Snowdrops

di Liz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Frammenti ***
Capitolo 2: *** It’s just like being alone ***
Capitolo 3: *** Seth ***
Capitolo 4: *** Wipe away my tears ***
Capitolo 5: *** Stay on my side tonight ***
Capitolo 6: *** Friends close, enemies closer ***
Capitolo 7: *** Bucaneve ***
Capitolo 8: *** Morning kiss ***
Capitolo 9: *** You can be the one ***



Capitolo 1
*** Frammenti ***






Come on, oh my star is fading
and I see no chance of release
and I know I’m dead on the surface
but I am screaming underneath
[Amsterdam – coldplay]


1. Frammenti

“Mi mancate”
Angela riuscì a pronunciare queste due parole solo con molta fatica, sforzando la voce e il cuore, al punto di tremare nel tentativo di mettere ordine nel caos di pensieri e ricordi creatisi nella mente.
Ricordi felici e tristi, testimonianze di un passato che sembrava talmente lontano da parere memoria di una vita precedente.
Per lo meno le ricordavano che cosa volesse dire vivere e che quell’ esistenza che stava conducendo non poteva essere definita tale: c’era un unico pensiero che continuamente si ripeteva nel sottofondo della sua mente, invisibile eppure sempre presente, ormai necessario, come il ritmo in una canzone.
Perché Angela ancora, alla distanza di due anni, non riusciva a realizzare ciò che era successo.
Sistemò distrattamente i gigli freschi nel vaso lungo d’ottone e diede un bacio caldo a ciascuna delle due foto incorniciate nella pietra; buttò i fiori vecchi ormai appassiti e si allontanò con sguardo basso dalla tomba dei suoi genitori, dopo aver rivolto loro un ultimo sguardo.
Un ultimo saluto.
Un ultimo grido di aiuto.
Ogni volta che si recava da loro, la ragazza sentiva la propria anima sgretolarsi e perdere frammenti come fosse stata di vetro: fredda, vuota e quasi inesistente. Ogni volta moriva di nuovo con loro una sua parte piccola ma indispensabile: era una sensazione sgradevole, era nausea, erano occhi rossi di pianto e singhiozzi incontrollati… era la consapevolezza di essere rimasta completamente sola.
E più cercava di allontanare questa sensazione, più si sentiva sua prigioniera.
Angela era ben consapevole che non sarebbe mai riuscita a liberarsi di essa, e più volte si era domandata che senso avesse vivere così, riflesso di un passato brillante e prepotente… ma poi sentiva sempre in fondo al cuore uno strano calore, un bagliore di quella che le piaceva pensare fosse speranza.
Tuttavia, più il tempo passava, più questa fiammella si affievoliva, divenendo sempre più debole e fioca… a malapena ora riusciva a percepirla.
Sulla strada del ritorno verso casa Angela incontrò una vecchia amica di famiglia, di cui a stento si ricordò il nome; parlarono per un po’ tranquillamente, fino a quando la ragazza non alzò gli occhi al cielo e notò nuvole nere cariche di pioggia che si stavano addensando sullo sfondo grigio e azzurro.
Salutò velocemente l’altra donna ed affrettò il passo, maledicendo quell’incontro: se quella non l’avesse trattenuta per così tanto tempo ora sarebbe già a casa e non si troverebbe in questa situazione. La paura di trovarsi da sola sotto la pioggia durante un temporale la fece rabbrividire di terrore e non appena avvertì sulla pelle surriscaldata le prime gocce gelide cominciò a correre senza sosta, mentre anche l’ultimo raggio di sole veniva oscurato dalle nuvole cineree e minacciose.
All’improvviso un lampo illuminò la città, seguito da un tuono che attraversò completamente il cielo cupo.
Angela si paralizzò all’istante, pietrificata dalla panico; la luce le era fastidiosamente rimasta impressa negli occhi e il rumore assordante le rimbombava nella testa, annebbiando la sua razionalità.
La pioggia arrivò in breve; scrosciante, batteva in modo angosciante sui fiori, sui tetti, sulle strade, su Angela che non riusciva a muoversi, che non riusciva a reagire ancora una volta.
La paura dei temporali era una delle tante conseguenze della morte dei suoi genitori.
Cominciò a correre senza pensare, guidata nelle decisioni dal solo terrore e dalla voglia di scappare e trovare un posto dove essere finalmente al sicuro, un posto che le ricordasse casa.
Angela correva velocemente, senza preoccuparsi di prendere fiato; respirava in modo affannato mentre tentava di trattenere con tutte le sue forze le urla che nascevano e contemporaneamente morivano in fondo alla gola. Si sentiva come svuotata dall’interno da artigli di ferro, continuava a correre per inerzia senza sapere dove stesse andando. Lo sguardo era perso tra la confusione che creavano le gocce di pioggia schiantandosi sul terreno: le sentiva una per una, ogni goccia era come una bomba che esplodeva nella sua testa.
Era tutto buio e umido, l’asfalto e l’erba puzzavano di bagnato e le facevano girare la testa. Aveva sbagliato strada. Sì, si era persa… o forse no?
Quelle vie le sembravano tutte famigliari nel delirio, quando improvvisamente un altro lampo e un altro tuono si scatenarono dal cielo.
Le ultime forze la abbandonarono all’improvviso, lasciandola cadere rovinosamente per terra. Tremava sfinita, percorsa da mille brividi di freddo e paura mentre la pioggia continuava imperterrita a torturarla.
“Ehi, ti senti male?”
Una voce calda da sopra di lei la avvolse come una coperta di lana e un lieve sollievo le fece capire che un ombrello la stava riparando dall’alto.
Angela aprì gli occhi in un ultimo sforzo, giusto un istante per vedere due occhi neri che la scrutavano sinceramente preoccupati. Furono le ultime cose che vide prima di svenire mentre il suo cellulare cominciava a suonare.
***
Angela si rigirò nel letto, cercando più calore e raggomitolandosi su sé stessa: nonostante le coperte pesanti sentiva ancora nelle ossa il gelo del temporale e delle leggere scosse di paura.
Tese l’orecchio ancora mezza addormentata ma, sollevata, riuscì distintamente a capire che la pioggia era finita e che il temporale se n’era finalmente andato.
Ma all’improvviso penetrò nel silenzio calmo che la avvolgeva un rumore metallico, che le sembrò provenire dalla cucina e le fece spalancare gli occhi sconvolta.
Angela ricominciò a connettere e si guardò attorno perplessa, stringendo il piumone tra le mani ancora gelate: come ci era arrivata a casa? Chi le aveva messo il pigiama e infilata nel letto? E soprattutto… chi c’era in casa sua?!
Con gesti cauti si mise seduta e tentò di alzarsi, senza però riuscirci per colpa delle gambe che ancora tremavano troppo per lo sforzo eccessivo di poco prima, quando sentì dei passi avvicinarsi, scanditi dal battito accelerato del suo cuore.

La porta si aprì di scatto rivelando la presenza di Ruby, una sua compagna di classe. Sinceramente, Angela sarebbe stata meno sorpresa se si fosse trovata davanti un ladro.
“Ah, sei sveglia finalmente…” esordì la ragazza, evidentemente scocciata dall’imprevisto di doversi prendere cura di lei. Ciò nonostante Angela non si curò della sua espressione infastidita e l’assalì di domande. “Ruby? Ma che ci fai qui? M-mi hai portato a casa tu? Come hai fatto a sapere che…”
“Calmati Angela, non è il caso di agitarsi così! Tieni, ti ho portato una tazza di tè” la interruppe Ruby, porgendole una tazza bollente che Angela accettò con una leggera smorfia: non aveva la minima voglia di berlo.
“Ma cos’è successo? Mi ricordo la pioggia… sono caduta e poi…”
“Hai una sfortuna sfacciata, sai?” affermò Ruby con voce antipatica, sedendosi accanto ad Angela “Proprio mentre sei svenuta ti stavo chiamando. Ha risposto il ragazzo che ti ha soccorsa e mi ha chiesto di aiutarlo, pensando giustamente che io fossi un’amica o una parente…”
“U-un ragazzo? Ma… chi era?” chiese Angela titubante, mentre una strana sensazione le pervase tutto il corpo.
Ruby alzò le spalle, annoiata. “Non lo so. Non ha lasciato né nome, né numero… peccato, era proprio un bel ragazzo!”
Si sistemò annoiata i lunghi capelli mossi e biondi dietro le spalle e si rivolse ad Angela con sguardo di sufficienza. “Comunque ti avevo chiamato solo per ricordati di portarmi i soldi per la gita di settimana prossima, dato che sono la rappresentante di classe…”
“Ah! Ecco, a dire il vero non so se ho voglia di venire a vedere un museo ammuffito pieno di vecchie piante e scheletri” disse prontamente Angela, schiodandosi finalmente di dosso la questione gita che da qualche settimana la preoccupava: non aveva la minima voglia di passare una giornata intera in compagnia della sua classe, ma non poteva certo dirlo in mezzo all’aula piena di gente!
Angela studiò l’espressione di Ruby, cercando un qualche cambiamento che però non avvenne: si limitò a inarcare le labbra e ad emettere un gemito di noncuranza.
“Beh, se ti senti meglio io me ne vado. Avevo un impegno con Susy e le altre, faccio ancora in tempo ad andare…” disse compiaciuta nel tentativo di far rodere Angela di invidia, marcando il tono sul nome “Susy”, appartenente alla ragazza più popolare del liceo.
“Sì. Grazie di tutto” fu l’unica reazione di Angela, che a malapena la sentì, e si accorse che Ruby se ne stava andando solo dopo che questa sbatté la porta, delusa dalla sua indifferenza.
La ragazza appoggiò la tazza di tè ancora piena sulla scrivania di fianco al letto e provò di nuovo ad alzarsi, stavolta con successo. Barcollando e tenendosi stretta nel pigiama di flanella arrivò in cucina, prese il termometro e misurò la temperatura, scoprendo di avere 38 e mezzo di febbre.
“Perfetto” pensò “Una scusa per non andare a scuola domani”.
Tornò a letto con l’intenzione di dormire per un giorno interno, sperando così di far passare i brividi e il mal di testa martellante che la stavano sfiancando. Si raggomitolò sotto le coperte, stringendosi in sé stessa per placare i tremori della febbre, ma il calore che sentiva dentro era diverso da quello solito procurato dalla malattia: era una sensazione molto particolare, quasi… una reminescenza. Le ricordava un po’ lo stesso tepore che gli davano i ricordi felici coi suoi genitori.
Inconsciamente, la sua mente focalizzò l’attenzione sul ricordo del ragazzo che l’aveva salvata: era un immagine sfocata e confusa, ma il cuore le si stringeva piacevolmente nel petto…
Fu solo poco prima di addormentarsi che rivide nitidi nella sua mente quei due occhi neri e profondi, che mai avrebbe potuto dimenticare.

“Questo calore… forse… appartiene a lui…”
***
Passò una settimana intera prima che Angela potesse rimettersi completamente dall’influenza e dallo shock provato quel giorno: il suo fisico era abbastanza debole ed era sempre stata cagionevole di salute, quindi ogni volta che si ammalava era una sorta di calvario; però a lei questa situazione non dispiaceva più di tanto, ora.
Poteva assentarsi da scuola anche per dei lunghi periodi senza avere remore verso sé stessa… ma il momento di tornare tra i banchi prima o poi arrivava sempre, purtroppo.
Aveva passato sette giorni praticamente reclusa in casa, arrivando a pulire da cima a fondo ogni singola stanza per riempire il tempo: quella casa non era mai stata così brillante da quando lei abitava lì, neanche quando c’era ancora sua sorella Martha – a quel pensiero sentiva qualcosa torcersi nel suo profondo e provocarle un fortissimo disagio e una voglia matta di urlare.
Ma la verità era che fare le faccende di casa era un modo come un altro, forse l’unico per lei, per non pensare sempre sempre a lui.
Lui che non aveva un nome, non aveva un corpo ma solo un volto sfocato e uno sguardo ardente, sempre più penetrante e definito.
Le sarebbe piaciuto ringraziarlo, magari ricambiare il favore. O forse voleva solo rivederlo, conoscerlo ed essergli amica.
Non capiva neanche lei perché sentisse un tale desiderio: lui, per lei, non era nessuno se non uno sconosciuto che l’aveva aiutata, mosso probabilmente solo da ipocrita pietà.
Ma forse proprio per questo era diventato così speciale per lei, abituata ad essere lasciata sola e a cavarsela con le proprie forze; erano anni che non sentiva il sentimento della gratitudine e la sensazione di non essere proprio sola al mondo.
Era un pensiero che le faceva tremare le vene.
Avrebbe voluto avvicinarlo per provare ancora quei sentimenti, non riusciva a pensare ad altro… ma nello stesso tempo non voleva illudersi.
Del resto, lui era uno sconosciuto che molto probabilmente si era già dimenticato di lei, una ragazza come tante senza niente di speciale che semplicemente si era sentita male in mezzo alla strada.
Non voleva sprecare le forze rincorrendo uno stupido desiderio… e allora perché sentiva il bisogno di lui, capace di smuoverle l’anima senza neanche un volto?
Rivederlo anche solo da lontano, sapere che lui esisteva davvero… le sarebbe bastato.
Così, alla fine il tentativo di non pensarlo si era rivelato solo un modo per pensarlo di continuo e non sentirsi molto stupida.
Si incamminò verso scuola assorta da questi pensieri, senza badare nemmeno al freddo troppo intenso per ottobre, che penetrava attraverso la giacchetta di pelle scura e la sciarpa un po’ leggera.
Oltrepassare il cancello dell’istituto, percorrerne il cortile e salire diverse rampe di scale furono gesti puramente meccanici e quasi sofferti, ma appena aprì la porta della propria classe Angela fu richiamata a forza sul pianeta Terra.
Si bloccò sull’uscio, letteralmente congelata degli sguardi carichi di odio e sorpresa dei suoi compagni. “Strano, di solito mi ignorano e basta” pensò, senza nascondersi un sottile divertimento.
Dopo il primo momento di smarrimento Angela tornò in sé e andò verso il proprio posto, in fondo alla classe e vicino alla finestra: il più isolato e il più bello. Camminò insofferente tra quelle occhiatacce che la seguivano ad ogni passo ed appoggiò la borsa sulla sedia, notando sconvolta che qualcuno aveva ricoperto il banco di disegni e scritte oscene.
Sollevò lo sguardo attonita e si ritrovò davanti Susanna, minacciosa e sicura dell’appoggio di tutta la classe.
In ogni liceo che si rispetti c’è una ragazza del genere: bellissima, popolare e terribile.
Non appena Angela aveva messo piede in quella classe due anni prima, Susanna non l’aveva lasciata in pace, riuscendo piano piano a rivolgerle contro anche gli altri compagni. Spesso Angela si chiedeva il motivo di questa cattiveria, trovando poi risposta nel fatto che lei conosceva il suo segreto.
“Con che coraggio osi ripresentarti qui?” la sfidò l’altra guardandola dall’alto del suo metro e ottanta.
Soppresse un risolino e ostentò un’aria serena. “Semplice: non ho niente da temere”
“Quindi devo intendere che l’ultima lezione non ti è servita?” riprese Susanna, dopo un breve tentennamento “Noi qui non ti vogliamo, ormai dovresti averlo capito…”
“E ormai voi dovreste aver capito che vengo a scuola solo per darvi fastidio”
Susanna fece una smorfia irritata e sbatté la mano sul banco, colpendo uno dei disegni più sporchi del quadro. “Ma chi ti credi di essere?” sbraitò lei, alzando la voce.
Angela sbuffò spazientita, riprese la borsa ed uscì dalla classe mentre l’altra continuava a urlarle insulti: non era dell’umore giusto per tener testa a quella vipera e non aveva la minima voglia di litigare e ritrovarsi di nuovo depressa per colpa della sua predica senza senso.
Al diavolo le lezioni, lei e tutti gli altri.
Angela stava bene da sola. Stava benissimo chiusa in mondo dove nessuno poteva entrare e ferire ancora di più il suo cuore.
Mentre attraversava il corridoio pensando a cosa fare in quella bella mattinata le si presentarono davanti due ragazzine, probabilmente del primo anno, che le sembrarono uscite dal nulla, talmente era assorta nei suoi pensieri e nella sua rabbia.
“Scusa, tu sei Angela, della quinta A?” le chiese la più alta delle due. Aveva un viso ancora molto infantile, ma dagli occhi nocciola traspariva maturità.
“Sì, sono io. Cosa c’è?” rispose scontrosa Angela, sfogando su di loro il suo umore nero.
“E-ecco... l’altro ieri…” incominciò l’altra ragazzina, intimidita dalla risposta “è passato dalla nostra scuola un ragazzo e ha chiesto di te, però poi si è intromessa quella tua compagna, quella bionda coi capelli mossi e lunghi e se ne sono andati via… Volevamo solo dirti questo, magari anche tu lo stavi cercando”
Angela rimase in silenzio per qualche secondo, sentendo la mente vuota galleggiare in quella improvvisa notizia; le due ragazzine si guardarono preoccupate.
“C-che aspetto aveva questo ragazzo?” chiese ancora incredula, con voce acuta per l’agitazione.
La ragazzina che aveva parlato per prima disse che era un ragazzo molto alto, con i capelli e gli occhi neri, sui 20 anni… sì, era lui. Il ragazzo che l’aveva salvata.
“Grazie, siete state molto gentili ad avvisarmi” concluse in fretta Angela, tardando ancora a reagire alla novità.
Rivolse loro un opaco sorriso e si voltò, camminando in direzione della sua classe.
“Certo che per essere una delle ragazze più carine della scuola è parecchio strana, vero Dany?” disse la ragazza più piccola all’amica, osservando Angela allontanarsi.
“Bè, del resto lei è sempre sola, sembra non avere amici… mi chiedo perché”
“Però ci pensi? Abbiamo parlato ad Angela! Magari anche noi ora diventeremo famose!”
L’amica alzò le spalle e si voltarono per poi scendere le scale ed andare a lezione.
Nel frattempo Angela era tornata in classe, tra lo stupore generale; come se niente fosse, prese un banco non occupato e lo scambiò col proprio per poi sedersi ad osservare il paesaggio fuori dalla finestra, ignorando completamente le urla di Susanna che si placarono non appena entrato il professore.
Angela avrebbe voluto tirarsi addosso qualsiasi cosa, dalla cartella alla sedia alla lavagna, per quanto doveva sempre essere così sfigata. Saranno le prove della vita, quelle che ti rendono più forte? No, era semplicemente un’enorme, mastodontica sfortuna.
“Mi sono lasciata sfuggire l’occasione” disse tra sé e sé “e probabilmente non lo rivedrò mai più. Ma forse Ruby ora sa qualcosa, almeno il suo nome…”
Nonostante maledicesse sé stessa e l’influenza con tutte le sue forze, non poteva fare a meno di essere felice, in un angolino del suo cuore.
Pensò, con la stupidità di un allegria a lungo dimenticata, che forse anche lui continuava a pensarla senza sapere il perché.
Osservando il profilo grigio e azzurro della città ancora un po’ addormentata, Angela sorrise. Sorrise dal profondo del suo cuore, come faceva molto tempo prima.
Quel pensiero così infantile e ridicolo l’aveva svegliata; un’emozione che ormai non provava da troppo tempo si era impadronita del suo cuore, prendendo il posto della rabbia e dell’amarezza: felicità.
“Non uscirai così dalla mia vita. Ne sono sicura”



Note poco serie
Ah! Che emozione!
Vi giuro mi batte il cuore nel (ri)pubblicare il primo capitolo di Snowdrops! Per il momento non è cambiato ancora molto e diciamo che sarà così fino al cap 4. Addirittura i cap 4 e 5 sono completamente nuovi, nati dalla mia malsana voglia di rendere il rapporto tra Seth e Angela un po’ meno semplice, ecco.
Ho ricominciata a scrivere Snowdrops come momento di relax, ed effettivamente in un periodo stressante come questo, rilassarsi con Snowdrops è davvero efficace.
Comunque, anche se sono avanti (sono quasi alla fine del cap 6), gli aggiornamenti saranno più o meno ogni 2/3 settimane. Più che altro non voglio trovarmi a fronteggiare ancora una volta la mancanza di tempo per scrivere e dover quindi fare aspettare un aggiornamento mesi – come sta succedendo per “It’s now or never again”, ferma al cap 7… sigh.
Ma davvero, è un periodo molto pieno. Ho appena iniziato l’università, quindi devo abituarmi ai nuovi ritmi e la sera torno a casa talmente stravolta da non toccare neanche il pc e andare dritta a nanna (non sono stata fatta per svegliarmi alle 5:30!)
Non mi va neanche di fare aggiornamenti settimanali, perché poi nel caso avrei poco tempo per scrivere un nuovo capitolo.
… Mi faccio sempre questi buoni propositi, ma dubito che sarò in grado di mantenerli (ancora una volta!)
Detto questo, spero che questo primo capitolo vi abbia almeno un po’ incuriosito. Ho cercato di far capire di più l’interesse di Angela verso Seth, cosa che nella “vecchia” storia forse era una cosa buttata un po’ lì e invece è un punto importante.
Ringrazio tutti quelli che leggeranno, commenteranno, aggiungeranno ed ogni cosa bella.
Che figata il poter rispondere direttamente alle recensioni! :D
Comunque, al diavolo la mia parlantina senza freni.
Vi ricordi i due siti con cui essere sempre aggiornati sullo stato/prossimi aggiornamenti delle mie storie:

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  • Piccola anticipazione: “Il cuore le andò in gola ed ebbe un sussulto così evidente che anche l’altra ragazza se ne accorse e la guardò strana. Era lui.

Alla prossima!!
Liz



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Capitolo 2
*** It’s just like being alone ***


 



2. It’s just like being alone

Angela scostò le tende e aprì la finestra della sua stanza per arieggiarla, sporgendosi un attimo verso il vuoto; l’aria fredda di gennaio le sferzò in faccia, smuovendo leggermente i lunghi capelli castani e facendole scorrere dei piacevoli brividi lungo tutta la schiena.
Scese dal letto e si tolse il pigiama, appoggiandolo sulla sedia; prese dei vestiti a caso dall’armadio e si infilò veloce la gonna bianca a pieghe e il maglione nero e largo che la sorte aveva scelto. Prese velocemente un biscotto in cucina – sarebbe stata la sua cena – e mentre chiudeva la porta di casa si infilò il giubbotto pesante.
Era in un estremo ritardo di almeno mezz’ora sul lavoro e la signora Bauer era di sicuro già arrabbiata nera. Infatti non appena entrò nel locale facendo tintinnare rumorosamente il campanello appeso alla porta lo sguardo raggelante della Bauer la seguì fino agli spogliatoi, dove Angela cercò rifugio inutilmente.
Mentre si allacciava frenetica il grembiule bianco dietro la schiena la signora Bauer entrò nella stanza, cominciando ad urlare e a rimproverarla per il ritardo.
Il capo di Angela era una donna sulla cinquantina, altissima e magrissima, i capelli sempre avvolti in uno chignon impeccabile. I suoi genitori erano di origine tedesca e, se da loro aveva ereditato la rigidezza, si poteva dire altrettanto della passione per i dolci, anche se nessuno avrebbe mai potuto dire che una donna del genere fosse una pasticcera.
Anche la pasticceria era di famiglia: era un locale elegante, con dei piccoli tavolini rotondi ricoperti da tovaglie di pizzo e piccoli vasi di fiori, le lampade di vetro appese alle pareti gialle che emanavano una luce calda. Il “Sacherbar” era un vero paradiso in inverno, nonostante il nome particolarmente banale. Angela vi lavorava come part-time da qualche mese e ormai aveva imparato il mestiere: sempre sorridenti, accondiscendenti e sottomesse al cliente e al capo. Il suo carattere orgoglioso e combattivo riusciva a sopportare questo tipo di mansione per una questione puramente venale: la pagavano molto e gli orari erano parecchio flessibili.
Dopo la sfuriata della Bauer, Angela allacciò gli stivali della divisa e corse al bancone, dove l’attendevano da pulire diversi piatti e tazzine.
Si guardò intorno: pomeriggio tranquillo.
C’erano due signore, sedute vicino alla stufa, occupate a spettegolare chissà su chi, un gruppetto di ragazze e ragazzi probabilmente delle medie che ridevano e chiacchieravano rumorosamente e una ragazza sola vicino alla vetrata più grande.
Notò che quest’ultima non aveva ancora ordinato e andò da lei, ma più si avvicinava più poteva notare la sua espressione sconsolata vagare verso l’esterno delle finestre. Forse stava aspettando qualcuno.
“Buongiorno! È pronta per ordinare?” le chiese con tono cordiale.
La ragazza si girò e guardò Angela con due grandi occhi azzuri luccicanti e spaesati, come se fosse in un altro mondo: stava indubbiamente per scoppiare piangere.
“No, grazie… sto aspettando una persona, ordinerò quando arriverà” rispose con voce piatta e poi tornò a guardare fuori dalla finestra, dimenticandosi della cameriera.
Ad Angela parve strano che qualcuno le avesse dato buca: era una bella ragazza, occhi azzurri, capelli biondi a caschetto, indossava un cappotto rosso che le dava un’aria molto retrò… sembrava una bambolina.
“Va bene, ripasserò dopo” disse infine sorridendo, senza aspettarsi alcuna risposta; tornò al bancone dove la Bauer, che stava servendo una crostata alle fragole, le ordinò di lavare le stoviglie. Annuì annoiata, trattenendo uno sbuffo di disapprovazione, ma poi svolse il suo lavoro in silenzio, mentre il capo serviva i clienti.
Nel frattempo vennero a pagare il conto i ragazzi delle medie, facendo chiasso per organizzare il pagamento alla romana, e il campanello suonò qualche volta: Angela non fece molto caso a questi avvenimenti, era troppo annoiata per accorgersi di qualsiasi cosa.
“ANGELA!” la voce improvvisa della signora Bauer la riportò alla vita talmente bruscamente da farla sobbalzare per lo spavento.
“Angela! Ti pago per servire clienti, non per sognare ad occhi aperti! Non vedi che quei due ragazzi non hanno ancora ordinato?!” le urlò la donna, indicando il tavolo in questione.
“Mi scusi signora, non… non mi ero accorta”
“Che non capiti mai più, Angela! Mi raccomando!” e se ne andò sbraitando qualcosa sull’ inettitudine dei giovani.
Angela si diresse verso il tavolo imprecando contro la signora Bauer e maledicendo il fatto di non poterla colpire col vassoio, ma fu distratta da questi piacevoli pensieri poiché notò che la ragazza bionda di prima era stata raggiunta da un ragazzo, seduto di spalle; lei lo guardava sognante, come si osservano una stella cadente o un tramonto stupendo.
“Prego, volete ordinare?” esordì sorridendo, sentendosi felice anche lei di riflesso.
“Si certo!” rispose raggiante la biondina, che quando sorrideva diventava ancora più bella.
Curiosa, Angela sbirciò con la coda dell’occhio il ragazzo e due occhi neri ricambiarono interessati il suo sguardo.
Il cuore le andò in gola ed ebbe un sussulto così evidente che anche l’altra ragazza se ne accorse e la guardò strana.
Era lui.
 
Angela rimase a fissarlo negli occhi a lungo, dimenticandosi del mondo e perdendosi in quel meraviglioso baratro nero come la pece, che la attirava con una falena alla candela: così bello e così pericoloso…
“Mi avrà riconosciuta?” si chiese, dato che anche lui ricambiava lo sguardo con accesa attenzione.
“Ehm… scuri, signorina…?” intervenne leggermente infastidita la ragazza bionda, che non ottenne risposta; continuò ciò nonostante a parlare, facendo  finta di niente. “Io prendo una cioccolata con panna. E tu Seth, cosa prendi?”
Sentendosi chiamare, Seth si voltò di scatto spezzando il filo magico creatosi con Angela e lasciandole così un’ immensa sensazione di vuoto.
“Io prendo un caffè” rispose improvvisamente freddo e appoggiandosi allo schienale della sedia.
Angela si ridestò improvvisamente, e ancora sconvolta, si portò una mano sul viso, tentata se darsi un pizzicotto o meno. “O-ok, allora cioccolata con panna e caffè. Arrivano subito” bisbigliò tutto d’un fiato, col cuore che le martellava nel petto e le toglieva il fiato.
Se ne andò via velocemente, non osando guardare negli occhi di nuovo il ragazzo; si rifugiò in cucina e si appoggiò alla parete per evitare di crollare sulle gambe tremanti per l’emozione. Non sapeva più cosa pensare.
Per un attimo le era sembrato che lui l’avesse riconosciuta, ma poi… Seth… si chiamava Seth, ora poteva dargli un nome!
Aveva chiesto a Ruby se fosse riuscita a sapere qualcosa di lui, ma lei le aveva risposto che non aveva ottenuto niente di nuovo; Angela non sapeva se crederci o no, però non poteva fare altro che arrendersi e sperare nel destino, e così era stato… ma dopo quattro mesi!
Se anche all’inizio lui si fosse interessato a lei, ormai dopo tutto questo tempo era praticamente certo che l’avesse dimenticata, nonostante lei pensasse a lui almeno due volte al giorno: l’attimo prima di svegliarsi e l’attimo prima di dormire, come un ricordo inconscio che ribadisce incessantemente la sua presenza…
Angela voleva essere felice: finalmente l’aveva rivisto e ora sapeva anche il suo nome, era più di quello che aveva sempre desiderato. Ma ora non gli bastava.
Angela voleva essere felice, ma non ci riusciva: provava solo tristezza, amarezza, delusione: lui non si ricordava di lei.
Quell’evento banale che le aveva dato una ragione di vita negli ultimi tempi non aveva senso di esistere se era solo una sua memoria, se non poteva essere condivisa da altri.
Prese un profondo respiro e si sistemò la divisa, poi preparò il caffè e la cioccolata, e sudando freddo li portò al tavolo dei due ragazzi, che la ringraziarono educatamente; Angela non rispose neanche, si limitò a un cenno della testa e tornò alla cassa e agli altri clienti da servire, con la mente persa in altri mondi.
Non aveva neanche avuto il coraggio di guardarlo ancora! Angela si maledisse per questo suo comportamento insolito e volse lo sguardo a quel tavolo maledetto: lui guardava quella ragazza intensamente, parlando sottovoce, e lei gli rispondeva arrossendo.
Angela sorrise amaramente: probabilmente anche se lui ancora si fosse ricordato di lei non gliene sarebbe importato nulla. Del resto Angela e Seth erano e rimanevano due sconosciuti…
Mentre metteva a posto le posate, Angela si accorse di stare per piangere: asciugò una lacrima che era riuscita a sfuggire al suo controllo, ma anche altre cominciarono a rigarle il volto, prepotenti.
“Perché?” si rimproverò sottovoce “Perché devo sentirmi così per una persona che nemmeno conosco?”
Sistemò gli ultimi cucchiaini e andò verso la cassa, dove si sedette sconsolata.
Per gli ultimi due anni aveva aspettato che il dolore se ne andasse, che cos’era questa ultima ferita in confronto all’essere rimasta sola? Solo un leggero graffietto neanche in grado di sanguinare.
Eppure non riusciva a calmarsi, per quanto se lo ripetesse.
Buttò la testa all’indietro, fece dei respiri profondi e riuscì a fermare quelle dannate lacrime, pur sentendosi ancora agitata.
Poco dopo Seth venne a pagare il conto; non si guardarono neanche. La bionda lo aspettava alla porta, avvolta nel suo cappotto rosso che la faceva così bella.
“Arrivederci” mormorò Angela porgendogli lo scontrino, che lui prese distrattamente voltandosi dalla parte opposta.
Domani tutto si risanerà e la vita tornerà gradevole; ma ora, in fondo alla voragine, è dura… dura come non è stata mai.
***
Come se non fosse successo niente, il giorno dopo splendeva nel cielo limpido e chiaro un sole brillante e piacevolmente tiepido.
Al mondo non importa niente.
L’ alba seguirà sempre la notte, fregandosene delle nostre sofferenze; per questo si cerca conforto nelle persone vicine, per sentirsi importanti almeno un po’ e per sentire che anche il proprio dolore è speciale e vale qualcosa.
Ma Angela non aveva spiccicato una singola parola dal giorno precedente, limitandosi semplicemente ad ignorare qualsiasi stimolo esterno. Era andata a scuola più che per abitudine che per vera voglia e stava uscendo dalla palestra per tornare a casa – l’ultima ora di lezione era educazione fisica – quando una voce famigliare la chiamò da dietro le spalle.
“Ehi, Angy!”
La ragazza alzò gli occhi al cielo e si girò, fronteggiando Susanna e sue due adulatrici che la squadravano con aria di sfida.
“Cos’hai piccola Angy? Oggi hai una cera più pessima del solito…” contintò Susanna ironica, avvicinandosi ad Angela.
“Non devi preoccuparti così per me, Susy cara” rispose sorridendo sarcastica, guardandola negli occhi.
Susanna rise leggermente. “Se hai voglia di fare la spiritosa non stai poi così male!” disse afferrandola all’improvviso per un braccio e immobilizzandoglielo dietro la schiena.
“Ahi!” esclamò Angela; non fece in tempo a reagire che si trovò con il volto dolorante schiacciato contro il muro della palestra. Tentò di liberarsi dalla presa, ma anche le altre due ragazze intervennero per tenerla ferma: non poteva farcela, erano tre contro una!
Nel frattempo Susanna aveva avvicinato il viso al suo, sorridendo beffarda e godendo della scena; lo sguardo che Angela le lesse negli occhi le fece paura e la paralizzò all’istante.
“Ancora mi chiedo perché tu ti ostini a mostrarci ancora e ancora la tua faccia” le sussurrò all’orecchio, facendola fremere. Angela si dimenò ancora una volta ma lei era più forte: aumentò la stretta e la ragazza urlò di dolore, sperando che qualcuno la sentisse.
Già… ma chi?
Lei era sola, non aveva nessuno a difenderla.
… No, deprimersi non era il modo giusto di gestire la situazione: doveva ripagarla della sua stessa moneta.
Così, mentre ancora Susanna rideva, Angela aprì gli occhi e sorrise in un finto slancio di sicurezza. “Attenta Susy… Anche io posso avere il coltello dalla parte del manico, e tu lo sai…”
Lo sguardo confuso che apparve sul volto della rivale le fece capire che era sulla strada giusta. “Eheh… non dimenticare che io conosco il tuo piccolo segreto…” biascicò, col viso nuovamente pressato contro la parete da una delle due tirapiedi.
Nel giro di un secondo il colorito di Susanna divenne terreo.
“Vuoi davvero che tutti sappiano com’è l’aspetto della vera Susy?!” incalzò Angela, esagerando: Susanna divenne paonazza, mentre tutto il suo corpo cominciò a tremare di rabbia.
Senza riuscire più a trattenersi, in un gesto folle e veloce, prese Angela per i capelli, strappandone una ciocca nel farla cadere a terra con un vistoso colpo di braccio.
Come osava ribatterle ancora dopo tutto quello che le aveva fatto? L’aveva picchiata, derisa, abbandonata… dove trovava la forza per continuare a imporle la sua fastidiosa presenza?
La osservò accartocciarsi per terra come una foglia secca, tenendosi dolorante la nuca. Era talmente pietosa da farla arrabbiare ancora di più.
La afferrò per un braccio e la alzò di peso con un po’ di fatica e, stando attenta a non mollare la presa, la trascinò all’interno della palestra; poteva stare tranquilla, Angela era incapace persino di pensare a causa del dolore alla testa che le aveva procurato, figurarsi provare a reagire: continuavano a lacrimarle gli occhi, si sentiva sempre più accaldata e sudata mentre montava un fastidioso senso di nausea.
In quella situazione disperata Angela cominciò a pregare che qualcuno venisse a salvarla; pregò che in qualche arcano modo Seth arrivasse e la prendesse in braccio, salvandola ancora una volta dalle brutture della vita.
Ma così non fu.
Giunte nello sgabuzzino degli attrezzi, Susanna l’aveva buttata per terra, in mezzo alla polvere ed attrezzi decisamente spigolosi e poco comodi, che colpirono forte Angela in più punti.
Senza riuscire più a trattenere le lacrime, Angela alzò il viso verso quello di Susanna, tremando. “Non ti capisco. In questo modo non fai altro che farmi venir voglia di vendicarmi”.
“Stai zitta” sibilò l’altra, dopo averle tirato l’ennesimo calcio. “Tu sei solo un rifiuto”.
Angela rimase immobile col viso basso, mentre le tre si allontanavano vittoriose: una frase del genere… la meritava davvero?
Aveva giurato che non si sarebbe mai abbassata al livello di Susanna e degli altri, ma si era comportata da stronza anche lei ricattando Susanna; e ora non era più la vittima innocente.
“Cosa sto diventando?” pensò mentre un urlo di disperazione le si levava soffocato dal cuore, travisato dai singhiozzi e dalla lacrime che scendevano copiose e bollenti.
Tornò a casa correndo e, congelata, si tolse i vestiti in un unico gesto per infilarsi sotto la doccia bollente.
Le gocce di acqua le cadevano sul volto e si mescolavano alle lacrime che le sgorgavano dagli occhi.
“Sono sola.Non ho degli amici con cui ridere. Non ho una famiglia a cui appoggiarmi. La sola persona che avrei voluto accanto mi ha dimenticata”
Si rannicchiò singhiozzante sul pavimento della doccia e si abbracciò tremando: tenendosi stretta con le braccia aveva la sensazione che non sarebbe potuta cadere a pezzi, come il suo cuore ormai era ridotto.
Mamma… papà… Martha…
“Mi mancate”.
Che senso ha vivere e andare avanti, mettercela tutta per sopravvivere, se si è completamente soli? Senza nessuno accanto… senza nessuno che ti ricordi… non ha senso neanche continuare a respirare.
***
Mentre finiva di pulire i tavoli, Angela lanciò un’ occhiata fugace all’orologio appeso alla parete del Sacherbar: segnava le sei in punto, un’altra ora di lavoro e poi sarebbe finito il turno, e con esso un’altra giornata senza il minimo senso.
Non si era mai annoiata tanto come in quel pomeriggio: una decina di clienti nell’arco di cinque ore.
Dopo aver sistemato gli stracci, si appoggiò priva forze al bancone senza timore di lasciarsi andare un po’, dato che quel giorno la signora Bauer non c’era e l’aveva lasciata sola a servire con Nadia, una sua collega, che in quel momento stava preparando dell’impasto per pasticcini in cucina.
Fuori dal locale era già notte nonostante fosse ancora presto, ma la neve continuava a cadere leggera e silenziosa, infondendo la propria calma anche alla città; Angela cercò di non pensare al freddo che l’attendeva al di là della porta e si stiracchiò le braccia, indolenzita.
“Ahi…” Con la mano si accarezzò il braccio sinistro, ancora dolorante per il livido procuratole da Susanna; anche nel resto del corpo i segni non erano ancora spariti e la notte faceva addirittura fatica ad addormentarsi così piena di colpi.
Gli occhi le si inumidirono ma subito un pensiero le balenò nella mente: “devo imparare ad essere più forte”. Non poteva sperare che qualcuno venisse a salvarla, ormai aveva realizzato più volte che se voleva sopravvivere doveva farcela da sola.
Improvvisamente la porta si aprì e il suono del campanello la fece ridestare dai suoi pensieri.
Sull’uscio un ragazzo avvolto in un cappotto nero si stava ripulendo dalla neve: aveva i capelli leggermente lunghi e scuri, un viso dai lineamenti marcati, ma comunque piacevoli ed eleganti, coperto da una barbe leggera; era molto alto e teneva il cappotto aperto nonostante il freddo congelante di quella serata.
Mentre si avvicinava Angela sentì il sangue tingerle le guance.
Seth.
Cosa fare? Si sentiva così confusa!
Felicità e malinconia le vorticavano nel cuore, stordendola e impedendole di pensare razionalmente. Aveva pensato che non l’avrebbe visto mai più, e quan
La ragazza rimase impietrita fino a quando lui le si sedette di fronte, ordinando un semplice caffè, che Angela corse subito a fare. Nel porgergli la tazza per un attimo incrociò i suoi occhi, rimanendo per dei buoni secondi incapace di respirare.
“Perché deve avere uno sguardo così dannatamente bello?!” lo rimproverò lei, affranta.
Però… era una situazione strana. Fuori nevicava e loro erano al calduccio davanti a un caffè, mentre Angela fingeva di mettere a posto dei bicchieri per tenersi occupata.
Questa situazione, normale ma un po’ particolare, le infondeva molta calma; la stessa sensazione di essere finalmente a casa.
Rimase immobile per un po’a fissare il vuoto, occupata a pensare a quanto fosse stupida e masochista. Seth neanche si ricordava di lei…
“Che hai?”
La domanda improvvisa di Seth le provocò stupore. Per un attimo pensò anche di aver avuto un’ allucinazione, ma Seth la guardava attendendo una risposta – sentendosi a dire il vero un po’ a disagio per la reazione eccessiva della ragazza.
“Beh, stavi fissando il vuoto da qualche minuto…” precisò lui, in difficoltà.
“Sono affari miei” rispose acida Angela.
Non avrebbe mai voluto rispondergli così, ma ormai era abituata da troppo tempo a tenere quel tono di conversazione da non poter combattere il potere dell’abitudine.
Seth la guardò pensieroso e poi sorrise, travolgendo Angela con la sua bellezza.
“Ma li tratti sempre così i tuoi clienti?” chiese accigliato.
“No. Solo quelli che fanno domande” rispose lei, stupendosi della propria prontezza.
“Quindi ti diverti a trattarmi così?”
“È abbastanza divertente, sì” sorrise Angela, sedendosi di fronte a lui dalla parte opposta del bancone.
La ragazza notò una lieve esitazione sul volto del giovane, ma non ci fece molto caso. “Vuoi un altro caffè?” gli propose accorgendosi che lo aveva già finito.
“No. Voglio sapere a che ora finisci di lavorare”
Seth alzò verso di lei gli occhi, sempre più profondi e penetranti: sapeva che tutte le ragazze avevano un debole per questa sua caratteristica, ma Angela si limitò a squadrarlo confusa. “Cosa? E perché?”
La sua risposta lasciò Seth un po’ spiazzato, ma lui aveva molta esperienza ed era pronto a tutto.
“Sai, non capita tutti i giorni di venire serviti da una cameriera così bella…”
Angela rise tenuamente, pregando che lui non notasse il rossore che le sue parole avevano provocato.
“Purtroppo di persone sfrontate come te se ne trovano sempre, invece” lo guardò intensamente, riuscendo a sostenere quell’abisso nero tanto attraente senza troppo difficoltà.
Lui le sorrise divertito.
Eh no, questo era troppo: Angela chinò la testa di scatto per non mostrare l’imbarazzo nato sul suo viso, mentre il suo cuore cominciava a martellare incessantemente.
“A che ora finisci?” ripeté lui, facendo finta di niente.
“Me lo hai già chiesto o sbaglio?” ribatté lei, sporgendosi un po’ più vicina a lui. Si stava divertendo come non mai, parlare con lui era stranamente facile e piacevole.
Seth la guardò sorpreso. “Altro che Angela… tu sei un demonio!”
Lo stupore illuminò il viso della ragazza, che scattò in piedi appena udite quelle parole.
“Come… come fai a sapere il mio nome?” balbettò speranzosa. Forse… forse lui si ricordava!
Seth sgranò gli occhi, disorientato. Arrossì lievemente e spostò lo sguardo altrove, imbarazzato. “Ah… mmm… Devo averlo sentito dire dal tuo capo o dalle altre cameriere…”
“Oh…”
Angela si rimise seduta lentamente, indecisa se abbandonarsi alla delusione o se non credere a quella palese scusa.
Come avrebbe voluto che lui si ricordasse del loro primo incontro!
Angela sospirò afflitta e cominciò a giocherellare col cucchiaino che aveva dato prima al ragazzo. “Finisco alle sette. Ora mi dici perché ti interessa tanto?”
Seth prese un ultimo sorso veloce di caffè e si infilò il giaccone.
“Ora di cena!” esclamò sorridendo felice.
Lasciò i soldi sul bancone e uscì al freddo, mentre la ragazza lo seguiva con lo sguardo senza capire bene cosa fosse successo.
 
 
 
 
Note poco serie
Finora non è che sia cambiato molto dalla vecchia versione, eh?
Susanna è la solita baldracca – sì, sto insultando un mio personaggio =_= – ed è appena entrato in scena Seth.
Seth, Seth (http://www.youtube.com/watch?v=pwe5eEE1Id8&feature=related Sì sì è lui). Rileggendo mi ero accorta di come fosse un personaggio semplice e di non molto spessore, che all’improvviso si trova con Angela senza un motivo. Bè alla fine è così (non riesce a resisterle °ç°) però mi dispiaceva ridurlo in quello stato.
Seth è… Seth, porca paletta! È uno di quei ragazzi che, quando vedi sulla metropolitana, ti stupisci che possano esistere! Non potevo lasciarlo al ruolo di semplice “spalla” – perché alla fine l’avevo ridotto a quello.
E Seth non è dolce e snuffioloso, lui è un uomo abituato ad avere ogni donna – sì, che palle, il solito stereotipo. Ma, in certo senso, si può dire che lui stava benissimo così.
Non si era mai fatto problemi per le relazioni brevi e di poco spessore, per i rapporti basati solo sul bisogno fisico.
È figo, è un po’ stronzo, e gli andava bene così. Avrebbe potuto farlo per sempre.
E invece no, perché il destino (?) gli ha messo davanti Angela… ma questo poi lo vedrete più avanti, vi sto anticipando troppo.
Tutto questo solo per dirvi che Seth avrà un po’ più di personalità (spero!).
Bene.
Fatemi gli auguri che venerdì ho il mio primo esame (chimicaaa ç_ç) e ho proprio bisogno di un po’ di coraggio.
 
Ringrazio chi ha recensito, letto e aggiunto dovunque questa storia. Grazie mille, davvero!!
 
Ne approfitto per ricordavi l’esistenza di:
http://lizefp.blogspot.com/
http://twitter.com/LizEFP
E della mia altra storia: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=535282&i=1
 
  • Piccola anticipazione: “Una serata di svago assieme a lui poteva concedersela; sarebbe diventata un bel ricordo, insieme a tanti altri… Ma non avrebbe mai abbassato il tono. Non poteva permettere a Seth di avvicinarsi ulteriormente a lei per poi ferirla come era già successo.”
 
Alla prossima!! (PROSSIMO AGGIORNAMENTO: domenica 19)
Liz
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Seth ***






I know you get me
So I’ll let my walls come down, down
[Teenage dream – Katy Perry]

3. Seth

“Angela, se vuoi puoi andare via prima, tanto non c’è più nulla da fare!” esclamò Nadia con voce squillante, affacciandosi dalla cucina “Ormai manca mezz’ora alle 7 e di sicuro non arriverà più nessun cliente…”
La ragazza si girò verso di lei, sorridendo imbarazzata. “Non preoccuparti, Nadia. Tanto non ho niente da fare dopo il lavoro”
“Cosa?” rispose l’altra ridendo incredula. “Credi che non abbia sentito la conversazione di poco fa con quel ragazzo da stupro che ti ha invitato a cena?”
“Nadia!” rise istericamente Angela, rimproverandola e arrossendo sempre di più “Ma non lo conosco nemmeno!”
“Beh? Se ci esci assieme lo conoscerai! Avessi io un ragazzo così che mi fa la corte…”
Angela esitò un attimo, riflettendo su quello che era appena successo con Seth.
Lui non si ricordava di lei, ne era praticamente certa, ma nonostante questo avevano cominciato a parlare come se già si conoscessero.
Era stato bello e piacevole finché era durato, ma non poteva lasciarsi trascinare così da lui: Seth non poteva arrivare all’improvviso e decidere tutto, senza neanche prendere in considerazione i suoi sentimenti.
Lui non avrebbe deciso il bello o il cattivo tempo perché Angela non gliel’avrebbe permesso; neanche si conoscevano e già l’aveva ferita troppo, non ricordandosi il loro primo incontro ma provandoci lo stesso con lei spudoratamente.
Non sapeva come sarebbe andata a finire quella serata: era tesissima e di sicuro non sarebbe mai riuscita ad essere naturale e rilassata, ma in fondo non le importava più di tanto. Sarebbe stata una buona occasione per dirgli addio e finirla con tutte quelle speranze inutili.
“E va bene” disse alla fine a Nadia “Se proprio vuoi farmi finire prima di lavorare…”
“Vai pure! Tanto oggi la nostra amica Bauer non c’è!” urlò Nadia rientrando in cucina.
Angela corse quindi a cambiarsi e nel giro di cinque minuti era pronta per andare, ma esitò un attimo prima di aprire la porta: chiuse gli occhi, raccolse tutte le forze e l’autocontrollo che possedeva e girò la maniglia con un movimento sicuro. L’aria fredda la investì come un blocco di cemento, congelandola per un momento e facendola rabbrividire.
Si portò le mani alla bocca e vi fiatò sopra per scaldarle, mentre si guardava in giro alla ricerca di Seth; si sorprese di trovarlo dietro di lei, appoggiato al muro, impegnato a fumare una sigaretta.
Lui alzò gli occhi verso la ragazza e soffiò fuori il fumo dalle narici, gettando il mozzicone a terra prima di raggiungerla con pochi passi.
Si chinò su di lei leggermente, giusto il necessario per guadarla intensamente nelle iridi verdi e notare meravigliato quanto fossero segnate da una profonda tristezza.
“Sei arrivata prima eh?”
Studiò con lo sguardo ogni singolo centimetro del suo viso: era una ragazza decisamente carina, dal viso piccolo e ovale contornato da una frangia sbarazzina; era bassa ed esile, ma avendola vista con la divisa da cameriera addosso Seth si era accorto che aveva comunque delle forme belle e sensuali; e poi quel piercing a cerchietto sul sopracciglio le dava un’aria molto intrigante.
Per un attimo Seth sentì il cuore battere un po’ più veloce del solito, mentre Angela lo scrutava spaesata, facendo trasparire una forte agitazione.
“Non pensare che io abbia finito prima per te. È che ormai non sarebbe più venuto nessun cliente” rispose lei, nervosa perché agitata dal suo atteggiamento così provocante.
“Oh, siamo permalose, signorina cameriera” insistette Seth.
“Non chiamarmi così!” lo riprese lei, in imbarazzo
Gli occhi del ragazzo brillarono mentre il viso gli si apriva in sorriso smagliante. Aveva capito il gioco di Angela, ma non si sarebbe arreso per niente al mondo: ormai era una questione di principio. “Allora dove vuole andare a mangiare, signorina cameriera?”
Angela dal basso lo guardò negli occhi neri con uno sguardo irresistibile. “Mi stai davvero invitando a cena?” chiese buia.
“Ci sono vari punti di vista. Diciamo che voglio provare a cenare con qualcuno sotto il metro e sessanta!”
Angela si ritrasse indispettita. Ok, non era una cima, ma il metro e sessantaquattro lo raggiungeva!
“Dai, c’è un ristorante carino qui vicino. Vieni con me” la incalzò lui, tendendole una mano che la ragazza la osservò interdetta.
“Solo se offri tu!” disse alla fine, precedendolo lungo la strada senza dargli il tempo di ribattere.
Una serata di svago assieme a lui poteva concedersela; sarebbe diventata un bel ricordo, insieme a tanti altri… Ma non avrebbe mai abbassato il tono. Non poteva permettere a Seth di avvicinarsi ulteriormente a lei per poi ferirla come era già successo.
Ma una sera andava bene. Una sola.
***
Addentò il suo hamburger offesa e ferita nell’orgoglio, mentre Seth la guardava interessato come si guarda un animale strano e mai visto.
L’aveva portato in fast-food!
“Ristorante carino, eh?” bofonchiò Angela irritata, ingoiando un boccone a fatica.
“Ci sono vari punti di vista” rispose nuovamente lui.
“Cominciano ad esserci un po’ troppi punti di vista per i miei gusti” commentò lei, arrabbiandosi ancora di più per le sue risate.
Per i successivi dieci minuti era piombato su di loro un silenzio che neanche un panzer avrebbe potuto distruggere: Angela era risentita per il “ristorante carino” e la memoria corta di Seth; lui era semplicemente di poche parole.
La rabbia dentro Angela montava sempre di più: l’aveva dimenticata, l’aveva invitata a cena in un fast-food e ora neanche le parlava! Cominciò apposta a succhiare rumorosamente dalla cannuccia la Coca-Cola, distraendo Seth concentrato sul proprio cheeseburger.
“Forse è solo una mia espressione” cominciò titubante, notando la sua aria scocciata “ci conosciamo solo da un’ora e sembri già arrabbiata con me”
Angela sollevò gli occhi carichi di risentimento verso di lui e poi prese a giocherellare con la cannuccia. “Ah sì?”
“Sì. Di solito ho a che fare con donne che si arrabbiano solo quando dopo una notte in abbiamo… “giocato” scappo senza dare loro il buongiorno” disse malizioso, pregustandosi la reazione della ragazza.
“Invece penso che si arrabbino perché non sei capace di “giocare” molto bene” si limitò a dire Angela, ridendo sotto i baffi.
Non si aspettava che Seth si sporgesse sul tavolo e le togliesse dalla bocca la cannuccia, per pulire col pollice un segno di salsa sulle sua labbra. Quel contatto lento e bollente la spaventò, facendola balzare sorpresa.
“Troppo audace?” mormorò lui, leccandosi il dito.
Angela arrossì violentemente e incapace di sostenere la sua vista scostò lo sguardo verso il corridoio, fingendosi interessata alle scarpe di un’altra ragazza.
Seth sorrise intenerito dalla sua reazione innocente. “Sì, decisamente troppo audace” pensò, mentre cresceva in lui un’improvvisa voglia di abbracciarla.
Angela era una ragazza particolare: in un attimo mutava da scontrosa e ironica a timida e impacciata; ma non era questo che lo spingeva a provare tali sensazioni. Era quella malinconia di base che permeava il suo corpo, i suoi occhi, la sua voce. Era poco più di una sensazione, ma era tremendamente potente.
“Sei arrabbiata?” richiese lui, sperando di farla sentire a proprio agio cominciando una conversazione.
“Chi, io?” tornò a difendersi Angela.
“Sì, tu”
“Cosa?”
“Niente, lascia stare” rispose seccato, finendo il cheeseburger.
Angela alzò le spalle, annoiata. “Come vuoi”
“Signorina cameriera, non riesco a capire se sei incredibilmente stupida o incredibilmente furba” ammise Seth, fissandola intensamente.
“Ci sono vari punti di vista. E non chiamarmi così” pronunciò la ragazza, alzandosi per poi dirigersi verso l’uscita, dove si girò per guardarlo con aria dispettosa.
Seth la seguì subito dopo, trovandola che lo aspettava di fianco alla porta.
“Almeno hai avuto lo scrupolo di pagare davvero tu” ironizzò lei, fronteggiandolo senza timore.
Le luci della notte brillavano di mille sfumature, colorando i suoi occhi maliziosi di tantissime venature diverse, mentre una leggera e gelida brezza notturna le scuoteva i capelli lunghi e lisci, che ricadevano morbidi poi sulle spalle.
Seth ignorò completamente le sue parole e le si avvicinò lentamente scrutandola assorto, sorprendendosi a pensare a quanto fosse bella sotto la neve. Senza pensare, la cinse per i fianchi e la tirò a sé, sentendola fremere sotto le sua mani.
“Vuoi che ti riaccompagni a casa?” mormorò dolcemente con voce sussurrata, vicinissimo alla sua pelle candida.
Angela sussultò a quel contatto e a quel suono sensuale; si disse di allontanarsi da lui, ma il suo corpo le impedì di farlo rimanendo immobile tra le braccia del moro.
“N-non sono una bambina” balbettò inquieta, interrompendo il contatto con quegli occhi pece che rischiavano di rapirla nel loro abbraccio avvolgente.
Seth si avvicinò ancora di più ed Angela appoggiò le mani sul suo petto per tenere le distanze.
“Dalle tue reazioni non si direbbe…” continuò lui, con la voce sempre più sussurrata.
Era vicino, troppo vicino… Angela chiuse gli occhi e battè debolmente un pugno sul suo petto. “Basta! Lasciami!” insistette.
Seth la lasciò andare, pentendosi subito del vuoto che ora sentiva tra le braccia, ed Angela si allontanò diffidente.
“Vado a casa da sola, tanto è vicina”
“E se io volessi stare un po’ con te?”
Angela sentì tremare le gambe per l’emozione, mentre memorizzava per l’ultima volta ogni particolare lineamento del suo volto, che le parve così perfetto da sembrare irreale.
“Non so. Scattami una foto” scherzò infine, ridendo leggermente senza riuscire a mascherare l’imbarazzo.
Si girò per ritrovare la calma, chiudendo gli occhi e imprimendo nella memoria quell’ultimo sguardo, e cominciò a camminare lontano da lui.
“Ehi, e il bacino della buonanotte?” domandò Seth alzando la voce, con tono fin troppo serio per lasciar intendere uno scherzo.
Angela si fermò, voltandosi nuovamente verso di lui. “Smettila, sei fastidioso” si costrinse a mentire. “Addio, Seth!” si girò, allontanandosi da lui, con le gambe tremanti e il cuore che urlava di tornare da lui… ma questo non era possibile. Se gli avesse permesso di avvicinarsi l’avrebbe ferita: lui non si ricordava di lei, l’aveva avvicinata col solo scopo di rimorchiarla… Angela scosse la testa per scacciare quei pensieri che la rendevano triste, per sostituirli con i ricordi che quella sera aveva accumulato.
Grazie di tutto, pensò mentre una timida lacrima si incastrava tra le ciglie.
Quella notte Angela si addormentò serena col sorriso sulle labbra: non l’avrebbe più rivisto e ormai gli aveva detto addio, anche se l’avrebbe pensato sempre; ma almeno avrebbero avuto davvero un ricordo speciale da dividere entrambi, e questo era più che sufficiente.
***
“Buonasera!” esclamò Angela al nuovo cliente sentendo tintinnare il campanello del Sacherbar da lontano, mentre era intenta a sistemare dei pasticcini nella vetrinetta.
“Signorina cameriera!”
Angela si voltò di scatto, incredula: davanti a lei stava seduto Seth, appoggiato al bancone col braccio destro che sorreggeva la testa.
“Seth?! Ma cosa ci fai qui?” domandò Angela, troppo agitata per accorgersi di aver alzato la voce e della successiva occhiataccia della Bauer.
“Sono venuto a trovarti, no?” rispose lui con ovvietà, continuando a guardarla assorto.
“Sì, ma… perché? Ti ho detto addio…”
Seth sorrise leggermente. “Pensi che basti così poco per farmi arrendere?”
Angela sentì il sangue tingerle le guance all’improvviso; non rispose, lasciò parlare gli occhi, che luccicarono umidi incontrando quelli di Seth. Non voleva che entrasse nella sua vita – per questo stava sulla difensiva – pur sentendo comunque la necessità di essergli accanto.
“Davvero… tu non ricordi…?” mormorò d’istinto rattristandosi e piegando la testa, ma la sua voce uscì talmente flebile che Seth neanche la sentì.
“Angela, finché non mi darai una buona ragione per non vederti più io continuerò a tornare” ripeté lui, sfiorandole la mano che subito ritrasse velocemente.
“Si chiama stalking questa cosa…”
Seth rise, contagiando anche Angela. “Allora solito ristorante?” propose lui sollevato, senza smettere di fissarla.
“Ristorante è una parola grossa…” precisò mettendo il broncio. Al pensiero di come l’aveva presa in giro ieri sera le tornava il sangue alla testa… ma il sorriso che le rivolse il moro bastò per farle dimenticare tutto, anche come si chiamasse.
“Dai, almeno offro io…”
Chinò il viso per nascondere il profondo rossore che l’aveva invaso e serrò le labbra tremanti.
Era ancora una volta una volta lì, davanti a lei, sorridente e vivo: la presenza del Seth in carne e ossa era ancora più prepotente del suo ricordo vago, e se aveva ceduto a quest’ultima fantasia, figurarsi alla realtà…
Come poteva dirgli no ancora? Non ne aveva più le forze, né la voglia. Provava solo il desiderio di essere felice: forse con lui avrebbe avuto un’altra possibilità…
Annuì debolmente, mentre la voce urlata della Bauer li riportava entrambi alla realtà. “Angela! Non stare lì a poltrire e và a pulire quel tavolo!” sbraitò la donna affiancandosi a lei.
“Sì!” obbedì la ragazza, rivolgendo uno sguardo dispiaciuto a Seth, che le rispose con un sorriso.
“Vuol per caso qualche dolce signore? La nostra cameriera la stava importunando?” chiese premurosa la Bauer a Seth, mentre questo sorseggiava il suo caffè silenziosamente “Non si preoccupi, sono io quello che stava importunando”. Quando Angela sentì queste parole rimase di sasso: come temeva, il suo non avere alcun rapporto umano per due anni l’aveva portata ad essere scontrosa ed acida anche con l’ultima persona che avrebbe voluto trattare così, e questo la rattristò.
Dopo le attenzioni della Bauer, Seth si alzò e uscendo fece segno ad Angela che l’avrebbe aspettata fuori. Quando Angela finì il turno, infatti lo trovò nella stessa posizione del giorno prima, con la sigaretta tra le labbra e le mani nelle tasche.
“Certo che il tuo capo è davvero un inferno” esordì raggiungendola, notando compiaciuto come il viso della ragazza si fosse illuminato alla sua vista.
“Almeno mi pagano tanto!”
“Ed ecco il lato venale della nostra cara signorina cameriera…” scherzò, calpestando la sigaretta buttata a terra.
Dannazione, continuava a chiamarla così! “In qualche modo devo pur mantenermi!” le scappò di getto, tra una risata e l’altra.
Seth la fissò accigliato, mentre lei si copriva la bocca con una mano. “Che vuoi dire?”
Angela scostò il suo sguardo, nervosa. “N-niente. Solo che ho bisogno di soldi” rispose improvvisamente secca e scontrosa.
Il ragazzo rimase stupito dalla sua reazione: prima era allegra e stava al gioco, ma era bastata una domanda per farla ritirare in un guscio. “Ehi, va tutto bene?” le chiese, leggermente preoccupato dal suo repentino cambio d’umore.
Le si avvicinò di qualche passo, fino quasi ad abbracciarla; Angela alzò di scatto il viso, trovandosi il corpo di Seth leggermente piegato a sovrastarla. Arrossì violentemente al suo sorriso, così mozzafiato da farle vibrare il cuore.
“Non voglio che mentre sei con me tu sia triste”
“Vogliamo andare?” disse lei velocemente, allarmandosi per la loro vicinanza, sfuggendo dal suo calore.

“Andiamo, hai intenzione di fare l’offesa per tutta la sera?” sbuffò spazientito Seth, dopo l’ennesima risposta monosillabica di Angela.
Lei non rispose, limitandosi a guardarlo disorientata – e anche un po’ disperata.
Come doveva comportarsi? Non lo sapeva, non ne aveva la minima idea.
Uscire con lui l’altra sera era stata tutt’altra cosa, stavolta doveva mettere le basi per quello avrebbe voluto fosse un rapporto solido e duraturo, e di cosa si parla in questi casi?
Ogni cosa che la riguardava era grigia e monotona… e in più non voleva ripetere delle gaffe come quella di prima: Seth non doveva sapere nulla.
Lui chiuse gli occhi, serrando le labbra. “Se la mia presenza ti è così fastidiosa basta dirlo” soffiò irritato.
Angela inghiottì il boccone e chinò la testa. “Scusa, è che… sono in imbarazzo”. L’ espressione di Seth, a metà tra il divertito e il sorpreso, non la calmò per niente. “È… è solo che di te non so niente!”
Seth rise sollevato, e Angela si sentì più leggera. “Se è solo questo… cosa vuoi sapere?”
“Non saprei. Cosa fai nella vita?”
“Mmm… studio chimica all’università…”
Angela lo guardò sconcertata. “Tu studi all’università?”
“Sì…?”
“E cosa ci fai sempre in giro la sera fino a tardi?” chiese scandalizzata.
Seth rise. “Se è per questo anche tu vai ancora a scuola e stai in giro fino a notte”
“Chi te lo dice che vado ancora a scuola? Magari ho solo l’aspetto di una liceale…” scherzò lei, sorseggiando la sua bibita.
Lui le sorrise in modo terribilmente provocante, assumendo un tono di voce più basso. “Si capisce che sei piccola dai tuoi occhi, dalle tue reazioni, che ancora non hai assaporato la vita…”
Angela arrossì all’improvviso, agitandosi eccessivamente. “Che senso ha questa frase?! Stupido pervertito!”
“Ahah, allora vedi che l’hai capito il senso delle mie parole”
“Allora sei davvero un pervertito!”
Seth rise divertito sotto gli occhi attenti di Angela, impegnati a registrare ogni minima espressione, ogni gesto o sguardo per imprimerli per sempre nella mente.
Possibile che dopo solo due giorni i suoi muri di difesa fossero crollati come fossero di cartapesta?
Era così facile parlare con Seth, come se si conoscessero già da mesi. Si stava aprendo troppo facilmente in un modo che non avrebbe mai neanche immaginato… era rischioso?
Chi se ne frega. Scherzare con qualcuno e sorridersi a vicenda era così tremendamente bello da annebbiarle la mente e da non farle pensare più a nulla; anche le sue paure, le sue preoccupazioni, svanivano nell’istante in cui sentiva la voce di Seth.
Uscirono al vento freddo di gennaio e camminarono per un po’ senza smettere di parlare, alternando scherzi a discorsi più seri.
Senza rendersene conto erano già arrivati sotto casa di Angela ed era quindi già arrivato il momento di salutarsi. Seth le sorrise dolcemente, incatenandola ai suoi occhi scuri e magnetici, mentre le si avvicinava silenzioso fino a carezzarle una guancia col dorso della mano.
Angela diventò rossa e cominciò ad agitarsi non appena percepì quel contatto, sentendosi un po’ malinconia per la buonanotte che dovevano darsi.
“Seth…” balbettò chinando il viso per nascondergli l’imbarazzo. “Tu… la tua presenza non mi infastidisce per niente.”
Seth spalancò gli occhi stupito. Perché gli stava dicendo quelle cose, così all’improvviso? Ma soprattutto… perché quella frase e quell’espressione così dannatamente tenera gli stavano facendo battere il cuore così forte?
“Lo so” pronunciò sorridendo nel tentativo di calmarsi, passandole una mano sui capelli un po’ spettinati dal vento.
Lei abbassò lo sguardo, fingendo interesse per un bottone della giacca del ragazzo e usando il fastidio per mascherare la vergogna. “Scemo”, sussurrò con la pelle color porpora.
“Buonanotte” mormorò lui, chinandosi a sfiorare la sua fronte con il naso e la guancia. “A domani, signorina cameriera”




Note poco serie
Sopresa! Nello scorso capitolo avevo detto che avrei aggiornato il 19 ma poi qualcuno (XD) mi ha convinto a postare prima… il prossimo capitolo arriverà il 26, come piccolo regalino di Natale :)
Che dire? Un capitolo molto importante, perché finalmente Angela e Seth cominciano a conoscersi.
E Angela è un po’ strana, prima pensa una cosa e poi ne pensa un’altra. Nello scorso capitolo era distrutta perché lui sembrava non averla riconosciuta, e in questo capitolo nel quale ha l’occasione di stare con lui si ritrae e vuole farla finita. Un po’ perché non vuole essere con Seth col pensiero che lui sta con lei solo per un “certo” scopo, un po’ perché è molto confusa: non vuole affezionarsi a qualcuno ma non vuole più stare da sola.
Insomma, è una situazione un po’ particolare visto il passato di Angela. Alla fine però si arrende e per questo noi siamo felici ;)
Seth… è ancora uno sconosciuto per noi, ma già dal prossimo capitolo lo conosceremo meglio per quello che davvero è. Comunque anche lui è parecchio confuso al momento.
Ringrazio con tutto il mio cuoretutti i lettori, chi ha aggiunto questa storia da qualche parte e chi ha recensito ^_^ Fatevi sentire, così mi rendete felice <3

Ne approfitto per ricordavi l’esistenza di:
http://lizefp.blogspot.com/
http://twitter.com/LizEFP
E della mia altra storia: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=535282&i=1

Piccola anticipazione: “Forse per la prima volta nella sua vita, Seth sentì davvero un profondo rimorso per aver mentito a una ragazza: in quegli occhi smeraldini così lontani riusciva a scorgere bene il muro appena innalzato per tenerlo lontano dalla sua vita e questo lo infastidì non poco.


Alla prossima!!
Liz





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Capitolo 4
*** Wipe away my tears ***







4. Wipe away my tears

La ragazza dai capelli rossi si mise a sedere coprendosi il seno col lenzuolo, mentre osservava silenziosamente Seth allacciarsi i pantaloni.
“Devi per forza andare via?” gli chiese arricciando le labbra in una sorta di broncio.
“Sì” le rispose Seth, infastidito dalla sua voce.
“Scommetto che hai un’altra, è così?” lo accusò veemente all’improvviso, alzando la voce, mentre il ragazzo si sistemava la felpa sulle spalle larghe.
“E se anche fosse? Non mi sembra di averti mai detto che stiamo assieme” disse glaciale, risiedendosi sul letto per allacciarsi le scarpe. “Non essere troppo insistente”.
Lei si sporse verso di lui, appoggiando una mano sul suo petto e rivolgendogli uno sguardo provocante.
“Non posso neanche provare a convincerti?” gli mormorò all’orecchio mentre le sue dita scorrevano veloci lungo il torace di Seth, giungendo al cavallo dei jeans scuri.
“No, fermati” ma lei non lo ascoltò, abbassandogli la zip.
“Dai Seth, ti farò divertire più io di chiunque altra”.
***
Angela osservò l’orologio impaziente, picchiettando nervosa l’unghia sul bancone del Sacherbar: erano le sette e un quarto, a quest’ora Seth sarebbe già dovuto arrivare da un pezzo per aspettarla e andare a cenare assieme.
Forse gli era successo qualcosa di grave…? O forse, come era più probabile, si era stancato di lei.
Del resto non si davano mai l’appuntamento per la volta dopo: lui andava da lei e lei lo aspettava, senza essersi dati una qualsiasi certezza per il prossimo incontro.
Non era passato molto da quando si erano conosciuti – una settimana o poco più – e si erano visti solo quattro volte, nei giorni in cui Angela finiva il turno verso le sette di sera; ma l’inaspettato venir meno di quella certezza la irritava come non avrebbe mai pensato.
Poteva almeno mandarle un messaggio per dirle qualcosa ma, anche dopo che Angela uscì dal locale insieme alla Bauer per chiudere il negozio, Seth non si fece minimamente sentire.
Mentre camminava da sola sulla strada di casa Angela si maledisse per essersi lasciata così facilmente sedurre dal fascino di Seth: lo sapeva fin dall’inizio che l’avrebbe ferita e abbandonata, eppure ogni giorno si scopriva sempre più speranzosa di vederlo e di parlargli, e quando sapeva che non si sarebbero visti passava le serate davanti alla televisione immaginando cosa avrebbe detto lui del film che stava guardando.
Non voleva che lui la permeasse di sé così nel profondo, e nel giro di così poco tempo; per un persona normale sarebbe impossibile necessitare la presenza di qualcuno dopo appena quattro incontri, ma Angela non aveva avuto contatti da due anni ed era troppo vulnerabile emotivamente.
Sapeva poco niente di lui: aveva 21 anni, frequentava il secondo anno alla facoltà di Chimica, fumava Marlboro rosse e… il suo sguardo era terribilmente magnetico.
Ricordava ogni parola, ogni gesto, ogni suo cambiamento di espressione, e questo le dava parecchio fastidio, perché non avrebbe mai dovuto permettersi questa debolezza. Il mondo che si era creata attorno era un guscio ruvido e solido per tutti, ma davanti al sorriso di quel ragazzo diventava fragile e molle e il non sapersi spiegare il perché la innervosiva parecchio.
Forse perché era l’unico che dopo la morte dei suoi genitori si fosse davvero occupato di lei, percependo il grido d’aiuto che lanciava dietro un comportamento scontroso; era il primo che non si fosse arreso con lei… o almeno, così Angela pensava.
Era idiota pensare che lui l’avrebbe aspettata per sempre, era ancora più idiota dannarsi così tanto per un solo appuntamento mancato; la colpa era solo sua che si faceva trascinare troppo dagli eventi senza neanche sforzarsi di opporvisi.
Non avrebbe permesso a Seth di avvicinarsi ancora di più a lei: sarebbero rimasti dei semplici amici, poco più che conoscenti. Sì, era meglio così, per il suo cuore e per la sua anima.
Il cellulare di Angela squillò verso le nove di sera, mentre era sotto la doccia. Se ne fregò e continuò normalmente il proprio bagno, ben sapendo che quello era un messaggio di scuse di Seth, che poteva aspettare come aveva fatto lei.
Lo lesse solo dopo essersi asciugata i capelli, ingannandosi di non avere nessun interesse o curiosità.
Scusa scusa scusa! Ho avuto un impegno improvviso all’università! Sei arrabbiata?
Un impegno improvviso all’università? Sicuramente era una balla.
C’era una cosa che Angela aveva cominciato a chiedersi da qualche giorno: come fosse possibile che uno come Seth non avesse una fidanzata – perché nessuna ragazza sana di mente avrebbe permesso che il proprio ragazzo, così spavaldo ed affascinante, uscisse quasi tutte le sere a cena con un’altra.
Non ci aveva pensato più di tanto, soprattutto perché aveva ipotizzato che al posto di avere una fidanzata Seth avesse tante (ma tante) “amichette” e non voleva conoscere i dettagli.
Sì, e non ti credo neanche. Sicuramente eri con qualche ragazza.
Subito dopo aver premuto invio Angela si pentì amaramente di quello che aveva appena fatto: si stava comportando lei come una fidanzata gelosa e diffidente.
Che diritto, e soprattutto che motivo, aveva per accusarlo di una cosa che sapeva benissimo e che non l’ avrebbe dovuta tangere neanche di striscio?
Aspettò trepidante la risposta, che arrivò sfrontata come temeva.
Non pensavo che fossi così gelosa di me… se mi volevi bastava dirmelo! ;)
Si sentì arrossire come un peperone, mentre ringraziava il cielo che lui non potesse vederla… ma subito dopo arrivò un altro messaggio.
Scommetto che ora sei arrossita come un peperone!

Con le dita tremolanti, Angela digitò velocemente il nuovo messaggio.
È inutile che tenti di cambiare discorso! Sono arrabbiata con te.
La risposta di Seth arrivò celere. Hai ragione, scusa. Come posso farmi perdonare?
Sorrise leggermente: Seth non riusciva proprio ad essere serio, in nessuna occasione. Ma no, non doveva farsi distrarre!
Non lo so, stavolta devi impegnarti.
Ed ecco ancora una risposta degna della fidanzata più cornificata della storia, ma Angela non riusciva a pensare a nient’altro da dire.
E se venissi a casa tua? Così, per recuperare il tempo sprecato stasera e per fare qualcosa di più interessante di mangiare hamburger…
Assurdo, come poteva una sua frase scritta scatenarle così tante palpitazioni?
Cosa doveva rispondergli? Non voleva che il loro rapporto si evolvesse ulteriormente, era già abbastanza difficile da gestire così… ma voleva vederlo, non avrebbe resistito fino al prossimo turno al lavoro!
Basta torturarsi pensando “Ah, se fosse qui”. Decise di togliersi la spina dal fianco, magari questa ossessione sarebbe passata assecondandola.
Va bene… Ma niente pensieri strani!
***
Nel giro di mezz’ora Seth arrivò a casa di Angela, correndo per le scale che portavano al piano del suo appartamento.
La trovò appoggiata allo stipite della porta: lo osservava salire gli ultimi gradini fredda, con le braccia conserte in atteggiamento di difesa, che nel suo caso era anche di attacco.
Forse per la prima volta nella sua vita, Seth sentì davvero un leggero rimorso per aver mentito a una ragazza: in quegli occhi smeraldini così lontani riusciva a scorgere bene il muro appena innalzato per tenerlo lontano dalla sua vita e questo lo infastidì non poco.
Perché con lei doveva essere tutto più difficile? Qualsiasi ragazza gliel’avrebbe già data da un pezzo per come si comportava con lei, eppure più lui tentava un approccio più Angela si chiudeva a riccio, pungendolo e facendo crollare le sue convinzioni.
Andando avanti così avrebbe finito per affezionarsi troppo a lei… non riusciva proprio a sopportare la tristezza su quel suo bel visino.
Ma a pensarci bene, con lei era stato diverso fin dall’inizio.
“Ciao” mormorò, sorridendo colpevole.
Angela non gli rispose, ma si spostò solo un po’ permettendogli di entrare in casa.
“Ora che ci penso, per i tuoi non è un problema avere un ragazzo per casa di sera?” chiese lui, pensando così di riuscire a farla parlare.
Al contrario Angela si bloccò all’istante, impallidendo velocemente; non riuscendo a guardarlo negli occhi, vagava con lo sguardo nello spazio attorno a lui, sentendo la testa girare e dolere.
Non poteva dirgli che i suoi genitori erano morti: aveva giurato di non farlo penetrare ulteriormente nella sua vita, e poi non voleva farsi compatire da nessuno, soprattutto da lui. Quello che provava erano solo fatti suoi.
Seth si stupì molto della sua reazione, tanto che per un attimo temette non stesse bene.“Ehm… non ci sono? Magari sono in viaggio?”
“No” rispose lei secca, andando insverso la cucina.
“Avete litigato?” insistette lui mosso da curiosità, seguendola per casa.
Angela esitò un attimo, poi si voltò verso di lui e lo guardò con diffidenza. “No, Seth. Non sono cose che ti riguardano”
“Ok, va bene, scusami” sbottò alla fine il ragazzo, bloccandola per un polso. “Avrei dovuto avvisarti che stasera non facevo in tempo per la cena ma non l’ho fatto, e per questo ti chiedo scusa. Hai intenzione di trattarmi così tutta la sera?”
“Sei tu che fai domande inopportune” si lasciò scappare lei, senza riflettere bene sul senso delle sue parole, che lasciarono Seth notevolmente sorpreso.
“In che senso inopportune? Ti ho chiesto solo dei tuoi genitori!”
“Sei venuto qui solo litigare ulteriormente?” si difese Angela, rendendosi conto della gaffe “Se è così vattene pure, tanto sono già arrabbiata abbastanza” sbraitò diventando rossa in viso, mentre il contatto con la mano bollente di Seth le mandava a fuoco il sangue.
“No, Angela. Non me ne vado fino a quando non mi spiegherai degnamente perché sei così arrabbiata con me”
Si girò verso di lui, trattenendo le lacrime ma non riuscendo a non far tremare le labbra, mentre la sua pelle si imporporava sempre di più e l’autocontrollo andava a farsi benedire, soggiogato dagli occhi neri di Seth che la studiavano nel profondo dell’anima.
“Sono arrabbiata con te perché… perché io stavo bene prima di conoscerti. Stavo bene da sola coi miei pensieri, ma poi sei arrivato tu, hai preteso di conoscermi e ora… ora non capisco perché mi importa così tanto di te!”
Seth le lasciò la mano, incredulo e spiazzato davanti alle piccole lacrime che cominciavano a nascere sul viso di Angela. Cosa doveva fare?
Di fronte a quelle parole e a quell’espressione distrutta, sentì che non stava con lei con il solo scopo di portarla a letto ma… non lo sapeva neanche lui perché.
“Perché stasera ti ho aspettato così tanto, sperando che tu venissi? Lo sapevo dalla prima volta che abbiamo parlato che mi avresti delusa, come tutti!” continuò lei, con voce rotta e stridula, battendo sul suo petto dei pugni che perdevano forza a ogni parola. “Ti voglio odiare, ti voglio dimenticare come ho fatto col resto del mondo… ma perché con te è così difficile?”
Con un gesto celere Seth le bloccò entrambe le mani, avvolgendole nelle sue; la osservava ad occhi spalancati, sconvolto da quello che stava provando a causa sua e del suo discorso. Doveva andarsene per sempre ed abbandonarla, doveva invece abbracciarla e rassicurarla? Come ci si doveva comportare con il cuore stretto in una morsa, lo stomaco chiuso e la mente incapace di non pensare ad altro se non a lei, che guardava le loro mani intrecciate come esseri mostruosi?
Normalmente se una ragazza si fosse comportata così con lui non avrebbe esitato a lasciarla su due piedi, ma con Angela questa opportunità non gli sfiorò neanche la mente.
Che nome aveva questa sensazione?
Seth incatenò gli occhi ai suoi, luccicanti e leggermente arrossati. “Cosa dovrei fare ora? Cosa ti aspetti da me?”
La sua risposta turbò Angela, che aggrottò la fronte confusa.
“Vuoi davvero che me ne vada per sempre?” insistette lui, facendo scorrere le mani lungo entrambe le sue braccia tremanti, lentamente arrivando al suo viso che circondò con i palmi.
“Dimmelo guardandomi negli occhi”.
Angela rimase immobile tra le sue dita, incapace persino di respirare. Non doveva cedere, doveva mandarlo via.
Ma i suoi occhi era foschi e magnetici, illuminati da una luce nuova che non aveva mai scorto, e sotto il suo tocco vellutato e bollente sentì il cuore fremere, mentre chiudeva gli occhi lasciandosi andare alle lacrime e a un pianto che venne alleviato dall’abbraccio in cui Seth la strinse.
Tra le sue braccia Angela si arrese con sospiro spezzato, non aveva più le forze per opporsi a lui. La situazione non andava per niente bene: si fidava di lui senza volerlo, gli si era affezionata senza neanche conoscerlo, pur sapendo perfettamente che per Seth lei era solo una nuova conquista.
Non voleva aver bisogno di lui.
Non voleva perderlo.
Non voleva soffrire ancora.
Gli erano bastati pochi giorni e un abbraccio per farla sentire diversa.
Non riusciva a fermarlo, era più forte di lei. La controllava, la comandava.
Non poteva dirgli addio…
“Scusami per stasera, Angela. Non avrei mai voluto farti piangere e, fidati, ora che so cosa si prova non lo farò mai più” mormorò lui, affondando il viso tra i suoi capelli e stringendola fino a farle quasi male. “Io voglio solo conoscerti ed esserti amico”
“È questo che non riesco a capire. Perché vuoi starmi vicino?” balbettò Angela, cullandosi nel calore del corpo del ragazzo, così morbido e confortevole.
Seth esitò un attimo: era nato tutto come al solito, perché voleva portarla a letto, ma poi era mutato subito tutto in un vortice indefinito di sensazioni strane e fastidiose. Ma era davvero così? “Mi credi se ti dico che un motivo non c’è? Semplicemente, ho questo desiderio”
Angela sospirò, asciugandosi le lacrime finalmente placate. Sciolse l’abbraccio e gli rivolse un sorriso tirato, per fargli sapere che stava meglio.
“Scusa. Ti ho detto un mucchio di cose strane all’improvviso”
Seth sorrise, felice di vederla di nuovo tranquilla. “Ehi, non importa. Basta che non ti metti più a piangere, ok? Stasera è così, dobbiamo per forza litigare”
Angela rise leggermente, per poi adombrarsi di nuovo, preoccupata da quello che la sua amicizia con Seth avrebbe comportato alla fine.
“Vuoi qualcosa da bere o da mangiare?” gli chiese poi, guardandosi attorno per la cucina. “Qualcosa di caldo magari?”
“Se va bene anche a te, sì”
“Mmm… una cioccolata?” propose, tirando fuori dalla dispensa una scatolina di cacao in polvere.
“Ti aiuto a farla!” sorrise lui, mentre ancora cercava di scacciare dalla mente i pensieri e le emozioni residue.
La prepararono assieme, ridendo e scherzando come se niente fosse successo. Angela si sentiva leggera, come se si fosse tolta un macigno dal cuore; anche se per lui non era altro che una storia come tante, voleva credergli. Era così bella la sensazione di non essere più soli!
Anche se aveva ancora paura, anche se ancora dentro lei le ferite sanguinavano fresche, almeno poteva bere una cioccolata calda con qualcuno.
“Sai, anche i miei genitori sono spesso in viaggio di lavoro. A casa non ci sono mai, se non per le festività obbligate” disse Seth all’improvviso, quando la conversazione cadde.
Angela bevve un sorso di cioccolata in silenzio, cercando di non agitarsi troppo per le sue parole. “Ho un fratellino molto più piccolo, fa le elementari; credo che si ricordi a malapena il volto di nostra madre o la voce di nostro padre” continuò lui, diventato serio mentre la sua voce tradiva una nota di tristezza.
“Penso che sarebbe bello averli a casa ogni tanto. Non tanto per me, ormai ci ho fatto l’abitudine, quanto per mio fratello che come unici punti di riferimento ha l’altra mia sorella e me, che non sono proprio un modello da imitare”
“Mi dispiace, Seth” rispose Angela, nervosa ma amareggiata per la situazione del ragazzo. Sicuramente aveva anche lui i suoi problemi e lei doveva cercare di non angosciarlo troppo coi suoi. “Parlami un po’ dei tuoi fratelli! Ti va? Sono curiosa!” cinguettò, cercando di distrarlo.
Seth sorrise ed appoggiò la tazza bollente. “Il mio fratellino si chiama Will, ha 7 anni. È una piccola pulce piena di energia, non sta un attimo fermo ed è sempre difficile calmarlo. Penny è mia sorella maggiore. Fa la commessa in un negozio di abbigliamento, è una ragazza molto… particolare”
Angela sorrise intenerita; Seth parlava entusiasta della sua famiglia con gli occhi luccicanti come se fossero i gioielli più belli del mondo. “Sono sicura che ti vogliono molto bene…” sussurrò dolcemente.
Seth rise con un leggero impaccio. “E tu sei figlia unica?”
Angela si ritrasse di colpo, sentendo il cuore rompersi ancora una volta; tuttavia si fece forza e riuscì a parlare normalmente, solo con voce un po’ spezzata. “No, ho una sorella maggiore, Martha, ma vive all’estero da quasi un anno ormai”
Il tono freddo della sua voce insospettì Seth ancora di più delle “domande inopportune” sui suoi genitori. Perché non voleva dirgli come stavano davvero le cose? Era una cosa così privata ed intima? Sicuramente non gli stava raccontando tutta la verità ed era curioso, ma aveva imparato che da Angela non bisogna pretendere niente e limitarsi ad aspettare che sia lei a soddisfarti.
La ragazza guardò l’orologio al polso: segnava mezzanotte passata. “Seth! È tardissimo! Non devi tornare a casa?”
“Non preoccuparti. Domani non ho lezione e posso tornare a casa quando voglio, tanto c’è Penny con Will” spiegò “Ma tu piuttosto? Non devi andare a scuola domani?”
Angela annuì, si alzò e prese le due tazze vuote, appoggiandole nel lavandino. Quello che non aveva previsto è che anche Seth si sarebbe alzato, avvicinandosi a lei silenziosamente. Il contatto improvviso della propria schiena col suo petto le fece scivolare di mano un cucchiaino che tintinnò rumorosamente sul fondo del lavandino: il viso di Seth era di fianco al suo e le sfiorava la guancia con la pelle bollente e il respiro caldo e regolare; le mani grandi del ragazzo poggiavano sul piano della cucina, intrappolandola tra lui e il mobile, senza lasciarle via di scampo.
Il cuore cominciò a battere più velocemente e sentì il sangue tingerle le guance: era così bello e avvolgente il corpo di Seth. Avrebbe voluto sfiorarlo e immergersi nel suo profumo pungente e mascolino, e così restare per sempre; era a queste cose che pensava mentre Seth cominciò a sussurrarle all’orecchio.
“… E se stanotte restassi con te?”
Il cuore di Angela mancò un battito, e la ragazza si girò di scatto verso Seth, che la guardava teneramente ma intensamente. I suoi occhi profondi e neri come il baratro più scuro la inghiottirono completamente, ma la sua voce sensuale e roca la risvegliarono da quel torpore. “I tuoi non torneranno stanotte o domani, vero?”
Angela scostò il volto dal suo, che si stava facendo troppo vicino, e dal suo viso Seth capì che finalmente Angela gli stava aprendo il suo cuore; ma al termine delle sue parole, desiderò non aver mai costretto Angela a dirle.
“I miei non torneranno più, Seth. Sono morti due anni fa”




Note poco serie
Ciao fanciulleee!!
Come promesso ecco il nuovo capitolo di Snowdrops! Spero vi sia piaciuto… finalmente un capitolo “nuovo” rispetto alla vecchia versione! Essì, perché nell’altra versione Angela non rivelava mai a Seth della morte dei suoi genitori, ma era Ruby che glielo rivelava molto più avanti rispetto a dove siamo arrivati ora.
Ho deciso di cambiare tutto ciò per far vedere come, nonostante non si conoscano da molto, Angela non riesce a fare a meno di fidarsi di Seth e di confidargli il suo dolore. Formalmente si conoscono da poco ma in realtà per Angela il loro è un rapporto che va avanti da mesi, da quella volta in cui lui l’ha soccorsa sotto la pioggia. E quindi eccoci qui.
Anche Seth sta cedendo più di quello che credeva, più di quello che aspettava, forse proprio perché Angela si sente così nei suoi confronti anche lui non può farne a meno… mah mah :D

Colgo l’occasione per augurare a tutte voi e alla vostra famiglia un bellissimo Natale, che tutti i vostri desideri possano diventare realtà ^^ Grazie davvero per tutto l’appoggio che mi dimostrate sempre, se sono ancora qui a scrivere è anche grazie a voi…
Anche se piccolo piccolo questo capitolo è il mio regalino per voi, spero che apprezzerete! Ah, e come “regalo” aggiungo anche il link alla playlist di questa storia ^^ : http://www.youtube.com/view_play_list?p=66AEF8A17CA8FFC5

Prossimo aggiornamento: in teoria domenica 9 gennaio, ma visto le vacanze (che tanto dovrò passare a studiare perché il 14 ho un altro esame) magari riesco a scrivere un po’ e ad aggiornare prima. Purtroppo è da circa due settimane che non ho un minuto di relax da poter passare svaccata sul letto a scrivere al pc… Comunque per sapere quando effettivamente aggiornerò andate sulla mia pagina di Twitter: http://twitter.com/LizEFP

Piccola anticipazione: << “Non mordo mica, sai?”
“LO SO!!” urlò girandosi verso il suo viso.
Aveva reagito esageratamente e Seth scoppiò a ridere, mentre Angela lo osservava imbronciata. “Lo so che non mordi, ma ho comunque paura che tu ti sia fatto strane idee” precisò lei, appena Seth smise di ridere. >>

Ne approfitto per ricordavi l’esistenza di:
http://lovelizefp.blogspot.com//
http://twitter.com/LizEFP
E della mia altra storia: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=535282&i=1

Alla prossima!!
Liz


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Capitolo 5
*** Stay on my side tonight ***





5. Stay on my side tonight

Le iridi smeraldine di Angela si fissarono su quelle cupe di Seth, comunicandogli un profondo disagio.
“Cosa…?” soffiò Seth, ancora metabolizzando l’informazione improvvisa di Angela.
Così si verrebbero spiegate molte cose: perché Angela viveva da sola, perché era così scontrosa e chiusa, perché aveva reagito così alle sue domande. Seth si maledisse per essere stato così poco delicato, anche se non avrebbe mai potuto immaginare la verità.
“Sono orfana da due anni” ripeté lei, fingendo di essere calma e pacata, ma Seth notò subito la malinconia che l’intero suo essere – voce, occhi e corpo – sprigionava disperatamente.
Era una sfida quella a cui lo stava sottoponendo? Voleva vedere come avrebbe reagito alla notizia?
No, perché in un attimo il viso di Angela mutò radicalmente, stravolto dalle lacrime che ancora una volta stavano per rigarlo. “Scusami” balbettò la ragazza nervosa, asciugandosi gli occhi con una mano, facendo finta di nulla come se si vergognasse di quello che gli aveva appena rivelato.
“E di cosa?” domandò Seth, ancora sconvolto.
La visione di Angela era dolorosa e gli trafiggeva il cuore per il rammarico; provò la voglia di abbracciarla, di baciarla, fino allo sfinimento, di farle dimenticare il dolore e la morte, ma resistere era così difficile davanti al suo pianto miserabile.
La vedeva tremare scossa da fremiti incontrollati e voleva mettervi fine, essere il suo appoggio nella crisi che stava avendo.
“È una cosa insensata vero?” sospirò lei, riuscendo a calmare almeno le lacrime “Non averlo ancora superato dopo due anni…”
Fu questione di un attimo: Seth si chinò velocemente su di lei, cercando le sue labbra con gli occhi e la bocca socchiusi. “Seth…” sussurrò Angela per la sorpresa, riuscendo a scostarsi in tempo, senza interrompere il contatto dei loro occhi.
Lui si morse le labbra languido e le afferrò le mani con cui l’aveva respinto, portandole in alto. La percepì sussultare quando le sue labbra incontrarono la pelle del collo, in un bacio umettato e bruciante che si spostò adagio fino allo zigomo.
Sentire la loro consistenza morbida e corposa muoversi nei punti più delicati la fece impazzire a tal punto da non riuscire a fermarlo, ma fu lui a interrompere quel momento: quando Seth riaprì gli occhi vide Angela con gli occhi serrati e la pelle rossa per l’imbarazzo, non lo stava fermando, e per un breve istante pensò di approfittare del suo momento di debolezza.
Ma poi inspiegabilmente staccò le proprie labbra dal sapore salato delle sue lacrime e si limitò a una semplice carezza sul viso.
Assurdo, si era fermato perché non voleva sfruttare la sua debolezza come mezzo per farla sua; sentì il suo cuore gridare il desiderio che lei lo amasse, davvero. Che facesse l’amore con lui perché era innamorata di lui.
Innervosito da tali pensieri slegò Angela dalla sua presa e si girò dall’altra parte, lasciandola ancora sconvolta.
“Scusa. È meglio se ora vai a dormire” pronunciò freddo, senza guardarla.
Angela non rispose e si limitò ad annuire, stupita e un po’ risentita dal repentino cambio d’umore del ragazzo. Si asciugò un’ultima volta il viso e gli si avvicinò titubante, afferrandolo poi per la manica della felpa.
“S-Seth…”
“Devo chiederti scusa ancora una volta, Angela. Ti ho fatto ricordare cose spiacevoli” disse all’improvviso, voltandosi verso di lei con sguardo sofferente.
Angela negò col capo e gli sorrise, socchiudendo gli occhi gonfi e arrossati. “No, non è colpa tua. Sono io che ho voluto confidarmi con te senza essere in grado di gestire le mie emozioni”
Il ragazzo le sfiorò la mano dolcemente, sotto i suoi occhi assorti. “Andiamo a dormire, dai. Domani hai scuola”
“Sì”
Lo guidò fino alla sua stanza tenendolo per mano, prese il pigiama e andò a cambiarsi in bagno, mentre Seth la aspettava in camera.
Angela si guardò allo specchio: aveva i capelli tutti spettinati e il viso stanco segnato dalle occhiaie, ma tanto era buio e Seth non l’avrebbe mai notato. Si chiese se stava facendo la cosa giusta arrendendosi così alla situazione, ma l’ultima cosa che voleva era passare una notte da sola dopo una serata come quella: non sarebbe riuscita a dormire per niente, pensando e ripensando a ciò che era successo. Ma magari con Seth accanto sarebbe riuscita a dormire tranquilla…
Quando raggiunse Seth lui l’aspettava già sdraiato sotto le coperte, seduto quel tanto per riuscire a guardare fuori dalla finestra sopra il letto.
“Ehi” le sorrise quando la vide entrare, impacciata e imbarazzata.
Le scostò le coperte aiutandola ad sdraiarsi ed Angela reagì con gesti nervosi, stando ben attenta a non sfiorarlo neanche per sbaglio. Si stesero entrambi dopo che la ragazza spense la luce, ma pur di non toccarlo si coricò sul bordo del letto in una posizione talmente scomoda che Seth trovò la cosa ilare.
“Non mordo mica, sai?”
“LO SO!!” urlò girandosi verso il suo viso.
Aveva reagito esageratamente e Seth scoppiò a ridere, mentre Angela lo osservava imbronciata. “Lo so che non mordi, ma ho comunque paura che tu ti sia fatto strane idee” precisò lei, appena Seth smise di ridere.
“Non preoccuparti. Non ti salterò addosso… stanotte” le rispose guardandola con occhi suadenti. Angela sentì la temperatura del suo corpo salire vertiginosamente.
Osservò Seth negli occhi a lungo, prima di decidersi a farsi più vicina. Ora che erano l’uno di fronte all’altro percepì il calore emanato dal corpo di Seth avvolgerla e scaldarla e provò il desiderio di abbracciarlo; tese una mano intrepida verso di lui, ma la sua intenzione morì ancora prima di riuscire a sfiorarlo.
“Seth…” mormorò con un filo di voce “perché ti ho rivelato tutto di me?”
Il moro rimase sorpreso di quella domanda, non sapendo cosa rispondere. “Non lo so. Forse sei innamorata di me!” scherzò alla fine.
“No, sul serio. Devi aiutarmi a capire perché nonostante tu sia per me uno sconosciuto io mi sia aperta così facilmente a te”
“A dire il vero, non ti sei aperta proprio del tutto…”
“Seth!” urlò Angela isterica, offendendosi.
“Ok, ok, scusami” rise lui, divertito. “Ma Angela io e te non siamo due sconosciuti. Siamo amici e tra amici è normale confidarsi i segreti”
“Siamo… amici?” ripeté Angela, cercando di convincersi delle parole di Seth.
“Vieni qui”
Con un gesto inaspettato la afferrò per la vita e la tirò a sé, facendola appoggiare sul suo petto; Angela modellò il suo corpo di fianco al suo, facendolo aderire perfettamente in modo da cercare più calore, mentre anche le loro gambe si intrecciavano morbidamente.
Ecco cosa voleva. Voleva stringerlo e immergersi nel suo profumo, sentire il suo corpo muoversi e palpitare sotto le sue mani. Non voleva lasciarlo, per niente al mondo, perché solo con lui provava la sensazione di essere al sicuro.
“Angela, così metti a dura prova la mia resistenza” disse lui all’improvviso, riferendosi ai loro corpi così vicini. Angela però non si mosse, anzi, si mise a ridere felice.
“Mi dispiace, ma tra amici certi pensieri non sono ammessi!”
L’avrebbe fatto uscire pazzo, Seth ne era certo: fino a pochi minuti prima era timida e riservata, adesso gli era completamente addosso – con le forme ben aderite al suo corpo – senza il minimo imbarazzo; anzi, lo prendeva pure in giro! Come poteva resistere sentendo il suo seno premere così sensualmente sul suo petto?
“Non credo che due amici si avvinghino così sotto le coperte”
Angela spostò le mani verso il suo viso, accarezzandogli le guance coperte da una leggera barba. “Non credevo che stare in un letto con una ragazza ti mettesse tanto a disagio, pensavo fossi una sorta di gigolò!”
Seth si risentì leggermente. “Mi dispiace doverti deludere Angela, ma nella mia breve vita ho già avuto molte ragazze che possono testimoniare che so assolutamente come muovermi in un letto…”
“Sìsì… comunque non è giusto. Tu hai detto che tra amici ci si confida tutti i segreti e tu di me ormai sai quasi tutto. Ma io di te non so praticamente niente…”
“Devo confidarti un mio segreto?” mormorò sorridendo.
Angela vide luccicare i suoi occhi attraverso il buio. “Sì”
Il viso di Seth si avvicinò al suo ma non se ne rese molto conto per colpa dell’oscurità. “Un mio segreto è che in questo momento vorrei stringerti ancora di più”
Sorrise lievemente, arrossendo; strinse le mani attorno alla sua schiena e si accovacciò sul suo petto, chiudendo gli occhi. “Non vale come segreto”
Seth rise tranquillo, ma nel giro di cinque minuti lei stava già dormendo beatamente; le passò una mano sul viso, contemplandola il silenzio.
Si sbagliava, lui non la conosceva affatto: che fine aveva fatto sua sorella? Possibile che non avesse proprio amici?
Sapeva bene poco di lei, che riteneva che il suo mondo si limitasse alla morte dei suoi genitori, e lui non voleva che fosse così.
Angela andava presa con calma e pazienza, in un gioco di parole e sguardi: un solo passo un po’ più veloce che lei non ritenesse opportuno e si sarebbe ritirata di nuovo nel suo guscio.
Ma sarebbe riuscito ad arrivare fino al suo cuore, ne era sicuro.
Piano piano, prima o poi ce l’avrebbe fatta.
***
Angela si svegliò lentamente, accarezzata dal calore profumato in cui era avvolta, che la invitata languidamente a rimanere così cullata per sempre. Com’era bello dormire con accanto qualcuno e magari sognare le stesse cose…
Sbatté le palpebre più volte aprendo gli occhi, mentre lentamente prendeva coscienza di una cosa che la lasciò colpita: per la prima volta in due anni aveva avuto un sonno senza incubi di alcun tipo. Nessun incidente, nessun temporale, neanche una goccia di sangue o un volto straziato; solo un sonno profondo e tranquillo che aveva circondato completamente il suo corpo intorpidito ovunque, come se per quei due anni non avesse mai dormito davvero.
Tutto questo era merito di Seth? Davvero stargli vicino poteva farle così bene?
Forse non era lui, sarebbe andato bene chiunque che la avesse abbracciata quella notte… Alzò il viso verso quello del ragazzo, ancora profondamente addormentato.
Che Seth fosse un bel ragazzo era la prima cosa che di lui si notava; ma con quell’espressione così pacifica ed appagata, come un bambino sazio dell’amore dei suoi genitori, le sembrò in qualche modo perfetto.
Perfetto nelle forme e nei lineamenti, scolpiti ma armoniosi, quasi eleganti nel complesso; nelle labbra socchiuse – per un attimo invitanti – e carnose, nelle sopracciglia espressive, folte e rilassate, nella barba un po’ più folta del giorno prima.
Perfetto perché era lì con lei a condividere la vita nelle piccole cose come una cena, una notte, un risveglio. Ed era questo quello che aveva sempre voluto: non qualcuno che la consolasse con frasi fatte e impossibili da mantenere, ma che le facesse capire di non essere più sola attraverso gesti, parole non dette, discorsi leggeri e futili. E così era stato: non aveva cercato di consolarla a parole, ma aveva tentato di non farla crollare abbracciandola semplicemente.
Nel contemplare il suo volto Angela si stupì di poter ancora fidarsi di qualcuno in modo così incondizionato: forse l’avrebbe ferita o abbandonata, ma la paura non riusciva a vincere quella abbagliante sensazione di felicità.
All’improvviso però si ricordò di dover andare a scuola: girò la testa verso il comodino e guardò la sveglia, che segnava le 6.45. Tirò un sospiro di sollievo e si mosse con cautela, sciogliendosi a malincuore dal suo abbraccio e recandosi poi in bagno, dove cominciò a prepararsi per andare a scuola.
Malgrado non avesse la minima voglia di vedere Susanna e compagnia era da un po’ che le acque si erano quietate: gli episodi violenti si erano interrotti lasciando il posto a scherzi o battute crudeli che le facevano venir voglia di non esistere o di picchiarli tutti, ma niente di che; quello che davvero le faceva paura era quando la picchiavano o le bruciavano le braccia con i mozziconi di sigaretta. Non poteva infliggerle dolore mentale più di così, ma il dolore fisico… si sentiva sempre indifesa e debole, fragile come filo d’erba.
Quando fu pronta si recò in cucina, rimanendo sorpresa di trovare Seth sveglio frugare nella dispensa probabilmente alla ricerca della colazione. “Seth!” esclamò sorpresa, esitando un attimo sull’ingresso della stanza; il viso del ragazzo si illuminò al suono della sua voce, aprendosi in un sorriso “Buongiorno!” cinguettò mentre Angela si avvicinava a lui. “Cosa mangi di solito a colazione?”
“Tè coi biscotti…” rispose lei, porgendogli la teiera.
Il moro esitò un attimo prima di prendere l’oggetto. “Devo pure farti da cameriere?”
“Per una volta è bello invertire le parti!” rispose la ragazza ridendo, provocando in lui la stessa reazione.
“Non te lo meriti, mi lasci pure da solo nel letto senza dirmi nulla!”
Angela arrossì lievemente, distogliendo lo sguardo dal suo viso. “… Scusa, credevo che stessi ancora dormendo”
Seth le si avvicinò di un passo, tendendo una mano verso la sua guancia e sfiorandola delicatamente, mentre lei avvampava al suo tocco e alle sue parole. “Mi sono svegliato perché ho sentito improvvisamente il letto diventare vuoto e freddo…”
Angela deglutì il groppo improvviso che le si era formato nella gola, divenuta improvvisamente secca ad asciutta; lo vide sorriderle intenerito dal suo evidente imbarazzo e interrompere ogni contatto, voltandosi verso l’armadio dove prima aveva intravisto una scatola di biscotti al cioccolato.
Aveva i nervi tesissimi e si sentiva a disagio, ma allo stesso tempo avrebbe voluto approfondire quel piccolo contatto che la attirava e la allontanava: un attimo prima erano due poli opposti e complementari e quello dopo si respingevano con la stessa delicatezza con cui si erano prima avvicinati.
Era una situazione di delicato equilibrio, dove scherzare e flirtare mutavano l’uno nell’altro.
No, ma cosa andava a pensare?… “Flirtare”?
Si era arresa al fatto di non poter resistere a una delusione da parte di Seth e aveva accettato la sua amicizia, ma nient’altro; non ci sarebbe mai stato altro perché amare nel senso stretto del termine era divenuta per lei ormai un tabù. Amare davvero vuol dire soffrire, perché prima o poi tutto ha una fine…
“Ah Angela oggi devo stare davvero in università fino a tardi, quindi non possiamo cenare assieme…” disse all’improvviso, facendola sussultare.
Lo squadrò stranita, mentre il cuore accelerava inquieto. “In che senso ‘davvero’?” chiese titubante.
Seth rimase pensieroso qualche secondo, scrutando un punto davanti a sé in cerca di una risposta. Angela aveva avuto ragione, probabilmente la sera prima era con un’altra ragazza…
“Davvero vuoi sapere dov’ero ieri?” la provocò infine.
Angela scosse la testa decisa. “No. Non hai alcun dovere verso di me e io nessun diritto di impicciarmi della tua vita”
Anche se vorrei tanto che per te esistessi solo io, come per me tu ora esisti solo tu: avrebbe voluto aggiungere queste parole, ma soppresse questi pensieri giudicandoli futili e pericolosi.
In un primo momento Seth assunse un’espressione delusa che lasciò Angela perplessa col dubbio di averlo ferito, ma subito una luce scherzosa fece capolino nei suoi meravigliosi occhi, mentre un broncio infantile sostituiva la reazione più spontanea. “Non sei per niente gelosa di me?”
“No, affatto” ribatté lei ridacchiando, ma un secondo dopo Seth era già tornato serio e provocante: i suoi occhi pece intrappolarono veementemente i suoi, rischiando di farle perdere il controllo e le sue mani si strinsero lievi sui suoi fianchi, avvicinando i loro corpi tanto quanto bastava per sentire l’uno il calore e il profumo dell’altro.
“Peccato” le sussurrò con voce roca “perché ogni volta che sento altri clienti fare delle osservazioni su di te mi viene voglia di prenderli a pugni…”
“A-allora è meglio che impari a controllare la rabbia, altrimenti la Bauer mi ucciderebbe” rispose lei prontamente, sentendosi comunque a disagio per la vicinanza improvvisa.
Avevano dormito assieme per una notte intera eppure averlo così vicino e osservare i suoi occhi le facevano venire ancora il batticuore. Che senso aveva poi avere il batticuore per Seth…





Note poco serie
Ok… ecco… ho poco tempo quindi vi faccio subito gli auguri per tutte le feste che sono passate e vi mando un sincero abbraccio, ringraziandovi di tutto quello che fate per me ^_^
Vi è piaciuto questo capitolo? Il rapporto tra questi due si approfondisce sempre di più, ma è arrivato il momento di lasciarli stare un attimo nel loro brodo e guardare un po’ anche altri personaggi… nel prossimo capitolo infatti ci sarà il ritorno dell’arpia (a buon intenditore… :D)!! Spero di riuscire a scriverlo bene perché è parecchio difficile come personaggio lei… ma vabbè vedremo ^//^ Come previsto non sono riuscita a scrivere nulla: vacanze, esami in vista, feste varie… niente, Word è rimasto chiuso per forza maggiore. Mi dispiace tanto, scusatemi ç___ç

Prossimo aggiornamento: Domenica 23! Se sarà prima lo scriverò sul mio Twitter :)

Piccola anticipazione: <<Angela era lì, presente in modo fastidioso, e sorrideva ancora nonostante tutto. Più Susanna la osservava più voleva picchiarla, umiliarla come aveva fatto con se stessa.
Era successo qualcosa, ne era sicura, ma cosa poteva essere? La sua allegria era quasi tangibile…>>

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E della mia altra storia: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=535282&i=1

Alla prossima!!
Liz




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Capitolo 6
*** Friends close, enemies closer ***



Ogni cosa di te è come io vorrei essere
la tua libertà prende forma in modo naturale
ogni cosa di te risuona felicità
adesso non mi accontenterò di meno

[Bliss – Muse]

6. Friends close, enemies closer

Quando Angela sentì il cellulare vibrare nella propria tasca durante l’ora di lezione ci mancò poco che cacciò un urlo per lo spavento.
Aveva passato le ultime due settimane a fissare il piccolo schermo e ad esultare quando questo si illuminava per l’arrivo di un suo messaggio, e ancora una volta il suo cuore non riusciva a reggere tutte quelle attenzioni.
Era una settimana che non vedeva Seth perché era stata molto impegnata con la scuola e una settimana piena di compiti in classe, per cui aveva chiesto alla Bauer qualche giorno di permesso. La donna aveva storto il naso ma poi le aveva dato il permesso perché, in linea con la sua indole ligia al dovere, secondo lei la scuola era un lavoro vero e proprio.
Non dovendo più andare al Sacherbar, le occasioni per vederlo erano diventate praticamente nulle e gli aveva anche proibito di andare a trovarla perché la avrebbe distratta solo dallo studio.
Lui aveva accettato senza troppe storie, dato che era periodo di esami anche per lui… ma nessuno aveva calcolato il fattore “Mi manchi”.
Si erano sentiti qualche volta via SMS ma niente era in confronto all’avere Seth davanti agli occhi e a sentire la sua voce, che si abbassava divenendo roca ogni volta che veniva vicino ad Angela…
Dimmi che oggi posso vederti. DEVO vederti. Diceva il messaggio appena arrivato da lui.
Sentì il cuore battere più forte e le guance imporporarsi di gioia, ma almeno via SMS poteva fingere che non le avesse fatto alcun effetto. Anche lei voleva – doveva – vederlo, ma non poteva mica ammetterlo!
Non saprei. Dipende da cosa mi offri.
La risposta di Seth arrivò subito, cosa che le fece molto piacere: anche lui allora era in trepidazione.
Non provocarmi così, piccola… Ti offrirei tante cose, ma ho la sensazione che al momento tu non intenda ciò…
Angela rimase destabilizzata da quella risposta. In mezzo a quelle parole non aveva potuto fare altro che ricordare la notte in cui aveva dormito con Seth, il tepore del suo corpo, le sue braccia che la accoglievano come il posto più sicuro e perfetto del mondo, il suo viso ancora addormentato… Sentì uno strano calore pervaderle il corpo, ma decise di non farci caso e di rispondere a tono.
Ci hai azzeccato, bravo. Allora, cosa mi offri?
Appena il cellulare vibrò Angela schiacciò subito il tasto centrale per leggere. Ehi, mi stai sfruttando o sbaglio?
Si mise una mano davanti alla bocca per nascondere la risata.
Non sbagli. Ora se permetti vorrei seguire la lezione. Comunque stasera lavoro, ci vediamo lì.Gli concesse alla fine.
Stavolta la risposta di Seth si fece attendere un po’ più a lungo, distraendola ancora di più dalla lezione. Stasera Penny deve uscire e devo badare a Will. Ti vengo a prendere alla fine delle lezioni.
La ragazza rimase un attimo senza parole, indecisa su cosa pensare e su come sentirsi. Era vero che doveva badare a Will o invece doveva incontrare una delle sue amiche?
Decise di fidarsi di lui e che comunque non erano affari suoi. Ma non dovevi mica studiare?Rispose quindi alla fine, senza però negare la proposta di Seth.
Ho di meglio da fare.Fu la risposta sibillina del moro.
Angela alzò il viso, sorridendo imbarazzata, senza curarsi che occhi esterni avrebbero potuto considerare il suo comportamento strano. Ma cosa le importava? Con quelle persone non aveva nulla a che fare…
La professoressa di letteratura italiana continuava a spiegare imperterrita Manzoni e “I Promessi sposi”, ma Angela non era l’unica a non seguire la spiegazione e ad essere immersa nei propri pensieri: Susanna l’aveva notata scrivere SMS, leggerli con una luce negli occhi che non aveva mai visto.
Il fatto che esistessero persone come lei faceva salire la rabbia a Susanna, fino a farla impazzire: quei capelli, quegli occhi, quel viso… Ogni cosa di Angela era come lei avrebbe voluto essere, come non sarebbe stata mai. Ogni sua caratteristica era così facile da amare…
Le sembrava sempre talmente bella, intelligente ed elegante!
Tutte le persone che conoscevano Susanna credevano che anche lei fosse così e per un certo periodo anche lei stessa si era convinta di esserlo davvero… Ma aveva sempre e solo mentito spudoratamente e questo l’aveva capito proprio nel momento in cui Angela era entrata nella sua classe a metà della terza liceo: allora si accorse della sua bugia.
Ricorda ancora il suo sguardo fiero, deciso, dritto davanti a sé – o almeno così le era parsa, perché a quel tempo Angela negli occhi aveva solo tristezza e la volontà di andare avanti in solitudine. Susanna non era così.
Aveva modificato se stessa in tutti i modi possibili: trucco, vestiti, comportamento, fino a cambiare il proprio carattere e il proprio corpo, rigettando l’io che riteneva poco bello come se fosse sporco, lacero e degradante. Era colpa dei soldi, dei bisturi e dei suoi genitori superficiali se ora era così bella e perfetta.
Dalla seconda media nessuno aveva mai più osato prenderla in giro e tutti cadevano ai suoi piedi come mosche, vittime di quella falsa bellezza; e, sopraffatta dal suo stesso splendore, ne era rimasta vittima anche lei.
In fondo al cuore aveva sempre saputo di non essere mai stata una vergogna prima dell’operazione, come i suoi compagni e i suoi genitori pensavano, ma la volontà di essere amata e di non essere lasciata indietro da sola prevalsero sul suo debole amor proprio.
Ma ora… da quando Angela era arrivata aveva cominciato a vergognarsi di se stessa, di come poco si era amata e di come poco ancora si amava; non poteva fare altro che odiarla per questo, perché aveva distrutto il sogno ovattato e splendete in cui viveva mettendole davanti una verità costruita su una bugia.
Susanna ormai non esisteva più: esisteva solo il suo aspetto esteriore, a cui aveva sacrificato tutta la sua vita.
“Perché lei deve avere tutto e io no?” pensava ogni volta che guardava Angela e la sua naturalezza. “Cos’ho fatto per non meritarmi io il suo aspetto?”
Per questo ogni volta che la vedeva provava l’impulso di distruggerla completamente: era decisa a rovinarla, convinta che l’esistenza della ragazza fosse perfetta e luccicante.
Aveva subito cominciato a trattarla male e, piano piano, anche i suoi compagni di classe l’avevano seguita: a quel periodo Angela aveva appena perso i genitori ed era incredibilmente taciturna e scontrosa, e rifiutava ogni proposta di amicizia; così anche gli altri la isolarono, offesi e indispettiti, inconsapevoli del reale motivo di tale comportamento.
Successivamente era bastato spargere in giro qualche voce crudele, qualche bugia che Angela non si sforzò neanche di smentire, e il gioco era fatto.
Era di nuovo Susanna la più bella, quella che tutti devono ammirare, la più felice e popolare di tutta la scuola.
E poco importava che Angela sapesse il suo segreto: la conosceva bene e sapeva che non sarebbe stata mai capace di spargerlo in giro. Infatti lei ed Angela erano state compagne di classe alle elementari e – perché no? – anche amiche, per questo Angela aveva capito subito quello che Susanna aveva fatto a se stessa.
Nonostante la vecchia conoscenza Susanna aveva ormai il solo scopo di isolarla e annullarla, come se la sua presenza scomoda in realtà non ci fosse; ormai era come se non esistesse e Susanna gioiva di questo… ma ora?
Angela era lì, presente in modo fastidioso, e sorrideva ancora nonostante tutto. Più Susanna la osservava più voleva picchiarla, umiliarla come aveva fatto con se stessa.
Era successo qualcosa, ne era sicura, ma cosa poteva essere? La sua allegria era quasi tangibile…
La bionda strinse i pugni appoggiati alle gambe, sentendo le proprie unghie laccate elegantemente ferire la carne; serrò le labbra, mentre il volto tremante arrossiva sempre di più.
Suonò la campanella di fine lezioni, ma non si mosse fino a quando Angela non uscì dalla classe quasi correndo. Susanna si sporse alla finestra, concentrandosi nel punto dove si vedeva il cancello e dove la vide raggiungere un ragazzo alto dai capelli neri; la osservò parlare con lui, sorridergli come l’aveva vista fare in classe, e subito capì cosa era successo ad Angela.
Era una cosa che non aveva mai calcolato, ma non poteva permettere che accadesse davvero.
“Susy!” la chiamò la voce allegra e cristallina di Ruby da dietro le sue spalle, facendola sussultare.
“Cosa stai guardando?” Ruby si sporse verso la finestra, incuriosita da cosa l’amica stesse guardando, ma rimase pietrificata appena si accorse di chi si trattava.
“Non mi avevi detto che quel ragazzo aveva rinunciato a cercare Angela?” le chiese freddamente l’altra.
La bionda annuì, ancora senza parole: da quando quei due si frequentavano? Appena lei e Seth avevano cominciato ad uscire le aveva assicurato che si era arreso con Angela, che non ne valeva la pena.
Infatti quando Seth era venuto a cercare Angela a scuola Ruby gli aveva detto che lei non c’era quasi mai, che non sapeva dove abitasse né se lavorasse o frequentasse dei posti in particolare… gli aveva mentito, ma per averlo tutto per sé. Angela gliel’avrebbe portato via fin da subito, e lei voleva la sua occasione.
E così era stato per dei giorni indimenticabili: si era concessa a lui, e lui era stato fantastico. Ma piano piano aveva cominciato a farsi sentire sempre di meno, fino a quando poi l’aveva lasciata, all’ incirca un mese fa; non che fossero mai stati davvero assieme, ma l’aveva liquidata con un semplice “È meglio se non ci vediamo più” e Ruby ci era rimasta parecchio male.
Almeno le restava la consolazione che lui fosse stato solo suo, ma a quanto pare aveva trovato un modo per arrivare alla sua preda originaria nonostante le bugie di Ruby.
“Sì, ero convinta che non si conoscessero…”
“Bè, invece sembrano anche molto intimi” rinsaccò Susanna con tono sgarbato. Poi però sembrò fermarsi un attimo a pensare e poi si girò verso Ruby, con una nuova luce negli occhi. “Lui è il tuo ex, giusto?”
Ruby la guardò stranita ed annuì sentendo il cuore dolore leggermente.
L’altre le sorrise, aprendosi in un’espressione di vittoria: avrebbe vinto ancora, e stavolta per sempre.
***
Il giorno dopo, quando suonò la campanella dell’intervallo, Angela si alzò dal banco e con passo veloce si avviò verso la porta dell’aula, sognando affamata la macchinetta delle merendine. Ma, proprio l’istante prima di uscire, due sue compagne le comparirono davanti per bloccarle la strada.
Angela conosceva benissimo gli occhi con cui quelle due la stavano guardando e sentì un tremore correrle lungo la schiena mentre si bloccava a due centimetri da loro coi pugni serrati.
Oh no. Proprio ora che le cose sembravano essersi appianate, Susanna era tornata all’attacco – per quanto lei stesse seduta tranquilla al suo posto a chiacchierare come se niente fosse, dietro ogni atto c’era sempre lei e Angela questo lo sapeva benissimo.
“Con che coraggio riesci a presentarti ancora a scuola?” cominciò una delle due ragazze, mentre una piccola folla di radunava attorno ad Angela che sbuffò, ostentando sicurezza. “Si può sapere di cosa state parlando stavolta?”
“Andiamo, come se non lo sapessi!” intervenne un ragazzo, alzando la voce “Potrai sembrare ingenua, ma sappiamo benissimo cosa hai fatto a Ruby!”
Angela sgranò gli occhi sorpresa, voltandosi alla ricerca di Ruby, che sentendo pronunciare il suo nome era improvvisamente sbiancata lasciando la ragazza pensierosa: quella sua espressione persa le confermava che dietro a quello non c’era lei, ma ancora una volta una bugia di Susanna.
Sospirò ad occhi chiusi, decisa a non far degenerare la situazione. “Scusatemi davvero, ma non so di cosa stiate parlando. Mi dispiace molto, qualunque cosa io abbia fatto a Ruby. Ora posso almeno andare al bagno…?” chiese sorridendo, sporgendo una mano verso la porta, ma le due ragazze di prima la precedettero e chiusero a chiave la serratura, osservandola con sfida.
Angela serrò le labbra, preparandosi al peggio, senza però togliere gli occhi di dosso dalle due.
All’improvviso sentì una forte presa al braccio che la trascinò china per terra, mentre un’altra mano le premeva la testa verso il basso.
“Devi chiederle scusa in ginocchio!” urlò uno dei due ragazzi che la tenevano.
Fu costretta a girarsi inginocchiata verso Ruby, e anche se non poteva vederla riusciva ad immaginare la sua faccia sconvolta, sentendosi un po’ più forte grazie a questo pensiero. Ma quando qualcuno le tirò un calcio sul braccio, lasciando oltre alla botta anche un taglio non riuscì a fare a meno di urlare.
Non voleva piangere ancora, dannazione. Non voleva, non voleva, ma quando un altro calcio arrivò facendole perdere la stabilità sulle braccia, delle lacrime le sfuggirono prepotenti.
“Chiedile scusa!” le urlò un’altra voce, mentre la ragazza riusciva con difficoltà a sollevare il viso quando bastava per non respirare la polvere del pavimento.
Ruby la osservava pietrificata. “Che cosa le ho fatto…” mormorò a bassa voce, guardandola negli occhi.
“Non so neanche per cosa chiederle perdono” balbettò Angela, decisa a non farsi sottomettere ancora una volta, ma la sua voce tremava di paura come tutto il suo corpo.
Era terrorizzata, e il braccio le doleva fino alle lacrime.
“COME?! Lo sappiamo benissimo che le hai rubato il ragazzo, non fare la santarellina!”
Un colpo al cuore le oppresse il petto al suono di quelle parole. Ragazzo…?
Stavano parlando… di Seth?
“Come pensi che si senta ora Ruby?! Pensa a come sta soffrendo a causa tua! Chiedile scusa e giura che non vedrai mai più quel ragazzo!”
“NO!” Fu la risposta istintiva e senza esitazioni che le scappò dalle labbra prima di poterne anche solo controllare il pensiero, che fece scendere un silenzio di sorpresa tra tutti i presenti.
“Come?!” sbraitò una ragazza, mentre il suo viso ripiombava per terra.
“Devi promettere che lo lascerai! Non ti senti sporca ad averlo rubato a Ruby?!”
“Lascialo!”
“Adesso basta!”
Angela sgranò stupita gli occhi, prima chiusi per lasciare fuori quelle parole orrende, e riuscì ad alzare il volto verso un suo compagno, Thomas, che era appena intervenuto per salvarla.
Stava in piedi nel suo banco, col pugno a mezz’aria e lo sguardo deciso nascosto dietro gli occhiali. “Questa è violenza gratuita! Che prove avete di queste accuse?”
“Sta’ zitto Thomas” gli rispose una ragazza con astio.
“Anche se ciò che dite fosse vero… comportandovi così, non sareste voi a finire sul gradino più basso?” continuò, muovendo un passo verso il gruppo chiuso attorno ad Angela. “Ma comunque… è solo una voce, vero?” sorrise “Magari l’avete sentito da Susanna”
A queste parole un brusio di consensi si levò nel gruppo, colpito dalle parole del compagno di classe.
“Thomas!” intervenne all’improvviso Susanna, vedendo la situazione degenerare nella direzione sbagliata. “Cosa stai cercando di dire?!” urlò dal fondo dell’aula, ancora seduta al suo posto.
Il ragazzo non le rispose e si chinò su di Angela, scacciando le mani dei compagni che la afferravano ancora; la aiutò ad alzarsi, mentre Angela lo ringraziava balbettando tra le lacrime. Mai avrebbe pensato che nella sua classe ci potesse essere per lei un alleato…
Alla fine Thomas si rivolse ancora ai loro compagni, sistemandosi gli occhiali sul naso. “Sia chiaro, lo faccio perché odio le ingiustizie e le violenze immotivate. Finitela con questa sceneggiata, l’unica su cui avere dubbi qui non è Angela” concluse, mandando un’occhiata fugace a Susanna, che lo osservava livida di rabbia.
“E tu” sibilò verso Ruby, sempre più pallida in viso “Non ti vergogni a comportarti così?”
Lentamente la folla attorno ad Angela si diradò e la ragazza fu lasciata andare proprio un attimo prima della fine dell’intervallo. Appena arrivò il professore affermò di sentirsi male e chiese il permesso di andare a casa, permesso che le fu subito accordato dall’insegnante, allarmato dal suo colorito dal bianco e dai suoi occhi rossi.
Ogni tanto durante le ultime ore di lezione, Ruby posava gli occhi su Thomas, seduto tranquillo e annoiato al suo posto.
Si tastò la pancia, sentendosi ancora male per quello che era successo poco prima: vedere Angela ridotta così a suoi piedi per colpa sua le aveva fatto venire la nausea.
Non aveva mai partecipato alle violenze sulla ragazza, ma non aveva mai neanche tentato di fermarle, qualche volta le aveva usato violenza verbale ma non aveva nulla contro Angela: la trattava come la trattavano tutti, per non perdere l’amicizia di Susanna.
Ma questo era troppo. Non era vero che Angela le aveva rubato Seth, anzi, era stato proprio il contrario! E questa violenza immotivata da parte di tutti, organizzata da Susanna, le stringeva lo stomaco.
Quanto coraggio aveva avuto Thomas, e come l’avevano colpita le sue parole: anche se lei era lì in mezzo al gruppo e aveva il potere di smentire tutto, era rimasta pietrificata senza sapere cosa fare. Aveva ragione: come poteva comportarsi così?
Finite le lezioni strinse i pugni e affiancò Thomas nell’uscire da scuola. Lui la guardò accigliato, ma Ruby rimase decisa e convinta delle sue conclusioni.
“Grazie per quello che hai fatto prima” gli disse guardandolo negli occhi “Hai ragione non era vero quello di cui accusavano Angela: sono tutte voci sparse da Susanna. Non sto cercando scusanti, avrei dovuto intervenire io… sono stata codarda.”
Il ragazzo le sorrise. “Lo so che non sei così, Ruby. Ma io non me la sento più di lasciar correre questa situazione”
“Se vuoi aiutare Angela io sono con te. Dopo oggi non so come riuscirò a guardarla negli occhi, e voglio riscattarmi”
“Credo che l’unica cosa da fare sia far capire agli altri che dietro ad ogni azione c’è sempre Susanna; è l’unico modo per far finire tutto: toglierle un po’ di potere”
Ruby annuì decisa. “Siamo alleati allora?” gli chiese ridendo.
“Certo!”
***
Angela entrò in casa ancora scossa da quello che era appena successo: era stata tutto così veloce… era terrorizzata, ma sapere che c’era qualcuno dalla sua parte era… bello, anche se strano.
Le parole di Thomas, il volto di Ruby… forse le cose stavano cominciando a cambiare davvero?
Si diresse in bagno controllandosi le ferite sul braccio e pensando a come medicarle, quando il cellulare vibrò nella tasca dei suoi jeans.
Era Seth. Finalmente stasera possiamo vederci. Mi manca la tua uniforme da cameriera!
Non voleva per niente al mondo rinunciare a Seth. L’interesse che aveva per lui e il turbinio di emozioni che le provocava ogni volta che la toccava erano come delle piccole scintille di vita improvvisa, dei fuochi d’artificio nell’apatia della sua vita.
Angela andava avanti perché voleva vederlo, stringerlo, parlargli. Anche in quel momento, mentre si medicava i tagli ancora doloranti, avrebbe voluto che lui fosse lì a sostenerla e a dirle che sarebbe andato tutto bene.
Ma così non era: Seth non era con lei, e lei non avrebbe mai potuto rivelargli anche i maltrattamenti dei suoi compagni. L’avrebbe compatita e che Seth stesse con lei solo per pietà era un’idea che le trafiggeva l’anima.
Chissà se anche lui si sentiva così pensando a lei.
Chissà se anche Seth si è trovato immischiato in sentimenti più grandi di lui…
E così, tra lacrime e pensieri, passò un’altra settimana senza che Angela potesse vedere il suo Seth.
 
 
Note poco serie
Scusate per l’immenso ritardo di tutto questo, ma se vi può consolare saperlo gli esami sono andati bene XD
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
È un po’ particolare, forse un po’ pesante, e spero di essere riuscita a scrivere al meglio ma non so ._. non sono brava in queste cose purtroppo… comunque, svelati i segreti, i perché e i come di Susanna! Mi spiace che ci sia così poco Seth in questo capitolo, ma come regalo per farmi consolare, vi prometto che i prossimi due capitoli verranno pubblicati settimanalmente: quindi il capitolo 7 verrà pubblicato domenica 27, tra una settimana esatta… e ci sarà tanto Seth u_u
Un grazie immenso a tutte voi e al vostro prezioso supporto!
 
Piccola anticipazione: “Angela scosse la testa, sconvolta: gelosa? Lei non era per niente invidiosa delle altre ragazze; anzi, meno era simile a loro, meglio era…
 
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Altra storia: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=535282&i=1
 
Alla prossima!!
Liz
 
 
 

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Capitolo 7
*** Bucaneve ***



7. Bucaneve

Normalmente una ragazza che gli esponeva i suoi drammi personali gli avrebbe dato ai nervi, perché aveva sempre odiato chi voleva farsi compatire e sfruttava le proprie sfortune per apparire più interessante.
Ma quando Angela gli aveva rivelato la morte dei suoi genitori lei non aveva pianto, non glielo aveva detto subito; lo viveva come una vergogna, aveva pronunciato quelle parole tremando senza lacrime.
Era questo che lo aveva fregato.
Aveva cominciato a provare per lei un bizzarro sentimento di protezione, come se si fosse inconsciamente autoeletto suo protettore da tutti i mali del mondo; vederla piangere e tremare lo aveva stranamente agitato nel profondo, come se fosse una delle cose più brutte e ingiuste di questo mondo, mentre invece il suo sorriso un po’ insolente, la sua voce ora un po’ meno scontrosa, i suoi occhi illuminati dal divertimento, erano per lui ogni giorno delle esperienze sempre nuove ed emozionanti. Si sentiva orgoglioso ed appagato quando la vedeva serena, e questo stava cominciando a preoccuparlo.
Così si era trovato per la prima ad avere difficoltà ad andare a letto con una ragazza.
Vedeva quella donna bionda dallo sguardo da gatta e le labbra rosse come il fuoco, sdraiata seminuda e smaniosa sul letto, e non provava assolutamente niente; era solo capace di pensare ad Angela e a cosa probabilmente stava facendo, anche mentre le si sdraiava addosso, cercando di concentrarsi sul piacere e sul suo corpo… ma niente.
“Vorrei che ci fosse lei al suo posto” gli balenò nella mente all’improvviso, contro il suo permesso. E lo voleva così tanto da non riuscire a desiderare nessun’ altra.
Si mise seduto di scatto, portandosi la testa tra le mani.
La bionda seguì i suoi movimenti confusa, portando una mano sulla sua spalla. “Tutto bene Seth?”
Lui non rispose: si abbassò solo a rimettere le scarpe, silenziosamente smarrito nei suoi pensieri.
“Seth?”
“Sta zitta” disse brusco, alzandosi velocemente.
La ragazza si risentì e assunse un’espressione offesa. “Te ne vai così, senza soddisfarmi?”
“Mi dispiace, ma ho di meglio da fare” rispose recuperando la giacca buttata sul pavimento.
“Alle tre di notte?!” chiese lei scandalizzata e arrabbiata.
“Sì. E ti prego di non chiamarmi più”
Gli dava fastidio anche solo guardarla, così si diresse verso la porta con passo deciso.
“T-ti fa ribrezzo toccarmi?” lo fermò lei, con voce improvvisamente flebile ed insicura.
Seth sorrise di nascosto. “Non preoccuparti. Sono io quello che ha qualcosa che non va…” pronunciò alla fine, sbattendosi la porta alle spalle.
Era ormai un mese e mezzo che aveva conosciuto Angela.
Aveva cercato di considerarla alla stregua di tutte le altre, di vederla come una preda qualsiasi da conquistare, ma era solo un pretesto per continuare a vederla senza motivo, oltre che una scusa banale e stupida: perché lei non era mai stata così, non da quando l’aveva incontrata per la prima volta svenuta sotto la pioggia.
Non voleva rivelare ad Angela quel piccolo ricordo che si portava dentro perché avrebbe ammesso con sé stesso che vederla fragile, sola e spaurita quella volta gli aveva già ferito il cuore.
Rientrò in casa silenziosamente, attento a non fare alcun rumore per non svegliare Will e Penny; si infilò nella sua stanza, prese la chitarra elettrica staccata dall’ amplificatore, una sigaretta e cominciò a suonare. Prima a caso, pizzicando note senza pensarci veramente, ma poi le dita lo portarono a Return to serenity. “Un po’ deprimente” pensò, ma così nella penombra, ridotto a pensare ancora a lei, era l’unico modo per distrarsi da quei ricordi che cominciavano a diventare ossessivi.
***
Angela non avrebbe mai pensato che rivedere Seth dopo quella breve lontananza di due settimane l’avrebbe emozionata così tanto. Si sentiva tremendamente stupida per quell’ attrazione, quasi bisogno, che provava per lui e per tutto ciò che lo riguardasse.
Non aveva la minima intenzione di cedere alle cattiverie di Susanna e dei suoi compagni di classe: anche mentre l’ avevano spinta con forza per terra, Angela non si era sentita affatto fragile e impotente come le scorse volte.
Le avevano fatto male e i lividi che aveva sul braccio ne erano una testimonianza più che valida, ma per la prima volta era riuscita a non piangere a non urlare troppo: era rimasta in silenzio, aveva cercato di lottare, e l’aveva fatto solo per il dolce conforto che le dava il pensiero che quella sera avrebbe visto Seth ancora una volta.
Potevano picchiarla, deriderla, sporcarla, ma non avrebbero mai potuto far crollare la sua certezza di trovare sempre Seth ad aspettarla fuori dal Sacherbar.
Si atteggiava con distacco e parole a volte un po’ troppo acide, ma la verità era che quando stava con lui passava alcuni dei momenti più belli e spensierati degli ultimi anni e questo un po’ la spaventava; nonostante si ripetesse di non affezionarsi troppo, ormai era perfettamente consapevole che era troppo tardi per una ritirata perché, anche se quando era con lui si sentiva agitata e preoccupata, senza di lui soffriva.
Era in trappola. Non vedendolo, fra l’altro, non solo non stava meglio, ma addirittura lo idealizzava e finiva per desiderarlo ancora di più.
Non poteva più pensare a lui come una persona qualsiasi dopo quello che era successo la notte di due settimane fa: era due anni che non parlava così con qualcuno, e forse era la prima volta che riusciva ad aprirsi così tanto con un ragazzo appena conosciuto.
Gli era bastato un mese e qualche abbraccio per farle abbassare ogni scudo difensivo. Cos’aveva Seth per farla fidare così completamente e inconsciamente di lui? In cosa aveva sbagliato Angela nel tentativo di allontanarlo, cosa che di solito le riusciva così bene?
Comunque erano rimasti d’accordo che come al solito si sarebbero visti meglio la sera, subito dopo il turno di Angela al Sacherbar; così Angela era uscita dal locale velocemente, accennando solo un saluto alla Bauer, prima di affacciarsi sul lato opposto della strada per cercarlo.
Con sua grande sorpresa però non era solo: insieme a lui c’erano due ragazze e un altro ragazzo.
Conoscendo il suo stile di vita, in un primo momento Angela pensò subito che si fosse messo nei guai con una delle due, ma avvicinandosi notò sollevata che il tono della conversazione era leggero ed amichevole. Si sentì stupida a non averci mai pensato prima: Seth non era come lei, e probabilmente aveva molti amici…
Quando fu ormai vicina chiamò con una punta di impaccio il nome del ragazzo, che si girò verso la sua voce con un’ espressione tra lo scocciato e l’imbarazzato, salutandola con un gesto della mano.
Arrivata di fianco a lui, Seth la cinse per un fianco all’improvviso, facendola fremere. “Ragazzi, vi presento Angela” disse rivolto agli altri tre, con un tono di voce piatto e uno sguardo eloquente.
La ragazza più alta le porse una mano, sorridendo con gli occhi marroni attraverso una paio di occhiali senza montatura. “Piacere, io sono Sarah!”
Rispose al saluto ricambiando il sorriso, ma la sua attenzione fu tutta rubata dall’altra ragazza, che la guardava assorta come se fosse un tramonto bellissimo. Angela osservò subito con ammirazione il suo stile: aveva i capelli corti e biondi, con una ciocca nera per frangetta, e indossava un vestitino nero e verde scuro tutto pizzo, che sembrava troppo leggero per febbraio, ma che la faceva carinissima. La bionda, accortasi dell’espressione dubbiosa di Angela, esordì convinta con voce chiara, gli occhi azzurri luccicanti di emozione e le gote rosse, prendendole entrambe le mani. “Ah! Così sei tu la famosa Angela!”
“Famosa?” chiese stupita, ma la ragazza non ebbe neanche il tempo di rispondere che subito Seth intervenne chiudendole la bocca con la mano, mentre la teneva ferma per spalle con l’altro braccio. “Questa qui lasciala stare, Seiry parla sempre senza connettere il cervello! AHIA!” urlò alla fine Seth, in reazione al poderoso morso appena ricevuto sulla mano.
“Non è vero!” brontolò rivolgendosi all’altro ragazzo che le stava accanto “Diglielo tu, Ray!”
La prima impressione che Ray face ad Angela fu di un tipo inquietante: ancora più alto di Seth, con gli occhi marrone chiari chiari, aveva il viso coperto dal cappuccio della felpa nera, ma si notavano con chiarezza molti piercing su entrambe le sopracciglia e sull’orecchio destro; quando parlò, ad Angela sembrò di intravederne due anche sulla lingua.
La guardava con la stessa espressione di Seiry: silenzioso ed assorto, la studiava con attenzione come se fosse un nuovo giocattolo. Angela si presentò titubante, cercando di spezzare quell’atmosfera per lei ingombrante. “P-Piacere… sono Angela…”
“AH!” urlò lui, come svegliandosi da un sogno, facendo spaventare tutti i presenti; le prese la mano ed esclamò radioso: “Così sei tu la famosa Angela!”
La ragazza lo osservò a dir poco sconcertata, mentre Seth si dava uno schiaffo sulla fronte per la disperazione.
Quella sera quindi non furono solo Angela e Seth: al solito fast-food li accompagnarono anche gli altri, con enorme disappunto di Seth – che a dire il vero neanche lui sapeva motivare adeguatamente.
Seiry aveva preso il menù per bambini e ora giocava con Ray, che Angela aveva scoperto essere il suo ragazzo, con il pupazzino che vi aveva trovato in regalo; Sarah, che si era rifiutata categoricamente di prendere qualcosa, li guardava tutti un po’ schifata. “Ma come fate a mangiare quella roba? Chissà cosa c’è dentro…”
Seth fece spallucce, parlando con la bocca piena di pollo. “È un posto carino”
“Anche a me piace molto!” intervenne Seiry allegra, dopo una discussione animata con Ray sulle patatine fritte.
“Non riesco a capire come tu ed Angela veniate sempre qui a mangiare…” continuò Sarah, rivolgendo qualche sguardo timido ad Angela, che le rispose sorridendo: “Sono d’accordo con te. Pensa che la prima volta Seth l’ha spacciato per un ristorante carino!”
Seth sbuffò indignato “Non ci credo! Ancora con questa storia! Me la menerai per sempre vero?”
Angela annuì divertita, mentre Seiry interveniva nel discorso con l’emozione negli occhi.
“Dai Angela, direi che Seth si è fatto perdonare. In fondo è taaaaaaaaaaaanto tenero, no?” chiese con voce melensa.
“Eh?” rise Angela “Chi, Seth? Tenero? Ma se è un burino arrogante?!”
“Ehi, vacci piano almeno!” la rimproverò Seth offeso, dandole un colpetto alla testa con la lattina di Coca-Cola.
Seiry li guardò stupita. “Ma come, Angela? Seth non ti ancora det-”
Non fece in tempo a finire la frase perché Ray la fermò, tappandole la bocca con la mano e avvicinandosi al suo orecchio. “Seiry!” bisbigliò stando attento a non farsi sentire “Non sai che Seth non ne ha ancora avuto il coraggio?”
Appresa la situazione, la ragazza tornò ad osservare pensierosa Seth in completo silenzio, per poi alzarsi all’improvviso puntando il dito contro di lui.
“E TU OSI DEFINIRTI UOMO?!” urlò, facendo girare tutti i presenti e sprofondare gli amici nelle proprie sedie.
La serata trascorse piacevole e leggera, tra risate e discorsi stupidi che fecero sentire Angela rilassata e senza pensieri come non mai.
Finita la cena, uscirono dal locale per salutarsi e darsi appuntamento alla sera dopo con ancora maggior disappunto di Seth che, appena gli altri tre si furono allontanati, si sedette sfinito su una panchina di sasso nella piazzetta davanti al locale, accendendosi una sigaretta.
“Cosa voleva dire Seiry prima?” gli chiese Angela, sorridente.
“Ti ho detto che non devi ascoltare le sciocchezze di Seiry!” ribatté Seth agitato, sentendo il cuore battere più forte col rischio di arrossire.
La ragazza annuì un po’ delusa, ma non voleva insistere troppo: qualunque cosa fosse Seth gliel’avrebbe detta a suo tempo; come lui stava rispettando i suoi tempi, così lei doveva aspettare i suoi.
“Ah, vero!” esclamò Angela illuminandosi all’improvviso, ricordandosi una domanda che voleva porgergli da tutta la sera. “Seth, posso chiederti una cosa?” disse poi sottovoce, sedendosi di fianco a lui.
“Dimmi” rispose lui sovrappensiero, spirando fumo grigio dalle narici.
“Tu… conosci una certa Ruby?” Dopo quello che era successo voleva almeno sapere se davvero tra lui e Ruby ci fosse mai stato qualcosa.
Seth chiuse gli occhi pensieroso, come se stesse cercando di ricordare qualcosa di impossibile “Ruby… Ruby… mi dice qualcosa…”
La reazione di Seth la lasciò sorpresa: allora non si conoscevano? Magari come aveva dimenticato lei, aveva dimenticato Ruby. “Ehm, è una ragazza bionda coi capelli mossi… della mia età…”
Dopo una breve esitazione, il viso di Seth sembrò illuminarsi “Ah ecco! Sì, me la ricordo!”
Angela si intristì: di lei non si ricordava, ma di Ruby sì… Tuttavia cercò di sorridere imbarazzata, cercando le parole con cui esprimere la sua curiosità. “E… tra di voi… cosa c’è stato?”
“Niente, come con tutte le altre” rispose secco e distaccato.
“In che senso ‘come tutte le altre’?”
“Andiamo Angela. Come tutte le altre: qualche bella scopata e niente di più” pronunciò il moro, con una naturalezza e sincerità disarmanti, lasciando Angela basita.
Lei abbassò gli occhi, sentendosi a disagio. “Come… come fai a dire questo? Magari loro erano innamorate di te… e tu le ricordi a malapena”
Lui rise un poco, considerando sciocchezze le parole di Angela. “Lo sapevano benissimo come sarebbe andata con me. Anche loro lo volevano, non preoccuparti”
La ragazza non riusciva a credere che il discorso di Seth fosse vero; non voleva pensare che lui fosse così squallido e chinò il viso, rabbuiandosi. “Ma come puoi fare l’amore con qualcuno che non ami?”
Seth le rivolse uno sguardo serio e accigliato, prendendo un'altra boccata dalla sigaretta con tranquillità. “Detesto queste sentenze da adolescente alla prima cotta, sono idee senza alcun fondamento. Soprattutto se vengono da qualcuno che il sesso non l’ha ancora mai sperimentato, e che forse non è mai neanche stata baciata”
Appena sentita l’ultima parola del ragazzo, Angela alzò il viso di scatto, completamente rossa per la rabbia e la vergogna. “Ma cosa ne sai tu dell’amore?! Tu che cambi ragazza ogni giorno non puoi averlo mai provato!”
“Di certo non è come lo pensi tu!” ribatté lui, scaldandosi, mentre Angela si alzava in piedi nervosa.
“Hai ragione, sono ancora vergine e forse idealizzo ancora troppo i sentimenti. Ma forse è meglio come la penso io, no? Anche se non fosse vero, sarebbe sicuramente meglio! E comunque ho già baciato, tante volte!”
Si voltò senza aspettarsi una risposta e se ne andò camminando velocemente, senza curarsi degli sguardi curiosi dei passanti.
Come poteva Seth – il suo Seth – avere quest’opinione dell’amore?
Come riusciva ad amare ragazze di cui neanche sapeva il volto?
Magari la sua voce diventava bassa e roca e il suo sguardo più nero e profondo anche con loro; forse anche a loro diceva cose dolci abbracciandole, fingendo adorazione e sentimenti. Forse anche Angela per lui era “una di loro”.
Angela l’aveva pensato all’inizio, quando lui si era presentato al Sacherbar le prime volte. Poi però aveva cominciato a pensare che non fosse davvero così e che da lei cercasse qualcosa di più che del mero sesso: l’aveva ascoltata, le aveva asciugato le lacrime, avevano dormito abbracciati e non si era stufato di lei, non l’aveva obbligata a cose che non voleva. Era stato dolce, a volte un po’ provocante… ma mai squallido come era appena stato.
Al solo pensiero che tutto quello che aveva riconquistato grazie a Seth fosse solo una bugia lo stomaco le si torceva dandole la nausea.
Lo sapeva. Dannazione, l’aveva sempre saputo che non doveva affezionarsi troppo a lui, che non doveva idealizzarlo né assecondarlo; ma aveva ceduto alla sua debolezza, alla speranza di non essere più sola.
Arrivata a casa si gettò sul letto, buttando la borsa per terra senza preoccuparsi di rompere il cellulare all’interno.
Era uno stupido, ecco cosa, perché dopo appena cinque minuti il telefonino proclamava l’arrivo di un suo messaggio.
Ma ti sei sul serio arrabbiata così tanto?
Guardò con indifferenza lo schermo e digitò velocemente la risposta.
Sì, ma il perché non te lo dico. Non poteva certo dirgli che si era arrabbiata perché pensava di essere per lui una delle tante e perché era gelosa.
Angela scosse la testa, sconvolta: gelosa? Lei non era per niente invidiosa delle altre ragazze; anzi, meno era simile a loro, meglio era…
Era arrabbiata perché aveva avuto la conferma che Seth cambiava ragazza con la stessa frequenza e interesse con cui si cambiano le mutande, perché lei non voleva essere considerata così e perché lui considerava come spazzatura le donne con cui era stato. Ma chi si credeva di essere?
Allora almeno spiegami come posso farmi perdonare… Tra l’altro avevo già un regalino per te stasera, ma sei scappata senza dirmi nulla…
Ah, aveva tentato la tecnica del regalo…
Mi dispiace ma questi mezzi bassi non funzionano molto.
Il messaggio di Seth arrivò subito, lasciandola senza fiato.
Facciamo così: ora sono sotto casa tua; deciderai se perdonarmi o meno dopo avermi aperto la porta di casa tua ed aver visto il regalo.
Angela inarcò le labbra, indecisa su cosa fare: Seth era davanti a casa sua, si era preso la briga di venire da lei a farsi perdonare, e forse questo avrebbe dovuto bastarle per farle capire che lei non era una delle tante; tuttavia, c’era ancora qualcosa che la amareggiava, una sensazione sul fondo dello stomaco a cui però non riusciva a dare forma o spiegazione.
Alla fine decise che doveva dargli almeno un’opportunità, così andò alla porta e la aprì, trovandosi già davanti Seth e la sua espressione da cucciolo bastonato.
“Seth…?”
“Il portone del condominio era già aperto, così sono salito. Non ti ha dato fastidio vero?” chiese lui con eccessiva premura, facendo sorridere Angela di piacere: allora voleva proprio farsi perdonare…
“No, entra” gli disse alla fine, scostandosi per farlo entrare.
Quando Angela si girò dopo aver chiuso a chiave la porta, Seth gli stava già porgendo una scatolina di cartone rettangolare, non troppo grande; la prese in mano squadrando Seth, come rimproverandolo di usare certi trucchi antiquati e banali, ma poi la curiosità prese il sopravvento.
Mentre era intenta ad aprire il regalo, Seth parlò con un tono stranamente nervoso e impacciato. “Non è che l’ho cercato, eh. Ero in giro con Penny a fare delle commissioni, l’ho visto e mi sei venuta in mente tu”.
Angela lo guardò dubbiosa, incuriosita sia dal suo comportamento che dal contenuto della scatola; alla fine ne estrasse un quadretto di legno, che incorniciava una di quelle composizioni di fiori secchi sullo sfondo di carta azzurrina.
“Che fiori sono?” chiese lei, rapita dal biancore e dalla forma a campanella dei boccioli.
Seth abbassò lo sguardo a disagio, ed Angela poté giurare di aver notato un certo imbarazzo sul suo volto. “Bucaneve. Sulla cornice in basso c’è scritto il significato.”
La ragazza si accorse di una scritta incisa nel legno che prima non aveva notato e che recitava “Il simbolo della vita e della speranza”.
La tastò con il pollice come a volerla imprimere anche col tatto nella propria mente, osservando sognante uno dei regali più belli che finora avesse mai ricevuto; alzò il viso aperto in un sorriso incantato verso Seth, che ancora evitava di guardarla dritta negli occhi: sembrava fosse la prima volta che regalasse a una ragazza una cosa del genere, e Angela si scoprì felice nell’eventualità che fosse davvero così. “Seth è… meraviglioso” mormorò sospirando.
All’improvviso il moro alzò la testa, rivolgendole un sorriso allegro e raggiante che le annebbiò per un istante la mente. “Sono contento che ti piaccia!”
Angela andò ad appoggiare il quadretto in camera sua, sul comodino vicino al letto, e Seth la seguì senza dire niente; poi mentre Angela era intenta a sistemarlo le appoggiò le mani sui fianchi, avvicinandosi nell’affondare il viso tra i suoi capelli.
Angela si paralizzò all’istante, mentre Seth scandiva le parole con voce bassa. “Allora mi hai perdonato?”
La ragazza chiuse gli occhi: lui non si ricordava del loro primo incontro, quindi l’aveva cercata al Sacherbar con uno scopo ben preciso; ma ora non poteva – non riusciva -  più a pensare che i suoi intenti fossero ancora quelli.
Si girò tra le sue mani, portando i suoi occhi verdi scrutatori su quelli onice di Seth. “Io… cosa sono per te?”
Seth ebbe un sussulto. “In che senso?” domandò agitato.
“Io… sono come le altre? Una preda stupida e di scarsa importanza?”
Il moro tirò un sospiro di sollievo: per un attimo aveva temuto che Angela potesse tirare in gioco sentimenti che a lui non erano ancora molto chiari; sorrise, leggermente beffardo. “Era questo che temevi? Che io ti considerassi come le altre?”
Angela non rispose né si mosse: si limitò a studiare ancora più a fondo l’anima di Seth attraverso i suoi occhi, le parti per una volta invertite.
“Se ti può convincere, sappi che se ti avessi considerato una “preda stupida”, quando abbiamo dormito assieme non mi sarei mai limitato ad abbracciarti. Anzi, ti avrei fatto ben altro!”
Vide Angela trattenere a stento un sorriso. “Ok, non so se avere paura o se esserne compiaciuta”
Seth rimase pensieroso un attimo, sorridendo alla battuta di Angela: ce l’aveva fatta, l’atmosfera tra di loro era calata di tensione e lei l’aveva perdonato.
… Perdonato di cosa poi? Non le aveva fatto niente e lei si arrabbiava!
“Penso che dovresti esserne eccitata” rispose alla fine.
Angela scosse la testa ridendo. “Aahh, Seth! Non cambierai mai!”
Seth osservò le sue labbra muoversi al rallentatore, mentre un sorriso divertito la rendeva bellissima; senza riuscire a frenare gli impulsi, senza neanche chiedersi cosa stesse facendo e perché, mise le braccia attorno a lei e la avvolse stringendola a sé, respirando quel profumo che per due settimane aveva solo potuto ricordare.
La sentiva immobile e in atteggiamento difensivo , probabilmente sconvolta da quel gesto inaspettato, ma allo stesso tempo gli pareva piccola e fragile: un fuscello al vento, di cui lui si era autoeletto protettore senza un motivo preciso. Solo, sentiva che quella ragazza aveva bisogno, se non di lui in particolare, almeno di qualcuno accanto.
Ma all’improvviso sentì per la prima volta le mani di Angela ancorarsi alla sua schiena, tremanti e indecise; piano piano stava raggiungendo il suo cuore, poteva leggere ogni piccolo passo che compiva in più sul suo viso ogni volta che la guardava.
Forse tra le sue braccia il cuore di Angela batteva più forte sentendosi speciale, non come quelle che lei chiamava “le altre”. Il punto è che anche non volendolo, Angela era sempre stata speciale, fin dal primo momento; e oltretutto lei si ostinava a pensare che ci fossero nella vita di Seth due mondi divisi – lei e queste fantomatiche “altre” – senza sapere che nell’ultimo periodo ormai Seth non era riuscito più a stare con nessuna.
Invece di arrabbiarsi con lui per futilità avrebbe dovuto essere più che felice di come era riuscita a fregarlo, in quel modo che Seth ancora doveva comprendere; l’aveva fregato talmente tanto che lui era disposto pure a farsi perdonare per colpe mai avute.
“Scusami Seth, mi sono arrabbiata senza un vero motivo” disse lei all’improvviso, appoggiata al suo petto “Ma le tue parole mi hanno dato fastidio. Non pensavo proprio che potessi avere certe opinioni”
Lui sorrise dolcemente, aumentando un poco la stretta attorno alle sue spalle. “Magari tu riuscirai a farmi cambiare idea”
Quando si rese conto di ciò che aveva detto ormai era troppo tardi: Angela si era staccata da lui, studiandolo confusa e tesa dal basso del suo metro e sessanta.
Seth si portò una mano alla bocca, sconvolto anche lui per ciò che aveva appena pronunciato: come gli era saltato in mente di dire una cosa del genere? Ma soprattutto perché l’aveva fatto?
Andavano bene le frecciatine erotiche, ma qua si andava ben oltre, invischiandosi in quei sentimenti che temeva prima. Ma che sentimenti poi?
Tornando serio chinò il capo, interrompendo il contatto con gli occhi di Angela. “Scusa, non so perché l’ho detto. Dimentica tutto. Ora… è tardi, è meglio che vada”
Seth si stava voltando per dirigersi verso la porta quando sentì una debole forza trattenerlo per la manica della felpa; si girò di scatto verso la ragazza, che stava davanti a lui con lo sguardo basso e il volto paonazzo.
“E se… se rimanessi qua… ancora una volta? Se io volessi dormire con te ancora una volta?”
 
 
 
 
Note poco serie
Buongiorno!!! Come promesso, ecco il settimo capitolo!
Il prossimo arriverà, come avevo già detto, domenica prossima, cioè il 6! :D


Questo capitolo è uno dei miei preferiti perché… una parola: Seiry!
Credo sia il mio personaggio preferito in tutte le mie storie – forse solo Reila di Soundless può contendere quel posto con lei! Spero che piaccia anche a voi… ho intenzione di renderla meglio di come era in Snowdrops I!
Detto questo… ringrazio come al solito tutti voi che leggete, commentate, preferite ecc… grazie mille!
 
Piccola anticipazione: il titolo, che sarà… Morning kiss!
 
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It’s now or neveer again: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=535282&i=1
Perchè ti sogno troppo: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=663506&i=1
 
Alla prossima!!
Liz
 
 
 

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Capitolo 8
*** Morning kiss ***



8. Morning kiss

“E se… se rimanessi qua… ancora una volta? Se io volessi dormire con te ancora una volta?”
Il moro la squadrò stupefatto, senza sapere cosa pensare: lo stava invitando a dormire o era una risposta alla frase idiota di poco prima?
Fosse stata qualcun’altra non avrebbe avuto dubbi sul come interpretare le sue parole, ma con Angela non si poteva mai sapere. Merda, ma quanto si stava rammollendo?
“Cosa vuoi dire Angela?”
Lei alzò velocemente il viso, rivelandogli due occhi luccicanti e imploranti.
Non voleva svelargli ciò che sentiva davvero, era troppo stupido: semplicemente non voleva svegliarsi ancora da sola la mattina, non voleva fare colazione in silenzio, uscire di casa senza salutare nessuno, senza aver sfogato le preoccupazioni quotidiane a qualcuno. Quando lui era rimasto a dormire la scorsa volta… era stato così bello! Le aveva ricordato quando ancora aveva una famiglia.
“Rispondimi solo sì o no” gli disse alla fine.
Seth annuì serio, decidendo che come al solito neanche chiedere direttamente con Angela funzionava, e lei gli sorrise leggermente, nascondendo l’eccessiva allegria che stava soppiantando l’imbarazzo della richiesta.
Quando tornò in camera con addosso il pigiama, Seth le sollevò le lenzuola, scostandosi su un fianco per farla accomodare bene tra le sue braccia; la percepì tremare, interpretando i brividi come reazione per il letto freddo, senza immaginare che in realtà erano derivati dal leggero dolore che le davano i lividi sulle braccia schiacciati contro il materasso.
“Hai freddo?” le mormorò vicino al viso, con voce calda.
Angela lo guardò un attimo, per poi chinare il viso rosso per l’imbarazzo. “No…”
Ma come se avesse detto di sì, Seth la strinse ancora di più, sentendola aderire al suo corpo in modo perfetto; le mani della ragazza erano appoggiate al suo petto come a tenere le distanze, ma le sue gambe erano attorcigliate alle sue in modo parecchio intimo.
“Seth… io posso dirti tutto?”
La domanda improvvisa lo sorprese: evidentemente quella era la giornata delle richieste strane.
“Certo”
“Se io ammetto di volerti bene… tu non te ne andrai mai, vero?”
Seth spalancò gli occhi, incontrando quelli di Angela.
In quel momento, come un lampo, capì cosa aveva di strano quella ragazza che gli aveva ispirato tanta protezione: evidentemente, dopo la morte dei suoi genitori, era regredita a uno stato emotivo quasi infantile, sempre in cerca di sicurezze e di legami stabili, che avrebbero saputo guidarla e far crescere. Sì, doveva essere per forza per quello che Seth non riusciva a trattarla come le altre ragazze.
L’essere rimasta sola per due anni aveva reso la sua mente pari a quella di una bambina che cercava continuamente l’amore dei suoi genitori, senza chiedersi né come né perché, ma semplicemente sentendone il bisogno necessario per poter andare avanti.
Era questo che voleva da lui? Un affetto quasi paterno, incondizionato e totale?
Le passò una mano sul viso, sfiorandone la pelle bianca col dorso delle dita; il suo sguardo assorto nella contemplazione del suo viso fece palpitare più velocemente il cuore di Angela, già in perenne stato di tensione per la situazione creatasi.
“Tu non mi devi niente, Angela. Se hai voglia di dirmelo fallo pure, ma che tu lo faccia o no, io da qui non me ne vado”
Le labbra della ragazza si distesero in un sorriso rilassato sotto i suoi polpastrelli, mandandogli degli strani brividi freschi lungo le mani. “Grazie” bisbigliò lei, sollevata: quella domanda le era uscita senza la possibilità fermarla, come un fiume in piena.
Tuttavia Seth le sembrò sospirare turbato: avrebbe voluto chiedergli cosa avesse, ma aveva paura di essere lei la causa dei suoi pensieri.
“Davvero pensi che stasera te la caverai così?” pronunciò poi lui all’improvviso, facendola sobbalzare.
Oh andiamo, lui era un ragazzo nel fiore dei suoi anni e aveva tra le braccia la ragazza che gli piaceva: davvero era supposto che non facesse niente, che dormisse ancora una volta tranquillo senza nemmeno tentare?
Angela era ingenua, ma di certo non stupida. Dormire assieme la volta prima era dipeso un po’ dalle circostanze, ma stavolta che motivo aveva per non voler stare da sola? Seth doveva almeno provarci o sarebbe esploso. Quel caldo improvviso che lo avvolse fastidioso era colpa della ragazza, del suo stringersi a lui dolcemente come si abbraccia un orsacchiotto di peluche; si sentiva stupido come un ragazzino con gli ormoni in rivolta, per colpa delle sue mani fredde sulla sua schiena, dell’aderire del suo seno.
No, questo Angela se l’era proprio cercato.
Così in un attimo, con un gesto veloce e improvviso, Seth la prese per i fianchi e la fece girare sotto di sé, in modo da poterla sovrastare e guardarla negli occhi verdi che lo fissavano a dir poco perplessi.
“Seth, ma che…”
Ma prima di riuscire a finire la frase il moro si chinò su di lei, baciandole la fronte mentre affondava le mani tra i suoi capelli per averla come creta tra le sue dita.
“Seth…” ripetè lei, sembre più agitata e tesa.
Quando si sollevò da lei Seth le rivolse un tenero sorriso, stando ben attento però a tenerla ferma sotto di lui. “Se tu non l’avessi capito Angela, io sono un ragazzo. Non puoi abbracciarmi e parlarmi così e pretendere che io mi comporti come un fratello”
Era deciso a portare a termine almeno qualcosa quella sera: lei era lì, calda e morbida sotto di lui… come poteva resisterle?
Il suo sguardo smarrito però lo fermò un attimo, bloccandogli i bollenti spiriti: non gli piacevano per niente quegli occhi, perché significavano che lo scudo di Angela stava tornando a separarli. Quando lo guardava così si sentiva come uno sconosciuto che si era permesso una confidenza di troppo e per questo veniva giudicato strano e pericoloso.
Tanto bastò a calmarlo, deluso e amareggiato, e farlo cadere di peso sul letto, volgendo la schiena ad Angela, sempre più confusa.
“Seth?” lo chiamò lei con voce rotta, appoggiandogli una mano sulla spalla; lui non le rispose, incapace di guardare in faccia la sua sconfitta, ma trattenne il fiato quando la sentì distendersi ed accovacciarsi contro il suo dorso.
“Lo so perfettamente che tu sei un semplice ragazzo. Per questo ho così paura che tu te ne vada via da me…” gli sussurrò arrossendo, con voce flautata. “… Perché non ho nessuna garanzia di essere amata da te”.
Seth sentì una morsa alla base dello stomaco che lo costrinse a girarsi, una sorta di senso di colpa per averla fatta sentire così.
Era impossibile, ormai non si riconosceva più: come poteva lui lasciarsi condizionare così da una ragazzina e poi sentirsi anche in errore? Ma ormai stava cominciando a capire che quando era con Angela doveva dimenticarsi tutto ciò che era sempre stato, tutto ciò che aveva sempre provato.
Quando la ebbe davanti, rossa in viso e accovacciata come una bambina, non riuscì a trattenere una flebile risata.  “Spiegami perché sei dolce e tenera solo quando siamo nello stesso letto…”
Angela sorrise rilassata, guardandolo negli occhi con quell’espressione un po’ assorta che a Seth piaceva fin troppo. “Non saprei. Forse al buio e al calduccio non mi fai più molta paura!”
“Ma senti questa…!” rise Seth, abbracciandola con slancio. Chinò la testa per annusare il profumo dei suoi capelli, sui quali poi lasciò una breve carezza.
“Ora dormi, signorina cameriera” le mormorò accarezzandola, mentre la ragazza chiudeva gli occhi per lasciarsi cullare dal profumo e dal caldo inebrianti del ragazzo.
“Smettila di chiamarmi così” biascicò già nel mondo dei sogni.
Appena si fu addormentata Seth sospirò affranto, ripetendosi quanto si stava rammollendo.
Com’era possibile che ogni cambiamento d’umore di questa ragazza lo condizionasse così tanto? Chi era lei per aver ridotto il suo cervello e il suo orgoglio in poltiglia?
Avrebbe dovuto andarsene non appena lei l’aveva rifiutato, ma non l’aveva fatto perché sapeva benissimo che avrebbe rimpianto amaramente una notte passata accanto a lei. Doveva fare qualcosa e per quanto non avesse la minima idea su come evitarlo, non poteva permettersi di – per carità – innamorarsi.
Perché era quello ciò che Angela gli stava facendo.
***
Non c’è risveglio migliore che aprire gli occhi e trovare qualcuno accanto, magari già sveglio da un po’, che ti accarezza dolcemente la nuca perso nei pensieri del primo mattino.
Prima di accorgersi che si fosse svegliata, Angela poté osservare per qualche secondo Seth e sentirsi in un imbarazzo enorme per la situazione a cui aveva subito collegato il volto appena sveglio di Seth accanto al suo.
Se qualcuno li avesse visti avrebbe sicuramente pensato che fossero una coppia che aveva passato la notte assieme, e non solamente dormendo.
Ma questi pensieri così nuovi per una come Angela vennero completamente rimpiazzati dal sorriso di Seth che, accortosi che si era svegliata, si era girato verso di lei interrompendo le carezze. Neanche Angela fosse il suo animaletto…
“Buongiorno” bisbigliò con voce impastata, probabilmente anche lui era sveglio da poco.
“C-ciao…” balbettò lei, arrossendo vistosamente. Ma che diamine, anche se era sveglia da sì e no due minuti era già capace di raggiungere il colorito di un pomodoro…
“Hai dormito bene?”
Angela annuì sorridendo, felice che fosse davvero così. Ormai aveva appurato che era la presenza calda e confortante del ragazzo a cacciare via i brutti ricordi e gli incubi; e ora che lo sapeva, sarebbe stato sempre più difficile dormire da sola in quella casa vuota e silenziosa.
“Mi hai sognato per caso?” ghignò Seth, alzando il viso della ragazza verso il suo con entrambe le mani. Angela stava per rispondere indignata quando il trillo fastidioso e metallico della sveglia si insinuò tra di loro.
Mentre si muoveva nel letto per spegnere il marchingegno, sfiorò coi piedi le gambe del ragazzo che ebbe un sussulto.
“Che piedini freddi, signorina…” osservò Seth, afferrandola per la vita con entrambe le mani e riportandola di peso tre le sue braccia: vi mancava da due secondi e già si sentiva vuoto.
Angela sorrise impacciata, borbottando “Scusa…”
“E di cosa? Dai, mettimeli tre le gambe, te li scaldo io” Seth si spostò un attimo per permetterle il movimento mentre lo ringraziava, approfittandone però per portare il suo viso sempre più vicino a quello della ragazza.
“Sembra proprio che tu abbia trovato un baby-sitter perfetto, no?”
“Mmm… non saprei. Non darti troppe arie, sei ancora in prova…” disse Angela, fingendo un tono severo.
Seth sorrise guardandola negli occhi e mozzandole il respiro. “Ma se ti scaldo pure le zampette gelate?”
“Devi ancora perfezionare i metodi! E magari devo pure pagarti?”
“Ovvio! Ho passato una nottata con te avvinghiata come un koala” non che gli fosse dispiaciuto, ma questo non poteva dirglielo.
“E sentiamo, cosa vuoi come compenso? Soldi non te li do di certo!” rise lei, ricambiando senza accorgersi la sua stretta e allacciando le mani sulla sua schiena; resasi conto del suo gesto spalancò gli occhi agitata, trovando quelli di Seth a fissarla profondi e cupi.
Si fissarono a lungo col fiato sospeso, ben sapendo quello che stava per succedere, ma senza che nessuno dei due avesse il coraggio di pronunciare le fatidiche parole: una tacita conversazione che ebbe fine quando all’improvviso la voce calda e sussurrata di Seth ruppe il silenzio, avvolgendo il cuore di Angela fino a quasi impadronirsene.
“Un bacio. Un bacio è tutto ciò che ti chiedo.”
 
Angela trattenne il fiato e sentì le guance diventare porpora, mentre gli occhi di Seth la immobilizzavano ancora. Era impossibile che stesse scherzando, non con quello sguardo serio e penetrante, che le stava piano piano sciogliendo l’anima e che sembrava pretendere una risposta affermativa.
Perché le aveva fatto una richiesta del genere?
“Allora?”
Sussultò al suono roco della sua voce, col cuore a mille e le mani sudate di freddo.
Non c’era dubbio sul fatto che Seth fosse un ragazzo decisamente affascinante e provocante, ma cos’avrebbe significato il bacio che gli avrebbe dato?
Sarebbero rimasti amici, non sarebbe cambiato nulla… vero?
Un bacio… cosa poteva essere? Doveva vederlo come un modo per ringraziarlo di tutto: al posto dei soliti biscotti gli avrebbe dato un bacio.
Vedendo la ragazza così in panico, Seth chiuse gli occhi ed arricciò le labbra, chinando la testa. “Ho capito” pronunciò secco, nascondendo la delusione.
“Va bene” disse lei all’improvviso, con un’insolita determinazione e Seth spalancò gli occhi, stupefatto. Angela non osava guardarlo mentre diceva “P-però tu devi stare immobile” e lui si sentiva particolarmente agitato. Davvero aveva accettato?
Sotto il suo sguardo ancora sconvolto Angela si mise sdraiata sopra di lui, appoggiando le braccia ai lati delle sua testa: era a dir poco paonazza e tremava, trattenendosi con le labbra serrate.
Seth non riusciva a crederci; rise d’istinto e le prese entrambe le mani, sollevandola mentre si sistemava seduto sotto di lei. Esaminò con cura il suo viso, cercando di capirne ogni emozione, e poi scese sulla pelle nivea del collo, giù fino a…
Rise a voce alta, fissando le pecorelle rosa cucite sul pigiamone bianco di flanella, mentre posava le mani sui suoi fianchi, inconsciamente alzando il tessuto spesso della maglia. “Ehi! Col buio non avevo mica notato questo bel pigiamino!”
Angela ebbe un sussulto, diventando se possibile ancora più rossa. “C-Cosa? E-e poi ti avevo detto di stare fermo!”
“Nono signorina cameriera! Una volta che hai detto sì non puoi tornare indietro…” pronunciò con voce sempre più bassa, sporgendosi in avanti verso il suo collo; la teneva stretta con entrambe le braccia, allacciate sotto la felpa attorno alla sua vita.
Le lasciò un bacio umido sulla pelle tesa, assaporandola lentamente, mentre apriva le mani a palmo per sentire la consistenza serica delle sue spalle e si accendeva un poco nel constatare l’assenza di reggiseno.
“T-ti avevo detto che ti davo un bacio solo se… solo se stavi fermo” ansimò Angela, allontanandolo a fatica.
 “Uff! Ok…” Seth sbuffò lasciandosi cadere a peso morto sul letto, mentre la ragazza si chinava nuovamente su di lui, aggiustandosi i capelli dietro le spalle che ancora bruciavano per il tocco vellutato delle sue dita.
Lentamente, molto lentamente, Angela stava portando i loro visi sempre più vicini, ancora indecisa su cosa fosse meglio fare ma sentendosi ormai completamente persa tra le sue iridi buie e il suo respiro caldo che le sfiorava la pelle.
Portò le mani sulle sue guancie, assaporando la ruvidezza della barba leggera e stirando la pelle coi pollici; Seth mugugnò impaziente facendo scappare ad Angela un sorriso, fino a quando non appoggiò le labbra sulle sue con calma, come avesse paura di rompere quel sottile equilibrio che si era creato tra di loro.
Le fece aderire cauta perfettamente, godendo del suo sospiro al contatto appena avvenuto, e scoprendo come fossero morbide e piene, dolci e allo stesso tempo forti.
Perché era tutto così dannatamente facile con lui?
Scherzare, parlare, confidargli i suoi segreti più profondi, toccarlo, persino baciarlo: non temeva nulla di tutto ciò. Quando era con lui Angela non aveva più il controllo di sé stessa; quando erano vicini, il potere sul suo corpo, sul suo cuore, apparteneva a Seth, come se fosse… innamorata.
Ma come era possibile? Aveva bandito quel sentimento dal suo cuore! Molto meglio dei legami semplici e di poco spessore, che quando si spezzano meritano a malapena una lacrima.
Ma ormai era ben consapevole che il suo legame con Seth era andato ben oltre questa soglia di almeno qualche decina di chilometri, e quel bacio ne era la testimonianza.
Stava sbagliando, forse. Oh, ma a chi importava alla fine?
Come poteva riuscire a ragionare così immersa nel suo calore e nel suo profumo, sentendo il suo corpo solido tendersi e rilassarsi nell’assecondare le carezze delle sue labbra?
Seth la strinse forte incrociando le braccia sulla sua testa e azzardò un movimento delle loro bocche che la fece fremere d’emozione.
Piano piano, un passo alla volta, ponderando ogni azione per non rischiare di farla fuggire via: era dalla prima volta in cui le aveva parlato che voleva baciarla ed ora che finalmente c’era riuscito gli sembrava impossibile.
A lui, che era abituato a far ben altro con le donne! Eppure quel contatto gli pareva così puro ed innocente… ma forse perché era con Angela che stava avvenendo.
Con quella ragazza che voleva essere scontrosa ed orgogliosa ma alla prima occasione gli chiedeva di non lasciarla mai, con colei che gli faceva battere il cuore come poche volte era successo in ventuno anni di vita.
Ogni tentativo di resisterle era ormai crollato, opponendo ben poca resistenza: come doveva comportarsi ora?
Stranamente – anche se il desiderio era tanto – non riusciva a voler andare fino in fondo: gli sarebbe bastato benissimo continuare a baciarla ed allungare i secondi in cui poteva gustare il suo sapore dolce e umido. Si sentiva eccitato come se fosse stata la prima volta che avesse avuto quel genere di vicinanza.
Si rincorrevano, si assaporavano e si scoprivano come se fosse un gioco in cui nessuno dei due voleva perdere; si separarono alla fine spossati e ancora più agitati di prima, senza smettere di guardarsi negli occhi, in una sfida costante nel vedere quale sarebbe stata la prossima mossa dell’altro.
“Ora ci credi che ho già dato il mio primo bacio?” disse Angela, senza accennare a staccarsi dal corpo di Seth, che annuì ridendo. “Mmm… sì direi di sì, ma non ne sono molto sicuro. Forse se me ne dai un altro posso capirlo meglio…”
La ragazza fece finta di indignarsi, mascherando il leggero sfarfallio nello stomaco. “Mi dispiace, l’accordo esplicava chiaramente un bacio soltanto!”
“Non è affatto giusto…” replicò lui, mettendo il broncio mentre Angela si alzava cercando le ciabatte perse sotto il letto.
“Non lamentarti e muoviti, o farò tardi…”
Seth la fissò pensieroso, appoggiandosi su un fianco senza lasciar trasparire la minima intenzione di uscire dalle coperte “E se oggi ti rapissi dalla scuola?”
Angela alzò il viso verso il suo con gli occhi sgranati. “Sei serio?”
“Ahaha, cosa c’è? Non dirmi che non hai mai fatto sega a scuola, signorina cameriera!” chiese il moro incredulo, squadrandola con interesse e facendola arrossire violentemente.
“Che… certo che no! Io sono una persona seria a differenza di qualcuno!”
Seth sghignazzò profondamente divertito dalla reazione di Angela; poi allungò la mano a cercare la sua, trovandola fredda e tremante: si era proprio offesa!
“Allora… vuol dire che c’è sempre una prima volta!”
Angela imprecò sottovoce, distogliendo il viso da quello del moro, che continuò a parlare mettendosi seduto. “Dai! Ti porterò a mangiare le brioches più buone della città e poi al parco, che la mattina è sempre deserto e tranquillo! E se fa freddo andremo in giro per il centro…”
“E va bene…” biascicò alla fine la ragazza, trattenendo il sorriso che stava nascendo sul suo viso al solo sentire le parole di Seth, che le lasciò andare la mano osservandola con un’allegria contagiosa.
“Allora ti lascio preparare con calma…” le disse prima di uscire dalla stanza.
Angela rimase immobile ad osservare la porta che aveva appena chiuso, chiedendosi cosa fossero tutte quelle emozioni che la stavano travolgendo.
Un’intera mattinata con lui a parlare e ridere, a discutere di cose idiote come di massime esistenziali. Una giornata al suo fianco, senza sentire mai la mancanza dei suoi lineamenti o del tono della sua voce, assuefatta dal suo profumo… Era talmente bello da sembrarle impossibile.
Che tutto questo stesse capitando proprio a lei le faceva esplodere il cuore in mille coriandoli, facendole girare la testa: si dovette sedere per contenere la propria gioia.
Si preannunciava una giornata memorabile, di quelle che ti ricordi per tanto tempo col sorriso sulle labbra, magari rievocate da una semplice canzone.
Con una frenesia che non le apparteneva Angela aprì l’armadio per scegliere i vestiti più adatti, trovandosi però davanti un immenso nulla: voleva essere carina per Seth, ma i vestiti che aveva davanti le sembravano vecchi e inadatti, grigi e noiosi.
Effettivamente negli ultimi due anni non aveva avuto molta voglia di andare a fare shopping, quando proprio le serviva qualcosa la sceglieva a caso tra il meno peggio… e un armadio praticamente vuoto era il risultato di questa negligenza.
Alla fine scelse dei normali jeans chiari a vita bassa e un maglione blu di lana grossa, ideale per quelle giornate ancora fredde di metà febbraio. Dispose i capi sul letto mentre si toglieva un po’ a malincuore il pigiamone di flanella e si infilava il reggiseno, quando all’improvviso Seth aprì la porta.
“Angela dove tieni il…” la domanda del ragazzo morì a metà non appena Seth si rese conto di avere davanti Angela in reggiseno.
“Ah… I-io credevo che ormai avessi finito…” balbettò arrossendo un poco, senza togliere gli occhi da lei che stava lentamente assumendo un colore tendente al bordeaux.
Seth si schiarì la voce e richiuse la porta velocemente, annegando nell’imbarazzo: come gli era saltato in mente un gesto così stupido? Poteva almeno bussare prima di entrare, no?!
Oh, ma almeno aveva visto qualcosa di davvero interessante… Come pensava, Angela doveva avere una terza, anche se non molto abbondante e… all’improvviso Seth spalancò gli occhi, chiedendosi se avesse visto bene.
Aprì la porta ed entrò nella stanza, raggiungendo Angela con passo veloce e deciso.
“SETH! Ma che diavolo stai facendo!?” urlò lei coprendosi rapidamente col maglione, ma il moro non le rispose; le prese il braccio con forza, in modo da farle rivelare il suo corpo, e guardò la pelle della ragazza che presentava lividi violacei un po’ dappertutto e dei tagli ancora arrossati sull’avambraccio. Sì, purtroppo prima aveva visto bene.
La sentì tremare e la scrutò disorientato. “Angela… ma che significa…?”
Vide i suoi occhi riempirsi di lacrime e scostarsi dai suoi, trasparendo agitazione e… paura. Eccolo di nuovo il muro di Angela, venuto per tenerlo estraneo alla sua vita: ma un conto erano le avances un po’ troppo spinte, un altro quei segni così orrendi da annebbiargli la mente.
“Ti ho fatto una domanda” la esortò ancora, alzando la voce mentre sentiva montare la rabbia.
Angela chiuse gli occhi e con una mossa improvvisa riuscì a liberarsi dalla stretta del moro. “Non sono affari tuoi! Vattene!” gridò a testa bassa, incapace di guardarlo, ma il successivo silenzio di Seth la costrinse a farlo: la stava fissando con la fronte contratta e i pungi serrati, in un’ espressione scocciata piena di amarezza che la fece sprofondare.
“Come vuoi” pronunciò lui con voce dura, dirigendosi verso l’uscita con passo spedito.
“…No…” sussurrò Angela, sentendosi improvvisamente vuota e gelida.
“E allora non comportarti sempre come una cazzo di bambina. Pensavo fosse chiaro che io sono qui per te, ma evidentemente non sono ancora abbastanza degno dei tuoi segreti” esplose lui, mantenendo un tono basso ma tradendosi con le mani tremanti di rancore “Ed io, di implorarti per una risposta, non ne ho la minima voglia. Ciao”
Dopo pochi secondi Angela sentì la porta di casa sbattere violentemente, coprendo il rumore del suo cuore che si spezzava ancora una volta.
Ed ogni volta faceva sempre molto, molto più male.
 
 
 
 
Note poco serie
Salve! Come state?
Vi prego risollevatemi il morale ç_ç da domani infatti ricominciano i corsi e addio vita ._. tornare tutti i giorni alle 7 di sera… ma chi me lo fa fare!
Comunque.
Sono felice che Seiry piaccia anche a voi >.<
Il prossimo capitolo è ancora a metà, o meglio: ci sono l’inizio e la fine, ma c’è quel pezzo a metà che mi crea problemi. Spero che nelle prossime due settimane questo si risolva per il meglio… sì, perché dal prossimo capitolo la cadenza tornerà ogni due settimane, sempre di domenica, ovviamente perché il tempo per scrivere sarà davvero poco. Detto questo, spero che questo capitolo vi piaccia.
Angela e Seth si baciano, ma ci terrei a precisare che ancora non si amano. Sono sulla giusta via per esserlo, ma ancora no. Quel bacio significa poco o niente per entrambi… era più che altro uno sfizio da togliersi, anche se da dire così è brutto. Lo spirito è forte, ma la carne è dobole, non ci sono più le mezze stagioni e sotto la panza la mazza avanza. Scusate la volgarità, ma è il proverbio del giorno… lasciamo stare, così vi ho dato un’impressione ancora peggiore.
E appena fatta la pace… una nuova lite! Stavolta è Angela ad aver agito “male”: Seth ha fatto di tutto per farla aprire e lei lo caccia via. Lui si sente tradito, ecco. È deluso.
Ma lo vedrete tra due settimane!
 
Piccola anticipazione: “Lo aveva ferito e deluso, lo sapeva e voleva farsi perdonare, ma il suo comportamento era altrettanto sbagliato!
“Ma cos’ aveva stasera Seth?” domandò Sarah sconcertata.”
 

http://twitter.com/LizEFP
 
Alla prossima!!
Liz
 

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Capitolo 9
*** You can be the one ***


È passato più di un anno dall’ultimo capito, per cui faccio un breve e scarno scarno riassunto per farvi riambientare un attimo: Angela ha perso i genitori due anni fa e da allora vive sola, isolata anche dai compagni di scuola, capeggiati da Susanna, invidiosa di lei.

Un giorno entra nella sua vita Seth e, dopo una resistenza iniziale, cominciano a diventare amici ecc… Nello scorso capitolo si scambiano anche un bacio.

Ma quando lui vede sul suo corpo i lividi lasciati dai maltrattamenti dei suoi compagni e le chiede spiegazioni, lei si chiude a riccio e lo allontana, facendolo arrabbiare seriamente.

A ENORMI e MASTODONTICHE linee ci eravamo lasciati qui =) spero che qualcuno abbia ancora a cuore tale storia e continui a leggerla.

Fatemi sapere che ne pensate <3



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9. You can be the one

Angela passò la mattina – quella che aveva immaginato sarebbe stata una delle più delle sua vita – in uno stato catatonico, racchiusa sotto il piumone come una crisalide in attesa di guarire.

Le sembrava impossibile, un fatto orrendo e agghiacciante, che quegli occhi neri che l’avevano sempre avvolta con calore e sentimento potessero guardarla con tale freddezza e inespressività.

Quello di prima non era il suo Seth: era uno che si era arreso con lei, come chiunque altro. Lo sapeva, l’ aveva sempre saputo che sarebbe finita così, che l’avrebbe alla fine abbandonata ancora più sola e triste di prima.

… No. Non era colpa di Seth ma sua, perché l’aveva ferito tradendo la sua fiducia: l’aveva sempre ascoltata e aspettata, cercando di capirla e di rispettarla, e lei come lo ripaga? Mandandolo a quel paese.

Ma cos’altro poteva fare? Era successo tutto talmente velocemente da farle girare la testa!

Non era ancora pronta per aprirsi completamente a lui: la morte dei suoi genitori era la ferita più profonda, ma non l’unica; c’erano almeno altre tre ossa rotte cicatrizzate nel modo sbagliato che le infettavano l’anima, rendendola scontrosa.

Chissà come si era preoccupato Seth vedendola coperta di tagli e lividi… Stavolta aveva sbagliato lei, doveva ammetterlo, e non sapeva come fare per rimediare alla situazione.

Si alzò verso mezzogiorno giusto per mangiare qualcosa, riuscendo ad arrivare intontita e traballante fino alla cucina: mandò giù a fatica un misero pezzo di pane, quindi si convinse che cucinare un pranzo decente sarebbe stato inutile. Tornò in camera, con l’intenzione di rintanarsi nel letto ancora un po’ senza pensare a nulla, ma l’occhio masochistico le cadde sul quadretto regalatole dal ragazzo la sera prima: il biancore del bucaneve la fissava in modo fastidioso, ricordandole la fantastica serata passata accanto a lui, quando pensava che sarebbe stato bello vivere così per sempre. I suoi abbracci, le sue mani, le sue labbra: ogni bel ricordo si stava già trasformando in sentimenti dolorosi.

Le tornarono alla mente le parole di Seth: “Magari tu riuscirai a farmi cambiare idea”. L’avevano fatta palpitare così tanto da farle mancare il fiato. Chissà cosa voleva dire Seth?

Prese tra le dita il piccolo regalo e lo strinse con forza, sospirando tremante.

Non andartene, ti prego. Non abbandonarmi anche tu!

***

L’unica speranza per Angela era che quella sera Seth si presentasse come al solito al Sacherbar, ma più il tempo passava più questa si affievoliva.

Ma anche supposto che Seth fosse venuto, non avrebbe saputo come comportarsi e questo da un lato le faceva desiderare di non vederlo, almeno fino a quando non avesse avuto le idee più chiare.

Stavolta l’aveva davvero ferito. Come poteva fare per farsi perdonare?

Così per tutto il pomeriggio Angela fu con la testa tra le nuvole; confondeva gli ordini, sbagliava a dare il resto a conto pagato, aveva pure fatto cadere due tazzine di caffè.

Risultato: morale sempre più a terra e Bauer sempre più incavolata nera, tanto che verso le sette di sera quest’ultima la spedì a casa intimandole di riposarsi e di non ripresentarsi mai più in quelle condizioni.

Angela annuì affranta e andò a cambiarsi, trovando dentro lo spogliatoio la sua collega Nadia, pronta anche lei per andare a casa.

“Cos’hai oggi Angy?” chiese quest’ultima, riferendosi al disastro lavorativo della giornata.

“Nulla…”

“Sicura? Oggi il tuo pretendente non s’è fatto vedere… avete litigato?” domandò Nadia, intuendo subito il nocciolo della questione.

Angela si sedette sospirando, sentendo il cuore pesante. “Sì… cioè… è stata tutta colpa mia. Ho fatto una cosa che lo ha deluso molto, e ora non so come farmi perdonare”

Nadia la ascoltò sorpresa un attimo dalla naturalezza con cui Angela si era confidata con lei: nonostante si conoscessero ormai da mesi e avessero quasi tutti i turni in comune, Angela non le aveva mai chiesto consiglio per nulla.

“Mmm… bè, noi donne abbiamo molti modi per farci perdonare” la rassicurò, felice che Angela si fosse fidata di lei.

“Per esempio?” le chiese l’altra, con voce disperata.

“Non saprei… regalagli qualcosa che gli piace, o qualcosa che sapete solo voi due. Per fargli vedere che pensi a lui e ci tieni alla vostra relazione”

Qualcosa dentro Angela si mosse in risposta alle parole di Nadia, che se ne andò salutandola con un sorriso.

Qualcosa che gli piace.

Che cosa piaceva a Seth? Che musica ascoltava, che libri gli piacevano, che sport lo appassionava?

Angela non lo sapeva, non ne aveva la minima idea.

Si conoscevano da un po’, si parlavano quasi tutti i giorni ma erano sempre o punzecchiamenti o confidenze della ragazza. Ora che ci pensava, Seth non le aveva mai parlato molto di sé e lei non se ne era mai accorta, persa com’era nella felicità di avere qualcuno accanto che la ascoltasse.

Era così presa che si era dimenticata che Seth aveva una vita oltre a lei: per questo era rimasta sorpresa nel conoscere Ray, Seiry e Sarah, perché non si era mia posta il problema che Seth potesse avere altri amici.

Fino a quel momento Seth si era limitato ad ascoltarla, ad abbracciarla, a farla ridere senza imporre la sua presenza e lei come l’aveva premiato? L’aveva cacciato di casa.

Era tutta colpa sua, avrebbe dovuto essere meno egoista fin da subito senza pretendere sempre, ma anche concedendo a Seth qualche piccola vittoria.

Lo aveva baciato… forse solo per questo.

Uscì di corsa dal locale, col cuore a mille nella speranza di vederlo, e così fu: Seth era davanti al locale, in compagnia di Seiry e Sarah.

Le due ragazze la salutarono allegramente con i soliti convenevoli, mentre il moro si limitò a guardarla senza dire nulla.

“Ciao Seth…” mormorò ansiosa.

“Vogliamo andare?” tagliò corto lui, muovendosi lontano da lei.

Non c’era dubbio che Seth fosse a dir poco adirato con lei. Angela chinò il capo e lo seguì in silenzio, mentre Seiry e Sarah si guardarono confuse.

***
“E allora Ray si è gettato in mezzo alla strada, senza temere la morte! Ha preso il bambino tra le sue braccia e con un salto l’ha protetto col suo corpo, finendo per rompersi una gamba. Ma più del dolore era grande la gioia nel vedere il bambino riabbracciare la sua mamma in lacrime… fu così che Ray entrò nei loro cuori, come colui che aveva salvato il piccolo dall’essere investito da un camion!”

“… Ma è tutto vero, Seiry? Cioè, Ray ha davvero fatto tutto questo?” domandò Angela in preda alla commozione.

“Certo che…”

“No” si intromise Seth, interrompendo Seiry dall’ennesimo discorso in lode al suo ragazzo.

“In verità Ray si è slogato una caviglia cadendo dalle scale di casa sua mentre andava a buttare la spazzatura. Deve stare a riposo per qualche giorno, ecco perché non è venuto stasera” chiarì Sarah, bevendo con attenzione il proprio succo di frutta.

“Ah” commentò Angela, delusa.

“Bè, ma questo non lo rende meno figo, no?!” piagnucolò Seiry.

“Non preoccuparti, Seiry, gli vogliamo bene lo stesso anche se non ha salvato nessuno!” la tranquillizzò Sarah, accarezzandole la testa.

Angela sorrise intenerita. “Mi dispiace per lui! Quando lo vedi digli che lo saluto”

Alle sue parole Seiry si illuminò subito, tornando a sorridere contenta. “Oh sicuramente sarà felice! Tu e Seth siete diventati il nostro argomento preferito!”

All’improvviso però Seth batté un pugno sul tavolo, facendo saltare tutte e tre le ragazze per aria; fissava il vuoto con le labbra serrate e la fronte corrugata, e Angela non faticò a capire quale fosse il suo problema: era davvero così arrabbiato con lei da non sopportare di essere messo nella stessa frase?

In un primo momento si rifiutò di credere che potesse essere davvero così, ma quando lui disse “Me ne vado” e senza aggiungere altro si alzò dal tavolo, un senso di profondo smarrimento si insinuò dentro il cuore della ragazza. Era davvero finito tutto così, per una stupida litigata?

Lo aveva ferito e deluso, lo sapeva e voleva farsi perdonare, ma il suo comportamento era altrettanto sbagliato!

“Ma cos’ aveva stasera Seth?” domandò Sarah sconcertata.

“Mah, probabilmente avrà le sue cose!” le rispose Seiry, giocando con la cannuccia della sua Coca-Cola “Lascialo stare, vedrai che gli passerà”.

Dopo lunghi istanti di esitazione Angela decise: si alzò e senza dire nulla seguì Seth fuori dal locale, nell’aria fredda di inizio marzo.

“Seth! Aspetta” lo chiamò a gran voce, cercandolo tra le persone e lo scorse poco più avanti; lui si fermò, girandosi verso di lei, che lo raggiunse correndo.

“Perché ti comporti così?” gli chiese, con una nota di tristezza nella voce.

Il moro sbuffò, sorridendo ironico. “Pensavo ti fosse chiaro”

Angela si risentì molto per le sue parole: lui non aveva la minima intenzione di riparare alla situazione.

Se era così allora non aveva più motivo di scusarsi con lui.

“Se sei venuto solo per comportarti così e farmi arrabbiare, allora potevi benissimo non farti neanche vedere” sbottò stringendo i pugni per la rabbia.

“Come vuoi” rispose lui con indifferenza, sfidandola mentre la guardava negli occhi “Non verrò più a prenderti dopo il lavoro”

“Bene”

“Perfetto”

“Ottimo, anzi”

Lo osservò darle la schiena a fare qualche passo, prima di tornare col cuore pesante di risentimento da Seiry e Sarah, che la aspettavano curiose.

“Angela ma… è successo qualcosa?” le chiese subito Sarah, preoccupata.

Angela deviò il suo sguardo e rispose schiva. “Abbiamo litigato”

“Ed è colpa di Seth?”

“No… cioè, ora è anche colpa sua perché mi ha trattata così”

Come poteva averla trattata così male? Come potevano quegli occhi essere in grado di guardarla così? Quello non era il suo Seth e lei non aveva più la minima intenzione di scusarsi con una persona così antipatica e scorretta.

Sarah e Seiry si osservarono sorridendo, con sguardo d’intesa. La prima le prese una mano, attirando la sua attenzione.

“Forse devi solo far sbollire la rabbia, che ne dici? Domani se ti va possiamo fare un’uscita tra donne… sai, per svariarsi un po’ via”

Angela la guardò allibita. Un’uscita… tra donne?

Intendeva andare per negozi, fermarsi a prendere una cioccolata,  chiacchierare di ogni cosa? Un’uscita… come tra amiche?

Esitò un attimo, sentendo il cuore battere all’impazzata; alla fine annuì, chinando il viso completamente arrossito.

***

Si diedero appuntamento il giorno dopo nel pomeriggio, nella piazza principale della città, ma per tutta la mattina Angela fu talmente impaziente ed agitata da arrivare sul luogo una buona mezz’ora prima.

“Ehi Angela!”

Sentendo urlare il proprio nome, la ragazza si voltò verso Seiry, che la stava raggiungendo sorridente. “Sei qui da molto?”

Scosse il capo mentre anche Sarah arrivava correndo da dietro Seiry.

 “Allora… ehm… dove si va?” chiese Angela titubante.

“Andiamo dove vuoi tu, Angy! Oggi siamo qui per non farti più pensare a quel brutto cattivone di un Seth!” esclamò Seiry prendendola sottobraccio.

“Coome?? No no, io non ho un posto preciso dove voglio andare… va bene tutto…”

“Eddai, avrai un negozio preferito, no?”

Alle parole di Seiry, Angela tentò di ricordarsi dove andava di solito a fare shopping quando sua madre era ancora viva. “Sì c’è… non mi ricordo bene il nome… quel negozio di scarpe vicino alla stazione! Quello con l’insegna azzurra… ci vado spesso!”

Le due ragazze la guardarono sorprese e Angela cominciò a pensare di aver fatto una gaffe. Fu Sarah a confermare la sua ipotesi. “Sì, quel negozio era molto bello e famoso, me lo ricordo anche io, ma… ha chiuso almeno un anno fa…”

Angela arrossì, morendo dalla voglia di sprofondare nel cemento: come avrebbe fatto a spiegare loro che era da due anni che non andava a fare shopping in modo decente?

“Ehm… d-davvero…? Che peccato…” balbettò, senza avere la minima idea di come giustificarsi.

Diamine, perché era così difficile parlare con qualcuno? Ma era sempre stato così complicato, anche prima della morte dei suoi genitori?!

“Tranquilla Angela!” intervenne Seiry, scambiando il suo disagio per eccessiva timidezza “Che ne dici se ci limitiamo a una passeggiata ed entriamo nei negozi che ci ispirano?”

Angela osservò quei due occhioni azzurri luccicanti e assentì col capo, non potendo fare a meno di ringraziare la sensibilità di quella ragazza.

Non aveva mai parlato davvero con Seiry o Sarah, non senza la presenza di Seth a catalizzare i discorsi e a calmarla un attimo: l’idea di trovarsi sola con loro o con Ray la spaventava un attimo, dato che negli ultimi due anni si era completamente dimenticata come si porta avanti un rapporto umano normale.

Pensava con estremo sconforto ai tempi in cui passava dei pomeriggi spensierati con le amiche e si chiedeva come faceva a comportarsi in modo così libero e spontaneo, senza temere alcun giudizio. Ne sarebbe stata ancora in grado?

Non voleva per niente al mondo che qualcuno oltre a Seth sapesse della sua famiglia, perché non voleva essere giudicata ed etichettata solo in base a ciò: e purtroppo la morte di entrambi i genitori è un fatto che la gente, con ipocrisia o meno, fa davvero fatica a non vederti stampato addosso. Per questo temeva di lasciarsi andare in presenza degli amici di Seth, per non lasciarsi sfuggire delle frasi inopportune.

Tuttavia, mentre passeggiava con Sarah e Seiry parlando del più e del meno, si stupì di come in realtà fosse facile stare con loro e parlare senza dover per forza calibrare ogni parola: conoscere la vita di altre persone che scorrevano parallele alla sua le liberava la mente calmandole i nervi; capire che la serenità esisteva comunque, da qualche parte, vicino a lei.

Scoprì che Sarah era compagna di università di Seth e che lui a lezione si faceva vedere molto poco spesso – “Che strano!” commentò sarcastica – e che quindi lei era praticamente la sua schiavetta passa-appunti. Seiry invece le raccontò di essere commessa in un negozio di animali e volontaria in un canile.

“Guarda Angie! Quel vestito secondo ti starebbe benissimo!” urlò all’improvviso quest’ultima, indicando un vestitino nero a fiori esposto in una vetrina.

“Vero! Non costa neanche troppo, guarda!” continuò Sarah, mentre la trascinavano dentro il negozio.

Come aveva potuto Angela avere paura di una sensazione così bella? Come aveva potuto scordarla?

Avere amici era una cosa talmente naturale, come respirare! E dimenticarsi come si respira è impossibile…

Appena uscita dal negozio, carica di almeno due sacchetti, Angela si sentì sopraffatta da quello che le stava succedendo: era finalmente possibile per lei tornare ad avere una gioventù normale?

“Ehi, va tutto bene?” le chiese Sarah preoccupata, notando il suo sguardo assente.

“Ah! Sì certo, non potrei stare meglio!” la rassicurò immediatamente, arrossendo “Vi devo confessare che era davvero tantissimo tempo che non stavo così bene…”

“MMM Angie sei troppo carina!” esplose Seiry abbracciandola con forza “Quello scemo di Seth è proprio stupido!”

Angela le sorrise titubante. Giusto, Seth… anche questa nuova serenità era merito suo.

Quanto si odiava Angela per aver generato quella situazione con lui! Ma anche se aveva cominciato a ritornare alla vita, per lei era ancora troppo affidarsi a qualcuno del tutto e incondizionatamente, anche se quel qualcuno era Seth.

Provò un brivido alla bocca dello stomaco quando un subdolo pensiero si insinuò nella sua mente: e se Seth non avesse la minima voglia di aspettarla?

Scacciò subito una tale idea, convincendosi che ormai anche lui aveva capito come stavano le cose e che quindi avrebbe già dovuto abbandonarla da un pezzo ormai.

A distrarla totalmente dai suoi pensieri intervenne ancora una volta Seiry, che le indicava sorniona l’entrata di un noto negozio di intimo.

Angela si pietrificò dall’imbarazzo quando capì le sue intenzioni. “C-che…? No, non mi serve nessun completino nuovo!” balbettò rossa come un pomodoro, ma nulla potè contro la determinazione della biondina.

“Uuuh! Con questo addosso, anche Seth in persona non esiterebbe a chiederti scusa in eterno!” commentò la tentennante uscita di Angela dal camerino, con indosso un completino rosa con ricami di pizzo bianco e molto, fin troppo per i suoi gusti, rivelatore.

“Non vedo perché devo essere solo io ad impegnarmi per mettere a posto le cose! Anche lui ha torto!” si risentì lei, rientrando nel camerino.

Ok, lei aveva sbagliato ad allontanarlo così in malo modo, però anche lui poteva comportarsi meglio e almeno cercare di sistemare la situazione.

Avrebbe chiesto scusa, certo, ma solo se anche lui l’avesse fatto.

Seiry sbuffò, sistemandosi i capelli dietro l’orecchio. “Santo cielo, siete proprio due zucconi orgogliosi! Volete fare la pace? Allora uno di voi deve mettere da parte quello stupido orgoglio e farlo! E dimmi che quel completino lo compri, ti prego!”

Angela rise e le confermò l’acquisto, senza però riuscire a scacciare l’inquietudine.

Uscite dal negozio decisero di andare a prendere una cioccolata calda, per rinforzarsi dal freddo di inizio marzo.

Quando si furono sedute al tavolo e arrivarono le ordinazioni, Angela si decise a fare una domanda che le frullava in testa da un po’. “Ma Seth è davvero così orgoglioso?” chiese con disinvoltura,  tentando di mascherare il suo interesse eccessivo.

Sarah ridacchiò incredula mentre Seiry le batteva una mano sulla spalla. “Fidati Angela, lo conosco dai tempi del liceo e non l’ho mai visto chiedere scusa spontaneamente!”

Angela rimase colpita: conoscendo il ragazzo, non le era difficile credere alle loro parole ma ripensando a tutto il loro rapporto doveva ammettere che Seth si era scusato con lei parecchie volte, anche in situazioni dove non era necessario.

“Mmm… strano, con me si scusa spesso…” commentò sovrappensiero, provocando sui volti di Seiry e Sarah due sguardi a dir poco sconvolti.

“Cavolo, è proprio cotto…” mormorò Sarah, bevendo un sorso dalla tazza bollente e per poco Angela non si strozzò con la cioccolata.

Seiry le sorrise, prendendole la mano e guardandola negli occhi: la ragazza si sentì come se le stesse leggendo dentro, capendo la sua anima nei minimi dettagli e scoprendo ogni angolo della sua vita, ma ciò non le diede fastidio. Non sapeva perché ma fin da subito aveva provato per Seiry una strana simpatia, o meglio, sintonia: in qualche modo a lei sconosciuto, trovava i suoi comportamenti del tutto famigliari e rassicuranti. “Ho capito che per te una tale idea è inconcepibile” esordì la bionda con tono dolce “però non puoi negare l’attaccamento di Seth nei tuoi confronti. Non so cosa tu abbia fatto o cosa lui abbia combinato ma sono sicura che se si è comportato così o non voleva o l’ha fatto per il tuo bene. Credimi quando ti dico di non averlo mai visto così, né sentito parlare di qualcuno come di te.”

Angela chinò la testa sotto il peso del discorso: Seth le era affezionato come lei lo era di lui…? Era davvero così?
E si erano addirittura… baciati.

Solo in quel momento Angela capì l’errore che aveva fatto concedendogli quella piccola vittoria: un bacio segnava quel confine tra amici e qualcosa di più e non avrebbe mai dovuto permettere al loro rapporto di uscire anche solo per quel breve momento dai confini che aveva stabilito con fermezza.

Probabilmente le reazioni esagerate da parte di entrambi erano dovute alle emozioni derivate dal quel bacio…

“Lui… parla spesso di me?” domandò ancora a capo chino.

“Non è che dice molte cose su di te, non dice ciò che pensa di te. Però… parli con lui, e almeno una volta nel discorso pronuncia il tuo nome. Non parla di te… però è come se ti pensasse sempre. Sono convinta che lui ancora non se ne renda conto, quindi… chiedi scusa anche per lui, metti da parte l’orgoglio. Fallo per lui”

Angela cominciò a sentire gli occhi bruciare per le lacrime, ma non doveva piangere, non così e non lì. Inghiotti il groppo che aveva in gola e strinse la mano di Seiry: aveva dovuto sentirlo da un’altra persona per capirlo davvero.

Como al solito era stata la solita stupida insensibile, egoista e ingenua.

Avendo fatto l’abitudine a non avere nessuno accanto, ora che qualcuno si era affacciato alla sua vita si era fatta trascinare subito, comportandosi come una bambina troppo viziata. Seth le aveva teso una mano, lei non aveva preso solo il braccio: lo aveva fagocitato completamente, usandolo come mezzo per risollevarsi e ignorando completamente i suoi sentimenti.

Seth ricambiava il suo affetto e, nonostante fosse la cosa che più voleva al mondo, non se ne era accorta, presa com’era da quell’improvvisa felicità.

Doveva scusarsi e doveva farlo subito.

“Sapete dove posso trovarlo?” disse alla fine, alzando il viso verso quello sollevato di Seiry.

***

Arrivò trafelata all’indirizzo datole da Seiry, fermandosi davanti a una piccola villetta illuminata solo al piano terra. Esitò un attimo prima di suonare il citofono, pentendosi di non essersi fatte domande del genere: sarà in casa? Darò fastidio? Vorrà vedermi?

Una voce metallica di donna la risvegliò dai suoi timori, chiedendole chi fosse.

“Ah… s-sono Angela, un’amica di Seth… è in casa?” spiegò titubante, sentendosi una stupida.

“Un’amica di Seth?” ripeté la voce, sorpresa, senza dire più nulla. Poi all’improvviso la porta di casa si aprì, rivelando una ragazza che la lasciò senza fiato: era alta, snella e sotto la tuta da casa di intuiva un fisico mozzafiato; il viso aveva dei lineamenti delicati, leggermente appuntiti, e due labbra scure e piene, contornato da capelli neri lunghi e lisci… ma furono gli occhi quelli che la colpirono di più, identici a quelli di Seth: neri e profondi, dal taglio inconsueto ma magnetico.

Era bellissima.

No… la parola giusta per definirla era sexy.

Angela si riprese dalla sorpresa e arrossì. “Mi scusi per il disturbo, ma… ecco, dovrei urgentemente parlare con Seth!” affermò con decisione.

La ragazza la guardò confusa per un attimo, aprendosi alla fine in un sorriso gentile. “Prego, entra pure!” disse aprendole il cancello. “Io sono Penelope, la sorella di Seth!” continuò quando Angela la raggiunse.

“Ah sì! Seth mi ha parlato di lei e anche di Will…”

La mora alzò un sopracciglio, apparendo sempre più perplessa. “Lui… cosa?”

Ma Angela non fece in tempo a rispondere perché la sua attenzione fu tutta rubata dal bambino che comparve all’improvviso da dietro Penelope: era… un Seth in miniatura! Gli stessi capelli, lo stesso viso, persino lo stesso sguardo irriverente – anche se ora leggermente intimorito.

Provò l’istinto irrefrenabile di abbracciarlo e coccolarlo e si trattenne a stento, limitandosi a sorridergli con dolcezza; la guardò sospettoso, indeciso se fidarsi o no. “Sei un’amica del fratellone?”

Angela annuì emozionata, facendosi sempre più violenza per non saltargli addosso.

Il piccolo si impensierì un attimo, corrugando la fronte sommerso dai pensieri; alla fine arricciò le labbra e disse “Allora va bene”, spostandosi dalla porta per farla entrare.

Lo ringraziò estasiata ed entrò chiedendo permesso.

“Seth è in camera sua. Secondo piano, la prima stanza sulla sinistra. Ah, che maleducata che sono: vuoi qualcosa da bere o da mangiare?” disse Penelope, facendo arrossire Angela.

“No, sto bene così grazie. Allora… vado, grazie mille”

Penelope la osservò salire le scale, piena di pensieri. “Ma guarda un po’!” disse infine sorridendo, raggiungendo Will che correva in cucina.

Trovandosi davanti la porta della stanza di Seth chiusa, Angela non poté fare a meno di sentirsi profondamente a disagio. Cosa avrebbe fatto se lui non avesse accettato le sue scuse? Sarebbe stata capace di ricominciare da capo, ancora una volta? Probabilmente no.

Sospirò concentrando le forze, pensando che nella bisogna per forza mettersi in gioco: vivere in quella situazione era anche peggio, a ben pensare.

Bussò titubante, sussultando nel sentire la voce di Seth gridare: “Avanti!”

Girò la maniglia trattenendo il fiato, tentando di anticipare le emozioni che l’avrebbero travolta nel rivederlo.

Tuttavia, la sua espressione sorpresa e leggermente confusa, i suoi lineamenti illuminati solo dalla lampada sulla scrivania e quel cerchietto usato per tenere i capelli lontani dalla fronte durante lo studio furono molto di più di quello che potesse gestire.

“A-Angela?” pronunciò incredulo, togliendosi celere l’ornamento dai capelli e alzandosi in piedi. “Che ci fai qui?” chiese poi più composto, tentando di recuperare la sua aria seria e distaccata.

La vide esitare e torturarsi le mani, come ogni volta che era agitata e in imbarazzo; chiuse la porta e gli si avvicinò di qualche passo, senza osare incrociare il suo sguardo.

“Io… volevo chiederti scusa” esordì col viso chino. “Non avrei mai dovuto trattarti così, e non solo l’altro giorno. Sempre.”

Seth la guardò accigliato, facendola sentire una stupida. Era davvero così strano quello che stava dicendo?

Prese un bel sospiro e si fece coraggio per trovare le parole. “N-non ho mai considerato i tuoi sentimenti… o i tuoi pensieri. Non so nemmeno cosa ti piaccia! Sono sempre stata io a scaricare le mie parole su di te, mentre tu non ti sei mai confidato, non ti sei mai lasciato andare, perché non ne hai mai avuto l’occasione. È tutta colpa mia, per aver permesso ciò. Scusa!”

L’ascoltò in silenzio, col cuore che martellava nel petto. “Non è così. Non è colpa tua” le rispose avvicinandosi lentamente.

“Sono io che ho voluto ciò perché… credo di essere semplicemente riservato. Non sono abituato a parlare di tutto ciò che mi riguarda”

Angela scosse la testa, sempre più nervosa. “No, Seth… non prenderti anche le mie colpe”

“Non lo sto facendo, Angela, perché non è questo che mi ha fatto arrabbiare”

La ragazza alzò confusa il viso verso il suo, trovandolo serio e contratto: non l’aveva mai visto così…

“Perché non riesci ancora a fidarti di me, Angela? Cosa devo fare per farti sentire bene?” le mormorò facendole tremare le gambe.

Scosse la testa tremando, appoggiando le mani sul suo petto per tenerlo lontano. “Lo so, Seth, ma è così difficile. Non è che io non mi fido: ho paura di essere compatita e giudicata. Io mi fido di te, ma…”

“Come?” la interruppe lui divertito, confondendola ancora di più. “Tu hai paura del mio giudizio?”

“Ho paura che tu rimanga con me solo perché ti faccio pena” precisò leggermente stizzita, studiando i suoi occhi incuriositi.

Le sorrise, riempiendole il cuore. “Puoi dirmi tutto ciò che vuoi, Angela. Tanto tu non mi deluderai mai”

All’improvviso Angela capì, mentre le mani di Seth le avvolgevano i fianchi.

Come aveva potuto trattarlo così?

Lui le aveva dato talmente tanto e lei gli voleva così bene! Considerò anche di dirgli tutto quello che ancora lui non sapeva, pensando che se fosse stato lui a compartirla allora sarebbe andato bene.

Quanto era stata stupida! Pensava che per risollevarsi e stare meglio sarebbe bastato avere qualcuno accanto e che chiunque sarebbe andato bene.

Ma si sbagliava.

No, non andava bene “chiunque”: era Seth quello che voleva accanto e sentì che solo standogli vicina, diventandogli amica, sarebbe potuta finalmente cambiare e lasciarsi tutti i brutti ricordi dietro le spalle.

Non voleva dimenticarli, non avrebbe mai potuto farlo: voleva solo riuscire a non pensarci ogni giorno, ogni azione, ogni parola. Non voleva più che la sua vita si limitasse alla morte dei suoi genitori, ma che si allargasse anche a lui e al suo sorriso.

Sei miliardi di persone al mondo; sei miliardi di anime. E qualche volta te ne basta una sola.

“Scusami Seth” gli sorrise debolmente, guardandolo negli occhi scuri. “Ci sono cose che ancora non ti ho detto e non è perché non mi fido… solamente, è troppo presto. Non ne sono ancora in grado”

Lui le rivolse uno sguardo serio ma comprensivo, contornato da una nota di dolcezza.

Era andato tutto bene, ma… non era ancora finita.

“Seth, prima di tornare come prima c’è un’altra cosa che voglio chiarire con te” pronunciò con decisione, sostenendo i suoi occhi indagatori.

“Dimmi”

Si schiarì la voce, cercando di calmarsi un attimo, ma fu inutile: quello che stava per dire era così imbarazzante…

“Quel… il bacio di ieri. Non è che me ne penta, solo… non aveva alcun significato, giusto? Era un bacio… amichevole… non comporta nulla. Sei d’accordo?”

Alzò il viso verso Seth, cercando di capire la sua reazione: lui la fissava impassibile e immobile, con la bocca leggermente contratta, come se cercasse di contenere chissà che pensieri.

“… Sì” disse con voce spezzata alla fine, protendendo le braccia attorno al corpo di Angela fino ad avvolgerla in un abbraccio.

Sprofondò nel suo profumo dolce e già così famigliare, fremendo al contatto col suo corpo morbido ma fragile. Cosa gli stava succedendo? Perché si sentiva sempre così esposto e debole davanti a questa ragazza? Che fosse… per carità!... innamorato? Davvero?

“Angela…” sussurrò con la gola secca “… posso… posso darti un ultimo bacio amichevole?”

Pur cogliendo l’ironia e la sottile insoddisfazione delle sue parole Angela annuì dopo un attimo di smarrimento, chiudendo gli occhi.

Più che un bacio, fu una carezza data con le labbra: fugace e superficiale, eppure le fece tremare le gambe più del loro primo bacio.

Forse perché sapeva che sarebbe stato l’ultimo, e che non avrebbe mai potuto più riavere il viso di Seth sul suo.

Cominciò a pensare che forse l’altra mattina non l’aveva baciato solo per riconoscenza; forse stava nascendo dentro lei qualcosa di più profondo, più simile all’amore.

Questo pensiero cominciò ad agitarla: e se fosse stato davvero così?

No, non poteva… non doveva essere così.

“Non allontanarmi, non mandarmi più via. Non lo sopporterei. Io voglio che tu ti fidi di me” mormorò il ragazzo, guardandola negli occhi.

Angela annuì, abbandonando l’inquietudine e tornò a immergersi nel suo abbraccio, stringendo le mani sulla sua schiena.

Pensava che non sarebbe stata più in grado di fidarsi di nessuno, pensava di avere imparato la lezione, di avere capito come sono fatte le persone; ma non sapeva che arriverà sempre qualcuno per cui vale la pena fidarsi, qualcuno che non conoscevi nemmeno, di cui non sapevi nemmeno l’esistenza: una persona che saprà capirti anche solo da uno sguardo, da un respiro diverso, dal modo in cui ti tocchi i capelli…

 

 

 

Note poco serie

Coff coff…

Mh-mmm… yuhuuuu… c’è nessuno…?

:P

Penso sia inutile porvi le mie scuse (anche le più sentite) perché un ritardo di più di un anno è v e r g o g n o s o.

A mia discolpa posso solo dirvi che è stato un periodo decisamente intenso, pieno di cambiamenti importanti che mi hanno decisamente cambiato la vita e monopolizzato la mente.

Io spero solo di ritrovarvi ancora e di poter ricevere ancora il vostro affetto – del tutto immeritato.

Detto ciò… capitolo abbastanza lungo, che sistema le carte in gioco e “stabilizza” – ma sarà davvero così? – le carte in gioco.

Mi rendo conto solo ora di quanto mi mancava scrivere di questi due tontoloni <3

Prossimo aggiornamento: tra due settimane, credo. Purtroppo il nuovo capitolo è a quota zero parole, del resto ho appena ricominciato e devo ricarburare da capo :P

Da domani dovrei però avere qualche tempo libero (il prossimo esame è il 28 maggio e hai vogliaaaaaaaa *.*) che spenderò volentieri a scrivere.

Per il momento…

 

… Alla prossima!!

Liz

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