Anemos Me Kineì

di _Nightshade_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ~ Inbhir Nis, 13 agosto 1853 ***
Capitolo 2: *** ~ “Mai.” ***
Capitolo 3: *** ~ Granaidh Ailith ***
Capitolo 4: *** ~ Inbhir Nis, 13 agosto 1866 ***
Capitolo 5: *** ~ Touché ***
Capitolo 6: *** ~ First Touch ***
Capitolo 7: *** ~ War ***
Capitolo 8: *** ~ Restless ***
Capitolo 9: *** ~ 1878 ***
Capitolo 10: *** ~ Paris ***



Capitolo 1
*** ~ Inbhir Nis, 13 agosto 1853 ***


«È una bambina, mister MacKenzie…»
«Una femmina! Una maledettissima femmina, ecco cos’è! Che me ne dovrei fare io?»


Non sono proprio le parole che ci si aspettano da un padre impaziente di fronte alla nascita della sua prima creatura, ma sono proprio queste ad essere uscite dalle labbra di Alexander MacKenzie quando, dopo spinte, grida e sangue, sua moglie Kathleen gli ha partorito una figlioletta bella e sana.
Brianna Ailith MacKenzie Fraser, erede del patrimonio accumulato dalla purissima famiglia scozzese dei MacKenzie, generazione dopo generazione, e destinata adesso ad estinguersi per colpa di questa sciagurata nascita che ha l’incredibile difetto di avere il sesso sbagliato.
Invano s’è atteso l’arrivo del legittimo erede di quel cognome, che non s’è mai degnato di nascere e fare compagnia a quella bambina che, a dispetto delle mille maledizioni del padre, cresceva ogni giorno più bella, viziata e vezzeggiata come una piccola principessa ed educata come una gran dama nella grazia dei modi, resa elegante padrona di casa e brillante conversatrice, colta in più d’un campo. Perché se non si può avere un figlio a portare avanti il nome della famiglia, l’unica cosa che resta da fare è cercare di combinare un matrimonio che sia il più vantaggioso possibile, e perché no, che avvicini la famiglia a quella nobiltà che è l’unica cosa che manca ai già più che facoltosi MacKenzie.
Il fortunato pretendente alla mano della quasi tredicenne Brianna è presto trovato in Dougal Adams, nientemeno che Conte di Applecross, un gran bell’uomo dai capelli e barba rossi e dagli occhi azzurri, più grande di lei di almeno una quindicina d’anni, rimasto incantato dalla visione di quella che al tempo era solo una bambina dai lunghi boccoli biondi e dagli occhi profondamente blu, e dall’indole indomita e ribelle nascosta sotto una maschera forgiata dall’obbedienza e dalle buone maniere.

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Capitolo 2
*** ~ “Mai.” ***


«Come procedono gli affari di famiglia nella vostra Applecross?» Una domanda come un’altra, che esce dalle labbra di Alexander durante una chiacchierata svogliata in uno dei salottini del castello, a Inbhir Nis.
Dougal alza le spalle, apparentemente con non molto da dire al riguardo.
«Ci si preoccupa per la mancanza di un erede, qualcosa che credo possiate comprendere molto bene. È l’ora che io inizi a pensare di prendere moglie, e… credo che vostra figlia faccia al caso mio.» Sputa la proposta così, come se non ci fosse niente di più normale. Non è mai stato un tipo molto bravo con i giri di parole, a cui preferisce la diretta schiettezza che tanto ben s’addice a un Highlander. «Ve la chiedo in matrimonio.»
«Brianna? La mia Brianna?» Mister MacKenzie si accarezza il volto ben rasato, con un mezzo sorriso a increspargli le labbra, e già mille progetti che gli baluginano in mente. Brianna contessa. I MacKenzie che finalmente arrivano a occupare un posto in quella nobiltà tanto agognata. Oh, sì.
«Perché, ne avete altre?» Sorride di rimando il Conte. «Voglio lei, promette di diventare una donna bellissima. E poi ha quegli occhi…» Non glielo dirà, ma è più che convinto che gli occhi blu di quella bambina gli abbiano rubato l’anima.
«È troppo piccola per sposarsi adesso, ma sono ben felice di promettervela come sposa, Sir Adams.»
«Naturalmente posso dare per scontato il fatto che la piccola sia ancora vergine, non è vero?» Una domanda che ha un che di macabro, specialmente nel sorriso che tende le labbra di Dougal.
«Naturalmente.» Risponde l’altro, annuendo con solennità, tendendogli la mano. «Affare fatto?»
«Affare fatto.» Le due grosse mani si stringono con forza e decisione. «Chiamatela qui, MacKenzie, voglio che le diate adesso la notizia, voglio vedere la sua reazione.»
Un ghigno compare sul volto di Alexander, che invia subito un domestico a cercare la figlia per farla scortare verso il salotto, con la massima celerità.
Non tarda a presentarsi la giovanissima Brianna, che per compiacere il padre in occasione di quella visita importante ha indossato la lunga gonna realizzata con il tartan di famiglia, con sopra un corpetto in velluto nero che stringe i seni ancora acerbi e fascia i fianchi snelli. Dritta come un fuso, altera come una regina, bella come una dea bambina.
«Mi avete chiamata, padre.» La voce morbida, il tono studiatamente basso di chi è stato educato a parlare così, in perfetto contrasto con il suo non chinarsi in una riverenza neanche di fronte al Conte. Solo un leggero cenno del capo e un vago sorriso di pura cortesia.
«Sì, mo chiall.  Ricordi il Conte di Applecross?» Un cenno di assenso. «Sarà il tuo futuro sposo, tra qualche anno, quando avrai l’età giusta per sposarti.»
Nessuna reazione eclatante sul volto della giovane MacKenzie, appena un irrigidirsi del volto e un raggelarsi del sorriso, prima di chinare di nuovo la testa e porgere la mano al padre, che provvederà a metterla in quella assai più grande del Conte. Un baciamano più lungo del consueto suggella quel patto, gli occhi chiari di Dougal puntati in quelli blu e freddissimi di Brianna.
«Mo bàine , non vedo l’ora di renderti mia.» Un’ambiguità facilmente percepibile in quelle parole sussurrate a fior di pelle sulla mano della ragazzina, che neanche gli dà la soddisfazione di vederla arrossire.
«Come la volontà di mio padre impone.»

La composta calma di cui Brianna ha dato mostra quando era insieme al Conte e a suo padre svanisce pochi minuti dopo nel lasciare la sala, il sorriso che definitivamente si raggela e si trasforma in un’espressione di feroce rabbia. Lei, promessa in sposa, a quell’uomo poi! Scuote la testa, le mani si stringono attorno al tessuto della gonna, sollevandola per correre in modo molto poco signorile fino alle stalle annesse al castello di famiglia.
«Il mio cavallo. In fretta.» Ordina a voce perentoria, persa ogni traccia di gentilezza, il petto che si alza e si abbassa affannosamente all’interno del corpetto, a causa di quella corsa forsennata, gli occhi lucidi.
È Jamie, il figlio diciassettenne di Oidian Gardyne lo stalliere, a obbedire un po’ stupito al comando della ragazza, sellando l’animale e porgendole le redini con sollecitudine. Brianna nemmeno lo degna di uno sguardo, neanche si fa aiutare a montare in sella e presto sprona il cavallo con i talloni, mandandolo alla maggiore velocità possibile, lasciandosi dietro il giovane i cui occhi verdi restano puntati su di lei, con un leggero sospiro. In fretta sella un altro cavallo, e tra le imprecazioni del padre si lancia all’inseguimento di Brianna.
Uno e uno solo è il luogo in cui la piccola scozzese si rifugia, in situazioni come queste: un luogo speciale, che solo un profondo conoscitore delle Highlands sarebbe in grado di trovare senza una guida, un luogo che è solo e soltanto suo, dove poter essere se stessa e non dover indossare una maschera. Scende in fretta da cavallo, neanche curandosi di legarlo da qualche parte, e corre fino alla cima d’una sporgenza che si affaccia sul lago azzurro, contornato da una corona di montagne indorate dalla luce del tramonto. Resta in piedi proprio sull’estremità, incosciente del pericolo, e chiude gli occhi, stringendo i pugni.
Ha davanti agli occhi sua madre, succube del marito che dice di amare, ha spesso sentito le loro liti quando Kathleen non è riuscita a dare ad Alexander un figlio maschio e il medico le ha detto che non avrebbe potuto generarne altri, ne ha visto le lacrime silenziose, la cieca obbedienza, lo struggersi di dolore per ogni amante che lui si portava dietro senza ritegno.
«Mai, mai, mai!» Grida Brianna al niente. Mai innamorarsi, mai sposarsi, mai ritrovarsi sottomessa a qualcuno. I primi “mai” che le escono dalle labbra.
«Miss, state bene?»
La voce di Jamie la fa sobbalzare e la costringe a voltarsi di scatto, la scia salata di una lacrima visibile sulla guancia rosata.
«Mi hai seguita.» Dice fredda e contrariata. «Non credo di averti dato il permesso, Gardyne, né di aver richiesto i tuoi servigi.»
«Perdonatemi, miss. Mi sembravate sconvolta, e ho pensato non fosse saggio lasciarvi cavalcare da sola. Avrebbe potuto accadervi qualcosa di spiacevole.» Non si muove d’un passo, Jamie, restando fermo e impettito dietro di lei, il suo cavallo egualmente lasciato libero.
«Questi non sono affari tuoi.»
«Temo che il Lord vostro padre la pensi diversamente, miss. Non gradirebbe sapere che la sua unica figlia s’è fatta del male cavalcando un animale che sono stato io stesso a sellare per lei.»
Brianna sospira, crollando il capo, la mano che passa ad asciugare in fretta quell’unica lacrima.
«Va bene, hai ragione.» Commenta, prima di rialzare gli occhi e puntargli un indice minaccioso contro il petto. «Ma non venire mai più in questo posto se non sono io a chiedertelo, e non farne parola con nessuno. Non voglio che tutti sappiano di questo luogo. È mio.»
Jamie le prende la mano, la stringe e si inginocchia davanti a lei, senza smettere di guardarla. «Ve lo prometto, miss. Avete la mia parola, per quanto possa valere la parola di uno stalliere.»
«Me la farò bastare.»
China il capo, lui, lasciando che i capelli castani lunghi fino alle spalle gli coprano il volto, prima di posare le labbra sulla mano di Brianna, che la ritrae immediatamente, neanche l’avesse scottata.
«Perdonatemi, miss, ho osato troppo.»
«E smettila di chiamarmi miss. Mi ricorda troppo chi sono, e qualche volta vorrei dimenticarmene.»
«Come devo chiamarvi, allora?» Domanda Jamie con un sorriso, rialzandosi e guardando dall’alto quella ragazzina tanto altera, anche quando in quel luogo c’era molto probabilmente andata solo per piangere.
«Brianna. Anzi, Bree andrà benissimo. Mio padre odia quel soprannome, motivo in più per farmici chiamare anche da te.»
«Come desiderate, Bree.»
Un cenno del capo è l’unica risposta di Brianna, che di nuovo gli volta le spalle per guardare il lago sotto gli ultimi bagliori del sole morente, mettendosi a sedere su quella sporgenza con le gambe penzolanti nel vuoto. Non ha paura, non di quel luogo, non delle sue Highlands. Chiude di nuovo gli occhi, respirando l’odore dell’erica in fiore.
«Non vorresti mai essere qualcun altro, Gardyne?» Gli domanda all’improvviso, senza neanche girarsi a guardarlo.
«Sì, Bree. Tante volte lo vorrei.» Risponde lui, avvicinandosi e mettendosi a sedere accanto a lei, cosa che le fa riaprire gli occhi all’improvviso per scrutarlo con un’occhiata incuriosita. Non le chiede il permesso, non si scompone ai suoi rimproveri, non usa verso di lei quella deferenza che le dovrebbe eccome. E la cosa, in qualche modo le piace. Nessun altro lo fa.
«E cosa vorresti essere?»
«A volte penso che vorrei essere uno del vostro clan, talmente ricco da non dover lavorare, da non dover passare ogni giorno della mia vita in quella stalla, o dietro ai cavalli. A volte, invece, vorrei essere uno di quei coraggiosi guerrieri di cui le nostre storie parlano sempre, o… non lo so.» Si stringe nelle spalle e sorride, spostando lo sguardo su di lei. «Ma alla fine sono contento d’essere solo quello che sono, di essere James Gardyne e niente di più. È vero, devo faticare ogni santo giorno per guadagnarmi da vivere, ma quando ho sbrigato tutte le mie mansioni sono libero di fare ciò che voglio, di essere ciò che voglio… e perdonatemi se azzardo, miss – voglio dire, Brianna. Ma credo di essere più libero io di quanto lo siate voi.»
Brianna si irrigidisce, i pugni si stringono attorno ai ciuffi d’erba su cui è seduta, le labbra formano una linea diritta e seria, gli occhi bruscamente si distolgono dal ragazzo.
«Perdonatemi di nuovo, non volevo inquietarvi.»
«No, non fa niente. Avete detto solo la verità. Io non sono libera, non lo sarò mai, forse.» Sospira. «E non vorrei essere altro che quello: libera. Magari anche felice, ma libera, più di tutto.» China di nuovo il volto, alzando una mano a coprirlo, prima che le spalle esili vengano scosse da silenziosi singhiozzi.
Jamie si alza in ginocchio di fronte a lei, posandole una mano sulla spalla, alzandole il volto con l’altra.
«Cosa vi è successo? E non ditemi che non è successo niente perché non vi crederei. Ho avuto occasione di vedervi in molti modi, vi ho vista ridere, vi ho vista arrabbiata e fredda, ma mai prima d’oggi vi ho vista piangere. Quindi deve esservi capitato qualcosa di brutto.»
Brianna lo fissa, gli occhi rossi e bagnati, la risposta dalle sue labbra arriva come qualcosa di appena più forte di un sussurro. «Mio padre mi ha promessa in sposa al Conte di Applecross.»
«Ma… ma non è troppo grande per voi?» Chiede lui stupito, la mano che tentativamente dalla spalla si sposta a cingerla meglio in un mezzo abbraccio. Sa di azzardare troppo, sa che neanche dovrebbe alzare gli occhi su una ragazza come lei, ma… è troppo bella per non essere guardata.
«Che gli importa?» Ribatte lei con disprezzo, sputando quasi quelle parole come se fossero veleno. «Ha solo me come figlia, lo sai, e visto che non potrò portare avanti il nome di famiglia dato che non sono un maschio, almeno devo cercare di portare ai MacKenzie il maggior lustro possibile con il mio matrimonio. Sir Adams è un Conte, e vuole me. Mi avrà, e il mio clan sarà finalmente parte della nobiltà, e vivranno tutti felici e contenti.»
«Tutti tranne voi, però.»
«Pare che questo non importi a nessuno.»
«Mi dispiace, Bree. Mi dispiace davvero.»
Di nuovo lei non gli risponde, stringendosi nelle spalle. Resta in silenzio a lungo, fino a quando il sole non sarà del tutto scomparso dietro le montagne, solo allora si alza in piedi e con un fischio richiama il cavallo, montandogli agilmente in sella con un balzo.
«Riaccompagnami a casa, Gardyne. E dimenticati di tutto quello ti ho raccontato oggi.» Gli dice, ritrovata la solita freddezza, gli occhi blu serissimi e fissi in quelli verdi dello stalliere.
«Ai vostri ordini, miss.»

Brianna e Jamie non si parlano più per lungo tempo, e tutto torna ad essere come prima. O meglio, quasi come prima. L’educazione della ragazzina cambia, si fa tutta votata al matrimonio, all’importanza dell’obbedienza, della sottomissione, del compiacere i desideri del marito – e solo i suoi, naturalmente, qualunque questi siano. Facile da immaginare che a Brianna questa nuova svolta nella propria vita non piaccia neanche un po’, tanto che inizia a mettere in atto tutta una serie di piccole rappresaglie contro quell’imposizione, come l’indossare un colore che al padre non piace e rifiutarsi spesso di mettere il tartan di famiglia, l’inventarsi d’essere malata per non partecipare a una cena importante, lo sparire nel niente nel bel mezzo d’una festa, o, cosa che lei preferisce più di ogni altra, mettersi a cavalcare a rotta di collo anche sotto la pioggia, con il rischio di buscarsi un malanno per davvero o di farsi seriamente del male. Piccoli sprazzi di libertà guadagnati con l’agilità nello sgattaiolare fuori dalla propria camera senza farsi notare, o promettendo silenzi sulle piccole mancanze di familiari e parenti, immancabilmente scoperte dal suo sguardo attento.
Jamie spesso la segue di nascosto nelle sue fughe, ne osserva il piglio deciso quando sprona il cavallo ad un galoppo sempre più veloce o la guarda sorridere quando le accade qualcosa di bello. Trova che abbia un bellissimo sorriso, ma forse non avrà mai il coraggio di dirglielo né di rivelarsi in uno di quei dissimulati inseguimenti. Che senso avrebbe? Lei è una MacKenzie, è promessa in sposa, e lui è un figlio di nessuno, uno stalliere che non possiede niente se non gli abiti che indossa. Ma in fondo si sente quasi in dovere di vegliare su di lei, così piccola, così forte, in continuo cambiamento per non essere più la bambina che è e diventare invece, precocemente, una donna. Così bella e così solitaria, per essere una ragazzina.

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Capitolo 3
*** ~ Granaidh Ailith ***


Una delle mete preferite delle fughe della giovane miss è una casa distaccata dalle proprietà MacKenzie, immersa nella campagna delle Highlands, raggiungibile solo con una buona cavalcata. È la casa di Ailith Campbell in Fraser, nonna materna di Brianna, una donna tanto forte quanto ostinata, dagli occhi castani che brillano di vivace intelligenza nonostante l’età già avanzata. L’unica persona con cui la ragazzina si confida per davvero, e che più che al ruolo di nonna adempie a quello di madre, visto che Kathleen è troppo chiusa nella parte di moglie devota per riuscire a pensare ad altri che ad Alexander. Brianna, per lei, è solo l’ostacolo che la separa dall’amore incondizionato del marito, è colpa sua se lui adesso non la ama più come prima, è colpa sua se lui adesso cambia un’amante dopo l’altra. Solo colpa sua. E Brianna, incapace di trovare conforto altrove, lo cerca in quella figura dai lunghi capelli bianchi e dal sorriso gentile.

«Granaidh , perché mi devo sposare?» Brontola la ragazzina, seduta davanti al caminetto, la testa bionda appoggiata sulle ginocchia dell’anziana donna, che le carezza dolcemente i lunghi boccoli sciolti.
«Perché è così che vanno le cose, piccola mia. Tutte noi abbiamo dovuto prendere marito e dare alla luce dei figli. Se io non mi fossi sposata e non avessi fatto nascere tua madre tu non saresti qui, non credi?» Le sorride con affetto, comprendendo i suoi dubbi.
«Ma tu volevi?» Insiste Brianna, alzando il volto per poter guardare la nonna in viso.
«Certo che volevo. Avresti dovuto vedere tuo nonno, che bell’uomo che era! E io mi ero così innamorata di lui…» Un sorriso un po’ triste al ricordo del marito, in memoria del quale ancora indossa l’abito nero da lutto, e lo sguardo si abbassa sulle dita nodose su cui, oltre alla doppia fede nuziale, porta ancora l’anello di fidanzamento.
«E sei stata felice, quando l’hai sposato?»
«Sì, bambina, tanto. È bello sposare l’uomo che si ama, lo sai?»
«Non lo so. Io non sposerò un uomo che amo.» Ribatte l’altra imbronciandosi. «Anche perché io non amo nessuno. E non amerò neanche mai nessuno.» Alza il mento altezzosa, facendo sporgere il labbro inferiore.
«Oh, tesoro, questo proprio non puoi saperlo, né deciderlo. Non si sceglie di innamorarsi, ci si innamora e basta. Succede.» Dice teneramente, sorridendo di quella sciocchezza infantile.
«E non mi deve succedere. Anche perché…» Sospira, di nuovo abbassa la testa sulle ginocchia della nonna, chiudendo gli occhi. «Granaidh, non posso amare Sir Adams, non ci riuscirò mai, ma gli sono stata comunque promessa in sposa. E se devo amare un uomo che non potrò sposare… perché farlo?»
Nonna Ailith resta in silenzio, solo continua ad accarezzare i capelli di Brianna.
«È bello essere innamorati?» Domanda ancora, curiosa su quell’argomento di cui non sa niente.
«Lo è, Brianna. Lo è. Anche se non sempre l’amore ci porta a fare la cosa giusta. La vedi tua madre?» Si interrompe per sbuffare in segno di disapprovazione. «Come una sciocca si innamorò di tuo padre, e non volle saperne di sposare altri che lui, e adesso si lascia trattare in questo modo vergognoso. Perdonami, piccola, ma tuo padre non mi è mai piaciuto, e neanche a tuo nonno piaceva granché. Gli abbiamo lasciato sposare Kathleen solo perché lei lo desiderava così tanto, ma mi sono pentita più di una volta d’averlo permesso.»
Ecco perché lei non abita nel castello con gli altri membri della famiglia, ma ha preferito una casa piccola e tutta sua. Non avrebbe mai sopportato di vedersi l’odiato genero ogni giorno della propria vita.
«E allora lo vedi, granaidh?» Riprende la ragazzina. «Non lo devo fare.»
«Mo chiall, quando i matrimoni sono come il tuo, combinati, l’amore lo si trova spesso al di fuori di quel legame. Lo so, non è bello che io ti dica queste cose… » Dice in fretta, a prevenire la protesta che già vede fiorire sulle labbra di Brianna. «… ma può succedere. Non ci si può privare dell’amore per una vita intera solo perché qualcun altro s’è preso il diritto di scegliere per noi chi dobbiamo sposare. Ti faccio un regalo, Brianna.» Aggiunge dopo qualche attimo di silenzio, con un sorriso, quel sorriso particolare che riserva alla nipote quando ha in serbo una sorpresa per lei. Si sfila dal dito l’anello di fidanzamento che Lachlan le ha donato tanti anni addietro, un anello in oro giallo con una rosata di diamanti al centro, e lo mette sul palmo della mano della bambina, che lo accoglie con stupore e un timore quasi reverenziale.
«Ma questo è l’anello del nonno, non…»
Ailith le mette un dito sulle labbra, a zittirla.
«Lo dovrai conservare fino a quando non troverai il tuo vero amore. Perché io lo so che lo troverai, piccola mia, meriti di trovarlo anche se non sarà tuo marito. E quando l’avrai trovato, regala a lui questo anello. Vi unirà più di una fede nuziale.»
«E se non lo trovo? Come faccio a essere sicura?»
«Lo sentirai.»
Brianna sorride, alzandosi in ginocchio per abbracciare la nonna.
«Ti voglio bene, granaidh.»
«Anche io te ne voglio, bambina mia.»

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Capitolo 4
*** ~ Inbhir Nis, 13 agosto 1866 ***


Tredici agosto, tredici anni finalmente compiuti.
Di solito Brianna accoglie il giorno del proprio compleanno con gioia, visto che per quelle ventiquattro ore le attenzioni di tutti sono concentrate su di lei più del consueto, e da parte degli innumerevoli membri dei clan MacKenzie, Fraser, Campbell e altri parenti piovono regali di ogni sorta, tutti splendidi e tutti costosissimi. Ma quest’anno non bastano un nuovo vestito di Worth, un completo da cavallerizza o nuovi fermagli per i capelli a far nascere un sorriso sincero e felice sul volto della festeggiata, che si sforza di apparire tranquilla e lieta come tutti gli altri anni. E tantomeno la rallegra il regalo del futuro sposo, un anello di fidanzamento con un grosso zaffiro centrale circondato da minuti diamanti, in pendant con un collier e un paio di squisiti orecchini che hanno fatto squittire d’invidia parenti e servitori vari, visto il dono tanto prezioso. È stato lui stesso a sistemarglieli indosso, sollevandole con lentezza i capelli per chiuderle il monile al collo, indugiando più del dovuto con le dita tra i boccoli dorati, sulla pelle candida del volto quando le ha sistemato gli orecchini, e di nuovo baciandole a lungo la mano dopo che ha fatto scivolare al dito sottile quell’anello così grande, pesante come una condanna.
«Blu come i tuoi occhi, mo chridhe.»
Brianna gli ha sorriso tenuemente, inghiottendo un sospiro.
È uscita di casa ancora con quei gioielli indosso, ancora con il bel vestito color cobalto che indossava per la festa, con tutta l’intenzione di sgattaiolare di nascosto nella stalla e prendere un cavallo per andare nel suo luogo prediletto, e restare da sola.
«Miss.» Si sente chiamare quando è già con la sella in mano, voltandosi di scatto per vedere chi è che l’ha chiamata, sospirando di sollievo nel vedere che è solo Jamie.
«Mi hai spaventata, Gardyne. Non farlo più. Cosa vuoi?» Domanda, ansiosa di liberarsi anche di lui e potersi lanciare al galoppo fuori da lì, dalle proprietà della sua famiglia.
«Volevo…» Il ragazzo si carezza la nuca in un vago cenno di imbarazzo, sorridendole poi. «È il vostro compleanno, volevo farvi gli auguri. E darvi il mio regalo.»
«Non dovevi.»
«Lo so che non  dovevo, proprio per questo l’ho fatto.» Il sorriso si fa più divertito in quella frase tinta da un leggero tono di ribellione, tanto che l’angolo delle labbra di Brianna si solleva in risposta, nel trovare in lui un sentimento gemello al proprio.
«Dai, dimmi che cos’è.»
Jamie le sorride, facendole cenno di aspettare un momento, e sparisce dentro uno dei box più lontani e nascosti, per tornare un attimo dopo conducendo per le briglie una puledra bianchissima di non più di due anni, dal manto lucido e ben strigliato e dal portamento fiero, come fieri sono gli occhi azzurri e intelligenti. La ragazzina alza le mani in un moto di sorpresa a coprire la bocca, stupefatta.
«Direi che vi piace, sempre che la vostra reazione sia di stupore e non di sconforto.»
«È… è bellissima.» Sussurra Brianna, tendendo la mano in avanti per accarezzare il muso dell’animale, che non si ritrae al tocco leggero della giovane miss.
«L’ho abituata al vostro odore, miss. Una volta avete dimenticato un giacchino nelle stalle, e…» Si stringe nelle spalle il giovane, a dire che l’ha usato a quel proposito. «Si chiama Beira.»
«Beira? Come la Regina d’Inverno?»
«Proprio così. Mi ricordava voi, e per questo ho scelto di darle questo nome e di allevarla appositamente per farvene dono. L’ho addestrata alla corsa, è molto veloce, sapete?» Le racconta, inorgogliendosi e gonfiando il petto nel vedere lo sguardo incantato di Brianna, che continua a sfiorare il manto di Beira con quella piccola mano ingioiellata.
«Vi lascio da sola con lei, miss, dovete imparare a conoscervi.» Dice infine, inchinandosi per congedarsi.
«Gard… James.» Lo richiama Brianna.
Lui si volta, le sorride. «Jamie.»
«Jamie… grazie. È il regalo più bello di tutti.»
«Ne sono felice, Bree.»
«Un giorno di questi potremmo cavalcare insieme, così vediamo se l’hai addestrata a dovere, e se è davvero veloce come dici.»
Jamie sorride di nuovo, chinando la testa e sfiorandosi la fronte con le dita, visto che non indossa il cappello, e poi se ne va, lasciando la ragazza libera di salire in groppa al suo nuovo regalo e spronarla verso il suo luogo preferito. Ha bisogno di pensare.

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Capitolo 5
*** ~ Touché ***


«Allora, Gardyne, devo venirti a prendere in braccio io per farti arrivare?» Grida affannata una Brianna dai capelli scompigliatissimi, raddrizzandosi in sella a Beira e carezzandole piano la criniera, come a ringraziarla di quella vittoria schiacciante sul giovane stalliere, che la raggiunge solo qualche momento dopo. Ha un sorriso raggiante e superbo, lieta d’aver trionfato in quella piccola sfida.
Del resto, come dirà qualcuno molti anni più tardi, i MacKenzie non sanno perdere, possono solo imparare a non vincere, casomai.
«Però…» Mugugna Jamie, asciugandosi la fronte con una manica della camicia, i capelli incollati al viso. «… per essere una signorina ve la cavate fin troppo bene in cose come questa, che direbbe vostro padre?» Le dice sorridendo, facendo affiancare il proprio baio alla puledra dell’altra.
«Sai cosa ti dico? Chi se ne importa di quello che direbbe mio padre. Io dico che mi sono divertita, e questo è quello che conta.» Ribatte lei con un leggero moto di stizza degno della bambina viziata che è, stringendosi nelle spalle e tornando a guardare Jamie. «Devo ammetterlo, però, è davvero veloce come dicevi.»
Lui scende da cavallo, tendendo le braccia per aiutare lei a fare lo stesso, prendendola per la vita sottile e posandola con delicatezza a terra, anche se di proposito ci mette più del necessario e la stringe un poco più forte. Non gli capita spesso un’occasione del genere, e non può non approfittarne.
«Non mento mai, Bree, non con voi almeno.» Le dice con un sorriso sincero.
«Uff, non so te ma io ho un caldo tremendo.» Prosegue Brianna, cambiando radicalmente discorso. Non le piaceva la piega che l’altro aveva già preso, e quel “non con voi” mormorato più dolcemente. Si siede all’ombra dell’albero che hanno prescelto come traguardo e scioglie del tutto i capelli solo per legarli un momento dopo in un’alta crocchia disordinata ma che almeno le lascia il collo sudato libero di respirare, allentando anche i lacci che chiudono la camicetta sottile e sfilandosi le scarpe.
«Avete ragione, fa proprio caldo.» Ribatte lui, accorgendosi di quel rapido cambio di argomento, e con la precisa intenzione di provocarla si toglie la camicia, restando tranquillamente a petto nudo – non c’è che dire, il lavoro di fatica che compie gli fa più che bene, visti i muscoli asciutti e ben disegnati che si ritrova – e poggiandosi contro la corteccia dell’albero, chiudendo gli occhi ma riaprendone di nascosto uno, appena da vedere l’eventuale reazione della MacKenzie, se ce ne sarà una.
La ragazzina inclina un sopracciglio, prima di sbattere le palpebre più d’una volta e alzare l’angolo delle labbra in un sorriso. Evidentemente quello che ha visto non le dispiace affatto, anzi, e Jamie non può fare altro che esserne parecchio soddisfatto.
«Vuoi dare spettacolo, forse, James?»
«Non mi sembra che vi spiaccia, miss. O sbaglio?» Le domanda, voltandosi verso di lei e puntellandosi con un gomito sull’erba per poterla guardare meglio.
Punta sul vivo, Brianna tace. Ma no, non arrossisce, neanche adesso.
«Touché.»

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Capitolo 6
*** ~ First Touch ***


Passa un mese dopo l’altro, lentamente – o fin troppo velocemente, dalla prospettiva di Brianna – e il Conte fa visite frequenti al castello dei MacKenzie, per definire modi e tempi di quel matrimonio, per firmare carte e contratti insieme ad Alexander, e spesso e volentieri si intrattiene con la promessa sposina, che guarda a quegli incontri con tutt’altro che piacere. Quell’uomo non le piace, non le piace come la guarda, come la tocca di nascosto, anche se le sue mani non si sono mai spinte oltre i limiti di ciò che è concesso, e soprattutto non le piace il tono di voce mellifluo e suadente che usa quando è con lei. Ma tace, non si lamenta apertamente e non si mostra mai in pieno conflitto con quella scelta che non ha fatto e che non approva. Solo il volto di bambina allegra si trasforma in quello di un angelo triste.
È primavera adesso, una bella primavera profumata di fiori, e tra qualche mese Brianna compirà i suoi quattordici anni.

«Mo chiall, ti fai ogni giorno più bella.»
Lei sorriderebbe compiaciuta a parole come quelle, sussurrate a voler suonare piacenti. In fondo lo sa molto bene di essere bella, e lo specchio non manca di ricordarglielo ogni giorno, insieme alle loquaci chiacchiere delle servette che le sono state assegnate e che la preparano e agghindano di continuo, con sua grandissima soddisfazione. Eppure adesso non riesce a rispondergli che con una falsa modestia.
«Vi ringrazio, Sir. Siete troppo generoso di complimenti.»
«È un vero peccato che tu sia ancora così giovane, Brianna. È logorante l’attesa di poterti sposare, e immagino che per te sia lo stesso, vero?»
«Naturalmente, mio signore.» Mente con una sicurezza tale da risultare spiazzante – una dote che il tempo riuscirà solo ad affinare in lei – rivolgendo un sorriso tiepido al Conte, che vede però quel sorriso come un vero e proprio invito.
Si ferma, prendendo la ragazzina per le spalle lasciate scoperte dall’abito rosa pesca che indossa, e la costringe con la schiena contro un grosso albero, abbastanza nascosto rispetto al castello così che nessuno possa vederli, chinandosi per infilarle il volto tra i capelli e inspirare lentamente. Quel profumo a metà tra il dolce e il selvatico gli dà alla testa.
«Sei una bambina, mo bàine, ma profumi come una donna… » Le sussurra all’orecchio, sfiorandolo con le labbra, una mano che le si stringe attorno alla vita sottile, l’altra che risale sul suo collo, le si insinua tra i boccoli. Brianna chiude gli occhi, quasi non respira, aderendo alla corteccia come se sperasse d’esserne assorbita e nascosta, come quella Dafne di cui ha letto mentre studiava. Ma questo non succede, e Dougal non comprende il respiro affannato di lei come la paura che effettivamente è e lo confonde con un petto palpitante dello stesso desiderio che prova anche lui. Le sostiene il volto con la mano e la bacia con foga, dischiudendole a forza le labbra con le proprie, premendo contro di lei e accarezzandone il corpo minuto e ancora in boccio. Lei non risponde a quel bacio, a quelle carezze, e resta immobile, ferma e fredda come una statua, anche quando le mani del Conte osano di più, sollevandola contro l’albero e alzando l’orlo della gonna leggera per sfiorare le gambe snelle fasciate dalle calze candide e afferrare poi i glutei, la bocca che scende invece a lambire la curva dei seni che spuntano dal corpetto come frutti non ancora maturi, raspandole la pelle delicata con la corta barba.
Troppi minuti passano così, minuti che sembrano lunghi come un’eternità, prima che Dougal le offra di nuovo il braccio per proseguire quella loro passeggiata come se niente fosse successo.
«Arriverà il giorno in cui non dovrò fermarmi, mo chridhe. Quel giorno sarai solo mia.» Mormora di nuovo lui, stringendole la piccola mano nella sua, facendola rabbrividire e costringendola di nuovo a nascondersi dietro un pallido sorriso per dissimulare il turbamento che sente.

Quella sera stessa, dopo la cena cui ha dovuto partecipare, sempre accanto a Dougal, scappa, scappa con tutta la velocità che ha nelle gambe, per allontanarsi da quell’uomo il più possibile, sotto la pioggia che ha iniziato a scrosciare copiosa, in quel repentino mutamento di tempo che è tipico della primavera. Scappa, e il primo posto che le salta all’occhio come adatto a nascondersi è la stalla, a cercare il conforto di Beira. Non è proprio la cosa più normale del mondo andare a farsi consolare da un animale, ma per chi come Brianna non ha amici né ha una madre disposta ad ascoltarla e comprenderla, questo è il primo pensiero che le viene alla mente. Vi si infila silenziosa e gocciolante, avanzando a passo sicuro verso il box dove è alloggiata la sua puledra, e quasi lancia un grido nel trovare lì Jamie.
«Sei sempre tra i piedi, Gardyne!» Esclama stizzita, ma la voce che vorrebbe suonare arrabbiata le esce strozzata dalle labbra. Lo stalliere farebbe per replicarle a tono, come di consueto, ma le labbra si muovono senza produrre suono, vedendola in quello stato.
«Miss... Brianna, è tutto a posto?» Le domanda turbato, osservando le gocce d’acqua sul volto che non sono riuscite a nascondere le lacrime e gli occhi arrossati, avvicinandosi rapidamente a lei e alzando la mano per accarezzarle il volto con dolcezza. E lei, così inspiegabilmente sconvolta da quel primo tocco maschile tanto rude che aveva sperimentato a forza nel pomeriggio, adesso scoppia seriamente a piangere di fronte a questa carezza semplice, tanto da spingere Jamie a cingerla cautamente con le braccia e attirarla contro il suo petto, senza che lei si divincoli da quell’abbraccio.
«Shhh… Bree, è tutto a posto…» Le mormora contro i capelli, cullandola piano.
«No, niente è a posto, maledizione!» Esclama Brianna, allontanandosi di scatto e puntandogli addosso quello sguardo ardente di fuoco blu. «Niente! E io sono una stupida, io non dovrei… non devo…» Sbuffa, frustrata, asciugandosi rabbiosamente le guance con i palmi delle mani.
«Non devi cosa?» Sì, le dà del tu, non è un momento in cui soffermarsi sulla formalità.
«Piangere.»
«E perché no?»
«Perché è da deboli, Jamie! Una cosa da deboli!»
«Non c’è niente di sbagliato a essere deboli, Brianna, e poi tu sei così…»
«Così cosa?» Lo interrompe, guardandolo di sotto in su e premendogli una mano contro il petto. «Così piccola, questo volevi dire, vero? Così bambina?»
Annuisce in silenzio. «Lo sei. Non hai neanche quattordici anni, non puoi pretendere di essere già una donna!»
«Allora spiegamelo, spiegami perché se non sono ancora una donna tutti vogliono da me che io mi comporti come tale! Spiegami perché mi hanno promessa in sposa, spiegami perché quell’uomo orribile a cui mi dovrò unire oggi mi ha baciata e toccata come una donna, e non come una bambina!»
Gli occhi verdi del ragazzo si sgranano a sentire quelle ultime parole, incupendosi.
«Che cosa ti ha fatto.» Non suona neanche come una domanda, ringhiata quasi a denti stretti.
«Niente di davvero grave. Ma io…» Sospira, mettendosi a sedere sulla paglia, incurante per una volta del bel vestito che indossa e che sicuramente potrebbe sciuparsi. «… devo essere forte. Non voglio mostrare a mio padre quanto la sua decisione mi abbia fatto male.»
Jamie si inginocchia davanti a lei, prendendole le mani. «Sei coraggiosa, Bree. Lo sei davvero tanto.»
«Non è vero. Adesso non sono coraggiosa, mi vorrei solo nascondere.» Sussurra, nascondendo il volto contro le ginocchia, in quel continuo oscillare tra adulta e bambina.
Lui si rialza, le tende la mano per farle fare altrettanto. «Vieni con me.»
«Dove?»
«Vieni e basta.»
Brianna stranamente obbedisce, facendosi alzare da Jamie e osservandolo mentre prende la lanterna a olio appesa alla parete del box e poi inizia a condurla lungo la stalla, fino ad arrivare proprio in fondo alla costruzione dove, con l’aiuto di un gancio fissato in cima a un’asta di legno, apre una botola sul soffitto e ne fa calare una scaletta su cui prontamente si arrampica, sparendo in quello che evidentemente è un piccolo soppalco. Le fa di nuovo cenno di raggiungerlo, e con un misto di curiosità e scetticismo la giovane miss sale su per quella scala che cigola leggermente sotto i suoi piedi, una mano che è costretta a tenere sollevato l’orlo della gonna ampia dell’abito zuppo per non inciamparvi, l’altra che viene afferrata da quella ruvida dello stalliere per aiutarla.
Si ritrova così in un piccolo ambiente profumato di erba secca, illuminato fiocamente solo dalla luce di quella lanterna che Jamie ha appeso a un chiodo fissato a quello scopo nella parete di legno e da un fioco bagliore di luna che viene da una stretta finestrella sul soffitto.
«Questo posto…» Sorride lui nell’includerlo tutto in un neanche troppo ampio gesto del braccio, prima di ritrarre la scaletta e chiudere il portello della botola. «… è il mio rifugio. È come il tuo luogo speciale, solo un po’ meno bello e meno poetico. Adesso siamo pari, io ho visto il tuo e tu il mio.» Le dice, mettendosi a sedere sulla paglia odorosa e fresca, invitandola a imitarlo. «Puoi venire qui, quando ne hai bisogno, se il tuo è troppo lontano o magari il tempo non ti permette di andarci.»
La ragazzina si siede accanto a lui, sorridendogli con quella che sembra autentica gratitudine, sempre abbracciandosi le ginocchia al petto, restando in silenzio per qualche minuto, un silenzio che neanche Jamie si azzarda a infrangere, visto che a quanto pare lei ne ha bisogno. Si sdraia poi completamente sulla paglia, chiudendo gli occhi e respirando lentamente. Sta pensando, e le è venuta un’idea strana in mente. Un’idea completamente folle, pericolosa e assolutamente ribelle. Le piace. Lo vuole.
«Jamie.»
«Sì, Bree?»
«Non voglio che sia Sir Adams il primo.»
«Il primo a…»
«Hai capito benissimo.»
Jamie deglutisce, la guarda dall’alto, leggendo la determinazione negli occhi blu di Brianna.
«Continua.» Le sussurra.
«Voglio che sia tu.» Prosegue lei, sempre guardandolo serissima, e lui si rimangia la domanda che stava per farle. Non sta scherzando. «Sei l’unico che abbia capito qualcosa di me, Jamie. L’unico che non ha preteso che fossi altro che me stessa. Questo mi basta.»
Il ragazzo tace a lungo, seduto, mordendosi il labbro inferiore. Non può credere che gliel’abbia detto per davvero, che voglia proprio lui, che voglia essere sua per la prima volta, e il cuore gli batte a mille nel petto. Sembra solo una fantasia eppure è vero, e non saprebbe neanche dire quanto lo desiderasse.
«Bree, ne sei sicura?» Le domanda, di nuovo voltandosi verso di lei e guardandola. «Io sono…» Allarga le mani, scuote la testa. «… solo io.»
«Proprio per questo. Perché sei tu.»
Jamie si china verso di lei, le passa una mano dietro la nuca, e lentamente avvicina il volto al suo per baciarla con dolcezza, carezzandole a lungo le labbra con le proprie, in un tocco totalmente diverso da quello che in quello stesso pomeriggio la bocca esigente di Dougal aveva fatto sperimentare alla ragazzina. Le sorride, un momento dopo, allungando il braccio per prendere la lanterna attaccata al muro, soffiando per spegnere la piccola fiamma.
Buio.

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Capitolo 7
*** ~ War ***


Quella è la prima, ma non certo l’ultima volta in cui Brianna cerca conforto tra le braccia di Jamie, e se la prima volta le ha fatto davvero male, la seconda che l’ha immediatamente seguita è stata sicuramente molto meglio. E così spesso, sebbene di nascosto e con grandissima attenzione, mettendo in atto i più assurdi stratagemmi per organizzare i loro incontri, la giovane miss si intrufola in quel sottotetto, dove viene accolta dal sorriso e dalla dolce premura dello stalliere.
Jamie è innamorato di Brianna, lo si sente nel tono di ogni parola che le rivolge, nel modo in cui la guarda con dolcezza, nei suoi gesti, e quando la stringe nuda tra le proprie braccia non c’è mai solo desiderio. E lei… lei ha promesso di non innamorarsi, e ostinatamente il suo cuore mantiene le distanze da quel sentimento, anche se non può certo negare di essersi legata al ragazzo, più di quanto le piaccia ammettere, tanto che non s’è opposta a far incidere le loro iniziali intrecciate sul legno della parete.
Ma si sa che tutte le cose belle hanno una fine.

Un rumore improvviso disturba l’incontro amoroso dei due ragazzi, la botola che si apre e la scala che viene calata in fretta, facendo apparire pochi attimi dopo il volto di Alexander MacKenzie in persona, che è il ritratto stesso della rabbia più accesa. Non ha trovato la figlia a letto quando è andato a cercarla per darle la notizia della data delle nozze finalmente stabilita, e nell’uscire per cercarla ha visto invece il flebile lume acceso che brillava dalla stretta finestrella della stalla. Non gli è servito molto a capire che i lievi gemiti che, entrando nella costruzione, si sentivano provenire dall’alto, appartenevano proprio a sua figlia. Quella che aveva promessa in sposa con la garanzia della verginità inclusa nel patto.
«Lo sapevo, lo sapevo che saresti stata solo una disgrazia! Una sgualdrina, una maledetta sgualdrina!» Le grida contro, torreggiando sui due giovanissimi amanti, con Jamie che si porta davanti alla ragazzina per proteggerla. «E tu togliti di lì, bastardo che non sei altro, prima che ti scaraventi di sotto. Avanti, alzati!» Gli intima, e vedendo la sua resistenza lo prende per i capelli e lo butta da una parte del piccolo soppalco. Il MacKenzie si passa una mano sul volto dalla barba leggermente ispida, infuriato come non mai. Tutto in fumo, tutti i suoi piani, i progetti delineati fino all’ultimo dettaglio con estrema premura… tutto invano. Non può ingannare sir Adams e fare finta che non sia successo niente visto che si accorgerebbe della menzogna, ne va della sua reputazione, del suo onore, e allo stesso tempo gli manca il cuore di dire addio a quell’idea di nobiltà che già accarezzava con troppo gusto. Tutto per colpa di quella dannatissima femmina che non avrebbe mai voluto e che ha gettato al vento l’unica opportunità di essergli utile!
«Ti insegnerò adesso qual è il tuo posto, siùrsach , e imparerai cosa succede a chi mi disobbedisce, è una promessa! Tweedsmuir! Owen! Cameron!» Chiama furente gli uomini che aveva portato con sé per andare a cercare la figlia, e tutti e tre sbucano nel soppalco un momento dopo, sgranando gli occhi nel vedere quella scena: il figlio di Gardyne in un angolo con un taglio sanguinante sulla fronte, nudo come è nuda la giovane e bellissima miss MacKenzie che, distesa sulla paglia, sfida quel colosso che è suo padre con la stessa rabbia che brilla negli occhi dello stesso colore, senza dire una parola.
«Voi due» Indica i primi che ha nominato. «teneteli fermi, che non scappino.» L’indice si sposta verso i due ragazzi, accompagnato da uno sguardo disgustato, prima di rivolgersi all’ultimo dei tre. «Tu. Un braciere, e un ferro da marchio. Alla svelta.»
«No!» Grida Jamie, che ha già capito dove andrà a finire quel macabro preparativo, cercando di divincolarsi dalla stretta delle grosse braccia di Tweedsmuir, prendendosi da Alexander un fortissimo manrovescio che gli fa sputare altro sangue.
«Non azzardarti ancora a parlare o giuro che ti faccio mangiare la lingua.» Gli ringhia contro minaccioso, afferrandolo per il collo, lasciandolo andare solo quando Cameron torna con quanto gli è stato richiesto, prendendo il ferro e infilandone la punta in mezzo ai tizzoni ardenti.
Brianna è immobile, costretta da Owen con le braccia contro la paglia su cui è ancora sdraiata, il petto che si alza e si abbassa freneticamente in un terrore che non può fare a meno di provare, visto che ha capito anche lei cosa sta per succedere, e lo capisce ancora meglio quando anche Cameron, seguendo un altro cenno di suo padre, arriva a tenerle ferme le gambe con forza per impedirle qualsiasi movimento. Ma per quanto abbia paura le sue labbra restano serrate, non una supplica, non una lacrima né un segno di rimorso per quello che ha fatto e che le sta costando adesso fin troppo. È forse proprio questo a far arrabbiare il MacKenzie ancora di più, il non leggere il panico, ma solo un’ulteriore ribellione in quegli occhi uguali ai propri.
Estrae il ferro dal braciere, esaminando la punta aguzza che brilla di rosso, e con un sorriso agghiacciante si inginocchia accanto a Brianna, posandole la mano all’altezza delle costole, sotto il seno sinistro.
«Voglio che lui guardi.» Dice riferendosi a Jamie, senza staccare gli occhi da quelli della figlia. Aspetta che si spezzi, che pianga, che lo implori di non farlo. Ma aspetta invano.
«L’hai voluto tu, Brianna.» Le sibila crudele. «Qualunque cosa farai, tu apparterrai sempre e solo a me. Non sarai mai libera, piccola sgualdrina.»
E quel ferro rovente si poggia all’improvviso sulla pelle candida di lei.
Un grido spaventoso rompe il silenzio della notte, un grido che fa accapponare la pelle a tutti coloro che riescono a sentirlo, e i più fantasiosi e creduloni sono pronti a giurare che, anno dopo anno, in quella stessa notte, il fantasma di quel grido riecheggi nelle proprietà dei MacKenzie.
Sviene dal dolore che prova, e di nuovo riprende i sensi, e ancora li perde in un delirio di grida e lacrime, visto che Alexander ha in mente un lavoro preciso ed estenuantemente lungo, che ha come risultato un perfetto intreccio di tre lettere, adesso scavate nella carne viva di Brianna.
AMK.
Le sue iniziali, il marchio di una vita intera.
«Portate via questo dannato porco prima che l’ammazzi. Imbarcatelo sulla prima nave per l’America, e suo padre con lui, che non debba vederli mai più.» Dice freddamente una volta portata a termine la sua tremenda operazione, tornando a guardare Jamie che è talmente disperato e sconvolto da quanto è successo che nemmeno ha la forza di ribellarsi quando viene trascinato a forza giù per la scaletta da Tweedsmuir.
«Brianna… Tha gaol agam ort.» Le sussurra, guardandola per l’ultima volta, in tempo per vederla rinvenire di nuovo e ricordarsi sempre lo sguardo sofferente e coraggioso che gli rivolge.
Da allora, non si sono più visti.
«Che un dottore si prenda cura di lei. Riportatela a casa.» Ordina Alexander agli altri due uomini rimasti, che prendono la ragazza in braccio con delicatezza, avendo cura di rimetterle addosso qualcosa per non portarla in giro nuda com’è, anche se il contatto della ferita con il tessuto le fa stringere le labbra con i denti per non gemere di nuovo.
«Hai avuto quello che ti meritavi.» Le dice con raggelante tranquillità, come un dio placato dal sacrificio di sangue ottenuto.
Brianna alza a fatica il viso oltre la spalla di Owen, gli occhi blu che, per quanto siano pieni di lacrime e offuscati dal dolore, conservano intatta quella scintilla ribelle che avevano prima di quella punizione e riversano il proprio odio in quelli del padre.
«Guerra, padre.» Ribatte a denti stretti. «È una promessa.»

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Capitolo 8
*** ~ Restless ***


«No.»
«Ma miss, io…»
«Ho detto di no.»
Sèitheach sospira e si alza, visto che era in ginocchio davanti a Brianna, richiudendo la scatolina di velluto blu che le aveva offerto, rifiutata insieme all’anello di fidanzamento che contiene. Guarda di nuovo quella ragazza così fredda, seduta impettita su una delle belle poltrone della sala da ricevimento del castello MacKenzie e con lo sguardo che, dopo aver raggelato il povero pretendente di turno, torna a fissarsi su un punto imprecisato fuori dalla finestra che ha alle spalle. Un sorriso soddisfatto le increspa le labbra quando anche il malcapitato del giorno si chiude dietro la porta sconfortato.
Già, perché in quegli anni che sono seguiti a quella notte terrificante, dopo lo scioglimento del fidanzamento di Brianna e di Dougal sono stati in molti a farsi avanti, incantati dalla bellezza della ragazza e da quella assai più venale della cospicua dote che questa si porta dietro. E sono stati tutti prontamente rifiutati, uno dopo l’altro, senza troppe cerimonie.
«Brianna, non posso credere che tu l’abbia fatto di nuovo. Mister Walkinshaw è un ottimo part…»
«No, padre.» Lo interrompe lei, voltandosi di scatto a guardare l’uomo appena entrato nella stanza. «Non lo sposerò per farvi piacere.»
I pugni di Alexander si stringono lungo i fianchi, la mascella si irrigidisce in un’espressione di malcelata rabbia.
«Dove vuoi arrivare con questa maledetta ostinazione, si può sapere?»
«Alla mia libertà.» Ribatte lei secca. Gli anni sono passati, il suo corpo, da quello di graziosa bambina, s’è fatto quello di una bellissima donna di vent’anni, ma gli occhi non sono cambiati di una virgola: la stessa freddezza, la stessa determinazione e la stessa, continua aria di sfida nei confronti del padre, che non si spegnerà mai. Neanche quando la grossa mano di Alexander arriva a darle uno schiaffo violento che le spacca il labbro inferiore, prima di andarsene e sbattere la porta alle sue spalle.

«Davvero gli hai tirato dietro l’anello, al figlio di sir Dinwiddle?» Domanda una voce maschile assai profonda, carezzando i capelli biondi della donna sparsi sul proprio petto.
«Hm-hm.» Annuisce Brianna divertita, rotolando su un fianco e distendendosi sulla schiena, stiracchiando braccia e gambe come una gatta sazia e soddisfatta. È nuda, salvo per il corsetto che non ha voluto togliere, e a giudicare dal velo di sudore che le brilla sulla pelle è abbastanza facile capire in cosa si sia intrattenuta con quel… quel… Drostan? Sì, forse le ha detto che si chiama così. Ad ogni modo, era carino abbastanza da attirare la sua attenzione, i nomi non sono una cosa importante. «Non avrei mai sposato un simile imbecille. Secondo me, quello neanche sapeva com’è fatta una donna!»
«Sarebbe stato un grande spreco, farti avere a qualcuno che non sa omaggiarti come si deve.»
«E tu invece credi di esserne in grado?» Chiede, un brillio malizioso che le ravviva lo sguardo, insieme a un sorriso assai pericoloso.
«Te lo dimostro di nuovo, se vuoi…»

«Ma perché non resti qui a dormire?» Chiede un ragazzo dalla pelle chiarissima e dai lunghi capelli neri che ricadono sul petto nudo, mentre si puntella con un gomito sul materasso su cui è sdraiato, osservando la donna che invece s’è alzata e si sta rivestendo.
«Perché te l’ho già detto, Oisian. Non mi piace dormire con qualcuno.»
«Ma…»
«Niente ma. Le regole le faccio io, e se non ti stanno bene…»
«No, no, Bree, va benissimo così.»
Di nuovo quell’espressione provocatrice e soddisfatta a tenderle le labbra in un sorriso. Sta imparando, e molto bene, a divertirsi in un modo che le piace sempre di più. Senza legami, senza obblighi, senza stupidi batticuori a infastidirla, cambiando di letto ogni volta che cambia umore. Il che equivale a dire molto spesso.
«Tornerai domani? Il ritratto è quasi finito.» Dice lui alzandosi e avvolgendosi il lenzuolo attorno ai fianchi, accostandosi alla tela su cui spicca una Brianna seminuda nelle sensuali vesti d’una Afrodite. Niente di più perfetto, per lei.
«Penso di sì, sta venendo davvero molto bene.»
«È solo difficile rendere…» Indica il seno e il torace. «Se solo tu ti togliessi il corsetto, per una volta…»
«No. Dovrai andare a immaginazione, mi dispiace.» Ribatte lei con quel tono che non ammette repliche o tantomeno ulteriori indagini, finendo di vestirsi e provvedendo a intrecciare rapidamente i capelli, senza neanche guardare il ragazzo.
«Come vuoi, non voglio contrariarti, mia bella.»

Sono passati così i mesi e gli anni, tra i continui rifiuti a tutti i pretendenti che si proponevano di chiedere la mano della giovane miss, e tra l’accettare più amanti di quanti una fanciulla perbene in età da marito potrebbe nemmeno fare nei propri sogni più arditi. Peccato che le voci girino presto, anche perché Brianna non si preoccupa affatto di nascondere al padre le sue bravate e ne va anzi molto fiera, senza curarsi del fatto che al MacKenzie queste prodezze sembrino giorno dopo giorno una concreta minaccia al buon nome del proprio clan, anche se la ragazza è tanto brava da mantenere in società una facciata degna della più pudica e rispettosa delle donne.

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Capitolo 9
*** ~ 1878 ***


Inbhir Nis, 9 marzo 1878

Fergus,
questa situazione deve cambiare.
Non posso più mostrarmi in giro con mia figlia, perché ogni uomo che la vede pare aver qualcosa da spartire con lei, a giudicare dagli sguardi più o meno maliziosi che le rivolgono, dai sospiri, dalle parole sussurrate quando credono che io non li senta. Ma li sento eccome, per mia sfortuna.
Non posso più tenerla qui a Inbhir Nis, non se voglio che la nostra famiglia possa ancora essere considerata rispettabile, visto che il suo comportamento si fa sempre più ribelle.
Sai cosa mi ha detto, fratello? Che non si sposerà mai, e che non mi darà mai un nipote che possa portare avanti il nome della nostra famiglia! Ti rendi conto?
Non l’ha piegata il fuoco, Fergus, e non la piegherà nient’altro.
Ad ogni modo, ho pensato a una soluzione: la manderò da te a Parigi.
Si dice che sia la patria delle tentazioni, la città in cui abiti, e dunque… se non riuscirà a mettere la testa a posto sotto il tuo stretto controllo – perché è questo quello che esigo da te, quando mia figlia sarà sotto la tua custodia – avrò sempre pronta la scusa che è stata quella città immorale a farle perdere ogni buonsenso e senso del pudore.
Arriverà tra dieci giorni.
Conto su di te, fratello mio.

Alexander MacKenzie

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Capitolo 10
*** ~ Paris ***


Un piedino calzato in una deliziosa scarpetta di seta rosso fuoco fa capolino dalla carrozza del treno che le è stata riservata, una mano esile e fasciata in un guanto dello stesso colore si posa in quella dello zio che l’aiuta a scendere, sgranando per un momento gli occhi nel trovarsi davanti quella che ricordava come una bambina e che è adesso una bellissima donna di ventiquattro anni, stretta in un vestito mozzafiato.
Brianna alza lo sguardo, osservando il cielo di Parigi, un sorriso deliziato e beffardo le si disegna sul bel viso mentre annuisce convinta un paio di volte.
Saprà giocare le proprie carte.

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