lupo” dissi prima che
potesse
aprire nuovamente bocca. Si stupì dicendo “ Hai
capito…Di la verità te la sto
incasinando parecchio la vita, non è cosi?”. Non
volli rispondere, gli feci una
smorfia e mi guardai intorno “Scusa tanto ma lei
dov’è?” chiesi curiosa.
“Matt
sbuffò “Te l’ho
detto che abbiamo dei problemi”. “Oh no, non
tu” lo corressi, “quello lo ha
detto Padge, tu hai detto che lei ha dei problemi, questo non credo
proprio che
significhi che fra voi…” m’interruppe
brusco”Liz io l’ho lasciata qualche
giorno fa, eravamo arrivati ai ferri corti già da un
po’ di tempo, non volevo
neanche che venisse qui ieri”. Non credevo a una sola parola
di quello che
aveva detto così risi. Lui mi afferrò per le
spalle “Vuoi sapere perché l’ho
lasciata definitivamente? Lo vuoi sapere davvero?”.
Non ridevo più
perché mi ero ammutolita. “L’ho fatto
perché
nella mia vita è entrato qualcun altro che l’ha
sconvolta ed io non provo più
niente per lei. Rimane solo la madre di mio figlio” disse
serissimo
enfatizzando le ultime parole.
Bussarono alla porta.
Mollò la presa e andò ad aprire.
Charlotte entrò come una furia, sembrava lucida
perché le parole che sentii
erano dette senza risate o mugolii. “Matt, cosa è
successo? Non ti riconosco
più!” urlò. Forse non era poi tanto
lucida, bensì furibonda.
Lui tornò in
camera da letto a prendere una sigaretta mentre
lei lo seguiva continuando a sbraitare. Mi vide e si bloccò
un attimo “E questa
da dove esce fuori? Non sarà mica una troia che ti sei
portato a letto vero?”
disse arcigna. “Modera i termini... e non fare la stronza” disse lui alzando la voce.
“Io cosa? Ma tu! E lei!? Non
ne posso
più di questa situazione” continuò ad
urlare Charlotte, poi se la prese anche
con Wolf dicendo “Stupido cane tu togliti di
mezzo!”.
Stava per dargli un calcio
quando intervenni “Eh no bella!
E’ il caso che te ne vai in un rehab o da un neuropsichiatra
“ la sgridai
facendola indietreggiare. Non era niente in confronto al mio metro e 76
di
altezza. Misi il guinzaglio a Wolf e uscii dalla suite che le urla
ancora non
erano finite. Quando arrivai al piano terra Antonio mi chiese
subito” Dove
stai…”, “Dog-sitter” risposi e
sgattaiolai fuori.
Ero stata insieme a Wolf
per tutta la mattina fino all’ora
di pranzo. Che spettacolo che era quel cane. A mezzogiorno e mezza
tornai in
Hotel e lo affidai al tizio dello staff che se ne occupava quando Matt
non
c’era. La sala riservata per i Bullet era cambiata, era
quella più piccola
stavolta.
Uscii dalla cucina della
sala principale con il carrello per
le portate sentendomi un po’ troppo
“cameriera”. Con me c’era qualche
stagista.
Quando videro i 4 ragazzi della situazione una stagista minuta, bassa e
con una
coda bionda per poco non svenne. Gli altri le dicevano di farsi
coraggio.
Sorrisi sotto i baffi. Io l’avevo passata quella fase, o
almeno credevo. Dopo
aver servito i primi stavo per andarmene ma la voce di Matt mi prese
alla
sprovvista, come sempre, “Ah liz…”disse
senza curarsi degli altri “Sei libera
oggi pomeriggio?”. Moose smise di mangiare, Padge rise e Jay
si voltò verso di
me. Io, che mi ero immobilizzata davanti a loro e avevo perso le parole
cercai
per un attimo di riprendermi, “S-si” dissi senza
chiedere il perché. Poi
scappai velocemente un po’ imbarazzata.
Alle 4 del pomeriggio
mentre mi stavo rifacendo il trucco nella
mia stanza in hotel sentii bussare alla mia porta. Sapevo
già chi era, cosi
respirai profondamente, mi sciolsi i capelli e corsi ad aprire.
Matt,
sorridente come
sempre, apparve davanti a me vestito completamente di nero,
“Allora sei
pronta?” mi chiese guardandomi negli occhi. Il mio cuore
sussultò,come sempre
d’altronde. “Si
solo un attimo”
sussurrai e corsi di nuovo in bagno a completare la mia opera. Lui
intanto si
era permesso di sbirciare nel mio armadio e sulla scrivania.
“Brava”
disse entrando in bagno con in mano i cd della sua
band “vedo che hai tutti i nostri album, e la mia foto sullo
sfondo del
computer” aggiunse avvicinandosi a me. Io, che ero alle prese
con il rimmel
abbassai lo sguardo dal suo riflesso sullo specchio sorridendo. Poi
presi il
rossetto. “Ti stai facendo bella per me?” disse
maliziosamente abbracciandomi
la vita. Lo guardai male per un secondo poi mentre coloravo le mie
labbra
appoggiò il mento sulla mia spalla destra e mi strinse
piano. Lasciai perdere i
trucchi.
“Matt…cosi
non va” lo rimproverai seria “toglimi
immediatamente le mani di dosso”. Lui sbuffò
divertito poi scansò i miei
capelli dal collo e un secondo prima che me lo baciasse riuscii a
liberarmi
dalla sua presa. “Andiamo va, che è
meglio” dissi e mi precipitai a mettermi la
giacca.
Sul vialetto fuori
c’era il ragazzo che si occupava di Wolf,
e il cielo era di nuovo grigio. La macchina di Matt era parcheggiata
alla fine
della stradina. “Per fortuna che quando lo blocco non
continua a provarci, e
pensare che un paio di sere fa per poco non mi
bacia…”, pensai.
Cosi cercando
di distrarmi tornai ad essere acida
“Senti,
io non vengo
da nessuna parte con te oggi. Mi è passata la
voglia.” Matt non mi rispose
neanche, ma aprì lo sportello dalla parte del passeggero e
prima di entrarci
disse “Ok micia, allora mi porti dove vuoi tu”,
rise e chiuse la portiera. Io
rimasta senza parole come al solito, entrai dalla parte del guidatore
“Io ho il
foglio rosa, non la patente” dissi con tono di rimprovero.
Gocce
di pioggia
cominciarono a ricoprire il parabrezza. Matt infilò le
chiavi “Metti in moto
dai, che con questo tempo…quasi quasi ti faccio lezioni di
guida”. Sbiancai,
“cosa? No cioè aspetta sai da
quant’è che non tocco un volante?”. Lui
rise “ Ma
che cazzo! Quanti problemi ti fai! Ci sono io con te no?”.
Dopo
aver messo la
cintura misi in moto senza controbattere, poi tolsi il freno a mano e
con la
prima inserita diedi gas e lasciai la frizione. Troppo velocemente
però e il
motore si spense. Matt scoppiò a ridere, e alla fine
anch’io. “No dai aspetta ci
riprovo, è che questa macchina è troppo
pesante” dissi ripartendo, “si certo è
colpa della macchina” rispose.
Gli
lanciai
un’occhiataccia e finalmente partii per bene. Ogni tanto lui
azionava i
tergicristalli e mi dava indicazioni sul dove andare, se dovevo
accelerare o
rallentare, come un istruttore. Quando non riuscivo a far entrare una
marcia,
lui metteva la sua mano sul cambio, sopra la mia. Questo mi imbarazzava
molto.
Alla fine però aveva iniziato a piovere a dirotto e dopo un
paio d’ore accostai
vicino una via isolata e ci scambiammo di posto. Matt non aveva per
niente
voglia di tornare in hotel e neanche io sinceramente.
“La
prossima volta mi
insegni a suonare la Jackson flyin?” azzardai mentre lui era
al volante. “Si
micia tutto quello che vuoi, anche il piano” disse allego,
“Quello mi
piacerebbe un casino, cioè a casa ce l’ho
è solo che non sono molto brava”
risposi. “Basta fare pratica” mi
tranquillizzò poi ci fermammo ad un incrocio,
il semaforo era appena diventato rosso.
“Vuoi che ti
insegni anche ad andare sulla moto?” mi chiese
mentre era girato a guardare il traffico.
“Ovviamente” risposi euforica senza pensarci,
“Beh allora non pensi che mi merito qualcosa in cambio? Visto
che devo fare
tutte queste cose” quelle parole mi fecero subito pensare
male poi aggiunse “
Liz, almeno un bacino non pensi che me lo merito? Dai qui sulla guancia
“ disse
puntandosi un dito su di essa.
Poi vedendo che non
reagivo sbatté le palpebre in modo
supplichevole “Non serve che mi fai anche gli occhioni
dolci” dissi avvicinandomi
e gli posai le labbra sulla guancia. Ci pensai un po’ su poi
gli diedi due
bacetti.
Quando
mi staccai
disse “Un altro” in tono supplichevole e buffo.
“Che scemo che sei” sghignazzai
e mi riavvicinai per
dargli un altro
bacetto. Appena sfiorai la sua guancia con le labbra girò
rapidamente la testa
verso di me e questo causò un bellissimo bacio a stampo.
Mi
staccai di botto
dicendo “E’ verde”. La macchina dietro di
noi suonò il clacson e ripartimmo
rapidi. Lui era più allegro di prima, anzi, non
l’avevo mai visto cosi felice
da quando lo conoscevo. “Verde, però
prima… era rosso…lo stesso colore delle
tue guance adesso eh” rise. Io guardai alla mia destra, fuori
dal vetro senza
più dire una parola.
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
CAPITOLO 11
Al nostro ritorno Matt
parcheggiò sul retro dell’Hotel, dove
c’erano i garage riservati al personale. Io, che ero stata
zitta per tutto il
tempo ascoltando il cd dei Trivium che aveva messo, mi precipitai ad
aprire la
portiera ma notai subito un piccolissimo problema: le sicure erano
inserite.
Sospirando
un po’ per
la rabbia, un po’ per l’imbarazzo ma decisa a non
guardarlo in faccia, mi
accasciai sul sedile mentre lo sentii ridere, “Non
è divertente…Tuck” dissi.
“Tu invece lo
sei molto, Walker. Sai i tuoi tentativi di
allontanarmi da te sono inutili, ormai ti ho messo gli occhi addosso.
E’
inutile che cerci di scappare…sempre” mi rispose
accarezzandomi la guancia.
Poi si avvicinò
di più e mi toccò la mano,
“Scotti” osservò,
“anzi sei bollente come…”,
“adesso smettila” lo zittii “ma
perché ti ostini a
non capire? Io e te…voglio dire non ci potrà mai
essere niente fra di noi”
dissi alzando la voce. Lui sbuffò
“Liz,Liz”. Il suo cellulare prese a squillare:
era Padge.
“Peccato, devo
andare adesso” disse chiudendo la chiamata e
togliendo le sicure.
“Si è
meglio, vai vai…” sibilai e scesi velocemente, non
aveva ancora smesso di piovere.
Matt mi afferrò
un braccio “dove scappi, eh?”, rise
divertito, “la vuoi piantare!” sibilai
allontanandomi ma lui mi costrinse a voltarmi.
“Guardami Liz” mi ordinò. Io sostenni il
suo sguardo solo per qualche secondo,
se avessi continuato non sarei riuscita più a staccare i
miei occhi verdi
dall’azzurro dei suoi.
Mi afferrò il
mento e avvicinò la sua bocca alla mia.
“No” strillai
tirandomi indietro “adesso stai diventando davvero
insopportabile! Io sono
fidanzata hai capito bene? E non certo una
di…facili…costumi ecco” guardai
altrove un po’ imbarazzata per l’ultima frase.
“Oh questo lo
so…e magari sei anche vergine” disse Matt in
tono scherzoso.
Mi voltai a guardarlo in
faccia e lui divenne subito serio,
cosi mi avvicinai, gli afferrai il mento e avvicinai il suo viso al mio
“Si lo
sono” sussurrai “e ne sono anche fiera”.
“Sei proprio una
ragazza piena di sorprese” disse lui e
provò a baciarmi di nuovo, ma senza successo.
La sera a cena ero di
turno. Nell’enorme cucina c’era anche
un piccolo LCD. Mentre controllavo se l’acqua per la pasta
bolliva vidi Sharon
trafficare con un lettore dvd. Non gli diedi importanza e cominciai ad
affettare le carote finché non sentii il volume della tv
alzarsi e voci di una
folla che sembrava impazzire. Poi riconobbi la voce di Jay, lasciai
perdere
tutto e corsi a vedere.
“Hey ma
è il dvd di The Poison!” esultai. Sharon sorrise.
“Da quando ti
piacciono?” le chiesi, “Mah,non saprei,
diciamo da ora” rispose attentissima allo schermo.
“Certo che Matt
qui era veramente bello, oddio guarda che
era! Cioè! Incredibile, da stupro a sangue
direi…” dissi sognante, “Sai che non
hai tutti i torti? Quanti anni aveva? 24? 25?” mi chiese
Sharon senza
commentare ciò che avevo appena detto,
“26” risposi.
Dopo che il concerto era
già cominciato e i stagisti ci
avevano raggiunte la mia collega mi chiese dove ero stata tutto il
pomeriggio
con Matt.
“Cosa? Io? Come
lo sai?” chiesi senza pensare.
“Liz mi sono
persa qualcosa non è cosi?” sorrise maliziosa,
io arrossii e abbassai lo sguardo.
“Voglio essere
sincera con te, io…sto troppo bene con lui,
non so che mi prende ultimamente” dissi preoccupata e Sharon
mi abbracciò “io
credo di sapere che sta succedendo. Liz tu ti sei innamorata
di…”, “Non dirlo
neanche per scherzo!” dissi staccandomi da lei,
“adesso spegni sta tv e
cominciamo a lavorare, dai su”. Mi lanciò
un’occhiata perplessa ed io cercai di
non pensarci più.
Dopo la cena e dopo la
fine del mio turno me ne andai in
camera mia, indossai una camicia da notte rossa e mi infilai sotto le
coperte
stanca della giornata e pensando a quella del giorno dopo.
Però c’era qualcosa
che mi avrebbe impedito di chiudere gli occhi tranquillamente. Mi alzai
dal
letto decisa, aprii la porta della camera per controllare se ci fosse
qualcuno
in corridoio, chiusi la stanza a chiave e mi diressi al piano
superiore.
Arrivata davanti la suite di Matt appoggiai le nocche sul legno della
porta e
prima ancora di bussare mi accorsi che non era chiusa a chiave. Entrai
esitante
e la chiusi alle mie spalle. Mi diressi verso la camera da letto al
buio,
quando inciampai in qualcosa di morbido e soffice che emise un verso di
fastidio.
Nella penombra della
stanza mi accorsi di aver pestato la
coda di Wolf, che giaceva davanti al letto “Scusami
cucciolone” bisbigliai
accarezzandolo, meno male che ero a piedi nudi. Avanzai poi vicino al
comodino
e accesi la luce. Matt che era rivolto verso di me e aveva gli occhi
chiusi li
aprì di scatto e questo mi spaventò un
po’ facendomi indietreggiare.
Saltò
giù dal letto sorridendo “Guarda chi
c’è, la mia
ossessione” e mi afferrò per la vita da dietro.
“Mi hai spaventata, ma non
stavi dormendo?” lo rimproverai.
“Ad essere
sinceri” sussurrò al mio orecchio abbassandomi
una bretella “qualcosa mi diceva che saresti
arrivata…quindi ti stavo
aspettando, non avevo neanche chiuso la porta” e prese a
baciarmi la spalla
nuda.
“Adesso
basta!” strillai e mi staccai da lui prima che mi
facesse venire altri brividi “Sono qui perché mi
devi ascoltare” dissi seria.
“Un
po’ troppo difficile visto che vorrei strapparti i
vestiti da dosso a morsi, ogni volta che ti vedo”
sussurrò venendo verso di me
e costringendomi a cadere sul letto. Mi spostai all’indietro
trascinando i
gomiti e i piedi.
“Faccio finta di
non aver sentito ma tu adesso devi
ascoltarmi Matt” dissi tremante, il cuore mi batteva
all’impazzata. Lui si salì
a gattoni sul letto. Imprecai mentalmente perché era di
nuovo a petto nudo. “Il
modo in cui pronunci il mio nome mi dice molte cose sai” mi
guardò negli occhi.
Mi posizionai dritta incrociando le gambe e lui si sedette normalmente.
“Ascolta
Matthew”
sospirai profondamente “E va bene hai ragione tu mi piaci, e
non sai quanto.
Però noi non abbiamo futuro, io ho il ragazzo e tu hai un
figlio ed io non
voglio innamorarmi di te che fra un mese te ne vai e probabilmente non
ci
rivedremo mai più”. Mi ero tolta un gran peso
finalmente.
Restai
in attesa di
una risposta finché lui non mi accarezzò una
gamba e disse “sdraiati”.
Istintivamente mi ritrassi “Liz non voglio che ogni volta che
mi sei vicina ti
irrigidisci cosi, per favore , lo sai che non ti voglio
stuprare” disse serio.
Mi
sdraiai e lui fece
lo stesso accanto a me. Ora ci trovavamo uno vicino
all’altra, occhi negli
occhi. “Io non amo Charlotte, non più”
iniziò “il fatto che tu non ammetti a te
stessa ciò che provi non ti farà altro che male,
e poi cos’è quel discorso sul
futuro? Se una cosa ti interessa non ci sono scuse, tantomeno il fatto
che tra
1 mese riparto…” e cosi ne parlammo finalmente a 4
occhi, fino a che non seppi
più che ore fossero ed entrai nel mondo dei sogni.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Ciao a tutti/e!!! quanto
tempo che non aggiorno questa FF,
ho saputo del concerto che è stato spostato
perché Matt è stato male (povero
amore mioooooo) e della nuova data ma io non potrò essere a
milano a vederli
(le ingiustizie della vita…), nel frattempo però
date un’occhiata a come le
cose vanno avanti nella mia storia, BUONA LETTUTA
CAPITOLO 12
Aprii gli occhi spaesata,
perché mi ricordavo esattamente
come era finita la serata precedente ma non ricordavo di essere tornata
nella
mia stanza. Mi girai sul lato destro e trovai conferma ai miei dubbi.
Matt
dormiva tranquillo sotto le coperte vicino a me. Sorrisi
chissà perché. Poi mi
fermai per qualche minuto a contemplarlo. Sarei potuta restare li ad
ammirare
la sua espressione beata per sempre, i suoi capelli scuri sparsi sul
cuscino e
il suo braccio possente che spuntava da sotto il lenzuolo mostrando il
tatuaggio. Gli accarezzai la spalla poi la fronte. Quanti pensieri mi
passavano
per la testa in quel momento; primo fra tutti che avevo ancora sonno o
meglio,
avevo ancora voglia di rimanere nel suo letto, con lui.
Sul
comodino notai che
erano le 5 e 35. In parole povere era ancora notte. Sentii Matt
sbadigliare poi
mi ritrovai di nuovo sdraiata affianco a lui, intrappolata fra le sue
braccia.
Mentre mi aveva afferrata aveva bisbigliato “Non è
ancora ora di alzarsi”. Io,
che ero pienamente d’accordo gli lanciai
un’occhiata (aveva richiuso gli occhi
sorridendo) prima di riprendere sonno.
Dopo
qualche minuto
però sentii le coperte allontanarsi da me e mi stiracchiai
lamentandomi.
Sbadigliai senza mettermi la mano davanti la bocca. Qualcosa
però mi toccò le
labbra dapprima piano poi più intensamente. Aprii gli occhi
e quando capii che
Matt mi stava baciando cercai di divincolarmi ma fu inutile
perché mi bloccò i
polsi. Soffocò una risatina prima di approfondire per bene
il bacio. Richiusi
gli occhi. Avevo ceduto.
Mi liberai i polsi
dolcemente dalla presa e gli accarezzai i
capelli mentre le mie labbra rispondevano al bacio intensamente. Mentre
oramai
ogni parte di me era presa da lui, in quel momento esistevamo solo noi
2,
nient’altro né l’universo. Quando ormai
mi mancava il respiro lo spinsi di lato
e mi posizionai sopra di lui. L’avevo colto alla sprovvista.
Lo guardai negli
occhi trionfante poi lo baciai di nuovo, questa volta più
aggressiva di prima.
E lui l’aveva preso come un invito. Serrò le mani
intorno alle mie cosce poi
alzando il bordo della camicia da notte arrivò al
fondoschiena e li mi staccai
da lui.
Salii in piedi sul letto
poi scesi a terra con un balzo.
“Ma che
fai?” disse Matt a metà fra soddisfazione e
rimprovero. “Che fai tu!” risposi prontamente io.
Mi chinai ad accarezzare Wolf
che intanto si era svegliato. Poi Matt si alzò dal letto e a
quel punto mi
diressi fuori dalla camera “Ma…” aveva
iniziato a dire ma lo interruppi “Ciao
Matt” lo salutai ed uscii dalla suite.
A colazione ero
praticamente sparita. Pensai al mio capo che
si incazzava al mio ritorno e mi minacciava di licenziarmi. Ma ero
sempre la
figlia del proprietario dell’Hotel quindi sarei potuta anche
stare alla
reception. O forse per tutto il soggiorno dei Bullet avrei lavorato da
qualche
altra parte.
Mi presentai a lavoro per
l’ora di pranzo e quando arrivò
Sharon in cucina la trascinai dove ci cambiavamo urgente di avere dei
consigli.
“Ma che ti prende?” mi chiese subito lei
“Va beh che sto periodo sei stranissima
e io proprio non ti capisco…”.
“Sharon”
la interruppi “io e lui ci siamo baciati e abbiamo
anche…dormito insieme”. Mi vergognai moltissimo
per quello che avevo appena
detto. L’espressione sul volto della mia amica fu
indescrivibile, incredula e
maliziosa allo stesso tempo.
“Liz
ma…ma di chi stai parlando?” mi chiese quasi
urlando.
La guardai allusiva
finché non si portò le mani alla bocca e
strillò “Oddio! O mio Dio! E come è
stato?”, ci pensai un po’ poi risposi
“ecco…io…è stato un bacio
che mi ha preso alla sprovvista, quasi mentre
dormivo”.
“Liz no io
intendevo l’altro…fatto” disse lei,
sbattei le
palpebre perplessa “E dai Liz” continuò
“non capita tutti i giorni di andare a
letto con una star…”.
Istintivamente la spinsi
strillando “Ma che accidenti vai
farneticando? Eppure mi conosci! E se solo mi lasciassi
spiegare”, Sharon finì a
sbattere contro il muro “Quindi non ci hai
scopato?” domandò sconvolta come se
niente fosse “Perché no? Ti rendi conto che hai
perso l’occasione della tua
vita”.
Le
lanciai uno
sguardo al pari di una coltellata e sussurrai “Tu non hai
capito niente di me,
ma vaffanculo va!” e me ne andai dalla cucina soffocando la
voglia di prenderla
a pizze.
Nella sala da pranzo i 4
ragazzi si erano già accomodati
tranne Matt che era in piedi e stava discutendo con Jay. Mi salutarono
poi mi
avvicinai a Padge chiedendogli una sigaretta. Me la porse e lo
ringraziai.
Notai che gli altri mi fissavano perché avevo ignorato il
loro cantante.
“Tutto bene
Liz?” mi chiese Padge guardando
me e poi LUI, che mi si avvicinò
rapidissimo e mi tolse la sigaretta di mano. Gli lanciai
un’occhiataccia, gli
altri risero. “Non guardarmi cosi, lo faccio per il tuo
bene” disse guardando
la sigaretta che si rigirava fra le dita.
“Matt ognuno
è padrone di decidere della propria vita” lo
interruppe Padge, “Infatti dovresti farti…gli
affari tuoi” dissi io provando a
riprenderla ma senza successo. “Matt non fare il
ragazzino!” lo incitò Moose.
Il loro cantante rise poi
mi guardò negli occhi e disse “Voi
non…le volete bene come faccio io, quindi non potete
capire”. “Che cazzo hai
detto?” stridulò Jay.
Nessuno
rispose
perché sentimmo Charlotte o meglio, la sua risata stridula
mentre si dirigeva
verso di noi poi cadde in ginocchio sempre ridendo finché
non cominciò a
piangere. Io mi chinai a raccoglierla.
“Sto
male” mi disse, “lo so ma adesso calmati
perché
piangi?” le presi una mano e con l’altra la
sollevai per il braccio.
“Matt spostati
da li” ordinai e la feci mettere seduta. Lui
era zitto vicino agli altri che si erano alzati dopo che lei era caduta
a
terra.
“Ecco
bevi” le porsi un bicchier d’acqua. Lei mi
guardò
torva poi lo accettò e mi ringraziò.
“Ragazzi
spalancate
le finestre, su!” dissi ancora, tutti si mossero tranne Matt
che mi fissava in
modo strano. “Ti senti meglio?” chiesi alla sua
“fidanzata”. Annui e si asciugò
gli occhi.
“Perché
stavi piangendo?” chiesi di nuovo, “Io non lo
so…”
rispose lei “Mi manca…mi manca…ne ho
bisogno adesso”.
“Che cosa? Che
cosa…?” alzai la voce perché non finiva
la
frase, “E’ un’altra delle sue
crisi” disse Matt “da astinenza”.
Charlotte si
alzò e mi si buttò addosso
“aiutami” implorò.
“Vieni chiamo un medico” la trascinai fuori dalla
sala da pranzo insieme agli
altri.
“Che
succede qui? Che
fai Liz?” la voce del mio capo che mi si parava davanti era
una delle cose più
odiose.
“Questa ragazza
sta malissimo chiama subito un dottore”. Lui
annuì poi i ragazzi si offrirono loro di accompagnarla.
“Fatemi sapere
poi” gli dissi e tornai al loro tavolo.
“Sei ogni giorno
una nuova sorpresa lo sai?” disse Matt
quasi sorridendo, “Perché non sei andato con
lei?” lo interruppi, “è in buone
mani” rispose e mi mostrò la sigaretta che poi
spezzò in due con una mano.
Era tutto cosi strano,
pensai. Compreso lui. C’era qualcosa
che mi diceva che non tutto andava in lui. Ma decisi comunque di
lasciar
perdere. Mi avviai verso la cucina e Sharon fece finta di non avermi
visto. Poi
Matt che mi aveva seguita mi afferrò per un braccio
dicendomi “ricorda che
abbiamo un discorso in sospeso io e te”.
“Vai, va da
Charlotte va!” risposi in italiano e dopo
essermi liberata il braccio andai a cambiarmi. Tutti ci stavano
guardando fino
a 2 secondi prima.
Quando arrivai a casa
finalmente riuscii a distrarmi perché
mi aspettava l’autoscuola ed io me ne ero completamente
dimenticata. “Non sei
mai a casa Liz” mi chiese mia madre quando rientrai dalla
lezione di guida “Che
sta succedendo?” Perché fai dei turni
extra?”.
Mi tolsi le new rock sulla
porta di casa e pensandoci un po’
dissi “Niente mà, lo sai che non amo stare senza
far niente. Se non abitiamo
vicino l’Hotel e l’università non
è colpa…nostra. Quindi stai tranquilla lo sai
che ci saranno periodi in cui mi vedrai di più” la
baciai sulla guancia e me ne
andai in camera mia, presi la vecchia chitarra classica e strimpellai
un paio
di accordi. Nei suoi occhi però avevo letto che non
l’avevo convinta. Gli occhi
di mia madre erano azzurri, come li avevo sempre voluti io. Non potei
non
pensare a quelli di Matt, azzurri anche quelli e cosi stupendi, io li
adoravo
nel video di “scream aim fire”, anzi proprio lui
era più attraente in quel
video, da come si muoveva a come cantava.
Il mio nokia
vibrò sulla scrivania distraendomi dalla
chitarra e dai pensieri su Matt.
Guardai il display e lessi
il nome del mio “fidanzato” cosi
decisi di non rispondere. Aprii il mio diario segreto e iniziai a
scrivere
22/01/11 caro diario, oggi ho baciato Matt…o meglio
è stato lui a farlo, il
cellulare vibrò di nuovo: era di nuovo Lorenzo.
“Si”
risposi senza entusiasmo, ma poi vedendo che la sua
aggressività non era passata e che mi rimproverava di non
essermi fatta più
sentire dissi semplicemente “non voglio più stare
con te”. Si arrabbiò molto ma
non mi interessava, lui era uscito definitivamente dal mio cuore.
Verso le sei di sera salii
sulla mia bici rossa e mi avviai
a prendere la metro per arrivare in Hotel. Stavolta la
puntualità era con me.
C’era molta più gente del solito nella sala da
pranzo principale ma non mi
interessava affatto. Entrai in cucina dove la mia amica era
già alle prese con
i tegami. Mi appoggiai ad un bancone perché mi girava la
testa.
“Liz…scusami
per
oggi” la sentii dire “Tranquilla” risposi
e andai a cambiarmi.
Quando arrivarono le 21.05
la sala si sgombrò per lasciare
il posto ai Bullet. Mi venne da piangere, mi sentivo cosi strana. Andai
al loro
tavolo a salutarli e chiesi notizie di Charlotte.
“Come mai ti
interessa tanto?” mi chiese Moose dubbioso,
“è
stata male oggi no? La sua vita è importante come quella di
chiunque altro” gli
risposi.
“Oh non
ascoltare Michael” disse Jay
“la ragazza sta meglio non
preoccuparti”.
Matt sbuffò. Cosi trovai una scusa per tornare in cucina.
“Aspetta” disse la
sua voce prima che mi allontanassi “ma non è il
tuo Lawrence quello li fuori?”.
Guardai
fuori la
porta a vetri. “Si adesso scusate ma devo
affrontarlo”, Matt si alzò
“Dannazione che vuole adesso?”.
“Spiegazioni” risposi secca, “ma
è un pazzo lo
sai come ti tratta, io vengo con te” disse Matt impaziente.
“Di che hai
paura che mi uccida forse?” gli chiesi
sarcastica guardandolo in faccia, “anche” rispose
avvicinando il suo viso al
mio.
“Non perdi tempo
vedo eh!” urlò Lorenzo entrando nella sala.
Mi voltai verso di lui e incitai gli altri ad uscire fuori.
“Ragiona Liz”
continuò Matt “questo è un folle! E noi
non abbiamo ancora imparato l’italiano
perché ci cacci?”, “No Matt dovete
uscire subito”.
Alla
fine mi
ascoltarono e rimasi da sola con Lorenzo.
Gli spiegai i motivi della
mia decisione, per via di tutte
le volte che litigavamo, tutte le volte che eravamo in crisi, non
sarebbe
potuta continuare, avremo sofferto entrambi. Era da troppo tempo che
ingoiavo
rospi.
“E’ il
mio istinto che mi dice cosi” gli dissi infine
“ricordi quante volte volevi chiudere tu? È
arrivato il momento”.
“No”
sbraitò lui, “io lo so perché lo stai
facendo! Mi lasci
per quello li” e in una frazione di secondo sentii un dolore
alla guancia e
caddi all’indietro. Mi rialzai lentamente toccandomi dove mi
aveva
schiaffeggiata e mi accorsi che Padge tratteneva Matt per le braccia,
oltre
l’ingresso della sala.
“Ma
come! Come
accidenti hai potuto! Cosa credi? Quello ti getterà via come
uno straccio dopo
che ti avrà usata, perché lo fai eh? Vuoi la fama
o le copertine dei giornali?”
strillò.
“Io non voglio
finire sulle copertine dei giornali, ma cosa
stai dicendo? Lui è fidanzato da 4 anni figurati se sta a
pensà a me!” dissi in
tono piatto. Mi facevano male anche i gomiti visto che con quelli avevo
atterrato la caduta. “Ma si fai pure, diventa la sua
putt…” lo colpii con un
calcio sui stinchi prima che finisse la frase.
“Se ridicola
Elizabeth, ma non finisce qui” sussurrò
malefico.
“Adesso sparisci
vigliacco!” urlai. Lui fece per andarsene
ma poi tornò indietro e in un attimo afferrò la
brocca di vino rosso dal tavolo
apparecchiato per i ragazzi e me la tirò addosso. Dopo che
il vino mi macchiò
completamente la camicia bianca la brocca andò in pezzi a
terra.
Al rumore di vetri
infranti Sharon e Antonio uscirono di
corsa dalla cucina. Matt gli fu alle costole in un lampo e tutto
ciò che non
scorderò mai fu il pugno che spaccò il labbro al
mio ex. Quando il suo viso
insanguinato sparì dalla nostra vista Matt corse ad
abbracciarmi. Lo lasciai
fare sotto gli occhi scettici del mio capo e del mio chef. Jay Padge e
Moose
aiutarono gli altri a raccogliere i vetri sul pavimento.
“Mi
dispiace” bisbigliò Matt rivolto a me, sorrisi
“Non fa
nulla, finalmente è finita io non lo amo più ma
lui non lo capisce non si rende
conto di quanto mi ha fatta soffrire…”,
“Sshh… non ci pensare più” mi
rassicurò.
“Beh a questo
punto io direi di fare un brindisi a questo
evento!” propose Jay, “Che ne dici?” mi
chiese.
“Va
bene” risposi a metà fra le lacrime e la gioia
“vado a
cambiarmi”.
“Ti
accompagno” disse prontamente Matt
“perché mi guardi
cosi adesso che siamo entrambi single non ci sarà nessuno
scandalo no?”.
Guardai gli altri dicendo
“Che simpatico lui ha sempre
voglia di scherzare! Vado da sola spiacente” e corsi a
togliermi la camicia
ormai del tutto rossa.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
CAPITOLO 13
La serata insieme a loro
fu bellissima. Mi sentivo
finalmente libera. Mi avevano convinta a cenare con loro e dopo di
ciò eravamo
andati in camera di Matt. Incredibilmente ero in quella suite del mio
Hotel con
i Bullet for my valentine seduti sul divano angolare e ci passavamo una
bottiglia di Jagermeister; un sorso per uno. Ad un certo punto mi
sedetti sulle
gambe di Matt, non so perché l’avevo fatto.
”Ragazzi io sono
cosi felice perché finalmente ho lasciato
quello stronzo del mio fidanzato” dissi tutta contenta mentre
passavo la
bottiglia a Matt. Gli altri erano già abbastanza sbronzi da
non dare importanza
al fatto che mi ero seduta in braccio a lui, però avevano
applaudito alle mie
parole dicendo in coro “brava!”.
Jay si alzò e
annunciò “Chi vuole vedere un bel film tutto
sangue e gente fatta a pezzi?”, io non lo ascoltavo neppure,
ero intenta a
baciarmi il loro frontman e a lui non dispiaceva affatto. Ormai stavo
perdendo
lucidità. Matt mi baciò sul collo ma neanche lo
sentivo più. Eppure lo sapeva
che non reggevo l’alchool, come lo sapevo io. Mi alzai per
andare un attimo in
bagno; dovevo sciacquarmi la faccia.
Quando
uscii passai
di fronte lo schermo LCD e una scena del film che i ragazzi stavano
guardando
mi provocò una nausea improvvisa; Jay se ne accorse e mi
venne incontro “No no
non fare cosi, guarda qui, gradisci un sorso di birra? O meglio una
vodka?”,
“Tutte e 2” risposi staccando gli occhi dalla
televisione e mandando giù un pò
liquido dorato poi uno più chiaro.
Matt
apparve dal
nulla vicino a me, mi tolse la bottiglia di mano. Iniziai a ridere
.“Oh no
eccone un’altra, di alcolizzata…”
ironizzò Moose.
“Liz”
sussurrò Matt “oddio ha una faccia, ma cosa le hai
dato la vodka? E’ delicatissima non deve bere”
strillò poi a Jay. Moose e Padge
risero, “ma chi sei il suo baby-sitter?”
continuò Moose”, “idioti” fu
la
risposta.
Io mi portai la mano
davanti alla bocca e corsi in bagno.
Matt mi seguì, come al solito. “Non guardare ti
prego” gemetti prima di
chinarmi sul water. Troppo tardi, lui mi trattenne i capelli. Sentii
gli altri
rimproverarsi perché avevo toccato troppo alchool .
“Non ti preoccupare” disse
Matt “pensa che dopo starai meglio”. Quello che
successe dopo non lo ricordo.
So solo che quella notte
sognai di aver conosciuto Matt
quando aveva 25 anni, i capelli neri e la ciocca bionda. Nel sogno lui
mi aveva
notata ad un loro concerto perché ero in prima fila e dopo
nel backstage avevo
avuto l’occasione di parlarci di persona. Poi però
il sogno cambiò, Charlotte e
Lorenzo mi accusavano, dicevano che stavo facendo la cosa sbagliata,
che non
dovevo distrarre Matt dal suo lavoro e da suo figlio.
Mi svegliai di soprassalto
con gli occhi lucidi. Mi tirai su
ed iniziai a piangere a dirotto. Matt emerse dalle coperte e mi
abbracciò “Non
piangere” diceva. Sentivo perfettamente il suo profumo.
Mi riaddormenti fra le sue
braccia.
Il giorno dopo era la mia
giornata libera. Quando mi
svegliai mi resi conto che stavo toccando il fondo. Non è
certo cosa normale
dormire con un “quasi sconosciuto” solo
perché è il tuo idolo e ogni sera per
caso ci finisci nel letto. Io che non avevo mai dormito nemmeno con il
mio ex.
Dopo essermi alzata molto lentamente sgattaiolai fuori dalla stanza.
Lanciai
un’occhiata al ragazzo dei miei sogni
sulla
soglia della porta e mi precipitai nella camera riservata a me. Wolf
sonnecchiava sul mio letto ancora fatto. Alzò le orecchie
non appena mi vide
entrare ed io corsi ad accarezzarlo.
“Hey che
sorpresa!” dissi, lui abbaiò, avvicinò
il suo
musetto al mio viso e mi leccò la punta del naso. Che
tenero. Siccome avevo
deciso che mi sarei presa qualche giorno di “ferie”
pensai subito a portare a
casa tutti gli effetti personali che erano in quella stanza, se non
tutti
almeno quelli più stretti come cd e il potatile. Sulla
scrivania c’era un
biglietto. Lo aprii esitante.
“Sapevo che
saresti rientrata qui all’alba, non sentirti in
colpa. Lo sai che non ti farei mai niente di male. Se lo volevo sul
serio,
l’avrei già fatto no? Qualunque cosa deciderai io
sono con te. Puoi passare con
Wolf tutto il tempo che vuoi.
Ps. Spero che ti sia
piaciuto. Ti voglio bene
Matt”
Oddio, pensai. E tu come
fai a sapere che mi sento in colpa?
Era frustrante vedere come riusciva a leggermi cosi chiaramente, come
se fossi
un libro aperto. Rilessi il biglietto 3 volte e perché non
riuscivo a capire,
cosa doveva essermi piaciuto? E poi diceva di volermi bene, io che
pensavo ci
stesse solo provando con me. Mi sedetti sul letto, alzai gli occhi e
subito
capii a cosa si riferiva. Appeso in stampella alla maniglia
dell’armadio in
alto c’era un vestito nero, bellissimo.
Mi
alzai e lo tolsi
dalla stampella. Avrei voluto piangere. Era identico a quello di Avril
Lavigne
nel video di “Underground”. Io adoravo
quell’abito. Sorrisi come una bambina
trattenendo le lacrime, Wolf mi guardava accucciato ai piedi del letto.
Il pomeriggio lo passai in
palestra e dopo decisi di
tornarmene a casa, visto che non c’ero mai. Mia madre era in
cucina a preparare
un thè caldo e mio padre seduto al tavolo leggeva un
giornale con un
espressione critica che dava ai suoi capelli brizzolati un espressione
austera
ma buffa allo stesso tempo.
“Ah
Liz” disse alzando gli occhi e piegando il giornale non
appena entrai in cucina “vieni siediti ti dobbiamo
parlare”. Cercai esitante lo
sguardo di mia madre che era in piedi vicino al microonde in vestaglia;
era
sempre stata una donna semplice, non una di quelle che spendono una
fortuna in
make-up, unghie finte o antirughe. Aveva i capelli biondi legati in una
coda
alta.
Si voltò a
baciarmi la guancia sorridendo “finalmente sei a
casa”; mi sedetti in silenzio finché mio padre non
riaprì bocca “cos’è questa
storia Liz?”. Mamma portò il thè in
tavola e si sedette alla mia destra, “quale
storia?” chiese rivolta a me. “Non so
di…cosa parla papà, non capisco”
riuscii
a dire solamente.
“Antonio mi ha
raccontato tutto e non è la prima volta che
succede” continuò papà. “Non
dovete preoccuparvi, non più. Ieri ci siamo
lasciati, è finita per sempre” dissi prontamente
prima che mia madre potesse
aggiungere altro. I miei si guardarono poi lei mi accarezzò
la fronte “Hai
fatto la cosa giusta, lo sapevo che prima o poi avresti capito e non ti
saresti
più fatta mancare di rispetto, vedrai che troverai quello
giusto prima o poi…”.
Sospirai “sto
bene da sola adesso, non ho più tempo per
queste cose e ora scusatemi ma sono un po’ stanca”
mi alzai in piedi, “va bene
riposati un po’” disse mio padre. “Quando
vuoi mangiare dimmelo” disse mamma,
“non preoccupatevi” risposi e andai in camera mia.
Chiusi
la porta alle
mie spalle e mi gettai sul letto soffocando le lacrime sul cuscino. Mi
tornò in
mente la prima volta che avevo visto la mia band preferita nella hall
dell’Hotel, la prima volta che avevo parlato con loro ma
soprattutto quando
avevo capito che fra me e Matt c’era qualcosa.
Perché qualcosa c’era lo
sentivo, ma continuavo a negarlo a me stessa. Singhiozzai ma il mio
cuore
sussultò quando sentii un rumore sul vetro della finestra.
Mi
alzai di scatto e
l’aprii tenendo però chiuse le grate dove
c’era fissata la zanzariera. Non vidi
nulla. Ormai era buio e il retro della casa privo di lampioni accesi,
soprattutto quelli del giardino . Solo in lontananza alla fine della
strada
privata ce ne era qualcuno che emanava una luce debole.
“Liz! Sono Matt
non mi riconosci?” quella voce bastò a farmi
cadere in una specie di trance. Spalancai le grate e sibilai
”Dove sei?” . Lo
intravidi avvicinarsi al muretto del giardino e scavalcarlo. E dire che
era
anche piuttosto alto, visto poi che sotto la mia finestra
c’era una tettoia non
sarebbe stato difficile arrivare in camera mia.
“Arrivo” annunciò allegro. Con
un salto scavalcò anche la finestra e atterrò in
camera mia come un gatto…nero.
”Eccomi qui!
Adesso voglio proprio sapere dove sei stata
tutto il giorno? Ti ho cercata ovunque ma nemmeno rispondevi al
cellulare, hey
ma che succede?” mi alzò il mento con un dito.
“Sto
bene” cominciai,
“io non credo” rispose lui, poi mi
asciugò le lacrime “Nemmeno mi guardi in
faccia? Ah no
aspetta, evidentemente sei
abituata a…corteggiatori che si arrampicano sempre fino alla
tua finestra al
buio”, risi e rise anche lui.
“No”
dissi guardandolo “adesso chiudi per favore fa
freddo”,
“ma a te piace il freddo no? E anche a me, stasera poi non
è particolarmente
rigida”si tolse la giacca di pelle e sotto indossava una
camicia nera senza
maniche. Rimasi a bocca aperta.
Rise
“Però la smetti
di piangere?”, non risposi ma istintivamente lo abbracciai.
Mi accolse senza
esitazioni, “Ancora non mi hai cacciato, è buon
segno” disse, sorrisi di nuovo
poi mi staccai. Lui mi accarezzò i capelli e
avvicinò la sua fronte alla mia.
Se continuavo a fissare quegli occhi avrei perso la capacità
di intendere e di
volere. Così mi allontanai “Non voglio cacciarti
in effetti”dissi. Gli diedi le
spalle.
“Dove
scappi? Vieni
qui” mi ordinò piano facendomi voltare.
L’odore di tabacco mischiato al suo profumo mi faceva girare
la testa. Pregai
per un attimo a mente, che non avesse fatto ciò che in parte
temevo. Mi guardò
negli occhi e sorrise.
Io
mi avvicinai anche
se avevo paura e gli accarezzai una guancia. Lui prese la mia mano e la
baciò,
poi sentii il suo braccio scorrere intorno ai miei fianchi e il suo
respiro
sulla mia bocca. “Lo sai che non si
dovrebbe…” dissi interrompendo quel momento
e maledicendomi per ciò.
“Ti blocchi
perché non vuoi o perché non puoi?”
rispose
fissandomi “adesso gradirei che non mi interrompessi
più” aggiunse scherzando.
Notò la mia espressione però e allentò
la presa. Mi pentii subito per quello
che avevo detto e lo guardai negli occhi, cosi maledettamente azzurri,
“scusa”
bisbigliai avvicinandomi di nuovo.
Lui fece lo stesso e le
sue braccia mi cinsero la vita poi
le sue labbra furono sulle mie finalmente. Quando anche le nostre
lingue si
trovarono gli passai una mano fra i lunghi capelli dapprima lentamente
poi mi
ci aggrappai. Le mie ansie e le mie paure non c’erano
più. Fu un bacio intenso
come quello della mattina precedente nel suo letto solo che questa
volta durò
molto di più.
Una
folata di vento
entrò nella stanza senza chiedere permesso. Mi staccai da
lui anche perché mi mancava
il fiato “la finestra! Mi sono dimenticata di
chiuderla”. Matt la chiuse con
una mano perché con l’altra mi teneva stretta. Poi
ci guardammo di nuovo e
senza dire niente ci ritrovammo come due secondi prima. Non so dire
cosa mi
aveva preso. Sentii le sue mani sotto la mia maglietta arrivare fino alla chiusura
del reggiseno e
spingermi contro l’armadio e la cosa non mi dispiaceva
affatto.
D’un
tratto però mi
irrigidì e lui si staccò “Che
c’è Liz” mi chiese con il respiro
accelerato,
“Niente” sorrisi “E’ solo
che… non voglio lasciarmi andare”, mi
tappò la bocca
con la sua poi mi lasciò libera di staccarmi
dall’anta dell’armadio. “Rispetto
la tua volontà” affermò dopo qualche
secondo di silenzio e si sedette sul mio
letto. Io rimasi in piedi “Forse
adesso…” cominciai a dire, “è
meglio se vado”
concluse guardandomi.
Avrei voluto urlare no,
invece risposi “Si vieni che adesso
trovo il modo di non farti calare giù dalla
finestra”, lo presi per mano e lui
si alzò fissando i poster appesi alla parte della sua band.
Aprii la porta
della camera origliando bene; c’era silenzio. Scendemmo le
scale fino al piano
di sotto in punta di piedi quando mi accorsi che la luce del
seminterrato era
accesa. Mio padre stava suonando la chitarra, riuscivo a sentirlo.
“Mamma?”
chiamai, “Sono qui Liz dimmi” rispose.
“Io esco ci
vediamo stasera”, mio padre rispose qualcosa di
incomprensibile come “è già
stasera”, “Sei sicura? E dove vai?”
chiese lei, “A cena…a casa di Fede, non ti
preoccupare ci sono anche gli altri…a dopo” e
prima che rispondesse
sgattaiolammo fuori. Chiusi il cancello sperando che non fossero saliti
per
spiarmi dalle finestre.
Matt,
che aveva riso
chiedendomi cosa mi fossi inventata mi seguiva verso il parcheggio
“che andavo
da amici, tu cosa farai adesso?” risposi senza pensarci.
“Non lo so credo che
rientrerò” disse lui .
Quando
notai la sua
auto mi fermai e lo trattenni per un braccio “Aspetta non
voglio che te vai”
sbottai. Assunse un’espressione incredula.
Quando riaprii bocca non mi diede neppure il tempo di dire
altro e mi
ritrovai nella sua macchina.
“Dove stiamo
andando adesso?” gli chiesi ridendo fra me e
me, “A cena…contenta?” rispose
sorridente, “Cosa? E dove?”, “fuori, ma
è una
sorpresa il posto”. Chiacchierammo fino a quando mi accorsi
che eravamo tornati
nel parcheggio dell’Hotel. Lo guardai interrogativa,
“Te l’ho detto che è una
sorpresa” disse passandomi il braccio sulle spalle mentre
entravamo.
La
sala riservata più
piccola faceva un certo effetto con Jay e Padge vestiti da camerieri
sulla
porta. Risi “No cioè aspetta”,
“Ssh!” mi zittì Matt “non
è che l’inizio”.
Entrammo e notai al centro della sala un tavolo apparecchiato per bene
con
tanto di candelabro. LUI mi invitò a sedermi reggendo la
sedia, “Oddio no ti
prego, odio queste cose sdolcinate!” dissi trattenendomi dal
ridere, “Vuoi
stare un po’ zitta? Cosi rovini tutto” rispose
convincendomi, poi si sedette di
fronte a me
. Jay apparve sorridendo
chiedendo l’accendino a Matt
“adesso accendiamo anche le candele” . Poi Padge
iniziò a portare antipasto,
primo,secondo, dolce. Soltanto a fine serata mi confessarono che aveva
cucinato
tutto LUI. Ero sbalordita e soprattutto non avevo altra scelta, dormire
ancora
una volta lì e stavolta nella mia stanza. Mentre guardavo il
soffitto mi chiesi
cosa stesse succedendo davvero, cosa mi stesse succedendo e cosa stesse
succedendo anche a lui.
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
CAPITOLO 14
Stavo cambiando, non mi
riconoscevo quasi più. Avevo anche
dormito troppo, fino all’ora di pranzo. Sapevo che quel
giorno i 4 ragazzi
erano impegnati cosi ero andata dai miei due migliori amici, Federica e
Luca.
L’argomento speciale però l’avevo
toccato solo con lei, che mi consigliava di
approfittarne esattamente come aveva detto Sharon. A quel punto mi
sentivo la
più sola del mondo.
La sera tornai in Hotel
per svuotare la mia stanza e
portarmi a casa ciò che restava. Visto che l’abito
che mi aveva regalato
Matt era troppo
bello e non volevo che
si rovinasse lo indossai. Era perfetto abbinato con le autoreggenti a
rete e le
New Rock. Nella tracolla gigante che usavo per
l’università, misi i cd i libri
e le altre cianfrusaglie che restavano.
Guardai bene la stanza
prima di
chiuderla a chiave e dirigermi verso l’ascensore, spinsi il
bottone e aspettai.
Quando finalmente le porte si aprirono entrai di corsa ma mi bloccai
perché
tutto mi aspettavo tranne di trovare LUI li dentro.
Spinse un piano a caso
senza guardare perché fissava me
molto seriamente “Ciao…te ne vai?” mi
chiese con tono di rimprovero. “Si cioè
no, non proprio, diciamo solo per poco tempo…” non
finii la frase perché mi
interruppe con una risata “Stai scappando da me? Pensi di
poterti liberare di
me cosi facilmente?” poi si avvicinò minaccioso.
Arrivammo all’ottavo piano e
le porte non si riaprirono del tutto perché le richiuse con
il tasto apposito.
“Che ti
prende?” chiesi nervosa perché continuò
a premere
altri numeri a casaccio. Mi afferrò per la vita facendomi
sobbalzare “Non lo so
dimmelo tu “. Sfuggii alla sua presa andando a sbattere
contro lo specchio, la
borsa mi cadde dalla spalla.
“Adesso basta
voglio uscire” esclamai gettandomi sul
pulsante del piano terra ma lui me lo impedii continuando ad armeggiare
con i
tasti finché l’ascensore non si bloccò.
Rise “e adesso? Come farai ad uscire?”
si avvicinò e mi toccò i capelli, poi le labbra e
il mento.
Mi scansai innervosendomi
“Smettila, sbloccalo per favore
sono claustrofobica, e fra poco non ci sarà più
aria”. Rise di nuovo “quando
sei con me non devi temere nulla e poi dovresti saperlo come sono stati
progettati questi ascensori no? Adesso vieni qui, è
urgente” disse.
Lo fulminai con lo sguardo
“che cosa?” vedendo che non rispondeva
mi dovetti avvicinare, visto che l’ascensore era abbastanza
grande e non capivo
cosa intendeva. “Brava” disse
sorridendo
quando fui ad un passo da lui “e adesso baciami”.
Un tuffo al cuore mi fece
scattare all’indietro ma lui mi
afferrò per i polsi “No!” urlai
“ma sei pazzo?”, “No che non lo sono e
poi lo
hai già fatto più di una volta… e ti
è piaciuto” mi ritrovai contro lo specchio
dimenticandomi che mi mancava l’aria faccia a faccia con lui
che mi inchiodava
con lo sguardo “Ma che accidenti vai farneticando?”
sbottai quando mi chiuse la
bocca con la sua.
Mi
divincolai in
tutti i modi ma le sue mani erano come acciaio, le sentii sotto il
vestito che
si insinuavano sotto le calze e mi alzavano la gonna. A quel punto lo
morsi
forte sul labbro inferiore e riuscii nel mio intento, mi precipitai
sull’altro
lato della parete avvertendolo di stare indietro ma non mi
ascoltò“Ormai è
inutile continuare a scappare Liz, voglio che tu sia mia”.
“Questo è
scemo”pensai.
Mi
riafferrò
sbattendomi al muro e baciandomi con più foga di prima . Mi
staccai con forza
dalle sue labbra “Non in questo ascensore!” gridai
“sempre” rispose lui e prese
a baciarmi sul collo “io ti voglio sempre
Elizabeth…” ansimò
“è inutile che
cerchi di scappare” premette la sua vita con decisione contro
la mia mentre era
intento a farmi un gran bel
succhiotto sul lato sinistro del collo.
“Matt
smettila
adesso…” cercai di controllare il ritmo del mio
respiro e lui tornò ad infilare
le mani sotto le autoreggenti poi raggiunse i lati delle mutandine fino
ad
abbassarli leggermente e mi alzò la gamba sinistra
piegandola intorno alla sua
di modo che potesse accomodarsi meglio fra le mie gambe.
“Mi
hai sentito? Ho
detto di smetterla! Tanto ho capito tutto” insistetti, si
staccò dal mio collo
leccandosi il mio sangue sulle labbra e afferrandomi anche
l’altra gamba e
incrociandola dietro la sua schiena con quella già
immobilizzata.
“Mi
fai cadere!”
dissi istintivamente aggrappandomi al suo collo, lui non
ascoltò “Cos’è che hai
capito?” chiese serissimo poi mi baciò sulla
scollatura “Dio sembri una Dea
vestita cosi, lo sapevo che ti sarebbe stato benissimo”.
Avevo la pelle
d’oca già da un po’ ma non mi distrassi
da
ciò che avevo iniziato a dire “Si ma io ho capito
quello che stai facendo, tu
fai così perché mi vuoi portare a letto e basta,
tu mi vuoi fisicamente e
basta”.
Diventò
di ghiaccio “
ti stai sbagliando Liz, non sai quello che dici” mi fece
scendere
premurosamente ma la sua espressione non cambiò
“adesso guardaci” mi voltò
verso il nostro riflesso e mi abbracciò la vita da dietro
“che cosa vedi? Che
cosa ammetti di vedere? Perché per essere una ragazza unica
come te è davvero
strano che neghi l’evidenza , che non lo dici a te stessa,
che non ti convinci”
lo interruppi “ma che cosa stai dicendo?” guardai
il suo riflesso “sei tu che
non sai quello che dici”.
Mi
strinse a se “Liz
io… ti amo” sussurrò al mio orecchio.
Guardai a terra, sapevo che non mentiva.
Con una mano portò il mio viso vicino al suo “Io
ti amo” ripeté a voce più alta
e accarezzandomi i capelli. Stavo per piangere. “No lasciami
non è vero” mi
allontanai da lui .
“Liz io ti
voglio dalla prima volta che ti ho visto e ti
amo” mi riafferrò guardandomi negli occhi
“Potrei urlarlo al mondo intero se
vuoi, che c’è di male? Che cosa ti blocca, il
fatto che io abbia un figlio? O undici
anni di differenza? Sei tu non hai il coraggio di ammetterlo”
toccò qualche
tasto e l’ascensore si sbloccò portandoci al piano
terra. Uscì e si diresse
verso la Hall gridando “tutti lo devono sapere”, lo
seguii cercando di calmarlo
ma fu inutile.
Afferrò il
microfono del piano bar davanti a tutte le
persone che già lo stavano osservando perplessi e
gridò “Nessuno potrebbe dirmi
che non devo farlo o devo vergognarmi io amo Elizabeth!” in
un attimo Antonio,
Sharon , Jay, Moose, Padge, Charlotte e altri membri del personale
corsero
nella Hall.
Matt rise sarcastico
“ Si gente, è cosi, il cantante dei
Bullet For my Valentine vuole e ama questa creatura splendida che
è li di
fronte ai vostri occhi”. L’espressione di Charlotte
piena di odio mi fece
rabbrividire, abbassai lo sguardo perché ormai avevo tutti
gli occhi addosso,
mi sarei sotterrata da sola.
“Giuro che non
sono pazzo o tantomeno ubriaco, voglio
soprattutto che lei sappia quanto la amo, visto che non ci
crede” continuò Matt
ad alta voce. La folla che si era creata era sbalordita, chi era
rimasto a
bocca aperta chi si sussurrava frasi all’orecchio
indicandomi.
Mi decisi a fare qualcosa
e mi diressi verso di lui. Gli
ordinai di smetterla senza successo, poi gli tolsi il microfono di mano
“Basta
cosi Tuck” dissi. Ci stavano ancora guardando tutti,
“Dimmi che non provi
niente per me” chiese lui. Guardai altrove perché
i suoi occhi mi confondevano
sempre le idee. “Guardami in faccia e dimmi che non mi
ami” continuò, “tu sei
suonato te l’ho già detto, non è come
credi hai preso un abbaglio…”, “Che
succede qui?” intimò una voce che conoscevo
benissimo.
Mi
voltai a guardare
mio padre che
sostenne il mio sguardo
severamente, come faceva sempre, poi il suo sguardo si posò
su Matt “Liz
allora? Vuoi dirmi tu cosa sta succedendo? O devo chiederlo a questo
tizio che
è un’ora che strilla ?”.
“Papà
calmati, non è successo niente, e poi questo tizio ha
un nome!” risposi risvegliando la curiosità negli
occhi dei presenti. Mio padre
non rispose, disse soltanto “da oggi starò io in
reception” prima di sparire.
Matt stava per chiedermi spiegazioni ma poi Charlotte gli fu addosso
dicendogli
che si stava sbagliando e che era tutto uno scherzo.
Lui la spinse via e mi
seguì visto che me ne stavo andando,
“Liz aspetta, mi stai facendo davvero incazzare”,
“Non mi interessa, io non
sento quello che tu senti per me e anche se lo sentissi non potremo
stare
insieme…”risposi prima che mi tappò la
bocca con la mano “Sai una cosa?
Non ti capisco perché menti a te stessa?
Pensaci quando ti guardi allo specchio, pensa a quanto sei casta e pura
ma ti
prendi in giro allo stesso tempo, pensaci stanotte quando ti
addormenterai da sola” e
dopo averlo fulminato con lo
sguardo sparì dalla mia vista.
Una confusione mi si
insinuò in testa, aveva cambiato
atteggiamento da un giorno dall’altro e in fondo , avevo
apprezzato molto la
sua dichiarazione d’amore. Ma questo cosa significava? Ero
davvero certa dei
miei sentimenti? E lui aveva ragione?
La sera arrivò
e decisi di restare per l’ultima notte a
dormire in Hotel, chiamai mia madre per avvisarla e mi infilai la
camicia da
notte di seta nera aspettando che Morfeo arrivasse cercando di non
ripensare a
tutto quello che era successo durante la giornata.
Quando
mi addormentai
un rumore sordo mi costrinse ad aprire gli occhi e accendere la luce
del
comodino. Matt era entrato nella mia stanza sbattendo la porta e
richiudendola
subito a chiave.
“Ancora tu?
Cos’altro vuoi ? E come hai fatto ad aprire?”
gli chiesi coprendomi con le coperte fino al naso, “Ho una
copia della chiave
della tua stanza, prima che iniziassimo a dormire insieme venivo di
notte a
spiarti…” perse l’equilibrio e si
appoggiò ai piedi del letto.
Sentivo l’odore
fortissimo dell’alcool “Ma tu sei
ubriaco!”
sibilai, Matt rise rialzandosi “Si ma forse non abbastanza
Liz” e mi strappò le
coperte di dosso gettandole a terra. “Lo sai che cosa
voglio…te” sussurrò
avvicinandosi e toccandomi le gambe fin sopra le ginocchia.
Cercai di indietreggiare
ma mi trattenne. “Matt non farlo”
implorai tremante. Non mi ascoltò, mi accarezzò
il viso poi con l’altra mano
trovò l’elastico delle mie mutande e dopo averci
giocherellato un po’ mi baciò
e le sfilò in un attimo. “No!” gridai.
“Stai buona” disse lui sorridendo poi si
tirò su per togliersi la maglietta. Il cuore mi batteva a
mille ma volevo che
non si fosse ubriacato proprio quella sera dopo tutto quello che era
accaduto.
Quando
si sbottonò i
pantaloni però improvvisamente ebbi paura, mi tirai su per
scendere dal letto
ma mi ritrovai di nuovo distesa e lui sopra di me. “Quante
volte ti devo dire
che è inutile che scappi eh?” disse piano e mi
alzò la camicia da notte fino
all’ombelico, la ritirai giù e lui si
arrabbiò,si tuffò nuovamente sul mio
collo mettendo le mani sotto la camicia fino ad arrivare al seno,
abbassò le
bretelle lasciandolo scoperto. Fortuna per me, che la luce del comodino
era
molto fioca, visto che ero abbastanza pudica.
Mi coprii come meglio
potevo
“smettila subito! Non vedi che non ho niente
sotto!” gridai quasi, lui
rideva e stringeva le mie ginocchia intorno ai suoi fianchi, era molto
eccitato
già da un po’, lo sentivo perfettamente. Cercai
più di una volta di
allontanarlo ma ero in trappola. Sentii poi una mano dietro il mio
collo e
l’altra sull’interno coscia, si era spostato
lateralmente. Mi toccò fino
all’inguine facendomi agitare ancora di più.
Gemetti quando mi
sfiorò fra le gambe e con un bacio tacqui
finché non sentii le sue dita muoversi dove ero ancora
illibata, senza mai
entrare però. Lo morsi sul labbro istintivamente ma poi
decisi di lasciarlo
fare per un po’, visto che anche io lo desideravo fisicamente
e non,anche se
ancora non lo ammettevo.
Il mio respiro divenne
sempre più irregolare , mi staccai
dalla sua bocca e chiusi le gambe. Girai la testa dall’altro
lato sperando che
la smettesse.
“Non
mi guardi
neppure in faccia mentre facciamo queste cose?”
ironizzò. Gli afferrai il polso
senza rispondere e affondai le unghie sulla pelle. Finalmente
spostò la mano
fra le mie cosce verso il ginocchio e mi tranquillizzai un
po’. Ora non
sembrava più tanto ubriaco.
D’un tratto
però silenziosamente le sue mani furono sul mio petto e
anche le sue labbra,
poi vi sprofondò il viso e si
addormentò.
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Ciao a tutti! Scusate la mia assenza
ho avuto da strafare! ihih comunque la storia va avanti e che dire,
stavolta niente scene hot , per quelle c'è tempo!
Vabbè sto scherzando, buona lettura.
CAPITOLO
15
Mi svegliai prestissimo,
all’alba. Sgattaiolai fuori dalle
coperte e corsi in bagno. Nemmeno l’acqua fredda sul viso
riusciva a calmarmi,
a distrarmi da quanto fossi arrabbiata e innamorata allo stesso tempo.
Eppure
da sempre avevo odiato l’orgoglio nelle persone, e adesso ero
io la prima ad
esserlo.
Mi ero alzata dal letto
però cosi infuriata che decisi in
qualche modo di fargliela pagare, non mi interessava quanto fosse stato
ubriaco
la sera precedente, non riuscivo a togliermi dalla testa il fatto che
mi avesse
toccata dove non avrebbe dovuto, cosi decisi di affrontarlo.
Uscii dal bagno sbattendo
la porta e mi diressi verso la
finestra, scostai le tende e l’aprii con decisione. I raggi
del sole colpirono
Matt in pieno viso svegliandolo. Alzò la testa lentamente e
mi lanciò un
occhiata molto addormentata, mi faceva quasi tenerezza.
“Svegliati
Tuck” dissi austera. Lui si tirò su scostandosi
le coperte di dosso, “Non mi dai neanche il bacio del
buongiorno?” chiese dolce
poi sbadigliò. Dopo essersi stiracchiato si
guardò addosso “Hey ma come mai ho
dormito con i pantaloni? Per di più
slacciati…?” chiese. Non risposi, restai
accanto alla finestra a fissarlo per un attimo poi mi avvicinai
“Bella,
bellissima domanda!” gridai “Lo sai che stanotte
sei entrato in camera mia
ubriaco?”. Mi guardò da sotto i capelli che aveva
in faccia sbadigliando di
nuovo “Davvero? Non me lo ricordo, ma perché sei
cosi incazzata, è successo
qualcosa?”.
Senza rispondere gli
mollai uno schiaffo che riecheggiò in tutta
la stanza. Rise debolmente poi rigirò la testa verso di me
guardandomi in modo
strano che quasi mi spaventò. Sembrava che qualcosa stesse
per esplodere in lui.
Poi abbassò lo sguardo e si toccò la guancia.
Un senso profondo di colpa
mi assalì “Oddio scusa!” mormorai
e mi sedetti vicino a lui. Gli accarezzai i capelli poi d’un
tratto mi afferrò
per i polsi e mi ritrovai distesa sul letto “Non farlo
più” ringhiò serio poi
la sua espressione tornò neutra. Rimasi in silenzio per un
attimo, mi teneva
ancora i polsi bloccati.
“Non ho paura di
te” sibilai acida. Lui si sdraiò accanto a
me dicendo “Infatti non è di me che hai paura ma
di te…” mi accarezzò il mento
“tu mi vuoi, stanotte mi hai anche sognato, come fai tutte le
notti del resto…e
com’è che dici spesso alla tua amica della cucina?
Vorrei essere la sua
chitarra per essere toccata da lui…” lo interruppi
graffiandogli il polso
“adesso falla finita, smettila non ti sopporto
più!” gridai ma non servì a
nulla.
Mi tappò la
bocca e continuò “e vorrei essere il microfono
per stare cosi vicino alla sua bocca”, lo morsi. Poi scattai
in piedi
“stronzo!” ringhiai e corsi ad aprire la porta
della camera “Adesso sparisci!
Non ti voglio più vedere fino a domani!”. Lui rise
di gusto e abbracciò il mio
cuscino dopo essersi spaparacchiato nuovamente sul letto. “
Ma dico ci
senti?” urlai furiosa. “Vieni a prendermi e
trascinami fuori di qui con la forza se ci riesci” rispose
sarcastico. In quel
momento Padge passò davanti la porta, si fermò di
scatto “Hey che succede qui?
Liz?”. Mi limitai a guardarlo e mi sedetti sul letto, la
giornata era appena
cominciata ed ero praticamente già stanca. Intanto Matt se
la rideva, “Ciao
Padge, hai visto come facciamo amicizia io e lei?” aveva
detto tranquillamente.
“Matt dai
andiamo che ti devo parlare” rispose il chitarrista
senza guardarmi neanche. Finalmente il ragazzo dei miei sogni si decise
a
dargli retta e si alzò “ci vediamo dopo
Liz” disse tutto sorridente.
Mentre uscivano entrambi
dalla mia stanza gli tirai il
cuscino e quando richiusi la porta non potei fare a meno di non pensare
ancora
una volta a ciò che mi aveva detto. Aveva ragione e lo
sapevo ma non potevo
iniziare qualcosa di serio con lui. C’era qualcosa che mi
bloccava.
Andai a fare colazione in
cucina, di nascosto, lo ammetto.
Infatti quando il mio capo se ne accorse si infuriò molto
“ E stai calmo!” gli
urlai contro e mi diressi nella sala riservata più piccola.
Mi accomodai su uno
dei tavoli apparecchiati per due, su una sedia c’era anche il
giornale che
qualcuno aveva dimenticato, perfetto pensai.
Mentre
ero immersa
nella lettura sui fatti di cronaca Sharon comparve di fronte a me e mi
salutò.
“Hey!” le dissi lasciando perdere il giornale
abbracciandola “ma come mai qui a
quest’ora?”, lei sorrise “Semplice, ti
sostituisco. Se non fosse per il fatto
che oggi i tuoi cari idoli fanno colazione a buffet invece che in
camera…” il
suo sguardo si immobilizzò oltre le mie spalle.
“Oh
no” sussurrai “dimmi che non è
qui”, finalmente tornò a
guardarmi “sono qui tutti e 4” rispose poi si
allontanò da me. La seguii con lo
sguardo finché non spari dalla sala dopo aver chiesto ai
ragazzi cosa
prendevano da bere. Jay mi salutò con la mano e Padge mi
fece cenno di
avvicinarmi.
Un po’ perplessa
andai da lui, “ Scusa per prima ti sarò
sembrato un po’ strano” disse, Matt ci osservava
attentamente “ma guarda che
non devi scusarti” risposi, “no Liz, seriamente,
ormai quello che c’è fra te e
lui è troppo palese…” Sharon riapparve
con un vassoio e 4 tazze, io guardai
Padge confusa “cosa stai dicendo?” chiesi a voce
molto alta, quando mi
innervosivo alzavo sempre la voce “Liz ce ne siamo accorti
tutti…” continuò
lui, stavo per rispondergli ma la mia amica-collega mi trattenne
“Vieni in
cucina con me ho bisogno di parlarti” guardai storta anche
lei “no scusate ma
che vi prende a tutti quanti? Vedete cose che non
esistono…” Matt rise poi
tornò serio , si rivolse a Padge “cosa cazzo le
hai detto?”.
L’aria
che tirava era
di lite cosi mi misi in mezzo “ Niente…di
importante, adesso per favore se la
smettesse tutti con questa favola ve ne sarei grata, ok?” li
guardai tutti uno
ad uno. Poi Sharon mi trascinò in cucina.
“Ti dico
soltanto quello che c’è da dire Liz…se
vuoi
veramente togliertelo dalla testa a vacci a letto” mi disse
appena restammo da
sole, “Cosa?” le urlai in faccia “tu non
stai bene”, quando cercò di aggiungere
altro la piantai in asso. Fui tentata di tornare a discutere di nuovo
con i
ragazzi ma mi dissi che era meglio evitare.
Il pomeriggio lo passai a
casa visto che non c’ero quasi
mai, ma i nervi tesi non mi lasciavano, improvvisamente mi venne una
gran
voglia di andare al poligono di tiro, era un modo abbastanza efficace
di
scaricare la tensione.
Mentre scendevo al piano
di sotto sentii suonare il citofono
ma mi accorsi anche di aver dimenticato il cellulare, tornai nella mia
stanza a
recuperarlo. Quando mia madre gridò “Liz
c’è uno alla porta che somiglia tanto
a quello dei Valentie…”, la corressi
distrattamente “ mamma i bullet for
my…oddio come hai detto scusa?!” sbiancai e sentii
il cuore esplodere quasi.
Mi precipitai al piano di
sotto e aprii la porta, era
davvero lui, con quel’aria strafottente come al solito.
Lanciai un occhiata a
mia madre e notai i suoi occhi su di me pieni di domande
“Comunque stavo uscendo…”
dissi e mentre aprivo il cancello mi chiese ancora “Ma non me
lo presenti
neppure?”, “No” risposi trascinandolo via
mentre la salutava.
“Ma che diavolo
ti salta in mente? Adesso vieni a casa mia
?” sbottai, lui mi passò un braccio intorno al
collo “Rilassati, dove stai
andando?” Rispose.
Io non ero arrabbiata,
anzi, tutto il contrario e
sicuramente lui l’aveva intuito “Al poligono di
tiro” dissi distrattamente, “
Ti piacciono le armi?” chiese incuriosito, scorsi la sua auto
nel parcheggio
prima di rispondere “Oh si non te l’avevo
detto?”.
La aprì ed io
entrai per prima senza obiettare. Quando si
richiuse anche il suo sportello infilò la chiave senza
mettere in moto “Mi
piaci sempre di più non te l’avevo
detto?” disse apertamente guardandomi.
Cercai di distogliere lo sguardo ma senza successo “Ascolta,
io vorrei essere
me stessa con te e non la acida che faccio sempre, perché io
non sono cosi, sei
tu che mi obblighi a trattarti sempre male” mormorai.
Mi fissò negli
occhi pensieroso accarezzandomi la guancia
poi mise in moto. Gli bloccaci la mano e girai la chiave nel senso
opposto. La
macchina si spense e mi guardò senza capire. Gli accarezzai
la guancia come
aveva fatto prima con me poi lo baciai. All’inizio piano poi
con molta più foga.
Matt ricambiò anche se l’avevo colto di sorpresa
finché non mi staccai perché mi
mancava il respiro.
“Adesso puoi
partire” dissi ansimando e tranquillamente
abbassai lo specchietto. Lui sorrise e ingranò la
retromarcia.
Al rientro in Hotel
(avevamo fatto solo pochi spari)
trovammo gli altri bullet sul viale d’ingresso. Jay tutto
sorridente ci
chiedeva dove eravamo stati, Moose era incurante al cellulare e Padge
se ne
stava zitto, gli chiesi perché quando d’un tratto
il suo sguardo fissò un punto
alle mie spalle. Ci stavamo avviando verso l’entrata cosi mi
voltai un attimo
senza fermarmi. Charlotte era a pochi passi da noi, aveva un sorriso
strano e
teneva abbassata una pistola.
“Wow anche
Carlottina ci si impegna eh?” chiesi ad alta
voce, gli mi guardarono dicendo in coro “cosa?”. Mi
girai ad indicargliela ma
quando notai che ce la puntava contro e più precisamente in
direzione del loro
cantante non seppi trattenermi. Fu un attimo.
I
Ragazzi si
accorsero di ciò che stata succedendo quando io mi piazzai
davanti a Matt e
sentii il colpo, sia con l’udito che con il corpo.
Caddi a terra e non vidi e
sentii più nulla.
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
-Punto
di
vista di Matt-
CAPITOLO
16
Uno,
due,
tre... Non saprei dire quanti furono gli istanti in cui il mio cuore
smise di
battere, le orecchie di sentire, la mente di realizzare. Il sangue
raggelato
nelle vene era come un peso opprimente che mi teneva inchiodato
incapace di
muovermi e di pensare, con l’unico senso che sembrava non mi
avesse
abbandonato: la vista.
Era
stato un
secondo in cui il tempo sembrava essersi fermato. Intorno a me
avvertivo la
presenza di Jay sussurrarmi cose tipo “Matt, Matt?
L’hai vista? E’ stata lei…è
stata Charlotte a sparare…” ma non riuscivo ad
afferrare il concetto.
Nel
momento
in cui Liz si era rapidamente spostata di fronte a me ero del tutto
inconsapevole di cioè che le sarebbe successo, ma lei no. E
nel momento in cui
il rumore dello sparo aveva fatto calare il silenzio seguito poi da una
folla
che usciva dall’Hotel sussultando “Cosa
è stato?” cercai di distogliere gli
occhi dal lago di sangue che si allargava intorno al corpo di lei e
convincermi
che non era vero, che stavo sognando, che non poteva essere.
Jay
parlò
ancora “ Chiamo subito un’ambulanza”
disse frettoloso, non lo ascoltai neppure.
Rivissi per un momento ciò che era appena successo fissando
il volto di Liz,
aveva gli occhi chiusi, l’espressione serena, come se stesse
dormendo, come se
fosse…
“Noooooooo!”
fu tutto ciò che riuscii ad urlare, inconsapevolmente. Mi
chinai svelto su di
lei sollevandole la schiena e le accarezzai il viso. Le lacrime mi
scesero
sulle guance di prepotenza “Liz svegliati, ti prego Liz
svegliati” sussurrai,
ma lei non si muoveva. Il sangue aveva macchiato i jeans e le mani,
“Dio ti
prego fa che sia viva” pregai
mentalmente e in quel momento ebbi paura che l’emorragia
potesse già esserle
stata fatale “Liz, non mi lasciare, ti scongiuro”
gridai.
Poi
una
folla di macchine, clacson impazziti e le sirene
dell’ambulanza giunsero sempre
più vicini, e mi ricordai la causa del dolore atroce che
provavo li, su quel
dannato asfalto sporco del sangue della donna di cui ormai ero
innamorato. La
strinsi a me continuando a piangere.
Alzai
lo
sguardo ed incontrai quello di Charlotte in piedi a pochi passi da me,
era
immobile e l’espressione sul volto emanava una certa
soddisfazione. Jay e Padge
la trascinarono via mentre lei rideva a più non posso
“a te penserò dopo”
pensai fra me.
Un
paramedico
mi si affiancò dicendomi qualcosa di incomprensibile e altri
tue tizi
trascinarono una barella; fui tentato di mandarli tutti
all’inferno e non
permettergli di toccarla ma loro avrebbero potuto salvarla, e questo lo
sapevo.
“Il
battito
è debole” fu quello che mi tradusse Antonio
“adesso le mettono l’ossigeno, ma
come è successo? Dicono tutti di aver sentito un colpo di
pistola”. Non avevo
la forza neanche di rispondere, lo ignorai e mi avvicinai alla barella
che
stavano per caricare sull’ambulanza.
“Liz!”
sentii gridare Sharon, che apparve alle mie spalle “no! Chi
è stato?” urlò fra
i singhiozzi “vengo con te, non ti lascio” ma poi
un infermiere si rivolse a
lei “è una parente?” le chiese
“no sono un amica” poi mi guardò
“può andarci
lui? Ascolti sono entrambi inglesi, lui è…il
fratello, ma non sa molto
l’italiano”, “D’accordo ma
sbrigatevi” acconsentì il tizio.
L’ambulanza
correva impazzita per non so quale ospedale, Liz era circondata da
camici
bianchi, flebo e tubi. Mi sentivo a pezzi, era come se fossi stato io
la sopra
al suo posto.“Sembra
riprendere conoscenza” disse ad un tratto un medico. La vidi
per la prima volta
riaprire lentamente gli occhi, le tolsero la mascherina
dell’ossigeno. Mi
precipitai ad avvicinarmi ancora di più
“Matt..” disse piano, non credevo alle
mie orecchie, stava pensando a me.
Le
presi la
mano “Sono qui tesoro sta tranquilla” le accarezzai
la fronte “Matt” ripeté,
poi riaprì gli occhi e mi lanciò un breve
sorriso, li richiuse subito. Mi
strinse la mano poi la linea del monitor che misurava la sua pressione
divenne
orizzontale e un bip continuo scatenò la preoccupazione nei
volti dei medici.
Arrivammo
all’ospedale che stavo per esplodere “La portiamo
in rianimazione” disse un
infermiere “lei non può entrare”. La
tentazione di spaccargli la faccia per
quello che aveva detto era troppo forte. Mi premetti i palmi delle mani
sulle
tempie “ma cosa…? Rianimazione? Come in
rianimazione?” gridai, il tizio mi
guardò dalla testa ai piedi “Si calmi, le faremo
sapere” e sparì dalla mia
vista.
Colmo
d’ira
lanciai un pugno al muro cosi forte che fu un miracolo che le nocche
non mi si
ruppero. Ignorando i volti che mi fissavano in quel momento uscii
dall’ingresso
principale in lacrime e fumai il pacchetto intero di Marlboro Light che
avevo
in tasca.
Dopo
un paio
d’ora che me ne stavo fuori l’ospedale
accostò una macchina, Sharon, l’amica di
Liz. Parcheggiò e mi corse incontro, “Come
sta…?” mi chiese subito poi s’interruppe
“Hey tu stai bene?”. Mi accasciai al suolo,
abbracciai le ginocchia che avevo
piegato “E’ in rianimazione…”
sussurrai cercando di non pensare a quello che
stavo pensando.
Quando
tornai dentro con Sharon che cercava di farmi essere ottimista mi
squillò il
cellulare. Lo porsi alla ragazza, non volevo sentire nessuno, e mi
allontanai.
Qualche minuto dopo Sharon mi avvisò che era Padge
“d’accordo grazie non lo
voglio sapere” dissi. Cercavo senza successo di calmarmi ma
l’angoscia aveva
preso il sopravvento. Lei mi si avvicinò “Matt
ascolta, Liz è forte se la
caverà, io lo so che se la caverà, deve
riuscirci…” e iniziò a piangere.
Non sapevo se abbracciarla o
risponderle, cosi
non feci nulla. Ci spostammo nella sala d’attesa e poco dopo
Padge, Jay e Moose
ci raggiunsero. Mi abbracciarono tutti “Non disperare
Matt” disse Jay “ non è
mica morta!”. Quella frase mi tolse il fiato, lo fulminai con
lo sguardo e
Padge gli diede una gomitata seguita da un colpo di tosse.
“Matt, lei… forse finirà
sotto processo o di nuovo in clinica…”
iniziò Moose “oh chissà, magari
all’altro
mondo prima del previsto” risposi velenosamente.
Tutti
e 4 mi
guardarono senza parole quando comparve un dottore, gli andai in contro
per
primo. “Voi siete i parenti della ragazza giusto?”
chiese in perfetto inglese “Si
e allora?” sbottai nervosissimo. Jay mi toccò un
braccio “stai calmo” sussurrò.
Il dottore col camice verde e i grandi baffi era serio
“Abbiamo estratto il
proiettile…” con la coda nell’occhio
vidi che i ragazzi si lanciarono brevi
occhiate “la ferità non è grave, si era
fermato fra due costole senza perforare
nulla”. Mentalmente ringraziai il cielo e fra me e me tirai
un sospiro di
sollievo, la tensione cominciava a scemare.
“Possiamo
vederla?” chiese incredula Sharon.
“Ecco…” disse piano il medico
“ci sarebbe un
problema…”. L’ira mi annebbiò
di nuovo la mente, mi avventai su di lui ma Jay
mi trattenne per le braccia “Perché non ci dice la
verità? Sta mentendo! Non è
tutto apposto la ferita allora è grave nn è
cosi?” quasi sputai in faccia .
L’uomo
rimase impassibile “Stavo dicendo…che potete anche
vederla” disse ignorando le
mie domande “ma…”, il mio cuore smise di
battere per un istante “la ragazza.. è
entrata in coma dopo l’operazione
quindi…”. Non c’era bisogno che
aggiungesse
altro, lanciai un’occhiata a Jay che allentò la
presa. “Mi dispiace ragazzi”
disse ancora il dottore, sembrava davvero sincero ma non me ne fregava
niente.
“Dov’è
adesso?” chiesi senza tradire alcuna
emozione. Seguimmo tutti il dottore per un lunghissimo corridoio
finché si
fermò davanti una porta bianca “Solo due alla
volta, vi mando un infermiera per
controllare…”. Aprii la porta senza troppi
complimenti “lasciatemi solo” dissi
entrando e la richiusi.
NOTE DELL’AUTRICE:
salve a tutti i lettori e lettrici! Grazie per seguirmi o semplicemente
per
apprezzare questa storia. Questo è un capitolo un
po’ delicato scritto dal
punto di vista di lui invece che della protagonista (come avrete
notato). Devo
dire che io personalmente odio rileggere i capitoli che scrivo
perché o mi
fanno pena o mi fanno veramente ridere (come questo) perché
dove può arrivare
la mia mente mi sorprende davvero!!! Alla prossima! Ciao a tutti un
bacione
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
CAPITOLO
17
Non sentivo
assolutamente nulla, o meglio, ero come cieca. Ma potevo avvertire la
presenza
di qualcosa vicino a me. I rumori poi, quelli li udivo debolmente e
neanche del
tutto. Era come quando suona la sveglia la mattina e tu richiudi gli
occhi dopo
esserti appena svegliato, ma sai che fra 5 minuti devi alzarti
perché sennò fai
tardi.
Mi sembrava
che il tempo si fosse fermato dentro la mia mente…non avevo
mai provato cosa
volesse dire essere in coma. Un suono o meglio una voce, mi riportarono
ad una
qualche realtà. Sentii d’un tratto il bisogno di
muovere le dita, le dita della
mano e credo che qualcosa fosse a contatto con la mia mano.
“Liz
se mi
senti muovi le dita ti prego…”riuscii a sentire
poi più nulla, il silenzio di
tomba. L’idea che Matt fosse li dà qualche parte
mi balenò in mente, ma non
seppi perché, non ricordavo nulla di dove ero,
perché mi trovavo in quello
stato, niente. Era come se mi avessero scaraventato in un'altra
dimensione e
c’era ancora una sorta di mezzo di comunicazione con la
realtà.
Riuscii a
muovere le dita della mano destra e percepii l’altra mano che
mi teneva poi di
nuovo il vuoto; mi sembrò di dormire in quel momento, di
essere caduta in un
sonno che durò non so quanto finché non trovai la
forza di aprire gli occhi.
Come quando
avviene un risveglio da un sonno profondo li richiusi subito piano e li
riaprii, le luci che entravano dalla finestra mi davano fastidio quindi
doveva
essere giorno. Mi accorsi delle pareti e soffitto bianchi quando
realizzai che
ero intubata in una stanza d’ospedale, mi tolsi una specie di
mascherina per
l’ossigeno e l’adagiai sul comodino. Non so dire
perché ma mi immaginai lui al
mio capezzale magari con i gomiti appoggiati sul letto…, o
forse poco prima si
trovava proprio cosi.
Mi staccai
gli elettrodi collegati alla macchina del cuore ignorando il beep
continuo, mi
alzai lentamente e uscii sul corridoio a piedi nudi. Mi tenevo la
camicia da
notte che era aperta dietro, avevo una mano fasciata e un braccialetto
con dei
numeri, mi accorsi anche che il costato era fasciato…Vagai
per un po’ finché
non arrivai un una saletta d’attesa, ora gli sguardi della
gente cominciavano a
farsi sentire, ma io cercavo lui, quello era l’unico scopo
della mia
passeggiata.
Un’infermiera
comparve dal nulla urlando “lei dove va? Torni immediatamente
in camera!” e
prese a trascinarmi da dove ero venuta proprio mentre mi accorgevo
della
presenza di Matt, lo vidi voltarsi per un attimo verso di me prima di
sparire
dal mio campo visivo.
Arrivate di
fronte la porta della camera la costrinsi a lasciarmi il braccio e
sbuffai
“allora me lo dice o no cosa mi è
successo?”, “non ho con me il registro
perché
non me lo dice lei?” rispose quella. Le risi in faccia
“che razza di domanda è?
Come posso saperlo io?” poi mi sentii chiamare, o meglio
sentii pronunciare il
mio nome ad alta voce con tono di sorpresa.
Realizzai in un
secondo l’immagine
di Matt che mi correva letteralmente incontro e mi afferrava
sollevandomi da
terra poi mi baciò. Cosi. Senza preavviso. Lo lasciai fare
ignorando l’infermiera
che inveiva “e questo sarebbe il fratello?”. Quando
ci staccammo lui stava
quasi piangendo “Oddio sei viva! Sei uscita dal coma ancora
non ci credo, sei
viva!”.
La parola
“coma” mi colse impreparata, riecheggiò
nella mia mente
finché non mi costrinsero a tornare a letto, Matt seduto
vicino a me che non mi
mollava la mano e Wolf che spuntato dal nulla si era letteralmente
accomodato
sui miei piedi.
“Che
cosa mi
è successo?” chiesi distrattamente mentre mi
allungavo per accarezzare l’husky
tra le orecchie. Matt si irrigidì “Non ti ricordi
proprio niente?”, ci pensai
su per un po’, era già tanto che non mi era venuta
un’amnesia al mio risveglio!
La porta
della camera si aprì ed entrò
l’infermiera antipatica di prima il cui sguardo
si posò all’istante su Wolf “lui non
può stare qui” sibilò velenosa ma ad
uno
sguardo fulminante di Matt aggiunse “affari vostri, comunque
ci sono visite”.
Mia madre varcò la soglia della porta seguita da mio padre,
mio fratello, mio
nipote e Sharon.
Mi
abbracciarono quasi tutti insieme mentre qualche lacrimuccia cominciava
a
scendermi, ero senza parole. Il primo a parlare fu mio fratello
“ci hai fatto
prendere un bello spavento eh?” sorrise, nel frattempo mia
madre non la
smetteva di accarezzarmi il viso e chiedermi come mi sentivo.
Lei e mio padre
piangevano. Sapevo che nonostante l’allegria di mio fratello
che era solo una
maschera poi, tutti dovevano essere stati in uno stato di totale ansia
per me.
Li
rassicurai cercando di smettere di piangere, mio nipote salì
sul letto tutto
felice “zia zia che bello questo cane lo posso
accarezzare?”, “ma certo” gli
risposi sorridendo poi mi rivolsi a mio fratello “Chris hai
fatto un bel
viaggetto eh?”. Lui si chinò a baciarmi la fronte
“Non ci pensare, adesso
dobbiamo pensare a te”.
Sharon venne
a posare un mazzo di rose sul comodino, poi mi abbracciò
“lo sapevo che ce
l’avresti fatta, che sei forte…”
singhiozzò, “Oh basta un po’ con ste
lacrime!”
esclamai, poi guardai per un attimo i miei genitori poi Matt.
Lui mi lesse
letteralmente nel pensiero “Sono stato io ad avvisare i
tuoi…” disse come se
fosse stata la cosa più normale di questo mondo,
“si” continuò mia madre “aveva
tenuto il tuo cellulare, se non fosse stato per lui non so chi ce
l’avrebbe
detto…” mi immaginai per un attimo la scena in cui
il mio cantante preferito
avvisava per telefono i miei genitori del fatto che fossi entrata in
coma e mi
trattenni dal ridere e alla fine abbassai la testa perché lo
sguardo di lui mi
stava perforando come un proiettile.
Il giorno
seguente, anzi, il pomeriggio seguente mi svegliai da un lunghissimo
riposo.
Capii che era pomeriggio dall’ora sul mio cellulare che si
trovava sul
comodino, il giorno prima non c’era. Sorrisi. Poi mi girai
dall’altro lato e
cercai di riprendere sonno,chissà quanto avevo dormito ma
essere pigra faceva
parte di me.
Non sentii
la porta aprirsi finché il lenzuolo si spostò dal
mio corpo e rabbrividii sulla
schiena per via della camicia aperta dietro. ”Liz”
sussurrò Matt “svegliati ti
porto via da qui”. Mi voltai lentissima verso di lui
“Cosa?” sbadigliai “ma io
ho sonno” chiusi gli occhi ma li riaprii subito.
“D’accordo” dissi, tutt’ad un
tratto mi sentii sveglia, lui mi prese in braccio all’istante
senza fatica
nonostante i miei 69 kili e uscimmo dalla stanza.
Una volta a
casa i miei genitori e mio fratello avevano veramente insistito per
farlo
restare a cena, mio padre spiccicava bene qualche parola in inglese e
mia madre
e Chris non la smettevano di ringraziarlo per quello che aveva fatto
per me
(Sharon li aveva aggiornati), mio nipote sedeva vicino a me.
Io li ascoltavo
mentre ricomponevano la storia di ciò che mi era successo e
della mia
permanenza in ospedale. I pensieri affollavano la mia mente sempre di
più
quando emerse finalmente un ricordo…la forchetta mi cadde
dal tavolo
schiantandosi sul pavimento e gli sguardi si posarono su di me
preoccupati.
Non avevano
del tutto ricomposto la storia forse perché lui sapeva che
non ricordavo chi
fosse stato a spararmi. Il loro discorso era più che altro
una serie di domande
su quanto tempo fossi stata sotto osservazione, e
sull’ambulanza che mi aveva
raccolta in seguito ad una caduta…
Matt cercava
le parole giuste ma ci stava girando intorno, stava omettendo la parte
più
importante del perché mi trovavo in quella situazione. Mi
alzai di scatto ma un
violento giramento di testa mi costrinse ad appoggiarmi al tavolo e 4
paia di
mani che mi sorreggevano.
“No
sto
bene…”sussurrai, Matt mi toccò la
fronte “sei pallida e scotti”. Gli scostati
la mano senza guardarlo “lasciatemi in pace tutti per
favore” risposi
staccandomi dal tavolo. “Santo cielo Elizabeth che ti
succede?” si preoccupò
subito mia madre, “ce la fai a stare in piedi o è
meglio se ti stendi?” chiese
mio padre, “ti preparo qualcosa di caldo e misurati la
febbre!” aggiunse mio fratello
fuggendo in cucina.
Io
sbuffai più volte, mia madre si rivolse al
ragazzo dei miei sogni “ti dispiacerebbe accompagnarla di
sopra mentre le
portiamo la cena a letto?” lui annui e riconobbi quella
strana luce nei suoi
occhi che si accendeva quando era particolarmente elettrizzato
all’idea di
stare da solo con me ma si spense subito, mi guardò serio e
mi prese di nuovo
in braccio, non avevo fatto in tempo a dire “a” che
mi ritrovai seduta sulla
sponda del mio letto.
Scostò
le
coperte e mi ci trascinò delicatamente sotto poi mi
coprì per bene e si sedette
al mio capezzale. Per un attimo mi mancò il matrimoniale
dell’hotel ma anche
una piazza e mezza non era male. Mi fissò senza dire niente,
io stavo per
esplodere.
Mi tirai su
“Perché non me l’hai detto? Mi nascondi
sempre
qualcosa…” mi zitti perché sulla soglia
della porta apparvero mia madre e mio
fratello che posò sulla scrivania il vassoio con il resto
della cena “tutto ok
sorellina?” guardò prima me poi lui.
Annui, mia
madre mi si avvicinò “figliola come ti senti?
È passato quel giramento di
testa?”. Respirai profondamente, ero nervosa e cercavo
inutilmente di
nasconderlo “va tutto bene mamma, tranquilla”.
Chris
tossì
“io vi devo salutare ho l’aereo fra 1 paio
d’ore” e chiamò Matteo per salutarci;
mio nipote mi riempì di baci come suo solito poi si rivolse
a Matt che gli
sorrise. “Dai Matteo saluta Matt” dissi trattenendo
una risata, ero arrabbiata
in una situazione imbarazzante “ciao” disse lui,
“ciao” rispose l’altro con una
pronuncia accettabile.
Mio fratello mi
abbracciò poi salutò nostra madre ed
infine strinse la mano al ragazzo, avevano 6 anni di differenza e Chris
era il
più grande, questo voleva dire difesa doppia nei miei
riguardi. Mio nipote lo
stava ancora fissando poi cose da me e mi disse all’orecchio
“zia mi piace
questo qui…” gli accarezzai il mento
“anche a me” sussurrai facendolo
ridacchiare.
Ci
lasciarono di nuovo soli e questa volta ero decisa a farmi sentire, mi
alzai
chiusi la porta e lo fronteggiai. “Si lo so che ti sono
mancato” sorrise
sfacciatamente come sempre poi mi guardò dalla testa ai
piedi mentre mi
avvicinavo “a me mancano le tue camicie da notte di seta
nera”. Fortuna che
avevo il megapigiama e ignorai quella frase “E’
stata lei a spararmi” dissi
tutto d’un fiato.
La sua
espressione divenne seria “adesso ricordi finalmente, non
sapevo come dirlo
alla tua famiglia….bene, ora puoi denunciarla”.
Rimasi senza parole “ma come
non stavi cercando di evitare questo discorso per
paura…”, “paura di cosa?”
quasi urlò “se non la denuncerai tu lo
farò io, non è comprensibile ciò che
ha
fatto! Tu mi hai salvato la vita quel proiettile era per me, ti rendi
conto che
hai rischiato la tua vita per la mia? Non lo chiami amore
questo?”, sbiancai
del tutto. Deglutii a fatica. Il discorso stava prendendo una brutta
piega.
Mi si
avvicinò “ma… cosa… stai
dicendo” sibilai mentre avanzava verso di me,
indietreggiai fino a toccare l’anta dell’armadio
con la schiena, lui appoggiò
la sua fronte alla mia e sospirò “Ho temuto di
averti persa per sempre…non puoi
neanche immaginare quello che ho passato quando ti ho vista in un lago
di
sangue su quell’asfalto” i suoi occhi divennero
lucidi e a me scese una
lacrima.
Mi stavo
trattenendo dall’abbracciarlo e quant’altro,
leggevo nei suoi occhi tutta la
sofferenza e il nervoso che aveva accumulato. Mi abbracciò
lui “ti prego
baciami” sussurrò una volta sola. Rimasi immobile
fra le sue braccia per
secondi che sembrarono secoli poi sciolsi l’abbraccio e gli
toccai il collo,
lui mi baciò la fronte.
Finalmente
alzai il mento e posai le mie labbra sulle
sue. Stava studiando le mie reazioni,aspettava che facessi io ogni
primo passo.
Dopo un casto e breve bacio mi staccai e lo guardai.
Occhi
azzurri lucidi e delusi… Per un attimo pensavi che forse ero
davvero un po’
stronza. Gli guardai la bocca mentre le mie dita si infilavano tra i
suoi
capelli e lo baciai di nuovo, sapevo che non aspettava altro. Mi
strinse forte
e io lo spinsi vero il letto. Ce lo buttai sopra e mi accomodai vicino
a lui,
mi abbracciò e le nostre bocche si riunirono.
Quando mi
staccai perché avevo il cuore a 3000 sembrò
essere meno triste “Liz” disse
piano, lo guardai per incitarlo a finire la frase. Ci pensò
un attimo “No
niente”. Sapevo che non era cosi, che quelle parole tradotte
erano invece “ti
amo”.
Dopo qualche
istante di silenzio in cui ero rimasta a fissarlo si alzò
dal letto “adesso è
ora di andare” disse molto controvoglia ma nascondendola con
un breve sorriso.
Capii che aveva dannatamente ragione, non potevo trattenerlo e avevo
bisogno di
stare anche con la mia famiglia.
Gli afferrai
la mano “stanotte dormirò da sola”
pronunciai triste, mi resi conto che ormai l’incoerenza
faceva parte di me visto che mi contraddicevo ogni minuto.
“No”
mi rispose “io
sono sempre con te, a domani, e sognami” si chinò
a baciarmi sulla fronte poi
si allontanò. Rimasi da sola a guardare la porta da dove era
uscito rendendomi
conto che già mi mancava tremendamente.
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