Il cuore di una donna è un profondo oceano di segreti.

di EverybodyHurts
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Wonder. ***
Capitolo 2: *** Melancholy. ***
Capitolo 3: *** Security. ***



Capitolo 1
*** Wonder. ***


Ciaaaaaaaao gente!:3
Non voglio dilungarmi troppo: mi è venuta in mente questa fan fiction esattamente 3 ore fa e non potevo non metterla per iscritto u.u
Parla di Tyler e Mallory, due giovani che si conoscono sul Titanic. Chi dice che l’unica storia d’amore che nacque a bordo del Titanic fu quella di Jack e Rose?
Spero che qualcuno la legga e che qualcuno mi lasci una recensione. Non importa se positiva o negativa, qualsiasi recensione mi aiuterà a migliorare.
Grazie mille per l’attenzione, vi lascio alla lettura del primo capitolo:3
 
Sistemai accuratamente il fiocco sulla mia gonna larga fino alle caviglie di cotone rosa – i miei genitori me l’avevano regalata proprio per quell’occasione. Posizionai una minuscola spilla sul taschino destro della mia camicetta bianca e, infine, osservai attentamente il riflesso sullo specchio. La mia figura era proprio lì, davanti a me, snella e non molto alta. I ricci castani chiarissimi e ben definiti cadevano delicatamente sulle mie spalle. I miei occhi verdi fissavano ogni singolo dettaglio del mio abbigliamento: viste le nostre condizioni economiche, acquistare al mercato generale quella gonna e quella camicia era stato un vero e proprio strappo alla regola. La mamma mi aveva detto: « Amore, stiamo partendo. Sarai la più bella di tutti. » e subito dopo mi aveva stampato un sonoro bacio sulla fronte. La mattina della grande partenza, la mamma aveva decorato la nostra umile casa con tante bellissime roselline che aveva colto di nascosto nel giardino della donna a cui prestava servizio. Il loro profumo inondava le mie narici e mi faceva stare incredibilmente bene, mi rendeva finalmente felice della nuova vita che avrei intrapreso di lì a poco ma allo stesso tempo anche un po’ nervosa: quella sarebbe stata la mia prima volta su una nave. Sarei partita con i miei genitori dal porto di Southampton e insieme saremmo arrivati a New York. A New York la vita è facile, questa è la frase che ci sentivamo ripetere giorno dopo giorno finché mio padre non decise di tentare e di acquistare quei biglietti con gli ultimi risparmi. Avrei detto addio alla vecchia vita, presto avrei salutato il passato lasciando spazio solamente al mio futuro. Avrei detto addio ai miei amici e questa era l’unica cosa che mi teneva anche solo minimamente ancorata al mio paese d’origine. Per il resto ero eccitata dall’idea di scoprire nuovi ambienti, nuove persone, nuovi usi, nuove tradizioni. Era una novità per me che non avevo vissuto altrove se non nel mio paese. L’inaffondabile mi stava aspettando: così la chiamavano. La più grande nave mai costruita fino ad allora, la più maestosa, la più bella, la nave dei sogni. Chiunque avrebbe desiderato salire con noi ma pochi ebbero il meraviglioso privilegio di farlo. Io ero una di quelle persone che avevano il biglietto, quel biglietto. E ancora non riuscivo a capacitarmene.
« Sei pronta? » chiese mio padre riportandomi alla realtà e strappandomi dai miei pensieri. Stava sistemando le ultime cose nel suo bagaglio.
« Sì papà, sono pronta. » sapevo che quel “pronta” non si riferiva solamente al mio abbigliamento o alla mia capigliatura. Si riferiva anche (e soprattutto) al cambio di vita.
« Chissà come sarà salire su una barca.. » cantilenò mia madre la quale stava controllando attentamente la sua valigia per verificare che non mancasse nulla.
« Rosie, amore mio, quel gigante aggeggio è molto più di una barca, credimi! » esclamò papà abbracciandola da dietro e lasciandole un tenero bacio sul collo.
Sorrisi. Erano così tremendamente dolci!
Guardai un’ultima volta lo specchio e, non so bene per quale motivo, gli diedi un bacio.
« Ciao specchio, mi mancherai. » sussurrai.
Feci un ultimo giro per la casa, mi voltai, mi diressi verso la porta e scesi le scale frettolosamente. Un unico pensiero per la testa: prima uscite di casa, prima metterete piede sul Titanic!
 
---
 
Impossibile descrivere le emozioni che provai appena vidi quell’oggetto mastodontico davanti ai miei occhi. La mia bocca era spalancata e.. non lo era mai stata in quel modo! Vedevo tante facce stupite quanto me che mi circondavano e, allo stesso tempo, vedevo tante facce che non facevano altro che sbraitare per ogni singola cosa, per ogni singolo errore. Erano le facce dei ricchi, quei viziati che non riuscivano a provar meraviglia per nulla, neanche per una nave così stupenda. Le loro facce sembravano annoiate e stanche di tutto quell’andirivieni. Ci scrutavano con occhi attenti e indagatori e, sicuramente, speravano che la prima classe fosse situata ben lontano dalla nostra terza classe. Come si fa a non provare meraviglia per nulla?  C’è un modo? Come si fa a rimanere imparziali di fronte a tanta bellezza? Eppure ho sempre desiderato con tutte le mie forze di essere ricca, di avere a mia completa disposizione un guardaroba da fare invidia a tutti e di vivere in una villa meravigliosa con tanto di piscina. Ma anche in questo caso, i miei valori sarebbero differenti. Nessuno avrebbe potuto privarmi delle mie emozioni, della meraviglia, dello stupore. Nessuno sarebbe mai stato in grado di svuotarmi l’anima.
« Mallory, dobbiamo andare, hanno iniziato a fare i controlli dell’igiene a tutti coloro che s’imbarcheranno nella terza classe. » mi strinse la mano destra e con l’altra reggeva il bagaglio. La seguii immediatamente, impaziente di salire a bordo.
 
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Dopo tutti i vari controlli, finalmente misi piede su quel pavimento. L’odore di nuovo si fece subito sentire e lo assaporai immediatamente. I marinai dirigevano il tutto con un’estrema delicatezza e precisione. Al momento dell’imbarco dovevamo mostrare il nostro biglietto e loro ci avrebbero indirizzati verso le nostre stanze. Ebbi il forte impulso di seguire una ragazza ben vestita che si stava dirigendo verso la prima classe. Da quanto potei capire, si chiamava Rose. Volevo vedere le suites di cui si parlava tanto in quei giorni perché erano descritte come “piccole dimore”. Volevo vedere l’immensa scalinata che posizionata al centro della sala principale, quella scalinata che aveva occupato la prima pagina di numerosi quotidiani. Invece uno dei marinai mi invitò a seguire i miei genitori che già si stavano avviando verso quella che presto sarebbe diventata la nostra stanza.
« Sei troppo pigra! Potresti almeno aiutarci a portare qualcosa. Hai sedici anni e sei persino più sfaticata di noi che ne abbiamo quasi il triplo. » sorrisi a mia madre che mi stava facendo la predica. Ero troppo impegnata nelle mie riflessioni per pensare ai bagagli.
Quando aprirono la porta, entrarono e videro che ero rimasta immobile sulla soglia, mi fecero un sorriso d’incoraggiamento.
« Cosa fai lì impalata? » chiese papà dopo aver poggiato il suo bagaglio su uno dei sei letti disposti ordinatamente nella stanza. Erano letti a castello suddivisi in file da tre.
Sinceramente, mi aspettavo qualcosa in più: le stanze non erano poi così belle. In fondo però, non alloggiavo in una “piccola dimora”..
Sorrisi a me stessa ed entrai. Poco dopo entrò un’altra famiglia che occupò i tre letti accanto ai nostri.
« Salve, io sono John e lei è mia moglie Rosie – indicò la mamma – Lei invece è mia figlia Mallory. Piacere di conoscerla. » disse educatamente presentandosi.
L’uomo indossava una giacca marrone, un paio di pantaloni scuri ed un paio di scarpe decisamente sporche. « Piacere mio, – gli strinse la mano – questo giovanotto è mio figlio Sam, mentre lei è mia moglie Melanie. Oh, e io sono Jared. » continuò amichevolmente Jared.
Sorrisi cordialmente e con la mano salutai. Il piccolino fece lo stesso e subito dopo mi fece la linguaccia. Scoppiammo a ridere.
Un suono molto forte ci distrasse. Ci guardammo sconcertati.
« Penso proprio che.. siamo partiti. » dichiarò mio padre emozionato.
Sentii i miei occhi bagnarsi di lacrime. Uscii correndo dalla stanza e mi precipitai sul ponte che era praticamente stracolmo. C’erano tantissime persone che stavano sventolando fazzoletti a più non posso per salutare i propri cari. Non c’era nessuno per me e lo sapevo bene ma anche io volevo dare l’addio a quella città. Fu estremamente difficile trovare spazio per appoggiarsi lungo la ringhiera che era stata letteralmente presa d’assalto. Finalmente però, ci riuscii. Il vento scompigliò i miei ricci ribelli. Salutai con la mano chiunque mi capitasse davanti agli occhi e pian piano vedevo le minuscole figure delle persone diventare sempre più piccole. Una lacrima attraversò la mia guancia e mi lasciò del tutto sorpresa. Con la mano l’asciugai.
« Lasciato qualcuno di importante? » chiese pochi secondi dopo una voce maschile a me sconosciuta.
Alzai gli occhi verso il ragazzo vicino a me. Era appoggiato alla ringhiera con fare disinvolto: non una lacrima sul suo volto, non un benché minimo segno di malinconia o nostalgia. In bocca aveva una sigaretta spenta.
Piano piano tutte le persone che si stavano sbracciando pochi istanti prima per farsi vedere, stavano rientrando al coperto.
« mm, no. Lieve attacco di nostalgia. » sorrise.
« Piacere, io sono Tyler. » scosse il capo spostandosi una ciocca di capelli castani dagli occhi azzurri. Mi porse una mano e sorrise mostrando i suoi denti bianchi perfetti.
Strinsi la sua mano cordialmente. « Piacere mio, mi chiamo Mallory. »
Tornai a guardare l’oceano: la costa ora sembrava lontana.. era difficile distinguere le persone.
« Contenta di partire? » domandò.
« Molto, aspettavo da tanto questo momento. – deglutii – tu? »
« In realtà non sapevo bene cosa fare.. In pratica, sono scappato. Ma l’ho deciso all’ultimo momento ed.. eccomi qui. » rise guardandomi.
« Ma sono contento di essere qui, su questa nave. » aggiunse poco dopo. Il suo sguardo lasciava intendere una cosa fondamentale: non era pentito di ciò che aveva fatto. Guardando quell’oceano cristallino, chi poteva esserlo?
« Anche tu terza classe? » chiesi.
« Terza classe. » sorrise.
« Quindi ci incontreremo. » dissi.
« Lo spero. » per un secondo mi lasciai distrarre da quegli occhi così chiari. Arrossii imbarazzata.
« I miei si staranno chiedendo dove mi sono cacciata.. Sarà meglio rientrare. E’ stato un piacere. » sorrisi educatamente e mi voltai pronta a dirigermi verso la mia stanza.
« Mallory? »
« Sì? »
« Quanti anni hai? » domandò. Quella domanda inadeguata all’occasione mi lasciò sconcertata.
« 16, tu? » è strano ammetterlo ma la curiosità mi stava uccidendo.
« 19. »
« Perché me l’hai chiesto? »
« Perché ho vinto la scommessa. » 
« Quale scommessa? »
« Quando incontro qualcuno, mi piace immaginare la sua età. »
Scoppiai a ridere. « Quindi appena mi hai vista hai capito che avevo 16 anni? »
« Esattamente. » sorrise.
Scossi il capo e tornai sui miei passi.
« Un’ultima cosa – si voltò verso di me – se ti capita di vedermi.. ti conviene stare lontana da uno svitato come me. » fece l’occhiolino.
« Terrò conto del tuo consiglio. » risi. Tyler tornò a fissare l’oceano mentre l’unico oceano a cui riuscivo a pensare in quell’istante era quello dei suoi occhi.  

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Capitolo 2
*** Melancholy. ***


Ciaaaaaaaao gente!:3
Eccomi di nuovo qui! Scusate l’immenso ritardo ma in questi giorni sono super impegnata. Causa? Scuola. Eh sì, Maggio è il mese delle interrogazioni, dei compiti in classe e quant’altro, oltre ad essere il mese del mio compleanno. <3
Non mi dilungo ulteriormente, vi lascio al nuovissimo capitolo se mai qualcuno lo leggerà xD Spero davvero che non vi siate già dimenticati di me çwç
Un bacio, aspetto le vostre recensioni :3
 
 
Sdraiata sul mio letto chiusi gli occhi per un po’. Eravamo posizionati molto in alto rispetto alla stiva ma mi sembrava addirittura di sentire le onde del mare che ci cullavano. Era una specie di Paradiso, un’emozione del tutto indescrivibile. Ogni volta che pensavo che uno dei tanti passeggeri a bordo del Titanic ero proprio io, i miei occhi s’inumidivano di lacrime per l’emozione. Nonostante l’oblò mostrasse ventiquattro ore su ventiquattro l’oceano, ancora non riuscivo a capacitarmene. Quella sera avevo intenzione di esplorare il ristorante di terza classe. Tra i passeggeri si era sparsa la voce che il cibo non era un granché e tantomeno il locale. Non sono mai stata una di quelle ragazze che crede alla prima cosa che le si dice, volevo accertarmene con i miei occhi. Aspettavo con ansia l’ora di cena per vedere finalmente la sala.
« Andiamo? » chiesi ai miei genitori.
« Fra un po’ tesoro, è ancora presto. » disse mio padre mentre stava giocando a carte con Jared.
Sbuffai.
« Come mai sei così impaziente? » chiese mia madre mentre stava sistemando una gonna in valigia.
« Sono curiosa. »
« Come sempre del resto. » si voltò e mi stampò un bacio sulla fronte.
« Ma a che ora andiamo a cena? » chiesi nuovamente sperando che non troppo tempo ci separasse da quel fatidico momento.
« Dovrebbero avvisarci con un suono credo.. una campana forse? » disse Jared sorridendo. Pochi secondi dopo udimmo un suono strano. Sembrava essere proprio il suono di una campana, Jared aveva indovinato.
« Sembra che siamo tornati in prima elementare. Per la tua gioia signorina, è ora di cena. » guardai Jared felicissima.
Mi catapultai fuori dalla stanza senza aspettare i miei genitori. Non avevo la più pallida idea di dove andare; avrei seguito la folla. In fondo al corridoio, destra, poi sinistra e ancora destra, dritto fin ad arrivare ad una porta di legno che qualcuno spalancò. La sala era piuttosto grande, molto illuminata ed allestita con numerosi tavoli di legno e due panchine per ciascun tavolo. Vicino all’ingresso c’era un cameriere che, molto svogliatamente, ci invitava a sederci. Mi resi conto troppo tardi che i tavoli erano quasi tutti completamente riempiti. Mi accomodai in un tavolo in cui c’era un solo posto libero e pensai: i miei sapranno cavarsela benissimo anche da soli. Sorrisi.
Fantasticai su quello che avrebbero potuto portarci per cena. Non ero mai stata in un ristorante e quella sarebbe stata la prima volta in assoluto in cui qualcuno avrebbe servito me. Ogni piccolo dettaglio attirava la mia attenzione: una forchetta, un coltello, un cucchiaio, la camicia del ragazzo seduto di fronte a me..
« A quanto pare non l’hai fatto. » disse lui incrociando le braccia al petto.
« Co-cosa? » balbettai imbarazzata. Lui mi stava fissando mentre io guardavo con ammirazione.. una forchetta?  
« Il mio consiglio.. quello di stare alla larga da uno svitato come me. » sorrise. Una ciocca di capelli castano scuro scivolò sul suo volto coprendogli l’occhio destro. La scansò bruscamente e tornò a guardarmi.
« Sinceramente non sapevo neanche che tu fossi qui. » dichiarai.
« Dicono tutti così, so che provi attrazione nei miei confronti e non riesci a stare alla larga da me. » sorrise beffardo con l’aria da duro. Credeva di essere più forte di me? Sì sbagliava di grosso.
« Okay, sei davvero uno svitato, avevi ragione. »
Scoppiò a ridere. « Dovrai subire questo svitato per l’intera cena, mi auguro che duri un sacco di tempo. »
« Scommettiamo che tra meno di cinque secondi mi alzo da questa stupida panchina e mi siedo altrove? » chiesi. Questa volta sorrisi io beffarda.
« Non hai il coraggio. » la sua calma mi snervava, oltre a lasciarmi completamente senza parole.
« I cinque secondi stanno per finire, sarebbe meglio che tu ti dia una mossa. » concluse.
Accettai la sfida: mi alzai e mi diressi verso un altro tavolo più in là. Fortunatamente c’era un posto libero pronto ad ospitarmi. Mi sedetti dove potevo guardarlo meglio per rinfacciargli la mia vittoria. Lui mi fissò allibito. Gli feci l’occhiolino.
Con la bocca mimai un “che ti avevo detto?”, lui scosse il capo sconfitto.
Quando qualcuno posò le mani sulle mie spalle sobbalzai, tanto ero presa.
« Amore ma che fine hai fatto? » chiese mia madre dolcemente.
« Ero qui. »
« Ti stavamo cercando. Noi siamo a quel tavolo laggiù – lo indicò – rimani qui? »
« Sì mamma, non preoccuparti, io sono qui. » sorrisi.
« Va bene. » tornò al suo tavolo ed io tornai a lanciare sguardi di sfida a Tyler.
Mi ero scordata persino il motivo per cui eravamo in quella sala: la cena. Un cameriere iniziò a distribuirci della zuppa ai fagioli che io divorai in pochi secondi per quanto ero affamata. Quando rialzai lo sguardo Tyler stava ridacchiando. Per quale motivo ridacchiava? Il mio modo di mangiare lo divertiva molto?
Mentre io mi facevo queste domande, vidi alcune persone alzarsi ed uscire dalla sala. La cena era già finita? IL DESSERT? Dov’era il dessert?
Mi alzai anche io, sembrava stupido ma non volevo che Tyler si alzasse prima di me. Mi diressi verso la porta principale ignorandolo ma qualcosa o meglio qualcuno mi afferrò il polso. Mi voltai. Occhi azzurri..
« Ancora tu? Prima mi dici di stare alla larga da te poi mi cerchi sempre. »
« sempre. Che parolone! Voglio solamente renderti felice, so che lo sei se ti ronzo intorno. »
« Ti stai comportando in modo strano, spero che tu te ne renda conto. Hai bevuto? »
« Sono lucidissimo. »
« Sì, facciamo finta che ti credo. Credo proprio che andrò a dormire ora. Spero che domani sarai.. lucido. »
« Beccata! Domani? Quindi vuoi rivedermi, eh?! Userò quest’elemento sempre e comunque contro di te, sappilo. » lasciò il mio polso ed incrociò le braccia al petto.
Scossi il capo.
« Vieni a fare un giro sul ponte? » chiese all’improvviso. Lo squadrai.
« Quindi sei tu quello che vuole vedermi! Ammettilo, non puoi vivere senza di me. » scherzai. Lui scoppiò a ridere.
« Non hai risposto alla mia domanda, comunque. Andiamo a fare un giro? Il mare di notte è uno spettacolo. Forza, Mall. » sobbalzai quando pronunciò quel soprannome. Mall. Mm, non suonava male.. nessuno mi ci aveva mai chiamata prima!
« Dovresti ritenerti fortunata.. » continuò.
« Per quale motivo? »
« Stringo amicizia solamente con le persone che mi ispirano. »
« Sono lieta di essere la tua fonte ispiratrice. »
Mi precedette ed uscì dalla sala invitandomi a seguirlo. Dopotutto avevo voglia di andare sul ponte a guardare il mare di notte. Sarebbe stato decisamente fantastico sentire il vento accarezzarmi i capelli. Era una buona idea. Non avrei mai ammesso a me stessa che uno dei motivi principali per cui stavo andando sul ponte era proprio.. Tyler. Mi faceva ridere, era simpatico. Volevo “conoscerlo” un po’ di più.
Arrivati, si diresse immediatamente verso la ringhiera. Lo seguii e mi voltai verso il meraviglioso oceano illuminato dal chiarore della Luna e dai mille oblò illuminati di terza classe. Chissà come si stavano divertendo, quali vestiti stavano indossando, con chi stavano ballando, cos’avevano mangiato.. Scacciai i pensieri e mi concentrai sul ragazzo che fissava l’oceano, proprio come stavo facendo io.
« Ti manca..? » chiesi all’improvviso e non me ne resi quasi conto. Era stata la mia bocca a parlare, non io!
« Cosa? » si voltò di scatto verso di me.
« La tua famiglia, la tua casa.. sei scappato così.. »
« Credo che.. partendo.. li ho solamente resi felici.. non siamo mai andati d’accordo. » abbassò lo sguardo poi si riprese subito e tornò a guardare dritto di fronte a sé.
« Tu e i tuoi? » domandai.
« In particolar modo io e mio padre.. non passiamo UN giorno senza litigare.. lui beve, sperpera i risparmi di una vita in una sola serata per qualcosa da bere.. E noi siamo costretti a vivere nella merda. Mi dispiace solo di.. aver abbandonato mia madre nelle mani di quel bastardo che spesso si diverte a picchiarla. » notai i suoi occhi scintillare. La sua voce era flebile, quasi un sussurro.
« Avrei voluto portarla con me ma.. lei non avrebbe mai accettato. E’ troppo ancorata a lui e.. se gliel’avessi detto probabilmente lei l’avrebbe rivelato a mio padre.. e non sarei mai potuto partire. Spero che in mia assenza le cose vadano meglio.. » una lacrima oltrepassò la barriera dei suoi occhi e scivolò via sulla sua guancia. All’improvviso ebbi il desiderio di toccargli quella guancia bagnata. Allungai la mano e gli toccai la guancia spostando quella piccola lacrima. Lui mi guardò e per un attimo sorrise dolcemente.
« E’ curioso. »
« Cosa? » chiesi. Ero sollevata, stava sorridendo anche se solo per poco.
« Sto raccontando la mia vita ad una perfetta sconosciuta. »
Risi. « Questa perfetta sconosciuta è speciale allora. »
« mh. »
« A quanto pare durante questo lungo viaggio avrò qualcuno con cui parlare. »
« Lo stesso vale per me. – sorrisi – Ora devo rientrare altrimenti i miei mi daranno per dispersa. » salutai con la mano e mi diressi verso la mia cuccetta.
« Aspetta! » esclamò. Mi voltai verso di lui.
« Sono contento di averti conosciuta, Mall. » Pian piano mi stavo abituando a quel nuovo soprannome e.. mi piaceva. Gli sorrisi e feci l’occhiolino.
Non pronunciai un “Anche io”, per quello c’era ancora tanto tempo.

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Grazie a:
SmileAlways_muffinSantana Lopez1Dsmiles_
per aver recensito *--*
E ovviamente grazie a tutti quelli che l'hano messa nelle seguite/nei preferiti/da ricordare.
Siete meravigliosi. <3

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Capitolo 3
*** Security. ***


Ciaaaaaaaao gente!:3
Sicuramente vi starete chiedendo: chi è questa? Vi siete dimenticati di me, non è così? ç_ç Sono stata tremendamente impegnata e non ho avuto il tempo di dedicarmi ad una delle mie più grandi passioni: la scrittura. Sono un totale disastro! Spero che non vi siate dimenticati di questa storia, lo spero davvero perché ci tengo particolarmente. In ogni caso, bando alle ciance, ecco il nuovissimo capitolo. Ora che è state prometto di aggiornare con maggiore frequenza avendo a disposizione più tempo libero. Chiedo ancora scusa e vi lascio alla lettura del capitolo.
Un bacio, aspetto le vostre recensioni :3
 
 
 
« Cosa ti manca di più del tuo paese? » chiese distogliendomi dai miei pensieri occupati interamente dall’oceano che stavamo attraversando.
« mh, non saprei. Forse i miei amici.. tutto. E’ difficile lasciare un posto in cui hai vissuto per tutta la vita. » lo guardai.
Annuì.
« Ora sto bene – aggiunsi – non vorrei essere in nessun’altro posto al mondo. Stiamo andando a New York ed io ancora non ci credo. »
Eravamo sul ponte, io e Tyler, di prima mattina. Tutti dormivano ancora ed ero sgattaiolata fuori dalla stanza senza farmi sentire. Ero diretta verso quella ringhiera e l’avevo incontrato lì. Era stato un incontro casuale, non ci eravamo dati appuntamento. L’avevo trovato lì, intento a fissare il mare con fare assorto. Avevamo fatto una breve passeggiata ed in quel momento eravamo seduti l’uno di fronte all’altra su una specie di banchetto. La vista era splendida: il Sole era da poco sorto ed illuminava l’oceano rendendolo ancora più cristallino.
« Mi piacerebbe davvero fare un tuffo. L’acqua sembra perfetta. » scansai una ciocca di capelli dal viso portandola dietro l’orecchio destro.
Lui mi guardò ridendo. « Dici? Beh, possiamo provare. »
Si alzò improvvisamente e mi costrinse a seguirlo tirandomi il braccio.
« Tyler.. che stai facendo? » chiesi allibita.
Lui non rispose: si limitò ad agire. Mi sollevò da terra facilmente, come se non pesassi nulla. Effettivamente ero molto più piccolina di lui e di sicuro Tyler si stava sforzando affatto per sollevarmi. Urlai e lui scoppiò a ridere tenendomi stretta al petto e tappandomi la bocca con una mano libera. Notai i rigonfiamenti della camicia che metteva in bella vista i suoi muscoli: sorrisi aggrappandomi ancora più forte.
« Ed ora io e te facciamo un bel bagnetto, che ne dici? » si avvicinò sempre di più alla ringhiera ed in quel momento iniziai ad avere seriamente paura.
« Tyler! Mettimi giù! » urlai.
« shhh! Sei pazza? Non vorrai svegliare tutti. » si sporse leggermente con me in braccio. Cominciai a scalciare per liberarmi della sua stretta.
« Fossi in te starei fermo. Un solo movimento brusco potrebbe farti scivolare in acqua e.. – si avvicinò al mio viso – io non mi tufferei per salvarti. » sussurrò.
« Ti prego, lasciami andare, ho paura. »
« Paura?! Hai detto tu che volevi farti un bagno, io sto solamente esaudendo il tuo desiderio. » rise.
Lo schiaffeggiai. « Le tue esili manine non mi recano alcun danno, Mall. » sorrise dolcemente. Ancora quel soprannome.
Guardai verso il basso e.. rabbrividii. Sotto di me c’erano solamente le sue braccia muscolose. Tornai a guardarlo negli occhi. « Se mi lasci cadere sarò più svelta: mi aggrapperò a te così affogheremo insieme. »
Scoppiò a ridere. « mh, con tutto il rispetto: non credo che tu sia tanto forte tesoro. »
« Solamente perché non mi sto impegnando abbastanza. Sono più forte di te e sicuramente lo sai anche tu ma non vuoi darmi la soddisfazione. »
« Continua pure. »
« Anche se non dovessi riuscire ad aggrapparmi, tu  ti tufferesti per salvarmi. »
Prima inarcò le sopracciglia, poi scoppiò a ridere. « Puoi scordartelo. Non so nuotare, ti lascerei morire congelata senza rimorsi. »
Mi strinse ancora e finalmente fece un passo indietro; mi divincolai e riuscii a scendere. Lo squadrai.
Decisi di tornare nella mia cuccetta ma lui mi bloccò immediatamente. « Oh, andiamo.. Pensi davvero che ti avrei lasciato cadere? » chiese.
Incrociai le braccia al petto.
« Stavo solo scherzando. » aggiunse con il suo solito sorriso dolce stampato sulle labbra.
« Non è stato affatto divertente. »
« Prenderti in braccio lo è stato invece. » fece l’occhiolino.
Risi. « Non scherzavo comunque.. sarebbe davvero bello farsi un bagno in quell’acqua meravigliosa! »
« Vogliamo ripetere l’esperienza? » chiese beffardo.
Lo guardai. « Direi di no. Però possiamo provare a fare una cosa. »
Improvvisamente mi gettai su di lui spingendolo con tutte le mie forze contro la ringhiera.
« Sei impazzita? » chiese ridacchiando.
« Zitto. Non una parola! » esclamai. Misi la mano destra sul suo petto muscoloso; lui fissò prima la mano, poi mi guardò dritto negli occhi cercando il mio sguardo. Alzai gli occhi verso di lui e sostenni a lungo il suo sguardo così intenso. Spostai la mano e la portai dietro al suo collo, poi feci lo stesso con la sinistra.
« Devi stare molto attento – sussurrai – potrebbe risvegliarsi il mio lato molto cattivo. » posò le mani sui miei fianchi ed io sorrisi leggermente.
« Ti piacerebbe alloggiare in prima classe, non è così? » bisbigliò.
« Tu come lo sai? » chiesi.
« Ho visto ieri sera il modo in cui fissavi gli oblò di prima classe.. »
« Sì, va bene, lo ammetto. Ma chi non vorrebbe dare almeno un’occhiata in giro? Voglio dire, ho visto sui giornali.. delle foto meravigliose! » mi allontanai da lui e mi sedetti nella stessa posizione di prima (prima che tentasse di uccidermi, intendo). Mi diede le spalle e si aggrappò alla ringhiera. I suoi capelli risplendevano alla luce del Sole che li faceva sembrare molto più chiari.
« Sai che c’è? Andiamo. » di voltò di scatto e mi prese la mano tirandomi verso di lui.
« Ma come fanno a venirti certe idee? Sei pazzo? » chiesi allibita. Aveva intenzione di entrare in prima classe?
« Ti avevo detto di stare alla larga da uno svitato come me ma tu non hai voluto ascoltarmi. » fece l’occhiolino senza smettere di ridacchiare.
« Ma.. ma.. sarà tutto controllato a vista? Ci..ci.. ci scaricheranno al primo porto! Moriremo di fame! Anzi, peggio! Saranno loro a buttarci in mare.. E tu morirai perché non sai nuotare, mentre io morirò di solitudine.. » tutto ciò avvenne mentre lui mi trascinava costringendomi a seguirlo.
Dopo le mie parole si bloccò e mi fissò serio. Poi scoppiò a ridere avvicinandosi al mio volto.
« Sei un po’ troppo melodrammatica! » continuò a camminare con me al suo seguito. « So che sei eccitata all’idea di vedere finalmente la prima classe. »
Sì, lo ero. Eccome se lo ero! Non vedevo l’ora di varcare quella soglia, non vedevo l’ora di vedere quella meravigliosa scala che occupava il centro della sala, non vedevo l’ora di vedere tutti quei tavoli imbanditi, non vedevo l’ora di vedere i meravigliosi vestiti indossati, non vedevo l’ora di vedere.
« Come sai la strada per arrivare? » chiesi.
« Non è difficile.. basta seguire l’odore di croissant appena sfornati. » gli sorrisi non appena si voltò a guardarmi. Per lui non c’era neanche più bisogno di tirarmi, lo seguivo senza opporre resistenza e.. camminavamo ancora mano nella mano.
Entrammo al coperto e lo seguii senza batter ciglio. Fossi stata con un’altra persona mi sarei preoccupata: era comunque uno sconosciuto ed io mi stavo recando con lui chissà dove. Ma ero con Tyler e di lui mi fidavo. Non sapevo spiegarlo ma di lui mi fidavo come se lo conoscessi da una vita intera.
« Ecco, quella è la porta. Una volta superata, ci sono alcune rampe di scale, un cancelletto e poi un corridoio che porta direttamente alla prima classe. » indicò, lasciando la mia mano, una bellissima porta di legno rifinita alla perfezione, una porta del tutto diversa dalla porta della cuccetta in cui alloggiavo. Da quel piccolo dettaglio compresi che la prima classe era vicinissima.
« Come fai a sapere tante cose? » domandai.
« Mi piace esplorare ed in questo poco tempo ho scoperto moooolte cose. Questo non è l’unico accesso ma è il più isolato.. »
« Quindi il meno sorvegliato. » fece l’occhiolino.
« Ottimo, impari in fretta – sorrise – sarà meglio sbrigarsi. » con fare disinvolto riprese la mia mano anche se non era affatto necessario: l’avrei seguito senza dubbi. Quel contatto però mi dava sicurezza, era un contatto piacevole, un contatto che avrei cercato io stessa se lui non l’avesse fatto.
Proseguimmo per qualche metro, oltrepassammo la porta e scendemmo le scale. Di tanto in tanto si voltava verso di me e mi sussurrava “shhh!” per non farmi fare troppo rumore. Del resto stavamo andando contro la legge.
Improvvisamente udimmo il rumore di passi. Tyler afferrò il mio polso ancora più forte e insieme voltammo l’angolo sperando di non essere notati. Mi strinse tra le braccia e, con l’indice poggiato sulle sue labbra, mi stava dicendo di non parlare. I passi si fecero sempre più vicini. Sperai con tutta me stessa di non essere scoperta.. volevo davvero “avventurarmi” in quella sala.
« Che ci fate voi qui? » ci chiese un tizio in uniforme con un blocchetto ed una penna in mano.
« ehm.. cercavamo il bagno. » cercavamo il bagno? Cercavamo il bagno? Come poteva essergli venuta un’idea simile? Non sapevo se prenderlo a pizze per la “meravigliosa” scusa appena usata oppure scoppiare a ridere.
« mh, sì. Tornate pure nelle vostre cuccette, se volete posso condurvi io stesso ai bagni anche se presumo che non stavate cercando il bagno. » rise.
« Possiamo arrivarci da soli, grazie. Andiamo Mall. »
Tornammo nella terza classe affranti. « Ci hanno sgamati Mall. »
« “Cercavamo il bagno”? » chiesi spiegazioni.
« Oh, non farla tanto lunga. E’ la prima scusa che mi è passata per la testa. » scoppiai a ridere ripensando alla faccia del tizio appena Tyler aveva risposto in quel modo.
« Peccato, mi sarebbe piaciuto davvero vedere con i miei occhi.. » sentii gli occhi inumidirsi leggermente. Ero una ragazza molto sensibile e riuscivo a piangere anche per la più piccola stupidaggine. Quella non era una stupidaggine per me, ci tenevo davvero.
« Hey – si avvicinò prendendomi il volto tra le mani e costringendomi a guardarlo negli occhi – vedrai la prima classe, okay? La vedremo insieme. E’ una promessa. » mi stampò un dolce bacio sulla fronte e non potei fare a meno di sorridere. Sapevo che quella era una promessa che non avrebbe potuto mantenere, non saremmo mai stati in grado di passare senza essere visti, non ce l’avremmo mai fatta. In quell’istante non m’interessava. Il modo in cui aveva cercato di consolarmi era estremamente dolce, tanto dolce da farmi quasi dimenticare il desiderio di visitare la prima classe.
« Comunque devo andare davvero al bagno. » mi sorrise ed io risi.
« Sai dov’è o devo chiamare quel tizio per farti accompagnare? »
« Lo so lo so. »
Mi diede le spalle e si allontanò lentamente. D’un tratto si bloccò e si voltò verso di me.
« Sai che c’è? Non sono uno che molla facilmente. Stanotte c’infiltreremo e nessuno ci fermerà. Ci vediamo alla ringhiera. Non accetterò un no da parte tua. » fece l’occhiolino e non mi diede neanche il tempo di rispondere. Quale sarebbe stata la mia risposta? “Non ho intenzione di dirti di no, a stasera.”

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