Il cuore di una donna è un profondo oceano di segreti. di EverybodyHurts (/viewuser.php?uid=99810)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Wonder. ***
Capitolo 2: *** Melancholy. ***
Capitolo 3: *** Security. ***
Capitolo 1 *** Wonder. ***
Ciaaaaaaaao
gente!:3
Non
voglio dilungarmi troppo: mi è
venuta in mente questa fan fiction esattamente 3 ore fa e non potevo
non
metterla per iscritto u.u
Parla
di Tyler e Mallory, due giovani
che si conoscono sul Titanic. Chi dice che l’unica storia
d’amore che nacque a
bordo del Titanic fu quella di Jack e Rose?
Spero
che qualcuno la legga e che
qualcuno mi lasci una recensione. Non importa se positiva o negativa, qualsiasi recensione mi
aiuterà a
migliorare.
Grazie
mille per l’attenzione, vi
lascio alla lettura del primo capitolo:3
Sistemai accuratamente
il
fiocco sulla mia gonna larga fino alle caviglie di cotone rosa
– i miei
genitori me l’avevano regalata proprio per
quell’occasione. Posizionai una
minuscola spilla sul taschino destro della mia camicetta bianca e,
infine,
osservai attentamente il riflesso sullo specchio. La mia figura era
proprio lì,
davanti a me, snella e non molto alta. I ricci castani chiarissimi e
ben
definiti cadevano delicatamente sulle mie spalle. I miei occhi verdi
fissavano
ogni singolo dettaglio del mio abbigliamento: viste le nostre
condizioni
economiche, acquistare al mercato generale quella gonna e quella
camicia era
stato un vero e proprio strappo alla regola. La mamma mi aveva detto:
«
Amore, stiamo partendo. Sarai la più bella di tutti.
» e subito dopo mi
aveva stampato un sonoro bacio sulla fronte. La mattina della grande
partenza,
la mamma aveva decorato la nostra umile casa con tante bellissime
roselline che
aveva colto di nascosto nel giardino della donna a cui prestava
servizio. Il
loro profumo inondava le mie narici e mi faceva stare incredibilmente
bene, mi
rendeva finalmente felice della nuova vita che avrei intrapreso di
lì a poco ma
allo stesso tempo anche un po’ nervosa: quella sarebbe stata
la mia prima volta
su una nave. Sarei partita con i miei genitori dal porto di Southampton
e
insieme saremmo arrivati a New York. A
New York la vita è facile, questa è la
frase che ci sentivamo ripetere
giorno dopo giorno finché mio padre non decise di tentare e
di acquistare quei
biglietti con gli ultimi risparmi. Avrei detto addio alla vecchia vita,
presto
avrei salutato il passato lasciando spazio solamente al mio futuro.
Avrei detto
addio ai miei amici e questa era l’unica cosa che mi teneva
anche solo
minimamente ancorata al mio paese d’origine. Per il resto ero
eccitata dall’idea
di scoprire nuovi ambienti, nuove persone, nuovi usi, nuove tradizioni.
Era una
novità per me che non avevo vissuto altrove se non nel mio
paese. L’inaffondabile mi
stava aspettando: così
la chiamavano. La più grande nave mai costruita fino ad
allora, la più
maestosa, la più bella, la nave dei sogni. Chiunque avrebbe
desiderato salire
con noi ma pochi ebbero il meraviglioso privilegio di farlo. Io ero una
di
quelle persone che avevano il biglietto, quel
biglietto. E ancora non riuscivo a capacitarmene.
« Sei
pronta? » chiese mio padre riportandomi alla
realtà e strappandomi dai miei
pensieri. Stava sistemando le ultime cose nel suo bagaglio.
« Sì
papà, sono
pronta. » sapevo che quel “pronta” non si
riferiva solamente al mio abbigliamento
o alla mia capigliatura. Si riferiva anche (e soprattutto) al cambio di
vita.
« Chissà
come sarà
salire su una barca.. » cantilenò mia madre la
quale stava controllando
attentamente la sua valigia per verificare che non mancasse nulla.
« Rosie,
amore mio,
quel gigante aggeggio è molto più di una barca,
credimi! » esclamò papà
abbracciandola da dietro e lasciandole un tenero bacio sul collo.
Sorrisi. Erano
così tremendamente dolci!
Guardai
un’ultima volta lo
specchio e, non so bene per quale motivo, gli diedi un bacio.
« Ciao
specchio, mi
mancherai. » sussurrai.
Feci un ultimo giro per
la
casa, mi voltai, mi diressi verso la porta e scesi le scale
frettolosamente. Un
unico pensiero per la testa: prima uscite
di casa, prima metterete piede sul Titanic!
---
Impossibile descrivere
le
emozioni che provai appena vidi quell’oggetto mastodontico
davanti ai miei
occhi. La mia bocca era spalancata e.. non lo era mai stata in quel modo! Vedevo tante facce stupite
quanto me che mi circondavano e, allo stesso tempo, vedevo tante facce
che non
facevano altro che sbraitare per ogni singola cosa, per ogni singolo
errore. Erano
le facce dei ricchi, quei viziati che non riuscivano a provar
meraviglia per nulla,
neanche per una nave così stupenda. Le loro facce sembravano
annoiate e stanche
di tutto quell’andirivieni. Ci scrutavano con occhi attenti e
indagatori e,
sicuramente, speravano che la prima classe fosse situata ben lontano
dalla
nostra terza classe. Come si fa a non
provare meraviglia per nulla? C’è
un
modo? Come si fa a rimanere imparziali di fronte a tanta bellezza?
Eppure ho
sempre desiderato con tutte le mie forze di essere ricca, di avere a
mia
completa disposizione un guardaroba da fare invidia a tutti e di vivere
in una
villa meravigliosa con tanto di piscina. Ma anche in questo caso, i
miei valori
sarebbero differenti. Nessuno avrebbe potuto privarmi delle mie
emozioni, della
meraviglia, dello stupore. Nessuno sarebbe mai stato in grado di
svuotarmi l’anima.
« Mallory,
dobbiamo
andare, hanno iniziato a fare i controlli dell’igiene a tutti
coloro che s’imbarcheranno
nella terza classe. » mi strinse la mano destra e con
l’altra reggeva il
bagaglio. La seguii immediatamente, impaziente di salire a bordo.
---
Dopo tutti i vari
controlli, finalmente misi piede su quel pavimento. L’odore
di nuovo si fece
subito sentire e lo assaporai immediatamente. I marinai dirigevano il
tutto con
un’estrema delicatezza e precisione. Al momento
dell’imbarco dovevamo mostrare
il nostro biglietto e loro ci avrebbero indirizzati verso le nostre
stanze. Ebbi
il forte impulso di seguire una ragazza ben vestita che si stava
dirigendo
verso la prima classe. Da quanto potei capire, si chiamava Rose. Volevo
vedere
le suites di cui si parlava tanto in quei giorni perché
erano descritte come “piccole
dimore”. Volevo vedere l’immensa scalinata che
posizionata al centro della sala
principale, quella scalinata che aveva occupato la prima pagina di
numerosi
quotidiani. Invece uno dei marinai mi invitò a seguire i
miei genitori che già
si stavano avviando verso quella che presto sarebbe diventata la nostra
stanza.
« Sei
troppo pigra!
Potresti almeno aiutarci a portare qualcosa. Hai sedici anni e sei
persino più
sfaticata di noi che ne abbiamo quasi il triplo. » sorrisi a
mia madre
che mi stava facendo la predica. Ero troppo impegnata nelle mie
riflessioni per
pensare ai bagagli.
Quando aprirono la
porta,
entrarono e videro che ero rimasta immobile sulla soglia,
mi fecero
un sorriso d’incoraggiamento.
« Cosa
fai lì
impalata? » chiese papà dopo aver poggiato il suo
bagaglio su uno dei
sei letti disposti ordinatamente nella stanza. Erano letti a castello
suddivisi
in file da tre.
Sinceramente, mi
aspettavo qualcosa
in più: le stanze non erano poi così belle. In
fondo però, non alloggiavo in
una “piccola dimora”..
Sorrisi a me stessa ed
entrai. Poco dopo entrò un’altra famiglia che
occupò i tre letti accanto ai
nostri.
« Salve,
io sono
John e lei è mia moglie Rosie – indicò
la mamma – Lei invece è mia figlia
Mallory. Piacere di conoscerla. » disse educatamente
presentandosi.
L’uomo
indossava una giacca
marrone, un paio di pantaloni scuri ed un paio di scarpe decisamente
sporche. «
Piacere mio, – gli strinse la mano – questo
giovanotto è mio figlio Sam, mentre
lei è mia moglie Melanie. Oh, e io sono Jared. »
continuò amichevolmente
Jared.
Sorrisi cordialmente
e
con la mano salutai. Il piccolino fece lo stesso e subito dopo mi fece
la
linguaccia. Scoppiammo a ridere.
Un suono molto forte ci
distrasse. Ci guardammo sconcertati.
« Penso
proprio
che.. siamo partiti. » dichiarò mio padre
emozionato.
Sentii i miei occhi
bagnarsi di lacrime. Uscii correndo dalla stanza e mi precipitai sul
ponte che
era praticamente stracolmo. C’erano tantissime persone che
stavano sventolando
fazzoletti a più non posso per salutare i propri cari. Non
c’era nessuno per me
e lo sapevo bene ma anche io volevo dare l’addio a quella
città. Fu
estremamente difficile trovare spazio per appoggiarsi lungo la
ringhiera che
era stata letteralmente presa d’assalto. Finalmente
però, ci riuscii. Il vento
scompigliò i miei ricci ribelli. Salutai con la mano
chiunque mi capitasse
davanti agli occhi e pian piano vedevo le minuscole figure delle
persone
diventare sempre più piccole. Una lacrima
attraversò la mia guancia e mi lasciò
del tutto sorpresa. Con la mano l’asciugai.
« Lasciato
qualcuno
di importante? » chiese pochi secondi dopo una voce maschile
a me
sconosciuta.
Alzai gli occhi verso
il
ragazzo vicino a me. Era appoggiato alla ringhiera con fare disinvolto:
non una
lacrima sul suo volto, non un benché minimo segno di
malinconia o nostalgia. In
bocca aveva una sigaretta spenta.
Piano piano tutte le
persone che si stavano sbracciando pochi istanti prima per farsi
vedere,
stavano rientrando al coperto.
« mm,
no. Lieve
attacco di nostalgia. » sorrise.
« Piacere,
io sono
Tyler. » scosse il capo spostandosi una ciocca di capelli
castani dagli
occhi azzurri. Mi porse una mano e sorrise mostrando i suoi denti
bianchi
perfetti.
Strinsi la sua mano
cordialmente. « Piacere mio, mi chiamo Mallory. »
Tornai a guardare
l’oceano:
la costa ora sembrava lontana.. era difficile distinguere le persone.
« Contenta
di
partire? » domandò.
« Molto,
aspettavo
da tanto questo momento. – deglutii – tu?
»
« In
realtà non
sapevo bene cosa fare.. In pratica, sono scappato. Ma l’ho
deciso all’ultimo
momento ed.. eccomi qui. » rise guardandomi.
« Ma
sono contento
di essere qui, su questa nave. » aggiunse poco dopo. Il suo
sguardo
lasciava intendere una cosa fondamentale: non era pentito di
ciò che aveva
fatto. Guardando quell’oceano
cristallino, chi poteva esserlo?
« Anche
tu terza
classe? » chiesi.
« Terza
classe. » sorrise.
« Quindi
ci
incontreremo. » dissi.
« Lo
spero. »
per un secondo mi lasciai distrarre da quegli occhi così
chiari. Arrossii
imbarazzata.
« I
miei si staranno
chiedendo dove mi sono cacciata.. Sarà meglio rientrare.
E’ stato un piacere. »
sorrisi educatamente e mi voltai pronta a dirigermi verso la mia stanza.
« Mallory?
»
« Sì?
»
« Quanti
anni hai? »
domandò. Quella domanda inadeguata all’occasione
mi lasciò sconcertata.
« 16,
tu? » è
strano ammetterlo ma la curiosità mi stava uccidendo.
« 19.
»
« Perché
me l’hai
chiesto? »
« Perché
ho vinto la
scommessa. »
« Quale
scommessa? »
« Quando
incontro
qualcuno, mi piace immaginare la sua età. »
Scoppiai a ridere.
«
Quindi appena mi hai vista hai capito che avevo 16 anni? »
« Esattamente.
» sorrise.
Scossi il capo e tornai
sui
miei passi.
« Un’ultima
cosa –
si voltò verso di me – se ti capita di vedermi..
ti conviene stare lontana da
uno svitato come me. » fece l’occhiolino.
« Terrò
conto del
tuo consiglio. » risi. Tyler tornò a fissare
l’oceano mentre l’unico
oceano a cui riuscivo a pensare in quell’istante era quello
dei suoi occhi.
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Capitolo 2 *** Melancholy. ***
Ciaaaaaaaao
gente!:3
Eccomi
di nuovo qui! Scusate l’immenso
ritardo ma in questi giorni sono super impegnata. Causa? Scuola. Eh
sì, Maggio
è il mese delle interrogazioni, dei compiti in classe e
quant’altro, oltre ad
essere il mese del mio compleanno. <3
Non
mi dilungo ulteriormente, vi
lascio al nuovissimo capitolo se mai qualcuno lo leggerà xD
Spero davvero che
non vi siate già dimenticati di me çwç
Un
bacio, aspetto le vostre recensioni
:3
Sdraiata sul mio letto
chiusi gli occhi per un po’. Eravamo posizionati molto in
alto rispetto alla
stiva ma mi sembrava addirittura di sentire le onde del mare che ci
cullavano.
Era una specie di Paradiso, un’emozione del tutto
indescrivibile. Ogni volta
che pensavo che uno dei tanti passeggeri a bordo del Titanic ero
proprio io, i
miei occhi s’inumidivano di lacrime per l’emozione.
Nonostante l’oblò mostrasse
ventiquattro ore su ventiquattro l’oceano, ancora non
riuscivo a capacitarmene.
Quella sera avevo intenzione di esplorare il ristorante di terza
classe. Tra i
passeggeri si era sparsa la voce che il cibo non era un
granché e tantomeno il
locale. Non sono mai stata una di quelle ragazze che crede alla prima
cosa che
le si dice, volevo accertarmene con i miei occhi. Aspettavo con ansia
l’ora di
cena per vedere finalmente la sala.
« Andiamo?
»
chiesi ai miei genitori.
« Fra
un po’ tesoro,
è ancora presto. » disse mio padre mentre stava
giocando a carte con
Jared.
Sbuffai.
« Come
mai sei così
impaziente? » chiese mia madre mentre stava sistemando una
gonna in
valigia.
« Sono
curiosa. »
« Come
sempre del
resto. » si voltò e mi stampò un bacio
sulla fronte.
« Ma
a che ora
andiamo a cena? » chiesi nuovamente sperando che non troppo
tempo ci
separasse da quel fatidico momento.
« Dovrebbero
avvisarci con un suono credo.. una campana forse? » disse
Jared
sorridendo. Pochi secondi dopo udimmo un suono strano. Sembrava essere
proprio
il suono di una campana, Jared aveva indovinato.
« Sembra
che siamo
tornati in prima elementare. Per la tua gioia signorina, è
ora di cena. »
guardai Jared felicissima.
Mi catapultai fuori
dalla
stanza senza aspettare i miei genitori. Non avevo la più
pallida idea di dove
andare; avrei seguito la folla. In fondo al corridoio, destra, poi
sinistra e
ancora destra, dritto fin ad arrivare ad una porta di legno che
qualcuno
spalancò. La sala era piuttosto grande, molto illuminata ed
allestita con
numerosi tavoli di legno e due panchine per ciascun tavolo. Vicino
all’ingresso
c’era un cameriere che, molto svogliatamente, ci invitava a
sederci. Mi resi
conto troppo tardi che i tavoli erano quasi tutti completamente
riempiti. Mi
accomodai in un tavolo in cui c’era un solo posto libero e
pensai: i miei sapranno cavarsela benissimo
anche da
soli. Sorrisi.
Fantasticai su quello
che
avrebbero potuto portarci per cena. Non ero mai stata in un ristorante
e quella
sarebbe stata la prima volta in assoluto in cui qualcuno avrebbe
servito me. Ogni
piccolo dettaglio attirava la mia attenzione: una forchetta, un
coltello, un
cucchiaio, la camicia del ragazzo seduto di fronte a me..
« A
quanto pare non
l’hai fatto. » disse lui incrociando le braccia al
petto.
« Co-cosa?
»
balbettai imbarazzata. Lui mi stava
fissando mentre io guardavo con
ammirazione.. una forchetta?
« Il
mio consiglio..
quello di stare alla larga da uno svitato come me. » sorrise.
Una ciocca
di capelli castano scuro scivolò sul suo volto coprendogli
l’occhio destro. La
scansò bruscamente e tornò a guardarmi.
« Sinceramente
non
sapevo neanche che tu fossi qui. » dichiarai.
« Dicono
tutti così,
so che provi attrazione nei miei confronti e non riesci
a stare alla larga da me. » sorrise beffardo con
l’aria
da duro. Credeva di essere più forte di me? Sì
sbagliava di grosso.
« Okay,
sei davvero uno svitato, avevi
ragione. »
Scoppiò a
ridere. «
Dovrai subire questo svitato per l’intera cena, mi auguro che
duri un sacco di
tempo. »
« Scommettiamo
che
tra meno di cinque secondi mi alzo da questa stupida panchina e mi
siedo
altrove? » chiesi. Questa volta sorrisi io
beffarda.
« Non
hai il
coraggio. » la sua calma mi snervava, oltre a lasciarmi
completamente
senza parole.
« I
cinque secondi
stanno per finire, sarebbe meglio che tu ti dia una mossa. »
concluse.
Accettai la sfida: mi
alzai
e mi diressi verso un altro tavolo più in là.
Fortunatamente c’era un posto
libero pronto ad ospitarmi. Mi sedetti dove potevo guardarlo meglio per
rinfacciargli la mia vittoria. Lui mi fissò allibito. Gli
feci l’occhiolino.
Con la bocca mimai un
“che
ti avevo detto?”, lui scosse il capo sconfitto.
Quando qualcuno
posò le
mani sulle mie spalle sobbalzai, tanto ero presa.
« Amore
ma che fine
hai fatto? » chiese mia madre dolcemente.
« Ero
qui. »
« Ti
stavamo
cercando. Noi siamo a quel tavolo laggiù – lo
indicò – rimani qui? »
« Sì
mamma, non
preoccuparti, io sono qui. » sorrisi.
« Va
bene. »
tornò al suo tavolo ed io tornai a lanciare sguardi di sfida
a Tyler.
Mi ero scordata persino
il
motivo per cui eravamo in quella sala: la cena. Un cameriere
iniziò a
distribuirci della zuppa ai fagioli che io divorai in pochi secondi per
quanto
ero affamata. Quando rialzai lo sguardo Tyler stava ridacchiando. Per
quale
motivo ridacchiava? Il mio modo di mangiare lo divertiva molto?
Mentre io mi facevo
queste
domande, vidi alcune persone alzarsi ed uscire dalla sala. La cena era
già
finita? IL DESSERT? Dov’era il dessert?
Mi alzai anche io,
sembrava
stupido ma non volevo che Tyler si alzasse prima di me. Mi diressi
verso la
porta principale ignorandolo ma qualcosa o meglio qualcuno mi
afferrò il polso.
Mi voltai. Occhi azzurri..
« Ancora
tu? Prima
mi dici di stare alla larga da te poi mi cerchi sempre. »
« sempre.
Che
parolone! Voglio solamente renderti felice, so che lo sei se ti ronzo
intorno. »
« Ti
stai
comportando in modo strano, spero che tu te ne renda conto. Hai bevuto?
»
« Sono
lucidissimo. »
« Sì,
facciamo finta
che ti credo. Credo proprio che andrò a dormire ora. Spero
che domani sarai.. lucido.
»
« Beccata!
Domani?
Quindi vuoi rivedermi, eh?! Userò quest’elemento
sempre e comunque contro di
te, sappilo. » lasciò il mio polso ed
incrociò le braccia al petto.
Scossi il capo.
« Vieni
a fare un
giro sul ponte? » chiese all’improvviso. Lo
squadrai.
« Quindi
sei tu
quello che vuole vedermi! Ammettilo, non puoi vivere senza di me.
»
scherzai. Lui scoppiò a ridere.
« Non
hai risposto
alla mia domanda, comunque. Andiamo a fare un giro? Il mare di notte
è uno
spettacolo. Forza, Mall. » sobbalzai quando
pronunciò quel soprannome. Mall.
Mm, non suonava male.. nessuno mi
ci aveva mai chiamata prima!
« Dovresti
ritenerti
fortunata.. » continuò.
« Per
quale motivo? »
« Stringo
amicizia
solamente con le persone che mi ispirano. »
« Sono
lieta di
essere la tua fonte ispiratrice. »
Mi precedette ed
uscì dalla
sala invitandomi a seguirlo. Dopotutto avevo voglia di andare sul ponte
a
guardare il mare di notte. Sarebbe stato decisamente fantastico sentire
il
vento accarezzarmi i capelli. Era una buona idea. Non avrei mai ammesso
a me
stessa che uno dei motivi principali per cui stavo andando sul ponte
era
proprio.. Tyler. Mi faceva ridere, era simpatico. Volevo
“conoscerlo” un po’ di
più.
Arrivati, si diresse
immediatamente verso la ringhiera. Lo seguii e mi voltai verso il
meraviglioso
oceano illuminato dal chiarore della Luna e dai mille oblò
illuminati di terza
classe. Chissà come si stavano divertendo, quali vestiti
stavano indossando,
con chi stavano ballando, cos’avevano mangiato.. Scacciai i
pensieri e mi
concentrai sul ragazzo che fissava l’oceano, proprio come
stavo facendo io.
« Ti
manca..? » chiesi all’improvviso e non me ne resi
quasi conto. Era stata la mia
bocca a parlare, non io!
« Cosa?
» si
voltò di scatto verso di me.
« La
tua famiglia,
la tua casa.. sei scappato così.. »
« Credo
che..
partendo.. li ho solamente resi felici.. non siamo mai andati
d’accordo. »
abbassò lo sguardo poi si riprese subito e tornò
a guardare dritto di fronte a sé.
« Tu
e i tuoi? » domandai.
« In
particolar modo
io e mio padre.. non passiamo UN giorno senza litigare.. lui beve,
sperpera i
risparmi di una vita in una sola serata per qualcosa da bere.. E noi
siamo
costretti a vivere nella merda. Mi dispiace solo di.. aver abbandonato
mia
madre nelle mani di quel bastardo che spesso si diverte a picchiarla.
»
notai i suoi occhi scintillare. La sua voce era flebile, quasi un
sussurro.
« Avrei
voluto
portarla con me ma.. lei non avrebbe mai accettato. E’ troppo
ancorata a lui
e.. se gliel’avessi detto probabilmente lei
l’avrebbe rivelato a mio padre.. e
non sarei mai potuto partire. Spero che in mia assenza le cose vadano
meglio.. » una lacrima oltrepassò la barriera dei
suoi occhi e scivolò via sulla
sua guancia. All’improvviso ebbi il desiderio di toccargli
quella guancia
bagnata. Allungai la mano e gli toccai la guancia spostando quella
piccola
lacrima. Lui mi guardò e per un attimo sorrise dolcemente.
« E’
curioso. »
« Cosa?
»
chiesi. Ero sollevata, stava sorridendo anche se solo per poco.
« Sto
raccontando la
mia vita ad una perfetta sconosciuta. »
Risi. «
Questa
perfetta sconosciuta è speciale allora. »
« mh.
»
« A
quanto pare
durante questo lungo viaggio avrò qualcuno con cui parlare.
»
« Lo
stesso vale per
me. – sorrisi – Ora devo rientrare altrimenti i
miei mi daranno per dispersa. »
salutai con la mano e mi diressi verso la mia cuccetta.
« Aspetta!
»
esclamò. Mi voltai verso di lui.
« Sono
contento di
averti conosciuta, Mall. » Pian piano mi stavo abituando a
quel nuovo
soprannome e.. mi piaceva. Gli sorrisi e feci l’occhiolino.
Non pronunciai un
“Anche io”,
per quello c’era ancora tanto tempo.
---
Grazie a:SmileAlways, _muffin, Santana
Lopez, 1Dsmiles_ per aver
recensito *--*
E ovviamente grazie a tutti quelli che l'hano messa nelle seguite/nei
preferiti/da ricordare.
Siete meravigliosi.
<3
|
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Capitolo 3 *** Security. ***
Ciaaaaaaaao
gente!:3
Sicuramente
vi starete chiedendo: chi
è questa? Vi siete dimenticati di me, non è
così? ç_ç Sono stata tremendamente
impegnata e non ho avuto il tempo di dedicarmi ad una delle mie
più grandi
passioni: la scrittura. Sono un totale disastro! Spero che non vi siate
dimenticati di questa storia, lo spero davvero perché ci
tengo particolarmente.
In ogni caso, bando alle ciance, ecco il nuovissimo capitolo. Ora che
è state
prometto di aggiornare con maggiore frequenza avendo a disposizione
più tempo
libero. Chiedo ancora scusa e vi lascio alla lettura del capitolo.
Un
bacio, aspetto le vostre recensioni
:3
« Cosa
ti manca di
più del tuo paese? » chiese distogliendomi dai
miei pensieri occupati
interamente dall’oceano che stavamo attraversando.
« mh,
non saprei.
Forse i miei amici.. tutto. E’ difficile lasciare un posto in
cui hai vissuto
per tutta la vita. » lo guardai.
Annuì.
« Ora
sto bene –
aggiunsi – non vorrei essere in nessun’altro posto
al mondo. Stiamo andando a
New York ed io ancora non ci credo. »
Eravamo sul ponte, io e
Tyler, di prima mattina. Tutti dormivano ancora ed ero sgattaiolata
fuori dalla
stanza senza farmi sentire. Ero diretta verso quella
ringhiera e l’avevo incontrato lì. Era stato un
incontro
casuale, non ci eravamo dati appuntamento. L’avevo trovato
lì, intento a
fissare il mare con fare assorto. Avevamo fatto una breve passeggiata
ed in
quel momento eravamo seduti l’uno di fronte
all’altra su una specie di
banchetto. La vista era splendida: il Sole era da poco sorto ed
illuminava
l’oceano rendendolo ancora più cristallino.
« Mi
piacerebbe
davvero fare un tuffo. L’acqua sembra perfetta. »
scansai una ciocca di
capelli dal viso portandola dietro l’orecchio destro.
Lui mi
guardò ridendo. « Dici? Beh, possiamo provare.
»
Si alzò
improvvisamente e
mi costrinse a seguirlo tirandomi il braccio.
« Tyler..
che stai
facendo? » chiesi allibita.
Lui non rispose: si
limitò
ad agire. Mi sollevò da terra facilmente, come se non
pesassi nulla.
Effettivamente ero molto più piccolina di lui e di sicuro
Tyler si stava
sforzando affatto per sollevarmi. Urlai e lui scoppiò a
ridere tenendomi
stretta al petto e tappandomi la bocca con una mano libera. Notai i
rigonfiamenti della camicia che metteva in bella vista i suoi muscoli:
sorrisi
aggrappandomi ancora più forte.
« Ed
ora io e te
facciamo un bel bagnetto, che ne dici? » si
avvicinò sempre di più alla
ringhiera ed in quel momento iniziai ad avere seriamente paura.
« Tyler!
Mettimi
giù! » urlai.
« shhh!
Sei pazza?
Non vorrai svegliare tutti. » si sporse leggermente con me in
braccio.
Cominciai a scalciare per liberarmi della sua stretta.
« Fossi
in te starei
fermo. Un solo movimento brusco potrebbe farti scivolare in acqua e..
– si
avvicinò al mio viso – io non mi tufferei per
salvarti. » sussurrò.
« Ti
prego, lasciami
andare, ho paura. »
« Paura?!
Hai detto
tu che volevi farti un bagno, io sto solamente esaudendo il tuo
desiderio. » rise.
Lo schiaffeggiai.
«
Le tue esili manine non mi recano alcun danno, Mall. »
sorrise
dolcemente. Ancora quel soprannome.
Guardai verso il basso
e..
rabbrividii. Sotto di me c’erano solamente le sue braccia
muscolose. Tornai a
guardarlo negli occhi. « Se mi lasci cadere sarò
più svelta: mi
aggrapperò a te così affogheremo insieme.
»
Scoppiò a
ridere. «
mh, con tutto il rispetto: non credo che tu sia tanto forte tesoro.
»
« Solamente
perché
non mi sto impegnando abbastanza. Sono più forte di te e
sicuramente lo sai
anche tu ma non vuoi darmi la soddisfazione. »
« Continua
pure. »
« Anche
se non
dovessi riuscire ad aggrapparmi, tu
ti tufferesti per
salvarmi. »
Prima inarcò
le
sopracciglia, poi scoppiò a ridere. « Puoi
scordartelo. Non so nuotare,
ti lascerei morire congelata senza rimorsi. »
Mi strinse ancora e
finalmente
fece un passo indietro; mi divincolai e riuscii a scendere. Lo
squadrai.
Decisi di tornare nella
mia
cuccetta ma lui mi bloccò immediatamente. « Oh,
andiamo.. Pensi davvero
che ti avrei lasciato cadere? » chiese.
Incrociai le braccia al
petto.
« Stavo
solo
scherzando. » aggiunse con il suo solito sorriso dolce
stampato sulle
labbra.
« Non
è stato
affatto divertente. »
« Prenderti
in
braccio lo è stato invece. » fece
l’occhiolino.
Risi. « Non
scherzavo comunque.. sarebbe davvero bello farsi un bagno in
quell’acqua
meravigliosa! »
« Vogliamo
ripetere
l’esperienza? » chiese beffardo.
Lo guardai. «
Direi
di no. Però possiamo provare a fare una cosa. »
Improvvisamente mi
gettai
su di lui spingendolo con tutte le mie forze contro la ringhiera.
« Sei
impazzita? » chiese ridacchiando.
« Zitto.
Non una
parola! » esclamai. Misi la mano destra sul suo petto
muscoloso; lui
fissò prima la mano, poi mi guardò dritto negli
occhi cercando il mio sguardo. Alzai
gli occhi verso di lui e sostenni a lungo il suo sguardo
così intenso. Spostai
la mano e la portai dietro al suo collo, poi feci lo stesso con la
sinistra.
« Devi
stare molto
attento – sussurrai – potrebbe risvegliarsi il mio
lato molto cattivo. »
posò le mani sui miei fianchi ed io sorrisi leggermente.
« Ti
piacerebbe
alloggiare in prima classe, non è così?
» bisbigliò.
« Tu
come lo sai? »
chiesi.
« Ho
visto ieri sera
il modo in cui fissavi gli oblò di prima classe.. »
« Sì,
va bene, lo
ammetto. Ma chi non vorrebbe dare almeno un’occhiata in giro?
Voglio dire, ho
visto sui giornali.. delle foto meravigliose! » mi allontanai
da lui e
mi sedetti nella stessa posizione di prima (prima che tentasse di
uccidermi,
intendo). Mi diede le spalle e si aggrappò alla ringhiera. I
suoi capelli
risplendevano alla luce del Sole che li faceva sembrare molto
più chiari.
« Sai
che c’è? Andiamo. » di voltò
di scatto e mi prese la mano tirandomi verso di lui.
« Ma
come fanno a
venirti certe idee? Sei pazzo? » chiesi allibita. Aveva
intenzione di
entrare in prima classe?
« Ti
avevo detto di
stare alla larga da uno svitato come me ma tu non hai voluto
ascoltarmi. »
fece l’occhiolino senza smettere di ridacchiare.
« Ma..
ma.. sarà
tutto controllato a vista? Ci..ci.. ci scaricheranno al primo porto!
Moriremo
di fame! Anzi, peggio! Saranno loro a buttarci in mare.. E tu morirai
perché
non sai nuotare, mentre io morirò di solitudine..
» tutto ciò avvenne
mentre lui mi trascinava costringendomi a seguirlo.
Dopo le mie parole si
bloccò e mi fissò serio. Poi scoppiò a
ridere avvicinandosi al mio volto.
« Sei
un po’ troppo
melodrammatica! » continuò a camminare con me al
suo seguito. « So
che sei eccitata all’idea di vedere finalmente la prima
classe. »
Sì, lo ero.
Eccome se lo
ero! Non vedevo l’ora di varcare quella soglia, non vedevo
l’ora di vedere
quella meravigliosa scala che occupava il centro della sala, non vedevo
l’ora
di vedere tutti quei tavoli imbanditi, non vedevo l’ora di
vedere i
meravigliosi vestiti indossati, non vedevo l’ora di vedere.
« Come
sai la strada
per arrivare? » chiesi.
« Non
è difficile..
basta seguire l’odore di croissant appena sfornati.
» gli sorrisi non
appena si voltò a guardarmi. Per lui non c’era
neanche più bisogno di tirarmi,
lo seguivo senza opporre resistenza e.. camminavamo ancora mano nella
mano.
Entrammo al coperto e
lo
seguii senza batter ciglio. Fossi stata con un’altra persona
mi sarei
preoccupata: era comunque uno sconosciuto ed io mi stavo recando con
lui chissà
dove. Ma ero con Tyler e di lui mi fidavo. Non sapevo spiegarlo ma di lui mi fidavo come se lo conoscessi
da una vita intera.
« Ecco,
quella è la
porta. Una volta superata, ci sono alcune rampe di scale, un
cancelletto e poi
un corridoio che porta direttamente alla prima classe. »
indicò,
lasciando la mia mano, una bellissima porta di legno rifinita alla
perfezione,
una porta del tutto diversa dalla porta della cuccetta in cui
alloggiavo. Da
quel piccolo dettaglio compresi che la prima classe era vicinissima.
« Come
fai a sapere
tante cose? » domandai.
« Mi
piace esplorare
ed in questo poco tempo ho scoperto moooolte cose. Questo non
è l’unico accesso
ma è il più isolato.. »
« Quindi
il meno
sorvegliato. » fece l’occhiolino.
« Ottimo,
impari in
fretta – sorrise – sarà meglio
sbrigarsi. » con fare disinvolto riprese
la mia mano anche se non era affatto necessario: l’avrei
seguito senza dubbi. Quel
contatto però mi dava sicurezza, era un contatto piacevole,
un contatto che
avrei cercato io stessa se lui non l’avesse fatto.
Proseguimmo per qualche
metro, oltrepassammo la porta e scendemmo le scale. Di tanto in tanto
si
voltava verso di me e mi sussurrava “shhh!” per non
farmi fare troppo rumore. Del
resto stavamo andando contro la legge.
Improvvisamente udimmo
il
rumore di passi. Tyler afferrò il mio polso ancora
più forte e insieme voltammo
l’angolo sperando di non essere notati. Mi strinse tra le
braccia e, con l’indice
poggiato sulle sue labbra, mi stava dicendo di non parlare. I passi si
fecero
sempre più vicini. Sperai con tutta me stessa di non essere
scoperta.. volevo davvero
“avventurarmi” in quella sala.
« Che
ci fate voi
qui? » ci chiese un tizio in uniforme con un blocchetto ed
una penna in
mano.
« ehm..
cercavamo il
bagno. » cercavamo il bagno? Cercavamo
il bagno? Come poteva essergli venuta un’idea simile? Non
sapevo se prenderlo a
pizze per la “meravigliosa” scusa appena usata
oppure scoppiare a ridere.
« mh,
sì. Tornate
pure nelle vostre cuccette, se volete posso condurvi io stesso ai bagni
anche
se presumo che non stavate cercando il bagno. » rise.
« Possiamo
arrivarci
da soli, grazie. Andiamo Mall. »
Tornammo nella terza
classe
affranti. « Ci hanno sgamati Mall. »
« “Cercavamo
il
bagno”? » chiesi spiegazioni.
« Oh,
non farla
tanto lunga. E’ la prima scusa che mi è passata
per la testa. » scoppiai
a ridere ripensando alla faccia del tizio appena Tyler aveva risposto
in quel
modo.
« Peccato,
mi
sarebbe piaciuto davvero vedere con i miei occhi.. » sentii
gli occhi
inumidirsi leggermente. Ero una ragazza molto sensibile e riuscivo a
piangere
anche per la più piccola stupidaggine. Quella non era una
stupidaggine per me,
ci tenevo davvero.
« Hey
– si avvicinò
prendendomi il volto tra le mani e costringendomi a guardarlo negli
occhi – vedrai
la prima classe, okay? La vedremo insieme. E’ una promessa.
» mi stampò
un dolce bacio sulla fronte e non potei fare a meno di sorridere.
Sapevo che
quella era una promessa che non avrebbe potuto mantenere, non saremmo
mai stati
in grado di passare senza essere visti, non ce l’avremmo mai
fatta. In quell’istante
non m’interessava. Il modo in cui aveva cercato di consolarmi
era estremamente
dolce, tanto dolce da farmi quasi dimenticare il desiderio di visitare
la prima
classe.
« Comunque
devo
andare davvero al bagno. » mi sorrise ed io risi.
« Sai
dov’è o devo
chiamare quel tizio per farti accompagnare? »
« Lo
so lo so. »
Mi diede le spalle e si
allontanò lentamente. D’un tratto si
bloccò e si voltò verso di me.
« Sai
che c’è? Non sono uno che molla facilmente.
Stanotte c’infiltreremo e
nessuno ci fermerà. Ci vediamo alla ringhiera. Non
accetterò un no da parte
tua. » fece l’occhiolino e non mi diede neanche il
tempo di rispondere.
Quale sarebbe stata la mia risposta? “Non ho intenzione di
dirti di no, a
stasera.”
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