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“Cavolo quando si arrabbia è davvero
carina”fu il pensiero fulmineo che attraversò la mente di House,
pensiero che altrettanto fulmineamente si tradusse in parole “Cameron..ma lo sai che mi ecciti di più quando sei furiosa?
Stai imparando dalla Cuddy?”
“C'è poco da
scherzare House!”, con occhi lampeggianti d'ira lo stava praticamente
incenerendo, quell'uomo di cui era innamorata, ma che
la prendeva solamente in giro, si divertiva a vederla soffrire in
silenzio...che cavolo aveva ora da sghignazzare?!
“Come hai potuto,
come hai potuto?! Perchè diavolo lo hai chiamato?”
“Chiamato chi? Ah
si, è vero l'ho chiamato io il ristorante cinese...ogni tanto mi piace variare
un po' la dieta, perchè a te no?” House faceva finta di non sapere e le lanciò
un'occhiata a metà tra il malizioso e l'innocente. “Non fare finta di niente!
Tu hai chiamato Kyle! Lo hai fatto venire qui a sconvolgermi di nuovo la vita! Non ti basta affondarmi
ogni giorno con le tue battute?!” Cameron
era sconvolta, stava per piangere e cercava disperatamente di non darglielo a
vedere...oh, ma che importava, tanto lui l'aveva già capito!
“Non pensavo che
dare notizie di te al migliore amico del tuo maritino ti avesse sconvolta”. Non c'era nulla da fare, continuava a colpirla
con la sua indifferenza. Cameron biascicò un “non
dovevi non dovevi” e uscì velocemente dal suo ufficio, quasi
scontrandosi con Chase e Foreman,
che si scambiarono uno sguardo di rassegnazione: un'altra discussione con House,
ci risiamo, la piccola Cameron proprio non riusciva a
dimenticarlo.
Cameron corse via: si
sentiva inutile, piccola, impotente controquell'uomo che le stava rovinando la vita, anzi no, era lei
che se la stava rovinando. Cosa ci doveva fare lui se non l'amava? Doveva
rassegnarsi, doveva!
Forse non sai quel
che darei
perchè tu sia felice...
Piangi lacrime di
aria
lacrime invisibili che
solamente gli angeli san portar via
ma cambierà stagione
ci saranno nuove
rose[...]
Vorrei rinascere
per te
e ricominciare
insieme
come se non sentissi
più dolore
ma tu hai tessuto
sogni di cristallo
troppo coraggiosi e
fragili
per morire adesso
solo per un rimpianto.
La sua anima
gridava ad House “Guardami! Sono qui perchè ti amo!
Voglio amarti!”
Ma lui era sordo,
il suono del suo dolore sovrastava tutti gli altri. Quando sembrava guarito,
allora forse la avrebbe potuta ascoltare. Ma era durato troppo poco perchè un
uomo come House si aprisse. E ora che soffriva di
nuovo sembrava provarci ancora più gusto a farla soffrire. Cosa credeva House?
Credeva che trattandola così lei si sarebbe arresa? E ora, che si metteva a
fare poi? Chiamava Kyle! L'uomo per il quale si era
sentita uno schifo, innamorata di lui, mentre suo marito moriva. L'uomo che era
arrivato di corsa in ospedale chiedendo di lei, della dottoressa AllisonCameron. L'uomo che
l'aveva affrontata duramente “Perchè non mi hai più richiamato? Pensavi che
stando lontana da me avresti fatto la cosa migliore? Io ti amavo, sono passati
anni e non ho smesso di pensarti, no Cameron non
fuggire di nuovo!”
Cameron si era trovata
completamente spiazzata dall'ingresso di Kyle nella
sala riunioni del team. Non aveva saputo rispondere, lo aveva fissato inebetita
per qualche minuto, per poi piantarlo in asso, era corsa via. Come poteva
dirgli che quella ferita le bruciava ancora tantissimo, che aveva desiderato
solo dimenticare tutto, suo marito e Kyle, scappare e
terminare gli studi di medicina a Boston, lontano.
Aveva capito
immediatamente che a chiamare Kyle era stato House.
Perchè l'aveva
fatto? Non se lo spiegava. No, doveva saperlo. Fece dietro-front e ritornò
nell'ufficio di House, presenti stavolta anche Foreman
e Chase.
“Ahi ahi, gattina inferocita in arrivo! Meglio che andiate se non volete beccarvi qualche graffio...”ironizzò
subito House, senza alzare nemmeno gli occhi dalla cartella del paziente. “Il
capo ha ragione stavolta, perchè non andate a farvi un giro?”replicò subitòCameron. “Ehi, ma il
paziente...”stava dicendo Chase, maForeman lo tirò per la
giacca, lanciandogli una chiara occhiata che diceva tutto e che fece subito
desistere Chase, il quale si avviò verso la sala
riunioni insieme a Foreman.
“Cosa c'è ancora?
Hai finito di piagnucolare?”ancora House non la guardava “Voglio solo sapere
perchè l'hai fatto. Tu sai benissimo della non-storia tra me e Kyle, sai che ne ero innamorata
nel momento più sbagliato, e sai che ho sofferto molto”
“Impara ad
affrontare i fantasmi del tuo passato, piccola Cameron”
- “Con il Vicodino andandoci a letto e poi mandarlo
via, che consiglio mi dai?”. Aveva colpito il bersaglio. Si sentì un po'
cattiva per questa battuta, questa era bella, lei si sentiva cattiva. House la
guardò. “Vedi che qualcosa ti ho insegnato?” - “Come ti sei permesso di
impicciarti della mia vita privata?” - “Non è quello che fai tu tutti i
giorni?” - “E' diverso e lo sai! Non lo faccio certo per ferirti..” - “Ah, già, allora semplicemente perchè sei curiosa, o perchè vuoi fare la crocerossina con me. Ok ti perdono lo stesso, puoi andare...” -“Ehi!” Cameronsbattè la mano sulla
scrivania “Qui stiamo parlando di me! E del perchè hai chiamato Kyle” -“Ah si, scusa, avevo perso il filo, ops,
l'ho perso di nuovo, cosa volevi sapere?”. Cameron
era ormai esasperata, e andò via di nuovo. Quella mattina non aveva fatto che
scappare.
'Forse stavolta ho
esagerato un pò..' pensò House 'Poco male, lei mi
perdonerà...come sempre...' e ritornò alla cartella del paziente, sorridendo.
Entrò qualcuno nel
suo ufficio, ma lui non alzò nemmeno gli occhi, troppo concentrato a formulare
una diagnosi per quel caso difficile.
“Lei...lei è il
dottor House?” - “Si, sono io, non si usa più bussare” rispose il medico non
degnando il nuovo arrivato di uno sguardo “Io...sono KyleNorton, lei è il capo di Allison
vero?”. Stavolta House lo guardò dritto in faccia: ecco com'era una persona
“normale” che piaceva a Cameron. Niente male:
lineamenti regolari, alto, giovane, si direbbe prestante. 'Si,
ma io sono più alto di lui' pensò House e si alzò sul
bastone quasi per provarlo. “Sono io si, guardi, Cameron
ora può essere in due posti, intendo uno dei due posti, chiaramente. O è andata
a casa, o è corsa sul tetto, ma penso più che sia ancora nell'ospedale, sa, Cameron non mollerebbe mai il lavoro su due piedi solo per
una banale discussione tra amici, la conosce immagino...troppo onesta quella
ragazza! - stava finendo di riordinare le cartelle ma
il suo interlocutore non accennava ad andarsente - La
raggiunga sul tetto, le dica che la ama, insista parecchio, magari le dica
anche che è malato o è invalido e vedrà che le si butterà tra le braccia...”
“Dottore, lei la
conosce bene?”, domandò con un pizzico di timidezza Kyle
- “Beh sa, lavoro con lei da 3 anni, è possibile che lei la conosca molto
meglio di me, anzi no, davvero non è possibile, io la conosco meglio di
chiunque altro” e detto questo lo guardò dritto negli occhi, con un sorrisetto di sfida. Kyle fece
finta di niente “Perchè mi ha fatto chiamare? Voleva che la portassi via?” -
“No, mi basta...che la renda felice”House pronunciò queste ultime parole
lentamente, scandendole una ad una, quasi per capirne
meglio il significato. “Lei la ama, dottore?” - “Io?!Ma
è impazzito! Neanche per sogno, solo che mi fa tenerezza vederla...sospirare
per un uomo...che non potrebbe mai renderla felice... - House si incupì - In fondo mi sento suo padre, la piccola Cameron lavora troppo, è circondata da colleghi stupidi che
ogni tanto le fanno la corte, penso che abbia già visto il biondino australiano
lì fuori, lui ci è persino andato a letto quando lei era strafatta. Comunque
non si preoccupi è una storia passata quella.” -
“Crede che lei, riuscirà a dimenticare...quell'uomo?”
- “Me dice? Beh, sarà difficile, certo io ho un
fascino indiscutibile sulle donne, ogni tanto tornano perchè hanno bisogno di
qualcuno che le tratti male, e io ci riesco benissimo,
poi ne hanno abbastanza e se ne vanno di nuovo. Eh, che vuole fare, è la vita!”
“Allora è lei
l'uomo di cui Allison è innamorata?” Kyle cominciava ad innervosirsi, i modi di fare così
diretti di House lo mettevano a disagio. “Beh sa, signor Norton,
Cameron forse non ha capito ancora che non è
innamorata di me, semplicemente è attratta dalla mia gamba zoppa, dai miei modi
scorbutici, per la crocerossina che è in lei...Su, ora vada, Cameron sarà ancora sul tetto”, e lo congedò girandosi di
spalle a guardare la finestra. Presto si sarebbe levato un peso di dosso:
faceva male anche a lui vedere qualcuno che soffrisse a causa sua. Quel Kyle era la persona adatta per fare dimenticare a Cameron di lui: era esattamente il suo opposto. Sarebbe
andato al loro matrimonio nel giro di pochi mesi. Lui sarebbe rimasto di nuovo
solo, ma ormai ci era abituato. Dolce Cameron, non si meritava un uomo così disgraziato come lui.
Così dannatamente
infelice. E contento di esserlo.
Come era facile
mentire a quella ragazza. Era troppo ingenua, oltre che irresistibilmente
carina. “Tu piaci a tutti Cameron” - “...e a te
piaccio?...ho bisogno di saperlo”. In quei lunghi
secondi prima di rispondere House per un attimo aveva pensato che forse lei
avrebbeallieviato il suo
tormento quotidiano. Ci aveva pensato per un attimo, ma subito dopo pensò che
lui sarebbe diventato sicuramente il suo tormento quotidiano, meglio
risparmiarglielo “No”.
Aveva costruito un
discorso razionale, per spiegare a lei la sua cotta per lui. Ci credeva anche
lui al suo discorso. Con il passare del tempo si era abituato a questo amore silenzioso, che lei non faceva nulla per
nascondere. Ma del resto ad House bastava guardarle
gli occhi per capirla, e per fidarsi istintivamente di lei.
Ora però era meglio
darci un taglio. Era bello avere una persona che ti adorava, ma questo gioco
doveva finire: preferiva il suo odio al suo amore.
Il dottore usciva
dall'ospedale pensando a tutto questo, ma non riuscì a trattenersi dal gettare
un'occhiata verso il tetto del PrincetonPlaisborough. Era la cosa giusta, sperava solo che quel Kyle non l'avrebbe trascinata troppo lontana da lui. In
fondo si era affezionato a quella sua dottoressina
ingenua, si, si era proprio affezionato.
Salì sulla sua
moto, non prima di aver inghiottito la sua solita pastiglia di Vicodin.
Il giorno dopo Cameron avvisò la Cuddy che non
sarebbe andata all'ospedale. Più che perplessa la Cuddy
andò a cercare House, li aveva sentiti litigare il giorno
prima, Dio solo sapeva cosa lui le avesse detto, sicuramente qualcosa di
molto grave.
“Ah eccoti!” -
“Ciao, mio raggio di sole! Sono puntuale stamattina, hai visto? Ho solo un'ora
di ritardo...anche se ti confesso che Wilson ha
firmato al posto mio proprio un'ora fa...” - “Lo sai che Cameron
non viene a lavoro oggi?”. House rimase un attimo interdetto “Non lo
sapevo...ti ha chiamato lei?” - “E chi se no, House! Cosa le hai detto ieri? Sono convinta che c'è il tuo zampino in questa
faccenda” - “Io?! Ieri non le ho detto proprio niente...però pensandoci...è venuta qui una sua vecchia
fiamma, immagino che abbiano fatto una bella rimpatriata stanotte...” - “Cameron non eviterebbe mai di venire al lavoro per questo!”
- “Beh, forse anche lei si è svegliata, era l'unica che ti obbediva qui, forse
si sentiva un po' sola” - “House tu pensa solo questo: stai attento. Forse non
te ne sei accorto, ma lei ti dà stabilità almeno quanto
il Vicodin. Non ti puoi permettere di perderla, e
l'ospedale non può permettersi di raccogliere di nuovo quello che resta di te,
House!”. Detto questo la Cuddy lo lasciò solo. 'Ma in fondo che vuole la Cuddy
per un misero giorno di assenza? In fondo non ha mica dato le dimissioni.
Probabilmente era come diceva lui: Cameron aveva
ritrovato il suo amor perduto, e desiderava trascorrere un po' più di tempo con
lui. A quest'ora si staranno rotolando nel letto...', a questo pensiero House
sentì la testa che gli girava. Di certo Cameron era
una bellissima donna, capacissima di fargli girare la testa, con un solo movimento
dei fianchi. Aveva perso la possibilità di farla sua, e ora probabilmente quell'imbranato stava mettendo le sue mani addosso al suo
corpo. La sua dottoressina ingenua tra le braccia di
un altro. House si rendeva conto che la desiderava, l'aveva sempre desiderata.
Eppure non bastava desiderarla per pensare di volerla al suo fianco, no.
Così pensieroso House entrò nella sala riunioni del team, dove Foreman e Chase discutevano già
del prossimo caso. “A proposito Cameron che fine ha
fatto?”domandò Chase - “Oggi non viene, dovremo fare
a meno di lei” - “Oh no! Chi esaminerà le analisi senza Cameron??” finse di disperarsi Foreman -
“Sarai tu, viso pallido, e tu, cangurino, farai tutto
il resto. Anzi no, ho cambiato idea, non voglio rimetterci un paziente, Foreman affido a te il caso, Chasesostituiscimi in clinica. Chiamatemi se necessario,
non ammazzate nessuno, io...adesso vado nel mio ufficio”
I due dottori si
scambiarono un'occhiata: la giornata prometteva guai ancora prima di
cominciare.
House chiuse le tende del suo ufficio e si immerse in un buio totale. Non
voleva pensare, aveva solo tanto sonno. Avrebbe schiacciato un pisolino, non
prima però di aver controllato le sue e-mail: bah, una mail
dai suoi genitori, molte dai rappresentanti di case farmaceutiche, qualche ex
paziente in cerca di consigli stupidi su sintomi stupidi(ma come avevano avuto
la sua e-mail?) e...si non c'era dubbio, c'era una mail di Cameron!
Esitò prima di
aprirla, poteva contenere tutto: una dichiarazione d'amore, una di odio eterno,
un virus informatico... Finalmente la aprì.
“Gentile dottor
House,
le comunico che a
breve presenterò le mie dimissioni dall'ospedale, in quanto gravi questioni mi
richiamano a New York. Mi auguro che riuscirà a sostituirmi in poco tempo.
Provvederò entro stasera ad inviarle personalmente una lista di candidati. Nel
frattempo la saluto, è stato un onore lavorare con lei.
Distinti saluti
dottoressaAllisonCameron”
House si sarebbe
aspettato tutto, tranne che una lettera tanto formale. Si immaginava
al limite una lettera del tipo “Non potrò mai dimenticarti, ti amo” o al
massimo “Ti odierò per sempre, scappo per non rivederti mai più”. Forse era
davvero troppo presuntuoso. Ecco, la dolce dottoressina
gli stava dando il benservito nella maniera più fredda e indifferente del
mondo, attraverso la formalità di una lettera di dimissioni. Non poteva credere
che Kyle la potesse spingere in così poco tempo a
lasciare Princeton, a lasciare lui. Strano, si sentiva proprio come un fidanzato
lasciato. E tradito.
Quali potevano
essere questi gravi motivi che la stavano portando via? E poi talmente gravi di
pensare di non tornare più, invece di prendersi dei semplici giorni di ferie!
'Ohhh basta!' si urlo mentalmente House. Lui l'aveva sempre
saputo che Cameron prima o poi se ne sarebbe andata,
quella fastidiosa alunna in cerca di continue attenzioni da parte sua. Quelle
attenzioni che lui non le aveva mai voluto concedere,
se non sotto la forma delle battutine sul suo aspetto.
Decise di rispondere
all'e-mail, voleva darle un'ultima lezione di vita. Si, ma quale?
House si fermò
davanti allo schermo bianco: non aveva idea di cosa scriverle.
Forse avrebbe
dovuto usare lo stesso registro formale “La ringrazio dottoressa per il lavoro
svolto nel mio team, le auguro una splendida carriera ma perchè mi lasci qui? Ti ho davvero esasperata
a tal punto?Perchè ti sei arresa con me?Ah, già. Con me si arrendono tutte. Hai
ragione non è colpa tua, è solo colpa mia. Ciao”
House rinunciò a
rispondere: forse lei stava solo giocando, per vedere
se lui correva a casa sua e la supplicava di rimanere. Beh, lui non gli avrebbe
dato questa soddisfazione.
Wilson, aveva
bisogno di prenderlo un po' in giro. Non ora, meglio farsi un
sonnellino prima.
Gregory! Gregory! Ah ciao Stacy, sei tu. Cosa c'è? Greg mi
fa male il cuore mi fa male il cuore mi fa male il cuore. Stacy
non urlare, ho mal di testa, adesso ti visito, vediamo se il cuore ha qualcosa
che non va.Gregory devi
aiutarmi, non voglio andarmene. Già te ne sei andata Stacy,
comunque il cuore è apposto. No! Mi fa malissimo, non me ne voglio andare! Stacy...Stac...Cuddy?!No
non sono la Cuddy, sono Cameron.Mi
fa male il cuore! Ehi mi tormenti anche nei sogni?Vattene, piccola Cameron. Se hai deciso di andartene te ne devi andare. Si,
ma mi fa male il cuore, guariscimi House, guariscimi! Ciao Cameron,
invitami al tuo matrimonio. Nooooo!!!Cameron? Cameron? Sei andata? Hai visto, te ne sei andata anche tu.
Il sogno era stato
breve e confuso, ma anche lì House l'aveva lasciata andare.
'Questo dimostra che di
lei davvero non me ne importa nulla.' sorrise soddisfatto House, appena le
immagini del sogno gli ritornarono in mente.
'Comincerò da subito a
cercare un sostituto, tanto di persone con le abilità di Cameron
ce ne sono a decine tra questi medicuncoli appena
usciti dall'università'.
Cercò la Cuddy nel suo ufficio. “Cameron
mi ha avvisato che dà le dimissioni, preparami subito una lista di candidati.
Ah, mi raccomando, segui i miei criteri: bionda, occhi
azzurri, provocante e soprattutto obbediente. E che non abbia le manie
di eticità di Cameron, voglio che sia glaciale,
almeno quanto Foreman...”
“Cameron ti ha detto perchè dà le dimissioni?” - lo
interruppe la Cuddy con aria preoccupata - “Oh che
importa, morto un papa se ne fa un altro. Comunque non me l'ha detto, mi ha
solo mostrato la sua abilità di scrivere una lettera ad un capo. Dai, fai
presto con quella lista, ho bisogno di un medico per colmare il posto vuoto nel
mio team, e al più presto...” - “E al vuoto nel tuo
cuore non ci hai pensato?” - lo provocò la Cuddy -
“Ma quale vuoto! Certo si, era molto carina e una brava alunna, però che
problema c'è? La volete finire tu e Wilson con questa storia?!
L'unico vuoto che ho adesso è quello nel mio stomaco, sto morendo di fame...” - “Eppure sia io che Wilson ci abbiamo
visto giusto su di te. Puoi dire quello che vuoi, ma io lo so che ti piace, e
molto anche” - “Ok, allora aspetta, vuoi che ti dia
una soddisfazione? Si mi piace, sono innamorato di
lei, a tal punto che farei qualunque follia per riportarla qui. L'unica cosa
che non va è che..non è vero niente, non mi piace e questo è garantito.
Andiamo, hai visto come l'ho trattata in questi anni, povera piccola Cameron! Volevo farla desistere dalle sue manie di crocerossina,
ora ci sono riuscito, pazienza se se ne va, troverò un
altro medico da stuzzicare al posto suo, anzi no, per quello ho già Chase.” - “A chi la vuoi dare a bere House...” sospirò rassegnata la Cuddy -
“Senti, ora vado, Wilson sta andando a pranzare e non voglio perdermelo.” - si
avviò verso la porta - “E questa storia – le disse ancora – deve finire.
Trovami un candidato e basta. Ciao”
Ancora una volta un paziente era salvo: Foreman
aveva intuito la diagnosi prima del suo capo. Da un paio di settimane a questa
parte non sembrava più una novità straordinaria: House, lo ammettesse o no, non
era più lo stesso.
All’inizio sembrava essere tutto a posto, la partenza di Cameron non l’aveva scombussolato più di tanto, anzi, si
era subito divertito a prendere in giro il nuovo medico del suo team, JimmyHicks, limitandosi solo a
sospirare ogni tanto “Come vorrei che Chase diventasse donna, manca il tocco femminile qui…”.
Wilson e la Cuddy lo osservavano in continuazione, pronti a cogliere un qualsiasi segno di
cedimento, e dopo una settimana House li aveva accontentati.
Era più nervoso e irritante, meno lucido,
come se il Vicodin non gli bastasse più; aveva sempre
qualcosa di meglio da fare che curare i pazienti, ma poi lo sorprendevano a
fissare lo schermo del computer come se fosse trasparente; dormiva molto di più
di giorno(in ospedale) e molto di meno la notte.
Il bello era che continuava a non voler ammettere che tutto
questo dipendesse dall’assenza di Cameron. “Ah,
scusami Cuddy, ma in questi giorni ho il ciclo, per
questo non mi sento bene…”replicava al suo capo che si preoccupava della sua
salute. “Hai ragione, Wilson, mi manca qualcosa…ah si, mi manca la tua
mancanza!”
Per sapere di Cameron non aveva
mosso un dito, forse aspettava un’altra sua mossa, che arrivò
con le sue dimissioni definitive; non voleva sapere perché se ne stava andando,
perché non lo aveva nemmeno salutato o chiamato.
“Tu ti senti responsabile della sua partenza” - aveva
tuonato Wilson – “Forse.” – aveva ammesso House –
“Perché non la chiami, non vuoi sapere nemmeno come sta ora?” – “Lei ha chi le faccia compagnia.” – “La lezione di Stacy
non ti è bastata? Vuoi rinunciare anche a Cameron per
il tuo smisurato desiderio di soffrire?!” – “Ehi la
pianti!” – sbottava House, tutte le volte che lo disturbavano con questa
faccenda – “Ma non vedi come sei ridotto? Tu eri grande perché eri un medico
geniale, se perdi anche la tue capacità mediche
diventerai solo un miserabile uomo sofferente!”. A quel punto House gli
sbatteva la porta in faccia e si rintanava nel suo ufficio.
‘Non può essere Cameron
che mi fa tutto questo! Maledetta piccola crocerossina…non avrei mai pensato
che mi avrebbe sconvolto così tanto la sua partenza. E’ vero, mi piaceva sia
come donna che come medico, ma mi piaceva, diamine, non ne ero
innamorato…ero io ad influenzare lei, non il contrario!’ House faceva sempre
gli stessi pensieri, non riusciva a scrollarseli di dosso. Ogni tanto tornava a
riguardare quella mail così fredda: la cosa che non
accettava di più era stata la freddezza di Cameron.
Non una chiamata, non un addio. Eppure lui era convinto che lei fosse
innamorata…o no? Non era proprio lui che diceva che quello non era amore, ma puro istinto da crocerossina, lui era invalido e a
lei piaceva, semplice.
Possibile che la dottoressina
dolce si era dimenticata di lui? Era bastato un giorno, no poche ore, per
decidere così a cuor leggero di andarsene. E poi, alla carriera non ci pensava?
Con House avrebbe acquisito prestigio anche il suo lavoro, avrebbe avuto le
porte aperte per una grande carriera, e invece se
n’era andata sul più bello.
Tutto questo lo turbava profondamente.
A decine di chilometri di distanza, una ragazza dagli occhi
azzurri e dai lunghi capelli neri si concedeva una pausa con un caffè, dopo una
mattina di lavoro intenso. Di solito era instancabile, ma
quel giorno aveva bisogno di qualche minuto di tranquillità, una tranquillità relativa,
visto che appena si fermava i suoi pensieri correvano ad House. Non voleva
andarsene così, ma purtroppo non aveva potuto evitarlo. House, House, chissà
cosa stava facendo. Cameron era certa che ogni tanto
la pensava, Wilson l’aveva chiamata e le aveva detto
tutto. Wilson la teneva aggiornata su House, la chiamò proprio
mentre lei sorseggiava il suo caffè; le chiese di chiamarlo, almeno per
il bene dell’ospedale. “Cosa dici, Wilson?! Lo sai che
sarebbe utile solo a fargli sfogare tutta la rabbia su di me. Saprebbe solo
trattarmi male, e io proprio adesso non riuscirei a sopportarlo, dopo tutto quello che mi è successo negli ultimi tempi…” – “Credo
che tu abbia ragione Cameron. Spero solo che si
decida lui a chiamarti.” – “Io dubito che lo farà.
Sono convinta che la sua è solo rabbia: me ne sono andata in quel modo, non gli
ho dato soddisfazione. Me l’ha detto un centinaio di volte che io non sono la
donna per lui.”
Cameron era comprensibilmente
scettica, e del resto come non esserlo?
La sua pausa era terminata, salutò Wilson e tornò al suo
lavoro.
La Cuddy fece chiamare House, il
quale si trascinò stancamente verso il suo ufficio. “Cosa vuoi, mio dolce
raggio di sole?” – la Cuddy lo fissò un istante e poi
partì all’attacco: “Ti licenzio! Altri due giorni così e ti licenzio, lo
giuro!” – House quasi sorrise – “Non lo faresti mai, sai che l’ospedale va
avanti anche grazie a me, e poi tu mi stimi…” – “Beh, forse una volta era così.
Si, fino ad un mese fa mandavi tu avanti l’ospedale, d’accordo. Si, fino ad un
mese fa ti stimavo. Ma ora…Ormai sei praticamente inutile qui” – “Io inutile?!” – “Si, proprio così! Non fai le tue ore di ambulatorio,
non curi più i pazienti che ti affido, Chase e Foreman non ti vedono da giorni!” – “Ah, non dargli retta…”
– “Ma quale genio? Loro e il nuovo medico stanno
faticosamente risolvendo tutti i casi che hanno tra le mani, e lo stanno
facendo senza di te. Come vedi hanno imparato bene dal
maestro House! E poi ti sei guardato? Sembri un relitto umano, la
faccenda di Stacy non ti ha ridotto peggio di così,
ti rendi conto? Non hai nemmeno la forza per rispondermi!” – “E quindi mi stai
cacciando…Hai detto due giorni?” – “Si, non ti concedo di andare oltre con
questo tuo atteggiamento…ti preferivo quando eri
odioso, adesso sembri davvero un cane bastonato…” – “Ok,
okCuddy. – il medico si
accomodò su una poltrona, come se si fosse arreso – OkCuddy, Lisa. Parliamone. Dimmi tu, secondo te cosa ho
che non va? Mi sento strano in questi giorni, su questo non ti do torto. Però
non mi sono reso conto di stare esagerando…” – “Pensavo che certe sensazioni
non fossero sconosciute per te, mai sentito parlare di ‘mal d’amore’ mio
geniale diagnosta?” – “Ancora con questa storia?! Non è per Cameron che sto
così…” – “House, fermati un attimo. Ti invito a
riflettere su come sei cambiato in questi anni con lei vicino, e come senza di
lei sei cambiato in peggio in meno di un mese. Comunque so che non lo
ammetterai mai, e del resto non è questo il problema: se vuoi farti del male
sono problemi tuoi, ma se non riesci a curare i pazienti è un problema
dell’ospedale, quindi mio. Su, cerca di fare qualcosa, quello che vuoi…ma non voglio vederti così.” – “Okmammina, allora io vado a svolgere diligentemente il
mio lavoro” – “Ti ho avvertito House, non più di due giorni per ritornare te
stesso…”.
“Dottoressa Cameron, il primario
vuole vederla nel suo ufficio.”. Cameron si chiese
cosa volesse mai il dottor Marlon e raggiunse
velocemente il suo ufficio.
“Dottoressa Cameron, le devo
parlare. Ho acconsentito ad assumerla subito in virtù del suo ottimo curriculum
e della sua delicata situazione familiare. Ora però le chiederei un piccolo
piacere: ho bisogno di una relazione, firmata dal dottor House, sul lavoro che
lei ha svolto nel suo team di diagnostica, sul suo ruolo e sui casi concreti su
cui ha lavorato” – “Mi scusi dottore, ma questo è praticamente impossibile! – Cameron era impallidita – Ci vorrebbe troppo tempo, e poi
io non posso andare a Princeton, lei sa…” – “Mi rendo perfettamente conto della
sua situazione, dottoressa, ma, vede, a me serve conoscere i dettagli della sua
esperienza lavorativa che immagino più significativa. Il dottor House è un
medico molto stimato in campo internazionale, e ho bisogno di una sua opinione
in merito alle sue potenzialità. Non si preoccupi per sua madre, suo fratello
ha avuto il permesso di stare qui per qualche giorno e l’ospedale non le farà
mancare niente.” – “No, forse lei non ha capito, non
posso tornare a Princeton…” – “Dottoressa, lei mi porterà quella relazione, potrà
partire domani stesso”. Il discorso era chiuso. ‘Chedittatore’ pensò Cameron, ma del
resto non poteva biasimarlo: l’aveva assunta il giorno stesso in cui era
arrivata a New York solo grazie ad una telefonata della Cuddy,
era più che normale che chiedesse referenze un po’ più dettagliate. Fino a quel
momento Cameron aveva fatto un po’ di tutto,
ambulatorio, pronto soccorso, laboratorio, ma sembrava che non gli si potesse
trovare un posto che le si confacesse completamente.
Al pensiero di dover tornare al PPTH le si
strinse un nodo in gola, non era pronta a rivedere House. Beh, doveva
farlo, quindi lo avrebbe fatto. Si sarebbe preparata ad affrontarlo. Prese il
suo telefono e compose un numero “Kyle, mi servirebbe
il tuo aiuto…si, sei davvero un tesoro…”
House entrò nella sala riunioni: “Oh oh!
I tre dottorini lavorano per risolvere…uhm…questo complicatissimo caso di…forza
ditemelo voi”e li guardò con aria di sfida agitando tra le mani la cartella del
paziente che aveva appena sfogliato. “Oh oh! Il
geniale dottor House finalmente viene ad illuminarci…” – rispose subito
sarcastico Chase – “Non ci dire che la malattia del
sonno finalmente ti ha abbandonato…” continuò Foreman.
“Avanti, poche battute, voglio fatti! A che diagnosi siete arrivati?” – “Beh,
se proprio ti interessa, a noi sembra una semplice
degenerazione di diabete, con effetti su muscoli e ossa, l’anamnesi familiare
sembrerebbe confermarlo…” – “Bene, è con queste diagnosi che siete riusciti a
non ammazzare venti pazienti? Mi sembra strano, visto che io qui vedo una poli-arterite nodosa! Su, scansafatiche andate a
verificare voi stessi, rifate tutte le analisi e poi portatemi i risultati…che
confermeranno la mia diagnosi.” – “Ahi, ahi, House è
tornato! E’ finita la pacchia Jimmy…”Chase diede una pacca al nuovo medico, il quale
inaspettatamente prese coraggio e intervenne “Per me
non è poli-arterite!”, House lo fissò “Scusi ci conosciamo?Ah già sei il
sostituto di quell’altra…come si chiamava? Chase tu te la ricordi meglio di tutti immagino…Andate a
rifare le analisi e non fate storie, ci vediamo qui tra un’ora”.
I tre medici si alzarono e uscirono di corsa dalla sala
riunioni. House riguardò la cartella: ora che ci pensava un valore non quadrava
con la sua diagnosi.
Prese il pennarello e cominciò a scrivere sulla sua
lavagnetta, battendosi ogni tanto la mano sulla fronte per lo stupido errore
che aveva commesso.
“Dottor House, ci scusi…”, una voce poco familiare lo
richiamò, ma lui non si girò nemmeno “Sto lavorando, chiedete ai miei assistenti…”
– “House…”, un’altra voce, ben più nota lo fece girare di scatto. Cameron e Kyle lo stavano
fissando, entrambi un po’ intimiditi. Non era quella la scena che aveva
immaginato per rivedere lei. Lei. House si sentì girare la testa, come quella
volta, ma fece finta di nulla. Rimase in silenzio qualche minuto abbassando lo
sguardo pensieroso, e poi si rigirò verso la lavagnetta. “House, ho bisogno che
tu…” – “Shhh! Sto lavorando!”, la interruppe
bruscamente lui: si sentiva molto arrabbiato; era forse venuta per chiedergli
di fare il testimone di nozze?! Lei e quel Kyle. Cosa volevano ora da lui? Preferiva non farli
parlare. “Caveron, o come ti chiami tu, se hai
bisogno di qualcosa è meglio che ti rivolgi ai tuoi ex amichetti, io ho da fare
e non voglio essere disturbato, come vedi sto lavorando su un caso…”, detto
questo scrisse sotto ai sintomi del paziente ‘Poli-arteritenodosa’e lo sottolineò due volte. “Non posso
crederci…poli-arterite nodosa con quei sintomi?! Sei
impazzito?! Dammi la cartella!” Cameron
cercò di strappargli la cartella dalle mani, ma questo lo fece arrabbiare
ancora di più, al punto da fargli urlare: “Cosa sei venuta a fare!!! Sto lavorando, non lo vedi? Non puoi vedere la cartella,
non sei più il suo medico!”. Cameron rimase completamente
pietrificata da questa sua uscita. Biascicò appena a Kyle
di lasciarli soli, e poi cominciò a fissarlo: non poteva essere così
arrabbiato… “House, scusami, sono venuta solo perché il dottor Marlon mi ha chiesto una relazione firmata da te sul mio
lavoro qui…” disse in fretta prima che lui avesse il tempo di interromperla,
“Non sarei venuta, però mi ci vorrà un po’ per prepararla e ho bisogno delle
cartelle dei pazienti che abbiamo curato…insieme…”. House la guardò. Si era
calmato, certo l’aveva spaventata un bel po’: non riuscì a trattenere un sorrisetto nel vederla così. Cameronsi illuminò, forse era possibile dialogare. “Ti ho spaventata eh? Dovevi vederti…” – “E’ così che accogli i
tuoi ex assistenti?” – “No – House era tornato serio – solo
quando si presentano in compagnia dei loro futuri mariti…”e si rigirò
verso la lavagnetta.
“Tu dici che non è poli-arterite?
Sai, è un po’ di tempo che il mio intuito non viene
esercitato, ho bisogno di una mente lucida e…conosci Chase
e Foreman, di loro non mi fido…” – “Ma di me si,
vero?” Cameron sorrise e gli si mise a fianco per
verificare i sintomi; gli prese il pennarello e cominciò a segnare tutti i
valori delle analisi. Si sentiva così bene accanto a lui, quel lavoro le
sembrava molto più appagante di quello che svolgeva a New York: lì non avevano
un team diagnostico, e nemmeno un dottor House che la incantasse. Rimasero a
discutere per un bel po’, finchèCameron
non rivelò “Kyle non è il mio fidanzato…E’ solo un
caro amico”; House fece finta di niente e il discorso si interruppe
lì. “Quando abbiamo finito qui…mi dai una mano per la relazione?” – “Non basta
una semplice firma, piccola rompiscatole? E poi che vuole sapere quell’incapace di Marlon?” –
“Beh, sai, mi ha assunta senza garanzie, e vuole sapere che ruolo avevo nel tuo team…”. House fece un cenno di assenso e
sospirò, si sentiva stranamente tranquillo. Lei era tornata, era questo quello che contava. Anche se per poco,
avrebbe sentito la sua presenza vicino. Eh già, quella crocerossina gli era
proprio mancata, era troppo affezionato a lei… ‘affezionato’?!
si chiese dopo aver prescritto la cura giusta ai suoi
tre medici.
“Il primo passo è ammetterlo, caro House:
sei innamorato di lei! – Wilson lo prendeva in giro trionfante – Lo vedi che te
ne sei accorto anche tu? Ti era mancata da impazzire” House continuava a
scuotere la testa, quasi incredulo: “Non ho mai provato quella sensazione di
pace accanto a lei. Mi è sembrato che i giorni scorsi stessi camminando tra le
fiamme dell’inferno, e ora…Come se avessi preso 20 pastiglie di Vicodin tutte in una volta” – “Hai
visto testone, hai visto!” Wilson era contentissimo per l’amico, ma non capiva
che i guai erano appena cominciati “Forse non hai capito, Wilson. Il fatto che
io forse sia innamorato di lei non fa
che complicare le cose.” Wilson ammutolì, ma del resto
conosceva bene il suo amico, era sempre la stessa storia, con Stacy, con Cameron…House si
sentiva sbagliato, condannato al fallimento. “Non voglio che Cameron si ritrovi ancora a dover soffrire a causa
mia…proprio ora che probabilmente mi ha dimenticato…no, meglio lasciare le cose
come stanno, e poi resta il fatto che lei è partita senza dirmi una parola, e
ripartirà dopodomani con quel Kyle…” – “Non ti aveva
detto che Kyle era solo un caro amico?” – “Tutti
mentono, Wilson. Tutti mentono…anche se…Cameron non mente mai…” – “Allora lo vedi che non tutti
mentono: Cameron no, quindi quel Kyle
è solo un amico” – “Beh, fa lo stesso. La situazione è troppo complicata”.
‘Cameron
non mente mai, Cameron non mente mai…’queste parole
balenavano nella mente di House in continuazione.
Cameron era contenta: pranzava
come ai vecchi tempi con Chase e Foreman
e c’erano anche JimmyHicks
e Kyle. Le stavano raccontando dei casi che avevano
risolto, delle nuove cure che avevano sperimentato, e soprattutto…del
nervosismo di House. “Ti assicuro che noi non l’abbiamo visto per giorni, Cameron! Solo una volta si è presentato perché cercava il
suo i-pod, ma poi il silenzio più totale…pensa che la
Cuddyha minacciato di
licenziarlo proprio ieri!” raccontava Chase “E lo
avrebbe licenziato se tu non lo avessi aiutato a risolvere il caso…” – continuò
Foreman.
“Si vede che la Cuddy le ha fatto
davvero paura.”Cameron
cercava di svalutarsi “Si vede che Cameron lo ha
fatto proprio rinsavire…”disse maliziosamente il medico di colore. Cameron sorrise, ma fu evidente che gli occhi sfavillanti
di pochi istanti dopo erano rivolti tutti al suo ex
capo che si era affacciato in mensa per cercarla. “Ehi, Cameron,
cosa dici vogliamo sbrigarci a scrivere questa relazione? Ho poco tempo e poi non
ho voglia di vederti girare qui ancora fino a domani, possiamo finire entro
oggi.”. La dottoressina guardò sconsolata Foreman con uno sguardo che diceva ‘Hai visto? Altro che
rinsavimento!’, ma il medico fece spallucce ‘Chi lo capisce?’.
“Su Cameron, andiamo nel mio
ufficio, e voi…tornate a fare gli scansafatiche nella sala riunioni…”, Cameron quindi avvisò il suo accompagnatore “Kyle, grazie per il passaggio, ci vediamo presto a casa, ok?” – “Certo Cameron, ci vediamo
lì” – “Ehi biondino, ti avviso che faremo molto molto tardi, non è vero porcellina mia?”House fece
l’occhiolino facendo scoppiare a ridere tutti. ‘C’è
poco da ridere’ pensò Cameron,
preoccupata al pensiero di fare tardi con quell’uomo
imprevedibile, mentre un brivido le torturò per un attimo la schiena.
“Lisa, scusami ho bisogno di parlarti.” – “Entra Wilson,
siediti. Cosa è successo, ancora problemi con House?”. Quante volte negli
ultimi giorni Wilson le aveva parlato di House, dei
suoi atteggiamenti più scostanti del solito, oppure di Cameron
e del tentativo che lui stava facendo per farla ritornare almeno un giorno.
“Cameron è tornata” – “Ah,
benissimo! Sua madre sta bene?” – “Purtroppo no, è tornata solo perché Marlon gli ha chiesto una relazione firmata da House.” – “E House come ha reagito? Se è come penso, Cameron adesso sarà già a New York…” – “No, anzi! Dopo un
attimo di rabbia House si è calmato e hanno persino risolto un caso insieme…e
non solo…” La Cuddy lo pregò di continuare, era troppo
curiosa: “Non mi dire che…” – “Non ancora, però ha ammesso che forse è
innamorato di lei”. La Cuddy spalancò gli occhi;
incredibile, non era da House fare di queste ammissioni. “Si, ma non pensare
che così sia tutto risolto. – Wilson interruppe l’entusiasmo della collega –
House ha intenzione di lasciare le cose come stanno. Come al
solito ha troppa paura…”. Sospirarono contemporaneamente: per quell’uomo non c’era nulla da fare. Non riusciva ad
accettare l’idea di essere innamorato di Cameron e
non riusciva ad accettare la sofferenza che si portava da tanti anni in quella
gamba malata.
Cuddy e Wilson non potevano farci nulla: spingerlo in una storia contro il suo
volere era da stupidi. Anche se erano molto preoccupati per il loro amico, loro
due non erano i suoi angeli custodi. Se la sarebbe dovuta
cavare da solo, sperando per il meglio.
Cameron entrò per prima nello
studio di House. Quanto tempo era passato? Pochissimo, pensandoci: solo un
mese, dal loro ultimo scontro. Quel pomeriggio aveva pianto tantissimo sopra al
tetto dell’ospedale. Aveva mandato viaKyle, il quale, preoccupato, si era tenuto nei paraggi;
aveva maledetto House per quello che le stava facendo, aveva maledetto se
stessa perché non era capace di sfuggirgli. Non appena si era calmata, con una
limetta d’acciaio aveva inciso delle parole su un mattone lasciato lì dai
costruttori; l’avrebbe buttato, ma non ne aveva avuto
il coraggio. Si era accovacciata lì vicino ed aveva ricominciato a piangere
silenziosamente, sentendosi desolata come non mai. Aveva passato il limite di
sopportazione con House, dopo quasi quattro anni passati a lavorare fianco a
fianco con lui, passati desiderare che un giorno lui si sarebbe voltato verso
di lei guardandola come solo lei riusciva a guardarlo. Si sentiva
incredibilmente stupida a soffrire così per lui, in fondo non era più un
adolescente, poteva accettare di non piacergli. Ma le lacrime non accennavano a
fermarsi. Poi quella telefonata da New York…
“Cameron! Cameron!”,
la voce burbera di House la fece ritornare al presente. House si lasciò cadere
sulla sua sedia: “…allora, hai raccolto tutte le cartelle necessarie?” – anche Cameron si accomodò su una sedia, di fronte a lui – “Si,
cominciamo prima con la parte generale: allora, che ruolo ho
avuto nel tuo team? Beh, immunologa, e se ci scrivessimo ‘principale diagnosta del team oltre adHouse’?”Cameron rise, ma House le
rispose ironico “Perché allora non scrivere ‘principale elemento di arredamento
nello studio del dottor House’? Sarebbe carino, ti
licenzierebbe subito, oppure tenterebbe di portarti a letto, sai come sono
questi primari eh…”. Cameron non la prese bene: “Ah
già, del resto me l’hai sempre detto che mi hai assunta perché ero carina…” –
“Ehi, bambina, non scaldarti tanto. Non ho detto che eri carina, ho detto che sei carina, e molto anche…”. Cameron arrossì violentemente. Ecco, ora si sentiva proprio
una quindicenne. Doveva smetterla di lasciarsi dominare così tanto dalle sue
emozioni. Alzò gli occhi: lui la stava fissando.
“Che cosa c’è House?” – “Mi chiedevo perché tu fossi così
ingenua…” – “Come ingenua?!” – “Beh, tu crederesti a
tutto quello che ti dico. A volte mi sembri anche un po’ stupida…come ho fatto
ad assumerti?!” – “Ohh,
d’accordo, hai ragione tu. Ora continuiamo a lavorare”, Cameron
voleva tollerarlo, e poi, diamine, se non stava scherzando ora…
‘Docile la dottoressina’
pensava House, che in quella giornata tirò fuori il suo repertorio migliore di
battutine, senza che mai Cameron si arrabbiasse
troppo. Non era da lei non reagire, sembrava addirittura cambiata. Più la
osservava, più le notava negli occhi un velo di tristezza. Ogni ora lei aveva
da fare una telefonata urgente, e per quanto House si
sforzasse di origliare riusciva a capire ben poco delle conversazioni. Forse si
trattava di Kyle: probabilmente quel buono a nulla
voleva essere rassicurato sul comportamento irreprensibile della ragazza..
Ormai si erano fatte le 21 e Cameron
chiese se non era il caso di chiudere per il momento
lì il lavoro e continuarlo l’indomani: “Nemmeno per sogno, continueremo fino a
quando non avremo finito, piccola rompiscatole!” – stavolta Cameron
tentò di ribellarsi – “Ma sei impazzito?! Si faranno le quattro del mattino con
tutte le cartelle che dobbiamo ancora esaminare!” – “Se dici ancora una parola
io andrò a casa e tu resterai qui a fare il tuo lavoro…”. Cameron
si alzò di scatto: “Non puoi impormelo, non sono più una tua dipendente”.
Anche House si alzò in piedi: cavolo, come era alto, molto
più alto di lei. Cameron si sentì tremare le gambe:
era innamorata di lui, ancora. Quasi senza rendersene conto lei gli prese un
braccio, mentre House la fissava diritto negli occhi.
“Non sono più il tuo capo, hai ragione. Fai come preferisci,
vuoi tornare a casa?”, disse lui con un filo di voce. “Si…” fu la risposta
altrettanto bisbigliata di Cameron.
“Allora andiamo, dottoressa Cameron.
Ti offro un passaggio?” – “No, grazie. Ho chiesto a…” – “…Kyle
immagino, ti viene a prendere lui?” – “Si, sarà qui a minuti”. House sembrava
aver esaurito tutto il suo sarcasmo. Cameron stava per uscire dall’ufficio, quando House la chiamò: “Cameron…”, la dottoressa voltandosi si sentì battere il
cuore a mille: “Dimmi…” – “Ti volevo chiedere…tu non menti mai?”. Cameron sorrise tristemente: “Lo sai bene, House. Tutti
mentono…vorrei solo averlo fatto un po’ più con te”. ‘E
io avrei tanto voluto farlo un po’ meno con te, Cameron’
fu il pensiero di House, altre furono le parole: “Perché? A me non hai mai
mentito?” – “Ho detto solo che avrei dovuto mentirti un po’ più spesso, non che
non ti ho mai mentito…” si girò verso la porta ma
continuò a parlare: “L’importante è non mentire a se stessi, e io questo non
l’ho mai fatto. Ciao” – “Ciao”. House la lasciò andare pensieroso. Come al solito Cameron aveva colto nel
segno. Poco dopo si affacciò alla finestra, giusto in tempo per vederla salire
sulla macchina del tipo. Cercò di catturare un bacio, un gesto che gli confermasse che lei mentiva. Nulla.
Chissà se Cameron avrebbe capito
che il problema ora per lui non era la menzogna, ma accettare la verità su se
stesso. Accettarsi.
House prese il suo Vicodin, la
gamba gli faceva male.
innanzitutto grazie a tutti per le recensioni, ce la metterò tu
innanzitutto grazie a tutti per le recensioni, ce la
metterò tutta per farvi ancora appassionare, come sta capitando anche a me
mentre scrivo questa storia…
Capitolo IV
“Stasera te ne vai…”
Più che una domanda era una constatazione quella di House,
che urlò al vento in sella alla sua moto. Pioveva quella mattina, e tra
un’imprecazione e l’altra il bagnatissimo
House pensava a lei, alla sua dottoressina
ingenua. Già, “sua”.
Lui aveva tentato di insegnarle a dubitare sempre del
prossimo, a mettere al primo posto il paziente e poi le stupide questioni
etiche, il “Tutti mentono: tutti ma proprio tutti”, a lasciar perdere gli
ideali felici che si era costruita negli anni. Eppure in tutti questi anni era
stata lei che aveva insegnato molto a lui; Cameron
era il “come deve essere”, House il “come squallidamente è”. La via di mezzo se
la stavano indicando a vicenda, anche se lui
apparentemente non la seguiva.
Cameron era cresciuta da quel
giorno in cui gli aveva chiesto perchè lui l'aveva assunta. L'aveva notato,
House: la crocerossina era diventata più matura, quasi improvvisamente era
diventata meno bambina e più donna. Donna si, ma senza aver perso quell'adorabile ingenuità, che lo aveva sempre spinto quasi
per ripicca a svelarle la sua visione cinica della realtà. A differenza di
allora, House adesso si sentiva meno insegnante e più alunno.
Eppure lui non era adatto a Cameron.
La piccola Cameron aveva bisogno di un uomo, non di
un relitto umano. Si, lui era proprio un relitto umano: la lucidità che lo
caratterizzava come medico col tempo sembrava sparire, offuscata dal dolore di
quella gamba maledetta, e da quel Vicodin di cui era
drogato.
No, Cameron non poteva essere sua.
'Forse è più facile stare da soli,
che preoccuparsi di qualcun'altro, vero Gregory?', da
un angolino della sua mente questo pensiero lo colpì come uno schiaffo, ma lui
lo ricacciò indietro rabbiosamente. Ormai si vedeva l'ospedale.
“House, raggiungimi subito nel mio ufficio” – “Subito, mio
dolce raggio di sole...”, House reggendosi malamente
sul suo bastone si recò, non senza più fatica del solito, nell’ufficio del suo
capo. “Sbaglio, o la gamba ti fa male più del solito?” – House non trattenne
una smorfia di dolore – “E’ da un paio di giorni che il dolore è aumentato…Ahhh, non basta più nemmeno il Vicodin!”
– “E di Cameron che mi dici?” – “Mi fa piacere che tu
ignori il dolore del tuo medico migliore…” – “Migliore un corno, House. Avete
terminato la relazione per il dottor Marlon?” – “No,
ci vorrà almeno un’altra mezza giornata…” – “Vuoi che chiami il dottor Marlon per chiedergli se Cameron
può restare ancora un po’?” – “Ma che dici, Cuddy?! Anzi, chiamalo per dirgli che se la venga a riprendere!
Tu non sai quanto è precisa e rompiscatole! Se fosse stato per me avremmo
finito ieri sera, una firma e via.”
La Cuddy sorrideva ironicamente:
“Ah si?” – “Certo! Non so come ho fatto a lavorare con Cameron
per 3 anni, è davvero insopportabile!” – “Certo House. Ora vai a fare le tue
ore di ambulatorio, sei già in ritardo” – “E stavolta solo per colpa tua…senti,
per una volta potrei evitare l’ambulatorio? Ho fretta di togliermi dai piedi Cameron e la sua relazione!” – “Per una volta?!?! Fila via House!” – “Uff, ma lo sai che hai proprio delle belle scarpe Lisetta
mia?” – “Come fai a vederle se sono sotto la scrivania?! Ora mi sto davvero
arrabbiando, ti ricordo che oggi scadono i due giorni di tempo che ti ho
concesso…allora vuoi darti una mossa?” – mentre diceva
questo la Cuddy sventolò quasi per impressionarlo una
lettera di licenziamento – “E’ già pronta, qui tra le mie mani. Stasera alle 11
ti voglio nel mio ufficio” – “Che arpia che sei!!! A quell’ora i bambini come me vanno a dormire…” – “House…”.
Il dottore non ebbe scelta e si avviò verso il laboratorio, chiudendo la porta
dietro di sé. “A proposito, House, avrai un’assistente…per facilitarti il lavoro”, Cuddy sorrise compiaciuta
perché House ormai non la poteva sentire.
“Non mi pare che lei sia un medico di quest’ospedale – disse
freddamente House entrando nella stanza delle riunioni, rivolto a Kyle – Non può stare qui, si trovi qualcos’altro da fare mentre aspetta la sua ragazza…”. Poi rivolto agli
altri: “Dov’è Cameron?” – “Ah, non saprei – disse Foreman – la Cuddy l’ha fatta
chiamare prima…” – “Ehi, ma tu non avevi ambulatorio?!”,
come richiamata la Cuddy si affacciò nella stanza e
fulminò con lo sguardo House. “Mi dica la verità dottoressa, ma lei ce l’ha un tantino con me?!” – “Non voglio minacciarti
ancora…vai ad adempiere ai tuoi obblighi di medico”. House quindi si avviò
sbuffando e zoppicando verso il reparto al secondo
piano: c’era una fila enorme, ‘Dannazione! Maledetti raffreddori!’, pensò
aprendo la porta dell’ambulatorio.
“Ehi House!”, il dottore spalancò gli occhi: era proprio Cameron lì davanti a lui che gli
sorrideva? “Ti stavo aspettando. Ora possiamo cominciare” – “Non mi dire
che ti ha mandato la Cuddy…” – disse lui ancora
meravigliato – “Proprio così. Hai visto tutti quei pazienti lì fuori. Mi ha
chiesto di evitare l’ennesimo turno extra ai tuoi dottori.”
– “Ah ok. Vuole che continuiamo la relazione qui?” –
“Vuole che ci occupiamo dei pazienti, House”Cameron
sorrise ancora, con quel sorriso che solo a lui riservava, House lo conosceva
bene.
Passarono tutta la mattina a prescrivere ricette, a visitare
pazienti e a ridere delle battute di House che cercava di terrorizzarli. Una
vecchietta si fece controllare la pressione e poi esclamò: “Che bella coppia
che siete, dottori!”, quindi House guardò Cameron
“Strano che non ce l’avessero ancora detto, vero Cameron? – le fece l’occhiolino e poi ritornò alla
vecchietta – Beh, sa, ormai sono tre anni che stiamo insieme, ce lo dicono tutti”, ‘…e ora se conosco Cameron
è arrossita come un peperone…’, House sorrise vedendo che, a guardare le guance
rosse di Cameron, come al solito aveva ragione. Dopo
che la paziente fu uscita House scoppiò in una grossa risata, davanti ad
un’allibita Cameron, che mai l’aveva visto così
allegro, e che non era mai riuscita nemmeno ad immaginare House che rideva.
“Cosa hai tanto da ridere?” – “Ahah piccola Cameron, rido di te. Prima la
temperatura della stanza si è alzata improvvisamente, guarda caso
mentre arrossivi…” – “Ah, e tu ridi per queste
stupidaggini?! Pensavo che ci fosse un motivo eccezionale per farti ridere la
prima volta nella tua vita…” – “eh crocerossina mia, rido
del fatto che ormai ti conosco così bene che ormai non hai più segreti per me,
nemmeno fisiologici!” – “Ah si, e se sai davvero tutto
di me, dimmi che biancheria indosso adesso?” – Cameron
sorrise maliziosamente al suo ex capo – “Piccola Cameron,
questa te la do vinta, così maliziosa non ti conoscevo… – si girò dandole le
spalle – …e comunque indossi mutandine e reggiseno rosa salmone!”. Cameron spalancò gli occhi “Co..come hai fatto?!” – “Beh, semplice – dopo un attimo di
silenzio, House si rigirò di scatto e le puntò gli occhi in faccia trionfante –
ho tirato ad indovinare!!!”
Stavolta a ridere a crepapelle non fu solo House.
“Permesso…posso entrare dottore…” una donna di mezza età con
il suo bambino si era affacciata nella stanza, più che intimidita da quelle
risate. I due si interruppero con molti sforzi:
“Avanti signora, non faccia caso a… sa, riflettevamo su quanto il dottor House
fosse un inaffidabile burlone…”Cameron riuscì a
stento a reprimere un’altra risatina, quindi si occupò della paziente, mentre
House faceva entrare un altro paziente nella saletta a fianco, non prima di
averle rivolto uno sguardo d’intesa.
Come al solito House più che
pensare ai pazienti rifletteva su se stesso. Si era dimenticato cosa si provava
ad essere felici. Cameron, Cameron aveva riso con lui.
Mentre diagnosticava una brutta influenza al suo paziente
guardava verso il muro, come se i suoi occhi avrebbero potuto
attraversarlo e vederla. Aveva un disperato bisogno di guardarla, di leggerle
davvero dentro per trovare conferme a quello che stava provando. Si accorse
però che, nel momento stesso in cui stava pensando a queste cose, la felicità
lo aveva già abbandonato; ‘Possibile che io non cambi
mai?! Possibile che a me non spetti un po’ di felicità
duratura!’, finì per pensare House.
Il geniale diagnosta, che sapeva
vedere così bene nelle anime e nei corpi degli altri, non riusciva a capire che
finalmente qualcosa si stava muovendo in lui: l’House di cinque anni prima,
dopo che Stacy l’aveva abbandonato sfinita dal suo
odio, e anche l’House di un anno prima, quando ancora Stacy se n’era andata perché lui l’aveva mandata via, non
avrebbe mai invocato la felicità, anzi, l’avrebbe scacciata sdegnosamente.
‘Poche ore e lei se ne andrà’, riusciva solo a pensare lui.
E continuava a guardare quel muro.
Il turno era finito, e i due medici si avviarono un pò stancamente verso la mensa.
Furono affiancati da Wilson che li osservò piacevolmente
sorpreso: “Cameron non mi dire che sei riuscita a
tenere House all’ambulatorio per più di 3 ore?! –
House lo guardò torvo – Sai è un vero peccato che la Cuddy non abbia pensato prima a farvi lavorare insieme.
Sono sicuro che House adesso esaurito i suoi famosi conti in sospeso con
l’ospedale…” – “Ah, beh, tanto lei finalmente
stasera se ne va e quindi per quanto mi riguarda addio ambulatorio per almeno 3
anni!” disse sarcastico House, beccandosi un’occhiata
arrabbiata di Cameron. Era proprio incorreggibile!
“Stai tranquilla Cameron, lo sai che tutti mentono, e
House è il primo…”la rassicurò Wilson. “Senti tu, oncologo dei miei stivali,
sei arrivato appena in tempo, sto andando a pranzare,
mi offri il pranzo?”. Wilson e Cameron sospirarono:
House era fatto così. Inaspettatamente però il diagnosta si voltò verso Cameron
e le fece per l’ennesima volta in quei due giorni l’occhiolino, facendole
pensare ironicamente ‘Deve aver preso qualcosa stamattina…non l’ho mai visto
così…’.
Tuttavia Cameron non potè evitare per l’ennesima volta di sorridergli.
A molti chilometri di distanza, nel reparto di rianimazione
di un ospedale di New York, i medici tentavano una rianimazione disperata sotto
gli occhi terrorizzati di un giovane. La donna nel letto era peggiorata
all’improvviso, dopo circa un mese di coma farmacologico:
si era svegliata di soprassalto nonostante i sedativi e i suoi valori erano
subito scesi sotto la soglia vitale. Il ragazzo poco più che ventenne che le era accanto aveva chiamato immediatamente i medici.
“Libera…libera…libera…”, la rianimazione non servì a niente,
il livello inesorabilmente piatto dei suoi battiti lo confermò.
La donna era morta.
Cameron e House da circa un paio
d’ore erano di nuovo nell’ufficio del diagnosta a lavorare sulle cartelle dei pazienti. Cameron sembrava sconsolatissima di fronte alla mole di lavoro
che ancora li attendeva : “Non ce la faremo mai,
maledizione a quel dannatissimo primario!” – House alzò un sopracciglio interrogativamente – “Ehi, possibile che sia peggio di me,
questo Marlon?” – “Oh, non sai quanto! Ancora non ha
capito che ruolo assegnarmi nel suo reparto…ma dico, sono specializzata in
Immunologia, perché mi mettete in reparto Oncologia?!
Perché non mi assegnate al reparto Malattie infettive!”, più che parlare ad House la giovane dottoressa sembrava parlare tra sé e sé,
mentre riguardava quelle cartelle che sapeva a memoria, perché House le aveva
sempre odiosamente affidate a lei.
“Piccola Cameron, cosa ti ho detto
sempre io? Se non puoi alzare la voce con il primario, alza la maglietta e
mostragli le tue grazie…” – “Ma cosa dici stupido…”, Cameron
gli sferrò ridendo un pugno, ma lui lo parò e le imprigionò la mano.
House pensava ‘Non avrei mai creduto di poterti dire
questo…’: “Cameron…perché non mi fai
chiamare il tuo primario… – la dottoressa si sentì gelare il sangue nelle vene,
House aprì bocca per continuare ma si interruppe un attimo, quindi continuò –
…per dirgli che le garanzie su di te gliele posso dare io direttamente, senza
che tu rimanga qui fino a domani…”
Immediatamente si dipinse un’espressione delusa sul volto
della giovane. House le consentì di ritirare lentamente la mano: non aveva
detto quello che voleva. Aveva mentito. Lei abbassò gli occhi e disse
freddamente: “Poteva venirti in mente prima, no? Almeno non sarei stata così tanto tempo lontana da…” – “Da casa, Cameron?
New York è la tua casa?!” – “Per ora si, è la mia
casa, anche se non intendevo dire quello.” – “Pensavo che la tua casa fosse qui
a Princeton, che in questo ospedale ti trovassi bene…”
– “Oh si che mi trovavo bene…” – “E allora perché te ne sei andata? Per correre
appresso a quel buono a nulla del tuo amichetto?!”,
ora House era alterato, le sollevò con decisione il mento per costringerla a
guardarlo. ‘Quegli occhi…’ fu il pensiero che
attraversò la mente di entrambi. Quelli di Cameron
divennero improvvisamente lucidi: “Tu, non sai…”
Il telefonino di Cameron squillò.
Stettero immobili per qualche secondo, poi Cameron si
liberò della mano di House e si allontanò da lui per rispondere.
“Pronto, si. E’ successo qualcosa? Come?! Non può essere…era
in coma farmacologico…dormiva tranquilla...Non ce l’hanno fatta a…”, il telefonino le cadde di mano andando
a rompersi per terra. “Non ce l’hanno fatta a…”Cameron rimase immobile, sconvolta dalla notizia che aveva
appena ricevuto: sua madre era appena morta. Cominciò a tremare. House le si avvicinò camminando sul suo bastone: non aveva capito
bene, ma qualcosa di grave doveva essere successo. “Cameron,
è successo qualcosa?”. Lei si voltò improvvisamente senza guardarlo, si
avvicinò alla scrivania e raccolse le sue cose, ancora tremante. Non diceva una
parola, ma House percepì il suo pianto lento e
silenzioso. “Me…me ne…me ne vado House…”, il pianto divenne incontrollabile: la
dottoressa era ormai scossa dai singhiozzi.
“Dimmi cosa ti è successo, Allison…”,
la voce di House si fece dolce e calda, ma lei non si accorse nemmeno che per
la prima volta lui l’aveva chiamata per nome.
“Nooo! nooo!”,
Cameron lasciò cadere tutto a terra e scappò via.
Wilson entrò di corsa nell'ufficio di House. “Ti senti male,
amico? La gamba?” – House era seduto sulla sua sedia, e giocava con la sua
palla da tennis – “Ehi, non mi dire che mi hai fatto
venire qui apposta per vederti giocare con quella tua stupida palla?! Mi hai
chiamato e mi hai detto che stavi male!” – “Non io, Cameron
sta male” – “E dov'è ora?”. House sospirò: “Credo di saperlo, ma non ho il
coraggio di andare da lei”. Wilson scosse il capo e si accomodò sulla sedia
accanto a lui: “Cosa è successo? Le hai detto qualcosa
che...” – “Non le ho detto niente! – House aveva
urlato all'improvviso – Avrei voluto dirle...che non volevo che partisse...Ma qualcosa mi ha bloccato, e poi lei ha ricevuto
una telefonata che l'ha fatta disperare completamente. E' corsa via in
lacrime.”Wilson capì di che cosa si doveva trattare.
“Se sai dov'è, perchè non vai da lei?!”
– “Ho paura di mentirle di nuovo, di non riuscire a consolarla. Forse dovrei far
chiamare quel suo Kyle...” –
“Sei impazzito!Lei vuole te, è chiaro! House non ti riconosco
più, che ti prende?”
Il dottore rimase in silenzio.
“Ehi Kyle, cosa è successo?”, Chase lo vedeva
piuttosto scosso. Si erano trovati insieme a Foreman
davanti ai distributori al piano terra, e Kyle era
visibilmente agitato. “Ecco, scusa Robert, ma ho
appena ricevuto una telefonata...la madre di Allison
è morta.”
Chase e Foreman
si guardarono dolorosamente stupiti: non sapevano nemmeno che la madre di Cameron stesse male. Chissà come stava ora. Kyle si avviò verso gli ascensori per andare da Cameron, ma i due lo bloccarono: “Amico, è meglio che con
lei stia House...” – “Ma come? Vi sembra che quell'uomo sia capace di consolarla?!”.
I due medici annuirono. Solo lui poteva starle vicino ora, doveva essere lui.
“Allora House, cosa aspetti?” – “Voglio che tu mi dica
quanto sono bastardo! Voglio che tu mi dica che non posso starle accanto perchè saprei solo ferirla! Voglio che tu mi dica
che io sono talmente sbagliato che non merito di averla accanto!”.
Wilson lo guardò perplesso: “Se te le devo dire io queste
cose, vuol dire che nemmeno tu ne sei convinto...” – “No,
non ne sono convinto, va bene? Oggi mi sono domandato 'Perchè non posso averla?
Perchè a me non è dato di essere un po' felice nella mia vita?' e la sola
risposta che sapessi darmi era 'Perchè sono un fallito
e perchè sono capace solo di mentire'...Oggi ad un
certo punto ho sentito tutto il peso delle mie menzogne ricadermi addosso...”.
Wilson pensò che dentro il suo amico si stava
scatenando una tempesta incredibile. “Ho sentito tutto il peso della mia
infelicità concentrarsi in questa maledettissima gamba!”, House si afferrò la
gamba malata, quasi volesse staccarsela. “Ehi ehi,
House che stai facendo?!Calmati!”. Wilson cercò di
placare la reazione rabbiosa dell'amico, riuscendo a farlo desistere da chissà
quali propositi autolesionisti. House ansimava, stremato da quella giornata di
paradiso e inferno. “La verità...Wilson...è che io non voglio arrendermi al
pensiero che...l'essere fatto in questo modo…cioè male…molto male…non mi ha mai
impedito di amare e non ha mai impedito ad altre donne di amarmi. Credevo che
dopo quel trombo alla gamba fosse cambiato qualcosa in me…” – “…Invece sei
sempre lo stesso, amico mio, è anche comprensibile che subito dopo l’intervento
di rimozione del muscolo tu abbia odiato Stacy.
Sarebbe stato difficile per chiunque accettare la tua condizione…” – “Si, ma io
quando ho visto cosa le avevo fatto ho pensato di
essere peggiorato. Poi mi ci sono adeguato, ne ho fatto un vero e proprio stile
di vita…sai, il camice, le scarpe, quelle cose lì, insomma. Ma la cosa peggiore
è che ho creduto di non essere più capace di stare
accanto alle persone senza farle soffrire…”
House si affacciò alla finestra: stava cominciando a
piovere, e sarebbe anche stato un acquazzone a giudicare da quelle nuvole
nerissime. “Piove.” notò Wilson. “Cameron…è
meglio raggiungerla. Si bagnerà…” – “Non vuoi sapere prima cosa le è successo?”
– “Se vorrà me lo dirà lei…oppure glielo estorcerò con la forza…”Wilson
sorrise: House si era concesso persino una battuta delle sue. Probabilmente
voleva dimostrare a se stesso che davvero non era cambiato.
House non aspettò oltre e uscì come un fulmine dall’ufficio.
Wilson lo guardò tristemente: ‘Ah Gregory House…possibile che ci siano voluti sei anni per
capire che eri sempre lo stesso.’, quindi entrò la Cuddy
e si appoggiò alla porta: “E’sempre stato un po’ restio ad amare, fin dal
liceo. Però non ha mai rifiutato l’amore come in questi anni. Forse ha sofferto
più di quello che pensiamo, Wilson” – “Del resto solo lui poteva superare
questa situazione” – “Speriamo che stavolta vada tutto bene, incrociamo
le dita...” – “Meno male che non eravamo i suoi angeli custodi…”. Scambiatisi
un sorriso, Lisa e James si avviarono nei rispettivi
uffici.
“Allison? Allison?”,
House la stava cercando dove era assolutamente sicuro di trovarla: sul tetto
dell’ospedale. In pochi istanti si bagnò completamente ‘maledetto acquazzone’. Ad un tratto tra la pioggia incessante scorse
una figura accovacciata.
Lei piangeva. “Allison, ti ho
trovata.”, House doveva urlare per farsi sentire: “Dai, vieni con me giù, ti
offro una tazza di thè!”.
Lei continuava a piangere senza degnarlo di uno sguardo. Il
medico non ebbe scelta: si accovacciò al suo fianco e le accarezzò i capelli. ‘Cosa devo fare per attirare la tua attenzione, piccola Cameron?’. Cameron si voltò:
finalmente sembrava essersi accorta di lui. Aveva il volto bagnato più dalle
lacrime che dalla pioggia, gli occhi rossi e le labbra contratte in una smorfia
disperata. “Mi sento molto sola, House.”, intanto la pioggia prese a cadere
ancora più forte. House la guardò senza dirle nulla. “I miei genitori…ormai se ne solo andati tutti e due!”, Cameron
cercò di alzare gli occhi al cielo, ma la pioggia glielo impediva, quindi
chiuse gli occhi e aprì la bocca come per bere da quelle gocce d’acqua. “Ehi, Allison! Sei impazzita! – House le chiuse prontamente la
bocca – Lo sai che quest’acqua è più contaminata di quella del bagno di casa
mia?!” Lei lo guardò di nuovo, piegando gli angoli
della bocca all’insù per simulare un sorriso. ‘PiccolaCameron…possibile che vorresti sorridere anche per
questa stupidata’. Cameron
continuò a parlare: “Sai, mio padre se n’è andato circa un mese fa, e mia madre
solo oggi…per lo stesso incidente. E io non c’ero…”riprese a singhiozzare
portandosi una mano alla fronte. “Per questo sei partita così improvvisamente?”
– “Si…volevo starle vicino. Poi il dottor Marlon mi
ha mandato qui con questa stupida relazione…” – “Non è rimasto nessuno con
lei?” – “Si, mio fratello…si è liberato dagli impegni dell’università e mi ha sostituita…ma non avrei mai dovuto lasciare a lui questa
responsabilità, ha solo vent’anni!” – “E tu ne hai solo ventottoAllison. Ma del resto è inutile – le accarezzava i
capelli – tu saresti andata anche se fossi stata la
più piccola, vero?” – “Si, anche se in passato ho avuto contrasti con loro non
li avrei mai lasciati soli, mai!”, Cameron si stava
calmando, così la pioggia, meno battente di prima. “Perché non me l’hai detto, Allison. Sarei venuto lì a vedere se potevo
fare qualcosa…” – “Ah, no House. Tanto era tutto così semplice: scontro
frontale, mio padre con gravissimo trauma cranico non ha superato la notte; mia
madre con gravi lesioni e la colonna vertebrale rotta viene
messa in coma farmacologico. Pare che si sia
svegliata improvvisamente dal coma: il suo corpo non è riuscito a ristabilizzare le funzioni in tempo…” – “Come è possibile
che si sia risvegliata da sola?” – “Non lo so, House, non lo so.”Cameron scosse la testa arresa, poi lo fissò negli occhi
“Sai…in fondo sapevo che saresti venuto…ti aspettavo…lo vedi, avevi ragione:
siamo danneggiati entrambi…ora più che mai…” – il dottore la guardò tristemente ma poi replicò: “Ah beh, aspetta a parlare, se
Wilson non mi avesse minacciato, col cavolo che sarei venuto…” House si pentì
subito di quelle parole e senza pensarci le chiuse gli occhi con i palmi delle
mani: “Per favore, per una volta fai finta di non aver sentito quello che ho
detto, ok?”. Inaspettatamente Cameron
sorrise, più apertamente di prima. “Ah, sorridi eh? Allora ho capito: a te
piace essere trattata male…” – “Non esagerare House…” – “Okok. Cosa dici, piccola Allison?
Adesso che la doccia è davvero completata vogliamo scendere giù?”. Cameron fece un cenno di assenso: “Scusa, hai ragione.
Dobbiamo essere proprio matti per farci una doccia così…Chissà che scena!” le
sfuggì un risolino, quindi si alzò prima per aiutarlo.
“Che fai Allison? Stai a vedere…”
House riuscì ad alzarsi da solo.
Quindi prese il bastone e lo spezzò davanti ad una Cameron allibita: “Ora come farai?” – “Senti, ti mostro una
cosa: è tutta questione di forza di volontà, guarda…” fece qualche passo ma poi la gamba gli cedette, e House trattenne a
stento un urlo di dolore. Cameron gli si avvicinò
dolcemente: “In fondo…ti manca un muscolo, per quello non ci puoi fare niente.
Ti aiuto io…” – “Ahi ahi, la crocerossina è tornata!
Come farà il dottor House adesso senza il suo bastone?” – “Dai,
non fare lo scemo. Per me non è un problema…” – Cameron
guardò a terra e tornò di colpo triste; House lo notò subito: “Stai bene?” – la
dottoressa alzò gli occhi verso di lui – “Si, tutto bene. Passerà, tranquillo”
– “Ok…ora aiutami”.
Scesero faticosamente le scale fino all’ufficio di House. Ci
trovarono accappatoi e asciugacapelli. “Oh, bene. La Cuddy
ha deciso di utilizzare i fondi dell’ospedale per i medici che si inzuppano di pioggia sul tetto…” – “House…” – “Si,
crocerossina?”, Cameron fece per dire qualcosa, poi
ci ripensò: “Nulla…volevo solo dirti grazie” – “Ah, ti pare nulla?! Non ho mai
sentito nessuno dirmi ‘grazie’, nemmeno i pazienti, figuriamoci
una dottoressa per la quale mi beccherò sicuramente un raffreddore…” – “Va
bene, House. Cosa vuoi che ti dica?” – “Meglio che non ti dico cosa vorrei che
tu mi dicessi Allison…”, la guardò malizioso, ma lei
non gli aveva prestato attenzione: “Come mi hai chiamato?” – “Allison…non è il tuo nome?” – ‘Ce
ne hai messo per accorgerti di come ti stavo chiamando…’ – “Oh no, niente, solo
che…non mi hai mai chiamato per nome…”, Cameron ora
aveva davvero la bocca spalancata. “Secondo te
significa qualcosa, piccola Allison?” – “Mmmh, forse che hai bevuto oggi?” – la giovane rideva –
“Beh, non penso di aver bevuto, senti un po’…” House la baciò.
Fu un bacio fugace, un leggero sfiorarsi di labbra, che
prese completamente alla sprovvista Cameron.
“Ora andiamo ad asciugarci…”, le disse senza staccare i suoi
occhi da quelli di lei, che un attimo dopo si riprese e annuì. Si stava
avviando verso lo spogliatoio femminile, quando House la fermò: “Ehi, Allison…vengo con te a New York…voglio capire meglio questa
situazione…” – “Si…ti ringrazio.” – “…non se non mandi
via quell’imbranato del tuo amico!”.
Cameron sorrise di nuovo, mentre
il suo cuore batteva a mille.
Due giorni dopo si svolse il funerale: Wilson, Cuddy, Foreman, Chase e Hickserano
in chiesa pronti a sostenere la collega, e con loro Kyle.
Di fianco a Cameron e al fratello c’era House, e ai
medici dietro di loro non sfuggì il contatto tra le
loro mani, specie nei momenti più tristi della cerimonia.
Al cimitero House rimase lontano, lasciando che i due
fratelli si stringessero nel loro dolore, e con lui Wilson: “E’ difficile
rimanere orfani” – bisbigliò tristemente quest’ultimo. “Ho paura che
quest’ultimo avvenimento la faccia cambiare…prima il marito, poi i
genitori…”ammise House. Wilson gli mise una mano sulla spalla scuotendo la
testa.
Princeton-PlainsboroOspital, una settimana dopo.
“Allora, maschio, 47 anni epilettico, disturbi del sonno e
dell’umore, perdita di sangue dalla bocca e dal naso, tachicardia…avete
ipotesi?”House annotò velocemente i sintomi sulla sua lavagnetta e guardò interrogativamente i suoi tre dottori. “Per me è…” –
“Aspetta Chase, non voglio sentirlo, sicuramente hai
sbagliato…” – “E chi te lo dice?” – “Lo so e basta. Qualche altra ipotesi?” –
“Potrebbe essere una malattia autoimmune…” – “Foreman, mi meraviglio che tu non abbia detto direttamente
lupus! Comunque è un’ipotesi plausibile…E tu, hai qualche ipotesi?” – disse
rivolto all’ultimo dei tre dottori – “Per me la cosa è più semplice: un attacco
epilettico violento avrà provocato la rottura di vasi sanguigni superficiali di
naso e bocca, la tachicardia sarà data dallo spavento…” – “In un paziente
epilettico da quarant’anni?!
Non lo avrebbero mandato qui se fosse solo questo…Non
siamo al pronto soccorso, Hicks!”
“Dottor House? – un’infermiera lo venne ad avvisare – la
dottoressa Cuddy la vuole nel suo ufficio” – “Le dica
che sto lavorando al caso che lei mi ha affidato, e soprattutto le dica che
l’ambulatorio non lo faccio…” – “Mi scusi, ha detto che è piuttosto urgente…” –
“Va bene, arrivo subito!”.
Cinque minuti dopo era nell’ufficio della Cuddy: “Allora cosa c’è?” – “Ti volevo solo dire che Cameron mi ha avvisato del suo arrivo…” – “Si, domani, lo
so.” – “Domani? – la Cuddy
era sorpresa, ma poi sembrò capire – Ah si, certo, domani. Domani se ne andrà anche Hicks, giusto in
tempo.” – “Non posso credere di averlo shoccato così
tanto da volersi trasferire” – “Lasciamo perdere, che l’hai proprio tormentato!
Semplicemente perché era il sostituto di Cameron…gliene
hai fatte di tutti i colori!” – lo guardò severamente – “Allora Chase cosa dovrebbe dire?Forse lo dovrei rivalutare in
effetti…” – “Basta, House, ora vai a fare il tuo turno di ambulatorio…” –
“Nemmeno per sogno! E non pensare che adesso che tornerà la dottoressina
ingenua tu mi possa imporre ancora tre ore di
ambulatorio, piuttosto me ne vado io” – “Non lo faresti mai, House… – la Cuddy lo guardava indulgente – Facciamo così: ti do un paio
d’ore di pausa ora, e domani mi fa un’ora di…” – “Cosa, cosa? Ho capito bene?
Hai bevuto Cuddy?!” – “No,
però te le meriti almeno per oggi…” – “Mezz’ora?” – “Ho detto un’ora di
ambulatorio, e ringrazia che ti abbia lasciato libero adesso! Ora vai, ho da
fare!” – “Con te non si può mai parlare…”.
‘E ora che faccio in due ore? Quasi
quasichiamo la piccola
rompiscatole…’, si rese conto che non aveva mai pensato prima di poter chiamare
Allison quando non aveva niente da fare. ‘Speriamo che quella crocerossina non mi renda uno
smidollato…’, pensò mentre componeva il suo numero: “Ehi dolcezza, come butta?”
– “Scusa House, non ti sento bene! Vai in un posto dove c’è campo!” – “Ma come?!Qui prende benissimo!” – “Non ti sento, non ti sento. Sali
sul tetto, forse lì ti sentirò”
‘Benedetta ragazza, voleva farlo
salire fino al tetto solo per parlare con lui…’ – “Va bene, sto salendo,
aspetta in linea…”
Cameron si era nascosta dietro un
condotto per l’aria condizionata. Pensava di essersi nascosta bene: “Allora,
House, mi senti?”. Non sentiva più nulla, forse davvero non c’era campo.
“House, House?”, improvvisamente il diagnosta sbucò
da dietro di lei urlando: “Aaaaaaahhhh!”, facendola
letteralmente saltare per lo spavento.
“Sei impazzito! sei impazzito! – la
dottoressa lo stava prendendo a pugni – Cosa ti viene
in mente?!Spaventarmi così!” – “E a te cosa è venuto in mente? Di ingannare il
tuo capo?! Lo sai che sono più vecchio di te, non me
la puoi fare!”, House rideva, mentre cercava di schivare con poco successo i pugni di Cameron.
“Ohhh sei sempre lo stesso
stupido! Ci potevo rimettere la pelle…” – “Si, ma io so come rianimarti,
piccola Allison…”, House la guardò così
maliziosamente che lei smise di picchiarlo e scoppiò anche lei in una grossa
risata. “Che bello vederti ridere fino alle lacrime, anche se non era proprio
questa la reazione che mi aspettavo da te…” – “Ah, e che reazione ti
aspettavi?” – “Beh, il solito afflusso di sangue alle guance per esempio.” – “Lo vedi che non mi conosci ancora bene, House?”, poi
guardò lontano, pensierosa. “Posso sapere solo una cosa, piccola A-l-l-i-s-o-n? – le girò
delicatamente il viso per costringerla a guardarlo – Se io ti chiamo per nome,
perché tu ti ostini a chiamarmi ‘House’?” – “Beh, perché sei il mio capo…” –
“Solo?!”. I loro corpi erano vicinissimi. Si
guardavano negli occhi sorridendo. ‘Quegli occhi…’, fu
di nuovo il loro pensiero. “Una volta ero io che ci provavo con te, non il
contrario…”disse Cameron. ‘Come
è bella…’House non riusciva a staccare gli occhi dai suoi. Quella sera di
pioggia non aveva osato nemmeno pensare a lei come stava facendo adesso. Il
dolore che lei gli trasmetteva era troppo forte, di tutti i discorsi che si era
preparato nella mente non aveva pronunciato una sola parola.
Ora però lei era bella e serena. Solo che di quei discorsi
non ricordava niente.
Cosa voleva dirle? Forse che lui era pronto per amarla?
Forse che aveva accettato di confrontarsi con il se stesso di molti anni fa?
Forse che aveva concluso che nulla era cambiato, se non lei?
‘Ma lei…lei mi ama ancora?!’,
questo dubbio gettò House nel panico. Chi gli assicurava che lei lo amava e non
voleva semplicemente obbedire al suo istinto di crocerossina? Mentre tutti
questi pensieri lo attraversavano stava in silenzio e Cameron
lo guardò meravigliata: “House? House!”.
Ancora pensieroso lui si staccò da lei e cominciò a
camminare su per il tetto, come se volesse misurarne l’area con i suoi passi
incerti, aiutato dal bastone nuovo. Certe volte aveva l’impressione che ormai servisse a poco quel bastone. Forse aveva ragione la Cuddy: il dolore era tutta una
questione psicologica. Da un paio di settimane a questa parte ne sentiva di
meno.
“House che ti prende?”, Cameron lo
seguiva a distanza, preoccupata.
Improvvisamente l’occhio di House cadde su un mattone,
lasciato lì per terra lontano dal mucchio. Lo raccolse e vi lesse: “Oggi House mi ha fatto di nuovo capire che
vuole liberarsi della mia presenza troppo fastidiosa. E’ convinto che io sia
semplicemente dominata dal mio istinto di crocerossina. Non ha capito che io lo
amo, perché è geniale, perché dietro quel bastone io percepisco un uomo, perché
lo desidero, maledetta me!E’ un uomo straordinario, anche se incredibilmente
infelice. Ma lui…lui non mi ascolta. Ascolta solo il suo dolore, solo quello
esiste nella sua vita. Devo dimenticarlo, mi sto facendo troppo male con lui.
Forse è un uomo che non accetta di essere amato, almeno da me.”
Lo scagliò a terra rabbioso. Quindi
si voltò come una furia verso una Cameron
inaspettatamente tranquillissima. “E così io non accetterei di essere amato? E
così io ascolterei solo il mio dolore?”. Cameron gli
si avvicinava lentamente: aveva i capelli lunghi sciolti sulle spalle, e
indossava una tuta. “Dimmelo Cameron, dì la verità:
tu non mi ami da tanto ormai!”. Camerongli sorrise: “Lo vedi che ora non mi chiami più per
nome?” – “Smettila, voglio solo sapere se mi am…”il
respiro gli si mozzò, perché Cameron era ormai
arrivata a sfiorarlo con il suo corpo. “E tu?”, gli chiese la dottoressa
appoggiando la testa contro il suo petto. “Io…io sono House…cosa mi chiedi…” –
“Lo so chi sei…Ma io a te piaccio?”, Cameron chiuse gli occhi fiduciosa, abbandonandosi
completamente alle braccia che lui, quasi senza accorgersene, le aveva offerto
come sostegno.
Gregory House stavolta non rispose.
La strinse solo a sé, delicatamente.
“Accetta il mio amore…”bisbiglio Cameron.
“Accettami tu, Cameron…io potrei farti…” – lei lo
guardò mettendogli un dito sulle labbra – “Shh. Non
dire nulla. Sai solo mentire…”disse sorridendo, strappando un sorriso anche a
lui: “Si, ma la parte divertente di questo è che tu non capisci
quando lo faccio, altrimenti che gusto c’è?” – “Vuoi chiudere quella
bocca?” – Cameron lo guardò con finta aria di
disapprovazione – “Beh un modo per chiudermi la bocca c’è…”. Di nuovo le diede
un bacio, improvviso ma non inatteso. Fu un bacio lungo e intenso, il bacio che
lei aspettava da 4 anni. La felicità che lui aveva sempre aspettato.
Le due ore di pausa erano terminate, ma nessuno salì a
disturbarli.
finita!Vi è piaciuta??? Spero di si. A dire la
verità poteva finire anche dopo la prima scena sul tetto, però non mi andava di
lasciare le cose in sospeso, e poi il momento era troppo delicato per tentare
di chiudere la storia così, quello era il momento di Cameron
e del suo dolore. Volevo che quei due si chiarissero definitivamente e
realisticamente. Spero di aver rispettato il carattere di House,
l’interpretazione che ho dato al suo carattere esce completamente fuori nel
primo dialogo con Wilson, spero che sia abbastanza coerente con il personaggio
che vediamo in televisione, in caso contrario ditemelo,
fatemi tutte le critiche che volete. Accetto complimenti
e insulti volentieri ;-)