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di Edelvais
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mai sfidare un teppista! ***
Capitolo 2: *** Siamo pari! ***
Capitolo 3: *** Assillanti interrogativi. ***
Capitolo 4: *** Sogno o son desta? ***
Capitolo 5: *** E' colpa mia! ***
Capitolo 6: *** Una partita a pallavolo! ***
Capitolo 7: *** Occhi neri e lacrime incontrollabili. ***
Capitolo 8: *** Inevitabile. ***
Capitolo 9: *** Tutto è lecito in guerra. ***
Capitolo 10: *** Graffianti malintesi ***
Capitolo 11: *** E' sbagliato bramare le sue labbra? ***
Capitolo 12: *** Pericolo in agguato ***
Capitolo 13: *** Salva per un soffio ***
Capitolo 14: *** La coscienza ha sempre ragione. ***
Capitolo 15: *** L'apparenza inganna ***
Capitolo 16: *** Madri invadenti e sgradevoli malintesi ***
Capitolo 17: *** Un legame di amicizia infranto ***
Capitolo 18: *** Confessioni ***
Capitolo 19: *** Con gli occhi di un malato ***
Capitolo 20: *** Programmi per il sabato sera! ***
Capitolo 21: *** Caspita, che serata! ***
Capitolo 22: *** Una mattinata movimentata (parte 1) ***
Capitolo 23: *** Una mattinata movimentata (parte 2) ***
Capitolo 24: *** Corsi di pittura e feste di compleanno ***
Capitolo 25: *** La festa più bagnata! ***
Capitolo 26: *** Un nuovo amore? ***
Capitolo 27: *** Inutili preoccupazioni e sorprese in arrivo ***
Capitolo 28: *** La famosa sorpresina ***
Capitolo 29: *** Da un ti odio a un ti amo! ***
Capitolo 30: *** Due giorni a New York ***
Capitolo 31: *** La vendetta è un piatto che va servito freddo ***
Capitolo 32: *** Una serata piena di sorprese ***
Capitolo 33: *** La scala per il paradiso ***
Capitolo 34: *** L'orgoglio o il perdono? ***
Capitolo 35: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Mai sfidare un teppista! ***


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Capitolo I - Mai sfidare un teppista!  
 







La sveglia continuava a trillare sul comodino a fianco al letto e Gwen, ancora raggomitolata fra le coperte, si destò svogliatamente e una sua mano resuscitò dall’ammasso di coperte che l'avvolgeva per afferrare la sveglia.
Mai come quel momento odiò quell’aggeggio infernale.

« Uff… » Solo un leggero sospiro uscì dalla sua bocca; dischiuse a fatica gli occhi color pece, ancora non abituati all’abbagliante luce del sole che filtrava a raggi dalle spaziose finestre della sua casetta a Toronto.
Dopo essersi concessa il lusso di un sonoro e desiderato sbadiglio, si alzò svogliatamente dal letto e si preparò psicologicamente per il primo giorno di scuola della terza superiore.
Gwen Smith era una sedicenne di statura media e dalla corporatura esile e minuta. I capelli che le decoravano il viso pallido e delicato erano dello stesso colore delle sue iridi, decorati da meches blu notte. In fatto di materia grigia non era affatto male, infatti aveva superato lo scorso anno con voti molto alti.
Dopo essersi lavata, vestita e pettinata prese lo zaino ed uscì di casa.

« Il lato positivo è che vedrò Geoff e Bridgette » si disse la mora.
Bridgett Parker era un’amica d’infanzia di Gwen.
Aveva la stessa età dell’amica; aveva lunghi capelli biondi che soleva tenere quasi sempre raccolti in una coda e gli occhi di un colore indefinito, che variava a seconda della luce. Era una surfista ed era la persona più gentile e disponibile che Gwen avesse mai conosciuto. Al contrario di lei, Bridgette era una persona solare ed estroversa.
Quando arrivò a scuola trovò Geoff Tex, il ragazzo di Bridgett, insieme ad accoglierla insieme alla fidanzata.

« Ehi, Gwen! Da quanto tempo! Come stai? - senza lasciare il tempo a Gwen di rispondere, proseguì - Ho una notizia buona ed una cattiva… »
« Dai, spara ».
« Ehm ecco, hanno smistato le classi… »
Gwen sgranò gli occhi, incredula.
« Perché avrebbero dovuto farlo? » esclamò Bridgette, adirata, quando una voce alle sue spalle la colse alla sprovvista.
« Affinchè voi, studenti teppisti, viviate questo anno scolastico in serenità… giusto Geoffrey? » 
 Era il preside della scuola, ovvero il signor McLean, che era intervenuto, lasciandoli di stucco.
« Ehm… Giusto signore! » rispose Geoff, colto alla sprovvista.
Gwen sapeva che l’anno precedente Geoff era stato coinvolto in una rissa, scatenata dal bulletto della scuola: Duncan Evans.
Fra i due c’era parecchia tensione, nonostante un tempo fossero stati migliori amici,  dopo che Duncan cominciò a frequentare gente non gradita da Geoff i due si erano completamente persi di vista, ritrovandosi da nemici.
Il motivo era ignoto a tutti, persino a Brigette.
Gwen corse alla bacheca per controllare l’elenco della classe.
Bene, era nella sezione E: Geoff c’era, Bridgette c’era… le sue labbra si incresparono in una smorfia quando lesse il nome del ragazzo a cui avrebbe tanto voluto rifilare un calcio negli stinchi. Avrebbe pagato per non avere quel teppista in classe.

« Come hanno potuto metterlo insieme a te dopo quello che ti ha fatto? »
Esclamò la mora guardando Geoff, che sorrise imbarazzato.
« Smorfiosa ficcanaso, fatti gli affari tuoi, credi che le abbia solo prese!? »
Gwen riconobbe quella voce sgraziata e inorridì, pensando al fatto di doverlo avere in classe per i rimanenti due anni di liceo.
« Che cosa vuoi, Duncan? Chi ti ha interpellato? »
Replicò con stizza la ragazza,accorgendosi che il punk si era avvicinato pericolosamente a lei. Odiava quel criminale nato.
« Taci, ragazzina, impara a tenere la bocca chiusa o finirai in guai seri ».
« Sei solo uno sbruffone, non mi fai paura! » replicò Gwen senza staccare gli occhi da quelli verde acqua del suo avversario. Be', non che fosse difficile dato che Duncan non era il tipico ragazzo-pertica. 
Duncan si allontanò da lei lanciandole uno sguardo di sfida, che lei ricambiò senza esitare.

« Ma sei impazzita!? »
Esclamò Geoff, dirigendosi verso l’amica.
« Gwen, hai rischiato grosso, quello è un criminale! Se ti avesse messo le mani addosso, cosa avresti fatto? » la rimbeccò Bridgette.
« Geoff mi avrebbe difesa! E poi ci sono i professori, non avrebbe osato sfiorarmi » rispose la mora riprendendo a camminare.
 
Arrivati nella loro nuova classe, Gwen si guardò subito attorno. Con chi avrebbe condiviso il banco quell’anno?
Di certo i piccioncini si sedranno vicini, constatò la ragazza.
In quel momento, il professor Hatchet entrò con il registro in  mano.

« Si sieda, signorina Smith. Ha intenzione di rimanere lì impalata per tutta la lezione? »
« Mi scusi, mi siedo subito » rispose, mentre scrutava l’intera classe alla ricerca dell’unico buco mancante.
Rabbrividì, intuendo che l’unico banco rimasto era quello vicino a Duncan Evans. Il cafone la guardava con un sorriso sarcastico dipinto in volto.

« Gwendolyn, siediti pure! » le disse con aria da schiaffi, spostando la sedia al suo fianco per farla accomodare.
Accidenti, perché diamine l'aveva sfidato?
Lei e le sue idee strampalate.
Abbattuta, accettò la situazione e si sedette vicino a Duncan.








Note dell'autrice

Buongiorno a tutti!
Eccomi  di ritorno con un'altra fanficion, la mia prima long in questo fandom!
Allora, come avrete appena appurato, Gwen Smith è una studentessa in un liceo in Ohaio, il reality non è mai esistito e Geoff e Bridgette sono i suoi migliori (e quasi unici) amici. Duncan è invece un "bulletto", nemico di Geoff.
Beh, il resto spero sia chiaro a tutti.
Ringrazio chi recensisce e anche i lettori silenziosi ^^

Ed

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Capitolo 2
*** Siamo pari! ***


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Cap. 2. Siamo pari!

 









Durante il corso della lezione i due litiganti non si erano guardati, non si erano parlati ma soprattutto avevano evitato di invadere l’uno lo spazio dell’altra.
Gwen era nervosa, il criminale ancora non aveva fatto la sua mossa e questo la preoccupava. Si sforzava di seguire la lezione, prendere appunti com’era suo solito, ma non riusciva a concentrarsi. Intanto Geoff e Bridgette, seduti nei due banchi davanti a Gwen, si voltavano a turno per controllare la situazione.
La gotica aveva raccolto la sfida con piacere, e difficilmente ne sarebbe uscita vincitrice.
Ma Gwen non era il tipo di persona che amava arrendersi facilmente. Al contrario, niente e nessuno le avrebbe impedito di continuare la battaglia all’ultimo sangue con Duncan.
Intanto  il ragazzo di Gwen, ovvero Trent Jhonson, osservava la ragazza dalla parte opposta dell’aula cercando invano di catturare il suo sguardo.
Trent era il fidanzato di Gwen da due anni ormai e si conoscevano da quando frequentavano la prima elementare.
Il ragazzo era poco più alto di Gwen e i capelli erano neri come le tenebre. Gli occhi erano di un verde sfavillante, in cui ci si poteva affogare, da quanto erano profondi.
Era anche il classico “bravo ragazzo”.
“Niente fumo, niente alcool,  solo una chitarra come compagna di viaggio!”
Era la frase che Trent ripeteva ogni qualvolta che gli veniva offerto da bere.
“Signorina Smith, ha intenzione di rispondere alla mia domanda oppure continuare a fissare il vuoto!?”
Gwen sussultò. Non si era accorta minimamente che il prof. la stava chiamando, inoltre si accorse che tutta la classe si era voltata a guardarla! Oltretutto non sapeva neanche cosa rispondere!
“La lasci stare professore…”
Duncan intervenne con un sorrisetto beffardo dipinto sulle labbra.
“Sta pensando al suo fidanzato, non ha neanche risolto l’espressione!”
Il viso di Gwen impallidì, che cosa aveva appena detto quella sottospecie di troglodita ignorante!? La ragazza si girò a rallentatore verso il suo avversario che sembrava alquanto divertito dalla situazione che aveva creato volontariamente, per poi lanciargli un’occhiataccia fulminante.
“Innanzitutto lei, non era stato interpellato, signor Evans. Mentre lei signorina Smith mi stupisce. Non era lei l’alunna più diligente? Che cosa le è successo? ”
La gotica si rizzò in piedi in un attimo, e non riuscì che balbettare due parole.
Non sapeva cosa rispondere, era in preda al panico!
“Piuttosto, almeno  lei sognor Evans, mi dia la prova che le è rimasto ancora qualche neurone in quella zucca vuota! Mi dica il risultato della sua espressione!”
Nelle labbra di Duncan si intravise l’ombra  un sorrisetto soddisfatto.
“Allora ecco la sua mossa! Quel cafone me la pagherà, di questo può starne certo!” Pensò la ragazza fulminando Duncan con lo sguardo.
“La soluzione dell’espressione è..3,6 periodico professore.”
“Beh complimenti giovanotto, noto con piacere che quella zucca non è completamente vuota! Ti meriti un più sul registro!”
Gwen rimase a bocca aperta. Non poteva crederci. Era un sogno, un incubo!
Si diede un pizzicotto nel braccio convinta che si sarebbe svegliata nel suo letto, ma non cambiò nulla, era sempre la compagna di banco di un criminale, e la sua reputazione di alunna modello era andata a farsi benedire appunto per colpa di quest’ultimo.
All’improvviso suonò la campanella, e Gwen trasse un sospiro di sollievo.
Geoff e Bridgette erano allarmati, e parecchio!
Considerando l’accaduto la gotica non l’ avrebbe certo fatta passare liscia a Duncan! Questo significava che la loro amica stava rischiando grosso con quel criminale.
“Complimenti Gwendolyn.”
La ragazza si girò adirata, aveva i denti serrati e i pugni chiusi.
Non sopportava di essere chiamata con il suo nome intero, le dava il voltastomaco, figuriamoci se pronunciato dal suo acerrimo nemico!
“Ma come ti permetti! Piantala di fare lo sbruffone, non mi incanti sai!?”
Duncan si alzò dalla sedia, e mentre sorpassava Gwen per dirigersi verso il corridoio, le rivolse un sorriso di sfida, che Gwen ricambiò con una smorfia.
“Ci vediamo in mensa, Gwendolyn.”
La ragazza decise di non replicare, era troppo nervosa per inventarsi una possibile risposta. Trent le si avvicinò immediatamente.
“Hey piccola! Tutto a posto? Hai avuto un bel coraggio a sfidare quel criminale! Comunque prima non ho avuto modo di salutarti, scusami…”
“Trent, scusa non è il momento.”
Gwen era troppo irritata per rispondere , raggiunse la mensa a grandi falcate, ignorando completamente il suo ragazzo, per poi entrare sbattendo la porta.
Trent le corse dietro, preoccupato per la ragazza.
Mentre Geoff e Bridgette li aspettavano seduti ad un tavolo della mensa.
“Geoff credi che se la caverà?”
Bridgette teneva alla salute dell’amica, e quel criminale era imprevedibile.
“Certamente! Gwen è forte, sarà in grado di cavarsela perfettamente, non è un’ingenua, se l’ha sfidato significa che ha la situazione sotto controllo. Stai tranquilla.”
Proprio in quel momento fece il suo ingresso in mensa Gwen, sbattendo la porta.
La gotica prese a caso delle vivande dal bancone, per poi sedersi a fianco all’amica senza dire una parola.
“Gwen ma sei impazzita!? Quello è un criminale, non puoi sfidarlo!”
Trent era seriamente preoccupato per lei.
“Trent non c’è motivo di cui preoccuparsi.Quello è solo uno sbruffone.”
Si sforzò di sorridere, in fondo era il suo ragazzo, doveva cercare di tranquillizzarlo.
“Gwendolyn, mia cara, ti è passata la stizza?”
Quella voce. Quella orribile voce sgraziata che proveniva dalle sue spalle. Oh come avrebbe voluto strappargli le corde vocali, almeno sarebbe stato sopportabile.
“Tappati quel forno Duncan.”
Il ragazzo sembrava palesemente divertito, non vedeva l’ora di conoscere la prossima mossa di Gwen, qualora ne avesse avuta una.
“Comunque siamo pari, non c’è motivo di scaldarsi tanto.”
Gwen si alzò in piedi, non aveva intenzione di perdere anche quella sfida, con uno scatto felino, afferrò il vassoio con il cibo, per poi lanciarlo addosso al nemico.
Duncan incredulo, fissava la gotica con gli occhi azzurri sgranati .
“Ora siamo pari.”
Per la sfortuna della ragazza in quel momento passò il professor Hatchet, che vedendo la scena, si diresse a falcate verso Gwen e Duncan.
Bridgette e Geoff deglutirono rumorosamente prevedendo che cosa sarebbe successo.
Trent non poteva credere che la sua Gwen si fosse cacciata in quel guaio.
Non gli sembrava più la Gwendolyne di cui si era follemente innamorato.
 “Signorina Smith! Ma che diavolo sta facendo! E lei signor Evans, cosa fa li impalato!?”
Il professor Hatchet era chiamato da tutti gli studenti il “tritacarne” perché era considerato l’insegnante, più severo del liceo.
“Professore io non ho fatto niente, glielo giuro!”
Duncan mise tutto il suo impegno per riuscire nella parte di bravo ragazzo, anche perché non aveva per nulla l’aria innocente.
“Non mi interessa, forza filate tutti e due in presidenza, e non vi voglio vedere fuori da lì fin quando non avrete imparato la lezione, capito!?”
“Si, professore.”
Gwen era distrutta,  ora la sua reputazione di alunna-modello era veramente andata a farsi benedire. A testa bassa si diresse verso l’ufficio del preside, seguito dal criminale che non dava segni di preoccupazione, al contrario sembrava soddisfatto.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nota dell’autrice

 
Buonasera lettori e lettrici di efp!
Rieccomi con il secondo capitolo!
Duncan continua imperterrito a stuzzicare la ragazza, colpendola (metaforicamente parlando) nei suoi punti deboli.
Trent è il ragazzo di Gwen, (perdonate se non l’ho accennato prima) ed è preoccupato per lei. (giustamente…)
La lotta fra i due litiganti continua, come andrà a finire??
Leggete e scoprirete!
Un bacione dalla vostra Ellen.

 
 

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Capitolo 3
*** Assillanti interrogativi. ***


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Capitolo 3. Assillanti interrogativi.







 
Appena entrarono nell’ufficio del preside,  il professor Hatchet rivolse ai due uno sguardo di  ghiaccio. “State qui fin quando non suona la campanella, è chiaro!?”
Si voltò per poi chiudersi la porta alle spalle.
Probabilmente il preside è a fare il giro di ispezione delle classi, pensò Gwen.
Duncan si sedette svogliatamente su una sedia, ed appoggiò i piedi sopra la scrivania.
“Ma cosa stai facendo razza di cafone che non sei altro!?”
Il ragazzo non badò all’insulto e continuò a dondolarsi imperterrito nella sedia.
Gwen non insistette, sapeva che se avesse continuato gli avrebbe solamente dato soddisfazione. I minuti che passavano sembravano interminabili, il silenzio che era piombato nella piccola stanza sembrava rappresentare la tensione che c’era fra i due.
Continuando imperturbabili ad odiarsi in silenzio, la loro in quel momento era diventata una fase di guerra fredda. Gwen stava palesemente architettando un nuovo sistema per farla pagare al criminale, mentre quest’ultimo si limitava ad osservare un punto qualsiasi sul muro continuando a dondolarsi sulla sedia.
All’improvviso fu Gwen a rompere il silenzio assordante.
“Duncan! Vieni a vedere, muoviti scansafatiche che non sei altro!”
Il ragazzo, colto di sorpresa, perse l’equilibrio e finì gambe all’aria.
“Che diavolo vuoi!?”
La ragazza le porse una foto incorniciata.
Erano raffigurati una decina di ragazzi, maschi e femmine, della stessa età.
“Quella ragazza ti somiglia parecchio!”
Duncan sentì un tuffo al cuore. Lei…la persona più importante della sua vita.
Vedere sua madre da giovane lo aveva lsciato senza parole.
“Duncan non mi dire che…”
“Si, lei era mia madre.”
“E’ davvero bellissima, ti somiglia molto lo sai?”
“Già, me lo dicevano tutti, finchè non è morta.”
Gwen rimase senza parole. Non sapeva più cosa rispondere, era sinceramente dispiaciuta.
“Oh, mi dispiace…Scusa Duncan non immaginavo…”
“Niente, non è niente.”
Gwen gli rivolse il primo sorriso puro e sincero. Per un attimo si erano allontanati dal campo di battaglia. Duncan restò immobile, come pietrificato quando vide che la ragazza gli sorrideva. Era da molto tempo che qualcuno non gli dedicava una risata,un sorriso insomma qualcosa che lo confortasse.
A interrompere il momento “magico” fu il fastidioso suono della campanella.
“Beh io vado, ciao Gwendolyne!”
“Hai ragione, la pausa è durata anche troppo, è ora di rimettersi all’opera!” Pensò la gotica scrutando l’inconfondibile figura di Duncan allontanarsi per i corridoi.
“Hey darkettona! tutto bene in presidenza?”
La voce era di Heather, una compagna di classe di Gwen. Si conoscevano dalle medie, e non sono mai andate d’accordo. La ragazza aveva sicuramente un bell’aspetto: lunghi capelli argentei e gli occhi del medesimo colore. L’unica pecca era presumibilmente il suo carattere acido e insopportabile. Gwen le ringhiò contro innervosita dalla sfacciataggine della sua eterna antagonista, ma si bloccò subito, accorgendosi che una voce la stava chiamando alle sue spalle.
“Gwen! E’ andato tutto bene?”
Trent era arrivato correndo dalla sua classe, in ansia per la salute della ragazza.
Il ragazzo abbracciò la gotica. Gwen non ricambiò la stretta  amorevole del suo rarazzo, qualcosa glielo impediva. Era da molto tempo che non si sentiva più in sintonia con Trent, non provava più quelle emozioni che la pervadevano un tempo quando anche solamente vedeva il fidanzato. Il problema era che non riusciva a spiegarsi il motivo.
“Si Trent tutto a posto. Scusa adesso devo andare!”
“Aspetta, ti accompagno a casa!”
“Ok, grazie, allora tanto vale che andiamo insieme a Geoff e Bridgette!”
“D’accordo!”
I due arrivarono con un tempismo perfetto davanti alla porta della presidenza.
“Trent, Gwen, andiamo?”
“Certo!” Risposero i due all’unisono.
 
I quattro uscirono dalla scuola e si diressero verso casa chiaccherando di quello che era accaduto nell’ufficio del preside tra i due litiganti.
“Non abbiamo parlato molto, ma c’è una cosa che mi ha turbato parecchio…”
“Cosa Gwen?”
“Gli fatto vedere una foto della squadra di atletica di molti anni fa, perché avevo notato che una ragazza somigliava tantissimo a Duncan, e lui mi ha confessato che in realtà quella era sua madre da giovane…”
Si interruppe. Non era sicura di quello che stava per svelare ai suoi amici.
Avrebbe voluto cucirsi la bocca in quel momento!
“E cosa c’è di tanto sconvolgente?”
Trent era scettico, oltre che geloso. Fin dal momento in cui quei due avevano iniziato la loro eterna lotta all’ultimo sangue, il suo sesto senso gli aveva suggerito di non fidarsi del criminale, ma soprattutto di tenersi ben stretta Gwen. Aveva il timore che quel troglodita volesse prendersi la sua ragazza.
La gotica intanto, si innervosì non poco per la domanda del ragazzo.
“Trent, sua madre è morta.”
Lo disse in tono pacato,  quasi lapidario.
“Beh mi dispiace, ma non è mica colpa tua!”
“Non era questo il punto Trent. Non hai capito niente!”
Trent si stupì per la reazione della giovane, non pensava che la prendesse tanto sul serio, in fondo stava solo scherzando!
Gwen, velocizzò il passo salutando con un cenna della mano Geoff e Bridgette, che fino a quel momento non avevano aperto bocca, e abbandonò Trent in un mare di interrogativi.
Il ragazzo era rimasto a bocca aperta. Non poteva crederci, in dieci anni che si conoscevano non avevano mai litigato, mai. Invece adesso Gwen se l’era presa perché il suo ragazzo aveva frainteso il motivo del suo turbamento. Causato da chi? Dal criminale in persona.
“Trent non te la prendere, Gwen oggi ha avuto una giornataccia, stai tranquillo domani sarà tutto passato.”
Bridgette cercò di tranquillizzare il moro, che non ne voleva sapere di calmarsi.
La sua ragazza gli aveva appena voltato le spalle e Bridgette gli diceva di calmarsi!
“Questo è il colmo!” Pensò Trent disperato.
 
Gwen si buttò sul letto, la testa le scoppiava, aveva troppi pensieri per la testa: la madre di Duncan, il litigio con Trent, una nuova tattica per farla pagare a Duncan…
D’un tratto lo squillare del cellulare la fece sussultare.
“Pronto?”
“Gwen! Sono Bridgette!”
“Bridgette! Ascolta, scusami per stamattina, non era mia intenzione…”
“Tranquilla, ti ho telefonato per chiederti se ti andrebbe di fare due chiacchere e una passeggiata in centro!”
“Va bene! Alle quattro davanti al bar Kalamazoo!”
“Okay!”
Gwen chiuse la chiamata, afferrò l’i.pod e si mise ad ascoltare musica a tutto volume. Quel tipo di musica scaccia-pensieri.








Nota dell'autrice.
Rieccomi quì con il terzo capitolo
!
Le cose si fanno serie per il rapporto di Gwen con Trent, e se non si sentisse più attratta dal ragazzo? Che cosa succederebbe?
A questi interrogativi risponderò nel prossimo capitolo!
Spero che vi sia piaciuto!

La vostra Ellen__

 

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Capitolo 4
*** Sogno o son desta? ***


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Capitolo 4. Sogno o son desta?







“Bridgette!”
“Gwen sei arrivata finalmente!”
“Allora, cosa facciamo?”
“Mmmh direi di fare una passeggiata nel parco!”
“Okay, andiamo allora!”
Le due amiche si diressero verso il parco Wawanakwa: Gwen era leggermente nervosa.
Sapeva che la bionda avrebbe voluto parlare di Trent, ma la gotica non aveva alcuna intenzione di ricordare il ragazzo.
Nel mentre che camminavano immerse nel verde del parco, Bridgette aveva la sensazione che Gwen le stesse nascondendo qualcosa.
“Gwen sei strana, cosa ti prende?”
La gotica guardò Bridgette perplessa.
“Ma cosa stai dicendo?”
“Niente, è solo che secondo me mi stai nascondendo qualcosa, non è che sei attratta da…”
La surfista non finì la frase, temeva la reazione dell’amica.
“Avanti finisci la frase! Anzi no, forse ho capito, comunque assolutamente no, come potrebbe piacermi quell’avanzo di galera!?”
“Non so, la causa del tuo litigio con Trent è stata proprio Duncan, ti importa qualcosa di lui?”
“No,non mi importa assolutamente nulla di lui, chiaro!? E poi perché mai dovrebbe piacermi! Ho litigato con Trent semplicemente perché quel ragazzo è estremamente assillante! Non ne posso più!”
“Ecco lo sapevo…” Pensò Bridgette, consapevole di aver involontariamente tirato fuori la belva che c’era in Gwen.
La ragazza era furiosa.
“Okay, d’accordo, ci credo. Ho solo chiesto!”
“Bridgette ora vado a casa, devo ancora finire i compiti.”
“Sei arrabbiata?”
“No, tranquilla, anzi scusa per la sfuriata…”
“Farò finta di niente!”
Scoppiarono entrambe a ridere, niente e nessuno avrebbe mai spezzato il legame indissolubile che c'era fra le due amiche.
 
Quando Gwen si svegliò, si accorse con orrore che la sveglia non aveva suonato ed erano ormai le 8.10 del mattino, quindi era in ritardo. Si alzò di scatto dal letto, per poi correre in bagno a lavarsi.
Non le era mai capitato di alzarsi in ritardo!
Quando finì di prepararsi, si fiondò fuori di casa con lo zaino in spalla.
Arrivò in classe alle 8.20. Ansimando, sfinita per la corsa affannosa, aprì la porta, ritrovandosi gli sguardi di tutti i suoi compagni di classe puntati su di lei, compreso quello del suo acerrimo nemico, palesemente divertito.
“Signorina Smith! Come mai è arrivata a quest’ora? Le lezioni sono già iniziate da venti minuti!”
La rimproverò il prof. Hatchet con uno sguardo di ghiaccio.
“M-mi scusi prof-balbettò la gotica- ma non mi è suonata la sveglia…”
Una fragorosa risata arieggiò nella stanza, facendo sprofondare Gwen per la vergogna.
“Per questa volta passa, ma la prossima volta la attende la presidenza, che non si ripeti mai più!”
La gotica sospirò: stava andando tutto storto, fin dal primo giorno di scuola. Anzi, precisamente da quando aveva osato sfidare  il criminale.Si diresse a testa bassa verso il suo banco, dove l’attendeva il rivale che se la rideva sotto i baffi.
Gwen gli lanciò un’occhiata carica di odio, non lo poteva sopportare oltre.
Algebra: la materia più odiata e temuta dalla classe, soprattutto perché ad insegnarla era il professore più severo della scuola.
“Hey Gwendolyne, fammi copiare algebra!”
Gwen spostò suo malgrado lo sguardo verso il suo compagno di banco.
“Neanche per sogno!”
Il criminale inarcò un sopracciglio, voleva cominciare la guerra di prima mattina? Bene, lui l’avrebbe accontentata.
Duncan prese il quaderno di algebra della ragazza che istintivamente, con uno scatto felino, afferrò l’oogetto dalla parte opposta, ritrovandosi a giocare ad una sottospecie di tiro alla fune.
“Lascialo immediatamente! Non voglio passare altri guai per causa tua!”
Il ragazzo non intendeva mollare, anzi al contrario continuava a tirare verso di sé.
“Allora ti conviene lasciarlo tu perché io non ho intenzione di obbedire ai tuoi ordini!”
“Neanche per idea, non mi abbasso ai tuoi livelli!”
Intanto che lottavano imperterriti l’uno contro l’altro per avere il quaderno, Duncan lasciò volontariamente la presa, facendo cadere Gwen dalla parte opposta.
Il rumore del capitombolo della gotica giunse all’udito infallibile del professore, che con fare minaccioso si avvicinò alla ragazza, che era stesa per terra a gambe all’aria.
Bridgette e Geoff, che erano davanti a loro di banco, si erano voltati immediatamente scambiandosi un occhiata preoccupata: i guai per la loro amica a quanto pareva non erano ancora finiti.
“Signorina Smith! Che cosa ci fa li per terra!? Si alzi immediatamente!”
La gotica, si rialzò a fatica massaggiandosi la schiena ancora dolorante.
 Duncan intanto doveva sforzarsi di non scoppiare in una fragorosa risata che avrebbe destato maggiormente l’ira funesta del prof.
“Mi scusi prof, ma…”
Gwen guardò Duncan con odio. Era la sua nemesi, il suo chiodo fisso. Come diavolo faceva tutte le volte a farle fare figure del genere? Doveva inventarsi qualcosa e anche in fretta se voleva vincere la sfida. Non avrebbe mai concesso la vittoria ad un tipo come Duncan, mai e poi mai.
“Prof la lasci stare, non è stata colpa sua, ma sono stato io a provocarla.”
Che cosa aveva appena detto quell’imbecille troglodita!? Adesso gli andava pure di scherzare!? Oh ma gliela avrebbe fatta pagare, poco ma sicuro.
“Evans, non è stato interpellato, si sieda.”
“Ma prof non è colpa sua!”
La gotica era rimasta a bocca aperta. Stava sognando? Duncan si era appena preso la colpa? Che cosa gli è preso?
Lo fissò con aria palesemente sorpresa, che lui ricambiò con un sorriso e le fece l’occhiolino. “Sogno o son desta!?” Pensò Gwen basita.
 
 








Nota dell'autrice.

Salve a tutti! Rieccomi con il nuovo capitolo!
Scusate il ritardo, ma gli impegni della scuola sono parecchi e non ho avuto molto tempo.
Spero che questo capitolo vi piaccia come i precedenti ^^

La vostra Ellen

 

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Capitolo 5
*** E' colpa mia! ***


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Capitolo 5. E' colpa mia!



 

 
Dentro la classe regnava il più assoluto silenzio. Tutti fissavano increduli il ragazzo, che al contrario sembrava tranquillo. Persino il prof era rimasto sorpreso dal comportamento di Duncan, di solito se uno studente ha la possibilità di non appiopparsi la colpa ne approfitta senza pensarci due volte. Invece il criminale aveva fatto proprio tutto il contrario di quello che il professor Hatchet aveva previsto. Che fosse cambiato? Che avesse deciso di fare il bravo ragazzo una volta tanto? Non ne aveva la più pallida idea.
“Signor Evans, ma cosa le è saltato in mente!? Avrebbe potuto fare del male alla sognorina Smith! Si alzi di lì e mi segua, spiegherai al preside cosa ti è saltato in mente.Si muova!”
Duncan si alzò dalla sedia senza scomporsi e senza dire una parola.
Aveva lo sguardo tranquillo, e un sorrisetto dipinto sul viso.
“Voi non vi muovete di lì! Se sento che fate confusione vi spedisco tutti dal preside!”
Il professor Hatchet era evidentemente seccato, quell’avanzo di galera avrebbe dato un brutto esempio alla classe.
Quando uscirono dall’aula, tutti si alzarono dai propri banchi, ovviamente per disobbedire al prof. Era quello il bello del liceo!
Nel contempo che Harold e Cody, i classici secchioni della classe, facevano da palo alla porta, la classe stava metaforicamente dando una festa in assenza del prof.
Alcuni discutevano sulla reazione di Duncan, altri cercavano di copiare i compiti, Owen il tipico “mangiatorte” stava masticando con foga un panino grande il doppio di lui, altri ancora stavano spalmando la colla sulla sedia del professore da bravi bulletti.
Insomma il caos regnava sovrano nella classe dove fin da un attimo prima non si sentiva volare una mosca.
Geoff e Bridgette invece, mettendo da parte la voglia di sbaciucchiarsi, stavano parlando all’amica. Il comportamento di Duncan aveva scosso tutti, Gwen i primis, ma in particolar modo anche Trent. Al ragazzo infatti gli si era gelato il sangue nelle vene non appena il criminale pronunciò la frase:
“Ma prof. non è colpa sua!”
Non si era mosso un muscolo, il suo sguardo sembrava assente.
“Forse quei due sono davvero innamorati…”
Pensò il giovane. Gwen era la persona più importante per lui, e non l’avrebbe persa per nessuna ragione al mondo. Doveva escogitare qualcosa per allontanare i tentacoli del criminale dalla sua ragazza. Era pronto a tutto per Gwen.
 
“Gwen, che cosa è successo?”
Bridgette sembrava intuire che la gotica provava qualcosa per Duncan.
“E’ colpa mia… sono una stupida!”
Gwen tentò invano di trattenere le lacrime, ma queste scendevano giù disubbidienti rigandole il pallido viso. Perché piangeva? Non sapeva spiegarselo neppure lei.
“No Gwen, non è colpa tua!”
La bionda non riusciva a calmare l’amica.
Trent intanto, osservava la sua ragazza piangere. Piangere per un altro.
Si sentiva uno straccio. Oh ma gliel’avrebbe fatta pagare caro al criminale, questo era sicuro! Sentiva l’impulso di sedersi accanto a lei e consolarla, nonostante avessero litigato.
Già avevano litigato. Da quel giorno non si erano più parlati. Non che fosse passato molto tempo, ma Trent sentiva fortemente la mancanza di Gwen.
Fu l’urlo di Harold a riportare Trent alla realtà.
“Il prof sta arrivando!”
Come da copione tutti i ragazzi corsero ai loro banchi, interrompendo ciò che stavano facendo, e si sedettero nei loro banchi con sorrisi da angioletto dipinti sulle labbra.
Il professor Hatchet fece il suo ingresso nella classe con alle spalle Duncan.
Il ragazzo aveva un espressione imperscrutabile, impassibile.
“Si vada a sedere Evans.”
Il punk percorse quella piccola distanza che c’era fra la cattedra del professore e il suo banco in ultima fila con gli sguardi di tutta la classe puntati contro.
Ma il ragazzo aveva gli occhi rivolti verso la sua compagna di banco.
Dopo due minuti si silenzio assoluto, il professore riprese la noiosa e monotona lezione di algebra, che puntualmente tutti tranne i secchioni non ascoltavano.
“Gwendolyne, hai pianto?”
Duncan si era sporto pericolosamente verso il viso della ragazza.
Gwen lo osservava assorta. Aveva intuito che aveva pianto. Beh non che fosse complicato dati gli occhi rossi e gonfi della gotica.
“Non sono affari tuoi.”
Rispose fredda, cinica, dopo averlo fissato ancora per un istante.
Una lacrima, le stava scivolando sulla guancia, quando il criminale prontamente avvicinò il pollice al viso di Gwen e la mandò via.
La ragazza non aveva parole, non le usciva nemmeno un suono dalla bocca. Le corde vocali erano come bloccate. Il cuore le batteva all’impazzata, e sudava freddo.
“Penso invece che sono affari miei, tesoro.”
Tesoro!? L’aveva chiama tesoro!? Ma a che razza di gioco stava giocando!?
Gwen non riusciva a capacitarsi del comportamento del vicino di banco.
 
All’uscita, dopo aver salutato frettolosamente Geoff e Bridgette, Gwen rincorse affannosamente il criminale, cercando di raggiungerlo.
“Duncan!Duncan aspettami!”
Il ragazzo si voltò compiaciuto.
“Ciao Gwendolyne!”
“Piantala di chiamarmi in quel modo!”
“D’accordo, Gwendolyne. Come posso aiutarti?”
Gwen alzò gli occhi al cielo. Quel ragazzo riusciva ad irritarla come e quando voleva.
“Perché…ti sei preso la colpa? Non dovevi farlo…”
Il ragazzo si aspettava quella domanda, ma la verità era che non sapeva cosa risponderle, ormai era palese che si era preso la colpa per Gwen, ma non lo voleva dare a vedere.
“Beh perché…ti sto dando un vantaggio Gwendolyne. Ora è il tuo turno, stupiscimi!”
La sfida. Si riferiva alla battaglia all’ultimo sangue fra loro due.
Gwen non disse una parola. Si limitò ad abbassare lo sguardo.
“Delusa?”
“Io? Pff figurati. Comunque preparati perché questa volta ti manderò K.O. definitivamente!”
“Vedremo!”
Gwen sorrise soddisfatta. Avrebbe mantenuto la promessa. Gliel’avrebbe fatta pagare.
“Beh questa è casa mia, ti saluto!”
“A domani… Gwen.”





Nota dell'autrice.
Buonsalve gente! Rieccomi con il quinto capitolo!
Fra Gwen e Duncan comincia a nascere qualcosina...
Vi è piaciuto?

Vostra Ellen

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Capitolo 6
*** Una partita a pallavolo! ***


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Cap. 6:  Una partita a pallavolo!











 
Era un’ illusa. Una povera illusa. Era solamente una stupida utopista, se credeva di poter cambiare Duncan, nient’altro. Quel ragazzo era incorreggibile, un vero e proprio idiota.
Lo osservava mentre correva nell’ora di ginnastica a fianco a Geoff. Ebbene si, quei due dovevano per forza fare a gara persino durante il riscaldamento. Ogni tanto si scambiavano spintonate: la tensione che c’era fra i due era palese.
Duncan poteva anche essere un criminale, avanzo di galera, idiota, meschino, maschilista, ma Gwen doveva ammettere a se stessa che era un bel ragazzo. Non che le piacesse, ma non era affatto male.
Aveva passato tutto il giorno precedente ad escogitare un piano per mantenere la sua promessa, ovvero terminare la sfida con la sua vittoria. Ma la sua mente non aveva concepito nemmeno un’idea insignificante. Zero.
Nel frattempo che i suoi compagni di classe si erano posizionati in cerchio attorno all’insegnante per fare stretching, la gotica si avvicinò a Duncan, che nel fattempo si stava stiracchiando, per nulla stanco dalla corsa.
“Hey Duncan, cosa hai in mente di fare oggi per farti spedire in presidenza?”
Gwen amava scontrarsi con lui con frecciatine del genere. Era un degno avversario.
“Per ora niente Gwendolyne. Tu piuttosto hai già escogitato la tua prossima mossa? E’ il tuo turno, ricordi?”
La gotica sorrise maliziosa. Eccome  se ne ricordava! Duncan avrebbe avuto prova di lì a poco delle capacità inventive della ragazza.
“Certo che me ne ricordo, aspetta e vedrai!”
“Non vedo l’ora.”
Parlava seriamente. Fremeva dalla voglia di scoprire cosa frullava per la testa della gotica.
Il professore di educazione fisica della classe di Gwen era molto giovane, ed era in perfetta sintonia con i suoi alunni, tanto da dare agli studenti del ‘tu’ a differenza degli altri professori. 
“Forza ragazzi, formate tre squadre, giochiamo a pallavolo!”
Un grido di gioia aleggiò nell’immensa palestra rimbombando.
Prima di capitare in quella classe, molti alunni avevano dei professori di educazione fisica semplicemente incapaci. Finalmente giunti alla terza del liceo, avevano avuto la fortuna di avere un insegnante coi fiocchi.
“Trent, Lindsay e Dj fate pure le squadre, intanto vado a prendere il materiale.”
Appena Trent sentì il suo nome trasalì. Non doveva lasciarsi perdere quell’occasione, così convinse gli altri due a fargli scegliere per primo.
“Ehm…io scelgo Gwen”
La gotica strabuzzò gli occhi. Possibile che quel ragazzo dovesse essere sempre fra i piedi?
Avevano litigato, e la ragazza non aveva nessuna voglia e intezione di parlargli, nonostante fosse consapevole di avere torto.
Poi venne il turno degli altri suoi compagni di classe.
Duncan era nella squadra di Dj insieme a Bridgette, mentre Geoff era in quella di Lindsay.
Loro malgrado, i tre amici erano stati divisi.
La partita cominciò con la squadra di Dj contro quella di Trent. A Gwen, toccò la postazione sotto rete, trovandosi di fronte un esemplare di Duncan che sorrideva beffardo.
“Tra poco cambiamo le postazioni tra poco cambiamo le postazioni…”
Continuava a ripetersi la gotica, trovandosi stranamente intimorita dall’avversario dall’altra parte del campo. Ovviamente non lo voleva dare a vedere, altrimenti addio vittoria.
Appena il professore fischiò, Trent colpì la palla dalla sua postazione di battuta, facendola arrivare poco più in là della rete.
Heather prese la palla e con un palleggio la passò a Dj, che seppur tentennando un tantino, riuscì ad alzarla a Duncan, pronto a saltare per la schiacciata.
Gwen non si fece intimidire anzi, si preparò a rispondere all’attacco avversario.
Quando la palla attraversò velocissima la rete, spinta dalla schiacciata del punk, finì proprio e volontariamente dalla parte di Gwen.
Quest’ultima, nonostante la palla fosse paragonabile ad un meteorite in procinto di scagliarsi contro la terra, decise di rispondere con un palleggio. Ma doveva essere concentratissima.
“Gwen attenta!”
Proprio nel fatidico momento Trent urlò dall’altra parte del campo, causando la rottura della “bolla di concentrazione” creata con tanta fatica dalla gotica.
La palla finì inevitabilmente sul viso di Gwen, che finì a rotolarsi per terra dal dolore.
Ricevere in faccia una schiacciata da parte di Duncan era come prendere una martellata in pieno viso. Quel ragazzo aveva una forza superiore alla norma.
Trent scattò improvvisamente dalla sua ragazza, reggendola per le spalle.
“Gwen stai bene? Dove ti ha colpito?”
“Perché diamine me lo chiedi pezzo di idiota? Secondo te!?”
Per Trent quella risposta fu paragonabile a mille pezzi di vetro che trafiggevano il suo cuore. Non la riconosceva più. Stavano ancora insieme era vero, però era consapevole del fatto che non sarebbe durato a lungo. Presto l’avrebbe lasciato, ne era certo. Ma non voleva crederci.
“S-scusa…”
Riuscì a balbettare solo una parola, prima di vederla scomparire dalla palestra insieme al professore. Non ebbe alcuna risposta.
Duncan invece sembrava soddisfatto, ma scavando nel suo finto sorriso, avremmo scovato una punta di preoccupazione per la salute della ragazza. In fondo era stata la mossa più meschina e crudele che abbia mai compiuto, ma del resto non era stata tutta colpa sua. Era stato Trent a distrarre la gotica, se non fosse stato per lui l’avrebbe presa con tranquillità la palla. Quest’ultimo difatti, stava imprecando mentalmente contro il punk, lanciandoli occhiate assassine. Ovviamente ricambiate con un sorriso canzonatorio da parte del criminale. Trent pareva vittima di un esaurimento nervoso. Stringendo i pugni dall’ira conficcò involontariamente le unghie nella carne, lasciando scorrere nella mano dei rivoli di sangue. Si avvicinò pericolosamente a Duncan cieco di rabbia, non pareva neanche il Trent che conoscevano tutti. Gli alunni rimasero ad osservare la scena basiti.
“Tu…adesso te la vedrai con me!”
 






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Nota dell'autrice.
Scusate l'immenso ritardo nel postare questo capitolo, ma a causa della scuola (maledetta, maledetta scuola!) non ho avuto molto tempo per scriverlo e controllarlo. Per cui perdonatemi ^^'
Spero che sia di vostro gradimento.

Vostra Ellen__

 

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Capitolo 7
*** Occhi neri e lacrime incontrollabili. ***


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Cap.7. Occhi neri e lacrime incontrollabili.





 


 
Con le iridi verde smeraldo dardeggianti, il ragazzo dai capelli corvini si avvicinò al nemico con un unico scopo: fargliela pagare, e molto cara.
Fare del male a Gwen era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Niente e nessuno poteva torcerle nemmeno un capello.
Gli occhi verde acqua di Duncan si spalancarono improvvisamente.
Che cosa aveva appena insinuato quel ragazzo!?
“Che cos…” Il criminale non fece in tempo a finire la frase, che ricevette in pieno viso un pugno da parte di Trent, che non sembrava più ragionare.
“Brutto deficiente, ma cosa stai combinando!?”
Duncan era tanto sorpreso quanto arrabbiato per il pugno.
“Quello che avrei dovuto fare fin dall’inizio!”
Fu la risposta del ragazzo dai capelli corvini, che era sempre più deciso a fracassare la zucca vuota del criminale. Ma Duncan non se lo fece ripetere due volte, che si scagliò contro l’avversario buttandolo a terra. Afferrandogli i polsi glieli strinse tanto che le unghie del punk si conficcarono nella pelle rosea dell’avversario.
Trent soffocò un grido per il dolore provocatogli da Duncan.
Ma non si diede per vinta anzi, sollevando il ginocchio destro andò a colpire volontariamente “gli attributi” del punk. Quest’ultimo difatti rotolò via dal nemico serrando i denti dal dolore. Ma come diamine si permetteva quel pivello!?
Il criminale, anche lui oramai fuori di se si alzò a fatica dal pavimento freddo della palestra, per poi dirigersi a falcate dal suo avversario, già pronto per il round successivo.
L’occhio colpito dal pugno di Trent pulsava terribilmente, ed era parecchio gonfio.
Questa volta però Duncan non si fece incastrare dal nemico, piuttosto si avvicinò rapido al ragazzo, e prima che quest’ultimo potesse difendersi, colpì Trent con un calcio.
Il ragazzo cadde per terra tenendosi una mano nello stomaco, il punto centrato dal calcio di Duncan. Il punk con un sorrisetto soddisfatto dipinto sul viso si accingeva ad attaccare nuovamente l’avversario, osservato dagli occhi stupefatti ed increduli dei compagni di classe. Nessuno aveva osato fiatare. Nessuno aveva mosso un dito per fermarli.
Per la fortuna di Trent, che si preparava ad incassare il colpo, ormai rassegnato, fece suo ingresso nella palestra il professore insieme a Gwen che teneva il ghiaccio nel viso diventato violaceo dalla botta incredibile, e sull’occhio nero.
L’insegnante rimase a bocca aperta nel vedere Duncan con un occhio nero e i polsi di Trent che sanguinavano. La reazione di Gwen fu peggiore: l’impacco di ghiaccio le cadde involontariamente dalla mano, e i suoi occhi ancora deboli ed arrossati per la schiacciata di Duncan, si riempirono di lacrime.
“Cosa sta succedendo qui!?”
Il professore, adirato, si diresse a grandi falcate dai due.
L’insegnante giovane e simpatico che conoscevano si era trasformato improvvisamente in una iena.
“Non vi posso lasciare soli per due minuti che scatenate il putiferio!?”
Trent si alzò da terra, fissando le lacrime di Gwen che scorrevano imperterrite sulle sue gote. Le parole del professore gli entravano da un orecchio e uscivano dall’altro.
A lui importava Gwen. Anche Duncan non era da meno: il criminale difatti, scrutava invece il pesto sull’occhio della gotica, causato dalla sua schiacciata.
“Mi dispiace ragazzi, ma voi due avete esagerato. Seguitemi in infermeria, e dato che fra poco suona la campanella dell’uscita ci andrete domani in presidenza. Informerò il preside dell’accaduto. Seguitemi.”
D’un tratto il professore si addolcì e senza dire una parola li guidò verso l’infermeria.
Un istante dopo suonò la campanella dell’uscita e tutti i presenti cominciarono a bisbigliare fra loro: era palese che stavano discutendo a bassa voce dell’accaduto.
Bridgette e Geoff invece, si diressero verso l’amica, che stava piangendo sommessamente per non destare l’attenzione dei presenti.
“Gwen come stai? L’occhio? Tutto a posto?”
La surfista fu la prima a chiederle come stava, seguita a ruota dai suoi compagni di classe che prima di uscire dalla scuola avevano circondato la gotica, preoccupati per la sua salute.
“Hai preso una brutta botta darkettona!”
Perché quella strega non se ne poteva stare zitta una volta tanto!?
“Si Heather, comunque sto bene grazie per esserti preoccupata!”
Rispose Gwen lanciandole un’occhiataccia.
Heather replicò facendole una smorfia, allontanandosi poi dal gruppo.
Quando tutti si furono allontanati dalla ragazza, i suoi due amici la abbracciarono, e lei non riuscì a trattenersi dal ricominciare a piangere.
“Che cos’è successo!?”
Riuscì a chiedere fra i singhiozzi la gotica. Fu Geoff a risponderle.
“Beh Trent se l’è presa con Duncan e si sono riempiti di botte fino a quando non siete arrivati tu e il prof.”
Gwen abbassò lo sguardo. Che avevano fatto a botte era palese, ma a lei interessava come stessero i due litiganti. Nel momento in cui la gotica era entrata nella palestra, la prima cosa che vide era il sangue che sgorgava neli polsi di Trent, e l’occhio nero e gonfio di Duncan. Si era sentita sprofondare. Ed era successo tutto per causa sua.
I due amici cercarono invano di tranquillizzarla, ma invano.
“E’ successo tutto a causa mia. Perché l’ha fatto!? Perché ha dato un pugno a Duncan!?”
Chiese Gwen ai due amici che la consolavano.
“Voleva in qualche modo vendicarti, senza contare che Duncan l’aveva provocato.”
La tristezza della ragazza si trasformò in rabbia. Rabbia verso il suo fidanzato, rabbia verso Duncan e le sue doti provocatorie, ma soprattutto rabbia verso se stessa perché non aveva fatto altro che ignorare il suo ragazzo, la persona che non aveva fatto altro che amarla, e lei lo aveva respinto puntando gli occhi solo su quella stupida sfida, che desiderava vincere a tutti i costi.
“Io non mi merito Trent. Lui è un bravo ragazzo, e non voglio che continui a soffrire per causa mia…” Pensò Gwen fissando le sue scarpe a testa bassa.
“Scusate ragazzi, devo fare una cosa…”
“Ma…”
Geoff non fece in tempo di finire di parlare che Gwen era già uscita dalla palestra.
La coppia si scambiò uno sguardo preoccupato, ma poi come dimenticando tutto si lanciarono una nelle braccia dell’altro, cominciando a sbaciucchiarsi.
Era da tanto tempo che non si coccolavano un po’.
 
Gwen era davanti alla porta dell’infermeria. Era parecchio titubante, ed era molto confusa.
Sospirando trovò il coraggio per bussare alla porta, e quando lo fece si trovò davanti due figure familiari che la fissavano palesemente sorpresi.






Nota dell'autrice.
Allora? Che ne dite? Troppo noioso?
Spero che vi sia piaciuto e che non vi abbia delusi.

Per Kaika: Hai visto?? Geoff e Bridgette finalmente hanno cominciato a sbaciucchiarsi    come si deve! ;) L'ho scritto solo per te u.u

Ringrazio tutti, anche i lettori silenziosi ^^

Vostra Ellen__

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Capitolo 8
*** Inevitabile. ***



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Cap.8: Inevitabile.








Erano seduti entrambi in un lettino all’interno dell’infermeria, mentre il professore discuteva con l’ infermiera nella sala adiacente a quella dove i due litiganti erano stati medicati.
Gwen vi entrò osservando  con circospezione ogni angolo della stanza per evitare che vi fosse qualcun altro, poi assicurandosi ciò, chiuse la porta alle sue spalle e si diresse verso il giaciglio dei due. Non si erano scambiati una sola parola da quando l’insegnante li aveva sorpresi, solamente qualche occhiataccia fulminante.
La gotica era alquanto imbarazzata, ma il rossore permanente della schiacciata di Duncan nel viso celava gli occhi gonfi causati dal pianto di pochi istanti prima.
Si fermò, come bloccata dal senso di colpa: Duncan reggeva un impacco di ghiaccio nell’occhio destro che aveva assunto un colore violaceo, mentre Trent era bendato nel braccio,  e teneva una mano nello stomaco come per evidenziare ancor più il dolore provocatogli dal calcio nel suo avversario.
Dopo vari scambi di sguardi imbarazzati, la ragazza si decise finalmente a parlare, seppur balbettando.
“C-come state?”
Fu l’unica cosa che la gotica riuscì a farfugliare. Si sentiva estremamente goffa ed impacciata, ma soprattutto a disagio. Difatti i due ragazzi la fissavano, ancora sorpresi dalla sua entrata in scena.
“Male a causa di questo imbecille!” Sbottò Duncan in preda all’ira, ringhiando contro Trent.
“Taci, è solamente colpa tua!”
La tensione fra i due era palese, e sembrava che stessero per scontrarsi da un momento all’altro.
“Basta! Non sono venuta qui per vedervi litigare nuovamente! Piantatela siete solo due idioti, e vi state comportando come due bambini!”
I due si bloccarono di colpo e voltarono il viso verso la fonte di quel grido di rabbia improvviso: Gwen. La gotica sembrava fuori di sé, non ne poteva più di veder litigare quei due, ma soprattutto era sfiancata al solo pensiero di cosa avrebbe dovuto dire a Trent.
Per un momento l’ odio fra i due lasciò spazio al desiderio di sapere il motivo di cotanta irritazione da parte di Gwen. Infatti la gotica non aveva mai alzato la voce, nemmeno con il suo acerrimo nemico. E l’urlo improvviso risultava strano alle orecchie di Duncan e Trent.
Poi sospirando spazientita ritrovò il “lume della ragione” e ristabilì la conversazione.
“Non voglio sapere il motivo della lite, ma sono venuta qui per dirvi una cosa importante: se osate di nuovo riempirvi di botte, dovrete vedervela con me.”
Gwen era decisa e pronta a mantenere quella promessa, ma una provocazione, seppur prevista dalla gotica, distrusse la dua determinazione come fosse un castello di carte.
“Oh ma che paura, sto tremando!”
Era Duncan che con il suo solito sorrisetto beffardo si prendeva gioco della gotica.
Quest’ultima se il punk non avesse ricevito un pugno nell’occhio aveva già pronto e carico un ceffone, meta: la faccia da schiaffi del criminale.
“Senti un po’ avanzo di galera che non sei altro, ti conviene tappare quel forno! Ringrazia il cielo che sei nelle condizioni inadatte per ricevere un bello schiaffo.”
Fece una breve pausa sospirando, senza ricevere alcuna risposta dal punk, poi abbassando la voce proseguì, questa volta riferendosi a Trent.
“Trent… ho il serio bisogno di parlarti, e vorrei farlo una volta usciti da questa scuola. Ti aspetto all’ingresso.”
Successivamente senza dire una parola si voltò ed uscì dalla stanza.
Trent era abbastanza preoccupato, consapevole di cosa sarebbe successo poi, ma era anche rassegnato all’idea di doverla perdere per sempre, di non poterla considerare più sua.
Il punk invece sorrideva soddisfatto e vendicativo alla visione di un esemplare di Trent completamente rassegnato ed in balia della depressione.
Un istante più tardi entrò dalla porta dell’infermeria il professore, che con aria truce fissava i due litiganti, seduti comodamente sul lettino che si davano “rispettosamente” le spalle.
“Ragazzi mi dispiace per quello che è successo e spero per voi due che non si ripeterà mai più. Potete andare se volete.”
Duncan fu il primo a balzare giù dal lettino e sgusciare via salutando frettolosamente l’insegnante. Poi fu la volta di Trent, il quale totalmente giù di morale si ‘trascinò’ per il corridoio fino a giungere all’ingresso, nel quale lo aspettava impaziente Gwen.
 
Il criminale interruppe improvvisamente la sua camminata spedita per poi nascondersi furtivamente dietro un angolo, origliando quello che la ormai ex coppia si stava rivelando.
 
Trent era pronto per ascoltare le rivelazioni della fidanzata, non poteva fuggire dal suo destino, e se era quello che Gwen voleva l’avrebbe, anche suo malgrado, accontentata.
“Trent ascolta…mi dispiace per tutto quello che è successo oggi, come stai?”
Il moro sospirò scompigliandosi nervosamente i capelli.
“Sto bene grazie, anche se il pesto nello stomaco mi fa vedere le stelle… Ma ti prego Gwen arriva al sodo, non riesco a sopportare questo continuo temporeggiare…”
La gotica si oscurò. Non avrebbe voluto dirglielo così in fretta, ma dato le circostanze prese coraggio e aprì bocca.
“Credo che tu ormai lo abbia intuito…so che non è né il momento né il modo giusto per quello che sto per dirti. Ma non potevo continuare a nascondertelo, mi sento in colpa e tu hai già sofferto abbastanza a causa mia…- Feci una lunga pausa, quasi orribilmente teatrale- io non mi sento più in sintonia con te come quando stavamo insieme i primi mesi. Non avverto più la stessa sensazione inebriante quando siamo da soli, non riesco più a percepire le stesse emozioni che provavo prima, quando l’amore dell’uno per l’altra ci aveva accecati a tal punto da stare insieme per ben due anni…”
“Si Gwen, comprendo tutto ciò. Avevo ormai già intuito da tempo che non ti trovavi più in sintonia con me, o almeno da quando hai sfidato quell’avanzo di galera. Comunque non ti preoccupare, se sto insieme a te non ho nessun motivo per soffrire. Ma se è mollarmi che vuoi allora accetterò, seppur mio malgrado, la situazione.”
I suoi occhi dapprima così fulgidi erano spenti, il suo sguardo era terribilmente assente e cupo. Al ragazzo sembrava di sprofondare il un baratro di malinconia.
“Trent non posso più accettare di vederti soffrire così, credimi.  Mi dispiace tantissimo ma sono decisa a lasciarti. Ripeto, mi dispiace ma fra noi non può più funzionare. Spero che rimarremo amici nonostante ciò…”
Il ragazzo dai capelli corvini si limitò ad annuire abbassando lo sguardo, mentre cercava di non cedere alla tentazione di scoppiare in lacrime.
Gwen intuì al volo cosa stava provando Trent, anche se non ci voleva un laureato in psicologia per capirlo, e alzandogli delicatamente il mento con una mano, sorrise dolcemente nel vedere i suoi verdi lucidi, quasi in procinto di liberare una quantità industriale di lacrime. Poi gi diede un piccolo ed innocuo bacio sulla guancia, osservando con soddisfazione e tenerezza il ragazzo dai capelli corvini ch abbozzò ad un dolce e semplice sorriso. Dopodichè Gwen rivolse un ultimo sguardo dispiaciuto al suo ex ragazzo, per poi allontanarsi verso casa sua senza più aprir bocca.
Il moro lo aveva previsto, ma non pensava sarebbe stato così doloroso.
Sospirò rassegnato al fatto che Gwen non sarebbe mai più stata la sua ragazza, mentre dentro di lui ribolliva l’ira, la rabbia e il desiderio della vendetta: era solamente a causa del criminale se era in questa situazione. “Maledetto!” Pensò il ragazzo calciando un sasso in mezzo alla strada.
 
Nel frattempo un ghigno canzonatorio si dipingeva sulle labbra del punk, che ancora nascosto nel suo ‘rifugio’ osservava Trent in balia della malinconia.
Non aveva mai odiato quel ragazzo così tanto, anche perché prima d’ora non l’aveva mai preso in considerazione, lo etichettava come il classico ‘sfigato’, ma si sbagliava. E ne aveva avuto la prova mezz’ora prima, quando un pugno carico di odio e risentimento aveva colpito il suo povero occhio. Una lezione però l’aveva imparata: mai sottovalutare l’avversario, e non avrebbe mai più commesso un simile errore, poco ma sicuro.







Nota dell'autrice.

Ciao a tutti carissimi lettori/lettrici, ecco quì un capitolo tutto per voi.
Anche se non centra nulla con il contesto, dedico questo chappy a Marco Simoncelli, morto prematuramente a soli 24 anni a causa della sua passione.
Sei morto da eroe Sic e noi ti ricorderemo da tale, ma soprattutto come un ragazzo simpatico e solare quale eri. Il pilota più grande.
Che la tua anima riposi in pace, SuperSic.

Non mi dilungherò in sproloqui, vorrei solo sapere se questo capitolo è degno di succedere i precedenti, a voi i commenti ^^

Vostra Ellen__



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Capitolo 9
*** Tutto è lecito in guerra. ***


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Cap.9. Tutto è lecito in guerra









 
Un magnifico tramonto sovrastava le montagne e i campi del panorama, irradiando il paesaggio autunnale che incombeva nel parco. Le foglie morenti cadevano dai rami per coprire il suolo di un magico tappeto ocra. Un ragazzo dai capelli corvini correva fra gli alberi, il cui percorso era illuminato dalla luce del sole calante. Probabilmente di fretta ed in ritardo, reggeva nella mano destra una rosa, con appeso al gambo un biglietto. Sembrava parecchio ansioso e nervoso. Ad un certo punto rallentò la corsa forse giunto al luogo dell’appuntamento, fermandosi poi accanto ad un albero sempreverde le cui foglie al contrasto con quelle giallastre delle altre piante, parevano quasi “immortali”. Guardò l’orologio, poi ancora più nervoso si sistemò i capelli che ricadevano sbarazzini sul suo viso. D’un tratto la sua espressione raggiante degenerò, diventando sempre più avvilita e frastornata: aveva lo sguardo rivolto verso un giovane punk con una bizzarra cresta verde sul capo, e verso una ragazza dark mora con meches blu notte. Entrambi erano affacciati ad una ringhiera del parco, che donava la visione di un panorama che mozzava il fiato. Con ogni probabilità la suddetta ragazza era la fidanzata tanto attesa del moro, che la aspettava con una rosa in mano. Una rosa ormai appassita, simbolo del tradimento. Ciò che più fece stordire Trent fu il bacio che avvenne fra i due. Il punk prese il candido e pallido viso della gotica fra le mani, baciandola con dolcezza.
La rosa scivolò distrattamente dalle mani del ragazzo,  che frastornato cominciò a correre affannosamente, senza una meta precisa, senza un qualsiasi obbiettivo, solamente dimenticare ciò che aveva appena visto.

 
Un grido improvviso squarciò il silenzio assordante che imperava nella camera da letto di Trent. Il giovane era grondante di sudore, i capelli scompigliati ricadevano disubbidienti sul viso celando gli occhi lucidi del ragazzo. “Che razza di sogno è mai questo!? Che significa?” Pensò Trent, mettendosi disperatamente le mani fra i capelli.
Il cuore batteva talmente veloce che pareva minacciare di uscire dal petto del moro da un momento all’altro. Ancora sotto shock, rimase immobile con lo sguardo perso nel vuoto della stanza, teatro di un sogno palesemente inquietante per Trent.
Dopodichè, come destato dai suoi imperscrutabili pensieri, spostò lo sguardo alla sveglia che segnava le ore 7.15. Il giovane sbuffò ancora confuso e disorientato a causa dell’inconsueto sogno. Si alzò e si preparò rapidamente per andare a scuola.
Zaino in spalla, si diresse svogliatamente verso l’uscio di casa, avviandosi verso la scuola.
I suoi genitori non l’avevano presa molto bene la faccenda della rissa che aveva avuto luogo in palestra fra lui e il criminale. Avevano infatti privato Trent dell’unica cosa che avrebbe potuto dare a lui conforto, a cui era affezionato più di ogni altra cosa (eccetto Gwen, ovvio): la sua amatissima chitarra. Il ragazzo era in uno stato pietoso, e quei giorni erano stati per lo sventurato i più terribili della sua vita. Oltre ad essere stato lasciato dalla fidanzata la quale amava più di ogni altra cosa, dovette dare la “lieta” notizia della rissa ai suoi genitori, che agirono di conseguenza. Mai aveva provato una sensazione di solitudine e amarezza come in quel momento. Camminava a testa bassa, calciando i sassolini che ostacolavano il suo tragitto. La folosofia di Trent era sorridere alla vita in ogni momento, tuttavia non riusciva proprio a rispettarla. Una volta giunto a destinazione si degnò di alzare lo sguardo osservando i cancelli aperti della scuola. Questi ultimi erano per il ragazzo paragonabili al quelli dell’ingresso dell’inferno di Dante. Che cosa c’era scritto sopra? SUICIDIO. Infatti non era sicuro di voler entrare ed affrontare il preside, ma soprattutto non si credeva in grado di guardare Gwen negli occhi.
Per un attimo l’idea di saltare quel giorno di scuola balenò nella sua mente come un fulmine a ciel sereno. In fondo fino ad ora non era mai stato a casa da scuola dall’inizio dell’anno (non che fosse passato molto tempo), che male c’era se evadeva almeno una mattina da quella orribile catapecchia? Nessuno, assolutamente nessuno. L’unico problema era che proprio quel giorno Trent sarebbe dovuto andare in presidenza assieme al suo eterno rivale, e il non andare a scuola sarebbe stato come farsi etichettare con il nome di “classico sfigato codardo”. Oltretutto il moro si sentiva tutt’altro che un pusillanime studente che teme il preside e la sua ex fidanzata.
Prendendo coraggio, occultò questi pensieri nella sua mente e sorpassò il cancello della scuola per poi dirigersi sempre con il suo passo placido e pesante verso la sua classe.
Quel giorno sarebbe stato un inferno per Trent. Beh non quanto il precedente, ovvio, ma secondo l’acuto sesto senso del ragazzo, sarebbe successo qualcosa di totalmente inaspettato. E quel presentimento era una delle cause che avevano spinto Trent a pensare alla ritirata, ovvero saltare quel giorno di scuola. 
Superato il primo corridoio e salito di un piano le scale girò a destra per poi ritrovarsi in un altro corridoio, l’ennesimo, estremamente lungo, nel fondo del quale si trovava la sua classe. Quella scuola era un labirinto, ma ormai il ragazzo aveva fatto l’abitudine, e si muoveva fra gli “androni” dell’edificio con la semplicità di un automa.
Appena entrò in classe, notò con piacere che era vuota. Si sedette nel suo banco vicino alla finestra, e sollevò lentamente lo sguardo al cielo, come se avesse le palpebre di piombo.
Pioveva. I nuvoloni si stagliavano minacciosi nel cielo, facendo cadere migliaia di gocce.
“Il cielo piange con me.” Pensò mestamente Trent. Dopo alcuni minuti passati ad osservare con sguardo vuoto ed assente il firmamento inl lacrime, la classe si popolò.
Alle otto in punto, si presentò all’ingresso dell’aula la figura autoritaria ed intimidatoria del professor Hatchet. Quest’ultimo aveva parecchie materie addossate sulle sua spalle da insegnare ai ragazzi, quali: matematica (quindi algebra e geometria), fisica e persino scienze. Solitamente ogni insegnante aveva una materia sola, ma la 3°E aveva avuto la  sfortuna di avere  il “tritacarne” che insegnava loro non una, bensì quattro materie.
Quel giorno, ( un mercoledì), i ragazzi avrebbero avuto fisica. Ovviamente odiata da ogni singolo studente.
“Buongiorno ragazzi, tutti a posto immediatamente!”
La sua voce risultò incredibilmente tonante e stentorea all’udito della classe.
“Buongiorno professore.”
Sempre la solita solfa, saluta cordialmente, alzati quando entra il docente e ridi alle sue battute anche se fanno venire la pelle d’oca. Ecco il trucco delle scuole superiori.
 
Gwen era sempre vicina di banco del criminale, il quale ogni songolo giorno cercava di stuzzicare la giovane con abitudinarie frecciatine. Ma da quando era successo quel disastro in palestra (ovvero il giorno prima), la gotica non sembrava più essere molto entusiasta ed ambiziosa della vittoria contro il punk. Se ne stava infatti a disegnare e scarabocchiare nel suo blocco degli appunti. Pareva quasi esiliata dal mondo esterno, persino quando Duncan le serviva su piatti d’argento un pretesto per riprendere la sfida lasciata in sospeso, Gwen non si degnava neanche di sollevare gli occhi scuri e rispondere al compagno di banco.
“Gwendolyne, stai male per caso?”
La giovane sbuffò, arrendendosi al rispondere all’avversario.
“E perché dovrei stare male?”
“Non ti degni neanche di rispondere alle mie frecciatine! Lo sai che mi irriti quando fai così?” Sorrise beffardo.
“Tanto meglio.” Così si chiuse quella breve conversazione, con una risposta fredda e cinica.
 
Ricreazione.

 
Finalmente il quarto d’ora in cui i prigionieri vengono liberati dalle catene era giunto.
La ricreazione. Venerata da ogni studente, nonostante fosse così notevolmente breve (tempo di mangiare e andare in bagno),  era l’unico momento di pausa.
“Hey Gwendolyne, oggi sei proprio strana lo sai?”Disse Duncan camminando per il corridoio di fianco alla gotica.
“Ma senti da che pulpito viene la predica! Non rompere Duncan!”
“Ah forse lo so perché non hai intenzione di continuare la sfida…hai paura di perdere!”
“Tsk. Ci manca solo questa. Sarai tu che hai paura di perdere!”
“ Ahahah continua a sperare tesoro!”
“Allora facciamo una prova…”
“Dai spara! Tanto sono sicuro ceh sarà una cazzata!”
“Scommetto dieci dollari che non hai neanche il coraggio di baciarmi!”
“Ed io scommetto che non vedi l’ora che lo faccia!” La provocò Duncan. Gwen decise di stare al gioco, e con malizia si fermò davanti a lui, parlandogli faccia a faccia.
“Oh ma certo! Non vedo l’ora di baciare il mio peggior namicoil quale ha l’alito che puzza di fogna e i denti marci! Sei ridicolo.”
“Ridicolo? Questa è bella Gwendolyne! Ma adesso vedrai di cosa sono capace una volta provocato.” Il ragazzo afferrò improvvisamente le spalle della gotica in una stretta salda e determinata al contempo per poi spingerla contro il muro. Il viso di lui era a stretto contatto con quello di Gwen, quest’ultima poteva avvertire l’alito caldo di Duncan solleticarle il collo, mentre lo fissava nei suoi occhi acqua marina, attirata dal loro ipnotizzante colore. Il criminale sorrideva ironico. “Che diamine ha da ridere questo troglodita!?” Pensò la ragazza in preda ad un batticuore in costante aumento.
Dopodichè il punk prese sevaggiamente il viso della ragazza fra le mani forti e vigorose, per poi far combaciare le labbra della gotica con le sue. Gwen non ricambiò il bacio, troppo sbigottita e disorientata dal gesto improvviso ed imprevisto del giovane.
 
Nel contempo che i due si scambiavano un “amorevole” bacio fra avversari, nel corridoio fece capolino la figura di Trent, che si fermò all’improvviso bloccato da una scena agghiacciante ai suoi occhi stanchi. Non poteva crederci. Non voleva crederci. Eppure era così, la sua fidanzata, ex per la verità, e Duncan si stavano scambiando un bacio in bella vista…davanti a lui! Al moro parve tutto un incubo. Cominciò a girargli la testa, e come nel sogno, corse via da quello che gli sembrava la cosa più atroce di questo mondo.
 
Un sonoro schiaffo risuonò per tutto il corridoio e inevitabilmente tutti i presenti si voltarono per osservare l’accaduto.
“Ma come ti sei permesso, razza di idiota!”
Gwen era a dir poco furiosa.
“Ehi calmati tesoro! Hai avuto quello che hai chiesto, non sei contenta?”
“Contenta!? Non hai visto cosa hai appena combinato!? Mi hai appena baciato davanti a mezza scuola, e casualmente- sottolineò l’ultimo termine con veemenza- lo hai fatto proprio nel momento in cui era presente anche Trent! Sei un idiota!”
Duncan replicò, massaggiandosi teatralmente la guancia:
“Primo mi hai provocato, secondo, tutto è lecito in guerra, tesoro!”









_________________________________________________________________

Nota dell'autrice.

No, non tiratemi i pomodori vi preegoo! D:
Perdonate l'enorme, immenso, spropositato ritardo!
*Occhi dolci*
Prendetevela con la scuola! Mi ha lasciato a malapena il tempo per scrivere cinque righe al giorno di questo capitolo! Scusate!
Comunque, ho voluto fare questo chappy più lungo degli altri per compensare il ritardo con la lunghezza del capitolo. Spero sia risultato almeno un tantino avvincente e non noioso e melenso.
Un grazie enorme a tutti! Scusate ancora! :)
Un Bacio.

Vostra Ellen







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Capitolo 10
*** Graffianti malintesi ***


Gwen vs Duncan                                          


Ciao a tutti miei carissimi lettori!
Volevo avvisarvi che a fine capitolo ci sarà una sorpresina tutta per voi!
Però non fate i furbi! Prima leggete poi scartate il regalo! :)
Buona lettura ^^


                                                 Ellen  

                                                                

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Cap. 10. Graffianti malintesi.







 

“Solamente un perfetto idiota, meschino, bastardo come Duncan avrebbe potuto baciarmi soto gli occhi di Trent. Va bene l’aveva provocato, ma…chi si E’ un ragazzo dalle mille risorse, ed il più imprevedibile che avessi mai conosciuto in vita mia.” Pensò Gwen.

La gotica, dopo aver mollato uno schiaffo all’avversario che pareva compiaciuto del suo gesto, cercò di rincorrere Trent per i corridoi della scuola, ma invano.

Del moro nessuna traccia. Si era nascosto da qualche parte a piangersi addosso, Gwen ci avrebbe sommesso la testa. All’improvviso, il suono della campanella che preannunciava la fine della tanto amata ricreazione, fece sobbalzare la gotica intenta a fendere la folla di studenti per cercare di recuperare Trent. Il ragazzo infatti, stava correndo per i corridoi cercando di raggiungere il bagno. Non ne poteva più: doveva liberare la quantità industriale di lacrime che stavano minacciando di sgorgare dispettose e disubbiedienti lungo le sue gote. Doveva cercare un posto dove stare in solitario, senza sentirsi gli sguardi delle persone addosso. E dove se non nel bagno?

 “Merda. Proprio adesso doveva suonare questa stupida campanella!?” Pensò Gwen. Rassegnata, cambiò direzione per dirigersi verso la sua classe. Dove, ovviamente se il professore non fosse ancora entrato, avrebbe spolpato vivo Duncan.

 Trent entrò nel bagno dei maschi, per poi ritrovarsi ad osservare la propria immagine riflessa sullo specchio. Distolse gli occhi gonfi di lacrime da quella visione agghiacciante. Non si riconosceva più: capelli scompigliati, occhi visibilmente arrossati e spenti, non amanavano più quel vigore e non risplendevano più di una fulgida energia…

Sperando che quel ritratto di ombrosa infelicità svanisse, chinandosi sul lavandino si sciacquò il viso, come per spazzare via le impurità che da qualche tempo si erano brutalmente impadronite di lui. Sollevando il capo e guardando la sua figura allo specchio, comprese che avrebbe dovuto fare ben più di lavarsi la faccia per recuperare il buon vecchio Trent che era in lui. Sospirando, uscì dal bagno per poi dirigersi con un’ inaspettata determinazione in costante crescita in lui verso la sua classe. Si rese conto che non era poi tutto perduto, poteva ancora recuperare. E ne avrebbe avuta l’occasione di lì a poco, quando avrebbe dovuto affrontare l’ira funesta del preside per la faccenda della palestra.

 Giunta in classe trasse un sospiro di sollievo notando con piacere che il professore non era ancora arrivato e andò a sedersi con palese riluttanza accanto a Duncan.

“Ma in quale lontano millennio cambieremo i posti!?” Si chiese la ragazza osservando il criminale che stava sfoggiando come era sua abitudine, l’ennesimo sorriso sghembo, uno di quelli che aveva la capacità di procurare alla sventurata Gwen, un esaurimento nervoso.

“Chissà dove sarà andato a frignare Trent. Mi sorprende che non si sia ancora buttato sotto un autobus, con tutto quello che ha passato…”  Disse Duncan rivolgendosi alla gotica che lo fissava stranita. Il viso di Gwen dapprima pallido, assunse svariate tonalità di colori, tante da che al confronto in cerchio cromatico di Itten risultava un monocromo.
“Allora lo sai! FARABUTTO! Come diavolo fai a sapere che ci siamo lasciati!?”
Gwen era furibonda. Il punk non l’aveva esplicitato direttamente, ma il messaggio era giunto all’orecchio della giovane forte e chiaro.
“Ehi calma tesoro! Non ho mica detto che so che vi siete lasciati!”
Replicò il criminale cercando teatralmente di giustificarsi.
“Ma tu lo sapevi già! Dimmi come diamine hai fatto, altrimenti…”
“Altrimenti cosa, tesoro?”
“Smettila di chiamarmi tesoro!”
“Preferisci Gwendolyne allora?
“Grrr. Piantala!” Gridò Gwen, attirando l’attenzione di tutti i suoi compagni di classe su di lei, compresi Geoff e Bridgette. I due non avevano fatto altro che sbaciucchiarsi sotto gli occhi di tutti, fregandosene altamente dell’opinione altrui, ma ritenevano di aver bisogno di un pochino di tempo tutto per loro, scusandosi in anticipo con Gwen.
Proprio in quel preciso istante entrò l’insegnante, che si schiarì la voce per attirare l’attenzione degli alunni. Storia dell’arte. Un’ora in cui gli studenti avrebbero rischiato di addormentarsi sui libri da un momento all’altro. L’insegnante di arte era una donna sulla sessantina, capelli striati di grigio, una tonalità di colore rarissima, odiata profondamente per i voti che dava. Difatti la sua scala dei voti andava dal due al sei. Per lei l’otto non esisteva e a malapena (e con riluttanza) dava i sette ai più studiosi. Ogni qualvolta che i suoi occhi graffianti color ghiaccio esaminavano la classe in cerca di uno sventurato studente che sarebbe stato vittima dell’interrogazione, gli alunni faticavano a sostenere il suo sguardo.
“Buongiorno a tutti, teppistelli.” Esordì la professoressa.
“Buongiorno!” Salutarono i ragazzi.
“Oh vedo che il professor Hatchet oltre che non aver frimato il registro non ha nemmeno fatto l’appello!”
“Prof lo faccia lei l’appello! Oppure è “smemorata” anche lei quanto Hatchet?”
Affermò Duncan cercando di perdere tempo. Non aveva la minima voglia di sbadigliare alle undici del mattino pe ascoltare una “centenaria” blaterare di inutili bassorilievi e monumenti di cui non importava nulla a nessuno.
“Signor Evans non ho chiesto la sua opinione a riguardo, quindi stia zitto per favore.”
“Ma prof come vede mancano degli alunni! Deve per forza farlo l’appello!”
“A mio avviso siete tutti presenti tranne uno, ma vedo che nella sua sedia c’è lo zaino e nel banco il suo materiale scolastico, per cui non c’è alcun bisogno di fare l’appello. Ed ora comiciamo la lezione.”
Il criminale sbuffò. Se avessero fatto l’appello avrebbero perso almeno dieci minuti buoni dato che la “centenaria” impiegava il triplo del tempo occorrente per farlo.
“Dopo faremo i conti, avanzo di galera!”
Sussurrò Gwen a Duncan.
“Non vedo l’ora, Gwendolyne.”

 Eccolo, era arrivato alla porta della sua classe. Non gli rimaneva che aprirla, dare il buongiorno alla professoressa, sedersi a proprio banco evitando di guardare Gwen e il suo nuovo “compagno”. Semplice. Sospirò, rassegnandosi alla situazione avversa per poi entrare in classe con un lieve sorriso forzato dipinto sulle labbra.
“Ehm…buongiorno prof.” Riuscì a farneticare Trent in preda all’ansia.
“Signor Jhonson dov’era finito in questo quarto d’ora? Si era perso per la scuola forse!?”
Il moro si guardò attorno: c’era chi sogghignava vedendolo in quello stato, chi rideva per la “battuta” dell’insegnante….e si, c’era anche Gwen. La ragazza aveva un espressione lievemente preoccupata.
Trent non rispose, si limitò ad annuire impercettibilmente, dirigendosi verso il suo banco.
La gotica non badava più a Duncan, ma cercava le iridi verde smeraldo di Trent. Avrebbe voluto spiegargli il malinteso il prima possibile, evitando altri eventuali disguidi.
Ma il ragazzo se ne stava chino sul suo libro di arte, gli occhi spenti persifra le righe del testo, e un umore sotto terra.

 Suonata la campanella che annunciava la fine di quella mattinata scolastica a dir poco infernale per Trent e Gwen, quest’ultima si fiondò per le scale per recuperare terreno con il suo ex per cercare di spiegargli tutto. Ma il moro aveva provveduto a correre a perdifiato per i corridoi per evitare di essere raggiunto dalla gotica.
“Trent!
Trent fermati! Ti prego ascoltami!” Gridò Gwen tentando invano di richiamare la sua attenzione.
La gotica aumentò la velocità, rincorrendo con tutte le sue forze Trent che sembrava allontanarsi sempre più.
Quasi irraggiungibile.
D’un tratto riuscì a riguadagnare il distacco, aggrappandosi alla sua spalla.
La sua reazione fu immediata, si girò di scatto facendo quasi perdere l’equilibrio di Gwen, sbilanciata oltretutto dallo zaino.
“Che cosa vuoi? Perché non sei con il tuo nuovo fidanzato!?”
Sembrava fuori di senno, non pareva nemmeno il solito Trent di cui si era innamorata perdutamente la gotica.
“Ascoltami ti prego!”
“E perché dovrei? Prima mi molli e poi come se niente fosse baci un altro davanti a me!?”
“E’ stato un malinteso Trent! Lasciami spiegare!”
“Lo chiami malinteso perché mi trovavo nel posto sbagliato al momento sbagliato! Potevi dirmelo direttamente che ti piaceva quell’avanzo di galera.”
“Come lo vuoi capire che non mi piace quell’imbecille!? Ha architettato tutto! L’unica cosa che c’è fra noi è quella stupida sfida che non ho intenzione di perdere!”
“Ed io come faccio a crederti!?”
“Ti fidi di me?”
“Purtroppo si…”
“Allora continua a fidarti.”
In cuor suo aveva ancora fiducia in lei, ma non in Duncan. Temeva che presto avrebbe reso Gwen sua schiava, guidandola come una marionetta.
Trent le sorrise stancamente, abbassando lo sguardo. Poi Gwen cercò di cambiare discorso.
“Ehm…com’è andata quel colloquio con il preside?”
“Ah…ci ha sospesi per due giorni con obbligo di frequenza. Un inezia.”
“Bazzecole insomma.”
“Già…"

“Ora devo andare Trent, sto per morire di fame! A domani!”

“Ciao…Gwen.”

 







Angoletto autrice.


Ecco un capitolo nuovo di zeccha!
Spero vi sia piaciuto! ^^
Ed ora, per la gioia di tutti voi (Nd voi: ma dove!?)
Ecco la sorpresina!
...

...
...
...

TA DAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAN!


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Beh non è il massimo però...l'ho fatto con amore **
Il disegno l'ho fatto io pensando a voi che mi seguite, sarò dolce? ** (Nd voi: Ma dovee!? Nd me: E basta!)
Raffigurerebbe Gwen vs Duncan nella loro sfida eterea.
Vi piace? Spero di si :)

Un bacio,


                                            Ellen



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Capitolo 11
*** E' sbagliato bramare le sue labbra? ***


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Cap. 11. E' sbagliato bramare le sue labbra?











Quella mattina, una volta uscita di casa si trovò davanti una figura, suo malgrado, a lei fin troppo familiare. Il criminale era appoggiato al muro con le braccia incrociate ed il suo solito  sorrisetto beffardo stampato sul viso.
Lo detestava con ogni fibra del suo essere, era la sua nemesi, il suo punto fisso.
“Ciao Gwendolyne.”
La ragazza trasalì sgranando gli occhi, non avrebbe mai sospettato che Duncan la stesse aspettando sotto casa sua! Cosa ci faceva lì!?
“Duncan! Che diavolo ci fai qui!?”
Il ragazzo si avvicinò pericolosamente al viso della gotica.
Gwen percepiva il suo respiro pungente solleticarle il collo, ed ebbe dei brividi improvvisi alquanto fastidiosi.
“Sono venuto a prenderti!”
Disse il punk come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“E se non volessi?”
“Oh ma io  so che tu stravedi per me!”
“Tsk. Figuriamoci!
Duncan le rivolse un sorriso altezzoso, come se fosse a conoscenza del segreto più arcano ed enigmatico al mondo. Chissà cosa stava albergando nel suo cervello in quel momento.
Gwen cominciò a camminare, ignorando completamente il suo interlocutore che alle sue spalle sghignazzava divertito.
“Eddai sei ancora arrabbiata con me?”
Il sangue nelle vene della gotica sembrava ribollire di rabbia. Poi si voltò furente.
“Duncan smettila! Non sei nella posizione giusta per schernirmi!Ti rendi conto di quello che hai fatto!? Oltre ad aver origliato la discussione privata fra me e Trent, mi hai baciata davanti a lui!”
“Ammettilo che ti è piaciuto.” 
“Basta scherzare Duncan! Sei un bastardo!”
Quelle parole le uscirono di bocca spontaneamente, seguite da lacrime amare che scendevano disubbidienti sulle sue gote. Non avrebbe mai voluto farsi credere debole dal suo acerrimo nemico, e questa era la seconda volta che la ragazza piangeva dinanzi a lui. L’irritante sorrisetto sghembo sulle labbra di Duncan mutò in un’espressione più seria.
Fin troppo seria se associata ad un individuo come lui.
Gwen si voltò dando le spalle al punk coprendosi il viso con le mani fredde, percosse dal vento gelido e tagliente.  Cercava invano di trattenere i singhiozzi e le lacrime, ma queste continuavano imperterrite a lambirle il volto, facendo colare il mascara che proprio quella mattina si era messa con tanta cura e attenzione.
“Sono un mostro, lo so. Mi dispiace Gwen, lo sai l’ultima cosa che voglio è vederti piangere.”
Quelle parole ferirono l’aria, e giunsero taglienti all’orecchio della gotica.
Quest’ultima alzò gli occhi colmi di lacrime, per poi avvertire delle mani estranee appoggiansi sulle sue spalle. Mentre sentiva il corpo di Duncan aderire al suo. Un brivido fastidioso percorse la sua schiena facendola sussultare. Non riusciva a muoversi, pareva come paralizzata.
“Potrai mai perdonarmi?”
L’esemplare di Duncan che le stava sussurrando quelle cose all’orecchio sembrava un’altra persona. Per un momento Gwen si sentì attratta da quel vile bastardo, e sentì l’impulso di voltarsi e avvertire le sue labbra calde e accoglienti sulle sue.
Poi, scacciò dalla testa quegli stupidi pensieri melensi e a suo parere idioti, decidendo di stare al gioco rispondendo al ragazzo.
Ma in fondo, che male c’era a bramare le labbra del tuo peggior nemico?
“Solamente se mi prometti una cosa.”
Il ragazzo sbuffò teatralmente solleticando il collo di Gwen, senza però allontanarsi di un millimentro dal corpo della giovane. La gotica era assai confusa. Non ricordava di essere mai stata così attratta da un ragazzo come in quel momento, nemmeno Trent le aveva fatto avvertire sensazioni così al contempo strane e piacevoli.
“E va bene spara. A patto che tu smetta di frignare come una bambina dell’asilo, e che dimentichi quella faccenda di Trent, ci stai?”
La ragazza si lasciò sfuggire una risata compiaciuta.
“Ci sto. Allora, tu devi promettermi che lascerai stare Trent, e che non lo coinvolgerai ricorrendo a trucchi stupidi e meschini nella nostra sfida…Ah un'altra cosa…oggi pomeriggio verrai a casa mia a studiare, non posso permettermi che il mio compagno di banco venga bocciato. Ne va della mia reputazione. Hai già un’insufficienza in latino, e domani la devi recuperare. Intesi?”
Il ragazzo si allontanò da Gwen la quale avrebbe desiderato che quel momento non finisse mai. Poi inaspettatamente, Duncan le cinse la vta e la costrinse a voltarsi.
Ognuno poteva specchiarsi negli occhi dell’altro, e Gwen si ritrovò un’altra volta catturata e ipnotizzata da quelle iridi acqua marina. La gotica pareva pendere dalle labbra del criminale, che sembrava manipolare a suo piacimento quegli attimi. Inoltre davano ai passanti che li osservavano straniti l’impressione di essere una coppietta di fidanzatini.
D’altronde erano una fra le braccia dell’altro, come potevano venire scambiati per due avversari in lotta fra loro per vincere una banale sfida?
“Uff… va bene, lo prometto. Ma soltanto per vedere quelle lacrime ricacciate indietro, capito?Tieni, asciugati.”
Duncan le porse un fazzoletto; nell’espressione determinata e sicura del punk si riusciva ad intravedere una punta di imbarazzo.
Gwen sorrise, asciugandosi le lacrime.
“Grazie.”
Il criminale non le rispose, ma le rivolse un sorriso soddisfatto.
“Oh! ora va meglio!” Esclamò Duncan senza staccare gli occhi dalle iridi scure di lei.
“Sono un mostro. Mi è colato tutto il mascara.”
“Accentua la tua carnagione pallida!”
“Ti ringrazio del complimento…”
Duncan sghignazzò divertito. Dopo di chè avvicinò il braccio sinistro al viso, per guardare l’ora nel quadrante dell’orologio.
“Ehi sono le otto meno cinque, ci beccheremo una nota se arriviamo in ritardo. Hai intenzione di rimanere così per sempre oppure andare a scuola?”
La risposta era palese. “Voglio stare con te per sempre.” Avrebbe risposto lei, ancora ipnotizzata dalle iridi del giovane. Sembrava completamente fuori di sé. Se fosse stata lucida avrebbe respinto senza pensarci due volte quel troglodita. Ma per sua “sfortuna” non lo era, e ciò le permise di scoprire il lato buono e affettuoso del criminale.
“Oggi abbiamo…due ore di Hatchet e una di interrogazione di storia.”
“Magnifico.”
“Che ne dici di cambiare rotta e andare a bere un caffè al bar?”
“Sei matto!? Poi cosa racconto a mia mamma?”
“La verità. Oppure le racconti una balla.”
“Più facile a dirsi che a farsi.”
“E buttati ogni tanto! Devi essere più impulsiva! Comunque ormai sono passati dieci minuti, arriveremmo comunque in ritardo.”
“Mmmh…e va bene. Mi hai convinta!”
“Bene, dove vuole andare mia bella fanciulla?”
“Oh mio cavalier servente, propongo di avventurarci per la selva oscura del parco Wawanakwa.”
I due scoppiarono a ridere come non era mai accaduto prima.
Dalla rabbia improvvisa di Gwen e gli sberleffi continui ed irritanti di Duncan erano passato ad un’amicizia vera.
Gwen quel giorno si sentiva molto strana e confusa. L’atteggiamento del ragazzo l’aveva frastornata e non poco, ma aveva provveduto anche a placare la sua ira. Per il momento.
“Ehi Duncan, lo sai che quando vuoi ha un’effetto sedativo sulle persone arrabbiate?”
“Lo so lo so. E’ per questo che ti piaccio, giusto?”
“Ahah si certo. Contaci.”
Rispose lei dando un leggero pugno sulla spalla di Duncan.
Che replicò scopligliandole i capelli.
Insieme, si diressero dalla parte opposta della tanto odiata scuola. Insieme si stavano allontanando da tutto e da tutti. Il loro rapporto stava cominciano a mutare lentamente.





_______________________________________________________________________

Nota dell'autrice.
Ok. E' orribile xD
Mi scuso per il ritardo, ma in questa settimana ho avuto tre verifiche consecutive più le interrogazioni. Dannato liceo scientifico! xD
Comunque...spero che vi sia piaciuto! Sto elaborando un disegno per il prossimo capitolo, l'ho quasi terminato ^^
Un abbraccio forte forte :D

Vostra Ellen






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Capitolo 12
*** Pericolo in agguato ***


Cari lettori...scusate scusate scusateeee!
Ho pubblicato con un ritardo imperdonabile, scusatemi :(
Purtroppo non ho avuto nemmeno un pochino di tempo per collegarmi al sito salvo qualche eccezione (due minuti massimo).
Spero che questo capitolo possa compensare l'immenso ritardo.
Ah un piccolo appunto: i dialoghi da questo capitolo in poi saranno compresi tra i deu trattini alti "-", mentre i pensieri espressi dai personaggi saranno compresi fra le due virgolette ".


Ellen


P.s. Vi piace il disegno che ho fatto per voi? :3

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Cap.12 Pericolo in agguato

Il parco Wawanakwa, era uno dei più rinomati e stimati parchi della città. Nemmeno l’ombra di una cicca di sigaretta per terra, né lattine abbandonate al loro destino sulle panchine, né pezzetti inutili di carta sparsi nel prato. Le piante erano trattate con il massimo rispetto e curate dagli appassionati di botanica, mentre i fiori che crescevano ordinatamente ai lati della stradina del parco, rilasciavano nell’aria un aroma inebriante e piacevole. Inoltre, da una ringhiera ad una sua estremità, si poteva godere di una vista mozzafiato: la città in perenne movimento sovrastata dai monti brulicanti di flora e fauna.
Ancor più spettacolare il tramonto, meta di numerose coppie in cerca di un luogo romantico dove passare la serata.

-Allora, vuoi andare a far colazione?-
Chiese Duncan increspando le labbra in un sorriso.
-D’accordo, stamattina non ho mangiato niente e il mio stomaco sta brontolando da più di dieci minuti per cui…muoviamoci!- Replicò la gotica ricambiando il sorriso.

Il bar non distava molto dal parco, e i due ragazzi camminando con passo spedito lo raggiunsero in meno di due minuti.
Appena entrarono, Duncan si fiondò al bancone per ordinare la colazione, seguito a sua volta da Gwen.

“Possibile che debba sbavare come un cane affamato per una colazione?” Pensò la giovane.

-Ciao Jack!- Esclamò il punk salutando il barista con un cenno della mano.
- Duncan! Hai marinato la scuola di nuov…Hei! Non dirmi che quella bella fanciulla è la tua ragazza!- Esordì poi il barista riferendosi a Gwen, il cui viso era divenuto color cremisi.  “In questo momento vorrei sprofondare!” Pensò la giovane imprecando contro l’eccessiva curiosità del barista.

-Ehm…non esattamente, è una mia compagna di classe. E poiché l’ho fatta arrabbiare- aggiunse poi volgendo uno sguardo del tipo “bravo ragazzo” alla gotica- per farmi perdonare le faccio fare un bel giretto per la città. -
-Mmmh, ti credo solamente perché sei un mio caro amico, però c’è qualcosa che puzza qui, e non sono io! Comunque, cosa posso servirvi?-
-A me il solito Jack.-
-Perfetto, quindi caffè e una brioche, e tu mia cara?-

-Ehm…un cappuccino, grazie.-
-Ricevuto! Sedetevi pure tra un attimo vi porto la colazione.-  Concluse il barista facendo l’occhiolino a Duncan.
Appena si furono seduti in un tavolino e fuori dalla portata dell’udito dell’amico del punk, Gwen non esitò a chiedere a Duncan chi fosse il barista.
-E’ un mio caro amico, era nella mia stessa squadra di basket alle medie. Io e lui avevamo portato la squadra alla vittoria del campionato e da allora siamo inseparabili. Comunque non preoccuparti del suo comportamento, sembra impiccione ma il fatto è che cerca disperatamente di…- Non riuscì a terminare il discorso che la voce di Gwen lo interruppe bruscamente.
-Duncan! O mio Dio, dobbiamo andarcene di qui!- Il tono agitato della ragazza allarmò il punk che non riusciva a capacitarsi di tale ansia.
-Che c’è?-
-E’ appena entrata la mamma di Trent! Se mi vede qui, con te, quando invece dovrei essere a scuola lo dirà a Trent e forse anche al preside! – Disse Gwen indicando una signora sulla quarantina, con lunghi capelli biondo cenere e occhi del medesimo colore delle iridi del figlio.
-Stai tranquilla, non ti noterà.-
-Non mi noterà!? Ma sei impazzito!? Mi conosce da moltissimo tempo, inoltre sa che i miei capelli sono neri con meches blu! Andiamo, forza!- Esclamò la gotica con un tono che non ammetteva repliche. Con un movimento rapido e deciso afferrò Duncan per un braccio trascinandolo contro la sua volontà fuori dal bar, mentre si sistemava al meglio il cappuccio in testa cercando di dare il meno possibile nell’occhio. Una volta usciti, senza mollare il braccio del ragazzo, Gwen cominciò a correre verso il parco, il più possibile lontano dal bar e dal pericolo.
-Ma c’era proprio bisogno di scappare via così!? Io non ho ancora mangiato! E sai cosa significa!?- Sbraitò Duncan ancora ansimante per la corsa.
-No, dimmelo tu.- Replicò lei distrattamente.
-Io ho fame! Come fai a non capire!?-
-Oh insomma! Puoi anche fare a meno di una colazione.-
-Tu potrai farne a meno, io no! Se non mangio qualcosa di commestibile ora, giuro che…-
-Cosa? Dai sentiamo.- Lo interruppe lei puntando i piedi per terra con aria determinata e seccata, posa tipica del genere femminile.
Duncan rimase muto, fissandola con aria interrogativa.
-A chi arriva prima?- Esordì il punk dopo alcuni attimi di silenzio imbarazzante indicando un bar dall’altra parte della strada.
Non ebbe nemmeno bisogno di una rispota che la gotica giià stava correndo agilmente per il viale alberato del parco per raggiungere con Duncan al suo fianco le striscie pedonali.

Intanto il barista, fissava con aria perplessa il tavolino su cui erano seduti Duncan e Gwen, reggendo con una mano un vassoio con le vivande ordinate dai due ragazzi.
“Eppure mi sembrava che si fossero seduti qua” pensò fra sé e sé grattandosi ingenuamente la nuca.

Mentre i due ragazzi correvano scambiandosi costantemente lievi spallate, Gwen fu colta alla sprovvista da pensieri e riflessioni che le balenarono in mente senza preavviso, mentre faceva del suo meglio per superare il punk, ripensando appunto al bacio che vi era stato fra i due il giorno prima.
“In fondo il bacio non è stato niente male…certo un po’ rude e brusco però…”
La gotica scosse il capo, stupita e frastornata da quei pensieri assurdi che albergavano nella sua mente.
-Gwendolyne, tutto a posto? Mi sembri già stanca, non è che sei un pochino fuori allenamento?- Scherzò il ragazzo notando l’espressione inebetita della gotica, manteneno sempre quel suo perenne e irritante ghigno beffardo.
-Ehm…n-no, cioè s-si, però… -Duncan inarcò un sopracciglio sentendola farneticare, poi, dopo nemmeno un nanosecondo Gwen si rese conto di stare balbettando cose a caso, quindi finalmente si riprese e ricominciò a parlare- No che non sono stanca, al massimo sarai tu quello fuori allenamento! Inoltre mi sembra di averti già detto di chiamarmi Gwen, non Gwendolyne.- Aggiunse continuando a correre e sforzandosi di accelerare l’andatura.
-Ah già…perdonami Gwen…dolyne.- Replicò il punk.
La gotica alzò gli occhi al cielo.
 “Ma perché ho a che fare con un individuo del genere?” Pensò mentre ammirava il bel paesaggio verde attorno a lei

La ragazza stava ancora correndo, concentrata a massimo sul suo obbiettivo: distanziare il più possibile Duncan e vincere la sfida una volta per tutte.
All’improvviso, non avvertì più il rumore dei suoi passi alle sue spalle, e soddisfatta voltò lo sguardo all’indietro senza però smettere di correre.
-Allora, chi è quella fuori allenamento adesso?- Gridò Gwen guardando il punk che si era fermato e che aveva la faccia dello stesso colorito di chi aveva appena visto un fantasma.

-ATTENTA GWEN!-

Il grido improvviso di Duncan squarciò l’aria, e la giovanesi sentì come paralizzata quando si accorse con orrore di essere in mezzo alla strada con un camion diretto verso di lei.



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Capitolo 13
*** Salva per un soffio ***


 


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Cap. 13 Salva per un soffio






Non riusciva a muoversi. Il suo cervello era andato completamente in tilt e quel poco di ragione e razionalità che le rimaneva, stava imprecando contro i suoi piedi, che parevano incollati al suolo.
L’avrebbe travolta se non fosse stato per l’intervento di Duncan, che con riflessi pronti, balzò verso di lei. Finirono entrambi a rotolare sul marciapiede, in salvo dal bestione di metallo il cui conducente aveva abbassato il finestrino per gridare insulti ed imprecazioni contro i due ragazzi, concludendo la ramanzina con un gestaccio.
Ma loro non recepirono neppure una sillaba di quello che aveva urlato loro il camionista.
Erano stesi entrambi sull’asfalto ruvido, Duncan era finito sopra la ragazza, che ancora ansimava, sopraffatta dal terrore di essere investita. Anche se ancora sotto shock, non resisteva all’ipnosi che le procurava tuffarsi nelle iridi chiare del criminale.
Quest’ultimo si rialzò lentamente, chinandosi poi sulla ragazza che sembrava persa in un altro mondo. I passanti erano tutti attoniti e osservavano la scena con gli occhi di chi non ha mai visto nulla di simile.
-Gwen, stai bene?-
Le sussurrò all’orecchio con una dolcezza da parte del punk quasi inverosimile.
-P-più o meno…- Replicò lei cercando di alzarsi da terra cercando di spazzare via la polvere e lo sporco dai vestiti.
-Accidenti…grazie. Se non fosse stato per te a quest’ora avresti dovuto prepararmi il necrologio.- Gwen era lievemente frastornata, certo, le era capitato più volte di rischiare la vita per delle banali distrazioni, ma in quel momento pareva catturata dalle iridi chiare del suo salvatore. Il punk non rispose. Sapeva che Gwen era ancora sotto shock, e non appena l’adrenalina fosse scomparsa, la ragazza avrebbe ceduto, e il peso dello trauma la avrebbe oppressa. Sembra una reazione eccessiva all’apparenza, ma non è affatto così. E Duncan lo sapeva bene. Proprio come aveva previsto il punk, Gwen esplose improvvisamente, dopo un minuto passato in silenzio, in un pianto sommesso gettandosi al collo di Duncan.
Il ragazzo si aspettava quella reazione, e cercando di rassicurarla, cinse la vita della ragazza con un braccio accarezzando con l’altra mano i suoi capelli candidi e lisci.
 
Al giovane pareva di essere tornato indietro nel tempo, quando sua madre era ancora in vita, e lo cullava fra le sue braccia per farlo addormentare sussurrandogli dolci melodie e ninna nanne.
 
Un bimbo di circa sei anni, con una chioma di capelli folti e ribelli e degli occhi cobalto camminava nel meraviglioso parco decorato dagli alberi spogli che lasciavano cadere le foglie morenti al suolo, stringendo la mano della madre con la sua, più esile e piccina.
La donna era alta e snella, e i capelli lisci e neri ricadevano all’altezza del fondoschiena.
I suoi occhi erano paragonabili a due zaffiri incastonati in un viso pallido ed in contrasto con il colore dei capelli. Era sulla trentina d’anni ed era una donna ammirata da tutti per la sua bellezza ma prima di ogni cosa per la sua bontà d’animo.
Ad un certo punto,  mentre stavano attraversando le striscie pedonali, un’auto stava sfrecciando veloce come una scheggia nell’asfalto, e senza fare in tempo a fermarsi, travolse la madre, che prevedendo un istante prima dell’incidente quello che sarebbe accaduto, con uno spintone riuscì a mettere in salvo il figlio a costo della sua vita.
Il bambino si era ritrovato solo, e aveva visto la madre distesa inerme al suolo, riversa in una pozza di sangue. Poi il buio totale.
 
Quel ricordo confuso fece affiorare negli occhi del ragazzo lacrime di nostalgia.
Ormai aveva superato il dolore della morte della madre, tuttavia queste reminiscenze, scatenavano in lui una fitta amara che si propagava per tutto il corpo.
Strinse la gotica ancora di più a se, come per assicurarsi di non rischiare di perderla mai più. Fin da quando avevano cominciato quella sfida, Duncan aveva trovato la ragazza estremamente competitiva e determinata. L’unica in grado di reggergli il confronto a parole. Aveva sempre celato questo segreto sotto la dura scorza del suo carattere bastardo e derisorio, fermamente convinto che non avrebbe avuto bisogno di nessuno a questo mondo tranne di se stesso. Finalmente aveva capito che si sbagliava e anche di grosso.
-Tranquilla, è tutto passato.- Le sussurrò queste parole all’orecchio come non aveva mai fatto e mai pensato di fare in tutta la sua esistenza. Considerava le sdolcinatezze melense e estremamente noiose e infantili. “Roba da sfigati.” Ecco la sua definizione si smancerie.
Gwen non avrebbe mai pensato che rischiare la morte per una distrazione e poi salvarsi la pelle per un soffio avesse questi effetti collaterali. Lo shock. E proprio ora lo stava vivendo, per lo più fra le braccia del suo avversario.
In più non riusciva a credere che Duncan le stesse sussurrando quelle parole all’orecchio.
Come il punk, anche lei fin dal primo momento in cui si erano scontrati provava qualcosa di strano per lui, ma aveva sempre ignorato il sentimento. Forse per orgoglio o per l’improbabilità della cosa.
Finalmente, Gwen alzò la testa dalla spalla di Duncan per spostare lo sguardo sul viso del punk. Gli sorrise lievemente in segno di riconoscenza, ricambiato dal ragazzo.
-Che ne dici di farci una bella passeggiata nel parco?-
Gwen annuì, mentre Duncan le asciugava le lacrime sul viso con il pollice.
 
Intanto a scuola, Geoff e Bridgette erano in pena per Gwen, per il semplice e strano fatto che la loro cara amica e il suo peggior nemico erano entrambi assenti.
Per non parlare di Trent, che non avendo ancora superato il trauma della rottura con la gotica stava ardendo di collera per la sfrontatezza del criminale. Sapeva che prima o poi avrebbe conquistato la sua ex, e non voleva che ciò accadesse. Avrebbe voluto che tutto tornasse come prima, che quella stupida sfida tra i due non fosse mai esistita e che Gwen fosse ancora sua. Purtroppo sapeva bene che tutto ciò era impossibile. Non avrebbe mai più potuto definirla dolcemente la sua ragazza. A lui bastava che Gwen fosse felice, ma non con quell'avanzo di galera. Avrebbe fatto di tutto per far evitare tale unione.
 
-Ti è passato lo spavento?- Chiese Duncan osservandola con una punta di  preoccupazione.
-Si…credo…ti ringrazio Duncan.-
-E di cosa?-
-…Di avermi salvato e…-
-E?-
-Di essermi stato vicino nonostante quella stupida sfida.-
-Se vuoi possiamo rifare tutto ciò…evitando la parte del camion.- Replicò lui sorridendo maliziosamente .
-Ci provi sempre eh? Contaci bello.- Rispose la gotica sentendosi rinvigorita.
-Dai, sediamoci quì.- Disse Duncan indicando uno spiazzo d'ombra sotto un albero.
Gwen annuì sedendosi accanto al punk che nel frattempo stava tirando fuori un iPod porgendo una cuffia alla ragazza.
-Bring me to life degli Evanescence.- Esordì lei sorridendo nel notare che probabilmente avevano i medesimi gusti musicali.
-E questa?- Chiese Duncan cambiando canzone.
-Black in black, AC/DC-
-Esatto!- Esclamò Duncan.
-Hai dei gusti musicali molto ampi Duncan!-
-Ahah, bè ti ringrazio.-
Entrambi si scambiarono un sorriso, puro e sincero. Era il secondo da quando si erano conosciuti, ma questo era decisamente meglio del primo, inoltre non c'era nessun Trent a impedirlo o a spezzare quel momento magico.
Per ben due ore restarono stesi sotto l'ombra dell'albero a discutere dei loro hobbies o dei loro gusti musicali e via dicendo.
In quell'arco di tempo scoprirono di avere molto di più in comune di quanto si immaginassero. Ascoltavano la stessa musica,  prediligevano gli stessi, per quanto banale possa essere, colori e materie scolastiche.
Entrambi avevano sbagliato a etichettarsi con dispregiativi, perchè ancora non conoscevano nulla dell'avversario.
Gwen lo riteneva il classico "Troglodita avanzo di galera", mentre Duncan la definiva una "Mocciosa ficcanaso."
-Duncan, posso farti una domanda?-
-Vai, spara.-
-Tu vivi con tuo padre?-
Il punk fece una morfia di disprezzo nel sentir nominare la parola "padre".
-Purtroppo si...ma non posso e non voglio denominarlo "padre" dato il suo comportamento. Persino quando mia madre era in vita frequentava altre donne, la sera usciva e tornava a casa ubriaco fradicio pretendendo che mia madre lo mantenesse.
Non era quasi mai a casa, poichè avendo una cactena mondiale di negozi sportivi ed essendo un personaggio molto conosciuto nel mondo degli affari non aveva tempo per le suipidate, come le definiva lui, di stare in famiglia. Lo vedevo, per mia fortuna, raramente e quando incontravo il suo sguardo, rimaneva immobile, i suoi occhi bastavano per farmi conoscere il disprezzo che mio padre aveva e ha tuttora per me.
Da quando mia madre è morta tocca a me mantenere la casa, e non vedo l'ora di arrivare alla maggiore età per andare via da lui.-
-Mi...dispiace Duncan, devi aver sofferto molto...-
-No, quello che ho sofferto io è solamente una piccola percentuale di ciò che pativa mia madre ogni volta che lo sentiva rientrare con la puzza di altre donne addosso. Io le ripetevo continuamente di divorziare e trasferirci noi due insieme lontano da lui, ma mi rspondeva sempre dicendo di avere pazienza e di saper perdonare le persone anche se commettono sbagli enormi. Io non l'ho mai perdonato per quello che ci ha fatto.-
Per un attimo, lo sguardo della gotica cadde sull'orologio del compagno che segnava le due del pomeriggio.
-Duncan! E' tardissimo! Sono le due!-
-E allora?-
-Oggi non si mangiava a scuola! Si usciva all'una!-
-Dici che tua madre si incazza se arrivi a casa con un oretta di ritardo?-
-Non saprei, dipende se è di buon umore.-
-Allora andiamo!- Concluse lui alzandosi, e afferrando la mano di Gwen, cominciarono a correre verso la casa della gotica.




Angolinoinoino di Ellen

Buonsalvissimo a tutti miei carissimi lettori ^^
Dunque...come avete visto ho aggiornato più in fretta che potevo, spero che questo capitolo vi piaccia. :)
Ringrazio tutti: recensori, e anche i lettori silenziosi ^^

Scusate se non ho risposto a tutte le recensioni, vi ringrazio moltissimo :D


Vostra Ellen




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Capitolo 14
*** La coscienza ha sempre ragione. ***


 


Nota dell'autrice:
Buonasera a tutti miei cari lettori ^^
Come al solito non ho avuto molto tempo per aggiornare (causa scuola -.-), comunque spero che mi perdoniate e che questo capitolo vi piaccia ^^

Ah, una cosuccia, ad un certo punto nella narrazione vi sarà un dialogo fra Gwen e la sua coscienza (ok, non prendetemi per pazza xD) e le frasi in corsivo saranno dette da quest'ultima, mentre quelle normali da Gwen.

Buona lettura!


 

 






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Cap. 14 La coscienza ha sempre ragione.









Giunti a casa di Gwen, si fermarono davanti all'ingresso dell'abitazione, entrambi con evidente punta di imbarazzo nello sguardo.
-Bèh eccoci arrivati. Duncan vorrei tanto sapere una cosa...come diavolo hai fatto a sapere dove abito? -
Chiese la gotica ricordando il momento in cui quella mattina la gotica uscendo di casa si era ritrovata davanti quel suo sorriso sghembo.
Duncan in tutta risposta, si mise le mani in tasca, fingendo l'aria innocente aggiungendo alla comica scenetta il suo fischiettare in maniera ingenua.
Poi all'improvviso avvicinò vertiginosamente il suo viso a quello di Gwen, il cui battito cardiaco era aumentato a dismisura, increspando le labbra in un sorriso malizioso.
-Un mago non può svelare i suoi trucchi.- Le sussurrò all'orecchio scostandole una ciocca di capelli.
-E questo ipotetico mago...si lascerebbe sedurre da una gotica...?-
Duncan per un istante  finse di pensarci su.
-Dipende...a quali condizioni?-
-Non saprei...potrei lasciarti copiare i compiti di algebra fino alla fine del mese...-
-Affare fatto!-
-Allora? Come hai fatto a trovare casa mia?-
-C'è chi lo chiama pedinare le persone e chi invece una strana coincidenza.-
-Mi hai seguita!?-
-Se è così che lo vuoi definire...- Rispose il punk alzando le spalle.
-...Non cambierai mai.- Concluse Gwen scuotendo lievemente la testa.
Duncan le fece l'occhiolino, poi lentamente, prese il viso della gotica tra le mani facendo incontrare i suoi occhi ghiaccio con quelli scuri di lei. Gwen era, per la terza volta da quando lo conosceva, completamente ipnotizzata dalle iridi chiare del ragazzo. Vincolata dall'effetto calamita che le procurava tuffarsi nel cobalto degli occhi di Duncan, non riusciva a muovere un muscolo, tanto meno proferir parola.
Sempre con il suo sorrisetto sarcastico dipinto sul volto, avvicinò il suo viso a quello di Gwen, alla quale era completamente andato il tilt il cervello, baciandole dolcemente la fronte.
 
"Ma che diavolo ti è saltato in mente!? Oh Gwen riprenditi! Cosa fai lì impalata!? Svegliati immediatamente!"  

Era la sua coscienza,  quel briciolo di razionalità che le rimaneva, a protestare contro la Gwen in carne e ossa che giaceva immobile davanti al suo avversario senza neanche tentare di allontanarlo.

-Cerca di non farti prendere sotto la prossima volta.-Le sussurrò prima di voltarsi ed andarsene per la sua strada senza nemmeno darle il tempo di replicare.
Gwen rimase a fissare la sua figura che procedeva con passo veloce e atletico per i marciapiedi confondendosi con la folla. Poi sospirando aprì il portone della sua piccola villetta.

-Gwen! Ma dove eri finita!? La scuola è finita da più di un ora.-
-Mamma! Ah...ehm...e-ecco io...ci sono state le elezioni per il rappresentante d'istituto!-
Sophie, così si chiamava sua madre era una, ormai, trentacinquenne che aveva concepito Gwen all'età di diciannove anni, ritrovandosi sola abbandonata dal partner dopo che questi aveva saputo della sua gravidanza inaspettata.
La vide scendere dalle scale con le braccia conserte e un'espressione che non ammetteva bugie.
-Se non sbaglio le elezioni avranno luogo in aula magna...domani.- Affermò la donna.
Gwen sospirò allargando le braccia senza dir nulla, come per arrendersi.
-Hai marinato la scuola, vero?- Le chiese con un tono stranamente comprensivo.
Nessuna risposta.
-Guarda che io alla tua età andavo a scuola un giorno si e uno no! Non mi arrabbio mica se per un giorno salti la scuola.-
Gwen le sorrise; sapeva che sua madre non l'avrebbe punita, in fondo che male c'era a marinare un giorno di inferno puro?
Nessuno, ecco.
-Dai vieni a mangiare.-
-Minestra?- Esordì la gotica fissando disgustata il piatto con la pietanza. Se c'era un cibo che non sopportava era la minestra.
-Si cara, la tua mamma stamattina, mentre tu gironzolavi chissà dove, è andata al lavoro e non ha potuto fare di meglio, perciò vedi di accontentarti!-
Gwen sbuffò rumorosamente sedendosi a tavola.
Prendendo il cucchiaio alla sua destra, cominciò a mescolare pigramente la brodaglia, e solo dopo alcuni minuti si decise a ingerire la pietanza.
Fu sua madre a rompere il piacevole silenzio creatosi fra le due donne:
-Gwen, chi era quel ragazzo con la cresta verde?-
La ragazza, colta alla sprovvista dalla domanda di sua madre, rischiò di strozzarsi con il brodo della minestra che le era andato di traverso.
-Mamma!-
-Che c'è?-
-Ma che razza di domande fai?-
-Come sarebbe a dire che razza di domande faccio? Una madre ha il diritto si sapere con che persone gira sua figlia. Specialmente se uno di questi la bacia davanti al portone!-
Affermò Sophie senza scomporsi, strizzando l'occhiolino alla figlia che la guardava con gli occhi sgranati. Aveva visto tutto!?

-Mamma non mi ha baciata!-
-Oh si lo ha fatto, anche se sulla fronte è pur sempre un bacio non credi?-
Gwen si alzò di scatto dalla sedia, assumendo la posizione tipica delle donne: puntando con decisione i piedi per terra, e portandosi le mani ai fianchi, la gotica fissava la madre con uno sguardo irritato, e quasi in collera.
-Quindi mi hai spiata dalla finestra!-
-No! Assolutamente no. Stavo casualmente guardando fuori dalla finestra perchè deve arrivare il postino con una lettera importante per me! Non è colpa mia se vi baciate davanti alla mia finestra.-
-Quindi la definiresti una coincidenza!?...E poi non ci siamo baciati! Quante volte te lo dovrò ripetere!?-
-All'infinito cara, da quanto ho visto io ti ha baciata sulla fronte e... comunque non ti dovresti vergognare. A me puoi dirmi tutto, sono tua madre no? E poi è un bel ragazzo!-
-Il punto non è questo! E poi a me quel troglodita non piace neanche un po'!-
Dopo aver esclamato ciò, sentì dal profondo del suo cuore, di aver mentito.
Ma non essendo in grado e non avendo la volontà di accettare la realtà, decise di affermare il contrario, dissimulando la verità persino a se stessa.
-Troglodita? A me sembra il contrario...- Replicò la donna mantenendo la calma e la compostezza.
-A te servono gli occhiali!- Concluse Gwen, alzandosi da tavola e precipitandosi in camera sua.

"Presto mi darà ragione..." pensò Sophie guardando la figlia correre per le scale.
"L'adolescenza è la fase più complessa, ma sono sicuramente gli anni più belli."
 
Chiusa in camera e stesa sul suo letto a guardare il soffitto, Gwen rifletteva sulle parole di sua madre. E nel contempo era in lotta con la sua coscienza:

  
Sei un'idiota .


Ti ringrazio.


No, dico sul serio, ma ti sei vista? "E questo ipotetico mago... si lascerebbe sedurre da una gotica?" Io al tuo posto mi sarei messa a vomitare dopo aver sputato queste insulse parole.
Ti sei bevuta il cervello per caso? La Gwen che conosco io l'avrebbe spedito a casa a calci nel posteriore!



I suoi occhi...

Oh no, non ricominciare ti prego!


Non è colpa mia! A me non piace...

Oppure stai semplicemente nascondendo ciò che provi per lui.


Assolutamente no! Per chi mi hai presa?

Per una sciocca che si ostina a contraddirmi! Ricorda, io ho sempre ragione.


Ma se fino a poco fa mi insultavi perchè non ho avuto il coraggio di allontanarlo!


Beh ti dovrai pur decidere! O sei completamente sua nemica o provi qualcosa per lui.


E' vietato per noi essere amici? Per te non esiste uno stadio intermedio fra l'odio e l'amore, vero?


Ma sei cieca!? Non è questo il punto! Non si accontenterà mai di una semplice amicizia...


Tu sei pazza, ed io ancor più perchè sto parlando da sola!

Fai come vuoi, io ti ho avvertita.


Vedrai che riuscirò a farti cambiare idea.

 
"Stupida coscienza..." pensò Gwen concludendo il discorso animato con la sua coscienza.
Scosse la testa ripensando all'assurdo fatto di aver appena parlato con se stessa. "Sto impazzendo..."
Ad un tratto avvertì lo squillo del suo cellulare, e una volta letto il nome del chiamante sorrise.
-Ciao Bridgette!-
-Gwen! Che piacere sentirti! Oggi mi sei mancata... stai male?-
-No tranquilla, ma preferisco spiegarti tutto domani, va bene?-
-Certo! Aspetta...mi devo preoccupare?-
Gwen esitò un momento prima di rispondere.
-Ehm...se consideri i fatto sotto un certo punto di vista... no. -
-Ok, allora ci vediamo domani!-
-D'accordo, ciao Bridgette!-
-Ciao Gwen!-
 
                                                                                               *****
 
 
Una volta arrivata a scuola, Gwen cercò istintivamente la sua migliore amica per confessarle cosa le era accaduto la mattina prima.
-Bridgette!- Esclamò la gotica per attirare la sua attenzione per il corridoio.
-Gwen eccoti! Ti stavo cercando! Come stai?-
-Bene grazie, te invece? Come hai fatto a sopravvivere al prof  Hatchet?-
-Beh semplicemente facevo finta di starlo a sentire annuendo ogni tanto, anche se rischiavo veramente di addormentarmi sul banco da un momento all'altro! Piuttosto, non mi dovevi raccontare qualcosa?-
-Si, ora ti dico tutto.-
 
Dopo aver raccontato all'amica ciò che le era accaduto, nei minimi dettagli, Bridgette era leggermente scossa da quanto era successo a Gwen.
-Bèh... wow.-
-Già...non so cosa gli sia preso. Fino a due giorni fa eravamo nemici, e ieri ha come cambiato personalità. Incredibile.-
La surfista si limitò ad annuire, anche lei molto confusa dall'intera faccenda.
All'improvviso suonò la campanella dell'inizio delle lezioni, e le due amiche si diressero verso la loro classe pronte psicologicamente per un ora di educazione fisica.
 
 

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Capitolo 15
*** L'apparenza inganna ***


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Cap. 15 L'apparenza inganna



 
 


Mentre le due amiche si dirigevano svogliatamente in palestra, Bridgette era visibilmente turbata. Gwen si immaginò che fosse solo frutto della notizia recepita proprio un attimo prima, comunque decise ugualmente di domandarle il motivo di tanta inquietudine.
-Bridgette, c'è qualcosa che devi dirmi?-
-Ehm...no, no tranquilla è tutto a posto. Perchè me lo chiedi? - Rispose la bionda sorridendo a fatica all'amica.
 Gwen alzò le spalle. - Mi sembri strana oggi... -
 
- Oh buongiorno Gwen! Come sta l'occhio?- Le chiese il professore di educazione fisica non appena la gotica ebbe messo piede nella palestra.
-Buongiorno anche a lei prof. L'occhio sta benone, il gonfiore è sparito, anche se mi fa ancora un po' male. -
Il docente sorrise.
-Tranquilla, oggi non si giocherà a pallavolo. -le rispose facendole l'occhiolino, poi si rivolse all'intera classe - Forza tutti in riga e cominciate a correre pelandroni! Dobbiamo allenare la resistenza! Partite! -
Fra le molteplici polemiche di alcune ragazze, cominciarono tutti a correre intorno alle linee del campo da basket, e non appena l'insegnante voltava le spalle c'erano i soliti furbetti che si fermavano ansimanti per la corsa.
Duncan si affiancò immediatamente a Gwen cominciando a stuzzicarla.
- Ciao Gwendolyne! Ti vedo in forma oggi! -
La diretta interessata alzò gli occhi al cielo.
- Duncan, non te lo voglio più ripetere. Chiamami Gwen. Chiaro!? -
-Siamo particolarmente scorbutici stamattina eh? Ma cos'ha che non va il tuo nome intero? Io lo trovo... sublime!-
Gwen alzò un sopracciglio indecisa se ridere al sarcasmo idiota di Duncan oppure fargli uno sgambetto e gustarsi la scena.
-Non sei spiritoso.-
-Mi perdoni sua altezza, forse non gradisce la mia presenza? -
-Bingo! Finalmente hai detto qualcosa di intelligente!-
-Oh ma in fondo lo so che ti piaccio. -
La ragazza prima alquanto perplessa, era scoppiata in una risata visibilmente forzata.
-Tu? E' scientificamente impossibile. Cambiando discorso, ti ricordi che oggi pomeriggio devi venire a studiare a casa mia?- Duncan sorrise malizioso.
-Certo. Saremo... soli soletti?-
Gwen sbarrò gli occhi arrossendo all'improvviso.
-Sei matto!? -
- Non si risponde ad una domanda con una domanda, Gwendolyne. -
- C-credo di s-si... - Balbettò lei abbassando il viso sempre più arrossato.
-Mmh bene bene bene! Non vedo l'ora! - La provocò Duncan.
Gwen non fece in tempo a replicare che la voce del docente tuonò per tutta la palestra.
-Okay ragazzi, ora sedetevi quì davanti a me, faremo un po' di teoria prima di cominciare ad allenarci per le gare di atletica di Maggio!- Tutti i presenti, nessuno escluso sbarrarono gli occhi dopo questa affermazione.
-Ma prof mancano ancora quattro mesi! - Esclamò Dj in preda al panico: il ragazzone non aveva mai sopportato atletica.
-Per una volta mi trovo a concordare con il cocco di mamma.- Disse Heather con una punta di perenne acidità nelle parole, seguita a ruota dalle lamentele di tutti gli altri.
 -E' inutile che cercate di dissuadermi, cominceremo ad allenarci da gennaio, quando tornerete dalle vacanze di Natale. Chiuso il discorso! - Concluse l'insegnante.
-Scusi prof, ma allora perchè ci ha fatto riscaldare?- Chiese ingenuamente Harold.
Il docente sembrò pensarci su un attimo.
-Semplicemente per abituarvi alla corsa! Infatti ora comincerò a spiegare la resistenza, ecco perchè vi ho fatto correre dieci minuti in più!-
Arresi, gli alunni si sedettero accettando la loro triste condizione.
 
L'ora di ginnastica sembrava non finire mai, e proprio quando anche i secchioni rischiavano di chiudere le palpebre suonò la campanella.
Solo in quel momento Gwen si accorse dell' espressione mogia del suo amico Geoff.
- Ehi Geoff, cosa ti prende?- Gli chiese dolcemente camminando al suo fianco.
Il ragazzo non voltò nemmeno lo sguardo verso di lei, continuando a fissare il pavimento.
-Gwen... Bridgette non te l'ha ancora detto? - Biascicò con un sospiro.
L'espressione della gotica si fece ancora più perplessa.
- E cosa mi dovrebbe dire? -
- Te lo spiego dopo insieme a lei, ora entriamo in classe credo che Hatchet sia già arrivato.-
In effetti il professore aveva già fatto ingresso nell'aula squadrando con aria minacciosa i ritardatari provenienti dalla palestra da capo a piedi.
A fianco a lui vi era una ragazza sorridente: pelle bruna, capelli castani e due occhi color pece, il tutto raccolto in un bel fisico e un' espressione determinata.
-Ascoltate bene teppistelli, la signorina Houston avrebbe qualcosa da comunicarvi, perciò fate silenzio!- Esordì il professor Hatchet.
- Buon giorno a tutti, mi chiamo Courtney Houston, e sono qui per ricordare a tutti voi che fra un'ora avranno luogo le elezioni per il rappresentante d'istituto e della consulta in aula magna. - Cinguettò la mora, per poi salutare educatamente ed uscire dall'aula.
- Tsk, che oca. - Borbottò il punk.
Gwen lo squadrò perplessa.
- La conosci? -
- Per mia somma sfortuna... si.- Rispose Duncan dondolandosi sulla sedia.
- Perchè per tua sfortuna? A me sembra una ragazza a posto.- Ribatté Gwen.
Duncan la guardò dolcemente.
- Sembra... -
 
 Mentre Gwen camminava per i corridoi intenzionata a raggiungere Bridgette e Geoff per chiedere spiegazioni del loro strano comportamento, una voce squillante e fastidiosa tuonò attraverso l'altoparlante:
 
"Fra cinque minuti inizieranno le elezioni, e vi verranno esposte tutte le liste per la candidatura alla rappresentanza d'istituto e alla consulta. Gli alunni che ancora non sono in aula magna sono pregati di recarsi nel luogo prestabilito. Grazie."
 
-Bridgette! Geoff! - Li chiamò correndo loro dietro.
La coppia si voltò ad aspettare  l'amica, la quale notò che erano entrambi estremamente malinconici.
- Che vi è successo? Oggi siete strani... - Esordì.
- Gwen, mi dispiace di non avertelo detto prima, ma l'ho saputo solamente ieri...- Rispose la bionda.
- Dai, vieni al punto! - La intimò Gwen sedendosi su uno scalino in aula magna.
- Dunque, tu sai che i miei genitori sono separati, vero?-
-Si che lo so, ma cosa centra?-
- Ecco... beh, io per ora abito quì a Toronto con mio padre che, per farla breve, deve partire per un lungo viaggio d'affari... E ha deciso di portarmi a vivere da mia madre a New York fino a quest'estate...- Concluse abbassando tristemente lo sguardo.
Gwen spalancò gli occhi basita.
- No... dimmi che non è vero... non ci posso credere! -Esclamò ancora incredula- Ma perchè non me l'hai detto ieri al telefono? O prima? -
- Vedi... non sapevo come dirtelo... è stato terribile anche dirlo a Geoff. - Confessò Bridgette mentre con una mano accarezzava dolcemente il braccio del fidanzato.
Gwen aggrottò la fronte suscitando curiosità da parte dell'amica.
-Ma Bridgette! Come ho fatto a non pensarci prima? Verrai a vivere da me! - Esordì euforica.
- No Gwen, è impossibile... anche Geoff mi aveva fatto questa proposta, ma mio padre non ne vuole sapere... - La gotica si lasciò cadere il busto all'indietro, appoggiando la schiena contro il muro gelido, sentendosi totalmente impotente.
Ad un certo punto la voce tonante e autoritaria del preside spezzò il filo di pensieri di Gwen, presentando le liste candidate.
Poi, dopo che tutte le liste ebbero terminato di elencare i loro obiettivi e scopi, irruppe al microfono la voce squillante e decisa di Courtney, la ragazza che Gwen aveva visto poco prima.
-Dunque ragazzi, come sapete io sono stata per quest'anno la rappresentante d'istituto, un incarico che richiede molta responsabilità. Oggi assolverò questa mia responsabilità per cederla ad uno di voi candidati, inoltre mi sono candidata per la consulta...-
Una volta che Courtney ebbe terminato il suo lungo discorso, il preside richiamò l'attenzione su di se, ordinando agli studenti di andare a votare le liste scelte, nell'apposita aula.
-Voi due per chi voterete?- Chiese Gwen alla coppietta cercando di non tornare sull'argomento precedente.
- Non saprei... di certo Courtney è una ragazza molto responsabile...- Rispose Geoff, seguito da un cenno di assenso da parte della surfista.
- Beh anche io ho le idee un po' confuse... Scusate, devo andare un momento un bagno, voi intanto andate pure! -

Mentre Gwen camminava velocemente in direzione della toilette, si scontrò contro qualcosa, o meglio qualcuno.
-Ehi bellezza, hai perso la bussola per caso? L'aula di votazione è dall'altra parte.-
Esordì questo qualcuno.
- Duncan! Maledetto, sei riuscito a sfuggire a due ore di noia assurda senza neanche farti sgamare, ma come diavolo fai ?! - Esclamò Gwen.
- Sai, si chiama nascondersi... - Rispose il punk scostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio; la gotica lo fissò fingendo un'espressione offesa.
- Come hai potuto abbandonarmi a quella cazzo di assemblea come se niente fosse? Mi sento profondamente oltraggiata. - Disse incrociando le braccia.
- Veramente sei stata tu a correre dai tuoi amichetti prima che io potessi prenderti e portarti via da quella "cazzo di assemblea" - sorrise malizioso - ma se vuoi possiamo rimediare il tempo perduto. -  Gwen lo fissò inarcando un sopracciglio.
- Ehm... anche no Duncan, devo andare a votare,non voglio che tutto quel tempo perso ad ascoltare la stessa pappardella sia stato vano. -
- E per chi hai intenzione di votare? - Le chiese lui riprendendo a camminare.
- Probabilmente voterò la lista di Zach per l'istituto e Courtney per la consulta. -
Duncan si fermò improvvisamente increspando le labbra in una smorfia.
- Che ti prende? -
- Non. Votare. Quella. Strega. - Rispose lui scandendo bene le quattro parole e guardando Gwen negli occhi; la ragazza non poté fare altro che meravigliarsi per quell'esclamazione improvvisa, ma si sentì anche intimorita dallo sguardo del punk divenuto improvvisamente duro e gelido.
- M-ma perché? - Gli chiese sforzandosi di spezzare quell'espressione di ghiaccio.
Duncan esitò un momento prima di rispondere: -E' una lunga storia, avrei bisogno di un po' di tempo per raccontartela tutta. E' proprio indispensabile che tu vada a votare?-
La gotica fece cenno di no con la testa.
-Bene, allora seguimi!-
Senza neanche dare il tempo a Gwen di replicare, afferrò la manica della felpa della ragazza e cominciò a correre seguendo un dedalo di corridoi fino ad arrivare all'uscita.
Poi si sedettero insieme sui gradini dell'ingresso.
- Ma c'era proprio bisogno di portarmi qui?- Esclamò la ragazza contrariata.
- Precisamente. Potrebbero esserci occhi indiscreti all'interno della scuola. Sai, anche i muri hanno le orecchie! - Gwen lo fissò palesemente perplessa.
Duncan riprese a parlare: - Dunque, devi sapere che a capo di tutta questa storia vi era la mia relazione con Courtn...- il ragazzo non riuscì a finire di parlare che Gwen lo aveva interrotto bruscamente con gli occhi sgranati.
- Cooosa!? Aspetta un momento... tu stavi con quella? M-ma è impossibile! Siete così...-
-Diversi? -  Continuò lui.
La gotica annuì lasciandogli la parola.
- Ebbene si, stavamo insieme. Mi sentivo attratto da lei per il suo carattere forte e determinato, ma per il resto eravamo come il giorno e la notte. Non andavamo mai d'accordo, e dopo i primi giorni era evidente che presto il nostro rapporto sarebbe collassato. Nonostante tutto però, non mi decidevo a mollarla, ma solamente perchè l'anno scorso era rappresentante d'istituto, e se l'avessi lasciata, dato che era la beniamina del preside, mi avrebbe sicuramente fatto bocciare! E così ha fatto, quella puttana.
L'anno scorso avevo anche messo la testa a posto e mi stavo impegnando per non farmi segare, ma alla fine per colpa di quell'oca mi hanno bocciato.- Ripensare a questa storia per Duncan fu terribile: stringeva i pugni e guardava un punto fisso davanti a se con rabbia.
Gwen si accorse di questa reazione e cercò di calmarlo avvicinandosi a lui.
- Mi dispiace Duncan, non pensavo che quella ragazza in realtà fosse così crudele...-
Disse appoggiandogli dolcemente una mano sulla spalla.
Il punk sorrise.
-Tranquilla streghetta mia, ma se c'è una cosa che ho imparato da Miss Perfezione è che l'apparenza inganna! - Replicò Duncan scompigliandole i capelli.
-Ora mi hai anche trovato un appellativo! Sei proprio imprevedibile... - Rispose Gwen.






Nota dell'autrice:

Salve a tutti :)

Prima di tutto mi sento in dovere di ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito fino a quì e che hanno sopportato me e i miei obbrobri:

Midori Meddows
gwendolyn
Oscura_Chan
Ginnydark
paprikokka902
Faby_Chan
the daughter of dark

Un grazie immenso a tutti voi e anche ai lettori silenziosi :)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto ^^
Un bacione,

Vostra Ellen




P.s. Già che ci sono, colgo l'occasione per avvertirvi del fatto che fra poco il mio nick non sarà più Ellen ma 'Edelvais' (stella alpina in portoghese; sfortunatamente in inglese era già occupato ç-ç) :)

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Capitolo 16
*** Madri invadenti e sgradevoli malintesi ***


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Cap. 16 Madri invadenti e sgradevoli malintesi








Quando rientrarono nell'edificio entrambi videro Courtney alle prese con la macchinetta del caffè. La mora, appena si girò riconobbe Duncan e storse la bocca in una smorfia.
 Con un espressione glaciale si diresse verso i due ragazzi con un bicchiere di caffè in mano.
- Ti dimentichi presto delle persone, Duncan. - Lo fulminò con un'occhiataccia.
- Fatti gli affari tuoi, non ho la minima intenzione di parlare con te. - Replicò il diretto interessato sforzandosi di mantenere la calma.
- Se è per questo neanche io. Volevo solo avvertire la tua nuova ragazza degli effetti collaterali nell'avere una relazione con un cafone come te. - Indicò Gwen; quest'ultima arrossì di colpo, ma si mise subito sulle difensive, altamente irritata dai modi della mora.
- Noi non stiamo insieme. - Rispose la gotica con un tono abbastanza seccato.
Courtney inarcò le sopracciglia come per dire "provamelo".
Poi, prima che potesse riprendere il dibattito, la voce del preside gracchiò dall'altoparlante annunciando gli esiti delle votazioni:

" Miei carissimi studenti, sono fiero di informarvi i risultati delle elezioni! Per l'istituto abbiamo... la lista di Rachel Manson e Brad Langdon! Mentre per la consulta... la nostra amatissima Courtney Houston!"

"Amatissima, tsk. Questa non l'avevo ancora sentita." Pensò Duncan con sprezzo.
Courtney sorrise soddisfatta.
Evidentemente, anzi con ogni probabilità, si aspettava la vittoria.
- Un altro anno carico di responsabilità... - sospirò malignamente - ma sono sicura che riuscirò a conciliare i miei impegni. Ah Duncan, vedi di non farti bocciare anche quest'anno. Ciao ciao ... sfigati. - Courtney rivolse loro un sorrisetto presuntuoso e schernitore; Duncan le ringhiò dietro qualcosa di incomprensibile, mentre Gwen riusciva per miracolo a mantenere la calma.
Un nanosecondo dopo suonò la campanella: finalmente potevano tornarsene a casa!
- Duncan, ti fermi a pranzare da me oggi? - Chiese Gwen cercando di glissare il discorso di poco prima con Courtney.
- Se per te non è un problema, va bene! - Le rispose lui.
Insieme si avviarono per la strada, in completo - e imbarazzante - silenzio.

Appena entrarono in casa, la voce squillante della madre di Gwen trillò per le scale.
- Gwendolyne! Sei tornata! Ora per favore, fila in camera e vai a mett...-
si interruppe quando vide che accanto alla figlia vi era il fantomatico ragazzo che lei credeva fosse il "quasi fidanzato" di Gwen. - Ciao! Tu devi essere Duncan, giusto? -
Gli chiese fiondandosi dai due con un sorriso a trentadue denti.
- Ehm, si sono io, piacere. E lei deve essere la signora Smith, ho indovinato? -
Sophie gli fece l'occhiolino.
- Chiamami Sophie, caro.  - Rispose lei incamminandosi verso la cucina.
Gwen alzò gli occhi al cielo: sua madre non aveva speranze, anche con Trent aveva fatto la stessa scena, e chissà che altro dirà rischiando anche di mettere in imbarazzo la figlia!
- Allora non sono l'unico a chiamarti con il tuo nome intero! - Le sussurrò Duncan all'orecchio ricevendo un sospiro rassegnato come risposta.
Insieme si accomodarono a tavola aspettando di essere serviti.
- Duncan caro, ti piacciono gli spaghetti? - Domandò la madre di Gwen dalla cucina.
La gotica inorridì nel sentir nominare quel "caro".
"Cazzo mamma hai più di trent'anni, non sei più nell'età in cui puoi fare la sdolcinata col primo che ti capita sotto il naso!" Pensò cominciando ad irritarsi del comportamento invadente di sua madre.
- Ehm... si, si certo. - Rispose il punk.
- Allora eccoti servito! - Sophie consegnò le rispettive pietanze ai due per poi mettersi a sedere a capotavola, alla sua destra vi era Duncan e a sinistra Gwen.
- Grazie.-
- Oh figurati Duncan! Buon appetito! - Disse Sophie mettendosi a sedere.
Gwen non riusciva a rilassarsi: non si fidava della madre. La considerava fastidiosa e linguacciuta quando ci si metteva,  inoltre chissà cos'altro le sarebbe saltato in mente di sbandierare al vento!
Cominciarono a mangiare in silenzio, ognuno con il capo chino sulla propria pietanza, ma  questo clima contribuiva a irritare la gotica.
"Non è capace di tenere la bocca chiusa per più di un minuto, se parla la strozzo!"
Si ritrovò a rimuginare squadrando di sottecchi la madre.
Nonostante tutto, Sophie sembrava calma e senza alcuna intenzione di parlare.
O forse no...
- Duncan, tu sei in classe con Gwen, vero? Mi ha parlato tanto di te! - Esordì contro ogni preghiera della figlia. Quest'ultima rischiò di strozzarsi con il boccone appena addentato.
- Tesoro sta bene? -Le chiese la madre.
Come risposta ottenne un'occhiataccia fulminante.
Duncan nel frattempo le sorrideva soddisfatto.
- Davvero?-
- Oh certo! Mi ha raccontato anche di quando l'hai bac ... - non riuscì a terminare la frase che Gwen le diede un piccolo calcio da sotto il tavolo - Ahia! - Il suo sguardo interrogativo ora era puntato contro quello furente della figlia.
- Mamma non ti interessa sapere chi ha vinto le elezioni di oggi? - Le chiese Gwen cercando di sorvolare il discorso precedente e sorridendo a fatica a Duncan.
- Oh giusto, me ne ero completamente dimenticata! Avanti, dimmi. -
Il pranzo proseguì con una discussione animata sui nuovi eletti dell'anno e sulle loro responsabilità. Poi Gwen e Duncan si prepararono per una giornata di studio intenso di latino. Non appena si sedettero entrambi in salotto, si palesò la figura alta e snella di Sophie.
- Ragazzi io devo andare al lavoro, buono studio! - esclamò con voce squillante - ah, e non fate fuoco e fiamme mi raccomando! - Fece l'occhiolino per poi uscire dall'abitazione.
Gwen si batté sconsolata una mano sulla fronte, maledicendo la madre per le sue considerazioni fuori luogo.
- Davvero le hai parlato di me? - Le chiese il punk sorridendo provocatorio.
Dalle labbra della gotica uscì solo un misero monosillabo: - No. -
Duncan cominciò a dondolarsi sulla sedia con aria superba.
- Non ci credo. In fondo lo so che stravedi per me! - Gwen lo ignorò.
- Dai muoviti, vuoi recuperare il cinque in latino o no? -
Così passarono i minuti, traducendo e ripassando ogni regola, declinazione e verbi vari.

Varie versioni dopo …

- Ok, credo che possa bastare, sei stato bravo! Non dovresti avere problemi all'interrogazione di domani. -
Duncan appoggiò la testa sul tavolo.
- Sono sfinito, il latino nuove gravemente alla salute. -
Gwen rise: - Be' guarda il lato positivo: potrai recuperare quel votaccio ed evitare di avere un'insufficienza in più nella pagella del primo quadrimestre … -
- … E - continuò il punk - ho appena passato un pomeriggio a studiare con una bellissima ragazza. - La gotica inarcò un sopracciglio fingendo indifferenza e cercando di non arrossire. Fu tutto inutile, in un lasso di tempo di circa dieci secondi era diventata rossa come un peperone.
- Sei ancora più carina quando arrossisci.-
Gwen balzò dalla sedia alquanto irritata. Va bene, era sfacciato, lo sapeva, ma c'era un limite a tutto! Prendere in giro Gwen? Roba da temerari o masochisti.
- Non ti permettere di prendermi in giro! - Esclamò.
Duncan non si scompose: - Guarda che sto dicendo la verità, tesoro. - Obiettò.
- Perché mai dovrei prenderti in giro? -
"Adesso gli faccio vedere io." Pensò Gwen.
La gotica assunse un espressione diabolica, per poi avvicinarsi lentamente a Duncan, seduto di fronte a lei.
- Vuoi vendicarti? -
"Oh si che voglio vendicarmi! Aspetta e vedrai."
Con uno scatto repentino si lanciò addosso al ragazzo facendolo cadere dalla sedia e ritrovandosi così steso per terra con Gwen a cavalcioni su di lui che gli bloccava le braccia.
In un attimo la mente perversa di Duncan cominciò ad immaginare cosa mai volesse fargli la ragazza, fin quando si accorse che l'intenzione della gotica era ben diversa dalle sue aspettative.
- Non riesci a starmi lontana eh? Ma cos… Ahahahahah smettila ti prego ahah non ce la faccio ahahahah per favore il solletico no!- Sghignazzò contorcendosi e cercando di sfuggire dalla presa ferrea della ragazza.
Il solletico! L'arma migliore in uno scontro fra titani!
- Che fine ha fatto l'insensibile criminale di prima? Cos'è ti arrendi già?- Esclamò Gwen compiaciuta del suo contrattacco. In un attimo, prima che l'altro potesse replicare, la porta dell'ingresso si aprì rivelando la figura di Sophie.
I due si accorsero solo in quel momento dell'ambiguità della loro posizione, inoltre erano proprio davanti all'ingresso, davanti agli occhi allibiti della mamma di Gwen.
- Ehm… non vorrei sembrare invadente ma… ai miei tempi si studiava diversamente … -
Esordì poi rompendo il silenzio che si era creato all'inizio.
- M- mamma ehm… c-ciao…- Balbettò Gwen tirandosi in piedi. Ecco. Da quel momento in poi l'opinione che Sophie si era fatta su una possibile relazione fra i due era intoccabile e irremovibile.
Poi Duncan intervenne rialzandosi da terra per sviare ad una falsa pista i sospetti della madre di Gwen.
- La prossima volta guarda dove metti i piedi! Potresti farti male! - Le fece l'occhiolino.
- Ah già… scusami, non l'ho fatto apposta. - Cercò di stare al gioco.
Sophie li osservò di sbieco lasciandosi sfuggire un lieve sorrisetto malizioso.
- Okay… Duncan rimani a cena? - Chiese poi dimenticandosi della faccenda di poco prima.
Il diretto interessato sembrò pensarci su un attimo.
- Ehm… no grazie, devo tornare a casa, mio padre mi starà aspettando. Oh, ma sono già le sei e mezza! Scusate, devo proprio scappare! A domani Gwen! Arrivederci Sophie, e grazie!- Detto questo sparì dalla porta d'ingresso senza neanche dare il tempo alle sue interlocutrici di rispondere.

Quando Duncan se ne fu andato, nella stanza calò il silenzio più totale. La donna guardava Gwen con le braccia incrociate al petto, assumendo un espressione schernitrice.
- Gli sei caduta addosso eh? - Disse trattenendo una risata. - Che strano, piuttosto direi che gli sei letteralmente saltata addosso!- Sottolineò con veemenza la penultima parola.
Gwen sbarrò gli occhi. Non c'era cascata!? Maledetto Duncan, almeno se ci fosse stato lui avrebbero sorvolato l'argomento!
- Mamma non insistere, ti ho già detto che gli sono caduta addosso! Ho inciampato sul tappeto della sala e… - Sophie non demordeva.
- Ah si? E come mai si sentivano gli schiamazzi dal marciapiede? -
- Smettila! Se non mi vuoi credere affari tuoi, sta di fatto che non stavamo facendo nulla di cui una madre ficcanaso e linguacciuta come te si dovrebbe preoccupare! - Sbraitò la gotica correndo in camera sua mentre Sophie scuoteva la testa, arresa al carattere della figlia.
 Per quella sera non avrebbe cenato, aveva ben altro a cui pensare.

Quella giornata passata a studiare latino con Duncan l'aveva sfiancata, e non aveva per niente pensato alla faccenda del trasferimento di Bridgette.  Avrebbe dovuto passare un po’ di tempo in più con la sua migliore amica, e solo allora si rimproverò per questo.
Si stese sul letto e all'improvviso vibrò il cellulare.  
"Un messaggio da Bridgette."
Gwen lo aprì:

"Ciao Gwen, domani non verrò a scuola perché ho la febbre, volevo dirtelo per non farti stare in pensiero :)
Ti voglio bene.
"

La gotica le scrisse la risposta:

"Bridgette! Mi dispiace… Senti, domani posso venire a farti un po’ di compagnia?  Ovviamente solo se te la senti.  Tranquilla, sono immune a qualsiasi malattia contagiosa: è da quando avevo dieci anni che non prendo la febbre! ;)
Rimettiti presto!
"

Sospirò.
Prima o poi avrebbe dovuto vedere la sua macchina scorrere via per la strada, diretta verso New York. Sperava solo che il tempo che avrebbe trascorso senza di lei passasse in fretta in attesa del suo ritorno.






Nota dell'autrice

Ehm... che dire... spero apprezziate questo schifo capitolo ^^
E scusate il ritardo ç__ç

Grazie mille a tutti quelli che  leggono/ recensiscono/ seguono  questa storia :)
Un bacio,


Vostra Edelvais ( lo so, Ellen manca anche a me xD)

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Capitolo 17
*** Un legame di amicizia infranto ***


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Cap. 17 Un legame di amicizia infranto








Chiusa in camera ad ascoltare la musica dal suo inseparabile i.pod, Gwen fissava il muro stesa sul letto, mentre le note delle canzoni nutrivano il suo bisogno di distaccarsi un po' dalla realtà. D'un tratto il bussare alla porta della sua camera la fece sussultare, e togliendosi gli auricolari mormorò un flebile: - Avanti.-

- Tesoro, possiamo parlare? - Chiese Sophie entrando.
- Se cerchi spiegazioni per quello che hai visto oggi, le hai già avute. Se non credi a quelle allora sei pregata di andartene. - Rispose la gotica fissandola di sbieco.
- Assolutamente no, tranquilla! Ti credo. - Sophie si sedette accanto a Gwen.
- Allora cosa vuoi? -
- Ma insomma, una madre non può più chiacchierare con la propria figlia? -
Gwen inarcò un sopracciglio e fece cenno alla madre di continuare a parlare.
- Come sta Bridgette? -
- Ha la febbre ed ha l'umore a terra a causa del trasferimento. -
- Mi dispiace tantissimo, mi mancherà quella ragazza. -
- Anche a me. - Sophie cambiò discorso.
- Invece come vanno i rapporti con Trent dopo la rottura? -
La gotica sussultò: non le andava proprio di affrontare l'argomento.
- Be' ecco… da quando l'ho lasciato non facciamo che ignorarci a vicenda… - Ammise.
- Mi dispiace, in fondo siete amici da molti anni, sarebbe un peccato rovinare questo rapporto. - Gwen abbassò lo sguardo. Lo sapeva, le doleva il fatto che non si parlassero più, Trent era un ragazzo carino, a posto, e lei lo aveva cacciato via dalla sua vita.  Non fiatò, rimase in silenzio rimuginando a quello che aveva appena asserito Sophie.
- Dovresti ricominciare a parlargli, forse lui non aspetta altro… lo sai che è un ragazzo molto timido, ti ricordi che la prima a fare il primo passo per il vostro fidanzamento sei stata tu? - Gwen sorrise. Si ricordava molto bene di quel giorno, quando aveva impulsivamente baciato Trent e fu grazie a quel contatto che i due formarono una coppia.
- Ci proverò. -
Sophie fece per alzarsi, poi come ricordandosi di una cosa importante esclamò: - Gwen, posso chiederti una cosa? E mi prometti che non ti arrabbierai? -
- Dipende, avanti spara! -
- Ehm, c'è qualcosa fra te e Duncan? -
Gwen alzò gli occhi al cielo: "Lo sapevo che era qui che voleva andare a parare!" Pensò.
- No mamma me l'hai già chiesto un milione di volte!-
- Non esagerare, in fondo è un bel ragazzo! Secondo me gli piaci, si vede lontano un miglio!-
- Okay mamma, grazie della tua opinione, della "bellissima" discussione, ma ora fuori dalle scatole! -
- Va bene va bene, buona notte cara. - Sussurrò uscendo dalla stanza.
"Però in fondo mi è stata d'aiuto…" Pensò sorridendo.

Quella notte, Gwen non riuscì a chiudere occhio. Il fatto che Bridgette, la sua migliore amica, sarebbe partita di lì a poco la turbava enormemente. Inoltre, da quando aveva lasciato Trent, non gli aveva più rivolto la parola e viceversa. Continuavano costantemente a ignorarsi, non vi era il minimo interesse a dialogare con la gotica soprattutto da parte del chitarrista. A Gwen dispiaceva il fatto di aver perso un amico così caro, perchè oltre ad essere stato il suo ragazzo per due anni interi, rappresentava pur sempre un pezzetto della sua infanzia. La chiacchierata con la madre però era servita a qualcosa, ora sapeva come comportarsi e come rimediare.
Ma i suoi pensieri vennero interrotti dal trillare fastidioso della sveglia che imperterrita continuava a squillare inaugurando il nuovo giorno.
- Oh no! - Brontolò infilando la testa sotto il cuscino come sorta di protesta.
Poi, ad aggiungersi al suono irritante della sveglia, arrivò Sophie con l'intento di buttare giù da letto la figlia.
- Gwen muoviti, sono già le sette e venti! -  Cinguettò scoprendo Gwen dalle coperte calde e accoglienti. La gotica si alzò dal letto svogliatamente.
- Ah Gwen, Duncan ti è venuto a prendere! - Continuò Sophie.
Gwen sbarrò gli occhi. Ma perché tutte a lei? Chissà cosa sarà andata a pensare sua madre!
- Lo dicevo io che gli piacevi! -
Ecco, appunto.
Gwen cercò di prepararsi il più velocemente possibile, uscendo di casa alle sette e mezza.
E indovinate un po' chi si ritrovò davanti?
- Wow, hai fatto presto Gwendolyne.-
- Duncan cosa ci fai qui? - Esclamò lei aggrottando le sopracciglia.
- E' vietato fare il gentiluomo da queste parti? E poi non mi hai neanche salutato! -
Cercò di sembrare il più offeso e stizzito possibile facendo sorridere Gwen.
- Sei buffissimo quando ti offendi!-
Duncan le sfiorò la punta del naso con l'indice.
- Grazie, streghetta. - Le fece l'occhiolino.
Gwen ormai si era arresa a tutti i nomignoli fastidiosi che le affibbiava il punk.
Insieme si incamminarono verso la scuola.
- Gwen ho saputo che Bridgette lascerà la città. - Disse Duncan mentre varcavano il cancello dell'inferno di Dante, alias: la scuola.
La gotica sospirò passandosi una mano fra i capelli.
- Si, purtroppo suo padre deve partire per un viaggio d'affari molto lungo e Bridgette andrà a vivere da sua madre a New York fino a quest'estate. -
- Mi dispiace, in fondo è carina. - Sorrise malizioso.
- E smettila, è una cosa seria! - Lo ammonì la gotica.
- Scherzavo! Quando parte? - Duncan si fermò proprio davanti alla loro classe.
- Credo la prossima settimana… - Gwen sospirò malinconica.
Duncan, notando questo suo malumore, cercò di tirarla su di morale: appoggiò la sua mano sul capo della ragazza e le scompigliò i capelli.
- Be' però si sarò sempre io. - Le sussurrò all'orecchio.
- Allora posso considerarmi fortunata! - Rispose Gwen ridendo.
All'improvviso, una voce squillante giunse all'orecchio dei due ragazzi.
- Oh ma guardali, avete finito di fare i piccioncini voi due?-  
Duncan e Gwen esibirono una smorfia di disprezzo. Courtney, insieme a Trent, si stava dirigendo a falcate dai due.
- Ma guarda chi c'è, Miss Perfettina e il chitarrista fallito! Cosa volete!? - Esclamò Duncan.
- Sta zitto orco chiodato che non sei altro! Stavo solo accompagnando Trent nella sua classe. - Trent le sorrise: - Grazie Court, sei stata molto gentile, è stato un piacere chiacchierare con te! -
- Figurati Trent. - La mora ricambiò il sorriso per poi alzare i tacchi dedicando un'ultima smorfia a Gwen e Duncan.
- Scusa Duncan, devo parlare con Trent un momento. -
Il punk annuì pensieroso.
Il chitarrista non aveva degnato Gwen nemmeno di uno sguardo, gli occhi verdi e fulgidi rivolti solo verso Courtney.
Gwen entrò in classe fiondandosi accanto al moro posandogli una mano sulla spalla.
- Trent, potrei parlarti un momento? -
Il ragazzo si voltò e annuì senza proferir parola.
- Ehm, io volevo solo… ecco… noi siamo ancora amici, non è vero? -
Trent sospirò.
- Gwen, per me tu sei importante, ma ancora non mi sento pronto a rivolgerti la parola da… amico. -
- Capisco... Tu conosci quella strega? -
- Strega? Court!? E' una ragazza gentilissima e responsabile. Se ti piace criticare gli altri allora corri dal tuo Duncan, almeno avete pareri uguali.- Replicò stizzito sedendosi nel suo banco.
Gwen strinse i pugni innervosita più che mai dal suo comportamento.
Ma che gli era preso!?
Duncan scivolò al suo fianco notando la sua espressione seccata.
- Schizzato il ragazzino eh? -
- Non capisco, ma cosa caspita gli è successo!?-
- Non ne ho idea, so solo che la prof di latino sta arrivando! - Esclamò trascinando Gwen dall'altra parte dell'aula nei loro due posti in fondo.
Come preannunciato dal punk, l'insegnante fece irruzione nella classe. Era una donna sulla cinquantina, corporatura esile, capelli castani con qualche ciocca tendente al grigio e occhi neri, profondi come due pozzi.
- Allora Duncan, sei pronto per l'interrogazione? - Sussurrò Gwen.
- Credo di si, ormai il latino mi esce anche dalle orecchie! Ne ho la testa piena! -
La voce del docente, non appena ebbe finito di fare l'appello tuonò per tutta l'aula.
- Silenzio laggiù in fondo! Oggi interrogo, siete preparati? -
Dalla classe si levò un brusio di imprecazioni e lamentele.
C'era chi cominciava a sfogliare il libro a casaccio, chi cercava di nascondersi dietro le spalle del compagno davanti e chi si metteva le mani nei capelli terrorizzato.
- Prof, mi offro volontario. - Esclamò Duncan alzandosi in piedi.
La donna annuì facendogli cenno di andare alla cattedra.
- Buona fortuna!- Gli sussurrò Gwen.
Sospiri di sollievo aleggiarono nell'aula.
- Allora Evans, cominciamo con la versione che c'era per compito…-

L'interrogazione  passò abbastanza velocemente, e Duncan riuscì a cavarsela con un sei e mezzo grazie anche ai suggerimenti di Gwen.
- Uff, grazie Gwendolyne, senza di te avrei preso come minimo due!- Le disse tornando al posto.
- Duncan quante volte ti ho detto di non… ah lasciamo perdere! - Rispose scuotendo la testa.







Angolo autrice

Salve a tutti miei carrrrisssimi lettori, scusate per l'ennesima volta l'ennesimo ritardo!
Questo capitolo non mi convince molto ad essere sincera, comunque, spero di riuscire ad aggiornare il più presto possibile!

:D


Grazie a tutti voi che mi seguite, ma soprattutto congratulazioni per essere riusciti ad arrivare fin qui!
Vi meritate una medaglia, oh miei impavidi lettori! xD

Un bacio,


Vostra Ed.




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Capitolo 18
*** Confessioni ***


 

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Cap. 18 Confessioni














Non appena furono terminate le sette, interminabili ore di scuola, una volta usciti dalla mensa, Duncan rincorse Gwen per i corridoi dell'edificio.
- Gwen aspettami! -
La ragazza si girò.
- Oh Duncan, noto con piacere che stai mettendo in pratica quello che ti ho detto! Mi hai chiamata Gwen! -
- Ahah molto spiritosa. Cosa fai di bello oggi? -
Le chiese mentre uscivano all'aria aperta.
- Vado a trovare Bridgette, sai la prossima settimana si trasferisce e… vorrei passare questi ultimi giorni il più possibile con lei… Ma perché me lo chiedi? - Rispose dandogli una gomitata amichevole.
- Oh sai, non avevo niente da fare…-
Gwen lo guardò storto inarcando un sopracciglio.
- Allora studia! Vuoi essere bocciato e vuoi che quella smorfiosetta di Miss Perfezione vinca questa sfida? Se verrai promosso potrai sventolarle davanti agli occhi la pagella! Ti rendi conto!? Sarebbe una sorta di vendetta! Inoltre domani c'è il compito di storia. -
Duncan sbuffò contrariato.
- Non ho molta voglia, ma… se è così…-
Gwen annuì energicamente come per incoraggiarlo a fare del suo meglio, poi si fermò davanti ad una villetta a due piani accanto all'edificio scolastico, dipinta di un colore rosa salmone con un giardino piccolo ma molto curato.
- Bene, ora devo andare, mi fermo a casa di Bridgette. -
Il punk le lanciò un'occhiatina maliziosa, poi le cinse la vita con un braccio e le sussurrò all'orecchio: - Ricorda che la nostra sfida non è ancora finita, e che… mi devi ancora dieci dollari! -
Gwen ridacchiò.
- Certo, e la vincerò io stanne certo! E comunque non ti devo affatto dieci dollari! -
- Oh si invece! Non ricordi? Il bacio… la scommessa… -
La gotica abbassò lo sguardo.
- Ah già, quella scommessa. L'inizio dei miei problemi! -
Duncan inarcò un sopracciglio, perplesso.
- Come sarebbe a dire? Non dirmi che non ti è piaciuto! -
- Bingo amico, e ora prendi questi soldi e sparisci dalla mia vista, sottospecie di avvoltoio che non sei altro.- Disse Gwen porgendogli la banconota.
Duncan scosse la testa sorridendo malizioso.
- No cara, non voglio i tuoi soldi… voglio qualcos'altro. -
Si avvicinò vertiginosamente al viso di Gwen, il cui viso era colorato di un rosso acceso, tanto era imbarazzata, mentre il battito cardiaco era aumentato terribilmente.
Il ragazzo le prese delicatamente il viso tra le mani, e avvicinò alle labbra della gotica fino a sfiorarle, per poi appoggiarsi completamente su di loro.
All'inizio tutto sembrava così casto e puro, che Gwen senza neanche riflettere ricambiò il bacio approfondendo il contatto. Quella danza di lingue intrecciate guidata dal cuore, era desiderata da entrambi. Gwen appoggiò le sue mani sul petto del giovane e, una volta allontanatosi da quel contatto, sorrise, complice di quel bacio rubato.
- Questo ti è piaciuto, e non puoi negarlo. - Esordì Duncan accarezzandole i capelli.
- D'accordo, mi arrendo. Ma non pensare di averla vinta tu, criminale da strapazzo! -
- Le mie risorse sono infinite mia cara e vedrai, ti piacerà la mia arma segreta. -
Le sussurrò facendole l'occhiolino, poi se ne andò lasciandola sola con mille pensieri in testa, davanti alla porta di casa dell'amica.
"Accidenti, sono una sciocca! Perché ho ricambiato? Perché!? Adesso penserà che sono una debole e che non ho fegato per respingerlo! Stupida stupida stupida!" Pensò dirigendosi alla porta dell'abitazione, battendosi ripetutamente la fronte con la mano.
Suonò il campanello, e subito le venne ad aprire l'amica.
- Ciao Gwen, vieni entra pure! - La salutò con voce nasale a causa del raffreddore.
- Come stai Bridgette? Ti senti bene? -
- Meglio di questa mattina, ora ho sui trentasette e mezzo di febbre, ma credo comunque che domani verrò a scuola. Dovrebbe arrivare anche Geoff a momenti. -
Gwen era troppo occupata a pensare al fatto di poco prima per concentrarsi sul discorso con la bionda.
- Gwen, mi devi dire qualcosa? - Le chiese Bridgette notando il suo sguardo pensieroso.
- Ehm… no no, tutto a posto. - Mentì.
- Sai, non sei per niente brava a mentire! Vi ho visti di fuori, non sono mica cieca! -
Affermò ridendo.
Gwen sorrise abbassando lo sguardo.
- Sono parecchio confusa. Non mi sarei mai immaginata che… che mi sarebbe piaciuto. Normalmente lo avrei respinto con un calcio dove non batte mai il sole, ma… non so perché non ce l'ho fatta. -
L'amica sorrise sorniona.
- Be' cara, è normale, ti sei innamorata! Caspita, non l'avrei mai detto! E' stato molto dolce però, dovresti essere fiera di essere riuscita a domare un cerbero come lui! -
Gwen stava per replicare contrariata quando fu preceduta dal suono del campanello.
- Deve essere Geoff! Vado ad aprirgli. -
Alla porta si presentò proprio il suddetto ragazzo.
- Tesoro sei arrivato finalmente!- Esclamò Bridgette con voce roca a causa del ma di gola.
Geoff sorrise abbracciandola dolcemente, poi avvicinò il suo viso a quello della ragazza nel tentativo di strapparle un bacio ma venne respinto.
- Mi dispiace Geoffy caro, ma dovrai rinunciare ai baci fino a quando non sarò guarita, non voglio rischiare di contagiarti con l'influenza! -
- Uffa, be' aspetterò… Oh ciao Gwen! - Esclamò notando la presenza della dark, la quale ricambiò il saluto con un cenno della mano.
- Sai chi ho incontrato venendo qua? Duncan! - nel sentir pronunciare quel nome la gotica sussultò - E aveva un'aria stranamente compiaciuta, chissà cos'avrà combinato quel criminale! -
Bridgette si voltò verso Gwen scoppiando in una risatina.
- Entra dentro Geoff, e se Gwen ne avrà voglia, ti racconterà tutto. -
Disse la biondina accompagnando Geoff accanto al divano nel quale era seduta Gwen.
- Raccontarmi cosa? - Chiese il ragazzo grattandosi ingenuamente la nuca com'era suo solito.
- Oh vedrai, sarà molto divertente. -
"Certo, divertentissimo…" Pensò la gotica facendo una smorfia.
 
Una volta che Gwen ebbe terminato di raccontare di come Duncan si fosse 'appropriato' delle sue labbra, Geoff era letteralmente a bocca aperta.
- N-non riesco a crederci… Ma cosa si è fumato quel pazzo!? -
La gotica sospirò amaramente.
- Il bello è che ora non so più cosa pensare. Normalmente non ci darei troppo peso, in fondo stiamo solo gareggiando per una stupida sfida, ma non riesco proprio a levarmelo dalla testa. Non capisco! -
La coppia si lanciò un'occhiata d'intesa, per poi scoppiare a ridere, facendo crescere nella gotica l'irritazione.
- Ma insomma, che avete da ridere!? Non c'è niente su cui scherzare ragazzi! -
- Calmati Gwen, non ti agitare, l'unica risposta al tuo dilemma è, che tu lo voglia o no, che ti sei innamorata! Che c'è di male? - Rispose la surfista appoggiando una mano sulla spalla dell'amica.
- C'è che si è innamorata di un criminale. - Intervenne stranamente serio Geoff.
- Geoff! - lo ammonì la sua ragazza - Che ti salta in mente! E' un bravo ragazzo sotto sotto, perché dici questo? -
- Ragazzi io non sono affatto innamorata di lui! Ma cosa andate a pensare!? Però è vero, non ci hai mai detto perché lo odi tanto! Cosa ci stai nascondendo, Geoff? -
Enfatizzò Gwen insistendo con veemenza.
Si vedeva lontano un miglio che il ragazzo era in evidente difficoltà, spiazzato dalle domande incalzanti delle due signorine.
- Ehm… be' perché lui… -
- Lui cosa, Geoff? Avanti parla! - Lo incitarono le ragazze.
Geoff sospirò.
- D'accordo, vi racconterò tutto… Allora, ai tempi delle medie eravamo migliori amici, inseparabili. Ci conoscevamo da molto tempo, e dato che suo padre non era mai a casa lui era sempre da me. In qualche modo la mia compagnia riusciva a fargli dimenticare il dolore della perdita della madre. Poi da quando lui è passato al primo anno di superiori mentre io ero ancora al terzo di medie, ha cominciato a frequentare brutta gente e cambiò all'improvviso, diventò uno dei classici bulletti. Solo quando cercai di fargli capire che tutto ciò che faceva era sbagliato, lui mi assalì affermando che ero io quello che sbagliava.
Così scoppiò una rissa. Una delle tante, fra noi due. L'ultima risale all'anno scorso, ve la ricorderete sicuramente, giusto? Fu la causa dello smistamento delle classi. Bene, ora siete soddisfatte? -
Gwen e Bridgette si fissarono interdette.
- Ma, amore, perché non ce l'hai mai detto?- Gli domandò dolcemente la bionda.
- Non mi andava di raccontare di come ho perso l'amico più caro che avevo. E poi, ormai che importanza aveva? - Fece spallucce Geoff.
Gwen aggrottò un attimo la fronte, pensierosa, poi esordì esclamando:
- Geoff, ma perché sei contrariato al fatto che… be' che mi ha b-baciata? In fondo non era niente di che, solo una stupida sfida, cosa c'è di tanto preoccupante? -
- Gwen il fatto è che potrebbe farti… ecco delle "cose" che sarebbe meglio non esplicitare!-
- Ma dai tesoro, non vedi che Gwen è riuscita ad addolcirlo? In fondo sono sicurissima che sia un bravo ragazzo. - Affermò Bridgette sicura.
- Comunque, signori miei, state discutendo su una cosa assurda: non sono innamorata di Duncan, non mi piace ora e mai potrà piacermi. Al massimo amici-nemici. Chiaro il concetto? - Esclamò Gwen scandendo bene le parole.
Non voleva che i suoi amici pensassero una cosa del genere, quel bacio, come il primo del resto, era solo frutto di una sfida. Niente di più.
- D'accordo, se lo dici tu… - Replicò Bridgette sorridendo sorniona.
- Ragazzi io devo andare a casa, storia mi aspetta. Ciao! Bridgette cerca di rimetterti del tutto entro domani, come faccio a sopravvivere a cinque ore di scuola senza di te? -
Disse Gwen dirigendosi verso la porta.
- Okay, allora a domani Gwen! Spero di non averti contagiata! - Scherzò Bridgette.
- Ciao Gwen! - La salutò Geoff.

Non appena uscì dalla casa dell'amica, sentì vibrare il cellulare nella tasca della giacca, quando lo prese in mano notò che aveva un sms non letto, lo aprì e:
 
Questo è il mio numero, streghetta.
Ah, una cosa… Grazie mille per i dieci dollari!
 
Duncan

 
Gwen spalancò gli occhi e, tastandosi la tasca dei pantaloni, si accorse di non avere più i dieci dollari che doveva a Duncan per la scommessa.
- Maledetto! - Sibilò a denti stretti.
Non solo l'aveva baciata, ma si era anche preso i soldi senza che lei se ne accorgesse!
"Ora è in debito con me." Pensò poi sorridendo maligna.











Nota dell'autrice.

Salve a tutti! :)
Ringrazio moltissimo chi legge/ recensisce / inserisce fra preferite/ricordate/seguite :D
Spero che questo cap. vi sia piaicuto!
Un bacio,


Vostra Ed.

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Capitolo 19
*** Con gli occhi di un malato ***


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 Cap. 19 Con gli occhi di una malata









La mattina dopo, Gwen si alzò dal letto con un mal di testa fortissimo. Si tastò la fronte e constatò con orrore che era molto calda. Quel calore che lascia presagire solo una cosa: influenza.
Un inizio di giornata davvero ottimo!
- Accidenti, proprio oggi che c'è il compito di storia! - Imprecò alzandosi a fatica dal letto con la poca forza che le rimaneva.
Normalmente, avrebbe usato questa scusa per non andare a scuola e godersi un po’ di pace, ma quel giorno non poteva proprio.
Saltare la suddetta verifica avrebbe significato un interrogazione imminente e quelle della professoressa di Gwen erano terribili e interminabili. Insomma, non le andava proprio di affrontare in seguito una di queste interrogazioni al posto di fare una semplicissima verifica.
Armata di tanta volontà, si preparò con calma, attenta a non commettere movimenti avventati per evitare di aumentare il fastidiosissimo mal di testa.
Per sua enorme fortuna Sophie era partita di casa molto prima della figlia, così Gwen sarebbe potuta andare a scuola lo stesso, onde evitare le prediche della madre.
Non appena si specchiò in bagno, rimase con una smorfia di disgusto dipinta sulle labbra, così tanto marcata che pareva aver ingoiato un limone andato a male.
Il suo viso era ancor più pallido del solito -il che era veramente anomalo - ma la cosa peggiore era che sembrava uno zombie, aveva un aspetto terribile.
Ma la domanda che sorgeva spontanea in quel momento era: come caspita riuscirà a svolgere il compito? Andare a scuola sarebbe stato un suicidio, ma la gotica non voleva saltarlo, anche perché era l'ultimo del quadrimestre e avrebbe determinato il voto finale. Con una scorta di fazzoletti che sarebbe bastata per un esercito, uscì di casa, non prima di aver preso una pasticca per far passare quel maledetto mal di testa.
E così, sussurrando parecchie imprecazioni contro i batteri malefici che popolavano il suo organismo, si incamminò lentamente - molto lentamente - verso la scuola, non molto distante da casa sua.

Sarebbe stato tutto molto tranquillo e pacifico se non fosse stato per l'individuo che le si accostò dopo aver camminato per appena dieci metri.
- Buongiorno Gwendolyne, dormito bene? - Le chiese, con la sua solita aria da schiaffi.
Gwen brontolò qualcosa di incomprensibile non potendo alzare troppo la voce.
- Ehi streghetta, c'è qualcosa che non va? Non dirmi che il gatto ti ha mangiato la lingua! -
Continuò lui ridendo sotto i baffi.
Gwen strinse i pugni alquanto irritata dai modi del ragazzo, ed inspirò profondamente prima di passate al contrattacco. Aveva la febbre è chiaro, ma non abbastanza da impedirle di rispondere con "principesche" frecciatine. Assolutamente no.
- Duncan, rivoglio i miei dieci dollari. - Disse in tono pacato mentre entravano nella scuola.
L'altro scoppiò a ridere, poi una volta calmatosi, si asciugò teatralmente le lacrime dagli occhi.
- Certo, continua a sperare streghetta. Hai perso la scommessa ed era una tassa da pagare.-
- Senti, oggi non sono nelle condizioni adatte per riempirti di schiaffi a due a due finché non diventano dispari, te lo dirò una volta soltanto: dammi i miei soldi. -
- Wow, aggressiva la ragazza! - Scherzò il punk entrando in classe.
Gwen si sedette nel suo banco; non ce la faceva più, la testa le doleva terribilmente e le gambe sembravano di carta pesta.
Ma chi gliel'aveva fatto fare di venire a scuola!
Si ritrovò a pensare appoggiando la testa sulla superficie fredda del banco.
- Allora? Non mi rispondi? - Insistette Duncan dandole delle piccole gomitate sulla spalla.
- Duncan, non capisco perchè a volte non fai altro che lanciarmi insulse stilettate mentre altre- per grazia divina- riesci a non infastidirmi! - Esclamò Gwen compiendo un enorme sforzo. "Ecco lo sapevo, ora il mal di testa non mi passerà mai! Maledetto Duncan!"
Pensò portandosi le dita alle tempie massaggiandole inutilmente.
- Stai male? -
Gwen scosse debolmente la testa, ancora appoggiata sopra al banco.
- Se credi di farmi compassione in modo tale da ridarti i dieci dollari, ti sbagli! - Scherzò scostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
D'un tratto arrivò la professoressa di storia e, guarda caso, come al solito avevano la verifica alla prima ora. Che inferno!
- Buongiorno ragazzi, forza e coraggio, separate velocemente i banchi, su su! Avete un'ora a partire da adesso… Ah, se becco qualcuno a copiare sapete cosa succede, giusto? -
Dalla classe si levò un brusio contrariato mentre Harold distribuiva le verifiche.
"Perché sono venuta lo stesso? Perché sono così stupida!? Con questo mal di testa non riuscirò a combinare niente. "
- Psst Gwen! Mi sembri un po' stanca, cos'è successo? - Le sussurrò Bridgette dal posto avanti al suo.
- Mi sa tanto che mi hai attaccato la febbre. -
- Allora perché non sei rimasta a casa? -
- Volevo fare questo compito… è l'ultimo del quadrimestre e vorrei alzare un pochino la media. -
- Ma nel tuo stato non combinerai nulla! -
Gwen non rispose, si limitò a fare spallucce  nel tentativo di risultare il più "in salute" possibile.
Non appena le si fu presentato davanti il quesito di storia a crocette, afferrò la penna e cercò di segnare le risposte ma aveva la vista talmente annebbiata che riuscì a malapena ad individuare lo spazio per il nome e per il cognome. Intanto Duncan cercava un ausilio da parte della ragazza.
- Ehi Gwen! Mi potresti dire la risposta alla numero… Gwen? Ti senti bene? -
Gwen non riuscì a rispondere al punk - a dire il vero, non aveva nemmeno udito la sua voce -  il suo mal di testa diventò sempre più forte e le sue forze stavano venendo meno, secondo dopo secondo.
Lasciò cadere sul banco la penna, portandosi le mani alle tempie.
Cercò di restare lucida, ma fu tutto inutile.
- Gwen! Cos'hai Gwen!?- Era la voce di Duncan.
La giovane si accasciò sul suo foglio, incurante del brusio preoccupato che si era appena levato nell’aria, lasciandosi completamente andare.
L'ultima cosa che avvertì prima di perdere completamente coscienza fu la voce della professoressa seguita dal rumore dei suoi tacchi avvicinarsi a lei e la mano di Duncan cingerle la vita per poi sollevarla.
 

Non appena si risvegliò, intuì di essere in infermeria. Il dolore alla testa era diminuito e la giovane notò con piacere di avere un impacco di ghiaccio nella fronte.
Spostò lentamente lo sguardo a destra e a sinistra e si accorse con sorpresa di essere  in compagnia; nella stanza erano presenti Bridgette e Geoff naturalmente, Trent e Duncan… Un momento. Trent e Duncan!? Di cosa poteva mai essere interessato Trent ad assisterla dato il litigio? Inoltre cosa ci faceva lì Duncan?
- Buongiorno dormigliona! - Esclamò Duncan accarezzandole dolcemente i capelli.
- Dove… Cosa è successo? Perché mi trovo qui? - Cercò di alzare la voce più che poteva, ma quello che uscì dalla sua bocca pareva un bisbiglio.
- Gwen ti sei ripresa! Come stai? - Erano Geoff e la sua ragazza.
- T-tutto a posto Gwen? - Chiese timoroso Trent.
Gwen annuì. Era molto più che sorpresa nel vedere Trent preoccupato per lei; non le aveva per caso tenuto il muso per un mese? Ma la gotica era fin troppo debole per pensare e decise di rimandare le riflessioni a più tardi.
Poi arrivò l'infermiera guastafeste che, con voce tonante e autoritaria - e anche fin troppo mascolina - s'impose sui ragazzi.
- Avanti scansafatiche, fuori di qui, la signorina si vuole riposare in pace finché non arriverà a prenderla sua madre! -
- Ma noi… - Si oppose Geoff contrariato.
- FUORI! - Esclamò la signora afferrando una scopa e puntandola poco educatamente contro i ragazzi che, intimoriti si affrettarono ad uscire dalla stanza.
Proprio quando stava per andarsene anche Duncan, Gwen cercò di fermarlo.
- Duncan aspetta, non andartene! - Sussurrò con voce flebile.
- Lui può restare se vuole. Ha l'autorizzazione della professoressa. - Intervenne la donna appoggiando l'arnese al muro e andandosene nella stanza accanto.
L'autorizzazione? E per cosa?
- L-l'autorizzazione? - Chiese Gwen confusa.
- Be' sono stato io a portarti qui. Avresti dovuto vedere la faccia della prof, ahah era a dir poco esterrefatta! E' stato esilarante. - Confessò lui sedendosi a fianco al lettino dove era stesa la gotica.
- Ti ringrazio Duncan, io svengo e tu trovi la cosa esilarante! - Bofonchiò quest'ultima in tono sarcastico.
- Dai piccola, stavo scherzando! - Le sussurrò lui.
Piccola? Piccola!? Ok, stava delirando. Oppure aveva sentito bene?
- Grazie, comunque. Ah mi dispiace non essere riuscita a suggerirti! - Gwen stette al gioco.
- La prof ha rimandato il compito. -
- A quando? -
- A mai, ovvio! Ormai è finito il quadrimestre, è spacciata. Mi dispiace per lei ma dovrà arrangiarsi con i pochi voti che ha. -
- Trent si è… preoccupato? - Gli chiese titubante.
Duncan storse la bocca in un espressione disgustata.
- Quel cretino appena ti ha vista fra le mie braccia si è precipitato subito in infermeria. -
Era geloso. Solamente geloso di Duncan che aveva preso la ragazza in braccio per portarla nella stanza dove si trovavano ora.
- Non cambierà mai… - Borbottò Gwen fra vari colpi di tosse.
- Ti sei presa la febbre a casa della tua amica, ci scommetto dieci dollari! -
Quell'allusione ai soldi che Duncan doveva a Gwen fecero risvegliare l'istinto omicida che la gotica aveva nei confronti del punk.
- Ti ricordo che mi devi quei soldi, criminale dei miei stivali! -
- Anche da malata non perdi la tua grinta eh? La scommessa l'ho vinta io.-
- Si, però poi mi hai baciata e quindi sei di nuovo in debito con me. -
Affermò convinta.
Il ragazzo allora si alzò e portò il suo viso a pochi centimetri da quello pallidissimo di Gwen, sghignazzando malizioso: - Il debito verrà saldato molto presto…-
Per poi avvicinarsi sempre di più alle sue labbra  - le sue intenzioni erano più che chiare- ma non appena furono a pochi millimetri l'uno dall'altra, fece ingresso nella stanza l'infermiera, rovinando i piani del punk.
- Smith tua madre è arrivata! - Sbraitò con poca grazia.
Gwen roteò gli occhi e Duncan si allontanò da lei suo malgrado. Nella stanza fece irruzione Sophie lanciandosi addosso alla figlia.
- Ciao tesoro! Come stai? Ti sei ripresa? - poi assunse un tono più severo - Adesso spiegami perché sei venuta a scuola lo stesso! - non appena notò la presenza di Duncan nella sala si addolcì sorridendo - Ma guarda chi c'è, il bel fusto! Ciao Duncan! -
- Salve Sophie! - Duncan ricambiò il saluto.
- Vieni Gwen, ce la fai ad alzarti? - Le chiese la madre.
- Mi sento a pezzi, non so se… -
Subito intervenne il ragazzo.
- Non ti preoccupare Sophie, la accompagnerò io fino alla macchina. -
Gwen rimase a bocca spalancata, mentre sua madre gongolava felice come una pasqua.
"Scommetto che starà pensando: oh che bei piccioncini!" Pensò Gwen.
Duncan le cinse delicatamente la vita e la caricò tra le sue braccia a mo' di sposa. Ora il colorito del viso di Gwen era tendente al rosso acceso tanto era l'imbarazzo!
 Prima cerca di baciarla e poi la prende in braccio… Sarà tutto parte della sua strategia?
La gotica appoggiò il capo dolente sul petto di Duncan, e avvertì che anche il suo cuore minacciava di uscire dalla cassa toracica tanto batteva veloce.
Cercando di essere il più delicato possibile, portò la ragazza fuori dall'edificio scolastico, appoggiandola nel sedile della macchina di Sophie.
- Ecco fatto. -
- Grazie Duncan, sei stato molto gentile. - Lo ringraziò la madre di Gwen.
Quest'ultima gli sorrise dolcemente, poi, quando stava per andarsene, la gotica lo afferrò per un polso con la poca forza che aveva.
Duncan si sorprese di quel tocco così debole, non l'aveva mai vista più inerme di così.
- G-grazie. - Sussurrò lei.
In cambio, ricevette un amabile sorriso.
 
Intanto nella classe di Gwen, tutti i suoi compagni di classe erano incollati ai vetri delle finestre, osservando la sua macchina allontanarsi.
- Povera Gwen… - Disse Bridgette sentendosi in colpa.
- Non ti preoccupare, vedrai che entro due giorni le passerà tutto! - La incoraggiò Geoff.
Trent era in balia dei suoi pensieri, preoccupato sia per la salute della ex, sia per il fatto che Duncan si stava piano piano avvicinando a lei. Che fossero innamorati? No, non ci doveva pensare, era convinto che prima o poi Gwen si sarebbe accorta dell'indole meschina del criminale. O almeno, ci sperava.





Nota dell'autrice.

Buoongiorno mei caVVissimi lettori! Ecco a voi il nuovo capitolo ^^
Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate!

Vostra Ed.



 

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Capitolo 20
*** Programmi per il sabato sera! ***


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Cap. 20 Programmi per il sabato sera!








Una volta a casa, Gwen riuscì con le poche forze che le rimanevano in corpo a salire le scale arrancata alla spalla della madre.
- Duncan è stato molto gentile, io l'avevo detto che non era affatto un troglodita! -
Sophie aveva un'aria soddisfatta, non pareva nemmeno preoccupata per le condizioni di sua figlia.
- Mamma piantala, almeno oggi che non sono in grado di controbattere. - Rispose Gwen.
- D'accordo la smetto. Piuttosto, l'hai misurata la febbre stamattina?-
Gwen scosse la testa.
- Tieni, misurala adesso. Ah, se hai bisogno di qualcosa chiamami! - Le disse dandole un termometro e uscendo dalla camera.
Quest'ultima si stese nel letto infilandosi il termometro sottobraccio con un unico scopo: riuscire a riposarsi almeno quanto bastava per rigenerarsi. La febbre non le era mai durata molti giorni, ma era sempre molto forte e non le lasciava scampo durante il poco tempo che la possedeva.
Non aveva nemmeno intenzione di riflettere sugli atteggiamenti di così tanto riguardo nei suoi confronti che talvolta assumeva Duncan mandandola in confusione oltre ogni dire.
Dopo circa cinque minuti verificò la sua temperatura corporea indicata nell'oggetto di vetro: trentotto e cinque di febbre. Perfetto! Poteva godersi per almeno due giorni il caldo e accogliente tepore delle coperte.
Con ciò si infilò nel letto addormentandosi dopo alcuni minuti.
 
 
I due giorni che Gwen passò a casa furono per lei di una noia mortale.
Le uniche due cose che le permettevano di svagarsi un po' erano: scrivere nel suo diario e messaggiare con Bridgette.
Avrebbe preferito subire interrogazioni su interrogazioni pur di stare immobile nel letto.
Dopo due giorni di completo relax sotto le coperte, Gwen tornò a scuola, completamente riabilitata.
Non appena entrò in classe, fu afferrata per un braccio da Geoff, che la trascinò in un angolo.
- Geoff, ma che ti prende!? Bel modo di salutare gli amici! - Sibilò lei massaggiandosi il polso.
- Scusa Gwen, ti sei ripresa dalla febbre? -
- Si. Ma perché mi hai trascinato qui? -
- Be', volevo chiederti una cosa… - Confessò il biondo esibendo un espressione supplice.
- Avanti, spara. -
- Ehm… avevo in mente di organizzare una festicciola prima della partenza di Bridgette in suo onore. Solo che… - Si bloccò fissando la ragazza.
Quest'ultima gli fece cenno di proseguire con la mano.
- Ecco… i miei non vogliono che si faccia a casa mia perché si ricordano ancora di quella volta che gli ho quasi distrutto il salotto… -
Gwen lo interruppe.
- Fammi indovinare, vuoi che la festa si faccia a casa mia, indovinato? -
Geoff annuì con vigore.
-Ti prego Gwen, sarà una festa in onore della tua migliore amica! Ti supplico! Per favoreee!- Ormai il ragazzo si era inchinato davanti a lei con le mani congiunte in gesto di implorazione.
La gotica ci pensò su un attimo.
- E va bene, ma lo faccio solo per Bridgette! E quando sarebbe questa "festa"? -
Nelle labbra di Geoff si dipinse un sorriso ebete, prova della sua felicità.
- Questo sabato! -
- E sia, tanto mia madre è fuori a cena con degli amici, non ci dovrebbe essere nessun problema. - Rispose con poco entusiasmo.
- Grazie Gwen, sei un tesoro! - Esclamò il biondo stringendo la gotica in un abbraccio soffocante.
In quel momento entrò in classe Duncan e Gwen ebbe un tuffo al cuore nel vederlo passeggiare disinvolto fino a fermarsi a pochi centimetri da lei.
- Ciao Gwendolyne, passata la febbre? - Le chiese in tono schernitore.
"Ecco, ci risiamo!" Pensò la giovane facendogli la linguaccia.
- Sai, mi sei mancata in questi due giorni. - Disse ignorando la smorfia e appoggiando delicatamente una mano sulla guancia fredda della gotica, la quale arrossì visibilmente.
Gwen cercò immediatamente di sviare il discorso, imbarazzata dalla situazione.
Non le era mai capitato di sentirsi così… strana. In fondo non le aveva fatto nulla se non sfiorarle la guancia! Che le stava succedendo?
- Ehm… D- Duncan, io ecco…vorrei chiederti una cosa. - Balbettò.
- Dimmi pure dolcezza. -
- Sabato sera saresti libero? - Non appena pronunciò queste parole se ne pentì immediatamente. Ma cosa stava facendo?
Duncan scoppiò a ridere, malizioso come non mai.
- Ah! Lo sapevo! Nemmeno una dura come te poteva resistere al mio fascino! -
Appena sentì cos' era appena uscito dalla bocca del punk Gwen andò su tutte le furie.
- Duncan piantala! Mi hai rotto le scatole, vuoi essere serio almeno una volta nella tua vita!? Allora, mi vuoi rispondere oppure devo chiedere al tuo segretario inesistente se nell'agenda di sua altezza c'è del posto per rispondere ad una domanda senza fare il cretino!? -  Esclamò parlando con una velocità impressionante.
Duncan rimase a bocca aperta per poi sospirare.
- D'accordo, sentiamo cos'hai da dirmi. Comunque si, questo sabato dovrei essere a casa. -
- Grazie per l'attenzione - rispose Gwen fulminandolo con lo sguardo -, allora,  sabato sera si terrà una festa a sorpresa a casa mia per Bridgette, e… -
Il giovane la interruppe.
- Alt! Fammi indovinare, ci sarà anche quell'idiota di Geoff, vero? Anzi no, scommetto che l'ha organizzata lui la festa! -
- Avanti Duncan! Non puoi rinunciare ad una cosa solo perché su cento persone, perché tanto so com'è fatto Geoff e scommetto che avrà invitato mezza scuola, c'è il tuo peggior nemico! Fai uno sforzo! - la ragazza esitò un momento - Fallo… per me. -
Duncan rimase sorpreso dalle parole della ragazza, sinceramente colpito soprattutto dalle ultime due parole.
- Okay, verrò, ma solo ad una condizione. - Si indicò la guancia con l'indice assumendo un espressione maliziosa.
Gwen intuì al volo ciò a cui il punk stava alludendo e, con espressione contrariata, esclamò:
- Duncan sei fissato! - Il ragazzo allargò ancor più il suo sorriso sornione. La gotica scosse la testa, arresa, e si avvicinò alla guancia di Duncan per poi appoggiarvi sopra le sue labbra.
In quel momento entrarono nella classe Trent accompagnato da Courtney, entrambi esibirono una smorfia disgustata non appena videro Duncan e Gwen.
Quest'ultima si ritirò immediatamente, e il suo viso stava assumendo piano piano una miriade di colori, da far invidia al cerchio cromatico di Itten.
"Proprio adesso dovevano entrare quei due?" Si ritrovò a pensare mentre Courtney si avvicinava minacciosamente seguito a ruota da Trent.
- Solo amici eh? Duncan sei un cretino, pensavo sapessi che le bugie hanno le gambe corte, soprattutto se raccontate a me, da un idiota patentato come te. - Sibilò l'ispanica.
Duncan stava per ribattere, furioso, ma lo precedette Gwen.
- Ascoltami bene, Miss Perfezione, tu devi solo chiudere quella boccaccia che ti ritrovi, chiaro!? Non hai altro di meglio da fare che insultare a ruota libera quando la prima a scazzare sei tu? Fuori dai piedi, oca. -
Tutti i ragazzi presenti in classe si voltarono, incuriositi dall'esclamazione carica di veleno che Gwen aveva appena sputato.
Trent e Duncan si guardarono per un attimo, deglutendo sonoramente intuendo cosa sarebbe accaduto di li a poco, e Geoff e Bridgette osservavano increduli la loro amica.
- Che cos'hai appena insinuato!? Adesso ti faccio vedere io, darkettona! -
Courtney si avvicinò minacciosamente alla gotica, stringendo i pugni in un atteggiamento furente di rabbia; mentre Gwen era determinata ad affrontare la furia dirompente dell'avversaria.
Ma prima che potesse succedere quel che tutti si aspettavano, nella classe entrò il professor Hatchet, richiamando i ragazzi al silenzio. Duncan tirò Gwen per un braccio, facendola sedere nel suo banco, salvandola da un eventuale richiamo da parte del docente.
- Ragazzi tutti a posto! E lei, signorina Houston, cosa ci fa qui? Se non sbaglio lei è di quarta "H"! - Disse riferendosi a Courtney.
- Ehm… ha ragione professore ma io dovevo ecco… - Balbettò cercando una possibile scusa.
- E' venuta qui perché doveva comunicare una notizia ai ragazzi. Non è vero Court? -
Intervenne Trent inventandosi un pretesto sul momento.
La mora annuì energicamente. - Esatto, volevo solo confermare ehm… la data delle gare di atletica! -
Hatchet annuì, facendole cenno di andarsene.
- Arrivederci, professore. - Disse lei prima di uscire dalla classe.
- Cazzo, se solo non fosse intervenuto Trent! - Sibilò Gwen ribollente si rabbia.
Duncan esibì un espressione stupita.
- Gwen non ti avevo mai vista così incazzata! Comunque sei stata troppo impulsiva, quella lì non scherza e…-
- Be' non scherzo nemmeno io se è per questo! Deve solo pregare di non incontrarmi un'altra volta, altrimenti…- La giovane spezzò rabbiosamente la matita che aveva tra le mani. Caspita, quel comportamento non era certamente da lei!
Duncan non fiatò per tutta l'ora, per immensa gioia della ragazza, e quest'ultima scarabocchiava sul quaderno, cercando di calmarsi.
Trent invece era molto scosso dall'atteggiamento che aveva avuto Gwen nei confronti di Courtney. "Non me lo sarei mai aspettato da una come lei. Court non le aveva fatto niente!"
Continuava a pensare osservandola dall'altro capo dell'aula.
Poi pensò alla festa per Bridgette; era stato invitato pochi minuti prima di entrare in classe dall'amico. Sarebbe stato sicuramente solo seduto su una sedia per tutta la serata, ne era certo. Poi gli venne in mente un'idea brillante: avrebbe portato Courtney!
Con lei non si sarebbe annoiato, in fondo entrambi avevano le stesse cose in comune e andavano molto d'accordo. Sorrise, soddisfatto della sua trovata geniale.
 
 
 
 
 
 
Nota autrice.

Buondì ragassuoli! Come state? ^^
Ho cercato di aggiornare il più velocemente possibile, ed ecco a voi il ventesimo capitolo!
Caspita, non avrei mai creduto di poter arrivare addirittura al ventesimo!
Ringrazio tutti voi che mi seguite e mi sopportate, grazie mille caVissimi <3
Un bacione,


Vostra Ed.
 
 

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Capitolo 21
*** Caspita, che serata! ***


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Cap. 21 Caspita, che serata!








 

I giorni passarono veloci e giunse finalmente sabato. Geoff era a casa di Gwen per gli ultimi preparativi.
- Geoff, hai avvertito Bridgette vero? - Gli chiese Gwen mentre stava apparecchiando il tavolo del salotto con dolciumi vari.
- Certo! Le ho detto di venire qui per vederci un film tutti e tre! - Affermò il ragazzo.
- Ottimo! Ma quante persone hai invitato? -
- Ehm… sono riuscito a contenermi questa volta! Solo… quaranta persone… - Rispose con aria distratta.
- Geoff? -
- Si? -
- Quante persone? - Chiese lei cercando di contenere l'irritazione crescente.
- Quaranta! Sono poche, non trovi anche tu? -
Gwen si batté una mano sulla fronte. Ma che razza di cervello aveva quel ragazzo?
Non ribatté poiché sarebbe stato inutile, ormai il danno era fatto.
Gwen non era abituata ad avere un branco di bufali scatenati in casa.
Non appena ebbero terminarono di abbellire la casa in preparazione della festa, cominciarono ad arrivare i primi invitati.
E tra questi anche Trent e Courtney.
Per loro fortuna fu Geoff ad accoglierli in casa, mentre Gwen fulminava entrambi con lo sguardo dall'altro capo del salotto.
"Trent è un cretino, ma cosa cazzo gli passa per la testa di portare a casa MIA quella smorfiosa!?" Pensò la gotica stringendo un bicchiere di plastica in mano fino a romperlo.
Quando furono arrivati tutti gli invitati, Gwen avvertì l'amico dell'imminente arrivo della festeggiata.
- Geoff sono le nove, a momenti dovrebbe arrivare Bridgette! -
Il ragazzo annuì e, una volta salito su di una sedia richiamò l'attenzione di tutti i presenti.
- Ragazzi, tra poco dovrebbe arrivare Bridgette, quindi preparatevi e spegnete le luci! -
I presenti obbedirono.
Gwen però era piuttosto pensierosa, ancora Duncan non era arrivato e le aveva promesso che sarebbe venuto alla festa. Cavolo, non gli aveva dato un bacio sulla guancia per nulla!
Ma in quei cinque minuti restanti all'arrivo dell'amica, il punk non si fece vivo.
Le riflessioni della gotica furono però interrotte dall'arrivo della surfista che, non appena aprì la porta, si ritrovò nel più completo buio e silenzio e dieci secondi dopo le luci si accesero e fu accolta da un caloroso: - SORPRESA! - da parte degli invitati.
La biondina pareva alquanto spaesata.
- Ragazzi ma… oggi non è il mio compleanno! -
Geoff rise andandole incontro e prendendola fra le braccia.
- No piccola, questa è una festa tutta in tuo onore. Non potevamo mica lasciarti partire senza salutarti! -
Anche Gwen l'abbracciò, cercando di non pensare a tutto quel tempo che il destino le aveva prefissato di trascorrere senza di lei. Mondo crudele!
- Grazie ragazzi, non so come ringraziarvi! - Disse Bridgette con il suo solito sorriso raggiante.
La festa cominciò in quell'istante e tutti i presenti sembravano spassarsela.
Gwen si sedette sulle scale. Attorno a lei vi erano, oltre ai ragazzi che si scatenavano con la musica, numerose coppiette che si sbaciucchiavano senza troppe cerimonie.
"Mi danno il voltastomaco tutte quelle smancerie." Pensò esibendo una smorfia più marcata della precedente. Forse, era solamente gelosia, ma non l'avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura
D'un tratto, quando tutte le sue speranze di vedere Duncan varcare la soglia della casa erano andate a farsi benedire, qualcuno suonò al campanello.
Svelta, Gwen andò ad aprire.
Rimase però delusa, quando si presentò il fattorino che portava in braccio tanti cartoni contenenti pizze appena sfornate da nascondere il viso del povero ragazzo.
- Salve, avete ordinato delle pizze? -
"Già,chi è quell'idiota che ha ordinato le pizze!?" Pensò Gwen irritata più che mai.
Subito, "l'idiota" di turno, ovviamente Owen, si fece spazio e raggiunse il fattorino pagandolo. Povera illusa, pensava davvero che fosse Duncan?
Gwen sbuffò. Ancora quel criminale non era arrivato e la giovane aveva perso la pazienza. "Me l'aveva promesso!" Rimuginò tra sé e sé uscendo di casa sbattendo la porta e sedendosi su una panchina del giardino.
Arrabbiata e frustrata, si mise la testa fra le mani e lacrime amare cominciarono a scendere disubbidienti lungo le sue gote arrossate. Non era suo solito piangere per un ragazzo e per giunta per una cosa all'apparenza così banale, ma non si aspettava un comportamento del genere dal punk, credeva di stargli a cuore almeno un po' invece si sbagliava. Inoltre, come se non bastasse, il giorno dopo la sua migliore amica sarebbe partita e lei sarebbe sicuramente rimasta sola. Una stupida darkettona asociale.
Lasciò che le lacrime unite al mascara le rigassero il volto, in fondo le sarebbe servito sfogarsi un po', di certo lì dov'era non l'avrebbe notata nessuno.
Evidentemente però, si sbagliava.
- Perché stai piangendo, streghetta? -
Quella voce. Quella orribile, sgraziata, irritante, seducente, meravigliosa, irresistibile voce.
Stava sognando oppure aveva sentito bene?
- D-Duncan…? - Chiese Gwen titubante.
Era indecisa se prenderlo a pugni per averla fatta aspettare tanto oppure saltargli al collo in un impeto di gioia.
- Certo, chi vuoi che sia! - Scherzò sedendosi accanto a lei.
Gwen non alzò lo sguardo, non voleva rischiare di rimanere per l'ennesima volta ipnotizzata dalle iridi chiare del ragazzo.
Ma quest'ultimo, rovinandole i piani, prese delicatamente il mento della giovane fra il pollice e l'indice, costringendola a scontrarsi con il suo sguardo.
Rimasero a fissarsi negli occhi per un tempo indeterminato, entrambi potevano specchiarsi nelle iridi dell'altro. Poi, Duncan asciugò con il pollice le lacrime che ancora segnavano il pallido viso di Gwen.
- Scommetto che stavi piangendo per me. - Le sussurrò all'orecchio.
- N-no. - Rispose, ostinata fino al midollo.
Duncan sorrise.
- Sai piccola, non sei per niente brava a mentire. -
Le circondò la vita con un braccio, mentre con l'altra mano le accarezzava i capelli.
- Non avevo alcuna intenzione di farti piangere, anzi, detesto quando ti vedo in questo stato, soprattutto se colpa mia. Ma mio padre non voleva farmi uscire e quindi mi sono dovuto arrangiare calandomi giù dalla finestra di camera mia. -
Continuò sempre con quel dolce sorriso dipinto sulle labbra.
- Grazie. - Mormorò Gwen sorridendo a sua volta.
- Come potevo lasciarti da sola in balia di gente come quell'idiota di Trent o di quell'oca di Courtney? - Replicò stringendola di più a sé.
La distanza tra i due volti si era minimizzata a tal punto che le punte dei loro nasi si sfioravano. Nessuno dei due seppe resistere a quell'attrazione che li legava e si avvicinarono sempre di più, colmando quel vuoto che si era creato fra di loro.
Gwen chiuse gli occhi e appoggiò le labbra su quelle del ragazzo, ma questa volta, non vi era di mezzo nessuna scommessa, debito o quant'altro. Solo amore. Puro e semplice amore.
Lui ricambiò senza esitazioni e quello che era nato come un bacio casto e puro, mutò in uno scambio passionale di affetto guidato dal cuore.
La mano di lui accarezzava lievemente la guancia di Gwen e l'altro braccio le cingeva dolcemente la vita, mentre lei stringeva la maglia di Duncan, come per paura di perderlo.
Restarono uniti per un tempo indeterminato e si separarono loro malgrado l'uno dall'altra a causa dei polmoni che reclamavano ossigeno.
Entrambi si guardarono con sguardo complice.
Questo contatto provocò in Gwen una gran confusione e, molto probabilmente, anche il punk stava lottando con numerosi dubbi che gli opprimevano la mente.
- Credo sia meglio che tu vada dentro casa, ti staranno aspettando. - Esordì Duncan sorridendo e spezzando il silenzio assordante che incombeva nel giardino.
Gwen si alzò in piedi e lo stesso fece il punk.
- No, non credo che mi stia cercando qualcuno e poi non ho certo voglia di vedere Courtney! Altrimenti la mia furia omicida potrebbe concretizzarsi sul serio questa volta…-
Ribatté lei, convinta.
Duncan rise.
- Hai ragione, forse è meglio che restiamo qui a goderci il panorama. -
Panorama? A cosa stava alludendo?
- Quale panorama?- Gwen era più che perplessa: in piena città non c'era molto da contemplare!
In tutta risposta, Duncan la prese per mano, guidandola verso il retro della casa.
- Stenditi qui. - Ordinò.
La gotica arrossì di colpo. Cosa aveva intenzione di fare?
- Ma dai, non dirmi che credi davvero che possa violentarti? - Chiese sarcastico- Cosa aspetti? -
Gwen gli fece la linguaccia, facendo però come le era stato chiesto. Si distese sull'erba umida portando le braccia dietro la nuca. Un attimo dopo la raggiunse il ragazzo che le indicò la volta celeste, dominata dalle caligini e costellata da mille puntini luminosi.
Caspita, era stata una sciocca a dubitare di lui! Era davvero un ragazzo imprevedibile, se credevi di conoscerlo in tutto e per tutto, ecco che affiorava alla luce una sua nuova caratteristica. Inoltre, il suo lato tenero nascosto, tradiva il suo aspetto da criminale.
Perché si, delle volte sapeva essere davvero dolce, proprio come in quel momento.
Era uno spettacolo meraviglioso, il cielo non era mai stato più limpido e sereno come quella notte. L'unica cosa che ostacolava la contemplazione era il vento pungente che le sferzava il viso. Aveva terribilmente freddo. Soprattutto a causa dell'erba umida che le aveva infradiciato la maglietta. Dannazione, non poteva prendersi un giubbotto prima di uscire!?
Duncan però sembrò notare i tremolii della ragazza.
- Hai freddo? - Domandò cingendole le spalle e costringendola ad appoggiare il capo sul suo petto, coprendola con la sua giacca di pelle.
- Perché stai facendo tutto questo? - Gli chiese con immensa spontaneità.
Insomma, si erano appena baciati per la terza volta! Occorreva mettere le cose in chiaro.
- Perché mi piaci -, disse - sei una tipa strana, combattiva e tenace, mi piaci. Ma non credere di averla vinta tu! - Le fece l'occhiolino.
Nel sentir pronunciare quelle parole, Gwen si dovette dare un pizzicotto sul braccio per accertarsi che non fosse un sogno. Non riusciva a credere a quello che aveva appena udito!
Duncan interruppe il filo dei pensieri della gotica guardando l'orologio.
- Accidenti, mi dispiace Gwen, devo tornare a casa, spero che mio padre non abbia scoperto la mia fuga! - Disse alzandosi da terra seguito da Gwen.
- D'accordo e… grazie della serata… - Replicò lei tentennando.
Duncan le si avvicinò sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.
- Non c'è di che, Gwendolyne. - Le sussurrò all'orecchio poco prima di andarsene, lasciandola sola con mille pensieri che le frullavano in testa.
Caspita, che serata!







Angolino autrice.

Salve ^^
Spero di aver aggiornato abbastanza in fretta, e anche che questo capitolo vi sia piaciuto :)
Allora, Duncan è moolto dolce. Forse anche troppo, accidenti!
Il fatto è che mi allettava l'idea di descrivere e far affiorare il suo lato da tenerone, spero quindi di non aver esagerato <.<
Quando si decideranno questi due testoni a dichiararsi? Duncan ha già fatto un passettino avanti, ma Gwen come farà la sua parte? Lo scoprirete nei prossimi capitoli!
(Okay, dopo questo insulso commentino alla Chris McLean mi eclisso xD)

Grazie a tutti voi ^^
Un bacione,


Vostra Ed.






 

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Capitolo 22
*** Una mattinata movimentata (parte 1) ***


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Cap. 22 Una mattinata movimentata (parte 1)



 

 
Gwen seguì con lo sguardo la figura di Duncan che se ne andava, correndo per la strada incurante delle auto in corsa.
Sorrideva, Gwen.
Perché finalmente aveva capito di provare attrazione per quel punk.
E' un sentimento complicato, l'amore. Molto astruso e misterioso, ma chissà come, ci si accorge automaticamente di provarlo e non si può nascondere per sempre.
Prima o poi affiora in superficie, rivelandosi in mille maniere differenti.
Quel bacio, fu una di queste.
Chissà, forse era solo una stupida ed insignificante cotta? Gwen, non lo sapeva.
Sta di fatto che avrebbe desiderato ardentemente che il ragazzo fosse accanto a lei.
Solo quando non riuscì più a distinguere l'inconfondibile cresta verde del ragazzo, si accorse di avere ancora fra le mani la sua giacca borchiata. Proprio quella con cui l'aveva coperta dal vento pungente di quella notte.
In un primo momento le passò per la mente di rincorrerlo per le strade solo per restituirglielo, poi però si dovette ricredere a causa della stanchezza che la stava mano a mano pervadendo. Così decise di rientrare.
Non appena entrò in casa, si ritrovò gli occhi di Trent e Courtney puntati addosso, i quali avevano interrotto la loro allegra chiacchierata solo per fissarla di sbieco.
Soprattutto la mora, che aveva intuito con uno sguardo a chi apparteneva la giacca che Gwen aveva in mano. Beh non che fosse una deduzione così brillante, chi non avrebbe riconosciuto quel giacchetto borchiato così stravagante?
Che avesse capito tutto? Gwen sperava proprio di no.
Molta gente era già andata via, e verso l'una levarono tutti le tende e rimasero solamente Geoff  Bridgette e Gwen.
- Grazie mille ragazzi, io… sono commossa! - Esordì la surfista abbracciando entrambi.
- Amore, te la sei meritata questa festicciola. Sei sempre stata gentile nei nostri confronti, era ora che ci sdebitassimo! - Rispose Geoff.
In quel momento entrò in casa Sophie, appena tornata da una serata al ristorante.
- Ciao ragazzi! Caspita, ma cosa avete combinato? Sembra che sia passata una mandria di bufali! -
- Non preoccuparti mamma, metterò tutto a posto io, va pure a dormire. -
Sophie annuì amabilmente e se ne andò nella sua camera nel piano superiore.
- Ti aiutiamo noi Gwen! -
- No, grazie ragazzi ma è meglio che voi stiate ancora un po' insieme. Su, avanti, cosa aspettate? - Replicò sorridendo.
- Ma sei sicura di… -
- Ho detto di si! Ora andate a sbaciucchiarvi! - Scherzò lei accompagnandoli alla porta.
- Grazie Gwen. - Dissero in coro i due innamorati.
La gotica fece loro l'occhiolino chiudendo la porta e spiandoli dalla finestra.
Camminavano abbracciati l'un l'altra scambiandosi effusioni ogni due secondi.
In un certo senso, li invidiava. Non aveva mai conosciuto nessuna coppia più affiatata di loro. In quel momento, avrebbe voluto anche lei essere felice con qualcuno al suo fianco.
Improvvisamente, il cellulare che aveva nella tasca dei jeans trillò, annunciando l'arrivo di un messaggio:
 
Streghetta, credo di essermi dimenticato il giubbotto a casa tua.
Ah, sogni d'oro piccola.
 
Duncan.
 
 
Gwen sorrise.
Duncan era il mago delle "piccole cose". Quei dettagli all'apparenza così insignificanti che però provocarono nella gotica un gran batticuore.
Ormai si era arresa all'idea che avesse preso una cotta per quel criminale.
Ma ne era proprio sicura? Definirla cotta infatti, suonava abbastanza riduttivo nei confronti dell'attrazione che provava verso di lui.
Purtroppo il cellulare era scarico e si spense prima che Gwen potesse scrivere la risposta.
 
Un ora dopo, Gwen aveva terminato di pulire il salotto e salì in camera sua, buttandosi a peso morto sul letto ed addormentandosi pochi istanti dopo ancora con i vestiti della festa addosso.
 
La mattina dopo, la gotica fu svegliata dai timidi raggi solari. Stranamente, nonostante fosse Gennaio inoltrato, faceva abbastanza caldo.
Ancora avvolta nel tepore delle coperte, controllò svogliatamente la sveglia, che segnava le dieci e mezza di mattina.
Gwen sbuffò alzandosi dal letto.
Quel giorno sarebbe stato il peggiore della sua vita, ne era certa.
Accidenti, Bridgette non poteva andarsene! Presto sarebbe partita con suo padre per la grande mela e non l'avrebbe di certo rivista fino alla fine dell'estate.
Prese dall'armadio un paio di jeans scuri e strappati e la felpa degli Ac/Dc  che le aveva regalato Bridgette il giorno del suo compleanno.
Indossati un paio di anfibi, corse in cucina a far colazione.
<< Buongiorno Gwen! Dormito bene? >> Squittì Sophie.
La ragazza annuì distrattamente, sedendosi a tavola.
<< Com'è andata la festa di ieri sera? >> Continuò imperterrita la madre.
Al solo pensiero del bacio fra lei e Duncan arrossì visibilmente, fissando un punto indefinito della stanza con aria sognante.
<< Gwen, c'è qualcosa che non va? Perché non mi rispondi? >>
La giovane sussultò, notando che la madre aveva alzato leggermente la voce.
"Se non le rispondo ora perderà la pazienza…" Pensò.
<< Oh, ecco… bene. Lo sai, io detesto le feste ma… credo di essermi divertita ieri sera. >>
Sophie contenette a stento una risatina.
<< E adesso cos'hai da ridere?! >> Esclamò Gwen seccata.
<< Oh niente, tranquilla. C'era Duncan ieri sera? >>
La gotica alzò gli occhi al cielo: "possibile che debba sempre ficcare il naso dappertutto!?"
Pensò giocherellando con una ciocca blu notte.
<< Mamma, so a cosa stai pensando, sai già la risposta. >> Disse alzandosi.
La donna ridacchiò di nuovo.
<< Dove vai tesoro? Mi sembrava che mi avessi detto che Bridgette sarebbe partita verso mezzogiorno! >>
<< Si, però vorrei comprarle un regalo. >> Rispose afferrando il cellulare in carica dal tavolo e uscendo di casa.
"Dunque - pensò -, cosa le potrei fare? I negozi sono tutti chiusi di domenica! Accidenti!"
Poi le venne un'idea.
Accese il telefono digitando un numero.
 
<< Pronto? Duncan a rapporto streghetta! >> Esordì la voce dall'altro capo.
<< Duncan! Ascolta, ho bisogno del tuo aiuto. >>
La risata del punk risuonò dal cellulare di Gwen.
<< Cos'hai da ridere!? Sono serissima! >> Esclamò lei seccata.
<< Scusami dolcezza, ho capito bene? Hai bisogno del mio aiuto? >> Sghignazzò il ragazzo.
<< Si! Cosa c'è di tanto esilarante!? >>
<< Niente, piccola, niente a parte il fatto che hai finalmente ammesso che hai bisogno di me! >>
<< Grrr, Duncan! Piantala di fare lo sbruffone e ascoltami. Dovrei trovare un regalo per Bridgette e non so dove comprarlo perché i negozi sono tutti chiusi! Conosci qualche posto che potrebbe essere aperto? >>
Duncan ci pensò su un momento.
<< Un negozietto ci sarebbe, però ti ci devo accompagnare io. >>
<< E perché mai? >>
<< Si trova nei quartieri malfamati della città, vuoi che qualche ragazzaccio ti rapisca? >>
Gwen sbuffò.
<< E va bene, ci vediamo davanti al bar del tuo amico tra dieci minuti. >>
<< Dieci minuti!? A-aspetta io sono ancora in pigiama! >>
La gotica interruppe la chiamata ridendo.
<< Gwen…? >>

Seduta nella panchina davanti al suddetto bar, Gwen aspettava impazientemente l'arrivo di Duncan, controllando ripetutamente l'orologio, picchiettando con un dito contro il quadrante. "Se non arriva entro cinque minuti lo vado a prendere a casa per un orecchio!"
All'improvviso due mani le oscurarono la vista, ponendosi davanti ai suoi occhi.
<< Duncan! Finalmente sei arrivato! >>
<< Sai com'è, non è facile vestirsi, lavarsi, far colazione e correre come un deficiente per le strade e arrivare qui in due minuti! >> Ribattè imbronciato.
<< Per questa volta ti perdono. >> Rispose lei facendogli l'occhiolino.
<< Sai, prima mi sei sembrata Courtney! >>
Gwen ridusse gli occhi ad una fessura.
<< Come osi Duncan! Insultare una persona perfetta come me! Guarda che se lo ripeti un'altra volta, ti farò passare guai seri! Parola di Miss Perfezione! >> Sbraitò imitando l'ispanica.
Duncan la fissò per un momento e poi entrambi scoppiarono a ridere.
<< Perfetta imitazione, complimenti -, disse lui scompigliandole i capelli - ma ti preferisco di gran lunga quando sei la signorina Gwendolyne. >>
Sorrise. Gwen arrossì visibilmente, mordendosi il labbro inferiore.
<< Sei ancora più carina quando sei in imbarazzo. >> Continuò lui facendole l'occhiolino.
Intanto, erano arrivati davanti all'entrata di un viottolo piuttosto buio.
Duncan prese Gwen per il braccio, intimandole di far silenzio; camminarono lungo questo viale senza incontrare anima viva.
<< Fiuu, per fortuna non c'era nessuno! Ecco qui, questo è il miglior negozio di bigiotteria e cazzatine inutili. >> Esordì indicando un piccolo locale davanti a lui: portava la scritta "William & Co" sopra l'entrata, ed era poco illuminato.
<< Ma perché eri tanto preoccupato? E poi… questo non mi sembra un negozio, è una catapecchia in via di demolizione! >> Sbuffò lei.
<< Entra e poi ne riparliamo! >> Replicò lui spingendola dentro il negozietto.
Dentro, vi era un acuto profumo di incenso, che inebriava l'aria, mentre gli oggetti di argento illuminavano la stanza. Vendeva di tutto: dalla bigiotteria al vestiario di ogni genere, dai dischi di vinile ai cappelli e via dicendo. Gwen restò letteralmente a bocca spalancata.
<< Buongiorno principessa, posso aiut… Duncan! Che ci fai qui? >> Esclamò una voce maschile da dietro il bancone. Era un ragazzo sulla ventina, capelli di un biondo scuro e una cresta ancora più alta di quella di Duncan, colorata di blu, mentre i suoi occhi verdi brillavano di luce propria. Si, era davvero un bel ragazzo!
<< Ehi Rob! Cosa ci fai tu qui! >>
<< Eh, sai com'è, il lavoro è sempre meno e mi sono dovuto arrangiare! >> Sospirò l'altro.
<< Ah e così ti sei fatto assumere dal vecchio Will! >>
<< Indovinato! Ma… questa fanciulla è la tua ragazza? >> Disse il biondo sorridendo.
"Ma perché tutti i suoi amici mi scambiano per la sua fidanzata!?" Pensò Gwen imprecando mentalmente.
<< Ehm, no, l'ho portata qui perché ha bisogno di comprare un regalo per una sua amica che si trasferisce oggi. >> Rispose Duncan riprendendo le redini della situazione.
<< Ah! Allora seguimi pure dolcezza, qui ho una cosa che può fare al caso tuo. >>
Indicò un bancone pieno zeppo di cianfrusaglie varie, e da quell'ammasso informe, pescò una catenina argentata, sulla quale era appeso un ciondolo con incisa in un carattere molto piccolo e in corsivo: "L'amicizia è un legame indissolubile." e la mostrò a Gwen con aria compiaciuta. La ragazza rimase a bocca aperta dallo stupore. Non pensava che avrebbe trovato sul serio qualcosa da regalare all'amica. O, almeno, non così… perfetto!
Semplice e sobrio, cosa voleva di più?
Gwen annuì energicamente, sorridendo entusiasta.
<< E' perfetto, grazie! >>
<< Davvero? Wow! Non avrei mai pensato di beccare quello giusto al primo colpo! >>
Esclamò il ragazzo mentre cercava la busta adatta per un regalo.
Gwen pagò e uscì dal negozio, mentre Duncan parlottava con Rob.
"Ma cos'avranno da confabulare quelli?" Pensò mentre si guardava attorno.
Dopo pochi secondi uscì anche Duncan, sorridendo.
<< Cosa stavate confabulando voi due? >> Chiese Gwen, sospettosa.
Il punk alzò le spalle, fischiettando fingendo innocenza.
Poi scivolò dietro di lei allacciandole al collo una catenella argento con un ciondolo a forma di teschio.
<< D-Duncan, e questa? >> Domandò lei voltandosi sorpresa.
<< Questa, è un regalo per te. >> Sorrise, compiaciuto della sua incredulità.
<< Grazie Duncan, ma… perché? >>
<< Oh, è solo una cosuccia per sdebitarmi di quei dieci dollari. >>
Prima che Gwen potesse rispondere, da buio di quel viottolo davanti al negozietto, spuntarono delle figure minacciose, che sorridevano maligne.







Nota dell'autrice.

Salve a tutti ^^

Vi ringrazio infinitamente per avermi seguita fino a qui e scusate il ritardo, ma mi sono dovuta esercitare con la chitarra tutta la settimana in preparazione al concerto che avrò stasera *-* Sono moolto emozionata *___*
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto ^^

Un bacione,
La vostra Ed.








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Capitolo 23
*** Una mattinata movimentata (parte 2) ***


 Cap. 23  Una mattinata movimentata (parte 2)


 

 
<< Ma chi è questa bella fanciulla? >> Esordì uno.
<< Ti sei persa tesoro? >> Si fecero più vicini alla ragazza e Duncan intervenne.
<< Ragazzi, lei è con me. Lasciatela in pace. >> S'impose con voce pacata e autoritaria.
<< Duncan! E' di tua proprietà questo bel fiorellino? >> Sorrise subdolamente un altro.
<< Si, e ora smammate e fateci passare se non volete finire all'obitorio prematuramente.>>
Replicò Duncan esibendo una smorfia e facendosi strada fra di loro, mentre con una mano stringeva il polso di Gwen, la quale lo seguiva cercando di evitare gli sguardi intimidatori di quei ragazzi.
Uno di loro, un giovane alto e robusto, si accostò a Duncan sibilando con aria di sfida:
<< Non è finita qui. >>
Duncan s'irrigidì lanciandogli un'occhiataccia.
Finalmente, superarono quel viottolo così tetro e buio lasciandosi alle spalle quella banda di bulli. Non appena svoltarono l'angolo, il punk si fermò, lasciando il polso di Gwen.
<< Duncan ma chi sono quelli? >> Domandò lei piuttosto preoccupata.
In quel momento aveva capito a cosa si riferiva Duncan con la frase "Vuoi che qualche ragazzaccio ti rapisca?" Rabbrividì pensando a cosa le sarebbe successo se non ci fosse stato lui.
<< Quelli sono i Dukes*, una banda di idioti che si divertono a picchiare chiunque passi per i loro quartieri. Ora capisci perché non ti ho lasciata andare da sola? >>
<< Ma perché ti hanno lasciato passare? Loro erano in dieci e tu uno solo! >>
<< Ho fatto parte anch'io di loro ed è  per questo motivo che Geoff ed io ci siamo divisi. >>
Gwen sbarrò gli occhi.
<< Come!? Vuoi dire che loro hanno picchiato Geoff? >> Duncan annuì.
La gotica rimase in silenzio. Caspita, non avrebbe mai creduto che Geoff fosse stato coinvolto in una rissa con i Dukes!
Continuarono a camminare senza proferir parola, poi quando arrivarono al loro punto di incontro, finalmente Duncan si decise a parlare.
<< A che ora parte la tua amica? >> 
<< Mmh… credo verso mezzogiorno. >> Rispose Gwen pensierosa.
Duncan sorrise.
<< Beh streghetta, allora è meglio che cominci a correre, mancano quindici minuti alle dodici!>>
<< Coosa!? Stai scherzando!? >> Esclamò lei.
Duncan scosse la testa mostrandole l'orologio.
<< Oh no! Come minimo ora che arrivo alla stazione sarà già partita! >> Gwen si prese la testa fra le mani, disperata. "Devo aver perso la concezione del tempo!" Pensò.
<< Una soluzione ci sarebbe… >>
La giovane drizzò immediatamente le orecchie, speranzosa.
<< Quale? >>
<< Potrei accompagnarti in moto fino alla stazione. >>
Gwen sorrise a trentadue denti saltandogli al collo.
<< Grazie, grazie, grazie! >> Strillò al culmine della gioia.
<< Ehi ehi ehi! Ho detto che "potrei" accompagnarti, non che "posso"! >>
<< Avanti Duncan, ti prego! Per favore! >> Supplicò lei stringendogli la maglietta.
Il punk sorrise, cingendole la vita e sussurrandole all'orecchio:
<< D'accordo. Ma in cambio… >>
Si avvicinò sempre di più al suo viso, fino a far toccare le sue labbra con quelle della gotica.
Fu un contatto rapido e casto, ma Gwen sembrò apprezzarlo molto. Ovviamente, non voleva darlo a vedere.
<< Ora possiamo andare? >> Bisbigliò lei sorridendo.
Duncan annuì prendendola per mano e la condusse dove era parcheggiata la moto: era nera con due fiamme cremisi ai lati.
<< Avanti, sali. Non mi sembra che tu abbia molto tempo da perdere. >>
Gwen sussultò, fino a quel momento era rimasta catturata dai colori del bolide.
<< Oh, si arrivo. >> Duncan le porse il suo casco.
<< Forse questo è meglio che lo usi tu. >> Le fece l'occhiolino.
<< E perché? >> Rispose sospettosa.
<< Bambolina, non vorrei che ti facessi male, soprattutto dal momento che mi sembri una calamita per le disgrazie! >>
Gwen gli fece la linguaccia, corrucciando la fronte. "Se osa superare il limite di velocità gliela do io la disgrazia!" Pensò allacciandosi il casco e salendo sulla moto.
<< Vuoi aggrapparti a qualcosa oppure preferisci rischiare di volare via? >> Disse Duncan, sarcastico. Gwen arrossì imbarazzata e strinse le braccia attorno la vita del ragazzo.
<< Okay baby, preparati a sfrecciare per le strade di Toronto! >>
Duncan fece rombare il motore per poi accelerare inavvertitamente.
Gwen si strinse ancor più a lui. Aveva una fifa terribile di rischiare di cadere da quel bolide!
Ad una velocità del genere, un mese di ospedale non le sarebbe di certo bastato!
Il punk invece ghignava soddisfatto: se c'era qualcosa che amava fare era guidare la sua moto, figuratevi con una bella ragazza a fargli compagnia!
Percorse diverse viuzze secondarie, probabilmente cercando di evitare gli sbirri che l'avrebbero sicuramente fermato.
Gwen si teneva stretta a lui, appoggiando la testa sulla sua schiena a causa del vento chele sferzava il viso.
Dopo alcuni minuti arrivò alla stazione, fermandosi di colpo davanti all'entrata.
<< Gwen, so che ti piacerebbe rimanere incollata a me per sempre, ma… il treno della biondina partirà fra cinque minuti, sarà meglio che ti sbrighi! >> Esordì Duncan picchiettando con un dito sul braccio della ragazza che ancora gli stringeva la vita.
Gwen sussultò, come risvegliatasi da un incubo.
<< Oh, giusto! >> Fece per scendere dalla moto, ma qualcosa andò storto e a causa dei suoi modi impacciati, finì gambe all'aria.
Duncan la squadrò per un attimo e poi scoppiò in una fragorosa risata.
<< Invece di ridere come un idiota aiutami! >> Lo ammonì Gwen in un impeto di imbarazzo. Il punk scese dal bolide e le diede la mano, tirandola a sé.
Si ritrovarono a pochi centimetri l'uno dall'altra, e il viso della ragazza si era visibilmente colorato di un rosso cremisi ardente.
Duncan intanto sorrideva sornione.
<< Ehi, lo so che non vorresti altro che continuare a contemplare la mia bellezza, ma così non farai in tempo a salutare Bridgette. >> Le sussurrò, compiaciuto del palese imbarazzo che le aveva provocato.
Gwen cercò di riprendersi, ma le iridi chiare del ragazzo l'avevano catturata per l'ennesima volta. Erano come una calamita per lei, una volta tuffatasi nell'oceano acqua marina dei suoi occhi, faticava a riemergere.
Fortunatamente l'affermazione di Duncan la fece tornare alla normalità e si allontanò da lui esibendo una smorfia di disapprovazione.
<< Bellezza? Duncan non scherzare! >> Lo canzonò lei con un sorriso  prima di cominciare a correre verso l'entrata della stazione. Il punk si appoggiò alla moto parcheggiata, guardandola mentre cercava di trovare i suoi amici.
Riuscì subito a scorgere Bridgette, che aspettava il treno nel binario alla sua destra, con lei c'era anche Geoff.
<< Bridgette! >> Gridò raggiungendola.
L'amica sorrise sollevata.
<< Gwen! Pensavo non arrivassi più! >>
<< Scusa, è che prima di venire qua ho dovuto fare dei giretti… >> Disse mostrandole il pacchettino regalo.
La ragazza si portò una mano alla bocca rosea, sorpresa.
<< Questo è un piccolo regalino da parte mia. >>
<< Gwen io… non so come ringraziarti, davvero! >>
<< Non ce n'è bisogno. Ricordati di noi, quando sarai nella città più chic degli Stati Uniti!>> Esclamò dandole una leggera gomitata nella spalla.
<< Ci puoi contare! Spero di tornare qua non appena arriveranno le vacanze estive… Oh, è arrivato il treno! Ciao amore! - disse stampando un bacio sulle labbra di Geoff - Ciao Gwen, sei la migliore. - strinse la gotica in un abbraccio soffocante, - ah, mi raccomando, appena ci sono novità su te e Duncan avvisami! >> "Su me e Duncan!?" Pensò la gotica contrariata.
Con quest'ultima frase, Bridgette salì sul treno che l'avrebbe strappata dai suoi amici.
Con quell'ultima frase, l'unica persona che era in grado di capire Gwen, se n'era andata.
Ora, non le rimaneva che se stessa. O forse no?
 
Nella stazione rimasero Gwen e Geoff, che fissarono per interminabili minuti il treno che portava con sé la loro rispettivamente amica e fidanzata, andarsene, viaggiando sulle rotaie dirette verso New York.
<< Ce la caveremo. >> Sospirò Geoff incamminandosi a testa bassa verso l'uscita
<< Già… mi mancherà. L'unica consolazione è il fatto che forse la vedremo tornare tra alcuni mesi. >> Rispose Gwen sorridendo incoraggiante.
<< Lo spero… >> Detto questo, il ragazzo deviò a sinistra, salutando con un debole cenno della mano la gotica, la quale scosse la testa amareggiata.
Gwen si fermò davanti all'entrata della stazione, abbassando lo sguardo per terra.
Ma che cosa aveva fatto di sbagliato per meritarsi questo!? Ora non avrebbe avuto nessun amico, nessuna spalla su cui appoggiarsi nei momenti di bisogno, nessuno.
Sarebbe tornata ad essere etichettata Gwen la gotica asociale , e questo non lo sopportava.
Prima di conoscere Bridgette era una darkettona "emarginata" dai gruppi di ragazzi che uscivano la sera a divertirsi, dalle grandi compagnie di cui - anche se non lo dava a vedere - avrebbe fatto volentieri parte. Perché in fondo, rimanere soli ed etichettati ingiustamente dai coetanei, non era sicuramente il desiderio di ogni ragazzo.
Inoltre il suo pensiero andava anche a Geoff, il poveretto non avrebbe accettato così facilmente la partenza della compagna. Insomma, la partenza di Bridgette aveva causato un gran dispiacere nei suoi amici, aveva portato con sé un pezzetto del loro cuore.
 
<< 'Fanculo! >> Ringhiò calciando con rabbia uno sventurato sassolino.
<< Ehi ehi ehi! Cos'è successo? >> Sussurrò una voce dietro di lei.
Gwen si voltò, lasciando che le lacrime le rigassero il volto, mischiate al mascara.
Era l'ennesima volta che piangeva davanti a lui, forse poteva anche essere definita una sciocchezza, ma in quel momento la cosa non le interessava minimamente, desiderava solo sfogarsi e prepararsi a quel periodo nero che le si protendeva dinanzi.
<< Niente, tranne il fatto che la mia migliore e unica amica è appena partita e probabilmente non tornerà mai più! Lei era l'unica che riusciva a capirmi e a farmi sentire a mio agio, l'unica, dannazione! Ora tornerò ad essere la gotica asociale e solitaria che ero prima! >> Gridò, incurante del via vai delle persone che osservavano incuriositi la scena.
Cosa ci sarà di tanto interessante da vedere in una ragazza dark che sfoga le sue frustrazioni contro un povero punk innocente?
Duncan le si avvicinò, senza dire una sola parola; le cinse la vita con un braccio, mentre con l'altra mano le sollevò delicatamente il viso, cercando di asciugare quelle lacrime che aveva visto scorrere fin troppe volte sulle sue gote.
<< Su su, piangere non servirà a niente! >>
Gwen distolse lo sguardo.
<< Tu non capisci. >>  Vomitò quelle parole cariche di rabbia.
Solo a lei dovevano capitare cose del genere?!
<< Ascolta Gwen, tu non sarai mai sola, chiaro? Mai. >>
Mormorato ciò, le prese delicatamente il viso tra le mani, costringendola ad appoggiarlo contro il suo petto.
<< In fondo, ci sarò sempre io a farti compagnia. >> Le bisbigliò all'orecchio, accarezzandole i capelli; Gwen sorrise.
<< Che ne dici di andarci a prendere una cioccolata calda dal buon vecchio Jack? >> Continuò Duncan prendendo la gotica per mano.
Quest'ultima assentì.
Insieme si incamminarono verso la moto, lasciandosi alle spalle la stazione, dimenticando anche solo per un po', quel treno che aveva portato via Bridgette dalla città.






* Ho "rubato" il nome Dukes da Happy Days, nel quale questi ragazzi sono, proprio come in questo capitolo, dei bulletti che si divertono a importunare e, a volte, picchiare quelli che osano passare per i loro quartieri malfamati.


Nota dell'autrice.

Salve lettori ^^
Perdonatemi per l'immenso ritardo ma in questo periodo ho avuto un sacco di impegni!
Spero comunque che questo capitolo vi piaccia :)
Grazie a tutti.


Ed.






 

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Capitolo 24
*** Corsi di pittura e feste di compleanno ***


Cap. 24 Corsi di pittura e feste di compleanno







 
Passarono due settimane da quella cioccolata calda al bar di Jack, l'amico di Duncan.
Passarono due settimane, dalla partenza di Bridgette.
In questo lasso di tempo, Gwen aveva cominciato a chiudersi in se stessa, uscendo di casa eccezionalmente per andare a scuola oppure grazie a Duncan che, stranamente, cercava di farla svagare un po' trascinandola in giro per la città.
Ma la gotica non ne voleva sapere e, proprio quando sembrava tutto perduto e lei pareva essersi isolata dal mondo esterno, ecco che spuntò l'occasione d'oro.
Quel giorno assolato di Marzo, stava passeggiando per i corridoi della scuola, affiancato dalla costante presenza di Duncan, che in quelle due settimane non aveva fatto altro che starle incollato. Il ragazzo sbuffò improvvisamente, infastidito del silenzio che era calato fra i due.
<< Gwen, sono due settimane che non esci di casa se non per venire in questa casa della morte oppure per andare a comprare il latte per la mammina, - la schernì - ti vuoi decidere a seguire i miei consigli e a stare un po' con noi altri esseri umani, oppure preferisci rimanere sola e depressa per tutta la vita? >>
Gwen inarcò un sopracciglio.
<< Da quando ti preoccupi tanto per me? >>
<< Precisamente da quando non sembri più notare la mia innata bellezza! >> Scherzò il punk mostrando teatralmente il muscolo del bicipite del braccio.
La gotica scoppiò a ridere.
<< Cosa? Innata… bellezza? Ahah non ho mai sentito una battuta più divertente! >>
Duncan si finse offeso.
<< Ah si? Vediamo se la pensi veramente così. >> Detto ciò la prese per le spalle, facendola finire con la schiena appoggiata al muro.
<< Duncan cosa credi di fare? Guarda che non cambierò idea così facilmente! >> Rise lei.
Il punk avvicinò il suo viso a quello di Gwen.
<< Vedremo… >>
Duncan però, non fece in tempo a compiere la sua mossa che la gotica era scivolata via dalla sua stretta, precipitandosi verso la bacheca della scuola, nella parete opposta a quella dove era il ragazzo.
"Corso di pittura per gli appassionati.
Chiunque avesse del talento nascosto per la pittura oppure desideri imparare nuove tecniche per questa splendida arte, è invitato a partecipare al corso che si terrà nel laboratorio…"
A Gwen brillarono gli occhi non appena apprese la meravigliosa notizia; lei amava disegnare, era una delle attività che svolgeva da sempre, fin da quando era una bambina che si ostinava a volersi impiastricciare le manine con le tempere ogni giorno.
Si girò immediatamente verso Duncan, che nel contempo che lei leggeva quelle due righe che le avevano suscitato tanto entusiasmo le si era affiancato con aria perplessa.
<< Oh Duncan! - esclamò Gwen con aria sognante -Non ci crederai mai! >>
<< Avanti spara. >>
<< Hanno organizzato un corso di pittura qui a scuola, capisci cosa significa?! >>
Duncan scosse la testa continuando a non capire.
<< Ehm Raggio di Luna, sei sicura di stare bene? >>
Gwen lo ignorò e gli saltò al collo, sprizzando gioia da tutti i pori, sotto lo sguardo incredulo e confuso del punk.
<< Era da anni che aspettavo un'occasione del genere! Sophie non mi ha mai voluto mandare a dei corsi di pittura, perché li organizzavano sempre fuori città! Oh, sono felicissima! >> Squittì la gotica, gongolante.
"Beh, se non altro questo corso l'aiuterà a non chiudersi in casa ogni singolo giorno!"
Pensò Duncan. Come citato sopra, il ragazzo era molto più premuroso con lei; ovviamente non avrebbe mai ammesso che era interessato a lei, nemmeno che le stava accanto per il suo bene. Caspita, si era parecchio rammollito negli ultimi tempi!
Gwen riusciva a mandargli il cervello in tilt certe volte, era… speciale. Ecco come Duncan l'avrebbe descritta in un solo aggettivo: speciale.
Courtney era diversa; troppo fiscale e maniaca del perfezionismo per uno come Duncan.
Insomma, non era certo il tipo da volersi far comandare a bacchetta!
<< Oh ma guarda! Si è iscritto anche Dj! Ma aspetta… il corso comincerà proprio oggi! >>
Il sorriso della gotica si era allargato sempre di più dalla gioia.
<< Non ti ho mai vista così contenta. >> Asserì Duncan mentre avevano ripreso a camminare per raggiungere la loro classe.
<< In effetti da quando è partita Bridgette sono molto mogia, ma a quanto pare non sono l'unica. >> Rispose lei indicando Geoff seduto nell'aula con lo sguardo perso fuori dalla finestra. Gwen sospirò.
<< Sarà meglio che vada a parlargli… Anzi, perché non ci vai tu? >>
<< Io!? Ma sei impazzita!? Non so se ti ricordi, ma noi due ci odiamo. >> Si oppose il punk con una smorfia di disapprovazione dipinta sulle labbra.
<< Appunto. Sarà un modo per riappacificarvi! >>
Duncan inarcò un sopracciglio.
<< Stai scherzando vero? >>
<< Non mi pare. Guarda la mia espressione; pensi che stia scherzando? >>
<< Non ci penso minimamente. >> Duncan incrociò le braccia al petto.
<< Si invece. >>
<< Assolutamente no. >>
<< Si! >>
<< No! >>
Gwen finse di pensarci su un momento.
<< E va bene, se la mettiamo in questo modo… prometto che questo sabato ti offrirò la cena al Drama's Restaurant, ci stai? >>
<< Mmh… accetto! >> Si strinsero la mano per aver concluso l'affare, e un attimo dopo, Duncan si era già diretto verso Geoff, sotto gli occhi soddisfatti di Gwen.
Il punk esitò, prima di sedersi nella sedia davanti al banco dove era il biondo.
<< Geoff. >> Il moro richiamò la sua attenzione.
<< Cosa vuoi? >> Domandò il secondo, seccato.
<< Io niente, da te. Ma è stata Gwen che mi ha costretto a parlarti. >>
<< Allora dille che non ho bisogno di parlare, tanto meno con un criminale come te. >>
Duncan sbuffò, parecchio irritato.
<< Ascolta, non ho nessuna voglia di rimanere qui a sentirti piagnucolare come una femminuccia. Bridgette è partita? Non c'è modo di frignare come una bambinetta dell'asilo e isolarsi dal mondo esterno. Diamine Geoff! Che senso ha comportarsi così? Nessuno, ecco la verità! Non risolverai niente! Sei o non sei il festaiolo per eccellenza del liceo? >> Esclamò Duncan sbattendo furente le mani contro la superficie del banco, sotto gli occhi sbalorditi del biondino.
<< Hai ragione… Be' suppongo che ti debba ringraziare. >>
Rispose Geoff tendendogli la mano, sorridendo.
Duncan lo squadrò con una smorfia.
<< E' Gwen che devi ringraziare. >> Bofonchiò allontanandosi senza stringergli la mano.
 
<< Allora? >> Domandò la gotica non appena vide Duncan uscire dall'aula.
<< Allora… ho scoperto che il suo Quoziente Intellettivo non è poi così basso. >>
<< Ah si? Forse perché fino ad oggi non hai mai confrontato il tuo , effettivamente nullo, e il suo. >>Replicò lei, sorridendo.
<< Stai sviluppando un senso dell'umorismo tagliente, Gwendolyne. >>
<< Quindi dovresti stare attento, potresti tagliarti. >> Ammiccò Gwen.
Prima che Duncan potesse rispondere alla frecciatina della ragazza, intervenne Heather, con la sua solita aria fredda e sprezzante.
<< Ciao, sfigati -, cominciò squadrandoli dall'alto al basso - volevo invitarvi alla mia festa di compleanno, che si terrà dopodomani a casa mia. Ah, non fraintendete, vi ho inviato solamente perché… più gente ci sarà, più regali e popolarità per me! E… per favore, vestitevi per bene, non fatemi fare brutta figura.>> Aggiunse con aria di superiorità, e se ne andò camminando a testa alta, facendo ondeggiare i lunghi capelli neri.
<< Grr non la sopporto!- Ringhiò Gwen stringendo i pugni. - Sai che cosa le ci vorrebbe per farle abbassare la cresta? Un ragazzo! Così almeno non ficcherebbe più il naso negli affari altrui! >>
<< Tranquilla, a questo ci ha già pensato Alejandro. >> Duncan indicò un ragazzo alto, abbronzato e con due occhi verdi che risaltavano in contrasto con la pelle bronzea.
Alejandro, si avvicinò ad Heather, la quale stava ancora finendo di sbandierare la notizia della sua festa e le cinse la vita con un braccio.
<< Hola chica. >> Sussurrò con tono provocante.
La reazione della mora arrivò tempestivamente.
<< Tu! Essere repellente! Levami immediatamente i tuoi tentacoli di dosso! >>
Esclamò con espressione schifata.
Gwen e Duncan scoppiarono a ridere, rimanendo a guardare la scenetta comica davanti a loro per almeno dieci minuti. Heather e Alejandro intanto, continuavano a lanciarsi battibecchi e frecciatine.
Quando i due smisero finalmente si scambiarsi stilettate, i due spettatori dovettero asciugarsi le lacrime agli occhi da quanto avevano riso.
<< Ahah cosa ti dicevo io? >> Esordì il punk.
<< Esilarante! Troppo divertente! >>
<< Dai, andiamo. >>
<< Dove? >>
<< A casa, no? Oggi Hatchet non c'è e abbiamo il permesso di uscire due ore prima! >>
<< Oh già, è vero! Però io devo rimanere comunque a scuola, all'una ho il corso di pittura!>>
Duncan storse la bocca.
<< Bleah. Contenta te. Be' allora ci vediamo domani! >>
Gwen annuì.
<< Ciao! >>
 
Il corso di pittura durò due ore e Gwen conobbe una simpatica ragazza di lontane origini africane di nome Leshawna.
<< Ehi, ma chi è quel tipo là fuori che ti sta fissando da un'ora? >> Domandò lei ammiccando maliziosa.
<< Quale tipo? >>
Leshawna le indicò con il pennello un ragazzo fuori dalla porta del laboratorio, appoggiato al muro con le mani in tasca.  Aveva una cresta verde smeraldo… un momento. Duncan!?
Gwen sgranò gli occhi, sbalordita.
<< Duncan! Ma che diavolo ci fa qui!? >>
<< Ah lo conosci? Non mi dire che è il tuo fidanzatino! >>
<< Ovvio che no! >>
Duncan si accorse che la gotica lo aveva finalmente notato e le fece l'occhiolino, salutandola con un cenno della mano.
<< Avanti ragazza, un semplice amico non aspetterebbe un ora per vederti uscire di qui.>>
<< Un'ora? Non vorrai dirmi che è qui da un'ora e io non me ne sono accorta! >>
Leshawna annuì, mentre Gwen si batté una mano in fronte, disperata.
Quando la lezione finì, Gwen corse fuori dal laboratorio, precipitandosi dal punk, che l'attendeva con enorme pazienza.
<< Duncan, ma cosa ci fai qui? >> Domandò lei irritata.
<< Ehi ehi! Bel modo di ringraziare le persone! >> Rispose il moro tirando fuori dalla tasca dei jeans un cellulare nero e sventolandolo davanti al naso di Gwen.
<< Ma quello… è il mio cellulare! Dove l'hai trovato? >>
<< L'avevi lasciato sotto il banco. La prossima volta vedi di non dimenticartelo. Sai, non è molto divertente stare un'ora a guardarvi giocare con le tempere! >> Scherzò lui.
Gwen sorrise. << Be' allora ti ringrazio. >>
Duncan scosse la testa.
<< Non basta. >>
La gotica aggrottò le sopracciglia, perplessa.
<< Come non basta? >>
<< Se rivuoi il tuo bellissimo telefono devi accettare una condizione. >>
<< Sentiamo. >>
<< Verrai con me alla festa di Heather. >>
<< Cosa!? Io non voglio andare alla festa di quella vipera! Tanto meno se ci saranno anche Courtney e Trent! >>
<< D'accordo. Allora di pure addio al tuo giocattolino… >> Concluse Duncan mettendo in tasca il cellulare e avviandosi per il corridoio.
Gwen esitò un momento e poi si affrettò a raggiungerlo.
<< Va bene, hai vinto tu. >> Si arrese suo malgrado.
<< Perfetto! - disse restituendole il telefono - Ti passo a prendere alle otto! >>
Gwen sbuffò contrariata; l'ultima cosa che avrebbe voluto era andare a quella stupida festa di compleanno.




Nota dell'autrice.

Ringrazio tutti voi che siete arrivati fin qui :)
Spero che questo capitolo vi sia piaicuto e... Buone vacanze e Buona Pasqua in anticipo! ^^
Un bacione,


Ed.

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Capitolo 25
*** La festa più bagnata! ***


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Cap. 25 La festa più bagnata!





 

 
Per "l'immensa gioia" di Gwen, giunse finalmente il fatidico giorno della festa di Heather.
Mancava circa un'oretta scarsa prima dell'arrivo di Duncan e la gotica aveva le mani nei capelli fissando disperata il suo guardaroba.
"La  smorfiosa ha detto di vestirsi bene, e con questo lei intendeva diversamente da come mi vesto solitamente, quindi… "
Immerse il capo nell'ammasso di capi di abbigliamento dentro l'armadio, e riemerse con in mano dei jeans chiari ovviamente strappati e una maglietta lunga nera con stampato sopra un teschio bianco con dei ghirigori attorno; in più Gwen scelse le all star nere al posto dei suoi amatissimi anfibi.
"Oh be', si dovrà accontentare. " Pensò facendo spallucce.
In alcuni minuti finì di farsi la piastra, consigliatale da Bridgette.
Si guardò allo specchio: be' doveva ammettere che non era niente male con i capelli lisci.
Non appena ebbe terminato i preparativi per la festicciola, ecco che sentì suonare il campanello.
<< Vado io tesoro! >> Squittì Sophie dal primo piano.
<< Salve Sophie! >> La salutò Duncan non appena la donna gli aprì la porta.
<< Ciao Duncan, sei molto carino sai? >>
 << Ahah be' ti ringrazio! >>
Proprio in quel momento stava scendendo le scale Gwen, che si batté una mano in fronte a causa delle parole della madre."Non cambierà mai!" Constatò.
Duncan era vestito normalmente, tranne per il fatto che al posto delle solite magliette con i teschi indossava una camicia slacciata in modo trasandato fino all'altezza del petto e con le maniche arrotolate fino al gomito.
Il ragazzo si sorprese nel vedere Gwen con i capelli così lisci, era molto più bella!
<< Divertitevi cari! >> Esordì Sophie rompendo il silenzio che si era creato.
<< Oh… si grazie mamma, ciao! >>
<< Arrivederci Sophie! >> Salutarono uscendo di casa.
 
<< Sai, stai molto meglio con i capelli così. >>
Disse Duncan una volta solo con Gwen.
<< Oh, grazie. E' il primo complimento sincero che mi fai! >> Scherzò lei.
<< Invece tu non me ne hai mai fatto nessuno. >>
<< Cavolo è vero! Allora, lasciami pensare… quella camicia ti dona particolarmente. >>
<< Ah be' naturale che ti ha fatto quest'effetto. Ti hanno colpita subito i miei pettorali, giusto? >> Si vantò lui scherzando.
Nel frattempo, erano arrivati nel luogo dove Duncan aveva parcheggiato la sua moto.
<< I-in moto? >> Balbettò Gwen leggermente a disagio, ricordando l'ultima volta che l'aveva brutalmente trascinata alla velocità del vento nelle strade di Toronto.
<< Si, perché? Hai paura? >> La schernì l'altro.
La gotica scosse vigorosamente la testa.
<< Bene, allora sali Raggio di Luna, andiamo alla festa! >>
Una volta saliti entrambi sul bolide, sfrecciarono per le strade di Toronto fino ad arrivare davanti ad una villa enorme: due piani di lusso e sontuosità, un maestoso giardino ben curato si protendeva davanti ai solo occhi esterrefatti e dalla strada, si riusciva ad intravedere una parte della piscina dietro l'abitazione.
<< Wow. >> Commentò Gwen sbalordita.
<< Non pensavo fosse talmente ricca da permettersi tutto questo… >> Convenne Duncan.
I due citofonarono e, come risposta, ecco la voce fastidiosa di Heather.
<< Benvenuti nella mia umile dimora, amici miei, entrate pure! >>
<< Non ho mai sentito una frase con più falsità e bugie messe insieme. >>
Il punk scoppiò a ridere.
<< Hai ragione. Andiamo dai. >>
Così si incamminarono per la stradina di ciottoli che separava il cancello dal portone d'ingresso. Una volta suonato anche il campanello, ecco Heather in persona ad accoglierli.
<< Oh ma guarda. Stranamente avete seguito il mio consiglio e vi siete conciati… bene è una parola esagerata per voi, quindi… diciamo meglio di prima. >>
Gwen alzò gli occhi al cielo, arrendendosi al caratteraccio acido della mora.
<< E il mio regalo? Non mi avete portato niente razza di incivili maleducati che non siete altro?! >> Sbottò poi squadrandoli da capo a piedi.
<< E' il pensiero che conta. >> Replicò acida la gotica facendosi spazio ed entrando nell'abitazione seguita da Duncan, lasciando Heather con una smorfia di odio dipinta in volto.
Appena dentro casa, si guardarono attorno; tutto era decorato nei minimi particolari.
Nonostante fossero solamente le otto e mezza, c'erano già un mucchio di persone, alcuni erano i loro compagni di classe e altri non li avevano mai visti prima.
Molti ballavano nel salotto con la musica ad altissimo volume, altri invece chiacchieravano animatamente davanti al tavolo delle vivande, come stavano facendo appunto Trent e Courtney, i quali appena videro Gwen e Duncan, scesero in pista a ballare, lanciando loro delle occhiatacce fulminanti.
<< Cosa ti dicevo io? Ci sono anche quei due guastafeste! >> Bofonchiò la gotica non appena li scorse tra la folla.
<< Stai tranquilla, ti assicuro che non ci disturberanno. >> Ammiccò Duncan.
<< Ragazza! >> Gwen si sentì chiamare da una voce inconfondibile.
<>
<< Oh, è stato quel ragazzo laggiù ad invitarmi! >> La ragazza indicò Harold dall'altra parte della sala che le stava riempiendo il bicchiere di punch.
<< Ma quello è Harold! >> Esclamò la gotica.
<< Lo conosci? >>
<< E' in classe con me. >>
L'africana cambiò discorso.
<< Allora mentivi! >> Sbottò fissando Duncan.
<< A che proposito? >> Chiese Gwen, perplessa.
LeShawna indicò il punk, che nel frattempo si stava ancora guardando intorno.
<< LeShawna! Non è il mio ragazzo! >>
L'altra fece spallucce.
<< Oh be', sappi che Black Mama ha sempre ragione! >> Poi se ne andò, facendole l'occhiolino.
<< Ehi streghetta, io mi sono stufato di stare qui dentro, ce ne andiamo? >>
Domandò Duncan.
<< E dove vorresti andare? >>
Senza rispondere, il punk le afferrò il polso e si fece largo fra la folla, uscendo dal retro e ritrovandosi davanti alla piscina.
<< Wow! >> Esclamò Gwen.
Era davvero un bellissimo spettacolo: la luna si rifletteva nella superficie dell'acqua, mentre il suo sorriso argenteo illuminava lievemente quella serata.
<< Hai visto? >> Sussurrò Duncan indicandole la luna alta nel cielo.
Gwen volse il naso al firmamento, guardando ciò che le aveva segnalato il punk.
Inaspettatamente, il moro l'afferrò per le spalle e la spinse all'indietro, facendola precipitare di schiena nella piscina. Gwen non fece nemmeno in tempo a gridare che si ritrovò inzuppata da capo a piedi. Quando riemerse, sputacchiando acqua qua e là, incenerì Duncan con lo sguardo, che nel frattempo si stava piegando in due dalle risate.
<< Duncan! Ma cosa ti è saltato in mente!? Sei un idiota! >> Sbraitò furente di rabbia.
<< Eh dai streghetta, è solo uno scherzo! >>
<< Ma sono bagnata fradicia! Ti sembra divertente!? >>
"Adesso vediamo chi la spunta." Pensò la gotica con un ghigno.
<< Aiutami ad uscire, razza di troglodita che non sei altro! >>
Si avvicinò a bordo piscina e afferrò la mano che Duncan le aveva teso per aiutarla a salire; ma invece di issarsi, puntò i piedi sul muretto e si buttò all'indietro, trascinando con sé anche il punk che cadde anche lui in acqua.
<< Gwen! >> Sbottò riemergendo.
<< Eh dai criminale dei miei stivali, è solo uno scherzo! >> Replicò la gotica imitando la voce di Duncan.
Il ragazzo le si avvicinò senza proferir parola e, quando fu a pochi centimetri da suo viso, cercò con un ghigno di colmare nuovamente quella distanza, ma Gwen gli schizzò l'acqua addosso, per poi cominciare a nuotare verso il bordo della piscina.
<< Eh no mio caro, prima devi riuscire a prendermi! >> Ridacchiò.
<< Con piacere! >>
Così cominciò l'inseguimento e, per la sfortuna della giovane, Duncan fu più veloce e le piombò addosso facendole appoggiare la schiena al muretto.
<< Presa. >> Le sussurrò all'orecchio, sorridendo malizioso, prima di appoggiare le labbra su quelle di lei. Gwen ricambiò, e si lasciò andare a quel bacio così passionale cingendogli il collo con le braccia. A rovinare quel momento così intimo, si intromise il venticello fresco e tagliente, che sferzava i loro volti. La gotica si staccò da quel contatto.
<< Duncan… >> Ansimò tremando.
<< Si? >>
<< Ho freddo. >>
<< Hai ragione, in effetti questo fottutissimo venticello mi sta dando piuttosto fastidio. >>
<< Se non mi avessi buttata in piscina, razza di decerebrato che non sei altro, forse non staremmo tremando da capo a piedi! >> Protestò Gwen mettendo il muso ed incrociando le braccia al petto.
Duncan le cinse i fianchi.
<< Ma dai, in fondo ci siamo divertiti. >>
<< Parla per te. >>
L'ennesimo brivido di freddo attraversò la sua schiena, facendola tremare come una foglia.
Il punk sembrò accorgersene e, delicatamente, la sollevò facendola sedere sul muretto della piscina, raggiungendola un attimo dopo.
<< E ora che vuoi fare? >> Gli chiese sospettosa.
<< Andiamo dentro! >> Le rispose come se fosse la cosa più normale del mondo.
Gwen inarcò un sopracciglio.
<< Bagnati fradici come siamo? Spero vivamente che tu stia scherzando, Duncan Evans.>>
<< Ovviamente, non essendo uno sprovveduto come una certa persona -, disse ricevendo un'occhiataccia fulminante da parte della gotica - ho ideato un piano. >>
<< Sentiamo. >>
<< Allora,noi entreremo in casa per poi precipitarci da Heather dicendo di essere incidentalmente caduti in acqua, poi tu fingerai di star male in modo da farci dare dei vestiti asciutti! >>
La giovane storse la bocca non appena cercò di immaginarsi la comica scenetta di loro due che fingevano di essere "accidentalmente" caduti in piscina, implorando quella vipera di Heather di dar loro dei vestiti puliti; scosse  immediatamente la testa, contrariata.
<< Cosa c'è che non va? E' una strategia perfetta! >>
<< Perfetta? Quella strega non ci presterà mai neanche uno straccio! >>
<< Non se ti fingi malata in modo tale da spaventarla a tal punto da costringerla a darti dei vestiti per cambiarti! Non permetterebbe mai che suo padre venisse a sapere che ti sei fatta male durante una sua festa dove la responsabilità era interamente sua! >>
Gwen sembrò pensarci su un momento.
<< D'accordo, Mister Non-sono-uno-sprovveduto, ma se non dovesse funzionare... >>
Aggiunse con tono minaccioso.
<< Tranquilla streghetta, funzionerà. >>
Anche se poco - okay, molto poco - convinta, accettò la proposta di Duncan, spinta anche dal freddo pungente che la stava divorando.
Insieme entrarono dal retro e, senza che nessuno facesse caso a loro, si immischiarono nella massa di persone che ballavano e saltavano a ritmo con la musica, cercando di trovare Heather. Dopo alcuni minuti di ricerca, la scovarono a limonare allegramente con Alejandro, mentre reggeva un bicchiere di birra in mano.
"Per fortuna che lo odiava…" Pensò esibendo una smorfia di disgusto.
<< Credo che sarà più facile del previsto. >> Sussurrò il punk, indicando la bevanda alcolica.
<< Ehm… Scusaci Heather, ma abbiamo un problemino. >> Disse poi picchiettando sulla sua spalla.
La ragazza si girò, staccandosi suo malgrado dal ragazzo e fissando Duncan e Gwen con aria scocciata.
<< Be'? Che volete? >> Si, era mezza ubriaca, però manteneva ugualmente il suo caratteraccio di sempre!
<< Sarò breve. Dunque, Gwen è caduta per sbaglio in piscina mentre ammirava il bel cielo stellato di questa notte e cercando di rimanere in piedi, si è aggrappata a me e siamo caduti tutti e due in acqua. Gwen ha avuto però la febbre solamente una settimana fa e se non si cambierà immediatamente i vestiti credo che le verrà una ricaduta piuttosto grave! >> Detto questo, Duncan fece un segnale alla ragazza che cominciò a tossire.
Heather, anche se non completamente lucida, congedò Alejandro e fece loro cenno di seguirla nelle camere nel piano superiore, sbuffando.
Poi, senza dire una parola, aprì una delle tante stanze e, da un armadio enorme, tirò fuori una maglietta e dei jeans per Duncan e una t-shirt bianca e un paio leggings nere per Gwen, lanciandoli poco educatamente contro i due.
<< Fateveli bastare, e non fraintendetemi, lo sto facendo solo perché non voglio che mio padre mi proibisca di organizzare le feste in casa solo per colpa di una sciocca che si ammala durante il mio compleanno! >> Bofonchiò per poi uscire barcollando dalla stanza.
<< Secondo me lo sta facendo anche perché l'alcool le ha dato alla testa. >>
Gwen annuì.
<< Dobbiamo cambiarci entrambi… qui? >> Chiese poi arrossendo.
Duncan sorrise malizioso, per poi avvicinarsi a lei.
<< Si, ti vergogni per caso? >>
<< Scusa tanto se non mi va di farmi vedere in biancheria intima da un criminale! >>
Il punk si allontanò dalla ragazza, facendo spallucce.
<< D'accordo, cambiati pure allora. Resterò girato. >>
<< Allora un minimo di materia grigia c'è in quella zucca vuota! >>
La gotica si tolse la maglietta bagnata, restando in reggiseno e, cercando di fare presto, si infilò la t-shirt di Heather, seguita dai leggings.
<< Bene, puoi girarti ora. >>
Duncan si voltò, slacciandosi la camicia e notò con immensa soddisfazione, l'espressione stupita di Gwen nel vedere i suoi addominali scolpiti. In effetti - e la gotica doveva ammetterlo -, aveva un fisico niente male!
<< Che c'è? Stai sbavando come un San Bernardo oppure ho le visioni? >> Ridacchiò compiaciuto dell'effetto che aveva provocato alla giovane.
<< Tsk. Non scherziamo. >> Borbottò spostando lo sguardo dal ragazzo.
<< Te l'ho già detto che non sei per niente brava a dire bugie? >>
<< Te l'ho già detto che non sei per niente simpatico? >>
<< Cerchi guai, Raggio di Luna? >> La provocò sorridendo sornione.
<< No, voglio solo uscire di qui, quindi se non ti dispiace, muoviti. >>
<< Ai suoi ordini, capitano! >> Scherzò finendo di cambiarsi.
<< Possiamo andare ora? >>
Duncan annuì aprendole la porta e facendola cavallerescamente uscire per prima, accompagnando il tutto da un finto inchino.
Insieme, tornarono al pian terreno, dove regnava il caos più totale.








Nota dell'autrice.

Eccomi di nuovo qui a rompervi le scatole!
Grazie a tutti voi che siete arrivati fin qui, spero che il capitolo vi sia piaciuto ^^
Un bacione a tutti quanti!


Vostra Ed.




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Capitolo 26
*** Un nuovo amore? ***


 

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Cap. 26 Un nuovo amore?





 

 
Scendendo le scale, entrambi notarono la gran confusione venutasi a creare durante la loro - anche se relativamente breve - assenza; quella che all'inizio si era presentata ai loro occhi una casa ordinata e curata, ora era sinonimo di "disastro totale".
Heather però sembrava non interessarsi molto della cosa,evidentemente preferiva starsene incollata al belloccio latino americano piuttosto di preoccuparsi del fatto che degli scimmioni incivili stavano distruggendo la sua lussuosa villa.
Duncan per un attimo rimase imbambolato con lo sguardo fisso sull'ammasso di ragazzi che stavano dando prova della loro energia incommensurabile, scatenandosi a ritmo di musica,  per poi esibire un sorrisone esaltato.
<< Gwen! Ma questo è il paradiso! Dai, buttiamoci! >> Esclamò con un entusiasmo che non aveva comparazione, afferrando il polso della gotica e cercando di trascinarla con sé.
<< Ma sei impazzito?! Non voglio stare in mezzo a quella banda di cavernicoli sbronzi! >> Sbottò la giovane liberandosi dalla presa.
<< Andiamo Gwen! Non fare la solita guastafeste asociale! >>
Gwen sbarrò gli occhi per poi ridurli lentamente a due fessure, espressione che trasudava furore da ogni poro, e in un congenito impeto di stizza afferrò Duncan per il colletto, portando il suo viso marcato da una smorfia d' ira a pochi centimetri da quello del ragazzo.
<< Quindi per te sono solo una stupida guastafeste asociale, eh? Sai che ti dico? Hai ragione, meglio che vada da un'altra parte a fare l'asociale, magari qualcuno saprà apprezzare. >> Dopo aver sputato queste parole, scese velocemente le scale, gettandosi poi nel mare di persone che occupavano la stanza.
Duncan, stupefatto, si affidò al suo bisogno di sfogarsi un po' con la musica e si ritrovò anche lui immerso tra la folla cercando di trovare Gwen.
Le si avvicinò di spalle, con l'intento di coglierla di sorpresa e posò le sue mani sui fianchi della ragazza, che sussultò voltandosi di scatto.
<< Oh ma guarda chi si rivede. Mi dispiace, ma sono troppo asociale per rivolgerti la parola. >> Esordì liberandosi dalla presa del punk.
<< Gwen, non era mia intenzione offenderti, sul serio! >>
<< Non mi hai offesa, hai semplicemente esplicitato ciò che pensavi. Come tutti, del resto.>> Gwen si voltò sprezzante e fece per andarsene, ma Duncan l'afferrò per un polso, costringendola a fermarsi.
<< Gwen aspetta, ho bisogno di dirti una cosa. Tu sei la ragazza più strana che io abbia mai conosciuto, ma mi piaci proprio per questo. Sei diversa da tutte le altre, sei… speciale.
Ho detto quelle cose, solo per spronarti a divertirti, non le penso sul serio! >>
La gotica rimase totalmente impassibile e replicò con aria distaccata:
<< Duncan, io sono una guastafeste asociale, non avevo bisogno di te per capirlo. >>
Il ragazzo sorrise, stringendola a sé.
<< Si, ma tu sei la mia guastafeste asociale. >>
Sussurrò prima di annullare per la seconda volta quella sera, la distanza fra i loro volti, facendo combaciare le sue labbra con quelle di Gwen.
Quest'ultima, non poté che ricambiare, e grazie a quel contatto inaspettato, la sua rabbia svanì del tutto, cancellata da quel momento così magico.
La musica si interruppe, le persone si volatilizzarono, e il silenzio regnava sovrano.
Solamente loro due, ecco come la fantasia di Gwen stava prendendo il sopravvento sulla sua mente razionale.
Ma ecco che Duncan si staccò da lei e l'attimo più intenso della serata si sfumò sotto i suoi occhi, catapultandola nuovamente nel salotto della villa di Heather, sommersa dalla folla, tra le braccia di un incivile, scorbutico, affascinante punk.
<< Se credi di avermi fatto cambiare idea, ti sbagli. >> Esordì incrociando le braccia.
Duncan sorrise.
<< Se questo sabato invece di pagarla tu la cena, offrissi io? Mi perdoneresti? >>
Gwen si portò le mani ai fianchi, incuriosita dalla proposta.
<< Ci sto. Scegli pure tu dove portarmi, stupiscimi. >>
<< Rimarrai esterrefatta, te lo posso assicurare! >>
Replicò avvicinandosi a lei in modo tale che le punte dei loro nasi si sfiorassero.
Intanto il battito cardiaco della gotica stava accelerando costantemente, e mille assilanti dubbi e quesiti si facevano spazio nella sua mente, opprimendola: tutte quelle dimostrazioni di affetto da parte di Duncan, quelle parole, quegli sguardi, ma soprattutto non riusciva a comprendere il motivo per cui il punk insisteva a baciarla così frequentemente. Gwen non era un'ingenua, e nemmeno una tipa che si lasciava illudere facilmente, per cui, fino a quando il punk non si sarebbe deciso a darle spiegazioni, la gotica sarebbe rimasta con l' ossessiva domanda che si poneva ogni giorno e che puntualmente, rimaneva irrisolta.
Inoltre Trent era l'unico fidanzato che Gwen ebbe fino ad allora, perciò non poteva vantarsi di avere una ferrata conoscenza del genere maschile. E non possedeva nemmeno il dono della telepatia, per cui cosa frullasse in testa a Duncan rimaneva un arcano mistero.
Un mistero per il quale Gwen avrebbe dato qualsiasi cosa per venirne a conoscenza.
Ma se fino ad ora l'avesse solamente presa in giro? Se si fosse avvicinato così tanto a lei, solamente per prendersene gioco e scherzarci su con i suoi amici delinquenti?
La gotica scosse la testa; che cosa andava a pensare?
Forse, il fatto che Duncan le riservasse così tante attenzioni, dopotutto, le importava parecchio, e se proprio doveva essere sincera con sé stessa, lo apprezzava.
 
Attorno a loro i ragazzi ballavano, scatenandosi a ritmo di musica e spesso dandosi volontariamente qualche spintonata. Molte persone - okay, siamo sinceri, la maggioranza  di essi - erano "vittime" dell'effetto dell'alcool, gli unici che si erano rifiutati di bere erano coloro che si erano presi la responsabilità di guidare, riportando a casa i "moribondi".
Gwen non osava nemmeno immaginare cosa stessero combinando nelle camere ai piani superiori.
<< Allora, Gwendolyne, ti andrebbe di fare un salto nei piani alti…? >> Ammiccò con malizia quasi leggendole nel pensiero.
La gotica rimase sconcertata, e non capiva se dipendeva da cosa il punk aveva appena alluso, oppure dal fatto che l'aveva detto con così tanta naturalezza e convinzione.
<< Duncan, sei un inguaribile pervertito. >>
<< Lo so! >> Rispose vantandosi.
Ad un tratto fece irruzione nella discussione LeShawna, con un' aria che non prometteva nulla di buono.
<< Scusami, bel fusto, ma dovrei parlare un momento con Gwen. >> Esordì picchiettando sulla sua spalla. Duncan, confuso, fece spallucce, lasciando che Black Mama, potesse confidarsi in privato con la gotica.
<< Gwen, non ci crederai mai! >> Esclamò tutto d'un fiato.
<< Cosa? Cos'è successo? Harold ti ha chiesto la mano? >> Rispose con ironia.
<< Oh no! Questo lo ha già fatto la settimana scorsa! >>
Gwen aggrottò la fronte, perplessa.
<< E tu cos'hai risposto? >>
<< Oh be', una vera diva di fa desiderare, perciò l'ho rifiutato. Ma a quanto vedo mi sta ancora alle costole! - ridacchiò -Eh, non si può resistere al fascino di LeShawna! >>
<< Allora cosa devi dirmi? >>
<< Non ci crederai mai, ma ho appena visto Trent e quella perfettina della nuova rappresentante d'istituto che si baciavano! O meglio, il tuo ex ha fatto la prima mossa, poi il resto è venuto da sé. >>
Gwen era palesemente sorpresa; Trent e Courtney. Ormai era evidente che tra i due era nato qualcosa, ma non si sarebbe mai aspettata che fosse stato Trent a muovere il primo passo. Insomma, quando Gwen e il chitarrista si fidanzarono, fu grazie all'impulsività della gotica che lo baciò istintivamente, senza pensare, che Trent capì di esserne innamorato.
Per un attimo, si sentì davvero gelosa e nel contempo preoccupata per lui.
Quella vipera di Courtney gli avrebbe solo spezzato il cuore.










Nota dell'autrice.

Buonasera a tutti, miei caVi lettoVi ^^
Finalmente sono riuscita a finire questo capitolo e spero che vi piaccia :D
Un bacione e un grazie a tutti quanti!


Ed.




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Capitolo 27
*** Inutili preoccupazioni e sorprese in arrivo ***








 

 

Vaneggiando: Ok, ammettiamolo, questa volta ho aggiornato veramente con un ritardo esorbitante. Mi faccio schifo...
Comunque sia, in questo capitolo ci sarà un flashback -scritto in corsivo -, riguardante la coppia Trent/Courtney e, prima di lanciarmi i pomodori, sappiate che in fondo ci sarà anche un momentino DxG e non disperate, questo sarà il primo e l'ultimo capitolo didecato interamente alla TxC! Parola di scout u.u
Un grazie enorme a tutti voi che mi seguite :)
Spero che questo capitolo vi piaccia ^^
Buona lettura!



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Capitolo 27. Inutili preoccupazioni e sorprese in arrivo


Da quando Gwen e Trent avevano litigato, quest'ultimo aveva sempre cercato di ignorarla, fingendo di non conoscerla nemmeno. Non si parlavano più, non si salutavano ed evitavano persino il contatto visivo.
A Trent dispiaceva moltissimo, poiché Gwen era stata la sua ragazza fino a poco tempo prima, inoltre erano sempre stati buoni amici e rompere quel rapporto era costato molto da parte sua. In un certo senso, quasi si era pentito di averle risposto male quel giorno, in fondo il giovane aveva un cuore d'oro. Tuttavia, non aveva ancora trovato il coraggio per chiarire con lei, discutere in modo da riappacificarsi…

L'unico ostacolo era, si la timidezza, ma altresì la ragazza più invadente, perfettina e puntigliosa dell'Universo, Courtney.
Sin dal giorno in cui Gwen e l'ispanica avevano rischiato di provocare una rissa, la seconda gli era sempre stata vicina, trattandolo come un amico fidato nonostante lo avesse conosciuto da pochissimo tempo. Di conseguenza, essendo lei la peggior nemica della gotica, Trent non poteva certo far pace con Gwen se c'era lei nei paraggi.
A scuola, si vedevano sempre, chiacchierando del più e del meno e di tanto in tanto, Courtney prorompeva con delle imprecazioni dedicate solo ed esclusivamente a Duncan e Gwen.
Durante il pomeriggio, si incontravano spesso, a volte alla spiaggia oppure al parco.
Erano insomma diventati buonissimi amici, e se c'era una cosa fra le mille che li accomunava, era l'odio nei confronti di Duncan.
Stavano appunto passeggiando per il corridoio della scuola, discutendo dei propri gusti musicali, quando Heather si fiondò verso di loro, con un sorriso a trentadue denti che non prometteva nulla di buono.
<< Ciao Court, tutto bene? Da quando giri con degli sfigati? - Continuò alludendo alla presenza di Trent, e in risposta ricevette un' occhiataccia da parte dell'ispanica. - Comunque, volevo invitarvi alla mia festa di compleanno che si terrà domani sera a casa mia. >>
Courtney inarcò un sopracciglio, pensierosa. Se Heather era così tanto gentile ad invitarla al suo compleanno, ma soprattutto a chiamarla "Court", era solo per il semplice fatto che effettivamente era meglio avere la ragazza come amica, piuttosto che guadagnarsi la sua antipatia, dato che era rappresentante della consulta.
 Trent intanto taceva, indeciso su cosa rispondere.
<< D'accordo Heather. >> Sentenziò Courtney incrociando le braccia.
<< Perfetto, allora ci vediamo domani sera! >> Esclamò la mora prima di sgusciare via.
Poi l'ispanica si rivolse al chitarrista.
<< Trent, tu verrai con me, vero? >>
Il moro esitò, prima di rispondere con un balbettato: << V-va bene. >>
Courtney sorrise gioiosa.
<< Fantastico!>>
Trent annuì, convinto che forse grazie a quella ragazza, avrebbe potuto dimenticare Gwen una volta per tutte.
 
Finalmente giunse la sera della festa, e Trent aspettava dinanzi ad un cancello, camminando avanti e indietro, palesemente nervoso.
"Cosa faccio? Suono al citofono, oppure aspetto che esca?"
Pensava, fissando la piccola villetta dietro all'inferriata, sperando di vedere uscire la sua accompagnatrice.
Dopo qualche minuto, si era finalmente deciso a citofonare, quando una voce squillante catturò la sua attenzione.
<< Trent! Finalmente sei arrivato! >>
<< Ciao Court, mi dispiace, ma… ecco io… >>
<< Non sapevi si aspettarmi fuori o se citofonarmi! E' da cinque minuti che vai avanti e indietro indeciso su cosa fare! - Rise. La sua risata appariva angelica all'udito del moro, che arrossì visibilmente. - Non preoccuparti, è normale essere nervosi, dopotutto stiamo andando alla festa di compleanno di quella vipera di Heather! >>
Trent si portò una mano dietro la nuca, in evidente imbarazzo.
<< Eh già! >>
Fino a quel momento il chitarrista non aveva notato l'aspetto della giovane, la quale indossava un semplice vestito color perla, in contrasto con la sua pelle abbronzata, e delle scarpe con tacchi non eccessivamente alti, del medesimo colore; i capelli erano raccolti da un elastico, in modo da lasciarle il viso scoperto.
"Davvero bellissima", si ritrovò a pensare.
Courtney sembrò notare la sua espressione imbambolata e sorrise.
<< Trent, cosa c'è? Mi  sembri pensieroso. >>
Il ragazzo si riprese dalle sue riflessioni con un sussulto.
<< Oh, ecco… Be' la verità è che… stavo pensando a quanto ti stia bene quel vestito. >>
Ecco, l'aveva detto. Non avrebbe mai creduto di riuscire a spiccicare parola per quanto riguardava l'aspetto della giovane.
<< Oh, Trent grazie mille, sei un tesoro! >>
Delle volte Courtney poteva sembrare un po' troppo invadente e fastidiosa, ma quelle rare occasioni in cui dava prova del suo affetto, sapeva essere davvero dolce.
 
Insieme arrivarono alla casa di Heather con la macchina di Courtney, patentata da poco ma abilissima alla guida. Entrambi rimasero sorpresi dallo sfarzo e dall'eleganza che trasmetteva all'apparenza quella villa lussuosa.
Una volta accolti dalla festeggiata, ebbero modo di guardarsi attorno con curiosità, ammirando il raffinato arredamento e le magnifiche decorazioni.
Era già arrivata parecchia gente, e la maggior parte di essa stava già ballando dei lenti, musica evidentemente molto apprezzata dalle coppie.
Trent e Courtney stettero qualche minuto davanti al bancone delle vivande, parlando animatamente come era loro solito, poi due nuovi arrivati attirarono la loro attenzione.
Erano Duncan e Gwen.
<< Tsk, guarda chi si rivede -, sibilò la ragazza - vieni Trent, andiamo a divertirci, non voglio che la presenza di quei due idioti ci rovini la serata. >>
Detto questo, l'ispanica prese il chitarrista per mano, trascinandolo in pista.
Trent sorrise impacciato; poi le prese dolcemente la mano e con l'altro braccio circondò goffamente la sua vita, ritrovandosi il capo della mora appoggiato contro il suo petto.
Era strano, ma in quel momento la prima cosa che pensò non fu a Gwen, come aveva previsto, ma ad un possibile futuro fra lui e Courtney.
Così ballarono quel lento, e non fu certo l'ultimo della serata.
 
<< Court, vado a prendere da bere, tu vuoi qualcosa? >>
Chiese Trent proprio quando finì la musica.
<< No, grazie. >>
Il chitarrista si avviò verso il bancone, e tornò dalla sua accompagnatrice sorseggiando un bicchiere colmo di punch.
<< Courtney, secondo te c'è qualcosa fra Duncan e Gwen? >>
Domandò ingenuamente, sedendosi di fianco a lei. Quest'ultima sospirò amaramente.
<< E' palese che fra loro ci sia qualcosa, Trent. Come fai a non capirlo? >>
Trent annuì tristemente. << Hai ragione. >>
<< Sai, non ti devi preoccupare; Gwen si stuferà presto di quel cavernicolo. E credimi, una volta che l'avrà allontanato dalla sua vita, rimarrà sola… insomma, tutta per te. >>
<< Ma Court, io non ho detto che la rivoglio con me! Io… semplicemente le voglio troppo bene e non mi fido di quel punk. >> La ragazza sorrise comprensiva.
<< E fai bene. >>
<< Già… >>
<< Sei geloso, vero? >>
<< Oh no! Court, devi sapere che… -, balbettò cercando di farsi coraggio - la verità è che non è lei che voglio. >>
Courtney aggrottò la fronte, perplessa.
<< Sei tu, Courtney. >>
Pronunciate queste tre parole, con uno sforzo immane per via della sua timidezza, represse ogni suo impaccio, ogni suo timore, e le prese delicatamente il viso fra le mani, appoggiando le labbra sulle sue.
Tutto era come se fosse stata la prima volta, un attimo talmente intenso e magico da fargli dimenticare dove fosse e soprattutto cosa stesse facendo.
Quando si staccarono, Trent si guardò attorno sperando che Gwen non li avesse visti.
Nonostante l'avesse lasciato da molto tempo, il chitarrista provava ancora affetto per lei e gli sarebbe dispiaciuto che venisse a sapere che stava baciando la sua peggior nemica.
Il suo sguardo si fermò su una ragazza di colore che li stava osservando, capelli color del carbone e occhi della medesima tonalità; doveva essere per forza LeShawna, la nuova amica della gotica.
"Merda." Pensò amareggiato.
Poi il suo sguardo cadde di nuovo sulle iridi scure della ragazza che aveva appena baciato e, in una frazione di secondo il suo sorriso gli aveva fatto dimenticare LeShawna e il motivo per cui aveva tanto timore di essere scoperto da Gwen.
"A quel paese LeShawna." Pensò di nuovo prima di rinnovare il contatto con le labbra di Courtney, la quale non aveva ancora spiccicato parola, il suo sorriso comunicava da sé le emozioni che stava provando.
 
<< Duncan, hai sentito!? >> Esclamò Gwen tornando dal punk.
<< Cosa? >>
<< Trent e Courtney si sono… baciati! >> Continuò gesticolando nervosamente.
Duncan fece spallucce, completamente disinteressato a ciò che era appena accaduto fra la sua ex e il suo acerrimo nemico.
<< E allora? >>
<< Come puoi essere tanto indifferente? Trent… Courtney… >> Rabbrividì al solo pensiero; poi Duncan le si avvicinò, sorridendo sardonico.
<< Cosa te ne importa? Ora ci siamo solo io e te, nessun altro. >> Le sussurrò all'orecchio cingendole i fianchi.
Gwen non fece nemmeno in tempo a replicare che si ritrovò per l'ennesima volta a contatto con le labbra accoglienti di Duncan, e avvertì il calore di esse diffondersi sulle sue.
In un attimo, dimenticò cos'era successo fra Trent e Courtney e ricambiò volentieri il bacio.
<< Gwen, a che ora dovresti essere a casa? >> Domandò il punk allontanandosi improvvisamente da lei.
<< Sophie ha detto che devo essere a casa non più tardi di mezzanotte. >>
Duncan controllò l'orologio.
<< Allora sarà meglio che andiamo, manca esattamente un quarto d'ora. >>
<< Cosa!? Ma perché non mi hai detto prima che era così tardi? >>
<< Se ci muoviamo arriveremo puntuali! >>
Gwen annuì afferrando la mano del punk e trascinandolo fuori dall'abitazione dove era parcheggiata la moto. Vi salirono entrambi e, come aveva previsto Duncan, giunsero a casa della gotica proprio a mezzanotte in punto. Al che, il ragazzo l'accompagnò alla porta.
<< Duncan… non so come ringraziarti. Tranne l' "incidente" in piscina, mi sono divertita molto stasera, e devo stare attenta a non rovinare i vestiti di Heather se non voglio rischiare la morte prematura -, rise, poi le si oscurò lo sguardo, spostandolo a terra - però sono preoccupata per Trent; Courtney lo farà solo soffrire. >>
Il punk le fece sollevare delicatamente il capo.
<< Gwen, mi sembra di avertelo già detto. Non ti devi preoccupare, loro due non contano niente per noi, ricordatelo. >>
Per "noi"? Ma cosa stava farneticando?
<< D'accordo. Però vorrei chiarire una cosa con te a proposito del "noi"… >>
Non riuscì a terminare la frase che Duncan le appoggiò un dito sulle labbra, zittendola.
<< No mia cara, di questo ne parleremo sabato. Ci sarà una bella sorpresina ad attenderti, vedrai. Però, ogni cosa a suo tempo. >> Mormorò sorridendo.
Le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sfiorò la sua fronte con le labbra, per poi voltarsi e sparire nel buio, lasciando Gwen, sola con le sue riflessioni.
"Non ce la farò mai ad arrivare a sabato senza morire di curiosità…" Pensò entrando in casa.




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Capitolo 28
*** La famosa sorpresina ***


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Capitolo 28. La famosa sorpresina
 
<<… Quindi sarà un appuntamento galante? >> Trillò una voce dall'altra parte del telefono.
<< Non ne ho la più pallida idea! Oh Bridgette, sono così confusa che non riesco a ragionare razionalmente! >> Gwen era palesemente agitata; mentre parlava al cellulare con la sua migliore amica, girava avanti e indietro per la sua stanza, gesticolando nervosamente.
Si sentì un risolino da parte della biondina.
<< Gwen! E' assolutamente normale da parte tua essere nervosa! Tutti lo sono al loro primo appuntamento serio con il ragazzo per cui si è innamorati! >>
<< Bridgette! Io non sono innamorata di Duncan! E' solo che… >> Si difese.
<< E' solo che quando lo vedi ti devi trattenere dal saltargli al collo, quando ti parla il tuo cuore perde un battito, e quando sei con lui vorresti che tutto il resto sparisse…-, disse in tono teatrale. - Lo so Gwen, ti capisco. E non mentire alla tua migliore amica! Potrai anche mentire a te stessa, ma non credere che me la sia bevuta! Ho visto come lo guardi, inoltre vi sarete baciati milioni di volte! >>
<< E allora? Potrebbe essere soltanto un suo sfizio, dato che a prendere l'iniziativa è stato sempre e solo lui… >> La giovane s'intristì.
<< Ma dai, lo credi sul serio? Io non ci conterei troppo. E lui farà il grande passo, questa sera, quanto è vero che mi chiamo Bridgette! >> Affermò con tono solenne.
Gwen scoppiò a ridere. << In ogni caso, non credere di averla vinta! >>
<< Va bene -, acconsentì lei - però chiamami non appena sarai tornata a casa, okay? E indossa i vestiti che ti ho consigliato! >>
<< D'accordo. Ciao Bridgette, ci sentiamo più tardi! Grazie per tutto. >>
<< Mi raccomando, fai la brava! >>
La gotica sorrise, chiudendo la chiamata. Bridgette le mancava moltissimo, e sentire la sua voce anche solo dalla cornetta del telefono la faceva sentire meglio.
Lanciò uno sguardo all'armadio aperto davanti a sé; come per la festa di Heather, era decisamente in alto mare per quanto riguardava la scelta degli abiti.
Gwen non era una ragazza che si faceva tanti problemi per il suo aspetto, le bastavano dei semplici jeans, una maglietta e i suoi anfibi per sentirsi a posto. Ma il pensiero di uscire con Duncan la stava divorando, perciò la sua preoccupazione maggiore i quel momento era il vestiario.
<< Bene, a noi due! >> Esclamò quasi parlando direttamente al suo armadio stracolmo
di panni. Dopo una mezz'oretta buona passata a frugare dentro al suddetto mobile, Gwen emise un gridolino di gioia reggendo trionfante una minigonna nera tra le mani.
<< Ah ah! >> Esclamò vittoriosa.
Si vestì velocemente e si specchiò. Diamine, Bridgette aveva ragione a dire che sarebbe stata perfetta se avesse seguito i suoi suggerimenti.
Questa gonna era abbinata ad una maglietta a maniche corte rigorosamente nera, con qualche scritta bianca e con una giacca di pelle piuttosto leggera.
Ovviamente, sotto la minigonna - che tanto "mini" non era -, un paio di calze a rete con ai piedi i suoi adorati anfibi.
D'accordo, il suo look era piuttosto tetro, ma in fondo anche Duncan non poteva dire di vestirsi con colori accesi!
Stranamente soddisfatta, scese le scale e fu "assalita" dalla madre.
<< Mamma mia Gwendolyne, sei… bellissima! Ah! Quanto darei per vedere Duncan sbavarti dietro le spalle! >> Ridacchiò.
Gwen alzò gli occhi al cielo.
<< Mamma piantala. >>
<< Si si, ai suoi comandi capitano! - Scherzò. - Ma dove vi dovreste incontrare? >>
<< Da Arnold's. Almeno così mi ha continuato a ripetere fino allo sfinimento durante i quattro precedenti giorni di scuola.>>
Sophie sembrò riflettere per un momento.
<< Vieni, ti accompagno io. >> 
 
Gwen scese dalla macchina della madre, parcheggiata davanti ad un locale piuttosto ampio. Dalle vetrine si riusciva ad intravedere un piccolo palco, già allestito per quella sera e davanti ad esso decine di tavoli per la cena.
<< Mi raccomando Gwen, non fare tardi e stai attenta! >>
Gwen la guardò storto, come per dire: "ormai non sono più una bambina!"
<< D'accordo la smetto. E poi perché mai dovrei preoccuparmi? C'è Duncan con te! >> Continuò sghignazzando, poi salutando la figlia con la mano, partì velocemente lasciando Gwen sul marciapiede davanti al locale.
La gotica sbirciò dal vetro della porta in cerca di Duncan, ma non lo trovò.
Controllò l'orologio: era in ritardo di un quarto d'ora! Picchiettò sul quadrante dell'oggetto, nervosa e a disagio. Una folata di vento tagliente le punzecchiò fastidiosamente la pelle, costringendola ad entrare nel locale; una volta dentro, si rilassò, felice del tepore che l'avvolse. Si guardò intorno decidendo quale tavolo scegliere, poi una volta seduta le si avvicinò un cameriere.
<< Buonasera signorina, desidera? >>Chiese con uno strano accento italiano.
<< Ehm… no grazie, sto aspettando una persona. >>
L'uomo annuì e fece per andarsene, quando Gwen lo chiamò dalle spalle.
<< Mi scusi, per caso ha visto entrare un ragazzo con una cresta verde? >>
Dapprima sembrò stupito di quella domanda, poi un guizzo vispo gli colorò gli occhi scuri, come se si fosse appena ricordato qualcosa. Poi scosse la testa, riportando il suo viso alla solita espressione impassibile.
Gwen abbassò lo sguardo, preoccupata.
Che gli fosse successo qualcosa? Che le abbia dato buca?
Queste erano le assillanti domande che le ronzavano in testa.
Ormai era passata mezz'ora, la sala si era popolata e ancora il ragazzo non si era fatto vivo.
La giovane controllava freneticamente lo schermo del cellulare e il quadrante dell'orologio, quando all'improvviso intravide una figura nella penombra dietro le quinte del palco, un ragazzo girato di spalle, che pareva in tutto e per tutto Duncan. Poi però si spostò verso destra, sparendo completamente dalla sua vista.
Un attimo dopo, un altro ragazzo alto dai capelli castani che imbracciava un basso, fece capolino dalle tende del sipario, chiamando con una mano il cameriere che poco prima aveva parlato con Gwen. Gli sussurrò qualcosa all'orecchio, fin qui nulla di sospetto, ma quando indicò la gotica seduta nel fondo della stanza, lei se ne accorse e sgranò gli occhi.
"E quello cosa vuole da me?" Pensò perplessa e stupita al tempo stesso.
L'uomo annuì e corse di filata in cucina, lanciando un'ultima occhiata alla giovane.
Anche quel misterioso ragazzo sparì dietro le tende del sipario, facendo prima incontrare i suoi occhi scuri con quelli di Gwen.
Dopo pochi minuti ecco arrivare al tavolo della gotica il solito impassibile cameriere, reggendo in mano un bicchiere colmo di Coca Cola.
<< Oh… E' per me? >>
<< Si, da parte di un ragazzo. >> Rispose porgendole la bibita.
Poi scomparve nuovamente fra i tavoli della sala, in mezzo alla confusione della serata.
<< U-un ragazzo? >> Mormorò Gwen ancora più perplessa.
Ma nella confusione del momento, non si era certo dimenticata dell'assenza ingiustificata di Duncan. Ma come si era permesso di darle buca? Gwen avrebbe dovuto intuirlo prima che sarebbe solo stata usata da quel criminale. O forse era stato fermato dai poliziotti per… eccesso di velocità? … Guida senza casco? 
Gwen non lo sapeva. L'unica cosa certa era che se non fosse arrivato entro cinque minuti, la giovane se ne sarebbe andata, e quando l'avrebbe incontrato a scuola, di certo non gliel'avrebbe fatta passare liscia! Oh no!
Dopo questo lasso di tempo, ancora il punk non era arrivato.
Furente, Gwen abbandonò la bibita, che ancora non era stata toccata, nel tavolo, e fece per andarsene, quando all'improvviso sentì uno scroscio di applausi da parte delle persone dentro il locale, e curiosa di conoscere la fonte di queste acclamazioni, si voltò verso il palcoscenico.
Tale fu la sua meraviglia, che dovette darsi un pizzicotto sul braccio per verificare che non stesse sognando. Ma era tutto reale; Duncan era sul palco, insieme ad altre tre persone, imbracciando una chitarra elettrica, mentre alla sua destra vi era quel bassista che aveva visto poco prima.
Il punk avanzò accanto al cantante, che gli passò il microfono.
<< Buonasera, signori e signore! Se siamo qui con voi, è solo grazie al vecchio Arnold! Un applauso al proprietario di casa! - Indicò un uomo sulla cinquantina piuttosto robusto, che sorrideva sornione. - Purtroppo suoneremo sono un brano di apertura, ma lo voglio dedicare ad una ragazza speciale, che fino ad ora ha creduto che le avessi dato buca. Mi dispiace averti fatto attendere, ma era questa la sorpresa. Ciao, Gwen. >> Spostò lo sguardo verso la gotica, che intanto era diventata paonazza, facendole un occhiolino.
Dopo di ché restituì il microfono al cantante della sua band, e riprese il suo posto, dando il via al batterista. Gwen rimase in piedi per tutta la durata della canzone.
I musicisti erano veramente bravi, il testo della canzone trattava d'amore - strano, per uno come Duncan - ed erano le parole più belle che avesse mai sentito in vita sua.
Al termine del pezzo, la band venne acclamata a gran voce e applaudita da tutti i presenti.
<< Grazie a tutti! >> Esclamò il cantante.
Scesero tutti e quattro dal piccolo palco, scomparendo dalla vista del pubblico, ma soprattutto a quella di Gwen. Con crescente emozione, si precipitò dietro le quinte, passando da una tenda laterale.
"Deve essere qui!" Pensò cercando il punk nella confusione di quel posto.
D'un tratto avvertì una mano appoggiarsi sulla sua spalla; colta di sorpresa, si voltò immediatamente, ritrovandosi davanti un esemplare di Duncan sorridente, con alle spalle la sua band al completo.
<< Duncan! >> Sbottò in uno stato compreso tra la rabbia crescente e lo stupore.
L'altro ridacchiò, seguito a ruota dagli altri ragazzi.
<< Piaciuta la sorpresina, streghetta? >>
Gwen incrociò le braccia al petto, puntando i piedi.
<< Punto uno non avresti dovuto farmi aspettare in eterno; punto due non mi hai mai detto di avere una band! >>
<< Ehi! Faceva parte della sorpresina di cui ti avevo parlato! >> Si difese.
La gotica si addolcì, ripensando alle parole della canzone che Duncan le aveva dedicato.
<< In ogni caso, lascia che ti presenti la mia band. Questo qui è Nick, il bassista -, disse indicando lo stesso ragazzo che aveva visto prima dell'esibizione. Quest'ultimo la osservava con i suoi occhi di ghiaccio, sorridendo sornione. - Lui invece è Roger, il batterista inglese e questo è il cantante, Dan. >> Concluse presentando due ragazzi; il primo alto, capelli rossi e occhi di un verde smeraldo sfolgorante, mentre il secondo era di media statura, un pochino più basso di Duncan, capelli di un biondo cenere e due iridi scurissime.
Insomma, erano tanto belli quanto bravi musicisti!
Quasi leggendole nel pensiero, Duncan esclamò scherzando: << Gwen, non ti fidare delle apparenze, siamo cattivi ragazzi noi. >>
I tre ragazzi scoppiarono a ridere, mentre il punk le faceva l'occhiolino.
<< Ehi Duncan, vieni un po' qui! >> Era Nick, il bassista.
Lo trascinò un momento in disparte e gli sussurrò qualcosa all'orecchio.
Intanto Roger e Dan erano rimasti con Gwen, cercando di distrarla parlandole della formazione della band, ogni volta che tentava di lanciare occhiate curiose ai due che si erano separati dal gruppo.
"Chissà cosa staranno confabulando…" Riflettè.
<< …E così siamo diventati i "Black Out"… Ma dicci qualcosa di te: come hai conosciuto quel criminale di Duncan? Di certo al primo impatto non sarete andati troppo d'accordo.>>
Gwen si riscosse sussultando lievemente, accorgendosi di non aver recepito una sillaba di quanto le avessero detto i due.
<< Oh… ehm… si certo, all'inizio non eravamo che nemici… ma ora siamo buoni amici. >>
Roger e Dan sbarrarono gli occhi, increduli.
<< Cosa? Solo… Buoni amici? >>
<< Noi pensavamo fossi la sua ragazza! >>
"Ecco ci risiamo!" Pensò alzando gli occhi al cielo.
<< Mi dispiace avervi deluso, ma tra noi c'è solo un rapporto di amicizia. >> Spiegò.
<< Oh be', allora Duncan non ce l'ha raccontata giusta! >> Rise Dan appoggiandosi distrattamente alla spalla di Roger, il quale la ritrasse improvvisamente, facendo volare l'amico per terra. Gwen non resistette dal scoppiare a ridere, mentre l'altro si rialzava faticosamente lanciandosi addosso al batterista.
<< Quei due sono come cane e gatto. Pensa che anche quando scriviamo le canzoni, trovano sempre il pretesto per azzuffarsi. >> Esordì una voce alle spalle della gotica.
<< Anche quando avete scritto quella meravigliosa canzone che avete suonato prima?>>
Duncan sorrise beffardo.
<< No. Quella l'ho scritta io. >>
Gwen sbarrò gli occhi scuri.
<< Tu che scrivi canzoni romantiche? >> Lo prese in giro.
<< Per te assisterei a cento concerti di lirica. >> Ammise ricordandole quanto odiasse quei tipi di esibizioni. A Gwen parve la cosa più dolce che le avessero mai detto in vita sua.
Eccezion fatta per le poesie smielate che riceveva da Trent quando stavano insieme, ma con Duncan era tutta un'altra cosa: non ci si aspettava mai cosa ti avrebbe detto, mentre il suo ex era abbastanza prevedibile.
All'improvviso lo stomaco di Gwen cominciò a brontolare, reclamando del cibo per placare la fame che la stava divorando.
<< Hai fame? >>
<< Abbastanza. Ma… dov'è finito Nick? >> Chiese guardandosi intorno.
<< Oh, è solo andato a rimorchiare una ragazza, tornerà precisamente fra tre… due… uno…>>
<< Duncan! Guarda cosa mi ha fatto! >> Gridò Nick tornando dietro le quinte e indicandosi la guancia cremisi.
Roger e Dan smisero di litigare, e tutti scoppiarono a ridere di gusto.
<< Nick, ti è andata male! >>
<< Aahah! Magari se fossi un pochino più… gentiluomo… >>
<< Ma non è questo il problema! Non è stata la ragazza che volevo rimorchiare; per sbaglio sono caduto addosso a quella cameriera -, disse indicando una donna sulla sessantina che camminava verso la cucina con stizza - e mi ha dato uno schiaffo prendendo la cosa dal verso sbagliato! Ovviamente ho anche fatto una lodevole figura di merda con quella ragazza! >> Vi furono di nuovo scoppi di risa incontenibili.
<< Ragazzi, ecco le pizze che avevate ordinato. >> Era Arnold, il proprietario del locale.
Duncan gli si avvicinò battendogli amichevolmente una mano sulla spalla.
<< Prima di mangiare, propongo un brindisi a questa vecchia volpe, che ci ha permesso di suonare qui! >> Annunciò alzando un bicchiere di Coca Cola, e fu imitato da tutti i presenti, sotto il sorriso paterno dell'uomo.
Mangiarono proprio in quello spazio piuttosto ampio dietro le quinte, seduti per terra ridendo e scherzando, discutendo del più e del meno, ma soprattutto del loro prossimo concerto. Dopo aver terminato la cena, Duncan si alzò, facendo cenno a Gwen di imitarlo.
<< Scusate ragazzi, io e Gwen dovremmo andare ora. Ringraziate di nuovo Arnold da parte mia e fatemi sapere se Nick riuscirà ad adescare almeno una ragazza! >> Scherzò.
<< D'accordo, ciao Duncan, ciao Gwen! Divertitevi e non fate fuoco e fiamme! >>
Gridarono in coro ridendo come fossero ubriachi.
Appena uscirono dal locale, Duncan le porse il casco della moto, sorridendo.
<< Oh no! >> Sibilò Gwen contraria al fatto di dover girare in moto.
<< Oh si invece! >>
<< Prima dimmi dove intendi portarmi! >>
Duncan rispose con uno dei suoi sorrisi enigmatici: << Mi dispiace bella, è una sorpresa anche questa. >>
La ragazza sbuffò e indossò controvoglia il casco; tutte quelle "sorprese", come le definiva lui, non le avevano fino ad ora giovato gran ché.
Una volta saliti sulla moto, Duncan si assicurò che la compagna si fosse aggrappata per bene a lui, poi partì alla velocità della luce, poiché per sua immensa gioia quella sera on c'era troppo traffico.
"Vorrei proprio sapere dove stiamo andando!" Fu il primo pensiero che le ronzò in testa.

 
 






Nota dell'autrice.

Ok, è da tantissimo che non aggiorno, purtroppo però la scuola in questi ultimi giorni mi sta rubando sempre più tempo libero, quindi non ho avuto modo di scrivere questo capitolo prima. Scusatemi!
In ogni caso, spero che vi sia piaciuto, e anche di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo il più presto possibile :)
Grazie a tutti di cuore! ^^

Vostra Ed.

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Capitolo 29
*** Da un ti odio a un ti amo! ***


 








>> Capitolo 29: Da un ti odio a un ti amo!





 
Dopo circa una ventina di minuti, Gwen aprì gli occhi - che fino ad ora aveva tenuto serrati a causa del vento-,  e notò di essere su una stradina sterrata di campagna, dove ai lati torreggiavano gli alberi dalle chiome fitte e rigogliose e diversi cespugli che lasciavano intravedere un paesaggio mozzafiato; la collina su cui Duncan stava guidando dava sulla città di Toronto, illuminata dalle luci artificiali delle case e dei lampioni.
La gotica si accorse con piacere che non stavano andando così veloce come aveva pensato, anzi, dopo una manciata di minuti, Duncan si fermò e fece cenno a Gwen di scendere.
Dopo aver silenziosamente parcheggiato la moto al lato della stradina deserta, si voltò verso la ragazza, e ridacchiò sotto il suo sguardo inceneritore.
<< Be'? Cos'hai da ridere? >> Esclamò Gwen indispettita.
<< Oh niente, solo sei dannatamente buffa con quel casco addosso. >>
In effetti l'oggetto in questione era un po' troppo grande per Gwen, e quest'ultima se ne accorse guardando la sua immagine riflessa negli specchietti retrovisori della moto, arrossendo.
Duncan le si avvicinò e l'aiutò a togliersi il casco, appoggiandolo sopra la sella del bolide.
<< Vogliamo incamminarci, Madame? >>  Esordì poi porgendole il braccio.
Gwen non si mosse di un millimetro, completamente spaesata.
<< … Gwen? Ti sei incantata? >>
Le pareva di aver già visto quel posto da qualche parte.
<< Dove siamo? >> Chiese ignorando la domanda.
<< Segreto! Ma se mi seguirai lo saprai molto presto. >>
Gwen storse la bocca in una smorfia contrariata.
<< Odio le sorprese. >>
Duncan rise, prendendola per mano e incamminandosi per quella stradina sterrata, circondata da alberi dalle chiome rigogliose.
Dopo aver percorso alcuni metri, Duncan deviò a destra, verso una stradina che al buio era quasi invisibile, dove l'erba si faceva abbastanza alta da arrivare più in su del ginocchio.
Evidentemente il punk conosceva molto bene il posto, altrimenti di certo non sarebbe stato in grado di trovare questa viuzza.
<< Toglimi un dubbio; quando il cameriere mi ha portato il bicchiere di Coca Cola dicendo che era da parte di un ragazzo… è stata opera tua? >> Chiese Gwen curiosa.
Duncan annuì. << Si, e anche quando mi hai intravisto dietro il sipario. Ovviamente ho notato che mi stavi guardando e mi sono spostato immediatamente. Però il bicchiere di Coca Cola l'ha chiesto Nick per me, quando ha chiamato il cameriere sul bordo del palcoscenico. Non potevo mica rischiare di farmi vedere! Avrei rovinato tutto! >> Sorrise, fiero del suo operato.
<< Quindi, in sintesi, ti eri messo d'accordo con quel cameriere in modo da avermi sotto controllo! Ma come mai avete suonato una sola canzone? >>
<< Be' di solito alcune sere le passiamo a suonare da Arnold's, però oggi ci ha chiesto solo di fare un brano di apertura alla serata. >>
<< E invece cosa stavate confabulando tu e Nick quando ti ha preso da parte? >>
<< Mamma mia Gwen, quante domande! Sembra un interrogatorio! >>
<< Non è colpa mia se mi hai riempito la testa di dubbi! >>
Duncan alzò le spalle, ed esitò un momento prima di rispondere.
<< Ehm… Nick mi stava solo chiedendo se secondo me avrebbe avuto qualche speranza con la ragazza che voleva rimorchiare. >>
La conversazione terminò in quel momento, poiché i due si stavano addentrando in una viuzza tutta rovi e erbacce che non lasciava spazio alle parole.
Tenendo saldamente la mano della giovane, come per timore di perderla in mezzo a tutta quell'erba esageratamente alta, Duncan la condusse attraverso quella stradina ormai quasi cancellata dalla sterpaglia, in un immenso e meraviglioso campo di fiori; margherite, per la precisione. Si fermarono dinanzi a questo spettacolo, ammirando il cielo costellato dalla moltitudine di puntini luminosi e irradiato dal sorriso argenteo della luna, i cui tenui raggi lambivano i petali dei fiori delicati. Gwen, che fino a questo momento non aveva spiccicato parola, proruppe in un sonoro: << wow!>>.
Duncan sorrise, e la guidò in mezzo al fiabesco campo fiorito, nel quale gli steli dei suddetti fiori, erano molto più alti del normale. Il ragazzo, giunto al ciglio di questo campo, diede prova a Gwen della sua imprevedibilità; la distesa di fiori dava su un burrone, e dinanzi ad esso si stagliava un panorama a dir poco mozzafiato: la città illuminata solo dalle luci artificiali delle case, che sembravano tanti puntini luminosi disposti a casaccio nel lontano orizzonte.
Si sedettero con le gambe a penzoloni sul precipizio, sempre mantenendo quel meraviglioso clima di silenzio, interrotto improvvisamente dalla voce di Gwen.
<< Duncan, questo posto è magnifico! Come ci sei arrivato? … Insomma, per trovarlo bisognerebbe conoscere bene il posto, mi sembra un labirinto. >>
<< Quando ero piccolo, mia madre mi ci portava spesso la sera, soprattutto quando mio padre tornava a casa ubriaco fradicio e cominciava a sbraitarci contro, diventando pericoloso. Questo era il posto preferito della mamma. Ricordo che si stendeva sempre qui, nel punto dove siamo noi ora, e che guardava le stelle, senza fiatare. In effetti, non ha mai amato dialogare molto con gli altri, preferiva dar voce al silenzio. >>  Rispose mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé, come se le immagini della propria infanzia scorressero sotto i suoi occhi.
Gwen rimase intenerita da quelle parole, e sorrise dolcemente.
<< E' molto bello qui. >>
Duncan annuì, andando indietro con la schiena fino a stendersi sull'erba umida. Lo stesso fece Gwen, noncurante di brividi che le provocò il contatto con la rugiada degli steli dei fiori.
I loro occhi ora erano puntati contro il cielo stellato.
<< Gwen, posso farti una domanda? Però voglio che tu risponda sinceramente. >>
<< Certo, dimmi pure. >>
Prima che il punk cominciasse a parlare, la gotica intravide le sue gote dipingersi lievemente di un rosso vermiglio, anche se nel buio non ne ebbe la completa certezza.
<< Secondo te, se mia madre fosse ancora in vita, si vergognerebbe di avere un figlio come me? … >>
Questa domanda colse Gwen di sorpresa; non sapeva che rispondergli, non era mai stata una tipa loquace, infatti dalla madre non aveva certo ereditato la parlantina!
<< Duncan, io non ho mai conosciuto tua madre, ma non credo proprio che debba vergognarsi di te. Sai, mio nonno prima di andarsene mi diceva sempre che le persone, quando muoiono, rilasciano la loro anima, che salendo al cielo va a formare una stella. Quindi anche coloro che non ci sono più fisicamente in questo mondo, lo sono comunque spiritualmente dentro di noi, e ci osservano dall'alto senza mai abbandonarci. Certo, non sei stato e non sei tuttora uno studente modello, né ti sei comportato da angioletto, ma sei il ragazzo migliore che io abbia mai conosciuto. E sono sicura che anche tua madre lo pensa da lassù. >>
Duncan nel frattempo aveva puntellato i gomiti sul terreno, e ascoltava Gwen con grande attenzione, senza perdersi nemmeno una sillaba.
Poi, senza dire una parola di rizzò in piedi, mantenendo il suo sorriso enigmatico, e lo stesso fece Gwen, che nel frattempo si stava dando dell'idiota per il discorso sentimentale che aveva appena formulato.
"Stupida stupida stupida!" Eccola, ci mancava solo lei! La tanto odiata coscienza di Gwen, che come il grillo parlante di Pinocchio, esordiva sempre nei momenti meno opportuni, e con le parole meno opportune. Per una volta però, la gotica si ritrovò d'accordo con lei.
"Chissà cosa sarà andato a pensare!"
Invece, senza alcun preavviso, il punk le si avvicinò lentamente e le prese il viso fra le mani, appoggiando lievemente le labbra sulle sue. Anche una volta staccatosi da lei, non si mosse di un millimetro, tenendosi vicinissimo alla giovane in modo tale che i loro nasi si sfiorassero.
<< Gwen, le parole che hai detto sono le più belle e profonde che io abbia mai sentito, ma la cosa che più mi ha colpito, è stato il fatto che stavi parlando di me. Nessuno mi ha mai detto cose del genere, nemmeno Courtney c'è mai arrivata. Però ora ho capito. Gwen, vorresti essere la mia ragazza? >> Il suo respiro pungente le solleticò il collo, mentre quella domanda le mandò totalmente in tilt il cervello.
Persino la sua coscienza rimase interdetta.
Aveva sentito bene oppure se lo era solo immaginato?
A Gwen pareva di sognare. Si, certo, doveva essere tutto frutto della sua fantasia!
E invece no, Duncan si era davvero inginocchiato davanti a lei, reggendo fra le sue mani un grazioso anello rigorosamente nero, semplice e sobrio, e aveva appena formulato la famosa domandina che è l'inizio di tutti gli amori. Rimase imbambolata dinanzi a lui, mantenendo la sua espressione sorpresa, fino a quando il venticello tagliente non la riscosse dai suoi pensieri.
<< I-io… Duncan… -, balbettò ancora spiazzata dalle sue parole. - Oh al diavolo! Si, si si che lo vorrei! >> Gridò piombandogli addosso in un impeto di gioia. Duncan la strinse in un dolce abbraccio, facendole appoggiare il capo sul suo petto.
<< Forse penserai che sia troppo presto per dirlo però… Ti amo, Gwen. >> Le sussurrò all'orecchio.
<< Anche io… Nuovo fidanzato. >> Rise lei stringendosi più a lui.
<< Tieni, questo è per te. >>
Duncan le porse l'anello nero e lo infilò nell'anulare della gotica.
<< Grazie Duncan, è bellissimo. Quindi ora… siamo una coppia? >> Chiese Gwen sorridendo a pochi centimetri dal volto del punk.
<< Non del tutto; manca ancora una piccola formalità. >>
Non le diede il tempo di replicare, che appoggiò nuovamente le labbra sulle sue. Gwen si lasciò andare a questo bacio, avvertendo in quel contatto il piacevole profumo alla menta. Duncan le cinse la vita con una mano, e l'altra la appoggiò lievemente sulla guancia della ragazza. Quel bacio fu totalmente diverso da quelli che si erano precedentemente scambiati; infatti entrambi potevano riconoscere nelle labbra dell'altro la loro "proprietà", e da quel momento non ci sarebbe stata più nessuna sfida, nient'altro che loro due: Duncan e Gwen.
Quando si staccarono, sorrisero entrambi.
<< Ora siamo una vera coppia. >> Disse il punk stringendo a sé la fidanzata.
 
Passarono insieme tutta la serata, e a Gwen pareva un bellissimo, meraviglioso sogno; fino a qualche mese prima si odiavano talmente tanto da non sopportarsi a vicenda, ed ora sono diventati una coppia "ufficiale", accorgendosi una volta per tutte di amarsi. E' incredibile come i sentimenti per una persona possano cambiare di giorno in giorno.
Ma come in ogni sogno, arriva sempre il momento in cui devi svegliarti e tornare alla realtà, per quanto dura o monotona possa essere; quella realtà per Gwen corrispondeva al messaggio che le aveva mandato Sophie per telefono.
 
Tesoro, ti ricordo che domani mattina ti dovrai svegliare presto per andare a trovare Bridgette, quindi cerca di tornare a casa più presto che puoi.
 
Baci, Mamma.

 
<< Devi andare? >> Chiese Duncan scivolando dietro di lei e cingendole i fianchi.
<< Si, domani dovrò svegliarmi presto per prendere il treno per New York insieme a Geoff.>>
<< Andate a trovare Bridgette? >>
Gwen annuì, triste del fatto di dover lasciare quel posto meraviglioso e di allontanarsi dal suo nuovo fidanzato, ma anche entusiasta di rivedere l'amica il giorno successivo.
<< Nessun problema piccola, ti riporto a casa in un baleno! Prima però voglio farti vedere una cosa. >> Le prese la mano e la riportò velocemente nel sentiero dove aveva parcheggiato la moto, fermandosi poi sotto un albero secolare, le cui foglie verdi e fresche di Primavera rendevano le sue fronde fitte e rigogliose.
Nonostante questo, il posto emanava un'atmosfera sinistra e persino tetra.
Gwen ora era sicura di conoscere quel posto, ne era certa al cento per cento; l'unico problema era che non si ricordava affatto dove lo aveva già visto.
<< Gwen, hai visto il film horror "Tutta colpa della Luna? >> Chiese notando questo suo deja vu. Lei annuì, ricordando il bellissimo film che trattava di licantropi. Uno dei suoi film horror preferiti. All'inizio del film vi era una coppia di fidanzati che, baciandosi proprio sotto un albero secolare fu aggredita da un lupo mannaro… Un momento. Un albero secolare?
<< Ma allora… >>
<< Esatto! Quel film è stato girato proprio qui ancora prima che noi nascessimo! >>
Ecco svelato il mistero!
<< Ma, prima di andarcene, vorrei sfidare quel cagnolino -, continuò alludendo scherzosamente al lupo mannaro - baciandoti proprio qui sotto, come quella coppietta di imbranati all'inizio del film… >> Detto ciò si protese nuovamente verso di lei, stringendola a sé e lasciandosi andare ad un bacio passionale.
Inavvertitamente, qualcosa si mosse nei cespugli, interrompendo i due.
<< C-che cos'è stato? >> Balbettò Gwen guardandosi intorno.
<< Non ne ho la più pallida idea. >>
Poi all'improvviso da un cespuglio spuntò fuori qualcosa -, o meglio, qualcuno - che si avvicinò silenziosamente alle loro spalle.
Duncan, accorgendosene,  tirò istintivamente una gomitata all'indietro, colpendo in pieno quel qualcuno…
<< Ahia Duncan! >>
Il punk e la gotica si voltarono immediatamente, e videro che l' "essere" che li aveva spaventati, non era altro che Nick con una maschera da lupo calata sul viso, steso per terra dopo il colpo subìto dal compagno di band.
<< Nick? >> Chiesero in coro.
Subito dopo spuntarono dal boschetto anche Roger e Dan, che intanto se la stavano spassando, ridendo come due matti alla vista di Nick che si contorceva dolente per terra.
Duncan aiutò l'amico ad alzarsi.
<< Diavolo Duncan, sei un bastardo! >> Scherzò il bassista dandogli una gomitata amichevole.
<< Te lo sei meritato! E poi scusa, non sei neanche capace a fare uno scherzo fatto bene?>>
<< Be' in parte è riuscito; all'inizio vi siete presi un bello spavento! - Dissero in coro Roger e Dan. - In ogni caso, tu non ce l'hai raccontata giusta Gwen! >>
La gotica inarcò un sopracciglio, perplessa.
<< Ci avevi detto che tu e Duncan eravate solo amici! >>
Gwen arrossì, e Duncan le fece scivolare un braccio attorno alla vita, attirandola a sé.
<< Be', lo eravamo un ora fa… Ora siamo qualcosa di più! >> Disse sorridendole.
I presenti si guardarono per un istante, poi risposero con un sonoro applauso; acclamazione che fece sprofondare Gwen in un mare di imbarazzo.
<< Ma ragazzi, come avete fatto a sapere che eravamo qui? >>
<< Vi abbiamo seguiti, mi sembra ovvio! >>
Tutti scoppiarono in una fragorosa risata che aleggiò nel firmamento, in memoria di quella serata fantastica; per Gwen la più bella della sua, fino ad ora, breve vita adolescenziale.











Nota dell'autrice

Buonasera! Eccomi giunta finalmente al 29esimo capitolo, un traguardo che sono riuscita a raggiungere solo grazie a voi che mi seguite; grazie infinite ai recensori e anche ai lettori silenziosi!
E... TA DAAAN!
Finalmente ecco apparire ufficialmente la Gwuncan!

Contenti? Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, grazie ancora a tutti quanti! :D


Vostra Ed.




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Capitolo 30
*** Due giorni a New York ***


Capitolo 30. Due giorni a New York





 
Una volta tornati in città, Duncan riportò la sua ragazza a casa, come promesso.
Giunti davanti al portone d'ingresso senza dire una parola, Gwen esordì spezzando il silenzio che si era venuto a creare.
<< Duncan, è stata una serata magnifica, non so davvero come ringraziarti. >>
Il punk sorrise malizioso, attirandola a sé.
<< Be', per cominciare potresti salutarmi come conviene ad una coppia… >>
Gwen rise, e si avvicinò al suo viso facendo congiungere le labbra con le sue.
<< Così va bene? >> Sussurrò.
Duncan annuì, approfondendo il contatto.
D'un tratto la porta della casa di Gwen alle loro spalle si aprì, rivelando la figura alta e snella di Sophie, che rimase interdetta alla vista di sua figlia che si stava baciando con Duncan. Anche i due rimasero impietriti di fronte a lei, l'una fra le braccia dell'altro.
<< Oh… scusatemi, non volevo interrompervi, volevo solo vedere se fosse stata Gwen ad aprire il cancello… ora sparisco! >> Disse chiudendosi la porta alle spalle, non prima di aver lanciato un'occhiatina divertita alla figlia.
<< Oh no! >> Sbuffò Gwen.
<< Che c'è? >>
<< Ora che ci ha visti mi tempesterà di domande! >>
Duncan rise.
<< Tanto prima o poi gliel'avresti dovuto dire. >>
Gwen assentì con un movimento fiacco del capo.
<< Quanto starai a New York da Bridgette? >>
<< Torneremo martedì verso le otto di sera; il viaggio dura dodici ore. >>
<< Mi mancherai… Ora vai a dormire, domani dovrai fare i conti con la sveglia! >>
<< Mi sembri Sophie… >> Replicò scherzando.
Duncan la baciò di nuovo, prima sulle labbra e poi sulla fronte, augurandole la buona notte, per poi ripartire alla velocità della luce sul suo bolide.
Gwen rientrò in casa, pronta ad essere assalita dalle infinite e fastidiose domande che quell'impicciona di sua madre le avrebbe sicuramente posto.
<< Buonasera… Signora Evans! >> La prese in giro Sophie.
<< Mamma smettila. >>
<< Che carini che siete! >>
<< Mamma cosa ti ho appena detto? Perché devi sempre essere così impicciona? >>
<< Oh suvvia! Ho solo detto quello che pensavo! Dai, ora va a dormire. >>
Quest'affermazione stupì non poco la giovane.
<< Quindi… niente "interrogatorio"? >>
<< Be', diciamo che è rimandato a un'altra volta. >> Le fece l'occhiolino.
<< D'accordo, buonanotte mamma! >>
 
Ore 7.00 del mattino. La sveglia continuava a trillare imperterrita sul comodino, noncurante delle imprecazioni di Gwen verso il piccolo oggetto così fastidioso.
<< Gwen, svegliati o perderai il treno! >> Ecco, ci mancava solamente Sophie.
<< Lo so, lo so. >> Biascicò Gwen sbadigliando.
La gotica si alzò svogliatamente, vestendosi e preparandosi mossa solo dal desiderio di rivedere l'amica dopo tanto tempo.
Una volta pronta, uscì di casa salutando la madre, e si trascinò a piedi fino alla stazione, dove incontrò Geoff, che l'aspettava impaziente.
<< Gwen! Era ora che tu arrivassi! Il treno arriverà tra poco. >>
Come previsto dall'amico, dopo pochi attimi di attesa erano già sul mezzo che li avrebbe condotti dalla surfista.
<< Dormito bene? >> Chiese Geoff una volta seduti sui comodi sedili del treno.
<< Non ho chiuso occhio perché ieri sera sono tornata a casa tardi. >>
<< Una festa…? >>
Gwen scosse la testa. << No, sono uscita con Duncan. >>
Il biondo sbarrò gli occhi azzurri.
<< S-sul serio? >>
<< Si. >>
Seguì un attimo di silenzio di tomba; Geoff era alquanto perplesso, mentre Gwen stava pensando a come avrebbe potuto rivelare all'amico la sua relazione con Duncan.
<< Geoff, noi due stiamo insieme. >> Annunciò istintivamente, andando contro ogni sua riflessione su come trattare l'argomento con colui che era l'acerrimo nemico del punk.
Il ragazzo ebbe un sussulto, poi abbrancò i braccioli del sedile con le mani protendendosi in avanti, con gli occhi spalancati.
<< C-che cosa hai detto? >>
<< Geoff, non te la prendere, so che non siete molto amici, ma… >>
Il biondo la interruppe, tornando al suo sorriso ingenuo di sempre.
<< Ehi ehi! Non me la sto prendendo… sono solo sorpreso. Ma da quando? >>
<< Da ieri sera, appunto. >>
Geoff tornò ad appoggiare la schiena sul sedile.
<< Chissà cosa dirà la mia Bridg. >>
Ah già, Bridgette. Maledetta lei e le sue supposizioni; a volte pensava che fosse una strega o una veggente… Tutte le sue constatazioni e predizioni alla fine erano sempre giuste, non sbagliava mai.
Gwen chiuse gli occhi, cercando di addormentarsi dato che avrebbe dovuto passare la bellezza di dodici ore su quel treno, quando il suo cellulare squillò annunciando l'arrivo di un nuovo messaggio. Il mittente? Duncan.
 
Buon viaggio piccola, torna presto!
 
Duncan.

 
Gwen sorrise, ripensando alla sera prima.
Chissà come reagirà Trent una volta che verrà a sapere della sua relazione con Duncan… Per non parlare di Courtney!
Questi pensieri andarono sempre più sfumandosi nella mente della giovane, che crollò addormentata sul sedile pochi minuti dopo aver ricevuto il messaggio.
 
Ore 19.20, stazione di New York.
Fu la voce di Geoff a risvegliare Gwen dal suo sonno.
<< Gwen, siamo arrivati, svegliati. >> Sussurrò scuotendola leggermente per le spalle.
<< Eh…? Cosa, dove… Siamo arrivati? >> Mugugnò una volta aperti gli occhi.
Il biondo annuì aiutandola ad alzarsi e a prendere il piccolo bagaglio nell'apposito ripiano sopra le loro teste.
Usciti dal treno, si incamminarono per le strade affollate della Grande Mela, guardandosi attorno stupiti e al contempo spaesati.
<< Cavolo, New York è davvero enorme! Chissà quanti pub e discoteche ci sono! >>
Esclamò Geoff  entusiasta.
<< Vieni Geoff, dobbiamo chiamare un taxi! >>
Proprio in quel momento una voce a loro molto familiare li chiamò dalle spalle.
I due si voltarono, e con grande sorpresa ed entusiasmo, videro nella persona che aveva richiamato la loro attenzione, Bridgette.
<< Gwen, Geoff, sono qui! >>
<< Bridgette! >> Esclamarono i due in coro.
Insieme corsero a riabbracciarla, dopo tutto quel tempo passato a centinaia di chilometri di distanza. Geoff la strinse a sé quasi soffocandola, poi la baciò finché i loro polmoni non reclamarono ossigeno.
<< Mi sei mancata, amore. >>
<< Anche tu Geoff. Adesso seguitemi, vi porto alla mia nuova casa, non è molto distante da qui. >>
Si incamminarono per i marciapiedi affollatissimi della grande città, intimoriti e spaesati, sotto la guida esperta e sicura della surfista.
Ovunque vi erano negozi di ogni genere, mercatini improvvisati ai lati delle banchine; le macchine si muovevano con grande agilità nonostante il traffico perenne, mentre i taxi scorrevano a migliaia, come uno sciame di api.
Dopo alcuni minuti passati a farsi largo tra la folla, eccoli giunti ad un'area molto più tranquilla, e raggiunsero rapidamente la villa grande e spaziosa della ragazza.
<< Caspita Bridgette, questa casa è bellissima! >> Commentò Gwen entrandovi.
Geoff assentì con un cenno energico del capo, osservando ammirato il salotto della casa.
<< Venite pure di sopra, vi faccio vedere le vostre stanze. >>
I due amici presero posto nelle due camere, poi uscirono tutti e tre, diretti verso il bar accanto alla villa di Bridgette. Una volta seduti e ordinato il cibo, cominciarono a parlare dei fatti che erano accaduti da quando la ragazza si era trasferita, mentre lei raccontava loro le sue avventure in una delle città più grandi e affollate del mondo.
<< Allora Gwen, com'è andato l'appuntamento con Duncan? >> Chiese Bridgette all'improvviso. A Geoff sfuggì un sorrisetto, curioso di conoscere la reazione della fidanzata, mentre Gwen sussultò e arrossì vistosamente.
<< Ehm… S-si, dunque, ecco noi… Stiamo insieme… >> Farfugliò mangiucchiandosi le unghie, nervosa.
Bridgette ebbe la stessa reazione del suo ragazzo; sgranò gli occhi, e per poco non rischiò di rovesciare il bicchiere di Coca Cola che aveva ordinato.
<< Coosa? Ah! Io lo sapevo! Cosa ti avevo detto circa un'ora prima che ti venisse a prendere? Vedi che ho sempre ragione? >> Esclamò incrociando le braccia e assumendo un espressione altezzosa, ma al contempo felice per l'amica.
<< Gwen, comunque sappi che sono felicissima per te… Ehm cioè, per voi! - Continuò prendendo le mani della gotica fra le sue. - E tu Geoff? Non hai ancora detto nulla! Non sei contento per Gwen? >>
<< Certo, ma mi raccomando amica, sta attenta e non frequentare la stessa gente che frequenta lui. >>
La gotica volse gli occhi al cielo, esasperata. A quanto pare il suo amico aveva la testa più dura del coccio.
<< Geoff, lui non fa più parte dei Dukes già da alcuni anni. Inoltre i suoi amici sono molto simpatici, soprattutto i componenti della sua band. >>
<< Ah… Allora in questi anni deve aver messo la testa a posto… >> Rifletté il biondo.
Bridgette si intromise nella discussione, entusiasta e curiosa di sapere i dettagli della serata precedente.
<< Allora Gwen, raccontaci un po' cos'è successo! >>
La gotica spiegò ai due amici cosa Duncan aveva fatto per lei, soprattutto per convincere definitivamente Geoff che il punk non era assolutamente come lo definiva lui; al contrario, sotto sotto era un ragazzo dolce e imprevedibile, strafottente, è vero, ma speciale.
 
I due giorni spesi a New York per stare un po' di tempo con Bridgette, passarono in fretta.
Quest'ultima fece loro da guida turistica, mostrando tutto ciò che poteva loro interessare, mentre la sera li portò ad un pub più vicino a casa sua, festeggiando queste due giornate in compagnia della sua migliore amica e del suo ragazzo.
 
Ore 8.oo del mattino, in attesa del treno che li avrebbe riportati a Toronto.
<< Ciao Bridgette, torneremo a trovarti appena possiamo! Te lo prometto. >>  Disse Gwen prima di salire a bordo.
Geoff l'abbracciò, e le stampò un bacio sulle labbra, stringendola a sé.
<< Si, puoi starne certa tesoro, torneremo appena sarà finita la scuola, se non prima! >>
Esclamò con tono solenne.
<< Ci conto. Fate buon viaggio! Gwen, saluta Duncan da parte mia! >> Le fece l'occhiolino, sorridendo maliziosa.
 
Le ore su quel dannatissimo treno non finivano mai. Un minuto pareva durare in eterno, mentre non si riusciva nemmeno a chiudere occhio e rilassarsi un momento, poiché due posti davanti ai due ragazzi vi era una giovane madre con il suo bambino nato da pochi mesi, che non accennava a smettere di piagnucolare.
Arrivarono a Toronto verso tarda sera, sfiniti, trascinandosi dietro a fatica il proprio bagaglio.
Usciti dalla stazione, Geoff accompagnò a casa Gwen.
<< Ehi Gwen, mi dispiace aver detto quelle cose su Duncan, ma se devo essere sincero in parte mi sono ricreduto. >> Ammise il ragazzo una volta davanti al cancello della casa dell'amica.
<< Non ti preoccupare. Sai, a volte penso che dovreste tornare amici. >>
<< Be', è complicato, non saprei se… >>
Gwen lo interruppe. << Geoff, con i se e con i ma non si va da nessuna parte. Rischiare fa parte della vita, e comunque non avresti niente da perdere. >>
<< Ci penserò. Ciao Gwen, ci vediamo domani a scuola! >>
<< Ciao! >>
 
La gotica entrò in casa e una volta salutata Sophie, filò dritta in camera decisa a recuperare le ore di sonno. Si buttò sul letto, ma non fece in tempo a chiudere gli occhi che uno strano rumore alla finestra richiamò la sua attenzione.
Si alzò svogliatamente e spostò le tende; un grido di spavento le morì in gola.
<< Duncan!? >> Esclamò mettendo a fuoco la persona sul balcone.
<< Si, preferisci lasciarmi fuori oppure posso entrare? >> Replicò da dietro il vetro bussando alla finestra.
Gwen gli aprì e lo fece entrare in camera, fissandolo con un cipiglio furente.
<< Ti informo che mi hai fatto prendere un infarto! >>
<< Ehi ehi! Io ti vengo a trovare e mi tratti così? >> Disse fingendosi offeso.
La gotica sorrise. << In ogni caso esistono le porte! >>
<< Be', non sarebbe stata un'entrata in scena degna di me! Allora, com'è andata a New York? >>
<< Bene, anche se devo ammettere che mi sei mancato. >> Rispose appoggiando le mani sul petto del compagno, il quale fece congiungere le loro labbra.
<< Sei stanca, vai a dormire, domani ti passo a prendere per andare a scuola. >>
Le sussurrò all'orecchio spingendola lievemente a sedere nel letto.
<< D'accordo. Ciao Duncan. >>
<< Ciao piccola, sogni d'oro. >> Bisbigliò prima di uscire dalla finestra del balcone per poi saltare a terra con un balzo atletico.






Nota dell'autrice.

Buongiorno a tutti :)
Inizio col dire che purtroppo per voi questa fic non è affatto finita qui; ergo non vi libererete mai di me! Muahahahah!
...
Si, ehm... in ogni caso spero che il capitolo vi sia piaciuto! Mi dispiace non aver descritto dei dettagli i due giorni che Gwen e Geoff hanno passato da Bridgette a New York, ma non volevo annoiarvi :)
Grazie di cuore a tutti coloro che seguono/recensiscono questa schifosissima storia ^^


Vostra Ed.




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Capitolo 31
*** La vendetta è un piatto che va servito freddo ***


>> Capitolo 31 La vendetta è un piatto che va servito freddo





Gwen si stese sul letto, continuando a fissare il balcone della sua camera, dove poco prima l'aveva colta di sorpresa il suo ragazzo. Ripensò a come tutto era iniziato; prima li legava un odio incontrastabile, che poi mutò in un sentimento di quasi amicizia, poi confermatosi con il passare dei giorni, e infine il fidanzamento… Com'è strana la vita!
Proprio quando i suoi occhi stavano per cedere alla stanchezza e si stavano chiudendo lentamente, ecco che irruppe nella stanza Sophie, con il suo solito sorrisetto vispo e allegro.
<< Gwen, pst! Stai dormendo? >> Bisbigliò entrando nella camera.
La figlia roteò gli occhi. << Si, stavo, hai detto bene. >>
<< Scusa, è che sono curiosa di sapere com'è andato il viaggio. >> Proseguì imperterrita sedendosi sul letto della gotica.
<< Molto bene, New York è una bellissima città. >>
<< Bridgette come sta? >>
<< E' tutto a posto; pensa che ha una casa veramente enorme, sembra di vivere in un hotel da quanto è grande! Sua madre lavora dalla mattina alla sera, l'abbiamo vista solo una volta. >> Sophie annuì.
<< Mamma, dimmi una cosa… Non sei venuta qui per chiedermi del viaggio, vero? >>
La donna si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore.
<< Si, in effetti volevo chiederti anche se… >> Gwen le fece cenno di continuare. << Se tu e Duncan state insieme. >>
<< Ah ah! >> Esclamò Gwen. << Lo sapevo! Non pensi ad altro, giusto? Comunque si, ora che ci hai colti "in flagrante" lo devo ammettere… >>
Sophie balzò in piedi con un sorriso a trentadue denti.
<< Oh mio Dio! Gwen, io l'ho sempre detto! E tu che non volevi ascoltarmi! "Ma come ti salta in mente? A me non piace quella sottospecie di troglodita." >> Disse imitando la voce della figlia.
<< Mamma! Io non ho mai detto che… >>
<< Oh si invece, non provare a negarlo! E ora dormi, e sappi che io ho sempre ragione! Buonanotte cara. >> Sophie uscì dalla stanza di Gwen, lasciandola in balia dei suoi pensieri che andarono sfumandosi pian piano che lei si lasciava cullare tra le braccia di Morfeo.
 
Gwen scese in strada, aspettando che Duncan arrivasse per andare a scuola insieme.
<< Ehi dolcezza! >> Eccolo, appunto.
Il ragazzo le circondò le spalle con un braccio, attirandola a sé.
<< Ciao amor… C- cioè, volevo dire… >> Gwen arrossì imbarazzata; le suonava strano chiamare Duncan "amore", e decisamente non era una tipa da dirlo nemmeno al suo ragazzo. Non aveva chiamato nemmeno Trent così!
 Tutte quelle sdolcinatezze le erano completamente estranee.
<< Guarda che non mi offendo mica se mi chiami "amore". >> Rispose divertito facendo congiungere le loro labbra. Dovette ricredersi sul fatto di detestare le sdolcinatezze; certo, il troppo stroppia, è vero, ma quando era con Duncan tutto cambiava.
Appena arrivarono a scuola, videro seduti in una panchina in giardino Trent e Courtney.
Quest'ultima li guardò storto, e ad un certo punto spostò lo sguardo sulle loro mani intrecciate e sull'anello che Gwen portava al dito, ed esibì una smorfia disgustata.
La coppia non ci fece caso, ed entrò nell'edificio scolastico dirigendosi verso la loro classe.
 
<< Trent, hai visto? >> Chiese Courtney tirandogli lievemente la manica della maglietta.
<< Cosa? >>
<< Duncan e Gwen si tenevano per mano! E la darkettona aveva al dito un anello nero che prima non le ho mai visto addosso! Tesoro, mi dispiace dirtelo, ma quei due stanno insieme. >> Annunciò tristemente.
Il ragazzo sorrise alzando le spalle.
Scavando nel suo cuore però, lo avremmo trovato in mille pezzi.
<< Court, mi sembra di avertelo già detto no? Non mi importa per me ci sei solo t… >>
L'ispanica non gli lasciò il tempo di proseguire che balzò in piedi gesticolando nervosamente.
<< Trent tu non capisci! Come fai a tollerare questo affronto? >>
<< Court calmati, ti ricordo che anche noi stiamo insieme! >>
<< Lo so Trent, ma io… Non riesco a sopportare quello che ti hanno fatto… o meglio quello che ti HA fatto. >> Specificò alludendo a Gwen. << Ti ricordo che ti ha mollato dicendo che non era più innamorata di te, e ti promise che non le piaceva Duncan. >>
<< Lo so, ma il tempo può cambiare molte cose… >>
<< No Trent. Quello che dobbiamo fare è darle una bella lezione, e io so già come fargliela pagare… >> Si avvicinò all'orecchio del ragazzo e gli sussurrò all'orecchio il suo piano.
<< Ma sei matta?! No, non sono assolutamente d'accordo! >>
<< Trent! Potrei farla pagare anche a te se non mi stai a sentire, chiaro?>>
<< Almeno lascia che le parli! >>
<< E cosa speri di ottenere? Questa volta non è stato un malinteso Trent. In ogni caso se ci tieni tanto vai pure, a fine lezioni ci ritroviamo qui e mi dirai cosa ti ha detto, d'accordo?>>
Trent annuì, stampandole un rapido bacio sulle labbra e correndo a perdifiato nella sua classe.
 
Una volta nell'aula, il moro corse dalla sua ex e le posò una mano sulla spalla, costringendola a voltarsi.
<< Ciao, Gwen. >> Disse con palese imbarazzo.
La gotica inarcò un sopracciglio.
<< Che cosa vuoi? >> Rispose, acida.
<< Ecco io… Vorrei parlarti un momento, se non ti dispiace. >>
Gwen annuì e fece cenno a Duncan di allontanarsi e lasciarli soli.
<< Dimmi pure. >>
<< Ho saputo che tu e Duncan… State insieme. >>
<< Si, è vero. Quindi? >>
<< Be', ci tenevo a dirti che anche io e Court siamo una coppia ora. E vorrei chiederti un'altra cosa, però dovresti rispondermi sinceramente, anche se non stiamo più insieme per me è importante. >> Gwen gli intimò di continuare. << Eri innamorata di lui anche quando mi hai mollato? >>
<< No Trent. Ma ho capito quanto lui sia importante per me da molto tempo ormai; e non è affatto come tu e quell'altra oca lo definite. >>
Al moro quelle parole parvero come mille schegge affilate che trafissero il suo cuore senza pietà. Un impeto di rabbia lo colse, e una lacrima solcò il suo viso, ricordandosi le parole dell'ispanica e quanto lo avesse fatto soffrire fino ad ora vederli insieme. Sarà stato il tono acido e distaccato che manteneva Gwen nei suoi confronti, oppure il termine "oca" riferito alla sua nuova fidanzata, fatto sta che non ci vide più dalla rabbia.
Accecato dal furore, alzò improvvisamente una mano come per tirarle uno schiaffo, ma non fece in tempo a colpirla grazie al tempestivo soccorso del punk, il quale gli afferrò saldamente il braccio bloccandoglielo dietro la schiena.
<< Cosa intendevi fare, eh? Maledetto idiota! Provaci un'altra volta e questo braccio te lo spezzo sul serio! >> Sibilò lasciandolo andare spingendolo in avanti.
Poi corse da Gwen, la quale era ancora immobile, paralizzata davanti a quella scena.
<< Tutto a posto? >> Le domandò in tono protettivo lanciando un'occhiataccia al chitarrista che si stava massaggiando il braccio, con le lacrime agli occhi.
Lei annuì, lasciandosi abbracciare dolcemente dal ragazzo.
<< D-Duncan, lui non è più quello di una volta, Courtney lo sta trasformando in un mostro! Prima di conoscerla non mi avrebbe mai torto un capello, non avrebbe fatto del male ad una mosca! Non capisco cosa gli sia preso… >>
<< Non ti preoccupare, se tiene al suo braccio non lo rifarà un'altra volta. >>
 
Le lezioni sembravano non finire mai, e Gwen dovette ringraziare il cielo di essere a fine Marzo, ergo a pochi passi dalla fine della scuola.
Ma il pensiero di un Trent reso aggressivo dalla tanto odiata Courtney la stava divorando, e non ebbe il coraggio di guardare il ragazzo negli occhi, seduto nella parte opposta dell'aula.
<< Gwen, non ci pensare, se ha reagito così è per forza colpa dell'influenza di Courtney su di lui, e non appena si sarà stufato di lei tornerà ad essere quello di prima. >>
Cercò di rassicurarla il punk accarezzandole lievemente la guancia.
<< Lo so… Ma se è arrivato a volermi quasi tirare uno schiaffo allora la situazione è preoccupante. >>
In quel momento suonò la campanella della ricreazione, e i due uscirono dalla classe.
<< Sai, non capisco cos'abbia spinto Trent a mettersi con quella strega di Courtney. >> Riprese Duncan cercando di distrarre Gwen.
<< Be', forse dagli stessi motivi per i quali ci sei cascato anche tu… fisico indubbiamente attraente, sguardo da gatta morta, e… >>
<< Ehi! Piano piano! Sarà attraente quanto vuoi, ma non sarà mai sexy come te. >> Disse Duncan facendole appoggiare le spalle al muretto esterno della scuola.
Gwen rise, stando al gioco.
<< Ah si? >>
<< Proprio così. >> Concluse il ragazzo cingendole i fianchi e baciandola.
Stettero a scambiarsi effusioni e giocose frecciatine per alcuni minuti, poi tornarono in classe al suono della campanella che annunciava la fine della ricreazione.
 
 
Finalmente, anche quella eterna mattinata scolastica giunse a termine, lasciando liberi gli studenti.
<< Streghetta, ti andrebbe di andare a cena fuori questo sabato? >> Domandò il punk una volta usciti dall'edificio.
<< Si, però basta sorprese! >> Scherzò lei.
<< Ma come, io lo so che sotto sotto ti fanno impazzire! Soprattutto se sono io a fartele!>>
<< Oh certo, vallo a raccontare a Nick, o dovrei dire al fantomatico lupo mannaro! >>
<< Ehi ma quello scherzo non è stata opera mia! >>
<< Ma ne saresti capace! >>
<< Oh si! >> Rise Duncan esibendo uno sguardo malizioso.
 
Nel frattempo, Courtney e Trent erano arrivati alla casa di quest'ultimo, il quale aveva raccontato alla ragazza cos'era successo in classe poche ore prima.
<< Io lo sapevo! Gwen avrà quello che si merita, non possiamo lasciare che la passi liscia, e Duncan dovrà fare i conti un'altra volta con la bocciatura! >>
<< Courtney, è vero che non si sono comportati bene, ma è anche vero che sono stato io il primo ad "attaccare". >>
<< Trent io ti conosco, non le avresti mai e poi mai mollato quello schiaffo, fidati. Sei troppo buono per farlo. >>
Il ragazzo sospirò, sorridendo tristemente. << E quale sarebbe il tuo piano? >>
Courtney ghignò, pregustando la vendetta. << Sai chi sono i Dukes… ? >>








Nota dell'autrice.

Buonasera a tutti miei carissimi lettori!
Mi dispiace aver tardato tanto nel postare il capitolo, ma ho avuto una marea di impegni con gli scout!
In ogni caso spero che vi sia piaciuto :)
Avete capito più o meno cos'ha in mente Courtney? I Dukes... Vi fanno venire in mente qualcosa?

Grazie mille a tutti voi che leggete e recensite! Ringrazio di cuore anche i lettori silenziosi :)


Vostra Ed.














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Capitolo 32
*** Una serata piena di sorprese ***


 
Capitolo 32 Una serata piena di sorprese - parte 1 -



 
I giorni di scuola passarono rapidamente, e fra interrogazioni e compiti in classe Duncan e Gwen non soffrirono particolarmente la presenza di Trent e Courtney. Questi ultimi non si erano più fatti notare dai due con occhiatacce e gelide frecciatine, piuttosto se ne stavano in disparte, quasi dimenticandosi della coppia avversa.
Questo però faceva parte del piano che l'astuta ispanica e il suo compagno, seppur riluttante, avevano programmato, cercando di trattenere la rabbia e il rancore verso il punk e la gotica  in attesa della resa dei conti.
E così anche quel sabato sera era finalmente giunto, e la preoccupazione di Gwen per la scelta dei vestiti era in costante aumento; come sempre d'altronde.
<< Caspita, sarà la millesima volta che sono completamente in alto mare per la scelta dei vestiti! >> Esclamò Gwen sbuffando sonoramente e sedendosi sul letto di fronte all'armadio, arresa.
<< Forse perché non sai cogliere quello che c'è di bello nei tuoi abiti. >> Esordì la voce squillante di Sophie, appoggiata allo stipite della porta della camera di Gwen.
<< Cos'hai detto? >> Chiese quest'ultima perplessa.
La madre si avvicinò, sorridendo enigmatica.
<< Ecco, prendi per esempio questo vestito. Te lo regalai un anno fa e non l'hai mai indossato >>, disse mostrando alla figlia un abito blu notte molto semplice e sobrio. << Scommetto che se lo mettessi staresti benissimo, fidati di me! Con qualche piccola modifica sarà perfetto! >>
<< Uhm… Non saprei, non mi trovo molto bene con quel genere di vestiti. >>
<< Invece ti piacerà, ne sono sicura! Se aspetti dieci o quindici minuti avrai il tuo abito perfetto! >> Trillò Sophie fuggendo nella sua camera.
"Dimentico spesso che mia mamma è un fottuto genio a cucire", pensò sospirando.
 
Dopo il lasso di tempo indicato dalla madre, quest'ultima si precipitò nella camera di Gwen, sfoggiando con orgoglio il vestito che aveva modificato.
La gotica spalancò la bocca, incredula del lavoro eccellente svolto da Sophie.
<< Mamma è bellissimo! Ma come hai fatto? >>
<< Eh eh! Segreto! Se avrai voglia un giorno ti insegnerò a cucire per benino! >>
Il vestito era bellissimo: senza spalline e con una fascia che circondava il petto con qualche semplice frangia nera applicata sopra da Sophie e terminava a metà coscia, senza essere né troppo ampio né troppo stretto… Straordinariamente perfetto!
<< Grazie mamma, è fantastico. >> Sussurrò stampando un bacio sulla guancia della madre, che sorrideva soddisfatta.
<< Ah, tesoro, ti ricordo che questa sera partirò per quel viaggio di lavoro di cui ti avevo parlato ieri e tornerò domani verso sera. Mi raccomando stai attenta! >>
<< Si, certo. >>
 
Gwen si preparò rapidamente conscia del fatto che fra pochi minuti sarebbe arrivato Duncan a prenderla, e non appena questi suonò il campanello, Sophie si precipitò ad aprirgli la porta.
<< Buonasera Sophie! >> Esclamò il punk sorridente.
<< Ciao Duncan! Gwen sta finendo di prepararsi, sai è molto emozionata di passare un'altra serata con te e… >>
<< Mamma grazie ma non ci interessa, ora andiamo altrimenti faremo tardi. >>
 La interruppe Gwen più imbarazzata che mai. Duncan invece se la rideva sotto i baffi.
<< D'accordo, allora buona serata ragazzi! >> Li salutò Sophie chiudendosi la porta alle spalle.
 
<< Ma come non ci interessa? A me interessava eccome! >> Scherzò Duncan non appena furono in strada.
<< Ma smettila! >> Replicò Gwen dandogli un leggero buffetto sulla spalla.
<< E così… eri emozionata di passare un'altra serata con me? Sei così dolce, Raggio di Luna! >> La prese in giro lui.
<< Ehi! Non è vero, è mia mamma che… >> La gotica cercò di discolparsi, ma il visibile arrossamento delle gote la tradiva.
<< Stai tranquilla, prima o poi ti darò lezioni per imparare bene a mentire! >>
Gwen rise scuotendo la testa, mentre Duncan le prendeva il viso fra le mani.
<< Ti odio. >> Sussurrò Gwen sorridendo.
<< Oh, se è per questo anch'io. >> Rispose Duncan prima di appoggiare le labbra su quelle di Gwen. Adorava confrontarsi con lei in continue frecciatine, perché era l'unica che sapeva tenergli testa senza sputargli addosso un velenoso: "sta zitto!" oppure "non è cosa che ti riguarda, Duncan" come invece diceva sempre Courtney.
<< Allora, vogliamo andare, oh mio cavalier servente? >>
<< Ai suoi ordini, Madame! >>
 
Duncan portò Gwen nel locale più rinomato della città: un ristorante piuttosto caro e lussuoso, qualcosa che la ragazza non si sarebbe mai aspettata.
Infatti appena entrò il suo sguardo si perse fra i tavoli adornati con tovaglie fini e preziose, piatti in ceramica pregiata, un tappeto rosso fuoco si estendeva sotto i suoi piedi mentre un aroma inebriante proveniva dalla cucina, diffondendosi nel bellissimo locale.
<< Wow >>, si limitò a dire, continuando ad ammirare il posto.
<< Ti piace? >>
<< Tantissimo. Ma perché mi hai portato qui? >>
<< Volevo farti una sorpresa. >> L'ennesima, per l'appunto.
Gwen rise a quell'affermazione, convinta ora più che mai che Duncan avesse uno spiccato talento nel stupire le persone.
Intanto un cameriere di mezza età si era avvicinato a loro con aria annoiata e scocciata.
<< Avete prenotato un tavolo? >> Il suo tono di voce era piuttosto pacato.
 << Si, il numero sette. >> Rispose Duncan indicando un tavolo per due in fondo al locale, sotto un gazebo nel quale si arrampicavano foglie di edera, che donavano al posto un clima ancor più magico.
<< Potete accomodarvi, fra qualche minuto arriverò a prendere le ordinazioni. >>
Detto questo si congedò, sparendo nell'ambiente caldo e invitante della cucina.
Gwen intanto era in procinto di tirarsi uno schiaffo per convincersi che tutto questo era semplicemente un sogno, dato che nemmeno i pizzicotti avevano funzionato.
<< Sorpresa? >> Le sussurrò all'orecchio mentre si dirigevano al tavolo.
<< Caspita se sono sorpresa! >> Esclamò lei ancora allibita.
Duncan rise e le stampò un baciò sui capelli profumati.
Si sedettero e aspettarono che arrivasse il cameriere, ridendo e scherzando come erano soliti fare.
<< …In ogni caso l'unico film horror che mi ha veramente spaventato è stato "Un sabato sera di sangue"! >> Disse Duncan.
<< Ah si, ricordo di averlo visto con Trent, dovevi vedere che facce che faceva! Si tirava su la coperta fino agli occhi e tremava come una foglia! >>
<< Non poteva avere altra reazione, quel fifone! >>
Entrambi scoppiarono a ridere.
<< Gwen, dopo la cena ti andrebbe di andare al cinema? È uscito un altro film horror del regista che ha girato l'"Occhio della morte"! Credo sia il seguito. >>
<< Si, volentieri! Non vedo l'ora di vederti frignare come un bambino! "No Gwen, ho paura! Andiamocene via!" >> Scherzò lei imitando la voce del ragazzo.
<< Ehi! Al massimo sarai tu che mi implorerai di proteggerti! >> Replicò Duncan alzandosi dalla sedia e inginocchiandosi davanti a lei, assumendo un espressione compassionevole, incrociando le mani e imitando a sua volta la voce di Gwen. << "Oh Duncan, ti prego, proteggimi da questi mostri demoniaci!" >>
La ragazza non poté trattenersi dal ridere dinanzi a quella comica scenata.
<< Dai smettila, ci stanno guardando tutti! >> Sussurrò sorridendo.
<< Be' se ci guardano è perché siamo belli, no? >> 
Si alzò e le appoggiò una mano sulla sua guancia candida e fredda, attirandola a sé con un bacio. In quello stesso istante arrivò il cameriere squadrando con la sua solita espressione irritata il ragazzo inginocchiato davanti a Gwen.
<< Ehm ehm. >> Esordì attirando la loro attenzione.
<< Oh, mi scusi non l'avevo vista. >> Disse Duncan con noncuranza tornando a sedere.
<< Solitamente le proposte di matrimonio si fanno a fine pranzo. >>
Quel tono di voce terribilmente pacato e atono era parecchio irritante all'orecchio dei ragazzi. Notando che la sua battuta, per così dire, non era stata calcolata nemmeno di striscio dai giovani clienti, procedette chiedendo le ordinazioni, poi sparì in mezzo ai tavoli.
<< Quel tizio ha la vitalità di un sasso. >>
Gwen rise a quella strana affermazione. << Già. Duncan hai visto che prezzi? >> Constatò leggendo il menù << sei sicuro di… Insomma, di voler pagare così tanto per una cena? >>
<< Stai tranquilla piccola, lascia fare a me! >>
La gotica alzò le spalle. << D'accordo allora. >>
 
La cena trascorse in completa armonia e tranquillità, soprattutto grazie al fatto di essere isolati dagli altri clienti nel gazebo situato nella terrazza del ristorante, che dava sulla meravigliosa spiaggia di Toronto.
Quando ebbero finito di cenare, sempre lo stesso cameriere dall'aria corrucciata portò loro il conto. Duncan gli diede una rapida occhiata e rimase indifferente anche dinanzi alla cifra esagerata, e dopo aver infilato sotto il portacenere i soldi, prese Gwen per mano e si fermarono ad osservare il cielo notturno da quel terrazzino isolato.
<< Duncan, grazie per avermi portata qui, non me lo sarei mai aspettata. >>
<< Be' - ribattè il ragazzo liquidando i ringraziamenti con un cenno della mano - è per questo che ho scelto questo posto… Oh, guarda! Una stella cadente! >>
<< Dove? >>
<< Eh, mi spiace piccola, te la sei persa. Comunque è passata attraverso la costellazione di Orione, quella lì con le stelle più luminose.>> Duncan le indicò un ammasso di stelle, che all'apparenza non presentava nessuna forma, anzi pareva un'accozzaglia di puntini luccicanti.
<< Sai distinguere le varie costellazioni? >> Chiese di rimando Gwen alquanto sorpresa.
<< Alcune… Mia madre era un'appassionata di astronomia. Quando era ancora viva ci stendevamo nel giardino e mi faceva la mappa di tutte le costellazioni e i rispettivi miti e leggende. La sua voglia di studiare il cielo notturno ha finito per contagiare anche me. >>
Gwen sorrise; solo ora si accorse di non conoscere ancora tutto di Duncan, ed era certa che non avrebbe mai finito di scoprire qualcosa di nuovo sul suo conto.
<< Bene, direi che possiamo andare. Sono già le nove e mezza e non vorrei rischiare di perdermi il film! >> Disse il punk come risvegliatosi all'improvviso.
 
Una volta fuori dal locale i due salirono sulla moto diretti verso il cinema.
Fino ad ora la serata era stata magnifica, perfetta; non potevano nemmeno lontanamente immaginare cosa sarebbe accaduto loro una volta a casa…











Nota dell'autrice.
 
Buonasera miei carissimi lettori! Innanzitutto volevo scusarmi per l'immenso ritardo, ma la storia purtroppo è sempre quella: non ho mai tempo da dedicare al computer, ergo non posso aggiornare tanto presto ultimamente... Mi dispiace tantissimo, credetemi. 
Ho deciso di pubblicare il trentaduesimo capitolo proprio oggi perchè domani parto con gli scout e tornerò il 16 Agosto, quindi fino a quel giorno non potrò nè aggiornare nè scrivere il prossimo capitolo. 
Comunque spero che questo chappy vi sia piaciuto! 

Grazie a tutti voi che mi seguite ^^


Ed.




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Capitolo 33
*** La scala per il paradiso ***


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Capitolo 33 - La scala per il paradiso 
 




Appena arrivati davanti al cinema Duncan parcheggiò la moto ed entrò insieme a Gwen.
L'aria  condizionata li investì come una folata di vento gelido e pungente, e, pronti per godersi il nuovo film della loro saga horror preferita, si diressero alla cassa acquistando i biglietti per poi entrare nella sala e sedersi in attesa dell'inizio della proiezione.
Il film riscosse un grande successo; entrambi lo apprezzarono molto e a differenza delle altre persone presenti, quando vi era una scena cruenta o particolarmente horror non si spaventavano affatto, cercando di indovinare chi della compagnia sarebbe morto per primo e sotto quali torture.
Uscirono dal cinema sorridenti, e Gwen pensò che quella era forse la serata più bella della sua vita… Fino a quel momento.
<< Gran bel film. >> Esordì la gotica una volta all'aria aperta.
<< Già >>, assentì Duncan << è quasi meglio del primo! >>
Il ragazzo le porse il casco, e tornarono a casa in moto. Ormai Gwen si era quasi abituata al veicolo del fidanzato, anche se aveva una certa paura quando quest'ultimo azzardava certe velocità e certe manovre pericolose. Parcheggiarono abbastanza lontano dalla casa della ragazza, poiché in quella via tutti i posti erano occupati dato che quella sera vi era una festa nel parco vicino a casa sua, quindi dovettero camminare per una manciata di minuti.
Una volta davanti al cancello della casa di Gwen, Duncan le sorrise, appoggiando una mano sulla sua guancia fredda e pallida.
<< Grazie della serata Duncan. Non credo di essere mai stata meglio. >> Confessò la ragazza incatenando i suoi occhi con quelli cristallini del punk.
<< No, sono io che devo ringraziare te. >>
Duncan avvicinò il suo viso a quello della ragazza e, esitando un momento, appoggiò le labbra sulle sue. Quel contato durò pochi istanti, ma ad entrambi pareva infinito ed etereo.
<< Ora vado, piccola, ci vediamo domani. >> Sussurrò Duncan.
<< Certo, non farmi aspettare! >> Gwen gli fece l'occhiolino, maliziosa.
<< Oh, puoi stare certa ce non lo farò. Ciao, Raggio di Luna. >>
Il punk le cinse la vita e le baciò la fronte, per poi dirigersi verso la sua moto.
Gwen lo guardò andarsene, osservando la sua figura alta camminare sul marciapiede finché il buio non lo inghiottì. La gotica frugò nella borsa in cerca delle chiavi, e nel momento in cui le tirò fuori vittoriosa, avvertì un movimento alle sue spalle.
Si voltò intimorita, ma non vide nessuno. Fu solo quando portò le chiavi alla serratura del cancello che una voce terribilmente vicina a lei la fece sussultare di terrore; due occhi neri e scuri come la notte la stavano fissando.
Al suo fianco, appoggiato al muretto, vi era un ragazzo non troppo alto ma ben piazzato, capelli completamente rasati e numerosi piercing sparsi nel viso.
<< Ciao, Gwen. >> Pronunciò quel nome sputando per terra.
La gotica si lasciò scivolare le chiavi dalla sua mano tremolante.
<< C-chi sei? >>
<< Pensavo mi avessi riconosciuto. >> Sogghignò. << Il nome Dukes ti dice qualcosa? Non mi dire che Duncan non ti ha mai detto niente a riguardo. >>
Appena Gwen sentì pronunciare la parola "Dukes" sentì un brivido percorrerle la schiena, e un forte impulso di gridare si impadronì di lei.
<< In ogni caso, sono qui per una cosa. >> La ragazza deglutì rumorosamente, mentre il delinquente le si avvicinava pericolosamente per poi appoggiare le mani sulle spalle di lei e spingerla violentemente contro il muretto. Gwen emise un gridolino di dolore.
<< Che cosa vuoi?! >>
<< Mi è stato chiesto di darti una bella lezioncina, Gwendolyne. >>
Gwen si irrigidì e mentre il criminale appoggiava le sue mani sui fianchi della ragazza, quest'ultima raccolse tutto il coraggio che poté e lo spinse via, liberandosi della sua presa.
Ancora più irritato e indignato, si riavvicinò rapidamente e la ragazza prima che potesse reagire ricevette uno schiaffo sulla guancia.
Gwen si massaggiò il punto colpito e con le lacrime agli occhi fissò il suo avversario, non sapendo come comportarsi.
<< Piccola insolente, lo sai chi sono io?! >> Sibilò e fece per alzare di nuovo la mano per colpirla un'altra volta che la sua mano fu bloccata improvvisamente. Gwen, che nel frattempo aveva incrociato le mani sopra la testa per difendersi, sollevò il capo e riaprì gli occhi, e con enorme sorpresa riconobbe subito la terza persona.
<< E tu lo sai chi sono io?! >> Gridò la voce adirata.
<< Duncan! >> Esclamò Gwen al limite della gioia.
Il punk mollò la presa sul polso del componente dei Dukes e gli sferrò un pugno nello stomaco, facendolo piegare in due. Poi gli afferrò il braccio e glielo torse dietro la schiena, avvicinandosi al suo orecchio. << Cosa sei venuto a fare qui? Parla! >>
Il ragazza piagnucolò dal dolore. << Me l'hanno ordinato! >>
<< Chi?! >>
<< C-Courtney! >>
Al sentir nominare la sua ex, Duncan lo lasciò andare con una smorfia.
<< Non ti azzardare più a toccare la mia ragazza, hai capito?! E ora sparisci, idiota. >>
Il ragazzo corse via con una velocità impressionante, inciampando su sé stesso dalla fretta.
Duncan si avvicinò a Gwen, la quale gli saltò al collo, scoppiando in lacrime. Il punk le circondò i fianchi con le braccia, stringendola a sé.
<< Non sono riuscita a difendermi, se non ci fossi stato tu… >>
<< Non ci pensare, ora sono qui. >> Le sussurrò dolcemente.
Quando si sciolsero dalla stretta Duncan le asciugò le lacrime.
<< Courtney… me lo sarei dovuto aspettare. >>
<< Non la credevo capace di questo. >>
<< Oh, è parecchio vendicativa, questo è sicuro, ma nemmeno io pensavo che sarebbe arrivata a tanto. E non mi sbaglierei se dicessi che c'è anche lo zampino di Trent. Probabilmente è stato obbligato a seguirla nel suo piano. >>
<< Trent, come ti sei ridotto… >> Mormorò Gwen pensando al suo ex in balia di Courtney.
<< Piuttosto, tu stai bene? Sei ferita? >> Domandò Duncan preoccupato.
<< Si, sto bene. Per fortuna sei arrivato in tempo. >>
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo. << C'è Sophie in casa con te? >>
Gwen scosse la testa. << E' partita per lavoro, tornerà domani sera. Perché? >>
<< I Dukes non mollano così facilmente, probabilmente hanno mandato il novellino della banda e non mi sento tranquillo a lasciarti sola. >>
<< Potresti dormire a casa mia stanotte. >> Sorrise maliziosa.
<< Mmh, proposta allettante direi… D'accordo, accetto se proprio insisti. >> Le fece l'occhiolino circondandole le spalle con un braccio. Gwen aprì il cancello e insieme entrarono dentro casa.
<< Dunque… Che ore sono? >> Domandò la ragazza.
<< Circa mezzanotte. >>
<< Direi che abbiamo tempo. >> Lo sguardo di Gwen era carico di malizia.
Duncan la fissò meravigliato.
<< Gwen, io non voglio costringerti… cioè, non pensavo che tu volessi... insomma… >>
Balbettò completamente spiazzato dall'affermazione della ragazza. << Ti sei già ripresa da quello che è successo? >>
Gwen annuì sorridendo. << Ora ci sei tu con me, sono molto più tranquilla nonostante ci sia il rischio che continuino a darmi fastidio. >>
<< Piccola, non si tratta solo di darti fastidio, se non fossi intervenuto io probabilmente quel cretino ti avrebbe picchiata. >>
La ragazza sospirò. << Era quello che mi aspettavo. Ma la prossima volta saprò come difendermi… Ma ora basta discutere di queste cose, dai, vieni di sopra! >>
 Prese il fidanzato per mano e lo trascinò in camera sua, al secondo piano.
<< Non badare al disordine… >> Disse non appena varcarono la soglia della stanza.
<< Ehi, ti ricordo che stai parlando con un nemico dell'ordine! >> Rise lui.
La camera della gotica era abbastanza grande, con un letto matrimoniale al centro, mentre le pareti erano decorate con una miriade di poster di cantanti, gruppi musicali e vi erano persino dei quadri disegnati da lei. Attaccato alla parete invece vi era un piccolo armadio e alla sua destra, nell'angolino, un basso elettrico.
Nonostante i gusti macabri e tetri della ragazza, dalla sua camera nessuno avrebbe mai concluso che appartenesse ad una dark.
<< E questo? >> Esclamò Duncan indicando il basso.
<< Oh, è da molto tempo che non lo uso, ma alcuni anni fa lo sapevo suonare discretamente. >>
<< Mi sorprendi sempre di più, Raggio di Luna. >> Le sussurrò ad un orecchio prendendola per i fianchi. La mano di lui si portò dietro la nuca di Gwen accompagnando la testa di lei fino ad intrecciare le labbra con le sue, e alla ragazza sembrò non dispiacere. L’altra mano del punk scivolò sotto la maglietta della gotica, mentre le sottili braccia di lei si attorcigliarono attorno al collo di lui che la fece distendere nel letto. E quella sera non dissero più nulla, perché ogni carezza, sospiro o sguardo avevano essi stessi la forza di mille parole dette gridando. Così, insieme, raggiunsero il paradiso.Si addormentarono distesi l’uno accanto all’altra, quando perfino i loro occhi si stancarono di incontrarsi. 












Nota dell'autrice

Buonasera carissimi lettori, e perdonate l'immensissimo ritardo nell'aggiornare, purtroppo però l'ispirazione era andata a quel paese, inoltre non ho avuto molto tempo per scrivere. Comunque da questo capitolo in poi riprenderò ad aggiornare regolarmente, è una promessa :)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!

Grazie a tutti quelli che mi seguono! ^^


Ed.






 

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Capitolo 34
*** L'orgoglio o il perdono? ***


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>> Capitolo 34.  L'orgoglio o il perdono? 



 
Quella notte Gwen trascorse un sonno dolce e tranquillo, sapendo di essere al sicuro con Duncan accanto.
La mattina si destò verso le dieci, e si accorse che il suo compagno era già sveglio e le stava dolcemente accarezzando i capelli. Gwen sospirò e si strinse ancora di più a Duncan, appoggiando la testa sul suo petto.
<< Buongiorno dormigliona. >> Sussurrò lui, sorridendole. << Dormito bene? >>
La ragazza mugugnò un incomprensibile "sì" per poi richiudere gli occhi.
<< Che fai, ti rimetti a dormire? Ah, non se ne parla! >>
Il punk cominciò a farle il solletico nella pancia, e mentre lei si contorceva in mezzo a mille risate cercando di fermarlo, l'attirò a sé baciandola con trasporto.
<< Ehi, così non vale! >> Si lamentò Gwen. << Ho un sonno terribile. >>
<< Sei  sfinita per quello che abbiamo combinato ieri notte, ammettilo, sono un mago in questo genere di cose. >> Si vantò il ragazzo.
La gotica inarcò un sopracciglio, fingendo un sorrisetto sarcastico.
<< Avanti, lo so che ti è piaciuto. >> Continuò Duncan.
<< Oh, certo, come vuoi tu. >>
Un sorriso malizioso si dipinse sulle labbra del punk. << Ah si? Vediamo quanto tempo impieghi a cambiare idea. >>
Duncan ricominciò a farle il solletico, e mentre Gwen si contorceva dalle risate, contava i secondi.
<< Uno… >> Cominciò.
Ma Gwen non demordeva.
<< Due… >>
La ragazza ancora si ostinava a cercare di respingerlo.
<< Tre… >>
<< Duncan ahah… ti prego, bastaaa! E' stata una "prima volta" fantastica! >> La gotica si arrese, e il punk sorrise vittorioso.
<< Esattamente tre secondi. Un record impressionante, complimenti Gwendolyne. >>
Entrambi scoppiarono a ridere.
<< E ora… come facciamo con Courtney? >> Esordì Gwen.
<< Non so, sto ancora pensando ad una vendetta che sia all'altezza di ciò che avrebbe voluto farti. >> Rifletté Duncan.
<< Cosa intendi dire? >>
<< Be', voleva che quello sfigato ti picchiasse, non è vero? Avrà lo stesso trattamento. >>
<< No, forse è meglio di no. >>
<< Come? >> Il ragazzo si tirò su a sedere, sorpreso.
<< Voglio dire che forse è meglio lasciar perdere la violenza. >>
<< Gwen, se non fossi arrivato in tempo chissà cosa ti avrebbe fatto! E tu pensi di perdonarla? >>
La gotica sorrise. << Voglio solo parlarle. >>
<< Piccola, non riuscirai a spiccicare nemmeno una parola con lei. Ti assalirebbe immediatamente. >> Duncan le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
<< Tentar non nuoce, giusto? >>
<< … Con Courtney non ne sarei così convinto! >> Rise il punk.
 
I due ragazzi, una volta vestiti ed usciti di casa, si diressero verso l'abitazione di Courtney, con il cuore in gola.
La casa distava circa una ventina di minuti di cammino da quella di Gwen, e non appena la coppia giunse davanti al portone, si guardarono negli occhi, incerti su da farsi.
<< Sei… Sei sicura di volerlo fare? >>
Gwen sospirò, spostando lo sguardo per terra.
<< Non sono sicura di riuscire a sostenere una conversazione civile con lei reprimendo l'istinto omicida, ma ci proverò. >>
Duncan sorrise, baciando la ragazza sulla fronte. << In ogni caso non temere, ci sono io qui! >>
La gotica rise, per poi avvicinare la mano tremolante al campanello.
Suonò.
Silenzio.
Solo un rumore di passi decisi si avvicinava alla porta, per poi aprirla facendola cigolare lievemente, provocando un brivido gelato che percorse la schiena di Gwen facendola sussultare. La figura di Courtney apparve davanti a loro, con le braccia incrociate al petto e una espressione di insofferenza. Duncan represse a stento una smorfia di odio.
<< Ciao, Courtney. >> Esordì Gwen, spezzando il silenzio glaciale che si era creato.
<< Oh, ma guarda chi c'è! Sei venuta con il tuo nuovo fidanzatino, che gioia! >> Replicò sarcastica. << Cosa volete qui?! >>
<< Parlare, Courtney. Ciò che tu non sei mai stata in grado di fare con noi, forse perché non avevi le palle per affrontarci faccia a faccia, così hai lasciato il compito a qualcun altro.>>
<< Di cosa stai parlando? >>
<< Non fingere di non sapere niente! Ieri sera sono stata aggredita da uno dei Dukes, e se non ci fosse stato Duncan… >>
L'ispanica la interruppe bruscamente, rivolgendosi al punk. << Ah e così il mio piano è fallito per colpa tua! Me lo sarei dovuta aspettare che avresti voluto fare l'eroe! Tsk, idiota!>>
<< Sei solo un'ipocrita! Una stronza! >> Gridò Duncan muovendo un passo in avanti e puntandole il pugno chiuso dritto in viso. Se non fosse stato per l'intervento tempestivo di Gwen probabilmente il colpo sarebbe andato a segno.
<< Duncan, calmati! >> La ragazza gli strinse leggermente il braccio, cercando di tranquillizzarlo. << Quanto a te cos'hai da dire in tua difesa? >>
<< In mia difesa? Dove siamo, in tribunale?! >>
<< Senti Courtney, vorresti cortesemente spiegarmi il motivo di tanto odio nei miei confronti? Anzi, credo di saperlo. Sei gelosa! >>
La mora fece una smorfia. << Gelosa? >>
<< Ammettilo, tu sei ancora attratta da Duncan. >>
Il punk sgranò gli occhi. << Cosa?! >>
<< Fatti una visita dallo psicologo, gotica. Io gelosa di questo troglodita? E' già tanto che non l'abbia denunciato dopo avermi lasciata! C'è solo odio da parte mia, non gelosia. >>
<< Allora vorresti dirmi il vero motivo? >>
Courtney esitò a rispondere.
<< Insomma, hai una vita perfetta, prendi voti alti a scuola, sei bella, sei fidanzata con uno dei ragazzi più carini e dolci che abbia mai conosciuto e che ti accetta nonostante il tuo carattere insopportabile. Cosa vuoi di più? Perché prendersela tanto con me e Duncan? A questo punto non faresti prima a rinunciare di perseguitarci inutilmente e vivere in pace?>> Fiera del suo discorso, Gwen incrociò le braccia al petto, attendendo una risposta.
Intanto gli occhi scuri dell'ispanica si facevano sempre più lucidi, e cominciò a mordersi nervosamente il labbro inferiore, stringendo convulsamente i pugni.
<< Tu non sai niente di me! Vattene! Andatevene! >>
La ragazza scoppiò in un pianto disperato, e non sopportando il fatto di dover mostrarsi così debole agli occhi dei suoi presunti avversari, sbatté loro la porta in faccia.
I due ragazzi, attoniti e sorpresi dal comportamento di Courtney, si guardarono in faccia con espressione interrogativa.
<< Ma cosa… >> Sussurrò Gwen corrugando la fronte. << Non ho detto nulla di male… tranne quando ho detto che ha un carattere insopportabile. Secondo te si è offesa per quello? >>
Duncan scosse la testa.
<< Allora forse so a chi chiedere. >> Affermò decisa Gwen digitando un numero nel cellulare. Subito rispose una voce dolce e allegra.
 
<< Pronto? >>
<< Trent sono io, Gwen. >>
La spensieratezza della sua voce si ruppe in un istante. << Oh… ciao Gwen. >> Mormorò.
<< Potresti raggiungermi al parco davanti a casa mia fra mezz'ora? E' una questione piuttosto urgente. >>
<< D'accordo, arrivo subito. >> Concluse prima di terminare la chiamata.
 
Duncan e Gwen ritornarono sui loro passi, diretti verso il parco.
<< Piccola, mi spieghi le tue intenzioni? >>
<< Vedrai… e spero tanto che il mio piano funzioni. >>
Dopo alcuni minuti videro arrivare anche Trent, con un espressione preoccupata dipinta sul viso.
<< Ah, c'è anche lui… >> Sussurrò più a se stesso che a suoi interlocutori; ma Duncan lo sentì ugualmente e gli dedicò una smorfia carica d'odio.
<< Comunque, avevi bisogno di qualcosa? >> Domandò a Gwen.
La ragazza sospirò. << Ascolta Trent, so che da quando è entrato Duncan nella mia vita ci siamo allontanati sempre di più, fino ad odiarci. Ma propongo di dimenticare tutto,  ricominciare da capo tutto quanto. Ci tengo a te Trent, credimi, e non ti ho mai odiato veramente, nemmeno quando hai tentato di darmi quello schiaffo. Io ti voglio bene e te ne vorrò sempre. >>
<< Sai Gwen, nemmeno io ti ho mai odiato davvero. E anche se non ci fosse stato Duncan a proteggerti non penso che avrei mai avuto la forza di colpirti quella volta. Mi dispiace di essermi comportato male con voi, e spero che possiate perdonarmi. >>
La gotica annuì dolcemente e Duncan fece un lieve cenno di assenso con la testa, sorridendo a malapena.
Trent abbracciò Gwen e strinse la mano del punk. Quello era un nuovo inizio.
 
<< Trent, prima che te ne vada ho bisogno che tu mi dica una cosa. >>
<< Dimmi Gwen. >>
<< Prima siamo andati a casa di Courtney, per chiederle spiegazioni sulla mia aggressione… >>
Il chitarrista la interruppe, sgranando gli occhi. << La tua aggressione?! Ma allora lo ha fatto sul serio! Giuro che mi sono opposto fino all'ultimo, io non c'entro! L'ho anche mollata per questo motivo! Ti hanno fatto del male? >>
<< L'hai mollata? >> S'intromise Duncan.
Trent abbassò gli occhi e sospirò amaramente. << Si, lei insisteva che voleva dare una lezione a Gwen e io mi sono sempre opposto alla sua idea. E quando fu sul punto di minacciarmi di lasciarmi se non l'avessi sostenuta nel suo piano, la mollai personalmente. Ero stufo di lei e di tutti i suoi ricatti. Mi stava trasformando in un mostro. >>
<< Mi dispiace. >> Gwen gli posò una mano sulla spalla.
<< Courtney è una strega amico, avresti dovuto ascoltarci quando ti avevamo avvertito all'inizio. >> Disse Duncan.
<< In parte avevate ragione; quando s'intestardisce con una cosa fa di tutto per realizzarla, e diventa un'arpia. Però dovete anche sapere che quando vuole sa essere una ragazza dolce e affettuosa. >> Confessò. << Comunque, cosa stavi dicendo Gwen? >>
<< Quando le abbiamo chiesto spiegazioni lei si è irritata e ha cominciato a sbraitarci contro, ma io ho cominciato un discorso su quanto la sua vita potesse essere perfetta chiedendole ripetutamente perché nonostante questo si ostina a metterci i bastoni fra le ruote e lei ci ha chiuso la porta in faccia, urlando: "Voi non sapete niente di me, andatevene!". Così ti abbiamo chiamato, poiché magari sapevi il motivo di tanto odio e soprattutto di quella frase… >>
<< Quando stavamo insieme una volta mi ha raccontato che i suoi genitori quando era piccola esigevano sempre troppo da lei; faceva molti sport e andava bene a scuola, ma loro si aspettavano sempre di più. E' per questo che per lei è importante essere "perfetta", per quando impossibile sia. Dicendole che la sua vita è perfetta hai commesso un errore, Gwen, perché non lo è affatto. Ricordati che l'apparenza inganna. Certo, lei è bella, intelligente, sportiva… Ma dietro tutto questo ci sono le angherie che ha dovuto sopportare per anni dai suoi genitori troppo esigenti e severi. >>
Gwen e Duncan si scambiarono uno sguardo confuso. << Non… non lo sapevo… >> Mormorò la ragazza.
<< Forse dovreste riappacificarvi con lei come avete fatto con me. Io ho apprezzato molto il gesto, e sono sicura che lo farà anche lei. Secondo me il perdono è la via migliore che potete intraprendere per levarvi dalle scatole il suo odio nei vostri confronti, credetemi. >>
<< Non credo che accetterebbe il nostro "perdono". E comunque dovrebbe chiederci scusa lei. >> Protestò Duncan.
<< Lo so, però per una volta nella tua vita prova a mettere da parte l'orgoglio. >>
Gwen annuì. << D'accordo, ci andremo ora. >>
<< Cosa?! >> Esclamò il punk sgranando gli occhi.
<< Sono stufa dei suoi comportamenti e se questo può aiutare a mettere fine a questi lo farò volentieri, e tu verrai con me. >>
Duncan sbuffò. << Va bene, ci sto. >>
Una volta salutato e ringraziato Trent dell'aiuto, i due tornarono all'abitazione dell'ispanica e suonarono il campanello. Questa volta decisi più che mai a concludere quella inutile pagliacciata e sistemare le cose con Courtney.






Nota dell'autrice

Salve a tutti miei carissimi lettori! Complimenti per essere errivati al 34esimo capitolo! ^^
Spero che vi sia piaciuto e spero anche che possiate perdonare i miei numerosi ritardi di pubblicazione...
Ringrazio tutti voi che leggete/ recensite, un bacione a tutti quanti!


Ed.



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Capitolo 35
*** Epilogo ***


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Epilogo




You can dance forever.
You got a fire in your feet.
But will it ever be enough?
You know that it'll never be enough.
You can fly and never land.
And never need to sleep.
But will it ever be enough?
You know that it'll never be enough.

                                     Original Sin,  Meatloaf
 




«Vuoi ballare?» le domandò lui sommessamente.
Gwen lo guardò stupita. «Non sapevo ti piacesse ballare».
«Be’, ci sono molte cose che non sai di me», rispose Duncan con un tono vagamente divertito.
Ed era questo che la faceva impazzire; la sua imprevedibilità, la sua capacità di riuscire a sorprenderla in qualunque momento. Tutto ciò aveva avuto il potere di attrarla a lui.
«Però so che non ti piace il polpettone della mensa», replicò Gwen con un sorrisetto.
Duncan fece un’espressione sbalordita poi scoppiò a ridere, la sua risata musicale lei la sentì diffondersi intorno a loro creando un velo impalpabile ma solidissimo contro l’imbarazzo e l’ambiente esterno con la sua vaga ostilità.
Quello che c’era al di là di loro.
«Come te ne sei accorta?».
«La smorfia che esibisci quando la cuoca te lo offre è piuttosto eloquente».
«Ma che tono saccente, sempre la prima della classe, vero?».
Gwen non riuscì a reprimere una risata. «Adesso però stai parlando di Courtney».
Chiacchierando l’aveva condotta al centro della pista da ballo, sapientemente delimitata dal resto del salone dal gioco di luci; assorta nelle sue parole, lei non ci aveva quasi badato, ma fu acutamente consapevole del momento in cui il giovane si fermò davanti a lei e le prese una mano, facendole scivolare nel contempo un braccio intorno alla vita. La trasse verso di sé con gentile fermezza, e i loro abiti si sfiorarono: una stretta discreta, ma l’intimità dello sguardo che imprigionava il suo aveva l’effetto di un drappo caldo di seta preziosa sulla pelle nuda.
Si accorse che gli stava sorridendo, col volto levato verso il suo: erano talmente spontanee le sue reazioni a quei momenti che lei avvertiva confusamente di non essere nemmeno più padrona delle proprie espressioni.
Intorno a loro si era creato un certo vuoto, ma quella solitudine creata dal confine indefinibile tra loro e il resto della gente, Gwen non lo avvertiva come un peso.
Lo sguardo del giovane era una carezza quasi tangibile che corse dalle sue labbra, alla fronte per poi tornare agli occhi.
«Comunque nemmeno io sapevo ti piacesse ballare», disse Duncan.
Gwen sorrise. «In effetti sono arrivata a detestarlo dopo la mia prima e unica lezione di danza».
«Non è così male, sai», rispose lui facendole fare un giro. «Anche se questo è un lento devo ammettere che mi sto divertendo».
Nel frattempo, a qualche metro da loro, Bridgette e Geoff li salutavano con la mano, impegnati anche loro in un ballo lento e placido.
Gwen doveva ammettere che, in effetti, Duncan aveva ragione: non era poi così male ballare. La musica che rimbalzava tra le pareti della palestra della scuola era rilassante, e le braccia del ragazzo avvolte attorno alla sua vita le davano un senso di sicurezza contro gli sguardi perplessi e interdetti degli altri studenti - i quali evidentemente non avrebbero mai pensato che una gotica asociale come lei e quel delinquente del suo fidanzato si presentassero al ballo di fine anno - che pensò di aver fatto bene a cedere alle suppliche di Duncan, che insisteva per portarla a quella che lei considerava un’inutile festa.
 
«Sei bravo» esordì Gwen a metà del secondo ballo.
Duncan rise e la guidò con grazia disinvolta in un mezzo giro che fece turbinare i loro abiti.
«Grazie, streghetta. Ma ti giuro che non ho mai preso lezioni», rispose.
 La mano che teneva posata sulla spalla del giovane scivolò verso la sua nuca e, mentre gli cingeva il collo col braccio, si alzò sulle punte dei piedi, gli occhi chiusi, per posare le labbra semiaperte sulle sue. Quel movimento la sbilanciò, ma il braccio intorno alla sua vita era saldo e semplicemente si appoggiò contro quel corpo solido mentre Duncan interrompeva il ballo stringendola a sé.
Con le labbra catturò quell’ansito, stupore e piacere allo stesso tempo, che trovò sulla bocca di lui.
«Allora, sei ancora convinta che sia una festa da schifo?».
Gwen scosse la testa. «No, hai vinto tu; avevi ragione».
«Ah! Sapevo che l’avresti detto!», si gongolò lui.
Gwen non fece in tempo a replicare che sentì una mano posarsi sulla sua spalla e una voce familiare raggiungere il suo orecchio.
«Ciao ragazzi».
«Ehi, Trent!», lo salutò Gwen, sorridendo.
«Duncan, posso rubartela solo per un attimo? Giusto il tempo di un ballo», disse il ragazzo.
Duncan lo squadrò un momento, prima di cedergli il posto con una certa riluttanza.
«Grazie amico».
Il punk riuscì a stento a reprimere una smorfia a quell’appellativo. D’accordo, si erano chiariti e ora non c’era nessun sentimento di odio tra loro, ma Duncan non si fidava ancora di lui, e sentirsi chiamare amico da uno che fino a poco tempo prima avrebbe tanto voluto spedirlo al diavolo, non gli faceva certo fare i salti di gioia.
Nonostante tutto questo, Duncan acconsentì a lasciarli soli per qualche minuto e si diresse di malavoglia verso il banco delle bibite.
«Allora, come stai?», domandò Gwen.
«Bene, grazie. Tu e Duncan avete parlato con Courtney?».
Era saltato subito al dunque. Gwen notò che mentre la guidava nella danza le rivolgeva delle occhiate nervose.
«Trent, c’è qualcosa che non va? Mi sembri agitato», disse preoccupata.
Lui scosse la testa, distendendo le labbra in un sorriso.
«No, il fatto è che mi dispiace averti sottratta dal tuo ragazzo e…».
Gwen lo interruppe. «Trent, non importa! Sei uno dei miei migliori amici, e Duncan ha capito benissimo che avevi bisogno di parlarmi».
Il ragazzo sembrò rilassarsi a quelle parole, e le fece fare un mezzo giro. In quel modo Gwen dava le spalle al banco delle bibite e a Duncan, e aveva come l’impressione che due paia di occhi azzurri le stessero perforando la schiena.
«Comunque sì, abbiamo chiarito con Courtney. Ha deciso che continuare a infierire in quel modo contro di noi stava diventando un comportamento altamente infantile e si è scusata».
Trent sgranò gli occhi. «Courtney si è scusata? Con voi? Cioè, ne sono felice, ma non me lo sarei aspettato da quella testarda orgogliosa di una ragazza».
Gwen rise. «Sì, nemmeno noi potevamo crederci all’inizio».
«Nonostante tutto mi mancherà…».
La ragazza aggrottò le sopracciglia.
«Sì, è già partita per New Haven. L’hanno presa all’Università di Yale», disse Trent rispondendo alla domanda che Gwen stava per formulare. «Però sono contenta per lei, è una delle scuole più prestigiose…».
Trascorsero qualche secondo in completo silenzio, limitandosi a seguire la musica, ma quando questa cessò, Trent si allontanò da lei, sorridendo.
«Adesso ti lascio a Duncan; ho l’impressione che mi stia scuoiando con lo sguardo».
«Oh, non essere ridicolo!», disse Gwen, ma le bastò lanciare uno sguardo al suddetto ragazzo per ritrovarsi d’accordo con Trent.
«Ci vediamo, Gwen, e grazie per il ballo».
Trent fece per andarsene, ma la ragazza lo afferrò per un polso. «Trent… grazie. Grazie per tutto. Ti voglio bene».
In un impeto di affetto, Gwen gli lanciò le braccia al collo, soffocandolo in un abbraccio stritolatore.
«Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto passare quest’anno…».
«Gwen, siamo sentimentali, eh?», scherzò lui scostandola con delicatezza da quella stretta. «Ti voglio bene anch’io».
Dopo averle rivolto un ultimo sorriso si allontanò, confondendosi con la folla che ora saltava a ritmo di una canzone molto più allegra e briosa delle precedenti.
Senza nemmeno avere il tempo di voltarsi – nonostante non ne avesse il bisogno – ecco che due mani la prendevano per la vita, trascinandola fuori dalla palestra, nel giardino della scuola.
I due giovani si sedettero sul prato, sotto il chiaro della luna piena che illuminava i loro visi.
«Credo di avere due fori nella schiena», esordì Gwen, sarcastica. «Non mi hai staccato gli occhi di dosso nemmeno per un momento: non ti fidi di me?»
Duncan rise. «Veramente è di lui che non mi fido; è sempre il tuo ex».
Gwen sbuffò, scompigliando la cresta al ragazzo. «Oh, andiamo, io e Trent siamo solo amici ora, lo sai».
I due rimasero un attimo in silenzio, guardandosi attorno. Poi Duncan prese il viso di Gwen tra le mani e la baciò con dolcezza.
«Sai, all’inizio dell’anno sono arrivata ad odiarti», gli confessò a fior di labbra.
Duncan sorrise. «Mai quanto me».
Gwen rimase un momento interdetta. «Davvero?».
«Sì, però poi ho cominciato a guardarti con gli occhi di un predatore, e ho realizzato che saresti stata una preda perfetta», disse prima di baciarla di nuovo.
La ragazza gli diede un buffetto sul braccio, fingendo un’espressione indispettita.
«Non è molto romantico definire la tua ragazza una “preda”».
«Pensavo che le sdolcinatezze non facessero per te. Mi sono sbagliato?».
Gwen sorrise e lasciò che Duncan si stendesse sull’erba, appoggiando il capo sul suo grembo.
«Ti ricordi la prima volta che abbiamo guardato le stelle insieme?», domandò.
«Certo, eravamo a casa mia e pensavo volessi farmi qualche scherzo di cattivo gusto».
Duncan scoppiò a ridere, mentre la giovane gli accarezzava dolcemente i capelli.
«E la schiacciata che ti appioppai in faccia durante quella partita di pallavolo?».
«Già, brucia ancora», scherzò Gwen.
Continuarono a dar voce alle reminescenze dell’anno per un tempo indefinito, e nel ricordare tutti quei momenti che avevano condiviso, Gwen si sentì scaldare il cuore, ormai invaso da una felicità travolgente.
E in quel momento lui lo disse, catturando il suo sguardo.
«Ti amo, streghetta».
«Ti amo, delinquente».
Sorridendo, Gwen chinò il capo e posò un bacio sulle labbra di Duncan.
«Ho vinto», sussurrò lui quando furono a pochi millimetri di distanza.
«Come?».
«Ho vinto la scommessa, Raggio di Luna».
Gwen scoppiò in una risata argentina – non prima di aver rifilato un bel pugno di rimprovero nello stomaco di lui ‒ per poi essere catturata dalle braccia del ragazzo.
Duncan aveva ragione: aveva vinto lui quella maledetta scommessa che li aveva accompagnati per tutto l’anno. L’aveva fatta innamorare perdutamente di lui, che aveva prontamente ricambiato il sentimento, facendo germogliare un amore unico che li teneva uniti da un legame indissolubile.



THE END
 






Ehm... Che dire! Innanzitutto mi scuso con tutti voi per il ritardo imperdonabile con cui oso pubblicare l'epilogo di questa fic; purtroppo per mancanza di tempo e - soprattutto - ispirazione non sono mai riuscita a concluderla come si deve. E spero di esserci riuscita ora, nonostante questo ultimo capitolo ancora non mi convinca molto.
Senza troppi sproloqui inutili, vorrei ringraziare tutti voi che mi avete sempre seguita nonostante i miei ritardi impossibili nell'aggiornare, chi ha recensito e chi ha anche solo letto o dato un'occhiata.
Grazie veramente di cuore! Scrivere questa fic è stato divertente e sopra ogni cosa liberatorio, e se da una parte sono contenta di averla finalmente conclusa, dall'altra mi piange il cuore.
Anyway, spero che l'epilogo non vi abbia delusi. Grazie ancora a tutti! Spero continuiate a leggermi ^^

Ed







 

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