Breakeven.

di Rufus
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** Author's Room #1 ***
Capitolo 13: *** Author's Room #2 ***
Capitolo 14: *** Author's Room #3 ***
Capitolo 15: *** 1 bis ***
Capitolo 16: *** 2 bis ***
Capitolo 17: *** 3 bis ***
Capitolo 18: *** 4 bis ***



Capitolo 1
*** 1 ***


“Buongiorno tesoro, sono quasi le 7”

Controvoglia mi giro su un fianco nascondendomi dalla luce che esce dalla finestra.

“Non vorrai fare tardi in ufficio”

Un improvviso gelo ai piedi mi sveglia più di quanto non vorrei, qualcuno mi ha appena rubato il piumone.

“Ma che fai? E dai, lasciami dormire ancora un po’” dico cercando di riprendermelo. Non ho aperto gli occhi, sono ancora incollati dal sonno ma sono sicura che lui sia già vestito e profumato, con la ventiquattrore in mano e pronto a salire in macchina.

“Ti aspetto giù per fare colazione. Muoviti che il caffè si fredda”

Caffè? Ecco una buona scusa per alzarsi. Quest'uomo sa come prendermi. 

Mi trascino fuori dal letto fino in bagno mentre lo sento canticchiare allegramente dalla cucina. Odio chi è di buon umore la mattina presto.

“Tom, ti prego stai zitto” borbotto mentre mi siede accanto a lui, soltanto quindici minuti dopo.

“Che ho fatto?” farfuglia addentando un pezzo di fetta biscottata impregnata di burro e marmellata.

“Ti prego, lo sai che è un momento difficile la mattina. Almeno fino al secondo caffè” 

Lui sorride, si alza e mi da un bacio in fronte che profuma di albicocca.

“Ti amo, ci vediamo stasera. Probabilmente farò un po’ tardi”

“Ma come? Oggi è il nostro anniversario. Volevo andare fuori a cena”

“Vediamo dai. Scappo che devo incontrare un nuovo cliente”

Vediamo, come se non sapessi che ' vediamo ' con lui vuol dire no. Resto lì a fissarlo mentre si infila il giubbotto e afferra le chiavi della macchina, poi si gira, mi manda un bacio e se ne va.

 

Un’ora e mezza più tardi sono seduta nel mio ufficio e fissare il parco che si vede dalla finestra mordicchiando il tappo della mia penna.

“Amanda, a che ora c’è l’incontro con Roger?” chiedo nell’interfono alla mia segretaria ma come risposta ho solo un tonfo gracchiante.

“Amanda? Tutto bene?”

Silenzio assoluto. Perfetto, l’interfono si è rotta un’altra volta.

La raggiungo alla sua scrivania trovandola indaffarata con alcuni ordini di cancelleria.

“Lo stramaledetto interfono non funziona ancora, chiama i tecnici e digliene quattro Amanda!”

“Oh buongiorno Keeky. Come hai detto, l’interfono? Oh certo lo faccio subito”

“Bene, comunque volevo sapere a che ora arriva Roger oggi. Mi sono dimenticata di segnarlo in agenda”

“Hem, fammi controllare…alle 10!” dice smanettando al computer per qualche secondo.

Mi lascio sfuggire un “Che palle”, forse un po’ troppo convinto a giudicare dall’espressione imbarazzata di Amanda.

“Scusami, è che oggi sono un po’ nervosa”

“Problemi con Tom?”

Infondo Amanda è anche un amica oltre che una segretaria, posso permettermi quattro chiacchiere con lei.

“Si. Come al solito. Oggi volevo passare la serata con lui ma sembra che abbia molto da lavorare e quindi si passa anche questa volta”

“Pensi che si stia allontanando da te?”

“Non lo so, infondo stiamo insieme da ormai 5 anni, è normale che le cose diventino quasi un’abitudine però mi sento distante da lui in questo periodo. Insomma, lo amo ancora, è solo diverso credo.”

“Vedrai che è solo un periodo difficile, state lavorando duramente entrambi, siete solo stanchi”

Già, a proposito di lavorare, meglio che finisca il progetto per la Global Science prima che arrivi il capo e mi trovi a chiacchierare invece di portare a termine i compiti che mi assegna.

Torno nel mio ufficio  e dopo nemmeno una decina di minuti la mia porta si apre sbattendo contro il muro e mi trovo l’imponente figura di Roger davanti. Possibile che siano già le dieci?

“Buongiorno capo. È arrivato prima del solito oggi?”

“Signorina Evans, venga nel mio ufficio, ho una notizia da darle”

Lo seguo in silenzio, senza sapere cosa aspettarmi. In fondo non ha detto né una buona, né una cattiva notizia. Soltanto una notizia.

Mi siedo in una delle due enormi poltrone nel suo ufficio e lo osservo accendersi un sigaro.

“Conosce il signor Thomas Green?” Oh cielo , come conosce il mio fidanzato?

“Hem, si lo conosco. Perché?”

“So che c’è un buon rapporto tra di voi, insomma, un rapporto intimo”

“Effettivamente è il mio fidanzato signor Carter. Non vedo come questo possa centrare con..”

“Mi lasci finire signorina Evans. Le chiedevo del signor Green in quanto proprio questa mattina abbiamo firmato per una collaborazione con la Mill’s&Lee’s, i dettagli del contratto le verranno forniti dalla mia segretaria nel pomeriggio, e si da il caso che abbiano richiesto l’architetto migliore della Lobster, che si dice essere proprio il signor Green. Lavorerete insieme per i prossimi mesi. Spero che non sia un problema”

Lavorerò con Tom? Oh mio dio, ma è fantastico! Non vedo l’ora, ho sempre sperato che questo giorno arrivasse. Insieme faremo grandi cose. Il miglior architetto di Londra in collaborazione con l’agenzia di grafica migliore dell’intera Inghilterra, e più in particolare me, nonché sua fidanzata. È semplicemente meraviglioso.

“No, certo che no. Sarà un’occasione d’oro per portarci il lavoro anche a casa”

Non che già così che ne sia poco di lavoro da portare a casa ma almeno sarà una scusa per passare più tempo insieme.

“Perfetto. Allora nel pomeriggio le farò avere i dettagli e può già cominciare a contattare il signor Green e il signor Mill per organizzare un incontro preliminare a cui di certo non mancherò. È una grande opportunità per la nostra azienda. La Mill’s &Lee’s è un colosso che si occupa della maggior parte degli affari esteri, non dobbiamo fare brutta figura!”

“E non la faremo, signor Carter. Non la faremo”

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Capitolo 2
*** 2 ***


"Amore, ma tu lo sapevi? Sono così contenta, nemmeno te lo immagini"

"Sono contento anche io Keeky. Davvero" 

"Senti tu, non provare nemmeno a non esserci stasera. Io e te andiamo fuori a cena, abbiamo troppe cose da festeggiare. Mi hai capito?"

"Non lo so tesoro. Ho molto lavoro da fare. Senti ora devo andare. Faccio il possibile per arrivare a casa non troppo tardi ok?"

"E va bene. Sei il solito rompipalle però"

"Ti amo. Lo sai vero?"

"Si, ti amo che io. Ciao"

Riattacco il telefono con un pò di amaro in bocca. Mi aspettavo una reazione un po’ più calda però ormai conosco quel vecchio orso del mio ragazzo, so che non si lascia andare molto in fatto di emozioni.

Io invece ho subito dimenticato il malumore mattiniero e sono ormai ore che saltello e cinguetto per l’ufficio come una cinciallegra.  E penso che continuerò a saltellare e a cinguettare anche al bar dove sto andando per pranzo. Non vedo l’ora di raccontare tutto alle mie amiche, prontamente avvisate per mail.

“Kee, dimmi tutto. Cos’è questa novità?”

“Non dirmi che finalmente ti ha chiesto di sposarlo”

Oh.

“No Jackie, non mi ha chiesto di sposarlo. Ma è una bella notizia comunque.”

“Allora cosa aspetti parla!” dice Carly senza trattenere l’entusiasmo.

“Nessuna notizia che non sia una proposta di matrimonio è buona”

“Jackie ma chi sei? Mia madre?”

“Keeky tesoro, state insieme da anni, credo che sia arrivato il momento di un bel trilogy no? E non dire che non lo vorresti” 

“Non lo dico infatti, solo che Tom non è della stessa idea visto che ancora non mi ha chiesto niente”

“Ragazze, non cambiate discorso. Io voglio sapere la novità”

“Ok. Ve la dico allora. Pronte? Io e Tom lavoreremo insieme per la Mill’s&Lee’s”

Chiudo gli occhi in attesa di urla e gridolini di felicità. Ma non succede niente. Silenzio.

Apro un occhio e le vedo che mi fissano perplesse.

“Ragazze? Avete capito? Lavoreremo insieme” dico sorridendo come una bambina.

Nessuna reazione.

“Perché non siete contente come lo sono io?”

La prima a parlare è Jackie. “Oh tesoro, noi siamo contente.”

“Si vede” dico sarcastica.

“E’ solo che pensavo che dovessi dirci che sei incita”

“La volete piantare? Io ho solo ventisei anni, non voglio avere un figlio ora! Voglio sposare Tom, è vero, ma solo se lo vuole anche lui e comunque questi non sono affari vostri. Io volevo solo festeggiare! “

“Ok. Basta. Ha ragione. Sono affari loro! Prendiamo un cosmopolitan, brindiamo alla Mill’s&Lee’s e dimentichiamo matrimoni e bambini!”

“Siete due pazze. Questa devo raccontarla a Tom. Riderà come un matto quando gli dirò che pensavate che fossi incinta!”

Già rido sotto i baffi, ma a quanto pare sono l’unica.

“E perché dovrebbe ridere? Non lo potresti essere davvero? Guarda che i preservativi si rompono a volte e la pillola la si dimentica facilmente!”

“Beh, è da un po’ che non…si insomma ultimamente non abbiamo più fatto…”

“Ci stai dicendo che non scopate?”

“No! Non è che non facciamo sesso, ne facciamo poco”

“Scusa quando l’avete fatto l’ultima volta? Il sesso è importantissimo in una relazione!”

“Ma non lo so, un mese fa suppongo.”

“Scusa?”

“Voi siete matti. Ma come fate a non scopare per un mese?”

“Solo perché è stato via per lavoro, è un periodo intenso e quando torna a casa è sempre stanco”

“Oggi. Stasera. Vai a casa e scopa! Tesoro, devi scopare! Assolutamente. È anche il vostro anniversario. Dovete scopare!”

“Jackie ma ti senti quando parli?”

“Va bene allora te lo dico io – si intromette Carly – fai l’amore con il tuo uomo! Va bene così?”

“Ma certo che lo faccio! Oh ragazze, ho finito la pausa. Devo tornare in ufficio. Grazie per la chiacchierata del tutto sobria e softcore! Ci vediamo domani”

Le abbraccio, pago da bere e raccolgo borsa e cappotto.

Mentre cammino verso il mio ufficio non posso fare a meno di pensare che è davvero un mese che non passiamo una serata solo io e Tom. Forse anche di più. Questa sera voglio assolutamente averlo mio. Non si discute.


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Capitolo 3
*** 3 ***


Il resto della giornata la passo lavorando di buon lena, finisco tutti i progetti ancora aperti che ho in modo da occuparmi esclusivamente della Mill’s&Lee’s. Non vedo l’ora di cominciare questo nuovo progetto.

“Amanda, potresti procurarmi il numero di telefono del signor...”

Non faccio in tempo a finire la frase che Amanda bussa alla porta, con in mano un mazzo di fiori.

“Sono arrivati questi per te Keeky” dice posandoli sulla mia scrivania.

Fiori per me? Saranno anni che non ne ricevo. Tom deve essersi reso conto di essere stato un fidanzato un po’ assente ultimamente e vuole farsi perdonare. Sono quasi commossa da questo gesto.

“Che tesoro Tom, mettili pure nel vaso Amanda”

“Oh no, non li manda Tom”

“Cosa? E chi li manda allora?” dico senza nascondere la delusione nella mia voce.

“Sul bigliettino c’è scritto ‘Non vedo l’ora di stasera. Ryan’. Una nuova fiamma?”

“Ma chi caspita è questo Ryan?” dico afferrando il bigliettino dalle mani di Amanda.

L’unico Ryan che conosco è il figlio della vicina di casa dei miei genitori ma dovrebbe avere 12 anni e non credo mandi già fiori alle ragazze. Oppure c’è il Ryan della pizzeria da asporto ma ho sempre pensato fosse gay. E poi cosa deve fare stasera? Con me?

“Credo che abbiano sbagliato a mandarli. Tienili pure tu Amanda - dico riconsegnandole l’intero mazzo – e poi potresti contattare il signor Mill, devo organizzare un incontro preliminare.”

Pochi istanti dopo sono al telefono con  Sheryl, la segretaria tutto fare della Mill’s&Lee’s cercando di trovare un modo per parlare di persona con il signor Impegnato-Mill. Tutto quello che ottengo è un indirizzo email. E va bene. Non partiamo con il piede giusto ma almeno partiamo.

 

A: r.mill@millsandlees.com

Da: keekyevans@lartgal.com

Oggetto: Buonasera signor Mill

Oggetto: Caro signor Mill

Oggetto: Signor Mill

Perfetto non so nemmeno da che parte cominciare. Come si saluta un finanziere famoso in tutto il mondo?

 “Amanda! Scrivi una mail a questo indirizzo e cerca di contattare il signor Mill. Grazie!”

Grazie a Dio esistono le segretarie! Io ho assoluto bisogno di un caffè.

Appena rientro in ufficio la spia gialla dell’interfono si accende e la voce di Amanda mi avvisa di una telefonata per me.

“Chi è?”

“Il signor Mill”

 Oh cielo. Ok, ce la posso fare. Respira Keeky. Respira e prendi la cornetta del telefono.

“Bene, passamelo sulla 1”

Il telefono emette un segnale acustico e poco dopo una voce calda riempie la stanza.

“Buonasera signorina Evans. So che ha cercato di contattarmi in ufficio ma purtroppo sono stato fuori tutto il giorno per affari e non sono riuscito a presentarmi. Mi scuso.”

“Buonasera signor Mill. Non si preoccupi, l’importante è riuscire a parlare con lei ora.”

“Ha ricevuto i miei fiori?”

“Come? Fiori?”

“Si le ho mandato un mazzo di gigli questo pomeriggio. Non le sono arrivati? Dovrò licenziare la mia segretaria,  è un incompetente! Travis, ricordami di rivedere il contratto di Sheryl!”

“Oh no! No! Li ho ricevuti i fiori. Grazie mille. Non doveva disturbarsi”

“Oh bene, si figuri. Trav, fermati. Non serve più.”

“Posso chiederle a cosa si riferiva con il suo bigliettino?”

“Bè mi sembra ovvio. Esattamente quello che le ho scritto”

“Mi scusi ma forse non sono stata informata di qualcosa. Cosa succede stasera?”

“Prego?”

“Nel bigliettino lei ha scritto che non vede l’ora di stasera, per cosa esattamente?”

“Oh. Travis! Licenzia quella scellerata di Sheryl. Mi scusi signorina Evans, temo che ci sia stato uno scambio. Il bigliettino che ha ricevuto era destinato ad un’altra persona, mia moglie, mentre lei avrebbe dovuto leggere ‘spero che lavoreremo bene insieme’. Potrà perdonarmi?”

“Oh ma certo. Non lo deve nemmeno chiedere.”

“Quando pensa che ci potremo incontrare per definire le prime linee del progetto?”

“In ogni momento che vuole. Io e il signor Carter saremo lieti di incontrarli in qualsiasi momento lei crede”

“Chi è il signor Carter? Io avevo chiesto l’architetto Green”

“Il signor Carter è il direttore della galleria, è il mio capo e ha chiesto di partecipare alla riunione per aiutarci a..”

“Stronzate! Ho già discusso con il mio consiglio di amministrazione, domani parlerò con il signor Green e presto anche con lei, non ho bisogno di altre persone.”

“Come preferisce”

“Senta, se non sbaglio il suo ufficio si trova vicino a Warwick Street giusto?”

“Precisamente”

“Che ne dice se passo da lei, diciamo fra 5 minuti? Sono nelle vicinanze con la macchina, in questo modo potremo abbreviare i tempi per il lancio del progetto”

“Fra 5 minuti?”

“Se preferisce un altro giorno dica lei ma vorrei chiudere in fretta le formalità”

“No, va benissimo oggi. La aspetto allora..

Ha riattaccato. Questi uomini d’affari, non hanno nemmeno il tempo di salutare.

Bene, sarà qui fra 5 minuti.

Oh cazzo.

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Capitolo 4
*** 4 ***


Oh santa miseria. Il signor Troppo-impegnato-per-salutare-Mill sarà qui a momenti. Corro in bagno in preda ad uno pseudo panico e mi sistemo il trucco  e i capelli. Non posso fare a meno di notare i fiori blu sulla finestra. Sono orribili.

Perché non ho messo il tailleur di Armani? Avrei fatto una figura molto più professionale con quello, e invece no. Indosso una gonna a matita nera e una camicia rossa che ora sembra più trasparente del normale. Sembrerò la perfetta sgualdrina e annullerà tutto non appena mi vedrà. Ne sono sicura. Oh no. Devo assolutamente cambiare le scarpe, per fortuna ne tengo sempre un paio di scorta in ufficio. Non si sa mai quando una donna possa aver bisogno di un paio di decollete nere nuove. Mi fiondo in ufficio passando davanti alla scrivania di Amanda che mi guarda allibita.  Indossa una giacca a fiori . Perché deve essere vestita male anche la mia segretaria?

Fiori. Fiori. Basta fiori.

Frugo nell’armadietto in cerca delle scarpe e le trovo in un vecchio sacchetto, ancora impacchettate in una scatola con dei papaveri.

Oh mio dio!

I fiori! I fiori che mi ha mandato! Dove sono? Cazzo. Devo trovarli

“Amanda, dove hai messo i gigli che sono arrivati pomeriggio?”

“Li ho buttati”

“Cosa? No! Perché l’hai fatto? No!”

“Tu non li volevi. E poi io sono allergica ai gigli! Che problema hai?”

“Quei fiori li ha mandati il signor Mill!”

“Lo stesso signor Mill che sta arrivando? Lo stesso signor Mill che ha appena citofonato giù in reception? Lo stesso signor Mill che sta salendo in ascensore”

Cazzo. Cazzo. Cazzissimo.

 

“Buonasera signor Mill. Lieta di conoscerla!”

Un uomo distinto, fisico asciutto ma non troppo magro, diciamo sui 30, 35 anni al massimo. Moro. Occhi scuri. Sul suo viso spunta una barba di qualche giorno e dei leggeri baffi. E ha le occhiaie. Anche gli uomini d’affari devono combattere le occhiaie. Ha la pelle leggermente abbronzata, come se avesse passato il weekend a prendere il sole in giardino. Assurdo.

Indossa un completo nero, camicia bianca e cravatta nera. Sembra perfetto su di lui, deve essere  stato confezionato su misura.  Rimango a fissarlo per qualche secondo mentre mi viene incontro, completamente rapita dalla sua figura. Ne sono quasi attratta.

Dietro di lui c’è un ragazzo, più giovane sicuramente. Vestito con lo stesso completo nero ma sul suo fisico non fa per niente la stessa figura. Tiene in mano una ventiquattrore aperta e cerca di estrarre diversi fogli volanti con non poche difficoltà.

“Signorina Evans, che piacere. Perdoni il ritardo”

Ritardo? Ma se non saranno passati tre minuti da quando ho riattaccato il telefono?

“Si figuri. Prego, vogliamo accomodarci nel mio ufficio?” dico indicando la porta rossa ma lui si è già girato a parlare con il ragazzo.

“Travis, mentre sistemo questa faccenda potresti fare quelle telefonate che ti avevo chiesto? Grazie. Ti giuro che per oggi è l’ultima, poi ti lascio andare a casa”

Dai, è anche gentile con il suo schiavetto.

“Bene, andiamo nel suo ufficio? La seguo”

Non faccio in tempo a fare un passo che già qualcos’altro rapisce la sua attenzione.

“Questa tela è una meraviglia, di chi è?” dice ammirando un quadro appeso nel corridoio.

Non riesco a credere che me lo abbia appena chiesto. Chi è che non conosce Van Gogh?

“Oh, quella è una copia della notte stellata di Van Gogh”

“Dal suo tono acido devo intuire che sia abbastanza famoso, deve perdonarmi ma non ho tempo per l’arte. È per questo che ho assunto lei”

Cazzo, ma legge anche nel pensiero? 

Con le guance arrossate per l’imbarazzo mi dirigo a passo deciso nel mio ufficio senza nemmeno aspettare che mi segua. Pochi secondi dopo mi raggiunge, quando ormai io sono seduta comodamente sulla mia poltrona e ho già tutto il materiale che mi ha fatto avere Roger ordinatamente disposto sulla scrivania.

Si siede guardandosi intorno, sicuramente noterà che non ho i suoi fiori in giro ma non mi importa.

Passiamo le tre ore successive a parlare del suo progetto che è davvero enorme. Vuole costruire un palazzo di vetro e noi dobbiamo arredarlo, decorarlo e pubblicizzarlo sia su cartaceo che su internet. Sarà un progetto che occuperà mesi.

Mi sembra passato un secolo quando finalmente mette via tutti i fogli e chiama il suo assistente per andare a casa. Guardo di sfuggita l’orologio e non credo ai miei occhi quando vedo che segna le 20.30.

Penso a Tom che sarà a casa chiedendosi dove sia finita, o forse no. Forse è ancora in ufficio, altrimenti mi avrebbe chiamato. Vero?

“Non si può certo dire che sia un esperto di pittura ma sono più che sicuro che quello che ha appeso alle sue spalle non sia un Van Gogh, di chi è?”

La voce del signor Mill mi riporta in ufficio, lo vedo fissare una tela di colori caldi appesa sul muro.

“A dire il vero quello l’ho dipinto io” dico leggermente in imbarazzo.

“E’ splendida, davvero. Complimenti.”

Sorrido sperando che l’oggetto di conversazione torni rapidamente al lavoro.

“Bè devo dire che mi sono trattenuto fin troppo oltre l’orario di lavoro. Mi scusi ma mi sono lasciato trascinare. È stato un piacere conoscerla, sono certo che lavoreremo benissimo insieme. Conto su di lei per tutta la questione grafica, che so non essere di ridotte dimensioni.”

“Ha fatto piacere anche a me conoscerla, e devo dire onestamente che sono rimasta affascinata da tutta l’idea del suo progetto. Ne sono entusiasta signor Mill.”

“Oh la prego, mi chiami Ryan. Vorrei che ci fosse una certa confidenza tra di noi, nei prossimi mesi ci vedremo spesso e non credo sia saggio perdersi nei formalismi”

“Certamente, allora per lei sarò semplicemente Keeky”

“Keeky, ha un nome ammaliante come il suo profumo”

“Basta formalismi hai detto”

“Giusto, allora ciao Keeky. Ti auguro buona serata.”

“A lei signor Mill, volevo dire Ryan”

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Capitolo 5
*** 5 ***


“Amore, sei a casa?”

“Keeky, si può sapere dove sei stata?”

Tom mi viene incontro a passo spedito. Indossa una camicia blu, una cravatta gialla che di certo non gli ho regalato io e sono più che sicura che non siano gli stessi abiti che indossava questa mattina. In mano tiene un guanto da forno.

Oh no.

“Amore, cosa..?”

“Sono uscito dal lavoro prima, per te. È tutto il giorno che mi stressi con sta storia che dobbiamo festeggiare e che è il nostro anniversario. E io mi sento in colpa. E allora prendo due ore di permesso, torno a casa sperando di trovarti ma no, non ci sei. Allora decido di farti una sorpresa, ho preso un’aragosta per cena, ho apparecchiato la tavola e ho tirato fuori una bottiglia di vino da 120 sterline pensando che saresti arrivata, saresti stata sorpresa e avremmo passato la serata insieme. Pensa, speravo pure che avremmo fatto l’amore. Ma no, la mia fidanzata non è arrivata. Dopo tutto il giorno che si lamenta non è arrivata, e io ho cucinato. Io! Ci credi che io ho cucinato? E allora mi domando, dove cazzo è la mia fidanzata? Dove cazzo è stata?”

“Tom, mi dispiace, ero in ufficio. Ho avuto una riunione improvvisa”

“Si fanculo” dice lanciando a terra il guanto da forno e correndo su per le scale.

Entro in casa con il morale sotto le scarpe e vedo la tavola tutta apparecchiata, con due candele accese ormai quasi finite. Mi sento uno schifo.

Sono quasi le 10 e non ho nessuna voglia di litigare. Spengo le candele, metto in frigo l’aragosta e vado in camera. Lo trovo sdraiato sul letto a pancia in su, a guardare il soffitto. Mi vede entrare e mi ignora.

“Mi dispiace Tom”

L’unica risposta che ho da lui è uno sbadiglio prima di girarsi su un fianco.

“Vado a far la doccia”

I dieci minuti sotto l’acqua corrente mi fanno l’effetto di una vacanza. Mi rilasso e rifletto. Su tutto.

Quando esco dal bagno lo trovo ancora sdraiato sul letto a fissare il soffitto. Ha tolto la cravatta e ha sbottonato la camicia. Penso alle parole di Jackie e Carly ma non credo sia proprio il momento per quel tipo di approccio. Mi sdraio accanto a lui, accoccolandomi vicino al suo petto ma lui si irrigidisce. Non mi vuole.

“Grazie –sussurro – grazie per averci pensato. E scusami. Ti amo”

Ancora nessuna reazione. Così ci rinuncio, mi giro dall’altra parte in attesa di addormentarmi.

 

La mattina dopo mi sveglio prima del suono della sveglia. E la spengo. Mi giro verso Tom e lo trovo nella stessa posizione in cui lo avevo lasciato, ancora con i vestiti addosso. Resto a fissarlo per qualche minuto. Poi non resisto e mi abbraccio a lui. Si sveglia. E mi restituisce l’abbraccio.

“Scusa per la scenata di ieri sera”

“Scusa tu”

“Ti amo Keeky, ti amo da morire”

“Facciamo l’amore, ti prego”

Mi prende il viso tra le mani e mi bacia con passione. Mi porta sopra di lui e mi spoglia lentamente. Io faccio lo stesso. Sento il suo desiderio crescere con il mio. Mi è mancato così tanto. Sento che mi vuole, mi vuole di nuovo. E io voglio lui, da impazzire. “Buon anniversario” mi sussurra prima di venire.

Facciamo l’amore tre volte, ognuna delle tre come se fosse l’ultima.

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Capitolo 6
*** 6 ***


La giornata in ufficio passa veloce, quando si è di buon umore è tutto più bello. Lavoro al grande progetto Mill e non faccio nessuna fatica. Mi sento leggera, mi sento di nuovo felice. Che abbia ragione Jackie? Il sesso può tutto in una relazione. E può sicuramente aggiustare un mese difficile.

Per pranzo ordino cinese per me e per Amanda e lo faccio portare direttamente in ufficio. Quando arriva il ragazzo delle consegne Amanda ha già apparecchiato il tavolino in sala relax. Passiamo la nostra ora di pausa chiacchierando di cose da ragazze, vestiti, trucchi, parrucchieri e anche fidanzati.

Nel pomeriggio chiamo a rapporto tutta la mia squadra per spiegare dell’incontro con Ryan Mill e cominciare a mettere giù le prime idee da proporgli. Arrivano tutti puntuali. Sono entusiasti come me ma proprio mentre sto per mostrare loro i pochi appunti che ho Amanda entra in sala riunioni avvisandomi di avere una telefonata in attesa.

“Keeky Evans, London Art Gallery, con chi parlo?”

“Salve Keeky, sono Ryan. Ho appena finito di pranzare con Tomas Green e volevo farle sapere che abbiamo approvato insieme già 20 progetti. Le farò avere al più presto i cartonati”

“E’ perfetto, stavo giusto informando i miei collaboratori dei dettagli, ero in riunione proprio ora”

“Ora? Non le dispiace se la raggiungo? Mi piacerebbe conoscere i proprietari delle mani che lavorano per lei e poi avrei alcuni dettagli da discutere con lei personalmente”

“Certamente. Sa dove mi trova ormai”

“Bene, a presto allora”

Ancora più rapidamente dell’ultima volta Ryan Mill si presenta nel mio ufficio con il solito completo su misura e il solito assistente impacciato. Osserva silenziosamente per tutta la riunione con i collaboratori, senza dire niente più di ‘Sono Ryan Mill e sono quello che vi pagherà nei prossimi mesi’.

Dopo poco più di un’ora ognuno è stato perfettamente informato dei proprio compiti e di tutti i particolari. Siamo davvero pronti a cominciare.

“Hem, signorina Evans, le dispiace concedermi due minuti ancora, in privato possibilmente” dice dirigendosi con passo sicuro verso il mio ufficio.

Non appena restiamo da soli avverto una strana sensazione sulla pelle, come se la temperatura fosse improvvisamente salita. Se ne sta in piedi, osserva fuori dalla finestra in silenzio e io sono a disagio.

“C’è qualcosa di cui mi vuole parlare signor Mill?”

“Credevo fossimo d’accordo per un approccio più diretto Keeky. Ad ogni modo si, c’è qualcosa di cui vorrei parlarle signorina Evans” dice sottolineando la differenza di confidenza.

“Prego, la ascolto” dico mentre un brivido mi attraversa la schiena.

Non so cosa stia succedendo. Non riesco a distogliere lo sguardo dal suo viso e sento che per lui è lo stesso.

Le gambe quasi non mi reggono in piedi. Lui non dice niente, se ne sta in silenzio a fissarmi.

Poi d’un tratto raccoglie la sua ventiquattrore da terra e la poggia sulla scrivania per aprirla. Ne tira fuori un lucido e mi invita ad avvicinarmi per osservarlo. Cammino lentamente verso di lui. Ad ogni passo la temperatura aumenta di un centinaio di gradi. Mi sento ribollire dentro.

Lo raggiungo e noto che nella sua valigetta ce ne sono parecchi di lucidi simili, probabilmente tutti da studiare. Mi indica un particolare chiedendomi un’opinione. Non riesco a dire nulla. Non posso smettere di osservarlo con la coda dell’occhio. Non ho più il controllo del mio corpo.

Lui lascia ricadere il lucido mentre si volta verso di me. Mi prende una mano. Mi tira a sé. Sono tra le sue braccia. Inerme. Incapace di qualsiasi reazione. Lentamente poggia le sue labbra sulle mie. Ma non appena cerca di affondare di più qualcuno bussa alla porta.

D’improvviso entrambi torniamo nel mondo reale, ci lasciamo andare allontanandoci di qualche metro, la temperatura crolla, fa quasi freddo.

Amanda entra nella stanza informando il signor Mill che la sua macchina è pronta nel parcheggio, poi se ne va lasciandoci soli di nuovi.

Nessuno dei due parla. Nessuno dei due sa cosa dire. Nessuno dei due sa cosa sarebbe successo.

“Bene, suppongo che…bè analizzeremo questi lucidi in un’altra occasione signorina Evans. Arrivederci”
Esce dal mio ufficio, lasciandomi lì con l’espressione di chi non sa cosa dire nemmeno al muro.

  

Quando torno a casa Tom non è ancora rientrato così decido di ricambiare la sorpresa di ieri sera, sperando non mi copi il finale. Riscaldo l’aragosta e preparo tutto così come aveva fatto lui. Mi infilo in un vestito sexy e mi sistemo i capelli appena in tempo per il suo rientro.

“Wow - sono le uniche parole che riesce a dire quando mi vede – ragazzi che gnocca che sei!”

Mi viene vicino e mi bacia. Forse potremmo saltare la cena e arrivare al dolce. Quello che è successo, o meglio quello che per fortuna non è successo con Ryan Mill mi fa solo avere più voglia di Tom. Mi stringe a se e io gli accarezzo il petto. Mi avvicino lentamente alla sua cintura quando lui si ritrae per andare a sedere a tavola. Oh va bene, mangiamo prima.

“Ho una fame, oggi ho saltato il pranzo per incontrare quel tipo, Ryan Mill “ 

“L’hai conosciuto anche tu?” dico senza nascondere un brivido nel sentirlo pronunciare il suo nome.

“E’ un tipo tosto, che sa come giocare le sue carte. Non mi stupisce che sia arrivato tanto in alto già alla sua età”

“Quanti anni ha?”

“32, non sembra vero? Io lo facevo più giovane”

Parliamo parecchio di Ryan Mill, diciamo che non abbiamo altro argomento per stasera. Qualsiasi cosa chieda per sviare, Tom riesce a riportare l’argomento su di lui.

"Quando viene tua madre a trovarci?"

“Keeky, amore, non ci crederai mai. Non ti ho ancora detto la cosa più pazzesca di tutte. Quando ho incontrato Ryan a pranzo ho avuto la sensazione di averlo già conosciuto. E infatti avevo ragione, nel pomeriggio mi telefona e mi chiede se per caso non avessi frequentato le superiori ad Oxshott. Sai cosa ne è venuto fuori? Che eravamo compagni al liceo. Eravamo nello stesso corso di economia. Incredibile!”

“Ma dai, che coincidenza”

“Davvero, non è assurda la vita a volte -  dice prima di allontanarsi verso la sua giacca squillante – pronto? Ally, sei tu?”

Torna qualche minuto dopo, si siede accanto a me sul divano e mi abbraccia. Così cerco di riprendere da dove avevo lasciato, scorro con le mani sul suo petto avvicinando le labbra al suo collo.

“Amore, sai chi era al telefono?”

Ma hey, ti stai accorgendo che sto provando a fare sesso con te?

“Chi era?” chiedo con scarso interesse.

“Ally. La moglie di Ryan. C’era anche lei in corso con noi, è così che si sono conosciuti”

Oh bene, così adesso c’è anche lei nel fantastico ricordo dei tempi del liceo.

“Senti non possiamo smettere di parlare di quello là e concentrarci un po’ su noi due?” dico prendendogli di mano il Blackberry. 

Comincio a sbottonargli la camicia, poi penso alla cerniera dal mio vestito e lentamente me lo sfilo rimanendo in biancheria intima. Lui ne è come ipnotizzato. Mi siedo sulle sue gambe cercando di sfilargli la cintura dai pantaloni ma  una mano mi ferma. 

“Amore, l’abbiamo già fatto stamattina. Tre volte”

“E allora? Non c’è mica un limite” dico cercando di azzittirlo con un bacio ma lui mi spinge sul divano cercando di alzarsi.

“Sono stanco. Non riuscirei a farlo un’altra volta. Vado a dormire tesoro. Buonanotte”

Si riprende il cellulare e si allontana salendo le scale.

Io sono sconcertata. Non riesco a credere a cosa sia appena successo. Prima di raggiungerlo a letto non posso fare a meno di maledirmi per il pensiero che mi ha appena attraversato la mente.

Fanculo. Ryan Mill non avrebbe mai detto ‘non riuscirei a farlo un’altra volta’.

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Capitolo 7
*** 7 ***


“Amanda, sai dove diavolo sono finiti i resoconti della Mill’s&Lee’s? E’ tutta mattina che li cerco”

“No Keeky, non li ho proprio visti da ieri sera”

“E dove si trovavano ieri sera?”

“Nella tua borsa. Li hai portati a casa, non ricordi?”

Si, giusto, li ho portati a casa per mostrarli a Tom. Anche se poi Tom ha avuto di meglio da fare che considerare me. Devo ammettere di essere quasi offesa per il rifiuto di ieri sera. Ma quel che mi preme ora è ritrovare quei fottutissimi resoconti.

Il suono del mio Blackberry mi interrompe dalla ricerca. È Tom. Vai al diavolo anche tu. Chiudo la telefonata e riprendo a rovistare tra i mille fogli sparsi per l’ufficio.

Dopo poco il Blackberry ricomincia a suonare. Cazzo Tom, non ho tempo. Non appena poggio il telefono il cercapersone comincia a vibrare. E il cellulare dopo pochi secondi. E va bene. Che diamine ci sarà di così urgente accidenti?

“Pronto Tom?”

“Hey ciao, come va?”

“Male Tom, ho da fare. Dimmi cosa c’è?”

“E’ un brutto momento?”

“Si Tom, è un fottuto brutto momento”

“Ok allora ti lascio andare, volevo solo dirti che stamattina ho preso per sbaglio i tuoi resoconti per la Mill’s&Lee’s. Li ho io allo studio. Te lo dico giusto nel caso li stessi cercando”

“Cazzo, si che li stavo cercando. Non puoi portarmeli?”

“Eh no tesoro, non posso muovermi. Sto lavorando”

“Si Tom, anche io sto lavorando. Anzi no, io vorrei lavorare se solo avessi i miei resoconti”

“Non puoi mandare Amanda a prenderli?”

“Amanda non è la mia schiava ok? Verrò io, tra mezz’ora sono nel tuo studio. Fammeli trovare in fretta”

Riattacco senza nemmeno salutarlo.

Roger Carter è nel suo ufficio, busso leggermente e entro per chiedergli il permesso di uscire. Grazie al cielo non fa storie quando scopre di quali resoconti si tratta così in poco più di venti minuti sono davanti allo studio di Tom, Lobster&Co, che presto si spera diventerà Lobster,Green&Co.

Appena entrata mi trovo davanti un’enorme tavola da architetti nell’atrio. Ne resto stupita ogni volta che vengo qui, è davvero imponente.

Per fortuna so dove si trova lo studio di Tom, prendo l’ascensore e premo per il terzo piano. Quando arrivo davanti al suo ufficio la porta è chiusa. Saluto con un cenno Mary, la segretaria del piano e busso prima di entrare.

“Ciao Tom, sono venuta per quei resoconti. Oh, salve signor Mill”

“Ciao amore”

“Buongiorno signorina Evans”

Noto una certa sorpresa nella sua voce mentre Tom mi chiama amore. Quel senso di agitazione che mi accompagna ogni volta che Ryan Mill è nella stessa stanza sta cominciando a farsi sentire anche adesso.

“Ho disturbato?” chiedo mentre afferro il plico di fogli che Tom mi sta porgendo. Meglio tagliare corto.

“Per niente signorina Evans. Stavamo giusto concludendo”

“In ogni caso avevo solo bisogno di questi, ora devo tornare in ufficio. Arrivederci”

“No amore resta, volevo chiederti se ti andava di cenare con Ryan e sua moglie una di queste sere. Che ne dici?”  

Le sue parole mi fanno quasi venire un colpo. Ryan Mill a cena? Con me? Ovvio, anche con sua moglie e Tom.  Dì di no, dì di no.

“Certo, con piacere” mi sento dire. Scema. Scema. Scema.

“Perfetto, Ryan che ne dici di questa sera?”

“Temo che mi sia impossibile, ti ringrazio molto ma prima di domani sera non credo di farcela”

“Nessun problema, domani allora. Si?”

“Certamente”

Rimango in silenzio, immobile, mentre i due uomini si salutano con una stretta di mano. Poi Ryan viene verso di me e mi offre di dividere l’ascensore. Annuendo lo seguo salutando Tom con un gesto distratto ma lui è già troppo impegnato per notarlo.

Mentre aspettiamo sento lo sguardo di Ryan sul mio corpo, lo sento squadrarmi dalla testa ai piedi. Quando una campanella ci avverte dell’arrivo dell’ascensore mi fa segno di entrare per prima e sorride genuinamente. Ci sono altri tre uomini che aspettano di entrare. Premo il pulsante per il piano terra e per tutto il viaggio non mi stacca gli occhi di dosso. Nemmeno io smetto di guardarlo per un solo istante evitando di incontrare i corpi degli altri uomini. La carica tra di noi è altissima, forse a causa della vicinanza. Al secondo piano due uomini lasciano l’ascensore. Ora siamo ancora più vicini. Al primo piano anche il terzo uomo scende e ci lascia soli. Nessuno osa muoversi. Nessuno osa togliere lo sguardo dall’altro. Arriviamo al piano terra, le porte si aprono ma nessuno muove un passo per scendere. Le porte si richiudono e il suo braccio si alza per premere un pulsante. Quinto piano. Lo lascio fare senza dire niente. Senza spostare gli occhi da lui. Se prima il tempo sembrava aver rallentato ora invece sembra correre. In pochi istanti le porte dell’ascensore si riaprono e prendendomi per un braccio mi trascina fuori. Mi tira per tutto il corridoio, tira il mio corpo incapace di qualsiasi reazione. Mi tira fino in fondo, davanti all’ultima porta si ferma. La apre e mi spinge nella sala riunioni, arredata solo con un grosso tavolo ovale circondato da poltroncine nere e un televisore. Chiude la porta e la blocca con un sedia. Poi torna da me, mi riprende da dove mi aveva lasciato, come se fossi una bambola. Mi spinge dolcemente contro il muro e affonda le labbra nelle mie. Un bacio caldo, un bacio travolgente, un bacio passionale. 

Il contatto con il suo corpo mi risveglia dal torpore in cui mi aveva fatto cadere con il suo sguardo. Sento le forze tornare, sento riacquistare il controllo.

Poggio le mani sulle sue spalle e lo spingo via.

“Che stai facendo?”

 “Quello che vuoi anche tu” dice riavvicinandosi al mio viso.

“Noi non possiamo, non possiamo farlo” sussurro cercando di allontanare le labbra dalle sue.

“Perché no? Lo vogliamo entrambi. Lo sento che lo vuoi”

Lo sento anche io che lo voglio, sento che lo vuole anche lui, sento che mi vuole. Le nostre labbra sono forzate a stare lontane, i nostri corpi non si controllano e sono già l’uno nelle braccia dell’altro. Ho voglia di lui come non l’ho mai avuta di Tom.

“E Tom? Tu lo sai che sto con Thomas”

“Si, lo so che stai con Thomas. Io sono sposato”

“Lo so” ma so anche che non mi importa niente.

Il cervello cede ai desideri del mio corpo, mi lascio prendere dalle sue braccia muscolose che mi distendono sul tavolo e mi slacciano la camicia. Le mie mani si muovono con dolcezza sul suo corpo, scoprendone i rilievi. Gli sfilo la giacca e mi addentro nelle profondità dal suo collo, ha un buon profumo. Lo respiro, respiro il suo odore di uomo e lo faccio mio. Le sue labbra scendono sulle mie spalle mentre mi sento accarezzare la schiena, poi arrivano ai miei seni e poi giù fino all’ombelico. Dolcemente mi solleva la gonna e comincia a sfilarmi un’autoreggente, sfiorandomi le cosce. Poi torna dalle mie labbra, le fa prigioniere un’altra volta. Sento il sangue scorrermi nelle vene all’impazzata. Gli tolgo la camicia con decisione e comincio a giocherellare con i bottoni dei pantaloni sempre più aderenti. Lui mi sfila la gonna poi si stende gattoni su di me, mi prende i polsi e li porta dietro la testa. Anche gli ultimi vestiti rimastici addosso spariscono e mentre mi bacia profondamente mi fa sua. Lo sento muoversi sopra di me, dentro di me. Ho perso di nuovo il controllo del mio corpo. Se ne è impossessato con una semplicità affascinante. Sono sua, completamente. E mi merita tutta.

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Capitolo 8
*** 8 ***


Non so che diavolo sia successo, ok?

Io non volevo farlo. A me non piace Ryan Mill. A me piace Tom. Io amo Tom, lo so. Lo amo tantissimo.

Mi sono solo lasciata trascinare da lui. Ero come drogata, incapace di fermarmi. Ho sbagliato a non reagire. Avrei dovuto spingerlo via da me. Avrei dovuto scendere da quel maledetto ascensore. Oh cazzo, sono una persona orribile. Sono una fidanzata orribile. Ho tradito il mio fidanzato quinquennale, il mio dolce, tenero, affettuoso, sexy fidanzato. L’ho tradito. E l’ho fatto con un uomo che ho conosciuto due giorni fa. Due giorni cazzo. Due fottutissimi giorni.

Dopo essere scappata in silenzio da quella stanza sono tornata di corsa in ufficio. Ho preso in mano il telefono, ho composto il numero di Tom. E poi ho messo giù. Dieci volte.

Cosa faccio, glielo dico? Così lui mi lascia e tutta la mia vita va a puttane.

Non glielo dico? E vivo con questo segreto attorcigliato alla gola. E se poi lo scopre? E se glielo dice Mill?

Porca puttana. Sono una persona di merda.

Quando torno a casa  mi infilo a letto sotto il piumone. E piango. Piango un sacco. Mi preparo una tazza di tisana. E piango. Piango anche quando rientra Tom.

“Che succede piccola? - dice accogliendomi tra le sue braccia preoccupato – va tutto bene?”

Come faccio a confessare? Non voglio perderlo.

“Si è tutto a posto, amore. Credo di avere l’influenza - ecco, adesso dico pure le bugie – andrò a letto senza cenare. Non ho fame”

Lui mi sorride con amore e si sdraia accanto a me, carezzandomi i capelli con dolcezza. E ogni secondo che passa io mi sento peggio. Non mi merito un uomo così.

“Ti amo Tom, ti amo tanto”

 

Per tutto il giorno seguente mi obbligo a non pensare a quello che ho fatto. Cerco di concentrarmi sul lavoro, ma di certo studiare i dettagli del suo palazzo non aiuta. Ogni documento che leggo oggi porta il nome Mill, ogni lucido da analizzare è firmato RM, ogni cazzo di persona in questo ufficio chiede di lui.

All’ora di pranzo fuggo dalle mie amiche, almeno loro non parleranno di lui.

Non ho ancora deciso se raccontare del mio piccolo peccato, ho paura soprattutto della reazione di Carly. Lei è molto più romantica di Jackie e sicuramente la prenderebbe nel modo sbagliato. Che poi, qual è il modo giusto di prenderla?

Non appena me le ritrovo davanti decido di essere onesta e confidarmi con loro anche se vorrà dire parlare di lui di nuovo. Ordino un bicchiere di vodka, lo tracanno in un solo sorso sperando nel suo supporto e sparo la bomba.

“Ho tradito Tom”

Dopo qualche istante di confusione e perplessità, come mi aspettavo la prima a chiedere i dettagli è Jackie. Mi chiede con chi, dove, quando. Insomma vuole sapere tutto. E la accontento.

Passiamo l’intera ora di pausa parlando di Ryan Mill, di come ho fatto a cadere tra le sue braccia e di come non dovrò assolutamente dirlo a Tom, a patto di non rifarlo mai più. E di questo ne sono sicura.

Il pomeriggio trascorre tutto sommato tranquillo, le mie amiche mi hanno aiutato con il senso di colpa convincendomi a perdonarmi. Infondo un momento di debolezza è concesso a tutti, no?

 

E quando mi sembrava di essere tornata serena, la voce di Amanda dall’interfono mi fa sprofondare di nuovo nel baratro.

“Keeky, c’è Ryan Mill al telefono”

No. No. No. No.

“Prendi il messaggio, non ho tempo ora”

Non esiste proprio che prenda questa telefonata. L’ultima cosa di cui ho bisogno è parlare con lui. Assolutamente no.

“Scusa ma dice che è importante”

“Digli che sono in riunione Amanda!”

“Insiste, cosa devo fare?”

“Digli che sono in bagno, per amor del cielo!”

Pochi secondi dopo il Blackberry emette un sibilo avvisandomi di una nuova mail. Fammi indovinare, Ryan Mill?

 

A: keekyevans@lartgal.com

Da: r.mill@millsandlees.com

Oggetto:

Fissiamo un incontro con i fornitori.

Va bene Lunedì a pranzo?

Ho bisogno della tua presenza per la scelta dei materiali.

Thomas è già stato informato.

R.

 

Tutto qua? Solo lavoro? Non ha nulla di più da dire?

Non che preferissi un “e’ stato bellissimo”, decisamente.

Quindi il suo gioco è fingere che non sia mai successo, bene. Assumerò lo stesso atteggiamento allora. Perfetto. Davvero perfetto.

 

A: r.mill@millsandlees.com

Da: keekyevans@lartgal.com

Oggetto:

Lunedì va bene.

K.

 

A: keekyevans@lartgal.com

Da: r.mill@millsandlees.com

Oggetto:

Ottimo.

Ci vediamo stasera allora.

Non vedo l’ora.

R.

 

Cazzo. Cazzo. Cazzo.

La cena! Me ne ero scordata. Non è possibile che sia oggi, devo controllare in agenda.

No, no! Giovedì. Oggi. No, cazzo!

Merda.

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Capitolo 9
*** 9 ***


E va bene, ce la posso fare.

Ryan Mill e consorte saranno qui a momenti. La tavola è apparecchiata, la cena è pronta, Tom è entusiasta.

Io sto per avere un infarto.

“Che profumino! Non sto più nella pelle, pensa che ho tirato fuori tutte le vecchie foto del liceo. Non è fantastico?”

“Certo!” dico senza riuscire a nascondere la tensione.

Alle 20,30 puntuali come degli svizzeri i coniugi Mill si presentano al nostro portone. Sorridono entrambi, Ryan presenta Allison come sua compagna di una vita e ci offre una bottiglia di vino.

Sono sorpresa di vedere Ryan vestito ancora da ufficio. Mi aspettavo qualcosa di più comodo. Si sfila il cappotto nero. Si capisce molto di un uomo dalle scelte dei suoi abiti. Io ho sempre cercato di convincere Tom a comprarsi un cappotto ma ha sempre preferito le giacche a vento. A quanto pare invece Ryan è il tipo di uomo a cui piace essere sempre elegante. Indossa una giacca blu scuro, un paio di jeans e una camicia bianca. Senza cravatta. Con il primo bottone slacciato che lascia intravedere il suo petto muscoloso.

Allison invece è… meravigliosa. Semplicemente perfetta. Bellissima nel suo abito blu acceso, quasi sicuramente un Marc Jacobs.

Come diavolo ha fatto a tradire una donna così con me? È assurdo!

Dopo i primi convenevoli accompagnati da un sorso di vino come aperitivo, ci sediamo a tavola.

Ryan mi ignora, del tutto. Non mi ha guardato nemmeno per mezzo secondo. Nessuna parola. Nessun contatto.

Allison e Tom invece scoprono di avere molte cose in comune, moltissime. Troppe. Quella donna è davvero troppo bella per anche solo parlare con il mio uomo! Sorridono allegramente ricordando dei tempi della scuola, dove scopro hanno frequentato quasi tutti gli stessi corsi.

La prima portata finisce rapidamente così mi alzo per andare in cucina ad impiattare il secondo.

“Serve una mano?” sento la voce di Ryan forse per la prima volta questa sera ma decido di ignorarla.

Appena tiro fuori il salmone dal frigo mi sento afferrare e stringere in un abbraccio. Ti prego, fa che sia Tom!

Delle labbra mi accarezzano il collo gustandone il sapore.

“Ryan ma che fai? - dico voltandomi di scatto e spingendolo via – sei matto?”

“Che hai? Sei arrabbiata con me?” chiede appoggiandosi al bancone e sorridendo.

Evito di rispondere alla domanda ovvia concentrandomi sui piatti da servire.

“Lo so che non è stata una grande prestazione quella dell’altro giorno ma mi devi scusare, ero un po’ fuori allenamento. Vedrai che la prossima volta durerò di più e…” d’istinto lascio andare il salmone e mi lancio verso la sua faccia per tappargli quella fottuta bocca.

“Che cazzo stai facendo? Vuoi che ci sentano?” sussurro con un tono piuttosto allarmato.

“Voglio solo sapere perché ce l’hai con me”

“Non mi sembra difficile da immaginare”

“Bè io non lo so va bene? Ti prego di dirmelo. Se è per la durata, ti assicuro che mi impegnerò di più la prossima…”

“No! Ma che dici? Non è affatto durato poco. È stato più lungo della media piuttosto. Ma non è certo questo il problema”

“E qual è allora?”

“Senti, è stato un errore ok? È stato tutto un errore, uno stupidissimo errore. Non ci sarà nessuna prossima volta e…”

Non faccio in tempo a finire la frase che Tom entra in cucina offrendosi di servire il secondo. Per fortuna sembra non avere sentito nulla di ciò che è stato detto.

Torno in sala da pranzo seguita dai due uomini e la cena procede tranquillamente. Qualche sguardo incontrato ogni tanto, ma nessun altro riferimento al ‘piccolo errore commesso’.

 

“Grazie mille per la cena e, bè per tutto. È stata una bellissima serata” dice Allison raccogliendo il cappotto suo e del marito.

“E’ stato davvero un piacere conoscerti Ally, organizzeremo ancora qualche volta.”

Li osservo allontanarsi sul vialetto, saluto accanto a Tom con un gesto leggero della mano e sto per richiudere la porta quando vedo Ryan che cerca di attirare la mia attenzione con dei sibili leggeri.

“Cosa?” sussurro quasi impercettibilmente.

La sua risposta non è molto chiara, a giudicare dal labiale direi che ha detto qualcosa come ‘la porto a casa e torno da te. Voglio parlarti’.

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Capitolo 10
*** 10 ***


Anche se la mia speranza di non aver capito quell’ultima frase è durata più di un’intera ora, mi sembrano passate solo poche manciate di secondi quando l’avviso di un nuovo sms  illumina il mio Blackberry.

Ho lasciato la giacca a casa tua, sono qua fuori, me la porti? R.

Controllo che Tom stia ancora profondamente dormendo accanto a me, lentamente esco dal caldo del piumone e mi avvicino alla finestra per controllare se c’è davvero. In strada non ci sono macchine. Non ci sono uomini. Non c’è nessuno. Solo un gatto che passeggia blandamente sotto la luce dei lampioni.

Deficiente!

Ti sembra una cosa divertente?” scrivo tornandomene a letto.

Di che diavolo parli? Cosa stai aspettando a raggiungermi? Vorrei la mia giacca! Qua fuori fa un freddo cane!

Sì la giacca, come se l’avesse veramente dimenticata qui.

Vai a dormire Ryan, domani si lavora ed è già tardi. Non comportarti come se avessi 15 anni

Preferisci il citofono? Credevo avrei fatto meglio a non svegliare Thomas ma così non mi lasci scelta…

Un leggero senso di ansia mi sfiora, così decido di concedergli un’altra possibilità. Torno alla finestra e prima ancora di scostare la tenda ne intravedo la sagoma scura.

Accidenti! È qui davvero!

Cercando di fare il minimo rumore raccolgo il primo maglioncino che trovo in stanza, corro di sotto, esco nel vialetto e gli vado incontro con un espressione poco pacifica.

“Che diavolo fai qui?”

“Oh finalmente!” sussurra dirigendosi verso la mia porta.

“Una scusa migliore non potevi trovarla, ‘ho lasciato la giacca a casa tua’, patetico - dico facendogli il verso – oh ma che fai? Non penserai di entrare. Ryan!”

Troppo tardi. È già dentro.

A passo spedito lo raggiungo e lo trovo in salotto mentre raccoglie dal divano… oh, la sua giacca. La solleva come se fosse un trofeo, mi guarda e sorride della riuscita del suo piano.

“Scusa, colpa mia. L’ho dimenticata!”

“Bene, sei perdonato. Ora vattene!” lo prendo per un braccio tirandolo di nuovo verso la porta ma non si sposta di un millimetro.

“Hey hey hey, con calma piccola”

“Non chiamarmi piccola!!”

“Ah no? Eppure sono più che certo di aver sentito Thomas chiamarti nello stesso modo, e non ricordo di alcuna tua lamentela!”

“Certamente, perché si da il caso che lui sia il mio fidanzato!” dico cercando di tirarlo verso la porta con più decisione, invano.

“E va bene, in fondo non sono qui per parlare di Thomas”

“E per cosa sei qui, di grazia? Se mi è concesso saperlo”

“Per te, ovvio”

“Scusa? Forse non hai capito bene il messaggio di prima, è stato un errore. Non c’è niente tra di noi. Niente”

“Non c’è niente in questo momento. Ma quello che c’è stato e quello che potrebbe esserci, diciamo tra qualche istante, non è niente male” sorride malizioso avvicinandosi lentamente al mio viso.

“Non ci sarà proprio niente tra noi, è chiaro? Tu adesso te ne vai a casa tua, da tua moglie e vivi la tua vita lasciando in pace me e il mio fidanzato”

“Ok, senti. Che ne dici se ci sediamo un secondo e chiariamo una cosa veloce? Ti va?”

“Ho altra scelta? - chiedo raggiungendolo sul divano e sedendomi accanto a lui – però parla piano che se Tom si sveglia siamo nella merda! Per fortuna prende i sonniferi per dormire.”

“Io amo mia moglie, va bene? La amo davvero. Lei è la mia donna, lei è tutto per me. Sul serio. Allison è meravigliosa, la moglie perfetta. Io non ho intenzione di lasciarla, mai...”

“E io amo Tom, nello stesso modo. Lo amo per tutto e in tutto. È per questo che è meglio se noi dimentichiamo quello che è successo e andiamo avanti ognuno con la propria vita. Abbiamo sbagliato e non sbaglieremo più, fine.”

“Aspetta. Non ho finito. Io amo Allison. Però…”

“Però?”

“Però io sono un uomo. E le cose tra noi non vanno benissimo, intendo dal punto di vista di un uomo”

“Da quando sei timido a parlare di sesso?” chiedo sorridendo nel notare un leggero rossore sulle sue guancie.

“Senti, non è facile da spiegare. Diciamo che nella mia vita ho conosciuto due soli tipi di amore. Un amore fisico e un amore mentale, si possono chiamare così. L’amore fisico è quello che ti fa piacere le persone con la pancia, con le emozioni, con le sensazioni, con i contatti. L’amore fisico porta solo al sesso. Mentre l’amore mentale è più bastardo perché porta a tutto. Con l’amore mentale ami con la testa, ami con il cervello oltre che con il cuore e con la pancia. È terribile e bellissimo allo stesso tempo. Ecco, tutte le donne che ho avuto hanno trovato in me solo amore fisico. Ma Allison è stata la prima e sola donna a farmi scoprire l’amore mentale...”

“Però non puoi averli tutti e due insieme, vero?”

Sono commossa e sorpresa dalle sue parole. È un discorso un po’ contorto eppure mi sembra semplice, mi sembra di sentir parlare di me. L’ho ascoltato in silenzio assaporando ogni parola, e ogni parola descriveva me.

Lui mi nasconde il suo sguardo, quasi si vergognasse di questo argomento. È la prima volta che vedo Ryan Mill insicuro di sé.

“Ti capisco” sussurro prendendogli le mani nelle mie.

“Sul serio?”

“Si. Penso che sia lo stesso per me e Tom”

“Io davvero vorrei non avere bisogno di te. Davvero vorrei non dover cercare in altre donne qualcosa che mia moglie non riesce a darmi. Davvero vorrei non essermi sentito vivo dentro di te. Lo vorrei davvero. In questi tre anni in cui sono stato con Allison è come se fosse sempre mancato qualcosa. Non mi pento di averla sposata, non mi pento di aver scelto lei. La sceglierei per altre mille volte.”

“Questa cosa è molto dolce, Ryan”

“E’ triste dover ammetterlo, ma Keeky io ho bisogno di quel qualcosa. Non parlo solo del sesso. Quello lo abbiamo sempre avuto e nemmeno da buttare via. Parlo di fisicità, parlo di complicità, non so nemmeno io come chiamarlo. Parlo di brividi al contatto con la pelle. Io ho bisogno di avere una persona il cui corpo si incastri perfettamente al mio”

“Lo so”

Senza dire altro gli sbottono lentamente la camicia, spingendolo a sdraiarsi e ad accogliermi sopra di lui.

Per quanto mentalmente io sia innamorata di Thomas, la fiamma che si accende sfregando il mio corpo con il suo è destinata ad offuscare ogni traccia di razionalità. E se la mia mente se ne stava accoccolata sul letto al piano di sopra, il mio corpo cercava di entrare nei pantaloni di Ryan MIll in salotto.

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Capitolo 11
*** 11 ***


“Stronzate! Quello voleva solo trombarti!”

Qualche giorno dopo al consueto ritrovo al bar, dopo averle aggiornate sugli ultimi avvenimenti riguardanti la pratica Mill, Jackie e Carly si sentono in dovere di salvarmi dalle grinfie del perfido fedifrago.

“Mollalo prima che Tom si accorga di qualcosa!”

Ma io so che non è così, io ho perfettamente compreso le parole di Ryan. E anche se poi tutto il discorso si è tradotto diverse volte in puro e semplice, e meraviglioso sesso, per la precisione undici volte, so benissimo cosa intendeva con la metafora dei due amori.

Lo so perché l’ho pensato diverse volte anche io. Ho provato a pensare che il problema tra me e Tom fosse di tipo mentale ma no, la base è proprio l’opposto. Le cose tra di noi funzionano perfettamente se si resta sul piano mentale. È quello fisico che crolla ogni volta. Manca un contatto, intendo un contatto fisico tra di noi. Un contatto che spezzi le barriere. Un contatto che ti fa sentire bruciare la pelle. Un contatto che ho solo con Ryan.

Per sentirsi vivi bisogna essere immersi sia nell’amore fisico sia nell’amore mentale. Uno dei due da solo non basta. Non ti fa respirare perché ti opprime. E allora cerchi aria nuova, la cerci in persone diverse. Io e Ryan ci stiamo aiutando a salvare le nostre relazioni, in un certo senso. Alla fine si tratta solo di questo.

Sin da bambina ho sempre creduto che fosse una cazzata la storia delle anime gemelle. Non esiste nessuna persona che sia già stata destinata a te, non serve cercare qualcuno in giro per il mondo. Non esiste nessun ‘uomo della mia vita’. La verità è che esistono i compromessi ed esistono le scommesse. Esistono persone con cui ci si incastra, altre con cui non si hanno contatti. Esistono le persone che sono nella tua vita e tra quelle devi scegliere il meno peggio. Lo so, non è per niente romantico ma sono convinta che sia così. La scelta del compagno di vita si riduce solo a una semplice domanda. ‘Lui vale la pena?’

Vale la pena smettere di cercare? Vale la pena sopportare quei suoi piccoli irriverenti difetti? Vale la pena stringere il mio spazio vitale per lui? Vale la pena concedergli la mia fiducia?

E se la risposta è sì, benissimo. L’hai trovato.

Se la risposta è no, bè si va avanti fino a che non diventerà un sì.

Per me Tom è un sì, a tantissime domande. Solo per una si ritrova ad essere un no.

‘Vale la pena non sentirsi completi?’

C’è solo una persona che, pur essendo piena di no, ha quel piccolo sì dalla sua parte.

Ryan.

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Capitolo 12
*** Author's Room #1 ***



Mi prendo questo spazio che chiamerò Stanza dell'Autore per guardare un  pò dall'esterno quello che sta succedendo.
Pochi giorni fa, diciamo nella notte tra mercoledì e giovedì scorso, ho fatto un sogno.
Era un sogno bello, di quelli che non fai fatica a ricordare.
Era un sogno davvero bello.
Ma soprattutto ero un sogno che mi ha parlato, mi ha fatto capire.
Per questo quel sogno ora si trova qui.
Ho deciso di trasformalo in una storia, ho aggiunto qualche dettaglio ma era praticamente già pronto da solo.

Oggi, dopo nemmeno una settimana, sono all'11esimo capitolo.
Lo so, li ho postati tutti insieme, troppo ravvicinati l'uno con l'altro.
Una scelta sbagliata di marketing ma l'ho fatto perchè ne avevo bisogno.
Non potevo tenere i nuovi capitoli solo per me, nascosti al mondo.
Sarebbe stato come separare dei fratelli.
Insomma non si fa.



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Capitolo 13
*** Author's Room #2 ***


Questa storia è sbagliata.
Questa storia fa schifo.
Questa storia è finita.
Non doveva finire così e invece sì.
Invece finisce, e finisce di merda.
Finisce con lei che sceglie l'amante, lei che sceglie il piacere, lei che sceglie il 10% e molla il 90.
Finisce con lei che sceglie sè stessa.
Finisce di merda, e lo so.

E succede che ormai ho capito coma funziona. Ho capito come funziono io.
Succede che non mi piace il romanticismo sbandierato, non mi piace la smanceria, non mi piace lo zucchero.
Non mi piace quando si trova l'amore e di risposta si mollano tutti gli amici.
Non mi piace.
Mi fa proprio incazzare.
Mi fa incazzare perchè non penso di essere capace.
Di mollare tutto per amore, intendo.
Come si può vivere di soli baci e cioccolato?
Io muoio.

E lo penso adesso soprattutto.
Adesso che mi sono innamorata, per la prima volta in vita mia.
E l'ho capito, che strano.
E mi fa incazzare essere innamorata.
Mi fa incazzare la sensazione di farfalle nello stomaco.
Mi fa incazzare il battito cardiaco che accelera.
Mi fa proprio incazzare.
E ho paura.

Ho paura di finire male.
Ho paura di rimanere senza fiato.
Ho paura di stringere troppo.
Mi fa incazzare avere paura.
Mi fa incazzare essere innamorata.
Mi fa incazzare non averglielo ancora detto.

Mi fa incazzare avere scelto me stessa.

 

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Capitolo 14
*** Author's Room #3 ***


Il tempo cambia le persone.
O perlomeno cambia le prospettive.
E allora cadono le censure, anche le mie.

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Capitolo 15
*** 1 bis ***


"Signorina Evans, mi riassuma in poche parole, diciamo meno di dieci, cosa le è successo qualche mese fa"
"Dottor Pratt, non credo di saperlo fare. E non credo nemmeno di poterlo fare"
"Di cosa ha paura?"
"Non ho paura. E' solo difficile"
"E il fatto che qualcosa sia difficile è un motivo valido per non fare niente?"
"D'accordo allora. Ho tradito il mio fidanzato, bè il mio fidanzato di allora, con un uomo affascinante, arrogante e insipido. Ho confessato il mio errore una sera, la stessa sera in cui avrei ricevuto la proposta di matrimonio che tanto aspettavo. Sono scappata in Australia per tre mesi"
"No."
"No? Come no? E' esattamente quello che ho fatto"
"Ma hai usato troppe parole, quarantasei. Avevo detto meno di dieci. Ci riprovi, coraggio"
"Credo di...insomma sono fuggita di fronte ai problemi, invece di affrontarli, forse"
"Tredici"
"Sono scappata dai problemi e non li ho affrontati"
"Perfetto! Ora la nostra ora di seduta è finita, ci vediamo la settimana prossima! Ah, dimenticavo di non averlo mai detto, bentornata a Londra!"

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Capitolo 16
*** 2 bis ***


È sconvolgente pensare a quanto potere abbia in mano il destino. Come se fosse un bambino che gioca con un macchina telecomandata. Quella macchina non ha nessun arbitrio , nessun tipo di libertà di decisione. Quella macchina è obbligata a fare quello che vuole il bambino. E io mi sento nello stesso identico modo.

Passi una vita credendo di essere una brava persona, costruendo i tuoi valori, seguendo i tuoi principi anche se non sono sempre decisioni facili. Poi arriva un giorno, un giorno totalmente uguale a quello prima, un giorno che potrebbe non significare niente per te oppure tutto. Un giorno incontri un uomo e tutto il tuo mondo cambia. Inesorabilmente.

Sono tornata!

Da quando sono di nuovo a Londra ho vissuto come un fantasma, fingendo di non essermene mai andata e nemmeno mai tornata. Ho ricominciato a lavorare, corro per un ora nel parco quattro volte a settimana, faccio yoga ogni mattina e entro nei negozi di musica, compro un cd a caso, torno a casa e lo ascolto dicendomi ‘ci sarà una canzone che mi piace!’.

La distruzione della mia vita precedente mi ha fatto aprire gli occhi, l’Australia mi ha liberato i polmoni. Mi sto trasferendo. Ho comprato un appartamento nuovo, poco distante dal centro. Ho cambiato colore di capelli. E ho anche ordinato una nuova montatura di occhiali. E adesso sto comprando un nuovo, costosissimo paio di scarpe.

“Sono 578£!”

Un brivido mi scorre lungo la schiena mentre porgo la carta di credito alla commessa che mi fissa con uno sguardo che potrebbe parlare da solo.

Tutta questa storia del cambiare vita sta cominciando a costarmi un tantino, per fortuna domani avrò le chiavi della casa nuova e tutto prenderà forma.

 

“Ciao  nuova vicina!”

La voce squillante di David mi da il benvenuto mentre un sorriso smagliante appare sul suo viso. È il tizio che abita nell’appartamento di fronte al mio, l’ho conosciuto qualche giorno fa mentre firmavo scartoffie per il cambio di residenza. Dopo un paio di chiacchiere si offre di aiutarmi a svuotare i ventisei scatoloni del mio trasloco.

“E questo che diavolo è?” dice tirando fuori da una vecchia scatola un babydoll di pizzo nero.

“Oddio! Hey, molla! Questa non è roba per te!”

“Indossi veramente questa..cosa?” sogghigna trattenendo a stendo una risata.

“Che c’è di strano, scusa? È un semplice articolo di biancheria”

“Non sarai mica una di quelle pazze che ama mettere gli uomini a quattro zampe e frustargli il didietro?”

“Anche se fosse non vedo perché dovrebbe interessarti?”

“Bè un pensierino su di te l’ho anche fatto!”

“No grazie, non ho assolutamente bisogno di un uomo in questo momento”

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Capitolo 17
*** 3 bis ***


“Esemplare bipede maschio a ore nove, sono dieci minuti che guarda nella tua direzione valutando se venire a parlarti o no” sussurra Jacky da dietro il suo cosmopolitan.

Mi volto leggermente cercando di non farmi notare ma non appena incontro due occhi verdi penetranti che mi cercano e mi rincorrono ritraggo lo guardo mentre le guance mi prendono fuoco. Molto carino questo tizio. Davvero niente male. Vestito bene, muscoli al punto giusto che spuntano dalla camicia e un viso che non sfigura con il resto del corpo. Certo, è passato un po’ di tempo dalle sere di rimorchio sfrenato  tipiche del college, devo riacquistare un po’ di smalto.

“Si può sapere che razza di fiuto hai Jacky? Sei una specie di segugia da scapoli o hai un radar da rimorchio incorporato?”

“Niente del genere, solo che quel tipo non ti ha tolto gli occhi di dosso da quando siamo entrate e credo che siano ormai dieci minuti che regolarmente appoggia un piede a terra per venire qua per poi ritrarlo dondolando la testa. Non ci vuole Sherlock Holmes per fare due più due, andiamo!”

“Perché non vai tu da lui?” suggerisce Carly.

“Ma no! Non ho proprio voglia di avere a che fare con un uomo. È troppo presto!”

 “Avanti! Fai vedere che non sei il tipo di donna che aspetta”

“E chi lo dice che non sono una donna che aspetta?”

“Bè, gli ultimi tempo lo suggeriscono un bel po’ tesoro. Lo so che non ne vuoi parlare ma quello che hai fatto è esattamente l’opposto di aspettare!”

“Jacky, per favore non voglio…”

“Sto dicendo che è stata la cosa migliore che potessi fare, Keeky. Ti sei liberata dei pesi morti, tu sei una dominante, amica mia!”

Una dominante. Io sono una che non aspetta. Sono una dominante. E va bene, che dominante sia allora. In un sorso solo finisco quel che resta del mio cocktail, non molto per la verità ma è comunque sufficiente per darmi la carica giusta. A grandi e morbidi passi mi avvicino al bersaglio e non appena gli sono accanto richiamo la sua attenzione con un super sensuale “Ciaaaaaooo”

“Keeky!”

Oh mio dio! Mi conosce. Perché io non lo conosco?

“Ciao.. ehm”

“Sono Mark!”

È Mark! Oh santo cielo stavo per cercare di rimorchiare Mark. Mark il mio compagno di matematica al liceo che mi passava i compiti. Secchione-Mark! Il Mark che aveva provato a baciarmi mentre eravamo in gita con la scuola! Lo stesso Mark a cui avevo mollato un ceffone intimandogli di non provarci mai più!

“Ma è assurdo! Cavolo Mark quasi non ti riconoscevo. Sei cambiato moltissimo dall’ultima volta, sarà stato ancora ai tempi della scuola!”

“Già, anche tu sei cambiata ma sei sempre uno schianto!”

“Non sei niente male nemmeno tu! Ma che sorpresa!”

Secondo dopo secondo noto un cambiamento nella sua espressione, come se l’abbandonasse la sorpresa e lo conquistasse il…come dire, sospetto.

“Scusa ma, se non mi avevi riconosciuto, perché stavi venendo a salutarmi?”

Oh merda.  Pensa Keeky, pensa. Inventa una scusa. Una scusa, una scusa.

“Ma no, non hai capito: ti avevo riconosciuto ma non ricordavo il tuo nome!”

“No invece! Ti ho scoperta: volevi provarci con me!”

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Capitolo 18
*** 4 bis ***


“Ti va di fare sesso con me?”

Come prima reazione Mark ha rischiato di soffocare mandandosi di traverso la birra che stava sorseggiando. Molte grazie per il complimento implicito!

La seconda reazione fu schiaffeggiarsi l’orecchio convinto di avere sentito male.

Ma insomma, cosa dovevo fare? Ero in una pessima posizione, in procinto di cascare in una delle peggiori figuracce della storia e la prima cosa che mi è venuta in mente in grado di distrarlo è stata offrirgli i miei servigi. Ammettiamolo, è l’arma più potente di una donna!

Infatti, la terza reazione di Mark è stata la conferma alla mia teoria. E anche l’unica che mi ha dato soddisfazione: un sorriso malizioso e uno sguardo ammaliante.

La preda ha abboccato all’amo.

E va bene, lo confesso. Non mi dispiace troppo seguirlo in un taxi verso il suo appartamento, lanciando saluti da lontano a Jackie e Carly che mi osservano gongolanti. Se non avessi conosciuto Mark, l’orrido Mark al liceo non avrei avuto nessun freno flirtare con lui. Adesso. Hei, lo so, sembro una persona dannatamente superficiale, ma Mark era davvero, davvero conciato male al liceo. Non sono una persona cattiva.

 

“Mi sembra impossibile averti qui sul mio divano” dice raggiungendomi dalla cucina con due calici di vino rosso in mano. Ha accuratamente sistemato i giornali sparsi sul tavolino in salotto e ha messo in sottofondo della musica. Il suo appartamento è ordinato quasi maniacalmente, ma in fondo è pur sempre un matematico, cioè ingegnere.

“Non credo che tu te ne sia mai accorta ma ho passato tutta l’adolescenza cotto di te”

“Ma dai, non ci credo”

“Vuoi che tiri fuori i diari del liceo?”

“Per l’amor del cielo no!” dico ingurgitando l’intero bicchiere di vino mentre lui sorride divertito.

“Ne vuoi dell’altro?”

“Perché invece non mi fai vedere la camera da letto?” dico avvicinandomi alla sua camicia e cercando di slacciare qualche bottone.

Chiariamo una cosa. Non sono in cerca di un fidanzato. Voglio solo divertirmi, fare sesso con la bella copia di Mark e svignarmela mentre lui dorme. Insomma, se lo possono fare gli uomini, perché io no? Se avere storie di una notte è un comportamento universalmente accettato per gli uomini, perché noi donne dobbiamo sposare ogni uomo col quale vorremmo anche solo trascorrere il weekend?

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