Alla rincorsa di un sogno...

di greatlerons
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Giovane e straniero. ***
Capitolo 2: *** Grandi campioni ***
Capitolo 3: *** Cambio di modulo ***
Capitolo 4: *** Piedi fatati ***
Capitolo 5: *** Amici e Rivali ***
Capitolo 6: *** Una nuova occasione ***



Capitolo 1
*** 1. Giovane e straniero. ***


Capitolo 1
Giovane e straniero.

-Tocca a te entrare!
L’allenatore Shnield glielo disse, inaspettatamente per lui, con un perfetto accento inglese e un sorriso ne seguì. Il calciatore che sotto la tuta di rappresentanza portava la maglietta numero 19, Matt, si alzò allora dalla panchina, pronto per sostituire l’attaccante infortunato a terra.
Matt Zure, ex-punta della squadra di serie B inglese del Sunderland, era arrivato in Germania solo due mesi prima, quattro gare tra le riserve senza giocare un solo minuto, una domenica era stato addirittura sbattuto in tribuna. Ma ora, finalmente, alla sesta giornata, era pronto per fare il suo esordio nell’Hannover 96.
Micheal Thorns uscendo in barella vide il giovane collega pronto per tastare finalmente l’erba del suo nuovo stadio, facendogli gli auguri con il pollice alzato. Quando Zure varcò la linea laterale per unirsi ai suoi compagni in maglia rossa, il pubblico di casa si ammutolì improvvisamente, quasi non approvasse la sostituzione appena decisa dall’allenatore Denny Shnield. In effetti pochi conoscevano questo nuovo acquisto, un giovane inglese di 20 anni, professionista da 3 stagioni, ma sempre nelle serie minori. Aveva accarezzato il sogno della Premier League l’anno prima, quando lo aveva acquistato il Newcastle, che lo riteneva una promessa del futuro, ma evidentemente con necessario bisogno di maturazione. Così era stato subito spedito in prestito al Sunderland, con prestazioni a corrente alternata e qualche goal.
L’obbiettivo della stagione dell’Hannover era ufficialmente la salvezza, anche se nessuno negava che con l’organico a disposizione di Shnield si sarebbe potuto aspirare a qualcosa di più alto. Le prime cinque giornate avevano regalato 8 punti: due vittorie, due pareggi e la sconfitta in casa del Dortmund alla terza.
Una folata di vento. L’erba sotto i piedi di Matt ebbe un brivido. Il capitano dell’Hannover, il norvegese Hansen, gli poggiò una mano sulla spalla in segno di fiducia, e quasi per tentare di bloccare l’inevitabile emozione per la prima gara in Bundesliga.
Zure scrutò allora i suoi avversari in maglia biancoblu, fissandogli negli occhi con aria di sfida. 40’ minuto del secondo tempo, e il tabellone segnava: Hannover 0, Hamburger SV 1.
Tra i pali della porta dell’Amburgo si ergeva il più grande portiere che Matt avesse mai sognato di battere, il fortissimo giapponese Benjamin Price. Il ragazzo si passò la mano tra i capelli castani, poi aggiustò i calzettoni, fissando ancora l’estremo difensore avversario e sapendo che aveva l’occasione d’oro per farsi conoscere nel mondo, segnandogli subito un gol all’esordio.
In quel momento il direttore di gara lo destò dai suoi sogni di gloria, tutto era pronto per ricominciare. L’Amburgo aveva appena restituito una rimessa laterale, dopo che i giocatori dell’Hannover avevano interrotto volontariamente la loro azione per consentire i soccorsi a Thorns, il miglior marcatore dei padroni di casa con 4 gol in 5 giornate.
Zure si mosse subito lungo la linea laterale per ricevere sulla rimessa del compagno Stone, ma l’anticipo del difensore lo obbligò a riconsiderare i suoi piani. Quindi l’esperto regista dell’Amburgo Strauss, alto, biondo e conosciuto da tutta la Germania per masticare sempre nervosamente uno stuzzicadenti durante le partite, una volta liberatosi di Hansen lanciò in avanti verso le punte. L’uscita in anticipo del portiere Dresher tranquillizzò la difesa dei Rot (in tedesco, i Rossi), ma il tempo stringeva e bisognava velocizzare il gioco. Rinvio sulla fascia sinistra, Price, portiere ma anche capitano dell’HSV, comandava come un elegante direttore d’orchestra le posizioni dei centrocampisti e dei terzini. Zure nel frattempo si era posizionato a destra, in attesa di un campo di gioco, mentre il trequartista, Frank Vettel, ormai diventato una seconda punta per la necessita di recuperare il risultato, agiva sul centro-sinistra. Un cenno d’intesa tra i due e una facile sovrapposizione. Sul cross teso dell’esterno di sinistra Franceschini, Zure tagliò al centro sfuggendo al difensore Ruhel, che lo aveva perso d’occhio solo per una frazione di secondo. Primo pallone toccato, al limite dell’area di rigore. Zure era mancino naturale, per cui stoppò la sfera di destro, appoggiandola elegantemente sul piede migliore, in modo da tentare subito la conclusione a rete.
Strada sbarrata, però. Lo stopper biancoblu gli si era parato davanti con fare minaccioso e nessuna intenzione di lasciarlo calciare. Matt accarezzò il pallone con la punta della scarpa sinistra come per tentare un difficile dribbling, quando si sentì improvvisamente chiamare da dietro le spalle.
Capitan Hansen, gran tiratore anche da fuori area, stava sopraggiungendo, Zure senza nemmeno guardare dove fosse il compagno, istintivamente appoggiò all’indietro di tacco. Hansen ebbe così la palla sul potente destro, pronto per esplodere.
Gran botta in corsa. Palla angolata verso il primo palo. Quasi imprendibile. Quasi.
“Non lo farai!” pensò Benji tuffandosi a sinistra e arrivandoci con il pugno teso. Splendido miracolo. Il pubblico dovette applaudire all’impresa dell’estremo difensore dell’Amburgo, ma anche alla geniale invenzione di Zure, con il bel suggerimento ad Hansen. Calcio d’angolo.
A battere i corner da destra era incaricato l’italiano Franceschini, perché poteva calciare di sinistro a rientrare verso il centro dell’area di rigore.
Cross morbido ad effetto, ma troppo sul portiere. Price bloccò in presa alta sventando l’azione. 180 secondi più recupero al termine e l’Hamburger SV poteva ripartire in contropiede. Strauss era padrone del centrocampo, grazie a lui la squadra poteva mantenere un modulo offensivo come il 4-3-3 anche i situazioni in cui il risultato doveva essere difeso, in modo da risultare sempre pericolosa. Non c’erano rischi che Strauss perdesse palla o che fallisse un passaggio. Con la coda dell’occhio il regista vide il terzino Beckett salire e sgusciare via a sinistra. Servito con preciso passaggio.
-Grande Strauss!- si complimentò il compagno pronto per ricevere il passaggio. Ma qualcosa si parò improvvisamente tra lui e il pallone, lasciandolo di sasso. Zure aveva ripiegato fino a centrocampo ed era intervenuto in anticipo su Beckett.
Il giovane attaccante appoggiò allora ad Hansen che aveva ormai Strauss alle spalle e proseguiva velocemente. Davanti al capitano, Zure era scattato a destra, Franceschini a sinistra e Vettel centrale: la difesa dell’HSV rimasta a tre dopo l’avanzata di Beckett era in inferiorità numerica. Con una buona rete di passaggi gli avversari sarebbero sicuramente riusciti a superarla. Benji Price, accortosi del rischio che correva la sua porta, decise che non c’era altro da fare che tentare la tattica del fuorigioco. Visto che la palla era ancora in possesso di Hansen, il più arretrato, si poteva tentare di cogliere in off-side sul suo lancio uno degli altri tre giocatori dell’Hannover.
Price intuì che il destinatario del passaggio sarebbe probabilmente stato Vettel, che si sarebbe tro vato nella posizione migliore per il tiro. E infatti poco dopo Hansen fece partire un traversone preciso sui piedi di Vettel. Il numero 10 stoppò con estrema facilità, ma il movimento dei due centrali avversari era stato fulmineo, sorprendendolo. Il guardalinee alzò immediatamente la bandierina, segnalando il fuorigioco.
“Benji Price è proprio come me l’avevano descritto!” pensò Zure “Non solo magnifico portiere, ma anche grande leader di tutto il reparto difensivo!” e questo gli diede inevitabilmente un po’ di preoccupazione “Ma il nostro obiettivo è quello di pareggiare e dobbiamo farcela! Il mister mi ha dato fiducia! Se lo tradisco sarà l’ultima partita che giocherò!”
Il tempo scorreva velocemente e l’Amburgo aveva ormai puntato tutto sul possesso-palla, un gioco di assoluto contenimento. Si arrivò al 90’, 3’ di recupero.
Micheal Thorns, che era a bordo-campo che riceveva le medicazioni dopo il suo infortuno, richiamò l’attenzione del giovane inglese –Forza, Matt! Siamo con te! Ma il 19 non aveva avuto molti palloni giocabili in quei pochi minuti, l’impresa appariva impossibile. L’Hannover non riusciva più a creare occasioni, poi all’improvviso, a meno di un minuto dal fischio finale, Stone in fuga sulla destra è atterrato all’altezza della tre quarti da un avversario.
Calcio di punizione.
Era l’ultima opportunità. Sicuramente una volta terminata l’azione l’arbitro avrebbe decretato la fine della partita. Hansen, il miglior tiratore dei padroni di casa, era sulla palla, ma la posizione era a dir poco proibitiva per una conclusione, lontana dalla porta e decentrata. L’unica soluzione era crossare a centro-area e sperare che qualcuno nella mischia di testa riuscisse a trovare la deviazione vincente.
Tutto l’Hannover ad eccezione del portiere Dresher e dello stesso Hansen era all’interno dell’area di rigore biancoblu. Una breve rincorsa per Frode Hansen, quindi il cross perfetto. La palla si alzò a pallonetto e scese proprio all’altezza del dischetto, dove il centrale in maglia rossa Reumann e il suo marcatore si trattenevano a vicenda per la maglietta. Saltarono entrambi nel mucchio di giocatori…
Nessuno dei due colpì la palla… Price era uscito dai pali e ancora con il pugno destro aveva rinviato appena fuori dall’area. Azione finita. Così sembrerebbe.
Zure era rimasto al limite perché non era molto alto e quindi non aveva molte speranze di segnare di testa, ma quel pallone che si stava dirigendo verso di lui era pareva una manna caduta dal cielo. Sapeva che Benji era fuori dai pali, ma solo di un passo e che poteva facilmente rientrare sul suo tiro se non avesse colpito di prima intenzione. Si lasciò lentamente cadere all’indietro con il busto, appoggiandosi sulla gamba destra e sollevando la sinistra, per colpire in mezza rovesciata.
Nessuno tra il pubblico si sarebbe aspettato un gesto tecnico del genere. Matt colpì il pallone di collo pieno, con la forza dosata necessariamente per far ricadere la sfera sotto l’incrocio dei pali. Price si trovò sorpreso, e dovette tentare un disperato colpo di reni all’indietro. Con il braccio sinistro proteso, il portiere dell’HSV riuscì appena a toccare il pallone, a deviarlo leggermente.
Tutti coloro che osservavano rimasero con il fiato sospeso, la palla non arrestò la sua corsa, scavalcò Price lasciandolo inerme mentre egli ricadeva rovinosamente sul prato… e andò maledettamente ad incocciare la parte bassa della traversa.
Traversa.
Non era gol.
Matt ancora non ci credeva, per un attimo aveva visto quella palla in rete. Il numero 3 dell’Amburgo si precipitò a recuperare la palla, rinviandola a centrocampo, precedendo il fischio finale del direttore di gara.
Era finita. L’Amburgo pur soffrendo un assedio finale aveva vinto ad Hannover per 1-0, decisiva la rete di Strauss al 23’ del primo tempo. Matt sbattè violentemente i pugni sull’erba. Questione di centimetri e avrebbe violato la porta dell’estremo difensore più forte del mondo.
Non si accorse che Price era ancora lì tra i pali, stupito, che lo guardava “Nemmeno Holly è riuscito a segnarmi al primo tiro, e quel ragazzo stava per riuscirci! Se non ci fosse stata la traversa, a quest’ora saremmo tornati a casa con un punto!”
Benji benedì quindi la fortuna. Zure, che aveva giocato solo 8 minuti, decise che non avrebbe mai rinunciato ad una rivincita. Il suo sogno era segnargli un gol e presto lo avrebbe coronato…

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Capitolo 2
*** Grandi campioni ***


Capitolo 2
Grandi campioni.


Mentre sul maxischermo del Hannover Stadium scorreva la classifica della Bundesliga, con l’Hamburger SV provvisoriamente solo al comando in attesa del posticipo Werder Bremen - Bayern Leverkusen, negli spogliatoi dei Rot era cupa l’atmosfera dopo la sconfitta. A termine delle interviste da parte della stampa, l’allenatore Shnield aveva ricevuto una improvvisa convocazione da parte del presidente della società.
-Il presidente non tollera il modo in cui arrivano certe sconfitte!- commentò Hansen uscendo dallo spogliatoio assieme a Zure, cercando di spiegare la situazione al nuovo arrivato –Ma ciò non toglie che oggi abbiamo giocato bene! Tu, a proposito: quella traversa di ha impedito di segnare a Benji Price! Lo avevi quasi fregato!
Matt sorrise appena.
L’Hannover aveva subito la seconda sconfitta in sei partite, la prima in casa. Era stato un inizio di campionato perfettamente in media per una formazione di centro-classifica. Due vittorie, due pari, due perse, anche se ancora nessun successo davanti al proprio pubblico, fatto che la critica aveva fatto pesare sulla squadra di Shnield.
Dresher e compagni fecero ritorno a casa senza l’allenatore. Matt Zure risiedeva in un modesto albergo vicino allo stadio, dove condivideva una stanza con il capitano Frode Hansen (28 anni) e Dario Franceschini (25), che anche loro provenienti dall’estero non avevano cercato una sistemazione fissa ma si erano accontentati di quel piccolo hotel, le cui spese venivano ovviamente pagate dalla squadra. Matt, 20 anni, per quattro mattine alla settimana frequentava una scuola universitaria inglese nelle vicinanze, per poi dedicarsi ai normali allenamenti nel pomeriggio.
Hansen e Franceschini erano stati senza dubbio i compagni con cui aveva subito legato di più, e ora che finalmente anche lui era sceso in campo, potevano dedicarsi tutti e tre a un vero e proprio commento della partita. Dario e Matt ne stavano già parlando da un po’, quando Hansen, che era stato richiamato al telefono non poco tempo prima, entrò in camera sorridente.
-Lunga questa telefonata!- esclamò Dario –Facevi prima ad andare direttamente in Norvegia dalla tua ragazza e poi tornare indietro!
-Scemo! Era il mister!- gli fu risposto –Ha parlato con il presidente e mi ha dato due notizie da riferirvi!
-L’hanno cacciato?- domandò allora Matt che credeva di aver intuito.
-No no, tranquilli!- disse invece Frode – Il presidente crede che nonostante la battuta d’arresto, la squadra abbia giocato bene e creato diverse occasioni da gol. Proprio per questo ritiene che sia d’obbligo d’ora in poi osare qualcosina di più rispetto all’attuale 4-4-1-1. Ha preteso dal mister di affrontare già la prossima partita con una formazione più offensiva, altrimenti lo manderà via.
-La prossima partita???- Dario restò allibito –Ma giochiamo fuori casa col Bayern!
Dario e Frode si guardarono come se ritenessero una pazzia la decisione del amministratore della società. L’F.C. Bayern Munchen era assieme all’Hamburger SV e al Werder Bremen una delle migliori squadre della Bundesliga, sicuramente la più titolata.
-Beh, ragazzi, non vogliatemene, ma io sono d’accordo con il presidente!- intervenne Zure.
-Sei diventato matto anche tu?- gli chiese allora Dario –O forse ce l’hai con Shnield perché ti ha utilizzato poco in questo inizio di stagione?
-Ma che c’entra!- esclamò scuotendo la testa il giovane inglese –Secondo me entriamo sempre in campo con uno spirito diverso a seconda dell’avversario che abbiamo davanti! Invece bisogna giocare sempre per vincere! E quindi condivido questa scelta non difensivistica!
Hansen alzò il pollice. Il ragionamento di Matt in effetti non faceva una piega. Giocando sempre troppo coperti difficilmente si può puntare alle zone celebri della classifica. Bisogna anche rischiare qualcosa ogni tanto.
-A proposito!- riprese il capitano –La seconda notizia è per te, Matt!
-Per me?- Zure non comprese subito.
-Già! Mi è stato riferito che è saltata la trattativa per il tuo prestito al Freiburg, il nostro presidente non vuole che tu sia ceduto! – gli disse Hansen –Contento di restare con noi anziché tornare in Serie B?
Non rispose subito, poi disse con noncuranza –Sarà per l’infortunio di Thorns! Non hanno altri attaccanti a parte me e Frank!
-Ti sbagli- ribattè il norvegese –L’infortunio di Thorns è meno grave del previsto e potrà giocare già contro il Bayern! Resti qui perché c’è estrema fiducia nelle tue possibilità!
La notizia aveva lasciato il ragazzo senza parole, fino a pochi giorni prima anche lui riflettendoci aveva pensato che era meglio per lui giocare in un team minore piuttosto che restare dove non poteva avere spazio per maturare. Gli era successo già in Inghilterra. Ora poteva finalmente dimostrare il suo valore in un “campionato che contava”.
Immediatamente fu distolto dai suoi pensieri perché i suoi due compagni lo aggredirono iniziando a grattargli la testa, in segno di festeggiamento per il mancato trasferimento.

La serata passò noiosa davanti alla televisione, e quando mancava poco alle 23, Zure cambiò canale passando alle notizie sportive. C’era una rubrica che parlava esclusivamente della Bundesliga.
“Nel posticipo di questa sera conclusosi da poco, il Werder Brema ha sconfitto il Bayer Leverkusen per 3 a 2. Straordinaria la prestazione del cannoniere del Werder, Karl-Heinz Schneider, che entrato dalla panchina, con una tripletta e un gol fenomenale ha ribaltato lo 0-2 del primo tempo!”
Grazie al successo sul Leverkusen, il Werder balzava in testa alla classifica con 16 punti in 6 partite, davanti all’Amburgo (14 punti) al Bayern (12 punti) e al Borussia Dortmund (11 punti). L’Hannover veleggiava a centro gruppo con 8 punti, tre in meno del Dortmund, ma solo tre in più della zona salvezza.
-Karl Heinz Schneider!- ripetè Hansen a occhi sgranati –Quello sì che è un vero fenomeno!
-Uno dei migliori giocatori professionisti!- sottolineò Franceschini –In tutto il mondo si sente parlare di lui!
-Già! E’ davvero grande!- esclamò Zure –Non ho capito perché il mister lo abbia addirittura tenuto tra le riserve nel primo tempo!
-Si vede che non voleva farlo stancare!- spiegò Dario –Mercoledì c’è la Champions League! Il Werder Brema di Schneider contro il Barcellona di Oliver Hutton!
-Ragazzi! Che partita magnifica! Già me la immagino!- Hansen era in delirio –Non dobbiamo perderla! Andremo allo stadio a vederla!

E infatti il mercoledì successivo tutto l’Hannover 96 era in trasferta a Brema per seguire l’incontro europeo tra Werder e Barcellona. Il biondo cannoniere tedesco contro il fantasista giapponese Oliver Hutton, detto Holly. I due giovani (23 anni) più conosciuti a livello internazionale si mettevano a confronto in una sfida infuocata. In tribuna, accanto a Matt e compagni mancava l’allenatore Shnield, che si era recato invece a Milano per seguire il match tra Internazionale e Bayern Monaco e conoscere meglio i prossimi avversari alle prese con una grande squadra italiana. Bayern, Werder e Amburgo erano le tre squadre tedesche militanti nella Champions League in quella stagione.
Alle 20.45 in punto, la partita di Brema ebbe inizio.
Squadre contratte, che si studiavano. Zure era esaltato per vedere questo bel confronto non solo tra due grandi squadre europee, ma anche tra due nazioni e due diverse filosofie di gioco. Il calcio tedesco a suo parere era più tattico e duro, molto simile a quello italiano, mentre quello spagnolo era basato di più sulla velocità, come era abituato anche lui a giocare in Inghilterra. La tattica del Werder convergeva senza dubbio sulla potenza fisica e atletica di Schneider, quella del Barça sui lanci precisi di Hutton.
-Un giorno anche io giocherò in Champions League e potrò confrontarmi con te, Oliver Hutton!- pensò Zure ad alta voce. Non era proibito sognare e lui lo faceva spesso. Anche lì, stretto in tribuna, muoveva velocemente tra i piedi un pallone.
Lancio lungo sulla destra. Il numero 7 del Werder aveva anticipato il terzino e aveva crossato al centro. Colpo di testa di Schneider! Rete!
Karl Heinz Schneider era andato a segno con una perfetta incornata che non aveva lasciato scampo al portiere spagnolo. Splendidi lo stacco e la scelta di tempo. Il pubblico applaudiva ammirato.
-Quando Schneider segna in casa è spettacolo non solo sul campo, ma anche in tribuna!- esclamò Daniel Schmidt, difensore e compagno di squadra di Zure.
Al 27’ del primo tempo il Werder conduceva quindi per 1 a 0 sul Barcellona. I blaugrana tentarono subito di reagire, gli arancioverdi contenevano. Sulla fascia sinistra avanzava l’uruguaiano Dos Santos, poi in orizzontale ecco il servizio per Hutton. Oliver riuscì facilmente a liberarsi del suo marcatore e si ritrovò al limite dell’area di rigore.
Mentre un altro difensore tedesco interveniva in scivolata su di lui, Hutton con un pallonetto morbido lo aveva scavalcato. Al centro c’era l’attaccante Fernando Vidal che colpì di testa, mettendo però fuori di poco.
-Peccato! Un ottima occasione!- disse Thorns.
-Grande giocata di Hutton!- gli fece eco Frode Hansen.
Si seguivano continui capovolgimenti di fronte. Al 40’ Schneider faceva tremare la traversa con un destro potentissimo, ancora immobile il portiere avversario. 3’ più tardi Hutton aveva invece dribblato in serie due giocatori del Werder, pennellata al centro ancora per Vidal che questa volta trovava l’angolo giusto. Lo stadio si ammutolì per qualche secondo. Le due squadre andavano a riposo sull’1-1.
Era stupendo vedere giocare Hutton e Schneider, spiccavano i loro numeri di alta classe facendo calare un velo d’ombra sui 20 restanti giocatori in campo.
13’ della ripresa. Schneider ricevette spalle alla porta e voltandosi si trovò di fronte proprio Hutton. Sarebbe stato uno scontro decisivo questo tra i due numeri 10.
L’attaccante del Werder tentò prima una finta a sinistra, poi una a destra, ma Holly rimase concentrato sulla palla senza cadere in errore. Quindi l’intervento decisivo in tackle del centrocampista nipponico lasciò stupito Karl.
Per la prima volta in quella partita il capitano casalingo aveva perso palla. Non ci fu tempo però per inchinarsi di fronte alla bravura di Hutton perché il pallone rilanciato era finito in una zona dove non c’erano calciatori spagnoli e la sfera era stata così rilanciata di nuovo in avanti verso l’area del Barcellona.
Questa volta Schneider fece prevalere le sue doti fisiche e superò il rivale in velocità, giungendo per primo sul pallone e pronto per calciare il porta. Nonostante la pressione di Hutton, il tiro del cannoniere fu preciso come sempre.
Imprendibile.
La rete si gonfiò per la seconda volta alle spalle del portiere blaugrana. Il Brema era tornato in vantaggio. Mentre i suoi compagni applaudivano Schneider, Zure rimase fermo a riflettere su come avrebbe mai potuto raggiungere o solamente avvicinarsi al livello calcistico dei due ragazzi che fino a quel momento lo avevano estasiato.

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Capitolo 3
*** Cambio di modulo ***


Capitolo 3
Cambio di modulo.


La settimana che conduceva l’Hannover alla sfida di Monaco di Baviera fu intensa e piena di lavoro. Matt si stava preparando a quella che probabilmente sarebbe stata la sua prima partita da titolare della stagione e non voleva deludere. Non riusciva però a smettere di pensare alla gara di Coppa dei Campioni a cui aveva assistito. Il Werder e il Barcellona avevano pareggiato per 2 a 2, con una doppietta del formidabile Karl-Heinz Schneider e un gol bellissimo da fuori area nel finale di partita di Oliver Hutton, rete da cineteca.
Ma c’era da pensare al Bayern, che veniva da una secca vittoria per 2-0 con l’Inter in Champions e non voleva perdere punti preziosi in classifica. Soprattutto c’era da pensare al suo portiere, Yury, che Zure avrebbe voluto battere. Dopotutto il suo sogno da quando era arrivato in Germania era quello di segnare un gol a Benjamin Price dell’Amburgo. Ma per riuscirci avrebbe prima dovuto dimostrare di saper battere gli altri due bravi portieri della Bundesliga, un gradino sotto Benji: Otto Heppner del Borussia Dortmund e appunto Thomas Yury del Bayern.
La partita tra Munchen e Hannover era in programma per sabato pomeriggio (uno degli anticipi della settima giornata, altre partite invece si giocavano come al solito alla domenica), nella calda ma ostile atmosfera dell’Allianz Arena.
Al termine della rifinitura di venerdì, con la squadra di Shnield già al completo in ritiro a Monaco, il mister convocò tutti i suoi giocatori negli spogliatoi per comunicare la formazione titolare.
-Ragazzi, da domani comincia per noi un nuovo campionato!- iniziò l’allenatore –Dopo la bella partita con l’Amburgo abbiamo capito che non ci possiamo accontentare della salvezza, e quindi proveremo a vincere anche contro una grande squadra!
I giocatori lo fissavano ascoltandolo in silenzio. Come previsto dopo i pareri espressi dal presidente, Denny Shnield aveva deciso di cambiare il modulo di gioco.
-Passeremo dal solito 4-4-1-1 a un più offensivo, ma sempre equilibrato 4-2-3-1. La scelta dei tre trequartisti dietro a un’unica punta mi è venuta in mente riflettendo accuratamente sulle vostre migliori caratteristiche.
Matt strinse il pugno con un pizzico di disapprovazione. Essendo lui non un trequartista ma un attaccante puro avrebbe preferito un modulo a due punte, per avere la certezza di essere titolare, invece era ormai sicuro che avrebbe giocato il più esperto Thorns e lui sarebbe entrato nel secondo tempo.
-Questa la formazione…
Silenzio rituale.
-In porta Patrick (Dresher)! La difesa a quattro sarà formata da due centrali, Timo (Kern) e Sven (Reumann), terzino destro giocherà Marcus (Ackermann), a sinistra invece Daniel (Schmidt)!
Il centrocampo era la parte più attesa, perché rappresentava la novità dopo il cambio di modulo.
-Giocheremo con due registi centrali più arretrati rispetto al solito, poiché invece quelli sulle fasce come già detto diventeranno dei trequartisti. A ricoprire il ruolo di regista saranno Lucas (Stone) e Frode (Hansen)! Davanti a loro e dietro all’unica punta, che sarà Micheal (Thorns), giocheranno Dario (Franceschini) a sinistra, Frank (Vettel) centrale, e Matt (Zure), a destra!
Matt credeva di non aver sentito bene –Come mister?
-Parti titolare, Zure!- ripetè con un sorriso il mister –Lo so che sei mancino e che hai sempre giocato da punta, ma voglio metterti a destra così potrai interagire spesso con Frank ed effettuare con lui diverse sovrapposizioni –spiegò accuratamente -Ho visto contro l’Amburgo che partivi spesso da destra tagliando al centro e in effetti ti mette meglio fare così sui lanci lunghi perché puoi girarti e concludere di sinistro di prima intenzione.
Matt quasi si inchinò davanti a Shnield –Non la deluderò, mister!

Teso per quella partita in cui avrebbe dovuto improvvisare la sua prima prestazione da titolare in un campionato così importante come la Bundesliga, Matt non riuscì quasi a chiudere occhio. Ma davanti ad un’occasione così, contro una squadra forte come il Bayern, non ci sarebbe comunque stato il rischio di addormentarsi in campo.
La mattinata del sabato volò e l’Hannover era già allo stadio di Monaco. Meno di mezz’ora al calcio d’inizio. Le squadre scesero in campo precedute dalla terna arbitrale. Il Munchen indossava una maglietta e i calzoncini color argento e tratti di rosso e nero, gli ospiti la solita divisa uniformemente rossa.
Il cronista della famosa rete televisiva tedesca annunciava le formazioni delle due squadre.

F..C. BAYERN MUNCHEN: 1 Yury; 3 Krug, 14 Wolf, 27 Davidson, 5 Alvarez; 7 Mendes, 18 Benitez, 8 Hartmann, 17 Scholz; 20 Weller, 9 Maciejewski. Allenatore Ryan Bailey.
HANNOVER 96: 1 Dresher, 2 Ackermann, 4 Kern, 5 Reumann, 15 Schmidt, 6 Hansen, 8 Stone; 19 Zure, 10 Vettel, 21 Franceschini; 9 Thorns. Allenatore Denny Shnield.

Ore 16,00.
Chiacchere a zero. Calcio d’inizio.
Hansen fu il primo a gestire il pallone, Franceschini scattò subito a sinistra. Servito. Con il modulo a tre trequartisti non si poteva far girare il pallone sulle fasce come con il centrocampo in linea, ma bisognava subito lanciare lungo a muoversi in velocità. Questo il capitano lo sapeva bene. I giocatori del Bayern, quasi sorpresi di questo atteggiamento così offensivo da parte degli ospiti, furono costretti subito ad indietreggiare. L’allenatore bavarese Bailey, inglese, nel frattempo fu stupito di vedere un giovanissimo connazionale come Matt Zure in campo dal primo minuto in Bundesliga. Non ne aveva mai sentito parlare.
Intanto spiovevano dalle fasce i cross per Thorns, anticipato dal bravo Davidson e da capitan Alvarez in due occasioni. Nel Munchen era da tenere d’occhio centrocampista cileno Benitez, sempre pungente con i suoi lanci e con un buon tiro da fuori, una sorta di Hansen del Bayern.
Proprio Benitez controllava in quel momento palla nel cerchio di centrocampo, scodellò a sinistra per Hartmann, e subito di prima al centro per il colpo di testa della torre Weller, che non impensierì l’attento Dresher. 3’ di gioco. 0 a 0, ancora nessun pallone per Zure sulla destra.
-Matt!- lo richiamò Stone da centrocampo mentre il portiere dell’Hannover si preparava per rinviare –Devi muoverti di più su quella fascia! Fatti vedere!
A centrocampo lotta dura, il Bayern con quattro giocatori in linea sembrava meglio disposto e inoltre aveva la bravura tecnica dalla sua parte, ma la grinta dell’Hannover dei primi minuti annullò la differenza. Finalmente Hansen rubò palla a Scholz, traversone immediato per Vettel, che improvvisamente si disinteressa del pallone spostandosi a destra. Davidson, che marcava il numero 10, fu ingannato dal suo movimento e così si aprirono gli spazi per la sovrapposizione di Zure al centro, che ricevette palla e puntò la porta. Conclusione secca di sinistro, rimpallata dalla schiena di Alvarez. I padroni di casa spazzano l’area, occasione sfumata, ma vivi furono i complimenti di Shnield a Vettel e Zure. Era quello il tipo di gioco imprevedibile che intendeva. Sul successivo lancio di Hansen, il difensore Davidson, sempre in stretta marcatura su Vettel, memore dell’azione precedente si spostò istintivamente verso Matt. Questa volta però a tagliare al centro fu Dario Franceschini dalla parte opposta, causando ancora una volta scompiglio tra gli avversari. Alvarez fu costretto ad uscire in scivolata su Dario, che un attimo prima però aveva servito sul destro di Thorns un assist perfetto. Thorns sfuggì al controllo di Krug, gran diagonale, che sfiorò il palo. Al 15’ del primo tempo il risultato non si era ancora sbloccato, ma il dominio assoluto dell’Hannover aveva già ammutolito l’Allianz Arena.
-Ma come diavolo stanno giocando?- domandò il capitano dei bavaresi Benitez, al compagno al suo fianco –Fino alla partita scorsa si coprivano e basta!
-EHI, NON STIAMO A GUARDARE! IMPOSTIAMO NOI IL GIOCO!- urlò dalla panchina il mister del Bayern.
Il Monaco provò allora a spingere di più sulle fasce, per costringere almeno uno dei tre trequartisti avversari a tornare ogni volta. Sulla destra però Mendez non saltava quasi mai il giovane Daniel Schmidt (21 anni) e quindi Franceschini raramente dovette dargli una mano. Dall’altra parte Hartmann non sembrava in giornata e Stone, quel giorno regista ma abitualmente esterno destro, gli chiudeva lo spazio con facilità. E così le ripartenze degli ospiti piombavano inesorabili sulla difesa avversaria: Vettel per una volta rinunciò alla sovrapposizione e si rese pericoloso in prima persona, Thorns gli venne incontro per ricevere il passaggio, e nel frattempo Zure da destra tagliò nuovamente al centro, questa volta in area, da prima punta. Frank fu lesto a servirgli il pallone morbido prima che il Bayern potesse far scattare il fuorigioco, Matt aspettò che la palla arrivasse precisa sul sinistro per incrociarla di prima sul palo più lontano.
Colpì al volo, senza pensarci due volte. Yury intuì da sul suo sguardo la direzione del tiro, e fu pronto con un tuffo da vero felino, respingendo in corner e negandogli la gioia della prima rete in Bundesliga. Matt si mise le mani nei capelli, non capacitandosi del miracolo che aveva appena compiuto il portiere bavarese. Ma nel frattempo l’Hannover aveva creato la sua seconda limpida palla-gol della partita.
Era anche grande sfida di nervi, tra i due allenatori. “Se non fai qualcosa prima o poi segniamo!” pensò Shnield fissando il collega avversario.
Bailey continuava da parte sua a incitare i propri giocatori e a predicare attenzione, ma dentro di sé non sembrava minimamente preoccupato “Ci basterà contenere e lasciarli sfogare come abbiamo fatto mercoledì contro l’Inter! Prima o poi il loro ritmo dovrà calare e coglieremo l’occasione giusta in contropiede!”
Si avvicinava la mezz’ora del primo tempo. I padroni di casa quando entravano in possesso di palla la gestivano bene, ma erano lenti e macchinosi nell’inventare una manovra offensiva, e l’Hannover non aveva corso fino a quel momento un solo pericolo. Al 30’ la prima vera mossa dell’allenatore del Bayern. Benitez arretrato davanti alla difesa, Weller spostato a centrocampo, per un modulo che passava da un semplice 4-4-2 a un insolito 4-1-4-1. -Questa sì che è bella!- commentava il telecronista –Adesso il Bayern sembra quasi voler proteggere lo 0 a 0!
“Ma che diavolo fanno?” si domandava curioso Shnield. Doveva esserci una contromossa nascosta in quella scelta tattica. Il Bayern non era certo una formazione che si difende quando gioca contro un avversario di centro-classifica, e per di più in casa.
E così erano ancora gli ospiti a fare la partita, con Yury miracoloso su Thorns al 34’ e ancora su Zure al 37’. Il giovane inglese ci aveva provato di testa su calcio di punizione di Hansen, ma la sua deviazione aveva trovato pronto il portiere ad alzare in angolo. Il Bayern rispose due minuti più tardi, con una conclusione da fuori di Benitez che Dresher parò in due tempi. Poca cosa. Il pubblico iniziava a rumoreggiare.
Al 42’ Ackermann, terzino destro dell’Hannover, rubò palla ad Hartmann che si stava avvicinando all’area di rigore.
Avendo un centrocampo più fitto, il Bayern poteva ora sfruttare un maggior pressing sui difensori. Un pressing che ebbe successo, poiché Marcus avanzò di qualche metro, poi pressato, sbagliò malamente il passaggio. Benitez si avventò come un avvoltoio sulla palla, mentre Weller tagliava a sinistra per occupare lo spazio lasciato libero da Ackermann. Splendido fu il servizio di Benitez per il compagno, che stoppò e guardò al centro. Essendo Ackermann tagliato fuori, toccò a Reumann occuparsi di Weller, il quale furbescamente attese l’arrivo dell’avversario per poi pennellare al centro.
Il numero 9, il polacco Macejewski, era marcato solo da Kern, ma poteva sfruttare a suo vantaggio i centimetri di altezza sul cross alto del compagno. Kern non potè far niente per impedire la conclusione a rete di testa, per altro da distanza ravvicinata, e Dresher si ritrovò sorpreso senza riuscire a coprire adeguatamente lo specchio della porta. La sfera si insaccò impietosamente sul secondo palo, facendo esplodere lo stadio. Come una beffa, Bayern in vantaggio.
“Lo sapevo che con un centrocampo ben organizzato prima o poi saremmo stati noi a colpirli” sorrise Bailey, il mister del Bayern “bastava solo sfruttare la prima occasione, ora possiamo tornare al 4-4-2, in contropiede saremo più velenosi!”
“Non meritiamo la sconfitta!” commentava tra sé e sé Denny Shnield, “Abbiamo dominato e quindi continueremo con questo modulo!”
“Yury mi ha negato la rete per due volte” pensò Matt “ma ora basta devo fare goal!”


[TO BE CONTINUED… Bayern Munchen 1 – 0 Hannover ‘96]

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Capitolo 4
*** Piedi fatati ***


Capitolo 4
Piedi fatati

“Lo sapevo che con un centrocampo ben organizzato prima o poi saremmo stati noi a colpirli” sorrise Bailey, il mister del Bayern “bastava solo sfruttare la prima occasione, ora possiamo tornare al 4-4-2, in contropiede saremo più velenosi!”
L’Allianz Arena, dopo una incredibile sofferenza di quaranta minuti, era stata ravvivata. Festoni da ogni parte dello stadio. Da qualche secondo la squadra di casa era passata in vantaggio grazie alla rete messa a segno di testa dalla torre Macejevski.
“Non meritiamo la sconfitta!” commentava tra sé e sé Denny Shnield, “Abbiamo dominato e quindi continueremo con questo modulo!”
“Yury mi ha negato il gol per due volte” pensò Matt “ma ora basta, devo fare goal!”
Nonostante la rete subita, l’Hannover volle subito dimostrare di non aver accusato il colpo. E gli ospiti cercarono di continuare a spingere in avanti. A un minuto dalla fine del primo tempo, Vettel trovò un corridoio centrale che gli permise di giungere fino al limite dell’area, prima di essere atterrato con un bruto intervento da parte di Krug, che costò a quest’ultimo l’ammonizione. Era una posizione favorevole per il capitano Hansen, anche se con Yury tra i pali, il Bayern appariva comunque ben protetto. Il portiere posizionò davanti a sé una barriera di quattro uomini, ai quali si aggiunsero anche Stone e Zure in segnale di disturbo. La parabola ad effetto di Hansen scavalcò la barriera per puntare poi all’angolino basso, ma l’estremo difensore del Munchen non solo riuscì ad arrivarci, ma anche a bloccare in un secondo tempo, evitando così un eventuale angolo.
Sul rinvio del portiere casalingo il direttore di gara dichiarò concluso il primo tempo. L’Hannover tornava così a riposo, con un parziale negativo, ma ancora nulla di seriamente compromesso.

-Peccato ragazzi, stavamo andando bene!- iniziò il mister degli ospiti negli spogliatoi –Comunque, nonostante quel gran portiere che hanno, vedrete che mantenendo il ritmo del primo tempo, un golletto glielo facciamo! E poi si vedrà… prima di tutto miriamo a pareggiare i conti!
Poi Shnield si voltò verso Zure –Matt, ti ricordi le sovrapposizioni che facevi prima con Frank? Ora alternati di più anche con Micheal- spiegò –Non dobbiamo dare punti di riferimento alla loro difesa, bisogna sempre essere molto mobili! E tu, Dario, spingi su quella fascia e vai spesso al cross. Sarà compito di Frode cercarti e servirti nel migliore dei modi.
L’italiano e il norvegese annuirono con il capo.
-Ragazzi, saranno forti, ma non imbattibili! Dimostriamoli quanto duri a morire siamo noi!
-Ha ragione! Impegniamoci a fondo e portiamo a casa un risultato positivo!- gli fece eco il capitano.

Dopo 15’di intervallo le due formazioni erano di nuovo in campo. Ryan Bailey, che non voleva correre rischi inutili, aveva deciso di effettuare una sostituzione, facendo uscire il già ammonito Krug, per un altro difensore centrale, il danese Bundgaard, numero 4.
Per l’Hannover invece aveva iniziato a scaldarsi il giovane trequartista arrivato dalla primavera, Daniel Hornig, che il presidente della società aveva considerato una promessa già a soli 18 anni, e quindi meritevole di un’occasione in prima squadra. Fu la prima volta che Matt si accorse della sua presenza. Daniel aveva passato già gli ultimi giorni di allenamento della settimana in compagnia della squadra, ma forse per il suo carattere un po’ timido non si era mai fatto notare.
-Evidentemente se il mister lo fa scaldare significa che ha delle buone qualità!- disse l’inglese ad Hansen. Ma nemmeno il capitano lo conosceva bene.
Nel frattempo però la gara ricominciava. L’Hannover ora cercava di sfruttare maggiormente la fascia sinistra, grazie ai lanci profondi di Hansen e Stone, e alla buona volontà di Franceschini, sempre puntuale. Sul primo cross al centro di Dario, Thorns non riuscì ad arrivare sul pallone, ma alle sue spalle sbucò Vettel liberissimo, ma impreciso, palla alta.
Bailey si infuriò con i centrocampisti per non aver ben controllato la situazione. Vettel con gli inserimenti da dietro negli spazi vuoti poteva essere molto pericoloso. Il cileno Benitez riorganizzò velocemente la manovra del Bayern, e sul suo lancio per poco non ci scappò il raddoppio. Complice un incomprensione tra Reumann e il portiere Dresher, l’attaccante di casa Macejevski era riuscito a frapporsi tra loro e concludere verso la porta sguarnita. Strepitoso il salvataggio sulla linea di Schmidt.

Dodicesimo del secondo tempo.
Franceschini scattava al solito sulla sinistra e Hansen lo serviva puntualmente. Mentre i difensori si posizionavano all’altezza del dischetto del rigore e nei dintorni, questa volta Dario fece partire un cross basso e arretrato.
Matt colse l’invito arrivando dalla parte opposta e con una finta si sbarazzò di Hartmann, quindi puntò verso il limite dell’area. Gli si fece incontro il nuovo entrato Bundgaard. Senza guardarlo in faccia Matt lo evitò spostandosi la palla con l’esterno destro, quindi con il sinistro evitò successivamente anche Alvarez.
Nell’effettuare quest’ultimo dribbling si allungò leggermente il pallone. L’azione sembrava sfumata, ma non fu così perché Zure, che non si era mai dato per vinto, aveva deciso di concludere in scivolata.
Anticipando ancora una volta tutti, Matt raggiunse la palla, che impennandosi scavalcò il sorpreso portiere Yuri, ma stampandosi clamorosamente sul palo alla sua destra.
Ancora un legno, come con l’Amburgo.
Shnield maledì la sfortuna gettando violentemente una borraccia contro la parte esterna della panchina. Stavano dominando. Cosa si poteva fare più di così? Calmo, doveva rimanere calmo. Franceschini richiamò la sua attenzione, facendogli capire che dopo tutte quelle sgroppate sulla fascia, avanti e indietro, aveva ormai esaurito la benzina.
Denny allora avvisò il quarto uomo della decisione di cambiare. La sostituzione avvenne due minuti più tardi.
fuori n.21 Dario Franceschini
dentro n.37 Daniel Hornig
Hornig in primavera aveva giocato da trequartista sinistro o centrale, indifferentemente per lui. In questo caso avrebbe ovviamente preso il posto di Dario, quindi sulla sua fascia. Bailey si chiese il perché di questa mossa: far esordire in Bundesliga un ragazzo di 18 anni contro una squadra come il Bayern, in una situazione di svantaggio. Forse lo aveva fatto solo per confondere ancora di più le idee all’avversario, schierando uno sconosciuto per rendere maggiormente imprevedibile il gioco d’attacco. Poteva essere quello il motivo , ma dal dire (anzi dal pensare) al fare…
Un rischio… Solo un rischio era stata invece per Shnield quel cambio. Dopo che la sfortuna lo aveva colpito di nuovo aveva capito di non aver più nulla da perdere.

Diciannovesimo minuto. Hornig ebbe finalmente il primo pallone da giocare. Senza pensarci due volte con il destro, pennellò subito al centro per Thorns. Lancio lungo e difficile, ma preciso, che fece un’ottima impressione. Thorns non fu però altrettanto preciso nello stop, permettendo al portiere Yury di anticiparlo in uscita. Zure, che ancora non aveva imparato bene il tedesco, si sbracciò dalla parte opposta per farsi notare da Hornig come per dirgli “La prossima palla lanciala a me!”
Daniel fece cenno di aver capito con il pollice alzato. Il ragazzo sembrava già aver superato la timidezza iniziale, e quell’inglese che lo aveva visto giocare appena da pochi minuti, gli aveva subito dato fiducia.
Così Daniel lanciò Matt sulla destra alla seconda occasione. Zure effettuò un esemplare stop di petto a seguire, evitando per l’ennesima volta il fastidioso Hartmann. Applausi dal pubblico avversario per i due giovani dell’Hannover, addirittura. Matt rientrò verso il centro con un altro dribbling secco ai danni di Alvarez, il quale però lo sbilanciò trattenendolo leggermente per la maglia, facendogli perdere l’equilibrio. Il guardalinee segnalò immediatamente il fallo e l’arbitro decretò il calcio di punizione dal limite.
Frode Hansen sistemò accuratamente il pallone mentre Yury disponeva la barriera e Shnield in panchina quasi pregava. All’improvviso qualcosa di insolito. Hansen era abituato a restare solo a concentrarsi sul punto di battuta a tutte le punizioni: questa volta gli si avvicinò invece il nuovo entrato Hornig. Ci fu un dialogo svelto tra i due, e poi la decisione incredibile del capitano di lasciare al compagno l’incarico del tiro.
Daniel prese una breve rincorsa, partendo da destra rispetto al pallone per poi colpire probabilmente di sinistro a girare morbidamente sul primo palo. Calciò invece forte e di esterno, sicuro di sé.
La palla pizzicata con lo stile dei grandi campioni si mosse subito verso il palo più lontano per Yury, che fece due passi verso sinistra, accorgendosi in ritardo che la sfera carica di effetto aveva cambiato direzione, spostandosi definitivamente verso quello che era il suo palo. Yury aveva sottovalutato quel tiro e si era fatto ingannare. Cercò di rimediare tuffandosi di nuovo alla propria destra, allungando le braccia.

Ma era in ritardo. Troppo in ritardo.
RETE!
Hornig si lasciò cadere all’indietro sull’erba dell’ammutolita Allianz Arena, nascosto e sommerso poco dopo dagli abbracci dei compagni. L’Hannover al 24’ della ripresa aveva finalmente raggiunto il meritato pareggio.
Daniel Hornig dopo 10’ dal suo esordio nel massimo campionato tedesco, con i suoi piedi fatati aveva già violato la rete di un grande portiere.
Matt lo invidiò per un attimo, ma poi pensò che “i propri sogni non si confrontano con gli altri, ma solo con sé stessi”.
La partita riprese all’insegna dell’Hannover. La squadra di casa era rimasta sotto shock dopo l’improvviso ritorno in gara degli avversari, che ora puntavano ad una clamorosa vittoria. Bailey dalla panchina gridava, si sbracciava, si infuriava, aveva terminato i cambi inserendo anche una terza punta. Se il Bayern avesse mancato la vittoria, si sarebbe allontanato dalla testa della classifica.
E così si aprivano grandi varchi in contropiede per i Rossi do Shnield, con gli esterni difensivi Ackermann e Schmidt che salivano addirittura fino a crossare, mentre al centro Vettel e Thorns cercavano la rete della vittoria.
All’Hannover-Show preseso parte anche Zure, con un sinistro dal limite a girare alzato in angolo dal solito Yury, e Hansen, con un altro tentativo da lontano sventato da una capocciata di Alvarez.
Il tempo passava e la spada di Damocle sulla testa del Bayern Munchen sembrava sul punto di cadere inesorabilmente.
Ma questo risultato che non si sbloccava pareva la replica del primo tempo. L’allenatore dell’Hannover predicava comunque prudenza, perché gli avversari non erano ancora, in gergo calcistico ovviamente, morti. E al 36’ un brivido per Dresher, quando Macejewski da due passi ben servito e in posizione regolare, causa un errore di Reumann nell’uscire sul fuorigioco, spediva imperdonabilmente alto. Forse un segno, un segno del destino che la partita doveva concludersi in un altro modo.
Due minuti più tardi, Thorns, un po’ in ombra fino a quel momento, riuscì a ricevere e controllare spalle alla porta, Zure gli chiamò il triangolo scattando a destra e lui approvò l’idea. Uno-due magico e il difensore era stato superato. Micheal ora puntava la porta quasi senza ostacoli, e da esperto attaccante qual era, costrinse Alvarez ad un intervento disperato per fermarlo, all’interno dell’area.
Un fallo bruttissimo. Si temeva il peggio per Thorns dopo l’infortunio subito contro l’HSV. Shnield aveva già chiamato gli uomini del pronto intervento con la barella, ma il numero 9 si rialzò facendo segno che non era nulla di grave. Sospiro di sollievo. Nel frattempo l’arbitro aveva inevitabilmente decretato il calcio di rigore ed estratto il cartellino rosso ai danni di Alvarez: espulsione da ultimo uomo sacrosanta.

Daniel Hornig posizionò meglio la palla sul dischetto, la fissò come per entrare in sintonia con essa. Alla sua prima partita in campionato aveva ricevuto la fiducia dei compagni più anziani ed esperti, aveva segnato un gol e ricevuto l’incarico di calciare quel penalty. Ora non doveva tradirli.
Di fronte a lui il portiere titolare della nazionale tedesca Yury tremava. Le doti di quel ragazzo le aveva già vissute prima, a sue spese. Come avrebbe dirato adesso? Ad effetto? Angolando semplicemente la palla? E dove? A destra, a sinistra? In alto? In basso?
Daniel invece tirò forte e centrale. Talmente centrale che il numero 1 del Munchen, rimasto immobile davanti a tanta potenza, intercettò con il braccio. Ma talmente forte che nulla potè arrestare quel pallone, il quale si impennò leggermente, andando ad infilarsi sotto la traversa.
Delirio in campo. Silenzio sugli spalti.
A 6’ dal termine l’Hannover era in vantaggio a Monaco di Baviera. Inimmaginabile.
In 11 contro 10 negli ultimi minuti la squadra di Shnield non dovette fare altro che possesso palla. Poi il triplice fischio di gioia.
All’Allianz Arena: BAYERN MUNCHEN 1, HANNOVER 2

[TO BE CONTINUED...]

NOTE DELL'AUTORE
Ogni riferimento a fatti, persone o cose è puramente casuale.
Una curiosità per i più appassionati di calcio. Ieri sera (mercoledì 08/11/2006) a Monaco di Baviera l'Hannover ha sconfitto davvero il Bayern, ma per uno a zero (rete di Hustzi) risalendo dall'ultimo al quart'ultimo posto in classifica. In testa alla Bundesliga dopo 11 giornate c'è il Werder Brema con 23 punti.

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Capitolo 5
*** Amici e Rivali ***


Capitolo 5
Amici e Rivali


Lo stadio di Monaco di Baviera si stava lentamente svuotando sugli spalti. La formazione casalinga aveva appena ricevuto una incredibile batosta contro il più blasonato Hannover. L’allenatore dei bavaresi, Ryan Bailey, aveva scelto la via del silenzio-stampa. Se il Werder e l’Amburgo avessero vinto domenica, il Bayern si sarebbe allontanato dalle zone alte della classifica. Davanti ai giornalisti non negarono invece la propria presenza i giocatori festanti della squadra ospite. In testa a tutti Matt Zure e Daniel Hornig.
-Matt e Daniel, siete stati la sorpresa di questa partita, una ventata giovanile contro gli esperti veterani della difesa del Munchen!- si complimentò con loro il primo interlocutore della stampa.
-Mister… Mister…- gli altri giornalisti erano invece andati a caccia di Denny Shnield –Sarà felice di questa grande affermazione della vostra squadra!
-Non potevo chiedere di meglio ai miei ragazzi!- rispose il coach –Oggi abbiamo giocato in un modo impeccabile! All’inizio siamo stati anche sfortunati e fino all’ultimo ho creduto che la pur meritata vittoria non sarebbe arrivata! E invece ci siamo tolti questa soddisfazione!
-Mister Shnield, da dove l’ha tirato fuori questo grande talento che è Daniel Hornig?- gli fu chiesto poi.
-E’ un prodotto del nostro vivaio, vi giuro che mi sono stupito anch’io, ma ora che ha esordito in prima squadra può migliorare ancora di più, basterà stargli vicino e aiutarlo!
-E Matt Zure? Anche se non ha segnato ha dimostrato grande vivacità!
-Beh oggi giocava in un ruolo non proprio da attaccante! Credo che lo vedremo presto segnare, lui non vede l’ora di sbloccarsi!
-Un’ultima domanda! Secondo lei, questi giovani schierati così presto a confronto con i migliori talenti della Germania, non corrono il rischio di montarsi la testa?
-Non credo, lo sanno bene anche loro che il cammino è ancora lungo!

Matt si era fatto registrare la partita e quella sera riguardò più volte le immagini di quella sua prima gara da titolare, in campo per 90’. Il Bayern era passato in vantaggio con il polacco Macejewski al 42’ del primo tempo, ma l’Hannover aveva saputo reagire bene al gol subito e a rimontare con una doppietta di Hornig al 69’ su punizione e all’83 su rigore.
Quella domenica si giocarono le altre partite della settima giornata di Bundesliga. Andò tutto come previsto. Vittoria sofferta del Werder per 1-0 sul campo difficile di Stoccarda, rete di Schneider. Anche l’Amburgo, con una solida difesa, aveva mantenuto la serie positiva, sconfiggendo in casa per 2-0 l’Eintracht di Francoforte. Il Bayern aveva perso in classifica due posizioni a beneficio di Dortmund e Schalke, per una graduatoria che si presentava così dopo sette turni:

19 WERDER BREMEN
17 HAMBURGER SV
14 DORTMUND
13 SCHALKE 04
12 BAYERN MUNCHEN
11 BAYER LEVERKUSEN
11 HANNOVER

-Siamo momentaneamente al sesto posto!- aveva commentato Hansen, quella sera, in camera –A parer mio possiamo puntare a salire ancora più su!

Gli allenamenti che seguirono in quella settimana furono molto tesi. C’era l’euforia in casa Hannover dopo aver sconfitto una grande della Bundesliga e bisognava continuare su questo passo. La trasferta, seconda consecutiva, in casa dell’Acquisgrana di domenica, avrebbe potuto rappresentare la rampa di lancio verso le zone alte. Matt e Daniel Hornig, i due più giovani del gruppo, con il passare del tempo avevano instaurato un buon rapporto di amicizia, inoltre tra loro due sembrava esserci un’intesa particolare in campo. Durante la partitella del martedì avevano mostrato delle splendide triangolazioni e si cercavano ad ogni buona opportunità. Zure più lesto nei dribbling, Hornig più preciso nei lanci, ma alla fine, per una via o per l’altra, la palla arrivava sempre puntualissima sui piedi di Thorns, pronto per scaricarla alle spalle del portiere.

Una sera però, al ritorno dall’allenamento, Hansen fece un discorso strano che aveva lasciato Zure confuso. Frode aveva ricordato a Matt che anche se lui e Daniel erano diventati amici, restava sempre il fatto che giocavano entrambi da trequartisti, e probabilmente avrebbero dovuto lottare per un unico posto in squadra. Matt non vedeva quel problema, poiché, con il nuovo 4-2-3-1 inventato da Shnield, ci sarebbe effettivamente stato il giusto spazio per entrambi.
Il giudizio di Hansen però lo preoccupò non poco, tanto che Matt nei pomeriggi successivi, studiava non più solo il modo di giocare del nuovo compagno, ma anche gli sguardi dell’allenatore nei suoi e nei propri confronti, come per cercare di capire chi dei due egli preferisse.
Shnield si mostrò molto confuso, poiché dopo la vittoria di Monaco, aveva la grande responsabilità di scegliere e motivare una squadra che prima puntava solo a salvarsi, mentre ora aveva maggiori ambizioni (e non può essere altrimenti quando di trovi ad un solo punto dal Bayern dopo averlo sconfitto nello scontro diretto, per di più all’Allianz Arena).
Non rivelò quindi la formazione scelta fino a mezz’ora prima della gara con l’Acquisgrana. C’era grande attesa. Dresher era ovviamente confermato in porta, così come solita era rimasta la difesa.
-A centrocampo giochiamo con lo stesso modulo della settimana scorsa!- comunicò il mister negli spogliatoi dello stadio di Aachen –Lucas e Frode sono confermati come registi davanti alla difesa! Trequartista a destra giocherà Frank, centrale Daniel Hornig, e a sinistra Dario! Unica punta Micheal!
Matt abbassò la testa fissando il pavimento. Era accaduto proprio quello che aveva detto il capitano. Aveva perso il posto in squadra a beneficio di Daniel.

Le squadre poco dopo erano schierate in campo e Zure si accomodò mestamente in panchina. Shnield osservandolo comprese la sua delusione, ma non era preoccupato “Se un giocatore si arrabbia quando non gioca è positivo, perché vuol dire che ci sono gli stimoli e la voglia giusta” pensò “sono sicuro che capirà e si impegnerà ancora di più una volta in campo!”
E invece fu un pomeriggio da dimenticare per Matt.
L’esclusione aveva pesato più del previsto e non cambiò umore il bel gioco espresso dall’Hannover, soprattutto perché trascinato da un grandissimo Daniel Hornig. Il centrocampista diciottenne aveva servito due assist stupendi nel primo tempo a Thorns e Vettel, che non avevano potuto fallire quelle due facili occasioni. Il risultato si era poi arrotondato con una bella conclusione da fuori area di Hansen nella ripresa per un trionfante 3-0 finale.
Al 34’ del secondo tempo, a partita ormai chiusa, Zure era stato mandato in campo al posto dello stesso Hornig, giocando di nuovo a destra, con Vettel spostato centrale, ma non aveva saputo incidere, forse perché un po’ scosso psicologicamente. Solo un tiraccio dal limite facilmente bloccato dal numero 1 avversario per il giovane inglese. In pullman al ritorno grande festa, Matt però non riusciva ancora a sorridere. I risultati giunti dagli altri campi non poterono fare altro che aumentare la gioia dei ragazzi di Shnield. A parte la solita vittoria del Werder, che aveva passeggiato per 4-0 contro la matricola Magonza, fece notizia il pareggio del Bayern (scavalcato a questo dall’Hannover in classifica) a Berlino con l’Hertha, e soprattutto lo 0-0 dell’Amburgo sul campo dell’Energie Cottbus.

Nuova classifica:
22 WERDER BREMEN
18 HAMBURGER SV
17 DORTMUND
16 SCHALKE 04
14 HANNOVER
13 STUTTGGART
13 BAYERN MUNCHEN

Andò peggio in serata, quando Zure, in attesa delle convocazioni della nazionale Under 21 Inglese, si accorse di non essere tra i 23 prescelti dal commissario tecnico Smith. I suoi due compagni più giovani, Daniel Schmidt e Daniel Hornig erano invece stati convocati dalla selezione U21 della Germania. Come se non bastasse il mercoledì successivo per un leggero dolorino alla schiena Matt fu tenuto fuori precauzionalmente anche dalla trasferta di Coppa di Germania contro il 1860 Munchen. Le riserve, miste a ragazzi della primavera, dell'Hannover passarono il turno con un convincente 4-1.

Matt, rientrando nella sua stanza dove trovò Dario già addormentato (Hansen era in ritiro con la nazionale norvegese) capì che era giunto il momento di voltare pagina, non fissarsi sulla rivalità nei confronti di Hornig, e pensare soprattutto a invertire la cattiva tendenza per mostrarsi finalmente brillante agli occhi del suo allenatore. E la partita di campionato contro lo Stoccarda avrebbe potuto rappresentare per lui la giusta occasione.
Mancavano però ancora dieci giorni prima di quella sfida (c'era lo stop per gli impegni delle nazionali), e a Matt non restò di meglio che godersi le prestazioni internazionali dei compagni di squadra per passare il tempo. Venerdì sera era allo stadio di Gelsenkirchen in compagnia del mister Schnield per seguire la gara valida per le qualificazioni all'Europeo U21, GERMANIA-SVIZZERA.
Daniel Hornig era al suo esordio e partiva titolare, con il numero 11. Matt aveva già giocato due partite in passato nell'Under dell'Inghilterra, ma entrambe partendo dalla panchina e senza segnare. Il fatto che questa volta lo avessero addirittura tagliato fuori non lo aveva convinto, ma capì che doveva accettare il verdetto ed impegnarsi di più. Si voltò verso il mister: se solo gli avesse concesso una possibilità nella prossima partita!
La gara ebbe inizio e fu subito a senso unico. La Germania schiacchiava gli avversari in maglia rossa all'interno dell'area di rigore, un autentico assedio.
Hornig giocava da unico trequartista, era molto più libero di muoversi spaziando dietro le due punte. Al 22' un assist perfetto per il numero 8, Kiermann, il quale appostato in area calciò in corsa. Matt si immaginò al suo posto, con il pallone lì sul sinistro, per scaricarlo in porta con tutta la rabbia che aveva dentro.
GOAL!
Kiermann aveva segnato e Matt credette per un attimo di averla realizzata lui quella rete. Lui e Hornig insieme avrebbero potuto fare grandi cose. Occorreva solo un po' di fiducia da parte del loro allenatore, affinchè si convincesse a schierarli insieme, magari in un modulo a due punte e un trequartista, con Zure davanti insieme a Thorns. E invece...

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Capitolo 6
*** Una nuova occasione ***


Capitolo 6
Una nuova occasione 


E invece il mister Shnield alla vigilia della gara casalinga contro lo Stoccarda, valida per la nona giornata della Bundesliga, confermò il modulo vincente delle ultime due partite (Bayern e Acquisgrana). Tre trequartisti, Franceschini, Hornig e Vettel dietro a una punta, Thorns.
Matt capì che anche questa domenica avrebbe dovuto accomodarsi il panchina e cercare la sua ennesima occasione di riscatto solo a match iniziato. La partita era importante non solo per la squadra di valore che l'Hannover avrebbe avuto di fronte, ma perchè c'era voglia di poter dare finalmente una grande gioia al proprio pubblico.
Infatti la formazione di Shnield aveva avuto fino ad ora un andamento atipico per una squadra di Bundesliga. Quattro vittorie tutte in trasferta, nessuna in casa, dove aveva racimolato solo due pareggi contro Wolfsburg e Bochum. La supersfida di Monaco tra Bayern e Dortmund poteva essere un'occasione da sfruttare per l'Hannover in modo da migliorare ancora la propria posizione di classifica e sognare in grande.
Il Werder era invece impegnato contro l'Eintracht in casa, l'Amburgo avrebbe affrontato il Norimberga. Due gare sulla carta facili. Karl-Heinz Schneider inoltre tornava galvanizzato dalla stupefacente prova della sua Germania contro la Svizzera, 3-0 con una sua doppietta e un rigore parato da Yury.  
Calciando nervosamente una punizione, durante l'ultimo allenamento, Zure mostrò praticamente tutto il suo disappunto per la scelta del suo mister. Gli si avvicinò allora Marcus Ackermann, il terzino destro abitualmente titolare.

-Ti capisco, anche io sono stato escluso dai titolari di domenica!- esordì Marcus che aveva colto il problema senza che Matt gli dicesse nulla -Dopotutto essendo in tanti è normale ogni tanto restare fuori!
-Ogni tanto... - commentò Matt un po' scocciato -Io ho giocato una sola partita per intero quest'anno, contro il Bayern! Per il resto sono sempre stato in panchina all'inizio!

-Sono sicuro che il mister presto capirà che sta sbagliando a lasciarti fuori! Hai del talento!- gli disse allora il compagno per rinfrancarlo.

-Non è questo! E' che dopo la gara di Monaco, che ho giocato da trequartista, il mister con le sue scelte ha fatto praticamente nascere una rivalità tra me e Daniel, che è bravissimo e che stimo molto! Ma questa rivaltà non deve esserci, - spiegò Zure -io sono una punta! Io e Daniel possiamo tranquillamente giocare assieme!

-Forse hai ragione tu...

Nel frattempo si profilava il tutto esaurito per la gara con lo Stoccarda, con i tifosi dei Rot che sembravano aver ritrovato la fiducia nella propria squadra.

Domenica, Hannover Stadium.

Marco Kurz era l'incaricato di occupare il ruolo di Ackermann.

HANNOVER: 1 Dresher, 14 Kurz, 4 Kern, 5 Reumann, 15 Schmidt, 6 Hansen, 8 Stone; 37 Hornig, 10 Vettel, 21 Franceschini; 9 Thorns. Allenatore Denny Shnield.

STUTTGART: 1 Oswald, 2 Werner, 16 Gerber, 22 Opoku, 10 Nowak; 11 Matveev, 8 Schafer, 12 Hesse, 24 Fabio Paulo, 9 Bruns, 7 Vasileiou. Allenatore Dirk Mayer.

Il centrocampo degli ospiti in maglia bianca si schierava a rombo, con un regista di talento come il russo Matveev, e un fantasista dedito a svariare libero dietro le punte, il portoghese Fabio Paulo. In attacco il greco di seconda nazionalità cipriota Nikos Vasileiou, ex cannoniere dell'Olympiakos Pireo.
Calcio d'inizio, via alle danze.


L'Hannover puntava molto sui suoi trequartisti esterni avendo da superare un centrocampo teoricamente privo di uno possibile sviluppo sulle fasce. In realtà non fu così perchè i due terzini Gerber e Werner salivano spesso all'altezza della linea mediana, costringendo a coprire Franceschini e Vettel.

Al 4' subito un lancio illuminante di Matveev verso gli attaccanti. Kern fu anticipato di testa da Bruns, e Vasileiou si allungò in scivolata per approfittare della sponda del compagno e agganciare la sfera, ma fu anticipato dall'uscita efficace di Dresher.

Due minuti più tardi immediata la risposta dei padroni di casa, con un taglio perfetto da destra di Hornig a imbeccare al centro Micheal Thorns, che stoppò di petto, ma subì il rientro decisivo del suo marcatore, che deviò in corner.

Lo stesso Hornig si precipitò immediatamente nei pressi della bandierina, alla destra del portiere Oswald. Avrebbe battuto con il destro a rientrare, probabilmente sul dischetto dell'area di rigore. Frank si spostò invece sul primo palo, facendo segno al compagno.
-Tua, Frank!- Daniel colse il suggerimento.

Cross morbido, ad effetto, proprio su quel palo. Vettel e il suo marcatore, il numero 16, si tenevano per la maglietta a vicenda, si immobilizzarono l'un con l'altro. Un passo di Vettel indietro e Gerber si appese a lui per impedirgli di arrivare sulla palla. E il giocatore dell'Hannover si accorse di non poter arrivare a deviarla. Si lasciò cadere, mentre la sua maglia, allungata dalla presa dell'avversario, quasi si strappò. Un fischio tagliò l'aria.

L'arbitro indicò il dischetto. Calcio di rigore.

Dopo soli 8' la possibilità di andare in vantaggio si profilava per i padroni di casa. Il pubblico incitava a più non posso, mentre le proteste, peraltro ingiustificate, degli ospiti, si scagliavano contro il direttore di gara.
Matt si alzò dalla panchina assieme alle altre riserve e all'allenatore per seguire l'esecuzione del penalty. Micheal prese il pallone consegnatogli dall'arbitro, posizionandolo accuratamente sul dischetto. Tutti pensavano che dopo il successo sui calci piazzati di Monaco sarebbe stato Hornig l'incaricato del tiro. In effetti era stato il genio creativo del giovane tedesco a inquietare i difensori all'interno dell'area di rigore con il suo cross, l'astuzia di Frank aveva fatto il resto. Invece avrebbe tirato Micheal, pronto per incrementare il suo bottino di reti in campionato.
Shnield restò in silenzio e con lui tutto il resto dell'AWD-Arena.


Thorns prese la rincorsa, due passi decisi, poi una fitta, un dolore improvviso. Inaspettato. Calciò debolmente e centralmente. Oswald, quasi incredulo del regalo dell'avversario, si tuffò in avanti, bloccando il pallone.

Delusione sugli spalti. Micheal si coprì deluso il volto con le mani, disperandosi.

Shnield non fu per nulla convinto -C'è qualcosa che non va! Non l'avevo mai visto tirare in quel modo!

Il massaggiatore si alzò immediatamente e si affiancò al mister -Credi che si sia infortunato?

-Ha rallentato la rincorsa all'improvviso e non è riuscito a calciare bene!

Zure sentendo il discorso tra i due fissò l'allenatore, quasi come se stesse attendendo quel fatidico comando che non tardò molto ad arrivare.

-Matt, inizia a scaldarti!

Non se lo fece ripetere due volte. Scattò dalla panchina fino alla linea di fondo e poi indietro.

Intanto l'osservazione di Denny Shnield con il passare del tempo si dimostrava sempre più azzeccata. Thorns si muoveva lentamente e zoppicando. Non riusciva più a stoppare un solo pallone. Dietro di lui più veloce arrivava in corsa Vettel, ma la retroguardia dello Stoccarda riusciva quasi sempre a rubar palla e disimpegnare senza problemi. Inoltre il morale di tutta la squadra di casa aveva pesantemente risentito del rigore sbagliato. Improvvisamente ci furono più spazi per Fabio Paulo, il quale si fece pericoloso al 14' con un destro dal limite che Dresher tolse dall'incrocio dei pali, alzando in corner. Poi sull'angolo seguente lo stesso Fabio Paulo, mal controllato dai saltatori dell'Hannover, sbucò di testa e centrò la traversa.

Schmidt riuscì a spazzare l'area e il mister richiamò a se Micheal.

-Devo farti uscire? Non ti vedo più in forma!- lo disse come un rimprovero, ma in realtà era preoccupato per le sue condizioni.

-Mister, fa male...


Denny capì subito a cosa il giocatore si riferisse. Probabilmente gli si era riacutizzato il dolore muscolare all'inguine dopo l'infortunio avuto contro l'Amburgo.

E così al 18' venne il momento della sostituzione.

<---  9 Micheal Thorns

--->  19 Matt Zure

Matt entrò in campo concentrato. Il pubblico questa volta non accolse con disappunto la sostituzione, ma lui non badò a questo particolare. Aveva in mente la porta di Oswald. Solo la porta. Avrebbe giocato da unica punta come gli era già capitato nel Sunderland, doveva sfruttare al meglio i cross provenienti dalle fasce. In più avrebbe avuto anche l’assistenza di Daniel, che lo rassicurava.

Rimessa laterale per lo Stoccarda nei pressi dell’area dei Reds (così li chiamava Zure, inglese, paragonando l’Hannover alla formazione del Liverpool).
Vasileiou si mosse sulla fascia per ricevere il pallone, Hansen però intuì le sue intenzioni e riuscì ad anticiparlo e rilanciare. La palla ricadde all’interno del cerchio di centrocampo, dove Hornig e Schafer entrarono in contrasto per conquistarla. Il numero 8 ospite ebbe la meglio, ma Stone aveva fatto buona guardia e si era precipitato in aiuto del compagno ed era riuscito a sottrargliela.

Contropiede.

I centrocampisti in maglia bianca che erano avanzati in occasione della rimessa laterale ripiegavano velocemente, ma altrettanto spedita si sviluppava lamanovra dell’Hannover sulla fascia sinistra, dove Franceschini riuscì a sgattaiolare via in velocità superando il ghanese Opoku. Strada chiusa però, visto che Matveev, che rappresentava il vertice basso del rombo di centrocampo avversario, era rientrato a coprire al posto del difensore.

-Dario, cambia cambia!- gridò Shnield dalla panchina.

Franceschini capì cosa intendesse. E con un lancio lungo orizzontale cambiò gioco cercando Vettel sulla destra. Ma Vettel non era al suo posto. Aveva tagliato al centro e si era portato dietro al suo marcatore. Matt, intuendo l’intenzione dell’italiano, si era spostato a destra completando la sovrapposizione.
Difesa ospite improvvisamente in tilt. Cross mancino di Zure al centro, preciso per la testa di Frank, il quale però colpì in modo scomposto, alzando di poco sopra la traversa.

Mayer riorganizzò le posizioni dei suoi uomini e lo Stuttgart ripartì con un buon possesso palla, ma più vivace e meno macchinosa apparivano invece le impostazioni dei padroni di casa dopo l’ingresso in campo di Zure.
Matt era però sempre ben controllato dal capitano avversario Nowak, autentico esperto in fase di marcatura.

Al 25’ Kurz servì di nuovo Franceschini. Dario fece qualche passo, puntando Matveev e pronto per cercare un non facile dribbling. Il russo non cascò nella sua finta e Dario fu costretto a ripiegare all’indietro, consegnando palla a capitan Hansen. Hornig allora salì velocemente a sinistra e Hansen gli servì una palla perfetta. Senza pensarci due volte Daniel colpì al volo di sinistro verso in centro. Un traversone basso che aveva però tagliato fuori i primi due difensori. La palla si dirigeva all’altezza del dischetto, con Matt pronto a riceverla, ma Nowak non era minimamente intenzionato a farselo sfuggire.

L’attaccante inglese però si trovava più vicino alla sfera, sarebbe arrivato in anticipo, e l’unico modo per evitare l’intervento di Nowak era quello di calciare di prima intenzione.

E così fece. In girata con il sinistro spedì verso l’angolino più lontano e Oswald, che aveva fatto forse un passo di troppo in avanti si trovò come preso in controtempo senza riuscire ad arrivarci.


Goal!

Il cuore di Matt, forse,  perse un battito.

Ma l’incubo di non essere ancora riuscito a scrivere il suo nome sul tabellino dei marcatori di una partita di Bundesliga, che ora appariva scacciato per sempre, non impiegò molto per ritornare.

Il guardalinee aveva alzato la bandierina, indicando la posizione di off-side di Hornig al momento del lancio di Hansen e facendo presente al direttore di gara che la rete avrebbe dovuto essere annullata.

A niente servirono le proteste dei giocatori e del pubblico di casa.
“C’era fuorigioco!” ammise tra sé e sé Denny Shnield “Daniel si è mosso con un attimo di anticipo rispetto al lancio di Frode! Sono inesperienze che si

pagano, ed è normale per un ragazzo di 18 anni che si è appena affacciato alla Bundesliga! Del resto gli errori servono apposta per imparare!”


[TO BE CONTINUED… HANNOVER 0 – 0 STUTTGART]

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