His love is more important. di EverybodyHurts (/viewuser.php?uid=99810)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First meeting. ***
Capitolo 2: *** Weakness. ***
Capitolo 3: *** Understand your problems. ***
Capitolo 4: *** Inevitability. ***
Capitolo 5: *** Intouch. ***
Capitolo 1 *** First meeting. ***
Salve, popolo di Efp! (:
Ho
deciso di scrivere una nuova Fan
Fiction dedicata a Ian Somerhalder
e
Nina Dobrev. Mi piacciono molto
insieme e, questa volta, ho deciso di scrivere qualcosa meno schematico
e più
personale. Eh già, perché in questa storia non
saranno due attori a parlare,
saranno due persone normalissime che s’incontrano un giorno
così per caso e s’innamorano.
Spero davvero che
questo primo capitolo
vi piaccia e spero in una vostra recensione. Amo leggere ciò
che la gente pensa
delle mie storie: mi aiuta a fare sempre di più e
soprattutto a migliorare. Aspetto con ansia i vostri pareri e.. buona
lettura!
:3
Mi ero appena svegliata
quando qualcuno bussò alla porta. Chi poteva essere se non
mia madre?
« Buongiorno
tesoro
mio! »
esclamò
appena mi vide. Indossava un completo color albicocca che
le donava moltissimo, l’avevamo scelto insieme qualche
mesetto prima. Aveva una
borsa perfettamente intonata con le scarpe, una borsa che non le avevo
mai
visto, una borsa che ovviamente non poteva sfuggire al mio sguardo
attento ad
ogni cosa che riguardasse la moda.
« Ciao
mamma. »
risposi teneramente con voce impastata dal sonno. Non dovevo dare una
buona
impressione a giudicare dallo sguardo di mia madre.
« Santo
cielo tesoro,
ancora in queste condizioni? » chiese lei acidamente con il
solito tono
esagerato. Erano appena le nove, poteva anche smetterla di fissarmi con
quegli
occhi indagatori.
« Mi
sono appena
svegliata. » dichiarai timidamente, come spaventata dalla sua
successiva
reazione.
« Corri
a lavarti,
pettinarti e vestirti! Sbrigati, non posso vederti in queste
condizioni. » ordinò lei entrando in casa, visto
che fino a quel momento l’avevo
tenuta sulla soglia senza invitarla ad entrare. Posò la sua
borsa sul tavolo
nel salone e si accomodò sul divano.
« Che
disordine!
Dovresti imparare ad essere più ordinata! »
esclamò dopo aver visto una
forcina lasciata sul tavolo. Una forcina. Una
forcina.
Si alzò
spazientita, la prese
e la mise nel cassettino del bagno insieme alle altre e poi si
risedette.
« Ancora
non sei
pronta? » domandò lei irrequieta.
« Ė
nuova la borsa? » chiesi ignorando le sue parole.
« No,
non è nuova,
l’ho comprata la settima scorsa.. ti piace? »
Annuii.
Mi diressi verso il bagno,
mi
feci una doccia, mi pettinai accuratamente e tornai da mia madre la
quale, nel
frattempo, stava sfogliando una rivista di moda.
« Sai
tesoro, ho
rivisto quel ragazzo.. come si chiama? Ah, sì! Jake.. il
figlio dell’avvocato..
sai, dovresti farci un pensierino! » disse lei senza togliere
gli occhi
dalla rivista.
Scossi il capo: Jake era
uno
dei tanti ragazzi che mi aveva presentato. Voleva a tutti i costi che
sposassi
un ragazzo perché aveva il desiderio di organizzare il mio matrimonio dal momento della mia
nascita.
« Mamma,
lascia stare. »
Lei alzò lo
sguardo e rimase
a fissarmi per un po’.
« Quel
vestito? Lo
indossavi anche ieri! » esclamò inorridita.
Doveva criticare ancora per
molto? Mi guardai: era uno dei miei vestiti preferiti e ogni volta che
lo
indossavo, lo indossavo volentieri.
« A me
piace! »
sbottai.
« Va
bene, va bene,
stai calma. Comunque, hai sentito? » chiese lei
d’un tratto.
« Cosa?
»
« Tuo
padre si sposa
con un’altra donna. » disse lei con un pizzico di
risentimento. Si erano
lasciati da tantissimi anni, io ero piccolissima. La notizia non mi
stupiva
affatto: dal loro divorzio aveva frequentato tante altre donne.
L’unica cosa
che mi lasciava sconcertata era: sarebbe stato in grado di impegnarsi con una sola donna?
« Dopo
tutti questi
anni.. »
« Vorresti
insinuare
che fa bene a risposarsi? » mi domandò.
« Mamma,
vorresti non
averlo mai lasciato? »
« Certo
che no.. » dichiarò lei portando le braccia al
petto.
« E
allora che si
sposi con chi vuole. » conclusi infilandomi i guanti di lana
che avevo
acquistato il giorno prima.
« Sai,
mi si è
fulminata la lampadina del bagno e non so proprio come fare.
» le dissi
dopo un po’. I lavori pratici non facevano per me: avevo
vissuto per tutti
quegli anni tra i miei amati libri, tra la mia amata teoria, tra i miei
studi e
mai mi ero curata della praticità delle cose. Pian piano ne
stavo pagando le
conseguenze: non riuscivo a cambiare un piccolissima lampadina.
« Ah,
non dirlo a me!
– disse lei – La settimana scorsa ho dovuto
chiamare l’elettricista per farmi
smontare e rimontare le due lampadine del salone. Vuoi che ti lasci il
numero
di cellulare? »
« Sì,
va bene. » le dissi prendendo un foglio di carta. Appuntai il
numero, presi il
cellulare e chiamai. Attesi in silenzio la risposta mentre mia madre si
stava
dirigendo verso il mio armadio per vedere i miei nuovi acquisti.
« Pronto?
»
chiese una voce non molto giovane.
« Ehm,
pronto? Mi
servirebbe un aiuto.. » dissi balbettando.
« Mi
dica pure. »
« Dovrei
smontare e
rimontare una lampadina e non so come fare. Lei potrebbe aiutarmi?
»
chiesi gentilmente.
« Ci
mancherebbe
altro, sono un elettricista. Posso passare questo pomeriggio?
» lo
sentii ridacchiare leggermente.
« Certamente,
verso
che ora? »
« Verso
le 15, se per
Lei va bene. Mi lasci pure l’indirizzo. »
Gli dissi
l’indirizzo e
riattaccai.
« Nina,
dove hai
comprato questi meravigliosi stivali? » chiese mia madre. La
raggiunsi
velocemente. « In una boutique, al centro.. »
« Poi mi
ci porti.
Allora, andiamo? » chiese lei ed io annuii.
La mattinata trascorse
velocemente: come sempre mia madre mi trascinò di vetrina in
vetrina, di
negozio in negozio. Non che la cosa mi dispiacesse: quando ero con lei
riuscivo
a portare a casa ancora più buste colme di vestiti,
accessori e scarpe. Se gli
affari di quei negozi andavano a gonfie vele era solamente grazie a
noi.
Quando tornai a casa la
cameriera aveva già apparecchiato. Mangiai velocemente visto
che le 15 stavano
arrivando. Alle 15 precise mi sedetti sul divano per rilassarmi in
attesa che
qualcuno bussasse. Alle 15.30 ancora non si era presentato nessuno. La
puntualità dov’era finita? Decisi di leggere
qualche pagina del libro che la
sera prima avevo lasciato sul comodino ma nel momento in cui
l’aprii qualcuno
bussò. Finalmente!
Aprii di scatto la porta.
Il
tizio stava voltato e riuscivo ad intravedere una sigaretta che
sporgeva dalla
sua bocca e la mascella pronunciata. Aveva un po’ di barba e
i capelli
scompigliati e scurissimi. Indossava una camicia bianca spiegazzata e
un paio
di jeans scuri. Le scarpe erano un insulto per i miei occhi critici:
degli
scarponi, neri?, malridotti.
« Non le
hanno
insegnato che.. » interruppi le mie accuse non appena il
tizio si voltò.
I suoi occhi, oh mio Dio, i suoi occhi! Erano
azzurri, di un azzurro che non avevo mai visto. Erano davvero
spettacolari. Non
riuscivo a concentrarmi su qualcos’altro in quel momento;
c’erano i suoi occhi.
I suoi occhi e basta.
« Mi
scusi, sono in
ritardo. » disse mortificato. La voce? Non era quella che
avevo sentito
al telefono!
« Non fa
niente. » balbettai.
« Posso
entrare? » chiese gentilmente sporgendo il viso verso la
porta.
« Certamente.
»
gli feci strada verso il bagno.
« Non
sono l’elettricista
con cui ha parlato questa mattina. »
Inarcai le sopracciglia.
« Sono un suo amico. Non è potuto venire purtroppo
e mi ha chiamato. »
disse guardando il lampadario.
« E..
è in grado di
farlo? Cioè.. non.. non è un elettricista.
» dissi confusamente.
Arrossii: stavo facendo una figuraccia tremenda. Non capivo che
l’unica che non
è in grado di montare una lampadina ero io?
Lui si voltò
verso di me e mi
sorrise. « E’ solo una lampadina, so cavarmela
perfettamente. »
Ricambiai il sorriso.
« Ha bisogno di una scala? » chiesi.
« Va
bene anche una
sedia, il soffitto non è poi così alto.
» sorrise di nuovo.
Mi diressi verso la cucina,
presi una sedia e gliela portai. Salì sulla sedia e
smontò la lampadina in un
batter d’occhio.
« Lei
è sempre così
elegante in casa sua? » mi chiese mentre fissava attentamente
l’innesto
della nuova lampadina che aveva in mano. Fissai il mio meraviglioso
vestito e
le mie bellissime scarpe.
« Ehm..
e Lei è sempre
così – feci una pausa alla ricerca della parola
giusta – poco elegante quando
si presenta in casa d’altri? » chiesi con un
pizzico d’acidità nella
voce. Lui distolse lo sguardo dalla lampadina e mi fissò.
« Non
credo che per
montare una lampadina bisogna vestirsi elegantemente. » rise.
« Bisogna
sempre
essere eleganti, bisogna sempre avere stile! » esclamai.
Lui si concentrò
nuovamente
sulla lampadina. L’avvitò in pochi secondi e scese
dalla sedia. Mi fissò
intensamente negli occhi e poi disse: « Terrò
conto del Suo consiglio,
signorina.. »
« Nina!
»
conclusi.
« Piacere,
mi chiamo
Ian. » disse porgendomi la mano. Gliela strinsi educatamente
e sorrisi.
Ricambiò con il
suo sorriso
così solare.. Non ero in grado di dargli
un’età: da una parte sembrava un
ragazzino con i suoi occhioni azzurri e i suoi capelli scompigliati,
dall’altra
sembrava un uomo con la sua mascella pronunciata e i suoi lineamenti
maturi.
« Quanti
anni ha? » chiesi senza rendermene conto. Erano domande da
fare, quelle? Sperai
con tutta me stessa che la sua risposta non fosse stata
“Quanti me ne dai?” perché
davvero non avrei saputo come rispondergli.
Lui mi guardò
stupito. « ahahah, bella domanda. Presumo che dopo
quest’informazione, sia
inutile darsi ancora del Lei. 24, e tu? » Tirai un sospiro di
sollievo.
« Quanti
me ne dai? »
risi.
« mm..
non più di 42. »
affermò deciso.
« Cosa?
» scoppiai
a ridere.
« Seriamente..
mm, non
più di 19. »
« Indovinato..
19. »
« E’
stato un piacere
conoscerla, ora devo proprio scappare. » disse lui dopo aver
controllato
l’orologio.
« Mi
sembrava che tu
avessi precisato qualcosa a proposito del Lei.. » gli dissi
incrociando
le braccia e accompagnandolo alla porta.
« Hai
ragione. Ciao
Nina! »
Sorrisi e ricambiai il
saluto. Chiusi la porta alle mie spalle e la cameriera, Bells, mi
raggiunse.
« Bel
ragazzo, eh?! Su
di lui.. sì che dovresti farci un pensierino! »
Scoppiai a ridere.
«
Ma no, Bells. Non lo rivedrò mai più, tanto..
»
« Chissà
se si è
scordato del conto.. » mi disse ricordarmi del pagamento.
Oh mio Dio, il conto! Non
potevo lasciarlo andare senza neanche dargli una mancia. Presi il
portafogli
dalla mia borsa e mi precipitai fuori. Fortunatamente non era andato
molto
lontano (correre con i tacchi non era il massimo).
« Hey,
Ian! »
lo chiamai. Lui si voltò. « Che succede?
»
« Mi
sono proprio
dimenticata di pagarti.. » feci per aprire il portafogli ma
lui mi
bloccò.
« Offre
la casa. » dichiarò sorridendo.
Io lo guardai. «
Ma
no, dai.. »
« Non
preoccuparti. E’
una lampadina, niente di che. »
« Davvero,
voglio
pagarti! »
« Sei
testarda come un
mulo, a quanto vedo. »
Sorrisi.
« Se
proprio vuoi.. –
mi feci attenta – un giorno mi offrirai un caffè.
» disse lui.
« Con
piacere.. »
« E’
arrivato l’autobus, ora devo andare. Ciao, a presto!
» dichiarò allontanandosi. Poi si
bloccò. « Ah, e non correre con
quei tacchi, potresti farti male. » mi fece
l’occhiolino. Gli sorrisi e
lui salì sull’autobus. Rientrai in casa e mi misi
a leggere quel libro che
prima avevo lasciato sul comodino. Non lo
rivedrai mai più, eh Nina?
|
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Capitolo 2 *** Weakness. ***
Salve, popolo di Efp! (:
Come va? Io sono stata travolta da
un’ondata di gioia improvvisa e mi sento davvero bene, almeno
per il momento.
Di solito evito di dirlo perché è risaputo:
quando si sta bene, dietro l’angolo
c’è già un nuovo problema ad
attenderci. Ma non voglio essere pessimista, il
pessimismo non fa parte del mio carattere. Voglio sorridere
perché amo vivere
minuto per minuto (: Ecco perché oggi ho ascoltato
ininterrottamente “Smile” di
Avril Lavigne. Amo associare stati d’animo a canzoni. Non mi
dilungo
ulteriormente perché se avete aperto questa fan fiction
probabilmente (anzi
sicuramente xD) non v’interessa la mia vita ma il secondo
capitolo. Ecco a voi
il nuovissimo capitolo! :3
Ps. Cercherò di
aggiornare ogni
Mercoledì. Se dovessi avere qualche problema
ritarderò di qualche giorno. Grazie
davvero! Bacio! :)
Nina,
sei davvero stupida: pensi davvero che rivedrai quel ragazzo? Come
potrai
offrirgli un caffè se non hai neanche un recapito
telefonico, un indirizzo o
qualcosa che possa aiutarti a ritrovarlo nelle tue mani? Inutile
rimuginarci:
un incontro casuale, niente più. E niente più
doveva essere, volevo
semplicemente sdebitarmi: era stato così gentile. Chiusi il
libro
distrattamente, non ero abbastanza concentrata nella lettura, di
conseguenza
non riuscivo ad immedesimarmi perfettamente come di solito facevo.
All’improvviso
vidi il cellulare vibrare e lo raggiunsi. Sconosciuto. Chi poteva
essere?
Premetti
il tasto della risposta e risposi. « Pronto?
» beeep, beeep.
Aveva attaccato.
Lo
stesso si ripeté altre tre volte e la cosa cominciava ad
inquietarmi.
Posai
il libro sullo scaffale e mi diressi in sala da pranzo, dove Bells
stava già
apparecchiando.
« La
vedo pensierosa, signorina. » disse gentilmente invitandomi a
parlare
con lei, se avevo qualcosa da dire. Io e Bells avevamo un rapporto
speciale:
non era una semplice cameriera per me, era molto di più.
Bells mi era stata
vicina da sempre e mi aveva vista nascere. Era la cameriera dei miei
genitori
prima che si lasciassero e prima che mia madre decidesse di lasciarmi
la villa
per trasferirsi in una suite dall’altra parte del quartiere.
Ovviamente in
albergo mia madre non aveva bisogno di una cameriera, così
decisi di assumerla
al mio servizio. Fosse stato per mia madre, l’avrebbe
licenziata.
« Ho
ricevuto delle chiamate anonime, ho risposto ma dall’altra
parte non c’era
nessuno. » bisbigliai, quasi per paura di essere sentita.
«
Saranno i soliti ragazzini che si divertono a digitare numeri
a caso. Scherzi
telefonici, quando ero giovane ne facevo moltissimi e nessuno riusciva
mai a
scoprirmi. » sorrise. Ogni volta che parlava della sua
gioventù o della
sua infanzia le brillavano gli occhi e brillavano anche a me nel
vederla così
assorta.
Le
sue parole riuscirono a tranquillizzarmi.
Dopo
cena il cellulare vibrò di nuovo e per un attimo pensai che
fosse di nuovo
“sconosciuto”, invece era Allie, la mia migliore
amica.
«
Ninaaaaaaaaaaaa! » urlò
dall’altro capo del telefono.
« Al,
come stai? » chiesi.
« Mi
manchi. » ignorò completamente la mia domanda.
« Mi
manchi anche tu! »
« Ti va
di uscire questa sera? Non ti vedo da tre giorni. »
Sorrisi.
Certo che mi andava: avevo una gran voglia di rivederla.
« Certamente.
Alle 21.30 al solito posto? » chiesi.
« Va
bene, a dopo. » riattaccò.
POV
Ian.
« Cosa
significa che non le hai fatto pagare nulla? » chiese Mike
allibito.
«
Significa che non ho con me nessun soldo. »
risposi. Mike mi fissò
infastidito.
« Ho
scelto di mandare te al posto mio perché so che hai bisogno
di soldi ma a
quanto pare non t’interessa nulla. » si accese una
sigaretta.
« Mike,
non arrabbiarti, su! Era una stupida lampadina, quando dovevo farle
pagare? » chiesi.
Lui
non rispose, evidentemente perché non sapeva come
rispondermi. In quel momento
mi sembrava assurdo farle pagare una lampadina.
« Sei
riuscito a trovare qualche altro lavoretto? La casa? »
« Si
tira avanti. » lo liquidai.
« Che
farai stasera? » chiese.
« I
cazzi tuoi? »
« Sai
che se hai
bisogno puoi venire a stare da me per un po’.. se non riesci
a pagare l’affitto
intendo. » posò la sua mano destra sulla mia
spalla.
« Ti
ringrazio ma so
cavarmela da solo. » risposi. Detestavo essere
così scontroso anche nei
confronti di chi voleva solamente aiutarmi, ma non potevo farci nulla,
era un
aspetto del mio carattere.
Lui annuì
togliendo la mano
dalla mia spalla. Sapeva che con me era una guerra persa in partenza.
Il fatto
era che a causa del mio orgoglio non avrei mai e poi mai chiesto aiuto,
anche a
costo di dormire per strada coperto da alcuni cartoni. Ero talmente
convinto di
cavarmela da solo perché ero dotato di una forte autostima.
« Hai
intenzione di
ubriacarti? » chiese lui distogliendomi dai miei pensieri.
Alzai gli occhi al cielo.
Lo
avrei fatto volentieri ma l’ultimo briciolo di buon senso mi
diceva che non
dovevo sperperare soldi in quel modo, dovevo cercare di risparmiare.
« Senti
io vado,
grazie per aver chiamato me per quella faccenda. »
«
Faccenda a dir poco
inutile visto che hai deciso di non farti pagare. »
« Senti
basta, okay? » mi diressi verso la porta.
« Ian..
tieni. » mi porse alcune banconote. Le guardai: racimolare
tutti quei soldi era
molto difficile. La tentazione m’invitava a prenderle e ad
andarmene ma
l’orgoglio ancora una volta mi bloccò. Chiusi gli
occhi per un attimo. Ian, te la caverai
sempre e comunque da te,
giusto? Giusto, non dovrai contare mai su
nessun’altro, solo su di te.
« Non
ho bisogno dei
tuoi soldi. » lasciai il suo appartamento e mi diressi verso
il centro.
Non avevo voglia di andare a casa e starmene con le mani in mano,
piuttosto
preferivo starmene un po’ all’aria aperta ad
osservare il viavai delle persone
e immaginare le loro vite. In teoria, la prima opzione era decisamente
migliore
per me: il giorno seguente mi sarei dovuto svegliare prestissimo
perché avrei
dovuto aiutare un tizio a scaricare la frutta.
Smisi di pensare al lavoro
nel momento in cui arrivai in centro. La notte in centro è
sempre una cosa
meravigliosa: tutte quelle voci, tutta quella gente, tutte quelle luci..
Entrai nel primo pub che
trovai e mi sedetti vicino al bancone. La musica era altissima e anche
se mi
concentravo a fondo sulle bocche delle persone non riuscivo a percepire
alcun
suono. Vedere tutte quelle persone che consumavano demolì
del tutto il mio
buonsenso: avevo voglia di una birra. Infilai le mani nelle tasche per
vedere
se mi era rimasto qualcosa dalla mancia del giorno prima che, se
ricordavo
bene, era stata piuttosto generosa. Ricordavo perfettamente: avevo
abbastanza
soldi per farmi una birra, anche due se volevo.
« Una
birra. »
chiesi al barista.
Lui annuì senza
rispondermi.
Pochi secondi dopo mi porse il bicchiere pieno di birra che avevo
ordinato.
« Sei
solo? »
chiese una voce femminile piuttosto giovane. Mi voltai verso la ragazza
che mi
si era accostata.
«
Sì. » risposi
dopo aver sorseggiato qualche sorso della mia birra.
« Posso
sedermi? » indicò la sedia accanto alla mia.
«
Sì. »
« Hai
qualche altra
parola nel tuo vocabolario? » continuò lei
sorridente.
Misi a fuoco la sua
immagine:
una montagna di ricci biondi che incorniciavano un viso molto carino,
occhi
chiari e naso eccessivamente grosso per un viso così
piccolo. Mi guardai
intorno: era sola.
« In
realtà no. » ridacchiai.
« Sono
convinta che tu
voglia mostrarmi personalmente il tuo vocabolario.. » fece
l’occhiolino.
Ragazza sola, si siede vicino a me, mi fa l’occhiolino. Mm,
deciso di buttarmi.
«
Esattamente. Casa
mia? » notai immediatamente i suoi occhi brillare.
« Basta
che non è
troppo lontana, non ho tanta voglia di camminare. » si morse
il labbro
inferiore guardandomi fisso negli occhi.
Alzai il sopracciglio.
« Non molto. Se ci sbrighiamo arriviamo prima.
»
«
Allora alza il culo. » sussurrò
vicinissima al mio collo. Finii l’ultimo sorso di birra,
lasciai qualche moneta sul bancone e la seguii verso
l’uscita.
POV
Nina.
Uscii di casa puntualissima
come al solito e mi diressi verso il “solito posto”
ovvero l’ultima panchina a
destra del parco dove passavamo gran parte del nostro tempo da piccole.
Quando
arrivai lei non c’era, ovviamente. Scossi il capo sorridendo
e mi sedetti sulla
panchina. Guardai verso la direzione da dove ogni volta sbucava Allie
ma non
c’era traccia di lei. Quando arrivò le corsi
incontro e l’abbracciai
contentissima di rivederla.
« Nina!
» urlò
appena mi vide.
Dopo
un’infinità di tempo
chiese: « Dove si va? »
« Non
ne ho idea.
Proposte? » domandai.
« mm,
andiamo a
festeggiare al pub. » disse convinta. Amava andare i pub e
soprattutto
amava portarmici: anche lei era fissata con la storia del mio
matrimonio,
proprio come mia madre e di conseguenza sperava che trovassi un bel
ragazzo da
sposare. Chiunque potrebbe dire che vanno estremamente
d’accordo invece non è
così: quando portai a casa mia per la prima volta Allie (ai
tempi dell’asilo)
mia madre mi proibì tassativamente di vederla ritenendola
troppo “stravagante”.
Io non l’ascoltai minimamente, continuai a vederla come
sempre. Non sarei mai
riuscita a rinunciare alla mia migliore amica.
« Cosa
dobbiamo
festeggiare? » sorrise.
« Dopo
tanto tempo ci
si rivede, non è fantastico? »
« Tre
giorni! E va
bene. »
Improvvisò un
balletto e
scosse i suoi capelli corti nero corvino. Io scoppiai a ridere: la sua
espressione mi faceva sempre morire dalle risate.
POV
Ian.
«
Insomma? Quando
arriviamo? » chiese lei impaziente attaccandosi al mio
braccio.
« Siamo
quasi
arrivati. So che non vedi l’ora di vedermi nudo,
però potresti benissimo dare
un freno ai tuoi ormoni. »
Lei mi squadrò.
« A
quanto pare hai trovato le parole, eh? »
«
Volevi che ti
mostrassi il mio vocabolario se non sbaglio.. » risi
facendole l’occhiolino.
L’ironia era uno dei miei punti forti, concedetemelo. Lei
sorrise e le si formò
una fossetta deliziosa sulla sua guancia destra.
Arrivammo davanti al mio
palazzo e salimmo velocemente le scale fino a raggiungere il mio
appartamento.
Cercai le chiavi nelle mie tasche e non riuscii a trovarle subito, poi
finalmente le afferrai ed in fretta spalancai la porta. La tizia mi
seguì
spingendomi letteralmente dentro casa. Con i suoi tacchi richiuse la
porta e mi
fissò maliziosa. Poi si guardò intorno perplessa.
« Ehm.. sei ordinato. »
Cos’avevano tutti
quel giorno
con l’ordine? Prima la ragazza della lampadina, poi
l’altra. Ignorai il suo
commento. « Allora? »
«
Giusto, non sono
venuta qui per criticare il tuo.. ehm.. la tua arte moderna. »
Si avvicinò
velocemente e mi
baciò all’improvviso. Con le mani
cominciò a palparmi gli addominali per poi
scendere verso la cerniera dei jeans. Dritta al sodo, eh?
« mm,
senza
preamboli.. » sussurrai.
« Zitto
e baciami. »
Inserì la sua
lingua nella
mia bocca. Le lingue s’incrociarono e le mie mani
s’impossessarono dei suoi
fianchi. Continuò a palparmi gli addominali, poi la schiena,
poi ancora gli
addominali. Le lasciai baci sensuali sul collo e lei intanto mi
sbottonò la
camicia. Passai al contrattacco e sbottonai la sua lasciando visibile
il
reggiseno. Si sbarazzò della mia camicia ed io della sua e
andammo avanti così
fino a che non restammo completamente nudi.
«
Aspetta, le
protezioni? » chiesi. Diventare padre era l’ultima
cosa che chiedevo,
almeno in quel momento.
« Tutto
sotto
controllo. »
La presi e
l’avvinghiai
attorno ai miei fianchi, poi, con forza la gettai sul letto e la
raggiunsi.
Movimenti meccanici, duri, forti, senza neanche un briciolo di
sensibilità e
dolcezza. Erano gesti brutali. Non avevo mai fatto sesso per amore,
solo per
piacere. Dentro di me avevo la convinzione che nessuna si sarebbe mai
innamorata di me per davvero e che io non mi sarei mai innamorato di
qualcuna.
Non sapevo se avevo la capacità di fare l’amore e
non il sesso, non lo sapevo
perché non ci avevo mai provato.
Sentii il suo corpo
sussultare lievemente quando entrai in lei. Con le braccia strinse
forte la mia
schiena mentre io le mordevo le labbra in preda
all’eccitazione.
Quando il piacere raggiunse
l’apice, uscii e mi scansai da lei quasi come fosse un
mostro. Mi addormentai
poco dopo.
POV
Nina.
«
Allora che mi
racconti, cosa ti è successo di bello in questi tre giorni?
» chiese
Allie davanti ad un enorme bicchiere di birra.
« Mah,
solite cose. Ho
chiamato l’elettricista perché non sapevo montare
una lampadina. » Al
rise a crepapelle e subito dopo mi guardò storto.
«
Potevi benissimo
chiamare me, risparmiavi! » esclamò.
« Non
mi ha fatta
pagare.. »
«
E’ bello? »
chiese interessatissima.
« I
suoi occhi sono molto
belli. »
Lei sorrise con la faccia
di
chi la sa lunga. « Ma l’ho visto oggi e
non lo rivedrò mai più. »
mi affrettai ad aggiungere.
« Non
puoi saperlo. »
La serata trascorse tra
tante
risate, risate che solamente Allie era in grado di strapparmi. Non ci
rendemmo
conto del tempo che trascorreva veloce e tornai a casa molto tardi. Mi
feci una
doccia e mi misi a dormire stanchissima.
POV Ian.
Quando mi svegliai la
trovai
al mio fianco, cosa che non accadeva mai. Di solito la mattina se ne
andavano
prima che mi svegliassi. « Ancora qui? »
chiesi svegliandola.
Sbadigliò.
« Che ore
sono? »
« Le
5.30. »
« Eh,
è prestissimo! » si voltò
dall’altro lato e richiuse gli occhi.
« Devo
andare a
lavorare, faresti bene ad andartene. »
« Mi
stai cacciando? » chiese offesa.
« Devo
andare, ti ho
detto. »
« E vai
allora! » esclamò sorridendo. La fissai.
« Comunque sono Ian. » mi
sorpresi a dirle. Di solito non mi presentavo mai.
« Non
te l’ho chiesto. »
Mi alzai dal letto e
cominciai a rivestirmi. « Mi stai seccando. Non
voglio trovarti al mio
ritorno, okay? » chiesi brusco.
Lei annuì
distrattamente,
continuando a sorridere. Mi diedi una sistemata ai capelli, mi
sciacquai il
viso e mi diressi verso la porta. « Comunque sono
Kate. » disse
lei con voce impastata dal sonno. « Kate, faresti
bene a portare il tuo
culetto d’oro fuori di qui prima del mio ritorno. »
«
Sìsì, va bene!
Grazie per il complimenti. » mi disse facendomi
l’occhiolino.
Uscii di casa e corsi
all’impazzata verso il negozio di frutta. Non volevo arrivare
in ritardo se la
mia puntualità avesse contribuito in qualche modo
nell’aumento della mia paga.
«
Buongiorno Signor
Lewson. »
«
Buongiono
giovanotto. Già da queste parti? » chiese
dolcemente.
« Non
volevo far
tardi. »
«
Bravo, amo le
persone puntuali – risi tra me e me – vai a
prenderti un caffè, è ancora
presto. »
Mi diressi verso il bar
più
vicino ed entrai. Davanti al bancone c’era una ragazza che
stava acquistando
una bottiglia di latte. Quando si voltò la riconobbi
immediatamente.
« Nina?
»
Lei alzò lo
sguardo dal suo
cellulare e mi fissò. Vidi un sorriso meraviglioso spuntare
sul suo volto. « Ian. »
« E
così ci si rivede. » dissi.
Lei annuì.
« E così
posso finalmente offrirti il caffè che ti devo. »
rise.
Controllai nelle tasche: se
avevo qualche avanzo potevo offrirglielo io
il caffè, da bravo gentiluomo. E invece con la
foga della sera prima il
portafogli era rimasto per terra in camera mia. Che idiota.
« E va
bene. »
Ci avvicinammo verso il
bancone e lei ordinò due caffè.
« Come
mai a quest’ora
in giro? » chiesi.
« Sono
una ragazza che
ama svegliarsi presto. » disse.
« Sei
l’unica che io
conosca, direi. » rise.
La barista ci
portò i caffè
ed io sorseggiai il mio di fretta. « Devo andare Nina, grazie
per il
caffè. » le sorrisi dolcemente.
Lei ricambiò il
sorriso. « Già vai? Figurati, te lo dovevo.
»
« Devo
lavorare. Ci si
vede in giro. »
« Ciao
Ian, buona
giornata. » disse lei.
Uscii dal bar e tornai al
negozio di frutta. Proprio in quel momento passò una coppia
che si scambiava
effusioni. Eppure mi sarebbe piaciuto davvero tanto avere una ragazza
da amare,
non una ragazza a notte. Non dico che sarei riuscito ad amarla nel modo
giusto
ma almeno ci avrei provato con tutte le mie forze.
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto. Grazie di cuore. <3
|
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Capitolo 3 *** Understand your problems. ***
Salve, popolo di Efp! (:
Come
va? Io mi sono resa conto che più
dai e meno ricevi. Ci rimani malissimo: dedichi tutta te stessa ad una
persona
a cui tieni particolarmente ma è come se tu gli andassi
incontro e quella
persona scappasse lontano rendendo la distanza un enorme problema. Ed
è quello
che sto vivendo con una persona che.. che è davvero
importante per me. Bando
alle ciance, ecco a voi il nuovissimo capitolo! :3
In
questo capitolo, sarà solamente Ian a
“parlare” perché ho deciso di mettere da
parte per un secondo il Pov Nina. Preferisco
sviluppare un po’ di più la storia di Ian. Spero
che il capitolo vi piaccia!
Aspetto vostre recensioni.
Ps.
Scusate il ritardo. Un'ultima cosa! Rispondo alle
vostre recensioni per darvi qualche delucidazione quindi se volete
chiedermi qualcosa in particolare, fate pure! Vi risponderò
ovviamente (:
Bacio,
ci si sente in fondo con le risposte alle vostre recensioni! :)
Entrai in casa con la testa
da tutt’altra parte. Posai le chiavi sul tavolo, mi tolsi la
giacca e la
abbandonai sul pavimento insieme a mille altre cose che ovviamente non
si trovavano
al loro posto. Percorsi il corridoio fino ad arrivare in camera mia. Le
serrande erano ancora tirate giù. « Poteva
benissimo fare entrare un po’
d’aria.. » borbottai. Le alzai velocemente, presi
un pacchetto di
sigarette abbandonato sul comodino e me ne infilai una in bocca. Sentii
uno
sbadiglio che mi fece voltare verso il letto. Kate, ancora
lì, nella stessa
posizione in cui l’avevo lasciata ma, stavolta, con una mia
camicia bianca
addosso.
Si mise il cuscino sulla
faccia e si girò su un fianco.
« Cazzo
fai? »
chiesi.
« La
gentilezza non è
affatto il tuo forte. » rispose lei con voce impastata dal
sonno
strascicando le parole.
« Mi
sembrava di
essere stato chiaro questa mattina. »
Si tolse il cuscino dal
viso,
si sedette e si stropicciò gli occhi. Poi mi
guardò. « Mi spieghi perché
invece di rompermi le palle non ti accendi quella fottuta sigaretta?
»
chiese incrociando le braccia al petto.
Inarcai le sopracciglia poi
presi l’accendino e accesi la mia sigaretta. Si
lasciò andare ancora una volta
sul letto, esausta. Sembrava che lei
avesse scaricato due camion di frutta e poi sistemato barattolo per
barattolo,
bottiglia per bottiglia, scatola per scatola con cura, non io.
Sconfitto mi lasciai andare
sul letto a mia volta e guardai il soffitto.
« Hai
indosso la mia
camicia. » dissi, così, senza uno scopo preciso.
« Bell’osservazione.
» rispose lei senza voltarsi.
« Come
mai sei
rimasta? »
« Di
solito non lo
faccio. » scostò dalla fronte un ciuffo di capelli
che le dava fastidio
agli occhi. Non aggiunsi nulla.
« Ero
stanca. –
proseguì – Mi mancava una bella dormita.
»
« Casa
tua? »
chiesi con non troppa grazia voltandomi verso di lei.
« I miei
mi hanno
cacciata di casa. » si girò su un fianco verso di
me e notai la
scollatura della (mia) camicia che non era stata abbottonata fino
all’ultimo
bottone.
« Come
mai? »
domandai.
« Volevo..
Volevo
essere una modella e a loro non stava bene. – vidi i suoi
occhi inumidirsi –
Volevano che avessi un lavoro.. “dignitoso”.
» enfatizzò l’ultima parola
e guardò il soffitto per non piangere evidentemente. Avresti fatto carriera come modella,
pensai. Poi mi guardò. Solo in
quel momento mi accorsi che aveva meravigliosi occhi verdi e che
sembravano
molto più chiari rispetto alla sera precedente.
« Non ho
voglia di
parlare ancora di me. Ora puoi.. dirmi qualcosa tu. »
« Non
saprei cosa
dirti. » risposi.
« Bene..
se ne hai
voglia ti ascolto, comunque. » tornò a fissare il
soffitto. Seguii il
suo esempio.
Passammo
un’infinità di tempo
in quella posizione finché lei non riprese il discorso.
« Sai..
è stato così
bello. Io, la passerella e tutta quella gente.. quella gente che mi
fissava –
la guardai e notai ancora una volta i suoi occhi inumidirsi –
Facevo quello che
amavo fare. »
« Com’è
finita? » chiesi.
« Mio
padre l’ha
scoperto, non so come. Mi ha letteralmente buttata giù da
quella passerella e
mi ha gonfiata di botte, davanti a tutti. Ovviamente
l’agenzia mi ha cacciata e
i miei mi hanno buttata fuori di casa. Ero il disonore della famiglia.
»
tirò su con il naso.
« Lo
facevi di
nascosto, quindi. »
« Non
avevo altra
scelta. » rispose lei.
« Come
mai non sei
rientrata in agenzia? Voglio dire.. alla fine quei bastardi se lo
meritano. Ora
sei libera, puoi fare quello che vuoi. » sussultò
alla parola “bastardi”
e si voltò verso di me. I suoi occhi erano estremamente
dolci. « Mi
hanno distrutto la speranza e la voglia di combattere per la
realizzazione dei
miei sogni. Ora sono una semplice puttanella che gira di locale in
locale per abbordare
ragazzi fighi e portarseli a letto. »
« Grazie
per avermi
dato inconsapevolmente del ragazzo figo. » dissi per
sdrammatizzare. Lei
sorrise appena e si alzò dal letto. Cominciò a
girare per la stanza con la
(mia) camicia indosso, intendo dire con solo
la (mia) camicia indosso.
« Hai un
appartamento
carino. » disse guardandosi intorno. Sorrisi.
« Vuoi
fare il giro
turistico? » chiesi.
« Già
fatto da me..
prima che tornassi. Mi sono fatta gli affari tuoi, insomma. »
sorrise.
Aveva un bellissimo sorriso.
La squadrai. «
Hai
trovato qualcosa d’interessante? »
« mm,
non vorrei
offenderti ma.. no. Più che altro mi sono diretta verso il
frigorifero. Se non
trovi le patatine e la coca è colpa mia. »
alzò le braccia in segno di
resa.
« Quindi
ti sei
alzata, hai mangiato patatine, hai bevuto coca-cola, hai girato per la
casa e
poi ti sei rimessa a dormire. »
« Esatto.
»
incrociò le braccia al petto e mi guardò con
l’aria da furbetta. Le sorrisi e
sprofondai la testa nel cuscino.
« Dicono
che sono una
buona ascoltatrice. Su, mettimi alla prova. » disse
raggiungendo il
letto e sedendosi a gambe incrociate. Guardai la sua capigliatura
spettinata ed
infine le sue labbra, quelle labbra che avevo baciato tanto avidamente
la sera
prima.
« Smettila
di
fissarmi. »
Non l’ascoltai.
« Allora?
»
chiese spazientita.
Non le risposi.
« uff,
ho capito. – si
alzò dal letto e riprese la sua camminata – Almeno
preparami qualcosa di buono
da mangiare. »
« Non
puoi fartelo da
sola? » chiesi.
« Voglio
mettere alla
prova le tue doti culinarie. »
Mi misi a pancia in
giù e la
ignorai. « Forza, alzati! » urlò.
« Certo
che sei una
rompicoglioni! » esclamai alzandomi controvoglia. La seguii
in cucina ed
aprii il frigo per vedere se era rimasto qualcosa di buono da mangiare.
Poi mi voltai di scatto.
« Ma tu non hai già mangiato? » chiesi.
« Sì,
ma tante ore fa
ed ora ho di nuovo fame. » fece gli occhi dolci. Scossi il
capo
sconfitto. Presi dal frigorifero gli ultimi due yogurt bianchi avanzati
e la
confezione semivuota di cornflakes abbandonata sul fondo della
dispensa. Gettai
tutto sul tavolino controvoglia e rumorosamente. Lei squadrò
quella che doveva
essere la nostra cena e mi fissò imbronciata.
« Tutto
qui? »
domandò con la speranza che da un momento
all’altro avrei tirato fuori un
piatto di pasta o un paio di salsicce ben cotte.
« Questo
passa il
convento. »
Aprii il mio yogurt e mi
accorsi di aver dimenticato i cucchiaini. Quando vide che mi stavo
alzando,
disse: « Ci penso io. »
Intanto leccai via lo
yogurt
dal bordo del vasetto e quando Kate portò i cucchiai la
ringraziai.
« Ti
piace qualcuno? » chiese di punto in bianco mentre si stava
sedendo.
« No.
»
In pochi secondi
finì lo
yogurt e cominciò a sgranocchiare i cornflakes.
« Dovresti
richiuderla
la confezione una volta aperta, altrimenti non sono più
croccanti come la prima
volta. » intanto però, continuava a sgranocchiare
la furba!
« Ribadisco
il mio
concetto di prima. »
« Cioè?
»
chiese.
« Sei
una
rompicoglioni. » dissi in tono solenne mentre le rubavo un
cornflakes.
Lei ridacchiò ed
un
cornflakes le sgusciò via dalla bocca.
L’espressione che assunse fece ridere
anche me.
« Ti
diverte andare in
giro nuda? » le chiesi.
« E’
più comodo. » rispose indifferente.
« E se
decidessi di
toglierti improvvisamente la camicia? E potrei farlo, visto che
è la mia. » dissi sorridendo beffardo.
« Certo
che puoi. » rispose maliziosa. La sua calma mi lasciava
sempre più sconcertato.
Mi alzai dalla sedia e
buttai
i vasetti di yogurt ormai vuoti.
« A me
piaceva un
ragazzo. » disse ad un certo punto riprendendo un discorso
abbandonato
da secoli.
« Però
era uno
stronzo, come tutti voi. » riprese guardandomi.
« Mi
sento offeso. Che
ti ha fatto? »
Si guardò le
unghie che erano
coperte da un velo di smalto, o meglio, quel che restava dopo una
battaglia
“denti vs unghie”.
« Una
volta mi picchiò
perché non sopportava vedermi sfilare. Solamente lui voleva
vedermi.. »
« Tutti
contro il tuo
sogno, insomma. » constatai.
« Esatto.
Ma ora non m’interessa
più di loro. »
« La tua
famiglia,
invece? » chiese.
Trasalii. Argomento
tabù.
L’ultima cosa di cui avrei voluto parlare.
« Preferisco
non
parlarne proprio. »
« Scusa.
»
aggiunse mortificata.
Scossi la mano come per
dire
“non importa” e lei capì. Si
alzò dalla sedia, mi raggiunse e si alzò sulle
punte dei piedi per posare il mento sulla mia spalla.
Io la guardai con la coda
dell’occhio stupito da tanta dolcezza.
« Che
lavoro fai? » chiese sussurrando.
« Quello
che capita,
pur di guadagnare qualche spicciolo. »
« Hai
provato anche a
fare l’attore porno? » chiese d’un
tratto. Io mi voltai di scatto,
inarcai le sopracciglia e scoppiai a ridere.
« Che
c’è? Guarda che
si guadagna bene. E potresti permettertelo. »
« Mettendo
da parte la
carriera di attore porno, tu invece? Che lavoro fai? »
chiesi. Lei alzò
gli occhi al cielo e poi tornò a fissarmi.
« Oh mio
Dio! »
esclamò con le mani davanti alla bocca, come un bambino.
« Cosa?
»
chiesi preoccupato.
« Tu..
tu.. – si
avvicinò, mi prese il volto e mi costrinse a guardarla
intensamente negli occhi
– tu.. tu hai degli occhi spettacolari. »
Meglio tardi che mai, se
n’era accorta. Risi.
« So di
essere
piuttosto attraente ma smettila di provarci con me. » feci
l’occhiolino.
Lei lasciò
cadere le sue mani
lungo i suoi fianchi, poi incrociò le braccia al petto.
« Troppo
vanitoso per
i miei gusti. »
« Non
hai risposto
alla mia domanda: che lavoro fai? » chiesi di nuovo
sorridendole.
« Intendi
oltre ad
abbordare uomini nei locali? » annuii.
« beh,
la mattina mi
sveglio al loro fianco e, mesta mesta, cerco di non fare rumore. Mi
avvicino al
comodino e gli sfilo qualche banconota.. beh, a volte tutte.
» fece
l’occhiolino.
La fissai allibito.
«
Sei una mezza specie di ladra! »
« Ma
no.. loro si
approfittano di me ed io ho bisogno della mia ricompensa! »
« Ma non
sono loro che
ti saltano addosso, è il contrario! »
« Fa lo
stesso.
Comunque è molto divertente: non mi sgamano mai. »
Scossi il capo ridendo e mi
diressi in camera da letto, con lei al mio fianco.
« Mi hai
portata qui
per i tuoi loschi scopi? » mi guardò ancora una
volta maliziosa. Quella
ragazza.. quella ragazza mi faceva uno strano effetto. Era
così provocante e
non solo perché era praticamente nuda ma anche per il suo
modo di parlare, di
guardarmi e di muoversi. Gli avrei risposto di sì ma non so
per quale motivo,
gli risposi di no. Forse era la
stanchezza che non mi garantiva prestazioni ottimali.
Mi buttai sul letto.
« Peccato.
Non mi sei
dispiaciuto, in fondo. » salì a cavalcioni su di
me.
« Grazie
per il
complimento, eh. Tutte le altre con cui sono stato hanno detto che sono
il
migliore in quel campo. » dissi con un pizzico di
risentimento.
« Evidentemente
non
hanno avuto altre esperienze esaurienti. » si
avvicinò alla mia bocca
molto velocemente. A separarci c’era un sottile strato di
abiti. Era troppo.
Con un balzo mi ritrovai
sopra di lei con un sorriso stampato in volto. Si aggrappò
alla mia maglietta e
mi fissò intensamente. « Ci hai ripensato?
» chiese.
Sì,
sì, sì, sì, sì,
sì, ci ho ripensato, pensai. Ma poi qualcosa mi
bloccò di nuovo. Forse
l’orgoglio. Anche se mi pesava, non volevo dargliela vinta.
« No.
» mi
appropriai della mia parte del letto e la lasciai lì
sbigottita.
« COSA?
»
Non le risposi e ridacchiai.
« Buonanotte.
»
si girò sul fianco dandomi le spalle.
« Kate,
posso farti
una domanda? » le chiesi.
« NO.
»
« Okay,
io te la
faccio comunque: come mai non hai fatto quello che fai sempre con gli
altri
ragazzi? In fondo ti saresti potuta svegliare prima, rubare qualcosa
dal mio
portafogli ed andartene. » chiesi.
« Non mi
è suonata la
sveglia. » rispose.
La fissai in attesa che si
voltasse. Quando si girò sorrise.
« Eddai,
sto
scherzando. »
« Il
fatto è che..
tu.. tu non mi dai l’impressione che mi danno gli altri.
– proseguì – Ho visto
qualcosa di diverso in te. Non volevo farti un torto. Forse
perché sei un
povero disgraziato come me, del resto. » si girò
di nuovo dall’altra
parte dandomi le spalle ed io rimasi in silenzio ad osservarla
finché non si
addormentò.
---
Risposte
alle recensioni!(:
SetFireToTheRain Ciao tesoro, grazie di tutto.
Grazie perché mi segui sempre nonostante io continui
imperterrita ad affermare di non sapere scrivere u.u Sì, Ian
è il tipo da una notte e via! Te lo dico io! No
vabbè, scherzo :') Lui è un bravo ragazzo che
pensa solo alla sua dolce Nina (e a me u.u). In effetti, se non fosse
rimasta affascinata da lui, sarebbe stata una cosa alquaaaaaanto strana
°-° Ti ringrazio ancora, un bacio.**
chicchi93 Grazie davvero Ale, sono contenta
che i primi capitoli ti siano piaciuti! Spero davvero di non deluderti
con questo capitolo e con i prossimi. Buona lettura, un bacio.**
britt4ever Grazie anche a te per la splendida
recensione, sono davvero contenta che la storia ti stia piacendo. Spero
che anche questo capitolo ti piaccia! ** Anche a me piace vedere i
protagonisti di una fanfiction dedicata ad attori diversi dal solito,
altrimenti diventa tutto troppo monotono. Un bacio anche a te, buona
lettura.**
VaVa_95 Ciao bellissima, innanzitutto
grazie! Perché? Mi segui anche qui ed io ti ringrazio
davvero :') Grazie per la recensione. No, non diventeranno attori di
TVD, volevo creare qualcosa di mio che non avesse nulla a che vedere
con il telefilm :3 Grazie davvero, buona lettura. Un bacio.**
---
Foto
u.u
Ho trovato questa foto e subito ho
pensato all'Ian della mia storia, non so perché. Boh,
quest'uomo è semplicemente meraviglioso. <3
|
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Capitolo 4 *** Inevitability. ***
Salve, popolo di Efp (mi sento
così
banale, vi saluto sempre allo stesso modo D: )! (:
Come
va? Forse ho ritardato un po’ con
il nuovo capitolo ma sono stata impegnatissima con la scuola, non
sopporto il
periodo “interrogazioni-compiti in classe a gogo”.
Bando alle ciance, ecco a
voi il nuovissimo capitolo! :3
Spero
che vi piaccia e ovviamente
aspetto con ansia vostre recensioni. Amo sapere cosa la gente pensa di
ciò che
scrivo, mi aiuta a migliorare. Un bacio, ci si sente in fondo con le
risposte
alle vostre recensioni! :)
POV
Ian.
« Ho
un’idea! »
urlò svegliandomi. La guardai con gli occhi sgranati: era in
piedi sul letto e
saltava, come se fosse impazzita.
« Ti
sembra il momento
di gridare? »
« Ho
avuto un’idea
fantastica, non potrai dire di no! » esclamò
entusiasta, come se la sua
idea fosse la cosa più bella al mondo. Il suo entusiasmo mi
ricordava quello di
un bambino quando ottiene quel regalo che aveva bramato da tanto tempo.
« Va
bene, ne
riparleremo domani mattina. »
tagliai corto
e mi voltai dall’altra
parte stringendo il cuscino.
« No!
Dobbiamo parlare
ora! » riprese a saltare. La squadrai e, sconfitto, mi
sedetti in attesa
delle sue parole.
« Cerca
di farla
breve, ho sonno. » la ammonii.
« E’
un’idea meravigliosa,
un’idea che poteva venire solo a me.. Chi altro è
dotato di tanta intelligenza?
Chi altro.. »
« Sì
ok, allora? » chiesi spazientito.
« E’
una cosa che
farebbe comodo ad entrambi. » finalmente si sedette.
Sbuffai. Quando aveva
intenzione di parlare?
Si avvicinò a me
e si mise
seduta sulle mie ginocchia.
« Continuo
a fare
quello che facevo.. MA! Dormirò qui. » disse.
Della frase
“una
cosa che farebbe comodo ad entrambi” mi sfuggiva
qualcosa, però.
« Ah
sì? E cosa ci
guadagnerei, scusa? » chiesi sbigottito.
« Non
incazzarti, ho
pensato anche a te. Ti ho già detto che, se accettassi,
potrei continuare a
fare quello che facevo prima.. »
« E
quindi? »
« pub,
ragazzi fighi,
nottate di passione e.. »
« E?
»
« Potrei
“prendere in
prestito” qualcosa dal loro portafogli. Potrei aiutarti un
po’.. con la casa,
con la spesa, le pulizie.. – sorrise stringendomi la mano e
intrecciandola alla
sua – in cambio chiedo.. un tetto, tutto qui. Eh
sì, magari anche un po’ di
sesso visto che, anche se mi costa ammetterlo, finora il migliore sei
tu. » mi guardò sperando che accettassi la sua
proposta.
Ero sbalordito e davvero
sorpreso. Era un’ottima idea: avrei avuto più
soldi a disposizione per pagare
l’affitto e altre spese necessarie.
« Continueresti
a
farti ragazzi abbordati in un pub pur di aiutarmi? » chiesi
sbigottito.
« beh,
anche se non ci
fossi tu continuerei a farlo, quindi.. almeno in questo modo lo faccio
per una
giusta causa. »
«. Ci sto.
» le
sorrisi. Lei ricambiò e così,
d’impulso, mi stampò un bacio sulle labbra. Poi,
poco dopo, si addormentò.
Tre
mesi dopo
Stavo accarezzando il mio
gatto da una mezz’ora buona. Kate non era ancora rientrata e
la stavo
aspettando con ansia: doveva portarmi i soldi. Pochi istanti
più tardi entrò velocemente
in casa sorridente con i capelli svolazzanti e con un portafogli in
mano.
« Abbiamo
fatto il
colpo grosso. » fece l’occhiolino mostrandomi il
portafogli nero che
aveva tra le mani e che sembrava contenere parecchi soldi, a giudicare
dal suo
spessore.
Mi avvicinai a lei e con
poca
grazia le strappai il portafogli di mano per verificarne il contenuto.
Lei
agilmente mi bloccò e si portò il portafogli
dietro la schiena.
« Non lo
avrai mai. » mi fece la
linguaccia.
« Ah
sì? » la
bloccai improvvisamente e, mentre lei si dimenava cercando di
liberarsi, io le
sfilai il portafogli di mano. Lo aprii e per poco non svenni.
« Cazzo,
con questi ci
paghiamo minimo due affitti. Se la passa bene, il signore. »
dissi con
tutti quei soldi tra le mani. Soldi che io riuscivo a guadagnare solo
dopo
moltissimi sforzi e soldi che Kate era riuscita a prelevare con tanta
facilità.
Sorrise e mi
fissò. «
Non mi chiedi se mi è piaciuto? »
« Non
m’interessa, in
realtà. »
Sbuffò
rumorosamente e si
lasciò andare sul divano.
La feci contenta:
« Ti
è piaciuto? » chiesi.
« No,
però il tizio
aveva un buon profumo. » mi guardò.
Di colpo si alzò
dal divano e
mi raggiunse. « Sono stata brava? » si
alzò sulle punte dei piedi
ed i nostri nasi si sfiorarono per un istante. « Bravissima.
»
risposi.
« Non
merito qualcosa
in cambio? » chiese inarcando le sopracciglia e portando le
braccia
attorno al mio collo.
« Dipende
cosa vuoi.. » sussurrai.
Allungò il collo
e sporse le
labbra invitandomi a baciarla. Era una cosa da niente, ormai ero
abituato a
farlo. Mi chinai leggermente e la baciai con passione; portai le mani
sui suoi
fianchi e la strinsi a me. Poi mi staccai da lei dopo pochi secondi.
« Tutto
qui? »
chiese imbronciata.
« Vado a
fare due
passi. » mi diressi verso la porta, presi la giacca appesa
all’appendiabiti e impugnai la maniglia.
Kate mi bloccò e
m’invitò a
guardarla. Immersi i miei occhi nel suo verde così bello,
così puro, così
meraviglioso.
« Ogni
tanto puoi
sorridere, eh.. »
« Sempre
la solita. » risi.
« Finalmente.
»
pizzicò la mia guancia destra.
Uscii di casa ed
un’ondata di
venticello fresco mi travolse. Tirai su la chiusura lampo fino al
collo, poi
iniziai a camminare senza una meta precisa. A volte l’unica
cosa di cui avevo
bisogno era restare solo: in quegli ultimi tre mesi avevo convissuto
con una
ragazza, cosa alquanto strana per uno come me. Per questo ogni tanto
avevo
bisogno di isolarmi e prendermi una parte di spazio tutto per me.
Riflettevo,
pensavo, riflettevo e pensavo. Alle cose più svariate, non
c’era un argomento
fisso: qualsiasi cosa era buona per creare in me una riflessione,
qualsiasi
cosa era adatta per far nascere all’interno del mio corpo una
conversazione.
Una conversazione udibile solamente a me, ovviamente.
Una voce dolce e calda
interruppe i miei pensieri. In un primo momento non la riconobbi, poi
alzai lo
sguardo verso i suoi occhi e capii.
Era meravigliosa: indossava
un vestito a fiori non molto scollato ma che dava comunque una buona
visione
del suo decolté, un paio di scarpe con il tacco nere e aveva
i capelli raccolti
in una lunga treccia che le cadeva delicatamente sulla spalla destra,
lasciando
libero qualche ciuffetto di cadere sull’altra guancia.
« Ian..?
»
chiese dolcemente.
« Nina.
»
risposi educatamente, guardandola nei suoi meravigliosi occhi da
cerbiatta.
Quanto tempo era passato? Settimane? Mesi? Sembrava addirittura
più bella.
« E’
passato parecchio
tempo. » continuai.
Sorrise imbarazzata.
Decisi di sciogliere il
ghiaccio. « Potremmo prenderci.. una cioccolata calda. Se ne
hai voglia. » proposi. Lei mi guardò e
inclinò leggermente il capo verso destra,
annuendo.
« Va
benissimo. »
Risi.
La portai in un piccolo bar
lì vicino dove alcune volte (molto raramente) mi fermavo per
assaporare una buonissima
cioccolata calda con panna.
« Ecco
le vostre
cioccolate calde con panna, signori. » ci disse il cameriere
porgendoci
le tazze, non appena ci sedemmo dopo aver ordinato.
Nina guardò la
sua cioccolata
con un’incredibile gioia e subito immerse il cucchiaino nella
tazza, poi lo
tirò fuori e assaporò lentamente il sapore della
sua cioccolata. Seguii il suo
esempio e quando alzai lo sguardo su di lei (ancora una volta) scoppiai
a
ridere perché si era sporcata la guancia.
« Che
succede? » chiese imbarazzata.
Senza rispondere, presi un
fazzoletto e la pulii. « ehm.. grazie. »
arrossì.
« Non
c’è di che.
Cos’hai fatto in questi mesi? » chiesi, sperando di
non essere stato
troppo invadente.
« mah,
non mi è
successo nulla di eclatante sfortunatamente –
sorseggiò la cioccolata – e tu? »
« Idem.
»
Sentii vibrare il cellulare
nella tasca dei jeans. Lo tirai fuori. Kate.
Che diavolo voleva? Ignorai
la chiamata. Altre volte mi aveva chiamato mentre ero in giro
chiedendomi che
fine avessi fatto. Ora non sono neanche più libero di
starmene per i fatti
miei?
« oh,
puoi rispondere
se.. se io sono il problema. »
« Ma
scherzi? Nono,
era una chiamata di poca importanza. » rimisi il cellulare al
suo posto
e tornai alla mia cioccolata.
« A
quanto pare non hai
seguito il mio consiglio. » constatò.
« Quale
consiglio? »
« Non ti
ricordi? –
sembrava delusa – Ti avevo detto che nella vita ci vuole
sempre stile ed
eleganza. »
Scoppiai a ridere.
«
Non sono abbastanza.. ehm, come dire.. idoneo
alla situazione? » chiesi.
« In
realtà no. » disse fingendosi seria. Risi di nuovo
per l’espressione che assunse e
a quella risata ne seguirono altre e poi altre. Stavo ridendo,
ridendo di cuore. E non era una cosa da nulla, Nina aveva
rallegrato la mia patetica e noiosissima giornata. Aveva portato calore
e luce.
Per un attimo avevo persino scordato tutti i problemi che continuavano
a
seguirmi di giorno e di notte.
Sentii ancora una volta il
cellulare vibrare. Ignorai di nuovo la chiamata.
« Ora
devo andare.. è
stato un piacere. » dissi.
« Un
piacere anche per
me.. spero che questa non sia la nostra ultima cioccolata. »
« Non lo
sarà. » feci l’occhiolino, mi alzai e mi
diressi verso l’uscita.
« Ci
conto! »
esclamò decisa.
Sorrisi e.. mi bloccai.
Qualcosa
mi spinse a voltarmi di nuovo verso di lei, qualcosa mi diede il
coraggio di
farlo. La guardai negli occhi.
« Ti
andrebbe di..
uscire? Una di queste sere.. magari ci prendiamo una pizza, oppure
anche solo
per una passeggiata. » la voce mi uscì da sola,
senza che la
controllassi aveva già l’intera battuta pronta.
Alzò gli occhi
verso di me. « E’ un’ottima idea.
»
Le sorrisi e tornai sui
miei
passi.
« Stasera?
»
chiese lei ad alta voce per farsi sentire. Le persone sedute si
voltarono verso
di noi lanciandoci strane occhiate.
Il suo entusiasmo mi stava
facendo letteralmente impazzire. « Stasera è..
stasera è perfetto. Ci
vediamo qui alle 20. » tornai sui miei passi e uscii dal bar.
Decisi di tornare subito a
casa: volevo stupirla in qualche modo, volevo essere elegante e
all’altezza
della situazione almeno per una serata. Avrei cercato un qualcosa di
decente da
indossare, anche a costo di mettere sotto sopra l’intero
appartamento. Entrai
in casa velocemente e richiusi la porta con violenza.
« Perché
non mi hai
risposto? » chiese Kate incrociando le braccia al petto. Non
le risposi
e mi diressi verso l’armadio sperando con tutte le mie forze
che ci fosse
qualcosa di decente da mettere per un incontro del genere. Lei era
sempre così
perfetta (anche se effettivamente l’avevo vista solamente tre
volte e,
nonostante ciò, non aveva mai un capello fuori posto).
Spalancai le ante
dell’armadio a muro con Kate al mio seguito che mi fissava
sconcertata.
« Che
succede? » domandò.
La ignorai di nuovo e
lanciai
sul letto tutto quello che trovai nell’armadio.
« Mi
spieghi? »
mm..
cosa potevo mettermi quella sera?
« Allora?
»
Non
avevo la più pallida idea..
« Cazzo,
mi stai
preoccupando, vuoi rispondere? »
« Ho
trovato! »
esclamai.
Qualche anno prima avevo
partecipato al matrimonio di mia cugina e, per l’occasione,
mio fratello mi
aveva prestato un completo nero molto elegante che io non gli avevo mai
restituito perché quella fu l’ultima volta in cui
lo vidi. Il problema era..
dove l’avevo messo?
« Aiutami
a trovare un
completo qui in mezzo. E’ nero ed è elegante.
» le dissi ignorando
completamente le sue domande. Lei annuì e
cominciò a cercare nei cassetti.
« E’
forse.. questo? » chiese prendendolo in mano.
« Esatto!
»
glielo strappai dalle mani e lo esaminai con attenzione. Mi entrava
ancora?
Mi spogliai velocemente e
infilai i pantaloni scoprendo con soddisfazione che ancora mi entravano
alla
perfezione. Feci lo stesso con la camicia, la giacca e poi con la
cravatta.
« Da
qualche parte
dovrebbero esserci anche le scarpe. »
Lei si chinò
verso il
cassetto aperto ed estrasse un paio di scarpe praticamente nuove,
indossate
solamente in occasione del matrimonio. Infilai anche quelle.
Mi diressi verso lo
specchio
del corridoio e fissai l’immagine di me riflesso. Cercai di
aggiustare come
meglio potei la camicia spiegazzata e la giacca ma ero semplicemente..
ridicolo
vestito in quel modo.
« Stai
bene. »
disse Kate appoggiandosi al muro mentre mi guardava interessata.
Sciolsi il nodo della
cravatta, sbottonai la camicia e mi tolsi la giacca ed il resto del
completo.
Volevo solamente essere me stesso, non una maschera. E con quella roba
addosso
non ci riuscivo.
« Perché
cercavi il
completo? » chiese d’un tratto.
Buttai il completo nel
cassetto senza prestare minimamente all’ordine e lo richiusi
bruscamente ma
rimase un tantino aperto perché una parte di giacca si era
incastrata.
« Che
palle, però. Ce
l’hai la lingua? »
La squadrai. «
Sì e la
so usare, di questo ne sei consapevole. »
« Ecco,
così mi piaci. » mi guardò maliziosa
accarezzandomi gli addominali nudi.
« Devo
farmi una
doccia ora, spostati. » le dissi.
« Vengo
anch’io.. » sussurrò.
« No,
devo sbrigarmi. » la superai, entrai in bagno e chiusi la
porta a chiave per evitare che
s’intrufolasse anche lei. La doccia, quella dannata doccia,
risvegliava in me
ogni pensiero. Sotto l’acqua bollente iniziai a riflettere
sulla serata: dove
cazzo l’avrei portata?
POV
Nina.
« Signorina,
che le
succede? Non ha mai avuto problemi con l’abbigliamento.
» disse Bells
mentre sistemava accuratamente le lenzuola nel cassetto.
« Non so
davvero
cosa.. indossare. » dissi pensierosa.
« Se
vuole posso darle
un consiglio.. ha qualche idea? » chiese gentilmente, mentre
spostava
una pila di asciugamani dal portabiancheria al bagno della mia camera.
« E’
proprio questo il
problema, Bel – sorrise quando la chiamai in quel modo
– Ho paura di.. come
posso spiegarti.. »
« Andiamo,
sai che a
me può dire tutto. »
« Hai
ragione.. Una
volta ti ho parlato dell’elettricista, il ragazzo dagli occhi
azzurri..
ricordi? » chiesi.
« Certamente.
»
« Ecco,
mi ha invitata
a cena ma.. ma io non so proprio cosa indossare. »
« Se lo
lasci dire,
sarebbe bellissima anche con un paio di jeans usati. »
« Ho
paura di essere
troppo elegante perché.. beh.. lui non è..
cioè.. non sembra ricco, non mi
porterà in un ristorante di lusso, perciò.. non
so cosa fare. »
« Tesoro,
se ti ha
invitata non è di certo per il tuo abbigliamento. Vestiti
come preferisci, lui
non presterà attenzione all’abito. »
sorrise e tornò alle sue faccende.
Dopo accurate ricerche,
optai
per un tubino nero e dei tacchi non molto alti dello stesso colore.
Lasciai i
capelli sciolti e non indossai gioielli.
« Ottima
scelta! » Bells mi fece l’occhiolino, mi
accompagnò alla porta e mi diede un
bacio sulla guancia.
« Buona
serata tesoro. » le sorrisi e ringraziai.
Scesi le scale di corsa con
il rischio di slogarmi una caviglia: ero in ritardo e non era
assolutamente da
me. Raggiunsi in pochi minuti il bar perché non era molto
distante da casa mia
e prima di svoltare l’angolo, rimasi qualche secondo a
fissare Ian che era già
arrivato. Indossava un paio di jeans scuri, delle scarpe nere lucide ed
una
giacca di pelle. Era di spalle e non riuscivo a vedere la cosa che
più mi aveva
colpita in lui. Quando si voltò, mi persi
nell’oceano meraviglioso dei suoi
occhi.
« Buonasera.
»
disse dolcemente. I capelli nerissimi gli ricadevano sugli occhi come
sempre.. oh, quanto avrei voluto immergere le
mie
mani in quei capelli che sembravano così morbidi!
« Buonasera.
»
risposi.
Mi guardò.
« Sei
bellissima. » Arrossii.
« Gra..zie.
» balbettai. La profondità con cui me
l’aveva
detto era disarmante. I suoi occhi.. non riuscivo a pensare ad altro.
---
Risposte alle recensioni! (:
VaVa_95 awww,
sono davvero contenta che ti piaccia (perdona la mia
banalità ma non so davvero come ringraziarti). Eh, Kate
è un personaggio abbastanza.. "strano". Secondo me vi
stupirà parecchio :) Sì, ho Twitter e corro a
seguirti! xD Buona lettura!:3
SetFireToTheRain ahahahahahhahaha!
sapevo che il fatto dell'attore porno ti avrebbe colpita.
Chissà perché :P Sei troppo maliziosa, smettila!
awww, mi sento così "mente contorta" :') ahahahha! Ecco il
nuovo capitolo, spero davvero che ti piaccia (anche se scrivo malissimo
e continuerò a dirlo sempre D: ). <3
britt4ever mm,
questa Kate sta sulle scatole a parecchie persone a quanto vedo
°-° ahahahah! Grazie anche a te per la recensione,
davvero. Grazie davvero per averla inserita tra le preferite, per me
è un grande onore :') Un bacio anche a te :3
|
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Capitolo 5 *** Intouch. ***
Salve, popolo di Efp! (:
Come
va? Io sono tornata da poco da
Dublino ed è stata un’esperienza a dir poco
meravigliosa. Ora che sono tornata
devo fare i conti con la vita di tutti i giorni ma riesco sempre a
trovare una “via
di fuga” scrivendo. Ecco a voi il nuovissimo capitolo! :3
Anche
in questo capitolo sarà solamente “Ian”
a parlare. Almeno per ora mi trovo meglio a scrivere di lui, poi in
futuro
parlerà anche Nina ovviamente u.u
Ps.
Scusate il ritardo ma sono stata
moooolto impegnata.
Anyway,
spero davvero che il capitolo vi
piaccia e spero nelle vostre recensioni **
Bacio, ci si sente in fondo
con le risposte
alle vostre recensioni! :)
POV
Ian.
Non riuscivo a staccarle
gli
occhi di dosso, il che era piuttosto imbarazzante per lei. Ogni volta
che
alzava lo sguardo vedeva i miei occhi posarsi su uno dei suoi
meravigliosi
particolari del suo corpo: a volte erano le sue bellissime labbra ad
attirare
la mia attenzione, altre volte l’incavo del collo, altre
volte ancora le sue
gambe a dir poco perfette. Sembravo quasi un maniaco in preda ad un
attacco
difficile da controllare e lei.. era la mia preda. I miei occhi si
posarono
sulle sue mani piccoline e lisce in confronto alle mie ed ebbi
l’impulso di
stringerle, non so per quale assurdo motivo. L’unica certezza
era che una cosa
simile non mi era mai capitata. Perché sentivo il bisogno di
un contatto
fisico? Mi diedi un po’ di contegno e smisi di fissarla
cercando interesse in
qualsiasi altra cosa: un oggetto, un bambino, una macchina, una pianta.
Stavamo camminando verso la
spiaggia, diretti verso non so quale ristorante/pizzeria/locale. Ogni
tanto lei
alzava lo sguardo verso di me, mi sorrideva lievemente e tornava a
sistemarsi
il vestito come se fosse l’unico dei suoi problemi.
« Dove
andiamo? » chiese all’improvviso. Era una domanda
e.. dovevo risponderle. Ma cosa
le avrei risposto?
« mm..
è una sorpresa. » risposi inarcando le
sopracciglia. Lei fece altrettanto e incrociò le
braccia al petto.
« Ho
come
l’impressione che tu mi stia mentendo. Secondo me, potrei
sbagliare, non hai la
più pallida idea di dove stiamo andando. » sorrise.
Ero sbigottito: leggeva nel
pensiero?
« Mi hai
scoperto, non
è giusto. Come hai fatto? »
« Sesto
senso. » si portò una ciocca di capelli dietro il
suo orecchio destro e tornò a
guardarmi dolcemente.
« Hai
qualche idea? » domandai.
« In
realtà no,
dovresti essere tu a decidere. »
« Facciamo
che ceniamo
nel primo ristorante che vediamo, qualunque esso sia. »
proposi con tono
di sfida.
« Qualunque
esso sia? » chiese preoccupata mordendosi il labbro inferiore.
« Qualunque
esso sia. » confermai sicuro delle mie parole.
« Ci
sto. »
« Affare
fatto. » le sorrisi.
La passeggiata
continuò tra
uno sguardo e l’altro, tra una risata e l’altra e
tra una mia voglia di
accarezzarla anche solo per un istante e l’altra. Finalmente
arrivammo di
fronte ad un ristorante. L’insegna era semi-distrutta e Nina
fissava il locale
con occhi spaventati.
« Vale
ancora la tua
proposta riguardo al “qualunque esso sia”?
» chiese sperando in un mio
“no”.
« Sì,
entriamo. » feci entrare prima lei da bravo gentiluomo ed un
cameriere con un
camice decisamente sporco ci accompagnò ad un tavolo in un
angolo. La faccia di
Nina la sapeva lunga: lei, così perfetta, così
abituata ai locali di lusso
costretta a mangiare in una specie di ristorante sporco e malridotto.
Le sue
espressioni mi facevano morire dalle risate.
« Cosa
prendi? » chiesi sghignazzando.
« Credo
una pizza..
tu? »
« Anche
io. »
« Siete
pronti per
ordinare? » chiese il cameriere dopo pochi istanti. Non
avevamo avuto
neanche il tempo di scegliere le pizze.
« Per me
una
boscaiola, per te? » chiesi a Nina.
« mm,
una vegetariana. »
« Una
boscaiola ed una
vegetariana, perfetto. Da bere? » chiese il cameriere
annotandosi
l’ordinazione su una delle sue enormi mani.
« Birra
per me. »
« Per me
una coca cola. » disse Nina.
« Ok,
grazie. »
disse il cameriere dirigendosi verso la cucina. Da una delle casse
stereo (o
meglio, quel che restava delle casse stereo) arrivava una musica
d’altri tempi
per tutto il locale.
« Una
vegetariana? Una
coca cola? » chiesi sorpreso.
Annuì.
« Sono
vegetariana e.. amo la coca cola. »
« Davvero
sei
vegetariana? » la guardai dolcemente.
« Da
quando ero
bambina. » sorrise. Lo sei anche
ora, pensai. Il modo in cui aveva sorriso quando aveva visto
la cioccolata
calda quella mattina, le fossette che le si formavano ogni volta che
rideva, i
suoi occhi a cerbiatto..
« Come
mai questa
scelta? » chiesi. Il cameriere interruppe la conversazione
lasciando sul
tavolo una bottiglia di birra. Prese l’apri-bottiglie
attaccato ad un passante
dei suoi jeans e l’aprì.
« Non
saprei
sinceramente. Mia madre è vegetariana, credo che mi abbia
influenzata molto
nelle mie decisioni.. » si versò un po’
di coca cola dalla lattina.
« Vuoi
un po’ di
birra? » le chiesi porgendole la bottiglia dopo aver riempito
il mio
bicchiere.
« ehm,
no.. non mi
piace.. » rispose imbarazzata.
« Non ti
piace la
birra? » chiesi sbigottito. Non amare la birra era
un’eresia per me che
vivevo praticamente solo per berla.
Scoppiò a
ridere. «
Non fare quella faccia, non mi piace.. »
« L’hai
mai
assaggiata? » ritentai.
Esitò per un
istante. « Sinceramente non l’ho mai provata..
» si morse il labbro
inferiore e tornò a guardarmi.
« E’
arrivata la
fatidica ora di provarla, allora. » sorrisi.
« Stai
scherzando,
spero. Non ho intenzione di provare.. quella.. quella cosa. »
disse
indignata indicando la bevanda nel mio bicchiere.
« E
invece questa sera
la proverai. » dissi con tono autoritario. Lei mi
fissò sorpresa.
Poco dopo arrivarono le
pizze. Già erano pronte? Il cameriere non poteva aspettare
qualche minuto in
più?
Nina addentò la
sua e quando
disse: « ma è praticamente cruda! »
scoppiai a ridere. Assaggiai
la mia e confermai: era la peggior pizza che io avessi mai assaggiato.
« Non
credo che
continuare a mangiarla sia una buona idea.. »
lasciò il suo spicchio
mangiucchiato nel piatto, si pulì accuratamente le mani con
il tovagliolo e lo
ripose esattamente nel modo in cui l’aveva trovato.
« Hai
ragione. »
« L’idea
del “qualunque
esso sia” non ha funzionato, a quanto pare.. »
disse Nina ridacchiando e
indicando le nostre pizze.
« Spero
che la
prossima volta saremo più fortunati. » le sorrisi
senza badare alle mie
parole. La prossima volta?
Mi guardò
lusingata. «
Lo spero anche io. »
« Se
pensi che mi sia
scordato, sbagli di grosso. »
« Cosa?
»
chiese lei disorientata. A quanto pare era lei
quella che si era dimenticata della birra.
Versai un po’ di
birra nel
suo bicchiere e glielo porsi.
Lo guardò
disgustata e poi
tornò a guardare me. « Non la berrò.
» inarcò le sopracciglia e
mi fissò intensamente negli occhi.
« Oh
sì, lo farai. »
aumentai l’intensità del mio sguardo sperando che
lei cedesse. Quale ragazza
riusciva a resistere al mio sguardo?
« E
invece no! » esclamò incrociando le braccia al
petto.
« Sei
testarda, eh.
Devo venire lì e fartela bere con le cattive? »
Rise. « Non la
berrò mai,
mi disgusta l’odore. »
« beh,
tappati il naso
con una molletta, posso prestartela se vuoi. »
scoppiò a ridere.
« Certo,
perché no?!
Sarebbe una splendida idea. »
« O
forse non la bevi
perché.. hai paura. » giocai l’ultima
carta a mio favore sperando che
finalmente funzionasse.
« Io non
ho paura di
niente. » velocemente mi strappò il bicchiere di
mano e sorseggiò la
birra tutta d’un fiato. Orgogliosa,
eh.
Attesi una sua reazione.
« E’
davvero
dis-gus-to-sa! » urlò. Immediatamente si
versò altra coca-cola per
cancellare il sapore che aveva in bocca. Scoppiai a ridere. Come cavolo
faceva a
non piacerle la birra?
« Non
c’è niente da
ridere, potevo morire per il disgusto. »
« Sei
esagerata. » non riuscivo a smettere di ridere.
Lei imbronciata
incrociò le
braccia al petto e mi fissò. « Sei stato tu a
costringermi! »
« In
realtà è stata
una tua scelta ma sei troppo orgogliosa per ammetterlo. »
Le sue guancie divamparono
ed
io le sorrisi.
« Voglio
andare a
casa. »
« Ogni
suo desiderio è
un ordine. » mi alzai dalla sedia e infilai la giacca.
Aspettai che
facesse lo stesso e mi diressi verso la porta d’ingresso.
« ehm..
non paghiamo? » chiese.
« Ti
sembra il caso di
pagare? Quella la chiamano pizza? Dobbiamo sbrigarci, il tizio non ci
vedrà. Pronta? » le porsi la mano destra.
Mi guardò come
se fossi
pazzo. Per un attimo pensai che all’improvviso avrebbe
cominciato ad urlare in
preda al panico. Dopotutto era insieme ad una specie di squilibrato che
prima l’aveva
costretta a bere, poi le stava chiedendo di uscire senza pagare. E
invece
sorrise. Afferrò la mia mano con sicurezza e insieme
corremmo verso l’uscita. Ero
davvero sorpreso. Una volta usciti fuori, la guardai alla luce della
Luna. Ansimava
per la corsa e mi guardava con gli occhi lucidi. «
E’ stato davvero..
divertente. Dovremmo rifarlo. » scoppiò a ridere
ed io la seguii.
« Non
pensavo che
riuscissi a correre così veloce con quei.. cosi ai piedi.
»
« Andiamo,
non sono
poi così alti.. » disse lei fiera delle sue
scarpe. Probabilmente erano
un nuovo acquisto.
« Non
credo siano il
massimo della comodità. »
« E
invece lo sono, te
l’assicuro. »
Scoppiai a ridere.
«
Sì, certo, come no. »
« Comincio
a sentire
gli effetti di quella pessima cosa chiamata birra.. mi gira la testa.
»
piagnucolò.
« Ho
regione: sei
esagerata. Hai bevuto qualcosa come meno di mezzo bicchiere, non
può girarti la
testa. » risi.
« E
invece sì! » fece qualche passo e.. bum! Il tacco
destro si ruppe. Prontamente la
sorressi per evitare che si facesse male e la guardai negli occhi.
« mh,
cosa hai detto poco fa riguardo ai tacchi e alla loro
comodità? »
sussurrai.
« Le mie
povere
piccole scarpine.. » le guardò con tristezza e si
chinò per raccogliere
il tacco. Non potei evitare di guardarle il fondoschiena.
« Come
faccio ora? » chiese con il tacco in mano.
« Puoi
scegliere tra
due opzioni. »
« Cioè?
»
« Uno:
rompere il
tacco dell’altra scarpa e camminare come se portassi degli
zoccoletti olandesi,
oppure camminare scalza. »
« Proporrei
una terza
opzione. » si morse il labbro.
« Quale
sarebbe? » chiesi.
« Le tue
braccia
muscolose sarebbero disposte ad ospitarmi? » fece gli occhi
dolci. Non
seppi resistere.. finalmente stava per arrivare quel contatto che tanto
avevo
bramato poco prima. Mi chinai e la presi in braccio. Era molto leggera.
In
quella posizione potevo toccarle gambe e schiena senza che se ne
accorgesse. Sembravo
davvero un maniaco.
« Ricordi
la strada
per arrivare a casa mia? » chiese.
« Sì.
Dimmi la
verità.. Hai fatto tutta questa scena solamente
perché ti portassi in braccio,
non è così? Chi non vorrebbe essere
riaccompagnata a casa tra le braccia di Ian
Somerhalder. » dissi con tono altezzoso.
« Sì
certo, non
montarti la testa però, eh. » sorrise dolcemente e
portò le braccia
dietro al mio collo. Il suo
contatto
mi provocò un brivido.
Una goccia gelida
approdò sul
mio avambraccio. A questa ne seguì un’altra,
un’altra e un’altra ancora. Improvvisamente
scoppiò a piovere a dirotto.
« mh,
credo che stia
piovendo.. » disse Nina.
« Bell’osservazione!
» cominciai a correre verso casa sua sperando di arrivare
presto. Da lì
non era molto lontana e preferii raggiungerla piuttosto che cercare un
riparo e
aspettare che spiovesse.
Arrivammo davanti al
portone
completamente bagnati e Nina non riusciva a smettere di ridere. Vederla
ridere
in quel modo creava in me una specie di reazione a catena e non
riuscivo a
smettere di ridere neanche io, era inevitabile. Prese la chiave e
aprì il
portone. Finalmente entrammo. Mi asciugai i piedi sul tappetino ma mi
resi
conto che, anche se continuavo ad asciugarli, ad ogni passo lasciavo la
scia.
Nina mi precedette, accese la luce e la guardai. Il vestito bagnato
aderiva
perfettamente alle sue curve. Mmm..
« Beeeeeells?
»
chiamò. Nessuna risposta.
« Come
mai non c’è
nessuno? » chiese poco dopo.
« Chi
è Bells? »
« La mia
cameriera..
ah! Che sbadata! Le avevo concesso la serata libera.. »
Un tuono decisamente
rumoroso
interruppe le sue riflessioni. Sobbalzò.
« Devo
tornare a casa
prima che cominci a piovere ancora più forte. »
dichiarai.
« mm..
sì.. »
un altro tuono, ancora più forte. Cominciò a
tremare.
« Dovresti
asciugarti,
stai tremando.. »
« sìsì,
non
preoccuparti.. grazie.. » ancora un tuono, poi un altro..
« Sei
sicuro che tornare
a casa sia una buona idea? Con questi tuoni.. »
« Saprò
cavarmela. –
sorrisi – Ti preoccupi per me? » domandai.
« E’
che.. magari hai
freddo.. potresti asciugarti qui se vuoi.. »
« Sarebbe
inutile.. Mi
bagnerei lo stesso non appena metto piede fuori casa. »
« Va
bene.. allora..
ci vediamo presto. » disse.
« A
presto Nina.. »
mi avvicinai alla porta e l’aprii. Uscii, mi voltai per
salutarla e richiusi la
porta alle mie spalle. Pochi istanti dopo la porta si riaprì.
« Aspetta!
»
esclamò Nina.
Mi voltai. «
ehm..
sono.. sono terrorizzata dai tuoni.. e.. e.. Bells non
c’è.. quindi.. quindi
sono sola e.. ho.. tanta paura.. potresti magari.. cioè, se
non è un problema..
restare.. con me.. questa notte? » chiese balbettando
imbarazzata.
Sorrisi dolcemente.
«
Ma certo. » rientrai in casa.
« Solo
se per te non è
un problema.. » nuovo tuono. Saltò dallo spavento.
Scoppiai a ridere.
«
Un problema? Non ti lascerò morire di paura. »
sorrise.
« Ho un
pigiama
piuttosto grande, dovrebbe entrarti.. Il bagno è da quella
parte, sicuramente
vorrai farti una doccia calda. Io userò l’altro,
quindi non farti problemi.. »
Entrò nella sua
camera e da
uno dei tanti cassetti estrasse un pigiama enorme. Come faceva ad
averne uno
così grande? Me lo passò e lo afferrai. Rosa con
i cuoricini? Feci una smorfia.
Nina ridacchiò e si diresse verso l’altro bagno.
Mi feci una bella doccia
calda e poi indossai il pigiama. Mi guardai allo specchio: ero
decisamente
imbarazzante. Fuori il diluvio continuava alla grande: tuoni e lampi
ogni tre
secondi. Nina non usciva dalla doccia e per un attimo pensai che fosse
morta d’infarto.
Poco dopo poi uscì in camicia da notte e, appena mi vide,
scoppiò a ridere.
Incrociai le braccia al
petto: in effetti il mio aspetto non doveva essere dei migliori. Si
diresse in
camera sua e la seguii.. letto matrimoniale.
« Puoi
dormire dove
vuoi. » disse sorridendo.
Anche
con te?
« Potrei
dormire qui..
visto che il letto è grande. Nel caso avessi paura dei
tuoni.. » sperai
di non aver fatto mosse troppo azzardate.
« Era
proprio quello
che volevo chiederti ma.. credevo di essere troppo.. invadente forse.
»
sorrise.
Mi sdraiai sulla
“mia” metà
del letto e lei fece lo stesso.
« Buonanotte
Ian. » disse poco dopo.
« Buonanotte
Nina. »
I tuoni continuavano
imperterriti e a ciascuno Nina tremava o sobbalzava spaventata. Non
riuscivo a
vederla così terrorizzata.
« Ehi..
»
sussurrai. Era girata su un fianco e mi dava le spalle.
« Sì?
» chiese.
« Puoi
venire qui.. non
mi sembra di essere di grande aiuto altrimenti.. »
Non se lo fece ripetere due
volte. Si voltò e mi si avvicinò posando la testa
sul mio torace. Con il
braccio destro la circondai e posai la mano sulla sua spalla
stringendola a me
delicatamente. Lei posò la sua mano destra sul mio petto e
la sentii respirare
tranquillamente. I tuoni continuarono ma da quel momento non
tremò più: si
addormentò sul mio torace e niente disturbò il
suo sonno, neanche i miei occhi
che continuavano a scrutarla mentre dormiva e non riuscivano a posarsi
su nient’altro
che non fosse lei.
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Risposte
alle recensioni! (:
Sonia88
Ecco
a te il capitolo sulla cena! Spero che ti piaccia e.. grazie davvero
per la recensione! Un bacio:3
SabryPierce
oooh,
sono commossa.. davvero! Ma che bella recensione, grazie davvero *----*
Sei gentilissima e sono davvero felice che questa ff ti piaccia :')
Spero che ti piaccia anche questo capitolo, grazie ancora! Non so
davvero cosa scrivere per ringraziarti sufficientemente :') Comunque
sì, ho Twitter ma lo uso raramente. Mi chiamo: YMyResistance
e sarò felice di re-followarti :3 un bacio :*
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