A/R - Andata e ritorno

di eliocentrica
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** La notte ***
Capitolo 3: *** Il risveglio ***
Capitolo 4: *** Ritorno alla realtà ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


= The Beginning =

 

 

 

«Amore? Pronto! Ascolta... ho perso il treno. C'era una coda lunghissima per fare il biglietto e quando sono arrivata al binario, ho visto il treno allontanarsi. … No, era l'ultimo, cazzo! … Eh, non lo so... … No, non serve che venga tu. Mi cercherò un posto dove passare la notte...» dissi sconsolata prima di salutarlo e chiudere la chiamata.

Mi guardai intorno. Gente che correva veloce da un punto all'altro, affollando la stazione centrale di Genova. Cosa potevo fare?

Cercai di stare calma. Una cosa alla volta.

Primo, cenare. Escludendo il McDonald's, rimanevano un bar e un negozio di caramelle. Mi diressi verso il bar a testa bassa, un altro pasto a base di panino all'orizzonte. “Morirò di fame o di anoressia, se continua così.”

Mentre masticavo controvoglia, seduta su una delle panche nella sala d'aspetto, mi resi conto che si stava facendo buio. Non mi fidavo a vagabondare per una città sconosciuta alla ricerca di un albergo, così tirai fuori dalla tasca il cellulare e cercai nella rubrica il numero dell'amico che ero venuta a trovare quel giorno.

Tuuu... “Rispondi!” Tuuu... “Risp-”

«Pronto!»

«Ehi, Ale, ascolta... ho bisogno di un favore. Però non mi sfottere!», mi bloccai.

«Hai perso il treno?» Sentii una punta di divertimento nel suo tono di voce.

«Sì...» risposi in un sussurro, e subito avvertii una risatina soffocata.

Odiavo dover chiedere il suo aiuto! «Senti, non fa niente. Mi ha fatto piacere averti rivisto oggi... addio.» Stavo per premere pulsante rosso, ma lo sentii rispondere tranquillo: «Ti vengo a prendere, dai.»

Dov'erano le prese in giro? «No, no. Volevo solo che mi dessi delle indicazioni su qualche albergo in zona...»

«Sicura? Ma non preferiresti sfruttare un'amicizia e dormire sul comodissimo pavimento del mio appartamento?»

Ah, ecco l'ironia... «No, ma non voglio disturbare...»

«Per una volta che sono gentile!!»

“Infatti è questo che mi turba”, pensai, “e poi come reagirebbe il mio ragazzo?”

«No, preferisco di no.» dissi decisa, «Solo fammi il favore di cercare un posto poco costoso e poi richiamami. Grazie.» e riattaccai.

Dopo un quarto d'ora, il mio telefono era ancora muto. Nessuna telefonata in arrivo.

Ciondolavo all'entrata della stazione in modo da tenere d'occhio i taxi. Ormai era buio fuori e la tensione cominciava a crescere.

Stavo osservando un ragazzo in penombra scavalcare un muro vicino alla stazione, quando sentii battere un colpetto sulla mia spalla.

«Cazzo, che fifona!» disse una voce familiare alle mie spalle, commentando il salto di 3 metri che avevo fatto per lo spavento.

Mi girai di scatto pronta a sferrare uno dei miei pugni sulla spalla. Guardai il mio amico minacciosa come un toro da corrida davanti al telo rosso, mentre lui manteneva il suo ghigno.

«Ti sono venuto a prendere!» disse allegramente.

Abbassai la guardia e lo guardai interrogativo.

«Il posto che mi ha consigliato un mio amico non si trova sulle Pagine Gialle... Non potevo darti nessun indirizzo da dire al tassista, perciò sali che ti accompagno io!» mi disse indicandomi la sua auto.

Mi guardai intorno e poi l'ora nel cellulare. Era tardi. Sì, forse era meglio fare così, tutto sommato. E lo seguii.

Mentre guidava mi tranquillizzai e cominciai a osservare la città di notte, ombre e luci che diventavano scie luminose. Mormorai tra me «Chissà che bello guardare dall'alto il porto...», e con la coda dell'occhio vidi un mezzo sorriso. Dolce, non d'ironia. Insolito sul suo viso. Alessandro stava ascoltando assorto la musica, se così vogliamo chiamarla, che proveniva dall'autoradio. Ho sempre cercato di migliorare i suoi gusti, ma non c'era stato verso.

Tra un pensiero a Francesco e al treno, mi accorsi che stavamo percorrendo una stradina in salita. “Ma dove mi sta portando!?” e proprio mentre stavo per chiederglielo, vidi che stavamo di nuovo scendendo. Guardai meglio fuori dal finestrino e vidi il porto, la città formata da un miliardo di puntini luminosi. Che avesse sentito il mio commento?

Cercai di intuire la sua espressione, ma la mancanza di illuminazione mi ostacolava. Poco dopo arrivammo a destinazione, in un quartiere residenziale.

L'edificio davanti cui ci eravamo fermati mi sembrava familiare, ma col buio non ne potevo essere sicura. Vidi che Ale estraeva delle chiavi dalla tasca dei pantaloni.

«Aleee!! Che bugiardo! È casa tua!» esclamai.

«Abbassa la voce che sennò i vicini s'arrabbiano!! Ed entra.» mi disse tenendomi aperta la porta.

In fin dei conti non era un cattivo amico, anzi era stato proprio carino a offrirmi di stare da lui. “E poi siamo solo amici, Francesco non avrà motivo di arrabbiarsi.”

Entrai e imboccai la rampa di scale con lui a fianco, salimmo in silenzio fino al quarto piano. Stremata, volevo solo farmi una doccia e dormire.

Alessandro aprì la porta dell'appartamento e due voci salutarono distratte. I suoi coinquilini. Senza fermarsi ad annunciare l'ospite, mi condusse verso camera sua. Appena entrata, piombai sul suo letto, sfilandomi le scarpe.

«Vorrei proprio dirti di dormire sul pavimento. Sarebbe troppo divertente vedere la reazione, visto il tuo livello di stanchezza.» commentò col solito ghigno.

Lo guardai male, ma comunque sapevo che non potevo farci nulla: ero io quella che aveva perso il treno e aveva chiamato in soccorso il suo amico sarcastico.

Prese un asciugamano dall'armadio e me lo lanciò addosso dicendo solo «Porta di fronte.»

«Grazie», mi alzai ed entrai in bagno.

Chiusi a chiave la porta alle mie spalle, posai l'asciugamano sul water ed estrassi il cellulare dalla tasca per avvisare il mio ragazzo che ero sana e salva.

Digitai un paio di brevi frasi. “Ho trovato dove dormire. Sono stanchissima. Ci vediamo domani. Buona notte!” e premetti invio, poi lo spensi. Ero stata vaga e per questo mi sentivo un po' in colpa, sapendo quando potesse diventare apprensivo.

Ma la stanchezza era troppo forte e mi portò dritta dentro la doccia. Dieci minuti d'acqua calda spazzarono via ogni tensione.

Con l'asciugamano stretto intorno al corpo aprii uno spiraglio di porta, sufficiente per mettere fuori la testa e chiamare «Aleeee!»

Lui si affacciò dalla camera con un lenzuolo in mano, «Problemi?».

«Sì. Non ho nulla di comodo per dormire. Prestami una tua maglietta. Lunga.» puntualizzai.

Trenta secondi dopo una maglietta arancione mi arrivò in faccia. Così mi rivestii e uscii dal bagno con le mie cose in mano, controllando che gli inquilini non passassero e non mi vedessero con quella mise.

Con uno scatto felino mi chiusi la porta della camera da letto alle spalle e per sicurezza girai anche la chiave. Non si sa mai che scherzi faccia il sonnambulismo.

«Mi vuoi sequestrare?» chiese Alessandro con finta aria di preoccupazione mista a malizia.

Lo mandai a quel paese e mi adagiai sul giaciglio che aveva preparato per terra, tra il letto e la finestra, lasciando cadere a caso i miei vestiti.

«No, quello era per me. Sono gentile e ti cedo il mio letto.»

«Tranquillo, sei stato gentile abbastanza offrendomi la tua camera. Posso dormire a terra. Il letto è il tuo.» Ero troppo stanca per discutere, o per alzarmi, e sembrò che Alessandro capisse, perciò non insistette oltre. Insolito. Così aggiunsi scherzosamente, «Semmai se proprio dormo male, ti butto giù dal letto per usurparti il posto!»

«Non ci contare! Ormai hai scelto. Buona notte!», mi rispose sottolineando ironicamente il "buona".

«Buona notte.» La luce si spense e io presi sonno pensando a quanto carino, rispetto a solito, era stato il mio amico nei miei confronti.

 

 

 

Nota dell’autrice: Beh, questa è la prima storia originale che pubblico qui. È composta di pochi capitoli, non molto lunghi, che ho già scritto (tempo fa). Dunque la pubblicazione sarà molto veloce.

Probabilmente vi sembrerà sciocca o banale, ma dopo averla rivista più volte (e addirittura tradotta in un’altra lingua, come esercizio) non sono riuscita a fare di meglio. >_<

Lo spunto è preso dalla realtà, ma ci ho decisamente romanzato sopra. Un What if? sulla mia vita, insomma. XD Non so a voi, ma a me a volte piace fantasticare su come sarebbero andate certe cose, se avessi preso una decisione diversa. Solo che la fantasia, stavolta, si è trasformata in una storia.

Per concludere, mi sento di affibbiare a questa storiella l’etichetta di “per ragazzine” e siete liberissimi di rivolgermi commenti negativi! Anzi, direi che almeno da quelli posso imparare qualcosa per quello che scriverò in futuro! ^_^

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Capitolo 2
*** La notte ***


= The Night =

 

 

Probabilmente erano passate due ore, e io non ero ancora riuscito a prendere sonno.

Continuavo a pensare che lei era lì, a un passo da me, ma mi sembrava lontanissima. E poi pensavo a come avrebbe reagito la mia ragazza... Già non aveva mandato giù il fatto che avessi trascorso tutta la giornata con un'amica, anche se non la vedevo da un sacco di tempo.

Per allontanare i pensieri e cercare di dormire, mi girai sull'altro lato del letto; stavo proprio per addormentarmi quando sentii un sospiro e dei movimenti, così i miei sensi tornarono all'erta.

Gemma si era alzata in piedi e poi era sgusciata nel mio letto. Chiaramente non era riuscita a resistere sul pavimento.

Sentii il cuore che aumentava le pulsazioni, ma cercai di stare fermo, con le orecchie tese. Silenzio.

Poi respiri profondi. E infine anche russare. Mi venne da ridere, ma con uno sforzo immane mi trattenni. “Ecco una buona battuta per domattina” pensai.

Dopo qualche secondo, facendo attenzione a non toccarla, mi girai sulla schiena e appoggiai la testa in modo da poterla vedere in faccia.

Osservai l'espressione rilassata, tutte le difese abbassate. Con la luce del lampione che entrava dalla finestra e la colpiva di sbieco, il suo viso appariva veramente bello. Subito mi pentii del mio pensiero.

Nonostante fossero passati quasi cinque anni e io stessi bene con la mia attuale ragazza, i sentimenti che nutrivo per Gemma erano ancora lì, latenti e inalterati. Sicuramente erano stati questi a guidare inconsciamente le mie azioni durante la serata.

Cercai di svuotare nuovamente la mente per dormire, ma mi risultava difficile persino chiudere gli occhi e smettere di guardarla. Presi quasi uno spavento quando lei si girò di scatto su un fianco, rivolta verso di me: pensavo avesse avvertito i miei pensieri! E invece dormiva serena.

“Che elefante, anche nel sonno!”, pensai sorridendo.

Mi accorsi che i nostri volti erano vicinissimi e il cuore ricominciò a battermi forte; quasi lo sentii esplodere quando la sua mano scivolò verso di me, per poggiarsi sul mio petto, come ad abbracciarmi.

“Oh no. Oh no no no no.”, pensai terrorizzato, sentendo che non solo il cuore, ma tutto il mio corpo stava reagendo.

Cercavo di stare il più immobile possibile, ma sentivo che non sarei riuscito a controllarmi a lungo. Per fortuna lei si girò dall'altra parte e ci rimase per tutto il tempo in cui fui ancora cosciente, prima che finalmente arrivasse il sonno.

Mi svegliai per colpa di un clacson suonato da un impaziente per strada. Aprii gli occhi e mi resi conto che era l'alba perché il cielo si stava rischiarando e c'era più luce anche in camera.

Richiusi gli occhi, ancora intontito dal sonno, e mi sopraggiunse un pensiero: chi stavo abbracciando se ieri non avevo visto la mia ragazza?

Riaprii gli occhi di scatto e vidi che cingevo Gemma su un fianco, lei che mi dava le spalle. Subito ritrassi il braccio, respirando agitatamente. Chissà come ero finito in quella posizione, mentre dormivamo. Ma poi accadde una cosa che mi lasciò stupito: un mugugno e la mano di Gemma che cercava la mia a tentoni.

Che fare? Fosse se avessi riportato il mio braccio dov'era prima, lei si sarebbe calmata, riaddormentata e io avrei potuto sgusciare fuori dal letto in tempo prima che si accorgesse. Così feci, ma sul più bello mise il suo braccio sul mio, prendendomi polso e avvicinando la mia mano al suo petto.

“Oh, cazzo.” E non potei fare un pensiero più appropriato.

Sentii Gemma sospirare la parola "tesoro" e rimasi agghiacciato. Ma probabilmente pensava di essere a letto col suo fidanzato, probabilmente i suoi erano solo movimenti istintivi nel sonno.

Cercando di allontanare lentamente il mio corpo dal suo, mossi inavvertitamente il braccio e sentii stringere la presa attorno al mio polso.

«Dove vai?...» disse con la voce impastata dal sonno.

“Merda! L'ho svegliata.” Non sapevo come reagire.

O meglio, sapevo cos'avrei voluto fare, ma sapevo anche che non potevo. E mentre mi costruivo castelli mentali, lei si girò verso di me, ad occhi chiusi. Si appoggiò al mio petto ed intrecciò una gamba alla mia. «No!» dissi con un tono un po' troppo alto, facendola sobbalzare mentre apriva gli occhi di scatto e si trovava di fronte il mio viso.

 

 

 

N/A: Rileggendo anche questo capitoletto, mi viene da ridere da sola. Mi sembra un po’ sciocco. Però dall’altro lato continua a piacermi l’idea di alternare il punto di vista del narratore, passando dalla protagonista femminile a quello maschile.

Ho visto che qualcuno ha letto il primo capitolo, spero che proseguirete anche con questo! E se magari mi lasciaste la vostra opinione, sarebbe il massimo! ^_^ Grazie!

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Capitolo 3
*** Il risveglio ***


= The Awakening =

 

 

“Merda! Che sto facendo!?” Ero senza parole a mezzo centimetro da lui.

Mi scostai di scatto e abbassai lo sguardo, desiderando di sprofondare nel baratro che avrebbe dovuto aprirsi sotto di me. Mormorai delle scuse con un filo di voce.

Silenzio.

“Che imbarazzo!” stavo pensando, quando un suo dito mi sollevò il mento in modo che fossi obbligata a guardarlo in faccia. Mi aspettavo un'espressione maliziosa e ironica, seguita da una spinta giù dal letto, e invece trovai un sorriso tenero.

“Perché mi sento così... strana quando sto con lui?” pensai.

«Non sei così mostro come credevo, appena sveglia.» mi disse sempre sorridendo.

Non so perché, ma non sembrava che mi stesse prendendo in giro, ma suonava piuttosto come un apprezzamento. Se era stato un tentativo per spezzare la tensione, era fallito miseramente perché io mi sentivo sempre più a disagio per quello che potevo aver fatto nel sonno.

Feci per girarmi e scendere dal letto, ma la sua mano mi trattenne per un fianco.

Sentivo ogni dito scottare sulla mia pelle, ma la sensazione svanì in un attimo così com'era arrivata. Guardai il mio fianco, la mano non era più lì; quindi spostai il mio sguardo verso il suo viso per scoprire che Alessandro stava fissando allibito la sua mano aperta. I suoi occhi incontrarono i miei e aprì la bocca per dire qualcosa ma non uscì alcun suono, allora si schiarì la voce e riuscì a dire «Scusa, io... forse è il caso che metta in chiaro una cosa...». Pausa.

“Mio Dio che cos'ho fatto!? Chissà cosa pensa!” esclamai nella mia testa, agitata.

«Gemma, tu... mi piaci da tanto tempo» disse senza riuscire a guardarmi negli occhi.

E io sgranai i miei. Ero davvero sorpresa.

Okay, forse in passato avevo avuto quest'impressione, ma poi avevo pensato di essermi sbagliata, visto che comunque lui aveva avuto varie ragazze nel frattempo. Ma adesso questa rivelazione!?

Passato l'attimo di sorpresa, mi resi conto che mi faceva piacere aver sentito quelle parole. In un certo modo mi sentivo felice. Provavo una sensazione di calore.

«So che tu non mi hai mai visto come qualcosa in più di un amico» continuò, «e che sei innamorata di Francesco da tempo. Ed è per questo che non ti ho mai detto nulla. Però adesso... questa situazione...»

Pausa.

Il suo sguardo ora era così intenso che mi aspettavo che mi baciasse da un momento all'altro. Ma non accadde.

«Scusa.» si alzò a sedere per scappare da quel letto come da quella situazione, ma lo bloccai con la mia mano, che aveva subito afferrato il suo braccio.

«Non scherzare, dai.» si girò a dirmi, scuro in volto, «Già così è difficile per me.»

Ma io non mollavo la presa. E allo stesso tempo non mi rendevo conto di ciò che stavo facendo. Mi stavo facendo guidare solo dalle emozioni.

Ci fissammo per un'eternità, ma forse furono solo un paio di secondi.

E poi lui tornò a letto, mettendosi sopra di me, lo sguardo incollato ai miei occhi anche a pochi centimetri di distanza. E sentii tutto il suo desiderio. Sapevo che ero stata io a provocarlo ed ero prontissima ad assumermi le conseguenze.

«Dio, quanto sei bella.» mi sussurrò appena prima di baciarmi. Fu un bacio dolce all'inizio e poi sempre più carico di passione. Le mie mani sulla sua schiena sentivano i muscoli tesi, e solo in quel momento mi resi conto che aveva dormito a torso nudo. Contemporaneamente, le sue mani sui miei fianchi salirono sempre più su, sollevandomi la maglietta, e la nostra pelle entrò in contatto. Ecco, sentivo di nuovo la pelle scottare.

Fu quello il momento in cui mi abbandonai completamente a lui.

 

 

 

N/A: Questo capitolo costituisce il clou della storia. Anche se rileggendolo non sembra un granché… Forse avrebbe avuto più senso pubblicare la storia come one-shot, anche se sarebbe risultata troppo lunga in quel caso…

Beh, comunque ringrazio a chi ha letto questo e i precedenti capitoli! E a celest93 che mi ha lasciato una recensione! ^_^

Al prossimo (e ultimo) capitolo! ;)

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Capitolo 4
*** Ritorno alla realtà ***


= Going Back to Reality =

 

Quando mi risvegliai era mattina inoltrata, abbracciato a me sentivo il corpo caldo di Gemma.

Stavo ancora cercando di realizzare ciò che era successo all'alba, ma non mi capacitavo. Eppure il suo corpo nudo ne era la prova.

Le stavo accarezzando i capelli e provavo un senso di calma nuovo, ristorante. Avrei voluto che quel momento non finisse mai perché sapevo che appena lei si fosse svegliata sarebbero cominciati i problemi.

Non feci in tempo a scacciare il pensiero, che lei si svegliò. Si stiracchiò ad occhi chiusi e poi si girò verso di me, con fare provocante.

«Soddisfatto o rimborsato?» rise. «No, a parte gli scherzi, e adesso?»

Sospirai rassegnato, «Credo che dovresti rivestirti. Poi ti accompagno in stazione così puoi tornare a casa. Sicuramente Francesco sarà in pensiero.»

Mi alzai dal letto, mentre Gemma rimase immobile con uno sguardo tra il deluso e l'allibito. Le voltai le spalle e finsi di cercare qualcosa nell'armadio, non potevo sopportare di vedere il suo corpo delineato dalle lenzuola. Non senza perdere il controllo ancora.

Sentii che anche lei si muoveva e che diceva qualcosa sottovoce.

Andai in bagno e mi lavai i denti. Riflettei su cosa dirle. “Gemma, stanotte è stato uno sbaglio. Ci siamo lasciati trasportare dagli eventi, no... dalla situazione insolita. Io non pretendo nulla da te, anche perché so che così ti ho incasinato a sufficienza.” E poi? E lei come avrebbe reagito?

Rimasi con la mano sulla porta per qualche secondo, prima di aprirla e affrontare la realtà.

Rientrai in camera mia e la vidi raccogliere la sua borsa da dove l'aveva fatta cadere la sera prima. Il movimento, modo in cui i capelli le caddero sul viso mi spiazzarono per un momento. Mi ricomposi e mentre stavo per dar voce al mio discorso, lei si girò e mi tirò uno schiaffo sulla guancia.

Spiazzato ancora una volta, non potei fare altro che fissarla.

«Una deficiente. Sono stata una deficiente. Cosa mi credevo!» disse quasi a se stessa, mentre frugava la borsetta in cerca del cellulare.

Allora la presi per le braccia e la scossi per attirare la sua attenzione su di me. Lei alzò lo sguardo, arrabbiata. «Mi ero preparato una specie di discorso, per scusarmi e dirti che... Non lo so neanch'io... Ma in realtà non me ne frega niente!» aggiunsi con un po' di foga. «Io non lo penso davvero, che stanotte sia stato solo uno sbaglio. Io ti voglio, Gemma. Sono passati cinque anni da quando ti ho conosciuto e mi hai colpito. Adesso che siamo in questa situazione, voglio approfittarne. E 'fanculo il resto!», conclusi. Poi aspettai la sua reazione.

Delle lacrime solcarono il suo volto. “Che cazzo significa?”, pensai. Aspettai ancora.

«Ale... Non lo so... Io... ero convinta... Francesco... Però poi... e tu...» disse ricomponendosi un po' alla volta.

“Ma da quando Gemma si arrischia a mostrarsi così insicura e indifesa davanti a me?”

Pensai che fosse così tenera... e non potei trattenermi dall'abbracciarla stretta. “Da quando mi comporto da smidollato?” pensai anche, ma non me ne fregava più di tanto, fintanto che lei era tra le mie braccia.

Quando sciolsi l'abbraccio, Gemma si asciugò gli occhi con la mano e mi guardò spaesata.

Le diedi un bacio leggero su quella sua piccola bocca e, dopo un respiro profondo, le dissi «Credo che ti accompagnerò a Milano, così ti sosterrò mentre dirai a Francesco che lo lasci.»

«NO!» esclamò a voce alta, poi aggiunse con tono normale «...Cioè, no. Non posso fare una cosa del genere. Non con te a fianco. Pensa a come si sentirebbe lui, poverino!» mi rispose, riacquistando sicurezza.

«Sinceramente? Sai quanto cazzo me ne frega! È solo un cretino e non ti merita. E io non vedo l'ora di sbatterglielo in faccia, dopo tutto questo tempo.» dissi cercando di sembrare distaccato.

Lei mi sorrise. «Partiamo assieme, ma tu torni a casa dei tuoi. Mentre io andrò da sola da Francesco. E poi ti raggiungerò.»

La presi per mano e la condussi fuori. I miei coinquilini ci videro passare e fischiarono d'approvazione. Erano amici della mia (ex-)ragazza, ma erano pur sempre ragazzi e avrebbero voluto sapere di più. Comunque non era il momento per le cazzate. Uscimmo dal condominio, le aprii la porta della mia auto e poi salii anch'io.

L'autostrada era trafficata. Tanto meglio, significava allontanare il momento d'arrivo.

Gemma era abbastanza silenziosa e io non cercai di forzare la conversazione. Probabilmente la sua mente stava lavorando velocissima. Sicuramente non avrei voluto trovarmi al suo posto.

E poi ci ripensai. E invece c'ero eccome al suo posto, cazzo. Solo che per me sarebbe stato più semplice. Vuoi mettere? La donna della tua vita contro una qualsiasi?

Tirai fuori il cellulare dalla tasca e premetti il tasto di chiamata rapida.

«Ma sei deficiente!? Non si parla al telefono mentre si guida!» Gemma m'incenerì con lo sguardo e cercò di togliermi il cellulare dalla mano, ma si bloccò quando vide chi stavo cercando.

«Eva, pronto? Sì, lo so che non mi sono fatto sentire affatto. … Prima che t'incazzi per quello, ti devo dire un'altra cosa. … Stai un po' zitta e ascoltami, cazzo! Ci dobbiamo lasciare. … Come perché? Ma non è ovvio? Sono innamorato di un'altra. Quindi non possiamo più vederci. … Grazie, eh! Allora addio!» e chiusi la chiamata. Mi ero anche preso del bastardo, da quella rompipalle. Guardai Gemma e la vidi allibita.

«Che c'è?» le chiesi brusco, ancora irritato per la chiamata.

«Vedo che non sei cambiato davvero, durante la notte. Sei rimasto stronzo come prima!»

Poi aggiunse «...Solo che non lo sei più con me» e sorrise.

Francesco avrebbe potuto anche prendermi a pugni, ma non me ne fregava un beneamato cavolo. Tanto alla fine Gemma era mia.

 

 

 

N/A: Eccomi alla fine. Spero non vi abbia deluso troppo. ^_^"
So che è una storia corta, ma così è nata vari mesi fa e non mi sento di modificarla. (Penso che se l’avessi allungata, sarebbe risultata forzata e magari più sciocca…)

Grazie ancora a chi ha letto, recensito e seguito la mia storia!

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