Sogno
reale
Autore: ellephedre
Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon
non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di
Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
4
- Realtà/Gioie e insidie
«Chibiusa.»
Chibiusa, nome di ragazzina, di figlia.
«Scusa, mamma, devo andare.»
Come poteva fermarsi? Il suo sogno si era fatto vero, era
adulto e grande quanto lei. Era tempo di smettere di vivere di desideri
realizzabili solo di notte, nella sua fervida immaginazione. Helios era
divenuto corpo, occhi d'ambra meravigliosi, mani forti e dolcissime.
Con lui non era più una principessa, ma solo una
ragazza, la più fortunata su tutta la Terra.
«Devo veramente andare, mamma.»
Scalpitava, ma sua madre si avvicinò veloce e la
trascinò dietro un portone. Le ante erano talmente imponenti
che vi si poteva nascondere dietro un elefante: una Regina e sua figlia
trovavano spazio senza problemi.
«Usa-chan, vorrei che tu ed io trovassimo il tempo
per una chiacchierata a quattr'occhi, che ne dici?»
Usagi si ricordò di aver preferito sua madre quando
aveva badato meno alla forma. «Parliamo adesso.» In
seguito lei non avrebbe avuto tempo da dedicarle: avrebbe trascorso con
Helios giorno e notte, per settimane.
«Be'...» Sua madre si tormentò
le sue dita con uno strofinio nervoso. «Così, a
freddo, risulterei indelicata...»
Da quando le importava?
«No, dài, dobbiamo avere più
tempo! Prendiamoci una serata tra ragazze, stasera.»
«NO!» Usagi si zittì di colpo;
nel corridoio l'eco del suo grido tardò a sparire.
«Voglio dire... proprio stasera? Oggi oggi? Avevo organizzato
un party con il Quartetto...» Cercò di sembrare
contrita; sua madre si risentiva sempre quando lei dimostrava di
preferire la compagnia delle ragazze alla sua.
Nella penombra dietro la porta, i maestosi occhi blu della
nuova Regina Serenity si erano fatti pensierosi. «Sai che
fatico a trovare del tempo libero, ma... Okay, se tu hai un
altro impegno...»
«Esatto!» Usagi la baciò sulla
guancia. «Grazie infinite, mamma, a dopo!»
Scappò via.
Usagi Regina incrociò le braccia, rimanendo
nell'anfratto in cui era nascosta. Alcune operazioni richiedevano
assoluta segretezza.
"Mercury?"
pensò accovacciandosi.
La risposta tardò un momento a giungere.
"Sì,
maestà?"
"Niente
maestà! Ti chiamo in veste non ufficiale!"
"Oh. Ti serve
qualcosa, Usagi?"
"Puoi attivare
un campo video se ti segnalo un punto preciso?
Sentendo silenzio nella propria testa, Usagi si
insospettì.
"Ami?"
"Vuoi spiare
Mamoru?"
"No! Che
ragione avrei di spiarlo? Non sono gelosa, non ho motivo di- Oh, no.
Hai pensato che mi riferissi a lui perché sai di un suo
interesse segreto per un'altra donna e assieme alle ragazze me lo state
nascondendo per non farmi piangere e disperare-"
"Frena, Usagi.
Non so niente di Mamoru e sono certa che non abbia MAI pensato di
tradirti. Ma tu mi hai chiesto un favore non ufficiale. Ho pensato che
potesse riguardare solo la tua famiglia."
Usagi tirò un sospiro di sollievo grande quanto
tutto il palazzo reale. "Pensavo
a Chibiusa."
Ami si zittì. "Questo è sbagliato,
Usagi."
"Decido io
cos'è sbagliato per mia figlia."
"È
un'affermazione ridicola. Non esiste relatività su questioni
simili, la privacy è sacra e va rispettata."
"Chibiusa si
vede con un ragazzo!"
"Non
è un crimine."
"Si vede con un
ragazzo che non vuole presentarmi."
Ami riuscì a inviarle il suono di un lungo sospiro
paziente. "Come fai a
sapere che ha conosciuto qualcuno?"
"Stamattina era
solo una sensazione. Poi ho creduto di aver esagerato e che lei stesse
facendo dei sogni su Helios. Ti ricordi di lui?"
"... l'hai
spiata mentre dormiva?"
"Questo adesso
non c'entra. Poco fa le ho chiesto di fare una bella chiacchierata tra
noi, come ai bei tempi. Dovevi vedere com'era nervosa! Ha detto che
stasera aveva da fare!"
"Magari ha
davvero un impegno precedente."
"Io non ci
casco! Le formicolavano le mani e ha detto che doveva assolutamente
incontrarsi con il Quartetto. Ma le sta vedendo già tutti i
giorni! Venus non ti ha riferito dei miei sospetti su di loro? Stanno
architettando qualcosa!"
"Ne hanno
sempre combinate tante..."
"No, questa
volta sono tranquille! Quando c'è un guaio in vista sono
agitate! Invece dalla scorsa settimana sono l'emblema dell'educazione e
della calma! Vanno a dormire presto e restano a letto fino a tardi,
tutti i giorni! Come Usa-chan!"
"Be'..."
"Dimmi cosa
facevi tu quando raccontavi a tua madre che andavi a riposare di
buon'ora e poi, la mattina dopo, eri stanca fino a mezzogiorno!"
"... be'..."
"Ahhh!"
Usagi urlò mentalmente. Le scappò un gridolino
anche dal vivo: persino Ami, che da giovane era stata tanto timida e
discreta... Oh, no! "Non
può essere già arrivata tanto in fondo con lui! E
poi non ho sentito la presenza di nessun estraneo in camera sua,
com'è possibile che-?"
"Usagi."
"Hm?"
Era disperata!
"Non ti
è venuto in mente che forse, visto che non sembra esserci
nessun ragazzo e ci sono di mezzo solo le sue guerriere personali..."
"Sì?"
"Magari
l'amicizia con una di loro può essere diventata qualcosa
di... più."
Usagi spalancò la bocca. Le gonne piegate sulle sue
ginocchia caddero al suolo. "Oh."
Ami si astenne saggiamente dal commentare.
"... ma le
piacevano i ragazzi. Stanotte sognava Helios..."
"Non
è detto che lui non le piaccia comunque. Questi sono
meccanismi misteriosi. Inoltre... Aspetta."
"Cosa?"
"L'altro giorno
parlavo con Minako. Mi ha detto una cosa che ora mi sta facendo
riflettere."
"Hm?"
Usagi stava ancora cercando di venire a patti con ciò che
aveva appena saputo. Davvero c'era qualcosa di speciale tra la sua
bambina e una delle Amazzoni? CereCere, forse?
Ami continuò come se nulla fosse. "Un paio di sere fa Minako mi
raccontava che era molto fiera di Adonis. Sembra che, per la sua
giovane età, lui sia molto in sintonia col suo potere.
Secondo Minako è riuscito a imparare un trucco, un
modo per celarsi dall'attenzione di chiunque. A livello di percezione,
diventa invisibile per qualche secondo."
Che bravo, pensò Usagi. "E questo cosa c'entra con
Usa-chan?"
"Ebbene...
magari sono stata affrettata e non c'entra nessuna ragazza,
bensì..."
"Ahhh!" gridò
di nuovo Usagi. "Adonis!
Quel ragazzino!"
"Ecco, forse..."
Fremendo di energia, Usagi chiuse il portone con un botto
secco. Nel raggio di duecento di metri gli attendenti di palazzo
fuggirono veloci.
"È
venuto qui tantissime volte nelle ultime settimane! Era per lei,
allora!"
"Usagi,
ascolta..."
"Dov'è
finito il rispetto?! Se vuole corteggiare mia figlia la principessa
deve prima presentarsi da me e da suo padre, e solo poi...!"
"Usagi!"
Il rimprovero imperioso la calmò. "Cosa?"
"È
importante non agire sulla base di conclusioni immaginarie. Ti prometto
che stanotte saprai con chi si sta vedendo Chibiusa."
Ami era una grandissima amica! "Registrerai
un suo piccolo video e me lo farai vedere?"
"No."
"Ma io non
voglio spiare, voglio solo-"
"Lo so. Ma
vedrò io questo video, di pochissimi secondi, solo per
informarti e permetterti di stare tranquilla."
Ad Usagi sfuggì una risatina. "Ami, so che covi in te il
desiderio segreto di fare tante marachelle come questa. Un giorno ti
costringerò ad ammettere che ti piace essere coinvolta nei
miei piani."
"Non
è vero. Ora, se non vuoi che cambi idea, non ne parleremo
più fino a stanotte."
Usagi udì con chiarezza la velata minaccia. "Va bene", si
arrese.
"A
più tardi, mia Regina."
Pfui. "A
stasera, Mercury."
Fiori dai colori sgargianti, acqua limpida e luce che filtrava
dal soffitto. Il tetto del giardino privato di Usagi era una cupola di
vetro intarsiata. Ad Helios l'ambiente ricordava Elysion. Se
non avesse reciso ogni legame con la sua dimora onirica, si sarebbe
sentito a casa.
Era vivo da poche ore e tutto ciò che aveva visto
sino a quel momento era una copia imperfetta del mondo da cui
proveniva. Dov'era la confusione dei luoghi che aveva osservato nei
sogni? Dov'erano le pareti sporche, vissute, e gli ambienti disordinati
e rumorosi?
Se fosse stato più sicuro di sé -
più coraggioso, ammise - avrebbe spalancato la porta di
quella sala e sarebbe fuggitoh, in cerca del mondo reale.
La sua impazienza era pericolosa.
Esistevano particolari di quella stanza che lo meravigliavano
- la sensazione di un pesce che gli sfiorava la mano dentro l'acqua
della fontana, il graffio morbido della terra delle aiuole. Davvero
pensava di essere pronto ad affrontare il grande mondo che lo attendeva
fuori dal palazzo? Il supporto di Usagi sarebbe stato indispensabile
per lui. Lei lo avrebbe preso per mano e...
Flettè le dita, chiudendole e aprendole,
sorprendendosi per il solletico generato sul palmo. Una sensazione
piacevole. Cosa la creava? Avvicinò l'arto al viso e fu
costretto ad allontanarlo di colpo. La vista! Si era sfocata. Il
fenomeno si ripeté durante più tentativi, tanto
da fargli dedurre un importante insegnamento: non bisognava guardare
troppo da vicino le cose.
A una distanza moderatamente prossima riusciva a scorgere le
minuscole scaglie morbide di cui era fatta la pelle del suo corpo,
piccoli rombi irregolari solcati da pieghe sottili. Le trame che
disegnavano sulla sua mano erano visibili in corrispondenza delle
nocche e della piega delle dita. Premendo su quei punti li
trovò duri.
Ossa.
Già, c'era uno scheletro dentro un essere umano,
così come nel corpo di molti esseri viventi.
Guardò la fontana. Non gli sembrava che i pesci
avessero ossa.
E lui, ne aveva dappertutto?
Sotto la nuca, sì. La sensazione del massaggio che
si procurò nel percepirle fu rilassante.
Vi erano ossa anche nelle gambe, protette da strati di carne
dura: ne sentiva la presenza.
Tentò un salto. Dopo essere atterrato con successo,
sentì il bisogno di provarne uno più alto. Le
giunture dei suoi arti inferiori sostennero peso ed equilibrio per lui.
Saltare era...
Toccò la parte alta delle sue gambe. Se ricordava
bene, il nome tecnico era cosce.
Perché erano più dure? A causa dei muscoli,
giusto? La carne della gamba si muoveva se spostava il peso avanti,
così come quando lo spostava indietro.
Sarebbe stato interessante osservare la danza dei muscoli
sottopelle, senza l'impaccio dei vestiti, ma le sue maestre Amazzoni si
erano mostrate concordi su un unico punto: gli abiti si potevano
togliere solo nei bagni e nelle proprie stanze private. Lo avevano
chiarito dopo che lui aveva cominciato a svestirsi davanti a loro, un
episodio che Helios ricordava ancora con imbarazzo - se era
ciò che stava provando.
“Non hai pudore!” lo aveva sgridato JunJun.
Se aveva interpretato bene il concetto, l'imbarazzo che aveva
provato nel sentirsi osservato da loro era una manifestazione della
naturale ritrosia degli esseri umani a svelare il proprio corpo nudo.
La spiegazione di pudore
era venuta da CereCere, e lui aveva ritenuto saggio non chiedere
deludicazioni sulla presunta naturalezza della reazione: in fondo, se
la stava provando senza saperne nulla, aveva ragione lei.
Infastidito, strofinò il capo di vestiario che lo
fasciava sotto i pantaloni, tra gambe e bacino. Era stretto e scomodo.
Era vero - come gli avevano detto - che gli uomini lo indossavano
quotidianamente? A lui faceva provare caldo.
Tentò di sedersi, ma la situazione
peggiorò invece di migliorare. Anche se non era a proprio
agio, ricordò che bisognava stare composti. Sospirando
raddrizzò la schiena, esercitandosi in quella prova di
sopportazione. Per la parte di umanità che era
priva di ingombri in mezzo alle gambe la vita doveva essere molto
più semplice.
Lui aveva una curiosità importante su quella parte
del proprio corpo: era l'unica - a quanto aveva appurato sino a quel
momento - che cambiava forma.
Muoveva il piede e quello rimaneva della stessa dimensione.
Per la mano, uguale. Non gli risultava che le gambe si allungassero
quando camminava. Era cosciente di quale fosse la funzione del
cambiamento che lo incuriosiva, ma un conto era saperlo, un altro
provarlo.
Secondo JunJun lui doveva imparare a controllarsi. Ma
era complesso mettere in atto quel proposito senza
avere maggior esperienza riguardo alla sensazione che doveva reprimere.
Tentò di ricordare gli episodi immediatamente
successivi al suo risveglio, causati dalla vicinanza di Usagi.
Forse era sufficiente spingere giù con la mano?
Stringere? Concentrarsi, no?
Fece qualche prova, ma finì con lo studiare la
sensazione derivante dal contatto piuttosto che i suoi effetti.
Confuso, respirò a fondo e provò a
premere più forte.
Fu in quel momento che nella stanza apparve lei.
Usagi sbatté ripetutamente le palpebre. Le chiuse
forte, certa che una volta riaperte i suoi occhi avrebbero visto un
Helios perfettamente normale. Si azzardò nuovamente a
guardare: davanti a lei c'era Helios, seduto sul bordo della fontana,
con la mano saldamente appoggiata sul proprio...
Ebbe la prontezza di creare una barriera sonora prima di
gridare a squarciagola.
Lui scattò in piedi. «Cosa
c'è?!»
«Tu- tu..!» Si ritrasse appena lui
tentò di avvicinarsi. Helios si immobilizzò.
«Non...» Usagi si limitò a
tenere alte le braccia, implorandogli di rispettare la distanza.
Ma cosa diavolo...? Era impazzito?! Lei era ansiosa di vederlo
e lui, invece di aspettarla tranquillo, si dedicava a-
«Stavo facendo qualcosa di sbagliato.»
Suonò come una domanda.
Usagi provò a parlare, ma riuscì solo ad
annuire.
Helios deglutì e abbassò lo sguardo. I
suoi occhi percorsero la distanza tra loro come se fosse un campo
minato. «Non sapevo che... Non sono sicuro di
cosa...» Arrossì, un fiotto cremisi sulle sue
guance. Raddrizzò le spalle, un disperato tentativo di
emanare sicurezza. «Sto cercando di imparare.»
«... che cosa?»
«Le regole.» Lo attraversò una
risata amara, niente che lei avesse mai visto sul viso del ragazzo da
sogno che amava. «Mi avevano detto che potevo
sbagliare così tanto da causarti questa reazione. Adesso
l'ho fatto. Vuoi che ti stia lontano?»
Sì. Ma
non trovò il coraggio di dirlo.
Helios comprese comunque. «Se ho capito bene il mio
errore, la prossima volta non sbaglierò più.
È una promessa.»
Se
aveva capito? «Come fai a non sapere che...» Lui
era sempre così sicuro di tutto!
«Perché non so niente.»
«Ma quello che tu...» Imbarazzata oltre
ogni limite, non trovò la forza di descrivere l'atto.
Indicò il suo bassoventre con un gesto vago della mano.
«Ma io non lo so.»
Il respiro di Helios era erratico ed irritato. «Io vedevo, non
partecipavo a niente e non sapevo... Mi sento buttato in questo mondo
che-» Si bloccò. «Sono capace
di fare di peggio se qualcuno non mi ferma. Però imparo in
fretta e, per una cosa che ancora non so, basta una parola e
io...» Cercò nei suoi occhi qualcosa che non
trovò e Usagi sentì di aver commesso un errore
più grande del suo.
«Mi merito di essere guardato
così.»
«No.»
«Guardami come vuoi. Mi servirà,
perché mi fa sentire...»
Umiliato.
Con quale coraggio lo trattava in quel modo? Aveva promesso di
aiutarlo e proteggerlo.
Helios inghiottì la mortificazione con una forza
d'animo che la rese consapevole della propria grettezza.
«Non stare in silenzio, Usagi. Di' qualcosa che mi
possa essere d'insegnamento.»
Poteva farlo subito. «Sai... Anche dopo aver vissuto
novecento anni, si possono commettere errori madornali. Come ho fatto
io ora.»
Lui non fu rincuorato dalla sua presa di
responsabilità.
Usagi tornò ad una delle prime domande che aveva
voluto fargli, ad un momento che, nella sua mente, sarebbe dovuto
essere perfezione: loro due l'uno tra le braccia dell'altro, a
inspirare la vita che finalmente potevano condividere. «Come
sei arrivato qui?»
Helios aprì le palpebre, come sollevando un velo su
un mondo lontano. «Il mio successore è giunto a
prendere il mio posto. Mi stavo già separando da Elysion,
lui mi ha permesso di andare.»
«Lui?»
«Un ragazzino come me.» Guardandosi,
Helios si rese conto dell'errore. Provò a correggerlo, poi
decise di non farlo. «Sì, un ragazzino, proprio come
me.»
«È colpa mia se sei arrivato qui troppo
presto.»
«No.»
«Avrei dovuto farti capire che potevo
aspettare!»
«No! Io volevo venire qui con tutte le mie forze!
Aspettavo da secoli!»
Il suo tono concitato la destabilizzò, la accese.
Mai, mai lo aveva amato col disordine e l'impeto di
quell'attimo.
Stupidamente, invece di correre ad abbracciarlo, rimase
immobile - sopraffatta come una bambolina troppo delicata.
Confuso e frustrato, Helios indietreggiò,
ritrovandosi la luce del sole in pieno volto.
«Attento.» Usagi si sbloccò e
lo raggiunse.
Lui si era coperto la faccia con la mano. «Ci si
abitua?»
La vulnerabilità le aveva imposto un contatto.
Toccarlo causò un tremito ad entrambi.
«Non ci si abitua, il sole sugli occhi fa
male.» Per quanto era intensa la sensazione, le faceva male
anche accarezzarlo sui polsi e sfiorarlo. «Imparerai a non
fissare la luce direttamente. Avrai l'istinto.»
Helios non la stava guardando, si mordeva le labbra, teso. Si
rilassò solo quando lei lo lasciò andare.
Perché
fa male? Perché parlarti è come una fitta e
volerti bene un tale dolore?
Incrociò i suoi occhi.
Scoprì di non riuscire a stare ferma, in preda a
una scossa continua di nervosismo. «Le- Le ragazze ti
conoscevano già.»
Gli sfuggì un sorriso calmo. Per lei fu come essere
accarezzata sotto l'abito da un vento primaverile.
«Se non fosse per loro non avresti solo urlato,
saresti già scappata via da me.»
Usagi si impose di respirare con calma.
«Perché?»
«Mi hanno istruito in molte cose. Mi insegneranno a
leggere.» Helios si accese di un barlume di entusiasmo.
«Dicono che oggi è il mio compleanno.»
«Oggi?» Come una stupida, si rese conto
che lui non aveva una vera data di nascita.
Helios non colse il suo errore. «Hanno detto che
può essere oggi. E che io posso avere... Hm, due decenni di
aspetto e venticinque anni di vita. Per finta.»
Usagi fu felice di aiutarlo a dissipare
l'infelicità legata all'ultimo punto. «Tu sei
più millenario dei miei genitori e io sono nata nove secoli
fa. Non esistono anni reali per noi, bensì solo quelli che
sentiamo dentro.» Gli prese la mano. Dove un tempo aveva
sentito la forza del loro legame, percepì acutamente la
distanza nata dalle differenze che volevano colmare. Fu di nuovo
elettricità, una spinta a cercare di chiudere quello spazio
che - come non mai - li rendeva due esseri separati, distinti nei loro
bisogni.
Trascinò Helios verso la fontana. «Avrai
già visto questa. L'ho f-fatta costruire per questi
pesci che si stavano estinguendo, perché... insomma,
è grande. P-prosegue per altre tre stanze, è uno
spazio tutto per loro.» Stava balbettando vergognosamente.
Ignaro, Helios si accucciò per avvicinarsi allo
specchio dell'acqua, trascinandola - volontariamente o meno - verso il
basso con sé. «Prima ne ho toccato uno.»
«Un pesce?»
«È sgusciato via, non si è
fatto prendere.»
Le uscì una risata. «Non si fanno mai
prendere. Fuori dall'acqua non respirano.»
Lo scherzo divenne tremandamente serio per lui.
«Potevo ucciderlo.»
Oh no.
«Non l'hai fatto. Non ti preoccupare, i pesci sono
particolari. Non puoi fare del male a nessuno se non usi
violenza.»
Il concetto gli generò confusione e Usagi si
preparò a dissiparla.
«Violenza è stringere?» Helios
premette le dita attorno alla sua mano, avvolgendola fino a non
lasciarle scampo.
«Devi avere fiducia in quello che senti»
sussurrò lei, mentre tutto il suo essere tremava.
«Una stretta come questa non genera dolore.»
Si ritrovò con la mano libera.
«Presto non farò più
domande.»
«Sarò a chiederti molte cose»
ammise lei. Gli avrebbe domandato cosa provava e cosa pensava; per
sapere, per capire cosa c'era di lui che ora le sfuggiva e che voleva
disperatamente conoscere. Si sporse in avanti, per appoggiarsi alla
spalla su cui aveva posato la mano. Si ritrovò sbilanciata:
Helios si era mosso all'indietro, incerto sulla punta dei piedi; per
impedirgli di perdere l'equilibrio lei cercò di sostenerlo e
inciampò sul vestito. Caddero tutti e due su un fianco,
comicamente.
«Visto? Si sbaglia sempre, non è
grave.»
Lui era incerto. «Bisogna ridere?»
«Sì.» Usagi gli prese il volto
tra le mani, tirandogli verso l'alto gli angoli della bocca.
«Così.»
La sensazione del suo respiro caldo sui polpastrelli fu come
una colla: non gli avrebbe mai più staccato le mani di
dosso, ne fu sicura.
Lui accennò ad un movimento rapido in avanti, con
la testa. Lei indietreggiò, poi si sporse nella sua
direzione, dove Helios si era già ritratto. In un gioco di
piccole rincorse che nessuno dei due desiderava, giunsero a un
centimetro di distanza, troppo ansiosi per riuscire a trovarsi alla
stessa altezza con la bocca.
Ad occhi chiusi Usagi si tuffò in avanti, finendo
con le labbra sotto il suo naso. Aprirono la bocca e finalmente si
trovarono.
Il bacio di lui fu un respiro, quello di lei uno sfregamento
morbido, pura estasi. Si trasformò tutto in un secondo: il
contatto divenne colpetto umido, carezza frenetica - separazione,
persino quella, e di nuovo unione, quando capirono entrambi come
piegare la testa. Nell'angolo perfetto - un bacio finalmente unico -
lui scivolò con le labbra tra le sue e le aprì
veloce. Per come la toccò lì dentro, Usagi
divenne crema. Si sciolse, o meglio cadde, perché
l'equilibrio precario basato su un unico ginocchio venne meno col
tessuto del vestito che perdeva aderenza col suolo liscio.
Colpì Helios sul naso, con la testa, e gli cadde
in grembo, un groviglio di braccia che non seppe dove appoggiare. Nel
rialzarsi, beccò il punto più sbagliato sul corpo
di lui, appoggiandovisi.
«Scusa!» Si ritrasse con uno scatto, la
mano che si copriva la bocca. Se liberava ancora le labbra non avrebbe
potuto rispondere del loro operato.
Lui stava annuendo piano. La guardò, ma invece di
avvicinarsi scivolò rapido all'indietro. «...
scusa tu.»
«... per cosa?»
«Forse...» Stava scuotendo la testa.
«Ci vediamo più tardi?»
La proposta secca la riportò alla
realtà. «Eh?»
«Mi dicevi che devo ascoltare l'istinto.»
Helios smise di toccarsi il naso e la fissò senza ostacoli,
come se fosse doloroso guardarla. Per
quanto era bello, capì lei, pervasa dal
medesimo impeto.
«Tempo per... gestire. Per capire. Una
pausa.»
Il significato della frase spezzata non le sfuggì.
«Okay.» Anche se tutto il suo essere gridava il
contrario, non vi era stata imposizione nel loro momento insieme. Non
poteva essercene alcuna. «Allora torno più
tardi.» Pensare ad un orario le sembrò assurdo:
non vi era mai stato il concetto di tempo per loro due. Ma ora sì.
Prima che potesse andare via, Helios si allungò con
un balzo e la raggiunse, una mano che quasi si azzardava a toccare la
sua. «Sei come il sole.» Sorrideva.
«Troppo fa male.»
«Imparerai ad abbronzarti.»
Lui inclinò la testa, senza capire.
«Ci si abbronza quando il sole colpisce la pelle.
La pelle poi si abitua.»
«Allora... accetterò i colpi.»
Lei scosse la testa. «Io sono un sole buono. Bacio,
anche la pelle.»
Le sue parole cominciarono a dargli un'immagine.
Per riuscire a separarsi da lui Usagi sparì in
quel preciso momento.
«Allora?»
La domanda di VesVes incontrò il
silenzio. Il signorino Helios le rivolgeva persino la schiena.
«Com'è andata con Usagi? CereCere la sta
rincorrendo per avere la sua versione.»
Seduto per terra davanti alla fontana, nella parte che
scorreva come un fiumiciattolo all'altezza del suolo, Helios si volse
verso di lei solo con la testa. «Perché dovete
sapere com'è andata?»
«Perché sì.»
Lui rifletté sulla motivazione.
«CereCere ora non può insegnarmi a
leggere?»
«Sta cercando Usagi.»
«Allora posso stare da solo?»
Cosa?
Lui non ripeté la richiesta, rimase in attesa di
una risposta.
VesVes ammirò il suo ardire. «Okay, ma
magari ti annoi. Vuoi il libro con le lettere dell'alfabeto?»
«Va bene.»
Dopo avergli portato il tomo, VesVes lo lasciò
alla sua solitudine.
Non avere a che fare con un bambino a cui bisognava badare
era un passo in avanti per tutte le parti in causa.
«Quel DEGENERATO!!!»
«Venus, calmati.»
«Macché calmarmi! È un
ragazzino
finito!»
«Ancora non sappiamo se davvero-»
«Lasciami andare!» Si agitò.
«No!» le intimò Ami.
«Prima scopriamo se è colpevole, dopo potrai fargli
quello che vorrai.»
«Non so di una sola volta in cui abbiamo accusato
Adonis di qualcosa che non ha fatto! È stato lui, anche tu
lo pensi, altrimenti non mi avresti chiamata qui! E io che come una
sciocca ho creduto che mi accompagnasse a palazzo solo per farmi
felice! Ha! Veniva con me per Usa-chan!» Le venne un attacco
di lacrime. «Come può far questo a sua
madre?!»
Ami cercò di consolarla. «Tecnicamente,
starebbe solo corteggiando la principessa. Se ci pensi, non
c'è nulla di male.»
«Ma non la ama! Credi che non sarei favorevole se
fosse innamorato di lei? Pensa, mio figlio, un futuro Re!» Le
brillarono gli occhi, la luce di un sogno che svanì in
fretta. «Invece è un ragazzino che sta camminando
sulle sabbie mobili. Oh, ma sprofonderà per mano mia, non
permetterò che nessun altro lo punisca!»
Ami preferì evitare di sprecare altre parole. Se e
come Adonis, figlio di Venere, fosse da punire, lo avrebbero stabilito
tra poco, guardando la serie di brevissimi filmati che aveva registrato
nelle ultime tre ore della mattina, a intervalli di dieci minuti. Il
soggetto inquadrato per un raggio di dieci metri era la Lady della
Terra, principessa Serenity.
Nonostante tutto, Ami continuava a pensare che fosse una
buona idea aver informato preventivamente Minako. Se la rabbia
di lei fosse stata giustificata, avrebbe avuto il tempo di sbollirla.
Se lo avesse scoperto dopo i sovrani invece... be', Ami non voleva
saperlo. Il giovane Adonis poteva essersi comportato molto male, ma per
lei rimaneva un bambino. Le dispiaceva moltissimo che fosse punito
duramente.
Non erano stati tutti ragazzi, ai loro tempi? Minako poi ne
aveva combinate più di tutte loro messe assieme.
«Questo filmato arriva?»
«Sì, sì.»
Si trovavano nello studio della sua casa privata, dove di
rado Ami faceva entrare estranei. Avrebbe provveduto ad usare il
sistema informatico del palazzo se non avesse avuto timore di un
potenziale hackeraggio da parte di sua maestà il Re.
Dopo aver saputo che esisteva un filmato della figlia con un
ragazzo, solo il cielo - e Usagi - potevano immaginare di cosa sarebbe
stato capace Mamoru Chiba.
Ami ordinò all'ultima riproduzione di partire.
Appena vide Usa-chan che se ne stava sdraiata nelle sue stanze, a
fissare il soffitto, capì di aver sbagliato tempistica.
«Scusa, perché non cominciamo
dall'inizio?»
«La principessa si era appena allontanata da sua
madre.»
«Non ha importanza. Ti assicuro che dieci minuti
sono un tempo sufficiente per qualunque attività
compromettente.»
Minako stava esagerando nel giudicare male suo figlio.
«Pensi davvero che...?»
«Non lo penso, lo so. Voglio arrivare subito al
peggio, così potrò dimenticarlo
rapidamente.»
Per non perdere altro tempo, Ami la accontentò e
selezionò il filmato di dieci secondi relativo alle undici
di mattina.
Furono pochi momenti di grande cinema.
«Ma che...?»
Ami non seppe se tirare un sospiro di sollievo o trattenerlo.
«Quello non è Adonis.»
Minako si sporse in avanti, come se così facendo
potesse aumentare la risoluzione di uno schermo già grande.
Ami scosse la testa. «Schermo, aumenta focus su
secondo soggetto.»
Il computer ubbidì, facendola inevitabilmente
vergognare: da quando era caduta tanto in basso da spiare un momento
intimo tra due ragazzi?
«Aww.» Minako stava sorridendo a braccia
incrociate. «Che teneri! Da esperta posso dire una cosa: se
questo non è un primo bacio, poco ci manca.»
I dieci secondi finirono rapidamente, cristallizzando
l'immagine di Usagi e del suo misterioso accompagnatore avvinghiati
precariamente. Ami impedì a Minako di far ripartire
il video. «Computer, filmato successivo.»
«Ehi!»
«Da questo non si capiva nulla.» Comunque
a brevissimo lei lo avrebbe estirpato per sempre dal suo sistema, prima
di essere ricattata con la forza dalle loro maestà.
Rabbrividì: quel materiale era pericoloso.
Il filmato successivo non fu di alcun aiuto: la principessa
era già sola.
«Però è strano.»
«Fammi rivedere il filmato in cui c'era
lui» la incalzò Minako.
«No, volevo dire che nessuno ha percepito la
presenza di questo giovane accanto ad Usa-chan. Com'è
possibile?»
«Sarà un terrestre di prima generazione,
no?»
Ami non ebbe il tempo di pensare a quale problema enorme
rappresentasse quella circostanza.
«Ami, fammi vedere di nuovo il primo video. Non
voglio fare la guardona, ma mi sembra aver riconosciuto il
ragazzo.»
«Davvero?»
«Davvero.»
Rivedere i dieci secondi di baci rubati illuminò
Minako fino alla comprensione.
«Ha-ah! Non ci credo, come ha fatto?»
«Che cosa?»
Minako la prese per le spalle, indicandole lo schermo.
«Andiamo, non lo riconosci? Metti un bel cornino d'oro in
mezzo alla sua fronte, tra tutti quei capelli chiari e
ondulati...»
Ami spalancò gli occhi. «Oh!»
«Esatto! La principessa è riuscita
nell'impossibile! Ha reso reale un uomo dei sogni!»
«Ma...» Ami si buttò
nell'analisi dei dati: il sistema aveva raccolto informazioni
ambientali oltre che immagini e suoni. La interruppe una mano di
Minako.
«No, Mercury. Non dobbiamo sapere che cosa
è lui.»
«Invece è molto importante.»
«Per il regno sì, ma... guardala. Che
diritto abbiamo di distruggere la sua felicità? Per ora
Helios, officiante di Elysion, è solo questo per
Usa-chan.»
Ami abbassò gli occhi. Le loro maestà
sarebbero state dello stesso avviso?
Minako scrollò le spalle. «Magari lui
è in visita e se ne andrà tra
poco.»
«Hmm...»
«Sai che ti dico? Non me ne starò con le
mani in mano: combatterò per la loro
felicità!»
Ecco, pensò Ami. Questo rischiava di causare un
incidente interplanetario. «Forse...»
Minako le impedì di continuare.
«Costruirò un nido d'amore per questi due amanti
sventurati, dove nessuno li possa trovare!»
Ami fu colpita da un pensiero improvviso. «E io che
cosa dico ad Usagi stasera?»
«Non hai trovato niente.»
«Eh?»
«Dille che non hai trovato niente. Hai distrutto i
filmati perché non c'era niente d'interessante da vedere e
quindi dovevi rispettare la privacy della principessa.»
Erano state più o meno le intenzioni di Ami, se ad
essere coinvolto fosse stato Adonis. Però aveva sperato nel
supporto morale di Minako per sostenere la menzogna.
«Ami.» Minako la stava guardando,
implorante. «Non sai mentire per amore?»
Poteva mentire per amore, ma saperlo fare, a prescindere
dalla motivazione, era un altro discorso. Sospirò.
«Cercherò di essere convincente.»
«Brava Mercury-chan. La futura regina della Terra
ti ringrazierà in eterno per questo favore, ne sono
sicura.»
Ad Ami non interessava: per come stavano le cose, sperava
solamente che la principessa non dovesse soffrire per aver amato un
ragazzo giunto dal nulla.
Adooniiis!
Adonis si reputava un ragazzo di grande intelletto: quando
sua madre lo chiamava con un tono tanto mellifluo, il pericolo era
dietro l'angolo. Sarebbe fuggito, come la stragrande maggioranza dei
figli terrestri poteva ancora fare, se sua madre non avesse avuto la
capacità di localizzarlo a mille miglia di distanza. Lui
portava in sé un potere che era come un faro nella nebbia
per la capacità di percezione di Sailor Venus. Per questa
ragione Adonis si era allenato giorno e notte pur di rendere
invisibile la propria energia. L'obiettivo stealth-totale era ancora
lontano, ma all'orizzonte si vedevano piccoli successi: riusciva a
nascondersi per quasi trenta secondi oramai. A sua madre naturalmente
aveva fatto credere che i suoi progressi non fossero andati oltre un
quinto del tempo.
Sorrise, ma un brivido lo costrinse a girarsi.
«Ciao, mamma.»
Lei era in piedi alle spalle, con un sorriso splendente in
volto. «Caro. Dimmi, è vero che hai tentato di
insidiare sua maestà la principessa Serenity?»
Adonis divenne di pietra. «Ebbene... Al contrario
di quanto puoi aver sentito...»
«Allora è vero! Mentecatto
degenere!!!»
Ahhh! «Non
abbiamo fatto niente, nemmeno un bacio! Usagi è
già innamorata di un altro, inoltre le mie intenzioni erano
sincere!»
Sua madre smise di incombere su di lui. «Ti ha
detto di chi è innamorata?»
«No. Penso sia quell'Erioso di cui parlavi tu,
visto che è una sognatrice. Per quanto riguarda me, la mia
proposta
era di entrare, con gli occhi belli aperti e a condizioni chiare, in
una relazione assolutamente innocua-»
«Risparmiatela.»
«Non volevo ingannarla! Sei stata tu a dire che si
sentiva sola, volevo aiutarla!»
«Tu volevi far cadere questa famiglia in disgrazia!
Per questo devi essere punito!»
AIUTO,
PAPA'!!!
Sua madre interruppe il richiamo con uno 'Stanne fuori!'
che ricevette maggior ascolto della sua invocazione.
Era un figlio maltrattato dai genitori!
«Smettila di comportarti da bambino e ascolta!
Voglio che tu vada a proteggere quel ragazzo.»
«Chi?»
«Helios. Non è immaginario, si trova qui
sulla Terra. In questo momento è vicino alla
principessa.»
Helios cosa?
Sua madre lo prese per le spalle. «Renditi utile,
prendila come una missione segreta! Se senti che si avvicinano le loro
maestà, fuggi via con lui!»
Le loro maestà? Lui non voleva inimicarsele.
Sua madre lo guardò storto.
«Cosa pensi che sarebbe successo se fosse nato qualcosa tra
te e Usa-chan?»
Nessuno lo avrebbe mai saputo.
«Figurarsi.»
«Ehi! Non vale leggere nel pensiero!»
Come aveva fatto?
«Non ho letto un bel niente, tranne la tua faccia!
Comunque, se ti beccano ad aiutarlo, dirai che sei suo amico e nessuno
ti farà niente. Andrai da Helios o no?»
Adonis si liberò dalla presa di sua madre,
sentendosi finalmente adulto. «Certo che sì! Se
Usagi ha bisogno di qualcuno che la aiuti, io non mi tiro
indietro.»
Sua madre era commossa. «Sapevo che eri
mio figlio!»
Lui si finse offeso. «Sei solo tu che non hai mai
creduto che fossi anche io un guerriero dell'amore.»
Sparì, diretto in missione.
Minako trattenne un sorriso. Be', al suo piccolo
Adonis spettava un ruolo diverso da quello legato a Venere, ma
forse aveva sottovalutato la buona volontà di lui e
l'affinità che aveva col loro pianeta.
Comunque, ora che aveva un alleato, poteva dedicarsi alla
costruzione della casa dei sogni dell'amore.
Ah,
sospirò. Se solo avesse avuto una madrina
protettrice ai suoi tempi!
Si dissolse in una girandola di cuori.
ABCDE...
Helios si sentiva osservato.
Guardò ancora una volta il disegno delle lettere
sul quaderno per bambini e chiuse il piccolo volume. Aveva imparato a
riconoscere i segni dell'alfabeto neo occidentale; era stato
bravo. In ambiente reale - terrestre - si diceva 'genio'? Forse peccava
di superbia. D'altronde, stava semplicemente mettendo ordine nella
propria testa in merito a conoscenze che aveva già
acquisito; stava imparando poco o nulla da zero. In via teorica, era
esperto anche riguardo a ciò che lo angustiava. Nella
pratica si sentiva navigare in un mare di conoscenza al timone di una
zattera in balia delle onde in tempesta.
«Tu sei Helios?»
Sobbalzò, girandosi con uno scatto.
E questo chi
è?
In aria stava un ragazzo biondo, a braccia incrociate.
Indossava un abito azzurro leggero, interessante per come gli stava
bene.
Potrei metterne uno simile anche io? Helios
notò che l'estraneo lo squadrava da capo a piedi,
valutandolo.
Lo aveva chiamato col suo nome, come poteva conoscerlo? Usagi
aveva già parlato ad altri di lui?
«Sì, tu devi essere Helios. Hai proprio
l'aria del cavallo.»
Aveva tratti così allungati? Non gli era sembrato
e ad Usagi piaceva il suo viso.
Il ragazzo rise a bassa voce, posandosi a terra.
«Mi riferisco alla tua criniera.» Fece un segno
verso i suoi capelli. «Mi presento. Io sono Adonis di
Venere.»
Adonis? Adonis,
il nome che JunJun aveva pronunciato al suo risveglio.
«Mi conosci?» gli domandò
l'estraneo.
«Ti ho sentito nominare.»
«Allora non sei muto.»
Quella era ironia? «Non lo sono.»
«Bene. Ora perdonami, amico, ma ho perso troppo
tempo in convenevoli. Ci rivediamo tra poco.»
Cosa-?
Con un colpo alla testa, il suo mondo divenne nero.
ParaPara sgranò gli occhi. «Hai sentito
qualcosa di strano?» Fece dondolare lo yoyo sulla corda, da
una mano all'altra, come faceva da ore.
Abbandonata sull'amaca, JunJun si lasciò sfuggire
un lungo sbadiglio. «Questo turno di guardia è
così noioso che stai inventando pericoli
inesistenti.»
«Ma io...»
«L'equino innamorato se ne sta
lì dentro a leggere il suo bel libro di apprendimento per
ragazzini. Se lui lascia in pace noi, io ho intenzione di lasciare in
pace lui. Non è con Usagi, solo questo conta.»
«Ma...»
«ParaPara, mi hai svegliato. Ora me ne torno a
dormire.»
ParaPara sospirò. Nessuno che le desse mai retta.
«... Ti sei ripreso?»
La domanda sembrava rinchiusa in una bolla; rimbalzava sulle
pareti invisibili senza avere un suono chiaro.
Ad Helios faceva male la testa.
«Proviamo così.»
Un dito premette sulla sua fronte, mandandogli una scossa.
Helios scattò a sedere, la bocca spalancata per... Non
gridò. La scarica di energia lo aveva sorpreso, ma non gli
aveva causato danno. Anzi.
«Ora ti sei ripreso.»
Accanto a lui stava in piedi il ragazzo di prima, Adonis. Si
trovavano in una stanza piena di luce, vuota ad eccezione di qualche
divano, un tavolo e un grosso schermo sulla parete.
«Perché sono qui?»
«Non chiedi nemmeno dove siamo? Comunque questa
è casa mia. Be', la mia parte di casa. Questo è
il salotto che condivido con mio padre quando lui
cerca scampo da mamma.»
Tutte informazioni che non gli interessavano.
«Perché mi hai portato via?» Lo aveva
persino privato dei sensi. Le Amazzoni avevano avuto ragione a non
fidarsi di lui.
«Voglio aiutare te e Usagi.»
La menzione del nome di lei mise Helios
sull'attenti. Tra le molte domande che ebbe, scelse la migliore.
«È stata Usagi a dirti di me?»
«No. Ma è proprio questo il problema:
troppe persone cominciano a sapere del tuo arrivo. Il Quartetto delle
Amazzoni non è sufficiente a proteggerti.»
Era un insulto velato alle capacità delle
uniche persone che fino a quel momento lo avevano aiutato. Helios
provò l'impulso di difenderle, ma scelse di controllarsi;
era la chiave per funzionare bene in quel mondo. «Tu chi
sei?»
«Adonis di Venere, l'ho già detto. Se
vuoi che mi spieghi meglio, puoi ricambiare. Così facciamo
conoscenza.»
Quel ragazzo non gli ispirava fiducia;
lo aveva portato via - rapito, per meglio dire - da un luogo che gli
era stato indicato come sicuro per la sua persona.
Era un estraneo che insisteva a sorridere e a studiarlo, come
se avesse già stabilito che tra loro due era lui ad avere in
mano le redini.
Helios sentì il bisogno di sedersi composto. Il
ragazzo gli lasciò lo spazio di farlo, ritraendosi e
sedendosi sulla parte di divano adiacente. Il mobile ad angolo
rientrante permetteva loro di stare faccia a faccia.
«Io faccio parte della famiglia di Venere, legata a
Lady Venus, guerriera protettrice del Regno. Mia madre ti conosceva di
persona; il suo antico nome era Minako Aino, lo ricordi?»
No. Ma ricordava un altro titolo. «Sailor
Venus?»
«Esatto, proprio lei.»
Helios ricordava una ragazza dai capelli biondi e dagli occhi
azzurri, molto giovane. Sulla Terra erano trascorsi molti secoli da
quell'incontro. «Tu sei suo figlio?» Vi era una
certa somiglianza fisica.
«Già. Conosco da tutta la vita le
guerriere Sailor e le loro maestà. Anche la principessa
Usagi. Siamo amici sin da bambini, puoi fidarti di me.»
Amici. Aveva
davanti una persona che aveva condiviso la vita di Usagi negli anni in
cui lei era cambiata e cresciuta.
Provò una sensazione spiacevole, un misto di
amarezza e rabbia.
Il ragazzo si sporse in avanti. «Ora puoi spiegarmi
chi sei tu? Non ho capito da dove sei uscito fuori. Ho sentito parlare
di sogni e illusioni, ma sono le solite idiozie da donne.»
Idiozie? «Io vengo
dai sogni. Ero il custode di Elysion, proteggevo i sogni di tutta
l'umanità terrestre.»
«Cosa ti hanno fatto prendere le Amazzoni?
Potrebbero darmi lo stesso allucinogeno, sembra innocuo.»
Il discorso gli risultò incomprensibile.
«Puoi chiederlo a Sailor Venus. Lei ha combattuto con me e
Sailor ChibiMoon nella battaglia contro la Regina Nehellenia. Insieme a
Sailor Moon abbiamo salvato i sogni dell'umanità e sua
maestà il principe.»
«Non ci sono più principi. Ma se stai
parlando del passato...» Il ragazzo rifletté.
«Quindi mia madre confermerebbe questa storia?»
Era una domanda a cui aveva già risposto,
pensò Helios.
«Hm. Se fosse una balla, sarebbe più
credibile.»
Balla?
Il ragazzo lo stava guardando con un sopracciglio alzato.
«Non sei molto sveglio.»
Lo era a sufficienza da sapere che ne aveva abbastanza di
quell'incontro. «Riportami dove mi hai trovato.»
«Ohi, calma. Scusa, forse ce l'ho con te per via di
Usagi. Non che fossi coinvolto, però...»
La perplessità si aprì in un sorriso che ad
Helios non ispirò simpatia. «Ora lei è
tua e a me sta bene. Sono contento che Usagi sia felice, lo meritava.
Perciò, amico, ti aiuterò!»
Si trattava di aiuto quando esso veniva imposto?
«Non
ci conosciamo, mi sembra prematuro definirci amici.»
All'altro uscì un sospiro. «Ma da dove
vieni? Aspetta, giusto. Anzi, giusto.
Sei uscito fuori da questo mondo dei sogni e finora non hai mai vissuto nel
mondo reale?»
Sembrava una colpa ed Helios evitò di confermare
la sua difficile realtà.
Ad Adonis di Venere sfuggì una strana parola, un
termine duro pronunciato con tono divertito.
«Che cosa vuol dire?» domandò
Helios.
«Che sei nella... nei guai fino al collo. Sei come
un bambino!»
La risata di scherno lo irritò. Tutto di Adonis di
Venere fino a quel momento lo aveva infastidito ed era il primo
essere umano di sesso maschile - all'infuori di sua maestà -
con cui avesse mai dialogato. Il futuro non prometteva bene.
«Non sono un bambino. Tu sei più basso di
me!»
La rabbia nel volto del ragazzo gli fece piacere.
«Io posso ancora crescere! E un uomo si confronta
in dimensioni su altre cose!»
Ad Helios mancò la risposta giusta. Si
sentì ancora una volta stupido. «Riportami
indietro. Senza farmi
più svenire.»
Adonis di Venere aveva buttato la testa all'indietro,
frustrato. «Dài, scusa. Siediti.»
Helios provò ad essere maturo - la persona calma
che era stato un tempo, in un mondo di cui aveva avuto il pieno
controllo. Inspirò. «Ti ringrazio per l'aiuto che
vuoi darmi ma preferisco cavarmela da solo.»
Il ragazzo era incuriosito. «Sei capace di
teletrasportarti?»
Hm?
«Sembra che le loro maestà ti stiano
braccando. Se hanno intenzione di sorvegliare Usagi, il tuo idillio con
lei finirà molto presto.»
Helios rimase interdetto. «Ci sta aiutando il
Quartetto Amazzonico.»
«Nessuna delle ragazze del Sailor Quartet
è capace di non essere localizzata.»
Cosa voleva dire?
«Se una di loro cerca di portarti via, il Re o la
Regina la troverà subito, arrivando quindi a
te.»
Perché dovevano fuggire con tanta insistenza dalla
loro maestà? A lui sarebbe piaciuto rivedere entrambi.
«Mia madre mi ha chiesto di aiutarti: sono l'unico
che sa muoversi senza essere
percepito. Tra quelli della mia generazione, intendo. Come
credi che sia riuscito a portarti via da sotto il naso di Junnie e
Pallie?»
Junnie e Pallie? «Mi sembra corretto presentarmi
alle loro maestà. Vorrei farlo, invece di
scappare.»
«Sei un ingenuo. Chiedilo a Usagi la prossima volta
che la vedi. Non è ancora il momento di incontrare i suoi
genitori.»
Helios sospirò. Tra loro non c'erano
già abbastanza difficoltà? Perché
dovevano scappare anche da Sailor Moon e dal principe? Loro lo avevano
sempre guardato con favore, erano stati suoi alleati.
Adonis di Venere stava sorridendo. «Senti,
perché non mi fai fare quattro risate a spese del Quartetto?
Che cosa hanno cercato di insegnarti sulla vita? È a loro
che ti stai affidando, no?»
Helios non aveva intenzione di schierarsi contro le Amazzoni.
«Secondo VesVes era meglio stare lontani da te.»
Ora si ricordava bene il discorso. «Non so cosa significhi,
ma non voglio essere trasformato in un perverso ero-... tome
qualcosa.»
Il ragazzo scoppiò in una grossa risata.
«Ti terranno lontano dagli uomini per il resto della tua
vita!»
Helios non comprese, ma quando iniziò a farlo
comprese ancora meno: possibile che fosse tutto così
complesso?
«Ti svelerò un segreto: alle ragazze gli
uomini non piacciono. Vorrebbero che fossimo donne come
loro.»
Voglio
tornare nel mondo dei sogni. Helios si
massaggiò la tempia.
«Non ti preoccupare, accade solo all'inizio.
Bisogna sapere come prenderle, poi fila tutto liscio. Tu
adesso sei nella fase iniziale con Usagi. Se nessuno ti ha
spiegato nulla, scommetto che avrai già fatto qualcosa che
non le è andata giù.»
Helios si irrigidì: quel ragazzo aveva detto la
prima cosa sensata da quando avevano cominciato a parlare.
Adonis di Venere premette le mani unite sul petto.
«Chiedi tutto quello che vuoi. Sono qui per
aiutarti.»
«Penso di aver già
capito cos'ho
fatto di sbagliato.» Forse.
«Ma non vuoi essere sicuro?»
Oh sì.
«Andiamo, spara.»
Fu la disperazione a spingerlo a fidarsi. Non voleva mai
più che Usagi lo guardasse come se lui fosse un mostro che
doveva essere tenuto a distanza. «Io... prima...»
Non essere incalzato lo rilassò.
«È sbagliato toccarsi davanti alle altre persone,
vero?»
«Hm?»
Helios afferrò il proprio polso. «Posso
toccarmi la mano.»
Non venne preso in giro. «Sì.»
«La gamba?»
«Sì, anche se, se ti metti a novanta
gradi, la gente si chiederà che hai da toccare, a meno che
tu non ti stia grattando.»
Helios immagazzinò l'informazione.
«Invece qui non si può.» Aveva imparato
e non toccò, si limitò ad indicare.
Il silenzio fu assordante.
«Davanti ad altre persone?» chiese dopo
un momento Adonis.
Hm? «Non si può fare nemmeno da
soli?»
Il figlio di Venere chiuse gli occhi.
«Stavi...» Tremò con la bocca.
«È stata una cosa veloce, sentivi
fastidio?»
«No, stavo cercando di capire,
massaggiandomi per...» Non seppe come spiegarsi.
«Usagi è arrivata proprio in quel momento e
sembrava che-»
«Pfffffffffff!» Adonis si
coprì la bocca, poi si piegò in due e... esplose.
La risata sguaiata fu talmente alta da far tremare i vetri
delle finestre.
Helios seppe che si sarebbe ricordato di quel momento per il
resto della sua vita. Nella stanza c'era uno specchio. Per la vergogna
il suo viso era diventato color porpora. «Smettila
subito!»
Fu come gridare al vento, nessuno lo sentì.
Le Amazzoni lo correggevano in continuazione, guardandolo con
pietà. Quel ragazzo rideva di lui e persino Usagi lo aveva
guardato come fosse un idiota.
Era un essere umano ridicolo.
Continuò a guardare Adonis di Venere che cercava
di rialzarsi e rideva. Capì che non sarebbe fuggito
rapidamente dalla sua immediata realtà: era uno stupido ad
occhi altrui, ma avrebbe imparato. Avrebbe imparato ogni cosa, a costo
di sentirsi umiliato e deriso ad ogni singolo passo.
Nella stanza cadde di colpo il silenzio. Adonis si era
colpito un'ultima volta sul petto. «Oh diavolo! La
racconterei in giro se non- NO! Non
andare via!»
«Non sto andando via!» Helios lo prese
per le braccia, forte. «Voglio che sia tu a riportarmi
indietro!»
«Come vuoi, ma prima devo spiegarti tutto quello che
non sai.»
Quel ragazzo era la persona meno adatta ad istruirlo.
«Sai che stavi facendo sesso con te stesso davanti
a Usagi?»
La menzione del concetto che aveva mandato in crisi le
Amazzoni lo fece inorridire.
Adonis si liberò dalla sua presa. «Non
avevi quelle intenzioni, lo so. Stavi solo dando una controllata, ma
Usagi lo ha interpretato come ho detto io.»
Helios deglutì fino a sentire la gola secca.
«In generale il sesso... è una cosa cattiva,
giusto?»
«Non
bestemmiare mai più in questo modo.» Adonis gli
impedì di parlare di nuovo. «Scusa per la risata
di prima. Adesso ti insegnerò quello che posso e, quando
sarai bravo come me, riderai anche più forte di quanto ho
fatto io. Parola mia.»
Helios scosse la testa. «Prima spiegami cosa vuol
dire 'eromane'... o come ti hanno chiamato le Amazzoni.» Dopo
aver sentito quello che aveva da dire, avrebbe deciso se credere o meno
alla sua spiegazione.
«Eromane? Erotomane,
visto che parlavano di 'perverso'. Hm, un erotomane è una
persona malata di sesso. Questo è quello che le donne
pensano di tutti gli uomini.»
«Perché continuate a fare tutte queste
differenze? Siete tutti esseri umani.» Ormai lo era anche
lui.
Adonis era entusiasta. «Quanto hai da
imparare! Non vuoi far contenta Usagi? Io sono praticamente un Cupido,
figlio della dea dell'amore.»
... mitologia antica? Ne sapeva qualcosa.
«C'è una cosa di cui sono sicuro. Conosco i veri sogni di tutta
l'umanità: uomini e donne indistintamente sono felici quando
sono amati. Non mi interessa parlare di sesso a questo scopo, voglio
solo... essere come tutti gli altri.» Voleva evitare di
rendersi di nuovo ridicolo.
«Stai già parlando come una donna. La
compagnia femminile non ti ha fatto bene.»
Il ragazzo continuava ad insistere su quel punto.
«Almeno io
non mi faccio chiamare Venus-chan.»
Adonis si indispettì. «Quello
è
uno scherzo! Permetto a VesVes di usare quel nomignolo per farla cadere
piano piano nella mia trappola. Le donne forti come lei sono
più facili da conquistare quando si
inteneriscono.»
Nella sua ignoranza, ad Helios sembrava un piano privo di
senso. «Io non voglio far cadere Usagi in nessuna
trappola.»
«No, certo. Tu ti stai buttando a capofitto nella
trappola finale, quella da cui non riuscirai più ad uscire.
Se sei felice, in realtà non è una
trappola.» Rifletté. «Non ti ho ancora
chiesto una cosa. Tu rimarrai a vivere qui per sempre?»
«Sì.»
«In queste condizioni?» Lo
indicò con lo sguardo.
«Quali condizioni?»
Per la prima volta Adonis di Venere gli sembrò
maturo.
«Capisco. Be', mi piacciono gli innamorati
sventurati. Anche a mamma, per questo vuole aiutarvi.»
Se per lui e Usagi c'era un'altra sventura in vista, Helios
non voleva ancora conoscerla. Voleva stare con lei. Come essere umano,
sapeva di poter dare un senso alla sua vita solo in sua compagnia.
Fanciulla.
Si sentì sorridere. «Per me è
ora di tornare indietro.»
«Perché? Abbiamo ancora tempo e tu non
sai ancora niente. Sfrutta sia me che le ragazze: possiamo
insegnarti cose utili.»
«Se non mi trovano, si preoccuperanno.»
«Servirà a tutte loro. Portarti via
è stato come rubare le caramelle ad un bambino. Se si
prendono un colpo, la prossima volta staranno più attente.
Difenderanno meglio Usagi.»
Ad Helios sembrava una dura lezione.
«Inoltre, magari, VesVes mi rispetterà
di
più. Sai, è a lei che sto puntando. Ha una bocca
così morbida e rossa...»
Helios non capì. Provò a dare
un'immagine alle parole e, appena l'ebbe in mente, si sentì
inspiegabilmente a disagio per lo strano rimescolamento al livello del
basso ventre.
«Ma tu arrossisci sempre?»
La domanda voleva una risposta negativa ed Helios si
ripromise che un giorno sarebbe stato come quel ragazzo: non avrebbe
provato imbarazzo davanti a nulla. So tutto,
cercò di dirsi. Doveva solo sbloccare lentamente le sue
vaste conoscenze.
«Siediti» fu l'invito di Adonis di
Venere. «Cominciamo con queste spiegazioni. Sarà
un lungo lavoro.»
CONTINUA...
NdA:
per questo capitolo ero partita con un'idea che doveva mettere Chibiusa
al centro della scena. Poi, dopo aver scritto la loro scena insieme, mi
è venuta in mente talmente roba con riguardo a personaggi
secondari e a tutto quello che potevo dire di questi primi giorni di
incontri tra Chibiusa ed Helios, che ho dovuto allungare la trama di
almeno un capitolo.
Beh, spero che quanto scritto finora vi abbia fatto ridere, e
vi stia dando un'idea di come il rapporto tra i due protagonista sta
cambiando, uscendo dal mondo dei sogni.
Una vostra parola mi farà felice *_*
Grazie di aver letto!
ellephedre