Obsession to the limit.

di Uprising_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di tutto. ***
Capitolo 2: *** La temuta verità. ***
Capitolo 3: *** Unexpected ***



Capitolo 1
*** L'inizio di tutto. ***


Qui dentro ci sono le tue cose. Non c'è bisogno che tu mi ridia le mie, puoi tenertele, puoi farne quello che ti pare.

Mi dispiace per come sono andate le cose, ma lei riesce a rendermi felice. Penso di amarla. E' una delle cose più belle che mi siano mai capitate.

Sappi, comunque, che sei stata importante per me, come nessuno lo è stato mai.

Spero che riuscirai a perdonarmi e spero che un giorno potremo parlarci come due vecchi amici.

Addio,

            Luke

 

 

Eccomi davanti alla porta di casa: uno scatolone e una rosa con un biglietto mi aspettano.

Con queste poche righe mi aveva lasciata; leggendole mi sembrò che il mondo si stesse sgretolando sotto ai miei piedi, e se anche fosse stato così non me ne sarebbe importato nulla. Poteva anche esserci il finimondo che tanto non avrebbe cambiato la situazione: aveva scelto lei, non me. Lei lo rendeva felice, non io. Chi stava male? Io, non lui.

Le lacrime scivolavano leggere e veloci sulle mie guance. Cercavo di trattenerle, ma poi iniziarono ad essere troppe e allora le lasciai cadere silenziose. La matita iniziava a colare e allo stesso modo le gambe non mi reggevano più; mi sedei per terra, con la schiena appoggiata alla porta.

Non riuscivo a crederci: io e Luke stavamo insieme da quasi un anno, avremmo dovuto festeggiarlo fra 9 giorni esatti. Lo amavo ancora, nonostante il male che mi aveva fatto. L'avrei perdonato, l'avrei voluto mio di nuovo. Ma lui non voleva me. Dovevo accettarlo, anche se faceva male.

Avevo sempre pensato che sarebbe stato lui l'uomo della mia vita, quello con cui avrei condiviso ogni attimo. Ma il destino è sempre stato contro di noi; destino o puttana, chiamatelo come volete. Fatto sta che due giorni fa eravamo andati alla festa di compleanno del suo migliore amico: aveva affittato una mega villa in una zona poco fuori Milano. 

Quella serata era destinata a far cambiare le cose tra me e lui.

Il programma prevedeva che saremmo andati là all'incirca verso le nove e la festa si sarebbe protratta per tutta la notte, fino al mattino dopo se non oltre. Quindi quella sera Luke mi venne a prendere sotto casa con la moto e insieme andammo alla villa. Sembrava fosse stata invitata tutta la scuola: eravamo già seicento persone, e altri continuavano ad arrivare. Nessuno si voleva perdere "la festa migliore del 2011".

Inutile dire che già un'ora dopo che tutti gli ospiti fossero arrivati l'alcool scorreva a fiumi e più della metà erano già ubriachi, compreso Luke. La musica era ad un volume altissimo, le ragazze con i loro vestiti microscopici ballavano sul cubo in mezzo alla sala cercando di attirare l'attenzione dei ragazzi sotto di loro.

Io ballavo con Luke, ovvio. La sala era enorme, così come tutta la casa; facilmente ci si poteva perdere di vista visto quanti eravamo. Al termine di Mr. Saxobeat, andai in bagno e a prendere qualcosa da bere per me e lasciai Luke che si divertiva insieme agli altri. In bagno mi guardai allo specchio e mi ridiedi del rossetto e del phard. "E' veramente una bella festa" dissi fra me e me con un sorriso. Uscii e andai in una stanza che era stata fatta diventare una sorta di "bar"; presi un Mojito e me ne ritornai da Luke, nella sala da ballo. Erano circa le quattro del mattino, ero stanca a forza di ballare, e non vedevo l'ora di starmene un po' da sola con lui. Lo cercai per venti minuti in tutta la sala, ma non lo trovai. Decisi allora di chiedere a quelli che erano con lui quando me ne ero andata se sapevano dove era finito. Tutti troppo ubriachi per rispondere; alla fine, però, Matteo riuscì a dirmi che l'aveva visto salire le scale e andare al piano di sopra. Non si ricordava se fosse solo o in compagnia.

Dentro di me iniziava a farsi largo un pensiero che non volevo assolutamente accettare: e se fosse con una ragazza? "Impossibile," - dissi - "è assurdo che io mi metta a pensare questo, non lo farebbe mai".

Quando arrivai al piano di sopra provai a bussare e ad aprire le stanze a caso: ce ne erano un sacco. In quasi tutte trovai due, o più, mezzi nudi che stavano scopando. Con un mezzo sorriso di scuse chiudevo la porta e andavo a quella dopo. Intanto la paura si faceva sempre più forte: cosa avrei fatto se lui fosse stato dentro una di quelle stanze?

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Capitolo 2
*** La temuta verità. ***


A questo non volevo pensarci ancora, una seppur minima speranza dentro di me c'era ancora, e mi ci aggrappavo con le unghie e con i denti pur di non cadere.

 

Ma la caduta ci fu, e fece comunque male.

 

Alla quinta porta che aprivo senza alcun risultato lo vidi: nel letto, con una ragazza, vestiti sparsi ovunque.
 Restai lì davanti alla porta come una stupida, incapace di muovermi e dire qualcosa. La mia mente non riusciva a elaborare nè tantomeno a concepire come lui, il ragazzo che amavo più di me stessa, avesse potuto farmi una cosa del genere.

C'era qualcosa di sbagliato in me?

Non ero abbastanza per lui?

Non mi amava più, sebbene mi avesse detto quelle due parole soltanto 8 ore prima?

Era possibile che i suoi sentimenti verso di me fossero cambiati in così poco tempo?

Certo che no. Allora non riuscii a spiegarmi il motivo per cui lo avesse fatto.

Ero certa solamente di una cosa: di me, a lui, non importava niente.

Non appena Luke mi vide si alzò in fretta e mentre cercava i boxer lasciati chissà dove mi disse: "Non è come pensi! Io...cioè, noi...non stavamo facendo niente...abbiamo bevuto...ci stavamo solo divertendo un po'..."

Quelle ultime parole mi diedero il pretesto che aspettavo per scappare via da lì, ma non mi mossi. Non ancora.

Non sapevo cosa stessi aspettando, forse soltanto una sua spiegazione o le sue scuse. Aspettavo e basta.

Nel frattempo la ragazza che era a letto con lui mi guardava con un sorrisetto come a dire "adesso è mio, rassegnati".

La riconobbi: si chiamava Jessica e veniva alla nostra stessa scuola, ma aveva un anno meno di me, e tre anni meno di Luke. Più volte avevo notato come lo guardava; lo voleva. Non lo amava, ma lo voleva. Ogni volta che ne aveva l'occasione si metteva a fare la stupida pur di attirare la sua attenzione. Ricordo che una volta disse a tutta la scuola che lo aveva baciato, anche se poi non era vero; ora, però, si era avverato e anzi, ci era pure andata a letto!

Dopo essersi rimesso qualcosa addosso Luke iniziò ad avvicinarmisi, io conseguentemente iniziai ad indietreggiare, e balbettò: "Julie...non fare così ti prego...non andartene, rimani...posso spiegarti tutto..."

Ma non riuscii più a reggere, perciò corsi via, mentre sentii le sue parole risuonarmi nelle orecchie " ci stavamo solo divertendo..." e " non andartene, rimani..." . Solo quello sentii; non i passi di chi rincorre la sua ragazza perchè sa di aver sbagliato. No, rimase lì fermo in quella stanza e si rimise a letto con quella. A me ci avrebbe pensato dopo, potevo aspettare. Era sicuro che in un modo o nell' altro sarebbe riuscito a farsi perdonare.

Scesi le scale velocemente e nel farlo incontrai Matteo, il ragazzo che mi aveva detto dov'era andato Luke. Mi chiese se l'avessi trovato alla fine; risposi con un freddissimo "sì". Non volevo parlare con nessuno, nè tantomeno con quelli che erano lì alla festa. Decisi quindi di farmi venire a prendere dalla mia migliore amica, dal momento che ancora non avevo la patente e di tornare a casa con Luke non ne avevo nessuna intenzione. Rispose quasi subito, cosa strana visto che solitamente rispondeva dopo due o tre chiamate che le facevo; sembrava quasi che fosse col cellulare lì vicino a lei, come se si aspettasse una mia chiamata.

Comunque sia non ci badai più di tanto e le dissi fra i singhiozzi: " Jenny è successo un casino: ho trovato Luke a letto con un'altra, per favore vieni subito." Dopo dieci minuti era lì, nonostante abitasse a 15 kilometri di distanza. Salii subito in macchina, volevo andarmene via.

Speravo ingenuamente che se me ne fossi andata, mi sarei sicuramente risvegliata nel mio letto e avrei capito immediatamente che tutto quello che avevo appena vissuto in realtà non era altro che un incubo. E allora in quel caso ci avrei riso su, perchè ero sicura che non sarebbe mai successo, non a me, non a noi. Ma il destino, appunto, a volte è crudele e ti butta davanti agli occhi la verità, e tu non puoi fare altro che accettarla e andare avanti. Ancora non sapevo, però, che quest'ultima parte era la cosa più difficile da fare.

 

Non feci quasi in tempo a mettere piede in macchina che Jennifer iniziò ad urlare: "Come cazzo si è permesso di farti questo!" - era scoppiata, era furiosa, era la mia migliore amica  - "Non ci posso veramente credere! Che cosa gli passa per la testa a quel ragazzo?!". Nel frattempo io tenevo gli occhi bassi, e piangevo.

"Soprattutto con quella!" - continuò lei - "Lo sapeva bene che gli moriva dietro! Oh ma la pagano adesso, lui e Jes..cioè, la ragazza che era con lui!". Avevo capito bene oppure era solo frutto della mia mente il fatto che io abbia sentito "Jes"? Io non avevo accennato nulla sulla persona che era con Luke, non avevo fatto nessun nome. Come faceva la mia migliore amica a sapere chi era?

Alzai gli occhi verso di lei, e la guardai con fare interrogativo.

"Perchè mi guardi così? Che hai?"- mi chiese.

"Nulla, è solo che mi è sembrato di averti sentito fare un nome, ma forse mi sono sbagliata..." - ribattei incerta.

Jennifer non disse più niente.

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Capitolo 3
*** Unexpected ***


 

                                                            CAPITOLO III : UNEXPECTED



Mi preoccupò questa cosa; ma non volli pensarci più di tanto, in fondo ero appena stata tradita dal mio ragazzo e già questo bastava a farmi crollare il mondo addosso.
Non avevo bisogno di perdere anche la mia migliore amica.
Riniziai a piangere silenziosamente, era più forte di me.
Mi vide, e allora parlò di nuovo: "Ehi piccola mi dispiace veramente per quello che è successo, ma non devi fare così, devi reagire! Tu ti meriti molto di più, sai quanti ce ne sono in giro di ragazzi meno stronzi di lui? Guarda quanto sei bella, basta che ne guardi uno e cadrà ai tuoi piedi."
In qualche strano modo riuscì a strapparmi un sorriso, benché fosse un sorriso annacquato dalle lacrime.
Le dissi che mi dispiaceva di averla chiamata così, all'alba, solo per farmi venire a prendere.
Ma lei rispose che non c'erano problemi, che tanto si stava annoiando a casa e che credeva che in quel momento io avessi bisogno di qualcuno con cui parlare, con cui sfogarmi. Quanto aveva ragione!
Pochi minuti dopo Jenni fermò la macchina: eravamo arrivate a casa mia.
Non volevo che i miei genitori si preoccupassero vedendomi in quello stato, quindi le chiesi se gentilmente poteva ospitarmi a casa sua per quel giorno.
"Certamente!" fu la sua risposta.
Ecco perchè le volevo bene; ci conoscevamo fin da quando avevamo 7 anni, quando io mi trasferii.
Lei c'è sempre stata per me quando avevo bisogno: c'era quella volta che caddi dalla bicicletta e per questo mi misi a piangere, e lei preoccupata mi aveva subito chiesto se stessi bene.
C'era quella volta che avevo dato il mio primo bacio ad un tipo che non mi piaceva, e ci avevamo riso sopra. Era sempre lì, senza che io le chiedessi nulla.
Mise la retromarcia e uscimmo dal piazzale, e ci recammo a casa sua, in aperta campagna.
Avevo sempre amato quel luogo: aveva qualcosa che lo rendeva unico e speciale, forse per il viale che portava alla casa che era interamente costeggiato da mandorli e da ciliegi oppure per il panorama di cui si godeva lassù; si potevano ammirare le luci della città, e l'alba lì era qualcosa di meraviglioso.
Restammo l'intera giornata fuori, nel capanno, come quando eravamo piccole.
Le raccontai per filo e per segno cosa era successo. Lei mi ascoltò, mi sollevò il morale, e stranamente mi fece ridere, ridere tanto, ridere troppo.
Verso sera pensai che dovevo affrontare ciò che mi si prospettava davanti.
Decisi quindi di ritornare a casa e di affrontare Luke.
Non mi aveva ancora richiamata dalla sera precedente, nemmeno un messaggio.
Ormai non sapevo più che pensare, speravo solo con tutto il cuore che avesse una giustificazione valida per quello che aveva fatto.

 

Jennifer mi riaccompagnò a casa e nel tragitto continuò a ripetermi che dovevo stare tranquilla, che di sicuro non mi avrebbe lasciata per una come lei. Iniziavo a credere veramente a quelle parole.
Arrivate, Jennifer ritenne opportuno starmi accanto anche in quel momento.
Quindi scendemmo dalla macchina e ci dirigemmo verso il palazzo in cui abitavo. Prendemmo l'ascensore.

 

Fu allora che trovai il biglietto che diceva chiaramente come stavano le cose tra me e Luke adesso.

 

Avevo ancora il biglietto tra le mani. Guardavo dritta davanti a me la porta di casa.
Socchiusi gli occhi e sospirai più volte.
Jennifer era sempre accanto a me, mi teneva un braccio sulle spalle e aspettava una mia reazione, qualunque fosse stata.
Strinsi al petto il biglietto e la rosa; mi punsi.
Il sangue iniziò a colare caldo e denso dal mio dito fino alla mia mano: un sottile filo rosso che contrastava col bianco cereo della mia pelle.
"Vuoi entrare?" - me lo disse con una voce piccola piccola, come se temesse in qualche modo di turbarmi e di scoppiare una bolla immaginaria che mi ero costruita intorno a me.
"Sì, tu vai pure a casa, ti ho già creato troppo disturbo..."
"Non lo dire nemmeno per scherzo! Io rimango, sempre che tu lo voglia..."
"No guarda, ora voglio solo stare da sola. Scusami."
"Tranquilla, non ti preoccupare, capisco. Allora ti chiamo più tardi magari, ok?" - ci salutammo e lentamente la vidi scomparire sulle scale verso il piano terra.
Ora ero da sola.
Aprii la porta; per fortuna a casa non c'era nessuno. I miei dovevano essere usciti.
Andai difilato in camera mia. Gettai rosa e biglietto sul pavimento, presi il mio I-pod e mi buttai sul letto. Le canzoni si susseguivano ma ero totalmente passiva, erano solo un sottofondo musicale al mio tormento.Restai distesa lì fino a quando non sentii la porta di casa che si apriva, alternando momenti di pianto a momenti di riflessione.
I miei genitori erano tornati, e di sicuro vedendomi in quello stato mi avrebbero fatto un sacco di domande a cui io non avevo assolutamente voglia di rispondere.
Infatti mia madre entrò e subito mi chiese preoccupata cosa fosse successo di così grave. Glielo dissi, anche se mi ero ripromessa tutto il tempo di non farlo. Non volevo che si preoccupasse.
Mia madre era sempre stata contraria alla mia relazione con Luke, diceva che non ci si poteva fidare di uno come lui, che non mi meritava.
Quindi mi aspettavo che dicesse " Te l'avevo detto, se mi avessi dato retta ora non staresti così", e invece la sua reazione fu del tutto inaspettata: mi abbracciò, e non disse nulla.
Non mi stupii di non vedere entrare anche mio padre: lui e questo genere di situazioni non andavano d'accordo.
Ricordo che all'eta di 8 anni avevo commesso il terribile errore di avergli detto che mi ero "follemente innamorata" di un bambino.
Per poco l'acqua che stava bevendo non gli andò di traverso, ma in compenso iniziò a balbettare di andare a parlarne con la mamma.
Quindi è facile capire come mio padre si senta in situazioni del genere.
Qualche minuto dopo mia madre si allontanò un poco e mi guardò negli occhi.
Mi disse - " Amore, vedrai che le cose si risolveranno. Non hai bisogno di uno come lui, tu puoi benissimo andare avanti anche da sola. Ora vedi di farmi un bel sorriso e di smettere di rovinarti quei tuoi begli occhi piangendo."
Sorrisi; un sorriso forzato, ma apparentemente convincente.
Lei lo fece a sua volta e uscì dalla camera, più tranquilla.
Mentre sentivo mia madre preparare la cena in cucina, mio padre venne da me.
Si vedeva che era impacciato e non sapeva cosa dire, quindi lo feci io per lui.
" Non ti preoccupare papà, mi passerà prima o poi..." - iniziai. Ma lui mi interruppe subito - " Mi si spezza il cuore a vederti così...sei sicura che non posso fare niente per te?"
Lo vidi incraspare lievemente le labbra in una smorfia. Lo tranquillizzai.
" Temo di no...temo che dipenda tutto da me. Devo farcela da sola. Voglio farcela.
Sembrò sollevato. Restammo lì a guardarci per un po', imbarazzati.
Nessuno dei due sapeva cos'altro dire.
Per fortuna rientrò mia madre con la cena, che mi appoggiò sulla scrivania.
Lanciò un'occhiata a mio padre come a dire " speriamo che le passi sul serio " e insieme uscirono. Non avevo voglia di mangiare nulla; quindi lasciai tutto intatto.
Volevo solo starmene da sola a pensare, sdraiata sul letto e al buio della mia stanza.
Presto mi addormentai; ero sfinita.
Mi svegliò un messaggio al cellulare.
Sconosciuto.
 
Mi dispiace per ciò che ti è successo, ma non ti devi fidare della tua cosiddetta amica, Jennifer.
E' a causa sua che soffri ora.
 
Non capivo, chi era? Come faceva a sapere che cosa stavo passando in quel momento? E perché dovevo stare alla larga dalla mia migliore amica? Che aveva fatto?
 
Non capisco. Chi sei? Come fai a conoscermi? Cosa vuoi da me?
 
La risposta arrivò quasi immediatamente.
 
Non ti deve importare ora di chi io sia. Ci conosceremo presto, vedrai.
Non preoccuparti, ti proteggerò io d'ora in poi.







Spazio dell'autore;


Mi scuso se pubblico questo capitolo così tardi, ma gli impegni mi sommergono :( Comunque, che ve ne pare di questi tre capitoli? Le recensioni sono ben accette, positive o negative che siano :)

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