WANTED - Pirati di oggi

di LelleLaFolle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dammi UN BACIO! ***
Capitolo 2: *** 2 Al diavolo le crociere! ***
Capitolo 3: *** 3 E meno male che non bevo… ***
Capitolo 4: *** 4 Deficiente… ***
Capitolo 5: *** 5 Per un pacchetto di patatine ***
Capitolo 6: *** 6 Criminali ***
Capitolo 7: *** 7 La loro storia ***
Capitolo 8: *** 8 Invisibilità e Sicurezza ***
Capitolo 9: *** 9 Il Leone e il Domatore ***
Capitolo 10: *** 10 Casa? ***
Capitolo 11: *** 11 Senza di Lei: panico totale! Special Pov. Dastin ***
Capitolo 12: *** 12 Quando da sola non ce la fai... ***
Capitolo 13: *** 13 Il primo sei tu ***
Capitolo 14: *** 14 Non finisce mai ***
Capitolo 15: *** 15 Chi contro chi ***
Capitolo 16: *** 16 Normalità....o quasi ***
Capitolo 17: *** 17 Incazzature pericolose Special Pov. Dastin ***
Capitolo 18: *** 18 Fa Male ***
Capitolo 19: *** 19 Ti prego, smettila ***



Capitolo 1
*** Dammi UN BACIO! ***


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1 DAMMI UN BACIO!

Annaspai ancora, cercando di ingoiare meno acqua possibile.

- Dammi un bacio! – ordinò, appena la mia testa riemerse.

- Va a quel paese! – sentivo la voce roca e gracchiante.

Mi rispinse sotto, ma questa volta avevo preso abbastanza fiato per resistere.

Dopo pochi secondi lasciò la presa e ritornai a galla.

- Allora, me lo dai questo bacio?

- Stronzo!

Ma proprio io dovevo venir rapita dai pirati nel XXI secolo?!

E, per di più, tutti don giovanni!

Deluso, mi tirò sulla barca.

- Non so più che metodi usare con te. Possibile che niente ti convinca a donare un piccolo, innocente bacetto?

- Innocente? Innocente?! Tu sei un porco, ma quale innocente bacetto! Approfittatore, vandalo!

Stavo per strozzarlo con lo stesso asciugamano che “gentilmente” mi porgeva.

- Gioiello mio, se continui a lanciare simili offese prima o poi rischi di ferire seriamente il mio povero cuore speranzoso.

Sfotteva pure!

- Guarda caso, è proprio la mia intenzione. E non chiamarmi “Gioiello mio”!

- Suvvia, non scaldarti tanto. Se avessi voluto davvero un tuo bacio lo avrei già ottenuto, con o senza il tuo consenso.

- E sentiamo, come mai non lo hai ancora fatto?

- Non sono mica cattivo, io. A differenza di quel che pensi, sono un ottimo galant’uomo. Devono essere le ragazze a scegliere a chi dare il loro primo bacio, non oserei mai rubarne uno con la forza. Infondo è una cosa a cui voi tenete molto,no?

Chissà come aveva capito che non avevo mai avuto un ragazzo.

Mia sorella mi prendeva sempre in giro per questo. Insomma, a diciassette anni non aver ancora baciato nessuno era piuttosto imbarazzante.

- Ma falla finita, sei solo un pervertito! Se davvero avessi rispetto per questa cosa non tortureresti ogni ragazza perché ti dia un bacio. La verità è che ti diverti ad esaurirle!

- Gioiello mio; ogni tanto voi femmine avete bisogno di una spintarella, altrimenti non vi decidereste mai…

Mi prese il mento fra le dita, avvicinandosi.

- …e io non posso resistere a delle labbra rosate come queste…Ahi!

Scattò indietro, massaggiandosi l’impronta della mano sulla guancia.

- Ti ho mai detto che sei violenta?

- Anche se me lo dici, non cambierò certo per te.

- Non so perché, ma mi aspettavo una risposta simile.

Velocemente mi abbracciò, impedendomi di scappare.

- E questo mi convince sempre di più che con te dovrò usare la violenza per ottenere qualcosa.

- Idiota, che fai!

Inutile divincolarmi, riuscivo a stento a muovermi.

Le sue braccia erano più serrate dei tentacoli di una piovra.

- Stai ferma, Gioiello mio…

La sua bocca si avvicinava pericolosamente alla mia.

- No!!!

Lo stesi con un calcio nelle parti basse, per poi spingerlo in mare.

- Non ci provare mai più, brutto maniaco, o giuro che ti uccido!

E corsi nella mia cabina, senza accettarmi se stesse bene o meno.

- Ehi, Vivi, hai visto Dastin? – mi chiese Philip, fermandomi sul ponte.

- Lo trovi in bocca ai pesce-cani.

- Non lo avrai gettato in acqua!

- Sì, invece, e spero che se lo siano anche digerito.

Lui rise.

- Poveri pesci, avranno un’indigestione!

Angolo dell'autrice:

Inizierò a scrivere i miei pensieri e commenti di autrice su questa storia solo dopo aver conosciuto i vostri pareri. Per ora sappiate solo che è la mia prima ff a reating arancione, non aggiornerò molto spesso perchè sono occupate con le altre principali che sto portando avanti e i capitoli saranno piuttosto brevi.

Diciamo che la trama è una sciocchezza che mi è venuta in mente mentre pensavo a "Pirati dei Caraibi", per ora è solo un passatempo per scrivere, ma se avrà un discreto successo, mi impegnerò di più per migliorarla e soddisfare le vostre aspettative.

Recensite, mi raccomando!

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Capitolo 2
*** 2 Al diavolo le crociere! ***


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2                                 AL DIAVOLO LE CROCIERE!

 

 

Qualcuno bussò alla porta.

-         Gioiello mio, apri. Dobbiamo parlare.

-         Vattene o questa volta ti do in pasto alle orche!

-         Molto divertente, ma ora apri.

-         Scordatelo!

Il rumore di qualche passo, una rincorsa e la porta cadde giù come carta pesta.

-         Ma sei scemo?! Ora la aggiusti. Questa notte voglio dormire chiusa a chiave, capito?

-         Non ti preoccupare, Gioiello mio; questa notte dormirai con me, ci penserò io a proteggerti.

-         Mi chiudo a chiave proprio per non fare entrare tipi come te!

Lo guardai meglio.

-         Oddio… mettiti immediatamente qualcosa addosso!

-         Sono appena uscito dalla doccia, vuoi che tolga anche questo?

Prese un lembo del mini-asciugamano che aveva in vita, pronto per restare nudo.

-         Ti ho detto l’esatto opposto!

-         Calmati, stai diventando isterica.

-         Sei tu che mi stai facendo ammattire!

Lo spinsi fuori, oltre la soglia della camera. E in quel momento avrei dovuto sbattergli la porta in faccia, se solo ce ne fosse stata una ancora in piedi.

-         Ma, devo parlarti…

-         Mi parlerai quando sarai vestito.

Sconsolato, si chiuse nella sua cabine, affianco alla mia.

E pensare che questa storia continua da quasi una settimana.

Già, perché appena sette giorni prima me ne stavo in crociera su una nave lussuosa con due allegri genitori e una fastidiosa sorella maggiore. Insomma, tutto normale fino a qui.

Peccato che l’unica idiota a sporgersi dal parapetto sul ponte per vedere i delfini e cadere di sotto è stata proprio la qui presente sottoscritta.

All’inizio avevo considerato una fortuna unica il fatto che ci fosse questo yacht nelle vicinanze. Non avevo ancora considerato la pericolosità di tutti quei ragazzi (perché il più grande aveva appena 26 anni) muscolosi e sexy che vivevano di brigantaggio in alto mare. Non a caso si definivano “I pirati di oggi”.

Dastin era il capo della combriccola, il più confusionario, sebbene fosse tra i più giovani (aveva giusto un anno più di me).

Era proprio lui a non lasciarmi andare via.

Sinceramente non capivo perché ci tenesse tanto a me; sin dalla prima volta che ci siamo guardati negli occhi ha iniziato a perseguitarmi.

Ma, da una parte, ero anche sollevata per la sua attenzione. Alcuni ragazzi della ciurma erano così violenti da farmi paura e grazie a Dastin mi stavano alla larga.

-         Ora possiamo parlare?

Mi voltai verso di lui.

Indossava un paio di pantaloni al ginocchio e una camicia aperta sul petto nudo.

-         A quanto pare non puoi fare a meno di mostrare i tuoi addominali.

-         Dai, non fare la pignola.

Mi gettai sul letto.

-         Cosa vuoi?

-         Hai un vestito per le feste?

-         Credi che mi sia preoccupata di portare con me la valigia mentre cadevo dalla nave?

Non a caso, fino a quel momento, indossavo i vestiti che a lui non andavano più.

-         Allora chiedi in prestito qualcosa a Jimmy.

-         Come può avere degli abiti femminili?

Sollevò le spalle.

-         Lui è fissato. Conserva un abito per ogni sua fidanzata del passato e, credimi, ne ha avute molte.

-         Come tutti voi, quindi.

-         Quella che sento è forse gelosia?

-         Figurati!

-         Beh, vedi di vestirti bene. Ci sarà un party su una barca qua vicino.

 

Angolo dell'autrice: 

Non pensavo potesse interessare tanto questa storia, ma quasi quasi mi state convincendo a non trascurarla troppo.

Per ora, dato che ho già a disposizione il terzo capitolo QUASI completo... ecco a voi un piccolo anticipo...

SPOILER:

Pantaloni corti al linguine, toppino attillato, fular lungo alla gola e un cappellino alla francese in testa. Decisamente troppo.

Per di più quel pervertito di Jimmy aveva insistito per truccarmi personalmente (non so dove abbia imparato) e ora sembravo ufficialmente una prostituta.

 

 

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Capitolo 3
*** 3 E meno male che non bevo… ***


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3                             E MENO MALE CHE NON BEVO…

 

 

La musica da discoteca si sentiva a chilometri di distanza e le luci colorate sembravano un faro nel mare aperto.

Il sole era appena calato, mi attendeva un’intera nottata e io già me ne volevo tornare nella mia cabina.

Mi sentivo incredibilmente impacciata.

A quanto pare tutte le ragazze di Jimmy erano piuttosto provocanti, anche se a quel party sembrava un abbigliamento normale.

Passai di fronte a una superficie lucida, dando un’occhiata al mio aspetto.

Pantaloncini corti al linguine, toppino attillato, fular lungo alla gola e un cappellino alla francese in testa. Decisamente troppo.

Per di più quel pervertito di Jimmy aveva insistito per truccarmi personalmente (non so dove abbia imparato) e ora sembravo ufficialmente una prostituta.

Il tavolo del buffet era costantemente sotto assedio; non riuscivo neanche ad avvicinarmi per prendere qualcosa e, stranamente, la sete iniziava a farsi sentire.

Ogni tanto incontravo qualcuno della ciurma, ma di Dastin nemmeno l’ombra. Probabilmente se la stava spassando con qualche bella ragazza, sapevo che aveva un gran successo nel sesso opposto.

Con qualche spintone riuscii finalmente a raggiungere l’angolo delle bevande.

Tutta quell’afa e quell’accalco di persone mi toglieva il respiro.

Buttai giù tutto d’un colpo un bicchiere di quello che pensavo fosse coca-cola, ma dopo pochi secondi la gola andò in fiamme.

Afferrai un altro bicchiere nelle vicinanze e ingoiai il liquido all’interno. Fortuna che era fresco.

Il bruciore man mano si placò e potei tornare a respirare normalmente.

Guardai il semplice bicchiere di plastica che avevo in mano; non so perché, ma avevo la brutta sensazione di aver fatto un terribile errore.

Meglio non pensarci.

Mi allontanai alla svelta dal tavolo.

Dove potevo andare?

A poppa era stata allestita la pista da ballo, mentre a prua le coppiette si appartavano per nascondersi da occhi indiscreti.

Molto probabilmente Dastin lo potevo trovare là, ma non avevo alcuna intenzione di “disturbarlo”.

Basta, volevo andarmene.

La testa iniziava a farmi scherzi di cattivo gusto.

Mi diressi verso il ponte laterale dove era stata attaccata la nostra imbarcazione.

La ringhiera, il pavimento; girava tutto senza fermarsi mai, anzi, il vortice aumentava la sua velocità man mano che il tempo passava. Era come sulle montagne russe, una volta scesi dalla giostra avevi ancora il giro della morte impresso nella mente e lo stomaco sotto sopra.

A proposito di stomaco… probabilmente avrei rimesso da un momento all’altro.

La confusione proveniente da poppa si affievolì sempre più, fino a diventare un lieve vociferare.

Da dove veniva tutto quel sonno? Mi sarei fatta volentieri una bella dormita se non fosse stato per il fatto che la testa era sul punto di scoppiare.

Strisciai lungo la parete fino a metà del ponte.

Ma dove volevo andare in quelle condizioni?!

Potevo solo sperare che nessuno facesse caso a una ragazzina seduta per terra e pronta allo svenimento, perché a quella festa la

marmaglia era davvero poco raccomandabile, al confronto i membri dell’equipaggio di Dastin avevano un aspetto persino rassicurante.

-         Vivi?! Valeria! Oddio, che hai?

Vidi annebbiato il volto di Philip chino su di me. No, aspetta, non un volto… ma ben 3 Philip che mi guardavano allarmati!

Oh, stavo messa proprio male…

-         Phil, mi accompagni allo yacht? – biascicai quelle poche parole con uno sforzo immenso.

-         Aspetta, chiamo Dastin.

-         No, basta che tu mi aiuti…

-         Gli interni dell’imbarcazione sono chiusi, è lui che ha la chiave.

Fantastico! Adesso dovevo sorbirmi pure le sue prese in giro per non essere stata in grado di reggere un solo bicchiere di non so quale alcolico, anche se dentro c’era di sicuro qualcos’altro.

-         Torno subito.

Avrei voluto fermarlo, mi faceva paura restare lì da sola. Ma non c’era più neanche una briciola di energia nel mio corpo.

Sentii la palpebre cedere inesorabilmente alla stanchezza e stavo per sprofondare proprio nell’oscurità quando dei passi e fastidiose voci si avvicinarono pericolosamente.

Voci mai sentite prima.

 

Angolo dell'autrice:

Quanti commenti!!!!! così non posso proprio fare a meno di continuare per sapere cosa ne pensate e devo proprio ammettere che mi sto divertendo a scriverla.

Preavviso che nel prossimo capitolo lei si scioglierà un po' e non sarà solo per il bicchierino (o almeno così penso di scrivere poichè devo ancora iniziare, ma la mia mente malate può cambiare tutto all'ultimo minuto come al solito quindi non prendete nessuna delle mie parole come certezza).

Mi raccomando: tanti commenti e grazie per tutti quelli che mi seguono anche senza lasciare opinioni.

Alla prossima!!!!!!!!!!!!!!!

 

 

 

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Capitolo 4
*** 4 Deficiente… ***


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4                                           DEFICIENTE…

 

Il buio era così allettante, lui e la sua calma infinita. Eppure non riuscivo a restare tranquilla in quell’oscurità, perché ero consapevole che fuori c’era tutt’altro mondo e la realtà non risparmiava chi si lasciava trasportare nella falsa e ipocrita quiete.

Costrinsi gli occhi a rimanere aperti, almeno qualche secondo in più per riconoscere il volto di chi stava per arrivare.

I passi si avvicinarono, erano numerosi, probabilmente un gruppo di cinque o sei individui.

Un altro violento capogiro mi appanno la vista.

No, no, non ora!

Strinsi i pugni.

Ma cosa diavolo c’era in quel dannato bicchiere?! Persino la bevanda più alcolica esistente sulla faccia della terra non poteva causare simili sintomi se assunta in quantità minime.

L’aria fresca della sera mi dava un po’ di sollievo quando soffiava sulla mia pelle accaldata.

Non so perché, ma sentivo il corpo in preda a un calore insopportabile. Non avrei esitato a togliermi tutti gli indumenti che avevo addosso per ricevere un po’ di sollievo, ma le mie energie non mi permettevano neanche quello.

Oddio, ma che pensieri stavo facendo?! Peggio di quel maniaco di Dastin o quel pervertito di Jimmy! Fare uno spogliarello in una situazione simile, cose da matti! Non avevo battuto la testa quindi la causa doveva essere per forza quella schifezza che avevo bevuto, altrimenti avevo seriamente bisogno di una visita da uno psicologo, e anche bravo.

Il gruppo passò oltre senza degnarmi neanche di uno sguardo, probabilmente troppo ubriachi anche loro per notare una ragazza con delle sembianze cadaveriche come le mie.

Tirai un sospiro di sollievo.

Accidenti, che paura!

Non si sa mai cosa la vita può riservarti, ma di certo non fa distinzione tra avvenimenti piacevoli o devastanti.

Comunque, adesso potevo addormentarmi tranquillamente, sempre se non arrivava qualcun’altro.

Chiusi gli occhi, cercando invano di allertare quei pochi neuroni rimasti svegli nel caso ce ne fosse stato bisogno. Ma sapevo che non sarei più riuscita a svegliarmi in tempo.

-         Maledizione! Valeria, svegliati, dai!

Ecco. I miei stupidi neuroni non avevano captato neanche i passi, solo la voce mi avvertiva della presenza di qualcuno al mio fianco.

-         Vivi, per favore, non puoi dormire!

Qualche scossone, una mano lungo la spalla, un’altra tra i capelli.

Chiunque si trovasse al mio fianco era davvero gentile, sembrava quasi premuroso nei miei confronti.

-         Philip, vai a prendere un secchio e riempilo.

Aggrottai le sopracciglia.

Un secchio? No, aspetta. Che intenzioni avevano?!

Pochi minuti e un getto d’acqua ghiacciata (non fredda) mi cadde addosso facendomi quasi male.

-         Eccola qua la nostra Vivi! – scherzo Dastin mentre riacquistavo la lucidità e tutte le mie facoltà mentali.

-         Razza di deficiente… - iniziai pronta a riempirlo di insulti, ma un disgustoso sapore di bile mi risalì lungo la gola.

Con uno scatto mi affacciai oltre la ringhiera e rigettai la colazione, il pranzo e la cena di due giorni interi. Quando finalmente finii avevo in bocca uno sgradevole retrogusto amaro.

-         Valeria, tutto ok?

-         Ti sembra che io stia bene?! Idiota di una asino che non sei altro!-gridai con la voce roca.

Lui sorrise.

-         Si, stai decisamente bene.

Philip si schiarì la gola.

-         Ehm, Dastin, non credo proprio che si senta bene.

-         Ma che dici, non vedi che ha già ripreso il suo brutto caratteraccio…

Mi afferrò giusto in tempo, prima che stramazzassi a terra. Fortuna che aveva i riflessi pronti.

-         No. Credo proprio che tu, alla fine, non stia per niente bene,,, - sussurrò, prendendomi in braccio.

-         E da cosa lo avresti capito: la mia faccia simile a quella di un fantasma o il fatto che io abbia appena vomitato?

Avevo la lingua attaccata al palato e il cervello era ritornato nello stesso stato confusionario e dolorante di poco prima. Come diavolo facevo a formulare frasi così lunghe?

Dastin sogghignò, divertito.

-         Noto che non perdi mai la tua ironia. Comunque è per i tuoi occhi, non hanno la solita vitalità che li contraddistingue.

Diede a Philip la chiave per aprire gli interni dello yacht, poiché lui aveva le mani occupate, e salimmo sulla nostra imbarcazione.

-         Non avrei mai immaginato Che fossi così incapace a reggere l’alcol.

Mi stava prendendo in giro, era palese.

Sbuffai.

-         Io non bevo, infatti tutto è iniziato da un semplice bicchiere di coca e…

Guardai incuriosita la sua faccia.

Stringeva le labbra per non ridermi in faccia ed evitava di incontrare il mio sguardo.

C’era qualcosa che non andava.

-         Dastin, per caso hai dimenticato di dirmi qualcosa?

-         Noooooooo.

-         Dastin!

-         Ma non stavi male?

-         Sto male anche adesso, ma non mi tranquillizzo finché non parli. E non cambiare discorso!

Infatti, mentre gridavo, la mente dava segni di cedimento sempre più frequenti.

-         Beh, forse, e sottolineo FORSE, ho dimenticato di dirti che a questo party si consumano solo alcolici e sembra che giri anche qualche circolo di droga.

Lo guardai allibita.

-         Quindi mi hanno drogata?

-         È molto probabile.

-         E tu ti sei dimenticato di dirmi una cosa tanto importante?!

-         Già.

-         Ma in che razza di posto mi hai portata?! Depravato!!!

Rise.

-         Suvvia, non è successo niente di grave.

-         Se per te ritrovarsi semi-coscienti e drogati su una barca sconosciuta e piena di delinquenti non è niente di grave allora va tutto bene!

Improvvisamente divenne serio.

-         Scusa, non mi ero accorto di quanto fosse pericoloso. Farò in modo che non riaccada più.

-         Lo spero. Ma… aspetta un attimo…Perché siamo nella tua cabina?

-         Ti devo tenere sott’occhio finché non ti sentirai meglio, quindi questa notte dormiremo insieme.

-         Cosa?! Scordatelo, manco morta!

Mi di vincolai dalla sua presa e finalmente misi i piedi per terra.

-         Approfittatore, io non ci dormirò mai nel tuo stesso letto!

-         Vedremo. – mi provocò.

-         Tu intanto continua pure a sognare, io me ne vado a dormire. Per di più, con la tua brillante idea di svegliarmi con una secchiata d’acqua, sono completamente fradicia. Se mi prendo un malanno sarà solo per colpa tua, ricordatelo!

-         Impossibile, hai la pellaccia troppo dura per ammalarti.

Indignata, me ne andai nella mia cabina, approfittando di quel momento in cui il mal di testa e la nausea sembravano volermi concedere una tregua.

Lo sentivo ridere alle mie spalle. Ma che ci trovava di tanto divertente nella mai reazione?!

Se davvero mi sarei ammalata giuro che la sua vita non sarebbe durata abbastanza per vedere un altro volto oltre al mio incavolato nero mentre lo rincorro con una mazza chiodata.

La mattina seguente mi svegliai con 39 e mezzo di febbre.

 

Angolo dell'autrice:

 Avevo già pronto questo capitolo e non ero assolutamente in grado di resistere un altro giorno prima di postarlo, sono troppo curiosa di leggere i vostri commenti!!!! XD.

Come avrete notato la nostra Vivi non si è sciolta neanche un po' (come invece aveva previsto la mia mente malata nel capitolo precedente, ve l'avevo detto di non fidarvi), in compenso ci ha pensato Dastino con la sua solita delicatezza!!!! Mi sono fatta certe risate mentre progettavo i dialoghi...

Vorrei dare anche alcune spiegazioni o risposte.

X  _deny_ :

Spero che questa lunghezza vada abbastanza bene (sono 4 pagine di word). Ricordo che all'inizio questa storia l'avevo postata per puro divertimento, non progettavo di evolverla con molti sviluppi; quindi immaginavo di scrivere capitoli piuttosto brevi, ma vi accontenterò molto volentieri se volete così (sono a vostra disposizione) =).

X  prettyvitto:

Non ho risposto alla tua precedente domanda perchè avrei rivelato parte del finale e non potevo rovinare proprio il bello. Comunque non ti preoccupare, le cose si spiegheranno man mano nel corso della storia e troverai le tue risposte nei capitoli a seguire.

X TUTTI GLI ALTRI

Ci tenevo a spiegare che il semplice motivo per cui non rispondo alle vostre recensioni è perchè non trovo le parole per ringraziarvi dei vostri splendidi commenti con fin troppi complimenti (ogni volta che ne leggo uno divento tutta rossa e vado in giro per casa con un sorriso a 32 denti e una faccina da ebete che dura circa 15 minuti). Ma tenterò di rimediare anche a questo, nel frattempo spero davvero di non deludervi mai, altrimenti fatemelo sempre notare, mi raccomando!!! (diciamo che vi considero come i miei insegnati che devono dare un voto e il commento a un mio tema, hehehe).

 

Nel frattempo qualche anticipazione per il prossimo capitolo che ho appena iniziato.

Il titolo è: PER UN PACCHETTO DI PATATINE

Ed ecco lo SPOILER:

-         Ok, l’hai voluto tu!

Scesi dal letto, armandomi di due guanciali belli soffici.

-         Guerra di cuscini, amico.

-         Ci sto.

E ci gettammo l’uno contro l’altro, massacrandoci fino all’ultima piuma.

Dopo quindici minuti di pura lotta, stremati, cademmo sul letto disordinato.

La mia cabina era completamente sotto sopra, sembrava che fosse appena passato un uragano portando con se anche una fitta nevicata.

E adesso come lo pulivo tutto quel casino?!

Alla prossima!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 5
*** 5 Per un pacchetto di patatine ***


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5 PER UN PACCHETTO DI PATATINE

 

Bussò piano alla porta.

- E inutile che tutto ad un tratto ti dimostri gentile, entra e falla finita con questa messa in scena del pentito – gridai, mettendomi a sedere sul letto.

- Ma sono pentito sul serio.

Lo fulminai, letteralmente parlando, con lo sguardo.

- Ok, ok, lo ammetto. Mi sono pentito un po’ troppo tardi.

- Direi…

- Ma, per farmi perdonare, ho una sorpresa.

Scattai sull’attenti.

- Sorpresa?! Sorpresa? Quali sorpresa? Io non vedo niente. Però adoro le sorprese!

Mi sporsi per cercare di vedere cosa aveva dietro la schiena, ma niente da fare.

Dastin scoppio a ridere.

- Sei peggio di un bambino!

Gli feci la linguaccia, indispettita.

- Dai, dammi la sorpresa!

- Prima misuriamo la febbre.

Come una mamma fa con il proprio figlio, così lui sfilò dalla tasca dei pantaloni un termometro e me lo sventolò davanti al naso.

- Smettila di prendere in giro, non ho mica sette anni!

- Certo che no! Tu ne hai cinque.

Afferrai il primo cuscino che trovai nei dintorni e glie lo lanciai in faccia.

- Prova a ripeterlo!

- Scusa, hai ragione. Con questo non siamo più a cinque, ma a ben quattro anni. Tanti auguri, Vivi!

- Ok, l’hai voluto tu!

Scesi dal letto, armandomi di due guanciali belli soffici.

- Guerra di cuscini, amico.

- Ci sto.

E ci gettammo l’uno contro l’altro, massacrandoci fino all’ultima piuma.

Dopo quindici minuti di pura lotta, stremati, cademmo sul letto disordinato.

La mia cabina era completamente sotto sopra, sembrava che fosse appena passato un uragano portando con se anche una fitta nevicata.

E adesso come lo pulivo tutto quel casino?!

- E tu avresti la febbre a 39 e mezzo? Stai anche meglio di quando sei sana!

Sollevai le spalle.

- La febbre la sopporto abbastanza bene.

- Di certo non come l’alcool.

- C’era della droga dentro. – precisai.

- Certo, certo. Come se cambiasse qualcosa.

- Cambia eccome!

Una busta colorata per terra attirò la mia attenzione.

Scesi dal letto e la presi in mano.

- E questo? – chiesi, alzando il pacchetto di patatine in modo che lo potesse vedere.

Lui si appoggiò su un gomito, sorridendo.

- La sorpresa.

Sollevai un sopracciglio, assumendo la classica aria da strafottente che, modestamente, sapevo interpretare come pochi al mondo.

- Come?

- Che c’è, non ci senti?

Ignorai ancora una volta la sua provocazione. Ma quel ragazzo mi voleva proprio far arrabbiare, lo divertiva tanto litigare con me?

- E tu vorresti farti perdonare con un pacchetto di patatine?! – guardai meglio la confezione, - Per di più con i Puffi?!

Annuì.

Era pure convinto!

- C’è anche la sorpresa dentro! – aggiunse, divertito.

No, questa andava oltre ogni limite. Chi era il bambino adesso?!

- Sei mai andato da un dottore?

La mia domanda lo colse di sorpresa.

- Perché?

- Nessuno ti ha mai avvertito che hai uno sviluppato ritardo mentale?!

Storse la bocca, falsamente offeso.

- Ehi, io volevo solo farti una sorpresa. Se non la vuoi basta che lo dici.

Mi strappò il pacchetto di patatine dalle mani e andò verso la porta.

- No, no, no. Fermo! Ridammi i miei Puffi!

Ripresi la confezione, stringendola al petto come se fosse più preziosa dell’oro stesso.

- Scommetto che voi manigoldi avete svuotato la credenza e questo pacchetto è l’unico superstite; quindi, al momento, le patatine sono essenziali per la mio sopravvivenza. Guai a chi le tocca!

Sorrise, forse veramente felice di avermi in qualche modo aiutata.

S1, perché erano davvero queste le regole su quella folle imbarcazione.

Poiché potevamo fare la spesa solo quando toccavamo terra, quindi una volta alla settimana salvo imprevisti, ed essendoci a bordo una decina di ragazzi mille volte più voraci del tirannosauro rex nel Paleolitico; le scorte erano costantemente prese d’assalto.

Non scherzo quando dico che la cella del frigorifero è sigillata con doppia catena e cinque lucchetti di cui due provvisti anche di codice segreto (tutti i componenti della ciurma sono dei perfetti scassinatori, era assolutamente necessario prendere serie misure di sicurezza).

La cucina era sotto la stretta sorveglianza di Simon, lo chef del gruppo. Lui cucinava per tutti, preparando dei piatti migliori di qualsiasi ristorante francese all’apice del successo culinario.

Ma a noi era concesso mangiare solo durante i pasti stabiliti ad orari precisi.

La politica era quella: chi non c’è non mangia!

Quindi, tre volte al giorno per tutti i giorni, avveniva una costante guerra fino all’ultima coscia di pollo o cornetto con la nutella; senza alcuna pietà.

A tavola non potevo neppure contare su Dastin, appena vedeva qualcosa di commestibile la sua mente si scollegava dal corpo e attivava il pilota automatico. Dovevo semplicemente buttarmi nella mischia e afferrare la prima cosa a portata di mano (in una settimana non so quante volte sono rimasta a digiuno).

Alla fin fine però era divertente. Quella stupida lotta dava un senso di selvaggia sopravvivenza, come avviene nei branchi di leoni: il più forte va a dormire con la pancia piena. Ma non mancavano le scene di paradossale ironia dove, anche se avevi conquistato solo due chicchi di riso e una foglia di insalata, non ti pesava perché eri troppo impegnata a ridere a crepapelle per sentire lo stomaco brontolare. Era una lezione di vita.

Chissà come aveva fatto a salvare quel pacchetto di patatine dalle bocche dei suoi compagnia ma, soprattutto, dalla sua fame insaziabile.

Aprii la confezione e l’odore del formaggio mi stuzzicò subito il naso.

Indicai con un movimento della testa il letto.

- Dai, vieni. Facciamo quattro chiacchiere.

E ci stendemmo di nuovo sul materasso, con la busta colorata a dividerci.

- Ma sei sicura di stare bene?

Feci un cenno positivo, mentre sgranocchiavo altri due palline con poca grazia.

- Sono sempre stata così. La febbre la sento poco o niente e se ne va così come è venuta; non ho bisogno di nessun medicinale per guarire, devo solo aspettare.

- Hai visto che avevo ragione quando dicevo che hai la pelle dura…

Non finì neanche di parlare che gli rifilai una gomitata nello stomaco.

- Che ho detto di male questa volta?

- Per una ragazza è brutto sentirsi dire certe cose, la fa sentire poco femminile. Ma come fai ad essere tanto popolare se non intuisci neanche questo?!

Misi le mani dietro la testa, intenta a guardare il soffitto bianco della cabina.

- Guarda che non era un’offesa.

Mi voltai verso di lui.

- Per noi pirati, quando ci dicono che abbiamo la pelle dura, è il migliore dei complimenti.

Non potei fare a meno di sorridere davanti alle sue impacciate giustificazioni.

Aveva abbandonato la sua facciata di egocentrico don giovanni e ora, man mano che i frammenti della sua maschera cadevano, potevo distinguere sempre meglio il vero volto di Dastin il “Pirata”.

Un volto incredibilmente bello.

 

Angolo dell'autrice:

Ragazzi, accidenti che faticaccia! Avevo iniziato questo capitolo tutta pimpante e poi, a metà, mi sono bloccata non sapendo più cosa scrivere. Sono entrata in crisi, e continuavo a pensare: "noooooooooooooooooo, il blocco dello scrittore no! Ti prego!".

Ma alla fine me la sono cavata lo stesso, e meno male! C'è solo un piccolo dettaglio....Per la prossima volta niente spoiler, non so neanche come intitolare il capitolo (chiedoperdonochiedoperdonochiedoperdono).

Devo ammettere che nelle ultime righe avevo davvero pensato di mettere il loro primo bacio, ma poi ho detto: "Suvvia, teniamoli sulle spine un altro po'!" e la mia mentalità malata (per non dire malvagia, sadica, terrificante, senza scrupoli, incomprensibile, imprevedibile, degna del manicomio, ecc...) e tornata in azione come ogni volta ignorando i miei inutili sforzi per tenerla a bada.

Vabbè, lasciamo perdere.

Piuttosto, passiamo a qualche risposta (ci sto prendendo gusto XD):

X _deny_ :

Non ti nego che all'inizio del precedente capitolo avevo davvero intenzione di far accadere qualcosa con quei ragazzi (niente di irreparabile, non ti preoccupare, non sono così crudele XD), ma poi mi sono accorta che era un po' troppo banale e scontato, così ho preferito concentrarmi su Dastin.

Spero di continuare ad interessarti tanto, un bacione!

X _AngeChan_ :

Spiacente di deluderti, ma alla fine Dastin non l'ha curata proprio per niente alla nostra Vivi. Mi dispiace, ma davvero non ce lo vedevo nei panni della crocerossina...(aspetta che mi riprendo dalle risate dopo l'immagine che mi è venuta in mente). Ho preferito limitarmi, altrimenti sarebbe stato troppo irreale e contraddittorio rispetto al normale comportamento menefreghista di Dastin.

Ma il tenero arriverà comunque, devi solo aspettare.

X __Claire__ :

Credimi, anch'io non ti dico quanti accidenti ho tirato per quella foto. Dopo una giornata e mezza passata per trovare una strategia avevo la seria intenzione di prendere il computer e scaraventarlo fuori dalla finestra, ma l'idea di rimanerne senza non mi allettava per niente.

Prima di tutto, l'immagine che vuoi postare deve trovarsi su internet. Se è un immagine che hai creato tu (come nel mio caso) e non si trova su internet puoi benissimo inserirla nel web con questo sito http://www.iouppo.com/lite/, ma ricordati di segnare da qualche parte il codice URL in modo che non lo dimentichi.

Quando l'immagine è disponibile su internet entra nel programma EFP Editor HTML, quello per pubblicare le storie in versione HTML sul sito.

Tra le tante icone, in alto a sinistra dovresti trovarne una con la piccola figura di un albero (si trova affianco all'icona che rappresenta l'ancora) se sposti il cursore sulla figura dell'albero uscirà scritto "Insert/edit image", non dovresti sbagliarti.

Cliccando su quell'icona si aprirà un'altra piccola finestra che ti richiede alcuni dati, tu devi solo rispondere alla casella "Image URL" (la prima) e inserire il codice URL della tua immagine. Nello spazio sottostante dovrebbe venire raffigurata un'anteprima dell'immagine, clicca su "Insert" e il gioco è fatto.

Parlando di storie, ho letto la tua: Promessi sposi.

Sono rimasta senza parole, è davvero intraprendente e accattivante (quindi una storia fantastica e in grado di catturarti sin dalle prime righe). Mi congratulo, hai un modo di scrivere davvero entusiasmante! Aspetto con impazienza il seguito!

X prettyvitto e Conan:

Vi ringrazio per il vostro sostegno e per la vostra continua attenzione. Spero di non deludervi e attirare sempre di più la vostra attenzione! Grazie mille!

 

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Capitolo 6
*** 6 Criminali ***


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6                                                            CRIMINALI

 

Mi girai, voltando le spalle al cielo limpido e afoso del primo pomeriggio.

I ragazzi avevano avuto la bella idea di spegnere i motori e salvarsi dal quel caldo insopportabile facendo una nuotata in mare aperto, mentre io ne approfittavo per prendere il sole in santa pace senza il timore che qualche idiota (e con “idiota” intendo Dastin) mi rovesciasse addosso un secchio d’acqua giusto per farsi quattro risate.

In parole povere: tutti a mollo e l’imbarcazione tutta per me!

Avevo anche riflettuto sulla possibilità di fargli un bello scherzo come partire a tutta velocità lasciandoli in acqua e a bocca aperta. Ma così mi sarei abbassata alla loro mentalità malata e il mio orgoglio avrebbe subito uno di quei colpi che solo un miracolo può risanare.

Lo schiamazzo e le grida in lontananza mi fecero sorridere distrattamente. Probabilmente si stavano affogando a vicende, oppure cercavano sul fondale marino un tesoro appartenuto a qualche vero pirata.

Mi alzai dal lettino e andai a dare un’occhiata.

Come pensavo. Si stavano affogando a vicenda.

Dastin faceva leva sulle spalle di Philip mandandolo giù, mentre Jimmy gli teneva la testa chiusa in una morsa con le braccia.

-         Ehi, così lo affogate sul serio. Fatelo respirare! – Gridai, scherzando.

Sapevo che in realtà non gli avrebbero fatto un graffio. Philip era il bonaccione del gruppo, si era aggiudicato l’affetto di tutti.

La loro amicizia consisteva proprio in questo: non dimostrarla, ma renderla consistente nei momenti di bisogno.

-         Vivi, vieni anche tu!

Guardai chi mi stava chiamando.

Tomas, avvinghiato come una piovra a Simon, mi faceva segno con la mano libera.

-         Spiacente, ma io ci tengo alla mia pelle. Piuttosto, sarebbe meglio se tu te la prendessi con qualcun altro, senza Simon rimaniamo a pancia vuota.

Rise, lasciando andare il povero ragazzo mezzo stordito.

-         Questa me la paghi Tom!

Il cuoco gli saltò alle spalle, trascinandolo con se sul fondale.

-         Come non detto…- sussurrai, sorridendo.

Mi ero dimenticata che con loro non bisognava mai abbassare la guardia, anche se stavano scherzando.

-         Vivi, Gioiello mio!

Eccolo.

-         Dastin, non ti azzardare a fare quello che hai in mente! – lo ammonii con l’indice puntato verso quello “squalo” che si avvicinava con un sorriso beffardo stampato in faccia.

-         Perché, mi leggi nel pensiero?

-         Non è necessario avere poteri psichici per capirlo.

-         Ah sì?!

Salì sulla scaletta, presentandosi gocciolante di fronte a me.

-         Dai, Dastin. Non ho neanche il costume sotto.

-         Allora togliti i vestiti e tuffati nuda.

-         Cosa?! Neanche per sogno!

-         A questo punto,  mi costringi a fare così.

Prima che potessi fermarlo, mi afferrò per la vita sollevandomi con un braccio come si fa con un sacco di patate.

Ma dove la prendeva tutta quella forza?

-         Dastin, no! Non osare!

-         Oh, sì che oso invece.

Si avvicino al bordo della poppa, dove non era presente nessuna ringhiera o parapetto.

-         Fermati immediatamente!

-         Non ci penso neanche.

Iniziò a farmi dondolare avanti e indietro, divertendosi sempre di più.

-         Uno…. due…. e ….. Tre!

Aria. Pochi secondi per prendere fiato, l’ossigeno necessario perché quell’imbecille non mi affogasse sul serio. E poi acqua.

Riemersi in superficie scalciando e con il fiatone.

-         Dastin, considerati morto!

Ma non c’era nessuno sulla poppa ad ascoltare le mie colorite imprecazioni.

-         Dastin?! Dastin?

Mi guardai intorno.

Tutti si stavano comportando come pochi minuti prima, tanto una ragazzo in più a mollo non faceva certo la differenza, ma di lui nessuna traccia.

-         Dastin, smettila di giocare a nascondino e vieni fuori!

Niente.

Non rimaneva altro modo che giocare d’astuzia e…d’inganno.

-         Dastin… - cantilenai con una vocina acuta e innaturale, - Se non vieni immediatamente perderai il mio primo bacio!

Attesi qualche secondo, ma ancora nessun segno.

-         Ma come?! Avevo capito che eri interessato alle mie labbra…

Qualcosa si allacciò intorno alla caviglia trascinandomi giù con uno strattone.

Non feci in tempo a prendere neanche una boccata d’aria che la mia bocca si riempì d’acqua salata.

Agitai le braccia verso la superficie rischiarata dai raggi del sole, ma qualsiasi cosa si fosse attaccata alla mia gamba era davvero forte.

La temperatura diminuiva gradualmente man mano che scendevo e, con mio grande stupore, mi accorsi di avere la pelle d’oca.

La morsa sulla caviglia si aprì leggermente e ne approfittai per sferrare un calcio al colpevole della situazione, nuotando velocemente verso la superficie.

Un’altra presa mi cinse i fianchi, questa volta più morbida e delicata; molto simile a delle braccia. Mi spinse in altro a potei finalmente respirare a pieni polmoni.

-         Ehi, Tutto bene? – la voce era comprensiva, un sussurro soffiato al mio orecchio.

Tossii tutta l’acqua che avevo ingoiato e, ancora con gli occhi serrati, sferrai una gomitata nelle costole al ragazzo dietro di me.

-         Deficiente! Idiota! Imbecille! Non farmi mai più uno scherzo simile. Non hai la minima idea di quanto mi hai spaventata!

Lo sentii sghignazzare, aspettandosi una reazione simile.

-         E tieni le mani a posto, pervertito! – gridai, isterica.

Dastin ivece mi strinse ancora di più, continuando a sorridere con quella faccia da schiaffi.

-         Prima dammi ciò che mi spetta.

 - Ovvero?

Il suo viso si avvicinò pericolosamente al mio, tenendo fermo il mio volto con una mano.

-         Il tuo primo bacio – lo disse come se fosse ovvio, completamente scontato.

Sentii chiaramente il sangue fluire via dalle mie vene, andando a nascondersi in non so quale angolino nascosto del mio corpo. Ma la faccia sbiancata e impaurita che probabilmente avevo assunto non lo scalfì minimamente.

-         N-n non s-so di c-cosa s-sta-stai parlando… - balbettai, distogliendo lo sguardo.

-         Oh, sì invece che lo sai. Mi hai appena promesso quelle soffici e calde labbra.

Si passò la lingua sulle sue di labbra, con un espressione che sembrava volesse mangiarmi.

Maledizione. Io avevo parlato solo per provocarlo!

-         Non puoi aver sentito da la sotto.

Indicai il fondale.

-         Allora ammetti di averlo detto?

Stupida, stupida, stupida linguaccia! Quando avrei imparato a contare fino a dieci prima di parlare?!

In quel momento avrei preferito volentieri prendermi a testate contro un muro di cemento armato.

Guardai di sfuggita gli altri continuare a scherzare tra di loro, ignorando del tutto cosa mi stava accadendo. Ma invece di ammazzarsi a vicenda, non potevano “casualmente” saltare addosso a Dastin e salvarmi da quella situazione imbarazzante?!

Aprii la bocca per rispondere, ma qualcuno mi anticipò,

-         Ehi, ragazzi. Ascoltate questo!

Qualsiasi cosa stesse facendo, soffocare un compagno o torturare i pesci catturati con il retino, ogni singolo componente del gruppo si fermò.

Ci voltammo verso Simon che, con un asciugamano sulle spalle, era appoggiato alla ringhiera della barca con una piccola radio in mano.

Una voce gracchiante, interrotta dal segnale disturbato della zona, proveniva dall’apparecchio:

 

Per le ultime notizie del giorno vi informiamo sulla ormai nota sparizione della diciassettenne Valeria Smeraldi durante una crociera nell’Oceano Pacifico.

I genitori, ricchi imprenditori in affari con le più grandi aziende mondiali, non hanno badato a spese e risorse per le ricerche della loro secondogenita caduta in mare.

Ma informazioni più recenti e provenienti da fonti certe ci informano che il caso di Valeria Smeraldi si tratta di un vero e proprio sequestro di persona.

I rapinatori vengono descritti dai testimoni che si sono presentati spontaneamente alla polizia come un gruppo di ragazzi con un’età compresa complessivamente dai diciotto ai ventisei anni, Questi vivono a bordo di uno yacht sopravvivendo con furti di piccole dimensioni a danni delle imbarcazioni nelle vicinanze.

Non conosciamo le cause del rapimento e i genitori della ragazza non sono ancora stati contattati per un possibile riscatto.

 Vi aggiorneremo in caso di novità.

 

Simon spense la radio e piombò il silenzio.

Molto probabilmente qualcuno mi aveva riconosciuta alla festa e aveva fatto una soffiata.

Per la prima volta ringrazia Dastin per tenermi così stretta a lui, se le sue braccia non mi avessero sorretta sarei andata a fondo.

Mi sentivo una traditrice, avevo messo tutti loro nei casini dopo che erano stati tanto gentili soccorrendomi.

Non avevo il coraggio di guardarli in faccia e tenni gli occhi bassi, vagando sulla superficie limpida dell’acqua.

Aspettavo di ricevere insulti, accidenti e bestemmie. Imprecazioni e ogni genere di malocchio esistente al mondo che solo loro conoscevano.

Un improvviso grido di euforia si levò in aria.

Alzai la testa di scatto.

Simon si rituffò in acqua, precisamente sopra Jimmy. Tomas abbracciò Philip, senza preoccuparsi della clavicola che rischiava di rompergli.

Sembravano tutti allegri, felici della notizia. Saltavano, schizzavano acqua, gridavano di gioia, qualcuno improvvisava una bizzarra danza orientale restando in equilibrio su uno scoglio.

-         Siamo ricercati! – urlò uno, ridendo.

-         Per la precisione, ci hanno definiti dei rapinatori! – rispose qualcun altro.

-         No, siamo delinquenti!

-         Impostori!

-         Malfamati!

-         Galeotti!

-         Siamo degli avanzi di galera!

-         Ma che dici idiota?! Devi prima entrare in prigione e poi uscirne per essere chiamato così!

-         Io una volta sono andato a trovare mio cugino che stava dietro le sbarre. Nella prigione ci sono entrato, vuol dire che sono un avanzo di galera?

-         No, sei solo un cretino!

E altre risate.

Mi voltai verso Dastin, allibita.

Osservava la scena immobile, ancora me tra le braccia, con un sorriso divertito sulle labbra e gli occhi luminosi.

-         C- che sta succedendo?

Abbassò lo sguardo su di me e rise per la faccia imbambolata che avevo.

-         Succede che inconsapevolmente ci hai fatto il regalo più bello, ciò che desideravamo di più al mondo. Inizio a pensare che la tua comparsa nelle nostre vite sia stata una piacevolissima sorpresa del destino.

Ci stavo capendo ancora meno.

-         Eh?!

Posò la fronte sulla mia, ridendo più forte.

-         Significa che hai reso tutti noi felici, Valeria. Ora siamo ufficialmente dei Criminali, veniamo visti come dei nemici della legge. Senza questo appellativo non potevamo diventare ciò che volevamo.

-         E cosa volevate diventare?

-         Scema, usa l’intuito!

Aspettò qualche minuto perché potessi rispondere da sola alla mia domanda, ma di fronte al mio lungo silenzio fu costretto a rassegnarsi con un sospiro.

 - Vivi. Adesso siamo dei criminali. Possiamo finalmente essere chiamati Pirati… Veri Pirati.

 

Angolo dell'autrice:

 

Scusate il ritardo! Mi era venuto un momentaneo blocco dell scritto (rischiavo di prendere un esaurimento nervoso quando mi sedevo alla scrivania e non avevo nulla da scrivere) mi capita spesso nel corso di una storia ma, come potete vedere, sono del tutto guarita.

Vi ringrazio per i vostri commenti e i numerosi complimenti, ma sono spiacente di informarvi che questa volta non posso rispondervi, non faccio in tempo (però ci tengo a ringraziare  _deny_ :mi ero completamente dimenticata dei genitori!). Ma la prossima volta mi farò perdonare.

 Per quanto riguarda lo spoiler, pensavo di fare un piccolo esperimento (già mi vedo con il camice bianco da laboratorio, i flaconi infiammabili e colorati in mano e i capelli simili a quelli di Einstein...Oh, povera me!). Comunque pensavo di fare una piccola prova. 

Invece di darvi io un'anteprima, perchè non mi dite nei commenti che cosa vi aspettate nel prossimo capitolo?! Scrivete delle proposte, delle previsioni o anche dei veri e propri spezzoni di testo. insomma...SBIZZARRITEVI!!!

Sono davvero curiosa di vedere cosa ne salterà fuori, poi io proverò a prendere in considerazioni quelli che mi sembrano più attuabili con la trama e se potrò applicarli nel futuro della storia.

 Vediamo se questo "giochino" riesce....

Forza, Scrivete!!! Spremete le meningi!!! XD 

 

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Capitolo 7
*** 7 La loro storia ***


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 7                                             LA LORO STORIA

 

Chiusi la porta della mia cabina, appena aggiustata da Philip, e mi avviai verso la cucina per fare colazione.

Se avevo fatto bene i conti, quello doveva essere il nostro ultimo pasto a disposizione, poi nel primo pomeriggio saremmo entrati nel porto di una di quelle isolette commerciali. Dastin aveva parlato di una sosta di qualche giorno, il tempo di fare provviste e saremmo ripartiti all’istante.

Nel corridoio aleggiava un silenzio innaturale.

Probabilmente stavano ancora dormendo cercando di smaltire i postumi della sbornia della sera prima. Tutt’ora non riuscivo a capire perché avessero voluto festeggiare la loro ascesa alla categoria “Criminale”.

Beh, contenti loro contenti tutti, no?!

La cucina era completamente vuota (il miracolo del secolo, questo giorno andrebbe segnato nel libro degli eventi divini), escluso Simon che preparava la scarsa colazione con gli avanzi.

-         Mattiniero come sempre, eh?

Mi accomodai su uno degli sgabelli vicino alla penisola.

-         Ormai è diventata un’abitudine. E poi sono costretto. Quando quella sottospecie di cannibali si svegliano diventa impossibile lavorare qui in santa pace.

-         Da, oggi hai un po’ di tempo in più a disposizione. Considerati fortunato, è un’opportunità più unica che rara.

Ridacchiò, spalmando la nutella sui cornetti.

Non mi offrii di dargli una mano, sapevo che gli dava fastidio: nessuno aveva il diritto di toccare i suoi piatti.

-         Simon, mi togli una curiosità?

-         Dimmi.

-         Tu che ci fai qua?

Alzò la testa di scatto per capire quali fossero le mie intenzioni e, di fronte alla mia espressione seria, inizio a parlare con un sospiro:

-         Immaginavo che lo avresti chiesto prima o poi, ma ti do un consiglio: non domandare troppo sulle storie altrui, non tutti hanno un passato piacevole alle spalle. La mia è stata una delle vite più semplici del gruppo, forse la più banale. Ho vissuto fino a dieci anni in un orfanotrofio, finché una ricca famiglia proprietaria di numerose banche non mi adottò. Non fraintendermi: non disprezzo il gesto caritatevole che hanno fatto nei miei confronti, tutt’altro. Sono sempre stato cosciente della difficoltà che mi adottassero; generalmente sceglievano bambini piccoli e incoscienti da poter crescere senza troppi problemi, figuriamoci se prendevano in considerazione la possibilità di accogliere in casa loro un moccioso vicino all’adolescenza con un’infanzia schifosa alle spalle e un carattere già formato. Ma con il tempo capii che i miei nuovi genitori avevano un fine puramente egoista: loro non potevano avere figli e necessitavano di un erede a cui affidare la gestione dell’immenso patrimonio, non essendo in buoni rapporti con gli altri parenti. Le scuole, la mia educazione, fu tutto programmato con lo scopo che io diventassi un ottimo amministratore e imprenditore; insomma, un uomo di affari. Le mie doti culinarie non vennero minimamente prese in considerazione, come tutti glia altri miei interessi d’altronde. Così alla prima opportunità ne approfittai per scappare e salii su questa barca, senza ottenere neanche il diploma per cui avevo faticosamente lavorato. Questo posto era perfetto; non guardavano se ero un ragazzino, avevo qualche anno in meno a te, e in qualche modo eravamo tutti dei fuggiaschi. Ed eccomi qua!

All’ultima frase lanciò un coltello in aria, riprendendolo dalla parte del manico dopo una giravolta con suo fare esibizionista.

Non aveva battuto ciglio per tutta la durata del racconto, anzi, sembrava quasi sorridere.

Non potevo mostrargli compassione.

In quel momento tutto voleva vedere tranne che pena nei miei occhi.

Deglutii rumorosamente e lo indicai con un dito, tentando disperatamente di richiamare all’attenzione la sua personalità scherzosa.

-         Quindi hai esperienza! Che ne dici di diventare il contabile del gruppo? Sono certa che se le scartoffie saranno in mano tua non finiremmo mai in rosso.

Mi ritrovai con un mestolo puntato contro, in mano ad un Simon sorridente e falsamente adirato.

-         Non costringermi a montare l’asse che usavano i pirati per gettare a mare gli ostaggi indesiderati! Se mi proponi un’altra volta una tortura simile giuro che non sarò clemente.

Risi, sollevando le mani.

-         Ok, ok. Ritiro tutto!

Ero soddisfatta di me stessa per non avergli fatto pentire della sua confessione.

La tristezza va sempre abbattuta con un sorriso.

Versò il latte in una caraffa di vetro e racimolò le poche confezioni di cereali già aperte in un’unica ciotola.

-         Se ti chiedo un’altra cosa prometti di non sbranarmi?

La curiosità ormai si era completamente impossessata di me.

-         Basta che non riguardi i contabili – scherzò.

-         Qual è la storia di Philip e Dastin?

Si fermò, ma non osò sollevare lo sguardo dalla teglia di biscotti al cioccolato appena sfornata.

Mi morsi la lingua.

Avevo innescato qualcosa.

Lentamente si tolse i guanti da forno e venne a sedersi al mio fianco.

-         Lo sai che io non potrei dirti niente, vero?

Annuii.

-         Eppure me lo chiedi lo stesso.

-         Sono certa che Dastin non mi rivelerebbe niente di se. Non ha abbastanza fiducia per parlarne proprio con me.

-         Il problema di Dastin non è la fiducia. In realtà il suo passato è stato piuttosto incasinato.

-         Giocherellò con le briciole di pane sul ripiano, senza alcuna intenzione di continuare.

-         Allora?

-         È la sua vita, Vivi. Deve essere lui a raccontartela.

-         Dai! Prometto che non farò mai il tuo nome se lo venisse a sapere.

Fece un sospiro, rassegnato, e iniziò a parlare.

-         Dastin e Philip sono cugini, oltre ad essere migliori amici come avrai già notato. Sono cresciuti come fratelli, si conoscono alla perfezione. Entrambe le loro famiglie lavoravano in grosse imprese e, di conseguenza, si comprendevano some se fossero una persona sola, sostenendosi a vicenda. Ma a differenza di Philip, Dastin aveva anche una sorellina di un anno più piccola; doveva avere proprio la tua età adesso. Dastin l’amava in un modo unico, spesso la definiva la sua unica ragione di vita. È raro incontrare fratelli con un legame come il loro. Si chiamava Arienne ed era una ragazza bellissima. Ma le cose iniziarono a complicarsi quando i ragazzi compirono sedici anni e lei quindici. Philip era sempre stato segretamente innamorato di Arienne e questo Dastin lo sapeva bene; più volte tentò di persuaderlo a cambiare idea, erano pur sempre cugini! Ma lui non vedeva niente oltre a lei. Destino volle che Arienne ricambiasse appieno i suoi sentimenti. Dastin in quella situazione aveva le mani legato: doveva scegliere tra la moralità della famiglia e la felicità della sorella e del suo migliore amico. Preferì tacere. I due avevano organizzato la fuga non appena Philip avesse compiuto la maggiore età, nel frattempo sarebbero rimasti nell’ombra dei genitori senza insospettirli. Ma non andò come previsto. Li scoprirono presto, ancor prima che potessero unirsi completamente con anima e corpo (N.D.A. insomma, non avevano ancora fatto le cose sconce). Fu uno scandalo, la famiglia non poteva accettare un simile oltraggio al loro orgoglio. Philip venne diseredato all’istante, mentre Arienne la rinchiusero letteralmente in casa; sorvegliata a vista quelle poche volte che usciva. Dastin nel frattempo trovò un nascondiglio per Philip in una delle tante case di vacanza in loro possesso, occupandosi personalmente di lui senza mai smascherarlo; ma per la sorella non poteva fare niente. Passarono i mesi e quella situazione intrigata non accennava a scemare. Finché non accadde la tragedia. Arienne scomparve una notte, senza lasciare alcuna traccia. Dastin cadde in depressione, la polizia non trovava alcun indizio e lui non poteva collaborare con le ricerche perché ciò significava esporre Philip e abbandonarlo a se stesso se la famiglia lo avesse scoperto. Arienne venne ritrovata due settimane dopo, in un vicolo cieco, violentata e uccisa senza alcuna pietà. È inutile che ti descriva la reazione di Dastin alla notizia, basta sapere che un ala dell’enorme villa in cui viveva venne completamente distrutta dalla sua rabbia. La cosa più assurda fu che dell’omicidio di Arienne venne accusato proprio Philip. Quest’ultimo non aveva alcun modo di difendersi e solo Dastin conosceva la verità, poiché l’amico non si era mosso dal nascondiglio. Il caso venne chiuso ma Dastin, grazie ai giusti contatti e alla rilevante importanza nella società della sua famiglia, riuscì a riaprire le indagini. Se non lo avesse fatto non avrebbero mai scoperto la verità.

Simon si era fermato.

Io avevo la pelle d’oca e, senza accorgermene, trattenevo il respiro.

Sembrava la trama di uno di quei film Thriller che vedevo ogni venerdì sera alla TV. E pensare che invece era accaduto tutto nella realtà.

-         Qual’era la verità? – domandai, titubante.

-         Le ricerche svelarono che il vero colpevole era lo zio di Dastin e Arienne… il padre di Philip.

Rimasi di ghiaccio.

Di fronte alla mia impassibilità Simon continuò.

-         Man mano vennero alla luce indagini occultate che vedevano l’uomo colpevole di numerosi crimini di violenza o persecuzioni e le cartelle mediche stabilivano anche le sue scarse facoltà mentali. Praticamente il padre di Philip era malato di mente e questo lo aveva portato anche ad essere un maniaco di prima categoria. Ma non si capiva come fosse riuscito a nascondere tutto questo, così fu svelata anche la posizione della zia di Dastin. Era la moglie a gestire dietro la facciata del marito l’intera azienda, era sempre lei a nascondere i crimini in cui l’uomo che amava era coinvolto, la stessa cosa per il suo stato di salute. Lei era perdutamente innamorata di lui e non aveva la forza di mostrarlo per ciò che in realtà era: un assassino, uno stupratore, una persona bisognosa di aiuto e cure mediche. In un certo senso anche lei era malata, perché si rifiutava di accettare ciò che il marito era diventato.

Simon scosse la testa.

-         Il cuore a volte fa compiere delle follie incomprensibili.

-         Cos’è successo dopo?

-         I due sparirono prima che la polizia riuscisse ad arrestarli, la zia aveva capito che Dastin non si era ancora deciso a rinunciare ed era stata prudente tenendo le valige preparate sotto il letto. Per quanto riguarda Philip a lui non importava niente dei genitori, li aveva sempre detestato, anche se non osava immaginare la reale personalità del padre. Lui e Dastin partirono alla loro ricerca e salirono a bordo. Sono due anni ormai che non trovano pace; non perdono mai le loro tracce, ma nonostante questo non riescono mai a trovarli. Entrambi cercano vendetta. Entrambi sono legati dall’amore per la stessa persona. Un amore differente ma che li ha condotti d’innanzi alla stessa sofferenza.

Il silenzio accolse le sue ultime parole.

Sentivo gli occhi umidi, probabilmente sarei scoppiata a piangere da un momento all’altro. E io odiavo piangere.

Simon non aveva ancora alzato la testa.

Con uno scatto scesi dallo sgabello, dopo aver pronunciato un debole “grazie”, e corsi verso l’uscita. Ma prima di andarmene mi voltai per un ultima volta verso la sua direzione.

-         Simon.

Lui si voltò verso di me al mio richiamo.

-         Non osare dire mai più che la tua vita è banale. Può anche essere priva di colpi di scena, ma è la TUA vita e non merita essere sottovalutata alle altre.

Voltai le spalle al suo sorriso carico di gratitudine e mi affrettai lungo il corridoio.

La cabina di Dastin non era mai chiusa a chiave, lo sapevo perché più volte mi aveva invitata ad andare da lui se avessi avuto degli incubi. Un'altra delle sue fantasie, che sarebbero rimaste sempre tali.

Di fronte alla sua c’era quella di Philip.

Riflettendoci, lui aveva avuto la parte peggiore; era indiscutibilmente la vittima principale, abbandonato dall’amore della sua vita e dai suoi stessi genitori.

Ma, non so perché, in quel momento Dastin aveva la prevalenza su tutto e tutti.

Aprii piano la porta.

Dormiva ancora, come immaginavo.

Le lenzuola attorcigliate intorno alle gambe abbronzate e la schiena nuda illuminata dalla luce che penetrava dall’oblò.

Un giorno avrebbe dovuto spiegarmi perché dormiva solo in boxer!

Un giorno. È quel giorno non era oggi.

Rimasi ferma a contemplarlo.

Come poteva una persona così allegra, solare, divertente… e indiscutibilmente idiota avere un passato così tragico alle spalle?

Un passato che tutt’ora lo perseguitava. Perché se era un pirata lo doveva a ciò che aveva vissuto.

Gli sfiorai la fronte con la mano, affondando le dita tra i capelli scompigliati e annodato che non pettinava mai.

-         Dastin. Vieni, la colazione è pronta – parlai con il tono di voce più dolce che conoscevo.

Niente. Anzi. Iniziò a russare!

Era sveglio e mi stava prendendo in giro. Lo avevo capito.

-         Ah sì?! Allora lo hai voluto tu!

Mi avvicinai al suo viso e gli scoccai un bacio sulla guancia, cercando di essere il più tenera possibili.

Certo, non era un bacio bocca a bocca; ma poteva accontentarsi.

A quel tocco spalancò gli occhi e balzò a sedere.

Si teneva una mano premuta sulla guancia e mi guardava come se fossi un’aliena.

-         Chi sei tu? Che fine ha fatto Valeria Smeraldi?

Non fingeva, era davvero sconvolto!

Non potei fare a meno di scoppiare a ridere vedendo quella faccia da pesce lesso.

 

Angolo dell'Autrice:

Scusate il ritardo, ma si può dire che è stata una settimana in cui ho potuto usare il computer raramente. Sono entrata in crisi d'astinenza! No, ma adesso ho deciso di disintossicarmi da questa computer-fobia. Sì Sì, potrete non crederci ma mi disintossico di mia spontanea volontà. Ecco...vabbè...non proprio ora...magari inizio domani. Ok,ok ho capito! Meglio abbandonare l'idea della disintossicazione perchè tanto so già che non ne sarò in grado.

Comunque, ritorniamo alla storia. Si, lo so che vi aspettavate lo sbarco sull'isola, ma non ho ancora le idee molto chiare su come dovrà svilupparsi la vicenza e nel frattempo ho preferito approfondire sui personaggi.

Questo capitolo mi ha causato non pochi problemi: non volevo immergere il passato di Dastin nella strage più assoluta, ma neanche renderlo banale. Alla fine penso di esserci riuscita, o almeno credo; comunque spetta a voi dire cosa ne pensate.

Per quanto riguarda i consigli che mi avete dato, grazie mille!!! Mi sono di grande aiuto e ne prenderò molti spunti. 

Bene, ora vi lascio alle risposte delle recensioni. "Finalmente" direte voi, ma io che ci posso fare se non ho avuto tempo?! (occhioni da cucciolo bastonato che, per la cronaca, mi riescono malissimo).

Sachi Mitsuki : il migliore capitolo che io abbia mai scritto??? Wow, ne sono onorata! Spero che ti piaccia altrettanto questo. Per quanto riguarda i tuoi scleramenti non sono niente male XD. L'idea dell'infiltrato a bordo mi piace da pazzi. Ma devo capire come ingranarlo nella storia che si sta formando nella mia testa...mmmm(aria dubbiosa)... Vabbè, in qualche modo ce lo farò entrare, o almeno spero. Grazie mille!

X  angelica98 : scoperti?! è probabile, ma non posso svelarti niente. Sorry!

X  Lady Sognatrice : O_________o Senza offesa, ma sei parente di Dante Alighieri? No perchè quando ho visto il tuo commento mi sono messa le mani nei capelli, è peggio della Divina Commedia! Comunque, dopo aver tradotto con il vocabolario di greco-arabo-cinese-ungaro, devo dire che la tua fantasia fa davvero paura!!! Non ti dico quante lampadine in testa mi si sono accese man mano che leggevo. Mi hai dato tantissimi suggerimenti e molto probabilmente il prossimo capitolo sarà la stesura allungata di quello che hai scritto tu; spero di riuscire a cambiare qualcosa perchè altrimenti addio effetto sorpresa. Ti mando una sacca di ringraziamenti insieme a un bacio!!! P.S prima scherzavo, non prendertela, mi raccomando!!

X  _deny_  : la scena del bacio che hai descritto è davvero avvincente, ma per come immagino il primo bacio è troppo tenera. Già perchè il primo bacio tra Vivi e Dastin sarà piuttosto aggressivo, se così si può dire, naturalmente ci sarà una spiegazione valida e comprensibile solo per quelli che ragionano come Dastin XD, magari ci metto una traduzione sotto tratta dal vocabolo Dastin-italiano (non mi chiedere come le sparo certe cavolate perchè nemmeno io lo so). Ti ringrazio ugualmente per il tuo contributo e vedrò di inserire questa scena per qualche bacio che verrà in seguito semmai.

X  __Claire__  : Allora non sono solo io alle continue prese con il blocco dello scrittore! Non so te ma io sono diventata una preda fissa di questo stramaledetto morbo. Non posso assicurarti de il bacio ci sarà nel prossimo capitolo perchè la scena che ho in mente è piuttosto lunga (per averne un'idea leggi la precedente recensione di Lady Sognatrice), ma che ci sarà in un lontano futuro e certo (almeno quello). Per quanto riguarda la reazione dei pirati all'essere dei Criminali, ti ricordo che sono tutti degli idioti patentati su quella barca; da loro ci si aspetta delle reazioni folli o almeno anormali, io la vedo così. Questo capitolo è un po' più serio ma necessitava di esserlo. Mi affido al tuo giudizio.

X  ka chan  : ti piace così tanto? Caspita, non puoi sapere quanto io sia orgogliosa di riuscire ad attirare persone come te con le mie storie. Credo sia il sogno di ogni giovane scrittrice. Ti ringrazio infinitamente e spero che anche questo cap sia stato di tuo gradimento.

X Cathlyn : Una nuova fan?! YUPPYYYYYYYYYYYYYYYY. Spiacente deluderti, ma in questo capitolo non c'è nessun bacio, ma sentivo la necessità di chiarire alcune cose. Comunque il kiss è imminente XD. Forse la mia storia ti è piaciuta tanto perchè è tra le prime che hai letto e non hai avuto modo di paragonarla con altre decisamente migliori (anche se l'ho detto spero non sia così Xb). Ma sarei davvero felice se continuassi a seguirla perchè man mano che recensite mi sento sempre più in vena di scrivere. Un bacio!

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Capitolo 8
*** 8 Invisibilità e Sicurezza ***


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8                    INVISIBILITA' E SICUREZZA

 

- Allora, ripetiamo le regole…

Sbuffai sonoramente, prendendo in considerazione la possibilità di addentare e staccare a morsi quel

dito che Dastin mi teneva puntato contro da più di mezz’ora.

- Le ho capite le regole, non sono ritardata!

- No, infatti, sei semplicemente imprevedibile.

Mi sollevò il cappuccio della felpa nera, calandolo fin sopra gli occhi.

- Così nessuno dovrebbe riconoscerti.

- Vorrei vedere! Come fanno a identificarmi con addosso questa cosa sformata?!

Sollevai un braccio da cui penzolava la manica troppo lunga come prova della mia affermazione.

- E’ proprio questo l’intento.

Dastin mi aveva praticamente obbligata a indossare quella felpa tre volte più grande di me, che mi arrivava fin sotto le ginocchia.

Non so come potevano sperare che io passassi inosservata con un abbigliamento simile. Insomma, si vedeva da un chilometro di distanza che mi stavo nascondendo!

Ma, riflettendoci, la sua mente bacata non poteva arrivare ad un ragionamento tanto complesso.

Che ci volete fare, madre natura è stata crudele con lui! Ha pensato solo alla forma e non alla sostanza.

- Capiranno immediatamente che siamo ricercati, soprattutto se ci vestiamo così!

- Vivi, per una volta, fidati di me. Quest’isola è piuttosto affollata, qua ci sono individui diecimila volte più strambi di noi; nessuno farà caso al nostro gruppo.

- Convinto tu…

- Mi raccomando, niente colpi di testa, o giuro che torniamo indietro e ti chiude dentro lo yacht.

- Non ti preoccupare, tanto non scappo.

Finito con le noiose, ripetitive, assillanti raccomandazioni; uscimmo dal vicolo che portava all’insenatura in cui avevamo nascosto l’imbarcazione e ci inoltrammo nelle strade affollate dell’isola.

Per una volta dovevo dare ragione a Dastin.

Quel posto era un punto d’incontro di tutte le culture conosciute nel mondo e l’abbigliamento era il nostro ultimo problema.

Vestiti colorati, turbanti, veli, gonne lunghe e corte, a pieghe e a palloncino.

Nessuno faceva caso agli indumenti che la gente portava o si domandava da dove venisse.

Quello era il paradiso dei ricercati!

Abbassai lo sguardo sulla mia mana e quella di Dastin incrociate.

Non aveva lasciato la presa neanche per un attimo.

- Hai paura che io scompaia da un momento all’altro?

Sorrise, continuando a guardare avanti.

Stavamo in testa al gruppo, aveva espressamente ordinato a tutti di non separarsi.

- Forse è solo una scusa, non credi?

Lo immaginavo.

- Credo ci sia un “Forse” di troppo. Ogni scusa è buona per te.

- Non ti ha mai sfiorata l’idea che sei tu a farti i film in testa? Non pensi di dare troppo valore a una semplice camminata mano nella mano? Ti sei forse innamorata di me?

Mi sentii avvampare fino alla radice dei capelli.

Con uno scatto gli pestai il piede, obbligandolo a saltellare su se stesso per cinque minuti buoni.

Caspita, ero davvero micidiale!

- Delicata come sempre, Vivi!

- Tu te le cerchi. Io che ci posso fare?!

- Potresti come minimo risparmiare i miei poveri piedi.

Sollevai gli occhi al cielo.

- Eddai che non ti ho fatto niente.

Lui , con un sorriso sornione che non prometteva niente di buono, si raddrizzò avvicinandosi.

- Allora che ne dici, Gioiello mio, di darmi un bacino per far guarire la bua?

E chiuse gli occhi sporgendo le labbra.

Sghignazzai maligna.

Ora lo sistemavo io.

- Ma certo, bel pirata mio, ti accontento subito.

Prima che spalancasse gli occhi per la sorpresa gli pestai lo stesso piede con talmente tanta potenza da farlo ululare e riprendere a saltellare come una scimmia.

Risi di gusto.

Quello si che era un bacio!

- Deduco che sia un “no” – piagnucolò con una faccia da cane bastonato.

- Ma dai, da cosa lo hai capito?

Sorrise divertito e mi riprese la mano, sussurrandomi con un soffio all’orecchio:

- Sei incredibile, Gioiello mio, ma ti adoro proprio per questo.

Lo ignorai bellamente, anche se non potei nascondere il rossore sulle guance, e continuai a camminare insieme agli altri che se la ridevano sotto i baffi.

Ormai si erano tutti abituati al nostro particolare rapporto.

 

Ci fermammo di fronte a una specie di ostello traboccante di disgustosi ubriachi con la bava alla bocca.

Sollevai un sopracciglio, lanciando un’occhiata a Dastin.

- Non so perché, ma non sono affatto sorpresa.

Lui si limitò a sorridere, sistemandomi meglio il cappuccio.

- Abbiamo un informatore che ci tiene in contatto con i progressi della polizia e questo è un punto d’incontro impeccabile, peccato che non sia un posto raccomandabile per le tenere e indifese fanciulle.

Gli pestai nuovamente il piede, strappando dalle sue labbra una colorita imprecazione.

Jimmy ridacchiò, seguito da Philip e Tomas.

- Ehi, Dastin, certo che hai un concetto davvero strano di “fanciulla tenera e indifesa”.

Il malcapitato incrociò le braccia, fingendosi offeso.

- Ridete pure, ma un giorno me le farò io quattro risate quando vi vedrò all’opera con una donna senza portarla direttamente a letto.

- Almeno noi riusciamo a far qualcosa, quando invece sei tu a portarle a letto non concludi niente perché dopo due minuti stanno già russando.

Si batterono il cinque, complimentandosi a vicenda per la fantastica battuta, e ripresero a ridere.

Ma Simon li interruppe con un espressione seria sul volto.

- Ragazzi, non vi dimenticate che al momento siamo scoperti, non prendete alla leggera la situazione.

Qualcuno sbuffò, contrariato.

Non capivo. Perché tanta preoccupazione?

Era impossibile che fossimo già stati scoperti dalle forze della legge. Eppure avevo notato una certa inquietudine tra la ciurma.

Dastin re intrecciò le dita tra le mie.

- Mi raccomando, non dare nell’occhio – sussurrò.

Gli avrei pestato per l’ennesima volta il piede se non fossimo entrati.

Al primo impatto un odore nauseabondo m’investì, subito dopo fu un vecchiaccio sul punto di svenire a cadermi addosso.

Dastin lo spinse via con poca grazia, avvicinandosi a un tavolo al centro della tavola.

Un ragazzo era seduto tra due sedie vuote e al nostro arrivo sollevò lo sguardo dal giornale locale leggermente stropicciato.

- Conoscete il termine “puntualità”?

Non sprechiamoci in convenevoli, gli si dovesse seccare la lingua!

Dastin sollevò gli occhi al cielo.

- Ciao Bill, è bello ritrovarti rompiscatole come al solito.

Si abbracciarono amichevolmente, ma quel momento di serenità durò ben poco.

Bill indicò con la testa una ripida scala incavata nel muro.

- Ho prenotato una stanza. È meglio parlare in privato, non conosco bene i clienti di questo posto.

Ci dirigemmo verso il piano superiore.

Lasciai che mi sorpassassero, rimanendo in fondo alla fila.

Quel ragazzo mi metteva una strana sensazione addosso; forse perché squadrava tutto e tutti con diffidenza e sospetto, oppure era il suo sguardo glaciale.

Qualcuno mi afferrò il polso prima ancora che potessi mettere il piede sul secondo gradino.

- Mi scusi signorina, la vogliono al telefono.

 

Angolo dell'Autrice:

Rieccomi più carica che mai e più nera che mai, anzi, direi bruciacchiata al cento per cento ( i primi due giorni di vacanza ci potevi friggere un uovo sulla mia pancia talmente ero bruciata, e tutto perchè non ho voluto mettere la protezione; ma sono una testa dura, che ci volete fare).

Comunque, non temete, in queste due settimane mi sono data da fare e ho dato un pizzico di pepe alla nostra storiella.

Ma non vi anticipo niente se non un piccolo spoiler del prossimo capitolo per saziare le vostre menti avide di sapere (ok, ora sembro la mia prof. di storia italiano e geografia -.-', mah, lasciamo perdere, avrò preso un'insolazione anche in testa...).

SPOILER:

Avevo 5 minuti per decidere della mia vita e di quella di una cinquantina di persone.

Sospirai e ripresi la cornetta.

Non vedevo poi tutta quella scelta.

- Figlio di...

- Ti aspetto sul retro, naturalmente i tuoi amici non devono sapere niente. Ricorda che sei sotto stretta sorveglianza.

BIP...BIP...BIP...

Bastardo!

Ho detto anche troppo, lascio il resto alla vostra immaginazione!

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Capitolo 9
*** 9 Il Leone e il Domatore ***


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9                   IL LEONE E IL DOMATORE

 

- Mi scusi signorina, la vogliono al telefono.

- Come?

- Un signore ha richiesto di parlare con la ragazza del gruppo appena entrato nel locale e, anche se dall’abbigliamento non sembra, lei è l’unica femmina qua dentro.

Lo dicevo io che quel travestimento non funzionava!

Il cameriere mi trascinò vicino al bancone impedendomi di controbattere per poi dileguarsi fra i tavoli affollati.

Chi mai poteva richiedere di me?

Lanciai una rapida occhiata alla scala deserta: erano saliti tutti quanti, nessuno si era accorto della mia assenza.

Cercando di individuare il cameriere nella sala, portai la cornetta all’orecchio.

- Pronto?

- Valeria Smeraldi. Che piacere sentirti! – una voce roca, profonda, perfetta se l’intento è quello di spaventare una persona con una telefonata anonima.

- Chi sei? Come fai a conoscermi?

Rise.

- Lo scoprirai presto, non temere. Piuttosto, io mi preoccuperei della domanda “cosa vuoi?”.

Un fastidioso brivido mi scese lungo la spina dorsale.

- Cosa vuoi? – gli feci eco abbassando la voce, ma lui sentì benissimo.

- Semplice: voglio rapirti.

Si dice che quando non vuoi accettare qualcosa devi fare orecchie da mercante.

- Cosa?

Infatti così feci.

- Voglio RA-PIR-TI – ripeté, scandendo le sillabe.

- Sì, ho capito, non sono mica scema. Ma come ti salta in mente?!

Silenzio.

Molto probabilmente era sorpreso tanto quanto me della mia reazione sfacciata.

Ma, si sa, quando sono in pericolo tendevo a dare di matto mostrando un coraggio e una sfrontatezza che invece non avevo.

Una risata forzata e innaturale fuoriuscì dal ricevitore.

- Senza paura o timore! Mi piaci.

Non aveva idea di quanto era nel torto.

Le ginocchia mi tremavano come in preda a un terremoto 9.9 Richter.

- E come avresti intenzione di rapirmi?

- Niente di elaborato: sarai tu a venire da me spontaneamente da me.

Questa volta fui io a ridere, anche se dalla gola non mi uscì altro che un verso strozzato.

- Te lo puoi scordare!

- Io non ne sarei tanto sicuro. Devi sapere che ho collocato numerose bombe in tutto il palazzo. Al tuo primo cenno di rifiuto ci sarà un grande “BOOM” e addio a te, ai tuoi amichetti e a tutte le persone innocenti là intorno. Tu non vuoi che muoiano per un tuo capriccio, vero?

Mi pietrificai all’istante.

Con chi diamine avevo a che fare?! Quelli non erano dei sequestratori, ma terroristi!

- Puoi controllare tu stessa. Ce n’è una proprio sotto al bancone a cui sei accostata, un’altra dentro il lampadario, la terza vicino all’ingresso e altre due sulle scale; per non parlare di quelle sotto ciascun tavolo e nelle camere al piano superire.

Scattai all’istante, piegandomi sotto il bancone.

Diceva la verità. C’era davvero.

Una scatoletta nera circondata da un groviglio di fili.

Appena lo vidi il timer iniziò il conto alla rovescia di cinque minuti.

Questo significava una sola cosa: io non vedevo lui, ma lui vedeva me.

Mi rialzai con una lentezza estenuante.

Non c’era né il tempo né la necessità per controllare tutti gli altri ordigni. La loro presenza era palese,

Avevo cinque minuti per decidere della mia vita e di quella di una cinquantina di persone.

Sospirai e ripresi la cornetta.

Non vedevo poi tutta quella scelta.

- Figlio di…

- Ti aspetto sul retro, solo allora disattiverò i timer. Naturalmente i tuoi amici non devono sapere niente, ricorda che sei sotto stretta sorveglianza.

…BIP….BIP….BIP….

Aveva chiuso la chiamata.

Presi un profondo respiro.

Il tempo stava per scadere.

Me ne sarei pentita, lo sapevo, ne ero certa.

Ma quale altra alternativa avevo?

Respirai ancora, se avessi smesso probabilmente sarei entrata nel panico più totale.

Andare nella tana dell’orso era una cosa che solo gli idioti facevano, io ne ero pure cosciente. Ma se non andavo io dall’orso sarebbe stato lui a venire da me.

Non c’era neanche bisogno di chiedersi perché proprio me; immaginavo che la ricompensa per chi mi avesse riportato dai miei genitori si aggirasse intorno ai cinque o sei zeri.

Guardai nuovamente il timer: 2 minuti e 46 secondi.

Non potevo sprecarli in altri ripensamenti.

Un ultimo respiro e mi avvicinai all’ingresso posteriore, sotto le scale.

Per un momento sperai che la porta fosse chiusa a chiave così avrei

Dovuto fare il tragitto più lungo, non so a quale scopo dato che sarei comunque arrivata sul retro, ma almeno avrei assaporato più a lungo la mia libertà.

Spinsi la maniglia. Era aperta.

Solita fortuna.

Il retro dell’ostello era un vicolo scuro e soffocante, le mura sporche e scrostate cadevano a pezzi e non mi sarei sorpresa se qualche topo avesse fatto capolino dalle fessure nei mattoni.

Mi guardai intorno. Non c’era anima viva.

Tutto a un tratto l’idea che fosse stato solo uno stupido scherzo comparve tra i miei pensieri, ma non ebbe il tempo di consolidarsi perché due mani mi afferrarono per i fianchi trascinandomi indietro.

In pochi minuti avevo un bavaglio tra i denti e i polsi legati.

Fu allora che lo vidi.

Il mio sequestratore doveva avere la stessa età di Dastin, con l’unica differenza che era un fotomodello biondo dagli assottigliati occhi castani.

- Madamoiselle…

Mi scostai quando si avvicinò per darmi un bacio sulla guancia, andando a sbattere contro il tizio tutto tatuaggi alle mie spalle.

Rise.

Aveva una voce molto più limpida rispetto a come l’avevo sentita al telefono.

- Hai un bel caratterino, ma non ti preoccupare. Ti domerò come si fa con i leoni.

La mia risposta soffocata dal bavaglio giunse alle orecchie simile a un grugnito.

Con un cenno della testa ordinò al tatuato di liberarmi la bocca per capire cosa avessi detto e non appena lo fece gli sputai in faccia. Il biondino mezzo francese non sembrava aspettarselo e me la risi di gusto vedendolo allibito.

Probabilmente non aveva mai avuto a che fare con persone come me.

Mi stampai sulle labbra un ghigno strafottente che doveva far saltare i nervi a chiunque lo guardasse e risposi a tono:

- Ricordati che il leoni se si incazzano possono staccare la testa al domatore con un solo morso.

Mi aspettavo una reazione furibonda, invece si limitò a pulirsi la guancia con il dorso della mano.

- Dopo un gesto tanto “animalesco” i leoni verrebbero immediatamente uccisi per la loro pericolosità.

Sorrisi, beffarda.

- Un prezzo che sono disposti a pagare pur di gustare il sangue del domatore sulla lingua e la sua carne tra i denti.

- Ma il gioco vale la candela?

- Questo spetta a loro deciderlo.

Si avvicinò.

- E per te, Valeria, il gioco vale la candela?

- Per prendere a pugni una faccia insopportabile come la tua che ha osato ricattarmi e mettere in pericolo la vita dei miei amici? Decisamente.

Scoppiò a ridere.

- Sei una persona davvero curiosa, Valeria. Se non ti avesse rapito Dastin ci avrei pensato io.

Prima che potessi sputargli nuovamente in faccia il bavaglio tornò tra i miei denti.

Con la coda dell’occhio vidi un terzo individuo pagare il cameriere che mi aveva chiamato prima.

Quello era il prezzo del silenzio.

- Fate esplodere gli ordigni.

Mi voltai verso il biondino.

Cosa stava dicendo? Io avevo rispettato le condizioni.

Nessuno doveva morire!

Lui intercettò il mio sguardo terrorizzato e sorrise innocentemente, per quanto possa essere innocente una persona del genere.

- Tranquilla. Sprigionano solo del gas soporifero che stenderà i tuoi amici per un paio d’ore.

Silenzio. Non risposi, non sapevo cosa dire.

Abbassai lo sguardo, maledicendomi in tutte le lingue conosciute.

Mi avevano fregata e si erano presi gioco di me.

Era stato tutto un bluff.

Che stupida!

Una stoffa imbevuta premette sulle mie labbra.

Cloroformio, conoscevo i suoi effetti.

Volevano rendermi innocua, impedire quei pochi danni che avrei potuto creare se solo me ne avessero dato la possibilità.

- Ora fai la brava e dormi.

Obbedienti ad ogni ordine, le palpebre si abbassarono così come le persiane si chiudono su una finestra, rendendo quest’ultima praticamente inutile. In effetti, voi cosa ve ne fate di una finestra se non potete affacciarvi e vedere il mondo là fuori?

Io dormivo, loro facevano quello che volevano. Non mi piaceva per niente quell’uguaglianza, eppure non ero capace di cambiarne il risultato. È per questo se si dice che la matematica non è un opinione.

Ma adesso cosa c’entrava la matematica con tutto questo?

Il cloroformio, oltre a farmi piombare nel buio, mi dava pure alla testa.

Fantastico, sto diventando pazza!

Sghignazzai, o forse pensai solo di farlo, non lo so, il corpo non lo sentivo neanche più.

Che bel modo di diventare pazza: indifferente a tutto e tutti. Se è davvero così vorrei restare folle per sempre.

Se mi sarei mai risvegliata avrei dovuto ricordare di fare una veloce ricerca in internet su quella sostanza. Era impossibile che oltre ad addormentare, il cloroformio ti rendesse anche mezza scema bruciando i pochi neuroni ancora svegli nel cervello.

Prima di perdere completamente i sensi il biondino mi sussurrò qualcosa all’orecchio:

- Comunque, io sono Antòn.

Ciao Antòn, andiamo a prenderci una birra al bar?

Ok, era ufficiale, dalla frase “mezza scema” dovevo togliere il primo aggettivo.

 

 

Angolo dell'Autrice:

Ta-daaaaaaaan, ed ecco svelato cosa accade alla nostra Vivi. Sorpresi? Non penso proprio dato che molti di voi si aspettavano proprio questo. Ma siamo proprio sicuri che c'entri solo la ricompensa? Lascio tutto nelle mani della vostra fantasia. Ok, ok, diciamo pure che mi piace tenervi sulle spine (muahahahahaha -.-').

Ma per oggi basta dettagli, dedichiamoci alle risposte delle recensioni!

__Claire__:L'ho letto eccome il tuo capitolo e, credimi, è fenomenale! Non ho avuto modo di commentarlo perchè l'ho letto dal cellulare e, non so perchè, ma non mi permette di aprire il settore delle recensioni, ma al prossimo non mancherò di sicuro. Ti chiedo solo una cosa: non mi far patire mai più in questo modo! Due settimane si sono trasformate in un mese e mezzo! Ma oggi sono particolarmente generosa, ti perdono se mi prometti di non farlo mai più (mi sembra di parlare con una bambina XD). Comunque eccoti subito accontentata con il nuovo capitolo, allora, che ne pensi? Aspetto con ansia le tue opinioni.

Conan :Ed ecco il nuovo aggiornamento. Sono contenta che il continuo della storia ti piaccia tanto (l'ho capito soprattutto dai brava, brava, brava!). Quindi io ti rispondo: grazie, grazie, grazie! XD. A parte gli scherzi, spero che anche questo cap sia di tuo gradimento.

Sachi Mitsuki:Questo capitolo è un po' più lungo rispetto a quello precedente, quindi spero che non ci siano problemi. Per il povero Dastin, invece, che ci vuoi fare: mi diverto troppo a stuzzicarlo!!! XD. Ma nei prossimi cap scopriremo un altro lato di Dastin che sarà estremamente.... Alt! Non dico altro! Dovrai aspettare :) quindi abbi pazienza. Baci!

prettyvitto: Ora hai scoperto che era al telefono, ovvero Antòn, ma ti rivelo un piccolo segretuccio: lui non è proprio come sembra, dietro c'è qualcun'altro oppure qualcos'altro. Mi sono lasciata andare troppo! Un giorno dovrò davvero cucirmi le mani o, in questo caso, le dita XD. Spero che anche questo cap ti sia interessato. Ciao!

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Capitolo 10
*** 10 Casa? ***


 

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10                                          CASA?

 

…Valeria Smeraldi non è ancora stata liberata, ma ci sono delle trattative in corso con un gruppo di ragazzi che afferma di averla trovata e di volere il triplo della ricompensa prestabilita…

 

Un telegiornale?

Aprii piano gli occhi.

Mi trovavo in una stanza in penombra; l’unica luce proveniva da una televisione accesa, parzialmente oscurata dall’ombra di due figure sedute di fronte.

Il pavimento era sporco, le pareti spoglie e prive di finestre, il soffitto pendente da un lato.

Ero sdraiata su un materasso in disuso, odorava di muffa e dagli strappi qua e là comparivano dei batuffoli di cotone.

- In che razza di topaia mi avete portata! – gridai.

I due si voltarono.

- Si è svegliata. Vai a chiamare il capo.

Il ragazzo aprì l’unica porta della stanza e corse fuori, lasciandomi sola con quello tatuato.

Scattai a sedere.

Anche se non c’era più il bavaglio avevo ancora le mani legate dietro la schiena, rendendomi difficoltoso ogni movimento.

Il tatuato restò a fissarmi appoggiato al tavolo traballante con le braccia incrociate, senza spiccare parola.

Quando avevano nominato il capo credevo si riferissero a quell’Antòn. Potete immaginare la mia sorpresa d’innanzi all’entrata a passo di marcia di un moro palestrato seguito dal biondino che, al confronto, sembrava un’anguilla.

Mister Muscolo (il primo nome che mi era venuto in mente vedendolo) mi guardò impassibile.

- E’ lei la ragazza?

Antòn annuì.

- Bene. Se non volessero consegnarci il riscatto potremmo sempre utilizzarla nel nostro settore di punta.

Oddio. Qual’era il loro settore di punta?

Mi sentivo come carne al macello.

- Ma Cesar, è rischioso inserirla nel giro. Se uno dei nostri clienti la riconoscesse finiremmo nei casini.

- Oppure potrebbe sortire l’effetto contrario

Avevo voglia di urlare a squarciagola, sventolando le mani: “Ehi, sono qui! State parlando di me!”.

- Di che parli?

- Riflettici, Antòn. Ai clienti fidati potremmo proporre una nuova offerta: una ragazza dispersa che vale più di un milione fa gola a tutti. Naturalmente i selezionati pagheranno molto di più e dovranno tenere la bocca chiusa.

- Il rischio c’è sempre.

- E’ vero. Ma per ora atteniamoci al piano originale.

Iniziavo ad avere una vaga idea del “giro” di cui parlavano e non mi piaceva per niente.

Mister Muscolo, alias Cesar, mi rivolse un’ultima occhiata e se ne andò senza aggiungere altro.

- Maleducato, non lo sai che si saluta! – gli gridai dietro.

Non giunse risposta, in compenso il rumore di uno sparo mi pietrificò.

Era un avvertimento.

Quando avrei collegato quella dannata boccaccia che mi ritrovavo con il cervello?

Antòn sollevò le spalle e andò a sedersi sul divano rappezzato, spolverando con la mano il posto affianco al suo.

- Che ne dici di alzarti e venire qua vicino a me?

- Che ne dici di liberarmi le mani e aprire la porta per farmi uscire?

Sorrise.

- Dovrai limitarti al divano.

Con un sospiro rassegnato mi sollevai, cercando di mantenere l’equilibrio.

Antòn era decisamente più amichevole del capo, per quanto un rapimento possa essere definito “amichevole”.

Mi trascinai fino al divano cadendovi sopra con poca grazia, avevo le gambe addormentate e me le sentivo formicolare dalle ginocchia in giù.

Con mia grande sorpresa il biondino si tenne a debita distanza, senza mai toccarmi.

Ghignai. Lo sputo in faccia gli era bastato.

Non ci guardavamo in faccia, i nostri sguardi erano persi nei dintorni della stanza ma non si focalizzavano mai sul volto della persona vicina.

Era come se il cane e il gatto dormissero beatamente nella stessa cuccia.

Una situazione davvero bizzarra.

- Se tutto andrà bene tu potrai finalmente tornare a casa – ruppe il silenzio.

Casa.

Ma io volevo tornare a casa?

Non lo sapevo più.

- Non sono più sicura se è quello che desidero.

Mi lasciai sfuggire quella confessione dalle labbra.

Non aveva senso parlare dei miei pensieri e sentimento con uno sconosciuto che per di più mi aveva sequestrata.

Eppure ne sentivo il bisogno, la necessità.

Si voltò verso di me.

- Perché?

- Non mi sono mai sentita tanto parte di una famiglia come con Dastin e gli altri.

Rise.

- Non puoi aver vissuto tanto male, tuo padre è uno degli imprenditori più ricchi al mondo.

- Mai sentito il detto “i soldi non fanno la felicità”?

Non obbiettò.

Perché era così in effetti.

Non si poteva chiamare famiglia un gruppo di persone che si potevano vedere solo con un appuntamento organizzato in anticipo. Non era una famiglia degli estranei che mandavano i domestici a parlare con i professori delle figlie a scuola. Non era una famiglia quattro individui che trascorrevano ogni anno Natale, Pasqua e Capodanno da soli perché troppo impegnati con i loro affari.

Mia sorella ormai ci aveva fatto l’abitudine. Io no.

Antòn stava per aggiungere qualcosa, ma la porta venne spalancata di colpo.

Una donna sulla quarantina dai bei capelli ramati entrò come una furia, recitando bestemmie una dietro l’altra come se fosse l’Ave Maria.

La fissai attonita. Da dove spuntava fuori questa?

- Come diamine vi è venuto in mente, idioti che non siete altro! – gridò stridula.

Il biondino le andò in contro.

- Martha, calmati.

- Neanche per sogno! – mi indicò con disprezzo.

- Quella è la protetta di Dastin. Con la vostra stupida bravata avete messo allo scoperto mio marito. Ora quel moccioso verrà a cercarla e appena capirà che c’entriamo pure noi saremo fottuti!

- I soldi del riscatto ci servono, abbiamo troppi debiti e il vostro sostegno non è più sufficiente.

- Ma questo peggiorerà solo le cose! Jerald ne è appena venuto a conoscenza e ora si è fissato anche con lei, la considera un altro dei suoi divertimenti.

- Allora vedi di tenerlo alla larga da Valeria perché non riceveremo nessuna ricompensa se la riconsegniamo morta!

Deglutii. Morta?!

Lo schiocco dello schiaffo rimbombò tra le pareti.

- Come osi dire certe meschinità! Mio marito è malato, non è cosciente quando uccide o compie determinati gesti.

- Jerald non è malato, lui è pazzo!

Antòn le bloccò il polso prima di ricevere il secondo schiaffo.

- Ascoltami bene, Martha. Non me ne frega niente dei tuoi problemi con Dastin. Io adesso lavoro solo per il bene del gruppo, quindi vedi di collaborare e far funzionare il piano perché se Jerald lo compromette potete dire addio alla nostra protezione. Cesar la pensa come me e tu lo sai.

L’espressione che comparve sul suo volto era paragonabile a quella di un bambino quando gli neghi le caramelle, mancava poco che si mettesse anche a pestare i piedi per terra.

Mi lanciò un’ultima occhiata inceneritrice e voltò le spalle, sbraitando sotto voce:

- Mio nipote ha davvero dei pessimi gusti!

Antòn sospirò scompigliandosi i capelli con la mano e tornò a sederi al mio fianco.

Ma io ero troppo distratta.

Sbaglio o quella donna aveva chiamato Dastin “suo nipote”?

 

 

Angolo dell'Autrice:

Scusate, ragazzi, ma vado davvero di fretta quindi non risponderò nè alle vostre recensioni nè commenterò il capitolo. Non a caso non l'ho neanche riletto per controllare se l'ho scritto bene quindi chieto scusa già in anticipo per eventuali errori.

Vorrei chiedervi una cosa però: ormai la situazione sta diventando abbastanza chiara, o almeno credo, ma se non è così vi prego di dirmelo perchè aggiungo un'altro capitolo per spiegare meglio, altrimenti vado avanti con la storia.

Quindi, per favore, ditemi se è tutto chiaro.

Grazie e un bacione!

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Capitolo 11
*** 11 Senza di Lei: panico totale! Special Pov. Dastin ***


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11                 SENZA DI LEI: PANICO TOTALE!

Pov. Dastin

 

 

- Dov’è Vivi?

Mi voltai di scatto verso Philip che si guardava attorno allarmato.

- Che stai dicendo?

- Valeria, era dietro di me fino a poco fa e ora…

Un rumoroso frastuono al piano di sotto ci fece sussultare, come se qualcosa fosse esploso scatenando una reazione a catena.

E accadde tutto troppo velocemente per capire cosa stesse realmente succedendo.

Corremmo verso la porta chiusa mentre grida e bestemmie ci giungevano smorzate dalle mura. Da ciò che potevamo udire sembrava che fosse scoppiato l’inferno,

Dove diamine era Valeria?! Là dentro non c’era e in mezzo a quel putiferio non sapevo dove cercarla.

- Dastin, datti una mossa! – mi urlò Simon mentre arrancava verso la via d’uscita.

Ma non fece in tempo ad abbassare la maniglia che qualcosa scoppiò anche nella nostra stanza.

- Che diamine…

Un fumo grigio e urticante invase l’aria, scivolando leggero come nebbia su di noi.

- Cosa sta succedendo?! – sentii gridare Jimmy.

Non riuscivo a vedere niente, il grigio mi avvolgeva completamente impedendomi di guardare oltre venti centimetri di distanza.

- Ragazzi, dove siete?

Una zaffata di quel fumo mi entrò nei polmoni, bruciandomi la gola.

- Oh…merda… - sussurrò Tomas con voce debole.

Tonfi sordi, uno dietro l’altro, simili al rumore di un corpo quando cade a peso morto.

La stanchezza mi assalì prepotente strappandomi ogni briciolo d’energia. Ero esausto, volevo dormire, mettere a tacere la mia chiassosa testa in subbuglio. Non riuscivo a formulare pensieri lucidi, mi sentivo intorpidito e pesante.

Qualcuno mi afferrò il braccio.

- Dastin…sono io…

Riconobbi a stento quell’ombra scura nel fumo.

- Luke…

Il ragazzo si accasciò sulle ginocchia, piegando il busto in avanti.

Era uno degli ultimi arrivati, doveva avere giusto uno o due anni più di me, ma mi aveva sempre rispettato per la mia esperienza nel gruppo nonostante l’età.

- E’ gas soporifero…Dastin… ci hanno scoperti…

Restai fermo qualche minuto per formulare l’informazione, i miei processi mentali erano terribilmente lenti a reagire. Ma una scintilla di chiarezza brillò in tutto quel caos.

Valeria.

Mi abbassai su di lui, scuotendolo per una spalla prima che perdesse del tutto i sensi.

- Luke…hai visto Vivi?

Scosse leggermente la testa prima di addormentarsi del tutto.

Maledizione, dov’era?

Tentai qualche passo, ma il risultato fu solo che mi ritrovai disteso per terra senza riuscire più ad alzarmi.

Perché avevo tutta quell’agitazione addosso?

Cosa dovevo fare di tanto importante?

Perché volevo piangere?

Non ricordavo niente.

Forse era meglio se chiudevo gli occhi, qualsiasi cosa dovevo fare poteva aspettare.

Chissà, mi sarebbe anche tornato in mente cos’era…

 

- Dastin, svegliati! Maledizione, alzati prima che ti tiri un pugno!

Mugugnai qualcosa infastidito e mi girai dall’altro lato.

Da quando in qua il letto era diventato così scomodo, duro e freddo?

Dischiusi, piano, le palpebre. Il pavimento? Stavo dormendo sul pavimento?

- Dastin, solleva quel tuo dannatissimo fondoschiena che dobbiamo andare a cercare Vivi, l’hanno rapita!

- Cosa vuoi che me ne…

Spalancai gli occhi.

- VIVI è STATA RAPITA?!?!

Bill sospirò rassegnato, passandosi una mano sul volto.

- Certo che ce ne hai messo di tempo per capirlo…

- Che diamine è successo?

Mi guardai intorno.

Più o meno c’eravamo tutti: chi sdraiato per terra, chi ancora mezzo addormentato, chi tentava di svegliare il compagno vicino.

Il mio amico raddrizzò una sedia rovesciata nella confusione e vi si lasciò cadere sopra, poggiando i gomiti sulle ginocchia.

- E’ colpa mia, Dastin. Non so come, ma sono riusciti a scoprirmi e a pedinarmi. Valeria era un bottino troppo invitante, dovevo prevedere un’azione simile e stare più attento. Maledizione!

Senza rendermene conto avevo la pelle d’oca sulle braccia e le gambe mi tremavano visibilmente. Mi appoggiai al tavolo vicino per reggermi altrimenti non sarei stato capace neanche di restare in piedi.

- L…le fa…faranno qua...qualcosa? – Avevo la gola secca, non riuscivo a pronunciare niente senza interruzioni.

Il solo pensiero che Valeria, la MIA Valeria, era in mani altrui mi faceva venir voglia di spaccare la faccia a qualcuno e scoppiare a piangere contemporaneamente.

Bill scosse la testa.

- No, non le torceranno un capello se vogliono tutto il denaro senza riduzioni. Sembra che la ricompensa si aggiri intorno ai cinque miliardi, circa la metà di ciò che è in possesso la famiglia Smeraldi.

Non mi aspettavo una cifra così spropositata. Sapevo che la famiglia di Vivi era tra le più ricche al mondo, ma non immaginavo a simili livelli e, se dovevo dirla tutta, non mi ero neanche interessato più di tanto alla sua situazione finanziaria.

- Come la troviamo? – sussurrai flebile, ero ancora aggrappa al ripiano in legno massiccio e non avevo alcuna intenzione di lasciarlo.

- Non ne ho la più pallida idea, ma forse possiamo risalire ai colpevoli.

- Parla.

- Durante le quattro ora in cui siamo stati incoscienti sembra che i rapinatori di Vivi abbiano contattato la polizia affermando di averla trovata, è stata data la notizia alla radio poco prima che ti svegliassi, ma hanno modificato i…

La porta della stanza si aprì di colpo, facendo sussultare quei pochi che non avevano ancora riacquistato lucidità.

- Ragazzi,abbiamo qualcuno che deve raccontarci un paio di cose.

Jimmy scaraventò sul pavimento una ragazzo tremante. Se non ricordavo male, quello era il cameriere che si trovava al piano di sotto prima dell’esplosione.

Tomas si posizionò prontamente sopra di lui, piegandogli il braccio in modo innaturale dietro la schiena. Sebbene non fosse molto muscoloso, aveva una gran forza nel corpo e per lui non era di certo un problema spezzare gli arti a un individuo mingherlino come quel cameriere.

Jimmy gli passò affianco, sferrandogli un calcio nel fianco, e iniziò a parlare con tono rabbioso:

- Pare che questo lurido verme abbia fatto il doppio gioco. Più persone nella sala sottostante lo hanno visto accompagnare Vivi al telefono e poi dileguarsi.

Sollevai un sopracciglio.

Quando eravamo entrati l’intera clientela aveva bevuto tanto da non riuscire neanche a formulare una frase logica di senso compiuto. Ma il gioco di Jimmy era chiaro: il ragazzino era già spaventato a morte, doveva subire solo qualche altra pressione per rivelare tutto.

- Allora, schifoso, parla! Chi era al telefono?

- I….io n…non lo so… - piagnucolò con voce malferma e interrotta dai singhiozzi.

Tom torse maggiormente il braccio, altri pochi centimetri e lo avrebbe ruotato a 360°.

- Con noi non si scherza, non lo hai ancora capito? Le soluzioni sono due: o sputi il rospo, senza tralasciare niente, e te ne vai da qua come se tutto questo non fosse successo o il tuo cadavere abbandonerà questo locale in un sacco dell’immondizia e finirai sotto terra a qualche isolato di distanza senza che la tua amata o la tua famiglia sappiano niente. Quale scegli?

- V…voi non p…potete fa…farlo.

Si stava scavando la fossa da solo.

Quelle parole erano un invito ufficiale per Tomas, il quale non attese altro per far leva su quel gracile braccio.

Un rumore di ossa spezzate seguito da urla strazianti riecheggiò nella stanza silenziosa.

- Sei ancora della stessa opinione? – gli chiese il suo torturatore con una punta di sarcasmo.

Tom stava perdendo il controllo e quando ciò accadeva diventava un professionista di sadomasochismo, niente a che vedere con la sua comune personalità allegra e pimpante. Mi sarebbero venuti i brividi guardando quel sorriso stampato sul suo volto se non avessi tenuto in considerazione che quel ragazzino aveva collaborato per il rapimento di Vivi e lei ormai era entrata nel cuore di tutti, compresi i più violenti del gruppo.

- U…un ragazzo b…bio…biondo dall’acce…accento france…frances…francese mi ha dato di…dieci b…banconote da cen…cento per segnala…re a quella raga…ragazza la chiamata e te…tenere la boc…bocca chiusa. Quando so…sono usci…uscito sul re…tro per riti…ritirare il denaro lui e a…altri due tipi te…tenevano la ragazza lega…legata. Non sape…sapevo niente dell’esplosione do..dopo, lo giuro! – balbetto, ricominciando a piangere.

Tomas lo lasciò andare, ma quest’ultimo rimase a terra senza azzardare un movimento.

- Un biondino dall’accento francese… - sussurrò tra sé e sé Simon.

Si voltò verso di me.

- Non so perche, ma mi viene in mente quel fottutissimo Antòn.

- Per quel che ne so, adesso Antòn non lavora più da solo ma si è messo sotto i comandi di un’altra banda – aggiunse Jimmy.

Bill si alzò in piedi, iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza con tutti gli occhi puntati addosso.

- Quello che ti volevo dire prima, Dastin, era che il gruppo che sostiene di avere Vivi richiede il riscatto triplicato.

Sgranai gli occhi, mentre un coro di bestemmie e grida di rabbia si sollevò dagli altri ragazzi che avevano già capito a chi si riferisse.

Una sola persona richiedeva costantemente il triplo di tutte le cifre che doveva riscuotere e noi la conoscevamo bene. Fin troppo bene.

- E ho sentito voci che confermano la nuova posizione di Antòn per i servigi di LUI – continuò imperterrito.

Era tutto chiaro ormai, non mi restava altro che prendere in mano le redini della situazione e agire.

- Dobbiamo organizzarci. Bill, tu resta qua e occupati del cameriere; puoi lasciarlo vivo o morto, non me ne frega niente.

Un improvviso rancore nei confronti di quel ragazzo si era impossessato di me, ma c’era qualcun altro che dovevo uccidere.

- Philip, Jimmy, Simon, Tomas, Luke, Hanrie, Step, voi venite con me Conosco un tizio che può dirci dove si trova la loro base sull’isola. Gli altri che rimangono cerchino di raccogliere più informazioni possibili sui componenti del gruppo che dobbiamo affrontare e tenetevi aggiornati sulle trattative del riscatto alla radio. Quando avremo organizzato il piano per assaltare il loro punto d’incontro vi chiameremo per attuarlo. Forza, muoviamoci!

Uscii dalla stanza a passo di marcia, seguito dai miei compagni e amici.

- Andiamo a prendere quel bastardo di Cesar!

 

 

 

Angolo dell'Autrice:

Chiedo perdono in ginocchio per l'immenso ritardo! Non era assolutamente mia intenzione farvi aspettare tanto ma, sapete com'è, con l'inizio della scuola mi ci vuole un po' per riprendere il ritmo.

Cercherò di non farvi mai più attendere tanto!

Per quanto riguarda il capitolo, come avrete visto, è uno SPECIALE. Dopo tante insistenze da parte di chi ha commentato che voleva un pov. Dastin e soprattutto da parte di una mia carissima amica che ha insistito tanto (CHIARA L. questo capitolo lo dedico a te, spero che mi seguirai come sempre anche se non vuoi dirmi il nome del tuo account XD), bè, eccolo qua! Ma vi avverto che non saranno tanto comune questi special, anche perché per me è estremamente difficile vedere il mondo dagli occhi di Dastin, ed ecco anche spiegato perchè questo cap. fa tanto schifo.

Prima di lasciarvi vorrei chiedervi se voi riuscite a vedere l'immagine in cima al testo che metto sempre, perchè io non riesco più a vederla e se non è un problema solo mio cercherò di fare qualcosa per rimediare. Grazie mille e un bacio a tutti!

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Capitolo 12
*** 12 Quando da sola non ce la fai... ***


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12                      QUANDO DA SOLA NON CE LA FAI....

Strinsi le ginocchia al petto, poggiandovi sopra il mento.
Il freddo mi era entrato fin dentro le ossa e non sentivo più né le dita delle mani né quelle dei piedi.
Solo in un momento del genere potevo apprezzare l’enorme felpa di Dastin.
Dastin…
Chissà se lui e gli altri si erano risvegliati.
Avevo perso la cognizione del tempo per capire da quante ore ero rinchiusa là dentro. L’unico indizio consisteva in una finestrella sbarrata che si specchiava su un cielo stellato.
Sembrava che la notte si volesse beffare di me con la sua tranquillità, mentre la mia vita subiva cambi radicali uno dietro l’altro.
Da quel poco che Antòn mi aveva spiegato, Jerald era venuto a conoscenza della mia presenza e il fatto che fossi legata a Dastin lo aveva spinto a considerarmi una sua vittima; tutto pur di fare un dispetto al nipote. Il suo era un ragionamento dettato dalla follia: corrotto e irrazionale.
Un brivido mi percosse la schiena al pensiero che lui e Philip fossero suoi familiari.
Per evitare che mi trovasse Antòn aveva deciso di rinchiudermi nei sotterranei di quel luogo, ma probabilmente era solo una precauzione in più per impedirmi la fuga. Come se ne avessi la possibilità!
Non avevo la più pallida idea di dove mi trovassi, quale percentuale di riuscita avevo se provavo a scappare?
Mi sollevai dolorante dalla “branda”, se così si poteva definire dato che persino il pavimento era più comodo di quella tavola in legno irregolare appesa al muro.
Dovevo fare assolutamente qualcosa, non potevo aspettare sempre Dastin che mi tirasse fuori dai guai.
Ma in quel momento non avevo poi tanta scelta.
La porta in ferro era stata chiusa a chiave e, anche se il lucchetto fosse stato arrugginito, dubito sarei riuscita a romperlo a mani nude. L’unica uscita alternativa era quella finestrina posizionata tanto in alto da non riuscire a sfiorarla neanche in punta di piedi e, oltre alle sbarre, era anche troppo stretta per poterci passare.
Insomma, ero spacciata!
Iniziai a prendere a calci il muro, furiosa come mai prima.
Odiavo sentirmi in trappola come un topo, incapace di scegliere o agire. Era una sensazione orribile.
Il rumore della chiave nella serratura mi bloccò.
I cardini della porta cigolarono in modo sinistro e automaticamente indietreggiai.
Un uomo sulla quarantina entrò con passo veloce nella cella.
Era alto, piuttosto smilzo, qualche ruga agli angoli della bocca incrinava la bellezza del viso; ma i capelli erano ancora biondi come il grano, senza alcuna sfumatura bianca o grigia.
L’unico dettaglio che tradiva la sua età erano delle profonde occhiaie viola sotto gli occhi e la stanchezza che traspariva dai suoi movimenti.
Più che pericoloso sembrava… indifeso.
Mi rilassai, rimanendo ugualmente in allerta.
L’uomo sorrise gentilmente avvicinandosi.

- Antòn ti vuole parlare, devo portarti da lui.
- Antòn?

Annuì debolmente.
- Non ti preoccupare, non vuole farti del male.

Stranamente Antòn non mi spaventava affatto, sarà stato perché aveva preso le mie difese contro quella donna, Martha.
Certo, ero consapevole che mi considerava una merce di scambio, ma preferivo stare con lui piuttosto che in compagnia di Cesar.
Raggiunsi la porta evitando accuratamente l’uomo, non mi fidavo.
Nel corridoio le scadenti luci a neon lasciavano nell’oscurità degli angoli ignoti, tra cui anche la nicchia in cui sostavano i due ragazzi che facevano da sentinelle; ma potei giurare di aver sentito un verso strozzato quando vi passai davanti. Non gli diedi troppa importanza e continuai a camminare, convincendomi che fosse stata solo una mia impressione.
Da quel che ricordavo quando mi avevano portata nei sotterranei, Antòn si doveva trovare al secondo piano; ma l’uomo mi spintonò verso la terza rampa di scale.
Là sopra c’era solo la stanza in cui mi ero risvegliata e qualche ripostiglio inutilizzato.
- Dove stiamo andando?

Non rispose, degnandomi a malapena di uno sguardo.
Entrammo in quello che un tempo doveva essere stato un ufficio.
Le tapparelle penzolanti oscuravano le finestre, una poltrona dal rivestimento strappato occupava l’angolo affianco all’entrata, qualche scaffale in alluminio addossato alla parete offriva casa ai ragni e ai quintali di polvere accumulati sui ripiani; l’unico mobile intatto era la scrivania che troneggiava in fondo alla stanza.
La porta alle mie spalle si richiuse a doppia mandata. Mi voltai appena in tempo per vederlo nascondere la chiave in ottone nella tasca interna della giacca.
Ogni traccia di gentilezza era scomparsa dal suo volto.
Avanzò lentamente con un espressione indecifrabile e io, senza rendermene conto, indietreggiavo ad ogni suo passo.
Improvvisamente quell’uomo mi terrorizzava a livelli inimmaginabili eppure, pochi minuti prima, non avevo provato niente del genere.
La scrivania arrestò la mia fuga e le sue labbra si dischiusero in un sorriso ben poco rassicurante.
- Vedo che hai già scelto dove vuoi farlo. Personalmente preferivo la poltrona, ma se per te va bene così…

COSA?! Oddio, questo era pazzo!
Non sapevo riconoscere gli atteggiamenti delle persone fuori di testa, ne conoscevo a stento una che…
Sgranai gli occhi mentre sentivo il sangue ghiacciarsi nelle vene, globulo dopo globulo.
- Jerald…

Annuì, ancorando le sue luride mani sui miei fianchi.
Dovevo accorgermene prima, aveva gli stessi capelli di Philip.

- Probabilmente sai già qualcosa su di me.
- Anche troppo! – sbraitai.

Con un gesto veloce mi sollevò sulla superficie fredda della scrivania.
- E pensa che tra poco scoprirai tutto – mi sussurrò con voce roca all’orecchio.

Avevo voglia di vomitare.
- Non ci tengo!

Gli sferrai un calcio nello stomaco, ma lui deviò prontamente il colpo.
- Fai la brava bambolina, non farmi arrabbiare.

In risposta provai inutilmente a liberarmi costringendolo a stringere la presa.
Le sue unghie penetrarono nella carne dei fianchi attraverso il tessuto della felpa, che ben presto mi strappò di dosso con una forza bruta impressionante. A coprirmi era rimasta solo la condotta di cotone bianco.
Mancava davvero poco perché rimanessi nuda davanti ai suoi avidi occhi e la cosa mi disgustava, per non parlare di quello che sarebbe accaduto dopo se non avessi reagito.
- Conserva le energie per qualcos’altro, bambolina; queste cose ne richiedono tante.

Un altro conato di vomito.
Poteva un essere umano essere così schifosamente rivoltante?
Lanciai un grido disumano, pregando che qualcuno mi sentisse, ma ricevetti solo uno schiaffo in pieno viso. Il sapore ferruginoso del sangue mi impastò la bocca.
- Nessuno può sentirci, ti ho portato qua sopra apposta.

Le sue dita scivolarono alla base delle gambe, accarezzando con i pollici l’interno coscia.
- Non fare la preziosa, vedrai che ti piacerà.
- Lasciami! – gridai.

Il mio gancio destro si abbatté sul suo zigomo procurandogli un taglio poco profondo sotto l’occhio.
Avevo percepito chiaramente le nocche doloranti scricchiolare a contatto con la sua pelle, eppure gli avevo procurato appena un graffietto.
Ero senza speranze.
Quando Tom provò a insegnarmi qualche nozione di autodifesa alla seconda lezione ci rinunciò dicendo che definirmi una “femminuccia” era un’offesa per le altre ragazze. Solo ora comprendevo a pieno la veracità delle sue parole.
- Troia!!!

Strattonandomi per i capelli venni scaraventata già dalla scrivania, caddi di schiena e lo scontro contro il suolo mi tolse il fiato per alcuni secondi.
- Non hai ancora capito che io potrei ucciderti da un momento all’altro? Non vuoi prima godere?

I suoi calci mi arrivavano nello stomaco potenti come pugnalate.
Provai a deviare gli impatti con le braccia, ma lui continuava a colpire, inesorabile.
Quando aveva intenzione di smettere?
Ero un fascio di nervi, il dolore mi attanagliava le viscere.
Dovevo reagire prima che la paura mi paralizzasse del tutto; ma in realtà volevo solo piangere, disperarmi e piangere.
Obbedienti, come se avessero udito il richiamo, le lacrime non tardarono ad arrivare; scivolando via dagli occhi senza che io potessi fermarle.
Era una sconfitta per me , lui voleva vedermi soffrire e io lo stavo accontentando senza tante storie.
La pioggia di calci si fermò inavvertitamente.
Avrei dovuto pensare “Finalmente, non ce la facevo più”. Invece no, nella mia mente aleggiava una sola domanda: “Che altro vuole farmi?”
Mi sollevò di peso, riappoggiandomi sulla scrivania.
- Vedi di non fare altri scherzetti, non sono molto carino quando perdo la pazienza e sarebbe un peccato sfregiare questo bel visino.

Se prima non potevo affrontarlo con la forza fisica, adesso in quelle condizioni le mie possibilità erano calate sotto lo 0.
Potevo solo perdere tempo, anche se non sarebbe servito poi a molto.
Feci forza sulle braccia malferme e con una certa fatica riuscii a rimettermi a sedere.
- P…perché lo fai?

Mi guardò sorpreso, non aspettandosi quella domanda, ma rispose ugualmente con un sorriso beffardo stampato in faccia. Desideravo cancellarglielo a furia di pugni.
- Perché è divertente, incredibilmente divertente.

Divertente?!
Lui definiva “divertente” imporre a una ragazza uno stress fisico e psicologico fuori da ogni canone e poi ucciderla senza tanti giri di parole?!
Lurido figlio di…
- Non mi riferivo a questo. Perché lo fai a me? Cosa ti ho fatto?

Il suo sorriso si spense. Era ora.
Mi afferrò per il collo, stringendo fino a farmi mancare l’aria.
- Non prendertela con me. È colpa di Dastin se ora sei in questa situazione, è solo colpa sua. Non sono io la causa di tutto questo.

Pazzo. Folle. Da rinchiudere in manicomio al più presto.
Gli formulai un’altra domanda, nonostante lo scarso ossigeno di cui disponevo.
Non poteva uccidermi, non ancora, doveva prima divertirsi.
- Perché ce l’hai tanto con Dastin?

Digrignò i denti e la presa aumentò.
- E me lo chiedi anche?! Se ora sono un fuggiasco è colpa sua, è stato lui a voler riaprire le indagini, è stato lui a sospettare di me. Deve pagare!

Non ero in condizioni per poterlo fronteggiare, ma per un attimo la rabbia mi sopraffece riaccendendo quella scintilla di adrenalina che si era spenta sotto il soffio della paura.
- Non ti sei mai chiesto se sei tu quello nel torto? Non è mai passata nella tua testa la possibilità che forse tutto questo non sarebbe accaduto, forse tu non saresti un ricercato se non avessi prima violentato e poi ucciso tua nipote come hai fatto con tutte quelle altre ragazze? Non ci hai mai ragionato?!

Un altro schiaffo. Altro sangue in bocca.
- Taci! Mi stai facendo innervosire e ora devo sfogarmi.

Il suo sguardo era eccitato.
Lasciò il mio collo per infilare le mani sotto la maglietta, al bordo dei jeans.
No! Dio, ti prego, NO!
Le sue dita giocherellarono un po’ con il bottone dei pantaloni prima di abbassare la zip.
Mi ritrovai a piangere ancora, senza tregua, i singhiozzi mi rendevano difficoltoso persino il poter respirare.
Non poteva accadere tutto questo. Era un sogno, un incubo, restava il fatto che volevo svegliarmi al più presto. Non volevo fare questa fine.
Gli bloccai i polsi con mani tremanti. Ma lui invertì ben presto la situazione sdraiandomi sulla scrivania, con le mani strette dalla sua sopra la testa, e salendo a cavalcioni su di me.
- E’ arrivato il momento, bambolina…

Mi morsi il labbro inferiore, già spaccato, con ferocia.
Le sue dita continuarono la loro discesa all’interno dei jeans.
Che potevo fare? Che potevo fare? Che…

Un colpo sordo alla porta.


Angolo dell'Autrice:
Rieccomiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Dite la verità, vi ho lasciato un po' con l'amaro in bocca in questo capitolo, eh? Ma è proprio questo il bello di essere l'autrice: poter far crogiolare i propri lettori nel loro brodo hehehe -.-" Ok, ok , lo ammetto, ultimamente ho una strana vena sadica-folle che mi sta dando alla testa. Ma torniamo alla storia...
Capitolo un po' forte, o almeno rispetto a quelli precedenti, ma ho pensato che dopo ben 11 capitoli questa storia non aveva avuto ancora niente di che nonostante il reating arancione e, per l'appunto, ho pensato fosse arrivata l'ora di rispettare tale classificazione.
Chi sarà alla porta???????????? Ok, ve lo dico:
Alla porta è.............................................................Geppetto che va a cercare Pinocchio perché, quel disgraziato di un burattino, s'era infilato nella banda di Cesar spacciandosi per il fratellino di Antòn; ma la Fata Turchina, da brava mamma, è andato a prenderlo per l'orecchio e glie ne diede tante, ma tante, ma tante (stile Suor Nausica di Colorado) che alla fine il povero Pinocchio divenne legna da ardere. Ma non temete! Perchè il Grillo parlante gli disse pire la morale: "A pinò, la prossima volta entra nel gruppo di Dastin che magari Jimmy te l'accalappia qualche bella pollastrella". 0__________________________________________________0" Non fateci caso, credo che alla vena sadica-folle dovrei aggiungerci anche schizzata-pazzoide-rincoglionita. Quando sono così scema è perchè sono di uno strano, irrazionale, privo di ragione buon umore.
Ma chi è alla porta non ve lo dico!!!!!!!!!!!!!!!Marameoooooooooooooooooo
Cooooooomunque.
L'ho sistemata l'immagine, visto? Praticamente ho dovuto ripostarla su internet perchè, per un motivo a me sconosciuto, si era cancellata e non compariva più da nessuna parte. Anche se la definizione non è un gran che, sempre meglio che niente.
Prima di lasciarvi vi do un ultimissimo avvertimento: forse nel prossimo capitolo ci sarà il tanto atteso.......... E NON VI DICO NEMMENO QUESTO!!!!!! Xb


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Capitolo 13
*** 13 Il primo sei tu ***


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13                             IL PRIMO SEI TU


Un colpo sordo alla porta.

Jerald si bloccò, voltandosi verso il punto da cui proveniva il rumore; la mano ancora infilata nei miei jeans.
Un altro colpo, il secondo.
I cardini scricchiolarono, pronti a cedere.
Chiunque fosse dall’altro lato aveva una forza spaventosa.
Il bastardo si irrigidì, stringendo la presa sui polsi.
Un terzo colpo, più potente dei precedenti, e la porta crollò a terra sollevando una nube di polvere.
Sentivo il cuore andare a mille, battere all’impazzata rischiando quasi di esplodere.
Allora i miracoli esistevano…
Attraverso il velo di lacrime che mi appannava gli occhi intravidi due ragazzi entrare di corsa nella stanza e fermarsi di colpo di fronte a noi.
Quello che mi sembrò percepire all’interno del petto somigliava tanto al dolore; ma non un dolore semplice, no. Il mio era uno di quei dolori sordi, quella sofferenza dell’anima che si riversava anche sul corpo attorcigliandoti lo stomaco con pura brutalità.
Quel dolore veniva comunemente chiamato “Delusione”.
Non li conoscevo, erano degli estranei.
Diamine! Non doveva fregarmene niente se rientravano nelle mie conoscenze o meno; l’importante è che fossero intervenuti, anche se in ritardo, ma avevano pur sempre interrotto quella tortura.
Eppure il senso di amarezza non accennava a sparire.
Non disdegnavo il loro arrivo, anzi, ma aspettavo qualcun altro…
A volte mi chiedo se sono io masochista o se è il Mondo sadico nei miei confronti.
Il rimbombo di passi frettolosi nel corridoio interruppe il pesante silenzio che si era creato.
- Erik, Sebastian. Al piano di sotto sono stati messi tutti fuori gioco, possiamo…

Dastin comparve sulla soglia della porta e, come avevano fatto precedentemente i suoi compagni, si arrestò sgranando gli occhi.
Che bella scena che gli si presentava davanti!
Me sdraiata su una scrivania con suo zio sopra, mentre mi teneva entrambe le mani immobili sopra la testa ed esplorava le zone interne ai jeans.
Mi facevo schifo da sola, anche se ero consapevole di non avere alcuna colpa.
Un singhiozzo risuonò tra le pareti della stanza, era il mio. Avevo ricominciato a piangere più forte di prima.
Esisteva un limite alla riserva di lacrime? Ero convinta di averlo raggiunto da un pezzo ormai.
A quel rumore Dastin sembrò riprendersi da quella specie di trance in cui era entrato e, stringendo i pugni, scattò in avanti.
- Figlio di puttana!
Si scaraventò su Jerald, cadendo entrambi dietro alla scrivania.
Dastin gli sferrò un pugno sul naso, rompendoglielo, e lo spinse contro uno scaffale che crollò miseramente a terra.
Non avevo mai visto tanta rabbia in lui. Sembrava una belva indomabile, finalmente libera dopo tanti anni passati rinchiusi in una gabbia troppo piccola per lei.
Ma, se prima poteva farmi paura questa sua furia, adesso ringraziavo il cielo che l’avesse tirata fuori.
Jerald non se la cavava affatto male, anche se aveva incassato qualche colpo pesante era capace di rispondere e reagire.
Nonostante questo non aveva possibilità di vittoria: nessuno poteva fare niente contro la furia omicida del suo avversario.
Durante il combattimento non mi mossi di un millimetro, neanche quando i due sconosciuti si avvicinarono per aiutarmi.
Non dovevano toccarmi, nessuno doveva farlo.
Dastin fece sbattere più volte la testa di Jerald contro il muro, graffiandogli a sangue la fronte. Probabilmente la parete sarebbe crollata nell’arco di pochi minuti se avesse continuato con quel ritmo.
Francamente, me ne compiacevo.
Doveva picchiarlo con più forza, fargli più male, essere più violento.
Doveva fargli provare tutto quello che aveva inflitto a me in quel quarto d’ora in cui mi aveva resa sua prigioniera: la paura, il terrore, l’impotenza, l’umiliazione, la rabbia, l’incapacità di reagire, il dolore.
Doveva ridurlo in fin di vita.
Sussultai quando mi resi conto dei miei stessi pensieri.
Volevo che Dastin uccidesse suo zio.
Mio Dio, potevo essere più crudele?
Mi disgustavo da sola.
Un frastuono assordane riempì la stanza.
Jerald giaceva a terra, inerme, ricoperto in parte dai ripiani del secondo scaffale caduto.
- Erik, Sebastian; andate a chiamare Philip e gli altri, ditegli che c’è un cambio di programma.

Quindi era venuto tutto il gruppo.
I due si dileguarono oltre la soglia della porta senza fiatare.
Spostai lo sguardo su Dastin.
Era affannato, aveva un occhio gonfio, varie contusioni sul volto… le nocche delle mani insanguinate.
Si voltò anche lui verso di me.
Silenziosamente, impercettibilmente, stava piangendo.
E quelle lacrime mi colpirono dritte nel cuore, come frecce scoccate da un arco infallibile.
Era vulnerabile, si leggeva chiaramente nei suoi occhi, una vulnerabilità disarmante che mi faceva venir voglia di corrergli in contro e abbracciarlo con vigore; tutto pur di consolarlo.
Non potevo guardarlo in queste condizioni, non ci riuscivo, era più forte di me.
Con un gesto di stizza asciugò le guance bagnate e mi venne vicino.
Il desiderio di gettargli le braccia al collo aumentò notevolmente, ma non avevo un briciolo di energia per poterlo fare.
- Ehi…

Mi sfiorò i capelli arruffati con delicatezza.
Non voleva spaventarmi, calcolava ogni minimo movimento.

- Stringimi forte…. – sussurrai piano, troppo piano per il suo udito.
- Ti prego…

Iniziai a singhiozzare fino a farmi mancare l’aria, come facevo da piccola quando cadevo dalla bicicletta sbucciandomi il ginocchio. Se solo all’epoca avessi saputo che c’erano cose ben peggiori di un graffietto appena visibile.
Le sue braccia si strinsero intorno alle mie spalle sussultanti, spingendomi contro il suo petto caldo. Ogni suo gesto emanava gentilezza, protezione, affetto. Tutto quello di cui avevo bisogno.
- Sthhhh; ci sono io, ora va tutto bene.

No, mentiva, non andava affatto bene.
Mi sentivo uno schifo, sporca, umiliata e tutto quel casino non faceva altro che far star male anche le persone circostanti.
- Vivi, guardami; è finita, lui non ti farà più niente.

Prese il mio volto fra le mani, fissandomi con una preoccupazione infinita.
Non era giusto, non doveva soffrire per me; io non volevo essere la causa della sua tristezza.
Cercai di calmarmi regolando il respiro.
- Va meglio?

Non risposi.
Andava davvero meglio?
Doveva chiedermelo dopo una cioccolata calda e una bella dormita, solo allora avrebbe ricevuto il “sì” in cui tanto sperava.
Poi qualcosa mutò nella sua espressione.
Con un cambiamento repentino divenne improvvisamente freddo, distaccato e impercettibilmente furioso, sebbene la sua voce volesse nascondere quest’ultima caratteristica.
Era un pessimo segno.
- Cosa ti ha fatto?

Se possibile, mi sentii ancora peggio.
Non ero pronta per quella domanda, non ancora.
Non ottenendo altro che ostentato silenzio insistette.
- Valeria, fin dove si è spinto? – gridò, alterandosi.

No, per favore, non urlare.
Portai le mani alle orecchie, imitando i bambini quando non volevano sentire qualcosa per loro sfavorevole.
Strinse la presa sulle mie spalle ma, sebbene fosse piuttosto violenta, non aveva niente a che vedere con quella che precedentemente mi aveva sottomessa.
- Non… non ci è…riuscito…- il mio fu un sussurro strozzato.

Lo vidi tirare un sospiro di sollievo, rimanendo ugualmente teso.
Infondo avevo ancora i vestiti addosso, a lui serviva solo una conferma per sentirsi più tranquillo.
Però non era finita, avevo imparato a leggergli dentro attraverso i semplici gesti: c’era qualcosa che doveva ancora chiedermi.
Infatti le sue parole confermarono subito i miei sospetti.
- Ti… ti ha baciata?

Ci misi un po’ per comprendere la domanda. Dove voleva arrivare?
Non avevo ancora riflettuto su ciò che Jerald aveva realmente fatto e cosa invece gli era stato impedito. Il solo cercare tra i ricordi mi spaventava, non volevo rivivere quei momenti.
- No…

Un altro sospiro di sollievo e la tensione sparì completamente dal suo corpo.
- Meno male…

Le sue dita si strinsero tra i miei capelli dietro la nuca, attirandomi a se.
- …perché devo essere io il primo a fare questo…

In una frazione di secondo le nostre labbra si sfiorarono, timorose, ma le sue non attesero molto per avventarsi aggressive sulle mie.
Le stuzzicò con i denti; la lingua ne tracciò un confine umido e premette sulla linea sottile per frantumare quell’ostacolo serrato che gli impediva l’accesso alla bocca.
Reclamava una risposta da parte mia che non arrivava.
Cosa stava facendo?!
Forse gli era arrivato un colpo in testa che aveva bruciato anche il suo ultimo neurone.
Posai le mani sul suo petto per allontanarlo e lui mi accontentò di sua spontanea volontà, io non sarei stata in grado di smuoverlo neanche di un centimetro.
Raccogliendo la poca forza rimasta gli sferrai un debole schiaffo, colpendo la guancia meno ferita.
Poteva facilmente evitarlo oppure bloccarmi il braccio. Invece aveva preferito incassare il colpo, impassibile.
Serrò la mascella e tornò a guardarmi negli occhi.
Non era arrabbiato, né deluso; semplicemente se lo aspettava e questo mi sorprese ancora di più.
Perché mi aveva baciata se sapeva che avrei reagito in quel modo?
Non aveva il diritto di fare una cosa del genere, non senza il mio permesso.
Ma le sue labbra era così calde rispetto alle mie, così morbide e avide di piacere…
Ne sentivo la mancanza.
Senza pensare lo afferrai per il colletto della felpa e ci riavvicinammo.
Questa volta gli diedi carta bianca al primo tocco, potente e sconvolgente.
Strinsi le dita tra le ciocche lunghe che gli ricadevano sugli occhi, coprendoli alla mia vista.
Le nostre lingue giocavano, instancabili, troppo unite per permetterci di separarle e poter respirare; ma l’ossigeno non era certo la cosa più importante in quel momento.
Mi mordicchiò il labbro inferiore con delicatezza, facendo attenzione al taglio, e vi lasciò sopra un’impronta infuocata che reclamava ancora quel trattamento.
Non mi bastava, volevo avere di più da lui.
Quella piccola briciola di passione non saziava la mia voglia appena scoperta.
Dovevo essere ancora sotto shock, non c’era altra spiegazione. Era impossibile provare qualcosa di così stravolgente per i semplici sensi umani.
Dastin si staccò da me e appoggiò la fronte sulla mia.
I nostri respiri affannati si unirono in sincronia mentre le sue dita allentavano la presa dietro la mia nuca
- Wow… - sussurrammo contemporaneamente.
Poi il suo sguardo cadde sui miei jeans ancora aperti e mi sentii morire. Il momento magico si frantumò, crollando come un castello di carta costruito in aria.
Il senso di umiliazione e vergogna tornò prepotente, strappandomi via quel momento di pura felicità. Le lacrime risalirono velocemente agli angoli degli occhi. No, volevo smetterla di piangere.
Posò un bacio leggero sull’incavo del mio collo, sfiorandolo per tutta la sua lunghezza. Istintivamente lo strinsi a me, avevo l’irrazionale paura che volesse lasciarmi da sola e sapevo che non sarei mai riuscita a riprendermi se lo avesse fatto.
Ma non era sua intenzione andarsene. Le sue labbra rimasero attaccate alla mia pelle accaldata.
Con mani leggermente tremanti fu lui stesso a tirare su la zip e richiuse il bottone.
Non aveva osato concedere neanche uno sguardo agli slip colorati che si intravedevano.
Le sue mani risalirono lungo i fianchi, lì dove poco prima stringevano con brutalità quelle di Jerald.
- Ce la fai a scendere?

Annuii convinta e saltai giù dalla scrivania. Grave errore.
Una fitta allo stomaco mi piegò in due, mentre boccheggiavo per il dolore; non immaginavo che i calci di quel pazzo avessero potuto causare un simile effetto. Quel maledetto…
Dastin corse in mio soccorso, sorreggendomi.
- Sempre la solita testarda che vuole fare tutto da sola…

Abbozzai un sorriso. Lo adoravo quando tentava di sdrammatizzare.
Un tintinnio di metallo ci distrasse.
Fu un secondo.
Il tempo che lui si voltasse in direzione della porta e mi sentii strappare dalle sue braccia.
Qualcosa di freddo e affilato premette sulla mia gola, minacciando di tagliare la pelle con un semplice movimento e una voce gracchiò dietro di me:
- Non muovere un passo o la uccido!


Angolo dell'Autrice:
Ed ecco il seguito!!!
Spero di essere scampata alle numerose minacce delle lettrici XD.
Devo ammettere di essere rimasta piacevolmente colpita quando mi avete comunicato di essere state prese dalle stesse emozioni di Vivi, è stato un onore per me dato che significava che ero riuscita nel mio intento di scrittrice.
Per quanto riguarda questo capitolo non ne sono pienamente soddisfatta, non so perchè ma c'è qualcosa nel testo che lo rende piuttosto sciatto infatti anche mentre lo rileggevo era palese che mancasse qualcosa, ma non so spiegarmi cosa. Comunque lascio a voi esperte giudicare.
Avrete notato che è stato piuttosto banale e scontato, la maggior parte di voi sapeva che sarebbe stato Dastin alla porta (anche se arrivato in un secondo momento), ma è stato più forte di me: doveva essere per forza lui e beccarli, altrimenti che gusto ci sarebbe stato nel vedere Jerald messo KO XD. Lo so, è un ragionamento un po' del cavolo ma volevo togliermi questo piccolo sfizio personale (hehehe, sono malvagiaaaaaa). Cercherà di non essere più banale in seguito, promesso.
Chi sarà che punta un coltello alla gola di Vivi? Jerald? Antòn? Cesar? Basta che leggiate bene il testo per capire chiaramente chi è. E no, la nostra Vivi non viene mai lasciata in pace?
Per quanto riguarda la scena del bacio ( ci hai indovinato
_AngeChan_ )è la prima scena di un bacio che scrivo in tutta la mia vita, infatti nell'altra mia fic non sono ancora arrivata a questo punto è non so come possa esservi sembrato, probabilmente ai vostri occhi sarà risultato molto immaturo o irreale e mi scuso in anticipo per questo, tenerò di rimediare.
Vi prego, commentatemi e datemi dei consigli per il futuro perchè non è nelle mie intenzioni deludervi. Baci.

P.S. X_AngeChan_ che me lo ha chiesto. Io ho 14 anni, lo so, sono un po' immatura e così lo è anche la mia scrittura, ma sto facendo tutto il possibile per non sembrarlo e per essere assolutamente realistica; ma credo che per raggiungere un buon livello dovrò esercitarmi ancora un bel po'.

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Capitolo 14
*** 14 Non finisce mai ***


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14                       NON FINISCE MAI


La lama del coltello premette alla base della gola, lacerando la pelle fino a far scivolare lungo la giugulare una goccia di sangue.
Gli bastava affondare un po’ di più, un movimento semplice, veloce, netto ed io ero morta.
Mi trovavo a qualche centimetro di distanza dal traguardo che segnava il termine della mia vita ed ero capace di pensare ad una sola cosa: che fregatura!
Siamo sinceri, chi è tanto sfigato da morire pochi minuti dopo aver dato il suo primo bacio? Nessuno, per l’appunto.
La mia quindi era pura, originale sfortuna. Qualcuno probabilmente mi aveva lanciato un malocchio perché era davvero impossibile che capitassero tutte a me.
Esaminando con attenzione le mie ultime settimane, decisamente movimentate, sembrava che fossero appena uscite dal copione di un film di Idiana Jones:

  • Cado da una nave da crociera.
  • Vengo trovata da una banda di pirati che non ci pensano due volte a tenermi prigioniera.
  • Il mio rapimento diventa un caso di fama mondiale estremamente interessante per tutti quelli che mirano ai verdoni di papà.
  • Vengo presa in ostaggio da un altro gruppo di briganti, questa volta molto meno cordiali del precedente.
  • Tra la banda si nasconde anche uno psicopatico-schizzato che tenta di violentarmi.
  • Mi salvano per il rotto della cuffia, proprio come nei film di serie B.
  • Condivido il mio primo bacio con il capitano del gruppo che mi ha rapita per prima.
  • E quando sembra finalmente tutto finito mi ritrovo con un coltello puntato alla gola.
Poteva forse andare peggio di così?
Certo, c’era pur sempre la possibilità che finissi chiusa in una bara sotto terra, ma non volevo diventare troppo pessimista.
Una cosa però la volevo sapere: avevo per caso stampato sulla fronte la scritta “Pirati, rapitemi perché non ho nient’altro da fare”?
Oppure la dea bendata della fortuna non si scopriva gli occhi neanche per andare al bagno?
Stava accadendo tutto troppo in fretta, il mio povero cervello non sarebbe sopravvissuto ad un altro colpo di scena.
Dastin spostava lo sguardo terrorizzato da me all’arma.
- Lasciala andare, lei non c’entra niente!

Una risata profonda scosse il petto a cui ero appoggiata.
- Scherzi?! Lei è un fiorellino, sarei un pazzo se non ne approfittassi.

Il termine che aveva utilizzato era corretto, le cause invece completamente errate.
Tracciò una scia con la lingua dalla mandibola alla spalla e automaticamente rabbrividii.
Ovunque toccasse mi lasciava un senso di sporco addosso, un’impronta indelebile che sarebbe rimasta a vita. Ogni suo gesto era troppo viscido e repellente per poterlo semplicemente ignorare.
Dastin avanzò lentamente, le mani aperte in alto come quando si ha a che fare con un criminale.
- Lasciala. Andare. – ripeté, scandendo bene le parole.

Sussultai quando la pressione che minacciava di strapparmi via la vita aumentò.
- Non dirmi che non lo provi anche tu questo desiderio di lei, della sua carne, del suo corpo.
- Dentro a quel corpo c’è un’anima, Valeria non è un giocattolo.
- Hai ragione, lei è molto di più: lei incarna il puro piacere. Prova a immaginare come sarebbe divertirsi con lei, uno spasso unico che ti rimarrebbe per sempre impresso nella memoria. La sua figura, le sue lacrime, le sue grida, la sua rabbia soffocata, la sua impotenza; tutto la renderebbe eccitante, molto più di adesso.
- Tu sei malato!
- Sai, potremmo fare un accordo. – continuò imperterrito, ignorando gli insulti dell’interlocutore che aveva davanti, - Potrei permetterti di fare da spettatore e avere una piccola ricompensa alla fine dello spettacolo, naturalmente sarò io ad avere l’esclusiva su di lei. Pensaci, cos’hai da perdere?

Per un attimo immaginai la scena che aveva descritto.
Orrore, solo e inconfondibile orrore.
Lo sguardo di Dastin non avrebbe fatto altro che accrescere l’umiliazione e la vergogna. Ma lui non sarebbe mai rimasto con le mani in mano a guardare; no, lui avrebbe reagito con tutta la rabbia che possedeva. Ne ero certa.
- Se quello che ti preoccupa è la reazione di lei, - Jerald mi prese il mento fra le dita della mano libera. – non ti preoccupare, fanno tanto le santarelline ma alla fine tutte le ragazze sono uguali. Anche se adesso lo nega, lei ha il nostro stesso desiderio, la stessa voglia.

Si abbassò, alitando dietro il mio orecchio.
- Avanti, fagli vedere come sei veramente. Metti giù la maschera i mostragli i tuoi sentimenti messi a nudo. Non lo vorresti anche tu? Non preghi di poter essere toccata dove piace a te?

Ricevendo solo silenzio da parte mia, alzò la voce tirandomi indietro la testa per i capelli.
- Parla! Dillo che ti piacerebbe, chiedicelo in ginocchio! Rivelagli quale sarebbe la tua reazione se fosse lui al mio posto. Parla, dannazione, PARLA!

Se fosse lui al suo posto?
Per quando impossibile, sostituii il volto di Jerald con quello di Dastin.
Cosa avrei fatto se fosse stato lui ad infliggermi tanto dolore?
Forse era un po’ troppo azzardato, ma credevo di conoscere la risposta.
Deglutii rumorosamente e lo guardai fisso negli occhio, quelle opache iridi scure davano un senso di vuoto totale.
- Se fosse lui a farmi questo… lo accetterei ben volentieri!

Il vuoto venne sostituito da una fiammata di paurosa ira. Di certo non si aspettava una risposta del genere alle sue provocazioni.
Dastin era rimasto imbambolato, scioccato tanto quanto il suo avversario dalle mie parole. Se fossi sopravvissuta avrei dovuto spiegargli un bel po’ di cose.
La mano che reggeva il coltello si allontanò dal collo, scese fino al fianco e, con un momento tanto veloce da togliermi il fiato, trafisse la pelle. Penetrò nella carne dalla vita fin sotto il seno e, sempre impassibile, si riposizionò alla mia gola.
Un gesto tanto impulsivo non era calcolato nei miei piani, mi aveva lasciata di sasso.
Il bruciore tardò ad arrivare, ma i suoi effetti si fecero lo stesso sentire ustionandomi la pelle.
Senza rendermene conto mi ritrovai a piangere come una bambina, non tanto per il dolore quanto per la paura che era risalita a livelli esorbitanti.
Abbassai lo sguardo per controllare i danni: la maglietta bianca era stracciata e macchiata di rosso, così come il bordo dei jeans.
Spostai la mia attenzione su qualcos’altro, il sangue non era molto clemente nei confronti del mio stomaco.
Dastin non aveva fiatato. Gli occhi sgranati, i pugni stretti, le sopracciglia corrugate, i muscoli rigidi; stava tentando di fermarsi dal saltargli addosso, era chiaro.
“Aiutami” mimai con le labbra.
Non ci potevo credere.
Stavo implorando il suo intervento. Non ero più io.
Ma in una situazione del genere credo valga ben poco l’essere o non essere se stessi.
- Allora, nipote, cos’hai deciso?

Indicò con un cenno della testa la porta.
- Dovresti chiederlo a lui, no a me.

Ci voltammo contemporaneamente verso la direzione segnalata.
C’erano tutti.
Il gruppo di Dastin, o almeno la maggior parte, era fermo sulla soglia della porta con un’espressione indecifrabile dipinta sul volto, uguale a quella del loro capitavo venti minuti prima.
In testa c’era Philip, più sconvolto degli altri, concentrato sull’individuo che non rivedeva ormai da anni.
- Papà… - sussurrò, impercettibile.


Angolo dell'Autrice:
Capitolo breve e scritto male, lo so, ma a mio parere assolutamente essenziale e poi non mi priverei mai del gusto di lasciarvi sulle spine XD.
Le colpe del ritardo le addosso tutte al mio pc, mi ha fatto riscrivere questo cap non so quante volte.
Avrei dovuto postare ieri sera, per la precisione alle 23.30, ma a causa della mia grande incompetenza nel mettere l'html ho cancellato nuovamente tutto -.-", sono un caso senza speranze...
Un grazie particolare a
dragon19 che mi ha commentato tutti i capitoli, è stata una sorpresa davvero fantastica.
Spero che il prossimo riuscirò a postarlo un po' prima, nel frattempo vi lascio lo sgomento di Philip XD.
Un bacio a tutti!!!

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Capitolo 15
*** 15 Chi contro chi ***


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15                         CHI CONTRO CHI


- Cosa stai facendo… papà?
Jerald non rispose.
Non potevo vederlo in volto, ma da come gli tremava la mano significava che rivedere il figlio dopo tanti anni non lo lasciava del tutto indifferente.
Lo sentii deglutire e strinse l’impugnatura sul manico del coltello.
Brutto, bruttissimo segno.
- Papà, lasciala andare.
Philip si era ripreso piuttosto in fretta dallo shock, a differenza di quegli altri che se ne stavano imbambolati con la mandibola a pochi centimetri dal pavimento. E pensare che doveva essere proprio lui il più traumatizzato.
Possedeva una forza interiore davvero invidiabile.
Si posizionò dalla parte opposta di Dastin e, lentamente, iniziarono a muoversi intorno a noi in sincronia, chiudendoci in un cerchio perfetto.
Jerald non poteva guardare in faccia uno senza voltare le spalle all’altro.
Ottima mossa!
- Fermi, maledizione, fermi o la uccido! – gridò con voce allarmata.
Stava cedendo, se perdeva la calma avremmo vinto; non potevano mollare proprio ora.
Continuarono a girare, scambiandosi ogni tanto qualche occhiata d’intesa.
Qualsiasi piano avessero in mente, dovevano fare in fretta.
- Credete che non ne ho il coraggio?! La uccido qui, davanti ai vostri occhi.

Mimò il gesto con cui mi avrebbe tagliato la gola, sfiorando appena la pelle.
Deglutii rumorosamente, serrando le palpebre.
Di certo non era molto allettante l’idea di morire così, per mano di un maniaco-schizzato-pazzoide-serial-killer.

- Non lo farai se non vuoi morire a tua volta – la freddezza nella voce di Dastin ghiacciava persino l’aria.
- Prova a sfiorarla ancora e non esiteremo a trasformarti in uno scolapasta – aggiunse Philip, brandendo anche lui un coltellino a serramanico.

Due contro uno, e io in mezzo.
La solita fortuna.
Un click metallico risuonò tra le pareti.
- Lasciatelo stare! – intimorì Martha, premendo la canna di una pistola contro la tempia di Simon.

Altro che scontro, quella sembrava una riunione di famiglia.
Era entrata di soppiatto nella stanza, nessuno l’aveva notata, e adesso le bastava premere un semplice grilletto per strappare via la vita di uno dei miei migliori amici. Pregai ardentemente che le venisse un crampo atroce all’indice.
Due contro due.
Si metteva bene…
Con un movimento veloce Jimmy, l’unico ancora vicino alla donna, estrasse a sua volta una pistola da sotto la giacca puntandogliela contro.
E quella da dove saltava fuori?
Ma qua si portavano tutti dietro pistole e coltelli come se niente fosse? Cose da matti…
- Liberalo – posizionò il colpo in canna, un rumore sordo nel silenzio pesante che era calato, - Ora…

Tre contro tre.
Qualcun altro aveva un’arma da tirare fuori per l’ennesimo colpo di scena? No?!
Perfetto.
Adesso mi salvate?
Con cautela abbassò la mano e Simon si allontanò da lei come ustionato, ma Jimmy non abbandonò la sua posizione. Era pur sempre imprevedibile.
Martha squadrò con attenzione ogni individuo presente nella stanza, soffermandosi particolarmente sulla figura del figlio.
Entrambi erano rimasti completamente indifferenti alla presenza dell’altro.
Era chiaro che Philip non li considerava più come genitori. D’altronde, chi poteva farlo? Non erano altro che mostri.
- Non pensavo fossi ancora vivo – l’insensibilità in quel tono mi fece accapponare la pelle.

Era quella l’unica cosa che sapeva dire rivedendo dopo tanti anni suo figlio, sangue del suo stesso sangue?
Philip rispose con una risatina ironica, carica di disprezzo.
- Anche per me è un dispiacere rivederti, mamma… - sputò fuori l’ultima parola fra i denti serrati.

Fra di loro scorreva veleno allo stato puro.
Ma che fine avevano fatto le classiche frasi convenzionali “ciao, tesoro, come stai” e “bene, grazie, tu invece”?!
Era chiaro che in Philip bruciava ancora la rabbia e il dolore per aver perso l’unico amore della sua vita a causa loro.
Con la coda dell’occhio intravidi Tom passare qualcosa a Dastin che, in quel momento si trovava proprio alle nostre spalle.
Era il momento, dovevo tenermi pronta a fuggire.
Martha sembrò accorgersene, ma ormai era troppo tardi perchè il suo gridò potesse avvertire il marito.
Jerald si ritrovò con una lama pronta a recidergli la giugulare.
Era fatta.

- Adesso la lasci andare lentamente, nessun movimento brusco o ti sgozzo come si fa con gli animali e tua moglie ti seguirà all’inferno, naturalmente dopo che Jimmy le avrà spappolato il cervello – lo aveva detto in modo tanto disgustoso che faceva schifo persino a me il pensiero di quell’omicidio.
- Allora? Vuoi prima una dimostrazione di cosa sono capace o la liberi subito? – aggiunse pacato.

Certo che la vita era proprio buffa: la persona che mi puntava un coltello alla gola aveva a sua volta un coltello alla gola puntato da colui che mi voleva salvare.
Se lo avessi visto in uno di quei film d’azione americani me ne sarei uscita con un allegro “Che figata!!!”.
La mano di Jerald allentò la presa, abbassandosi fino a far cadere l’arma per terra.
Ero libera, ce l’avevano fatta.
Pochi pensieri prima che crollassi in ginocchio.
Solo allora mi resi conto che fino a quel momento era stato Jerald a sostenermi.
Sentivo il corpo dolorane, indolenzito. Il busto mi faceva male e la ferita pulsava, riversando copiosa altro sangue. Non ero capace di fare neanche un passo con le ginocchia che mi tremavano visibilmente.
Fu Philip il primo ad avvicinarsi.
Cadde anche lui in ginocchio al mio fianco e mi strinse in un abbraccio dolce e caloroso.
Un abbraccio che mi sciolse in lacrime insieme a lui.
- Perdonami…ti prego, Vivi…perdonami – soffiò al mio orecchio, sopprimendo per quanto poteva i singhiozzi.

Avrei voluto dirgli che non doveva scusarsi, non era stato lui a farmi tutto questo, non aveva nessuna colpa. Peccato che non sapevo più dove fossero finite le corde vocali.
Detestavo essere la causa del suo malessere.
Sebastian, uno dei ragazzi che ci avevano aiutati, raccolse la pistola di Martha per affiancare Jimmy e puntarla contro Jerald.
Quando fu sicuro che non potesse reagire, Dastin gli conficcò il coltello nella coscia destra e lo lasciò scivolare a terra, tra le sue bestemmie e imprecazione di dolore.
Così facendo certamente non poteva seguirci.
- Maledetto bastardo! Come hai osato!!!

Prima che potesse scatenare la sua ira, Jimmy colpì Martha alla tempia con l’impugnatura della pistola, facendole perdere i sensi.
Li avevano messi KO, entrambi.
Adesso, se volevano, potevano anche ucciderli senza tanti ostacoli. Una vendetta perfetta, soprattutto dopo i tanti soprusi che avevano dovuto subire ingiustamente.
Ma non lo avrebbero fatto, li conoscevo troppo bene per averne dei dubbi.
Loro non erano degli assassini.
Dastin mi venne vicino, sciogliendo delicatamente l’abbraccio tra me e Philip; quest’ultimo si asciugò velocemente gli occhi con la manica della maglia e si allontanò da noi. Le sue erano state lacrime di rimorso, di rabbia, di dolore, di sfogo; erano state tutto tranne che lacrime di debolezza.
Allungai le braccia verso di lui, imitando i bambini quando vogliono essere presi in braccio. E Dastin così fece: mi sollevò senza dire una parola, stringendomi a se.
Il suo abbraccio era diverso da quello di Philip; trasmetteva ira, preoccupazione, forza e tanto senso di protezione.
Non era necessario parlare, potevo leggere tutte le sue parole in quell’espressione cupa che manteneva intatta sul volto.
Glie l’avrei tolta, era una promessa.
Le cose, molto probabilmente, stavano per cambiare.
Uscimmo da quella stanza maledetta, lasciandoci dietro due esemplari della peggior specie.
Gli altri ci seguivano in un religioso silenzio. Sembravamo uno di quei cortei funebri. Ed io odiavo i funerali.
Al secondo piano alcuni componenti della squadra di Cesar erano riversati sul pavimento, da come si alzava e abbassava il loro petto riuscii a capire che erano addormentati e non morti stecchiti come avevo temuto all’inizio.
Avevano utilizzato il gas soporifero per entrare nell’edificio indisturbati.
Occhio per occhio, dente per dente.
Ne riconobbi alcuni, tra cui l’aiutante tatuato di Antòn e quell’altro che mi faceva la guardia quando avevo ripreso i sensi.
In un lampo fulmineo la mia mente rivisse tutti i secondi che avevo trascorso là dentro.
Dovevano essere passati più o meno due giorni da quando ero entrata, ma a me sembravano secoli; lunghi, interminabili, strazianti secoli.
Strinsi tra le dita la camicia spiegazzata di Dastin, lasciandomi cullare dal lieve movimento della sua camminata.
Non vidi la luce del giorno o le stelle della notte. Caddi in un sonno profondo prima che potessi sentire la brezza leggera sulla pelle.
Adesso desideravo solo tornare a casa, e casa mia era con loro


Angolo dell'Autrice:
Sono un'altra volta in ritardo, lo so, vi prego perdonateeeeeemiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Sono senza speranze me ne rendo conto benissimo da sola. Io ci provo a fare il prima possibile, ve lo giuro, ma proprio non ci riesco.
L'importante è che non pensiate mai che io abbia abbandonato questa storia perchè posso assicurarvi che non lo farò mai e poi mai, vi sono troppo affezionata.
Questo cap non mi convince per niente, ve lo dico subito, sarà il fatto che è un po' frettoloso e non tratta ampiamente i sentimenti dei personaggi, ma sinceramente mi ero stufata di questa situazione e volevo farla finire al più presto; non ce la facevo a reggere un altro capitolo con Jerald sempre in azione, me lo dovevo togliere di mezzo prima che lo uccidessi davvero, cosa che anche se molto allettante non deve assolutamente accadere perchè mi serve per il futuro.
Ma adesso arriva il bello, perchè non vedo l'ora di scrivere il DOPO che, detto fra di noi, sarà mooolto particolare.
Nel prossimo cap verranno spiegate anche alcune cose dei personaggi precedente, ma poi vedrete voi stessi.
Inizierò anche a rispondere alle vostre recensioni tramite il nuovo servizio offerto da EFP, per quanto mi sarà possibile.
Un bacione, ciaociao.

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Capitolo 16
*** 16 Normalità....o quasi ***


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16                     NORMALITà ... O QUASI


Un lieve torpore, caldo, accogliente.
Era il paradiso, non volevo più andarmene.
Il vuoto in cui mi sembrava di galleggiare pian piano prese la consistenza di morbide lenzuola sotto le dita. La stoffa fresca mi avvolgeva delicatamente, sfiorando la pelle come una carezza.
Ripeto: il paradiso!
Un rumore basso interruppe il silenzio. Erano voci sussurrate, appena udibili.
I mormorii si interruppero per qualche secondo quando mi girai di lato, riprendendo subito dopo.
- Non possiamo permettere che ricapiti.
- E’ pazzo! Adesso la seguirà dovunque, dobbiamo fuggire per proteggerla. Lei ha la precedenza su qualsiasi piano di vendetta.
Stavano parlando di me?
- Quello che mi ha fatto imcazzare ancora di più è stato vedere Antòn nelle file del nemico. Maledizione! Era un nostro compagno ed ora gestisce i giri di prostituzione e gli affari di quel bastardo!
- Però anche noi abbiamo sfruttato dei traditori. Il mio informatore faceva parte del gruppo di Cesar; lo stesso vale per Eric e Sebastian, che adesso si sono uniti a noi. Non abbiamo alcun diritto di giudicare,
- Rimane ugualmente un…
- Falla finita, Tom! Ormai le cose stanno così, non basta imprecare come uno scaricatore di porto per cambiarle.
Lo consideravo piuttosto scorretto da parte mia ascoltare le loro conversazioni mentre pensavano che io stessi dormendo, ma probabilmente non avrei avuto altre occasioni per conoscere certi dettagli.
- Quindi da adesso in poi scapperemo sempre?
Un sospiro di rassegnazione.
- Non vedo altre possibilità.
- In realtà una ce n’è…
- Vuoi che la riporti indietro, a casa sua? Non puoi chiedermi questo, lo sai che non posso farlo.
- Dastin, ragiona! I suoi genitori sono ricchi, loro la proteggeranno in tutti i modi possibili e lei sarà molto più al sicuro che con noi.
Sussultai, non potendo fare a meno di sentire un nodo stringersi all’altezza del petto.
Non volevo allontanarmi da tutti loro, non proprio adesso che mi ero affezionata.
Li avevo conosciuti uno ad uno, avevo imparato a capirli, distinguendo i loro atteggiamenti e i significati che questi nascondevano. Con il tempo mi ero ricreduta su tutti i miei pregiudizi: avevo riscontrato una generosità immensa in chi appariva egocentrico e arrogante, quelli che a prima vista mi erano sembrati i più violenti del gruppo si erano poi dimostrati gentili e divertenti; persino i donnaioli che all’inizio disprezzavo per il loro comportamento avevano rivelato un’adorazione quasi divina nei confronti delle donne, e non solo per il fisico da modelle che potevano avere.
In un certo senso, ero finalmente in grado di amarli. E non volevo rinunciare a questo piacere.
- Credi che non ci abbia già pensato?! È da quando quel fottuto bastardo l’ha rapita che mi maledico per averla esposta a un simile pericolo. Ma non ce la faccio a rinunciare a lei, è più forte di me.
Seguirono minuti di silenzio. C’erano delle parole sott’intese in quel discorso e io non riuscivo a leggere fra quelle righe tanto intrecciate le une con le altre.
- Dastin, rispondimi con sincerità: tu la ami?
Quello fu un tuffo al cuore del tutto inaspettato.
Non volevo sentire la risposta, che questa fosse stata negativa o positiva, non m’importava.
Ascoltare qualcosa che proveniva direttamente dal cuore a sua insaputa avrebbe significato tradirlo categoricamente su tutta la linea.
Se un giorno avesse voluto confidarmi quel piccolo segreto era liberissimo di farlo, io sarei rimasta ferma ad ascoltare senza interromperlo. Ma fino ad allora avremmo continuato con la nostra vita come avevamo fatto nelle poche settimane trascorse insieme. Non doveva esserci nessun colpo basso fra noi due.
Mi stiracchiai un po’, attirando l’attenzione dei presenti, e aprii finalmente gli occhi dopo averli stropicciati con le dita intorpidite.
La prima cosa che attirò la mia attenzione furono le numerose coperte che mi ricoprivano a strati. Ce n’erano quasi una decina, come se ogni singolo membro della ciurma avesse preso il proprio piumone dalla sua cabina, trascinandolo fino al mio letto.
Come avevo fatto a non soffocare là sotto era un mistero.
La seconda cosa che invece mi lasciò del tutto a bocca aperta fu vedere tutti, e con tutti intendo ogni individuo a bordo dello yacht, seduti sulla moquette della cabina ai piedi del mio letto.
Era incredibile, ma stavano aspettando proprio il mio risveglio.
- Ragazzi… - sussurrai flebile, avevo la voce roca e gracchiante ancora impastata dal sonno.
Dastin fu il primo a scattare in piedi, saltandomi letteralmente addosso per stringermi in un caldo abbraccio.
- Fai piano, così rischi di stritolarla – lo riprese Philip, abbozzando un sorriso.
Come per smentire quelle parole, lo strinsi ancora più forte a me.
Non me ne fregava niente se mi faceva male. Mi era mancato, la sua era sta stata un’assenza terribilmente dolorosa.
Immersi il viso nell’incavo del suo collo, inebriandomi di quel profumo di acqua salata ed estate che lo caratterizzava, distinguendolo dagli altri. Ora che ci facevo caso, il suo era l’odore più confortevole e dolce che avessi mai sentito.
Sospirò nel mio orecchio, causandomi una serie di brividi lungo la spina dorsale.
Da quando aveva una tale influenza su di me?
- Abituati a queste braccia – sussurrò, tendendo al massimo i muscoli dei bicipiti, - perché da adesso in poi le sentirai molto spesso.
Era nato qualcosa fra me e lui, qualcosa di estremamente potente che ci aveva legati con una catena invisibile; qualcosa creatosi senza il nostro consenso, ma che soddisfala i desideri di entrambi. Probabilmente se non avesse avuto origine da solo, quel “qualcosa” non sarebbe mai esistito perché io non avrei mai avuto il coraggio di fare il primo passo.
- Dastin, non ce la consumare. Vogliamo salutarla anche noi!
Ridendo, Tom mi sciolse da quella piacevole morsa.
- E’ un piacere riaverti con noi, Vivi.
- E vedi di non andartene più perché è stata una faticaccia riportarti indietro.
L’esile figura di Simon comparve dietro le spalle di Tomas, con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
- Ragazzi, lo so che si è appena ripresa, ma potreste lasciarci un attimo da soli? Dovrei parlarle di alcune cose importanti – Philip mi appoggiò una mano sulla spalla, come se volesse valorizzare maggiormente la sua richiesta, - Ci metterò poco, per favore.
Uno ad uno, senza fare domane, uscirono dalla cabina dopo avermi scoccato un rumoroso bacio sulla fronte o scompigliato i capelli con fare amichevole.
Tutto mentre il loro capitano ringhiava peggio di un mastino napoletano, minacciandoli di staccargli le mani a morsi se non prendevano le dovute distanze da me.
Sbaglio, o era diventato ancora più protettivo di quanto non fosse già prima?
- Con “tutti” intendevo anche te…
Dastin lanciò un ultimo sguardo omicida a Philip, del genere: “prova a sfiorarla e ti uccido”. E si dileguò oltre la soglia, lasciando la porta chiusa alle sue spalle.
Si prospettava una futura convivenza moooooooooolto problematica.
- Come ti senti? – domandò vagamente Philip con lo sguardo sui pochi mobili presenti.
Mentalmente mi proiettai in un quiz televisivo a premi.
- Dunque, signor Philip, Può scegliere fra ben due pacchetti!- annunciavo nelle sfavillanti vesti di conduttore tutto sorrisi e occhiolini, - Pacchetto numero uno: conoscere la verità; ovvero che la sottoscritta si sente come l’unica superstite della terza Guerra Mondiale, reduce da un’esplosione atomica devastante, morta e resuscita un numero indefinito di volte e nell’oltretomba l’hanno anche investita con un camion di centocinquanta tonnellate, come se tutto il resto non fosse bastato.
Pausa ad effetto, necessaria per fargli capire come stava realmente la situazione e dargli il tempo di assimilare le informazioni.
- Pacchetto numero due: Sta bene, ma questa è solo una bugia e lei lo sa bene. Allora, quale sceglie?
A quel punto, nella mia fantasia, Philip si gettava in ginocchio per terra implorandomi di dargli il secondo pacchetto e io, da brava conduttrice compassionevole qual’ero, glielo concedevo.
Scossi bruscamente la testa. Dovevo aver preso proprio una brutta botta.
- Sto bene, meglio di quanto credi.
Annuì, poco convinto.
Era palese che stavo mentendo: nessuno usciva indenne, sia fisicamente che psicologicamente, da una situazione del genere.
Ma, probabilmente, neanche lui aveva la forza o la volontà per controbattere.
Si sa, la verità a volte è troppo pesante per poterla reggere. Ma, anche se ne conosciamo l’esistenza, preferiamo di gran lunga vivere nella consapevolezza che quello che ci circonda non è del tutto reale.
Prese un profondo respiro, passandosi una mano fra i capelli annodati, e mi guardò dritto negli occhi.
- Mi odi, non è vero?
Silenzio.
Ok, questa non l’avevo capita.
Era successo qualcosa per cui dovevo odiarlo?
- Credo di essermi persa – ammisi.
- Non fare finta di niente, Vivi, è inutile.
Così ci stavo a capire ancora meno.
Prima che aprisse di nuovo bocca, mi sporsi verso di lui sul letto e gli presi il viso fra le mani.
- Mi faresti la grazia di spiegarmi di che diavolo stai parlando?
Le sue iridi azzurre vagarono vacue su di me.
- Se io ora provassi a fare una cosa, tu ti spaventeresti?
Inarcai un sopracciglio, sospettosa.
Dall’odiare era passato allo spaventare, senza lasciarmi afferrare il filo logico del discorso.
Io stavo male, e su questo non ci pioveva, ma forse neanche lui era proprio in ottima forma.
- Non muoverti, ma se hai paura puoi spingermi via.
Senza darmi il tempo di capire, avvicinò la sua bocca alla mia. Vicina. Vicina. Vicina…..Troppo vicina.
C’era qualcosa di sbagliato in tutto questo. Qualcosa che mi attorcigliava lo stomaco dal senso di colpa.
Non provavo paura, affatto. Quello di fronte a me era Philip, non Jerald, non avevo alcun motivo per spaventarmi. Semplicemente non era giusto.
Lo spinsi via, rannicchiandomi in un angolo del letto, tra i cuscini e le lenzuola.
Lui probabilmente se l’aspettava, l’espressione che aveva era tutt’altro che delusa.
- E’ colpa mia se ti è accaduto tutto questo con…mio padre. Spero mi perdonerai.
Si alzò in piedi e uscì.
Dovetti aspettare un bel po’ prima che la nebbia nella mia mente si diradasse del tutto.
Portai l’indice alla bocca, delineandone i contorni. Avevo quasi l’impressione che ci fosse rimasto un segno o un’impronta.
Le nostre labbra si erano appena sfiorate, ma la scarica c’era stata lo stesso.
Philip mi aveva baciata.
E io ero capace di pensare solo a Dastin.


Angolo dell'Autrice:
Ok, prima di ammazzarmi lapidandomi o fucilandomi o torturandomi in qualsiasi altro modo possibile, le volete sentire le mie spiegazioni?
In questo periodo, da dicembre, ammetto che non ho la più pallida idea di cosa mi sia successo. So solo che quando vedevo una pagina bianca sul pc mi sentivo male, ma tanto male da avere l'impressione di dover vomitare da un momento all'altro (non è per niente bello, lo so). Non ho la più pallida idea se questo sia il blocco dello scrittore o meno, so solo che ho contratto il virus più brutto in tutta la mia vita. Ho scritto tante cose si pezzetti di carta, sparsi qua e la, frasi mischiate di varie fan fiction che ho incorso oppure capitoli di un futuro molto anteriore; ma niente di serio e niente che mi convincesse realmente. Vi dico solo che la maggior parte di quel fogli che ho scritto a mano, e sono quasi una decina, la maggior parte ho intenzione di cestinarli. Anche questo capitolo noterete che è piuttosto arrugginito, pesante, poco scorrevole. Infatti se sono riuscita a buttarlo giù è stato perchè mi sono sforzata, e parecchio, ma non è venuto naturale come tutti gli altri.
Diciamo che mi considero ancora in fase di convalescenza.
Spero che una cosa del genere non mi ricapiti più.
Un saluto a tutti voi.


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Capitolo 17
*** 17 Incazzature pericolose Special Pov. Dastin ***


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17     INCAZZATURE PERICOLOSE

Pov. Dastin



Quando la porta della cabina si aprì e Philip mi vide lì, seduto sulla moquette polverosa del corridoio e la testa appoggiata alla parete dietro, rimase alcuni secondi interdetto prima di richiuderla alle sue spalle con un rumore sordo ed appoggiarsi ad essa.
Scivolò anche lui per terra, lentamente, allungando le gambe fino a sfiorare le mie incrociate.
Silenzioso, rimase a guardarmi, aspettando che fossi io il primo a parlare.
Aveva le guance arrossate, la fronte imperlata di sudore, i capelli probabilmente non vedevano un pettine da mesi.
Sembrava appena uscito da una faticosa battaglia. C’era da chiedersi se questa fosse stata interiore o meno.
Strinsi i fili della moquette grigia fra le dita, cercando disperatamente qualcosa su cui sfogare la frustrazione.
Non dovevo giungere a delle conclusioni affrettate. Non dovevo.
Eppure, sebbene non avessi visto niente, il sospetto era asfissiante.
Avevo come la sensazione che Philip mi avesse tradito.
D’altronde, a cos’altro gli poteva servire tanta segretezza?

- Non devi chiedermi niente? – la sua voce risultò stranamente roca.

- Devo farlo?

Mosse la testa, annuendo.

- Sì, devi farlo.

Ingoiai il nodo che mi si era formato in gola, sporgendomi in avanti per guardarlo meglio in volto.
Philip chiuse gli occhi, lasciandosi andare contro il muro. Si comportava proprio come un colpevole afflitto dai sensi di colpa.

- L’hai baciata?

Annuì ancora.

- Sì.

Silenzio. Solo ed ostentato silenzio.
Mi concentrai sui miei respiri, improvvisamente velocizzati.
L’aveva baciata. Cazzo. L’aveva baciata.
Dopo che io avevo dovuto aspettare tanto per farlo, lui non si era fatto problemi.
L’aveva baciata.
Non sentendomi parlare, Philip riaprì gli occhi.

- Dastin…?

- Sta zitto! – ringhiai.

Ammutolì all’istante.
Se avesse detto un’altra sola parola, probabilmente lo avrei preso a calci fino a perdere la sensibilità delle gambe.

- Dimmi solo il perché – sussurrai.

Sospirò, passandosi le mani fra i capelli, da sotto le sue dita le ciocche uscivano ancora più ribelli.

- Volevo… volevo vedere se… se c’erano gli stessi sentimenti che provavo per Arienne.

- E ci sono? - deglutii, ancora, - Ne sei… innamorato?

Trattenni il respiro finché non scosse la testa.

- Le voglio bene, molto, ma non può sostituirla. Non può…

Incurvò le spalle sotto un peso invisibile, un carico troppo doloroso da poter sostenere. Qualcosa che neppure io potevo vedere.
A volte mi domandavo come riusciva ad andare avanti, imperturbabile, non dimostrandosi mai debole.
Io non ce l’avrei fatta.

- Dastin, toglimi una curiosità: Perché, quando la trovammo, non l’hai lasciata andare via?

Accennai ad un sorriso, riportando alla memoria il momento in cui la vidi semisvenuta in pieno mare aperto.
Per un secondo, un singolo minuscolo secondo, mi era parso di vedere Arienne in lei.
Solo dopo mi sono accorto che in realtà non aveva proprio niente della sua dolcezza o timidezza.
In un certo senso, era meglio così.

- Non chiedermelo, conosci la risposta.

- Sì, è vero, la conosco.

Rimanemmo qualche altro minuti in silenzio, ciascuno perso nei propri pensieri.
Dopo di che, riprese a parlare:

- Sai, all’inizio anch’io avevo visto un po’ di somiglianza e, anche se per poco, non nego che ho sperato di averla ritrovata. È sciocco, me ne rendo conto, ma ho notato come la guardavi: per te lei era davvero tua sorella. – una risatina malinconica interruppe il flusso di parole, - Poi è uscito fuori il suo carattere, quello vero, e l’immagine che entrambi ci eravamo dipinti di lei è stata sostituita ben presto da un’altra molto più forte e determinata. Completamente diversa da Arienne.

Notai nei suoi occhi un luccichio tremolante. Era sul punto di scoppiare a piangere, e lui odiava farlo. Lo conoscevo.

- Ho iniziato a vederla sotto un punto di vista differente – ammisi.

- No, Dastin, il tuo non un è semplice punto di vista.

Analizzai quelle parole, pronunciate con una punta amara di sarcasmo.
Aveva ragione. Era vero.
Avevo cambiato molti dettagli del mio stile di vita per lei. Alcuni piccoli, insignificanti, neanche memorabili, ma pur sempre parte del mio essere che stavo tentando di modificare per una sua qualsiasi approvazione.
Quello non era solo un punto di vista differente.
Mi sollevai dal pavimento, percependo le gambe formicolare dopo tanto tempo trascorso in una posizione scomoda; lo stesso fece Philip.
Ora è il mio turno di parlarle.
Annuì, spostandosi da un lato per lasciarmi passare.

- Mi raccomando, sii delicato. Cerca di nasconderlo, ma è letteralmente a pezzi.

Lo fulminai con un’occhiata omicida, seriamente intenzionato a fargli male.
Mi aveva forse preso per un deficiente?
Come era possibili superare immediatamente, senza alcuno shock o fase depressiva, qualcosa di così… disgustoso?
Posai la mano sulla maniglia, ma, prima di abbassarla, ricordai improvvisamente una cosa rimasta in sospeso. -

- Philip.- lo chiamai, - ricorda che ti voglio bene…

Lessi con chiarezza l’enorme punto interrogativo dipingersi sul suo volto e anticipai qualsiasi domanda.
Velocemente, caricai il pugno destro, abbattendolo sulla sua guancia.

- …Ma per, quello che ho appena fatto, non sono affatto dispiaciuto – conclusi, freddo, massaggiandomi le nocche doloranti.

Dovevo avergli fatto piuttosto male.
Philip non disse niente. La violenza del colpo lo aveva spinto a terra e là era rimasto, senza muoversi, né protestare.
Gli voltai le spalle ed entrai nella stanza.
Aveva bisogno di spazio e tempo, adesso.
Da solo.
Spazio e tempo per piangere.


Angolo dell'Autrice:
Questo capitoloo è dedicato a CHIARA L. (ti prego, non mi uccidere per come l'ho fatto finire!).
Lascia molto a desiderare, me ne rendo conto, proprio per questo avevo intenzione di scivere anche il prossimo come un pov. Dastin, per specificare i suoi sentimenti e pensieri in questa complicata situazione, dato che per ora non ho lasciato loro spazio a sufficienza, o almeno non quanto ne meritino davvero.
Piccolo indizio per il prossimo capitolo: vi ricordate dei segni rimasti sul corpo di Vivi? Lei probabilmente non si renderà pienamente conto di quello che le è succcesso finchè non ne vedrà le tracce con i suoi stessi occhi.
Non dico altro.
Se avete delle domande, commentate e vi risponderò.
Al prossimo pov Dastin.

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Capitolo 18
*** 18 Fa Male ***


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18                                              FA MALE



Non vedendo arrivare nessuno dopo l’uscita di Philip, decisi che era il momento giusto per confermare quali fossero le mie vere condizioni.
Eccetto qualche lieve bruciore in alcuni punti, sentivo il corpo in generale intorpidito e lento. Probabilmente mi avevano somministrato qualche morfina il cui effetto non era ancora terminato.
Su due gambe traballanti che tremavano al più piccolo passo, raggiungere il bagno fu una vera impresa. Accesi la luce sopra lo specchio e mi concessi un paio di respiri profondi prima di osservare la mia immagine riflessa.
Ebbi paura. Paura del mio stesso aspetto.
Ero davvero io quella ragazza nello specchio?
Sollevai una mano, portandola alla guancia violacea e lei fece lo stesso, quasi volesse dissuadere qualsiasi mio dubbio.
Ero io.
Quelle stesse dita che stavano accarezzando la mia pelle iniziarono a tremare.
Ero io. Ma una io diversa. Una io orribile.
Non volevo essere così.
Scivolai lungo la mandibola, e il collo, e le scapole. Tutto, ogni singolo centimetro di pelle era segnato, più o meno evidentemente. I ricordi sfumavano sotto il tessuto bianco di un’enorme camicia che mi arrivava a metà coscia, dalla taglia doveva appartenere senz’altro a Dastin; sapere chi me l’aveva messa era l’ultimo dei miei problemi in quel momento.
Sbottonai a fatica i primi bottoni, le mani non volevano collaborare, le dita si incastravano fra di loro e il desiderio di fermarmi era serpentino fra quei movimenti. Esasperata strappai le ultime setole, i dischetti d’avorio si accumularono ai miei piedi nudi con un leggero tintinnio.
Alza gli occhi! Mi ordinai. Alza gli occhi e guarda!
Ma ero codarda e rimanevo lì, con lo sguardo basso a contemplare quei bottoni abbandonati sulle piastrelle. Tutto ciò era terribilmente deprimente.
Non ti fai ancora più schifo così?
Sì, mi facevo schifo. Mi facevo terribilmente schifo.
È per questo che devi guardare…
Mia sorella una volta disse che io avevo fegato, che ero capace di mostrare la mia bella faccia tosta a tutti, indipendentemente da chi avessi davanti.
In quel momento avevo paura di guardare la mia stessa immagine.
Si poteva cadere così in basso?
Afferrai i lembi della camicia e li scostai, piano, scoprendo poco alla volta la fasciatura che mi ricopriva l’intero stomaco. Era una medicazione accurata, si vedeva a prima vista, e quasi mi dispiacque dover togliere la garza. Ο forse era solo un’altra misera scusa per non farlo.
Quando arrivai agli ultimi giri trattenni il fiato, combattendo contro l’istinto di chiudere gli occhi.
Ma poi lo vidi. E non ci fu più niente da fare.
Mi ritrovai piegata sul water a vomitare l’anima. Ad ogni conato tossivo quei pezzi di me stessa che erano andati in frantumi. Vomitavo e piangevo, fino a non avere più fiato e rischiare veramente di soffocare.
Disgustoso. Disgustoso. Disgustoso.
Che cosa mi aveva fatto?
Finii di rigettare e mi sentii completamente svuotata. Se era rimasto qualcosa dentro di me, di certo non lo sentivo.
Dovevo alzarmi, non potevo passare la giornata piegata da sola, ma non ce la facevo. Non se sapevo di dover rivedere quell’orrida vista.
Anche se non ti vedi, fai schifo lo stesso.
Singhiozzai, mordendomi le mani per non gridare.
Perché mi aveva toccata in quel modo? Perché mi aveva lasciato tutto quello sporco addosso? Maledizione, perché?!
Costrinsi il mio corpo a risollevarsi e mettersi nuovamente di fronte allo specchio.
Avevo iniziato. Dovevo finire.
E anche se cercavo di seguire questa filosofia, tutto quello rimaneva ugualmente una tortura.
Sfiorai il più delicatamente possibile quei segni quasi neri che mi percorrevano da un lato all’altro del corpo, scurendosi maggiormente lì dove dovevano esserci delle costole rotte o incrinate.
La ferita sul fianco non era ancora rimarginata, fra il sangue rappreso erano visibili dei piccoli punti di sutura.
Disgustoso.
Non indossavo la biancheria e me ne rammaricai. Non c’era un limite a quella distesa di lividi e segni violacei. Non c’era un confine a tutto quell’orrore.
Disgustoso.
Forse dovevo vederlo con un po’ di positività. Nonostante le sue intenzioni, le sue carezze – che di carezze non avevano proprio niente – e i suoi colpi, non era riuscito a violentarmi. In un certo senso potevo considerarmi illesa, quasi.
Allora perché mi sentivo come se fossi stata violata?
Disgustoso.
Gridai
Gridai più forte che potevo, mentre le corde vocali bruciavano e gli occhi versavano lacrime autonome.
Gridai e volli cancellare tutto.
Le mie mani scivolarono sul corpo, una all’altezza dell’addome, l’altra nell’interno coscia, e iniziarono a graffiare, scorticare, squarciare quella pelle che era già stata toccata da qualcun altro di indesiderato.
La ferità si riaprì, gettandomi addosso altro sangue. Sulla mia pancia si formò un intricato intreccio fra viola e rosso.
Disgustoso.
Gridai di nuovo, terminando in un roco rantolo che bloccava tutta la mia rabbia in gola.
Faceva tutto troppo male.
La camicia si era intrisa di quel colore scarlatto, aderendo dolorosamente alla ferita.
Ma io non vedevo più niente, c’era solo quel rosso e quel viola che mi sommergeva con i suoi colori violenti.
Disgustoso.
La porta si aprì di colpo, distraendomi da quel labirinto stomachevole.
Dastin si catapultò nel bagno con uno sguardo terrorizzato. Ma il suo terrore non fu niente in confronto a quello che provò nel vedermi.
Fai schifo anche a lui.
Ammutolì, lasciando che fossero solo i miei singhiozzi a parlare.
Non ti vuole più.
Le labbra serrate, nessun suono che provenisse da esse se non un verso strozzato.
Sei sola.
Strinsi le braccia al petto e mi piegai in avanti, gridando ancora e ancora.

- NON GUARDARMI! NON GUARDARMI!

Lui serrò la mascella, un lampo scuro nelle iridi.
Mi afferrò per le spalle, spingendomi con forza nella cabina doccia alle mie spalle.
Girò la manipola sul segno azzurro e mi chiuse le braccia in una morsa sopra la testa, mentre l’acqua fredda ci colpiva quasi violentemente. Anche lei voleva punirci.

- COSA CAZZO STAI FACENDO?!

La presa sui miei polsi si strinse fino a bloccarmi la circolazione.
Dastin era a dir poco furioso.


Angolo dell'Autrice:

Premetto che non ho mai avuto a che fare con casi di violenza diretta, quindi sono del tutto incompetente in tale campo. Ma posso immaginare, come qualsiasi altra donna d'altronde, cosa si possa provare in un esperienza così devastante e ho voluto renderlo chiaro nella reazione di Vivi.
Sebbene lei non sia stata violentata, ciò che ha provato, i segni di Jerald, tutti quei ricordi non l'abbandoneranno mai. È questo a farle più male in assoluto, il sapere di non essere in grado di cancellare tale avvenimento, il dover rivivere la paura di quegli attimi ogni volta che si guarda allo specchio, finchè anche il più piccolo livido non scompare.
È un terrore più simile alla rabbia che alla disperazione, ma è pur sempre terrore.
Spero di non essere stata fraintesa e che nessuno sia rimasto offeso da questo capitolo.
In caso contrario, mi scuso immediatamente.
Grazie per aver letto.

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Capitolo 19
*** 19 Ti prego, smettila ***


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19                                TI PREGO, SMETTILA

 

 

I polsi pulsavano dolorosamente sotto le sue dita; cercai di muoverli, ma in cambio ricevette solo un'altra morsa, ancora più stretta.
Dastin continuava a parlare, un tono di voce tanto basso e grave da mettere inquietudine. Non riuscivo a capire cosa stesse dicendo, il rumore dell’acqua sovrastava le sue parole.
Maledizione, perché l’acqua fredda poi? Erano pochi minuti che mi trovavo là sotto e le stesse ossa si stavano congelando.
Volevo guardarlo in faccia, cercare di capire se era davvero tanto arrabbiato o se stesse solo esagerando. La mia vista era completamente annebbiata, dalle lacrime e dall’acqua. 
Perché non mi aveva ancora lasciato? Faceva male.
Mentre i capelli si attaccavano sulle guance e la camicia aperta sulla pelle, sentii il sangue colare giù dal fianco, lungo le cosce. Forse era il freddo che stava anestetizzando ogni cosa, ma erano rimaste solo le sue mani a darmi fastidio.
Lasciami!
Provai a dirlo, a gridarlo; al suo posto invece uscì fuori un misero singhiozzo.
Che pena...
Strattonai ancora i polsi.
Cazzo, mi fai male, non te ne accorgi?
Lui ringhiò, o almeno le sue labbra sembrarono simulare quel gesto animalesco. Portò una mano al fianco sano e mi strinse contro di sé.
Sentii la sua maglia bagnata contro la mia pelle, i miei seni. Giusto, ero nuda.
Non me ne fregava niente.
La mano sul fianco era delicata, quell’altra stringeva ancora troppo.
Cosa stai facendo?
Una macchia rossa si espanse come olio sui suoi vestiti. La guardai distaccata, come se quello non fosse davvero il mio sangue.
Puntai nuovamente lo sguardo sul suo volto, riuscendo finalmente a scorgere il profilo degli occhi.
No, non era poi così arrabbiato; semplicemente non riusciva a capire. Stava affogando nella confusione.
Cercai di simulare un mezzo sorriso, ma sul mio volto non dovette comparire niente di rassicurante.
Lui mi abbracciò ancora più forte.
Smettila di preoccuparti.
Era freddo, quanto l’acqua, forse di più. Una temperatura più adeguata ai cadaveri che ai vivi.
Avvicinò le labbra al mio collo, sotto l’orecchio.
Mi aspettavo un bacio, una carezza, qualcosa; invece rimase così, immobile sotto la doccia, con il mio sangue addosso e io che lo guardavo stralunata.
Perché lo fai? Non ha senso.
Quando mi lasciò il polso, la sensazione del sangue che tornava a circolare normalmente nell’arto fu quasi dolorosa.
Lasciai cadere il braccio. Volevo sollevarlo, ricambiare l’abbraccio, ma era davvero troppo pesante.
Lui portò l’altra mano dietro la mia schiena.
Sentivo i suoi capelli gocciolare sulla fronte, la barba che mi pizzicava la guancia. Glie l’avevo detto un milione di volte che doveva tagliarsela più spesso.
Non credo ne abbia avuto il tempo.

-   Ti prego, non farlo più – mi sussurrò all’orecchio, abbastanza vicino da poterlo sentire – Non quando posso vederti io. Fa male, Vivi.

Credi che non lo sappia? È fottutamente doloroso, tutto fa male. Non c’è bisogno che me lo ricordi anche tu.

-   Smettila… - lo dissi piano, forse troppo.

Quando provai a ripeterlo, avevo ripreso a piangere.

-   Ti prego… smettila…

Scosse la testa, la barba mi irritò un altro po’ la guancia.

-   No.

-   Smettila…

-   Non chiederlo neanche.

Le gambe divennero sempre più pesanti, prima iniziarono a tremare, poi non ressero più il mio peso e, lentamente, scivolai sulle piastrelle della doccia, trascinandolo con me.
Dastin cadde in ginocchio nella pozzanghera rossastra che si era formata ai nostri piedi.

-   Vattene via – riprovai, stringendolo di più contro di me.

Ero davvero incoerente.

-   Lo sai che non lo farò.

-   …Ti odio…

Lui sorrise debolmente, lo sentii dal suo tocco: la bocca tirata sulla pelle della mandibola.

-   Lo sospettavo.

Cosa dovevo fare per mandarlo via, per convincerlo a lasciarmi da sola?
Perché vuoi mandarlo via?
Con la coda dell’occhio lo vidi allungare un braccio fuori dal box, afferrando l’asciugamano accanto all’accappatoio, e, senza neanche muoversi, me lo avvolse intorno al fianco.

-   Non sento niente – dissi, forse per rassicurare lui, forse per rassicurare me. Non provavo più alcun dolore, non quello fisico per lo meno, quello che sarei stata ugualmente capace di gestire.

-   Non importa.

Nello stesso modo, spinse la manopola dell’acqua su quella calda.
Accolsi l’immediato calore quasi come una benedizione.
L’acqua lavava, portava via tutto… No, non proprio tutto.

-   Prometti che non lo farai più?

Scossi la testa.
Non doveva neanche permettersi di chiedermelo.
Era disgustoso, ogni cosa. Come potevo ignorare semplicemente quella sensazione e andare avanti?
Faceva schifo.

-   Prometti che ci proverai, per lo meno?

Rimasi interdetta.
Ero capace di fare quello sforzo? D’altronde non mi stava chiedendo niente di impossibile. Certo, necessitava di coraggio, molto coraggio, e in quel momento ne ero del tutto sprovvista.
Ma ero davvero caduta così in basso da aver perso anche la volontà?
Sì, puoi farlo.
Dastin parve capire, interpretando il mio silenzio come un consenso. Sorrise di nuovo e mi lasciò una piacevole carezza sui capelli.

-   Grazie.

Lo odiavo quando era così gentile, faceva nascere dei sensi di colpa ingestibili. Proprio lui, poi, che di solito era il menefreghismo in persona.
Forse mi ero lasciata abbindolare come una stupida.
Sei una stupida che sta provando un po’ di felicità.
L’acqua venne finalmente chiusa.
Mi prese in braccio, con lentezza, delicatamente.

-   Non sono di vetro. Non sto per rompermi.

Lui non disse niente, spegnendo la luce del bagno con il gomito.
La porta fu lasciata aperta e il letto, con le sue lenzuola stropicciate e le coperte di troppo, divenne un traguardo ben gradito.

-   Posso restare qui? – chiese.

Annuii, girandomi in modo da avere il suo petto contro la mia schiena.
Il materasso si stava bagnando sotto di noi, il tessuto si sporcava di un rosso inquietante.


        -   Devo dargli un’occhiata – sussurrò, riferendosi alla ferita, non appena si accorse della macchia che si ingrandiva. Ma la sua sembrava più una domanda che un’affermazione.

-   Non fa male – ripetei.

Era così difficile da crederlo?
Non. Faceva. Male.
Lui non parve esserne convinto, ma lasciò ugualmente cadere il discorso con un “Okay, ci pensiamo più tardi”.
Afferrò le coperte e le tirò sopra di noi.
Sorrisi.
Sei una stupida davvero strana.
 







Angolo dell'Autrice:

Salve, prima che caricate i fucili, vi prego, ho alcune cose da dire.
Questo capitolo probabilmente non verrà compreso da molte persone: mi dispiace. Non so spiegarvelo, ma lo ritenevo semplicemente necessario; non tanto ai fini della trama, bensì a quelli del rapporto fra Dastin e Vivi.
Per qualsiasi incomprensione, chiedete pure; cercherò di rispondervi nel modo più soddisfaciente possibile, per quanto ne sarò capace.
Ormai avrete capito che gli aggiornamenti saranno sempre più sporadici.
Mi scuso anche per questo.
Purtroppo il tempo a mia disposizione è diventato molto più ristretto e sono completamente presa del genere slash: in particolar modo Green Daisy mi sta dando filo da torcere, ma quella storia è diventata parte della mia vita, impossibile ignorarla (la amo anche più di questa, sebbene io mi renda conto che sia piuttosto discriminatorio ammetterlo XD). Suppongo che molti altri autori potranno comprendermi: è come preferire un figlio fra gli altri. Paragone esilarante, ma che rende l'effetto.
Comunque, l'ho già detto in precedenza e lo ripeto, Wanted non verrà mai abbandonato.
Vi sono legata come a un cimelio del passato. In questa storia riesco a leggere gli stessi cambiamenti del mio modo di scrivere, l'acerbezza dei primi capitoli e il loro progressivo sviluppo.
Non so dirvi quando finirà, per ora ho in testa un momento preciso di stallo, una specie di pausa a cui dovrò assolutamente dare un seguito perchè sarebbe troppo inadatta come finale (e voi mi uccidereste senza esitazione leggendola XD). 
Ma, per ora, le avventure e i problemi dei due protagonisti sono ancora tante, troppe, per essere risolte così facilmente.
Grazie per aver letto.
Con affetto a tutti voi che mi seguite.
Lelle




 






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