Sospetti

di enyghte
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rabbia ***
Capitolo 2: *** Rivelazione ***
Capitolo 3: *** Confessione ***



Capitolo 1
*** Rabbia ***


Quegli enormi occhi blu...
Stava ancora guardandosi allo specchio Leila. Pettinandosi.
A volte non riusciva a distogliere l’attenzione da se stessa, ma non perchè, in realtà, si contemplasse. Fissava un punto infinito oltre se, oltre la sua immagine, per vedere i ricordi dove riuscissero a terminare: non lo facevano. C’erano.
Una per una contava le lacrime che erano state e in quell’attimo, oltre al fruire libero del suo riflesso, non percepiva più il tempo. Passato, presente e futuro, sospesi e tutti e tre aderenti.
A volte basta che un’immagine di ciò che è stato si materializzi nella memoria perchè quel passato sappia di presente ed, in effetti, viva, come se mai fosse trascorso. Avrebbe voluto poterlo fare, poter bloccare la vista di ogni istante. Non era possibile. Ora, tutto le era apparso interminabilmente vuoto, davanti, come un enorme burrone scuro. Non sapere come la vita sarebbe proceduta di li in poi la rendeva incredibilmente ansiosa. Forse, era la paura a bloccarla.
Chiuse gli occhi e attese trattenedo il grembo tra le dita. Si sedette, poi, lo squillare d’un timbro vivo andò a smontarle gli occhi.
-Avanti- disse
Quell’alta infermiera longilinea, bionda e azzurra come un angelo, aveva avuto un volto sempre meno rilassato nell’ultima settimana
-         Come va?- le aveva chiesto ferma sulla soglia appena Leila le aveva aperto le ante scorrevoli del passaggio dall’interno del suo alloggio
-         Può entrare se le va...- le aveva fatto sapere accennando un timido sorriso.
Leila l’aveva capita, sapeva per quale motivo fosse così fredda. Non avrebbe potuto far molto per aiutarla a convivere con quella situazione, sicuramente le avrebbe dimostrato tutta la comprensione possibile per quanto lei avesse poco da farsi perdonare nei suoi confronti. A mente fredda, forse avrebbe dovuto chiedere scusa a Spock. Non avrebbe dovuto drogarlo in quel modo con quelle spore. Non era stata sicuramente una cosa giusta nei suoi confronti, per quanto, in realtà non riusciva propro a pentirsene. Se avesse potuto sarebbe rimasta li con lui tutta la vita.
L’infermiera era entrata nella stanza con le braccia conserte, ticchettando nervosamente con le dita sulle costole. Sembrava proprio stesse sul punto di esplodere.
-         Non vuole parlare un po’?- aveva chiesto la colona quando la dottoressa era rimasta in attesa senza dire nulla.
A quelle parole Christine aveva buttato lo sguardo giù per terra che era ripartito a fissare l’altra intensamente in un attimo, quasi l’aggressività che aveva trattenuto non fosse più in grado di restarle dentro. Eppure aveva indurito le labbra per far forza su di se e non strozzare l’avversaria.
- Mi spiace, Christine- le aveva detto
La Chapel non s’era certamente aspettata un’ammissione di colpa. Di che genere poi... in realtà se avesse conosciuto le spore prima lei... non avrebbe esitato ad usarle.
-         Di cosa si sta scusando Leila?- le aveva chiesto. Ma ormai non riusciva più a trattenere le lacrime.
-         La prego si sieda- l’aveva invitata l’altra indicando il letto.
-         Lei si rende conto di quello che vuole fare?- le aveva urlato addosso. Questa volta i suoi pugni erano stretti ai lati dei fianchi.
-         L’importante è che lui non lo sappia- aveva risposto la ragazza guardandosi le mani
-         Lei è una strega- aveva ancora una volta gridato l’infermiera. S’era rivolta poi a se stessa. Aveva concentrato tutta la possibile volontà per evitare che tutta quella emotività la travolgesse – mi ascolti, piccola stronza- aveva continuato deglutendo a fatica la saliva, fissandola roventemente – se non glielo dice vado a dirglielo io, chiaro?-
Leila non aveva potuto credere alle sue orecchie. Si era alzata di scatto, pallidissima in volto – Cosa? Non può farlo, rischia il licenziamento.- aveva risposto sconcertata, scuotendo la testa ancora non propriamente conscia della minaccia.
Christine l’aveva guardata con un ghigno d’amarezza, mentre i suoi occhi chiari avevano cominciato a tremare come foglie sotto le larime – Io amo quell’uomo- aveva ammesso scandendo ogni sillaba – Nulla potrà impedirmi di essere onesta con lui... deve dirglielo.... le darò 12 ore...-
L’infermiera uscì dalla camera. Ora Leila avrebbe avuto agire prima della sadenza.

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Capitolo 2
*** Rivelazione ***


Aveva passato almeno un quarto d’ora ferma sul letto. Stava ancora fissando il vuoto. Non avrebbe saputo come riempirlo. Se solo quella impicciona fosse stata meno aggressiva. Era una infermiera... doveva compiere il suo lavoro e questo esulava dal fare la giustiziera a tutti i costi. Infondo cosa le importava? Non sarebbero dovuti essere affari suoi, quelli.
Sarebbe dovuta andare da Meccoy e riferirgli la minaccia. Avrebbe dovuto prendere in considerazione l’idea di parlargliene. Ma poi... era davvero in torto l’infermiera? Forse sarebbe stato davvero giusto dirglielo.
Si era decisa. Un solo scatto ed era già in piedi. Avrebbe attraversato l’intero corridoio e sarebbe andata a trovarlo. Aveva giurato a se stessa che avrebbe fatto di tutto per dimenticarlo. Affrontarlo in quelle condizioni, non l’avrebbe sicuramente aiutata. Sarebbe stata lì, a fissarlo anora una volta come una stupida, rapita totalmente da quello sguardo nero come la brace. Un sospiro carico di tutto l’amore possibile le era scivolato dalla bocca.
Si stava facendo coraggio. Aveva stretto entrambi i pugni. Avrebbe potuto davvero andare a trovarlo in quelle condizioni? Si era guardata solo un attimo allo specchio. Non le importava davvero, stava solo cercando di perdere tempo, lei lo sapeva.
Deglutì la saliva che s’era formata in un nodo corrosivo sulla carotide.
Aveva chiuso gli occhi e aveva condotto un piede e savalcare l’uscio.
Aveva già notato come l’equipaggio la guardasse. Non era simpatica molto ad alcune componenti dell’unità militare e scientifica dell’Enterprise.  Aveva potuto rendersene conto quando, a mensa, l’avevano praticamente isolata. Le si era avvicinato un ragazzo d’aspetto gradevole. Le aveva spiegato che il signor Spock era stato il sogno propibito di più d’una delle donne a bordo e, probabilmente, anche di qualche uomo.Leila gli aveva sorriso. Non aveva dubbi che Spock riscuotesse successo. In realtà, c’era anche un altro motivo se tutti sembravano molto freddi nei suoi confronti: se, in effetti, non avesse attirato il vulcaniano in una trappola non avrebbero rishiato la corte marziale per ammutinamento. Erano molto fedeli a Jim Kirk e sicuramente lo rispettavano moltissimo. In condizioni normali non si sarebbero mai ammutinati.
La sua permanenza a bordo non era stata piacevole, non quanto avredbbe voluto.
Alla fine, non sarebbe dovuto importarle delle persone he erano lì, eppure, in verità, non riusciva ad essere indifferente. Così aveva deciso d’andar via ed aveva parlato con il capitano perchè le accordasse un appuntamento con il pianeta più vicino. Jim era stato sempre molto comprensivo. Una persona molto gradevole. Credeva che i contnui ammiccamenti facessero parte della sua spontanea personalità e a volte, non fossero nemmeno consapevoli. Le faceva sorridere quanto gli uomini fossero per lo più incoscienti di esprimere chiaramente i propri pensieri ed impulsi. Erano sempre stati leggibili per quanto la riguardasse. Aveva fatto correre un po’ di alloggi alla sua sinistra fino ad arrivare nella grande sala ricreativa.
Il signor Sulu stava accanto ad una giovane tenente dai capelli ramati. Sembrava tra loro vi fosse un certo feeling. Il tenente Uhura era depositata al centro della sala con una grande lira vulcaniana tra le braccia. Si chiese come mai ne fosse in possesso e, sicuramente, proprio per quello si decise ad avvicinarsi.
-         Salve- la salutò con un sorriso smagliante.
Era davvero una donna incantevole, tanto aggraziata come un felino africano.
Leila le si sedette vicino – Salve, lei è il tenente Uhura?- le chiese
L’ufficiale annuì sempre mostrandosi gentile – Posso aiutarla?-
-         Perchè mai gli ufficiali non mi gradiscono?- le aveva domandato osservandosi le unghie rosa
-         Oh cara- un attimo di silenzio – si riferisce a ualuno in particolare?- le aveva domandato trascinando uno sguardo consapevole ed allontanando da se lo strumento musicale
-         Ad alcuni tra loro....-
-         E a una in particolare- l’aveva interrotta Nayota – non sono un segreto i sentimenti di Christine per il signor Spock- aveva rivelato infine
-         Già, ho potuto accorgermene.... e i suoi?- aveva chiesto lanciando un’occhio alla lira che, nel frattempo era stata spostata lungo la sedia, per terra.
Con somma pazienza l’ufficiale sospirò – Cara, non mi pare di essere aggressiva. Io credo che le cose capitino, per lo più. Ma lei.... c’è qualcosa che le brucia sotto la pelle... cosa c’è?-
L’intuito di cui Uhura era dotata fece meravigliare troppo Leila perchè il tenente non si accorgesse della sua rezione.
-         Come lo sa?- le aveva domandato tirando indietro tutto il corpo
-         . Si vede... vuole un orecchio?-
-         Voglio andare via... Jim Kirk già lo sa- si affrettò a rispondere
Uhura spostò le braccia ad incrociarsi sul petto – Avanti Leila...- fece in tempo a dire.
La giovane botanica si portò velocemente in piedi – Mi scusi... non so nemmeno perchè sono qui-
Stava per uscire dalla sala quando lo vide. Avrebbe tanto voluto dirsi che non le faceva più effetto. Non era così.
Spock, ovviamente la riconobbe subito, ma fu lei ad avvicinarsi
-Spock- lo aveva chiamato attendendo che si girasse – sono incinta-

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Capitolo 3
*** Confessione ***


Il vulcaniano si era guardato attorno troppo veloccemente perchè, nonostante la sua immobilità esteriore, non fosse evidente un certo imbarazzo. Nel momento stesso in cui l’aveva detto Leila si era portata a mangiare nervosamente le labbra, quasi avesse voluto inghiottire le parole. Aveva appena sussurrato la notizia, ma sapeva quanto Spok fosse riluttante a condividere le facende private o, almeno, avrebbe dovuto ricordarlo. Il fatto era che, se avesse rinunciato a farglielo sapere in quella circostanza, senza dubbio non ne avrebbe mai avuto il coraggio. E, scavando pù a fondo, la sola sua vista l’aveva spinta a sperare che l’amato prendesse in considerazione l’idea di unirsi a lei ancora una volta.
Aveva serrato la mascella Spock. Intanto alla sua destra e alla sua sinistra si erano accostati il dottore ed il capitano che, alla vista della giovane botanica, si erano come sottratti alla conversazione guardandosi tra loro.
“Capitano, dottore...” aveva cominciato Spock trattenendo lo sguardo sulla ragazza “se volete scusarmi...” e mentre così diceva l’aveva afferrata per un braccio. Erano stati troppo lontani per sentire cosa vi fosse sotto, ma, ovviamente, avevano avuto quel tipo di rispetto che non lasciava, nemmeno per un attimo, trapelare la morbosa curiosità che, invece, avevano.
“Si figuri Spock...” aveva risposto Jim. Leonard aveva cominciato a tuffere in basso la vista e a massaggiarsi la nuca.
Dall’esame della gestualità umana il vulcaniano aveva compreso che, evidentemente, il capitano era stato allo scuro di ogni cosa. Il dottore, invece, era ovviamente consapevole, questo scartava l’ipotesi che la ragazza non sapesse tutto già da tempo rilevante.
Spock l’aveva condotta fuori dalla sala ricreativa senza dire una parola.
Anche quel contatto fisico che era servito perchè la comunicazione non avesse luogo lì era svanito appena si furono trovati fuori.
“Spock” aveva implorato lei alla sua sinistra.
“Credo che questo non sia il luogo per discutere ulteriormente la questione” aveva detto puntandola come un falco “ti prego di seguirmi nei miei alloggi” aveva aggiunto.
Avrebbe voluto fortemente conoscere quale fosse la reazione intima dell’uomo che amava. Era felice, disturbato, ansioso? Non riusciva a capirlo. Da quando lei aveva parlato il gelo attorno il suo corpo era diventato polare. Lei lo conosceva. Non avrebbe potuto interpretare nemmeno quella freddezza come ostile. Era il mezzo che Spock utilizzava per risultare invulnerabile, ma non era detto che celasse rabbia o paura.
Insieme erano entrati nel turboasensore. Si erano fermati a fissarsi. Non poteva fare a meno di dimostrarsi ansiosa. Spock aveva appoggiato la mano sul prolungamento che permetteva gli spostamenti, ma prima che potesse ordinare all’ordigno di muoversi in un senso o nell’altro lei lo aveva fermato.
Gli si era avvicinata e gli aveva accarezzato il viso, ma lui lo aveva spostato. Solo a quel punto aveva abbassato la mano e l’ascensore aveva ripreso il viaggio.
Leila sapeva che per qualsiasi uomo ci sarebbe voluto tempo per assorbire una notizia del genere, quindi aveva atteso solo che lui parlasse, esprimesse qualsiasi fosse il suo intimo pensiero.
Era tornata ad osservare il pavimento.
“Siamo via da Omicron Ceti III da due settimane, Leila” aveva affermato improvvisamente. Era possibile che anche lui fosse ansioso di discutere la cosa “tu hai subito un controllo medico come tutti qui a bordo dopo l’esperienza sul pianeta”
Sapeva dove sarebbe arrivato : “Mi spiace Spock...” aveva sussurrato
Lui l’aveva sfiorata con lo sguardo, poi aveva deciso di prestare al muro i suoi occhi : “Il capitano Kirk mi ha informato che hai espressamente richiesto di essere sbarcata nell’immediato, su qualunque fosse il primo pianeta ospitale in grado di farlo”
A questo punto l’aveva osservata seriamente ed era stata lei a buttare per terra il viso.
“Oh... Spock...” aveva cominciato, ma lui l’aveva interrotta
“Il primo luogo accagliente sulla tabella di marcia è Lion VI, attualmente a tre ore di distanza da qui. E’ logico credere che non avessi alcuna intenzione di mettermi al corrente della tua condizione”
Leila aveva deglutito faticosamente. L’ascensore si era aperto e due membri dell’equipaggio si erano apprestati ad entrare.
I due avevano camminato ancora per un po’. Si erano fermati al ridosso di una delle porte rosse ed erano entrati contemporaneamente negli alloggi del primo ufficiale.
Si erano fermati uno al cospetto dell’altra.
“Si... è vero” aveva sommessamente ammesso Leila
Il sopracciglio di Spock era andato a nascondersi sotto la frangetta perfettamente liscia.
“Mi sembra logico chiederti cosa ti abbia fatto cambiare idea”
la ragazza si era stancamente adagiata sul letto. Entrambe le mani chiuse in preghiera sulle gambe:
“Cosa importa?” gli aveva chiesto srollando le spalle.
“Non vedo cosa ci sia da discutere allora, se non vuoi chiarire questo punto. E’ logico che mi assuma le mie responsabilità.”
Un barlume di speranza aveva infiammato lo sguardo di Leila. Infondo lei sapeva cosa lui provasse e anche se ancora non riusciva ad esprimerlo, avrebbe abbassato le diese col passare del tempo. Poi, però, aveva potuto accorgersi di una certa insofferenza. Sicuramente c’era qualcosa che lo stava seriamente preoccupando, che, per quanto apparisse sereno, era percettibile.
“Cosa c’è?” gli chiese.
Lui aveva alzato il sopracciglio: “Il fatto che tu riesca a percepire un qualsiasi sentimento in questo frangente mi costringe a credere che i vulcaniani saranno ancora più propensi a trovarne, quando dovrò parlare con loro”
Leila gli aveva sorriso e lui le si era seduto vicino : “Spock...” aveva cominciato portando una mano sulla sua “con me non c’è ragione di controllare le sfumature.... e sono sicura che in loro presenza scomparariranno...” aveva aggiunto tentando di tranquillizzarlo “è logico che con me tu sia naturale... che necessità avresti di passare per qualcosa di diverso da quello che sei?”
Il vulcaniano ora la guardava. Il suo ragionamento era logico. Non era detto che con i vulcaniani il suo controllo svanisse, per quanto cercasse in ogni istante di essere perfettamente privo di emozioni esteriori, in quel momento non c’era una reale necessità che potesse condurlo a pretendere più da se stesso per quanto, ugualmente, il fatto che fosse stato interpretato così facilmente, non fosse degno di nota per un seguace della filosofia del suo pianeta.
“Cosa c’è che non va caro?” aveva ridomandato lei attendendo pazientemente una risposta
“Perchè credi non ti abbia mai presa in considerazione quale compagna?” le aveva chiesto fissandola, poi stringendo le labbra aveva continuato “è logico per un vulcaniano  costituire una famiglia, per una questione prettamente biologica e naturale.”
Leila stava annuendo, non lo avrebbe interrotto, avrebbe atteso che il concetto continuasse
“Leila...” aveva cominciato lui “io sono già impegnato” 

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