Breakeven. di Rufus (/viewuser.php?uid=110473)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** Author's Room #1 ***
Capitolo 13: *** Author's Room #2 ***
Capitolo 14: *** Author's Room #3 ***
Capitolo 15: *** 1 bis ***
Capitolo 16: *** 2 bis ***
Capitolo 17: *** 3 bis ***
Capitolo 18: *** 4 bis ***
Capitolo 1 *** 1 ***
“Buongiorno
tesoro, sono quasi le 7”
Controvoglia
mi giro su un fianco nascondendomi dalla luce che esce dalla finestra.
“Non
vorrai fare tardi in ufficio”
Un
improvviso gelo ai piedi mi sveglia più di quanto non
vorrei, qualcuno mi ha
appena rubato il piumone.
“Ma
che fai? E dai, lasciami dormire ancora un po’”
dico cercando di riprendermelo.
Non ho aperto gli occhi, sono ancora incollati dal sonno ma sono sicura
che lui
sia già vestito e profumato, con la ventiquattrore in mano e
pronto a salire in
macchina.
“Ti
aspetto giù per fare colazione. Muoviti che il
caffè si fredda”
Caffè?
Ecco una buona scusa per alzarsi. Quest'uomo sa come
prendermi.
Mi trascino fuori dal letto fino in bagno
mentre lo sento canticchiare allegramente dalla cucina. Odio chi
è di buon
umore la mattina presto.
“Tom,
ti prego stai zitto” borbotto mentre mi siede accanto a lui,
soltanto quindici
minuti dopo.
“Che
ho fatto?” farfuglia addentando un pezzo di fetta biscottata
impregnata di
burro e marmellata.
“Ti
prego, lo sai che è un momento difficile la mattina. Almeno
fino al secondo
caffè”
Lui
sorride, si alza e mi da un bacio in fronte che profuma di albicocca.
“Ti
amo, ci vediamo stasera. Probabilmente farò un po’
tardi”
“Ma
come? Oggi è il nostro anniversario. Volevo andare fuori a
cena”
“Vediamo
dai. Scappo che devo incontrare un nuovo cliente”
Vediamo,
come se non sapessi che ' vediamo ' con lui vuol dire no. Resto
lì a fissarlo
mentre si infila il giubbotto e afferra le chiavi della macchina, poi
si gira,
mi manda un bacio e se ne va.
Un’ora
e mezza più tardi sono seduta nel mio ufficio e fissare il
parco che si vede
dalla finestra mordicchiando il tappo della mia penna.
“Amanda,
a che ora c’è l’incontro con
Roger?” chiedo nell’interfono alla mia segretaria
ma come risposta ho solo un tonfo gracchiante.
“Amanda?
Tutto bene?”
Silenzio
assoluto. Perfetto, l’interfono si è rotta
un’altra volta.
La
raggiungo alla sua scrivania trovandola indaffarata con alcuni ordini
di
cancelleria.
“Lo
stramaledetto interfono non funziona ancora, chiama i tecnici e
digliene
quattro Amanda!”
“Oh
buongiorno Keeky. Come hai detto, l’interfono? Oh certo lo
faccio subito”
“Bene,
comunque volevo sapere a che ora arriva Roger oggi. Mi sono dimenticata
di
segnarlo in agenda”
“Hem,
fammi controllare…alle 10!” dice smanettando al
computer per qualche secondo.
Mi
lascio sfuggire un “Che palle”, forse un
po’ troppo convinto a giudicare dall’espressione
imbarazzata di Amanda.
“Scusami,
è che oggi sono un po’ nervosa”
“Problemi
con Tom?”
Infondo
Amanda è anche un amica oltre che una segretaria, posso
permettermi quattro
chiacchiere con lei.
“Si.
Come al solito. Oggi volevo passare la serata con lui ma sembra che
abbia molto
da lavorare e quindi si passa anche questa volta”
“Pensi
che si stia allontanando da te?”
“Non lo so, infondo stiamo insieme da
ormai 5 anni, è normale che le cose
diventino quasi un’abitudine però mi sento
distante da lui in questo periodo. Insomma,
lo amo ancora, è solo diverso credo.”
“Vedrai
che è solo un periodo difficile, state lavorando duramente
entrambi, siete solo
stanchi”
Già,
a proposito di lavorare, meglio che finisca il progetto per la Global
Science
prima che arrivi il capo e mi trovi a chiacchierare invece di portare a
termine
i compiti che mi assegna.
Torno
nel mio ufficio e
dopo nemmeno una decina
di minuti la mia porta si apre sbattendo contro il muro e mi trovo
l’imponente
figura di Roger davanti. Possibile che siano già le dieci?
“Buongiorno
capo. È arrivato prima del solito oggi?”
“Signorina
Evans, venga nel mio ufficio, ho una notizia da darle”
Lo
seguo in silenzio, senza sapere cosa aspettarmi. In fondo non ha detto
né una
buona, né una cattiva notizia. Soltanto una notizia.
Mi
siedo in una delle due enormi poltrone nel suo ufficio e lo osservo
accendersi
un sigaro.
“Conosce
il signor Thomas Green?” Oh cielo , come conosce il mio
fidanzato?
“Hem,
si lo conosco. Perché?”
“So che c’è un buon
rapporto tra di voi, insomma, un rapporto intimo”
“Effettivamente è il mio
fidanzato signor Carter. Non vedo come questo possa
centrare con..”
“Mi
lasci finire signorina Evans. Le chiedevo del signor Green in quanto
proprio
questa mattina abbiamo firmato per una collaborazione con la
Mill’s&Lee’s,
i dettagli del contratto le verranno forniti dalla mia segretaria nel
pomeriggio, e si da
il caso che abbiano richiesto l’architetto migliore della
Lobster, che si dice
essere proprio il signor Green. Lavorerete insieme per i prossimi mesi.
Spero che
non sia un problema”
Lavorerò
con Tom? Oh mio dio, ma è fantastico! Non vedo
l’ora, ho sempre sperato che
questo giorno arrivasse. Insieme faremo grandi cose. Il miglior
architetto di
Londra in collaborazione con l’agenzia di grafica migliore
dell’intera
Inghilterra, e più in particolare me, nonché sua
fidanzata. È semplicemente
meraviglioso.
“No,
certo che no. Sarà un’occasione d’oro
per portarci il lavoro anche a casa”
Non
che già così che ne sia poco di lavoro da portare
a casa ma almeno sarà una
scusa per passare più tempo insieme.
“Perfetto.
Allora nel pomeriggio le farò avere i dettagli e
può già cominciare a
contattare il signor Green e il signor Mill per organizzare un incontro
preliminare a cui di certo non mancherò. È una
grande opportunità per la nostra
azienda. La Mill’s &Lee’s è un
colosso che si occupa della maggior
parte degli affari esteri, non dobbiamo fare brutta figura!”
“E non la
faremo, signor Carter. Non la faremo”
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Capitolo 2 *** 2 ***
"Amore, ma tu
lo sapevi? Sono così contenta, nemmeno te lo immagini"
"Sono contento anche io Keeky. Davvero"
"Senti tu, non provare nemmeno a non esserci
stasera. Io e te andiamo
fuori a cena, abbiamo troppe cose da festeggiare. Mi hai capito?"
"Non lo so tesoro. Ho molto lavoro da fare. Senti
ora devo andare. Faccio
il possibile per arrivare a casa non troppo tardi ok?"
"E va bene. Sei il solito rompipalle
però"
"Ti amo. Lo sai vero?"
"Si, ti amo che io. Ciao"
Riattacco il
telefono con un pò di amaro in bocca. Mi aspettavo una
reazione un po’ più
calda però ormai conosco quel vecchio orso del mio ragazzo,
so che non si
lascia andare molto in fatto di emozioni.
Io
invece ho subito dimenticato il malumore mattiniero e sono ormai ore
che
saltello e cinguetto per l’ufficio come una cinciallegra. E penso che
continuerò a saltellare e a cinguettare
anche al bar dove sto andando per pranzo. Non vedo l’ora di
raccontare tutto
alle mie amiche, prontamente avvisate per mail.
“Kee,
dimmi tutto. Cos’è questa
novità?”
“Non
dirmi che finalmente ti ha chiesto di sposarlo”
Oh.
“No
Jackie, non mi ha chiesto di sposarlo. Ma è una bella
notizia comunque.”
“Allora
cosa aspetti parla!” dice Carly senza trattenere
l’entusiasmo.
“Nessuna
notizia che non sia una proposta di matrimonio è
buona”
“Jackie
ma chi sei? Mia madre?”
“Keeky tesoro, state insieme da anni,
credo che sia arrivato il momento di un
bel trilogy no? E non dire che non lo vorresti”
“Non lo dico infatti, solo che Tom non
è della stessa idea visto che ancora non
mi ha chiesto niente”
“Ragazze,
non cambiate discorso. Io voglio sapere la novità”
“Ok.
Ve la dico allora. Pronte? Io e Tom lavoreremo insieme per la
Mill’s&Lee’s”
Chiudo
gli occhi in attesa di urla e gridolini di felicità. Ma non
succede niente. Silenzio.
Apro
un occhio e le vedo che mi fissano perplesse.
“Ragazze?
Avete capito? Lavoreremo insieme” dico sorridendo come una
bambina.
Nessuna
reazione.
“Perché
non siete contente come lo sono io?”
La
prima a parlare è Jackie. “Oh tesoro, noi siamo
contente.”
“Si
vede” dico sarcastica.
“E’
solo che pensavo che dovessi dirci che sei incita”
“La
volete piantare? Io ho solo ventisei anni, non voglio avere un figlio
ora! Voglio
sposare Tom, è vero, ma solo se lo vuole anche lui e
comunque questi non sono
affari vostri. Io volevo solo festeggiare! “
“Ok.
Basta. Ha ragione. Sono affari loro! Prendiamo un cosmopolitan,
brindiamo alla
Mill’s&Lee’s e dimentichiamo matrimoni e
bambini!”
“Siete
due pazze. Questa devo raccontarla a Tom. Riderà come un
matto quando gli dirò
che pensavate che fossi incinta!”
Già
rido sotto i baffi, ma a quanto pare sono l’unica.
“E
perché dovrebbe ridere? Non lo potresti essere davvero?
Guarda che i
preservativi si rompono a volte e la pillola la si dimentica
facilmente!”
“Beh,
è da un po’ che non…si insomma
ultimamente non abbiamo più fatto…”
“Ci
stai dicendo che non scopate?”
“No! Non è che non facciamo
sesso, ne facciamo poco”
“Scusa
quando l’avete fatto l’ultima volta? Il sesso
è importantissimo in una
relazione!”
“Ma
non lo so, un mese fa suppongo.”
“Scusa?”
“Voi
siete matti. Ma come fate a non scopare per un mese?”
“Solo perché è
stato via per lavoro, è un periodo intenso e quando torna a
casa
è sempre stanco”
“Oggi. Stasera. Vai a casa e scopa!
Tesoro, devi scopare! Assolutamente. È anche
il vostro anniversario. Dovete scopare!”
“Jackie ma ti senti quando
parli?”
“Va
bene allora te lo dico io – si intromette Carly –
fai l’amore con il tuo uomo! Va
bene così?”
“Ma
certo che lo faccio! Oh ragazze, ho finito la pausa. Devo tornare in
ufficio. Grazie
per la chiacchierata del tutto sobria e softcore! Ci vediamo
domani”
Le
abbraccio, pago da bere e raccolgo borsa e cappotto.
Mentre
cammino verso il mio ufficio non posso fare a meno di pensare che
è davvero un
mese che non passiamo una serata solo io e Tom. Forse anche di
più. Questa sera
voglio assolutamente averlo mio. Non si discute.
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Capitolo 3 *** 3 ***
Il
resto della giornata la passo lavorando di buon lena, finisco tutti i
progetti
ancora aperti che ho in modo da occuparmi esclusivamente della
Mill’s&Lee’s. Non vedo l’ora di
cominciare questo nuovo progetto.
“Amanda,
potresti procurarmi il numero di telefono del signor...”
Non
faccio in tempo a finire la frase che Amanda bussa alla porta, con in
mano un
mazzo di fiori.
“Sono
arrivati questi per te Keeky” dice posandoli sulla mia
scrivania.
Fiori
per me? Saranno anni che non ne ricevo. Tom deve essersi reso conto di
essere
stato un fidanzato un po’ assente ultimamente e vuole farsi
perdonare. Sono
quasi commossa da questo gesto.
“Che
tesoro Tom, mettili pure nel vaso Amanda”
“Oh
no, non li manda Tom”
“Cosa?
E chi li manda allora?” dico senza nascondere la delusione
nella mia voce.
“Sul
bigliettino c’è scritto ‘Non vedo
l’ora di stasera. Ryan’. Una nuova
fiamma?”
“Ma
chi caspita è questo Ryan?” dico afferrando il
bigliettino dalle mani di
Amanda.
L’unico
Ryan che conosco è il figlio della vicina di casa dei miei
genitori ma dovrebbe
avere 12 anni e non credo mandi già fiori alle
ragazze. Oppure c’è il Ryan della
pizzeria da asporto ma ho sempre pensato fosse gay. E poi cosa deve
fare
stasera? Con me?
“Credo
che abbiano sbagliato a mandarli. Tienili pure tu Amanda - dico
riconsegnandole
l’intero mazzo – e poi potresti contattare il
signor Mill, devo organizzare un
incontro preliminare.”
Pochi
istanti dopo sono al telefono con
Sheryl, la segretaria tutto fare della
Mill’s&Lee’s cercando di
trovare un modo per parlare di persona con il signor Impegnato-Mill.
Tutto
quello che ottengo è un indirizzo email. E va bene. Non
partiamo con il piede
giusto ma almeno partiamo.
A: r.mill@millsandlees.com
Da:
keekyevans@lartgal.com
Oggetto: Buonasera signor Mill
Oggetto: Caro signor Mill
Oggetto: Signor Mill
Perfetto
non so nemmeno da che parte cominciare. Come si saluta un finanziere
famoso in
tutto il mondo?
“Amanda!
Scrivi una mail a questo indirizzo e
cerca di contattare il signor Mill. Grazie!”
Grazie
a Dio esistono le segretarie! Io ho assoluto bisogno di un
caffè.
Appena
rientro in ufficio la spia gialla dell’interfono si accende e
la voce di Amanda
mi avvisa di una telefonata per me.
“Chi
è?”
“Il
signor Mill”
Oh
cielo. Ok, ce la posso fare. Respira Keeky.
Respira e prendi la cornetta del telefono.
“Bene,
passamelo sulla 1”
Il
telefono emette un segnale acustico e poco dopo una voce calda riempie
la stanza.
“Buonasera
signorina Evans. So che ha cercato di contattarmi in ufficio ma
purtroppo sono
stato fuori tutto il giorno per affari e non sono riuscito a
presentarmi. Mi scuso.”
“Buonasera
signor Mill. Non si preoccupi, l’importante è
riuscire a parlare con lei ora.”
“Ha
ricevuto i miei fiori?”
“Come?
Fiori?”
“Si
le ho mandato un mazzo di gigli questo pomeriggio. Non le sono
arrivati? Dovrò
licenziare la mia segretaria, è
un
incompetente! Travis, ricordami di rivedere il contratto di
Sheryl!”
“Oh no! No! Li ho ricevuti i fiori.
Grazie mille. Non doveva disturbarsi”
“Oh
bene, si figuri. Trav, fermati. Non serve più.”
“Posso
chiederle a cosa si riferiva con il suo bigliettino?”
“Bè
mi sembra ovvio. Esattamente quello che le ho scritto”
“Mi
scusi ma forse non sono stata informata di qualcosa. Cosa succede
stasera?”
“Prego?”
“Nel bigliettino lei ha scritto che non
vede l’ora di stasera, per cosa
esattamente?”
“Oh.
Travis! Licenzia quella scellerata di Sheryl. Mi scusi signorina Evans,
temo
che ci sia stato uno scambio. Il bigliettino che ha ricevuto era
destinato ad
un’altra persona, mia moglie, mentre lei avrebbe dovuto
leggere ‘spero che
lavoreremo bene insieme’. Potrà
perdonarmi?”
“Oh ma certo. Non lo deve nemmeno
chiedere.”
“Quando
pensa che ci potremo incontrare per definire le prime linee del
progetto?”
“In
ogni momento che vuole. Io e il signor Carter saremo lieti di
incontrarli in
qualsiasi momento lei crede”
“Chi
è il signor Carter? Io avevo chiesto l’architetto
Green”
“Il signor Carter è il
direttore della galleria, è il mio capo e ha chiesto di
partecipare alla riunione per aiutarci a..”
“Stronzate!
Ho già discusso con il mio consiglio di amministrazione,
domani parlerò con il
signor Green e presto anche con lei, non ho bisogno di altre
persone.”
“Come
preferisce”
“Senta,
se non sbaglio il suo ufficio si trova vicino a Warwick Street
giusto?”
“Precisamente”
“Che
ne dice se passo da lei, diciamo fra 5 minuti? Sono nelle vicinanze con
la
macchina, in questo modo potremo abbreviare i tempi per il lancio del
progetto”
“Fra 5 minuti?”
“Se
preferisce un altro giorno dica lei ma vorrei chiudere in fretta le
formalità”
“No, va benissimo oggi. La aspetto
allora..
Ha
riattaccato. Questi uomini d’affari, non hanno nemmeno il
tempo di salutare.
Bene,
sarà qui fra 5 minuti.
Oh
cazzo.
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Capitolo 4 *** 4 ***
Oh
santa miseria. Il signor Troppo-impegnato-per-salutare-Mill
sarà qui a momenti.
Corro in bagno in preda ad uno pseudo panico e mi sistemo il trucco e i capelli. Non posso
fare a meno di notare
i fiori blu sulla finestra. Sono orribili.
Perché
non ho messo il tailleur di Armani? Avrei fatto una figura molto
più
professionale con quello, e invece no. Indosso una gonna a matita nera
e una
camicia rossa che ora sembra più trasparente del normale.
Sembrerò la perfetta
sgualdrina e annullerà tutto non appena mi vedrà.
Ne sono sicura. Oh no. Devo assolutamente
cambiare le scarpe, per fortuna ne tengo sempre un paio di scorta in
ufficio. Non
si sa mai quando una donna possa aver bisogno di un paio di
decollete nere nuove.
Mi fiondo in ufficio passando davanti alla scrivania di Amanda che mi
guarda
allibita. Indossa
una giacca a fiori . Perché
deve essere vestita male anche la mia segretaria?
Fiori.
Fiori. Basta fiori.
Frugo
nell’armadietto in cerca delle scarpe e le trovo in un
vecchio sacchetto,
ancora impacchettate in una scatola con dei papaveri.
Oh
mio dio!
I
fiori! I fiori che mi ha mandato! Dove sono? Cazzo. Devo trovarli
“Amanda,
dove hai messo i gigli che sono arrivati pomeriggio?”
“Li
ho buttati”
“Cosa?
No! Perché l’hai fatto? No!”
“Tu
non li volevi. E poi io sono allergica ai gigli! Che problema
hai?”
“Quei fiori li ha mandati il signor
Mill!”
“Lo stesso signor Mill che sta arrivando?
Lo stesso signor Mill che ha appena
citofonato giù in reception? Lo stesso signor Mill che sta
salendo in ascensore”
Cazzo.
Cazzo. Cazzissimo.
“Buonasera
signor Mill. Lieta di conoscerla!”
Un
uomo distinto, fisico asciutto ma non troppo magro, diciamo sui 30, 35
anni al
massimo. Moro. Occhi scuri. Sul suo viso spunta una barba di qualche
giorno e
dei leggeri baffi. E ha le occhiaie. Anche gli uomini
d’affari devono
combattere le occhiaie. Ha la pelle leggermente abbronzata, come se
avesse
passato il weekend a prendere il sole in giardino. Assurdo.
Indossa
un completo nero, camicia bianca e cravatta nera. Sembra perfetto su di
lui,
deve essere stato
confezionato su
misura. Rimango a
fissarlo per qualche
secondo mentre mi viene incontro, completamente rapita dalla sua
figura. Ne sono
quasi attratta.
Dietro
di lui c’è un ragazzo, più giovane
sicuramente. Vestito con lo stesso completo
nero ma sul suo fisico non fa per niente la stessa figura. Tiene in
mano una
ventiquattrore aperta e cerca di estrarre diversi fogli volanti con non
poche
difficoltà.
“Signorina
Evans, che piacere. Perdoni il ritardo”
Ritardo?
Ma se non saranno passati tre minuti da quando ho riattaccato il
telefono?
“Si
figuri. Prego, vogliamo accomodarci nel mio ufficio?” dico
indicando la porta
rossa ma lui si è già girato a parlare con il
ragazzo.
“Travis,
mentre sistemo questa faccenda potresti fare quelle telefonate che ti
avevo
chiesto? Grazie. Ti giuro che per oggi è l’ultima,
poi ti lascio andare a casa”
Dai,
è anche gentile con il suo schiavetto.
“Bene,
andiamo nel suo ufficio? La seguo”
Non
faccio in tempo a fare un passo che già
qualcos’altro rapisce la sua
attenzione.
“Questa
tela è una meraviglia, di chi è?” dice
ammirando un quadro appeso nel
corridoio.
Non
riesco a credere che me lo abbia appena chiesto. Chi è che
non conosce Van
Gogh?
“Oh,
quella è una copia della notte stellata di Van
Gogh”
“Dal
suo tono acido devo intuire che sia abbastanza famoso, deve perdonarmi
ma non
ho tempo per l’arte. È per questo che ho assunto
lei”
Cazzo,
ma legge anche nel pensiero?
Con
le guance arrossate per l’imbarazzo mi dirigo a passo deciso
nel mio ufficio
senza nemmeno aspettare che mi segua. Pochi secondi dopo mi raggiunge,
quando
ormai io sono seduta comodamente sulla mia poltrona e ho già
tutto il materiale
che mi ha fatto avere Roger ordinatamente disposto sulla scrivania.
Si
siede guardandosi intorno, sicuramente noterà che non ho i
suoi fiori in giro
ma non mi importa.
Passiamo
le tre ore successive a parlare del suo progetto che è
davvero enorme. Vuole costruire
un palazzo di vetro e noi dobbiamo arredarlo, decorarlo e
pubblicizzarlo sia su
cartaceo che su internet. Sarà un progetto che
occuperà mesi.
Mi
sembra passato un secolo quando finalmente mette via tutti i fogli e
chiama il
suo assistente per andare a casa. Guardo di sfuggita
l’orologio e non credo ai
miei occhi quando vedo che segna le 20.30.
Penso
a Tom che sarà a casa chiedendosi dove sia finita, o forse
no. Forse è ancora
in ufficio, altrimenti mi avrebbe chiamato. Vero?
“Non
si può certo dire che sia un esperto di pittura ma sono
più che sicuro che
quello che ha appeso alle sue spalle non sia un Van Gogh, di chi
è?”
La
voce del signor Mill mi riporta in ufficio, lo vedo fissare una tela di
colori
caldi appesa sul muro.
“A dire il vero quello l’ho
dipinto io” dico leggermente in imbarazzo.
“E’
splendida, davvero. Complimenti.”
Sorrido
sperando che l’oggetto di conversazione torni rapidamente al
lavoro.
“Bè
devo dire che mi sono trattenuto fin troppo oltre l’orario di
lavoro. Mi scusi
ma mi sono lasciato trascinare. È stato un piacere
conoscerla, sono certo che
lavoreremo benissimo insieme. Conto su di lei per tutta la questione
grafica,
che so non essere di ridotte dimensioni.”
“Ha fatto piacere anche a me conoscerla,
e devo dire onestamente che sono
rimasta affascinata da tutta l’idea del suo progetto. Ne sono
entusiasta signor
Mill.”
“Oh
la prego, mi chiami Ryan. Vorrei che ci fosse una certa confidenza tra
di noi,
nei prossimi mesi ci vedremo spesso e non credo sia saggio perdersi nei
formalismi”
“Certamente,
allora per lei sarò semplicemente Keeky”
“Keeky,
ha un nome ammaliante come il suo profumo”
“Basta
formalismi hai detto”
“Giusto,
allora ciao Keeky. Ti auguro buona serata.”
“A
lei signor Mill, volevo dire Ryan”
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Capitolo 5 *** 5 ***
“Amore,
sei a casa?”
“Keeky,
si può sapere dove sei stata?”
Tom
mi viene incontro a passo spedito. Indossa una camicia blu, una
cravatta gialla
che di certo non gli ho regalato io e sono più che sicura
che non siano gli
stessi abiti che indossava questa mattina. In mano tiene un guanto da
forno.
Oh
no.
“Amore,
cosa..?”
“Sono
uscito dal lavoro prima, per te. È tutto il giorno che mi
stressi con sta
storia che dobbiamo festeggiare e che è il nostro
anniversario. E io mi sento
in colpa. E allora prendo due ore di permesso, torno a casa sperando di
trovarti ma no, non ci sei. Allora decido di farti una sorpresa, ho
preso
un’aragosta per cena, ho apparecchiato la tavola e ho tirato
fuori una
bottiglia di vino da 120 sterline pensando che saresti arrivata,
saresti stata
sorpresa e avremmo passato la serata insieme. Pensa, speravo pure che
avremmo
fatto l’amore. Ma no, la mia fidanzata non è
arrivata. Dopo tutto il giorno che
si lamenta non è arrivata, e io ho cucinato. Io! Ci credi
che io ho cucinato? E
allora mi domando, dove cazzo è la mia fidanzata? Dove cazzo
è stata?”
“Tom,
mi dispiace, ero in ufficio. Ho avuto una riunione improvvisa”
“Si
fanculo” dice lanciando a terra il guanto da forno e correndo
su per le scale.
Entro
in casa con il morale sotto le scarpe e vedo la tavola tutta
apparecchiata, con
due candele accese ormai quasi finite. Mi sento uno schifo.
Sono
quasi le 10 e non ho nessuna voglia di litigare. Spengo le candele,
metto in
frigo l’aragosta e vado in camera. Lo trovo sdraiato sul
letto a pancia in su,
a guardare il soffitto. Mi vede entrare e mi ignora.
“Mi
dispiace Tom”
L’unica
risposta che ho da lui è uno sbadiglio prima di girarsi su
un fianco.
“Vado
a far la doccia”
I
dieci minuti sotto l’acqua corrente mi fanno
l’effetto di una vacanza. Mi
rilasso e rifletto. Su tutto.
Quando
esco dal bagno lo trovo ancora sdraiato sul letto a fissare il
soffitto. Ha
tolto la cravatta e ha sbottonato la camicia. Penso alle parole di
Jackie e
Carly ma non credo sia proprio il momento per quel tipo di approccio.
Mi sdraio
accanto a lui, accoccolandomi vicino al suo petto ma lui si
irrigidisce. Non mi
vuole.
“Grazie
–sussurro – grazie per averci pensato. E scusami.
Ti amo”
Ancora
nessuna reazione. Così ci rinuncio, mi giro
dall’altra parte in attesa di
addormentarmi.
La
mattina dopo mi sveglio prima del suono della sveglia. E la spengo. Mi
giro
verso Tom e lo trovo nella stessa posizione in cui lo avevo lasciato,
ancora
con i vestiti addosso. Resto a fissarlo per qualche minuto. Poi non
resisto e
mi abbraccio a lui. Si sveglia. E mi restituisce l’abbraccio.
“Scusa
per la scenata di ieri sera”
“Scusa
tu”
“Ti
amo Keeky, ti amo da morire”
“Facciamo
l’amore, ti prego”
Mi
prende il viso tra le mani e mi bacia con passione. Mi porta sopra di
lui e mi
spoglia lentamente. Io faccio lo stesso. Sento il suo desiderio
crescere con il
mio. Mi è mancato così tanto. Sento che mi vuole,
mi vuole di nuovo. E io
voglio lui, da impazzire. “Buon anniversario” mi
sussurra prima di venire.
Facciamo
l’amore tre volte, ognuna delle tre come se fosse
l’ultima.
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Capitolo 6 *** 6 ***
La
giornata in ufficio passa veloce, quando si è di buon umore
è tutto più bello.
Lavoro al grande progetto Mill e non faccio nessuna fatica. Mi sento
leggera,
mi sento di nuovo felice. Che abbia ragione Jackie? Il sesso
può tutto in una
relazione. E può sicuramente aggiustare un mese difficile.
Per
pranzo ordino cinese per me e per Amanda e lo faccio portare
direttamente in
ufficio. Quando arriva il ragazzo delle consegne Amanda ha
già apparecchiato il tavolino in sala relax. Passiamo
la nostra ora di pausa chiacchierando di cose da ragazze, vestiti,
trucchi,
parrucchieri e anche fidanzati.
Nel
pomeriggio chiamo a rapporto tutta la mia squadra per spiegare
dell’incontro
con Ryan Mill e cominciare a mettere giù le prime idee da
proporgli. Arrivano tutti puntuali. Sono entusiasti come me ma
proprio mentre sto per mostrare loro i pochi appunti che
ho Amanda entra in sala riunioni avvisandomi di avere una telefonata in
attesa.
“Keeky Evans,
London Art Gallery, con chi parlo?”
“Salve
Keeky, sono Ryan. Ho appena finito di pranzare con Tomas Green e volevo
farle
sapere che abbiamo approvato insieme già 20 progetti. Le
farò avere al più
presto i cartonati”
“E’
perfetto, stavo giusto informando i miei collaboratori dei dettagli,
ero in
riunione proprio ora”
“Ora?
Non le dispiace se la raggiungo? Mi piacerebbe conoscere i proprietari
delle
mani che lavorano per lei e poi avrei alcuni dettagli da discutere con
lei
personalmente”
“Certamente. Sa dove mi trova
ormai”
“Bene, a presto allora”
Ancora
più rapidamente dell’ultima volta Ryan Mill si
presenta nel mio ufficio con il
solito completo su misura e il solito assistente impacciato. Osserva
silenziosamente per tutta la riunione con i collaboratori, senza dire
niente più
di ‘Sono Ryan Mill e sono quello che vi pagherà
nei prossimi mesi’.
Dopo
poco più di un’ora ognuno è stato
perfettamente informato dei proprio compiti e
di tutti i particolari. Siamo davvero pronti a cominciare.
“Hem,
signorina Evans, le dispiace concedermi due minuti ancora, in privato
possibilmente” dice dirigendosi con passo sicuro verso il mio
ufficio.
Non
appena restiamo da soli avverto una strana sensazione sulla pelle, come
se la
temperatura fosse improvvisamente salita. Se ne sta in piedi, osserva
fuori
dalla finestra in silenzio e io sono a disagio.
“C’è
qualcosa di cui mi vuole parlare signor Mill?”
“Credevo fossimo d’accordo per
un approccio più diretto Keeky. Ad ogni modo si,
c’è qualcosa di cui vorrei parlarle signorina
Evans” dice sottolineando la
differenza di confidenza.
“Prego,
la ascolto” dico mentre un brivido mi attraversa la schiena.
Non
so cosa stia succedendo. Non riesco a distogliere lo sguardo dal suo
viso e sento
che per lui è lo stesso.
Le
gambe quasi non mi reggono in piedi. Lui non dice niente, se ne sta in
silenzio
a fissarmi.
Poi
d’un tratto raccoglie la sua ventiquattrore da terra e la
poggia sulla
scrivania per aprirla. Ne tira fuori un lucido e mi invita ad
avvicinarmi per
osservarlo. Cammino lentamente verso di lui. Ad ogni passo la
temperatura
aumenta di un centinaio di gradi. Mi sento ribollire dentro.
Lo
raggiungo e noto che nella sua valigetta ce ne sono parecchi di lucidi
simili,
probabilmente tutti da studiare. Mi indica un particolare chiedendomi
un’opinione.
Non riesco a dire nulla. Non posso smettere di osservarlo con la coda
dell’occhio.
Non ho più il controllo del mio corpo.
Lui
lascia ricadere il lucido mentre si volta verso di me. Mi prende una
mano. Mi tira
a sé. Sono tra le sue braccia. Inerme. Incapace di qualsiasi
reazione. Lentamente
poggia le sue labbra sulle mie. Ma non appena cerca di affondare di
più
qualcuno bussa alla porta.
D’improvviso
entrambi torniamo nel mondo reale, ci lasciamo andare allontanandoci di
qualche
metro, la temperatura crolla, fa quasi freddo.
Amanda
entra nella stanza informando il signor Mill che la sua macchina
è pronta nel
parcheggio, poi se ne va lasciandoci soli di nuovi.
Nessuno
dei due parla. Nessuno dei due sa cosa dire. Nessuno dei due sa cosa
sarebbe
successo.
“Bene,
suppongo che…bè analizzeremo questi lucidi in
un’altra occasione signorina
Evans. Arrivederci”
Esce dal mio ufficio, lasciandomi lì con
l’espressione di chi non sa cosa dire
nemmeno al muro.
Quando
torno a casa Tom non è ancora rientrato così
decido di ricambiare la sorpresa
di ieri sera, sperando non mi copi il finale. Riscaldo
l’aragosta e preparo
tutto così come aveva fatto lui. Mi infilo in un vestito
sexy e mi sistemo i
capelli appena in tempo per il suo rientro.
“Wow
- sono le uniche parole che riesce a dire quando mi vede –
ragazzi che gnocca
che sei!”
Mi
viene vicino e mi bacia. Forse potremmo saltare la cena e arrivare al
dolce. Quello
che è successo, o meglio quello che per fortuna non
è successo con Ryan Mill mi
fa solo avere più voglia di Tom. Mi stringe a se e io gli
accarezzo il petto.
Mi avvicino lentamente alla sua cintura quando lui si ritrae per andare
a
sedere a tavola. Oh va bene, mangiamo prima.
“Ho
una fame, oggi ho saltato il pranzo per incontrare quel tipo, Ryan Mill
“
“L’hai
conosciuto anche tu?” dico senza nascondere un brivido nel
sentirlo pronunciare
il suo nome.
“E’
un tipo tosto, che sa come giocare le sue carte. Non mi stupisce che
sia
arrivato tanto in alto già alla sua
età”
“Quanti anni ha?”
“32,
non sembra vero? Io lo facevo più giovane”
Parliamo
parecchio di Ryan Mill, diciamo che non abbiamo altro argomento per
stasera.
Qualsiasi cosa chieda per sviare, Tom riesce a riportare
l’argomento su di lui.
"Quando viene tua madre a
trovarci?"
“Keeky,
amore, non ci crederai mai. Non ti ho ancora detto la cosa
più pazzesca di
tutte. Quando ho incontrato Ryan a pranzo ho avuto la sensazione di
averlo già
conosciuto. E infatti avevo ragione, nel pomeriggio mi telefona e mi
chiede se
per caso non avessi frequentato le superiori ad Oxshott. Sai cosa ne
è venuto
fuori? Che eravamo compagni al liceo. Eravamo nello stesso corso di
economia.
Incredibile!”
“Ma
dai, che coincidenza”
“Davvero,
non è assurda la vita a volte -
dice
prima di allontanarsi verso la sua giacca squillante –
pronto? Ally, sei tu?”
Torna
qualche minuto dopo, si siede accanto a me sul divano e mi abbraccia.
Così
cerco di riprendere da dove avevo lasciato, scorro con le mani sul suo
petto avvicinando
le labbra al suo collo.
“Amore,
sai chi era al telefono?”
Ma
hey, ti stai accorgendo che sto provando a fare sesso con te?
“Chi
era?” chiedo con scarso interesse.
“Ally.
La moglie di Ryan. C’era anche lei in corso con noi,
è così che si sono conosciuti”
Oh
bene, così adesso c’è anche lei nel
fantastico ricordo dei tempi del liceo.
“Senti
non possiamo smettere di parlare di quello là e concentrarci
un po’ su noi due?”
dico prendendogli di mano il Blackberry.
Comincio a sbottonargli la camicia,
poi penso alla cerniera dal mio vestito e lentamente me lo sfilo
rimanendo in
biancheria intima. Lui ne è come ipnotizzato. Mi siedo sulle
sue gambe cercando
di sfilargli la cintura dai pantaloni ma
una mano mi ferma.
“Amore, l’abbiamo
già fatto stamattina. Tre volte”
“E allora? Non c’è
mica un limite” dico cercando di azzittirlo con un bacio ma
lui mi spinge sul divano cercando di alzarsi.
“Sono
stanco. Non riuscirei a farlo un’altra volta. Vado a dormire
tesoro. Buonanotte”
Si
riprende il cellulare e si allontana salendo le scale.
Io
sono sconcertata. Non riesco a credere a cosa sia appena successo.
Prima di
raggiungerlo a letto non posso fare a meno di maledirmi per il pensiero
che mi
ha appena attraversato la mente.
Fanculo.
Ryan Mill non avrebbe mai detto ‘non riuscirei a farlo
un’altra volta’.
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Capitolo 7 *** 7 ***
“Amanda,
sai dove diavolo sono finiti i resoconti della
Mill’s&Lee’s? E’ tutta
mattina che li cerco”
“No
Keeky, non li ho proprio visti da ieri sera”
“E
dove si trovavano ieri sera?”
“Nella tua borsa. Li hai portati a casa,
non ricordi?”
Si, giusto, li ho portati a casa per mostrarli a
Tom. Anche se poi Tom ha avuto
di meglio da fare che considerare me. Devo ammettere di essere quasi
offesa per
il rifiuto di ieri sera. Ma quel che mi preme ora è
ritrovare quei fottutissimi
resoconti.
Il
suono del mio Blackberry mi interrompe dalla ricerca. È Tom.
Vai al diavolo
anche tu. Chiudo la telefonata e riprendo a rovistare tra i mille fogli
sparsi
per l’ufficio.
Dopo
poco il Blackberry ricomincia a suonare. Cazzo Tom, non ho tempo. Non
appena poggio
il telefono il cercapersone comincia a vibrare. E il cellulare dopo
pochi
secondi. E va bene. Che diamine ci sarà di così
urgente accidenti?
“Pronto
Tom?”
“Hey
ciao, come va?”
“Male
Tom, ho da fare. Dimmi cosa c’è?”
“E’
un brutto momento?”
“Si Tom, è un fottuto brutto
momento”
“Ok allora ti lascio andare, volevo solo
dirti che stamattina ho preso per sbaglio
i tuoi resoconti per la Mill’s&Lee’s. Li ho
io allo studio. Te lo dico
giusto nel caso li stessi cercando”
“Cazzo,
si che li stavo cercando. Non puoi portarmeli?”
“Eh
no tesoro, non posso muovermi. Sto lavorando”
“Si
Tom, anche io sto lavorando. Anzi no, io vorrei lavorare se solo avessi
i miei
resoconti”
“Non
puoi mandare Amanda a prenderli?”
“Amanda non è la mia schiava
ok? Verrò io, tra mezz’ora sono nel tuo studio.
Fammeli
trovare in fretta”
Riattacco
senza nemmeno salutarlo.
Roger
Carter è nel suo ufficio, busso leggermente e entro per
chiedergli il permesso
di uscire. Grazie al cielo non fa storie quando scopre di quali
resoconti si
tratta così in poco più di venti minuti sono
davanti allo studio di Tom, Lobster&Co,
che presto si spera diventerà Lobster,Green&Co.
Appena
entrata mi trovo davanti un’enorme tavola da architetti
nell’atrio. Ne resto
stupita ogni volta che vengo qui, è davvero imponente.
Per
fortuna so dove si trova lo studio di Tom, prendo l’ascensore
e premo per il
terzo piano. Quando arrivo davanti al suo ufficio la porta è
chiusa. Saluto con
un cenno Mary, la segretaria del piano e busso prima di entrare.
“Ciao
Tom, sono venuta per quei resoconti. Oh, salve signor Mill”
“Ciao
amore”
“Buongiorno
signorina Evans”
Noto
una certa sorpresa nella sua voce mentre Tom mi chiama amore. Quel
senso di
agitazione che mi accompagna ogni volta che Ryan Mill è
nella stessa stanza sta
cominciando a farsi sentire anche adesso.
“Ho
disturbato?” chiedo mentre afferro il plico di fogli che Tom
mi sta porgendo. Meglio
tagliare corto.
“Per
niente signorina Evans. Stavamo giusto concludendo”
“In ogni caso avevo solo bisogno di
questi, ora devo tornare in ufficio.
Arrivederci”
“No
amore resta, volevo chiederti se ti andava di cenare con Ryan e sua
moglie una
di queste sere. Che ne dici?”
Le
sue parole mi fanno quasi venire un colpo. Ryan Mill a cena? Con me?
Ovvio,
anche con sua moglie e Tom. Dì
di no, dì
di no.
“Certo,
con piacere” mi sento dire. Scema. Scema. Scema.
“Perfetto,
Ryan che ne dici di questa sera?”
“Temo
che mi sia impossibile, ti ringrazio molto ma prima di domani sera non
credo di
farcela”
“Nessun
problema, domani allora. Si?”
“Certamente”
Rimango
in silenzio, immobile, mentre i due uomini si salutano con una stretta
di mano.
Poi Ryan viene verso di me e mi offre di dividere
l’ascensore. Annuendo lo
seguo salutando Tom con un gesto distratto ma lui è
già troppo impegnato per
notarlo.
Mentre
aspettiamo sento lo sguardo di Ryan sul mio corpo, lo sento squadrarmi
dalla
testa ai piedi. Quando una campanella ci avverte dell’arrivo
dell’ascensore mi
fa segno di entrare per prima e sorride genuinamente. Ci sono altri tre
uomini
che aspettano di entrare. Premo il pulsante per il piano terra e per
tutto il
viaggio non mi stacca gli occhi di dosso. Nemmeno io smetto di
guardarlo per un
solo istante evitando di incontrare i corpi degli altri uomini. La
carica tra
di noi è altissima, forse a causa della vicinanza. Al
secondo piano due uomini
lasciano l’ascensore. Ora siamo ancora più vicini.
Al primo piano anche il terzo
uomo scende e ci lascia soli. Nessuno osa muoversi. Nessuno osa
togliere lo
sguardo dall’altro. Arriviamo al piano terra, le porte si
aprono ma nessuno
muove un passo per scendere. Le porte si richiudono e il suo braccio si
alza
per premere un pulsante. Quinto piano. Lo lascio fare senza dire
niente. Senza spostare
gli occhi da lui. Se prima il tempo sembrava aver rallentato ora invece
sembra
correre. In pochi istanti le porte dell’ascensore si riaprono
e prendendomi per
un braccio mi trascina fuori. Mi tira per tutto il corridoio, tira il
mio corpo
incapace di qualsiasi reazione. Mi tira fino in fondo, davanti
all’ultima porta
si ferma. La apre e mi spinge nella sala riunioni, arredata solo con un
grosso
tavolo ovale circondato da poltroncine nere e un televisore. Chiude la
porta e
la blocca con un sedia. Poi torna da me, mi riprende da dove mi aveva
lasciato,
come se fossi una bambola. Mi spinge dolcemente contro il muro e
affonda le
labbra nelle mie. Un bacio caldo, un bacio travolgente, un bacio
passionale.
Il
contatto con il suo corpo mi risveglia dal torpore in cui mi aveva
fatto cadere
con il suo sguardo. Sento le forze tornare, sento riacquistare il
controllo.
Poggio
le mani sulle sue spalle e lo spingo via.
“Che
stai facendo?”
“Quello
che vuoi anche tu” dice
riavvicinandosi al mio viso.
“Noi
non possiamo, non possiamo farlo” sussurro cercando di
allontanare le labbra
dalle sue.
“Perché
no? Lo vogliamo entrambi. Lo sento che lo vuoi”
Lo
sento anche io che lo voglio, sento che lo vuole anche lui, sento che
mi vuole.
Le nostre labbra sono forzate a stare lontane, i nostri corpi non si
controllano e sono già l’uno nelle braccia
dell’altro. Ho voglia di lui come
non l’ho mai avuta di Tom.
“E
Tom? Tu lo sai che sto con Thomas”
“Si,
lo so che stai con Thomas. Io sono sposato”
“Lo
so” ma so anche che non mi importa niente.
Il
cervello cede ai desideri del mio corpo, mi lascio prendere dalle sue
braccia
muscolose che mi distendono sul tavolo e mi slacciano la
camicia. Le mie
mani si muovono con dolcezza sul suo corpo, scoprendone i rilievi. Gli
sfilo la
giacca e mi addentro nelle profondità dal suo collo, ha un
buon profumo. Lo respiro,
respiro il suo odore di uomo e lo faccio mio. Le sue labbra scendono
sulle mie
spalle mentre mi sento accarezzare la schiena, poi arrivano ai miei
seni e poi
giù fino all’ombelico. Dolcemente mi solleva la
gonna e comincia a sfilarmi un’autoreggente,
sfiorandomi le cosce. Poi torna dalle mie labbra, le fa prigioniere
un’altra
volta. Sento il sangue scorrermi nelle vene all’impazzata.
Gli tolgo la
camicia con decisione e comincio a giocherellare con i bottoni dei
pantaloni sempre più
aderenti. Lui mi sfila la gonna poi si stende gattoni su di me, mi
prende i
polsi e li porta dietro la testa. Anche gli ultimi vestiti rimastici
addosso
spariscono e mentre mi bacia profondamente mi fa sua. Lo sento muoversi
sopra
di me, dentro di me. Ho perso di nuovo il controllo del mio corpo. Se
ne è
impossessato con una semplicità affascinante. Sono sua,
completamente. E mi
merita tutta.
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Capitolo 8 *** 8 ***
Non
so che diavolo sia successo, ok?
Io
non volevo farlo. A me non piace Ryan Mill. A me piace Tom. Io amo Tom,
lo so.
Lo amo tantissimo.
Mi
sono solo lasciata trascinare da lui. Ero come drogata, incapace di
fermarmi.
Ho sbagliato a non reagire. Avrei dovuto spingerlo via da me. Avrei
dovuto
scendere da quel maledetto ascensore. Oh cazzo, sono una persona
orribile. Sono
una fidanzata orribile. Ho tradito il mio fidanzato quinquennale, il
mio dolce,
tenero, affettuoso, sexy fidanzato. L’ho tradito. E
l’ho fatto con un uomo che
ho conosciuto due giorni fa. Due giorni cazzo. Due fottutissimi giorni.
Dopo
essere scappata in silenzio da quella stanza sono tornata di corsa in
ufficio.
Ho preso in mano il telefono, ho composto il numero di Tom. E poi ho
messo giù.
Dieci volte.
Cosa
faccio, glielo dico? Così lui mi lascia e tutta la mia vita
va a puttane.
Non
glielo dico? E vivo con questo segreto attorcigliato alla gola. E se
poi lo
scopre? E se glielo dice Mill?
Porca
puttana. Sono una persona di merda.
Quando
torno a casa mi
infilo a letto sotto il
piumone. E piango. Piango un sacco. Mi preparo una tazza di tisana. E
piango.
Piango anche quando rientra Tom.
“Che
succede piccola? - dice accogliendomi tra le sue braccia preoccupato
– va tutto
bene?”
Come
faccio a confessare? Non voglio perderlo.
“Si
è tutto a posto, amore. Credo di avere l’influenza
- ecco, adesso dico pure le
bugie – andrò a letto senza cenare. Non ho
fame”
Lui
mi sorride con amore e si sdraia accanto a me, carezzandomi i capelli
con
dolcezza. E ogni secondo che passa io mi sento peggio. Non mi merito un
uomo
così.
“Ti
amo Tom, ti amo tanto”
Per
tutto il giorno seguente mi obbligo a non pensare a quello che ho
fatto. Cerco
di concentrarmi sul lavoro, ma di certo studiare i dettagli del suo
palazzo non
aiuta. Ogni documento che leggo oggi porta il nome Mill, ogni lucido da
analizzare è firmato RM, ogni cazzo di persona in questo
ufficio chiede di lui.
All’ora
di pranzo fuggo dalle mie amiche, almeno loro non parleranno di lui.
Non
ho ancora deciso se raccontare del mio piccolo peccato, ho paura
soprattutto
della reazione di Carly. Lei è molto più
romantica di Jackie e sicuramente la
prenderebbe nel modo sbagliato. Che poi, qual è il modo
giusto di prenderla?
Non
appena me le ritrovo davanti decido di essere onesta e confidarmi con
loro
anche se vorrà dire parlare di lui di nuovo. Ordino un
bicchiere di vodka, lo
tracanno in un solo sorso sperando nel suo supporto e sparo la bomba.
“Ho
tradito Tom”
Dopo
qualche istante di confusione e perplessità, come mi
aspettavo la prima a
chiedere i dettagli è Jackie. Mi chiede con chi, dove,
quando. Insomma vuole
sapere tutto. E la accontento.
Passiamo
l’intera ora di pausa parlando di Ryan Mill, di come ho fatto
a cadere tra le
sue braccia e di come non dovrò assolutamente dirlo a Tom, a
patto di non
rifarlo mai più. E di questo ne sono sicura.
Il
pomeriggio trascorre tutto sommato tranquillo, le mie amiche mi hanno
aiutato
con il senso di colpa convincendomi a perdonarmi. Infondo un momento di
debolezza è concesso a tutti, no?
E
quando mi sembrava di essere tornata serena, la voce di Amanda
dall’interfono
mi fa sprofondare di nuovo nel baratro.
“Keeky,
c’è Ryan Mill al telefono”
No.
No. No. No.
“Prendi
il messaggio, non ho tempo ora”
Non esiste proprio che prenda questa telefonata.
L’ultima cosa di cui ho
bisogno è parlare con lui. Assolutamente no.
“Scusa
ma dice che è importante”
“Digli
che sono in riunione Amanda!”
“Insiste,
cosa devo fare?”
“Digli che sono in bagno, per amor del
cielo!”
Pochi
secondi dopo il Blackberry emette un sibilo avvisandomi di una nuova
mail.
Fammi indovinare, Ryan Mill?
A:
keekyevans@lartgal.com
Da:
r.mill@millsandlees.com
Oggetto:
Fissiamo
un incontro con i fornitori.
Va
bene Lunedì a pranzo?
Ho
bisogno della tua presenza per la scelta dei materiali.
Thomas
è già stato informato.
R.
Tutto
qua? Solo lavoro? Non ha nulla di più da dire?
Non
che preferissi un “e’ stato bellissimo”,
decisamente.
Quindi
il suo gioco è fingere che non sia mai successo, bene.
Assumerò lo stesso
atteggiamento allora. Perfetto. Davvero perfetto.
A:
r.mill@millsandlees.com
Da:
keekyevans@lartgal.com
Oggetto:
Lunedì
va bene.
K.
A:
keekyevans@lartgal.com
Da:
r.mill@millsandlees.com
Oggetto:
Ottimo.
Ci
vediamo stasera allora.
Non
vedo l’ora.
R.
Cazzo.
Cazzo. Cazzo.
La
cena! Me ne ero scordata. Non è possibile che sia oggi, devo
controllare in
agenda.
No,
no! Giovedì. Oggi. No, cazzo!
Merda.
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Capitolo 9 *** 9 ***
E
va bene, ce la posso fare.
Ryan
Mill e consorte saranno qui a momenti. La tavola è
apparecchiata, la cena è
pronta, Tom è entusiasta.
Io
sto per avere un infarto.
“Che
profumino! Non sto più nella pelle, pensa che ho tirato
fuori tutte le vecchie
foto del liceo. Non è fantastico?”
“Certo!” dico senza riuscire a
nascondere la tensione.
Alle
20,30 puntuali come degli svizzeri i coniugi Mill si presentano al
nostro
portone. Sorridono entrambi, Ryan presenta Allison come sua compagna di
una
vita e ci offre una bottiglia di vino.
Sono
sorpresa di vedere Ryan vestito ancora da ufficio. Mi aspettavo
qualcosa di più
comodo. Si sfila il cappotto nero. Si capisce molto di un uomo dalle
scelte dei
suoi abiti. Io ho sempre cercato di convincere Tom a comprarsi un
cappotto ma
ha sempre preferito le giacche a vento. A quanto pare invece Ryan
è il tipo di
uomo a cui piace essere sempre elegante. Indossa una giacca blu scuro,
un paio
di jeans e una camicia bianca. Senza cravatta. Con il primo bottone
slacciato
che lascia intravedere il suo petto muscoloso.
Allison
invece è… meravigliosa. Semplicemente perfetta.
Bellissima nel suo abito blu
acceso, quasi sicuramente un Marc Jacobs.
Come
diavolo ha fatto a tradire una donna così con me?
È assurdo!
Dopo
i primi convenevoli accompagnati da un sorso di vino come aperitivo, ci
sediamo
a tavola.
Ryan
mi ignora, del tutto. Non mi ha guardato nemmeno per mezzo secondo.
Nessuna
parola. Nessun contatto.
Allison
e Tom invece scoprono di avere molte cose in comune, moltissime.
Troppe. Quella
donna è davvero troppo bella per anche solo parlare con il
mio uomo! Sorridono
allegramente ricordando dei tempi della scuola, dove scopro hanno
frequentato
quasi tutti gli stessi corsi.
La
prima portata finisce rapidamente così mi alzo per andare in
cucina ad
impiattare il secondo.
“Serve
una mano?” sento la voce di Ryan forse per la prima volta
questa sera ma decido
di ignorarla.
Appena
tiro fuori il salmone dal frigo mi sento afferrare e stringere in un
abbraccio.
Ti prego, fa che sia Tom!
Delle
labbra mi accarezzano il collo gustandone il sapore.
“Ryan
ma che fai? - dico voltandomi di scatto e spingendolo via –
sei matto?”
“Che
hai? Sei arrabbiata con me?” chiede appoggiandosi al bancone
e sorridendo.
Evito
di rispondere alla domanda ovvia concentrandomi sui piatti da
servire.
“Lo
so che non è stata una grande prestazione quella
dell’altro giorno ma mi devi
scusare, ero un po’ fuori allenamento. Vedrai che la prossima
volta durerò di
più e…” d’istinto lascio
andare il salmone e mi lancio verso la sua faccia per
tappargli quella fottuta bocca.
“Che
cazzo stai facendo? Vuoi che ci sentano?” sussurro con un
tono piuttosto
allarmato.
“Voglio
solo sapere perché ce l’hai con me”
“Non
mi sembra difficile da immaginare”
“Bè io non lo so va bene? Ti
prego di dirmelo. Se è per la durata, ti assicuro
che mi impegnerò di più la
prossima…”
“No!
Ma che dici? Non è affatto durato poco. È stato
più lungo della media
piuttosto. Ma non è certo questo il problema”
“E qual è allora?”
“Senti, è stato un errore ok?
È stato tutto un errore, uno stupidissimo errore.
Non ci sarà nessuna prossima volta e…”
Non
faccio in tempo a finire la frase che Tom entra in cucina offrendosi di
servire
il secondo. Per fortuna sembra non avere sentito nulla di
ciò che è stato
detto.
Torno
in sala da pranzo seguita dai due uomini e la cena procede
tranquillamente.
Qualche sguardo incontrato ogni tanto, ma nessun altro riferimento al
‘piccolo
errore commesso’.
“Grazie
mille per la cena e, bè per tutto. È stata una
bellissima serata” dice Allison
raccogliendo il cappotto suo e del marito.
“E’
stato davvero un piacere conoscerti Ally, organizzeremo ancora qualche
volta.”
Li
osservo allontanarsi sul vialetto, saluto accanto a Tom con un gesto
leggero
della mano e sto per richiudere la porta quando vedo Ryan che cerca di
attirare
la mia attenzione con dei sibili leggeri.
“Cosa?”
sussurro quasi impercettibilmente.
La
sua risposta non è molto chiara, a giudicare dal labiale
direi che ha detto
qualcosa come ‘la porto a casa e torno da te. Voglio
parlarti’.
|
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Capitolo 10 *** 10 ***
Anche se
la mia speranza di non aver capito quell’ultima frase
è durata più di un’intera
ora, mi sembrano passate solo poche manciate di secondi quando
l’avviso di un
nuovo sms illumina il mio Blackberry.
“Ho
lasciato la giacca a casa tua, sono qua fuori, me la porti? R.”
Controllo
che Tom stia ancora profondamente dormendo accanto a me, lentamente
esco dal
caldo del piumone e mi avvicino alla finestra per controllare se
c’è davvero.
In strada non ci sono macchine. Non ci sono uomini. Non
c’è nessuno. Solo un
gatto che passeggia blandamente sotto la luce dei lampioni.
Deficiente!
“Ti
sembra una cosa divertente?” scrivo tornandomene a
letto.
“Di
che diavolo parli? Cosa stai aspettando a raggiungermi? Vorrei la mia
giacca!
Qua fuori fa un freddo cane!”
Sì la
giacca, come se l’avesse veramente dimenticata qui.
“Vai a
dormire Ryan, domani si lavora ed è già tardi.
Non comportarti come se avessi
15 anni”
“Preferisci
il citofono? Credevo avrei fatto meglio a non svegliare Thomas ma
così non mi
lasci scelta…”
Un
leggero senso di ansia mi sfiora, così decido di concedergli
un’altra
possibilità. Torno alla finestra e prima ancora di scostare
la tenda ne
intravedo la sagoma scura.
Accidenti!
È qui davvero!
Cercando
di fare il minimo rumore raccolgo il primo maglioncino che trovo in
stanza,
corro di sotto, esco nel vialetto e gli vado incontro con un
espressione poco
pacifica.
“Che
diavolo fai qui?”
“Oh
finalmente!” sussurra dirigendosi verso la mia porta.
“Una
scusa migliore non potevi trovarla, ‘ho lasciato la giacca a
casa tua’,
patetico - dico facendogli il verso – oh ma che fai? Non
penserai di entrare.
Ryan!”
Troppo
tardi. È già dentro.
A passo
spedito lo raggiungo e lo trovo in salotto mentre raccoglie dal
divano… oh, la
sua giacca. La solleva come se fosse un trofeo, mi guarda e sorride
della
riuscita del suo piano.
“Scusa,
colpa mia. L’ho dimenticata!”
“Bene,
sei perdonato. Ora vattene!” lo prendo per un braccio
tirandolo di nuovo verso
la porta ma non si sposta di un millimetro.
“Hey hey
hey, con calma piccola”
“Non
chiamarmi piccola!!”
“Ah no?
Eppure sono più che certo di aver sentito Thomas chiamarti
nello stesso modo, e
non ricordo di alcuna tua lamentela!”
“Certamente,
perché si da il caso che lui sia il mio
fidanzato!” dico cercando di tirarlo verso
la porta con più decisione, invano.
“E va
bene, in fondo non sono qui per parlare di Thomas”
“E per
cosa sei qui, di grazia? Se mi è concesso saperlo”
“Per te,
ovvio”
“Scusa?
Forse non hai capito bene il messaggio di prima, è stato un
errore. Non c’è niente
tra di noi. Niente”
“Non c’è
niente in questo momento. Ma quello che c’è stato
e quello che potrebbe
esserci, diciamo tra qualche istante, non è niente
male” sorride malizioso
avvicinandosi lentamente al mio viso.
“Non ci
sarà proprio niente tra noi, è chiaro? Tu adesso
te ne vai a casa tua, da tua
moglie e vivi la tua vita lasciando in pace me e il mio
fidanzato”
“Ok,
senti. Che ne dici se ci sediamo un secondo e chiariamo una cosa
veloce? Ti
va?”
“Ho altra
scelta? - chiedo raggiungendolo sul divano e sedendomi accanto a lui
– però
parla piano che se Tom si sveglia siamo nella merda! Per fortuna prende
i
sonniferi per dormire.”
“Io amo
mia moglie, va bene? La amo davvero. Lei è la mia donna, lei
è tutto per me.
Sul serio. Allison è meravigliosa, la moglie perfetta. Io
non ho intenzione di
lasciarla, mai...”
“E io amo
Tom, nello stesso modo. Lo amo per tutto e in tutto. È per
questo che è meglio
se noi dimentichiamo quello che è successo e andiamo avanti
ognuno con la propria
vita. Abbiamo sbagliato e non sbaglieremo più,
fine.”
“Aspetta.
Non ho finito. Io amo Allison. Però…”
“Però?”
“Però io
sono un uomo. E le cose tra noi non vanno benissimo, intendo dal punto
di vista
di un uomo”
“Da
quando sei timido a parlare di sesso?” chiedo sorridendo nel
notare un leggero
rossore sulle sue guancie.
“Senti,
non è facile da spiegare. Diciamo che nella mia vita ho
conosciuto due soli
tipi di amore. Un amore fisico e un amore mentale, si possono chiamare
così.
L’amore fisico è quello che ti fa piacere le
persone con la pancia, con le
emozioni, con le sensazioni, con i contatti. L’amore fisico
porta solo al
sesso. Mentre l’amore mentale è più
bastardo perché porta a tutto. Con l’amore
mentale ami con la testa, ami con il cervello oltre che con il cuore e
con la
pancia. È terribile e bellissimo allo stesso tempo. Ecco,
tutte le donne che ho
avuto hanno trovato in me solo amore fisico. Ma Allison è
stata la prima e sola
donna a farmi scoprire l’amore mentale...”
“Però non
puoi averli tutti e due insieme, vero?”
Sono
commossa e sorpresa dalle sue parole. È un discorso un
po’ contorto eppure mi
sembra semplice, mi sembra di sentir parlare di me. L’ho
ascoltato in silenzio
assaporando ogni parola, e ogni parola descriveva me.
Lui mi
nasconde il suo sguardo, quasi si vergognasse di questo argomento.
È la prima
volta che vedo Ryan Mill insicuro di sé.
“Ti
capisco” sussurro prendendogli le mani nelle mie.
“Sul
serio?”
“Si.
Penso che sia lo stesso per me e Tom”
“Io davvero
vorrei non avere bisogno di te. Davvero vorrei non dover cercare in
altre donne
qualcosa che mia moglie non riesce a darmi. Davvero vorrei non essermi
sentito
vivo dentro di te. Lo vorrei davvero. In questi tre anni in cui sono
stato con Allison è come se fosse sempre mancato
qualcosa. Non mi pento di
averla sposata, non mi pento di aver scelto lei. La sceglierei per
altre mille
volte.”
“Questa
cosa è molto dolce, Ryan”
“E’
triste dover ammetterlo, ma Keeky io ho bisogno di quel qualcosa. Non
parlo
solo del sesso. Quello lo abbiamo sempre avuto e nemmeno da buttare
via. Parlo
di fisicità, parlo di complicità, non so nemmeno
io come chiamarlo. Parlo di
brividi al contatto con la pelle. Io ho bisogno di avere una persona il
cui
corpo si incastri perfettamente al mio”
“Lo so”
Senza
dire altro gli sbottono lentamente la camicia, spingendolo a sdraiarsi
e ad
accogliermi sopra di lui.
Per quanto mentalmente io sia
innamorata di Thomas,
la fiamma che si accende sfregando il mio corpo con il suo è
destinata ad
offuscare ogni traccia di razionalità. E se la mia mente se
ne stava
accoccolata sul letto al piano di sopra, il mio corpo cercava di
entrare nei
pantaloni di Ryan MIll in salotto.
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Capitolo 11 *** 11 ***
“Stronzate!
Quello voleva solo trombarti!”
Qualche
giorno dopo al consueto ritrovo al bar, dopo averle aggiornate sugli
ultimi
avvenimenti riguardanti la pratica Mill, Jackie e Carly si sentono in
dovere di
salvarmi dalle grinfie del perfido fedifrago.
“Mollalo
prima che Tom si accorga di qualcosa!”
Ma
io so che non è così, io ho perfettamente
compreso le parole di Ryan. E anche
se poi tutto il discorso si è tradotto diverse volte in puro
e semplice, e
meraviglioso sesso, per la precisione undici volte, so benissimo cosa
intendeva
con la metafora dei due amori.
Lo
so perché l’ho pensato diverse volte anche io. Ho
provato a pensare che il
problema tra me e Tom fosse di tipo mentale ma no, la base è
proprio l’opposto.
Le cose tra di noi funzionano perfettamente se si resta sul piano
mentale. È
quello fisico che crolla ogni volta. Manca un contatto, intendo un
contatto
fisico tra di noi. Un contatto che spezzi le barriere. Un contatto che
ti fa
sentire bruciare la pelle. Un contatto che ho solo con Ryan.
Per
sentirsi vivi bisogna essere immersi sia nell’amore fisico
sia nell’amore
mentale. Uno dei due da solo non basta. Non ti fa respirare
perché ti opprime.
E allora cerchi aria nuova, la cerci in persone diverse. Io e Ryan ci
stiamo
aiutando a salvare le nostre relazioni, in un certo senso. Alla fine si
tratta
solo di questo.
Sin
da bambina ho sempre creduto che fosse una cazzata la storia delle
anime
gemelle. Non esiste nessuna persona che sia già stata
destinata a te, non serve
cercare qualcuno in giro per il mondo. Non esiste nessun
‘uomo della mia vita’.
La verità è che esistono i compromessi ed
esistono le scommesse. Esistono
persone con cui ci si incastra, altre con cui non si hanno contatti.
Esistono
le persone che sono nella tua vita e tra quelle devi scegliere il meno
peggio.
Lo so, non è per niente romantico ma sono convinta che sia
così. La scelta del
compagno di vita si riduce solo a una semplice domanda. ‘Lui
vale la pena?’
Vale
la pena smettere di cercare? Vale la pena sopportare quei suoi piccoli
irriverenti difetti? Vale la pena stringere il mio spazio vitale per
lui? Vale
la pena concedergli la mia fiducia?
E
se la risposta è sì, benissimo. L’hai
trovato.
Se
la risposta è no, bè si va avanti fino a che non
diventerà un sì.
Per
me Tom è un sì, a tantissime domande. Solo per
una si ritrova ad essere un no.
‘Vale
la pena non sentirsi completi?’
C’è
solo una persona che, pur essendo piena di no, ha quel piccolo
sì dalla sua
parte.
Ryan.
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Capitolo 12 *** Author's Room #1 ***
Mi
prendo questo spazio che chiamerò Stanza dell'Autore per
guardare un pò dall'esterno quello che sta
succedendo.
Pochi
giorni fa, diciamo nella notte tra mercoledì e
giovedì scorso, ho fatto un sogno.
Era
un sogno bello, di quelli che non fai fatica a ricordare.
Era
un sogno davvero bello.
Ma
soprattutto ero un sogno che mi ha parlato, mi ha fatto capire.
Per
questo quel sogno ora si trova qui.
Ho
deciso di trasformalo in una storia, ho aggiunto qualche dettaglio ma
era praticamente già pronto da solo.
Oggi,
dopo nemmeno una settimana, sono all'11esimo capitolo.
Lo
so, li ho postati tutti insieme, troppo ravvicinati l'uno con l'altro.
Una
scelta sbagliata di marketing ma l'ho fatto perchè ne avevo
bisogno.
Non
potevo tenere i nuovi capitoli solo per me, nascosti al mondo.
Sarebbe
stato come separare dei fratelli.
Insomma
non si fa.
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Capitolo 13 *** Author's Room #2 ***
Questa
storia è sbagliata.
Questa
storia fa schifo.
Questa
storia è finita.
Non
doveva finire così e invece sì.
Invece
finisce, e finisce di merda.
Finisce
con lei che sceglie l'amante, lei che sceglie il piacere, lei che
sceglie il 10% e molla il 90.
Finisce
con lei che sceglie sè stessa.
Finisce
di merda, e lo so.
E
succede che ormai ho capito coma funziona. Ho capito come funziono io.
Succede
che non mi piace il romanticismo sbandierato, non mi piace la
smanceria, non mi piace lo zucchero.
Non
mi piace quando si trova l'amore e di risposta si mollano tutti gli
amici.
Non
mi piace.
Mi
fa proprio incazzare.
Mi
fa incazzare perchè non penso di essere capace.
Di
mollare tutto per amore, intendo.
Come
si può vivere di soli baci e cioccolato?
Io
muoio.
E
lo penso adesso soprattutto.
Adesso
che mi sono innamorata, per la prima volta in vita mia.
E
l'ho capito, che strano.
E
mi fa incazzare essere innamorata.
Mi
fa incazzare la sensazione di farfalle nello stomaco.
Mi
fa incazzare il battito cardiaco che accelera.
Mi
fa proprio incazzare.
E
ho paura.
Ho
paura di finire male.
Ho
paura di rimanere senza fiato.
Ho
paura di stringere troppo.
Mi
fa incazzare avere paura.
Mi
fa incazzare essere innamorata.
Mi
fa incazzare non averglielo ancora detto.
Mi
fa incazzare avere scelto me stessa.
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Capitolo 14 *** Author's Room #3 ***
Il tempo cambia le
persone.
O perlomeno cambia le prospettive.
E allora cadono le censure, anche le mie.
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Capitolo 15 *** 1 bis ***
"Signorina Evans, mi
riassuma in poche parole, diciamo meno di dieci, cosa le è
successo qualche mese fa"
"Dottor Pratt, non credo di saperlo fare. E non credo nemmeno di
poterlo fare"
"Di cosa ha paura?"
"Non ho paura. E' solo difficile"
"E il fatto che qualcosa sia difficile è un motivo valido
per non fare niente?"
"D'accordo allora. Ho tradito il mio fidanzato, bè il mio
fidanzato di allora, con un uomo affascinante, arrogante e insipido. Ho
confessato il mio errore una sera, la stessa sera in cui avrei ricevuto
la proposta di matrimonio che tanto aspettavo. Sono scappata in
Australia per tre mesi"
"No."
"No? Come no? E' esattamente quello che ho fatto"
"Ma hai usato troppe parole, quarantasei. Avevo detto meno di dieci. Ci
riprovi, coraggio"
"Credo di...insomma sono fuggita di fronte ai problemi, invece di
affrontarli, forse"
"Tredici"
"Sono scappata dai problemi e non li ho affrontati"
"Perfetto! Ora la nostra ora di seduta è finita, ci vediamo
la settimana prossima! Ah, dimenticavo di non averlo mai detto,
bentornata a Londra!"
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Capitolo 16 *** 2 bis ***
È sconvolgente pensare a
quanto potere abbia in mano il destino. Come se fosse un bambino che
gioca con
un macchina telecomandata. Quella macchina non ha nessun arbitrio ,
nessun tipo
di libertà di decisione. Quella macchina è
obbligata a fare quello che vuole il
bambino. E io mi sento nello stesso identico modo.
Passi una vita credendo
di essere una brava persona, costruendo i tuoi valori, seguendo i tuoi
principi
anche se non sono sempre decisioni facili. Poi arriva un giorno, un
giorno totalmente
uguale a quello prima, un giorno che potrebbe non significare niente
per te
oppure tutto. Un giorno incontri un uomo e tutto il tuo mondo cambia.
Inesorabilmente.
Sono tornata!
Da quando sono di nuovo a
Londra ho vissuto come un fantasma, fingendo di non essermene mai
andata e
nemmeno mai tornata. Ho ricominciato a lavorare, corro per un ora nel
parco
quattro volte a settimana, faccio yoga ogni mattina e entro nei negozi
di
musica, compro un cd a caso, torno a casa e lo ascolto dicendomi
‘ci sarà una
canzone che mi piace!’.
La distruzione della mia
vita precedente mi ha fatto aprire gli occhi, l’Australia mi
ha liberato i
polmoni. Mi sto trasferendo. Ho comprato un appartamento nuovo, poco
distante
dal centro. Ho cambiato colore di capelli. E ho anche ordinato una
nuova
montatura di occhiali. E adesso sto comprando un nuovo, costosissimo
paio di
scarpe.
“Sono 578£!”
Un brivido mi scorre
lungo la schiena mentre porgo la carta di credito alla commessa che mi
fissa
con uno sguardo che potrebbe parlare da solo.
Tutta questa storia del
cambiare vita sta cominciando a costarmi un tantino, per fortuna domani
avrò le
chiavi della casa nuova e tutto prenderà forma.
“Ciao nuova
vicina!”
La voce squillante di
David mi da il benvenuto mentre un sorriso smagliante appare sul suo
viso. È il
tizio che abita nell’appartamento di fronte al mio,
l’ho conosciuto qualche
giorno fa mentre firmavo scartoffie per il cambio di residenza. Dopo un
paio di
chiacchiere si offre di aiutarmi a svuotare i ventisei scatoloni del
mio
trasloco.
“E questo che diavolo
è?”
dice tirando fuori da una vecchia scatola un babydoll di pizzo nero.
“Oddio! Hey, molla! Questa
non è roba per te!”
“Indossi veramente
questa..cosa?”
sogghigna trattenendo a stendo una risata.
“Che c’è di strano,
scusa? È un semplice articolo di biancheria”
“Non sarai mica una di
quelle pazze che ama mettere gli uomini a quattro zampe e frustargli il
didietro?”
“Anche se fosse non vedo
perché
dovrebbe interessarti?”
“Bè un pensierino su di te
l’ho anche fatto!”
“No grazie, non ho
assolutamente bisogno di un uomo in questo momento”
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Capitolo 17 *** 3 bis ***
“Esemplare bipede maschio
a ore nove, sono dieci minuti che guarda nella tua direzione valutando
se
venire a parlarti o no” sussurra Jacky da dietro il suo
cosmopolitan.
Mi volto leggermente
cercando di non farmi notare ma non appena incontro due occhi verdi
penetranti
che mi cercano e mi rincorrono ritraggo lo guardo mentre le guance mi
prendono
fuoco. Molto carino questo tizio. Davvero niente male. Vestito bene,
muscoli al
punto giusto che spuntano dalla camicia e un viso che non sfigura con
il resto
del corpo. Certo, è passato un po’ di tempo dalle
sere di rimorchio sfrenato tipiche
del college, devo riacquistare un po’ di
smalto.
“Si può sapere che razza
di fiuto hai Jacky? Sei una specie di segugia da scapoli o hai un radar
da
rimorchio incorporato?”
“Niente del genere, solo
che quel tipo non ti ha tolto gli occhi di dosso da quando siamo
entrate e
credo che siano ormai dieci minuti che regolarmente appoggia un piede a
terra
per venire qua per poi ritrarlo dondolando la testa. Non ci vuole
Sherlock
Holmes per fare due più due, andiamo!”
“Perché non vai tu da
lui?” suggerisce Carly.
“Ma no! Non ho proprio
voglia di avere a che fare con un uomo. È troppo
presto!”
“Avanti!
Fai vedere che non sei il tipo di
donna che aspetta”
“E chi lo dice che non
sono una donna che aspetta?”
“Bè, gli ultimi tempo lo
suggeriscono un bel po’ tesoro. Lo so che non ne vuoi parlare
ma quello che hai
fatto è esattamente l’opposto di
aspettare!”
“Jacky, per favore non
voglio…”
“Sto dicendo che è stata la
cosa migliore che potessi fare, Keeky. Ti sei
liberata dei pesi morti, tu sei una dominante, amica mia!”
Una dominante. Io sono una
che non aspetta. Sono una dominante. E va bene, che dominante sia
allora. In un
sorso solo finisco quel che resta del mio cocktail, non molto per la
verità ma
è comunque sufficiente per darmi la carica giusta. A grandi
e morbidi passi mi
avvicino al bersaglio e non appena gli sono accanto richiamo la sua
attenzione
con un super sensuale “Ciaaaaaooo”
“Keeky!”
Oh mio dio! Mi conosce. Perché
io non lo conosco?
“Ciao.. ehm”
“Sono Mark!”
È Mark! Oh santo cielo
stavo per cercare di rimorchiare Mark. Mark il mio compagno di
matematica al
liceo che mi passava i compiti. Secchione-Mark! Il Mark che aveva
provato a
baciarmi mentre eravamo in gita con la scuola! Lo stesso Mark a cui
avevo
mollato un ceffone intimandogli di non provarci mai più!
“Ma è assurdo! Cavolo Mark
quasi non ti riconoscevo. Sei cambiato moltissimo dall’ultima
volta, sarà stato
ancora ai tempi della scuola!”
“Già, anche tu sei cambiata ma
sei sempre uno schianto!”
“Non sei niente male
nemmeno tu! Ma che sorpresa!”
Secondo dopo secondo noto un cambiamento nella
sua espressione, come se l’abbandonasse
la sorpresa e lo conquistasse il…come dire, sospetto.
“Scusa ma, se non mi
avevi riconosciuto, perché stavi venendo a
salutarmi?”
Oh merda. Pensa
Keeky, pensa. Inventa una scusa. Una scusa,
una scusa.
“Ma no, non hai capito:
ti avevo riconosciuto ma non ricordavo il tuo nome!”
“No invece! Ti ho
scoperta: volevi provarci con me!”
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Capitolo 18 *** 4 bis ***
“Ti va di fare sesso con
me?”
Come prima reazione Mark ha rischiato di soffocare
mandandosi di traverso la
birra che stava sorseggiando. Molte grazie per il complimento
implicito!
La seconda reazione fu
schiaffeggiarsi l’orecchio convinto di avere sentito male.
Ma insomma, cosa dovevo
fare? Ero in una pessima posizione, in procinto di cascare in una delle
peggiori
figuracce della storia e la prima cosa che mi è venuta in
mente in grado di
distrarlo è stata offrirgli i miei servigi. Ammettiamolo,
è l’arma più potente
di una donna!
Infatti, la terza
reazione di Mark è stata la conferma alla mia teoria. E
anche l’unica che mi ha
dato soddisfazione: un sorriso malizioso e uno sguardo ammaliante.
La preda ha abboccato
all’amo.
E va bene, lo confesso.
Non mi dispiace troppo seguirlo in un taxi verso il suo appartamento,
lanciando
saluti da lontano a Jackie e Carly che mi osservano gongolanti. Se non
avessi
conosciuto Mark, l’orrido Mark al liceo non avrei avuto
nessun freno flirtare
con lui. Adesso. Hei, lo so, sembro una persona dannatamente
superficiale, ma
Mark era davvero, davvero conciato male al liceo. Non sono una persona
cattiva.
“Mi sembra impossibile
averti qui sul mio divano” dice raggiungendomi dalla cucina
con due calici di
vino rosso in mano. Ha accuratamente sistemato i giornali sparsi sul
tavolino
in salotto e ha messo in sottofondo della musica. Il suo appartamento
è
ordinato quasi maniacalmente, ma in fondo è pur sempre un
matematico, cioè
ingegnere.
“Non credo che tu te ne
sia mai accorta ma ho passato tutta l’adolescenza cotto di
te”
“Ma dai, non ci credo”
“Vuoi che tiri fuori i
diari del liceo?”
“Per l’amor del cielo
no!” dico ingurgitando l’intero bicchiere di vino
mentre lui sorride divertito.
“Ne vuoi dell’altro?”
“Perché invece non mi fai
vedere la camera da letto?” dico avvicinandomi alla sua
camicia e cercando di
slacciare qualche bottone.
Chiariamo una cosa. Non
sono in cerca di un fidanzato. Voglio solo divertirmi, fare sesso con
la bella
copia di Mark e svignarmela mentre lui dorme. Insomma, se lo possono
fare gli
uomini, perché io no? Se avere storie di una notte
è un comportamento
universalmente accettato per gli uomini, perché noi donne
dobbiamo sposare ogni
uomo col quale vorremmo anche solo trascorrere il weekend?
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