Le tue mani, una strana e irresistibile avventura

di _Luna_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il nuovo inquilino ***
Capitolo 2: *** L'amico dello sposo ***
Capitolo 3: *** Non è poi così male, ballare ***
Capitolo 4: *** Secondi come gocce ***



Capitolo 1
*** Il nuovo inquilino ***


Il nuovo inquilino

Aspirò a pieni polmoni il tabacco della sua pipa e, con un movimento fluido, estrasse un foglio dalla risma di carta bruciacchiata e dura che trovò sul tavolo. Accavallò le gambe per concentrarsi meglio e osservò il foglio con attenzione. Era di buona fattura, comprato sicuramente da un tipografo esperto e sopra vi erano scritti nomi e cognomi che non riusciva a ricordarsi di chi fossero. Poco importava: quel pezzo di carta serviva a tutt’altra cosa. Esaminò anche il lato posteriore e vi trovò degli scarabocchi, sicuramente fatti durante una litigata per gli angoli duri e ben ricalcati. Comune litigio da matrimonio, quasi sicuramente. Dopo aver desunto queste poche cose dalla carta, l’appallottolò.
Con estrema e maniacale precisione, riuscì a buttarla nel cestino.
Nel gruppo di fogli, pescò un altro pezzo e fece lo stesso. Su quello c’era una richiesta d’aiuto risalente a qualche settimana prima a cui però Holmes non aveva dato troppa attenzione: un banale caso anche per la polizia di Scotland Yard. Dall’altro lato, invece, c’era una firma stentata e di difficile comprensione che aveva dato al detective qualche grattacapo. In alcuni giorni, erano comparse quelle scritte su quasi tutti i muri di Londra e aveva scoperto che dietro c’era una setta estremista. Non c’era voluta più di qualche ora a sgominare anche quel pericolo. Pericolo. Che parolone. Aveva avuto qualche pistola puntata alla gola e parecchi lividi, ma niente di più eccitante.
Fece una palla anche quella, che andò a far compagnia alle altre dieci palle di carta già presenti nel cestino.
« Signor Holmes! » una voce lo richiamò dal suo gioco, seguita da un toc toc leggero « Vorrei presentarle una persona » 
Chi osava distrarlo? Eppure, aveva detto a Miss Hudson di non voler essere disturbato per qualsiasi motivo. Emerse fuori dalla sua stanza e gracchiò « Sto lavorando, nonnina. Le avevo detto che avevo da fare, nonnina » marcò più volte la parola nonnina, con particolare enfasi.
Lei però gli si avvicinò, mettendogli a posto la camicia sgualcita « Si renda presentabile, di sotto c’è un nuovo inquilino »
Un nuovo inquilino. In casa sua – bhè, in realtà non era sua ma erano dettagli – un nuovo inquilino. Stentava a crederci. Ogni tanto aveva problemi per pagare l’affitto ma riusciva a ottenere qualche proroga o qualche prestito da suo fratello. Un nuovo inquilino. Una nuova persona pronta a ficcare il naso e ad immischiarsi negli affari altrui. Già era ingombrante la nonnina, ci mancava solo una persona curiosa e irritante. Lei lo precedette di sotto ma Sherlock Holmes non aveva alcuna intenzione di scendere. Era una questione di principio. Stringere la mano e fingere un bel sorriso davanti a quel incomodo non rientrava nei suoi piani. Quando Miss Hudson si accorse che il vecchio inquilino non l’aveva seguita, l’andò a prendere « Si muova! Deve conoscerlo, verrà ad abitare qui » lo prese per un braccio e lo trascinò di sotto.
La persona che stava aspettando in cucina era un uomo di meno di trent’anni sicuramente, alto e snello, dai tratti delicati ma disciplinati. Era evidente ad un occhio allenato come quello di Holmes che quel damerino aveva prestato servizio militare e ne era uscito zoppo. Infatti, quando si alzò dalla sedia per venir loro incontro, appoggiava il peso su un solo piede, facendo ben attenzione a non affaticare l’altro.
Gli porse la mano « Mi chiamo John Watson, sono un… »
« Medico »
« Si… ma ho anche combat…»
« Combattuto in guerra. Si. » terminò Holmes, prima di stringergli la mano. Era una presa salda e forte ma, allo stesso tempo, fragile. Rappresentava molto bene la natura del nuovo inquilino e Holmes si staccò subito dalla sua stretta.
L’altro lo guardò con curiosità « Spero di non averla disturbata… la qui gentile Miss Hudson mi ha detto che è un detective »
« In effetti si »
« In effetti l’ho disturbata o è un detective? »
« Entrambe le cose »
Fu colpito dalla franchezza del signor Holmes « Mi scusi… forse posso esserle d’aiuto…»
Alzò un sopracciglio « Dubito che un medico mi possa essere d’aiuto… e ora, se permettete, io torno al mio lavoro » Doveva allontanarsi da quella stretta di mano. Doveva allontanarsi dalla sua mano. Doveva allontanarsi da quel dottore. Era come una calamita. Gli occhi vispi e chiari erano affascinanti e profondi, Holmes avrebbe voluto perdercisi. La bocca era dai tratti morbidi e invitanti.
Cosa ti succede?  Gli aveva solo stretto la mano, niente di più, eppure sentiva già che quel dottore avrebbe scombussolato la sua vita. Ma era solo un medico, perché preoccuparsi?


N.d.A. Salve a tutti! Vi faccio gli auguri di buon anno, di un sereno e pieno di sorprese 2012! Cosa dire di questa storia... alla fine ho scritto qualcosa su questi due, partendo dal loro primo incontro... confesso la mia ignoranza: non ho la minima idea di come si siano conosciuti! Spero che questa mia idea non vi dispiaccia troppo! Fatemi un regalo per il 2012, però
, commentate :3 Ci vediamo al prossimo capitolo.

P.s. Se siete fan, come me, della coppia Irene / Sherlock, vi consiglio le mie altre due one shot, che troverete qui:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=905590&i=1
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=900711&i=1

_Luna_
 

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Capitolo 2
*** L'amico dello sposo ***


La macchina che si ostinava a guidare andava troppo veloce, copriva parecchie miglia in quelli che sembravano secondi ad Holmes. Avrebbe voluto fermarla, smettere di guidare, bucare una maledetta ruota, ma non poté far altro che continuare a premere sulla levetta per accelerare. Il paesaggio diventò pian piano poco familiare e tremendamente romantico, come se fosse stato fatto per dispetto.
Accanto a lui, ancora addormentato e dai connotati un pochino rovinati, giaceva John. Sarebbe rimasto a guardarlo per ore. Aveva la bocca semi aperta e il respiro era regolare. Il suo sospiro non si avvertiva quasi ma per Holmes era un vero toccasana. Aveva medicato le ferite come meglio poteva ma non aveva fatto un granchè. Quando il dottore ci si metteva, picchiava duro e nel bordello dovevano esserci andati giù pesante. Ogni volta che osservava la ferita sotto l’occhio, che era forse la più dolorosa, gli veniva una fitta al cuore. Forse avrebbe dovuto concentrarsi più sui suoi doveri di testimone che su quelli di detective. Se solo fosse rimasto con lui invece di correre da Simza, non l’avrebbe dovuto medicare e aiutare in quel momento. Era un bene, quindi, che si sposasse con Mary. Sarebbe toccato a qualcun altro tenerlo lontano dai guai. Lui era troppo egoista per farlo, era troppo occupato a risolvere casi impossibili per curarsi di lui come avrebbe voluto.
Si guardò intorno con circospezione. Non c’era nessuno né davanti né dietro di loro, nemmeno un’anima viva. Nessuno.  E se l’avesse rapito? Se ne sarebbero andati. Lui e John. Soli, lontano da tutti e da tutto. No, era un comportamento da egoista, e John aveva già subito abbastanza la sua presenza.
Con immane rapidità, arrivarono nel piccolo sobborgo, dove Holmes trovò facilmente la chiesetta che la coppia di colombi aveva scelto. L’entrata era stata ornata da fiori squallidi e disordinati, così come i due che suonavano le zampogne. Non c’era proprio gusto, chi era stata la mente malsana a scegliere quella chiesa? Mary, sicuramente.
Lo guardò con un po’ di compassione negli occhi. Lo stava lasciando andare. Ma non poteva lasciarlo andare in quello stato, insomma, un po’ di dignità la doveva ancora riservare. Era ancora l’aiutante del grande detective Sherlock Holmes, non poteva farsi vedere in quello stato. Grazie alle zampogne, si riuscì a svegliare, ma non si alzò,  anzi, tirò ancora più sopra la coperta che gli aveva amorevolmente posto sopra Holmes. L’investigatore gliela strappò, tirando forte « Watson! » finalmente l’amico si riuscì ad alzare in piedi, anche se con difficoltà. Posò i piedi a terra, mantenendosi dritto a stento.
Si schiarì un po’ la voce e con poca delicatezza gli strappò una manica buttandola a terra. Doveva entrare in chiesa, ma non così. Sicuramente non sarebbe riuscito ad entrare da solo. Per alcuni istanti lo fissò, indeciso. Era ridotto uno straccio.
Gli tese la mano, in un gesto paterno. Quando John, dopo aver superato l’imbarazzo, gliela strinse, il detective si sentì stranamente bene. Non contava il fatto che John si stesse per sposare, lo stesse abbandonando, lo stesse lasciando. No. John Watson stava stringendo la suamano. Si sentiva l’uomo più fortunato del mondo. Grazie a quel contatto, sapeva che nulla li avrebbe potuti dividere, nulla, nemmeno una moglie isterica e gelosa. Era al sicuro, ora. Avrebbe vegliato su di lui, l’avrebbe accompagnato all’altare pur di renderlo felice e sarebbe stato in un angolo, ad attendere che il dottore tornasse da lui.
John godette di quella stretta a lungo, tutto il tempo necessario per fare qualche passo e non avrebbe voluto lasciarla. La mano di Holmes gli diceva che ci sarebbe stato sempre. Ci sarebbe stato a dar fastidio, a far commenti sarcastici sulla sua vita matrimoniale, a ridere dei pargoli che sarebbero arrivati, ad offrirgli una boccata d’aria quando sarebbe stato stufo della vita matrimoniale. 
Abbozzò un sorriso, inarcando le labbra. Avrebbe voluto dirgli grazie, abbracciarlo anche, ma non riusciva a camminare e non sarebbe stata una buona idea perdere l’equilibrio. Ma lui l’avrebbe preso. Holmes non gli avrebbe mai permesso di cadere, soprattutto per poi rimproverarlo della sua caduta e ridere di lui.
Varcarono entrambi la soglia di quella chiesa maledettamente brutta, come pensava Holmes, e riuscirono a rimediare uno smoking per il dottore. Per fargli un po’ di coraggio, sussurrò all’orecchio di John « Si ricordi, dottore, che appena Mary scoprirà la sua inettitudine di medico, la lascerà, ma non si preoccupi, almeno avrà Gladstone a farle compagnia! » Provocò una leggera e timida risata. Il nervosismo era palpabile e non riusciva a pensare e ridere liberamente. Aveva bisogno del tocco di Holmes per sentirsi meglio. Intanto, il detective si era seduto accanto a lui, socchiudendo gli occhi in attesa della sposa. Un impulso irrefrenabile lo spinse: posò piano la mano sulla sua spalla « Holmes…» Ma il suo collega non lo poteva sentirlo: dormiva della grossa. 


N.d.A. *fa capolino da un angolo e si guarda attorno* Hello! Bhè, eccoci giuti al secondo capitolo! Ci sarà anche un terzo, ma per quello dovrete aspettare un po', purtroppo devo recuperare parecchi compiti arretrati che non ho fatto durante le vacanze! Intanto, fatemi sapere cosa ne pensate di questo :3 Il titolo è un chiaro riferimento al film " Il padre della sposa". Alla prossima!
_Luna_

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Capitolo 3
*** Non è poi così male, ballare ***


La musica piacevole riempiva la sala, invitandolo a prender parte alle danze ma non vide alcuna dama che potesse essere interessante. Nemmeno Simza era una gran bellezza, ma solo leggermente passabile. Aveva qualcosa di affascinante, probabilmente dovuto al mistero che i gitani portavano con loro. Però, con il vestito elegante e civile, perdeva ogni attrazione ed elemento interessante. Inoltre, Sherlock Holmes aveva già occupato la dama per il ballo.
La melodia, però insisteva, penetrava nelle orecchie del dottore pur di farlo ballare.
Mentre osservava le coppie che danzavano, cercando anche il fratello di Simza, iniziò a dondolarsi su un piede, seguendo il ritmo abbastanza coinvolgente. Da quanto non portava Mary a ballare al club? Ripensandoci, però, non aveva mai portato Mary a ballare, perché a lui non piaceva affatto. Aveva imparato a farlo solo qualche settimana prima del matrimonio per non far fare una brutta figura alla sposa, che era sicuramente più esperta di lui. Sherlock aveva impiegato ben tre giorni per insegnargli a danzare seguendo la musica e non a “marciare come un elefante in preda agli spasmi”: erano state le sue parole esatte quando John gli aveva pestato il piede per la seconda volta in meno di un minuto e mezzo. Aveva fatto certamente un lavoro immane ma per cosa, visto che il dottore non aveva mai pensato di ballare, se non nel giorno del matrimonio?
Intanto gli invitati continuavano ad alimentare il vortice di vesti e corpi, da cui ne emerse Sherlock che, con eleganza, gli porse la mano un po’ sudata. Non tremava, non la ritirò, non la mosse, sorrideva. Dalle dita sottili ma abbastanza muscolose, risalì al polso, circondato dalla camicia sgualcita sotto la giacca. Nemmeno un ballo elegante l’aveva persuaso a vestirsi con abiti nuovi.
« Pensavo che non me l’avrebbe chiesto » bofonchiò, prendendo la mano tesa. Era ancora in tempo per cambiare idea, invece strinse la sua mano con nuova ma familiare dolcezza e iniziò a farsi trascinare da Sherlock tra le altre coppie, mantenendosi comunque un po’ distante. Sussurrando dell’orecchio dell’amico, gli spiegò le sue deduzioni ma lui, nonostante capisse l’importanza del caso e la sua riuscita, faceva fatica a concentrarsi, attratto dalla vigorosa stretta della mano. Come avrebbe voluto ritornare nella stanza di Baker Street, quando erano solo loro due, accompagnati da un valzer soave ma malinconico. Il ricordo di quella sera uggiosa gli ritornò in mente. Sherlock gli aveva sfiorato piano la mano per toglierlo dall’imbarazzo, poi l’aveva costretto a metterla sul suo fianco, provocando un lieve rossore sulle guance di John.
Solo loro due e nessun’altro.
Invece, nella sala, molta gente li guardava, indignata.
Ma a nessuno dei due importava. Tutto ciò che voleva il dottore era stringere ancora di più la mano di Sherlock. Quando però egli interruppe il contatto, non si oppose, conscio del fatto che era giunto il momento di finire quel caso, indipendentemente da ciò e dai chi gli stava attorno.
« Conosce i miei metodi » disse così e gli voltò le spalle, come per convincere lui stesso a staccarsi da John, il quale lo guardò allontanarsi da lui senza emettere una parola. Non riuscì a staccare lo sguardo nemmeno quando la figura di Sherlock sparì dietro  un gruppo di altezzosi aristocratici.
« Buona fortuna, Holmes » bisbigliò, in modo che nemmeno Simza, che si trovava accanto a lui, potesse sentirlo. Quando quel caso sarebbe finito, avrebbe portato Mary a ballare, perché improvvisamente danzare non gli sembrava poi una tanto brutta occupazione.



N.d.A. Ebbene, non sono morta, per vostra sfortuna u.u Il mio computer sembra completamente morto e posso usare quello di mio padre ogni tanto! Non vi assicuro veloci aggiornamenti, per nessuna fanfiction T.T Non so che pensare di questo capitolo...l'ho scritto durante la spiegazione di filosofia... quindi giudicate voi xD E' un po' corto, lo so, però non me la sentivo di aggiungere altro, mi sembrava giusto così. Inoltre, tratta di uno dei momenti più amati dai fan... e perciò più descritti. Troverete mille fanfiction su questo momento... ecco perchè non ho voluto dilungarmi per non sembrare ripetitiva u.u Le recensioni, critiche o positive, sono moooolto gradite :3
A presto!

Luna

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Capitolo 4
*** Secondi come gocce ***


Lo scroscio della cascata è assordante, rimbombante ma in qualche modo malinconico. Le gocce che bagnavano le guance del dottore erano gelate e penetravano nella pelle, fino in fondo. Anche il freddo pungente colpiva Watson ma non era nulla di paragonabile a quelle gocce d’acqua che sembravano ridere di lui, umiliando il suo corpo immobile. Si divertivano a posarsi su di lui, fredde e gelide, per sottolineare lo scorrere dei secondi, che lui aveva perso. Ogni goccia che lo colpiva era un secondo in più, perso. Un secondo era stato perduto, poteva essere  sfruttato al meglio, con al fianco Sherlock Holmes, invece era perduto. Perduto per sempre. Se solo fosse arrivato una manciata di secondi prima, solo una manciata.
Lo sguardo vitreo era fisso sul bordo del parapetto libero dalla neve, dove Holmes si era lasciato scivolare per sprofondare nel buio, con il suo miglior nemico. Perché non aveva scelto lui? Perché non l’aveva avvertito? Perché aveva voluto agire, ancora una volta, da solo?
Se solo si fosse trattenuto qualche secondo di meno nella sala, avrebbe potuto evitarlo. Avrebbe potuto evitare la sua morte. Invece si sporse sul parapetto, ma era inutile, i due corpi erano stati ingoiati dalla cascata che non lasciava alcuno scampo. Invece di stringere la sua mano nella sala fa ballo, stringeva il vuoto. Tentò di trattenere nella sua testa il ricordo della morbidezza ma allo stesso tempo della sicurezza della mano di Holmes, un particolare che aveva sempre ammirato. Con lo scorrere dei secondi, i suoi ricordi venivano abbracciati da un manto d’ombra, che gli offuscò la mente. Holmes se ne era andato, per sempre. Avrebbe preferito ricevere mille pugni dalle sue mani forti, piuttosto che perderlo.
Serrò la mano in un pugno, con il respiro mozzato.
Cadde a terra, le gambe gli erano venute meno.
Dov’era, Holmes? Perché non era lì, accanto a lui?
Per un attimo, la sua fantasia e il suo incredibile sconforto, presero il sopravvento.
« Lei non mi ha perduto » sussurrò una voce beffarda, con una punta d’ironia nel tono.
Alzò gli occhi, incredulo e sconvolto. « Lei non può morire »
« Si faccia coraggio, Watson, c’è un altro caso da affrontare, la sua dolce pulzella dovrà aspettare un po’ »
« Non può aspettare lei? » azzardò il dottore, dopo aver trovato il coraggio di parlare.
Inarcò le sopracciglia e sospirò, come per dire una cosa ovvia « Io non possoaspettare, Watson, diavolo, non ha imparato nulla, in tutti questi anni? » gli porse la mano, per farlo alzare.
Watson la tese, bramoso. Tutto quello che riuscì a prendere, fu solo l’aria. Holmes non era lì, la sua mano non c’era, Watson era solo.


N.d.A. E siamo giunti all'ultimo capitolo! Ebbene si, questa avventura "manosa" termina qui, con la fantomatica morte di Sherlock Holmes! Spero vi sia piaciuta questa raccolta, io mi sono molto divertita a scriverla! Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, specialmente Artemis Hide, che mi segue sempre! Ma fatemi sapere cosa ne pensate di questa fine :D Potete trovare altre fanfiction di Sherlock Holmes sul mio profilo autore!
Ciao ciao
Luna

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