Questo che tra poco leggerete, è un capitolo piuttosto introspettivo.
Tratta di un sentimento che ognuno di noi interpreta a proprio modo.
Questo è il mio.
Voglio dedicarlo a TheStarbucksGirl,
Perché spesso lei riesce a leggere tra le righe dei miei pensieri
meglio di chiunque altro.
Secondo giorno
Seduta sul bordo della
poltrona di velluto, Hermione si massaggiava le tempie, sperando che quel mal
di testa che la perseguitava dal giorno prima le desse una tregua.
Quella mattina, stremata, era
andata in infermeria a farsi dare una pozione, ma non aveva ottenuto alcun
risultato.
Forse perché non era il mal di
testa il vero problema.
Era qualcosa di più forte e
distruttivo che neanche la pozione più potente avrebbe potuto cancellare.
La porta della Sala Comune di
Grifondoro si aprì, ed Hermione vide Harry scavalcare il buco del ritratto ed
andare verso di lei.
- Ciao - le disse, sedendosi
sul divano accanto ad Hermione. Lei si limito a rivolgergli un gesto con la
mano - Ti cercavo.
Lei si scoprì gli occhi,
sospirando - Sono passata in Sala Grande - disse, senza aggiungere altro.
Sul viso di Harry si abbassò
un’ombra scura; si sfilò gli occhiali, pulendoli con la maglietta. Aveva un
profondo taglio sulla fronte, ma la pulizia che Madama Chips gli aveva fatto
con un unguento la sera prima lo stava già facendo rimarginare - Anche io - le
disse, infilandosi nuovamente gli occhiali - Sono tutti di sotto ora. Io sono
rimasto un po’ ma… - boccheggiò, guardandola, come in cerca di aiuto.
Hermione sentì una fitta al
cuore quando scorse la disperazione negli occhi dell’amico.
L’impotenza e il senso di
colpa erano limpidi quanto il verde dei suoi occhi.
- …ti sei sentito di troppo -
concluse Hermione per lui, sfiorandogli il braccio.
Lui annuì, abbassando lo
sguardo - Già.
Hermione lo abbracciò, posando
la testa sulla sua spalla.
Poteva forse mentirgli? Poteva
forse dirgli che non era vero?
Lei stessa era stata vicina alla
famiglia Weasley, aveva lasciato che Ginny piangesse sulla sua spalla, aveva
sentito le urla di Molly, aveva dovuto guardare l’espressione stravolta di
George.
Aveva pianto insieme a quella
famiglia, aveva sofferto con loro.
Ma si sentiva in colpa nel farlo.
Si sentiva in colpa a paragonare il suo dolore a quello dei Weasley.
Sebbene la considerasse la sua
famiglia, Hermione si sentiva di troppo.
Sebbene stesse soffrendo come
gli altri, si riteneva indegna di poter comprendere un dolore del genere.
Il dolore per la morte
di un fratello.
Il dolore per la morte
di un figlio.
Non aveva il diritto di far
pesare la sua sofferenza su di loro.
- Sei ancora sicura di volerlo
fare? - chiese Harry, accarezzandole la schiena e distogliendola da quei
pensieri.
Lei si discostò, scuotendo le
spalle - Forse è la cosa più… - tentennò.
Giusta?
O forse appropriata?
Lei ed Harry ne avevano
parlato quella stessa mattina e si erano detti che magari, era la soluzione che
avrebbe causato meno problemi ai Weasley.
- Va bene - la interruppe
Harry, capendo - Sarà meglio dirlo a Ron prima della funzione.
Persino la natura si stava
burlando di loro.
Un sole caldo e luminoso
accompagnò la loro discesa verso il campo di Quidditch, dove ci sarebbe stata
la celebrazione.
Un sole del tutto
inappropriato per gli inizi di maggio inglesi.
Un sole del tutto
inappropriato per quella giornata così dannatamente buia.
Hermione, Ron ed Harry
camminavano in silenzio, per raggiungere gli altri. Erano rimasti indietro
perché la McGrannitt li aveva richiamati, per discutere di questioni
burocratiche.
Hermione, rimasta un paio di
passi indietro rispetto a Harry e Ron, li seguiva in silenzio, avvolta da quel
caldo tepore che la avvolgeva, compensando la freddezza che provava in corpo.
Il venticello faceva
ondeggiare la sua coda e scompigliare i capelli dei suoi amici.
Alzò lo sguardo per
osservarli: due ragazzi alti, dinocciolati… magari Harry un po’ meno robusto
rispetto a Ron, ma comunque diversi.
Erano due uomini.
Perché non se ne era
mai accorta prima?
Anche stavolta, i suoi
pensieri furono interrotti quando Harry si schiarì la voce, lanciando uno
sguardo eloquente nella sua direzione.
Hermione comprese e fece
qualche passo più lungo per raggiungerli.
- Ron, dovremmo dirti una cosa…
- disse Harry, stancamente.
Ron si bloccò, guardandoli
preoccupato. Passò lo sguardo dall’uno all’altra, con la confusione dipinta sul
volto.
- No, no… niente! - si affrettò
a rassicurarlo Hermione, avvicinandosi a lui e afferrandogli un braccio - Non è
nulla di grave.
- E allora cosa? - fece Ron,
sospettoso, guardandola. Hermione aprì la bocca per parlare, ma ogni parola le
morì in gola. Guardò Harry, in cerca di aiuto.
- So che forse non è il
momento migliore questo, amico - disse Harry, a disagio - Ma pensavamo di dirtelo
prima… per non disturbarvi dopo la funzione…
- Avete intenzione di parlare?
- disse Ron con tono stanco e confuso. Hermione sapeva bene che in altre
situazioni, Ron a quel punto si sarebbe già infastidito. Ma stavolta, c’era uno
strato di dolore che offuscava ogni altra sensazione.
- Ecco, noi pensavamo che… -
cominciò Hermione, gettando un’occhiata ad Harry - Che forse sarebbe… meglio…
per motivi organizzativi - “che diavolo sto dicendo?”, quelle parole
suonavano assurde persino a lei che le pronunciava - …che per motivi
organizzativi, io ed Harry andassimo a stare qualche giorno a Grimmauld Place.
Disse l’ultima frase in
fretta, come se in quel modo sarebbe stata più semplice da accettare, più
facile da comprendere.
Harry accanto a lei annuiva,
ma la sua espressione tradiva disagio e malinconia.
Ron non diceva nulla. Si stava
limitando a guardare l’uno e l’altra, come in attesa che il discorso
continuasse, con l’espressione confusa di chi ha appena ascoltato un discorso
privo di senso - Che cosa?
Harry si fece avanti - Ron,
con tutto quello che la tua famiglia sta passando… è una cosa privata e… noi
non smetteremo mai di essere grati ai tuoi per quello che hanno fatto per noi
in questi anni - cercò con lo sguardo l’appoggio di Hermione, che annuì
prontamente, ancora stretta al braccio di Ron - Per quello che hanno fatto per
me, da quando mi conoscono. Loro sono stati i genitori che non ho mai avuto e…
- gli tremò la voce - E proprio per questo sappiamo che tengono troppo a noi,
per poterci dire che… in questo caso siamo di troppo.
Una folata di vento più forte
accompagnò l’ultima parte della spiegazione.
Hermione rabbrividì all’impatto
con quel caldo, sentendolo penetrare nelle ossa.
Il viso di Ron era
impassibile.
Continuava a guardare Harry,
ed Harry reggeva lo sguardo con la stessa forza.
Hermione si stava giusto
chiedendo se fosse il caso di intervenire, ma qualcuno la precedette.
- Harry, ma che cavolo dici?
- sbottò con enfasi.
Reazione che prese in
contropiede i suoi amici, che si guardarono sorpresi, mentre l’uno invitava con
lo sguardo l’altra a parlare e viceversa.
Dal canto suo, Ron continuava
a fissarli, ma il suo era uno sguardo quasi distratto, come se stesse facendo
fatica a rimanere concentrato sulla questione.
Hermione si sentì mortificata;
sapeva che quello non era un buon
momento per dire a Ron che lei ed Harry avevano deciso di andare a
Grimmauld Place, perché ritenevano che fosse la cosa più giusta per la famiglia
Weasley, che in quel momento aveva bisogno di rimanere unita più che mai, ma d’altra
parte, quale lo era?
- Ron - intervenne Hermione,
continuando a sfregargli il braccio - Questo è un momento terribile… terribile
per tutti noi e soprattutto per la tua famiglia - disse, nel tentativo di non
scoppiare a piangere - Noi siamo estremamente grati per quello che i tuoi hanno
fatto per noi in questi anni - aggiunse, cercando l’appoggio di Harry, che annuì
mestamente - Ed è proprio per questo che… riconosciamo… che in un momento del
genere dobbiamo metterci da parte.
Si morse le labbra, sotto lo
sguardo confuso di Ron, che sembrava stupito e confuso.
Ma ben presto, la maschera di
confusione scivolò via dal suo viso pallido, lasciando il posto ad un’improvvisa
apparenza di comprensione - Ragazzi, io… - disse, alzando le mani come in segno
di resa - Va bene, che devo dirvi? - fece, con tono arrendevole. Si passò una
mano tra i capelli e ad Hermione parve che quel gesto rivelasse tutta la
sfinitezza che aveva accumulato - Lo so che non… che non sarà facile stare alla
Tana, dopo quello che è successo - continuò, passando tristemente lo sguardo su
di loro - Lo so che sarà un inferno, che niente tornerà come prima…
- Ma che dici, Ron…?
- Ron, non è per quello, noi…
Harry ed Hermione intervennero
subito, comprendendo cosa stesse intendendo Ron.
- Ragazzi, ascoltatemi - fece
lui, risoluto, bloccandoli - Non posso e, soprattutto, non voglio chiedervi di
affrontare tutto questo - disse, mentre la voce gli cedeva - Andate a Grimmauld Place, va bene così… va
bene così - continuò, fermando Hermione che stava per dire qualcosa. La guardò,
sfiorandole la mano che lei teneva ancora poggiata sul suo braccio - Tra l’altro
sono l’ultima persona che potrebbe chiedervi di rimanere…
Quell’ultima frase per
Hermione fu come una pugnalata.
Una pugnalata che le riportò
alla mente uno dei periodi più brutti della sua vita.
Una pugnalata che le scosse il
corpo, scuotendola.
Una pugnalata che, in quel
momento lei sentì di meritare.
- Tu credi davvero che il
nostro problema sia il fatto che la Tana non sarà un posto… “piacevole”?
- intervenne Harry, sconvolto. Sembrava oltraggiato dalle sue stesse parole.
- Sai che non è per quello,
Ron - riuscì a dire Hermione - Noi… vogliamo solo evitare di… peggiorare la
situazione. Vogliamo solo…
- Allora restate - la bloccò
Ron. Hermione alzò lo sguardo, incontrando quello disperato e mortificato di
lui - Voi siete parte della famiglia quanto noi altri… - la voce gli si incrinò
e lui distolse gli occhi da quelli di lei, voltandosi verso Harry - Restate…
per favore…
L’ultima cosa che Hermione
vide, fu lo sguardo addolorato di Harry che stringeva Ron in un abbraccio
fraterno, un attimo prima che anche lei fosse trascinata in quella stretta, un attimo
prima che le sue lacrime si mischiassero a quelle dei suoi due migliori amici.
Fu in quel momento che si pentì
di aver dubitato anche solo per un secondo che quella fosse la sua famiglia e
dai singhiozzi sommessi di Harry, capì che anche lui aveva pensato la stessa
identica cosa.
*
Davvero quello era il posto in
cui aveva trascorso i momenti più belli della sua vita ad Hogwarts?
Davvero quella era stata la
culla dei suoi momenti di gloria?
Agli occhi di Ron, il campo da
Quidditch sembrava appartenere ad un altro mondo.
File di bare di legno chiaro
erano state allineate davanti ad un altare.
Di fronte, erano state portate
delle sedie bianche per i parenti più stretti delle vittime.
Le vittime.
Ron sentì gli occhi bruciare,
quando quella parola rimbombò nella sua mente.
Suo fratello era una vittima. Il
ragazzo con cui aveva condiviso quasi tutta la sua esistenza, uno dei punti
fermi della sua vita, una parte di se stesso adesso era diventata una vittima.
Strinse i pugni, mentre
insieme ad Harry ed Hermione avanzava lungo la navata centrale di quell’ambiente
desolante. Proseguivano lentamente, come se le loro gambe si rifiutassero di
camminare, di raggiungere le prime file e di affrontare il quello che sarebbe
successo, di qualunque cosa si trattasse.
Mentre camminavano, qualcuno
si voltava a guardarli, altri rivolgevano loro flebili cenni di gratitudine, ma
nessuno li avvicinò.
Quando scorse un gruppo di
teste rosse nelle prime file, Ron fece segno agli altri due di seguirlo.
Hermione aveva un’espressione
sconvolta dipinta sul viso pallido.
Harry aveva gli occhi
cerchiati dietro gli occhiali storti.
Ron gli fece strada, ma quando
furono abbastanza vicini, ebbe quasi voglia scappare via.
Un gruppo di persone si
stringeva intorno alla famiglia Weasley; conoscenti e amici accorsi a far loro
le condoglianze e a bisbigliargli inutili parole di conforto.
Un macigno crollò sul suo
petto nel momento in cui vide Molly, seduta su una delle sedie che continuava a
scuotere la testa, quasi incredula continuando a bisbigliare continuamente uno
straziante “Mi si spezza il cuore”.
Incessantemente.
“Mi si spezza il cuore,
mi si spezza il cuore”.
Costantemente.
“Mi si spezza il cuore…
mi si spezza il cuore”.
Abbracciava coloro che si
avvicinavano a lei per rivolgerle parole di cordoglio, ma lei continuava nel
suo instancabile lamento.
“Mi si spezza il cuore”.
Li guardava con sguardo vacuo,
come se non riconoscesse davvero quelle persone; stringeva le mani di chi
gliele porgeva, ma per tutti aveva un’unica risposta.
“Mi si spezza il cuore”.
In piedi accanto a lei, il
Signor Weasley ringraziava sommessamente tutti, con il volto segnato dal dolore
e la voce incrinata dalla disperazione.
Ma quando Ron vide lo una
figura accovacciata su una sedia poco distante, sentì che il macigno che aveva
in petto scese giù, fino allo stomaco, come se fosse destinato a rimanere lì,
stabilmente.
Quando Ron vide George, chino
su se stesso, con le braccia piegate a tenersi la testa, senza curarsi di tutti
i conoscenti che, passando, gli bisbigliavano parole di incoraggiamento o gli
lasciavano solidali pacche sulle spalle, ebbe davvero l’impulso di rigirarsi e
correre via.
Non riusciva a credere di
essere là, al funerale di suo fratello.
Il funerale di Fred.
Fred, la persona a cui meno di
tutte al mondo era possibile associare la parola morte.
Vide la schiena di George
sussultare, scossa dai singhiozzi.
Vide Ginny, seduta con la
testa appoggiata alla spalla di Molly.
“Mi si spezza il cuore…
mi si spezza il cuore”.
Bill, vicino a loro, piangeva
compostamente, stringendo tra le braccia Fleur, la cui bellezza, quel giorno,
pareva spenta. Come i loro cuori.
“Mi si spezza il cuore”.
Charlie sedeva accanto a
Percy, intento a ripulirsi gli occhiali bagnati dalle lacrime.
“Mi si spezza il cuore, mi si spezza il cuore”.
Quando lo videro arrivare,
parenti e conoscenti si avvicinarono anche a Ron, pronti a dirgli di “essere
forte” e di “farsi coraggio”.
Ron annuiva, ringraziando,
senza però ascoltare davvero le loro parole.
L’unica voce che riusciva a
percepire in quel silenzioso trambusto era lo straziante sottofondo di sua
madre.
“Mi si spezza il cuore…
mi si spezza il cuore”.
Quando l’ennesimo sconosciuto
gli strinse la mano, facendogli le condoglianze, Ron sentì che non ce l’avrebbe
fatta. Si voltò, pronto ad allontanarsi un attimo, pronto a riprendere fiato,
pronto a raggiungere le uniche persone che avrebbero potuto comprendere il suo
vero dolore…
Ma quando si voltò, urtò
contro Hermione, che era proprio dietro di lui.
- Siamo qui vicino a te, Ron -
gli disse, facendogli un sorriso incoraggiante, incrociando le sue dita con
quelle di lui.
Accanto ad Hermione, Harry
annuì convinto.
Ron li ringraziò con lo
sguardo, mentre con la mano stringeva quella di un lontano zio e con l’altra
quella piccola di Hermione.
*
I cancelli di Hogwarts quel
giorno erano stati aperti per permettere alla gente dei villaggi vicini di
rendere un ultimo omaggio agli “eroi della guerra”. Quell’invito era
stato accolto con rispetto e solidarietà da centinaia di persone che, in
rispettoso silenzio, si stavano sistemando sugli spalti.
Dopo il loro arrivo, molti
parenti e conoscenti dei Weasley si erano avvicinati a Ron per porgere le loro
condoglianze.
Lei ed Harry erano stati
accanto a lui per tutto quel triste rituale, senza mai allontanarsi.
Ora che la celebrazione stava
per cominciare, tutti avevano iniziato a prendere posto, lasciando spazio ad un
immobile silenzio, rotto solo dal pianto sommesso dei presenti.
Con il volto teso e gli occhi
cerchiati da stanchezza e sofferenza, la Professoressa McGrannitt salì sull’altare
insieme a Kingsley e ad un altro ometto dai lineamenti dolci, che probabilmente
avrebbe dovuto celebrare la funzione.
Dopo aver eseguito un
incantesimo per amplificare la sua stessa voce, la Professoressa parlò,
lasciando che le sue parole rimbombassero in tutto lo stadio.
- E’ con… è con grandissima
tristezza che oggi siamo qui… - la voce le cedette. Kingsley le passò
prontamente un fazzolettino bianco, che la McGrannitt accettò con sguardo
riconoscente, soffiandosi il naso, mentre l’omino le batteva amichevolmente
delle pacche con la mano paffuta - Scusate - riprese - …che oggi siamo qui a
porgere l’ultimo saluto ai nostri cari. Prima di lasciare la parola a Padre Rudolf,
vorrei esprimere un mio personale omaggio a tutti… tutti coloro che hanno
combattuto per la salvezza del Mondo Magico…
Hermione, vide Harry accanto a
lei, portarsi una mano sugli occhi. Con una mano ancora stretta in quella di
Ron, allungò l’altra verso l’amico, che subito la strinse.
C’era ancora chi si muoveva
tra le bare, mentre la McGrannit parlava.
Chi si fermava a lasciare dei
fiori, chi si limitava ad accarezzarle.
Hermione dovette distogliere
lo sguardo, concentrandosi di nuovo sulle parole della Professoressa.
- Ed è per questo che con il
cuore colmo di sofferenza, ma con la mente piena di gratitudine per aver avuto
la possibilità di conoscere persone così speciali da… combattere e sacrificare
la propria vita per un bene comune… Penso di poter parlare a nome di tutta la
comunità, nel dire che rimarrete nei nostri ricordi per sempre…
E mentre la McGrannit
concludeva il suo discorso di ringraziamento, lo sguardo di Hermione colse una
figura famigliare che si moveva tra le file di bare, curva sotto il peso del
dolore.
Quando vide Andromeda Black
chinarsi davanti ai corpi di suo genero e di sua figlia, e dondolarsi avanti e
indietro, lentamente, disperatamente, si chiese se davvero i ricordi sarebbero
stati sufficienti a colmare tutto il vuoto che le vittime avevano lasciato
nelle vite dei propri familiari.
Una
faticaccia questo capitolo.
L’unica cosa che posso dirvi per “rassicurarvi” è che
nel mio progetto, questo capitolo doveva segnare il livello massimo di
tristezza: da qui in poi, la situazione potrà solo “migliorare” (pian piano, ma
migliorerà).
Come avrete notato, questo capitolo non è prettamente
incentrato su Ron ed Hermione: in questo caso, però, avevo un po’ le mani
legate… volendo raccontare dei dieci giorni successivi alla battaglia finale,
non potevo non inserire questo passaggio.
Ma state tranquilli, nei prossimi capitoli non
mancheranno scene dedicate prettamente a loro.
Come sempre, i vostri pareri sul capitolo, positivi o
negativi che siano, sono sempre accolti a braccia aperte!
Un
abbraccio,
Titti