If Madness Returns...

di Giuu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** We Can Run Away From Here, If You Want It. ***
Capitolo 3: *** The Little White Killer ***
Capitolo 4: *** The Poor and The Princess ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Salve, gente! Ecco qui la prima fanfiction seria di Bleach che io abbia mai scritto.
Non voglio spoilerarvi niente, quindi semplicemente vi dico due cose: è AU, forse qualche personaggio sarà un po' OOC, e ci sarà un nuovo personaggio.
È ambientata in una mondo "parallelo" al nostro, che ricorda molto una Londra ottocentesca. Non l'ho ambientato in un posto che esiste realmente perchè poi mi sarei ammazzata di seghe mentali per far combaciare tutto. Quindi, anche se siamo attorno al 1800, ci saranno cose che magari non c'erano.
Il nuovo personaggio è Yume. Il resto scopritelo da soli.

 
 

<< Yume Kiyokuro. >>
La ragazza alzò lentamente lo sguardo verso la donna che la fissava inorridita dalla porta di ferro. Con quei capelli neri che le coprivano gli occhi azzurri e la pelle estremamente pallida sembrava uno spettro.
<< Ha una... >> Orihime tentennò, passandosi una mano fra i capelli con fare nervoso. << Una visita. >> le piaceva il suo lavoro, ma odiava interagire anche minimamente con quella ragazza. Da quanto aveva sentito, si diceva avesse ucciso senza pietà i propri genitori.
La ragazza non rispose. Non parlava ormai da tantissimo tempo, rinchiusa in quella specie di prigione per pazzi "ancora salvabili", come amava dire il Signor Isshin Kurosaki.
<< Allora... A-allora lo faccio entrare. Venga. >>
Un ragazzo che Yume non aveva mai visto entrò dentro la sua "bellissima e accogliente" stanza. Aveva dei strani capelli arancioni, un'aria impacciata e le sopracciglia aggrottate. Lo trovò quasi buffo, con quella cartelletta in mano e il camice bianco. Era fuori luogo. Non sembrava per niente a suo agio.
Lui, dal canto suo, la guardava incuriosito. Quando il capo era fuori era lui a occuparsi dei pazienti, ma mai aveva avuto modo di interagire con quella strana ragazza.
Yume rise, facendo sobbalzare i due sulla soglia della porta.
<< Non sono qui per farle delle iniezioni. >> Ichigo si avvicinò, ignorando la richiesta dell'infermiera Inoue di allontanarsi dalla paziente che provava ad alzarsi malgrado la camicia di forza. << Posso aiutarti, se vuoi. >>
La ragazza lo squadrò, sistemandosi bene in piedi e mantenendo l'equilibrio con difficoltà. << L'ho sempre fatto da sola. >> la voce era bassa e in qualche punto era interrotta, ma tutti e due si stupirono per la sua melodiosità.
<< Puoi lasciarci soli, Inoue. >> Ichigo la guardò sussurrare un "Sì" impacciato e allontanarsi frettolosamente, chiudendo alle proprie spalle la spessa porta di ferro.
Yume cercò di spostarsi i lunghi capelli disordinati dalle spalle, ma non ci riuscì. Un'altra cosa che lo incuriosiva era il fatto che portasse i capelli lunghi, cosa strana per una pazza. Di solito rasavano a zero i pazienti. Guardò la cartelletta, cercando qualche indizio per quella stranezza, ma non trovò niente.
<< Come si sente, signorina Kiyokuro? >>
<< Oh, bene. Lei è il mio nuovo psicologo? >>
<< No, sono solo il sostituto provvisorio. >>
<< È andato in pensione? >> la ragazza sorrise, sedendosi sul lettino.
Ichigo sbuffò. << Magari. È mio padre: aveva delle commissioni da fare, così lo sostituisco io. >>
<< Non caverà un ragno dal buco, Signor Kurosaki. >>
La ragazza lo fissò negli occhi, con quell'aria e quel sorriso strafottenti, come se non le importasse di essere aiutata e magari anche uscire da quella prigione.
<< Non voglio disturbarla, signorina Kiyokuro: voglio sapere cosa passa per la sua testa. >> Ichigo ricambiò lo sguardo, facendola sorridere.
<< Non glielo consiglio. >>
<< Mi deve raccontare la sua storia. >>
Il viso della ragazza si rabbuiò. << La conosce già. >>
<< Conosco solo quello che hanno citato i giornali tre anni fa. "Famiglia Kiyokuro devastata da un assassino, sopravvive solo la figlia." O per citarne un altro... >> sfogliò il plicco di fogli che aveva. << "Il mistero della famiglia Kiyokuro continua: nuove prove sulla colpevolezza di Yume, figlia dei due morti." >>
<< Cos'è, non crede ai giornali? >> ringhiò la ragazza. << La storia è sempre quella! Io ho ucciso i miei genitori, in un lampo di follia, e sono qui dentro perchè i miei genitori erano importanti. >>
<< Voglio sapere perchè. Sinceramente non mi interessa se ha ucciso i suoi genitori o meno. >>
Yume si limitò a rimanere in silenzio. Erano ormai tanti anni che era lì dentro: forse era anche ora che uscisse fuori. << Mi sa dire che giorno è? >>
<< Il... 15 Agosto 1845. >> Ichigo rispose a quella domanda, un po' perplesso. << Perchè? >>
La ragazza non rispose e fece un sorriso amaro. << Sono cinque anni che sono qui, lo sa? Non sono stata ancora giustiziata solo perchè i miei genitori erano i successori al trono e ci sono piccole prove della mia innocenza. >>
Per scegliere il prossimo sucessore non si usavano i legami di sangue: c'erano cinque famiglie, le più importanti di tutta Soul Society. Quella che si fosse dimostrata migliore, avrebbe ottenuto il trono per 30 anni. Una cosa un po' contorta, ma efficace. La famiglia di Yume era stata giudicata la migliore, e lei voleva uscire da quel buco.
<< Deve aiutarmi ad uscire da qui. >> disse.

Poco più in la, appollaiata sul tetto di una casa, una ragazza dai capelli corti e neri fissava la grande struttura bianca, sorridendo.




N.D.A.:
Salve, miei pargoletti!
Come va? Bene, spero!
Eccoci con la prima fanfiction semi-seria che scrivo. Lo so, è scritta un po' alla cacchio, ma lasciate perdere.
Spero vi sia piaciuto, questo pezzettino iniziale? <3

G. 

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Capitolo 2
*** We Can Run Away From Here, If You Want It. ***


Waaah! Dopo tanto tempo, eccomi qua, ad aggiornare finalmente questa cavolo di fic del cavolo! *-*
Mh. Modificato anche questo capitolo.
Beh, spero vi piaccia!
Perdonate errori/orriri vari, come sempre!

Era notte fonda quando fuori cominciò a piovere. Si era svegliata a causa di un tuono che l'aveva fatta sobbalzare nel lettino, come quando era bambina. Solo che quando era piccola poteva correre nella stanza dei suoi genitori e infilarsi assieme a loro nel letto. La sua cella era estremamente buia, senza alcuna illuminazione. Forse si era rotta la lampadina. Sentiva la mente annebbiata e faceva fatica a ragionare, quindi evitò di muoversi, anche solo di un centimetro. Solo dopo qualche minuto si mise a sedere e ripensò a cos'era successo: le avevano dato, come al solito, una dose troppo eccessiva di calmanti. Sbuffò e bussò alla porta con il fianco, per farsi sentire.
<< C'è nessuno? >> urlò lei con la voce spezzata.
La guardia aprì lo sportellino sulla porta, guardando la ragazza con disprezzo. << Cosa vuole? >>
<< Devo andare in bagno. >> la vescica della ragazza stava scoppiando. Dormiva da almeno 4 ore e se l'era già fatta addosso, dall'odore che emanava. << ...Magari se faccio una doccia e mi cambio non è neanche male... >>
<< È notte e abbiamo degli ordini: non possiamo farla uscire per bisogni naturali se non dalle otto del mattino alle otto di sera. >>
La ragazza alzò gli occhi al cielo. << Ora devo pure mettere un timer alla mia vescica. Ma che razza di ragionamento contorto. >>
Doveva in qualche modo riuscire ad uscire da quella cella. Doveva per forza farlo durante la notte per poi mimmetizzarsi meglio una volta fuori di lì, ma quelle guardie del cavolo non avevano proprio intenzione di farla uscire neanche per andare in bagno.
Era passato troppo tempo dall'ultima volta che aveva visto la luce del sole e che l'aria le aveva solleticato la pelle e scompigliato i capelli.
"Non voglio più stare qui."
Si lasciò cadere sul letto e fissò il "bellissimo" soffitto bianco, fantasticando sul tramonto, sui fiori, sui fili d'erba e sulla sua casa.
"La mia ex casa." pensò lei, chiudendo gli occhi. Si ricordava benissimo il grande giardino pieno di rose, la sua camera piena di piccoli oggetti provenienti da ogni paese, suo padre che la faceva sedere sulle sue gambe malgrado l'età, il grande cane Snow con cui giocava ogni giorno, la madre con i bei capelli biondi su cui posava le margherite... Amava troppo la sua famiglia per ucciderla, ma nessuno aveva preso in considerazione quel piccolo particolare.
C'erano così tanti sospettati, oltre a lei: la sua famiglia aveva tanti nemici, soprattutto le persone delle altre quattro famiglie che si contendevano il trono, allora perchè avevano incolpato proprio lei?
Qualcuno la voleva morta, ma non era riuscito ad ucciderla. Così aveva rimediato e l'aveva messa lì dentro.
L'immagine di quella notte le attraversò la mente come un lampo, facendola sobbalzare e inorridire.
"Non devo pensarci." si disse chiudendo gli occhi e cercando di pensare a un altro modo per uscire da quella cella.

Ichigo girava per i corridoi, annoiato. Sospirava di tanto in tanto, con le mani in tasca, e si fermava a guardare fuori dalla finestra.
Il cielo era limpido, senza nuvole; quella sera si vedevano proprio tutte le stelle...
Un rumore, in lontananza, lo distrasse dalla Cintura d'Orione. Era come se qualcosa di pesante fosse caduto...
Un'altro rumore, simile al primo, lo fece sussultare. Oltre al tonfo, ci fu pure una specie di urlo soffocato. Fece un passo avanti e, ignorando la sensazione di paura dentro il corpo, prese la cartelletta a mo' di arma. Si voltò udendo un rumore dietro di sè e colpì l'aria, ma nell'esatto istante sentì qualcosa premere sulla sua gola.
<< Non muoverti. >> sussurrò una voce melodiosa. << Non ti conviene. >>
Essendo davanti alla segreteria del primo piano, Ichigo spostò lo sguardo verso il vetro, dove il suo riflesso sfocato era circondato da quello di una figura dai capelli neri che aveva un sorriso talmente dolce da sembrare sadico e la mano vicina al suo collo, nella quale risplendeva qualcosa di metallico e abbastanza grande da far decidere al ragazzo di non muoversi.
<< Vai avanti. >> mormorò, nascondendosi dietro di lui, puntandogli comunque il pugnale dietro al collo. Deglutendo, lui cominciò a camminare in avanti, senza esitare. Ne andava della sua vita.
<< Vai fino alla cella numero Seicentosessantasei, fino a dove ci sono quelle guardie. >> le indicò con un piede per farsi vedere e lui si diresse in quella direzione, seguito dalla ragazza che non accennava a staccare la lama dalla sua pelle.
Appena arrivarono dai due grandi omoni/armadi, lui alzò una mano e, tremando, la sventolò come un idiota.
<< Kurosaki, ti senti ben...? >> il primo non finì la frase che la figura nera gli era saltata addosso, disarmandolo e ignettandogli qualcosa di veramente forte, tanto che cadde a terra come un sacco di patate.
Calciò in lontananza la pistola e Ichigo, senza farsi perdere l'occasione, corse a prenderla, mentre lei si era già avventata sull'altra guardia. Il ragazzo si abbassò per raccogliere l'arma, ma la voce della ragazza lo fece sussultare.
<< Non ci provare neanche. Torna immediatamente qui. >> la ragazza parve pensarci un'attimo. << Anzi, riprendila e portamela. >>
Si abbassò e prese la pistola: aveva la possibilità di spararle e andarsene, chiamare la polizia... Ma non lo fece. Semplicemente, la appoggiò sul suo palmo della mano e, vedendola sorridere, si sentì un po' più rilassato. Sembrava molto più tranquilla e disposta a non appoggiargli una lama sulla gola.
La ragazza lo guardò. << Sono Yume Kiyokuro. >>
<< So chi sei. >> disse lui. << Hai intenzione di uccidermi, quando usciremo da qui? >>
Lei rise, facendolo quasi svenire. Come poteva una creatura così bella aver massacrato la famiglia? Non poteva semplicemente crederci.
<< Non ho ucciso la mia famiglia... Perchè dovrei uccidere te? >>
<< I giornali dicono il contrario. >>
Yume diventò improvvisamente seria, stringendo minacciosamente le pistole in mano. << Non ho ucciso la mia famiglia. >> ripetè. << E voglio solo usarti per far scoprire al mondo la verità. >>
Lasciò cadere le due armi e gli appoggiò entrambe le mani all'altezza del cuore, facendolo sussultare. Provò ad urlare, ma il grido gli morì in gola. La ragazza gli stava passando tutti i ricordi di quella sera, che non erano per niente sfocate o confuse, anzi: il rosso del sangue si vedeva proprio bene.
Prima il bacio della buonanotte ai genitori, poi il letto caldo e comodo, poi dei strani rumori, poi una figura alta e con gli occhiali che squartava la sua famiglia, che implorava di tenere salva la vita della loro bambina, e la bambina che, ricoperta di sangue, scoppiava a piangere difianco ai corpi dei genitori.
Non capiva come, ma Yume gli aveva passato i ricordi. Non credeva alla magia, alla stregoneria e cose del genere, ma non poteva dire di non averli visti: erano come se fossero stati ricordi suoi.
Lei lo fissò, senza dire una parola per qualche secondo, poi sospirò. << Fammi uscire di qui e poi ti lascerò andare. >>
Lui, confuso, accettò l'offerta annuendo. Aveva creduto per anni che suo padre stesse curando una ragazza malata mentalmente e invece si era rivelata totalmente sana.

<< Non voglio sapere come cavolo sei riuscito a procurarti questi. >> la ragazza si vestì velocemente, dopo essersi lavata.
<< Quando mio padre non c'è, sono io il capo, qua dentro. Ho le chiavi di ogni armadietto. Sono di Inoue. >> Ichigo continuò a rimanere girato. Già per sbaglio si era girato una volta e l'aveva vista in biancheria, così non voleva rischiare. Era ancora leggermente rosso. Sembrava tanto maturo e cresciuto, ma in realtà era ancora parecchio ingenuo da quel punto di vista.
La stava aiutando più del previsto e questo scaldava tremendamente il cuore. Era felice come non mai e si sentiva... accettata e normale. Avevano parlato tanto, senza preoccuparsi di farsi sentire. Lei continuava, avida, a chiedergli informazioni sul mondo esterno e lui rispondeva, come se fosse la cosa più normale del mondo.
<< Ho finito, però non riesco a chiuderlo dietro... >>
Il ragazzo si voltò e sorrise: sembrava completamente un'altra persona con i capelli legati in una coda alta e dei vestiti normali.
<< Mettiti questo. >> Ichigo si tolse il camice da dottore e glie lo passò.
<< Ti ringrazio. >> la ragazza sorrise, coprendosi con quella specie di mantello gigante.
<< Forse è meglio che usciamo da qui. >>
La ragazza si fermò, estremamente a disagio: uscire dal manicomio? Erano anni che sognava quel momento. Sorrise. << Grazie mille, Signor Kurosaki, ma ha già fatto molto per me, ora può andarsene. >>
<< Ehi, aspetta, cos'è questa mancanza di coraggio?! >> Ichigo la indicò con l'indice, facendola sussultare. << Mi hai puntato addosso una pistola e un pugnale, mi hai passato i tuoi ricordi per convincermi a farmi uscire e ora ti tiri indietro?! Io ti ammazzo! E trattami del tu, Signor Kurosaki mi fa sentire vecchio! >>
Yume scoppiò a ridere, facendolo diventare rosso dalla fino alle punte dei capelli sparati in aria. Effettivamente, aveva ragione: stava facendo la codarda.
<< Mi spiace, Ichigo. Possiamo andare. >> asciugandosi le lacrime causate dal troppo ridere per quell'improvviso cambio d'umore del ragazzo, s'incamminò lungo il corridoio
<< Dannata... >> la seguì, pensando di aver fatto la più grande pazzia di tutta la sua vita. Tutti lo avrebbero preso per stupido, non sapendo la verità. Dove poteva portarla, però?
Prima di tutto, l'avrebbe portata a casa. Sua sorella Yuzu sarebbe sicuramente riuscita a trovare qualcosa da farle mettere. Poi, lì, avrebbe deciso cosa fare.
<< Senti, Ichigo... >> la ragazza aprì la porta e, appena mise un piede fuori, si sentì a libera. Non riuscì più a dire una sola parola, talmente meravigliata dai cambiamenti del mondo esterno. Era tutto così... così... << Non è splendido? >> riuscì finalmente a sussurrare, chiudendo gli occhi e prendendo una grande boccata d'aria.
<< Io lo trovo normale. >> il ragazzo fece spallucce, non trovandoci niente di speciale. La guardò. Sembrava così tremendamente felice, fuori da quella struttura di cemento.
<< Possiamo andarcene da qui, se vuoi. >>
Yume lo guardò negli occhi. << Sarebbe fantastico. >>

La ragazza si mise in piedi, ripetendo mentalmente la descrizione che il suo cliente gli aveva fatto. "Capelli lunghi e neri, pelle pallida, occhi azzurri. Uscirà la sera del 15 Agosto 1845 dall'ospedale psichiatrico Kurosaki. Sarà accompagnata da un ragazzo dai capelli arancioni."
Guardò i due camminare tranquilli, ignari del fatto che qualcuno avesse intenzione di fargli del male.
"Uccidili".
Chiuse gli occhi, per poi prendere dalla tasca un pugnale affilato. Avrebbe portato a termine anche quel compito.
 

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Capitolo 3
*** The Little White Killer ***


<< Beh, questa è casa mia. >>
Erano arrivati a piedi ad una piccola casa fuori città, con un piccolo giardino sul retro.
<< Non sarà molto, ma almeno è accogliente. >> Ichigo sorrise e aprì la porta. << Sono a casa! >>
All'inizio, ci fu un silenzio tombale. Poi, dopo pochi secondi, due ragazzine arrivarono da due posti diversi: quella dai capelli neri dalle scale, mentre quella con i capelli biondo cenere da una porta vicina all'entrata.
<< Fratellone! >> dissero le due all'unisono, sorridendo.
<< P-pensavo che ti fossi perso... >> quella dai capelli chiari cominciò a piangere, mentre l'altra sbuffò.
<< Smettila di fare la bambina, Yuzu. Però ha ragione, potevi almeno dircelo che non venivi a casa per cena. >> posò lo sguardo prima sul ragazzo, poi su Yume che, silenziosamente, aveva assistito alla scena. << E lei chi è? >>
<< Sono Kiyoku... >> la mano sulla bocca di Ichigo le impedì di parlare. Lo guardò malissimo, progettando almeno venti diversi modi per ucciderlo: insomma, era stata in un manicomio, ma rimaneva comunque una nobile! Perchè non presentarsi a quelle due ragazze?
<< Lei è Yume, una mia collega. >> il ragazzo sorrise, pattando nervosamente la testa di Yume.
<< È un vero piacere conoscervi. >> fece un piccolo inchino - alzando al posto della gonna il camice -, sorridendo. Yuzu ricambiò l'inchino, mentre la ragazzina dai capelli neri la salutò con un "Ciao, io sono Karin" imbarazzato.
<< Volete qualcosa da mangiare? Del riso, magari posso fare della carne o... >> la biondina sventolò il mestolo sorridendo.
<< Una tazza di latte va più che bene. Ce la porti in camera, per favore? >>
<< Certo, certo! >> Yuzu saltellò verso la cucina, sorridendo, mentre Karin squadrò i due, per poi seguire la sorella e borbottare qualcosa su "quella età" che Yume non capì.
<< Andiamo? >> chiese Ichigo, salendo le scale.
<< Arrivo. >> la ragazza lo seguì, sorridendo come una stupida, felice dell'ambiente caloroso che c'era in quella casa.

Appostata sul tetto di una casa vicina, la ragazza dai capelli neri aspettava che le sue prede fossero sole. Guardò nel mirino: la testa della ragazza, dal dietro, era proprio al centro. Solo una piccola pressione sul grilletto e la sua vita si sarebbe spezzata.
Le piaceva poter decidere della vita degli altri. Le sembrava di essere una Dea, in qualche modo.
Stava proprio per tagliare il filo della vita della ragazza quando un gufo molto chiaro attirò la sua attenzione: fra le zampe stringeva una pergamena.
Lo guardò lasciare la pergamena difianco al fucile e poi volare via, ignorandola del tutto. Irritata la aprì e lesse quelle poche parole che la fecero incavolare ancora di più.
"Non usare armi da fuoco, ti faresti sentire da tutti."
Ecco, per l'ennesima volta i suoi piani erano volati via assieme al vento che le scompigliava il mantello. All'inizio aveva pensato di presentarsi come una lontana parente della ragazza, entrare dentro all'ospedale psichiatrico e ucciderla senza pietà. Poi però era arrivato un altro ordine, quello di uccidere anche il ragazzo dai capelli arancioni, un certo Ichigo Kurosaki, nello stesso momento in cui avrebbe ucciso la ragazza.
Chiaramente, il costo del suo servizio era aumentato. Già era elevato di suo a causa delle pochissime informazioni ricevute sulla ragazza di cui non sapeva neanche il nome, ma due persone nello stesso momento era parecchio anche per lei, assassina da almeno cinque anni.
Alzò gli occhi al cielo e stracciò la pergamena, imprecando contro il suo cliente esigente.

Avevano deciso di dormire almeno fino all'alba, prima di partire. Yuzu aveva portato nella stanza di Ichigo del latte, del pane e del formaggio che Yume aveva mangiato molto volentieri.
Lei però, malgrado la comoda quanto corta vestaglia da notte, non riusciva a dormire. Era stranamente difficile dormire in un letto comodo e profumato di dopobarba mentre il suo salvatore, che aveva evitato l'argomento "salvataggio" per tutta la serata, dormiva sul divano.
Si tirò le coperte fin sopra il naso, lasciando scoperti solo gli occhi, e sospirò. Quel ragazzo era stato veramente gentile con lei, ma non aveva i mezzi per ricambiare il grandissimo favore che le aveva fatto. Poi, cosa poteva dargli in cambio?
"Niente. Non puoi dargli niente."
Sospirò e guardò ed esaminò la stanza illuminata dalla luna: c'era la solita scrivania con le pile di fogli ben ordinati, il piccolo armadio e l'enorme finestra da cui filtrava la luce. Semplice, ma comunque molto bella, almeno per la ragazza.
Sbuffando, si alzò dal letto e scesce lentamente le scale di legno, cercando di fare meno rumore possibile, anche se le sembrava di scatenare un terremoto ad ogni passo in quel silenzio tombale. Quando arrivò, finalmente, a destinazione, si sentì sollevata di poter stare, finalmente, ferma.
Ichigo dormiva beatamente sul divano, con un'espressione infastidita dipinta sul volto.
"Forse sta facendo un incubo" pensò la ragazza, avvicinandosi al ragazzo per guardarlo meglio. Era rigido come un palo.
Senza rendersene conto, era a pochissimi centimetri dal viso del ragazzo. Lo scrutava, curiosa, come se fosse stato uno nuovo e strano oggetto con cui giocare. Quando però, senza accorgersene, appoggiò la mano sulla sua guancia, l'altro si svegliò come se una banda avesse cominciato a suonargli davanti. Anche Yume scattò all'indietro, cadendo come una stupida e sbattendo la testa contro il tavolino di legno.
<< O-ohi, stai bene? >>
Sentendosi sollevare da terra dal ragazzo, non potè fare a meno di arrossire. Ringraziò mentalmente Dio, se mai ce ne fosse stato uno, per il buio. << S-si, sto bene. Mi spiace, non era mia intenzione svegliarti. >>
<< Non fa niente, stavo facendo un brutto sogno. >> si sfregò gli occhi e si lasciò cadere sul divano. << Qualcosa non va? >>
<< Non riesco a dormire. >> fu la semplice risposta imbarazzata della ragazza.
Il silenzio calò nella stanza. Yume si stava torturando le dita delle mani, aspettando una risposta concreta, senza però riceverla. Lui, invece, la guardava come se fosse una sconosciuta un po' fuori di testa. Solo dopo qualche secondo sospirò e si alzò, per poi stiracchiarsi.
<< Vieni con me. >> disse, dirigendosi verso le scale.
Lei lo seguì e si ritrovò quasi a impregargli contro quando cominciò a salire le scale facendo un rumore pazzesco. Però lui non disse niente. Era stranamente silenzioso e si muoveva a scatti. Quando arrivarono davanti a una porta di legno colorata di bianco che la ragazza aveva notato solo con la coda dell'occhio quando era salita la prima volta in quella casa, Ichigo si girò verso di lei.
<< Qua ho sicuramente dei vestiti per te. >> aprì la stanza e ci entrò solo dopo aver preso un grande respiro. C'era un grande pianoforte a coda, in mezzo alla stanza, un armadio uguale a quello che c'era nella camera del ragazzo e uno scaffale, con su parecchie foto. Ichigo accese una candela e poi socchiuse la porta.
<< Scusami, non vorrei esserere indelicata, ma... Questa stanza non è stata aperta da un po', vero? >> Yume aveva sentito nell'aria il tipico odore di chiuso appena era entrata.
<< Qui sono racchiuse tutte le cose di mia madre. >> aprì l'armadio, cominciò a frugare fra i vestiti e, prima che la ragazza potesse chiedere altro, continuò << È morta quando avevo sei anni. Di solito veniamo qui quando ci sentiamo... soli. >> si fermò per qualche secondo, poi prese un vestito e lo diede alla ragazza. << Questo dovrebbe andarti bene. >>
<< Mi dispiace... >> la ragazza abbassò lo sguardo. << Non posso prenderlo. Era di tua madre... >>
<< Sarebbe felice di prestartelo. >>
Si lasciò sfuggire un sorriso e prese il vestito. << Ti ringrazio... >> sapeva quanto era delicato l'argomento, così non chiese più niente e si cambiò appena lui uscì dalla stanza.
Il vestito andava bene, forse era un po' lungo, ma era perfetto così. Uscì dalla stanza con un sospiro, notando che anche Ichigo si era messo una camicia e dei pantaloni.
<< Su, andiamo a farci un giro. >>

Erano arrivati a cavallo su una piccola collinetta poco prima dell'alba e si erano stesi a terra. Yume si sentiva già benissimo solo a sentire l'erba solleticarle la pelle, non avrebbe potuto neanche lontamente immaginare cosa volesse fargli vedere il ragazzo.
Quando però il ragazzo le sorrise e guardò il cielo, un sorriso stupido si dipinse sul suo viso. Il sole stava nascendo. Tutto stava prendendo, lentamente, una sfumatura arancione.
Le sembrava indirettamente di essere come quella palla di fuoco che illuminava le giornate di tutti. Dopo un sacco di tempo, era rinata, felice e splendente come non mai.
Si alzò in piedi e chiuse gli occhi, godendosi quel calore sulla pallida pelle. << Non mi sentivo così viva da almeno cinque anni. >>
<< Lo immaginavo. >> disse lui, sorridendo. << Però ora dobbiamo tornare giù, sicuramente Karin si sarà svegliata. >>
<< Sì. >> sorrise e, avvicinandosi poi al cavallo, non si accorse che qualcuno la fissava da dietro un cespuglio.

<< Non mi hai detto dove andremo. >> affermò lei aggrappandosi alla sua schiena per non cadere.
<< Non lo so ancora. >> disse, come se fosse la cosa più normale del mondo.
<< Vorrei passare nel posto in cui abitavo, se possiamo. >>
<< Non è un po' pericoloso? >> domandò Ichigo, girandosi per guardarla.
<< Abitavo sul confine, possiamo benissimo scappare e andare a Las Noches. >>
<< Ma dove cavolo vivevi? Ci credo che poi i tuoi sono stati uccisi. >> subito si pentì di aver parlato, soprattutto perchè la ragazza aumentò la stretta sulle sue spalle. << Scusa, non era mia intenzione... >>
<< Non fa niente. >> sussurrò lei, chiudendo gli occhi. Era vero, molto spesso aveva rischiato di essere derubata da qualche ragazzo poco più grande di lei quando abitava con i suoi genitori, ma si era sempre difesa.
Il ragazzo fermò il cavallo davanti alla casa e Yume scese con qualche problema causato dal vestito. << Aspettami qui, okay? >> scese anche lui e portò il cavallo nella piccola stalla. Si sarebbe mangiato il fegato, pur di ritirare la stupida frase che aveva detto prima. Ma non poteva farci niente, era come se un secondo lui vivesse al suo interno e gli facesse fare cose stupide. Sospirò e accarezzò il frisone, facendosi scappare un sorriso.
Uno sparo lo fece sussultare. Corse immediatamente fuori, senza pensare a niente se non alle sue due sorelline e alla ragazza.
<< Yume! >> urlò, quando arrivò davanti casa. Yuzu e Karin erano sulla porta, scandalizzate, Yume invece aveva un pugnale appoggiato contro la gola.
<< Cosa...?! >>
La ragazzina dai capelli neri e il mantello bianco aveva gli occhi sgranati, e così anche l'altra ragazza.
<< Rukia...? >> sussurrò lei.
 

 

N.d.A:
Buongiornooo~
Come va? <3<3
Lo so, questo capitolo non è molto fico, ma dovevo far approfondire il rapporto fra Ichi-nii e Yume, quindi sembrano molto due fidanzatini.
Perdonate il ritardo, ma non riuscivo a scrivere, mi mancava il tempo e l'ispirazione. DDD:
Beh, allora, chi pensavate che era l'assassina? Vi ho stupiti con Rukia, vero? <3 *lo spera*
Grazie mille alle tre personcine che hanno recensito i vari capitoli. Siete fantastici, davvero. E perdonate gli errori/orrori ortografici. e.e

G. 

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Capitolo 4
*** The Poor and The Princess ***


Ed eccomi qua, con un nuovo capitolo dopo tanto, troppo tempo.
Spero vi piaccia anche questo. Niente in particolare da dire... òvò Solo che ora credo di avere le idee più chiare.
Per il tempo degli aggiornamenti, devo sistemarmi un attimo con le altre ficcy.
...L'avventura e l'Azione non fa per me... *facepalm*
Grazie mille per leggere pure questo capitolo! >_<

Rukia strinse il pugnale nella mano sudata, fissando gli occhi azzurri come il cielo con i suoi, blu come la notte. Aveva sempre invidiato quei suoi grandi occhi chiari, pieni di dolcezza e bontà.
<< Rukia...? >> il suo nome sussurrato da quelle labbra la fece sussultare, tanto che graffiò il collo della ragazza. Si pentì subito: il sangue cominciò a colare, macchiando di rosso la sua candida pelle, come l'aveva vista tanti anni prima.
<< Ehi, tu, che cos...?! >> Ichigo fece qualche passo in avanti, senza preoccuparsi per la sua pelle.
<< Fermati immediatamente! >>
La piccola assassina aveva tirato fuori una pistola - chissà da dove - e gliela stava puntando contro. Subito lui si fermò. Non aveva per niente voglia di farsi sparare, non davanti alle sue sorelline. Si voltò e sentì lo stomaco annodarsi: Yuzu piangeva e Karin era nervosa, quasi spaventata.
<< ...Vai dalle tue sorelle, Ichigo. >> disse la ragazza, non potendo fare a meno di sorridere.
<< Sì, molto lentamente, senza fare passi falsi. >> Rukia indicò le due gemelle con la pistola.
Quello che successe dopo fu molto confuso, tanto che Ichigo capì giusto l'essenziale.
Yume aveva preso il coltello dalla lama e l'aveva tirato, per far perdere l'equilibrio all'assassina. Un colpo di pistola era andato contro la casa, vicino ai Kurosaki che si erano subito buttati a terra e le due erano finite a terra, una sopra l'altra. In quel momento, però, era Yume che teneva il coltello premuto contro la gola della ragazza, con un sorriso dolcissimo sul volto e la mano che sanguinava abbondantemente.

Rukia non riusciva a capire come diavolo era finita in quella situazione. Tutte le sue armi erano appoggiate sul tavolino davanti a lei e le due persone che doveva uccidere stavano tranquillamente, almeno Yume, Ichigo era così confuso che sarebbe potuto svenire, bevendo del thè.
La ragazza appoggiò la tazzina in un angolo del tavolo, prendendo poi con la mano buona il pugnale con cui aveva provato ad ucciderla quella ragazzina che conosceva fin troppo bene.
<< Non sapevo facessi questo lavoro, Rukia. >> sorrise, guardando l'incisione nel pugnale: Kiyokuro. << Questo te l'ho regalato io, no? Mi ricordo di averti detto che dovevi usarlo per proteggerti, non per uccidere. >>
La ragazza abbassò lo sguardo, senza dire nulla. Mai aveva pensato che la ragazza potesse essere proprio Yume. Neanche lontanamente.
<< Hai provato ad uccidere tre persone innocenti, ti porti dietro un sacco di armi e poi volevi ucciedere me, l'unica persona a cui devi la vita? Mi fai pensare che i Kuchiki ti abbiano allevata male. >>
Ichigo sussultò al cognome appena pronunciato dalle labbra della ragazza: la famiglia Kuchiki era una delle cinque che si contendevano il trono.
<< Nii-Sama mi ha allevata al meglio. >> sussurrò Rukia. << Lui non lo sa. >> disse con voce ancora più bassa, anche se la ragazza la sentì comunque.
<< Oh beh, non sa molte cose. E non saprà neanche questo, se mi dici chi ti ha mandato ad uccidermi. >>
Chi? Non lo sapeva. Non si era mai fatto vedere e si era sempre firmato con una S dalle lettere che le mandava via gufo e lei si era fidata, soprattutto grazie alla grossa somma che aveva ricevuto come anticipo.
<< Non lo so, Yume. >>
La ragazza sospirò. Non riusciva a capire come chiunque avesse mandato Rukia da lei sapeva che sarebbe uscita quel giorno. Non lo aveva programmato, non aveva mai accennato ad una fuga, dentro al manicomio...
<< Scusa, ma perchè fai come se niente fosse? Questa tappa ha provato ad ucciderci! >> Ichigo guardò la ragazza, in attesa di una risposta.
<< Tappa a chi?! >>
<< Non lo avrebbe fatto, mi deve la vita. >> sorrise e chiuse gli occhi, facendo un salto nel tempo dentro la sua testa.

Era un caldo giorno d'Agosto e la piccola bambina dai lunghissimi capelli neri camminava per le strade del mercato, guardando interessata tutta la merce che quella gente vendeva: era la prima volta che andava al mercato con sua madre. Le strinse la mano e sorrise, felice.
<< Cosa vorresti comprare, piccola mia? >> le domandò la donna dai capelli scuri come i suoi.
Lei si avvicinò ad un banco di frutta ed indicò le grandi mele rosse che l'uomo vendeva, sorridendo.
<< Quanto vengono al chilo? >>
L'uomo le guardò: erano vestite troppo bene per trovarsi in un mercato dei bassifondi come quello. << ...Dieci. >>
<< Me ne dia mezzo. >> la donna estrasse una banconota color rame e la donò all'uomo, che le passò un sacchetto con delle mele.
<< Grazie mille. >> prese una mela e la pulì con un fazzolettino bianco prima di darla alla figlia, che la addentò felice.
Si allontanarono da quel posto e si avvicinarono a una specie di casetta di legno: l'insegna attirò l'attenzione delle bimba, che sembrava una specie di galassia dai toni viola e bluastri. La scritta diceva "Ermes", ma la bambina, data la sua età, lesse Emmes, anche a causa della scrittura molto ghirigorosa.
La madre si girò verso di lei e le accarezzò la testa dolcemente. << Aspettami qui, okay? Non ci metterò tanto. >>
La bambina annuì e si girò verso la folla che si muoveva in tutte le direzioni e qualcosa attirò la sua attenzione. Tutti si mettevano sul bordo della strada per far spazio ad un gruppo di ragazzini che correvano con in braccio dei grandi contenitori di frutta. Una di loro, l'unica ragazzina in tutto il gruppo, inciampò proprio davanti a lei e un vecchio la raggiunse, pronto a picchiarla con un bastone.
Appena vide il bastone levarsi verso l'alto, il corpo della ragazza si mosse da solo: fece la verticale e, con i piedi uniti, beccò l'uomo in mezzo alla pancia, facendolo spostare di alcuni metri. 
Si rimise subito in una posizione normale e porse la mano alla ragazza. << Tutto bene? >>
Lei la guardò, perplessa. Era vestita molto, troppo bene e i suoi occhi erano di un azzurro a dir poco allucinante. << ...Sì. >>
Una donna corse verso di loro. << Yume! Oh Santo cielo, Signore! Mi scusi! Quanto le devo? >> la donna porse delle banconote all'uomo e si voltò verso le due bambine. Sussultò alla tremenda somiglianza della sconosciuta ad una persona che conosceva fin troppo bene.

Poi, la bambina era stata adottata dal clan Kuchiki, essendo la sorella persa della moglie di Byakuya, Hisana, e le due si erano ritrovate a vivere ogni giorno una vicino all'altra: erano diventate molto amiche, anche se il dovere di una era proteggere la città mentre quello dell'altra era comportarsi bene per essere la futura regina della Soul Society.
Yume sospirò e si stiracchiò. << A quanto pare, qualcuno mi vuole morta. >>
Rukia la guardò. << Se sapevo che fossi stata tu, non avrei accettato l'incarico. >>
La ragazza la ignorò. Stava seriamente pensando a chi la voleva fuori dai giochi tanto da mandarla in un manicomio e farla uccidere. Ma la cosa che più non capiva era come sapeva che sarebbe uscita proprio quel giorno. Lei non aveva programmato di scappare dal manicomio, anzi: era successo tutto all'improvviso...
Alzò lo sguardo e guardò fuori dalla finestra. C'era qualcosa che splendeva, sopra la casa a due piani lì accanto. Controllò meglio e subito si accorse che non poteva essere qualcosa di naturale.
<< Giù! >> urlò, buttandosi a terra. Nello stesso istante, Yuzu e Karin erano entrate nella stanza, ma Ichigo si era lanciato su di loro per farle cadere e le aveva trascinate fuori. Erano letteralmente sotto una pioggia di proiettili. Yume prese una pistola dal tavolo e, prendendo la mira, sparò all'uomo che stava sul tetto della casa. Rukia rimase un'attimo ferma, colpita dalla bravura della ragazza, poi però prese un fucile e la aiutò.
Quelle due, assieme, potevano veramente far fuori un centinaio di persone. Entrambe, malgrado la corporatura minuta, erano micidiali ad usare le armi da fuoco. Certo, nel corpo a corpo erano sicuramente svantaggiate, ma in quel momento potevano fare tutto meno che usare quel tipo di lotta.
Yume si nascose dietro il tavolino ribaltato, mentre Rukia era nascosta dietro l'armadio.
<< I colpi sono diminuiti. >> mormorò Yume buttando a terra quella pistola e prendendone direttamente un'altra, ignorando il fatto che potesse ricaricarla.
<< I Kurosaki? >>
<< Vado io. Tu stai qui. Sono circa... >> la ragazza fece velocemente un calcolo a mente, chiudendo gli occhi. << Ancora quattro, mentre dall'altra parte dovrebbero essercene un po' di più. >>
L'altra annuì e ricaricò il fucile, prendendo nella mano sinistra una pistola che lei gli aveva lanciato, e le sorrise. << Ci vediamo fuori. >> 
Prese alcune armi e, con le spalle coperte dalla ragazzina a cui aveva salvato la vita, corse dall'altra parte. Alcuni uomini si erano infiltrati nella casa, con in mano delle armi enormi, e avevano il viso mascherato. Con una rapida mossa, lanciò il pugnale con il suo cognome contro il petto di uno di loro e poi uscì allo scoperto, sparando in testa all'altro che si era girato per chiedere al compagno se stava bene.
In un attimo, arrivò nella camera dove il ragazzo aveva nascosto le sorelle. Yuzu piangeva, terrorizzata, mentre Karin cercava di chiudersi meglio dentro l'armadio con la sorella.
Sorrise ad entrambe e consegnò la pistola alla gemella dai capelli neri. << Rimanete qui ancora per un po'. Se dovesse arrivare qualcuno che non dice "Ermes", sparate. >>
Entrambe annuirono. Lei chiuse l'armadio e strinse nella mano la pistola. Due erano andati, mentre quattro - uno in più o in meno non faceva differenza - erano ancora in quella casa, mentre Ichigo era fuori ad affrontarli, mettendo la sua vita in pericolo.
Fece mente locale: era riuscito a prendere sicuramente qualche arma, prima di lanciarsi sulle sorelle, visto che era il più vicino al tavolo e alla porta.
Si stava preoccupando, forse? Eppure non lo conosceva neanche bene. In pochi minuti altri due uomini mascherati erano andati dall'altra parte. Sentiva gli spari di Rukia farsi sempre meno frequenti. Un rumore dietro di sè la fece voltare. Ichigo le stava puntando contro una pistola e lei per poco non gli aveva lanciato contro un pugnale.
<< ...Stai bene? >> domandò, preoccupata.
<< ...Sì... >> gli sanguinava un braccio, ma sembrava okay. << Tu? >>
<< Mh. Quanti ne hai fatti fuori? >>
<< Tre, ma non sono morti, credo. >>
<< Perfetto, vieni. >> lo prese per mano e lo trascinò dove Rukia gli aspettava, appoggiata alla parete.
<< Tutto bene? >> domandò lei, avvicinandosi ai due.
<< Sì, curagli la ferita, vado a riprendere le gemelle. >>
Uscì dalla stanza, ma non andò subito dalle due, ma si avvicinò al primo uomo che aveva colpito e gli strappò il pugnale dalla spalla, ignorando il suo gemito per il dolore.
<< Chi ti manda. >> gli domandò, spostando il suo corpo con un piede. << Dimmelo, o ti torturo finchè non lo vomiti. >>
Il ragazzo abbozzò un sorriso. << Hueco... Mundo... Lo trovi lì. >>
<< Che informazioni di merda che mi dai. >> brontolò lei, per poi infilargli, senza pietà, il coltello all'altezza del cuore e strapparlo via dopo pochi secondi.
Dopo, con passo lento e annoiato, si avvicinò alla stanza e sospirò un "Ermes". Quella storia si stava facendo veramente brutta.

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