Quando mi vieni a prendere?

di ChiaraLuna21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Neve in autostrada ***
Capitolo 2: *** Sospetti ***
Capitolo 3: *** Telefonate ***
Capitolo 4: *** Il ritorno ***
Capitolo 5: *** Il rumore ***
Capitolo 6: *** Nell'aula ***
Capitolo 7: *** Il cancro ***
Capitolo 8: *** Lucidità ***
Capitolo 9: *** Mezze verità ***
Capitolo 10: *** Verità ***
Capitolo 11: *** Un piano ***
Capitolo 12: *** Chiudi gli occhi ***
Capitolo 13: *** Pazzia ***
Capitolo 14: *** Ragguagli ***
Capitolo 15: *** Ora di andare ***
Capitolo 16: *** A telefono ***
Capitolo 17: *** Collaborazione ***
Capitolo 18: *** Attacco e difesa ***
Capitolo 19: *** Colpi di scena ***
Capitolo 20: *** Lasciare la presa ***
Capitolo 21: *** ''Andiamo ad arrestare quel bastardo!'' ***
Capitolo 22: *** L'urlo ***
Capitolo 23: *** Spari ***
Capitolo 24: *** I rinforzi ***
Capitolo 25: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Neve in autostrada ***


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Neve in autostrada
 

Semir svoltò con estrema calma, canticchiando una canzone dei Pink Floyd che stavano mandando alla radio.
Sentì il suo cellulare squillare. Abbassò il volume della musica, afferrò il telefono e mise il vivavoce. «Buongiorno, Ben! Che succede? Per la prima volta in vita tua hai deciso di arrivare puntuale a lavoro?» rispose, lanciando uno sguardo all’orologio.
«Buongiorno, Semir!» disse a bocca piena il ragazzo. «Eh, sì! A quanto pare è così! Tu e Tom, invece, siete in ritardo! Per Tom è normale, ma… tu stai bene??» scherzò.
«Mai stato meglio! Ieri vi avevo detto che avrei fatto tardi!»
«Non è vero!» disse il ragazzo, ingoiando un boccone.
Semir accenno ad una risata. «Sì, invece! L’ho detto a te e Tom prima di andarmene!»
Il ragazzo rimase un attimo in silenzio a pensare. «Stavo mangiando?»
L’uomo rise. «Credo di sì: mangi sempre!»
Ben si infilò altro cibo in bocca. «Mh! Allora non ti ascoltavo…»
Semir fece un’altra risata. «Ma che mangi?!»
«Un Taco!!!» rispose il ragazzo, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«A quest’ora?!»
«Ho fame, che ci posso fare?» diede un altro morso al Taco. «Comunque, come mai fai tardi?»
«Devo accompagnare Aida all’asilo. Amore, saluta lo zio Ben!»
La bambina si sporse dal sedile posteriore. «Ciao, Zio Ben!»
«Ehi, ciao piccola! Contenta di andare a scuola?»
La bambina annuì. «Sì! La maestra dice che sono la più brava a disegnare!»
«Davvero?! Ne ero certo! Quando vengo a casa tua voglio assolutamente vedere i tuoi capolavori!»
La piccola rise. «Ma li ho a scuola! Non li posso portare a casa.»
«Beh, allora vorrà dire che dovrò venire a scuola per vederli, giusto?» il ragazzo sorrise, come se la bambina potesse vederlo.
Aida rise. «Va bene!»
Semir svoltò ancora. «Ben, ora ti devo lasciare: siamo quasi arrivati! Ci vediamo tra una ventina di minuti a lavoro, okay?»
«Va beni… Toh, guarda: c’è Tom! Semir, ti annuncio che per la prima volta in vita tua sei l’ultimo ad arrivare a lavoro!» Ben scoppiò a ridere e probabilmente anche Tom rise.
«Ah-ah! Che spirito di patata! Ci sentiamo dopo!»
«Ciao, zio Ben! Ciao, zio Tom!»
«Ciao, piccola! A dopo, Semir!» e con queste parole Ben chiuse la chiamata.
 
Semir scese la lunga scalinata fuori dalla scuola e si avvicinò alla sua macchina.
Aprì lo sportello della sua auto e sentì il cellulare squillare.
«Gerkhan!» rispose, sedendosi nel veicolo.
«Buongiorno, Semir!»
«Buongiorno, Tom! che succede? Sentite la mia mancanza? Ho fatto mezz’ora di ritardo!» scherzò.
«Semir, se fosse per me e Ben tu potresti anche non presentarti a lavoro: staremmo meglio!» rise. «Ma dobbiamo lavorare! Tutti e tre! Abbiamo un’emergenza sulla A5 al chilometro 56, direzione Düsseldorf! Noi già ci stiamo recando sul posto! Raggiungici là, poi ti spiegherò tutto!»
«Va bene! Arrivo!» e chiuse la chiamata.
 
Semir fermò la macchina e ne uscì, avvicinandosi a Ben e Tom.
I due colleghi, vedendolo, sorrisero. «Ehi, Socio! Allora?! Come sta lo scricciolo?» sorrise Tom.
Semir rispose al collega. «Sai che odia quando la chiamate così!»
«E tu sai che più si arrabbia e più ci divertiamo!» replicò Ben.
Semir scosse la testa, rassegnato. «Lavoriamo, che è meglio! Che è successo? È passato un uragano?» disse, guardando tutte le auto ribaltate a terra sull’autostrada.
«Vedi quel camion? Il conducente ha perso il controllo ed il veicolo si è messo di traverso in mezzo all’autostrada. Le auto non sono riuscite a fermarsi e si sono scontrate con il mezzo. Per fortuna non sembrano esserci stati grossi danni!»
«Okay, fin qui ho visto anche io! Posso sapere qual è il collegamento tra “incidente di routine” e “raggiungici in autostrada”?»
Ben fece una faccia strana, come se stesse ragionando. «Ehm, il fatto che tu sia un poliziotto autostradale?!»
L’uomo si voltò verso il collega con un volto da chi di era completamente rassegnato a quella battuta. «Sai cosa intendo! Perché ci hanno fatto correre qui?»
«Beh, prima di tutto perché il guidatore è morto! Quando il camion si è fermato si è fatto prendere dal panico ed è uscito. Una macchina è arrivata e lo ha investito.»
Semir lanciò uno sguardo al telo bianco poggiato a terra a pochi centimetri dal furgone. «Solo per questo?» chiese, quasi speranzoso.
«Beh, quando ci hanno chiamato, sì! Però…»
L’ispettore sospirò. «Che hanno trovato?»
«Indovina!? Cocaina!» concluse Tom.
«E qual è la novità?! Dai, quanta ce n’è?»
«Beh, un bel po’: il camion ne è pieno! Ce ne sarà un quintale!»
«Che?!?! Scherzi, vero?»
L’uomo rise. «Sì! Ci sono circa una ventina di scatoloni lì dentro! Dentro ogni scatola, nascosto tra la merce “legale” c’è circa un chilo di droga!»
«Beh, non quanta me ne immaginavo, ma pur sempre un bel po’! Si sa qualcosa della provenienza?»
«La provenienza, no! Sappiamo, però, la direzione: andavano a Berlino! E poi da lì, probabilmente in tutto il mondo!»
«Bene! Tutto il mondo è proprio un buon inizio, Tom!» gli rispose, ironico.
Ben lo squadrò storto. «Semir, ma che hai mangiato oggi? Yogurt inacidito?! E basta con questa acidità!» scherzò.
L’uomo scosse la testa, divertito. «Andiamo, che è meglio! Qui non troveremo niente!»I tre di avviarono verso le auto. In quel momento si fermò una Porsche Cayenne Turbo. Otto e Dieter scesero dalla macchina.

«Toh, giusto voi! Otto! Dieter! Appena si scopre l’identità del morto, fatecela sapere: sarà anche solo un corriere, ma è sempre meglio di niente!» disse Semir.
I due annuirono. «Va bene, ma… voi dove andate?» chiese il secondo.
«Al comando! Qui bisogna solo fare i rilievi, quindi possiamo andarcene!»
I due poliziotti provarono a trattenerli, ma senza successo.
Tom e Ben si avvicinarono alla macchina del primo.
Semir stava per andare verso la propria, ma si fermò a parlare con i colleghi.
«Se voleva mandarla in tutto il mondo, deve essere uno spacciatore importante! Direi di scartare tutti quelli presi a passare bustine agli alunni davanti scuola, e anche tutti quelli che sono stati presi tante volte!»
«Sì, concordo!» rispose Tom. «E, ovviamente, dobbiamo eliminare quelli che sono ancora in prigione! Io punterei in particolare su quelli che sono stati presi, ma che sono anche stati scagionati: è uno bravo, non si farà beccare per così poco!»
«Sì, infatti! Credo proprio che Tom abbia ragio…» Ben non riuscì a terminare la frase. Si poggiò una mano sullo stomaco e iniziò a fissare il terreno con sguardo assente, portando una mano allo stomaco.
Semir e Tom si lanciano uno sguardo preoccupato, che subito passò su Ben. «Ehi, Ben! Che succede?»
Il ragazzo rimase come paralizzato, con la bocca socchiusa e gli occhi sgranati.
«Ben! Ben, parla, maledizione!» urlò Tom, mettendogli una mano sulla spalla.
L’ispettore non si mosse. Deglutì forte, prese un profondo respiro e si piegò in avanti.
«Mi viene… un po’ da vomitare…»
I due, che si erano avvicinati, si scostarono di colpo. «Vomito?! Ben, io te l’ho sempre detto che mangiare quelle schifezze ti fa troppo male!» disse Semir, quasi un po’ rassicurato del fatto che fosse solo un po’ di vomito.
«Ah-ah!... Ridi…. Ridi pure…» gli rispose, un po’ irritato, senza sollevarsi.
«Dai, Ben! Sai che scherzo! Forse è meglio se vai a casa o dal dottore… potrebbe essere influenza!»
Il ragazzo annuì. «Sì, forse è meglio…» e così dicendo si avviò verso la macchina di Tom.
«Fermo!!» urlò l’uomo. «Vorresti salire… ehm… nella mia macchina?!» chiese, un po’ titubante.
Il ragazzo lo guardò stano. «Certo! Cioè… sono venuto con te , quindi…»
«Beh, però viaggiare in macchina potrebbe farti male… e poi dovresti passare per il comando… e la Engelhardt vorrebbe spiegazioni… troppe spiegazioni… e poi…»
«Tom,» lo interruppe il ragazzo. «Stai cercando di scaricarmi
L’uomo non sapeva cosa rispondere. «Beh, scaricare è una parola grossa… sto, piuttosto, cercando di allontanarti il più possibile dalla mia macchina…»
«… cioè scaricarmi! E scommetto che non posso nemmeno sognarmi di chiedere un passaggio a te, Semir! Giusto?!»
L’uomo prese un forte respiro, cercando di riordinare le idee e trovare una buona scusa. «Ma, Ben, che domande fai?! Io ti darei volentieri un passaggio, ma se tu fossi malato, potresti lasciare i batteri nella macchina, e potrebbe ammalarsi anche Aida, salendo!»
Mentre Semir finiva la sua arringa, lui e Tom iniziarono a indietreggiare, cercando di raggiungere le proprie auto.
«Ma bravi! Begli amici!» disse il ragazzo, un po’ irritato.
Gli altri due risero. «Perché non chiedi un passaggio a Otto e Dieter? O ad Hartmut! Sono sicuro saranno felicissimi di darti una mano!» disse Tom, mentre lui e il collega salivano in macchina.
Poi i due ispettori partirono, lasciando il socio lì, in mezzo all’autostrada.
 
Alfred Müller buttò la cicca a terra e la spense calpenstandola con la punta della scarpa.
«Il nostro corriere dovrebbe aver portato la roba già da un’ora! Qui c’è qualcosa che non va…» disse a se stesso più che allo scagnozzo che gli copriva le spalle.
«Ha ragione, Signore! Vuole aspettare ancora, o proviamo a contattarlo?!» rispose l’energumeno, restando impassibile.
L’uomo si guardò ancora attorno nell’enorme scarico merci. «No… aspettiamo ancora un po’! Se non si dovesse fare vivo, vedremo il da farsi…»
  
 
 

Salve a tutti!! ^^
Grazie per aver cliccato il link del mio ennesimo sclero e benvenuti nel primo capitolo di questa storia! ^^ Non ce l’ho fatta ad aspettare ancora per pubblicarlo! xDxD
Vi annuncio fin da ora che questo racconto per me non è solo importante, ma è praticamente FONDAMENTALE!! Volevo scrivere una cosa come questa da ‘Vendetta personale’, ma l’ispirazione tardava a venire, e poi, durante l’ultima storia… BANG! ISPIRAZIONE!! xDxD
Scherzi a parte, mi farebbe davvero tanto piacere sapere cosa ne pensate e avere i vostri consigli! ^^
Credo di poter aggiornare con abbastanza rapidità, a parte qualche caso particolare. J
Come al solito, preciso che i personaggi e il programma di cui scrivo non appartengono a me, ma a chi di diritto!! (se appartenessero a me, farei tornare Tom IMMEDIATAMENTE!! O.O Altro che Frank… xDxD) E Veramente neanche il titolo è mio! ‘Quando mi vieni a prendere?’ è una canzone (stupenda! xD) di Ligabue, molto adatta alla situazione, poi scoprirete perché… (speriamo solo che la nostra storia abbia un esito diverso!! xDxD)
E ora la domanda che tutti vi state ponendo… cos’avrà Ben?! L’avrò avvelenato di nuovo?!
Dai! xDxD Vabbè che inizio a essere prevedibile, ma spero di non giungere mai al ripetitivo! xDxD
Grazie mille in anticipo a tutti quelli che seguiranno la storia! ^^
Ciao e buona Pasqua a tutti!
Chiara ^-^

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Capitolo 2
*** Sospetti ***


Sospetti

 
Tom entrò nell’ufficio sotto lo sguardo meravigliato di Semir.
«Okay… ora sono davvero preoccupato per Ben:… sei arrivato prima tu!!» disse, ironico.
«Ah-ah! Spiritoso! Si è preso due giorni di malattia! Sai, avevi ragione tu: influenza!»
L’uomo rimase interdetto. «Ah,… mi dispiace!»
Tom rise, cercando di sdrammatizzare. «Non si perderà niente: al suo ritorno credo proprio che staremo lavorando ancora a questo caso!»
«Ah, su questo non ci sono dubbi!» gli rispose l’altro, sorridendo.
 
Il telefono di Alfred Müller squillò e l’uomo rispose.
Una voce a lui nota gli parlò dall’altra parte della cornetta. «Capo, abbiamo un problema…»
 
«Uhm…»
«Che c’è, Tom?» chiese Semir, quasi un po’ preoccupato da tutto il rimuginare dell’amico.
«No, niente! È solo che pensavo a tutta l’organizzazione che doveva esserci dietro a questo piano…»
 
«Morto?!» chiese, più irritato che preoccupato.
«Sì! Ha fatto un incidente sulla Dusseldorf - Colonia mentre cercava di raggiungerci!»
Müller restò impassibile. «A chi è stato affidato il caso?»
«Alla polizia autostradale di Colonia, Signore!»
 
«Già…» disse Semir, iniziando a seguire il ragionamento del collega.  «Dobbiamo aver rotto le uova nel paniere a parecchia gente…»
«Già…» mormorò Tom, più a se stesso che al collega. «O a gente molto potente…»
 
Müller accese il televisore con estrema calma. «Abbiamo qualche infiltrato?»
«No, signore!»
Guardò distrattamente le riprese dell’incidente sull’autostrada che mandava il telegiornale. «Poliziotti dalla nostra?»
«Nemmeno!»
 Osservò i tre ispettori che venivano inquadrati dalle telecamere. «Potremmo riuscire a corrompere qualcuno?»
«Ne dubito, signore! In quel distretto abbiamo provato più volte, ma niente da fare:… sono incorruttibili!»
Alfred lesse i nomi nella didascalia del filmato. «… ma sono ricattabili…» mormorò a se stesso. «I tre ispettori incaricati si chiamano Jager, Kranich e Gerkhan! Voglio sapere tutto su di loro, e lo voglio sapere entro stasera!»
«Certo, signore! Sarà fatto, non si preoccupi!»
Poi la chiamata fu interrotta.
 
«Dici che dovremmo preoccuparci?!» chiese Semir.
L’uomo scosse la testa, sovrappensiero. «Dico che dovremmo guardarci le spalle! Tutto qui!»
L’altro annuì. «Preoccupato?» aggiunse, scrutando il volto del collega.
 
Müller tirò fuori una sigaretta dal cassetto della scrivania e la accese, senza scollare gli occhi dai tre poliziotti.
«Non volete aiutarci con le buone?» chiese alle immagini. «Vorrà dire che ci aiuterete con le cattive!»
Si alzò di scatto e iniziò a camminare in cerchio per la stanza.
Poi, improvvisamente, si fermò, proprio di fronte allo schermo.
«Tutti hanno un punto debole…»
 
«No, no! È solo che ho un brutto presentimento…» rispose, evitando lo sguardo del collega.
 
Si avvicinò allo schermo. «… e io troverò il vostro! Troverò quel qualcosa per cui fareste di tutto…»
 
«Quanto brutto?» insistette Semir, che si fidava fin troppo del sesto senso del collega.
 
Lasciò uscire dalla bocca una grossa nuvola di fumo, che si infranse sullo schermo, dove erano inquadrati i tre poliziotti. «… e voi potrete solo obbedire!»
 
Tom sospirò. «Molto… molto brutto!»
 
 

 
Salve a tutti!! ^^
So che mi sono fatta aspettare un po’ in più per questo capitolo, ma ogni volta che aprivo il file per correggerlo, arrivava l’ispirazione e andavo avanti con gli altri capitoli! Risultato? Ho già praticamente scritto il sesto capitolo! xD Contenti?! xDxD
Scherzi a parte, mi scuso per questo capitolo! So che sembra il re dei capitoli inutili, ma volevo presentare un po’ il cattivo! xD Allora? Vi siete fatti un’idea del tipo con cui abbiamo a che fare?! xD Scusate anche per la sua lunghezza! Questo e il prossimo sono venuti un po’… ehm… così! xD
Grazie mille a tutti quelli che stanno seguendo la storia, e un grazie particolare a Sophie, Rebecca, Tita e Laura per le loro recensioni! ^^
Cercherò di aggiornare il prima possibile!
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 3
*** Telefonate ***


Telefonate

 
Otto e Dieter entrarono nell’ufficio degli ispettori.
«Abbiamo identificato il morto! Si chiamava Gorg Neumann!» disse il secondo, lanciando un fascicolo sulla scrivania di Tom.
L’uomo prese il dossier e iniziò a sfogliarlo.
«Abbiamo collegamenti con magnati della droga?» chiese Semir.
«No, niente! Anzi, sembra quasi avere la fedina limpida!» rispose Otto.
«Perché ‘quasi’?»
«È stato arrestato un annetto fa per guida in stato di ebbrezza, ma niente di grave: ha passato una notte in prigione e ha dovuto fare una serie di incontri agli alcolisti anonimi.»
«Ah, allora è pulito! Ma che ci faceva in autostrada con 20 kili di cocaina nel camion?»
«Misteri della vita!» rispose Tom, chiudendo il fascicolo. «Per caso sono arrivati i risultati dei test sulla cocaina?»
«Sì, Hartmut ha chiamato poco fa: purissima!»
Sospirò. «Indovinello! Un uomo fa un incidente in autostrada! È sempre stato pulito, ma nella sua macchina c’è cocaina tanto buona da far invidia ai migliori spacciatori. Lui muore, ma non ha collegamenti con nessuno! Di chi era la droga?»
Semir tacque un attimo. «Bel grattacapo!»
Otto e Dieter fecero un mezzo sorriso, divertiti, e si allontanarono. «Fortuna che tocca a voi, e non a noi…»
 
Ben tossì ancora con la testa piegata sul gabinetto. Sputò qualcosa e si spostò, poggiandosi al muro vicino al water.
Provò a riprendere fiato, trovando un po’ di sollievo nel freddo delle mattonelle.
Si sentiva malissimo. La fronte gli scottava. La testa gli doleva e le tempie gli pulsavano forte.
Era esausto e aveva bisogno di riposo, ma appena provava ad alzarsi, sentiva di nuovo il vomito salirgli alla gola.
Si strinse la testa tra le mani, sperando di frenare il dolore, ma con poco successo.
Il sudore gli bagnò i palmi e si sentì quasi sollevato: se sudava, voleva dire che gli stava passando la febbre.
Si guardò un po’ attorno, cercando di concentrarsi sugli oggetti che lo circondavano. Due cellulari sul pavimento continuavano ad avvicinarsi ed allontanarsi. Sbattette le palpebre con decisione e finalmente ne vedette solo uno.
Si allungò leggermente e lo afferrò.
Non ce la faceva a restare solo in quel momento, così decise che avrebbe chiamato qualcuno.
Già… ma chi?!
Suo padre? No… stava già mele così, non gli andava si sentirsi peggio!
Sua sorella? Si sarebbe agitata sicuramente e non gli andava di farla preoccupare inutilmente!
Il capo! Sì, certo… sicuramente gli avrebbe prestato attenzione…
Beh, a occhio e croce non gli restavano che i due soci che lo avevano abbandonato in mezzo all’autostrada.
Aprì la rubrica e cliccò su ‘cerca’.
Fissò la tastiera per qualche secondo. A quel punto, chiamare uno, equivaleva a chiamare l’altro, perciò decise di telefonare al numero più facile da trovare.
Premette l’otto una volta e sul display comparvero una serie di nomi, in cima ai quali c’era ‘Tom’.
Premette il tasto con il telefono verde e aspettò.
 
Tom sentì il suo cellulare squillare. Lo afferrò e rispose. «Kranich!»
«Ehi, socio!» disse la voce flebile di Ben dall’altra parte della cornetta. «Allora?! Come vanno le indagini? Beccato il cattivo?»
«Ben!» Tom mise il vivavoce e poggiò il telefono sulla scrivania. «Non ancora, ci stiamo lavorando! Ma tu come stai?»
«Come sta uno con l’influenza che vomita tutto quello che vorrebbe mangiare prima ancora di mangiarlo!» ironizzò.
A Semir e Tom scappò una mezza risatina. «Sai, non credevo che il tuo corpo potesse rifiutare del cibo!» scherzò il primo.
«Io non credevo potesse rifiutare qualsiasi cosa!» aggiunse l’altro.
Ben scosse la testa. Non era scocciato, anzi! Era quasi rassicurato da quelle battute. «Ah-ah! Bravi! Davvero…»
Un forte attacco di tosse lo costrinse a fermarsi. Si piegò sul vaso, stringendo il cellulare in mano puntato verso il basso.
«Ehi, Ben! Calmo!» urlò Semir per rassicurarlo.
«Ragazzo, respira!» aggiunse Tom.
La tosse cessò ed l’ispettore restò alcuni secondi a fissare l’acqua putrida del gabinetto. «Credo… credo di stare bene…» sussurrò, deglutendo.
Gli altri due ispettori si lanciarono uno sguardo. «Riposati, Ben! Cerca di rimetterti in forze!»
Il ragazzo annuì, come se i colleghi potessero vederlo. «Va… va bene… Ehi,… aspettatemi per gli arresti, okay?!»
Tom accennò ad un sorriso. «Se non decidono di tentare una fuga strategica…»
Ben fece una mezza risata. «Ci sentiamo, ragazzi…»
«Ciao Ben!».
Poi, chiusero la chiamata e tornarono a lavoro.
 
Müller aveva lo sguardo fisso sulle stesse immagini del telegiornale di quella mattina.
Ormai era notte fonda, ma lui aveva passato la giornata a fissare quei tre ispettori.
Voleva memorizzarne ogni linea del loro volto… ogni ruga della loro fronte… ogni battiti del loro cuore.
Il suono del telefono non lo turbò per niente, e lui restò impassibile, come a tutto il resto.
Rispose, senza fermare la registrazione.
«Capo, abbiamo trovato qualcosa su quei tre!»
«Parla.»
«Allora… lo spilungone giovane ha un padre milionario e una sorella! Possono servire?»
Scosse la testa. «No… no, il padre penserebbe ad un riscatto in soldi.»
«Okay… l’altro spilungone ha anche lui una sorella e un padre, ma non sono di Colonia!»
L’uomo seguì gli ispettori ancora una volta. «No… non basterebbe.»
«Beh, capo… non ci resta molto!»
Alfred osservò Semir passare di fronte alla telecamera e alzare la mano sinistra.
Premette fermo immagine e rimase a osservare. «Che abbiamo sul turco… Gerkhan! Che hai su di lui?»
«Sembra abbia un fratello e… una moglie, signore!»
Osservò l’anello alla mano del poliziotto e dischiuse la bocca in un sorriso maligno. «Non ne avevo dubbi…»
«Signore, c’è qualcos’altro!»
L’uomo sembrò sbalordito. «Cosa?»
«Beh, ha una figlia… una bambina di circa 4 anni!»
Müller si paralizzò per qualche secondo.
Poi, il suo volto si distese… e la faccia che fece avrebbe fatto venire i brividi al peggiore dei criminali.
«… Josef, ho appena avuto un’idea!…»
 
 
 

Oddio, che avrà in mente?! O.o
Ehm… non è proprio sotto il mio controllo… xDxD
Allora?! Ancora poco convinti dell’influenza di Ben? Dai… sta male davvero per quello! xD
Sta abbastanza male per i vostri gusti? (mi riferisco a qualcuno in particolare… xDxD)
Grazie a tutti quelli che mi stanno seguendo, in particolare a Rebecca, Debby, Sophie, Laura, Tita e Spocky_21 per le loro recensioni!! ^^ (non credevo che avrei mai scritto tanti nomi nelle stesse note dell’autore… ma meglio così!! xDxD)
Cercherò di aggiornare il prima possibile!! =)
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 4
*** Il ritorno ***


Il ritorno

 
Il suono della sveglia lo trascinò via dai suoi sogni, percuotendogli il cervello.
Ben, sepolto a pancia in giù fra le coperte, non sembrava avere nessuna voglia di alzarsi.
Spinse una mano a forza fuori dalle lenzuola e, senza nemmeno sollevare la testa, iniziò a cercare a tentoni il comodino e la sveglia che vi era sopra.
Appena sentì l’orologio sotto il palmo lo colpì forte e spense l’insopportabile squillo.
Si accoccolò di più tra le lenzuola, soddisfatto, e si preparò a riaddormentarsi.
Morfeo stava quasi per riprenderlo nel suo regno, quando un altro suono iniziò a martellargli la testa, provenendo dal lato opposto al primo.
Mettere anche la sveglia del cellulare, per essere sicuro di svegliarsi, la sera prima gli era sembrata un’idea geniale. Chissà perché in quel momento iniziava a dubitarne…
Face resuscitare l’altra mano dal suo soffice mondo, mandando anche questa alla ricerca, che però risultò vana.
Irritato da quel suono, sollevò leggermente la testa dal cuscino e cercò il suo telefono.
Quando lo vide sul comò dall’altra parte della stanza, si ricordò dell’altra sua grande idea della sera precedente: metterlo lontano, in modo da costringerlo ad alzarsi per spegnerlo.
Sospirò e fece sprofondare nuovamente la testa nel cuscino, esasperato.
Non potevo limitarmi a inventare un nuovo panino con il wurstel ieri sera, invece di… questo!… pensò.
Poi, prese un grande respiro e si alzò.
 
Lo schienale della sedia spinto indietro al limite, i piedi sulla scrivania e la bocca semi-aperta. Così Semir aveva dormito tutta la notte. E così stava mentre il commissariato iniziava a prendere nuovamente vita.
Tom entrò al comando tutto baldanzoso, con un porta-bicchiere con tre caffè in una mano e un sacchetto con tre brioche nell’altra.
Entrò nello studio, convinto di essere il primo, almeno per una volta, e decisamente soddisfatto per questo.
Quando vide Semir per poco non sobbalzò.
Rimase sulla porta a fissare il collega, un po’ meravigliato.
Scosse il capo. Semir, pur di non farmi arrivare per primo dormi qui… disse tra sé e sé.
Si allungò sulla sua scrivania e poggiò la colazione.
Una persona normale avrebbe svegliato il collega, senza troppe storie, ma quella era una situazione troppo ghiotta perché Tom non ne approfittasse…
 
Uscì dal bagno, stringendosi meglio l’asciugamano intorno alla vita e senza neanche provare a soffocare uno sbadiglio.
Neanche quella doccia era riuscito a svegliarlo e di certo non ci sarebbe riuscito il caffè diluito del bar sotto casa sua.
Neanche una bomba atomica mi sveglierebbe! Ne sono certo! Pensò, strofinandosi gli occhi.
Poi, si avviò in camera sua per vestirsi.
 
Tom chiuse silenziosamente la porta e si avvicinò al collega. «Semir…» lo chiamò, piano.
Il collega non ebbe reazioni.
«Semir…!» riprovò, avvicinandosi ancora un po’ e alzando leggermente la voce.
Per tutta risposta il socio mugugnò e fece schioccare la lingua, senza però svegliarsi.
Tom arrivò fin quasi a toccargli l’orecchio. Prese un respiro profondo e con tutta la forze che aveva urlò il nome del collega. «Semir!!!»
L’uomo sbandò, perse l’equilibrio e cadde, urlando come se, invece che da una sedia, stesse precipitando da un burrone.
Tom scoppiò a ridere, entusiasta della riuscita dello scherzo.
Semir si sollevò leggermente, vide il collega e, prima ancora di collegare la successione degli avvenimenti, sgranò gli occhi e esclamò, sconcertato: «Oddio, Tom! Sei in orario!!»
 
Ben uscì dalla stanza infilandosi la maglietta al volo.
Si soffermò sullo specchio nel corridoio e osservò la sua immagine riflessa.
«Beh, pensavo molto più ‘Mi sono vomitato addosso fino a ieri mattina’! Non male!» disse tra sé.
Si guardò un attimo i capelli. Possibile che non vogliano essere mai disordinati al punto giusto?! Pensò, ironico.
Infilò una mano nella chioma e la scosse forte.
 
L’uomo non riusciva a smettere di ridere.
«E dai, Tom! Non era neanche divertente!» cercò di calmarlo il collega.
«Tu… tu non hai visto la tua faccia!...» gli rispose l’altro, quasi con le lacrime agli occhi.
«Sì,sì! Va bene! Poteva anche essere divertente, ma ora pensiamo alle cose serie!»
«Tipo?» gli rispose il collega, recuperando un minimo di auto-controllo.
«Tipo chi è il terzo che fa colazione con noi! Tom, sai contare?! Io e te siamo due!»
L’altro scosse la testa. «Non sai che giorno è oggi, vero?»
Semir si ritrovò spiazzato. «È… il tuo compleanno!?»
L’altro rise. «No! Oggi è il giorno in cui torna Ben!»
Semir si diede un colpetto alla testa. «Giusto! Sono già passati due giorni?! Ma non se ne può prendere altri due? Si sta tanto bene senza lui!» scherzò.
«Sì, certo! So che ti è mancato, Semir!»
Il poliziotto lo guardò sconcertato. «Tom, c’è solo una cosa che mi avrebbe fatto stare meglio in questi due giorni: che anche tu fossi andato in permesso!»
 
Ben tolse la mano dai capelli e si guardò allo specchio, soddisfatto.
 
«Aspetta…» Semir iniziò a ragionare. «Se oggi torna Ben, vuol dire che è giovedì…»
Tom annui. «Sì, e allora?»
«E allora, avrei dovuto accompagnare Aida all’asilo, oggi!» guardò l’orologio. «Oddio, Andrea mi ucciderà! Non farò mai in tempo!»
Tom rimase un attimo a riflettere. «Perché non chiami Ben e gli chiedi di portarla al posto tuo? Sarà per strada in questo momento, e arriverà in tempo! E sai quanto adora Aida!»
Semir si voltò a fissare il collega, meravigliato. «A volte mi chiedo se tu sia il vero Tom o un sosia, ma adesso non ho tempo per pensarci!»
Prese il cellulare e cercò il numero del collega in rubrica.
 
Il telefono di Ben squillò e il ragazzo rispose. «Buongiorno, Semir!»
«Ciao Ben! Sai di essere in ritardo persino dopo due giorni di ferie, vero?!» scherzò.
«Questo lo deciderò io: Tom è già lì?»
«Sì!»
«Maledizione, sono in ritardo!» ironizzò. «Arriverò il prima possibile, sono già per strada!»
«Aspetta! Visto che non sei ancora arrivato, puoi farmi un favore? Accompagneresti Aida a scuola?»
«Aspetta, indovino: ti sei addormentato in ufficio e ti sei dimenticato, vero?!»
«Ma come… Va bene, fa niente! Sì, è proprio così! Allora?! Me lo fai questo favore?!»
Sospirò. «Va bene! Ma lo faccio per Aida, chiaro?!» scherzò.
«Non ne dubito! Grazie mille! Ci sentiamo dopo!»
«Ciao!»
E detto questo, chiusero la chiamata.
 

 

Visto?! Ben sta bene, donne di poca fede!! xDxD
Ed ora tornerà anche! xD Beh, tornerà dopo aver accompagnato Aida a scuola… xD
Sospettose?! Chissà perché… xD
Questo fine settimana andrò fuori città e tornerò l’uno sera! Ve lo sto dicendo perché non sono sicura di riuscire ad aggiornare per venerdì sera! Ad ogni modo, farò il possibile! ^^
Grazie a tutti voi che state leggendo, ed un grazie particolare a Tita, Rebecca, Sophie, Debby, Giulia e Laura! ^^
A presto! ^^
Ciao!

Chiara ^-^

 

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Capitolo 5
*** Il rumore ***


Il rumore

 
Il campanello suonò e Andrea andò ad aprire.
«Semir, finalmente sei…» iniziò a dire. Ma quando invece del marito vide Ben, le parole le morirono in bocca.
Per un attimo, terribili pensieri presero il sopravvento. Poi, si ricordò che era di Semir che si stava parlando…
«Si è dimenticato, vero?!»
Ben annuì. «Si era addormentato in ufficio, così…»
Prima che potesse giustificare il collega o se stesso, Andrea lo zittì con un gesto della mano. «Scusa, ma sono davvero in ritardo! Sono sicura che sia tu che Semir abbiate valide ragioni per esservi organizzati così, ma me le spiegherete stasera! Aida, vieni qui! Guarda chi c’è!»
La bambina arrivò nel suo bel vestitino con lo zainetto sulle spalle. Appena vide il ragazzo, la sua espressione si rallegrò. «Zio Ben!» urlò saltandogli in braccio.
L’ispettore la prese al volo. «Ehi, cucciolo! Come va?»
«Bene! Papà ha detto che stavi male! Ora ti è passata la bua?»
Sorrise. «Sì, piccola! Ora la bua è passata! Dai, saluta la mamma, se no facciamo tardi a scuola!»
La bambina restò a bocca aperta. «Mi accompagni tu?!»
«Sì! Ora dai un bacetto alla mamma e andiamo! Se fai tardi, chi lo sente a tuo padre!»
La piccola rise, scese dalle braccia del ragazzo e si avvicinò alla madre.
La donna si chinò e la bambina le stampò un bacio sulla guancia.
«Ciao, mammina!» disse. Poi prese la mano  dello zio e, insieme, si avviarono alla macchina.
Andrea li seguì con lo sguardo. Il motore si accese e, mentre l’auto partiva, sua figlia la salutò con la manina dal finestrino posteriore, e lei rispose, sorridendo.
Aspettò che la macchina sparisse dalla sua visuale. Poi sospirò e rientrò in casa.
 
Aida si sporse in avanti, affacciandosi tra i due sedili anteriori. «Devi vedere i miei disegni, zio Ben! La maestra dice che disegno come una bambina di sette anni! E poi… poi devi conoscere la mia amica Cilly! E poi la signorina Meier, la mia maestra! E… e poi…» disse euforica.
Il ragazzo sorrise. «Va bene, va bene, cucciola! Quando arriveremo me le presenterai e mi farai vedere tutto quello che vuoi! Ora però siediti composta!» la interruppe.
La bambina obbedì. «Anche papà lo dice sempre…» aggiunse, un po’ rammaricata.
Ben sospirò. Era sicuro che anche Semir dicesse quella cosa, come era sicuro l’avrebbe detta anche Tom nella stesa situazione. Ne avevano viste troppe per far finta di niente…
Cercò di cambiare discorso. «Allora, com’è questa maestra? Scommetto una vecchia scorbutica, vero?»
La bambina rise. «No, zio! È molto giovane e è tanto buona! E poi le piacciono le moto e le auto!»
Il ragazzo rise. «La adori proprio questa maestra, eh?!»
Aida annuì. «È la migliore!»
Ben sorrise, lanciandole uno sguardo dallo specchietto retrovisore. «Davvero? Allora vedremo…»
 
La bambina camminava impettita per i corridoi della scuola trascinandosi dietro il ragazzo, stringendogli la mano.
Ben rise. «Aida, guarda che non scappo mica!»
Ma la bambina era troppo eccitata per ascoltarlo. «La classe è qui dietro…»
Svoltò l’angolo ed entrò nell’aula prima che l’ispettore potesse fare qualsiasi cosa.
Ben si ritrovò improvvisamente proiettato in una classe piena di bambini urlanti che si rincorrevano a vicenda.
Il ragazzo era un po’ confuso… e forse anche spaventato.
La bambina gli lasciò la mano e si allontanò, andando verso un mobile pieno di cassetti.
Ben lasciò scorrere lo sguardo nella classe: non credeva che delle creaturine così piccole potessero fare tanto fracasso!
Tra tutti quei piccoli diavoletti, Ben intravide una figura femminile, inginocchiata vicino ad una bambina.
La donna si alzò, e Ben restò senza fiato. Capelli neri e ricci, occhi chiari, altezza media, fisico asciutto. Portava gli occhiali, ma quella montatura scura, forse un po’ doppia, stranamente le donava e le incorniciava il viso.
La donna lo notò e gli si avvicinò. «Salve, sono Melissa Meier, la maestra. Lei deve essere il papà di uno di questi angioletti!» disse, sorridendogli e tendendogli la mano.
Il ragazzo ricambiò la stretta, restando a bocca aperta.
… alla faccia della vecchia scorbutica… pensò.
Si accorse improvvisamente che, non solo stava rischiando di sbavare da un momento all’altro, ma che non aveva neanche risposto alla domanda, e lei lo stava fissando in maniera strana.
«Pi-piacere! Sì! Beh… cioè, no! Non sono proprio un papà…»
In quel momento comparve Aida, salvandolo da quella situazione.
«Zio Ben, guarda questo! È il mio preferito!» disse, mostrandogli un disegno con un cielo fucsia come sfondo ed un unicorno bianco al centro.
Il ragazzo si inginocchiò vicino alla bambina e prese il foglio in mano.
«Uao! Ma allora tu diventerai una specie di Giotto, da grande!! Fortuna che non hai imparato a disegnare dal tuo padre!» scherzò.
La piccola rise. «Voglio fartene vedere un altro! Non te ne andare!» aggiunse, scappando nuovamente via.
E chi si muove?! Pensò il ragazzo.
«Allora lei è uno zio!» intervenne la donna.
«Più o meno! Sono un collega del padre! Ispettore-capo Ben Jager a suo servizio!» ironizzò, sollevandosi.
«Un collega del padre?! Allora lei è un poliziotto autostradale!»
Il ragazzo annuì. «Eh, sì! È uno sporco lavoro, ma qualcuno lo dovrà pur fa…»
«Zio Ben questi siete tu, papà e lo zio Tom che lavorate!» intervenne Aida, ricomparendo e mostrando un altro disegno.
I due adulti si voltarono verso la bambina, guardando il foglio che stringeva in mano, rappresentante un’autostrada con due uomini alti ed uno un po’ più basso sulla sinistra ed una macchina fumante e accartocciata come una fisarmonica sulla destra.
La donna sorrise, divertita,  mentre il ragazzo rimaneva a bocca aperta per lo stupore.
Ben strizzò gli occhi fino a farli diventare due fessure per vederlo meglio. «È… è bellissimo, piccola! Ma… cos’è quella cosa che ha in mano papà?» chiese, notando un piccolo cerchio attaccato alla mano del collega.
«Il volante!» rispose con naturalezza.
La maestra a stento riuscì a trattenere una risata.
Il ragazzo restò di stucco. «Molto… molto realistico, cucciolo! Davvero realistico!»
La piccola sorrise e scappò via.
Allora la donna non riuscì più a fermarsi e scoppiò a ridere.
Ben fissò Aida allontanarsi. «Quella bambina ha una perspicacia incredibile…»
La maestra tornò seria e seguì lo sguardo del ragazzo, sorridendo. «È molto intelligente! Sono sicura che nella vita farà grandi cose…»
I due fecero appena in tempo a spostare lo sguardo dalla bambina, che si sentì un rumore provenire dalla porta.
Per un attimo, il cuore di Ben si fermò, preso da un terribile presagio.
Si voltò verso l’ingresso, quasi a rallentatore, sperando di essersi sbagliato… sperando che quello che aveva sentito non fosse quel suono a lui tanto familiare.
I bambini iniziarono a urlare, spaventati.
Prese un respiro profondo e guardò la porta.
… e allora i suoi timori divennero realtà…
 
 
 

Okay… curiosi?! Sperò di sì!! xDxD
Prima che tutti mi aggrediate(so che volete farlo!), annuncio che Miss Perfezione sopra citata non è assolutamente NESSUNO!! xDxD Mi serviva nella storia! xDxD
… ma scommetto che questa non è la cosa a cui state pensando adesso, vero?! xDxD
Cosa ci sarà alla porta? Che sarà successo? Cosa sarà stato quel suono?
Avete dei sospetti? Credo proprio di sì! xD
Scommetto che avreste preferito non fossi riuscita ad aggiornare, vero?! xDxD
Volevo ringraziare tutti quelli che mi stanno seguendo ed in particolare Rebecca, Sophie, Tita, Debby, Laura, Giulia e Spocky_21 per le loro recensioni!! ^^
Appena mi sarà possibile, aggiornerò! ^^
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 6
*** Nell'aula ***


Nell’aula



Davanti alla porta c’erano tre tali vestiti di nero con i passamontagna.
Due, più alti e robusti, avevano una mitraglietta in mano ed una postura seria e composta. L’altro, leggermente più avanti e di statura più bassa, aveva una pistola, ancora mirata verso un punto annerito e fumante del pavimento.
Ben cercò di non farsi prendere dal panico e rapidamente afferrò il proprio revolver, puntandolo verso i tre criminali.
«Mettete giù le armi, o sparo!» urlò a squarcia gola.
Quello più basso, evidentemente il capo, sgranò gli occhi, un po’ stupito, ma mantenendo la calma.
Fece un leggero passo avanti e iniziò a parlare. «Non lo faresti. È troppo pericoloso… ci sono troppi bambini. Non metteresti a rischio la vita di bambini innocenti…» disse, con un’aria ironica
Era vero! Ma Ben doveva bleffare finché fosse stato possibile…
Rise. «Tu che ne sai di cosa farei e cosa no?!»
«Beh, perché lei, caro ispettore Jager, è un poliziotto. E i poliziotti non mettono mai in pericolo la vita di qualcun altro… specialmente dei bambini!»
Ben ebbe un attimo di smarrimento. Come sapeva il suo nome?
Oddio, se questi sono venuti per me e dovesse succedere qualcosa ad uno dei bambini… ma non ebbe la forza di concludere il pensiero.
L’uomo fece schioccare la lingua sotto il palato. «Sa una cosa, ispettore?! Spari pure! Anzi… facciamo un gioco! Se lei spara, noi spariamo. Ma non a lei… sarebbe troppo facile! Ogni volta che lei sparerà, noi spareremo, ma ad un bambino! E, sa che le dico? Non sbaglieremo un solo colpo!»
Ben si pietrificò. «Non ne avresti il coraggio…» mormorò a denti stretti.
«Oh, andiamo, ispettore! Cosa ne sa lei di cosa avrei il coraggio di fare e cosa no?!» disse, ironizzando. Poi si voltò leggermente. «Bambini, venite tutti qui, vicino al muro! Dai, da bravi…»
Gli alunni si sposatarono timorosi verso la parte indicata dal criminale e vi si poggiarono.
L’uomo guardò Ben dritto negli occhi. «Allora, ispettore…» disse, spostando l’arma verso i piccoli e i due energumeni alle sue spalle lo copiarono con uno scatto. «Giochiamo?!»
Ben sentì il cuore accelerare i battiti e la maestra dietro di lui trattenere il fiato.
Non sapeva cosa fare… non sapeva quale fosse la cosa giusta!
Poi, prese una dura decisione, sperando fosse anche quella corretta…
Sospirò e sollevò le mani, mettendo la sicura all’arma. «Va bene… va bene! La metto giù!» e così dicendo si piegò per posare la pistola a terra.
L’altro sembrò quasi sorridere. «Ne ero certo…»
I due energumeni abbassarono le armi e l’uomo puntò la rivoltella verso il ragazzo.
Poi, fece un cenno con una mano ed uno dei due scagnozzi si fece avanti. «Fuori tutti i bambini maschi… ora!» mormorò, impassibile.
Quello si spostò ed iniziò a far mettere tutti i bambini verso il centro.
Il capo guardò Ben e la donna mentre uno dei due uomini spingeva gli alunni fuori.
«Via anche lei!» disse all’altro, indicando la donna.
L’energumeno le si avvicinò e la afferrò, trascinandola fuori.
«Fermo! Fermo, lasciami!» iniziò a urlare, dimenandosi.
«Melissa! Melissa, andrà tutto bene!» gridò Ben, provando a rassicurarla.
Ogni  suo sforzo… ogni suo tentativi di liberarsi da quella stretta sembrava inutile. «Ben! Ben, i bambini!» disse, mentre l’uomo la portava fuori dalla porta.
«Andrà tutto bene, Melissa! Ci penserò io!» urlò, sperando lo sentisse.
Il capo fece un sorriso divertito, mentre gli altri due rientravano e chiudevano la porta alle loro spalle. «Eccolo qui, l’impavido eroe! Sai, era mancato…» disse. Poi tese una mano verso il ragazzo, come se stesse aspettando qualcosa.
«Le manette.» mormorò, infine.
Ben sospirò. Portò lentamente una mano alla cintura e slacciò i bracciali, lanciandoli all’uomo.
Il criminale li afferrò e li passo ad uno dei due colossi. «Ammanettalo… ammanettalo a quel tubo!» disse, notando una conduttura non lontana dalla finestra.
Lo scagnozzo obbedì e trascinò il ragazzo fino alla tubatura, ammanettando prima un polso e facendo passare la catena dietro al condotto, per poi far congiungere l’altro polso con l’altro bracciale.
Ben guardò il capo del gruppo. «Lascia andare le bambine! Non c’entrano niente! Io ti basto!» azzardò.
Il gigante si allontanò, mentre il criminale si avvicinava. «Ispettore, ispettore, … ispettore! Davvero non ha ancora capito?» disse quello.
Ben guardò un attimo le ragazzine, poi tornò a fissare l’uomo. «Non è lei che voglio… o meglio, non è lei che volevo…»
Quelle parole fecero scorrere un brivido lungo la schiena di Ben.
L’uomo si tolse il passamontagna, rivelando una faccia rotonda, con appena un’ombra di barba.
«Chi è lei? Chi sono loro?» chiese il ragazzo, stringendo i denti.
L’uomo lo guardò dritto negli occhi. «Io sono Alfred Müller, molto lieto! Loro, invece… beh, loro per te saranno Stanlio ed Ollio, va bene?!»
Ben guardò i due giganti e fece una mezza risata. «Davvero?! E, mi dica,… chi di loro dovrebbe essere Stanlio?!» scherzò.
Riuscì appena a finire la battuta che ricevette un pugno dritto nello stomaco, tanto forte da togliergli il fiato e farlo piegare in due per il dolore.
Sentì le bambine iniziare a urlare, spaventate.
«Forse non ti è chiaro: qui parli solo se interpellato!» disse, sereno. «Ed ora passiamo alle cose serie!»
L’uomo afferrò Ben per i capelli, costringendolo a risollevarsi e a guardarlo negli occhi.
Poi, le sue parole riempirono la stanza…
«Allora… chi di loro è la piccola Aida Gerkhan?»
 
 
 

Allora?! Avevate ragione?! xD
Io credo di sì… xDxD
Come promesso, ecco il nuovo capitolo! xDxD
Grazie a tutti quelli che mi stanno seguendo ed in particolare a Rebecca, Debby, Sophie, Giulia, Tita e Laura per le loro recensioni!! ^^
Aggiornerò il prima possibile!! ^^
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 7
*** Il cancro ***


Il cancro

 
«Allora… chi di loro è la piccola Aida Gerkhan?»
Ben si paralizzò… il cuore accelerò i battiti… l’aria iniziò a mancargli…
Aida… quei tre erano lì per Aida!
Cercò di restare calmo… di trovare una soluzione!
«Aida Gerkhan?! Mai… mai sentita!» disse, con tutta la serenità che gli restava in corpo.
«Oh, andiamo! Mi hai preso per un idiota?! La figlia del tuo collega è in questa classe, e tu vorresti farmi credere di essere qui per caso?!»
Ben tentò un altro approccio. «Beh, proprio per caso, no! Hai visto la maestra? È un tipo tosto! È da sabato sera che ci sto provando con lei…» iniziò, fingendo un’aria da chi la sa lunga.
Ma prima che il ragazzo potesse dire qualcos’altro il criminale lo zitti tirandogli i capelli tanto da fargli puntare lo sguardo verso il soffitto.
Avvicinò talmente la testa all’orecchio del giovane che Ben potette sentire il suo respiro sulla pelle e iniziò a parlare piano, con voce calma. «Ascoltami molto bene, ragazzo: tu ti credi tanto furbo… credi che io sia solo uno dei tanti da mettere nel sacco… uno di quei poveracci di cui ti liberi con un piccolo inseguimento in autostrada! Beh, ti dirò una cosa: loro sono la varicella, va bene?! Vengono una volta e poi spariscono per sempre! Ma io non sono la varicella! Oh, no! Io sono il cancro! Io mi insinuo dentro di te e attacco… e attacco… e attacco, finché non ottengo quello che voglio! E puoi anche credere che con un po’ di chemio si risolverà tutto, ma, la vuoi sapere la verità?! La chemio può indebolirmi… può farmi allontanare per un po’… ma non può uccidermi! Non può! Quindi proverò a chiederti questa cosa con le buone ancora una volta, e poi passerò alle maniere forti: chi di loro è Aida?»
Il ragazzo fece un respiro profondo e strinse i denti.
«Io non lo so!» concluse, scandendo bene ogni parola.
Müller fece spallucce. «Peggio per te…»
Prima che Ben potesse anche solo capire cosa stesse succedendo, lo colpì in faccia con un pungo tanto forte da fargli girare la testa di 90°.
Le urla delle bambine gli giunsero nuovamente alle orecchie ed un altro cazzotto lo colpì allo stomaco, facendolo piegare in due per il dolore e spezzandogli il fiato.
Iniziò a tossire ed ansimare. Non gli avrebbe detto chi era Aida… non gli importava cosa gli avrebbe fatto!
Finì a malapena di formulare il pensiero che sentì il colpo di un gomito sulla nuca che lo fece cadere a terra in ginocchio.
Il sapore di ferro gli affiorò alla bocca, ma lo rigettò indietro.
Non avrebbe ceduto! Non si sarebbe arreso! Non…
«Zio Ben!» urlò una vocina alla sua sinistra.
Una bambina si separò dal gruppo e corse verso il ragazzo…
«Zio Ben, hai la bua? Ti fa tanto male?» disse, stringendogli il braccio tra le manine.
Il ragazzo respirò forte, cercando di non farla preoccupare. «Piccola… ehi, piccola, va tutto bene! Stai tranquilla…» ma prima che riuscisse a finire la frase l’uomo afferrò la bambina da sotto le ascelle e la sollevò, facendola sedere su un banco dietro di sé.
«Ciao, bella! Tu devi essere Aida, giusto?» si voltò leggermente verso l’ispettore. «Ora non vorrai mica farmi credere che tutte le bambina ti chiamano zio?»
Ben alzò la testa e digrignò i denti. «Lurido porco, lei non c’entra, maledizione! Non c’entra niente!» urlò dimenandosi, senza dargli ascolto.
Müller lo ignorò. «Falle uscire e chiudici dentro.» disse ad uno scagnozzo.
L’energumeno spinse le bambine fuori dalla porta e, una volta chiusa, trascinò davanti all’uscio un banco.
«Bene, ora che siamo soli, parliamo di cose serie…» disse il criminale sedendosi sul banco affianco ad Aida mentre anche gli altri due uomini si toglievano il passamontagna e si mettevano a guardia dell’entrata. «Sai, all’inizio volevo prendere solo lei: una bambina è più comoda come ostaggio e mette più in allerta la polizia…» e dicendo questo allungò un braccio e lo mise attorno alle spalle della ragazzina.
«Lasciala stare!» sibilò Ben a denti stretti.
Il criminale continuò ad ignorarlo. «… ma poi, pensandoci, mi sono accorto che tu potresti essermi molto utile!»
Müller si alzò e si avvicinò al ragazzo. Lo afferrò per il bavero del giubbotto e lo fece alzare, iniziando a frugare tra le tasche.
«Che cerchi? Il tuo fegato?! Perché, sai, credo non ce ne voglia molto per prendersela con una bambina di quattro anni!» attaccò Ben.
«No… quello che ho mi basta e mi avanza! Piuttosto cercavo qualcos’altro…» rispose a tono Alfred.
L’uomo tirò il cellulare di Ben fuori dalla tasca destra. «Ecco, giusto lui…» disse soddisfatto, aprendo la rubrica. «Come si chiama il tuo collega? Semir, giusto?!...»
 
 


Bene, gente, vi annuncio che, non solo il nostro criminale è malvagio fin nel midollo, ma che è anche spiritoso!!!! -.-“
Okay, se siete qui vuol dire che ancora non vi siete stufati!! xD E se ho scritto questo capitolo vuol dire che ancora non mi avete ucciso!! xDxD
Grazie mille a tutti quelli che stanno seguendo, in particolare a Sophie, Rebecca, Debby, Laura, Tita e Giulia per le loro recensioni! ^^
Mi scuso per il ritardo del nuovo capitolo, ma l’imminente fine della scuola mi sta costringendo a studiare di più ed il poco tempo che ho a disposizione lo uso per recuperare sonno!! Mi dispiace da morire!
Grazie ancora, soprattutto per la pazienza! xD
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 8
*** Lucidità ***


Lucidità

 
Semir sentì il suo cellulare squillare. Lo afferrò e lesse il nome sul display.
«Toh, è Ben! Iniziavo a credere che si fosse perso!» scherzò.
«Sì, certo: si era perso negli occhi della maestra!» rispose Tom.
I due sorrisero, mentre il primo premeva il tasto verde del telefonino. «Ehi, socio! Fortuna che hai chiamato, perché qui ci stavamo preoccupando!» disse ironico.
«Papino…» mormorò una vocina flebile flebile.
Semir restò un attimo contraddetto: quella era l’ultima voce che si sarebbe aspettato di sentire.
«Aida?!» disse tra il preoccupato ed il sorpreso alzandosi in piedi. «Amore mio, che succede? Stai bene? Mica lo zio Ben ha deciso di farti fare il suo primo filone?!» scherzò ancora.
«Oh, signor Gerkhan, non si preoccupi: l’ispettore Jager non c’entra assolutamente niente!» gli rispose la voce di un uomo.
L’ispettore restò paralizzato mentre il cuore accelerava i battiti. «Chi… chi è lei?» chiese, temendo la risposta.
Tom alzò lo sguardo dal computer fissando il collega: non poteva sentire la conversazione, ma capiva che qualcosa non andava.
«Oh, questo non ha importanza!» Tom prese il cellulare dalle mani inerti dell’amico e mise il vivavoce. «La cosa realmente importante è chi siete voi, e questo io lo so bene…»
Tom stava per urlare a Susanne di rintracciare il numero, ma il criminale lo fermò, come se fosse riuscito a leggergli nel pensiero. «È inutile rintracciare il luogo da cui arriva la chiamata: è la scuola di sua figlia, signor Gerkhan. E, se se lo sta domandando:… No! Non è una trappola e non ho intenzione di scappare.»
Semir era pietrificato dalla paura: non era stato rapito un estraneo o un collega… era stata rapita sua figlia! Era Aida nelle mani di quell’uomo!
«Cosa vuole?» chiese Tom, avvicinando sia al collega.
«Oh, signor Kranich! Noto con gioia che ha deciso di unirsi a noi...»
«La smetta con questi giochi di parole e risponda alla domanda: cosa vuole?»
Sospirò. «Ogni cosa a suo tempo, Kranich… ogni cosa a suo tempo.» la sua calma toccava i nervi dell’ispettore. «Piuttosto, mi permetta di presentarvi l’altro mio ospite…»
L’uomo afferrò Ben per i capelli costringendolo ad alzare la testa e gli avvicinò il cellulare all’orecchio.
Poi, la sua voce ruppe il silenzio dell’ufficio. «Semir! Semir, devi stare tranquillo! Ci sono io con lei, Semir! Non le accadrà niente!» urlò Ben.
Il criminale gli diede un colpo allo stomaco che lo fece gemere e piegare in due per il dolore.
«Allora, ispettore Gerkhan, mi ascolti bene: ha 5 ore per fare ciò che le sto per chiedere, dopo di che prima ucciderò il suo collega, in modo che sua figlia possa vedere, e poi ucciderò anche la bambina. E le assicuro che non sarà una bella morte…»
Allora Ben non ci vide più dalla rabbia. Iniziò a dimenarsi come un pazzo ed a urlare. «Semir! Semir, non lo ascoltare! Non le torcerà un solo capello, te lo giuro! Non glielo permetterò, Semir!»
Ma la sua voce arrivò solo come un sussurro dall’altra parte della cornetta.
L’ispettore non riusciva neanche a trovare la forza di parlare.
«Cosa dobbiamo fare?» chiese Tom al suo posto.
«Questa è la parte più semplice: avete presente quella cocaina che avete trovato in quel camion qualche giorno fa? Beh, effettivamente mi apparterrebbe di diritto! Tutto quello che dovete fare è prenderla e portarla da me.»
«Non abbiamo noi la cocaina! Abbiamo bisogno di permessi per prenderla… di tempo!»
«Kranich, solo, la prego, non mi tratti come un idiota! Avete 5 ore per recuperare quella cocaina, non mi interessa come. Se il tempo non dovesse bastarvi, allora…» tacque un attimo guardando la bambina. «… allora, succederanno cose molto brutte, chiaro?»
Tom strinse i denti. «Lei è un porco!»
«Chiaro?» chiese nuovamente l’altro per tutta risposta, scandendo bene la parola.
L’uomo fece un respiro profondo. «… Limpido!...» sibilò.
«Perfetto, signori! Spero di sentirvi presto! E lo sperano anche il ragazzo e la bambina!» e prima che Tom potesse dire qualcosa, chiuse la chiamata.
«Maledizione!» urlò l’ispettore sbattendo un pugno sulla scrivania.
Semir restò ancora qualche attimo immobile a fissare il vuoto dinanzi a sé.
Tom guardò il collega. «Ehi, socio, stai tranquillo, okay?! Ne verremo fuori!»
L’uomo continuava a non dare segni di vita. «Semir, andiamo! Almeno rispondi! Dì qualcosa! Troveremo una soluzione, vedrai!»
L’ispettore chiuse un attimo gli occhi pieni di terrore e prese un profondo respiro.
Quando li riaprì, erano iniettati di sangue.
«Io lo ammazzo.» sussurrò, cadenzando bene ogni parola. Si voltò e si diresse verso la porta dell’ufficio.
Ma il collega fu più veloce: si parò davanti alla porta, chiudendola e poggiandocisi sopra, in modo che non potesse aprirla.
«Semir, aspetta! Così non risolverai niente!»
«Oh, invece così risolverò proprio tutto, Tom! Levati di mezzo!»
«No! Non ti farò fare una pazzia! Fosse per Ben, per Aida o per chiunque altro! Non risolverai niente così: è un macchinatore! Sa cosa farai prima ancora che tu lo faccia!»
L’uomo non lo ascoltava. «Tom, levati di qui…»
«Semir, adesso non sei abbastanza lucido…»
«Tom…» sussurrò ancora l’ispettore.
«Semir, ora devi fermarti un momento e…»
Ma non riuscì a finire la frase, perché il collega gli sferrò un pugno dritto in faccia, tanto forte da fargli ruotare la resta.
Restarono qualche istante così: Semir immobile, a fissare il pugno destro ancora chiuso e Tom con il volto girato verso la finestra.
Il primo iniziò ad ansimare, rendendosi conto solo in quel momento di quello che aveva appena fatto. «Tom, io… mi dispiace, non…»
L’uomo alzò una mano per fargli segno di fermarsi e si passò la lingua sui denti, per essere sicuro che non ce ne fossero di rotti. «Ve bene! Va bene così!» disse voltandosi. «Ora che ti sei sfogato, ragioniamo bene sul da farsi. Per prima cosa, devi dirlo ad Andrea.»
«No, Tom! Io… io devo andare lì! Io… io devo provare a tirarla fuori…»
«Semir, calmati! Andremo lì, guiderò io! Ma tu intanto devi chiamare Andrea, okay?!»
Nella testa dell’uomo c’era una specie di nebbia che gli offuscava la mente e non gli permetteva di pensare bene. Riusciva a malapena a seguire il ragionamento del collega, anche se gli sembrava abbastanza sensato…
Annuì. «Va… va bene! Ora, però andiamo!»
Tom annuì e aprì la porta.
«Susanne, il capo non è ancora arrivato, giusto?» chiese, passando.
«No! Sarà qui a momenti! Perché?»
«Niente, niente! Solo, fammi chiamare quando arriva!» concluse, catapultandosi fuori dietro al collega.
Si sedettero in macchina e Tom gli passò il cellulare. «Chiamala con il mio: se quello dovesse provare a contattarci chiamerebbe te, perciò è meglio lasciare la linea libera…»
Semir annuì e prese il telefono in mano.
Rimase a fissarlo, immobile, per qualche secondo, mentre il collega cercava le chiavi della macchina.
«Tom…» sussurrò, restando con lo sguardo basso.
«Che succede?!» chiese il collega voltandosi verso di lui.
«Io… io non credo di farcela…»
«Cosa?! Non scherzare, Semir! Abbiamo superato situazioni peggiori!»
Lui scosse la testa. «No, Tom… davvero! Io… io non posso farcela! Questa… questa cosa mi… mi prende troppo! Io… io non… non posso…»
Il collega lo interruppe bruscamente. «Semir, ‘tu non puoi’ cosa? Ti ho visto lottare uno contro trenta, ed ora vorresti farmi credere che ‘tu non puoi’ qualcosa?! Andiamo, non dire sciocchezze!»
«Tom!» disse, voltandosi di scatto. «Quando quello ha detto che aveva preso anche Ben, io… io ne sono stato felice! Capisci, Tom: felice
L’ispettore vide gli occhi del collega peni di lacrime e sospirò. «Semir, stai tranquillo: non è grave…»
«Non è grave?! Tom, ero felice che uno dei miei migliori amici fosse stato rapito!»
«Semir…» sussurrò l’altro, provando a fermarlo.
«E… e lui ora è in pericolo e io… e io ne sono sollevato!» continuò, ignorandolo.
«Semir…» ritentò, alzando leggermente la voce.
«E… e se poi accade qualcosa?! Aida… Aida gli serve, ma Ben… Ben no… Ben…» L’uomo stava andando in iperventilazione.
«Semir, anche io!» lo interruppe, prima che l’ansia prendesse la meglio. «Anche io ne sono stato felice! E sai perché?! Perché Ben può proteggerla! E la proteggerà fino alla morte, se fosse necessario! Lo sai!»
Semir abbasso nuovamente lo sguardo sul cellulare mentre Tom infilava le chiavi nel quadro e avviava il motore.
«Chiamala!» disse ancora.
L’altro rimase a fissare il telefono per qualche altro secondo. Poi sospirò e annuì. «Sì… sì, sì, lo farò!» lo guardò. «Grazie!»
Tom ingranò le marce. «Risparmia i ringraziamenti per quel bastardo: quando lo prenderemo, dovremo fargli un bel po’ di omaggi…»
E dicendo questo, partì.
 
 
 

Ecco! ^^ Visto che oggi è il mio compleanno, ho deciso di regalarvi un bel capitolo fresco-fresco!! xDxD
Che ne dite? Semir è abbastanza sconvolto?! Posso farlo stare peggio, se volete… xDxD
Scherzi a parte, grazie a tutti quelli che mi stanno seguendo, in particolare a Rebecca, Tita, Sophie, Debby, Laura, Giulia e Spocky per le loro recensioni! ^^
Non so quando riuscirò a farmi viva, ma spero per il fine settimana! :D
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 9
*** Mezze verità ***


Mezze verità

 
Andrea uscì dall’edificio e si avviò verso la macchina.
Sentì il suo cellulare squillare nella borsa. Lo prese e rispose.
«Pronto, Andrea Schäfer!»
«Ehi, ciao… ciao, amore!» disse la voce tremante di Semir dall’altra parte della cornetta.
Sorrise. «Tesoro! Che succede? Tutto bene a lavoro?»
Per un attimo ci fu silenzio. «Sì… cioè, non proprio…»
Andrea era confusa. «In che senso?»
L’altro sospirò. «Amore, devo dirti una cosa…»
La donna si paralizzò. Stava succedendo qualcosa, lo sapeva! Lo sentiva nella voce del marito: qualcuno era in pericolo!
Chi poteva essere? Tom? Ben? Semir? Lei? Sì,… probabilmente era lei! Altrimenti non si sarebbe mai sognato di chiamarla: sapeva si sarebbe preoccupata!
O forse qualcuno era ferito… o addirittura morto!
L’ansia prese il sopravento per qualche attimo.
Fece un respiro profondo, provando a mantenere i controllo. «Semir, cosa è successo?»
Era pronta a tutto! Qualunque cosa gli avrebbe detto lei lo avrebbe retto… lei gli sarebbe stata affianco…  lo avrebbe sostenuto!
Lei era pronta a qualsiasi cosa
«Hanno… hanno preso Aida…»
… tranne che a quello
 
Muller si affacciò alla finestra e guardo giù.
«Toh, hanno fatto in fretta!» disse, notando l’orda di poliziotti sotto l’edificio. «Ma, non ti preoccupare: del tuo collega, ancora nessuna traccia!» disse, rivolto e Ben. «Questi devono essere quelli chiamati dalla maestra…»
 
La testa iniziò a girarle e per poco non perse l’equilibrio.
L’aria iniziò a mancarle… la vista le si annebbiò.
Si poggiò con la schiena ad una macchina lì vicino, cercando di non cadere.
«Che… che cosa?!» sussurrò, sperando di aver sentito male.
«Amore, mi dispiace…» le disse il marito.
Andrea scosse la testa. «No… no, non è possibile! Io… io l’ho lasciata meno di un’ora fa… era con Ben... stava andando a scuola…» sentì le lacrime salirgli agli occhi e iniziare a rigarle il volto.
«Sono andati a scuola e l’hanno presa lì! Ben… Ben era ancora con lei… hanno preso anche lui…»
Ma Andrea sembrava non sentire quello che le stava dicendo: avevano preso Aida! Avevano preso la sua bambina! Non importava chi, ma l’avevano presa! Ed ora lei era in pericolo…
Iniziò ad ansimare e si passò una mano tra i capelli… «Non… non è giusto! Lei… lei non c’entra niente! Lei… lei è innocente…» Senza neanche rendersene conto iniziò a singhiozzare mentre parlava.
«Amore… ehi, amore! Dai, non… non fare così… andrà tutto bene! Io… io e Tom già stiamo… stiamo cercando una soluzione! Vedrai… vedrai che si risolverà tutto…» provò a consolarla il marito.
Ma la donna quasi non lo sentiva tanto erano diventati forti i suoi singhiozzi. «Non… non c’entra…» mormorò.
Semir avrebbe voluto abbracciarla, prenderla tra le braccia e consolarla, ma in quel momento non c’era tempo: dovevano fare in fretta. «Amore… andrà… andrà tutto bene! Tu… tu perché non vai da un’amica? O… o vai al comando! Non… non restare sola, però… okay?!»
La donna provò a calmarsi. «Sì… sì, va bene! Credo… credo andrò al comando… o… o…» ma la frase le morì in bocca quando un’altra ondata di singhiozzi prese possesso di lei.
«Ehi… ehi, amore mio, va tutto bene! Dai, stai… stai tranquilla! Vedrai… vedrai che la tireremo fuori di lì…»
La donna provò nuovamente a calmarsi, questa volta con un po’ più di successo. «Va… va bene…» poi sentì un fortissimo bisogno di dire una cosa al marito….
«Semir…»
«Sì, amore?»
Sorrise. «Ti… ti amo!»
Anche l’uomo sorrise. «Ti amo anche io, tesoro. Ora vai… e guida piano!» concluse.
 La donna annuì e chiuse la chiamata.
Si guardò attorno nel parcheggio: ancora nessuno…
… nessuno se ne era accorto…
 
Müller osservò le auto fuori dalla finestra.
«Però, devo dire che tutte queste macchine della polizia fanno un bell’effetto scenografico! La stampa impazzirà!» ironizzò.
«Bene, dovresti essere fiero di te: hai mobilitato tutte quelle auto! Complimenti!» gli rispose Ben.
Il criminale si girò, dando le spalle alla finestra e poggiandosi al davanzale. «Beh, devo dire che la fama ha il suo fascino… ma non è quella che cerco!»
Guardò la bambina, seduta ancora sul banco, poi il ragazzo. «Sai, mi stupisco che il tuo collega non sia già qui: non è da lui…»
Ben rise. «E tu cosa ne sai cosa è da lui e cosa no?»
L’altro fece spallucce. «È un essere umano…»
 
Semir chiuse la chiamata. «Quanto manca?»
«Poco, stai tranquillo! Non posso andare più veloce: rischio di ammazzare qualcuno!»
In quel momento il suo telefono squillò. Semir aprì la chiamata e mise il vivavoce.
«Pronto?»
«Kranich, che succede?»  chiese la voce della Enghelardt dall’altra parte della cornetta.
«Oh, capo! Abbiamo un problema…»
E poi Tom le raccontò tutto.
 
Ben scosse la testa. «Non la farai franca! E non ti permetterò di farle del male! Non ci sperare nemmeno!»
L’altro sorrise. «Oh, lo so! Ecco perché non volevo prendere anche te! Ma non potrai fermarmi: sono il cancro, ricordi?»
L’altro annuì. «Sì… sì, in effetti ricordo! Ma, la sai una cosa?» Ben lo guardò dritto negli occhi, calmo come non mai.
L’altro aggrottò la fronte. «Cosa?»
«Se provi a torcerle un capello ti seguirò anche all’inferno solo per fartela pagare!» urlò inaspettatamente il ragazzo.
Müller sbandò. «Aggressivo,... ma coerente!»
 
«Maledizione, Kranich! Dove siete adesso?»
«Stiamo andando alla scuola… qual è il problema?»
«Il problema è che non è un caso di vostra competenza! È una faccenda dell’anticrimine! E conoscendo quelli dell’anticrimine, dubito che vorranno collaborare!»
«E allora?»
La donna sospirò, esasperata. «Ascolti, Kranich: io mi fido di lei, di Jager e di Gerkhan ciecamente, ma vi rendete conto che in questo caso non potrò aiutarvi in nessun modo?»
«Sì!»
Sospirò ancora. «Perfetto! Non chiami più il comando: contatti direttamente il mio cellulare! Questo non è un intervento ufficiale e, perciò, è meglio che le comunicazioni che lo riguardano non passino per il comando!»
«Va bene, capo! La terremo informata!»
«Sì, grazie! E… Ah, Kranich, un favore: niente pazzie!»
«Sì,sì, va bene capo! A dopo!» concluse, dando poco conto all’ultima raccomandazione e chiudendo la chiamata.
Poi svoltò e frenò di colpo, facendo un testa-coda e fermando la macchina in mezzo ad un mucchio di agenti e auto della polizia.
Sentito il rumore di una macchina che sterzava , il commissario in capo, un uomo alto e slanciato, con capelli castani e occhi verdi, si voltò.
Quando vide l’auto restò di stucco, meravigliato della furia con cui si fosse fermata.
Le portiere della macchina si aprirono e ne uscirono due uomini.
Il commissario li vide. Sospirò, mise le mani nelle profonde tasche della lunga giacca nera che indossava e andò incontro ai due. «Non potete stare qui: è in corso un’operazione della polizia!»
«Lo sappiamo!» rispose Tom, tirando fuori il tesserino di riconoscimento. «Kranich, polizia autostradale. Questo è il mio collega, Gerkhan.»
Il commissario li guardò. «Io sono il commissario Wolf, molto lieto! Purtroppo, mi vedo costretto a darvi la stessa risposta: non potete stare qui, è in corso un’operazione della polizia! Questo caso è di competenza dell’LKA, non della polizia autostradale!»
«A rigor di logica ha ragione, ma questo caso è un po’ diverso da  uno da manuale…» provò a giustificarsi Tom.
«Davvero? E, sentiamo, come mai?»
L’uomo aprì la bocca per rispondere, ma il socio fu più veloce. «Uno degli ostaggi è un nostro collega!»
 
 
 

Eccomi qui con un nuovo capitolo!
Scusate l’attesa infinita, ma la scuola mi sta massacrando! Fortuna che tra poco sarà finita… xDxD
Okay, ispiratissima dagli inediti(sono uno più bello dell’altro!! ^^) sto scrivendo sui nostri tre eroi in ogni secondo libero, perciò sarei ottimista riguardo ai prossimi aggiornamenti… xDxD
Vorrei ringraziare tutti voi che continuate a seguirmi nonostante i ritardi madornali, in particolare un enorme grazie a Sophie, Rebecca, Debby, Giulia, Spocky, Tita e Laura per le loro recensioni! ^^
Beh, cos’altro posso dire? Spero di sentirvi presto e di non impiegare secoli per aggiornare!! xDxD
Ciao! ^^
Chiara! ^-^

 

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Capitolo 10
*** Verità ***


Verità

Müller accennò ad un sorriso fissando la strada. «Eccoli i suoi colleghi, Jager! Meno male che sono arrivati, mi sarebbe dispiaciuto uccidervi prima del loro arrivo.»
Gli scagnozzi scoppiarono a ridere come due automi e il criminale ne parve soddisfatto.
Aida aggrottò la fronte e mise il broncio, seccata.
A Müller la cosa non sfuggì. «Che c’è, piccola? Qualcosa ti infastidisce?»
«Sì, il tuo comportamento! Sei cattivo… e perfido!» rispose lei con sicurezza.
Il criminale rise, seguito dagli altri due. «Davvero? Beh, credo di doverti ringraziare per questo complimento!» rispose, divertito.
La cosa sembrò irritare ancora di più la bambina. «Tu non vincerai! Papà e lo zio Tom non te lo permetteranno!» aggiunse.
L’uomo rise ancora più forte. «Ah, sì? Ne sei convinta?! Beh, vuoi dare un’occhiata al tuo paparino mentre cerca di impedirmelo?!» aggiunse, lanciando un altro sguardo in strada.
«No, grazie! Credo sia meglio che tu dia un’occhiata, perché penso sia difficile riuscire a guardarlo mentre ti prende a calci!»
I quattro adulti nella stanza restarono a bocca aperta mentre Müller continuava a sbellicarsi dalle risate.
 
«Un vostro collega? E cosa ci faceva in un asilo?»
Tom guardò Semir negli occhi e capì che non voleva parlare al poliziotto di Aida.
Guardò l’uomo e fece spallucce. «Forse la ragazza lavora qui e stamattina l’ha accompagnata! Non ne sappiamo molto…»
Il commissario sembrò poco convinto. «E come eravate a conoscenza dell’accaduto?»
«È riuscito a chiamarci e ci ha passato alcune informazioni…» rispose Tom mentre Semir mostrava i tabulati telefonici del suo cellulare.
Wolf sembrò rifletterci ancora qualche attimo.
Poi sospirò, stropicciandosi gli occhi con una mano. «E sia! In fondo, una collaborazione non può che fare bene… cosa è riuscito a dirvi il vostro collega?»
«Veramente non molto! Sappiamo che ci sono due ostaggio: lui e una bambina! E che probabilmente hanno scoperto che è un poliziotto, visto che ha dovuto interrompere la chiamata molto bruscamente!» Tom si meravigliò di quanto sapesse mentire bene.
Il commissario annuì, seguendo i suoi pensieri. «Bene… noi sappiamo che ci sono tre uomini armati, di cui probabilmente uno è il capo. Crediamo che avessero intenzione di rapire la bambina e che, trovatosi un poliziotto in mezzo, abbiamo cambiato i proprio piani. Tutto sembra abbastanza coerente, se non fosse che non abbiamo la più pallida idea del movente! Sappiamo che sapevano che bambina rapire… ce l’hanno confermato gli altri ragazzini, ma non sappiamo perché!»
Tom annuì. «Bene, allora credo sia una delle prime cose da scoprire, no?»
«Sì, lo credo anche io! Ispettore Gerkhan, la vedo silenzioso…» concluse, riferendosi all’uomo.
Semir si risvegliò dai suoi pensieri provando a mantenere un’aria serena e distaccata. «Sì… sì, credo anche io sia l’idea migliore. Avete già un piano per procedere?»
«Beh, sì… effettivamente noi avremmo già pensato a qualcos…» ma la sua spiegazione fu interrotta.
«Signor Gerkhan!» urlò una voce femminile.
I tre poliziotti alzarono lo sguardo e videro una donna di circa trent’anni avvicinarsi a loro correndo. «Signor Gerkhan, santo cielo! Mi dispiace così tanto!» disse afferrando la mano dell’uomo.
Semir la guardò quasi un po’ confuso. «Si… signorina Meier…»
«Non ho potuto fare niente! Quei… quei bastardi cercavano lei, ed io… ed io non ho potuto fare niente! Ma… ma c’è quel suo collega con lei! Sono… sono sicura starà bene…»
Wolf la guardò, confuso. «Signorina, ma… che sta dicendo?»
La donna si voltò verso il commissario. «Aida… Aida, la bambina che hanno preso! E la figlia dell’ispettore! Signor Gerkhan, sono davvero mortificata! Quella… quella povera bambina…» e nel dire questo per poco non scoppiava a piangere.
Semir lanciò uno sguardo a Tom e al commissario. «Signorina Meier, non si preoccupi! Vedrà… vedrà che andrà tutto bene…» sussurrò, forse consolando più se stesso che la donna.
Annuì. «Sì… sì, lo spero! Ora… ora andrò dagli altri bambini! Sono così dispiaciuta…» e continuando a ripeterlo la donna sparì proprio come era apparsa.
Il commissario aspettò che la donna fosse lontana. Poi incrociò le braccia e fece una faccia truce. «Ispettori, vi dispiacerebbe spiegare… questo
 
Müller guardò Ben. «Un bel caratterino la bambina! Immagino da chi abbia preso… » ironizzò. «Scommetto che il papà ne sarebbe molto fiero…»
Si affacciò nuovamente giù, restando comunque in un punto dove poteva essere non visto.
«… quanto vorrei sapere cosa stanno dicendo…» mormorò tra sé e sé stringendo il cellulare di Ben tra le mani.
 
Tom prese un forte respirò. Lanciò uno sguardo a Semir e poi tornò a guardare il commissario. «Senta, ci lasci spiegare…»
«Spiegare, signor Kranich?! Cosa, di preciso?! Perché io vi ho lasciato intervenire in una mia operazione senza voler sapere niente! Ispettore, mi stavo fidando,… come un’idiota! E voi stavate mentendo!» iniziò a far vagare lo sguardo, irritato, tra le macchine e si passò una mano sul volto, pensando al da farsi. «Ora voglio la verità, Kranich! Tutta! Chi c’è là dentro? Cosa vogliono? Perché lo vogliono?»
Tom sospirò. «Okay, va bene! Ora le spiegheremo tutto!»
«Sarà meglio!» rispose, seccato.
Prese un profondo respiro. «La bambina che hanno preso è la figlia del mio collega.» il commissario iniziò nuovamente a far girovagare lo sguardo tra le auto con nervosismo. «Commissario, non ve lo abbiamo detto subito perché ci avrebbe escluso dall’operazione!»
L’uomo lo fisso dritto negli occhi. «E vorrebbe darmi torto, Kranich? Siete troppo coinvolti emotivamente... la prendereste troppo sul personale! Specialmente il suo collega!»
«Lo so, infatti ha ragione! Ma, cerchi di capire: non potevamo abbandonarli… non possiamo abbandonarli!»
Il commissario sembrò ancora titubante.
Tom trattenne il respiro.
Sospirò. «Ditemi quello che realmente sapete… poi deciderò!»
Tom prese un respiro di sollievo: avevano un’opportunità. «Grazie! Non sappiamo l’identità dei rapitori, ma crediamo che uno di loro sia il capo e gli altri gli scagnozzi. Pensiamo avessero intenzione di rapire  solo Aida, la bambina, ma che, trovatosi il nostro collega, Ben Jager, in classe, abbaino accettato il ‘dono’ senza troppi scrupoli.» si fermò un secondo per riprendere fiato. «I rapitori ci hanno chiamato con il cellulare di Ben. Per questo ci siamo precipitati qui!»
«Cosa vi hanno detto?»
«Abbiamo parlato solo con uno di loro: crediamo sia il capo. Ha le idee molto chiare. Un paio di giorni fa abbiamo sequestrato della droga in un camion ed ora lui la rivuole!»
Il commissariò fissò il vuoto per qualche attimo. «Quindi vuole la droga, giusto?!»
Tom annuì. «Sì, solo quella! Abbiamo quattro ore e mezza per procurarcela! Non so quante storie possano fare nel magazzino, ma credo che sia possi…»
Ma le parole di Tom furono interrotte dal commissario. «Non gli daremo la droga!»
 
 
 

Okay… come minimo dovreste staccarmi la testa ed attaccarla ad un palo come monito per tutti gli autori che non aggiornano spesso… vi prego, non lo fate! xD
Ho finito la scuola!! :D *parte a ballare la macarena, ma si rende conto di quanto sia ridicola e si ferma.* Ehm… ecco… *tossisce e recupera un minimo di contegno* Comunque… per vostra (s)fortuna potrei riuscire ad aggiornare abbastanza di frequente adesso! xDxD
Grazie a tutti quelli che mi stanno seguendo, ed un grazie particolare a Rebecca, Sophie, Spocky e Laura per le loro recensioni! ^^
A presto! ^^
Ciao!
Chiara ^-^
 

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Capitolo 11
*** Un piano ***


Un piano

«Non gli daremo la droga!»
Tom restò a bocca aperta. «Co-come?!»
Il commissario scosse la testa. «Non gliela daremo! Punto!»
Semir, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, sentì la rabbia prendere il sopravvento e iniziò ad urlare.
«Cosa?! Ma è impazzito?!»
Scosse la testa. «No, per niente! Sto solo cercando di seguire un ragionamento logico…»
«Così li ammazzeranno!» intervenne Tom.
«Non finché avremo la droga: gli servono! Se gliela daremo, non potremmo essere sicuri che li lasceranno vivere!»
Tom non rispose, ragionando seriamente su quello appena detto dal commissario.
Semir, invece, era troppo coinvolto per fermarsi. «C’è una bambina di 4 anni lì dentro! Se sbagliamo una mossa non esiteranno un secondo ad ammazzarla! Lei capisce questo, no?!»
«Gerkhan, lei parla così perché la bambina là dentro e la sua bambina!»
«Io parlo così perché là dentro c’è una bambina!» smentì, agguerrito. «Non importa di chi sia: dobbiamo evitare le facciano del male,…. E contraddirli, sinceramente, non mi sembra il modo migliore per riuscirci!»
Il commissario sospirò e si voltò verso Tom. «Ispettore Kranich, la prego, cerchi di far capire anche lei al suo amico quanto questa idea sia stupida
Tom tacque, non sapendo cosa rispondere.
In quel momento il telefono di Semir squillò.
Silenzio.
L’uomo afferrò il cellulare e lesse il nome:…
...Ben
Non aspettò neanche lo squillo successivo e aprì la chiamata in vivavoce.
«Salve, ispettori! Noto con gioia che non siete più soli! Buongiorno, commissario Wolf!»
L’uomo sembrò un po’ meravigliato. «Salve… vedo che mi conosce!»
«Sì, commissario: la conosco! E volevo avvertirla che complottare contro di me è inutile: so leggere le labbra! Qualsiasi cosa direte, io la saprò. E in un modo o in un altro otterrò quello che voglio… chiaro, Gerkhan?!»
Semir ebbe un fremito, ma strinse i denti e tacque.
Wolf intervenne, intuendo il disagio del collega.
«Lei entra in una scuola, prende due ostaggi, chiede un riscatto… e pretende anche che noi non proviamo qualche trucchetto?! Ma andiamo!» Sospirò. «Lei ha l’aria di uno che conosce bene le persone e, in particolare, i poliziotti… non credo sia tanto stupido da aver pensato che l’avremmo accontentata e basta!»
Si sentì una forte risata. «Cosa… cosa me l’ha fatto pensare?!» si fermò un attimo, recuperando un minimo di serietà persa. «Questo…»
 
Müller infilò una mano nei pantaloni dietro la schiena e prese la pistola.
Ben sgranò gli occhi. «Che vuoi fare?! Fermo!» urlò.
Il criminale lo ignorò. Portò l’arma vicino alla cornetta e fece scattare la sicura. «L’avete sentito, questo?! È il mio passaporto! Il mio lasciapassare!» disse ad alta voce per far sentire bene ai tre poliziotti. «Vi sfido a mettervi tra me e quello che voglio!»
Il commissario sembro deglutire, ma non perse la sua sicurezza nella voce. «Una pistola?! Andiamo! Praticamente ce l’hanno tutti!»
Rise. «Quella che è davanti alla pistola!»
Allungò un braccio e puntò l’arma alla testa della bambina.
Ben diede l’ennesimo strattone alle manette, come se questo potesse farlo liberare e andare incontro alla piccola. «Fermo! Non lo fare!» iniziò a gridare a squarcia gola.
Aida si pietrificò.
«Ascoltatemi bene: tutto quello che separa la bambina da un proiettile sono 3 centimetri d’aria… sono stato chiaro?»
«Fermo! Ne possiamo parlare…» tentò ancora Wolf.
Rise. «Parlare?! Parlare di cosa?! Voi dovete solo eseguire! Non c’è niente di cui parlare!» per qualche secondo tacque. «Quattro ore! Non un secondo di più!»
Poi, chiuse la chiamata.
 
Semir restò paralizzato.
«Quel tipo non scherza! Dobbiamo seguire un piano!» sussurrò Tom, dando le spalle alla scuola.
Anche Wolf si voltò ed iniziò ad annuire. «Sì… sì, ha ragione! Dobbiamo collaborare e riuscire a fare una mossa migliore della sua!»
Tom lo guardò. «Lei ha già qualche idea?»
Scosse leggermente la testa. «Niente! Lei?»
Tom fece un cenno con la testa. «Sì… ma deve darmi corda e non ostacolarmi!»
Il commissario annuì. «Va bene, voglio fidarmi! Vada!»
Tom si voltò verso il collega, che intanto si era avvicinato. «Semir, vai da Hartmut e fatti dare la droga! Se dovesse fare domande, inventati qualcosa…»
L’uomo si voltò verso la scuola per un attimo. Fece un forte sospiro e si voltò nuovamente verso il collega, annuendo.
Poi andò verso l’auto e partì a tutta velocità.
Il commissario osservò la macchina allontanarsi. «Non avrà mica intenzione di dargliela?!»
Tom si passò una mano sul volto e si stropicciò gli occhi stancamente. «No… no! Certo che no! Ma ho bisogno che lui lo creda…»
Portò le mani sui fianchi e fece un forte sospiro.
«E noi intanto che dovremmo fare? Guardare quanto è bella la scuola?!» chiese il commissario.
Scosse il capo. «No… intanto noi organizzeremo un’irruzione… e senza farlo scoprire a mister ironia!»
 
 
 

Olè!! Si fiderà!! ù.ù xDxD
Okay… faccio la seria! xDxD
Spero che la storia continui a piacervi! ^^
Grazie a tutti quelli che stanno seguendo, ed in particolare a Rebecca, Sophie, Laura e Roylove per le loro recensioni! ^^
Bene… approfitto di queste note dell’autore per pubblicizzare il mio contest su Squadra Speciale Cobra 11! ^^ Ecco il link! xDxD http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10272278
Vorrei deste un’occhiata! xD Se poi qualcuno volesse partecipare, non si faccia scrupoli! ^^ (Messaggio subliminare: Partecipare-Partecipate-Partecipate! xDxD)
Bene! Ancora grazie a tutti! ^^ Cercherò di aggiornare in un paio di giorni! ^^
Ciao a tutti! ^^
Chiara ^-^
 

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Capitolo 12
*** Chiudi gli occhi ***


Chiudi gli occhi

Müller chiuse la chiamata senza abbassare l’arma.
«Come bambina sei davvero un ostaggio... difficile!» sussurrò.
Aida non riusciva nemmeno a muoversi.
Fu allora che intervenne Ben. «Ehi… ehi, lasciala stare! Hai ottenuto quello che volevi: sollecitarli,… ma adesso lasciala stare!»
Müller non si mosse.
Per un attimo, tutto in quella classe restò paralizzato, come se ogni benché minimo movimento avesse potuto far scattare quel maledetto grilletto di quella maledetta pistola a soli tre maledettissimi centimetri d’aria dalla testa della bambina.
«Ti va proprio bene, questa volta…» sussurrò rimettendo la sicura e abbassando l’arma.
La bambina scese dal banco e corse dallo zio, nascondendosi dietro di lui e stringendosi alla sua gamba sinistra.
«Ma se provi a fare di nuovo l’indisponente non vedrai l’alba di domani!» aggiunge Müller, piegandosi in modo da guardare la bambina negli occhi.
Ben allargò le gambe, come per creare uno scudo protettivo davanti ad Aida, che si nascose di più dietro di lui, e si sporse in avanti finché potette, con i denti digrignati e la rabbia dipinta in volto. «Se provi a torcerle un solo capello, giuro che ti ammazzo con le mie mani!» ringhiò a denti stretti.
Müller sorrise, avvicinandosi. «Ehi… ehi, ispettore! Andiamo! Mi conosce… non uccido le risorse utili!» e prima ancora di concludere, gli sferrò un pugno nello stomaco tanto forte da farlo piegare in due per il dolore.
Strinse gli occhi e fece una smorfia, mugugnando.
«Zio Ben!» urlò la bambina mentre, con le lacrime agli occhi, stringeva la gamba del pantalone tra le manine.
Il ragazzo sollevò leggermente la testa, ansimando, e piantò i suoi occhi in quelli spavaldi del criminale davanti a lui.
Quello sguardo,… quel ghigno… quell’aria non lasciavano dubbi.
«Cucciolo… cucciolo, va tutto bene! Solo… solo fammi un… un favore:… chiudi… chiudi gli occhi…» si fermò un attimo e sospirò. «E non… non aprirli finché non te lo dirò io! O… Okay?!»
La bambina esitò un attimo. Poi, a malincuore, obbedì.
Müller gli si avvicinò leggermente sotto il suo sguardo di sfida. «Questo è un gesto molto altruista da parte sua…» sussurrò, chinandosi all’altezza di Ben. «… peccato che l’altruismo non possa servirle a niente in questo momento!»  e così concludendo sferrò un altro cazzotto nello stomaco del ragazzo.
Ben gemette di nuovo e Aida gridò nuovamente il suo nome, stringendo con più forza i calzoni.
Müller sferrò un altro pugno. Poi un altro. Poi un altro ancora.
Ad ogni colpo Aida chiamava lo zio, preoccupata, e stringeva con più vigore la gamba del pantalone, quasi in questo modo potesse trasmettergli energia.
Ad ogni colpo, Ben sentiva la forza abbandonarlo sempre di più. Ad ogni pugno, temeva di non resistere. Ma, nonostante questo, riuscì a trovare la forze per continuare a ripetere quella sola ed unica frase…
… «Piccola, tieni chiusi gli occhi!»…
 
Semir strinse il volante tra le mani con nervosismo.
Ogni attimo che passava… ogni frazione di secondo che trascorreva in quella macchina era tempo che lo avvicinava alla scadenza…. era tempo che perdeva!
Lanciò uno sguardo al tachimetro: 80 km/h.
Aveva viaggiato anche a velocità superiori, ma quegli 80 km/h erano decisamente troppi, soprattutto paragonati ai 30 del limite di quel tratto.
Ma a quel momento non gli importava: c’era in ballo la sua bambina. E per lei avrebbe anche superato la velocità della luce, se ce ne fosse stato bisogno!
L’assordante rumore del lampeggiante non poteva minimamente essere paragonato all’infinito rumore dei suoi pensieri… delle sue paure! Non potevano zittirli… annebbiarli… sotterrarli!
Ma perché l’ufficio della scientifica doveva essere dall’altra parte della città? Perché doveva volerci tutto quel tempo per raggiungerlo? Perché quella stramaledettissima strada doveva per forza sembrare dieci volte più lunga di quanto non fosse in realtà?
La rabbia e la paura gli annebbiavano completamente la mente. In quel momento poteva fare solo una cosa:… premere sull’acceleratore!
 
«Sì,sì, va bene… ho capito! Basta che facciate in fretta!» disse Wolf a telefono, stropicciandosi stancamente gli occhi, prima di chiudere la conversazione.
«Allora?!» chiese Tom.
«La SEK non potrà intervenire… per ora! Dobbiamo conceder loro almeno un’ora… forse di più!» rispose seccato.
«Perfetto!» disse, ironico.
Annuì. «Già!…»
Sospirò. «Noi, intanto che possiamo fare, commissario?» aggiunse, tornando serio.
L’altro scosse la testa. «Niente! Non possiamo intervenire… non possiamo posizionare cecchini, perché non ci sono zone favorevoli nelle vicinanze… possiamo al massimo progettare un piano per l’irruzione… niente di più!»
Tom sospirò. «Fantastico! Beh, buttiamo giù qualcosa… sempre meglio di niente!»
 
Andrea varcò lentamente l’ingresso del commissariato e iniziò a camminare tra le scrivania con aria spaesata.
Le sembrava quasi di vedere il mondo dagli occhi di qualcun altro… di trovarsi in un altro corpo, come se tutto quello che le stava succedendo non le appartenesse.
Susanne la notò immediatamente e le andò incontro. Lei quasi non la vide.
«Andrea, stai bene?» chiese, notando il suo sguardo assente.
La donna, improvvisamente, smise di fissare il vuoto e spostò i suoi occhi lucidi sulla ragazza.
Iniziò a boccheggiare. «Io… io credo…»
La sua mente era completamente vuota… le sembrava quasi che le sue parole non potessero racchiudere tutti i suoi pensieri… tutte le emozioni di quel momento.
«Andrea!» gridò la Engelhardt comparendo dalla porta del suo ufficio.
La donna si voltò verso il commissario, che le andò in contro, abbracciandola.
Il quel momento la madre non ce la fece a resistere e scoppiò a piangere.
«Andrea, non ti preoccupare! Vedrai che andrà tutto bene! Si aggiusterà ogni cosa!» le disse l’altra accarezzandole i capelli.
Susanne ed il resto del comando erano confusi e non capivano cosa stesse succedendo.
«Capo, c’è… c’è qualche problema?» chiese la ragazza, timorosa, temendo la risposta.
La donna si separò dall’abbraccio, mentre Andrea provava a fermare i singhiozzi.
«Sì… sì, c’è un problema…» iniziò il commissario.
Ci fu un attimo di silenzio. Poi, il capo prese un forte respiro e concluse. «Qualcuno ha rapito Ben e Aida!»
 
 

Eccomi qui con l’aggiornamento! ^^ Oggi sto aggiornando di tutto!! xDxD
Bene, contente?! xD Ho fatto picchiare Ben!! xDxD
Beh, superata la mia astinenza acuta da Tom Kranich, continuerò ispirata come non mai! ù.ù xDxD
Ecco... la scena in cui picchiano Ben l'ho inventata da un po'... perciò avevo fatto questo disegno! xDxD
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So che possono essere tutti tranne che Ben e Aida, ma volevo farvelo vedere perchè era venuto proprio come lo volevo! ^^

Bene, che altro posso dire? Grazie a tutti quelli che mi stanno seguendo, in particolare Rebecca, Sophie, Laura, Spocky e Roylove per le loro recensioni! ^^
Cercherò di aggiornare il prima possibile! ^^
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 13
*** Pazzia ***


Pazzia

Ben cadde in ginocchio, tossendo.
Aida aveva ormai iniziato a piangere e stringeva la gamba del ragazzo con tutte le sue forze.
Müller scosse la mano indolenzita. «Però, ispettore… sa che per essere uno sbirro ha proprio la faccia dura?!»
Ben aveva una voglia matta di rispondergli… di fargli ingoiare quelle stupide battutine del cavolo, ma quando aprì la bocca per parlare, ne uscì solo un’altra scarica di tosse.
Müller rise, evidentemente soddisfatto, e si allontanò per parlare con i suoi scagnozzi.
Ben continuava a tossire, non riuscendo smettere.
Aida mormorò ancora il suo nome tra le lacrime. «Zio… zio Ben…»
Il ragazzo iniziò a respirare forte. Doveva fingere di stare bene… doveva farlo per Aida!
«Ehi… ehi, piccola! Va… va tutto bene! Ora… ora puoi aprire gli occhi, va… va bene?» sussurrò con il tono più rassicurante che riuscì a fare.
La bambina socchiuse le palpebre e provò a guardare il ragazzo in volto restando sempre nascosta dietro di lui.
Ben la guardò e sorrise. «Vieni, non ti preoccupare… non ti faranno niente!»
La bambina avanzò leggermente, lasciando la gamba dell’ispettore.
Il ragazzo si sedette per terra e poggiò la schiena alla parete, provando a recuperare il fiato.
Aida continuava a fissarlo con uno sguardo triste.
Ben provò ancora a sorridere. «Ehi, piccola! Va tutto bene! Tranquilla!» mormorò.
Gli occhi della bambina diventarono lucidi. «È… è che è colpa mia se… te ti hanno fatto male! E… e mi dispiace…»
Ben la interruppe immediatamente. «Ehi… ehi, scricciolo, guardami… non dirlo nemmeno per scherzo, okay? Tu non ne hai nessuna colpa… va bene?»
La bambina annuì leggermente.
Il ragazzo le sorrise di nuovo e incrociò le gambe. «Dai, piccola… vieni qui!» disse, facendole un cenno con il capo.
Aida gli si avvicinò e gli si sedette sulle ginocchia.
Sospirò. «Zio Ben, devo confessarti una cosa…» disse, asciugandosi gli occhi.
«Che succede, piccola?» chiese lui.
«Io… io ho un po’ paura…» rispose, insicura.
Il ragazzo sorrise. «È normale avere paura, cucciolo! Tutti hanno paura!»
«Ma tu, papà e lo zio Tom non ne avete mai…»
Ben sospirò. «Devo svelarti anche io un segreto: ho sempre paura! Ogni giorno! Ma fingo di non averne, perché se gli uomini cattivi che arresto lo scoprissero, avrebbero un punto di vantaggio! E noi non lo vogliamo, vero?»
La bambina sorrise, scuotendo la testa. Ben alzò leggermente lo sguardo. «È normale avere paura! L’importante è non farlo notare, okay? Perciò, qualsiasi cosa succeda, promettimi di non fargli vedere che hai paura… va bene?»
La bambina annuì. «Te lo prometto!»
I due si guardarono per un po’ negli occhi. Poi, Aida poggiò la testa sul petto del ragazzo, puntando lo sguardo verso la finestra. «Spero che papà e lo zio Tom arrivino presto…»
In quel momento, Ben avrebbe voluto abbracciarla e stringerla forte a sé, per farla sentire al sicuro, ma quelle stupide manette glielo impedivano.
Sospirò. «Anche io, cucciola… lo spero anche io!»
 
«Pronto, Kranich!» rispose la voce di un uomo dall’altra parte della cornetta.
La ragazza prese un profondo respiro. «Ehi, Tom! Sono Susanne!»
«Ciao, Susanne! Come va?» rispose l’uomo.
«Bene! Voi, piuttosto! La Engelhardt ci ha raccontato quello che è successo…»
«Ah! Beh, stiamo lavorando sul da farsi…»
La ragazza annuì. Si guardò intorno, poi, accertatasi che nessuno la stesse ascoltando, continuò, abbassando la voce. «Semir come sta?»
«È preoccupato… molto! Ho paura faccia qualche pazzia… e non potrei nemmeno dargli torto!»
Sospirò. «Stai tranquillo, vedrai che non succederà niente…»
 
L’auto di Semir frenò con un testa-coda davanti al garage della scientifica.
Hartmut alzò leggermente lo sguardo, poco meravigliato, per poi tornare alla macchina che stava analizzando. Ormai non si scandalizzava più quando Tom, Ben o Semir facevano una delle loro spettacolari entrate a effetto.
«Ciao Hartmut! Mi serve una cosa…» disse scendendo dalla macchina.
Il ragazzo sospirò, si sollevò gli occhiali protettivi sulla fronte e lo guardò. «Cosa ti serve?»
«Hai presente la droga che hai analizzato l’altro giorno? Beh, dovrei riprendermela…»
Lo scienziato afferrò  uno straccetto già sporco di grasso e provò a pulirsi le mani. «Benissimo! Fammi vedere l’autorizzazione e te la lascio!»
Semir si pietrificò. Come aveva fatto a non pensarci?
«L’autorizzazione… certo…» mormorò, iniziando a tamponarsi le tasche come se la stesse cercando. «Accidenti! Credo di averla dimenticata in ufficio…»
Il ragazzo sospirò. «Mi dispiace, ma senza autorizzazione non posso consegnartela!»
«Dai, Hartmut! Non vorrai mica farmi tornare in ufficio per prenderti un’autorizzazione?!»
Lo scienziato fece spallucce. «Mi dispiace, Semir, ma questa è la legge!» e così dicendo si voltò, iniziando ad analizzare una scheggia di plastica con un microscopio sul tavolo.
«Andiamo, Hartmut! Mi conosci! L’autorizzazione te la porto domani, ci stai?»
Il ragazzo si ri-voltò verso l’ispettore e sospirò nuovamente. «Semir, senza quell’autorizzazione ho le mani legate, lo sai! Quindi, o la vai a prendere, o non potrò aiutarti!» concluse deciso.
Poi, tornò al suo lavoro.
Semir non sapeva cosa fare.
Si guardò intorno. «Dove sono tutti quanti, Hartmut?» chiese, notando che il ragazzo era solo nel garage.
«Metà del laboratorio ha l’influenza, mentre l’altra metà è in  ferie! Quei due o tre di turno con me oggi, stanno lavorando ad un caso sul posto.»
«Quindi… sei solo!» dedusse l’ispettore.
Il ragazzo annuì, continuando a non voltarsi.
Fu in quel momento che Semir, spinto dalla disperazione, decise di fare qualcosa di cui si sarebbe sicuramente ed immediatamente pentito…
Estrasse la pistola e la puntò verso il ragazzo.
Lo scienziato senti rumore della sicura che veniva tolta e sbandò.
«Hartmut, non ti muovere! Voltati lentamente verso di me con le mani ben in vista, o giuro che sparo!»
 
 
 

O.o Okay… Semir è impazzito! xDxD
Ecco l’aggiornamento, come promesso! ^^
Allora… grazie a tutti voi che continuate a NON ammazzarmi, nonostante le varie pazzie, ed in particolare a Rebecca, Sophie, Debby, Spocky, Roylove e Laura per le loro recensioni! ^^
Prometto che aggiornerò presto! ^^
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 14
*** Ragguagli ***


Ragguagli

«Hartmut, non ti muovere! Voltati lentamente verso di me con le mani ben in vista, o giuro che sparo!» sussurrò l’ispettore.
Il ragazzo sollevò le mani e iniziò a girarsi lentamente. Quando fu di fronte all’uomo, si rese conto che quello che temeva era vero.
Socchiude la bocca e le labbra cominciarono a tremargli. «O… okay! Se… Semir, stai… stai calmo…» sussurrò.
L’uomo lo ignorò quasi. «Ora prendi quella droga e dammela!»
Lo scienziato era meravigliato. «Semir… parliamone!»
A quelle parole, l’ispettore andò in escandescenza ed iniziò ad urlare. «Ti ho detto di portarmi la droga!»
Lo scienziato sbando. «Sì... sì, ora la... la prendo...» Voltò leggermente la testa verso un mobile con gli scaffali. «È... è là...»
Semir deglutì. «Va bene! Vai a prenderla... ma molto lentamente!»
Il ragazzo annuì ed obbedì, avviandosi di spalle verso il mobile.
Quando lo raggiunse, si voltò e afferrò un borsone. Poi si avvicinò a Semir e glielo tese.
L’uomo lo afferrò con uno scatto, indietreggiando per allontanarsi dallo scienziato e avvicinandosi alla macchina.
Hartmut deglutì forte. «Semir... Semir, cosa stai facendo?!» chiese, non riconoscendo più l’amico.
L’ispettore per poco non scoppiava a piangere. «Hartmut, io non… non volevo andasse così! Io… io non ho avuto scelta…»
«Ma che dici?! C’è sempre una scelta! Sempre!»
Ma l’altro scosse la testa, poco convinto. «Mi... mi dispiace!» e, raggiunta la macchina, ripartì, senza dare nemmeno una spiegazione!
Hartmut restò lì, immobile, a fissare il veicolo che si allontanava.
 
«Come mai mi avevi chiamato, Susanne?» chiese Tom, cambiando discorso.
«Per aggiornarti sugli sviluppi del caso! Dopo… dopo la spiegazione della Engelhardt ho cercato in tutti gli archivi possibili ed immaginabili qualcosa che potesse risolvere il caso,… e ho trovato il contatto di Neumann! Gli alcolisti anonimi!»
«Come?!» chiese Tom, che credeva di non aver capito.
La ragazza sorrise. «Gli incontri degli alcolisti anonimi erano ‘sostenuti’ da un certo Burk Krause, ricco uomo d’affari di dubbia fama!»
«In che senso “dubbia”?» chiese Tom, ancora più confuso.
«Pare che sia stato più volte visto discutere con un certo Alfred Müller, magnate della droga! Ogni accusa di complicità è sempre caduta e Müller non è mai stato incastrato!»
Tom era a bocca aperta. «Ma certo! Müller pagava Krause per cercare gli uomini giusti per il contrabbando tra gli alcolisti anonimi…»
«… e poi li mandava a spacciare per la Germania!»
«Dov’è adesso Krause?» chiese l’ispettore.
«Fuori dal paese, purtroppo! È partito due giorni fa! Credo abbia sentito puzza di bruciato e abbia deciso di darsela a gambe!»
«Già… lo credo anche io!» rispose l’ispettore. «Susanne, sei un genio! Non cambiare mai, ti prego!»
La ragazza sorrise. «Addirittura?! Faccio solo il mio lavoro! Buona fortuna!» augurò.
Poi chiuse la chiamata.
 
Il telefono della Engelhardt squillò.
Andrea, seduta sul divanetto di fronte alla scrivania neanche lo sentì, intenta com’era a fissare il vuoto con occhi colmi di lacrime.
Il capo afferrò la cornetta e rispose.
«Pronto, commissario Engelhardt!» disse, decisa.
«Salve, commissario! Sono Hartmut Freund!» disse una voce di ragazzo dall’altra parte della cornetta.
«Signor Freund! Cosa posso fare per lei?»
Il ragazzo sembrò trovarsi a disagio. «Beh, capo, veramente le volevo parlare di… ehm… Semir, ecco!»
La donna si pietrificò. «Cosa è successo?» chiese, temendo la risposta.
Lo scienziato sospirò. «È venuto a ritirare la droga senza autorizzazione, e quando gli ho detto che non potevo dargliela, mi ha minacciato con la pistola.»
«E lei cosa ha fatto?» domandò, ancora più preoccupata.
«Beh, gliel’ho data! Qui non c’era nessun’altro oltre me, quindi se ne è andato senza problemi…» fece un attimo di silenzio, come se volesse riunire le idee. «Ho pensato fosse meglio parlarne con lei, piuttosto che denunciarlo ai… ai servizi interni!» mormorò. «Io non… non voglio metterlo nei guai… voglio solo sapere se dovrei preoccuparmi o meno…»
Questa volta fu la Engelhardt a sospirare con un misto tra esasperazione e sollievo.
Si stropicciò gli occhi con la mano libera e iniziò a parlare. «Signor Freud, il caso a cui sta lavorando l’ispettore Gerkhan gli sta molto a cuore… e questo perché è coinvolta una persona molto importante! Non si deve preoccupare, ma non credo sia in grado di mantenere costantemente e completamente la lucidità...»
Il ragazzo, che da quel discorso stava intuendo fin troppo, sentì l’ansia opprimergli il petto.
Provò un forte bisogno di sedersi, ma le forze di spostarsi gli mancarono.
«Co... commissario, potre... potrebbe spiegarmi cosa sta succedendo?» chiese, temendo quasi la risposta.
E allora il capo gli raccontò ogni dettaglio ed ogni istante di quel terribile caso.
Ad ogni singola parola, Hartmut sentiva l’enorme macigno che si era creato nel suo petto diventare sempre più grande, spinto anche dal senso di colpa per aver esitato… per non aver dato retta al collega!
In qualche modo si spinse fino ad uno sgabello e vi ci si accasciò sopra, sopraffatto dalla paura.
Per un attimo, distrattosi dal discorso della Engelhardt, provò a immedesimarsi in Semir… a provare quello che stava provando lui in quel momento, forse paragonabile a cento volte la paura che lo aveva avvolto Quando aveva sentito la sicura scattare, e si rese conto che lui, al posto dell’amico, non avrebbe esitato un attimo a sparargli:… Aida era più importante! E lui l’aveva messa in pericolo con il suo voler sempre rispettare le regole per filo e per segno!
Quando la donna ebbe finito, lo scienziato restò qualche momento a fissare il vuoto in silenzio.
Poi, pronunciò solo queste parole:…
… «Oddio, che gran bastardo…»…
 

 
Rieccomi qui con il nuovo capitolo! ^^
Semir sarà anche impazzito, ma non farebbe mai del male ad Hartmut! ^^
Va bene… grazie a tutti voi che state seguendo, in particolare a Sophie, Rebecca, Laura, Debby e Spocky per le loro recensioni! ^^
Cercherò di aggiornare presto! ^^
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 15
*** Ora di andare ***


Ora di andare

Semir frenò e l’auto ruotò, facendo l’ennesimo testa-coda della sua breve e movimentata esistenza.
Tom si voltò verso il collega, guardandolo seccato mentre scendeva dalla vettura.
«Si può sapere adesso cosa combini?!» chiese, prendendolo evidentemente alla sprovvista.
«Che c’è?! Mi hai detto tu di trovare una scusa! Comunque ora ce l’ho!» disse, sollevando la sacca con la droga in alto, più per farla vedere al criminale che al collega.
Si avvicinò all’amico.
«Ti avevo detto di trovare una scusa, non di minacciarlo con una pistola!» sussurrò Tom a denti stretti.
L’uomo sussultò. «Come… come lo sai?»
«Hartmut ha chiamato il capo. E lei ha chiamato me!» disse, un po’ scocciato.
Semir abbassò lo sguardo. «Non gli avrei mai sparato…»
«Questo lo sai tu,… lo so io,… lo sa la Engelhardt… non Hartmut, che si è visto la tua pistola puntata contro senza nemmeno saperne il motivo!» sussurrò, arrabbiato.
Il collega annuì. «Sì,… sì, lo so! Non ci ho pensato… ero troppo nervoso!»
Tom sospirò. Si voltò un secondo verso la scuola e poi tornò nuovamente sul collega. «Va bene, lasciamo stare… tanto nessuno si è fatto male! Ascolta, ora dobbiamo fare irruzione! La SEK è arrivata da appena 5 minuti! Noi abbiamo ancora tre ore, quindi non dovrebbero sospettare niente! in oltre, non hanno visto le teste di cuoio arrivare! Condurremo io e te l’irruzione, perché tu sai dov’è la classe! Dobbiamo dare meno nell’occhio possibile, perciò dovremo fare in fretta: se dovessimo metterci troppo potrebbe insospettirsi nel non vederci!»
Semir annuì, guardando il collega. «Va bene… quando agiamo?»
Tom lanciò uno sguardo al portico della scuola sotto il quale si stavano posizionando gli agenti speciali. «Cinque minuti! Il tempo che la SEK finisca di sistemare le squadre… e che io ti aggiorni sugli ultimi sviluppi!»
 
Ben, ancora seduto a terra, teneva gli occhi chiusi e la testa poggiata al tubo dietro di sé, cercando di recuperare le forze.
In un qualsiasi altro momento di quella situazione non si sarebbe mai neppure sognato di chiudere gli occhi o anche solo si sbattere le palpebre, ma il calore del corpicino di Aida poggiato al suo petto sembrava quasi trasmettergli sicurezza: lei era lì! Il suo corpo era caldo… stava bene! E finché gli era in braccio non poteva accaderle niente!
Se avesse potuto continuare a sentire il suo calore… il suo petto alzarsi ed abbassarsi in modo regolare… il suo piccolo cuoricino continuare a battere come in quel momento, sarebbe stato tutto perfetto… sarebbe stato tutto sicuro!
… E invece non fu così!
Improvvisamente il peso della bambina svanì, insieme al battito, al respiro ed al calore.
Ben sobbalzò  e aprì gli occhi con uno scatto.
Davanti a lui, Müller aveva preso la bambina in braccio, sollevandola dal suo petto.
«Bene!» sospirò il criminale. «Credo proprio che sia ora di andare!»
I due energumeni spostarono il banco da davanti alla porta e la aprirono, avviandosi fuori.
Ben fece appello a tutte le forze che gli restavano e si sollevò. «Fermo! Andare… andare dove?»
«In un posto dove tu ed i tuoi amichetti non mi troverete! E mi porto anche la piccola!» rispose, avviandosi verso l’uscita.
«Fermo… Fermati! È… è solo una bambina! Lasciala… lasciala qui! Prendi me, ma… ma lasciala!» provò a bloccarlo Ben, dimenandosi con quel poco di forze che gli restavano.
«Tu sei troppo pericoloso, sbirro! In oltre, il tuo collega farà di tutto per sua figlia,… ma non sono sicuro dello stesso per te!»
La piccola aveva le lacrime agli occhi. «Zio… zio Ben...» mormorò.
Il giovane non doveva darsi per vinto... non poteva darsi per vinto!
«È una bambina, maledizione! È solo una bambina! Fermati, ti prego! Lasciala andare!» iniziò a urlare.
Müller rise. «Vedrai che starà benissimo…» disse, accarezzandole una guancia.
Ben non ci vide più dalla rabbia. «Sei un porco bastardo! È una bambina, maledizione!! Non c’entra niente con tutto questo!» sbraitò.
Ma il criminale non lo stava nemmeno ascoltando.
Müller lasciò l’aula continuando a ridere, mentre Aida iniziava a piangere chiamando il nome del ragazzo.
«Aida! Aida, andrà tutto bene! Aida, devi stare tranquilla: ti troveremo! Mi hai sentito?! Ti troveremo, piccola!». Ma le risate dell’uomo sembravano quasi coprire  le grida del ragazzo. «Lurido bastardo, è una bambina! Una bambina! Devi lasciarla andare! È solo una bambina!» iniziò a urlare Ben, continuando anche quando le risate cominciarono a non giungergli più all’orecchio.
«… una bambina... » disse in un sussurro più a se stesso che a qualcuno.
I muscoli si rilassarono. La rabbia svanì.
Cadde a sedere e tirò indietro la testa, poggiandola al muro. «… è solo una bambina...» mormorò con rassegnazione, lasciando che le lacrime prendessero il sopravvento.
Alzò la testa verso il soffitto.  «... non è giusto...» sibilò.
E in quel momento un atroce senso di sconforto ed inutilità lo sovrastarono.
L’avevano presa… e lui non aveva fatto niente per fermarli! Non era riuscito a salvarla… a proteggerla!
Aveva fallito…
… ed ora si sentiva tremendamente in colpa…
 
 


ODDIO!! O.O *Si abbassa e schiva una sedia lanciatagli contro* Gente, aspettate… *fa uno scatto di lato e evita un coltello che le si voleva conficcare nell’addome* Davvero! Non c’è bisogno di questa… *Con un salto degno di Jan Richter evita una freccia infuocata.*
Okay, mi merito questo ed altro, ma voi siete buoni… non come me!! Voi non mi fareste mai… *un proiettile le sfiora la testa* Okay, lo fareste!! xDxD
No, seriamente, giuro che sistemerò tutto!! Promesso!!
Grazie a tutti voi che continuate a leggermi, in particolare a Sophie, Laura, Rebecca e Debby per le loro recensioni! ^^

Okay… ho due comunicazioni di servizio…
1-La chiusura del contest è stata spostata al 4 agosto, visto che il 30 luglio non ci sarà! xD
2-Ho iniziato a fare le copertine delle storie! Non sono sicura le farò per tutte, ma per ora ho pubblicato quella di “Vendetta personale”, che trovate nel primo capitolo della storia! ^^
Detto questo, mi dileguo! ^^ Grazie ancora a tutti, aggiornerò appena mi sarà possibile! ^^
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 16
*** A telefono ***


A telefono
 
Un gruppo di teste di cuoio sfondò il portone e tutti gli agente SEK entrarono, preceduti da Tom e Semir.
I due ispettori avanzavano a pistole spianate, ignorando la presenza degli altri agenti.
Semir procedeva con passi decisi. Tom lo seguiva a ruota, provando a evitare che commettesse sciocchezze.
Lo aveva visto essere pronto a uccidere per vendicare o proteggere un amico… rischiare la vita per difendere lui o Ben… perdere la testa per paura che succedesse qualcosa ad Andrea.
Ma in quel momento non stavano parlando di un amico! Non stavano parlando di lui o di Ben! Non era Andrea ad essere in pericolo! In quella stanza non c’era una persona capace di reagire… di proteggersi!
In quella stanza c’era Aida! E anche se Ben era con lei, sapevano entrambi che non avrebbe potuto fare molto.
Tom non sapeva cosa stesse pensando il collega… se fosse arrabbiato a morte o se, più semplicemente, il dolore e la paura lo stessero logorando dall’interno. In quel momento sapeva solo una cosa del collega: non era lucido… non poteva essere lucido! E se non era lucido, non poteva riuscire ad agire nel modo giusto… lo conosceva troppo bene!
Salirono le scale e svoltarono, diretti verso l’aula della bambina.
Si fermarono davanti alla porta.
Semir fece un respiro profondo: era il momento della verità!
Diede un colpo secco con il piede alla soglia e la spalancò.
Entrò nella stanza come una furia, pronto a sparare a chiunque pensasse solamente di fare del male alla sua bambina.
Si guardò intorno, puntando la pistola davanti a sé, mentre Tom lo raggiungeva.
In un angolo, con i polsi ancora ammanettati ad un tubo, c’era un ragazzo che fissava il soffitto, rassegnato.
«Ben!» urlò Tom, riponendo l’arma nella fondina e correndo verso di lui.
L’ispettore, sentendo la voce del collega, alzò la testa, rivolgendogli uno sguardo vuoto e vacuo.
Semir sentì il cuore accelerare i battiti. Abbassò la pistola, diventata improvvisamente pesante.
«Ben, cosa è successo? Dove sono?» gli chiese Tom inginocchiandoglisi accanto e tirando fuori le chiavi delle manette per liberarlo.
Ben lo guardò in modo assente. «Hanno… hanno capito che stavate intervenendo, e… e se ne sono andati…» tacque un attimo e passò il suo sguardo sull’altro collega. «L’hanno… l’hanno portata con loro, Semir!» respirò forte mentre il collega iniziava ad ansimare, preso dalla paura. «Mi… mi dispiace! Non ho potuto fermarli… non ho potuto impedirlo!»
Ma Semir non lo ascoltava: era arrivato tardi! E ora non poteva fare niente! L’aveva delusa… aveva deluso la sua bambina!
Tom guardò prima il collega, poi di nuovo il ragazzo. «Ben, ora devi stare calmo! Guardami, okay!?» ma l’ispettore sembrava quasi ignorarlo. «Ben, maledizione, guardami! Tu non c’entri niente! Non potevi fare niente! Chiaro?!»
L’altro si voltò leggermente verso di lui. Poi passò nuovamente lo sguardo su Semir, ancora immobile e paralizzato.
Anche Tom si voltò a fissare il collega. «Semir, neanche tu…»
L’ispettore fissò ancora qualche attimo il vuoto. Poi alzò gli occhi sui due e annuì. «Sì… sì, e vero! Tu non c’entri, Ben! Ma dobbiamo salvarla!»
In quel momento la radio di una delle teste di cuoio si accese. «Adam, qui Charlie! Abbiamo trovato una scala antincendio esterna sul retro della scuola! L’uscita non era sorvegliata!»
Tom sospirò. «Bene,… almeno un mistero è risolto!» guardò il capo degli agenti nella stanza. «Controllate gli altri piani!» ordinò, e quelli sparirono.
Nella stanza erano rimasti solo i tre ispettori.
Il giovane si scostò un po’ dal muro, massaggiandosi i polsi.
«Tu stai bene, Ben?» gli chiese Tom.
Il ragazzo annuì, continuando a tenere lo sguardo basso.
In quel momento il telefono di Semir squillò.
I due compagni si voltarono verso di lui, mentre l’uomo si paralizzava, timoroso di sapere cosa fosse successo.
Cosa gli avrebbe detto l’uomo dall’altra parte del telefono? Cosa avrebbero dovuto fare?...
… Cosa le avrebbero fatto?
Le sue mani, senza seguire gli ordini del suo corpo, afferrarono il cellulare e risposerò, mettendo il vivavoce.
«Pr... pronto?»
«Ispettore Gerkhan, può spiegarmi perché ha così poca fiducia in me?!» disse la voce sicura del criminale dall’altra parte della cornetta.
Semir strinse i denti. «Lei dov’è?» ringhiò.
Müller rise. «Ispettore, stia calmo:… sta bene!» rispose.
L’uomo restò teso come prima. «Voglio sentirla!»
«Come?! Non si fida?!»  chiese ancora il criminale.
«Ho detto che voglio sentirla!» rispose Semir, scandendo bene ogni parola.
«Come vuole!» rispose con un tono di finta resa.
I tre ispettori aspettarono qualche attimo. Poi, sentirono quella vocina.
«… papino…» sussurrò.
I tre tirarono un sospiro di sollievo. «Tesoro,… amore mio! Stai tranquilla, andrà tutto bene!» disse con voce dolce il padre.
«Papà, avete trovato lo zio Ben?! Come sta?!»
Gli ispettori si guardarono, meravigliati del ricevere quella domanda.
«Sì… sì, amore! È qui! Sta bene! Ora però devi ascoltarmi: andrà tutto bene! Tu devi solo non farli arrabbiare, okay? Io, Tom e Ben stiamo arrivando,… mi hai sentito?!»
Ma la bambina non potette rispondere. «Basta! La rimpatriata è conclusa!» intervenne Müller riprendendosi il cellulare.
«Se le torci un solo capello, giuro ti ammazzo!»
«Sì, sì,… va bene! Pensiamo a cose serie!» disse il criminale con aria di sufficienza. «Ora parliamo di affari! Il luogo dello scambio è cambiato… ed il tempo è diminuito! Avete un’ora per portarmi la droga. E non voglio polizia!»
«Noi siamo la polizia, ricordi?!» rispose l’ispettore.
«Certo che mi ricordo! Intendo niente rinforzi, ricetrasmittenti, segnalatori o qualunque cosa che potrebbe infastidirmi, chiaro?!»
Semir strinse i denti. «Sì…»
«Bene! Havete presente il ponte sul Reno in Hilbertstraße? Vi aspetteremo lì! Nessuno ci darà fastidio, perché la strada è in manutenzione… Ah, e, ispettori, sbrigatevi!»
Poi chiuse la chiamata.
I tre rimasero in silenzio a fissare il cellulare che continuava ad emettere un ritmico e costante beep.
«E ora?» chiese Ben.
Tom si guardò intorno. Nessun’agente, testa di cuoio o persona qualunque che avrebbe potuto creare problemi nei paragi.
«Ora usciamo di qui e gli portiamo quella maledetta droga, sperando di risolvere il problema!»
E così dicendo, si avviò verso l’uscita dell’aula, seguito a ruota dagli altri due.

 
 

Ehm… ecco… okay, sono da picchiare! xDxD
vorrei dirvi che andrà tutto bene, anche perché, in fondo, voglio bene a quei tre e, soprattutto, ad Aida,… ma forse è meglio non fare promesse che non sono sicura di mantenere, eh?!

Okay… prima che mi leviate davvero di mezzo(mi sono arrivate un bel po’ di minacce di morte e non oso immaginare cosa accadrà poi! ù.ù xDxD), mi sbrigo a concludere! xDxD
Grazie a tutti quelli che continuano costantemente a seguirmi e, in particolare a Rebecca, Sophie, Laura e Tita per le loro recensioni! ^^

Domani partirò per Londra e non sono sicura di riuscire ad aggiornare durante il viaggio! ^^ La buona(o cattiva, dipende dai punti di vista! xDxD) notizia è che tornerò martedì sera, che ho intenzione di continuare a scrivere e che, quindi, mercoledì prossimo, al massimo, spero di aggiornare! ^^
Grazie ancora! ^^
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 17
*** Collaborazione ***


Collaborazione

I tre ispettori attraversarono con passo deciso il vialetto della scuola, mentre Semir e Tom si toglievano i giubbotti anti-proiettile.
Wolf gli andò incontro. «Cosa è successo?» chiese, vedendo solo Ben.
«Hanno sentito puzza di bruciato e se ne sono andati!» rispose il ragazzo, senza né voltarsi né fermarsi.
Il commissario li seguì con lo sguardo. «E ora dove state andando?»
«Abbiamo da fare!» rispose Tom, restando sul vago.
Wolf fece uno sguardo dubbioso. «Hanno preso la bambina?»
Questa volta fu ignorato. Ben si diresse verso la sua macchina e Tom e Semir verso quella del turco.
Il commissario non ebbe bisogno di risposte.
Si avvicinò ai due ispettori. «Gerkhan! Kranich! Possibile che non vi rendiate conto che questa è una trappola?! Dove vi ha dato appuntamento? Possiamo organizzare una squadra e…»
«Commissario Wolf, le assicuro che lei non può davvero fare niente!» lo interruppe Semir, voltandosi. «Se quello vede anche solo l’ombra di un poliziotto oltre noi tre la ammazzerà, chiaro?! Ed io non ho intenzione di permettere che accada, okay?! Quindi, mi ascolti bene: lei o è con noi o è contro di noi! E se è contro di noi, sarò costretto a vederla come un nemico! Chiaro?!»
Il commissario si morse il labbro, nervoso, iniziando a guardarsi attorno. «Gerkhan, io capisco quello che sta provando…» iniziò a sussurrare.
«Capire?!» lo interruppe Semir, mentre sia Tom che Ben gli si avvicinavano. «Lei crede di capire?! Lo crede davvero?! No, perché io non penso che qualcuno possa capire cosa sto provando adesso: se faccio un passo falso, quello ammazza mia figlia! Si rende conto, vero?!»
Gli occhi del turco erano piantati in quelli del commissario. L’uomo prese un respiro profondo prima di rispondergli. «Ispettore, io ho una figlia! So cosa vuol dire temere che le accada qualcosa da un momento all’altro! Quello che non so è cosa farei se scoprissi che è successo veramente!»
Semir tacque, trovandosi contraddetto.
I tre ispettori restarono paralizzati a fissare il commissario, aspettando di sapere la sua decisione sul da farsi.
Wolf iniziò a guardarsi attorno, accertandosi che nessuno li stesse ascoltando. «Sentite, non ho intenzione di lasciarvi andare da soli, chiaro?! Però non voglio neanche mettere in pericolo la bambina!» sospirò. «Perciò voi ora andrete lì! Vi darò mezz’ora di precedenza, dopo di che avvertirò i miei uomini e li manderò all’appuntamento per arrestarli e darvi man forte!» lanciò un altro sguardo alle proprie spalle. «Giuro che non interverrò e non farò niente che possa far innervosire i rapitori, ma voi dovete dirmi dove è l’incontro!»
Semir era seriamente colpito. Lanciò uno sguardo a Tom alla sua destra e poi a Ben alla sua sinistra.
Guardò di nuovo il commissario e sospirò. «Il ponte in Hilbertstraße! Mezz’ora, non un minuto di meno!» disse, camminando in retromarcia verso l’auto.
L’uomo annuì. «L’avrete! Ve lo prometto!»
Anche Ben e Tom si riavviarono verso le auto. «Grazie! Grazie di tutto!» aggiunse il secondo.
Poi salirono sulle vetture e sparirono.
 
Ben spostò leggermente lo specchietto retrovisore e fissò per qualche attimo il proprio riflesso.
Con il dorso della mano sinistra si asciugò il sangue di una ferita sullo zigomo, per poi riposizionare lo specchietto.
«Ben, ce la fai a guidare, no?!» chiese la voce di Tom alla radio.
Il ragazzo sbattette nuovamente le palpebre per mantenere la vista lucida. «Sì, sì! Stai tranquillo!» mentì , premendo il tasto della radio.
«Quando questa storia sarà finita, voglio che ti faccia visitare da un medico!»  gli rispose la voce, credendo poco alle sue parole.
Ben sorrise e ripromette il tasto. «Ma allora Semir ha preso da te il suo fare da papà!» scherzò.
I due ispettori nell’altra macchina non poterono fare a meno di sorridere.
Il cellulare di Tom squillò e l’uomo rispose, mettendo il vivavoce.
«Kranich, come va l’operazione?» chiese la Engelhardt.
«Capo! Beh, potrebbe andare decisamente meglio…» rispose l’ispettore.
«La aggiorno io, Tom! Tu pensa a guidare!» intervenne Semir. «Capo, siamo riusciti a organizzare un’irruzione, ma quello… Müller, giusto?!... si è introspettivo e se ne è andato…»
La donna tacque per qualche secondo.
«Gerkhan, la prego, mi dica che se ne è andato senza di… di loro
L’ispettore aprì la bocca e restò qualche attimo in silenzio. «Ha lasciato Ben… ma ha portato con sé Aida!»

 
 
 
Eccomi!! ^^ *schiva oggetti vari*
Beh, oggi avete ragione… scusate, ma non riuscivo a trovare il tempo per correggere il capitolo!
Sì, lo so… è ripetitivo come capitolo! Scusate, ma purtroppo c’era molta gente da aggiornare nella storia e mi sembrava che utilizzare uno dei miei soliti “trucchetti” non potesse funzionare questa volta! xDxD
Allora… so di star diventando noiosa, ma il 26 dovrò partire di nuovo… e non potrò esserci assolutamente fino al 4… nonostante questo, vorrei aggiornare almeno un’altra volta prima del 26! xDxD
Passiamo ai ringraziamenti! ^^

Grazie mille a tutti voi che mi state seguendo, in particolare a Sophie, Rebecca, Debby, Laura e Giulia per le loro recensioni! ^^
Aggiornerò il prima possibile! :D
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 18
*** Attacco e difesa ***


Attacco e difesa

Il capo si passò una mano tra i capelli. «Oddio! E sapete dove sono andati?»
«Ci hanno dato appuntamento sul ponte in Hilbertstraße… crediamo siano lì!» rispose prontamente l’ispettore.
La donna sospirò. «Jager come sta?»
«Potrebbe stare meglio… ma resiste!» fu la risposta.
«Bene… allora andate sul posto! Vi mando rinforzi!»
«Capo, niente rinforzi! Abbiamo già parlato con il commissario Wolf per questo… è tutto a posto!»
Prese un attimo fiato. «Andrea… Andrea è lì?»
La donna annuì. «Sì… sì, è qui! Stia tranquillo, ispettore!»
Il commissario lo sentì sospirare dall’altra parte della cornetta. «Le dica… le dica che la salverò! E che… che andrà tutto bene! E… e che…»
«Ispettore!» lo interruppe la Engelhardt. «Glielo dirò! Lei pensi al caso e aggiorni Jager!» e detto questo, chiuse la chiamata.
Andrea alzò lo sguardo e la guardò negli occhi. «Non… non l’hanno ancora trovata?»
«No, non ancora… ma ci sono quasi!» si avvicinò, sedendosi accanto a lei sul divanetto. «La troveranno, Andrea! La salveranno… ne sono certa!»
La Engelhardt le strinse una mano intorno alla spalla per darle forza.
«Stamattina era qui… con me!» sussurrò Andrea, fissando il pavimento. «E ora invece non so nemmeno dov’è… come sta… se… se è ancora… ancora…» ma la frase fu soffocata dalla lacrime.
Il capo la strinse in un abbraccio. «Lei non ne ha colpe… non poteva saperne niente! Non poteva impedirlo!»
Lei scosse la testa, come se fosse poco convinta. «No… no, io dovevo saperlo! Io… io dovevo capirlo! Io… io dovevo…» ma non riuscì a concludere la frase che scoppiò di nuovo in lacrime.
Il commissario strinse più forte le braccia in torno al corpo della donna. «Andrea, stia calma! Vedrà che si aggiusterà tutto!» disse, provando a consolarla. «… Si aggiusterà tutto…»
 
«Müller… che bel nome!!» ironizzò Ben quando il socio ebbe finito di aggiornarlo su quello scoperto da Susanne. «E questo… Krause, come lo incrastiamo?»
«Aspetteremo torni dal “viaggio d’affari”  e lo arresteremo! Una squadra è all’aeroporto ad aspettare il suo volo… non ci sfuggirà!» rispose Semir.
«Bene… e invece sappiamo già che fare una volta sul ponte? Insomma… abbiamo un piano?»
Semir lanciò uno sguardo a Tom. «Non guardare me! Hai visto come è finito l’altro piano “geniale” che ho progettato, no?!»
Semir scostò lo sguardo, riflettendo sul da farsi. «Io… io non so… dobbiamo… dobbiamo trovare un modo per… per mettere al sicuro Aida… ma io non so…» stava iniziando a preoccuparsi. Se qualcosa non fosse andata come previsto, sarebbe stata la fine…
«Semir, calmo!» lo fermò Tom, provando a calmarlo. «Müller non rischierà lasciandola nelle mani di uno dei suoi scagnozzi! La terrà sicuramente con sé! Dovremo prima di tutto isolarlo dalle guardie del corpo… dopo di che, penseremo a fargli mollare Aida!»
«Come?!» chiese l’altro, quasi in maniera retorica.
«Eh… questo è un po’ più complicato…»
«Saremo tre contro tre… potremmo provare a prenderne uno a testa… cioè, io e Tom potremmo occuparci dei due scagnozzi, mentre tu distrarresti Müller…» intervenne Ben.
Tom annuì. «Sì, infatti… mi sembrerebbe una bella idea… Semir, tu dovrai riuscire a far avanzare Müller… io e Ben disarmeremo gli scagnozzi!»
«E come li vorreste disarmare?! Anche lui è armato… se dovesse sospettare qualcosa la… la ammazzerebbe senza farsi troppi problemi!» esclamò Semir, preoccupato.
Tom ci pensò un attimo. «E se lo prendessimo alla sprovvista?!»
Il collega lo guardò, confuso.
«E come vorresti fare?» chiese Ben, che iniziava a sospettare qualcosa.
«Beh… per fermare gli scagnozzi potremmo essere costretti a sparare…» pensò l’uomo. «E uno sparo attira l’attenzione…»
Ben, nella sua cabina del guidatore, sorrise. «Se dovesse sparare per primo chi fosse dal lato di Aida, Müller si volterebbe per capire…»
«… metterebbe involontariamente Aida al riparo da eventuali spari, girandosi…» continuò Tom.
«… e io potrei sparargli prima che possa prendere la pistola e senza metterla in pericolo!» concluse Semir, stupito dal piano.
«Beh, mi sembra buono…» dichiarò Tom.
«Speriamo solo funzioni!» rispose Ben.

 
 
 
Ecco! Finalmente ce l’ho fatta!
Scusate il ritardo, purtroppo le cose da fare sono tante ed il tempo sempre troppo poco! xDxD
Come promesso, niente più piani per Tom! ù.ù Questo l’hanno pensato tutti insieme! xDxD

Bene, allora… grazie mille a tutti i pazzi che continuano a seguirmi! ^^ In particolare, grazie a Laura, Rebecca e Sophie per le loro recensioni! ^^
Spero di riuscire ad aggiornare presto! :D
Ciao!

Chiara ^-^

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Capitolo 19
*** Colpi di scena ***


Colpo di scena

Ben e Tom svoltarono e iniziarono a percorrere il ponte a grande velocità.
Intravidero tre figure verso il centro della piccola strada e frenarono, sterzando tanto da far quasi scontrare i musi delle due vetture.
Ben scese dalla macchina sulla destra con la pistola spianata, così come Tom e Semir.
Davanti a loro,vicino al parapetto sinistro, i due scagnozzi stringevano la stessa mitraglietta di prima. Müller era in mezzo a loro, con Aida in braccio.
I tre poliziotti avanzarono, spostandosi davanti alle auto. Tom e Ben si scambiarono uno sguardo: Aida era sul lato del ragazzo.
«Ispettori!» li salutò il criminale.
«Müller!» rispose Semir, stringendo i denti per evitare di sparargli un colpo in mezzo agli occhi. «È un vero piacere vedere in faccia un bastardo come lei!»
«Anche per me è un piacere, ispettore Gerkhan!» disse, fingendo un sorriso. «Ora, che ne direste di abbassare quelle armi? In fondo, anche noi le teniamo abbassate, no?!»
Semir lanciò uno sguardo ad due colleghi. Poi, i tre abbassarono le pistole.
«Bene, ora parliamo di affari…» disse Müller.
«Lasciala andare!» disse Semir, lanciando uno sguardo alla sua bambina.
 Il criminale scosse la testa. «Prima la droga!»
Semir iniziò a urlare trattenendosi a stento dal saltargli addosso. «È una bambina, maledizione! Fammi puntare quei maledettissimi mitra addosso e lasciala andare! La droga è nella macchina! Non hai più bisogno incitarci a venire: siamo già qui!»
L’altro rise. «Davvero mi credi così stupido?! Appena la metterò giù mi imbottirete di piombo! Ma, no, grazie! Ho una specie di allergia al piombo… mi dà fastidio a contatto con la pelle…» scherzò.
Semir gi rispose qualcosa, provando a distrarlo e iniziando ad attuare il piano, ma né Tom né Ben  gli diedero ascolto: erano troppo impegnati a osservare i due scagnozzi!
I due ispettori fissavano in modo quasi ossessivo l’armadio che gli era capitato di fronte, aspettando che arrivasse il loro turno all’interno del piano.
Il gorilla di Tom, però, sembrava avere qualcosa di strano…
L’ispettore continuava a tenerlo d’occhio, cercando di entrargli nella mente… di capire cosa stesse pensando.
Era agitato, ma questo era molto evidente e, forse, anche plausibile. Continuava a guardarsi intorno, come se controllasse che non ci fosse davvero nessuno. Sembrava quasi aspettasse che accadesse qualcosa…
«Ispettore, è inutile! Tiri fuori quella droga, prima che inizi seriamente ad arrabbiarmi!» urlò ad un tratto Müller, decisamente più seccato di prima.
Fece scendere Aida dalle sue braccia e la fece mettere in piedi di fronte a sé, poggiandole le mani sulle spalle con forza per tenerla ferma. «Mi dia quella droga e la lascerò andare!» esclamò.
E fu in quel momento che accadde!
Tutto fu così veloce che nessuno riuscì a impedirlo.
Lo scagnozzo alla destra di Müller, di fronte a Tom, lasciò cadere l’arma e afferrò Aida da sotto le ascelle con uno scatto.
Appena videro un movimento, i tre ispettori alzarono le pistole, ma, prima che potessero intervenire, lo scagnozzo si sporse dal parapetto, portando le mani avanti e  facendo penzolare la bambina sul fiume.
I tre colleghi ruotarono rapidamente il busto, seguendo con lo sguardo Aida e con le armi il criminale.
La bambina abbassò gli occhi e, appena vide l’acqua, iniziò a urlare spaventata.
Qualcosa non aveva funzionato…
 
 

O.O Ma porca… *schiva un’ascia all’ultimo momento* Ehi, non avevo detto che era un piano perfetto!!
*schiava una seconda ascia* Okay, per questa avete ragione… sono in ritardo! Mortificata! Purtroppo sono venuti a trovarmi dei parenti da lontano e ho passato molto tempo con loro! ^^
Bene, spero di aggiornare il prima possibile! ^^ Leggete in fretta, così provo anche per dopo domani! ^^
E ora… RINGRAZIAMENTI!! ^^
Grazie a tutti voi, cari lettori, che non solo mi sopportate, ma che continuate a leggermi! ^^ Ed un grazie particolare a Rebecca, Sophie, Fred_Deeks_Ben e Debby per le loro recensioni! ^^

A presto! ^^
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 20
*** Lasciare la presa ***


Okay… ho una paura matta di parlarvi dopo questo capitolo, perciò… credo lo farò adesso! xDxD
Vorrei ringraziare tutti quelli che mi stanno seguendo, in particolare Sophie, Rebecca e Debby per le loro recensioni.
Vi prometto che andrà tutto bene… promesso!
E ora… ehm… spero non mi picchierete a sangue!!
Ciao!
Chiara ^-^
 
 

Lasciare la presa

Aida guardò verso il basso e iniziò ad urlare.
Müller e l’altro scagnozzo si scambiarono uno sguardo: neanche loro si aspettavano quella mossa.
Il criminale però non si perse d’animo: strappò la mitraglietta dalle mani del seguace al suo fianco e, allontanandosi, iniziò a sparare per terra.
L’armadio conformista, non sapendo cosa fare, gli andò dietro.
Ben, guardandoli scappare, non ci vide più dalla rabbia: spostò l’arma sui due fuggiaschi e, sparando qualche colpo vano, iniziò l’inseguimento.
Il terzo, invece, rimase immobile sotto lo sguardo vigile di Tom e Semir.
Il secondo ispettore fece un passo in avanti, ma il tirapiedi lo fermò. «Amico, prova a spararmi o a fermarmi in un modo qualsiasi e lei si fa un tuffo nel Reno!» Lanciò uno sguardo alla bambina e poi al fiume sottostante. Infine, guardò l’ispettore, mostrandogli il ghigno più cattivo che un uomo potesse fare. «Quanto vuoi scommettere che non sa nuotare?!»
Semir deglutì e con passo veloce scavalcò Tom, attaccandosi praticamente al parapetto, e abbassò la pistola, facendo un cenno con la mano. «Ehi, calmo! Possiamo risolvere la faccenda… lei è solo una bambina!»
«Eh, no! Non è solo una bambina! È il mio lasciapassare!» rispose l’altro, troppo preso per notare Tom e Semir che gli si avvicinavano. «Ora fate come vi dico, o le faccio fare il bagno!»
L’ispettore turco mostrò le mani. «Va bene! Hai tu il controllo, tranquillo! Cosa vuoi che facciamo?»
Fece un cenno con la testa all’arma del poliziotto. «Metti giù quella cosa, tanto per iniziare!»
L’uomo non se lo fece ripetere due volte: con uno scatto veloce poggiò l’arma a terra e si rialzò, tenendo le mani in mostra.
«Fatto, fatto! Cos’altro dobbiamo fare?» chiese Semir, cercando di auto convincersi a non saltargli al collo e ucciderlo.
L’energumeno lanciò  uno sguardo a Tom. «Anche tu: via la pistola!»
L’ispettore prese un respiro profondo. Poi alzò l’arma verso l’alto e tolse il dito dal grilletto. «Okay, calmo… la metto via!» disse, iniziando ad abbassarsi lentamente per posarla a terra.
Semir lanciò uno sguardo al gorilla che stringeva sua figlia tra le mani: era ad almeno quattro metri da lui!
Quattro metri… troppi! Non sapeva cosa avesse in mente l’avversario, ma di certo non poteva lasciare che Aida finisse nel fiume.
«Spiegami… spiegami una cosa! Cosa… cosa è cambiato? Insomma… perché stai facendo questo?» chiese, provando a distrarlo.
Sorrise, segno che la domanda allettava la sua vanità quel tanto che bastava a non farlo concentrare su quello che gli stava succedendo intorno.
«Beh, Müller sarà anche un osso duro, ma a volte sembra abbia troppa fiducia nel genere umano: credeva che ci avreste lasciato andare via così… come se niente fosse!»
Mentre la guardia del corpo temeraria vaneggiava con il suo discorso delirante, Tom cercava di abbassarsi il più lentamente possibile, nel tentativo di dare più tempo a Semir che, indisturbato, provava a diminuire la distanza con il bastardo e la sua bambina.
«Sinceramente non mi andava di soggiornare in galera…»
Semir era ad appena tre metri di distanza.
«… soprattutto per qualche chilo di coca!»
Poco più di due metri e mezzo.
«Sai, quella roba sarà buona quanto vuoi, ma la libertà, quella vera, non te la può dare!»
Poco meno di due metri.
«E, soprattutto, non puoi guadagnarci niente se ti arrestano!»
Tom sfiorò la strada. Prese un profondo respiro e poggiò l’arma.
«Ma io imparo dagli errori degli altri…»
L’ispettore iniziò a sollevarsi.
Lo scagnozzo alzò lo sguardo su Tom. «… imparo e miglioro…»
Semir era ad appena un metro dalla sua piccola.
«… e poi riesco in quello in cui non riescono gli altri…»
Semir aveva ormai sfiorato il mezzo metro.
Tom si era alzato a malapena a metà.
Il gorilla sorrise. «Grazie, ispettori! Siete stati molto gentili!»
I due ispettori si paralizzarono.
Il sorriso divenne un ghigno. «Adesso, però, devo andare…»
Poi, semplicemente, lasciò la presa.

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Capitolo 21
*** ''Andiamo ad arrestare quel bastardo!'' ***


“Andiamo ad arrestare quel bastardo!”

Lo scagnozzo, semplicemente, lasciò la presa.
Semir sgranò gli occhi e urlò «No!» mentre con uno slancio superava quel metro che lo separava dalla sua bambina e si sporgeva dal parapetto.
La piccola, iniziando a precipitare, chiuse gli occhi e alzò le braccia verso l’alto, iniziando a urlare.
Improvvisamente, però, senti qualcosa stringersi con forza intorno ai propri polsi.
Alzò lo sguardo, ansimando, e vide suo padre che, spingendosi oltre la balaustra, la teneva per i polsi per non farla cadere.
«Amore! Amore mio, stai tranquilla!! Amore, ci sono qui io! Non ti devi preoccupare!» iniziò a ripetere per farla tranquillizzare.
La bambina, senza nemmeno la forza di parlare, annuì.
Semir provò a tirarsi su, ma, poiché aveva tutto il busto oltre il parapetto e non rsciva nemmeno a toccare con i piedi per terra, non solo sollevarsi era un’impresa impossibile, ma persino riuscire a non precipitare sembrava incredibile.
La bambina lanciò uno sguardo verso il basso e iniziò a urlare e a dimenarsi, spaventata.
Semir strinse i denti e saldò la stretta delle sue mani intorno ai polsi della figlia.
«Aida… Aida, fermati! Amore, guardami, okay?! Guarda me! Andrà tutto bene!» disse, provando a farla calmare. Poi girò la testa e urlò a squarcia gola: «Tom!»
 
Lo scagnozzo lasciò la presa e iniziò a correre via.
Tom, con uno scatto, riafferrò la propria pistola e si risollevò, iniziando a corrergli dietro.
Dopo qualche metro si fermò e, non essendo riuscito a raggiungerlo, gli puntò l’arma contro e iniziò a sparare qualche colpo.
Tutti i proiettili andarono a vuoto.
L’ispettore stava quasi per riprendere l’inseguimento, convinto più che mai a fermare il bastardo, ma in quel momento la voce di Semir giunse alle sue orecchie.
«Tom!» gridò l’ispettore.
Il poliziotto si voltò verso il parapetto e vide il collega sporto con tutto il busto.
L’uomo non perse un solo secondo. Con uno balzo si trovò sull’amico e lo afferrò per i fianchi, sorreggendolo.
Con la coda dell’occhio vide Aida. Poi prese un profondo respiro e iniziò a tirare Semir verso di sé.
Appena l’ispettore ebbe poggiato i piedi a terra, tirò la figlia sul parapetto, aiutato da Tom.
La bambina poggiò i piedi sul muretto ed il padre le cinse la vita con un braccio,  facendola scendere a terra.
Semir si inginocchiò di fronte a lei e le tolse una ciocca di capelli da davanti agli occhi. «Ehi… ehi, cucciolo! Stai bene? Sei ferita? Ti hanno fatto qualcosa?» chiese, in preda al panico.
La piccola scosse la testa. «No… no, sto bene, papà!» rispose lei, riprendendo un po’ di fiato.
Semir tirò un sospirò di sollievo e accennò ad un sorriso.
L’ispettore non fece nemmeno in tempo ad abbracciare la figlia che uno sparo lacerò l’aria.
«Deve essere Ben!» esclamò Tom voltando la testa e togliendo la sicura alla pistola. «Vado a dargli una mano!» disse, pronto a partire.
«Aspetta: vengo con te!» esclamò Semir, afferrando la pistola
«Che cosa?! Non ci pensare neanche! Devi restare con Aida: sarebbe troppo pericoloso lasciarla qui da sola!»
Il collega aveva ragione, ma Semir non poteva lasciare Ben nei guai. Alzò la testa e, davanti a sé, vide la macchina di Tom.
Improvvisamente un’assurda idea gli attraversò la mente.
Semir afferrò la figlia per le spalle. «Aida, ascoltami bene! Devi entrare nella macchina dello zio Tom e chiuderti dentro! Nasconditi sotto al sedile e non aprire a nessuno per nulla al mondo, chiaro?!»
La piccola annuì leggermente. Poi, fece come le aveva detto il padre.
Semir si sollevò. Riprese l’arma e tolse la sicura a sua volta.
«Andiamo ad arrestare quel bastardo!»

 
 

*Tira un respiro di sollievo* Visto?! :D Sta bene!! ^^
Okay… ci stiamo avvicinando alla fine!! xDxD E credo che questa sia quasi una fortuna… voi non trovate?! xDxD
Grazie a tutti quelli che mi stanno seguendo, in particolare a Rebecca, Sophie e Debby che continuano a recensire! ^^
I titoli non sono il mio forte… e confesso che più vado avanti meno me ne vengono!! xDxD
… Credo di dovermi applicare di più…
Mi scuso per la lunghezza del capitolo... i prossimi dovrebbero essere più lunghi! ^^

Prometto che aggiornerò il prima possibile! ^^
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 22
*** L'urlo ***


L’urlo

I due ispettori attraversarono rapidamente la piccola restante parte del ponte, fino ad arrivare alla strada che fiancheggiava il fiume.
Si fermarono un secondo e si guardarono intorno.
«Da che parte?» chiese Tom, lanciando uno sguardo al socio.
Il collega fece vagare lo sguardo per ancora qualche attimo. Poi si sentì un urlo e i due si girarono istintivamente verso la loro destra, guardando un vecchio capannone, evidentemente abbandonato da anni.
Gli ispettori si scambiarono uno sguardo.
Poi, senza dirsi una parola, iniziarono a correre verso il capannone.
I due si avvicinarono al portone, ovviamente aperto, si posizionarono vicino agli stipiti e lanciarono uno sguardo all’interno.
Nel magazzino c’erano tre uomini in tutto. Uno scagnozzo teneva Ben, bloccandogli le braccia dietro la schiena, mentre il secondo, quello con cui avevano appena parlato Tom e Semir, stava saltellando su una gamba, tenendosi il ginocchio dell’altra stretto in una mano e con il volto contorto  in una smorfia di dolore.
«Brutto bastardo!! Ora dai pure a calci?!» disse il tirapiedi, iniziando a imprecare.
Ben fece una specie di sorriso ironico. «Beh, che ci vuoi fare… se Dio ti dà dei limoni, fatti una limonata, no?!» scherzò.
L’altro strinse i denti e piantò i sui occhi in quelli dell’ispettore. «Credi di essere simpatico?! Beh, non lo sei!» si guardò intorno con ira. «E la sai un’altra cosa?! Non sopporto più queste tue battutine da quattro soldi… ora mi sono stufato!» e così dicendo si buttò sul mitra del compare, finito a terra.
Lo afferrò e lo puntò alla testa del ragazzo.
Tom  e Semir deglutirono, portando le pistole vicino al proprio volto per essere pronti ad intervenire.
Ben prese un forte respiro. «Vuoi sparare?! Bene… fallo!» accennò ad un sorriso. «Il mio collega sarà molto felice di incastrare a vita i rapitori di sua figlia, sai?!»
Il tipo rise. «Beh, sai com’è,… deve prima prendermi!» rispose, togliendo la sicura. «E fino ad allora… vai all’inferno!»
La canna sfiorò leggermente la fronte dell’ispettore.
Ben trattenne il respiro, incrociando gli occhi per vedere l’arma proprio sopra il suo naso.
Fu in quel momento che Tom e Semir intervennero.
I due poliziotti entrarono rapidamente nel capannone puntando le pistole davanti a loro.
«Giù l’arma!» dissero all’unisono.
I due scagnozzi si voltarono immediatamente verso i due sbirri, guardandoli sconcertati, mentre Ben tirava un respiro di sollievo.
Semir guardò fisso lo scagnozzo con la mitraglietta in mano. «Mi hai sentito?! Ho detto già l’arma!» disse a voce bassa.
Il criminale osservò per un attimo Ben. Poi il poliziotto che lo teneva sottotiro e, infine, di nuovo Ben.
Socchiuse la bocca, come per dire qualcosa, ma Semir fu più veloce. «Ascolta, non ho la più pallida idea del perché il mio dito non abbia ancora fatto pressione su questo stramaledetto grilletto, perché, davvero, ho una voglia matta di ammazzarti in questo preciso istante! Vedi, adesso sarei giustificato, visto che stai per sparare al mio collega. Quindi, ora, cortesemente, potresti togliermi la scusa per esploderti un proiettile nello stomaco?!»
L’energumeno sbiancò di colpo. Poi, senza una parola, sollevò le mani al cielo con l’arma ben in vista.
L’altro scagnozzo lasciò Ben e alzò le mani a sua volta mentre il primo posava la mitraglietta a terra.
I tre ispettori tirarono un sospiro di sollievo. Tom estrasse le manette e le mise al primo, mentre Semir pensava al secondo.
Ben si sollevò in piedi. «Alla buon’ora! Vi eravate addormentati?!»
Tom e Semir sorrisero, mentre cercavano un modo per non far scappare i due.
«Tutto intero, socio?» chiese Tom.
Ben si guardò un po’. «Sì… sì, credo di sì!»
Tom e Semir, che intanto avevano ammanettato i due criminali ad un tubo vicino alla parete, si voltarono verso il collega.
«Ci spieghi come è successo… questo?!» chiese il primo.
Ben fece spallucce. «Ah, non lo so! Tenevo sotto tiro il primo, quando ho sentito una botta in testa! Ho provato a voltarmi e sparare al secondo, che mi aveva quasi tramortito, ma questo mi costringe a puntare la pistola verso il muro afferrandomi il polso. È partito un colpo giusto un attimo prima che perdessi l’arma dalle mani!» disse, indicando un buco vicino al muro e recuperando la rivoltella a terra. «Poi, il primo non so da dove è rispuntato e mi ha bloccato! Questo idiota si è avvicinato e io, per tutta risposta, gli ho dato un calcio sul ginocchio… e poi il resto lo sapete!» concluse.
I due colleghi annuirono. Poi si guardarono intorno. «E Müller?! Dove si è cacciato?!» chiese poi Semir.
Ben fece spallucce. «L’ho visto entrare qui, ma deve essere scappato dal retro o da una porta secondaria, perché non c’era quando li ho raggiunti!» rispose, guardando tutti i vecchi scatoloni che invadevano la stanza. «E credo che questo posto gli abbia favorito la fuga… potremmo perderci il GGG!»
Semir lanciò uno sguardo alla stanza e annuì, sconsolato.
Tom gli mise una mano sulla spalla. «Tranquillo, socio… lo prenderemo! Non so come, non so quando, ma lo prenderemo!»
Semir annuì nuovamente.
«E ora?» chiese Ben.
«E ora portiamo Aida a casa! Non ce la faccio più con questa storia… voglio solo abbracciarla e archiviare il caso!» disse, mentre il peso nel suo stomaco si scioglieva.
Tom sorrise. «Così Ben potrà finalmente fare colazione! Sai, è ancora sulla scrivania ad aspettarti! Il caffè potrebbe essere un po’ freddo… ma non credo sarà un problema!» disse, poggiandogli una mano sulla spalla.
«Che me ne frega del caffè?! Io voglio il cornetto! Mica ve lo siete mangiato voi?!»
Anche Semir gli mise una mano sulla spalla, sorridendo per la prima volta da quella mattina. «No, non l’avremmo mai fatto! Non vorremmo mai che ti sciupassi!»
I tre scoppiarono a ridere, avviandosi verso la porta.
E fu in quel momento che lo sentirono.
Un rumore, come di un vetro rotto. Poi un urlo…
… l’urlo di una bambina!
In un secondo il respiro di Semir accelerò, mentre nella sua testa si appannava tutto.
“No… no, basta! Basta, basta, basta! Non ancora, basta!” pensò solo.
Poi i tre scattarono via, veloci come la luce.
 
 
 

O.o
Ehm… io… io… io avrei un impegno… *prova a scappare, ma qualcuno la afferra per il collo della maglia e la trascina indietro*
Okay, okay… Avreste tutto il diritto di farmi a pezzi o di picchiarmi a sangue… o di lanciarmi asce e cercarmi con i panzer, MA, vi prego, abbiate pazienza! xD
Intanto, grazie a tutti quelli che continuano a seguirmi, in particolare a Rebecca, Sophie e ore_sama per le loro recensioni! ^^
Aggiornerò il prima possibile! ^^
Ciao!
Chiara! ^-^

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Capitolo 23
*** Spari ***


Spari

Impiegarono appena qualche secondo per raggiungere di nuovo il centro del ponte, dove avevano lasciato le macchine.
Quando arrivarono, i loro timori diventarono magicamente realtà.
Il vetro della Mercedes di Tom era rotto e lo sportello aperto.
Ma non fu questo a spaventare i tre ispettori e a farli mettere in posizione di attacco, con le pistole puntate davanti a loro.
Accanto alla macchina c’era Müller, con un revolver in una mano ed il borsone con la droga stretto nell’altra.
In braccio a lui, con la pistola ad un soffio dal volto, c’era Aida, che continuava a dimenarsi e a scalciare.
Ma Müller aveva qualcosa di diverso negli occhi, in quel momento:… aveva la rabbia riflessa nello sguardo.
«Ora basta, Gerkhan! Questa storia deve finire!» disse a denti stretti, senza muovere un solo muscolo.
Semir deglutì forte. «Müller, lasciala andare… non c’entra niente, e lo sai!»
Il criminale iniziò a ridere… una risata isterica. «Non c’entra?! Oh, no… no, lei c’entra eccome! È colpa sua se sono in questa merda! Ed è per merito suo che ne uscirò…» disse, con uno sguardo che avrebbe fatto invidia ad uno schizofrenico.
Müller fece un passo indietro.
«Ehi… ehi, manteniamo la calma! Te ne vuoi andare?! Vattene! E prenditi anche la droga! Ma ora lasciala!» tentò Semir.
Ma quello scosse la testa. «Oh, no… no, adesso basta! Sai, volevo anche farvi andare via tutti e quattro... pensate che idiota che ero! Volevo lasciarla stare! Ma ora basta!»
«Papà!» lo chiamò Aida, continuando a scalciare.
«Amore, andrà tutto bene!» disse, senza distogliere lo sguardo dal criminale. «Se la metti giù ora, giuro che ti permetterò di scappare via con la tua maledetta droga! Ma ora, ti prego… lasciala andare!»
Müller indietreggiò ancora. «… ora ce ne andiamo…»
In quel momento, Aida sferrò un calcio fortissimo in mezzo alle gambe dell’uomo.
Il criminale sentì un dolore atroce. Sgranò gli occhi e si piegò in due, lasciando cadere il borsone e la bambina per stringersi il punto dolorante.
Müller cadde in ginocchio mentre Aida toccò terra e iniziò a correre.
«Papà!» gridò la bambina mentre l’uomo dietro di lei urlava come un dannato per il dolore.
Semir, sconvolto da quello appena accaduto, si distrasse, abbassando la guardia.
«… Amore…» sussurrò, inginocchiandosi e allargando le braccia per abbracciare la piccola. «Amore… Amore, vieni qui!»
Anche Tom e Ben si distrassero, chinando lo sguardo su Aida e calando le armi.
Müller, intanto, continuava ad urlare e a contorcersi per il dolore.
Improvvisamente, il criminale sollevò la testa.
«Brutta… brutta stronza…» disse in un sussurro. «Questa… questa me la paghi…»
Sollevò l’arma e la puntò verso i quattro.
La mano gli tremava, ma al centro del mirino c’era comunque la bambina che stava correndo.
Prese un forte respiro e poggiò il dito sul grilletto.
Tom e Ben sollevarono leggermente lo sguardo e lo videro.
«No!» dissero contemporaneamente, tentando di recuperare la posizione d’attacco.
Poi nell’aria riecheggiarono solo quei suoni…
Bang
Bang…
 
 
 

O.o
Ecco… ora mi uccidete!
Chiedo scusa per tutto il tempo che ho impiegato ad aggiornare e per questo finale un po’… ehm… sconvolgente! xDxD
Scappo perché se no qui finisce male! xDxD
Grazie a tutti quelli che stanno seguendo la storia, in particolare Sophie, ore_sama e Laura per le loro recensioni! ^^

A presto! :D
Chiara ^-^

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Capitolo 24
*** I rinforzi ***


I rinforzi

Bang
Bang…
Aida cadde tra le braccia di Semir, che la strinse forte al petto.
La pistola di Müller toccò terra con un tonfo.
Ben e Tom fecero scivolare lo sguardo sul collega e la sua piccola, tirando un respiro di sollievo.
Se se ne fossero accorti solo un secondo dopo… se avessero aspettato solo un altro attimo prima di premere il grilletto, non ce l’avrebbero fatta… non l’avrebbero salvata!
Invece, per loro fortuna, lo avevano preceduto, e in quel momento Müller era ancora inginocchiato a terra, stringendosi la spalla destra con la mano sinistra e urlando come un pazzo per il dolore.
Ben aveva sparato un colpo alla spalla del criminale appena in tempo, facendogli cambiare il verso dell’arma, e Tom aveva sparato alla mano di Müller, facendogliela lasciare.
I due ispettori passarono lo sguardo su Semir e Aida, stretta tra le sue braccia.
«Semir, sta… sta bene?»
L’ispettore prese un profondo respiro. Poi, senza lasciare la piccola, annuì.
Ben e Tom non ebbero bisogno di sentire altro. Si voltarono nuovamente verso il criminale e accennarono ad un sorriso. «E ora a noi, signor ‘cancro’!» esclamò il primo, posando la pistola nella fondina mentre Tom continuava a tenerlo sottotiro.
Semir prese la piccola in braccio e le spinse il volto contro la propria spalla. Poi si avviò alla macchina di Ben.
Gli altri due ispettori si avvicinarono al criminale. Il più giovane, appena gli fu vicino, lo afferrò per il bavero della maglia e lo costrinse a sollevarsi.
«Sai, c’è solo un tipo di persona che odiamo più dei bastardi da queste parti…» iniziò Ben, spingendolo verso il parapetto.
«E sai chi sono?! I bastardi che se la prendono con le bambine!» concluse Tom, posando l’arma nella fondina mentre Ben lo faceva scontrare con il parapetto.
Müller strinse i denti, emettendo un verso di dolore.
Tom, che aveva raggiunto il fianco di Ben, gli poggiò una mano sulla ferita, spingendo forte.
«Ehi, Semir, vuoi mettergli tu le manette?» chiese Ben, calcando la voce sull’ultima parola.
«Arrivo!» disse l’uomo, che intanto aveva raggiunto la macchina del collega, aveva aperto lo sportello posteriore e aveva fatto sedere Aida all’interno della vettura.
«Amore, resta qui, okay?! Papà torna subito, promesso! Tu, però, non ti muovere di qui!»
La piccola lanciò uno rapido sguardo alla macchina di Tom con il vetro rotto, per poi guardare l’interno di quella di Ben alle sue spalle.
Non ci fu bisogno che dicesse niente, perché Semir parlò prima di lei.
«Amore, non ti succederà niente, tranquilla! Ora però devi aspettarci qui e, soprattutto, devi promettermi che non ti volterai verso di noi per niente al mondo, okay?!» mormorò, poggiandole una mano sulla spalla.
La bambina annuì ed accennò ad un sorriso, tanto per assicurare al padre che andava tutto bene.
Semir ricambiò il cenno. Poi si sollevò e si diresse verso i due colleghi.
«Ben, allora?! Le manette?!» chiese, ironico.
Il ragazzo finse di cercarle vicino alla cintura, dove le metteva di solito, senza mollare il delinquente.
«Maledizione! Temo di averle lasciate in classe!» esclamò, fingendosi stupito.
«Oh, che peccato!» disse Tom, piantando gli occhi in quelli del criminale. «E ora come si fa?»
Ben sospirò. «Beh, dovremmo renderlo inoffensivo…»
Müller fece un sorriso malvagio. «Inoffensivo?! E che vorreste fare?! Uccidermi?! Oh, andiamo… siete poliziotti! Volete davvero farmi credere che infrangerete la legge?! La stessa legge che difendereste con la vostra stessa vita?!»
«Sai, c’è un errore nella tua frase… e sai qual è?!» iniziò Ben, piantando anche i suoi occhi in quelli del criminale. «È il fatto che noi non difendiamo la legge… quello lo fanno tutti i poliziotti! Noi difendiamo la giustizia! E la giustizia ci dice che noi dovremmo sbriciolarti ogni osso del tuo corpo e farti morire come un cane!» concluse in un sussurrò, ad un pelo dal suo naso.
Tom strinse una mano intorno alla spalla del collega per provare a farlo calmare. «Ma non vale la pena di finire nei guai per te… per tua fortuna!»
Müller sorrise. «Già… qualcuno mi deve voler bene lassù da qualche parte…»
I tre ispettori si guardarono in faccia e si scambiarono un misto tra un ghigno ed un sorriso.
«… io non ne sarei tanto sicuro…» sussurrò Tom.
Poi, prima che potesse rendersi conto di quello che stava succedendo, Ben gli diede un destro in faccio, tanto forte da fargli girare la faccia.
«Questo è per aver rapito Aida…» disse convinto.
Il criminale non si era ancora ripreso, quando Tom gli piantò un sinistro sulla faccia, che lo fece voltare dall’altro lato.
«... questo è per averle messo paura…» continuò.
Müller fece qualche respiro forte.
Semir lo afferrò per il mento e lo costrinse a guardarlo negli occhi.
«… e questo è per esserti fatto anche solo passare per la testa di farle del male!»
E così dicendo gli piantò un gancio dritto sul muso.
Il criminale perse i sensi e i due ispettori lasciarono la presa, facendolo cadere a terra.
I tre poliziotti restarono a fissare il criminale per terra, agitando le mani, leggermente indolenzite.
«Allora?! Come ci organizziamo con i colleghi?!» chiese Ben.
Tom fece spallucce. «Non avete visto come si dimenava?! Stava opponendo resistenza all’arresto!»
«Infatti! E poi per tanto così non ci sfuggiva dalle mani!» aggiunse Semir.
I tre si guardarono e scoppiarono a ridere.
In quel momento si sentirono una decina di sirene tra quelle della polizia e dell’ambulanza.
Tom sobbalzò. «I rinforzi?! Finalmente!»

 
 
 
Tà-dan!! Ed ecco il nostro salvataggio!! xDxD
Sarà finalmente finita?! Chi lo sa… *Tom, Ben, Semir e una banda di cobriste le lancia uno sguardo indemoniato* Ehi, ehi, scherzo! Niente più colpi di scena! xDxD Promesso! xD
Prima di tutto grazie ancora a chi ha continuato a leggere la storia! ^^ In particolare, grazie a Sophie, Rebecca, Giulia e Fred_Deeks_Ben per le loro recensioni! ^^

Visto che questo è il penultimo capitolo(esulti da tutte le parti) e che vi ho fatto stare male per 24… e dico 24 capitoli, ecco a voi, finalmente, la copertina della storia!! xDxD Ve la metto anche qui, oltre che nel primo capitolo! xD

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Ora manca solo un epilogo… ma credo di pubblicarlo per il finesettimana! ^^
Ciao!
Chiara ^-^

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Capitolo 25
*** Epilogo ***


Epilogo

Ben fece un’altra smorfia di dolore mentre un paramedico finiva di fasciargli una ferita al braccio.
L’uomo si sollevò e lui lo ringraziò, sorridendo. Poi, lasciò l’ambulanza dove era seduto e si avviò verso i due colleghi.
«… e dopo quello ha iniziato a prendere a pugni lo zio Ben! Ma io non vedevo niente, perché lo zio aveva detto di chiudere gli occhi e io non volevo farlo arrabbiare…» spiegava Aida, seduta sul cofano della Mercedes di Ben.
I due ispettori, poggiati alla vettura, la guardavano sorridendo.
Ben li raggiunse e sfoderò il più grande sorriso mai fatto. «Ehi, gente, la piccola già vi sta aggiornando?!»
I tre si voltarono verso il ragazzo. «Già… ci sta dicendo come hai fatto l’eroe!» disse Semir.
I due colleghi si guardarono dritti negli occhi. Poi il primo fece un sorriso sincero. «Grazie, Ben! Grazie davvero!»
Il secondo rispose al cenno. «Dovere, collega! Se non si fa questo per i soci… »
Semir abbassò lo sguardo, per poi alzarlo di nuovo. «No, sono serio: grazie!»
Anche l’altro si fece serio. «Non dirlo nemmeno per scherzo… avresti fatto lo stesso con mia figlia!»
I tre si guardarono per qualche attimo.
Poi, prima che potessero dire qualcosa, Wolf si avvicinò a loro, con le mani in tasca e un sorriso stampato in volto.
«Ispettori, vi annuncio che i nostri due casi sono risolti! Ed entrambi con grande successo!» esclamò, felice come non mai. Poi si voltò verso Ben e gli tese la mano. «Ispettore Jager, noi non ci siamo ancora presentati! Sono il commissario Wolf! Complimenti per come ha gestito la situazione lì dentro… davvero un ottimo lavoro!»
«Grazie, ma ora basta complimenti! Altrimenti finisce che mi monto la testa!» rispose Ben, stringendogli la mano.
Poi il commissario vide Aida e le sorrise. «Ehi, piccola! E tu come stai?»
Anche la bambina sorrise. «Bene, grazie!»
«Ne sono contento! Tuo padre stava per impazzire qui fuori!»
I quattro poliziotti risero alla battuta. «Non stavosono! Sono impazzito!»
Il commissario volse lo sguardo agli ispettori. «Avete presente Burk Krause?! Il miliardario implicato di cui mi aveva parlato lei, Kranich?! Beh, lo abbiamo beccato!»
Tom, Semir e Ben sgranarono gli occhi. «Che cosa?! Davvero?! Quando?» chiese il primo.
«Esattamente 20 minuti fa! Ho mandato una decina di uomini al campo-volo dove Krause teneva il sua Jet privato… sono arrivati proprio mentre atterrava!»
«Quindi è finita!» intervenne Tom.
«Sì! Finita come un barattolo di nutella lasciato davanti ad un bambino per più di dieci minuti! E questo è soprattutto merito vostro!»
I tre ispettori si scambiarono uno sguardo complice. «Noi?! Ma noi non eravamo nemmeno qui…» disse Tom, lasciando intendere al commissario che in quella storia loro non dovevano centrare.
Il commissario sgranò gli occhi, seriamente stupito. «Davvero volete starne fuori?! Questa operazione l’avete svolta praticamente tutta voi!»
I tre ispettori fecero spallucce. «Non era di nostra competenza… credo che il massimo che potrà dire sarà questa ultima parte dell’operazione... ma dovreste averci contattato comunque voi! Mettere il nostro nome nel suo rapporto potrebbe crearle problemi con i suoi superiori!» rispose Tom.
«Dopo quello che avete fatto, sarei disposto a mettermi nei guai!»
«Ma noi non glielo chiederemmo mai! Andiamo, Wolf: commissari come lei nell’anticrimine ce ne sono pochi… se se ne va anche lei, restano solo una banda di boriosi buoni a nulla con il complesso del Dio!» rispose Semir.
I poliziotti risero di nuovo. «Va bene, va bene… vedrò di non farmi licenziare!»
I quattro tacquero ancora qualche secondo.
«Beh, ispettori, è stato un piacere! Se mai aveste bisogno di qualcosa, non esitate a fare un fischio… per qualsiasi cosa, intendo!»
«Grazie, commissario! Anche per noi è stato un piacere!» rispose Tom.
L’uomo si voltò e iniziò ad allontanarsi.
Improvvisamente, però, si fermò e si girò nuovamente verso i tre. «Sentite, sono sicuro di conoscere già la risposta… ma voglio comunque essere sicuro! Per caso sareste interessati ad un trasferimento nell’anticrimine?»
I tre risero. «Grazie, ma nell’autostradale ci stiamo bene!» rispose Ben.
Wolf annuì. «Già… lo sapevo! Ma mi sarei sentito male se non ci avessi provato!» prese un profondo respiro. «Beh, spero ci re-incontreremo…»
«Anche noi, commissario! Magari in un’occasione migliore!» intervenne Semir.
«Già… come se ce ne fossero!» sospirò. «Buona fortuna, ispettori!» concluse, andandosene.
«Anche a lei!» aggiunse Ben.
Il commissario sparì nella mischia di agenti e i tre ispettori tornarono alla bambina.
Semir la prese in braccio.
«Papà, posso farti una domanda?» chiese la piccola.
«Certo, amore! Tutte le domande di questo mondo!»
Aida abbassò lo sguardo. «Tu… tu hai avuto paura?»
L’uomo la strinse forte in un abbraccio. «Non puoi nemmeno immaginare quanto!»
La bambina sorrise, rispondendo all’abbraccio.
In quel momento l’Audi nera del capo arrivò sul posto, frenando di colpo.
Dal lato del passeggero scese Andrea.
«Semir! Aida!» urlò la donna, andando verso gli ispettori.
«Andrea!» rispose Semir, correndole incontro con ancora Aida in braccio.
I tre si trovarono a metà strada.
Si scambiarono uno sguardo e poi si strinsero in un abbraccio.
Ben e Tom si poggiarono al fianco della macchina e  incrociarono le braccia al petto.
«Beh, e anche oggi è andata!» iniziò il secondo.
«Eh, già! E per fortuna nemmeno oggi qualcuno si è fatto male!» rispose l’altro.
«Va beh! Nessuno, poi! Tu sei stato picchiato a sangue e Semir per poco non sparava ad Hartmut…»
«Che?! Cosa dici?» chiese l’altro, tra il meravigliato ed il divertito.
Tom sospirò. «Questa te la spiego dopo! Ora andiamo al comando!» disse, dandogli una pacca sulla spalla e avviandosi verso il posto del passeggero.
«Al comando?! E, indovino, me lo racconterai mentre compilo il rapporto, vero?» disse, aprendo lo sportello del guidatore.
Tom sollevò lo sguardo su di lui. «Bravo! Come hai fatto ad indovinare?!»
«Andiamo, abbi pietà! Sono appena stato rapito!»
«Tutte scuse! Prima ti prendi le ferie e poi cerchi scuse per non lavorare?! Siamo sfaticati, eh?!»
I due si guardarono qualche istante in faccia e scoppiarono a ridere.
Poi salirono in macchina e se ne andarono.
 
 
 

Ed è finita!!
… non ci speravate più, eh?! xDxD
Beh, se volete un altro capitolo posso sempre… *I tre ispettori la guardano storto* Scherzo, scherzo! Premo “completa”! xD
Scusate il ritardo… colpa del pc! xDxD L’ho ripreso in mano ieri sera! xDxD
Quindi, ricapitolando… Aida sta bene… Semir sta bene… Tom sta bene… Ben potrebbe stare meglio, ma sta bene… (xD) Müller e gli scagnozzi sono in prigione, così come i loro complici... Hartmut è vivo… e, incredibile ma vero, abbiamo trovato il primo commissario dell’LKA a non essere né antipatico né corrotto!
… Non male! xDxD
Grazie infinite a tutti quelli che hanno avuto il coraggio di leggere questa storia! (complimenti! xD) In particolare, grazie a g21, serenity82 e Roylove per aver messo la storia tra le preferite, 1rebeccam, aranc, DadaOttantotto, Debby, Fred_Deeks_Ben, g21, ore_sama, pia99, sbir, sophie97, Spencer Tita e Spocky_21 per averla messa tra le seguite e Rebecca, Sophie, Tita, Laura, Debby, Spocky, Giulia, Roylove, Ari e ore_sama per le loro recensioni nel corso della storia! ^^
Mamma, quanti nomi! Spero di non aver dimenticato nessuno! E, nel caso l’avessi fatto, chiedo umilmente perdono e prometto di rimediare! xDxD
Beh, sto lavorando alla prossima storia… ma non la pubblicherò subito! xDxD
Voglio far passare almeno una settimana! xDxD Insomma… riprendere fiato! xDxD
Grazie ancora a tutti e a presto! ^^

Ciao!
Chiara ^-^

 

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