In amore non esistono differenze

di DiannaHananel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Imogean ***
Capitolo 2: *** -Imogean ***
Capitolo 3: *** -Gregori ***
Capitolo 4: *** -Imogean ***
Capitolo 5: *** -Gregori ***
Capitolo 6: *** - Imogean ***
Capitolo 7: *** -Gregori ***
Capitolo 8: *** - Imogean ***
Capitolo 9: *** - Gregori. ***
Capitolo 10: *** -Imogean ***



Capitolo 1
*** -Imogean ***






Mi acquattai contro il muro del vicolo, vedevo il mio respiro caldo prendere una forma fumosa nell'ambiente freddo e sentivo ancora la ragazza gemere e l'uomo che rideva.
Schifoso bastardo.
Mi feci avanti e sbirciai la scena che si prospettava alla fine della strada alla luce fioca di un lampione.
- Ehi tu! - urlai con un sorriso di sfida - Perchè non te la prendi con qualcuno capace di tenerti testa? -
Il demone bruno si voltò lentamente con un ghigno, mollando la presa sulla ragazza che cadde rovinosamente a terra e si trascinò dietro ad un cassonetto della spazzatura, piangendo sommessamente.
- Tipo una come te, biondina? -
- Esatto. - sorrisi più apertamente e spalancai le ali bianche che si aprirono in tutta la loro grandezza e luminosità dietro alle mie spalle, provocandomi un brivido di piacere lungo la schiena. Un ringhio basso e roco si levò dalla gola del demone che iniziò ad avvicinarsi. Era un'esemplare giovane, ferito ad una gamba e vestito in modo trascurato e sudicio; i capelli neri corvino gli ricadevano in modo scomposto sul viso e una luce di follia ardeva in quegli occhi scuri. Nessun demone anziano, o semplicemente con un minimo di esperienza, si sarebbe ridotto in quel modo: erano estremamente egocentrici e narcisisti, preferivano usare la seduzione per la cattura delle loro vittime, non la violenza. Feci una smorfia disgustata e mi spostai di lato per evitare un pugno mal assestato del demone.
 
Mi presento, sono Imogean, un angelo di primo grado da oltre 400 anni. Si, lo so, ho un nome strano e impossibile da pronunciare, ma mio padre era un tipo strano ed eccentrico. Sono cresciuta alla Corte dei Cieli, allevata dagli arcangeli che mi fecero da padri e da madri e che mi hanno insegnato tutto sui demoni e su come combatterli. Questo era il mio compito: proteggere, uccidere e non rimanere uccisa.
 
Parai un altro pugno e ne sferrai uno poco sotto le costole del demone che ormai respirava a fatica, stanco di attaccare e di non riuscire a colpire. Sorrisi concentrata e con un movimento fluido mi rigirai trovandomi alle spalle del demone a cui centrai la schiena con un calcio. L'essere cadde a terra e si rigirò a pancia in su guardandomi con una maschera di odio puro dipinta sul volto. Sorrisi gentilmente.
- Di addio a questo mondo. - feci uscire un coltello d'argento dalla manica e chinandomi velocemente su di lui lo feci scivolare all'interno del petto, dritto al cuore.

Mi scostai i capelli biondo oro dal viso con un soffio e pulii il coltello sulla maglietta del corpo esanime che giaceva a terra e lo rinfoderai. Senti un piccolo gemito e mi diressi verso la ragazza dai capelli rossi rannicchiata contro il muro, il viso pallido e rigato da lacrime di paura e dolore. Le sorrisi.
- Ti prego, non farmi del male… - sussurrò scossa dai singhiozzi.
- No calmati, non ho intenzione di fartene. Io posso aiutarti. Devi solo fidarti di me. – mormorai guardandola negli occhi, tentando di infonderle sicurezza.
La ragazza annuì piano. Guardava oltre le spalle, in direzione delle mie ali. Gli uomini comuni non potevano vederle ma le ritirai comunque istintivamente. Le presi la mano e mi smaterializzai nella hall del centro di accoglienza del regno, dove sia angeli sia protetti umani venivano curati, e chiamai a gran voce Evelyn, la caposala. Era una cherubina cicciottella con un viso buono e dolce, sempre invaso da una calma irreale, che induceva tutti a fidarsi ciecamente di lei. Più volte mi aveva aiutato a riprendermi dopo dei combattimenti andati male.
- Oh bambina! Come ti hanno ridotto? – mormorò affettuosa stringendo tra le braccia la ragazzina.
- Ci pensi tu Eve? -
- Ovvio che si! Ti rimettiamo come a nuovo. – mormorò raggiante.
- Stai tranquilla, Juliette. Sei in buone mani, Evelyn saprà aiutarti. – sorrisi alla ragazzina, che solo ora mi accorgevo non superava i quindici anni di età.
- C-conosci il mio nome? – sussurrò lei. Le sorrisi come risposta.
- Santo Cielo, Imogean. E’ tuo quel sangue? -
Mi guardai la maglietta. – Diamine, era la mia maglietta preferita. No è del… dell’aggressore. Ora vado, devo fare rapporto a Daniel. -
- Certo, certo. Vieni dolcezza. –

Daniel. Daniel era l’ultimo arcangelo sopravvissuto che mi aveva cresciuta fin da quando ero piccola ed ora era a capo del regno. Era come un padre.
Arrivai davanti alla grande porta in mogano della sua stanza e bussai. Attesi qualche istante prima di sentire un “avanti” quasi sussurrato. Entrai chiudendomi la porta alle spalle; erano solo pochi giorni che non lo vedeva, ma le era mancato terribilmente. Quando lo vidi in piedi in mezzo alla stanza, eretto in tutta la sua altezza e con le braccia aperte, mi fiondai verso le sue braccia abbracciandolo. Sentii la sua bocca posarsi sui miei capelli per un bacio paterno, e sorrisi contro il suo petto muscoloso, fasciato da una maglia grigia.
- Mi sei mancata, bambina. -

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Capitolo 2
*** -Imogean ***






NOTE: Intanto, grazie a tutti quelli che hanno letto il capitolo, aspetto le vostre Recensioni... positive o negative che siano ! 
Ho deciso di dividere la storia in capitoli, ognuno dal punto di vista di Imogean e dell'altro personaggio che tra poco entrerà in scena. Spero che questa scelta vi piaccia e che non la reputiate troppo banale. 
Voglio sapere tante vostre opinioni ! Buona lettura ! 
Baci, Dianna.
 
- Ti vedo preoccupato, cosa hai? – chiesi stiracchiandomi. Allungai le gambe nude fasciate solo da pantaloncini di jeans chiaro, poggiandole sulla scrivania attenta a non sporcare le carte con gli stivali.
- Ethan è in movimento. E non capisco cosa ha in mente. – mormorò Daniel, camminando a grandi passi per la stanza. Si appoggiò con una mano al camino in pietra e alla luce del fuoco notai che il viso sembrava invecchiato di decenni. Ma che dico, gli angeli non invecchiano. Aveva solo una faccia stanca, stremata ed estremamente preoccupata.
- E’ questa la missione che hai dato a Samuel da compiere? L’hai mandato via per questo? – dissi con esitazione.
- Si, - disse deciso, lanciandomi solo un’occhiata di sfuggita – è partito insieme ad Eva.-
- Dove sono Daniel? – mormorai con un ansia crescente. Non poteva averlo fatto sul serio. – Dove sono andati? – ripetei con più forza alzandomi.
Lui non rispose. Rimase a fissare il crepitio del fuoco.
- Non ci credo. Samuel ed Eva nel Regno degli Inferi! Potrebbero morire, non hanno la preparazione giusta. Potevi mandarci gli altri… sia Gabriel che Raphael sono più allenati, più esperti! - gridai sconsolata all’uomo che continuava a guardare il fuoco con l’espressione tormentata. Se avessi perso Samuel, non avrei potuto sopportarlo. Lui sapeva cosa significava per lei.

Samuel, come Eva, Raphael e Gabriel erano i nuovi arcangeli del regno. Erano succeduti alla vecchia generazione, che erano tutti morti, tranne ovviamente l’ultimo rimasto: Daniel. Il loro ruolo principale era proteggere il regno, infatti nel loro sangue scorre un potere molto più forte di qualsiasi altro angelo e per questo, purtroppo, erano anche i più ricercati dai demoni di alto rango.
I miei genitori, morti per mano di un demone mi avevano lasciato nelle mani di Daniel che mi aveva cresciuto con i quattro arcangeli, allenandomi ed istruendomi al loro pari. Fin da bambina, forse fin da prima che nascessi, ero stata promessa a Samuel. Era il mio destino. E l’avevo accettato, amavo Samuel, mi fidavo di lui. 
No, non potevo permettere di perdere anche lui.

-Daniel… - sussurrai appoggiando il mento sulla sua spalla. Era rimasto in silenzio, il respiro leggermente accelerato era l’unico rumore della stanza, le spalle che si alzavano e abbassavano ritmicamente l’unico movimento
– scusami. Sono solo tremendamente preoccupata. Hai avuto loro notizie?-
- No. Ma sono vivi, lo so. Avrei sentito se fossero morti. – sobbalzai al pensiero di Samuel nelle mani dei demoni - ragiona, cosa altro avrei potuto fare? Se avessi mandato Gabriel e Raphael, i demoni avrebbero attaccato il regno. -
In effetti era vero, i demoni erano terrorizzati dai due arcangeli maggiori. Erano i più anziani: Gabriel con la sua corporatura massiccia e altera avrebbe spaventato chiunque e Raphael, agile e scattante, con un corpo snello e muscoloso avrebbe fatto concorrenza ad una pantera.
- Non c’era altro da fare. – decretò con tono ferreo – hai salvato Juliette? -
Notai il suo improvviso bisogno di cambiare argomento e non discussi. Se necessario, sarebbe scesa lei a cercare i due ragazzi.
- Si, una ragazza promettente. L’ho lasciata alle cure di Evelyn, io devo fare il giro di ronda nel parco di New York. – gli diedi un bacio leggero sulla guancia, ed ad un suo cenno sparii. Non era serata per discutere. Daniel era distrutto, stanco, provato dalle mille difficoltà.

Mi sedetti a Central Park guardandomi intorno. L’aria era gelida, ma una semplice maglia sblusata bastava a coprirmi. Quell’area pullulava sempre di demoni, pronti a nutrirsi della prima vittima che attraversava il parco diretta a casa.
Le avrebbe fatto bene scaricare la rabbia.

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Capitolo 3
*** -Gregori ***






Scartai a destra per evitare un calcio all’altezza dell’addome.
Mi sfuggì un ghigno mentre tirai una raffica di pugni diretto al fianco del demone. Il sudore mi imperlava la pelle e i muscoli erano tesi, la maglietta nera buttata in un lato della stanza.
- Dai, non sai fare di meglio? – ringhiai all’avversario.
- Potrei farti male. – ribatté lui con un sorriso diabolico. Si fece avanti in posizione d’attacco e sferro un calcio che parai con un braccio per poi spiccare un salto in avanti. Il corpo snello del ragazzo fece una capriola nell’aria e atterrò sulle spalle del demone bloccandogli il collo con le braccia con i muscoli tesi dallo sforzo. Un solo movimento e gli avrebbe staccato la testa.
- Allora, ti arrendi? – dissi ridendo.
- Ok, ok. Gregori scendi, mi arrendo. – sputò tra i denti il demone.
Spiccai un altro salto e scesi dandogli una pacca consolatoria sulla spalla.
- La prossima andrà meglio amico. –
Judas mi guardò malissimo, massaggiandosi la nuca. Prese la camicia bianca e se l’appoggiò sulle spalle muscolose. Fisicamente si assomigliavano terribilmente, sia Gregori che Judas erano alti e muscolosi ma allo stesso tempo scattanti e reattivi. Nel regno quasi nessuno eguagliava la loro abilità nel combattimento: erano un misto di furia, ghiaccio, rabbia, calore, potenza ed insieme erano due dei quattro combattenti preferiti dal capo, Ethan.
Gli altri due, Scarlett e Damian, pulivano le armi con delle pezze seduti sul pavimento.
- Come siete esibizionisti. – scherzò Damian esaminando la spada. Damian era l’esperto delle armi, dalle spade antiche alle più moderne pistole che lui stesso provvedeva a modificare con pallottole ricolme di sangue demoniaco, unico vero veleno per gli angeli. Era un ragazzone di due metri, con grandi braccia muscolose e completamente tatuate, ma era come un bambinone: si emozionava per le piccole cose, come un angelo da sfidare o una rissa banale tra demoni. La sua ragazza, Scarlett, posava le lunghe gambe cinte da una gonna di pelle sulle gambe del demone intento ad affilare dei coltelli. Fece risuonare la sua risata cristallina.
- Sono solo bambini, Damian. Lasciali divertire. – mormorò, gli occhi che scintillavano di una luce fanciullesca e i capelli rosso fuoco che le ondeggiavano sulle spalle.
- Siamo bravi, è diverso. – sussurrai, piano ma udibile anche sopra il ringhio di Judas e quando lei rise in tono di scherno, il demone non resistette e si avventò su di lei.
- Ora basta! – urlai. Judas e Damian, alzatosi per difendere Scarlett, si guardavano in cagnesco ad un centimetro di distanza, e solo al mio urlo si distanziarono.
– Sono discussioni inutili queste. Scarlett smetti di provocare. – la ragazza, che ridacchiava alle spalle di Damian, s’interruppe e si puntò un dito sul petto con aria interrogativa.
Alzai gli occhi al cielo. – Vado a farmi una doccia, se mi cercate, sono nel parco, ho fame. Non uccidetevi. – dissi annoiato e uscii percorrendo verso la sua stanza i corridoi stretti. Svoltando l’angolo un uomo mi urtò.
- Attento a dove metti i piedi. – dissi duro, disturbato da un odore dolciastro che mi aveva appena invaso.
Portava un cappuccio calato sulla fronte e quando alzò lo sguardo mormorando una scusa veloce, riuscii a scorgere solo una parte del viso con due occhi verdi e penetranti. Non avevo mai visto quel tizio in vita mia.

Mi materializzai nel parco scalciando l’erba umida. L’aria era fredda, un freddo piacevole, che mi accarezzava la pelle provocando un brivido lungo le braccia. Annusai l’aria in cerca di una traccia umana ma il vento gelato portava via con se qualsiasi odore.
Iniziai a camminare lungo il lago pensando. Non vedevo Ethan da un bel po’, era immischiato in qualche affare ma non aveva voluto rivelargli i dettagli. L’aveva lasciato solo a gestire l’impulsività di Judas che per fortuna, essendoci cresciuto, sapeva prendere dal verso giusto, la forza bruta di Damian e i giochetti perversi di Scarlett. Lei era la più anziana, ma nonostante tutto pareva non crescere. Il suo carattere da bambina era sadico, manipolatore e forse, pensò Gregori, era ancora più pericolosa degli altri due demoni.
In fondo al parco notai una ragazza seduta su una panchina, con lo sguardo pensieroso mentre si guardava intorno.
Bene, ecco la cena.
Sorrisi e avanzai verso di lei, le mani in tasca. Avvicinandomi notai che la donna era dotata di una straordinaria bellezza: i capelli biondi le ricadevano sulle spalle e nonostante fosse notte irradiavano riflessi dorati, le gambe snelle erano piegate, le ginocchia vicino al viso. Il viso. Mi fermai a pochi metri da lei. Ora mi fissava con degli occhi curiosi, di un azzurro simile al cielo terso primaverile. La bocca carnosa e rossa era leggermente socchiusa, un’espressione confusa sul volto. Un viso bellissimo, abbagliante… angelico.
Inspirai.

Angelo. 

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Capitolo 4
*** -Imogean ***



Il ragazzo si avvicinò lentamente le mani in tasca e un sorriso stampato in volto. Gli occhi color ghiaccio scintillavano di una luce strana, emanando una calma quasi pericolosa. Era alto e slanciato ma sotto la maglietta i muscoli si tendevano e seguendo la linea marcata dell’addome mi sentii invadere da un brivido di eccitazione. I capelli neri erano scossi dal vento e ricadevano disordinatamente sugli occhi. Avvicinandosi riuscii a sentire il profumo della sua pelle, un odore di menta mischiato con l’odore del mare d’inverno, caldo e burrascoso. Era un profumo travolgente, passionale. Solo quando arrivò nel raggio di dieci metri percepii un lieve odore, come di sigaro. Era leggerissimo, nel complesso piacevole, e per sentirlo bisognava fare molta attenzione ma era un segno inconfondibile. Lo guardai meglio in viso, i lineamenti precisi, la pelle chiara, i capelli del colore della notte più oscura, il corpo perfetto.
Come avevo fatto a non accorgermene?
Demone.

Mi irrigidii e sfoderai uno dei miei sorrisi migliori, anche lui si era accorto di chi ero e aveva rallentato la sua camminata fino a fermarsi del tutto, a pochi metri di distanza. Il ragazzo sfoderò un ghigno.
- Avrei preferito cenare invece di trovare te, angelo. -
- Dispiaciuta della tua delusione. –
Il ghigno si trasformò in un lieve sorriso.
- Forse non sono così deluso. Come ti chiami angelo? -  
- Che ti importa, demone? – domandai fredda.
- Dovrò sapere chi sto per uccidere no? –
- Vorrei proprio vederti mentre ci provi. – ribattei ridendo.
- Sei troppo sicura di te, ragazza, forse dovresti ridimensionare il tuo ego. Non sai chi sono io, cosa posso fare. –
Sorrisi alzandomi e camminai lentamente intorno a lui, osservandolo dalla testa ai piedi.
- Ah no? Vesti bene, sei sicuro di te e calmo. Moderi le tue emozioni, riesci a dominarle, sei padrone dei tuoi istinti e non mi hai attaccato subito. Sei di alto rango e non sei giovane. Hai intorno ai 500 anni, forse. Sei appena tornato da uno scontro o un allenamento. Questa linea rossa – sussurrai vicino al suo orecchio sfiorando con un dito il segno ancora fresco di una ferita appena rimarginata – è un segno evidente che ho ragione. Ho sbagliato qualcosa? – chiesi sorridendo e tornando a sedere sulla panchina. Era stato immobile, senza muoversi anche mentre sussurravo alle sue spalle. Si era fidato di me.
Un sorriso affiorò sul suo viso, lo vidi abbassare momentaneamente gli occhi e senza accorgermene mi ritrovai ad un centimetro dal suo viso, guardandolo negli occhi freddi come il ghiaccio mentre mi bloccava con le braccia tese ai lati delle mie spalle.
- Acuto senso d’osservazione. Ma io starei attenta con le parole. – sussurrò, il respiro caldo sulle mie labbra dischiuse. Sentii il mio cuore perdere un battito, trattenni il fiato e lui se ne accorse, perché sorrise e fece per avvicinarsi alle mie labbra per poi allontanarsi improvvisamente.
Mi ero fatta dominare dal gioco di seduzione, che forse, avevo iniziato io stessa. Non ero mai stata così maliziosa con nessuno, ma lui.
I suoi occhi.
I muscoli tesi delle sue braccia.
I suoi capelli neri.
Le sue labbra.
Volevo sedurlo.

Mi alzai con rabbia, quella non ero io.
- Me ne vado. Non sono in vena di stare a discutere con te. – dissi con veemenza allontanandomi da lui. La mia pelle era bollente, lui sorrise, perfettamente consapevole dell’effetto che mi aveva provocato.
- Mi piaci. Non sei il solito angelo, noioso. Potremmo rivederci… come hai detto di chiamarti? -
- Non l’ho detto. Mi chiamo Imogean, e no. Non penso di volerti rincontrare. – dissi glaciale.
- Piacere di averti conosciuto, Imogean, sono Gregori. Solamente il fato dirà se ci dovremmo incontrare di nuovo. – disse con un piccolo inchino ed un sorrisetto.
Non gli risposi, ero già voltata. Con uno schiocco delle dita scomparvi.
Non avrei resistito un altro minuto alla sua presenza.

Mi ritrovai nelle mie stanze, confusa più che mai.
Dannazione, era un demone! E Samuel… io amavo Samuel.
   




Note:
Aspetto tante recensioni, positive ma soprattutto negative, opinioni e commenti ! Tutto pur di migliorare. Grazie a tutti ! :) Ps: ringrazio tanto tanto MidnightSun, che ha fatto la mia prima recensione!

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Capitolo 5
*** -Gregori ***






- Penso che Ethan non sarà per niente contento di sapere che due angeli si sono intrufolati nel nostro regno passando inosservati. – mormorò Judas.
Salivamo le scale in onice nera diretti verso le camere di Ethan, ci aveva appena convocati e il messaggero, sua figlia Sheena, ci aveva preannunciato che non era di buono umore.
- Li abbiamo cacciati, è questo che conta. Se necessario, mi prenderò la responsabilità io stesso. – dissi a denti stretti.
La settimana prima aveva incrociato un uomo per i corridoi sotterranei e solo più tardi aveva riconosciuto l’odore dolciastro che caratterizzava gli angeli. Aveva dato subito dato l’allarme e dopo ore di perlustrazione li avevano trovati.
- Se solo avessi centrato il cuore di quella moretta. – mormorò stizzita Scarlett. – Eva, quella maledetta smorfiosa. – La sua eterna rivale, Eva, uno dei quattro arcangeli, era riuscita a cavarsela scappando con un pugnale nella pancia. Da sempre, quelle due, provavano ad uccidersi a vicenda.
- Mi chiedo chi fosse quello, non l’ho mai visto. Penso che per passare inosservati qui dentro abbiano dovuto mandare qualcuno di sconosciuto. Ecco perché non sono venuti Gabriel e Raphael. – borbottò Damian salendo pesantemente i gradini con un braccio intorno alle spalle di Scarlett.
- E poi, cosa cercavano? – domandò Judas.
- Qualsiasi cosa fosse probabilmente non l’hanno trovata. – dissi rigido, guardando la porta in mogano con un battente in ottone raffigurante un drago ad ali aperte. Bussai alla porta tre volte, aspettando una risposta. Pregai che Ethan fosse un minimo di buon umore.

La porta si aprì ed entrammo disponendoci tutti davanti alla scrivania dove sedeva scomposto Ethan. Il demone più antico, l’originario. Colui che da secoli, probabilmente millenni, era chiamato il braccio destro del diavolo. C’era anche chi pensava fosse lui il diavolo.
Capelli scuri cortissimi incorniciavano due occhi neri che fiammeggiavano di qualche riflesso rosso; il fisico massiccio era racchiuso in una tenuta da avvocato, sempre elegante e mai senza la sua cravatta bordeaux. Il corpo era pieno di cicatrici, ma si narrava che mai nessuno era mai riuscito ad infliggergli una ferita mortale.
Sedeva sulla poltrona di pelle fiancheggiato ai lati dalle sue tre figlie: Sheena, Alyssa e Lilith. Erano tutte e tre bellissime. Sheena la più grande, era una guerriera nata ed era sempre la prima nelle battaglie, forse l’unica che uguagliava il padre e loro, i demoni della vendetta. Era stata lei ad allenarmi, mi aveva insegnato tutto e non gentilmente, ma provavo un profondo rispetto per lei. Lilith era la seconda genita, un visino da bambola di porcellana e un corpo ancora da bambina, non partecipava mai alle guerre ma era famosa per il suo sadismo. Amava torturare gli umani prima di nutrirsi prendendo il loro sangue goccia per goccia e aveva torturato e ucciso molti angeli, alcuni però lasciandoli vivere così che, ritornati nel regno dei Cieli, dimostrassero la sua “bravura” nel rendere pazze di dolore le sue vittime. Da quando l’avevo conosciuta mi aveva sempre provocato dei brividi lungo la schiena, per niente piacevoli.
E poi c’era Alyssa. La mia unica amica, ovviamente oltre a Judas. Eravamo cresciuti tutti e tre insieme, io, lei e Judas, ne avevamo combinate di tutti i colori. All’inizio ci eravamo allenati, avevamo combattuto, avevamo sudato e ci eravamo feriti quasi per gioco. Ci divertivamo, ridevamo. Ora era tutto cambiato, al servizio di Ethan io e Judas non potevamo più ridere, non potevamo prendere più nulla come un gioco e non potevamo più ubriacarci tutti insieme, uscire la sera e perderci per settimane in balia dell’alcol e del divertimento.

- Ethan, ben tornato. – dissi solenne – Alyssa, Sheena, Lilith. – dissi con un cenno del capo a mo’ di saluto – E’ sempre un piacere rivedervi. – feci un sorriso ad Alyssa che si tratteneva dal non scoppiare a ridere. Sapeva benissimo quanto odiassi quelle procedure formali.
- Lascia perdere i convenevoli, Gregori. Spiegami come hanno fatto ad entrare due angeli qui dentro. – mormorò sbrigativo parlando a fatica. Non era di buon umore.
- Beh, non ne ho idea. – dissi sinceramente. –Mi scuso per questo. -
- Si, non succederà più. – ripetè Scarlett abbassando leggermente la testa.
- Sicuramente non succederà più, ve lo posso assicurare. – disse calmo, con una minaccia velata nelle parole. – Comunque, vi ho chiamato per informarvi di quelli che sono i miei piani. Questi lunghi giorni, ho cercato di scoprire il più possibile su Daniel. Punti deboli, punti forti, persone odiate da reclutare e persone a lui care, eventualmente da uccidere. – finì soddisfatto con un ghigno. Fece un segno sbrigativo con la mano e Alyssa ci consegnò un foglio con dei nomi scritti.
-Questi, sono tutte le persone più vicine a Daniel. Non sono nomi sicuri ma comunque voglio che li cerchiate. Voglio distruggerlo. –
- Dopo quello che ha fatto a nostra madre, non desiderò altro che vederlo cadere. – disse con fermezza Sheena nel suo tono austero.
Annuii con decisione e posai gli occhi sul foglio iniziando a scorrere i nomi.

Uriel. Compagno fedele in battaglia di Daniel.
Raphael.
Eva.
Gabriel.
Samuel. I quattro arcangeli.
Jasmine. La sorella minore.
Candice. L’amante fedele.
Imogean. La figlia adottiva.
 
Imogean.
Indietreggiai di un passo tenendo lo sguardo basso.
La ragazza del parco.
Perché mi tremavano così le mani?
La ragazza che mi infestava la mente da più di una settimana.
Era un angelo e per di più uno degli angeli più vicini a Daniel.
La ragazza che invadeva i miei sogni più profondi.
Avrebbe dovuto ucciderla senza pietà, senza dolore, se mai fosse capitata tra le mani dei miei compagni l’avrebbero fatta soffrire.
La ragazza dai capelli d'oro che mi aveva colpito con un solo sguardo.

Non poteva essere. 

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Capitolo 6
*** - Imogean ***


Chiedo scusa per la lunghezza sproposita del capitolo e per eventuali orrori che sono dovuti principalmente alla mancanza di sonno, causa studio !
Vorrei ringraziare tanto tanto tanto le mie due recensitrici più accanite, jaybeautifldarkangel e MidnightSun_ , grazie veramente di tutti i consigli ! :))


Sentii il sole battermi sulla schiena nuda, riuscivo a sentire ogni centimetro della mia pelle calda tirarsi quando mi stiracchiai leggermente. Aprii gli occhi e mossi piano le mani sul petto di Samuel che giaceva sotto di me; iniziai a disegnare piccoli cerchi con la punta delle dita, sfiorando il fianco, l’addome muscoloso giocando distrattamente con l’orlo dei boxer e risalii piano verso il viso. Lo guardai con un sorriso compiaciuto, era bellissimo quando dormiva, così dolce, così calmo, così elegante. Gli passai un dito sulle labbra carnose e i suoi occhi si schiusero lasciando intravedere due occhi di un verde intenso. Sorrise leggermente.
- Buongiorno amore. -
- Buongiorno… sei bellissimo. – mormorai sorridendo. Spostai lentamente la gamba sulle sue e appoggiando il mento sul suo petto.
- Dovresti  vederti in questo momento… - sussurrò passandomi una mano sui capelli – il sole ti illumina di immenso, ti dona una luce dorata. –
Sorrisi e mi sporsi verso di lui posando lievemente le labbra sulle sue, baciandolo. Mi sentii cingere i fianchi dalle sue mani forti ma delicate nel frattempo e con un rapido movimento invertì la posizione, sdraiandomi delicatamente tra le lenzuola e posandosi con attenzione sul mio corpo. Mi accarezzò il corpo fino ai fianchi; mi baciò le labbra dolcemente e scese poi con piccoli baci sul mio collo, sulla mia spalla, il mio petto, i miei fianchi. Risi in estasi intrecciando le dita ai soffici capelli quando mi morse un lembo di pelle.
- Oh Gregori… -
Due occhi di ghiaccio mi guardarono lussuriosi.

Mi svegliai senza fiato, riuscendo a malapena a respirare.
Cosa diavolo mi stava succedendo? Mi alzai in fretta, avvolgendomi intorno al petto il lenzuolo e mi diressi verso il bagno dove aprii l’acqua fredda per immergere il viso. Si guardò allo specchio, i capelli biondi arruffati, il viso baganto sconvolto. Quasi non mi riconoscevo.
- Solo un sogno, era solo un sogno. – mi ripetei.
Sentii dei rumori improvvisi in corridoio, urla e passi agitati. Tirai leggermente fuori la testa e uscii di corsa legandomi a mo’ di vestito il lenzuolo e lo trascinai giù per le scale verso la folla che si ammassava.
Ero troppo piccola per vedere oltre le spalle ma sentivo ragazze urlare e gli angeli anziani impartire ordini.   
- Spostatevi, permesso. – gridai cercando di farmi spazio tra i corpi – per favore, fatemi passare! -
Riuscii ad arrivare allo spiazzo dove erano radunati tutti. Un corpo era adagiato in una pozza di sangue, rannicchiato in posizione fetale e con le mani strette all’addome. I ricci castani le ricadevano disordinatamente sul viso.
- Eva! – dissi chinandomi su di lei, scorgendo un pugnale che fuoriusciva dalla pancia. – Cosa hai fatto? –
-Imogean… ci hanno scoperto. Dio che dolore. –gemette contorcendosi per terra. 
- Stai tranquilla, andrà tutto bene. – dissi agitata – Portatela immediatamente da Evelyn, ora! -
Quattro ragazzoni presero delicatamente la ragazza che digrignò i denti dalla sofferenza.
- Eva… - iniziai avvicinandomi – so che non è il momento ma… -
- Credo sia nello studio di Daniel… - mi sorrise leggermente e ricambiai.
- Grazie! – non feci in tempo a finire la parola che già correvo su per le scale inciampando nel lenzuolo che cercavo di trattenere tra le mani. Arrivai al portone delle stanze di Daniel e lo aprii con forza.
Si girò sorpreso.
Il viso incorniciato dai capelli castano chiaro arruffati, gli occhi verdi che mandavano scintille, il sorriso che si allargava. Sorrisi anche io, iniziai a correre verso di lui e saltai al suo collo, soffocandolo in un abbraccio intenso. Racchiusi nelle braccia le sue spalle larghe, il torace ampio, sentii i piedi alzarsi da terra mentre lui mi stringeva a se. Ruotò una volta su se stesso e mi rimise giù non smettendo di guardarmi negli occhi, mi prese il viso e mi baciò. Fu un bacio dolce, nostalgico.  
- Ragazzi, non è il momento. – sussurrò con voce stizzita Daniel, rimasto li in piedi di fronte a noi. Sorrisi sulle labbra di Sam mentre le nostre bocche si allontanavano lentamente. Mi passò delicatamente la mano su un braccio nudo e avvolse le sue dita intorno alle mie, stringendole.
- Daniel, credo di averti detto tutto. – disse il ragazzo, ora nella sua voce oltre alla stanchezza e alla diligenza di dover riferire tutto al proprio capo si notava anche una nota di impazienza. Impazienza di stare con me. Sorrisi al pensiero.
- Ricomincia, ho la sensazione che qualcosa mi sfugge. – lo pregò Daniel, sedendosi con aria pensierosa.
Samuel mi guardò intensamente per qualche secondo prima di iniziare a parlare.
- Eravamo li da una settimana, nessuno ci aveva notati. Ethan non c’era ma aveva lasciato la protezione in mano ai suoi più fedeli guerrieri, gli stessi che stanotte ci hanno attaccato. Alla fine devono averlo scoperto. Comunque, è stato impossibile arrivare alle stanza di Ethan ma parlando con dei demoni è uscito che era in missione speciale, uno dei più vicini a lui ha detto che cercava informazioni su di te, Daniel. –
- Comprensibile, forse sono l’unico a tenergli testa. Non lo ha mai sopportato. -
- Si, eh beh. E’ tutto. – mormorò, non staccando gli occhi dai miei.
- Ma all’interno della base… - iniziò Daniel.
- Oh ti prego Daniel – esclamai pregandolo con gli occhi. – Ci puoi lasciare andare? Abbiamo bisogno di… beh, stare da soli! – conclusi, rossa di vergogna.
Sam scoppiò a ridere. – Daniel, mi renderò disponibile quando vuoi, ma ho bisogno di riposarmi e di stare con lei. –
- Oh, si. Certo, andate ragazzi. Ah, e Imogean. Sei pregata di indossare degli abiti più… consoni. – disse, girandosi per trattenere un sorriso.
Rossa dalla vergogna per la seconda volta in pochi minuti sussurrai delle scuse, raccolsi il lenzuolo coprendomi il più possibile e uscii seguendo Sam che apriva la porta ridendo.

Entrammo nella stanza dopo una breve visita ad Eva, avvinghiati. Avvolgevo le gambe ai suoi fianchi e le mie mani erano intrecciate dietro la sua nuca, il lenzuolo era già ai nostri piedi. Tenendomi per i fianchi, crollammo sul letto. Sentivo i suoi baci teneri su tutto il corpo mentre le sue mani delicate ma decise percorrevano la mia pelle, provocandomi un brivido. I sospiri si mischiavano nell’intreccio giocoso delle nostre bocche.
- Dio, quanto mi sei mancata. – mormorò al mio orecchio sorridendo.
Faticavo a rispondere, travolta dalle emozioni così com’ero e pensai che un bacio spassionato bastasse come risposta, e l’intento funzionò perché lui proruppe in una risata e stringendomi con le mani sulla schiena si tirò su a sedere, mettendomi a cavalcioni su di lui. Passai le mani tra i suoi capelli buttando indietro la testa mentre mi baciava sul collo scendendo verso il seno, stretto in un reggiseno di pizzo bianco. Alzò lo sguardo verso il mio viso e notai che gli occhi azzurrissimi avevano delle pagliuzze blu cielo, e i suoi capelli nero pece che ricadevano sul viso…
Urlai con tutta la forza che avevo.
 
Ero raggomitolata ad un angolo del letto stringendo il lenzuolo tra le mani, le ginocchia strette al petto.
- Mi spieghi che ti succede? – chiese debolmente Sam, seduto con le braccia abbandonate lungo i fianchi, mentre mi guardava preoccupato.
- Io… - la voce si ruppe dal senso di colpa. Non poteva fargli questo. Un conto era trovarselo nei propri sogni, ma immaginarsi Gregori mentre baciava Samuel, era una cattiveria.
- So che è un mese che non ci vediamo e forse hai paura che stando in quel posto sudicio che è il regno degli Inferi io sia cambiato, ma sono io, sono sempre lo stesso. –
- Ma non sei tu! Sono io, sto impazzendo forse… - dissi isterica mentre mi passavo nervosamente le mani tra i capelli.
- Piccola… - si avvicinò lentamente prendendomi le mani e tirandomi verso di se, per abbracciarmi. Scoppiai a piangere. Lui non poteva nemmeno immaginare per cosa l’aveva scostato.
Un altro ragazzo, un demone. In cinquecento anni nessuno aveva mai attirato la sua attenzione in quel senso, lei aveva Samuel.
Mi addormentai dopo un pianto liberatorio, tra le braccia di colui che mi aveva sempre protetto da tutto, colui che c’era sempre stato, colui che mi amava immensamente.

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Capitolo 7
*** -Gregori ***


...E dopo quasi un mese rieccomi a postare un nuovo capitolo, purtroppo la scuola mi porta via un sacco di tempo. Spero siate comunque ancora qui, dopo tutto questo tempo, interessate alla futura sorte di Imogean e Gregori. Aspetto, tante recensioni, al solito, non mi importa che siano positive o negative, basta che mi aiutino a migliorare! :) Grazie a tutti, in anticipo.
Un bacio, Dianna. 



Sdraiato a petto nudo guardavo il soffitto della camera. I drappi di velluto rosso del letto a baldacchino ricadevano morbidi, riuscivo a vedere ogni granello di polvere posato sulla stoffa… quanti anni era che vedevo quei tessuti?
Seicento anni? Forse seicentocinquanta, non ricordavo più.
E in seicentocinquanta anni non era mai capitato di sentirmi così spaesato, perso, confuso.
Un’irritante bussare alla porta mi riportò alla realtà. Biascicai un “avanti” annoiato e mi sedetti sul letto mentre la testa rossa di Scarlett si affacciava dalla porta e sfoggiava un sorrisetto alla vista della mia camicia ai piedi del letto.
- Spero sia importante per venirmi a disturbare alle tre di notte, Scarlett. –
- Caligolas ha trovato un gruppo di angeli che stanno proteggendo un umano in un centro commerciale. Sta facendo un casino e Ethan ci ha detto di andare a riprenderlo e pulire. – disse con aria scocciata.
Sbottai in un ringhio basso, quel demone provocava più disastri che cento demoni messi insieme. Mi infilai la camicia seguendo Eva fuori alla stanza e ci smaterializzammo in un centro commerciale di Toronto raggiungendo Judas e Damian che attendevano rigidi in un corridoio buio con mille vetrine, ascoltando le urla e le esplosioni poco lontane.
Posai una mano sulla spalla di Judas e con un cenno di assenso ci incamminammo verso l’ampio spazio, simile ad una piazza, da dove provenivano la maggior parte dei boati. Lo spiazzo era illuminato solo dal fuoco che invadeva le vetrine distrutte e migliaia di vetri erano sparsi sul pavimento scricchiolando mentre le due parti si fronteggiavano al centro. Quattro angeli contro cinque demoni al servizio di Caligolas: una ragazza magrolina e dai ricci biondo scuro si dissolse in una nuvola tenendo tra le braccia un uomo svenuto in divisa da guardia giurata mentre gli altri tre, per permetterle di scappare attirarono l’attenzione dei demoni e si divisero correndo nei corridoi. Feci cenno ad Eva, Judas e Damian di seguire i due angeli robusti che erano scappati alla nostra sinistra mentre io avrei seguito la ragazza bionda alla mia destra, che correva per scappare alla risata diabolica di Caligolas, che la braccava.
Nessuno doveva farle del male.
L’aveva riconosciuta subito, i capelli simili ai primi raggi del sole mattutino, la pelle candida nonostante la polvere che le imbrattava il volto, la figura esile.
Quando girai l’angolo, corsi più velocemente possibile, arrivando comunque troppo tardi. Imogean fu sbalzata indietro da un’esplosione e ora giaceva tra le braccia di Caligolas che le annusava il collo. Mi avvicinai e guardai dall’alto il demone, mentre una furia omicida mi invadeva.
- Oh, Gregori – disse con un ghigno – penso sia buonissima, ma purtroppo non la possiamo assaggiare. Credo sia una degli angeli sulla lista di Ethan… speriamo sia ancora viva, magari entrerò finalmente nella sua cerchia. – mormorò compiaciuto.
Combattei contro la bile che mi risaliva nello stomaco. Se fosse morta…
- Fammela vedere. – decretai freddo.
Lui le spostò i capelli dal viso e mi dovetti trattenere da non prenderla immediatamente tra le braccia per poi staccare la testa a Caligolas. Il viso della ragazza era cosparso di sangue, mille graffi sulle guance, lividi su tutto il collo.
- Non è lei. Comunque riferirò ad Ethan il tuo zelante bisogno di compiacerlo, inutilmente e senza buoni risultati. Sarà molto deluso. -  dissi prendendo delicatamente Imogean tra le braccia.
- Non fa niente, ripulirò tutto io, non serve che riferisci ad Ethan – borbottò alzandosi – dove la porti? – aggiunse sospettoso.
- Dove vuoi che la porti? La interrogherò e poi farà la fine di tutti gli altri angeli. Non ho tempo da perdere con te. – mi smaterializzai prima che notasse quanto mi tremassero le mani.
 
La sdraiai delicatamente sul letto, cercando di non farle male. Aveva dei tagli sul viso, sporco di polvere, che per fortuna si stavano già rimarginando e i vestiti strappati in più punti. Una ferita le lacerava la spalla, e non sembrava volesse rimarginarsi.
- Andrà tutto bene, tutto bene. – dissi nervoso mentre le sfilavo lentamente i vestiti e prendendo una bacinella di ceramica di fine ottocento, le passavo un panno bagnato sul viso, togliendo piccoli frammenti di vetro. Le spostai piano la spallina del reggiseno di pizzo grigio e bagnai anche il petto, senza però scoprirla troppo; le accarezzai tutto il corpo con il panno e solo quando vidi che tutti i frammenti dei detriti erano spariti e la pelle morbida era ritornata bianca mi dedicai alla ferita sulla spalla, coprendola con un bendaggio. Rovistai in fretta nell’armadio alla ricerca di qualcosa da metterle, le infilai una delle mie camicie blu notte e la coprii con il lenzuolo.
Mi ero sforzato di non guardarla mentre la spogliava, ma non notare certe curve del suo corpo era stato impossibile. Sdraiato accanto a lei, seguivo con lo sguardo la linea della schiena inarcata sotto la stoffa di seta pura, le gambe snelle leggermente piegate, le spalle lisce, le ciglia nere ricurve, la bocca carnosa, il petto che si abbassava e si alzava sotto i suoi respiri lenti e caldi che mi sfioravano il viso a pochi centimetri dal suo.
- Sei con me, sei al sicuro. -

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Capitolo 8
*** - Imogean ***


Rieccomi, volevo ringraziare tutti quelli che mi seguono e recensiscono sempre! Un bacione a tutti e buona lettura. 
Dianna. 



Aprii gli occhi sbattendo leggermente le palpebre, confusa.
Perché non riconoscevo i quadri grandi e scuri sulla parete li davanti?
Dove mi trovavo?
Provai a stiracchiarmi, ma era come se fossi in quella posizione da secoli, ogni centimetro di pelle era indolenzita. Riuscii a girarmi sull’altro fianco ed incontrai lo sguardo di due occhi chiari incorniciati da ciglia lunghe e scure. Ora, una persona sana di mente sarebbe scappata a gambe levate dalla tana del lupo, ma sotto quello sguardo così carico di emozioni non riuscii a muovere un muscolo.
- Cosa ci faccio qui?- chiesi cercando di ricordare come ci fossi arrivata.
- Ti ci ho portato io.-
- Come? Non ricordo.- ebbi un sussultò quando alzò una mano verso di me. Lui sorrise, come se fosse la cosa più normale del mondo che io avessi paura di lui.
- Perché, se hai così paura di me, ancora non sei fuggita? – chiese semplicemente, con la mano ancora sospesa in aria.
Lo guardai fisso. Già, perché non ero scappata? Forse erano stati i suoi occhi color ghiaccio, ancora fissi nei miei, a impedirmi di muovermi.
- Io… non lo so. E perché tu non mi hai ancora ucciso? -
Gregori sorrise leggermente e abbassò lo sguardo.
- Perché non riuscirei mai a farti del male, qui sei al sicuro.-
Socchiusi le labbra, indecisa su cosa rispondere, su cosa fare. Tentai di spostarmi i capelli dal viso, ma appena alzai il braccio milioni di spille mi trafissero la spalla. Provai ad alzarmi ma ricaddi dolorante tra le lenzuola.
- Attenta, sei ferita.- mormorò affermandomi saldamente dai fianchi.
Sentii il calore delle sue mani sulla pelle, e il dolore sembrò affievolirsi. Mi guardai la spalla fasciata e incontrai il suo sguardo preoccupato e non resistetti.
Mi slanciai verso il suo corpo stringendo le braccia intorno al suo collo mentre le nostre labbra si scontrarono in un bacio disperatamente necessario. Le labbra si schiusero lentamente e vidi i suoi occhi spalancarsi dallo stupore, io stessa ero stupita. Sentivo un fuoco avvamparmi dentro, il vuoto nella testa che mi impediva di controllare il mio corpo, le mie azioni: sentivo che non dovevo farlo, sapevo che era sbagliato. Ma per il mio corpo,  per la mia mente e soprattutto per il mio cuore era necessario. Con lui, era come ritrovarsi sott’acqua senza riuscire a respirare, senza riuscire a risalire in superfice.
E lui era il salvagente.
Era aria, per me.
Indispensabile.
Stringevo i capelli neri e soffici tra le dita cercando di tenerlo stretto a me. C’era però qualcosa che urlava nella mia mente, qualcosa che cercava di attirare la mia attenzione: il volto di Samuel.
Senza fiato riuscii a separarmi da quelle labbra così invitanti e mi allontanai così velocemente dal letto che lui per qualche secondo rimase ancora ad occhi chiusi e a bocca socchiusa. Lo guardai ansimante, l’avevo fatto, l’avevo fatto sul serio.
- Ho tradito.- sussurrai sconvolta.
- Chi?-
- Sam, io… ho tradito Sam. – ripetei, più a me stessa che a Gregori, che sorrise e si alzò dal letto avvicinandosi.
- Beh, non è un vero e proprio tradimento. Ancora. -
- Non ti avvicinare! Non tradirò mai Samuel, tanto meno con te! – urlai indietreggiando.
Lui si fermò, un’espressione decisa sul volto.
- Tu non vuoi lui.-
- Cosa ne sai tu di cosa voglio io?- domandai fredda, confusa dalla sua estrema sicurezza.
- Sei diversa, angelo. Tu vuoi di più, vuoi tutto, vuoi qualcosa che ti emozioni, qualcosa che ti cambi la vita. Desideri qualcosa che va oltre l’amore incondizionato di questo Samuel, desideri passione. Quella passione così sconvolgente che ti fa mancare il fiato. -
Rimasi in silenzio, ascoltando le sue parole. Si era vero, amavo Samuel ma non c’era più quella passione che magari c’era una volta. E se la vera passione era la stessa che mi aveva spinto a baciare Gregori, forse non c’era nemmeno mai stata. Erano destinati a stare insieme, ma lei non aveva avuto la possibilità di scegliere. Invece con lui, con Gregori, era stato tutto diverso. Sin dal primo momento sentiva indispensabile avvicinarlo, farsi stringere tra le braccia e dimenticare il resto del mondo. Aveva bisogno di sentirsi viva, libera e con Gregori ci era riuscita. Aveva bisogno di provare l’amore vero, puro.
Appoggiai le spalle al muro freddo e solo allora mi accorsi di quanto si fosse avvicinato il ragazzo. Mi guardava silenzioso negli occhi, a pochi centimetri dal mio viso, e capivo che ne stava leggendo all’interno il tormento, la confusione. Solo quando un sorriso affiorò sulle sue labbra capii che la mia decisione era ormai presa. Lo volevo e lui lo sapeva.
Mi prese tra le braccia baciandomi e senza nemmeno che me ne accorgessi mi distese sul letto, trattenendomi in un abbraccio. Mi sfiorava il viso con le dita e mi fissava negli occhi. Era un demone e non mi importava, con lui non era sesso, era amore. 

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Capitolo 9
*** - Gregori. ***




Sdraiato su un fianco la guardavo dormire, quel sonno tranquillo che uno non si aspetterebbe nella tana del leone. Avevo passato la notte ad accarezzarle i capelli, dolcemente, senza andare oltre, la passione iniziale si era trasformata in amore puro. Solo due anime vicine, che si mettono in contatto solamente attraverso piccoli baci e respiri condivisi.
Lei dormiva così tranquillamente sul mio petto e io sorridevo beato senza nemmeno perché; era più di quattro ore che le accarezzavo ininterrottamente i capelli biondi sparsi sulle spalle, le guance rosee, le labbra rosse carnose e le braccia esili avvolte al mio corpo.
Un angelo. Come poteva immaginare che avrebbe provato tutto questo con un angelo, la razza più odiata dai demoni, quasi più degli umani. E lei, lei così bella e angelica era anche una delle più vicine a Daniel… se solo l’avrebbero trovata, sarebbe morta. E lui, non avrebbe potuto fare nulla. Come faceva a proteggerla da una schiera di demoni?
Abbassai lo sguardo e mi accorsi che lei si era svegliata e mi guardava fisso con i suoi due bellissimi occhioni.
- Buongiorno. – mormorai stringendola un po’ tra le braccia. Lei sorrise in risposta e abbassò lo sguardò mentre si sporgeva verso di me per darmi un piccolo bacio leggero sulle labbra.
Diavolo, quanto era bella.
Passai la mano sulla schiena, sfiorando con le dita tutte le vertebre della colonna vertebrale e mentre esploravo ogni piccolo angolo di pelle il mio cervello rimase in silenzio. Muto e freddo silenzio.  Forse sono a questi spazi vuoti che bisogna stare attenti, si riempiono di sentimenti e solo alla fine ti accorgi cosa è successo. E solo ora realizzavo che ero cambiato diverso, almeno quando era con lei.
-A cosa pensi? – chiese.
-Niente. -
-Pensi di star facendo un errore? – sussurrò la ragazza, appoggiando il mento su di una mano.
-Perchè pensi questo? -
-Sei pensieroso. -
La guardai negli occhi. Ero veramente sicuro? Volevo veramente metterla così tanto in pericolo? Valeva la pena rischiare?
Mi sedetti sul letto velocemente, allontanandomi da lei. Il silenzio era sceso nella stanza e lei giaceva immobile guardando il soffitto.
-Non voglio metterti in pericolo. -
-Non ho paura, so cavarmela. -
-Non puoi contro di noi. – dissi deciso.
-Non mi conosci.- mormorò.
-Perchè non capisci? I demoni della vendetta ti cercano, io ti dovrei uccidere in questo momento! – sputai tra i denti voltandomi a guardarla.
-Ma non mi hai ucciso.-
-No - come avrei potuto? – per ora.- aggiunsi freddo.
-Va bene, ho afferrato. – si alzò velocemente tirandosi il lenzuolo sulle spalle. –Grazie di tutto. -
Si smaterializzò, le spalle girate, il viso leggermente abbassato.
Era per proteggerla, solamente per proteggerla. E intanto sentivo i frammenti del suo cuore cadere ancora per terra, scricchiolando come vetri, mentre il mio si crepava irrimediabilmente.



Eccomi finalmente, resuscitata dall'oltretomba ! :) Dopo un mese di silenzio ritorno con Gregori e Imogean, aspetto tante, ma tante recensioni! 

Baci, Dianna.

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Capitolo 10
*** -Imogean ***


Sono tornata dopo tanto tempo con un nuovo capitolo, sperando di ritrovare le solite persone a seguire la storia e, chissà, qualcuno in più che si appassioni a Gregori e Imogean.
Volevo specificare alcune cose, dopo un episodio molto spiacevole. Girando tra le Original di EFP ho trovato una storia con i nomi protagonisti della mia storia: vi pregherei di non rubare le idee altrui, non è onesto. :)
Per il resto, godetevi il capitolo !
Per qualsiasi chiarimento sapete dove trovarmi :

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Baci, Dianna. 


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Erano passate poco meno di due settimane da quella notte. Non ero riuscita ancora a togliermi i suoi occhi color ghiaccio dalla mente, così freddi e allo stesso tempo così dolci. Ancora non mi ero dimenticata il calore del suo torace che mi spingeva leggermente sulla guancia ad ogni respiro, l’accoglienza delle sue braccia forti che lmi stringevano delicate.
A volte mi ero ritrovata nel parco, il luogo del nostro primo incontro, a vagare per le stradine sterrate, fino al lago, aspettandomi forse di trovarlo lì. Ma Gregori non c’era. Gregori non mi aveva cercata.
L’idea di essere stata solamente una distrazione, una che si dimentica facilmente mi faceva venire i brividi: si, di rabbia.
Finii di allacciarmi il corsetto rosso scuro del vestito, non stringendo troppo, mentre la stoffa del medesimo colore ricadeva sulle gambe, morbidamente. Era la serata della luna piena e mi spuntò un sorriso inconsciamente mentre mi fissavo il pugnale alla coscia. Era la serata di caccia. Ogni mese, nella notte della luna piena, demoni e angeli si riversavano nelle strade per scovare lupi mannari: entrambi cercavano di tenerne più possibili dalla propria parte, in vista di una futura guerra tra bene e male. Ovviamente, molto spesso non mancavano scontri tra le due fazioni. Era una serata tesa per tutti e ognuno di noi si preparava allo scontro in modo diverso: Samuel dormiva, Daniel ascoltava Bach, Gabriel si esercitava nella capoeira, Eva faceva yoga e Uriel affilava i pugnali.  Eh beh, io mi vestivo.
Sorrisi davanti allo specchio ammirando il vestito rosso scuro sulla pelle chiara e i capelli biondi che scendevano sulle spalle in onde morbide. Forse avevo una mezza idea del perché, o per chi, si era vestita così, sospirai.
Toc Toc.
Aprii la porta e il corpo di Samuel si schiacciò sul mio, contro la porta. Il bacio che mi riservò era passionale, intenso quasi affannato.
-Quanto mi sei mancata, piccola. -
Posai le mani intorno al suo collo, respirando piano sulla sua bocca, senza rispondere.
-Sei bellissima, stupenda. Ma, forse non è il caso vestirsi così per una caccia no? -
-Dai così sto bene, ce la faccio a battermi. – dissi allontanandomi un po’.
-Vedrai che non ci sarà nessun combattimento e se ci sarà, te ne andrai. – mormorò, posandomi una mano sulla guancia e carezzandola.
-Oh, non ricominciare. Me la so cavare. – sbottai allontanandomi un po’, e prendendo dei polsini in pelle. Odiavo quando iniziava a fare il protettivo, ero cresciuta con lui e sapeva quante esercitazioni avevo vinta, una volta aveva battuto anche Gabriel, l’agile pantera che non aveva mai perso un duello.
-Andiamo ora. – dissi secca.
-Va bene, ma ti starò attaccato. – disse sorridendo e alzando gli occhi al cielo, consapevole di darmi ai nervi.

Ci smaterializzammo tutti nel parco, il vento freddo che ci scompigliava i capelli.
-Ci dividiamo e perlustriamo il parco. – disse perentorio Daniel, rigido e teso.
Mi avvicinai a Daniel con passi leggeri e gli posai una mano sulla spalla. –Guarda. – e indicai un cespuglio.
Lo superai a grandi passi, senza farmi fermare da un suo “stai attenta”, e mi chinai sul prato. Un bambino di otto anni si contorceva sull’erba bagnata e la guardava spaurito.
-Piccolo, hai paura? – mormorai con voce dolce.
-Ho paura, ho freddo e fa male. – piagnucolò.
-E vorresti che non facesse più male. Io ti posso aiutare, sai? Vieni con me. – sorrisi passandogli una mano sui capelli neri e lisci. Il dolore scomparve momentaneamente dai suoi occhi e dai suoi lineamenti induriti dalla fatica, il bambino sorpreso si alzò e poggiò le sue manine sul mio braccio. Con orrore, notai che le unghie del ragazzino si erano già trasformate in artigli da lupo. Per fortuna, gli angeli avevano il potere di interrompere il dolore.
Lo prese in braccio sorridendo e il bambino riprese le sue forme normali, sorridendole a sua volta.
-Come ti chiami? -
-Harry. – la voce del bambino tremolò, ma era sicuramente più rilassata.
-Che scena… strappalacrime direi.-
Ethan ci guardava dall’alto di una collinetta, sembrava essere solo, ma sapevo che nella penombra c’erano almeno una decina di demoni. Chissà se anche lui era lì…
-No, dico sul serio. Quel licantropino ci distruggerà in una futura guerra – una risata roca fuoriuscì dalla sua bocca – Daniel, non voglio spargimenti di sangue, non per ora. Ma devi andartene da questo territorio. E’ nostro. -
Ero indietreggiata fino dietro a Daniel e avevo posato il bambino tra le braccia di Jasmine, che lo portò immediatamente via.
-Ethan, nemmeno noi vogliamo spargimenti di sangue, ma non possiamo andarcene. -
Un sorriso sadico si liberò sulle labbra di Ethan e ad un cenno della mano, sette demoni fecero un passo avanti.
Il mio cuore si fermò.
I capelli neri svolazzavano ribelli mentre gli occhi grigi brillavano nel buio.
Affannata cercai di sostenermi in piedi; avvertivo lo sguardo di Samuel sulle spalle.
La bocca del ragazzo si socchiuse in un’espressione di sorpresa mentre i nostri occhi si incrociavano.
Gregori la guardava dall’alto, al fianco di Ethan con una sfera di fuoco in mano.

Una smorfia comparse sul viso di Daniel, che digrignò i denti.
-Ethan – disse con voce controllata –calmiamoci. -
-Oh, io sono calmissimo. Sono i miei ragazzi che sono impulsivi, vero Gregori? Judas?-
Iniziavo ad avere le palpitazioni, quasi sentivo una goccia di sudore scendere sulla schiena.
-Verissimo. – mormorò con voce roca Judas, il solito sorrisetto malizioso sulle labbra, mentre Gregori si limitò ad un cenno della testa. Continuava a fissarmi e la sua sfera di fuoco si era notevolmente ridotta.
Mi avvicinai di più a Daniel di pochi passi, alzando leggermente il mento, pronta a difendermi, a difendere la mia famiglia e a difendere Samuel.
Anche da lui.
Lui notò il gesto e vidi i muscoli della mascella guizzare dal nervoso: quel movimento l’aveva fatto anche quando l’avevo lasciato da solo, nella sua stanza da letto. Provai un brivido a pensare come avrebbe reagito Daniel se avesse saputo che avevo passato una notte intera nella stanza di uno dei demoni più vicini a Ethan.
Senza rendermene conto, immersa completamente nei miei pensieri, non mi accorsi che Daniel stava gridando “ora”. Mi guardai intorno spaesata, fuoco e scintille scoppiavano intorno, ma non riuscivo a sentire nulla. Vedevo Daniel inseguire Ethan, Sam le urlava contro da una decina di metri mentre pugnalava un demone, Eva fronteggiava Scarlett che rideva incontrollabile, quando due braccia forti mi scansarono, prima che un proiettile mi colpisse. Mi appoggiai contro quelle braccia ansimando e abbassai lo sguardo sulle mani che mi stringevano, quasi dolorosamente, le braccia e i miei occhi si soffermarono sull’anello tipico della stirpe reale demoniaca.
Senza pensarci due volte mi smaterializzai.

La basilica bianca si stagliava nella notte, illuminata dalla luna piena. Alzai lo sguardo verso il campanile decorato da lesene bianche e capitelli dorici, ammirando in alto la campana d’ottone che risuonava la mezzanotte. Corsi sotto al porticato e mi riparai dietro ad una colonna, appoggiandomi con la schiena al marmo freddo. Respiravo a fatica, ma cercai di non fare rumore. Dovevo tornare là, Daniel e Samuel potevano aver bisogno di me, ormai mi ero liberata delle braccia muscolose di quel demone. Dovevo sbrigarmi.
Una mano si posò sulla mie labbra in modo brutale soffocandomi un urlo di sorpresa, facendomi sbattere la testa alla colonna, tanto che mi si annebbiò la vista.
Gregori appoggiava un gomito vicino alla mia testa, il suo petto poggiava sul mio mettendo a contatto i bacini ed una gamba spingeva tra le mie: in questo modo bloccava perfettamente il mio corpo.
-Io ti lascio, ma tu non urli. – mi sussurrò all’orecchio, spostando leggermente la mano liberandomi la bocca. Respirai affannosamente e cercai di balbettare qualcosa.
-Lasciami. Eri tu? Devo andare ad aiutarli… - 
-Tu non vai da nessuna parte. Ti ucciderebbero. –
-Non mi uccideranno! Ti prego, devi lasciarmi andare. –scandii con tono stizzito. Ma perché avevano tutti quel tono protettivo con me?! Non ero una bambina!
-No, non posso. E poi, sarà già tutto finito. -
Trattenni il fiato e riuscii ad alzare un braccio. Iniziai a dargli pugni sul petto, mentre lui stupito cercava di afferrare la mano.
-Non fare la bambina. – sbottò irritato.
-Non sono una bambina! –
-Oh, in effetti… una bambina non si metterebbe un vestito del genere. – mormorò con un sorrisetto.
Lo guardai sbalordita. Daniel, Samuel, Candice, Eva, Uriel e Gabriel erano in pericolo e lui pensava solo al mio vestito. Ripresi a dargli pugni sul petto.
-Sei. Un. Essere. Insensibile. Disgustoso! -
Lui rise e mi bloccò i polsi sopra la mia testa.
Lo guardai negli occhi grigi, trattenendo un sospiro di piacere a sentire il suo corpo schiacciato sul mio: aveva fianchi forti e la maglietta nascondeva a malapena i muscoli del torace e del petto. Digrignai i denti, infastidita dal mio stesso pensiero.
-Devo andare lì. -
-No, non posso permetterlo Imogean. -
Passai velocemente la lingua sulle labbra e aprii di scatto le mani, che poco prima erano serrate in pugni: il ragazzo fu scaraventato indietro, cadde a terra di schiena sporcandosi la maglia con il terriccio bianco che circondava la basilica.
-Visto, non puoi fermarmi. – mi spazzolai il vestito con un gesto delle mani e mi smaterializzai nel parco, nel punto dello scontro.
L’erba era bruciata, un tronco giaceva in mezzo al sentiero sterrato, vestiti strappati e pugnali erano sparsi nella terra.
-C’è del sangue… - mormorai. Avevo sentito Gregori apparire alle mie spalle e indugiare incerto.
Mi girai per cercare i suoi occhi e lo vidi avvicinarsi di qualche passo alzando le spalle.
Chinandomi sulla pozza di sangue più ampia scorsi un luccichio e mi avvicinai per afferrarlo: una catenella d’oro, intarsiata con decori runici giaceva al centro del palmo della sua mano.
Il respiro si fece corto.
Rune angeliche che raffiguravano la fedeltà, la lealtà.
La testa girava vorticosamente.
Una collana che lei conosceva bene.
Crollò seduta a terra e sentì le mani di Gregori sostenerle le spalle.
Il ciondolo di Sam. Il ciondolo che lei gli aveva regalato.
Il freddo si impadronì di lei e il buio arrivò in fretta, non lasciandole scampo.

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