Fall in love with an angel

di roza_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo anno ***
Capitolo 2: *** Il ragazzo nuovo ***
Capitolo 3: *** Addio Lucy ***
Capitolo 4: *** Il diario di Annabelle ***



Capitolo 1
*** Un nuovo anno ***


Un nuovo anno


Il tempo stava cambiando, le giornate erano sempre più cupe e c'era qualcosa di sinistro e spaventoso in quei lampi che squarciavano il cielo. Come al solito ero nel mio salotto sulla mia poltrona blu marino proprio accanto alla finestra; amavo accoccolarmici e leggere un buon libro in compagnia di Nicia, il mio certosino dagli occhi azzurri. Quella sera il tempo era particolarmente burrascoso e Nicia non smetteva di soffiare contro la finestra ma alla fine, dopo qualche ora di lettura, mi addormentai in poltrona.                                                                                                                                                              All'improvviso mi ritrovai in uno spazio indefinito, nero e senza vie di fuga. Mi misi a correre, correvo e correvo ma non riuscivo a scappare da quel vuoto, mi mancava l'aria e sapevo che se fossi rimasta ancora in quel vuoto sarei impazzita. Improvvisamente mi ritrovai a correre in mezzo ad un prato, mi fermai. In mezzo a quella distesa di verde priva di fiori c'era un ragazzo dall'aria spaventosa, appena lo vidi il mio cuore sussultò e iniziai a tremare. Era come se un vento gelido mi avesse attraversato le ossa. Provai il terrore più assoluto. Sotto quel terrore però c'era qualcos'altro, sentivo che stavo nascondendo qualcosa a me stessa, sentivo una strana euforia nel vederlo e quando si avvicinò mi sentii salire i brividi lungo la schiena. Non era umano. Qualcuno capace di infondere quelle sensazioni non poteva essere umano. Il ragazzo si avvicinava sempre di più, ricominciai a correre, mi mancava l'aria, non riuscivo a respirare, ogni muscolo del mio corpo voleva fermarsi e arrendersi al terrore.
Mi svegliai tutta sudata. Nicia si era accoccolata sulle mie gambe e mi stava facendo le fusa, la presi con delicatezza mi alzai e la rimisi sulla poltrona. I miei genitori erano entrambi morti e mia sorella viveva all'estero, ero da sola a casa ed ero anche in ritardo per andare a scuola! Mi vestii velocemente presi uno yogurt e andai a prendere la metro. Presa la metro riuscii a trovare un posto e iniziai a mangiare il mio yogurt. Ero arrivata. Dopo lunghi mesi di vacanze l'inferno doveva pur ricominciare. Non ero una ragazza particolarmente socievole, anzi si può anche dire che socializzare con ragazzi della mia età non era nelle mie priorità. Le uniche con cui parlavo erano Zoe e Kate, le conoscevo da quando ero piccola ed erano stata loro a impedirmi di cadere nel baratro dopo la morte dei miei genitori. Zoe era una ragazza solare e allegra, solo a guardare il suo viso di porcellana incorniciato dai quei lunghi capelli biondi e mossi ti metteva allegria, per non parlare dei suoi occhi azzurri  e profondi come un abisso.  Kate era sempre di buon umore, aveva dei capelli lunghissimi lisci e rossi  che con quegli occhi verdi  smeraldo  e quello spruzzo di lentiggini la facevano apparire una ragazza vivace e piena di energia. Loro erano le uniche che mi capissero veramente e le uniche con cui riuscivo a ridere e scherzare senza pensieri.                                                                                                                                                                                 
 "Hey, Vicky  da quanto tempo. Te l'ho detto, quando parte tua sorella mi devi chiamare. Sempre! Allora contenta di ricominciare?"  mi disse Zoe.                                                                                                                                                   Ok. La domanda peggiore che mi potessero fare era proprio quella. Chi sarebbe stato contento di tornare a scuola dopo appena qualche mese dalla morte dei propri genitori? Beh di certo non io. Non in quella vita almeno. Gli risposi con un mugugno soffocato che la fece scoppiare in una fragorosa risata.                                                                                          
Kate invece non si fece problemi, mi saltò letteralmente addosso e rischiammo di cadere per terra. A quel punto anche Zoe si era unita a noi e scoppiammo a ridere. Era dall’incidente dei miei che non ci sentivamo e dopo  mesi ero felicissima di rivederle.                                                                                                                                                         
Era appena suonata la campanella così  ci affrettammo ad andare in classe.                                                                                                   
E così era ricominciata la solita routine di ogni anno.                                                                                           
Dopo scuola andai a casa di Kate, era da un po’ che non entravo in quella casa, la camera era totalmente diversa da come me la ricordavo, l’unico rimasto sempre uguale era Pepe, il gatto di Kate, con i suoi grandi occhi gialli e il musetto tutto rosso che ti guardava con aria dolce. La stanza aveva le pareti ognuna di un colore differente dall’altra: una era verde, una gialla, una azzurra e una lilla. La stanza era tappezzata dai disegni fatti da Kate, sapeva disegnare benissimo ma non aveva mai avuto il coraggio di far vedere i suoi disegni a qualcuno che se ne intendesse. Ci mettemmo per terra sdraiate sull’enorme tappeto beige e iniziammo a chiacchierare e finalmente dopo qualche ora ci decidemmo a studiare un po’. Non le raccontai del sogno e non dissi niente anche a Zoe, non pensavo potesse essere di alcuna importanza il fatto che io avessi fatto un incubo, ormai non erano più così rari come prima. Tornai a casa, mi misi in pigiama e preparai la cena per me e Nicia. Anche quel giorno era brutto tempo, l’acqua non aveva intenzione di fermarsi. Dopo essermi mangiata il mio salutare petto di pollo andai in bagno e mi misi davanti allo specchio. Ero pallida rispetto alle altre ragazze ma quando mi sentivo in imbarazzo le mie guance avvampavano di calore e diventavano tutte rosse, ed essendo timida succedeva spesso. Cercai di legarmi i capelli in uno chignon ma dei riccioli ribelli saltavano fuori, non ci feci caso e mi iniziai a lavare i denti. Nicia come al solito mi aspettava seduta sulla poltrona, così dopo aver finito in bagno mi sedetti e la presi in braccio, mi misi a leggere per un po’ e poi andai a dormire. Fortunatamente non avevo avuto altri incubi quella notte e mi svegliai nell’assoluta tranquillità. Amavo la mia camera, al centro della stanza c’era un enorme letto a baldacchino bianco e accanto la cuccia di Nicia, la luce entrava da ogni punto della stanza; c’erano finestre ovunque e un piccolo balconcino proprio accanto all’armadio dove amavo andare durante l’estate. Dopo essermi alzata feci colazione e mi sbrigai ad andare a scuola, mi feci una lunga treccia e mi misi le prime cose che trovai nell’armadio.                                                                                                                                                                                               Zoe mi era venuta a prendere con il motorino, avevamo sedici anni perciò avevamo preso tutte e tre il patentino ma solo Zoe e Kate avevano il motorino. Arrivate a scuola andammo verso i nostri armadietti, prendemmo le nostre cose e andammo in classe. Alla prima ora avevamo chimica e né io né Kate e tanto meno Zoe, che aveva avuto il debito in chimica, volevamo andare. Dopo due ore di chimica e un’ora di storia finalmente era suonata la campanella. C’era una strana euforia  nell’aria, era successo qualcosa, e noi come al solito non ne sapevamo niente.  Nel corridoio le ragazze sembravano essere totalmente impazzite, ognuna urlava e saltellava in modo esagerato, anche chi di solito era tranquilla e timida e non osava parlare ora sembrava aver perso il senso della ragione. Arrivate alla fine del corridoio capimmo immediatamente il motivo di quell’eccitazione. Un ragazzo alto, riccio, moro e dagli occhi di ghiaccio era proprio davanti a noi, era nuovo ed era veramente bello. Ogni muscolo era sottolineato dalla maglietta nera e aderente che portava e quando si girò verso di me e mi sorrise rimasi pietrificata.

 

 Era il ragazzo del mio incubo.
 
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Il ragazzo nuovo ***


Il ragazzo nuovo

Ero rimasta pietrificata. Non poteva essere veramente lui, doveva essere stato un brutto scherzo della mia fantasia, probabilmente quando sarei uscita dal bagno l’avrei rivisto e avrei capito che non era veramente lui e che invece l’avevo solo immaginato. Lo speravo…O forse no? Ero confusa e in preda al panico e Kate e Zoe l’avevano capito subito.                                                                                                                                                                         “Si può sapere che ti prende? Perché sei scappata via in quel modo?” mi disse Kate                                                                                                                                                        
 “Sei pazza.” Si limitò a dirmi Zoe. Il problema era che l’aveva detto con una faccia talmente seria che gli iniziai a credere. Decisi di raccontare del sogno a Zoe e Kate e di quanto mi avesse messo paura quel  ragazzo . Zoe smise di guardarmi come se fossi pazza e mi iniziò a ripetere che era stata solo una coincidenza e che dopo quello che avevo passato era normale che facessi questi sogni...bizzarri!

Uscimmo dal bagno e tornammo a lezione. Fortunatamente non lo incontrai per il resto della giornata, ero certa che se l’avessi rivisto avrei iniziato a urlare e probabilmente mi avrebbero seriamente presa per matta.                                     

Tornai finalmente a casa accolta dalle dolci fusa di Nicia. Mi addormentai presto e la mattina arrivai a scuola prima del solito. Quel giorno Kate e Zoe non sarebbero venute, Zoe si era ammalata la sera prima e Kate non aveva studiato assolutamente nulla per il compito di matematica. Stavo andando verso il mio armadietto mentre mandavo un messaggio a Zoe per chiederle se stava meglio. In meno di cinque secondi mi ritrovai a sbattere contro due spalle enormi e tutto ciò che avevo nella borsa mi cadde a terra. Mi chinai subito per riprendere le mie cose, e, solo quando il ragazzo contro cui ero andata mi  aiutò,  alzai il volto e vidi che era Lui.                                                                                                          
Diventai tutta rossa e mi fermai a guardarlo incredula.                                                                                                                            
“Sai, dovresti fare più attenzione quando cammini o potresti  farti male. Io sono Adrian, sono nuovo in questa scuola.” mi disse con un sorriso spaventosamente attraente quanto inquietante. Mi aveva teso la mano e ovviamente stava aspettando che facessi qualcosa.
La sua voce mi irritava, sembrava quasi si stesse divertendo a vedermi in difficoltà. Gli strinsi la mano con fare disinvolto gli dissi il mio nome e me ne andai in tutta fretta. Quando mi voltai aveva un sorriso accennato sul volto, dopo che svoltai l’angolo del corridoio mi appoggiai al muro e iniziai a ridere da sola come una sciocca mentre gli altri ragazzi si affrettavano a tornare in classe. Avevo appena conosciuto il ragazzo dei miei sogni! Già detto così sembrava abbastanza buffo.
Tornai in classe e la giornata proseguì normalmente. Ovviamente appena tornata a casa chiamai Kate e Zoe per raccontargli tutto, mangiai e andai subito a dormire.
Poche settimane dopo l’inizio della scuola iniziarono finalmente i corsi alternativi: erano dei corsi basati su argomenti particolari come poesia, fotografia, scultura, miti e leggende e altre materie molto particolari e interessanti. Io mi ero iscritta al corso di miti e leggende , mia madre fin da piccola mi raccontava leggende sugli angeli e sulla perenne battaglia tra angeli del bene e del male dicendomi che la nostra famiglia da generazioni custodiva importanti segreti e che un giorno anche io ne avrei parlato anche a mia figlia.  Arrivata in classe per la prima lezione tutti i posti erano occupati, l’unico posto libero era all’ultimo banco dove un ragazzo moro era intento a scrivere nome e cognome su ogni quaderno, poco dopo mi accorsi che era Adrian, mi affrettai e mi sedetti. Adrian si accorse di me e  mi fece un sorriso accogliente.

“Ciao.” Mi disse.                                                                                                                                                                                                               
“Ciao.”  Risposi timidamente.                                                                                                                                                                                                             
“E così stiamo nello stesso corso, e siamo anche compagni di banco ora.”  Mi disse con un sorriso che mi fece scogliere.                                                                                                                                                                                                “Già”                                                                                                                                                                                                                               
Era  appena arrivato il professore, così mi tirai indietro i capelli e iniziai ad ascoltare. Finita la lezione ci disse che avremo dovuto fare una ricerca insieme al compagno di banco su un particolare argomento di nostro interesse riguardante leggende e fiabe popolari. Rimasi scioccata per qualche secondo, avrei dovuto fare una ricerca con Adrian e questo avrebbe voluto dire che ci saremo dovuti vedere anche dopo la scuola.                                                                                             

Usciti dalla classe Adrian venne verso di me.                                                                                                                               
“Scusa Vicky, per la ricerca come ci vogliamo organizzare? Per te andrebbe bene vederci questo Sabato? Magari pranziamo insieme e poi andiamo nella biblioteca che hanno aperto da poco in Via dei Rubini.”                                    

“Credo di si, cioè si. Ma..emh..a che ora ci vediamo?”                                                                                                             
“All’una davanti a scuola?”                                                                                                                                                                       
“Si va benissimo, allora a Sabato.” Gli sorrisi e mi girai, notai che Zoe e Kate erano proprio lì accanto, probabilmente avevano appena finito il loro corso di scultura e avendo sentito solo la parte finale del discorso ero certa che stessero pensando a tutt’altro che a un’uscita per una ricerca.                                                                                                               

“Dobbiamo fare una ricerca!” Mi giustificai.                                                                                                                                                               
“Già una ricerca…come no!” Dissero all’unisono e scoppiarono a ridere.                                                                                         
Sabato arrivò in fretta e io iniziai ad andare nel panico. Quella mattina mi ero già fatta la doccia almeno tre volte e avevo lasciato Nicia senza cibo che prontamente aveva iniziato a miagolare in segno di protesta. Per vestirmi ci fu il finimondo, non sapevo cosa mettere, essendo Settembre faceva ancora molto caldo quindi optai per un paio di pantaloncini di jeans una canotta grigia e le converse nere. Mi legai i capelli in una lunga treccia e mi misi appena un po’ di burro cacao. Andai in camera mia e mi misi il mio ciondolo portafortuna. Era un regalo di mia madre, aveva la forma di una chiave con delle ali, su queste c’era incisa una frase in latino “ Questa è la chiave per accedere alla mia anima.”  Da quando mia madre era morta la portavo sempre con me, solo la notte la toglievo e la mettevo sul comodino. Nicia ne aveva una uguale come ciondolo del collare solo che sulla sua c’era scritto “Questa è la chiave per chiudere la mia anima.” Non ne avevo mai capito fino in fondo il significato, probabilmente faceva parte di un altro dei tanti oggetti di mia madre legati al mondo degli angeli. Comunque presi la borsa e uscii. Arrivata davanti a scuola lo vidi subito, aveva dei jeans stretti e una maglietta  grigia con sopra una giacca di pelle nera e i capelli che si arruffavano con il vento. Si girò verso di me e mi rivolse il suo solito sorriso che faceva sciogliere il mondo intero. Si avvicinò a me e mi salutò. Proprio in quel momento mi accorsi che il gruppo delle sue fan sfegatate ci stava guardando e che probabilmente ora mi avrebbero odiate per sempre; lui neanche ci fece caso, mi guardò dritto negli occhi e mi chiese deciso “Allora, per te va bene mangiare a Mc Donald?” Probabilmente avevo appena fatto un sorriso da ebete perché il suo sorriso si allargò. “Oh sarebbe stupendo, è da una vita che non ci vado!” Andammo a mangiare e dopo esserci rimpilzati di schifezze ci dirigemmo verso la biblioteca. “Su cosa vogliamo fare la ricerca? C’è qualche argomento in particolare che ti piace?” Mi chiese.                                                                                                                                      

“In effetti ci sarebbe un argomento che mi interessa molto, sai mia madre mi parla di leggende sugli angeli da quando sono molto piccola e ora che non c’è più a raccontarmi quelle storie stupende, vorrei risentirle vicino a me in qualche modo.” Avevo gli occhi lucidi, parlare di mia madre mi costava un grande sforzo, ero molto affezionata a lei e in un giorno un uomo ubriaco era riuscito a portar via da quel mondo orribile l’unico raggio di sole. Adrian mi guardò con uno sguardo malizioso. “Angeli eh?! Interessante, guarda caso sono molto preparato in materia, ma sappi che se facciamo una ricerca sugli angeli allora dobbiamo vedere anche il lato più oscuro, dobbiamo andare a scovare ogni piccolo dettaglio tra bene e male.” Lo guardai con un sorriso accennato. “Già quella era l’idea.”  Ci mettemmo subito al lavoro e trovammo delle cose davvero interessanti: secondo la leggenda infatti esistevano delle persone chiamate i Puri che avevano la capacità di purificare l’anima. Si  diceva che qualora un angelo del male si fosse innamorato di un Puro avrebbe avuto la possibilità di diventare un essere umano oppure di diventare un angelo del bene a seconda della volontà del Puro. Ormai le persone che avevano queste capacità erano poche e si nascondevano per non essere riconosciute, gli angeli del male per evitare che uno di loro diventasse un angelo del bene avevano sterminato migliaia di umani e tolto molte vite. I poteri degli angeli del male erano comunque limitati, non potevano nuocere a nessuno direttamente ma potevano alimentare la parte più oscura di un essere umano e fargli avere il sopravvento. Essi si nascondevano sotto forma umana e provocano terribili avvenimenti.                                                                                    

Adrian sembrava divertirsi leggendo queste notizie e io sinceramente non ne capivo il motivo. Dopo qualche ora mi fece una domanda insolita, mi chiese cosa pensassi riguardo agli angeli del male.                                                                                     

“Bhè di certo non mi piacciono, come potrebbero piacermi degli esseri così crudeli da fare in modo che la gente si odi e si uccida. E’ sbagliato e contro natura. E’ ciò che mi diceva sempre mia madre, gli angeli del male sono sbagliati, sono creature orribili e spaventose e per proteggersi da questi bisogna sempre pensare al positivo, anche quando le cose sembrano andare per il peggio.” Mi stava guardando affascinato e sempre con lo stesso sguardo malizioso di quando gli avevo detto di voler fare la ricerca sugli angeli.                                                                                                                                           “Io credo invece che siano creature geniali e incomprese” Mi rispose con un sorriso che mi fece venire i brividi. Avevamo finalmente finito la ricerca, stavamo tornando a casa. Adrian mi accompagnò fino al ciglio della porta. “E così è qui che abiti.” Mi disse.                                                                                                                                                                                                           

“Già.” Risposi e iniziai a giocherellare con le chiavi di casa.                                                                                                                       
 “Senti, oggi mi sono divertito. Stare in tua compagnia mi mette energia e poi mi interessano le tue teorie sul bene e sul male, voglio dire, non sono in molte le ragazze interessate a questo tipo di argomento. Bhè ecco mi chiedevo se magari ti andasse qualche volta di…” Non gli feci neanche finire la frase.                                                                                                              

 “Mi piacerebbe molto!” Gli dissi tutto d’un fiato. All’improvviso sentii Nicia soffiare da dietro la porta. Scoppiai a ridere. “Scusa ma ora devo andare prima che Nicia inizi a grattare la porta! E’ stato piacevole passare la giornata con te, ci si vede a scuola…ciao.” Aprii casa, presi Nicia tra le braccia e iniziai a saltare ovunque. Chiamai Zoe e Kate contemporaneamente che, per farsi raccontare ogni minimo dettaglio, vennero a dormire a casa mia. Era una strana sensazione, non vedevo l’ora di tornare a scuola e qualcosa mi diceva che era per lui, proprio lui che mi aveva tanto spaventata in quell’incubo.                                                                                 
 

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Capitolo 3
*** Addio Lucy ***


 
Addio Lucy
Ero uscita con Adrian di nuovo, questa volta però eravamo andati al cinema e ci eravamo divertiti molto, il culmine dell’uscita però era stato alla fine quando per salutarmi mi aveva dato un bacio sulla guancia e mi aveva abbracciato. Il Lunedì dopo ero più euforica che mai e non vedevo l’ora di andare al corso di mito e leggenda che purtroppo si svolgeva una sola volta a settimana. Arrivata in classe caddi a faccia a terra, qualcuno mi aveva fatto uno sgambetto. Era stata una delle ragazze che mi avevano guardato malissimo la volta che ero uscita con Adrian per fare la ricerca. Mi alzai e andai a sedermi al mio posto. Trovai Adrian che si stava sbellicando dalle risate, la mia faccia però lo fece smettere subito, ero stata abbastanza umiliata e non c’era bisogno che si mettesse a ridere anche lui. “Hey capita a tutti, stai tranquilla, piuttosto ti sei fatta male? Hai dato proprio una bella botta eh?! Possibile che non sai guardare dove cammini?” Mi disse con voce divertita. Lo guardai nel peggiore dei modi e gli dissi “Non sono semplicemente caduta, una tizia del tuo fan-club mi ha fatto lo sgambetto!” A quel punto si avvicinò a me e mi sussurrò nell’orecchio “E’ tutta invidia, lasciale stare.” Mi sentii morire, l’aveva detto con una voce così sensuale che stentavo a respirare. Finite le lezioni mi stavo avviando per andare con Kate e Zoe, ero andata a salutare Adrian ma cambiai subito idea quando vidi che stava parlando con la ragazza che mi aveva fatto lo sgambetto e un’altra; da quello che avevo capito quella dello sgambetto si chiamava Tanya e l’altra ragazza Lucy, si stavano guardando con odio litigandosi le attenzioni di Adrian, così evitai di mettermi in mezzo e me ne andai a casa di Zoe. Arrivati da Zoe mi ricordai di aver lasciato tutti gli appunti e i quaderni nell’armadietto così tornai a scuola insieme a Kate che ci aveva appena raggiunte. Mentre andavo verso gli armadietti mi imbattei in Adrian, il suo sguardo era severo mi fece un cenno con la testa e se ne andò, ci rimasi veramente male. Avevo sete così prima di andarmene andai in bagno, entrai e vidi per terra acqua ovunque e pezzi di specchio rotto, mi avvicinai di più. Avrei voluto non averlo mai visto.
 Iniziai ad urlare, urlai e urlai ancora, il pavimento girava sotto i miei piedi, urlai fino allo sfinimento. Kate mi raggiunse correndo e appena vide il motivo per cui stavo urlando iniziò a piangere si mise per terra e continuò a piangere. Per terra c’era Lucy, la ragazza che stava parlando a scuola con Adrian, stesa a terra con un pezzo di specchio infilzato nello stomaco, accanto a lei un misto di acqua e sangue. Aveva la bocca aperta così come gli occhi, ed era pallida e ormai priva di vita. Sul muro sopra il suo corpo c’era una scritta  con il sangue…”Brilla, brilla piccola puttana, ma lo sai che ora morirai.” Rimasi pietrificata, chi mai avrebbe potuto fare una cosa del genere?                                                                           
Nel frattempo erano arrivati alcuni professori che avevano prontamente chiamato la polizia, presero delicatamente Kate che ormai era accucciata a terra e tremava. Si accorsero di me e della scritta sul muro solo quando iniziai ad urlare e a piangere, mi presero e mi portarono in infermeria insieme a Kate per controllare che non ci fossimo tagliate con i pezzi dello specchio. La polizia arrivò qualche minuto dopo, ci chiesero cosa fosse successo e come avevamo trovato il corpo. Kate era ancora troppo sconvolta, così iniziai a raccontare tra i singhiozzi di come l’avessimo trovata dopo essere tornate a scuola per prendere delle cose che avevamo dimenticato. Quella sera andammo tutte a dormire da Kate, tutta la sera passò piangendo e singhiozzando, ne avevamo bisogno, dovevamo sfogarci in un qualsiasi modo. Pochi giorni dopo ci fu il funerale, ogni ragazzo della scuola era pronto a dare sostegno ai genitori di Lucy, non era mai successa una cosa del genere nella nostra scuola e ci aveva colto alla sprovvista. Tornati a scuola eravamo tutti devastati.
Sabato mi dovevo vedere con Adrian per andare ad un parco giochi aperto da poco, gli dissi che visto ciò che era appena successo non avevo molta voglia di andare al parco giochi, così optammo per un gelato e una passeggiata sulla spiaggia. Mi venne a prendere alle nove, aveva una strana aria di soddisfazione, in effetti era uno dei pochi a cui non aveva fatto alcun effetto la morte di Lucy e sinceramente non mi spiegavo come potesse mostrare indifferenza. Io al contrario ero devastata, ero più pallida del solito e avevo delle occhiaie enormi, la notte non riuscivo a dormire e facevo incubi di continuo, vedendo di nuovo la scena di Lucy sdraiata per terra piena di sangue. Adrian se ne accorse subito.                                         
“Vicky ma che hai? Hai un aspetto orribile, sembra che non dormi da settimane.” Gli feci un sorriso accennato, lo guardai negli occhi e a quel punto gli buttai le braccia al collo e scoppiai a piangere. Rimase abbastanza sbalordito, probabilmente non se lo aspettava, mi abbracciò forte e dopo essermi asciugata le lacrime ci avviammo per la gelateria dietro l’angolo.                                                                                                                                                                                          
Ultimamente avevo notato che Adrian era sempre distaccato con gli altri, si divertiva quando litigavano, persino quella volta che Lucy e Tanya si stavano guardando con odio e stavano discutendo accesamente per lui, aveva uno sguardo tra il divertito e l’affascinato. Quando stava con me però cambiava, mi sembrava diventare più dolce. L’unica volta che mi aveva trattato male era stato poco prima di trovare Lucy. Non mi aveva neanche salutata, a mala pena mi aveva fatto un cenno con la testa e se ne era andato in tutta fretta.                                                                                                                      
Arrivammo nella gelateria, mi presi un gelato grandissimo al pistacchio e alla nocciola, con mia sorpresa Adrian prese cocco e pesca, non so perché ma non mi dava affatto l’idea di uno da “cocco e pesca”! Ok probabilmente stavo delirando. Facemmo una passeggiata sulla spiaggia, faceva freddo e come una sciocca mi ero portata solo un maglioncino leggerissimo e sotto avevo solo una canottiera perciò stavo congelando. Adrian si girò verso di me e mi posò la sua giacca sulle spalle. Ci sedemmo su una panchina e finimmo lì il gelato, senza parlare, bastava stargli vicino, ormai non facevo più caso a quella sensazione di oscurità che percepivo all’inizio, ancora prima di conoscerci. Mi riaccompagnai a casa, mentre camminavamo lui stava leggermente più avanti e io stavo guardando per terra così non mi accorsi che si era fermato e gli andai contro proprio mentre si stava girando. Mi ritrovai a due centimetri dalla sua bocca, avevo il respiro affannato per la troppa vicinanza. Ma fu proprio allora che iniziai a sentire una voce urlare nella mia testa, non era la mia voce, era la voce di qualcun altro, urlava e urlava e non riuscivo a farla smettere, mi allontanai da Adrian e la voce smise. Bene avevo una specie di allarme se mi avvicinavo anche solo minimamente ad un ragazzo, questo sì che era rassicurante! Tornai a casa. Solo poco prima di andare a dormire mi accorsi che il mio ciondolo stava brillando. Nicia mi venne vicino e notai che anche la sua chiave brillava, corsi in camera dei miei genitori, era da quando erano morti che non ci entravo, dall’armadio si vedeva una luce. La chiave iniziò ad alzarsi in volo e a strattonarmi verso l’armadio, aprii l’armadio e lo vidi. Era lo scrigno segreto di mia madre.

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Capitolo 4
*** Il diario di Annabelle ***


Il diario di Annabelle

Lo scrigno era in legno, su di esso c'erano delle incisioni che formavano l'immagine di una bellissima farfalla colorata poi a mano di rosso, sotto alla farfalla erano state incise due lettere: "A.J."

Erano le iniziali di mia madre, si chiamava Annabelle Jackross, era molto diversa da me, non solo nell'aspetto, ma anche nel carattere. Mia madre aveva la pelle candida e dei lunghi capelli dorati che le scendevano giù fino all'ombellico, gli occhi erano del mio stesso colore e, proprio come i miei, erano grandi e innocenti come quelli di un cerbiatto. Annabelle era solare e sempre aperta a parlare con tutti, gentile e premurosa anche con chi non se lo meritava. Mi salirono le lacrime agli occhi, pensare così tanto a lei mi faceva male al cuore. Feci un respiro profondo e tentai di aprire lo scrigno con la chiave che avevo al collo....inutile! Non si voleva aprire. Presi Nicia tra le braccia e finalmente mi ricordai della chiave che aveva appesa al collare. Provai con quella e questa volta fui più fortunata, lo scrigno si aprì e l'aria si riempì dell'odore di pesca. L'interno dello scrigno era a fiori, colorato e armonioso. Al suo interno trovai un petalo di rosa rossa, un bigliettino ripiegato, delle erbe raccolte con un laccio, un fermaglio verde smeraldo e una spilla raffigurante la stessa farfalla intagliata sullo scrigno. Presi il bigliettino tra le mani e lo aprii. Il foglio era colorato di viola e sapeva di lavanda, In alto a destra c’era scritto “ A Vicky, con amore la tua mamma.” Era una lettera indirizzata a me.

“Cara Vicky, se stai leggendo questa lettera probabilmente è perché non ci sono più. So che può essere difficile accettare ciò che stai per scoprire. Ricordati sempre dei tuoi amuleti, ti guideranno e ti renderanno forte. Ti voglio bene piccola mia, non scordarlo mai.”  In fondo alla lettera c’era una nota, era la ninna nanna che mi cantava da piccola. Solo qualche minuto dopo mi accorsi della piccola fessura nello scrigno, vi infilai la mia chiave e uno scompartimento secondario si aprì proprio sotto i miei occhi. Il secondo scompartimento era molto più grande e profondo,  era decorato con degli angeli dipinti a mano e dentro vi trovai un amuleto e un diario dalla fodera rossa di velluto. Presi il diario tra le mani, il velluto era piacevole al tatto e amavo passare il pollice dove erano ormai impresse con l’inchiostro le iniziali di mia madre. Il diario era chiuso da un filo rosso così lo sciolsi e lo aprii. Sulla prima pagina c’era scritto in una calligrafia elegante e armoniosa “Il Diario Di Annabelle Jackross”.

11 Gennaio 1989
Caro diario,
sto preparando le valige, devo fare in fretta, siamo in pericolo e non abbiamo più tempo. Lui sa di mio padre. Se scoprisse che anche mia madre è un “puro” sarebbe la fine per la mia famiglia. Mio padre è morto, l’hanno assassinato e ormai siamo solo io e mia madre. Fino alla scorsa settimana non avrei neanche pensato all’esistenza degli angeli come entità capaci di interagire con noi, voglio dire che è vero che fin da piccola se succedeva qualcosa pregavo gli angeli ma sapere che davvero possono prendere le sembianze di esseri umani e possono spingere le persone a fare cose che da sole non farebbero mai e che vivono in mezzo a noi è tutta un’altra cosa. Spero solo che l’amuleto di pietra di luna di mia madre mi aiuti e mi protegga dagli angeli del male. Ormai il portale è aperto e per loro è sempre più facile servirsi di noi.
Ora devo andare, mamma mi sta aspettando, stiamo andando in Francia per nasconderci.


Le pagine seguenti erano piene di disegni e simboli. Sul fondo della pagina c’erano delle ricette su come creare amuleti o spezie che aiutassero a difendersi dagli angeli. A quanto pareva, da quanto scritto, questi ultimi riuscivano a sentire l’odore dei puri e le erbe servivano a camuffarsi.
Scoppiai a ridere. Mi voleva seriamente dire che facevamo parte di una stirpe di puri e che sarei dovuta stare attenta ogni secondo affinché nessuno mi uccidesse da un momento all’altro? Assurdo. Dopo qualche minuto iniziai a sentirmi male, corsi in bagno e iniziai a vomitare, non fu una scena piacevole…anzi. Decisi di andare a dormire e pensai che fosse meglio pensarci un po’ sopra.

Tutto diventò nero e freddo. Delle figure scure stavano venendo verso di me e mi stavano circondando. Cercai di allontanarmi, di svincolarmi da quella trappola mortale ma non ci fu nulla da fare, mi stavano sempre più vicini e iniziai ad avere veramente paura. Le mie mani sudavano e le mie mani erano gelide, sembrava di stare in Siberia, con la piccola differenza che lì non c’era la neve, solo nero. Un vuoto senza fine e senza inizio, impossibile scappare.

Mi svegliai di soprassalto e mi ritrovai ad urlare, Nicia che stava ai piedi del mio letto si spaventò e scappò in cucina. Mi alzai lentamente, mi misi le pantofole e andai strisciando fino alla cucina. Sembravo uno zombie. Presi, o meglio cercai di prendere, i cereali dal mobile sopra i fornelli e ovviamente mi cascò tutto per terra. Litigai per una decina di minuti con Nicia che tentava di mangiarsi i cereali caduti per terra poi mi vestii e andai a scuola. Riflettei tutto il giorno sulla pagina di diario di mia madre, la calligrafia era la sua la riconoscevo, ma ancora non ero convinta del fatto che l’avesse scritto davvero lei…era così assurdo che era abbastanza difficile crederci. Alla fine mi decisi, presi l’amuleto e me lo misi al collo. Se dovevo essere un “puro” almeno lo dovevo fare per bene e senza farmi uccidere da nessuno. Erano successe cose sufficientemente strane e inquietanti per quell’anno, non volevo che se ne presentassero altre.

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