L'amore di una vita.

di _Milla3
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'assenza. ***
Capitolo 2: *** Sedici. ***
Capitolo 3: *** Appuntamento Mancato. ***
Capitolo 4: *** Freddezza. ***
Capitolo 5: *** Mezze Confessioni. ***
Capitolo 6: *** Una Giornata Da Ricordare. ***
Capitolo 7: *** Diventa Realtà. ***
Capitolo 8: *** Una Brutta Notizia. ***
Capitolo 9: *** Segreti E Partenze. ***
Capitolo 10: *** La Perdita. ***
Capitolo 11: *** La Sorpresa. ***
Capitolo 12: *** Spagna. ***
Capitolo 13: *** Prima Volta. ***
Capitolo 14: *** Notizie Da Casa. ***
Capitolo 15: *** Ritorno. ***
Capitolo 16: *** Fine - O inizio? ***



Capitolo 1
*** L'assenza. ***


Capitolo 1 - L'assenza
 

Il sole passava attraverso la finestra della mia camera. Mi guardai intorno. Luz, nel letto a fianco al mio, dormiva ancora, con la sua mascherina per gli occhi. Odiava svegliarsi con la luce, e per dormire esigeva il buio totale. La porta che ci divideva dalla stanza di Paz ed Esperanza era stata lasciata aperta, e riuscivo ad intravedere le due sorelle che dormivano, una sopra l'altra. Lo facevano spesso, per sentirsi più vicine. 
La tentazione di tornare nel letto e fngere di dormire fu forte. In fondo, quello era un giorno speciale. Era il giorno del mio sedicesimo compleanno. Da quando era stata inaugurata la Casa Magica, ogni anno tutti mi davano della dormigliona. Infatti riuscivano sempre a preparare una festa, prima che io mi svegliassi. Quel giorno, la sorpresa gliel'avrei fatta io.
Zitta zitta, senza farmi sentire, scesi in cucina, ed iniziai a preparare la colazione per tutti. La casa, da qualche anno, era molto vuota. Mi mancava svegliarmi con Rama che mi faceva il solletico, mi mancavano i consigli di Valeria e le litigate ogni mattina per il bagno. Adesso a litigare eravamo solo io e Luz, e di solito vinceva lei, visto che mi stufavo di discutere. Ma, oltre quello di Rama, c'era un vuoto che faceva molto male.
Lleca era andato via di casa dopo gli altri, da circa un anno, se non di meno. Al mio quindicesimo compleanno era ancora a casa, ma ormai aveva diciannove anni, e il padre stava facendo di tutto per spianargli la strada del calcio. Non lo vedevo da un bel po'.
Quando la colazione fu pronta, misi tutto in tavola. Il primo a scendere fu, come sempre, Cristobal. Quel ragazzo era mattiniero. Mi sorpresi, anzi, del fatto che fossero quasi le otto e lui fosse ancora a letto. 
«Buongiorno, Ale. Auguri.» Mi disse, baciandomi entrambe le guance, e abbracciandomi. Io sorrisi. Non avevo detto niente, e nessuno aveva accennato ad una festa. Per fortuna si era ricordato. «Grazie Cris!» Esclamai, contenta. Poi gli indicai il piatto sul tavolo, proprio davanti al suo posto. «Hai cucinato tu?» Mi chiese, stupito. Io annuii. Cristobal fece una faccia impaurita, ed iniziò ad urlare silenziosamente, per non svegliare gli altri: «Strega! Vuoi avvelenarmi, dì la verità!». Iniziai a ridere e gli diedi un pizzicotto sul braccio, che servì a farlo urlare di più.
Risvegliato da quel baccano, fece il suo ingresso nella stanza Nicolas. Gli anni non sembravano essere passati per lui, o forse noi non ci facevamo caso, visto che per noi era sempre stato come un padre, e non un uomo capace di crescere e invecchiare. Aveva una faccia arrabbiata, ma quando si accorse che la responsabile del suo risveglio era la sottoscritta, sembrò valutare la situazione. 
«Se non fosse il tuo compleanno, mocciosetta,» mi disse, fingendo un tono irritato, anche se io mi accorsi che stava per ridere «Sappi che te la passeresti molto brutta!». Mi caricò facilmente sulle spalle, tipo sacco di patate. In fondo, nonostante i miei sedici anni, ero piuttosto bassina di statura, e pesavo poco. Risi più forte. Quella giornata prometteva bene.
A poco a poco la cucina si riempì. A dispetto di quanto diceva Cristobal, tutti si complimentarono per le mie abilità culinarie. «Peccato» disse Luz, malignamente «Che a Lleca non importi molto.». Era il suo modo di scherzare, lo sapevo, ma proprio non mi andava giù! Insomma, nella casa sapevano tutti - era impossibile non notarlo - del mio debole per Lleca, ma nessuno ci giocava sopra.
«Peccato che tu, invece, non sappia cucinare, perché Cris sembra aver apprezzato la colazione.». Mentre dicevo queste parole, mi stupii da sola. Non era da me dire una cosa del genere, visto che ormai da un mese i miei due amici non stavano più insieme. Ma Luz, sebbene ferita dalla mia frecciatina, assunse un'aria superiore, e sembrò non farci caso.
«Su ragazze» Ci ammonì, invece, Cielo «Non litigate, da brave.» Se Nico era stato la figura paterna a cui mi ero appoggiata in tutti quegli anni, non ero mai riuscita a vedere Cielo come una madre. Forse perché, a volte, lei sapeva essere più pestifera di noi.
«Alee, mi passi il burroo?» La voce di Juan, il figlio di Justina, mi distolse dai quei pensieri. Con un sorriso, glielo passai. «Ecco a te, piccolo.» 
Mentre mangiavamo, mi guardavo intorno. Eravamo proprio una bella famiglia. A capotavola c'era Nicolas, letteralmente gettato sul piatto. Quando si accorse che lo guardavo, cercò di ricomporsi. Accanto a lui sedeva Justina, con la schiena dritta e uno sguardo fiero, puntato sul figlio, alla sua sinistra. Era passato il tempo in cui il solo dire il mio nome la disgustava! Quando era nato Juan, ero stata la più brava ad aiutarla, e questo l'aveva addolcita parecchio.
Io ero seduta tra Juan e Monito. Anche lui, come Nico, si era avventato sul cibo. Solo che il mio sguardo non bastò a placarlo, anzi! Mi guardò a sua volta, e sembrava volesse dirmi 'Perché mi guardi?'. Spostai lo sguardo su Cristobal. Si era fatto proprio un bel ragazzo, gentile ed educato. Nico sarebbe dovuto essere fiero di lui, invece di rimproverarlo sempre! Vicino la chioma bionda del mio amico, ne spuntava un'altra, un po' più in basso. 
Paz ormai aveva sette anni, ed era una bambina adorabile, aveva ottimi risultati a scuola, e si faceva ogni giorno più bella e simile alla madre. In quel momento stava parlando del compito di matematica per il giorno dopo e, a giudicare dall'espressione di Esperanza, accanto a lei, era palese che la maggiore delle sorelle Bauer non avesse studiato. I suoi risultati a scuola erano meno eclatanti di quelli della sorella, tanto che si era fatta bocciare in seconda elementare. «INCOMINCIAMO BENE!» Aveva urlato Nico, e messo in punizione la figlia per un bel po'. 
Mossi di nuovo lo sguardo, saltando volutamente il posto vagante accanto a Esperanza, di fronte al mio, e guardai Luz e Cielo. Quel posto mi faceva male, quasi come il pensiero di quella mattina. L'idea che Lleca non c'era più non mi faceva dormire la notte. E specie in quel giorno, quello del mio compleanno, non sopportavo che lui mancasse. Mi era arrivato il suo messaggio, a mezzanotte. Dormivo già - Per svegliarmi presto il giorno dopo -, e la vibrazione sotto il cuscino mi aveva svegliata. Erano stati i primi auguri di quel giorno. E dicevano così:
'Non riesco a pensare al fatto che il quindici novembre di sedici anni fa tu ancora non c'eri. Non riesco a pensare al fatto che il sedici novembre di sedici anni fa, nasceva una persona meravigliosa. Auguri Ale, spero che tu sia felice in questo giorno. Ricorda che anche se hai sedici anni, sarai sempre la mia sorellina più piccola. Un bacio. Lleca.'
Avevo sospirato. 'Rassegnati, Aleli' mi ero detta 'Lui ti considera come una sorella'. Erano ormai otto anni che ero innamorata di Lleca. 'Non credi sia il caso di smetterla?'. Facile a dirsi, difficile a farsi.
«A che pensi, Ale?» Paz - accidenti, quella bambina era sensitiva! - mi guardava con occhi sgranati. «Sembri tanto triste, sai?». Sfoderai il miglior sorriso falso che avessi mai fatto in vita mia. «Triste, io? Andiamo, Paz, è il mio sedicesimo compleanno!». Il mio sedicesimo compleanno, vero. Quel giorno era speciale. E nulla, nemmeno l'assenza di Lleca, sarebbe riuscito a rovinarmelo.

Nota dell'autrice:
CIAO A TUTTI! Insomma, non mi dite che sono l'unica fan di questa coppia! Non mi dite che sono l'unica che ha mai desiderato di vederli insieme! Perché se me lo dite, io non ci credo. Davvero, non sono adorabili? Ma parliamo del capitolo.
Lleca ancora non si vede, è vero, ma ho voluto spiegare per bene la situazione nella casa magica, arriverà a breve. Non è dolce la nostra Ale? Okkei, basta, non vi rompo. Grazie a chi ha letto, un commento non mi dispiace. Un bacio<3

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Capitolo 2
*** Sedici. ***


Capitolo 2 - Sedici
 

In realtà, non avevo la più pallida idea su cosa fare per il mio compleanno. Conoscendo Nico, di festa in discoteca non avrei nemmeno potuto parlare, e di certo ero troppo grande per la classica festa in casa con i palloncini! Era pure vero che, un po' per il mio carattere timido e un po' perché, essendo io amica di Luz, le altre ragazze non si avvicinavano, avevo veramente poche amiche.
«Potresti fare un pigiama party con Luz, Camila, Micaela e Oriana..» Mi aveva proposto Cielo, vedendomi abbastanza giù di morale. Hm, sì, quella era una buona idea. Anche se mi sarebbe dispiaciuto che Monito e Cris non stessero con noi. «Potremmo vedere un film dell'orrore tutti insieme, e poi loro due vanno via..» L'idea venne approvata all'unanimità. O quasi, perché Luz non era d'accordo, ma tanto quella nessuno l'ascoltava. Presi il telefono per chiamare Ori, Mica e Cami. 
Nuovo problema, come se non ce ne fossero abbastanza! Mica non poteva, era fuori città. E Cami aveva altri impegni. Perfetto, niente da dire. Ero decisamente depressa. Vedendomi così, Nicolas si era impietosito.

«E che problema c'è, piccola? D'accordo, capisco, alla tua età si vuole una festa con gli amici, ma da quanto tempo è che non vedi tuo fratello? La organizziamo noi qui la festa, e ti divertirai lo stesso, vedrai!» Un breve giro di telefonate, e Nico chiamò tutta la nostra famiglia. Avevano degli impegni anche loro, ma sapevo che per me sarebbero riusciti a liberarsi. 'Tutti tranne uno' pensai sospirando. Lleca era lontanissimo, in quel momento, e non sarebbe mai riuscito a venire. Ero accanto a Nico, mentre telefonava. A lui non lo chiamò nemmeno.
In breve, la sala da ballo, come tutta la Casa Magica, fu allestita a festa. Malvina, che era venuta a prendere Esperanza per portarla a casa, si lasciò prendere dall'euforia e decise di rimanere.
A poco a poco arrivarono tutti. I primi ad arrivare furono Rama e Vale. Rose, la loro bambina, era nata solo da un anno, e sedeva nel passeggino con un'aria da 'Che sta succedendo?'. 
«Rama!» Urlai, correndogli incontro, e saltandogli in braccio come facevo da bambina. Per un momento mi dimenticai che compivo sedici anni. «Hei, piccoletta, ci sono anche io.» Disse Valeria, fingendosi offesa «Vorrà dire che al mio regalo non ci tieni, se nemmeno vuoi salutarmi. E guarda che anche tua nipote è offesa.» Ridendo, scesi da dosso a Rama. «Dai scusa Vale, sono mesi che non vedo mio fratello. Ciaaao» Le diedi un bacio sulla guancia, e poi mi girai a guardare Rose. Si faceva sempre più bella. Aveva i capelli biondi come la mamma e gli occhi di Rama. «Ciao piccolina, anche tu mi sei mancata..» Lei mi rivolse un sorriso che avrebbe potuto illuminare il mondo. Era meravigliosa.
Dopo di loro arrivarono Melody e Simon, Tefi e Luca, Mar e Thiago con Bruno, che ormai aveva quattro anni, come Martina, che arrivò poco dopo con Nacho e Caridad. Jazmin e Tacho arrivarono separatamente. Avevano litigato, come al solito. Fecero pace nel corso della serata.
Ed ora che c'erano veramente tutti, la festa poteva incominciare! Anche se una festa in famiglia non era esattamente quello che avevo sperato, mi sorpresi rendendomi conto che era quello che volevo. Mi mancavano tutte quelle persone, mi mancava averli nella casa e stare con loro. Quale regalo migliore, per il mio compleanno, che avere la mia famiglia di nuovo riunita?
Ci divertimmo, parlammo, ballammo. E poi ci sedemmo per riprendere fiato, mentre la musica in sottofondo continuava. Bruno, Juan e Martina giocavano a rincorrersi, Paz e Esperanza erano sedute in un angolino, con il libro di matematica in mano. Paz aveva promesso ad Hope che le avrebbe insegnato qualcosa, prima del compito. Rama mi mise una mano sulla spalla e si sedette accanto a me. 
«Allora, sorellina, tutto bene?» Sorrisi «Ora che ci siete voi sì. Mi mancavate, sai?» Lui mi guardò stupito «Ti mancavamo? Ma se siamo mancati per due anni, quando siamo andati nel futuro! No dovresti esserci abituata?» Scossi la testa, ridendo piano. Mio fratello era un genio, ma in quel momento stava affogando in un bicchiere d'acqua! «Ma no..Perché anche se voi non c'eravate, in realtà c'eravate. Cioè, il vostro corpo era qui, ed eravate voi, anche se non del tutto. Capisci?» Lui annuì. «Anche a me sei mancata, sorellina...E non posso credere che tu abbia già sedici anni.»
Eh già. Il tempo era passato in fretta, e mi ero trasformata dalla bambina timida e paurosa che ero, in una ragazza allegra e relativamente sicura. La mia autostima, distrutta per anni dal fatto che Lleca non si accorgesse di me, si era risollevata parecchio, da quando un mare di ragazzi avevano iniziato a provarci con me. Le cose andavano sempre allo stesso modo. Si avvicinavano, attratti da Luz. Poi la conoscevano e decidevano di 'passare' a me. Il più accanito era Bautista. Decisamente un bel ragazzo, decisamente dolcissimo. Peccato solo che il mio cuore fosse già occupato.
A mano a mano la stanza si svuotò. Tutti dovevano tornare a casa, chi doveva portare i bimbi a dormire, chi il giorno dopo sarebbe dovuto andare a lavoro. Noi ragazzi avevamo avuto da Nico il permesso di saltare la scuola, la mattina seguente, ma in fondo era solo l'una di notte, e se fossi riuscita a svegliarmi ci sarei andata. 
Cielo e Nico avevano portato Paz a dormire, Justina vegliava su Juan, i ragazzi si sfidavano ad una gara di auto nella Play Station. Eravamo rimaste, nella stanza solo io e Luz. 
«Beh» disse lei «Io vado in bagno, appena ho finito ti chiamo, così entri tu.» Sospirai, mentre la mia amica usciva. Avrei visto il bagno dopo due ore, sicuramente! Che fare, in quel tempo? Presi la scopa ed iniziai a spazzare i coriandoli della sala. Dovevo pur rendermi utile, in qualche modo!
Dopo circa cinque minuti sentii bussare piano sullo stipite della porta. Mi girai.
In piedi, lì avanti, c'era Lleca, con un sorriso a trentadue denti, che mi guardava. Restai pietrificata a fissarlo, diventando d'un colpo di un imbarazzante color porpora. Per fortuna le luci erano basse, e non se ne accorse. 
«Hei Ale..» Disse «Scusa se ho fatto tardi, abbiamo avuto problemi con l'aereo e...Ti giuro, sarei voluto venire prima. Per nulla al mondo mi sarei perso il tuo compleanno. Però adesso è tardi, è già finito. Scusa..» 'Scusa', diceva lui. Quando in quel momento non avrebbe dovuto farlo. Se voleva chiedermi scusa, doveva chiedermela per il mio cuore spezzato a metà, non per il ritardo. Perché era lì! Era lì ed io non sapevo far altro che guardarlo, senza dire una parola. 'Andiamo, Ale, smuoviti! Non vorrai rimanere tutto il tempo così!'. Le mie gambe e la mia bocca si mossero da sole. «Lleca..» sussurrai, mentre mi muovevo istintivamente verso di lui, e lo abbracciavo. Sentii le sue braccia che mi stringevano, e niente in quel momento sarebbe potuto essere più perfetto. O meglio, QUASI NIENTE.
«Sai» mi disse lui, sorridendo «Mi farò perdonare. Papà mi ha trovato un posto in una squadra di Buenos Aires. Resterò qui per un bel po', e riuscirò a trovare il modo! Mi fermerò nella Casa Magica, ho già parlato con Nico.»
Farsi perdonare? Quello era il regalo più bello che avrebbe mai potuto farmi! Lleca ancora qui, Lleca che mi sveglia ogni mattina con le cuscinate. Lleca, Lleca. Avrei voluto restare lì con lui per sempre, ma Luz entrò. Accidenti, erano passati a malapena venti minuti, da quando era così veloce in bagno? 
«Aleli, puoi andare in bagno, se vuoi e .. Oh. Ciao, Lleca.» Sospirai, e mi diressi verso la porta, mentre l'attenzione di lui si rivolgeva verso Luz.
Ma, stranamente, non mi importava. Con Lleca lì, niente contava più. Solo lui. E stavolta non me lo sarei lasciato scappare.


Nota dell'autrice:
Hola a todos! Beh, Lleca è arrivato, e si fermerà per un po', che cosa bella bella bella! So che è un po' strano chiamare la figlia di Vale e Rama come si chiama quella di Vale e Simon, ma io non ho molta fantasia ç__ç E poi mi piace taaanto Rose. Per il resto, beh, niente da dire. Spero vi sia piaciuto. Besos a todos. E grazie a chi ha recensito il capitolo precedente. Ciaaau <3

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Capitolo 3
*** Appuntamento Mancato. ***


Capitolo 3

«Sveeeglia, dormigliona!» Colpi sulla testa, una voce che conoscevo bene, ma di cui non riuscivo ad afferrare il proprietario. Ancora assonnata e confusa, infilai una mano sotto il cuscino, e afferrai il cellulare. 11.17. Decisamente tardi. Avevo saltato la scuola. Altri colpi. Non facevano tanto male, però. La voce continuava a chiamare il mio nome, ma stavo iniziando a capire. «Leòn Benitez, se non la smetti I M M E D I A T A M E N T E di prendermi a cuscinate, il mondo non conoscerà mai le tue abilità calcistiche, perché potrai dire addio alle tue gambe!» La sua risata, così aperta, così vera, era tanto bella che restai in silenzio a godermela. 
«Smettila, Ale. Sai che non voglio che mi chiami Leòn.» Era buffo. Lui che, per tanti anni, aveva cercato il suo vero nome. Lui che era stato tanto felice quando l'aveva trovato, e pretendeva di essere chiamato in nessun altro modo che Leòn, adesso aveva 'abbandonato' il suo nome reale. Ed io ero stata più che felice di tornare a chiamarlo Lleca. Per me sarebbe stato sempre lui.
«E tu non chiamarmi dormigliona e non prendermi a cuscinate, allora.» Lui sembrò sorpreso «Ma dov'è finita la bambina timida timida che ho lasciato undici mesi fa?» Lo guardai negli occhi «Non esiste più, Benitez.»
In un momento me lo trovai addosso. A cavalcioni su di me, che mi faceva il solletico. Iniziai a ridere e contorcermi, non riuscivo a smettere. 
«Ti prego ba..aaaa..Basta no dai! Ti scongiu..ahshahahah..ti scongiuro smettilaahahhaha!» Dopo circa due minuti di preghiere si decise a smettere di tormentare i miei poveri fianchi. Mi prese per i polsi e me li bloccò dietro la testa. «Ora dici 'Scusami Lleca, non lo farò più'.» Ancora ridendo, decisi di assecondarlo «Scusa Lleca non lo farò più.» Lui sorrise e mi lasciò le mani. 
Per un momento, un momento infinito, restammo così. Lui sopra di me. A guardarci negli occhi. Mi rendevo conto per la prima volta, con imbarazzo, del fatto che i nostri corpi si stessero toccando. Mi rendevo conto, per la prima volta, di quanto fosse vicino, come forse non lo era mai stato. Poi si spostò. Presto, troppo presto. Continuai a fissarlo. 
«Che guardi, piccoletta?» Arrossii. Se n'era accorto. Non era possibile che tutte le piccole conquiste fatte in quell'anno, tutto il coraggio accumulato, tutti i pensieri fatti..Non era possibile che tutto quel lavoro, di fronte a Lleca, non servisse a nulla.
«Te.» Risposi, stupendo persino me stessa «Non posso guardarti? Mi sei mancato.» Lui mi guardò dolcemente, come si guarderebbe una sorella. 'Una sorella, niente di più.' Era troppo sperare di essere per lui qualcosa di più? «Anche tu mi sei mancata, sai? Più di tutti, qui dentro.» Sì, era troppo. Perché sarei stata male. Sarei stata male come tutte le volte in cui mi ero illusa, come quando per il mio onomastico mi aveva comprato quel bracciale. L'avevo tenuto stretto, non me l'ero mai tolto. Era bellissimo, con una cordicella rosa e un cuore attaccato vicino. Mi aveva fatto sentire speciale.
Finché non l'avevo visto addosso a Lucia. E Valentina. E Milagros. E tutte le ragazze che lui conosceva. Mi aveva fatta sentire speciale, ed invece ero solo una delle tante. Anzi, nemmeno. Ero solo sua sorella, nulla di più. 
«Beh, adesso esci.» Quei ricordi mi avevano fatta diventare brusca, e lui sgranò gli occhi di fronte a quel repentino cambiamento d'umore. «Okay, ma..Perché?» Mi alzai in piedi e mi avvicinai all'armadio «Devo cambiarmi. Và via, su.» Sembrò tranquillizzarsi. «Ah bene, pensavo di esserti diventato antipatico all'improvviso. Okay, ti aspetto giù in cucina, ti ho lasciato un piatto di crepes.» Mi aveva lasciato un piatto di crepes! Chiuse la porta, ed iniziai a frugare nell'armadio.
Se solo lo avesse visto, tutto il contrario di quando era partito! Con qualche piccola manovra, ero riuscita a convincere Nicolas a comprarmi qualche indumento un po' più femminile e sexy. Non era stato difficile. 'Perché Luz sì e io no?', e a quel punto non mi si poteva negare niente. Per stare in casa, però, di solito usavo la tuta. 
Tuttavia quel giorno non mi sembrò una buona idea. Ovviamente non potevo presentarmi in cucina con minigonna e tacchi alti - in realtà, non potevo presentarmi da nessuna parte conciata così -, ma un pizzico di femminilità in più non avrebbe guastato. Volevo che Lleca si rendesse conto che aveva a che fare con una donna, e non più con una bambina. Scavando nell'armadio, trovai un top rosso con scollo a V. Misi sotto dei jeans neri e stretti e le scarpe da ginnastica. Niente male, decisamente.
Mi diressi con passo spedito verso la cucina. 'Niente insicurezze, Ale, dimostragli che sei cambiata'. Lui era lì. Seduto. Chiacchierava con Luz. Certo che le cose non sarebbero potute andare meglio, eh!
Tossii per richiamare la loro attenzione 
«Buongiorno..» Luz mi guardò, come infastidita dalla mia presenza. «Oh Aleli, certo che sei meravigliosa oggi! Di solito per la casa metti la tuta. Che è successo, c'è forse qualche occasione particolare?» In un momento diventai dello stesso colore del mio top e, inaspettatamente, fu Lleca a salvarmi. Forse aveva capito che era per lui che ero tanto carina, o forse cercava solo di levarmi dall'imbarazzo:
«Aleli sta così perché le ho chiesto se voleva venire a prendere un gelato con me...Giusto, Ale?» Lo guardai stupita. «Giu...Giusto...» Balbettai, mentre gli occhi della mia 'amica' si riducevano a due fessure. «Perfetto, allora mangia le crepes, poi usciamo a prendere un gelato e poi torniamo giusto in tempo per pranzo.» Mi chiesi se si rendesse conto di quello che aveva appena detto, e del fatto che stava parlando con una ragazza, non un maiale. Non volevo rinunciare alle crepes, ma avendo già detto di sì al gelato, non potevo sottrarmi. E di certo non avrei retto entrambi. 
«Dai, non sono senza fondo come te!» Risi, ancora nervosa «Andiamo a prendere il gelato, ma per le crepes passo.» Lui sorrise e mi prese per mano, salutando Luz in modo sbrigativo. Se fosse stato un altro, e non Lleca, non mi sarei stupita più di tanto. Era prassi, ormai, tutti che parlavano con Luz, e poi venivano da me. Ma era Lleca, e non capivo davvero dove volesse arrivare. 
Questo finché non fummo a una decina di metri dalla Casa Magica.

«Ho capito tutto, Ale, adesso puoi andare.» Lo guardai confusa. «Eh?» Lui mi fissò, con l'aria di chi la sa lunga, mentre in realtà non aveva capito proprio un bel niente «Beh, è ovvio! Devi vederti con un ragazzo, per questo sei così carina! E non volevi farlo sapere a Luz. Non serve che mi ringrazi, è stato un piacere!» 'Ma ci è o ci fa?', mi venne da pensare, mentre lo ringraziavo per la gentilezza e mi dirigevo verso il luogo del mio presunto appuntamento.
E lì, l'idea. Dopo circa mezz'ora, durante la quale avevo pianto parecchio - non so se per la situazione, o per aver capito che il ragazzo che amavo era un totale idiota -, presi il telefono e chiamai Lleca. Le lacrime cadevano a fagiolo. Lui mi rispose immediatamente. 
«Ale, che succede?» 'Forza Aleli, o ora o mai più«Non...Non è venuto..» I singhiozzi rendevano tutto più perfetto. Mi sentii pessima. 'Dovresti fare l'attrice, ti riuscirebbe benissimo'. «Dimmi dove sei, arrivo subito.» Gli diedi il luogo e aspettai. Il più era fatto, ora dovevo solo farmi consolare da lui. Certo, era un rischio. Vedermi fragile avrebbe potuto fargli di nuovo assumere il ruolo di fratello maggiore. Ma non avevo più carte da giocare. 
«Eccomi qui Ale.» Una voce alle mie spalle, dopo circa dieci minuti, mi fece girare. Mi alzai e corsi incontro all'unica persona nelle cui braccia mi sentivo protetta. 
«Lleca mi ha chiamato, e mi ha detto che aveva un problema. Mi ha chiesto di venire da te.» Disse Rama, mentre lo abbracciavo forte. «Chi è stato lo stupido che ti ha dato buca?»
Lleca. Lleca era stato. Ma non l'avrei mai detto a Rama. Mi asciugai le lacrime con il dorso della mano e, mentre camminavamo verso casa, gli raccontai di un ragazzo conosciuto per caso e con cui mi sarei dovuta incontrare quel giorno.


Nota dell'autrice:
NOO! Sono cattivissima, dite quello che volete, ma questo capitolo mi ha fatto impazzire! Lleca è un deficiente totale. O forse fa finta? Lo scoprirete solo leggendo. Fatemi sapere cosa ne pensate, un bacio e alla prossima <3

 

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Capitolo 4
*** Freddezza. ***


Capitolo 4
 

Io e Rama parlammo molto. Come sarebbe stato bello dirgli la verità. Perché se da un lato tutti sapevano che mi piaceva Lleca, dall'altro piangere per lui era un'altra cosa. Non mi sarei mai fatta vedere tanto debole. «Perché..Perché Lleca non è venuto?». Rama mi guardò. Sembrava indeciso se rispondermi o no. «Doveva vedersi con una, sai com'è fatto Lleca, non ti offendere...» Oh. Ovvio. Una ragazza. Come avevo fatto a non pensarci. 'Tu sei mia sorella, Aleli, ti voglio bene, farei di tutto per te.', e poi appena c'è una ragazza mi molla. 
«No tranquillo Rama..» finsi un sorriso, mentre le lacrime iniziavano a pungermi gli occhi. «Grazie per essere venuto da me, ora puoi andare...» Gli diedi un bacio sulla guancia, e lui tornò alle sue occupazioni, alla sua vita. Tornò al suo piccolo mondo, nel quale era felice. Perché io non potevo essere come Rama? Perché non potevo essere come tutti? Tutti si erano conosciuti nella Casa Magica, tutti si erano innamorati al suo interno, ed erano stati felici. Luz e Cris avrebbero fatto pace, facevano sempre così. Possibile che il mio fosse l'unico amore infelice? 
Decisi di fare una doccia calda, l'unica cosa che potesse calmarmi, quando mi veniva una crisi isterica. Doccia calda e cioccolata. Accoppiata perfetta. Mi svestii ed entrai in una delle cabine, lasciando che l'acqua mi scivolasse addosso, come per lavare via i problemi. 
«Come se fosse possibile» sussurrai, a me stessa.
Ero presa dai miei pensieri, che come sempre sotto la doccia volavano liberi. Ad un certo punto chiusi la doccia, e mi misi l'accappatoio, quando mi accorsi di qualcuno che entrava nel bagno. 'Hei, è occupato!' stavo per strillare. Ma poi sentii quella voce. Quella voce tanto familiare, che si insinuava ogni volta nei miei pensieri, nel mio cuore, sotto la pelle. Che mi rapiva e mi faceva sognare.

«E questo è il bagno, Millie!» Era con Milagros. Ecco. Le stava mostrando la casa. Uhuh, la cosa si faceva seria. Per quanto serio potesse essere uno come Lleca. «Sei sicuro che non ci sia nessuno?» 'E anche se ci fosse qualcuno? Cosa dovete fare?'. «Ma no, tranquilla. C'è nessuno? Ecco, vedi? Nessuno.» Perché non avevo risposto? Ero davvero così masochista da restare lì bloccata mentre loro due si baciavano e chissà che altro? Mi odiavo, per quello che stavo facendo. Mi sedetti a terra. Al massimo, se avessero aperto, avrei finto di essere svenuta.
Per un po' sentii silenzio, o meglio, non sentii niente. Ero convinta fossero andati via. Poi lei iniziò a respirare più pesantemente. 'Non ascoltare, Ale, ti fai solo del male'. Mi tappai le orecchie, mentre le lacrime che ricominciavano a scendere annullavano istantaneamente l'effetto calmante della doccia. Ma anche con le orecchie tappate, sentii lui che diceva: 
«Aspetta...Non qui...» E poi una porta che sbatteva. 
Era fatto, erano usciti. Mi ricomposi, ed uscii dalla doccia. Mi sentivo come se mi fosse appena passato un trattore addosso, come se il mio mondo fosse stato immediatamente stracciato in due. 'Andiamo, Ale, non è il tuo ragazzo, può fare quello che vuole!'. Certo. E poi ormai aveva diciannove anni, non poteva mica essere vergine a vita! Non poteva essere mica come me, che a sedici anni avevo a malapena baciato a stampo un ragazzo, e aspettavo lui da particamente una vita! Non poteva mica sapere, lui, quello che mi stava facendo passare. Non poteva sapere delle lacrime che ogni notte - e spesso anche di giorno - versavo per colpa sua. Non poteva sapere che lo amavo, era vero. Ma se l'avesse saputo non gliene sarebbe importato.
Mi vestii, con la tuta. Al diavolo tutto, non mi importava più. Scesi a preparare la cioccolata calda, e notai il mio telefono che vibrava. Ecco dove l'avevo lasciato, prima! Un messaggio. Lleca. Strano, prima di fare sesso con la sua amichetta mi mandava i messaggini? Lo lessi.
'Ale, scusa. Sarei dovuto venire, ma ho dovuto fare una cosa importante. Stasera mi faccio perdonare, prometto!'
Avrei voluto odiarlo, avrei voluto essere arrabbiata con lui. Invece riuscivo solo a tenere lo sguardo fisso su quel 'Stasera mi faccio perdonare'. Ovvio, non mi aspettavo nulla di che. Il modo di Lleca per farsi perdonare per qualcosa era di solito, con me, vedere un film insieme, mangiare pop corn, ridere, scherzare. Ma mi bastava. Mi sentivo felice, e non andava bene. Mi sentivo felice, e lui invece mi avrebbe fatto soffire ancora.

«Ale..» Una voce alle mie spalle mi fece girare. «Hei Cristobal, tutto bene?» Lui mi guardò, triste. «Secondo te?». Era stato lui a lasciare Luz, era vero. Ma era anche vero che lei l'aveva..Hmm..Come si dice? Ah, già, tradito. Cris era troppo una brava persona per quella vipera della mia 'migliore amica'. Non dissi una parola. E cosa avrei potuto dire? Semplicemente lo abbracciai, forte. Io e lui eravamo destinati a soffrire, eravamo destinati a stare male per chi amavamo.
«Mi dispiace, Cris..Davvero..» Accennò un sorriso. «Tranquilla, passa...A te, con Lleca?». Se era vero che la mia cotta per Lleca era una faccenda di dominio pubblico, Cris era sempre stato l'unico che non mi aveva mai presa in giro, e che sperava davvero che un giorno tra me e lui succedesse qualcosa. Mi voleva bene, insomma. Sorrisi anch'io, tristemente «L'ho appena visto con una ragazza..». Stavolta fu lui ad abbracciarmi. Era bello avere amici come Cris.
La sera, all'ora di cena, Lleca non era ancora tornato. Il suo posto vuoto non faceva più male, però. Lo aspettai con il cuore in gola e, finalmente, alle dieci di sera tornò.
«Aleeee!» Feci un cenno con la mano, confusa «Benitez..». «Pronta per uscire?» Uscire? Mi stava cacciando, sì. Non era possibile che lui volesse uscire con me. «Sì, uscire. Ti porto al cinema. Sempre se vuoi, eh..» Volevo? Ahaha, lo stavo chiedendo anche? Ovvio che volevo! Ma non ero pronta, ancora. «Oh, non pensavo...Cinque minuti e scendo, eh..» Andai su a prepararmi. Felice. Felice come difficilmente lo ero stata prima. Una serata con lui, nel cinema, da soli. 
Scesi le scale, e lo sentii che parlava a telefono. 
«Certo Tina, ci vediamo domani...Al solito posto...» Oh. Per un momento mi ero dimenticata della sua sparata di prima con Milagros. Ed ora con Valentina. Perfetto, Aleli, davvero perfetto. Di che razza di coglione sei innamorata? «Ho cambiato idea, non mi va di uscire» Gli dissi, non appena attaccò. Lui mi guardò, senza sapere cosa dire «E...Perché?» «Non mi va e basta, d'accordo?». 
La cosa peggiore non era la paura che mi trattasse come una delle tante. La cosa peggiore era sapere che non lo avrebbe fatto. Era sapere che lui non mi vedeva come una ragazza, come qualcuno con cui stare. E non mi avrebbe mai visto come tale. 
«D'accordo..» sussurrò, quasi deluso. Probabilmente aveva già comprato i biglietti per il cinema. «Tranquillo» Sorrisi, forse in modo troppo falso «Puoi sempre andarci con Valentina, con Milagros. Anche con Luz, se ti va. Non li perdi mica, i biglietti.» Forse dalla mia voce traspariva troppa, troppa gelosia. 'Ma chi se ne fotte!'. «Ma io..Volevo andarci con te..» 'Non farti incantare, non farti incantare'. «E a me non va più. E' facile venire da me quando sono già con il sorriso, quando sono carina, dolce e spiritosa. E' facile venire quando Rama ha già fatto tutto il lavoro. Ma quando stavo male dov'eri? Dov'eri quando avevo bisogno di te? Con Milagros, ecco dove! Quindi adesso, scusami, ma vado a trovare mio fratello, e lo aiuto con sua figlia, che magari ha bisogno di me.»
Non sapevo da dove mi fossero uscite quelle parole, ma so che lo lasciai a bocca aperta. Uscii, senza piangere. Era strano, in quella giornata, dove le lacrime spingevano per uscire.
Passai il resto della serata a badare a Rose, lasciando Rama e Vale liberi per un po'. La portai a casa, così avrebbe dormito da me. Pazienza che il giorno dopo c'era scuola, l'avrei lasciata a Justina o Cielo. Lleca entrò nella mia camera svariate volte. Lo congedai dicendogli che Rose sapeva dimostrarmi meglio che mi voleva bene. Fredda, sarei stata un blocco di ghiaccio. E pazienza, se lui non mi avrebbe cercato più.


Nota dell'autrice:
Lo so, lo so. Ho STRAVOLTO il personaggio di Aleli. Non mi piaceva, non mi piaceva nella serie. Troppo timida, troppo fragile per il mondo. E io voglio si faccia forza, voglio che reagisca. Forse magari così Lleca si accorge di cosa si sta perdendo. Spero  vi sia piaciuto. Spero che recensirete, spero che mi facciate andare in asdfghjkl per quanto siete dolci. Beh, alla prossima,much love<3

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Capitolo 5
*** Mezze Confessioni. ***


Capitolo 5
 

Non credevo nemmeno io a quello che stavo facendo. Ormai da una settimana, la mattina mi alzavo presto, prima degli altri. Scendevo a fare colazione e poi correvo in bagno. Non volevo incontrare Lleca. Se mentre mi lavavo i denti, o mi spazzolavo i capelli lui entrava, mollavo tutto lì e uscivo tenendo la testa alta.
Ogni giorno, prima di andare agli allenamenti, insisteva per accompagnarmi a scuola. 
«Ho il motorino, Ale, così facciamo più in fretta, e non prendi freddo.» «Ho il cappotto e preferisco prendere un po' d'aria.» Rispondevo, senza quasi guardarlo in faccia. «Beh, Luz Cris e Monito vanno in auto, se tu vuoi prendere aria ti faccio compagnia, così non stai da sola.» «No grazie, la solitudine mi piace. E poi non vorrei che una delle tue innumerevoli ragazze s'ingelosisca, Leòn.»
Uscivo e lo lasciavo lì, a chiedersi - probabilmente - che fine avesse fatto l'Aleli che lui conosceva. 'L'hai fatta diventare di pietra, ecco che fine ha fatto'.
Quando tornavo a casa, era sempre lì ad aspettarmi. Dicevo che non avevo fame, e aspettavo, per mangiare, le tre del pomeriggio, orario in cui lui doveva uscire per allenarsi ancora. Per la cena, solo, ero costretta a restare tanto tempo con lui. Nicolas, su questo, era intransigente. Ed inoltre il mio posto era proprio di fronte a quello di Lleca. 
Era buffo. Per tanto tempo avevo sperato che si riempisse. Ma non era quello che volevo. Io volevo il vecchio Lleca. Quello che mi considerava sua sorella, è vero, ma che stava sempre attento a me. Quello che mi voleva bene davvero. Avrei anche accettato di essere solo sua amica. Ma non essere niente per lui era insopportabile.
Durante la cena, non lo guardavo quasi mai. Chiacchieravo allegramente con tutti, rispondevo alle domande. Tenevo le spalle dritte e la testa alta, come mi aveva insegnato Malvina. 'Se sei con un ragazzo che ti ha spezzato il cuore, mostrati sempre come se non ti importi, sorridi e guarda dritto avanti a te'. Qualche volta lui provava a farmi una domanda. 
«Com'è andata oggi a scuola, Aleli?» oppure «Sabato esci con le tue amiche?». In quei casi gli piantavo addosso il mio sguardo gelido, più gelido che potevo e rispondevo con voce secca e a monosillabi, tutto il contrario che con gli altri. «Bene» oppure «». Nessuno riusciva a spiegarsi il mio comportamento.
La domenica, mentre eravamo a cena, lui esplose. 
«Insomma, Aleli, ti ho chiesto scusa! Cosa posso fare di più?» Tutti posarono immediatamente le posate, e piantarono gli occhi su di noi. 'Prego, signore e signori, ecco lo spettacolo'. «Niente Lleca. Non puoi fare niente.» Mi pulii, con tutta la calma del mondo, la bocca con un fazzoletto, poi mi voltai verso Nico «Posso andare in camera mia? Non mi sento molto bene, per favore..» Ma il mio tutore sapeva essere perfido, a volte. «Niente da fare, miss. Finisci di mangiare, poi aspetti che gli altri finiscano, e quando TUTTI e dico proprio TUTTI avranno i piatti vuoti, allora potrai andare.» Sospirai.
Per tutta la durata della cena, che a me sembrò immensa, stetti in silenzio. Una volta ricevuto il permesso - la grazia - di tornare in camera mia, mi alzai in fretta. Mi appropriai per prima del bagno, e feci una doccia veloce. Poi misi il pigiama e mi sedetti sul letto, con il computer sulle gambe. Un bip mi avvisò di un messaggio nella chat. La aprii. Oriana. 'Hei Ale!' 'Orii, tutto bene?' 'Certo, certo, ma non fare la furba!E' di te che voglio sapere.Come va con Lleca?'. A differenza di Luz, consideravo Oriana, Camila e Micaela vere amiche, e raccontavo loro parecchie cose della mia vita che la mia cosidetta migliore amica non conosceva.
'Continuo ad essere più fredda che posso. Lui è così convinto che ce l'abbia a morte con lui. Ed è vero. Peccato che però la notte piango ancora.' Era vero. Perché con gli altri potevo anche fingere, ma con me stessa no. 'Accidenti a te, Ale!Tirati su, adesso io devo andare..A domani, e portami il libro di geografia, che hai preso il mio per sbaglio. Notte'. 'Notte Oriana'. Spensi il computer, mentre Luz entrava in camera.

«Domani la mia classe non entra, lo sai, no?» Certo, lo sapevo. Per mia fortuna non dovevo condividere anche la classe, oltre che la casa, con Luz. «E quindi?» Chiesi, seccata da quello scambio di parole non necessario «E quindi...» Rispose lei, sorridente, raccogliendo il suo pigiama e riponendolo disordinatamente in una borsa «Vado a dormire da Florencia. E' un problema?» «Veramente se te ne fai mi fai un grande favore, Inchausti.» Indispettita, Luz prese di fretta la roba che le serviva, ed uscì. Che bello! Con Paz che dormiva a casa di Malvina e Chiro con la sorella, avevo tutta la camera libera. Erano ancora le dieci, quindi presi il libro che tenevo sul comodino e, dopo essermi messa a pancia sotto sul letto, iniziai a leggere.
Ad un certo punto sentii bussare alla porta. 
«Avanti..» Dissi, con una voce che era a metà tra il seccato e lo speranzoso. Immediatamente feci una smorfia di dispiacere, anche se ero sollevata, perché mi resi conto che non era Lleca. Juan era dentro la camera con un libro di favole.
«Aleli, mi leggi una storia? Non riesco a dormire, e mamma non si sente bene...» Sorrisi, posai il libro sul comodino, e scostai leggermente la coperta per far entrare il piccolo nel mio letto. «Certo Juancito! Su, dammi il libro e stenditi qui.» Lui obbedì, ed io iniziai a raccontare. Gli piacevano le storie di eroi e draghi, ma anche quelle delle principesse e dei principi. Quindi, dopo aver terminato Peter Pan, Tarzan e una delle avventure di Winnie The Pooh, passai a Cenerentola. Mentre leggevo e - finalmente - Juan si addormentava, avevo un sorriso un po' malinconico. Mi stavo ricordando di quando ero piccola, ed in quelle storie ci credevo. Mi ricordavo di quando sognavo che un giorno Lleca sarebbe venuto da me, e mi avrebbe confessato il suo amore. Mi avrebbe baciata e saremmo stati per sempre felici e contenti. 
'Solo favole, Aleli, solo favole...'. E poi quelli erano principi e principesse, noi eravamo una ragazzina timida e un calciatore don Giovanni. Non c'era speranza. Scossi la testa, come per cacciare via i brutti pensieri. Guardai la sveglia. 23.30. Accidenti, era tardissimo! Presi il bambino in braccio e mi diressi fuori. Lo posai nel suo lettino, e gli rimboccai le coperte. Era davvero bello, con quegli occhi e quei capelli neri. Non sapevamo chi fosse il padre, Tina non l'aveva voluto dire. Però di certo assomigliava alla mamma, e parecchio. Lo guardai per qualche minuto, per paura che si svegliasse, poi uscii.

«Aleli!» Esclamò una voce, nel momento in cui mi scontrai con il corpo da cui proveniva. Lleca. Figuararsi se non lo incontravo. «Scusa, non volevo farti male.» Dissi, secca, scostandomi da lui e dirigendomi verso la mia camera. 
Quando arrivai sulla porta sentii la sua mano che afferrava il mio polso, e mi fermava. 
«Aspetta, non evitarmi così.» Sospirai. Perché rendeva le cose così immensamente difficili? «Lleca, io..» Iniziai a protestare, ma lui m'interruppe. «Niente 'Lleca, io', non è giusto, Ale! Tu sei mia sorella, non puoi trattarmi così male. Ho sbagliato, è vero. Me l'hai fatta pagare, sì. Ma adesso basta. Qual'è il problema.»
«Il problema, Lleca..» Iniziai piano «E' che tu sei cieco. Che non ti accorgi di quello che succede sotto il tuo naso. Che non hai capito che non voglio essere tua sorella.» Quelle parole erano uscite spontaneamente, ed un secondo dopo averle dette, mi pentii. Ma ormai era fatta. Lo fissai in attesa di una risposta, che tardò ad arrivare. Sembrava confuso. «In..In che senso? Non capisco...» Sentii il mio volto prendere fuoco, e lo abbassai, sperando che non s'accorgesse che stavo arrossendo. «Nel senso che..Davvero non ti sei mai accorto di quello che provo per te?» Lui rise. Si può sapere che c'era da ridere? «Sì che me ne sono accorto, piccoletta, ma avevi..Quanto? Nove, dieci anni? Ci stai ancora a pensare? Ormai è acqua passata!» Oh, se n'era accorto. Almeno non aveva capito che mi piaceva ancora e..Vista la reazione, presi d'impulso la decisione di non dirglielo.
«D'accordo, forse è esagerato. Ma ero una bambina, eri la mia prima cotta e...E' una ferita ancora aperta, capisci! Ma comunque il punto non è questo. Vuoi che sia tua sorella? Allora trattami come tale, e non come un giocattolo, Benitez.» Con queste parole tornai in camera mia, sbattendo la porta. La chiusi a chiave, e poi, quando fui sicura che nessuno sarebbe entrato, piansi.
Volevo solo dormire per cento anni.


Nota dell'autrice:
Vi piace?Vi piace?Vi piace? *Fa gli occhioni dolci*. Vi prego, ditemi che vi piace, o svengo. L'ho fatto con tanto amore, e mi sta prendendo davvero tanto! A volte avrei voglia di picchiare Lleca. Però sinceramente dopo questo sono un po' bloccata, quindi non vi posso garantire un prossimo capitolo tanto presto o tanto bello...Poi chissà, magari ho l'ispirazione! Alla prossima, un bacio!

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Capitolo 6
*** Una Giornata Da Ricordare. ***


Capitolo 6
 

Era un sabato di inizio dicembre. La mattina mi svegliai e buttai, soddisfatta, uno sguardo nel letto di fianco il mio. Luz non c'era, come capitava spesso quando non c'era scuola. Ormai dormiva quasi sempre fuori. Mi capitava di sentirmi in colpa, in fondo forse avvertiva la mia ostilità, per questo andava via. E, in fin dei conti, quella era casa sua, non mia.
«Questa bambola è mia, non tua, Aleli!» Mi risuonò, in quel momento, la voce di Luz nella testa. Ed io, che ancora non sapevo farmi valere, che la guardavo quasi pentita, impotente. La guardavo e mi chiedevo perché non potessi giocare con la sua bambola. Ma, in fondo, forse non ci facevo caso. Perché dopo che tua madre ti abbandona, dopo che la gente ti maltratta, ti costringe a lavorare e a rubare, tu non fai più tante storie per una bambola, e ti stai zitta. In compenso mi ero rifatta, chiedendo poi a chiunque, per i miei compleanni, per i Natali e gli onomastici, bambole. Avevo una collezione immensa in camera mia, ed avevo smesso di accrescerla circa due anni prima. 
Mi alzai dal letto lentamente, trascinandomi dietro la coperta. Faceva un freddo cane. Diedi uno sguardo fuori alla finestra. Tutto era spento, buio. L'inverno stava arrivando, e sentivo tanto la mancanza dei fiori. 
«Quanto vorrei che ci fossero ancora i fiori, Nicolas! Non sai cosa darei per una rosa!» Avevo esclamato la sera precedente a tavola, quindi non mi sorpresi quando, uscendo dalla camera, trovai un mazzo di rose. Chissà, poi, dove le aveva trovate Nicolas, di questo periodo!
'Che dolce, lui' pensai, presi i fiori, e lessi il biglietto, che subitò mi dimostrò il mio errore 'Per la mia sorellina preferita. Ti voglio bene, Ale'. Perfetto, Lleca. Mi sorprese, anche perché il nostro litigio risaliva a quasi due settimane prima, e lui non aveva ancora fatto nessun passo per riavvicinarsi, tanto che avevo pensato che davvero non gli importasse nulla di me. Anche se cercavo di essere arrabbiata, mi ritrovai a sorridere. 

«Cosa vedono i miei occhi...» Disse una voce alle mie spalle, che mi fece immediatamente girare. Lleca mi guardò negli occhi, poi continuò «Quel sorriso vuol forse dire che sono riuscito a far breccia nel tuo cuore di ghiaccio, piccoletta?» Risi piano. Per quanto potevo provarci, mi era difficilissimo resistergli. «Non so, Benitez. Non penserai certo che un paio di fiori possano sistemare tutto? Sono profondamente offesa.» 'Sono profondamente offesa', avevo detto, ma sapevamo entrambi che 'il mio cuore di ghiaccio', come lo chiamava lui, si stava già riscaldando, sciogliendo. E lui sapeva che i piccoli gesti erano quelli che mi importavano. Lo sapeva, lo sapeva troppo, accidenti a lui! Come mi conosceva lui, pochi mi conoscevano.
«E se..Se ci aggiugo questa, alle rose?» Avrei voluto baciarlo, nel momento in cui cacciò fuori una bambola - in realtà, avrei voluto baciarlo in qualsiasi momento, ma vabbè. Una bambola. Semplice, di pezza. Aveva gli occhi neri e i capelli castani e, ricamato sul corpetto del vestitino, c'era scritto il mio nome. Non resistetti, gli buttai le braccia al collo e lo strinsi forte, stampandogli un bacio sulla guancia. «Grazie, è meravigliosa!» Stavo per mettermi a piangere. Forse a Lleca non piacevo, era vero, ma come fratello era assolutamente strepitoso.
«Allora, signorina Ordoñez, sono perdonato?» Se era perdonato? Annuii, ridendo e piangendo, mentre non facevo altro che ringraziarlo. Mentre parlavamo, il suo telefono squillò. Mi chiese scusa e rispose.
«Pronto? Chi è? Oh, ciao...No è che..Sì, mi farebbe molto piacere Luci, però..No,sì,ovvio. Però oggi sono impegnato con una persona importante e...Dai, non rompere. Facciamo un altro giorno. Okkei, pensa quello che vuoi. Ciao..» Lo guardavo, parlava con Lucia. Quando attaccò, gli rivolsi uno sguardo interrogativo. Con chi doveva uscire? «Allora, Aleli, visto che ho appena rinunciato all'invito di Lucia e litigato con lei, per portarti fuori, ora tu ti prepari e usciamo. Siamo d'accordo?» Ero d'accordo? «Due minuti e sono pronta, Benitez.» Gli feci l'occhiolino - Dio solo sa dove trovai il coraggio - e tornai in camera. 
Lo ammetto, avevo sempre preso in giro Luz - quando ancora ci parlavamo, ovvio - per il fatto che, ogni santissima volta che doveva uscire con Cristobal passava sempre un'ora e mezza avanti l'armadio. Io non ero il tipo che ci metteva tanto tempo, ma passai ugualmente i miei venti minuti per scegliere cosa indossare. Contiamo anche un quarto d'ora per la doccia, dieci minuti per trucco e capelli, e non mi stupii più di tanto quando uscii e Lleca mi disse: 
«Adesso sei tu a doverti far perdonare, mi sa!» «Mi spiace, Benitez» Risposi, speranzosa e timorosa allo stesso tempo che lui mi reggesse il gioco «Ma l'unico modo che una ragazza ha per farsi perdonare da te è baciarti o chissà che altro.» Lui la guardò. Pareva serio.
«Perché, ragazzina, vuoi dirmi che non vorresti baciarmi?» Voleva giocare? E avrei giocato. Ma non nel modo in cui si aspettava lui. Lo guardai, tenendo alta la testa e, con tono ironico, citai le sue stesse parole di due settimane prima «Ovvio che volevo. Ma avevo...Quanto? Nove, dieci anni? Ci stai ancora a pensare? Ormai è acqua passata!» Lui rise «Hai capito la ragazzina? In pratica mi stai dicendo che ho perso il treno..! Accidenti, avrei dovuto pensarci sei, sette anni fa!» Era un momento divertente, ma mi venne da pensare che forse lui non sarebbe mai stato in ritardo. Che se, dopo molti anni, lui mi avesse detto che voleva stare con me, io gli avrei detto sì. Perché aspettare Lleca era diventato, per me, un lavoro a tempo pieno. Come si faceva ad amare qualcuno così tanto?
Passammo tutta la giornata insieme. Mi portò al parco, al cinema. Allo zoo, addirittura. E fu proprio allo zoo che incontrai Bautista, in compagnia del cuginetto più piccolo. 
«Alee!» Mi salutò allegramente, baciandomi su entrambe le guance. «Bauuti, tutto bene?? E' un po' che non ci si vede, vè?».
Non dico che, mentre parlavo con Bautista, mi ero dimenticata di Lleca. Tutt'altro, in realtà lo ignoravo sperando in una reazione che, ovviamente, non arrivò. Certo, quando Bauti andò via, mi disse che era geloso, che non potevo avere amici e tutte queste belle cose. Ma, in fondo, lui era solo mio fratello. O no?
In realtà, non ne fui nemmeno così tanto sicura, quella sera. Aveva spento il telefono. 
«Non voglio che mi chiami una delle mie 'amichette', come dici te. Romperebbero solo.» Mi sentivo felice, felice davvero. Ero in giro per Buenos Aires con Lleca Benitez che mi abbracciava, mi stringeva forte e mi portava nei posti più svariati. Lleca Benitez che si fermava, avanti la porta della mia camera, al nostro ritorno. Lleca Benitez che si abbassava su di me, dandomi un bacio in un posto indefinito tra le labbra e la guancia. «Grazie della bellissima giornata, Ale..» e poi andò via, lasciandomi lì, impalata sulla porta, a chiedermi cosa diamine fosse successo. 'Quanto è vero che si chiama Leòn Benitez, quel ragazzo domani dovrà darmi delle spiegazioni'.
E con un sorriso che non si levava nemmeno a pagamento, aprii la porta e mi preparai per dormire. Quella notte, ovviamente, sognai Lleca.


Nota dell'autrice:
Ciao! Sono le 00.23, e ovviamente quasi nessuno leggerà prima di domani. Perché ho pubblicato ora? Perché ne avevo voglia, okkei? Spero vi piaccia, dabbero, perché io sto amando sempre più questa storia. Cioè, mentre scrivevo mi facevo i complimenti da sola :'D (?). 
AAAAAAAAAAAAAH ho dimenticato una cosa. GRAZIE! 5 recensioni allo scorso capitolo *OOO* Okkei, lo ammetto, non sono molte, però è il massimo che ho mai ricevuto, e stavo per morire dalla felicità. Vi amo, alla prossima <3

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Capitolo 7
*** Diventa Realtà. ***


 

 Capitolo 7 
 

Ero rannicchiata nel mio letto. Erano quasi le undici, ed ormai ero sveglia da tre ore circa, ma non mi ero ancora mossa. Avevo il terrore di incontrare Lleca, non sapevo come comportarmi. Avevo pensato tutta la mattina, ed ero arrivata alla conclusione che avesse semplicemente mancato la guancia. In fondo, non era stato nemmeno un bacio, mi aveva solo sfiorato l'angolo della bocca, niente di che! 'E se non fosse così?'. Quel pensiero mi tormentava.
L'idea che lui avesse voluto baciarmi mi premeva nella testa, nel cuore. Pulsava per uscire, ma io non volevo ascoltarla. A che pro? Per farmi delle illusioni? Per crederci, e poi rimanere delusa? Per soffrire ancora?
Qualcuno entrò nella camera, io feci finta di dormire. 
«Ale..Dormi ancora?» Oh. Era Monito. Aprii gli occhi. «Hmm, no, sono sveglia da un po', ma non avevo voglia di alzarmi..» Lui mi guardò «Luz ha..Hmm..Diciamo 'catturato' Lleca. Sta straparlando, e lui non si può muovere perché..Beh, sai com'è Luz. Mi ha chiesto di implorarti di andare a salvarlo.» Sorrisi, stiracchiandomi e facendo per alzarmi dal letto. Poi mi bloccai «Perché non lo salvi te, scusa?» Il sorriso ironico del mio amico accentuò i miei sospetti - Le mie speranze? - «E che ne so? Mi ha chiesto di venire a chiamarti.» 
Il cuore batteva, forte, quando, dopo essermi vestita, scesi nel soggiorno. 
«Luz..Sei tornata?» Lei mi guardò, annuendo, acida. In quel momento, non so nemmeno io perché, vidi in lei una nemica. Non più Luz Inchausti, la mia compagna di giochi, sì, leggermente antipatica, ma sempre la mia amica Luz. Perché lei era quella con cui ero cresciuta, era stata per anni la migliore amica che io avessi mai avuto. Ma qualcosa si era spezzato quel giorno. Sarà stato il suo sguardo cattivo, sarà stato il modo in cui era appiccicata a Lleca - lei, che sapeva benissimo cosa provavo per lui! -, avvinghiata oserei dire. E l'unica cosa che mi diede la forza di non piangere, fu lo sguardo infastidito di Lleca al tocco di lei. 
«Ale!» Esclamò Lleca, vedendomi. Io gli andai vicino, per niente intimorita come mio solito, e gli diedi un bacio sulla guancia. Era stato un gesto fatto in modo così naturale che stupì persino me. «Oh, mi fa piacere che tu sia di nuovo a casa, Luz, ma dovrai trovare un'altra compagnia, perché Lleca me lo porto via io. A dopo.» Lo presi per mano e lo portai fuori, mentre lei mi guardava interdetta. Anche lui mi fissò confuso, tanto che pensai di aver sbagliato. «Se vuoi continuare a parlare con lei ti riporto indietro.» Fece una faccia impaurita, che mi fece ridere «No, no, per carità! Voglio bene a Luz, ma ho il sospetto che mi stia usando per far ingelosire Cris...Hei, piccoletta, che ridi?» «La tua faccia!» Esclamai, non riuscendo a trattenere le risate, che lui fece aumentare iniziando a farmi il solletico. Quando finalmente si fermò, dopo le mie preghiere, era vicino. Vicino davvero, come la mattina dopo che era tornato. Sentii il sangue che saliva sul mio viso, e arrossii, mentre un brivido mi attraversava la schiena. 
Restammo così, con lui che mi teneva una mano dietro la schiena, con i nostri volti a soli cinque centimetri di distanza, a guardarci. Poi lui girò il viso. 
«Aehm..» Non sapevo cosa dire. Non era successo niente ed era successo tutto. Avevo sentito il suo sguardo attraversarmi la pelle, come se avesse capito tutto di me, in quel momento. Ed era stata la sensazione più intensa che avessi mai provato. «Scusa..» Sussurrò lui. Ed in realtà non sapevo nemmeno perché lo dicesse. «Ehmm..Beh, ora sei libero dalle grinfie di Luz..» Cercai di ridurre la tensione «Puoi andare dove ti pare, io torno a casa e dico che sei agli allenamenti.»
«Aspetta...E se andassimo da qualche parte io e te?» Il cuore si fermò. E, a costo di risultare acida, dovetti andare più a fondo. «Non so..Ieri hai dato buca a Lucia per me. Sicuro che non vuoi uscire con lei?» Tremai al solo pensiero che lui mi desse ragione e chiamasse Lucia, ma non lo fece. Anzi, la sua risposta mi sorprese. «Lei cosa direbbe, signorina Ordoñez, se le dicessi che il sottoscritto Leòn Benitez ha deciso di mettere la testa a posto? Niente più ragazze qua e là, per me.» «Le direi, signor Benitez, che non ci credo nemmeno un po'.» Lui rise, poi avvicinò le labbra al mio orecchio, facendomi rabbrividire, e sussurrò: «Allora mi toccherà dimostrarglielo.» «E..Sentiamo» Dissi, maliziosa come non ero mai stata «Ha già deciso con chi mettere la testa a posto?»
Lui mi sorrise. E in quel momento fui convinta che anche lui provasse le stesse cose che provavo io, fui convinta che quegli otto anni avrebbero avuto un senso, forse. 
«Non so. Lei avrebbe qualcuna da presentarmi?» Stava giocando? O stava cercando di farmi capire qualcosa? 'Ale, non farti film mentali!'. «Non..Non credo..» Balbettai, perdendo in un momento tutta la mia spavalderia. Quel ragazzo mi faceva uno strano effetto, eh già. Passammo tutta la giornata insieme. Mi ripromisi che non sarebbe più dovuto succedere. Per fortuna, il giorno dopo era otto, e quindi festa, ma io avrei dovuto studiare! Non potevo seguire Lleca ovunque. 
Ogni tanto, mentre camminavamo, la sua mano scendeva a cercare la mia, sfiorandola, senza mai stringerla. Sembrava timoroso. O forse - prospettiva più realistica e meno bella per me - avrebbe voluto farlo, ma non voleva farmi illudere. Forse stava solo cercando di rimediare al disastro di due settimane prima, trattandomi, come gli avevo chiesto io, da sorella.
Certo, forse. Un forse in effetti abbastastanza barcollante, nei piccoli momenti in cui mi abbracciava all'improvviso, mentre camminavamo. Mentre si fermava solo per darmi un bacio sulla guancia, sulla fronte sul collo. Quel forse diventava sempre più una certezza. Una certezza che avevo paura di confermare, per non illudermi. Una certezza che rischiava di prendere il sopravvento su di me, e che mi avrebbe distrutta, nel caso non fosse stata vera.

«Ale..» Mi sussurrò, ad un certo punto. Mi girai, ritrovandomelo, inaspettatamente, alla mia altezza. Il suo respiro sulla mia pelle mi confuse. Non riuscivo più a distinguere i contorni delle cose, delle persone intorno a noi. «Sì?» La mia voce mi giunse lontana, come se fosse stato qualcun altro a parlare. 
E nel momento in cui le sue labbra si posarono sulle mie, non capii più nulla. 'Allora è vero che i sogni si realizzano', pensai, mentre - Dio, non potevo crederci - baciavo l'amore di una vita intera.


Nota dell'autrice:
Oddio oddio oddio! Questo è il mio capitolo preferito, okkei? Mi sento così felice. Avrei voluto tirarla un po' più per le lunghe, ma non resistevo. Non sono meravigliosi? Okkei, io li amo.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, alla prossima, vi adoro!<3

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Capitolo 8
*** Una Brutta Notizia. ***


Capitolo 8
 

Troppo presto finì quel momento, troppo presto finì quel bacio. 'Male che vada, Aleli', mi dissi, preparandomi al peggio, 'Hai dato il tuo primo bacio a qualcuno che ami davvero'. Eppure lui mi stava guardando seriamente, dolcemente. Insomma, non sembrava aver intenzione di uscirsene da un momento all'altro con un iodiotissimo 'Stavo scherzando!'.
«Avevi detto» Mi disse, con un sorriso ironico, dopo qualche secondo «Che ormai era acqua passata.» Sorrisi anch'io, capendo che si riferiva alla mia cotta per lui «Veramente, Benitez, sei stato tu a dirlo, se non ricordo male.» «Questo vuol dire..» continuò lui, con un'espressione che lasciava intravedere - non avrei voluto sbagliarmi - speranza «Che non è acqua passata?» Non sapevo bene cosa dire. Ma Lleca non era tanto cattivo da lasciarsi dire che ero perdutamente innamorata di lui, e poi prendermi in giro o far finta di niente.
Se me lo stava chiedendo, se mi aveva baciata...Non era per gioco, vero? Gli interessavo, giusto? Annuii, senza riuscire a guardarlo negli occhi, abbassando la testa. Lui mi mise un dito sotto il mento, sollevandomela. Rise piano, e nel momento esatto in cui mi iniziai a chiedermene il motivo, mi resi conto di star tremando. 'Bella figura che stai facendo'. Lui si abbasso ancora una volta su di me, e mi baciò, di nuovo. 'Se il m
ondo finisse in questo momento, morirei felice'. Ma il mondo non finì. Tutto restò al suo posto, anche se dentro di me era cambiato tutto.
«C'è un motivo, per cui ti ho baciata, sai?» La sua voce mi riportò alla realtà. I motivi più distruttivi e tremendi mi attraversarono la mente. Scommessa con gli amici? Voglia di scherzare su una povera ragazzina innamorata? Obbligo di obbligo o verità? «Ah sì?» Sussurrai, con ancora la voce che tremava. Lui annuì, e mi resi conto che si aspettava che io gli chiedessi 'Quale?'. Non lo feci. Restammo così, fermi. Nessuno dei due sapeva cosa dire. Non sapevo nemmeno se avessi fatto bene o no, a ricambiare quel bacio. Non sapevo cosa mi stesse succedendo. Il momento più bello della mia vita, e me lo stavo facendo rovinare dalle mie stupide ansie! Lui si schiarì la voce.
«Tralasciando che...Da quando sono tornato dalla Spagna non ho desiderato altro...Ma c'è anche un'altra cosa..» Non aveva desiderato altro. Certo, non aveva desiderato altro, quando aveva baciato Milagros. E chissà quante altre. Ingoiai un groppo di saliva, cercando di scacciare quei bruttti pensieri, mentre sentivo chiaramente il cuore che mi martellava nel petto. «Cosa?» Chiesi, stavolta, per evitare il silenzio imbarazzante di pochi secondi prima. «Volevo..Chiederti una cosa.» «Cioè?» Non parlava, non si decideva. La cosa iniziava ad irritarmi. «Andiamo, Lleca, parla!»
«Prima parliamo un po'. Poi dopo te lo dico, okay?» Mi sembrava assurdo, quel suo modo di fare, ma in fondo parlare con lui non mi dispiaceva, specie se quella che mi voleva dare era, come sospettavo dal suo tono di voce, una brutta notizia. Parlammo..Diciamo che la lingua la usammo parecchio, poi parola più, parola meno, non contava molto. Ma mi sentivo così felice. Tornammo a casa abbracciati, chiacchierando e baciandoci. Mi sembrava di vivere su una nuvola, e la faccia di Luz quando ci vide insieme fu impagabile. «COSA FAI CON LE MANI ADDOSSO ALLA BAMBINA?» Nicolas arrivò strillando e sbraitando, con un'espressione in fondo un po' sorpresa. Io risi. «Sedici, Nicolas. Non sei, ho sedici anni.» Lui non sembrò convinto. «Certo, tu ne hai sedici. Ma lui ne ha diciannove. Sai cosa vuol dire? Vuol dire che quando lui ha iniziato ad andare al liceo tu iniziavi ad andare alle medie. Troppa, troppa differenza.» Non sapevo cosa dire. Anche perché, in teoria, io e Lleca non stavamo indieme. Inaspettatamente, fu lui a parlare.
«Hai ragione Nicolas, ma io la tratterò bene, promesso.» Se fossi stata in un cartone animato, si sarebbero visti i miei occhi diventare due stelle, tanto che brillavano. Come una bambina con avanti il regalo di Natale che desidera. «Fatemi capire» Disse il nostro tutore, dando voce alla domanda che tutti - me compresa - si stavano facendo in quel momento. «State insieme, voi due?» «Certo!» Esclamò Lleca, girandosi poi, un po' titubante, verso di me. «Stiamo insieme, no?» E chi aveva qualcosa da ridire!? Annuii, come in trance, mentre tutti posavano lo sguardo su di me. Su di noi.
«OOOH, ERA ORA!» Disse la voce squillante di Esperanza. «Accidenti, è da quando sono nata che tu piaci ad Aleli, e tu mo te ne rendi conto? E' proprio vero quello che dice mamma, tutti gli uomini sono stupidi!» Tutti ridemmo, me compresa, nonostante fossi in imbarazzo per quello che aveva detto la piccola. In quel momento, non lo dimenticherò mai, tutto sembrava perfetto. In quel momento. Più tardi, quando fummo da soli in camera sua, le cose cambiarono.
«Allora..» Gli dissi, accoccolandomi vicino a lui, mentre parlavamo «Cosa dovevi dirmi?» Lui mi guardò, visibilmente preoccupato. «Ale...Quanto tempo mi hai aspettato?» Questo era il punto? Voleva che mi umiliassi? Beh, nessun problema. Non mi dava fastidio dire quello che tutti, tranne lui, avevano giù capito. «Tanto.» «Tanto quanto?» Uff. «Otto anni, ma perché?» Lui parlò lentamente. «Quanto ancora saresti disposta ad aspettarmi?»
Sulle prime non capii. Non risposi. Lo guardai interrogativa. «Ale, mi hanno trasferito. Devo tornare a giocare in Spagna.» Quanto ancora sarei stata disposta ad aspettare, mi aveva chiesto. Tutta la vita, lo sapevo. Ma ne sarebbe valsa la pena?

Nota dell'autrice:
E' piccolo il capitolo? Non me ne rendo conto, mentre scrivo, ma credo sia più piccolo degli altri. Avrei anche voluto continuare, ma ho preferito 'tenere la souspance'. 
Spero vi sia piaciuto. Mi spiace averli fatti mettere insieme, e poi subito dividere. Mi dispiace, davvero çwç .. Però sennò la storia finiva, e non vorrei farla finire così presto. Bieeeen, alla prossima. Un bacio fooorte foorte. I<3u.

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Capitolo 9
*** Segreti E Partenze. ***


Capitolo 9
 

Due settimane. Avevamo avuto solo due settimane. Dio, lo amai più in quelle due settimane di quanto avevo mai fatto in quegli otto anni. E mi resi conto che dell'amore, dell'amore di cui parlavo tanto, io non conoscevo ancora che una piccola parte. In quelle due settimane con Lleca, conobbi l'amore vero. Quello che si dà e si riceve. 
«Grazie...» Mi diceva lui, durante la giornata, all'improvviso. La prime volte non capivo. «E di cosa?» «Di essere te.» Ed io mi sentivo tanto, tanto felice. Così felice che per un momento dimenticavo che stava partendo, che non l'avrei visto per chissà quanto. Questo finché qualcuno non veniva a ricordarmelo. Luz in particolare, ovviamente.
«Che peccaaaato. Proprio ora che state insieme, lui deve andare viiia. Mi dispiace così taaaanto, Aleli!» Avevo voglia di strozzarla. Ma mi dispiaceva quasi, per lei. Perché io ero felice, e lei era triste e sola, come meritava di restare. In quei giorni, mentre Lleca era fuori con il padre ad organizzare le ultime cose per la partenza, fu Cristobal a sostenermi, ad aiutarmi. Ma io non ero Luz Inchausti, io non godevo delle disgrazie altrui. Non appena lei era nei paraggi, mi staccavo un po' dal mio amico. 
Sarà anche stata di pietra, Luz, ma a Cris ci teneva davvero. E se lei non meritava accanto una persona come lui, Cristobal meritava di stare con la ragazza che amava, meritava di non soffrire. Quindi mi diedi da fare.

«Hei Luz!» Cercavo di essere gentile con lei, di non reagire alle sue provocazioni. 'Lo fai per Cristobal, Ale..«Aleeeli, come mai non sei con Lleca? Cerchi di abituarti al fatto che tra un po' non potrete più stare appiccicati?» 'Sorridi e annuisci, sorridi e annuisci' Sorrisi e annuii. «Eh già, purtroppo..Mi mancherà tanto, sai? E a te, con Cristobal, come va?» Mentre parlavo, mi resi conto che la mia sembrava una frecciatina, e mentre il suo sguardo diventava più tagliente del solito, mi affrettai a correggermi «Cioè, a lui manchi molto. E mi chiedevo se anche a te mancasse.» «Se gli manco perché mi ha lasciato?» La mia risposta arrivò immediata, secca «E tu perché l'hai tradito?». Mi aspettavo che si mettesse a strillare, invece la vidi nervosa. Si morse un labbro ed iniziò a piangere. Restai pietrificata.
A Luz che mi insultava, che gridava, che mi lanciava frecciatine e faceva l'antipatica ci ero abituata. Ma, tranne quando era piccola e relativamente ancora un essere umano, non credo di averla mai vista piangere. Non sapevo cosa fare. Guardavo la mia amica - sì, la mia amica, almeno per quel momento - e non seppi far altro che abbracciarla. 
«Luz..Le cose si possono sistemare, sempre. E Cristobal ti ama. Se vuoi fare pace con lui basta dirlo, lui capirà!» Ma lei non dava cenno di smettere di piangere. «Aleli..» Mi disse, dopo un po', ancora tra i singhiozzi «Io non so perché l'ho tradito. E' stato un momento, uno sbaglio. Ma perché pensi che non abbia fatto nulla per tornare con lui?» Non sapevo cosa rispondere. Orgoglio, avevo sempre pensato. Ma la realtà era ben diversa. 
Luz portò la mano sulla maglietta larga che aveva, facendola aderire al corpo. Nel momento in cui capii, mi portai le mani alla bocca. 
«Non può essere..» Balbettai. La pancia, che la mia amica aveva sempre avuto piatta come una tavola, era arrotondata di pochissimo, ma visibilmente. Incinta, senza ombra di dubbio. Non poteva essere. Lei sorrise, tra le lacrime, come a scusarsi. «Invece può essere, te lo assicuro.» Ero spiazzata. «E' di...» «Non lo so. E' questo il punto. Per questo non posso tornare con Cris. Se anche la prendesse bene e poi..E poi non fosse suo..Io non saprei che fare, Ale!» Adesso capivo tutto. Capivo perché negli ultimi due mesi Luz era stata più nervosa del solito, più acida. Capivo tutto, e tutto aquistava un senso. «Io sono qui Luz, sempre» sussurrai, e seppi che non era solo una frase di circostanza. Ero lì per lei. «A Cielo l'hai detto?» Lei scosse la testa. «Lo sapete solo tu e Florencia.» 
Mi sembrò inutile chiederle se voleva tenerlo. I suoi occhi, le sue parole, i suoi gesti, lasciavano capire che non avrebbe mai ucciso suo figlio. Fui fiera di lei. 
«Se vuoi glielo diciamo insieme.» La mia amica, con le lacrime agli occhi, annuì e mi ringraziò. Non l'avrei mai lasciata sola. E fui certa che, se anche non fosse stato suo figlio, nemmeno Cristobal l'avrebbe mai fatto.
Quella sera io e Luz andammo a parlare con Cielo. Ci volle molto tempo, e molto coraggio. Ci furono molte urla e molti pianti. Ma ormai il danno era fatto, e la nostra tutrice potè solo accettare il fatto compiuto. Quando la sera arrivò Lleca, si meravigliò di come Cielo e Nico fossero nervosi, e me ne chiese il motivo. Sorridedo, gli risposi che avevano avuto una bella notizia difficile da digerire. Lui non capì. Ma avevo promesso a Luz che non avrei detto niente. E poi, se dovevo essere sincera, mi andava di stare con il mio ragazzo, non di pensare a lei, in quel momento. Mancava poco alla partenza, la mattina seguente sarebbe già stato in volo per la Spagna. E con lui il mio cuore, lo sapevo già.

«Lleca...» Lui mi guardò «Promettimi una cosa.» Io avevo già fatto la mia parte. Gli avevo già promesso che l'avrei aspettato, ora toccava a lui. «Cosa?» «Non dimenticarmi, per favore...Non pensare a nessun'altra.» Mi sorrise «E a chi? Io penso solo a te.» Nella mia mente si affollarono circa ottocento nomi di ottocento ragazze a cui lui avrebbe potuto pensare. Tutte più belle, simpatiche ed interessanti di me. 'Però lui ha scelto te.'. Aveva scelto me. Ed io avevo scelto lui - in realtà era SEMPRE stato l'unico, lui. 'Devi solo fidarti, lui ci tiene a te'.
Ma lasciarlo così, senza che mi avesse mai detto che mi amava, senza avere nessuna certezza. Dopo sole due settimane. Io sapevo di essere abbastanza forte per resistere, ma lui? Lui sarebbe riuscito a resistere? Mi avrebbe tradita? Il solo pensiero mi faceva venire la nausea. Non volevo perderlo, non dopo così poco tempo.

«Non hai promesso...» Sussurrai, mentre la tristezza dell'addio imminente diventava sempre più palpabile. Lui mi prese il volto fra le mani, e mi guardò fisso negli occhi. Per un momento smisi di respirare. «Te lo prometto. Io ti amo, e di questo non devi dubitare. Mai.» Non sapevo cosa dire. Aveva davvero detto quello che avevo sentito? «Ti amo anche io..» Balbettai, e poi lo baciai. Ora ne ero sicura. Non per il 'Ti amo', no. Ne ero sicura per il modo in cui mi aveva guardata, per il modo in cui i suoi occhi mi avevano riempita d'amore. Non mi avrebbe mai fatto star male.
Ci addormentammo vicini, non volevamo sprecare nemmeno un minuto. La mattina dopo eravamo ancora lì, abbracciati. Ci svegliammo, e mentre lui si preparava, mi rendevo conto della realtà della situazione. Stava andando via, per davvero. Non l'avrei visto per un tempo indefinito. Ancora una volta volevo morire. Poi lui si girava, mi gaurdava, e mi sentivo di nuovo in pace. Peccato solo che di lì a qualche ora non avrei avuto più il suo sguardo a tranquillizzarmi. Raggiunsi l'aeroporto come in trance. Lo baciai, avanti il terminal, consapevole che quello sarebbe stato il nostro ultimo bacio per chissà quanto. E poi lo vidi andar via. 
Solo quando l'aereo decollò, quando fui sicura che lui non sarebbe sceso, che non avrebbe potuto vedermi, piansi. E in quel momento, l'abbraccio di Luz era l'unica cosa che mi consolava.


Nota dell'autrice:
Non mi piaceva u.u Luz e Aleli sono amiche da quando erano piccolissime, mi stava iniziando a dispiacere. Luz incintaaaa uhuhuhuh.  Colpo di scena, lo so. E Lleca che parte..Spero vi sia piaciuto, e spero che siate in tanti a leggerlo, come al solito. Vi amo, per il modo in cui mi seguite, per i vostri complimenti e per tutto quello che fate per me.
Alla prossima, un bacio <3

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Capitolo 10
*** La Perdita. ***


Capitolo 10
 

«Signorina Ordoñez, può stare più attenta, per favore?» La professoressa Gonzales mi guardava con un'espressione parecchio arrabbiata. «Capisco»  gracchiò, seccata «Che è il primo giorno dopo il ritorno dalle vacanze di Natale, ma PRETENDO che durante la mia ora non ci si distragga, avete capito tutti?» Che persona odiosa. 
Il cellulare nella mia tasca iniziò a vibrare. Lo cacciai, tentando - e riuscendoci, inaspettatamente - di non farmi vedere. Un messaggio di Lleca 'Buongiorno, amore mio'. Sorrisi. Oriana, nel posto di fianco al mio, mi guardò interrogativa. La mia amica aveva passato tutte le vacanze lontana, in un posto isolatissimo, e quindi non avevamo parlato, nemmeno per telefono. Senza pensare a questo, risposi alla sua domanda silenziosa: 
«E' Lleca che mi manda il buongiorno.» Lei mi guardò, stupita. «Abitate insieme e ti manda il buongiorno?» Ed in quel momento mi ricordai che non le avevo detto niente. «E' in Spagna.» sussurrai. «RAMUNDO, ORDOñEZ, VOLETE RENDERCI PARTECIPI DELLA VOSTRA CONVERSAZIONE?» Arrossendo, scossi la testa. «Ti racconto dopo..» Dissi, sottovoce, alla mia amica, prima di riprendere a far finta di seguire la lezione.
La campanella della prima ora ci salvò dalla tortura che era ascoltare la Gonzales che parlava. Raccontai, in breve, la storia ad Oriana, mentre anche Micaela e Camila si accalcavano per ascoltare i particolari che non ero riuscita a dire loro. 
«Però per ora si sta comportanto be...» Le mie parole furono coperte dalla sirena di un'ambulanza. Niente di strano, capitava che a scuola qualcuno avesse uno svenimento, o qualcosa di simile. Ma ovviamente la curiosità iniziò a divorarci. 
«NON VI AZZARDATE AD USCIRE DA QUESTA CLASSE!» Urlò la vicepreside facendo irruzione e placando la folla che si stava accalcando avanti la porta. «Non sono affari vostri, restate qui, la vostra professoressa arriverà tra poco.» Ci sedemmo, e continuammo a chiacchierare, mentre il pensiero dell'ambulanza spariva. In effetti, quando entrò la professoressa Montez, mi ero già dimenticata di tutto. Ovvio, finché non bussarono alla porta e la bidella fece il mio nome.
«Uscita anticipata per Ordoñez Aleli, in fretta.» Ma ancora non avevo collegato, in effetti. Preparai le mie cose ed uscii confusa dalla classe, trovandomi avanti un Monito e un Cristobal forse più spaesati di me. E, a poca distanza, una nervosissima Malvina. «Malvi!» Esclamai «Cosa è successo?» Lei ci guardò, incerta se dirlo o no. «Luz è..è caduta dalle scale e..Ora è in ospedale...Dovete venire!».  Chiunque guardassi aveva uno sguardo preoccupato ma il mio...Il mio era di puro terrore. Perché sapevo benissimo che tra di noi, io ero l'unica che riuscisse a collegare le parole 'caduta' e 'bambino'. Ero l'unica a conoscere il segreto di Luz, l'unica a sapere cosa potesse veramente significare quella situazione.
Arrivammo in ospedale, non volevano lasciarci entrare. Cris strillava, in preda ad una crisi di nervi. 
«Tranquilli..» Diceva Malvina, probabilmente più agitata di noi «Ci sono Nico, Tina e Cielo, con lei.» Poi andò via, lasciandoci lì. Paz, Hope e Juan erano soli a casa, doveva tornare da loro. Dopo un po', vedemmo Nicolas uscire dalla stanza. Aveva un'espressione che non faceva presagire nulla di buono. Sembrava la morte in persona. «Come sta!?» Cristobal era fuori di testa, urlava, senza nemmeno rendersene conto, forse. «Sta..Sta..Sta bene...Si è svegliata, ed è fuori pericolo.» Tirammo un sospiro di sollievo. «Possiamo vederla?» Chiese Monito. Nicolas annuì. «Sì ma..ma tra un po'. Prima vuole vedere te, Aleli.» 'Ti prego, fà che non sia successo quello che penso'. 
Entrai. Luz era sveglia, e piangeva. Sapevo già cosa stava per dirmi, ma non volevo sentirlo. 
«Il..Il mio bambino, Aleli...L'ho..L'ho perso, non c'è più!» Non sapevo cosa dirle. L'abbracciai, mentre lei piangeva. Poco dopo entrò Cristobal. Seppi poi da Nico che Luz gli aveva dato il permesso di raccontare tutto. Io uscii per lasciarli soli, ma non riuscii a trattenermi, e rimasi ad ascoltare. «Era...Mio?» Chiedeva Cris, tremando. Lei gli avrebbe detto di sì, ovvio. Ormai suo figlio non c'era più, non si poteva dimostrare niente. Non aveva niente da perdere. Ma, inaspettatamente, la sentii balbettare: «Non...Non  lo so...» Poi il silenzio. Aprii leggermente la porta, ed i due si stavano abbracciando. Sorrisi, tra le lacrime che avevano iniziato a scendere anche sulle mie guance. Poi presi il telefono, e feci il numero. L'apparecchio squillò varie volte, ma Lleca non rispose. Poteva andare peggio?
Justina piangeva, continuando a ripetere 'La mia bambina, la mia bambina..', Cielo era pensierosa. Sapeva cosa si provava a perdere un bambino, anche se poi lei Paz non l'aveva persa, quindi era stata ricompensata. Luz invece no. Luz non avrebbe mai riavuto suo figlio, non avrebbe mai riempito quel vuoto. Nemmeno con l'amore di Cristobal che, lo sapevo, stava tornando da lei. Monito si era già fatto rispiegare tre volte la storia, visto che non l'aveva capita bene. 
Piano piano, la vita nella Casa Magica riprese. Era passato un mese, Luz si riprendeva gradualmente dalla perdita, e Cris le stava vicino in tutti i modi possibili. Erano tornati insieme. E non sarei potuta essere più contenta per loro. Monito - o Mateo, visto che da un po' pretendeva di farsi chiamare con il suo vero nome -, si era fidanzato. Una matta, decisamente, a stare con un tipo come il mio amico, ma se loro erano contenti nulla da dire. 
Insomma, ero tra Cris e Luz e Monito e Viviana, così felici, così innamorati, ed io così...Strana. Lleca continuava a farsi 'sentire' per messaggio tutti i giorni, ma le telefonate si facevano sempre più sporadiche, e quando parlavamo lo sentivo distante. 'Sono solo i tuoi film mentali, scema..' mi dicevo. Ma sapevo anche che non era così. Cami e Mica mi suggerivano di lasciarlo, Ori di parlargli direttamente. Ma non sapevo se ce l'avrei fatta. Anche perché non poteva finire così. Non avrei buttato all'aria il risultato di otto anni di sofferenza. No, mi dicevo, io non avrei perso Lleca.


Nota dell'autrice:
Breve?
Vi ho fatto rimanere male, lo so çwç .. Ho riflettuto. Il bambino di Luz era un particolare che mi serviva per far fare pace a lei e Aleli, ma non mi serviva nella storia (Okkei sembra brutto dirlo, ma capite D:), e non ce la vedevo nemmeno, lei con un figlio. 
Per farvi felici vi dico che, se avessi deciso di farlo nascere, sarebbe stato di Cris. Spero di consolarvi almeno un po', con questo. Capitolo che con gli Aleca c'entra poco, ma vabbè xDD Alla prossima, Vi amo ! <3

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Capitolo 11
*** La Sorpresa. ***


Capitolo 11


Anche febbraio, marzo, aprile, maggio, passarono. Lenti, mentre io vivevo una storia d'amore senza viverla. Mentre avevo tutto quello che avevo sempre voluto senza averlo. E non ci potevo credere. Non potevo credere di aver lottato tanto, di aver sperato tanto, per poi ridurmi ad una storia che storia non era. 
Il telefono che squillava mi fece sobbalzare 
«Pronto?» «Hei amore mio...Tutto bene?» Eppure ogni volta sentirlo mi mandava in tilt, e non riuscivo più a connettere. «Sìsì...Tu, invece? Novità?» «Qui tutto bene, nessuna novità per ora...Senti, ora devo andare, volevo farti giusto un saluto..Ti amo..» E attaccò. Senza nemmeno darmi il tempo di salutarlo, o altro. Sapevo che era impegnato a realizzare il suo sogno. Io ... Beh, io avevo appena superato gli esami di maturità,  mi ero diplomata, avevo un'auto, e stavo anche pensando di andare a vivere per conto mio, anche se lasciare la Casa Magica era un passo difficile.
Quel giorno ero andata a fare un giro per Buenos Aires. Faceva caldo, molto. I miei amici avevano organizzato una gita al mare, nella casa di Viviana. Avevano anche tentato di non escludermi, che dolci! Ma non ci tenevo a passare il week end in mezzo a delle coppiette che si sbaciucchiavano, ed io da sola a farmi ricordare dai loro gesti quanto fosse deprimente la mia situazione. Insomma, stavo camminando - non mi piaceva usare la macchina - quando mi scontrai con Bautista, che usciva da un negozio di dolci. 
«Bauti..» Sorrisi «Tutto bene?» «Benissimo..» mi rispose lui, aprendo il sacchetto che aveva in mano e dandomi una caramella all'arancia. La mia preferita. Lo ringraziai, e ci mettemmo a parlare.
Gli chiesi come fossero andati gli esami, che progetti avesse per il futuro. Parlammo veramente molto, con lui mi sentivo a mio agio. E mi dispiaceva molto non poter tenere a lui nel modo in cui lui teneva a me. Dopo due ore circa, e parecchi giri intorno allo stesso edificio, ci salutammo. Con un gesto automatico cacciai il cellulare: Ormai lo controllavo ogni momento. Ed infatti c'era un messaggio. Lo aprii.
'Ho una bella sorpresa per te, ma ti toccherà aspettare' Le sorprese di Lleca mi emozionavano ed inquietavano allo stesso tempo. Perché bella sorpresa per lui poteva anche voler dire 'Resterò in Spagna tutta la vita, non è meraviglioso?'. Insomma, aveva uno strano concetto di bello e brutto. Arrivai a casa. Era bello averla quasi tutta per me. Nico e Cielo portavano spesso Paz ed Esperanza al parco giochi, e quando non lo facevano le bambine erano con Ciro e Malvina, e i miei tutori andavano un po' in giro. Justina, per quanto l'età spesso le rendesse le cose difficili, andava con loro, sempre. Non voleva lasciare Juan da solo nemmeno un momento, anche se era sotto la supervisione di Nico e Cielo o, cosa ancor più preoccupante, sotto quella di Malvina.
In quel momento, comunque, la casa era deserta. Misi un po' di musica, mentre preparavo la cena. Le bambine avrebbero passato la sera a casa di Malvi, e Cielo e Nico non sapevo se sarebbero tornati, ma Justina e Juan stavano per arrivare a casa. Preparai per cinque, dicendomi che, comunque, un po' di cibo in più non avrebbe guastato. 
Passai una delle solite serate in famiglia, giocai con Juan, mentre Justina ci guardava - controllava, più che altro. I miei tutori avevano chiamato per avvertire che non sarebbero tornati per cena, quindi fu una sera abbastanza tranquilla. Lleca non chiamò. Ed io sapevo benissimo che la sera non aveva nessun allenamento. Ma, beh, forse aveva altro da fare. Qualsiasi cosa, insomma. In fondo, tutto era più importante di me. Ma se Lleca faceva spesso stupidaggini, bisogna dire che sapeva farsi perdonare.


La mattina seguente mi svegliai con il cellulare che suonava - d'estate non usavo la vibrazione. Stropicciandomi gli occhi, risposi con voce assonnat«Mh..Chi è?» «Sono io, amore..Pronta per la sorpresa?» Certo. Le otto del mattino non erano un orario perfetto per una sorpresa, ma sempre meglio di niente. «Certo...Quale sarebbe?» Lo sentii ridere piano, e aspettò un minuto, prima di rispondere, tanto che pensai fosse caduta la linea «Lleca...Sei ancora lì?» «Sì, sì, sono qui...Allora. Vediamo..Come posso dirtelo? Ecco. Diciamo che ti voglio fare un regalo per aver superato gli esami con voti tanto altri..» Sorrisi «E quale sarebbe, Benitez?» «Un viaggio. Qui. Ti va di venire a passare l'estate in Spagna?» Mi trattenni per non strillare. Le vacanze estive in Spagna? Con lui? Ci poteva essere qualcosa di più meraviglioso? «Certo che mi va!» Lui rise. «Il tuo volo è per domani e...Ci vediamo presto, amore mio..» 
Non ci potevo credere, avrei passato un'estate stupenda, lo sapevo! In un momento tutti i mesi passati senza di lui, tutti i mesi in cui non si era fatto sentire, sparirono. Importavamo solo io e lui, e Dio solo sapeva quanto avevo sperato di poterlo rivedere, in fondo, presto. Perché erano passati meno di sei mesi, ed io potevo già riabbracciarlo! Corsi subito a dirlo a Nico e Cielo, bussando prima di entrare in camera, per non ricevere brutte sorprese. Fortunatamente erano già svegli e - cosa più importante - vestiti. Loro mi dissero di sapere già tutto, e che Lleca aveva mandato a loro il biglietto già una settimana prima.
Quindi ora non mi rimanevano che le valige da fare. E poi dovevo solo partire per le vacanze più belle della mia vita.


Nota dell'autrice:
Non so nemmeno io che mi prende. Zero ispirazione e capitoli brevi. Vi chiedo scusa, ma non volevo farvi aspettare così tanto, e vi ho già lasciati troppo senza nessun capitolo, ed anche io non sapevo cosa fare senza scrivere su loro due, sono diventati troppo importanti per me, ora. 
Spero vi sia piaciuto, e spero di non farvi aspettare troppo per il prossimo.. Un bacio, e grazie a tutti <3

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Capitolo 12
*** Spagna. ***


Capitolo 12
 

«Si pregano i passeggeri di allacciare le cinture, l'aereo sta per atterrare.» Il mio cuore mancò un battito: Pochi minuti e l'avrei rivisto, pochi minuti e sarei stata di nuovo tra le sue braccia. L'aereo atterrò, e mi affrettai a scendere per recuperare i bagagli. Ci volle un po' perché la mia valigia arrivasse, ed in quei momenti non feci che guardarmi intorno cercando Lleca, ma non riuscii a vederlo. 'Ti prego, fà che si sia ricordato di venirmi a prendere'. «Aleli!» Sentii, nel momento in cui allungavo la mano per afferrare la mia valigia rossa, con il borsone attaccato vicino - non volevo rischiare che scendessero sul nastro separatamente. Mi girai di botto, e lo vidi.
Si era abbronzato, parecchio. I suoi capelli erano più biondi del solito, e i suoi occhi più brillanti, ma forse era solo una mia impressione, visto che ero tanto contenta di vederlo. Feci una corsa, e gli saltai in braccio, mollando la valigia ai suoi piedi. Lui mi prese e mi fece fare una piroetta in aria. Non mi ero mai sentita tanto felice come tra le sue braccia.

«Non hai idea di quanto mi sei mancato!» «Anche tu piccola, tanto...» Mi abbracciava e mi baciava come forse non aveva mai fatto, non riuscivo a staccarmi da lui, mi dimenticai di respirare, tanta era la voglia di baciarlo, di assaporarlo. Sei mesi senza lui erano troppi, e il mio bisogno di lui era cresciuto a dismisura. «Ti amo..» sussurrai contro le sue labbra. Lo sentii sorridere «Anche io..» Anche, sapeva solo dire anche. Avrei voluto chiedergli spiegazioni per il suo comportamento di quei mesi, così distante. Ma non m'importava più, ad un tratto.
Mi staccai dopo un tempo interminabile, e recuperai la mia valigia. 
«Allora, dove andiamo?» Il suo sorriso si spense, improvvisamente. «Ho detto qualcosa di sbagliato, amore?» Scosse la testa «No è che..Io ho..Gli allenamenti, sai? Ma..Ti lascio con mia mamma, e ci vediamo stasera.» Oh. Annuii, senza sapere che altro fare. Certo, era estate, ma i suoi impegni rimanevano. Ed io mi sarei divertita con Mercedes, anche se avrei preferito stare sola con lui.
«Perfetto..Come sta Mercedes?» Sembrava felice che m'interessassi a sua madre. Per parlare gli chiesi anche di Marcelo, degli allenamenti, delle persone che aveva conosciuto. Avevo voglia di scavare nella sua vita, di scoprire tutti i dettagli che mi ero persa nei sei mesi in cui eravamo stati lontani, ma la sua casa lì in Spagna era straordinariamente vicina all'aeroporto, ed arrivammo praticamente subito. «Piccola! Quanto sei cresciuta!» La porta non si era neanche aperta, che già Mercedes mi era addosso. Lei mi aveva lasciata quasi due anni prima, e di certo mi ricordava diversa. «Mercedes!» La abbracciai forte.
Quando ero bambina, e Lleca aveva ritrovato i suoi genitori, quella donna mi aveva fatto sperare tanto. Ho sempre saputo che mia mamma mi aveva abbandonata, ma c'era sempre la speranza. La speranza che lei tornasse, che la sua presenza si manifestasse realmente, e non solo attraverso quei regali che mandava, e puntualmente Rama rispediva indietro. 'Hai mai pensato di chiedere ad Aleli se li vuole o no, quei regali?' aveva detto Mar a Rama un giorno, vedendolo mandare tutto indietro. Ma io non volevo niente da quella donna, che in fondo non consideravo mia madre. 
La persona che mi aveva messa al mondo, tutto qui. Ma io e lei non avevamo nulla in comune. In realtà, sarei anche dovuta esserle grata: Se lei non mi avesse brutalmente abbandonata non sarei mai arrivata nella Casa Magica, non avrei conosciuto Luz, Cristobal, Monito. Non avrei conosciuto Lleca. Rama non avrebbe conosciuto Vale, non sarebbe mai nata Rose. La mia vita sarebbe stata molto diversa, magari in peggio. Ma non avrei mai avuto la sensazione di perdere qualcosa. Anche se non avessi mai conosciuto loro, avrei conosciuto altri. La mia vita sarebbe stata, comunque, piena. E con una madre. 
Ma ormai la mia vita era quella, e ne ero più che soddisfatta, nonostante in momenti come quello, mentre Mercedes mi stringeva come, appunto, una madre, sentissi la mancanza di qualcuno che si prendesse cura di me, e solo di me. Una cosa erano Nico e Cielo, che avevano dovuto badare, a loro tempo, a sedici di noi, e un'altra erano dei genitori veri, che pensavano solo ai loro figli. 
«Allora, raccontami splendore...Che mi dici di bello? Oh, sono così contenta che tu e Leòn stiate insieme! Ho sempre saputo che tu sei una persona fantastica, ed era ora che quel ragazzino mettesse la testa a posto. Tranquilla, eh, che ha fatto il bravo, in questi mesi!» Risi piano, mentre la donna dai capelli rossi iniziava a parlare a raffica, e Lleca mi stampava un bacio sulla fronte, uscendo.  Cercai di rispondere a tutte le domande di Mercedes, chiacchierammo un sacco. Mi chiese di aiutarla a preparare la cena. Mi sentivo felice, come se fossi a casa. Ed anche emozionata all'idea di passare così tanto tempo in quel posto così nuovo, con Lleca. 
Quando, la sera, i due 'uomini' di casa arrivarono, cenammo tutti insieme. Arrossii parecchie volte, durante quella cena, con le battutine e le allusioni di Mercedes e Marcelo. Poi arrivò il momento di andare a dormire. Notai Mercedes che chiamava Lleca: 
«Leòn,la brandina è pronta, puoi andare a dormire!» Guardai Lleca sorpresa «Dormi s'una brandina?» Lui si grattò la testa, arrossendo un po'. «Beh..» Sembrava nervoso «C'è solo la mia camera, oltre quella dei miei genitori, e...Beh, ci dormi tu.» Certo, me lo sarei dovuto aspettare. «Dai non scherzare, ci dormo io!» Sebbene l'idea di dormire nel letto di Lleca, dove probabilmente - nonostante Mercedes avesse sicuramente cambiato le lenzuola - c'era ancora il suo odore, mi allettasse, la scomodità non mi dava fastidio, e di certo non volevo rubare il letto al mio ragazzo.
«Pensi che ti permetterei di cedermi il letto?» Lui si era avvicinato accarezzandomi una guancia. No, non lo pensavo. Ma lo speravo. «Uff, come vuoi, Benitez!» Mi arresi «Ma...Dormi in camera con me, no?» Aggiunsi, maliziosa e speranzosa. «In realtà, signorina..» Rispose lui, iniziando a baciarmi sul collo «Non credo che i miei genitori ce lo permetterebbero» I brividi s'impossessarono della mia schiena, ed iniziai a tremare. Il solito effetto che mi faceva Lleca! E lui, ovviamente, rideva sempre di fronte a queste mie reazioni.
«Non dobbiamo per forza dirglielo, sai?» Lui mi guardò, come per capire se fossi seria. «Beh, allora se proprio dobbiamo infrangere le regole, possiamo anche dormire nello stesso letto» Questa volta fui io a fissarlo, ad occhi sgranati. «Non provocarmi, ragazzo!» Esclamai, non appena riuscii a recuperare l'uso della parola - cosa che non avvenne molto presto. «Vedi, Ale?» Rise lui, notando la mia rezione «Non possiamo..» Mi diede un bacio e uscì dalla camera. Mi svestii e mi misi il pigiama (Che poi in realtà ero più vestita prima, visto che dormivo con degli shorts ed una canotta), e poi mi infilai sotto le coperte. Anche durante l'estate, se non dormivo con almeno il lenzuolo non riuscivo a prendere sonno.
Alle tre di notte circa, nonostante avesse detto di no, Lleca entrò in camera. 
«Che ci fai qui?» Mormorai, ancora intontita dal sonno. «Mi sento solo di là, senza te.» Si infilò sotto le coperte con me, e mi abbracciò forte. Non successe nulla, ci addormentammo solo, stretti stretti.
La mattina dopo, quando aprii gli occhi, lui era ancora lì, a testimoniarmi che tutto quello che era successo non era solo un sogno. Lo guardai per qualche secondo, poi mi accoccolai contro il suo petto, e tornai a dormire.


Nota dell'autrice:


Questo capitolo mi è piaciuto *O* Con la lunghezza, come va? Dite che va bene? Avete visto? Non vi ho fatto aspettare nemmeno un po' ! Godetevi il capitolo, perché domani non penso di poter scrivere. Solo domani però, eh :3
Sentite, forse è un po' presto per far succedere qualcosa di più tra Lleca e Ale, anche se io - e spero anche voi - sto fremendo dalla voglia di vederli insieme sul serio *-------*
Comunque spero vi sia piaciuto. Vi amo, alla prossima, e grazie <3

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Capitolo 13
*** Prima Volta. ***


Capitolo 13
 

Era incredibile pensare che ero in Spagna da quasi un mese, ed avevo visto Lleca solo a cena e di notte. Che poi non che di notte l'avessi visto tanto, visto che dormivamo. Dormivamo, ci terrei a specificare. Beh, vero, a volte parlavamo, a volte ci baciavamo, ma nulla di più, e comunque solo per poco, visto che lui la mattina si svegliava presto. Era surreale pensare che Mercedes e Marcelo non se ne fossero accorti, ma in fondo sapevano che non facevamo niente. O almeno, spero lo sapessero. Ma un altro pensiero mi si affacciava nella mente: Magari per loro era normale, magari non ero la prima ragazza a dormire in quel letto.
Scossi la testa e scacciai quell'idea, perché quello era un giorno importante. Dopo un mese di vacanza, Lleca aveva una settimana libera. Sarebbe tornato dagli allenamenti per pranzo, e poi potevamo stare insieme, appiccicati, per sette lunghi giorni. Il campanello che suonava mi fece sussultare, provocando una risata divertita da parte di Mercedes. In effetti, ero piuttosto buffa. Mi ero preparata per uscire - Lleca mi aveva promesso di portarmi da qualche parte subito dopo aver mangiato - ed ero lì, seduta su quella sedia, solo ad aspettare lui. 

«Buongiorno...!» La chioma bionda di Lleca spuntò dalla porta, seguita da quella di Marcelo, che si fermò sulla porta a salutare la moglie, che era andata ad aprire. Il mio ragazzo, invece, venne vicino a me, che mi ero alzata in piedi, vedendolo. «Passata una buona giornata, piccola?» Il modo in cui lui mi chiamava piccola mi faceva emozionare, sempre. Mi faceva sentire speciale, se non pensavo a tutte le ragazze a cui, sicuramente, l'aveva detto prima di me. 
'Insomma, Aleli, vuoi smetterla di farti questi problemi?'. Era assurdo! Ogni volta che lui faceva un gesto carino, mi diceva una frase dolce, ogni volta che mi baciava o mi sfiorava il viso, mi ritrovavo a pensare al passato. Alle ragazze che aveva avuto, a quelle che avrebbe potuto avere in futuro, se si fosse stancato di me. 'Ma lui non si stancherà di te, d'accordo?'. Sapevo di essere l'amore della sua vita, come lui era il mio. Allora perché tante paranoie? 

«Certo amore, tu?» «Meravigliosa, anche se non sono riuscito a concentrarmi sugli allenamenti, pensavo solo a te.» E poi se ne usciva con frasi così, ed io mi dimenticavo di respirare. «Leòn, Aleli!» La voce di Mercedes ci fece girare «A mangiare, su. Così poi siete liberi di fare ciò che volete» Ci sedemmo a tavola, e mangiammo. Quando tutti ebbero finito, lui chiese il permesso di alzarci. «Allora, dove mi porti?» Fu la mia domanda, dopo che fummo usciti. Lui mi guardò e mi prese la mano. «Sorpresa, sii paziente.» Mi appoggiai a lui, ed iniziammo a camminare.
Con Lleca era tutto così misterioso, ogni volta. Ci trovavamo a Siviglia, e lui mi portò a visitare tutte le piazze più belle, le cattedrali, i monumenti. Mi raccontò la storia che lui, in quei sei mesi, aveva avuto modo di conoscere - Ancora non capisco QUANDO, visto che era sempre occupato con gli allenamenti. Mi portò a visitare delle bancarelle assolutamente meravigliose, dove mi comprò una collana stupenda. Camminammo tanto, tutto il giorno, e cenammo fuori. L'idea che ci restassero ancora sei giorni mi elettrizzava, nonostante il fatto che uno fosse già trascorso mi impediva di godere appieno di quella consapevolezza. Però, in fondo, eravamo solo ad inizio luglio. E lui avrebbe avuto tutto il mese di agosto libero, quindi non mi era andata poi così male.

«Se non torniamo a casa, stanotte?» La sua proposta, così improvvisa ed allettante, mi lasciò pietrificata. Cosa avrebbe implicato dirgli di sì? Sarebbe successo qualcosa? D'altro canto, dire no era fuori discussione, preferivo mille volte stare con lui fuori, che dormire nella camera di fianco a quella dei suoi genitori. Tuttavia non me la sentivo di accettare. «Ehmm...Non credo che i tuoi la prenderebbero bene.» «Ho il loro permesso.» Mi disse, lasciandomi interdetta. Non avevo più scuse, dovetti accettare. E mentre lui mi prendeva la mano e mi portava fuori dal ristorante, sentivo l'adrenalina salirmi in corpo. 
Arrivammo avanti un edificio 'Suites Murillo', lessi sull'insegna. Ne avevo sentito parlare, era un hotel costosissimo. 
«Amore, stai scherzando?» Gli chiesi, mentre mi trascinava dentro. «Solo il meglio per te» Sorrise lui, continuando a tenermi stretta la mano, anche mentre pagava il soggiorno per la notte. Quando entrammo in camera mi resi conto che aveva davvero esagerato. Quella non era una camera, era una casa vera a propria! E per dormirci entrambi, aveva speso tantissimo! Centottanta euro, che - se mi ero bene informata - coincidevano a circa settecentoventi pesos. Insomma, cifre da capogiro, che mi sembravano eccessive. In fondo, ero sempre io, Aleli. E non doveva far colpo su di me, come magari avrebbe fatto con qualcun'altra (Accidenti, ancora il pensiero di una possibile altra!).
«Sei sicuro non sia troppo?» Gli chiesi, avvicinandomi a quella che, ad occhio e croce, sembrava proprio una cassaforte. Lui rise, e mi si avvicinò, abbracciandomi da dietro e tenendomi per i fianchi. «Te l'ho detto Ale..» Mi sussurrò nell'orecchio «Niente per te è troppo.» Mi girai verso di lui e lo baciai, ma lui sembrava trattenuto. Lo guardai interrogativa. «Prima voglio spiegarti una cosa.» Senza nemmeno aspettare una mia risposta - non che ce ne sarebbe stata una, se lui avesse aspettato -, iniziò a parlare. «Ammetto che in questi mesi sono stato un po' distante, ma...Cioè, non volevo starti troppo addosso. So che è difficile essere lontani, e volevo che tu fossi libera di decidere se continuare o no, senza le mie pressioni e senza di me a confonderti. Perché tu sai che non è finita qui, vero? Tu sai che ci sarà dell'altro, che dovremmo ancora resistere, quando sarai andata via da qui?» Lo guardavo, e lo ascoltavo. Da un lato ero triste, nel rendermi conto che non era stata una mia impressione, che davvero era stato distaccato, mentre io ero ancora Buenos Aires. D'altro canto, le sue parole lasciavano trapelare tutto l'amore che provava per me. E quello nessuno poteva togliermelo. 
Se sapevo che sarebbe stato difficile? Sì, lo sapevo. Ma ero pronta a resistere per lui, per noi. 
«Lo so. E so anche che ti amo. Mi spiace per te, Benitez» gli dissi, ridendo «Ma non ti sarà tanto facile sbarazzarti di me.» Lui fece una faccia preoccupata, che si trasformò in una risata quando capì che scherzavo. Mi baciò e mi buttò sull'enorme letto - era largo due metri! - che c'era nella stanza, iniziando a farmi il solletico. Era un vizio, il suo! Dopo un po' si fermò, e restammo lì, a parlare, stesi sul letto. «Tu sai, vero, che non abbiamo il pigiama?» Gli dissi. Lui sorrise, maliziosamente. «Forse non ne avremmo bisogno.» Ridendo, gli diedi uno schiaffo piano sul braccio «No, dai, seriamente!» Lui annuì energicamente «Seriamente.» Sguardo storto da parte mia. Sbuffò e si diresse verso la porta «Nell'hotel c'è un negozio, vado a comprarlo» ed uscì. 
Tornò circa cinque minuti dopo, e mi lanciò un pigiama molto simile a quello che portavo a casa. 
«Avevo visto anche un babydoll, ma ho pensato che non avresti gradito, anche se a me avrebbe fatto molto piacere.» Disse, mentre mi dirigevo verso il bagno per cambiarmi «Ah, per una volta hai pensato qualcosa di giusto, qui c'è da festeggiare!» Lo presi  in giro, mentre mi cambiavo. Uscii poco dopo, e lui aveva già i pantaloni del pigiama addosso. Rimasi un momento incantata ad osservare il suo torace muscoloso. Poi mi resi conto che sarebbe rimasto così tutta la notte.
«Non hai intenzione di coprirti?» Dissi, alquanto in imbarazzo. «No, non ne ho intenzione» Mi rispose, prendendomi per un braccio e trascinandomi sul letto, dove lui era già seduto. Lo baciai, e sentii le sue mani percorrere i miei fianchi, lentamente, sfiorarmi piano per poi ritrarsi, quasi impaurite. Ma stranamente io non avevo più paura, non lo fermai. Continuammo per un po', mentre lui si faceva sempre più sicuro. «Ne sei convinta?» Mi disse, guardandomi negli occhi. Ed in quegli occhi vidi la conferma a tutte le mie certezze. «Con te mi sento al sicuro».
E mentre le sue mani e le sue labbra scivolavano sul mio corpo, io fui certa che non ci sarebbe mai potuto essere niente di meglio che stare con lui.


Nota dell'autrice:
Oddiosanto.Sono stata tipo mezz'ora solo sugli ultimi cinque righi. In fondo la storia è pur sempre a rating verde, e dovevo pensare a qualcosa che fosse un dico-nondico. Mi dispiace per chi voleva scene piccanti (?) :'D
Sentite, sapete che ci ho messo circa un'ora a cercare notizie su Siviglia e sui suoi alberghi? Ho scelto il più costoso che ho trovato. Avete scoperto perché Lleca è stato distante e..Che altro? Ah, già, una cosa di cui non ho parlato qualche capitolo fa. Come avete notato Aleli, nonostante abbia diciassette anni, ha già finito la scuola, perché in Argentina è così, e mi sono attenuta alla realtà. Per quanto riguarda, invece, i mesi, ho fatto un po' di confusione. Lì la scuola inizia a marzo e finisce a dicembre. Ma sarebbe stato troppo strano, per me, scrivere 'Era dicembre, e andavo al mare con il mio ragazzo', per fare un esempio, quindi ho lasciato i mesi italiani.
Altra cosa che cambia è il tempo. Essendo 'dicembre', in Spagna dovrebbe fare freddo. Non ho parlato del fatto che lì poteva fare caldo, ma comunque nel caso non penserò troppo a queste differenze e mi prenderò qualche 'licenza poetica'. Alla prossima, vi amo ! <3

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Capitolo 14
*** Notizie Da Casa. ***


Capitolo 14
 

«Dormito bene, principessa?» Mi misi seduta, coprendo il mio corpo ancora svestito con il lenzuolo, e mi stropicciai gli occhi con l'altra mano. Lleca era avanti a me con - Dio, uccidimi in questo momento - addosso solo i jeans. Evidentemente non aveva capito l'effetto che mi faceva vederlo a torso nudo. O forse, riflettei, l'aveva capito benissimo. In mano aveva un vassoio con quella che, evidentemente, era la colazione. Annuii, in risposta alla sua domanda, mentre lui mi poggiava il vassoio sulle gambe, e mi sfiorava la guancia destra con una mano, stampandomi un bacio sulla fronte. Non ero ancora riuscita a realizzare quello che era successo quella notte, ma in quel momento una successione di immagini mi attraversarono la mente, facendomi arrossire solo al pensiero. Eppure, non mi ero mai sentita meglio. 
Con un sorriso iniziai a mangiare quello che aveva portato - sufficiente a sfamare tutta la Casa Magica -, non riuscendo a smettere di guardarlo. Con riluttanza, dovetti ammettere a me stessa che in quel momento avevo una voglia matta di saltargli addosso, e che trattenermi era una delle cose più difficili che avessi mai dovuto fare. Mi era capitato lo stesso con i suoi baci: Dopo averli provati erano diventati una droga per me, la mia droga preferita.
«Che facciamo oggi?» Gli chiesi, cercando di tenere la mia voce su un tono più neutro possibile, cercando di non far trapelare la mia euforia, cercando di sembrare, per una volta, una persona normale. «Non so...» Rispose lui, apparentemente tranquillo. O forse lo era davvero. In fondo, mi dissi, dandomi della stupida, per lui non era di certo la prima volta. Ma nonostante i miei dubbi e le mie ansie mi rendessero nervosa, in quel momento non potei ignorare il cuore e la testa - per una volta parlavano con un unica voce - che mi dicevano che, se non ero stata la prima, ero stata la più importante, e sarei stata l'ultima, mi promisi.
«Ti porto al luna park?» Mi disse, alla fine. Io sorrisi «Hm, mi sembra una bella idea.» Lui mi guardò, come in attesa. 'Ecco' mi dissi, quando mi resi conto di cosa stava aspettando 'Ora arriva la parte imbarazzante'. «Ehmm..Io dovrei..Ecco..Vestirmi...» Dissi, balbettando e arrossendo. E lui che - ne ero certa - mi stava per rispondere 'E quindi? Vestiti', si rese conto del mio imbarazzo, ed uscì. Tirai un sospiro di sollievo, alzandomi dal letto e avvicinandomi alla porta. «Mi faccio la doccia amore, tu aspettami giù.» Dissi, alzando la voce, e sperando che lui mi avesse sentito. Poi mi fiondai sotto l'acqua lavandomi via, a malincuore, anche il suo profumo. Mi lavavo e con le mani sfioravo i punti della pelle che mi aveva sfiorato lui, ed allora rabbrividivo. Sperai solo che non sarebbe stato così ogni volta, perché sennò avrei potuto dire addio alla mia stabilità mentale.
Usii dalla doccia e mi preparai, mettendo dei vestiti comodi e pratici. Poi presi la porta e scesi le scale. Lui era seduto su un divano della hall, guardando la televisione. Diedi uno sguardo anch'io: Calcio. Risi, scuotendo la testa. Era incorreggibile! Mi avvicinai a lui, sorridendo, e dandogli un lieve bacio sulle labbra. 
«Andiamo?» «Andiamo, amore.» Mi rispose, ricambiando il bacio. Uscimmo, e passammo una splendida giornata al luna park. Giornata che, come quella precedente, finì troppo presto. 'Ancora cinque giorni', mi ripetevo mentalmente, mentre tornavamo alla casa dei suoi genitori. «Allora, come avete passato la notte?» Fu la domanda di Mercedes, non appena ci vide. La notte. Non 'Questi giorni', ma 'La notte'. Arrossii violentemente, mentre Lleca restava tranquillissimo e rispondeva a quella che, probabilmente, era la vera domanda della madre, e che la mia mente aveva perversamente travisato «Benissimo, l'hotel era meraviglioso, mà, anche se costoso..Ma non ho mai visto nulla di più spettacolare. Tranne Aleli, ovvio.» Lo disse con una tale semplicità che pensai quasi fosse vero.
Più passava la serata, più mi veniva voglia di lui, ancora. E sapevo benissimo che, con i suoi genitori in casa, non avremmo potuto fare un bel niente. O almeno credevo perché, quasi come fosse una cosa organizzata, quella sera Mercedes e Marcelo uscirono. 
«Toriamo tardi» fu il loro commento un istante prima di prendere la porta «Non ci aspettate alzati». Quella notte facemmo l'amore ancora una volta. Ma la mattina dopo, quando mi svegliai, lui non c'era. Al suo posto un biglietto 'Torno subito'. Sorrisi, e mi alzai, vestendomi in fretta - Non sia mai a Mercedes fosse venuto in mente di fare un'entrata improvvisa e mi avesse trovata senza nulla addosso nel letto del figlio.
Sentii il telefono che squillava. Era Luz. Non vedevo l'ora di raccontarle tutto! 
«Luz!» Strillai, senza darle il tempo di parlare. Me la immaginai fare la sua espressione infastidita che non avrei mai immaginato mi sarebbe mancata tanto, e portarsi una mano all'orecchio. «Siamo eccitate, eh?» Non s'immaginava quanto fosse vero. «Ti devo dire una cosa!» «Cosa?» Nonostante lei non potesse vedermi, arrossii automaticamente «Io e Lleca...Ecco...L'abbiamo fatto.» Questa volta fu lei a cacciare un urlo.
Strillammo per un po', sentendoci stupide come non mai. Ma ne avevamo bisogno. Poi ci calmammo. 
«E a te, con Cris, come va? Che sta succedendo alla Casa Magica?» La sentii ridere «Oh, beh, ti stai perdendo parecchie cose. Io e Cris il solito, Monito sembra fare sul serio con Viviana, sai? E poi Nicolas parla di..Boh. Una scuola, vorrebbe aprire, e sfrattarci tutti. Tu credi possa farlo?» Una scuola alla Casa Magica? Mi venne da ridere solo a pensarci: Era un'idea che non poteva andare in porto! E poi quella era casa nostra. «No, Luz, non credo possa farlo. Rama è passato? Rose come sta?» «Sta bene, sta bene. Ma ha chiesto di te.» Tra le persone che mi mancavano di più c'era la mia nipotina «Ahah, perché, ora sa anche chiedere di qualcuno?» Esclamai, sorpresa. «Beh, continua a ripetere 'Ia Aei', che nella sua lingua credo equivalga a 'Zia Aleli'. Quindi sì, chiede di te.» Chiacchierammo ancora un po', io e Luz, poi Lleca tornò, e fui costretta ad attaccare.
Mentre parlavo con lui - quel giorno avevamo deciso di restare a casa - mi tornarono alla mente le parole della mia amica: Una scuola nella Casa Magica. Mandare via noi. Ridicolo! E poi, dove saremmo potuti andare?


Nota dell'autrice:


L'inizio di questo capitolo mi provoca un forte autocompiacimento, sapete?
Mi è piaciuto particolarmente. Come avete notato ci sono dei primi accenni di Mandalay, e credo che la maggior parte di voi abbia già intuito cosa questo voglia dire, specie considerando l'ultima domanda di Aleli 'E poi, dove saremmo potuti andare?'. Forza, fate lavorare la testa.
Con questo quattordicesimo capitolo stabilisco il mio record di storia più lunga mai scritta!
A domani, bella gente, e grazie delle quarantaquattro (QUARANTAQUATTRO! *O*) recensioni totali.
Un bacio, alla prossima <3

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Capitolo 15
*** Ritorno. ***


Capitolo 15
 

«Non voglio che tu vada via» Era il trenta agosto, ed io stavo preparando la valigia. Avevo un groppo alla gola, nemmeno io volevo andarmene, nemmeno io volevo lasciarlo. Ma era ora, dovevo tornare alla mia vita, alla Casa Magica. Lui doveva tornare ai suoi allenamenti - che aveva sospeso per un mese - e noi..E noi dovevamo separarci. «Ho forse scelta?» Sapevo quello che stava per dirmi, quello che non aveva fatto altro che dirmi durante l'ultimo mese. «Certo che ce l'hai. Puoi restare qui con me.» Ma come? Mi sarebbe piaciuto tantissimo, e lui lo sapeva. Dirgli di no era difficile. Sapeva anche questo. Ma c'era la mia famiglia, in Argentina. C'era mio fratello. 
«Lo sai benissimo anche tu che non posso. Rama, Rose...» «Loro staranno bene. Si abitueranno.» Mi faceva male, sentirlo parlare così. Avrei rinunciato a qualunque cosa per lui, ma alla mia famiglia no. Non alla persona che mi aveva cresciuto. Non a mia nipote, che amavo con tutta me stessa. Non a farle da baby sitter, a sorbirmi i pianti, a giocare con lei. Questo non potevo lasciarlo.
«Ci vedremo presto, amore...Te lo prometto.» Mi alzai sulle punte per dargli l'ennesimo bacio, che suonava tanto come un addio. Eppure, mancava ancora un giorno alla mia partenza. Lui seguiva tutti i miei passi, non mi lasciava nemmeno un momento. «Non dimenticarmi mentre sarai lontana.» Più o meno le stesse parole che gli avevo detto prima che partisse. Possibile che i ruoli si fossero invertiti fino a quel punto? Non sapevo nemmeno come rassicurarlo. Come poteva anche solo pensare che io potessi dimenticarlo? «Credi davvero sia possibile?» Lui sorrise, rassicurato. «No, ma promettilo lo stesso.» Mi avvicinai a lui, e gli misi le braccia attorno al collo, sollevandomi sulle punte e avvicinando le mie labbra alle sue. 
Senza che nemmeno me ne accorgessi, eravamo sdraiati sul letto, e le sue mani percorrevano il bordo della mia t-shirt. Mi misi a ridere, cercando di liberare la mia bocca per poter parlare. Quando ci riuscii, ero già senza magliette. 
«Lleca! Sto facendo le valige!» Continuavo a ridere, mentre lui si alzava e mi lasciava libera di rivestirmi, sbuffando. «E' il nostro ultimo giorno insieme. Non dovresti passarlo a fare le valige.» Gli lanciai uno sguardo perplesso, mentre mi infilavo la maglia «Beh, non sarebbe successo se qualcuno non mi avesse detto per tutta la settimana 'Dai amore, c'è tempo. Le farai domani le valige'. E visto che un domani non c'è, adesso,  mi tocca farle oggi.» Lui sorrise, avvicinandosi di nuovo a me. «Non dovresti ascoltare chi ti da questi consigli..» Stetti al gioco, allontanandomi però, per non rischiare di trovarmi di nuovo mezza nuda. «Lo so, non dovrei. Ma il ragazzo che me li dà è troppo bello per non ascoltarlo.»
Lui rise, poi si ricordò di quello che era accaduto una manciata di minuti prima. 
«Mi dici che ti è successo?» Mi chiese, sorpreso «Fino ad un mese fa non avresti resistito, non saresti mai riuscita a fermarmi.» In effetti, fino ad un mese fa, sarei anche arrossita per una frase del genere. Ma dopo una vacanza con lui mi potevo considerare quasi immune. «Sorpreso, eh?» Gli feci l'occhiolino «Mi spiace per te Benitez, ma le persone cambiano.» I suoi occhi si dilatarono, facendomi ridere. Poi mi si ributtò addosso, mentre scalciavo per liberarmi, ed  iniziò a mordermi il collo. Attirata dal fracasso, entrò Mercedes. «Insomma, si può sapere che succede qui?» Non potevo biasimarla per la sua sorpresa. Sapeva benissimo quello che succedeva praticamente ogni notte nella stanza di Lleca, ma almeno di giorno facevamo i bravi. E la situazione si poteva facilmente fraintendere, con lui sopra di me sul letto.
«Succede che tuo figlio sta tentando di uccidermi!» Strillai, continuando a ridere. Ormai avevo preso confidenza con Mercedes, e le davo del tu. Quando lei si accorse che non stavamo facendo niente di male, si unì al nostro coro di risate. «Leòn, potresti lasciare libera la tua ragazza?» A malincuore lui si alzò, mentre io tentavo di riprendermi dalla crisi isterica che mi era venuta. Ovviamente senza successo. Ridevo e non riuscivo a fermarmi. Ma dopo due mesi insieme, ormai loro ci erano abituati.  Ci vollero circa tre minuti prima che mi calmassi, poi tornai a fare le valige. Man mano che il tempo passava, mi rendevo conto che stavo per lasciare Lleca un'altra volta.
La mattina dopo, quando la sveglia suonò, avevo ancora sonno. In effetti, non avevo dormito molto, complici anche Mercedes e Marcelo che avevano deciso di uscire per lasciarci soli. Lleca, evidentemente stanco anche lui, la colpì ripetutamente finché non si spense. Ma io sapevo che non potevo perdere tempo. Mi alzai dal letto, e sentii lui che mugolava 
«Dai amore, aspetta...» Gli diedi un bacio sulla guancia e mi fiondai nel bagno, che Lleca aveva in camera. Feci la doccia - niente shampoo, non c'era tempo - ed uscii. Lui era ancora a letto. Tipico. «Lleca, non mi accompagni all'aeroporto?» Sapevo che, anche se avesse dormito altre due ore, ce l'avrebbe fatta in tempo. Ma i suoi genitori stavano per tornare, e avrei preferito non lo trovassero senza vestiti. La mia frase servì a farlo svegliare. Si alzò e andò in bagno, lentamente. Io mi vestii.
Mentre lo facevo arrivarono Marcelo e Mercedes. Bussarono. 
«Un momento, mi sto vestendo.» Dissi, senza rendermi conto del fatto che la frase poteva sembrare ambigua. Quindi feci più in fretta possibile ed uscii. «Eccomi qui. Lleca è andato a lavarsi.» Nonostante sapessi che loro non amavano sentir chiamare 'Lleca' il figlio,  non riuscivo a trattenermi. Per me Leòn non esisteva, e loro lo capivano. Oh, che persone adorabili.
Mentre facevamo colazione, il mio ragazzo uscì dalla stanza, facendo finire le nostre chiacchiere sul fatto che, probabilmente, si era addormentato nella doccia. Il tempo passò in fretta, e dovevamo sbrigarci. Andammo all'aeroporto. 
«Ci mancherai, Aleli. E' stato bello averti qui, la nostra casa è e sarà sempre aperta per te.» Mi abbracciarono entrambi, e poi si diressero verso il bar. Volevano lasciarci da soli.
Mentre una lacrima attraversava il mio viso, mi ricordai di aver promesso a me stessa di non piangere. Lleca non disse nulla, mi prese solo la mano e mi attirò verso di lui, tenendomi stretta al suo petto. Mi sentivo malissimo, ora che la cosa era reale. 
«Tornerò presto. E anche tu, appena puoi, vienimi a trovare.» Gli dissi, tra i singhiozzi. «Shh..» Sussurrò lui, sollevandomi la testa con un dito e asciugandomi le lacrime. «Lo so, amore mio...» Mi diede un bacio. Poi una voce all'altroparlante chiamò il mio volo. «Devo...Credo che devo andare...» Lui annuì, tristemente. Mi diede un ultimo bacio e rimase lì, fermo, mentre io cercavo di costringere me stessa a lasciargli la mano. Quando finalmente ce la feci, cercai di muovere le gambe. Lo guardai per l'ultima volta. «Ti amo.» Gli dissi, sottovoce. «Ti amo.» Mi rispose lui. Poi andai via, cercando di bloccare il dolore nel petto.
Dormii quasi tutto il tempo, in aereo, e quando scesi mi sentivo un po' meglio. Presi il telefono. Un messaggio di Lleca 'Mi manchi', di soli venti minuti dopo essere salita sull'aereo. Sorrisi. E poi un altro, di Rama 'Sono fuori l'aeroporto, in auto, perché Rose strilla. Ti aspetto'. Solo l'idea di rivedere mio fratello e mia nipote servì a restituirmi una relativa allegria. Presi i miei bagagli e corsi fuori. Rama era fuori la macchina, con in braccio una bambina urlante. Accanto a lui Nicolas. Sorrisi, correndogli incontro. Perché quando ero a casa, Lleca mi mancava un po' di meno.



Nota dell'autrice:


TADAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAN.
Spero vi sia piaciuto, bella gente, e scusate il ritardo.
Ale torna a casa, ma tranquilli, non resterà a lungo senza Lleca. Alla prossima (Che non posso garantirvi sarà presto, perché queste feste devo usarle per studiare, ma cercherò di trovare uno spazio per scrivere).
Un bacio, vi amo<3

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Capitolo 16
*** Fine - O inizio? ***


Capitolo 16
 

Non ci si rende conto di quanto manca qualcosa finché non la si perde, di solito. Io non mi ero resa conto di quanto casa mia mi mancasse finché non ci sono tornata. Tutto, lì dentro, era un frammento di me. Senza quella casa, che mi aveva dato tanto, io non sarei stata quella che ero. Senza quelle persone, che mi avevano salvata quando più ne avevo bisogno, probabilmente la mia vita sarebbe stata un disastro.
E' stato buffo il modo in cui io e Rama ci siamo trovati soli, ed è stato ancora più buffo il modo in cui poi abbiamo trovato una famiglia. La Casa Magica mi ha regalato Lleca, e a Rama ha dato Valeria e Rose. Quando sono entrata, mi stavano aspettando tutti, Luz per prima. Mi è saltata addosso e non si staccava più.
Io e Luz abbiamo avuto dei problemi, è vero. Ma una volta finita la scuola, con le amiche che credevamo insostituibili non ci si sente più. E so che, anche se percorrerò migliaia di chilometri, lei mi vorrà sempre bene. E' qualcosa che mi fa sentire tranquilla e appagata. Durante il viaggio in macchina avevo parlato molto con Rama e Nico, mentre giocavo con Rose, che avevano messo in braccio a me sul sedile posteriore. Cristobal e Monito, vedendomi, iniziarono a prendermi in giro. Ed intuii che Luz gli aveva detto qualcosa.

«Allora, Ale, ti sei divertita? Com'era la casa? Quante stanze c'erano? Avete dormito insieme?» Ogni domanda che facevano li portava sempre di più a quello che realmente volevano sapere. Decisi di rispondere con la verità, nulla di più. «Uh, certo. La stanza c'era solo la sua, ma i genitori l'avevano messo a dormire sulla brandina. A volte però di notte veniva da me, visto che stava scomodo.» Lo dissi con un sorriso così aperto che - ne ero certa - nessuno avrebbe potuto pensare nulla di male. In fondo ero sempre Aleli, la bimba ingenua e totalmente estranea al mondo. Solo Luz sapeva cosa era realmente successo. Solo lei, la mia migliore amica. Ed andava bene così.
I giorni passavano, senza molti cambiamenti. Io e Lleca ci sentivamo tutti i giorni a telefono. Era un gran miglioramento, se solo pensavo a come eravamo stati distanti fino a tre mesi prima, però dopo essere stata con lui per un'ntera estate, dopo averlo baciato, toccato, dopo averci fatto l'amore, non riuscivo a sopportare questa assurda lontananza.
Mi aveva promesso che sarebbe tornato per Natale, prima non poteva proprio. Dovetti rassegnarmi a passare il mio diciassettesimo compleanno senza di lui. 
Intanto nella Casa Magica c'erano stati dei cambiamenti. Anzi, si può dire che non esisteva nemmeno più una Casa Magica. Hope si era fatta bocciare di nuovo e Nicolas, al limite dell'esasperazione, aveva aperto una scuola. Una scuola a casa nostra. Non avrei mai creduto l'avrebbe fatto sul serio. E noi...Beh, noi ci eravamo ritrovati sfrattati per un po' di tempo, ma poi avevamo avuto l'onore - onore si fa per dire - di tornare a casa. C'era stata una ristrutturazione, e tutto era così diverso da come eravamo abituati a vederlo. Mandalay, si chiamava la scuola. Ma non era casa nostra.
Mi ritrovai a passare sempre più tempo a casa di Rama, spesso ci restavo a dormire, e guardavo Rose per lui e Vale. Intanto Natale arrivava, ed io non stavo più nella pelle. Anche se, mancando le stanze nella scuola in cui si era trasformata la Casa Magica, Lleca avrebbe dovuto alloggiare altrove. Con me, ovviamente. 

«Beh..» Vale mi fece l'occhiolino «Io e Rama abbiamo bisogno di una vacanza..Lasciamo Rose a Nico e Cielo, e a te lasciamo la casa libera. Ti va?» Io annuii, contenta, anche se Rama mi sembrava un po' meno entusiasta dell'idea. «E non passeremo il Natale tutti insieme?» Cercò di aggrapparsi a questa scusa, ma io e Vale sapevamo che aveva solo paura che la sua sorellina crescesse troppo in fretta. Mi sembrava passato così poco tempo, da quando mamma ci aveva abbandonati, e lui si era preso cura di me!
«Andiamo, amore, lasciamoli soli. E anche io e te ne abbiamo bisogno, sai?» Tanto che fece, Valeria lo convinse, e il ventitré dicembre i due partirono. Restai sola in casa poche ore, durante le quali mi diedi da fare, per preparare la cena e la casa - la camera da letto, più che altro. Non ci vedevamo da quattro mesi, e la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe sicuramente stata saltarmi addosso. Avevo preso in prestito uno dei vestiti di Vale, che lei non metteva mai e che aveva comprato, probabilmente, solo per provocare mio fratello.
Quando sentii qualcuno bussare alla porta ebbi un sussulto. Presi fiato e mi diressi verso essa, per aprirla. Non feci neanche in tempo a compiere questo gesto, che lui mi fu subito addosso, attaccato alle mie labbra. Gli portai le braccia attorno al collo, stringendolo dolcemente a me, e desiderando che quel momento non finisse mai. Il mio cuore batteva all'impazzata, sentivo che stava per scoppiare. 

«Ciao amore mio..» Sussurrò lui, tra un bacio e l'altro, come se non ci vedessimo da pochi minuti, invece che da mesi. «Sì, sì, ciao» Gli risposi, quasi impaziente, come se i saluti non fossero una parte importante. Inutile dire cosa successe dopo, fatto sta che cenammo con circa due ore di ritardo, e tutto ci sembrò molto più buono.
Parlammo parecchio, di come avevamo passato questo periodo. Ci eravamo sentiti a telefono ogni giorno, ma sentivamo comunque il bisogno di raccontarci tutto un'altra volta. Lui mi chiese di come andassero le cose alla Casa Magica - Mandalay, si corresse immediatamente. Gli risposi che quella di Nico era stata una bella idea, ma che per noi era difficile, visto che niente era più come eravamo abituati che fosse. 
«A volte..» Gli confidai «Non mi va nemmeno di tornarci. Ma, d'altro canto, non posso rompere in continuazione le scatole a Vale e mio fratello.»
Lui mi guardò negli occhi. 
«E non hai mai pensato di andartene?» Non riflettei nemmeno su quello che poteva voler dire la sua domanda, perché effettivamente non ci avevo mai pensato, semplicemente perché non era un'idea concepibile. Ma forse il punto era un altro. «E dove?» Chiesi, dunque, con tutta l'ingenuità del mondo. Infatti rimasi stupita sia da lui, sia da me stessa per non averci pensato, quando sentii la sua risposta. «In Spagna, con me.»
Fino a quattro mesi prima l'idea mi era sembrata assurda. Non potevo lasciare la mia casa, i miei amici. Ma...Anche se mi costava ammetterlo, in quel momento iniziai a pensarci seriamente. Nicolas e Cielo avevano il Mandalay, ora, che anche se era un posto fantastico, di certo non era più casa mia. Luz aveva Cristobal a farle compagnia, e non avrebbe sentito troppo la mia mancanza. Rama aveva una famiglia, e, anche se di certo avrebbe minacciato di spezzare le gambe a Lleca, sarebbe stato contento se lo fossi stata anche io. Persino Monito, adesso, aveva Viviana vicino. Ed io mi ero stufata di stare lontana da Lleca.

«Ci stai pensando?» Mi chiese lui, non sentendomi rispondere. In quel momento mi resi conto di essere stata un po' troppo tempo zitta. Sorrisi «Ci sto pensando».
Non ebbi da pensarci troppo. Al termine di quelle sue due settimane di vacanza, ero sicura che ci saremmo visti dopo nemmeno un mese. 
«Non troppo» Mi aveva detto, andandosene «Solo il tempo di trovare un posto per noi». Avevo solo diciassette anni, è vero. Ma non ero mai stata sicura di qualcuno come lo ero stata di Lleca, ed ero certa che andare a vivere con lui era la cosa migliore che potessi fare.

Ora sono in aereo, sto andando in Spagna. Il mondo sarà totalmente diverso, rispetto a quello che ho conosciuto finora. Mi aspetta una nuova vita, inizia una nuova avventura. E tra le tante persone che avrei potuto scegliere per condividerla, ho scelto quella migliore. Un ricordo mi parte nella testa, ed io non faccio nulla per fermarlo. 
E' di nove anni fa, io e mio fratello eravamo appena arrivati alla Fondazione. Mi giro, e vedo un ragazzino avanti a me, con dei capelli color del sole, e degli occhi bellissimi. Mi sorride. 
«Piacere, io sono Lleca» Per la prima volta qualcuno mi vede come Aleli, e non come 'Aleli la sorellina di Rama'. Per la prima volta qualcuno si rivolge veramente a me. Per la prima volta sono io a dire il mio nome, e non mio fratello al mio posto. «Io sono Aleli» Dico, quasi sussurrando. «Beh, Aleli, benvenuta alla Fondazione» Sorrido a quel ragazzino, che si è dimostrato tanto gentile con me. «Oh, ma io non rimarrò per molto tempo. Presto nostra mamma ci verrà a prendere» Ricordo di aver sperato, per la prima e forse unica volta in vita mia, che mia madre non tornasse. E' stato in quel momento che mi sono innamorata.
L'aereo atterra, vengo strappata via ai miei pensieri. Mi attardo un po', per prendere il mio bagaglio a mano che è rimasto incastrato. Scendo dall'aereo tra gli ultimi. Lui è già lì, con la mia valigia in mano e un sorriso a trentadue denti. Il mio cuore inizia a fare le capriole.
Faccio una corsa e lo abbraccio, fortissimo, cercando con le mie labbra le sue. E sono felice, perché so che niente e nessuno potrà mai separarci.


Nota dell'autrice:
E' finita.
Okkei, spero vi sia piaciuta. Questa storia, tra tutte quelle che ho scritto, è la più importante per me. L'ho iniziata quasi per gioco, vi dirò anche come. Io faccio un gioco di ruolo sui Teen Angels, dove sono Aleli. E la mia storia più importante - anche se è finita çWç - è stata con Lleca. E' stato grazie a questo gioco che mi sono affezionata alla coppia, e un finale felice per loro mi fa illudere anche per un possibile mio, anche se sono non ci sarà.
Beh, non rompo più. Grazie a chi c'è sempre stato.
Saphira96 , Marthiagojaznacho, Vitamina, Teenloveangels, e a tutto quelli che hanno aperto questa storia per caso, per semplice curiosità.
Ringrazio chi l'ha letta, chi l'ha messa tra le seguite, ricordate o preferite. Ringrazio voi che mi avete dato la forza di andare avanti, e mi avete resa felice e fiera di quello che scrivo.
Spero che questa storia vi abbia dato qualcosa, e spero che Aleli e Lleca rimarranno nel vostro cuore come rimarranno nel mio. Un bacio e ... Que Nos Volvamos A Ver! <3

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