Soppravvivendo a Weasley! di Mia_hp (/viewuser.php?uid=63978)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Colloquio ***
Capitolo 2: *** Lavoro, lavoro, lavoro! ***
Capitolo 3: *** Indovina chi viene a cena? ***
Capitolo 1 *** Colloquio ***
Sopravvivendo a Weasley!
[o a Pansy, dipende
dai punti di vista]
Esistono persone che entrano nella nostra vita e non
c’è bisogno di tante spiegazioni per capire che ci
rimarranno; non è importante se i fili del destino fino a
quell’istante erano distanti, lontani anni luce.
Ciò che importa è che adesso questi fili abbiano
trovato il giusto intreccio e che siano pronti a formare il tessuto
della vita.
Pansy sbuffò rassegnata:
ormai ne era certa, non avrebbe mai trovato il lavoro adatto a lei.
Girovagava tra le vie di Diagon Alley da ben due ore alla ricerca
dell’impiego perfetto.
Dopo essere stata licenziata dal barista sdentato e rugoso dal locale
‘Il Paiolo Magico’, a causa di qualche
inconveniente con dei clienti (tutti possono sbagliare, no? Come faceva
a sapere lei, che quel tipo pelato era allergico alle fragole? E che di
conseguenza bere un frullato con quei frutti gli avrebbe causato la
comparsa di macchie rosse su tutto il corpo e il consequenziale
svenimento? D'altronde le fragole sono molto simili ai frutti di bosco,
vero?).
Per non parlare poi del suo ultimo lavoro alla libreria ‘Il
Ghirigoro’. L’isterico proprietario
l’aveva mandata via dal suo negozio a causa di alcune sue
dimenticanze.
Perché Pansy non riusciva a mantenere un lavoro a tempo
determinato?, vi starate chiedendo. E’ facile: la ragazza era
abituata a essere servita e riverita, mentre adesso toccava a lei
ricoprire quel ruolo e a dipendere da altri che non erano alla sua
altezza.
Se qualche anno fa le avessero chiesto quale fosse il suo futuro, lei,
sicura, avrebbe risposto soltanto con tre parole molto semplici
“Con Draco, ovviamente”, ma ora, a distanza di
anni, aveva capito che quello era solo un sogno adolescenziale che
piano piano era andato perduto.
Diede un’occhiata in giro: Diagon Alley era tornata quella di
un tempo; le colorate vetrine dei vari negozietti erano piene di libri
di magia, calderoni, ingredienti per pozioni e grandi manifesti che
annunciavano l’uscita del nuovo libro di Rita Skeeter, pieno
di scoop e scandali sui personaggi più influenti del Mondo
Magico.
Qualcosa attirò la sua attenzione, si bloccò
stupita sul marciapiede, come paralizzata. Sulla vetrina sinistra dei
‘Tiri Vispi Weasley’, era appeso un cartello bianco
ma stampato a lettere verde acido:
CERCASI AIUTANTE!
(Femmina, maschio o
troll! Qui non si fanno discriminazioni!)
L’altra vetrina era piena di strani oggetti che si muovevano
sbattendo contro il vetro, o esplodevano in tanti pezzi per poi
ricomporsi qualche secondo dopo o ,ancora, lampeggiavano, saltavano e
lanciavano urla agghiaccianti.
Pansy rimase a osservali, riflettendo.
Lavorare per i Weasley: la famiglia più babbanofila che il
mondo avesse avuto la sfortuna di ospitare; esisteva un lavoro
più denigrante per una Purosangue come lei?
Devo farcela, si disse.
Dopo che la sua famiglia si era trasferita in un posto lontano anni
luce dall’Inghilterra, lei contando soltanto sulle sue forze
era riuscita a mantenere un tenore di vita abbastanza soddisfacente.
Fece un profondo respiro ed entrò, pregando di essere
l’unica interessata a quell’impiego. Non le andava
di usare un Confundus per mandare via gli altri
maghi, come l'lultima volta.
Si guardò intorno. Non era mai entrata lì: i suoi
interessi certamente non erano così demenziali.
Sugli alti scaffali erano ammucchiati centinaia di quelli che a lei
sembravano innocenti dolci, ma sapeva che se li avesse assaggiati, si
sarebbe ricoperta di piume colorate o di grossi e dolorosissimi brufoli
pieni di pus.
Ordinate sulle mensole c’erano varie confezioni di Merendine
Marinare, Torrone Sanguinolento, Mou Mollelingua e ogni genere di
schifezze per decerebrati mentali. Stava per allungare una mano e
afferrare una scatola coloratissima con l’immagine di due bei
ragazzi in estasi su una nave, quando una mano si posò sulla
sua spalla.
Ehi, signorina!- la apostrofò –Che stai facendo?-
Un ragazzo con una capigliatura rossa fiammeggiante e un completo
prugna che faceva a pugni con i suoi capelli lunghi fino alla spalla,
la stava osservando.
Il Weasley capo,
pensò.
-Sono qui per il posto di commessa- rispose, sostituendo l'espressione
disgustata con un sorriso falso.
-Oh, certo- le indicò una piccola porta che conduceva sul
retro –Vai da quella parte e aspetta con gli altri-
Avrebbe voluto rispondergli diversamente, magari con un insulto, ma se
avesse voluto ottenere quel lavoro, doveva moderare leggermente
i toni.
Annuì per poi dirigersi nella direzione indicatole dal
ragazzo. Quando entrò nel retro del negozio, si
stupì nel trovare tutte quelle persone che impazienti
aspettavano l’inizio del colloquio: alcuni parlottavano tra
di loro, altri ancora avevano lo sguardo perso su dei fogli.
Non sarebbe mai stata scelta, appena Weasley avrebbe scoperto la sua
identità (Pansy Parkinson, ex Serpeverde stronza, ex
fidanzata di Draco Malfoy e a Hogwarts era la causa principale dei
mille pettegolezzi che giravano sui suoi amici pezzenti) sarebbe stata
cacciata dal negozio in un batter d’occhio.
Un’idea prese vita nella sua mente: se lei fosse stata
l’unica a proporsi per quell’impiego, Weasley
–doveva sapere al più presto il suo nome-
l’avrebbe dovuta assumere per forza. Si passò la
lingua sulle labbra, inumidendole, poi si tolse una ciocca corvina che
le ricadeva fastidiosamente sulla fronte e tossicchiò
leggermente per attirare l’attenzione dei presenti.
-Buongiorno-
Qualcuno, educato, rispose al suo saluto.
-Grazie per esservi presentati così numerosi, ma abbiamo
già assunto un’aiutante. Una persona molto
qualificata…-
-Ma non è giusto!- si lamentò una ragazza dagli
occhi verdi, interrompendola.
–Noi stiamo aspettando da più di
un’ora!- fece un altro.
-Tu non sei la proprietaria!- esclamò un ragazzino dal naso
pronunciato. –Io conosco George!-
George! Ecco come si chiamava. Certo
che i Weasley avevano una fantasia...
Pansy
lo scrutò attentamente, valutando se rispondergli o no.
-Ah,
si? E conosci anche la sua fidanzata? Nonché sua segreteria?
Sai… - qual era il suo nome? Ah, si…
–George è un uomo molto impegnato, non
può certo perdere tempo con voi- disse, soddisfatta.
–Bene, la vostra presenza non è più
richiesta qui: potete andare- concluse, facendo un gesto esplicito con
la mano.
Il
ragazzo, nervoso, borbottò qualche maledizione al suo
indirizzo, dicendole chiaramente dove sarebbe potuta andare
lei, per poi smaterializzarsi, seguito subito dopo da
altrettanti individui irritati.
Stava
per complimentarsi con se stessa per la sua trovata, quando una voce
allegra e curiosa, le perforò i timpani –o almeno
lei ebbe questa sensazione.
-Allora
chi sarebbe la mia fidanzata?- domandò George Weasley
entrando nella stanza, le mani affondate in tasca e un sorriso stampato
sul volto lentigginoso.
-Fortunatamente
non io- rispose lei.
-Correggimi
se sbaglio, ma non lo hai appena dichiarato davanti a quei ragazzi?-
Lei
sbuffò, andando subito al sodo –Allora, sono
assunta?-.
-Assunta?-
ripeté lui sorpreso - Prima devi convincermi!-
George
prese la bacchetta dalla tasca anteriore del completo viola ed
evocò una soffice poltrona di chintz per se stesso, mentre
per lei una scomoda e rigida sedia in legno.
-Accomodati-
la invitò con un gesto della mano. –E mi
raccomando, stupiscimi con le tue mille doti!-.
-Cosa
vuoi sapere?-
-Beh,
prima di tutto il tuo nome-
-Pansy
Parkinson-
-Pansy
Parkinson…- si grattò il mento con la
bacchetta.-Pansy Parkinson…-
-Si,
l’ho appena detto-
-Il
tuo nome non mi è nuovo- le disse squadrandola. –E
neanche il tuo viso. Io non dimentico mai un faccino così
carino-.
-Mi
avrai visto al Paiolo Magico, è stato il mio penultimo
lavoro. Sicuramente non al Ghirigoro: l’ultima volta che sei
entrato in una libreria avevi diciassette anni, il viso pieno di
brufoli e gli ormoni a mille-.
-Ci
conosciamo soltanto da cinque minuti e già mi conosci
così bene? Mi piaci-.
-Tu
per niente-
Lui
sorrise, -E fra parentesi, gli ho ancora-
-Che
cosa? I brufoli?-
-No,
gli ormoni a mille-
Lei
biascicò qualcosa che assomigliava tanto a un “che
schifo”
-Perché
vuoi lavorare qui, se il tuo futuro capo ti fa schifo?-.
-
Il negozio, al contrario del padrone, è fantastico,
così come le magie che applichi…-
-Stop,
stop- George alzò una mano per farla tacere
–Grazie per i complimenti, ma adesso dimmi il vero motivo che
ti ha spinto a cacciare via ogni aspirante commesso e a proporti come
aiutante-.
Pansy
inarcò le sopracciglia sottili –Cosa?-.
-Si
vede lontano un miglio che fingi e che consideri le mie creazioni
“giochi da prestigiatore”, perciò
perché non dici la verità?-
-Mi
serve questo lavoro e come vedi, sono disposta a tutto per averlo...
perfino lavorare con uno come te!-
-Hai
portato il tuo curriculum?-
-Per
lavorare qui ho bisogno di un curriculum? Neanche avessi fatto un
colloquio alla Gringott-.
-Lo
sai parlare il francese?- buttò lì George per
metterla in difficoltà. In fin dei conti si stava divertendo.
-No,
ma conosco il finlandese- mentì.
Non
avrebbe mai incontrato un cliente finlandese! Quante
possibilità esistevano? Una su un milione, se non di
più.
Lui
annuì – Sei discretamente carina... -
Discretamente
carina? Idiota di un Weasley!
-E…-
fece una piccola pausa -Sei l’unica commessa disponibile al
momento. Quindi sei assunta-
-Sono
assunta?- ripeté, sorpresa.
-Si,
e non fare quella faccia! Lo sapevi benissimo che alla fine ce
l'avresti fatta-. Si passò una mano tra i capelli rossi per
poi fissarla intensamente. –Apriamo alle nove e mezzo, ma
naturalmente tu sarai qui almeno mezzora prima per sistemare la merce e
pulire il negozio. Ah, quasi dimenticavo! Sul lavoro hai
l’obbligo di chiamarmi Signor Weasley,
nell'intimità mi piace essere chiamato...beh, lo scoprirai
da te-. la provocò, provando sempre più gusto.
Un’espressione
di disgusto le comparve in volto. –Sempre meglio di
George-
-E’
un nome bellissimo-
-Ma
comunissimo-
-Meglio
un nome comune che il tuo!-
-Il
mio nome vuol dire “Violetta del Pensiero”-
George
continuò imperterrito. -I tuoi genitori l’ hanno
preso da una fiaba di Beda il Bardo? O l’hanno fatto apposta?
Pansy Parkinson! P.P.- dopo
averlo pronunciato cominciò a ridere. –P.P.-
ripeté –Proprio un bel suono!-
Pansy
strinse i pugni, conficcandosi le unghie nei palmi; dovette richiamare
a sé tutta la pazienza che possedeva per non lanciargli uno
Schiantesimo ed essere lincenziata in tronco.
-A
domani, Weasley-
-Signor
Weasley- la
corresse
Oddio,
come aveva fatto ad abbassarsi a quel livelllo?
-A
domani, Signor Weasley- ringhiò.
Afferrò
la borsetta in vernice nera violentemente, per poi smaterializzarsi,
mentre la risata allegra di George le risuonava ancora e
fastidiosa nelle orecchie.
Ciao!
Ho trovato questa fan fiction in una vecchia cartella del computer,
l'avevo scritto due estati fa, non ricordo di preciso
perchè... a giudicare dalla coppia ( prima volta in assoluto
e anche ultima che la uso xD), credo fosse per un concorso. In
principio era una one-shot, veramente troppo lunga, perciò
ho deciso di dividerla in 2-3 capitoli. Chiedo scusa per l'orribile
titolo, ma faccio proprio schifo nello scieglierli xD
Spero vi possa piacere :) lasciatemi una recensionina per dirmelo, no?
xD
Greta
P.S.: Ma quanto è bello Titanic? :D
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Capitolo 2 *** Lavoro, lavoro, lavoro! ***
Sopravvivendo
a Weasley!
[o a Pansy, dipende dai punti di
vista]
Essere
in ritardo il primo giorno di lavoro era un classico. E Pansy era in un
ritardo
fottuto a causa della tristezza che la assaliva nei momenti sbagliati e
dei
vestiti che non sapeva scegliere.
La
sua relazione con Draco era finita da un anno o poco più e
lui si era consolato
abbastanza presto con Astoria Greengras: girava voce che i due si
sarebbero sposati
entro la fine dell’anno.
Durante
il tempo passato al suo fianco, aveva davvero creduto che lui fosse
quello
giusto, che ne fosse valsa la pena sopportare tutto
per un futuro con lui. Ma alla fine ogni cosa era finita, si
era sfilacciato come un maglione ormai vecchio e passato di moda i cui
fili pendevano
in disordine, non riuscendo a rimanere intrecciati.
Qualche
volta –come quella mattina- si sentiva incompleta, sbagliata
e aveva nostalgia
di qualcuno che si prendesse cura di lei e che la riempisse di
attenzioni, ma questo qualcuno proprio non voleva saperne di
arrivare.
O forse, era lei a non vederlo.
-Era ora, Pansy!-
esclamò George una volta che
la ragazza fu entrata nel negozio sbattendo la porta. –Sei in
rit..-
-Lo
so!- esclamò lei, togliendosi il giubbotto. –Non
succederà più!-
-Lo
spero o prenderò provvedimenti- commentò George.
–Tieni- disse tirandole
qualcosa di indefinito, che assomigliava tanto al brutto gatto della
Granger.
Pansy
prese al volo “la cosa”,
disgustata.
–Cos’è?-
-La
tua divisa. Sbrigati a indossarla: fra dieci minuti apriamo-
-Questa
tu la chiami divisa? Starai scherzando, spero! E’ orribile e
per di più è
arancione!-
-Che
cos’hai contro l’arancione?-
-E’
l’unico colore che non mi dona, affatto-
George
alzò gli occhi al cielo –Devi lavorare, mica fare
una sfilata!-
Pansy
lo ignorò, continuando a parlare –Posso cambiarle
colore? Mi piacerebbe farla
diventare nera…il nero è un colore bellissimo!
Dona a tutti gli incarnati…
soprattutto al mio-.
-No
che non puoi! L’ha fatta mia madre, ci tengo-
-Fa
schifo, così come il maglione che indossi-
-Anche
questa è opera di mia mamma-
-Dovrebbe
cambiare hobby, la signora-
-Vai
a indossarla- disse George, deciso.
-Perché
non la metti anche tu?-
-Scherzi?
Prima di tutto io qui dentro sono il capo; secondo, quella divisa fa
davvero
schifo-
Pansy
sospirò rassegnata: aveva perso. E dire che, quella mattina,
per decidere cosa
indossare ci aveva impiegato un’eternità.
La
giornata che trascorse fu piatta e banale. I
clienti oramai sapevano come muoversi all’interno del negozio
e lei non doveva
far altro che riempire gli scaffali ogni volta che un qualcosa
terminava.
Il
negozio di Weasley, anche se le doleva ammetterlo, era davvero
fantastico. Se
non si fosse chiamata Pansy Parkinson –ah,
l’importanza di un cognome- avrebbe
comprato subito una di quelle Puffole Pigmee che squittivano nella
grande
gabbia in un angolo. La sua preferita era senza dubbio la
più piccola
dell’allevamento, una palla viola e pelosa che pur essendo
minuscola riusciva a
emettere strilli acutissimi –proprio quello che serviva a
casa sua, lì il
silenzio regnava sovrano.
Stava
dando una pulita al negozio a colpi di bacchetta, prima della chiusura
–finalmente si era potuta togliere quella cosa che Weasley si
ostinava a
chiamare divisa- quando George, che durante la giornata non aveva fatto
altro
che lanciarle occhiate, la invitò a cenare con lui.
–Per
farmi perdonare- aggiunse.
Si
era “dimenticato” di dirle che il negozio faceva
orario continuato e di
conseguenza lei non aveva potuto pranzare.
-No,
grazie- rispose Pansy, fintamente educata.
-Mi
cambio il maglione, giuro- promise George.
-Rinnova
il guardaroba prima, poi ne riparleremo-
-Non
mi arrendo così facilmente; ti inviterò ogni sera-
-Riceverai
sempre un rifiuto-. Pansy appellò la borsa e il giubbotto.
–Ho finito, adesso
se non ti dispiace, me ne torno a casa mia. Non ti sopporto
più- disse.
-A
domani! E mi raccomando, questa volta puntuale-.
Se
appena ventiquattro ore prima credeva che il lavoro da Weasley fosse
“facile” e
le giornate fossero “piatte” e
“banali”, adesso aveva senz’altro
cambiato idea.
Il
secondo giorno fu terribile. Un schifo nel vero senso della parola.
Pansy
non riusciva a credere ai suoi occhi: non avrebbe mai pensato che nel
locale
potesse entrare tanta gente, le pareti sembravano quasi esplodere.
Quel
giorno George –naturalmente lei non era a conoscenza di
niente- doveva presentare
una serie di nuovi prodotti.; ogni volta che una cavia assaggiava
un’innocente
caramella gommosa rossa, la febbre si alzava, il viso si riempiva di
puntini
rossi e un gran conato di vomito investiva il malcapitato.
Il
suo compito? Correre da una parte all’altra del negozio a
distribuire secchi,
fazzoletti e un’altra caramella, questa volta celeste, che
faceva passare
tutto. Più volte schizzi di vomito le avevano sporcato la
divisa arancione, e
tra le mille maledizioni sussurrate contro quei deficienti,
ringraziò
mentalmente Weasley che l’aveva costretta a cambiarsi: se a
sporcarsi fossero
stati i suoi abiti…beh, non avrebbe risposto delle sue
azioni.
A
fine giornata il suo desiderio più grande era tornare a casa
e immergersi nella
vasca piena d’acqua bollente, ma, ovviamente, Weasley non era
della sua stessa
idea.
-Ti
va di cenare insieme?- domandò
George, sorridendole.
-Scommetto
che conosci già la risposta, Weasley-
-Sì?-
-No!-
-Prima
o poi mi dirai acceterai-
-Non
trattenere il respiro nel frattempo-.
Il
terzo giorno trascorso in quel negozio infernale fu peggiore. Da tutti
i punti
di vista.
George
faceva di tutto per non facilitarle
il lavoro; sembrava quasi che sfidasse il suo autocontrollo,
già molto
precario. Sempre sorridendo –quel ragazzo la metteva a
disagio, possibile che
sorridesse sempre? Cosa c’era poi di tanto divertente!-
George le annunciò che
aveva una sorpresa per lei.
-Non
voglio regali, Wea...Signor Weasley- si corresse; una strana smorfia
comparve
sul suo viso.
-Prima
di tutto non è un regalo, voglio soltanto farti conoscere
una persona. Secondo,
ma lo sai che sei molto più carina senza
quell’aria altezzosa?-
-E
tu saresti molto più carino se soltanto ti tagliassi i
capelli…come in quella
foto!- esclamò, acida, lanciando un’occhiata
dietro al bancone.
Pansy
indicò l’unica fotografia presente in tutto il
negozio: in una semplice cornice
d’argento, un ragazzo identico a George –perfino le
lentiggini erano negli
stessi punti- ammiccava e salutava con la mano destra la ragazza.
-Lui
è Fred…-
“I
Weasley hanno
perso un figlio…uno dei gemelli”
La
voce di Theodore Nott le rimbombò nella mente
:
era stato lui a farglielo sapere insieme agli altri nomi qualche anno
fa.
Come
aveva fatto a non ricordarlo prima?
-Scusa…-biascicò
Pansy, in difficoltà
–Non…mi spiace-
Le
dispiaceva davvero. Era riuscita a togliergli dalla faccia quel sorriso
soddisfatto e strafottente, ma non provava nessun sadico piacere come a
Hogwarts; soltanto un’improvvisa tristezza.
-Anche
io ho perso delle persone a me care…- non
sapeva cos’altro aggiungere, aveva perso le
parole e non le venne in
mente niente di più intelligente da dire.
George
ignorò quelle parole e, in tutta risposta, alzò
alcune ciocche di capelli che
gli ricadevano lisci sul lato destro.
-Ti
manca un or…-
-E
per questo che porto i capelli così lunghi- le
spiegò, interrompendola.
-Scusami, io non volevo…
davvero-
Merlino,
era la seconda volta che si scusava con George. Che cosa le stava
succedendo?
-Di
nuovo ‘scusa’,
Pansy? Non è da te-
Ecco,
perfino Weasley l’aveva notato.
-Può
sembrare strano, ma ho un cuore anche io-
-Davvero?-.
George le si avvicinò. –Non l’avrei mai
detto-
La
ragazza abbassò lo sguardo, in difficoltà.
–Posso
presentarti il mio amico, allora?-
Pansy
sbuffò, e sentendosi colpevole si arrese.
–Mmm…Va bene-
-E’
qui, al bar di fronte. Sai, è finlandese.
Hai detto di parlarlo, no? Sarà un piacere sentirvi
chiacchierare insieme-. E
in un attimo George fu fuori dl negozio.
Era
fregata! Lei del finlandese sapeva dire soltanto
“buongiorno” e non era neanche
sicura di come si pronunciasse, l’aveva sentita molto tempo
fa da un suo lontano parente.
Un
uomo basso e ingobbito, dai capelli radi e con un pesante giubbotto
verde
bottiglia entrò preceduto da George; l’individuo
si cacciò una vecchia pipa incrostata in tasca e
salutò Pansy con un gesto
della mano.
-Pansy,
lui è Dugus Pitka-
La
ragazza mormorò qualcosa di incomprensibile, mentre lo straniero le porgeva la mano destra.
Pansy
la strinse e sorrise tesa.
Dannati
sensi di colpa! Stava facendo tutto questo per Weasley: le era
dispiaciuto
davvero tirare fuori la storia di Fred.
Senza
farsi notare strofinò la mano sulla divisa. La mano dello
straniero era
sudaticcia: che schifo!
George
la guardò e ridacchio leggermente.
-Se on ilo
tutustua,neiti, Pansy- disse
l’uomo.
-Hyvää huomenta -
pronunciò cautamente
lei.
Dugus
continuò a parlare ponendole qualche domanda –o
almeno le parve così-, alle
quali non rispose. Le sue guance cominciarono ad arrossarsi per
l’imbarazzo e
non aveva il coraggio di incrociare lo sguardo di Weasley.
-Ok,
ok. Mundugus, credo che possiamo finirla qui- disse George mentre
scoppiava in
una fragorosa risata, trattenuta a stento fino a quel momento.
–Questi sono
tuoi- prese una manciata di galeoni dalla tasca e glieli
ficcò in mano.
Pansy
guardò il ragazzo, confusa. –Che diavolo sta
succedendo?-
George
salutò Mundugus, prima di risponderle. -Lo sapevo!-
esclamò.
-Spiegati-
disse, glaciale.
-Tu
il finlandese non lo conosci- dichiarò, il sorriso di nuovo
sul viso.
-Tu…tu
mi hai preso in giro?-
-Era
soltanto uno scherzo innocente per…-
-Per
ridere alle mie spalle!- completò lei.
-No,
l’ho fatto solo per smascherare una Serpe imbrogliona-
-Merlino,
sei così irritante!- esclamò Pansy, cominciando a
riordinare il negozio- E insopportabile.
E fastidioso-
-Siamo
uguali-
-Uguali?
Io e te?-
-Certo!
Anche tu, come me, sei irritante, insopportabile e fastidiosa, ma nel
frattempo
siamo anche affascinanti, furbi, intelligenti…-.
-Mi
stai facendo dei complimenti, Weasley?-
-Così
sembra-
-Ok,
sputa il rospo. Cosa ti serve?-
-Serve?-
ripeté George, senza capire –Niente,
perché?-
Lei
alzò le spalle. –Non vuoi un favore? O qualunque
altra cosa?-
-Potrà
sembrarti strano, ma ci sono persone che non sono fredde calcolatrici
come te.
Ed è molto triste che tu non possa ricevere dei complimenti,
senza pensare che
ci sia un secondo fine, sai?-
-Sarà-
borbottò, lasciando cadere il discorso per servire un
cliente appena entrato,
ma continuando a pensare alle sue parole.
-
Weasley!- la voce di Pansy più alta e acuta del solito
tuonò nel negozio, ormai
in chiusura. –Dov’è finita Candy?-
George,
confuso, alzò lo sguardo da alcuni documenti.
–Candy? E chi sarebbe?-
Pansy
mise le mani sui fianchi, leggermente imbarazzata. -La Puffola Pigmea
viola. Se
l’hai venduta, io…- lasciò la frase in
sospeso non sapendo bene cosa dire.
-
Che razza di nome è Candy? Nella vostra famiglia avete una
dote speciale nel
dare nome orrendi alle cose. Hai per caso un gufo che si chiama Rupert?
O
magari…-
Pansy
lo interruppe minacciosa –Finiscila, Weasley-
-E’ qui,
comunque. Devo regalarla a una persona
troppo orgogliosa che non avrebbe mai avuto il coraggio di comprarla.-
le
disse, indicando un piccolo pacchetto.
-Come
mai hai amici così idioti, Weasley? Sono l’unica
che conosci con del cervello?-
chiese, acida
-Non
direi, altrimenti avresti già capito che la persona a cui
voglio regalare la
Puffola Pigmea sei tu: una ragazza troppo orgogliosa che non
ammetterebbe mai
che il mio negozio le piace. Spero soltanto che quando ti renderai
conto che ti
piaccio anche io, prenderai coraggio e me lo dirai prima della pensione-
-Tu
piacermi? Non sei assolutamente il mio tipo-
-Perché?
Preferisci i ragazzi biondi, spocchiosi e figli di papà?-
Pansy
chiuse gli occhi per un istante e prese un profondo respiro.
–Stai parlando
di…di Draco?-
Lui
annuì. –Pansy Parkinson, ex fidanzata di Malfoy,
ex Serpeverde, eccetera,
eccetera. Mi ci è voluto del tempo, ma alla fine ti ho
riconosciuta. In fin dei
conti, non ci siamo mai calcolati troppo ad Hogwarts-
-Avrei
voluto continuare a farlo…-
-Ma
il destino ci ha fatto incontrare-
-Destino?
Io la chiamerei sfiga.
-E adesso tu lavori
per me e sei costretta a
vedermi ogni giorno- continuò George, come se lei non avesse
parlato.
-Anche
tu sei costretto a vedermi ogni giorno-
-Sì,
ma a me piace vederti ogni giorno! Certo, non me lo sarei mai
immaginato, ma è
così-
Pansy
gli scoccò un’occhiata, incredula
–Weasley, ma di cosa stai parlando? Noi non
ci sopportiamo, è un dato di fatto-
-Beh,
hai fatto tutto da sola, io non ho mai detto niente. Sulla base di cosa
pensi questo?
Soltanto perché eravamo in due Case nemiche a scuola?
Andiamo, Pansy, ti
credevo più intelligente!-
-Io
sono intelligente!- esclamò, cercando di fermare quel fiume
di parole che la
confondevano e basta. Come se già non lo fosse da sola.
Ci
siamo mai frequentati? Abbiamo mai chiacchierato per più di
mezzora, senza che tu
te ne uscissi con qualche battutina velenosa? No e ancora no. In
conclusione…-
-Ah,
perché queste cavolate hanno anche una conclusione?-
George
inarcò un sopracciglio, come a dire “vedi che
avevo ragione?”.
-Oh,
cielo, ascolta Weasley…-
-George-
la corresse lui.
-Ok,
sei proprio fuori di testa- fece lei. –Io qui ho finito, me
ne torno a casa, prima
che diventi scema come te-
-Ehi,
stai dimenticando Cansy-
-Candy,
Weasley, Candy!- esclamò, prendendo la Puffola fra le mani.
Sapeva che se ne
sarebbe pentita e che quell’attimo di debolezza lui glielo
avrebbe rinfacciato
per molto tempo, soprattutto dopo quel discorso, ma sentiva di doverlo
dire. –Comunque…
ehm, grazie, George-.
George
non fece in tempo a risponderle, che lei si era già
smaterializzata.
Ragazze :D
ecco qua il secondo e penultimo capitolo, spero che
vi possa piacere e di non aver rovinato nessuno dei due personaggi: sto
cercando di fare il massimo per non farlo e sto anche modificando
qualche pezzo
qua e là della vecchia storia.
Quelle due frasette in corsivo le ho tradotte in "finlandese" con il
traduttore di Google, perciò non so quanto possano essere
esatte xD
Un GRAZIE enorme alle ragazze che hanno recensito lo scorso
capitolo, mi fa tantissimo piacere sapere cosa ne pensiate :) Ringrazio
ovviamente anche chi l’ha inserita nelle preferite, seguite o
ricordate.
Ditemi il vostro parere xD
Greta.
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Capitolo 3 *** Indovina chi viene a cena? ***
Sopravvivendo
a Weasley!
[o a Pansy, dipende dai punti di
vista]
Dicono che col tempo
arriverò
A far convivere io e te e l’amore.
Dicono che per stare insieme a te
Bisognerebbe darti e mai privarti.
Io ci voglio credere…e tu?
Io ci voglio credere, convivendo
Io ti voglio vivere...e tu?
Io ti voglio vivere, convivendo
[B.
Antonacci,
Convivendo]
Quando
il campanello cominciò a suonare, Pansy era stesa sul
divano, coperta fino al
naso da un pesante plaid, i capelli legati in una coda disordinata e
fra le
mani un enorme confezione di fazzoletti, che da qualche giorno era
diventata la
sua migliore amica insieme a termometro e medicine.
Si
soffiò il naso e prima di domandarsi chi mai potesse essere
(Daphne e Millicent
erano già andate a trovarla quella mattina per vedere se
fosse guarita e darle
gli auguri), il campanello squillò di nuovo e questa volta
non aveva nessuna
intenzione di smetterla.
Sbuffando
si alzò, mentre uno strano presentimento la prese: conosceva
soltanto una
persona che poteva essere tanto stupido da suonare alla sua
porta in quel modo e soprattutto alla vigilia di
Natale…
-Chi
è?- domandò per confermare i suoi dubbi.
-Indovina
chi viene a cena?- le chiese quella voce
che ormai da un mese aveva imparato a riconoscere bene.
-Weasley?-
alzando leggermente il tono di voce per quanto glielo permettesse il
fastidioso
mal di gola che da giorni la tormentava.
-Sì!
Forza, Parkinson, aprimi! Qui fuori si gela, sta anche nevicando-
Pansy
guardò per un attimo la sua immagine riflessa nello specchio
dell’ingresso:
tutto era tranne che presentabile! Non poteva certo farsi vedere
così da
Weasley, o avrebbe perso la faccia. Sciolse la coda e passandosi le
dita fra i
capelli corvini, cercò di dare loro una forma, poi la rifece
e si sistemò
meglio la vestaglia per coprire il pigiama.
Abbassò
la maniglia e aprì di un poco la porta. –Cosa ci
fai qui, Weasley?-
-Oh,
avanti!- esclamò. –Fammi entrare, queste buste
pesano-
-Buste?-
spinta dalla curiosità, aprì di più la
porta per osservarlo meglio.
Il
vento gelido le colpì in pieno il viso e non seppe dire se
il brivido che le
attraversò la schiena fosse dovuto al freddo invernale o
allo splendido sorriso
che si aprì sul viso di George mentre la guardava. Nessuno
la guardava più così
da tantissimo tempo, ormai. Forse, nessuno
l’aveva mai guardata così.
Piccoli
fiocchi di neve gli si erano poggiati sul cappello e sul lungo
impermeabile
nero, al collo aveva una lunga sciarpa rossa avvolta più
volte, mentre le mani,
coperte dai guanti di lana, reggevano delle buste piene di solo Dio
sapeva
cosa.
-Come
hai fatto a sapere dove abito?- gli domandò, ma non gli
diede il tempo di
rispondere che aggiunse. –Beh, fa niente, non mi interessa,
tanto in casa mia
tu non ci metti piede!-
-Sì,
certo, faccio da solo. Permesso!- e prima che lei potesse fare
qualsiasi cosa
per impedirglielo, lui mise un piede nella porta e con una leggere
spinta che
Pansy non riuscì a bloccare, la spalancò ancora
di più ed entrò. -Finalmente!
Dai Pansy, chiudi la porta, non vorrai prendere altro freddo; non vieni
a lavoro
già a tre giorni e cominci a mancarmi-
-Weasley,
questa è violazione di domicilio!- esclamò lei,
poggiando le mani sui fianchi e
assumendo un cipiglio severo.
-Oh,
cavolo, sembri quasi mia mamma… avete la stessa espressione-
-Paragonarmi
a tua madre non è certo il modo migliore per convincermi a
non cacciarti a
calci nel sedere da casa mia, Weasley!-
-Lo
sanno tutti che un uomo cerca una ragazza simile alla proprio madre,
perciò
credo che tu sia la ragazza perfetta per me-
-Perché
non te ne torni dalla tua cara mammina, allora?-
-Beh, sono venuto a
controllarti- disse,
guardandosi attorno per individuare la cucina.
-Controllarmi?-
ripeté lei, inarcando un sopracciglio.
-Già.
Da una Serpe come te posso aspettarmi di tutto, perfino che si finga
malata per
non venire a lavoro ed essere pagata lo stesso-
-Bene
mi hai visto, ho davvero la febbre; perciò puoi anche
andartene adesso- lo
prese per un polso e cercò di spintonarlo per cacciarlo.
-No
che non posso andarmene! Non posso lasciarti da sola alla vigilia di
Natale, va
contro tutti i miei principi, non è da me e io sono un
gentiluomo-
Pansy
cercò di reprimere un sorriso, ma non ci riuscì:
era carino che Weasley si
preoccupasse per lei. –Quindi che intenzioni hai?-
-Prima
di tutto, dimmi dove posso poggiare queste- e sollevò
leggermente le braccia
per far vedere le buste.
-Di
là… ma cosa diavolo vuoi fare? Non vorrai
mica…-
Non
ci fu bisogno di continuare la frase, perché George
seguì le sue indicazioni
dirigendosi verso la cucina e Pansy capì perfettamente il
suo piano.
-Hai
fame?- le domandò, mentre cominciava a tirare fuori dai
sacchetti ciò che aveva
portato.
-Un
po’- ammise suo malgrado. Era da giorni che mangiava zuppe
bollenti e insipide
e l’avrebbe fatto anche quella sera, se non fosse arrivato
lui.
-Meglio,
perché ho preso un bel po’ di roba-
-Hai
cucinato tu?- chiese, stupita.
-No,
magari… ha fatto tutto mia madre, i miei hanno organizzato
alla Tana il solito
cenone con tutta la famiglia e io ne ho approfittato per sgraffignare
qualcosa-
Pansy
immaginò una mandria di persone dai capelli rossi strette in
una minuscola
cucina e lei seduta affianco a George, mentre Potter le passava una
bottiglia
di Burrobirra e la grassa Molly Weasley le serviva del pudding .
Certo,
l’idea di lei e Potter che mangiavano ad uno stesso tavolo le
fece un po’ schifo,
ma era certa che l’atmosfera di unione e affetto che era
presente in quella
famiglia le sarebbe piaciuta.
Scosse
il capo, non era da lei rimuginare su quelle cose! Era colpa della
febbre, in
condizioni normali non avrebbe mai pensato ad una cosa del genere;
diamine, lei
era Pansy Parkinson… non poteva avere quei pensieri,
perché…
-Devo
solo riscaldarle e poi potremo mangiare- l’avvisò
George.
Lei
annuì leggermente e l’osservò togliersi
l’impermeabile e il cappello. Indossava
un orribile maglione: verde smeraldo e con una G più scura
al centro; doveva
essere nuovo, non gliel’aveva mai visto indossare,
probabilmente il regalo
natalizio della madre.
-Perché
sei qui?-
Doveva
sapere: non poteva davvero aver rinunciato ad un Natale in famiglia per
trascorrere la serata con lei.
-Volevo
stare con te- ripose semplicemente, abbandonando per un attimo piatti e
posate
per fissarla negli occhi. E a quelle parole, le difese di Pansy
cominciarono a
crollare, perché si rese conto quanto esse fossero vere.
–E poi-
aggiunse. –Non sei mai voluta venire a
cena fuori con me, perciò adesso eccomi qui… te
l’ho portata direttamente a
casa-.
-Mi
stai costringendo a cenare con te- concluse lei, velenosa.
-Pansy,
dì la verità, dai! Se tu non avesse voluto la mia
compagnia, adesso sarei
ancora fuori dalla tua porta a bussare; invece mi hai fatto entrare in
meno di
due minuti. Sai cosa vuol dire questo?-
Forse
lo sapeva, ma non aveva il coraggio di ammetterlo nemmeno a
sé stessa.
-Ok,
ti ascolto, cosa vuol dire?-
-Che ho iniziato ad abbattere quel tuo
muro di indifferenza nei miei confronti-.
Pansy
si sforzò di ridere. –Questa è bella!
Stai per caso recuperando le cavolate che
non hai potuto dirmi in questi giorni?-
-Vieni
a cenare, dai-. Cambiò discorso lui.
Ok,
avrebbe fatto in questo modo: entro mezzora avrebbe dovuto trovare
almeno due
motivi validi, anzi validissimi, per cacciare George e tornare a
raggomitolarsi
sul divano in santa pace; se non le sarebbe venuto in mente
niente…beh, ci
avrebbe pensato su più tardi.
George
portò il cibo nel salotto e apparecchiò con
impegno il basso tavolino vicino al
divano.
-Et
voilà, miss Parkinson- scherzò lui, facendo un
pomposo gesto con la mano e un
piccolo inchino.
-Non
è che mi avveleni?-
-Oh,
no, Pansy…non sono mica una serpe io-
-Come ben sai, io
invece lo sono e tu, mio
caro, non sai quanto stai rischiando- lo avvertì, prendendo
da un piattino una
patatina e mangiandola. –Mmm, buona-.
-Sono
pronto a rischiare… ogni cosa, se mi farà
ottenere quello che voglio- rispose,
serio.
-Cos’è
che vuoi?- gli chiese, giocherellando con la forchetta per poi prendere
un
pezzo di pollo, tanto per fare qualcosa e non fare incrociare i loro
sguardi.
Primo
motivo: si
veste malissimo.
Ma
quella motivazione non reggeva e mentalmente la eliminò.
-Sarebbe
più corretto dire “chi”
voglio! E la
riposta la conosci già da te-.
Non
riesce a
rimare serio per più di due secondi.
Niente
da fare, le faceva schifo anche quel motivo.
Pansy
continuò a mangiare in silenzio, nonostante la fame fosse
sparita e lo stomaco si
fosse fatto pesante, nemmeno avesse ingoiato a forza delle pietre.
Riesce
a
mettermi sempre in difficoltà. E’ una sfida
continua, un incessante botta e
risposta senza vincitori.
-Perché
proprio me?- riuscì finalmente a mormorare.
-Amo
complicarmi la vita…e poi, boh, non lo so neanche io! Non
credo esista una
spiegazione giusta e razionale per queste cose: volontà
divina? Forse. Fato?
Probabile. Una stranissima congiunzione astrale? Potrebbe essere. Fatto
sta che
è successo e credo sia mia compito farti capire che non
è una cosa sbagliata-.
-Non
pensi che sarebbe difficile far funzionare le cose fra noi? Parkinson e
Weasley, Serpeverde e Grifondoro e così via! Potrei
continuare a lungo, George-
Lui
notò che l’aveva chiamato per nome e sorrise. Un
sorriso che, quasi per magia,
ebbe la forza di riscaldare Pansy dall’interno. Era una magia
che lei non aveva
mai provato, fino ad adesso.
Se avesse
chiuso gli occhi, ne era sicura, sarebbe riuscita a visualizzare quel
volto in
tutti i suoi particolari. E sicuramente le avrebbe fatto lo stesso
effetto.
-Forse
non te ne sei accorta, ma Hogwarts è finita da un bel pezzo
ormai. E anche la
guerra! Il mondo è andato avanti e dovresti farlo anche tu:
smettila di vivere
nel passato-
George
le si avvicinò e, piano, le prese il viso fra le mani,
fissando i propri occhi
nei suoi. –Ascolta, so perfettamente chi siamo e cosa abbiamo
fatto, conosco la
mia famiglia e posso immaginare la reazione della tua se mi presentassi
loro; ma
sinceramente in questo momento, in ogni momento che trascorro in tua
compagnia,
i giudizi degli altri non sono un problema per me-.
Pansy
si allontanò di scatto, come se quel contatto
l’avesse scottata; ma George non
si arrese -uno come lui non conosceva quel vocabolo- e di nuovo le
sfiorò il
viso.
-Non
funzionerà, tu non mi conosci realmente…-
-Credi
forse che io non lo sappia? Sei una delle persone più
complicate che conosca; e
lo so che per stare insieme a te, dovrò darti
e mai privarti. Ma io ci
voglio
credere, anzi io già ci credo! E tu?-
Senza
darle il tempo di rispondere, appellò un pacchetto e glielo
porse.
-Cos’è?-
si ritrovo a chiedergli, ancora spiazzata da quelle parole.
-Il
tuo regalo di Natale, facile-
-Io
mio regalo di Natale? Scherzi?-
George
scosse il capo. –Avanti, aprilo-
Pansy
cominciò a scartalo e quando capì cosa conteneva,
non riuscì a non scoppiare a
ridere. –Un maglione made in Weasley?-
-Già.
Ti piace?-
-E’
arancione!-
-Sì,
ma la P è nera- si difese George, unendosi alla sua risata.
–Beh, non lo
indossi?-
-Ma
sono
in pigiama!-
-Devi
soltanto provarlo, voglio vedere come questo bellissimo colore doni al
tuo
incarnato- controbatté, ripetendo le parole che tempo prima
gli aveva detto
lei.
Pansy
lo indossò di sopra alla maglia del pigiama e sapeva di
essere ridicola, ma per
una volta non se ne curava.
-Avevi
ragione, Pansy… l’arancione non ti dona-
–Molto
simpatico, eh! Ma io non ho pensato a
farti un reg…-
Non
riuscì a finire le frase, perché improvvisamente
sentì le labbra calde di
George sulle sue e pensò che, ormai, aveva infranto tutte le
regole che da
sempre si era imposta e che quindi poteva tranquillamente ricambiare il
bacio.
In
quel momento, ammise a sé stessa, aveva trovato almeno dieci
motivi per cui poter
crederci pure lei e nemmeno uno che
la convincesse che il suo comportamento fosse sbagliato.
Si
staccò leggermente, toccando la fronte di George con la sua
e parlandogli a
pochissimi centimetri dal viso. –Forse, posso cominciare a
credere in noi anch’io-
sussurrò.
-E’
questo il tuo regalo- rispose, per poi continuare a baciarla.
Qualche
tempo dopo…
-Amore,
mi hai
chiamato?-
La testa rossa
di George fece capolino nel retro del negozio
e lei
velocemente spense la radio,
facendo finta di
nulla.
-No, perché?-
domandò, innocentemente.
-Mi pareva di
averti sentito parlare…-
Pansy scosse il
capo, alzando le spalle e George le si avvicinò
per darle un bacio e
poi tonare nel negozio.
La ragazza
accese di nuovo la radio, abbassando ancora di più il volume
e cominciò ripetere quello
che diceva una voce maschile in una
lingua sconosciuta:
Gliel’avrebbe
fatto vedere lei a George come avrebbe imparato finalmente il
finlandese!
Ragazzeee,
eccomi qua :D e anche l’ultimo capitolo è
arrivato! E
io non posso non sperare che anche questo vi sia piaciuto. Vi ringrazio
tantissimo per le recensioni e per aver seguito questa piccola storia,
che dopo
due anni ha finalmente visto la luce del sole xD
Che ne pensate? Fa schifo o è stata una fine quanto meno
accettabile? Ero insicura se inserire la parte finale, l’ho
scritta,
modificata, cancellata e riscritta e allafine l’ho lasciata xD
Lettori silenziosi me lo dite il vostro parere almeno
all’ultimo
capitolo? Mi farebbe un enorme piacere :D
Alla prossima,
Greta.
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