E tengo solo il buono, come il tuo profumo, che mi ha sballato più di ogni cosa abbia bevuto o fumato.

di Somebodytolove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** .-1 ***
Capitolo 2: *** .-2 ***
Capitolo 3: *** .-3 ***
Capitolo 4: *** .-4 ***
Capitolo 5: *** .-5 ***
Capitolo 6: *** .-6 ***
Capitolo 7: *** .-7 ***
Capitolo 8: *** .-8 ***
Capitolo 9: *** .-9 ***
Capitolo 10: *** .-10 ***
Capitolo 11: *** .-11 ***
Capitolo 12: *** .-12 ***
Capitolo 13: *** .-13 ***
Capitolo 14: *** .-14 ***
Capitolo 15: *** .-15 ***
Capitolo 16: *** .-16 ***
Capitolo 17: *** .-17 ***



Capitolo 1
*** .-1 ***


Cassandra girò le chiavi nella serratura il più piano possibile. ‘Speriamo non mi sentano’ pensò tesissima. Le luci erano spente, tranne come sempre quella della cucina. Le abitudini di sua madre non cambiavano mai. Andò a rovistare in un cestello sul mobile in corridoio dove erano soliti mettere delle banconote, e con sua grande sorpresa si trovò in mano due banconote da 50. Soddisfatta li ripose nel reggiseno ma stavolta, invece di fuggire e di fondersi nel buio della notte come una ladra, si avviò in punta di piedi verso la sua vecchia camera. Chissà se l’avevano già sostituita con una stanza giochi per la sua sorellina Abbey o uno studio per il nuovo compagno della madre. Ormai mancava da più di mezzo anno da casa, escludendo le sue visite furtive nel mezzo della notte per rubare i soldi e salutare Ab quando dormiva sola nel suo letto, ed era davvero curiosa di sapere che cosa ne avessero fatto. Di certo non si aspettavano che sarebbe tornata, mettendo che lo volessero. Magari si erano già dimenticati di lei. La porta era socchiusa quindi la spinse con leggerezza e si affacciò. Una volta abituatasi al buio notò qualche cambiamento: cercò sul muro rosa i poster dei suoi idoli e i disegni che aveva fatto da piccola, ma quel che vide erano quattro pareti bianche completamente vuote, avrebbe dovuto aspettarselo, e il letto e l’armadio erano stati cambiati di posto. Ma quello che la colse di sorpresa non era di certo la diversa disposizione dei mobili: dal suo letto a misura di bambina spuntavano due piedi, e qualcuno si rigirava agitato tra le sue coperte con gli unicorni russando lievemente. Cassandra rimase impalata lì per qualche secondo. Chi era questo adesso? Aveva la terribile tentazione di strappargli di dosso la sua copertina con gli unicorni -cavolo avrebbe dovuto portarsela dietro quando aveva fatto le valigie- e chiedergli chi diavolo fosse e che ci faceva lì. Ovviamente sapeva di non poterlo fare, ma la curiosità era troppa: togliendosi le scarpe per fare meno rumore possibile si avvicinò al letto e accovacciandosi cautamente spostò la coperta dal viso dell'”intruso”, anche se in realtà tra i due sembrava esserlo di più lei. Quello che le si presentò davanti la fece rimanere di sasso: la fioca luce che proveniva dalla porta aperta lasciava intravedere un ragazzo dai lineamenti marcati, con una mascella definita, labbra voluttuose e lunghe ciglia. I capelli erano rasati ai lati e salivano al centro in un alto ciuffo scompigliato dal continuo movimento nel sonno. Cassandra si alzò di scatto appropriandosi della copertina che le era tanto mancata e rimase qualche attimo a contemplare il fisico del ragazzo, robusto e ben definito da sotto la maglietta attillata. Poi aprì gli occhi. Emise un grugnito assonnato e disse qualcosa di indefinito, ma lei era già fuori la porta spaesata e angosciata di farsi scoprire. Nella fretta di andarsene, si dimenticò di riporre la copia delle chiavi che si trovava sempre sotto una pianta fuori casa. Tutto era andato secondo i piani, fino a quel momento.
Questa è la mia prima fan fiction, quindi siate clementi con me, per favore!! Sono molto in ansia perché questa storia è un casino e non so se il mio stile vi piacerà, ma spero che continuerete a leggere perché questo capitolo non è NIENTE di quello che vi aspetterà! Quindi, vi prego, almeno per provare, non vi fermate al primo o al secondo capitolo. Potreste pentirvi. Oppure no. Grazie dei pochi minuti che mi avete concesso leggendo questo spazio, spero vivamente continuerete e magari che metterete tra seguiti, preferiti o ricordati e che recensirete. A presto! x

P.S. Vi consiglio vivamente di leggere la ff di questa mia amica, è davvero bellissima scrive da dio:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1151569&i=1

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Capitolo 2
*** .-2 ***


PRIMA DI LEGGERE vorrei solo avvisarvi che lo so, può risultare un po' noioso questo capitolo, ma è uno dei più importanti perché quest'argomento è un po' la colonna portante della storia... Spero vi piaccia lo stesso, mi aspetto tante recensioni (ovviamente anche negative se non vi è piaciuto) :D xx

Aprì gli occhi infastidita dalla luce che inondava la stanza, dopo averli sbattuti un paio di volte si guardò intorno. Stessa camera, stesse lenzuola, stesso profumo impresso sopra; si trovava a casa di Chace. Il ragazzo fischiettava allegramente dalla cucina mentre preparava il caffè. Ieri era rincasata tardissimo quindi non avevano avuto modo di chiarire, lei si era semplicemente infilata nel letto accanto a lui senza osare toccarlo ma non dormì molto. A rallentatore si trascinò per la cucina senza dire niente e andò a fare il solito rituale mattutino allo specchio del bagno, chiudendo a chiave. Era un strana ossessione, quella di doversi controllare ogni mattina per del tempo allo specchio. Le piaceva apparire bella e sana agli occhi degli altri, e tra mille attenzioni che si dedicava ci riusciva piuttosto bene. Indossò una felpa di Chace che le arrivava alle ginocchia, si spazzolò i capelli e controllò se non aveva qualche brufoletto pur sapendo che era praticamente impossibile. Sfiló una sigaretta da un pacchetto mal ridotto caduto nel lavandino e la accese con bramosia. Oggi si sentiva più bella del solito, anche se qualcosa la turbava profondamente; le sue labbra pompose erano di un colore vitale, i capelli marrone scuro le cadevano mossi lungo il viso fino al fondoschiena e gli occhi grandi di un azzurro indefinibile luccicavano a ogni battito amplificato del cuore. Passò tremante la sua esile mano sul taglio che aveva sul labbro inferiore, le faceva ancora male. Sentiva lo stesso dolore anche sul fianco, e alzando la felpa scorse con orrore un enorme livido. Ripensò al volto di Chase il giorno prima, non lo aveva mai visto così, era fuori di sé. Una lacrima le rigò la guancia, ma tirando su col naso la asciugò in fretta ed entrò in cucina. Il ragazzo aveva un’espressione dolce e compassionevole, appena la vide sorrise rammaricato senza dire nulla; sempre la stessa storia. Ma la figura di Chase con quella bottiglia di birra rotta in mano che urlava come un forsennato si dileguò e fu sostituita immediatamente da questa, più bella, forse più comoda. Più comoda per nascondere un segreto che non voleva ammettere neanche a se stessa, più comoda per non abbandonare quella che le sembrava la sua unica ancora di salvezza. Aveva preparato la colazione mettendo al centro tavola qualche fiorellino fresco, sapeva che bastava poco per farsi perdonare da Cassandra. Si sedette silenziosa con la testa bassa, non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi, e incominciò  a sorseggiare il suo caffè spegnendo la sigaretta nel posacenere.
-Volevo portartelo a letto Cassie, ma ti sei alzata giusto troppo presto.- 
Chase sorrise scostandole una ciocca di capelli dal viso e mettendogliela dietro l’orecchio.
Lei continuava a non rispondergli temendo o di farlo arrabbiare di nuovo, o di scoppiare a piangere. Rimasero in silenzio per un po’, si sentiva il suo sguardo addosso, poi la abbracciò di slancio. Ecco, proprio quello che non doveva succedere. La maglietta di Chace si bagnò tutta, ma Cassandra non riusciva a fermarsi, le lacrime le sgorgavano silenziose e lei si perse tra la braccia possenti e protettive del suo ragazzo, le stesse che qualche ora prima le avevano fatto tanta paura. Le accarezzò i capelli silenzioso, finché lei non si tranquillizzò, e la allontanò per osservarla attentamente, bella come nessun’altra poteva mai essere. La tirò violentemente a sé forse più per desiderio di possesso che amore, e si unirono in un profondo bacio salato dalle lacrime della ragazza. In poco tempo camminarono sbattendo ovunque con le labbra e le mani che non volevano saperne di staccarsi, di stare ferme, ed erano sul letto svestendosi l’un l’altra. Forse c’era ancora quella magia tra di loro, la scintilla della passione poteva far riaccendere il fuoco del loro amore ormai piatto e incolore.  Nel togliere la felpa, Chase premette sul fianco di Cassandra, che gemendo dolorante gli scostò la mano e si fermò; solo in quel momento si accorse del sangue che assaggiava leccandosi le labbra distrutte, il bacio le aveva riaperto la ferita. Non poteva continuare, non così. Cercò di sgusciare da sotto il corpo robusto di Chace, che non aveva intenzione di lasciarla andare: le prese i due polsi tenendoli saldi contro il letto e lentamente le leccò dalle labbra il sangue. Poi, partendo dalla bocca, le diede dei piccoli baci fino ad arrivare al livido. Ansiosa cercava di divincolarsi anche se sapeva che cosa significava andare contro Chace o qualunque altro ragazzo come lui, quindi si limitò a fare qualche lamento soffuso, mentre lui fece uso del suo corpo senza che lei potesse difendersi. Una volta finito, si distese sorridendole ma visto che lei rimase fredda, disse:
-Che ti succede?-
Queste tre parole la fecero risvegliare da un sonno profondo. Che ti succede Cassie? Che ti stai lasciando fare? Continuò per un altro po’ a guardare il soffitto, quasi sperando che ci apparissero scritte le parole giuste da dirgli, anche se sapeva che non esistevano. Così si alzò e prendendo la sua valigia da sotto il letto incominciò a buttarci dentro i suoi vestiti alla rinfusa.
-Fermati.-
Sapeva che questo era un ordine imprescindibile, ma lei proseguì con il chiudere la valigia e indossare dei vestiti propri.
-Ho detto di fermarti-
In quel momento Cassandra commise l’ennesimo errore, che sapeva benissimo per esperienza di dover evitare per non cacciarsi in situazioni come questa: aprire bocca.
-Questo è l’ultimo ordine che mi darai. Che mi succede dici? Mi succede che sono stanca, ho chiuso con te.-
Mentre sputò quelle parole si sentii per un momento liberata, ma il sentimento venne immediatamente rimpiazzato alla vista di Chace furioso alzarsi dal letto e avventarsi su di lei. Il panico le crollò addosso e cercando di allontanarsi dalla furia che era diventato il ragazzo indietreggiò andando a sbattere contro il mobiletto con un vaso di vetro. Ci cadde sopra e un dolore lancinante le attanagliò il braccio imbevuto di sangue, tuttavia lei era più forte, stavolta non l’avrebbe toccata. Si alzò e prontamente prese la valigia per uscire di casa ma lui chiuse la porta dove rimase incastrata la gamba. L'urlo di dolore della ragazza non lo fece fermare, anzi continuó a spingere la porta schiacciando la gamba contro il muro, e a un certo punto Cassandra non ci vide più. Calò il buio sui suoi occhi e si accasciò a terra priva di sensi.
Era ormai sera quando si svegliò, con un braccio fasciato da un asciugamano e la testa che le pulsava. Il ginocchio le faceva malissimo e anche il fianco e il labbro davano la loro parte. Tutto era ancora lì: il mobiletto rovesciato, il vetro in frantumi, il sangue sparso sul pavimento e la valigia accanto alla porta. La valigia. Sentiva Chace nella doccia cantare gioiosamente, come se nulla fosse. Un brivido le corse lungo la schiena. Voleva rimanere lì con lui come aveva sempre fatto, perdonarlo e dimenticare, cercare di amarlo ancora, o finalmente lasciarsi alle spalle anche lui? Per quanto le fosse difficile ammetterlo, le faceva paura. Non sapeva dove andare, con chi parlare, lui era l’unica persona che aveva. Ma quella vita non poteva continuare così, anche se dopo di lui ne avrebbe trovato uno tale e quale, come al suo solito, doveva andarsene. Così con le minime forze che aveva si tirò su, e uscita da quel palazzo pieno di segreti, si avviò verso l’ignoto.


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Capitolo 3
*** .-3 ***


Bene, dopo questa lunga introduzione ecco il capitolo dell'incontro con Zayn, spero sia di vostro gradimento :) 

Sapeva cosa avrebbe fatto. Non sapeva se era la decisione giusta o sbagliata, se sarebbe riuscita a ricominciare daccapo o solo ricadere nei vecchi errori, ma di certo era l’unica cosa che voleva fare. I soldi per il viaggio non le mancavano, e sua zia Dani trovandosela sulla soglia di casa non l’avrebbe di certo mandata via. Esitò un attimo di fronte al banco del check-in al pensiero di Abbey, l'avrebbe lasciata da sola. Però lo faceva per il loro bene, sarebbe tornata presto a Londra per portarla con sé.
-Un biglietto per San Diego.-
Forse era questo suo essere così impulsiva a distruggere tutto quello che si creava, questa sua libertà a metterla nei guai. Ci aveva riflettuto spesso, su se era lei la causa stessa dei suoi problemi; non aveva ancora trovato una vera a propria soluzione ma si mise l’anima in pace pensando che in entrambi i casi non avrebbe rinunciato a quel che era, costasse quel che costasse. Dopo aver passato interminabili ore su quell’aereo dove sarebbe voluta rimanere per sempre, uscì dall’aeroporto più spaesata che mai. Non sapeva dove andare, e non aveva la più pallida idea di dove vivesse sua zia né aveva il suo numero di telefono. Accendendosi la millionesima sigaretta della giornata incominció a riflettere: in fondo, qual’era il problema? Prima o poi l’avrebbe trovata, e questa libertà non le stava tanto scomoda. Qui nessuno la conosceva, nessuno la cercava, poteva smetterla di camminare costantemente per strada e nascondersi ogni volta da una persona diversa. Inspirò profondamente la brezza marina che le disordinò i capell e chiese ad un passante dov’era la spiaggia più vicina, distava meno di un chilometro. Quello che le si presentò davanti la lasciò col fiato sospeso: il sole al tramonto ergeva di un rosso fuoco su tutto quello che lo circondava, riflesso nel mare dalle onde blu, verdi e arancioni. La spiaggia era semi-deserta, quindi ne approfittò per mettersi in reggiseno e pantaloncini appoggiando la testa sulla sua valigia. Il calore le batteva in viso e ogni tanto qualche schizzo le arrivava addosso quasi a volerla rinfrescare. Voleva davvero trovare zia Dani? Erano dieci anni che non si vedevano, la ragazza-madre irresponsabile e svogliata era sicuramente cambiata. Rintracciarla e vivere con lei avrebbe sicuramente voluto dire trovare lavoro, magari anche rifare l’ultimo anno di scuola da cui era stata espulsa a Londra, aiutarla con i bambini che aveva avuto da poco e tante altre cose belle. Dall’altro lato sapeva che non poteva vivere come un naufrago ricercato in riva al mare. Certo, avrebbe potuto costruirsi una capanna di legno in mezzo agli ombrelloni di grasse famiglie italo-americane da cui elemosinare soldi, o imparare a catturare pesci a mani nude e mangiarseli crudi. Aveva l'accendino, arrostiti non dovevano essere male. Ma la parte che odiava più di sé non tardò ad arrivare: la sua coscienza petulante e ipocrita diede poco spazio agli scherzi e la mise di fronte alla realtà. Cercò di non darle retta ma sapeva di non potere, anche perché dopo il viaggio era quasi al verde. ‘Solo per stanotte’ pensò, lasciandosi andare in un sonno profondo su quella buia spiaggetta ancora riscaldata dagli ultimi raggi del sole.
 
Rill, Rill, Rill… Rill! Dani Rill. Elizabeth studiava attentamente l’elenco telefonico della cabina, con le dita incrociate senza sapere neppure lei se sperava di trovare o meno il nome di sua zia. Alla fine era lì, nero su bianco; digitò esitante il numero sul cellulare che quando iniziò a squillare la fece tremare.
-Yo-
Eccola, era lei. Stessa voce, stesso modo di rispondere al telefono, l’avrebbe riconosciuta tra mille. Avrebbe voluto urlare, piangere, ridere, farle uno scherzo, ma non seppe proferire parola. Un groppo in gola le impediva di parlare, ci provava ma semplicemente non sapeva che dire. Così attaccò. Accovacciandosi sulla sabbia fece un profondo respiro, e richiamò.
-Non ho tempo per scherzi idioti.-
-Dani, sono io.-
Silenzio. Con il fiato sospeso aspettò un qualunque suo segnale, ma per qualche minuto ci fu un silenzio assoluto che non aveva il coraggio di interrompere.
-Cassie? Cassandra?-
-Si-
Di nuovo silenzio che stavolta durò pochi secondi, rotto da quelli che sembravano essere dei singhiozzi.
-Tesoro mio… Da quanto tempo, come stai? Dove sei? E.. E.. E tua madre?-
-Sono alla Havrey Beach Dani, ti prego vienimi a prendere.-
-Aspettami lì.-
Poco dopo apparì sulla strada una BMW grigia, da dove uscì una giovane donna bionda e slanciata. Aveva le sopracciglia aggrottate e la bocca ridotta in una fessura, sembrava cercasse qualcuno con aria tormentata. Non aveva riconosciuto l'ormai cresciuta Cassandra che le correva goffamente incontro con l’ingombrante valigia che gettò violentemente a terra per saltare al collo della zia. Da quanto che non si vedevano dopo il litigio con sua madre, le era mancata così tanto. Dani emise un urlo assordante abbracciandola fortissimo e non sembrava avesse intenzione di mollarla.
Salirono in macchina e svoltando un paio di curve parcheggiarono in una villetta (se non villona) sul mare.
-I bambini sono all’asilo vado a prenderli stasera, Eve è al college a New York e David, il mio compagno, è via per lavoro quindi siamo sole, anche se nel pomeriggio dovrebbe tornare suo figlio.-
Cassandra annuì silenziosamente, in una frase le aveva praticamente riassunto la sua vita un po' solitaria, simile se non identica a quella di sua madre. Fecero un giro per quella casa immensa e poi si sedettero in terrazzo a bere un tè freddo, parlando di quello che era successo negli ultimi dieci anni. Cassandra si aprí totalmente con la zia, l'unica di cui si fidava ciecamente: parlò delle numerose controversie in casa a causa di Keyra, sua madre, che tornava a casa ubriaca o imbottita di farmaci anche dopo aver trovato un nuovo compagno di cui non sapeva nulla, neanche il nome, e di come lei stessa scappò andando a vivere prima da sua nonna ovvero la madre di Dani e Keyra, che morì qualche mese dopo (qui Dani non potette fare a meno di commuoversi, anche perché da quel momento in poi perse i contatti con la sorella dopo un grandissimo litigio), poi da Mark e infine da Chace. Ora era qui, stremata. Anche Dani parlò di sé: dopo la morte di suo marito, era diventata casalinga full time e viveva dell’eredità lasciatale. Poi arrivò David, bello, intelligente e molto sensibile. In questi anni l’aveva aiutata molto, e da qualche mese suo figlio si era trasferito da loro per fare il college a San Diego.
Il tempo passava, e si fecero le cinque.
-Amore, sistemati e prendi la camera che preferisci all’ultimo piano. Ovviamente puoi restare quanto vuoi. Io devo andare a fare la spesa, scusami.-
Dani baciò la fronte alla nipote e uscì frettolosa di casa. A Cassandra non dispiaceva stare da sola, si sistemò in una luminosa stanza con un letto matrimoniale enorme e una TV al plasma, ficcanasò un po’ qua e là e poi andò a prendersi del sole sul terrazzo in costume. Era contenta di aver chiamato Dani, in quegli anni non si era accorta di quanto le mancava e il suo spirito giovanile non era per niente cambiato. Chissà com'erano diventate le sue figlie gemelle, Lanette e Martha. Dopo un’oretta sentì sbattere la porta d’entrata e assonnata esclamò:
-Dani?-
Dalla vetrata aperta che dava sul terrazzo spuntò il viso allarmato di un ragazzo più o meno della sua età.
Quel ragazzo aveva un viso familiare… Dov’è che l’aveva già visto? Anche lui rimase sulla soglia a squadrarla. -Devi essere il figlio di David.-
Azzardó Cassie con finto menefreghismo, richiudendo gli occhi.
-Si, sono Zayn. E tu saresti?-
-La nipote di Dani, Cassie. Rimarró qui per un po'.-
Zayn scostò una sedia del tavolo accanto al lettino sedendocisi sopra e accendendo una sigaretta.
In silenzio le porse il pacchetto da cui Cassie ne sfiló una con uno dei suoi sghembi sorrisetti enigmatici e rimasero così, in silenzio, a consumare le loro sigarette, uno accanto all’altra.


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Capitolo 4
*** .-4 ***


Era passato un mese da quando Cassie era arrivata a San Diego. La vita lì non le andava stretta: quelle settimane erano state tutt’una festa. A parte la prima, in cui Dani era fuori di sé dalla felicità e l’aveva portata ovunque a fare di tutto e di più, le acque in casa si erano calmate e tutti si erano quasi dimenticati della sua presenza. Un po’ ci era rimasta male soprattutto per Lanette e Martha, ma avrebbe dovuto aspettarselo: lei si ricordava di loro, ma come potevano loro ricordarsi di lei? E poi non poteva piombare così in casa della gente e pretendere di scombussolare tutto, anche se nell’ultimo periodo stava iniziando a sentirsi davvero un peso. Si alzava all’ora di pranzo con la dopo-sbronza, consumava il cibo e molte volte i soldi senza dare niente di niente in cambio, e la sera usciva ritirandosi spesso direttamente la mattina dopo. Stava facendo uno stile di vita da vera viziata, era assurdo, lei che non doveva mai dar conto di niente e nessuno e che aveva fatto tutto da sé, si era ridotta alquanto male. Ma se ne rendeva perfettamente conto e voleva ancora godere un po’ di questo privilegio prima che la sbattessero fuori casa o si trovasse un lavoro. Non si ricordava quand’era l’ultima volta che era così (fintamente) serena. Aveva conosciuto un gruppo di ragazzi dalla dubbia reputazione, ma per lei erano a posto: Lucas, Drake, Alex e Simon con Phoebe e Lana, le ragazze di Drake e Alex. Siccome le ragazze avevano deciso fin dall’inizio di farsela stare antipatica, Elizabeth aveva stretto amicizia specialmente con Simon e Lucas, con Drake e Alex poteva parlare solo se le due non erano nei paraggi. Andava sempre a finire così: i quattro si appartavano e lei rimaneva a bere con Simon e Lucas finendo per fare le cazzate più assurde: una volta ad ad esempio avevano deciso di sana pianta di fittare una macchina e andare a New York. Ogni sera trovavano qualcosa di diverso da fare o se la creavano loro, certo magari in dubbie maniere ma non gli importava.
Da un lato le piaceva tutto questo, dall’altro le gravava addosso la sua fastidiosa coscienza sempre intorno nei momenti meno opportuni anche quando tentava di scacciarla. Ma avrebbe resistito un altro po’ anche perché come si annoiava di tutto, presto si sarebbe annoiata anche di questo stile di vita.
Di giorno per la maggior parte del tempo era sola: le bambine stavano a scuola, Dani usciva presto, tornava per l’ora di pranzo e poi scompariva di nuovo, di David non c’era traccia e Zayn… Bhè, Zayn la mattina andava al college e il pomeriggio generalmente stava a casa, ma non era di grande compagnia. I due a stento si rivolgevano la parola nelle rare occasioni in cui stava da solo e non in compagnia di una biondina sempre diversa dilettandosi a fare “matematica” al piano di sopra. A cena la famiglia si riuniva: la biondina di turno veniva liquidata dal moro glaciale, Dani rincasava con le figlie e Cassie aspettava con ansia il loro ritorno con lo stomaco brontolante prima di uscire. Ma oggi era diverso: stavolta una deliziosa cena li avrebbe aspettati calda a tavola, e sarebbe rimasta a casa. Magari poteva fare amicizia con Lanette e Martha con cui era uscita solo qualche volta quando avevano un giorno libero a scuola. Dopo aver indossato un pigiama morbido e caldo di Dani si mise all’opera: cucinò spaghetti fatti da lei al sugo con olive e capperi e come secondo degli spiedini, concludendo con una torta ripiena di cioccolato. Aveva faticato davvero un sacco ed era abbastanza soddisfatta dei risultati, adesso doveva solo aspettare che gli altri rincasassero. Ma le ore passavano, e non c’era traccia di nessuno: Zayn non era proprio tornato a casa quel giorno e neanche di Dani aveva sentito nulla, quindi decise di chiamarla.
-Cassie, ti prego dimmi che non sei di nuovo al commissariato per aver ballato in mutande su un ponte.-
-Niente di tutto questo, sono a casa. Che fine avete fatto?-
-A casa? Hai la febbre? Noi siamo a cena da delle amiche di Martha e Lan!-
-Oh, non me l’avevi detto.. E Zayn?
-Tesoro, se l’avessi saputo ti avrei chiesto di venire! Zayn? Ma è successo qualcosa tesoro? Lui rimaneva a casa di un amico fino a dopodomani.-
Di un amico, certo.
-Non importa, ci vediamo più tardi.-
Cassie attaccò senza neanche aspettare una risposta con un vago senso di delusione e rammarico, anche se in realtá la colpa non era di nessuno; ogni volta che le sue intenzioni erano buone in qualche modo venivano rovinate. Non faceva mai nulla per nessuno, e quando ci provava tutto sembrava mettersi contro di lei. Bella storia. La fame le era passata quindi mise tutto in frigo e si addormentò guardando un film d'azione.
 
Il sole trapassava prepotentemente attraverso le tende inondando l’immenso salotto di luce e svegliando Cassie, che per la prima volta dopo tanto tempo non si svegliò con un incredibile mal di testa dopo l’ora di pranzo. Sentiva un dolore persistente sul livido che le aveva fatto Chace e che qualche giorno prima si era riprocurata cadendo dalle scale ma ci mise un po’ prima di realizzare il perché di quella pressione: c’era qualcuno steso su di lei. E quel qualcuno era Zayn, addormentato come un bambino con la faccia sul suo fianco e accovacciato su se stesso prendendo pochissimo spazio sul divano. Ecco, ecco dove aveva già visto quel volto, era sicura che non fosse solo un’impressione. Quella notte di un mese prima quando per l’ultima volta era entrata in casa sua prima di cambiare vita, nel suo letto, c’era lui. Zayn. Era Zayn quello sconosciuto, come era Zayn il figlio del compagno della zia con un viso familiare che l’aveva tormentata fino ad allora. La stessa persona. Non ci poteva credere. Sgusciò stravolta da sotto di lui facendosi piccola piccola in un angolino del divano e il ragazzo si svegliò di soprassalto sorpreso dal movimento di quello che era il suo cuscino. Irritato la guardò con aria interrogativa, quasi come se stesse aspettando una risposta.
-Che ti guardi?-
-Che ti guardi tu?-
-Che diavolo ci facevi addormentato addosso a me?-
-Me l’hai chiesto tu di farlo ieri sera.-
La grande nonchalance con cui Zayn pronunciò quelle parole spiazzarono ancor di più Cassie, che però non ricordandosi assolutamente di aver fatto una simile richiesta a quel ragazzotto impertinente, non demorse:
-Eri così ubriaco ieri sera?-
Zayn si passò con un sorrisetto il pollice sul labbro inferiore rimanendo in silenzio ma fissandola dritto negli occhi. Cassie ricambiò, finché lui esclamò:
-Ti ho già vista da qualche parte -minuti di silenzio- E so anche dove.-
La ragazza si irrigidì immediatamente sotto lo sguardo attento di Zayn. Non aveva la minima intenzione di parlargli del fatto che era stata lei quella sera a rubargli la copertina di unicorni e di conseguenza parlargli di tutta la sua vita né tantomeno sentire che diavolo ci faceva lui lì, il suo programma era fare finta di nulla. Ma non aveva scampo. Lo fece continuare:
-Si, a Londra, ne sono sicuro. Pensavo stessi sognando ma.. Sei tu.-
-Non so di che cosa tu stia parlando.-
-Oh si che lo sai… Che cosa ci facevi lì?- 
C’era una nota di insicurezza nel tono di Zayn, anche se cercava di assumere degli atteggiamenti da duro.
-Qualunque scusa tu ti inventa, è chiaro cosa ci facevi lì. E non la passerai liscia.-
-Senti, non è come credi..-
-Ah no? E com’è?-
-Ma tu che ci facevi lì?-
Silenzio tombale. Zayn serrò la bocca e i suoi occhi diventarono due fessure.
-Allora? Se me lo dici ti dico cosa ci facevo io.-
Cassie lo fissava dritto negli occhi con aria di sfida, non aveva nulla da temere, Zayn non poteva dimostrare nulla. Ma con sua grande sorpresa, il misterioso ragazzo si alzò di scatto e salì le scale. Sbigottita Cassie rimase incantata a fissare il punto sul divano dove prima si trovava Zayn e si accese una sigaretta incurante del fatto che Dani gliel'aveva categoricamente vietato. Davvero gli aveva chiesto di stendersi accanto a sè? Che ci faceva lui a casa di sua madre? E possibile che non aveva detto niente a nessuno di quella notte supponendo che fosse una ladra? Andò in cucina per fare colazione, quando le passò davanti Zayn che uscì sbattendo forte la porta. 


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Capitolo 5
*** .-5 ***


-Che cos'é tutto questo cibo qui in frigo?-
Dani tolse dall'involucro il ruoto che conteneva la torta, e quando la vide eccitata come una bambina se ne taglió un fetta. 
-Ho trovato torta, spaghetti e spiedini ma non ricordavo di averli preparati, ne sai qualcosa?- 
Disse sedendosi accanto ad Cassie sul divano.
-..No, forse se li é portati Zayn da casa del suo amico...-
Dani annuí in silenzio e rimasero così per un bel po'. Poi disse:
-Ma non é in casa?-
-Chi?- Cassie nel frattempo si era incantata persa nei suoi pensieri, che non toccavano minimamente la zia ignara di tutto.
-Zayn, tesoro.-
-Ah boh, mi pare fosse uscito prima.. Io vado di sopra.-
Non ce la faceva piú, voleva allontanarsi per un po'. Si vestí di fretta e senza neanche guardarsi allo specchio uscí di casa avviandosi da qualche parte che non sapeva neanche lei. Aveva bisogno di schiarirsi le idee. Ma soprattutto aveva bisogno di andarsene. Doveva andarsene. Anche un monolocale le sarebbe andato bene, basta che non sarebbe stata in quella casa per un po'. Decise di mettersi subito alla ricerca di un lavoro, ormai era quasi estate non se ne parlava di ricominciare la scuola, e le venne subito in mente un'idea. Chiamó Simon un paio di volte prima che rispondesse, sapeva che stava dormendo ma non le importava.


Puntuale come sempre, vide un alto ragazzo robusto e con i capelli biondi avvicinarsi al suo tavolino ma lei non si scomodó ad alzarsi per salutarlo.
-Stai sempre a fumare.. Dovresti regolarti!-
Si mise gli occhiali da sole in testa e da sotto i suoi occhi color smeraldo spuntarono due occhiaie viola.
-Vedo che hai dormito stanotte! Che avete fatto?-
Rispose ignorando totalmente quella sottospecie di ramanzina. -Oh niente di che, serata tranquilla.. Perché non sei uscita?-
-Non mi sentivo bene- disse semplicemente. In realtá era anche un po' offesa che nessuno l'avesse cercata ma vabbé, sapeva fare a meno delle persone.
-In ogni caso, tu che sai sempre tutto, ho bisogno del tuo aiuto: non é che nel locale dove lavori hanno bisogno di altre due mani?-
-No, peró conosco un pub dove stanno cercando una cameriera. E col faccino che ti ritrovi, penso ti accetterano subito.-
Cassie continuó ignorandolo:
-Perfetto, allora portamici subito. Ah, e qualche casa o stanza in affitto a basso costo?-
-Chiederó in giro.-
Finirono di fare colazione tra qualche risata e si diressero verso il pub dove sperava avrebbe iniziato presto a lavorare. Simon diceva che pagavano bene lí.
-Buona fortuna, io ti aspetto qui.- disse il ragazzo ordinando una birra al bancone. Non la smetteva mai di bere.
 
-Allora com'é andata?-
Cassie uscí abbastanza soddisfatta dalla stanza del padrone.
-Penso bene, ha detto che mi fará sapere.-
-Ti va di andare a fare un giro? Cosí magari vediamo qualche stanza in affitto.-
La ragazza annuii e senza aspettarlo uscí dal locale.

Seduti sulla panchina di uno dei tanti parchi di San Diego,, Cassie azzardó un'idea che le ronzava in testa da quando si era resa conto che molto probabilmente il propretario del pub non l'avrebbe piú chiamata.
-Ma se per qualche settimana vivessi con te e Drake?-
Simon rimase un secondo immobile, poi il suo volto si trasformó in un enorme sorriso.
-Ma certo che idea fantastica! Ti aspettiamo a braccia aperte.-
Soddisfatta la ragazza gettó un giornalino di case in affitto dove non avevano trovato granché in una spazzatura. Una cosa bella di San Diego era il tempo, quasi il contrario che a Londra: sempre caldo 365 giorni l'anno. Si stese sulla panchina poggiando la testa sulle gambe di Simon e chiuse gli occhi godendosi il sole. Quando li aprí lo vide avvicinarsi sempre di piú al suo viso. Si baciarono senza tante cerimonie ancora e ancora, in silenzio, e nel rimettersi seduta tra un bacio e l'altro (Simon non ne voleva sapere di mollarla) vide qualcuno osservarli da una certa distanza.
-Zayn!- 
Urló la voce acuta e irritante di una biondina (novitá) stesa a prendere il sole in reggiseno su un prato piú avanti. Quel qualcuno seduto all'ombra di un albero fece un ultimo tiro e poi gettó la sua sigaretta, raggiungendo l'ochetta senza staccare gli occhi di dosso a Cassie.


Vi consiglio vivamente di leggere la ff di questa mia amica, è davvero bellissima scrive da dio:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1151569&i=1

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Capitolo 6
*** .-6 ***


Certo, chiamarla casa era un po’ esagerato soprattutto dopo essere stata un mese in una specie di reggia da sogno, ma non era poi così male.  A dirla tutta già fuori al portone non era poi tanto sicura di voler entrare dopo aver visto una specie di troglodita obeso con barba e capelli incolti e una maglietta a bretelle macchiata di chissà che schifo come portiere, e la situazione di certo non migliorò quando Simon le aprì la porta mostrandole la topaia: era rimasta qualche secondo ferma sulla soglia valutando seriamente se era il caso di fuggirsene a gambe levate. Ma ormai era lì, non poteva più tornare indietro. Cassie poggiò la sua borsa sul letto di Simon, che adesso era il suo, e si ambientò nella stanza. Simon era andato a fare qualche commissione top-secret e Drake sarebbe stato via per qualche settimana, quindi si stese sul letto rilassata. Adorava stare da sola. Mise le cuffiette nelle orecchie cercando di non vedere davanti a sè lo sguardo triste di Dani mentre le diceva:
-Mi dispiace se non sei stata bene con noi..-
Anche se sua zia aveva risposto che non era assolutamente un peso per la famiglia ma che avrebbe accettato qualunque decisione della nipote, sapeva che fingeva; ci era rimasta davvero abbastanza male che se n’era andata. Ma che doveva fare? Mica poteva rimanere per sempre con loro? Diamine, peggio di una madre apprensiva. Si tolse le cuffie perché non riusciva neanche ad ascoltare la musica dal nervoso, non era più tanto sicura che quel trasferimento fosse stata una buona idea ma voleva sotterrare quel pensiero il più lontano possibile dalla sua mente. Non c’era spazio per i sensi di colpa.
Sentì le chiavi girare nella serratura e la porta pesante scricchiolare rumorosamente, cosa che la irritò parecchio.
-Cassie?-
Era già tornato? L’ultima cosa di cui aveva voglia era quella di passare del tempo con Simon (che nell’ultimo periodo non faceva che accollarsi a lei come un fidanzatino geloso) e dover rifiutare le sue avances continue e poco eleganti per andare a letto. Notò la finestra della camera socchiusa e facendosi piccola piccola riuscì a passare per il poco spazio libero come una gatta, ritrovandosi in un vicoletto stretto, puzzolente e buio nonostante fosse pieno giorno. Almeno si era liberata di Simon. Dopo aver camminato un po’ dal lato opposto della casa uscì su una delle vie principali di San Diego sul mare. Improvvisamente le venne una voglia matta di andare all’aeroporto. Non sapeva perché, ma fin da piccola gli aeroporti l’avevano sempre affascinata. Grandi, luminosi, pieni di cose e persone di tutti i posti e tutti i tipi unite da quel luogo per un unico motivo: chi per quello chi per quell’altro, per partire. Chi di fretta, chi con calma, chi da soli e chi con gli amici; chi per lavoro, chi per divertimento, chi con una goccia di malinconia e tristezza e chi con gioia e leggerezza. Tutto quel concentrato di emozioni e diversità a cui nessuno badava, in un unico spazio. Era magico. Fermò il primo taxi per strada e si fece portare all’aeroporto internazionale che non distava molto da lì e in un quarto d’ora era seduta da sola a godersi un cappuccino ad uno dei tanti bar. Il prezzo era esorbitante, ma per una volta poteva permetterselo... E poi ne valeva la pena! Osservò una coppia di ragazze di cui una delle due doveva partire: si lasciarono andare in un abbraccio e poi un bacio appassionato, magari l’ultimo che si sarebbero date, tra occhiate disgustate o ammirevoli di centinaia di passanti diretti chissà dove. Dei ragazzi ammiccavano tra di loro nella direzione delle due prendendole spudoratamente in giro. Ma che bisogno ne avevano? A  loro che importava? Anche se si stavano baciando con una giraffa non avrebbero dovuto fiatare. Dio, queste cose facevano spostare Elizabeth terribilmente. La ragazza in realtà aveva sempre invidiato un po’ le coppie di omosessuali femmine, sospettava che il loro amore fosse molto più semplice e puro di quello tra uomo e donna. Ma era irrimediabilmente attratta da uomini, e a quanto pare soprattutto quelli violenti e dal caratteraccio tosto. Spospirò seguendo con gli occhi la ragazza con i capelli lunghi e neri che intanto si era avviata verso il suo gate, lasciando in lacrime la fidanzata. L’attenzione di Elizabeth si era già spostata su un’altra cosa però: le era parso di vedere un ciuffo conosciuto tra la folla di persone che incuranti l’una dell’altra si sorpassavano tra la fila della security. Nah, probabilmente se l’era sognato. Era da qualche giorno che si ritrovava spesso a pensare al figlioccio di sua zia senza apparente motivo. Finì il suo cappuccino e andò alla cassa per pagare.
-Hanno già pagato per lei signorina.-
Disse il cassiere.
-Cosa? E chi?-
-Un ragazzo signorina, pelle scura, ciuffo alto e capelli rasati ai lato scuri, occhi scuri… Tutto scuro.-
-Ah capisco…-
Si girò senza dire e senza aspettare nient’altro. Allora non se l’era sognato! Dov’era quel razza di idiota? Ma che voleva da lei? La seguiva? La grande tranquillità di qualche momento prima venne sostituita da una tremenda irrequietà. Con i nervi tesissimi si appostò all’entrata del bar quando quel qualcuno che stava cercando tra la folla le circondò il collo con il braccio. Un profumo inebriante le invase le narici e rimase un secondo estasiata, riprendendosi (quasi) subito dopo aver trovato il viso di Zayn ad una spanna dal suo. Gli tolse bruscamente il braccio e disse:
-Che ci fai qua?-
-Io sto partendo, e tu?- la sua calma era agghiacciante.
-E dove diavolo vai?-
-Non te lo dico se prima non mi dici che ci fai tu qui.-
-Perché ti dovrebbe interessare?-
-Forse perché sei una pericolosa ladra che mi sta stalkando da un mese a questa parte?-
Dopo la scambio rapido di domande, quest’ultima la fece rimanere di stucco.
-Tu non sai nulla di me! E l’ultima cosa che mi interesserebbe fare nella vita è seguirti e interessarmi alla tua.-
-Bene, allora se non hai nulla da nascondermi, raccontami perché sei qui, e perché quella notte eri lì.-
Cassandra era senza parole per la prima volta, non sapeva davvero che dire. Balbettando e senza guardarlo negli occhi rispose:
-Potrei farti la stessa domanda. Dove stai andando adesso?-
Zayn assunse la sua stessa espressione. Rimasero qualche minuto a fissarsi negli occhi in silenzio. Poi gli si accese una specie di lampadina nello sguardo e compiaciuto disse:
-Io ancora non sapevo dove andare volevo decidere adesso. Ti va di unirti a me?-
Per poco la mascella della ragazza non cadeva per terra e gli occhi non le uscivano dalle orbite. Non era possibile che fosse così bravo a sviare i discorsi… Non gliel’avrebbe data vinta.
-Perfetto, andiamo a vedere il primo volo che c’è.-
Anche se non sapeva da dove avrebbe preso i soldi stette al gioco, e lui se ne uscì con una faccia alquanto sorpresa cercando di fare finta di niente.
 
Dopo qualche minuto Cassie aveva due biglietti in mano per l'isola di Melbourne: Zayn aveva dei punti sulla carta dell’American Express che gli permettevano di viaggiare gratis e la usò per entrambi. Li sventolava eccitata come una bambina con un pacchetto di caramelle a tutte le persone che le passavano accanto che la guardavano malissimo, tranne un gruppo di donne che si mise a saltellare e urlare eccitate insieme a lei. Zayn si ritrovò a qualche metro di distanza ad assistere sorridente a quelle scene assurde, quella ragazza era strana forte. Solo dopo aver passato la security i due si resero conto di quello che stavano facendo e si guardarono straniti.
-Lo stiamo facendo davvero?-
-A quanto pare si. Che c’è, ti stai cacando sotto Malik?-
-Io no, tu piuttosto.. Che cos’hai in quella borsa a parte quelle inutili cianfrusaglie?-
-Sopravviverò.- disse Cassie tagliando corto il discorso e avviandosi verso il gate. Zayn non sembrava poi così sicuro di voler partire davvero, si vedeva che aveva sottovalutato tutta la situazione e che aveva una meta ben precisa in realtà, ma a lei poco importava: ormai si era messa in testa che sarebbe partita e così avrebbe fatto, Zayn non sapeva che non ci sarebbe stato verso di convincerla a farle cambiare idea. Il ragazzo, che era rimasto incantato ad osservarla camminare spedita per i fatti suoi ignorandolo totalmente, la rincorse affiancandosi alla sua camminata veloce. Iniziava a provare un misto di nervosismo e attrazione, interesse e perplessità nei confronti di quella ragazza misteriosa. Cassie era già pronta a scattare dicendogli: “Avresti dovuto pensarci prima” o: “E’ troppo tardi adesso per tornare indietro” o ancora: “Sapevo che alla fine non avresti avuto le palle” a qualunque suo tentativo di convincerla a non partire, ma con sua grandissima sorpresa non successe nulla di tutto questo. Zayn rimase muto fino all’imbarco con un sorrisetto beffardo, senza alcuna traccia di risentimento in quella follia che stavano per fare, con una Cassandra silenziosa e indifferente accanto che in realtà stava morendo dentro. Era sicura che all’ultimo lui si sarebbe girato o se ne sarebbe andato, era pronta al momento in cui sarebbe andato in panico, ma la sua calma la stava facendo impazzire. Da dove diamine era uscito quel ragazzo?

Ok, FINALMENTE ho trovato del tempo libero (in realtà me lo sono creato perché dovrei stare studiando adesso) per postare il nuovo capitolo :D Avrei voluto farlo molto prima ma non trovo neanche una buona mezz'oretta libera per scrivere... Anche se penso non interessi a nessuno ahah ! Un ringraziamento particolare a @jawaadssmile e a@sonoiltuopanda che hanno recensito l'ultimo capitolo e a quelle che hanno messo la storia tra le seguite! Grazie mille ragazze!
In questo capitolo c'è stato un colpo di scena che neanche io mi aspettavo mi è venuto scrivendo, spero vi incuriosisca come sta incuriosendo anche me ehehhe
RECENSITE  mi raccomando che non so se continuare a dirla tutta :) ! un bacione <3


Ah quasi dimenticavo, se volete che vi segua su Twitter basta chiedere:))


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Capitolo 7
*** .-7 ***


-Signorina, é vietato fumare all’interno-  il cameriere indicó infastidito un enorme cartello dietro il bancone sui cui c’era il disegnino di una sigaretta accesa con sopra un grande cerchio rosso con la sbarra in mezzo ad indicare divieto. Cassie sapeva benissimo che non si poteva fumare all’interno dei café ma faceva sempre finta di niente sperando senza successo di non essere ripresa. Spense sconsolata la sigaretta rimettendola nel pacchetto. Erano tre fottutissime ore che stava seduta al tavolino di quel café aspettando Zayn, determinata ad aspettarlo. Non aveva nulla da fare, fuori pioveva e di Simon non voleva sentirne parlare, quel ragazzo stava iniziando a diventare un vero e proprio peso e stava pensando di ritrasferirsi da Dani per non cacciarsi in un altro dei suoi guai. Ma solo a se stessa ammise che il motivo principale per cui rimaneva inchiodata a quella sedia era che dopo il sogno che fece l’altro giorno, era rimasta troppo scossa: aveva capito che il suo inconscio era ossessionato da Zayn e voleva scoprire tutta la veritá, come in fondo anche lui. Le era parso talmente reale che anche per alcuni minuti dopo essersi svegliata di soprassalto era convinta di averlo vissuto davvero. Nel sogno, arrivati all’albergo di Melbourne, aveva confessato tutto a Zayn, e aveva pianto. Pianto! Al solo pensiero la ragazza si chiuse nel suo giubbotto e scosse la testa affondandola nel cappuccino bollente. Per fortuna era successo solo nella sua mente.
-Strano questo tempo in piena estate, a San Diego neanche d’inverno fa tanto freddo!-
Sentí una voce calma e bassa alle sue spalle che la fece sussultare. Le andó di traverso la bevanda e inizió a tossire come una forsennata quando le apparí il viso beffardo di Zayn che si sedette di fronte a lei. La scena rimase la stessa per un po’: il ragazzo la fissava con una risata trattenuta e lei continuava a tossire con una mano sul petto e gli occhi lucidi. Una volta che si era ripresa bevve un po’ d’acqua e prima di poter dire qualcosa, lui la precedette:
-Sei qui da molto?-
Cassie fece finta di guardare un’orologio invisibile sul polso. Arricció le labbra:
-Mmmmm noo solo da 3 ore, 3 ore e mezza-
-Ero impegnato.-
-Lo immagino, anche perché sono stata io a chiamarmi e chiedermi di vederci!-
Si guardarono per qualche secondo dritto negli occhi in cagnesco , poi ruppe il silenzio:
-Allora, che volevi?-
Incroció le braccia e si appoggió sullo schienale per far capire che stava aspettando una risposta, ma lui non proferiva parola. L’unica cosa che si limitava a fare era squadrarla da capo a piedi facendole un’attenta analisi e lei paziente seguiva i suoi occhi che le perforavano la pelle.. Se la sentiva quasi bruciare sotto quello sguardo. Quando aveva ormai perso le speranze, Zayn disse:
-Avevo bisogno di parlare con qualcuno, chiunque.. E mi sei venuta in mente tu.-
A quella affermazione Cassandra si sentí quasi cadere dalla sedia. Un altro dei suoi sogni forse? Imperturbabile finí di bere il suo cappuccino con molta calma mentre da sotto il tavolo si diede un pizzicotto sulla coscia per assicurarsi che fosse nella vita reale. Si, vita reale al 100%. Puntó gli occhi in quelli limpidi del ragazzo che la fissava con una luce di speranza. Non lo aveva mai visto cosí, le era sempre apparso indifferente e apatico e la sua faccia da cucciolo bastonato la irritó talmente tanto (anzi, la irritó talmente tanto l’effetto ammaliante che fece su di lei quel volto) che ironica e quasi sprezzante sparó a raffica:
-Oh beh mi pare ovvio, ho problemi, sono depresso e voglio sfogarmi con qualcuno, povero me, chi chiameró mai? Ma certo la nipote della mia matrigna con cui non ho alcun tipo di rapporto che tra l’altro ho visto un mesetto fa intrusa nella casa di..-
Qui si fermó orgogliosa realizzando che si era spinta un po’ troppo oltre ma anche che non poteva continuare; non avrebbe dovuto dire quelle cose, come non poteva dire che quella era la casa di sua madre e del suo nuovo compagno. Si sarebbe tradita da sola, e non sapeva neanche cosa ci facesse lui lí quella notte, quindi lasció la frase a metá. Si, voleva tutta la veritá, ma cosí non l’avrebe mai ottenuta. A quel punto la situazione evidentemente non ancora troppo strana prese un piega davvero imbarazzante. Zayn abbassó la testa scrutando attentamente il viso impanicato della ragazza e si fermó qualche secondo in piú sulle labbra carnose e un po’ aperte, che cercavano ancora di proferire le parole giuste per completare quella frase rimasta a mezz’aria che aveva messo nei guai entrambi. A quella vista fece un mezzo sorrisetto.
-Allora sei capace di mostrare qualche emozione.-
Disse impertinente senza staccare gli occhi dalle labbra. Dio, avrebbe voluto ucciderlo. Deglutí rumorosamente (forse troppo perché Zayn sembró accorgersene) e insicura come non mai chiese con un filo di voce:
-Perché?-
-Hai una faccia!-
-Anche tu ne hai una.-
Rispose saccente tornando se stessa. Zayn non sembró particolarmente divertito dalla risposta ricevuta; magari preferiva un’adulatrice che gliela dava (vinta) senza troppa fatica, ma quel che Cassie non sapeva era che gli piacevano le sfide.
-Vogliamo uscire di qui? Non so, andare al parco? Sta spiovendo.-
Disse a denti stretti mentre guardava fuori dalla grande vetrata del café. Cassie osservó attentamente la sua tazza di cappuccino vuota come se fosse la cosa piú interessante in quel momento, e lo era, mentre rifletteva sul da farsi.
-No Zayn, si é fatto tardi. Grazie lo stesso.-
Con un’innata goffaggine prese la sua borsa e scostó sgraziatamente la sedia per farsi largo, uscendo in strada dimenticandosi di pagare.
-Questo la paghi tu vero?-
Zayn si voltó con la bocca e gli occhi uno piú spalancata dell’altro, gettando incurante di quanto fosse il conto 5 dollari sul tavolo ed affrettandosi a seguirla. Uscito fuori dal negozio la trovó poco piú avanti con un ragazzo dall’aria inaffidabile. Si fermó con aria indagatoria qualche metro prima di loro per poter ascoltare la discussione in cui si stavano intrattenendo. Il ragazzo, un certo Simon a quanto aveva capito, altissimo, secco e con la faccia sciupata come da drogato con due occhi a palla e le guance infossate, la stava minacciando di qualcosa. L’aveva giá visto al parco qualche tempo prima, mentre si baciava (o forse era meglio dire risucchiava) con Cassie su una panchina e lui stava con.. Linda? Michelle? Oh al diavolo, quanto gliene poteva importare di quella bionda ossigenata.
-Lasciami stare.-
Gli intimava Cassie mentre cercava di dinvincolarsi dalla morsa della scheletrica ma forte mano di Simon attorno al braccio. La voce le tremava nel tentativo vano di fare la dura e il ragazzo non sembrava avere particolare rispetto nei suoi confronti. Ad un certo punto Zayn non sentí piú nulla quindi si sporse cautamente da dietro il muretto dietro cui era nascosto vedendo lui che la tirava a sé sussurando al suo orecchio per non farsi sentire dai passanti. L’avambraccio stava assumendo un colore violaceo e la ragazza tremava istericamente. Ora era abbastanza. A passo di marcia si catapultó sulla coppia spingendolo via da Cassie.
-Che cazzo vuole questo?-
Chiese Simon squadrando con aria di sfida Zayn anche se la domanda era rivolta a lei.
-N-non lo so.-
Rispose con le orbite da fuori.
Simon ignoró la risposta e lo prese per il colletto della maglietta avvicinando le due fronti e quando stava per pronunciare una delle sue minacce inconclusive Zayn gli sferró un pugno dritto nell’occhio.
-Ma che cavolo fai Zayn ti é dato di volta il cervello?!-
Urló disperata soccorrendo Simon che si lamentava come un bambino di tre anni con la mano poggiata sull’occhio, stravaccato per terra. Dopo averlo fatto alzare e sorreggendolo lo portó alla sua macchina. Quante storie per un pugno leggero sull’occhio!
-Ti ammazzo! La prossima volta che ti rivedo ti ammazzo brutto stronzo!!-
-Ssshh zitto entra in macchina, adesso andiamo a casa.- lo calmó Cassie –E tu- si voltó irata verso Zayn che la guardava allibito –Sparisci! E non osare a farti vivo!-
Sbatté forte la portiera della macchina di Simon e mise in moto sfrecciando lontano e lasciando Zayn con un pugno dolorante e la testa in confusione in piedi, ad osservare la strada su cui era passata qualche secondo prima la macchina ormai sparita da un pezzo.


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Capitolo 8
*** .-8 ***


Cassie si dannava sempre piú per quel che era successo l’altro giorno. Se la sapeva cavare con i tipi come Simon, ci era abituata ormai e non era sopresa di averne trovato un altro. Non aveva bisogno di qualcuno che la proteggesse, non l’aveva mai avuto, aveva sempre fatto tutto da sola perché era da sola che era sempre andata avanti e nulla sarebbe cambiato. Non aveva bisogno di un cugino acquisito che si mettesse a sferrare pugni a destra e a manca quando qualcuno la importunava. Nessuno l’aveva mai fatto con Mark, nessuno l’aveva mai fatto con Chace, nessuno avrebbe iniziato a farlo adesso. Era cosciente di quello che le faceva Simon e sapeva quando smettere e soprattutto quando far smettere lui. Non aveva bisogno di qualcuno che la proteggesse. Non ne doveva avere bisogno, punto e basta. Perché gente che ti protegge al mondo non esiste. Ci sono persone che ci provano, magari anche quelle che ti amano e sono convinte di poterlo fare, ma é impossibile proteggere davvero chiunque da ogni pericolo. Quindi meglio starne alla larga, da queste persone, pensava sempre Cassandra. Solo pura illusione  e poi abituandocisi, pura delusione. Zayn non poteva proteggerla proprio da un bel niente. Era troppo tardi, era giá stata forzata a fare cose che non voleva e violata in punti sia fisici che mentali che non sarebbero piú potuti tornare come prima. Quello faceva parte del suo passato, certo, ormai era andata avanti, ma non sapeva quello di cui parlava. Non sapeva che tutto quello da cui poteva proteggerla giá l’aveva vissuto, e che non aveva piú nulla da perdere.
Si alzó intorpidita con i primi raggi del sole sentendo un odore di frittelle rivoltante dalla casa vicino. Non sopportava piú di vivere in quello schifo, voleva andarsene. Fuggire dagli scarafaggi, dalla puzza, dal portiere sporco, da Drake che lasciava calzini puzzolenti in giro per casa e sporcava ovunque di patatine e pop corn ma soprattutto da Simon. Le faceva schifo il sesso monotono con lui, era viscido e quando veniva faceva versi disgustosi. Era violento, scorbutico e permaloso, si arrabbiava per la minima cosa; dopo tre settimane che si era trasferita da lui e Drake aveva giá perso il conto della volte che avevano litigato ma pensandoci non avrebbe saputo nominare neanche il motivo di un litigio, tutti cosí assurdi e superficiali. Si stiracchió voltandosi a guardarlo.
“Sono cosciente di quello che mi fa.. So quando smettere e so quando far smettere lui..”
Piú cercava di imprimersi nella mente questi pensieri piú le sembravano falsi e quasi ridicoli, i lineamenti spigolosi di Simon le ricordavano continuamente la cruda realtá. Era brutto, lo era davvero, pieno di piercing su sopracciglia, labbra, lingua e orecchie e un livido enorme nel bel mezzo della faccia. Lei non aveva il controllo su nulla, ancora una volta era il ragazzo ad averne i pieni poteri e non poteva fare altro che accettarlo o mettersi il prosciutto sugli occhi come faceva in ogni storia. Era debole. Non sapeva neanche perché stava con quel ragazzo, perché era lí, spesso era davvero difficile decifrare i suoi stessi comportamenti. Si, era davvero debole. Una codarda. Credeva di poter essere forte in ogni situazione, di tenere sempre tutto sotto controllo ma era solo vittima di se stessa. Uscí cosí come stava (shorts di stoffa aderentissimi e canottierina) sul terrazzo condiviso del palazzo a fumarsi una sigaretta. Anche quel giorno il freddo era glaciale e le mani tra nervosismo e freddo le tremavano talmente tanto che non riusciva ad accenderla. Una volta che ci risucí, gettó la testa all’indietro espirando il fumo. Passó avvedutamente il pollice nell’interno della coscia, contraendolo in un momento di dolore quando toccó il punto dove Simon la sera prima le aveva spento una sigaretta completamete fatto mentre lo facevano, ricordatosi improvvisamente  di quello che era successo quella mattina. Come se fosse colpa sua.. Chi l’aveva chiamato a quel diavolo di Zayn! Aveva solo peggiorato la situazione, era un semplicissimo idiota. Neanche a dire che fosse diverso, anche lui un povero violento che si divertiva a mostrarsi bulletto per strada. Tutti uguali. Rientró traumatizzata dal freddo e mise a fare un po’ di caffé mettendosi una felpa addosso.
-Giorno-
Brontoló Simon uscendo dal bagno mentre lo scarico rotto faceva uno di quei tremendi rumori. Quando non ricevette risposta si avvicinó a Cassie e con voce chiara e decisa ripeté:
-Ti ho detto: buongiorno-
Era piú violento nelle minacce e nei modi di fare che con i gesti, a differenza degli altri ragazzi che aveva avuto, anche se la ragazza preferiva il contrario: poteva sopportare, quasi comprendere violenza e rabbia fisica che in fondo dimostravano interesse da parte dell’amante, ma quella mentale la feriva piú di un labbro tagliato. Rifletté su cosa rispondere mentre versava il caffé in tre tazze e prima che Simon iniziasse a stizzirsi fu salvata da Drake. Poteva stare di piú in casa quello, aveva un effetto tremendamente tranquillizzante su Simon. Senza dirsi nulla si diedero una di quelle strette di mano da rapper e si sedettero al tavolo come ad aspettarsi la colazione da Cassie stile servetta. Questa poggió le tre tazze sul tavolo e si sedette in mezzo ai due. Sorseggiava ad occhi bassi il suo caffé facendo finta di non accorgersi dei loro sguardi puntati addosso. Per sottolineare le sue mosse Drake sbuffó ruomorosamente e si alzó a prendere dei biscotti e quando si rimise a sedere senza smettere di fissare Cassie fece un altro sbuffo. Lei continuó ad ignorarlo. La colazione poteva benissimo prepararsela da solo, era giá tanto che gli avesse fatto il caffé.
-Smettila di fissarla- ringhió Simon.
Drake guardó il suo amico e facendo finta di nulla inizarono un discorso su quello che avrebbero fatto quella sera, se un rave o seratina tranquilla organizzata da loro. Alla fine Cassie non seppe che avevano scelto e poco le importava, la sua mente era da tutt’altra parte: era persa tra pensieri che scorrevano veloci, tutti ininfluenti tranne quello di Zayn che le incombeva perennemente nella testa. Non si era inclusa nella conversazione dei due perché aveva deciso di andare a visitare zia Dani, era da un po’ che non si vedevano e a dirla tutta le mancava, magari sarebbe rimasta a dormire lí.
Il resto della giornata procedette tranquilla: Simon fu fuori fino a sera per uno dei suoi soliti servizi che non poteva rivelare a nessuno, quindi Elizabeth rimase in casa a fare una maratona di Saw con  Drake. Parlarono del piú e del meno e per una volta anche lei si lasció andare tappezzando pavimenti e mobili di pop corn. Si divertí davvero molto con lui, era diverso da Simon e le piacque che evitó accuratamente come lei l’argomento del giorno prima per quanto fosse sicura che lui sapesse tutto. Uscí appositamente di casa verso le sette per non incontrare Simon e in una mezz’oretta arrivó da Dani, trovandosi una spiacevole sorpresa davanti: Zayn. Un po’ ci sperava che andasse lui ad aprire oppure che fosse in casa, ma era lí per sua zia.
-Ciao.- sorrise timida.
Lui rimase totalmente spiazzato dal vederla. Rimase qualche istante a guardarla  con la mano ancora sulla porta. Sentí degli schiamazzi provenire dalla cucina.
-Non mi fai entrare?-
Ancora senza parole tolse la mano dalla porta e la allungó all’indietro per farla passare, lei si strinse nella spalle e meticolosamente, come se avesse avuto paura di fare qualcosa di sbagliato, si fece spazio nel corridoio che in quel momento le sembrava del tutto estraneo. Si guardó intorno facendo finta di non sentire le urla di un paio di ragazzi che si insultavano per scherzo. Zayn chiuse la porta e le si avvicinó.
-C’é Dani?-
Perché si comportava in quel modo? Doveva essere dura con lui, parlargli con freddezza e disinteressa, evitare il suo sguardo non per una strana riverenzama per disprezzo. Avrebbe voluto farlo, ma non ci riusciva. Con voce tramortita il ragazzo rispose:
-É uscita con le bambine- e subito dietro –Rimani, ci sono dei miei amici e stiamo cucinando la cena. Dai siediti che li chiamo cosí te li presento.-
-Penso che sia meglio..-
-Non farti supplicare.-
Cassie valutó con diffidenza quest’improvviso interesse e sospettosa tenerezza da parte del ragazzo giungendo alla conclusione che non voleva far altro che scoparsela. Senza dir nulla prese a camminare verso la porta per andarsene ma si scontró con un alto ragazzo riccio dagli occhi verdi che arrivava dal salone.
-Bon soir, ma cherie.- disse il ragazzo storpiando terribilmente l’erre moscia francese e ridendo infantilmente, con una fossetta sulla guancia sinistra.
-Non parlo la tua lingua.- rimase impassibile, ma al ragazzo non sparí la risata.
-Calma tigre! Io sono Harry, un amico di Zayn. E tu devi essere...-
-Ma quanto sei invadente Harry, non vedi che ti prendi troppa confidenza?- si mise in mezzo Zayn notando che le aveva porso la mano e lei non aveva intenzione di stringergliela.
-Scusatemi, volevo solo essere gentile.. Pensavo fosse una serata fra ragazzi Zayn, ma per una cosí faremo un’eccezione. Divertiti, faremo finta di non esserci!- si voltó per tornare in cucina fischiettando ma non poté fare a meno di tornare indietro a rallentatore con una nota di incredulitá quando Cassie gli urló dietro:
-Non scoperei con Zayn neanche se fosse l’ultimo maschio sulla terra e non lo facessi da anni.-
Il ragazzo apriva la bocca come per parlare ma poi la richiudeva passando lo sguardo da Cassie a Zayn e da Zayn a Cassie con stupore, chiedendosi se avesse sentito bene. Poi si illuminó e compiaciuto esclamó:
-L’avevamo detto noi che prima o poi sarebbe arrivata una ragazza che non ti saresti scopato! LA ragazza anzi!-
Con un sorriso sornione chiamó altri tre ragazzi dai visi di dolcissimi che si presentarono come Niall, un biondino irlandese con le schiocchette rosse, Liam, castano e con un’ironia sottile e Louis, castano anche lui con occhi azzurrissimi e allegro da far schifo. Tutti erano rimasti abbastanza increduli sentendo uscire le stesse parole nuovamente dalla bocca di Cassie, e rafforzarono l’idea che non stesse scherzando notando l’occhiata di disprezzo che lanció al moro al suo fianco. Questo si fece due risate insieme agli amici ma era in imbarazzo, quindi alla fine diede un taglio alla storia dicendo:
-Bene, che ne dite di tornare a cucinare? Io sto morendo.-
-Non ci liquiderai in questa maniera, devi venire ad aiutarci anche tu.- gli rispose Liam.
-E va bene, arrivo. Tu che fai?- chiese rivolgendosi ad Cassie.
Lei rimase come una deficiente incantata a fissare i suoi occhi che cercavano di costringerla a dire “si, voglio rimanere” come una povera adolescente in calore, ma provó a fare la preziosa ancora per un po’:
-Non vorrei essere d’intralcio, l’ha detto Harry che sarebbe dovuta essere una serata tra uomini...-
-Storie, dai vai a stravaccarti sul divano, alla cucina ci pensiamo noi!- si intromise Niall.
Tutti acconsentirono tranne Zayn che continuava a fissarla in silenzio, cosí alla fine decise di rimanere (tanto non aveva molta altra scelta) e aspettó che i cinque ragazzi le cucinassero la cena. Stesa sul divano osservava il salone di zia Dani; nulla era cambiato, eppure sembravano secoli che non entrava in quella casa. Non si sentiva molto a suo agio con quei ragazzi cosí gentili e premurosi, sembravano quasi per bene. Pensava a perché avesse accettato l’invito, si aspettava almeno un po’ di risentimento in quella decisione ma stranamente aveva voglia di restare con loro a cena. Giustificó la cosa col fatto che non voleva tornare da Simon, e poi socializzare faceva sempre bene. Quel che negava insistentemente ogni volta che un tentativo di quel pensiero cercava di venire a galla era che sapere che Zayn fosse lí, dopotutto, la faceva sentire in piacevole disagio e come una calamita era costantemente attirata verso di lui. La cena andó bene: Zayn, Harry, Liam, Louis e Niall riuscono a non farla sentire a disagio con scherzi e includendola nei discorsi, anche se Zayn sembrava un po’ distante e spesso si incantava nel vuoto perdendosi nei suoi pensieri.
-Zayn ci sei? Ma che hai stasera?- chiese Liam dando una gomitata all’amico accanto a lui.
-Si sto bene, sono solo un po’ stanco.-
-Perché non ci vediamo un film? A me non va di uscire stasera.-
-Louis?! Ragazzi ma é successo qualcosa?-
-No é che stasera mi va di vedere un film.. Magari sdolcinato...-
-Da quando stai con Eleanor sei diventato un vecchietto- sbuffó Niall scherzando.
Tutti e cinque acconsentirono a vedere una commedia romantica (purtroppo per Cassie che odiava quel genere), a loro piaceva spesso fare seratine tranquille ma in genere Louis li costringeva ad uscire. Ovviamente Cassie “capitó” accanto a Zayn per terra perché i quattro si erano giá fiondati sul divano lasciandogli poca scelta. Durante il film notava che il ragazzo le lanciava occhiate furtive di sottecchi e lei cercava di ignorarlo, ma si divertiva a impuntare gli occhi nei suoi vedendolo girare dall’altra parte velocemente quando si sentiva lo sguardo addosso. Finito il film Cassie e Zayn si erano addormentati l’una sulla spalla dell’altro come Niall e Harry sul divano. Liam spense il televisore e dopo aver esaminato la situazione si voltó verso Louis; si lanciarono uno sguardo d’intesa fiondandosi in cucina e armandosi di panna spray di cui il frigo di Dani era sempre zeppo. Con cautela spruzzarono la panna sui visi dei quattro, mica risparmiandosi con Cassie che conoscevano a malapena. Improvvisamente peró, mentre stavano facendo dei morbidi baffi bianchi a Zayn, questo sentí del prurito sotto al naso quindi si sveglió di soprassalto facendo sobbalzare anche la ragazza spaesata al suo fianco. I due si guardarono per un fratto di secondo e poi scoppiarono contemporaneamente a ridere: Elizabeth aveva ricciolini di panna sui capelli, attorno agli occhi aveva disegnato la sagoma degli occhiali e gliel’avevano spruzzata anche accuratamente attorno alla bocca; Zayn aveva baffi mal fatti e il resto del viso imbrattato disordinatamente di bianco. Videro tre boccette di panna appoggiate vicino al camino dove le avevano appoggiate Louis e Liam e rapidamente le afferrarono per rincorrere i due che se l’erano giá svignata, ma non riuscirono a sfuggire: furono ricoperti dalla testa ai piedi anche loro piú dei quattro addormentati messi insieme, visto che poi li avevano raggiunti anche Niall e Harry che svegliatisi erano corsi in loro soccorso. Alla fine supplicarono pietá, ma appena si girarono per andare in salone tornarono all’attacco. La battaglia di panna, formata da due squadre non molto equamente divise, duró un sacco di tempo fra urla e rise ma furono costretti a fermarsi quando ormai dalle boccette non usciva altro che aria. Fra le risate si sentí un cellulare squillare dal piano di sotto.
-E’ il mio!- urló Cassie scendendo di corsa le scale, ancora con la boccetta vuota di spray in mano.
I quattro ragazzi puntarono tutta l’attenzione su Zayn.
-Che c’é?- chiese angelico.
-É carina- affermó Harry dopo qualche attimo di silenzio, seguito dagli altri tre che annuirono.
-Si lo é. E quindi?-
-Dopo quella cosa che ha detto non vuoi neanche tentare di provarci con lei eh? Se é cosí, lasciala a me!!-
Zayn sentí ribollirsi dentro. Sapeva che stava (in realtá non poi cosí tanto) scherzando, ma non era mica un oggetto! Posizione alquanto criticabile vista la fama da dongiovanni che era stata attribuita a Zayn, quindi preferí starsi zitto. Stava per rispondere “Fai pure”, quando la loro attenzione venne attirata da qualcos’altro: Cassie aveva preso ad urlare come una pazza cose come “Stá zitto lasciami parlare” oppure “Giuro che ti lascio” o “Non ho paura di te” e all’improvviso la voce si smorzó in dei flebili sussurri. Con lentezza la sentirono salire le scale,  e vedendoli in muto silenzio con un grande punto interrogativo sulla faccia si mise la tracolla della borsa sulla spalla dicendo, ad occhi bassi e fredda:
-Devo andare- 
 
Zayn continuava a pensare a Cassie; non riusciva a sopportare l’idea che se ne fosse andata da casa loro per andare a vivere con quel losco individuo, chissá che cosa le faceva. Quella sera gli sembrava bellissima anche con quei capelli bagnati e appiccicosi di panna e il trucco un po’ sbavato. Anzi forse cosí lo era ancora di piú, contribuiva a rafforzare quella misteriosa aura da dannata. Ma che gli prendeva? Non sarebbe dovuto comportarsi in quel modo con lei, aveva fatto la figura dell’idiota cosa che non faceva mai: gli sguardi rubati, la speranza di rimanere soli loro due e la costante ricerca di alleanza nella battaglia della panna da parte di lei che gli era un po’ sfuggente. E poi se n’era andata in quel modo... Dopo essersi fatto una doccia andó a dormire confuso, convinto che quello non era lui, era semplicemente la curiositá di sapere chi fosse e da dove venisse. Lui era quello senza sentimento, che usava una ragazza una volta o due e poi la abbandonava, quello a cui non importava niente di nessuno non perché volesse essere cosí, ma perché lo era davvero. Come gli era saltato in mente di chiamarla la mattina precedente per vedersi? E di dare il pugno a quel ragazzo? Si era comportato da povero idiota. Aveva ragione lei, doveva lasciarla in pace, chi era lui per fare quelle cose? Eppure non riusciva a reprimere un’irrimediabile attrazione nei suoi confronti, che nei primi tempi aveva cercato di scacciare ignorandola alla meglio. Tutto era partito dalla cazzata che aveva fatto quasi un mese a quella parte: una sera, rincasando, la vide ranicchiata su sé stessa sul divano mentre dormiva e improvvisamente si ricordó di lei: dalla prima volta che si incontrarono quella ragazza aveva qualcosa di conosciuto e l’aveva ossessionato, e quando finalmente si ricordó dove l’aveva giá vista non riuscí a non avvicinarsi per studiarla meglio. All’inizio voleva fare solo quello, poi si era lasciato prendere la mano; il suo respiro era cosí calmo, il profumo attraente e intrigante, cosí finí per stendercisi accanto e addormentarsi. Quando poi la mattina dopo se l’era ritrovato praticamente addosso diede di matto e lui si inventó la scusa piú assurda mai esisitita: gli avrebbe chiesto lei nel sonno di mettersi lí. Quanto si era deriso da solo per quella genialata, certe volte se ne usciva con cose assurde e lei ci aveva pure creduto! Poi la situazione aveva preso una brutta piega, come quella della scorsa mattinata. Non avrebbe mai potuto dirle la situazione di suo padre, non poteva prevedere se lo sarebbe andata a dire o meno a Dani. La mattina precedente infatti era semplicemente da cancellare, chiamando Cassie aveva rischiato di mettere tutto in subbuglio. Non sapeva neanche lui perché l’aveva fatto, ma da quando aveva dormito accanto a lei non riusciva a togliersi dalla testa quel profumo.
Scese nella cantina a prendere qualche lattina di birra e un paio di bottiglie di vino, aveva voglia di non pensare a nulla. Si sedette sul bordo della piscina e si era giá scolato quasi due bottiglie e una birra, quando gli arrivó un’improvvisa illuminazione: ma certo, come aveva fatto a non pensarci prima! Era cosí chiaro! Con la promessa che le avrebbe parlato il giorno dopo togliendosela una volta per  tutte dalla testa, fece un altro sorso. Stava per decidere di andare a letto quando il cellulare si illuminó e subito dopo partí una di quelle fastidiose canzoncine pre-salvate del cellulare. Guardó sorpreso il display leggendo un numero non salvato cosí aprí il telefono.
-Zayn? Sei ancora sveglio?-
Strabuzzó gli occhi a sentire l’unica voce che non si sarebbe mai aspettato.


Vi consiglio vivamente di leggere la ff di questa mia amica, è davvero bellissima scrive da dio:
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Capitolo 9
*** .-9 ***


Con fatica Cassie trascinó giú il trolly per la scale decrepite del palazzo. Si era presa tutto quel che le apparteneva, anche il suo braccialetto di stoffa che aveva regalato a Simon slegandoglielo dal polso mentre dormiva, lasciandogli un biglietto affisso al frigorifero su cui stava scritto:
“Ti prego di non cercarmi, ti prego di non chiamarmi, ti prego di perdonarmi. Ti prego di dimenticarmi. Avremo una vita piú felice separati”
Riuscí ad arrivare sana e salva a destinazione cioé all’uscita del palazzo, adesso si sarebbe dovuta fare tutta la strada a piedi fino a casa di Dani. Era lontano, a svariati isolati di distanza, ed erano le quattro di mattina. Forse Zayn era ancora sveglio.. Si sedette sul trolly pensierosa, doveva sbrigarsi, anche se Simon aveva il sonno pesante aveva una paura folle che si svegliasse e scoprisse che non c’era piú troppo presto. Le fece strano il fatto che la prima persona a cui pensó per farsi aiutare fosse Zayn e provó a fare un po’ di chiarezza sulla situazione: insomma, si erano incontrati mesi prima dall’altro lato del mondo in una situazione a dir poco assurda e non ancora chiarita, riincontrandosi poi in maniera ancora piú assurda lí a San Diego tramite sua zia. Una connessione doveva esserci per forza... Continuando, non si erano mai calcolati (o almeno lui non aveva mai calcolato lei) nel periodo di convivenza e anche successivamente, e all’improvviso lui la chiama perché “aveva voglia di parlare con qualcuno, e aveva pensato a lei”. Era palese che fosse lui quello contraddittorio e bizzarrotra i due dopo aver sferrato un pugno al suo ragazzo senza un’apparente ragione e averla invitata a passare la serata con i suoi migliori amici, anzi si direbbe molto bizzarro, ma anche in lei era scattato qualcosa che le impediva di distogliere i pensieri da quel ragazzo. In conclusione no, non era riuscita a far chiarezza sul perché era Zayn quello che le veniva in mente per risolvere o anche condividere una qualunque cosa, o perché sentisse con lui una connessione particolare. Decise di aggrapparsi all’istinto e trovando fra le ultime chiamate il numero non salvato in rubrica che l’aveva chiamata il giorno prima, premette il tasto verde. Dopo uno squillo il telefono si fermó, e guardando il display vide che Zayn aveva accettato la chiamata.
-Zayn? Sei ancora sveglio?-
-C-cassie?-
Dalla voce era chiaramente identificabile una bella sbronza, ma Cassie non ci fece piú di tanto caso.
–Volevo giusto parlarti Cassie! Dove sei?-
-Sono fuori casa di Simon, so che sai dov’é.-
-Ti vengo a prendere.-
Cosí attaccó la chiamata, e prima che se ne potesse accorgere la macchina di Zayn era giá arrivata. Entró esitante senza dire una parola, la puzza di alcool invadeva lo spazio. Avrebbe voluto chiedergli se aveva qualcosa da bere anche per lei ma se lo risparmió, tutto quel che fece fu guardare la cintura allacciata del ragazzo. Era troppo pigra per mettersi la sua; uno spreco di tempo, casa di Dani era a cinque minuti di macchina da lí.
-Portami da te. Torno a vivere con voi.-
Zayn annuí leggermente, il viso lasciava trasparire che non era nel meglio delle forme.
-Cassie.. Cassie... Ascoltami ti devo parlare.. Io ho capito tutto.. E adesso te lo spiegheró.-
Ridacchió trascinandosi quelle frasi sconnesse mentre mise in moto la macchina, che per i gusti di Cassie andava un po’ troppo veloce ma soprattutto sbandava sempre di piú.
-Certo Zayn, ne parliamo quando arriviamo a casa eh?-
-No! Nonononono, io te ne devo parlare adesso. Subito. Immediatamente!-
-Pensa a guidare, avremo tutto il tempo di parlarne tranquillamente. E da sobri.-
-Ma io sto bene non vedi? Ascolta Cassie: io sono stato uno stupido. Era cosí chiaro! Quella sera, a Londra...-
-Guarda la strada.-
-La sto guardando! Dicevo,-
-Zayn, cazzo ho detto di..-
-Ho capito Cassie! Sta zitta!-
-ZAYN!!-
Solo allora Cassie si rese conto che stavano andando controsenso. Tutto quel che vide furono due fari accecanti puntati nei loro occhi e non sembravano volersi spostare, ma Zayn era troppo occupato per accorgersene. La ragazza si buttó di peso su di lui mettendo le mani al volante ma il camion era ormai troppo vicino. Tutto quello che sentí in quei secondi di coscienza prima dello schianto, fu il frenetico suono del clacson del camion. Poi, il nulla.
 
Beep. Beep. Beep. Flebo, lenzuola rimboccate talmente strette da essere soffocanti, odore di farmaco e pareti completamente bianche. Gli occhi si stavano facendo pesanti, cosí li richiuse.
Beep. Beep. Beep. Zia Danie, Mollie e Lanette. Stessa stanza, stesse lenzuola, stesso odore. Non aveva voglia di rendere i suoni ovattati delle loro voci felici di vederla sveglia reali. Voleva rimanere cosí, qualunque cosa fosse successa, ancora per un po’. Ancora per un po’... Richiuse gli occhi.
Beep. Beep. Beep. Zayn?
 
-Mamma mamma! Ha mosso un dito!- la voce squillante che sembrava venire da lontano si riveló appartene all’immagine sfocata di una bambina chinata sul suo volto.
-Guarda mamma! Sta aprendo gli occhi!!- un’altra bambina tirava il lembo del vestito di una donna che era giusto rientrata con un caffé bollente della macchinetta. Quando constató con i suoi stessi occhi quello che le aveva detto le bambine, poggió di sfuggita il bicchiere dimenticandosene  e si catapultó vicino al suo letto.
-Tesoro, ommioddio, finalmente.. Come ti senti?- aveva le lacrime agli occhi.
-Il lenzuolo..-
-Cosa?-
-Il lenzuolo.. Stretto..-
-Oh.-
Prontamente la donna capí dalle poche parole che il lenzuolo sembrava un elastico ben stretto attorno al corpo della ragazza e subito lo tolse lasciandola respirare. Cassie si sentiva finalmente libera, sembrava che non si muovesse da anni, era tutta intorpidita. Le fu versata dell’acqua in un bicchiere che bevve delicatamente e molto lentamente.
-Grazie.-
Era molto grata e sorpresa delle attenzioni di quella giovane donna e in realtá non capiva perché fosse cosí gentile e premurosa con lei, come se si conoscessero bene..
-Io..-
-Cas, adesso dobbiamo scappare. Le bambine hanno nuoto e io devo andare a prendere David all’aeroporto. Ci sentiamo dopo, riposati.-
Le diede un bacio sulla fronte e senza aspettarsi una risposta prese la borsa e uscí con in una mano quella di una bambina e nell’altra quella dell’altra che salutarono innocentemente con le rispettive manine libere. Ma chi erano quelle persone? Cercava di frugare nella sua memoria ma non trovó nulla di riconducibile a quei tre volti. E che diavolo le era successo? Troppo distrutta per potersi fermare a riflettere, appoggió la testa sul cuscino e senza neanche accorgersene si riaddormentó.
Qualcuno bussó, riuscí solo sussurrare un flebile “avanti” che bastó per far aprire la porta da cui dietro comparirono una testa castana piena di ricci e delle spalle massicce. Cassie aggrottó le sopracciglia squadrandolo. Si fermó qualche istante sulla soglia, poi preso coraggio si sedette su una sedia ai piedi del letto dell’ospedale. Aveva un cappello di lana che si rigirava nervosamente tra le mani a testa bassa.
-Sono venuto a vedere come stai..-
-Ciao. Come vedi potrei stare meglio.. Ma tu chi sei?-
Il ragazzo la fissó sorpreso e intimorito allo stesso tempo, poi rispose come se avesse paura di dire qualcosa di sbagliato:
-Sono Harry Cassie.. L’amico di Zayn, Zayn Malik..-
Continuava a stare con le testa china, cosa che Cassie non riusciva a sopportare, ma appena sentí le parole pronunciate la sua attenzione si spostó da tutt’altra parte:
-Zayn Malik? E chi é questo adesso? Io.. Io...-
-Cassie.. Cassie calmati.- vide la ragazza con il volto completamente impanicato. Avrebbe voluto dirle qualcosa ma anche lui sapeva come mettere in ordine pensieri e parole, era un po’ impacciato quindi lei interruppe i suoi sforzi con un:
-Non ricordo nulla.-
Rimase qualche secondo a fissarla attentamente, poi disse:
-Parlami di te.-
-Mi chiamo Cassandra ma tutti mi chiamano Cassie, sono nata a Londra, ho 18 anni, e...- silenzio –e...-
Avvicinó la mano alle testa e sentí una grande fasciatura e se faceva pressione sulla parte desta della fronte sentiva un dolore lancinante. Boccheggió un attimo per ripetere l’ennesima volta:
-E...-
Alzó lo sguardo perso sul ragazzo che aveva chinato il capo con le mani congiunte a mo’ di preghiera con le dita intrecciate. Anche lui la guardó con i suoi occhi verdi che volevano trasmetterle un po’ di tranquillitá, ma cambió subito atteggiamento appena vide il viso di Cassie: gli occhi erano totalmente impanicati e velati dalle lacrime e stava iniziando a respirare piú velocemente, la macchina indicava che il cuore le stava battendo sempre piú veloce. Il ragazzo si catapultó fuori dalla stanza alla ricerca di un medico e tornarono insieme trovandola stesa inerme sul letto dell’ospedale. La portarono subito in terapia intensiva, spostandola su una barella che fu portata in un’altra stanza di fretta e furia. Harry raggiunse in silenzio tre ragazzi, uno dai capelli biondi e due dai capelli castani venuti a salutarla ma rimasti fuori ad aspettare che parlassero prima solo loro due, anche loro chiusi in un silenzio tombale, seguendo la barella che spariva alla fine del corridoio con gli occhi.
 
Sentiva le braccia quasi legate e la bocca impastata. Lo stomaco le brontolava e la testa le pulsava terribilmente. Cercó di alzarsi sugli avambracci per tornare in sé, ma le lenzuola sembravano calcestruzzo e lei non aveva la minima forza di sfilarle da sotto il materasso. Rimase qualche minuto a fissare come una mummia il soffitto. Vuoto, vuoto totale.
-Pronto?-
Il riccio rispose al cellulare. Evidentemente era ancora lí.. Pensava di essere sola. Era stato carino ad aspettare che si svegliasse.
-Ops scusami, avevo perso lacognizione del tempo! Arrivo subito!-
Chiuse la telefonata e alzandosi si rivolse ad Cassie:
-Devo fuggire, mi dispiace tantissimo. Verró domani.-
Lei gli sorrise debolmente senza aspettarsi un vero e proprio saluto, ma la colse di sorpresa avvicinandosi e lasciandole un bacio sulla fronte. Lo seguí con lo sguardo mentre camminando per il corridoio dell’ospedale a passo veloce si rimetteva il cappello. Era tra il perplesso e il rapito da quel ragazzo e dal suo comportamento cosí dolce ma riuscí subito a mettere in riga i suoi pensieri. Si accoccoló sotto le coperte cercando di prender sonno ma fu disturbata prima dal medico che doveva fare i controlli e da una telefonata della donna che la era andata a far visita con le due bambine che voleva sapere come stava e la informava della visita di un certo Simon. Quando finalmente pensó di potersi acquietare anche perché si era fatta mezzanotte e mezza, sentí lo scricchiolare della porta.
-No grazie, non voglio altro brodino.- era la terza volta che l’infermiera veniva a chiederle se voleva qualcos’altro da mangiare.
-C’é una visita per te- disse quella prendendo il piatto vuoto dal comodino e uscendo dalla stanza. Cassie non aveva intenzione di uscire da sotto le coperte per vedere chi era, anche perché da come le aveva detto il medico per ora non sarebbe riuscita a ricordarsi di nessuno, quindi fece finta di nulla. I minuti passavano, e di questo fantomatico visitatore non c’era traccia. Sentiva solo il brusio accentuato che veniva dal corridoio, segno che la porta era aperta. A un certo punto peró non riuscí piú a contenersi e dopo aver lottato un po’ contro il sonno, si addormentó.
 
“Ero venuto a farti una visita, ma o non avevi voglia di parlare o stavi dormendo. Quando ti va, fammi uno squillo. Zayn.”

Cassie rileggeva e si rigirava continuamente fra le mani il foglietto che aveva trovato quella mattina sul comodino  tenuto fermo da un muffin al cioccolato che le aveva lasciato. Sará sicuramente lo Zayn di cui parlava il riccio. Scavava a fondo nella memoria, scavava scavava, ma tutto quello che c’era nella sua testa era un buco totale. Quando vide il taxi girare una curva e parcheggiare sul vialetto di una suntuosa villa, accartocció il fogliettino in tasca, poi si concentró sul muffin decidendo che cosa ne avrebbe fatto. Di mangiarlo non se ne parlava. Non era cosí smemorata dal dimenticarsi che non doveva mangiare. Pagó l’autista e a passo indeciso si avvió verso la porta d’entrata che si aprí quando doveva ancora iniziare a salire le scale.
-Caaaassssiee ma perché non mi hai detto che tornavi?! Non sai che sorpresa quando ti ho vista dalla finestra! Vieni, siamo tutti di lá in salone!-
Dal tono di voce, i movimenti e la puzza Cassie si rese immediatamente conto che quella che doveva essere Dani era piú che brilla. Era seriamente un vizio di famiglia. La seguí in salone rispondendole insicura:
-In realtá ti avevano chiamato dall’ospedale per dirti di venirmi a prendere.. Ma non sei venuta.. Cosí ho preso un taxi con un’infermiera.-
Ma Dani non aveva ascoltato una delle parole farfugliate a bassa voce oppure decise di ignorarla direttamente, fatto sta che sul tavolino c’erano tre bottiglie di champagne vuote e una quarta appena stappata. Un ragazzo mulatto dal ciuffo nero alzato, sorriso aperto e occhi vispi e un uomo simile a lui ma sulla cinquantina se la ridevano con le lacrime agli occhi e Dani si sedette abbastanza volgarmente in braccio all’uomo accavallando provocantemente le gambe. Il ragazzo ammutolí immeddiatamente appena la vide sulla soglia della porta. Non le staccava gli occhi di dosso.
-Tesoro questo é David! Finalmente riesco a presentartelo.-
Cassie rimase ferma all’entrata della stanza con il muffin che stava per caderle di mano. Passava lo sguardo dall’uno all’altro e tutti sembravano in attesa che lei dicesse o facesse qualcosa. Porse la mano  a David che la squadró attentamente con un volto quasi angosciato. Distrutta e disorientata chiese dove potesse sistemarsi e Dani facendo una risatina insulsa le fece strada per le scale, lasciandola poi da sola in una camera immensa. Ma il medico l’aveva informata o no della sua fottuta amnesia?


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Capitolo 10
*** .-10 ***


-Quindi ti ricordi solo le cose basilari della tua vita..-
-Si insomma, quello che ricordo varia molto. Ho il vuoto totale a partire da quando avevo piú o meno dieci anni, anche se spesso ho dei flash su cose molto piú recenti. Ricordo la mia storia, cioé so chi sono e cose cosí, ricordo che sono venuta qui a San Diego.. Ma non ricordo il perché.-
Cassie osservava quasi disgustata come Zayn si abbuffava del suo hamburger.
-E di noi.. Non ricordi nulla?-
-Mi dispiace ma sono sicura di non averti mai visto in vita mia.-
Tentava di catturare quegli occhi color miele che schizzavano da una parte all’altra della stanza, irriquieti, avrebbe voluto toccarli, farli suoi anche se non sapeva neanche a chi appartenessero.
-Prova a ricordare.-
Faceva finta di concentrarsi abbassando lo sguardo, ma poco dopo lo riincastrava in quello di Zayn. Aveva paura di perderlo, voleva goderne il piú possibile. ‘Come faccio a ricordare se questi occhi non fanno altro che annebbiarmi di piú la mente?’ Erano cosí aperti ma allo stesso tempo racchiudevano qualcosa, qualcosa che sapevano e avevano visto solo loro, che custodivano per sé. Cassie avrebbe tanto voluto aprire quello scrigno, farsi carico delle cose racchiuse negli occhi di Zayn. Avrebbe voluto scoprirle semplicemente con uno sguardo ma piú ci provava, piú gli sembravano indecifrabili.
-Dimmelo tu, magari ricordo.-
-Siamo stati insieme Cassie. Sei qui da tre mesi, il primo l’hai vissuto qui, poi sei andata da quel Simon e poi.. Bhé é avvenuto l’incidente, e sei stata un mese e mezzo in coma. Temevo di perderti.-
Aveva ormai concluso il suo pranzo e mentre parlava si era alzato dalla sedia del bancone della cucina per sedersi accanto a Cassie sul divano, voltata a guardarlo con gli occhi strabuzzati.
-Siamo stati insieme? No, non é possibile, me lo ricorderei sicuramente!-
-Hai avuto una cazzo di amnesia Cassie! É ovvio che non te lo ricordi! Non renderlo piú difficile e doloroso di quanto non lo sia giá.. Ti prego, credimi.. Riusciró a farti tornare la memoria, a farti tornare da me..-
-Raccontami dell’incidente.-
-Volevi andartene da casa di Simon, eri decisa a tornare con me, a tornare a vivere qui da Dani. Mi hai chiamato verso le quattro di mattina chiedendomi di venirti a prendere e io l’ho fatto senza esitazione, anche se avevo bevuto un bel po’. Eravamo quasi arrivati a casa quando troppo tardi ci siamo accorti, anzi ti sei accorta che stavamo andando controsenso, e un camion ci ha presi in pieno.- La drammaticitá nella sua voce era quasi finta, fino a quando non aggiunse con voce impregnata di dolore:
–Tu.. Tu sei stata un mese e mezzo in coma.. E io non me lo portó mai perdonare.-
-E tu? Neanche un graffietto?-
Con la mascella contratta e gli occhi bassi Zayn si alzó meticolosamente la maglietta. Un’enorme cicatrice gonfia occupava tutto il suo fianco.
-25 punti di sutura, stavo per morire dissanguato.-
Cassie era talmente scossa che ignoró l’ironia inopportuna del ragazza. Non poteva credere che era tutto successo davvero, per lei era tutto inesistente, l’incidente, la storia con Zayn..
-Cosa mi dici invece della nostra storia?-
-Eravamo felici, stavamo bene insieme. Posso quasi dire che ci amavamo entrambi. Poi é arrivato Simon, e non so perché ma ti sei lasciata abbindolare da lui. Ammetto che in quel periodo ero un po’ piú assente, ma io devo viaggiare spesso per lo studio, e tu te ne sei andata, di punto in bianco. Sei andata a vivere con lui senza una spiegazione, mi hai lasciato cosí, senza dirmi nulla. Mi hai spezzato il cuore. Ma adesso siamo pari no? Spero solo che tu riuscirai a perdonare me per quel che ti ho fatto. Ti ho rovinato la vita.- finí con un sorrisetto amareggiato.
-Ti ho giá perdonato Zayn, non serbo rancore. Ma ho bisogno di tempo, dammi tempo per rielaborare tutto. Sono qui da solo tre giorni e sto giá impazzendo.-
Involontariamente gli occhi di Cassie si fecero piú umidi e la vista le si annebbió, una lacrima che asciugó velocemente le rigó la guancia. Non ci pensó due volte a farsi stringere dalle possenti braccia di Zayn che le si avvicinarono, infondendole protezione e calore. Un qualcosa nel suo istinto le diceva che erano davvero stati insieme, che quel posto che occupava vicino al busto di Zayn era fatto per lei, si sentiva a casa lí. Non aveva nulla, non aveva nessuno, tranne quello spazio che non avrebbe mai voluto abbandonare. La pioggia scrosciava e batteva insistentemente sulle finestre, il vento fischiava angosciosamente, fuori c’era una vera tempesta, ma tutto quel che sentiva era il silenzio della casa, interrotto dai battiti regolari del cuore di Zayn che poteva sentire solo lei. E cosí pianse. Pianse ininterrottamente finché non aveva cacciato tutta la sua essenza, e lo fece talmente in silenzio che Zayn non se ne sarebbe accorto finché non si sarebbero staccati e avrebbe visto la macchia di bagnato intersecarsi tra la stoffa della felpa. Di certo non si ricordava che era da bambina l’ultima volta che pianse cosí, che non si lasciava andare praticamente da sempre. In cuor suo sapeva che era sbagliato farlo, ma con quel ragazzo sconosciuto tutto quello che riusciva ad essere, era un sola cosa: debole. Non debole fisicamente, né psicologicamente; era debole contro se stessa.

Capitolo di transizione, stasera pubblicheró uno dei capitoli piú importanti, stay tuned!!! Avete capito cosa ha fatto quel furbetto di Zayn? Eheh come proseguirá questa faccenda? A Cassie tornerá la memoria? Lasciate un recensione se volete che legga una vostra ff mi fará tantissimo piacere! Besossssssssssss x


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Capitolo 11
*** .-11 ***


La tigre le si avvicinava sempre piú. I cristalli incastrati nel pelo erano piú vicini al ghiaccio che alla neve, e a ogni passo che la conduceva un po’ piú vicino ne cadevano un paio. Era perfetta: sinuosa e magra, il mistero partiva dagli occhi per finire nelle strisce nere irregolari che le macchiavano i crini; il pelo del viso un po’ rotondo incorniciavano due occhi gialli, stregati, talmente inespressivi da catturarti. Non si riusciva piú a liberare da quegli occhi. Ormai era vicinissima, poteva sentire il suo respiro sul collo gocciolante di sangue, agghiacciante ma rassicurante allo stesso tempo. Poi si voltó di scatto. Quegli occhi, quegli splendidi occhi... Negli occhi gialli della tigre era racchiuso un mondo, un mondo che non avrebbe mai scoperto.
 
Cassie si sveglió di soprassalto. Nel buio passó le dita sul collo quasi dolorante. Dov’era? Sentiva un respiro pesante accanto a sé, simile a quello della tigre nel sogno. Si rigiró tra le coperte aspettando che gli occhi si abituassero al buio, invano. Cosí rimase per un tempo indeterminato a fissare il soffitto, con la mani congiunte sulla pancia. Fuori era giá giorno, vedeva uno spiraglio di luce uscire dalle ante della finestra e degli uccellini cantare come impazziti e la cosa le accese il desiderio di uscire, di respirare aria pulita e ricominciare a vivere. Erano quattro giorni che stava chiusa in casa e aveva anche mangiato un po’ troppo, si sentiva ingrassata. La cosa che la allarmava di piú era che non le importava piú di tanto, e soprattutto che piú mangiava e piú si sentiva soddisfatta, si sentiva meno sola e triste. E questo non andava bene. Non si poteva concedere il lusso di essere felice; non si poteva concedere il lusso di farsi consolare da un pezzo di cioccolata che altro non faceva che farle sentire i rotolini di ciccia quando si sedeva. Era tutta un’illusione, come la felicitá in generale d’altronde, e lei non aveva bisogno di essere consolata. Non aveva bisogno del cibo. Si stiracchió con i piedi fuori dal letto e con un balzo andó ad aprire le ante della finestra, la luce invase la stanza. Si guardó intorno: la stanza apparteneva sicuramente alla casa di Dani per il modo in cui era arredata, ma non ci era mai entrata; non era particolarmente grande, il mobilio era costituito da un armadio, un tappeto, uno specchio e un enorme letto matrimoniale, tutto in stile retró. Cassie si soffermó sul letto: accanto ad un posto vuoto con le coperte stropicciate e buttate alla rinfusa, giaceva con un braccio allungato sul cuscino di fianco, la coperta che gli copriva metá busto che si alzava e si abbassava e la bocca semi-chiusa Zayn. A Cassie si contorse lo stomaco senza apparente motivo; si avvicinó piano al letto sedendosi a gambe incrociate al suo posto, accanto al busto di Zayn. Osservó un tatuaggio scritto in arabo tra l’incavo del collo e il petto; ci passó le dita leggere come una piuma sopra, cercando inutilmente di decifrare qualcosa di quello che vi era scritto. Le dita, senza che neanche se ne accorse, non si fermarono: scesero per il busto, poi risalirono e cosí via in una specie di carezze meticolose. Le sembrava di stare toccando un qualcosa di inconsistente, inesistente. Forse lo era realmente. La pelle liscia, gli addominali, i pettorali. Il viso angelico e perso che aveva mentre dormiva. Tutto in lui era talmente primordiale ed etereo, aveva paura che da un momento all’altro sarebbe scoppiato in tante bolle. Avrebbe provato a prenderle, a catturarle tutte per farle sue, ma le sarebbero sparite fra le dita. Un attimo prima c’erano, quello dopo no. Come il buio nella stanza, spazzato via dalla luce che spaziava in ogni angolo. Dov’era finito il buio? Dove finivano le bolle una volta che si rompevano? Scomparivano davvero? Cassie non ne era cosí sicura. Studió con attenzione la cicatrice sul dorso di Zayn. Era ancora gonfio, abbastanza grande. Era l’unica cosa che la rassicurava quando gli stava accanto. Era la dimostrazione che Zayn non le aveva mentito, credeva alla storia dell’incidente e quella ne era la prova;  ma soprattutto, era la dimostrazione che Zayn era un umano. Bellissimo, inaccessibile.. Ma sempre umano. E questo la rassicurava. Poteva fidarsi di lui, doveva. Era tutto ció che aveva. E le andava bene cosí.
 
-Che cazzo ci fai qui?!- Zayn uscí di casa socchiudendosi la porta alle spalle. Tutto il suo buonumore era andato a farsi fottere.
-Ancora tu?-
-Bhe sai com’é, é casa mia. Allora? Che cosa vuoi?-
-Cassie.-
-Non  ti vuole vedere.- drighignó i denti peggio di un cane.
-Ah si? E tu che ne sai?- Simon si avvicinó a lui con aria di sfida.
-Lo so, adesso sta con me.-
-Con chi sta brutto coglione? Cassandra é mia!-
-Di chi sono io?-
I due troppo occupati nel litigio si voltarono di scatto irriquieti, riconoscendo immediatamente la voce di chi parlava. Cassie era alla porta, con solamente la camicetta che aveva usato per dormire indosso, passando lo sguardo interrogativo dall’uno all’altro. Simon si leccó disgustosamente le labbra.
-Baby, vieni qui.. Ti ho pensato ogni giorno, come stai?-
Si avvicinó pericolosamente con l’intento di metterle le mani sui fianchi, ma Zayn gli fu prima: si mise tra i due con fare minaccioso.
-Va’ via Simon. Non me lo far ripetere.-
Cassie intanto tremava come una foglia piú per il freddo che altro, aveva appoggiato le mani sulle spalle possenti di Zayn da cui dietro spuntavano i suoi grandi occhi azzurri. Simon fece una mezza risata, intimidatoria o provocatoria che fosse, non gli uscí molto bene.
-Ok, ok, sto andando, state calmi piccioncini..- poi, rivolto a Cassie, aggiunse: -Noi due ci rivedremo presto baby.-
Zayn la spinse in casa sbattendo forte la porta facendo tremare i vetri, da cui osservó Simon girare l’angolo del vialetto e sparire cosí com’era arrivato.
-Stai bene?- si voltó verso Cassie.
-...Era quello Simon?-
-Si, era lui.-
Cassie non rispose. Aveva preso una felpa che Zayn aveva lasciato nel salotto la sera precedente, le arrivava a metá di una coscia troppo magra. Prese a mordicchiarsi l’unghia del pollice chinando la testa di lato, con lo sguardo basso, appoggiata sul divano. Avrebbe voluto abbracciarla, dirle che andava tutto bene. Avrebbe voluto che lo guardasse, con quei suoi occhi inquietanti ed innocenti allo stesso tempo, per chiedergli aiuto, e lui glielo avrebbe dato. Ma lei non parlava, era cosí difficile decifrarla e lui aveva paura di avvicinarsi. Piú la guardava e piú si dannava; adesso era sua, ma per quanto lo sarebbe stata? Cosa avrebbe fatto una volta scoperta la veritá? Era cosí bella, unica, era terrorizzato solo all’idea di toccarla temendo di farla fuggire via, avrebbe voluto tranquillizzarla ma aveva il folle timore di spaventarla. Questi pensieri mischiati ad emozioni senza nome vorticavano dentro sé, poi lei alzó lo sguardo. Lo puntó disperato nei suoi occhi, e tutto si fermó. C’erano solo loro due, c’era solo lei. Gli aveva dato il permesso. Si fiondó verso di lei cercando di raggiungerla il prima possibile e lei si staccó senza pensarci un attimo, fuori di senno. Si incontrarono prima del previsto a metá stanza, lui la accolse tra le sue braccia ed entrambi si abbandonarono l’uno all’altra, senza veli, mostrandosi entrambi vulnerabili per sapere di appartenersi; fu un attimo eterno, oppure un’eternitá in un attimo, in cui le labbra si unirono cercandosi disperatamente. Nulla era cosí semplice, cosí spontaneo come quel bacio. Il vorticoso gioco di lingue creava quasi sconforto nei due, e non bastava, si desideravano di piú; la alzó per le cosce facendole intrecciare al suo busto, si contrasse per il dolore alla cicatrice ma non molló la presa. Fece cadere Cassie sul divano senza staccarsi un istante da lei, le mani andarono sotto la felpa, sotto la camicetta, voleva sentire il suo calore, la sua carne. Lei senza tante cerimonie gliela sfiló, e lui fece altrettanto, sbottonandole anche il reggiseno. Cercava di puntellare sulle mani per non schiacchiarla troppo anche se i due corpi erano incollati, lei non era completamente distesa ma si alzava sui gomiti ricercando il piú possibile il corpo di Zayn, una mano di lui le sosteneva la schiena, era ancora con le gambe ben salde attorno a lui. Poi si ribaltarono, Zayn si slacció la cintura sfilandosi i pantaloni di tuta che erano solamente un ingombro inutile e li lasció all’angolo dell’enorme divano, Cassie adesso aveva solo la parte di sotto dell’intimo. Si stacco finalmente dalle sue labbra per scendere sempre piú giú, passando dal collo, al torace, all pancia, per poi tornare su, scendere sempre piú giú e risalire mentre lui agognante le carezzava la schiena. Contornava le sue spalle con le mani, non ne aveva mai abbastanza, ma improvvisamente lui perse il poco di autocontrollo che aveva e prese in mano le redini; adesso era di nuovo lei sotto, e si fece torturare allo stesso modo come aveva fatto poco prima. Zayn le leccava blandamente la pancia contratta da spasmi di piacere, giocava con il perizoma della ragazza senza decidersi a toglierlo, e lei lo stuzzicava ovunque con le mani. Poi, quasi come di comune accordo telepatico, si sfilarono l’intimo, smaniosi. Zayn si avvicinó adesso delicatamente, quasi ricordandosi di chi avesse sotto. Entró dentro di lei sovamente, baciandole il collo per ricordarle che lui era lí davvero, e non voleva farle  del male. Era lí per lei. Di tutta risposta sentí il sommesso gemere della ragazza che gli faceva venir voglia di esplodere, erano due ma un tutt’uno, una tortura a cui entrambi si sottoponevano con aviditá e cupidigia, un lento martirio volontario, uno struggimento consapevole. Stavano andando a fondo insieme.

Ebbene, come promesso, eccolo qui. Devo ammettere che sono un po' timorosa su questo capitolo, non sono mai stata brava a far trasparire sentimenti in ogni senso, e mi sento di non aver reso a pieno l'idea di quello che prova Zayn nei confronti di Cassie, anche se nemmeno li lo sa ancora davvero. Ho scritto questo capitolo di getto, come mi é venuto cosí é uscito, spero ardentemente che vi piaccia. Ci terrei che lasciaste una recensione, cosí almeno capisco quello che va bene e quello che devo invece migliorare. A presto x
P.S. ah, e non chiedetemi come mi é uscito il sogno con la tigre, ma non sapevocome iniziare il capitolo e mi é apparsa davanti stile illuminazione divina! ahuahauahahauhahua


Vi consiglio vivamente di leggere la ff di questa mia amica, è davvero bellissima scrive da dio:
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Capitolo 12
*** .-12 ***


Cassie chiuse il grande cancello dietro di sè. Fuori finalmente il sole aveva ripreso a splendere come era giusto che fosse in un luogo come San Diego. Sulla grande strada che dava sul mare passeggiavano ragazze in bikini che sembravano uscite da un video musicale, bambini mano nella mano con i genitori mentre leccavano contenti un gelato o sportivi che anche con quel caldo non rinunciavano alla loro corsa o biciclettata giornaliera. Cassie passeggiava tranquillamente confondendosi con quell'orda di gente; in genere le piaceva stare da sola, ma quel giorno stare in mezzo a tutte quelle persone la faceva stare bene. Voleva scacciare il più possibile ogni tipo di pensiero che le ribolliva in mente, non aveva il coraggio di ricordare qualcosa del suo passato, non ancora. Rivedere Simon le aveva fatto accendere qualcosa. Niente di concreto, o di reale, ma delle sensazioni. Ogni volta che ci pensava le sentiva risalire come la prima volta, quando incrociò gli occhi di quel ragazzo sinistro: quel volto, e la maniera raccapricciante in cui la chiamava baby, le facevano un effetto inconsueto; le erano venuti dei presentimenti conturbanti, e la sola presenza di Simon la metteva terribilmente a disagio, un disagio pieno di disgusto e avversione, repellente e nauseabondo. Ma non ricordò nulla di definito. Tutto quello che in quel momento desiderava, era piombare tra le braccia di Zayn. Dopo la volta che fecero sesso ce ne furono altre, sempre come la prima; Cassie non si stancava mai di lui, delle sue mani perite, del suo corpo caldo e protettivo. Ogni volta che lo vedeva si meravigliava di scorgere qualcosa di nuovo nel suo viso, come un neo accanto al sopracciglio, l'angolo della bocca un po'  più spostato verso sinistra o l'occhio un po' più chiuso di un altro quando sorrideva. Pian piano scorgeva nuovi spiragli tutti racchiusi in quell'unica individualità, che non le venivano mai concessi del tutto. Quando finalmente pensava di aver inquadrato qualcosa nella prospettiva generale del suo carattere, lui la soprendeva facendo l'esatto contrario; spesso era lunatico, ma sempre disponibile e dolce, ma c'era qualcosa che non la convinceva, che la lasciava dubbiosa, qualcosa che la raschiava dentro consumandola e che non riusciva a spiegare. Qualcosa di inesplicabile che non la faceva aprire del tutto con quel ragazzo all'apparenza perfetto in tutto e per tutto, che la rendeva diffidente e che archiviato non riusciva ad uscire. Ma lui non c'era, era sparito da quasi una settimana senza lasciare traccia, il suo armadio era svuotato e Cassie non aveva ricevuto nessuna sua notizia. Era ossessionata dalla scomparsa del ragazzo, aveva una morsa allo stomaco costante che non la abbandonava mai.
Scese delle scalette di marmo ammaccate che portavano sull'arenile, era quasi tramonto ormai e amava quell'ora del giorno, le spiagge di San Diego erano incomparabili a qualunque altra quando il sole scompariva flemmaticamente ad ovest, sotto il mare. Toglieva il fiato. Si accasciò sulla sabbia ad un centimentro dal bagnasciuga togliendosi le scarpe, si sciolse i capelli legati in una crocchia disordinata così che la brezza marina glieli potesse arruffare e ad occhi chiusi la inspirò a pieni polmoni. Raramente aveva sentito una tale sensazione di serenità e appagamento.
-Posso?-
Una voce maschile interruppe il suo flusso di pensieri. Alzò lo sguardo e su di lei ergeva un alto ragazzo con un sorriso da orsacchiotto, con i capelli castano chiaro un po' alla Justin Bieber, ma ricci.
-Liam, certo siediti.- sorrise cortesemente.
Dopo qualche minuto il ragazzo ruppe il silenzio:
-Come stai?-
-Io bene, e tu?-
-Sopravvivo. Hai sentito Zayn in questi giorni? E' di nuovo scomparso.-
-No, non lo sento da più di una settimana a dire la verità.-
Liam annuì e i due rimasero in silenzio ad osservare le onde, ognuno con i propri pensieri. Cassie rimaneva sempre incantata a discernere il momento esatto in cui l'acqua si fermava per arretrare e ripiegarsi nell'enorme distesa blu, il punto d'incontro tra l'inizio e la fine. La faceva impazzire, poteva rimanere così per ore.
-Tornerà?- chiese improvissamente, quasi in stato di trance, senza distogliere gli occhi dagli spostamenti dell'acqua.
-Si.- rispose secco Liam voltandosi di scatto a guardarla.
-Cassie- attirò la sua attenzione, ora anche lei si voltò -Ma davvero non ricordi nulla?-
-A che mi servirebbe fingere?-
-Non ti conosco così bene ma.. Bhe, ad esempio davvero non ricordi la sera in cui hai incontrato me e gli altri ragazzi? Quello che ci hai detto o cose del genere?-
Cassie scosse la testa, non ricordava davvero. E le pesavano i continui interrogatori da parte di tutti quanti. Si alzò bruscamente e senza tanti giri di parole disse:
-Adesso devo andare Liam, ci si vede.-
Con difficoltà si fece strada alzando sabbia a ogni passo, seguita dallo sguardo preoccupato di Liam. Si chiese se aveva fatto qualcosa di male, ma si rispose da solo: troppo invadente, coglione che non sei altro. Anche lui si alzò per dirigersi dal lato opposto, digitando un messaggio a Harry che diceva di incontrarsi il prima possibile.
 
-Che succede fratello?- Harry si tolse con nonchalance il cappellino di lana dalla testa stringendo la mano a Liam, seduto al tavolino del cafè. 
-Io davvero non capisco come tu possa metterti il cappello di lana con questo tempo. Saranno almeno 30 gradi!-
Harry fece una scrollata di spalle significativa che stava a significare: faccio quello che mi pare. Quel ragazzo aveva sempre fatto di testa sua, cercando in ogni modo di distinguersi dagli altri insieme al loro amico Louis anche attraverso le cose più ridicole e fuori luogo, come ad esempio il fatto che con un sole che fuori spaccava le rocce aveva indossato una maglietta a maniche corte, i bermuda e il suo maledetto cappello di lana. Era davvero un eccentrico bizzarro, sorrise Liam tra i suoi pensieri.
-Allora, come mai quest'urgenza di parlarmi?-
-Solo noi due siamo a conoscenza della situazione di Zayn Hazza.. E penso stia sfuggendo un pochino di mano.-
L'espressione di Harry si fece improvvisamente seria, appoggiò i gomiti sul tavolino e congiunse le mani appoggiandoci sopra il mento. Riflettè qualche istante, poi rispose:
-E' ripartito?-
-Si, con il padre, ormai più di una settimana fa. Stavolta non mi ha detto nulla ed evidentemente neanche a te, Harry sono preoccupato, l'altro giorno sono passato per casa sua con la scusa di salutare Cassie e ho controllato: ogni cosa che gli apparteneva è sparita. E' sparito lui, e temo che non tornerà.-
-Perchè non dovrebbe? Insomma, lui studia qui... Il padre ha per caso rotto con Dani?-
-Non ne ho idea, io sto provando a chiamarlo da giorni ma il telefono è sempre staccato. Dobbiamo fare qualcosa.-
Harry rimase di nuovo qualche attimo in silenzio con le sopracciglia aggrottate.
-Credi abbia bisogno di aiuto?-
-Ho paura abbia abbandonato il college, e ricominciato a fare quelle strane cose. Sono preoccupato, non voglio faccia stupidate.-
-Bhe, una settimana non è il periodo più lungo in ciu è stato via.. Per lo più adesso c'è Cassie da lui, mi sembrerebbe assurdo che la abbandoni così..-
-Sai che è capace di farlo.-
-Allora ho solo una soluzione.-


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Capitolo 13
*** .-13 ***


Zayn appoggiò il borsone pesante per terra. La casa sembrava grande il doppio senza mobili, il sottile strato di polvere che rivestiva il pavimento si alzava ad ogni passo che compiva. Ovunque era tapezzato da scatoloni riepemiti delle cose più disparate; piccoli mobili, lampade, vestiti, giochi.. Da uno degli scatoloni spuntava una cornice. Zayn si avvicinò riconoscendola immediatamente. La tolse dallo scatolone e ci soffiò sopra per togliere un po' di quella polvere, la foto era esattamente come la ricordava: presa dall'alto, c'era una grande tovaglia bianca a quadri rossi, su cui sopra giacevano i resti di un picnic e tre figure: una donna longilinea e dai tratti spigolosi ed orientali, un caldo sorriso e degli occhi rassicuranti, un uomo anche lui di origini pakistane possente ed autoritario, e al centro, un piccolo bambino di sei anni, con degli occhi da tigre e un sorrisetto furbo. Erano felici, allora. Zayn passò il dito dove il vetro della cornice era ammaccato. Sentì qualche cristallo del vetro entrargli nelle dita, ma non se ne curò, anzi fece più pressione sul punto in cui era rotto. Lasciò una scia di sangue che usciva dal polpastrello, senza neanche accorgersene, sui volti del padre e della madre. Quella foto era tutto quello che avrebbe potuto avere, ma che non avrebbe mai avuto.
-Zayn, sei tu?-
Velocemente il ragazzo ripose la cornice al suo posto e si leccò il dito per farlo smettere di sanguinare.
-Si papà sono io.-
-Ho bisogno del tuo aiuto!-
Raggiunse David nella stanza accanto, l'uomo era impegnato a trascinare giù per le scale uno degli scatoloni.
-Questo è troppo pesante, lo trasportiamo in due?-
Acconsentì in silenzio sollevando lo scatolone da un lato, e con suo padre lo sistemò nel camion dei traslochi.
-Ancora un paio e abiamo finito, sei contento?-
L'uomo diede una pacca sulla spalla di Zayn che gli sorrise amareggiato di rimando, anche se era già alla fine della rampa di scale e non poteva vederlo.
-Non sai quanto..- mormorò raggiungendolo.
-Questi due li porto io, questo invece va buttato, fallo tu figliolo.- 
Gli venne passato lo scatolone dove si trovava la cornice, e adesso che era completamente aperto Zayn riusciva a scorgere altre foto e vari ricordi di famiglia; la vecchia vita di David, quella che voleva lasciarsi alle spalle.
-No.-
-Come scusa?-
-Non butterai gli unici ricordi della mamma, questo me lo tengo io.-
Zayn non osava ammettere obiezioni e per facilitare le cose lasciò il padre nell'attico in cui avevano vissuto quegli ultimi anni solo loro due, aspettandolo nel camion dei traslochi per trasferirsi una volta e per tutte alla nuova casa, con la nuova compagna del padre. O, sarebbe megio dire, una delle due. Il breve tragitto per le strade di Londra fu silenzioso e teso, Zayn aveva fatto un duro affronto al padre che cercava di scrollarsi di dosso la sua vecchia vita in ogni modo. 'Ma come puoi volerti liberare da tutti questi oggetti, inutili e insignificanti oggetti, per dimenticare quel che è stato, quando ci sono io con te che ti seguo ovunque? Io, la prova più evidente, il ricordo più imperituro e permanente, come un tatuaggio, e quindi la tua insoddisfazione più palese? Come puoi volermi ancora con me?' Zayn avrebbe voluto fargli questa e altre mille domande che gli ronzavano per la testa, ma non aveva il coraggio di aprire bocca. Suo padre lo terrorizzava, solo lui ci riusciva in quel modo, era un terrore profondo e puro che andava al di là di ogni cosa. No, non poteva fargli quelle domande, e se lui lo voleva ancora con sè, allora gli andava bene così. Lo accettava senza se e senza ma. L'unica cosa che non avrebbe mai fatto sarebbe stata liberarsi degli unici, pochi ricordi che aveva di sua madre.
Parcheggiarono nel vialetto del palazzo che fiancheggiava un grande parco, tipico londinese. A Zayn mancava San Diego, gli mancavano i suoi amici, il bel tempo.. Gli mancava Cassie. L'aveva abbandonata senza alcun preavviso, non le aveva detto nulla, ma era meglio così. Già non sapeva se spiegarle la situazione, poi ci si era messo in mezzo anche il fatto che aveva perso la memoria.. Certo, un lato positivo c'era: adesso poteva averla tutta per sè, anche se sapeva che da un momento all'altro sarebbe finito, ma era l'unico modo in cui avrebbe potuto averla vicina per un po'. Lei in realtà lo odiava, mentre lui aveva sempre desiderato le sue labbra, i suoi fianchi, le sue mani; l'occasione che gli si era prostrata davanti era ideale, e non poteva non afferrarla. Prima o poi si sarebbe ricordata tutto, e allora lui avrebbe ricominciato a vivere. Tanto il sentimento che provava per lei era passeggero, ininfluente, di circostanza. Niente di duraturo o di cui non poteva fare a meno. Uscì dalla macchina trasportando due scatoloni sotto ogni braccio, salì la rampa di scale e bussò alla porta con la fronte.
-Chi è?- chiese una voce infatile.
-Zayn!- rispose allegro il ragazzo.
La bambina aprì la porta saltandogli contenta al collo mentre urlava il suo nome. Era felice di rivederla, la adorava tantissimo, l'unico motivo probabilmente per cui andava ancora a Londra. Tranne qualche affare che doveva concludere, ma quello era un altro discorso. Poggiò frettolosamente i due scatoloni per terra per poi concentrarsi del tutto sulla bimba, abbracciandola forte e facendole fare dei giri in aria, poi la poggiò per terra. Le sorrise osservandola di sfuggita; gli ricordava così tanto la sorella, i lineamenti, il sorriso, gli occhi. No, gli occhi no, quelli di Cassie erano irrimpiazzabili.
-Non vedevo l'ora di rivederti!-
-Anche io, Abbey. Anche io.-
 
Il rumore insistente del campanello fece sussultare Cassie. Velocemente si risciacquò dai residui di shampoo per uscire dalla doccia avvolgendosi in un morbido accappatoio e avviarsi verso la porta d'entrata. Si accese in lei la folle speranza che potesse essere Zayn, era da davvero un sacco che mancava a casa, aveva perso il conto dei giorni. Dallo spioncino vide due teste deformate, erano Liam e Harry. Aprì con un sospiro mentre si tamponava i capelli con un asciugamano urlando:
-Sono il salotto!-
Venne raggiunta dopo poco dai due ragazzi che si incantarono qualche secondo a fissarle il corpo, evidenziato dal laccio dell'accappatoio stretto attorno alla vita. I due si lanciarono un preoccupato sguardo d'intesa, così Liam cacciò un sacchetto dello Starbucks da dietro la schiena.
-Servizio in camera signorina, le abbiamo portato la colazione!-
La prima reazione di Cassie non fu proprio quella che si aspettavano; fece una facci alquanto riluttante, spense il phon con cui si stava asciugando i capelli passando lo sguardo dall'uno all'altro con aria sospettosa. Era in evidente disagio, afferrò il pacchetto dalle mani di Liam con poca convinzione aprendolo. Inspirò con aria palesemente bramosa la folata di profumo di cioccolato che le arrivò in faccia, ma prima che fosse troppo tardi e si sarebbe lasciata indurre in tentazione lo richiuse rapidamente e lo gettò sul tavolo, riaccendendo il phon. 
-Che fai, non lo mangi?- domandò innocentemente Harry sedendosi sul divano.
Liam lo imitò appoggiando i piedi sul tavolino basso di vetro davanti a lui e accendendo la televisione.
-Magari dopo, adesso non ho fame.-
-Dai Cas, stai sbavando da mezz'ora su quel muffin! Dagli un morso!-
-Quando ho finito di asciugarmi i capelli.- 
Rispose poco convinta, poi cercò di spostare l'attenzione su qualcos'altro.
-Allora, a cosa devo l'onore? E' da un bel po' che non vi vedo.-
Liam tolse i piedi dal tavolino appoggiando gli avambracci sulle ginocchia. Fissò intensamente Cassie per poi dirle, schiarendosi la voce:
-Ormai sono già due settimane e mezzo che Zayn non si fa vivo, e Harry ed io avevamo deciso che se si sarebbe assentato troppo a lungo saremmo andati da lui. E' sicuramente a Londra, sappiamo dove cercarlo, abbiamo il volo tra due ore ed eravamo un attimo passati a dirtelo prima di andare, ci sembrava giusto.-
-Vengo con voi.-
-No, tu non puoi venire.-
-Perché?-
-Perché no, Cassie sul serio non devi azzardarti a venire, riporteremo Zayn da te. E adesso mangia quel muffin.-
Liam la guardò di ghiaccio, non si era comportato mai con nessuno così ma le circostanze lo richiedevano.
-Buon viaggio.- sussurrò la ragazza aspramente prima di salire le scale, lasciandoli lì da soli, a mangiarsi unghie, dita e mani.
 
Cassie era seduta per terra con la schiena contro la porta, con i capelli ancora umidi che le pendevano davanti al viso e l'accappatoio mezzo slacciato. Era andata a rintanarsi lì, dopo aver sentito Harry e Liam uscire sbattendola forte. Avrebbe voluto urlargli di aspettarla, di non andarsene, li avrebbe potuti pregare in ginocchio, ma non lo fece. Si passò le mani tra i capelli appoggiandole sul capo, con i gomiti sulle ginocchia, sospirando. La frustrazione era arrivata ad un livello tale da non poter essere più sopportata; i due ragazzi erano oramai partiti da qualche ora, e lei non aveva fatto altro che vagare per la casa come uno zombie, alzandosi e risedendosi da sotto la porta d'ingresso. Tutto in lei si era paralizzato, fermato come un orologioa cui tolgono le batteria repentinamente. E tutto andava troppo veloce, lei non riusciva a stare al passo con le cose che stavano succcedendo attorno a lei alla velocità della luce che non sembravano avessero la minima intenzione di aspettarla. Era stanca, era distrutta. Ma dovevea fare qualcosa. Era arrivato il momento di fare qualcosa. Probabilmente quello che la spinse ad alzarsi, vestirsi e fare quel che avrebbe fatto in seguito fu Zayn. Di certo avevano contribuito anche la curiosità di tornare a Londra per vedere se lì poteva recuperare pezzi della sua memoria, la solita attrazione nei confronti del viaggio e il tremendo senso di abbandono che provava in quel periodo. Voleva delle spiegazioni da Zayn, non le andava bene che era scomparso così da un momento all'altro. Avrebbe trovato prima Harry e Liam e poi sarebbe giunta a lui, voleva chiarimenti immediati. Ma soprattutto, voleva un suo bacio. Il suo tocco.
 
Sarebbe partita all'alba del giorno dopo, da sola. Non avrebbe detto nulla a nessuno. Lo avrebbe trovato. Qualcosa le diceva che in quel ragazzo che non conosceva aveva tutte le risposte. Aveva sete della sua pelle.

OK NE SONO CONSAPEVOLE, NON AVETE CAPITO UN CAZZO! Ma non temete, pian piano tutti i nodi giungono al pettine :D stay tuned!
 
 

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Capitolo 14
*** .-14 ***


-Cazzo Harry, cazzo! Porca di quella troia!-
Liam aveva accostato la macchina fittata all'aeroporto vicino ad una casa, nel cui giardino era infilato un paletto che la dichiarava in vendita.
-Che succede?- domandò distrattamente il riccio senza staccarsi dal cellulare.
-Guarda se ci riesci idiota.-
Harry diede un'ultima controllatina al display che bloccò un attimo dopo, per poi alzare e sgranare gli occhi.
-Merda.- fu tutto quello che gli uscì dalla bocca. 
I due passarono un bel po' di tempo in silenzio a fissare il vuoto davanti a sè, ancora parcheggiati di fronte alla vecchia casa di Zayn. Volevano entrambi dire qualcosa, ma prima avrebbero voluto inventarsi qualcosa di sensato da dire, o più che altro da fare. Erano arrivati fino a Londra solo per trovare quella bella sorpresa? Perché la casa di Zayn era in vendita? C'era qualcosa che non andava. Liam sentì qualcuno battere contro il finestrino chiuso così si svegliò dai suoi sogni e si trovò davanti un uomo sorridente e chiatto. Era in giacca e cravatta, una cravatta viola a pois colorati, pochi capelli tirati all'indietro con quintali di gel e denti gialli come limoni. Liam abbassò di pochissimo il finestrino. 
-Mi dica.-
-Siete interessati alla casa per caso?- rise sguaiatamente a quella che riteneva fosse una battuta, ma i due ragazzi che lo guardavano stralunati lo fecero subito ricomporre.
-No, in realtà eravamo qui per...- voleva incominciare Harry, ma fu subito fermato dalla voce nasale dell'uomo che incominciò ad elogiare la villetta. Solo allora Liam notò che aveva delle cartelline in mano, doveva essere un'agente immobiliare. Così fermò Harry che stava iniziando a fare questioni col tipo che voleva per forza fargli fare un giro perlustrativo della casa dicendo:
-Certo, entriamo con piacere a dare un'occhiata.-
 
-Ebbene, questa era la cucina. Abbiamo finito signori.- annunciò soddisfatto l'agente che si era presentato come Jonathan.
Harry non aveva fatto altro che lanciare occhiatacce a Liam per tutto il tempo, non capiva davvero perché l'amico l'avesse costretto a far finta di essere interessati a quella casa dove erano già stati milioni di volte. Era così strano rivederla completamente vuota, senza mobili nè il solito disordino che Zayn soleva mettere in giro.
-E' davvero molto carina, ci penseremo su- che cazzo diceva ? -Ma Jonathan, perché i precedenti proprietari hanno venduto la casa? Davvero non ne capisco il motivo, è adorabile.-
Jonathan guardò lusingato l'altro e robusto ragazzo che aveva di fronte col naso all'insù, prima di rispondere:
-Mi pare che siano andati a vivere tutti insieme con la nuova compagna del proprietario.. Ah, l'amore.- sospirò alzando gli occhi al cielo.
-E dove vive?-
-Non so se posso darti queste informazioni caro..-
-Dai, è solo per vedere se ci sono case migliori lì. Altrimenti perché avrebbero cambiato?-
Bingo.
-Vai a controllare con i tuoi stessi occhi ragazzino, non trovi migliori case di quelle che vendo io e si da il caso siano tutte in quest'isolato!-
-Bene, allora fammi constatare con i miei occhi.-
Harry stentava a trattenere una risata, certe volte il suo amico era davvero un mago.
-John Adam Street 40.- sputò indignato.
-Grazie, e a presto!- esclamò Liam alzando la mano, trascinandosi dietro l'amico esaltato.
-Sei un fottuto genio!- gli urlò schiacciandogli il cinque. Liam rise.
-Forza, andiamo a riprenderci Zayn.-
 
L'aeroporto, il freddo pungente che ti invadeva appena uscivi, la stazione di taxi a pochi passi di lì e il McDonald's subito dietro l'angolo. Essì, Cassie si ricordava di tutte quelle cose. Come se non se ne fosse mai andata. Come se non avesse avuto un'amnesia. Davvero non riusciva a capire in base a cosa in certi punti della sua vita, anche recenti, avesse dei barlumi di luce, mentre in altri non individuava assolutamente niente. Qualche minuto prima in aereo pensava a questa Londra; chissà com'era, si diceva. Non avrebbe mai pensato che una volta messo piede fuori l'aeoroporto, tutto le sarebbe tornato come una ventata d'aria fresca, spazzando via le foglie secche che giacevano sulla memoria, rinfrescandola. Adesso ricordava tutto, le sebrava assurdo persino aver dimenticato.
-Dove la porto signorina?-
Cassie rimase qualche secondo immobile. E adesso? Dove la doveva portare? Fanculo, da qualche parte doveva pur iniziare. Si sarebbe fatta portare a casa di sua madre. Gli disse l'indirizzo e lui sfrecciò tra il traffico londinese in silenzio, sembrava non accorgersi di quello che nel frattempo stava succedendo nel corpo e nella mente della ragazza. Aveva tutto in subbuglio, non riusciva a capire nulla di quello che stava facendo. E soprattutto del perché. Insomma, in fondo Zayn chi era? Il suo fidanzato, se così si poteva chiamare, scomparso senza lasciare traccia, ma non per quello doveva andare all'altro capo del mondo per cercarlo, anche perché non sapeva se si trovasse in quella città. In ogni caso, la prima cosa che avrebbe fatto una volta arrivata sarebbe stata chiamare Harry e Liam. Era sicura che loro due fossero lì nei dintorni, e sapevano qualcosa da cui la volevano tenere distante. Ma lei avrebbe scoperto cos'era. Il taxi parcheggiò davanti un palazzo sul marrone chiaro, rovinato dal tempo e dalla continua pioggia e freddo. Diede i soldi che spettavano e il tassista partì in un nano secondo, lasciandola da sola con la valigia in mano sul bordo del marciapiede. Osservava la casa, quella dove era cresciuta, dove aveva passato il periodo peggiore della sua vita, e da cui poi era scappata, senza dar conto a nulla e nessuno, un po' come Zayn. Se la ricordava, eccome se se la ricordava. Prese coraggio facendo un profondo respiro entrando per il portone aperto. Sentiva delle urla provenire da fuori, erano dei bambini che giocavano infantilmente con la palla. Era quasi tentata di fuggire indietro e di chiedere se la accogliessero a giocare con loro, rimanere lì fino a sera e poi tornare da qualcuno che l'avrebbe aspettata con la cena fumante in tavola, magari anche con un ginocchio sbucciato. Tutte cose che non aveva mai avuto. Mentre saliva l'ultima rampa di scale che la separava dal suo terrore più grande, ebbe un flash-back: proprio in quel punto, rivide quella notte, quella notte orribile: ricordò il terrore che ebbe nel vedere sua madre tornare completamente incosciente a casa, di come aprendo la porta per portare fuori la spazzatura la trovò accasciata sulle scale quasi svenuta, mentre diceva cose incomprensibili e ridacchiava tra sè e sè. Ricordò di come buttò all'aria il grosso sacco nero per correre in suo soccorso, facendola alzare con delicatezza, poggiare il braccio sulla sua spalla e farle salire cautamente gli ultimi gradini che rimanevano. Ricordò di come cercava di non scoppiare in lacrime da un momento all'altro, della sensazione di nausea e svenimento che provò finchè non la mise a letto come una bambina bisognosa di cure. Ricordò anche l'ultima parte, la più dolorosa di quella serata, uno di quei ricordi per cui un'amnesia l'avresti accolta più che volentieri. Tutto salì insieme, all'improvviso, e Cassie si abbattè nello stesso identico punto e nello stesso identico modo di sua madre ormai più di un anno prima, quando prese la decisione di abbandonare quella vita una volta per tutte. Quella sera, mezz'ora dopo che aveva lasciato sua madre nel letto, questa le andò incontro sbraitando le cose più assurde:
Dal "puttana", al "sei la più grande delusione della mia vita", continuando così per peggiorare. Poi, lanciandole un tacco sul fianco e picchiandola sulla gamba con l'altro, urlò un discorso completamente insensato su quanto la odiasse. E che aveva un nuovo compagno, che la rendeva felice, si chiamava David e presto si sarebbe trasferito da loro. La picchiava, e piangeva, e rideva, accompagnata dal rumore degli schiaffi che Cassie non sentiva che come un leggero tocco. Quella sera non aveva sentito altro che le parole della madre; certo, non era stata la prima volta che la insultava in quel modo, ma non erano mai state più dure, più sincere. Quando la madre si stancò di tutte quelle attenzioni rivolte alla figlia andò ad accovacciarsi sotto il tavolo della cucina delirando, e fu quella l'ultima volta che Cassie la vide. La porta semichiusa e un borsone in cui aveva gettato tutta la sua roba appesa a un braccio, col sangue che le colava dal ginocchio non sbucciato per un gioco infantile ma ferito dalla persona che l'infanzia gliel'aveva strappata via con i denti e con le unghie, quasi la ricercasse per sè; era in quello stato quando la guardò per l'ultima volta, sotto il tavolo a ciondolare con le braccia che abbracciavano le gambe, gli occhi spalancati e la bocca che sbavava. Una pazza. Era semplicemente una pazza.
Cassie si alzò di scatto asciugandosi in fretta qualche lacrima che le era scesa per la guancia, in preda alla vergogna, anche se non c'era nessuno lì a guardarla. Si sistemò i capelli e fece gli ultimi gradini della scala, ripensando alla puzza di alcool che aveva invaso le sue narici mentre sosteneva la madre barcollante. Chissà com'era diventata. Se era cambiata. Sentì delle risate provenire dall'altro lato della porta; era Abbey. All'improvviso le apparirono di fronte tutte le notti che aveva passato in quella casa di sottecchi, per prendere soldi, ma soprattutto per andare a trovare la sorellina. Era così piccola, poteva ancora diventare tutto. E sua madre avrebbe reso nulla anche lei. Convinta e motivata dalla risata cristallina che proveniva dall'interno bussò alla porta.
-Un momento!- esclamò una voce conosciuta. Stai delirando Cassie, adesso basta. Non è lui. Non era la sua voce, non è..
-Zayn.-

Ebbene si, qui non si chiarisce ancora nulla di tutto questo casino che si è venuto a creare, ma si apre uno spiraglio sul passato difficile di Cassie, che da come potete notare sta iniziando a ricordare con sempre più facilità. Arriverà presto il giorno del giudizio per Zayn? Possiamo solo aspettare per scoprirlo... E continuare a leggere, ma soprattutto recensire! A 5 recensioni pubblico il nuovo, ce l'ho già sfornato!! Un bacione, grazie sempre a tutte <3


Vi consiglio vivamente di leggere la ff di questa mia amica, è davvero bellissima scrive da dio:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1151569&i=1

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Capitolo 15
*** .-15 ***


Non credeva ai suoi occhi; stava avendo le allucinazioni? Cassie era lí, sulla soglia della porta. Aveva pronunciato il suo nome. Zayn non era riuscito a muoversi, il corpo era preso da una paralisi e non riusciva a liberarsene. Forse era per la sorpresa, o forse per la felicitá di vederla cosí inaspettatamente; forse era per la sua bellezza che lo lasciava senza fiato,  o per il semplice fatto che lei fosse lí. Non lo sapeva, tutto quello che avrebbe voluto fare era stringerla forte a sé, ma al contrario rimase incantato con la mano sulla porta. Il volto di Cassie lasciava trasparire visibilmente che era in attesa di qualcosa e lui sapeva perché, ma non sapeva come dargliela, anche se solo lui poteva farlo. Visto che nessuno dei due si muoveva a fare qualcosa, la ragazza poggió prima delicatamente e poi con forza la mano sul suo torace per poi spingerlo veementemente di lato senza degnarlo piú di uno sguardo, adesso non aveva tempo di occuparsi anche di Zayn; se avrebbe voluto spiegare, l’avrebbe fatto. Dopo quello che era successo a due metri fuori di lí pochi minuti prima, tutto le era sembrato molto meno grave e urgente; in realtá non capiva neanche il motivo del perché fosse andata a Londra, era stata solo una stupida. La solita istintiva che si fa prendere dalla sensazione del momento, “Non te l’hanno mai detto che le persone cosí sopravvivono poco sulla terra?” si ostinava ad urlarle sempre sua madre. Ed aveva ragione. Non ebbe il tempo di chiedersi perché Zayn si trovasse in quel luogo, che qualcuno dall’angolo del salotto strilló:
-CAAAAAAAAAAASSIEEEEEEEEEEEEEEEE!!-
Prima che se ne potesse accorgere qualcosa si fiondó di peso su di lei e delle esili braccine le cinsero le gambe, Cassie sapeva chi era e non aspettava altro. Si inginocchió per trovarsi faccia a faccia con la sua adorata sorellina, Abbey. Come aveva potuto lasciarla? Con che coraggio lo aveva fatto? Era schiava di se stessa, dei ragazzi che non riusciva ad abbandonare, mentre locosa che riusciva facilmente a fare con la sua piccola e innocente Abbey. Quella bambina aveva bisogno di lei, di qualcuno che la capisse come solo Cassie avrebbe saputo fare e che la sostenesse come loro madre non aveva mai fatto con entrambe. La guardó un attimo nei suoi occhioni blu per poi stringerla in un abbraccio inteso e accogliente, e per quanto ci provó era sicura di non riuscire a trasmetterle con quel semplice gesto tutto quello che avrebbe voluto dirle sentiva, per cui non esistono parole.
-Non ti lasceró mai piú. Lo prometto.- le sussurró all’orecchio accarezzandole i capelli.
-Mi sei mancata cosí tanto.- rispose semplicemente la bambina continuando a tenerla forte. Strusció il viso sulla spalla di Cassie, che se la sentí umida. Anche alla ragazza inizió a pizzicare il naso ma non avrebbe pianto; doveva dimostrarsi forte, ora piú che mai. Si sciolsero dall’abbraccio e Abbey le fece fare un giro per la loro casa, era tutto come se lo ricordava se non per una camera... O per meglio dire, la sua camera... Lí solevano esserci poster attaccati ad un muro rosa, un letto da bambina, ma era tutto cambiato e spostato, adesso era uno studio.
-Abbey ma la mia camera?-
-Oh Cassie si vede che manchi da tanto, questo adesso é lo studio di David.- ridacchió. Evidentemente il nuovo compagno le andava a genio, era un buon segno.
-E la mamma?- le chiese mentre tornavano in salotto, senza mollarle la manina
-Torna domani sera, il nuovo lavoro la fa stare via molto spesso..-
-Nuovo lavoro? Mamma ha un lavoro? E in che cosa consisterebbe?-
-Fa l’assistente odontiatrica e oggi voleva fare gli straordinari per comprarmi i pattini.-
Cassie accennó ad un sorriso nel sentire la sorellina storpiare la difficile parola.
-Odontoiatrica..- ripeté fra sé e sé. Sembrava aver messo la testa a posto.. Tutte le notti insonni nel sentirla piangere, urlare, gettare vetri e piatti contro il muro, quando tappava le orecchie ad Abbey quando era ancora molto piccola, quando doveva aiutarla perché era troppo ubriaca o imbottita di medicinali anche solo per aprire gli occhi, le innumerevoli volte che aveva chiamato l’ospedale, tutti gli insulti che aveva sorbito negli anni, la disperazione nel sentirsi impotente nell’avere di fronte la donna che l’aveva creata totalmente distrutta... Abbey non l’avrebbe vissuto? La loro madre era davvero serena adesso? Stentava quasi a crederci.
-Principessa, é ora di andare all’asilo.-
Zayn, appena uscito dalla doccia, le raggiunse sul divano mentre guardavano una soap-opera e Abbey svuotava una scodella di gelato enorme. Ovviamente si rivolgea alla bambina ma non riusciva a staccare gli occhi da Cassie, che da quando era arrivata quel pomeriggio aveva totalmente ignorato la sua esistenza. Stava accovacciata con il plaid sulle gambe, le mani che giocavano con la collana e l’attenzone completamente impuntata sulla televisione che doveva trasmettere qualcosa di davvero interessante perché ne sembrava totalmente presa, con quel suo sorrisetto arrogante e sincero e lo sguardo accattivante. Non era bella, o attraente; era un qualcosa di diafano, lo stomaco gli si contorceva ogni volta che vedeva il suo corpo, impalpabile. Alzó per un fratto di secondo gli occhi taglienti e saccenti su di lui, e delineó la bocca in una curva derisoria, e a Zayn andó tutto in tilt. “Principessa?” penso ironica tra sé e sé.
-Arrivo, ma non chiamarmi piú cosí.- sbuffó sua sorella spostandosi il plaid di dosso. Sorrise sinceramente stavolta, non stava crescendo poi tanto male. Prese la cartella dalla sua stanza e uscí di casa non prima di aver schioccato un sonoro bacio sulla guancia di Cassie che le urló dietro:
-Ci vediamo a cena!-
Zayn seguí la bimbetta trotterellante, ma rimase qualche attimo sulla soglia della porta voltandosi a guardare la ragazza rimasta sul divano. Gli appariva indifesa e forte, dai lineamenti dolci e marcati allo stesso tempo. Voleva dirle qualcosa, di quanto gli dispiaceva, o di quanto fosse tutto cosí fottutamente complicato, o una qualunque altra cosa, basta che le avrebbe detto qualcosa. Aprí bocca, lei lo fissava profondamente, come una gatta. Zayn non ce la fece, e sparí nebbiosamente chiudendo con delicatezza la porta dietro di sé.
 
Al suo ritorno Cassie era stesa sul divano, dormiva. La guancia era compressa contro il bracciolo del divano e il labbro inferiore le usciva fuori, assomigliava ad Abbey. Il respiro era leggero come le palpebre, che sembravano potessero aprirsi da un momento all’altro. Zayn non si sfiló neanche la giacca, se poteva approfittare di un momento non poteva essere che quello; si sedette cautamente sul divano e rimase a fissarla. Perché non era come le altre ragazze? Cos’aveva che lo attirava di piú, oltre ad una mente astuta ma prostrata? Incoscientemente mosse la mano verso il suo braccio, sfiorandoglielo impercettibilmente. Sei cosí perfetta Cassie, non ti avró mai. Chissá chi ti avrá davvero. Forse mai nessuno. Non ti hai neanche tu. In quel momento la ragazza sobbalzó e facendo un profondo respiro aprí gli occhi. Zayn si era alzato di scatto e la guardava spaventato.
-Ah, sei tu.- disse rigirandosi nella coperta e dandogli le spalle. Rimase qualche minuto cosí, facendo finta di essersi riaddormentata, ma entrambi sapevano che non era cosí. Zayn si risedette di slancio sul divano, poggiandole una mano sulla. Aveva biosogno di un qualunque tipo di contatto con lei, ne aveva un bisogno disperato
-Cassie.. Io ti devo parlare. Devo spiegarti quello che sta succedendo.-
Era davvero deciso a farlo? La ragazza si giró dall’altro lato e impuntó i suoi occhi in quelli color caramello di lui che trattenne il respiro. Non gli rispose, non fece che guardarlo insistentemente con quegli occhioni azzurri che parlavano da sé. La bació. Decisamente non era la cosa piú giusta da fare ma soprattutto quello che doveva fare, ma non gli importava. Tutto quel che esisteva erano le labbra, la lingua di Cassie, con cui faceva un gioco lento ed insinuoso. Erano complici, lo erano stati fin dal primo momento che si erano visti. Si nascondevano sentimenti, fatti, ma erano pienamente complici di qualcosa di più grande di cui neanche loro erano a conoscenza, e ogni volta che lui ne dubitava bastava un bacio per tornare ad avere quella sicurezza. Le mani andarono bramose sotto la maglietta di Cassie che non oppose resistenza, anzi affondó le sue nei capelli di Zayn spingendo la nuca verso di lei. E qualcuno bussó alla porta.

Bene, perdonati errori grammaticali ho il fatto che questo capitolo sia una vera merda, perché non ho avuto neanche il tempo di rileggerlo,perdonatemi. Detto questo, spero vi piaccia ugualmente :D Ovviamente se volete che vi segua su twitter, o legga una vostra storia, saró piú che contenta di farlo!! A 5 recensioni il prossimo capitolo :) notte dolcezze


Vi consiglio vivamente di leggere la ff di questa mia amica, è davvero bellissima scrive da dio:
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Capitolo 16
*** .-16 ***


Ragazze, scusate per la vita che ho fatto passare prima di aggiornare ma quest'estate mi è capitato di tutto!! Spero vi piaccia e che nonostante la distanza di un bel po' di tempo continuate a seguire la storia, ora incomincierò a postare nuovamente con più regolarità. Se non ho almeno 5 recensione niente capitolo 17 :D ! Bacioni spero vivamente vi piaccia x

 
La terra gira, e su di essa sembrano incastrate come calamite milioni di minuscole ed insignificanti pedine. Avvicinandosi a qualcosa questa prende forma, e senso, che forma e senso non ha per un qualunque essere vivente che si trova magari anche solo qualche metro più avanti, ignaro della sua esistenza; ad esempio la signora che sta tornando a casa con cinque buste della spesa non può neanche immaginarsi che all'interno del grande palazzo grigio per dove sta passando ci sono quattro ragazzi seduti (anche se stando un po' stretti) su un divano: un ragazzo con la giacca addosso che sembra nel procinto di uscire di casa, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia aperte e le mani congiunte in dita intrecciate e la testa bassa; uno riccio che si guarda intorno piccatamente; un altro serio che passa lo sguardo dall'uno all'altro, di cui nessuno sa reggere lo sguardo; e per ultima una ragazza, a gambe incrociate avvolta da un plaid, incurante degli altri tre. 
-Beh insomma, mi spiegate che diamine ci fate tutti qui?-
-Diavolo Zayn ce lo chiedi pure, sei scomparso per settimane senza preavviso nè facendoti sentire!-
-Già, eravamo davvero preoccupati.-
-Sto bene e l'avete visto, adesso potete andare.-
Nessuno dei quattro si mosse dal divano a dispetto delle parole appena proferite dal ragazzo mulatto, che ogni tanto lanciava un'occhiata fulminea alla ragazza al suo lato opposto, che non sembrava minimamente ricambiare. Avrebbe voluto cacciare gli altri due per rimanere da solo con lei, semplicemente anche per stare tre ore a guardarla negli occhi tenendole la mano. Parlare era sempre stato così difficile per lui, anche si ci sono miliardi di parole atte proprio a manifestare quello che abbiamo dentro.
-Amico, finchè non ci dici che succede noi di qui non ci schiodiamo.-
Quando il ragazzo riccio pronunciò quelle parole, Zayn vide Cassie alzare lo sguardo su di lui. Nei suoi occhi leggeva una preghiera velata che gli fece capire che anche lei era lì per lo stesso motivo dei suoi due amici, ma non riuscì neanche a reggerlo. 
-Non succede niente! Niente di niente! Andetevene cazzo, e se volete rimanere non sarò io ad ospitarvi!-
Detto questo si alzò furente dal divano, e si incamminò a passi pesanti verso quella che prima era la stanza di Cassie sbattendo violentemente la porta una volta entrato. Per qualche minuto il silenzio invase la casa, i tre sul divano non mossero un muscolo se non per guardare il ragazzo allontanarsi in preda ad una crisi, o almeno per quanto riguardava Harry e Liam. Cassie rimase a fissare diritto davanti a sè il muro, impassibile, con la coperta che le pendeva dalle ginocchia e strascicava per terra. Inaspettatamente la porta si riaprì con lo stesso furore con cui era stata chiusa, e con quello stesso furore Zayn raggiunse e si fermò a poca distanza dalla ragazza, che continuava ad ignorare la sua presenza. Zayn non ci pensò due volte e con una forza quasi violenta che non avrebbe mai usato su Cassie la prese stretta per un braccio, strattonandolo in modo da farla alzare e trascinandola con sè tornando nella stanza.
 
Cassie cercò veentemente di liberarsi dalla presa di Zayn appena la porta si chiuse dietro di loro, ma ovviamente la sua debolezza fisica non poteva competere con la forza inaudita dell'altro; appena lui però si rese conto del gesto talmente sbagliato e inopportuno e la rabbia di lei nei suoi confronti, allentò immediatamente la pressione delle dita sulla carne, che nel momento in cui fu sciolta dalla morsa si allontanò "vertiginosamente" andandosi a sedere sulla sedia della scrivania. Gli occhi di Zayn erano rivolti sulle sue mani, aveva fatto tante cose con esse ma mai avrebbe pensato di usarle nella stessa maniera in cui lo avevano fatto tutti i ragazzi di Cassie prima di lui. Certo non aveva fatto niente di che, ma già solo aver pensato di esserle superiore e di poterla controllare in quel modo lo spaventava. Lui pensava di poter essere la sua ancora... E invece si era rivelato come tutti gli altri, anche a se stesso. Cassie teneva le gambe incrociate sulla sedia mentre si rigirava l'orecchino, lo guardava insistentemente. Lei non aveva paura di lui, poteva farle tutto quel che voleva, l'aveva già uccisa.
-Colpiscimi.-
-Che cosa?-
-Colpiscimi.-
Zayn alzò gli occhi imputandoli spaventato in quelli di Cassie.
-Dai che aspetti, fallo! Colpiscimi! COLPISCIMI!-
La ragazza si alzò come una furia avventandosi su Zayn, continuava ad urlare di colpirla e sferrava deboli pugni sul possente petto del ragazzo, che in quel momento avrebbe fatto tutt'altro che colpirla.
-Fammi sentire qualcosa! Voglio sentire qualcosa!-
Continuava a gridare tra le lacrime e i singhiozzi, sotto gli occhi impotenti di Zayn che prima indietreggiava e ora le aveva impugnato i polsi, bloccandola nell'istante in cui aveva lasciato perdere il torace di lui e aveva iniziato a schiaffeggiarsi il viso. Si dimenava, urlava di lasciarla stare, di voler sentire qualcosa.
-E VA BENE, VUOI SENTIRE QUALCOSA?!-
Rispose Zayn esasperato, non sapeva se era la cosa giusta da fare ma la fece: attirò a sè Cassie tirandola per i polsi che ormai si erano arresi in quel combattimento senza senso, appoggiò la fronte su quella di lei per guardarla qualche secondo negli occhi, quegli occhi da gatta, poi delicatamente sfiorò le labbra con le sue. Provò, anche se era terribilmente diffcile contenersi, a darle un bacio lento e delicato, qualcosa che non le aveva mai dato. Si staccò per darle dei baci lungo la mascella, ma quando sentì tutto il corpo scosso da veri e propri singhiozzi si interruppe immediatamente. Prese il viso di Cassie tra le mani, i pollici sulle guance bagnate in un inutile tentativo di asciugare le lacrime. Le teneva le testa alta ma la ragazza abbassava ostinatamente lo sguardo. 
-Cassie, guardami.- fece in un sussurro, ma lei non aveva intenzione di fare nulla del genere. 
-Guardami.-
Fece un impercettibile cenno con la testa che lui però "notò" subito, che stava per no. Era così testarda.
-Per favore..-
Pregò in tono flebile. Dopo qualche secondo lei impuntò gli occhi stavolta limpidi e aperti in quelli tristi di Zayn, che accolsero l'azzurro glaciale e tutto quello racchiuso in esso, per poi abbracciarla di slancio, stringendola forte a sè.
-Piangi, piangi davvero Cas.. Libera quel che hai dentro, io sono qui per i tuoi veri sentimenti, non per quei pochi falsi che mostri alla gente.. Io sono qui per te.-
A quelle ultime cinque parole, Cassie non capì più nulla, perse totalmente il controllo su tutto e le lacrime iniziarono a uscire con scosse vere e proprie e gemiti di liberazione forse, non lo sapeva neanche lei.
-Zayn..- mormorò impercettibilmente tra le lacrime.
-Dimmi.- le sussurrò lui all'orecchio.
-Ricordo tutto.- riuscì solo ad emettere con sforzo e timore prima di ricominciare a piangere senza veli. Zayn pietrificò e l'ansia lo percorse da capo a piedi, ma lei continuava ad aggrapparsi flebilmente alla sua felpa percossa da singhiozzi e lui non smise un secondo di stringerla forte a sè.
-Sono qui per te.-
 
Nel frattempo Harry e Liam erano rimasti sul divano, avevano sentito le urla della ragazza ma avevano saggiamente deciso di rimanerne fuori, ogni tanto si scambiavano uno sguardo preccupato senza proferire parole ma sapevano che Zayn avrebbe fatto la cosa giusto. Conoscevano l'amico, sapevano quanto ci tenesse a Cassie ancora prima di averlo scoperto lui stesso. I due ragazzi dovevano risolvere la cosa da soli.
-Io direi che possiamo andare.- enunciò Liam deciso.
-Ma...-
-Dobbiamo Harry, hanno bisogno di tempo, e soprattutto di stare da soli. Andiamo all'hotel, sono sicuro che quando Zayn saà pronto verrà lui da noi.-
Harry annuì poco convinto alzandosi, seguito dall'amico che raccolto lo zaino chiuse piano la porta dietro sè.

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Capitolo 17
*** .-17 ***


Cassie aprì gli occhi sentendo la porta aprirsi e una luce accendersi. Era già sveglia da un bel po', ma non aveva il coraggio di alzarsi. Nessuno rispose, ma il letto affondò di un bel po' sotto un peso. Sentiva la sua presenza, il suo profumo, era lui. Richiuse gli occhi ma non riusciva a tenerli così, le tremavano le parlpebre, quindi li abbassò il più possibile sperando che sembrassero chiusi. 
-Hey..-
Ignorò deliberatamente il fatto che Zayn si fosse accorto che era sveglia, proseguendo con la recita.
-Cas, so che sei sveglia.. Dobbiamo parlare.-
Cassie alzò gli occhi senza guardarlo, rigirandosi nel letto e coprendo il volto con le coperte. Era sull'orlo di un esaurimento nervoso. Zayn le aveva mentito, l'aveva trattata come uno straccio, l'aveva usata e si era approfittato di lei per i suoi loschi scopi. Eppure non riusciva ad odiarlo.
-Non voglio parlare con te.-
-E invece devi.-
-Non dirmi cosa devo o non devo fare.- scandì inviperita.
Ci stava provando, con tutte le forze, ma tutto quello che desiderava era che Zayn si stendesse accanto a lei e la stringesse forte, ripetendole quelle parole.. "Sono qui per te."
Non poteva parlare con lui, avrebbe ceduto, sarebbe stata debole. E lei non era debole, non davanti agli altri, non davanti a Zayn. Sentì la sua mano poggiarsi sulla schiena, a quel contatto pietrificò e trattenne per qualche secondo il respiro. Si rigirò dall'altro lato in modo da scrollarsi la mano del ragazzo di dosso, ma non lo fece con quell'intento: aveva solo bisogno di guardarlo negli occhi. E nel momento in cui i loro sguardi si incontrarono, si dimenticò di quello che le aveva fatto, non voleva avere spiegazioni, le bastava lui. Avrebbe voluto dire qualcosa ma non osava interrompere quel momento che sarebbe potuto durare per anni se fosse stato per lei, ma fu qualcos'altro a spezzare "l'armonia".
-SONO A CAAAAAASAA!-
Quelle tre parole che invasera ogni stanza della casa arrivarono con qualche secondo di ritardo alle orecchie di Cassie, per cui in quel momento esistevano esclusivamente gli occhi di Zayn. Lui però distolse lo sguardo portandolo verso la porta chiusa e sì sentì sbattere violentemente quella principale. Un tacchettio fastidioso e pesante fece tremare il parquet, facendosi sempre più vicino. A quel punto, Cassie agghiacciò. Non riusciva a ragionare, a muoversi, e il panico si impossessò del suo debole corpo. Non questo, non ora, non così... Pregò perdutamente che non fosse vero, che fosse tutto un incubo, che si era sognata quella voce esaltata e che quella che era appena entrata non era sua madre. Non poteva essere così, sarebbe dovuta tornare l'indomani! Ma tutta la sua inquietudine fu confermata e triplicata nel momento in cui i passi erano ormai vicini.
-C'è qualcuno? Zayn?-
Il ragazzo tacque, intuendo il forte disagio di Cassie e poggiandole una mano sul ginocchio, prima o poi sarebbe stato lei a trovarlo. I passi si fecero sempre più vicino e si fermarono davanti alla porta, esattamente nel momento in cui il cuore saltò in gola alla ragazza che chiuse gli occhi. Non voleva assistere al momento in cui la porta si sarebbe aperta e la sua ossessione più infima si sarebbe presentata lì, di fronte a lei, cosa che stava accadendo realmente.
-Oh eccoti, pensavo non ci fosse nessuno!- esclamò contenta entrando definitivamente nella stanza -Ma sei in compagnia.. Scusa vi lascio la vostra privacy.-
Stava per chiudere la porta e dileguarsi a fare quaalche servizio in casa, quando realizzò quello che aveva appena visto: sua figlia. Riaprì la porta a rallentatore, con le mani tremanti, e rimase lì impalata. Cassie aprì gli occhi e la guardò. Eccola, era lì. In tutto quel tempo si era quasi dimenticata di come fosse fatta, era diventata un ricordo, una figura smorzata che non aveva più forma nè consistenza, non era più una persona ma era diventata una stereotipo ideale basato su reminescenze ormai sfocate. Quando la vide lì, in carne e ossa, come non si ricordava neanche più fosse possibile, tutti i sentimenti di rancore e astio furono spazzati via, come una folata d'aria fresca, e si sentiva finalmente libera. L'unico impulso che aveva fu quello di abbracciarla, l'ostilità che si era portata dietro per tutto quel tempo fu rimpiazzata dalla nostalgia e dal semplice fatto che davanti ai suoi occhi aveva un donna sofferente, che era riuscita a cambiare. Lo vide dal primo momento in cui la guard negli occhi, sua madre non era più la stessa. Scostò impacciatamente la coperta per alzarsi e buttarsi intimorita tra le braccia della madre, che non esitò due volte ad accoglierla con calore. Rimasero un'eternità legate in quell'abbraccio, donandosi tutto il bene che in quel tempo, o forse mai, erano riuscite a darsi. Cassie ebbe l'impulso di piangere ma lo trattenne, non poteva fare cose peggiore in quel momento, ma Donnie non la pensò allo stesso modo: lacrime amare incominciarono a bagnarle la felpa all'altezza della spalla, inzuppandogliela in poco tempo. Zayn guardò raggiante e allo stesso tempo un po' spaesato la scena da seduto sul letto. Si icantò a fissare il viso di Cassie affondato nell'incavo del collo della madre, intravedendo solo gli occhi, stracolmi di ogni emozione come non li aveva mai visti. Non poteva desiderare di più per quella ragazza, se non essere al posto della donna che l'aveva messa al mondo; in quel preciso istante come mai prima di allora avrebeb voluto stringerla forte a sè, e farle sapere che avrebbe fatto di tutto per lei. Ma rimase lì, a osservare la scena, riflettendo di quanto sarebbe stata infelice la sua vita da quel momento in poi, perché lui non avrebbe mai avuto il cuore di Cassie.
 
Zayn rigirava il piatto di pasta che aveva di fronte a sè con la forchetta tra i pensiera, mentre sentiva di sottofondo come un brusio lontano Cassie, Abbey e Donnie parlare allegramente di tutto quel che era successo nell'ultimo periodo. Dopo il loro incontro lui era andato a prendere la bambina lasciando le due da sole, a chiarire e a riparlare di tutto quello che era successo in passato, ma lui non aveva ancora avuto occasione di fare lo stesso con Cassie. Ogni tanto le lanciava un'occhiata ma lei non lo degnava neanche di uno sguardo, occupata a chiacchierare con la madre e la sorellina. Insomma, era anche comprensibile, che cosa pretendeva. Dopo tutto quell oche le aveva fatto, il minimo era che non lo guardasse più in faccia. Era già fortunato che gli aveva sorriso quando era rincasato quella sera, probabilmente solo perché era tornata Abbey. Ma lui non si sarebbe arreso, poteva cascare il mondo, ma lui le avrebbe parlato. E in fretta, perché l'indomani sarebbe tornato suo padre. E allora le cose sarebbero precipitate... Aveva già fatto troppi casini, ora era arrivata l'ora di essere sinceri con l'unica persona che per lui esisteva, e aveva un vero valore. La osservò mentre si alzava, mentre prendeva i piatti, mentre si incamminava verso la cucina e mentre apriva il rubinetto per sciacquare i piatti; tutto in quella ragazza esprime perfezione, o almeno per lui. Lanciò di sfuggita un'occhiata alle due femmine rimaste ancora al tavolo che lo guardavano incuriosite, poi prese coraggio e si alzò. Poso il piatto ancora pieno sull credenza, e si pose accanto a Cassie che si accorse di quel che fece ma continuò tranquilla a lavare i piatti come se nulla fosse.
-Vieni con me di là.-
Nessuna risposta.
-Cassie, ora.-
Il suo tono non ammetteva obiezioni, e per qualche secondo si pentì di come aveva pronunciato quelle parole, nella paura di essere stato troppo duro. Con sua grande sorpresa Cassie chiuse l'acqua, si asciugò le mani e gli scagliò uno sguardo eloquente, al quale lui si sentì lacerare i polmoni. Poi si incamminò verso la sua stanza, e lui la seguì senza pensarci due volte. Sapeva bene che era la sua unica occasione, e non avrebbe dovuto sprecarla per alcun motivo al mondo.

Capitolo corto e di transizione, ma entro domani o dopodomani publiccherò il prossimo se ho almeno 7 recensioni, quindi per chi mi segue, anche se siete poche, vi conviene far scrivere qualche recensione da qualcuno perché io il capitolo già l'ho pronto eheh! Da come vedete le cose per Cassie sembrano iniziare ad andare per il verso giusto, ma rimangono ancora molte cose in sospeso, specialmente con Zayn... Come andrà a finire??  Stay Tuned! Baci x

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