Hikari no Doroppu

di dragon_queen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio ***
Capitolo 2: *** Il giorno dell'esame ***
Capitolo 3: *** Il nome ***
Capitolo 4: *** Lacrime ***
Capitolo 5: *** Shinigami Delegato: Kimura Yoko ***
Capitolo 6: *** Una nuova vita...e arrivano i problemi!! ***
Capitolo 7: *** Daiki ***
Capitolo 8: *** In pericolo ***
Capitolo 9: *** Qualcosa si muove ***
Capitolo 10: *** Sensazioni ***
Capitolo 11: *** Poteri ***
Capitolo 12: *** Cosa mi hai fatto? ***
Capitolo 13: *** Mai più ***
Capitolo 14: *** In mano al nemico ***
Capitolo 15: *** Hikari no Doroppu ***
Capitolo 16: *** Solo mia ***
Capitolo 17: *** Lui ***
Capitolo 18: *** Fuga ***
Capitolo 19: *** Speranza ***
Capitolo 20: *** Sola ***
Capitolo 21: *** Fine? ***
Capitolo 22: *** Rincontrarsi, che dolce sensazione... ***



Capitolo 1
*** Inizio ***






                                     “Non ricordo quando iniziai a vedere i fantasmi, ma sono sicura che sia accaduto molto tempo fa. Forse il primo che vidi fu proprio quello della mia adorata nonna, un paio di giorni dopo il suo funerale. Avevo quattro o cinque anni, non ricordo bene.

Lei mi si era semplicemente avvicinata, mi aveva accarezzato i capelli castano cioccolato e poi, con un sorriso era scomparsa.

Dagli altri ero considerata strana, eccentrica, insomma, da evitare. Fu per questo motivo che, quando un ubriaco stroncò la mia vita investendomi, nessuno venne a piangere sulla mia tomba, ad eccezione di mio padre. Si, forse era lui l'unico per il quale mi dispiaceva davvero lasciare quello schifo di mondo.

Mentre ancora lo guardavo, rassicurandolo in silenzio che non l'avrei mai abbandonato, un fascio di luce mi attrasse a sé.

Da quel momento, iniziò la mia nuova vita...”




 

NdA E parte così un'altra fan fiction. Stavolta tento di farla su Bleach XD
Fatemi sapere se vi piace.
Saluti Marty

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Capitolo 2
*** Il giorno dell'esame ***


-Ehi Yoko, basta poltrire!!-

La ragazza aprì l'occhio color ametista, poi anche quello blu.

-Doi, possibile che non hai altro da fare se non venire a rompermi le scatole?- biascicò lei, girandosi dall'altra parte.

Quel ragazzo era un rompiscatole, ma era anche ciò che più per lei si avvicinava ad un amico e, anche se a malincuore, doveva ammettere che possedeva una pazienza infinita per sopportarla. Questo pensiero la fece sorridere.

-Oh, scusi "hime", ma come lei ben ricorda, abbiamo l'esame per il diploma. Dall'impressione che daremo, dipenderà il nostro futuro-

Lei si alzò, grattandosi malamente la testa e risistemandosi i lunghi capelli castani.

-Sai, per quanto mi interessa, non parteciperei neanche. Ti ricordo che mi hanno costretto ad entrare in questa cavolo di accademia-

-E di cosa ti lamenti? Sei uno degli elementi più forti qui dentro-

-Non ricordarmelo. Mi fanno già abbastanza pressioni- rispose lei, sconsolata.

Infatti, quasi sei anni prima, poco dopo aver raggiunto la Soul Society, venne notata da alcuni shinigami, i quali percepirono il suo reiatsu fuori dal normale. Informati i responsabili dell'accademia, venne “prelevata” e costretta a frequentare gli anni di studio.

Lei, che pensava che dopo la morte non ci fosse niente se non l'oblio, sperava di poter vivere quell'esistenza in pace, ma non c'era proprio riuscita. Doveva ammettere che per i primi tempi dentro di lei si era scatenato qualcosa di strano, come se una presenza si fosse risvegliata non appena aveva messo piede in quel mondo e ne era rimasta spaventata. All'accademia le avevano insegnato a controllarla e tramutarla in forza combattiva. La sua zampakuto era apparsa prima di quella di chiunque altro, anche se ancora la usava come una semplice spada, o meglio, era quasi giunta a scoprirne il vero nome, ma non il potenziale ultimo.

Prediligeva il corpo a corpo e la lotta con la spada, mentre rifiutava di utilizzare i kidou, anche se anche con quelli non andava male. Diceva che se proprio doveva combattere, non voleva ricorrere ai mezzucci come gli incantesimi.

Quello che li attendeva quel giorno era una sorta di esame. Yoko non aveva nessuna voglia di partecipare. Non ci teneva a finire sotto il comando di uno di quei boriosi capitani.

-Avanti "hime", o faremo tardi-

Perchè quel soprannome ridicolo? Forse perchè scrutava tutti con sufficienza? Ma lei non snobbava, era una sorta di autodifesa, una delle poche cose che si era portata dalla sua vita precedente. Ebbene si, della sua esistenza precedente non ricordava quasi niente, solo dei flash durante i suoi sogni.

Sorrise all'amico.

-D'accordo andiamo. Ma non piangere quando ti avrò pestato ben bene-

 

-Doi, è noioso. Andiamocene- disse la ragazza da uno dei balconi sopra l'arena.

-Ma Yoko, tra poco tocca a noi- si lamentò l'amico.

-E allora? Io...- ma andò a sbattere contro qualcuno.

-Ehi tu!!-

Non appena alzò lo sguardo però si bloccò. Colui contro il quale era andata a sbattere era niente popò di meno che il vicecapitano della sesta compagnia, Abarai Renji.

Yoko si rialzò, il viso rosso come un peperone. Nessuno lo sapeva, ma la ragazza aveva una cotta per quello shinigami da quando l'aveva intravisto per puro caso con il suo capitano che si aggirava per l'accademia un paio di anni prima.

Imbarazzata, fece un profondo inchino di scuse.

-Se non sbaglio voi due dovreste affrontare l'esame. Dove pensavate di andare?-

-Ecco...noi...- prese il ragazzo.

-Noi ci stavamo avviando all'arena. Non volevamo far tardi- rispose nervosa lei e, afferrato per il colletto l'amico, lo trascinò via.

Il rosso guardò per un attimo la ragazza mentre se ne andava, poi, sorridendo, disse:

-Sono curioso di vedere come combatte-

 

La voce del comandante generale risuonò nell'arena, segnando l'inizio dell'ultima sessione d'esame. Doi era una corda di violino. Yoko tentò di distrarlo.

-Dimmi, "baka", in quale compagnia ti piacerebbe entrare?-

Il ragazzo la guardò con i suoi occhi scuri, perplesso. Poi rispose:

-Vorrei entrare nell'undicesima, quella del capitano Zaraki-

-Cosa? Quella sottospecie di ominide che combatterebbe anche con i muri?-

-Con lui avrei la possibilità di diventare forte, in modo da proteggere le persone a cui tengo- arrossì Doi.

Poi rivolse la medesima domanda all'amica. Lei prontamente rispose:

-A dir la verità non ci ho mai pensato. Penso che chiunque mi proponga la propria compagnia, accetterei. Fosse per me, diventerei una sorta di freelance, libera di stare agli ordini di chi voglio e per di più sotto ricompensa-

-Devo ammetterlo, sei veramente fuori dal comune-

Yoko non ebbe il tempo di rispondere. Le porte dell'arena erano state aperte.

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Capitolo 3
*** Il nome ***


Per i primi tre scontri, Yoko non ebbe neanche la necessità di estrarre la sua spada. Si limitava a schivare e stendere gli avversari con un sonoro colpo in qualche punto, come lo stomaco o il collo, in modo da far perdere loro i sensi, ma non provocare danni particolarmente gravi.

In poco più di due incontri era diventata la beniamina del pubblico e non passava certo inosservata agli occhi dei capitani presenti, compreso il comandante generale.

Il vecchio shinigami, nella sua ormai statuaria posizione, osservava attentamente le mosse della giovane e il suo vice era pronto a giurare di aver scorto una sorta di sorriso sotto i suoi candidi baffi.

-Qualcosa la diverte, signore?- chiese allora lo shinigami.

-Speravo da tanto di vedere questo scontro, caro Sasakibe-

-Posso sapere il perchè?-

-Quella ragazza è particolare. In lei è presente un reiatsu misterioso e altrettanto pericoloso. Dovremo tenerla d'occhio-

-Dentro di lei c'è qualcosa. Sarei curioso di vedere cosa- disse la voce del capitano della dodicesima, sempre con quel suo sguardo perverso e sadico.

-La smetta capitano Kurotsuchi. Non stiamo parlando di una delle sue cavie- intervenne allora il capitano della quarta con la sua voce candida e calma.

-Sono sicuro che prima o poi sarà lei a mostrarci di cosa è capace-

 

-Yoko, sei stata fantastica!!- gridò Doi, mentre le correva incontro.

-Grazie. Non credevo che gli studenti di questa accademia fossero così deboli- disse, asciugandosi il sudore con un asciugamano che l'amico le aveva passato.

Poi sorridendo aggiunse:

-Vedo però che anche tu non te la stai cavando male. Mi sa che arriveremo all'ultimo scontro uno contro l'altro-

-Da una parte spero di no- rispose l'amico sorridendo.

-Avanti, sono sicura che mi daresti filo da torcere- e gli tirò un pugno amichevole su una spalla.

-Kimura, tocca a te- disse una voce.

-Bene, il mio prossimo combattimento- sorrise Yoko e salutò l'amico, che poi udì chiamare pochi minuti dopo per il suo incontro.

Quando si presentò nell'arena, ad attenderla stava un tipo poco raccomandabile, probabilmente uno di quegli studenti che ci passavano vent'anni in quella scuola, il quale, in quanto a reiatsu, le avrebbe dato del filo da torcere. Per non parlare poi della stazza.

-Ehi, mocciosa!! Che ne diresti di arrenderti così non mi toccherà fare qualcosa di male al tuo bel faccino?-

-Grazie dell'offerta, ma dopo avermi chiamato “mocciosa” voglio infossare le tue chiappe sino al nucleo del Seireitei- sorrise maligna Yoko, ma con la rabbia che gli ribolliva dentro.

Non poteva sopportare le persone boriose e strafottenti, le ricordavano in qualche modo quei pochi episodi del suo passato che le erano tornati in mente.

-Come osi?!? Io ti faccio fuori!!- sbraitò l'energumeno e si fiondò su di lei.

Con uno shunpo Yoko lo evitò, facendolo finire a terra. Un urlo si levò dagli spalti dell'arena.

-Maledetta ragazzina, ti stai forse prendendo gioco di me?- ringhiò quello, mentre si rialzava.

-Cosa te lo fa pensare? Ah, si, forse le risate?- rispose quella con sguardo innocente.

-Non prendermi in giro!!- e si gettò nuovamente su di lei.

Quando la ragazza lo evitò con un altro passo veloce, quello, con una velocità non certo degna del suo grosso e pesante corpo, le tirò una gomitata nello stomaco, con la quale la fece volare contro uno delle pareti, interrompendo lo scontro di altri due studenti.

Quando il polverone si fu diradato, Yoko si stava rimettendo in piedi, ma non aveva ancora estratto la sua spada.

-Ma cosa aspetta?- pensò Doi, mentre osservava la scena, visto che tutti gli scontri si erano fermati.

-Sai ciccio, mi hai fatto male- disse lei tra i denti, massaggiandosi la testa.

-Oh mi dispiace, ma l'arena non è posto per una donnicciola- rise quello.

-Per favore, non è giusto che tu ti offenda in questo modo-

Quello capì la battuta solo dopo qualche secondo, quindi divenne rosso di rabbia.

-Sei un'impertinente. Giuro che ti taglierò io stesso la lingua-

Detto ciò estrasse la sua spada, poi gridò:

-Colpisci, Futsu no ude!!-

La semplice katana, nonostante fosse già di una dimensione alquanto fuori dalla norma, si illuminò e crebbe ancora, sino a divenire una sorta di armatura per il suo braccio destro.

-Credo che qui si mette male- pensò Yoko.

-Preparati a sentire dolore!!- ringhiò l'avversario e gli si scagliò contro.

Oltre alla sua forza, anche la velocità era aumentata. La ragazza lo schivò per un soffio.

-Pensavo che non si potesse utilizzare neanche lo shikai in questo genere di esame- gridò all'arbitro.

-Infatti. Ma non riusciamo a fermarlo- gridò lo shinigami di rimando.

-Perfetto. Ora sono proprio fritta- pensò lei.

 

-Vuoi smettere di scappare?!?- sbraitava il gigante.

-Pensi sia scema? Non ci tengo a diventare una frittella!!- sorrise furba lei.

In realtà non sapeva come contrattaccare, visto che aveva provato anche con qualche kidou, ma sembrava che quel braccio fosse una sorta di parafulmine che immagazzinava l'energia degli incantesimi, senza ferire il suo proprietario.

Notava nel frattempo il malcontento dilagare sugli spalti, ma nessuno interveniva.

Per un attimo incrociò lo sguardo del vecchio shinigami, impassibile.

-Quel dannato mi sta mettendo nuovamente alla prova- pensò lei.

In quel momento si fermò e, chiudendo gli occhi, disse:

-Bakudo #1 “Sai”!!-

Una forza sconosciuta bloccò le mani dell'avversario dietro la schiena, ma sapeva che sarebbe durato molto.

Poi si impose di concentrarsi. Cercò di trovare la soluzione dentro di sé. Se le si dava la possibilità di pensare con calma, allora riusciva anche dove molti non vedevano via d'uscita. Una scintilla si accese nell'oscurità del suo animo. Anche lei ne rimase stupita, visto che non ne aveva mai sentito la presenza.

-Cos'è?- pensò.

Come se quell'energia avesse preso corpo, una voce risuonò nel suo inconscio.

-Quindi tu sei colei che mi contiene?-

-E tu chi sei?-

-Io sono la Stilla. Possibile che tu non sappia niente di me?-

-Sinceramente no. Ma una domanda te la posso fare: puoi aiutarmi in qualche modo oppure sei totalmente inutile?-

-Come osi ragazzina? Io sono anche lo spirito della tua zampakuto-

-Davvero?-

In un lampo la scintilla si tramutò in un dragone alato, completamente circondato da una luce dorata.

-Ricorda. Il mio potere è molto più grande, ma per il momento sappi che il mio vero nome è...-

 

Yoko fu improvvisamente ridestata: il gigante si era liberato ed era ancora più furioso.

-Ehi, ciccione, sei uno strazio!! Proprio sul più bello!!-

Senza che se ne rendesse conto, quello si scagliò nuovamente su di lei e la colpì in pieno volto, facendola volare lontano.

Quando riatterrò, aveva male dappertutto. Stava per rialzarsi, quando un gruppo di potenti reiatsu si scatenarono, inchiodandola quasi al suolo.

Rivolse lo sguardo al cielo, il quale venne squarciato da due solchi neri, i quali parevano occhi.

-Ma che cavolo sta succedendo?- pensò.

In quel momento avvertì una presenza accanto a lei. Si voltò e trovò Doi, il quale la sostenne, cercando di alzarla.

-Cosa sono quelle fessure?- chiese.

-Non lo so, ma i reiatsu che percepisco dal loro interno non sono per niente rassicuranti- rispose lui.

Come apparsi dal nulla, all'interno dei due neri occhi, fecero la loro comparsa dei singolari personaggi, vestiti completamente di un candido bianco. Era da loro che venivano quelle straordinarie potenze.

Come un suono ovattato, Yoko avvertì le grida dei capitani e dei vice che stavano facendo evacuare l'arena. Lei non riusciva a muoversi, ma con una grande forza di volontà, si rimise in piedi, sorretta da Doi.

-Dobbiamo andarcene- disse lei.

-Andiamo-

Non fecero un solo passo che la strada fu loro bloccata da tre di quei tipi. Uno di loro, con i capelli di un eccentrico colore turchese, disse:

-Ehi, da questi due proviene un reiatsu niente male. Forse potremo divertirci un po'.

Poi, guardandoli negli occhi disse:

-Mi sto chiedendo: chi di voi due è più forte?-

Quelli rabbrividirono. Yoko fissò quegli occhi, priva di qualunque pietà. Quando quello scattò verso di loro però, ad arrestare la sua corsa, si parò l'ombra di un grosso uomo, con i capelli a punta come se avesse infilato le dita nella presa della corrente, una cicatrice che gli solcava l'occhio sinistro e una benda gli copriva quello destro. Un ghigno sadico e divertito gli si era allargato sul volto.

-Voi mocciosi andate via. Lasciate fare agli adulti-

Yoko e Doi non obiettarono e si avviarono verso l'uscita. Intorno a loro la battaglia infuriava. Poco lontano, la ragazza notò il corpo straziato dell'energumeno con cui aveva combattuto. Per un attimo le fece una gran pena.

All'improvviso, quando la vista le si stava oramai annebbiando a causa della botta ricevuta, sentì il passo di Doi arrestarsi di botto.

-Che succede?- chiese lei, mantenendo lo sguardo basso.

Quello non rispose.

-Dannazione, "baka", vuoi rispondere?-

Non avvertì nient'altro, se non la poderosa spinta che l'amico le tirò, gettandola a terra. Lei, ormai debole, non potè far altro che girare lo sguardo, cercando la spiegazione a quel gesto.

Quello che vide la lasciò senza fiato, mentre il viso le veniva bagnato da goccie color porpora: Doi era in piedi, lo sguardo verso l'alto, ginocchia leggermente piegate, mentre il petto gli era stato lacerato, una profonda ferita lo solcava per intero, provocando la fuoriuscita di copioso sangue.

Lentamente, come se la scena si svolgesse a rallentatore, il ragazzo cadde in ginocchio, mentre una risata crudele si propagava nell'aria. Yoko lasciò per un attimo l'amico per concentrarsi sull'avversario, il quale se ne stava in piedi, davanti a loro, con un aria di sufficienza negli occhi, una benda a coprirgli l'occhio sinistro e, in pugno, una singolare arma a forma di otto, la quale colava ancora del sangue di Doi.

La ragazza, a gattoni, si avvicinò all'amico, il quale, nel frattempo, si era accasciato al suolo. Le sue pupille scure erano dilatate in uno sguardo di dolore e paura, mentre il respiro si faceva sempre più flebile.

-Perchè?- disse lei, sentendo le lacrime salirle agli occhi.

Lui alzò una mano, sfiorandole un ciuffo di capelli castani e lasciandole una traccia di sangue su una guancia.

-Non potevo permettere che ti facesse del male. Tu sei una delle persone che mi sono impegnato di proteggere-

-Sei uno stupido. Io non merito la tua protezione. Sono egoista e altezzosa, ti ho sempre trattato come una nullità-

-Ma in fondo mi vuoi bene, non è vero?-

Lei sbarrò gli occhi. Non ci aveva mai seriamente pensato, ma sapeva che in fondo voleva bene a Doi, oltre che un amico era stato anche una sorta di famiglia per lei. Lui, vedendo la sua espressione, sorrise.

-Mi dispiace di non essere stato abbastanza forte. Il mio scopo era quello di poterti superare, per poi in un futuro essere io a proteggere te-

Un colpo di tosse e un rivolo di sangue gli scese da un lato della bocca.

-Addio Yoko, mia "hime"- sorrise e lentamente chiuse gli occhi.

La testa gli ricadde da una parte e il torace smise di muoversi.

La ragazza rimase impietrita, non ci poteva credere. Provò a scuoterlo, ma senza risultato. Avvertiva la presenza del nemico vicino a loro, era rimasto a guardare l'intera scena e sapeva che stava ridendo.

Con uno scatto si piegò sul corpo senza vita di Doi e si schiuse in un grido colmo di dolore.

Un potente spostamento d'aria si sprigionò dal suo corpo, il suo reiatsu era stato rilasciato. Nella confusione, Yoko gridò:

-Dimmi il tuo stramaledetto nome!!!-

-Daiki...-

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Capitolo 4
*** Lacrime ***


Quando aveva sprigionato il suo reiatsu, aveva attirato l'attenzione di tutti i presenti, amici e nemici.

-Ma questa...- balbettò il vice della sesta, mentre anche il suo capitano si voltava.

-E' un reiatsu incredibile- disse Zaraki, stupito a sua volta.

Il tipo con i capelli turchini, il quale stava ancora combattendo contro lo shinigami, si voltò, notando la scena: Yoko circondata da una potente luce, quell'idiota di Nnoitra che la osservava con il suo solito sorriso da deficiente, e un cadavere ai piedi di lei.

-Quella ragazzina è forte. Sarà la mia prossima preda- sorrise e scattò verso di lei.

Il capitano dell'undicesima però fu più veloce e gli bloccò la strada.

-Spostati, razza di "baka" con i capelli a punta!!- sbraitò quello.

-Mi dispiace, ma non lascio scappare un avversario prima della fine dello scontro-

Nel frattempo Yoko aveva estratto la sua spada, la quale adesso era formata unicamente di luce, la lama era sparita.

-Ragazzina, non crederai di riuscire a battermi solo con un rilascio così debole, vero?-

-Taci, bastardo. Vendicherò Doi, fosse l'ultima cosa che faccio!!-

Non fece in tempo a concludere la frase, che l'arma del nemico le era già ad un centimetro dal collo.

-Sai che hai proprio un bel faccino?- disse quello, allungando una mano per sfiorarla.

Lei, veloce si spostò, allontanandosi di qualche metro.

-Daiki, non mi deludere- disse e si concentrò.

Poi gridò:

-Yajirushi Shin!!-

Una cicatrice di luce si diresse veloce verso il nemico, il quale però, la bloccò come se niente fosse.

-Non è possibile-

Con una sorta di botto, quello le fu di nuovo a pochi passi.

-Te l'avevo detto. Non puoi battermi-

Senza che lo sentisse neanche arrivare, quello le tirò un potente pugno nello stomaco, facendola piegare in due e poi cadere in ginocchio.

-Bastardo- sospirò.

Poi avvertì qualcuno che si parava tra loro, ma non ebbe neanche la forza di alzare lo sguardo per scoprire chi fosse.

Come una pera cotta, cadde lunga distesa, la stanchezza e il dolore per il colpo ebbero la meglio. L'ultima cosa che vide fu il corpo di Doi riverso a terra, poi si mise solo a piangere e cadde in un mondo completamente buio.

 

Yoko riuscì finalmente a riaprire gli occhi. La prima cosa che le si parò davanti fu un soffitto bianco, illuminato da qualche luce artificiale. Provò ad alzarsi, ma una fitta le colpì l'addome, costringendola a rimettersi distesa.

-Ti sei svegliata- disse una voce.

Voltò lo sguardo verso la sua destra. A parlare era stato il capitano della quarta compagnia, Retsu Unohana, la quale le rivolse un solare sorriso.

Lei tornò invece seria.

-Cosa è successo?-

-Hai perso i sensi dopo la battaglia. I nemici si sono improvvisamente ritirati. Non sappiamo cosa volessero-

In un flash, Yoko rivide il volto del suo amico.

-E Doi...?-

Il capitano si alzò e le si fece accanto.

-Mi dispiace, ma non c'era più niente da fare. Ho tentato, ma...-

-Grazie- si limitò a rispondere.

-Quando ti sarai ripresa, ho l'ordine di portarti dal comandante generale-

-La ringrazio, capitano Unohana, di tutto-

Quella le sorrise e si allontanò.

Yoko si girò su un fianco, non con poco sforzo, e si rannicchiò come una bambina. Per la prima volta in vita sua si sentiva estremamente vulnerabile e sola. Aveva perso anche Doi, l'unico amico che avesse mai avuto. Perchè lei era viva? Chi l'aveva salvata?

 

Camminava a testa bassa per il lungo corridoio, subito dietro il capitano della quarta compagnia. Come promesso, non appena era riuscita a mettersi in piedi, quella l'aveva condotta dal comandante generale. Cosa avrà mai voluto il capitano del gotei 13 da una che non aveva neanche superato l'esame di diploma all'accademia?

Giunsero davanti ad un alto portone, il quale si schiuse, rivelando la stanza del vecchio.

Quello attendeva le due seduto su una sorta di trono, il suo fido bastone sempre tra le mani, gli occhi chiusi e l'espressione impassibile.

-Benvenuta Kimura Yoko, vedo che lo scontro non ti ha danneggiato in particolar modo-

Lo sguardo del capitano Unohana saettò dalla ragazza al vecchio e viceversa. Quello di lei, invece, si limitò a fissare il pavimento.

-Doi non è della stessa opinione...- sussurrò poi.

-Come?-

-Vi siete preoccupato dei poveretti che invece ci hanno lasciato le penne, eh?!?- sbraitò allora lei, lasciando spiazzati i due capitani.

-Mi dispiace per il ragazzo, ma in battaglia sono cose che succedono-

Yoko abbassò di nuovo lo sguardo, pentendosi della sua reazione e temendo di venire arsa viva ad un solo gesto del comandante generale.

-Ma ti ho convocata qui per un'altra questione-

La ragazza si fece attenta.

-Ho personalmente deciso di non affidarti a nessuna delle compagnie-

-Come?-

-Sarai stanziata sulla terra, come shinigami delegato. Là potrai farti l'esperienza che ti serve, per poi tornare qui più forte e preparata-

La terra? Perchè proprio là? Cosa aveva combinato adesso? Magari non se lo ricordava, ma doveva essere qualcosa di grave per farla allontanare dalla Soul Society. Ma una decisione del comandante era legge, quindi lei si limitò ad obbedire.

 

-Comandante, siete certo che sia la soluzione migliore?- chiese il capitano Unohana quando Yoko fu fatta uscire.

-In questo modo la terremo lontana dal Seireitei, quindi lontana dal suo occhio vigile. Se scoprisse qual'è il suo potere, sarebbero guai-

-Capisco. Ma anche sulla terra sarà in pericolo. Per di più è da sola-

-Sono sicuro che se la caverà. E poi ho già chiesto a qualcuno di tenerla d'occhio-

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Capitolo 5
*** Shinigami Delegato: Kimura Yoko ***


-Beh, il mondo non è cambiato poi molto- pensò Yoko, mentre si aggirava per le strada di Karakura.

-Per fortuna il vecchio ha avuto la bontà di non mandarmi nella mia città natale-

Poi lesse il foglio che il comandante generale le aveva consegnato: la sua missione, per il momento, era quella di vivere una normale vita da liceale, mantenendo però l'attenzione sui movimenti Hollow e sul flusso delle anime da mandare nella Soul Society. Doveva evitare che i fantasmi si trasformassero a loro volta in abitanti dell'Hueco Mondo.

La prima cosa da fare era quella di procurarsi un gigai, un corpo temporaneo, in modo da poter interagire con quel mondo. Il vecchio aveva provveduto ad indirizzarla verso un certo Kisuke Urahara, il quale gestiva una sorta di emporio di cose strambe.

Salì agilmente su un palo dell'alta tensione, si inginocchiò e chiuse gli occhi: era sicura che quello sconosciuto fosse legato al Seireitei e che quindi possedesse un reiatsu.

Dopo vari tentativi (doveva ammettere che in quella città erano più del previsto quelli che possedevano una forza spirituale degna di nota) riuscì ad individuarla, debole, probabilmente il tizio la stava celando.

-Astuto, ma io lo sono di più- sorrise lei e veloce si mosse in quella direzione.

Ciò che trovò fu un piccolo negozietto, nascosto tra i palazzi, dall'aria del tutto innocua. Una ragazzina stava spazzando davanti all'entrata, lo sguardo spento e uno strano taglio di capelli. Ma chi era lei per giudicare?

Prima che potesse aprire bocca, la porta a scorrimento di schiuse lentamente e apparve un uomo, un cappello verde e bianco calcato in testa e uno strano sorriso sulle labbra.

I due si studiarono per qualche secondo, poi fu lui a parlare:

-Yo, benvenuta. Tu devi essere lo shinigami di cui mi hanno parlato. Mi avevano avvertito del tuo arrivo-

-Quindi sa già perchè sono qui?-

-Certo. Ed è già tutto pronto- e le fece cenno di seguirlo mentre rientrava.

Yoko non si fidava, anche se il reiatsu dell'uomo era mantenuto basso, aveva la sensazione che fosse forte. Con cautela lo seguì, mentre la ragazzina, che nel frattempo era stata raggiunta da un ragazzo dai capelli rossi, la seguiva con lo sguardo. Lei le rivolse un sorriso e quella abbassò la testa, imbarazzata.

L'ambiente all'interno non era molto grande e la ragazza dovette destreggiarsi tra scatoloni e strani oggetti che avevano a che fare con il mondo degli spiriti.

Nel retro, invece, c'erano le normali stanze di una casa. L'uomo la fece accomodare in una sorta di soggiorno, con un tavolo rotondo al centro. Dopodichè sparì, per poi tornare dopo qualche minuto con una sua copia tra le braccia. Sembrava di vedere se stessa che dormiva. La adagiò a terra, delicatamente. Yoko rimase ad osservarla ed ebbe una sorta di brivido. Le sfiorò una mano ed era come se fosse stata pelle vera.

-Questo è il gigai che ho preparato. Spero di non aver fatto errori- disse con voce un po' strascicata.

-Non mi pare-

Poi il suo sguardo cadde su qualcosa di evidente, ma che lei non aveva immediatamente notato. Guardando l'altro con sguardo scuro, aggiunse:

-Io non ho il seno così grande-

 

Doveva ammettere che la sensazione all'interno di quel corpo era strana, come se stesse indossando una sorta di involucro. Non aveva ricordi di come fosse essere viva, quindi per lei era una situazione del tutto nuova, con sensazioni da riscoprire.

Si diede una veloce occhiata: quel seno era decisamente troppo. Non che fosse esageratamente grande, forse un paio di taglie in più, ma in compenso alla tavola che possedeva di normale...

Urahara si era scusato, ma aveva detto che non avrebbe potuto apportare modifiche. La ragazza era sicura che lo avesse fatto apposta.

Mentre continuava a fulminarlo con lo sguardo, l'uomo tirò fuori qualcosa dalla manica del kimono e lo fece scorrere sul tavolo. Yoko lo guardò curiosa: era una sorta di strana mattonella, con sopra inciso un teschio e munita di cordicella.

-Questo ti permetterà di uscire dal gigai senza problemi quando avrai bisogno di rivestire la tua forma spirituale. Devi solo accostartelo al petto. Cerca solo di non lasciarlo in giro, visto che, inutilizzato, sembra in tutto e per tutto un cadavere-

-Ok, recepito il messaggio. Grazie dell'aiuto- e, afferrato l'oggetto, fece per andarsene.

-Aspetta. Sai almeno dove andare?-

Yoko si bloccò sulla porta, imbarazzata. Non aveva un posto dove stare e non sapeva quale scuola avrebbe frequentato.

Urahara sospirò e si preparò ad un intenso pomeriggio.

 

-Dannazione, mi sto annoiando!! Dannato Aizen, perchè cazzo ci ha comandato la ritirata?- stava farfugliando il sesto espada, mentre passeggiava per i candidi corridoi di Las Noches.

Si affacciò ad una delle finestre, osservando il cielo scuro, come al solito, il quale faceva diventare il tutto un quadro ancora più patetico e deprimente. Si era stancato di combattere solo contro Hollow.

Voleva qualcuno che gli desse degli stimoli. Improvvisamente gli tornò in mente il fantastico reiatsu di quella donna. Le faceva gola e reputava che sarebbe stata una degna avversaria.

In quel momento avvertì qualcuno che giungeva alle sue spalle. Si voltò e si trovò davanti, impassibile come al solito, il quarto espada.

-Ehi emo, sorridi un po'. Va bene che questo posto è uno schifo, ma non tutti si deprimono come te. Che ne dici di un duello?-

-Non adesso. Aizen-sama ha convocato una riunione-

-Che palle-

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Capitolo 6
*** Una nuova vita...e arrivano i problemi!! ***


Il tipo grosso e silenzioso che stava all'emporio di quello strano con il cappello la accompagnò ad un piccolo appartamento che, stando alla cartina che le avevano consegnato, si trovava poco lontano dalla scuola che avrebbe frequentato.

I documenti del caso erano già tutti pronti e la segreteria avvertita del suo arrivo. Non avevano tralasciato niente.

Quando il suo accompagnatore se ne fu andato, la ragazza tirò un sospiro. Gettò la sua sacca a terra, accese le luci e si guardò intorno. Quella casa era piccola e accogliente: un paio di stanze, un cucinotto e un bagno.

Senza pensarci si liberò dei vestiti, gettando anche quelli sul pavimento, riempì la vasca con acqua bollente e vi si immerse.

Si abbandonò completamente a quel tepore, lasciando che l'acqua le arrivasse quasi al mento. Il suo sguardo si fece improvvisamente serio, in quanto il suo pensiero si era rivolto all' amico scomparso. Le lacrime le salirono agli occhi, nonostante lei cercasse di ricacciarle inutilmente indietro.

Perchè si sentiva fragile in quel modo? Perchè dopo la morte di Doi il suo mondo pareva essersi fermato? Perchè, per la prima volta in vita sua, si sentiva stranamente sola?

Si strinse forte le braccia e, nonostante il calore dell'acqua, il suo corpo sembrava tremare.

Dopodichè, senza aver modo di impedirlo, dette libero sfogo alle lacrime.

 

-Dannato Urahara- pensava Yoko, mentre attraversava il corridoio che l'avrebbe portata alla sua classe dietro uno dei professori che l'avevano accolta.

Chiunque incrociasse la guardava curioso, o almeno così accadeva per le ragazze. I ragazzi invece, la scrutavano minuziosamente dalla testa ai piedi, soffermandosi su quella taglia di seno che non le apparteneva. Per fortuna il maglione con il simbolo della scuola era stato preso una taglia più grande della sua.

Giunta finalmente in classe, fu presentata agli studenti, i quali avevano lo stesso sguardo di quelli che aveva già incontrato.

Poi però pensò che probabilmente anche i suoi occhi bicolore attiravano non poco l'attenzione. I capelli aveva preferito legarli in una lunga treccia laterale.

-Ragazzi, da oggi avremo una nuova studentessa. Il suo nome è Kimura Yoko e viene dal sud del Giappone-

-Piacere di conoscervi- disse lei, piegandosi talmente in un inchino da toccarsi quasi le ginocchia con la testa.

-Bene Kimura, in fondo all'aula c'è un banco vuoto. Puoi sederti là-

La ragazza ringraziò e si avviò verso il suo posto. Mentre passava riuscì a cogliere i commenti di alcuni dei compagni.

-Ehi, guarda com'è carina...-

-Chissà come mai i suoi occhi sono di colore così strano...-

-Che capelli lunghi e morbidi. Vorrei sapere che shampoo usa...-

-Ho intenzione di chiederle di uscire...-

Yoko scosse tristemente la testa: cosa le toccava fare.

 

Suonò la campanella della pausa pranzo. Non ebbe neanche il tempo di alzarsi per sgranchirsi le gambe che venne immediatamente circondata da una grande quantità di persone. Stupita e un po' a disagio, cercò di sembrare il più naturale possibile, sorridendo alle battute e rispondendo alle domande.

Finalmente, dopo un quarto d'ora buono, riuscì ad uscire dall'aula con la scusa di dover andare in bagno.

Invece imboccò una rampa di scale che portavano al tetto.

Quando aprì la porta, una leggera brezza la investì, facendola respirare a pieni polmoni.

-Finalmente- sussurrò.

Si accorse però di non essere sola, visto che ad osservarli stavano quattro ragazzi, probabilmente un anno più piccoli di lei. Lei sorrise, imbarazzata.

-Scusate, non sapevo ci fosse qualcun altro- e fece per andarsene.

-Aspetta-

Si voltò. Un ragazzo dai particolari capelli arancioni l'aveva chiamata e adesso le sorrideva.

-Tu devi essere quella nuova di cui parla ormai tutta la scuola. Perchè non rimani con noi a pranzo?-

Yoko ci pensò per un attimo, poi disse:

-Perchè no?-

Quello che aveva parlato si presentò con il nome di Kurosaki Ichigo e, nonostante l'aria da duro, era molto simpatico. Con lui stavano un ragazzo alto e robusto, il quale non aveva aperto bocca e che pensarono gli altri a presentare con il nome di Yasudora Sado. Poi c'erano un ragazzino mingherlino e con folti capelli mori, il quale disse di chiamarsi Mizuiro Kojima. Infine, un ragazzo con i capelli castani, il quale si era beccato una gomitata da Yoko per essersi avvicinato troppo, il cui nome era Keigo Asano.

Insieme ai quattro, la ragazza passò allegramente la pausa. Poi la campanella suonò.

-Stanno ricominciando le lezioni. È stato un piacere averti conosciuto Yoko e se vorrai pranzare ancora con noi sarai la benvenuta- disse Ichigo e la precedette sulla porta, chiudendo la fila dei compagni.

Mentre anche lei stava per rientrare, però, avvertì qualcosa vibrarle nella tasca.

Tirò fuori la strana mattonella che le aveva consegnato Urahara. Gli occhi del teschio si illuminavano ad intermittenza. Lo avvicinò all'orecchio e quello le indicò delle coordinate, per poi concludere con “Attacco Hollow”.

-Accidenti-

Mentre correva per i corridoi, incrociò un paio di suoi compagni.

-Potreste dire al professore che vado in infermeria?- disse velocemente e continuò a correre.

Uscita dall'edificio, si nascose dietro un albero, stando bene attenta che nessuno la vedesse. Dopodichè si puntò il simbolo shinigami al petto. Con una sorta di scarica, la sua anima si staccò dal gigai, riassumendo le fattezze di Dio della morte.

-Bene, cominciamo con i compiti per casa-

 

-Ma quanti ce ne sono in questa stramaledetta città?- stava sospirando Yoko, mentre guardava scomparire l'ennesimo Hollow davanti ai suoi occhi.

-Penso sia il venticinquesimo nel giro di una settimana e sembra che quello successivo sia sempre più forte di quello precedente- disse, mentre, con la sua zampakuto in spalla, osservava la città dall'alto di quella collinetta dove si trovava.

Doveva ammettere che i poteri della sua spada erano cresciuti da quando aveva scoperto il suo nome, ma non era ancora riuscita ad eseguire un bankai. Qualcuno doveva insegnarglielo e aveva intenzione di tornare da quel tipo eccentrico di Urahara.

Ogni volta che però utilizzava Daiki, dentro di lei percepiva una sorta di strano potere, che però non riusciva completamente a sbloccare. Era confusa: sentiva che quella strana forza le apparteneva, ma una parte di lei era come se la ripudiasse.

Aveva tentato molte volte di comunicare con l'essenza della sua spada, ma quello non le aveva più risposto.

Così, con la stanchezza che la divorava, recuperò il suo gigai, lasciato nascosto in mezzo a dei cespugli, vi riprese possesso, e si avviò verso casa.

 

Grimmjow si annoiava. Era scappato dall'Hueco Mondo per disperazione. Non sopportava più quel maledetto di Aizen e quel leccaculo di Ulquiorra. E quale miglior posto dove rifugiarsi se non il mondo reale? Nessuno poteva vederlo e poi poteva poltrire in silenzio, rimuginando su quale sarebbe stata la sua prossima preda.

In qualche modo non riusciva a togliersi dalla testa quel magnifico reiatsu, ma capiva persino lui che presentarsi nuovamente nel Seireitei sarebbe stato da sciocchi. Eppure aveva una gran voglia di farlo.

Ad un tratto, mentre se ne stava appollaiato su un albero, avvertì una strana forza spirituale e sul suo volto comparve un ghigno.

Velocissimo si diresse verso il punto dal quale l'aveva percepita e la vide: era lei, con il suo kimono nero e bianco, la sua zampakuto in spalla, che fissava uno di quegli insulsi Hollow sparire in uno spiro di vento.

-E così l'hanno spedita sulla terra? Questo va tutto a mio favore- pensò sogghignando.

La osservò mentre recuperava l'involucro per interagire con quel mondo e si allontanava. Indossava una divisa scolastica, con una gonna che lasciava scoperte quasi interamente le sue lunghe e sinuose gambe.

-Accidenti, però non male la ragazzina- pensò ancora il sesto espada.

Decise però che per il momento non l'avrebbe attaccata, voleva studiarla per capire le sue reali capacità.

Si concesse una pausa dai suoi doveri nell'Hueco Mondo, tanto nessuno si sarebbe preoccupato se fosse sparito per qualche giorno. E se poi non fosse stato così, beh, che andassero tutti a farsi fottere.

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Capitolo 7
*** Daiki ***


Yoko si fermò sul cancello della scuola, portandosi una mano davanti agli occhi mentre si inebriava del calore del sole pomeridiano. Quella mattina non aveva avuto problemi con gli Hollow, per fortuna, visto che ogni volta doveva uscire dall'aula con una scusa e i professori stavano cominciando a spazientirsi e i compagni a insospettirsi.

Ricambiò il saluto di un paio di studenti della sua classe che si allontanavano dalla parte opposta e si diresse verso l'emporio di Urahara.

Stavolta l'uomo era già ad attenderla fuori dalla porta.

-Kimura-san, è un piacere rivederti. Devo dire che stai facendo un ottimo lavoro con gli Hollow. Ti va un tè?- chiese.

-Perchè no?- rispose lei.

In fondo quel tipo, nella sua eccentricità, le stava anche simpatico.

Si sedettero entrambi nel porticato esterno dell'emporio, mentre la ragazzina della prima volta portava loro un vassoio con due tazze di tè fumante.

Yoko continuava a fissarsi i piedi, mentre li dondolava oltre del porticato.

-Dimmi, cosa ti riporta qui?-

La ragazza spostò i suoi occhi bicolori sull'uomo.

-Lei può insegnarmi come aumentari i poteri della mia spada?- chiese.

Quello la guardò per un attimo stupito dalla domanda, poi tirò fuori uno dei suoi eccentrici sorrisi.

-Sapevo che prima o poi saresti venuta per farmi questa richiesta. Può darsi, ma dipende quanto tu lo desideri-

-Voglio vendicare una persona. Voglio diventare forte per lui, come lui lo voleva per me- rispose lei, abbassando di nuovo lo sguardo.

-D'accordo Kimura-san. Presentati qui domani dopo la scuola e inizieremo il tuo allenamento-

 

Doveva ammettere di essere abbastanza soddisfatta. Non era stato difficile convincere Urahara ad allenarla, anche se in qualche modo sospettava che lui lo volesse fin dall'inizio.

Iniziava anche a pensare che ci fosse lo zampino del vecchio in tutta quella disponibilità.

D'un tratto si fece seria: era dalla sera prima che aveva la tremenda sensazione di essere seguita, ma ogni volta non riusciva a vedere o percepire nessuno.

Anche quando era arrivata all'emporio aveva avuto l'impressione che la chioma dell'albero davanti all'edificio si fosse mossa, ma senza che tirasse un solo soffio di vento.

Che fosse qualcuno mandato dal vecchio per controllarla? Ma allora perchè rimaneva celato?

Decise di non farci caso e tornarsene verso casa. Il giorno dopo sarebbe stato duro.

 

Cercò di raggiungere l'emporio di Urahara nel minor tempo possibile. Voleva evitare di essere continuamente interrotta dall'attacco di qualche Hollow. L'uomo la aspettava all'interno, accanto ad una botola.

-Dove si va?- chiese lei.

-Oh, in un posto speciale, molto più adatto per allenarsi- e detto questo la precedette all'interno della botola.

Quando Yoko mise piede a terra, si stupì nel vedere un ambiente sconfinato, nel quale erano presenti solo roccie e sassi.

-Come è possibile?-

-Non chiedere, è meglio- sorrise l'altro.

Si guardarono per un attimo, poi quello riprese:

-Sai già il nome della tua spada, immagino-

-Si-

-Bene. Per prima cosa liberati di quel gigai. Devi assumere le tue fattezze di shinigami-

Yoko ubbidì. Quando tornò nel suo kimono nero, si sentì improvvisamente più libera.

Nel frattempo, Urahara la osservava, o meglio, osservava la sua zampakuto: era davvero una spada particolare. Certo, le fattezze erano di una normale katana, ma l'impugnatura era percorsa da filamenti dorati, i quali andavano a formare dei particolari disegni.

Il suo legame con il corpo dello shinigami pareva più forte di chiunque avesse incontrato in quel momento.

-Bene Yoko, adesso rilascia il tuo shikai-

La ragazza si mise in posizione, dopodichè, lentamente, estrasse la sua spada. Portò la lama, orizzontalmente, di fronte al viso. Poi, come a volerle sussurrare il comando, disse:

-Rischiara il crepuscolo, Daiki...-

Una potente luce si sprigionò. Purtroppo però non accadde come le volte precedenti: il bagliore, anziché tornare a inglobarsi nella lama, rimase sospeso sopra la testa dei due, sotto forma di una sfera.

-Ma che cavolo succede?- chiese Yoko, interdetta.

Urahara, di tutta risposta, si mise a recitare una strana nenia, una poesia in versi. Poi accadde: la sfera esplose, accecandola. Quando il bagliore si fu diradato, dinnanzi a lei stava un guerriero, un uomo rivestito da un'armatura dorata, il cui elmo, calato sino a nascondergli gli occhi, pareva la testa di un drago e sulla schiena gli si aprivano due grandi ali.

Tra le mani la sua stessa katana.

-Cosa...-

Urahara si rivolse direttamente al guerriero:

-Benvenuto Daiki-sama. Sa perchè l'abbiamo evocata?-

Quello alzò lo sguardo, andando a fissare quello sconvolto di Yoko.

-La shinigami ha bisogno di potere e io posso darglielo, ma solo se si dimostrerà all'altezza-

Non aveva smesso di fissarla e Yoko se ne sentiva quasi oppressa.

-Cosa devo fare?- chiese.

-Dovrai combattere contro di me, con una katana che non libererà neanche un misero shikai. Se mi batterai, allora sarai capace di controllare il bankai-

-D'accordo- disse lei, mettendosi in posizione d'attacco.

-Aspetta-

Ad un gesto della mano del guerriero, apparve un filo luminoso, il quale collegò il petto di lui a quello di lei. Dopodichè sparì.

-Cosa significa?-

-Ogni qual volta uno dei due infliggerà danno all'altro, soffrirà anch'egli, ma non in egual modo. Se ci si colpisce da solo, il danno non vale-

-E a cosa serve?-

-Lo capirai-

 

Yoko cadde in ginocchio, esausta e piena di ferite e lividi. Quello spirito era forte e il fattore di legame non era da sottovalutare. Aveva avuto più danni con quello che effettivamente da parte dell'avversario.

Urahara riapparve tra i due in quell'istante.

-Bene, direi che per oggi l'allenamento è finito-

Daiki, con una sorta di inchino, sparì in una nube luminosa. Yoko percepì che era tornato nella sua katana.

-Kimura-san, è il caso che torni a casa. Hai bisogno di riposo. Domani non hai scuola, quindi puoi venire qui in mattinata-

-D'accordo. Ci vediamo- e, rientrata nel gigai, risalì le scale e si allontanò dall'emporio.

Mentre percorreva la strada per tornare al suo appartamento, la mente le si affollava di domanda. Non vedeva come quel tipo di allenamento avrebbe potuto aiutarla, dato il fatto che l'unica a prenderle di santa ragione era lei. Però le aveva fatto uno strano effetto vedere Daiki in forma corporea. Era diverso da come lo aveva conosciuto la prima volta, ma doveva ammettere che era davvero affascinante.

Giunse davanti al palazzo dove abitava e salì sino al quarto piano. Quando stava per infilare la chiave nella toppa, avvertì nuovamente quella sensazione.

-Avanti, mi sono rotta. Vieni fuori, dannazione-

Uno spostamento d'aria le fece intendere che il suo pedinatore si era fatto finalmente vedere.

Si voltò scocciata, per poi rimanere completamente sconvolta: seduto sulla ringhiera del piano stava uno di quei tizi vestiti di bianco che avevano attaccato l'arena. I suoi capelli turchesi brillarono alla luna, mentre il suo volto impassibile si aprì in un ghigno sadico.

-Non sapevo ti fossi accorta di me-

-A dir la verità sono tre giorni che avverto la tua presenza. Che cosa vuoi? Sei venuto a uccidere anche me?-

Quello balzò giù dal suo trespolo e le avvicinò, le mani in tasca.

-Ho avvertito la tua reiatsu nel Seireitei e ne sono rimasto estasiato. Voglio che tu combatta contro di me, donna-

-Scordatelo buffone- egli voltò le spalle.

-Come osi?!?- sbraitò quello e la schiacciò contro la porta.

Rimasero per un attimo a fissarsi.

-Vuoi per caso battermi schiacciandomi con il tuo peso?- chiese lei, pungente.

-Sai, so che ti stai allenando con il vecchio dell'emporio e per il momento voglio vedere quanto forte puoi diventare- ridacchiò quello, carezzandole una guancia, facendola rabbrividire.

-Sappi che ti tengo d'occhio- e in un istante era già sparito.

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Capitolo 8
*** In pericolo ***


-Maledizione, ci mancava solo quell'invasato con i capelli turchesi...-

Questo era ciò che pensava Yoko mentre evitava l'ennesimo attacco da parte di Daiki.

-Kimura-san, qualcosa ti turba?- la raggiunse la voce di Urahara.

-No, niente...-

Non fece in tempo a finire che il guerriero drago le inferse una profonda ferita al petto, la quale la fece cadere in ginocchio. Sapeva che anche lui aveva provato dolore, ma non aveva mosso un solo tratto del suo viso o un muscolo del suo corpo.

-Ma come fai?- chiese lei debolmente, portandosi una mano alla ferita.

-A fare cosa?-

-A non mostrare dolore o cedimento. Eppure sono certa che tu soffri ogni volta che mi colpisci-

-Ma io lo sento...- rispose quello, interdetto.

-Mah, non sembra proprio. Non ti ho neanche mai sentito emettere un gemito-

-E' una cosa che devi imparare-

-Sei troppo enigmatico per i miei gusti- disse Yoko, rivolgendogli un sorriso forzato.

-Sto cercando di aiutarti- cercò di scusarsi lui.

-Allora perchè non mi hai parlato quando avevo bisogno di te? Pensi che il tuo silenzio mi abbia aiutato?!?- esplose lei, per un attimo dimenticandosi anche della ferita.

Il guerriero non rispose.

-Lasciamo perdere, non sono una che ripensa alle cose del passato. Difenditi!!- e, ripresa tra le mani la katana, si scagliò nuovamente contro l'avversario.

Sembrava come se in lei ci fosse una diversa determinazione, una luce strana le scintillava negli occhi bicolori. I suoi movimenti si erano fatti in qualche modo più veloci e, inizialmente, lo spirito si difese con difficoltà. Riuscì a colpirlo tre o quattro volte e ogni volta tentava di non lasciar intravedere il dolore che sentiva. Era pressocchè impossibile.

Ben presto però la stanchezza si fece sentire e le ginocchia le cedettero.

-Direi che per oggi ne avete entrambi abbastanza- disse Urahara, come al solito riapparso da un punto imprecisato dell'ambiente.

In quel momento lo stemma di Yoko prese a lampeggiare.

-Dannazione!!- disse lei e schizzò via.

Urahara tentò di fermarla, ma ormai era lontana.

-Benedetta ragazza...- sbuffò.

-Dobbiamo raggiungerla...- intervenne Daiki.

 

-Uffa, mi sono stufata di correre a destra e a manca. Quasi quasi chiedo il pre-pensionamento- si disse Yoko, mentre correva verso il punto che il simbolo shinigami le indicava.

D'improvviso vide qualcuno venirle incontro, trafelato. Si fermò, la sua zampakuto in spalla. Chi si stava avvicinando sembrava stesse proprio scappando da qualcuno, o qualcosa.

Guardando meglio, si accorse che si trattava di un piccolo ragazzino, una testa di capelli biondi mossi dal vento e un paio di occhi azzurri, inondati dal terrore.

Chiunque avesse potuto vederlo l'avrebbe scambiato per un bambino normale, ad eccezione però di una catena che gli spuntava dal petto: un'anima.

Quando la notò, si mise a gridare:

-Scappa, signorina!! Mi sta inseguendo!!-

-Chi?!?- chiese lei.

Non fece in tempo ad avere una risposta che un forte spostamento d'aria le fece volare direttamente il bambino tra le braccia e caddero entrambi lunghi distesi.

Quando il polverone si fu diradato e Yoko potè riaprire gli occhi, si trovò davanti l'Hollow più grande che avesse mai visto.

-Oh, cavolo...-

Si mosse veloce per evitare un poderoso pugno della creatura, il ragazzino stretto al suo collo.

-Stai bene?- gli chiese dolcemente.

-Quel mostro vuole mangiarmi. Ti prego aiutami, signorina- singhiozzò quello.

-Non temere. Non ti lascio-

Si accorse appena in tempo che l'Hollow li aveva raggiunti a mezz'aria e si stava preparando ad attaccare. Yoko capì che non avrebbe fatto in tempo a spostarsi e fece ciò che in quel momento le parve più sensato: quando il pugno del mostro li raggiunse, lei si voltò di schiena, in modo da proteggere la piccola anima.

Il colpo fu devastante e le tolse il respiro. Volarono entrambi al suolo, ma la ragazza protesse in tutti i modi il bambino con il suo corpo.

-Maledizione!!- imprecò sottovoce.

-Signorina, sta bene? Per favore, non voglio che lei si faccia male a causa mia...-

-Non aver paura. Ti proteggerò- gli sorrise lei.

La terra tremò e il mostro fu di nuovo alle loro spalle. Yoko lasciò il bambino, ordinandogli di nascondersi e rimanere al sicuro.

Quando si accertò che il piccolo era nascosto a dovere, estrasse la sua katana.

-Daiki...- sussurrò vicino alla lama, ma non accadde niente.

-Che significa?!?- si chiese inorridita.

Poi ricordò: era scappata dall'area di addestramento prima che il suo spirito fosse rientrato nella zampakuto. Adesso quella era una normale spada, senza alcun potere.

-Giuro che quando li becco, li riempio entrambi di botte!!- si disse, furiosa.

Ma la colpa fondamentalmente era sua e della sua irruenza.

Evitò un pestone da parte di uno degli zoccoli del nemico, il quale lasciò un cratere nel terreno dove fino a qualche secondo prima si trovava lei.

-E adesso cosa faccio?- si chiese mentre stava ancora a mezz'aria.

Poi stranamente sorrise:

-Bene, se non posso usare la mia spada, almeno posso ricorrere a qualche trucco-

Impose le mani, poi gridò:

-Hado #4 “Byakurai”!!-

Dal suo dito fuoriuscì una scarica elettrica che, mentre viaggiava verso il nemico, si andò ingrandendo, colpendolo in pieno. Il corpo dell'Hollow fu circondato da fulmini, provocando una sorta di esplosione, la quale lo escluse dalla vista della shinigami.

-Direi che con questo l'ho sistemato per bene- disse lei, spolverandosi le mani.

All'improvviso, dal polverone, però, partì un raggio di energia che si diresse veloce verso Yoko.

-Non è possibile- disse lei, mentre lo evitava.

Velocissimo, l'Hollow le fu di nuovo davanti e la colpì nuovamente. Lei cadde rovinosamente al suolo. Non riusciva ad alzarsi: come era possibile che quei due colpi l'avessero ridotta in quel modo? C'era qualcosa in quel mostro che non era normale. Era sopravvissuto a un hado come il Byakurai.

Ad un tratto si ritrovò sormontata dall'enorme massa del mostro, il quale gli avvicinò la sua maschera al viso, come se volesse esaminarla. Dopodichè, allontanatosi di poco, spalancò la bocca in un grido abominevole. Poi, nell'oscurità delle sue fauci, la ragazza vide accendersi una scintilla.

-Dannazione, come è possibile che un Hollow sia capace di scagliate un Cero?- si chiese ancora Yoko, mentre iniziava a sudare.

Una volta poteva essere una coincidenza, ma due era capacità.

Beh, la cosa ormai non importava, stava per venire definitivamente sconfitta.

Tentò per l'ultima volta di alzarsi, ma non ce la faceva. Era come se braccia e gambe fossero inchiodate al suolo. Chiuse gli occhi, aspettando la fine.

 

Avvertì il calore dell'attacco, lo spostamento d'aria, ma per qualche motivo sentiva di esistere ancora.

Socchiuse gli occhi, perplessa e rimase ancora più sconvolta: davanti a lei si era parato lo sconosciuto con i capelli turchesi, il quale, con una sola mano, stava bloccando il Cero dell'Hollow, mentre l'altra se ne stava tranquillamente nascosta nella sua tasca.

Dopodichè, estraendo la katana, gli tranciò la testa di netto, facendolo sparire in una nuvola di polvere.

Yoko si riadagiò a terra, esausta. Non le importava di rimanere senza difese di fronte a lui, in quel momento non le interessava. Per un attimo si era dispiaciuta di non poter riabbracciare Doi.

Sentì il suo passo farsi vicino, come se la stesse osservando, probabilmente senza sapere come comportarsi.

La ragazza voltò lo sguardo, preferendo non guardarlo mentre la faceva fuori.

Ma quello si comportò nell'ultimo modo che lei si sarebbe aspettata.

Due forti braccia la sollevarono da terra, facendola ritrovare a contatto con un petto freddo, ma allo stesso tempo che la faceva sentire protetta. Se non avesse saputo a chi apparteneva, probabilmente si sarebbe abbandonata a quella forma di strano calore.

Ma era stanca, non aveva neanche la forza di ribellarsi.

-Cosa stai facendo?- chiese debolmente.

-Non fare domande, donna-

Il suo tono era scocciato.

-Perchè mi hai salvato?-

-Nessuno deve permettersi di attaccare la preda che io ho scelto- disse, tra i denti.

Yoko rimase stupita da quella risposta. Chissà cosa si sarebbe aspettata.

Ben presto però la stanchezza fu più forte, tanto che, nonostante tutte le sue buone intenzioni, adagiò la testa sul suo petto e perse i sensi.

 

-Kimura-san...Kimura-san...mi senti?-

Una voce la riportò alla realtà. Aprì gli occhi e mise a fuoco il cappello verde e bianco di Urahara. Alle sue spalle, un lieve bagliore, che poi sparì.

-Dove sono?- chiese confusa, portandosi una mano alla testa.

-Sei all'emporio. Ti abbiamo trovata sul portico, priva di sensi e piena di ammaccature- spiegò l'uomo.

D'improvviso la ragazza si ricordò dell'ultima persona che aveva visto prima di svenire: quel ragazzo dai capelli turchesi l'aveva salvata e l'aveva addirittura riportata da Urahara. Non lo capiva: prima la voleva affrontare ed ucciderla, poi gli salvava la vita.

Tentò di mettersi a sedere, ma la testa le girò pericolosamente, costringendola a stendersi di nuovo.

-Daiki...è tornato?- chiese ancora, fissando la sua katana, posata poco distante da lei.

-Si. È di nuovo all'interno della spada. Abbiamo cercato di fermarti, ma era troppo tardi. Prima che riuscissimo ad individuarti, eri già ricomparsa qui davanti-

Yoko si fece pensierosa.

-Qualcosa non va?-

-No, è tutto a posto. Adesso però devo tornare a casa- disse e, con un grande sforzo, si alzò.

Tornò verso il suo gigai, abbandonato poco lontano. Quando fu al suo interno, si sentì improvvisamente meglio. La sua katana era sparita.

Con passo zoppicante uscì dal piccolo edificio, dirigendosi verso il suo appartamento.

Voleva vederci chiaro sull'intera faccenda: aveva la strana sensazione che quell'Hollow fosse stato mandato da qualcuno e che fosse solo un avvertimento.

 

-Maledetta!! Mi è toccato anche salvare la sua pellaccia!! E poi perché?- si stava chiedendo il sesto espada dalla cima di uno degli alberi che dava la visuale sull'appartamento della ragazza.

In quel momento i suoi pensieri furono interrotti da una luce che si accese nella casa: la ragazza era tornata.

La osservò mentre si sedeva sul piccolo divano del salotto, quello che poi sarebbe stato il suo letto. La guardò mentre si legava i lunghi capelli in una cosa alta e mentre si massaggiava un braccio e il torace, anche se non aveva bende o fasciature.

Lui sapeva che in realtà era la sua forma shinigami ad essere ferita e probabilmente anche col gigai lei avvertiva il dolore delle ferite.

Poi, di colpo, la vide mentre si liberava dai vestiti, rimanendo in biancheria, dirigendosi verso il bagno. Distolse lo sguardo, imbarazzato. Poi si riscosse:

-Che mi sta succedendo? Da quando mi vergogno a vedere il corpo nudo di una donna?-

Poi tornò a fissare l'appartamento: lei era sparita.

Attese qualche minuto e ne passarono quasi trenta. Dopodichè la vide ricomparire, in accappatoio, e sedersi nuovamente sul divano. Tra le mani teneva qualcosa. Il suo sguardo era triste e l'espada giurò di vedere una lacrima rigarle il volto. Lei però si sfregò energicamente gli occhi, come a voler cancellare quella tristezza.

Grimmjow sorrise, sadico: quella donna avrebbe avuto modo di versare tante di quelle lacrime che le avrebbe esaurite completamente.

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Capitolo 9
*** Qualcosa si muove ***


 

Yoko si stava dirigendo verso la scuola a capo basso. La sua testa era affollata da mille pensieri, ai quali non riusciva a dare un senso logico. Era preoccupata, doveva ammetterlo. Lo scontro del giorno prima con quell'Hollow l'aveva ridotta davvero male e ancora percepiva le ferite pulsare all'interno del suo corpo temporaneo.

Era sempre più convinta che quel mostro fosse stato inviato da qualcuno, come se, chiunque fosse, avesse voluto metterla alla prova. Non si era mai sentita così inutile. Fino a quel momento aveva preso sottogamba il suo ruolo di shinigami, considerandolo come un'imposizione che le avevano fatto, un obbligo. Aveva fiducia nella sua forza e nelle sue capacità, tendendo numerose volte a sottovalutare i suoi avversari. Ma essere ad un passo dalla distruzione come era accaduto il giorno precedente le aveva fatto capire che erano ancora molte le cosa da imparare.

Gli allenamenti non procedevano. Non riusciva a vedere lo scopo di quegli scontri contro lo spirito della sua zampakuto.

Poi c'era quel dannato con i capelli turchesi. Aveva giurato di averlo intravisto che la spiava dalla finestra del suo appartamento e, proprio in quel momento, anche senza vederlo, sentiva che la stava osservando.

Giunse davanti al cancello e incrociò un paio di compagne.

Si mise a chiacchierare in modo spontaneo e solare, come una normale adolescente. In fondo si stava divertendo, abituandosi a quella vita, anche se era solo una falsa illusione. Forse in quel frangente le sarebbe servito distrarsi un po', pensare il meno possibile al mondo degli spiriti e ai suoi compiti. Aveva bisogno di staccare la spina.

 

-Ehi Yoko, ti va di venire con noi nel pomeriggio a fare un po' di shopping? Tanto domani non abbiamo compiti in previsione-

La ragazza alzò lentamente lo sguardo, fissando per un istante la ragazza che stava davanti a lei. Se non errava, si era presentata con il nome di Jun, e ricordò di aver pensato la prima volta che era un tipo abbastanza simpatico.

Vedendo che quella aspettava impazientemente la sua risposta, le sorrise:

-Perchè no? Non ho niente da fare, dopotutto-

Si sentiva un po' in colpa per dover saltare l'allenamento, ma Urahara l'avrebbe perdonata.

Quella le rivolse un altrettanto radioso sorriso.

-D'accordo. Allora appuntamento al cancello alla fine delle lezioni-

Guardando la compagna mentre si allontanava, si ritrovò a pensare: in fondo aveva bisogno di un po' di svago.

 

Il gruppetto di quattro ragazze si aggirava per il centro di Karakura, fermandosi ad ogni vetrina, che contenesse abiti, scarpe o anche accessori. Yoko non era mai stata a fare compere, quindi osservava attenta il comportamento delle compagne: non riusciva a capire tutta quell'euforia, ma decise di assumere un'espressione partecipe.

Ad un tratto entrarono in un grande magazzino.

Jun si voltò finalmente verso di lei e, continuando a sorriderle, le disse:

-Yoko, sai vero della festa di primavera del nostro liceo?-

La ragazza rimase spiazzata.

-Sinceramente non ne sapevo nulla-

-Ah, giusto. Forse lo hanno comunicato durante una delle tue permanenze in infermeria-

Lei si ritrovò a sorridere a sua volta.

-Se solo sapessero cosa era a fare in realtà- pensò.

-Bene, adesso che lo sai, hai già un vestito per l'occasione?-

Un vestito? Una tenuta diversa da quella scolastica? Aveva solo qualche indumento che le aveva dato Urahara al suo arrivo, ma era tutta roba abbastanza casual e sportiva.

-Dalla tua espressione immagino di no. Bene, allora è arrivato il momento che te ne compri uno-

-Ma io...- si trovò ad arrossire.

-Che succede?-

-Non ho denaro con me- rispose timidamente.

Non si riconosceva quasi.

-Non devi preoccuparti. Ti presto io i soldi-

-Oh, no. Non posso accettare-

-E invece mi fa piacere. Me li renderai la prossima volta-

Yoko dovette arrendersi.

 

-Non vorranno davvero che mi vesta in questo modo?- stava pensando la shinigami mentre si guardava allo specchio nel suo appartamento.

Il trio l'aveva alla fine convinta a comprare un corto vestitino nero, paricollo, con uno spacco che lasciava la schiena scoperta. Yoko continuava a tirare giù l'orlo della gonna, reputandola troppo corta, in quanto le lasciava scoperte quasi tutte le gambe. Ai piedi un paio di lucide ballerine, anch'esse nere. Jun aveva insistito anche per comprarle un fiore viola da appuntare nei capelli.

Dopo un attimo di smarrimento, però, si ritrovò a guardarsi sotto una luce diversa. Tornò a fissare la sua immagine allo specchio, girando su se stessa per potersi vedere da ogni prospettiva. Doveva ammettere, in fondo, che non stava male vestita in quel modo.

Chissà che avrebbe detto Doi se avesse potuta vederla in quel momento. D'improvviso si fece cupa in volto: ricordare l'amico le metteva sempre una tristezza enorme addosso.

Ad un tratto avvertì una risata alle sue spalle. Si voltò di scatto.

-E tu come diavolo hai fatto ad entrare?-

Poggiato alla parete dietro di lei, le mani in tasca e la testa leggermente inclinata in un'espressione che non faceva presagire niente di buono, se ne stava il tipo con i capelli turchesi.

-Ho i miei metodi, donna-

L'ira prese il posto della tristezza e dello stupore.

-Vedi di andartene, idiota- ringhiò.

Quello, di tutta risposta, le si avvicinò, iniziando poi a girarle intorno. Nei suoi occhi, generalmente privi di espressione, un barlume di qualcosa che fece rabbrividire Yoko.

-Allora, lo spettacolo è di tuo gradimento?- chiese acida.

Stava perdendo la pazienza.

-Direi che non è niente male- rispose quello, abbassandosi per osservare il suo fondoschiena, fasciato completamente dal succinto abito.

Lei fece uno scatto indietro, guardandolo con odio.

-Sei uno schifoso pervertito- sbraitò.

-Sai, tu non mi aiuti di certo-

-Perchè continui ad infastidirmi?- chiese ancora lei, arretrando quando lui fece un passo nella sua direzione.

-Sai cosa voglio, donna- rispose lui, continuando ad avanzare.

-Mi sembra di averti già esplicitamente detto che non ho intenzione di battermi con te. Quindi puoi anche fare ritorno in qualunque sia il posto da cui tu provenga, idiota-

In quel momento avvertì la sua schiena toccare il muro. Gelò. Saettò veloce lo sguardo a destra e sinistra, ma ancor prima di tentare la fuga, fu bloccata dalle due braccia del ragazzo, palmi premuti contro il muro.

Il suo volto era vicinissimo, ma la sua espressione era cambiata: sembrava irritato.

-Sai donna, ho un nome io-

-Ma davvero?-

-Certo. Io sono Grimmjow Jaegerjaques, sesto degli espada. Vedi di ricordartelo-

-Se è per questo anch'io ho un nome, bell'imbusto, e non mi chiamo di certo “donna”-

I loro occhi si incontrarono. Sembrava un duello all'ultimo sguardo.

-E sentiamo...-

-Mi chiamo Yoko-

Quello rimase in silenzio qualche secondo.

-Preferisco donna-

Non se ne rese neanche conto: una ginocchiata gli arrivò dritta nei suoi gioielli di famiglia, facendolo gemere e imprecare con epiteti e vocaboli che è meglio non ripetere.

In quel modo Yoko aveva via libera. Con uno scatto la ragazza raggiunse lo stemma shinigami abbandonato sul divano e in un attimo prese le sembianze di dio della morte.

Grimmjow, piegato ancora a evocare ogni maledizione che gli veniva in mente, alzò lo sguardo, trovandosi la spada di Yoko, ancora racchiusa nel fodero, all'altezza della gola.

-Allora, come la mettiamo adesso?-

L'espada si fermò un attimo ad osservarla: persino il suo kimono nero, sbracciato e con due piccoli spacchi all'altezza dei fianchi che scendevano sino a metà coscia, tenuti insieme da due sottili pezzi di tessuto, era eccitante.

-Ragazzina, dillo che mi vuoi provocare-

Yoko non capì immediatamente, poi, seguendo lo sguardo del ragazzo, capì. Arrossì vistosamente.

-Vedi di sparire, se non vuoi che ti amputi quell'amichetto che ti ritrovi in mezzo alle gambe!!- esclamò.

Grimmjow riprese finalmente la posizione eretta e sorrise sornione.

-D'accordo, per stavolta me ne vado, visto che il mio intento era solo provocarti. Devo dire che, nonostante tutto, hai un buon autocontrollo. Ma troverò il modo di farti perdere la pazienza- e in una sorta di botto era scomparso, lasciando dietro di sé la porta finestra aperta.

Yoko tirò un sospiro di sollievo e si accasciò a sedere sul divano.

 

Il quarto espada camminava verso la sala dove il suo signore lo attendeva. Lo aveva convocato qualche minuto prima, tramite un ridicolo e inutile fracciòn, il quale era già stato adeguatamente punito per aver interrotto la sua meditazione.

Come al solito non aveva fatto una piega: l'aveva semplicemente fatto sparire, senza provocare in sé rimorso o ripensamento. Per la causa occorreva anche qualche sacrificio e di quello stupido essere nessuno avrebbe sentito la mancanza.

In quel momento giunse dinnanzi ad un alto portone avorio, una delle miriade sfumature in quell'ambiente totalmente bianco. Quello si aprì silenziosamente, rivelando una sala quasi totalmente immersa nella penombra.

Si incamminò all'interno, mentre la porta gli si richiudeva alle spalle. Solo allora notò la presenza di qualcun'altro, ma non fece cenni di riverenza o rispetto. La postura rigida, le mani infilate nelle tasche dell'abito candido, lo sguardo impassibile.

In compenso, di colui che gli stava davanti, si intravedeva solo una parte del viso, quanto bastava per notare un sorriso che gli si allargava sulle labbra.

-Benvenuto. Vedo che hai fatto presto- disse.

-I miei rispetti. Il motivo della mia convocazione?- rispose piatto l'espada.

-Ho necessità dei tuoi servigi-

-Mi dica in che modo posso servirla-

-Devi andare sulla terra. Là c'è qualcosa che mi interessa molto, ma ho bisogno di capire ancora alcune cose. Devi tenere gli occhi aperti e aggiornarmi su ciò che scoprirai. So che sarai un ottimo osservatore-

-Come lei desidera-

Mentre quello gli voltava le spalle per allontanarsi, l'altro lo fermò ancora:

-Ah, un'ultima cosa. Mi è giunta voce che uno dei tuoi compagni si è preso una libera uscita senza permesso. Non vorrei che creasse problemi. Nessuno è al corrente del mio piano, ancora-

Il quarto espada fece un cenno impercettibile con la testa e se ne andò.

Se ci fosse stato Grimmjow, gli avrebbe dato sicuramente del leccaculo.

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Capitolo 10
*** Sensazioni ***


L'odioso con i capelli a spazzola stava mantenendo la sua promessa in maniera impeccabile. Da quella sera non le si era staccato di dosso, facendola passare per una pazza visionaria, dato che, quando lei rispondeva alle sue freddure, dava l'impressione di star parlando da sola.

Lui, dal canto suo, si stava divertendo come un matto. Era riuscito addirittura a farla sbattere fuori dalla stanza dove si ritrovava con quegli umani che chiamava compagni. Infatti, mentre stava prendendo appunti, l'idiota le aveva fatto passare un dito lungo la spina dorsale, facendola sussultare e lanciare una serie di imprecazioni irripetibili. Il professore l'aveva immediatamente buttata fuori dall'aula.

Nel corridoio, Grimmjow aveva continuando a canzonarla e prenderla in giro. Lei aveva stretto i denti e sopportato, anche se aveva una gran voglia di spazzargli la testa in due come un melone. Non voleva però dargliela vinta.

 

Finalmente la campanella di fine lezione suonò. Era il momento di andare da urahara e giustificarsi per aver marinato gli allenamenti il giorno precedente.

-Dove vai, donna?-

-Non ti deve interessare. Se non vuoi seguirmi, non mi offendo- rispose lei, sperando di farlo demordere.

-Misero tentativo. Non ti libererai facilmente di me. Sono sicuro che stai andando da quello strano tipo all'emporio-

Giunta dinnanzi al piccolo edificio, Urahara la stava aspettando fuori dalla porta.

-Kimura-san, mi è dispiaciuto non vederti ieri-

-Mi dispiace. Delle compagne mi hanno chiesto di andare a fare un giro-

-Oh, non importa che ti giustifichi. Recupereremo oggi. Vedo che assieme a te c'è qualcuno di assai particolare e inaspettato- disse ancora l'uomo, cambiando improvvisamente sguardo.

-Non si preoccupi. È solo uno spettatore- rispose lei, affranta.

-Per il momento- ringhiò l'espada.

-Oh bene. Allora, vogliamo andare?-

 

Yoko si liberò del suo gigai, lasciandolo poco distante dal punto in cui si accomodò Grimmjow.

Quando Urahara evocò Daiki dalla spada della ragazza, il ragazzo rimase per un attimo interdetto e spiazzato.

-Yoko, sei certa di ciò che a cui andrai incontro facendolo assistere?- chiese lo spirito.

-Sinceramente non tanto, ma non ho molta scelta. Non si stacca da me. È peggio di una sanguisuga- concluse lei, guardandolo male.

In quel momento le venne un forte dubbio. Si voltò verso di lui e lo ammonì dicendo:

-Tieni le tue manacce lontane dal mio corpo, chiaro?!?-

-Quale dei due?- chiese lui, malizioso.

-Entrambi. Altrimenti te le taglio!!-

Finalmente l'allenamento ebbe inizio. Yoko pareva improvvisamente mossa da una diversa forza rispetto al solito e Daiki a malapena ormai le teneva testa.

Intanto Grimmjow la osservava, pensando:

-Che utilità potrà mai avere combattere con una normale katana?-

La ragazza attaccava e veniva attaccata. Pareva soffrsse in entrambi i casi. C'era una sorta di collegamento tra lei e il suo spirito.

All'improvviso la vide cadere a terra, atterrando rovinosamente sulla schiena.

-Dannazione- ringhiò lei.

L'espada la osservò mentre si rialzava e per un attimo gli montò dentro una strana forma di rabbia. Voleva punire chi le aveva fatto del male. Ma il suo spirito mise fine a quella follia. Lui stesso voleva ucciderla.

Gli occhi di Yoko brillarono e la ragazza attinse fino all'ultima goccia di reiatsu che aveva in corpo. Voleva dimostrare a Daiki che poteva farcela, che era degna del suo potere. O forse era a qualcun altro che lo voleva dimostrare?

Una strana aura la circondò, come se i flussi di energia che scorrevano nel suo corpo stessero fuoriuscendo all'esterno.

Urahara ne rimase per un attimo stupito.

-Come è possibile che il suo corpo contenga una tale quantità di reiatsu se lo spirito della sua spada è stato evocato all'esterno?-

Quella ragazza doveva avere qualcosa di molto particolare, un segreto di cui il vecchio però non gli aveva parlato.

Nel frattempo sul volto di Grimmjow si era aperto un ghigno. Era abbastanza soddisfatto. Quella ragazza era in gamba.

Anche Daiki la osservava e, stranamente, sorrideva. Era riuscito nel suo intento, o almeno, una parte di esso. Ancora Yoko aveva molto da imparare, anche se doveva ammettere che imparava in fretta.

-Sei pronto?- sghignazzò lei, mentre caricava il colpo.

Lo spirito si preparò. Yoko spiccò un salto e le loro katane cozzarono. Dall'impatto si propagò un'intensa luce che accecò i presenti per qualche secondo. Quando il bagliore si fu attenuato, Daiki stava steso sotto di lei, mentre quella, con il fiatone, lo sormontava, bloccandolo, con la spada alla gola.

-Sei stata brava- disse quello, sorridendo.

Lei sorrise e arrossì.

-Adesso sarai capace di utilizzare un degno bankai-

Yoko fece per rialzarsi, ma quello la afferrò. Senza che lei se ne rendesse conto le posò le labbra ad un lato della bocca, con delicatezza.

-Da ora in poi saremo un'unica realtà- concluse lo spirito, poco prima di sparire.

La ragazza rimase per un attimo in silenzio, portandosi poi una mano dove le labbra di Daiki l'avevano sfiorata. Perchè quella strana sensazione quando si erano toccati? Era come se non fosse stata la prima volta.

Ad interromperla fu una presa ferrea ad un braccio che la rimise in piedi, facendola tornare bruscamente alla realtà.

-Ehi, donna, hai intenzione di rimanere là imbambolata ancora per molto?-

Grimmjow la fissava. Sembrava arrabbiato.

-Si può sapere cosa te ne frega, razza di babbuino senza cervello?!?!!- bofonchiò lei.

-Adesso che hai acquisito un nuovo potere, puoi combattere contro di me-

-Scordatelo. Mi sembrava di essere stata chiara!!- e si allontanò.

Riprese possesso del suo gigai, sempre continuando a litigare con l'espada. Si allontanarono, insieme, continuando a litigare.

Urahara li osservò, per niente preoccupato. Anzi, sorrise.

 

-Vuoi lasciarmi in pace?- sbraitò lei quando raggiunse la porta del suo appartamento.

-Te l'ho detto. Non me ne vado sino a quando non accetti di combattere contro di me-

-Allora credo che dovrò rinunciare all'idea di aveva un po' di pace- disse, sollevando gli occhi al cielo.

Entrò in casa, mentre Grimmjow la seguiva.

Si diresse verso il bagno.

-E adesso dove pensi di andare, donna?- disse lui, afferrandola per un polso.

Lei si voltò, fulminandolo con lo sguardo.

-Vado a farmi un bagno!! Vuoi seguirmi anche lì dentro?-

Vide lo sguardo di lui.

-Non rispondere- concluse poi, liberandosi dalla sua presa e sbattendosi la porta alle spalle.

L'espada, sbuffando, si gettò sul divano. Possibile che si fosse infilato in un guaio come quello solo per uno scontro? Poteva benissimo trovare altri shinigami con cui divertirsi. Perchè proprio lei? La sua forza gli faceva un'immensa gola, ma non era solo per quello, lo sentiva. Quando le si avvicinava, c'era qualcosa di strano che si impossessava di lui, come era avvenuto in quel campo di allenamento quando l'aveva vista ferita.

Che le aveva fatto quella donna?

Avvertì l'acqua scorrere al di là della porta chiusa e gli venne una gran voglia di sfondarla per arrivare da lei. In quel momento capì: desiderava tutto di lei: la sua forza, unica, che non aveva mai incontrato in nessuno, e il suo corpo, così fragile e casto. Doveva essere perfetto.

Se qualcuno l'avesse visto in quel momento, si sarebbe messo in ridicolo. Non avrebbe avuto il coraggio di far vedere ancora la sua faccia a Las Noches.

L'acqua si chiuse, segno che la ragazza stava per uscire dalla stanza. Si limitò solo a spostare lo sguardo.

Lei si presentò con un corto asciugamano addosso, mentre con un altro si strofinava forte i capelli castani per asciugarli.

-Sei ancora qui?- gli chiese, stizzita.

-E dove sarei mai dovuto andare?-

-Non lo so, ma non certo nel mio appartamento-

-Io sto dove mi pare, donna- bofonchiò lui, voltandosi dall'altra parte.

Yoko fece spallucce ed entrò nella sua stanza. Ne uscì poco dopo, con una canottiera di almeno due taglie più grande e un paio di pantaloncini. Con quell'abbigliamento metteva in risalto le sue gambe snelle e slanciate, i fianchi stretti e i seni proporzionati.

Grimmjow si sentì avvampare.

-Sembra tu non abbia mai visto una donna- disse lei, sedendosi tranquillamente sul divano accanto a lui.

Lo fece senza riflettere, ma, notando che l'altro non aveva mosso un dito, si sistemò, iniziando a controllare sul telefonino della Soul Society se c'erano novità.

Passarono qualche minuto, poi Grimmjow sbuffò, indispettito.

-Hai intenzione di continuare ad ignorarmi?-

-Cosa dovrei fare secondo te?-

-Beh, di solito tra gente civile si fa conversazione-

-Gente civile? Credi davvero di poterti definire tale? Tu, che con i tuoi compagni mi avete portato via l'unica cosa importante della mia vita come se niente fosse?- disse lei, facendosi improvvisamente seria, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.

-Noi siamo espada, tesoro, vedi di fartene una ragione. Siamo i cattivi-

-E allora perchè non mi uccidi semplicemente?-

Quella donna lo irritava, ma al tempo stesso non poteva fare a meno di desiderarla. Voleva toccarla, accarezzare la sua pelle, sentire il suo respiro su di sé.

Senza sapere perchè allungò una mano, sino a sfiorare i suoi capelli. Lei ebbe un sussulto e si voltò a guardarlo, senza capire.

-Che stai facendo?- gli chiese.

Lui non le rispose, ma si sollevò un poco, per poi mettersi a gattoni sopra di lei, mentre Yoko, sconvolta, arretrava sino al bordo del divano, guardandolo con terrore.

Grimmjow la sovrastava, bloccandole ogni via di fuga. Che cosa aveva in mente quel pazzo? Perchè adesso la guardava in quel modo? Chiuse gli occhi, mentre sentiva il suo respiro farsi più vicino, sino a raggiungerla al volto. Riaprì gli occhi, trovandoselo a pochi centimetri.

-Non ti avvicinare ancora- lo supplicò, ma quello sembrò non sentirla nemmeno.

-Fermami- sussurrò lui sulle sue labbra, prima di ghermirle con poca grazia.

Yoko avvertì la sua lingua sfiorarle il palato e giocare nella sua bocca, mentre lei tentava di sottrarsi. Il peso dell'espada quasi la soffocava. Le mancava il fiato, mentre puntava le mani sul petto di lui.

Quando si staccò, i loro occhi si incontrarono. Poi Grimmjow si schiuse in un sorriso maligno e disse:

-Ho trovato il modo di farti avere paura di me-

Dopodichè si alzò e se ne andò, lasciando Yoko confusa e sola.

 

La ragazza si era rannicchiata sul divano, le ginocchia strette al petto, confusa. Come aveva potuto farle questo? Come si era permesso?

Ad un tratto lo stemma di shinigami prese a pulsare. Gli occhi del teschio si accendevano di una luce rossa intermittente.

-“Allarme Hollow”- disse una voce meccanica.

-Mi ci voleva uno sfogo- e, prese le sembianza di shinigami, saltò giù dalla finestra del suo appartamento.

 

Qualcuno nell'ombra osservava. Aveva assistito all'intera scena e aveva ritenuto che l'episodio non fosse così importante da essere riferito. Ma adesso l'obiettivo si muoveva. Doveva appurare che le ipotesi del sommo Aizen avevano giusto fondamento.

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Capitolo 11
*** Poteri ***


Yoko correva a per di fiato, come se in qualche modo sforzare il suo corpo le facesse dimenticare quello che era appena accaduto. Eppure non sentiva solo rabbia, ma anche imbarazzo. Come poteva essere?

Finalmente arrivò al punto indicato. Era finita in mezzo ad un parco deserto, immerso nella semioscurità, rischiarato solo da qualche raro lampione.

-Strano, io non vedo nessuno-

Ad un tratto il pianto di un bambino.

Come illuminato da un invisibile riflettore, poco lontano apparve un bambino. La ragazza gli si avvicinò.

Lo riconobbe: era il ragazzino di quella volta, l'anima inseguita da quel misterioso Hollow.

-Ehi, piccolo. Cosa ci fai qui?- gli chiese dolcemente.

-Oh, signorina. Per favore, mi aiuti- piagnucolò.

-Che cosa è successo?-

L'anima si alzò in piedi e lei inorridì: la sua catena era stata rimossa.

-Fa male- si lamentò ancora il bambino, prima che una sbalzo di reiatsu lo facesse urlare di dolore.

-Chi ti ha fatto questo?-

-Non lo so, non l'ho visto in faccia. Signorina, fa male!!-

Yoko non sapeva cosa fare. A quello stadio non poteva purificarlo, ma non poteva certo lasciarlo trasformare.

-Piccolo, questo ti farà ancora un po' male, ma dopo starai meglio, te lo prometto-

Non era una procedura appropriata in quel momento, ma Yoko era decisa a fare qualsiasi cosa per quel povero bambino. Se si fosse trasformato, avrebbe dovuto ucciderlo.

Così voltò la sua zampakuto dalla parte dell'impugnatura e, con essa, si avvicinò alla fronte del bambino. Quella si illuminò impercittibilmente. Sembrava stesse funzionando, in quanto il piccolo aveva assunto un'aria un po' più rilassata e meno dolorante.

Poi però un'aura nera circondò il piccolo corpo, respingendo Yoko e la sua spada, facendola volare di qualche metro.

La ragazza si rialzò, giusto in tempo per vedere quel povero bambino cambiare aspetto, una maschera bianca apparirgli sul volto e le sue dimensioni farsi più grandi. In mezzo al petto, il buco si allargò.

Un ruggito inumano si propagò nell'aria.

Yoko lo guardava, sconvolta. Il reiatsu che emanava era potente e pericoloso. Era una minaccia, per lei e per altri, ma il suo corpo non le rispondeva. Lo fissava, a terra, impalata, senza reazione.

Quello le si scagliò contro.

-Yoko, muoviti!!- le comandò il suo cervello e all'ultimo secondo lei obbedì.

L'onda d'urto provocata dal colpo la sbalzò ancora lontano.

-Che cosa faccio?-

Perchè d'improvviso non era più sicura di niente? Perchè in quel momento aveva delle esitazioni? Quel mostro non era più il bambino di prima. L'anima del piccolo ormai era perduta e lei avrebbe dovuto fare il suo dovere facendo sparire quell'essere. In qualche modo, però, era come se ne avvertisse ancora l'eco della sua anima nel profondo di quella creatura.

Si spostò ancora, ma stavolta quello la colpì, anche se di striscio, ad una spalla. Quando riatterrò, poco lontano, sentì che il braccio era come bloccato.

-Dannazione- pensò.

Il mostro la osservava, attendendo il momento più adatto di attaccare. La scrutava, la esaminava.

-Chi può aver fatto questo ad un bambino?- continuava a chiedersi.

Avvertì la sua spada reagire, vibrare per un attimo, come se volesse ricordarle che era lì, al suo fianco. Con le lacrime agli occhi, quella la estrasse, avvicinando la lama alle labbra.

-Rischiara il crepuscolo, Daiki-

Il filo della zampakuto divenne di pura luce.

-Mi dispiace- sussurrò, prima di gettarsi all'attacco.

 

Yoko scattò verso l'Hollow, colpendolo ad un braccio. La lama lo attraversò come il burro, ma l'arto non si staccò.

-Che significa?- si chiese confusa.

Tentò ancora, ma ovunque lo colpisse, lo feriva, ma non in maniera mortale.

-D'accordo, allora facciamo sul serio: Raito Kakumei!!-

Un vortice di luce circondò la shinigami. Da quello, come se fossero delle lame, andarono a diramarsi delle mezzelune di luce, le quali si abbatterono sull'Hollow, provocandone un grido di dolore. Quando l'attacco si esaurì quello se ne stava in ginocchio, gocciolante di sangue, lo sguardo basso.

Yoko si ricompose per un secondo, dopodichè afferrò la katana con entrambe le mani.

-Addio- e si scagliò veloce contro l'avversario.

Quando però fu a pochi metri da lui, questo la fissò. Alla ragazza sembrò per un attimo di rivedere il volto del povero bambino biondo che invocava il suo aiuto. Quell'attimo di esitazione però le costò caro: quello infatti le assestò un sonoro pugno nello stomaco, lasciandola senza fiato. Dopodichè si sentì afferrare e sollevare: la stretta ferrea del mostro le provocò un profondo dolore, tanto che giurò di aver avvertito un paio di costole incrinarsi. Gridò, poi tornò a guardare l'Hollow, mentre un rivolo di sangue che gli scendeva dalla fronte le rendeva inservibile l'occhio sinistro.

-So che puoi sentirmi. Non so come, ma sento che dentro di te, da qualche parte, è ancora presente l'anima di quel bambino. Ti prego-

Per un secondo, solo per un attimo, sembrò che la presa si facesse meno forte, poi però tornò a stringere. Yoko alzò gli occhi al cielo.

-Sono proprio uno schifo di shinigami, non c'è che dire- sospirò.

Avvertiva le forze abbandonarla, mentre i polmoni a malapena riuscivano ancora a riempirsi d'aria.

-Doi, sto arrivando- e chiuse gli occhi.

 

Improvvisamente avvertì la mano che la circondava aprirsi di botto, mentre cadeva a terra. Uno spostamento d'aria le fece capire che qualcuno era arrivato in suo aiuto. Poi un braccio le circondò la vita, portandola a qualche metro di distanza. Quando però alzò lo sguardo, rimase senza parole.

-Tu? Che ci fai qui?-

-E' la seconda volta che ti salvo la vita. Credo che per te stia diventando un'abitudine, donna- ringhiò l'espada e stese una mano di fronte a sé.

La ragazza capì immediatamente cosa intendeva fare e, afferratogli il polso, gli spostò il braccio, facendo si che il Cero mancasse il bersaglio.

-Si può sapere che cazzo stai facendo?!?- gridò lui.

-Ti prego, non colpirlo-

Grimmjow rimase di stucco. Come poteva proteggere quella creatura che l'aveva quasi uccisa?

-Si può sapere cosa ti dice quella fottuta testa? Quello è un Hollow, non un coniglietto bianco!!-

-Lo so, ma sento che c'è ancora un'anima in lui-

-Non dire cazzate- e rialzò ancora il braccio.

Lei si liberò della presa intorno alla sua vita e, dopo essere quasi inciampata nei suoi stessi piedi, si pose davanti a lui con braccia e gambe spalancate.

-Non crederai mica che non abbia il coraggio di colpire anche te, vero?- disse quello con un sorriso maligno.

-Allora fallo- lo sfidò lei.

Grimmjow titubò per un attimo. Perchè aveva quell'esitazione? Era solo una stupida e sarebbe perita come un cane. Ma allora perchè non riusciva a colpirla?

Abbassò il braccio.

Yoko si voltò di nuovo verso l'Hollow e gli camminò incontro. Una mano la afferrò per un polso. Si ritrovò a fissare gli occhi blu dell'espada.

-E' una follia!!- gli sbraitò in faccia.

-Devo farlo- rispose lei calma.

-Ma cosa cazzo ti dice il cervello? Sei ferita, la tua zampakuto è inservibile. Pensi che a quello interessino le tue chiacchiere?-

-Grimmjow, se non ti conoscessi direi che ti stai preoccupando per me- sorrise lei.

-Non prendermi per il culo. Te l'ho già detto, non mi va che qualcuno che non sia io faccia fuori la mia preda- ringhiò.

-Non mi farò ammazzare-

-Si certo, come no. E io allora sono Hallibell-

Per un attimo Yoko soffocò un risolino. La presa sul suo polso si allentò. Poi però avvertì le labbra di lui farsi vicine alla sua fronte e sussurrarle:

-Stai attenta-

 

Yoko camminava verso l'Hollow, il quale si reggeva il braccio mancante della mano che Grimmjow gli aveva amputato ed emanava gemiti di dolore. Quando la sentì si fissò su di lei, tenendola d'occhio.

La ragazza continuò ad avvicinarsi, stando però sempre all'erta.

Dannazione, il sangue che stava perdendo le stava facendo perdere la stabilità sulle gambe, mentre la vista a tratti le si annebbiava.

Quando tornò a fissare gli occhi nella maschera bianca, rivide il volto di quel bambino e le sembrò di avvertire la sua voce che invocava aiuto.

-Lascia che ti aiuti- sussurrò.

Una strana energia le fluì nel corpo, mentre sentiva la forza di Daiki fondersi con la sua. Si avvolse di una coltre dorata e chiuse gli occhi. Alzò la mano destra e la portò di fronte a se e sussurrò:

-Joka no Hikari-

Una luce avvolse a sua volta la creatura, sollevandola a mezz'aria. In pochi secondi il suo corpo si ridusse, tornando ad essere quella dell'anima del bambino. Yoko lo guardò con dolcezza, accarezzandogli i capelli biondi.

-Credo che per te sia ora di andare-

-Grazie signorina. La ricorderò per sempre- e detto questo sparì in un mare di pagliuzze.

Yoko non sentì neanche il contatto con il terreno, in quanto, quando avvenne, lei aveva già perso i sensi.

 

Il quarto espada aveva seguito dall'alto l'intera scena. Il potere di quella shinigami era interessante e adesso capiva il perchè al sommo Aizen interessasse a tal punto.

Quello che lo preoccupava era invece il comportamente del sesto espada. Sembrava così...umano. Possibile che si fosse invaghito di quella donna?

Poteva essere un fatto che avrebbe complicato non poco le cose. Per il momento si sarebbe limitato a riferire i fatti al suo signore, poi ci avrebbe pensato lui a quell'idiota.

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Capitolo 12
*** Cosa mi hai fatto? ***


Che strana sensazione. Yoko sentiva come se si trovasse immersa in una strana atmosfera, come se galleggiasse. Ma aveva un chè di materno, di protettivo. Lei non si ricordava sua madre, non sapeva se mai ne aveva avuto una, ma di sicuro doveva essere una persona straordinaria. Non è forse così che ognuno si immagina i propri genitori? Lei tante volte aveva fantasticato su quelle sciocchezze, ma in qualche modo sperava in vita di essere stata migliore di come lo era in quel momento.

Poi, in quel torpore, si schiuse una calda scintilla.

-Daiki, sei tu?-

-Si, Yoko. Devi farti forza-

-Sono viva?-

-Certo-

-Cosa è successo? I miei ricordi sono confusi-

-Sei riuscita ad usare un altro aspetto dei miei poteri, o meglio, dei tuoi. Io sono solo un catalizzatore-

-Tu sei il mio spirito, quello della mia zampakuto-

-E' un po' più complicato di così-

-In che senso?-

-Lo capirai. Adesso svegliati-

 

Yoko spalancò gli occhi e riempì i polmoni come se fosse la prima volta che respirava. Con uno scatto si alzò a sedere, per poi tornare nuovamente stesa. Solo allora si accorse degli occhi di Urahara che la fissavano, preoccupati.

-Kimura-san, come ti senti?-

Lei non rispose immediatamente, ma fece scorrere lo sguardo sul suo corpo, nascosto solo per metà sotto la coperta. Il torace e il braccio sinistro erano ricoperti da candide fasciature, mentre avvertiva anche sul viso avere due o tre cerotti.

-Sono ancora in forma spirituale?- chiese solo.

-Si, ma non temere. Anche il tuo gigai è stato portato qui-

La ragazza non sapeva cosa pensare, era confusa. Poi Urahara parlò di nuovo:

-Kimura-san, cosa è accaduto?-

Lei non lo sapeva, almeno non di preciso. Gli dette le spalle, sdraiandosi supina e si portò le ginocchia strette al petto. Le ferite le davano delle noiose fitte, ma lei non se ne curò.

Urahara capì che non era il momento di fare domande. Così, in silenzio, si alzò.

-Verrò più tardi a vedere come stai. La scuola è già stata avvertita, quindi non preoccuparti-

Lo sentì uscire. Provava un dolore al petto, ma era più che sicura che non fosse dovuto allo scontro. Perchè improvvisamente aveva la sensazione che il suo cuore si fermasse?

 

Grimmjow se ne stava appollaiato fuori dalla finestra della camera di lei e la studiava. L'aveva riportata nell'unico posto che lui considerava sicuro per quella ragazza. L'uomo, quando lo aveva comparire sulla soglia, non aveva proferito parola. Si era limitato a fissarlo e indicargli quella stanza in cui l'aveva deposta.

Non era voluto rimanere, ma non aveva neanche voluto sparire, anche se non ne capiva bene il motivo. Si era dunque sistemato sul ramo dell'albero davanti alla finestra, nascosto tra le fronde, a vegliare su di lei.

Perchè adesso quella ragazza era così importante? Perchè le aveva sussurrato quelle parole nel frangente prima che lei si avvicinasse all'Hollow? Qualcosa dentro di lui qualcosa aveva ricominciato a vivere, qualcosa che un'espada come lui non aveva mai posseduto e mai avrebbe creduto di possedere.

Grimmjow aveva sempre vissuto solo seguendo il suo istinto, come un animale. Per lui combattere e uccidere erano alla base della sua esistenza. Ma da quando l'aveva incontrata, da quando quel giorno aveva avvertito il suo reiatsu, qualcosa in lui era cambiato.

Quando la vide aprire gli occhi, tirò un sospiro. Era preoccupato. Quando ci pensò, si dette del coglione da solo.

Poi la osservò mentre si rannicchiava come una bambina, mentre quegli stessi occhi che trasmettevano al suo corpo uno strano tremito si inumidivano di lacrime. In quel momento lo invase l'impulso di entrare in quella stanza, ma senza avere la certezza se avrebbe dovuto prenderla a schiaffi o stringerla a sé e consolarla.

-Donna, cosa mi hai fatto?-

 

Tra i vari dubbi che le passavano per la mente, ne scorse uno che era caratterizzato da dei particolari capelli a spazzola turchesi e profondi occhi color del cielo. Ricordava cosa era successo nel salotto del suo appartamento, di come lui l'avesse trattata come un oggetto, e cosa invece le sue labbra aveva trapelato contro la sua fronte solo qualche ora dopo.

Cosa voleva da lei? Perchè la tormentava in quel modo? Perchè il suo pensarlo le faceva male? Averlo vicino le provocava ansia, lo stomaco le si rigirava, le farfalle glielo invadevano.

Aveva iniziato a provare qualcosa per quell'espada, per quell'essere spietato che avrebbe voluto ucciderla senza tanti complimenti? Eppure le aveva salvato la vita per ben due volte.

-Grimmjow, cosa mi hai fatto?-

 

Il quarto espada aveva fatto ritorno a Las Noches e adesso si stava dirigendo verso le stanze del suo padrone. Stavolta la porta che oltrepassò era più piccola e di una sfumatura di bianco più spento. Anche quella si aprì silenziosamente al suo passaggio.

La sua vista fu appannata da un denso vapore, creato da una grande vasca rotonda pochi passi avanti a lui. L'espada però non si scompose.

La voce del suo signore si fece largo nella foschia:

-Sei già di ritorno-

In quel momento la sua figura apparve, immersa nell'acqua sino a poco sotto i definiti pettorali, uno sguardo freddo e omicida lo fissava, mentre i lunghi capelli del colore della neve si lasciavano galleggiare leggeri sulla superficie dell'acqua.

-Aizen-sama, aveva ragione. La ragazza ha il dono- disse piatto l'espada.

-Bene, allora sarà il caso di invitarla alla nostra umile dimora- rispose quello, poggiando un gomito sul bordo e, sulla mano, adagiò una guancia.

-Abbiamo un altro problema-

-Quale sarebbe?-

-Il sesto espada. Si comporta in modo strano nei confronti della shinigami. È come se fosse più...-

-Umano?-

-Si. Non riesco a capire-

-Non sforcarti, mio caro Ulquiorra. Non vale la pena di metterci tanto impegno nel capire cosa il nostro compagno sta provando. Non so neanche cosa lo stia spingendo a farlo, ma trovo la cosa alquanto interessante e sono più che determinato a far girare la cosa a mio vantaggio-

-Qual'è il suo piano?-

-Per il momento è necessario che la ragazza venga portata qui. Il resto verrà di conseguenza-

-Bene- e il quarto espada scomparve.

 

Yoko si era finalmente addormentata, con ancora il corpo che tremava. I suoi sogni erano vuoti, senza significato, senza magia.

D'un tratto avvertì un alito di vento introdursi dalla finestra, lasciata socchiusa a causa del caldo di quella notte, e insinuarsi sotto le coperte e il leggero kimono che indossava. Si strinse ancora di più a sé.

Ad un tratto dei passi, leggeri, quasi impercettibili, i quali lei attribuì ad uno di quei suoi sogni.

Poi però avvertì una mano accarezzarle lentamente i capelli, mentre un'altra si muoveva leggera sulle curve del suo corpo nascosto dalle coperte, senza pressione, come un tocco quasi etereo.

Infastidita da quel gesto, si voltò, sempre dormendo, di schiena. D'improvviso un respiro vicino al suo viso, il quale le percorse la pelle, senza toccarla, sino a soffermarsi sulle sue labbra, lasciate socchiuse.

Avvertì che venivano appena sfiorate, poi quella presenza si allontanò.

Decise di aprire gli occhi e, nella semioscurità della stanza, rischiarata solo dalla luce argentea della luna, Yoko distinse una veste bianca e una testa di capelli turchesi. Stava per andarsene, ma una parte di lei non voleva. Doveva fermarlo.

-Grimmjow...- lo chiamò debolmente.

Quello si voltò, sul volto un'espressione stupita.

-Sei sveglia- disse.

-Ti prego, non andartene-

L'espada rimase di sasso. Non sapeva che fare, combattutto da due sensazioni completamente opposte: andarsene e restare. Lei gli sorrise debolmente e in quel momento prese la sua decisione.

Mentre si riavvicinava a lei, la ragazza, con fatica, si alzò a sedere. Lui si sedette dietro lei, la schiena poggiata al muro. Yoko si abbandonò contro il suo petto, mentre lui le passava una mano tra i capelli color cioccolato.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi lui le sussurrò:

-Donna, cosa mi hai fatto?-

Lei si voltò a guardarlo senza capire, ma vide i suoi occhi illuminati di una luce diversa. Non sembrava più esserci il desiderio di ucciderla in quelle due fessure cobalto, ma qualcosa che lei non si sarebbe mai aspettato.

Senza che se ne rendessero conto i loro volti di avvicinarono e le loro labbra si toccarono. Quel bacio fu differente dalla prima volta, sembrava dolce e delicato, come mai si sarebbe aspettata da uno come lui.

Avvertì le labbra di lui schiudersi e tentare di fare altrettanto con le sue. Stavolta lei non si sottrasse e si abbandonò. Sentì una delicata carezza su di una guancia, sensazione che la fece rabbrividire.

Diavolo Yoko, lui era il nemico, come poteva abbandonarsi in quel modo come una povera sprovveduta? Ma ormai l'incanto era stato fatto e i due erano finiti in un vortice di passione e curiosità, l'uno per l'altra.

Avvertì le mani dell'espada viaggiare sul leggero tessuto di quel kimono, mentre le loro labbra e, a quel punto, anche le loro lingue, continuavano a giocare tra loro, esplorarsi e scoprirsi.

Lei si staccò per un attimo:

-Grimmjow, cosa vuoi veramente da me?-

-Non lo so, non ne sono più sicuro- sospirò, prima di riprendere possesso di lei.

La cintura che teneva legato il kimono si sciolse lentamente, mentre l'abito si abbassava leggero sulle spalle di Yoko, lasciando intravedere la sua pelle nivea e morbida.

Lui abbandonò le sue labbra e si concentrò sul collo e le clavicole, provocandole dei gemiti leggeri, quasi inudibili. Dopodichè le sue mani si insinuarono nella scollatura, raggiungendo i seni.

Lei per un attimo sobbalzò.

-Grimmjow...- sussurrò.

-Io...ti voglio...con tutto me stesso. Voglio che tu sia mia-

-Va bene, sarò tua-

 

Yoko si stese sotto il corpo dell'espada, le loro labbra ancora unite in un appassionato bacio. Con timidezza lei gli sfilò la giacca, fermandosi per un attimo ad ammirare il suo fisico asciutto e proporzionato. Fece scorrere una mano sui suoi pettorali e sugli addominali, sino a raggiungere il foro che aveva al posto dell'ombelico.

-Fa male?- chiese.

-No-

-Mi dispiace-

-Per cosa?-

-So cosa significa il foro nel corpo di un Hollow-

Lui non sapeva cosa rispondere, ma, fissandola in quei suoi occhi così particolari, si lasciò sfuggire un sorriso.

-Che c'è?- chiese lei.

-Sei così bella-

Yoko arrossì, ma ricambiò il sorriso. Grimmjow si protese nuovamente verso di lei e la baciò leggero, per poi scendere nuovamente verso il collo e il seno. Il kimono era sceso ancora sino all'ombelico.

Lei gemette, inarcando la schiena, come a volersi avvicinare ancora di più a lui, mentre una mano si insinuava nei suoi capelli turchesi e l'altra gli accarezzava la schiena.

Avvertì la virilità di lui premere contro la sua intimità e in quel momento lo desiderò. Le sue gambe si allargarono leggermente, in modo da ospitarlo meglio contro di lei.

-Sei sicura?- si volle assicurare lui.

Yoko si limitò a sorridere. L'espada lasciò calare i pantaloni, lasciando così libero il suo membro di insinuarsi in lei. Lo fece delicatamente, senza dolore, mentre lei continuava a gemere.

Temendo che qualcuno li sentisse, Grimmjow riprese a baciarla, mentre con dolci affondi prendeva possesso di lei.

L'avvertì sussurrare:

-Grimmjow, cosa mi hai fatto?-

Arrivarono all'apice entrambi nello stesso momento, dopodichè lui si sdraiò accanto a lei e quella poggiò la testa sul suo petto.

Quando l'espada si abbassò per osservarla, vide che però i suoi occhi erano lucidi.

-Che succede?- le chiese.

-Sono felice-

-E perchè piangi?-

-Perchè so che domani tutto questo sarà solo un ricordo-

Lui avrebbe voluto dirle che non sarebbe stato così, ma dentro di sé sapeva che aveva ragione. Non si sarebbe potuto permettere di affezionarsi a lei, una sua preda.

Poi però si abbassò appena, in modo da carpirne ancora le labbra in un ultimo lungo bacio. Non gli importava del domani, quella notte era loro. Lui adesso era suo e lei sua, sino a quando la luna non avesse abbandonato quel cielo stellato.

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Capitolo 13
*** Mai più ***


Yoko aprì gli occhi lentamente, come se avesse avuto paura della realtà che l'attendeva al di fuori del sogno. Si ritrovò stesa sotto le coperte, le ferite che non le provocavano più fastidio, il suo corpo completamente nudo.

Al suo fianco però non vi era nessuno. Non rimase un granchè delusa, visto che in qualche modo se lo aspettava. Ciò che era accaduto quella notte non poteva certo avere un futuro. Ma allora perchè provava quel senso di vuoto? Perchè fino in fondo si sarebbe aspettata di trovarlo al suo fianco quando si fosse svegliata?

Una lacrima le scese su di una guancia senza che lei potesse fermarla. Il petto le faceva male, come se qualcuno glielo avesse trafitto. Ma chi voleva prendere in giro? Lei provava per quell'espada più di quanto avesse mai provato per qualcuno, persino per Doi.

Già, Doi, l'amico che si era sacrificato per salvarla da quegli esseri spietati, uno dei quali lei aveva fatto entrare nel suo letto. Cosa avrebbe pensato della sua “hime”? Che era una povera ingenua, convinta di poter cambiare l'animo primitivo e selvaggio, convinta di poter essere per una volta amata. E invece anche lui l'aveva scaricata.

In quel momento decise che mai più nulla sarebbe riuscito ad intaccarla, niente e nessuno.

 

Grimmjow aveva fatto ritorno a Las Noches, ma dentro di lui sapeva che non era stata la scelta giusta. Sentiva come se il vuoto nel suo petto si fosse fatto d'improvviso più opprimente, come se gli fosse stato strappato il cuore per la seconda volta.

Averla guardata di sfuggita mentre dormiva, averle accarezzato i lunghi e morbidi capelli, aver assaporato il suo profumo misto a qualcos'altro, per poi voltarle le spalle e sparire prima che il sole sorgesse, lo faceva sentire un codardo e uno stronzo.

Ma perchè ci teneva in quel modo? Aveva assaporato tanti tipi di carne, in ogni forma di perversione e peccato, eppure con lei era diverso. Quella ragazza portava con sé qualcosa di potente, qualcosa che gli aveva permesso di intravedere un raggio di luce in quella sua oscura esistenza.

E lui aveva mandato tutto alla malora.

Ma se qualcuno lo avesse scoperto? Se avesse potuto approfittare di quello che lui provava?

D'un tratto avvertì dei passi nel corridoio buio. Si fermò un attimo, in attesa di scorgere colui che gli veniva incontro.

Alla luce della tenue luna che rischiarava l'Hueco Mondo, apparvero dei leggeri e singolari capelli color della neve, mentre due occhi color del ghiaccio, freddi e calcolatori, lo sondarono, facendo per un attimo paralizzare il suo corpo.

-Vedo che sei finalmente tornato Grimmjow-

-Non credo di avervi fatto felice con il mio ritorno, Aizen-sama- rispose acido l'espada.

Non sopportava quell'essere, era viscido, non si sapeva mai cosa realmente pensava e aveva la sensazione che prima o poi si sarebbero pentiti della scelta che avevano fatto nel seguirlo. Li avrebbe portati alla rovina.

Quello continuava a sorridergli, in silenzio. Avrebbe voluto togliergli quella sua espressione idiota dalla faccia, ma si limitò solo a stringere nervosamente i pugni.

-C'è qualcosa che vuole dirmi?-

-In realtà no. Voleva solo comunicarti che a breve avremo un ospite-

 

-Grazie Urahara, adesso posso anche tornare a casa- disse Yoko sulla porta del piccolo emporio.

-Kimura-san, sei sicura? Le ferite non si sono ancora richiuse del tutto-

-Non c'è di che preoccuparsi. Adesso me ne torno al mio appartamento e mi infilo nella vasca. Un bagno mi farà sicuramente bene- e, sorridendo, si allontanò.

L'uomo la osservò mentre se ne andava e si calò un poco il cappello verde e bianco sugli occhi, tirando un sospiro. Scuotendo la testa, rientrò nel negozio.

Quell'uomo sapeva più di ciò che faceva intendere. Aveva tentato di trattenere Yoko per proteggerla, in quanto ormai aveva capito che quegli attacchi erano mirati proprio a lei, ma quella ragazza era più cocciuta di un mulo. Decise comunque di tenerla d'occhio.

 

-Comandante generale, un altro aggiornamento da parte di Kisuke Urahara sui fatti di questi giorni-

-Perchè questa fretta? Le cose andranno sicuramente bene-

-Invece credo che questo dovrebbe leggerlo- insistette il vicecapitano porgendo il foglio al vecchio shinigami.

Quello lo afferrò perplesso e prese a leggere. Gli occhi gli si dilatarono in un'espressione di preoccupazione.

-Abbiamo decisamente un problema-

 

Yoko camminava a capo basso verso il suo appartamento, mentre una pioggia incessante continuava a cadere. A lei non interessava, anche se oramai i suoi capelli e i suoi vestiti erano completamente fradici e i movimenti stavano divenendo difficili. Giunse davanti alla sua porta, cercò le chiave nella borsa a tracolla e aprì senza esitazione.

La stanza davanti a lei era buia, rischiarata solo dalla tenue luce di un lampione poco più in basso della sua finestra. Gettò la borsa a terra ad un lato della porta e, come uno zombie, si trascinò in bagno per liberarsi dei vestiti.

Riempì la vasca e si immerse nell'acqua calda. Passò quasi mezz'ora a fissare il suo corpo, ancora coperto da qualche chiara cicatrice, attraverso il pelo fumante dell'acqua e, come fosse stato un flash, le giunse un'immagine di quella notte trascorsa insieme a lui, le sue mani che la esploravano, le sue labbra che la marcavano.

D'istinto si coprì le sue nudità, come se qualcuno la stesse osservando. Stanca dei ricordi che le si erano risvegliati, decise di uscire dalla vasca.

Coperta solo da un asciugamano entrò nella sua stanza. Mentre si rivestiva, l'occhio le cadde sull'armadio, sulla cui anta stava appeso il vestito nero che Jun le aveva fatto comprare quel pomeriggio di shopping. Lo sfiorò, lo sguardo privo di emozioni, anche se un mesto sorriso le apparve sulle labbra.

-Giusto, la festa...-

Dopodichè, senza neanche rivestirsi completamente, si stese sul letto.

Nonostante si fosse svegliata solo da poche ore, una stanchezza opprimente la invase. Chiuse gli occhi e si abbandonò al torpore del sonno.

 

Qualcuno bussava alla porta.

-Chi cavolo è a quest'ora?- si chiese lei ancora mezza addormentata e si avviò ad aprire.

Chiunque fosse, stava diventando insistente. Aprì in malo modo, pronta a inveire contro chi la stava disturbando, ma, con sua grande sorpresa, la ragazza si trovò davanti Jun.

-Che ci fai qui?- le chiese.

-E' due giorni che non vieni a scuola ed ero preoccupata. E poi stasera è la sera della festa di primavera-

-Lo so, ma...-

-Non preoccuparti, ci penso io- sorrise lei, tirando fuori un beauty case e una fodera dove probabilmente si trovava il suo vestito.

Yoko si lasciò vestire, truccare e pettinare. Quando l'amica la portò davanti allo specchio, non sembrava neanche lei. Era bellissima, con il vestito nero che la fasciava nei punti giusti, i lunghi capelli legati in una mezza coda e il resto sciolti, il trucco leggero e quasi invisibile.

Sorrise.

-Stai benissimo- le disse Jun, facendo capolino da dietro di lei e poggiandole le mani sulle spalle.

Yoko pensò che probabilmente quella sera le sarebbe servita per liberarsi un po' dai suoi pensieri.

 

La palestra dell'istituto era stata addobbata con striscioni, ghirlande colorate e fiori delle tonalità dell'arcobaleno. Le ragazze fecero il loro ingresso sotto lo sguardo attento della maggior parte dei presenti.

Yoko si avvicinò all'amica:

-Mi sento osservata. È imbarazzante- sussurrò.

-E' perchè siamo molto carine vestite così. Rilassati e pensa a divertiti- sorrise lei.

Quasi subito però la ragazza si allontanò per raggiungere un gruppetto di compagni, mentre Yoko si limitò a ritirarsi in un angolo dell'istituto ad osservare, solo quello.

Pensare che quelle cose lei se le era sempre e solo sognate, visto che non aveva avuto la possibilità di viverle e, in verità, neanche in quell'occasione era giusto definire “vivere”. Lei era una shinigami, uno spirito al quale era stata data una seconda possibilità, ma quello che quei ragazzi vedevano era solo un involucro vuoto, una parte di lei che non esisteva realmente.

Tre o quattro ragazzi le si erano avvicinati tentando un approccio, ma lei aveva sempre declinato l'offerta con molta educazione e freddezza.

Ad un tratto, tra la folla, intravide qualcuno che non si sarebbe mai aspettata di vedere. Mentre seguiva con lo sguardo quel particolare che aveva attirato la sua attenzione, davanti le si parò Jun.

-Ehi Yoko, come va?-

-Oh bene, Jun, non preoccuparti. Scusa, ma credo di aver visto qualcuno che conosco. Ci vediamo tra poco- e detto questo si avviò verso l'uscita della palestra.

Fuori ormai era buio e, nei dintorni, non si vedeva nessuno. La ragazza prese a guardarsi intorno: eppure era sicura di averlo visto lì. Ma non poteva essere vero, non era possibile.

Ad un tratto un movimento alle sue spalle. Si voltò e lui era lì, che la guardava. Il suo sguardo però non era illuminato dalla solita scintilla di quando lo aveva conosciuto, ma sembrava qualcosa di diverso: preoccupazione, forse.

-Grimmjow...- sussurrò lei.

Non credeva ai suoi occhi. Una parte di lei avrebbe voluto corrergli incontro e abbracciarlo. L'altra parte invece avrebbe voluto ucciderlo. Rimase dov'era, senza essere capace di fare nessuna delle due cose.

-Dobbiamo parlare, donna-

Ah, aveva ripreso a chiamarla in quel modo. Dopo quello che c'era stato tra loro, lei aveva pensato...

-Non credo che ci sia niente da dire- e fece per andarsene.

Una forte mano si chiuse intorno al suo polso.

-Smetti di fare la bambina- ringhiò lui.

-E cosa ti saresti aspettato? Che mi sarei gettata tra le tue braccia e che mi sarei concessa nuovamente a te? Per chi mi hai preso?-

-Beh, la prima volta lo hai fatto, però- sorrise malizioso lui.

-Diavolo Grimmjow, ero ferita e confusa. Mi sono semplicemente gettata tra le tue braccia e tu mi hai usato per soddisfare il tuo puro desiderio. Sei uno stronzo. Quindi se non sei qui per uccidermi, puoi anche andartene perchè io non ho niente da dirti-

Sentiva dentro di sé la forza di Daiki che scalpitava per uscire, come se avesse voluto aiutarla.

-Dannazione, vuoi almeno ascoltarmi? Sono qui per metterti in guardia!!-

-Si, certo, sai quanto posso crederti. Vattene Grimmjow, vederti mi fa solo male-

A quelle parole l'espada rimase di sasso, ma non lasciò andare comunque la sua presa. Poi improvvisamente disse:

-Vieni con me-

La trascinò lontano da occhi indiscreti, nascosti dall'ombra. Poi, con uno scatto la incastrò tra la parete e il suo corpo.

-Che cosa vuoi?- disse lei, guardandolo male.

-Che tu mi ascolti-

Era serio, i suoi occhi fissi nei suoi.

-No. Voglio che tu te ne vada-

Lui si abbassò, sino a nascondere il volto tra la spalla e il collo di lei. Poi sospirò:

-Yoko, per favore-

Lei rimase di sasso, sentendogli pronunciare per la prima volta il suo nome. Il muro che aveva inutilmente tentato di innalzare si frantumò in mille pezzi. Sentiva il respiro dell'espada sul suo collo farsi regolare, come se si stesse calmando.

-Parla allora- rispose lei.

Lui si rialzò, guardandola negli occhi. Prima però che potesse solo proferire parola, i due furono investiti da un potente reiatsu, superiore anche a quello dell'espada. Vide il timore prendere possesso di Grimmjow, mentre lentamente si voltava.

-Hai con te il tuo simbolo di shinigami?- le chiese solo.

-No, l'ho lasciato all'appartamento- rispose lei senza capire.

-Dobbiamo andare a prenderlo- disse lui e, senza aspettare risposta, la prese tra le braccia, partedo veloce verso casa di lui.

Yoko stava cominciando a preoccuparsi: cos'era che aveva causato quel cambiamento in Grimmjow?




NdA Ho voluto fare un intermezzo tranquillo, inserendo così la festa di primavera.
Che carino Grimmjow a preoccuparsi per Yoko, vero?
Ma a chi apparterrà lo strano reiatsu?
Ringrazio coloro che hanno recensito, mi seguono, o che leggono solamente.
Un saluto Marty

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Capitolo 14
*** In mano al nemico ***


In pochi minuti e senza essere notati, Grimmjow e Yoko giunsero all'appartamento di lei.

-Che succede?- chiese la ragazza, prima di accedere al salotto dalla porta finestra.

-Non fare domande e riprendi le tue spoglie di shinigami- rispose lui serio, continuando a guardarsi intorno.

La ragazza cercò il simbolo e se lo posò sul petto. La sua anima si staccò immediatamente dal gigai. Tornò dall'espada.

-Ti vuoi decidere a dirmi cosa succede? Pensi che non abbia sentito anch'io quel reiatsu?-

-Yoko è di questo che volevo parlarti. Io...-

Vide l'espressione di lei cambiare d'improvviso e lui, inconsciamente, sapeva ciò che aveva visto. Si voltò lentamente. Davanti a loro, sospeso a mezz'aria, la solita espressione vuota, stava il quarto espada, Ulquiorra.

-Grimmjow, vedo che l'hai trovata con facilità. Devo ammettere che quando Aizen-sama mi ha consigliato di seguirti ero un po' restìo, ma come al solito le sue intuizioni si sono rivelate giuste-

L'espada sentì caricare una forte rabbia, mista a frustrazione. Quell'idiota era il solito leccaculo, ma in quel momento, anziché farglielo notare, tentò di trovare una soluzione per portare via Yoko, la quale però non accennava ad arrivare.

-Cosa significa?-

La sua voce alle sue spalle lo fece risvegliare. Si voltò a guardarla: il suo sguardo era sperso, non capiva la situazione. Sapeva però che lo stava odiando.

-Io...-

-Aizen-sama richiede la tua presenza a Las Noches. Siamo qui per portarti con noi- rispose Ulquiorra.

-Siamo?- disse lei, incredula, continuando a fissarlo.

-Aspetta, non è come sembra- tentò di giustificarsi il sesto espada, ma lei si scansò dal suo tocco, allontanandosi.

-Non ho intenzione di seguirvi da nessuna parte-

Gli occhi spenti del quarto espada la fissarono.

-Aizen-sama ha detto che se avessi opposto resistenza avremo potuto i nostri metodi per convincerti. Si è solo raccomandato di non danneggiarti troppo-

Senza che lei se ne rendesse neanche conto, velocissimo, l'espada sparò contro di lei un raggio di luce verde, il quale le trapassò una spalla da parte a parte. Una scossa elettrica le attraversò il corpo. Avrebbe voluto urlare, ma si trattenne.

Grimmjow, dal canto suo, avrebbe voluto intervenire, ma era come se il suo corpo fosse paralizzato.

-Dannazione- sussurrò lei, prima di toccare terra con i piedi, tenendosi la spalla ferita.

-Allora, ci seguirai adesso?-

-Mai- ed estrasse la sua spada.

-Rischiara il crepuscolo, Daiki- sussurrò alla lama e questa di sprigionò.

Per fortuna nessuno poteva vederli.

Con la mano sana prese a colpire, ma l'espada era veloce e riusciva ed evitare ogni suo attacco. Il sangue che stava perdendo la stava indebolendo velocemente, mentre la vista si annebbiava.

Stava per rilasciare ancora reiatsu, quando Ulquiorra le apparve davanti all'improvviso, prendendola per il collo. Il fiato le si mozzò in gola, la mano lasciò la spada, la quale tornò normale.

-Mi stai stancando, ragazzina- le soffiò lui in viso, sempre la sua espressione neutra sul viso.

Yoko non respirava più, i sensi la stavano abbandonando. Quella volta era proprio finita. Ma cosa volevano da lei quei tipi?

Ad un tratto una mano si pose sul braccio del quarto espada. Qualcuno disse qualcosa, ma lei non riuscì a sentire. La presa si fece meno forte e un po' d'aria tornò nei polmoni.

Il nemico la lasciò andare e lei cadde in ginocchio. Poi però il sangue perso e i minuti di apnea le avevano provocato un serio crollo fisico e lei non ce la fece più. Il suo ultimo pensiero andò a Grimmjow, maledicendolo, e a se stessa, considerandosi la solito sciocca sentimentalista. Dopodichè, in pochi secondi, il suo mondo divenne buio.

 

Quando riaprì gli occhi si trovò in una stanza dalle pareti immacolate, rischiarate dalla tenue luce di uno spicchio di luna che si intravedeva da una lunga e grande finestra.

Si voltò verso di essa, senza capire dove si trovava.

Poi un rumore richiamò l'attenzione verso la porta. Si girò verso quella direzione. Lo vide.

-Ti sei svegliata- disse lui.

-Che cosa vuoi?- chiese lei seria, tornando a fissare il soffitto.

-Spiegarmi-

-Non voglio le tue spiegazioni. Non mi interessano. Sono stata un'idiota a fidarmi-

-Non è vero- ringhiò lui, avvicinandosi.

-Fermati...- disse la ragazza, avendo capito le sue intenzioni.

Tentò di alzarsi, ma il suo corpo era ancora debole. Notò però che la sua spalla era stata medicata e fasciata. Che cosa avevano intenzione di fare con lei.

Grimmjow si stava avvicinando ancora.

-Yoko, ascolta...-

-Non pronunciare il mio nome!! Non voglio vederti mai più- disse tra le lacrime, riuscendo a voltarsi dall'altra parte.

Lui si bloccò. Perchè quelle parole gli facevano così male?

-Mi dispiace- disse solo, prima di sparire oltre la soglia, chiudendosi la porta alle spalle e lasciando la stanza immersa nella penombra.

 

Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma avvertiva che le forze le stavano tornando. Daiki, dentro di lei, era ancora presenta, ma sembrava in modo del tutto differente. Mettendosi a sedere sul letto notò finalmente qualcosa di assai strano: ai suoi polsi due alti bracciali di uno strano materiale, i quali parevano bloccare il suo reiatsu.

-Maledetti- sospirò.

In quel momento la porta si aprì ancora. Stavolta però sulla soglia apparve Ulquiorra, serio come al solito.

-Aizen-sama vuole vederti-

Lei, rassegnata, si alzò. Anche se debole, riuscì a rimanere in piedi e si fece dietro al quarto espada.

Nessuno dei due disse una parola, fino a quando giunsero dinnanzi ad un alta porta bianca. Quando i due battenti si schiusero, rivelarono una grande stanza. Un sorta di strano trono sullo sfondo, mentre ai lati, impalati come statue, stavano gli espada, i quali si voltarono quando i due entrarono.

Yoko, per niente spaventata, spostò lo sguardo su ognuno di loro.

Incrociò lo sguardo di Grimmjow, il quale lo distolse immediatamente.

Dopodichè tornò a fissare davanti a sé. Sul trono, seduto scompostamente, la testa poggiata su di una mano, stava un uomo, di bell'aspetto, con lunghi capelli color della neve e algidi occhi ghiaccio. Le sorrideva, ma pareva un gesto strano, quasi quanto quello di Urahara.

Le porte si richiusero alle sue spalle. Finalmente lo sconosciuto parlò:

-Benvenuta Hime-sama-

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Capitolo 15
*** Hikari no Doroppu ***


Yoko rimase in silenzio, fissando negli occhi quell'uomo. Era sicura di non averlo mai incontrato, eppure era come se la sensazione che provocava in lei fosse conosciuta, come già provata.

Poi quell'appellativo. Che voleva dire?

-Perchè mi chiami in questo modo?- chiese seria.

Quello sorrise ancora.

-Ma perchè è quello che sei, ragazza. Quel vecchio del comandante generale non te ne ha mai parlato? Eppure sono più che sicuro che lui sia a conoscenza della tua esatta condizione. Ti sei mai chiesta perchè ci tenesse in modo particolare a vedere il tuo vero potenziale quando eri all'accademia? Ti sei mai chiesta perchè ti tenesse più di conto rispetto a chiunque altro?-

Lei lo fissò, senza capire. Era vero, si era fatta più volte quella domanda, senza però trovare mai una risposta. Era giunta alla conclusione che probabilmente lo affascinasse la forza del suo reiatsu, manifestata molto prima rispetto a chiunque.

-Non so di cosa tu stia parlando- rispose.

Fu allora che Aizen si alzò dal suo trono e prese a camminare verso di lei. Avvertiva come se Daiki stesse scalpitando per uscire, ma nonostante lei si stesse impegnando per tentare di liberarlo, i bracciali che aveva ai polsi lo bloccavano, facendole male. Infatti, più lei si sforzava, più quelli diventavano incandescenti.

Quando tornò ad osservare l'uomo, quello era a pochi passi da lei. Quando la raggiunse, Yoko avvertì il suo corpo paralizzarsi. Aizen le afferrò il mento con una mano, costringendola a guardarlo negli occhi. Poi le disse:

-Ricominciamo da capo, vuoi?-

Si avvicinò al suo orecchio, provocandole un brivido. Le sussurrò:

-Benvenuta nella mia umile dimora, Hime-san. Yoko Kimura, principessa della Soul Society-

 

Non poteva credere alle sue orecchie. Principessa? Cosa significava? Quando Aizen tornò a guardarla, sfiorò lievemente le sue labbra.

-La notizia ti ha sconvolto. Lascia dunque che ti spieghi-

Quando non ci fu più la presenza del nemico a sorreggerla, quella avvertì le gambe farsi deboli, costringendola a cadere in ginocchio. Quello tornò a sedersi sul trono, continuando a sorridere.

-Cominciamo dall'inizio. Anni fa, non ricordo neanche tanti, giunse in questo luogo desolato la notizia che il re aveva avuto un erede, la cui forza spirituale era presente fin dalla nascita. Cosa alquanto insolita. Per questo motivo ne rimasi profondamente affascinato e mi prefissai che prima o poi avrei usato quello stesso potere per distruggere l'intero mondo degli shinigami. Purtroppo, qualcuno si rese conto dei miei piani, trovando il modo più di una volta di far sfumare i tentativi di impadronirmi dell'erede. Quel qualcuno era Yamamoto, l'attuale comandante generale del Gotei 13-

Yoko non poteva credere a quelle parole.

-Accanto a lui stava un altro guerriero, il quale si offrì di proteggere l'erede del re sino alla morte. Fu così che, tramite non so quale malata tecnica, egli divenne puro spirito, impiantandosi nello stesso corpo di colui che doveva proteggere. Credo che tu lo chiami Daiki, non è vero?-

Un dolore al petto, come se il suo spirito stesse soffrendo, cosa che le fece capire che ciò che le stavano raccontando era la verità.

-Quindi il mio reiatsu è frutto di qualcun'altro?- chiese a mezza voce.

-E' qui che ti sbagli. Il potere che tu possiedi è tuo, Daiki è unicamente un custode a tale forza, un freno al tuo vero potenziale. Ma adesso fammi finire: quando il prode difensore compì l'eroico gesto, temendo ancora che io entrassi in possesso di quella forza, ti reincarnarono in una mortale. Non era in programma che tu passassi all'altro mondo così giovane, quindi quando avvenne dovettero addestrarti. Quel giorno spedii i miei espada all'arena per testare il tuo vero potenziale e devo dire che ne sono rimasta alquanto soddisfatto-

Continuava a sorridere. Yoko avrebbe volentieri voluto togliergli quel ghigno dalla faccia.

-Quindi che intenzioni hai con me?-

-Voglio il tuo potere, la Hikari no Doroppu, la stilla della vita. Con quella distruggerò l'intera Soul Society-

-E se io non volessi dartela?-

-Non è necessario che tu sia d'accordo nel cedermela-

Poi fece cenno a qualcuno e la ragazza si sentì sollevare per un braccio. Si voltò e si trovò a fissare di nuovo il quarto espada.

-Ci vorranno quattro giorni per estrapolare la stilla. Spero che accetterai la nostra ospitalità-

 

I bracciali erano incandescenti. I pugni chiusi e il corpo teso. Lanciò un rapido sguardo al suo carceriere, il quale fissava dinnanzi a sé, continuando a tenerla per un braccio. Poi parlò:

-Non tentare di scappare, non ce la faresti. Ho avuto ordine di tenerti d'occhio, ma non di non poterti farti del male se proverai a liberarti-

Come faceva? Era come se le leggesse nella mente.

All'improvviso si fermarono davanti ad una porta, la quale si aprì senza essere toccata. Una stanza buia con un solo letto si aprì dinnanzi a loro.

-Entra- disse piatto lui.

Yoko obbedì. Dopodichè la porta si richiuse, lasciando sola.

Tristemente camminò sino al letto e vi si gettò sopra. Quale sarebbe stato il suo destino?

 

Dopo qualche ora Ulquiorra tornò a prenderla per portarla al cospetto di un altro espada, un tipo dai capelli rosa e strani occhiali sul naso, la quale la fissava con uno sguardo strano. Stava in uno strano laboratorio, colmo di eccentrici macchinari, dei quali Yoko si immaginava solo lontanamente la funzione.

Fu fatta sistemare su una sorta di lettino, polsi e caviglie chiuse in anelli si metallo, in modo da impedirle di fuggire. Cavi ed elettrodi le furono attaccati alle tempie, al petto e ai due bracciali. Poi una potente scossa le attraversò il corpo, facendola gridare e inarcare la schiena.

Avvertiva la sua energia fuggirle dal corpo ogni qualvolta che veniva abbassata la leva di quel macchinario.

Dopo un tempo che le sembrò infinito, finalmente i due si decisero a liberarla. Si sentiva debolissima, non riusciva a camminare. Con un gesto privo di qualsiasi sentimento, si sentì sollevare tra le braccia del quarto espada e, senza poterci fare niente, abbandonò la testa nel suo petto, chiudendo gli occhi.

Quando li riaprì si ritrovò nella stanza, sola. Si rannicchiò sul letto, iniziando a tremare e le lacrime le salirono agli occhi. Per la prima volta da quando era arrivata in quel luogo, senza sapere perchè, le mancavano le braccia di Grimmjow.

 

Il giorno successivo, o almeno quello che lei credeva fosse il successivo, Ulquiorra tornò per ricondurla dal suo torturatore. Sentiva la presenza di Daiki sempre più debole, anche se tentava in tutti i modi di non farlo fuggire da lei. Il dolore che quell'infernale macchinario le provocava diveniva insopportabile.

Quel giorno, ad assistere, c'era anche quel bastardo di Aizen. Yoko tentava di trattenere le grida, dimostrarsi forte, ma le scosse nel suo corpo avevano una durata sempre maggiore e lei non ce la faceva. Finalmente fu dato l'ordine di smettere. La ragazza perse i sensi, mentre le lacrime le rigavano le guancie.

Fu ricondotta nella sua stanza e lasciata di nuovo da sola.

Non sapeva quanto tempo fosse trascorso, ma la porta si spalancò. Lei alzò lo sguardo e qualcuno stava sulla soglia, osservandola.

-Chi è?- chiese.

Quello mosse qualche passo, fino a quando lei non potè vederlo in faccia e in quel momento rabbrividì.

-Tu!!-

Fece per scagliarsi su di lui, ma la fatica era troppa che ricadde sul letto.

Lo sconosciuto le si avvicinò ancora, mentre un sorriso poco rassicurante gli si allargava sul viso.

-Cosa vuoi?- chiese lei.

-Penso solo divertirmi-

Prima che potesse realizzare avvertì una stretta ferrea sul suo collo, la quale le mozzò il respiro. Tentò di liberarsi, ma senza successo. Due occhi colmi di cattive intenzioni si puntarono nei suoi, oramai quasi socchiusi.

Quando sentì il suo respiro all'altezza della guancia, li chiuse del tutto, prima di avvertiva qualcosa di viscida che le sfiorava la pelle: la stava leccando!!

-Allontanati da me!! Sei uno schifoso assassino!!- gridò lei.

Quello rise.

-Ti riferisci al tuo amichetto? Sai, ho goduto quando gli ho squarciato il torace- rispose l'espada, passandosi la lingua sulle labbra.

Davanti agli occhi di Yoko si ripresentò l'immagine di Doi, riverso a terra, il suo sangue che le macchiava le mani.

Avvertì il peso dell'uomo su di lei e le sue mani sul suo corpo.

-Lasciami- disse ancora tra i denti.

-Sai, non mi sono mai fatto una principessa- disse lui e si avvicinò di nuovo.

Lei girò il volto dall'altra parte. Non voleva vederlo. Avvertiva la sua bocca sul suo collo, mentre avido la divorava. Le lacrime le salirono agli occhi: nessuno l'avrebbe aiutata.

D'un tratto lui le afferrò il mento, facendola voltare di nuovo. Prima che potesse dirgli qualsiasi cosa, le sue labbra furono ghermite da quelle di lui, mentre la sua lingua premeva per entrare. Le dette la nausea.

Puntò le mani sul suo petto, con l'intenzione di levarselo di dosso, ma era debole e non ci riuscì. Si sentì perduta.

Quello continuava ad approfittare di lei, senza che potesse far niente per impedirlo. Sentì una sua mano scivolarle sul seno, sino ad afferrarlo in malo modo, provocandole un gemito. Le sue labbra tornarono sulla bocca, stavolta con più decisione.

-Vedrai, ti piacerà- disse quello, quando si allontanò di poco.

L'altra mano era sulla sua coscia, mentre risaliva lentamente.

Quando ormai si sentiva perduta, il peso di lui scomparve all'improvviso, seguito da un ringhio.

-Che cazzo stai facendo?!?- gridò una voce, la quale lei riconobbe immediatamente.

-Che succede Grimmjow? Sei geloso? Scommetto che te la sei già fatta. Non ti va di condiciderla con un tuo compagno?-

-Nooitra, razza di bastardo!! Stai lontano da lei, non provare neanche a sfiorarla o ti taglio quelle schifose mani che ti ritrovi!!- gridò di nuovo lui.

-D'accordo, me ne vado, ma non pensare che rinuncierò. Quel corpo è davvero eccitante e io non mi farò scappare un'occasione così ghiotta- e ridendo uscì dalla stanza.

Yoko si rannicchiò su se stessa, le spalle alla porta, il corpo che tremava. Sapeva che Grimmjow non aveva abbandonato la stanza, in quanto lo sentì avvicinarsi.

-Yoko...- la chiamò.

Lei non rispose. Quello, affranto, fece per andarsene.

-Aspetta- sussurrò lei tra i singhiozzi.

L'espada si fermò.

-Ti prego, resta con me-

Grimmjow si stupì della richiesta, ma tornò indietro, sedendosi ad un lato del letto.

-Mi dispiace-

Furono le ultime parole che lei sentì, in quanto poi si lasciò carpire dalle braccia di Morfeo e si addormentò.

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Capitolo 16
*** Solo mia ***


Yoko aprì debolmente gli occhi, ancora appiccicati dalle lacrime. Mise a fuoco la stanza e notò una testa di capelli turchesi che spuntava da un lato del letto. D'un tratto le tornò in mente quello che era successo la sera precedente: l'aggressione, il salvataggio da parte di Grimmjow e lei che gli aveva chiesto di rimanere.

Cosa le era saltato in mente? Lo odiava per ciò che le aveva fatto, ma al tempo stesso non poteva fare a meno di guardarlo. Un leggero movimento del suo corpo e una sua mano che si avvicinava a quella massa di capelli dal colore così strano.

Il respiro di lui era regolare, tranquillo, segno che stava dormendo. Quando però avvertì il fruscìo delle coperte si destò e la ragazza ritirò di colpo la mano.

I loro occhi si incontrarono e in quel momento lei sentì la rabbia e l'odio impadronirsi di nuovo del suo corpo.

-Yoko...- disse lui in un sussurro.

Lei distolse lo sguardo, dandogli le spalle.

-Non credere che questo cambi qualcosa- ribattè, acida.

L'espada si alzò in piedi e rimase fermo dov'era. Lei sapeva che la stava guardando.

-Si può sapere cosa vuoi da me?- ringhiò lui.

-Che te ne vada- rispose lei secca.

La presa ad una spalla la costrinse a voltarsi. Con uno strattone però, si liberò, guardandolo furente.

-Quale parte di “voglio che te ne vada” non ti è chiaro?!?-

-Non me ne andrò. Voglio che tu parli con me-

-E cosa saresti tu? Una sorta di terapeuta delle cause perse? Dovresti sapere ciò che hai fatto-

-Vedi, continui a non capire. Io ero venuto ad avvertirti-

-Perchè mi hai lasciata sola?- chiese allora Yoko.

Gli occhi di Grimmjow si dilatarono in un'espressione tra il sorpreso e il confuso.

-Non credo di aver capito-

-Allora sei più stronzo di quanto immeginassi- ringhiò stavolta lei, abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore sino a farlo sanguinare.

Finalmente lui capì: lei si riferiva dopo la notte che avevano passato insieme.

-Yoko, è per quello che ce l'hai con me?- chiese affranto.

-Ti sembra una cosa da poco? Ed io stupida che mi sono rifugiata nelle braccia di un patetico bastardo sperando di poterlo cambiare. Ma di tutti i fottutissimi uomini che esistono, proprio con te dovevo finire a letto?-

Sapeva di stare esagerando con gli epiteti, ma sembrava che solo in quel modo riuscisse a sfogare la rabbia che aveva dentro.

-Yoko...io...-

-Basta, smetti di pronunciare il mio nome!! Non hai idea di quanto ho anelato che uscisse dalla tua bocca anche solo una volta, ma adesso mi sembra che ogni volta che mi chiami il mio cuore si frantumi!!-

Grimmjow era un pezzo di marmo.

-Ti prego, non piangere- stava dicendo dentro di sé, senza riuscire a dar voce a quel pensiero.

Lei era là, davanti a lui, e l'espada non riusciva a dire niente di abbastanza intelligente e sensato. Solo scuse su scuse. Lei aveva ragione, si era comportato come un vigliacco. Lei era sua e di nessun altro, ma non sapeva come riuscire a dimostrarglielo.

Poi fu Yoko a parlare di nuovo:

-Tu non hai la benchè minima idea di cosa io stia provando. Credo di aver raggiunto un punto di non ritorno, anche se, con tutta me stessa, mi era imposta di non farlo. Mi sono lasciata coinvolgere dal sentimento più bello e dilaniante che uomo o divinità abbia mai conosciuto. Peccato che mi sia capitato con un essere il cui cuore gli è stato strappato-

Lui si portò una mano al petto: lei aveva ragione, ma allora cos'era quella sensazione nel petto che gli faceva così male? Non era mai capitato, fino al momento in cui l'aveva incontrata. Qualcosa in lui era cambiato, sentiva che quella verità pronunciata dalle sue labbra non era del tutto vera.

Con uno scatto fulmineo si ritrovò sopra di lei, i suoi polsi bloccati dalle sue mani, mentre lei lo guardava senza capire.

Quegli occhi...

Come gli piacevano, di due diversi colori, come se lei appartenesse a qualcosa di divino e in effetti era proprio così.

-Grimmjow, lasciami- disse Yoko, ma si sentiva celata in quelle parole una volontà diversa.

Avvertiva il corpo della ragazza fremere sotto di lui, le sue labbra socchiudersi in un leggero affanno.

-Perchè mi stai facendo questo?- chiese ancora, mentre gli occhi le si inumidirono.

Non ebbe nuovamente risposta. L'espada si avvicinò, sino a ghermirle le labbra in un bacio travolgente e passionale. Era stato solo un toccarsi di labbra, ma era bastato perchè il cervello di Yoko andasse in tilt.

Lui si allontanò per un attimo, in modo da poter vedere la sua reazione: gli occhi socchiusi, le guance leggermente arrossate e le labbra ancora socchiuse.

-Tu sei mia- disse di nuovo e si riunirono in un altro bacio.

Stavolta lei avvertì la lingua di lui farsi strada tra le sue labbra, sino a toccare la sua. Stranamente non si sottrasse, ma si lasciò andare.

-Sono proprio una stupida- pensò, mentre anche lei ricambiava quel bacio.

Grimmjow seguì il contorno della sua bocca, provocandole un brivido. Poi tornò a fissarla negli occhi.

-Fai di nuovo l'amore con me- disse in un sussurro, mentre le sue labbra scendevano sul collo di lei.

La mancata risposta di Yoko fu più esauriente di mille parole.

 

Avvertiva le sue mani sfiorarla, ma era come se i suoi occhi fossero velati da qualcosa. Sentiva che era felice, ma allo stesso tempo di sentiva una fallita. Sentiva le labbra dell'espada sulle sue, per poi scendere lentamente sul suo collo.

Lui si era già liberato della giacca senza staccarsi da lei, mentre una mano si insinuava al di sotto del suo kimono, sino a raggiungere il seno.

La accarezzò dolcemente, facendole sfuggire un gemito di piacere. Yoko, nel frattempo, accarezzava i suoi pettorali, delineandone la forma tonica e intrigante. Fu in quel momento che intravide un sorriso sul volto di lui.

-Perchè sorridi?- gli chiese, la voce impastata dalla lussuria.

-Non lo so- rispose lui.

In pochi minuti il corpo di lei fu liberato dall'inutile tessuto che lo ricopriva, lasciandola completamente nuda davanti agli occhi del suo amante. Quello si abbassò piano sul seno, sfiorandolo appena, per poi concentrarsi sulla linea tirata del suo addome.

Fece scorrere la lingua sul quella pelle bollente, l'unica cosa che dopo tanto tempo lo faceva sentire vivo. Lei fremette a quel tocco, mentre le sue dita si infilavano tra i capelli turchesi.

Arrivò all'ombelico, mentre le mani le accarezzavano i fianchi e le divaricavano le gambe. Lei non oppose resistenza, mentre il profumo della sua femminilità si propagava nell'aria.

Grimmjow tornò d'improvviso a fissarla negli occhi, oramai due fessure colme di passione. Avvicinandosi al suo orecchio, dopo averle mordicchiato il lobo, le sussurrò:

-So che queste mie parole ti sembreranno vuote e superficiali, dato che escono dalle labbra di una creatura senza cuore. Ma sappi solo che tu mi hai cambiato, mi hai fatto scoprire qualcosa che fino a poco tempo fa non pensavo esistesse. Tu mi hai donato qualcosa per cui vale la pena lottare e morire-

Lei lo fissava, avendo immediatamente capito cosa l'espada, un po' goffamente, le voleva far capire.

Fu allora che lui affondò in lei.

 

Fu un gesto secco, ma colmo di dolcezza. La schiena di Yoko si inarcò in modo innaturale, mentre la sua testa di reglinava all'indietro, lasciando in buona mostra il collo, il quale fu subito ghermito dalle labbra di Grimmjow.

I movimenti erano ritimici e precisi, mentre lei sentiva di star per raggiungere il culmino. Un dito stretto tra i denti per soffocare i gemiti, temendo che qualcuno li potesse sentire.

Ben presto il dito fu sostituito dalle labbra di lui, vogliose di sentire ancora il sapore di lei.

Le mani di Yoko viaggiavano sulla sua schiena, sino a stringersi forti intorno al suo collo. Gridò il suo nome, cercando comunque di trattenersi.

Involontariamente due lacrime le rigarono le guance, le quali furono però fermate dalla lingua dell'espada.

-Perchè piangi?- le chiese.

-Sono felice, anche se so che presto tutto questo avrà una fine-

L'ennesima spinta ed entrambi raggiunsero l'apice del piacere. Dopodichè, lui si stese su di lei, il respiro affannato.

-Resti con me?- sussurrò Yoko.

-Non vorrei essere in nessun altro posto- e detto questo si addormentarono.

 

Una forte luce inondò la stanza, mentre i due, abbracciati, si ridestarono. Sulla soglia apparve la sagoma del quarto espada. Quando li vide, la sua espressione cambiò leggermente.

-Grimmjow, non so cosa tu ci faccia qui, ma la principessa è attesa...-

L'espada stava per scattare, quando una mano di lei lo trattenne. Senza vergogna scansò le coperte, mostrando il suo corpo nudo agli occhi di Ulquiorra, il quale ricevette uno sguardo talmente feroce da parte di Grimmjow che si voltò. Yoko afferrò il suo kimono e si rivestì.

Mentre stava per andarsene, lui la catturò per un polso.

-Riuscirò a fermare tutto questo- le sussurrò.

Il sorriso che lei gli rivolse lo fece rimanere di sasso. Yoko aveva fiducia nelle sue parole.

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Capitolo 17
*** Lui ***


Quella volta fu ancora più doloroso ciò a cui la sottoposero. Era come se le stessero strappando una parte di anima. Le scosse che le percorrevano il corpo la irrigidivano, mentre Yoko stringeva i denti per non urlare. Gli occhi chiusi erano un tentativo per immaginarsi in un altro posto, anni luce lontano da dove si trovava in quel momento.

Avvertiva lo sguardo di ghiaccio di Aizen che la fissava, soddisfatto. Avrebbe voluto urlargli in faccia tutto il suo odio e il suo rancore, ma in quel momento il suo cervello era concentrato nel trattenere il male che provava.

Le tornarono in mente, all'improvviso, le parole di Grimmjow, i suoi occhi mentre le pronunciava: era sincero. Le lacrime le scesero sulle guance.

Finalmente quella tortura ebbe fine e Yoko avvertì le membra abbandonarsi completamente sulla sorta di lettino sul quale si trovava.

Mentre teneva ancora le palpebre abbassate, avvertì solo il silenzio, poi dei passi che si facevano verso di lei.

Socchiuse gli occhi, trovandosi completamente sola. O meglio, non proprio sola. Con lei c'era quel bastardo di Aizen. Aveva fatto uscire tutti i presenti.

Una mano le accarezzò i capelli. Lei non riusciva a sottrarsi, per quanto invece lo desiderasse.

-Sei stata brava- le sussurrò ad un orecchio.

La ragazza rabbrividì, continuando a piangere e singhiozzare. Non avrebbe voluto farsi vedere debole davanti all'uomo, ma il male e il vuoto provato ebbero la meglio.

Ad un tratto sentì il respiro di lui sul suo collo. Percorreva la sua pelle come un cane che annusa una traccia.

-Stammi lontano...- riuscì a sussurrare.

-Sai Hime, non ho ancora capito con esattezza quale sia il tuo vero potere. Ulquiorra mi ha riferito della scena che gli si è presentata stamani nelle tue stanze. Come hai fatto ad assoggettare un spirito come quello di Grimmjow?-

-Ti sbagli. Tra noi è solo sfogo. Niente sentimento- mentì lei.

-Non raccontare bugie. Ogni qual volta ho incrociato lo sguardo del mio espada dopo che ti aveva incontrato, sentivo che dentro di lui era nato qualcosa di nuovo, come se d'improvviso fosse rinata in lui la sua parte umana. E in qualche modo credo che il tuo incantesimo abbia avuto effetto anche su di me-

Le labbra dell'uomo si posarono sulla sua pelle e una sensazione di freddo la pervase. Lentamente, solo sfiorandola, risalì il collo, la mascella, la guancia, sino a sfiorare le labbra.

-Comodo approfittarsi di qualcuno che non può reagire, vero?- tentò lei, ma dentro di sé avvertiva la paura di ciò che sarebbe accaduto.

Stavolta neanche il suo espada avrebbe potuto correre in suo aiuto.

-Sei una creatura affascinante, Hime, e mi piacerebbe fare di te qualcosa di più una volta aver risucchiato la Stilla-

Dopodichè, come un animale, si avventò sulle sue labbra, facendole male. Yoko tentò di sottrarsi, ma quello le teneva ferma la testa con una mano. Sentì l'altra che esplorava lentamente il suo corpo, soffermandosi sul seno, poi sul fianco, infine sulla sua coscia.

Lei non voleva, non desiderava che la sottoponesse anche a quello.

-Ti prego...- sussurrò, tra le lacrime, mentre, nonostante tutto, il suo corpo si inarcava sotto l'uomo.

-Lasciami fare- disse quello e continuò.

Fu allora che Yoko chiuse gli occhi, cercando di rifugiarsi in un luogo che le avesse permesso di affrontare anche quella prova.

 

Era stata ricondotta nelle sue stanze. Dopo che Aizen aveva fatto di lei ciò che più gli era parso, l'aveva fatta rivestire e aveva chiamato il suo fido Ulquiorra, ordinandogli di riportarla indietro.

Quello aveva eseguito in silenzio. Mentre camminavano, a Yoko era capitato di fissarlo per un attimo negli occhi. Proprio allora lui aveva ricambiato la sua occhiata. Alla ragazza era sembrato di intravedere un filo di disapprovazione in ciò che il suo signore aveva appena fatto, ma pensò di esserselo solo immaginato.

Tornata nelle sue stanze e lasciata sola dall'espada, si era chiusa nel bagno ed era affondata nella strana vasca colma d'acqua. Dopo un attimo di staticità, con le ginocchia strette al petto e lo sguardo basso, le sembrò di avvertire ancora le mani di lui sul suo corpo. Iniziò insistentemente a strusciare ogni parte del suo corpo, come a voler cancellare ogni traccia di quel mostra da lei.

Dopo che la sua pelle fu percorsa e ricoperta da evidenti segni e graffi decise di uscire. Si avvolse in un caldo asciugamano e si rannicchiò sul letto, le spalle rivolte alla porta, le ginocchia al petto e il corpo scosso dai tremiti.

All'improvviso avvertì la porta aprirsi. Non ebbe il coraggio di voltarsi, anche se in qualche modo sapeva chi era il misterioso visitatore.

-Yoko...-

Era Grimmjow.

Lei nascose ancora di più la testa tra le gambe.

Lui le si avvicinò e le sfiorò una spalla. La ragazza si scansò.

-Cosa è successo?-

Lei non dava segni di reazione.

-Yoko, guardami!!- imprecò quello e, afferrata per le spalle, la costrinse a voltarsi.

Gli occhi gonfi di lacrime di lei lo fecero sussultare, come pure i segni di graffi sulla sua pelle.

-Cosa ti è successo?- balbettò l'espada, sfiorandole le ferite sulle mani e sulle braccia.

Lei li sottrasse al suo tocco e se li strinse forte.

-Lui...su di me...il suo respiro...è stato orribile!!- e scoppiò di nuovo in lacrime.

Grimmjow sgranò gli occhi, avendo capito, o almeno intuito, ciò che la ragazza stava cercando di dirgli.

-Chi è stato?!?- ringhiò, i canini in mostra.

-Lui-

L'espada capì. Mentre stava per allontanarsi, l'animo colmo di rabbia , avvertì una presa al suo polso. Si voltò e trovò Yoko che lo fissava, lo sguardo da bambina spaurita.

-Per favore, non lasciarmi sola-

Lui la guardò sbigottito, poi, d'improvviso, la rabbia che lo scuoteva scomparve. Si sedette dietro di lei, la schiena contro la parete. La accolse tra le sue braccia, mentre lei si rannicchiava su di lui, poggiando la testa nel suo petto. Lui le accarezzò amorevolmente i lunghi capelli castani, ancora umidi dal bagno, mentre le posava delicatamente le labbra sulla fronte.

Rimasero in quel modo, in silenzio, finchè entrambi non si addormentarono.

 

-Yoko...Yoko...-

La ragazza si trovava in uno strano ambiente, senza punti di riferimento, sospesa nel nulla. Attorno a lei solo una fioca luce dorata.

-Daiki, sei tu?-

-Si Yoko. Ma sono debole, non ho molto tempo-

-Mi dispiace Daiki, non avrei voluto farti soffrire in questo modo-

-Non ha importanza-

Poi ci fu un attimo di silenzio. La ragazza chiese:

-Daiki, è vero ciò che Aizen mi ha raccontato?-

La voce dello spirito non la raggiunse subito, poi però rispose:

-Si, è vero. Mi dispiace averti omesso questa parte della storia-

-Non scusarti, anzi, dovrei ringraziarti per avermi protetta-

-E' proprio di questo che dovevo parlarti. Quel folle sta succhiando la mia essenza dal tuo corpo, ma non sa che ciò porterà gravi conseguenze-

-Che significa?-

-Te lo dissi tempo fa. Io sono un catalizzatore e anche il sigillo a ciò che il tuo corpo realmente contiene. Yoko, devi impedir loro di farmi sparire dal tuo corpo, altrimenti...-

La ragazza si svegliò.

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Capitolo 18
*** Fuga ***


-Yoko, piccola, cosa ti succede?!?- stava esclamando Grimmjow, mentre la ragazza, ancora addormentata, si dimenava convulsamente tra le sue braccia.

Come se la sua voce l'avesse d'un tratto raggiunta, lei si calmò, tornando ad adagiarsi contro il suo petto. In quel momento aprì gli occhi.

-Yoko...- sospirò lui.

-Che cosa è successo?-

-Hai iniziato ad agitarti nel sonno, dire cose senza senso. Ho tentato di svegliarti, ma non ce l'ho fatta-

La ragazza abbassò un attimo lo sguardo sui due bracciali di metallo, divenuti di colpo incandescenti.

-Daiki sta cercando di dirmi qualcosa- disse solo.

-Non capisco-

-Ha detto che non posso permettere che lo estraggano dal mio corpo, lui è una sorta di sigillo a qualcosa di più grande-

-E' un bel casino- ringhiò l'espada, senza guardarla.

Poi si alzò di scatto.

-Che succede?- gli chiese Yoko.

-Devo trovare un modo per farti uscire da qui e riportarti nella Soul Society. Loro ti terranno al sicuro-

Yoko era felice, ma poi si rabbuiò.

Si alzò a sua volta e raggiunse Grimmjow, il quale le dava le spalle. Gli circondò il torace con le braccia e appoggiò la testa sulla sua schiena. Avvertì una mano di lui posarsi sulle sue.

-Che cosa c'è?- le chiese teneramente.

-Se torno nel Seirentei non potrò rivederti-

-Non possiamo pensare a questo adesso-

-Perchè mi dici questo? Per te sono stata davvero solo un gioco?-

L'espada avvertì qualcosa di caldo e bagnato allargarsi sul tessuto della sua giacca, segno che lei stava piangendo...per lui. Nessuno lo aveva mai fatto, nessuno lo avrebbe mai fatto. Ma lei si. Lei non pensava al pericolo che correva, ma che tornando a casa non si sarebbero potuti più vedere. Come poteva lui meritarsi un simile sentimento da parte di una creatura come Yoko? Lui, il lupo amato da un agnello che fino a poco prima avrebbe sbranato senza esitazione.

Si voltò lentamente, circondandola con le sue braccia. Era così piccola e fragile. Le accarezzò lentamente la testa, assaporando il profumo che veniva dai capelli ancora umidi. La strinse ancora di più contro il suo petto, baciandole la fronte.

-Io voglio saperti al sicuro- sussurrò.

-Lo so, ma anch'io voglio lo stesso e se scopriranno che tu mi hai aiutato a scappare, allora Aizen te la farà pagare e io non voglio- disse lei, alzando i suoi splendidi occhi bicolore sino a fissare i suoi.

-Non parlarmi di quel bastardo- ringhiò lui.

Una mano di lei gli si posò su una guancia.

-Torniamo sulla terra. Insieme-

-Ma là non saremo mai al sicuro-

-Non importa. Spiegheremo tutto al vecchio e vedremo-

Grimmjow non poteva credere alle sue orecchie e senza aggiungere si avvicinò alle sue labbra, posandovi sopra un casto bacio. Lei si abbandonò a quel gesto, ricambiando senza esitazione.

-Non potrei sopportare se ti accadesse qualcosa- disse lui.

-Non ti libererai facilmente di me. Ti starò attaccata come una cozza allo scoglio- scherzò Yoko, facendolo, dopo tanto tempo, ridere.

 

Una mano stretta nella sua, la zampakuto nell'altra, gli occhi fissi sul fondo del corridoio, immerso nell'oscurità. A guidarla una sagoma bianca, simile ad uno spettro, ma del quale lei non aveva paura.

Le gambe le facevano male. Quel posto sembrava infinito e senza uscita, ma allo stesso tempo lei era ancora debole dalla precedente estrazione e quello che aveva seguito dopo.

-Yoko, ci siamo quasi- disse Grimmjow, continuando a guardare davanti a sé.

A breve sarebbero stati entrambi liberi.

Poi di colpo lui si fermò, mentre un forte reiatsu si propagava tra quelle pareti.

-Bastardo...- disse lui tra i denti.

-Che succede?- chiese la ragazza, nascondendosi dietro la sua schiena.

Dalle ombre del corridoio, quasi fosse parte di esso, fece la sua comparsa il quarto espada, sempre con il suo sguardo spento e la sua espressione piatta.

-Ulquiorra, cedimi il passo- disse il sesto espada, portando una mano alla sua spada.

-Mi dispiace Grimmjow, ma non posso permettere che tu porti via quella ragazza. Lei è essenziale per i piani di Aizen-sama. Mi è stato ordinato di fermarvi-

-La vuoi smettere per una volta di fare il leccaculo e pensare con il tuo cervello. Pensi davvero che Aizen condividerà con noi questo potere e non ci distruggerà appena ne avrà l'occasione?-

-Tu parli accecato da ciò che provi per questa donna. Grimmjow, come puoi essere cambiato in questo modo per una femmina?-

-Non venirmi a fare la predica, quando anche tu lo proverai allora potrai capirmi. E adesso spostati-

-Mi dispiace-

D'improvviso Yoko avvertì qualcuno che la allontanava da Grimmjow. Fece per gridare, ma una mano bianca le tappò la bocca. Le braccia le furono bloccate dietro la schiena.

Lui, sentito il tocco di lei venire meno, si voltò. Vide Nnoitra che teneva ferma Yoko.

-Lasciala bastardo!!- ringhiò e si gettò contro l'espada.

Fu allora che avvertì un dolore lancinante alla schiena. Si fermò, mentre a terra cadevano pesanti e dense goccie di colore scuro. Le ginocchia gli cedettero, mentre avvertiva qualcosa di ferroso allagargli la bocca.

-Il sommo Aizen ha dato disposizione che nessuno dei due venisse eliminato-

-Maledetti...- sospirò l'espada e cadde a terra.

Yoko scattò per raggiungerlo, ma la presa che Nnoitra aveva su di lei era forte.

-Ehi piccola, non ti agitare- le sussurrò ad un orecchio, per scendere poi sul suo collo, passandoci la sua lingua viscida.

Lei rabbrividì, mentre ricominciava a piangere. I suoi occhi cercarono quelli di Grimmjow, i quali erano ormai chiusi.

A causa della poca quantità di ossigeno che le arrivava a causa della mano dell'espada che le tappava ancora la bocca, anche lei iniziò a sentirsi debole, sino a quando anche i suoi sensi la abbandonarono, facendola accasciare tra le braccia del suo carceriere.

 

Una sensazione di freddo la invase. Socchiuse gli occhi, trovandosi a fissare un soffitto alto e completamente bianco. Debolmente si alzò a sedere, tenendosi un braccio, il quale le doleva ancora a causa della “delicata” stretta di Nnoitra.

-Bentornata Hime- disse una voce che la fece rabbrividire ancora di più.

Si voltò incontrando lo sguardo di ghiaccio di Aizen, il quale sorrideva ancora.

-Dove sono?- chiese.

-Sei nella stanza del trono come la prima volta che ci siamo incontrati. E non siamo soli-

Le fece cenno di guardare alla sua sinistra. Lo sguardo di Yoko si dilatò in un'espressione di puro terrore.

-Grimmjow...-

L'espada era legato a due colonne attraverso delle catene che gli cingevano i polsi, la testa abbandonata sul torace e il sangue che ancora colava dalla ferita alla schiena.

Quando sentì lei che lo chiamava, alzò un poco lo sguardo.

-Yoko...- e tentò di liberarsi, stringendo i denti.

La ragazza fece per alzarsi, ma avvertì qualcuno che le cingeva la vita da dietro, mentre l'altra mano gliela portava al collo, senza però stringere.

Si voltò appena, vedendo chi la stava bloccando: Aizen. Quando si era mosso?

-Lasciami- disse lei.

-Bastardo, non la toccare!!- esclamò Grimmjow, protendendosi verso i due.

-Sai, è incredibile vederti così cambiato per una donna. Credo di iniziare a capire qual'è il potere di questa ragazza. Lei ti ha restituito un cuore, mio caro Grimmjow, qualcosa che ti porta a combattere perchè lei sia al sicuro. Ha fatto a te la stessa cosa che fece all'Hollow di quel ragazzino-

-Non è possibile- pensò lui.

In quel modo però erano chiare tante cose, come ad esempio la sensazione che continuava a provare quando le stava vicino.

Aizen avvicinò le labbra a quelle di Yoko, sussurrandole:

-Hime, voglio che anche a me restituisca un cuore-

Lei rimase impietrita, mentre le labbra dell'uomo si chiudeva sulle sue. Tentò di sottrarsi, ma una mano di lui le manteneva fermo il mento, in modo che lei non potesse voltare il viso.

Quando si staccarono, lei gemette, invocando il nome di Grimmjow.

-Come puoi volere lui quando ti ho offerto di stare al mio fianco?!?- disse Aizen, per la prima volta sembrando arrabbiato.

La lasciò andare, facendo segno a qualcuno nell'ombra di farsi avanti. Con orrore la ragazza vide arrivare Aporro, accompagnato da alcune fracciones che trasportavano quella dannata poltrona dove per tre giorni era stata legata.

Yoko tentò di sottrarsi, ma fu subito afferrata e immobilizzata.

-Aizen, tu non sai a cosa stai andando incontro!!- disse, mentre finivano di legarla.

-Distruggerò l'intera Soul Society finalmente- sorrise quello e si sedette di nuovo sul suo trono.

Poi la leva venne abbassata e le scosse cominciarono a percorrere il corpo della ragazza, sembrando ancora più potenti delle volte precedenti. Le parve di udire un grido provenire dal profondo del suo animo.

-Yoko, fermali!!-

Era Daiki, ma per quanto ci provasse, lei non ci riusciva. Fu allora che lo sentì: il dolore parve cessare, mentre una spia sugli indicatori dell'espada dai capelli rosa prese ad illuminarsi.

-Che succede?- chiese Aizen.

-Abbiamo estratto la Stilla, ma sembra che qualcosa non abbia funzionato-

D'improvviso, alle spalle dei presenti, in ginocchio che si manteneva una mano sull'addome, apparve Daiki, stavolta del tutto corporea, dal suo corpo si alzavano delle lingue di fumo. Il suo respiro affannoso.

-Siete dei pazzi- disse.

-Come?-

-Io non sono la Stilla. Io ero il sigillo che la manteneva dormiente. La vera scintilla non può essere estratta e adesso l'avete fatta collassare-

D'improvviso le pareti presero a tremare, mentre il corpo di Yoko cominciò a tremare, circondandosi di una tenue aurea dorata.

-Ehi guardiano, liberami!!- sbraitò Grimmjow in direzione di Daiki.

Quello lo fece ed entrambi si misero a fissare Yoko, mentre il macchinario sul quale era legata si disintegrava.

-Cosa possiamo fare?- chiese l'espada.

-Non lo so. Siamo fregati-

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Capitolo 19
*** Speranza ***


 

-Come sarebbe a dire che siamo fregati?!?- sbraitò Grimmjow, afferrando Daiki per il bavero e sollevandolo di qualche centimetro da terra.

-Sarebbe a dire che non avevo preso in considerazione la possibilità di essere rimosso dal corpo di Yoko e che quindi non so come agire-

-Ma cosa le sta succedendo?-

-La Stilla è un potere instabile. Non c'è la possibilità che lei sappia come controllarla e la potenza aumenterà sino a consumarla-

-Non ci credo. Ci deve essere una soluzione. Io non posso abbandonarla così-

L'espada aveva allentato la presa sullo spirito.

-Pensi che a me faccia piacere questa possibilità? Ho vissuto con lei sino a questo momento. Pensi che non ci tenga?!?- esclamò, lasciando spiazzato Grimmjow.

Quello si fece cupo, poi lo guardò serio:

-Cosa provi per lei?-

Daiki distolse lo sguardo.

-Non ha importanza. Io sono solo il suo protettore, niente di più-

All'improvviso un grido si schiuse nella stanza. Persino Aizen si era allontanato, l'espressione sconvolta.

Al centro della stanza Yoko fluttuava a mezz'aria, i lunghi capelli castani che fluttuavano nell'aria, mentre gli occhi si erano fatti ciechi.

Il grido proveniva da lei, la quale s'era circondata di un'aura dorata sempre più potente.

-Dobbiamo far assolutamente qualcosa- disse tra i denti Grimmjow, stringendo i pugni.

-L'unica cosa sarebbe sigillare nuovamente la Stilla, ma non sono sicuro che la cosa funzionerà-

-Ma chi fu la prima volta a farlo?-

-Io-

 

Cos'è questa forza che sento scaldarmi il corpo? Cos'è questo dolore che mi invade il petto? Perchè ho la testa pesante? Mi fa male, non riesco a vedere niente. Cosa mi è accaduto? Ricordo la macchina infernale alla quale mi hanno legato, il dolore delle scosse cessare all'improvviso. Poi il vuoto.

Grimmjow, dove sei? Ti prego, aiutami...

 

-Allora perchè non puoi sigillarla di nuovo?-

-Quando lo feci la prima volta, Yoko era poco più di una bambina. La Stilla non aveva sviluppato una tale energia. E già allora dovetti trasformare me stesso in sigillo. No, non funzionerà-

-Ma un modo ci deve essere-

-Una possibilità ce l'avremo se lei liberasse un po' dell'energia che emana, ma non vorrei che gravasse sul suo fisico sino a spegnerla-

-Insomma, in un modo o nell'altro il processo la porterà alla morte. Bella stronzata, complimenti!!-

-Non le faccio certo io le regole-

Grimmjow fissò Yoko per un attimo, poi si rivolse di nuovo verso Daiki.

-In fondo dovremo farla combattere-

-Si, sarebbe la cosa più semplice. Ma solo un pazzo si metterebbe contro di lei in quello stato-

Grimmjow ridacchiò:

-Ecco, ti presento il tuo pazzo-

 

E' buio qui, non mi piace il buio. Mi sento tanto male. Provo una forte angoscia, o forse è rabbia. Non ne sono sicura. Mi sembra di star vivendo un sogno, il problema è che non riesco a svegliarmi. Perchè provo questo dolore? Voglio andarmene da questo posto!!

Un attimo: una luce. Voglio raggiungerla, ma si allontana. Aspetta, non te ne andare!! Voglio tornare!!

 

-Non ce la farai mai-

-Caro il mio spirito, da quando ho incontrato Yoko non ho fatto che desiderare di battermi con lei. Consideralo come uno sfogo per il mio orgoglio-

Poi fissò la ragazza. In fondo, non aveva intenzione di farle del male. Si avvicinò.

-Ehi, che ne dici di un bel combattimento?-

-Chi sei uomo? Come osi metterti contro di me?-

Può parlare? Ma non è la sua voce, chi diavolo è a parlare?

-Dimmi prima tu chi sei?-

Il volto di Yoko si storse in una smorfia.

-Stolto, io sono la Stilla, la più grande potenza mai esistita. Come osi propormi un combattimento?-

-Io rivoglio la ragazza che ti racchiude. Combatti con me. Se vinco io, mi ridai Yoko. Se vinci tu, avrai la mia vita-

Yoko lo fissò per un attimo con i suoi occhi vuoti, poi sorrise:

-Concesso-

Ad un suo gesto la zampakuto, abbandonata in un angolo, le volò velocemente tra le mani e lei la sguainò subito.

-Tranquillo, non può usare i poteri della spada. Io non sono più il suo spirito-

In quel momento la lama divenne luce.

-Dicevi?-

-Oh cazzo-

 

Grimmjow, sento la tua voce. Adesso riesco a vederti, ma perchè il mio corpo non risponde? Cosa succede? Sento che questa forza mi sta impedendo di agire!! No, non voglio fargli del male!! Fermati maledizione, fermati!! Chiunque tu sia, non fargli del male!!

-Perchè gridi ragazza?-

-Voglio che lo lasci andare-

-Lui mi ha proposto il combattimento. Io lo sto semplicemente accontentando-

-No, non puoi farlo. Questo è il mio corpo-

-Tu sei un semplice contenitore, nato per una mia condanna. Un tempo ero un vero e proprio guerriero, il più grande che si fosse mai visto, ma ebbi la stoltezza di volermi confrontare con il Re in persona. Lui mi sconfisse e per punirmi, condannò la sua stessa prole alla mia maledizione. Mise pure un guardiano come sigillo, quello stolto di Daiki. Adesso che mi sono liberato, non ho certo intenzione di tornare a dormire. Quindi stai buona dove sei mentre io faccio fuori il tuo amico-

-No, Grimmjow. Vattene!!-

 

Le ferite si erano già aperte su un braccio e una gamba. Quella lama di luce era difficile da contrastare. Era davvero così forte la sua Yoko? All'improvviso qualcosa attirò la sua attenzione: dagli occhi di lei stavano scendendo calde lacrime.

-Piccola, sei ancora là dentro?- pensò l'espada, rimettendosi in piedi.

Tentò un altro affondo, ma niente da fare. Era troppo veloce, anche per una pantera come lui.

-Ehi spirito, come me la sto cavando?-

-L'energia sta scendendo, ma prima di giungere al livello che serve a noi sarai bello che morto-

-Quanta fiducia-

-Volevi sapere la verità- si strinse nelle spalle Daiki.

-Stronzo- disse tra i denti Grimmjow.

-Guarda che ti ho sentito-

Un altro attacco di Yoko lo evitò di poco.

-Proviamo così-

Con uno scatto veloce si portò alle spalle del nemico, bloccandogli le braccia. Poi si avvicinò ad un suo orecchio:

-Yoko, se riesci a sentirmi, devi aiutarmi. Ho bisogno che liberi più energia che puoi. Possiamo aiutarti piccola, ma tu devi darci una mano-

In quel momento il corpo di Yoko ebbe una spasmo e si liberò dalla sua presa.

-Sei uno sciocco. Non la raggiungerai- e si lanciò contro Grimmjow.

 

La sua voce. Adesso so cosa fare. Andiamo Yoko, fai vedere di che pasta sei fatta. Non sei una ragazzina frignona e indifesa, sei uno shinigami con le palle, accidenti!! Liberati di questo fardello e mostra che puoi scegliere da solo il tuo futuro, agire con le tue sole forze. Doroppu, arrivo...

 

Prima che la lama raggiungesse il petto dell'espada, il corpo di Yoko si fermò a mezz'aria.

-Che succede?- disse la voce della Stilla.

Poi un grido. Il capo si abbassò di scatto, come se Yoko si fosse spenta. Poi, quando il suo sguardo tornò verso l'alto, i suoi occhi erano tornati quelli di prima.

-Yoko?- chiese titubante Grimmjow.

-Grimmjow, sono io. Mi dispiace-

-Sei tornata te stessa?-

-Non ancora. Sto per fare qualcosa per aiutarvi. Prima però voglio dirti che qualunque cosa succeda tu dovrai andare avanti-

-Non dirlo neanche per scherzo. Così mi fai intendere che non tornerai-

Lei gli sorrise tristemente e quel gesto valse più di mille parole. L'espada la guardò sconvolto.

-Perdonami- disse lei, prima di allontanarsi da lui, afferrare la sua zampakuto e posizionarsela davanti al viso.

Con un filo di voce sussurrò:

-Bankai-





NdA Mi scuso per il capitolo breve. Comunico che siamo quasi alla fine, forse un paio di capitolo.
Ringrazio chi mi ha seguito finora, soprattutto chi ha recensito XD
Un saluto Marty.

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Capitolo 20
*** Sola ***


L'espada rimase a fissare Yoko circondarsi di un accecante bagliore, sino a quando non si sentì trascinare via da qualcuno. Si voltò, infuriato, trovandosi a fissare Daiki, che continuava a tenere poggiata una mano sulla sua spalla.

Con uno scatto si sottrasse alla presa. In quel momento si udì un boato. Grimmjow tornò a guardare in direzione della ragazza, rimanendone affascinato: il corpo di Yoko era ricoperto da una veste dorata, non succinta, ma che lasciava poco spazio all'immaginazione. La parte del cuore era protetta da un pezzo di un armatura, la quale si andava a congiungeva con uno spallaccio che si estendeva sino al gomito.

Ciò che però attirò maggiormente la sua attenzione furono i capelli: questi, dal castano cioccolato che tutti avevano sempre visto, si erano colorati di un candido argento. Persino la pelle sembrava più chiara.

Yoko era riuscita ad eseguire il bankai, ma era evidente che non avrebbe resistito a lungo.

-Allora, ha liberato abbastanza energia?- chiese lui voltandosi verso lo spirito.

-Direi di si. Adesso mi occorre un po' di tempo-

-Vedi di darti una mossa. Non credo che lei resisterà a lungo-

 

Era riuscita ad eseguire il bankai, rilasciando più reiatsu che poteva, ma cominciava a sentire già i segni della stanchezza.

-Non riuscirete a rinchiudermi ancora- disse la voce nella sua testa.

-Taci, non voglio sentirti-

-Cederai ragazzina, non sei abbastanza forte. Poi il tuo caro Daiki non ha capito che se mi sigillerà di nuovo, danneggerà irrimediabilmente anche il tuo corpo-

-Non mi interessa. Non posso permettere che tu ti scateni sulla Soul Society o sul mondo reale-

-Non ti facevo così altruista. Sei proprio una principessa, la classica ragazzina che si sacrifica per gli altri-

-Non chiamarmi in quel modo, in quanto io non credo ad una sola parola di questa storia. Lo faccio perchè è giusto così. Se il mio destino sarà quello di perire con te, allora ben venga-

-Ma perchè li proteggi? Nessuno di loro ti ha mai trattato degnamente, nessuno si è mai meritato la tua pietà-

-Un giorno una persona mi disse che si deve diventare forti per proteggere coloro che amiamo. Io lo sono diventata. Quindi è mio dovere proteggere il prossimo, anche se quello non mi ha mai dato adito a farlo. Tu non potrai mai capire-

-Sei una stupida e te ne pentirai-

Un forte dolore al petto la fece gemere, mentre si piegava su se stessa. In lontananza, come ovattata, sentiva la voce di Grimmjow che la chiamava. Lui era uno di quelli che lei avrebbe voluto proteggere. Chi lo avrebbe mai detto? Quel ragazzo, così burbero e quasi animalesco, le aveva rapido quel cuore che per lungo tempo era stato ricoperto da un strato di ghiaccio. Adesso era lui che le dava la forza per combattere, nonostante non fosse convinta che l'espada comprendesse quelle sensazioni fino in fondo e questo un po' la rattristì.

-Sai ragazzina, l'amore non è contemplato da quelli come loro- intervenne ancora la voce della Stilla.

-Non ti credo-

-Lui si è divertito, tutto qui. Non si sacrificherebbe mai per te, si tirerà indietro appena ne avrà l'occasione-

-Stai mentendo!!- gridò lei e la reiatsu si intensificò.

-Davvero? Non ti resta che chiederglielo. Sei sicura di voler rischiare. Tu sei solo adesso, nessuno ti salverà. Persino gli shinigami, che ti hanno mandato nella bocca del lupo, non sono qui per aiutarti. Come ci si sente ad essere sola?-

Lei alzò lo sguardo e si trovò a fissare quello dell'espada.

-Grimmjow...- sussurrò.

 

Lo stava chiamando. Il suo udito fine aveva percepito il suo nome pronunciato flebilmente dalle labbra di lei. Doveva raggiungerla, ma quel rompipalle dietro di lui glielo aveva inpedito.

Lanciò uno sguardo a Daiki, il quale era concentrato sul rituale, poi guardò di nuovo Yoko. I suoi occhi erano velati da una profonda tristezza, una scintilla che non aveva mai visto. Perchè gli lanciava quello sguardo adesso?

-Yoko...- sussurrò lui.

Sordo ai richiami dello spirito, Grimmjow si avvicinò alla ragazza, ancora piegata su se stessa, lo sguardo basso, il suo reiatsu che pulsava attorno al suo corpo.

-Che ti sta succedendo?- chiese piano, allungando una mano per carezzarle una guancia.

Quando però fu a poca distanza dalla sua pelle, una scarica lo attraversò, facendogli ritirare la mano.

-Ma che diavolo...?-

-Sono sola...- sentì dirle.

-Che stai dicendo?-

-Grimmjow, io sono sola-

Non lo guardava, mentre lui avvertiva l'odore delle lacrime.

-Non è vero. Ci sono io...-

-Stai mentendo!! Tu non provi quello che provo io, tu non ti sacrificheresti mai per salvarmi!! Sono sola...-

Un'improvviso spostamento d'aria lo fece allontanare da lei, ferendolo ad un braccio.

-Yoko, stai dicendo assurdità!!- sbraitò lui, cercando di riavvicinarsi, ma tra le mani della ragazza era comparsa la sua zampakuto.

Ad un tratto lo raggiunse la voce di Daiki.

-Devi allontanarti!! Yoko è fuori controllo!! Sta ricominciando ad incanalare energia, sfuggendo al mio sigillo-

-No, non posso abbandonarla. Lei...è importante- e si scagliò contro la shinigami.

Quella lo evitò con un passo a sinistra, tentando poi di colpirlo alla schiena, ma lui si spostò in tempo. Estrasse anche lui la spada, ma non farle del male, ma tentare di farsi ammazzare prima di averla fatta rinsavire.

-Yoko, cosa ti succede? Non mi riconosci?- le gridò dietro.

-Taci. Tu non sei nessuno. Mi lascerai come gli altri, non appena ne avrai l'occasione- e lo attaccò ancora, prendendolo di striscio ad un braccio.

Grimmjow soffocò un'imprecazione. Non riusciva a capire cosa fosse accaduto, ma di sicuro era tutta colpa di quella dannata Stilla. Una forte rabbia gli montò dentro.

-Mi dispiace...- disse tra i denti e si scagliò contro la ragazza, la quale parò il colpo senza problemi.

Nel giro di pochi minuti, qntrambi si ritrovarono con i corpi percorsi dalle ferite e il fiatone.

-Non ti arrendi ancora?-

-Sei uno stolto. Non mi arrenderò finchè non sarete tutti morti-

No, quella non era di certo la sua Yoko. Lei non avrebbe mai parlato in quel modo. Grimmjow valutò le forze che gli erano rimaste e scattò. Stavolta la ragazza non potè prevedere i suoi movimenti, tanto da cadere in trappola, bloccata dalle sue braccia contro i suo petto, impossibilitata a muoversi.

-Lasciami...- disse, cercando di liberarsi.

-Yoko, guardami negli occhi-

Lei, stupita da quelle parole, alzò lo sguardo.

-Pensi sul serio che potrei abbandonarti?- disse lui piano.

-Nessuno mi ha mai volto o accettato. Perchè tu dovresti essere diverso?-

-Yoko, tu mi hai fatto provare emozioni che non ho mai provato prima. La tua sola presenza mi fa star bene e vederti soffrire mi fa diventare triste. Non voglio che tu soffra per causa mia-

Lei non rispose. Il suo animo era combattuto, ma in fondo sapeva che era colpa della presenza della Stilla. Senza rendersene conto, le loro labbra si stavano avvicinano.

-Scusa...- sospirò lei a pochi millimentri dalla bocca di lui.

Poi accadde. Una luce rossa li circondò, allontanandoli. I loro corpi erano completamente paralizzati, senza possibilità di movimento.

-Che diavolo succede?- sbraitò l'espada, poi lo vide.

Fino a quel momento il bastardo era rimasto in disparte ad organizzare la sua ribalta. Poi aveva agito.

-Aizen, maledetto, che intenzioni hai?!?- gridò in direzione dell'ex-capo.

Senza una parola, ma con un movimento della mano, il corpo di Yoko si avvicinò a quello dell'uomo. Quello le poggiò una mano sulla schiena.

-Mi dispiace ragazza, ma il tuo potere mi serve-

In un attimo il reiatsu di Yoko si andò a coagulare nella mano di Aizen, mentre lei si dischiudeva in un grido. Gli abiti apparsi con il bankai sparirono, tornando il solito e monotono kimono nero. I suoi capelli però rimasero del colore della neve.

In breve tutta l'energia che lei possedeva venne risucchiata e lei ricadde tra le braccia dell'uomo. Gli occhi erano chiusi e il corpo completamente abbandonato contro quello del nemico. Lui le posò delicatamente le labbra sulla fronte, per poi scendere verso le sue.

-Bastardo, stai lontano da lei!!- gridò Grimmjow e in quel momento l'incantesimo svanì.

L'espada ripiombò al suolo, in ginocchio, mentre fissava Yoko tra le braccia di Aizen. Strinse i pugni per la rabbia.

-Non temere, sesto espada, non è morta, ma debole. Se non ti arrenderai a me però, farò in modo di non farla più svegliare-

-Dannato...-

Per tutta risposta Grimmjow impugnò più forte la sua spada.

-Sono stufo dei tuoi ricatti. Ti annienterò!!-

-Come vuoi...- sorrise sardonico l'altro e adagiò a terra la ragazza, ancora priva di sensi.

In quel momento un potente reiatsu si propagò per il palazzo di Las Noches, mentre delle dorate ali di drago, enormi, si aprivano sulla schiena da Aizen. La sua pelle divenne come il cristallo, mentre il suo corpo si ricoprì di una lucente armatura.

Grimmjow lo osservò, poi sorridendo disse:

-Sono fottuto-

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Capitolo 21
*** Fine? ***


Yoko dischiuse gli occhi, debolmente. Sentiva il pavimento sotto di sé percorso da violente scosse. Tentò di alzarsi, ma non ci riuscì. Ad un tratto avvertì una presenza al suo fianco. Si voltò lentamente e si ritrovò a fissare il volto di Daiki.

-Cosa succede?- chiese lei.

Quello non le rispose, ma si limitò a spostare lo sguardo verso un punto della stanza dove si stava consumando uno scontro.

Quando vide chi erano i due che combattevano: Aizen, trasformato in una strana creatura, e Grimmjow, il cui corpo era quasi interamente coperto di sangue e ferite.

-Quel pazzo ha assorbito la Stilla dal tuo corpo- disse lo spirito.

-Grimmjow...- sospirò lei.

Poi, rivolta a Daiki, con gli occhi lucidi, aggiunse:

-Dobbiamo salvarlo. Non posso permettere che si faccia annientare-

-Un modo ci sarebbe, ma è doloroso-

-Non importa-

-Non so come reagirà il tuo corpo-

-Ho detto che non importa-

-Sei una pazza-

-No, non lo sono-

 

L'espada non riusciva a prevedere o respingee nessuno degli attacchi nemici. Aizen era diventato più forte e più veloce. Non che prima sarebbe mai riuscito ad avere la meglio, ma era stato accecato dalla volontà di proteggere Yoko.

Ormai da un occhio non ci vedeva più, a causa del sangue che gli colava dalla testa, un braccio probabilmente era rotto e un paio di costole sicuramente incrinate.

A stento stava ancora in piedi, ma non voleva arrendersi.

-Grimmjow, sei stato un incosciente. Tutto per una shinigami- rise Aizen, una voce che ormai non gli apparteneva più.

-Sbaglio o anche tu ti sei fatto quella shinigami? Hai osato toccare qualcosa che è mio e te la farò pagare, anche se dovessi tornare a tormentarti come spirito- rispose quello, malgrado tutto, sorridendo.

-Sciocco. Quella ragazza possiede qualcosa di unico e non mi riferisco alla Stilla. È qualcosa insito in lei, un potere che la rende desiderabile come un oggetto raro-

-Non provare a parlare di lei in questo modo, non è un oggetto!!-

-Grimmjow, mi meraviglio. Da quando hai abbandonato il desiderio della carne per gettarti tra le braccia del sentimento?-

Già, da quando? Forse dal momento in cui l'aveva conosciuta? No, all'inizio era stato solo desiderio di competizione, poi attrazione meramente fisica. Quando tutto era cambiato?

Ma certo!! Era avvenuto quando l'aveva vista stesa in quel letto, immersa nella semioscurità, fragile ed inerme. In quell'istante in lui era nato il bisogno di tenerla al sicuro, di averla solo per se stesso, impedire a chiunque anche solo di toccarlo. E aveva fallito.

Aveva fallito nell'istante in cui le mani di quel mostro l'avevano toccata, nel momento in cui quelle dannate labbra avevano sfiorato il suo corpo.

Era arrabbiato, voleva fargliela pagare. Ma per la prima volta in vita sua si rese conto che non sarebbe mai stato all'altezza. Il desiderio di vendetta era tanto, ma solo con quello non poteva sperare di vincere.

Così, annientato nello spirito e nel corpo, si lasciò cadere in ginocchio, il capo basso e le braccia rilasciate lungo il corpo. Si era messo alla mercee del nemico.

-Vedi Grimmjow, sei solamente un illuso. Non potresti mai competere con me e la tua è stata la scelta più giusta. Non porre ulteriore indugio alla tua fine. Dopo che ho visto la tua facilità nel tradirmi, non posso certo lasciarti in vita- e lanciò il suo attacco.

Ma il raggio non lo colpì mai. D'improvviso l'espada avvertì il peso di qualcuno gettarsi su di lui, come per proteggerlo. Aprì un poco gli occhi e incontrò lo sguardo della sua Yoko.

-Cosa diavolo stai facendo?- ringhiò debolmente.

Lei gli sorrise.

-Quello che sono nata per fare. Sto salvando te e il mondo-

Grimmjow, con orrore, vide l'attacco di Aizen ancora attivo, bloccato dalla schiena di lei. Il kimono, in quel punto, si era stracciato. La potenza, a poco a poco, stava diminuendo, consumando il raggio.

Lei nascose la testa nell'incavo del suo collo e respirò pesantemente. Poi, ad un tratto, senza alzare la testa, gridò:

-Daiki!!-

Lo spirito, poco distante, iniziò a recitare l'incantesimo, mentre nella stanza si schiuse il grido di Aizen.

-Non può succedere adesso? Perchè sento il potere scorrere via da me? Non potete farmi questo!!-

Il reiatsu che si percepiva era impressionante, ma sembrava che d'un tratto stesse cambiando. Sulla schiena di Yoko, solcando la sua candida pelle, si andarono formando degli strani simboli, luminosi per un attimo, per poi divenire delle sorte di tatuaggi. Al centro del cerchio che questi formavano, un disegno mistico.

-Piccola, cosa stai facendo?-

-Sto riprendendo la Stilla dentro di me, stavolta imponendo però un sigillo che non verrà facilmente spezzato. Oltre al potere di Daiki, anche quello del mio spirito si sta fondendo con quello della Stilla-

-Ma ciò significa che...-

-Si Grimmjow, se il rito andrà a buon fine io sarò per sempre legata a Doroppu e lui a me-

-Ma sei impazzita?-

-No, non so mai stata così sicura di qualcosa come in questo momento. Non so come il mio corpo potrà reagire al rito, ma qualunque cosa accada sappi che per me è stato importante, contro ogni mia previsione, devo ammetterlo- e sorrise appena.

-Yoko, io...-

-Non c'è bisogno che ti sforzi di dirmi qualcosa che non senti solo per farmi stare meglio. Non mi interessa se per te non è lo stesso, io ci tenevo solo a fartelo sapere-

Una lacrime le scivolò sulla guancia. Un calore improvviso si propagò nel suo corpo e una sorta di spasmo la obbligò a lasciare andare l'espada.

Nel frattempo Aizen stava riprendendo il suo normale aspetto, ma, piano piano, il suo corpo si consumava.

-Non mi avete sconfitto, io tornerò!!- gridò colmo di rabbia, mentre di lui restava solo polvere.

Ormai la Stilla era completamente rientrata nel corpo della ragazza, la quale continuava a guardare il povero espada, rimasto a fissarla ai suoi piedi.

Daiki, qualche metro di distanza, si accasciò al suolo, vivo, ma esausto.

Lei era bellissima, circondata da un alone dorato.

-Yoko...- la chiamò lui e fece per avvicinarsi.

-Grimmjow, mi dispiace, ma è giunto il momento per me di andare. Ho bisogno di fare ritorno alla Soul Society, in un luogo che tu non potrai mai raggiungere, quindi non tentare di trovarmi. Dimenticami, è la cosa giusta da fare-

-Come puoi chiedermi questo? Ti rendi conto di quanto sei fottutamente egoista?!?- sbraitò lui e l'afferrò per un polso, facendola poi aderire al suo corpo.

Era calda, ma un tepore piacevole, il quale lo faceva quasi sentire vivo.

-Voglio che tu rimanga con me- disse, fissandola a pochi centimetri l'uno dall'altra.

Yoko sorrise ancora.

-Mi dispiace- rispose, accarezzandogli una guancia, sfiorando la maschera d'osso che portava sul viso.

Poi si protese verso di lui, avvicinando le loro labbra per l'ultima volta.

-Ti amo...- sospirò lui.

La ragazza rimase spiazzata da quella rivelazione. Dopodichè il suo corpo sparì in una nuvola di pagliuzze dorate. Anche Daiki se ne era andato.

L'espada rimase per un attimo a fissare il vuoto. Poi si portò una mano al buco da Hollow.

-Yoko, io non potrò dimenticarti. Metterò però da parte il mio cuore fino a quando non ti incontrerò, perchè so che un giorno ciò avverrà-






NdA E...cari quelli che mi seguono, siamo arrivati alla fine. Ma vogliamo davvero che il povero Grimmjow rimanga solo a soffrire come un cane? 
Se la vostra risposta è negativa, allora aspettate di leggere l'epilogo che sto preparando. A presto XD

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Capitolo 22
*** Rincontrarsi, che dolce sensazione... ***


Grimmjow passeggiava tra la gente, senza che questa, ovviamente, potesse vederlo. Era stato battuto da quello shinigami con i capelli color carota, un frocietto che in fondo non valeva una cicca, ma che, per un colpo di fortuna, era riuscito ad avere la meglio su di lui.

Ma la cosa strana era che non gli interessava, o almeno, non così tanto come invece si aspettata.

Dopo quasi un anno dalla sua scomparsa era riuscito a trovare qualcuno il cui reiatsu gli facesse provare quel brivido nella schiena che sentiva solo con lei. Si era impegnato in quel combattimento, aveva dato fondo a tutta la sua forza, ma aveva comunque perso.

Mentre era a terra, lo sguardo rivolto verso il cielo azzurro e privo di nuvole, sulla pelle la sensazione della sabbia calda sul quale era steso, non aveva potuto fare a meno di mettersi a pensare e, senza volere, aveva rivisto il volto sorridente e sereno della sua piccola shinigami.

Il frocietto gli aveva risparmiato la vita e questo aveva fatto nascere in lui molti dubbi, dubbi che da qualche tempo non avevano più invaso la sua mente. La nostalgia e l'impotenza si erano nuovamente impossessati di lui.

Per poco non veniva fatto fuori da quell'esaltato di Nooitra, il quale non gli aveva ancora perdonato il suo intervento mentre stava cercando di soddisfare i suoi istinti.

Se non fosse stata per quella tettona di Neliel, a quell'ora sarebbe già morto e sepolto.

Quando era riuscito di nuovo a reggersi in piedi, aveva saputo che il frocietto era riuscito a battere anche la reincarnazione del primo Aizen, perdendo in questo modo tutti i suoi poteri di shinigami. Aveva per quello deciso di stanziare per un po' nel mondo degli uomini. Ne aveva abbastanza dell'Hueco Mondo, aveva bisogno di una “vacanza”.

Fu così che non faceva che cambiare posto, camminare senza una meta, alla ricerca di qualcosa che per l'esattezza non sapeva neanche lui.

Ogni tanto percepiva il reiatsu di qualche shinigami all'opera, ma nessuno aveva più stuzzicato la sua curiosità o la sua voglia di combattere.

Si faceva quasi schifo da solo. Lui, nato per essere un re, adesso vagava come un povero derelitto, lo sguardo basso come uno sconfitto, le mani in tasca e la schiena imbarcata.

Senza accorgersi, un giorno capitò proprio nella sua città. Dall'alto vedeva le persone che camminavano prese dalla loro vita, simile a tante piccole formiche che non aspettavano altro che essere calpestate. Un tempo forse lo avrebbe fatto, ma adesso non più. Lui l'aveva cambiato.

Incuriosito, si diresse dove una volta lei frequentava il liceo. Vide il frocietto con i capelli caroti con i suoi amici sfigati, la ragazza del quale si era invaghito quell'emo di Ulquiorra, il quale si era fatto uccidere da quel pivello. Finalmente quell'espada votato solo alla depressione si era reso conto di cosa significava tenere a qualcun altro che non fosse se stesso, ma in un battito di ciglia, come era successo a lui, aveva perso tutto.

Osservava quella ragazza ascoltare distrattamente i compagni che le parlavano, ma si vedeva che pensava ad altro e Grimmjow intuiva a cosa. Per un attimo gli sembrò di rivedere lei in quell'umana, seduta a quegli scomodi tavoli che cercava di seguire la lezione.

Un bruciore agli occhi gli fece distogliere lo sguardo. Se li strusciò violentemente. Cosa stava succedendo? Cos'era quella sensazione, quel senso di vuoto quando per un attimo gli era parso di rivedere i suoi occhi?

Decise che era il momento di andare.

 

All'improvviso, quando ancora saltava da un tetto ad un altro, intravide, solo per un secondo, una scintilla argentea passare veloce in una delle vie sottostanti.

-Cos'è stato?- si chiese.

Non riusciva a rivederla da nessuna parte e la cosa lo fece infuriare e non poco. Sentiva che chiunque fosse aveva lasciato dietro di sé una scia di reiatsu. Perchè ne era così attirato?

Quel bagliore argenteo, come quando un raggio incontra qualcosa di riflettente, l'aveva colpito per un attimo al cuore come un dardo. Ricordava che lei aveva quel colore di colore quando l'aveva lasciato.

Le sue parole gli avevano impedito di andarla a cercare, ma lui non aveva mai rinunciato. Ogni notte, il suo ultimo pensiero andava a lei, alle sue labbra, al suo corpo sotto di lui, ai suoi occhi che brillavano di vita e innocenza.

Incuriosito prese a sorvolare ancora la zona, sino a quando non lo intravide di nuovo.

-Stavolta non mi scappi-

Mentre inseguiva veloce quell'ombra da cui il bagliore proveniva, il vento che soffiava leggero portò con sé una sorta di cristallina risata.

-Si prende anche gioco di me- ringhiò quello dentro di sé e accellerò.

All'improvviso la figura si fermò sotto le fronde di un grande albero, il volto nascosto da un cappuccio, ma lunghi capelli d'argento che si intravedevano dal travestimento. L'espada si fermò a pochi passi e prese ad avanzare.

-Chi sei?- chiese.

-Nessuno- rispose quella, con un evidente voce femminile, finendo con un risatina.

-Non prenderti gioco di me. Non ho tempo da perdere-

-Allora perchè mi hai seguito?-

Già, perchè? Era come se quel reiatsu che lo sconosciuto emanava avesse agito come un richiamo, un dolce richiamo per la sua anima che l'aveva costretto a seguirla.

-Non rispondi?-

-Dimmi chi sei!! Perchè ti diverti alle spalle del grande Grimmjow?-

-Grande? Sapevo che sei sempre stato pieno di te, ma non mi ricordavo così tanto-

Perchè il tono con cui parlava gli sembrava così familiare? Mosse un altro passo.

-Dannazione, scopriti il tuo dannato viso-

-Come Grimmjow, davvero non ti ricordi di me?-

L'espada si stava arrabbiando e, con uno scatto, afferrò la figura per il collo e la schiaciò contro il tronco. Quella non reagì. Il volto era ancora nascosta dall'ombra del cappuccio. L'unica parte visibile era la bocca, la quale si inarcò in un sorrisetto di sfida.

In quel momento il vento soffiò tra i due, propagando nell'aria il suo profumo, il quale, una volta giunto al naso dell'espada, lo fece per un attimo vacillare. Quell'odore, lui se lo ricordava.

Senza poter credere a chi gli stava davanti, con l'altra mano, tremante, afferrò il cappuccio e lentamente lo fece scivolare dalla testa della figura.

I suoi occhi, uno blu e l'altro viola. Il piccolo naso, le labbra piccole, ma piene. I suoi lineamenti che, anche se leggermente cambiati dal tempo, erano sempre gli stessi e le facevano assumere l'aspetto un po' da bambina.

Con uno scatto lasciò andare il suo collo, cadendo poi in ginocchio, non credendo ai suoi occhi: Yoko era lì, davanti a lui, bellissima proprio come si ricordava, che gli sorrideva.

Abbandonò le mani sui ginocchi, palmi verso l'alto, l'espressione di qualcuno che aveva appena visto un fantasma.

-Grimmjow, chiudi la bocca, altrimenti ti entrano le mosche- sorrise lei.

Quello non rispose, ma continuava a guardarla.

-Sto sognando?- biascicò.

La ragazza si abbassò al suo livello e gli sfiorò delicatamente una guancia. Sembrava che lo avesse accarezzato l'aria. Lui chiuse gli occhi, abbandonandosi.

-Mi sei mancata così tanto- disse poi, continuando a non guardarla.

-Anche tu, non sai quanto- sussurrò lei, abbandonandosi contro il suo corpo e nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.

Le era mancata così tanto quella sensazione.

-Perchè ci hai messo così tanto?- chiese l'espada.

-Quando sono tornata nella Soul Society mi hanno tenuta in una sorta di incubatrice, aspettando che il mio corpo si abituasse alla presenza della Stilla e ci è voluto molto tempo. Come vedi, i miei capelli sono rimasti dello stesso colore di quando ero posseduta da Doroppu e stanno a significare il mio legame con lo spirito. Dopodichè mi hanno raccontato la verità sul mio passato e, con mio sommo dispiacere, era proprio come mi aveva raccontato Aizen. Fui condotta a palazzo e il remi riconobbe come sua figlia-

-E cosa ci fai qui?-

-Mi è stato offerto di rimanere la mia carica come Hime, ma io non aveva più niente per cui restare nel Seireitei. Ciò che io volevo era in un altro posto, lontano da quella città e dai miei doveri-

Grimmjow la guardò finalmente negli occhi, schiudendosi in un sorrisetto malizioso.

-Devo essere geloso?- chiese.

Lei, dopo un attimo di smarrimento a quella domanda, sorrise a sua volta, dicendo:

-Sei uno stupido. È da te che volevo tornare, sempre che tu mi voglia ancora-

D'un tratto avvertì le forti braccia di lui che le serravano la vita, schiacciandola contro il suo corpo. Stavolta fu lui a nascondere il volto nell'incavo del collo di lei e la morse teneramente. Dopodichè i due si guardarono e Grimmjow parlò:

-Non mi sono mai dimenticato di te. Sei divenuta il pensiero che mi mandava avanti giorno dopo giorno. Sapevo che saresti tornata da me, ne ero sicuro e ti ho aspettato. Ti avverto, adesso che ti ho qui tra le mie braccia, non ti lascerò più andare. Te l'ho già detto una volta: tu sei mia e non voglio che nessun altro ti abbia-

La sentì ridere, mentre le mani gli circondavano il viso e lo portavano verso di lei per poterlo vedere meglio. A fior di labbra, mentre lui le bramava come se fossero qualcosa di divino, gli sussurrò:

-Caro il mio espada, io sarò sempre tua e di nessun altro- e lo baciò teneramente, mentre lui voleva approfondire quel gesto in modo più passionale.

Ci riuscì, facendole in quel modo capire quanto le fosse in realtà mancata. Lei sorrise sulle labbra di lui. Poi staccandosi un attimo, disse:

-Ah, a proposito. Devo dirti una cosa che quel giorno non riuscii a dirti: ti amo anch'io...-







NdA Adesso bella gente, con un pò di tristezza, ma devo mettere la parola fine a questa storia, sulla quale mi sono impegnata davvero tanto XD
Ringrazio chi ha recensito e chi continuerà a farlo, chi ha inserito questa storia tra le seguite, ricordate o preferite.
Spero di tornare con qualche altra ff al più presto.
Un saluto e un ancor più grande ringraziamento.
Grazie Marty.

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