The Day is the opposite of the Night

di Allie_OuO
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Urban Accademy ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


The Day is the opposite of the Night

Prologo:
 
"Un'altra noiosissima giornata di scuola. Entrai in aula e mi misi al mio posto.Non dormivo mai abbastanza. Iniziai ad ascoltare quella noiosissima lezione,in quel noiosissimo posto, in un noiosissimo mondo. Le ore passavano lentamente, ma finalmente dopo un po arrivò l'intervallo. Dovevo ancora abituarmi al fatto di essere cambiata. Decisamente cambiata. Da un po di tempo ero sempre fredda con tutti...e avevo sempre delle ferite sul corpo..ma quello loro non lo vedevano. Il mio comportamento era contro le regole. Ma non cipotevo fare più nulla. Mi alzai e andai in bagno. Mi bagnai i polsi e gli occhi con acqua gelida per svegliarmi un pochino. Non funzionava molto,ma almeno facevo qualcosa oltre ad annoiarmi. Tornai in classe e mi misi al mio posto. Un lato positivo c'era in tutta la storia: non provavo più sentimenti.Iniziò la terza ora,Matematica. Iniziai a ripensare alle cose successe negli ultimi giorni. La prof. richiamò la mia attenzione perché ero abbastanza distratta. Per quanto me ne importava,poteva benissimo continuare a gridare come un'oca. Mi misi a disegnare ghirigori con la matita sul libro.La lezione finì senza che io me ne accorgessi. Erano passate altre due ore. Bene,mancava poco alla fine. Mentre ripensavo a come era cambiata la mia vita,qualcuno bussò alla porta. Senza aspettare che qualcuno lo invitasse ad entrare,lo vidi varcare la soglia della porta. Ebbi solamente cinque secondi prima di capire cosa stesse succedendo. Ma mi ritrovai scaraventata a terra.."

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


The day is the opposite of the night. 
 
Era il mese di dicembre quando tutto ebbe inizio. Iniziava a fare freddo,e la città era sempre più luminosa. Trasmetteva un'atmosfera serena e accogliente. Cercavo costantemente di seguire la lezione,ma non c'era verso. Ero già alla sesta ora, e mi sentivo stanchissima. Ogni tanto ripenso ad ogni singolo dettaglio della mia vita. Di come tutto sia cambiato rapidamente nella mia vita..
Emily Rachel Roseven. Questo è il mio nome,e ho sedici anni. Vivo a Londra,da sola,in un appartamento comprato da i miei genitori. Loro viaggiano spesso per lavoro,quindi io mi sono trasferita qui.
Ho perso mia sorella. E' morta in un incidente. Da quel momento, non ne ho più voluto sapere nulla di nobiltà e sciocchezze simili. Il mio unico obbiettivo è studiare.
Da quando Lei è morta, mi sento terribilmente sola. Ho fatto parecchie cazzate. Forse solo per provare qualche emozione. Qualcosa che mi faccia sentire viva. Mi sembra di essere un vegetale a volte. Ogni giorno ripeto le stesse cose e gioco a fare la ragazzina per bene. Dopo aver passato due anni a fare ogni cavolata possibile, ho deciso di darmi una regolata. Devo continuare a studiare e proseguire il mio percorso. Tornai con i piedi per terra, anziché stare a pensare ai fatti miei. Iniziai a disegnare un altro abito, facendo finta di seguire la lezione. Mi piace molto disegnare vestiti, ma non potrò mai fare la stilista, così mi limito a mettere su carta ciò che mi piacerebbe indossare.
Mentre disegnavo, quacuno bussò alla porta dell'aula. Entrò il nostro bidello, dicendomi che c'era una lettera per me mandata dal preside. Non avevo più fatto cazzate, quindi mi sembrava strano ricevere una lettera dal preside. Poi, pensai che potesse essere qualcosa che riguardava il consiglio studentesco,siccome ero la rappresentate della nostra classe. Ma quando aprì la lettera,lessi che ero stata ammessa alla Urban Academy.
Poi, iniziai a ricordare. I miei mi avevano iscritta a questa scuola per farmi studiare meglio. E' una sorta di collegio, dove già altri membri della mia famiglia avevano studiato. Dovevano aver avvertito il preside del cambio scuola. Meglio così, non sopportavo le persone della mia classe. La mia compagna di banco provò a farmi delle domande,ma le sviai subito. Anche se ero sempre circondata da persone,e avevo molti "amici",continuavo a sentirmi sola.
La campanella suonò,segnando il termine delle lezioni. Feci velocemente la cartella,tenendo la lettera in mano. Mi fiondai fuori dall'aula senza aspettare le mie amiche. Scesi in fretta le scale, uscendo dall'edificio, e poi mi diressi verso l'auto. La mia famiglia mi aveva lasciato un'autista che mi accompagnasse e riprendesse da scuola. Stavo per dirgli dove dovevamo andare, ma lui mi precedette, dicendomi che lo sapeva già. A quanto pare i miei genitori lo avevano avvertito.
Riaprì la lettera di nuovo,leggendola attentamente. La scuola si trovava fuori dalla città in cui abitavo, ma fortunatamente, potevo dormire li. Dovevo parlare con il preside, non sapevo nulla su quella scuola. Non ero molto contenta di andarci,però forse mi sarei trovata meglio li.
Arrivammo davanti al cancello circa un'ora dopo. Dall'auto, scorsi un cancello nero, posto davanti ad una stradina di ghiaia, che aveva ad entrambi i lati due boschi. Secondo le indicazioni ero arrivata. Doveva per forza essere quella l'accademia. Scesi dall'auto, e mi avvicinai al cancello, doveva essere molto antico. Premetti il campanello e il cancello si aprì. Esitai ad entrare.
Mi voltai verso la macchina, sperando in un miracolo. Qualcosa tipo, i miei genitori che appaiono improvvisamente. La verità è che avevo paura. Non volevo andarci da sola. Ma, infondo, li capivo. Capivo che non potevano accompagnarmi. Da come mi ricordano, probabilmente, sono ancora quella "cattiva ragazza". Ormai non potevo tirarmi indietro, dovevo accettare che quella sarebbe stata la mia nuova scuola. 

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Capitolo 3
*** Urban Accademy ***


Tirai un sospiro e varcai la soglia del cancello attraversai il giardino e arrivai all'entrata dell'edificio. Spinsi la porta vetrata ed etrai,esistando nuovamente. Rimasi per poco impalata davanti alla soglia. L'atrio era grandissimo.  L'edificio già da fuori sembrava grande,ora lo sembrava ancora di più. Vidi una donna minuta seduta dientro ad una scrivania. Mi incamminai verso di lei,mentre pensavo a cosa dire. Non volevo sembrare sgarbata. Sembrava l'unica anima viva in quell'atrio. Mi avvicinai con passo lento al tavolo. Ci pensai su un minuto e poi parlai
:" Mi scusi questa è l'Urban Accademy?"
Notai che stava leggendo vari documenti,riposti in modo sparso sulla scrivania. Sembrava indaffarata.La signorina alzò lo sguardo dai documenti che stava leggendo,osservandomi per pochi secondi, per poi tornare a guardare i documenti e rispondere
:"Sì,sei qui perché ti hanno mandato la lettera presuppongo."
Sembrava scocciata.
:"Già. Era proprio di questo che vol-"
La signorina mi interruppe dicendo
:"Chi ti ha convocato?"
Aprì la lettera,cercando il nome.
:"Un certo Xavier."
La signorina mi guardò con un espressione sorpresa,poi tornò normale e mi rivolse nuovamente la parola
:"Ah,il preside. Che strano. E' meglio che vai nel suo ufficio,per farti spiegare il motivo di questa convocazione."
Si alzò dalla sedia posta dietro la scrivania,e mi fece cenno di seguirla. Attraversammo tutto l'atrio,salendo rampe di scale. Dopo svariati corridoi arrivammo al terzo piano. Notai che c'era una porta diversa dalle altre,dove era stata posta una targa con su inciso"Preside Xavier". La signorina bussò. Una voce maschile disse di entrare. La signorina,senza esitare,aprì la porta e vidi giovane ragazzo dietro la scrivania. Non avrei mai immaginato che lui fosse il preside. Ad'occhio e croce gli avrei dato venticinque anni.La signorina si avvicinò al ragazzo
:"La ragazza dice di aver ricevuto una lettera da voi,preside." Ci fu' un momento di silenzio dove quel ragazzo,Xavier sorrise. Mi scrutò per alcuni secondi. Ricambiai il suo sguardo.Quindi quel ragazzo poco più grande di me era il presida. Non riuscì a trattenermi e aprì bocca.
:"Scusatemi. Sono abbastanza confusa. Sono venuta fino quì per delle spiegazioni e nessuno me le sta dando." Cercavo di non essere scortese,ma mi riusciva difficile. Il preside distolse lo sguardo,riposandolo sulla lettera che avevo in mano.
:"Be' immagino che tu non conosca questa scuola.Questa scuola,o per meglio dire quest'accademia,è diversa dalle altre. Qui si combatte. Si combattono i Demoni. Ti ho osservata per diversi giorni,e mi sembri adatta. Per questo ti ho inviato quella lettera,per chiederti di diventare una studentessa dell'Urban Accademy."
Ero incredula alle sue parole. Non pensavo che lui sapesse ciò che facevo di notte. Il mondo è segretamente popolato da demoni invisibili agli occhi umani. Non so perché,ma io li vedo.
:"U momento,combattere cosa? Tu..hai fatto cosa? Punto primo i Demoni non esistono..." Esitai a quelle parole. Non volevo confermargli che io sapevo,ma se mi aveva osservato e anche lui riusciva a vedere i Demoni,allora non aveva molto senso.
":..punto secondo,tu mi hai.."osservato"? Cosa sei,uno stalker?" Xavier,o meglio il preside,mi guardò dritto negli occhi sorridendomi freddamente
:" Come se tu non lo sapessi." Disse in tono ironico.
:"So benissimo che sai che esistono. So che puoi vederli. E so anche che ne hai già uccisi alcuni. Come ho detto ti ho osservato. Combatti bene per una ragazza della tua età. Sei anche piuttosto minuta. Non avrei mai pensato che una ragazza come te potesse riuscirci. Per questo desidero che tu venga in questa scuola.Non ci sono molte ragazze. Le poche che sono state ammesse,sono molti forti. Ritieniti fortunata,per cosi dire."
Ormai mentire non serviva più a nulla. L'idea mi attizzava,ma il suo atteggiamento mi dava alquanto fastidio. Incrociai le braccia al petto,proferendo parola
:"Mettiamo il caso che accettassi,come farei con l'altra scuola? E poi i miei genitori non me lo permetterebbero."
:"Stai tranquilla.Le lezioni della scuola iniziano alle Sette di sera,e non ha un'orario di chiusura.Finisce quando l'allenamento termina,o quando sono state portate al termine le missioni. E so anche che vivi da sola. Quindi,credo che ai tuoi genitori non interessi più di tanto,siccome non li vedi quasi mai."
:"Quando hai detto che mi avevi osservato,ti sei scordato di dire che sei uno stalker professionista? Non credo che le mie questioni familiari ti riguardino..E poi studiare di notte mi preoccupa."  
:"Emily,decidi cosa fare. Entrerai a far parte dell'accademia?"
Non mi sembrava di avergli detto come mi chiamavo,ma ormai non mi sorprendeva che lo sapesse.Siccome non rispondevo,Xavier mi guardò di nuovo,alzando il tono di voce.
"Quindi,ripeto,che cosa farai? Accetti?"
Non sapevo nemmeno io cosa fare. Avevo bisogno di tempo. Mi mordicchiai il labbro inferiore,tenendo lo sguardo basso. Non sapevo se accettare oppure no. Ma mi incuriosiva quella scuola. :"Accetto,solo ad una condizione. Voglio vedere per qualche giorno la scuola,le lezioni e tutto il resto." Non sapevo se avevo chiesto troppo,ma non potevo decidere su due piedi. Il preside sorrise di nuovo,aveva un'aria fanciullesca quando sorrideva,anche se per il resto del tempo sembrava freddo.
:"Per me va bene. Qui c'è la tua uniforme,nel caso accettassi. Anne,per favore,accompagna la signorina nell'atrio,non vorrei si perdesse." La signorina mi fece nuovamente segno di seguirla. Prima di uscire,il preside richiamò la mia attenzione.
:"Ah un'ultima cosa Emily,non fare parola con nessuno dell'accademia..."

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


Rimasi impalata sulla soglia della porta della stanza,per poi voltarmi lentamente, iniziando a fissare il preside. Titubante, cercai di aprire bocca per formulare la domanda, anche se mi sembrava sciocca:"Perché non devo parlarne con nessuno?" Prima che il preside potesse rispondermi, mi rispose Anne, la segretaria. :"Perché questa è un'accademia privata dove si studia per uccidere demoni. Se la gente venisse a sapere della loro esistenza impazzirebbe,non credi?"
Aveva ragione. La gente comune non doveva sapere della loro esistenza. I demoni erano pericolosi. Vagavano nel buio della notte, e quasi nessuno era in grado di batterli. Non so come, non so quando, e non so perché, ma io ci riuscivo. Non pensavo che ci fosse altra gente come me, e sopratutto, non pensavo ci fosse una scuola per questo.
Mi voltai nuovamente verso l'uscita della stanza, facendo un cenno con il capo. :"Okay non ne farò parola con nessuno. Un'altra domanda, e poi me ne andrò. I miei genitori lo sanno?"
Mi sembrava così strano che loro mi avessero mandata li, sapendo che potevo morire da un momento all'altro. Xavier mi guardò, sembrava quasi a disagio. "Sì, lo sanno. Hanno fatto parte anche loro di questa scuola. Non tutti uccidono demoni, anzi. Alcuni studenti non sanno di queste "ore extra". Ma ti spiegherà tutto il tuo mentore, domani."
Lo guardai sorpresa, e annui di nuovo. Quella scuoola mi incuriosiva sempre di più. :"Oh, okay. Ora devo andare, perché si è fatto tardi. Arrivederci." Il preside fece cenno con la mano di andare, e Anne mi accompagnò fino all'uscita dell'istituto.
Uscita dall'edificio, salii in auto, e l'autista mi riportò a casa. Arrivata a casa mi infilai sotto la doccia, e poco dopo, la domestica, Eve, mi chiamò per avvertirmi che era pronta la cena. Era lei  che mi aveva cresciuta secondo l'idea di educazione dei miei genitori, Mi aveva cresciuta per essere pronta all'alta società. Scesi di corsa le scale, andando al piano di sotto, cenando da sola, come sempre.
Erano già le 21:00. Si era fatto tardi. Feci velocemente i compiti per il giorno dopo, anche se ero mezza assonnata e poi mi vesti di nuovo. Mi misi qualcosa di comodo, e tirai fuori le armi. Infilai il mio pugnale nella giarrettiera di pelle che avevo legata alla coscia destra e uscì dalla finestra. Non ci tenevo a farmi vedere così dalla gente che abitava nel mio stesso palazzo.
Saltai giù dal balcone, andandomi ad appendere ad uno dei rami dell'albero posto davanti alla mia finestra. Per mia fortuna non abitavo tanto in alto. Feci un veloce giro di perlustrazione.
Di solito i demoni che sono più deboli appaiono al calar del sole, poi ci sono quelli normali durante la notte, ma durante la fase di luna piena diventano più forti. Non trovai molti demoni. O perlomeno ne trovai, ma erano innocui per gli esseri umani. I demoni si dividono in diverse categorie: I vampiri, i demoni sotto forma di spiriti o fantasmi, e i demoni che hanno il corpo in putrefazione. Poi ci sono i demoni trasformati. Innocui per gli umani. Hanno circa centocinquant'anni di vita.
Dopo aver fatto il giro di perlustrazione tornai a casa. Mi misi sotto le coperte e mi addromentai subito. Era stato un bene non aver trovato nessun demone, così sarei stata più carica per il giorno dopo.
Mi svegliai alle sette, abbastanza riposata. Mi lavai, feci colazione e poi mi vestii.  Mi feci accompagnare vicino alla scuola dal mio  autista. Non volevo sembrare una figlia di papà, così mi fermavo sempre un po' prima della scuola.  Mi misi vicino al cancello, rimanendo con le cuffie alle orecchie. Tanto ero sola. Non avevo molti amici in classe, o perlomeno, ne avevo pochissimi. Forse due. Avevamo mentalità troppo diverse. Ovviamente nessuno di loro sapeva di mia sorella. Mi ero trasferita li dopo la sua morte, e non avevo detto niente a nessuno. Non volevo la loro compassione.
Aspettai che suonasse la campanella, e dopodiché entrai a scuola. Salii le scale che portavano in classe, e mentre  attraversavo il corridoio, incontrai la mia migliore amica, che era anche la mia compagna di banco. Con lei mi trovavo bene. Ovvio, non sapeva della mia doppia vita. Iniziammo a parlare delle solite cavolate,e così la giornata passò in fretta, tra una lezione e l'altra.
Quando la campanella suonò il termine delle lezioni, mi fiondai fuori dall'aula, scesi velocemente le scale, passai per l'atrio e andai dritta al cancello della scuola per uscire. Poco distante da scuola c'era l'auto con il mio autista, che mi portò dritta a casa mia. Pranzai velocemente, e mi misi subito a studiare per il giorno dopo. Verso le cinque e mezza andai sotto la doccia, poi mi vestì. Diedi una veloce occhiata all'uniforme che mi avevano dato. Tutto sommato era carina. Era bianca e blu, con la cravatta e i bordi della giacca e della gonna rossi, parigine nere, e scarpe nere.  La indossai e poi uscì di casa alle sei. PResi una borsa abbastanza grande e ci infilai dentro le chiavi, il cellulare, un blocco per scrivere, e il mio adorato pugnale.
Salii di corsa in auto, e arrivai davanti all'accademia verso le sette meno un quarto. Mancava un quarto d'ora alle 19:00.
Scesi dall'auto, e dissi al mio autista che l'avrei chiamato io quando mi doveva venire a riprendere. Poi, mi incamminai, e poco dopo mi fermai abbastanza distante dall'entrata.
Un gruppo di ragazzi era fermo lì davanti. Avevano un'uniforme diversa dalla mia. La loro era scura mentre la mia era chiara. Forse, erano di una sezione diversa. Cercai di tenermelo a mente per chiedere spiegazioni a Xavier. Si sentì un lieve rumorio, era la campanella di quella scuola. 
Appena iniziai a muovermi quei ragazzi si avvicinarono a me. Ancora non sapevo che pericolo correvo stando lì.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


Capitolo 4.
I ragazzi continuavano ad avvicinarsi. Un brivido mi percorse la schiena, e per la prima volta in vita mia, provai un senso di inquietudine che non avevo mai provato. Erano in quattro. Uno era più alto di tutti, mi superava di circa una spanna. Era moro, sembrava il capetto del gruppo. Poi c'era il rosso, che stava alla sua destra, e due biondini dietro. I due biondini erano più mingherlini rispetto al moro e al rosso.  Non parlavano, avanzavano solamente. Quei ragazzi erano strani. Non sembravano nemmeno umani. Si fermarono davanti a me, iniziando a squadrarmi dalla testa ai piedi. Sarebbe stato un gesto normale, se non fosse stato per come lo facevano. Il moro fece qualche passo avanti, avvicinandosi ancora di più a me. Sembrava ancora più possente e alto di prima. Fece una lieve smorfia, e con un mezzo sorriso beffardo, parlò.
"Sei nuova?"
Lo guardai dritto negli occhi, quegli occhi neri che fino a pochi secondi prima mi avevano spaventata così tanto. Strinsi i pugni e risposi freddamente.
"Non penso di dover dare spiegazioni a uno come te." Il ragazzo, continuava a sorridere, incuteva ancora più timore.
"Guardate chi abbiamo quì. Una ragazza nuova." I ragazzi dietro di lui sorrisero. 
"Forse è meglio spiegarle come funzionano le cose quì." Avanzò ancora di più. Così tanto che potevo anche toccarlo. Mi strattonò per un braccio, spingendomi con forza contro il muro, facendomi sbattere contro di esso. Mi afferrò con una mano per la gola, e fece per colpirmi, ma respinsi il suo colpo, allontanando il suo braccio da me. Si avvicinò di nuovo, guardandomi come un'avvoltoio guarda la sua preda. 
"La ragazzina fa la dura." Socchiusi gli occhi, tenendo il viso basso, sentendo lui e i suoi compagni ridere. Lo vidi avvicinarsi di nuovo e poi si bloccò improvvisamente. Stava per colpirmi, lo sapevo, ma qualcuno afferrò il suo braccio, facendolo cadere per terra. Alzai il viso, e il mio sguardo si posò su di lui. Era un ragazzo con i capelli neri, mi dava le spalle. Sembrava essere il doppio del moro. I due biondini si allontanarono lentamente, mentre il rosso rimase lì, davanti a quei due. Immobile. Sembrava terrorizzato. Lentamente, il ragazzo con i capelli neri si voltò verso di me. Poi rivolse nuovamente lo sguardo verso il moro. Lo sentì sospirare, poi parlò.
"Ti sembra questo il modo di trattare una ragazza nuova?" Disse al ragazzo che poco prima mi aveva attaccata. Il moro si alzò, sbuffando, era molto più basso dell'altro ragazzo. 
"Royce, se ti trovo un'altra volta a fare certe cose ti faccio sospendere." E così, scoprì che il moro aveva un nome. Royce. Royce si voltò di lato, facendo segno al rosso di andare. Poi si rivolse nuovamente all'altro ragazzo.
"Andrew, penso che questo non sia affar tuo. Chi sei tu per dirmi cosa fare o non fare?" Entrambi i ragazzi ora avevano un nome. Quello che mi aveva colpita si chiamava Royce, mentre l'altro si chiamava Andrew. Royce sorrise beffardo, di nuovo. Andrew lo prese per il colletto della devisa. 
"Scusati, e entra a scuola. Se ti ritrovo a fare un'altra cosa simile ti sospendo, ti ho avvertito." Lasciò andare Royce, e Royce tirò dritto. Io tirai un sospiro di sollievo. Non sapevo se essere spaventata da Andrew o essere felice che lui fosse li. Si avvicinò a me. Notai che aveva gli occhi azzurro scuro, talmente intesi da ipnotizzarti, e i capelli neri corvini.  Era molto più alto di me e di Royce. Si fermò davanti a me, guardandomi.
"Stai bene? Ti ha colpito?"
Non era molto gentile. Il suo modo di fare era freddo. Incrociai le braccia al petto e risposi.
"Non ho bisogno di essere difesa. So combattere. Non sarei qui, altrimenti. Comunque sì, sto bene." Andrew rimase serio, e poi rise. Sembrava così bambino quando rideva. Si passò una mano fra i capelli, tirandoseli indietro.
"Certo, sono sicuro che tu non abbia bisogno di essere difesa, signorina." Disse ironicamente "Ma Royce è pericoloso, dovresti ringraziarmi." Mi porse una mano. "Comunque io sono Andrew." Ignorai il suo invito a stringergli la mano, e molto schietta, mi staccai dalla parete. "Io sono Emily. E comunque non ti devo ringraziare, non ti ho chiesto niente." Sorpassai Andrew, dirigendomi verso il cancello dell'Accademia, e con la coda dell'occhio notai che lui mi seguiva. "Come sei scontrosa. Di solito le nuove allieve non sono come te." Mi portai una mano alla bocca,  e risi. "Perché dovrei essere come loro?" Andrew mi guardò sorridendo. "Perché voi ragazze siete tutte uguali." Sorpassata l'entrata dell'Accademia, mi fermai in mezzo al cortile d'ingresso. "Non mi provocare. Non sopporto i ragazzi come te. Siete tutti montati e pieni di voi stessi." Ripresi a camminare, lasciando Andrew da solo, che sorrideva freddamente. Forse ero stata troppo arrogante. 
Entrai nell'Accademia, dirigendomi verso la scrivania di Anne, posta sempre all'entrata. Ero sorpresa che si ricordasse di me. Le chiesi le indicazioni su dove andare. Mi disse che dovevo aspettare nell'atrio il mio mentore. Pochi minuti dopo, Andrew varcò l'entrata dell'Accademia, avvicinandosi a me. Anne sorrise. Non sapevo ancora cosa mi aspettava. 
"E' arrivato. Emily, ti presento Andrew, il tuo mentore." Voltai lo sguardo paralizzata e incredula verso Andrew, provando un forte senso di imbarazzo. No, lui non poteva essere il mio mentore. 

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