La profezia - Il Tredicesimo Apostolo

di Novizia_Ood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sogni ***
Capitolo 2: *** Seduta ***
Capitolo 3: *** Ancora incubi ***
Capitolo 4: *** Come fare? ***
Capitolo 5: *** Andare: Si, No. ***
Capitolo 6: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 7: *** Il Caso ***
Capitolo 8: *** Possessioni ***
Capitolo 9: *** La mattina dopo ***
Capitolo 10: *** Cedere ***
Capitolo 11: *** Ultima spiaggia ***
Capitolo 12: *** Incertezze ***
Capitolo 13: *** Confessioni ***
Capitolo 14: *** La scelta ***
Capitolo 15: *** Seduta Spiritica ***
Capitolo 16: *** Ancora Serventi ***
Capitolo 17: *** Bianco Candido ***
Capitolo 18: *** L'inizio... ***
Capitolo 19: *** Un nuovo Futuro ***
Capitolo 20: *** Il Nido d'Amore ***



Capitolo 1
*** Sogni ***


“Gabriel, io non credo a quello che hanno detto di me. . . non credo che fossi destinata ad incontrarti né ad innamorami di te. Però è successo. E adesso non so che fare, perché non conosco la tua risposta.”
“Io non posso più scegliere solo per me stesso.”
“Ma che stai dicendo? Quando mai hai potuto scegliere, Gabriel?”
 “Claudia, le scelte che ho fatto finora le ho fatte perché le sentivo.” Le stringe una mano. “Non perché c’era qualcuno che mi obbligava a farlo.”
“Ma stai rinunciando a qualcosa in cui credi. A noi due.”
Sorrise intrecciando le sue dita a quelle di lei.
“Ma cos’hai capito? Io ho scelto già e ho scelto Te.”
Lei si aprì in un sorriso meraviglioso, se pur tra le lacrime. Rise per la gioia e poi si lasciò baciare profondamente dall’uomo. Lui continuava ad accarezzarle il viso, così vellutato, così morbido. Morbido come…
…un cuscino. Il sogno finì immediatamente quando Gabriel capì di star ad accarezzare il suo letto invece che Claudia. Strinse la mano in un pugno e il suo sguardo cadde sul suo abito da sacerdote appeso all’armadio. Quell’abito che avrebbe dovuto indossare anche quel giorno e anche il giorno dopo e quello dopo ancora.  Sospirò stropicciandosi gli occhi, cercando di far sparire il viso della donna dalla sua mente. Ma non era mai stato facile da un mese a quella parte. Si mise a sedere in mezzo al letto e si perse per qualche secondo con lo sguardo fuori dalla finestra: era una meravigliosa giornata. Almeno il bel tempo lo aiutava a vedere il lato positivo delle cose, che ormai da un po’ iniziava ad essere oscurato. Fece colazione con calma, sempre da solo, sempre in silenzio. Lo zio non poteva più andarlo a trovare e non riusciva a non pensare anche a lui. Le immagini di lui e sua madre erano nitide nella sua mente ormai e non poteva far altro che vederle e rivederle continuamente. Nonostante ciò non iniziò mai a pensare a lui come suo effettivo padre, gli mancava era vero, ma come zio, come presenza nel direttorio, nulla di più profondo di quello. Per la madre invece era diverso. Ogni volta che pensava a lei, affioravano in lui mille domande in momenti in cui avrebbe voluto averla vicina per poter chiederle tutto e ricevere delle vere risposte, quelle stesse risposte che aveva faticato molto a trovare, seppur per metà. Sapeva che c’era una specie di setta, sapeva che sua madre era ancora viva, eppure il sogno con Serventi era stato molto realistico. E poi di mezzo c’era la profezia, la stessa che aveva visto lui e Claudia legati da un amore difficile, ma molto forte. Sospirò ancora prima di buttare giù l’ultimo sorso di camomilla, poi corse a cambiarsi per andare a lezione. Anche lì era un’apocalisse ogni giorno, doveva avere davanti gli occhi la sua studentessa di medicina Giulia con la consapevolezza che fosse incinta di un uomo che ormai non c’era più, probabilmente per colpa sua.
“Buon giorno ragazzi!”
Esordiva ogni mattina con un falso sorriso stampato in volto. La vita per quei ragazzi andava avanti nella loro quotidianità, invece per lui e per Giulia i giorni erano come congelati a quei bruttissimi momenti. Alla fine della lezione Gabriel non poté far a meno di interessarsi alla vita della sua allieva.
“Giulia..” la chiamò per non farla uscire dalla classe, lei si fermò sull’uscio e si voltò a guardarlo. “Come va?” domandò piano. Non voleva apparire invadente e nemmeno dare l’idea di aver posto una domanda dalla risposta molto scomoda. Lei provò a guardarlo negli occhi, ma non fu molto facile.
“Si va avanti..” rispose in un soffio. Cosa avrebbe mai potuto dire? Avrebbe dovuto sorridere pensando che ormai “Pietro era in un posto migliore”? Non lo avrebbe mai fatto. Per quanto fosse cattolica in quel momento ce l’aveva come non mai con Dio e con tutto il resto del mondo. Eppure il suo insegnante sembrava quello che le riuscisse a stare più vicino, così si sforzò di abbozzare un sorriso toccandosi il ventre.  “Tra l’altro il risultato del nostro amore è ancora qui, non l’ho dimenticato..” aggiunse alzando gli occhi verso Gabriel coraggiosa. Lui sorrise.
“E mi raccomando non dimenticarlo mai..”
“Mai!” fece eco lei. Lui le posò una mano sulla spalla e annuì fiducioso. Non avrebbe mai detto che quella donna fosse così forte, se l’era aspettata più debole, ovviamente si sbagliava.
“Ci vediamo domani allora!”
“A domani professore” salutò lei prima di abbandonare l’aula lasciandolo da solo. Poco c’era da fare, quegli avvenimenti gli tornavano in mente ogni volta che rimaneva in solitudine, ovvero quasi i tre quarti della giornata. Dopo essersi destato da tutti quei pensieri che lo soffocavano, si voltò e rimise tutti i suoi libri in borsa prima di uscire anche lui. Nelle settimane successive la monotonia di quel giorno si ripeté per mille volte e forse anche di più e Gabriel, giorno dopo giorno, sentiva sempre di più la mancanza di qualcosa e oltre tutto quel sogno ricorrente di Claudia non lo aiutava affatto a sgombrare la mente. Non faceva altro che pensarci. Alcune volte si chiedeva se non fosse peggio peccare in quel modo che andare direttamente da lei a farla completamente sua. La sua fede non aveva MAI vacillato, nemmeno davanti al suo potere, nemmeno davanti ai poteri di tutte quelle altre persone, non lo aveva fatto nemmeno davanti a Claudia eppure l’amava ancora. Strano che Dio non accettasse più di un tipo di amore, perché era così naturale, così umano. Eppure le regole erano quelle e all’interno di quelle mura andavano rispettate. Dopo aver preso quella decisione lui non si era mai fermato a pensare se avesse realmente sbagliato, poiché per la prima volta sentì di dover restare con la Chiesa per dovere. Ma al cuore certamente non poteva comandare, batteva ancora molto veloce quando la sognava, quando ripensava a tutti i loro momenti insieme.
“Gabriel..” Era padre Alonso che ogni pomeriggio gli riusciva a tenere compagnia nella biblioteca senza disturbarlo troppo. Era l’unico che sapesse com’erano andate le cose, l’unico vero amico, insieme ad Isaia, all’interno di quella specie di prigione. “…Tutto bene?” domandò con la preoccupazione dipinta in viso. Gabriel ci mise un po’ per trovare una risposta adatta, ma poi finì sempre con quella più convenzionale.
“Si, tutto bene! Ora scusami ma ho da fare una ricerca in Archivio..” Disse senza nemmeno incrociare il suo sguardo, un po’ perché aveva paura potesse cogliere la confusione nel suo sguardo e un po’ perché era completamente preso dai suoi pensieri e voleva solo uscire da quel luogo dove potevano osservarlo tutti. Passò il tesserino dove lo passava sempre Padre Demetrio e entrò nella piccola porta dell’archivio dentro il quale iniziò a camminare avanti e indietro per gli scaffali fino a raggiungere un piccolo fascicoletto con su scritto “GEMELLI”. Lo aprì e dentro vi trovò tutte le testimonianze di quel caso, ovviamente le sue e quelle della “Collega Psicoterapeuta:  Claudia Munari”, così la chiamavano lì dentro. Girò le pagine e lesse alcune parole “Natura: Scientifica”, gli scappò un sorriso. Era lei a fare la parte della scienziata nel loro rapporto di lavoro, infatti fu proprio grazie al suo aiuto che riuscirono a salvare quei due poveri bambini. Dopo averlo riletto per una seconda volta lo richiuse e lo ripose al suo posto. Il tempo di uscire e andare a “caccia” di eventi soprannaturali gli mancava, non come gli mancava Claudia ovviamente. Dopo quasi un’ora passata in quella stanza uscì diretto verso casa dove poi si addormentò sul divano mentre guardava alcuni stupidi programmi in tv.
“Gabriel mi dispiace! Ti prego perdonami! Ti scongiuro! Smettila!” Era lui, con quelle porte dell’inferno aperte e dentro c’era sua madre che implorava aiuto a lui che non aveva alcuna intenzione di lasciarla passare. Eppure una voce arrivò da lontano che lo fece distrarre e svegliare di botto. Ansimando si mise a sedere e si passò una mano sul viso. Che sogno era mai quello? Probabilmente era meglio andare a dormire e rilassarsi. Lo stesso sogno si ripropose per altre settimane, non riusciva più a sognare Claudia né altro. Cosa voleva dire? Aveva bisogno di saperlo. Si alzò dal letto velocemente.

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Capitolo 2
*** Seduta ***


Il sonno di Claudia Munari, invece, era molto più tranquillo. Ogni tanto veniva tormentato dalla presenza di Gabriel, ma nulla di più. A lei era il giorno che la fregava purtroppo. Tutto il giorno ad ascoltare le storie deprimenti dei suoi pazienti senza nessuno che ascoltasse la sua. Spesso e volentieri si perdeva nei pensieri e solitamente era l’amica a doverla consolare e a riportarla con i piedi sulla Terra. Quella mattina aveva iniziato con il primo incontro alle otto e mezza di mattina, nonostante avesse un sonno esagerato dato dalla notte insonne precedente.
“Mia moglie continua a portare i pantaloni in casa! Non mi lascia il minimo spazio! Continua a soffocarmi con le sue stupide regole del ca..”
“Giacomo, ho capito. Ma magari le parolacce non sono il modo corretto di esprimere i sentimenti!” Altrimenti lei avrebbe passato giornate intere a imprecare contro la Chiesa e contro Gabriel.
“Si, giusto, d’accordo!” si corresse l’uomo robusto sulla poltrona. “Beh quelle regole mi fanno impazzire! Vorrei distruggerle! Vorrei farle capire che rivoglio la mia vita di prima! Lei mi uccide! Pensi che l’altra volta sono arrivato dopo un’ora e lei mi disse di andare dritto a dormire!!” esclamò lui disorientato allargando le braccia per la rassegnazione. Claudia intanto fissava fuori dalla finestra.
“Non pensa mai che lei è estremamente fortunato? Pagherei per avere un uomo al mio fianco seppur con la mania delle regole!” disse prima di alzarsi a prendere una sigaretta dal pacchetto sul tavolino basso davanti al divano.
“Beh no, in effetti non ci avevo mai pensato …” rispose il signore spaesato.
“Dunque, lei ci pensi per ma prossima settimana! Poi mi viene a dire se l’ha sopportata meglio o peggio!” aggiunse lei con la sigaretta in bocca girandosi intorno, non riusciva a trovare l’accendino.
“Okey, d’accordo!” Disse prima di alzarsi dalla poltrona. “Allora ci vediamo la prossima settimana, sempre alle 8 e mezza? Io avrei da fare per quell’ora, non è che potremmo posticipare? Magari verso le undici..”
“Certo! Non si preoccupi! E’ perfetto! Vada a prendere l’appuntamento con la ragazza qui fuori! Ci vediamo la settimana prossima allora!” lo salutò prima di procedere con il ritrovamento del suo accendino. Posò la sigaretta sul tavolo e si avviò alla sua borsa ed iniziò a scavarci dentro nella speranza di ritrovarlo.
“Claudia, posso mandarti il prossimo?”
“Si si! Chi è?” Domandò con la testa ancora immersa nella sua borsa, probabilmente troppo grande per riuscire a trovare l’accendino al primo colpo.
“Beh non ha voluto lasciare nessun nominativo a dir la verità, ed è arrivato qui senza appuntamento e..” ma prima che la bionda potesse continuare, l’uomo le fece segno di andare via e di non preoccuparsi. Lui la guardò curva nella borsa.
“Come? Oh bene! Potevo avere un po’ di spacco e invece devo continuare! Bene, la strizza cervelli è ..” Non finì la frase perché si voltò prima di finirla e quello che vide fu del tutto inaspettato. Incrociò un paio di occhi azzurri e dei capelli meravigliosamente rossi, un paio d’occhi e dei capelli che non vedeva da troppo tempo, da mesi. Ora cosa ci faceva lì? Non riuscì a dire nemmeno una parola, non riusciva a capire nemmeno come si sentiva a riguardo. Quella che sentiva era .. rabbia?
“Ciao..” salutò lui piano alzando una mano. Lei non rispose subito, ci mise un po’. Non riusciva a smettere di fissarlo. Aveva già visto un fantasma in passato, eppure quello sembrava così reale. “Claudia?” continuò lui dato che non ricevette nessuna risposta, avanzò di un passo. Lei iniziò ad agitarsi.
“Che cosa ci fai qui?” domandò svelta tornando al tavolo a prendere la sigaretta per metterla in bocca.
“Ho bisogno del tuo aiuto..” rispose lui in fretta, notò l’espressione di lei che accennò un sorriso ironico. “..come psicologa” aggiunse alla fine.
“Certo, non mi aspettavo comunque nessun altro tipo di consulto” rispose brusca. Non accettò mai il modo in cui la lasciò su quel terrazzo. Lui ormai era nel direttorio, aveva altre persone sotto di lui, al suo servizio, l’aiuto di lei in quel campo paranormale non serviva più a nulla.
“Claudia..”
“Quindi hai bisogno che ti aiuti..” ripeté una volta che riuscì a trovare il suo maledettissimo accendino, era sempre stato sulla pila di riviste sul tavolino e lei non l’aveva notato, ora stava fumando nervosa.
“Si, dovresti aiutarmi ad interpretare..”
“Hai mai pensato che venire qui per chiedere aiuto è un gesto del tutto egoista? Non ci siamo visti per mesi e ora vieni qui a chiedere aiuto! A me! Con tutto le psicoterapeute che ci sono in Italia, a Roma! Proprio io!”
“TU sei l’unica a conoscermi come mi conosco io!” esclamò avanzando ancora, lei inspirò il fumo e lo tirò fuori velocemente.  Avrebbe voluto sia abbracciarlo che spingerlo via. “L’unica che conosce la mia storia..” aggiunse piano. Che lei lo volesse o no aveva fatto parte della sua vita e si erano amati insieme per alcuni brevi istanti.
“Resta un gesto egoista, non hai da fare con la tua Congregazione?” Cos’era quel comportamento ostile? Non cera bisogno nemmeno di chiederselo, si conosceva bene ormai. Ci aveva messo tanto per non innamorarsi di lui e invece era rimasta fregata comunque. Ma poteva chiamarla davvero fregatura?
“No. Ho bisogno di te adesso”
“adesso..” sussurrò lei spegnendo la sigaretta che aveva fumato probabilmente troppo in fretta.
“Ho bisogno di te e basta!” disse correggendo la frase di prima. “Se sei così brava come Psicoterapeuta dimmelo tu perché sono tornato qui!” Lei sospirò e gli fece segno di sedersi sul divano, Claudia avrebbe preso posto sulla poltrona affianco a lui.
“Vuoi un aiuto psicologico? D’accordo!” rispose più calma, lui si avvicinò e si sedette sul divano chiaro. “Cosa c’è che vi tormenta Padre Antinori?” Domandò seria, senza ironia nella voce. Gabriel, che pareva essersi messo a proprio agio, proprio in quelle parole invece parve restringersi, si voltò di scatto a guardarla.
“Okey, io qui sono solo Gabriel!” si portò una mano al collo e sfilò dalla camicia nera, la placchetta di stoffa bianca che lo designava come “padre, la posò sul tavolo e Claudia non poté far altro che seguire quel gesto con estrema attenzione. Quante volte avrebbe voluto sentire quelle parole? Era SOLO Gabriel! E così lo era sempre stato per lei, ma non poteva esserlo per tutti.
“Allora..Gabriel?” Da quanto tempo era che non pronunciava il suo nome?

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Capitolo 3
*** Ancora incubi ***


“Ho iniziato di nuovo ad avere questi incubi! Eppure è da quel giorno che quei poteri non si manifestano.. Non ci ho più avuto niente a che fare! Ma continuo a vedere mia madre alle porte dell’inferno e non so perché..”
“Tua madre come te la immagini?” domandò lei disinvolta, ma con molta professionalità. Doveva essere davvero brava nel suo lavoro con gli altri pazienti.
“Come me la immagino? Io SO com’è!”
“Che vuol dire?” domandò di nuovo lei spaesata, si porse in avanti incuriosita.
“Io l’ho vista, seppur per un istante! E da dentro il confessionale..” spiegò lui. Claudia parve non capire subito.
“No scusa, aspetta! Tu hai visto tua madre?”
“Beh te l’ho detto, era nel confessionale e sono andato lì per confessarla, era dietro la grata non l’ho vista bene in viso, non le ho potuto parlare, ma lei continuava a dire che cercava il mio perdono, che se si fosse fatta viva prima non avrei capito e che ha dovuto abbandonarmi. Ha aggiunto che il mio destino era ben più importante rispetto a quello che avrei vissuto se fosse rimasta al mio fianco..”
“Certo e sentiamo, quale sarebbe il tuo destino?” domandò scettica. L’ultima volta che ascoltò la parola “profezia” era accompagnata dalle parole “Gabriel ti ama!” da parte di sua madre, eppure erano mesi che non si erano visti. Il tutto aveva decisamente perso credibilità.
“Ah!” esclamò lui piano.
“Cosa?”
“Quel tono!” disse con un piccolo sorriso.
“Quale tono?” chiese drizzandosi sulla poltrona.
“Quel tono scettico! .. Non lo sentivo da un bel po’ di tempo ..” continuò mentre non poteva far a meno di incollare i suoi occhi su di lei. Non sembrava essere passato tanto tempo, probabilmente perché due mesi effettivamente non erano molti, ma per loro parvero un’eternità.
“Non ho un tono scettico!” ribatté lei nonostante sapesse che lui fosse nel giusto. Lui la guardò negli occhi. “Vabbè si vai avanti!”
“Non lo so a quale destino si riferisse..”
“mmm..”
“Poi ho fatto un’altra “specie” di sogno..”
“definisci “specie”…”
“Beh non so se.. sembrava reale! Tra tutti i poteri di Serventi è probabile che abbia anche quello di entrare nella mente delle persone! Alla fine mi sono svegliato ma lui mi ha parlato.”
“Raccontami. Dove eravate?” chiese lei prestando più attenzione del solito. Sembrava interessata a rifletterci su attentamente.
“Ero  al Campo de' Fiori con il monumento di Giordano Bruno al centro, c’era molta folla.. parevano essere turisti, non so! Comunque dietro uno di loro scorgo Serventi, mi sorride ed inizia a parlarmi! Ricordo solo molto bene che mi ha detto  che ero proprio dove dovevo essere, che avevo fatto quello che in realtà volevano loro, avevo protetto quelle persone!”  fece una pausa, si passò una mano sul viso cercando di ricordare meglio. Lei si avvicinò un po’ si più a lui, sembrava quasi più presa dal racconto che da lui, probabilmente voleva  anteporre il rapporto professionale a qualsiasi altra cosa.
“Solo questo?”
“No! Ha detto anche che rivolterò la Chiesa dall’interno, come diceva la profezia! La profezia del LORO apostolo..” Lui alzò lo sguardo e vide la donna scuotere la testa lentamente ed alzarsi.
“Continui a credere che quella profezia sia vera?” domandò incredula. Come poteva pensarci?
“Perché? Tu no?”
“Diciamo che le profezie non sono state all’ordine del giorno da qualche mese a questa parte!” rimase a guardarlo mentre stava in piedi dietro la poltrona. “No comunque. Hai dimenticato la profezia su noi due? Non mi pare affatto essersi avverata!”
“Claudia non è finita! Non hai capito?” disse pensando ad alta voce
“In che senso?”
“Serventi è ancora da qualche parte, deve tenermi d’occhio. Sono il loro apostolo? Allora DEVONO per forza avermi ancora sotto osservazione. Devo ritrovarli..” si alzò di scatto dal divano. Lei sorpassò la poltrona e si avvicinò a lui.
“Gabriel mi hai sentita? Questa profezia non esiste. Probabilmente è stato solo un sogno..” Lui si voltò a guardarla negli occhi. Come poteva essere solo un sogno, era stato così vero.
“Non era un sogno!” insistette lui.
“Probabilmente è solo una tua convinzione! Vuoi trovare tua madre, non oso nemmeno immaginare quante domande avresti da porle, e secondo te trovando Serventi troverai anche lei..” spiegò lei senza staccare gli occhi dai suoi. “Non è detto Gabriel. Potrebbero essere ovunque, non li troverai facilmente.” Lui scosse la testa e avanzò verso di lei rosso in viso.
“Tu non capisci. Io devo trovarlo! Devo trovare mia madre!” Lei sospirò.
“E’ proprio questo sentimento così forte a volere  che quello che tu hai sognato sia la realtà” continuò lei. “Sei venuto da me per un consulto? Questo è quello che ho da dirti!” finì lasciando cadere il braccio proteso verso di lui, lungo il fianco. Gabriel rimase in piedi a metà strada tra la porta e il divano, non sapeva che dirle.
“Claudia una profezia DEVE esserci! O quei pazzi non mi avrebbero inseguito in quel modo. Potrebbe anche non esistere ma per loro C’E’! E per trovarli devo fare almeno finta che esista!”
“Comunque non avrebbe senso, tua madre ha detto che saremo stati insieme secondo questa profezia e Serventi dice che cambierai la chiesa dall’interno! Sono due versioni che non combaciano affatto! Non ha senso!”
“Mio zio sul tetto mi disse che Serventi voleva spaventarmi.. voleva farmi restare nella chiesa”
“Si l’ho sentito anche io..”
“Non avrebbe avuto motivo di mentirmi, ormai lo avevo scoperto..”
“Gabriel se così fosse, hai fatto la scelta sbagliata restando lì dentro..”
“Devo uscire. Devo tornare a lavorare sul campo, devo trovare altre persone con i poteri! Serventi non se li lascerà mai scappare!”
“Serventi non verrà! Sei tu che penserai a quelle persone adesso! Come hai fatto con gli altri! Era questo che lui voleva.. li hai resi parte di una comunità!”
“Non avrebbe nemmeno senso sparire così allora!”
“Gabriel ascoltami. Probabilmente per “rivoltare dall’interno” intendeva solo il fatto che anche tu che sei come loro fai parte del Direttorio, della Chiesa. Tua madre parlava di una ferita che è aperta tutt’oggi, in quanto mai nella storia le persone come voi sono state accettate! Anzi, venivano bruciate al rogo! E invece guarda oggi, guarda dove sei arrivato tu!”
“Loro mi useranno in qualche modo” Continuò lui preso dai suoi pensieri. Claudia si avvicinò a lui. “Hai ragione tu, probabilmente ho sbagliato scelta. Ho fatto quello che volevano.” Alzò gli occhi verso di lei fino ad incontrare i suoi.
“Gabriel..” iniziò lei andando verso di lui, che scosse il capo.
“Devo andare” detto questo si rimise la placchetta bianca sotto il colletto della camicia nera e uscì dall’abitazione. Claudia rimase in piedi a fissare la porta chiusa e a sentire i passi di lui per le scale, sospirò chiudendo gli occhi per un attimo. La sua assistente sbucò da dietro il muro.
“Com’è andata?” domandò con un mezzo sorriso. Lei invece scosse la testa e optò per fumare un’altra sigaretta, o probabilmente altre cento. 

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Capitolo 4
*** Come fare? ***


La moto sfrecciava per le strade sterrate fino a giungere a Villa Antinori. Gabriel indugiò per un po’ all’entrata, ma poi aprì le porte ed entrò nel grande atrio, immediatamente prese le scale sulla destra. L’ultima volta che era stato lì era in compagnia di Claudia e aveva visto il fantasma di suo padre. Quella notte era stata un incubo, sia per la paura, sia per la resistenza che aveva dovuto fare per non cedere alla bellezza della donna. Resistenza inutile dal momento che comunque la mattina dopo non poté far a meno di baciarla. Arrivato al piano di sopra attraversò velocemente il corridoio fino a giungere allo studio del padre, vuoto, spoglio. Cosa o chi si aspettava di vedere? Passò dietro la scrivania e vi posò le mani sopra, sbuffò e lasciò cadere la testa in avanti. Aveva deciso di restare nel Direttorio per fare la cosa giusta e invece ora sembrava tutto sbagliato, si sentiva come un burattino nelle mani di quella strana setta. Era stato così sciocco a cadere nella rete di Serventi. Ma ora come fare per sconfiggerli e per trovarli? Aveva ragione Claudia, potevano essere dovunque e lui non aveva la minima idea di dove iniziare a cercare. Come poteva trovarli senza far parte del Direttorio? Ma peggio ancora come poteva trovarli facendone parte? Le ricerche sul campo non spettavano più a lui, ormai faceva era uno di quelli che nel Direttorio rimanevano chiusi in archivio a studiare i casi o ad approfondirli. Ora era lì a domandarsi perché fosse corso da Claudia, voleva chiarimenti, si, ma non avrebbe permesso che le facessero del male di nuovo. Non sapeva che fare. Batté un pugno forte sulla scrivania e poi rialzò il capo dopo aver preso un respiro profondo. Decise di scendere di nuovo attraverso quelle scale a chiocciola in quello spazio angusto, tipo una piccola cantina. Era tutto identico a quella maledetta sera. Le figure del candelaio, dipinte sui muri impolverati, ragnatele sugli scaffali e agli angoli della stanza. Si guardò attentamente intorno, ma lì dentro non mancava nulla. Probabilmente nessuno era passato di lì dopo lui e suo zio. Tornò di sopra ed uscì dalla Villa rimontando in sella alla sua moto, diretto alla biblioteca.
                                                                       ***
“Alonso? Alonso..” chiamò il prete più volte ma lui non si girò, aveva di nuovo le cuffie nelle orecchie ed ascoltava musica latino americana. Gabriel prese un filo e gli sfilò dall’orecchio una delle due cuffie.
“Oh Gabriel! Dimmi..” disse lui togliendosi anche l’altra per prestagli la completa attenzione.
“Avrei bisogno di parlarti un attimo”
“Certo, aspetta solo che spengo qui..” spense il suo iPod ultima generazione e lo mise in tasca, prima di alzarsi e seguirlo nel suo specie di studio. Gabriel rimase indietro per chiudere a chiave le porte e poi si avvicinò ad Alonso.
“Ho un problema..”
“Caro Gabriel, tutti ne hanno! Mi stupirei se non ne avessi mai avuto uno!” Disse con un sorriso e con il suo solito accento. Gabriel passò dietro la scrivania e si lasciò cadere sulla grande sedia.
“Io ho bisogno di tornare in campo! Voglio tornare ad occuparmi io stesso di quei casi! Sono stanco delle scartoffie!” confessò Gabriel appoggiandosi con i gomiti sulla scrivania. Alonso lo fissò per un attimo, poi parlò.
“Tu sei un membro effettivo del Direttorio adesso, non ti è concesso uscire”
“Questo lo so! Mi sono rivolto a te per un consiglio, magari potresti aiutarmi..”
“Non ti sono mai piaciute le regole, eh Gabriel? Lo capii sin da quando arrivasti qui ..” a lui scappò un sorriso. “Perché vuoi tornare a studiare i casi da vicino?” domandò. Probabilmente sotto c’era qualcosa.
“Io ho bisogno di rintracciare quelle persone..”
“Quel Serventi?”
“Si esatto. E non posso farlo se resto qui dentro! Quel libro, quella profezia, io senza sapere l’ho seguita alla lettera. Questo non era il modo per sconfiggerli, questo era il modo per togliermi dai loro impicci. Ora loro chissà dove sono e cosa stanno facendo. Stanno sicuri sapendo che io da qui non posso muovermi. Devo prenderli in contro piede! Devo tornare ad operare fuori da qui!”
“Gabriel, tu sei sicuro che non c’entra nulla la dottoressa?” Senza dire una parola si alzò dalla sedia dietro la scrivania ed iniziò a camminare avanti e indietro, poi si voltò verso l’amico.
“Se pure fosse? Potrei aver chiesto il suo aiuto, si..” confessò senza abbassare il capo. Lo aveva fatto per trovare sua madre, giusto? Alonso si alzò per raggiungere l’altro e gli posò una mano sulla spalla.
“Sta molto attento. Il Direttorio ti ha accettato, ma non ha certamente dimenticato quelle fotografie, sai benissimo che cosa potrebbero pensare …”
“Si, lo so perfettamente. Ma lei è l’unica persona cara che mi resta, l’unica che insieme a te può darmi una mano. Isaia non voglio che entri in questa storia. Ha rischiato tanto per entrare nel Direttorio, non voglio sia messa in discussione anche la sua posizione!”
“Io però non so come aiutarti. Saresti il primo che esce per i casi pur essendo già stato accettato nel Direttorio. Se dovessi mai domandare una cosa del genere al Consiglio, ti chiederebbero spiegazioni e tu saresti costretto a darne una bella dettagliata. Altrimenti potrebbero discutere anche sul tuo sacerdozio, hai visto cosa successe quando vennero mostrate quelle foto.”
“So anche questo.” Sospirò. Come doveva fare? Era rimasto incastrato da se stesso, dalla sua fretta. Aveva scelto troppo velocemente, aveva buttato all’aria tutto per restare lì dentro, aveva ferito Claudia. Rimase a pensare per qualche minuto.
“E se lasciassi stare tutta questa storia Gabriel? Hai scoperto quello che dovevi, sai cos’è successo a tuo padre e che tua madre è ancora viva. Non basta?”
“No! Non basta affatto!” rispose di getto. Voleva sapere chi fosse Serventi, perché sua madre avesse scelto di andare con lui, perché lo aveva abbandonato, perché era fuggita dopo averlo ritrovato. “Devo trovare il modo di uscire da qui!” si era trovato prigioniero di quelle quattro mura.
“Pensi davvero di poterli trovare Gabriel?” chiese Alonso retoricamente.
“Io.. io ci devo almeno provare” disse prima si avviarsi alla porta ed uscire, lasciando Alonso da solo.

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Capitolo 5
*** Andare: Si, No. ***


“Tu perché pensi sia venuto?”
“Io non lo so! Non lo so!”
Claudia stava parlando con la sua amica Teresa sul divano di casa sua. Il ritorno di Gabriel l’aveva confusa parecchio, aveva tantissime domande da porgli, ma non aveva intenzione di parlare con lui, né di chiamarlo o altro, non per orgoglio, ma perché sapeva che avrebbe mandato all’aria tutti quei tentativi di dimenticarlo che aveva fatto in due mesi di lontananza.  
“Cosa hai intenzione di fare?”
“Io? Ah perché dovrei anche fare qualcosa! No, no te lo scordi! Mi chiedevo solo perché fosse tornato! Maledizione, odio essere una psicologa in casi come questi! E’ una posizione scomodissima. Il punto è.. cosa vuole adesso? Insomma capisco che voglia sapere di più sul suo passato, più che altro su sua madre, che devo dire nemmeno io l’ho capita bene quella donna.. ha un non so che di misterioso. Certo potrebbe saltare fuori che non è la mamma di Gabriel ma in realtà è la sorella gemella!” Era chiaro, ormai stava dando di matto. Il problema era che la situazione non era certo una delle più normali.
“Devi comunque capire che gli sei stata vicino nel momento più brutto della sua vita, lo hai aiutato, sei stata una delle poche che c’è stata. E poi, come hai detto tu, sua madre ti ha detto che lui si è innamorato solo di te in tutta la sua vita, sai che non ti è indifferente. Può essere tornato per quello..”
“No! E’ tornato per altre cose! Per quei sogni, non per me! Sappiamo benissimo che non sceglierà me, NON può farlo, ha già scelto.”
“E tu cosa ne sai?” domandò l’amica, Claudia rise sprezzante.
“oh no! No, no, no, no! Tu non mi metterai in testa la speranza che possa ancora scegliere me! No no! Basta, ci ho rinunciato! E’ nel Direttorio o come cavolo si chiama quella cosa! Non può assolutamente vedermi! Secondo te perché mai ha voluto vedermi nel mio studio?”
“Se lo dici tu..”
“No! Non lo dico io! E’ così! E’ diverso!”
“Okey, va bene!”
“Ecco..” sbuffò e si passò una mano tra i capelli. “E se davvero avesse bisogno del mio aiuto?” si chiese incrociando le dita e appoggiandosi le mani in testa. Era davvero molto confusa. “Non posso permettergli di buttarsi di nuovo in quella storia da solo, se c’è qualcuno che può aiutarlo sono io..”
“Claudia.. tu speri ancora in quella profezia?”
“Non c’è nessuna profezia! Non vedi? E comunque anche se avesse scelto me non ci avrei mai creduto! Ah, ma ti prego!” rise sprezzante. Nonostante avesse collaborato con lui in tutti quei casi era sempre riuscita a trovare il lato scientifico delle cose, tranne con il potere di Gabriel, lì si era ritrovata ad accettarlo senza troppe domande, senza troppi problemi. Sbuffò ancora, ecco gli sbalzi d’umore che lei non sopportava. Si allungò per prendere il suo bicchiere di vino sul tavolino e lo buttò giù tutto d’un sorso prima di riempire il bicchiere nuovamente.
“Vacci piano, sono solo le cinque del pomeriggio!”
“E se io poi lo aiutassi e finissimo come quella mattina? Non voglio assolutamente metterlo nei casini, in nessun modo! E nemmeno io sinceramente voglio rimanere fregata ancora!” buttò giù l’altro vino tutto in un sorso. “Innamorarsi di un prete! .. Devo proprio essere una testa di cazzo!” disse ironica guardando l’ultima goccia di vino sul fondo del bicchiere.
“Claudia non si sceglie di certo di chi ci si deve innamorare! Succede e basta!”
“Si allora proprio io dovevo beccare il prete!” Posò il bicchiere, questa volta senza riempirlo. “Che poi dico io, che razza di prete è quello che bacia una donna, no? Se fosse stato un prete “vero” sarebbe rimasto spaventato da me! Magari mi avrebbe respinto e mi avrebbe detto che non voleva più vedermi, magari sarebbe scappato, si perché no! Lui no! Lui mi ha baciata, è venuto qui e mi ha baciata ancora, lui solo sa quello che avrebbe voluto fare, poi mi dice che si è innamorato di me MA va a chiudersi in un convento di maschi!” I termini che riguardavano la chiesa non erano molto chiari a Claudia, ma dopo tutto cosa le importava? Lei non era cattolica, era solo una scienziata.
“Non puoi affatto incolparlo! Prova a capirlo invece! Se ti ama è difficile anche per lui..” Lei rimase a fissare l’amica, in effetti non ci aveva mai pensato, era stata davvero così egoista?
“Quindi cosa dovrei fare secondo te?”
“Per adesso nulla, lascia stare! Così come è entrato, così se n’è andato! Fa finta che non sia tornato per niente, semmai dovesse farsi vivo poi ne parleremo!”
“mmm” mugugnò lei arricciando il naso. La cosa non la convinceva ancora a pieno, ma non poteva fare altrimenti. “Ok, d’accordo!” si arrese. Prima di iniziare a farsi mille film mentali era meglio smettere di pensarlo. Il silenzio che seguì venne interrotto dallo squillo di un cellulare. Claudia si allungò sul divano fino ad arrivare al suo telefono, le era arrivato un messaggio. Fissò lo schermo per qualche secondo e poi sorrise.
“POI ne parleremo?” ripeté tornando a sedersi normale, porse il telefono all’amica. “Perché non ne parliamo adesso?” La bionda dette uno sguardo allo schermo e poi rialzò gli occhi su Claudia che aveva l’espressione accigliata, ma divertita. __________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Salve ragazzi! :D Eccomi con un nuovo capitolo! Mi dispiace solo per la "cortezza"! Davvero prometto che dal settimo in poi farò qualcosa per "allungare" il tutto! Anche perché queste parti sono un po' lente, quando inizierà la parte "dinamica" vedrete! :D Buona lettura! **

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Capitolo 6
*** Di nuovo insieme ***


“Ci andrai ovviamente!”
“Adesso spiegami perché dovrei!”
“Beh te l’ha chiesto per piacere e sembra anche un messaggio di una certe urgenza! E poi non scherziamo, sappiamo entrambe che ci andrai!”
Claudia rimase a fissarla per qualche istante, poi puntò il dito verso di lei con il telefono ancora in mano.
“Giusta osservazione! Allora penso sia meglio che io vada a cambiarmi..”
“Claudia, mi raccomando però!”
“Hei non ho mica 15 anni! La mia tempesta ormonale è finita già da un po’!” disse ironica prima di sparire dietro la porta di camera sua. Poco ci volle per prepararsi, non aveva intenzione di scegliere abiti chissà quanto importanti, dopo tutto era a Villa Antinori che doveva andare e poi non era di certo un appuntamento. Dopo mezz’ora uscì pronta.
“Fatto?”
“Si!”
“Vuoi che io ti dia un passaggio?”
“No no lascia stare vado.. preferisco andare da sola! In modo da.. sai, tornare anche da sola!” Si mise il giubbino e fece segno all’amica di sbrigarsi. Dopo qualche secondo uscirono di casa.
Quel tragitto parve essere più lungo del solito, probabilmente perché Claudia continuava a far viaggiare la mente. Lo aveva visto la stessa mattina, come mai aveva tanta fretta di vederla? Cosa voleva da lei? Era successo qualcosa? Voleva aiuto? Ovviamente tutte domande che avrebbero trovato risposta una volta arrivata lì, così affondò di più il piede sull’acceleratore. Arrivata al cancello di Villa Antinori vide da lontano la moto rossa di lui, fermò la macchina lì vicino e corse al portone chiuso. Si guardò intorno prima di bussare alla porta. Bussò più volte, ma nessuno le andò ad aprire.
“Gabriel!” urlò battendo la mano a palmo aperto sulla porta massiccia. “Gabriel!” Urlò più forte. D’un tratto sentì un rumore di ferri e la porta si aprì. Era lui sano e salvo per fortuna, ancora con addosso il giubbino di pelle nera e la sciarpa, che per fortuna copriva quella maledetta placchetta bianca da sacerdote. Claudia lo osservò per un secondo confusa.
“A momenti mi avresti buttato giù la porta?” scherzò lui facendosi da parte per lasciarla entrare, poi richiuse la porta dietro di lei che avanzava nell’atrio guardandosi intorno. Nulla era cambiato da quella notte tempestosa. Si girò verso di lui.
“Probabile! Mi mandi messaggi del genere e poi non apri, posso pensare che ti è capitato qualcosa!” esclamò con ovvietà, lui sorrise avvicinandosi.
“Non saprei dirti se avessi chiamato proprio te per salvarmi!”
“Ah bene, non pensi che io ti possa salvare! Bene ehm.. e perché io sarei qui allora?” domandò spaesata, lui, con un cenno di capo,  si fece seguire fino nel salone dove almeno potevano sedersi e parlare in tranquillità. La stanza non era cambiata nemmeno di una virgola da quella notte, i divani erano ancora coperti da quei rivestimenti di plastica pieni di polvere, tranne quella davanti al fuoco.
“Avevo bisogno di parlarti..” iniziò lui una volta che ebbero preso posto.
“Di..?” chiese lei, aveva fretta di sapere.
“Ho intenzione di operare di nuovo sul campo, devo trovare un modo per farlo!”
“Ti ho già detto che Serventi non verrà.. E’ una tua speranza”
“No! Ascoltami! Loro pensano che io non sia più in giro, che io mi occupi di questi casi solo all’interno del Direttorio, quindi non penso si nascondano poi così lontano! Ho bisogno di seguirne UNO solo Claudia! E se lo rivedrò avrò ragione, proverò a parlargli, mi farò dire dov’è mia madre!”
“Sei libero di fare quello che vuoi, perché lo chiedi a me?”
“Avrò bisogno di te, il caso che deve esserci non deve essere di natura scientifica! Dovrò accompagnare il giovane prete solo quando sarò sicuro che Serventi potrebbe farsi vivo perché è un evento effettivamente paranormale!”
“La mia posizione non mi è ancora del tutto chiara.. Dovrei seguire quel tuo ragazzo? Cosa ho fatto la spia adesso?”
“Claudia..”
“No adesso ascoltami! A dire la verità la mia posizione in TUTTO questo non mi è chiara!” Claudia sembrò leggermente agitarsi. Cosa stava facendo? Aveva proprio intenzione di incasinarsi la vita? In effetti in quello era sempre stata brava. Gabriel si avvicinò di più a lei fino a prenderle la mano e a stringerla nella sua.
“Ho bisogno di te, adesso. Sei l’unica che può farlo, l’unica di cui io mi fidi davvero.” Lei rimase a fissarlo per qualche istante, poi abbassò lo sguardo sulle loro mani congiunte.
“Io.. sono coinvolta così come lo ero mesi fa..non so quanto posso esserti di aiuto..”
“Nemmeno io sono cambiato Claudia. Pensavo di aver fatto la scelta giusta e che poi sarei riuscito a conviverci, ma non è stato così, per nulla. Sapevo che sarebbe stato impossibile smettere di amarti. Non per questo potevo lasciare tutto così su due piedi. Ho fatto una promessa e non posso infrangerla, non posso venire meno ad una parola data.” Incrociò gli occhi lucidi di Claudia, non voleva ferirla, ma voleva che almeno provasse a capirlo. Le posò una mano sul viso. “Non voglio farti del male, non ne ho mai avuta l’intenzione.” Lei sospirò alzando gli occhi e incrociando il suo sguardo con quello di lui. Cosa si aspettava che gli dicesse? Si sentiva di nuovo uno schifo, ma cos’altro avrebbe potuto fare? Sentiva di dover fare anche lei la cosa giusta, cioè di stargli accanto. Glielo aveva promesso, quel giorno, seduta sulla scalinata, dopo quell’abbraccio profondo.
“Non ti aspettare che io ti abbandoni di nuovo così facilmente allora, anche io ho fatto una promessa..” disse lei dopo esser riuscita a ritrovare le parole. Lui sorrise debolmente, non voleva recarle dolore, eppure continuava a sentire che averla vicino era la cosa giusta da fare, la strada esatta da percorrere.
“Me la ricordo bene” lasciò scivolare via la mano dal suo viso e la portò su quella di lei, abbassò lo sguardo su quelle per un attimo e poi tornò a guardarla. Non sapeva che dirle, come continuare il discorso. Le aveva appena confessato di nuovo i suoi sentimenti, non aveva voglia di mascherarli ancora, non con lei.  “Allora, mi aiuterai?” lei sospirò e rimase in silenzio perdendosi in quei meravigliosi occhi azzurri.

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Capitolo 7
*** Il Caso ***


“Gabriel mi dispiace! Ti prego perdonami! Ti scongiuro!” Era ancora una volta sua madre, all’inferno. Si sentivano mille voci confuse lì dentro, ma la sua era la più chiara e la più forte. Lei era in ginocchio e gli tendeva un braccio, ma lui parve non riuscire a muoversi, quasi come se volesse lasciarla cadere in quel bagno di lava. Gabriel si svegliò con la fronte imperlata di sudore, non riusciva immediatamente a ricordare dove di trovasse, ci vollero un paio di minuti prima che si potesse riprendere del tutto. Si alzò un po’ barcollante dal letto, diretto in bagno. Si sciacquò il viso con l’acqua fresca e poi si guardò allo specchio. Continuava ad avere quegli incubi, ma perché? Si asciugò il viso velocemente e corse a cambiarsi. La colazione non fu molto diversa da quelle precedenti, sempre in solitudine e in silenzio, Gabriel riusciva a sentire solo la sua voce nella sua testa che continuava ad elaborare le teorie più disparate su Serventi e su quella maledetta setta. L’unica cosa che lo aiutava a non pensarci, erano le spiegazioni che doveva fare ogni giorno all’università ai nuovi e vecchi studenti. Quella mattina passò più velocemente delle altre, forse perché lui aveva fretta di andare in Archivio a cercare alcuni fascicoli di nuovi casi che aveva intenzione di rivedere. Fermò come suo solito la moto e con la borsa in spalla attraversò il giardino della Congregazione.
“Oi Gabriel!” Chiamò Isaia da lontano. Lui, insieme ad Alonso, era diventata una presenza molto importante e fidata per lui all’interno del Direttorio, nonostante tutto non poteva parlargli assolutamente dell’incontro con Claudia, ma forse poteva accennare il suo desiderio di voler uscire nuovamente ad operare sul campo. Al richiamo dell’amico si voltò.
“Fratello, dimmi..” Lui lo raggiunse e gli posò una mano sulla spalla.
“Abbiamo trovato un caso per il nostro giovane ragazzo, dovremmo metterlo alla prova già da oggi! Lui è già sopra ci sta aspettando” avvisò Isaia eccitato. Era ormai da un po’ di tempo che non si verificavano strani eventi e dunque la congregazione era rimasta per qualche settimana inattiva sul campo, ma sempre indaffarata sui libri e sui fascicoli di vecchi casi. Gabriel ormai ne aveva rivisti almeno cento.
“Chi, Francesco?” domandò camminando al fianco dell’uomo.
“Si, si la Congregazione pensa che lui sia la persona più adatta a rivestire il nostro posto lasciato vuoto” Era un ragazzo promettente, con una vocazione ed una fede indistruttibile, molto giovane, ma molto determinato.
“Wow, beh per me è un brutto colpo direi” sorrise un po’ malinconico.
“Perché dici questo Gabriel?” chiese fermando la camminata, si voltò verso di lui.
“Beh ho lavorato a tanti casi, un milione di volte! Ora sono praticamente un topo da biblioteca.. Tu sai quanto io odi quel genere di cose, mi piace essere più.. dinamico!” sorrise ancora. Probabilmente quel giovane era pieno di aspettative, sicuramente anche eccitato per il suo primo caso, proprio come lo era stato lui i primi anni. Sospirò.
 “Senti Isaia, tu non pensi che magari qualcuno dovrebbe accompagnarlo? Solo per ora, per i primi tempi. Dopo tutto non lo conosciamo, ci sono state mandate un paio di referenze si, però lo sai quanto me come sia delicata quella posizione..” fece una pausa, notò il compagno riflettere. “..non possiamo permetterci gente debole. Potrei seguirlo io..” finì speranzoso. Isaia era molto pensieroso, si era portato una mano al mento come se quel gesto potesse aiutarlo a partorire una perfetta soluzione.
“Ma sì! Per me andrebbe bene. In effetti due presenze come noi non sono facilmente sostituibili!” rispose scherzando. “Dopo tutto abbiamo bisogno di nuove persone fidate.. Beh Gabriel dovresti informare il Direttorio di questa tua scelta, se saranno d’accordo tutti allora perché no!” Lui annuì con decisione. Per fortuna, senza sotterfugi, era riuscito ad ottenere quello che voleva, adesso il problema stava nel trovare un caso REALMENTE paranormale. Lui e Padre Morganti salirono nello studio di quest’ultimo, accolti dalla presenza del giovane prete Francesco Scala, il quale rivolse ad entrambi un cenno del capo e un gran sorriso. Gabriel lo osservò attentamente, gli si leggeva in faccia quanta voglia avesse di “entrare in azione”.
“Bene, prego siediti!” lo invitò Isaia, il giovane obbedì immediatamente. “Dunque, abbiamo un caso di una donna, Martina De Santis. La figlia ci ha chiamati, dice che sono giorni che sua madre non è più la stessa, la notte si chiude in una stanza e inizia ad incidere sui muri dei numeri, fa dei segni senza senso. Puoi avanzare qualche ipotesi magari..”
“ Potrebbe essere impossessata. Anche se dovrei prima scoprire la natura del fenomeno.” rispose educatamente.
“Esattamente! Beh vedo che siamo sulla strada giusta caro Fratello!” esordì Isaia prima di alzarsi e di porgergli un fascicolo. “Qui c’è scritto tutto. Dovrai recarti a casa De Santis per verificare il fenomeno, sta tranquillo, abbiamo avvisato la famiglia che passerai la notte lì per l’osservazione. Ah quasi dimenticavo! Padre Antinori per questo primo caso sarà con te. Abbiamo bisogno di una tua valutazione.” Isaia si voltò verso l’amico e aggiunse a bassa voce. “Và pure, avviserò io la Congregazione” Gabriel fu preso alla sprovvista, ma non mancò di ringraziare il suo amico con un cenno del capo e un sorriso. Detto questo, Isaia vide i due uscire dalla sua stanza. Forse Gabriel aveva ragione, un minimo gli mancava, se ne accorse solo quando capì di aver voluto essere lui al posto dell’amico in quel momento.
“Vieni con me Francesco. Andiamo con la mia moto!” disse Gabriel dopo aver mandato un messaggio sul cellulare di Claudia, poi chiuse bene il giubbino di pelle nera, si avvicinò alla motocicletta e porse un caso al ragazzo, il quale lo stava fissando con aria del tutto confusa.
“Andiamo, in moto? Ma non ci sono le macchine per questo?”
“Non mi fido degli autisti!” commentò sarcastico. “A dir la verità le vetture della Congregazione fanno troppo “entrata in grande stile”! Io voglio che le persone non si sentano per nulla a disagio. E poi.. adoro le moto vecchio stile! Tu no?” domandò con un sorriso montando in sella alla sua. Francesco guardò il casco che aveva tra le mani per qualche istante prima di indossarlo anche lui.
“Certo che voi, non mi sembrate affatto uno del Direttorio. Alternativo direi! Chi mai di noi andrebbe girando su una moto?” Disse prima di salire anche lui e di sistemare i piedi per bene, per non cadere. Gabriel rise divertito.
“Questo perché forse non hai ancora mai incontrato Alonso!”
                                                                                        *****************
Il cellulare vibrò due volte sul lavandino del bagno. L’aria era calda e satura di vapore acqueo. Lo stress e la stanchezza, secondo Claudia Munari, potevano essere facilmente eliminati con un bagno caldo, rilassante e un buon libro era d’obbligo. Coperta fino al collo di schiuma, la donna si lasciava a mollo nella vasca, non aveva alcuna intenzione di alzarsi per leggere il messaggio, probabilmente era Valentina che diceva di aver spostato qualche appuntamento, o di averne anticipato qualcun altro, ma per ora, per quell’ora, lei non voleva essere assolutamente disturbata, aveva senz’altro di meglio da fare. Dopo un’ora e mezza di completo relax, l’acqua aveva perso ormai il suo calore e lei iniziava a sentire freddo, così decise di alzarsi. Prese l’asciugamano appeso e lo avvolse attorno al suo corpo asciutto, poi prese il telefono e controllò tra i messaggi, non era né Valentina, né Teresa, era Gabriel, di nuovo. Sospirò e si tolse la pinza dai capelli leggermente bagnati dietro il collo, dopo avrebbe pensato ad asciugarli, ora riusciva solo a leggere quel messaggio “Chiamami, appena puoi”. Ora poteva? Cliccò sul pulsante verde e attese una risposta stringendosi sempre di più nell’asciugamano corto.
“Claudia, finalmente!” Rispose una voce maschile dall’altro capo del telefono.
“Hei, scusa ero a fare il bagno.” Disse lei guardandosi allo specchio e muovendosi i capelli con una delle due mani libere. “Ma dove sei?” Domandò fermandosi ad ascoltare i rumori e le voce che sentiva di sottofondo. Era forse la voce di una donna?
“Sono a Via Cerveteri. Ho accompagnato il ragazzo nuovo sul campo, temo proprio che dovrò restare anche io qui per la notte.” Sussurrò l’ultima frase, probabilmente non voleva apparire scortese a quella dolce ragazza che si era tanto impegnata per preparare una stanza ad entrambi. “Penso proprio un caso di possessione..”
“Wow...”
“Esatto! Comunque ce l’ho fatta, Isaia è stato d’accordo con me, avvertiva lui la Congregazione di questo mio “strappo” alla regola.”
“Dunque non sono più io la tua spia preferita!” scherzò lei.
“Non crederci tanto!” lui rise. La giovane Alessia, figlia di Martina, lo chiamò per il caffè che aveva appena finito di preparare in cucina, Gabriel le chiese solo un altro secondo. “Ora devo andare, ti chiamo io, ciao!” salutò in fretta, lei ricambiò. Guardò il telefono e poi chiuse la chiamata con un sorriso. 

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Capitolo 8
*** Possessioni ***


“La cena è stata davvero ottima questa sera! Complimenti alla cuoca!” Sorrise Francesco pulendosi la bocca con il tovagliolo e guardando la signora De Santis, la quale però scosse la testa.
“Oh caro non guardare me, è tutta farina del sacco di mia figlia! Io non ho mai saputo davvero cucinare, era mio marito che si occupava di queste cose..” confessò con un sorriso malinconico.
“Mi fa piacere che sia stato di tuo gradimento allora!” Sorrise la giovane donna, doveva avere poco più di 23 anni. Gabriel osservò il modo in cui Alessia guardava il suo collega, era uno sguardo che lui aveva ben presente. Sorrise inconsapevolmente ricordando gli occhi di Claudia al loro primo incontro in quella casa spersa in mezzo ad un campo. Accompagnato a quel ricordo si affiancarono le parole “Non mi avevi detto che eri un prete!” Perché era rimasta tanto turbata? Ora lo sapeva, solo ora aveva capito. Evitò di indugiare ancora e si alzò per dare una mano a sparecchiare, ma le donne rifiutarono più volte l’aiuto.
“Beh allora se questo è quanto noi andremmo a dormire.. Padre Scala..” le ultime parole le calcò, in modo che la ragazza sentisse, infatti si voltò a guardarli entrambi. “Buona Notte!” Alessia sforzò un sorriso e augurò buona notte ad entrambi. Erano ormai le nove quando i due preti si ritirarono nelle proprie stanze, tutto quello che restava da fare era aspettare di vedere qualcosa di strano. Gabriel riprese il suo telefono dalla borsa e scorse l’elenco per un paio di volte prima di decidere di richiamare Claudia.
“Pronto?” fece lei come se non avesse visto il nome sul display. Lui dovette allontanare il cellulare dall’orecchio, il frastuono era insopportabile.
“Claudia, ma dove sei?” domandò lui cercando di non alzare troppo la voce.
“COSA?” urlò lei dall’altro lato. Lui sentì voci confuse e poi niente più. “Pronto..” ora sentiva solo la sua voce.
“Claudia! Scusami se ti ho disturbato..” probabilmente si trovava in un locale, non era certo la persona da passare il Venerdì sera a casa come lui.
“No non preoccuparti, la mia amica è andata di matto e non è molto divertente restare da sola!” sorrise appoggiata alla porta del bagno.
“Ah, beh sarei venuto volentieri ma il dovere chiama!”
“Nah, meglio che non sei venuto! Cosa avrebbero pensato di un prete in un pub? Daresti un cattivissimo esempio!” le scappò una risata a pensare lui che ballava al centro della pista, non ce lo vedeva assolutamente. “Comunque, come va con l’impossessata?”
“Oh bene bene, in realtà stiamo aspettando che si verifichi qualcosa su cui lavorare..”
“Hai posizionato già la tua videocamera magica?” disse lei ricordando il loro primo caso insieme.
“Non sei poi così divertente!” scherzò lui sedendosi sul letto e togliendosi le scarpe, aveva bisogno di stendersi un po’.
“Infatti non avevo nessuna intenzione di esserlo, ti prendevo in giro e basta! .. Comunque a parte scherzi. Come hai fatto a convincere Isaia?” domandò lei tornando seria.
“Beh non l’ho proprio convinto, gli ho semplicemente fatto notare che abbiamo bisogno di gente seria, quanto più fidata è possibile! Gli ho detto che sarei stato in grado di valutarlo dopo qualche prova del genere..” passarono alcuni secondi di silenzio, lui si girava e rigirava la placchetta di stoffa bianca tra le dita dopo essersi sbottonato i primi bottoni della camicia, lei invece fissava le mattonelle davanti a sé.
“Gabriel..”
“Si?”
“Se Serventi dovesse effettivamente..”
“..Starò attento.” Rispose prima che lei potesse finire la frase.
“D’accordo..”
“PADRE! PADRE!” urlò una voce fuori dalla stanza. La ragazza bussò più volte sulla porta.
“Claudia scusa devo andare! Ci sentiamo domani!” disse prima di attaccare velocemente, si alzò dal letto e si precipitò nella stanza della madre. La porta era spalancata e lei era in piedi al centro della stanza. La camera era sotto sopra, una lampada giaceva per  terra in mille pezzi, le lenzuola parevano essere state strappate in più punti. Francesco era arrivato lì prima di lui, non aveva messo piede nella stanza, ma si guardava intorno guardingo.
“Mamma!” urlò la ragazza affianco a lui, ma la donna non si girò, era troppo impegnata a sussurrare alcune parole incomprensibili. Gabriel attraversò la stanza e arrivò a Martina, la guardò. Lei aveva gli fissi fuori dalla finestra, il suo sguardo si perdeva nel buio della notte, lui provò a toccarla.
“Martina..” chiamò piano, ma quando la sua mano toccò la sua spalla tutto intorno a lui cambiò: era di nuovo in quel maledetto corridoio. Intorno a lui gli affreschi sulle pareti erano pieni di angeli intenti a combattere i demoni, muniti di un aspetto a dir poco spaventoso. Gabriel si riprese immediatamente, dato che interruppe con velocità il contatto con la donna. La testa gli girò pericolosamente, tanto che per poco non perse l’equilibrio.
“Padre Antinori!” Esclamò il ragazzo spaventato, fece per andarlo ad aiutare ma Gabriel gli ordinò di stare dov’era.
“Signora De Santis..” chiamò per una seconda volta, ma la donna non ne voleva proprio sapere di distrarsi. Lui non poteva toccarla, ma era sicuro che fosse un fenomeno di possessione. Non era riuscito a toccarla per più di qualche secondo, evidentemente il demone doveva essere molto potente da respingerlo. D’un tratto la donna si accasciò per terra con un urlo straziante. Alessia corse verso di lei a sorreggerla, lo stesso fece Francesco, Gabriel invece rimase a fissarla. I due portarono la donna nel salone e la stesero sul divano.
“E’ bollente..” disse la figlia toccandole il viso, stava anche iniziando a sudare.
“Porta una bacinella con l’acqua fredda e un asciugamano, ne avremmo bisogno per un po’!” ordinò Gabriel alla giovane, Francesco si era avvicinato a lui preoccupato.
“Padre.. tutto bene?” chiese cercando di incrociare il suo sguardo, ma non lo trovò, lui continuava a schivarlo.
“Si Francesco, tutto bene, sto bene” tentò di rassicurarlo, ma probabilmente senza risultato dato che lui continuava a fissarlo. Durante il resto della nottata non successe più nulla. La natura del fenomeno era senz’altro demoniaca, ma questa volta non stava a lui capire come agire, doveva ricordarsi che era lì solo come accompagnatore, doveva solo valutare il giovane Padre Scala, nulla di più. Ma la verità era che lui si sentiva troppo soffocato all’interno del Direttorio, non era il suo posto, non apparteneva a quella sfera della Chiesa. Lo zio lo aveva sempre cresciuto in quel mondo, ma ora conosceva di più, conosceva il mondo esterno e aveva conosciuto Claudia. Tutto ciò non aveva nulla a che fare con la sua Fede, quella era intoccabile, però non sopportava il fatto che dovesse costantemente DIMOSTRARLA con la sua presenza nella Congregazione. Quella notte passò molto lentamente, lui aveva preferito restare sveglio tutta la notte a sorvegliare Martina sul divano e a cambiare le bende ogni mezz’ora, non aveva alcuna voglia di dormire, riusciva solo a pensare e lui e a Claudia. Doveva ammettere a se stesso di essersi tolto un peso dal cuore dopo averla rincontrata e averle parlato con tranquillità. Quella sera se ne andò come un codardo, pensando che quello che stava facendo era un gesto nobile e di dovere, ma non aveva fatto i conti con se stesso, i doveri che aveva verso se stesso! Adesso lo stava capendo, ma sperava che non fosse troppo tardi. Aveva preso una scelta senza pensare, non voleva sbagliare più.
                                                                                            ***********
I raggi del sole passavano attraverso le persiane dell’abitazione della psicologa e le andavano ad accarezzare il viso. Erano le nove quando la dottoressa si svegliò in preda al panico per l’incredibile ritardo in cui si era ritrovata. Come al solito saltò la colazione e si catapultò giù a prendere la macchina, pronta a sfrecciare verso il suo studio, se non fosse stato per una figura scura che attirò la sua attenzione: un uomo dai capelli a caschetto neri, la fissava da dentro una macchina. Lo aveva già visto, ma quando si andò a girare di nuovo, la macchina e l’uomo misterioso, non c’erano più. Pensando che si fosse fatta suggestionare scosse la testa e continuò per la sua strada. _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Buona sera a tutti! :D Eccomi qui con un appuntamento serale che nessuno si aspettava! ahuahuahua<3 Spero sia sorpresa gradita! *___*

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Capitolo 9
*** La mattina dopo ***


“Buon giorno” Salutò Alessia. Gabriel notò come si fosse preparata prima di uscire dalla sua stanza. Si avvicinò a lui con un vassoio tra le mani. “Vi ho portato la colazione, dev’essere stato sveglio tutta la notte..”
“Si infatti. Grazie mille!” disse lui allungandosi sul vassoio per servirsi un po’ di tè nella tazza. Quella sera sembrava non essere passata per nulla, lui aveva ancora la mente piena degli stessi pensieri, non era per nulla stanco, sarebbe potuto rimanere in quella specie di trans per altre ore. Bevve lentamente e poi riportò tutto in cucina.
“Prego metta qui, lavo io.” Disse lei indicando il bancone vuoto affianco al lavabo. “Mia madre come sta?” domandò mentre iniziava a sciacquare la tazza e il cucchiaino.
“La febbre è scesa molto, ma questa mattina alle sei e mezza l’aveva ancora. Adesso preferirei che si svegliasse per misurarla ancora se non ti dispiace..”
“Oh no certo che no” rispose alla svelta. Era così preoccupata per sua madre che non riusciva a pensare ad altro, e pensare che per una settimana quell’apocalisse l’aveva vissuta da sola. “La ringrazio per l’aiuto ci sta offrendo.” Aggiunse lei mentre lavava un cucchiaino.
“Si figuri, siamo qui per questo” rispose Gabriel con la mente ancora altrove. “Per caso sua madre ha mai avuto problemi come la schizofrenia o qualche momento di depressione? Magari questo comportamento può essere un risultato del suo stato mentale..”
“No. Lei è sempre stata sana da quel punto di vista. Dopo la morte di mio padre rimase per qualche mese sotto la consulenza di uno psicologo, ma poi le dissero che era a buon punto per l’elaborazione del lutto, non le sarebbero serviti ulteriori incontri.”
“Capisco..” Gabriel rimase pensieroso per un po’. Come poteva fare per aiutare quella povera donna? Era stata chiaramente impossessata da qualcosa, ma lui non aveva idea di cosa. Come poteva fare per aiutarla? Avrebbe dovuto toccarla e restare giusto quel tempo che serviva per tirarla via da quella stanza bianca. Sospirò cercando una soluzione.
                                                                                             *********
Verso mezzogiorno Francesco e Gabriel tornarono alla congregazione, il giovane aveva tratto alcune conclusioni e ne avrebbero dovuto discutere anche i membri del Direttorio, colloquio che durò per circa un’ora. Lui aveva potuto solo dire che avrebbe provato ad aiutarla, ma il come non lo spiegò al resto dei presenti, si limitò a gettare uno sguardo eloquente a Isaia che parve capire al volo accogliendo la sua proposta. Alla fine della riunione Gabriel venne fermato da Padre Morganti.
“Gabriel..” lo chiamò piano per nome. “..ti ho appoggiato lì dentro perché mi fido di te, ma penso che almeno a qualcuno dovrai dire come hai intenzione di procedere e se puoi fa procedere Padre Scala, tu..”
“No, Francesco non può farlo. Solo io posso.” Si affrettò a chiarire guardando l’amico negli occhi, Isaia annuì.
“Fà ciò di cui sei capace allora caro Gabriel” rispose tranquillo. Ormai anche lui era al corrente della vera natura dell’uomo e non avrebbero mentito più l’uno all’altro, il Direttorio doveva restare unito e compatto, il tempo delle sciocche rivalità era finito ormai da un pezzo. Lui annuì deciso e si avviò verso l’uscita con mille pensieri per la testa, uno di questi era Claudia, non l’aveva ancora sentita e a giudicare dal modo in cui l’aveva lasciata doveva chiamarla al più presto, così decise di farlo prima di salire in moto.
“Gabriel!” esclamò lei appena rispose alla chiamata “Grazie al cielo, ma che è successo?” domandò senza nemmeno dargli il tempo di parlare.
“Se mi raggiungi al Caffè della Pace tra dieci minuti ti spiego tutto!” disse mentre si infilava il casco
“Io sto aspettando un paziente a dire la verità, doveva venire a firmare delle carte e non è ancora arrivato..”
“Allora aspettami lì, ti vengo a prendere io”
“D’accordo, se proprio insisti!” continuò con un sorriso sulle labbra.
“Arrivo!” Esclamò prima di chiudere la chiamata senza aspettare risposta e mise in moto, salì e partì verso lo studio di Claudia. Alsonso, che era appoggiato ad una colonna, voleva parlare con lui, ma dopo aver origliato parte della conversazione si convinse di scegliere un altro momento più appropriato, con un sorriso tornò all’interno dell’edificio.
                                                                                          *************
“Scusami se ti ho fatto salire! E devi scusarmi anche per il disordine, ero piena di appuntamenti questa mattina e un paziente si è lasciato troppo andare..” stava dicendo Claudia mentre spazzava via i residui di terra che erano caduti dopo che la sua pianta era stata spinta per terra.
“Non preoccuparti.. dovresti vedere il mio di studio..” rispose lui guardandosi intorno
“Ma ti prego! I preti non hanno uno studio!” schernì lei rovesciando la paletta con la terra nell’immondizia.
“E invece mi dispiace deluderti ma lo abbiamo proprio! Anche se non è esattamente il posto che fa per me..” finì con un po’ di risentimento nella voce. Claudia alzò lo sguardo e si appoggiò alla scopa, che voleva dire con quelle parole? “Insomma mi ci vedi chiuso in quelle quattro mura a studiare casi vecchi di mille anni?” lei sorrise.
“No, in effetti no. Ma dopo tutto cosa ti aspettavi una volta entrato nel Direttorio? Di incontrare gli alieni e di poterli studiare da vicino?”
“Certo non sarebbe stato male!” continuò lui sulla vena scherzosa, ma in fondo ci stava seriamente pensando. Non si era mai chiesto cosa si aspettasse davvero da quella nomina. Lei portò la busta fuori la porta e poi si sistemò i capelli.
“Beh io sono pronta se vuoi ancora andare, mi dispiace di averti fatto aspettare tanto.”
“Non preoccuparti” disse lui alzandosi dal divano. “Allora, pronta?” chiese porgendole il casco, lei lo fissò e sorrise. Era da un po’ che non faceva un giro in moto dietro di lui e questo la fece parecchio contenta. Arrivarono al pian terreno ed uscirono dal portone, proprio mentre lei stava indossando il casco notò di nuovo la figura di un uomo vestito di scuro e con i capelli bruni, dall’altro lato della strada che li stava fissando con uno strano sorriso stampato in viso. Gabriel si voltò a guardarla.
“Che c’è?” domandò voltandosi dall’altra parte intento a cercare cosa attirava così tanto l’attenzione di lei. Ma non vide nulla. “Claudia?” Lei era ancora incantata, ma al richiamo dell’uomo ritornò con i piedi per terra.
“Io..” fece una pausa “.. niente! Andiamo.” Disse tornando normale, ma prima che Gabriel potesse accelerare, lanciò un ultimo sguardo all’angolo della strada, l’uomo che aveva visto non c’era più. Era la seconda volta in tutta la giornata che lo aveva visto, chi era e che voleva?
Arrivati a Caffè della Pace presero posto dentro al bancone. Lei si fece servire un cappuccino e lui un caffè macchiato.
“Allora con quella donna, com’è andata? Ho sentito urlare una donna e poi hai attaccato il telefono..”
“Si, beh questa donna penso sia proprio vittima di una possessione, da parte di un demone molto forte..”
“Un demone?” chiese con la sua solita espressione scettica.
“Non guardarmi così!” esclamò lui fissandola. “Mi hai chiesto di raccontare, sto raccontando!”
“D’accordo!” si scusò lei, poi bevve un altro sorso.
“Ma la cosa che non mi ha convito è che appena l’ho toccata mi sono ritrovato come mi ritrovavo sempre nei sogni.. nel corridoio della Villa. Non ho avuto il tempo di aprire la porta, probabilmente avrei trovato lei e il demone.. sono stato costretto ad allontanare la mano. Dev’essere qualcosa di molto potente.” Lei lo guardava più seria adesso. Se si trattava ancora delle sue strane capacità allora non poteva far altro che crederci. “ Ho detto ad Isaia che mi occuperò io di questo caso, dovrei starle accanto domani sera. Devo riuscire a rimanere in contatto con lei per portarla fuori da lì..”
“Ma tu potresti stare male!” si affrettò a far presente lei. Ricordava ancora la prima volta che lo aveva visto in quelle pessime condizioni, rabbrividì. “Nessuno saprebbe come aiutarti”
“Stà tranquilla, non succederà nulla di grave”
“E se invece accadesse qualcosa? Ricordati che il tuo medico di famiglia è sparito insieme al resto di quelle persone!”
“Lo so. Ma non potrei aiutare quella donna diversamente..”
“Ne sei sicuro? Posso venire con te se..”
“Preferisco di no..” la interruppe lui lentamente. Lei si voltò a guardarlo e sospirò. “Non voglio trascinarti di nuovo in questa storia..”
“Questa è una scusa bella è buona!” alzò di poco il tono della voce decisa. “Se non volevi trascinarmi in questa storia allora perché sei venuto a cercarmi? Faresti prima ad ammettere che non vuoi che la Congregazione si accorga di nuovo di me” finì seria, prese la tazza con il cappuccino e lo finì tutto in un sorso, sentì il calore scenderle giù per la gola. Lui si passò una mano tra i capelli.
“Ok, scusami, mi dispiace, non volevo dire questo..”
“No Gabriel, era esattamente quello che volevi dire!” lo fissò per un paio di secondi e poi spostò lo sguardo. Cosa ci faceva di nuovo accanto a lui? Era stata così ostinata da volergli stare accanto nonostante tutto. Eppure quel pomeriggio sul terrazzo gli disse che non ne sarebbe mai stata capace, probabilmente mentiva, era il suo sistema di autodifesa. “Lascia stare, hai ragione. Non farei altro che incasinare di nuovo tutto” si scusò, non voleva essere di nessun impiccio.
“Non sei tu ad incasinare la mia vita, anzi..” confessò lui. In effetti l’unica cosa certa in quel momento era l’amore che provava per lei, in tutta quella storia, nel suo passato, poteva non riconoscersi, ma in lei si riconosceva sempre, ogni volta che era in sua compagnia. “Usciamo di qui, andiamo a fare quattro passi.” Ripresero la moto e la parcheggiarono vicino Castel Sant’Angelo, da dove poi iniziarono la loro passeggiata. Avevano camminato altre volte per quella strada e la prima volta lei aveva azzardato a baciarlo, la cosa più pazza che avesse mai fatto. Ora lei camminava affianco a lui che aveva le mani nelle tasche del giubbotto.
“Comunque avevi ragione tu prima.” Iniziò lui mantenendo lo sguardo basso.
“Cioè?”
“Non avevo nessuna idea di cosa dovessi aspettarmi dal Direttorio” Lei rimase in silenzio, non sapeva che dire. “probabilmente l’ho sempre visto come il riconoscimento massimo per tutto quello in cui credo e per tutto quello che ho fatto, il lavoro prestato alla comunità..” fece una pausa. “.. però non avevo considerato un aspetto”
“Quale?” si azzardò a chiedere lei
“La mia libertà” rispose lui deciso “Sono mesi che mi sento soffocare, vorrei fare mille cose ma poi mi accorgo che non posso. Adesso sto prendendo una boccata d’aria con quel ragazzo, Francesco. E’ in gamba, si vede. E .. e mi sento libero anche quando sono con te.” Disse prima di fermarsi in mezzo al marciapiede. Lei continuò ad avanzare di qualche passo e poi si voltò indietro verso di lui che la guardava con i suoi meravigliosi occhi azzurri. Cosa sperava che gli rispondesse? “E’ la verità.. dovrei ringraziarti per questo” Lei divenne leggermente rossa e sorrise.
“Non c’è assolutamente bisogno di farlo” si avvicinò a lui di qualche passo e incollò i suoi occhi a quelli di lui.
“Ma dovrei..” Si avvicinò ancora un po’ a lei, quel poco che bastò per prenderle la mano e accarezzarle il dorso con il pollice. Entrambi abbassarono lo sguardo sulle loro mani, lui sorrise e lei lo imitò.
“Andiamo” disse piano Claudia liberando la mano da quella di lui e mettendosi sotto il suo braccio.
“D’accordo” rispose lui, così si avviarono verso la moto.


Eccomi con questo nuovo capitolo! :D 
Scusate l'orario ma purtroppo oggi non ho avuto tempo libero, per fortuna questo era già pronto per voi! ^^ 
Spero sia stato gradito anche questo! Un bacio a tutti e buon Sabato sera! :D 
Ah dimenticavo.. W Gabriel e Claudia *__*

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Capitolo 10
*** Cedere ***


Erano le sette di sera quando Claudia Munari terminò la sua ultima seduta con la signora Leonardi, non ce la faceva più, era sfinita. Non aveva mangiato nulla a pranzo, solo quel cappuccino in fretta e furia al bar con Gabriel, ma di cibo, nemmeno l’ombra. Attese che Valentina ebbe finito di segnare gli ultimi appuntamenti con l’agenda e poi chiuse lo studio pronta per tornare a casa. Dopo aver parcheggiato la macchina si avviò verso il suo portone, quando la sua attenzione venne nuovamente catturata da un uomo con un cappotto nero che portava un bastone con una testa d’argento. Quella volta non sparì, ma rimase a fissarla per alcuni secondi. Prima che lei potesse avvicinarsi però l’uomo sparì di nuovo. Rimase a fissare il punto vuoto dove era sparito e poi si voltò verso il portone per aprire, con l’altra mano prese il cellulare e compose il numero di Gabriel.
“Pronto? Claudia?” rispose lui colto di sorpresa
“Scusami se ti chiamo, probabilmente hai da fare..”
“No no dimmi..”
“Non vorrei allarmarti, ma sono quasi certa di aver visto Serventi..”
“Cosa? Dove?” domandò lui allarmato scattando in piedi dalla sua sedia.
“Eh qui fuori casa mia..”
“Non salire! Arrivo subito!” senza darle il tempo di rispondere attaccò il telefono e corse fuori a prendere la moto.
“Gabriel! Sono già.. sopra..” concluse tra sé e sé nonostante la chiamata fosse terminata. Aprì la porta e accese le luci dell’ingresso, la casa sembrava libera. Le sue ultime esperienze non erano certo state delle migliori, era stata rapita. Fece un giro veloce della casa e vide tutto libero, non c’era nessuno. Allora cosa ci faceva quell’uomo appostato da quella mattina sotto casa sua? Sospirò e gettò il cappotto sul divano, probabilmente si era solo fatta suggestionare. Dopo qualche minuto suonò il forte citofono, lei sobbalzò.
“Pronto..”
“Claudia! Apri!” ordinò Gabriel da giù. Lei guardò la cornetta e poi aprì il portone, si avviò ad aprire anche la porta e rimase lì ad aspettarlo, lo vide salire a due a due le scale.
“Che ci fai qui?” domandò lei.
“Ti avevo detto di non salire!”
“Ma non è successo niente!”
“Tu non potevi saperlo!” insistette lui, poi sospirò. In fondo lei era sempre la solita testarda, proprio come lui. “Posso entrare?” domandò più tranquillo, lei annuì debolmente e si spostò per lasciarlo passare, poi chiuse la porta.
“Vedi? La casa è libera, è vuota! Ci siamo solo noi!”
“Poteva essere qui ad aspettarti..”
“Se avesse voluto farmi qualcosa lo avrebbe fatto stamattina!” disse lei senza pensarci, lui si accigliò.
“Questa mattina?”
“Si..” fece una pausa “..beh io credo di averlo visto anche questa mattina e..e magari anche oggi pomeriggio giù alo studio..” continuò contrariata. Tutto quello che stava dicendo probabilmente avrebbe fatto allarmare l’uomo, che infatti si avvicinò a lei.
“E tu cosa aspettavi a dirmelo? Poteva succederti qualcosa!”
“Gabriel, non è successo niente”
“Lo so ma poteva! Perché era qui? Perché ti seguiva?”
“Io.. io non lo so” disse lei esasperata lasciandosi cadere sul divano, lui si sedette accanto a lei e si passò una mano sul viso.
“D’accordo, probabilmente ci tiene d’occhio..”
“Perché io? Perché non te?” domandò lei confusa. Lui scosse la testa, non sapeva proprio come spiegarselo.
“Se non ti dispiace questa sera preferisco stare qui..” lei si voltò verso di lui di scatto.
“Oh no! Adesso non esagerare..”
“Potrebbe aspettare che io me ne vada!” continuò lui convinto
“No, Gabriel, adesso non vorrai farmi da guardia del corpo per il resto dei miei giorni!?” domandò retoricamente. “Quelli della Congregazione .. “
“Non mi interessa niente di quelli della Congregazione!” esclamò duro. “Io questa notte resto con te, non mi fido a lasciarti da sola” finì incrociando lo sguardo contrariato di lei. “Che ti piaccia o no” aggiunse svelto. Cosa ci faceva Serventi a casa sua? Sperava solo che se si fosse fatto vivo, lo avrebbe fatto proprio quella sera in cui lui rimaneva lì, pronto ad affrontarlo in qualunque caso. Spostò lo sguardo sulla donna che pareva pensierosa.
“Cosa c’è?” chiese avvicinandosi di più, lei sembrava avere lo sguardo perso nel vuoto.
“Nulla” rispose dopo un po’
“Sicura?” Lui non lo era affatto. Perché l’idea di passare la notte con lei non lo spaventava affatto? Se fosse successo quello che aveva sognato durante quelle notti? L’idea non lo disturbava per nulla, anzi, si stava rilassando sempre di più.
“Si” rispose più sicura “Io non ho mangiato ancora, tu hai fame?” Si erano fatte ormai le otto meno dieci e lo stomaco  iniziava a farsi sentire, così si alzò dal divano.
“Beh in effetti ora che me lo chiedi un po’ si!” esclamò con un sorriso.
“Guarda, non ti aspettare il ristorante a cinque stelle perché mi sa che ho solo spaghetti, uova e un po’ di pancetta!”   
“Per la carbonara allora è perfetta!”
“Non ti facevo un cuoco sai?” disse lei avviandosi in cucina, lui la seguì appoggiandosi al tavolo.
“Se vuoi posso farti assaggiare la carbonara Antinori!” disse lui avvicinandosi al piano cottura. “Sono bravo, davvero! Spesso mi cucinavo da solo già all’età di quindici anni..”
“D’accordo. Ad una condizione!” sorrise lei voltandosi verso di lui che annuì invitandola a proseguire. “..mi compri tu la cucina nuova in caso di incendio!” Lui rise e si preparò, si tolse la placchetta di cotone bianca dal colletto e si sbottonò i primi due bottoni della camicia, poi si fece prestare un grembiule da lei e si mise a lavoro. Dopo una decina di minuti Claudia aveva iniziato a preparare la tavola per due.
“Avanti! Non ho tutta la notte per mangiare!” disse lei appoggiata al tavolo.
“Un attimo un attimo è pronto!” rispose lui avvicinandosi al lei con la padella in mano. “Et voilà!” esordì presentando il suo piatto. “Prego cara, si sieda!” disse divertito, lei prese posto e lui mise gli spaghetti ad entrambi i piatti, poi si sedette davanti a lei.
“Posso fidarmi? Un prete cuoco non l’ho mai sentito..” confessò lei prendendo la forchetta e iniziando ad arrotolare i primi spaghetti, lui fece lo stesso con un sorriso sulle labbra.
“Ti ho stupito già altre volte, permettermi di farlo anche in cucina!” Entrambi fecero il primo assaggio e dalle loro facce si direbbe che il piatto era molto più che buono e Claudia si trovò a dover ammettere che in fondo era anche molto bravo, probabilmente anche più di lei. Non aveva mai avuto chissà quanto tempo per se stessa figuriamoci per concentrarci sulla cucina, spesso preparava quello che c’era in fretta e furia giusto per riempire lo stomaco. Passarono una piacevole serata e dopo aver finito con la pasta andarono a sedersi in salone con i rispettivi bicchieri di vino.
“Non ti so dire effettivamente cosa pensassi in quel momento! Ma fu divertente! Saltare su un battello in partenza non è certo roba da tutti i giorni!” rise lei ricordando il suo salvataggio dell’intera barca. Era tutta la sera che parlavano ricordando aneddoti divertenti o parlavano di cose tutt’altro che importanti, quando fu lui ad iniziare il discorso.
“Spero tanto che nessuno mi chieda dove sono stato questa notte..”
“Anche se lo facessero? Eri a casa e dormivi, non vedo il problema” disse lei bevendo un altro sorso di vino rosso.
“Beh speriamo..”
“Allora la prossima volta promettimi che non ti fingerai un Bodyguard improvvisato! Sarà più facile stare fuori dagli impicci!” rispose lei con ovvietà. Lui rimase a fissarla per qualche istante poi gli scappò un sorriso. “No davvero, mi dispiace che tu debba mentire..” continuò preoccupata posandogli una mano sul braccio. Glielo aveva già detto che le dispiaceva essere di troppo e di fargli rischiare ogni volta il posto nel Direttorio. Lui sorrise ancora e posò la sua mano sopra quella di lei.
“ A me no..” alzò lo sguardo e inaspettatamente se la ritrovò molto vicino. La guardò nei minimi particolari, il profilo del suo viso, le guance, gli occhi meravigliosamente castani e poi si fermò sulle labbra, quelle labbra che non toccava da mesi ormai. Si avvicinò a lei lentamente, ma sicuro, fino a sfiorarle le labbra. Riuscivano a sentire l’uno il respiro dell’altra, erano stati per troppo tempo lontani, non avrebbero mai avuto la forza di allontanarsi. D’un tratto il telefono di lui suonò e a lui scappò un sorriso, ironia della sorte. Lasciò cadere la testa in avanti e poi tornò dritto a sedere.
“Scusami..” si alzò ed andò a rispondere, chi poteva mai essere alle undici e mezza di sera? “Pronto?” rispose, dall’altro lato del telefono c’era Alonso che, preoccupato per lui, era andato a cercarlo ma a casa non lo aveva trovato. “E’.. è una storia lunga, domani ti spiego” disse sbrigativo cercando di concludere la chiamata, Claudia intanto si era alzata ed aveva portato i due bicchieri in cucina, tornò in salone solo quando capì che lui ebbe finito di parlare al telefono.
“Chi era?” domandò con un’espressione mortificata. Forse era stato un bene che quel cellulare fosse squillato.
“Alonso. Era venuto a cercarmi a casa ma non mi ha trovato, l’ho fatto preoccupare”
“Ah..” rispose lei guardandosi intorno, lui rimase in silenzio e poi rimise il telefono nella tasca del cappotto appoggiato alla sedia. “Beh vado a prenderti le coperte, si è fatto tardi..”
“Si, domani devo anche andare all’università alle otto..” annuì Gabriel passandosi una mano sulla barba. Lei lo sorpassò per andare in camera da letto a prendere le lenzuola che gli avrebbe prestato, ma prima che poté attraversare il corridoio lui la fermò. “No! Claudia aspetta..” doveva trovare il coraggio, adesso voleva parlarle a cuore aperto, non c’era nulla da perdere e peggio di così non poteva andare nulla. Non voleva che lei pensasse che quello di prima fosse stato un errore interrotto proprio al momento giusto. “..aspetta..” lei si voltò a guardarlo, piantando i suoi occhi in quelli azzurri e meravigliosi di lui. Cosa avrebbe dovuto aspettare? Lui le si avvicinò di nuovo e le prese una mano, mentre con l’altra le accarezzò il collo e poi il viso, un brivido gli percorse la schiena. “Non farò lo stesso errore di quella sera alla Villa” sussurrò poggiando la fronte a quella di lei chiudendo gli occhi. “Non aspetterò domani mattina per capire che non posso resistere ancora..”
“Gabriel..” provò lei, ma la sua voce era troppo debole e l’avrebbe tradita sicuramente. Nemmeno lei poteva mentire ancora, a che scopo respingere una passione del genere? Da che mondo è mondo una passione va assecondata per porle fine, ma era proprio quello il problema. Nel loro caso non era solo quella, c’era amore, avevano bisogno l’uno dell’altra ed entrambi sapevano che dopo quella notte non sarebbe finito niente di tutto quello.
“sssshhh..” sussurrò lui sfiorando il naso di lei con il suo “..non dire niente, non c’è niente da dire. Questa notte la voglio passare con te..” le confessò allontanandosi quel poco che bastava per guardarla dritta negli occhi. Claudia rimase a fissarlo per qualche istante, il primo istinto di autodifesa era stato quello di allontanarlo a calci da lei, ma ovviamente il suo corpo sotto il tocco delle mani di lui non aveva molto potere decisionale, si era praticamente abbandonata già dal primo tentativo di bacio sul divano.
“Io non voglio..” riuscì a sussurrare lei “.. non voglio essere il peggiore errore della tua vita, rovinerei tutto..” provò a continuare un discorso sensato, ma lui dal canto suo scuoteva deciso la testa, glielo leggeva in viso quanto fosse inebriato dal suo profumo. Cosa c’era di male nel cedere a quell’amore? Gabriel per la prima volta pensò che non c’era nulla di male, anzi, il contrario lo avrebbe logorato per tutte le giornate a seguire.
“Ma non lo capisci? Tu non sei e non sarai mai un errore Claudia..” sussurrate queste ultime parole pensò che fosse arrivato il momento di annullare lo spazio che era rimasto tra loro due, fatto di pochi centimetri. Il bacio non fu certamente innocente come il primo che gli dette lei, ma, se era possibile, più profondo e più bello del loro primo VERO bacio fuori Villa Antinori. Solo che quella volta non c’era nessuno a spiarli e avevano tutta la notte davanti a loro. Gabriel tra un bacio e l’altro la stringeva sempre più forte a sé, poi iniziò a toglierle il gilet e a sbottonarle la camicia. Sentiva un fuoco dentro che non aveva mai sentito con nessuna in tutta la sua vita e non era di certo quello del peccato. Se amare una donna era peccato davanti alla Chiesa, allora iniziava a pensare di starci veramente stretto tra quelle mura. Claudia, dalla sua parte, anche lei iniziò a sbottonare la camicia nera di lui, finalmente gli avrebbe tolto quella specie di uniforme da dosso, lo avrebbe spogliato dei suoi “doveri” verso la chiesa, verso la comunità, lei voleva SOLO Gabriel. Abbracciandosi e baciandosi si diressero verso la camera da letto, per passare la notte che avevano più atteso durante tutto quel tempo separati.



Salve ragazzi, rieccomi! (: 
Quanti di voi avevano aspettato per Gabriel e Claudia insieme?<3 Beh spero di avervi proprio accontentati tutti!
Fatemi sapere cosa ne pensate!

Bacio! :)

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Capitolo 11
*** Ultima spiaggia ***


“Gabriel!” l’urlo della madre era sempre più forte ad ogni sogno, ma questa volta lei era diversa, aveva un sorriso stampato in volto e lui manteneva aperte le porte dell’inferno per lasciarla passare. “Gabriel grazie al cielo!” continuava lei afferrando la mano di lui, che la tirò immediatamente fuori. Prima di chiudere la porta però notò Serventi con un aspetto del tutto nuovo, era enorme e aveva il viso sfigurato da una bruttissima cicatrice. D’un tratto lo guardò fisso negli occhi e Gabriel cadde a terra svenuto. Il Gabriel che dormiva nel letto di Claudia balzò a sedere per lo spavento, respirava affannosamente ed aveva la fronte imperlata di sudore. Lei, che gli dormiva affianco si svegliò.
“Gabriel..” chiamò piano, si tirò di più le coperte al petto per coprirsi e poi si sedette anche lei posandogli una mano sul viso. “Gabriel? Tutto bene?” domandò guardandolo, era pallido. Il suo respiro tornò lentamente regolare.
“Io, ho sognato di nuovo mia madre.. questa volta c’era anche Serventi..” disse ancora confuso, lei sospirò.
“Adesso riposa, ne parliamo domani mattina d’accordo?” disse lei accarezzandogli la nuca, lui annuì e tornò a stendersi tirando con sé Claudia, che si mise con la testa sul suo petto ancora nudo.
“Non preoccuparti..” continuò lei accarezzandolo, lui affondò la bocca nei suoi capelli castani fino a baciarle la nuca e in poco tempo riprese sonno.
La mattina dopo la sveglia per lui suonò presto, aveva da lavorare sodo quel giorno all’università. Accanto a lui, Claudia dormiva ancora, nuda, coperta solo da quel lenzuolo bianco e dal piumone che la teneva al caldo. La sua visione era a dir poco celestiale e sul viso di Gabriel si aprì un gran sorriso. Non poté fare a meno di toccarla per vedere se era reale, se il tutto fosse davvero successo, così le accarezzò il viso. Era così morbida, ma cosa più importante era vera e tutto quello che era successo la notte prima anche. Avrebbe voluto svegliarla, baciarla e passare il resto della mattinata con lei, ma non poteva, quindi optò di stendersi accanto a lei per qualche altro minuto e accarezzarla, ma quando si fecero le otto meno venti non poté far altro che alzarsi in fretta. Nonostante tutto trovò il modo di farsi perdonare prima di uscire di casa. Dopo quasi un’ora lei si svegliò ritrovandosi nel letto grande da sola.
“Gabriel?” chiamò, ma non ottenne nessuna risposta. Si allungò fino al comodino e guardò la sveglia, segnava le nove e venticinque. Lasciò cadere di nuovo la testa sul cuscino e poi, dopo aver sbadigliato un paio di volte, si alzò coprendosi con la vestaglia appesa all’armadio. Si avviò verso la cucina e quando arrivò vide il tavolo apparecchiato per uno e il caffè era ancora tiepido nella caffettiera sul fornello. Sorrise tra sé e sé e pensò che lui le avesse fatto una gradita sorpresa. Si avvicinò al tavolo e vide un biglietto con su scritto “Mi raccomando, mangia!”, sorrise ancora. Lui davvero era stato lì, davvero era stato con lei e davvero era successo tutto. Il suo cuore era più leggero che mai, non si sentiva in colpa, non pensava avessero fatto uno sbaglio, aveva ragione lui, quello non era e non sarebbe mai stato un errore.
                                                                          ********************************
“Alonso!” Salutò Gabriel aggiustandosi la borsa in spalla. Aveva appena finito il corso all’università quando si era diretto alla Congregazione.
“Gabriel” rispose lui con un sorriso di buon giorno
“Scusami per ieri sera, io ho avuto da fare..” disse guardando avanti a lui, poi presero a camminare diretti all’interno della struttura.
“Da fare fuori casa?” domandò malizioso.
“Si, scusami avrei dovuto avvisare.”
“Probabile” Si arrese in fretta, non aveva assolutamente voglia di insistere.
“Per cosa mi cercavi comunque?”
“Volevo discutere con te per quello che hai detto ieri al Direttorio. Come hai intenzione di proseguire?”
“Alonso io posso provare a tirarla via dalle grinfie di quel demone..” rispose mentre salivano le scale
“Sei sicuro di non correre nessun rischio?” domandò l’altro preoccupato.
“Sicurissimo. Questa sera tornerò da loro, dovrò fare alcune domande ma poi potrò proseguire. Francesco può venire con me, non sarà facile capire cosa farò. Lui non mi scoprirà..” Alonso gli lanciò uno sguardo eloquente e lui rimase a guardarlo fermandosi proprio davanti alla porta della biblioteca. “Stà tranquillo, se dovesse fare domande mi saprò inventare qualcosa” Padre Alonso annuì rassegnato, nessuno meglio di lui capiva e conosceva la sua testardaggine.
“Gabriel..” aggiunse prima che lui potesse entrare in archivio.
“si?” domandò mentre passò la tessera nell’apposita apertura elettronica.
“.. la dottoressa Munari come sta? L’hai più vista?” chiese serio, Gabriel cercò di mascherare un sorriso, ma con scarsi risultati.
“Lei sta bene! O almeno spero..” rispose prima di salutarlo con un cenno del capo.
Il resto della giornata passò molto veloce sia per Gabriel sia per Claudia, la quale aveva almeno quattro appuntamenti in mattinata. L’altro, invece, doveva trovare un modo per aiutare quella donna, se avesse fallito sarebbe tornato punto e a capo. Rimase tutto il resto della mattina chiuso in archivio a cercare fascicoli vecchi che ricordassero magari il caso della Signora De Santis, riuscì a trovarne qualcuno, tra i quali quello della signora che tornò a camminare dopo essere stata impossessata. Anche lì era stato lui a portarla fuori da quella stanza e a liberarla, così si convinse sempre di più che quello fosse il piano migliore.  Quando fu ora di pranzo si chiuse nel suo studio e compose il numero di telefono della donna con la quale aveva passato una meravigliosa notte, solo il sentire il telefono bussare gli faceva battere il cuore a mille.
“Pronto?”
“Claudia..” disse lui con un sorriso “Buon Giorno” salutò lui un po’ in imbarazzo. In effetti ora che ci pensava non aveva mai dovuto richiamare una donna con la quale aveva passato la notte, dal momento che non aveva mai passato la notte con nessuna.
“Buon Giorno anche a te” rispose lei dolcemente dall’altro capo del telefono.
“Scusami ti ho disturbato?” domandò una volta tornato lucido.
“No ora no, sto aspettando il Signor Esposito, dovrebbe essere qui a momenti, ha l’appuntamento fissato all’una”
“Ah niente pranzo?” chiese tornato a sedersi dietro la grande scrivania di legno massiccio.
“Temo proprio di no!” sorrise “Però posso giurarti che la colazione l’ho fatta!” esclamò divertita, anche lui dall’altro lato rise.
“Sono contento” disse guardando il grande registro che aveva davanti a sé. “Quindi non posso passare a prenderti per andare a mangiare qualcosa..”
“mm no mi dispiace” rispose lei desolata “Magari questa sera”
“Io devo passare la notte dalla De Santis di nuovo..” rispose Gabriel altrettanto desolato
“Signor Gabriel Antinori, non le pare di star esagerando adesso con il passare le notti a casa di donne sconosciute?” chiese lei con un tono accusatorio ma scherzoso, a lui scappò una risata.
“Dottoressa sarà mica gelosa?”
“Naaah” rispose lei ancora sorridendo. “Tornando a cose serie comunque..” fece una pausa riprendendo fiato “..come hai intenzione di muoverti con lei questa sera? Farai come mi hai detto?”
“E’ l’unico modo”
“E se ti dovesse succedere qualcosa? Hai detto stesso tu che quell’essere è molto forte..”
“Claudia non preoccuparti, non mi succederà niente. Se non dovessi riuscirci ci riproverò anche la sera dopo..”
“Claudia il signor Esposito è qui, lo faccio entrare?” domandò la sua assistente da dietro la porta, Claudia annuì.
“Gabriel scusami ma il paziente è arrivato, devo andare mi dispiace”
“Oh non ti scusare, và pure! “
“D’accordo! .. Allora..Ciao!” salutò lei, non voleva attaccare ma doveva.
“Ciao” rispose Gabriel prima di attaccare il telefono. Proprio nel momento in cui lui chiuse la chiamata Isaia entrò nella stanza.
“Buon giorno Gabriel”
“Isaia, tutto bene?” domandò vedendolo molto serio, lui attraversò la stanza e Gabriel si alzò avvicinandosi a lui.
“Si si io tutto bene. Ma tu?”
“Io cosa?”
“Tu, questa sera. Non voglio avere nessuno sulla coscienza, ne tanto meno la tua persona!” confessò preoccupato, Gabriel d’un tratto capì a cosa si stesse riferendo e tornò a sedersi dietro la scrivania.
“Isaia ne abbiamo già parlato. Non devi preoccuparti, l’ho già fatto in passato.”
“Lo so. E’ per questo che ho avvisato la famiglia che rimarrai da loro anche questa sera”
“D’accordo. Comunque non assicuro niente, provo ad aiutarla ma non posso dirti che al cento per cento ci riuscirò..”
“Però Gabriel preferisco che tu vada da solo per questa volta.” Rifletté l’uomo. “Se non dovesse andare per il verso giusto autorizzerò te e Padre Scala ad una seduta spiritica.” Fece una pausa e lo guardò in viso. “Sei la nostra ultima speranza” 


Eccomi di nuovo qui!
Mi scuso per il giorno di attesa ma c'è stata un po' di indecisione su alcuni passaggi! :P
Spero davvero che anche questo capitolo vi sia piaciuto come gli altri! *__* 

BACIO:*

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Capitolo 12
*** Incertezze ***


La sera arrivò in fretta, Gabriel aveva preparato tutto il necessario per passare la notte fuori di nuovo. Ovviamente la precedente era stata molto meglio di quella, ma quando il dovere chiamava lui era sempre pronto a rispettarlo. Verso le otto di sera si diresse di nuovo a Via Cerveteri a casa della famiglia De Santis che, come l’ultima volta, lo accolsero a braccia aperte, con una deliziosa cena, ma non era lì per quello. Aveva scoperto più o meno cosa c’era dietro quella storia, ora doveva averne le conferme, così, dopo aver mangiato, si trattenne per qualche minuto nel salotto con la signora.
“Signora De Santis lei è mai venuta a contatto con qualche oggetto in particolare? Tipo oggetti etruschi, o magari antichi? Qualsiasi cosa..” Era improbabile che anche quella donna avesse fatto lo stesso sbaglio dell’altra donna nel caso di possessione precedente.
“No, davvero niente!” scosse la testa Martina. La figlia, intanto, era a sparecchiare la tavola in cucina.
“Ha partecipato a qualche seduta spiritica o cose del genere?” chiese più insistentemente, non poteva non esserci niente.
“No io..” ma si fermò prima che potesse finire la frase. Da qualche parte era stata e solo ora aveva collegato. “Io.. io.. si è possibile..” disse
“In che senso è possibile?”
“Io.. dopo la morte di mio marito, qualche mese dopo, partecipai ad una di quelle sedute. Mio marito mi mancava molto, avevo bisogno di sentirlo ancora una volta.” Disse con voce tremante “..così ho cercato una medium, qualcuno che facesse queste cose. Trovai il numero di telefono di una di loro e la chiamai, la donna mi aveva assicurato che avrei risentito la sua voce e così è stato!” Gabriel rimase a fissarla ascoltando con attenzione. “Così sono andata da lei un giorno, da sola. Tutto stava andando per il meglio, ma d’un tratto è successo qualcosa di strano. La donna che teneva la seduta è come impazzita! Ha iniziato a sentirsi male, a raggomitolarsi sul pavimento e ad urlare! Dopo aver recitato una specie di formula però è tornata normale e io mi sono sentita come invasa da qualcosa..” adesso aveva capito anche lei “.. io pensavo fosse la sensazione di avvertire mio marito! E invece..”
“Non preoccuparti Martina” assicurò lui posandole una mano sul braccio. “Risolveremo questa situazione” lei annuì
“Ma com’è possibile che mi accade solo la notte?” chiese spaesata
“Questo non te lo so dire, i demoni sono creature del tutto sconosciute e soprattutto senza controllo. Probabilmente sei  stata più debole in questo periodo, eri preoccupata da qualcosa in particolare.. non saprei dire con esattezza.” Si scusò lui. L’importante era che ora sapeva di per certo cosa fosse successo a quella donna e che quella presenza era sicuramente demoniaca. “Adesso è meglio che andiamo a dormire, prima ritorna, prima posso provare a scacciarlo..” Disse prima di alzarsi dal divano porgendo la mano alla donna per farle fare lo stesso. Lei annuì e si lasciò aiutare.
“Allora buona notte Padre. La strada..”
“Non preoccuparti, la so grazie!” la interruppe lui prima di avviarsi nel corridoio e chiudersi in stanza. Sospirò chiudendosi la porta alle spalle. Aveva così tanti pensieri per la testa che avrebbe voluto avere tutta la notte intera per pensarci, ma sapeva che non sarebbe stato possibile. L’unica cosa che poteva fare era chiamare Claudia nonostante l’orario: le undici e mezza. Si rigirò più volte il telefono tra le mani chiedendosi se chiamarla oppure no, probabilmente aveva avuto una giornata pesante e piena, non voleva disturbarla, ma la sua voglia di sentirla alla fine vinse su tutto. Del resto doveva assicurarsi che stesse bene, il fatto che vedesse Serventi da per tutto non era una cosa buona. Compose il suo numero ed attese..
“Gabriel!” rispose lei come se stesse aspettando la sua chiamata
“Hey! Non ti ho svegliata vero?” domandò subito sperando in una risposa negativa.
“Oh no figurati, a dir la verità sono tornata da poco! Avevo bisogno di uscire un po’ e Teresa mi ha portato nel pub qui all’angolo!”
“Capisco..”
“Tu invece? Sei dalla Signora De Santis?”
“Si, sto aspettando che succeda qualcosa..”
“Che noia! Non ti scocci mai? Ogni volta ad aspettare che si verifichi un fenomeno”
“No affatto, anzi! Sono sempre diversi, molto interessanti tutti a modo loro questo è certo!”
“Se lo dici tu..”
“Qualcosa non va?” domandò lui sentendo un tono di voce strano per i suoi gusti
“Gabriel io ho pensato ..” ma s’interruppe, non aveva assolutamente intenzione di dirglielo per telefono così si fermò a metà frase.
“Cosa?”
“No, preferisco parlarne da vicino!” esclamò in fretta, lui si sedette sul bordo del letto.
“Riguarda l’altra sera?” chiese deciso. Probabilmente lei aveva pensato che era stato un errore e voleva allontanarsi di nuovo da lui. Perché era stato così stupido? Stava giocando con i sentimenti di Claudia e nemmeno se ne accorgeva? Lei sospirò al telefono.
“No.. o almeno non direttamente! Ma ripeto, preferisco parlarne da vicino. Domani a pranzo, se puoi, vieni da me. D’accordo?” dopo qualche secondo di silenzio sospirò anche lui.
“D’accordo”
“Allora ti aspetto. Adesso però ti dispiace se vado a letto? Sono davvero sfinita..” disse portandosi una mano alla testa che le stava iniziando a fare male.
“No, certo che no! Và pure!” la incitò lui, non voleva disturbarla ancora.
“A domani allora!”
“A domani..”
“Buona notte”
“Notte..” Attaccarono il telefono. Gabriel si passò una mano sul viso e poi nei capelli. Come poteva pensare che quello che era successo non avrebbe avuto ripercussioni di nessun tipo? Forse perché effettivamente su di lui non ne aveva avute? E perché mai? Lui non era più l’uomo di Chiesa che pensava di essere, questo era poco ma sicuro. La confusione si concentrava tutta nel nome “SERVENTI”. Era solo per colpa sua che non aveva lasciato tutto. Per lui non era importante dimostrare fede agli altri rimanendo nel Direttorio, bastava che la dimostrasse a se stesso. Se Dio gli aveva dato un cuore in grado di amare, perché mai avrebbe dovuto additarlo come peccatore ora che amava una donna? Dall’altro lato Claudia, dopo aver attaccato, non ci pensò due volte a spogliarsi e a mettersi nel letto, la difficoltà fu nel prendere sonno. 



Rieccomi con il nuovo capitolo! :D
Spero anche questo sia di vostro gradimento** 

Un bacione!<3

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Capitolo 13
*** Confessioni ***


L’ora di intervenire arrivò presto, come le altre sere la donna si svegliò in preda a convulsioni. Parlava ancora da sola e si trovava in mezzo alla stanza quando Gabriel e la figlia entrarono. Questa volta lui non ci pensò due volte ad avvicinarsi, non c’era nulla da osservare.
“Martina” chiamò, ma lei aveva ormai lo sguardo vuoto perso chissà dove. Le guardò la mano e poi gliela strinse. Tutto intorno a lui divenne buio e d’un tratto si trovò nel corridoio di Villa Antinori, non aveva un momento da perdere. Così vide la porta e corse verso di essa, provò ad aprirla ma non ci riuscì, così tirò con due mani ma niente, la porta non si apriva. D’un tratto si sentì tirato indietro e quando riaprì gli occhi era di nuovo in camera con gli occhi di Alessia puntati su di lui, davanti a sé Martina ancora recitava delle parole in latino senza senso. Gabriel le strinse la mano più forte e venne catapultato nuovamente davanti quella porta. Tirò con tutta la sua forza, ma proprio quando la porta si sganciò venne sbalzato fuori ancora. Questa volta era per terra contro l’armadio. Riaprì gli occhi solo dopo qualche secondo e vide la ragazza per terra sul corpo di sua madre, velocemente si avvicinò a loro.
“Cos’è successo?”
“Io.. io non lo so!” singhiozzò Alessia mentre cercava di alzare il capo della donna. “E’ bollente!” esclamò ormai in preda al panico. Gabriel si alzò, con molto sforzo, ed ebbe un pericoloso giramento di testa che per poco non finì per terra di nuovo. Si avvicinò a Martina e la prese in braccio per rimetterla stesa sul letto.
“Portami di nuovo la bacinella con acqua fredda e un asciugamano! E qualche coperta in più, dobbiamo farla sudare il più velocemente possibile, la febbre è troppo alta!” Ora si stava spaventando anche lui, doveva agire in fretta e non doveva assolutamente peggiorare la situazione. Dopo pochi minuti la ragazza tornò in camera con l’acqua e lo straccio per metterlo in fronte alla madre.
“Io non capisco, perché le sale la febbre? Quando eravamo da sole non succedeva!” disse con un tono disperato. Gabriel rimase in silenzio. Era stato lui a farle quello? Provando ad entrare in quella porta l’aveva fatta sforzare troppo? Lui non sapeva cosa avrebbe incontrato una volta varcata quella soglia.
Il resto della nottata passò molto lentamente, lui seduto sulla poltrona a guardare Alessia che ogni tot minuti cambiava l’acqua all’asciugamano per rinfrescare la fronte della mamma. Solo alle sette di mattina la febbre riuscì a scendere notevolmente, ma Martina non si risvegliò subito.
“Padre vuole del caffè?” domandò la ragazza affianco al letto
“Non preoccuparti, non ne ho bisogno, sto bene così. Se ne hai bisogno tu va pure, resto io qui..” Alessia annuì debolmente e poi si alzò per dirigersi in cucina, quello era il peggior incubo della sua vita, avrebbe voluto solo svegliarsi e continuare la vita di tutti i giorni. Gabriel rimase accanto alla donna fino al momento in cui non si risvegliò.
“E’ andato via?” chiese Martina con voce flebile, pareva facesse fatica a parlare. Lei guardava il gesuita con espressione fiduciosa ma lui non la ricambiò per niente, abbassò lo sguardo.
“Mi dispiace Martina, non ancora.” Lei fece una smorfia e poi sospirò cercando di non piangere.
“Dovete provarci ancora, vi prego!” supplicò lei prendendo la sua mano, Gabriel la guardò.
“Andrà tutto bene te lo prometto!”
                                                                                         ******************
Solo alle undici di mattina Gabriel poté recarsi alla Congregazione per fare rapporto di quanto successo la sera precedente. L’assemblea durò circa un’ora, stabilirono e misero a verbale tutto quello che era stato fatto e quello che avevano intenzione di fare, alla fine diedero a Gabriel e Francesco il permesso di fare una seduta spiritica per vedere se l’entità provasse ad andarsene, in caso contrario sarebbero dovuti ricorrere ad un esorcismo. Gabriel era seduto nel suo studio a sfogliare il fascicolo della signora De Santisi e a interrogarsi su come poteva essere possibile che con lei quella maledetta porta non si aprisse. Era lui che stava perdendo colpi oppure era il demone molto più potente di quanto si aspettasse? Sospirava mentre sfogliava le pagine, tormentato dal fatto che il suo intervento non avesse posto fine all’agonia di quella povera donna. D’un tratto la porta bussò.
“Avanti” disse lui da dentro la stanza lasciando andare il fascicolo sulla scrivania. Alonso entrò e richiuse piano la porta dietro di sé, Gabriel si tolse gli occhiali e si appoggiò allo schienale della sedia esausto.
“Ho sentito che non sei riuscito ad aiutare quella donna, non è così?” chiese il più anziano prendendo posto sulla sedia di fronte a Gabriel, lui abbassò la testa e si passò una mano in viso per la stanchezza, stropicciandosi alla fine gli occhi.
“No Alonso, non ci sono riuscito” disse in fine con tono di sconfitta. “Spero che con la seduta di questo pomeriggio riusciamo a fare qualcosa, non c’è tempo da perdere. Martina sta soffrendo molto, come lei anche sua figlia, Alessia”
“Ci credo. Se è davvero potente come dici per lei non dev’essere affatto facile!”
“No infatti, per niente” continuò alzando lo sguardo sul suo orologio da polso: era l’una meno venti. Doveva sbrigarsi se voleva andare da Claudia per pranzo. Gli era sembrata così preoccupata, aveva detto che doveva parlargli della sera prima? Cosa aveva intenzione di dirgli? Quel suo tono non aveva fatto altro che confonderlo e renderlo ansioso.  Gabriel si alzò dalla sedia e mise il fascicolo che stava leggendo nel cassetto.
“Hai da fare?” domandò Alonso dopo averlo visto riordinare quelle scartoffie. “Se vuoi vado..”
“No no, sono io che devo andare a dire la verità. Ho un.. un appuntamento al quale non posso proprio mancare” Mentì di nuovo. Per quanto avrebbe resistito? Chiuse il cassettino con la chiave.
“Con la Claudia?” domandò l’altro con disinvoltura, tanto che Gabriel rimase spiazzato.
“Si, con lei” rispose. Sentì un piccolo pezzo staccarsi da quell’enorme macigno che portava sul cuore.
“D’accordo” disse solo. Alonso si alzò. “Allora buon pranzo!” esclamò con un sorriso prima di girarsi e avviarsi verso la porta. Qualcosa dentro Gabriel però fremeva dalla voglia di venir fuori, così prese coraggio e …
“Alonso..” disse prima di prendere un respiro profondo. Si sentiva uno schifo ad avergli mentito, non voleva più farlo, non con lui. “.. io ti ho mentito. Quella sera sono stato con Claudia..” confessò. D’un tratto si sentì leggero come non si era mai sentito in vita sua, con qualcuno aveva condiviso quell’immenso segreto, quell’enorme macigno era scivolato via.
“Davvero?” domandò retoricamente il Prete che, dopo aver fatto dietrofront, ora gli stava dinanzi, sorridendo. Non era per nulla sconvolto, anzi, aveva l’aria compiaciuta. Gabriel parve spaesato, non lo stava sgridando? “Gabriel, ascoltami..” iniziò Alonso questa volta seriamente, si avvicinò a lui di qualche passo. “Probabilmente non saprai mai far luce sul tuo passato, ma nessuno ti toglie il diritto di farlo sul tuo futuro.. “ Concluse il Frate saggiamente posandogli una mano sulla spalla. Gabriel sentì quel tocco molto rassicurante, quasi paterno. Finalmente qualcuno che non gli dicesse come e cosa fare, si sentì in pace con se stesso. “Nessuno ti costringe a dover restare qui, tuo zio lo faceva, ma ora non c’è più, tu puoi decidere della tua vita..” riprese a parlare lentamente. “ .. E’ con la dottoressa che vuoi stare? Se è quella la vita che vuoi, sappi che io starò sempre dalla tua parte..” finì con un sorriso, Gabriel non poté che ricambiare, si avvicinò all’uomo e lo abbracciò forte. Per lui quelle parole significavano moltissimo.
“Grazie Alonso” disse una volta che l’abbraccio fu sciolto.
“Sei forte Gabriel e sei giovane, puoi fare tutto quello che vuoi.” Disse dandogli qualche botta sulla spalla, poi si allontanò un po’ di più. “Buona fortuna” detto questo Padre Alonso uscì dalla stanza, lasciando un Gabriel pieno di domande e di speranze.

Eccomi di nuovo qui, come promesso ieri, con il nuovo capitolo!!:) 
Fatemi sapere cosa ve ne pare! :P 
UN BACIONE! :*

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Capitolo 14
*** La scelta ***


Il campanello dell’appartamento di Claudia Munari bussò più volte, prima che Gabriel si vedesse aprire la porta davanti. Lei apparve in vestiti da casa e i capelli sciolti sulle spalle, con una cucchiarella in mano.
“Wow in perfetto orario! Stavo proprio girando la pasta” disse lasciandogli spazio per entrare. “i bucatini all'amatriciana spero non ti dispiacciano! Volevo mettere anche io in mostra le mie abilità culinarie!” scherzò lei, ma lui non parve affatto cambiare espressione, si concentrò solo sul chiudersi la porta alle spalle. La seguì in cucina e poi rimase a guardarla accanto al tavolo. Era troppo teso per poter proferir parola.
“Gabriel?” chiamò lei, lui pareva essere su un altro pianeta. “Tutto bene? Togliti il giubbotto e siediti, qui ormai è quasi pronto!” esclamò entusiasta dopo aver annusato l’odorino invitante che usciva dalla pentola. Lui si guardò prima un po’ intorno e poi si tolse il giubbino di pelle nera posandolo fuori sul divano. Ora non aveva più tanta fame, lo stomaco gli si era chiuso, voleva solo sapere cosa aveva da dirle e se voleva andarsene avrebbe dovuto farlo adesso.
“Io.. io non ho molta fame a dir la verità..” confessò appoggiandosi alla sedia, quella strana sensazione allo stomaco era totalmente nuova per lui.
“Come non hai molta fame? Non mi dirai che non ti fidi di me!” sorrise lei, pareva non accorgersi dello stato di umore di lui.
“No io mi fido di te” rispose in un sussurro mentre la osservava mettere la pasta nei piatti, ma non era quello il problema.
“Allora vieni qui e siediti! Mi offendi se non ne assaggi nemmeno un poco!”
Così si lasciò convincere a prendere posto al tavolo di fronte a lei. Ciò nonostante lui non mangiò molto e nemmeno parlò, lei invece sembrava più disinvolta e più contenta di vederlo. Quando ebbero finito lei si alzò e prese i due piatti per posarli nel lavello, poi indossò i guanti.
“Ti dispiace se lavo tutto adesso? Ho paura che come al solito mi si accumula tutto e poi per lavarli devo prima trovare la forza di farlo e poi forse saranno puliti!” Gabriel scosse la testa e si alzò avvicinandosi a lei.
“Ti do una mano”
“Oh beh grazie!” disse lei facendogli posto e porgendogli una spugnetta. Riempì d’acqua e di sapone il lavello e poi vi immerse i piatti. “..Non hai detto una parola per tutto il pranzo, se non qualche monosillabo!” disse lei all’improvviso, aveva da dirgli qualcosa, era vero, ma lui in quello stato non aiutava affatto. Claudia si fermò appoggiando lei mani ai bordi, avrebbe voluto toccargli il viso ma aveva le mani bagnate e non poteva costringerlo a girarsi, così provò a cercare il suo sguardo.
“Mi dici cosa c’è?”
“Dimmelo tu. Tu hai detto che volevi parlarmi no?” rispose calmo voltandosi a guardarla. Era vero, lei gli aveva detto che doveva parlargli, ma ora non aveva idea di come iniziare il discorso. Sospirò.
“Si, ma non penso che ce ne sia più bisogno. Hai già fatto tutto tu”
“Che vuol dire?” chiese senza capire.
“Beh non mi parli e se mi parli non mi guardi! Dopo quello che successe l’altra notte questi mi sembrano segnali forti e chiari..” disse lei tutto d’un fiato, ma lui parve non capire. Non era affatto abituato a quelle cose, nemmeno lui ci stava capendo molto di quella storia. Aveva sbagliato qualcosa?
“Cioè?”
“Cioè è stato un errore!” sputò fuori lei. Anche lui tirò fuori le mani dall’acqua e le posò sul bordo asciutto.
“E’ questo quello che pensi?” domandò lui con l’espressione accigliata.
“No è quello che pensi tu!” esclamò capendo dov’era che lui avesse frainteso.
“Io?” lui pareva spiazzato. Che ragionamento contorto era mai quello?
“Beh si ti comporti come se potessi mangiarti da un momento all’altro eh scusa!” cantilenò lei. Probabilmente era solo stata abituata ad altro genere di uomini, doveva capire che lui era diverso.
“Io non lo penso affatto!” rispose Gabriel. “E se questa è la tua conclusione sei anche una pessima psicologa!”
“Ah si? Quindi tu vorresti dirmi che non lo pensi..”disse stizzita.
“No io non lo penso” insistette lui calmo
“Certo e io come potrei esserne sicura? Cioè potresti mentire!” Disse lei voltandosi verso di lui. Aveva appena detto che non era una brava psicologa? Gabriel si voltò a guardarla. I loro occhi si incrociarono e fu come una scintilla, era quello il pezzo mancante. Lui si sentì esattamente come due giorni prima e sul suo viso apparve, inconsapevolmente, un piccolo sorriso. Poco ci volle a dimostrarle quanto si fosse sbagliata. Lui le cinse la vita con un braccio e con l’altra mano, seppur bagnata, avvicinò la testa di lei a sé. La baciò profondamente lasciandola spiazzata, con le mani in alto gocciolanti. Dopo poco però anche lei si lasciò andare e, senza pensare alle mani bagnate, lo abbracciò, gli passò le mani nei capelli e poi gli circondò il collo con le braccia. Si baciarono intensamente, lui voleva dimostrarle quanto si era sbagliata con lui e lo stava facendo nel modo migliore. Quando si staccarono lui rimase a guardarla, aveva le labbra rosse per i baci, lei si morse un labbro.
“Forse..” fece una pausa “..forse mi sono sbagliata”
“Forse si” aggiunse lui senza staccarsi dal suo abbraccio. Le sorrise e poi si allontanò un poco. “Io..” iniziò mentre si asciugava le mani sullo straccio della cucina. “..ho detto ad Alonso di noi due” confessò alla donna che rimase a guardarlo.
“Gabriel…” le uscì solo quel nome, nulla più. Si sentiva terribilmente in colpa nonostante l’espressione di lui non esprimesse la stessa sensazione.
“Non preoccuparti, lui mi appoggerà in qualsiasi scelta farò..” disse lui accarezzandole il viso con la mano, lei abbassò il viso e si fece seguire in salotto dove si sedettero sul divano.
“Io avevo bisogno di parlarti perché a tutto quello che è successo ci ho pensato molto..” fece una pausa, ora doveva spiegargli tutto quello che le era frullato nella testa in quei giorni. Lei si era così concentrata sul ritorno di Gabriel in sé, da dimenticarsi che lui facesse parte, a detta di Serventi, di un disegno più grande. “..Temo che tutto questo sia stato programmato.” Disse all’improvviso.
“In che senso?” domandò lui senza capire.
“Gabriel pensaci! Tu torni da me perché inizi a sognare tua madre, “stranamente” io vedo Serventi che mi segue e non posso fare a meno di dirtelo ovviamente! Tu ti offri giustamente di starmi vicino ed è successo quello che è successo. E poi? Serventi è sparito di nuovo? Perché?” la domanda, per lei, aveva già una risposta. “Lui VOLEVA tutto questo Gabriel. Voleva che pensassi che io fossi in pericolo, ricorda la profezia di cui ha parlato tua madre.” Fece una pausa e posò le sue mani su quelle di lui. “ So quanto odi sentirti un burattino nelle mani di quell’uomo, ma non ho potuto fare a meno di pensare a tutto questo” lui abbassò lo sguardo e sospirò.
“Ci avevo pensato anche io..” confessò piano. “..ma quello che ho fatto l’ho fatto perché lo sentivo” disse incrociando gli occhi di lei.
“Lo so…” sussurrò lei, era come persa in quei suoi occhi azzurri.
“Io sono stanco di questa storia. Quella setta non torcerà un solo capello né a me, né a te e nemmeno a tutte le persone con quei poteri. Se avessero voluto, con i poteri di Serventi, ci avrebbero fatto fuori già tempo fa. Ma adesso ho deciso..” si zittì per potersi sfilare la placchetta di stoffa dalla camicia nera, non sarebbe stato più il suo segno di riconoscimento. La gettò sul tavolo basso dinanzi a loro e poi tornò con i suoi occhi su Claudia.” Ho deciso di fare una scelta, alla quale giuro di tener fede per sempre.” Continuò posando la sua mano su quelle di lei. “Ho scelto te. Per il resto della mia vita voglio Te.” Claudia lo fissava incredula.
“Non avrei mai dovuto permetterti di andare così in confusione con la tua fede” disse lei, ma lui scosse il capo deciso.
“Non si tratta della mia fede Claudia, ma della mia vita, del mio posto a questo mondo e io so che è accanto a te!” si avvicinò di più a lei. “Se non fosse stato per il sogno di mia madre sarei tornato comunque! Avrei trovato ogni scusa per rivederti. Ti amavo e ti amo, non avrei saputo mentire a me stesso ancora per molto.” Le posò una mano sul viso accarezzandole la pelle morbida. Per la prima volta sentì di poterla avere senza problemi, senza preoccupazioni. La voleva perché il suo cuore la desiderava, il suo corpo la bramava, lui era suo e lo era già da molto tempo ormai. Claudia sorrise appoggiandosi alla sua mano, chiuse gli occhi e poi li riaprì, erano lucidi. “Lasciami solo finire quest’ultimo caso, non voglio abbandonare Martina da sola, dopo di che sarò solo Gabriel. Non ci sarà più nessuna profezia, nessun Direttorio.” Lei annuì e lui si allungò a baciarla, questa volta più lentamente e con più calma. Quella era una promessa.


Come vi avevo promesso, ecco a voi l'ultimo capitolo prima della mia partenza! :) Spero di non aver deluso PROPRIO nessuna/o!
Vi confesso che avrei voluto postare un altro di capitolo, che vi avrebbe tenuto MOLTO di più sulle spine.. però vabbè.. sono buona! ** :P

Un bacione e un abbraccio forte ragazzi! 
Per il prossimo aggiornamento vi aspetto Sabato!

:)

 

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Capitolo 15
*** Seduta Spiritica ***


Il discorso con Claudia lo aveva motivato ancora di più, l’ultima cosa che avrebbe dovuto fare era aiutare la povera Signora De Santis, dopo di che avrebbe potuto dire addio a quella vita che ormai non faceva più per lui. Alle sei del pomeriggio aveva la seduta spiritica insieme a Francesco e a Martina, così per le cinque e mezza preferì presentarsi lì per preparare il tutto e quando fu ora, i tre presero posto attorno al tavolo del salone. La luce nella stanza era molto poca e le finestre erano state chiuse tutte.  Attorno a loro regnava il silenzio e la penombra. Prima di cominciare la seduta vera e propria, però, Gabriel purificò l'ambiente con l'accensione di incenso e di una candela bianca, al centro del tavolo in legno a tre gambe pose la “panchette”, un foglio che reca scritte le lettere dell'alfabeto, i numeri e le risposte: si e no.
“Su questo foglio dovrebbe avvenire la comunicazione con il demone. O almeno si spera..” Disse Gabriel, poi invitò i due  presenti ad appoggiare il loro dito indice su uno strumento dalla forma triangolare, costituito di legno leggero. “Vi chiedo la massima concentrazione..” ma prima che potesse finire parlare, il triangolo si mosse sulla lettera “G”, Gabriel rimase a guardare, poi si spostò sulla “A”. Martina gemette, voleva staccare il dito da quell’oggetto che adesso segnava la lettera “M”.
“Martina stà ferma, non allontanate assolutamente la mano!” Adesso si muoveva sulla “C”, poi sulla “H” e sulla “I”. Francesco ripeteva mentalmente quelle lettere cercando un collegamento: GAMCHI..? Non aveva idea di cosa significasse, ma non era finita. L’oggetto si mosse di nuovo sulla “C” e subito dopo sulla “O” e sulla “L”, per poi fermarsi sulla “H”.
“Gamchicolh?” Disse Francesco calmo, quel nome non pareva dirgli nulla.
“Sono perturbatori di anime, questi spiriti sono governati da Astaroth” informò Gabriel, ma appena pronunciò l’ultimo nome una folata di vento invase la stanza e la candela al centro del tavolo si spense. “Restati fermi!” ordinò lui piano. La mano della donna vibrava a contatto con la sua, l’altro invece era molto calmo, aveva un perfetto autocontrollo. Non aveva riconosciuto il demone, ma con quelle esperienze si vedeva che avesse già confidenza, non pareva per nulla turbato.
“Padre Antinori io..” voleva parlare ma la sua voce s’interruppe d’improvviso. Aveva la bocca spalancata e gli occhi divennero vitrei in un istante. Gabriel le strinse più forte la mano e Francesco non mollò la presa.
“Padre!” esclamò il più giovane, sapeva che non doveva lasciare l’oggetto che stava toccando, ma voleva aiutarla in un modo o in un altro.
“Sta calmo” disse Gabriel rivolgendosi a Francesco, ma senza staccare gli occhi dalla donna. Gli occhi di Martina rotearono verso dentro lasciando verso l’esterno solo il bianco. Il corpo di lei era invaso da continue convulsioni ma la sua mano era ancora poggiata sull’oggetto di legno al centro del tavolo. Sarebbe dovuto intervenire e anche piuttosto in fretta, purtroppo la cosa che gli venne in mente non fu quella che avrebbe dovuto fare per seguire il protocollo deciso nell’assemblea dalla Congregazione. Prese la mano di Martina e la strinse forte concentrandosi, un attimo dopo era nel corridoio della sua vecchia casa e la porta dello studio del padre era spalancata, dalla quale usciva un’accecante luce bianca. Corse lì ed in mezzo alla stanza vide Martina immobile e dietro di lei un orrendo mostro con una lingua biforcuta e corna arricciate su se stesse. Quel demone si poggiava sulle sue spalle e le avvolgeva il corpo con la lunga coda pelosa. A quella visione gli si raggelò il sangue nelle vene, in tutta la sua esperienza non aveva mai visto una cosa del genere. Il coraggio era sicuramente l’ultima cosa che a Gabriel mancava, così attraversò il bianco e giunse fino accanto alla donna, poi le porse la mano per incitarla ad afferrargliela e a seguirlo fuori da lì. La donna però pareva guardare avanti senza vederlo.
“Martina avanti!” esclamò lui, si fece più avanti fino a prenderle il braccio e si aggrappò con forza. Sapeva che il demone avrebbe lottato per tenersela, quindi Gabriel saldò meglio la presa. Un vento forte invase anche quella stanza e in più c’era l’urlo straziante di quel demone. Più lui la stringeva e la tirava verso di sé, più il demone si contorceva e soffriva, iniziando a sanguinare dalle orecchie, dalla bocca e dagli occhi. D’un tratto, nel dolore, il demone lasciò scivolare via dal corpo della donna la sua coda pelosa che cadde per terra. A quel punto Gabriel afferrò anche l’altra mano di lei e il demone urlò più forte fino ad accasciarsi sul pavimento dove si aprì una voragine che lo riportò probabilmente agli inferi. Martina immediatamente parve tornare normale e parecchio spaventata. Proprio quando si girarono per tornare verso la porta, davanti a loro si parò Serventi.
“Dove pensi di andare Gabriel?” domandò con il suo solito tono profondo di voce. Non era lo stesso uomo che conosceva Gabriel però, aveva un viso sfigurato da un’orrenda cicatrice, esattamente come lo aveva sognato prima di ritornare da Claudia. Avanzò minaccioso verso di lui ma Gabriel, istintivamente per allontanarlo, gli posò una mano sul petto per spingerlo. Questo gesto provocò non poco dolore in Serventi che urlò proprio come il demone, accasciandosi anche lui sul pavimento candido, pareva invaso da un fuoco ardente. Prima che potesse riprendersi, Gabriel tirò via Martina da quella porta correndo il più velocemente possibile. La porta massiccia si era richiusa pesantemente alle loro spalle.
“Padre Antinori? Padre Antinori!” chiamava allarmato Francesco mentre lo scuoteva. Quando riaprì finalmente gli occhi si accorse di essere circondato dalle due donne e dal suo collega. Martina stava bene, sicuramente più di lui. “Padre Antinori, come si sente?” domandò in fretta, aiutandolo ad alzarsi da terra. Il tavolo si era rovesciato e lo stesso era stato per le sedie.
“Io bene..” rispose debolmente, la testa gli girava molto ed era anche parecchio confuso. Prese posto su una sedia per riprendere fiato e realizzare quello che aveva appena fatto e quello che aveva visto. Era Serventi? Cosa c’entrava con Martina?
“Martina, conosci per caso un uomo piuttosto alto, con i capelli neri lunghi fin sulle spalle, di corporatura massiccia?” domandò molto ingenuamente. “sulla cinquantina..” aggiunse speranzoso in una risposta positiva, ma lei scosse la testa. “Il nome “Serventi” non ti dice niente?” insistette, ma senza risultato, la donna non ne aveva mai sentito parlare prima. Dunque cosa ci faceva lì? Era andato per lui? Guardò il suo orologio, erano le sette meno venti.
“Padre Antinori, com’è.. com’è andata?” fece una pausa “..io sono libera?” chiese con un sorriso. Gabriel le prese la mano per rassicurarla.
“Si Martina, lo sei! E’ andato tutto per il verso giusto!” esclamò vittorioso. Alessia gettò le braccia al collo della madre piangendo, Francesco, invece, stava in piedi davanti a Gabriel e lo guardava stranito. Il protocollo lui lo conosceva bene e sapeva anche che quello che il collega aveva fatto non rientrava nei piani. Ma cosa aveva fatto di preciso il suo superiore davvero non sapeva spiegarselo.

 Rieccomi dopo una settimana a scrivere per voi e a continuare questa storia!
Mi dispiace per il fatto che sia un capitolo un po' piccolo, ma purtroppo siamo quasi alla fine e devo "dosare" bene il tutto! :)
Spero che vi sia piaciuto ugualmente, fatemi sapere un commentino! 
Mi dispiace di dovervi avvisare che il continuo non ci sarà domani, ma allungherò un po'. 

Un bacione forte a tutti!<3

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Capitolo 16
*** Ancora Serventi ***


Erano le otto di sera e Gabriel, dopo essere andato via da casa De Santis, aveva chiamato urgentemente Claudia per invitarla a seguirlo a Villa Antinori il più velocemente possibile. Lei, dopo aver riagganciato, si era fiondata in macchina ed era corsa da lui. Come qualche giorno prima, parcheggiò la macchina vicino la moto di lui e poi andò a bussare al portone della Villa abbandonata. Questa volta però Gabriel aprì immediatamente, doveva vederla.
“ Tutto bene? Mi hai fatta spaventare!” disse lei entrando e chiudendo il portone dietro di sé. Lui le si avvicinò con espressione enigmatica.
“Ho visto Serventi” sputò fuori. Lei strabuzzò gli occhi avvicinandosi di più.
“Dove? Quando?” aveva altre mille domande ma si limitò a quelle poche.
“Andiamo sopra” Lui le fece cenno di seguirlo in salotto. Salirono le scale in fretta, Claudia intanto cercava di rielaborare quello che le aveva appena detto. Una volta giunti al piano superiore presero posto sul divano, il camino come sempre acceso davanti a loro. Questa volta però anche dagli altri mobili erano stati tolti i rivestimenti in plastica. Claudia si tolse la giacca e prese posto affianco a lui, lo fissò curiosa e spaventata contemporaneamente.
“E’ tornato?” domandò lei ingenuamente portandosi le mani sulle ginocchie
“Io non lo so.” Fece una pausa e sospirò prima di iniziare a spiegare l’accaduto “Ero con Francesco a fare la seduta spiritica da Martina. D’un tratto ho sentito che avrei dovuto riprovare a tirarla fuori da quella maledetta stanza! E questa volta ce l’ho fatta, il demone è stato sconfitto, ma non è questa la parte più eclatante. Dopo, quando stavamo per uscire, ho visto Serventi. Mi si è parato davanti e sbarrava il passaggio! Mi ha chiesto cosa avessi intenzione di fare ma io non gli ho risposto, l’ho spinto ed ho sentito, al suo contatto, come se avessi il fuoco nelle mani. Ho sentito un calore fortissimo, ma non faceva affatto male. Dopo che l’ho toccato ha iniziato a contorcersi e ad urlare, a quel punto sono fuggito con Martina fuori da lì. La cosa più strana era che lui aveva questa grandissima cicatrice in viso, lo sfigurava moltissimo.”
“Gabriel penso che dove riesci ad arrivare tu sia il punto dove le anime si mostrano per quello che sono..” di cosa stava parlando? Di paranormale, lei? Quasi non si riconosceva più, la sua vicinanza con Gabriel l’aveva totalmente cambiata, le aveva probabilmente aperto la mente ad altre mille possibilità. Tra l’altro se aveva intenzione di aiutarlo, poteva farlo solo calandosi nella sua realtà. “.. probabilmente è la sua anima ad essere così sfigurata. E’ un uomo cattivo, ha ucciso delle persone.” Cercò di aiutare a farlo riflettere, lui era pensieroso.
“Si ma perché ha interferito con la storia di Martina? Lui cosa ne sapeva, cosa c’entrava?” si domandò passandosi una mano nella barba ispida.
“Gabriel lui ti segue, su questo siamo d’accordo, è possibile che abbia capito che tu vuoi lasciare la chiesa. Lui non vorrebbe mai, altrimenti la sua profezia non si avvererebbe!” esclamò lei con ovvietà. Non poteva sentirsi nella parte della ragione, ma nemmeno di escludere quella possibilità. Gabriel, ancora pensieroso, incrociò  gli occhi di lei e si fermò a fissarla. D’un tratto nella stanza si sentì un tonfo seguito da un rumore di passi nel corridoio, entrambi balzarono in piedi guardando la porta. Gabriel si mise davanti a Claudia, pronto ad accogliere qualsiasi cosa si fosse presentata a loro, il sangue nelle vene gli si gelò quando lo vide: Serventi. Era seguito dalla stessa donna che aveva ucciso il suo amico Eugenio Muster senza permettergli di riportarlo in vita, la stessa donna che aveva aiutato il rapimento di Claudia e la successiva morte di Pietro. Gabriel sentì la donna dietro di sé che trattenne ilo respiro, probabilmente anche lei aveva avuto la sua stessa reazione. L’uomo avanzò nella stanza guardandosi intorno e muovendo il suo bastone, la giovane al suo seguito.
“Bel posticino dove incontrarvi Gabriel, dico davvero” commentò indicando la stanza con il bastone e gettando un’occhiata al camino acceso, sul suo viso si dipinse un sorriso orribilmente malizioso. Spostò gli occhi su Claudia e sorrise di più. “Buon sangue non mente, eh?” commentò con disprezzo riferendosi a Demetrio che in passato si era invaghito di Clara Antinori.
“Che cosa vuoi dire?” rispose duramente avanzando di qualche passo. Aveva capito l’orrendo paragone che si era creato nella mente, ma lui non conosceva nulla, lui non sapeva cos’era quella storia, la loro storia! Non era e non sarebbe mai stata come quella di suo padre. Claudia lo prese per un braccio e lo guardò sperando che si calmasse.
“Nulla!” rispose l’uomo divertito, era chiaramente lì per provocarlo.
“Che cosa vuoi da me? Non mi hai rovinato già abbastanza la vita?” domandò Gabriel sfilandosi la mano di lei da dosso. Era rosso di rabbia, gli avrebbe dato addosso, prima a quella donna che si muoveva silenziosa dietro di lui e poi allo stesso Serventi, il punto a loro sfavore era il potere quasi illimitato dell’uomo. Non voleva assolutamente mettere in pericolo Claudia.
“Rovinato?” fece eco con un accento d’ironia, poi rise sprezzante. “Gabriel, Gabriel, Gabriel per quante altre volte pensi che dovrò ripeterti che sei il nostro apostolo?” La calma di Serventi non faceva altro che far innervosire Padre Antinori, il quale stringeva ormai le mani in pugni serrati.
“Io non sarò MAI un VOSTRO apostolo! Non sarò più l’apostolo di NESSUNO mi dispiace deluderti!” esclamò con espressione vittoriosa. Non vedeva l’ora di buttare via quella maledetta veste che gli aveva incasinato la vita per troppo tempo. “Hai detto che voi esistete perché io esisto? Bene, io per voi non esisterò più! Non posso seguire nessuna profezia se non sono all’interno della Chiesa! Nessuno la rivolterà dall’interno!”
Serventi rimase in silenzio a guardarlo. La sua espressione si era indurita.
“Ne sei sicuro?” domandò. Dopo nemmeno un secondo Claudia barcollò appoggiandosi al divano. Gabriel corse a sorreggerla e poi guardò Serventi sprezzante, era lui che aveva questo potere sulle persone, lui lo sapeva.
“Prenditela con me! E’ me che vuoi giusto?” urlò Gabriel mettendosi quasi petto a petto con Serventi. Era la persona che più odiava sulla faccia della terra. “Uccidimi adesso!” urlò ancora rosso in viso. Sapeva benissimo che Serventi non lo avrebbe mai fatto, aveva bisogno di lui vivo. “Siete una massa di malati fanatici! Uccidete persone innocenti per inseguire queste vostre folli convinzioni! Ma sta sicuro che morto o vivo tu non mi avrai mai! Non sarò mai uno di voi!” urlò ancora, sapeva benissimo che Serventi sarebbe scoppiato da un momento all’altro, la vena sulla fronte gli pulsava velocissima.
“Tu non capisci. Sei solo un tassello di un immenso puzzle!” rispose lui sprezzante, si stava innervosendo.
“Allora farete proprio meglio a fare a meno di me!” disse Gabriel fissandolo negli occhi. In un secondo gli balenò tutto in testa, non avrebbero potuto fare nulla per impedirgli di andar via. “Tu, voi, non mi fate assolutamente paura! Se non torno nella Chiesa cosa farai? Mi uccidi? Uccidi Claudia?” domandò con un sorriso di scherno. “ No, tu non puoi farlo! Nessuno di quella strana setta te lo perdonerebbe, saresti spacciato, lo sareste tutti! Senza me non siete niente, lo hai detto tu!” Lui stava rigirando il discorso, solo ora se ne stava rendendo conto, ora che ci rifletteva ad alta voce. “Io posso andare via e tu non puoi fermarmi in nessun modo!” finì guardandolo con espressione di sfida, ma prima che poté girarsi sentì Claudia urlare.
“Gabriel!!” corse verso di lui, ma l’altra donna la fermò. Serventi aveva inchiodato Gabriel al muro e lo teneva per la gola, soffocandolo.
“TU NON PUOI ASSOLUTAMENTE PERMETTERTI DI FARE DI TESTA TUA!” aveva gli occhi iniettati di sangue. “Ma guardati, ridotto così anche tu per una donna, sei proprio come tuo padre” Gabriel lo sapeva che tentava in vano di riportarsi nella posizione di partenza, ma ormai lui sapeva quale era il suo punto debole.
“Io lascerò quella Chiesa e tu non puoi farmi nulla!” ripeté con poco fiato.
“Lascialo andare!!” urlava Claudia poco più in là, mentre si dimenava tra le braccia della misteriosa donna. Serventi serrò più forte la mano intorno al collo di lui. Claudia doveva assolutamente fare qualcosa, in un secondo pestò forte il piede della donna e poi le dette una testata spingendo la testa forte all’indietro. Con sua incredulità il piccolo piano funzionò e così si lasciò su Serventi. “LASCIALO!” urlò ancora provando a strapparlo via da lì, ma Serventi allungo il braccio e la spinse per terra, così come aveva spinto Pietro, così come aveva ucciso chissà quante altre persone…  
“Padrone noooo!” aveva urlato la donna, che aveva tenuto ferma Claudia, appena lo aveva visto fare quel gesto. Lei lo sapeva che quel potere l’avrebbe uccisa. Serventi lasciò immediatamente Gabriel, il quale ci mise qualche secondo a riprendersi. Lui si guardò la mano con la quale aveva spinto la donna. Che cosa aveva fatto? Non doveva andare così! Lei non sarebbe dovuta morire! Aveva fatto un passo falso e lui, come la donna ancora terrorizzata per terra, lo sapeva. Aveva appena cambiato il destino. Gabriel non parve capire subito, ma appena si voltò vide Claudia a carponi per terra, mentre tossiva. Dalla sua bocca usciva sangue a fiotti… 


 Eccomi ragazzi e ragazze! :D 
Sono venuta a postare il capitolo prima di quanto pensassi devo dire! (: Ma ora ... eh beh! Sulle spine vi terrò! muhaaa muhaaa no dai scherzo! **
Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo (: Un pochino più lungo degli altri, ma davvero di poco!
Cosa dite voi? :P Claudia morirà oppure no? Vi lascio con questo PESSIMO interrogativo lo so! :S Ma tutto può succedere mi dispiace!! u.u 

Bacio!:D

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Capitolo 17
*** Bianco Candido ***


L’ultima immagine che Gabriel vide, fu quella di Claudia a carponi sul pavimento della Villa che tossiva sangue, proprio come aveva fatto Pietro prima di morire, poi la vide accasciarsi senza vita. Un Serventi, quasi spaventato dal proprio gesto, era ancora con gli occhi sgranati davanti a lui. Ma Gabriel non ci vedeva più dalla rabbia, il suo corpo era stato pervaso di nuovo da quella terribile sensazione, quella stessa che sentì prima di scagliarsi contro il povero Padre Isaia. I suoi occhi divennero nero pece e si buttò addosso a Serventi, le mani al suo collo.
“Gabriel ti prego! Devi capire!” cercava di urlare l’uomo, ma le mani di Antinori si facevano sempre più strette intorno al suo collo quasi da impedirgli di respirare. Le afferrò con forza provando a spostarle, ma nulla. Gabriel non sentiva più nulla, se non la rabbia dentro di sé, montare come non mai. Tutto intorno a loro cambiò in un istante. Serventi si trovava dietro la porta dello studio del signor Antinori e Gabriel era sulla porta, con quello sguardo indemoniato.
“Gabriel! Tu non capisci!” urlò Serventi ancora, cercando di correre verso la porta, ma era troppo lontana. “La profezia deve essere seguita!” lui era sempre stato una marionetta nelle mani di quella strana setta, ora si era stancato, voleva essere se stesso. Era finito il tempo del suo tormento, del suo maledetto passato. Avrebbe chiuso quella porta a Serventi così avrebbe potuto iniziare il suo futuro. Gabriel fissò ancora la porta e poi l’uomo. Aveva osato toccare Claudia, lei, l’unica persona che era stata in grado di vederlo sotto una luce diversa. L’unica che,  guardandolo, aveva visto in lui un uomo diverso da come si era sempre visto. Lei che gli aveva permesso di capire e provare amore. Lei che gli permetteva di vedere il mondo in modo diverso. Ora, probabilmente, quella donna giaceva morta sul freddo pavimento del salone di Villa Antinori. Era il momento di non pensare più, di farla finita con quella pazzia. Con tutta la forza che aveva prese la porta e provò a chiuderla, ma la sentì pesante, pareva non volersi scollare da terra. Si aiutò anche con l’altra mano e con tutta la forza che aveva, spinse la porta massiccia, fino a chiuderla definitivamente. Aldilà di quella sentì un tonfo e poi silenzio, tutto intorno a lui sparì e si ritrovò di nuovo nel salone della Villa, con un Serventi morto tra le mani. I suoi occhi tornarono normali e dovette battere le palpebre più volte prima di riuscire a vedere di nuovo bene. Si alzò velocemente dal cadavere dell’uomo e si guardò in giro in cerca di Claudia. Per prima cosa notò che la donna che aveva accompagnato Serventi era sparita.
“Claudia!” esclamò dopo averla vista, si fiondò da lei e si lasciò cadere al suo fianco. Le accarezzò la fronte e i capelli e senza il minimo sforzo venne catapultato in quella stanza bianca, Claudia era ancora lì. Cosa ci faceva? Lo stava aspettando? Sarebbe riuscito a portarla fuori di lì?
“Claudia!” urlò lui forte, sperano che lei si girasse. Lei era vestita con un semplicissimo vestito bianco, lungo fino a terra, d’un tratto si voltò e sulla sua pancia c’era una macchia rosso sangue accesa. “Claudia..” ripetè lui avvicinandosi a lei. In quel abito era meravigliosa, ma il quel momento doveva pensare poco, doveva solo portarla fuori da lì. Allungò la mano per afferrare la sua, ma si accorse di non poterlo fare, ci passò attraverso. Cos’era, un fantasma? D’un tratto sentì un urlo straziante che lo fece voltare di scatto. Si ritrovò di nuovo avanti l’anima di Serventi, questa volta come nel sogno, con il viso sfigurato da quell’orribile cicatrice. L’uomo aveva un’espressione indemoniata, quasi non si poteva riconoscere, Gabriel alzò la mano verso di lui come per scacciarlo ma lui non si mosse, anzi, avanzò minaccioso. D’un tratto Gabriel sentì la sua mano presa da qualcosa, da qualcuno. Era Claudia che, da dietro, lo aveva raggiunto e gliel’aveva stretta forte. Gli passò affianco e lo superò, la sua anima pareva non temere affatto quella orribile di Serventi, tant’è vero che arrivò a poca distanza da lui e lo guardò negli occhi, poi li chiuse. Come in un incantesimo l’uomo urlò ancora e poi sparì proprio nello stesso modo in cui sparì il demone che possedeva Martina: attraverso una voragine apritasi sul pavimento.  Claudia si voltò e, con grande stupore di Gabriel, la macchia di sangue sul ventre sparì, lasciando spazio al bianco candido del vestito. Lui alzò lo sguardo e la vide sorridere raggiante. Com’era bella. Le si avvicinò di più stringendole la mano, le accarezzò il viso e lei chiuse di nuovo gli occhi.  D’un tratto la stanza intorno a loro sparì per lasciar spazio ancora una volta alla Villa Antinori, era di nuovo per terra vicino al corpo di lei.
“Claudia!” chiamò lui alzandole la testa, le accarezzò il viso, ma nulla. “Claudia, Amore Mio ti prego, avanti svegliati..” ripeteva lui mentre la stringeva tra le braccia e la cullava. La rabbia lo assaliva come non mai, l’unico modo per sfogarsi era piangere e così fece, si accasciò su di lei ed iniziò a lasciarsi andare. Un respiro profondo però, fece alzare il torace della donna che stringeva e lui alzò immediatamente lo sguardo.
“Gabriel …” riuscì a dire lei in un debole sussurro, gli sorrise. Lui tra le lacrime fece lo stesso e le accarezzò i capelli.
“ssshhh, non dire niente, non c’è bisogno che tu dica niente!” sorrise lui mentre l’accarezzava.
“Mi ha salvata..” continuò lei testarda. “Me la sarei comunque cavata!” scherzò nonostante il filo di voce che aveva, ma riuscì a farlo ridere.
“Tu hai salvato me” rispose lui scuotendo la testa lentamente.
“Allora devo essere proprio una tipa tosta!” scherzò ancora. Lui l’abbracciò forte e poi la baciò con passione. Il solo pensiero di aver pensato di averla persa gli creava un vuoto dentro incolmabile, lo faceva sentire di nuovo perso, invece lei ora era lì, tra le sue braccia. Le loro labbra si toccavano e le loro lingue si scoprivano sempre più vogliose. Fu come se d’un tratto il suo passato non esistesse più, esisteva solo il presente, il futuro e Claudia.
"Ti Amo" disse piano lui, tra i baci. Lei si bloccò e lo guardò. Aveva gli occhi pieni di gioia, speranza, amore, ed erano tutti per lui. Gli sorrise ancora e lui pensò che il suo sorriso era la cosa più bella che avesse visto in tutta la sua vita, non avrebbe resistito un altro attimo senza di lei.
"Anche io" rispose lei guardandogli le labbra prima di baciarlo ancora. Adesso per Gabriel l'ultima sfida, ma quella più facile, era informare il Direttorio del suo abbandono. Voleva Claudia e niente più, ora più che mai.

Ma salve a tutti amici! ** Da quanto tempo era che non scrivevo? Ebbene si, forse da troppo! Sono mancati anche a me Gabriel e Claudia!<3
Ma eccomi qui con un nuovo capitolo fresco fresco se devo dirvela tutta! (:
1)Spero proprio di avervi riportato in vita con questo capitolo, vi avevo lasciato troppo appesi! Ma lo sapete benissimo che l'amore loro avrebbe sconfitto qualsiasi cosa!<3
2)Spero che vi sia piaciuto anche questo, mi raccomando non estate a farmelo sapere!
3) Spero di tornare al più presto con il continuo!!!!!

Un bacio! (:

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Capitolo 18
*** L'inizio... ***


La mattina arrivò in fretta ed entrambi si risvegliarono tra le coperte di casa Munari. Gabriel era già sveglio da un po’ e guardava la donna stesa accanto a sé, pensando che fosse la cosa più bella che gli sia mai capitata. Le accarezzò la schiena nuda, questo gesto la fece rabbrividire anche nel sonno, lui sorrise restando a fissarla. Dopo qualche minuto si svegliò anche lei.
“Eri già sveglio?” domando in un mugugno, la bocca ancora impastata dal sonno.
“Si da un po’ in effetti” rispose tranquillo accarezzandole le spalle. “Come ti senti?” domandò premuroso. La notte prima non era stata una delle migliori, era iniziata con Serventi, ma almeno era finita con loro due in quel letto, di nuovo. Per lui era stata sicuramente la cosa migliore che gli fosse capitata in quelle ultime quarantotto ore.
“Adesso davvero bene!” disse con un sorriso, si allungò verso di lui e lo baciò con leggerezza, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se lo avesse sempre fatto e potesse sempre farlo. Lui ricambiò con lo stesso sorriso. Quanto si sentiva diverso quella mattina, quanto si sentiva diverso ogni volta che era con lei! C’era poco da fare, lei gli aveva permesso di conoscersi davvero. Lei invece pensava di essersi conosciuta molto affondo, tempo fa, quando doveva essere forte per andare avanti chiusa in quel maledetto collegio. Si sapeva forte, caparbia, testarda e quant’altro, ma mai si era conosciuta così. Così perdutamente innamorata, fragile, non si era mai esposta a tal punto. Lui guardò distrattamente l’orologio e vide che erano le nove passate. Quel giorno non aveva lezione all’università, ma aveva una cosa molto più importante da fare.
“Io devo andare alla Congregazione” disse velocemente prima di mettersi a sedere sul bordo del letto. Il cuore di Claudia mancò di un battito a quelle parole, solo in un secondo momento realizzò le vere intenzione dell’uomo. Si mise in ginocchio dietro di lui e gli posò le mani sulle spalle.
“Tu lo sai che non sei affatto obbligato, vero?” disse lei. Per quanto quelle parole fossero state difficili da pronunciare, non voleva obbligarlo a far nulla. Lui si voltò un po’ per guardarla negli occhi.
“E tu lo sai che questa è la prima scelta libera che riesco a fare nella mia vita? Voglio farla. Voglio scegliere te, ho già scelto te!” rispose serio, poi la baciò di nuovo. Un sorriso non poté che comparire sul viso di lei, sapeva che non avrebbe dovuto temere più nulla.
“Se sei sicuro allora vai!” finì sorridendo ancora. Lui le dette un altro bacio prima di alzarsi e andare a vestirsi.
Poco ci volle per raggiungere la congregazione in moto. Si sentiva carico, come se dopo aver superato quell’ostacolo avesse iniziato una nuova vita e lui proprio non vedeva l’ora. Prese un gran sospiro e si sfilò il casco da testa. Un sorridente Alonso sbucò da sotto le arcate.
“Gabriel!” Lo chiamò per attirare la sua attenzione, prima di avvicinarsi a lui. “La Signora De Santis è andata via proprio da poco, ti cercava, voleva ringraziarti penso! Devi proprio aver fatto un buon lavoro!” disse orgoglioso.
“Si sai Alonso lo credo anche io, ma temo che la mia strada si divida da quella del Direttorio ormai.” L’uomo che gli stava accanto si voltò a guardando un po’ spaesato.
“Hai dunque deciso di abbandonare?” domandò retoricamente, era impossibile anche per lui fa finta che non ci fosse nulla tra lui e la dottoressa Claudia Munari.
“Abbandonare?” fece eco Gabriel “Abbandonare è una parola così brutta. Direi più che ho trovato finalmente la mia strada e non potrei essere più felice di così” Alonso nonostante tutto dovette constatare che lo trovava più sereno e questa volta più deciso sul da farsi, proprio per questo sapeva che lo avrebbe appoggiato in ogni caso, era quasi un figlio per lui.
“Che Dio ti benedica ragazzo” disse solo, prima di allontanarsi. Gabriel gli sorrise e poi guardò l’edificio. Una volta uscito da lì sarebbe stato “libero” finalmente.

Salve a
 tutti ragazzi! Rieccomi con un, seppur piccolo, nuovo capitolo!
So che è molto corto, ma quello che verrà dopo sarà molto "corposo", dunque non avevo voglia né di iniziare e non poter finire il discorso, né di appesantire a dismisura questo!
Spero vi sia piaciuto comunque!<3


Un bacione forte e un abbraccio a quelli che ancora mi seguono e mi sopportano! ahuahuah! :P

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Capitolo 19
*** Un nuovo Futuro ***


                    Vi avevo promesso un 19° capitolo bello corposo? Eccolo qui tutto per voi!
Un Nuovo Futuro

Era quello il momento che da qualche giorno a quella parte, Gabriel stava aspettando: parlare al Direttorio chiaramente della sua scelta. Ed ora eccolo lì, in piedi a capotavola con tutti gli occhi dei presenti puntati su di lui, ma uno di loro guardava basso, era Padre Isaia, che aveva già appreso la notizia qualche ora prima della riunione dal suo amico Antinori. Nonostante tra i due nell’ultimo anno non era scorso buon sangue, a Padre Morganti il dispiacere gli si leggeva in volto. Gabriel inspirò pesantemente e si preparò per il suo discorso schiarendosi la voce.

“Fratelli..” iniziò con voce tremante. Nonostante sapesse che Claudia era tutto quello che aveva sempre voluto dalla vita, trovava difficoltà e ansia ad annunciare ai suoi Confratelli una notizia simile. Aveva il cuore che batteva a mille e non aiutava a stare calmo, lo stesso le gambe, le sentiva molli sotto il suo peso. Ma in quella debolezza fisica si contrappose la forza mentale, quella dell’amore che provava per quella donna. Ricordò il loro primo incontro e l’ultimo, la prima volta che avevano fatto l’amore e la prima volta che si erano baciati. Il suo corpo reagì, diversamente, con più potenza, riprendendosi dall’ansia e da tutto il resto. Tutto quello lo stava facendo per avere un futuro e in quel futuro voleva assolutamente Claudia. Prese un profondo respiro.
“..sono qui per annunciarvi la mia uscita definitiva dal Direttorio e dalla Congregazione.” Appena finì la frase si sentì un peso tolto dal cuore, nonostante si levò nella stanza un vocio quasi assordante. “Fratelli, vi prego!” esclamò cercando di riportare il silenzio. Tutti tornarono a guardarlo dopo un attimo di esitazione.
“So che questa decisione può sembrarvi azzardata, ma credete sulla mia parola, ci ho riflettuto a lungo prima di giungere a quest’amara conclusione.” Fece una pausa. Il discorso che aveva pensato di dire era molto diverso, ma le parole uscivano da sole e cercare di dargli un freno non avrebbe fatto altro che bloccarlo del tutto, così continuò ad improvvisare.
 “Sono entrato in questa Congregazione quando ero ancora ragazzo e giuro di aver imparato molto, alcuni di voi sono persone a me molto care..” Lanciò uno sguardo a Isaia che lo fissava e poi ad Alonso, che stava in piedi con le mani dietro la schiena, sorridente.
“.. e ammetto che da un lato non può che darmi dispiacere andarmene così. Ma la vita mi ha messo davanti degli ostacoli che non avrei mai saputo superare se non avessi trovato me stesso, ma ora posso dire di essermi trovato e non da solo. Mi sono trovato unico e duplice, una duplicità che la Chiesa non mi avrebbe mai potuto dare e che, da fanciullo, credevo di poter trovare solo in Dio.” Fece un’altra pausa, non aveva idea di che inferno avrebbe causato appena avrebbe pronunciato il nome di Claudia.
“Sono qui davanti a voi che vi parlo da uomo ormai innamorato di una donna che mi ha aiutato a fare di me quello che sono. La persona che vedete davanti a voi non è più Padre Antinori, ma solo Gabriel.” Sottolineò l’ultima parte con una luce negli occhi che faceva capire quanto fosse innamorato e speranzoso riguardo il suo futuro. Tutte le persone nella stanza iniziarono a guardarsi con aria interrogativa e a confabulare tra di loro.
“Mi riconosco ormai nella semplicità di Gabriel” proseguì sperando di attirare nuovamente l’attenzione. “So che molti di voi potrebbero fare pensieri maligni su di me e su questa scelta, ma non inciampate in banali errori, ricordate che siamo uomini e in quanto tali Dio ci ha dato il dono più grande, che non è la vita, ma la possibilità di amare, amare qualcuno oltre noi stessi. Posso assicurarvi che questo mi è accaduto.” Tutti ripresero a fissarlo in silenzio. Ovviamene Gabriel sapeva che non avrebbero mai compreso, ma solo condiviso la sua umiltà nel confessare tutto quello.
“Il mio percorso da Padre Antinori temo si fermi qui, per lasciar spazio a Gabriel, il quale non dimenticherà mai, comunque, di aver fatto parte di questa vita, ma semplicemente ne farà tesoro per andare avanti seppur con altre strade.” Dopo queste ultime parole, lanciò uno sguardo ad Alonso che annuì contento. Aveva fatto la cosa giusta e lui lo avrebbe appoggiato. Tutti i Confratelli si alzarono per andare ad abbracciare e salutare Gabriel, alcuni di loro gli augurarono buona fortuna prima di uscire. Rimasero per ultimi Isaia e Alonso. Il primo gli buttò le braccia al collo come si fa con un vecchio amico e gli battè sulla schiena più volte.
“Buona Fortuna Fratello mio!” esclamò prima di lasciarlo andare. “Spero che tu e la Dottoressa Munari veniate a trovarci presto! Anche se speriamo di non aver bisogno di voi per i prossimi casi!” esclamò con un sorriso. I tempi bui erano sicuramente passati, probabilmente grazie all’aiuto di entrambi. Prima di uscire, Padre Morganti fece un cenno con la testa e poi sparì, venne il turno di Alonso e questa volta fu Gabriel a buttarsi su di lui stringendolo in un grande abbraccio.
“Se non fosse stato per te e per i tuoi discorsi rassicuranti da vecchio saggio, avrei dovuto cercare ancora per un bel po’ prima di trovare il coraggio di fare quello che ho fatto”
“Non ringraziarmi figliolo!” sorrise Alonso stringendolo nell’abbraccio, poi gli batté una mano sulla spalla. “Nonostante tutto questo affetto ho da farti u grave rimprovero caro ragazzo!” continuò con tono serio, poi gli tirò un orecchio.
“Alonso ma ch..?”
“Chi hai chiamato VECCHIO saggio?” rise e poi si avviarono insieme fuori dalla stanza.
                                                                                   **************************
Il tempo era meraviglioso, il sole spaccava le pietre e Villa Antinori pareva più bella che mai. L’unica cosa che Gabriel voleva era tornarci a vivere con Claudia, prese il telefono e digitò il suo numero, lei rispose dopo pochi squilli.
“Hey!” esclamò, anche se era solo una parola pronunciata, lui capì che lei era ansiosa di sapere com’era andata con il Direttorio.
“E’ andato tutto bene!” si affrettò a rassicurarla con un gran sorriso. Parcheggiò la moto qualche metro più avanti e faticò un po’ a metterla sul cavalletto, poi si avviò verso il grande portone.
“Dove sei?” domandò lei guardando l’orologio.
“A casa. Villa Antinori!” rispose con un enorme sorriso dopo aver aperto la porta. Se la ritrovò davanti come sempre, grande, imponente e meravigliosa da sempre. Era stata casa sua e lo era ancora. “Ti aspetto qui, vieni corri!” Disse lui prima di attaccare, Claudia chiuse la chiamata e poi andò dalla sua segretaria.
“Cancellami tutti gli appuntamenti di oggi e quelli della settimana prossima!” esclamò ad alta voce prima di chiudere forte la porta dietro di sé. Si sentiva come una ragazzina che stava correndo a casa dal suo fidanzato. Saltò gli ultimi due scalini e poi si catapultò in macchina sperando di arrivare il prima possibile.
Dopo un paio di minuti il portone di Villa Antinori venne scosso dal pesante anello di ferro che era posto al centro: qualcuno stava bussando alla porta. Gabriel che era al piano di sopra, guardò l’ora asciugandosi la fronte.
“Hai fatto prestissimo Claudia!” esclamò tra sé e sé lasciando stare il divano che stava trascinando al centro della stanza, poi scese al piano di sotto.
“Hai fatto una corsa..” lasciò la frase a metà appena vide che la persona alla quale aveva aperto la porta non era affatto Claudia.
“Gabriel..” disse la donna dai capelli rossi come quelli di lui e Gabriel non poté far altro che notare la sua somiglianza. “Penso che ricorderai la mia voce, no?” domandò con un piccolo sorriso, alludeva ovviamente a quella notte nel confessionale, dove espresse tutto il dolore che aveva provato nell’abbandonarlo. Ma ora era diverso, Serventi era stato eliminato e lei era di nuovo libera di agire, Gabriel doveva avere ancora delle risposte. “Posso?” domandò facendosi più avanti.
“Prego..” rispose lui dopo essere uscito dallo stato di trance in cui era caduto. La Donna entrò e attraversò l’intero atrio, era tutto come si ricordava.
“Immagino tu voglia delle risposte Gabriel” iniziò lei quando si voltò a guardarlo. Preferì non utilizzare l’appellativo “Figlio Mio” per paura di una pessima reazione da parte sua, nonostante lo conoscesse bene, il suo ritorno avrebbe potuto scombussolarlo non poco. Lui si passò una mano tra i capelli e si avvicinò a lei.
“Dovrei essere sincero nel confessarle che ho smesso di farmi domande da qualche giorno” rispose lui cortese e calmo come sempre, lei sorrise e si avvicinò di più.
“Diamoci almeno del tu” lo invitò lei e lui annuì leggermente. Clara fece un respiro profondo. “Devi permettermi però di spiegarti alcune cose.” Lui sospirò e le fece strada al piano di sopra, entrarono nel grande salone illuminato e si sedettero sul divano.
“Cosa vuoi sapere? Posso dirti tutto ciò che vuoi” iniziò la donna, Gabriel fece spallucce.
“Solo quello che vuoi dirmi. Per il resto n on mi interessa, è andata bene com’è andata alla fine, perché è finita. Non ho più motivo di cercare risposte.” Rispose lui sempre con tono tranquillo e mai accusatorio, lei gli posò una mano sul viso.
“Sei cresciuto meglio di come credessi figlio mio” disse piano. Dopo tutto si sentiva comunque sua madre e quel gesto proprio non riuscì ad evitarlo. Gabriel, dal canto suo, più che a disagio, si trovava in imbarazzo. Era sempre stato abituato a pensare di non avere nessuna figura femminile accanto, né tanto meno quella di una madre affettuosa come si stava rivelando Clara. “Perdona questo gesto avventato, ma nonostante tutte le cose orribili che sono successe mi sento ancora tua madre. Ricordati che mi hai donato la vita, nonostante fossi stata prima io a donarla a te, ti devo tanto.” Cosa poteva rispondere lui? Prego? Preferì stare in silenzio e aspettare che lei continuasse il suo discorso. “Ero davvero innamorata di tuo padre, ma lui era solo un codardo, non è mai stato coraggioso come lo sei stato tu. Per amore sei andato contro tutti, contro Serventi che per te era il Male e contro la tua stessa Congregazione che per te era il Bene, lo trovo molto saggio e un gesto davvero coraggioso.” Fece una pausa prima di guardare fuori. “Purtroppo tuo padre preferì infangare tutto piuttosto che ammettere a tutti di amarmi, così finì per entrare nel giro di Serventi. Lui esisteva prima di noi, lui e la sua maledetta setta. Io non ho potuto mai liberarmene per venire da te, il destino doveva fare il suo corso e io avrei solo peggiorato le cose e probabilmente ti avrei confuso rischiando che tu ti perdessi, senza credere più a nessuno. Alla verità dovevi arrivarci tu e dovevi scegliere da che parte stare. La profezia parlava di una donna che ti avrebbe aiutato a scegliere da che parte stare e lo hai fatto. Serventi quella notte in cui ha colpito Claudia ha cambiato il corso degli eventi. Non avrebbe mai dovuto toccarla o il destino sarebbe cambiato. Nel momento in cui l'ha uccisa ha capito di aver commesso un gravissimo errore e così è stato. L'amore che Claudia prova per te e quello che tu provi per lei, vi ha salvati. Vi eravate già amati e dunque il vostro amore era forte e tu eri deciso, in cuor tuo avevi già scelto da che parte stare. Lei ti ha salvato da quella profezia e ti ha tirato fuori da quella stanza. Adesso siete liberi, entrambi." finì con un un grande sorriso.

Spero vi sia piaciuto e che sia stata data una risposta a tutte le vostre domande!
Preparatevi per gli ultimi due capitoli cari amici! 
Fatemi sapere come vi è sembrato questo capitolo!<3
Un bacione a tutti! 

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Capitolo 20
*** Il Nido d'Amore ***


Il Nido d'Amore


Tutte le parole che Clara gli aveva rivelato in quel poco tempo, non lo avevano sconvolto per nulla, ormai era come se non gli importasse più nulla, se non che Claudia arrivasse presto. Eppure erano risposte alle quali aveva sempre cercato una risposta sin dall’inizio. Com’era possibile che non gli importasse più di niente? La donna lo guardava paziente, in attesa, forse, di una risposta, ma lui davvero non sapeva cos’altro aggiungere. Sembrava e si sentiva proprio come un bambino davanti ad un estraneo.
“Adesso cosa ti aspetti che faccia?” domandò lui piano. Dopo tutte quelle rivelazioni voleva tornare ad essere una mamma 24h su 24? Non poteva affatto, lui non sarebbe stato in grado di accettarlo in così poco tempo e forse non voleva nemmeno, tutto quello di cui aveva bisogno era solo Claudia, niente più.
“Nulla Gabriel, nulla. Hai ragione, non posso aspettarmi grandi cose, ho sbagliato nonostante tutto, ma perdonami se il mio istinto di madre mi ha portato a cercarti e a darti delle spiegazioni. Ti sono sempre stata lontana e posso solo immaginare la confusione che hai dovuto provare..” Le si leggeva negli occhi un velo di tristezza. Da madre avrebbe voluto esserci, avrebbe voluto rispondere ad ogni sua domanda e far finire ogni suo dubbio. Che fosse la verità o meno, lei era sinceramente dispiaciuta e Gabriel lo sentiva. Il silenzio venne rotto da qualcuno che bussò alla porta al piano di sotto.
“Claudia..” pensò Gabriel ad alta voce, poi si alzò e lo stesso fece la madre. “Resta!” esclamò lui voltandosi verso di lei, che non poté far altro che sospirare con un sorriso, nonostante sapesse che il loro breve incontro era ormai giunto al termine. Gabriel le lanciò un ultimo sguardo e poi scese velocemente giù, quando aprì la porta si trovò davanti una meravigliosa Claudia, raggiante come non l’aveva vista da tanto, troppo tempo. Lei gli gettò le braccia al collo e lo strinse forte, lo stesso fece lui cingendole la vita, dopo poco si allontanarono l’uno dall’altro ma solo per scambiarsi un bacio appassionato. Quella era la prima volta che lei sentiva Gabriel completamente suo. L’uomo, però, dopo poco si allontanò da lei.
“Aspetta… ho una “sorpresa” per te!” esclamò prendendola per mano e conducendola al piano di sopra, lei sorrise e lo seguì. Quando arrivarono nel salone, la donna che si era seduta di nuovo sul divano, si alzò con un gran sorriso, a differenza di Claudia che mutò il suo sorriso in un’espressione diversa, più dura.
“Lei che ci fa qui?” domandò di getto. L’ultima volta che lei l’aveva vista era in quella strana Villa che lei chiamava “centro”, si era permessa di sedarla e di portarla lì. Ora che stava andando tutto per il verso giusto, cosa era venuta a far di nuovo lei? Era venuta per riempire la testa di Gabriel di altre sciocchezze come Serventi aveva riempito la sua? Clara avanzò verso di loro con un largo sorriso e si avvicinò a Claudia prendendole le mani.
“Tranquilla, è tutto finito.” Poi lasciò andare la presa e sospirò. “Penso proprio che sia giunto il momento di farmi ancora una volta da parte, vi aspetta una bella vita.” Il suo sorriso era sincero, Gabriel lo riusciva a vedere. Probabilmente Clara davvero si era aspettata sempre il meglio per lui nonostante il burrascoso passato.
“Ti accompagno..” disse lui passandole avanti per condurla alla porta, ma lei lo fermò per un braccio.
“Tranquillo, conosco la strada” lo fermò e poi rimase sull’uscio a guardarli. Erano davvero fatti l’uno per l’altra e lei, da madre, non avrebbe mai potuto chiedere di meglio per suo figlio. “Spero davvero che questo non sia un addio, ma un semplice  arrivederci. “ poi rivolse il suo sguardo verso Claudia, sempre sorridendo. “E’ stato un piacere e abbiate cura l’uno dell’altro, ve lo meritate” dopo queste ultime parole, Clara si avviò al piano di sotto facendo cadere i due in un silenzio tombale. Solo quando sentirono il portone chiudersi, Claudia e Gabriel ripresero a parlare.
“C’è una cosa strana che mi ha detto..” iniziò lui portandosi una mano alla testa, lei si voltò a guardarlo senza capire.
“Cioè?” domandò curiosa. Non voleva assolutamente che quella donna avesse messo nuove incertezze nella testa di Gabriel, lo voleva sereno e senza più problemi, quella storia doveva essere finita. Lui si meritava la tranquillità ormai.
“Lei ha detto che quella setta e Serventi esistevano prima di me..” Claudia rimase a guardarlo senza riuscire a coglierne un collegamento logico, alzò un sopracciglio e la sua espressione da scettica le comparve sul volto.
“E dunque?” lo invitò a continuare per poterci capire qualcosa.
“Quando vidi Serventi per la prima volta nella cappella però non mi disse così, anzi, mi disse che loro esistevano perché io esistevo!” Fece una pausa e rimase a guardare la donna che gli fece spallucce. Perché ci stava ancora pensando?
“Forse Serventi intendeva dire che esistevano perché aspettavano il loro tredicesimo apostolo, te praticamente! E dunque tecnicamente la setta si è creata prima di te, ma comunque in funzione tua. E’ vero che sono esistiti perché tu esisti, ma probabilmente ti hanno aspettato a lungo..” Gabriel alzò lo sguardo su di lei. Come poteva pensare ancora a quelle cose, quando davanti a sé aveva la sua donna, finalmente tutta per sé? Cosa stava aspettando?
“Lasciamo che resti un mistero allora!” esclamò lui mentre si avvicinava malizioso alla donna, lei sorrise e lo baciò. Fu sempre lui però a staccarsi per primo. “Sai c’è un altro mistero che mi incuriosisce!” disse lui allontanandosi un poco, ma senza spostare le mani dai suoi fianchi.
“Quale?” domandò lei. Quanti altri misteri potevano esserci? Ormai lei ne aveva fin sopra i capelli.
“Una tua risposta..” iniziò lui con un sorriso, lei lo guardò senza capire.
“Non ti seguo!” confessò scuotendo la testa.
“Vieni a vivere da me..” disse mentre le accarezzava il viso, sul viso di lei si aprì un meraviglioso sorriso, proprio quello che Gabriel amava più di tutto.
“Qui?” chiese lei guardandosi intorno.
“Si!” rispose lui convinto, la prese per mano e la portò al centro della stanza. “So che vista così non sembra il massimo..” iniziò indicando la plastica che aveva coperto per tanto tempo quei divani e quelle poltrone. “...ma possiamo fare sicuramente qualcosa per rimetterla in sesto! Magari potremmo improvvisarci muratori e imbianchini..” fece una pausa tornando ad abbracciare la sua donna, ora sorrideva più che mai. “…Sarebbe il nostro “Nido d’amore”,  che ne dici?”
“Dico SI!” esclamò lei con una risata. Avevano trovato l’amore e, cosa più importante, si erano trovati loro. Gabriel sorrise e la baciò appassionatamente. “Lasci che vi mostri la stanza da letto allora, molto grande, confortevole …” disse con un sorrisetto malizioso prendendola di nuovo per la mano, lei si lasciò tirare senza troppe storie. La stanza che si aprì davanti a loro era molto grande, sicuramente più grande di quella della casa di lei, un grande letto a baldacchino era posto al centro.
“Questo letto risale almeno al 1800!” sorrise lei. In effetti era in legno massiccio e il materasso era molto alto, sembrava proprio uno di quei letti usciti da un telefilm che riprendeva quei tempi.
“Oh tranquilla penso andrà benissimo!” continuò lui malizioso iniziandole a baciare il collo. Proprio come in quel sogno, quella notte. L’unica differenza? Quella era finalmente la realtà.
“Ti Amo!” disse lei girandosi verso di lui per guardarlo negli occhi. Ed era vero, lo amava come non aveva mai amato nessuno in vita sua prima d’ora.
“Mai, mai quanto io amo te!”
Furono le ultime parole di Gabriel prima di chiudere la porta della camera da letto.    

Ammetto di aver temuto di pubblicare il tutto dopo Pasqua, ma penso che non possa farvi altro che piacere leggere, solo dopo due giorni, il continuo! :)
Per l'ultimo capitolo, vedrò cosa posso fare!
Lasciate un commento, anche su tutta la storia pubblicata, ormai siamo al termine!

Un bacione! (:

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