In Vacanza con i MEREH

di Beads and Flowers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scegliere la Meta. ***
Capitolo 2: *** Scegliere un Buon Metodo di Trasporto. ***
Capitolo 3: *** Informarsi sulle Specialità Culinarie del Luogo. ***
Capitolo 4: *** Portarsi Dietro Abiti Idonei al Luogo Visitato. ***
Capitolo 5: *** Portarsi Dietro Molte Scorte di Acqua. ***
Capitolo 6: *** Imparare i Costumi Locali. ***
Capitolo 7: *** Visitare i Luoghi dei Propri Sogni. ***
Capitolo 8: *** Procurarsi degli Opuscoli Attendibili. ***
Capitolo 9: *** Partecipare alle Attività Proposte ai Campi Estivi. ***
Capitolo 10: *** Scrivere Numerose Cartoline. ***



Capitolo 1
*** Scegliere la Meta. ***


In Vacanza con i ME  R  EH


1) Scegliere la Meta

 
 

La bara venne fatta calare con estrema lentezza nella fossa. Tutt’ attorno, riecheggiavano i lamenti ed i gemiti dei cari alla morta. Erano in molti: ex- alunni e colleghi di scuola, innumerevoli donne di servizio, amiche ed amici ormai scordati da tempo. Tutti i loro pensieri erano rivolti alla morta:
 
Cara Franca, sei morta cercando di difendere i tuoi ideali.
Riposa in pace, dolce Franca. Preghiamo tutti per te.
Cara professoressa MarciaUrto, ti volevo bene, anche se eri un po’ severa.
Perchè?
Perchè, perchè?
Perchè sei dovuta morire?
Perchè ci hai lasciato?
Perchè non ci lasci  un segno?
Perchè sei morta prima  di poter vedere i tuoi sogni realizzati?
Perchè sei morta prima  di poter capire questo nostro mondo?
Prima di poter aiutare più persone bisognose?
Prima di potermi ridare i miei cento euro, stronza?
 
Tra tutti i suoi conoscenti, erano due le più appariscenti. Una sulla sedia a rotelle, vecchia, gobba, con i capelli grigi e gli occhi di fuoco. L’ altra, bella, giovane, alta, bionda, con un’ espressione amareggiata. La prima era senza dubbio la più seria, la seconda quella che versava più lacrime.
Dopo il funerale, tutti si ritrovarono a pranzo, a parlare della morta e delle sue gesta. Ma l’ argomento più piccante e discusso rimaneva la causa della sua morte. Infatti, perchè franca MarciaUrto non era morta ne’ di malattia ne’ di vecchiaia, bensì assassinata. Questo era stato confermato dai genitori degli alunni della scuola dove Franca svolgeva il ruolo di Preside, la TetraPack. Assassinati tutti: lei, i professori e le bidelle. Ma nessuno genitore sapeva dire chi, con precisione, fosse stato e perchè. Quest’ ignoranza era dovuta al fatto che gli alunni loro figli avevano formato un gigantesco muro umano, separando i genitori dalla scena di sangue. In molti tra i parenti sostenevano di aver udito all’ incirca sette voci, altri mille. Quest’ ultima opinione era senza dubbio più plausibile, in fondo come avrebbero fatto sette ragazzini a sterminare un personale formato da circa cinquanta adulti? Impossibile, no?
No?
“E INVECE SI’!”
Tutti i conoscenti della MarciaUrto si voltarono di scatto verso il tavolo del ristorante da cui proveniva quella voce acuta. La donna sulla sedia a rotelle stava sbattendo con insistenza i pugni sul tavolo, totalmente incurante della giovane ragazza che la stava implorando di femersi.
“Camilla... Camilla, ti prego...”
“NO! No, ora basta! Sono stufa, capito?! STUFA! Nessuno mi ascolata mai, quando parlo di loro.”
“Loro chi, nonnina?” le chiese un giovane fresco fresco di laurea. Camilla (il cui cognome era Rizzi) si alzò di scatto dalla sedia a rotelle e, marciando noncurante delle grida isteriche della bionda giovinetta, lo prese per il colletto e, guardandolo fisso negli occhi, disse:
“Credi in Dio, ragazzo?”
“B-be’... ecco... io... vede...”
“RISPONDIMI!”
“V-va bene, va bene! Sì, credo di credere nella credenza di un  Dio, ma questo ce c’ entra?”
“Hai presente Satana?”
“...Sì...”
“...Loro sono i suoi figli.” E con questo tornò a sedersi sulla sedia a rotelle. Tutti i presenti si stavano chiedendo come avesse fatto ad alzarsi e a sollevare il ragazzo per il colletto. L’ accompagnatrice della donna, invece, le mise la mano su di una spalla e mormorò, sottovoce:
“Camilla... Ora che Franca non c’ è più, io non so che fare... sono l’ ultima rimasta delle Tate, loro mi verrano di sicuro a prendere. Cosa credi che dovrei fare per salvarmi?”
“Non puoi. Li ritroverai comunque all’ inferno.”
La ragazza emise un gemito disperato.
“Quindi, per me non c’ è prorpio speranza?”
“L’ unica è scappare. Scappare, scappare finchè non giungerai in un luogo fuori dalla loro portata.”
“Mi stai consigliando di lasciare l’ Italia?”
“Sono solo una povera matta, ma è questa la mia opinione. Sta a te scegliere se seguirla o meno.”
“Sai, tutta questa situazione è matta. Sei l’ unica che può darmi un consiglio adatto.”
“Arianna AmorProprio, sei l’ unica che rispetti ancora dopo la sciolta delle Tate alla Riscossa. Voglio solo il tuo bene, e quindi il mio consiglio è solo uno: scappa.”
“...D’accordo. Ho un’ idea, giusto l’ alro giorno una mia amica mi ha offerto un viaggio attorno al mondo con la sua compagnia aerea, la compagnia ‘Ali di Carta’. E’ molto economica, mi costerà pochissimo.”
“Ottimo. In fondo, non hai molta scelta. O si muore o si scappa quando in mezzo ci sono i M.E.R.E.H.”
 
 
 
In quegli stessi identici istanti, da qualche parte nel Molise, nei pressi del villaggio CastoFiore. Il Maniero, nella sala da pranzo dei M.E.R.E.H.
 
“Raga’! Raga’! E’ arriavata ‘a posta!”
“COSA?! Brutto rapper schifoso, dammi subito le mie lettere, senza sbirciarle!”
“Nun te faccio promesse...”
“Roberta, lascialo... se gli sradichi un braccio non potrà porgermi il mio settimanale sul veleno.”
“Uff, OK. Senti’ un po’, non è che, conoscendoti, ti sei scordato di squartare il postino, vero?”
“Certo che no! Pe’ chi m’ hai preso?! L’ ho lasciato sul vialetto, perchè c’ era più posta del solito. Vedemo... ah, ecco ca’: Bummino, ca’ c’ è la polvere da sparo c’ avevi ordenato e... dovè Klara?”
“L’ ultima volta che l’ ho vista, stava intrecciando i capelli della bambola vodoo.”
“Ca’ c’ è ‘na lettera pe’ lei, da un certo... ‘n certo... ‘n certo うがい.”
“Da chi??!!”
“Da ‘n certo... うがい.”
“WTF??!! La smetti di reppeggiare, cazzo?!”
“Mica è colpa mia. ‘Sta lettera viene da ‘o Giappone.”
 
Eccomi qua! Nik, hai per caso detto Giappone?! Fa’ un po’ leggere... Oh miei Dei!
 
“Hai risolto questo sciocco ed inutile mistero che molto probabilmente ci condurrà a morte sicura? No, perchè spero sinceramente che tu ne sia venuta a capo.”
 
A dire il vero, sì. L’ ha scritta un mio caro amico,うがいをげっ.  *
 
“Ovvero?”
 
Un baldo giovanotto, il cui sogno era quello di divenire monaco shinto nell’ Hokkaido. Lo conobbi durante il mio viaggio attorno al mondo. A quanto pare è riuscito a realizzare il suo sogno, seppur molto giovane, e mi invita nel suo tempietto per qualche giornata.
 
“Forte. Io, invece, ho ca’ ‘na lettera dal Sud America. Me dicono che in un villaggio i miei commerci nun sono poi così fruttiferi.”
“Ma non avevi smesso di spacciare droga?”
“Ho cuntinuato solo in tre paesi, ‘o giuro!”
“Mpf! Almeno i mandarini-cocaina hanno molte vitamine.”
“Bummino... bum-bum.”
“Che c’ è, Bummino? Vuoi sapere cun esattezza ‘u se trova ‘o villaggio? Garda, è ‘o villaggio Terrón de Tierra.”**
“...BUM BUM!”
“...Ma che me’ stai ‘a prende’ pe’ ‘o culo!?”
“Bum...bum-bum!”
“...Cazzo...”
“Cosa?”
“Robe’, te ne parlo dopo, va bene?”
“Ehrm... OK. Io ce l’ ho della posta?”
“Si’, du’ lettere. ‘Na da Valeria e Federico.”
 
Persiste ancora nel tormentarti?!
 

“Purtroppo sì.  Dice di venirli a trovare in una specie di manicomio in Siberia... Ci farò un pensierino. E l’ altra, cosè?”
“Viene dalla Foresta Nera, in Africa... ma chi te conosce là, se sei solo ‘na brutta Metallara asociale?”
“L’ ACARO!”
“Appunto, nun te conosce nessuno. Giusto gl’ insetti magna-polvere.”
“Ma che hai capito, ignorante! L’ ACARO, ovvero l’  Associazione Cannibale Alternetivamente Rispettosa Ovunque.”
“Me posso permette’ de ditte ch’ è veramente un nome de merda?”
“No, permesso negato. Comunque, mi hanno invitato ad una specie di conferenza.”
“Forte! E Gabrie’, chesta ca’ è pe’ te!”
“Fa’ vedere... ah, già la mia rivista. Vediamo un po’.” mormorò Gabriele, sprofondando in un’ assorta lettura.
“C’ è qualche articolo interessante?”
“Uhmm... più o meno. Qui c’ è un articolo su di un veleno molto potente che si può trovare solo in Cina. Mi piacerebbe andarne alla ricerca. E a pagina 14 dicono che niente è più pericoloso del morso di un coccodrillo egiziano. Mi fa venire voglia di fare un viaggetto in Egitto, sapete?”
“Ragazzi, ho un’ idea. Sapete che ultimamente sono un po’ giù, a causa della morte di Mitruccio. Mi servirebbe una vacanza, perchè non cogliere la palla al balzo?”
“Perchè io odio le palle da cogliere al balzo. Sono così... così... rimbalzose!”
“Stai zitto, Gabriele, non vedi che sto cercando di fare un discorso cruciale per il corretto svolgimento della trama?! Dicevo, Nik deve andare in Sud America, io in Africa ed in Siberia, Gabriele vuole andare in Cina ed in Egitto e Klara è stata invitata in Giapone da quel suo amico. Risultato? Le principali fermate indispensabili per una vacanza attorno al mondo! Be’, veramente mancano New York e Parigi, ma credo che si possano aggiungere alla lista.”
“Per me va bene. Stando alla mia rivista, c’è il 12% delle possibilità che l’ aereo precipiti e che noi caschiamo sfracellandoci il cervello.”
 
Buona idea quella della vacanza. Mi piacerebbe rivedere i luoghi della mia prima vita da spirito racchiusa in una bambola di legno.
 
“Bhummm... Bum bum!”
“Sì, va bene anche pe’ mì. Robè, te posso parla’ n’ attimo in privato?”
“Certo, come no.”
Mentre Gabriele correva su a scegliere la compagnia aerea, Klara faceva le alige con il suo solito anticipo e Bummino faceva esplodere con molto e peculiare entusiasmo alcune micette nascoste nei cuscini, Roberta e Nik si riunirono nel salotto.
“Allora? Che cos’è tutto questo mistero?”
“E’ Bum-bum. E’ semplicemente entusiasta di andare al villaggio Terrón de Tierra.”
“Ho capito. Ma perchè?”
“...Perchè...” Nik era il campione delle pause drammatiche “...Perchè...”
“Nik, se non me lo dici entro tre secondi farò in modo che tu venga ricordato per sempre come Nik, il coglione senza coglioni.”
“OK, OK! Statte calmina, Robe’! Dicevo, è molto entusiasta perchè...”

BUM!

“...Cosa credi avrà distrutto, questa volta?”
“Me sembra sia ‘o tetto. Comunque, questo prova canto er picciotto sia eccitato: Terrón de Tierra è ‘o villaggio dove meglio vendevo, ma gli affari sono calati da quando è arrivata una missionaria che ha depistato i paesani.”
Roberta, che stava ammirando le tegole cadute nel giardino dal tetto ormai in pezzi, si girò di scatto verso di Nik, gli occhi sgranati.
“M-missionaria? Ma non sarà mica... non starai insinuando che...”
Nik annuì piano, rivolgendole uno sguardo preoccupato. Roberta non voleva crederci. Non era possibile che la missionaria fosse...
“Ti prego.” mormorò “Ti prego, dimmi che non è Linaria.”
Il rapper, scatenando la disperazione di Roberta, annuì.
 
 
Angolo dell’ Autrice:
Ziao! Dunque dunque dunque... per prima cosa, scusate il fantomatico ritardo, ma credo che ormai ci site abituati.
Secondo, come saprete, ogni anno a delle formiche femmine spuntano le ali ed è il segno che sono diventate adulte. Ma un formicaio ha deciso di eseguire il rito d’ iniziazione in casa nostra e mia madre, da brava sterminatrice qual è, le ha spruzzate tutte quante d’ insetticida. Non potete neanche immaginare quanto io sia depressa. E’ la cosa più disgustosa, pietosa e terribile che io abbia mai visto. Figuratevi, con uno scontrino ho sollevato le formiche che per miracolo si erano salvate e le ho portate in giardino, lontano dalla furia della mia genitrice. Ne ho salvate appena quindici su un migliaio. Vi chiederete cosa c’ entri questo con la storia, ed infatti non c’ entra proprio niente. Ma avevo bisogno di uno sfogo. Chiamare le mie compagne di classe, m’ avrebbero sbattuto in faccia il telefono gridando “FAI SCHIFO!!!”. Chiamare le mie migliori amiche, era troppo tardi, probabilmente stavano dormendo. I miei professori, non credo avrebbero apprezzato. In famiglia, sono tutti dalla parte della sterminatrice. Vi prego, non considerate le cose qui scritte, sono attualmente presa dallo sconforto che mi ha dato la vista di quei poveri corpicini contorti e straziati dal veleno... Dio, mi viene da piangere.
Terzo (questa è la terza saga, quindi questa è la terza notifica, mi pare logico) le notifiche!

*うがいをげっ: E’ giapponese, per chi non l’ avesse capito, si pronuncia U gai geppue letteralmente significa Ruttino Gargarismo.
** Terrón de Tierra: E’ spagnolo e vuol dire Zolla di Terra.
 

Infine, Terza Saga dei MEREH, Istruzioni per l’ Uso:
 

1.       Preparatevi a colossali ritardi.
2.       Preparatevi a risolvere tutti i vostri dubbi (fatemi sapere quali sono, magari con un messaggio o in un commentino).
3.       Alla fine della Saga ( e quindi di tutte le avventure dei MEREH :( ) vorrei fare un sondaggio sul vostro personaggio (o personaggi) preferito/i, ergo fatemi sapere quali sono! :)
4.       E, last but not least,
            Buone Vacanze A Tutti Voi!!!

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Capitolo 2
*** Scegliere un Buon Metodo di Trasporto. ***


2) Scegliere un Buon Metodo di Trasporto.

 
 
“Biglietti?”
“Ce l’ avemo.”
“Biancheria?”
“Ce l’ avemo.”
“Chiavi della casa e delle valige?”
“Ce l’ avemo.”
“Snack per il viaggio?”
“Robe’, me devi dare la lista. Certo che si’ proprio ‘na cretina degna della razza metal...”
“Ma vaffan****! Sei solo un rapper, figlio di un rapper, che a sua volta era figlio di un rapper, che a sua volta era figlio di un rapper, che a sua volta era figlio di un rapper, che a sua volta era figlio di un rapper, che a sua volta era figlio di un rapper, che a sua volta era figlio di un rapper, che a sua volta era figlio di un rapper, che a sua volta era figlio di un rapp-”
“E damme sta lista e basta!”
“Uff! OK, OK: pollici di prete?”
“Ce l’ avemo.”
“Involtini di unghie e capelli di fioraia?”
“Ce l’ avemo.”
“Corde vocali di zampognaro?”
“Ce l’ avemo.”
“Wrϋstel di Amish?”
“Ce l’ avemo.”
“OK. E adesso, abbiamo preso il carburante ecologico fatto in casa da Klara?”
“Dovemo usa’ proprio chello? Nun ce ‘o sai che cando lo usamo ‘namo lenti come ‘na ciammaruca*? Perchè nun lo scambiamo co’ carburante normale?”
“No. Sai che il camper hippy esplode se si usa un qualsiasi altro tipo di carburante. Non possiamo andarci con la Davison perchè ho paura che a lasciarla così a lungo all’ aereoporto me la rubino. A parte che, come il passeggino a razzi di Bum-Bum, in cinque non c’ entreremo mai. E no, non andiamo con la tua merdosa limousine da quattro soldi. E ridotta da schifo da tutte quelle volte che l’ abbiamo fatta andare a sbattare sui muri della Tetrapack. Io non mi cipresento, all’ aereoporto, a bordo di quella specie di scatoletta della Simmenthal!”
“Ma c’ avemo sempre l’ ambulanza de Gabry!”
“Non se ne parla neanche! Soltanto Gabriele sa guidare quell’ affare, e tu sai che cosa succede quando Gabriele guida: l’ ultima volta è andato a sbattere (apposta) su di una quercia secolare che, non chiedermi come, ancora non ci sono arrivata, s’ è sfracellata a terra. E ti ricordi come l’ ha presa Klara, vero?”
Nik si mise la mani tra i capelli.
“Tengo ancora ‘o mal de testa per tutto quello scrivere! Va be’, allora ‘nemo co’ camper hippy.”
“Vedo che cominci a ragionare. Immagino che l’ apocalisse sia prossima, o mi ritrovo in errore?”
“Entriamo subito ne’ o caper, sennò nun responderò delle mie azioni.”
“Sì, d’ accordo.”
I due entrarono nel camper hippy (dove li aspettavano gli E.E.H.), incitando Klara a partire a tutto gas ecologico. Destinazione? L’ aereoporto di Campobasso!
 
 
L’ ex-Tata Arianna AmorProprio camminava velocemente verso il check-point dell’ aereoporto di Campobasso alle 8.15 del mattino.
I M.E.R.E.H. camminavano velocemente verso il check-point dell’ aereoporto di Campobasso alle 8.25 del mattino.
La Tata fece passare il suo bagaglio e sorrise all’ uomo allo schermo alle 8.17 del mattino.
Gabriele fece passare il suo bagaglio e pianse vedendo l’ uomo allo schermo alle 8.27 del mattino.
Disgraziatamente, il sensore sensorizzò le forbicine per unghie d’ Arianna, la quale le buttò allegramente nel cestino lì accanto alle 8.18 del mattino.
Disgraziatamente, il sensore sensorizzò le granate, il fucile, la bomba a mano, le catene, l’ acido citrico, il lanciafiamme, le borchie-proiettile e la rivoltella di Roberta, la quale afferrò immediatamentel’ uomo allo schermo, gli puntò una pistola alla testa ed urlò alla folla di non chiamare la polizia, se non volevano vedere le cervella dell’ uomo alle 8.28 del mattino.
La Tata entrò trotterellando nell’ aereo, sorridendo gentilmente all’ hostess che le timbrò il biglietto alle 8.22 del mattino.
I M.E.R.E.H. entrarono correndo nell’ aereo, lasciando andare l’ uomo del check-point e minacciando lui e l’ hostess di far esplodere l’ aereo se fossero stati anche solo lievemente ostacolati, alle 8.32 del mattino.
La Tata si sedette al suo posto accanto al finestrino ed attese il decollo dell’ aereo, chiedendosi perchè mai l’ aereo fosse deserto alle 8.25 del mattino.
I M.E.R.E.H. corsero sull’ aereo e, rendendosi subito conto che non c’ era nessuno, si precipitarono alla cabina dell’ hostesse del pilota: era vuota alle 8.35 del mattino.
La Tata decise (alle 8.27 del mattino) di dormire un pochino prima della partenza.
I M.E.R.E.H. decisero (alle 8.37 del mattino) di rimediare a quelle inaspettate assenze.
La Tata si svegliò e si voltò verso il sedile accanto al suo alle 8.45 del mattino.
L’ aereo partì alle 8.45 del mattino.
Arianna AmorProprio urlò alle 8.46 del mattino.
Bum-Bum sorrise ad Arianna AmorProprio alle 8.46 del mattino.
 
 
“Oh mio Dio... Oh mio DIO! OH MIO DIO!!! Fatemi scendere!!!”
“Signora... signora, non si urla sull’ aereo!”
“AIUTOOO!!!”
“Signora, se continua cos’ì sarò costretta a sottoministrarle un calmente.”
Arianna AmorProprio si girò verso quella strana hostess dalle borchie così contrastanti con quell’ uniforme verde-rancido e rivide in lei la cuoca di quel terribile che aveva generato la fine delle Tate alla Riscossa.
“C-cosa volete da me?! Perchè ci siamo solo noi qui?! CHI STA PILOTANDO L’ AEREO!!!???”
“Si calmi, signora. Ognuno ha le proprie domande esistenziali, ma non c’ è mica bisogno di esagerare! Prego, desidera delle corde vocali di zampognaro?”
 “Desidero sapere chi sta pilotando quest’ aereo!” e, con questo, Arianna si precipitò nella cabina di pilotaggio. Là c’ erano un ragazzo (la cui voce era spaventosamente familiare) ed una specie di ragazza dagli abiti sgargianti che gli spiegava come pilotare l’ aereo.
“M-ma... cosa... cosa sta succeden-dendo... qui?”
“Signora! Se non torna immediatamente al suo posto sarò costretta a posizionarla nel bagagliaio assieme all’ altro ospite indesiderato della nostra rispettabilissima compgnia aerea, con le buone o le cattive.”
“Siete dei ragazzini veramente molto maleducati!”
“OK. Adesso hai veramente rotto il cazzo, stronza.” e, così affermando, l’ hostess mosse un dito nella sua direzione. Tata Arianna si sentì sollevare dal pavimento moquettato dell’ aereo e rimase urlando a mezz’ aria.
La giovane hostess/metallara fece dietrofront e, con il dito alzato, prese a camminare con la povera Tata che la seguiva suo malgrado, come se fosse stata all’ interno di un palloncino d’ aria legato al dito della ragazza tramite un filo invisibile. Ad un certo punto, la metallara si fermò. Causandole un’ inevitabile conata di vomito, la Tata riuscì a voltarsi appena per vedere il bambino di prima rosicchiare un dito di prete.
“Bum Bum... ti dispiace?”
“BUM BUM!”
Arianna AmorProprio vide la giovane alzare l’ altra mano verso i resti della piccola esplosione creata dal bambino nel pavimento. Subito, i pezzi di ferro e strappi di moquette si sollevarono da terra e (guidati dai gesti della metallara) si riunirono perfettamente in un unico blocco. Ma, prima che la giovane riponesse il pezzo mancante nel buco del pavimento, la Tata si sentì scaraventare in quel baratro oscuro. Dopo qualche secondo di disorientamento, Arianna si guardò tutt’ attorno, senza vedere altro che tenebre. Alzò debolemte lo sguardò. Un ultimo, tenue spiraglio di luce veniva lentamente soffocato dalle telecinesi della cannibale. E poi, il buio.
 
 
“Chi sei?”
Arianna squittì nell’ oscurità. Di chi era quella voce? Chi le aveva posto quella domanda?
“Ti ho chiesto chi sei.”
“AriannaUbaldaAmorProprio, nata il diciottesimo giorno del mese ottavo dell’ anno del Signore MCMLXVIII nel villaggio di CartaPesta, Sicilia, Italia, Unione Europea, Signore! Ho tenuto un corso intensivo di cucito, cucina, tecnologia, canto, danza, pittura, falegnameria, fotografia, psicologia, psicologia infantile, psicologia adolescenziale, psicologia suina e psicologia lepricauna, Signore! Mi sono laureata all’ università della Sapientina con 110 e lode, Signore! Ho compiuto servizio militare per cinque anni ed altri sette all’ associazione delle ‘Tate alla Riscossa’, ovvero l’ associazione per la pace, l’ armonia e la felicità nei vostri cuori, Signore! Richiedo al Signor Sergente di non essere sottoposta alla fucilazione, Signore!”
“Adesso sì che mi sono pentito d’ averti fatto quella domanda.”
“S-scusami. E’ solo che la tua voce è talmente segnata, acida ed antipatica che mi sono confusa e ti ho scambiato per il mio Superiore dei tempi dell’ esercito, Zefiro Termidor.”
“Mpf! Come osi paragonarmi a quella mezza calzetta che non mi lasciò tentare il suicidio?”
“Lo conosci?”
“Era il mio professore di ginnastica alla Tetrapack.”
“Tetrapack!? Allora siete veramente voi...”
“Sai chi siamo? Mi stupisci. Sono ben pochi gli adulti che ci hanno incontrato per rivederci più tardi negli anni.”
“...”
“Vivi, intendo.”
“Ah! Ah... be’, a dire il vero, non vi conosco personalmente. Ma due mie ex-colleghe hanno avuto... ecco... il piacere.”
“Sono forse Franca MarciaUrto e Camomilla Frizzi?”
“Camilla Rizzi.”
“Quello che è. Comunque, questa è veramente una spiacevole coincidenza... per me e per lei. Vede, io volevo starmene qui, da solo al buio, a deprimermi. Lei, invece, molto probabilmente verrà mangiata, e non sempre questo è il piano riginale delle vittime di Roberta.”
Arianna deglutì e cercò di non pensare a quella terribile eventualità. Cercò d’ evadere il discorso ponendo qualche domanda alla cupa voce maschile.
“Chi sei tu? Dove ci troviamo?”
“Io? Chi sono io? CHI SONO IO!!?? Chi sono io? Che cos’ è l’ identità, se non un’ effimera identificazione, una classificazione di un società che mi respinge e mi evita?”
“Mmmh... stando alla tua patetica autocommiserazione ed ai racconti della mia ex-collega Camilla Rizzi, tu devi essere Gabriele PescaNera.”
“Già. E questo è il bagagliaio dell’ aereo. Mi ci ha rinchiuso Nik dopo che ha scoperto che ho scelto questa compagnia aerea esclusivamente perchè è quella con più casi d’ incidenti registrati. Invece di ‘Ali di Carta’, infatti, tra i piloti e le hostess la compagnia è conosciuta come ‘Ali di Sfiga’. Ne porta talmente tanta che tutti si rifiutano di viaggiare o pilotare i suoi aerei.
“Sì... in effetti, la mia amica non ha una compagnia aerea molto richiesta... Comunque, immagino che questo Nik ti abbia rinchiuso qui dentro per spaventarti e punirti, non è vero? In effetti, non sei stato molto carino nei confronti dei tuoi amici...”
“Eh? No! No, che hai capito? Nik mi ci ha rinchiuso perchè sa che a me piace deprimermi e voleva premiarmi. Sa, lui ha sempre desiderato pilotare un aereo, anche se non ha la minima idea di come si fa. Per questo ha bisogno delle dritte di Klara, anche se spesso non bastano.”
“Capisco.”
“Davvero?”
“No, non proprio. Ma perchè siete qui, voi?”
“Come dire... avevamo tutti bisogno di una vacanza. Sopratutto Roberta, la quale ha recentemente perso il ragazzo. Ma una po’ tutti noi MEREH siamo rimasti un po’ affaticati da quest’ anno scolastico alla Tetrapack, un po’ per l’ inadeguatezza dei professori, un po’ per un certo truzzetto di nostra conoscenza...”
Ma già la Tata non lo ascoltava più. Pensava. Pensava a quello che aveva appena udito. A come quella povera hostess avessa perso così presto il ragazzo, a come Gabriele podiasse la vita, a come Nik travasse gioia nel pilotare un aereo, a come la vita fosse stata ingiusta con quei ragazzi, a come fosse strano che le zebre fossero bianche a strisce nere e non nere a strisce bianche. Comunque, considerando che in ogni caso sarebe morta, tanto valeva provare a sopravvivere, utilizzando un’ arma che i MEREH non conoscevano: la gentilezza. Infatti, le ‘Tate alla Riscossa’ erano tre ed ognuna utilizzava un metodo differente con i bambini e gli adolescenti: Camilla Rizzi la sua formidabile esperienza, la MarciaUrto la sua (quasi) impiegabile severità, ma la Tata Arianna AmorProprio era sempre stata famosa per la sua inesauribile pazienza e la sua incredibile comprensione. Forse... forse forse... ma forse forse forse... erano queste due le uniche armi capaci di battere i MEREH.



Angolo dell’ Autrice:
 
Allooooora... Ziao! Perdonate il ritardo, ma i compiti e le vacanze mi tengono occupata più del normale. Mmmh... nulla, questo è il secondo capitolo, il prossimo capitolo sarà ambientato in Francia ed in Siberia, e parlare nel ventilatore è troppo figo! XD OK, cercherò ddi finire la saga entro la fine dell’ Estate, cosa molto ardua visto che siamo già a metà Luglio e solo al secondo capitolo. Mi raccomando, godetevi le vacanze, finchè durano! :)

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Capitolo 3
*** Informarsi sulle Specialità Culinarie del Luogo. ***


Perdonate il fantomaticoso ritardo (mmmh... fantomaticoso... esiste questa parola?), non ho neanche una scusa, mi sono nati due gattini e lo sapevate che mangiare il gelato favorisce l’ immaginazione? Un giorno scoprirò perchè perdo tempo a scrivere queste cose totalmente irrilevanti con la storia... bho, fate un po’ voi, ma ricordatevi che sto selezionando i personaggi più votati. Finora, questa è il top three:
 

1)BumBum Vecca’chetePisto.
2)Roberta MitraMente.
3)Mary ManyBroccoli.

 
Che dire... non me l’ aspettavo proprio una classifica del genere! Mi avete sorpreso, bravissimi! :) Ricordatevi che il sondaggio durerà fino all’ ultimo capitolo, quindi avete ancora tempo per farmi sapere! Allora, vi sentite in vena di Marsigliese? I MEREH lo sono di sicuro!
 
 

20) Informarsi sulle Specialità Culinarie del Luogo.

 
Allora, questo è il momento di atterrare. Tira quella leva e premi quel bottone... NO! Non quello, quello è il bottone che serve a apr-
 
Troppo tardi. In men che non si dica, per tutto l’ aereo risuonò un forte rimbombo, subito seguito da un allucinante fracasso.
“Ops. Kla’, a che cazzo serviva ‘o pulsante?”
 
...Se non erro doveva essere lo sportello, situato alla pancia dell’ aereo, che apre il bagagliaio...
 
“...”
 
... Oh, Merda.
 
 
“Oh, mio DIOOO!”
All’ improvviso, ai piedi della Tata si aprì un’ immensa voragine. La poveretta potè appena scorgere le violacee nuvole dell’ alba ed un Sole luminoso, quando l’ investirono un’ immensa raffica d’ aria ed un’ altra abbastanza irritante di forza di gravità. In men che non si dica, Arianna AmorProprio si ritrovò, urlando come un maiale condotto al macello, a cadere tra le nuvole. Si voltò (sempre continuando con le sue isteriche grida) verso  Gabriele, che fluttuava accanto a lei. Solo che lui, naturalmente, non era per niete spaventato, anzi: la testa reclinata all’ indietro, si stava godendo a pieno quella splendida senzazione di adrenalina che si prova poco prima di morire.
“AAAAAAH! Gab- Gabriel- Gabri- AAAAAAAAH!!!”
La Tata fece appena in tempo a scostarsi leggermente per non essere colpita da una valigia precipitante dall’ aereo. Poco dopo, fu il turno di una valigetta del pronto soccorso, il fodero di una chitarra, qualche libro ed un passeggino a razzi.
“Mio Dio, Gabriele, aiutooooooo!”
Gabriele parve non udirla all’ inizio ma, vedendo come la Tata non voleva proprio smetterla di urlare, si mise un dito sulle labbra e l’ incitò al silenzio.
“Goditi gli ultimi secondi della tua vita, Arianna. La paura, il terrore, l’ ansia... non è tutto meraviglioso?”
“WAAAAAAH!!!”
Arianna si sforzò di chiudere gli occhi per non vedere il suolo su cui sarebbe andata a sfracellarsi. Ma, ad un tratto, qualche cosa le si attorcigliò attorno alla vita. Arianna guardò debolmente in su, per vedere Roberta che le sorrideva con un lazo in mano. La fine del lazo era attorno alla sua vita, trattenendola dal cadere. Arianna indicò freneticcamente Gabriele, ma Roberta non fece altro che annuire senza muovere neanche un dito.
“Vogliono ucciderlo! Oh mio Dio, vogliono ucciderlo!”
Tornò a guardare le poche miglia che distavano dalla terra ferma. Gabriele era scomparso dalla sua vista. Arianna avrebbe voluto piangere per lui, ma si rese improvvisamente conto che l’ aereo aveva cessato di procedere. Aveva paura di muoversi, come se la corda si sarebbe spezzata al minimo movimento del suo corpo, ma si costrinse a rialzare lo sguardo verso Roberta. Rimase a bocca aperta. L’ aereo era fermo a mezz’ aria,perfettamente immobile. La Tata Arianna si stava giusto chiedendo come mai fosse possibile una cosa del genere, quando l’ aereo incominciò a precipitare nel vuoto assieme a lei.
Inutile dire che Arianna riprese ad urlare come una maniaca.
Allo stesso tempo che cadeva con l’ aereo, veniva tirata su da Roberta tramite la corda attorno alla sua vita. Cadeva ma veniva tirata su allo stesso tempo. Qualcuno deve assolutamente insegniarmi qualcosina in più sulla fisica. Finalmente, Arianna si ritrovò a precipitare, però questa volta in un aereo.
“Ragazzi! Ragazzi, cosa state facendo!??!”
“Be’ vedi: nun c’ avevamo abbastanza fune pe’ prendeve a tutti e due, così abbiamo deciso d’ andà a prende’ Gabrie’ coll’ aereo!”
 
Io trovo cha abbia senso. E lei, Tata?
 
Questa volta fu Roberta a prendere la parola:
“Già, a proposito: dobbiamo parlare di questa cosa. Io non voglio certo portarmi dietro un peso inutile in vacanza. Ha qualche altro servizio da offrirci, signorina... ehrm... signorina?”
“Waaaaghaghawaaaaaaa!”
“Benissimo, signorina Waaaaghaghawaaaaaaa. E’ per caso Islandese? Mi può spiegare una cosa, com’ è che si prepara il kæstur hákarl? E’ difficile? Si può sostituire il pesce con il pescivendolo?”
“Stiamo precipitandooo!!!”
“Sì, lo, Capitan Ovvio era veramente un gran uomo, ma adesso siamo seri e mi risponda. Sa far qualcos’ altro a parte rompere le scatole e tenersi quell’ orribile nome?”
Arianna Amorproprio si precipitò da Bummino, seduto su un sedile poco distante, con le lacrime agli occhi.
“Bambino, bambino, prega Gesù! Lui t’ accoglierà in Paradiso se ti penti, in fondo non è stata colpa tua se sei cresciuto in questo modo, ma delle tue a dir poco discutibili conoscenze!”
Indicò con mano tremante i MRH che si stavano godendo il loro ultimo panorama. Nik si voltò leggermente verso i due e, con tono straziatamente noncurante, disse a Bummino:
“Bummì, me raccomando: lavati molto bene le mani prima de cena’, OK?”
“Bum Bum!”
“Yo! Bravo, Pischelletto!”
“Confessatemi tutti i vostri peccati, bambini, prima che sia troppo tardi!”
Klara tirò fuori da una delle mille pieghe del suo vestito un quadernino dalle pagine immacolate, controllò velocemente che ci fossero esattamente 8.435.956 pagine da riempire ed iniziò a scrivere:
 
Pagina Prima, Primo Peccato.
Allora, fu nel 1728, a Marzo, quando avevo appena quattro anni. Aveva già appreso l’ arte del vodoo e stavo impegnando a torturare qualche bambina, ma questo non credo rientri nei criteri di “peccato”, vero?
Pagina Seconda, Secondo Peccato.
Dunque, era sempre nel 1728, ma questa volta a Giugno...
 

Alla Tata non restò altro da fare se non mangiucchiarsi nervosamente le unghie. I minuti che seguirono furono senz’ altro i peggiori della sua vita, con il rumore assordante dell’ aereo che precipitava, Roberta che canticchiava una o due canzoncine sataniche, Nik che si faceva una sega, Klara che continuava a scrivere allegramente i suoi peccati e Bummino che... non era esattamente sicura di cosa stesse facendo Bummino,  qualcosa tra lo squartare un micino e mangiare una merendina alle alici.
E, finalmente, accadde.
L’ aereo si sfracellò a terra.
Il Buio.
Era morta? Probabile, visto che non sentiva nessun umore e non vedeva altro che  l’ oscurità. Poi qualcosa la colpì. Ma non era la bellezza del Paradiso, no. Era un’ insopportabile puzza di fumo. La Tata si rizzò a sedere e si ritrovò tra i resti dell’ aereo che andavano in fiamme. Si guardò attorno, leggermente stordita, poi si rese conto che era atterrata sul morbido.
“Nhchnriesccioaespsciare!”
“Cos-?”
“Nhchnriesccioaespsciare!”
“Oh, berbaccolina!”
La Tata si rizzò subito in piedi, rendendosi conto che quello su cui si era seduta non era altro che Nik. Nik era sopra a Bummino, Bummino era sopra a Roberta e Roberta stava maledicendo il rapper per non aver comprato una di quelle cassette su come dimagrire in dieci, semplici anni.
Si misero tutti in piedi, cercando di capire dove fossero atterrati e dov’ erano andati a finire Klara e Gabriele. La testa della prima fu ritrovata quasi subito da Arianna, la quale, inutile a dirsi, scoppiò in lacrime.
“Oh, che tragedia! Io... io la conoscevo bene, era tanto cara...”
“Ma se fino a calche ora fa nun volevi manco salì sull’ aereo co’ noi.”
La Tata lo guardò molto, ma molto male. Soprattutto quando il rapper tirò fuori da chissà dove il resto del corpo della wikka e lo porse all’ adulta. Arianna, comunque, non riusciva proprio a darsi pace.
“D-dove siamo? Dov’è quella povera anima di Gabriele, o quel che ne rimane?”
Klara si fissò la testa al resto del corpo, ripose tra le pieghe della sua gonna il quadernino stranamente intoccato dalle fiamme e scrisse su uno dei suoi bigliettini:
 
Usciamo dai resti dell’ aereo e lo scopriremo, no? Probabilmente, saremo in campagna o in qualche altro posto sperduto, ma è strano che Gabriele non si sia ancora fatto vedere.

 
E così uscirono da quell’ inferno di fiamme e pezzi di metallo. Ma il posto in cui si ritrovarono non era esattamente sperduto. Infatti, non appena usciti si ritrovarono  completamente circondati da una folla di passanti che li fissavano con un misto di preoccupazione e curiosità. Alcuni parlottavano tra di loro, animatamente. Un uomo in veste di vigile urbano  si avvicinò a loro e li chiese, preoccupato:
Dites-moi, les enfants, vous êtes bien? ”
“Oh, merda, e chi è mo’, chesto ca’ ?”
 
Parrebbe un vigile urbano, Nicolas. La sua lingua è il Francese ed il suo accento è parigino. Direi che ci troviamo nel quartiere d’ Arsenal.
 
“Quartiere de che?”
 
D’ Arsenal. Quindicesimo quartiere amministrativo di Parigi, situato nel suo quarto arrondissement.
 
“Ma tu sai proprio tutto?”
 
Ho girato il mondo per duecentottantasette anni, Nik. Qualche cosetta l’ ho imparata.
 
“... Me sta’ bene. Alloooraaa... Come ce liberamo de sta’ gente?”
Roberta tirò fuori un bazuka dal suo zainetto.
“Io un’ idea ce l’ avrei.”
“Nun me sembra ‘o caso, sai? Nun sta’ bene ammazza’ la gente a’ casa d’ altri, bisogna prima chiede ‘o permesso al loro Presidente.”
“Mhmmm. Hai ragione.”
La Tata intanto guardava come Nik parlottava allegramente on il vigile in un Inglese macheronico, gli indicava l’ aereo e gli porgeva in segreto qualche banconota da mille. Il vigile gli sorrise soddisfatto ed incominciò a scacciare la folla che era rimasta. 
“OK. Ho pagato ‘a multa e ‘o parcheggio dell’ aereo. A canto pare, semo capitati su d’ un vecchio ospedale de ‘o 1800, ma adesso viene utilizzato come sede de ‘o Museo de’ Lacci pe’ Scarpe e della Crosta de Baguette, quindi nun gliene frega poi così tanto a niscuno. Allora, calcuno ha individuato Gabry... yo?”
“No, per fortuna. Che si fa?”
“Bum bum!”
“Bummino cia’ ragione. L’ aereo l’ avemo fatto de già esplode’, anche se era previsto pe’ ‘a fine de ‘o viaggio. Me sa che pe’ arreva’ in Siberia ce converrà prende’ ‘o treno, ma prima dovemo trovà Gabry.”
“Sì, assolutamente, ragazzi. I suoi genitori mi ucciderebbero se sapesse che l’ ho perso, visto che la responsabilità ricade tutta su di me.”
“Primo, la responsabilità non è tua ed i genitori di Gabry non possono dirti nulla perchè sono morti. Secondo, mi ero completamente scordata di te.Cosa possiamo farle fare, ragazzi?”
“Bumbadabum!”
“Buona idea, Bummino! Senti, tu: renditi utile e porta le valige, vuoi?”
“Ma io, veramente...”
“Certo, l’ alternativa è pensare alla cena... e questo non vuol dire cucinare o apparecchiare la tavola, sia chiaro.”
“... Io non posso far altro che accetare, non è vero?”
“Già. Allora, dove cerchiamo Gabriele?”
 
Mhmmm... vediamo, immaginiamo tutti di essere un emo che vuole morire ma che non può. I nostri genitori sono stati uccisi dal demone che ci possiede. Abbiamo una terribile fobia per la luce, la musica allegra, la vita e le margheritine. Dove ci nasconderemmo?
 
“Uhmmm.... Bumminobum?”
 
Ottima ipotesi, Bummino. Ma il magico mondo dei MinyPony non è in Francia, sai?
 
“Forse è sulla Torre Eiffel, m’ ha detto che glie’ serebbe sempre piaciuto buttasse’ da là.”
“Buona idea, Nicolas. Male che va, possiamo sempre guardare da lassù per vedere se lo scorgiamo. Hahahahahaha!”
Nessuno rise, logicamente, alla battuta della Tata.
Arrivati alla Tour Eiffel, i ragazzi arrivarono anche ad un’ immensa fila.
Cazzo no!”
Roberta stava per lanciare una granata in mezzo alla fila, ma la Tata riuscì a fermarla in tempo.
“Lasciami. Andare. La. Mano.”
“NO!”
Ora.”
“NO!”
“Lasci che ti spieghi una cosa sul mio conto, va bene? A me non piace fare la fila. Non... mi piace. Ora, se mi lasci immediatamente andare la mano, nessuno si farà male.”
“Come sarebbe a dire, nessuno si  farà male?! Vuoi lanciare una granata in mezzo a tutte queste persone!”
Ehrm... Escusez-moi, che passe içi?”
Le due prodi paladine del litigio si voltarono verso un poliziotto che le stava fissando sconcertato, poi si guardarono tra di loro, poi la bomba he avevano entrambe tra le mani, poi di nuovo il poliziotto. A Roberta tremò leggermente il labbro, poi scoppiò in lacrime, coprendosi lo sguardo con una mano.
“I-io ho p-provato a fer-fermarla, signore. Davvero, ci ho provato! Ma... ma lei n-non mi ha dato a-ascolto!”
“MA CHE COSA STAI DICENDO, RAGAZZINA!?!?! Signor agente, questa ragazzina è una cannibale mangia-uomini che è stata graziata dal Signore con il dono della telecinesi, ma che utilizza solo come arma per catturare delle povere persone oneste ed innocenti per farne ragù!”
“Ehrm... ouiiii... bien suuur!”
“Non ci crede!? Be’ guardi un po’ qua!”
Tirò la granata nel bel mezzo della folla, ditruggendo tutto e tutti.
“Vede?! Quella granata era di questa ragazzina e lei stava per.... oh, merde...”
Il poliziotto stava fissando come un ebete la punta della Tour Eiffel che adevano a terra. In men che non si dica, la Torre era già precipitata nella Senna e su circa cinquanta edifici. Roberta stava scuotendo la testa in direzione della Tata.
“Davvero, proprio non lo so... ma si fanno queste cose? Insomma, posso capire il distruggere la Torre Eiffel, ma... portarsi dietro una granata? Tu ti sei portata dietro una granata. Tu! Tu. Non sono ceto stata io, ma tu!” e prese ad indicarla freneticamente.
A mano a mano che il polziotto usciva dalla sua coma temporanea, la sua espressione si faceva sempre meno traumatizzata e sempre più arrabbiata. In men che non si dica, urlò qualcosa d’ incomprensibile in francese e qualcos’ altro di comprensibilissimo, ma purtroppo non mi è concesso di riferirlo nel qui presente racconto.
Fatto sta che qualche secondo dopo dietro al poliziotto si radunarono tutti i soldati di Parigi e tutti i suoi giornalisti, armati di fucili, pistole e macchine fotografiche.
“Oh, mio Dio... cosa ho fatto...”
“Hai ragione. Dovevi lanciare la granata leggermente più a destra, così sarebbe caduta immediatamente.”
“...”
 
Ragazzi, non vorrei sembrare noiosa, ma tanto vale darcela a gambe. Loro non mi sembrano poi così inclini a giocare alla Bella Lavanderina con noi.
 
“Già” ghignò Roberta “offriamoli una bella partita ad Acchiapparella.”
“Mejo ‘n gioco de Nasondino.”
“BUM BUM!”
“No, Bum Bum. Nun se può giocà ar Piccolo Chimico. Avemo lasciato ‘o cadavere a casa.”
“Ragazzi, volete smetterla di chiaccherare? SCAPPIAMO!!!”
E, dunque, se la diedero a gambe. Corsero, corsero ome non avevano mai corso prima d’ allora! In poco tempo, si erano già lasciati la spaventosa folla alle spalle. Pensavano di avercela fatta quando, ad un tratto, giunsero ad un semaforo. La Tata guardò  velocemente a destra ed a sinistra, per poi attraversare velocemente. Ma, ad un tratto, si fermò per voltarsi subito indietro. I MEREH non stavano attraversando la strada.
Ragazzi! Cosa state facendo lì!? Attraversate immediatamente!”
“Non possiamo.”
“COSA!? Ma che dici, Roberta?!”
Klara scrisse qualcosa e gliela mostrò dall’ altra parte della strada. La Tata guardò, ma non riuscì a leggere.
“Non capisco! Cosa c’ è scritto?! Perhè non attraversate?!”
Klara lanciò un lungo sospiro che non produsse alcun suono. Tirò fuori da chissà dove un astuccio e prese a colorare il foglio di un solo ed unico colore.
Rosso.
“... Ma mi state prendendo in giro!? State dicendo che potete uccidere chiunque entri nel vostro giardino, che potete distruggere monumenti come la Torre Eiffel, che potete rovinare la vita di tre, oneste donne che cercano solo di fare il loro dovere e di aiutarvi a superare la vostra... ehrm... situzione, e non potete attraversare con il rosso!?”
“No, è immorale e pericoloso!”
“I-immorale? Ma vi rendete conto che stiamo per essere travolti da una massa di parigini incavolati!?”
Ok, calmati, Arianna, calmati. Devi prenderli con la gentilezza e con la calma. Prova a farli ragionare.
“Ehrm, ragazzi... guardate, se venite immediatamente, vi offro una tipica cena francese, OK?”
“Cosa? Una tipica cena fancese? E’ per caso a base di carne umana?”
“Ehrm... sììììì! Ceeerto!”
“Ah... Allora va bene!”
I quattro attraversarono allegramente la strada, quando una macchina passò ad alta velocità. Arianna si stava già pentendo amaramente di averli incitati così avventatamente, quando Nik si voltò di scatto verso l’ automobile e lanciò una serie di acutissime urla. La macchina andò immediatamente in mille frantumi.
“Vedi? Te l’ avevamo detto che era pericoloso, ma tu non ci ascolti mai!”
“... Sapete una cosa? Avete ragione. Vi giuro che da ora in poi non vi priverò mai della mia attenzione e del mio amore. Sarò come una mamma, per voi, una mamma buona e dolce, che...”
“Io ho ucciso mia madre.”
“Sarò una zietta buona e dolce, che...”
“La zia di Bummino e de me è morta utilizzata come cavia ne’ ‘o laboratorio dove c’ avevano rinchiuso.”
“Sentite, sarò solo la tizia che vi porta le valige, va bene?”
 
Ecco quello che volevamo sentirci dire. Allora, Gabriele lì non c’ era sicuramente.
 
“E come fate ad esserne così sicuri?”
“Se fosse stato là, se sarebbe buttato de’ sicuro tra la folla pe’ fini’ ammazzato dalla granata.”
“...E’ un ragionamento abbastanza logico, ma allora dove andiamo a cercarlo?”
“Che ne dite di lasciarlo a marcire qui?”
 
Per me va bene, ma non credo che sia poi così cortese nei confronti di Parigi, sai?
 
“Ragazzi, ragazzi! Perchè non proviamo al Louvre? Là ci sono molte opere artistiche, al vostro amichetto piace l’ arte?”
“Oh, sì! Una volta ha ridisegnato completamente i Covoni di Monet utilizzando esclusivamente erba morta e teste mozzate di topolini!”
“Ooookaaay.... ceeerto, come noooo. Vedo che hai molto bisogno di attenzioni, non è vero, Roberta?”
“Ho molto bisogno di squartare qualcuno, sono in astinenza di sangue, sai?”
“...Rimarrò  in silenzio...”
“Ecco, brava. Al Louvre, miei prodi!”
Una volta arrivati al Louvre ed essersi aperti un varco attraverso la folla utilizzando una vecchietta come ostaggio, i MEREH e la Tata cercarono disperatamente il loro amico.
“Dove si sarà cacciato?!”
 
EHI! Eccolo là!
 
Gabriele, nella sezione di Artisti Italiani del 1500, stava ammirando la Monna Lisa insieme ad un’ immensa folla di turisti. La stava fissando con una stranissima espressione, quasi... quasi crucciata.
“Ehi, Gabry! Dove ti eri cacciato, Emo di merda?”
“A che pro siete venuti, amici? Perchè non mi avete lasciato qui, a marcire nella mia solitudine e nella mia sventura? Perchè il mondo non mi capisce, perchè non mi ha accolto nella sua immens-“
“Statte ‘n po’ zitto e vieni co’ noi.”
“... Ditemi almeno perchè non ve ne siete andati senza di me...”
“Oh, Gabriele, non vedi? Loro sono la tua famiglia, ti vogliono bene!”
 
A dire il vero, lo odiamo. Tanto. Solo che i MREH suona veramente male ed è difficile trovare un emo che vuole morire sul serio, ma non può farlo.
 
“Già. E poi, io volevo proprio vedere la tua faccia delusa dal non esserci rimasto secco quando sei precipitato dall’ aereo.”
“Stronza. Allora, qual è la nostra prossima fermata?”
“La Siberia, ma dobbiamo prendere il treno soltanto tra qualche ora. Abbiamo tutto il tempo per quella famosa cenetta francese a base di carne umana, Arianna.”
“Ehrm... c-certo.”
 
Allora, cugino, come ti sembra la Monna Lisa?
 
“La odio.”
 
Di solito si dice ‘Non mi piace.’ La odi addirittura?
 
“Già. Guarda un po’ quel suo irritante sorrisetto. Eh? Che cos’ hai da ridere, meretrice che non sei altro?! Stai forse ridendo della mia sofferenza? Ma adesso te la faccio vedere io, la sofferenza!”
E, prima che chiunque potesse fermarlo, si slanciò sulla Gioconda, ruppe in mille pezzi il vetro che la proteggeva e squarciò la tela con le sue dita dalle unghie affilate.
Fu il caos.
In meno di tre secondi si era già formata un’ altra folla arrabbiata che seguiva i cinque ragazzini. La Tata stava lottando contro il desiderio di suicidarsi, Gabriele avrebbe dato qualsiasi cosa per essere la Tata, Roberta stava addentanto un baguette e s’ informava su quando avrebbero raggiunto il ristorante francesino, Nik stava pensando ad una nuova canzone per il suo album, Bummino stava shiacciando un pisolino nella sua corrozzina a razzi e Klara stava pensando di srivere un libro intitolato: ‘I Peccati di una Strega in 8.435.956 Pagine’.
Dopo un po’, la folla Louvre si scontrò letteralmente contro la folla Eiffel. Parlottarono per qualche secondo per accettarsi che i teppisti che stavano inseguendo fossero gli stessi, ma quando si volatrono i MEREH e la Tata non si vedevano più. Sconsolati (sopratutto i giornalisti) le nostre allegre folle urlanti se ne ritornarono a casa.
Intanto i nostri distruttivi turisti erano in procinto di scegliere un localino nel quale gustare quella famosa cenetta promessa da Tata Arianna. La cosa era molto difficile. Arianna cercava disperatemente di dissuaderli facendoli notare ogni più piccolo difetto nei locali.
“Questo?”
“No, è... ehrm.... troppo al buio.”
 
Quest’ altro?
 
“Troppo piccolo.”
“...Ma è... è il Ritz...”
“Troppo poco caratteristico e troppo costoso, va bene?”
“Senti, basta! O è troppo sporco, o passa troppa aria, o non si mangia bene. Adesso lo scelgo io, il ristorante, tanto è vero che mi chiamo MitraMente.”
Si sedettero ai tavoli di un localino veramente sporco, piccolo e malsano, con i camerieri vestiti di stracci tirati fuori dalla discarica dietro l’ angolo e una scimmietta inatenata che danzava sulle note di una polka.
“N-non so se qui è abbast-”
“Chissene. Io c’ ho fame. Che se magna?”
“Allora, vediamo questo bel menù... uhmm... ho deciso, pendiamo delle escargots e dei chou de Bruxelles.”
“Ma... Ma Roberta, sai che cosa sono?”
“Mi piacciono i nomi, va bene? Hanno uno splendido suono!”
 
Allora prendiamo tutti questi piatti.
 
Aspettarono qualche minuto in silenzio. Presto il silenzio si fee quasi imbarazzante, e la Tata provò ad incominciare un bel discorso.
“Allora... ragazzi... com’ era la vostra pagella?”
“Bruciata dal fuoco che abbiamo appiccato alla scuola.”
“...”
Poco dopo arrivarono i chou de Bruxelles, ovvero dei mini-cavoletti dal sapore dolce-amaro. Roberta ne mise in bocca uno, titubante, per poi risputarlo sulla lurida cravatta del cameriere.
“Ma... ma è... dove sarebbe la carne umana, scusa?”
Je suis dèsolè, mademoiselle, je ne parle pas l’ italienne. ”
“Tutte scuse di merda. Avete ancora una possibilità, ma se non mi piacciono l’ escargots puoi star sicuro che il tuo bel locale va a finire nella discarica con… con… però sta’ roba non è male. Sa di ciccia.”
 
Ciccia umana?
 
“Ciccia umana.”
 
Proviamo... Ehi! Ma è delizioso! Che cos’ è?!
 
La Tata mormorò qualcosa a bassissima voce.
 
Cosa? Cos’ hai detto, non ti ho sentito.
 
“...Sono... ecco... sono lu... sono lu...”
 
... Sono lu... lustrini? Lumacorni? Ma che razza di...?
 
“Sono lumache.”
Klara rimase perfettamente immobile per qualche secondo. Se il legno ricoperto di silicone fosse stata pelle, in questo momento sarebbe stata molto pallida. Ad un tratto, Klara prese tutti i piatti d’ escargots e li buttò in mezzo alla strada.
 
Correte, lumachine! Correte via, salvatevi!
 
“Klara, sono morte e cucinate.”
 
NO! No, guardate, ce n’ è una che si muove ancora! Forza, lumachina, corri! Corri, corri! Corr-
 
Di lì a qualche secondo passò una macchina che schiacciò in mille pezzi la lumaca ed il suo guscio.
 
... OK, basta, andiamocene immediatamente alla stazione. Ne ho abbastanza di Parigi.
 
“... Per me va bene.”
“Bumminobumbumbummettobum!”
“OK, ’Nemose.”
“Ma... ma ragazzi, è ancora presto. Pensate alla bellezza di Parigi. La sua arte, i suoi monumenti, la sua storia.”
 
Alla sua Gare, ovvero la sua Stazione. Sbrigati, con quelle valige.
 
La Tata sospirò sconsolata. Guardò tristemente la lumachina spiaccicata dalle gomme dell’ automobile e si chiese se anche lei avrebbe subito lo stesso destino.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Portarsi Dietro Abiti Idonei al Luogo Visitato. ***


4) Portarsi Dietro Abiti Idonei al Luogo Visitato.

 
“Quando arrriviamo? Quando mangiamo? E quando arriviamo? E perchè ci siamo fermati? Siamo arrivati? Perchè ci stiamo muovendo di nuovo? E quando arriviamo? Quando arriviamo? Quando arriviamo? Quando arr-”
Roberta afferrò Gabriele per il colletto e gli puntò un coltello incrostato di sangue secco alla gola.
“Se ripeti anora una volta quella domanda ti giuro che sapere quando arriviamo in Siberia sarà l’ ultimo dei tuoi problemi, capito?”
Il viso di Gabriele s’ illuminò.
“Quando arr-”
Roberta lo stordì con un pugno e riprese a parlottare con Nik sulla critica condizione dei vasetti di pongo in Scandinavia. Klara stava giocando a tresettanta con Bummino e Arianna stava lottando con le valige che non ne volevano proprio sapere di rimanere al loro posto nel bagagliaio del treno. Con una mano tratteneva il passeggino a razzi, con l’ altra le cinque valige di Roberta (piene zeppe di armi di ogni genere) e con un piede il fodero di una chitarra.
“R-ragazzi... un aiutino?”
“Ed io credo fermamente che i vasetti di pongo siano in una posizione estremamente critica nella società sandinava, in fondo la loro posizione sociale non corrisponde a quella dei vasetti del DAS, ed ergo non sono di certo una piacev- eh? Bella zi’, nun me rompe’ ‘o cazzo che sto’ a descute’ co’ sta’ rincojonita de merda, vuoi? Dicevamo? Oh, sì! Dunque, la loro posizione sociale non è allo stesso livello del...”
 
Ehrm, ragazzi, non per rompere l’ incanto della conversazione, ma siamo arrivati a Tрусость.
 
“...?”
 
Che c’ è?
 
“...???”
 
Che volete? Siamo arrivati a Tрусость. Che c’ è da guardarmi a quel modo?
 
“Pe’ prima cosa, io nun vedo niscuna città o villaggio o niscun Federico e Valeria ad accogliecce’. Secondo, ma come cazzo parli, Kla’?”
 
Ho solo detto che siamo arrivati a Tрусость*, Siberia. Che c’ è, vi devo pure tradurre il Russo, adesso?
 
“No, guarda, è la nostra lingua madre. Comunque, neanch’ io vedo il villaggio in cui sono stati spediti Federico e Valeria.  Tutto ciò che riesco a  vedere è neve, neve ed anche della neve. Oh, no! Aspettate! Se strizzo bene gli occhi, in questa precisa maniera, a cira tre chilometri da quel cumolo di neve si riesce a scorgere... ah, no. Oddio, ma forse... no, no è ancora neve.”
 
E allora, questo Tрусость dove sarebbe, esattamente? Forse la linea Transiberiana si è sbagliata ed ha saltto una fermata?
 
“Kla’.” disse Nik, aggiustandosi i suoi occhiali scuri sugli occhi “A’ linea Transiberiana nun sbaglia mai.”
“R-ragazzi, vi prego: scendiamo e controlliamo la situazione. Sono ben tre ore che trattengo questi bagagli, se scendiamo sarebbe senz’ altro meglio.”
“Pe’ me va bene. Scendemo.”
Si diressero verso l’ uscita, con Nik che non sprecava l’ occasione per distribuire bigliettini pubblicitari della sua compagnia ‘Buona Roba’.
 
Ma non avevi smesso di trafficarla?
 
“Stare lontano da chella... come se chiamava? Camelia Frizzi, m’ ha  ripristinato ‘a mia dependenza per ‘o commercio.”
La Tata scosse debolemente la testa sotto alla sua montagnola di valige. Doveva assolutamente riportare quei poveri bambini traviati sulla retta via. I sei uscirono dal treno e si guardarono attorno. Neve, nient’ altro che neve e l’ ululato del vento. I MEREH e la Tata aspettarono che qualcun altro scendesse dal treno. Nessun si fece avanti. Qualche secondo dopo, il treno esplose allegramente alle loro spalle.
“Bum Bum!”
“Bravo, picciotto! Tenghi sempre d’ aspetta’ che ‘i altri scendano da ‘o treno prima di farlo esplodere. M- ma dove cazzo siamo finiti? Dove sono Valeria e quel rompipalle di Federico?”
Fu allora che lo videro. Oh  meglio, fu allora che lo sentirono.
“@m0000r33333333! X) lora che lo sentirono.
rico?"Nessun altro era sceso.
Nn s@i k@nt0 mi s3i m@nk@t@, Ci$ccio0lin@@@!”
Roberta si nascose dietro alla montagnola di bagagli della Tata.
“Ho cambiato idea. Io me ne ritorno in Italia, voi andate pure avanti senza di me.”
“Forza, Robe’. Forza e coraggio.”
“Hai ragione,Nik. E’ solo un truzzo, solo un truzzo. Che male può fare?”
Federico comparve all’ orizzonte, seguito da sua sorella Valeria, stanca ma sorridente.
“T3s0r000! H0 d3cis0 di p3rd0n@rti x k3ll@ v0lt@ @ sk0ll@!!! H0 c@pit0 k3 in f0nd0 il n0str0 @m000r333 3’ + imp0rt@nt3 di un@ m@nicur3 r0vin@t@! 0:-)”
“Che genio.”
“@ll0r@, k3 n3 dc di sp0s@rci d0m@ni m@ttin@? :D”
 “CHE COSA?!?!”
Valeria, dietro a Federico, stava giusto mimando ai MEREH di scappare il più lontano possibile da quel posto abbandonato da Dio, non apena udì le parole del fratello si mise ad urlare a squarciagola:
“SCAPPATE IL PIU’ LONTANO POSSIBILE DA QUESTO POSTO ABBANDONATO DA DIO!!!” poi, indicando Federico, mormorò “E sacppate anche da lui!”
Roberta stava giusto facendo dietro-front, quando la Tata l’ acchiappò per il cappotto nero:
“Cazzo vuoi?!”
“Se ho imparato una cosa in sette anni di servizio all’ Associazione Tate alla Riscossa, è che con i bambini ed i ragazzini bisogna usare man ferma e tanta, tanta dolcezza. Quindi, ora vai da lui e gli dici, gentile ma ferma, che sei onoratissima della sua offerta, ma purtroppo pensi che tu sia troppo giovane.”
“Non è che sono troppo giovane, è che lui si mette le mutande arancioni e giallo fosforescente! Giallo fosforescente, capito?! Giallo fosforescente!!!**”
“... Sei troppo giovane.”
“Giallo fosforescente!!!”
“....”
“.... OK, OK, vado da lui.”
I sei si diressero verso i fratelli ArdeTasto, guidati da una Roberta a dir poco spaventata. Finalmente, i due si ritrovarono l’ uno di fronte all’ altra.
“@h!  @ll0r@ p0ssi@m0 p3ns@r3 subit0 @l m@trim0n-”
“Frena! Frena! Prima di tutto, ci avevate scritto una lettera che diceva chiaramente che il vostro manicomio era sì in Siberia, ma era almeno un edificio! Dove cavolo è?”
Valeria alzò le spalle, sconsolata.
“Era tutto un trucco. In realtà i nostri genitori ed i nostri psicologi hanno capito che eravamo casi irrecuperabili ed... ehrm... nocivi, ergo ci hanno spedito qui con la speranza che morissimo assiderati.”
La Tata sgranò gli occhi.
“Ma... ma è terribile! Quale genitore farebbe mai una cosa del genere?!”
“Be’, ecco, vede... non sono veramente i nostri genitori. Quest’ ultimi sono morti quando naqui io, in un incidente di treno. Le coppie che ci hanno ospitato ci hanno trovato tutte troppo strani e pericolosi e dopo circa un mese ci hanno abbandonato al nostro orfanotrofio per casi disperati.”
“Povere stelle! Ma... addirittura pericolosi? Perchè mai due bei giovincelli come voi dovrebbero essere pericolosi?”
“Abbiamo provato ad ammazzare tutte e trentasei le coppie che ci hanno adottato.”
“... Voi due siete anche peggio di questi cinque, non è vero?”
“Be’, loro hanno distrutto un’ intera scuola.”
“In effetti...”
“Raga’, raga’! Ma che cazzo facemo noi, mo’?! Come se fa’ a raggiunge’ la Cina se ce tenemo da’ morì assiderati ca?”
“Oh, non vi preoccupate per quello. Il treno passa di qua circa una volta ogni due giorni.”
“Non è che servirà a molto, un’ intera parte delle rotaie è completamente distrutta.” osservò disgustata la Tata.
“Oh, ci saranno sicuramente degli operai con i loro attrezzi nel prossimo treno. Nel frattempo, vi possiamo far vedere come sopravviviamo.”
“S0l0 @gli 3R3H. R0b3rtin@ r3st@ cn m3.”
“Frena i cavalli, Federico. Valeria, dove vivete, dove mangiate e dove fate i bisogni?”
“Allora, i bisogni li facciamo dove capita.”
Arianna vomitò.
“Sìììì... comunque, abbiamo costruito una larga e spessa tenda con i vestiti di Fedeico a qualche miglia da qui. Sempre con i suoi vestiti abbiamo cucito coperte, materassi, tendine, centrotavola, cuscini, tovaglie, tovaglioli, tovagliolini, altri vestiti più guardabili...”
“Caspita, hai molti vestiti, non è vero Federico?”
“I mi3i pr3friti s0n0 i c@lz0ncini di D0lc3 e G@bb@n@ 3, n@tur@lm3nt3, l3 mi3 mut@nd3 @r@nci0ni e gi@ll0 f0sf0r3sc3nt’! :)”
“*-*.... Cioè, voglio dire: Oh...”
“Allora, seguiteci pure.”
Si incamminarono verso l’ ignoto. Per circa tre ore non videro altro che neve, neve ed ancora neve. Finalmente giunsero alla tanda dei fratelli ArdeTasto. Era come un misto tra lo spettacolare ed il raccapricciante. La tenda aveva la forma di una yurta, le tipiche tende mongole, ed era fatta di vari jeans e magliette hawaiane cucite insieme a patchwork. Sulla sommità della tenda sventolavano allegramente al vanto le mutande arancioni e giallo fosforescente di Federico, a mo’ di bandierina. Roberta non potè far altro che vomitare.
L’ interno della tenda richiamava l’ atmosfera che si porteva respirare nel salotto di un sultano, grazie alle abili mani di sarta di Valeria ed alle coperte, materassi, tendine, centrotavola, cuscini, tovaglie, tovaglioli, tovagliolini, altri vestiti più guardabili...
Mentre la Tata ed i MEREH si guardavano attorno affascinati dalle spiegazioni di Valeria, Federico offrifa con galanteria qualche erbaccia trovata chissà dove e dell’ acqua bollente riscaldata con un piccolo fornellino.
La Tata era molto colpita.
“Come avete fatto a trovare queste erbe?”
“Io e mio fratello ci siamo informati un po’ tramite il conduttore del treno. Qui, anche se per un periodo molto breve, si scioglie la neve e spuntano queste erbette.  Stiamo per entrare in questa stagione, così si possono trovare facilmente le erbe che ci servono per soprvvivere.”
Roberta non era del tutto convinta.
“E come farai a sopravvivere in autunno, Valeria?”
“Perchè lo chiedi solo a me? Odi a tal punto Federico?”
“Sì, ma non l’ ho chiesto solo a te solamente per quel motivo. So per certo che Federico è anche peggio di Gabriele: dategli un elastico per capelli firmato Armani e potrà vivere tranquillamente anche sulla vetta dell’ Everest.”
“M@ i0 nn @ndr3i M@I sull’ 3v3r3st! Nn 3’ @bb@st@nz@ r0m@ntic0 3 p0i d0v3 c0struir3m0 l@ n0str@ c@s3tt@?”
“Sta zitto, Federico. Comunque, per rispondere alla tua domanda, Roberta, giusto ieri ho ordinato una capra. Mi dovrebbe arrivare tra qualche settimana. Se raccogliamo abbastanza erba per il foraggio, la capretta dovrebbe riuscire a superare l’ inverno.”
“OK, ma... dove l’ avete ordinata la capra? L’ avete sempre chiesta al conducente del treno?”
“Oh no, signora Tata! L’ abbiamo ordinata su Internet!”
“Internet?! Ma come cazzo avete fatto?! Qui non prende la connessione ad Internet e come fate ad avere un com-”
Valeria la girò verso un angolo poco distante dal letto di Federico dove, con tanto di fili elettrici fatti di pezza e monitor di cotone, vi era un computer completamente costituito da vecchi vestiti.
“M-ma.. ma come... come avete fatto a...”
“Sono di Milano.” le ricordò Valeria, soffindo su una pistola a colla fumante “Datemi un ago e qualche pezzo di stoffa ed io li cucirò insieme fino a formare una copia dettagliata della Torre Eiffel.”
“Me sa’ che te conviene trova’ n’ altro esempio. L’ avemo distrutta.”
 “... ed io li cucirò insieme fino a formare una copia dettagliata del Museo dei Lacci delle Scarpe e della Crosta di Baguette nel quartiere dell’ Arsenal.”
Nik scosse debolmente la testa.
“... ed io li cucirò insieme fino a formare una copia dettagliata della Monna Lisa.”
I MEREH e la Tata indicarono tutti Gabriele.
“Sentite, farò qualcosa di spettacolare, va bene?!”
“Va bene!”
“:D! Ehi, Cicci0lin@, k3 n3 dici di f@rci 1 gir0 x l@ Sib3ri@, i0 3 t3 d@ sl?”
“.... E va bene. Ragazzi, io e Federico dobbiamo fare una bella chiaccheratina da soli. Voi restate pure qua, daccordo?”
 
OK!
 
“Tanto non c’ è niente di bello là fuori. E poi qui è tutto così soffocante, si suda molto e si muore letteralmente di caldo. Forse oggi è la mia giornata buona.”
“Dai, Federico, andiamocene.”
Uscirono dalla tenda e si incamminarono mano nella mano in quella romantica distesa di neve letale.
“K3 n3 dc d viv3r3 chui x s3mpr3, Cicci0lin@? I n0stri p@mpini @vr@nn0 ttt l0 sp@zi0 x p3rd3rsi n3ll@ n3v3, m0rir3 surg3l@ti 3 sc@nn@rsi @ vic3nd@ ttt l3 v0lt3 k3 l0 v0rr@nn0!”
“Federico” disse Roberta, prendendo le mani mani del ragazzo coperte da guanti color pistacchio “Quello che mi dici è molto commovente. Sai, credo di aver capito quello che stavi cercando di dirmi alla scuola.”
“*-* Rilly?”
“Rilly, Federico, veri rilly. Ho capito che, anche se apparteniamo a due mondi diversi, in fondo tu sei sempre stato l’ unico a capirmi veramente. Ora so che tu sei l’ unico con potrò sfogarmi, l’ unico con cui potrò fare certi discorsi. Ed è per questo,” disse Roberta, inginocchiandosi di fronte al truzzo e prendendogli una mano tra le sue “Che ho deciso di porti questa domanda, che pensavo non avrei mai posto a nessuno.”
“:O”
“Quindi, Federico...”
“Y3s?”
“Federico ArdeTasto, tu...”
“...”
“Tu... cosa ne pensi delle escargots?”
“=D C3rt0 k3 ti sp0s0, Cici0l- ASPETTA UN ATTIMO! In k3 s3ns0 k3 n3 p3ns0 d3ll3 c@gg0t0s?”
“Be’, vedi, è strano: io le trovavo deliziose, avevano un peculiare retrogusto di ciccia umana, ma devo dire che erano altresì un po’ troppo dolci per i miei gusti. E poi, Klara mi ha fatto venire il mal di testa con tutte le sue storie animalistiche, quindi a lei non posso chieere un parere, Gabry mi darebbe solo una risposta negativa, Nik non se ne intende e Bummino... sinceramente sono poche le volte che lo capisco uando parla, e così ho pensato di chiedere a te e...”
“M@ tu b@si il n0str0 sup3r r@pp0rt0 su d3ll3 lum@k3!?”
“... Su delle escargots. E’ totalmente diverso, sai?”
“Ti 0di0!”
“...”
“...”
“... EVVIVAAA!”
La metallara corse a perdifiato verso la tenda degli Ardetasto, urlando a perdifiato.
“MI ODIA! MI ODIA! EVVIVA, MI ODIA!”
Entrò a perdifiato nella tenda ed abbracciò Valeria.
“Cara, cara amica! E’ fatta! E’ finalmente fatta!”
Valeria sgranò gli occhi.
“Non mi dirai che voi due...”
Roberta le tappò la bocca con una mano.
“Non dirlo! Tremo ancora al pensiero di ciò che mi avrebbe potuto chiedere. Senti, tuo fratello è incazzato nero. Credo di aver finalmente messo in chiaro il nostro rapporto, ma io, la Tata ed i miei amici (e Nik) dobbiamo scappare da qui in men che non si dica, non possiamo aspettare il treno. Come si fa?”
Valeria si portò una mano al meno, riflettendo.
“Mmhm... ci sarebbe la slitta...”
 
Hai cucito una slitta?!
 
“Io sono di Milano. Con un po’ di filo ed un ago poss-”
“Valeria” disse Roberta, prendenola per le spalle “Federico sta’ per arrivare. E’ meglio che questa storia finisca così, senza troppe difficoltà. Spero di non offenderti, ma tuo fratello è un maniaco e noi dobbiamo assolutamente scappare. Ora, che cos’ è questa storia della slitta?”
“Be’, è una semplice slitta che avevo costruito per tornare a casa. Ma quando l’ ho terminata mi sono resa conto che non avevo nulla per trainarla. Ho pensato di ordinare degli husky su Internet, ma poi mi sono guardata attorno ed ho capito che, in fondo, è questo il modo in cui io e Federico dovremo vivere. Qui possiamo distruggere intere distese di neve e nessuno ci dice nulla!”
“Dev’ essere bellissimo, ma ora mi devi dire se possiamo prendere in prestito la slitta.”
“Per me va bene, ma come farete a trainarla?”
“Oh, questo non sarà un problema.” mormorò la metallara, guardando la Tata “Proprio non lo sarà.”
I MEREH, la Tata e Valeria uscirono tremando dalla tenda. Arrivati alla slitta, posta in un piccolo garage ricavato dalle lenzuola di Federico, i MEREH ringraziarono di cuore la loro amica e le augurarono buona fortuna, per poi organizzarsi per il viaggio.
“Allora” disse la Tata “Come si fa? Come faremo a spostarci senza una bestia che traini la slitta?”
“La trainerai tu, no?”
“COME?! Ma Roberta, è fin troppo lavoro per una donna da sopportare!”
“Già, Robe’. Me sembra proprio che ‘a Tata sia fin troppo mingherlina pe’ traina’ sta’ cosa da sola.”
Gabriele alzò la mano.
“Io avrei un’ idea.”


Pochi minuti dopo, Roberta, Gabriele, Bummino, e Klara sedevano sulla loro montagnola di bagagli, viaggiando comodamente sulla slitta che sfrecciava dalla Siberia attraverso tutta la Russia. Roberta, seduta più in alto di tutti, si dilettava allegamente nel frustare la Tata Arianna AmorProprio e Nik, i quali (tra sbuffi di fatica e segreti piani di vendetta) stavano faticosamente trainando la slitta.
Destinazione?
La Cina.
 
 
 
 Angolo dell' Autrice:

OK. Devo dirlo. Deeevo dirlo. Devo dirlo? Devo dirlo. Il motivo per cui ci sto mettendo così tanto a pubblicare è perchè sto scrivendo anche altre storie. Una in particolare (che, se mi va bene, finirò a breve e pubblicherò su EFP) mi sta prosciugando via molta voglia di scrivere i MEREH. No, non preoccupatevi. Non sarò così meschina da interrompere ora. Prima finirò questa Saga, mi costasse anche la vita. Ma non vi stupite per ritardi come questi ultimi, va bene? Comunque, con l' inizio della scuola sarò così depressa che avrò assoluto bisogno di uno sfogo, e così i MEREH torneranno senz' altro più divertenti di  prima! Grazie.

Note:
 
*Si pronuncia Trusosted in Russo vuol dire “Piedi Gelati” (almeno secondo Google Traduttore XD).
** Colore alla cavolo. Se qualcuno sta portando le mutande arancioni e giallo fosforescente in questo momento, lo prego di perdonarmi.

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Capitolo 5
*** Portarsi Dietro Molte Scorte di Acqua. ***


Allora, ecco a voi i compiti della giornata:
1.      Evitare di uccidermi per questo colossale ritardo.
2.      Lasciare un commentino o inviarmi un messaggio se per caso ho saltato qualche errore (orrore) di distrazione oppure di ortografia.
3.      Scivetemi su chi è il vostro personaggio preferito!!!
4.      Ed, infine, ricordatevi di:
 
 

5)Portarsi Dietro Molte Scorte di Acqua!

 
 
Qualcosa si muoveva sotto terra. Non era qualcosa di vivo. Era morto? No, no non poteva esserlo. Non si percepisce più il suo spirito, ma la sua carne non è putrefatta. Carne? No... no, non ha della carne attaccate alle ossa. Eppure, non ha proprio nulla attaccato alle ossa. Lui non ha delle ossa. Eppure, si muove. Ne’ vivo, ne’ morto. Si muove. Si muove sotto la terra.
Ed ecco: la terra si apre. Ne esce qualcosa, qualcosa di terribile e di inumano.
Essatto... inumano. Non è più un essere umano, forse non lo è mai stato. La... la cosa si guarda attorno. Cerca qualcosa, qualcuno. Non lo trova.
Gli abitanti di CastoFiore alzano lo sguardo verso l’ alto del monte. Verso la casa dei mostri, dei dannati. Da lì viene un rumore, un rumore assordante, furente. Qualcosa è arrabiato, qualcosa si sta librando nell’ aria.
Qualcosa si sta dirigendo verso il villaggio?
Gli Amish hanno solo il tempo di osservare un piccolo oggetto nero che sfreccia attraverso il cielo, lontano dal villaggio, verso un mondo sconosciuto. E’ forse alla ricerca di qualcosa? La cosa ha bisogno. Bisogno di qualcosa che non si trova in quel luogo?O forse, semplicemente che non si trova più in quel luogo?
Non lo sanno.
Sanno solo che la cosa fa un rumore. Un rumore sconosciuto, spaventoso e furente. Un rumore simile all’ eco di un tuono, ai sassi di una lapidazione.
 
Ra-ta-ta-ta-ta! Rober-ta-ta-ta-ta-ta! Mit-t-t-truccio vuole Roberta-ta-ta-ta-ta!
 
 
 
“Ragazzi, sapete, non è affatto buona educazione frustare una persona sulla schiena mentre sta trainando una slitta. Per di più, io ed il vostro amico Nicolas lo stiamo solo facendo per farvi un favore, lo sapete?”
Roberta si chinò sulla Tata dal suo posto di guida della slitta e le sorrise malignamente.
“Daccordo. Allora facciamo così: io ammazzo Nik e te lo lego sulla schiena con un pessetto di spago. Se tu fai cadere il suo cadavere anche solo una volta mentre continuerai a trainare la slitta, Klara prenderà in mano la sua bellissima bambola vodoo e ficcherà uno spiedino nel suo occhio di vetro. Il che equivarrebbe a conficcarti una trave nell’ occhio, non so se rendo sufficentemente l’ idea...”
Nik lanciò uno sbuffò.
“A Robe’, a guarda che è da ‘n pezzo che avemo sorpassato ‘o Tibet. Nun c’ è più neve su cui posa’ ‘e mani, e tutti ‘sti sassorini me stanno ‘a mandà ‘n bestia. Te giuro! Preferirei staccamme’ la mano a morsi pur de non sopporta’ più ‘sta tortura cinese!”
Gabriele s’ intromise furtivamente nella conversazione, interrompendo la sua onorabilissima pratica di strofinarsi un polso con un foglio di carta di riso trovata a svolazzare per l’ aria.
“Ragazzi, preferirei morire piuttosto che sembrare indiscreto.”
 
Sai che roba! Tu preferisci la morte a qualsiasi cosa, Gabriele.
 
“Non vedo quale sia il problema. Comunque, il fatto è che ci troviamo nel: “Bacino cinese Qaidam, una regione paludosa e sabbiosa che presenta numerosi laghi salati. Ivi si possono trovare nuomerose polveri di amianto che, respirate, provocano infatti l'asbestosi, nonché tumoridella pleura, ovvero il mesoteliomapleurico e dei bronchi, ed il carcinoma polmonare.” *
“Santo Cielo! Gabriele, da quando il tuo vocabolario è così fornito di vocaboli simili?”
“Brutto pezzo di Tata! Ti avevo esplicitamente detto di non proferir parola!” Roberta scoccò una sonora frustata alla povera Arianna AmorProprio, prima di rivolgersi agli altri MEREH “Sul serio, a volte proprio non so dove sia andata a finire l’ educazione di una volta!”
 
Ah, questi giovani d’ oggi!
 
“Bum Bum!”
“Hai ragione, Bummino! E’ veramente incredibile! Comunque, brutto Emo di merda: da quando il tuo vocabolario è così fornito di vocaboli simili?”
“In effetti, sto semplicemente leggendo dalla mia rivista sui suicidi, Roberta. Comunque, il fatto è che vorei veramente fermarmi a respirare un po’ di questa aria salutare. Vi dispiace?”
“Oh, ma figurati, Gabriele! Per le mie borchie spara proiettili, cos’ altro vuoi? Un cocktail? Qualche topolino da squartare? Un bel cuscino? Magari anche una festa ad un localino qui vicino?”
“Sarebbe apprezzabile, mille grazie!”
“Be’, non so se l’ hai notato, ma siamo in un deserto! Io qui non mi ci fermo, ho già poco carburante nel serbatoio!”
E qui la metallare indicò Nik, il quale si dibatteva tra la sabbia sassosa per trovare qualche goccia d’ acqua non ancora disidratata. Roberta lo frustò un paio di volte e Nik s’ accasciò a terra, svenuto.
“Ecco! Brutta Tata schifosa, guarda un po’ che cosa cazzo hai fatto!”
“Cosa?! Ma... ma io non ho fatto niente! Sei stata tu a frustarlo senza motivo, e...”
“Adesso ti frusto io! Anzi, no! Bummino, accompagna questa morta di fame a cercare un po’ d’ acqua. Vedete di trovarla in fretta, non voglio che Gabriele goda troppo di quest’ aria velenosa. E’ un privilegio che semplicemente non si merita.”
“Bum Bum!”
“Ma... Ma ragazzi, io...”
 
Non ti conviene disobbedire, sappilo.
 
“... E va bene! Andiamo, Bummino.”
I due s’ incamminarono per il vasto deserto, il sole cocente che martellava sulle loro povere testoline accaldate. Nessuno dei due sapeva esattamente dove erano diretti. Forse, avrebbero veramente trovato l’ acqua, ma... come? E, sopratutto, dove?!
“Oh, Bummino! Ci stiamo forse incamminando verso la nostra morte? Non voglio morire, Bum Bum! Questa doveva essere solo una piacevole vacanza, per rilassarmi e per salvarmi da voi cinque. Eppure, la mia stessa fuga mi ha condotta alla mia rovina! Come è mai possibile una cosa del genere, Bum Bum? Sono davvero il mezzo attraverso il quale la morte trovarà la mia anima? E’ questo il corpo, Bummino? Solo un mezzo per trovare la morte? Oh, dove mai potremo trovare dell’ acqua, Bummino? Perchè non riusciamo a trovarne neanche un po’? Oh, ma perchè non mi parli, Bummino? Davvero il tuo amore per quella semplice bambina è così grande? Davvero? Davv-”
Il bambino si voltò di scatto verso di lei, impugnando un candelotto di dinamite.
“Bum. Bummino bum bum bumbumbumbum bummino bum. Bum bum adesso t’ inculo questa bum. Bum bum?”
“Bum bu_ Ehrm, cioè: ho capito, grazie mille per essere stato così chiaro nei miei confronti.”
“Bum! Bum bum...”
I due s’ inoltrarono  ulteriormente nella vastità del deserto, alla disperata ricerca di un qualche pozzo. Tata Arianna stava giusto per ricominciare a lamentarsi della sua spiacevole situazione, quando Bum Bum lanciò un ‘Bum Bum’ d’ evviva!
Lì, a pochi metri da loro, si trovava un...
“Un bar?”
“Bummino bum! Bum bum!”
“Ma... ma com’ è possibile? Siamo in un deserto! Come ci può essere un bar!?”
Bummino tirò fuori dal suo zainetto da marinario una piccola mappa del mondo ed indico freneticamente la Cina.
“Ho capito che il Paese in cui ci troviamo adesso è molto organizzato, ma insomma... chi passerebbe per un deserto?”
Bum Bum indicò se stesso e la Tata, la sua espressione leggermente divertita ed ironica.
“... Anche questo è giusto. Hai qualche soldo?”
Il bambino tirò fuori dalla tasca un piccolo portafoglio leggermente traboccante di banconote. Senz’ altro un piccolo regalino dal suo generoso fratellone.
“Ottimo. Compriamo subito qualche megalitro d’ acqua e dirigiamoci subito alla slitta. Ancora non capisco come tutta qualla stoffa riesca a slittare su della sabbia rocciosa come questa, tuttavia la ragazza veniva da Milano, quindi...”
La Tata ed il bambino entrarono nel bar, dove furono subito accolti dal getto di aria condizionata che proveniva dal soffitto e da un piccolo uomo dai lunghi baffi  neri e quasi nessun capello.
“Benvenuti! Io Lao, Io balista!  In cosa posso essele utile, signoli?”
Con grande sorpresa dei due adulti, Bum Bum incominicò a parlare un fluente cinese, aggiungendo qualche ‘bum’ e qualche ‘bummino’ qua e là per la frase.
“Bum Bum, ma... non eri tu quello che aveva fatto voto di silenzio, una volta che Linaria si è fatta missionaria?”
Il bambino rivolse al barista qualche parola incomprensibile alle orecchie della Tata. L’ uomo sorrise e disse ad Arianna AmorProprio, con un fare molto gentile e divertito.
“Bimbo dile che lingue straniere non valere. Lui dile che tu dovele fale affalacci plopli! Lui dile di dovele andale a bagno, ola, tu calicale su tue spalle megalitro d’ acqua!”
“COSA?! Ehi, Bum Bum, ma... Bummino?”
Il bambino si era già rintanato nel bagno, probabilmente colto da un bisogno a dir poco esplosivo.
“Uff! E va bene, dove sono questi megalitri d’ acqua?”
“Io dale, lei seguile me!”
Una volta legati i megalitri sulla povera schiena della Tata, subito Bum Bum uscì dal bagno.
“Hai... hai scaricato l’ acqua? Non... non ho sentito lo... lo sciacquone...”
Bum Bum parve leggermente confuso. Parlò per un po’ al barista, indicando la povera Arianna.
“Uhmm... Bimbo dile che sua cacca un po’ speciale essele! Non vela cacca, ma polvele da spalo complessa. Lui dile che va molta scolta, molto glande... Oh, lui chiedele dove lei pensasse che prendesse tutti suoi candelotti e polvele da spalo?”
“Lasci stare, sono troppo stanca e provata per provare disgusto, in questo momento.”
I due se ne andarono, non prima che il barista regalasse al più piccolo una cassa piena di fuochi d’ artificio.
“Questo essele piccolo souvenir! Voi piacete me, piccoli italiani! Voi tolnate plesto a molile di sete in deselto Qaidam! Io dale voi altli fuochi d’ altificio! Io plestale bagno!”
“M-molto gentile!”
“Bummino-Bum bum! Bum-Bum!”
Non appena raggiunsero l’ auto, trovarono Klara intenta a torturare allegramente la sua bambola vodoo (senza pensare a qualcuno in particolare), Gabriele che respirava a fatica l’ aria velenosa, Roberta che preparava un bel aereosol da propinare all’ Emo e Nik che piano piano si risvegliava dal suo coma.
“Roberta, abbiamo... abbiamo l’ acqua.”
“Oh, ma che bravi! Avete l’ acqua! E... e le patatine dove sono?”
“....”
“.... Allora? Dove sono le mie patatine?”
“Tu.... tu non ci avevi chiesto le patatine.”
“Be’, ma adesso voglio le patatine.”
“Roberta, cerca di ragionare: siamo nel deserto, vuoi veramente delle patatine, con tutto quel sale e quell’ olio? Morirai di sete.”
“Per questo abbiamo preso l’ acqua.”
 “Noi... tu non hai preso l’ acqua!
“Ma sono stata io ad avere l’ idea!”
“Avevamo tutti sete, tutti volevamo l’ acqua! E tu, cosa avresti fatto? Ci tiranneggi da mattina a sera, ma in realtà non sei nessuno!”
 
Ehi! Lei è la ‘M’ di ‘Metallara’, ma anche di ‘Ministro della Difesa’. Se qualcuno ci attacca, è lei la prima a farsi avanti per difenderci! E’ lei che ci da’ la carica per attaccare, è lei che fa sembrare l’ assisinio quasi un gioco divertente.
 
“Ma vi sembra normale? Insomma: siete bambini, in fondo! Dovreste divertirvi, giocare! Non uccidere o schiavizzare la prima persona che passa!”
La Metallara si chinò su di lei dala slitta.
“Tu hai mai schiavizzato oppure ucciso qualcuno, nella tua intera e misera vita?”
“Be’, ecco... no! Ma non è questo il pun-”
“E allora come puoi giudicare cosa sia bello e cosa no? A me piace tiranneggiare sul Rapper e sull’ Emo. Se loro volessero ribellarsi, lo farebbero. Se poi non ne hanno le forze necessarie, quello è un altro discorso! Sapevano anche fin troppo bene a cosa andavano incontro quando hanno firmato il Contratto di Sangue.”
“Il... cosa?”
“Un deprimente contratto firmato in un deprimente momento della nostra deprimente vita.”
 
Tu sei deprimente.
 
“Bum. Bummino bum-bum bum bummetto bum. Bum bummino bum, bum-bum!”
“Questo te ‘o potevi risparmia’, però, Bummì. Gabri nun è mica così noioso... o forse sì?”
“Nik, caro: mi spiegheresti a cosa si riferiscono i tuoi amici con questo ‘contratto di sangue’.”
“Sì, se nu me chiamerai più ‘Nik, caro’.”
“Daccordo.”
“Allura, è tutto successo molti molti anni prima, cando avevamo deciso de forma’ ‘o gruppo.”
 
 
....(Questo è la continuazione di un flashback della Seconda Saga)...
 
“Allora, voialtri! Ora che abbiamo deciso come si chiamerà il gruppo, dobbiamo firmare il contratto di sangue!”
 
Ovvero?
 
“Un contratto di sangue.”
“Daccordo, Robe’. Me sa’ che intendeva cosa se fa cando s’ esegue ‘n contratto de sangue.”
“Oh, è molto semplice. Avette una lametta.”
 
Sì. Ve la porto immediatamente.
 
Klara s’ alzò dal tavolo della tavola da pranzo e si diresse velocemente nella cucina. Tornò dai tre bambini e dal bèbè con in mano una lametta. Roberta l’ impugnò e si graffiò con essa un dito. Scrisse il suo nome sul legno tarlato del tavol e sottoscrisse una ‘M’ maiuscola. Tese la lametta a Bummino ed a Nik, i quali firmarono anch’ essi col sangue e sottoscrissero una ‘R’ ed una ‘E’ un po’ distanti dalla ‘M’.
Ma, quando la lametta venne data a Klara, ci fu un attimo di esitazione. Infine, l’ Hippy tagliò delle schegge di silicone che ricopriva le sue dita di legno e con esse formò il nome ‘Klara CastoFiore’ ed un’ ‘H’ maiuscola, accanto alla ‘E’ di ‘Esplosivo’.
Ma fu allora che i cinque si resero conto di una cosa. Fu allora che scoppiò la bufera. Fu allora che il Cielo sembrò cadere sulla loro  tranquilla convivenza iniziata da appena cinque minuti. Fu allora che si resero conto che Gabriele non poteva firmare il contratto di sangue.
“Merda! Ma che minchia vuol dire? ‘Nsomma, nun te pare strano che nun te poi fa’ ‘manco ‘n tagletto?”
Roberta gli diede un pugno nella pancia.
“A te non  pare strano che hai una voce così acuta e femminile quando urli che i vetri si sgretolano?”
“Nun solo i vetri.”
“Appunto. Comuqnue, la situazione è molto grave. Come potremo mai includere Gabriele nel gruppo dei MEREH se non può firmare col sangue.”
“... Bum-gugu?”
“’O picciarello ci’ ha raggio. Gabriele, tenghi da sputà fino a forma’ ‘na ‘E’.”
Il piccolo Gabriele sembrò a dir poco disgustato, ma dovette acconsentire alla minaccia dei fratelli Vecca’chetePisto: non voleva certo udire per l’ ennesima volta la loro versione di ‘My Name i John Johnson’!
 
“E chesta è ‘a storia der contratto de sangue!”
“....”
“Che c’ è? Nun v’ è piaciuta?”
“No, è che l’ hai raccontata con un rap tanto schifoso che la narrazione è dovuta intervenire censurando la canzone con un flashback. Brutto Rapper di merda, ma si possono trovare delle rime tanto sconce?”
“Per esempio?”
“Come puoi fare una rima con ‘occhiello’ e ‘pastello’, soprattutto in questa storia?!”
“Roberta! Ragazzi!” intervenne la Tata “In fondo, Nikstava solo cercando di esprimersi.”
“Se ha così tanto fiato per esprimersi in quella maniera a dir poco discutibile, sicuramente ne avrà abbastanza per tirare la slitta fino al porto di Pechino, non è vero?”
Nik sbiancò improvvisamente. Si aggrappò disperatamente ad Arianna AmorProprio, gli occhi lucidi di una preghiera silenziosa. Poi si rese conto che quella era la Tata, e così se ne separò in men che non si dica. Stava giusto per essere trascinato a forza da Roberta verso la slitta, quando i MEREH e la Tata udirono un forte rumore al di sopra delle loro teste. Guardarono tutti verso il cielo, dove un piccolo elicottero agitava con furore la sua elica.
Ni-hao! Io vecchio balista di plima! Io pensale che voi avele bisogno di passaggio!”
I MEREH e la Tata non se lo fecero ripetere due volte e saliono sulla piccola scala che il vecchietto aveva lanciato dallo sportello dell’ elicottero. Una volta su, fu tutto un miscuglio di ‘grazie mille’ e ‘vi siamo debitori’ e ‘dov’ è il bagno?’.
“Io avele eleditato elicottelo da mio padle. Non essele plovvisto di bagno, se vuole fale pipì lei fale da finestlino. A ploposito io mi chiamale Zhíshēngjī! Mio nome vuole dile ploplio ‘elicottelo’ in cinese.”
La Tata parve sorpresa.
“Che strano nome da dare a un bambino.”
“Io essele nato su questo elicottelo. Mio padle essele stato aviatole, non voleva poltale mia madle all’ ospedale con macchina, lui volele poltalla con elicottelo. Io nato poco plima del plevisto! Fu fu fu!”
“Ma... ma è terribile!”
“Non ploplio! Io adesso ottimo aviatole, ma anche ottimo balista! Allola, dove volete andale?”
Klara gli tese un bigliettino scritto in quattro e quattrotto.
 
Tempio delle Lumache, Hokkaido, Giappone.
 
 
 
*Bellamente scopiazzato da Wikipedia, l' Enciclopedia Libera.
 
OHMIEIDEIII! Mi sono accorta solo ora che sono quasi due mesi che non pubblico i MEREH! Cacchiarola acciderbolina... Va bene! Cercherò di pubblicare un po’ prima la prossim volta! Vi prego ancora di perdonermi,
 Beads.

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Capitolo 6
*** Imparare i Costumi Locali. ***



IMPARARE I COSTUMI LOCALI!



 Perché il mondo gira in un direzione e non in un’ altra?
Perché la vita è solo una?
Esiste la reincarnazione?
Si può utilizzare l’ anticalcare anche sui piatti di porcellana?
 
...
 
Perché, vi chiedo, perché la nostra società ci impone di porci così domande complicate e, sempre più spesso, insensate? Perché dobbiamo vivere nel dubbio, nella ricerca dei fatti, delle risposte alla nostra esistenza?
E, soprattutto, cosa centra tutto questo con i MEREH?
Be’, vedete, erano proprio questi i pensieri di Gabriele, quando si ritrovò legato alla veloce elica dell’ elicottero del saggio Zhíshēngjī. L’ elica andava molto veloce e procurava al ragazzo un forte mal di testa, ma mai tanto forte quanto quello che l’ Emo stesso aveva procurato ai suoi poveri compagni.
Per fortuna, prima che riuscisse ad aggiungere ‘Il passato è uno specchio che riflette i nostri peccati e le nostre mancanze alla moralità del nostro spirito infangato da anni e anni di azioni tristi e deprimenti (ma mai quanto me, s’ intende) che ci renderanno la vergogna e le risate delle generazioni a venire’ all’ altrettanto lunga frase insensata, i MEREH l’ avevano afferrato senza tanti complimenti e l’ avevano legato all’ elica dell’ elicottero.
La cara e dolce Tata Arianna si portò una mano alla testa, esasperata e demoralizzata dalla situazione.
“Ragazzi, dovrete pur tentare di prestare ascolto alle sue parole ed alle sue idee, non trovate? Per quanto difficili ed irrazionali ci possano apparire, la differenze  e le idee altrui sono molto importanti per costruire un mondo migliore ed allegro.”
“Giustissimo, blava! La Signolina dile cosa molto buona: il lazzismo essele blutissima cosa.”
La Tata arricciò con insofferenza il naso a patata.
“E chi mai ti avrebbe interpellato, brutto muso giallo? Fatto sta, bambini, che la tolleranza e l’ uguaglianza sono cose molto importanti.”
Roberta alzò annoiata lo sguardo dal suo cruciverba.
“E chi mai ti avrebbe interpellato, brutto muso spudoratamente rifatto? Ehi, Klara! Undici lettere, decima lettera ‘n’ e la seconda ‘i’.”
 
‘Vivisezione’.
 
“... Non vuoi almeno aspettare la definizione della parola?”
 
Ti dico che è ‘vivisezione’!
 
“... Ma te l’ ho mai detto che tu mi fai paura?”
 
Grazie, Roberta. E le tue nuove borchie ti stanno d’ incanto, così ben tinte di vermiglio.
 
“Prego, cara. Anche se non sono tinte di vermiglio, ma di rosso sangue.”
Nik interruppe momentaneamente l’ incessante bevuta dal magalitro d’ acqua che si erano portati dietro.
“Nun c’ ho mai capito ‘a differenza.”
 “Be’, vedi, si parla di vermiglio quando il sangue si trova ancora nelle vene. Il rosso sangue è invece quando quest’ ultimo è stato strappato a forza dai vasi sanguigni e si versa per tutto il pavimento, magari anche rovinando quello stupendo tappeto persiano che abbiamo sottratto con tanto amore e gusto da quel delizioso ragazzo delle consegne. Ti ricordi, Nik? Circa tre anni fa, quando sia il sangue del ragazzo sia il tappeto sono andati perduti per sempre. Perché qualcuno l’ aveva squartato con troppa violenza?”
“Me ‘o ricordo anche troppo bene, Robe’. Sopratutto perché i dindi belli de ‘o tappeto persiano so’ usciti da’ ‘a tasca mea.”
“... Non hai il minimo senso del gusto, Nik. Pensi sempre e solo hai soldi! Sempre soldi! A volte mi chiedo se tu non fossi imparentato con Scrooge o qualcosa del genere.”
“E chi è mo’ ’sto Spugr?”
“Non capiresti, Nik. Comunque, Klara, hai detto ‘vivisezione’? Vediamo un po’... Eh, già è proprio questa! Ma come hai fatto?”
 
Eh, anni di duro esercizio, di lavoro e di applicazione. E se tieni il giornalino in quel modo riesco a vedere le soluzioni.
 
“Lagazzi, io non volele lompele vostle scatole, ma voi dovele capile che noi essele allivati in Giappone. In questo momento noi solvolale Tempio di Lumache, su montagne di Hokkaido. Voi levale subito da miei coglioni il piccolo tliste Emo. Voi fale subito, io non lesistele ancola pel molto!”
Bummino si arrampicò allegramente sull’ elica veloce e pericolosa, alla quale era legato un ragazzo meno veloce, ma senz’ altro più pericoloso dell’ oggetto in questione. Il piccolo candelotto di esplosivo vivente, con sorprendente velocità, liberò Gabriele e gli diede sorridendo un paracadute. Il piccolo volto paffuto e raggiante esprimeva tutta la gioia del bambino dagli occhi azzurri: quella tappa era un passo in più per arrivare dalla sua cara, dolce, fedele Linaria.
Gabriele guardò con dolcezza quel paffuto visetto: la gioia e l’ estasi dell’ assassinio dipinti su quel volto erano ormai la sua unica ragione di vita. Non negava che quella bimbetta lo ripugnava, ma se era lei che Bum Bum voleva, per lui andava più che bene. Avrebbe superato qualsiasi ostacolo e prova terribile, pur di far felice Bum Bum.
Se la Tata avesse potuto udire i pensieri di Gabriele, sicuramente ne avrebbe tratto molto conforto. Ma visto che non era questo il caso, il suo terrore di fronte ai numerosi metri che la distanziavano dal suolo roccioso e nevoso non mutava neanche di poco. A stento si tratteneva dal rintanarsi nell’ angolo più oscuro dell’ aereo, ciucciandosi come un bèbè il dito nella bocca. Ma aveva un onore, un orgoglio. Mai e poi mai avrebbe confessato che Arianna AmorProprio, l’ ultima delle Tate, soffriva di vertigini.
Ma proprio non ce la faceva a buttarsi!
Poi, udì una voce vicina, ma allo stesso tempo distante.
 “Nun se deve mica preoccupa’, sa? Pe’ terarla su de’ morale, le racconterò una barza su ‘li paracaduti. Ne’ so ‘n mucchio! ‘A conosce chella de’ ‘na papera, ‘na scolara e ‘n topo di periferia?”
Prima che se ne rendesse conto, la Tata venne spinta giù dall’ aereo dalle mani di Roberta, la quale gridava a squarciagola:
“Oh mio Dio! Presto, tutti giù! Tutti giù! Pochi hanno udito le sue barzellette e sono sopravvissuti per raccontare della loro miracolosa salvezza!”
 

Le parve di galleggiare nell’ aria.
Le pareva di essere sospesa nell’ aria, come un sorriso o una promessa di un amato.
Le pareva di… le pareva di volare…
Aprì gli occhi.
Ma…
Ma lei stava volando…
Come una rondine.
Come un palloncino.
Come un aquilone.
Come un fiocco di neve.
Come un…
“Ehi, raga’! Guardateme ‘n attimo! Volo! Bella, volo come li teschi macchiati de sangue de’ ‘e nostre vittime cando ce gioco ‘a fa’ o giocoliere! Bellaaa!”
Ok, forse per quell’ oggi metafore e similitudini sarebbero bastate.
Si concentrò sull’ atterraggio. Una volta con i piedi per terra, i cinque ragazzi e la donna guardarono con gratitudine il cielo, salutando un Zhíshēngjī ormai invisibile. Il suo elicottero, il suo rumore, le montagne, il paesaggio intero: tutto era ricoperto dalla neve.
Lo spettacolo che si stanziava davanti a loro lasciava semplicemente senza fiato. Almeno, così lo era per Gabriele.
“Guardate, ragazzi! Guardate! La neve rende tutto grigio ed invalicabile. Non si riesce a veder ad un palmo dal naso! Potremmo fare anche solo un piccolo passo che si dimostri letale. Potremmo morire da un momento all’ altro in questo mare di deprimente grigiore! Non è fantastico?”
“Mpf. Me duole ditte’ che nun sarà così. Osserva.”
E, detto questo, Nik si voltò in una direzione lontana dai suoi compagni (o da quelle che ipotizzava fossero le loro posizioni) ed urlò a squarciagola, facendo sì che le nubi, la neve e la nebbia si diradassero. Si aprì così un varco che face sì che i ragazzi e la Tata riuscissero a passare senza rischiare di precipitare nel vuoto delle montagne dell’ Hokkaido.
I sei camminarono per un po’ seguendo le approssimative indicazioni di Klara. La ragazzina/bambola posseduta da uno spirito centenario non stava più nella sua pelle di silicone e non faceva altro che scribacchiare senza sosta.
 
E’ un ragazzo tanto caro, sapete? Ugai Gheppu è stato un mio amico per soli pochi anni, poiché si è presto ritirato nella vita del Tempio delle Lumache. Era ancora un bambino, allora, e adesso si sarà fatto un bel ragazzo. Son sicura che vi piacerà, è animato da quella giovinezza che lo ha sempre caratterizzato. Sì, sono proprio tre le parole che lo possono descrivere alla perfezione: giovinezza, allegria e spirito di iniziativa. Lo adorerete, soprattutto tu, Gabriele. Avete entrambi così tanti anni di fronte a voi, così tanti davvero! E, magari, riuscirà a farti passare questa tua depressione, perché no?
 
“No.”
 
Non esistono i ‘no’ ed i ‘sì’, ma solo i ‘forse’ ed i ‘possibilmente’.
 
“Promettimi che non farai mai più un commento del genere. Io, in cambio, non dirò più nulla di deprimente per il resto della giornata.”
“Ehi, Klara, è un affare! Tuttavia, scommetto le mie borchie che Gabriele non ce la farà mai e poi mai.”
“Oh, vedete, ragazzi? Era questa la complicità e l’ attività familiare di cui vi parlavo. Sarebbe bello, bellissimo se voi poteste essere così allegri e spensierati tutti i giorni.”
“Ma anche no!”
 
Non per far la guasta-litigata, ma siamo arrivati!
 
Il Tempio delle Lumache era una costruzione in stile giapponese, costruita con legno scuro come la notte e ripassato con una speciale colla che, alla luce del sole e delle stelle, richiamava alla mente la poetica bava delle Lumache. Finestre e portoni erano a forma di antenna di lumaca, le statue erano a forma di lumaca e nel giardino sia allevavano lumache. In compenso, i monaci si nutrivano esclusivamente di cereali con il latte. Ma i cereali erano a forma di…
Di zebre!
No, di lumache.
Una volta giunti di fronte al grande portone a forma di antenna di lumaca, spettava a Bummino, il più piccolo e di conseguenza il più vicino all’ altezza delle lumache, il diritto di bussare con il Sacro Battente a Forma di Lumaca.
Aprì un piccolo monaco rasato a zero, ma dall’ aria alquanto ‘cazzuta’, come la definì Nik.
“Voi… avere colpito Sacro Battente a Forma di Lumaca?”
Klara s’ inchinò.
 
Eh, già, caro. Siamo qui per visitare un monaco di qualche anno più grande di te. Parlo di un monaco essere bello, alto e particolarmente attraente. Puoi condurci al suo cospetto? Te ne saremo infinitamente grati, sai?
 
“Come chiamarsi lui? E lei?”
 
Io mi chiamo Klara Castofiore. Questi, invece, sono Nik e Bummino Vecca’chetePisto, Roberta MitraMente, Gabriele PescaNera ed  un’ altra tizia che non ha la benché minima importanza. Stiamo cercando Ugai Gheppu.
 
“Oh… Ugai… Maestro Ugai non disponibile, adesso. Voi… voi non potere vedere lui.”
 
E perché no? Si sta forse sottoponendo a qualche Sacra Punizione o a qualche Meditazione?
 

“No. No, è solo che lui essere… essere molto, ma molto impegnato.”
“E perché mai, piccirillo? Klara è ‘na grande amica de’ sto Gay Seppia, o come cazzo se chiama.”
“Lui non Gay Seppia! Lui Ugai Gheppu! Lui Maestro! Lui importante e no volere essere disturbato da voi! Addio!”
Bum Bum tirò fuori dallo zainetto (la Tata si scostò leggermente, ricordandosi in quale modo il bimbetto se l’ era procurato) e minacciò con esso il monaco, indicando il monastero ed accennando chiaramente a far esplodere l’ edificio. Il piccolo monaco sgranò leggermente gli occhi, poi s’ inchinò e fece passare i sei visitatori.
Li condusse attraverso cunicoli bui e sinistri, immersi in un terrificante silenzio dovuto al canto dei monaci che tentavano d’ imitare il suono emesso dalle lumache. E, se la Tata era ufficialmente inquietata da quell’ atmosfera, Gabriele si credeva in Paradiso. Saltellava allegramente qui e lì, sorridendo come un bambino a Natale o nel giorno del suo compleanno.
Finalmente, bambini, ragazzi e donna si ritrovarono in un ampio salone, colmo di monaci che intonavano canzoni basse, quasi sussurrate. Vestivano tutti di kimono neri come pece, tranne uno. Questo monaco aveva, infatti, un kimono bianco come la bava delle lumache, due lunghi e lisci baffi bianchi e tante ruche che gli solcavano il viso. Avrà avuto una novantina d’ anni. Il piccolo monaco gli si avvicinò e sussurrò, piano.
“Nobile e venerato Maestro Ugai Gheppu! Voi avere visite. Io non potuto fermare loro. Loro minacciare di distruggere nostro monastero!”
L’ uomo aprì a fatica gli occhietti grigi e lo fissò, scocciato.
“Chi disturbare me? Chi minacciare mio monastero di distruggere?”
Klara fece un passo avanti, il suo corpo di robusto legno e pallido silicone avvolto in un vestito celeste lungo e drappeggiante. Udì appena Nik, che le bisbigliava:
“E chello sarebbe ‘o monaco giovine, allegro e pieno de vita?”
Diciamo che lo ignorò. Fatto sta che tirò fuori da quel suo famoso chissà dove un pezzetto di carta e prese a scrivere, con atteggiamento teatrale:
 
Nobile Ugai, ti trovo bene! Dall’ ultima volta che ci siamo incontrati, potrebbero essere passati giorni, anni o decenni, ma tu mi appari sempre il solito uomo gaio e pieno di vita. Raccontami tutto quello che hai passato, vecchio mio… scusa, volevo dire amico mio. La distanza dal nostro ultimo incontro a questo momento è assai lunga, ma io, i miei amici e quest’ altra sgualdrina abbiamo tutto il tempo per udirti.
 

“Oh, piccola bimba di legno, spirito benigno della mia infanzia! Io conoscere te, ma tu non essere al corrente di ciò che essermi accaduto negli ultimi anni! Be’, non essere stato granché, in realtà. Io essere solo il monaco più importante di tutto il Giappone, seppure essere il meno conosciuto! Qui, nel mio monastero, io ed i miei monaci riflettere sul significato della vita, che scorrere lenta e senza mai fermarsi, come Saggia Lumaca. Zoppicando, inciampando nelle prove che il destino averci assegnato, la Grande Lumaca essere l’ animale che meglio rappresentare il nostro percorso di vita. Su questo riflettere io ed i miei allievi… per il resto di tempo, noi leggere manga hentai, fumetti giapponesi erotici! Noi molto trovarli emozionanti, molto più di Grande Lumaca. Non essere vero, ragazzi?”
Vi un sorriso compiaciuto ed una risatina generale che rimbombò per tutta la sala. La Tata impallidì visibilmente, notando che l’ espressione di Nik non era molto diversa da quella dei monaci.
“Ehrm… li vorrei proprio vede’ ‘sti manga hentai… giusto pe’ scopi culturali, mica pe’ altro, s’ entenda.”
Gabriele gli diede una forte gomitata.
“Nik, ma sei matto?! Quei fumetti ti faranno tornare la gioia di vivere, non lo sai?”
“E’ proprio chello de cui c’ ho bisogno, stando troppo tempo ‘canto a ti’!”
“Ragazzi!” la Tata sibilò, nervosamente “Questo posto non me la racconta giusta! E’ pieno di pagani misteriosi e pervertiti, credo che essi possano influenzare le vostre menti ancora troppo giovani… soprattutto quelle di Bummino e di Klara, i quali sono i più giovani e vulnerabili.”
Ugai Gheppu parve leggermente confuso.
“La Signora riferirsi forse ai sacrifici umani che pratichiamo durante Barbecue Rituali?”
Arianna AmorProprio impallidì, aggrappandosi disperatamente alla manica di Roberta, la quale la guardò con disgusto prima di sputare sulla mano della donna per fargliela rimuovere. Era chiaro che la Tata volesse scappare da quel luogo il prima possibile, ed anche in fretta.
“Klara, forse è meglio se adesso ce ne andiamo.” sussurrò “Dobbiamo assolutamente continuare il nostro viaggio.”
Klara annuì, piano. Salutò leggermente i monaci ed Ugai Gheppu, sorridendo con triste e malinconica dolcezza. Sapeva che quella sarebbe molto probabilmente stata l’ ultima volta in cui avrebbe visto il suo amico giapponese.
L’ anziano uomo s’ inchinò molto profondamente e fece un cenno al giovanissimo monaco che aveva accolto i sei visitatori al portone. Poi, anch’ egli alquanto tristemente, salutò debolmente la bambina racchiusa nel corpo di bambola, e si ritirò tra i suoi allievi in meditazione. Il bambino condusse i MEREH e la Tata attraverso i sinistri e bui cunicoli illuminati dalle lanterne di carta rossa, fino a raggiungere il portone a forma di antenna di lumaca. Il bambino aprì il portone ed attese la loro uscita senza proferir parola. Quando anche l’ ultimo visitatore fu uscito, chiuse alle loro spalle il portone senza dire una parola.
“Grazie a Dio!” esclamò la Tata “Ma Klara, perché ci hai messo così tanto? Non hai capito che questa gente pratica antichi rituali sconosciuti e di cui nessuno ha mai sentito parlare? Probabilmente sono il frutto di una qualche mente malata che non sapeva distinguere il bene dal male!”
Klara si voltò di scatto, in un gesto particolarmente meccanico e sfoggiando uno dei suoi più inquietanti sorrisi.
 
Oh… ma sono stata io a creare questi rituali. Sono stata io ad insegnarli ad Ugai Gheppu, rendendolo il fondatore e profeta di questa religione… era un periodo particolarmente produttivo della mia vita, in cui mi bastava inventarmi una sciocca religione sulle Grandi Lumache Assassine per farmi un nuovo amico. Eppure, anche se allora la mia felicità mi era parsa eterna come la mia vita, ora vedo che anche Ugai Gheppu presto mi lascerà. Ne’ George Washington, ne’ i miei amici hippy nei tempi del ’68, ne’ mio marito, ne’ i miei sudditi, ne’ la mia bambina son rimasti al mio fianco per crescere accanto a me… la mia bambina… la Morte me l’ ha tolta quando era ancora  piccola come un’ unghia, e mio marito è morto poco dopo. Ed io, che come una sciocca voleva riportarli in vita con queste bambole… ma mi scoprirono. Mi scoprirono e mi bruciarono, come la strega che sono. Mi son salvata rintanando qui il mio spirito, in questo corpo di legno e silicone. Ma ora non posso portare in vita i miei amati, mio marito e mia figlia, poiché per dar la vita ad una bambola è necessario respirarci dentro e pronunciare tre parole: ‘Vita’, ‘Crescita’ ed ‘Eternità’. Ma con quale fiato pronunciare le parole, con quale fiato respirare nei loro corpi? E dunque, nei primi decenni ho attraversato monti e valli, fiumi e mari pur di trovare qualcuno con cui trascorrere la mia vita eterna. Ma ho solo trovato persone fantastiche, la cui luce non durò mai a lungo. Anche Ugai Gheppu, che ha vissuto per cento anni… sì, così a lungo: cento anni. Cento anni che a me son parsi qualche mese.  Può qualcuno invecchiare in qualche mese appena? E’ ciò succede tutto attorno a me, ogni mio amico muore dopo qualche anno, secondo la mia concezione cronologica.
 
Smise un attimo di scrivere. Sorrideva, con quel suo sorriso triste, inquietante, antico. Gli occhi di vetro erano persi nel vuoto, come al solito. Ma la Tata, non sapeva esattamente come, intuiva che, se solo avesse potuto, quella ragazzina avrebbe pianto molte lacrime amare. Ma quelle biglie di vetro rimasero perfettamente lucide ed asciutte.
 
Il tempo trascorre così velocemente che mi pare che io non abbia neanche un amico che non mi resti accanto per più di cinque anni. Chi resterebbe cinquant’ anni accanto ad una come me? Ad una bambola posseduta da uno spirito all’ apparenza tanto allegro ma, in realtà, tanto malinconico? Solo loro.
 
Scrisse, indicando i MEREH.
 
Solo loro sono abbastanza matti da potercela fare. E lei non sa, non può sapere, quanto io abbia imparato ad apprezzare questo difetto chiamato pazzia negli ultimi trecento anni.

"... Oh, Klara, ma questo è veramente una cosa molto..."
"AH! Hai perso la scommessa, cugina! Te l' avevo detto che non ce l' avresti fatta a non filosofeggiare in quel modo per un giorno intero."



Angolo dell' Autrice.

Solo una richiesta:
Non uccidetemi, non uccidetemi, non uccidetemiii!

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Capitolo 7
*** Visitare i Luoghi dei Propri Sogni. ***


Angolo dell’ Autrice.
 
Ehilà! Da quanto tempo… sì… andiamo, qualche mese non è poi così male, come ritardo, non è vero? Non è un record, vero? Vero? Vero?!
OK, avete l’ autorizzazione ufficiale ad uccidermi, dico sul serio. Ecco il mio indirizzo:
 
Via delle Pratoline in Fior d’ Inverno, no5.671, Prada, Repubblica Zeza.
 
Lo giuro! E’ il mio indirizzo autentico! Non scherzo! Magari venite tutti a casa mia, così festeggiamo insieme il primo dell' anno. AUGURISSIMI A TUTTI VOI CHE MI SEGUITE DA ORMAI DUE ANNI E MEZZO! Naturalmente, a anche a coloro che mi seguono da tempo, a chi mi segue giusto perchè usa i commenti per prendere punti alle recensioni e a chi è qui per sbaglio! Dicevo, se verrete a casa mia, dopo avermi accuratamente squartato per il ritardo, potremo usare le mie bellissime vertebre al posto delle lenticchie per la tombola!
A proposito, prima di scoprire qual’ è il gran sogno di Nik e se si rincontreranno mai Roberta e Mitruccio, date un’ occhiata alla top three dei vostri personaggi preferiti!
 
                                                                                                                                                 Gabriele PescaNera
                                                                                                                                                   Tata Camilla Rizzi
                                                                                                                                                           Mitruccio
 
OK, siete più pazzi di me, è ufficiale. Soprattutto per quanto riguarda Mitruccio al terzo posto. Se anche voi siete scandalizzati dal sondaggio, non esitate a mandarmi un messaggio o a indicarmelo con un commentino.
E, mi raccomando, non correte via urlando dopo aver letto:

7)Visitare i Luoghi dei Propri Sogni 

Gabriele vomitò senza tanti complimenti sul nuovo tailleur rosa della Tata, causando un’ espressione di disgusto sul giovane e perfetto volto di Arianna AmorProprio. La donna trattenne a stento un’ esclamazione probabilmente inappropriata a quelle giovani orecchie, conscia dell’ influenza che quel linguaggio poteva avere su quelle menti delicate, ancora in costruzione. Si limitò, quindi, a carezzare con dolcezza la testa di Gabriele, la quale continuava a vomitare come un ossesso sul suo tailleur.
La Tata si guardò attorno per il ponte della nave su cui lei ed i MEREH stavano viaggiando per raggiungere gli Stati Uniti d’ America. Arianna mandava con lo sguardo delle richieste d’ aiuto al gruppetto degli altri MEREH, da loro poco distanti, che indicavano a Bummino le mille varietà di pesciolini e pescioloni che sguazzavano beatamente nelle acque del Pacifico, ignorandola completamente. 
“Garda! Garda, Bum-Bum! Garda er pesciolino, che bei dentini che tiene! Nun so’ gajardi?”
Roberta non perse tempo nello sfoggiare la sua grande cultura in fatto di gastronomia.
“E con quello che quel plebeo di tuo fratello così volgarmente definisce ‘pesciolino’, la zia Roberta ti cucina la migliore zuppa di  Carcharodon Carchariasche tu abbia mai assaggiato!”
“Bumbum bummino bum?”
“Quanto adoro questo tuo linguaggio trasgressivo! Vedi che un po’ di lontananza da Linaria non ti fa poi così male? Vedi? Vedi che la zia Roberta e quel rapper da strapazzo di Nik non avevano poi così tanto torto? Siamo stati bravi, non è vero, ad allontanarti solo per un po’ da lei?”
“Bum bum?”
“Lascia stare, non è nulla. Dicevo solo che con Carcharodon Carcharias intendevo la specie comunemente detta squalo bianco. Te lo consiglio, dona un particolare non-so-che alle zuppe e ad altre pietanze a base di pesce… aggressività, ecco la parola che stavo cercando!”
La metallara era violentemente arrossita, sotto lo sguardo severo ed interrogativo di Nik Vecca’chetePisto. Ad un cenno del proprietario dell’ ormai piccola compagnia di droga, Roberta lo seguì lungo il corridoio che conduceva alle cabine. I due entrarono nell’ unica stanza dalla porta stranamente imbrattata di un particolare rosso sangue.
Il rapper e la metallara entrarono in fretta nella cabina, chiudendosi con prudenza la porta alle spalle. Nik si guardò attentamente attorno, accertandosi che gli altri fossero accuratamente lontani dalla portata delle loro parole, per poi afferrare con rabbia Roberta per il collo.
“YO! Ma che t’ è saltato in testa, s’ ì cretina? C’ hai ‘n cervello da gallina! YO!”
“Non ho mai capito perché inserisci nel tuo rap degli ‘yo’ a casaccio.”
“Bella! E ‘na moda che seguo co’ foga, yo!”
“OK, lascerò cadere il discorso se giuri di piantarla almeno per qualche minuto con queste rime senza senso.”
“Semo d’ accordo, ma vorrei sape’ che cazzo t’ è preso mentre stava a parla co’ frate ‘mo! Insomma, vu’ proprio che scopra che semo stati noi a spedì quella lettera a Linaria, mandandola in Sud America? Ma che t’ è successo a ‘o cervello?”
“Ascolta, caro, non posso farci niente. Prima di tutto, la colpa è principalmente tua, se verremo scoperti. E’ chiaro che i tuoi dipendenti ti mandino una lettera per avvertirti che gli affari non vanno così tanto bene, soprattutto in quel piccolo villaggio sperduto in cui probabilmente non hanno neanche inventato il computer, e quindi neanche le e-mail. E poi, mi spieghi per quale motivo l’ hai mandata in uno degli ultimi tre villaggi in cui il tuo business continua? Insomma, inviarla in un villaggio di un tuo rivale, magari in uno provvisto di e-mail?!”
“Sai, è  che c’ ho grande stress. L’ altra mia compagnia, quella de strumenti musicali, sta’ a fruttà ‘n po’ troppo. Co’ tutte ‘ste lettere e scartoffie, io me so’ confuso e l’ ho mandata al villaggio mio!”
“Non capirò mai perché ti sei dato al vendere strumenti musicali, Nik. Non hanno mai fruttato quanto la droga.”
“Me so’ pentito un po’ quando è venuta da noi quella Ciccilla Mizzi, o come se chiama. Ma nun ce posso fa’ nulla! O’ denaro pe’ me è la droga peggiore, ed io me ne intendo! Senza il mio business nun posso continuà a  fa’ dindi belli, e senza dindi belli nun posso esse’ felice.”
“Hai ragione, ma considera questo, Nik: ‘li dindi belli’ ti stanno portando via Bummino, non Linaria.”
 
 
Pochi giorni dopo, la nave approdò al porto di California, dove i MEREH furono accolti da una festante folla di hippy ed ambientalisti dai lunghi capelli e dai larghi sorrisi. I ragazzini ed il bambino salutarono e sorrisero, felici, godendosi la gloria del momento. Arianna AmorProprio era leggermente meno entusiasta, considerando quell’ inusuale color vomito che caratterizzava il suo tailleur.
Mentre gli hippy e gli ambientalisti accorrevano tutti verso la nave, i MEREH scapparono il più velocemente possibile, carichi di pacchi e valige, fino alla stazione della città.
 
Orsù, miei compagni! Se correremo abbastanza velocemente verso la stazione eviteremo di perdere il treno edi evitare la folla di hippy assassini!
 
La Tata parve leggermente turbata.
“Non ti pare che le tue parole siano un paradosso, Klara? Insomma, come fanno degli hippy ad essere assassini?”
 
Be’, quando stermini l’ intero personale della Rainbow Warrior, non puoi certo aspettarti rose e fiori dal pubblico, neanche da un pubblico di pacifisti.
 
Raggiunsero in fretta e in furia la stazione, entrando in fretta nel treno diretto per New York. Roberta tirò fuori dal suo zainetto borchiato un opuscolo sulla Grande Mela, ed incominciò a leggere ad alta voce gli avvenimenti che si sarebbero tenuti in quei giorni. Tra questi, incredibile ma vero, le audizioni per l’ X Factor di quell’ anno!
“Raga’, è sempre stato ‘o sogno mio partecipa’ a ‘chel concorso, o’ sapete?”
“Possiamo tentare alla audizioni, Nik. Sarà bello vederti fallire!”
“Grazie, Roberta, l’ apprezzo molto, ‘ o sai?”
“Non contate sul mio appoggio, ragazzi. Il solo pensiero di vincere l’ X Factor mi da’ la nausea.”
La Tata sorrise al giovane Emo.
“Andiamo, Gabriele, sarebbe simpatico da parte tua partecipare a quest’ attività che i tuoi amici hanno intrapreso. Una bell’ attività di famiglia, tutti insieme appassionatamente!”
Bummino smise automaticamente di seguire il discorso, alla nomina di quel lungometraggio. Preferì concentrarsi sulla visuale di cui si poteva godere fuori dal finestrino del treno. Nel giro di poche ore, migliaia di diverse variazioni si potevano distinguere nei paesaggi: orizzonti marini, distese di fiori di campo, maestose montagne, un mitra volante…

“BUMBUMBUMMINOBUMBUMBUMBUMMINO!”
“Bum-Bum, ‘o sai che nun se capisce nulla di quello che stai a di’ quando urli, e poi nun è bona educazione.”
“MA… MA BUMBUMBUMMINOBUMBUMBUMBUMMINO!”
“Nun ce stemo a capì nulla!”
“BUMMINO BUUUUUUUM! BUUUUUMIIIIINO BUUUUM!”
I MEREH scossero la testa, leggermente divertiti dalla scenata di Bummino, il quale prese ad indicare con insistenza il finestrino. Roberta sorrise, melanconica.
“Già, Bum-Bum… è davvero un bellissimo paesaggio, molto romantico… romantico… mi sembra una parola proibita, ora che lui non è più qui, con me. Eppure, è come se Mitruccio non ci avesse mai lasciato. E’ come se fosse lì, nel cielo, volando accanto al nostro treno, per proteggerci…”   
“…”
“…”
“…”
“… Oh… Mio… Metal… MITRUCCIO! Nik, presto, non c’ è un momento da perdere! Usa il tuo potere per distruggere il vetro del treno!”
“’spetta ‘n’ attimo, Robe’! Devo trova’ ‘a giusto rima, nun ce ‘o sai?!”
“Un giorno mi spiegherò questa tua fissa delle rime quando utilizzi il tuo potere, ma non è questo il giorno! Sbrigati a trovare il giusto ritmo e distruggi il finestrino del treno!!!”
“Ma nun so pr-”
Roberta non perse tempo nel lanciare un buon calcio negli stinchi di Nik, il quale emise in pochi secondi un grido così acuto e spontaneo da distruggere tutti i vetri del treno. Seguì subito un coro di grida terrorizzate da parte dei passeggeri e della Tata AmorProprio, la quale si aggrappava con tutte le proprie forze al sedile su cui era seduta.
Roberta, nel frattempo, si era affacciata verso il suo ex-fidanzato, catturando la sua attenzione con lo sparo di un panzerfaust. Mitruccio, dal canto suo, non appena vide la sua metallara preferita, prese a sparare a raffica nella sua direzione, esprimendo tutto il suo amore verso di lei.
Si rincontrarono in un abbraccio dolcissimo, pieno di romantici baci metallici.
“Oh, Mitruccio… non hai la minima idea di quanto mi sei mancato, non ne hai la minima idea… Ti volevo solo dire grazie, grazie per avermi salvato… sei per me l’ arma bellica più importante!”
Gli altri MEREH non erano meno felici della cannibale. Tutti riempivano di complimenti il piccolo mitra, il quale rispose con una carina di proiettili allegri. I MEREH applaudirono tutti, commossi. Incredula come non mai, Roberta volle sapere tutti i dettagli della resurrezione del suo ragazzo.
“Ttrrr-tttattatatatat-ratta-ratta-ta!”
“Ooooooh! Aaaaah!”
“C’ ha detto, Robe’?!”
“Ha detto che ho pensato così tanto a lui, ad ogni suo piccolo particolare, ad ogni sua rotellina, che involontariamente l’ ho ricomposto con la mia telepatia! Non pensavo di esserne in grado…”
 
Be’, questo è proprio un finale perfetto per la vostra storia d’ amore! Mitruccio e Roberta, per sempre insieme! E noi tutti speriamo che… ehrm… voi-sapete-chi non vi metta mai più i bastoni tra le ruote al fine d’ intralciare la vostra storia d’ amore… in un modo o nell’ altro.
 
 
Raggiunsero dopo qualche ora New York City, dove la Tata Arianna non perse tempo a trascinarli per tutta la città, indicando loro i luoghi in cui si poteva avvertire la storia italiana in quel continente così lontano dalla loro penisola. La Statua della Libertà, il quartiere della Little Italy, le numerose pizzerie e gelateria dalle insegne in lingua italiane, i barboni che si drogavano per le strade…
Dopo un po’, Gabriele si ricordò della promessa fatta a Nik e ricordò ai ragazzi delle audizioni per l’ X Factor. I MEREH incominciarono a correre verso la sede dell’ evento, nonostante le lamentele della Tata:
“Siete troppo giovani! Non avete idea dello stress e delle delusioni che porta quella trasmissione, non avete idea di come vi possa rovinare l’ infanzia! Vi prego bambini, ascoltatemi!”
Klara prese la sua bambola vodoo e la sballottò in aria, causando un conato di vomito alla Tata. Una studentessa di moda le chiese entusiasta dove avesse comprato quel delizioso tailleur, ormai completamente intriso di vomito.
I MEREH erano in ritardo per le audizioni, nella sala delle iscrizioni non c’ era più nessuno. Klara scrisse velocemente all’ uomo al banchetto se fossero ancora in tempo e, con immenso sollievo da parte di Nik, l’ uomo annuì. I ragazzi costrinsero la Tata a firmare per loro e si diressero a gambe levate verso la sala d’ aspetto, dove su di uno schermo si visualizzava l’ ultima audizione.
Un uomo chiamò con voce annoiata Roberta MitraMente, la quale si diresse con fare ancora più annoiato verso il palco.
Si rivolse con una smorfia di superiorità ai quattro giudici: una bimbetta con i capelli a caschetto ed una scimmietta sulla spalla; un omone in un cappotto rosso e bianco e dal berretto decorato con un pon-pon; un pagliaccio dal viso bianco ed i capelli rossi, vestito di una ridicola tuta gialla; ed, infine, una strana ragazzina dai vestiti sbrilluccicanti e gli occhiali sproporzionati.
L’ omone dal cappotto rosso esaminò un PC sulla scrivania davanti a lui e lesse il nome della metallara, accompagnandolo con un dolcioso ‘Oh! Oh!’. Roberta regalò al giudice una smorfia di incredula delusione nei suoi confronti. Tra tutti quei giudici, l’ omone dalla barba bianca era senz’ altro quello che l’ aveva ispirata di più, ma decise sapientemente di tacere il suo disappunto.
“Oh! Oh! Dimmi, bambina, sei stata brava, quest’ anno?”
Roberta rifletté qualche secondo, prima di rispondere:
“Direi proprio di sì: ho ucciso quasi tutti i miei professori, ho scatenato una rivolta alla mia scuola, ho causato la morte del mio fidanzato ed in seguito la sua resurrezione, ho portato alla pazzia la mia Tata, ho sterminato la squadra speciale delle forze americane, e voglio vincere l’ X Factor per mandare messaggi sbagliati ai bambini.”
Il pagliaccio ridacchiò, divertito, per rivolgersi subito ad una telecamera accanto a lui.
“Ma non è una ragazzina ambiziosa? Anche voi, bambini, potreste essere come lei, se mangerete i deliziosi panini di Ronald McDonald, che vi vuole tanto bene e crede nei vostri sogni!”
Il pagliaccio tirò fuori da chissà dove un panino fumante e lo addentò con gusto.
“Sì, bambini, avete capito benissimo! Anche qui a X Factor i panini di McDonald sono i migliori in assoluto! Parola di Ronald McDonald!”
La ragazzina dagli abiti sbrilluccicanti si rivolse a Roberta, poggiandosi le dita sul mento e studiandola da capo a piedi.
“Uhm… non lo so, cara, cioè! Il metal non potrà mai e poi mai eguagliare lo splendore della mia Justinosità! Te lo dico solo perché ti voglio taaanto bene e credo in te, perché i tuoi sogni sono mooolto importanti per me!”
Roberta lo guardò da capo a piedi.
“E tu chi cazzo saresti, razza di Coniglietto di Pasqua truccato da bimbominkia? Ti stai davvero rivolgendo a me senza il mio permesso?”
A quello che si era rivelato solo un ragazzino a dir poco viziato prese a tremare il labbro superiore. Poco dopo scoppiò in un pianto dalle mille lacrime stranamente sbrilluccicanti.
La bimbetta accanto a lui si rivolse alla metallara con un sorrisetto:
“Ciao! Hello! My name is Dora, the Explorer! Il mio nome è Dora, l’ Esploratrice! How old are you?”
“… Ma non saranno cazzi miei? Dove sono i genitori di questa ragazzina? Qualcuno dovrebbe assolutamente ucciderli… potrei provvedere io!”
Il pagliaccio le sorrise, allegro:
“Cosa ci canti, tesoro?”
Evisceration Plague*, dei Cannibal Corpse, per il vostro gran gaudio.”
“Ah… ehrm… OK!”
Roberta girò il microfono tra le mani per qualche secondo, fino a quando la musica iniziò e lei prese a cantare con una voce talmente potente da scaraventare a terra i giudici. Mentre cantava agitava avanti e dietro le braccia, causando una pioggia di proiettili sulle teste dei quattro personaggi di fronte a lei.
Non appena terminò, rivolse ai giudici un piccolo inchino ed attese che si rialzassero per esprimere il loro parere.
Iniziò il pagliaccio di nome Ronald.
“Allora, tesoro, devi sapere che non mi è mai piaciuta questa musica, ma credo che se tu vincessi saresti una potenziale sponsor per i miei ristoranti. Io dico sì!”
Prese la parola il ragazzino:
“A me non sei piaciuto, neanche un po’. Io dico no!”
Roberta gli sorrise mielosa, prima di rivolgersi al giudice di nome Dora.
“Anche se non mi è piaciuta la canzone in sé, trovo che il testo in Inglese possa essere molto istruttivo per i bambini a casa,very much! Per me è sì! It’s a yes for me!”
“Oh! Oh! Sei stata davvero una brava bambina quest’ anno! Per me è sì! Tre sì, e ti aggiudichi alla prossima fase dell’ X Factor. Oh! Oh!”
“Grazie mille, Babbo!”
Roberta trotterellò allegra verso l’ uscita del palco, dove l’ aspettavano una Tata ansiosa ed un Mitruccio fluttuante.
OK, my friends!Let’s hear the new singer, Gabriele PescaNera!”
Gabriele salì mestamente sul palco, con un’ aria talmente depressa da ammutolire immediatamente i giudici. Solo l’ omone dalla lunga barba bianca ed il cappotto rosso riuscì solo a borbottare un lieve:
“Oh! Oh! Dimmi, bambino, sei stato bravo quest’ anno?”
Gabriele annuì, gli occhi neri persi nel nulla.
“Ho aiutato molti topolini innocenti a raggiungere il mondo oltre questo, non potevo sopportare vederli soffrire ulteriormente.”
“Eew! Topi! Schifosi esseri schifosi e portatori di malattie, possono nuocere alla mia Bieberosità!”
“Voglio cantarvi Amore Infranto a Causa della mia Incompetenza nella Vita così Lugubre e Tenebrosa Portatrice di Dolore, possibilmente la canzone che mi disgusta di meno.”
 
 
 
 
 
Nessuno sa cosa successe esattamente in quella mezz’ ora di canto deprimente, ma i quattro giudici che resistettero miracolosamente a quella tortura non riuscirono a parlarne per quanto il ricordo gli aveva traumatizzati. Fatto sta che, quando entrò Nik Vecca’chetePisto, Dora l’ Esploratrice si stava confrontando con Ronald McDonald, chiedendosi cosa gli avesse mai impossessati per aver donato a quel ragazzo ben quattro sì.
“Forse era l’ unico modo per farlo smettere, ma adesso è il turno del delizioso Nik Vecca’chetePisto!”
“Nicolas, credi di avere l’ X Factor?”
“Me sa’ proprio de sì, fratello!”
“Non sono tuo fratello, non bestemmiare contro la mia Justinosità! Sbrigati, cantaci il tuo pezzettino e smamma.”
“ ‘Sta canzone l’ ho scritta io, ensperandomi a ‘na giornata come tante de ‘a vita mea. Ascoltate:
 
Yo!
Tengo dieci dita de piedi e de mani,
Tengo ‘n gran numero de feroci cani,
Tengo tanti amici non tanto sani,
E tanta fiducia nel domani.
Yo!
 
E’ corta corta, ma me piace ‘n bel po’!”
“Oh! Oh! Sei stato davvero un bravo bambino quest’ anno! Per me è sì! Oh! Oh!”
“E’ una bella canzone, merita senz’ altro un sì! L’ hai scritta tu, ragazzino?”
“Ehrm… sì, bimbetta!”
“Come mi hai chiamato?! Ma lo sai chi sono io?!”
“No, e nun me ne importa più di tanto, a dire ‘a verità. E tu, ragazzina da ‘ scimmietta grigia, che n’ hai pensato?”
“E’ veramente molto allegra, really merry! It’s yes for me!”
“Grazie, ma er suo Inglese fa veramente cagare!”
“Cosa?! What?!”
“Se ‘a sentisse ‘a professoressa mea, Mary ManyBroccoli, empallerebbe pe’ ‘li suoi errori!”
Ronald McDonald addentò con aria professionale un cheeseburger, prima di alzare i pollici e di urlare con una grassa risata:
“Per me è sì! QUATTRO SI’!”
“D- davvero? Davvero?! Er sogno meo s’ è realizzato! Grazie! Grazie!”
Nik si recò allegramente nella sala in cui si trovavano Roberta, Mitruccio, Gabriele e la Tata Arianna AmorProprio, con un largo sorriso: ce l’ aveva fatta! Ora tutta l’ America conosceva il suo rap!
The next contestant is Klara Castofiore! La prossima concorrente è Klara Castofiore!”
“Oh! Oh! Sei stata una brava bambina, quest’ anno? Oh! Oh!”
“…”
“…”
“…”
“… Non essere timida, tesora! Lo so che puoi essere in soggezione di fronte alla mia Justinosità, ma ce la puoi fare, anche se non sarai mai grande quanto me.”
“…”
“Ih ih! E’ veramente una ragazzina timida, non è vero bambini? Si vede che non mangia abbastanza dei miei deliziosi cheeseburger!”
“…”
“Cioè, non lo so! A me sembra proprio che tu non possa essere una grande pop star, non con questa voce. Per me è no!”
“Oh! Oh! Sei stata davvero una brava bambina quest’ anno! Io dico sì! Oh! Oh!”
“Sei molto legnosa, ma il tuo silicone potrebbe darti le giuste caratteristiche per essere una pop star carina e per presentare bene il mio nuovo panino. Per me è sì.”
Klara sorrise e s’ inchinò al pagliaccio, prima di rivolgersi con gentilezza a Dora l’ Esploratrice, la quale aveva il compito di donare il sì o il no che avrebbe fatto procedere o meno Klara nell’ X Factor.
“Come vedi, cara Klara, the other judges hanno assegnato a me l’ arduo compito di decidere il tuo destino nell’ X Factor. Per me…”
“…”
“…”
“…”
“… E’ no!”
“…”
“Mi dispiace, I’m sorry, ma sei stata troppo legnosa,too much.”
“…”
Klara non fece altro che ghignare in quel suo modo inquietante, indicando un angolo dietro la bambina. La scimmietta grigia di Dora era per terra, squartata in mille pezzi, il pelo intriso di sangue ed i dentini staccati alle gengive arrossate. Dora sgranò gli occhi, incredula.
“B- Boots? BOOTS?! Wake up! Svegliati!”
Ma la scimmietta non si mosse. Dora chiese con lo sguardo l’ aiuto degli altri giudici, ma anche loro erano troppo sconcertati dall’ avvenimento per poter reagire in qualunque maniera. Dora si voltò verso Klara, la quale si dirigeva verso la sala in cui si trovavano i suoi amici, barcollando leggermente con quelle sue gambe di legno e stringendo tra le mani un’ antica bambola, rasata e squartata. Quel ghigno inquietante non l’ aveva ancora abbandonata.
“Ehrm… Oh! Oh! Ascoltiamo pure il prossimo concorrente, Bummino Vecca’chetePisto!”
Il bambinetto entrò trotterellando, vestito nella sua graziosa tutina da mini-marinaio. Sorrideva angelicamente ai quattro giudici, i quali non poterono far altro se non rimanere catturati dal suo sguardo dolcissimo e dalle sue guanciotte rosee.
“Oh! Oh! Sei stato un bravo bambino, quest’ anno?”
“Bummino bum!”
“Oh! Oh! E cosa ci canti di bello, piccolo tesoro? Oh! Oh!”
“BUM! BUM! Bummino BUMBUM!”
“Oh! Oh! Ascoltiamola, che ne dite?”
“…"

BUUM!
BUUM!

BUUUMMIIINOOO! BUM! BUM!

Bum bum bummetto bummino bum? Bummino?”
Ma nessuno rispose alla chiara domanda del piccolo marinaio. I giudici erano sparpagliati e disperse per le macerie del teatro in cui si tenevano le audizioni. Lo staff, i tecnici e gli elettricisti tenevano compagnia ai loro superiori, gemendo debolmente sotto a massi e travi. Bummino si guardò attorno, incerto, chiedendosi perché nessuno si alzasse per esprimere il proprio giudizio.
Ma non dovette attendere a lungo prima che i MEREH alzarono le macerie che ricoprivano i loro corpi come fossero costruzioni LEGO, aiutando la Tata ad alzarsi. Erano tutti molto entusiasti della performance di Bummino, tranne Roberta, la quale era preoccupata per Nik ed il suo sogno.
“Ci tenevi tanto ad andare alle finali, come farai?”
“Nun fa’ nulla, nun l’ ho  truvato poi così divertente come pensavo che fosse ‘sto concorso, e poi i giudici so’ tutte delle teste de cazzo. Preferisco continuare ‘a vacanza nostra.”
Roberta non riusciva proprio a celare il proprio disappunto.
“Eppure, Bummino, ti saresti potuto controllare. Insomma, non ti rendi conto che hai ucciso tutti i giudici!? Non ti vergogni neanche un poco?”
Klara sorrise e scosse la testa, indicandole un puntino in lontananza: qualcuno che si muoveva sotto alle macerie! Roberta parve sollevata.
“Meno male, ero convinta che il piccolo Bummino avesse ucciso proprio tutti! Vedo che ti sei dato un contegno, tesorino, bravissimo!”
La metallara si avvicinò velocemente al luogo in cui si trovava il su persiste. Alzò il masso che lo schiacciava per scoprire il volto della persona nascosta. Roberta ghignò.
Per tutta New York risuonò un urlo di quella che sembrava una piccola ragazzina divorata dai morsi di una cannibale. I giornalisti ed i medici che giunsero poco dopo pensarono bene di nascondere alla popolazione mondiale questo particolare della vera morte di Justin Bieber.
Dal canto suo, Roberta guidò i MEREH fino alla stazione di New York, su di un treno diretto in Sud America. Sul treno, i ragazzini e la Tata si addormentarono, stancati dagli avvenimenti di quella difficile giornata. Prima di chiudere gli occhi e di entrare nel mondo dei sogni, Arianna AmorProprio udì chiaramente Roberta mormorare:
“Nessuno... nessuno dice no al mio glorioso metal.”
 
 
Note dell’ Autrice.
 
OK, questo è il capitolo tanto atteso…

No, no fermi! Non lanciatemi quel vaso, mi è costato cinquanta miliardi di…
 
!Crash!
 
Ops. Va bene, allora, queste sono le, anzi la, nota:
 
*Evisceration Plague, dei Cannibal Corpse. Il titolo (che è anche un album, tra parentesi… perché lo scrivo, se ho già messo le parentesi? Bo’, e chi lo sa! Ecco, ho anche inserito dei punti esclamativi ed interrogativi tra le parentesi, ma chi se ne frega!) vuol dire ‘Peste Viscerale’... credo… non lo so, non sono mai stata brava in Inglese.
 
E Beads guardò con rammarico il passaporto che provava la sua doppia nazionalità, per poi volgere uno sguardo imbarazzato alla pagina di Google Traduttore che aveva appena aperto per ricercare la traduzione.
 
… Merda…
OK, va bene. Il prossimo capitolo verrà pubblicato. Non so quando, non so come, ma verrà pubblicato. :D Va bene, allora ci sentiremo nei messaggi o nei commentini!
Ziao ziao!
Beads.
  
 

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Capitolo 8
*** Procurarsi degli Opuscoli Attendibili. ***


8)Procurarsi degli Opuscoli Attendibili.
 
 
“Quindi, una volta che questo treno arriverà a Chihuahua, prenderemo un autobus che ci condurrà fino allo Stato del Coahuila, nella città di Monclova, dove prenderemo un carrettino attraverso le stradine che attraversano le aree semidesertiche… fino a prendere un asino che ci condurrà a Terron de Tierra, nel più profondo del deserto.”
La Tata non sembrava particolarmente convinta di ciò che aveva appena letto nel suo opuscolo sul Messico, nel quale il piccolo villaggio che costituiva la loro meta non compariva neanche un poco. Il punto era stato tracciato con una rudimentale penna a sfera, una BIC (viva la pubblicità gratis!).
“Ma… siete sicuri che sia al cento per cento sicuro, bambini? Insomma, non voglio certo togliervi il diritto di decisione, data la vostra incredibile maturità,” la Tata intrecciò le dita dietro la schiena “Ma questo posto non mi pare esattamente una località turistica rinomata o degna di brochure, sapete?”
“Tie’! Beccati questo, bella zi’!”
Nik le donò un altro piccolo opuscolo, di una carta giallastra e con la scritta ‘Terron de Tierra’ in grandi lettere color vomito. Vi era anche una foto di una asino che vomitava su di una balla di fieno. Una piccola didascalia, praticamente impossibile da leggere con quello stramaledetto color vomito su sfondo giallo, leggeva:
 

Vieni nel magico mondo di:
Terron de Tierra!
Visita le tappe turistiche uniche al mondo:

  • Le stalle dagli asini vomitanti!
  • La biblioteca dai mille libri tarlati!
  • Il bordello dalle mule meritrici!
 
La Tata impallidì vistosamente, per poi ridare l’ opuscolo a Nik e fissarlo a lungo, in silenzio. Mule meritrici? Delle giumente prostitute? Ma in che razza di villaggio zoofilo e rivoltante Nik aveva finito per spacciare droga?
Ma ancora più scioccante fu la vista di Bummino, il quale (preso in mano l’ opuscolo tesogli da Nik) indicò con un sorrisetto la prima voce della lista a Gabriele. L’ Emo, intenerito dal sorrisetto di un’ eccitatissimo Bummino, annuì.
“Sì, Bummino! Gli asini vomitanti sono divertentissimi! Non capisco perché così tanta gente li trovi deprimenti…”
Nello scompartimento del treno calò il silenzio. Da qualche parte, nel deserto, nevicò.
 
 
Linaria guardò fuori dalla finestrella della sua nicchia, nei piani superiori della piccola chiesetta da lei costruita. Ammirò con gioia il piccolo falò che i poveri peccatori, per cui lei era giunta in quel villaggio sperduto, alimentavano con le ultime casse di droga trovate nel villaggio.
Sorrise, un sorriso strano, misterioso. La maggioranza delle persone, ad una prima occhiata, avrebbero potuto tranquillamente affermare che quel piccolo angelo disceso dal cielo, nella loro miseria, sorridesse a causa della soddisfazione provata a causa del salvare i paesani di Terron de Tierra  dal peccato della droga impura. Ma un osservatore più attento avrebbe anche potuto notare una leggera sfumatura di malinconia nella sua espressione infantile.
A dire il vero, nella stanza della bambina di sei o forse sette anni vi era una persona. Un prete, Padre Pablo, le sorrideva teneramente. Conosceva la piccola Signorina Linaria, l’ Amish italiana dalla tenera età ed il grande coraggio.
Le voleva bene, a Linaria. Molto bene, e la conosceva abbastanza da poter affermare tranquillamente che qualcosa la turbava. Senza esitazioni, il prete l’ esortò a confessarle i suoi pensieri, o i suoi peccati, a seconda della gravità delle azioni passate della bambina.
Linaria sospirò, sconsolata.
“Padre Pablo, ho peccato. Ho peccato perché non riesco a non amare. Nella mia condizione di missionaria cristiana, in nome del Signore, riconosco il mio peccato.”
“Ma, Signorina Linaria, amare non è assolutamente un peccato! Dio è il primo ad amare, e voi siete ancora giovane, avete tutto il tempo di questo mondo per eseguire al meglio l’ esperienza di una missionaria e per trovare il vero amore!”
“Non credo che riuscirò a completare la mia esperienza, Padre. Non con l’ immagine del mio amato nella mente.”
 “E’ molto lontano da voi, non è vero, Signorina Linaria?”
 “Sì. Molto, molto lontano… ma non è questo il momento per parlarne. Ma ora andiamo, non perdiamoci in futili chiacchere sulla mia vita passata. Quando il mio lavoro, qui, sarà finito, forse tornerò dal mio amato. Ma non è questo il giorno. Questo il giorno in cui la droga lascerà definitivamente Terron de Tierra.”
 
 
 Alla Tata Arianna AmorProprio non piacevano gli asini. Certo, i più terribili erano e restavano i bambini, i quali sembravano proprio sforzarsi di non impegnarsi nello studio. Ma, ora che aveva cavalcato un  vero e proprio asino per sei ore, sotto al cocente sole del deserto, si era ritrovata costretta ad ammettere che forse i bambini erano migliori degli animali.
 Guardando il lato positivo, la Tata era stata alquanto alleggerita dai pesanti bagagli dei MEREH, poiché le loro avventure attorno al mondo, in particolar modo l’ esplosione a New York, avevano provveduto ad graffiare, rovinare, incendiare e squarciare le valige dei suoi cinque compagni di viaggio.
 Tuttavia, rimanevano ancora la custodia in cui Mitruccio viaggiava placidamente, un piccolo borsellino in cui Nik teneva una misteriosa polverina bianca e gli utensili di Roberta, prodotti su misura per la cucina cannibale. E, naturalmente, anche la mini-libreria in cui erano raccolti i cinque libri preferiti dai MEREH:
  • Cucina Cannibale degna d’ Annibale.
  • La Morte: l’ Unico Orizzonte dell’ Uomo.
  • Chi dice che i soldi non sono tutto nella vita?
  •  Alice nel paese delle meraviglie. Il Meraviglioso Mondo di Arbaldina Genoveffa.
  • Il bel trenino rosso che andò al mercato ed esplose uccidendo tutti i bambini.
La Tata aveva tentato di leggerne qualcuno. Aveva fallito miseramente. In particolar modo, poiché Klara aveva scoperto quel meraviglioso libro e l’ aveva sostituito ad ‘Alice nel Paese delle Meraviglie’, la Tata Arianna non era riuscita a superare la sua prima pagina.
 Era la storia di una bambina di nome Arbaldina Genoveffa, che nel corso di una sola giornata va a scuola, beve un caffè, viene attaccata dalla mafia, viene rapita da alieni stupratori, viene stuprata dagli alieni stupratori, viene rispedita sulla terra, torna a casa, da’ da mangiare al gatto, beve un altro caffè e con tutta calma si rimette a letto, dove incontra una simpatica zebra in miniatura con cui s’ intrattiene in una lunga discussione filosofica.
 Tutto. Questo. Nella. Prima. Pagina. E, doveva ammetterlo, la sua collega Camilla aveva avuto ragione: ‘Il bel trenino rosso che andò al mercato ed esplose uccidendo tutti i bambini’ era veramente un libro diseducativo. Sarebbe stato più difficile del previsto ricondurre i MEREH sulla retta via.
  Venne distolta dai suoi pensieri da un grido emozionato di Bummino, il quale indicava con vivacità un paesino in lontananza, dal quale si innalzava un lievissimo filo di fumo. Qualcosa stava forse bruciando a Terron de Tierra?
 
 
 Qualcosa stava sicuramente bruciando a Terron de Tierra. Al centro della piccola piazzetta della cittadina, tutti i paesani si erano raccolti in un gruppo, formando un cerchio abbastanza largo, al centro del quale si ergeva un piccolo falò.
 L’ aria era tersa e soffocante. Non si riusciva quasi a respirare, ma i paesani mantenevano rigidamente le loro posizioni, pregando ad alta voce ed invocando il perdono e la buona sorte. A guidarli nella preghiera erano il prete del villaggio, Padre Pablo, e la piccola e graziosa Amish italiana: Linaria Pontentilla, figlia di Maria Pontentilla.
 Erano veramente in pochi a conoscere la sua storia.
 A quanto pareva, Linaria era sempre stata una brava bambina, che aveva sempre seguito rigorosamente le leggi di Castofiore, il suo villaggio Italo-Amish nel Molise. La sua maestra, Bertoldina CuordiLavanda, si era molto complimentata con la sua mamma, ma si era raccomandata in una sola cosa: la bambina era un po’ troppo aperta verso le culture esterna. Così, quando i MEREH erano scesi al villaggio e la bimba aveva conosciuto Bummino, la piccola ne era rimasta completamente affascinata ed aveva iniziato un affettuoso rapporto con lui. La loro relazione aveva portato a notevoli rapporti tra Castofiore ed i cinque ragazzini che vivevano nel vecchio Maniero. Ma, se Linaria era incredibilmente aperta per gli Amish, aveva una mentalità terribilmente chiusa di fronte agli adolescenti che crescevano Bummino.
 Ed i quattro tutori del piccolo erano arciconvinti che la sua influenza rovinasse il carattere deliziosamente asociale e devastatore di Bummino. Infatti, Linaria era addirittura riuscita ad insegnare al suo fidanzatino la lingua italiana e lui, in poco tempo, aveva completamente perso la sua abitudine di dire solo ed esclusivamente ‘bum bum’ o ‘bummino’. Roberta e Nik erano dunque venuti a capo di una soluzione per liberarsi di Linaria, la quale era stata inviata come missionaria a Terron de Tierra.
 Bummino, per protestare, era tornato a dire solo Bummino, ignorando che ciò incoraggiava solo i suoi compagni a tenere nascosta la posizione di Linaria ed il loro piano originale.
 Ed ora, sull’ angelico visino di Linaria Pontentilla, tutti potevano leggere la sua delusione nell’ essere separata così in fretta dal suo amato più grande.
 Ma torniamo a noi: cosa stava bruciando nel falò?
 Be’, quando i MEREH arrivarono al villaggio, sia Nik che Klara trovarono abbastanza irritante ciò che videro bruciare: il primo casse e casse di droga, la seconda una ragazza svenuta. Ma Bum Bum, il quale non sembrava neanche notare il gigantesco fuoco, si precipitò dritto dritto da Linaria, abbracciandola con affetto e tenerezza.
 “Oh, Linaria! Linaria! Non hai la minima idea di quanto tu mi sia mancata! Oh, ma adesso non ci separerà più nessuno, mai più! Ti amo, Linaria, ti amo e ti resterò per sempre vicino!”
 La bambina sembrava leggermente stupita e molto imbarazzata.
 “B- Bummino? Sei… sei veramente tu? Oh!  Oh, ma che bella sorpresa… davvero bella, ma… che ci fai qui?”
 Bum Bum parve leggermente confuso.
 “Ma come, cara? Non sei felice che io sia tornato da te? Non capisci che ho attraversato il mondo intero, solo per te?”
 “Be’, ehrm… grazie, credo… grazie mille!”
 Bummino ora era davvero deluso.
 “Solo un grazie? Perché mi riservi tutta questa freddezza, Linaria?”
 “Ecco, vedi, io…”
 Una voce interruppe improvvisamente il discorso dei due innamoratini. Era la voce di un rapper spacciatore molto arrabbiato.
 “Brutta puttana de merda! Io te strozzo, te massacro, te faccio a piccoli pezzettini e poi me faccio impara’ da Robe’ come te se cucina ne ‘a amatriciana! Brutta zoccola, ma se po’ brucia’ ‘a roba bona così, in tre minuti!? Troia Amish del cazz-”
 A sua volta, anche Nik fu interrotto da Klara, la quale si era slanciata su Linaria con in mano la sua bambola vodoo. In men che non si dica, prese ad infilare nella bambolina un lungo ago, per varie volte, fino a quando Linaria non cadde a terra, svenuta.
 Klara scrisse velocemente un bigliettino e lo porse a Roberta, la quale lo lesse velocemente ad alta voce:
 
 Popolo di Terron de Tierra, diteci dunque qual’ è mai il significato di questo rogo? Qual’ è mai il significato di quest’ assassinio? Chi è mai quella ragazza che brucia, che non emette neanche un grido poiché stordita dal fumo del vostro peccato?
 

 Roberta si voltò verso il falò, sconcertata da quanto aveva appena letto. Prima che Klara le passasse un’ altro bigliettino, riuscì a scorgere Gabriele che, immune alle fiamme, entrava nel falò e ne tirava fuori una ragazzina sugli undici anni. Titubante, lesse anche il secondo biglietto, tentando di sovrastare la voce acuta di Nik, il quale stava implorando ad alta voce Gabriele di salvare anche la droga.
 “Ehrm… dunque…
 
 La vostra purezza d’ animo è stata infangata da quella bambina, da quella messaggera. Sì, avete bene inteso, una messaggera. Ma non di Dio, bensì del Male più nero: la bigottaggine! Vi incito, dunque a ribellarvi al suo insegnamento e di ritornare al vostro onesto lavoro, qualunque esso fosse stato, che svolgevate nella calma e nella serenità della Maria!
 

 La folla ricambiò quel discorso col silenzio più profondo ed incredulo. Roberta mormorò, leggermente imbarazzata:
 “Klara, non credo proprio che capiscano l’ italiano, sai?”
 
 E ti pareva!
 
 Nik, al culmine della disperazione, si gettò nel fuoco per salvare quel poco di droga che poteva salvare. Una volta uscito dalle fiamme, leggermente bruciacchiato e molto arrabbiato, urlò alla folla:
 “Com’ avete osato, brutti porci, fiji de na puttana! Vostra madre era ‘na baldraccona de prima qualità, ‘o padre vostro era ‘o stesso pe’ tutti voi! Me fate schifo! Ma come se pò brucia’ ‘a roba più fresca de’ ‘o mondo?!”
 E, con un gesto indignato, buttò la droga ai loro piedi. Il gesto era così carico d’ indignazione e di rabbia che tutti gli abitanti di Terron de Tierra abbassarono lo sguardo, imbarazzati e pentiti della loro azione. Un uomo, con nostalgia, tirò fuori dal portafoglio una sua foto, in cui abbracciava e faceva le orecchie da coniglio alla sua pianta in vaso di marijuana. Scoppiò a piangere, solo per essere seguito da tutti i suoi compaesani.
"Sí, sí, y" las cosas buenas! "
"Las drogas! Las Drogas!"
"¡Viva la María! Viva los MEREH!"

Nik annuì, anch’ egli commosso da quell’ ode al suo grande amore e ragione di vita. Dal canto suo, Linaria era invece veramente arrabbiata:
 “Brutti figli di Satana che non siete altro! Vergognatevi! Questo paese si stava per liberare definitivamente dal peccato e voi avete rovinato tutto! E voi, sciocchi! Siete tutti uno più sciocco dell’ altro! Che fine hanno fatto tutte le messi, le prediche, le lezioni e le riunioni in cui abbiamo parlato della dipendenza e dei danni che la droga comporta!? Ma non vi vergognate neanche un po’?!”
 
Come puoi dire questo? Il vostro popolo non ha imparato nulla? Credete ancora che bruciare delle giovani, streghe o meno che siano, porterà mai a qualcosa?
 
“La ragazza era un sacrificio necessario, per far entrare nelle loro menti l’ orrore della droga. Era l’ assistente personale di Nik, era tramite lei che la droga entrava nel villaggio. Meritava di essere bruciata!”
 
Per questo, il villaggio dovrebbe essere maledetto, come accadde trecento anni fa!
 
“Dio ci proteggerà!”
 
No! Il vostro Dio vi punirà!

 
 “Lo sapevo! Sei una strega! Satanista!”
 Bummino, imbarazzato, tentò di calmare la sua ragazza.
 “Linaria! Perché sei così agitata? Perché non ne parliamo con calma e non tentiamo di giungere ad una soluzione che renderà tutti felici e contenti?”
 “E stanne fuori, tu! Non sai, forse, che tra noi due è finita, figlio di Satana?”
 “C- come?!”
 “Hai capito benissimo, Bummino. Credi veramente che io mi fossi innamorata di te, un barbaro bimbetto senza pudore ne’ educazione, che a malapena sapeva parlare o pulirsi il fondoschiena da solo!? Certo che no! Io ti ho usato! Sì, usato, ed anche sin dalla prima volta che ci siamo incontrati! Volevo arrivare a te per sconfiggere i MEREH e riportare la serenità nel mio villaggio! E se credi che io abbia rinunciato, ti sbagli di grosso!”
 Linaria scappò via, rintanandosi nella stalla degli asini vomitanti. I MERH la rincorsero immediatamente, lasciando la Tata a rianimare la ragazza offerta come sacrificio e Bummino a fissare il vuoto come un ebete. Un volta entrati nella stalla, subito un acre odore di vomito giunse alle narici di Roberta e Nik, i quali invidiarono assai Klara per non avere il senso dell’ olfatto con quel suo naso di legno. Linaria si era nascosta da qualche parte, i ragazzi non erano giunti in tempo per capire dove.
 “Raga’, tenemo da sta’ molto zitti, me raccomando! Nun sapemo dove ‘sta bigotta è ‘annata a fini’!”
 Roberta gli diede una sonora gomitata.
 “E allora statti zitto, brutto rapper schifoso!”
 Il ragazzi le fece una linguaccia, prima di chiedere titubante:
 “Secondo voi dov’ è s’ annata a caccia’?”
 “In qualche antro buio ed oscuro, dove ogni speranza deve essere abbandonata prima di introdurvisi. Se anche noi troveremo quel luogo e vi entreremo, sicuramente saremo condannati a mille anni di dolore e di sventura, a soffrire fino a che i nostri corpi non si decomporranno in un minuscolo mucchietto di polvere… deve essere un luogo meraviglioso!”
 Anche lui ricevette una sonora gomitata da parte di Roberta.
 “Vi. Volete. Stare. Zitti?!”
 “Nun proprio, a me piace mettece’ tutti in pericolo.”
 
 Ma che dici, Nik? E’ solo una bimbetta bionda e cristiana, che crede nella pace e nell’ amore. Che male può farci?
 
“Sì, ehrm… ecco, vedete, raga’, c’ è ‘na cosa che nun v’ ho detto.”
“E cosa sarebbe, Rapper delle mie borchie?”
“Raga’, ho scoperto  che ‘sta ragazzine c’ ha ‘na cosa che… be’, ecco… nun è proprio a ‘o favore nostro…”
“In che senso? Cosa potrebbe mai sconfiggerci, Nik? Nulla! In fondo, se esistesse un’ arma in grado di ucciderci, Gabriele l’ avrebbe già trovata e sperimentata su se’ stesso.”
“Ce stanno du’ cose che possono fer’ Gabriele, Robe’! Nun te ricordi? ‘A prima è stata ‘a bambola vodoo de Klara.”
 
Ma cosa c’ entra? Ho la mia bambola qui con me, e potete stare tutti sicuri che non permetterò mai a Linaria di toccarla!
 
“Sì, a c’ è anche n’ altra cosa. Tutti voi, immageno, l’ avrete sentita nominare. E Linaria ha quest’ arma, e potrebbe utelezzarla in qualsiasi momento! Anche ora, se solo c’ avesse ‘o coraggio!”
“Fottuto Rapper della Santissima Vergine Madre Metallica, vuoi dirci cosa cavolo è, si o no!?”
“E’ troppo brutto da descrive’, Robe’! Tu nun c’ hai idea, e’… OH PORCA PUTTANA!”
Nik si tappò immediatamente le orecchie, quando ad un tratto, dal nulla, comparve Linaria con un registratore in mano. Il suo volto era contorto da un terrificante ghigno, quasi malefico. Stringeva tra le mani quel suo registratore, alla cui musica batteva allegramente il tempo. Roberta e Gabriele incominciarono ad ascoltare con terrore quelle dolci e lievi note che richiamavano l’ angosciosa calma e quiete della campagna, i terribili belati lontani di dolci caprette, l’ acre profumo di fiori di montagna.
E quella voce… quella voce roca e fastidiosamente allegra, che si dilettava in alcuni jodel privi si significato.
Nona appena la voce prese a cantare, Roberta, Gabriele e Nik si presero la testa tra le mani, urlando e contorcendosi dal dolore. Quella musica era troppo, troppo dolorosa.
 

Heidi, Heidi , ti sorridono i monti!
Heidi, Heidi , le caprette ti fanno ciao!
Neve, bianca, sembra latte di nuvola!
Heidi, Heidi , tutto appartiene a te!

 

 

“Ti prego, Linaria! Basta! Basta, ti prego!”
“…”
“TI PREGO! BASTA!”
“… Chi è il soppresso suddito di un mostro, adesso?”
Klara guardò sconcertata i tre compagni, prima di rivolgersi con uno sguardo di sfida Linaria.
 
Sciocca! Il mio corpo è di silicone e di legno, a causa del tuo stesso popolo! Avrei voluto governarvi con giustizia e saggezza, ma non mi avete consentito di tentare. Ora è giunta la tua ora, poiché con questo corpo io non posso ne’ parlare ne’ udire questa musica apparentemente così terribile. Le tue armi non possono sconfiggermi, Linaria!
 
La strega tirò fuori con estrema lentezza la sua bambola vodoo ed un lungo ed appuntito ago arrugginito. Attese una qualsiasi reazione da parte di Linaria, la quale rimase stranamente impassibile. Klara scrollò le spalle, ignorando quell’ espressione così calma e tranquilla, prima di concentrarsi ed inserire con meticolosa precisione l’ ago nel cuore della bambola. Subito dopo, prese a penetrare sempre più in profondità nel petto tessuto della bambolina. Alzò lievemente lo sguardo, con un ghigno, giusto per godersi la smorfia di dolorosa consapevolezza sul volto di Linaria, la consapevolezza che stava per morire. Oh, quanto mancavano a Klara i bei giorni passati, quando torturava i suoi sudditi e riusciva ad udire i loro lamenti di morte dal suo Maniero. In fondo, lei aveva sempre tentato di governarli con giustizia e saggezza.
Ma qualcosa non quadrava. L’ espressione di Linaria…
Perché non era mutata neanche lievemente?
Calma, tranquillità… Klara face istintivamente un passo indietro, terrificata. Perché la bambina non era caduta a terra, morta?
Linaria, dal canto suo, ghignò nuovamente. Premette il pulsante ‘stop’ del registratore, non ne aveva più bisogno. In fondo, Roberta, Gabriele e Nik erano tutti e tre svenuti da un po’. Ora doveva solo prendersi cura della strega e trovare Bummino.
“Mi dispiace deluderti, Figlia di Satana.” sibilò, mostrandole una croce che portava legata al collo “Ma i tuoi incantesimi non funzionano su tutti. Come ti ho detto, il mio Dio mi protegge.”
 
Quella croce… certamente non può essere santificata! Ciò renderebbe i miei malefici totalmente inutili…
 
“Hai detto bene, Figlia di Satana. Ma non è la sola cosa che in quest’ ora, la tua ultima ora, ha corrisposto a verità. Come tu stessa hai detto, quel tuo corpo è fatto di silicone e legno. O, molto resistenti, senza dubbio, al punto di saper fronteggiare la stessa forza del tempo. Ma che ne dici del fuoco?”
Klara sgranò gli occhi, vedendo che la bambina gettava via la radiolina registratrice e che accendeva con tutta calma un fiammifero. Solo allora la ragazza capì che Linaria non li aveva condotti in quella stalla per puro caso. La strega volse con orrore lo sguardo ai suoi piedi: seppure leggermente ricoperta di vomito, la paglia su cui le due si stavano fronteggiando era perfettamente infiammabile.
Klara si voltò disperatamente indietro, cercando un via di fuga. Forse c’ era un salvezza. Sarebbe potuta scappare fuori dalla porta che conduceva alla stalla e mettersi in salvo. Ma poi si ricordò. Si voltò, indecisa, verso i suoi amici, svenuti a terra.
La cosa più importante che aveva al mondo…
Gli avrebbe davvero lasciati lì, a morire?
Non poteva.
Si voltò verso Linaria, incapace di realizzare questa realtà.
Sarebbero morti tutti.
Roberta, senza il suo Mitruccio al suo fianco.
Gabriele, il quale non si sarebbe neanche accorto di morire. Una vera ingiustizia.
Nik, il cui unico sogno era quello di vivere serenamente e con disonestà.
E lei, che aveva in loro tutta la sua ragione d’ esistenza.
Klara era sempre stata molto egoista, e sapeva che le sarebbe andata bene così, morire circondata da coloro che amava. Sapeva che l’ amore che provava verso se stessa era sempre stato più forte di quello per qualsiasi altra persona, ma…
Ma non poteva, non ne aveva il diritto. A costo di morire a distanza di cinquemila anni, da sola, avrebbe salvato i suoi amici. Perché teneva a loro più di quanto avesse mai tenuto a chiunque altro, persino a se stessa.
Sorrise.
A che servivano quei pensieri? Non vi era comunque modo di salvarsi. Se si fosse salvata trascinando via anche uno dei MEREH, lui si sarebbe odiato per tutto il resto della sua vita, sentendosi in colpa per la morte degli altri due.
 
Forse mi conviene salvare direttamente Gabriele, tanto lui era già depresso di suo.
Ma Nik e Roberta…
Come fare?
Come fare?

 
Aveva scritto più per abitudine che per altro. Si rese conto che quelle due parole, ‘Come’ e ‘Fare’, sarebbero state l’ ultima cosa che lei avrebbe mai scritto. Guardò con espressione sconfitta Linaria gettare con una smorfia di vittoria l’ accendino sulla paglia.
E tutto prese fuoco.
Klara chiuse gli occhi di vetro e si preparò a non riuscire ad percepire l’ odore di fumo, ma ad avvertire il suo corpo bruciare. Era già morta una volta, una seconda non sarebbe stato così difficile.
Ad un certo punto, dal nulla, Klara avvertì qualcosa di duro e forte colpirle la testa. Si chinò e tasteggiò con incertezza il terreno, fino a trovare un pezzo di roccia alquanto grande per terra.
Si stava giusto chiedendo cosa fosse, quando un altro pezzo di cemento la colpì alla nuca. Leggermente incuriosita, la ragazza si voltò giusto per vedere la Tata Arianna e Bummino che sfondavano il muro della stalla degli asini vomitanti con due giganteschi martelli, aiutati dagli abitanti di Terron de Tierra.
“Roberta! Nik! Klara! Gabriele! Miei giovani pargoli, siete ancora tutti interi? Oh, spero vivamente che questa loro esperienza non cagioni dei traumi infantili!”
“Linaria! Klara! State bene? Adesso vi facciamo uscire! State tranquilli! Abbiamo visto il fumo in lontananza e siamo venuti a soccorrervi. Ed è proprio ciò che faremo, parola di Bummino!”
 
Oh, grazie, Dea Santissima! Grazie! Sbrigatevi! Qui brucia tutto!
 
Non potevano udirla, ma erano riusciti a vedere i MEREH svenuti in un angolo e la paglia infuocata che si avvicinava pericolosamente ai loro amici. Linaria guardava infuriata Bummino, il visino lentigginoso acceso dall’ ira.
“Cosa ci sei venuto a fare tu, qui? Vattene subito, e porta i tuoi compagni ubriachi di peccato con te!”
Bummino, udito il suono della sua voce, prese a martellare con più velocità, con una forza sconosciuta al corpo di un bambino di sei anni. Infine, il muro cedette e crollò. Klara aiutò i paesani a portare il resto dei MEREH fuori dalla stalla incendiata, ma la Tata rimase con Bummino, pronta ad aiutarlo in caso di bisogno. Era pur sempre la sua Tata, in fondo.
“Bummino… ti ho chiesto di starne fuori! Vattene, o ti assicuro che non ti riserverò un destino migliore di quello dei tuoi amici.”
“…”
“Bum Bum? Ti ho gentilmente chiesto  di andartene. Allora? Vuoi farlo con le buone oppure con le cattive? Ti conviene sbrigarti, non ho certo tutto il giorno!”
“Linaria, posso solo chiederti una cosa?”
“Che vuoi?”
“T- tu… Non mi hai amato davvero?”
“Mi pare d’ avertelo messo in chiaro e spiegato per bene, prima. E’ mai possibile che in quel tuo piccolo cervelletto non riesca ad entrare il messaggio?”
“Io… io ti ho ospitato nella mia casa, messo freno agli istinti dei miei amici, sono andato contro la mia natura, ti ho dato tutto ciò che mi hai chiesto, sono andato in capo al mondo, solo per te. Ti prego di perdonarmi, ma non capisco davvero cosa io abbia fatto di male!”
“Be’, prima di tutto sei un mostro mutante e miscredente. E, tanto per farla breve, ho conosciuto  un altro ragazzo.”
“Un… un altro ragazzo?!”
“Ma certo! E lo conosco da molto prima di te! Il suo nome è Gennaro NastroChiave. Veniva con me a scuola ed ho sempre nutrito nei suoi confronti sentimenti profondi.”
“G- Gennaro NastroChiave?! Ma chi è mai costui?! Io non lo conosco, io…”
E poi, il pensiero lo folgorò. Un bambino dall’ aria innocente, che sorrideva candidamente a Roberta, tirandole la manica, poco dopo che questa aveva raso al suolo la scuola di CastoFiore.
 
Signoua di Satana, uole autatti a uicottuiue la cuola?
A uicottuiue la cuola…
La cuola…
Cuola…
Cuola…
 
Quella parola rimbombava nella mente di Bummino, all’ infinito.
“Un altro… In tutto questo tempo, c’ era sempre stato un altro? Un altro?!”
“Certo che sei veramente duro di comprendonio, eh! Sì! Un altro! Un altro, un altro, un altro! UN ALTRO! Non sei mai stato tu, Bummino, il mio più grande amore, e… Bummino? Bum Bum? Cosa stai facendo con quel candelotto? BUMMINO!?”
“…”
“…”
“Bum bum…”
 
BUM!
 
 Nik si svegliò, di scatto. Si guardò attorno, intontito. Aveva la testa piena di domande idiote, come a dire: ‘Che gusto ha il latte di nuvola?’ ‘Come fanno i monti a sorridere senza bocca?” Cazzate simili, insomma. Lo aveva svegliato un’ esplosione di Bummino, ne era sicuro. Sì, ma dov’ era Bummino. Accanto a lui vi erano Gabriele, Roberta e Klara che lo stavano bellamente ignorando, guardando da tutt’ altra parte, visibilmente preoccupati. Accanto a loro vi erano gli abitanti di Terron de Tierra.
Nik si voltò nella direzione a cui erano rivolti i loro sguardi, giusto per vedere la stalla degli asini vomitanti che andava a fuoco. Si alzò immediatamente in piedi, ignorando le fitte che aveva alla schiena:
“Bum Bum!”
Nessuno rispose.
“Bum Bum! Bummetto! Fratejino mio! BUMMINO!”
Sentì le lacrime che gli scendevano dalle guance e se le asciugò via, con rabbia. Dov’ era Bum Bum? No, non poteva certamente essere morto! Non poteva…
Tutto sembrava perduto, e questa volta davvero. Ma, ad un certo punto, dalle macerie, uscirono indenni, seppure lievemente bruciacchiati, Tata Arianna ed il piccolo Bummino!
Non ci siete cascati, eh?
Chi l’ avrebbe mai detto!
Nik, raggiante di felicità, si precipitò ad abbracciare il fratellino, seguito dagli altri MEREH.
“Bummetto! Bum Bum! Te si’ salvato! Ti si’ salvato, grazie a ‘o Santu Rap! T’ ha salvato ‘sta mignotta de’ a Tata Arianna, ve’?”
L’ interpellata, dalla pelle leggermente bruciacchiata ed i bei capelli biondi lievemente carbonizzati, affermò:
“Credo che sia stato più lui a salvare me, con quel suo intervento… ehrm… esplosivo!”
 
E Linaria, Bummino?
 
Bummino sorrise, furbetto.
“…”
“… Allora?! Non tenerci sulle spine!!!”
“Bum Bum!”
I MEREH rimasero impietriti alle parole del piccolo bambino in panni di marinaio.
“C- cosa? Potresti ripetere cos’ ha fatto Linaria?”
“Bum Bum! Bummino bum bum bummetto bum! BUM!”
“…”
“…”
“…”
 

 
“…”
“O picciotto è tornato, ‘davvero l’ avemo salvato! YO!”
“Com’ è possibile, Bum Bum? Non volevi imparare a parlare in maniera corretta, come un bravo bambino?”
“No, Bum bum bummino!”
“A che gli serve la lingua, Signora Tata, quando non deve più rendere conto a quella befana di Linaria?” disse Roberta con un sorriso, portandosi il mini - dinamitardo sulle spalle “A che serve una fidanzatina, o un linguaggio, o della droga quando hai dalla tua parte i MEREH?”
 

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Capitolo 9
*** Partecipare alle Attività Proposte ai Campi Estivi. ***


9) Partecipare alle Attività Proposte ai Campi Estivi. 


Se c’ era una cosa che la Tata Arianna AmorProprio detestava, quelli erano i nudisti. Anzi, forse c’ era qualcosa che odiava di più: dei nudisti cannibali. E se qualcuno avesse ipoteticamente provato a chiedere ad Arianna AmorProprio il perché di quell’ odio profondo, proprio in quel momento la povera giovane donna gli avrebbe con molto rispetto mostrato il dito medio.
 Il perché era senz’ altro dovuto all’ evidente difficoltà in cui la suddetta Tata ed i suoi cari compagni di viaggio, i MEREH, si trovavano. Nel bel mezzo della Foresta Nera, nella parte d’ Africa più sconosciuta ed inesplorata, erano senza cibo ne’ acqua, privi di alcuna protezione di qualsiasi genere e circondati da un gruppo di cannibali armati di proiettili avvelenati e giganteschi bazooka, i quali erano a loro volta nudi come la mamma li aveva messi al mondo.
 I MEREH e la loro Tata, avendo lasciato Terron de Tierra con le valige felicemente piene di ogni tipo di droga, avevano attraversato l’ Oceano Atlantico in circa una settimana e si erano addentrati nella Foresta Nera, alla ricerca delle misteriosa organizzazione che aveva invitato Roberta MitraMente a raggiungere i membri il prima possibile per un raduno. L’ organizzazione ACARO, ovvero ‘Associazione Cannibale Alternativamente Rispettosa Ovunque’. Ed i suoi componenti non sembravano particolarmente disponibili al dialogo, quanto piuttosto al massacro.
 “A’ Robe’, ma chi cazzo so’ ‘sti figli de ‘na puttana!? Tengono dei bazooka che so’  più grossi de’ tuoi, e ciò è leggermente preoccupante. Ma che cazzo vogliono? Nun potresti mica chiederli de’ abbassa’ le armi, vero? Parli ‘a loro lingua?”
 “Oh, sì, certo! Come no, Nik! Io parlo il cannibalese/metallarese in maniera eccellente! Vuoi che ti dica qualcosa in questa lingua?”
“A me piacerebbe ’n casino!”
Roberta lo colpì con un pugno nello stomaco, facendo sì che il rapper cadesse a terra, piegato in due.
“Questo, in cannibalese/metallarese, vuol dire ‘Statti zitto e lascia fare a me, rapper delle mie borchie’! Ora, vediamo un po’ che effetto hanno avuto le mie democratiche parole ed intenzioni su di questi gentilissimi cannibali alternativamente rispettosi ovunque.”
I membri dell’ ACARO, in effetti, sembravano particolarmente soddisfatti del gesto di Roberta MitraMente. Alcuni di loro sorridevano, altri invece si erano uniti in un piccolo applauso. Abbassarono subito le armi velenose e si accerchiarono con simpatici sorrisi ai ragazzi e la loro Tata. Dal gruppo di cannibali si fece avanti un uomo alto e muscoloso, dai capelli biondi ed una barbetta simile a quella dei vichinghi. Sorrideva cortesemente, tendendo verso Roberta una mano metallica. Si vociferava nel campo che avesse perso quella originale lottando nel Nilo con una graziosa bimbetta di sei anni, rapita da un  malvagio pirata. Il cannibale stava tentando disperatamente di  salvare il pirata, in preda ai colpi furiosi cha la bambina gli assettava con la sua casetta dei Little Pony.
 “Io essere capo qui! Io capo di ACARO, mio nome Bob Kirjassa! Io aver vissuto in Foresta Nera tutta mia vita. Io ucciso a mani nude la pantera nera della giungla est, il sacro macaco urlatore della foresta sud e la bambina Little Pony durante una vacanza in Egitto. Io qui capo, io dire!”
 Gabriele non mancò di puntualizzare:
 “Com’ è possibile che un finlandese sia nato e cresciuto nella Giungla Nera? Non vi pare una bugia un po’ scontata? Insomma, un po’ di originalità non guasta mai, giusto? Oh, ma che mi lamento a fare? Il mondo non ha più bisogno dell’ originalità, non ha più bisogno della cultura e della ragione che dovrebbero alimentare l’ uomo, ma che invece vengono semplicemente gettati in un freddo oblio. Mi chiedo, dunque, se vale davvero la pena di vivere? Perché invece non dedicarci tutti ad un sano suicidio di massa, così da far vedere al mondo ch-”
 Tutti i membri dell’ ACARO incitarono Gabriele al silenzio, utilizzando la loro lingua natia.
 Condussero attraverso la Giungla Nera i MEREH e la Tata. Bob, molto emozionato, indicava qua e là le più grandi meraviglie della sede della sua organizzazione a Roberta:
 “Lì essere grande foresta dalle liane ricordanti peli di ascella puzzolenti! Lì grande pozzo profondo di antichi antenati rinoceronti. Lì grande magazzino Mondo Convenienza. Sua grande forza risiedere in prezzo, ogni vero metallaro comprare lì i suoi centrini per tavola da pranzo. Ah, e qui essere nostro campo! Noi essere arrivati! Piacere a voi questo luogo?”
 I ragazzi erano in effetti molto soddisfatti da quel luogo: tante piccole capanne di fango dal tetto di paglia marcia; donne sequestrate dai villaggi vicini ed occupate a fuggire da alcuni cannibali in preda ad un forte desiderio sessuale; mosche e zanzare di ogni genere che succhiavano il sangue e trasmettevano malattie; scarsità di cibo e acqua rugginosa.
 “ ‘Sto posto è ‘n paradiso su ‘a Terra!”
 
 Già! E’ incredibile, e trasmette un grande senso di tranquillità e relax! Dove avete trovato i fondi per costruire questo luogo?
 
 “Noi avere derubato banca… e noi non pagare canone, noi essere trasgressivi e odiare pubblicità false e mielose! Comunque, voi stare qui! Io dare a voi programma di oggi! Oggi essere ultimo giorno di Festival del Cannibalismo! Ecco a voi!”
 I MEREH lessero con emozione il programma:
 
  1. 11:30 / 13:00 Corsa a traguardo saltando in sacchi di pelle umana.
  2. 13:00 / 14:45 Pranzo a base di cacciatore e donna di villaggi vicini, aperitivo di sangue ben denso con aggiunta di limone.
  3. 14:45 / 16:00 Pittura di quadri con mani e piedi, con tema lo squartamento di una vergine (i colori verranno composti con le varie tonalità del sangue della vergine che utilizzeremo come modella).
  4. 16:00 / 19:00 Discussioni su come abbattere il razzismo e porre fine alla fame nel mondo. Il nostro ospite, un rappresentante dell’ ONU, verrà in seguito servito a cena.
  5. 19:00 / 21:00 Votazione e premiazione della nuova Miss FleshEater 2011.*
 
Gli occhi di Roberta si illuminarono, carichi di sincera emozione.
 “Questa sarà la giornata più bella della mia vita…”
 
Che cosa è Miss FleshEater 2011, Roberta?
 
“Come dici? Oh, be’, si tratta di un premio assegnato al migliore cannibale dell’ anno. Sarebbe un sogno vincere e ricevere il premio! Ogni piccola cannibale o metallara sogna di diventare Miss FleshEater, un giorno… Ehi! E se mi iscrivessi? Che ne dite?”
 “Bummino bum!”
 “Bella sore’! Siamo co’ te! Yo!”
 “Tanto perderai, cosa ti iscrivi mai a fare?”
 “OK, allora è ufficiale: mi iscriverò, anche solo per dare una delusione a Gabriele se dovessi vincere! Forza! Andiamo ad iscriverci!”
 Erano già le cinque del pomeriggio. Avevano solo due ore e mezza per iscriversi e prepararsi per le tre prove che Roberta avrebbe dovuto sostenere per divenire Miss FleshEater. Attraversarono velocemente le capanne di fango, passando anche di fronte a quella in cui si teneva la discussione sulla fame nel mondo. Tutti i presenti al dibattito fissavano il rappresentante dell’ ONU, rapiti dalle sue parole o forse dall’ odore di carne fresca che emanava.
 Quando, infine, i MEREH giunsero alla capanna in cui si tenevano i fascicoli per le iscrizioni, Roberta si diresse con fare deciso verso uno dei moduli e prese a compilarlo con una penna fatta d’ osso (umano, naturalmente).
 Non appena ebbe finito, la ragazza tese il modulo ad un membro dell’ ACARO lì vicino, con un sorriso. Ma, non appena si rivolse ai MEREH, quel sorriso scomparve immediatamente dalle sue labbra. I suoi amici la guardarono con aria interrogativa e quando capirono che la ragazza stava fissando un punto preciso alle loro spalle, si girarono anche loro.
 E la videro.
 Capelli corti e rossi, pelle diafana e grandi occhi azzurri. Una finta aria innocente nascondeva una gran quantità di odio verso il mondo ed un innato istinto omicida. Rosicchiava con gusto un cosciotto di bèbè, sorridendo con grazia furiosa a tutti coloro che incontrava e rincorrendo con in mano una mannaia un bambino indifeso. Gli occhi di tutti erano fissi su di lei, pieni di meraviglia.
 Ma Roberta la guardava con odio.
 “Armanda Pussycat” sibilò “La mia più acerrima nemica.”
 Non appena udì la voce di Roberta la ragazza si fermò di colpo, voltandosi verso di lei con sorpresa.
 “Oh! Guarda un po’ chi si rivede! Roberta MitraMente, è da un po’ di tempo che non ci si vede, carissima!”
 “Ehrm… già, proprio così, Armanda. Direi che questo è davvero un incontro inaspettato… oserei dire insperato. Come mai da queste parti?”
 “Sono qui per partecipare al concorso Miss FleshEater 2011. Questo sarebbe il quinto anno di vittorie consecutive. Immagino tu abbia letto gli articoli sulla Gazzetta dello Scarnificatore. Ogni brava cannibale dovrebbe leggere quel giornale e tenersi informati sulle ultime notizie del mondo degli squartamenti.”
 “Devo avere evitat- Ehrm… saltato inconsciamente gli articoli in questione.”
 “Ero in prima pagina.”
 “In Giappone ed in Cina si legge da destra verso sinistra. Da brava appartenente all’ associazione ACARO, sono rispettosa verso le culture altrui e cerco di praticare anche altre usanze. La tua pagina mi appariva dunque come l’ ultima.”
 “Ih ih! Sempre con queste idee da sciocchina in testa! Allora, cara, tu invece che cosa ci fai qui?”
 “Sono, ehrm… in vacanza.”
 “In vacanza? In effetti non ti ho mai visto alle riunioni dell’ ACARO. Non ti devono tenere in grande considerazione… Va bene, allora mi raccomando: non mancate di venire alla mia premiazione, questa sera! E votate per me, d’ accordo?”
 La ragazza si allontanò via, riprendendo il suo inseguimento del bambino innocente ed indifeso. Roberta sospirò, sconsolata. Non avrebbe mai potuto competere con Armanda Pussycat, lei era bellissima e piena di grinta. Senza contare che aveva anche un delizioso accento straniero. E lei, invece, che cosa aveva?
 Una mano le si posò sulla spalle, facendola voltare la testa. Gabriele, Nik, Klara, Bummino e Mitruccio le stavano sorridendo con fiducia (la Tata con preoccupazione). L’ emo la fissò a lungo, prima di affermare:
 “Ti aiuteremo a vincere, dovessimo uccidere questa Armanda pur di riuscire nell’ impresa. Vincerai perché ti aiuteremo noi. Perché ti aiuterò io. Anche se lo faccio solo per veder scomparire quel sorrisetto smorfioso dal volto disgustosamente soddisfatto di Armanda.”
 
 Il titolo di Miss FleshEater non era affatto facile da acquisire. Le concorrenti erano molto competitive e dovevano sostenere tre durissime prove, che cambiavano ogni anno. Roberta si guardava attorno, nervosamente e studiando le avversarie. Una più graziosa e feroce dell’ altra, tutte più esperte di lei. Ognuna aveva partecipato già ad almeno cinque concorsi di questo genere. Erano le più forti, le più agguerrite donne e ragazze che esistessero sulla faccia della terra.
 La prima delle tre prove iniziò alle sette in punto di sera.
 Le partecipanti si diressero alle rive di un fiume vicino al campo, incitate da molti uomini robusti e dai capelli lunghi, ce indicavano agli altri le proprie fidanzatine o sorelle. Il fiume era abitato da miriadi di coccodrilli voraci e le sue rive erano illuminate da alcune torce di bambù, a causa del buio della sera. La prova consisteva nel giungere a nuoto all’ altra sponda del fiume, trascinando con sé un coccodrillo vivo, catturandolo con una semplice fune.
 Roberta, in un costume da bagno di nylon nocivo, fissava l’ acqua con aria di sfida. Aveva sempre odiato l’ acqua, e non era quella che si poteva esattamente definire una nuotatrice provetta. Ma se la cavava. Si guardò attorno, notando con piacere che le donne e ragazze attorno a lei avevano i fianchi larghi e grassi a causa dell’ eccessiva ciccia umana e del poco esercizio fisico. C’ era, dunque, qualche possibilità.
 Ma, come non detto, eccola arrivare.
 Armanda, terribilmente bella nel suo costume da bagno in pelle di yeti firmato ‘Cannibalistic’, si pavoneggiava di fronte ad un giovane ragazzo dal sangue ancora incrostato agli angoli della bocca. Gli occhi le brillavano di fiera crudeltà. Tutti gli occhi erano posati su di lei.
 “Bastarda…” sibilò Roberta, guardandola con odio “Bastarda, spero che tu crepi nella maniera più dolorosa che vi sia al mondo… magari di fronte a Gabriele, così l’ ultima cosa che sentirai saranno i suoi noiosi lamenti carichi di desiderio per il tuo destino mortale. Brutta piccola…”
 Immersa nella sua riflessione, la ragazza non si era resa conto del suono di una trombetta che aveva lanciato il segnale di partenza a lei ed alle concorrenti. Senza esitare ulteriormente, la giovane cannibale si tuffò subito nel fondo delle acque gelide e nere.
 Prese a nuotare sott’ acqua, verso la riva opposta, attendendo pazientemente che un coccodrillo la individuasse e si avvicinasse a lei. Ogni tanto, il nero delle acque assumeva una sfumatura più oscura, dai riflessi vagamente rossastri. Un ottimo segno: la concorrenza incominciava a diminuire.
 Ad un certo punto, Roberta individuò la sagoma oscura di un coccodrillo gigantesco. Era perfetto, proprio quello che le serviva, e si trovavano anche abbastanza vicini alla riva opposta del fiume.
 C’ era un solo problema: non era stata la sola ad aver adocchiato il coccodrillo. Un giovane donna si stava pericolosamente avvicinando alla bestia, le funi saldamente tenute in mano. Allora, senza esitare, Roberta si diresse subito verso la donna sconosciuta. Era stata molto fortunata: dalla sagoma non sembrava una persona molto robusta. Sfruttando l’ effetto sorpresa, si posizionò dietro alla donna e l’ afferrò improvvisamente per le spalle. La donna si ribellò, ma Roberta era più forte e nuotando la trascinò sul fondo del fiume. Spinse giù con un piede, sulla sabbia scura e fresca, il corpo della donna. Se Klara aveva svolto bene il suo dovere, la donna sarebbe certamente…
Il corpo della donna continuò ad agitarsi per un po’, tenuta ferma sulla sabbia dal piede di Roberta. Ma, ad un certo punto, si fermò improvvisamente e non oppose più resistenza. Il corpo prese a galleggiare, privo di vita, tenuto sul fondo del fiume solo dal piede della metallara.
 Ghignando, la ragazza si diresse verso il coccodrillo, prendendo a lottare contro di lui per riuscire a legarlo e controllandolo con la forza del pensiero. Avrebbe molto probabilmente potuto fare lo stesso con la donna, ma non le sembrava poi così divertente. Senza contare che tutto il lavoro di Klara sarebbe stato allora inutile.
 Poco prima dell’ inizio della gara, infatti, Klara nuotando si era diretta sul fondo del fiume per posare miriadi di aghi avvelenati sporgenti tra i granelli di sabbia. Nessuno l’ aveva notata e lei aveva svolto il suo lavoro alla perfezione, anche grazie al fatto che non avendo polmoni non aveva bisogno di respirare sott’ acqua. Quel piccolo trucco si era rivelato molto utile, considerando che era stato uno di quei aghi ad uccidere la giovane donna.
 Quando, finalmente, Roberta riuscì a legare completamente il coccodrillo, la ragazza prese a nuotare velocemente verso la riva del fiume opposta a quella della partenza.
 Ma c’ era anche un’ altro problema.
 Armanda.
 L’ acerrima nemica di Roberta, infatti, aveva catturato anche lei un coccodrillo e stava nuotando con tutte le sue forze verso la riva del traguardo. La metallara, allora, prese a nuotare con tutte le sue forze, cercando di superare la rivale. Era una battaglia, una guerra.
 E Roberta vinse. Giunse per prima a riva col coccodrillo.
 Prese un grande respiro e riempì i suoi polmoni di aria fresca. Aprì gli occhi, avvertendo minuscole goccioline di acqua che cadevano a terra, scivolando lungo le sue ciglia. Di fronte a lei, un’ orda di cannibali, i MEREH e la Tata si scatenavano in un applauso selvaggio (naturalmente tranne Arianna AmorProprio, la quale continuava ad affermare che la troppa competenza non era salutare per lo già smisurato ego della ragazza). Roberta si voltò con aria vittoriosa verso la povera Armanda, ormai sconfitta.
 Bob Kirjassa si avvicinò alla metallara, la medaglia della prima prova in mano. Sorridendo, la incitò con queste parole:
 “Tu avere fatto ottimo lavoro e quasi ottenuto medaglia. Ma tu ora dovere uccidere coccodrillo per ricevere definitivamente medaglia di prima prova.”
 Roberta lo guardò, mantenendo il sorriso sulle labbra per qualche momento. Poi, improvvisamente, il sorriso sparì del tutto, e la ragazza continuò a fissarlo, seria come la morte, incredula di fronte a ciò che sentiva.
 “Come, scusi? In che senso, uccidere il coccodrillo?”
 “Tu dovere dimostrare grande coraggio e forza di spirito. Uccidere coccodrillo per superare prima prova, Roberta MitraMente.”
 Roberta spostò lo sguardo da Bob al povero coccodrillo dagli occhi rossi e dai guizzi assassini. La fissava con odio, trasmettendole una disperata richiesta di aiuto con il suo immutabile silenzio, la corda avvolta strettamente attorno al muso. Alla metallara venne subito in mente Ticchete, il coccodrillo che aveva allevato con tanto affetto ed amore nel cesso della sua casetta diroccata.
 No, non poteva uccidere un animale assassino innocente!
 “M- mi dispiace ma io… io… non posso farlo.”
 Abbassò lo sguardo, sconfitta, attendendo pazientemente il coro di proteste e di insulti. Venne, lapidario, soffocante, quasi quanto il rumore del pugnale di Armanda che uccideva un altro coccodrillo. Roberta aveva vinto la gara, ma non aveva superato la prova.
 
 La seconda prova consisteva in un duello all’ ultimo sangue tra le concorrenti. Le ultime due sopravvissute alla prova si sarebbero naturalmente incontrate in finale. La prima prova era servita unicamente come eliminatorie, ma aveva comunque avuto un buon effetto ed aveva risvegliato la sete di sangue e la fame di carne umana negli spettatori.
 Roberta, leggermente abbattuta a causa della vittoria mancata durante la prima prova, si stava preparando con grande ansia per la seconda. Non faceva che chiedere consigli i suoi amici, di ordini la Tata e di baci Mitruccio. Il suoi compagno le stava accanto come poteva, ma era leggermente freddo nelle parole di conforto. Ma erano comunque parole che penetravano nel cuore di Roberta, come dei proiettili nel cuore di un soldato che va a morire.
 E lo scopo della prova era più o meno quello. Uccidersi a vicenda in sanguinosi e violenti cat-fights era causa di grande divertimento da parte del pubblico, e molte erano le scommesse sulle vincitrici delle lotte. Erano lotte da eseguirsi a mani nude, le quali non erano esattamente la specialità di Roberta, abituata ai combattimenti a lunga distanza, durante i quali sfruttava spesso la sua telecinesi.
 “Be’, sono qui proprio fare nuove esperienze. In fondo, le vacanze servono a questo, o no?”
 “Cara, dovresti cercare di redimerti e di non partecipare a queste attività barbariche. La Bibbia ci insegna chiaramente che la violenza non è mai la strada giusta. Se continuerai di questo passo, presto sarai su tutte le prima pagine dei giornali, definita una malvivente ed una donna di malaffare?”
 Gli occhi di Roberta, prima carichi di preoccupazione e frustrazione, ora si riempirono di lacrime amare.
 “D- dici davvero, Tata? Credi che io finirò davvero su tutte le pagine dei giornali?”
 Arianna AmorProprio fu mossa istintivamente da una grande pietà. Strinse a sé Roberta, avvolgendola in un abbraccio protettivo e materno, cullandola per calmarle i singhiozzi.
 “Puoi ancora salvarti, Roberta! Non combattere, andiamocene via da questo posto abbandonato da Dio!”
 Roberta si scansò da lei, indignata.
 “Ma come ti salta in mente di dire una cosa del genere? Sei molto contraddittoria, lo sai? Sì, proprio la persona più contraddittoria che io abbia mai visto!”
 “C- come?”
 “Sì! Insomma, andiamo! Prima mi inciti al combattimento, mi prometti il mio nome sul giornale, mi dipingi un futuro pieno di promesse nel mondo dell’ illegalità e della fama come malvivente. Poi demolisci tutto questo sogno in un sol colpo, parlandomi di cose come ‘Dio’ e ‘pace’ e ‘redenzione’. Ma sai che sono proprio questo genere di discorsi che confondono i giovani e che riempiono la nostra mente di confusione e dubbi? Ma che razza di persona saresti, me lo vuoi spiegare?”
 La Tata tacque, incapace di parlare. Roberta scosse la testa, incapace di credere alle sue orecchie. E fu proprio questa rabbia a frustrazione a darle la forza e l’ energia necessarie per vincere e superare a pieno la seconda prova. Roberta sapeva che avrebbe dovuto essere raggiante e felice. C’ era un solo problema: anche Armanda Pussycat si era qualificata tra le finaliste.
 “Oh, la odio! La odio! Quella meretrice schifosa! Guardatela! Guardatela come si compra il favore del pubblico!”
 In effetti, Armanda era tutta intenta ad offrire della cosciotti di gemelli siamesi agli spettatori, un ghigno diabolico dipinto sul volto angelico. Un modo come un altro per prepararsi alla terza prova:
la sfilata di moda.
 
Una passerella composta da ossa bianche come la Luna piena in una notte senza stelle. Due ragazze dalle bellezze completamente differenti, eppure molto simili. Sguardi maliziosi, carichi di sfida e di veleno dal più profondo dello spirito. Una sola camminata per ciascuna. Cinque soli minuti per la votazione finale. Chi sarebbe divenuta Miss FleshEater 2012?
 “Buongiorno, Signori! Prender posto! Prendere posto, prego! Dunque… per chi non conoscere me, io essere Bob Kirjassa. Voi forse conoscere me per mie grandi imprese, come ad esemp-”
 Un cosciotto di bèbè lo colpì in pieno viso, facendolo immediatamente tacere. Si diede così via alla sfilata di moda.
 “Dunque, per prima noi avere Armanda Pussycat! Oh! Lei… lei essere bellissima! Capelli rossi contrastare a pieno suo vestito nero alla greca. Per coprire macchie di sangue, geniale! E bracciali in oro bianco e giada, trovati in tempio maledetto di dio azteco Quetzalcóatl. Sandali di cuoio causare provocanti e sexy piaghe ai piedi, ma lei mantenere camminata perfetta, mai vacillare! Ogni capo è firmato ‘Cannibalistc’! Ottimo lavoro! Un applauso per Armanda, gente!”
 Armanda sorrise al pubblico, ignorando i fischi indignati dei MEREH e le preghiere della Tata, evitando prontamente i proiettili di Mitruccio. La ragazza uscì con grazia dalla tenda adibita a locazione della terza prova, studiando con disinvolta naturalezza i passi sulla passerella di ossa.
 L’ applauso continuò per un po’, fino a che non calò il silenzio nella tenda. Tutti attendevano. Attendevano Roberta MitraMente.
 “Ed ecco a voi, finalmente, direttamente da penisola italica, un nuovissimo membro del nostro club ACARO! Cannibali e cannibalesse, ecco a voi Roberta MitraMent-”
 Ma Bob Kirjassa non terminò mai quella frase. Era troppo occupato a fissare, meravigliato, la ragazza che era aveva appena messo piede sulla passerella.
 
 
Angolo dell’ Autrice:
 
* OK, considerate che ai bei tempi andati in cui ho iniziato questa saga (che poi, a causa di problemi tecnici, non ho potuto terminare in tempo per la fine dell’ Estate), l’ anno era ancora il 2011.
 
Uuh! Che cosa è successo in questo capitolo? Come andrà a finire? Non lo so. So solo che…
 
Aaaargh! Il prossimo capitolo… il prossimo capitolo sarà l’ ultimo in assoluto! Oddio, no Klara, no! Non devi piangere, tu non puoi piangere, sei fatta di silicone! E invece no, posso piangere e ci riesco anche particolarmente bene. Sniff! Ragazzi, MEREH, recensori, tizi che seguono e tizi che sono qui solo per caso! Mi mancherete tutti, dal primo all’ ultimo!
Comunque, facciamoci coraggio!
Al prossimo capitolo! L’ ultimo!
Beads.

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Capitolo 10
*** Scrivere Numerose Cartoline. ***


Top - Three Finale sui Vostri Personaggi Preferiti!

 1 - Nik Vecca’chetePisto
2 - Mitruccio
3 - Federico Ardetasto

Complimenti a tutti voi che avete mandato un messaggio per segnalare il vostro personaggio preferito. Chiunque avesse segnalato uno di questi personaggi, riceverà un disegno sul vostro personaggio preferito! Ancora complimenti.
Dunque, visto che ora siamo in tempo di vacanze pasquali (meno male, questa saga ha ancora senso!), vi auguro di divertirvi e di trovare divertente:
 


10) Scrivere Numerose Cartoline

 
 Roberta era radiosa, sorridente, in quel suo abito così… così particolare! Il semplice vestitino bianco, con dei graziosi merletti ad ornare gli orli, contrastava squisitamente il rosso scuro del sangue che lo imbrattava a grandi macchie. Ai piedi, delle graziose scarpette nere stile ‘Vintage Vampire’. I capelli erano ornati da un adorabile diadema maledetto circa seicento anni prima.
La giovane metallara avanzò sulla passerella d’ ossa con fare sicuro, un elegante ghigno assassino sul volto lievemente truccato. Qualche applauso meravigliato l’ accolse. Chi non applaudiva era troppo incantato e, diciamocelo, colpito dal colore vivido di quel sangue per riuscire a battere le mani. La ragazza si fermò accanto al presentatore, dalle cui mani strappò con rude grazia il microfono.
“Con le mie scarpette e diadema della casa di moda ‘Vintage Vampire: il piacere di sentirsi dannatamente assatanata’, ho abbinato questo vestitino in seta bianca da me  confezionato ed imbrattato di sangue di studente universitario. Lo studente è stato prelevato da un allevamento biologico, che non utilizza assolutamente alcun tipo di OGM o di ormoni. Ho cercato di ricreare l’ effetto di un’ inquietante bambina cadavere, tornata dai morti per cercare vendetta sui suoi discendenti. Spero di aver raggiunto il mio scopo! Vi ringrazio.”
 “Ed il club ACARO ringrazia te, Roberta MitraMente. Un applauso, gentili cannibali e cannibalesse!” pronunciò Bob, con entusiasmo moderato “Grazie! Dunque, gentilissimo pubblico, ci rivedremo tra circa un’ ora, all’ annunciazione e la premiazione della vincitrice. Nel frattempo, potete accomodarvi nella sala accanto, dove un delizioso buffet di carne fresca è stato allestito apposta per voi. Prego! Prego, andate!”
 Roberta si diresse nei camerini, sorridendo. Perfetto, era stato tutto perfetto! La camminata, il vestito, il modo in cui la luce dei riflettori l’ aveva colpita. Era stata molto più originale, molto più sincera di quella smorfiosa di Armanda Pussycat. Avrebbe vinto. Avrebbe vinto!
 Nei camerini incontrò la sua rivale, la quale si stava cambiando per la premiazione. Roberta lesse nei suoi occhi la propria determinazione, ed a stento trattenne un linguaccia nella sua direzione.
 “Oh, Roberta! Mi pare di non aver sentito alcun applauso, là fuori, che peccato! Forse, il pubblico non è riuscito ad apprezzarti totalmente. Si vede che non era ancora pronto. Be’, magari l’ anno prossimo ti andrà meglio.”
 “Ti ringrazio per la tua preoccupazione, Armanda. Ma non credo davvero che l’ anno prossimo potrà andare meglio di adesso. Perché gli applausi ci sono stati, e chi non batteva le mani era semplicemente troppo meravigliato, troppo incredulo di fronte alla mia apparizione che non è riuscito ad applaudirmi.”
 “Uhm… sì, in effetti, conoscendoti senza trucco, anche io sarei stata sorpresa di vederti presentabile sulla passerella. Seriamente, cara, dovresti rifarti il naso: è inguardabile.”
 Un giorno di questi, Roberta l’ avrebbe ammazzata. Sul serio, l’ avrebbe ammazzata, squartata, risorta con un esorcismo, seppellita viva per ammazzarla nuovamente. Ma chi si credeva di essere, chi- Oh, ma sembrava che il pubblico stesse rientrando, lei ed Armanda dovevano dirigersi sul palco per ricevere gli applausi e scoprire chi fosse la vincitrice del concorso.
 
 
 I MEREH, nel frattempo, si erano risieduti nella platea. Aveva trovato il buffet particolarmente soddisfacente, e la reazione di Tata Arianna di fronte a quei gustosi cervelli intrisi e grondanti di sangue sui vassoi assolutamente divertente. Nessuno di loro immaginava che si potesse svenire per così poco. Ora, non poco emozionati per la loro amica, i quattro ragazzini si agitavano sui loro sedili. Erano sicuri che Roberta avrebbe vinto. Doveva vincere, ne andava del suo onore.
 “Se ‘sta metallara de merda nun se fa’ coraggio e vince questa stupida competizione, giuro che ‘a prendo pe’ le gambe e l’ immergo ne ‘o acido citrico.”
 
Non è questo il modo corretto di affrontare il problema, Nik. Roberta deve imparare a fidarsi di se stessa. Solo fidandosi di se stesse, ella riuscirà a trovare la sua strada per incontrare il suo destino.
 
“No, il problema è che Roberta è un tale racchia che solo guardare il volto potrebbe causare il degenero dell’ umanità intera. Non serve sperare in qualche vittoria di uno stupido concorso. Non serve neanche minimamente sperare in una qualsiasi vittoria in tutta la durata delle nostre misere vite. Poiché esse, come saprete, non hanno alcun significato nel loro vuoto vagare di avvenimenti sciocchi e stupidi.”
“Gabriele, solo ‘na domanda: ma chi cazzo te ‘a chiesto?”
“Bum! Bum bum bummino bum!”
“ ‘O picciotto c’ ha ragio’! ‘O sipario se sta ad alza’!”
In effetti, il grazioso sipario di seta rossa sangue si stava alzando sulla passerella di ossa bianche. Da dietro le quinte, cambiate con gusto in dei simpatici ma eleganti uniformi da carcerate, Roberta ed Armanda entrarono con passo sicuro verso il pubblico, godendosi quella rigenerante doccia di applausi che il pubblico aveva riservato loro. Si posizionarono con un ghigno malefico accanto a Bob Kirjassa, il quale stringeva tra le mani una piccola busta sigillata.
“Prima di annunciare la vincitrice finale del nostro concorso, vorrei chiedere alle nostre due graziose concorrenti quali sono i loro sogni per il futuro e che cosa hanno intenzione di fare, una volta finito questo raduno del club.”
Fu Armanda la prima a rispondere.
“Dunque, una volta finito il raduno e vinto il concorso, vorrei recarmi in Cina, per sostenere con il mio titolo di Miss FleshEater 2011 la nuova compagna contro lo sfruttamento intenso di carne umana. E’ infatti il mio sogno più grande ottenere un mondo in cui tutti, uomini e donne, possano avere libero accesso ad una carne sana e genuina, appartenuta ad essere umani le cui vite non sono state passate dietro le sbarre di una gabbia, nella sede di una qualche compagnia che pratica l’ allevamento intensivo. Grazie! Grazie a tutti voi!”
 
Oh, ma che piccola sgualdrina! Ha copiato l’ iniziativa che l’ abito di Roberta voleva promuovere! Forza, Roberta, forza! Fa vedere a quella razza di meretrice chi comanda: sii te stessa!
 
Ora, tutti gli occhi erano puntati su Roberta. La ragazza, preso il microfono tra le mani, era visibilmente emozionata e nervosa. Cercò con lo sguardo gli occhi dei suoi amici e la bava sulla bocca di Tata Arianna, svenuta da ormai venti minuti. Sorrise, con un poco di timidezza.
“Ecco… Vedete, questo concorso era solo l’ ultima tappa prima della fine del nostro viaggio. Credo che la nostra meta, adesso, sia solo quella di tornare a casa, al nostro Maniero. In fondo, ne abbiamo avuto abbastanza, di questa vacanza. Perché, vedete, il mondo è troppo piccolo per i MEREH. Non ci ha mai amati, ci ha sempre rigettati, in qualche modo. Tutti i miei amici lo sanno: eravamo così soli, prima. Così terribilmente soli. Nessuno ci capiva, o forse eravamo noi a non capire nessuno, davvero non lo so. So solo che ognuno di noi si è unito ad un gruppo, ha tentato in qualche modo di identificarsi all’ interno della società, ma anche dell’ esistenza. Chi metallaro, chi emo, chi rapper… e, perché no, anche chi truzzo e professore. Eravamo chiusi. Non osavamo neanche sfiorare gli altri mondi. Eppure, un giorno ci siamo tutti incontrati. Ogni usanza, ogni modo di pensare e di vivere si è unito a tutti gli altri. Ed allora, è stato il caos. E’ stato l’ equilibrio, e la perfezione in quell’ imperfezione. Credo davvero che ora noi rappresentiamo al meglio il futuro, un futuro solitario e su cui tutti sputano, che tutti temono. Un futuro diviso in se stesso, eppure unito in se stesso. I MEREH… i MEREH sono la paura, l’ esitazione. Sono l’ aggressione, l’ odio e la violenza. Sono il sangue, le ossa rotte ed il terrore nelle strade. I MEREH sono dei mostri. Ma anche degli amici. Sì, amici. Sono amici che tutti i giorni si guardano negli occhi, e si riconoscono nello sguardo degli altri. E si sorridono. Non sono altro che dei mostri, ma sorridono… Grazie, ragazzi… vi voglio bene. Questo concorso, lo vinco per voi.”
 Il silenzio, nella sala, era tombale. Persino la Tata, ripresasi durante quel discorso solenne e zittita subito dai quattro spettatori innaturali della platea, ora fissava la metallare cannibale con nuovi occhi. Mostri… che si sorridono? Che cosa voleva dire?
 “Grazie, Roberta! Ed ora, il momento da tutti voi tanto atteso. La vincitrice… di questa edizione di Miss FleshEater 2011… è…”



“Armanda Pussycat!”
Un piccolo, composto applauso. Le lacrime di Nik e di Gabriele, il silicone colato sul volto di Klara, l’ applauso convinto e gioioso della Tata. Roberta, invece, si guardava la punta dei piedi, mortificata e sconfitta.
“Benissimo! E dunque, ecco a te, Armanda, il trofeo di quest’ edizione di Miss Fl-”
“NOOOO!”
Prima che Bob Kirjassa potesse consegnare il trofeo argentato nelle mani di Armanda, accadde l’ incredibile. Roberta, gli occhi fuori dalle orbite, si slanciò sul corpo improvvisamente minuto e piccino della rivale, portandole le mani al collo ed urlando come un’ ossessa.
“NO! NO! No! BASTARDA! NO!”
“Ehrm…”
“NO!”
Prima che qualsiasi persona potesse anche solo chiamare i soccorsi, Roberta aveva già ucciso Armanda Pussycat.
 “Lo dicevo, io, che ti avrei ammazzata!
 
Brava, Roby! Credi in te stessa! In te stessa!
 
Un silenzio imbarazzatissimo per qualche minuto cadde nella sala. Poi, quasi timidamente, Bum Bum prese ad applaudire l’ amica ansante e grondante di sangue sputato dalla morta sulla passerella. A quell’ applauso si unirono anche Gabriele e Nik, leggermente a disagio. Poi Klara ed anche, incredibile ma vero, Tata Arianna AmorProprio. In pochi minuti, tutti stavano applaudendo Roberta con gran foga!
“Non… non sono stata eliminata?”
“No, cara Roberta!” disse il presentatore Kirjassa “Un FleshEater degna di portare questo nome deve essere pronta ad ignorare le regole, a comportarsi in maniera disdicevole ed a uccidere i propri nemici. Complimenti! Hai vinto!”
 “Ho… ho vinto?”
 “Sì, Roberta, hai vinto! E vuoi sapere quale sarà il tuo premio?”
 “Q- quale?”
 “Una scorta a vita di biologica carne umana, questo grazioso trofeo, una caramellina all’ anice ed un viaggio per sei persone sui monti del Molise!”
 “… Sono veramente onorata.”
 

“Ticchete! Bello de papà, c’ hai visto o no chi è turnato da tì?”
“Bum Bum! Bummino bum bum!”
 
Oh, caro, dolce Maniero! Credevo di non rivederlo per un’ eternità o giù di lì. Devo urgentemente rassettare le mie bambole, chissà quanta polvere sui loro graziosi abiti!
 
“Ed io sono ufficialmente in astinenza da ghigliottinare i miei topolini albini. Se vorrete scusarmi…”
I quattro ragazzi corsero ridendo all’ interno del loro Maniero. Casa, dolce casa, come si dice… forse noi dovremo specificare Maniero Fantasma, dolce Maniero Fantasma. Fatto sta che i MEREH erano fuori di sé dalla gioia di essere tornati alla loro casetta. I bagagli vennero lasciati nel veicolo che li aveva condotti fin lì. Dopo, dopo vi sarebbe stato il tempo di riordinare ogni cosa.
 Roberta, dal canto suo, si voltò a salutare Arianna AmorProprio.
 “Raggiunga il cancello nero, saprà di essere nelle sue vicinanze quando ai suoi piedi riprenderà a crescere l’ erba. Scenda lungo la strada che conduce al villaggio di Castofiore, lì le daranno ulteriori informazioni.”
 “Ti ringrazio, Roberta… è… è stato un piacere conoscervi.”
 Non sapevano che cosa dirsi. Era tutto così sciocco, così assurdo… Arianna, incapace di pensare a qualcosa di meglio da fare, si chinò sulla metallara per abbracciarla. Roberta non ricambiò l’ abbraccio, leggermente impacciata, ma non si ribellò ad esso. Sogghignò.
 “L’ ultima persona che mi ha abbracciata è stata mia madre. L’ ho uccisa quattro ore dopo.”
 “Non mi hai mai raccontato perché hai ucciso i tuoi genitori.”
 “Non ha veramente importanza.”
 “Forse hai ragione.”
 Si separarono, incapaci di dirsi altro. Si sorrisero.
 “Ascolta… tu… voi… davvero vi considerate dei mostri?”
 “Immagino di sì.”
 “Sai che là fuori è pieno di persone che vi vogliono bene, vero?”
 “Ciò non toglie che siamo dei mostri. A noi va bene così. Per lo meno, siamo coscienti di ciò che siamo. Tata Arianna… ascolta, salutami la Tata Camilla Rizzi al manicomio… e strappa pure un ramo di mandarino-cocaina, mentre vai al cancello. Posalo sulla tomba di Tata Franca MarciaUrto.”
 “Lo farò grazie Roberta.”
 “…”
 “… Allora… Addio.”
 “Sì, addio.”
 La Tata s’ incamminò lungo la strada che conduceva all’ uscita del terreno dell’ antica famiglia Castofiore. Si ripromise di voltarsi. Non doveva, per alcun motivo al mondo, voltarsi. Come Orfeo, temeva di perdere per sempre la sua possibilità di fuga. Non voltarsi. Non voltarsi.
 Voltarsi.
 Ormai, già l’ erba prendeva a crescere sotto le sue scarpe dalla suola ortopedica. Eppure, sull’ uscio del Maniero, la Tata riuscì ancora a distinguere le cinque, esili figure dei MEREH. Immobili, pallidi, la fissavano con i loro occhi vuoti e terribili, persi. Sembravano degli antichi schizzi in un libro di favole. Favole dei secoli bui, in cui la fantasia era utilizzata per spaventare e non per sognare.
Fermi, immobili, la fissavano.
La Tata tornò ad incamminarsi verso il cancello, gli occhi chiusi.
E, chissà perché, venne avvolta da una tristezza assai particolare, quando capì che lei non gli avrebbe mai più rivisti.
 
 
 
 
 
Angolo dell’ Autrice.

 
E sì, eccoci all’ ultimo capitolo. Ragazzi, vi adoro. Vi adoro, vi adoro e vi adoro. Siete stati dei lettori fantastici, mi riferisco anche a chi ha semplicemente seguito la storia, senza commentare o inserire una delle tre saghe tra le preferite/seguite/ricordate. Siete fantastici tutti! OK, potete tirare un bel sospiro di sollievo, le tre Saghe MEREH sono ufficialmente finite. Ci credereste, sto piangendo più di quando è scomparsi il mio caro amico Capitan Ovvio (riposi in pace). Be’, in fondo, questa è stata la prima storia che io abbia mai pubblicato su EFP! Per me vuol dire molto. Sono ben 182 pagine Word in Calibri 12 (8. 033 righe). Vi lascio qui alcune curiosità sulla storia, se volete dare un’ occhiata.
  
   
Libri che hanno ispirato le Tate: http://bur.rcslibri.corriere.it/libro/2872_fate_i_bravi!_rizzi.html
(Prima Saga)
http://bur.rcslibri.corriere.it/libro/3892_fate_i_compiti!_rizzi.html(Seconda Saga)
 
Programma TV che ha ispirato le Tate: http://www.youtube.com/watch?v=L-jFs7o06NY
 
Canzone che ha ispirato i MEREH: http://www.youtube.com/watch?v=XfI7gSO-Fgc
 
 
Ringraziamenti: Roberta S. (Roberta MitraMente), la mia migliore amica, a cui devo ogni cosa, ogni bel ricordo della mia infanzia. Grazie per essermi stata accanto per ben dieci anni, sei l’ unica che non mi vergogno di chiamare ‘sorella’.
Gabriele D. (Gabriele PescaNera), mio cugino. Sei sempre stato ‘Emo Inside’, ma fuori sei un vero amico, che mi ha sempre aiutato in ogni situazione. Non importa se si trattava di una grave forma di depressione o un brutto voto a Latino e Greco.
Nicolas W. (Nik Vecca’chetePisto), mio fratello, minore di un anno. Sei negato con le rime e con l’ Italiano, ma ami la musica rap ed ami questa storia. Per questo, ti dico grazie: grazie per avermi rotto le palle mentre scrivevo, per avermi fatto ridere, per avermi fatto ritornare con i piedi per terra. Ti sarò sempre grata, Nicolas! Grazie!
Thomas W. (Bum Bum Vecca’chetePisto), mio fratello, minore di sette anni. Siamo nato lo stesso giorno, lo stesso mese. Ma con ben sette anni di differenza. Siamo entrambi due piccole Bilance, e ci assomigliamo così tanto da non sopportarci. Eppure, ogni volta che mi perdo in quei tuoi occhi azzurri, sono la sorella più felice del mondo. Ti voglio bene, Tommy.
Klara W. (Klara Castofiore), me stessa. Il mio egocentrismo non ha mai fine, eh? Be’, ma sappi, cara me stessa, che non è finita qui. Sono tre anni che scrivi questa storia, e te lo devo dire: sono cambiate molte, moltissime cose. Nella storia, e nella vita. Ma stringi forte forte a te stessa quei pazzi dei tuoi amici. Sono là fuori, pronti a sorriderti, e tu lo sai. Ricambia il sorriso, piccola principessa del mondo di Ququ, mi raccomando.
Caos: La prima ad avere commentato la mia storia, quando ho letto quelle poche righe il mio cuore si è illuminato. Non avevo mai ricevuto una recensione, prima d’ ora, e non ti ho mai risposto perché non sapevo come comportarmi. Be’, spero di poter rimediare con questo semplice: grazie!
Pizzo Ferrato: La città in cui è nata questa storia. Mai una villeggiatura in montagna è stata così divertente! Grazie alle tue montagne, Pizzo Ferrato, ai tuoi cervi ed ai ricordi che ci hai dato.
Gli Altri: pazzi, recensori, comparse nella storia, popolo Amish, le tre Tate, Valeria V. (Valeria Ardetasto) Federico A. (Federico Ardetasto), scuola Ugo Foscolo, scuola A. Velletrano, mamma, papà, i tre PC con cui ho scritto questa storia, le tastiere scassate, il correttore automatico, l’ assenza del correttore automatico, il trono (il W.C.), il metal, l’ emosità, il rap, l’ hippy, le dinamiti, le lavagne ed i mandarini (quelli pieni di cocaina).
 
E, ricordatevi sempre una sola cosa:
Csjdyyule!
Come ho giustamente specificato nel secondo capitolo della seconda saga, è una parola che dovrebbe eliminare lo stress se digitata molte volte.
 
Be’, ora ho veramente finito, amici!
 
Grazie.
 

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