La musica del mare.

di Kim NaNa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Nella culla sul mare. ***
Capitolo 3: *** Vita quotidiana tra le onde. ***
Capitolo 4: *** Anche la terraferma ondeggia come il mare. ***
Capitolo 5: *** Rumori dal mare. ***
Capitolo 6: *** La canzone delle onde. ***
Capitolo 7: *** Maremoto per Usagi - Parte prima - ***
Capitolo 8: *** Maremoto per Usagi. - Parte Seconda - ***
Capitolo 9: *** Identità svelate ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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La musica del mare.
 
Prologo.
 
Tic-tac, tic-tac…
Il grande orologio a pendolo di legno e oro scandiva il suo lento ed inesorabile tempo.
Usagi sedeva immobile sulla poltrona di velluto rossa, le mani gelide poggiate ai braccioli, i capelli raccolti in una lunga treccia color del sole.
Intravedeva appena chi le stava davanti con gli occhi pieni di compassione sotto due folte sopracciglia grigie ed ebbe l’impressione che il cielo limpido di quella mattina fosse stato coperto da pesanti nuvole nere.
Riprese coscienza improvvisamente, riemergendo dalla visione sfumata del suo smarrimento, come se avesse fatto un brutto incubo, ma, per fortuna, dopo un brutto sogno c’è sempre il sospiro di sollievo del risveglio.
“Dottor Tomoe” mormorò con voce flebile.
“Lei non non mi ha ancora riferito il responso dello specialista. Lui non ha voluto dirmi niente, ha lasciato a lei questo compito… “
Si interruppe per dare un’occhiata al suo orologio da polso, poi riprese:
“Avevamo appuntamento alle 15 e sono qui da almeno cinque minuti.”
Il medico pareva avesse difficoltà nel deglutire.
“Mia cara bambina… ti conosco da tanto tempo ormai…”
“Vent’anni dottore, da quando sono venuta al mondo.” Aggiunse Usagi sorridendo appena.
Di nuovo il medico deglutì, ma la sua voce si fece più sicura.
“Lo specialista ti ha diagnosticato un tumore al cervello, Usagi… e, purtroppo, non ha lasciato speranze.” Voltò la testa, ma Usagi sapeva che quando si fossero di nuovo posati su di lei, quegli occhi sempre bonari e gentili sarebbero stati colmi di lacrime.
“Me l’aspettavo. L’espressione dello specialista era così eloquente… Nessuna speranza…” ripeté l’ultima frase lentamente, quasi a volerne apprendere il significato più profondo.
L’uomo le accarezzò una guancia e proseguì le sue spiegazioni.
“Sperava di poter operare, ma ha capito che non sarebbe servito. Era davvero sconvolto per la sua impotenza.”
I grandi occhi turchesi della ragazza fissarono la corporatura robusta di quell’uomo che, fin dalla sua infanzia, era stato suo amico oltre che medico, poi chiese:
“Quanto tempo mi rimane, Soichi?”
“Quattro mesi… forse un po’ di più.”
Il dottor Tomoe si allontanò dalla poltrona dove era seduta la ragazza e raggiunse la finestra, perdondosi nel chiarore di quel cielo azzurrino.
“Vuol dire che… posso contare su almeno quattro mesi?” chiese Usagi quasi apatica.
Poi pensò. Quattro mesi… era dicembre. Non avrebbe visto i ciliegi in fiore, né il suo successivo compleanno, né la sua adorata estate…
“Sì, Usagi, è così.”
Come colta da un’improvvisa rivelazione, Usagi impallidì.
“Cosa fanno le persone nei loro ultimi mesi di vita? Come si suppone debbano passare il loro tempo? Preferirei che succedesse subito, anzi, me lo auguro!”
Quel sincero grido di dolore le veniva dall’anima: non sopportava l’idea di vivere sapendo di dover morire presto. Non poteva accettarlo… aveva vent’anni, solo venti.
“Che consiglio potrei darti Usagi? Questa volta mi sento così impotente, così inutile… “ disse il medico.
Come lei aveva previsto aveva gli occhi umidi e la bocca gli tremava leggermente; anche le labbra di Usagi tremavano e il cuore sembra volerle schizzare via dal petto. Posò le mani sulla scrivania e guardò oltre la finestra.
“Mi ha sempre dato dei buoni consigli” gli ricordò, “e mi è stato sempre vicino quando ho avuto bisogno di lei”.
Pensò a sua madre, quella donna morta il giorno in cui venne alla luce, quella mamma che non aveva mai conosciuto e che rimpianse in tutti quegli anni e poi pensò a suo padre, Kenji Tsukino, morto qualche anno prima per arresto cardiaco.
È destino dei membri della famiglia Tsukino morire giovani, pensò.
Le vennero alla memoria i primi sintomi di quella che ignorava potesse essere la sua condanna a morte.
Le emicranie lancinanti, quella specie di letargia, le nausee, i capo giri e il suggerimento di Soichi Tomoe di consultare uno specialista.
Poi rammentò l’angoscia provata nell’udire le parole di quel chirurgo che l’aveva visitata:
“Vada dal suo medico curante, domani verso le 15 le farò comunicare la mia diagnosi.”
Un colpo di tosse di Tomoe la riportò alla realtà e alla domanda che aveva posto al medico.
Forse, adesso lui aveva una risposta da darle.
“Ha un’idea di quello che potrei fare?” riuscì ad articolare con un sorriso.
Il medico annuì. Pareva meno preoccupato, anche se gli occhi un po’ velati tradivano la sua tristezza e le sue emozioni.
“Una crociera intorno al mondo sulla Silver Millenium. La partenza è prevista nel mese di Gennaio.”
Usagi sbatté le palpebre sorpresa.
“Vuole che vada in crociera?... Ma non posso permettermelo! I miei risparmi non sono poi molti…”
“Ma hai la casa.”
“Intende dirmi che dovrei vendere la mia casa?”
Lui annuì una seconda volta, ma quella soluzione parve ad Usagi troppo drastica, troppo… definitiva.
La casa era la sola cosa che suo padre le aveva lasciato in eredità… e poi c’erano i mobili della mamma, li aveva scelti per poterci allevare la sua bambina…
“Ne ricaverai più di quel che ti occorre, bambina mia. Sarà un viaggio lussuoso, potrai comprarti gli abiti necessari e permetterti spese e acquisti sulla nave durante i tre mesi della crociera.”
Usagi aggrottò la fronte, ma l’uomo, che da troppo tempo conosceva quella giovane ragazza, le ricordò che non aveva parenti, se non un lontano zio residente a Boston, ne persone a lei care a cui lasciare i suoi beni.
Scosse il capo dorato Usagi, ma alla fine si dichiarò d’accordo.
Sarebbe salita sulla Silver Millenium per non scenderci mai più.


NdA: un prologo breve e scritto di getto. Una storia particolare che mi auguro possa interessare.
Spero di poter ricevere consigli e pareri che mi aiutino a migliorare. :)


  Kim Na Na 
 

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Capitolo 2
*** Nella culla sul mare. ***


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Nella culla sul mare.
 
Dal ponte della Silver Millenium, Usagi osservava il porto della città di Tokyo allontanarsi lentamente.
Lo vedeva rimpicciolirsi e giocare con gli effetti delle luci.
Ci tornerò, un giorno? Mi restano soltanto quattro mesi…
Aveva venduto la sua casa al primo acquirente che aveva visitato l’immobile, ad un prezzo inferiore di quanto davvero valesse l'abitazione. Aveva bisogno di denaro liquido e permise, così, al compratore di pagarla in contanti.
Salire a bordo della maestosa Silver Millenium, non era stato semplice come credeva. Solo pochi giorni prima della partenza, grazie a qualcuno che aveva rinunciato al viaggio, era riuscita ad ottenere una cabina lussuosa sulla nave.
Si era precipitata a fare acquisti e a procurarsi tutti i farmaci che le avrebbero permesso di alleviare, almeno nei primi periodi, i dolori causati dalla malattia.
Si era data così tanto da fare, da non aver avuto neanche il tempo di fermarsi a riflettere, eppure, dietro quell’attività febbrile, c’era sempre un’ombra. L’ombra della fine ineluttabile.
Finalmente, quella mattina, la partenza.
Il dottor Tomoe le aveva promesso di sistemare gli ultimi dettagli: se fosse tornata dalla sua eterna vacanza, sarebbe andata direttamente in clinica e lì avrebbe atteso la fine, ma non voleva pensare a quello…
Si guardò attorno e posò la sua attenzione sulle facce allegre che la circondavano.
Una coppia di anziani si teneva mano nella mano guardando le coste della città di Tokyo sparire all’orizzonte.
Una donna dai lunghi capelli biondi e gli occhi azzurro cielo, parlava a gran voce con un uomo dalla corporatura muscolosa, mostrando i vistosi diamanti che luccicavano sulle mani.
Due uomini, appoggiati alla balaustra, parlavano sottovoce attenti a non disturbare gli altri.
Uno dei due era alto e serio.
Usagi rimase affascinata da quei lineamenti quasi principeschi, i capelli bruni mossi dalla leggera brezza gli ricadevano sulla fronte incorniciando due occhi blu zaffiro.
L’uomo girò la testa e il suo sguardo si posò un attimo su di lei con estrema indifferenza, poi riprese a conversare con il suo amico.
Guardò un’ultima volta la costa ormai lontana prima di andare nella sua lussuosissima cabina.
Decise di cambiarsi d’abito e aprì l’armadio. Un grande specchio rifletté la sua immagine lasciandola inerme.
Continuò a guardarsi allo specchio senza vedere niente.
Si sentì d’un tratto sopraffare dall’orrore della sua situazione, risucchiata in un pozzo buio, senza fondo, dove non esisteva più la speranza. Le venne un’improvvisa e terribile voglia di piangere, di urlare, di chiedere aiuto…
Resistette e quella sensazione svanì lentamente, lasciandola spossata e apatica.
Il dolore alla testa le si insinuava di soppiatto nella mente, nel cuore. Si stese sul letto e chiuse gli occhi.
Perché era salita su quella nave? Come aveva fatto a non capire che la sua vita sarebbe stata ancora più atroce?
La gente intorno a lei avrebbe gioito, avrebbe riso, fatto il bagno, ballato…
Si alzò velocemente, cancellando i suoi pensieri sotto il getto gelato della doccia.
Quando fu più calma, decise di raggiungere il Salotto della Princess, la sala da tè più elegante della nave. Un locale raffinato con poltrone di velluto bianco e rose rosse che coloravano e profumavano l’ambiente.
Un cameriere sorridente, in pantaloni neri e giacca bianca, le portò il tè con pasticcini alla crema.
Sorrise appena Usagi, affrontando con piacere il suo primo spuntino a bordo.
Stava per aprire uno dei manga che aveva portato con sé, quando l’istinto la spinse ad alzare gli occhi.
I due uomini che aveva visto sul ponte stavano entrando nella sala da tè. L’uomo dai capelli corvini la guardò nuovamente con non curanza, mentre l’uomo biondo al suo fianco sussultò quando i suoi occhi nocciola incontrarono quelli di Usagi. Sussurrò qualche parola all’amico prima di passare oltre.
Che parlassero di lei? Usagi si sentì arrossire. Provò quella sensazione di solitudine che tiene lontano il viaggiatore solo da coloro che sono in gruppo.
Perché sono qui?  Si chiese.
Doveva mostrarsi felice e questo era al di sopra delle sue forze.
I due uomini si erano seduti alle sue spalle e Usagi udiva appena le loro voci distinte ed educate.
“Ti dico che è lei, Mamoru. È Minako Aino. Quel visetto angelico, i grandi occhi azzurri, il nasino all’insù… la riconoscere ovunque quella donna.”
“Ma non era bionda Minako Aino?”
L’uomo sghignazzò.
“Certo che lo è, ma quando viaggia in incognito la prima cosa che fa è nascondere i suoi famosissimi capelli color del sole.”
Mamoru si pulì le labbra con un tovagliolo immacolato e guardò l’amico perplesso.
“Perché si traveste?”
“Ma come?! Non hai mai sentito parlare della sua eccentricità?”
“La sola cosa che so è che è l’Idol più in voga del momento. E poi Motoki, non credevo fossi interessato così tanto alla vita mondana! ”
Motoki rise ancora.
“Ma se non hai mai visto neanche uno dei suoi film!”
“Vero… è che non mi piace quel tipo di donna…”
Usagi beveva distrattamente il suo tè, ormai interessata alla conversazione. Anche lei aveva sentito parlare della stella emergente del cinema Minako Aino e aveva letto su una rivista che la ragazza viaggiava spesso sotto falso nome, nascondendo la bionda capigliatura sotto una parrucca di capelli castani.
I due uomini cambiarono argomento di conversazione e Usagi scoprì che l’uomo biondo era il proprietario di grande azienda di elettronica. Dell’amico non scoprì altro, parlava meno ed era più riservato. Dal tono della voce trapelava una certa stanchezza e Usagi lo immaginò reprimere uno sbadiglio. Credette anche di sentire il più loquace due dire: “Spero che il tuo segreto non venga scoperto…” ma non ne fu del tutto sicura.
Con una smorfia rivolta a se stessa decise di occuparsi dei propri affari, ma, per qualche strana ragione, non riusciva a smettere di pensare all’uomo dai capelli corvini.
Aveva quasi terminato il suo tè quando un giovane dai capelli brizzolati e gli occhi indaco si sedette al tavolo vicino al suo. I loro sguardi si incontrarono e lui le sorrise. Usagi ricambiò il sorriso e poi riprese la lettura del suo manga.
Mezz’ora dopo, si alzò con l’intenzione di visitare la nave, ma aveva appena lasciato la sala che si sentì toccare la spalla.
Si voltò: il giovane dai grandi occhi indaco teneva in mano il suo manga.
“Lo ha lasciato sul tavolino.” Le disse, guardandola con aperta ammirazione.
“Grazie. L’avevo completamente dimenticato.”
Lui sembrò esitare un momento, ma poco dopo, con tono deciso chiese: “è sola?”
Usagi annuì. Un breve esame del suo interlocutore le rivelò la giovane età in contrasto con i capelli argentei prematuri.
Lo sguardo fiero ed altezzoso e un tocco rassicurante la convinsero a scambiare due parole con lui.
“Anche io. Le spiacerebbe fare due passi sul ponte?” chiese ancora.
“Affatto!”
Usagi rimase sorpresa dalla prontezza della sua stessa risposta, ma si disse che sentiva l’inconsapevole bisogno di avere compagnia.
Camminarono per qualche istante in silenzio.
“Anche a lei è successo, come a me, di essere lasciata sola in questa vacanza all’ultimo momento?” chiese lui dopo un po’.
“No, ho deciso io di fare questa crociera all’ultimo momento, tre settimane fa.”
“Tre settimane fa? Ed è riuscita a trovare un posto?”
“Qualcuno ha rinunciato.” Spiegò Usagi. “Lei doveva venire con un suo amico?”
“Con mio fratello. Avevamo prenotato lo scorso anno, ma poi lui si è fidanzato e la cara Petz gli ha impedito di venire in vacanza da solo con me… così ho una cabina matrimoniale…”
“Anch’io. Credo l’avesse prenotata una coppia anziana.”
“Forse uno dei due è morto…” disse lui sovrappensiero.
“Sa che, talvolta, nelle crociere lunghe come questa quando qualcuno muore viene sepolto in mare? A volte sono volontà chiaramente  espresse, altre invece sono scelte dovute, magari il defunto non ha parenti…” si interruppe e aggrottò la fronte.
“Qualcosa non va? È così pallida…”
Lei scosse la testa, ma le parole non le uscivano dalle labbra.
“Ha già visto qualcuno morire durante una crociera?” riuscì a dire alla fine.
“Lo scorso Natale… eravamo quattromila persone a bordo. Morì una donna anziana e non avendo parente alcuno sulla terra ferma chiese che il suo corpo fosse donato al mare nel cuore della notte.”
La notte… Nell’oscurità.
Per non rattristare gli altri. Gettata in mare. Scendere, scendere, nel nero e vasto oceano… Ma è davvero così importante? Pensò
“Chiedo scusa, ma devo rientrare.” Disse Usagi con un sorriso forzato.
“Mi perdoni. Devo averla turbata con questi discorsi…”
Il ragazzo parve imbarazzato e deluso al tempo stesso e Usagi si disse che avrebbe provato maggior imbarazzo se solo avesse conosciuto la verità.
“Non ci pensi, non fa niente.”
Riuscì a ritrovare il sorriso e rinunciò a tornare in cabina.
“Non mi ha turbata.” Mentì.
Lui la osservò attentamente.
“Lo spero. A diciotto, diciannove anni non si pensa alla morte… È più o meno la sua età vero?”
“Ho vent’anni.” Rispose lei.
“Giovanissima come immaginavo.”
“Lei non deve averne molti di più, comunque.”
“Quasi ventisette.” Disse sorridendo. “Adesso tolgo il disturbo, le ho già rubato del tempo prezioso.”
“Ma si figuri, è stato piacevole chiacchierare con lei.” Disse Usagi grata a quel ragazzo per aver riempito la solitudine di quel momento.
“Posso vederla dopo cena?” chiese il ragazzo sfoggiando il suo miglior sorriso.
“Con piacere!”
Si avvicinò a lei e allungò la mano destra.
“Demando Prince.”
“Usagi Tsukino.”
“Che nome dolce. Le si addice sa?”
Lei sorrise ancora, ma più tardi, mentre passeggiavano sul ponte, si accorse di ridere apertamente e, dentro di sé, ringraziò lo schietto Demando: erano tre settimane che non rideva così.
 
Quella sera, per la cena, Usagi indossò un vestito lungo di velluto color celeste pastello. Fermò i lunghi capelli con un fermaglio d’oro ornato di perline che era appartenuto alla madre Ikuko, e mise, come unico gioiello, un bracciale di oro.
Al suo ingresso molti sguardi la seguirono.
Il maître la condusse a un tavolo per quattro, dove era già seduta una donna di una certa età.
“È sola, signorina?” chiese la donna.
Usagi annuì e la signora sorrise.
“Io mi chiamo Kaede Tsubaki… la prego di chiamarmi semplicemente Kaede giacché divideremo il tavolo con i due signori che ci stanno raggiungendo proprio ora.”
La donna sorrise ai due uomini che stavano prendendo posto, Usagi avrebbe voluto fare altrettanto, ma si sentì intimidita e incapace di pronunciare una parola. I due commensali erano i due uomini che aveva visto prima sul ponte e poi nel Salotto della Princess.
Vennero fatte le presentazioni e lo sguardo di Usagi non riusciva a staccarsi dal bel viso di Mamoru Chiba, il quale pareva non fare caso alla ragazza, mentre l’amico, Motoki Furuhata, non le toglieva gli occhi di dosso.
La cena fu piacevole. Il cibo delizioso, il vino ottimo, la luce delle candele sui tavoli rendeva suggestiva l’atmosfera.
La serata, dopo lunghe chiacchierate con la signora Kaede, volse al termine e i quattro si salutarono con degli educati Buonasera.
Usagi lasciò il ristorante accompagnata da Kaede che si complimentò con lei per l’eleganza del suo abito.
“Lei, Usagi, è così tanto snella da sembrare un’indossatrice! Io invece, a parte gli anni, amo troppo la cucina… Non faccia come me, mi raccomando. Non si lasci andare dopo i quarant’anni.”
Quarant’anni.
Chissà cosa penserebbe, signora Kaede, se sapesse che non raggiungerò neanche i ventuno anni. Pensò.
Ricordandosi, poi, dell’appuntamento con Demando Prince, si scusò e la salutò.
“Ha già trovato un cavaliere?” chiese Kaede con affettuoso interesse.
Usagi esitò, poi si decise.
“Ecco… sì.” Rispose e si allontanò.
In attesa dell’incontro fece due passi sul ponte e si appoggiò alla balaustra.
Dopo pochi istanti qualcuno le si avvicinò, pur restando nell’ombra, ma dalla statura e dal portamento altero della testa, ancor prima di averlo visto in viso, lei lo riconobbe.
Mamoru Chiba.
Aggrottò le sopracciglia. Quell’uomo la metteva a disagio: era troppo rigido, troppo convenzionale, troppo riservato.
Il suo viso era rimasto freddo per tutta la cena, qualunque fosse l’argomento affrontato.
Anche lui si appoggiò alla balaustra e rimase immobile, gli occhi persi nel buio della notte.
Usagi decise di allontanarsi e proprio in quel momento le andò incontro Demando con passo spedito.
“Mi scusi per il ritardo.” Le disse prendendola amichevolmente sotto braccio e conducendola verso la sala da ballo.
Quando gli passarono davanti, Mamoru Chiba si girò e i suoi occhi cobalto incontrarono quelli cerulei di Usagi, mentre sulla bocca gli si dipingeva un sorriso tra il divertito e lo sprezzante.
Lei alzò il mento con fare indisponente.
Che cosa aveva, quello, da prenderla in giro? Se avesse osato guardarla ancora così, glielo avrebbe chiesto.
Non aveva paura di lui!



NdA: Ed eccolo il primo capitolo di questa mia fanfiction. Non credevo di scrivere così tanto, ma ero così assorta che non mi sono neanche accorta di quanto già avessi scritto. Spero di non essere stata prolissa e di aver scritto qualcosa di buono.
Se volete lasciarmi le vostre impressioni e i vostri consigli, cercherò sempre di farne tesoro.


Kim Na Na

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Capitolo 3
*** Vita quotidiana tra le onde. ***


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Vita quotidiana tra le onde.
 
La Silver Millenium faceva rotta per Canberra. Usagi non era mai stata in Australia eppure non riusciva ad essere felice di essere a bordo di quella lussuosissima nave che avrebbe visitato posti che mai credeva di poter vedere.
Come poteva essere felice se sentiva la sua vita affievolirsi come la debole fiamma di una candela?
Erano in mare da tre giorni e nessuno parve accorgersi dei suoi malesseri, tranne Demando che vegliava su di lei con apprensione.
Usagi si era accorta di come il giovane dagli occhi di ghiaccio si fosse affezionato a lei e pur apprezzando la sua compagnia e le sue attenzioni non poteva permettergli di innamorarsi di lei. Non avrebbe sopportato l’idea di farlo soffrire un giorno, per colpa sua. Neanche se avesse ricambiato i suoi sentimenti lo avrebbe incoraggiato! Non voleva che il giovane avesse il cuore spezzato quando lei fosse finita negli abissi dell’oceano.
Talvolta, lei stessa si sorprendeva per le sue reazioni: si comportava come se fosse una spettatrice, analizzava con freddezza la propria situazione come se le cose più nere e tragiche non la riguardassero direttamente.
Quel giorno andò alla piscina, dove si era incontrata con Demando il giorno prima, alla stessa ora, per bere un tè. Lui la stava aspettando e la sua espressione confermò i sospetti di Usagi: lo sguardo serio si illuminò appena la vide e l’ampio sorriso si fece quasi tenero.
“È bellissima, Usagi!” Esclamò lui, senza curarsi degli altri passeggeri presenti.
“Il rosa le sta a meraviglia!”
Lei lo ringrazio sorridendo.
“Non fa il bagno stamattina, Demando?”
“Stavo pensando…” rispose lui dopo aver ordinato due tazze di tè al tiglio. “Che potremmo giocare a ping-pong sul ponte, se le va. Poi potremmo mangiare qualcosa alla tavola calda del Bar Black Moon. Così passeremmo insieme anche l’ora di pranzo…”
Aspettava la sua risposta con ansia. Usagi se la prese con sé stessa per essere rimasta sempre con lui in quei tre giorni. Non si erano mai separati: insieme avevano nuotato, ballato, riso, parlato, visitato la neve. E ora…
“Demando.” Disse con decisione.
“Mi dispiace deluderla, ma non posso passare tutte le mie giornate con lei. A volte ho bisogno di restare da sola.”
Lui fece una smorfia amara e lei ne provò rimorso. Era un ragazzo dal carattere introverso e complicato, ma Usagi aveva capito che c’era molto di buono in lui e non avrebbe voluto ferirlo. Però se gli avesse permesso di continuare a starle così vicino, si sarebbe innamorato sul serio e il dolore, dopo, sarebbe stato ben peggiore.
“D’accordo Usagi. Non voglio monopolizzarla, ma…” disse a voce bassa.
“Io le voglio molto bene.” Continuò serio guardandola negli occhi.
“C’è qualcosa in lei che mi fa sentire bene… i suoi occhi sono sempre così tristi eppure il suo sguardo è talmente fiero…”
Lei sospirò e bevve un sorso di tè. Era difficile convincerlo. Tuttavia disse, con voce decisa: “Tra noi non potrà mai esserci altro che un’amicizia superficiale, Demando. Una semplice amicizia da vacanza, insomma.”
“Ma… ma lei stessa mi ha detto di non essere fidanzata…”
“E non ho nessuna intenzione di fidanzarmi.” Lo interruppe lei, in tono volutamente freddo.
“Preferisco stare sola, Demando.”
“No!” disse lui.
“Non posso crederlo, Usagi. Per favore, mi resti amica… una carissima amica…”
Usagi scosse la testa. Sentì gli occhi velarsi di lacrime e si morse, violentemente, il labbro inferiore.
Non aveva mai fatto del male a nessuno e adesso…
È necessario, indispensabile… Pensò.
“Mi creda, Demando. È meglio che non ci vediamo più così spesso. Gliel’ho detto, preferisco star sola. Io sono più contenta così… e anche lei lo sarà. So quello che dico, Demando. Se ne accorgerà, un giorno…”
“Non capisco.” Disse lui basito.
“Capirà in seguito.” La sua voce si era fatta improvvisamente dolce.
“E mi ringrazierà per quello che sto facendo…”
“Si spieghi, Usagi! Non parli per enigmi!”
Gli occhi chiari come il ghiaccio brillarono per la collera, ma lei non gliene volle: lui soffriva e gli parlò ancora con dolcezza.
“L’unica spiegazione che posso darle è che preferisco star sola.” Mentì.
Demando… Io non vorrei star sola nelle mie ultime settimane di vita, ma… ingoiò il magone che le era improvvisamente venuto e lo guardò.
“Capisco.” Disse lui, con amarezza.
“Devo cedere di fronte alla sua decisione, Usagi. Ma non le nascondo che in questi tre giorni ho pensato molto a lei e, forse, ho scioccamente sperato che avremmo potuto essere più che amici…”
Usagi represse un singhiozzo.
“Mi conosce da troppo poco tempo, Demando. Lei non sa che tipo di ragazza io sia.”
Lui la guardò fisso negli occhi cerulei.
“Ha ragione. La conosco da poco tempo eppure, sin dal primo giorno in cui l’ho incontrata, in cuor mio sapevo che lei avrebbe potuto essere la donna della mia vita. È una sensazione che non potrei spiegarle a parole, Usagi. L’ho sentito dentro, tutto qui…”
Restò in silenzio per alcuni secondi attendendo che lei cambiasse idea, ma Usagi rimase zitta.
Demando riprese: “Possiamo vederci ogni tanto, almeno? Andare al cinema, a ballare…?”
Lei fece no con la testa, decisa.
“No. Mi spiace…”
La sua voce si spense quando vide chi stava per tuffarsi nell’acqua azzurra della piscina.
Mamoru Chiba.
Aveva imparato a conoscerlo un po’, in quei giorni, ma c’era sempre qualcosa in lui che non le piaceva.
Era freddo e cinico nei confronti delle donne ed eccessivamente riservato.
Quel bel ragazzo di trent’anni, o forse meno, senza alcun tipo di legame sentimentale, inalberava costantemente un’espressione arrogante che lei trovava intollerabile. Per non pensare ai suoi modi, preferiva parlare con Kaede e allora si accorgeva dell’aristocratico aggrottar di sopracciglia di lui.
Era evidente che le due donne annoiavano Mamoru Chiba, il quale considerava la loro conversazione futile e seccante. In quei momenti Usagi sperava solo una cosa: che lui chiedesse di cambiare tavolo, ma Kaede era entusiasta del suo vicino tanto affascinante e dall’aspetto distinto.
“Non siamo fortunate ad averlo al nostro tavolo?” aveva persino chiesto una sera a Usagi, mentre uscivano dalla sala da pranzo.
“Hai notato come lo guardano le altre donne? E lui è sempre talmente indifferente…”
Usagi aveva alzato le spalle. Detestava quell’uomo anche se aveva deciso che era meglio essere diplomatici…
“Perché no?” le chiese bruscamente Demando, interrompendo il corso dei suoi pensieri. Aveva quasi dimenticato di essere in compagnia di quel giovane, Chiba la rendeva sempre incredibilmente nervosa.
“Potremmo continuare ad essere amici, lei non crede?”
“Amici sì.” Acconsentì lei, senza distogliere lo sguardo da Mamoru che stava nuotando tranquillo.
“Ma non usciremo più insieme.”
Demando le rivolse uno sguardo strano, aprì la bocca per parlare, poi la richiuse abbattuto.
Usagi non gli prestò attenzione, si ritrovò troppo impegnata a guardare Mamoru Chiba. Questi alzò improvvisamente gli occhi e la sorprese ad osservarlo. Lei arrossì, lui, invece, alzò un sopracciglio, poi si allontanò verso il lato opposto della piscina.
Solo allora Usagi cercò di ascoltare Demando, ma si sentì turbata e provò sollievo quando il giovane si scusò e si allontanò, lasciandola sola.
Lei bevve un’altra tazza di tè, si tolse l’accappatoio e si allungò sulla sedia a sdraio, felice di sentire i raggi del sole sulla pelle.
Era del tutto rilassata, ma sapeva che quel benessere un po’ euforico non sarebbe durato a lungo e che lei non avrebbe tardato molto a sentire il bisogno di compagnia, soprattutto sapendo quel che le aspettava.
Mi serve un’amica. Pensò.
Kaede forse…
Nell’attesa, assaporava quell’istante di tregua, durante il quale sia il passato sia il futuro non contavano più.
Si limitava a vivere…
Ogni tanto, il suo sguardo cadeva sul corpo atletico di Mamoru Chiba e se ne staccava a fatica, poi lui uscì dall’acqua e restò seduto per qualche minuto sull’orlo della piscina ad asciugarsi in un grande lenzuolo di spugna. Solo allora si guardò intorno e incontrò gli occhi della ragazza, la quale fu sorpresa nel vederlo avvicinarsi al suo tavolo.
“Tutta sola?... Posso sedermi?”
“Certamente.” Rispose lei amabilmente, nonostante il fastidio che provava per quell’intrusione nella sua solitudine.
“Cos’è successo al suo ragazzo?”
La domanda, apparentemente banale, era stata posta con tono un po’ ironico.
“Damando? È andato non so dove…”
Lui aggrottò appena la fronte.
“Eppure avevo l’impressione che stesse diventando una cosa seria…”
Ancora ironia. Usagi si chiese come quel bel tipo avesse la sfrontatezza di trattarla così. Fin dal primo momento pareva averla in qualche modo disprezzata, come se avesse saputo di lei qualcosa che non gli piaceva affatto.
Il comportamento di Motoki Furuhata era del tutto diverso, ma non meno sorprendente. Anche lui sembrava sapesse chissà cosa sul suo conto, ma aveva con lei dei modi più amichevoli.
Alzò le spalle. Che importanza aveva?
Eppure… guardò di sottecchi Mamoru che girava la testa verso la piscina.
È davvero bello! È incredibile che non abbia una fidanzata al suo fianco… Si ritrovò a pensare.
Si era voltato ad ammirare una magnifica ragazza bionda, con indosso un minuscolo bikini, che stava asciugandosi i capelli con grazia vicino all’acqua. Usagi gli vide l’ombra di un sorriso sulle labbra e si ricordò di averlo visti ballare insieme la sera prima.
Lui ordinò un caffè e stava per berlo quando dovette percepire il suo sguardo penetrante. Si girò verso di lei e i loro occhi si incontrarono come attratti da una qualche ignota forza magnetica.
Irragionevolmente, Usagi arrossì e abbassò le palpebre orlate di lunghe ciglia. Poi, inquieta e a disagio si mosse sulla sedia a sdraio. Si rendeva anche conto che, malgrado il suo desiderio di stare sola, provava una gioia profonda nell’avere Mamoru al suo fianco.
Gli occhi blu di lui si attardarono sulle curve delicate del suo corpo. Diventò scarlatta e, con suo grande stupore, il freddo viso di Mamoru si animò. Dopo un attimo lei gli sorrise e lui spalancò gli occhi, visibilmente interessato.
“Lei non ha la tenuta adatta.” Le disse, gettando un’occhiata ai pantaloncini e alla maglietta che aveva indossato. “Ma le suggerirei di tuffarsi. L’acqua è deliziosa. Che cosa ne dice?”
“Vuole… vuole dire… che dovrei andare a cambiarmi?”
Per la prima volta Mamoru le sorrise e lei sentì il cuore batterle più freneticamente.
“Ovviamente!” disse, senza nascondere l’ammirazione che provava per la sua bellezza.
“Non può entrare in piscina vestita così!”
Un quarto d’ora più tardi, Usagi e Mamoru nuotavano fianco a fianco.
“Meraviglioso!” esclamò nell’uscire dall’acqua. “Grazie per il consiglio.”
“Allora lo rifaremo.” Disse lui, con tono leggermente divertito.
Sentendo accelerare i battiti del proprio cuore, Usagi girò la testa. In quel momento arrivò Motoki che chiese il permesso di sedersi con loro, guardando Usagi con la sua solita strana intensità.
Sembrava vedere in lei qualcosa che lo incuriosiva, un mistero che avrebbe voluto approfondire. Ma poi si mise a  chiacchierare con la sua, ormai nota, loquacità.
Ancora una volta Usagi si meravigliò della velocità con cui si fa conoscenza durante una crociera. Dopo appena tre giorni, aveva la sensazione di conoscere da mesi i suoi compagni di tavolo, e tutti ormai si chiamavano per nome, quando non si davano del tu come accadeva tra lei e Kaede.
Motoki parlava con Mamoru. Usagi ascoltava, gli occhi fissi su una mano posata sul tavolino: quella di Mamoru. Una mano lunga, sottile… di un pianista, forse? Ma era soltanto una supposizione.
Nei minuti che seguirono, fu conscia dello sguardo insistente di lui che risvegliava in lei sensazioni mai provate prima.
La conversazione tra i due amici finì. Usagi si divertiva a guardare in silenzio gli altri passeggeri, sorprendendosi nel vedere quanti giovani fossero a bordo della nave, nonostante il prezzo esagerato della lussuosa crociera.
Chissà perché credevo di incontrare solo gente di mezza età… si disse continuando la sua perlustrazione.
“A cosa pensa, Usagi?”
La voce di Mamoru irruppè nei suoi sogni e li spezzò. Un sorriso involontario le comparve sulle labbra.
“Sto giocando agli indovinelli.” Rispose.
“Si sta chiedendo i motivi della presenza di ogni passeggero a bordo di questa nave?” E senza aspettare risposta aggiunse, guardandosi intorno: “E quanti sono ad avere il tempo e il denaro necessari per una crociera di lusso della durata di tre mesi…?”
Si interruppe. Lui e il suo amico fissarono la ragazza con una tale insistenza da farla sentire profondamente a disagio.
“Ci sono parecchi anziani, persone già in pensione.” Disse, per stornare da sé l’attenzione. “E altri, si vede lontano un miglio, sono miliardari. Ma ce ne sono alcuni che mi sorprendono…”
Lo aveva detto senza riflettere, e Mamoru parve subito approfittare della occasione offertagli.
“Suo convinto che più d’uno sia sorpreso della sua presenza. È raro che una ragazza sola partecipi ad una crociera come questa!”
Usagi arrossì senza dare spiegazione alcuna.
Dopo un momento, Mamoru riprese, con un tono carico di sottintesi:
“A bordo ci sono senz’altro degli attori del cinema… in incognito.”
Lei annuì, rammentando la conversazione che i due amici avevano avuto durante il primo giorno di viaggio.
“È probabile… avranno bisogno anche loro di un po’ di tranquillità, lontano dai riflettori e dalla pubblicità!”
Uno strano silenzio cadde tra i tre. Usagi aggrottò la fronte, senza comprendere perché l’improvviso mutismo sei compagni la turbasse in quel modo.
“Se lei fosse una stella del cinema, Usagi, si comporterebbe allo stesso modo?”
Annuì col capo e rispose con una leggera esitazione.
“Credo di sì. In fondo, ognuno di noi ha il diritto di vivere la propria vita, qualunque sia la professione che esercita, giusto?”
“Sono d’accordo con lei…”
Mamoru continuava a guardarla con ostinazione. Poi, dopo una breve occhiata all’amico Motoki, si girò ad osservare gli altri passeggeri con una curiosità un po’ forzata.
“L’uomo robusto, alla mia destra, è il ricco industriale Steve Lee.” Spiegò. “E la donna che è con lui è la sua segretaria.” Aggiunse Motoki con un sorriso d’intesa.
“Quella signora vestita di viola è una miliardaria. Vive tutto l’anno sulle migliori navi da crociera.”
Usagi lo guardò, attonita.
“Tutto l’anno?”
“Già. Passa da una crociera all’altra. E non è l’unica.” Continuò Mamoru davanti all’espressione incredula di lei. “Le persone troppo sole amano questo modo di vivere.”
“Ma non credo sia sempre divertente!” protestò Usagi. “Bisogna essere davvero soli per tentare di distrarsi in questa maniera. È… è davvero molto triste.”
La sua voce vibrava di compassione. Mamoru la guardò incuriosito, gli occhi socchiusi.
“Lei è molto sensibile.” Disse visibilmente sorpreso da quell’aspetto del suo carattere.
Ancora una volta Usagi non capì e non seppe cosa rispondere.
Lui.. lui che è sempre così cinico e indifferente… perché si comporta così con me? Si chiese ancora una volta.
Nello sguardo dei due uomini c’erano del divertimento ed una persistente ironia.
Cosa ci sarà di tanto divertente? Decise che lo avrebbe chiesto a Mamoru stesso quando si fossero incontrati da soli.
Il disagio la costrinse a scusarsi con i due e ad allontanarsi, non avrebbe retto altro sarcasmo o battute ironiche.
Stava salendo la scaletta, quando Demando la raggiunse.
“Credevo che volesse restare da sola” le disse in tono d’accusa. “E sono venti minuti che tiene compagnia a quei due signori… e prima ha chiacchierato per un po’ con uno di loro.”
Era incollerito.
Usagi ne provò compassione, ma la sua decisione di adottare nei confronti di Demando un atteggiamento freddo e impersonale era definitiva. Lo faceva per il suo bene.
“Non posso impedire a nessuno di sedersi vicino a me, e si dà il caso che non abbia pensato di riservare un tavolo solo per me!”
Lui fu colpito dalla risposta secca di lei, la fissò per qualche secondo, poi si allontanò. Lei lo guardò allontanarsi con tristezza.
Quel distacco era penoso, con Demando aveva trascorso tre giorni piacevoli e avrebbe desiderato avere ancora la sua compagnia per non avere il tempo di pensare alla sua sorte.
Ma doveva cacciar via i suoi desideri.
Un bravo ragazzo come lui non doveva ricevere un colpo così tanto grave, e la sua morte lo sarebbe stato se si fosse innamorato di lei.

NdA: chiedo scusa per l'attesa, ma sono riuscita a pubblicare solo oggi. Spero sia valsa la pena attendere un po'. Allora, che ne pensate?
Se ne avete piacere, lasciatemi pure i vostri graditi commenti.
Alla prossima.


Kim Na Nà.

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Capitolo 4
*** Anche la terraferma ondeggia come il mare. ***


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Anche la terraferma ondeggia come il mare.
 
Il tempo scorreva, implacabile. Avevano visitato la soleggiata città di Canberra, la grande metropoli di Sydney, le isole Samoa e tra l’allegro vocio della Silver Millenium ripresero la rotta dirigendosi verso le isole Fiji.
Otto giorni dopo la partenza dal Giappone, la nave da crociera reggeva ritmi incalzanti, travolgendo le vite di coloro che la popolavano e portando venti di cambiamento come le brezze di fine stagioni.
Demando, con sommo rammarico, abbandonò il pensiero di corteggiare Usagi e, pian piano, si avvicinò ad una donna del Taiwan di nome Esmeraude. Dapprima Usagi provò una sorta di dispiacere nel vederlo sorridere verso due occhi che non erano i suoi, ma, consigliata dal profumo delle onde del mare, fu felice di vederlo sereno e di scorgere un piacevole bagliore nei suoi occhi.
Mamoru Chiba trascorreva la maggior parte delle sue giornate con una certa Rei Hino, visibilmente affascinata da lui, lasciando Usagi in uno sorta di stato confusionale.
Anche Mamoru sarà attratto da lei? È così bella quella Hino… I suoi capelli sono così luminosi, i suoi occhi così radiosi e poi lei è così piena di vita… Si ritrovò a pensare sospirando.
Se solo quel Chiba non fosse così enigmatico e impenetrabile…
Per dare una risposta alle sue molteplici domande, cercò di parlare con Motoki e di carpire da lui informazioni utili.
“Mamoru? Innamorato?”
La domanda fece scoppiare il ragazzo biondo in una sonora risata.
“Mai successo, Usagi. Mamoru è uno scapolo incallito!”
La notizia non la rese felice e, inquieta, continuò a guardare attentamente quel che accadeva intorno a sé.
Anche Kaede aveva trovato un accompagnatore. Era un americano vedevo con due figlie adulte, le quali decisero di mandarlo in vacanza su quella crociera per il suo compleanno.
Si sentiva sola Usagi.
Trascorreva la maggior parte del tempo in completa solitudine e aspettava con ansia l’ora dei pasti per godere di quelle preziose compagnie. Kaede era sempre simpatica e affettuosa, Motoki amichevole e discreto, persino Mamoru sembrava essersi addolcito un poco. Fedele alla promessa, aveva raggiunto qualche volta Usagi alla piscina; avevano nuotato insieme e preso qualche caffè, mai nulla di più. Per il resto del tempo lei era rimasta sola, insieme a qualche libro che, oramai, portava sempre con sé.
Si sentiva oggetto di occhiate incuriosite che le procuravano un po’ di pena, anche se si rendeva conto che era colpa sua se sollevava curiosità.
Pensò che non avrebbe dovuto imbarcarsi per quella crociera. Passare i suoi ultimi giorni di vita in totale isolamento era stata una vera follia. In Giappone avrebbe potuto continuare a lavorare fino alla fine e frequentare i pochi ma fidati amici che aveva.
Si disse che era troppo tardi per pensarci e che non poteva fare più nulla se non abbandonare la nave durante uno scalo.
Ma dove sarebbe andata, ormai senza casa e senza denaro? Poteva sempre tornare in clinica prima del tempo, ma quella prospettiva non l’allettava affatto.
“Le Fiji, domani mattina!” esclamò Kaede con la sua solita voce sonora.
“Cosa farai, mia cara? Non hai partecipato quasi mai alle escursioni sulla terra ferma, come mai?”
“Ecco, vedi Kaede… diciamo che preferisco spendere i miei soldi per una visita più interessante…”
Aveva risposto senza sorridere e si chiese come mai avesse gli occhi dei due commensali puntati su di sé.
“E domani, ci sarai? Io sono già stata alle Fiji e posso assicurarti che sono delle isole magnifiche!”
“Credo che verrò.”
“Non visiterete altro che la capitale, Suva.” Disse Mamoru intervenendo nel dialogo tra le sue donne.
“È certamente molto interessante e piena di attrattive, ma credo sia un po’ troppo caotica e piena di turisti.”
“Uhm… allora non saprei… forse andrò solo a fare un giro per conto mio domani e verrò alla prossima escursione che si terrà in India.”
“La visita a Suva non molto costosa.” Intervenne Motoki con tono di disapprovazione, poi guardò Mamoru, le cui labbra avevano assunto una piega un po’ sprezzante.
Usagi si rese conto che i due uomini avevano preso per avarizia il suo senso del risparmio. Irritata, gettò a Mamoru un’occhiata furiosa, ma si calmò subito.
Che m’importa della sua opinione? Si ritrovò a pensare.
La nave arrivò al porto alle otto del mattino seguente. Alle nove e mezzo, Usagi passeggiava già nelle strade assolate della città che rifletteva i colori del sole e del mare.
Le strade popolate di gente odoravano di sale e la flora rigogliosa primeggiava intorno alle abitazioni tipiche locali. Visitò un piccolo museo archeologico che riguardava le popolazioni malesiane e decise di riposare al bar dell’Hotel Sunshine.Era un edificio imponente, costruito all’interno della fortezza che nei secoli aveva difeso la capitale dell’isola.
Improvvisamente, nell’alzare gli occhi, vide l’alta figura di Mamoru Chiba che, a poca distanza, ispezionava la sala.
Il cuore le batté come impazzito e chinò subito la testa sul suo libro. Troppo tardi. Lui l’aveva vista e la salutava con la mano. Fu quindi costretta a rispondere al saluto con un leggero sorriso e lo vide avvicinarsi con il suo passo elegante, mentre lui, pur non riuscendo a capire cosa la rendesse così nervosa, si stringeva con forza le mani.
“Posso sedermi?” chiese amabilmente.
Senza aspettare risposta si sedette e si appoggiò con grazia indolente allo schienale della poltrona.
“Ha fatto una bella passeggiata?”
“Sì, grazie… il suo amico?”
“Ha senz’altro trovato un’amica.” Rispose cinicamente Mamoru, prima di chiamare un cameriere per ordinare un caffè. Poi si girò verso di lei e i suoi occhi seri indugiarono sul viso arrossito per l’imbarazzo.
“Dov’è andata? A vedere la famosa grotta della principessa?”
“No.” Rispose lei sorridendo. “Ho solo fatto un giro per la città e visitato un museo.”
“Davvero? Eppure la prima cosa che fanno i turisti è quella di andare nella grotta blu e fantasticare sull’antica leggenda della famosa Princess Serenity, la fanciulla che per amore di un pirata di nome Endymion si lasciò annegare nelle acque blu del Pacifico. Prima di morire, dalle lacrime della principessa si sprigionò una luce immensa che inondò l’intera grotta buia e da quel momento c’è sempre un bagliore soffuso ad illuminare le acque color del cielo. Credevo che lei fosse interessata a veder quel luogo che dicono porti fortuna agli innamorati.” Mamoru sorrise, studiando l’espressione impassibile della ragazza.
“Le ho dato questa impressione?” disse Usagi sorridendo.
“Non le piacciono le leggende?” insisté lui.
“Certo… ma non sono così infantile da lasciarmi persuadere da vecchie dicerie…”
“Lei è una ragazza strana.” Disse Mamoru con il suo solito fare sconcertante.
Usagi scoppiò a ridere così spontaneamente da esserne ella stessa sorpresa.
“Lei crede?”
Lui inarcò le sopracciglia, ironico e vagamente condiscendente.
“Lei non si considera una ragazza strana?”
Usagi si impensierì.
“Ho l’aria strana?” chiese, temendo che il suo dramma le si leggesse in viso.
“In superficie, no. Ma… non è tutt’oro quel che luccica, vero… Usagi?”
Lei aggrottò la fronte. Le parole di Mamoru la rendevano perplessa e si era accorta dell’esitazione prima di pronunciare il suo nome.
Stupido di un Chiba! Cosa diamine stai pensando? Credi forse che utilizzi un nome falso?
“Lei si esprime per enigmi, Mamoru. Non capisco proprio più niente.”
“No?” chiese lui con una luce di sfida negli occhi. “D’accordo, non parliamone più.”
E cambiò argomento. Parlò dell’isola, ma Usagi si stava ancora arrovellando sulle cause e gli scopi nascosti delle precedenti parole di Mamoru e la conversazione languì.
All’improvviso lui parve annoiato e la tensione aumentò.
“Devo andare.” Disse, alzandosi. “Non si perda e non perda la nave!”
Usagi rimase seduta ad osservarlo mentre si allontanava con il suo portamento aristocratico e i lunghi passi eleganti. Non si voltò.
Bruscamente, lei provò un insopportabile senso di solitudine. Si morse le labbra, angosciata al pensiero della lunga giornata da trascorrere… sola.
Non aveva alcuna ragione di tornare a bordo.
E se facessi un giro in taxi? Ma certo! È la cosa migliore che possa fare! Si disse e, alzandosi, uscì dall’hotel andando al posteggio dei taxi più vicino, ma non trovò macchine.
Decise allora di riprendere la sua passeggiata e, arrivata nella zona più esposta al mare, si mise a guardare i molteplici venditori ambulanti che proponevano oggettistiche di ogni genere. Constatò che i prezzi di Suva non erano affatto elevati, ma preferì non acquistare nulla.
A che servirebbe? Si chiese ripensando alla ragione che l’aveva spinta su quella nave da crociera.
Si sentì depressa e ogni energia l’abbandonò.
Sussultò per un improvviso colpo di clacson proveniente da una macchina che si accostò al marciapiede.
“Vuole salire? Ho noleggiato quest’auto per l’intera giornata.”
L’invito le veniva rivolto da Mamoru Chiba sorridente, al volante dell’auto. Gli occhi di Usagi si illuminarono.
Mamoru non poteva comprendere l’enorme peso che le toglieva dal cuore.
“Grazie, Mamoru!” esclamò con un sorriso un po’ tremante. “Grazie davvero, sono felice di venire con lei. È molto gentile ad avermelo chiesto.”
Ansimava leggermente e lui la guardò con sbalordimento mentre le apriva la portiera.
“Non occorre che mi ringrazi tanto calorosamente. Anche io sono contento di passare qualche ora in sua compagnia.”
Lei avvertì la sincerità di quelle parole e venne sommersa da un’ondata di gioia e gratitudine.
“Devo esserle riconoscente, Mamoru.” Gli disse, con un po’ di timidezza. “Non mi chieda perché, però…” aggiunse nel vedere che lui stava per parlare. “No, la prego. Non mi faccia domande.”
Non poteva dirgli che un attimo prima aveva toccato il fondo della disperazione, sola e annegata nel suo terrore. Non poteva spiegargli che il suo invito era come la scia di una stella luminosa verso la quale ci si dirige per scampare al naufragio.
Con espressione seria e senza dire una parola, lui mise in moto l’auto e uscì dalla città, dirigendosi verso le infinite dune di sabbia bianca.
“Mamoru… ma questo posto è bellissimo!” disse Usagi facendo scivolare i granelli di sabbia tra le dita.
Lui sorrise compiaciuto.
“Devi aver viaggiato molto per conoscere tutti questi posti incantevoli…”
“Sono stato qui qualche anno fa.” Fu la risposta poco compromettente che lui le diede.
Lei gli fissava le mani adagiate sulla spiaggia, quelle mani lunghe e fini. Non poteva essere un pianista, non quadrava con la sua personalità. Eppure quelle dita dovevano essere agili, esperte. Aveva le unghie tagliate corte. Un pittore, allora? No.
Improvvisamente Usagi sorrise dentro di sé.
Perché tutte quelle supposizioni? Era molto più probabile che lui svolgesse un lavoro che non aveva niente a che vedere con le sue belle mani.
 
Usagi si divertì moltissimo durante la giornata trascorsa con Mamoru nella città di Suva e si sarebbe divertita ancora di più se lui avesse assunto nei suoi confronti, un atteggiamento amichevole, meno cinico, meno condiscendente. Adesso era decisa a scoprire le ragioni di quel comportamento e, insieme, capire perché quel comportamento la feriva tanto, visto che lei ne soffriva e in un modo strano, indefinibile.
Era successo.
Non sapeva come, ne quando, ma se ne rese conto solo in quel frangente.
Sentiva una fitta al cuore ogni volta che lui le diceva, con indifferenza, qualcosa di pungente o alzava le sopracciglia brune in senso ironico a certe sue parole. Come se credesse che lei gli volesse dare un’immagine di sé non corrispondente a quella reale, che recitasse una parte. E Usagi si accorse che tratteneva le frasi che venivano spontanee e, perfino, la propria meraviglia davanti a cose che lo incantavano.
Solo talune volte smetteva di sorvegliarsi, lasciandosi andare a qualche commento ingenuo. Allora negli occhi di Mamoru tornava quella luce di disprezzo divertito e lei arrossiva. Il che non faceva altro che aumentare il divertimento del suo compagno. Per due volte gli sfuggì anche un risolino.
Un’altra volta, quando lei si entusiasmò davanti alle povere capanne, circondate di fiori tropicali dai colori tropicali, in cui qualche indigeno viveva ancora, lui girò un attimo la testa verso di lei e disse:
“C’è qualcosa d’indecifrabile in lei, Usagi!”
“Mi hai già fatto un’osservazione del genre.” Ribatté, ma, pur avendone voglia, non gli chiese una spiegazione perché era ospite nella macchina che lui aveva noleggiato.
“Ne sono convinto, infatti.” Riconobbe lui.
Poi soffocò uno sbadiglio. Ne aveva veramente abbastanza o voleva solo farglielo capire?
“Se c’è qualcosa di indecifrabile, qui” disse lei senza riflettere, “è in lei, non in me!”
Seguì un attimo di silenzio, interrotto da una risata di Mamoru.
“Allora ci sconcertiamo a vicenda!”
Lei annuì, felice che lui avesse riso: l’allegria lo rendeva ancora più affascinante. Poi si interrogò sul proprio cambiamento di opinione e concluse che Mamoru era un uomo imprevedibile: a volte brutale e cinico, a volte pieno di simpatia e gentile.
“Oh, guardi!” esclamò lei d’un tratto, dimenticando quello di cui stavano parlando per estasiarsi di fronte agli enormi cactus che costeggiavano la strada. “Sono alti almeno sei metri!”
 “Infatti… e guardi quegli alberi lì in fondo! Si è accorta che i rami formano un angolo retto con il tronco, ma da una parte sola?”
“Sì! Che strano… chissà perché poi…”
“I rami si sviluppano solo dalla parte riparata dal vento che qui soffia spesso dal mare.”
“Capisco.”
È così colto. Come fa ad avere una risposta per ogni domanda che gli pongo? Mi sembra uno di quei ragazzi che non ha mai dormito durante un’ora di lezione.Pensò, guardandolo di sottecchi.
Alla curva successiva videro una magnifica casa con un giardino colmo di fiori tropicali dai mille colori che strappò ad Usagi grida di ammirazione. Siepi di ibisco, e oleandri fioriti decoravano il loro passaggio dipingendo un sorriso disteso sulle labbra vermiglie della ragazza.
Un pomeriggio all’insegna del divertimento e della cultura, momento di tensioni compensati da attimi allegri e simpatici, ma quello ero Mamoru, almeno così lo era con lei.
Quando restituirono la macchina, Usagi e Mamoru tornarono a bordo.
“Grazie ancora per la bella giornata, Mamoru.” Disse lei con voce sommossa e gli occhi luminosi.
Lui sembrò essere in preda a emozioni contrastanti, indeciso se stimarla o tenerla a distanza.
Alla fine le strinse una mano con leggera pressione, prolungando il contatto per alcuni interminabili minuti e fissando le iridi cerulee della ragazza che lo guardava seria.
Usagi sentì la mano fremere, ma non lasciò la presa. Il suo cuore ondeggiava al ritmo delle impetuose onde del mare e sperò di tardare la tempesta che sapeva di dover affrontare, conscia del dover diventare naufraga della propria vita.


NdA: Chiedo scusa a coloro che seguono questa ff per l'attesa prolungata di questo capitolo, ma ultimamente scrivo più cose e comprenderete la difficoltà nell'aggiornare ogni scritto; c'è una fic in particolare che mi impegna tantissimo, visto l'entusiasmo e la passione con cui la scrivo e si chiama Sognando Seoul, fanfiction che sto scrivendo sull'attore/modello coreano Lee Min Ho (chi conosce il mondo dei drama può capirmi. *Q*) e che troverete al seguente link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1039384&i=1
Che ne pensate di questo nuovo capitolo? Che idee vi sono venute riguardo questa storia? Fatemi sentire... sono proprio curiosa di scoprire dove si spinge la vostra fantasia. ;)
A presto.


Kim Na Nà

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Capitolo 5
*** Rumori dal mare. ***


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Rumori dal mare.
 
Era rientrata nella sua lussuosa cabina Usagi, quando si lasciò cadere sul soffice letto profumato di pulito.
Pensò a Mamoru, ai suoi gesti, ai suoi sguardi e concluse di non piacergli molto nonostante l’invito a quella piacevole gita. Scosse il capo per allontanare quei pensieri che la mandavano in confusione e, dopo essersi cambiata d’abito, scese per la cena.
Kaede sprizzava scintille nel suo vestito in lamé arcobaleno, più chiacchierona che mai, con Mamoru e Motoki cortesi come sempre, nonostante negli atteggiamenti del bel moro, Usagi avesse intravisto qualcosa di forzato.
Forse, avrebbe preferito trovarsi ad un tavolo di soli uomini.
Dopo cena, Kaede ed un suo amico amerdicano, Tom Hanry, la invitarono ad andare a ballare con loro al bar del teatro.
“Deciditi!” insisté Kaede.
“Non ti fa bene stare sempre da sola!”
Che avessero compassione di lei? Usagi detestava quell’idea, ma, avendo paura di mortificare quella cara donna, accettò.
Alcune coppie erano già sulla pista e Tom invitò subito Usagi a ballare.
Qualche istante dopo, Mamoru entrò nella sala accompagnato da Rei Hino. Si sedettero poco lontano e ordinarono da bere. Poi l’uomo si sistemò meglio nella poltrona e osservò le coppie che ballavano. Vide Usagi e le fece un cenno di saluto prima di girarsi verso la compagna.
Con l’occhio critico tipicamente femminile, Usagi esaminò Rei e la sua toeletta, e concluse che, nonostante la sua bellezza, la ragazza era molto vanitosa.
Quasi subito, Usagi si rimproverò.
Perché mi interesso tanto alla signorina Hino? Non ho nessun motivo! Eppure… per quanto mi sforzi, non riesco a fare a meno di guardarla.
Mamoru se ne accorse, ma il suo sguardo restò indecifrabile.
“Allora, ti piace?” le chiese Kaede.
“Molto! È una serata davvero piacevole e divertente.” Rispose lei.
Tom si alzò e, non vedendo in giro il cameriere, andò a ordinare le consumazioni.
Kaede guardò, furtivamente, il tavolo di Mamoru  e Rei e si chinò verso la ragazza dai lunghi capelli biondi.
“Credi che il nostro bel Chiba sia innamorato?”
“Come faccio a saperlo?” rispose lei, contrariata e sorpresa di esserlo.
“Sono insieme tanto spesso…”
“Già, ma non penso che per Mamoru sia una cosa seria.”
“Hai senz’altro ragione, tesoro. In fondo, fino a questo momento non si è lasciato mettere il cappio da nessuna, almeno in apparenza.”
“In apparenza?”
“Non sappiamo nulla di lui… potrebbe essere sposato, o divorziato… chissà…”
“Sei terribile, Kaede!” esclamò Usagi, ridendo.
“Motoki dice che è uno scapolo nato.”
“Allora deve conoscerlo da parecchio tempo.”
“Questo non lo ha detto.”
“Ti ha svelato che professione fa Mamoru?”
Usagi scosse il capo.
“Non gliel’ho domandato, comunque. Se Mamoru avesse voluto che lo sapessimo, ce lo avrebbe detto lui sin dal primo giorno, così come ha fatto Motoki. Ho l’impressione che non gli piaccia molto parlare di sé.”
“Lo credo anche io. E la mia curiosità aumenta. Ma sta’ sicura che scoprirò presto quali sono i mezzi di sussistenza del nostro bel compagno di tavolo!”
“In principio, ho pensato fosse un pianista.” Disse Usagi, pensosa.
“A causa delle sue mani? Sono bellissime, vero?”
“Sì. Poi mi è venuto in mente che potrebbe essere un pittore!”
“No.” Affermò Kaede. “Non è abbastanza estroso. È un uomo di ferro, il nostro Mamoru Chiba!”
“E cinico, aggiungerei.”
“Effettivamente, spesso è sarcastico, il che è irritante, lo riconosco. E poi non manca di arroganza. Dev’essere molto autoritario, ma è talmente affascinante!” Gli occhi di Kaede si spalancarono, sognanti, fissando Mamoru che girava loro le spalle. Con un tono un po’ strano, proseguì: “Non lo trovi affascinante anche tu, Usagi?”
“Fisicamente? Sì, molto.”
“Ti innamoreresti di lui?”
Usagi arrossì e si affrettò a rispondere di no, che non lo credeva possibile.
“Di un uomo così spocchioso?” aggiunse. “No, Kaede.”
La donna alzò le spalle.
“Mi era appena venuto in mente che fareste una bella coppia, voi due!” Mormorò con una punta di rimpianto nella voce. “Un romanzo d’amore a bordo di una nave da crociera da sogno… con un matrimonio finale. Sarebbe stato meraviglioso!”
Usagi arrossì maggiormente e provò un vero sollievo quando Tom tornò al tavolo.
“Ci portano subito i rinfreschi.” Disse, sedendosi.
Poi si accorse della presenza di Mamoru e Rei e si alzò di nuovo, facendo grandi gesti.
“Buonasera! Unitevi a noi. Più matti ci sono, più ci si diverte.”
L’invito fu talmente cordiale che fu difficile non accettare.
In breve tempo, tutti e cinque sedevano intorno allo stesso tavolo.
“Parlavo prima con quel tipo, là in fondo.” Disse Tom, indicando un uomo dalla bassa statura e i capelli grigi.
“Indovinate cosa fa per vivere?”
“Non no la minima idea.” Rispose subito Kaede, allegra. “Allora? Non mi faccia stare sulle spine! Fuori il rospo!”
“Possiede una sala di bingo.” Annunciò l’uomo con finta serietà.
“E con una sala di bingo guadagna abbastanza da offrirsi una crociera?” chiese Usagi, sorpresa. “Sembra una cosa impossibile!”
“Non solo per lui, ma anche per sua moglie e per i suoi cinque figli!” ribatté Tom, sottolineando le ultime parole mostrando le cinque dita di una mano. “Sono venuti tutti e sette!”
“Come fa la gente a sperperare i suoi soldi in tali sciocchezze?” disse Mamoru con evidente disprezzo.
“Per evadere dalla routine quotidiana si fa questo ed altro. E poi quasi tutti abbiamo l’istinto del gioco.” Rincarò Kaede.
Rei si voltò per la prima volta verso di lei.
“Per quanto mi riguarda io non gioco mai. E quanto a mettere piede in una sala di bingo…” Fece una smorfia sdegnosa. “…non penserei nemmeno alla possibilità di farlo!”
Neanche Usagi lo aveva mai fatto, ma sentiva il bisogno di difendere gli appassionati di gioco.
“Forse lei fa parte dei pochi privilegiati che non hanno alcuna necessità di distrarsi, signorina Hino?” Chiese, con finta dolcezza.
Gli occhi violacei si posarono su Usagi. Kaede che osservava le due ragazze, si disse che non aveva mai visto una tale differenza tra coetanee. Una spontanea, schietta ed indulgente, con un che di tragico intorno ad ella. L’altra misteriosa, impenetrabile e di poche parole.
“Ho altre distrazioni.” Rispose secca Rei, “e non vado a raccontarle in giro.”
Usagi cercò di dominare la collera che l’aveva colpita, mordendosi le labbra.
“Ad ogni modo… Ognuno vive a modo suo, come può.” Aggiunse Mamoru, in un tono poco lusinghiero, gli occhi fissi sul soggetto della loro conversazione.
Usagi e Kaede si scambiarono un’occhiata: Scopriremo mai la professione di Mamoru Chiba?
“Secondo me, il nostro Mamoru dev’essere una persona importante…” disse il giorno dopo Kaede, stesa su una sedia a sdraio vicino ad Usagi.
Incuriosita, la ragazza alzò gli occhi verso l’amica.
“Che cosa te lo fa pensare?”
“Ricordi? Ti avevo detto che sarei arrivata a chiarire il mistero e… l’ho chiesto a Motoki. Non è molto loquace, ma cominciato col dire che non ne era sicuro e io gli ho risposto di non fare lo stupido, perché erano amici. E allora mi ha detto di non potermi rivelare nulla su Mamoru, ma mi ha assicurato che è qui solo per rilassarsi un po’. Sapessi, Usagi… ho una tale voglia di sapere!”
Usagi non poté fare a meno di mettersi a ridere.
“Ma non è una cosa di importanza capitale, no?”
“Invece, sì. Mi incuriosisce… Anche tu, a proposito…” si interruppe bruscamente e  portò la mano alla bocca. “Bene!” Disse, rassegnata.
“È giusto che tu lo sappia, mia cara. Anche tu mi sorprendi.”
“Davvero, Kaede?” Chiese Usagi dopo un breve silenzio.
Devo dirle la verità? No, la compassione di Kaede sarebbe insopportabile per me.
“Sì, bambina. Anche tu. Non sei abbastanza ricca da permetterti un viaggio come questo… normalmente. Mi sbaglio?”
“No. Hai ragione, Kaede.”
“Allora?”
“Ho venduto una casa, per poter venire.”
“Venduto?” ripeté sconcertata la donna. “Così hai parecchio denaro?”
“Non proprio.” Rispose Usagi, scuotendo la testa. Ormai aveva deciso cosa dire.
“Ma ho stabilito che quella proprietà non mi avrebbe fatto comodo quanto un bel viaggio…”
“Ottima idea!”
Usagi vide illuminarsi il viso dell’amica. Tuttavia il seguito fu inatteso e lei dovette ricorrere a tutto il suo ingegno per rispondere a proposito.
“Capisco… ma c’è un’altra cosa e questa mi preoccupa, mia cara. Non credere che voglia essere indiscreta… in verità, mi preoccupo per te e… Tu hai un segreto. Te lo si vede negli occhi, a volte. È come se tu fissassi una strada lunga, dritta, alla disperata ricerca di qualcosa d’inafferrabile…”
“Ma no!” la interruppe Usagi. “Kaede, tu ti lasci trasportare dalla tua immaginazione!” Scoppiò in una risata poco convincente e Kaede scosse il capo.
“La mia immaginazione, non mi allontana mai dalla realtà.” Ribatté la donna, in tono serio ma dolce.
“Qualunque cosa sia, non ti chiederò più niente. Voglio solo dirti questo: malgrado il mio aspetto frivolo, sono comprensiva e… ci si può fidare di me.”
Usagi non dubitava affatto della sincerità di quelle parole e si rese conto che in seguito, quando l’ora fosse stata vicina, lei avrebbe avuto bisogno di confidarsi. Così disse, con calma e gratitudine: “Me lo ricorderò Kaede. Te lo prometto!”
“Bene! E adesso torniamo al misterioso Mamoru Chiba.”
“Dicevi che forse era un uomo importante.”
“Sì, ne sono quasi sicura. Motoki non mi ha voluto dire altro. È un uomo molto chiuso Chiba…”
“E tu non hai il coraggio di domandarglielo direttamente…”
“Esatto. In genere, io vado d’accordo con tutti, ma con lui… mi manderebbe a quel paese!”
“Probabile.” Disse Usagi con una smorfietta. “È cinico per natura e sprezzante. E suppongo anche che morda, se lo importunano.”
Risero.
“Forse è semplicemente un uomo d’affari.”
“Uhm… non sembrerebbe.”
“Un attore! Potrebbe essere un attore!”
“Impossibile. Lo avrebbero riconosciuto in molti se fosse famoso.”
Usagi si portò la mano sotto il mento e torturò l’unghia del suo pollice con i denti.
“Forse è un attore di poca fama che viaggia in incognito.” Suggerì la ragazza, ricordando la conversazione tra i due uomini, che aveva sorpreso, il primo giorno.
“No. Ti dico che li conosco tutti… di vista.”
“Anche le attrici?”
“La maggior parte, salvo una o due che non mi piacciono e di cui non vado mai a vedere i film. Vado a tutte le prime, sai? Adoro il cinema!”
“Conosci Minako Aino?”
“È molto bella. Ha un bel naso, occhi grandi, non so di che colore, ma immensi. Ehm… come i tuoi, Usagi. E lucenti capelli biondi, pelle chiara e ben fatta. Insomma, è veramente bella, ma moralmente? È vero che oggigiorno non si bada più di tanto a queste cose, ma gli scandali rovinano anche le celebrità. Ecco perché non vado a vedere i suoi film. Perché mi hai chiesto di lei?”
“Pare che sia a bordo sotto falso nome e reciti una parte.”
“Ne sei sicura? Come lo sai?”
Usagi raccontò della conversazione che aveva udito il giorno della partenza.
“Motoki diceva di aver riconosciuto l’attrice, ne era certo. Pare che sia famosa per queste stravaganze. Se ne va da sola in crociera, ma si vocifera che cerchi un cantante squattrinato, che l’ha mollato quando ancora non era una star.”
Kaede spalancò gli occhi per la sorpresa.
“Davvero? Che strano comportamento il suo… E chi sarebbe il cantante, lo sai?”
“Ehm… aspetta, fammelo ricordare… Ah, sì. Yaten Kou, mi sembra!”
“Me lo ricordo!” esclamò Kaede.
“Era uno dei componenti di una famosa boy band che spopolò più o meno cinque anni fa… I Tree Lights si chiamavano. Si sciolsero pochi mesi dopo e non se ne seppe più nulla.”
“ A me la signorina Aino fa pena. Ho l’impressione che sia una persona molto sola…”
La donna dai neri capelli aggrottò le sopracciglia.
“Forse non tiene solo ad apparire una bella e stupida bambola… ma ormai la sua immagine pubblica ha preso il sopravvento ed è a quella che deve il suo successo. Hai idea di dove sia sulla nave?”
“No.”
“Lo scoprirò io.” Esordì Kaede, con una tale veemenza da far ridere Usagi.
“Presto saprai tutto sul conto di ogni passeggero!” Dichiarò.
“Quando torneremo a Tokyo, senz’altro. In caso contrario, nessuno potrà dire che…”
Tokyo… Casa…
Usagi si sentì venir meno e Kaede, accorgendosene, le chiese con premura se si sentisse male.
“No, no… Sto bene.” Mormorò lei. “Pensavo.”
“A qualcosa di spiacevole, direi!”
“Non è niente.” Insisté Usagi.
La donna si strinse nelle spalle, poi l’arrivo di Tom le impedì di proseguire.
Voltò lo sguardo e incrociò il profilo di lui: Mamoru Chiba. Fiero e nobile, perso in chissà quale misterioso pensiero.




NdA: chiedo scusa per l'enorme attesa che ha interessato questo capitolo, ma mi sono incasinata (mi dovrei bacchettare le mani) scrivendo contemporaneamente altre long che richiedono, anch'esse, di essere aggiornate. T__T
Forse questa fic, in questo momento, potrà sembrare noiosa, ma una cosa che ho imparato su questo sito è che non bisogna mai tralasciare niente al caso, perchè un lettore attento potrebbe porre tutte le domande opportune. :D
Ma ditemi, voi che ne pensate?
La vostra Nanà-sshì è sempre lieta di leggere opinioni e consigli.
Al prossimo aggiornamento e, come dico ormai di consueto:
FIGHTING!!!

Kim Na Nà
 

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Capitolo 6
*** La canzone delle onde. ***


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La canzone delle onde.
 
Usagi rifletté a lungo su quanto Kaede aveva detto di Mamoru Chiba. Era su quella crociera solo per rilassarsi.
Eppure lei non riusciva ad immaginarselo stanco! Pareva, anzi, molto forte e resistente, dal punto di vista sia fisico che psicologico.
Forse il suo è un lavoro intellettualmente estenuante. Pensò.
Irritata da quelle riflessioni che non la portavano a niente, continuò a costruire le ipotesi più diverse su quell’uomo misterioso che aveva catturato la sua attenzione.
Stava ancora rimuginando tra sé quando, dopo cena, andò a passeggiare sul ponte.
La brezza le accarezzava i lunghi capelli, il viso e le braccia nude, che cominciavano a prendere una bella tinta dorata. Il mare era immobile come uno specchio, illuminato dai riflessi argentei della luna, alta in un cielo violaceo. Come una sommessa canzone, si udiva lieve il fruscio delle onde contro lo scafo. La serenità dell’ora era tale da farla sentire in pace.
Improvvisamente, come un ferro rovente che le si conficcava nel cuore, le tornò in mente la sua tragica situazione. Il mare non le sembrò più calmo e scintillante: era, invece, nero e impenetrabile. Non doveva più ammirarlo, ma respingerlo, perché la canzone delle sue onde la chiamava… Gli abissi volevano il suo corpo e la sua anima.
Un’ondata di panico la sommerse, talmente violenta che quasi urlò. Si girò di scatto per andare a rifugiarsi in cabina e si trovò circondata da due braccia possenti, stretta contro un corpo robusto e muscoloso.
« Oh… »
Alzò gli occhi sulla bella faccia seria di Mamoru Chiba.
« Mi… mi scusi. » Disse, lottando per ritrovare il sangue freddo.
« Io… io tornavo in cabina e… » La voce le si spense e si rese conto di avere le guance bagnate di lacrime.
Dimenticò il mare, la canzone delle onde, la sua tragica sorte e il sinistro lenzuolo funebre tanto prossimo.
Dimenticò tutto, tranne la vicinanza di quell’uomo le cui mani erano tanto dolci e il cui corpo le offriva tanto calore. Si sentiva al sicuro tra quelle braccia che nessuna forza maligna avrebbe osato minacciare: se lui l’avesse tenuta sempre così, non poteva succederle niente di male.
« Povera bambina ricca… » Mormorò lui. « Perché piange? »
Non allentò la presa, ma allontanò un po’ Usagi per guardarla in viso.
« Povera bambina ricca? » Ripeté lei, asciugandosi le lacrime col dorso della mano. « Cosa vuole dire? »
Allora lui sorrise, sardonico. Era un sorriso che faceva molto male.
« Credevo lo sapesse! »
La dolcezza era scomparsa dalla sua voce, ma le sue mani erano ancora tenere. Quelle lunghe mani fini e forti che le riproponevano il solito interrogativo: qual era la sua professione?
« No, non lo so. Mi creda. »
Lui aggrottò le sopracciglia.
« Perché piange, Usagi? »
Il vederlo ignorare le parole che lei aveva pronunciato tanto spontaneamente, la colpì come la lama di un affilato coltello. Ma, nonostante la loro vicinanza, non erano ancora giunti tanto in là nella conoscenza, la loro amicizia era troppo fragile e delicata perché lei insistesse e gli chiedesse di spiegarsi meglio.
« Non è niente… » cominciò.
« Non parli a vanvera. » La interruppe lui. « Sfogarsi l’aiuterà e io sono in vena di ascoltare. Può, inoltre, essere sicura della mia simpatia e della mia totale attenzione. »
Un’ombra di sorriso comparve sulle labbra della ragazza. In quel momento, Mamoru le ricordava il dottor Tomoe, sempre pronto ad ascoltare con sincero interesse i problemi dei suoi pazienti e, in particolare, quelli di lei.
« Ero triste, Mamoru. Ma adesso è tutto passato. »
« Racconti. » Ordinò perentoriamente lui, prima di guardarsi intorno.
« Cerchiamo un posto più discreto però… » aggiunse Usagi, fissando quegli occhi di un blu troppo intenso che non lasciavano i suoi.
Lui le prese la mano e la condusse verso due sedie a sdraio, in una zona poco illuminata, all’estremità del ponte. Lei lo lasciò fare, godendo del tiepido contatto della sua salda mano.
« Adesso cominci! » ordinò ancora lui, brusco.
« Non sono stata bene, ultimamente. » Confessò lei, mentre faceva lavorare febbrilmente il cervello per dargli una spiegazione soddisfacente senza entrare nei particolari, che voleva evitare a qualunque costo. Malgrado l’apparente interesse, dubitava che lui desiderasse davvero conoscere i motivi del suo pianto.
Mamoru Chiba le gettò un’occhiata interrogativa.
« È stata malata? »
In quel momento la stava studiando in modo sconcertante. I suoi occhi seri, s’erano fatti due fessure di zaffiro indecifrabili e le esaminavano ogni lineamento. Usagi arrossì e sentì le sue mani sudare.
« Che tipo di malattia? » continuò Mamoru.
Lei alzò le spalle per prendere tempo.
« Non capirebbe… »
Ebbe l’impressione di vederlo sussultare, poi guardò la sua bocca irrigidita e capì di averlo contrariato.
« Mi spiace, Mamoru. » disse dopo una breve esitazione. « Preferisco non parlarne. »
« Vedo. »
Sembrò credere che avesse una malattia di cui le donne non amano parlare con gli uomini, ma parve comunque soddisfatto e lei ne provò sollievo, anche se aveva pensato, per un istante, che avrebbe potuto alleggerire un po’ il suo fardello confidandosi con Mamoru. Aveva piena fiducia nella sua discrezione.
Lui la stava ancora studiando, poi disse: « Continuo a non capire perché piangeva. »
« Si è trattato solo di un momento di tristezza. »
Lo guardava dritto negli occhi, era la verità e lui se ne convinse. Annuì lentamente, pensieroso, come se un puzzle stesse ricomponendosi nella sua mente.
Usagi aggrottò la fronte, ma, in quel momento, non era in grado di porsi altre domande sullo strano comportamento di Mamoru e dell’amico Motoki nei suoi confronti. Si era ormai abituata al loro incomprensibile modo di fare e si rifiutava di lasciarsene impressionare.
« La tristezza, a volte, è peggio di un dolore fisico. » Disse lui, abbozzando un sorriso. « Ma vi si può rimediare, più o meno, cambiando modo di vivere, per esempio. »
« Lei vorrebbe che io cambiassi il mio modo di vivere? »
Cosa avrà in mente? Si ritrovò a pensare, Usagi.
« Non la trova una buona idea? »
« Io… » Stava per dirgli che no capiva affatto, ma si interruppe poiché avvertì un leggero mal di testa. Se lo aspettava. Il dottor Tomoe l’aveva avvertita, le emicrania non l’avrebbero mai abbandonata, dapprima leggere e passeggere, tranne l’ultima che avrebbe preceduto il coma.
« Mi scusi, Mamoru. Vorrei andare in cabina, sono molto stanca. »
« È ancora presto! » Protestò lui, quasi a volerla trattenere al suo fianco.
« Va bene, resto… » si sorprese Usagi a rispondergli, con un sorriso appena accennato.
Mamoru continuava a guardarla: sembrava sospirasse dentro di sé, come se rimpiangesse qualcosa.
« Vuole ballare? Le luci e la musica le faranno subito dimenticare la tristezza e poi, guardi la luna… Non crede le stia chiedendo di rivolgerle il suo miglior sorriso? »
Era dolce la sua voce.
« Grazie. Grazie infinite, Mamoru. »
« Non c’è motivo di ringraziarmi continuamente, Usagi. Sto bene in sua compagnia. »
Non aveva quasi esitato sull’ultima frase, ma lei ebbe l’impressione che fosse combattuto tra due forze opposte: una che lo spingeva a cercare la sua presenza, l’altra ad allontanarsi da lei.
Ballarono insieme tutta la sera, gli sguardi dei presenti posati su di loro. Quello di Rei Hino era cupo e minaccioso, Kaede sorrideva annuendo, persino Motoki sembrava divertito dalla scena, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla coppia formata da Mamoru e Usagi. C’era anche Demando a guardarli, quella sera. Aveva la faccia seria e contrita, mentre la sua compagna beveva al suo fianco.
« È stato molto bello. » Dichiarò Mamoru quando furono tornati sul ponte per respirare un po’ d’aria di mare.
« Grazie, Usagi. Lo rifaremo? »
C’era una nuova spontaneità nella sua voce e, nel profondo dei suoi occhi cobalto, una sorta di ansia, come se la risposta di lei avesse un’importanza notevole.
« Con piacere, Mamoru! » esclamò Usagi, con il suo più bel sorriso.
« Allora, siamo d’accordo. Domani sera, dopo cena. »
Erano appoggiati sul parapetto e, questa volta, Usagi contemplava il mare senza timori ne angosce. Le stelle si riflettevano sull’acqua, danzanti, cullate dal tremolio delle onde che ora cantavano liete. La notte era colma d’incanto e la luna, piena e tonda, brillava in quel cielo limpido.
Il silenzio caduto tra loro era complice e amichevole. Usagi si sentiva in pace, tranquilla, la mente sgombra da pensieri funesti.
« Che bella notte! » Non poté fare a meno di mormorare. « Non ne avevo mai viste di tanto romantiche! »
Mamoru girò la testa bruna e la guardò.
« Davvero? » Le chiese tra lo scettico ed il sorpreso, con sorriso appena sprezzante. « Credevo che avesse visto almeno cento scene come questa… »
Fece un ampio gesto con la mano a indicare il cielo costellato di stelle, il mare scintillante e la lussuosa nave che si muoveva tra un’onda e l’altra.
« Non la capisco, Mamoru. » Disse lei, con voce dolcissima, lo sguardo velato dal dolore. « Mi parla in modo così strano… ho l’impressione che mi creda diversa da quello che sembro… superficialmente, voglio dire. »
« E non lo è, diversa? »
Pensando alla sua situazione, lei non poté fare a meno di arrossire.
« Lo siamo tutti, più o meno… » Rispose, guardando la mano di lui posata sul parapetto.
« Ciascuno di noi ha un giardino segreto dentro di sé… »
« Un giardino segreto? »
« Ma sì. Io non racconto a tutti quello che ho dentro! »
Nella sua voce c’era dolcezza, nei suoi occhi cerulei un’ombra di dolore. Mamoru fece un movimento improvviso e lei provò l’incredibile sensazione che lui stesse facendo uno sforzo immenso per non prenderla tra le braccia.
« Anche lei deve essere così. » Aggiunse, dato che lui non parlava.
Mamoru annuì e si girò pensieroso verso il mare. Lei gli era vicinissima, eppure, una forza più grande di loro sembrava allontanarli. Piano piano sentì crescere in sé la certezza che sarebbe stata meravigliosamente bene stretta a lui.
Inconsciamente, doveva averlo sempre saputo. Era un sentimento latente che si stava rivelando quella sera, sotto le stelle, nella magia di quella luna d’argento. L’unico rumore era la musica in sordina che veniva dalla sala da ballo, una piacevole melodia che rese ancor più romantico il momento.
« Sì, Usagi. » Confessò lui, alla fine. « Anche io ho un giardino segreto. »
Sembrava di colpo molto stanco e lei pensò stesse per congedarsi. Ma lui non si mosse.
Di nuovo, cadde il silenzio.
« Tra quanto arriveremo al prossimo scalo? » chiese lei.
« Attraccheremo a Salvador, vero? »
« Sì. Arriveremo lunedì… Parteciperà all’escursione? »
Lei negò con decisione.
« Io aspetterò di essere a Rio de Janeiro… Muoio dalla voglia di visitarla! »
Lui si girò con una strana espressione sul viso.
« Perché non va anche a Brasilia e a Manaos? Partiremo alla volta del Brasile giovedì e hanno organizzato delle escursioni davvero interessanti.»
Si trattava di un viaggio in aereo di quattro giorni nell’interno, fino alla capitale del Brasile. Dopo una notte a Brasilia, era prevista la partenza per Manaos, città celebre per il caucciù e poi avrebbero risalito in barca un tratto del Rio delle Amazzoni. Era un’escursione che superava i mezzi finanziari di Usagi.
« Non mi interessano molto. » Rispose, sperando che lui si accontentasse di quella spiegazione.
Fu così, ma lui le annunciò che avrebbe preso parte all’escursione e la notizia la scosse. Quattro giorni senza vederlo! Mi restano i prossimi tre giorni da passare con lui… Si disse, cercando di ritrovare un po’ di ottimismo.
« È tardi… » Le parole si spensero nella notte. Una stella cadente attraversò il cielo.
« Dobbiamo salutarci, Usagi. »
Mamoru si girò e, prima che lei se ne rendesse conto, si ritrovò stretta a lui. Le sollevò il mento e, senza mai distogliere gli occhi dai suoi, posò le labbra sulle sue.
Molto più tardi, sentiva ancora la forza dolce di quelle labbra e il profumo, appena accennato, del dopobarba. Era nel suo letto, sveglia, ma calma e guardava senza vederlo il raggio di luce che filtrava sotto la porta.
Mamoru Chiba… Forse lui non avrebbe sofferto se le fosse capitato qualcosa. Lui era troppo freddo, troppo desideroso di restare scapolo per innamorarsi. Stava con lei spesso solo perché il suo amico lo aveva abbandonato per stare accanto alla sua nuova ragazza, Reika.
La sua compagnia gli faceva piacere, ma nient’altro. Poteva quindi accettare di uscire con lui, decise, seguendo quella logica. Poteva dargli il permesso di baciarla, se voleva, senza rimorsi… Era sicura che, una volta giunta l’ora, Mamoru avrebbe soltanto sospirato su quella bella ragazza bionda, morta così giovane! Poi, se la crociera non fosse ancora terminata, avrebbe trovato qualcun’altra per tenergli compagnia.
« Sì. » Mormorò contro il cuscino. « Posso approfittare di lui senza scrupoli. Quanto a me… non dovrò più temere la solitudine. So che la mia presenza gli piace e mi sarà vicino fino alla fine. »
 
I tre giorni successivi furono un sogno. Lei non rimpiangeva più di trovarsi su quella nave: amava Mamoru. Quella certezza era emersa così, semplicemente, senza che lei se ne rendesse conto. Era l’unico uomo del quale si era realmente innamorata, anche se sapeva di essere per lui solo un’avventura, un flirt di viaggio.
Sono solo un’onda di mare. Presto mi infrangerò su una scogliera e di me e non rimarrà altro che il salato sapore dell’acqua marina.
Usagi aveva imparato a comprendere i suoi stati d’animo e il suo modo di fare non la inquietava più.
Aveva deciso di non perdere più tempo a farsi domande che non servivano a niente. Viveva minuto per minuto ogni giornata, riconoscente per la gioia che le procurava.
Il loro rapporto proseguiva serenamente. Si era innamorata e vibrava di felicità sotto i suoi baci. Lui non l’amava, ne l’avrebbe mai amata, perciò il suo futuro non la preoccupava. Quando lei non ci fosse stata più, lui non ne avrebbe avuto il cuore spezzato e non si sarebbe sentito solo. La sua morte non lo avrebbe coinvolto.
Sì, era l’ideale.
Lei era, finalmente, innamorata e amava con una passione di cui aveva sognato tante volte. Il verdetto dei medici l’aveva gettata nella disperazione, ma ora i suoi sogni stavano diventando realtà: aveva incontrato Mamoru e provava per lui un amore profondo, talmente profondo da rimpiangere amaramente il suo destino segnato. Avrebbe voluto che quella crociera non finisse mai… e che Mamoru condividesse i suoi sentimenti.
Ma quei pochi minuti di tristezza svanivano presto, sommersi da un’ondata di riconoscenza per il miracolo che rendeva felici le sue ultime settimane di vita.
 
« Ho annullato la mia prenotazione all’escursione, Usagi. »
La dichiarazione venne accolta con un misto di gioia e incredulità.
« Davvero? Ma… Mamoru, sei sicuro? »
« Sono sicuro di non voler stare lontano da te per quattro giorni, principessa. » La interruppe lui con autorità. « Potresti trovarti un altro, durante la mia assenza! »
Una fiammella divertita gli danzava negli occhi, per le proteste di Usagi.
« Ma io… »
« Sei troppo bella perché io voglia correre un rischio simile! »
Erano sul ponte, stesi sulle sedie a sdraio, al sole. La pelle di Usagi aveva una calda tinta dorata, i capelli biondi si erano schiariti, assumendo riflessi lucenti. Mamoru se n’era accorto e non si era lasciato sfuggire l’occasione per prenderla in giro. Come al solito, lei non aveva dato peso alle sue battute. Sapeva che cambiava bruscamente umore, passando dallo scherzoso al tenero in un attimo.
« Sarai mia per il resto del viaggio e guai a chi tenterà di opporsi… » continuò lui.
Lei lo guardò, ma non capì, questa volta, se parlasse seriamente o no.
« Non mi piace questa idea di proprietà. » disse, allora, seria.
« Perché? » Chiese lui, sorpreso.
« Non so… »
« Sei proprio una strana ragazzina… Ma non sei più una ragazzina, vero? Ne hai solo l’apparenza. »
Lei non comprese l’osservazione e decise di non ignorarla.
« Credi che sia molto più vecchia di quello che sembro? »
« Sembra che tu abbia appena diciannove anni. » Rispose lui, eludendo la domanda.
« Ne ho venti. » Ribatté lei, decisa.
« Più cinque? » scherzò Mamoru.
La frase infastidì Usagi che lo guardò dritto negli occhi.
« Se mi dai diciannove anni, perché poi pensi che ne abbia più di venti?»
« Ho solo detti che… l’apparenza inganna. »
Lei aggrottò le sopracciglia.
« Non ho più niente da dire in proposito, Mamoru. Tu parli spesso per enigmi, ma ho deciso di non tormentarmi più per cercare di comprendere quello che vuoi dire! »
« Un giorni ti farò una domanda che ti sorprenderà! »
Poi cambiò soggetto di conversazione, impedendole di approfondire il significato di quella affermazione.
« A proposito di Salvador… La visita sarà interessante e la faremo insieme. »
« Molto volentieri. Ma non avevi voglia di partecipare all’escursione interna? »
« Non abbastanza da non farne a meno per restare con te. »
Quella risposta cancellò tutti i colpi di spillo e le perplessità causate dallo strano modo di fare di Mamoru, qualche minuto prima.
 
Salvador Bahia, un tempo capitale del Brasile, la città delle chiese, era costruita su due livelli.
« Prendiamo un taxi. » Decise, Mamoru. « Sarà più semplice che andare in giro da soli. »
Camminando al suo fianco, Usagi era raggiante.
Visitarono il Monastero di San Francesco D’Assisi, il cui interno, tappezzato di foglia d’oro, strappò un grido ammirato a Usagi. Mamoru la guardò, divertito per il suo entusiasmo e nello stesso tempo sorpreso per la sua ingenuità e naturalezza. L’autista fece loro anche da guida, portandoli nel chiostro, dove però alle donne era vietato entrare. Usagi e Mamoru dovettero accontentarsi di guardare attraverso le sbarre di una cancellata, la cattedrale e il secondo chiostro dove vivevano i monaci, nelle loro minuscolo celle, osservando la regola del silenzio.
« Hai visto abbastanza? Allora, andiamo. » Disse Mamoru.
Tornarono verso la macchina, camminando lentamente. Ovunque, fiori dai colori vivaci spiccavano contro il fogliame delle acacie. Altri fiori ancora coprivano i muri e invadevano i giardini.
« Ti voglio fare un regalo. » Disse Mamoru, dopo aver ordinato all’autista di fermarsi in una strada centrale.
« Oh, no! » Protestò lei. « Sarebbe sprecato… »
Si interruppe, portandosi la mano davanti alla bocca non appena si rese conto di quello che aveva detto.
« Sprecato? » Ripeté lui lentamente, sconcertato.
« Cosa… cosa vuoi dire? »
Erano davanti ad una gioielleria.
« Non porto mai gioielli… » Rispose lei. « Sarebbe quindi denaro sprecato… »
Lui la fissò come se sul suo viso potesse trovare la spiegazione di quel mistero.
« Lo indosserai perché te lo sto regalando io. » Dichiarò poi, con un tono che non ammetteva repliche. « Vieni. Qui si trovano dei quarzi rosa davvero particolari. »
« Ma… »
« Niente ma, Usagi. »
Lei obbedì controvoglia. La sua coscienza la rimproverava; moralmente non le sembrava giusto che lui spendesse del denaro per un dono che presto, come tutti gli atri limitati averi, sarebbero rimasti chiusi nel fondo di uno scrigno.
Mamoru le regalò una pietra a forma di cuore di un rosa pallido, incorniciata da una serie di piccoli diamantini bianchi. Era incastonata in un anello di oro bianco che Mamoru le infilò nel medio della mano sinistra.
Usagi si profuse in ringraziamenti.
« Su, Odango Atama, smetti di ringraziarmi. Non è il caso. Volevo farlo e l’ho fatto! »
« Odango Atama? » Fece eco lei.
Mamoru sorrise, indicando le buffe code con le quali aveva raccolto i lunghissimi capelli color grano.
La ragazza si portò le braccia al petto, mettendo il broncio. La pietra, che il ragazzo le aveva donato poco prima, emanò riflessi argentei illuminato dalla luce del sole.
« Mi piace! Ed è proprio l’anello adatto a te! » Disse lui prima di afferrare la sua mano e di proseguire la loro passeggiata.
Mamoru sembrava felice di camminare così, senza meta, e altrettanto felice fu Usagi nello scoprire questo nuovo aspetto della personalità di lui.
 
« Che giornata meravigliosa! » Esclamò Usagi, quando furono di nuovo a bordo della Silver Millenium, pronti a salutarsi per tornare alle rispettive cabine.
« Grazie infinite per avermi portato con te, Mamoru! »
« Vorrei che la smettessi di ringraziarmi in ogni momento. » Ribatté lui, aspro. « Oggi eravamo felici entrambi e il piacere di essere insieme è stato reciproco. »
« Ti sono comunque riconoscente. » Insisté lei, senza badare all’espressione corrucciata di lui. « Non puoi sapere cos’hai fatto per me, Mamoru… Ma un giorno lo scoprirai! »
Si girò e fece per andarsene, ma la mano del ragazzo le afferrò il polso. La fermò e la fece voltare verso sé, guardandolo con occhi quasi furenti.
« Non hai diritto di dire certe cose, per poi scappare via senza dare una spiegazione! Cosa significano esattamente le tue ultime due affermazioni? »
Usagi era sconvolta ed esterrefatta.
« Non posso dirtelo! E non puoi neanche obbligarmi a farlo! Se tu parli per enigmi, perché non posso farlo io? »
Con un gesto brusco che lo sorprese, lei si liberò della stretta.
Un attimo dopo Mamoru era solo sul ponte. Rimase fermo a guardarla allontanarsi con passo rapido, le sopracciglia aggrottate, le labbra imbronciate. Ma lui la vide. Era proprio una lacrima quella perla che rigò, silenziosamente, la sua arrossata guancia.


NdA: Ciao ragazze, scusate l'immenso ritardo, ma sono senza pc e chiederlo in prestito a mio fratello (quattordicenne) è stata una vera impresa. -.-''
Mi rendo conto della lunghezza del capitolo, ma non sapendo quando mi sarà possibile aggiornare, ho creduto di farvi cosa gradita scrivendo un capitolo più lungo.
Che ne pensate? Come sempre, pareri contrari o favorevoli sarebbero ben accetti! Spero di avervi regalato una buona lettura.

Alla prossima e FIGHTING!


La vostra Nanà-sshì

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Capitolo 7
*** Maremoto per Usagi - Parte prima - ***


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Piccola premessa: Torno a scrivere questa fanfiction dopo ben sei mesi! Mi rendo conto di aver lasciato trascorrere davvero troppo tempo prima di riprendere a scriverla, ma per qualche strana ragione, mi sono ritrovata a preferire fanfiction con personaggi completamente IC (o almeno è quel che speravo) e non lontani dal mondo anime/manga che tutti noi amiamo. Le Au rischiano di essere noiose e banali se non si è bravi scrittori (e non rientro nella categoria!), pertanto avevo accantonato le mie due long AU/OOC per dar spazio a one-shot o a capitoli della mia storia originale o su quella pazza fic dedicata a Lee Min Ho!
Rileggendo quanto scritto poi, non vi dico! Mi son detta: "Ma come scrivo? Con i piedi?" Insomma... ho appurato di dover imparare, imparare e ancora imparare, ma ringrazio tutti voi, fedeli lettori, che nonostante tutto seguite i miei lavori e mi spronate a continuare a farlo! Grazie a tutti per l'affetto che mi dimostrate! :D
Con questa prima parte, tengo a sottolineare che cercherò di ultimare quanto prima le storie che ho iniziato tempo fa, che meritano tempo ed attenzione e aggiungo che gli aggiornamenti saranno anche piuttosto frequenti! ^^
Buona lettura e come dico sempre io: Fighting!

Nb, per la mia Unnie: Chingu, Saranghae!





Maremoto per Usagi. – Parte prima
 
Giunta nella sua cabina, Usagi si sedette sul letto, ripensando alla giornata trascorsa. Si sentiva talmente felice che le venne voglia di cantare.
«Accidentaccio! Non dovevo innamorarmi… non dovevo per me… non dovevo per lui…» Per un breve istante la sua mente fu invasa dai pensieri infelici che la tormentavano, poi scosse il capo e pregò ardentemente che anche Mamoru provasse sensazioni così esaltanti ed intense. Lui doveva vivere a lungo ed essere felice insieme ad una bella donna che avrebbe condiviso il suo amore.
Diversamente da quanto previsto, scoppiò in lacrime. Nascose la testa nel cuscino e singhiozzò. Un pianto breve, liberatorio, che le permise di rendersi conto quanto ingrata fosse.
«Non posso desiderare più di quel che mi è già stato dato…»
Se avesse avuto davanti a sé una lunga esistenza, forse si sarebbe sentita ancora più sola. Sola con quel suo amore per Mamoru… per un Mamoru insensibile ed indifferente.
Se lo immaginava salutarla dal ponte alla fine della crociera, ne sentiva l’allegro Ciao Odango Atama! E grazie per i bei momenti passati insieme! E poi ognuno dei due se ne andava per la sua strada, per strade che non si sarebbero incontrate mai più. Nel suo stato invece, lei avrebbe avuto Mamoru fino alla fine dei suoi giorni.
Sentì bussare alla porta. Si alzò barcollando un po’ ed esitò a rispondere. Si guardò allo specchio indecisa e le arrivò la voce di Mamoru.
«Usagi? Devo restituirti il tuo portamonete!»
Non aveva portato con sé la borsetta, durante la gita, e aveva dato in custodia a lui il portamonete.
«Oh… me lo darai più tardi.»
«Più tardi? Non puoi aprire la porta?»
«Sì… no… cioè…»
Vide la maniglia abbassarsi.
«Entro!» minacciò lui. «Se non sei in condizioni di ricevermi, faresti meglio a sbrigarti!»
Il tono era scherzoso. Lei cercò febbrilmente le parole per allontanarlo.
«No! Lasciamelo lì fuori, per favore!»
Seguì un lungo silenzio, poi: «D’accordo.»
Il tono era secco e, nel corridoio, risuonò subito un rumore di passi decisi mentre lui si allontanava.
Usagi sospirò e poco dopo si immerse in un bagno di schiuma profumata alle rose che le donò un po’ di serenità.
Mamoru c’era rimasto male, cento volte meglio della scelta di lasciarlo entrare e vederla in lacrime. Le avrebbe fatto delle domande, con il suo solito tono autoritario e i suoi occhi l’avrebbero studiata. Lei non avrebbe potuto fare a meno di sentirsi nervosa e di agitarsi. Sì, la sua collera era più gestibile della sua curiosità.
Durante la cena, Mamoru si comportò freddamente, ma sotto i lineamenti impassibili s’indovinava la perplessità. Kaede, all’oscuro della situazione, non smetteva un attimo di chiacchierare, mentre Motoki, il cui sguardo andava dall’uno all’altra, aveva percepito la tensione esistente tra i due.
Usagi cercò di non lasciarsi turbare dall’atteggiamento di Mamoru, sperando di poterlo vedere presto sereno.
Poco dopo, lo vide distendersi grazie al continuo chiacchiericcio di Kaede, e talvolta, pareva anche divertito.
Qualche tempo prima l’amica, le aveva confermato la sua decisione di scoprire se effettivamente Minako Aino si trovasse a bordo, affermando di aver studiato un piano infallibile.
«Davvero?» le aveva chiesto lei, incuriosita.
«Sì, ma non ti dirò come voglio fare. Lo vedrai molto presto.» Usagi aveva riso e cambiato argomento, poi Kaede aveva cominciato a scherzare sui suoi rapporti con Mamoru.
«Non è una cosa importante» aveva affermato lei.
«Non è importante, cara?» l’aveva interrotta la donna. «Cosa mi racconti! Ma se è evidente che vi siete innamorati l’uno dell’altra! E poi tutti ne parlano!»
«Tutti?» aveva ripetuto Usagi, contrariata. «Ma è ridicolo!»
Mamoru sarebbe andato su tutte le furie se solo lo avesse saputo e questo la preoccupò molto. E se per far tacere le dicerie, lui l’avesse abbandonata? Sarebbe stata infelice fino alla fine…
«Ridicolo?» aveva insistito allegramente Kaede, senza rendersi conto dell’effetto prodotto dalle sue parole. «Ragazzina, perché questa timidezza? Non c’è nulla di male nell’essere innamorati…»
«Kaede, ti prego, smettila di dire sciocchezze. Mamoru non è innamorato di me e mai accadrà. È uno scapolo incallito, chiedi a Motoki, se non mi credi! Siamo soltanto buoni amici.» Alzò gli occhi cerulei su quell’unica amica che aveva sulla nave da crociera e aggiunse: «Per favore, ti supplico. Non parlarne a Mamoru! Promettimelo, promettimelo per davvero!»
«Tesoro» aveva detto Kaede, costernata. «Sembri quasi sconvolta. Cosa ti succede? Neanche fosse in gioco la tua vita… è solo qualche pettegolezzo!»
«Pettegolezzo?» ripeté Usagi. «Ci sono in giro pettegolezzi?»
«Certamente! Ma non solo su di voi. Anche su una dozzina si altre coppie che si sono formate dopo la partenza. Durante le crociere nasce sempre qualche romanzo d’amore, ci sono fidanzamenti, talvolta persino matrimoni… non capisco che cosa ti tormenta!»
«Mamoru non ne sarebbe affatto contento e… mi lascerebbe!»
L’aveva detto.
Se dopo questo Kaede non si fosse resa conto della necessità di tacere il tutto a Mamoru, sarebbe stata una vera tragedia.
«Ti…» Kaede aveva taciuto un istante, prima di proseguire con la sua solita franchezza: «Allora è un amore a senso unico, per il momento? Ascolta quello che sto per dirti, Usagi! Cambierà! Sei abbastanza bella perché succeda. Lui te lo ha già detto, no?»
«Sì… sì, è così.»
Usagi era certa di essere impallidita e si chiese se la donna avesse udito il suo cuore battere all’impazzata.
Se Mamoru l’avesse lasciata… No. Non poteva. Lei non avrebbe sopportato il dolore di perderlo, né quello di vederlo insieme ad un’altra… Rei Hino, forse.
«Usagichan, ti prometto di non dire a Mamoru niente che possa farlo sentire stupido o per cui voglia lasciarti. E questa è un’ipotesi assurda perché non lo pensa nemmeno, ma dato che tu hai paura che succeda, io manterrò la promessa di star zitta… anche se mi costa fatica.» aveva concluso allegramente.
E al suo sorriso contagioso, Usagi rispose con un abbraccio spontaneo.
 
Fedele alla promessa, Kaede non aveva parlato della storia d’amore, come lei la chiamava, ma quella sera sorprese Usagi, ponendo, con finta ingenuità, una domanda agli uomini presenti: «Nessuno di voi ha sentito dire che l’idol Minako Aino si trova a bordo, sotto falso nome?»
Usagi sussultò. Era quello il piano di Kaede? Poi si accorse che Motoki e Mamoru la stavano osservando, quest’ultimo con aria apertamente ironica e lei arrossì vistosamente. Cercò di arsi piccola sotto i loro sguardi, abbassò a testa e si mise a giocherellare con un grissino.
«Sembri un po’ confusa, Usagi?» disse sottovoce Mamoru. «Cosa ti succede?»
Lei lo guardò, seria e gli rispose: «Niente, Mamoru. Io… non capisco perché mi fai questa domanda…»
«Per curiosità.» rispose lui, divertito. «Semplice curiosità, Usako.»
Kaede, perplessa, aggrottò le sopracciglia e li guardò a turno.
«Non avete risposto alla mia domanda» riprese. «Allora, avete sentito parlare di questa notorietà a bordo, o no?»
Negli occhi di Mamoru balenò una luce ironica.
«Lo chieda ad Usagi» suggerrì.
«Io?» chiese lei, spalancando gli occhi. «Perché io dovrei saperlo?»
Motoki intervenne: «Credo sia meglio cambiare argomento. In definitiva, la presenza della signorina Aino sulla nave non ci riguarda. E se lei ha scelto l’incongnito, perché fare un’indagine per svelare la sua vera identità?» Gettò un’occhiata a Mamoru. «Non sei del mio parere?»
Questi, dopo aver represso una risata, rispose: «Sì, sono d’accordo. Scusi, Kaede, ma non abbiamo niente da dire in merito. Inoltre, non abbiamo il diritto di curiosare nella sua vita privata… Un po’ di vino?» Offrì la bottiglia ad Usagi. «Su, bevi un po’. Cos’hai stasera?»
Lei porse il suo bicchiere senza rispondere e Mamoru glielo riempì, senza distogliere lo sguardo da lei. Sembrava volesse dirle qualcosa, ma giunse il cameriere con la seconda portata che portò i quattro commensali a parlare della propria giornata.
Come tutte le altre sere Usagi e Mamoru, dopo essere andati a ballare, finirono per fare una passeggiata sul ponte, dove, di solito, trascorrevano una buona mezz’ora prima di tornare in cabina.
Mamoru le aveva circondato le spalle con un braccio e, di tanto in tanto, le regalava qualche soffice bacio.
Era tutto quello che Usagi desiderava, il suo romanzo d’amore. Era la prima volta che amava, pensò, e sarebbe stata anche l’ultima.
La ragazza gli posò la testa sul petto, domandandosi come avrebbe reagito lui se avesse saputo la verità.
«Usako… sei così bella…» mormorò lui, mentre l’alito caldo le accarezzò la guancia. «Vorrei…»
Si interruppe e lei si scostò leggermente, ma non poté vedergli il viso, nascosto dall’ombra. Ne distingueva appena i lineamenti seri: erano come velati. Le sembrò tremendamente lontano e, presa da un improvviso terrore, gli si strinse di nuovo contro, il dolce viso alzato ad offrirgli le belle labbra socchiuse, a invitarlo, inconsciamente.
Lui chinò la testa e le due bocche si unirono in un bacio tenero e appassionato, esigente e dolce. Lei era, ancora una volta, sorpresa dall’improvviso cambiamento di umore, ma riconosceva che, da qualche tempo, Mamoru era diventato più gentile e tollerante e raramente gli vedeva sul viso quella sua espressione di disprezzo.
«Mamochan…» gli sussurrò, quasi involontariamente. «Sono così felice stasera…»
Lui fece una risatina.
«Bene, Usako, perché lo sono anch’io.»
«Sei contento di avermi conosciuta?»
«Come puoi farmi una domanda simile?»
Anche Usagi rise, una risata leggera e cristallina.
«Beh, sai… a volte non ne sono così tanto sicura…»
«Invece lo sei.»
«Guarda il mare: è fosforescente!» disse lei, cercando di cambiare argomento.
«Io guardo te, non il mare.»
Eccola la prova che aspettava. Lei a Mamoru piaceva e non poté che sentirsi al settimo cielo. I suoi occhi raggianti lo cercarono e il sorriso che gli offrì era di una bellezza sconvolgente, di una dolcezza infinita.
«Sono felice…» sospirò ancora.
Non poteva fare a meno di pensare a tutto quello che era successo tra di loro, dopo i primi scambi di parole puramente cortesi.
Mamoru la baciò di nuovo, quasi perdendo il controllo di sé, nello slancio della passione e Usagi ricambiò con ardore e con uno stupore gioioso, quasi incantata dalla meraviglia di quell’attimo.
Mai avrebbe ringraziato abbastanza il destino che le aveva permesso di conoscere la bellezza sconfinata dell’amore.
Poi lui l’allontanò da sé, sempre tenendola per le braccia, con una luce di tenero divertimento negli occhi seri.
«Mia prudentissima ragazzina… non sai ancora che la vita è fatta per essere vissuta?»
Lei rispose, gli occhi fissi su di lui, interrogativi: «Non credo che la tua domanda voglia dire quello che vorresti io capissi.»
Lui aggrottò le sopracciglia e fece una piccola smorfia.
«Il tuo modo di esprimerti è un po’ oscuro, Odango Atama. Non da te, aggiungerei.»
«Non credo proprio!» disse lei, ridendo.
Mamoru rise a sua volta, poi disse, in tono un po’ strano: «Perché pensi che le mie parole non dicano esattamente quello che penso?»
«Non so…» rispose lei. Poi cercò di spiegarsi.
«Credo tu non sia un uomo… di quel genere.»
«Tutti gli uomini sono di quel genere e tu lo sai da molto tempo, Usagi!» disse lui, divertito.
«Io…» Sussultò e il suo cuore si strinse nel vedere l’ennesimo cambiamento avvenuto sul suo viso.
Perché riesce a ferirmi così facilmente?! Si disse.
«Cosa stai dicendo, Mamoru? Mi stai forse accusando di qualcosa?»
«Oh, insomma!» Esclamò lui in tono duro e cinico. «Abbiamo recitato la commedia e ci siamo divertiti tutti e due, d’accordo. È stata una distrazione, un diversivo, ma è durato abbastanza… Usagi. Mettiamo le carte in tavola, vuoi?»
Sconvolta, con il cuore che le faceva male, lei lo guardò con occhi colmi di dolore e incomprensione.
«Perché hai esitato prima di pronunciare il mio nome?» gli chiese, semplicemente.
Mamoru la studiò, attento. Anche lui sembrò, dapprima, sconcertato, ma la nota espressione di disprezzo ritornò presto sul suo viso.
«Sono sicuro che ne conosci la ragione.» dichiarò, alzando una mano per impedirle di interromperlo. «Ti prego, non continuiamo lo scherzo. Tu sei una idol, un’attrice… una brava commediante…»
«Commediante? Mamochan, come puoi dire una cosa simile? Perché dovrei recitare? Non c’è nessuna ragione…»
Gli occhi azzurri pieni d’innocenza, il tremito delle labbra, le dita frementi fra le sue… Mamoru avrebbe dovuto capire. Invece rise e la lasciò andare. Poi diede un’occhiata all’orologio.
«Fin dal primo giorno sei stato diffidente» continuò lei. «Mi tratti con sdegno e… ti prendi anche gioco di me…» La voce le morì in gola, soffocata dal dolore.
Il silenzio irruppe fra loro.
«È meglio che io vada.» Concluse lei, alla fine. Poi trattenne il respiro, aspettando le parole che le avrebbero portato la felicità, le parole rassicuranti che le avrebbero provato quanto lui tenesse a lei.
Ma la sola risposta fu: «Se lo vuoi, salutiamoci. Ti accompagno alla tua cabina.»
Camminò al suo fianco sul ponte, come in trance.
La dolce notte stellata li avviluppava, brani di musica giungevano dalle sale alle loro orecchie. Coppie felici stavano danzando…
Davanti alla sua porta, lui si fermò solo per darle la buona notte. Poi si allontanò con passo svelto, lasciando Usagi in balia delle sue onde.

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Capitolo 8
*** Maremoto per Usagi. - Parte Seconda - ***


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NdA: Ebbene sì, dopo ben quattordici mesi ho aggiornato questa fanfic! Incredibile, non ci credo nemmeno io! Chiedo scusa a tutti i lettori che hanno atteso questo capitolo e anche a quelli che aspettano gli aggiornamenti delle altre storie in corso ma, per svariati motivi personali che non sto qui ad elencare, ho pochissimo tempo a disposizione per mettere a punto e nei limiti della decenza i miei scritti. Scrivo tutte le volte che posso e mi ritrovo spezzoni di storie da dover "incollare" e inserire bene nei contesti da me inventati, quindi è un gran casino xD
Il capitolo non è granché, ma avendolo portato a compimento mi ritengo comunque soddisfatta.
A presto e buona lettura.

Kim NaNà



Maremoto per Usagi. - Parte seconda -
 
Cos’era successo?
Usagi continuava a porsi la domanda, girandosi e rigirandosi nel letto, senza trovare pace. Se rifletteva con calma, forse avrebbe scoperto perché quella bella giornata era finita così male. Mamoru era stato tanto tenero… solo per gioco! Non aveva dubbi su questo. I suoi baci erano così dolci, le aveva anche detto di essere felice, le aveva fatto dei complimenti, detto delle cose carine, era diventato più passionale… l’aveva persino accusata di essere troppo prudente! Ma dopo?
Bruscamente, senza alcun preavviso, sentì un dolore acuto alla testa. Sussultò e si portò una mano tremante alla tempia.
Era il momento? Sarebbe stato in anticipo, ma in un caso come il suo, lo specialista non poteva precisare il giorno fatale. Si alzò e si infilò una vestaglia. Lo specchio le rivelò il suo pallore, gocce di sudore le imperlavano la fronte.
Un dolore lancinante la trafisse di nuovo. Si mise a camminare su e giù per la cabina. Non riusciva a stare sdraiata, ma muoversi acuiva il suo male. Le compresse che aveva preso non le avevano fatto alcun effetto e continue fitte, sempre più terribili, l’affliggevano.
Forse… dovrei chiamare il medico di bordo. Si disse mentre si poggiava, tremante, su una poltrona. Guardò la sveglia: segnava l’una di notte. Rinunciò. Se era la fine non c’era più niente da fare e allora perché disturbarlo?
Il ricordo doloroso della scena svoltasi sul ponte si univa alla sofferenza fisica. Per dimenticare il dolore che non le dava tregua, decise di ripercorrere con la mente il dialogo avuto con Mamoru, per cercare di scoprire la ragione del loro diverbio.
«Gli ho detto che non credevo al vero significato della sua proposta.» mormorò fermandosi davanti allo specchio. «E continuo a crederci. Se mi fossi offerta a lui, avrebbe rifiutato.»
Usagi era certa di quello. Ma da dove veniva la certezza? Non era diverso dagli altri uomini.
Perché? … Perchè? … Perché? Le parole la torturavano. Se solo avesse trovato la risposta a quella domanda…
Poi rifletté su quanto era successo dopo la frase di Mamoru: Tutti gli uomini sono di quel genere. Aveva affermato che lei lo sapeva da molto tempo. Questo le ricordò un’altra frase, lui la credeva più grande di quanto fosse realmente.
«È come se mi confondesse con qualcun’altra.» disse a voce alta. «Ma è ridicolo, ovviamente…»
Si allontanò dallo specchio, ricominciando a camminare. Si aspettava di cadere da un momento all’altro… aspettava l’oscurità più profonda ed inesorabile che l’avrebbe avvolta, per portarla verso la sua fine.
Domani mi ritroveranno e la notte seguente a quest’ora… pensò.
Rabbrividì con violenza. Il sudore le imperlò ancora la fronte. Si asciugò il viso con un fazzoletto e si rese conto di avere le mani gelate. Le riscaldò sotto il getto dell’acqua calda e, senza quasi accorgersi di quel che faceva, se le asciugò e ripiegò con cura l’asciugamano, rimettendolo al suo posto. Lo fissò, chiuse gli occhi, lo fissò di nuovo. Si sentiva prossima a svenire, ma sapeva che, se si fosse lasciata andare, non si sarebbe più svegliata. Doveva resistere…
Forse dovrei farlo… si disse. Pensò a Mamoru, lo aveva perso per sempre senza conoscere neanche la motivazione, giacché credeva di non aver fatto nulla che potesse averlo contrariato. Il modo sgarbato con cui l’aveva lasciata dimostrava comunque che lui non provava le sue stesse emozioni e che il suo era un amore non ricambiato.
Meglio così… non soffrirà quando… quando accadrà quel che accadrà… Pensò ancora.
Il dolore scomparve a poco a poco, ma Usagi continuò a misurare a grandi passi la cabina, con un’idea fissa per la testa: come avrebbe passato i suoi ultimi due mesi?
Poteva lasciare la nave a Rio, le sarebbe rimasto denaro a sufficienza per prendere un aereo diretto a Tokyo, visto che aveva previsto di partecipare ad alcune escursioni durante gli scali successivi in California, in Canada e in Inghilterra. Ma non avrebbe più avuto di che vivere, una volta tornata a casa.
«Avevo già preso in considerazione questa eventualità» mormorò, spazientita con se stessa, «e non era fattibile. Devo rimanere a bordo.»
 
Il mattino dopo era sul ponte alle sette e mezzo. Mamoru era in piscina con Motoki e Usagi, dopo aver salutato il giovane dai capelli biondi, andò via senza aspettare che Mamoru si accorgesse di lei.
Fece colazione sola con Kaede, mentre vide Mamoru accomodarsi al tavolo di Rei.
Era una cosa che accadeva spesso al mattino, cambiare tavolo e compagnia, poiché i passeggeri si svegliavano in ore diverse.
Kaede, notata la sua espressione, la guardò con simpatia.
«È finita?» chiese.
«Sì, Kaede. È finita.»
Non poteva evitare che le si leggesse negli occhi la tristezza che provava, ma aveva cercato di dare alla sua voce un tono superficiale. Poi aggiunse, per fermare la fantasia di Kaede e schivare domande personali: «Era solo un flirt. Nessuno dei due l’aveva preso sul serio.»
«Ben detto, mia cara!» Approvò la donna con la sua solita sincerità. «Però io so che tu ci hai lasciato il cuore. Ne abbiamo parlato, ricordi? Ti avevo persino detto che Mamoru avrebbe finito per innamorarsi di te.»
Usagi si umettò le labbra e assunse un tono disinvolto.
«Non ho mai detto che fosse una cosa seria.»
«Mah… ad ogni modo, è un vero peccato. Formavate la più bella coppia di tutta la nave.»
«Grazie, Kaede.» Disse Usagi, senza poter trattenere un sorriso. «Mamoru è senz’altro l’uomo più affascinante che ci sia a bordo, ma io non sono certo la più bella.» Guardò furtivamente Rei Hino, bellissima in un prendisole dai colori fiammanti.
«Finirai per farle un buco in pieno volto, Usachan cara! Non darti troppe pene, quella Hino non ha nulla in più di te, solo qualche vestitino molto sexy… Ma bando alle ciance… cosa hai intenzione di fare, stamattina? Ti andrebbe di partecipare ai giochi che hanno organizzato sul ponte di passeggiata? Ci saranno molti premi per i vincitori… andiamo, ragazza mia! Ci divertiremo!»
Usagi acconsentì e arrivò sul ponte a giochi iniziati. Per quanto fosse imbranata e pasticciona, era riuscita ad arrivare in semifinale nella gara delle piastrelle. Fu la prima ad esserne sorpresa, dato che aveva fatto quel gioco solamente tre volte, due con Mamoru che l’aveva battuta con estrema facilità. Si ritrovò vincitrice della semifinale ed il giorno dopo si trovò di fronte l’ultimo avversario: Rei.
Fu immediatamente sicura della sconfitta.
Mamoru era tra gli spettatori e si morse un labbro immaginandolo tra i sostenitori della bellissima Hino.
Invece vinse… e proprio Mamoru fu il primo a complimentarsi.
«Brava, Odango Atama! Bella partita!» le gridò.
«Non chiamarmi in quel modo! E comunque… grazie. La mia è stata solo fortuna.»
«Per niente! Che ne direbbe di una tazza di caffè, come premio ulteriore?»
Sorpresa per l’invito, esitò. Poi scacciò ogni dubbio scuotendo appena il capo e rispose: «Con grande piacere, Mamoru. Dove andiamo?»
Usagi si voltò verso Kaede che le era al fianco e sorrise.
«Complimenti, mia cara!» disse la donna, gettando un’occhiata cattiva a Mamoru. «Così, me la porti via? Divertitevi. Ci vediamo in giro.» e si allontanò.
Usagi alzò timidamente gli occhi su Mamoru e disse: « Se vuoi, possiamo andare vicino alla piscina.»
«Volentieri.» rispose lui, indicandole la direzione con un gesto della mano.
Parlarono entrambi con estrema calma e formalità, ma quando furono seduti ad un tavolo un po’ in disparte, Mamoru si chinò verso di lei e, con tono volutamente impersonale, disse: «A proposito dell’altra sera, Usako, non potremmo riprendere la conversazione proprio dal punto in cui era prima che me ne andassi?»
Né dispiacere, né scuse. Mamoru parve solo un po’ teso.
Di nuovo, Usagi ebbe la sensazione di essere in parte attratta da quell’uomo, mentre qualcos’altro le diceva di opporsi a quell’attrazione.
Usagi credeva che Mamoru potesse sbarazzarsi di lei in qualunque momento, ma sentiva anche che c’era qualcosa in lui che lo spingeva a restargli accanto.
Quella complessità di sentimenti era sorprendente in un uomo come lui… eppure lei non era abbastanza sicura di sé per ritenere che fosse proprio il suo fascino ad attrarre un uomo dalla forte personalità come Mamoru Chiba.
«Suppongo, in effetti, che potremmo tornare indietro.» Mormorò lei, alla fine, senza gran convinzione. «Perché ti sei comportato in quel modo, Mamoru? Dimmelo. Voglio saperlo!»
«Non lo so…» rispose lui. Eppure lei ebbe l’impressione che lui le stesse nascondendo qualcosa.
Per tutte le lune! Cosa dovrei fare adesso? Si chiese.
La sola cosa ragionevole era quella di accettare quanto la vita le offriva. Se avesse avuto un futuro, forse la sua risposta sarebbe stata diversa. Era evidente che niente di definitivo poteva derivare dai suoi rapporti con lui.
Lei non poteva sposarsi e di sicuro lui non nutriva i medesimi sentimenti che erano ormai sbocciati nel cuore di Usagi.
Si strinse nelle spalle e si lasciò sfuggire un flebile sospiro. Si disse che non doveva pensarci più e che avrebbe dovuto approfittare al massimo dei preziosi momenti che le venivano offerti.
Donò a Mamoru uno dei suoi sorrisi più belli e con tono gentile disse: «Non importa, Mamochan. Non è una cosa davvero importante. Che ne dici di ricominciare da zero?»
Lui sorrise e lei si sentì pervadere da un’ondata di gioia.
«Usako… Usako.» Cominciò lui. «Sarà meglio cominciare dal caffè che ti ho promesso.»
Il resto della giornata trascorse in perfetta armonia. Presero il sole sul ponte vicino alla piscina, bevvero una limonata ghiacciata, ascoltarono un concerto nel Salotto della Princess.
Il pranzo fu delizioso e nel pomeriggio si fecero servire il tè accompagnato da pasticcini squisiti. Non smisero mai di parlare.
Prima della cena, si lasciarono andare per cambiarsi. Non era stata detta una sola parola sulla notte del loro litigio. Come se Mamoru avesse deciso di dimenticarlo completamente,  si ritrovò a pensare lei. E non aveva mai avuto, durante la giornata, né un’espressione sarcastica, né un’osservazione acida, né uno sguardo di disprezzo.
Ne concluse che si accontentava di quello che gli veniva offerto, così come faceva lei e che voleva trarne il maggior piacere possibile dal loro rapporto senza guardare oltre.
Quella sera si sarebbe tenuto un ballo in maschera. I passeggeri ne erano stati avvisati prima della partenza. All’inizio Usagi aveva deciso di non partecipare, poi all’ultimo minuto, Kaede le aveva portato un magnifico costume principesco che ricordava l’antico peplo greco. Bianco, dalle linee morbide, con decorazioni in oro sul petto e un fluttuante fiocco che le adornava la schiena.
Ne fu incantata e decise di indossarlo, acconciando i suoi lunghi capelli biondi in semplici odango che impreziosì con la corona che suggellava la regalità dell’abito.
Prima di uscire si guardò allo specchio e, nonostante si trovasse davvero molto bella, pensò di sembrare più grande di quel che realmente fosse e si domandò cosa ne avrebbe pensato Mamoru.
Quasi tutti i passeggeri, a cena, erano già in maschera, chi con costumi ridicoli, chi più serio ed elegante. All’arrivo di ogni nuovo travestimento i commenti e le risate si sprecavano. Sebbene cosciente del suo aspetto, Usagi non era preparata all’accoglienza che ricevette quando fece il suo ingresso nella sala, perfettamente decorata per l’occasione, con i cristalli e l’argenteria che scintillavano.
Mentre si avvicinava, aveva sentito il brusio delle voci e le risa dei commensali e, con il sorriso sulle labbra, aveva gioito in anticipo al pensiero dello spettacolo offerto dalla mascherine comiche. Ma quando apparve sulla soglia della grande porta a doppio battente e si diresse verso il suo tavolo, dall’altra parte della sala, fu accolta dal silenzio più assoluto. Non se ne accorse subito. Fece qualche passo, poi si guardò intorno, stupita di non sentire più l’allegro brusio e improvvisamente si rese conto che tutti gli sguardi erano concentrati su di lei. Si sentì terribilmente a disagio, ma si sforzò di non abbassare mai lo sguardo e raggiunse il suo tavolo, attenta a non incontrare gli occhi di nessuno.
Il cameriere, con premura, le scostò la sedia e la fece accomodare. Solo allora si guardò intorno e arrischiò un timido sorriso: lo sguardo di Mamoru era l’unico che voleva incontrare.
«Da mozzare il fiato!» esclamò Motoki.
Kaede gli fece eco.
«Lo sapevo, lo sapevo! Mia cara, quando sei passata tra i tavoli… mamma mia… eri la regina in persona, arrivata sulla nave dalla luna!» Dagli occhi della donna traspariva tutta la sua ammirazione.
«E tu come mi trovi nei panni della Marchesa di Pompadour?»
«Magnifica, Kaede!»
Poi Usagi si complimentò con Motoki per il suo costume da pirata e solo allora si accorse di Mamoru. Indossava un elegantissimo completo nero, la camicia immacolata delineava la sua figura alta ed atletica, il cilindro gli donava un aspetto imponente e regale e una rosa rossa spiccava sull’occhiello della giacca, mentre sugli occhi aveva appoggiato un mascherina bianca. Lei gli sorrise senza dire niente. Lui la guardava fisso, come se la vedesse per la prima volta… abbassò gli occhi intimidita, desiderando di avere la sicurezza della bella Rei Hino.
«Ben fatto.» le disse infine Mamoru.
Poi non le parlò più fino a quando non ballarono insieme. La musica era dolce e romantica, le luci tenui davano alla sala da ballo una sfumatura rosata e lui aveva tolto la mascherina dagli occhi.
«Sei bellissima.» le disse con la sua calma abitule. «Sembra tu sia nata per essere una principessa.»
«Oh, no. Non ho proprio nulla di regale…» ammise lei, nascondendo il viso sul suo petto.
«La regalità spesso è celata nell’animo delle persone…» constatò lui, stringendola.
Lei si abbandonò contro il corpo di Mamoru e si concesse la leggerezza di quella piacevole serata. Le parve di galleggiare, di essere avvolta costantemente in una soffice nuvola…
Qualche minuto prima della mezzanotte, vennero premiate le maschere più belle e rumorosi applausi accolsero Usagi, che vistosamente arrossita, venne condotta sul palco da Mamoru per ricevere il premio dal Comandante della Silver Millenium.
«Oh, Usagi cara! Ti abbiamo scattato delle foto incantevoli, così potrai ricordarti di questo momento per tutta la vita!» esclamò Kaede, abbracciandola.
Già… per tutta la vita. Pensò tristemente la ragazza, abbassando il capo. A Mamoru non sfuggì il cambiamento di umore di Usagi e, sorridendo, le prese discretamente la mano portandola sul ponte.
Il mare era calmo e con delicatezza la prese tra le braccia.
«Grazie per questa meravigliosa giornata.» Le disse, accarezzandole piano i capelli. «Però, adesso è il caso che ti lasci andare, Usako… Eri così pallida poco fa! Devi essere stanca…»
La voce era tenera e preoccupata.
Mamochan… sei davvero in pensiero per me o fingi di interessarti al mio stato di salute? Si disse Usagi, guardandolo di sbieco.
«Sono un po’ stanca, effettivamente.» disse lei, sorridendo. «Ti ringrazio anche io per questa deliziosa giornata…»
«È stato un trionfo per te!» esclamò lui, e negli occhi aveva una luce di orgoglio che riempì Usagi di gioia. «Eri il fuoco di tutti gli sguardi… e hai reso gelose tutte le donne!» Si misero a ridere insieme, mentre Mamoru continuò a farle complimenti, tenendo saldamente la mano di lei, facendola sentire forte e al riparo.
Restarai al mio fianco, Mamochan, quando sarà arrivato il momento? Se ci sarai tu non avrò paura…
«Non tremerò….» mormorò rannicchiandosi contro il suo petto. «Sarò più coraggiosa se mi terrai stretta tra le tue braccia…»
«Usako…» Mamoru l’allontanò un poco da sé e la guardò negli occhi. «Stai tremando… cos’hai?»
«Freddo.» Mentì lei. «Non ti sembra che si sia rinfrescato?»
Mamoru aggrottò le sopracciglia.
«Non mi pare. Sei stanca… o forse non stai bene? Anche se mi auguro si tratti solo di stanchezza…»
«Oh! Ma io non mi ammalo mai!» rispose lei, fingendosi allegra.
«Rientriamo!» ordinò lui, deciso. «A letto, ragazzina. E non ti azzardare a leggere…»
Parla come un dottore. Pensò lei, costatandolo nuovamente.
«Me lo prometti, Usako?» insistè lui.
Lei rise.
«Ti prometto di non leggere, Mamochan…»
«Sei una brava ragazzina ubbidiente.»
L’attirò a sé e le depose un tenero bacio sulle labbra. Poi le tenne la mano fin davanti alla cabina, e ancora una volta lei sperò ardentemente di avere l’appoggio di quella mano forte e calda al momento della fine.
 
L’indomani parteciparono tutti insieme ad uno spettacolo offerto dal team di danzatori presenti sulla Silver Millenium ed Usagi fu grata al cielo per l’allegra compagnia della quale le era stata fatta dono.
Avrò dei bei ricordi a cui pensare quando sarà giunto il momento… pensò.
«Accidenti! Ma quanti ballerini ci sono?!» Esclamò Kaede, prendendo posto al fianco di Usagi.
«Circa centocinquanta.» disse Mamoru.
Si sedette alla sinistra della fanciulla dagli occhi color cielo, il braccio intorno alla vita di lei, le mani che si incontrarono all’istante, l’intreccio che ne venne spontaneo.
«Balleranno tutti insieme sul palco?» domandò stupita la donna.
«Certo che no!» esclamò Motoki.
Kaede si lasciò andare ad un liberatorio sospiro.
«Che spavento! Temevo saremmo affondati per colpa di centocinquanta ballerini scatenati…»
Il gruppo rise allegramente e Kaede appoggiò la testa sulla spalla di Usagi, ridendo a sua volta.
Quando lo spettacolo fu terminato, Mamoru prese Usagi per mano e tutti insieme s’incamminarono lentamente verso la prua.
Kaede, che vigilava sulla coppia alla quale sperava di poter dare la propria benedizione, propose a Motoki e gli altri una partita a Bridge lasciando soli Usagi e Mamoru i quali  andarono sul ponte superiore, com’era ormai loro abitudine.
Lei stava per ringraziarlo per il tempo che le aveva dedicato, ma lui la precedette posandole una mano sulle labbra per farla tacere. Usagi sorrise. Lui la baciò, dapprima con dolcezza, poi sempre più con maggior impeto. Ad Usagi meraviglia la sensazione di incanto che Mamoru riusciva a donarle, ma un attimo dopo, con sorpresa e delusione, lui la respinse.
Era tornato. Il Mamoru freddo e distante del quale Usagi aveva paura, l’uomo controllato, imperturbabile, l’uomo di quella freddezza che, latente da ore, tornava di tanto in tanto in superficie.
Sospirò decisa a non lasciarsi turbare da quegli strani sbalzi d’umore, non poteva permettere al tempo di scivolarle dalle mani. Ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo avevano vitale importanza per lei. Mamoru riusciva a farla sentire in pace e l’aveva preferita persino alla bella Rei Hino. Lo guardò di sbieco, cercando di zittire il suo cuore.
«Pioverà?» chiese per rompere il silenzio opprimente che li circondava.
«Non credo.» Poi Mamoru alzò gli occhi: il cielo si era incupito e grosse nubi si muovevano davanti al sole. «Forse.» Si corresse. «Queste nubi non promettono nulla di buono.»
Il tono secco, la mano, posata sul braccio di lei, indifferente.
Usagi ricacciò con fatica una lacrima che le pungeva l’iride azzura e scosse appena il capo.
Quello che ti tormenta oggi domani sarà già passato. Si disse.
Usagi finse di trattenere a fatica uno sbadiglio e, inventando una notte insonne, disse di voler riposare prima dell’escursione nella città di Rio De Janiero.
Mamoru la guardò perplesso, poi sospirò appena e le accarezzò una guancia.
«Riposati, Odango Atama… nel primo pomeriggio faremo un giro della città.»
Usagi sorrise, felice. Era sempre un regalo passare del tempo con lui.
Mamoru l’accompagnò alla sua cabina e lei volle osservarlo mentre si allontanava. Le venne l’irrefrenabile voglia di abbracciarlo, di stringerlo forte a sé, senza parlare e di correre a nascondersi in camera sua, così, come presa da un improvviso desiderio infantile, risalì sul ponte e cercò Mamoru tra la gente.
Era lì che sognava ad occhi aperti il calore del corpo di lui, la melodia prodotta dai battiti del suo cuore, quando udì le voci di Mamoru e Motoki. Incuriosita si avvicinò piano, nascondendosi nell’ombra provocata dai nuvoloni neri che sovrastavano ormai l’intero cielo.
I due uomini appoggiati al parapetto discutevano con veemenza, ma la voce di Motoki era più chiara di quella di Mamoru.
«…È lei, ne sono sicuro!»
Mamoru rispose, ma Usagi riuscì soltanto a cogliere la parola dubbi alla fine della frase.
«È evidente» disse ancora Motoki. «Altrimenti non saresti…»
Il seguito fu sovrastato dal vociare di una famiglia che stava attraversando il ponte. Usagi voleva andarsene senza farsi notare e, soprattutto, senza farsi vedere da Mamoru che la credeva in cabina.
«…pazzia, Chiba-kun.»
Di nuovo la voce di Motoki. Dal tono sembrava stesse dando un consiglio fraterno all’amico.
«So che hai ragione, eppure…»
I due giovani si allontanarono e la loro conversazione si ridusse ad un mormorio.
«No, no! Non può essere! Quella conversazione non mi riguarda!» si disse Usagi, scuotendo il capo.
«Ma allora perché mi tremano le gambe?»
E vennero giù le lacrime che aveva taciuto, insieme a quei dubbi che nascondeva dietro ad un sorriso che pesava tonnellate di tristezza.

 

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Capitolo 9
*** Identità svelate ***


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Identità svelate

 

Il giorno seguente, dopo aver trascorso una mattinata nuotando e il primo pomeriggio guardando un film poco interessante, Usagi e Mamoru aspettavano i propri amici. Lei, nell’attesa, si ritrovò ad osservarlo: tratti decisi ed aristocratici, bocca ferma e decisa, occhi blu e profondi come il mare nel quale temeva l’avrebbero gettata alla “fine.” Sentendo lo sguardo posato su di sé, Mamoru girò la testa e i loro occhi s’incontrarono. Dopo un lungo istante, Usagi abbassò gli occhi arrossendo.
«Non ti stavo spiando.» Disse, timidamente. Afferrò una rivista e cominciò a sfogliarla. Per qualche minuto regnò il silenzio, poi lei osò un’altra occhiata da sopra l’orlo della pagina: il viso di Mamoru era calmo e disteso. Improvvisamente, la musica in sordina proveniente da un alto parlante tacque e la voce di un annunciatore cominciò a leggere le ultime notizie.

«…Lutto nel mondo del cinema. Questa mattina, in un grave incidente aereo, la famosa attrice Minako Aino ha perso la vita insieme ad altre novanta persone…»
Mamoru sussultò e si girò istintivamente verso la ragazza che lo guardò incuriosita. Aveva un’espressione incredula e stranita sul volto.
Allora Motoki si è sbagliato. Minako Aino non si trovava sulla Silver Millenium. Si ritrovò a pensare Usagi.
L’annunciatore, intanto, aveva cambiato argomento e la ragazza rivolse la sua attenzione a Mamoru che pareva scosso.
«Qualcosa non va?» gli chiese, solo per distogliere da sé quegli occhi blu indagatori.
Lui non rispose.
«Questa Minako Aino» riprese lei, «il giorno della partenza… ne parlavi con Motoki…»
«Davvero?» la interruppe Mamoru, brusco. «Cos’hai sentito di preciso?»
«Motoki diceva che era sulla nave, in incognito.»
«Sai a chi somigliava l’Aino, Usako?» chiese lui, apparentemente senza motivo.
«No. A chi somigliava? Non ti capisco, Mamochan…»
Mamoru esitò, poi scosse la testa. Sembrava stesse cercando le parole adatte.
«Non hai mai notato una certa somiglianza con te?»
Ci fu come un’esplosione tra i pensieri di Usagi e i suoi pezzi di puzzle andarono a posto.
«Somi… somiglianza co… con me?» Balbettò. «Tu… tu hai creduto che io…»
Lui annuì. Esitava ancora e la sua incertezza era sconvolgente.
Usagi non riusciva a credere che la si poteva confondere con la bellissima e sensuale Minako Aino.
«Usako…» disse infine Mamoru, «ho commesso un errore imperdonabile nei tuoi riguardi. Ti ho scambiata per quell’attrice, una donna con la quale non avrei mai potuto avere nulla in comune e con la quale non avrei intrapreso neanche una conversazione convenzionale…»
Le si era avvicinato e la guardava dritta negli occhi.
«Ora tutto si spiega.» Disse Usagi. «Ma… se non volevi interagire con me… con lei…» Si interruppe. Perché hai continuato a starmi vicino? Si chiese. «Potevi mantenere le distanze…» proseguì.
Uno strano sorriso si delineò sulle labbra di lui.
«Dimentichi che siamo allo stesso tavolo!»
«Dimenticarlo? Certo che non potrei dimenticarlo!» sottolineò Usagi, basita.
«Usako, ti confondi, ed è colpa mia. Volevo semplicemente dire che mi sarebbe stato difficile
mantenere le distanze, dato che eravamo obbligati a incontrarci almeno due volte al giorno.» Cercò di spiegarsi lui, accarezzandole una guancia.

Usagi si scostò, continuando: «Ma non era necessario che passassi anche il resto del tempo con me! Non capisco. Se non volevi avere nulla a che fare con l’Aino, perché dedicarle la giornata… a me, voglio dire.»
Tutto ad un tratto, le sembrò talmente tutto così ridicolo da essere sul punto di scoppiare a ridere. «Che confusione, Mamochan. È tutto così assurdo… anche se avrei dovuto capirlo e poi anche Motoki si comportava in modo strano con me.»
Mamoru cercò le mani di lei e le strinse.
«Perdonami, Usagi. Leggevo nei tuoi occhi quella confusione che devo averti provocato… Avrei dovuto capire che mi stavo sbagliando, ma non avevo prove che tu non fossi… Ho creduto subito alle supposizioni di Motoki… Che stupido…»
«Mi ricordo…» iniziò Usagi. «Una volta ho avuto la sensazione che tu mi confondessi con qualcun’altra. Ma era un’idea talmente assurda che non le ho dato molta importanza.»
«È stato senz’altro il giorno in cui ti ho accusata di essere una brava commediante…» chinò il capo, mortificato. «Usako, potrai mai perdonarmi, un giorno, per come ti ho trattato?»
Usagi aveva alzato una mano per farlo tacere, ma lui aveva ugualmente finito la frase.
«Ammetto che qualche volta mi lasciavi nell’incertezza e nello sconforto più assoluto… ma sei sempre stato meraviglioso per me…» Disse con sincerità, pensando a quello che lui significava per lei, a quello che aveva fatto inconsciamente. Tacque, consapevole di essere per lui un piacevole flirt.
«Meraviglioso» ripeté lui, aggrottando la fronte. «Sono stato un maleducato, antipatico e scontroso… di proposito. È già tanto che tu non mi abbia mandato al diavolo…» constatò, Mamoru.
«Ma cosa dici? Ci tengo molto alla tua amicizia…» mentì. «Ora ho capito tutto, ricordo di aver sentito Motoki parlare di Minako Aino, dei suoi viaggi in incognito, del suo recitare la parte della ragazza ingenua per non farsi riconoscere…»
Mamoru comincò ad osservarla, divertito.
«Esattamente. E tu sei una ragazzina ingenua. Non protestare, ti prego, e non cambiare mai.»Lei arrossì. «Quindi, corrispondevo perfettamente alla vostra idea?»
«Sì, ma avrei dovuto capire.» Disse lui, scuotendo la testa, irritato con se stesso. «Sono stato cieco.»
«Mamochan... Non tormentarti.» Supplicò lei. «Non ha più importanza!»
«È sempre importante quando si ferisce qualcuno ingiustamente.» Proseguì lui serio. «Per questo voglio davvero scusarmi con te...»
«Sei scusato, Mamochan... e poi, guarda, io nemmeno ci penso più.»
Lui la guardò con una strana espressione sul volto. «Sei una bella persona, Usako... Anche se non volevo ammetterlo... Io...» Si interruppe, vedendo Motoki avvicinarsi.
«Ecco... io ho saputo dell'incidente di Minako Aino. Ehm... sono davvero dispiaciuto... ero sicuro di quel che dicevo...»
Usagi scosse le mani, sorridendo con un po' di imbarazzo dipinto sul volto.
«Non preoccuparti, Furuhatakun. Mamoru ed io ne abbiamo parlato ed è tutto chiarito, adesso.»
Motoki spalancò gli occhi: «Mi state dicendo che non avete litigato?»
Usagi sorrise ancora. «Certo che no! È stato un errore comprensibile da parte di Mamoru e anche tua.»
Mamoru guardò Motoki: «Non fa che trovarci delle giustificazioni, questa testolina buffa.»
Risero tutti, mentre i due uomini continuavano a scusarsi. Poco dopo, Usagi restò nuovamente sola con Mamoru, ma non riuscì a farsi dare una risposta al suo più grande dubbio. Perchè Mamoru non aveva mantenuto le distanze da lei, nonostante credesse fosse quel tipo di persona?

Mentre tornava a casa, ricordò le volte in cui lui le sembrava combattuto tra il desiderio di starle accanto e l'improvviso disprezzo, il che spiegava i suoi atteggiamenti incostanti e volubili.Contro chi o cosa combatteva?
«Non può innamorarsi... non di me...» mormorò, chiudendo la porta alle sue spalle.

 

Nei giorni seguenti fu attenta al comportamento di Mamoru, sperando vivamente di non notare segni di innamoramento da parte del ragazzo. Non ebbe prove delle sue paure, così, quando giunsero alle Barbados, sentì di essere più serena. Riteneva di avere il meglio di tutto: amava Mamoru, lui la trattava con dolcezza ed era ormai convinta che, nonostante il dispiacere, lui non avrebbe provato dolore quando sarebbe giunto il momento.
Credeva che la vita fosse perfetta e sperava che le restasse almeno un altro mese per goderne ancora. I mal di testa la prendevano improvvisamente ed erano sempre più atroci, costringendola a mentire a Mamoru pur di restare in cabina.
La capitale delle Barbados, Bridgetown, era per lei una delle meraviglie della crociera e attendeva lo scalo con gioiosa impazienza.
Mamoru le aveva letto tutta la documentazione relativa esistente sulla nave e cercato di organizzare nel miglior modo possibile i quattro giorni che avrebbero passato lì.
Usagi fu ammaliata dallo splendore delle spiagge: la sabbia fine e bianca, l'acqua cristallina che si confondeva col colore del cielo, i pesci tropicale che le accarezzavano le caviglie... Le sembrava di essere in paradiso, con l'uomo migliore del mondo accanto.
Nel pomeriggio fecero il giro dei negozi. Lei cercava da tempo un regalo per Mamoru e aveva trovato una coppia di fermalibri d'avorio eleganti e graziosi, che acquistò non appena Mamoru le diede le spalle.
Tornati a bordo, mentre si salutavano per andare a cambiarsi prima di cena, gli consegnò il pacchetto, e più tardi, quando si ritrovarono in sala pranzo, lui la ringraziò per il regalo.
«Usagi! Non dovevi! Chissà quanto ti saranno costati, l'avorio qui è di estremo valore... Sono davvero belli. Grazie, li custodirò con estrema cura.»
Usagi allargò la bocca in un radioso sorriso. La confortava il pensiero che lui avrebbe avuto un suo ricordo...
Si accorse che Mamoru la stava ammirando, e arrossì appena. Aveva indossato un vestito di pizzo color crema, senza spalline, incorniciato da due orecchini a forma di luna calante impreziositi con delle perle. I lunghissimi capelli biondi, raccolti nei suoi ormai consueti odango, brillavano sotto la luce delle candele sistemate a centro tavola.
Quasi incuriosito da quella visione che aveva davanti, Mamoru le si avvicinò, mormorandole all'orecchio: «Sei incantevole, questa sera Usako... perchè non mi parli meglio di te, della tua vita... Mi piacerebbe sapere di più...»
Usagi tremò. Parlargli della sua vita? Poteva farlo? Come l'avrebbe presa lui?
L'arrivo improvviso di Kaede la salvò da quell’attimo di smarrimento.
«Ragazzi! Ben trovati. Vi siete divertiti oggi in spiaggia?» domandò, accomodandosi al tavolo.
«Tantissimo.» Si affrettò a rispondere Usagi.
«Oh, bene! Anche io... guarda qui, Usagi.» Kaede tese davanti a sé la mano su cui brillava un prezioso diamante.
Usagi sgranò gli occhi: «Tom? Si è deciso finalmente!»
Ebbero inizio una serie di allegre felicitazioni, furono ordinate bottiglie di champagne e le risa di tutti si confondevano in quel gioioso brusio che popolava quella che era diventata una festa di fidanzamento.

«È stata una meravigliosa.» Disse Usagi, più tardi, mentre ballava stretta a Mamoru. «Ed io l'ho vissuta... ho vissuto pienamente queste due ultime settimane.» Constatò con franchezza.
Mamoru l'allontanò un po' da sé per guardarla, le sopracciglia aggrottate. «C'è qualcosa di strano quando parli così, Usako.» disse.
Era una domanda, Usagi lo sapeva e si morse la lingua per aver pronunciato quella frase senza riflettere.
«Non lo faccio di proposito, Mamochan.» rispose, cercando di mantenere un tono allegro.
«Eludi la domanda?» insisté lui, serio.
«No... no. Perché dovrei?»
«Questo non lo so, solo tu puoi saperlo.»
Mamoru sembrava improvvisamente assorto in profondi pensieri e lei si rimproverò per la sua sempre presente sbadataggine. Un paio di volte gli atroci dolori di testa l'avevano colta in compagnia di Mamoru e, ogni volta, avevano dato adito ad una serie di domande pericolose, pronunciate con tono perentorio e quasi professionale. Senza alcun dubbio lui aveva notato il suo malessere e l'aveva osservata con attenzione.
Usagi aveva sempre mentito. Nessuno doveva sapere che la fine era vicina. Pensava diconfidarsi con Kaede quando avesse sentito la morte ormai vicina, ma il momento non era ancora giunto.
Per Usagi, Mamoru era tutto e lei era felice, senza angoscia che potesse raggiungerla.
«Usako...» La sua voce affettuosa la distolse dai suoi pensieri. «A cosa pensi?»
Usagi gli rivolse il suo miglior sorriso.
«Ci sono momenti in cui un uomo non dovrebbe fare una domanda simile ad una donna, Mamochan...» Scherzò.
«D'accordo, un punto per te.» Disse lui, ridendo. E sempre ballando, la condusse verso la porta.
«Bisogna assolutamente che ti baci.» Affermò, come spiegazione.
Le accarezzò piano la nuca, delineando la linea del suo collo. Gli occhi blu di lui si persero in quelli azzurrini di Usagi. Poi avvicinò la bocca a quella di lei, mentre sentiva il suo respiro farsi più corto. La baciò dapprima con delicatezza poi sempre con maggior passione, sentendo il corpo di lei aderire perfettamente al suo.
Si staccò da lei con il cuore che gli batteva all'impazzata, Usagi aveva gli occhi chiusi e lui sorrise mentre lei lo guardava impaziente.
«Se continui a guardarmi così dovrai ritenerti responsabile delle mie stesse azioni...» rise contro le sue labbra, prima di baciarla come mai prima di allora.

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