La Custode

di Aphasia_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione- solo un pò prima ***
Capitolo 2: *** coincidenze ***
Capitolo 3: *** spezzata ***
Capitolo 4: *** immagine e realtà ***
Capitolo 5: *** l'inizio della fine ***
Capitolo 6: *** niente di normale ***
Capitolo 7: *** un viaggio per capire ***
Capitolo 8: *** interpretare un destino già chiaro ***
Capitolo 9: *** partire, capire, lottare ***
Capitolo 10: *** ciò che è necessario sapere ***



Capitolo 1
*** Prefazione- solo un pò prima ***


Il liquido scorreva sulla mia guancia, caldo, reale. Sangue? No. Puzzava, puzzava troppo. Strano a dirsi, ma se lo fosse davvero stato mi sarei sentita decisamente meglio, ma in quel posto, in quel piccolo inferno che purtroppo esisteva e stava accadendo, sottosopra e dolorante avevo percepito cosa realmente fosse quel liquido, e nel saperlo questo si mescolò alle mie lacrime. Era benzina. Avevo lottato con tutta me stessa per rimanere coscente, ma qualunque sforzo facessi, qualunque tentativo di liberare adrenalina e salvarmi, qualunque gesto da eroina sarebbe stato inutile. Ero morta ormai. Loro NO-avevo pensato- loro possono ancora salvarsi, sono troppo piccole, loro posso vivere, DEVONO vivere.E se avessi dovuto fare l'eroina per la prima e ultima volta nella mia vita avrei scelto senz'altro quell'attimo, prima di morire tra la lacrime, benzina, e il fuoco che divampava. Non volevo articoli sul giornale, non volevo lacrime, solo un bel posto fresco sotto il cigliegio, il mio albero preferito. Magari loro avrebbero pianto, ma questo mi avrebbe dato fastidio, perchè mi avrebbe ricordato il mio ultimo gesto prima di morire, quando insieme al mio pianto si erano mosse le braccia e il busto che, chissà come, erano riusciti a liberarle. Il resto è solo vuoto, l'unica cosa davvero presente erano le mie lacrime e quella puzza costante che insieme al fuoco mi avevano fatto capire amaramente che non c'era nessun paradiso. E' assurdo che sia passato solo un mese. Assurdo. In un mese, il peggiore della mia vita, è successo di tutto, veramente di tutto. Era il mese del mio compleanno e in genere una ragazza che si avvia ai suoi sedici anni dovrebbe come minimo saltare di gioia, perchè per una ragazza ogni anno che si aggiunge significa una strada che si accorcia verso la libertà. E libertà, almeno nel mio caso, voleva dire guidare una cabrio rossa sullo magnifico sfondo della costa azzurra, correre scalza per le foreste della Germania, annusare gli odori di antichità nei castelli in Francia. Questa era libertà, questa..era vita. Ma nel mio caso compiere sedici anni voleva dire accorciare una strada piuttosto lunga per due semplici motivi: Il primo era che vivo in un paesino davvero davvero piccolo, dove questi sogni sono solo cartoline patinate; il secondo, beh...il secondo era che semplicemente..erano solo sogni. Sogni da ragazzina, assurdi sogni da ragazzina, come dicevano i miei genitori. Per loro avrei dovuto studiare sodo se volevo entrare all'università, ma anche in quei difficili meandri della crescita e del futuro c'erano problemi: non avevo idea su cosa scegliere. E' sempre così che succede, quando hai dei sogni hai certezze, quando hai imposizioni sei la persona più confusa del pianeta. Le altre ragazze non ci pensano nemmeno a queste cose, la loro maggiore preoccupazione è di godersi la vita a modo loro, tra feste, discoteche e scorrerie. Ma a me non interessava, e tutt'ora non mi interessa. Io mi godo la vita a modo mio, io aprezzo le cose che contano davvero, e se proprio mi devo permettere qualche sfizio, mi farei la spesa in libreria. Eppure c'era qualcosa che mi accomunava alle altre ragazze nel mio compleanno: A quell'età, o in qualunque altra età stabilità dai genitori, si viene a sapere qualcosa di importante, qualcosa da adulti. Ora come ora se dovessi tornare indietro di un mese non avrei mai e poi mai voluto saperlo, ma ormai so tutto e il passato è una terra inacessibile. Come già detto era passato solo un mese, un mese dal mio sedicesimo compleanno, e un mese da quella notizia che non avrei mai voluto sapere. Io odio le feste, quelle di compleanno poi dovrebbero avere un limite di età, è assurdo che a sedici anni ci sia una torta e una tanti auguri a te, perchè una ragazza vuole solo sognare e estraniarsi da tutto, non vuole una canzoncina tutta sua dove sta al centro dell'attenzione. Sogna cose che non può avere e questo le piace, perchè vedersi in quell'illusione, bellissima e con tutto ciò che desidera, è decisamente meglio di una realtà in cui è discretamente carina e in cui deve preoccuparsi di soffiare le candeline e sorridere falsamente. Per mia fortuna era riuscita a sabotare qualunque idea di festa nelle menti dei miei genitori, che erano rimasti delusi. Un altro punto: delusione da parte dei genitori. Ma cosa si aspettavano? E' questo che i figli fanno, e lo fanno troppo spesso. Certo, ci sono anche i momenti di fierezza, ma le delusioni devono esserci sempre, fa parte dell'equilibrio della famiglia. L'unica a cui non era passato nemmeno per la testa di farmi feste era stata mia nonna, che a una settimana dal mio compleanno mi guardava sempre più pensierosa, quasi triste. Ora capisco il perchè. Era il primo di agosto, e c'era caldissimo, il caldo più caldo degli ultimi 20 anni come dicevano in giro, e avevano ragione. Il sole brucia, e a me da fastidio. Preferisco il freddo, il freddo ti riempie tutta quanta, ti congela fino ai nervi.. e se è troppo arriva a bruciarti, anche se non lo credi possibile. Il pomeriggio prima della mia ufficiale nascita ero andata a trovare le mie amiche, miracolosamente daccordo con me riguardo ai festeggiamenti. Era un rito, e ovviamente nessun pretesto di sparlare in piena estate e isolate da tutto e da tutti. Ma eravamo noi e nessun altro. "Voglio un gelato. Adesso. Protrei uccidere per un gelato..parlo come una donna incinta.." aveva detto Greta. Lei era quella golosa, suscettibile, era una specie strana di ragazza..e la adoravo. "Beh..forse lo sei! Magari il padre è proprio il gelataio!" aveva ridacchiato Helena . Se c'era bisogno di dire qualcosa di inopportuno era lei che dovevi cercare, e 10 volte su 10 rimanevi soddisfatta. "Bleah! Io quello non lo voglio in giro per casa....Ha il cervello pieno di gel, come nei capelli.." aveva commentato Nina, la sorella di Greta. Eravamo ottime amiche, e su di lei si poteva contare perchè eravamo davvero simili e con la sua esperienza (era più grande di due anni) potevamo avere anche protezione. "Allora..piccola Sadie, cosa vorresti per i tuoi sedici anni?" mi aveva chiesto Greta, ingnorando i commenti sul gelataio. Già, cosa volevo? Se avessi potuto fare una viaggio nel tempo per tornare in quell'istante avrei detto "Non un segreto" . Ma invece risposi: "Voglio qualcosa di semplice, qualcosa che guarderò sempre pensando a questo giorno.." avevo rispoto sovrapensiero. Non sapevo esattamente cosa fosse, ma nella mia mente era qualcosa di definito anche se non completamente nitido. Era felicità, un piccolo nucleo di felicità racchiuso in una forma serpentata, era un oggetto lungo, una catena, che terminava in un forma ovale. Una collana? non ne avevo idea, ma nei miei pensieri c'era sempre, un assillante pensiero di perfezione, che purtroppo..non potevo avere. "Ah..ho capito: un calendario! potevi dirlo prima però!" aveva gridato Helena e tutte aveva riso, me compresa. Magari lo fosse stato, magari fosse stato davvero un oggetto così semplice. Se avessi avuto quello avrei scritto "Compleanno di Sadie" sul primo agosto per tenere il ricordo e tutto sarebbe finito li, ma il ricordo di quel pensiero perfetto, forse un ciondolo, forse un cordoncino, mi stava assillando, come se fosse un piccolo allarme nel mio cervello che automaticamente e quotidianamente mi avvertiva che io dovevo avere quell'oggetto, e che quello era un pensiero impostato per avvertirmi e che se era così appannato era perchè..forse l'avrei ricevuto. La sera era ormai calata ed era tempo di andare a casa, sollevata, perchè non avrei trovato sgradite sorprese. Avevo salutato le ragazze ed ero tornata a casa a piedi, nel sentiero che collegava tutte noi. La strada buia mi piaceva un sacco, solitaria, muta, se non per il rumore dei grilli nelle tipiche sere d'estate. Il vento era caldo e poco piacevole, afoso, ma io resistevo tranquillamente pensando al bicchiere di the freddo che mi avrebbe preparato nonna. Lei era proprio come me, stesso carattere, stessi pensier e anche l'aspetto era quello, nonostante il tempo l'avesse ben camuffato. Eppure l'aria dei suoi occhi mi ricordava proprio me: quella discreta bellezza di una ragazza normale, nessun segno particolare. Ero così infatti (e lo sono ancora..), capelli castani lunghi sino alla schiena, nè ricci o lisci (senza categoria), occhi castano scuro completamente muti, inespressivi, forse perchè non mi ero mai esposta in fatto di sentimentalismi. Nonna da giovane era più bella, e per questo la invidiavo.. Era esattamente come me, se non per alcuni particolari, come le labbra carnose e il neo sensuale sotto esse, ma erano altri tempi e quelli erano gli standard di bellezza che purtroppo oggi non esistono più. Mamma mi aveva detto che nonna a sedici anni era la più giovane farmacista del paese, perchè sin da piccola conosceva a memoria tutte le erbe e le loro proprietà, che aveva imparato una sera quando era stata messa in castigo e aveva trovato un vecchio libro di erboristeria nella libreria. Sarei diventata anche io come lei? Lo avrei voluto davvero, per completare quella bellissima somiglianza che avevamo, e ci avevo provato ma inutilmente..quei nomi proprio non mi intravano in testa. Mamma mi aveva detto anche un'altra cosa su nonna sedicienne, ma a un certo punto aveva bruscamente cambiato argomento, come se si fosse morsa la lingua per aver detto qualcosa che non doveva dire, ma io avevo capito benissimo e lei non lo sapeva: Mi aveva detto che nonna aveva conosciuto un ragazzo a sedici anni e che il giorno dopo le avevano rivelato un segreto che le aveva cambiato la vita. Non ci avevo creduto..ma il mio sedicesimo compleanno non era ancora finito.. La strada era umidiccia per la pioggia estiva del giorno prima, ma questo non mi infastidiva perchè quell'odore non faceva altro che accentuare quello di casa, mi ricordava che al mondo ci sarebbe sempre stato un posto tutto mio, con quell'odore unico al mondo. Camminavo sul ciglio del sentiero lentamente, pregustandomi quell'odore e quel momento, e non credevo che qualcosa potesse andarmi storto, non lì, non a rovinare tutto. E invece era successo. ERa successo tutto in meno di 10 secondi, giuro avrei decisamente potuto cronometrarli.. E in quei 10 secondi, nei quali non avevo fatto in tempo nemmeno ad analizzare i dati che il mio cervello mi stava dando, mi gridava-Corri!, buttati di lato!"-, che io avevo eseguito subito trasportata dal velocissimo segnale di adrenalina del mio corpo, senza nemmeno saperne il motivo. Piena di erba bagnata che sporcava la mia felpa mi ero girata per vedere il motivo di quell'improvviso scatto: era stata un auto, un pick up grigio unpò sporco, correva a tutta velocità. Che razza di idiota! Avevo pensato subito, pensando che fosse un pirata della strada, ma invece quell'auto si era fermata a pochi metri da me frenando di colpo. Non mi sarei mai e poi mai fatta toccare da un pirata della strada e per giunta il giorno del mio compleanno! Così, presa dalla paura, avevo corso tantissimo per il sentiero superando l'auto ferma, dall quale stava già uscendo il mio presunto agressore, immergendo le scarpe nella sabbia bagnaticcia che mi rallentava, ma io correvo lo stesso, chissà come..sentivo il male dietro di me, uscire direttamente da quella portiera. Si dice "brutta sensazione".. ma la mia posso assicurarlo, era stata terribile, come se avessi visto un fantasma di un antenato nel boschetto, uno di quelli terribili vestiti di bianco e con abiti d'epoca che ti osserva tristemente, esattamente quella sensazione, quella in cui senti solo il terrore montare e l'impulso di scappare. Magari non era neppure un pirata e io correndo stavo facendo la figura della stupida, ma le gambe non si fermavano, quella macchina non mi piaceva, correndo a quella velocità, poi il mio salto..il senso del pericolo. Qualcosa aveva fermato la mia corsa, e l'avevo identificata solo un nanosecondo dopo: era qualcosa di tremendamente caldo e comodo, due braccia..mi avevano preso per le spalle circondandomi. Ero immobile e le mie gambe avevano finalmente smesso di correre, come se in quel contatto ci fosse uno strano stimolo che avesse cessato l'aflusso di terrore e adrenalina. Non girarti, non girarti! pensavo, quasi come se fossi a letto e sentendo un rumore strano rimanessi immobile cercando di stare calma, ma come potevo in quel momento, con quelle braccia calde che mi scaldavano e allo stesso tempo mi preoccupavano? Perchè dovevo morire a sedici anni? Nonna non si sarebbe mai ripresa, e io non avrei mai saputo il motivo della sua tristezza, non avrei mai saputo..cosa voleva dirmi, perchè era chiaro che voleva dirmi qualcosa. Avevo preso tutto il coraggio che avevo in corpo (non molto), e mi ero girata molto lentamente, e la mia visuale lenta, proprio come la visuale di un panorama che si vuola gustare, gli elementi di un viso si facevano strada nei miei ricordi, mentre si imprimevano uno ad uno: labbra sottili, un viso sconosciuto, occhi come il ghiaccio, capelli neri, neri come il carbone vivo, uno sguardo preoccupato, nessun respiro.. Quella persona non respirava. Era senza fiato, e incredibilmente, e questo non era per la corsa, lo ero anche io. Non stavo respirando e non sapevo il perchè, sapevo solo e con esattezza che il mio respiro si era fermato nel momento preciso in cui avevo iniziato la mia lenta visuale verso lo sconosciuto. Come era possibile? Ho sempre pensato che fossero i suoi occhi, cubetti di ghiaccio freddi e incredibilmente belli. Io adoravo il ghiaccio, adoro il freddo, forse era per quello che mi avevano colpito. "Ehi! Ma sei pazza! perchè ti sei messa a correre?" mi aveva detto lo sconosciuto col fiatone mente scioglieva lentamente l'abbraccio. La voce mi ricordava tanto quella dei principi nei film in bianco e nero, o forse quella di Romeo nel film di Zeffirelli. Una voce del passato. "Sc-cusa.." avevo mormorato io ugualmente senza fiato, misto alla corsa e alla vista di quegli occhi che cercavo con tutta me stessa di non osservare. Lui se ne accorse e li chiuse sorridendo, provocandomi un colorito tendente al viola. Stupida! Stupida! Mai osservare, lo diceva sempre anche nonna, sebbene fosse la prima a osservare le persone. Le scrutava, come diceva sempre lei per giustificarsi. "Che c'è? Cos'hanno i miei occhi?" aveva chiesto improvvisamente riaprendoli ma mantenendo il sorriso. "N-niente.. sono.. Ehi, TU! Tu piuttosto..perchè cavolo stavi correndo così?" avevo risposto io ricordandomi che in effetti dovevo odiarlo per avermi fatto spaventare a morte. "E' una strada deserta..chi vuoi che ci fosse? traffico newyorkese?" aveva risposto lui sarcastico. "C'ero IO! volevi uccidermi?" avevo sbraitato e non potevo ignorare quel pensiero: me morta..a soli sedici anni e senza sapere cosa nascondeva mia nonna. "No..e..questo io ha un nome? o vuoi che ti chiami tu anche davanti al giudice se mai volesse denunciarmi?" aveva risposto lui serio, nonostante volesse essere chiaramente sarcastico. "Sadie..e tu chi saresti? Mister-ammazza-giovani-fanciulle?" avevo risposto io sul filo del suo sarcasmo. "No Sadie, ma grazie. Non è male come nome. Mi chiamo Cedric..e..Scusami, davvero" aveva risposto lui, cioè..Cedric. Non era un nome comune dalle mie parti, da qualunque parte in effetti. Da dove diamine sbucava? "Si. Cerca di non uccidere nessun altro. Addio." avevo risposto acida, e forse, avevo esagerato, forse l'avevo offeso, perchè stava già tornando al suo pick up. Però non era del tutto offeso, perchè prima di tornare all'auto aveva sorriso ironico alle mie spalle e aveva mormorato qualcosa tipo "Addio giovane fanciulla". Nonostante mi stesse per uccidere, e nonostante avesse gli occhi più belli che avessi mai visto, non credo che l'avrei mai dimenticato, e non solo per quel quasi incidente ma soprattutto perchè quella stessa sera, a poche ore dal nostro incontro, mia nonna mi diede il suo regalo, e si sa che due ricordi vividi non spariscono, perchè l'uno vivrà sempre per ricordare l'altro, perciò non potrò mai dimenticare Cedric.. per via di quel ciondolo che nonna mi aveva regalato poche ore dopo, un oggetto che avrei associato sempre al nostro incontro. Era d'oro massiccio, un pò antico ma non per questo non degno di ammirazione. Era composto da una catena lunga che finiva con una forma ovale. Lo avevo aperto, per la curiosità e quelle parole, che in quel momento non capivo, più avanti avrebbero significato la mia stessa esistenza, la mia ragione di essere...la mia vocazione: Vivir para Custodiar

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Capitolo 2
*** coincidenze ***


Cedric. Quel nome continuava a rimbombarmi nella mente, una musica fatta a posta per me, inquietante. Era una coincidenza che avesse il nome che ha avuto origine nel mio romanzo preferito, L' Ivanhoe? Speravo che fosse solo una coincidenza, tutti l'avrebbero sperato, o in un caso più fortunato, ne sarebbero stati certi. Ma le certezza crollano sempre, e troppo fragorosamente, e io quel rumore, insieme al rimbombare di quel nome, ero stufa di sentirlo. Volevo solo tornare a casa, dove mi sarei accucciolata nella mia stanza a scrivere sul mio diario. Era quello che sapevo meglio, scrivere nel mio diario, rifugiarmi, perchè era questo che equivaleva per me scrivere nel diario, avere una protezione...rifugiarsi sotto le coperte quando si ha paura del buio. Anche se non avevo esattamente paura, volevo comunque rifugiarmi, può succedere a volte di volersi semplicemente nascondere, senza paura, ma solo per provare su se stessi la sensazione di essere invisibile, di non esistere, per un pò almeno. Quella sera avevo scritto tanto:

Ho incontrato un ragazzo oggi. Ma non è stato il solito incontro casuale e che ti strazia il cuore, visto che..stava per mettermi sotto con la macchina!. Sulla seconda parte però..non sono sicura, perchè credo che mi abbia straziato, anche se non so se esattamente il cuore. Lui si chiama Cedric, e non so perchè ce l'ho ancora in mente.. forse perchè il suo nome c'è nell'Ivanhoe, o forse... No, No, non è possibile. Io lo odio, è così che deve essere, lo odio perchè mi ha quasi ucciso. Dovrei adorarlo anche solo per il nome, ma lo odio.. E questo non importa, che io lo odi o no, non lo rivedrò più. Ma allora perchè mi sento strana? Perchè le mie gambe mi gridano di tornare in quella strada? Perchè sudo? No, No. Era solo una coincidenza, e poi non lo vedrò più! Nonna ha detto che voleva parlarmi, spero solo che non abbia capito di lui, o mi toccare pure dare una spiegazione.
Odio..I..COMPLEANNI!


Come mi aveva detto, la mia nonna, Soledad Howell, una donna mezzosangue come la chiamavo io perchè nata in una piccola isola della Spagna, a Minorca, e poi trasferita qui da noi quando si era sposata, mi voleva parlare. Dai suoi occhi ingrigiti dal tempo capivo già cosa voleva dirmi, l'ho sempre detto che siamo uguali, e se i suoi occhi sono i miei non possono che essere collegati dai fili invisibili della mente. Era seria, io ero seria, compatibili.
"Siedeti, piccola" mi aveva detto. L'aria della mia stanza sapeva di rose, un essenza che spargeva ovunque mia nonna. Quella fragranza così delicata mi faceva pensare a una principessa vestita di rosso e ad un principe dagli occhi color ghiaccio. E ne ero certa, che anche mia nonna la pensava così, visto che in prima persona aveva provato quel tipo di amore, quello del principe azzurro che ti porta via dalla tua isola. Era stato così per lei, quando aveva la mia età e viveva in quel villaggio a Minorca, Port Mahon si chiamava ma lei lo chiamava sempre Maò affettuosamente e io capivo il perchè, e soprattutto lo vedevo nel mondo in cui assaporava l'aria marina, l'aria di casa, nel modo in cui raccoglieva le conchiglie, era qualcosa..di magico. Era stato così, per lei, quando un giovane americano era venuto a portarla via da li, a portarla in una terra nuova fatta di amore e pace, una terra diversa dalla sua patria, ma mia nonna aveva saputo rinunciare al mare di casa, al suo odore, a quelle piazze davanti alla cattedrale che tanto le piacevano, e lo aveva fatto per il suo principe, lo aveva fatto per l'amore, e per la pace. Non so se sarebbe toccato anche a me, vista la nostra somiglianza, e, pensando a Cedric, una strana sensazione mi aveva fatto arrossire. Non poteva essere lui il mio principe azzurro...non..poteva.
"Nonna, stai bene?" avevo chiesto io preoccupata. Era sempre così tra di noi, l'una si preoccupava dell'altra.
"Ci sono cose nella vita di una ragazza che non sono facili da sopportare, e ci sono cose nelle persone come me e come te, che lo sono ancora di più piccola mia..." aveva detto tristemente. Non ero mai stata una ragazza forte e quelle parole erano il chiaro segno che dovevo esserlo.
"Nonna..." sospirai in preda all'ansia.
"Tienes el signo, querida.." mi aveva detto sfiorandomi la spalla. All'inizio pensavo che fosse solo un gesto d'affetto ma nonna aveva continuato sino ad abbassarmi la spallina della canotta, per svelare la spalla nuda. Cosa poteva volere dalla mia spalla? L'unica cosa che avevo sulla spalla era una strana agglomerazione di nei, messi tutti in circolo. Non avevo mai capito quella agglomerazione, nè che forma potesse avere, ma in quell'istante, mentre mia nonna la osservava ansimando l'avevo osservata bene, per la prima volta..e avevo capito. Quella che mi sembrava una macchia informe non erano altro che tanti nei messi in cerchio, uno perfettamente accanto all'altro, nel formare la figura di un ovale. Avevo trattenuto il respiro, perchè mai avrei pensato di possedere qualcosa di "interessante".
"Nonna...cosa?" avevo chiesto senza fiato.
"Hai il segno.." mi aveva risposto, e in quelle parole senza senso tutto si era allineato nel momento in cui avevo ricordato il regalo che mi aveva fatto, quel ciondolo che mi ero resa conto..essere perfettamente coincidente con quella mia strana e sfocata visione. C'era un collegamento tra la forma di quei nei e la forma di quel ciondolo, ma non lo sapevo trovare, non comprendevo le parole di mia nonna, nè quelle spagnole, nè quelle che potevo comprendere. Non capivo.
"Vivir para custodiar... Vivi per custodire.." aveva detto nonna, e con quella parole, mezze spagnole e mezzo comprensibili, mi sembrava quasi di essere dentro quel medaglione con lei, sorridente, che prendendomi per mano mi aiutava a capire. Ed era questo che stava facendo, nonostante non aprezzassi il fatto che parlava in spagnolo anche se sapeva che non capivo.
"Che significa nonna?" avevo chiesto io sull'orlo delle lacrime. Non lo sopportavo, non ci ero riuscita, perchè sentivo premere un segreto nelle sue labbra, un segreto che non volevo premesse sul mio cuore. Ma nonna era seria stavolta, al contrario del suo nome, e quella serietà voleva dire che dovevo sopportarlo, era importante farlo.
"Significa che sei una custode, bambina. Proprio come.." aveva risposto e le sue parole erano ancora più incomprensibili. Vivir para custodiar, Vivi per custodire. Cosa avrei dovuto custodire? L'unica cosa che sapevo custodire, anche se la parola giusta era reprimere, erano i miei sentimenti, e Cedric, purtroppo, ne era stata la prova.
"Tu sei la custode di un segreto, Sadie. Così come lo sono stata io, così come le nonne. Ed ora è giunto il momento che tu sappia, è giunto il momento che tu custodisca, perchè è questo che devi fare: Vivere per custodire" aveva aggiunto nonna, anche lei sull'orlo delle lacrime. Il peso della confessione che vacillava sopra di me ora era crollato, e sentirlo in ogni parte del mio corpo non era stato piacevole, anche se non avevo ancora stabilito se quella rivelazione fosse dolorosa o meno. Sapevo solo che da quell'attimo e per sempre avrei dovuto sopportare ben altro che semplici delusioni, cuori spezzati, da quell'attimo avrei dovuto sopportare un peso che mai avrei immaginato di sopportare, e che non avrei potuto semplicemente sedare solo con le pagine di un diario, perchè al contrario della penna che ci scrive sopra, ci sono segni che restano sulla pelle, ci sono segni..eterni.

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Capitolo 3
*** spezzata ***


Crac. Era il rumore che avevo sentito dopo quella rivelazione..
Potevano essercene altri dopotutto? Erano le ossa delle mia spalle che si spezzavano per quel peso, un peso che lì sarebbe rimasto sempre, almeno fino a quando sarei diventata come mia nonna e avrei dovuto a mia volta spezzare le spalle a mia nipote.
Può il mondo crollarti così fragorosamente? Può la tua vita cambiare con un click o meglio un crac? Può un attimo essere l'ultimo momento normale della tua vita? Tutto poteva essere, perchè mi era successo tutto, in quell'istante.
Non avrei mai immaginato che il mio compleanno potesse essere così. In genere quando ti trovi davanti a quelle candeline colorate e a quella torta glassata desideri le cose più belle, affascinanti, romantiche..cose da ragazza. In genere queste, e non vergogno a dirlo anche nel mio caso, sono tre: Amore, Amicizia, Felicità.
Anche nel mio caso erano state tre, indesiderate, inaspettate, sconvolgenti, e senza nemmeno spegnere le candeline:
Un incontro particolare, uno strano regalo, una scioccante rivelazione che ti cambia la vita.
Quanto avrei voluto quelle candeline...Quale era il primo pensiero che mi era passato per la testa dopo quelle parole? Difficile,soprattutto se era più di uno, e se erano più di 2 al secondo. Meglio dividere in categorie: la prima categoria riguardava lo scherzo..poteva esserlo dopotutto; la seconda categoria era l'indifferenza, che ormai faceva parte del mio codice genetico; la terza categoria era l'agitazione e quella ancora non so decifrarla, perchè era totalmente dominante. Elaborando la situazione, dopo un minuto, o forse un ora, avrei anche potuto accettarlo se non fosse stato così maledettamente reale. Ero sempre stata brava a mantenere i segreti, era come se si escludessero automaticamente da me non appena ne fossi venuta a conoscenza. Questo non poteva che essere un segno della mia presunta predestinazione, è ovvio, ma ancora oggi mi chiedo..perchè io? Perchè non un altra ragazza con il mio stesso "dono"?. Nonna mi aveva detto che le custodi sono nate dalla sua stirpe, ovvero anche la mia, la stirpe della sua isola. Avrei mai potuto capire fino in fondo questo dono se questo era così lontano da casa?
"Io...non voglio" era stata la prima cosa che ero riuscita a dire, la più sensata, anche se non verissima. Lo volevo? La prima reazione è sempre negativa, ma nel profondo e con ribrezzo provavo un selvaggio orgoglio nell'essere speciale.
"Le custodi non possono permettersi la volontà. Le custodi non hanno scelta.." aveva risposto lei seria, aspettandosi quella risposta. Nelle sue parole c'era qualcosa che mi aveva rattristato, qualcosa che mi aveva mandato indietro nel tempo per farmi capire. C'era una giovane donna su un isola, il sole illuminava il suo viso rendendolo simile a lui, c'era luce persino nei suoi occhi, occhi selvaggi, proprio come i miei, e le onde del mare non erano niente a confronto della lunga chioma. Era bellissima ed era nonna, era..me. Lo sguardo della giovane nonna non potrò mai dimenticarlo,perchè in quel flashback racchiuso nei suoi occhi che erano il collegamento tra passato e presente potevo vedere che quel senso di impotenza era rimasto, sia nella giovane donna che sfiorava l'acqua della sua isola, sia nell'anziana seria e composta che provava quella sensazione davanti alla nipote. Anche io avrei avuto quello sguardo, perchè non sono solo i segreti ad essere tramandati, anche le emozioni possono passare geneticamente, diventando anche esse quasi un peso.
"Devi capire Sadie, che ci sono cose che non possiamo contrastare, cose che nemmeno immagini. I segreti sono quelle cose, quando li apprendi, non c'è via d'uscita, o li custodisci o..." stava dicendo ad un certo punto nonna, ma si era interrotta spostando il suo sguardo in basso. Era un altro ricordo, un ricordo doloroso, talmente tanto da farla interrompere. E i suoi occhi erano un libro aperto per me, visto che erano uguali, perciò potevo leggervi qualunque cosa... Quello che vedevo non mi piaceva..era dolore.
"E' un voto infrangibile, Sadie..sai cosa significa questo?" aveva detto ridestandosi da quei ricordi. Certo che lo sapevo, ma non potevo credere che fosse qualcosa di così serio, un segreto così profondo, e non era come da piccole quando se dicevi alla mamma che tua sorella aveva rotto il vaso questa non ti parlava per qualche giorno. Voto infrangibile significava perdere qualcosa di molto più prezioso delle parole di una sorella.
"Significa che se riveli il segreto....morirai" aveva concluso nonna intuendo che sapevo. Vivere per custodire era un concetto serio fino in fondo, perchè se non c'era la custodia, allora non c'era la vita, era questo che facevano le custodi, è questo che fanno ancora, con me al comando della stirpe. E se la vita aveva questo prezzo quel segreto doveva essere veramente importante. Sarei mai stata pronta?
"Essere custodi non è uno scherzo, Sadie. E anche se non lo vuoi, devi subire. E' sempre stato così e sempre così sarà. Non l'abbiamo deciso noi, abbiamo sempre subito, purtroppo. Essere custodi comporta molti pericoli, perchè sapere qualcosa che nessun altro sa vuol dire che chi vuole sapere ti cercherà sempre.." aveva detto ancora nonna prima di rimanere in silenzio. Subire e ancora subire, era questo il nostro destino? Custodire qualcosa che tutti vogliono sapere, correre dei rischi, e rischiare la vita per quel qualcosa. Era un segreto per cui valeva la pena subire?
"C'è dell'altro? O vuoi finire di rovinarmi il resto della vita? Non ho scelta, no? Allora se devi affondare il coltello fallo fino al manico, perchè lo so che c'è dell'altro.." avevo detto scoppiando in lacrime. Erano state inevitabili, visto che mi ero trattenuta per tutta quella conversazione e che non avevo nessuna resistenza in queste cose.
"Il manico non è così doloroso come sembra, se lo spingi dolcemente. Stavolta ciò che devi sapere fa parte della tua sicurezza. Non esistono custodi senza protettori, e guarda caso io ne ho proprio uno per te...Lui è Cedric, il tuo protettore" aveva risposto e nell'attimo stesso in cui avevo collegato parole a immagini, il tutto si plasmò con il ricordo di un volto, che si era materializzato subito davanti a me, reale, tangibile.
Cedric. Il Protettore.

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Capitolo 4
*** immagine e realtà ***


Non avrei mai pensato che il principio delle custodi, Vivi per custodire, avesse in qualche modo un affine. Ma quando avevo saputo chi fosse Cedric e di cosa si occupasse mi ero ricreduta. Erano la stessa cosa, solo che lui viveva per proteggere...me. Un'altra cosa che mai avrei pensato era che quel ragazzo che solo un ora prima stava per investirmi sarebbe stato lo stesso che mi avrebbe dovuto proteggere dai pericoli. Paradossale. Quando Cedric era entrato nella stanza con spavalderia i suoi occhi incontrarono subito i miei, quel color ghiaccio che si fondeva con il mio castano, come rugiada sulla terra bagnata. Era stato incredibile, anche se quella scintilla che avevo sentito era diventata ormai il più classico dei luoghi comuni. Doveva essere divertito nel vedermi a bocca aperta e fissandolo, perchè le sue labbra si erano increspate in una risatina accennata. Perchè lui?
"Quello è il mio protettore? Ma nonna! stava per uccidermi!" avevo urlato subito facendo aumentare la risata di Cedric. Perchè lui invece non era sorpreso? Ero sempre io quella che non sapeva mai niente?.
"Ehi, ragazzina, stai calma. E' stato solo un incidente...e poi un ora fa non sapevo di essere il tuo protettore. Ho appena ricevuto l'incarico." aveva risposto lui, prima che mia nonna potesse anche solo pensare ad una giustificazione sensata.
"E se io non ti volessi? E' come per il segreto? Devo subire? Devo subire..Lui?" avevo sbraitato, anche se non del tutto sinceramente, perchè una parte di me, quelle da ragazzina che odio così tanto..lo voleva.
"Certo. E se ci tieni alla tua vita, beh..per quello ci sono io in effetti.." aveva risposto sempre al posto di nonna, che era in un certo senso grata a quel ragazzo per aver trovato le risposte che lei non aveva saputo dare a quelle domande.
"Nonna..voglio stare sola. Adesso." avevo detto sbuffando e con le lacrime che si stavano ripresentando. Non volevo piangere davanti a lui, e non so perchè c'era quell'orgoglio in questo desiderio. Quegli occhi mi inquietavano, era certo questo, e le mie lacrime riflesse in essi non potevano che peggiorare la mia situazione psicologica. Erano come specchi, e in quel momento non avevo voglia di vedermi da fuori, desideravo solamente guardarmi dentro, la parte di me della quale più mi fidavo. Perchè il corpo mente sempre...
Quella sera avevo pure scritto nel mio diario, come se quello che avevo saputo fosse una cosa da ricordare. Ma non l'avrei mai scordata, e avvenimenti così possono anche non essere scritti nei diari, sono segni trasmessi nel proprio sangue.
Non voglio questo. Non lo voglio. Non voglio questo destino, e non voglio subire. Non voglio custodire niente, non voglio niente dentro di me. Nemmeno se è un segreto. Essere sole è molto meglio, senza segreti, senza bugie, senza misteri. Non voglio protettori, e non voglio responsabilità. Ho paura. Non sono pronta. Ho paura e voglio solo...sparire.
E poi...LO ODIO!

Nemmeno dormire era bastato, nemmeno piangere fino a strizzare il cuscino. Probabilmente non sarebbe bastato nessun tipo di gesto triste o autocommiserante, perchè non potevo scappare da ciò che ero, o meglio che ero sempre stata senza nemmeno saperlo. Ero una custode, e lo sarei stata sempre. Il lato negativo, uno dei tanti, era Cedric. Non so dirne il vero motivo, visto che una parte di me provava quel selvaggio desiderio di compagnia, ma lo sentivo come un ospite indesiderato, un invasore della mia vita soprattutto nel momento più brutto. Una mano era convinta di avermi svegliato da un sonno che in realtà non c'era stato, mi aveva girato e con quella rotazione era comparsa la figura di mia nonna, in vestaglia, sorridente come se la sera prima non fosse successo niente. Allora era stato un sogno? Mia nonna era la stessa di sempre, la mia stanza era la stessa, il mio diario era scritto sottilineato. Ero stata arrabbiata? Cosa era cambiato? Il cuscino bagnato mi aveva rivelato tutto. Era tutto vero, e a confermarmelo c'erano state le parole di mia nonna, non pesanti come quelle della sera prima, ma solo dolorosamente vere:
"Svegliati, piccola. C'è un iniziazione da fare."
Il rituale si sarebbe dovuto compiere quella sera stessa e io ne ero terrorizzata. Sarebbe stato come gli antichi riti druidi? Si sarebbe dovuto compiere un sacrificio? O forse avrei dovuto bere il sangue di un qualche strano animale? Non ne avevo idea, proprio perchè quella sfera di occulto e profano non mi competeva, io non appertenevo a quelle cose, volevo solo essere normale, volevo essere Sadie, e non la Custode. Nonna mi aveva tranquillizzato dicendomi che sarebbe durato pochissimo e che il rituale consisteva nella benedizione di un membro anziano delle custodi che sarebbe venuto direttamente dalla Spagna e in seguito ci sarebbe stato il mio giuramento. Era questa forse la parte che più mi preoccupava, in effetti, perchè si sa che per fare un giuramente bisogna credere nella cosa sulla quale si giuro e io non potevo che detestarla. Come potevo addirittura giurare? Voto infrangibile, così mi aveva detto nonna. Ero costretta. Subire. Subire sempre. Rischiare. Rischiare la mia stessa vita. Alla fine dell'iniziazione il membro anziano mi avrebbe portata nella stanza con lei e arrivate li...mi avrebbe rivelato il segreto. Era tutto quello che sapevo e saperlo non mi confortava affatto, perchè una cosa erano le parole e le immagini mentali che producevo con la mia immaginazione abbinandole ad esse, e una cosa erano i fatti. Perchè i fatti sarebbero stati diversi, lo sapevo. Mamma e papà ovviamente sapevano tutto, lo avevano sempre saputo e solo ora capivo perchè odiavano tanto nonna. Dopo aver saputo dell'iniziazione la odiavano ancora di più, dicevano che mi aveva trasmesso un orribile destino e che mi aveva cambiato la vita per sempre. Avevano detto che aveva strappato via Sadie dal suo corpo. Avevano detto che ora Sadie non esisteva più. Nonna era rimasta calma nonostante la mia paura, la mia riluttanza e nonostante l'odio dei miei genitori. Il concetto di subire per lei era diventato un mantra ferreo nella sua vita, un imposizione che faceva parte non solo del suo carattere ma anche dei suoi obblighi. Subiva, aveva sempre subito. Ci sarei riuscita anche io? Stranamente Cedric era sempre al suo fianco, come se fosse il suo protettore e non il mio, e questo non mi sorprendeva nemmeno visto che avevo capito di non essere tanto desiderata. Lui la ammirava, ammirava le custodi per la loro tenacia, per il loro coraggio, ma nonna...la ammirava in un modo che non so descrivere, era qualcosa aldilà dell'idolatria, era un allievo che ammira i lavori del maestro. Tuttavia non provava niente per me , solo apparente indifferenza, sebbene sapesse benissimo che stavo diventando una custode. Con questa deduzione avevo pensato che l'idolatria non fosse diretta a ciò che mia nonna faceva da una vita, ma a mia nonna. La curiosità fremeva troppo e aveva superato persino il mio odio verso di lui, tanto da costringermi, poche ora prima del rito, dopo che nonna mi aveva vestito con un abito candido di pizzo bianco, a fargli una domanda:
"Perchè adori tanto mia nonna?" avevo chiesto.
"Perchè mi ha salvato la vita?" aveva risposto. Questo non mi sorprendeva, perchè nonostante le rughe e il corpo esile mia nonna era esattamente il tipo di persona che vedevo bene saltare tra i palazzi a rincorrere i ladri.
"Quando è successo?" avevo chiesto. Era la prima volta che avviavo spontaneamente una conversazione con Cedric, forse perchè parlava di mia nonna e quindi mi sentivo a mio agio, ma in effetti sentivo che non era solo per quello. Ero interessata alla SUA storia.
"Avevo 11 anni. La barca di mio padre si era spinta troppo a largo, non l'avevamo calcolato. Il mare quella notte non lo scorderò mai, era nero e nel nero ci aveva inghiottito tutti quanti, me, mia madre e mio padre. Ricordo solo mare, il sale dell'acqua che mi fa ancora vomitare, il terrore del vuoto, del nero della profondità dell'acqua, il mio respiro affannato mentre cercavo di nuotare, l'acqua sopra di me, mentre scendevo sempre di più. Nella coscenza della morte credevo di essere afferrato da un angelo, da qualcosa di incorporeo comunque, perchè era..così leggera. Mi aveva trovato vicino alla costa alla soglia della vita, mi aveva ripescato e curato come un figlio. Era tua nonna." aveva raccontato. Proprio quando ero così curiosa di conoscere la sua storia, ora che me l'aveva raccontata volevo dimenticarla. Era come se il peso di quel terrore fosse crollato anche addosso a me, regalandomi quelle sensazioni e quei ricordi terribili. Potevo persino sentire il sapore del mare sulle labbra, e la pesantezza dell'acqua che mi comprime i vestiti. Ero rabbrividita.
"Si, una triste storia. Capita. Ergo...visto che devo proteggerti, non credi che sia carino dirmi qualcosa su di te?" aveva detto come se non mi avesse raccontato qualcosa di importante. Ero ancora stranita dal suo uso della parola "ergo", mai sentita in un ragazzo, mai sentita direttamente, se non nei romanzi. Voleva veramente conoscermi? Avrei fatto una figuraccia nel raccontare la mia noiosissima vita, noiosa tranne ovviamente le ultime situazioni.
"Beh..Ho sempre vissuto qui con i miei e nonna. Non c'è molto da dire..." avevo detto simulando quella noia che sapevo lui avrebbe intuito.
"Come hai fatto tutti questi anni a non voler uscire di qui? Voglio dire..c'è il mondo là fuori?" aveva chiesto sorridendo. Già..perchè? All'improvviso mi era balenato in mente un ricordo, sfocato, ma presente. C'era una bambina nel ricordo, una bambina in fondo al pozzo, e le sue lacrime si mescolavano alla melma, il suo bel vestito era ormai rovinato, aveva tanta paura di morire, aveva paura. La luce era tornata...quando quel braccio l'aveva issata sù. Il sole non le permetteva di capire chi fosse il suo salvatore, poteva solo vederne il contorno e una massa di capelli neri come il buio di quel pozzo. Il nero non le piaceva, e nemmeno il chiuso. La bambina aveva paura ormai, eccetto di casa sua.
"Una brutta esperienza?" aveva detto Cedric capendo l'espressione che quel ricordo aveva provocato.
"A dodici anni ero caduta in un pozzo. Ero rimasta al buio per ore prima che quel ragazzo mi salvasse. Se ci penso ora mi viene da ridere e piangere allo stesso tempo. Ridere perchè nonna aveva gridato "La bambina è caduta!" anche se avevo dodici anni e piangere perchè...beh, perchè è stato terribile." avevo risposto ancora in preda a quel ricordo. Era vero, era stato tutto terribile, tranne il mio salvatore, se solo avesse mai avuto un volto.
"Sai, quando avevo dodici anni ho salvato una bambina da un pozzo. E' stato epico." aveva detto. La mia mente ci aveva messo un pò a mettere insieme i pezzi, un pò per le rivelazioni di nonna, un pò per l'iniziazione e un pò per la presenza di Cedric, ma quando avevo capito rimasi a bocca aperta. Non era una coincidenza se lui era il mio protettore.
"Tu! eri tu! Come..come..perchè non me lo hai mai detto?" avevo gridato imbarazzata. Avevo parlato di lui come un eroe senza sapere di avercelo davanti! Ero sicuramente arrossita perchè Cedric era scoppiato a ridere. Lui si che si sentiva a suo agio anche nelle disgrazie. Perchè io allora non ci riuscivo? Elaborare nel dolore non era il mio forte..no, per niente.
"E quando te lo avrei detto? Dopo che ti ho quasi investito? O forse dopo che avevi saputo di essere una custode...Beh, in ogni caso. E' ora, bambina." aveva detto continuando a sorridere. A confermare il tutto era entrata mia nonna, vestita per l'occasione con i gli abiti della sua isola. Era tutto vero, e non era uno scherzo. Era ora.
Era ora di diventare una custode.

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Capitolo 5
*** l'inizio della fine ***


Non avevo nemmeno pensato a come prepararmi. Cosa avrei dovuto dire, fare? Come sarebbe stato il durante, il dopo? Il prima lo sapevo già: era terribile. Sudavo, piangevo, gemevo. Pensavo che tutti gli ostacoli fossero stati superati visto che ormai sapevo cosa mi aspettava, sapevo di Cedric, sapevo tutto. Ma non era così, perchè una domanda gravosa che mi aveva aspettato ansiosa dietro una lunga lista di problemi e ansie attendeva una mia risposta. Avevo deglutito, perchè una risposta..non la avevo. Come lo avrei detto..alle mie amiche? Nonna aveva detto che non avrei potuto parlarne mai con loro, e che era come svelare il segreto stesso. Ma come potevo non dire niente alle miei migliori amiche? Era questo che faceva parte del subire? Dovevo sopportare la gola in fiamme davanti a loro, dolorante per il segreto che vi era incastrato dentro, sempre. Ma dopotutto se ero una custode, o per lo meno lo stavo diventando, un motivo ci doveva essere, e quel motivo era che ero nata per questo e perciò sapevo come fare anche se non ne avevo idea. Le doti naturali sarebbero arrivate senza nemmeno accorgermene, sarebbero arrivate nel momento giusto, proprio quando mi sarebbe venuta voglia di cedere..la bocca si sarebbe serrata. E' un istinto naturale, aveva detto nonna, ma io non ci vedevo niente di naturale o normale in tutto questo, era costrizione verso l'essere umano. Era censura. L'iniziazione stava per iniziare. I miei genitori non erano voluti esserci, e di questo ne ero felice, ogni occhiataccia a nonna era un passo indietro verso il mio destino già abbastanza traballante, o meglio..decisione, anche se non c'era scelta. Come già sapevo un custode anziana mi avrebbe benedetto, augurandomi un esistenza di custodia senza intoppi. Poi, e questo ancora non lo sapevo, ci sarebbe stata anche la benedizione di Cedric affinchè mi proteggesse con cura e si votasse per questo. Dopodichè, mi avrebbero svelato il segreto. Su questa particolare procedura nonna non mi aveva detto molto, forse per paura di svelarmi troppo, o forse..per non terrorizzarmi. Dai suoi toni avevo subito immaginato pugnali antichi con i quali avrebbero prelevato il mio sangue per donarlo a chissà quale spirito. Ma mi sbagliavo e ancora oggi mi vergogno per aver beffato un rituale così profondamente spirituale..
La stanza era ovale, semplice, bianca. Nessun incenso, nessuna musica. In cerchio si trovavano tutti i sostenitori delle custodi, le custodi delle altre generazioni che erano sopravvissute, e i protettori, incluso Cedric. La custode anziana era seduta su una poltrona logora e continuava a fissarmi. Mi leggeva, e non era solo un modo di dire, i suoi occhi si muovevano a destra e a sinistra come se realmente stessero leggendo un libro. Mi aveva osservato per quel che pensavo fosse una mezzora, del tutto normale secondo nonna che continuava ad essere seria e dignitosa come ad un matrimonio. Era normale per tutti, tranne che per me, era normale addirittura per Cedric. Chissà quante iniziazioni aveva visto..o forse anche per lui era la prima? Il suo sguardo serio ed esperto dicevano il contrario, anche se ho sempre pensato che fosse una facciata per mascherare la sua paura. La custode anziana si era alzata e mi aveva teso la mano, parlava solo spagnolo perciò avevo fatto una figuraccia quando mi aveva chiamato e io ero rimasta immobile..
"Venga, querida.." mi aveva detto. Ero ancora immobile quando nonna era venuta a tradurre. Quando l'avevo sentita ero arrossita tantissimo, un figuraccia alla mia iniziazione. Perfetto.
"Perdona la chica, Estela. No sabe la lengua.." aveva risposto mia nonna all'espressione sorpresa della custode anziana. Il volto rugoso di lei si aprì in un sorrisone tenero, compassionevole, che mi aveva fatto sentire peggio. Ero terrorizzata e volevo scappare, la compassione non poteva che peggiorare la mia vergogna. Ma come potevo dopotutto spiegarglielo?
"Mi querida! tranquila... ahora todo pasa. Pero tienes que imparar la lengua, claro?" mi aveva detto l'anziana, anche se aveva chiaramente capito che non sapevo nemmeno una parola di spagnolo. Mia nonna non poteva tradurmi tutti perciò mi aveva semplicemente detto di annuire e io avevo ubbidito. Superato in parte quell'imbarazzo era iniziata la benedizione. Era l'inizio.
Le mani calde della donna si erano posate sulla mia testa. Era stata una sensazione piacevole sentire quel tepore tra i capelli, un fuoco lento che mi stava calmando, e che mi sussurrava, anch'esso in spagnolo, di stare tranquilla, che tutto presto sarebbe finito. Lo avevo compreso e ero sicura che quelle mani ne erano responsabili. La donna era rimasta così per un paio di minuti, mormorando parole incomprensibile, solo a me, evidentemente, perchè tutti,anche Cedric anche se meno, si commossero.
"Yo te protego. Yo te miro. Yo te hablo, guardiana. Vivir para custodir. Entonces...Vive!!" Anche se non capivo quelle parole, avevano avuto una forza magnetica incredibile su di me, sentivo un energia diversa per ogni parola, specialmente sulla finale, così simile alla parola vivere italiana, che non avevo potuto non afferrarne il senso oltre che la forza. Ogni parola aveva impresso pian piano un marchio su di me, e avevo capito che essere custodi non era solo un fatto di parole, perchè mentre quelle parole scorrevano attraverso quella mani calde sulla mia testa, i miei nei stavano pulsando terribilmente. E' finita, E' finita, avevo pensato, perchè se mi bruciano così tanto non può essere niente di buono, hanno sbagliato qualcosa, lo sentivo. Devo urlare? avevo pensato, e se urlo? Fa troppo male!. Ma andando avanti con le parole, i pensieri si spensero, li aveva spenti il dolore, perchè i miei nei stavano esplodendo.
"Vive en el dolor, pero vive! Vive en la desperation, pero vive! Vive en el periculo, pero Vive!" Il dolore mi faceva capire persino quelle parole, era un dolore fatto a posta per farmi capire cosa mi aspettava, era un monito, un avvertimento, era un cip, un mantra che doveva entrarmi bene in testa, e dopo quell'impianto, non avrei mai più avuto dubbi. Il dolore era il ricordo di tutto, e ricordarlo dissipava le incertezze. Vivi nel dolore, ma vivi! Vivi nella disperazione, ma vivi! Vivi nel pericolo, ma vivi!. Era questo il monito, e io non ci avevo mai pensato. Perchè avevo ancora la mia vita, tutta per me, dovevo solo lottare per mantenerla, e il segreto con esssa. Mi era sembrato un attimo interminabile, ma poi la mia bocca si era chiusa di scatto, le urla erano cessate. La donna era muta. Era finita. Il dolore era finito. Nonna mi aveva acchiappato appena in tempo, mi aveva sdraiato in un' altra poltrona e mi aveva sorriso. Era fiera di me. Ero ancora stordita per le urla, ma ancora lucida, dovevo esserlo. Era il turno di Cedric.
Lui non aveva urlato, nemmeno quando la spada del padre aveva impresso un taglio nella sua mano, nemmeno quando la donna aveva premuto sul palmo per far uscire il sangue. Era Cedric, impeccabile. Lui non aveva fatto figuracce, sapeva la lingua, e questo gli aveva permesso persino di portare più rispetto all'anziana di quanto io ne avessi mai potuto portare. Era...epico.
"Juras de ocuparte de tu guardiana" aveva detto l'anziana. Giura di occuparti della custode, aveva sussurrato nonna al mio fianco.
"Lo juro" aveva risposto Cedric senza esitazioni.
"Juras de morir para ella". Giura di morire per lei. Avevo i brividi...era una cosa troppo seria. E i brividi che provavo nel sentire quelle parole non erano terrore, freddo, o paura. Era eccitazione folle. Lui sarebbe morto per me...Mi avrebbe dato la sua vita. Avevo sentito un bruciore nel petto.
"Lo juro" aveva risposto. L'avrebbe fatto davvero? Il cuore voleva uscire e abbracciarlo, ma non poteva imprigionato come era.
"Juras de ser ella, como ella eres tu." Giura di essere lei, come lei è te. Uniti. Era questa una traduzione più che convincente.
"Lo juro" aveva risposto. Si, voleva unirsi a me.
"Ha surgido un nuevo protectore" aveva concluso l'anziana, lasciando Cedric alla sua ferita. Al suo giuramento.
Eravamo uniti, io e lui, Sadie e Cedric. Come potevo crederci? Non era possibile. Soprattutto se avevo deciso di odiarlo... Ma come potevo odiarlo ora? L'odio sarebbe stato palesemente infantile ora, ora che c'era un giuramento di sangue di mezzo, ora che lui..mi avrebbe dedicato persino la sua vita. Era stato sincero allora? Nel giurare col suo sangue, non c'erano dubbi. Io e lui eravamo uniti...e non potevo farci niente. Perchè mi lamentavo? Non dovevamo mica metterci insieme? Non necessariamente comunque. Eppure quel bruciore al petto mi aveva posto troppi dubbi...Ero sicura di non volermi letteralmente unire a lui? La risposta non avevo fatto in tempo a trovarla, perchè nonna mi aveva strattonato. Era ora. Era l'inizio della fine.
Avevo un segreto da conoscere.

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Capitolo 6
*** niente di normale ***


E' una cosa alquanto comune ricevere un segreto, apprenderlo. Non è così? Non è forse la cosa più naturale del mondo? Sapere chi è il ragazzo che piace alla tua migliore amica, sapere che tua madre vuole fare una sorpresa a tuo padre per il loro anniversario. Una cosa naturale, una cosa umana. Anche se non tutti , nonostante ne abbiano la capacità, riescono a trattenersi dalle rivelazioni. E' un bisogno impellente, una sorta di eccitazione che brucia nella lingua e nella tua mente che sussurra semplicemente "dillo!". Una liberazione, LA liberazione di quella sensazione che non porterà altro che a un altra più potente...la delusione. Perchè è questo che si fa rivelando un segreto, si deludono le persone, si perde la fiducia. Quando avrei voluto perdere semplicemente la fiducia di qualcuno, quanto avrei voluto semplicemente..non sapere. E invece mi trovavo lì, in quella stanzetta, da sola con quella donna che non conoscevo e non capivo, pronta o quasi a conoscere qualcosa che mi avrebbe non solo cambiato la vita ma soprattutto esposto a mille pericoli. Vacillavo ad ogni passo, volevo solo tapparmi le orecchie, gridare come una bambina "non voglio, non voglio!", scalpitare, battere i piedi, ma sedici anni purtroppo è l'età in cui dobbiamo sapere, è necessario sapere. Non so perchè proprio sedici anni, era uno dei tanti misteri di questa mia maledetta genealogia, uno dei tanti che avevo intenzione di scoprire, visto che non avrei potuto sopportare altri segreti, oltre a quello che mi stavano per svelare, il principale. Pensavo che si sarebbe svolto tutto nel più complesso dei casi, ma ovviamente, esattamente come poco prima, mi sbagliavo. In effetti cosa ci poteva essere di complicato nel dire un segreto? La segretezza era ovvia, il massimo riserbo della donna nel controllare che nessuno stesse origliando, nonostante le sentinelle appostate all'esterno, o nel pregare nella sua lingua che la ragazza, io, avesse la forza di conoscere, o per lo meno, come avevo pensato, di non svenire. La donna si era chinata al mio orecchio e mi aveva detto nella nostra lingua:
"Niente come prima"
E poi mi aveva parlato. Erano state le ore più incredibili della mia vita, e anche se sono ancora giovane per poterlo dire, non credo che nessun altra persona potrà mai dirmi simili cose. Era partita esattamente dall'inizio, parlando lenta, chiara e nella lingua che potevo capire anche se con un accento molto marcato, era un discorso palesemente imparato a posta per me nella nostra lingua, per non confondermi. Le custodi dovevano conoscere perfettamente il segreto, per poterlo proteggere, erano le leggi, leggi che ovviamente non conoscevo. Parlava lenta,concisa, seria, e assolutamente sciolta, come se quello che mi stava rivelando fosse un assurdo gossip e non una verità scottante, il segreto più antico probabilmente della storia umana. E' cosi assurdo raccontarvelo così! Ma sono solo una ragazzina, come pensate che avrei potuto raccontarvelo? Da donna adulta avrei potuto essere seria e preoccupata, ma c'è un tempo per ogni cosa e quello era la mia adolescenza, tutt'altro che normale sfortunatamente. Sapere il segreto più antico del nostro mondo, non so spiegarvelo, non è un peso all'inizio, quando ti ha talmente sconvolto da lasciarti stordita e in uno stato di finta normalità. Solo dopo, solo con la consapevolezza cresce quel peso assurdo sul cuore, e sapere che quel peso non svanirà, ti fa stare anche peggio. Ma come aveva detto nonna, stava tutto nel subire. Ma come si poteva solo subire? Era troppo, e la consapevolezza cresceva sempre, ad ogni respiro, più ansimavo, quando quella donna aveva finito come me, più mi rendevo conto che la mia mente non sarebbe più stata la stessa, il mio cervello sarebbe stato sempre diviso in due, una parte per il segreto, sigillata, e l'altra per essere normale. Lo sarei mai stata?


Ovviamente non posso dirvi cosa era successo durante quella conversazione , perchè sarebbe come rivelarvi il segreto, e anche se su questo vacillo, sono ormai sicura di non essere in grado di rivelarlo a nessuno. Cedric mi aspettava in giardino, dove invece avrei pensato di trovarci mia nonna. Era stranamente serio, grazie al cielo, come avrebbe potuto dopotutto non esserlo visto che la sua custode si era ormai completata sapendo il segreto. Lo so sembro ancora normale nel raccontare tutto con questa leggerezza, ma cosa dovrei fare? Ormai lo so, e non posso farci niente..me lo devo tenere, è inutile piangere, preoccuparsi e scervellarsi sulla complicatezza di esso. Devo subire, ricordate? Nemmeno immaginate cosa voglia dire, e qualcuno vi chiede se sapete mantenere un segreto vi prego..dite di no! A meno che non vogliate finire come me, anche se voi...avete una scelta. Io no.
"Come è andata?" aveva chiesto Cedric.
"E' tutto qui quello che sai dire? Ho appreso un segreto più antico del mondo e tu mi chiedi come è andata?" avevo urlato. Avevo i nervi a fior di pelle, ed ero frustrata perchè volevo urlare. E la consapevolezza cresceva.
"Scusa. E' meglio che ti lasci da sola allora.." aveva detto lui, visibilmente dispiaciuto. Ci mancava solo il senso di colpa ad arricchire tutti i sentimenti che provavo insieme.
"No. Scusa tu, resta. Sono solo..." non ero nemmeno riuscita a finire la frase che qualcosa mi si era circondata addosso, qualcosa di caldo, che non era familiare. Il corpo di Cedric, Cedric che mi abbracciava. Il nord si era invertito al sud, e l'est con l'ovest. Si era rovesciato tutti, persino la mia mente, facendo cadere per un istante il segreto, appeso con un filo alla mia memoria e al mio destino. Cosa stava succedendo?
"Cedric..." avevo sussurrato, e lui mi strinse più forte. Ero talmente paralizzata che non ero riuscita nemmeno ad allungare le braccia e contraccambiare l'abbraccio, e nel profondo lo bramavo.
"La protezione non è solo fisica. E' anche sostegno psicologico.." aveva detto ridendo, visto che il suo corpo stava sussultando. Mi ero allontanata di scatto, scuotendomi dai miei stupidi sogni romantici da ragazza.
"Tu! mi hai abbracciato per compassione! non te ne fregava niente che stessi male! Sei..sei!" non trovavo le parole, anche se non ero realmente delusa, ero solo uno sfogo di orgoglio femminile, nel momento totalmente sbagliato.
"Stavo solo cercando di confortarti. Mi dispiace se non hai sarcasmo.." aveva risposto lui sulla difensiva. Mi sentivo una stupida, lo sapevo che Cedric era così, allora perchè scattare? Non potevo starmi zitta e assaporare quel contatto?
"Sono..un fascio di nervi Cedric. Non potresti capirmi? Non ho sarcasmo, ho paura e voglio solo tornare quella di prima." avevo detto io, tra le lacrime, come avevo appreso toccandomi il viso. Finalmente ero scoppiata, ed era stato un bene, visto che ciò che è velenoso va sputato subito via, il veleno di serpente, prima che ti possegga nella morte.
Cedric aveva capito, aveva capito ogni cosa da quelle mie parole, perchè le sue braccia mi avevano circondato una seconda volta, stavolta ricambiate, senza errori, senza commenti. Le sue braccia, quell'abbraccio mi avevano dato la sua risposta, più efficacemente che con le parole.
Ho capito tutto. Ma ci sono io..
Quella sera avevo scritto sul mio diario, senza lacrime, ancora calda per quel contatto, ma felice, nonostante il peso del segreto stesse crescendo..
Sono una custode, ora. Ma sono felice. C'è Cedric con me. E anche se è uno sbruffone pirata della strada, penso proprio che mi fiderò di lui. Devo. E devo per due motivi: Il primo, quello ovvio, è perchè è il mio protettore; e il secondo, che ancora nessuno conosce è perchè mi dovrà proteggere molto presto: Vado in Spagna..sulle tracce del mio passato, sulle tracce delle custodi.

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Capitolo 7
*** un viaggio per capire ***


Avevo sempre avuto questo problema: trovare il coraggio di dire le cose alle altre persone. Cosa c'è di così difficile? In effetti dire "sto partendo" non era la parte difficile, ma una parte difficile c'era sempre e la mia era dire "sto partendo perchè ho scoperto di essere una custode e devo capire il mio passato". Non sarebbe stato facile. Come facevo a dirlo a tutti? Mia nonna l'aveva capito subito, sin da quando mi aveva guardato negli occhi dopo l'iniziazione, mi aveva capito persino Cedric, nonostante mi conoscesse fisicamente solo dopo un abbraccio. Dovevo dirlo ai miei genitori, ma soprattutto alle mie amiche. Come facevo a dir loro che non solo non potevo venire con me, ma che mi avrebbero dovuto aspettare anni? Troppo difficile, troppo doloroso. Se avessi avuto delle forbici avrei tagliato tutti quei fili che mi erano stati cuciti addosso. Mi soffocavano. Lasciare una lettera era la cosa più meschina che avessi potuto fare, ma le parole non uscivano più con lo stesso senso di prima, non dopo il peso che premeva sulla gola, non dopo che avevo appreso qualcosa che mi aveva cambiato persino nel modo di parlare. Era troppo rischioso parlarne davanti a loro, ero fragile, ed era pericoloso se mi fosse trapelato qualcosa in più. Nonna era daccordo, anche se sapevo che per il mio bene , avrebbe voluto che almeno le abbracciassi. Ma io ero decisa anche a quest'altro dolore, perchè quel caldo abbraccio mi avrebbe ricordato che stavo per prendere una strada nella quale non mi sarei potuta voltare, e loro rappresentavano proprio quello: ciò che non potevo guardare, la cosa per cui non potevo voltarmi. Troppo difficile, troppo rischioso, troppo dolore. Non avrei mai voluto compiere 16 anni, perchè diventare grandi fa schifo, ma nel mio caso...è veramente orribile. La mano sudava. Era pesante, come il mio respiro, come il mio cuore. Ero stata una stupida a pensare che sarebbe stato più facile, perchè le lacrime sul foglio avevano sciolto l'inchiostro, rendevano più difficile scrivere quello che dovevo. Era assurdo: quello che devo, devi scrivere quello che devi, si..perchè quello che senti è proibito. Vivi per custodire, avevo pensato inghiottendo il magone di dolore, il rospo velenoso dei miei incubi, il rospo che non sarebbe diventato principe azzurro, il rospo rideva di me. Custodire, era giusto in effetti, era quello che stavo facendo. Le stavo proteggendo, si , era giusto. Ma allora perchè mi sentivo così male? La causa ero solo io, io e il mio destino. Il veleno doveva strare solo con me, e la loro vita sarebbe stata pura, come speravo. Avevo buttato la lettera bagnata di lacrime e ne avevo scritta un altra, la prima di molte, ma l'ultima a loro..

Ragazze. Quello che sto per dirvi non è facile, anche se lo sto solo scrivendo, da vigliacca. Ma è molto meglio così, preferisco non aver avuto il coraggio di dirvelo di persona, per non ferirvi, non infestarvi la vita. Parto. Parto in Spagna...non so quando torno. Questo vuol dire quasi per sempre, lo sapete? Ora accartocciate la lettera, odiatemi, e se lo farete io vi vorrò bene per tutta la vita, forse anche più di prima perchè vorrà dire che avete scelto il bello della vita, avete scelto di non sapere cosa diavolo mi passa per la testa. Credetemi, è meglio non saperlo, nemmeno io voglio saperlo, eppure lo so fin troppo bene sfortunatamente. Odiatemi perchè non posso dirvi niente, e odiatemi anche se non stata l'amica che volevate. Odiatemi e sarà tutto più facile per me, perchè so che non vi avrò ferito. E se sentirò il vostro odio anche a distanza saprò di volervi bene. I 16 anni dovrebbero portare tre cose..ve lo ricordate? Lo dicevamo sempre..Io ho avuto la fortuna di averne una, nonostante ora la stia gettando via: l'amicizia. Odiatemi, perchè il vostro odio sarà la mia forza.

Vi voglio bene..



Lacrime sulla penna, lacrime sulle mani. Poteva anche lacrimarmi il cuore? In quel pezzo di carta ne avevo lasciato un pezzo, per loro. Io non ne avevo più bisogno, visto che avevo abbastanza spazio per contenere il segreto. Era qualcosa di troppo grande, una lastra di marmo freddo presente nelle mie spalle. Era troppo..troppo..
Non mi ero nemmeno accorta di essere andata nel letto, con le mani ancora in faccia, che mi ero addormentata. Ma stavo dormendo? Sentivo tutto, le lacrime e il loro sapore, la ferita dell'abbandono, il peso nella mente... Ma non ero sola. Tutto quello che sentivo era in qualche modo sdoppiato, identico, in un altro essere. Era davanti a me. Era una ragazza. Non riuscivo a capire se fosse bella o carina, perchè sembrava semplicemente essere una bella ragazza. Aveva i capelli lunghissimi neri fino alla vita, sciolti, come alghe di mare. Gli occhi scuri mi fissavano allegri nonostante provasse i miei stessi sentimenti, le labbra ricurve in un sorriso non potevano provare il mio dolore..era..impossibile. La sua mano si era alzata tesa verso di me, leggera, lenta...si stava avvicinando.
"chi sei..?" avevo mormorato, probabilmente anche nella realtà,oltre che in quello che presumevo fosse un sogno.
"Lui è così bello..." aveva detto la ragazza sottovoce. E i suoi occhi si erano riempiti di desiderio. Ero arrabbiata, e non ne sapevo nemmeno il motivo, la mia rabbia si era duplicata posandosi anche sulla ragazza che però rimase sorridente. In qualche modo, da qualche parte nella mia coscienza, sapevo di chi stava parlando, ed ero arrossita. Cedric. Anche la ragazza era arrossita, continuando a imitarmi.
"Cosa vuoi da lui? cosa vuoi..da me?" avevo urlato.
Lo que tienes, yo lo puedo tener, chiquita. Lo que sientes, yo lo siento. Lo que no dices, yo lo entiendo...yo te esero, chiquitita.
La ragazza aveva cantato questi versi dolce come una bambina. Aveva riso di gusto prima di gettarmi nel risveglio, prima che la realtà mi sconvolgesse ancora una volta.
Non c'erano stati pensieri nè azioni dopo quel sogno. Solol'impulso di fare due cose: andare da mia nonna, correre per meglio dire, e consegnare la lettera.
Era il momento di capire.
Mia nonna mi aveva guardato impallidendo, e per una volta il suo colorito roseo si era estinto.
"Sei sicura che la canzone fosse quella? "mi aveva chiesto alzandosi di scatto per aprire la finestra e prendere aria.
"Si nonna, ma..che significa? parla!" avevo urlato, ancora sudata per l'agonia del sogno.
"Lei è tornata.." aveva ansimato nonna, come se l'aria del mattino non le bastasse.
"Chi è tornata? Nonna..chi è tornata?" ero corsa da lei per sorreggerla, e il suo corpo leggero sembravaun lenzuolo di seta, sventrato dalla paura, fragile per il ricordo di qualcosa di terribile.
Nonna si era raddrizata piano e si era riseduta al suo posto, era tornato tutto normale, ma il suo colorito era lo stesso.
"La Cacciatrice.."

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Capitolo 8
*** interpretare un destino già chiaro ***


Dopo quel sogno chiunque avrebbe pensato a tre domande, qualcuno ovviamente più fortunato di me, qualcuno..normale: La prima era..chi è la Cacciatrice? la seconda..cosa vuola da me? e la terza...perchè e come è entrata nei miei sogni?. Il fatto che potesse accedervi così facilmente mi aveva già dato occasione di rabbrividire in 10 modi diversi, tutti terribili, e tutti facevano vacillare la mia decisione di partire. Codarda, era quello che pensavo, avevo fatto un passo avanti per poi farne 10 indietri, 10 come i brividi diversi che avevo provato. Come potevo rinunciare ad una decisione così difficile e così sofferta per un sogno? Perchè era solo un sogno, doveva esserlo. Nonna non aveva fatto molto per aiutarmi, visto che era impallidita e dopo il mio racconto si era chiusa in camera sua, in silenzio. Ero sola con Cedric, la persona che, strano a dirsi, mai mi sarei aspettata darmi una risposta.
"Come fai a sapere chi è la Cacciatrice?" avevo chiesto con un punta di gelosia, visto che delle mie radici spagnole ne sapeva più lui, uno sconosciuto/pirata della strada, che io custode e diretta interessata, la vittima dopotutto.
"Quando tua nonna mi salvò, mi accolse praticamente nella sua vita. Cosa ti aspettavi? crescere con una donna spagnola, comporta conoscerne non solo la vita, ma anche i segreti. E' come una madre per me, più legalmente in effetti.." aveva risposto, e il resto delle parole che aveva detto assunsero meno importanza rispetto a quell'unica parola..legalmente.
"Vuoi dire che...ti ha adottato?" avevo mormorato io senza parole. Perfetto. Il ragazzo per cui presumibilmente mi stavo prendendo una cotta (lieve, anche se mentivo a me stessa) era un mio parente stretto, troppo stretto. Ero arrossita, e non me ne accorsi da sola, abolendo ogni tentativo di sembrare dignitosa, ma era il suo sorriso ad accentuare quell'evidente imbarazzo. Mi aveva scoperta..
"Non. Ridere!" avevo urlato io, ancora più rossa. Perchè dovevo sempre essere così prevedibile, e soprattutto ingenua? I disegni mentali che mi ero fatta, le pagine di diario scritte come una assurda adolescente cotta di un cantante famoso. Oh mio dio...odiavo quella situazione, tanto che avevo nascosto la testa tra le mani, volevo fuggire, in Spagna, da sola, senza nessuno, la Cacciatrice mi voleva? Che mi prendesse! prendi il segreto, perchè evidentemente non sono adatta a custodire, non sono adatta nemmeno a tenere nascosti i miei stupidi sentimenti!
"Ehi..è tutto ok. Non devi vergognartene... Un protettore in genere non ha tempo per queste cose.." aveva detto serio e preoccupato. Ancora meglio, perchè non solo mi aveva scoperto, ma mi aveva pure respinto, e tutto nell'arco di quanto? due minuti? Si poteva stare peggio?
"Quindi sarei una perdita di tempo? E comunque non sono arrossita per te..figurati. Non era perchè mi piaci...era solo.......il pensiero di non averlo saputo mai" avevo risposto al fuoco subito, ferita e inacidita da quelle parole, che seppure serie e preoccupate, suonavano come un insulto, per me almeno, e per l'intera categoria femminile.
"Penso di saper riconoscere i vari gradi di rosso. Si, scarlatto è amore, piccola custode. Se non lo vuoi ammettere mi va bene..sai, la Spagna è molto romantica.." aveva risposto lui per niente ferito dal mio patetico tentativo, ma anzi ancora più divertito. Come faceva?
"ma come...non avevi detto di non avere il tempo per cose del genere?" Bang. Colpito e affondato. Ma non avevo fatto in tempo nemmeno a gustarmi la vittoria che nonna era uscita dalla stanza, un pò più rosea, ma comunque seriamente preoccupata. Mi ero persino dimenticata, e di questo stranamente devo ringraziare Cedric, che c'era quel minuscolo dettaglio della Cacciatrice, e mi ero persino dimenticata di chiedere a Cedric di dirmi chi fosse e altri dettagli, troppo distratta dall'aver appreso che è mio "parente". Ma per fortuna nonna mi aveva risposto, finalmente, e se da un lato ne ero felice, felice di non essere più all'oscuro, dall'altro me ne ero pentita, di essere stata curiosa e di non aver semplicemente taciuto.
"La Cacciatrice è una ladra di segreti. I segreti per lei, per quelli che fanno il suo lavoro, sono come taglie sui banditi.. E se è entrata nei tuoi sogni, significa due cose: che sa che sei diventata custode, e che il segreto vale molto più di quello che pensavo.." aveva detto nonna, immobile, pronta a scattare davanti alla mia reazione.
"Cosa facciamo?" avevo detto più rivolta a Cedric, che a nonna. Era ovvio che chiedessi a lui, visto che era della mia sicurezza, della sicurezza del segreto quindi, che si stava parlando.
"Andare in Spagna sarà un obbligo visto che da ora ti servirà molto più che a conoscere le tue origini.."aveva risposto Cedric, rispondendo all'accenno di assenso di nonna, che aveva capito tutto. L'unica ero io, come sempre, cavia, vittima. Mi andava bene? Per ora si, qualunque cosa pur di non rivedere quegli occhi, quelle parole penetranti.
"Ditemi cosa devo fare e io lo farò, ditemi dove andare e io ci andrò..forse voglio combattere, almeno provarci" avevo risposto io, ed era vero perchè se volevo smettere di essere cavia e vittima dovevo almeno tentare di combattere, e forse custodire non sarebbe stato così difficile. Avevo bisogno di alleggerirmi, con tutta me stessa.
"In Spagna. Dovrai imparare l'arte del dissipatore." aveva detto nonna, con una punta di fierezza nella tempesta di paura e preoccupazione.
"dissipatore?" avevo chiesto, ma la sopresa era durata poco, non volevo distruggere quella piccola vena di combattività, doveva restare accesa il più possibile. Una mano calda si era posata sulla mia spalla, ad alimentare quella fiammella. Era la mano di Cedric.
"Ti spiegheremo tutto in volo..."
E da li, si può dire, che era iniziata la storia della mia vita. Perchè prima di essere custode ero solo Sadie, e quell'identità ormai so che non mi era mai appartenuta. Ci erano voluti sedici anni per trovare quella giusta: La Custode.

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Capitolo 9
*** partire, capire, lottare ***


Ormai ciò che ero non era più il motivo di quel viaggio così lontano. Quell'incubo, scoprire a cosa portava, il volto di mia nonna così pallido ancora scolpito nei miei ricordi...Era me che la Cacciatrice voleva, era me che bramava. Allora mi avrebbe avuto, tutto pur di lasciare nonna al sicuro. E Cedric era dalla mia parte ovviamente. Dopo quell'imbarazzante confessione di quasi parentela, visto che mia nonna aveva voluto formalmente adottarlo ero rimasta abbastanza confusa su cosa fosse per me. Nonostante tutti i tentativi di mentire a me stessa sapevo benissimo che era qualcosa di più di un protettore, forse era la responsabilità del segreto a rendermi un pò più saggia, visto che stavo partendo per vendermi, anche se mia nonna non sapeva niente, come Cedric. Avevo deglutito a quel pensiero, in preda all'ansia...dove l'avrei cercata? Come avrei fatto? Come potevo proteggerli? Il piano era da definire, e se avessi voluto confessare un falso segreto, sarei morta invano, perchè scoperto l'inganno la Cacciatrice avrebbe comunque ucciso tutti. Ma non potevo rivelare il segreto, era ovvio, perchè quel medaglione al mio collo era il simbolo del mio silenzio. Subire, sopportare. Come aveva fatto nonna? Come aveva fatto a sfuggire alla Cacciatrice per tutto quel tempo? E senza rivelare il segreto.. In aereo glielo chiesi, e i miei piani già poco stabili avevano ceduto definitivamente. Non ce l'avrei mai fatta.
Quando le avevo fatto la domanda nonna si era rabbuiata, ma non era semplicemente l'incupimento di un brutto ricordo, era il peso di una colpa che si aggiungeva a quello ormai presente per sempre del suo segreto, uguale al mio. Pensavo fosse solo un brutto episodio, ma certe cose...sono incancellabili, e non potevo credere che quella di mia nonna fosse così irrevocabile.
-"L'ho uccisa..." Erano state semplici parole, ma non quanto l'azione. Uccidere, Togliere una vita, non avrei mai pensato che mia nonna ne sarebbe stata mai capace. Forse da giovane, una me che non avevo mai avuto l'occasione di conoscere perchè lontana nel tempo, ma ora come ora quella dolce vecchietta che adora il cioccolato fino a nasconderne sotto il cuscino non avrebbe mai potuto nuocere a nessuno. Eppure il passato lascia il segno, episodi scolpiti nella mente, un aneddoto piacevole quando si sta con gli amici.. Ma la vita di una persona, persino se è la Cacciatrice, è un peso troppo grande..
In quell'attimo non ero nemmeno riuscita ad odiarla, la ammiravo per il solo fatto di essere stata così forte ad aver sostenuto il peso del segreto e della sua colpevolezza insieme. Io non avrei mai potuto sopportarlo, forse con lei e Cedric a fianco, ma da sola, come aveva fatto mia nonna, sarei sicuramente crollata, o peggio..morta.
MI ero girata verso Cedric e avevo sorriso.. lui non mi avrebbe abbandonato mai, e nemmeno nonna, perciò perchè tutta questa segretezza? Avevamo bisogno di un piano..e stavolta avrei coinvolto anche loro. Avevo fatto cenno a Cedric di seguirmi, mentre mi alzavo dal posto, mentre nonna si era poi addormentata, esausta.
Lo spazio stretto del corridoio dell'aereo mi permetteva di stargli fin troppo vicina, ma non ero sicura di essere a mio agio, perchè arrossendo mi sarei sicuramente sentita fuori luogo. E così era stato. Era quello il momento di arrossire? Proprio ora che dovevo essere seria.
-"Abbiamo bisogno di un piano. Voglio essere pronta quando..." avevo lasciato le parole in sospeso, non avevo nemmeno il coraggio di pronunciare il suo nome, perchè anche se sapevo che non era la stessa Cacciatrice uccisa da mia nonna (probabilmente una nipote, o figlia..), quel nome mi bruciava in gola, sapendo di doverla affrontare, sapendo che molto probabilmente la storia si sarebbe ripetuta. O me, o Lei..
-"Hai saputo di tua nonna, no? Credi che ci siano alternative? " era giusto che mi avesse risposto così secco, perchè era vero, non avevo scelta..O me, o Lei. Avrei fatto di tutto, per quanto sbagliato..che fosse lei.
-" non so nemmeno da dove iniziare..voglio dire, quali sono i suoi punti deboli?" avevo chiesto ingenuamente, visto che dopotutto non sapevo niente di combattimento. L'esperto era Cedric, insieme all'esperienza di nonna sulla Cacciatrice.
-" Tua nonna mi ha detto che vive solo per trovare i segreti, e quella volontà provoca in lei una forza incredibile..." aveva risposto ancora serio.
-"Non mi stai aiutando? Come credi che possa batterla! Io ho solo il segreto...non ho altro.." avevo sussurrato a denti stretti. Non mi aiutava sapere che la mia avversaria non solo era più forte di me, ma era pure folle e violenta. Come potevo competere?
-" Ne sei sicura? Io credo che tua nonna non ti abbia ancora detto tutto sulle tue capacità..." aveva detto Cedric stavolta ridendo. Non avevo capito il motivo della sua improvvisa allegria finchè non avevo visto immobile, davanti a me. Era completamente sotto shok, e non poteva essere per il discorso tra me e Cedric, nessuno avrebbe capito.
Cedric avevo riso ancora, e nonna, che si era svegliata, mi aveva poggiato una mano sulla spalla...Cosa diavolo era successo? Ero stata io?
"Col tempo lo controllerai.." aveva detto, e senza rendermene nemmeno conto.. avevo un arma.
O me..O Lei. Lo scontro forse ora sarebbe stato pari.

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Capitolo 10
*** ciò che è necessario sapere ***


Non è mai stata chiara, questa strana storia. Forse interessante e avvincente, ma giuro, stranissima. Sadie non ha mai voluto raccontarmela oltre. Questo mi delude, mi delude tantissimo, e forse è per questo che non ci piarliamo tanto ultimamente. Ma il rapporto tra nonna e nipote non dovrebbe andare così, dovrebbe essere più intimo, più tenero, no? Se riesco persino a chiamarla per nome, allora perchè non riesce a parlarmi del suo passato? Perchè non posso saperlo. Quando le ho chiesto il motivo sapete che mi ha risposto? "Sai il necessario". Ma io so che è successo altro, so che quando arrivò in Spagna successe qualcosa, qualcosa che non vuole raccontarmi. Non è mai voluta andare oltre a quel volo pazzesco, nel quale aveva scoperto, sotto shok, di avere dei poteri di stordimento, che aveva usato inconsapevolmente. Dopo quell'episodio, ne sono sicura, ha fatto cose terribili, cose che non vuole dirmi (forse per affetto..che non capirò però mai), ma le ha fatte, doveva farle...per sconfiggere la Cacciatrice. Non so nemmeno se l'ha effettivamente sconfitta e in che modo, ma una cosa l'ho capita, e l'ho capita dal suo sguardo quando parlo della Cacciatrice: non era stata una lotta facile, aveva perso qualcuno..qualcuno di molto caro. Qualcuno che amava, qualcuno che la proteggeva.
Ho sempre pensato che fosse Cedric, nelle mie indagini solitarie sul passato di mia nonna, Sadie, ho sempre pensato che quella chiusura derivasse dalla morte di Cedric, troppo dolorosa da ricordare, o forse da quella di sua nonna, prevedibile quando ugualmente dolorosa.
Se mia nonna oggi è così lo deve al suo passato, a quello che è successo in Spagna e che li resterà, e soprattutto che mi è proibito sapere.
Un altro giorno di indagini e ipotesi si compie, in questo mio diario. Me l'ha regalato nonna, dice che scrivere è un pò come gridare al vento, un posto sicuro, perchè il vento trasporta via i segreti per sempre, un pò come i suoi, che forse non scoprirò mai.
Ma un giorno li scoprirò, sarò pronta anche io. Perchè anche io sarò una custode, un giorno. Un giorno anche io soffrirò come lei, vedrò morire le persone che mi sono care, scoprirò cose che non vorrei scoprire mai.
Ma come dice sempre nonna, che a sua volta lo aveva sentito da sua nonna... e' questo che le custodi sono. Vivi per custodire. Sempre.

Beth



E' passato troppo tempo. Il tempo dovrebbe passare sempre così, così tanto e in fretta. E lei..lei è così piccola. Certe volte vorrei che non mi conoscesse, che fossi una sconosciuta, così non saprebbe chi sono, cosa sono, cosa ho fatto. Non la infesterei con il mio destino, che prima o poi, lo so, diventerebbe il suo. Eppure lei è così ansiosa di sapere, così coraggiosa....esattamente l'opposto di me, quando avevo la sua età. Già, perchè ho sempre voluto scappare, rifiutare ciò che ero e che sono, e solo mia nonna e Cedric mi avevano dato la forza di andare avanti, di lottare. E se è successo ciò che è successo, non è grazie a loro, è solo colpa mia, del mio potere che non sono mai riuscita a controllare, della mia paura, terrore, della mia debolezza. Se fossi stata forte, ora loro sarebbero qui, se fossi stata forte...avrei vinto.
Vorrei essere come te Beth. Sono fiera di te, Beth, perchè quando arriverà il momento...saprai lottare. Almeno tu.

Sadie




E' stata la cosa migliore per tutti. Ancora oggi sono convinto di due cose: la prima è che Sadie aveva ragione sullo scrivere un diario, è davvero liberatorio; la seconda è che la scelta che ho fatto è quella giusta, per il suo bene. Sacrificio. Amore. Chi ama deve sacrificare tutto. Mi pento solo di non averglielo detto, di non aver preso coraggio e di averle detto "Io ti amo" , prima che tutto iniziasse. Avrei dovuto, perchè in quell'istante avrei potuto non rivederla più, avrei dovuto dirglielo, darle forza con quella dichiarazione. Ma ho avuto paura. Non importa, perchè ho rimediato.
E se lei sapesse mi odierebbe, ma non mi importa, perchè la amo più della mia stessa vita e fingermi morto è stata la scelta giusta. Solo così la Cacciatrice l'avrebbe lasciata in pace, solo così avrebbe rinunciato al segreto, solo così sarebbe stata appagata del suo suo macabro gioco.
Ero la merce di scambio..
"Ti risparmierò, solo in cambio della sua vita.." aveva detto.
E Sadie era stata fragile, in quei brevi istanti, messa con le spalle al muro nel dover scegliere tra me e il segreto. Non ha mai dovuto scegliere, non volevo che lo facesse, non volevo che si sacrificasse, che andasse in contro al suo destino in caso avesse rivelato il segreto..
In quel momento ho capito davvero tutto: Amore. Sacrificio.
La cosa giusta, per il suo bene.

Cedric




Siamo giunti alla fine, e forse è questo l'ultimo foglio che ho a disposizione. Ma chiunque legga non pensi che io sia morta, o che sia del tutto cattiva. Anche io sono umana, anche io sento, amo, odio.
Io so cosa si prova ad essere dei prescelti, e dopotutto io e Sadie non siamo poi così diverse... Non abbiamo avuto scelta.
Io Caccio, lei custodisce. Io sono il cacciatore, lei la preda. E' il nostro destino, e non possiamo scappare. E così come lei non voleva sapere il segreto, ma ha dovuto, così io non volevo uccidere, ma ho dovuto...
Nessuno sceglie, e quei pochi che possono...non sono altro che carnefici.
La vita è una macchina, siamo solo ingranaggi stabiliti. Niente cambiamenti, niente variabili. Solo incognite stabilite, parole guidate da una penna, pensieri che in qualche modo sono stati decisi dal nostro assurdo destino. Siamo un dado con le facce uguali. Nessuna scelta, Nessun futuro.

La Cacciatrice

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