Lover Dearest di JustALittleLie (/viewuser.php?uid=96818)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Home ***
Capitolo 3: *** confusion is nothing new ***
Capitolo 4: *** Do you remember? ***
Capitolo 5: *** Patience ***
Capitolo 6: *** Can't run from the past ***
Capitolo 7: *** Let me try ***
Capitolo 8: *** wondering if we still belong ***
Capitolo 9: *** No Air ***
Capitolo 10: *** We're so close, yet so far apart ***
Capitolo 11: *** you're all that I can see in the darkness ***
Capitolo 12: *** So I stayed in the darkness with you ***
Capitolo 13: *** I can only say that I have made mistakes ***
Capitolo 14: *** I've only got forever, and forever is fine ***
Capitolo 15: *** Oh, why you look so sad? ***
Capitolo 16: *** for the first time ***
Capitolo 17: *** Fireworks ***
Capitolo 18: *** I'm so tired ***
Capitolo 19: *** Misunderstandings ***
Capitolo 20: *** Everytime it hurts ***
Capitolo 21: *** I just wanna come home ***
Capitolo 22: *** If only I knew what I know today ***
Capitolo 23: *** There she goes ***
Capitolo 24: *** I've been missing you ***
Capitolo 25: *** I'm sorry that I hurt you ***
Capitolo 26: *** It must have been love ***
Capitolo 27: *** Everybody needs somebody ***
Capitolo 28: *** Forgive me ***
Capitolo 29: *** Can't lie to my heart, I need you here. ***
Capitolo 30: *** Jealousy ***
Capitolo 31: *** Lover Dearest ***
Capitolo 32: *** I try. ***
Capitolo 33: *** Let's make it all right ***
Capitolo 34: *** Forever - EPILOGO ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Aveva sempre
odiato la domenica.
Quel giorno
che per molti era di liberazione e festa, per lei era il giorno
più brutto
della settimana, anche peggio del lunedì, perché
lo precedeva.
Trovava
così
triste la domenica pomeriggio quando gli veniva in mente che il giorno
dopo
sarebbe dovuta andare a scuola o, come ora, a lavoro; odiava la
domenica perché
gli dava la sensazione che stesse perdendo qualcosa, un po’
di tranquillità,
per tornare alla vita movimentata e caotica di tutti i giorni.
Poi arrivava
il lunedì e si rendeva conto che non era poi così
tragico come lo aveva
immaginato; e sì, perché a volte le cose nei tuoi
pensieri sono ancora più
terribili di quanto lo siano in realtà.
Quella
domenica mattina però era tutt’altro che triste.
C’era
qualcosa di diverso nell’aria e l’aveva capito da
quando aveva aperto gli
occhi, poi mentre si dirigeva in cucina con passo strisciante, aveva
ricordato.
-la
promozione!- strillò sbattendosi una mano energicamente
sulla fronte
Le sembrava
quasi strano dirlo ad alta voce.
Negli ultimi
tre anni Veronica aveva trascorso una vita tranquilla, con poche
distrazioni e
molto, molto lavoro ed impegno.
Aveva preso
la scuola di interpreti molto seriamente dando tutti gli esami in tempo
e
prendendo la laurea sei mesi prima del previsto, con il massimo
punteggio.
Non aveva
neanche avuto il tempo di rendersi conto di aver finito gli studi che
si era
ritrovata con dozzine di proposte di lavoro, e tra quelle
c’era quella che
aveva sempre sognato.
Quando la
casa editrice ETF le aveva proposto
di lavorare per loro come traduttrice quasi non le sembrava vero, non
poteva
essere possibile che uno dei suoi sogni si stesse realizzando!
Da allora si
era detta che non le mancava davvero niente: aveva il lavoro dei suoi
sogni, viveva
in una delle più belle città Europee, aveva una
casa tutta sua ed il giorno
prima il suo capo le aveva lasciato un messaggio in segreteria dove le
diceva
che dovevano discutere di eventuali “svolte”
lavorative.
Si era
sentita invincibile; molti le chiedevano quando si sarebbe realizzata
anche
nella vita privata, mettendo su famiglia magari.
Lei li
guardava con aria schifata tutte le volte che glielo chiedevano; chi
aveva
bisogno dell’amore quando aveva tutto questo?
L’amore.
Le faceva
strano anche solo pensare a quella parola ormai.
Aveva chiuso
con l’amore, con il sesso opposto, a dire il vero aveva
tagliato qualsiasi tipo
di rapporto che andasse al di là di quello lavorativo con
tutti gli esseri
viventi che possedevano un apparato respiratorio.
Lei si
sarebbe bastata per tutta la vita.
Lei, ed il suo
singolare vicino di casa, che a quanto pare era l’unica
persona che era stata
in grado di ottenere un qualche contatto con lei.
Sorrise.
Si doveva
festeggiare, assolutamente.
Aprì
il
barattolo del caffè, mai stato riempito, ed
afferrò la chiave che giaceva sul
fondo; ancora in pigiama si diresse alla porta di ingresso ed
uscì
spalancandola, si ritrovò alla porta proprio di fronte alla
sua, lì si bloccò
un attimo.
Era domenica
mattina, era cosciente del fatto che dall’altro lato della
porta il suo vicino di
sicuro non era solo, la sera prima l’aveva sentito tornare
tardi e, a giudicare
dai risolini sommessi, qualcuno gli aveva fatto compagnia quella notte,
qualcuno che poteva ancora essere lì dentro.
Dopo un
istante fece spallucce ed infilò la chiave nella serratura,
sorrise quando la
sentì scattare.
Le
tapparelle erano ancora serrate, con un sospiro attraversò
il salone aprendo la
tenda e spalancando il balcone, fece forza sul sali e scendi e
lentamente la
tapparella cominciò ad alzarsi producendo un rumore
fastidioso.
Si
voltò
verso il salone, studiandolo; tutto era in ordine, come se nessuno
fosse
passato di lì recentemente, ma lei sapeva bene che non era
così, con molta
probabilità i due avevano avuto tanta fretta da lasciar
perdere il salone per
arrivare alla stanza da letto.
Attraversò
ancora il salone fino ad arrivare ad un corridoio stretto e buio.
Come
immaginava, a terra giaceva un indumento rosso, lo afferrò
con una mano e
sorrise sarcastica quando appurò che era un vestito; quindi,
a meno che il suo
amico non avesse deciso di aprirsi nuovi orizzonti, le sue supposizioni
erano
giuste, c’era qualcuno.
Si
avviò
verso la stanza da letto, anche questa ancora buia, senza guardare il
grande
letto matrimoniale e senza pensarci due volte si avviò verso
il balcone, ma mentre
stava per aprirlo sentì un mugolio e si voltò per
un istante.
Una ragazza
con lunghi capelli, dato il buio non sapeva dire se fossero biondi o
castani,
giaceva sul letto, la schiena nuda era lasciata scoperta dalle
lenzuola, la
faccia schiacciata contro cuscino.
Forse non
era una buona idea svegliarla in quel modo, ma era troppo contenta per
preoccuparsi degli eventuali traumi che avrebbe provocato a quella
ragazza che
tra l’altro, ne era sicura, non avrebbe mai più
rivisto in vita sua, proprio
come le altre.
Si
voltò di
nuovo e con uno scatto deciso del braccio afferrò il sali
scendi e la
tapparella si alzò inondando di luce la stanza.
-ma che
diavolo…?!- sentì biascicare una voce maschile
Si
voltò
verso il letto nel momento esatto in cui il suo vicino sprofondava la
testa nel
cuscino e la ragazza accanto a lui si svegliava.
La ragazza
sconosciuta la guardò per qualche istante, strizzando gli
occhi blu da cerbiatta,
poi si sedette di scatto sul letto portandosi il lenzuolo al petto.
-E tu chi
sei?!- sbottò la bionda, ora lo vedeva, stizzita
-lei
è la
mia vicina di casa- mormorò il ragazzo, la voce attutita dal
cuscino in cui era
sprofondato, poi con uno scatto di reni si alzò
- Veronica
lei è Samantha, Samantha lei è Veronica, la
vicina di casa più invadente del
mondo- scherzò lui
La bionda
fece una smorfia schifata, ancora sorpresa del fatto che quella Veronica fosse entrata in casa del suo uomo, in quel modo.
-piacere-
sputò acida
-piacere
mio- sorrise lei allegra –anche se credo questa sia
l’ultima volta che ti vedo-
-Veronica!-
la rimproverò lui
Lei
portò
gli occhi al cielo, entrambi sapevano che era la verità.
Allungò
il
braccio porgendo il vestito a Samantha.
-questo
credo sia tuo, ora se non ti spiace dovrei parlare con lui, in privato-
La ragazza
spalancò la sua bocca tonda e carnosa e si voltò
verso il ragazzo al suo
fianco, intimandolo a dire qualcosa a quella pazza che era di fronte a
loro, ma
il ragazzo non la guardò nemmeno, sembrava annoiato.
-ti chiamo
io piccola- disse semplicemente passandosi una mano tra i capelli
arruffati
La ragazza
si voltò esterrefatta verso Veronica, che a sua volta la
guardò sorridendo
sventolandole il vestito sotto il naso, Samantha lo afferrò
e bisbigliando uno “stronzo”
si avvio verso il bagno.
-wow, questa
è la più matta di tutte- affermò lei
roteando gli occhi
-lo dici
ogni volta- sorrise l’amico
-non
è colpa
mia se ogni volta riesci a cadere sempre più in basso-
-
divertente- disse in una smorfia –quando la smetterai di
entrare in casa mia e
sconvolgere le mie ragazze?!-
-la sue ragazze, ma sentitelo! E poi mi hai
dato tu le tue chiavi di casa- rispose divertita
-maledetto
il giorno in cui l’ho fatto- sospirò lui
afferrando un lembo del lenzuolo e
scostandolo violentemente
Veronica si
portò veloce una mano sugli occhi per evitare di vedere il
corpo nudo dell’amico.
-quante
storie, volevo solo invitarti a pranzo da me- spiegò la
ragazza avviandosi
verso la porta della stanza per uscire
-cosa si
festeggia?- chiese lui mentre infilava l’intimo
- poi ti
dirò, ti aspetto di la mentre ti riprendi dalla tua notte focosa- scherzò lei
voltandosi e guardando l’amico che in
intimo cercava qualcosa nel suo armadio
-non sarai
mica gelosa?- scherzò lui, ma nemmeno troppo –sono
a tua disposizione quando
vuoi, lo sai-
La ragazza
lo guardò con un sopracciglio alzato, non aveva dubbi che
lui sarebbe stato a
sua disposizione, glielo aveva fatto capire più volte, e
nemmeno tanto fra le
righe.
-sbrigati
latin lover- uscì dalla stanza ma si bloccò a
metà corridoio per urlare –ah Angel,
per “ti invito a pranzo”
intendo dire che dovrai cucinare tu!-
Angel
sorrise e scosse la testa.
Quella
ragazza era tanto assurda quanto bella.
*
* *
Un’ultima
occhiata al cielo e poi sarebbe rientrato in casa.
Era questo
che si ripeteva nella sua mente da quasi trenta minuti ormai, ma ogni
volta che
alzava lo sguardo verso il cielo rimaneva incantato.
Lui e la sua
stupida mania di guardare le stelle.
Loro erano
diventate un sinonimo di casa per lui; quando era in giro per il mondo
e sentiva
nostalgia di casa, non importava dove fosse, se a Sidney, a Roma o su
una
spiaggia di Rio, gli bastava guardare in alto ed un cielo stellato era
sempre
lì per lui.
Le stelle
gli davano un senso di familiarità e sicurezza che solo casa
sua gli dava.
Si costrinse
a staccare lo sguardo dall’immensa distesa blu sopra la sua
testa ed i suoi
occhi finirono a scrutare il prato inglese che si distendeva di fronte
a lui.
Scorse una
figura scura che si avvicinava verso casa e socchiuse gli occhi per
cercare di
riconoscerla.
Joe, una
mano in tasca e l’altra, con cui manteneva il cellulare,
all’orecchio,
procedeva a passo lento verso di lui; le sue risate si sentivano a
metri di
distanza.
Il ragazzo
sorrise di riflesso.
Joe in
quell’ultimo periodo era sempre felice, e lui sapeva il
perché.
Da quando
erano partiti per il tour, ben tre anni prima, lui era sempre rimasto
in
contatto con Kate; la bionda e matta Kate.
Ogni volta
che parlava con lei lo sentiva ridere, ma nonostante lui gli avesse
intimato
più volte di dirgli qualcosa di più, il fratello
trovava sempre qualche modo
per eludere la domanda.
-ora devo
andare- sentì bisbigliare Joe un attimo prima che chiudesse
la chiamata e gli
rivolgesse uno dei suoi sorrisi allegri
- non ti
pare che ti stia sentendo un po’ troppo con Kate?-
scherzò lui
Il fratello
gonfio le guance e rispose a tono –definisci troppo-
Nick sorrise
–per troppo intendo: la mattina appena ti svegli, i
messaggini furtivi tra un’intervista
e l’altra, le scappatelle la sera dopo cena quando nessuno sa
dove vai…-
-hai reso
l’idea- l’interruppe l’altro
affiancandosi al fratello
- sono tre
anni che va avanti questa storia, quando ti deciderai a dirmi di
più?- chiese
Nick poggiandosi alla ringhiera di fronte a lui
- non
c’è
niente da dire- sospirò –siamo amici-
L’altro
lo
guardò scettico.
Era vero, si
erano tenuti in contatto per ben tre anni, ma essendo stati un anno
intero
lontani i due ormai erano abituati a vedersi come semplici amici, anche
se in
realtà entrambi speravano in qualcosa di più,
solo che non ne erano ancora
consapevoli al cento per cento.
Inoltre tra
gli impegni di Joe e quelli di Kate, che ormai era una stilista di fama
internazionale, i due riuscivano a vedersi davvero poco.
-solo
amici?!- chiese scettico l’altro –ed è
per questo che non hai una storia seria
con qualcuno da…fammi pensare…due
anni?-
Joe non
rispose, ma un sorriso furbo si formò sulle labbra carnose.
-prima mi
dicevi tutto- lo accusò Nick –ora sembra quasi che
debba strapparti le parole
di bocca!-
Joe
sbuffò
poggiandosi a sua volta alla ringhiera – non è che
non voglia dirti niente, è
solo che non vorrei che parlando di Kate ti venisse di nuovo in
mente…-
sussurrò lasciando la frase sospesa
Ronnie,
finì lui mentalmente.
Si, ora
riusciva a pensare al suo nome senza che gli venissero strane crisi
isteriche o
senza che il suo corpo iniziasse a tremare.
Dio! Erano passati
tre anni, era anche normale che gli
fosse passata.
-Joe…-
lo
canzonò lui – ora sto bene, lo sai-
- non era
quello che volevo sentire- sussurrò il fratello puntando gli
occhi nei suoi
- e cosa
volevi sentire?- chiese retorico l’altro
-che sei felice- sospirò
Un sorriso
amaro si formò sulle sue labbra.
-sono
felice- mentì
-non
è vero-
rispose prontamente
Nick
scostò
di scatto lo sguardo dal fratello.
Quegli occhi
erano in grado di andare troppo a fondo e rischiavano di far salire a
galla
cose che lui aveva accantonato in un angolino sconosciuto della sua
mente, e di
certo non voleva farle saltare fuori, non ora.
Due mani
leggere si posarono sui suoi occhi, impedendogli di vedere per qualche
istante.
Ispirò
forte
e sentì quel profumo che ormai avrebbe riconosciuto ovunque.
-Allie…-
sorrise mentre si voltava
Allie, la
ragazza biondina dagli occhi azzurri, che aveva conosciuto
più di un anno prima
e che ormai era entrata a far parte della sua vita, quella che ora era
la sua
ragazza.
La bionda
gli sorrise dolcemente e tutti i ricordi che rischiavano di salire a
galla
ritornarono giù, al loro posto.
Questo era
uno dei motivi per cui stava con lei.
Lei riusciva
a fargli dimenticare il suo passato, perché era
così dolce e riservata, ma
forse soprattutto perché era così diversa da lei.
-Dov’eri
finito? E’ arrivato tuo fratello- disse alzandosi in punta di
piedi e
stampandogli un bacio sulle labbra
-entriamo-
rispose lui facendo un cenno al fratello che gli passò
avanti senza l’ombra di
un sorriso
-va tutto
bene?- chiese Allie accigliata facendo cenno a Joe
-certo-
sorrise lui rassicurante –andiamo- aggiunse poi prendendola
per mano e
conducendola all’interno della casa
Appena
entrò
sorrise alla scena di Kevin che, con mille borse enormi tra le mani,
cercava di
passare accanto alla credenza senza far cadere nulla, mentre Danielle
dietro di
lui stringeva al petto un bambino dai capelli castani e ricci che
dormiva
placidamente.
-Kevin sei
un disastro- lo prese in giro lei sorridendo mentre il marito urtava
col gomito
la credenza facendo traballare l’enorme vaso cinese posatovi
sopra
- se magari
qualcuno dei miei gentilissimi fratelli mi desse una mano…-
sbuffò lui
Joe si
diresse verso di lui salutandolo e lo liberò dalle mille
borse, in modo che
Kevin potesse entrare senza creare danni.
-Nick!-
Kevin gli andò incontro abbracciandolo veloce
-come va,
papà?- gli chiese il fratello sorridendo
-bene, anche
se Jason mi ha tenuto sveglio tutta la notte- rispose sorridendo,
nonostante
tutto
-Allie!-
urlò poi Kevin rivolgendo la sua attenzione alla ragazza
Nick sorrise
e si allontanò avvicinandosi a Danielle che era intenta a
parlare con Joe e suo
padre.
-hei- lo
salutò lei con un sorriso mentre il ragazzo si sporgeva per
posargli un bacio
sulla guancia
-Kevin ha
detto che sei tornato da poco, dove sei stato?- chiese lei
- a New York per un concerto,
è stato bellissimo-
sorrise - certo, non come i vecchi tempi- aggiunse guardando Joe che
gli
sorrise di rimando con aria pensierosa
-è
pronto!-
li raggiunse una voce dalla sala da pranzo e tutti si catapultarono
nell’altra
stanza per prendere posto
- ragazzi,
com’è emozionante vederci tutti assieme a tavola
dopo tanto tempo!- squittì
Denise stringendo la mano a suo marito che sorrise apprensivo verso la
donna
Beh, forse
non tutti erano emozionati, ma erano sicuramente felici.
Negli ultimi
anni le loro vite erano cambiate e, purtroppo a causa degli impegni, si
erano
allontanati un po’; Si tenevano in contatto tutti i giorni,
ad ogni ora e
potevano continuare a contare l’uno sull’altro, il
loro era stato un
allontanamento “fisico” più che altro.
Quando Kevin
aveva chiesto a Danielle di sposarlo in una calda giornata di Luglio
lei aveva
accettato all’istante; dopo un anno erano riusciti ad avere
un bellissimo
bambino che, anche se era presto per dirlo, era tutto il padre.
Così Kevin
aveva deciso di volersi dedicare alla famiglia per un po’ e,
d’accordo con i
fratelli, aveva lasciato la band aprendo un magnifico ristorante
italiano che
andava a gonfie vele.
A questo
punto portare avanti la band in due non aveva più senso,
quindi anche Joe aveva
deciso, con l’esempio del fratello, di seguire
un’altra sua piccola passione
che poi si era rivelato un vero e proprio successo: in due anni Joe
aveva preso
parte a quattro film, di cui tre come protagonista.
Nick? Beh,
dopo quello che era successo tre anni prima, il ragazzo si era immerso
nel
lavoro tenendosi occupato il più possibile. Quando Kevin e
Joe decisero di
lasciare il gruppo lui continuò per la sua strada con la sua
musica, deciso a
non fermarsi un istante.
Nonostante i
loro impegni li avessero portati lontani gli uni dagli altri, non si
erano mai
persi, perché il loro bene era una delle poche cose reali in
quel mondo ed il
loro calore, il loro affetto, era l’unica cosa che riusciva
ad aiutarli nei
loro momenti peggiori.
L’unica
convinzione che Nick aveva, ormai, era che loro sarebbero sempre stati
lì, per
lui.
* * *
Tremate, tremate, le streghe
son tornate! muahahaha
Buonasera a tutte!
Come promesso, eccomi di nuovo qui a tormentarvi con il seguito di Let
me under your skin!
Questo primo capitolo è un'introduzione alla storia che fa
già capire qualcosa della vita dei nostri lover dearest *O*
Sono nervosissima, ovviamente perchè questo prologo non mi
piace affatto! E spero tanto di non avervi deluso, ma a voi i commenti!
Al prossimo chap!
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Capitolo 2 *** Home ***
Probabilmente sono impazzita u.u
Sono le 4.49 del mattino, sono tornata a casa da un'ora circa ed ho sentito l'irrefrenabile bisogno di scrivere xD
Non mi piace molto questo capitolo, ma a me non piace mai nessuno quindi lascio commentare voi xD
Mi scuso preventivamente per gli errori che sicuramente troverete, ma, comprendetemi, è tardi e non ce la faccio a rileggere xD
Prima di lasciarvi leggere però volevo davvero ringraziare di cuore Scars94 per aver segnalato Let Me Under Your Skin per le storie scelte *-* io non credo che la mia storia sia all'altezza, ma sei stata davvero carinissima, le tue parole mi hanno fatto emozionare, davvero!
Deeeeeeeetto questo, vi auguro una buona lettura!
Home
Angel alzò il bicchiere di cristallo fino a farlo tozzare con quello di Veronica, seduta di fronte a lui.
- alla promozione- sorrise il ragazzo
Veronica gli fece un sorriso tirato e bevve il liquido contenuto nel bicchiere tutto d'un fiato, strizzando un po’ gli occhi a causa delle bollicine.
Angel la guardò alzando un sopracciglio, proprio non riusciva a capire quale fosse il problema. Aveva organizzato tutto con la minima cura, il ristorante elegante, il cibo italiano che lei amava, i fiori. Gli sembrava tutto perfetto, nemmeno per un appuntamento aveva mai fatto tutto quello, ma quando Veronica gli aveva detto della promozione aveva pensato che alla ragazza avrebbe fatto piacere festeggiare come si deve; ma ora di fronte a lui non si trovava la ragazza felice e sorridente che si aspettava, ma una ragazza che non smetteva un attimo di guardarsi in giro mordicchiando nervosa l'unghia del pollice.
Veronica d'altro canto era grata ad Angel per quello che aveva fatto, chissà quanto gli era costato quel ristorante! Ma in quel momento proprio non trovava niente per cui essere felice. E pensare che solo il giorno prima quasi saltellava dalla felicità, ed ora non voleva altro che un buco nero nel quale sparire.
-C'è qualcosa che non va?- gli chiese Angel sorridendo
Lei scosse la testa, cercando di sembrare sincera. Ma ovviamente non funzionò.
-è il ristorante? vuoi che andiamo da un'altra parte?- insistette il moro con aria dispiaciuta
Veronica sospirò pesantemente abbassando le spalle.
Forse era arrivato il momento di guardarsi indietro, doveva fare un tuffo nel suo passato e rivedere tutte le cose che aveva lasciato lì, tutto il dolore che aveva lasciato dietro di se, le promesse rotte, i sorrisi negati, tutto.
Era ora che anche Angel sapesse chi era Ronnie. Era ora che lei ricordasse chi era stata.
Sorrise prima ancora di aprire gli occhi quella mattina.
Quella, sarebbe stata una delle giornate più importanti della sua vita.
Aprì gli occhi e la luce che entrava dalla finestra aperta le arrivò agli occhi nello stesso istante in cui un intenso odore di caffè si diffondeva nella stanza.
-buongiorno- sentì la voce del ragazzo provenire dalla porta
Sorrise e si stiracchiò inarcando la schiena mentre Angel si avvicinava al letto con un vassoio tra le mani
-buongiorno- lo salutò lei solare mettendosi a sedere
Angel sorrise di rimando e le sistemo con cura il vassoio sulle gambe coperte dal lenzuolo bianco.
Veronica si concesse un'occhiata al ragazzo prima di abbassare lo sguardo sul vassoio e notò che Angel era già vestito e pronto per uscire, forse anche lui aveva un appuntamento di lavoro quella mattina.
-io stavo uscendo- disse il ragazzo come per confermare i suoi pensieri -sono passato solo per prepararti la colazione ed augurarti buona fortuna- sorrise e si sporse in avanti per baciarle la fronte
-grazie, ti chiamo dopo - sorrise lei nascondendo poi il viso dietro l'enorme tazza piena di caffè, prima che il ragazzo uscisse dalla stanza.
Appena sentì la porta dell'ingresso chiudersi, poggiò frettolosamente il vassoio sul comodino e gettò le lenzuola di lato catapultandosi giù dal letto.
Era talmente nervosa quella mattina che se solo avesse assaggiato un pezzetto di qualsiasi cosa l'avrebbe ricacciato fuori istantaneamente.
Entrò nel bagno della sua camera ed aprì la doccia per poi uscire di nuovo nella sua stanza.
Sospirò aprendo l'armadio, si conosceva, sapeva benissimo che sarebbe rimasta lì a fissare il vuoto per almeno venti minuti prima di decidere cosa indossare.
Cosa si indossava in un'occasione come quella, in genere?
In un tempo record di dieci minuti pescò dall'armadio una semplice gonna nera a tubino, con un altrettanto semplice camicia bianca, poggiò il tutto sul letto e con l'intimo in mano si diresse verso il bagno, dove ormai il vapore causato dall'acqua calda padroneggiava indiscusso.
Dopo un'ora il ticchettio delle sue decolleté nere si diffondeva tra i corridoi dell'enorme edificio.
Ripensò alla prima volta che aveva messo piede lì dentro e sorrise, quell'edificio le era sembrato così spaventoso e triste, e poi con il tempo era diventato la sua seconda casa, se non prima.
Il suo capo, Ellen Kraft, una bellissima donna in carriera sulla quarantina, era una persona straordinaria e, nonostante le pratiche dei suoi innumerevoli divorzi venivano e andavano dal suo ufficio, lei non smetteva di essere un'eterna innamorata. Con i suoi capelli biondi, gli occhi nocciola e il sorriso gentile, riusciva a mettere a proprio agio chiunque, persino la ragazzina agitata e disorientata che lei era stata.
Aveva instaurato un rapporto amichevole con tutti lì, persino il ragazzo che portava il caffè al mattino si fermava cinque minuti a parlare con lei.
Era tutto perfetto, e l'idea che avrebbe potuto trascorrere altri anni lì, grazie alla sua eventuale promozione, la rassicurava.
Si fermò fuori all'ufficio di Ellen e si sistemò nervosamente la camicia prima di bussare.
Una voce all'interno della stanza la invitò ad entrare e lei aprì lentamente la porta.
-oh Veronica, sei tu- la accolse la donna con aria stanca
Veronica la guardò accigliata, non che si fosse aspettata un mini festino con tanto di palloncini, ma nemmeno quel tono da funerale.
Ellen sedeva dietro la sua scrivania, ricoperta da milioni di scartoffie, gli occhiali rossi poggiati sul naso ed un paio di fogli in mano, che studiava attentamente.- vieni, entra- disse Ellen con un sorriso tirato senza distogliere lo sguardo dai fogli
Veronica entrò lentamente nella stanza prendendo posto alla sedia posizionata di fronte alla scrivania. Ellen si tolse gli occhiali da vista e sospirando si portò una mano agli occhi, come per strofinarli.
-Avevi detto che volevi vedermi- cominciò la ragazza deglutendo
-si- sospirò l'altra -Veronica, abbiamo un problema-
-c-che genere di problema?- balbettò mentre il cuore le andava a mille, improvvisamente mille opzioni le vennero in mente e si sentì così stupida per aver pensato ad una promozione.
-gli affari non vanno bene, e non possiamo più permetterci di assumere praticanti-
Veronica sentì il suo fiato spezzarsi, la stava licenziando?
-vuol dire che perderò il posto?-
-no- si affrettò a dire la donna -è per questo che sei qui. Nonostante tu abbia poca esperienza, sei una delle migliori, e non potrei mai permettere che la tua carriera venga stroncata per uno stupido problema di denaro- spiegò Ellen, ma Veronica non capiva
-c'è una soluzione- sorrise la donna
-come sarebbe a dire che torni a Los Angeles?!-
La voce di Angel rimbombò per tutto il locare facendo girare metà della sala nella loro direzione.
Quando anche la bionda seduta al tavolo accanto si voltò tornando a guardare l'uomo che le stava di fronte Veronica strinse i pugni e si sporse verso l'amico.
- abbassa la voce! E poi non ho detto che torno a Los Angeles, ho detto che l'unico modo per continuare a lavorare è di andare lì- spiegò lei nervosa bevendo un altro sorso di vino
-non puoi trovare un'altra casa editrice per cui lavorare, qui?- chiese il ragazzo nervoso muovendosi di continuo
-oh certo, Madrid è piena di case editrici che, non sapendo come gettare il loro denaro, assumono ragazze inesperte e laureate da meno di un anno- rispose sarcastica
Il ragazzo rimase a fissarla in silenzio per qualche istante, con espressione triste.
-quindi è deciso- sussurrò infine
-NO- lo interruppe lei bruscamente
Angel alzò un sopracciglio -ma hai detto che è l'unico modo per lavorare-
Veronica sospirò pesantemente, ora arrivava la parte più difficile da spiegare.
- non posso tornare a Los Angeles- disse abbassando lo sguardo
-perchè?-
-perchè la ragazzina che viveva lì ora non c'è più- sussurrò
Sentì Angel sospirare pesantemente -si può sapere cos'è successo di tanto tragico a Los Angeles?-
Veronica alzò lo sguardo fino ad incrociare quello confuso del ragazzo.
Come poteva spiegargli tutto senza sembrargli un mostro?
Aveva lasciato le sue amiche, le sue sorelle, con una squallida e-mail.
Aveva cancellato tutti i loro messaggi senza nemmeno leggerli, aveva cambiato numero, era sparita.
Come faceva a dirgli che ancora oggi, nonostante la sua vita perfetta, la sera quando era sola nel letto ripensava al sorriso di Kate, alla timidezza di Jamie, alle follie di Lexus e piangeva fino ad addormentarsi?
Come faceva a dirgli che non si era mai sentita così sola in vita sua?
Aveva buttato via l'amicizia di una vita, per cosa poi? Per il suo stupido cuore spezzato.
-c'è di mezzo un ragazzo?- sussurrò Angel
Un ragazzo? Oh, era molto più di un semplice ragazzo.
Era il ragazzo che per lei reincarnava la perfezione, era il suo unico amore, il suo rifugio, la sua vita, ed era l'unico ragazzo che non avrebbe mai potuto avere.
Nick non era un semplice ragazzo, no, era il ragazzo che una come lei non avrebbe mai potuto avere, uno di quei ragazzi che si possono guardare solo da una copertina di un giornale; ma la vita, la sua vita, aveva deciso di essere ancora più beffarda con lei, aveva deciso di farle assaggiare un pezzo di paradiso e poi trascinarla di nuovo giù, sul pianeta terra, dove avrebbe dovuto vivere per il resto dei suoi giorni.
Con che coraggio poteva tornare indietro ed affrontare tutto questo?
Angel sospirò ed allungò una mano afferrando la sua -quando ti ho vista su quell'aereo per la prima volta, avevi un'espressione sconvolta- cominciò -significa che stavi lasciando dietro di te qualcosa di importante...-
-qualcosa che non potrò riaggiustare mai più- lo interruppe bruscamente lei
Il ragazzo puntò i suoi occhi scuri in quelli della ragazza
-l'amicizia è un legame forte e non si dissolve nel nulla- la ragazza gli strinse la mano istintivamente -qualsiasi cosa sia successa tra te e le tue amiche, sono sicuro che si risolverà-
Veronica spalancò gli occhi.
Come faceva a sapere lui delle sue amiche? Non gliene aveva mai parlato, non ne aveva mai parlato con nessuno.
Angel sorrise rilassato -ho visto la foto sul tuo comodino-
Solo allora Veronica parve ricordare la vecchia foto scattata da Tyler un'estate di 4 anni prima che ritraeva lei e le sue amiche mentre si stringevano sorridenti.
- non è così facile Angel, io le ho deluse, abbandonate...-
-ma se ti vogliono bene- la interruppe il ragazzo -saranno pronte a perdonarti tutto-
Veronica abbassò ancora lo sguardo.
Non lo sapeva più; non sapeva se le sue amiche le volevano ancora bene, per quanto ne sapeva lei potevano anche essersi dimenticate di lei, come avrebbe meritato.
Non le sembrava un'idea geniale quella di tornare a Los Angeles.
-dimmi una cosa- cominciò il ragazzo -tu sei felice qui?-
Veronica rimase qualche istante a pensare a quella domanda sorridendo tra se.
Lei non avrebbe mai potuto essere felice.
-beh, vivo in una città bellissima, ho il lavoro dei miei sogni, ho un amico pronto a spendere centinaia di euro per portarmi a cena fuori...-
Angel sorrise -non hai risposto-
-no- sospirò infine lei -non sono felice-
-e non credi che riallacciare i rapporti con le tue amiche possa renderti felice?- sorrise ancora lui accarezzandole una mano
Si, certo che l'avrebbe resa felice, ma se le sue amiche le avrebbero sbattuto la porta in faccia una volta che lei fosse andata lì?
-non hai più niente da perdere qui- gli sussurrò l'amico che, in quell'istante, gli sembrava più la sua coscienza.
Aveva ragione, il motivo per cui era lì era lavorare, ora che le offrivano un'opportunità di lavoro a Los Angeles non poteva rifiutare, non poteva mandare all'aria tutti i sacrifici di tre anni solo perchè era una terribile codarda.
-e tu?- chiese Veronica, e gli occhi del ragazzo si illuminarono
Nonostante la ragazza avesse sempre declinato le avances del ragazzo, era ovvio che dopo tre anni di "convivenza" con Angel si fosse affezionata a lui. Dopo tutto era lui che la portava al cinema ogni giovedì per non farla restare a casa da sola a mangiare una squallida pizza surgelata; era lui che le asciugava le lacrime quando aveva le sue "crisi", e lo faceva senza chiederle mai niente.
Angel era senz'altro una persona speciale.
-io sarò qui, dov'è giusto che sia per il momento. Tra due mesi, poi, è giugno potrei venire da te per le vacanze estive-
Veronica alzò lo sguardo e gli sorrise nel momento esatto in cui il cameriere, un ragazzo robusto e moro, portò i loro piatti stracolmi di pasta.
-buon appetito- disse il ragazzo con un pesante accento siciliano
-grazie- dissero in coro i due
Veronica guardò il piatto di fronte a lei senza il minimo appetito.
Il pensiero del suo ritorno a Los Angeles la terrorizzava, ma allo stesso tempo la emozionava, e non poco.
Era scappata via, lontano da tutti, lontano dal suo dolore, ma ora che questo dolore sembrava quasi essere sparito del tutto non vedeva il motivo per il quale non sarebbe dovuta tornare; come aveva detto il suo amico prima, lì non aveva niente di così importante da perdere, a parte il loro rapporto ovviamente.
Non poteva restare lì ora che aveva perso il lavoro, non c'era più niente che la trattenesse in quel posto che qualche anno prima le era sembrato così affascinante e nuovo.
Era arrivato il momento di tornare a casa.
* * *
Era una delle sue ennesime giornatacce.
Mentre aspettava che l'ascensore raggiungesse il piano terra non poté far altro che chiedersi cosa diavolo volesse la sua casa discografica da lui.
"I tuoi testi non sono più gli stessi", continuavano a ripetergli e a lui sembrava una cosa così sciocca da dire.
Era ovvio che i suoi testi non fossero più gli stessi, visto che nemmeno lui era più lo stesso di due anni prima.
Sospirò pesantemente quando le porte si spalancarono e cominciò a camminare a passo svelto verso l'uscita, voleva solo andare il più lontano possibile da lì.
Le porte scorrevoli si aprirono e lui girò velocemente a sinistra andando a sbattere contro qualcosa.
Perfetto.
Di fronte a lui una ragazza bionda con gli occhi verdi come il muschio lo fissava con la bocca socchiusa e un'espressione allibita.
Nick sperò che la ragazza non fosse una fan e non cominciasse ad urlare, non avrebbe retto alle sue urla quella mattina.
- s-scusa- balbettò la ragazza mentre le guance si coloravano di rosa
Nick si rilassò un pochino concedendosi un'occhiata più attenta alla ragazza, e dopo un primo sguardo doveva dire che non era niente male.
-figurati, è stata colpa mia, ero sovrappensiero- sorrise
La ragazza sorrise imbarazzata e parve volersi allontanare.
Fu allora che Nick sentì l'inspiegabile bisogno di sapere qualcosa in più di lei.
-lavori qui?- disse la prima cosa che gli venne in mente
La ragazza guardò l'enorme edificio della Hollywood Records -si- sorrise -sono nuova, lavoro part time come receptionist, solo il martedì ed il giovedì. Insomma è per pagarmi gli studi, la facoltà di giurisprudenza è dura ed io devo...- Nick sorrise a quella ragazza sorprendentemente logorroica - scusa- disse lei portandosi una mano alla bocca -parlo troppo, lo so. Anche mio padre lo diceva sempre che...lo sto facendo di nuovo-
Nick rise forte e quando si rese conto di quello che stava facendo per poco non si strozzò.
Lui stava ridendo?!
- come ti chiami?- chiese alla bionda
-Allison, Allison Cooper, ma tutti mi chiamano Allie- rispose lei portandosi una ciocca dietro l'orecchio
- io sono Nick...-
-Jonas- concluse la ragazza per lui -ero una grandissima fan dei Jonas-
Il sorriso di Nick si storse giusto un po’, era ora di terminare quella conversazione.
- bene Allie- cominciò -allora ci vediamo-
Si allontanò lasciando la ragazza interdetta nel bel mezzo del marciapiede.
Allie.
Era davvero carina, doveva ammetterlo, ed era anche simpatica! Nessuno era riuscito a farlo ridere così spontaneamente negli ultimi anni; certo nonostante questo non era nemmeno lontanamente paragonabile a...
Scosse la testa, non doveva pensare.
Doveva trovare un modo per distrarsi, per staccare con tutto e tutti; era così stanco di dover affrontare ogni singolo giorno i suoi traumi adolescenziali.
Era cosi difficile...
Ogni volta che gli sembrava di essere riuscito ad andare avanti, poi si scopriva ancora allo stesso punto.
C'era sempre qualcosa che gli ricordava lei, doveva distrarsi.
Poi mentre apriva la portiera della macchina si illuminò.
Distrarsi? Quale migliore distrazione di una bella ragazza?
Gli vennero i brividi solo a pensarlo, ma di certo non poteva andare avanti così, non dopo due santissimi anni!
Doveva provare almeno.
Così il giovedì successivo e quello successivo ancora si era ritrovato in quell'edificio che odiava a cercare in una ragazza, con cui aveva scambiato due parole in croce, neanche lui sapeva bene cosa.
Una musichetta proveniente dal suo cellulare lo fece sobbalzare distraendolo dal suo sogno ad occhi aperti.
Lasciò cadere la matita sul foglio bianco poggiato sulla scrivania ed afferrò l'iPhone.
-hei bello!- sentì dall'altro lato
-Tyler, come va?-
- mai stato meglio - ridacchiò Tyler
- mi fa piacere, è successo qualcosa di speciale?-
-oh, neanche immagini, hai da fare domani mattina?-
Nick ci pensò un attimo -no, devo essere in studio per le 12-
-perfetto allora ti offro la colazione- e riagganciò
Tyler e la sua stupida abitudine di non salutare.
Già, Nick e Tyler erano diventati amici, e non due semplici amici, lui ormai era il suo migliore amico.
Dopo tre anni Tyler era ancora follemente innamorato di Jamie e lei di lui, stavano solo aspettando di realizzarsi economicamente per sposarsi.
Sorrise pensando a Jamie e Tyler; loro erano la prova vivente che l'amore vero esisteva.
Lo sguardo gli cadde sulla cornice poggiata sulla sua scrivania.
Lui e Allie sorridevano all'obbiettivo contenti.
Sospirò.
Amava Allie? Non lo sapeva.
Sapeva solo che quello che era iniziato come un gioco, una distrazione, era diventato qualcosa di più grande.
Si era affezionato ad Allie e stava davvero bene con lei; lei era l'unica che riusciva a farlo ridere, era l'unica che riusciva a farlo sentire ancora un essere umano.
Si, perchè quando Ronnie se n'era andata, lui somigliava più ad un vegetale.
Non sapeva se l'amava, ma era convinto che non avrebbe mai amato nessuno come aveva amato lei, quindi che importanza aveva?
* * *
Eccoci qui *-*
Quanto fa schifo? su non temete ed esponetemi le vostre opinioni u.u
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Capitolo 3 *** confusion is nothing new ***
Confusion
is nothing new
Gli addii non erano mai stati il suo forte.
Dire addio ad una persona è sempre triste, soprattutto quando dietro di te lasci tutto quello che hai costruito con sacrificio e devozione per gettarti nel bel mezzo del più assoluto e desolato, nulla.
-Andrà tutto bene- Angel sorrise cercando di rassicurarla, ma non fece altro che innervosirla
Veronica si passò nervosa una mano tra i capelli mentre guardava attorno a lei persone felici che saltellavano, in fila per il check in.
Gruppi di amici, coppiette sdolcinate, tutti erano così felici di un nuovo viaggio, dopotutto un viaggio a Los Angeles non era affatto una cosa da poco.
Sospirò pesantemente, se solo anche lei fosse stata una semplice turista.
-Bichita così ti strapperai la maglietta- sorrise ancora il ragazzo
Veronica si immobilizzò abbassando lo sguardo; solo in quel momento si rese conto che stava tirando nervosamente la manica della t-shirt leggera che indossava quel giorno.
-odio quando mi chiami con quello stupido nomignolo- ringhiò la ragazza smettendo di torturare la povera manica ormai slabbrata
Angel strinse di più a se la borsa di Veronica che portava in mano.
-non importa, sarai sempre la mia sciocca Bichita-
La ragazza sbuffò pesantemente – smettila con queste frasi da addio, ci rivedremo tra qualche mese, tu verrai a Los Angeles- affermò convinta
Certo che sarebbe andato a Los Angeles! Glielo aveva promesso, per le vacanze estive, ora non poteva tirarsi indietro.
Angel portò gli occhi al cielo passandosi la mano libera sotto il mento, dove c’era il solito filo di barba.
-e tu smettila di agitarti, non stai andando mica al patibolo-
Certo, per lui era semplice.
Lui era come quegli stupidi turisti che la circondavano; un bel viaggio in California, cosa c’è di meglio?
Per lei invece, era il peggio che potesse accadere e, come se non bastasse, doveva affrontare tutto da sola.
Tutto.Non ce l’avrebbe mai fatta.
Angel diede uno sguardo all’orologio e Veronica strinse forte i pugni fino a farsi male; sapeva cosa stava per dirle, ed era l’ultima cosa che voleva sentirsi dire in quel momento.
-devi andare- disse con un tono che non la incoraggiò per niente ad allontanarsi
Fece un passo verso di lui alzando lo sguardo, facendo incrociare i loro sguardi e si sforzò di sorridere, almeno per qualche istante.
-grazie di tutto- sussurrò
Angel la guardò confuso, non c’era più nemmeno l’ombra del sorriso di poco prima sul suo viso –e di cosa?-
Veronica lo spintonò sorridendo, cercando di rendere l’atmosfera più leggera.
-non fare il modesto, sai benissimo che senza di te ora probabilmente sarei ancora in giro a cercare un tetto sotto cui dormire-
Angel capì il suo intento di alleggerire la situazione e sorrise appena per poi sospirare teatralmente.
-ed ora chi spaventerà a morte le mie “coinquiline”?- chiese con aria affranta
Veronica lo guardò per un istante alzando un sopracciglio, poi scoppiò a ridere.
Improvvisamente si sentì avvolgere da due braccia calde e capì che era arrivato il momento.
Poggiò la guancia sul petto del ragazzo cercando di concentrarsi sul battito accelerato del suo cuore per estraniarsi dal mondo per qualche ultimo istante.
-mi mancherai- sussurrò il ragazzo affondando il viso tra i suoi capelli
-anche tu, non sai quanto- sussurrò la ragazza stringendolo più forte per un attimo, per poi allontanarsi
Angel continuava a guardarla con uno sguardo pieno di sottintesi, pieno di cose mai dette, cose che in quel momento sembravano voler uscire ad ogni costo fuori, ma non poteva, non poteva fare più niente ormai, doveva lasciarla andare.
Il ragazzo fece scorrere la sua mano sul collo di Veronica, che lo guardava incapace di fare alcunché.
Veronica sapeva cosa stava per accadere e sentiva il bisogno, voleva, fare qualcosa per impedirlo, ma in quel momento lo stupore era più grande di qualsiasi altra cosa al punto che quando Angel si avvicinò sempre di più fino a posare le sue labbra su quelle di lei, la ragazza non riuscì a muovere nemmeno un muscolo.
Rimase immobile, non poteva credere a quello che lui aveva fatto, come non poteva credere che lei lo stesse ricambiando in pieno, incoraggiando il ragazzo a tal punto da permettergli di posare le mani sui suoi fianchi ed attirarla a lui.
Non sapeva cosa stesse facendo, ma si ritrovò ad allacciargli le braccia al collo e sciogliersi contro il suo petto, mentre uno strano rumore, come di un martello pneumatico, le invadeva i timpani.
Che fosse il suo cuore? No, lei non ne possedeva più uno, era impossibile che stesse battendo così euforico.
Eppure lo sentiva così chiaramente che era impossibile sbagliarsi, forse era un po’ arrugginito, ma era il suo cuore che tornava a battere.
Le labbra del ragazzo erano così morbide, e si muovevano così gentili e delicate sulle sue, che anche se avesse voluto farlo, era impossibile staccarsi da lui.
Fu lui infatti, dopo un tempo indeterminato, a porre fine a quel bacio allontanandosi da lei.
Veronica rimase immobile a fissarlo, non aveva la minima idea di cosa avrebbe dovuto fare ora.
Non sapeva nemmeno perchè l'avesse baciata ma, sopratutto, non sapeva perchè lei avesse ricambiato il bacio con tanta disinvoltura!
Angel, d'altro canto, non pareva minimamente in imbarazzo o confuso, come invece era lei; semplicemente le rivolgeva un sorriso rilassato.
Senza dire nulla il ragazzo porse la borsa a Veronica, che l'afferrò titubante.
-ora devi andare davvero-
La ragazza annuì senza proferire parola.
Angel sorrise socchiudendo gli occhi verdi ed avvicinandosi al suo orecchio.
-questo non era un bacio d'addio- sussurrò prima di voltarsi per poi sparire tra la folla.
I'm not leaving, not going
I'm not kissing you goodbye
(kissing you goodbye - the used)
Quello Starbucks era affollato come tutte le mattine.
D'altronde Downtown era il cuore della città, ed era normale che a quell'ora del mattino ci fosse tanta gente in giro, tra l'altro per lui non era affatto un problema, quando c'era tanta gente era più difficile che i paparazzi riuscissero a scovarlo.
Lanciò un'occhiata nervosa all'orologio che portava al polso poi al ragazzo che sedeva di fronte a lui.
-allora, vuoi dirmi di che si tratta? Devo essere in studio tra un'ora-
Tyler prese un altro sorso del suo frappuccino con la più totale calma e con un sorrisetto sulle labbra, come se il ragazzo che lo fissava impaziente non avesse mai parlato.
- quanta fretta Nicholas - sorrise Tyler consapevole di innervosire l'amico -ci sono delle cose che non si possono dire frettolosamente, si deve creare prima l'atmosfera giusta ed io non la sento ancora-
-te la faccio sentire io tra poco l'atmosfera, se non la pianti di dire cazzate- rispose a tono l'altro
Tyler ridacchiò ed alzò le mani in segno di resa, col tempo aveva capito quando era il caso di piantarla con Nick.
- bene, la cosa che sto per dirti- cominciò diventando serio -è davvero importante-
Nick annuì unendo le mani.
-ebbene?- chiese sporgendosi verso Tyler
Il ragazzo prese un respiro profondo poi si aprì in un sorriso -ho chiesto a Jamie di sposarmi-
Nick spalancò gli occhi restando per qualche istante paralizzato dalla sorpresa, poi esplose.
-Tyler ma è fantastico!- urlò facendo girare mezza sala -auguri amico- aggiunse poi abbracciandolo
-Hei, non è mica finita qui- disse Tyler sciogliendo l'abbraccio
Nick lo guardò con aria confusa, tornando a sedersi al suo posto.
Tyler sospirò unendo le mani, doveva trovare le parole giuste per dire quello che doveva
- beh, sai che sono figlio unico e tu sei diventato un fratello per me, e nel giorno delle mie nozze voglio che tu mi stia vicino più di chiunque altro e che abbia un ruolo speciale- il ragazzo si grattò dietro la testa imbarazzato - mi faresti da testimone?- chiese con tono gentile
Nick lo guardò negli occhi ascoltando con attenzione le sue parole, ed appena il ragazzo ebbe finito di parlare, lui, scoppiò a ridere.
-cavolo!- riuscì a dire tra una risata e l'altra -sembrava una dichiarazione d'amore!-
Tyler lo guardò alzando un sopraciglio -ti sembra il momento?- chiese retorico trattenendo suo malgrado qualche risata
-hai ragione- commentò l'altro calmandosi -ne sarei onorato Tyler- aggiunse poi sorridendo all'amico che sorrise a sua volta.
-ma non mi hai detto la cosa più importante- gli fece notare Nick -quando sarà il grande giorno?- chiese prendendo un sorso del suo frappuccino
- 21 febbraio- rispose con naturalezza
Nick per poco non si strozzò -21 febbraio?! ma mancano solo quattro mesi!-
-lo so- rispose Tyler -ma è il giorno in cui ci siamo conosciuti e ci tenevamo tanto a sposarci proprio quel giorno-
-e come pensi di organizzare tutto in così poco tempo?-
-con tanto impegno e tanto aiuto da parte delle testimoni- sorrise il ragazzo
Nick abbassò lo sguardo cercando di riuscire a fare un sorriso sforzato -e così le matte saranno di nuovo assieme...- commentò
-già- rispose Tyler -Kate è arrivata ieri sera da New York, ha preso un aereo subito dopo la presentazione della sua ultima collezione e Lexus arriverà nel
pomeriggio da Miami, lavorare per il papi ha i suoi vantaggi, è riuscita a convincerlo che lo studio non avrà bisogno di un brillante avvocato come lei per un po’ -
Nick sorrise.
Lexus avvocato, non se lo sarebbe mai aspettato, eppure in pochi anni era diventata una dei più ricercati avvocati della Florida, dove si era trasferita con i genitori dopo il diploma.
Certo, aveva dovuto rinunciare ai suoi amati capelli fucsia, ed ai suoi piercing, ma ne aveva fatta di strada la ragazza.
-Jamie dev'essere su di giri- commentò Nick
-non immagini nemmeno- rispose Tyler alzando gli occhi al cielo -sai che si sono un po’ allontanate da quando...- lasciò la frase in sospeso, meglio non
toccare quell'argomento
Da quando...
Già, da quando Ronnie era partita per l'Europa senza nemmeno dire una parola.
L'avevano scoperto proprio come lui: erano andate a casa della loro amica scoprendo che lei era partita per la Spagna, per non tornare più.
Avevano trovato una sua e-mail dove spiegava, o almeno ci provava, il perchè della sua partenza improvvisa.
A nulla erano servite le chiamate, le e-mail, i messaggi.
Ronnie era sparita nel nulla.
-lei non ci sarà, vero?- sospirò Nick conoscendo già la risposta
-no- sussurrò triste Tyler -è introvabile, lo sai e Jamie non fa altro che parlare di lei e del fatto che non possa perdersi il suo matrimonio-
Nick annuì tacendo.
Ricordava ancora le notti in cui era rimasto sveglio a mandargli mail, a chiamarla.
Nulla.
Solo da un anno si era ormai convinto a rassegnarsi all'idea che lei non sarebbe tornata, non l'avrebbe rivista mai più.
Allora si era convinto a dimenticarla, per continuare a vivere.
Avrebbe dovutodimenticarla.
hour by hour, day by day, your memory will fade away.
every sunrise, every sunset, will help me to forget
your name, your smile, your eyes, medusa
(medusa - Bring Me The Horizon)
* * *
Vabe, ormai non parlo più, sapete già cosa penso dei miei capitoli -.- quiiiiiindi
Alloooooora cosa ne pensate?
A parte il fatto che sicuramente vorreste uccidermi per il bacio tra Angel e Ronnie, vi è piaciuto?!
Spero di si *O*
Al prossimo chap!
Vi amo <3 |
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Capitolo 4 *** Do you remember? ***
chap 3
Buoooonasera a tutte ! come va?
Prima di lasciarvi al nuovo
capitolo, volevo informarvi del fatto che qualche giorno fa ho scritto
una one-shot su Kate e Joe *O*
E' ambientata un anno dopo la
partenza di Ronnie u.u
Potete trovarla QUI
Spero vi piaccia, oh, e che vi
piaccia anche il capitolo *O*
buona lettura!
Do you remember?
Era
partita da Madrid in pieno giorno ed ora, anche se erano solo le nove
di sera, le sembrava notte fonda.
Il
taxi accostò
lungo il marciapiede e lei sospirò al solo pensiero di dover
portare quei due enormi bagagli per tutto il viale.
-signorina,
siamo
arrivati- annunciò il signore sulla cinquantina con dei
folti
baffi ed un accento messicano, probabilmente credeva si fosse
addormentata.
Veronica
pagò
il taxi e, trascinando a stento dietro di se due valigie ed un bagaglio
a mano, si avviò per quel viale che le era così
familiare.
Si
fermò d'avanti agli scalini del portico alzando lo sguardo
ed ammirando la grande casa.
Un
senso di malinconia e tristezza l'avvolsero all'istante assieme
all'inevitabile ondata di ricordi.
Lei
da bambina che
ridendo correva per il giardino inseguita da un bambino di qualche anno
più grande con gli stessi capelli e gli stessi occhi
profondi;
Sua
madre che la
guardava con quel suo tipico sguardo da rimprovero dopo che aveva
sporcato un vestito nuovo, cadendo. Quello sguardo lo ricordava bene,
era capace di farla sentire in colpa anche quando non aveva fatto nulla
di sbagliato;
O
ancora, suo padre
che la ignorava quando lei prendeva un buon voto a scuola, che non
aveva mai mantenuto le sue promesse, che non ricordava mai il suo
compleanno, suo padre che non c'era mai.
Sospirò
e si costrinse a porre fine a quell'assurdo fluire di ricordi salendo
le scale del portico.
Si
frugò nelle
tasche e quasi subito riuscì a trovare la piccola chiave
argentata con incise sopra le loro iniziali.
K.R.J.L
Finse
di non ricordare quel dettaglio ed aprì la porta trascinando
i bagagli dietro di se.
Accese
la luce nel salotto, per nulla meravigliata del fatto che nessuno fosse
in casa.
Aveva
avvertito i suoi
del suo ritorno improvviso a Los Angeles, e loro le avevano augurato un
buon viaggio, con un augurio di buona fortuna.
Patetico.
I
genitori di Veronica
si erano trasferiti in Giappone qualche anno prima, i due avevano
sempre desiderato andare a vivere in quel luogo che lei detestava, ed
ora che la figlia si era rifatta un'altra vita in un altro continente,
non vedevano il motivo per cui restare in quella città calda
e
caotica che avevano sempre odiato.
Insomma,
non che la
loro presenza fosse stata utile per la crescita della ragazza, ma anche
loro infondo avevano una coscienza, non potevano di certo lasciare la
figlia minorenne da sola ed andarsene in Giappone.
Veronica
cercò
di guardare il meno possibile quelle stanze che la circondavano e, come
un cavallo coi paraocchi, procedette diritto fino ad arrivare alle
scale, ed anche qui non si fece distrarre dalle foto appese al muro, ma
continuò a salire le scale ed a percorrere il corridoio fino
ad
arrivare alla porta di quella che per tanto tempo era stata la sua
stanza.
Sospirò
pesantemente cercando da qualche parte dei meandri del suo essere il
coraggio di aprire quella porta.
Poggiò
una mano sul pomello e si costrinse a spalancarla.
Veloce
ed indolore, o almeno così sperava.
Fece
un passo accendendo la luce ed abbandonando finalmente i bagagli sul
pavimento.
Era
orribile.
Per
tutto il viaggio
si era aspettata di trovare la casa intoccata, come l'aveva lasciata
tre anni prima, sopratutto la sua stanza.
Quando
vide i grandi scatoloni in giro per la stanza quasi non
scoppiò in lacrime.
Le
mille foto che
addobbavano le pareti erano sparite, ammucchiate chissa dove, i suoi
amati libri erano scomparsi, tutto era scomparso.
La
stanza era
completamente vuota e tutto stava ad indicare che nessuno passava di
lì da un bel po'; tutto tranne le lenzuola che emanavano un
leggero odore di vaniglia e, ora che ci faceva caso, sui mobili non
c'era nemmeno un leggero strato di polvere, molto probabilmente i suoi
avevano pensato far pulire a qualcuno la casa prima del suo arrivo.
Veronica
si lasciò cadere sul letto sbuffando.
Era
tornata, non ci
poteva ancora credere, eppure era lì in quella stanza che
l'aveva vista crescere, che l'aveva vista passare da momenti di
felicità ad altri di assoluta depressione.
Cos'avrebbe
dovuto fare ora?
Doveva
avvertire tutti
del suo arrivo? e come? "Hei!
sono sparita per tre anni, ma ora eccomi
qui, che ne dite di essere di nuovo amiche?"
Non
aveva idea di come fare, ma non aveva nemmeno la minima intensione di
pensarci in quel momento, era troppo stanca.
Si
sfilò le scarpe e si raggomitolò sul letto, era
troppo stanca anche per mettere il pigiama.
Si
addormentò dopo qualche minuto con un solo pensiero in mente.
Doveva parlare con loro.
You're
beautiful. You're beautiful.
You're
beautiful, it's true.
I
saw your face in a crowded place,
And
I don't know what to do,
'Cause
I'll never be with you.
( You're
beautifull - James Blunt)
Le
donne e la loro mania di fare shopping in ogni occasione.
-Nick,
mancano solo quattro mesi al matrimonio di Tyler, devo assolutamente
trovare un vestito decente!-
E
così Allie
l'aveva trascinato in uno dei negozi più costosi di Rodeo
Drive
costringendolo a sedere su uno scomodissimo sgabbello, mentre lei
entrava ed usciva dal camerino, provando un abito e poi un
altro.
Una
trottola impazzita.
Non
capiva ancora perchè "devo
trovare un vestito" implicasse la sua presenza
lì, tra l'altro alquanto inutile.
-che
ne dici di questo?- chiese mentre guardava il suo riflesso allo specchio
-è
bellissimo, tesoro- disse il ragazzo per la centesima volta
Allie
si voltò
verso di lui con le mani sui fianchi, scostandosi una ciocca dal viso
-l'hai detto anche dei vestiti precedenti- sbuffò
-non
è colpa mia se sei splendida con qualsiasi cosa- sorrise
dolce
Allie
alzò un sopracciglio -che ruffiano- poi tornò a
studiare la sua figura allo specchio
-no-
decretò in fine -troppo corto, provo l'altro- e si
fiondò di nuovo nel camerino
Nick
alzò gli occhi al cielo sbuffando in silenzio.
Era
più di un'ora e mezza che erano lì dentro, era
impossibile che non avesse trovato niente che le piacesse!
Nick
avrebbe preferito
di gran lunga restare chiuso nella sua sala di registrazione quella
mattina, almeno avrebbe fatto qualcosa di utile e si sarebbe portato
avanti col lavoro, ma quando Allie si era presentata a casa sua,
supplicandolo con due occhioni enormi, proprio non era riuscito a dire
di no.
-oddio,
con questo sembro un uovo di pasqua!- sentì la ragazza
urlare
dal camerino -questo non te lo faccio neanche vedere, passo al prossimo-
Nick
scosse la testa, almeno gli aveva risparmiato la visione dell'uovo di
pasqua.
Forse
però quella era la sua giornata fortunata, il cellulare
nella
sua tasca prese a suonare, e lui benedì chiunque fosse per
avergli dato una scusa per uscire di lì.
-tesoro,
esco un attimo fuori a rispondere- disse alzandosi dallo sgabello
-
fa presto!- urlò lei
Nick
prese il cellulare dalla tasca dei jeans mentre si dirigeva verso
l'uscita con le gambe addormentate.
Una
volta fuori vide il nome di Tyler lampeggiare sullo schermo e rispose.
-aiutami,
ti prego-
Tyler
dall'altro lato ridacchio -oh credo che sia tu che debba aiutarmi-
-io
sono a fare shopping con una pazza, a te va peggio?- chiese sarcastico
il ragazzo
-assolutamente,
ho Kate che mi gira intorno prendendo misure ovunque e continuando a
ripetere che siamo dei matti per avergli dato solo quattro mesi di
preavviso- rispose
-ciao
Nick!- si sentì Kate urlare dall'altro capo
-
salutami la stilista impazzita- sorrise lui
-hai
usato l'aggettivo adatto, sono circondato da matti. Per non parlare di
mia madre, che appena ha saputo la data del matrimonio si è
attaccata al telefono chiamando mezza famiglia, credo verranno anche i
miei parenti dall'Italia, che tra l'altro non conosco- sbuffo Tyler
mentre Nick rideva di gusto
-credo
questo mondo sia troppo piccolo per tutti e due- sospirò in
fine -o uccido lei o mi uccido da solo-
Nick
sorrise -penso sarebbe meglio far fuori te, sarebbe un peccato privare
il mondo delle eccezionali lasagne di tua madre-
-non
c'è che dire, sei un vero amico- rise l'altro
-comunque
volevo chiederti un favore- continuò -potresti passare a
prendere le fedi?-
Nick
si voltò verso la folla che occupava il marciapiede opposto
a
quello dove si trovava, cercando di ricordare dove fosse il gioielliere
dove Tyler aveva preso le fedi.
-certo,
ci penso io-
rispose voltandosi dall'altro lato e fu in quel momento che il suo
mondo, fatto di illusioni ed anni passati a convincersi che lei era stata solo
un bel sogno, gli cadde addosso.
Era
quasi impossibile vederla fra tutta quella gente, ma lui la vide
chiaramente, per un attimo.
Ferma
davanti ad una vetrina, un'enorme borsa di pelle sotto al braccio,
degli occhiali scuri poggiati sul viso ed un bicchiere di
caffè
in mano.
-grazie,
allora ci vediamo dopo- sentì Tyler dall'altro lato del
telefono, ma non gli diede retta, era totalmente paralizzato.
I
capelli erano più lunghi e più chiari, gli abiti
erano un
pò più sobri, ma non aveva alcun dubbio, era lei.
-Nick?
ci sei?-
Il
cuore prese a martellargli forte nel petto mentre sentiva qualcosa
stringergli la gola impedendogli di respirare.
Improvvisamente
sentiva caldo.
Non
poteva essere lei, non poteva, lei era a Madrid a lavorare come
interprete per chissà chi, in una casa con il suo ragazzo
forse,
o con un amica, o con chi accidenti le pareva.
Lei
era a Madrid, non poteva essere proprio lì, difronte a lui.
Poi,
d'un tratto, la ragazza sparì nella folla lasciandolo
impalato nel bel mezzo del marciapiede.
Non
sapeva perchè lo stesse facendo, anzi, non sapeva nemmeno cosa
stesse facendo, ma si gettò tra la folla quasi
correndo cercando
di raggiungere la ragazza.
Si
guardava in giro ansimando, perchè faceva così
dannatamente caldo il mese di ottobre?
Doveva
trovarla, doveva assolutamente accertarsi che non fosse impazzito e che
quella che aveva visto non era una visione.
Ma
dopo dieci minuti in cui aveva camminato avanti e dietro per la strada,
si rese conto che doveva star davvero male per aver visto quello che
aveva visto.
Poggiò
la schiena contro il muro di una stradina laterale prendendosi la testa
tra le mani, doveva pensare un istante razionalmente al
perchè
era impossibile che avesse realmente visto la ragazza lì.
Beh,
un primo motivo era che lei era a Madrid, e semmai fosse tornata
avrebbe avvertito sicuramente qualcuno, e nessuno sapeva niente.
Se
poi fosse davvero stata lì, non poteva essersi volatilizzata
in quel modo, tra tutta quella gente.
Inoltre,
anche ammettendo che fosse tornata a Los Angeles, era impossibile che
fosse andata proprio lì, a Rodeo Drive, aveva sempre odiato
quella strada piena di gente con la puzza sotto il naso,
perché
con tanti posti che amava sarebbe dovuta andare proprio lì?
Era
impossibile.
Bene,
era riuscito a calmarsi almeno un po'.
Il
cuore riuscì a tornare ad un battito regolare,
così come il suo respiro.
Entrò
nel negozio scuotendo la testa sconsolato.
Ci
mancavano solo le allucinazioni.
Quella
mattina Veronica si era svegliata con uno strano senso di nervosismo.
Quella
casa, quella stanza, erano troppo vuote e silenziose per lei.
Si
chiuse in bagno, restando forse più del dovuto sotto il
getto della doccia, rilassandosi.
Quel
pomeriggio
sarebbe dovuta andare fuori Los Angeles per il suo nuovo lavoro, non
vedeva l'ora, ma come avrebbe occupato la mattina?
Una
volta vestita,
decise che forse poteva mettere un pò d'ordine nella sua
stanza,
per cercare di renderla più accogliente.
Per
prima cosa disfò le valigie riponendo con cura ogni abito al
suo posto, poi, arrivò la parte più difficile.
Stette
per un tempo indeterminato a fissare quei dannati scatoloni impolverati
difronte a lei.
Quando
era partita,
non aveva avuto nemmeno il coraggio di raccogliere le sue cose, aveva
rimasto tutto com'era, almeno lì dentro voleva che niente
cambiasse.
Sospirò.
Aprire
quegli
scatoloni significava riaprire il suo passato, tuffarcisi dentro a
capofitto, ma d'altronde ormai era lì, e non aveva altra
scelta.
Si
avvicino ad uno
scatolone, quello vicino alla finestra e si inginocchiò
continuando a fissarlo come se da un momento all'altro potesse uscire
un chissà quale terribile mostro, cosa che effettivamente
poteva essere vera.
Con
un respiro profondo si convinse ad aprire quel sarcofago pieno di
ricordi e dolore, doveva farcela.
Allungò
una mano e quello che tirò fuori non le piacque affatto.
Un
piccolo album quadrato, color panna, e con delle scritte marroni
giaceva tra le sue mani.
Sorrise
mentre i suoi occhi cominciavano a diventare lucidi.
Ricordava
bene
quell'album, glielo aveva regalato Jamie un Natale di moltissimi anni
prima, quando tutto era ancora intoccato, quando la loro amicizia era
più forte che mai.
"qui ci puoi mettere tutte le
nostre foto" aveva commentato Jamie con un sorriso e
Veronica l'aveva stretta forte, le erano sempre piaciuti quel tipo di
regali.
E
così aveva
fatto lei, giorno dopo giorno, aveva riempito quell'album di foto a tal
punto da sformarlo; ricordava a memoria le foto che erano al suo
interno, ricordava persino l'ordine preciso in cui erano state
incollate.
La
prima era una foto di loro quattro, bambine, in spiaggia intente ad
inseguirsi sul bagnasciuga, erano così felici...
Aprì
l'album dal fondo, dove c'era la loro ultima foto assieme, l'aveva
attaccata il giorno prima di partire.
La
foto ritraeva lei e
Kate, la bionda le avvolgeva un braccio attorno al collo attirandola a
se sorridente guardando diritto nell'obiettivo, lei si limitava a fare
un sorriso falso e guardare da un'altra parte.
Le
si strinse il cuore
guardando quella foto, ora ricordava esattamente come si era sentita in
quegli anni, non che l'avesse mai dimenticato ma, si sa, il tempo
è bravo a far sembrare le cose più grandi piccole
come
formiche.
Ricordava
perfettamente come si era sentita persa e sola, nonostante l'aiuto
costante delle sue amiche.
Ricordava
ogni minimo
dettaglio, ricordava il rumore dei suoi singhiozzi, il dolore
lancinante al petto, il costante senso di vuoto, ma ricordava anche il
calore degli abbracci di Kate, i sorrisi dolci di Jamie e gli sguardi
rassicuranti di Lexus.
Ricordava
tutto, ed ogni cosa era un pizzico allo stomaco.
Non
era pronta per quello.
Gettò
l'album sul pavimento e raccogliendo la sua borsa al volo si
affrettò ad uscire da quella casa degli orrori.
Dove
poteva andare?
Ogni posto lì gli ricordava qualcosa, ogni singolo
centimetro di
quella città era pieno delle loro risate, le loro pazzie.
Forse...forse c'era
un posto dove poteva andare.
Non
prese nemmeno in considerazione l'opportunità di prendere la
macchina, da quando si era trasferita a Madrid aveva preso a camminare
molto appiedi, sopratutto quando era nervosa, aveva scoperto che
camminare la rilassava.
Ci
impiegò quasi mezz'ora per arrivare a Rodeo Drive, ed una
volta che fu lì non sapeva più perchè
ci era andata.
Rodeo Drive, aveva
sempre odiato quella strada, raramente aveva messo piede lì
ed ogni volta che lo faceva si sentiva catapultata in uno di quegli
assurdi reality con mille imitazioni di Paris Hilton, con tanto di
ciuaua portatili infilati in borsa.
Ah. Non ricordare,
era per quello che era andata lì.
Sorrise
tra se e se, effettivamente era difficile trovare in quel posto
qualcosa che le ricordasse anche vagamente la sua vecchia vita.
Difficile,
ma non impossibile.
Prese
a passeggiare per la via affollata, con la testa completamente vuota,
niente pensieri, osservava le vetrine più stravaganti degli
stilisti più famosi, Valentino, Cavalli, Chanel, poi
improvvisamente qualcosa in una vetrina attirò la sua
attenzione.
Era
uno di quei negozi che vendeva vestiti di varie firme, un manichino in
vetrina indossava un vestito molto particolare, sopra era stretto stile
bustino, legato dietro da nastri rossi, e giù, la gonna
formata da veli, si apriva come un fiore.
Non
sapeva perchè, e le sembrava anche alquanto strano, ma quel
vestito l'aveva colpita.
Avvicinò
il viso alla vetrina per cercare di leggere il nome dello stilista e
per poco non le venne un colpo.
Sunders.
No,
era impossibile.
Strizzò
gli occhi e guardò meglio, con attenzione, ma il nome non
cambiò.
Sunders.
La
ragazza schizzo via dalla vetrina, come se questa scottasse, e prese a
camminare veloce per la strada per andare lontano da quel dannatissimo
posto.
Era
incredibile, più cercava di scappare dal suo passato,
più questo saltava fuori indesiderato.
Prese
a correre veloce senza neanche rendersene conto, non sapeva nemmeno lei
dove stesse correndo, forse verso l'oceano, forse verso l'autostrada,
non lo sapeva. Sapeva solo che voleva lasciare quella stupida
città al più presto.
Ma,
ovviamente, quella non sembrava affatto essere la sua giornata
fortunata.
Ormai
aveva gli occhi talmente lucidi da non riuscire nemmeno a vedere le
persone che la circondavano, per cui, quando girò l'angolo,
non si sorprese affatto di andare a sbattere contro qualcuno, che
lanciò un gridolino di spavento.
La
cosa che la sorprese invece, fu quello che disse la ragazza, dopo un
attimo di silenzio.
Era
una semplice parola, un semplice nome, ma un quel momento stava
sconvolgendo la sua mente.
Aveva
passato gli ultimi tre anni a scappare da quella parola, da quello che
implicava, da quello che era.
Tre
anni per dimenticare il suo significato, tre anni a scappare da quello
stupido nome.
Tre
anni, che ora le sembravano inesistenti, non era mai partita, non aveva
mai lasciato le sue amiche, la sua famiglia, era sempre rimasta
lì, attaccata a quel nome.
Così
quando lo sentì pronunciare da quella voce così
familiare, così sorpresa e felice, non poté far
altro che chiudere gli occhi di scatto, assaporando quelle parole.
Quella parola.
-Ronnie!-
sbottò stupita la ragazza difronte a lei
E
Ronnie sentì il suo cuore tornare a battere.
* *
*
Eccomi
qua con un altro capitolo *O* sono stata velocissima stavolta **
No,
non abituatevici, molto probabilmente il prossimo aggiornamento
sarà tra un mesetto u.u
Beeeeh,
prima di tutto volevo ringraziare Eleonora, la cui collaborazione
è stata essenziale per la nascita di questo capitolo, senza
le sue idee, sarei stata ancora al primo rigo u.u Grazie <3
Poooi
vabè niente, perchè quella cacca di Soriana
continua a contattarmi imperterrita su msn e mi distrae, oltre ad
intasarmi il pc u.u
Adios!
Vi
amo.
|
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Capitolo 5 *** Patience ***
chap 5
Hello
everybody!
come state?
Non voglio
intrattenervi molto, visto che il capitolo è bello lungo,
volevo solo augurarvi una buona Pasqua, mangiate tanto mi raccomando *O*
Ed inoltre
volevo ricordarvi che ho scritto una piccola one-shot su Kate e Joe che
si chima "Promise that you'll stay" se vi va, dateci un'occhiata.
Non mi resta che
augurarvi buona lettura! xD
Patience
Dear Jamie, I've got a letter I would like to send
It's lacking strings of words with punctuation at the end.
Should I trust this dial act?
To convey the right effect?
(Dear Jamie
- HelloGoodbye)
Si deve aver
paura dei fantasmi?
Ronnie
ricordava che una volta, quando era ancora bambina, aveva fatto questa
domanda
a suo nonno, l'unico della famiglia con cui era riuscita ad avere un
qualche
tipo di rapporto, il quale l'aveva guardata con quel suo tipico sorriso
dolce
ed accondiscendente.
Non poteva
certo dirle di cosa aver paura o meno; la paura non si controlla, non
è
volontaria, o si ha o non si ha.
E Ronnie, in
quel momento, ne aveva parecchia.
Seduta al
tavolino di quel bar continuava a sorseggiare il suo the alla pesca
fissando la
ragazza di fronte a lei che, appunto, le sembrava un fantasma uscito
dal suo
passato.
Jamie, a sua
volta, la fissava con gli occhi quasi sbarrati e l'aria circospetta,
come se si
aspettasse che Ronnie potesse scomparire da un momento all'altro in una
manciata di coriandoli, proprio come facevano quegli abili illusionisti
che lei
tanto amava da bambina.
Riusciva appena
a trattenersi dall'allungare il braccio per pizzicarla, per confermare
la sua
esistenza.
- quando sei
tornata?-
Quando Jamie le
aveva chiesto di andare a prendere qualcosa ad un bar lì
vicino, Ronnie non
aveva opposto affatto resistenza, anzi, era stata entusiasta di poter
parlare
con lei, anche se appena l'aveva vista aveva rischiato l'infarto.
-solo ieri-
rispose a monosillabi un po’ a disagio
La ragazza
annuì prendendo a sua volta un sorso di the.
Era uno di quei
momenti di silenzio imbarazzante, quelli in cui vorresti che
intervenisse
qualcuno a ballare la lambada per distrarti ed alleggerire la
situazione.
Non c'erano mai
stati silenzi imbarazzanti tra di loro, mai, e questo la fece sentire
male.
-Jamie
io...vorrei spiegare- cominciò mentre la ragazza si sporgeva
verso di lei
unendo le mani
-so che mi sono
comportata malissimo con voi, proprio con voi che eravate la mia
famiglia-
abbassò lo sguardo incapace di sostenere lo sguardo
dell'altra
-ma ero così
confusa in quel momento...-
-momento?- la
interruppe l'altra che fino ad allora era rimasta in silenzio -il tuo momento
è durato tre anni-
Ronnie si
sorprese di sentire quel tono brusco e cattivo che non faceva parte di
Jamie.
La dolce e
timida Jamie, ma erano passati tre anni e Ronnie non conosceva
più niente di
lei.
- ho pensato
tanto a voi in questo tempo, a come contattarvi, come cercare di
sistemare le
cose, ma non ho mai avuto il coraggio di farmi viva-
Jamie annuì
meccanicamente.
-ti avremmo
lasciato il tuo spazio- cominciò mentre vedeva i suoi occhi
inumidirsi -avremmo
capito, o almeno ci avremmo provato, se solo tu ce ne avessi dato
l'opportunità-
Ronnie si morse
un labbro, incapace di rispondere.
-sei andata via
senza dire niente, senza una parola, hai idea di come siano stati
orribili
questi anni senza di te?- la voce le tremava ormai, e dovette stringere
forte i
pugni fino a farsi male le mani per non piangere
- neanche io mi
sono divertita lì, te lo posso assicurare-
-allora perchè
te ne sei andata?!-
Ronnie sospirò,
come spiegarle?
-Jamie, se lì
era orribile...qui lo sarebbe stato ancora di più- Jamie la
guardò scettica
-non capisci?
Ogni singolo centimetro di questa città mi ricorda lui- si
passò stancamente
una mano sugli occhi -dopo tre anni riesco a sopportare il ricordo, ma
se fossi
rimasta qui allora, probabilmente ora sarei ancora chiusa nella mia
stanza a
piangere-
-ma qui avevi
noi...-
Così non
andava.
- Jamie in quel
momento nemmeno voi sareste state in grado di farmi stare meglio. Non
fraintendermi, sai il bene che vi voglio- parlò al presente
-ma sai anche come
sono fatta. Non riesco ad avere accanto qualcuno quando sto male e col
mio atteggiamento
non facevo che farvi del male, non potevo sopportarlo -
Jamie la guardò
in silenzio per quello che a Ronnie sembrò
un'eternità.
Cosa stava
pensando?
-beh- sospirò
in fine -ognuno affronta il dolore a proprio modo...ma sono cambiate
così tante
cose dall'ultima volta che ci siamo viste...-
Ronnie le
sorrise, Jamie aveva capito, come sempre.
- Jam non
pretendo che il nostro rapporto diventi lo stesso di tre anni fa,
sarebbe
assurdo aspettarsi una cosa del genere, ma se voi mi deste un'altra
opportunità
io vorrei...provarci-
Jamie la studiò
ancora, non che avesse dubbi sulla risposta che dovesse darle.
- mi sei
mancata - disse infine aprendosi in un sorriso ed a Ronnie
venne del tutto
spontaneo alzarsi di scatto ed abbracciarla.
La sua piccola
e fragile Jamie.
-Ron, mi
strozzi così- riuscì a dire lei mentre l'amica la
soffocava nel suo abbraccio
-oh Jamie! mi
siete mancate così tanto!-
Jamie ridacchiò
sciogliendo l'abbraccio e sedendosi al suo posto
- non pensare
che con Lex e Kate ti andrà così bene! Sai che io
sono una frignona e sono così
felice di vederti che non riesco a tenerti il muso, ma credo che Lex e
Kate
sapranno come farlo!- Jamie alzò gli occhi al cielo
-sopratutto Kate- aggiunse
Ronnie sorrise
malinconica.
- devo
vederle-
- beh- cominciò
l'altra girando la cannuccia nel suo bicchiere -credo che per il tuo
bene sia
meglio evitare l'effetto sorpresa con loro- scosse la testa fingendosi
inorridita -se al mio posto avresti incontrato Kate, molto
probabilmente ti
avrebbe presa a calci-
Sicuramente,
pensò Ronnie.
Conosceva bene
Kate, e conosceva ancora meglio le sue reazioni, se l'amica era stata
benevola
e l'aveva perdonata su due piedi, sapeva che con Kate la cosa sarebbe
andata
per le lunghe, per non parlare di Lexus!
Ma ora che era
a Los Angeles ed aveva incontrato Jamie, non vedeva l'ora di incontrare
le
altre due!
- dovrei
chiamare Kate?- chiese cauta
Jamie scosse la
testa -non servirebbe, le parlerò io stasera-
-questo
aiuterà?- chiese scettica
-no, ma devo
prepararla psicologicamente in modo che i suoi istinti omicidi si
affievoliscano-
Ridacchiò
divertita prendendo l'ultimo sorso del suo the.
-penseremo dopo
a questo, ora dimmi - cominciò Jamie sporgendosi verso di
lei cos’hai fatto in
tutto questo tempo?-
Ronnie sorrise
e le raccontò tutto, dell'università, della
bellissima città che era Madrid, e
del suo improvviso trasferimento a Los Angeles che l'aveva del tutto
spiazzata.
-quindi
lavorerai qui?- chiese Jamie contenta
-si, in una
casa editrice poco fuori Los Angeles, dovrò partire dal
principio,
probabilmente all'inizio non faranno altro che farmi fare fotocopie e
rispondere al telefono- sbuffò, aveva già
sopportato quello per un anno a
Madrid, ed ora doveva fare tutto da capo.
-tu invece?
cos'hai fatto in questi tre anni?-
Jamie sorrise
prima di rispondere -poco dopo la tua partenza anche io sono partita,
per
l'Australia, ho studiato lì veterinaria mentre lavoravo al
fianco di uno dei
più grandi veterinari del paese, è stata
un'occasione unica. Mi sono laureata
solo un mese fa, ma ho già trovato un buonissimo posto in
uno studio qui a Los
Angeles-
Ronnie sorrise
con un po’ di rammarico, si era persa tante cose.
-oh e con
Tyler? state ancora assieme?- chiese illuminandosi
-oh, direi di
si- Jamie non aveva intenzione di parlare a Ronnie del suo matrimonio
imminente, almeno non subito, c'erano così tante cose da
dire sulla sua vita
passata, che voleva mettere per un attimo da parte il futuro, ma ora
che
l'amica glielo aveva esplicitamente chiesto di certo non poteva non
dirglielo.
La ragazza
allungò la mano sinistra, dove un enorme solitario faceva
bella mostra di se,
verso Ronnie che la guardò confusa, poi spalancò
occhi e bocca.
-NO!- sbottò
quando il suo cervello recepì la notizia - vi sposate! oh
mio Dio, è bellissimo
Jamie!-
Jamie ridacchiò
della reazione dell'amica e sospirò.
-Era un pò che
ci stavamo pensando, ma volevamo prima realizzarci in campo economico
ovviamente- sorrise tra se e se ripensando a quante cose erano cambiate
da
quando erano solo due ragazzini che si erano scambiati la promessa di
stare insieme
per sempre -ora che ho un lavoro stabile e Tyler lavora con...- si
bloccò
all'improvviso fissando gli occhi in quelli dell'amica.
Ronnie la
guardò accigliata, perchè si era fermata di colpo?
-lavora
con...?- la invogliò a continuare
Jamie prese un
respiro profondo prima di parlare -lavora con...Nick- scandì
parola per parola
non distogliendo nemmeno per un attimo lo sguardo dall'amica, per
valutare ogni
situazione e fermarsi in tempo se fosse stato il caso, ma Ronnie a
quella
notizia aveva solo strizzato un pò gli occhi, rimanendo in
mobile.
-oh, così ora
lavora con i Jonas- disse cercando di sembrare il più
indifferente possibile
-veramente i
Jonas si sono sciolti- ed addio indifferenza
-cosa?!- sbottò
battendo un pugno sul tavolo, facendo sobbalzare Jamie
-si, poco dopo
il matrimonio di Kevin, lui voleva dedicarsi alla famiglia
così Joe ne ha
approfittato per cimentarsi nella recitazione-
Ronnie spalancò
la bocca -Kevin e Danielle si sono sposati? Joe recita?-
Jamie sorrise
lanciando uno sguardo all'orologio, era terribilmente in ritardo -mi sa
che
devi metterti a passo con le novità- sorrise -ma ora devo
andare, ho tante cose
da fare- si alzò fissando l'amica poi sospirò
Si sarebbe
pentita di quello che stava per fare.
-Giovedì ci
sarà una festa di "fidanzamento", tu sei invitata ovviamente-
Ronnie si alzò
e sorrise felice all'amica -grazie-
Jamie si sporse
per abbracciarla forte, ancora non poteva credere che fosse davvero
lì.
-non sparire
più- sussurrò e Ronnie si sentì
tremendamente in colpa
Ronnie la
strinse più forte per un attimo per poi sciogliere
l'abbraccio.
-Jamie...parlerai
con Kate e Lexus vero?- chiese speranzosa
-lo farò, ma
non posso prometterti niente-
Ronnie sorrise
e mentre vedeva Jamie allontanarsi un solo pensiero le affollava la
mente.
Se l'amicizia è
autentica, anche se non vedi quella persona da tanto tempo, hai la
sensazione
di non averla mai lasciata.
Can
a song
replace a broken heart?
Can a song replace a broken love?
Nick era chiuso
in quella stanza da tempo indeterminato ormai.
Seduto alla
scrivania, tra uno sbuffo e l'altro, tentava di scrivere qualcosa su
quel
foglio bianco, ma ovviamente l'ispirazione era pari a zero.
Non che non
avesse cose da scrivere, ma quello che aveva in testa era troppo
malinconico e
frustrante per una sua canzone.
Un sorriso
amaro si formò sulle sue labbra.
E pensare che
una volta pensava che la musica fosse la cura a tutte le sue ferite,
quanto era
stato ingenuo.
Ci sono ferite
che ne il tempo, ne la musica riuscirà mai ad arginare.
Stava per
mettere la penna sul foglio quando due mani fredde si posarono sui suoi
occhi,
era così concentrato che non aveva nemmeno sentito il rumore
della porta che si
apriva.
Respirò forte
sentendo quel profumo che avrebbe riconosciuto ovunque ormai, si
voltò trovando
il sorriso di Allie a pochi centimetri dal suo viso.
-ciao- sorrise
la ragazza
-hei- salutò
lui facendole una carezza sui capelli
La ragazza
chiuse gli occhi per un istante prima di prendere posto sulle gambe del
ragazzo
e studiare attentamente il suo viso stanco.
-credo che tu
abbia bisogno di una pausa- decretò in fine allacciandogli
le braccia dietro al
collo
-lo credo anche
io- allungò un braccio per circondargli i fianchi
-bene, ti va di
fare qualcosa in particolare?- sussurrò strofinando il suo
naso con quello di
Nick
-non lo so-
sospirò l'altro sfiorandole le labbra con le sue
Allie colse al
volo l'invito del ragazzo cimentandosi con lui in un bacio che non
aveva niente
di casto e delicato.
Nick era strano
quel giorno, Allie l'aveva notato già quella mattina quando
era rientrato nel
negozio dove lei stava provando vari vestiti. La ragazza
pensava che
forse la chiamata ricevuta l'avesse turbato in qualche modo, ma quando
l'aveva
chiesto a Nick lui le aveva risposto che andava tutto bene, era solo
stanco. Quando
poi erano tornati a casa, dopo pranzo, lui si era fiondato nella sua
stanza
dicendo che aveva bisogno di scrivere, ma, a giudicare dal foglio in
bianco che
giaceva sulla scrivania, il ragazzo non doveva essere poi
così ispirato.
Nick, d'altro
canto, era completamente in un altro mondo.
Per quanto si
sforzasse, non riusciva a non pensare a quella ragazza che aveva visto
quella
mattina, quella che somigliava terribilmente a lei.
Sapeva che non era
possibile, e che forse stava diventando matto, ma la vista di quella
ragazza
l'aveva scombussolato. Per questo si era avventato sulle labbra di
Allie con
tanta foga, per non pensare.
Ma ancora una
volta si sentì inevitabilmente un verme per quello che stava
facendo. Ormai era
quasi un anno che stavano insieme, la loro era una storia seria, non
poteva
pensare a qualcun altro quando stava con lei!
Doveva
smetterla.
-Nick...-
sospirò la ragazza allontanandosi da lui -io...credo di
essermi innamorata di
te-
Perfetto.
-tu...credi?-
ansimò lui incapace di formare una frase di senso compiuto
Allie si morse
il labbro inferiore, aveva forse sbagliato? Beh, ormai era tardi per
tornare
indietro.
-no, ne sono
certa, io ti amo-
La testa
di Nick prese a girare vorticosamente, mentre sperava con tutto il suo
cuore
che quello che aveva appena sentito fosse solo frutto della sua mente
malata e
non la realtà. Anche se in effetti dopo quello che aveva
visto quella mattina
non si sarebbe stupito più di tanto se avesse scoperto di
sentire "le
voci".
Sentiva lo
sguardo pesante di Allie addosso, la ragazza si aspettava chiaramente
una
reazione da parte sua, ma in quel momento non sapeva cosa fare.
Avrebbe dovuto
dire qualcosa?
-Allie...io...non
so che dire- confessò
La ragazza
inarcò un sopracciglio e si alzò lentamente dalle
sue gambe.
-tu, non sai
cosa dire- ripeté guardandolo con aria truce
Nick non provò
nemmeno a parlare, conosceva quello sguardo e sapeva che la bomba stava
per
scoppiare.
-tu non sai
cosa dire!- ripeté la ragazza urlando -è quasi un
anno che stiamo insieme ed io
non ho preteso mai niente da te, non me la sono mai presa quando
annullavi i
nostri appuntamenti perchè dovevi scrivere,
perchè avevi questa o quell'altra
cosa da fare, sono stata qui, ad aspettarti pazientemente- ormai era
esplosa
-io ti dico di
essermi innamorata di te, che ti amo, e dopo un anno la tua reazione
è
"non so che dire"-
Nick rimase a
guardare la ragazza con sguardo colpevole. Aveva visto Allie
arrabbiarsi altre
volte, ma ora non era solo arrabbiata, ora era ferita e, si sa,
è meglio evitare
una donna arrabbiata e ferita.
-e non
guardarmi così!- sbottò ancora lei pestando un
piede per terra
Nick si alzò a
sua volta andando vicino alla ragazza, cercò di moderare la
voce prima di
parlare -cosa vuoi che faccia? vuoi che di dica che ti amo anche se non
è
quello che provo?- forse stava peggiorando la situazione
Allie strinse
gli occhi facendo un passo verso di lui -però di lei eri
innamorato, vero?-
sibilò
Colpo basso,
decisamente.
-cosa centra
questo con noi?- cercò di restare calmo
Allie sorrise
sarcastica -e da quando esiste un noi?- sussurrò ferita
Nick sospirò
posando le mani sulle braccia della ragazza che però se le
scrollò di dosso con
un gesto di stizza.
-Allie,
ascoltami, io ci tengo davvero a te...-
-ma non
abbastanza da amarmi- lo interruppe lei
-fammi finire,
ti prego. Io sto davvero bene con te, e tu sai come sono stati gli
ultimi anni
per me. Non riesco ad innamorami Allie, lo sai, ma prima di te non
riuscivo
nemmeno a guardare una ragazza, deve esserci un motivo per cui riesco a
stare
solo con te- Nick fece un passo verso di lei, titubante, e
poggiò di nuovo le
mani sulle sue braccia, che questa volta non vennero
scacciate.
Nonostante era
consapevole di non amare Allie, sapeva che senza di lei non ce
l'avrebbe fatta,
se ora aveva le allucinazioni non osava pensare cosa sarebbe accaduto
senza di
lei. Come minimo si sarebbe ritrovato a dondolarsi avanti e dietro con
le mani
nei capelli, in uno stanzino buio.
-ho bisogno
solo di tempo- soffiò avvicinando il viso a quello della
ragazza -so che un
anno è già tanto per le persone normali, ma tu
sai che io non lo sono- sorrise
riuscendo a strappare un piccolo sorriso anche alla ragazza
-cosa una
persona o normale?- sorrise lei
Nick poggiò la
fronte alla sua sorridendo -se sono una persona è solo
grazie a te, ora
dobbiamo lavorare un pò sul normale-
Il ragazzo le
prese il viso tra le mani puntando i suoi occhi in quelli di lei, che
ormai
erano un pò lucidi -se tu vuoi continuare a lavorare con me-
sussurrò
Allie sospirò
pesantemente allacciando le braccia dietro al suo collo -non farmi
soffrire-
sussurrò prima di posare le sue labbra su quelle del ragazzo.
Nick sospirò
pensando che ormai era troppo tardi, l'avrebbe fatta soffrire, e
sarebbe stata
tutta colpa sua e del suo egoismo.
I'm still hurting from a love
i lost,
I'm feeling your frustration,
Then maybe all the pain will
stop,
Just don't be close inside
your arms tonight,
dont
be to hard on my emotions
( Patience
- Take That)
Joe diede una
rapida occhiata al suo orologio, accigliandosi. Era quasi mezz'ora che
l'aspettava.
La cameriera si
avvicinò per l'ennesima volta al suo tavolo, con l'ennesimo
sorriso -è sicuro
che non vuole prendere niente?-
-no, sto
aspettando una persona. Quando vedrà quella sedia occupata-
accompagno la frase
con un gesto che indicava la sedia di fronte a lui -sarò
pronto per prendere
qualcosa-
La ragazza dai
lunghi capelli biondi, che aveva sciolto non appena l'aveva visto
entrare, bofonchiò
qualcosa girando i tacchi e tornando da dov'era venuta.
Joe non voleva
essere scortese, affatto, ma era abbastanza teso di suo senza che la
ragazza
gli andasse vicino ogni tre secondi ricordandogli che la persona che
stava
aspettando era ormai in ritardo da quasi mezz'ora.
Era passata
solo una settimana da quando aveva visto Kate, ma gli mancava
già
terribilmente.
Tra flash,
riprese ed interviste lei era l'unica persona al di fuori della sua
famiglia
capace di farlo sorridere e sentire come una persona normale. Per
questo quando
non c'era si sentiva quasi soffocare, ne aveva bisogno, troppo.
Quando il
campanello appeso alla porta trillò, la testa di Joe
saltò come una molla in
direzione dell'entrata.
Vide Kate
entrare dalla porta con difficoltà, mentre tra le mani
portava quelle che
dovevano essere un milione di buste, e gli venne spontaneo sorridere
mentre i
suoi polmoni si riempivano finalmente di ossigeno.
Quando la
ragazza riuscì ad entrare nel locale strattonando l'ultima
borsa che era
rimasta incastrata tra le porte di vetro, dovette abbassare la testa
per non
scoppiare a ridere.
Rialzò la testa
in tempo per incrociare lo sguardo di Kate, che un attimo dopo sorrise
raggiante avviandosi verso di lui.
Quando Kate
raggiunse il suo tavolo posizionandosi di fronte a lui, Joe era
consapevole di
dover dire qualcosa di intelligente e profondo, era una settimana che
non si
vedevano ed il loro incontro doveva essere come si vedeva spesso in
quei
telefilm da adolescenti, qualcosa del tipo "hei piccola, mi sei
mancata",
ma Joe era altrettanto consapevole del fatto che era nella sua indole
dire cose
stupide dei momenti meno appropriati.
-i
tuoi capelli sono arancioni- constatò piegando la
testa di lato
Kate si lasciò
scivolare sulla sedia lasciando cadere le buste sul pavimento.
-oh grazie a
Dio non sei diventato ceco- sorrise sbottonandosi il giubbino di pelle
nero
Joe rimase
incantato a guardare i capelli lunghi dell'amica una volta biondi, ma
ora
risplendevano di un rosso acceso.
- tanto per
precisare- cominciò lei levandosi del tutto il giubbino
-sono rossi-
Joe avrebbe
replicato volentieri che rossi o arancioni erano lo stesso per lui, se
solo non
fosse rimasto incantato a fissare la pelle della ragazza che si
intravedeva
dallo scollo a V della camicetta nera aderente.
- e comunque
anche io sono felice di rivederti- concluse sarcastica cogliendo lo
sguardo
imbambolato dell'amico
Joe fu salvato
al volo dalla cameriera di poco prima che, stavolta, era tutt'altro che
fuori
luogo.
-posso portarvi
qualcosa, ora?- lo sguardo di Joe volò a
Kate che però parve non
cogliere la flessione della voce della ragazza sulla parola "ora"
- per me una
cioccolata calda-
La ragazza
segno veloce sul suo taccuino quello che Kate aveva scelto per poi
posare il
suo sguardo su Joe che annuì -due-
La ragazza si
allontanò con le loro ordinazioni e Joe si sporse
leggermente sul tavolo, per
vedere la miriade di buste che giacevano a terra.
-hai
saccheggiato tutti i negozi della città?-
Kate alzò gli
occhi al cielo sbuffando -sono stata tutto il pomeriggio con Jamie e
Lex, non
sai quant'è stressante organizzare un matrimonio-
poggiò la schiena alla sedia
rilassandosi -sopratutto se sei la damigella d'onore e la stilista
degli sposi
contemporaneamente- concluse indicandosi
-povera piccola
Kate- sorrise sarcastico, mentre Kate gli rispondeva con una linguaccia
- e a te come
sono andate le riprese questa settimana?-
-bene- sbuffò
il ragazzo -anche se è stancante -
- bhe,
altrimenti non si chiamerebbe lavoro, no?- chiese retorica strizzando
l'occhio
-Joe, devo
dirti una cosa- cominciò poi diventando seria e facendo
spaventare a morte il
ragazzo
Era successo
qualcosa a lei? alla sua famiglia? E poi inevitabilmente il suo
pensiero andò a
finire lì, dove finiva sempre. Che avesse trovato un ragazzo
che aveva avuto il
coraggio di dirle quello che provava per lei?
Proprio in
quell'istante fece la sua comparsa la cameriera, facendo ricredere Joe
sul suo
tempismo perfetto, portando la loro cioccolata.
Dopo averla
ringraziata, Joe rimase a guardare Kate attentamente mentre la ragazza
prendeva
un sorso della sua cioccolata. Joe la imitò e prese il primo
sorso proprio
mentre la ragazza apriva la bocca per parlare.
-Ronnie è
tornata-
Per fortuna Joe
riuscì a sputacchiare gran parte della cioccolata nel
bicchiere, ma un'altra
piccola parte sembrava essersi affezionata parecchio alla sua faringe,
facendolo tossire come un gatto malaticcio.
-come...scusa?-
chiese una volta ripresosi, forse non aveva sentito bene
Kate chiuse gli
occhi prendendo un respiro profondo -non fare l'idiota- cosa difficile
-Ronnie
è tornata-
Joe continuò a
fissare immobile la ragazza fino a quando questa non si
spazientì
-Ronnie,
ricordi?! Alta più o meno come me, capelli lunghi neri,
occhi verdi...-
cominciò sarcastica
Joe la fermò
con un gesto della mano -ho capito-
Il ragazzo fece
un cenno alla cameriera indicandogli di portare un'altra cioccolata,
poi tornò
a guardare Kate –quando è tornata?-
-ieri, ma l'ho
saputo poco fa- sospirò lei abbassando lo sguardo
Joe piegò la
testa da un lato studiando bene l'espressione della ragazza, che non
sembrava
agitata come si era aspettato, ma continuava a tenere gli occhi bassi
giocando
con un tovagliolino di carta, cosa che non era assolutamente da lei.
-e come mai non
stai dando ancora di matto?-
Kate alzò lo
sguardo prendendo un altro sorso di cioccolata, mentre la cameriera ne
portava
un'altra a Joe.
-nonostante il
mio istinto mi abbia suggerito di andare da lei e prenderla a calci-
sospirò
-devo organizzare un matrimonio, non è il momento di farsi
prendere dal panico-
Joe annuì ed il
suo pensiero andò automaticamente a Nick -pensi che dovrei
dirlo a lui-
Kate alzò le
spalle in modo eloquente -credo che prima o poi si incontreranno, visto
che
Jamie l'ha invitata al matrimonio-
Joe non si stupì
più di tanto, era da Jamie perdonare tutto a tutti e poi
Ronnie non era
"tutti", ma era la persona coi cui avevano condiviso tutto per anni.
-e tu cosa
pensi di fare?- chiese Joe
-cosa vuoi che
faccia? Niente, quello che ha fatto lei in tutti questi anni-
affermò acida
mentre Joe alzava gli occhi al cielo
- e cosa
intendi fare? Non le parlerai quando te la troverai faccia a faccia?-
-No- rispose
semplicemente lei prendendo un altro sorso della sua cioccolata
- ma Kate...-
Stavolta toccò
alla ragazza interromperlo con un gesto della mano mentre posava la
tazza -non
ho intensione di comportarmi come se non fosse successo niente...e - si
affrettò ad aggiungere -non ne voglio parlare ora, grazie-
Joe scosse la
testa sospirando. Quando Kate si metteva in testa una cosa, era meglio
lasciarla fare, per il bene dell'umanità.
Joe evitò di
pensare, almeno per il momento, a come avrebbe detto la notizia al
fratello e
si fissò sul viso di Kate, che in quel momento era
voltò verso il basso con un
espressione molto concentrata sulla tazza che aveva avanti, quello era
un
ottimo modo per distrarsi.
Si concentrò
sulle labbra della ragazza dove, proprio in un angolo del labbro
superiore, era
rimasta un pò di cioccolata. Sorrise, era da Kate non
riuscire a mangiare senza
sporcarsi.
Allungò un
braccio verso il viso della ragazza alzandole il mento con un dito -sei
sporca
di cioccolato- sorrise
Kate inarcò un
sopracciglio sorridendo a sua volta, furba.
-oh, questa è
la parte del film in cui tu mi pulisci il labbro e poi mi guardi
imbambolato?-
scherzò lei
L'espressione
di Joe però si fece seria. Magari fossero stato in uno di
quei stupidi film
d'amore, sarebbe stato tutto più semplice, e lui magari
sarebbe stato l'uomo
forte e coraggioso che urla l'amore per la sua donna al mondo intero, e
non lo
sfigato che si nasconde dietro qualsiasi cosa, che non dispone di
alcuna forma
di dignità.
Dignità che
ormai era andata a farsi benedire, dato che stava fissando le labbra
della
ragazza da più di dieci minuti, senza alcun ritegno.
Quando Joe
sfiorò le labbra della ragazza queste tremarono leggermente,
facendo spostare
il suo sguardo dalla sua bocca ai suoi occhi.
Kate era in
totale viaggio spirituale, con tanto di accappatoio bianco e cartellino
"do
not disturb".
Quel
dannatissimo ragazzo aveva la capacità di fargli perdere
ogni contatto tra lei
ed i suoi neuroni che ora volteggiavano tranquilli sulle note di "all you
need is love", non era possibile, doveva riprendersi!
Era appena
riuscita a richiamare all'ordine metà dei suoi neuroni
danzanti quando Joe
fissò i suoi occhi in quelli della ragazza. Addio neuroni.
Kate non sapeva
spiegare cos'avevano quegli occhi, ma ogni volta che incrociavano i
suoi
sentiva così caldo da sembrare che stesse prendendo fuoco,
era sciocco ed
infantile, e doveva fermare lei ed i suoi stupidi istinti selvaggi nei
confronti di quel povero ragazzo.
-sei
un...bravo...attore- riuscì a dire per miracolo
Joe sorrise
malinconico allontanando la mano dal viso della ragazza -
già -
Se solo stesse
recitando.
You
are my sunshine, my only sunshine
you
make me happy, when skyes are gray
you'll
never know dear, how much I love you
please
don't take, my sunshine away
( you
are my sunshine )
|
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Capitolo 6 *** Can't run from the past ***
chap boh
Can't run from the
past
Non
si resta perché si
amano certe persone;
si
va via perché se ne detestano delle altre.
Sono
sempre le cose brutte che ci fanno agire.
Siamo
vigliacchi.
(Boris Vian)
Aveva
indossato le decolleté nere, la gonna a tubino che, secondo
Angel, le dava
un'aria tremendamente seria, la camicia bianca scollata, ma non troppo,
i
capelli in ordine, un trucco leggero ed il suo rossetto preferito.
Era tutto
apposto, allora perchè aveva la sensazione che stesse
dimenticando qualcosa?
Ronnie
scese dalla sua vecchia auto- freedom, quanto le era mancata?-
chiudendosi lo
sportello alle spalle.
Attraversò
la strada guardando di fronte a lei l'enorme grattacielo grigio,
rischiando tra
l'altro di venire investita da qualche automobile.
Rimase
ferma nella stessa posizione per cinque minuti buoni a fissare quel
palazzo che
era enorme; tutti quegli anni passati in Europa le avevano fatto
dimenticare la
megalomania degli americani.
Beh di
certo quel posto non aveva niente a che vedere con la casa editrice
dove la
ragazza lavorava prima, dove c'era un costante odore di churros, gente
carina
che ti sorrideva, pronta ad aiutarti, era un caloroso ambiente
familiare. Quel
palazzo invece le dava la sensazione opposta della calore e
l’affetto della famiglia,
sembrava che ogni singolo mattone di quel palazzo mandasse un messaggio
del
tipo "hei ragazzina, o ti svegli o
sei fuori". Sperò vivamente che fosse solo
un’impressione.
Mentre stava
per trovare il coraggio di entrare si rese conto di aver dimenticato,
di nuovo,
il nome che gli aveva dato Ellen, il nome della persona che, con un
po’ di
fortuna, sarebbe diventata il suo capo.
Frugò
nella sua borsa cercando il cellulare dove aveva appuntato il nome,
sperando
che non l'avesse cancellato. Per fortuna non era così idiota
come credeva.
Leonard
Cooper.
Cooper,
tipico nome californiano, non avrebbe dovuto dimenticarlo facilmente.
Nascondendo
la sua tensione dietro una camminata sicura ed una stretta da
strangolatore
alla sua borsa, entrò nell'androne del palazzo alla ricerca
di qualcuno che
potesse indicarle come raggiungere il signor Cooper.
-buongiorno-
sorrise avvicinandosi alla ragazza alla reception
-buongiorno
a lei, come posso aiutarla?-
-cerco il
signor Cooper-
La ragazza
annuì con aria vaga come se si aspettasse che Ronnie
continuasse la frase, cosa
che invece, non accadde -lei è? ha un appuntamento?-
-oh- disse
imbarazzata -certo, sono Veronica Knoks-
La ragazza
sorrise per un istante poi picchiettò qualcosa sulla
tastiera del suo pc,
controllando poi lo schermo.
- La signorina
Knoks, perfetto- annuì tra se -ventunesimo piano, arrivata
li chieda alla mia
collega che le indicherà l'ufficio del signor Cooper.
Ronnie
annuì ringraziandola e, con la sua buona dose d'ansia, si
avviò verso
l'ascensore. Pigiò il pulsante ed aspetto qualche istante
prima che le grandi
porte si aprissero di fronte a lei. Attese che ne uscissero un paio di
persone
poi entrò sospirando pesantemente, sperando così
di alleviare la tensione.
Avrebbe fatto una buona impressione?
Proprio
mentre si faceva quella domanda e le porte stavano per chiudersi
sentì dei
passi veloci ed una voce che la pregava di aspettare. Automaticamente
infilò
una mano tra le porte facendole riaprire.
-grazie-
ansimò una ragazza tuffandosi nell'ascensore
-prego-
rispose premendo il pulsante del ventunesimo piano
-anche io
vado lì- sorrise la ragazza e Ronnie annuì in
silenzio restituendole un sorriso
imbarazzato
La ragazza
prese a squadrare Ronnie in modo davvero poco discreto e di conseguenza
Ronnie
si trovò a fare lo stesso con lei.
La ragazza
aveva un fisico esile, lunghi capelli biondi ad incorniciare un viso
d'angelo,
lineamenti perfetti, bocca rossa e carnosa, l'unica pecca di quel viso,
a
parere di Ronnie, erano gli occhi. Forse per gli altri, la gente
normale,
quegli occhi verde muschio erano l'ennesimo dettaglio che facevano
della
ragazza un vero e proprio angelo, ma a lei gli occhi di
quella tonalità
di verde le avevano sempre dato l'impressione che in realtà
nascondessero tanta
furbizia ed un filo di cattiveria. Ma doveva ammettere anche che il
sorriso che
in quel momento la ragazza le stava rivolgendo non aveva niente di
cattivo.
-sei
nuova- non era una domanda
Ronnie
annuì in silenzio, aveva sempre avuto qualche
difficoltà a parlare con persone
che non conosceva, insomma, non vere e proprie difficoltà,
solo che negli
ultimi anni si era allenata molto a stare da sola e tenere la gente
lontana.
-io
conosco tutti qui, da quando ero bambina, per questo mi sono resa conto
che sei
una nuova. Io non lavoro qui, sono venuta per mio padre-
continuò la ragazza,
più logorroica che mai, senza rendersi conto che Ronnie di
fronte a lei, non
aveva la minima voglia di parlare
- oh ma
che maleducata!- urlò quasi -non mi sono nemmeno presentata,
io sono Allie
Cooper- sorrise porgendo la mano alla ragazza che si voltò
di scatto verso di
lei, improvvisamente interessata. Cooper.
- Veronica
Knoks- allungò la mano stringendo quella di Allie -non sarai
mica la figlia
di...?-
-Leonard
Cooper- concluse la ragazza per lei - è il tuo capo? -
chiese curiosa
-non
ancora, ho un colloquio con lui ora-
Allie
sorrise dandole una pacca sulla spalla -buona fortuna allora! Non
preoccuparti
all'inizio può sembrare duro, ma lo fa solo per capire che
tipo di persona sei,
infondo è uno zuccherino-
Ronnie
curvò un sopracciglio -quanto infondo?-
La risata
leggera di Allie si diffuse per l'ascensore proprio mentre le porte si
aprivano.
-vieni, ti
mostro il suo ufficio- fece cenno con la testa avviandosi a passo
svelto per il
corridoio
-non
dovrei prima avvisarlo della mia presenza?- chiese Ronnie seguendola a
fatica
-
tranquilla, lo avvertirò io- disse non curante sventolandosi
una mano avanti al
viso
Allie aprì
una porta alla fine del corridoio e Ronnie fu catapultata in un mondo
parallelo, nel suo mondo parallelo.
La sala
era enorme ed era disseminata da tantissime scrivanie, ognuna occupata.
C'era
chi urlava al telefono, chi scriveva senza sosta al computer, chi
disperatamente chiedeva aiuto per tradurre qualche frase complicata in
una
lingua sconosciuta. Era bellissimo.
-tu farai
parte di questi pazzi?- le chiese Allie cogliendo il suo sguardo
incantato
-lo spero-
sorrise Ronnie
-di cosa
ti occupi?- chiese ancora la ragazza, curiosa
-sono una
traduttrice-
-wow-
disse semplicemente la ragazza gonfiando le guance -buongiorno Dorine!-
aggiunse poi salutando una signora sulla cinquantina, dai corti capelli
rossicci cotonati, che sedeva dietro una scrivania e che non
notò nemmeno
minimamente Ronnie com'era indaffarata a dividere dei fogli secondo un
suo
personalissimo ordine mentale.
-buongiorno
signorina Allison- rispose la donna continuando a tenere gli occhi
fissi sui
suoi fogli
-Allie
Dorine, Allie- la corresse lei
superando la donna e continuando a camminare svelta
Solo
quando imboccarono un corridoio piuttosto lungo Allie si
fermò di fronte ad una
porta grigia su cui una targhetta placata in oro risaltava. L.Cooper.
-bene, io
entro e te lo ammorbidisco, farò in fretta tranquilla-
sorrise Allie strizzandole
l'occhio
Ronnie le
sorrise mentre la ragazza entrava e si chiudeva la porta alle spalle.
Sospirò
ancora poggiando la schiena al muro di fronte alla porta ed attendendo.
Quella
ragazza era davvero gentile ed anche simpatica, almeno lo sembrava. Non
sapeva perché,
ma nonostante tutto aveva la sensazione che quella ragazza avesse
qualcosa che
non andava, ma cosa?
*
* *
-no dico
davvero, ha aperto un ristorante italiano, ma non sa nemmeno far
bollire
l'acqua, è un disastro-
Nick rise
ancora con le lacrime agli occhi mentre Danielle gli raccontava
dell'ultimo
disastro di Kevin mentre tentava di preparare la cena. Quei due erano
davvero
una coppia perfetta, e si amavano ancora come il primo giorno.
Chissà qual'era
il loro segreto.
-avete
finito di deridermi voi due? Non tutti sanno che per far bollire
l'acqua più
velocemente bisogna metterci il sale- Nick lanciò uno
sguardo a Danielle, che
alzò gli occhi al cielo divertita, mentre scuoteva la testa,
e riprese a ridere
forte.
Kevin
sbuffò prendendo posto con loro attorno al tavolo rotondo
della cucina
afferrando una brioche.
- la
prossima volta non ti porterò la colazione- socchiuse gli
occhi puntando la
brioche contro il fratello
-buongiorno
miei raggi di sole!- urlò Joe facendo il suo ingresso in
pigiama e facendoli
sobbalzare -Dani, sei splendida stamane, i tuoi capelli brillano come
stelle in
una notte d'estate, Kevin i tuoi occhi mi sembrano più verdi
e lucenti e...Nick- si
portò una mano al cuore voltandosi
verso il fratello -beh, tu mi sembri depresso come sempre, ma questa
mattina la
tua depressione ti da quel non so che di affascinante-concluse
dirigendosi
verso il lavello e dando le spalle ai ragazzi
-droghe
leggere o pesanti?- sussurrò Kevin a Nick sporgendosi verso
il tavolo
Nick alzò
gli occhi al cielo -sarà caduto dal letto, di nuovo, gli
succede spesso
ultimamente-
Danielle
ridacchiò furba -o forse ieri ha passato una bella serata-
alzò la voce per
farsi sentire
Joe, ancora
girato verso il lavello intento a versarsi il latte in un bicchiere,
sorrise.
Certo che aveva passato una bella serata, era sempre una bella serata
quando la
trascorreva con lei.
Si erano
visti davvero poco in quegli ultimi mesi, lei era occupatissima e lui
anche di
più, nonostante i loro impegni però, riuscivano
sempre a sentirsi ogni giorno,
anche solo per cinque minuti. Ora però, finalmente, avrebbe
avuto l'opportunità
di averla vicino per almeno quattro mesi. Certo, lei sarebbe stata
impegnata
con i preparativi del matrimonio, ma almeno ora erano nella stessa
città per
più di una settimana.
finì di
versare il latte e, mentre stava per voltarsi in direzione dei
fratelli,
qualcosa della sera prima si faceva largo tra i suoi pensieri, qualcosa
di vago
ed indefinito.
Doveva
dire qualcosa, qualcosa di importante. Doveva dire qualcosa a Nick.
Il
bicchiere gli scivolò dalle mani quando ricordò
esattamente quello che doveva
dirgli.
-che
succede?- sentì la voce di Kevin
-niente,
mi è solo scivolato il bicchiere di mano- rispose
meccanicamente mentre pensava
Cosa
doveva fare? La sera prima con Kate avevano deciso che era meglio
dirgli che
lei era tornata, anche perchè tra qualche giorno l'avrebbe
vista con i suoi
occhi al party per Jamie e Tyler, ma ora aveva paura. Ricordava bene
com'era
stato il fratello in quegli anni, un fantasma. Ed ora che sembrava
riprendersi,
nonostante Joe sapesse bene che una piccola parte del fratello ancora
pensava a
lei, non voleva rovinare tutto. Sapeva però che doveva
dirglielo, non poteva
fargli trovare Ronnie in quel locale, dopo quattro anni, senza averlo
avvertito
prima.
-Nick-
cominciò deciso voltandosi verso il fratello -devo dirti una
cosa, è
importante-
Quattro
anni.
Quattro
anni ci aveva messo per dimenticarla, per dimenticare il suo profumo, i
suoi
occhi, la sua dolcezza che riservava per pochi, il suo tocco, la sua
voce, la
sua risata.
Quattro
lunghissimi anni, ed ora era bastata una frase per fargli ricordare
tutto, tutto.
Ronnie
è tornata.
Ed ora tre
paia di occhi lo fissavano, immobili, mentre si aspettavano una sua
reazione o,
semplicemente, speravano che non svenisse.
Nick,
d'altro canto, in quell'istante non era in grado di fare un bel niente.
Sentiva
la testa girare mentre il suo cuore batteva impazzito ed il suo respiro
diventava affannoso.
-chi...quando...quando
è...tornata?- riuscì a chiedere
-da un
paio di giorni- rispose Joe scandendo ogni parola
Nick annuì
lentamente fissando il vuoto, poi spalancò gli occhi,
facendo preoccupare
tutti.
Era lei. Quella che aveva visto a Rodeo
Drive il giorno prima, non era una visione, ma era proprio lei! Per
poco non
svenne quando si rese conto che era stato a pochi metri da lei e come
un idiota
si era convinto che fosse un'allucinazione. Un'allucinazione!
Era stato davvero patetico.
-ho...bisogno
di prendere un po’...d'aria- fece presa al tavolo e si
avviò verso il giardino,
quasi sbandando per com'era stordito, sotto lo sguardo apprensivo dei
fratelli
e Danielle.
E così era
tornata, ma perchè? e per quanto tempo aveva intenzione di
restare? una
settimana? un mese? per sempre? Ma
sopratutto, cosa doveva fare ora?
Joe gli
aveva detto che l'avrebbe incontrata tra qualche giorno in occasione
della
festa per Jamie e Tyler, avrebbe dovuto fingere di non sapere del suo
ritorno?
Troppe domande a cui non aveva risposta.
La cosa
che più lo preoccupava però era la sua reazione
quando l'avrebbe vista.
Non aveva
la minima idea di come avrebbe reagito.
Sarebbe
rimasto incantato a fissarla mentre dopo anni ritrovava il suo primo
amore o
avrebbe trovato la ragazza di fronte a lui così cambiata da
non ricordagli
nemmeno l'ombra di quello che erano stati?
Poi il
ricordo di qualcosa, o qualcuno, si fece spazio a forza nella sua mente.
Allie.
Allie che
gli era stata accanto, Allie che non aveva mai domandato, Allie che con
le sue
chiacchiere non gli permetteva di pensare, Allie col suo sorriso, col
suo
calore. Allie a cui stava disperatamente cercando di aggrapparsi, ma in
quel
momento le sue mani sembravano scivolare come sapone sul vetro.
E si
lasciò cadere sull'erba fresca portandosi le mani al viso.
Da quando
era bambina Jamie aveva sempre invidiato la forza e la
caparbietà di Kate e
Lexus, ma ,in quel momento, quella tanto ammirata caparbietà
stava facendo
seriamente pensare a Jamie di prendere le due amiche per i capelli e
sbatterle
testa contro testa.
-datele
almeno un'opportunità!- sbottò ancora Jamie,
avvolta in quello che sarebbe
stato il suo vestito da sposa, pestando un piede atterra
-per amor
del cielo, sta ferma!- ringhiò il risposta Kate infastidita
dall'insistenza
dell'amica più che dal suo movimento
-Lex,
almeno tu, sii ragionevole!- continuò voltandosi verso
l'amica intenta a
fissarsi le unghie
-sono più
che ragionevole, è per questo che non sono a casa sua, nella
sua stanza da
letto, con un'ascia in mano-
Jamie
sbuffò mentre Kate, inginocchiata a terra, ridacchiava
divertita continuando ad
occuparsi del suo vestito.
-andiamo,
non pensate che abbiamo già sprecato tanto tempo in cui
avremmo potuto stare
insieme? Ora che ne abbiamo di nuovo l'opportunità non
mandiamo tutto
all'aria!- tentò ancora Jamie
Finalmente
Kate smise di occuparsi del vestito e con un sospiro, si
alzò.
-ascoltami
Jam. Sono davvero felice che tu abbia ritrovato Ronnie, davvero, ma se
pensi
che col suo ritorno noi torneremo ad essere quelle di prima, mi
dispiace
deluderti, ma ti sbagli di grosso. Non abbiamo più diciotto
anni, non siamo più
spensierate, io non mi fido più di Ronnie e, a quanto pare,
lei non si è mai fidata
di noi- sospirò prendendo una pausa -non conosciamo
più niente di lei, non
sappiamo più chi è e, ad essere sincera, non ho
nemmeno voglia di scoprirlo.
Ora possiamo cambiare discorso?-
Jamie la
fissò allibita, non poteva parlare così!
-No che
non possiamo cambiare discorso! Non vi dico di passarci sopra come
niente
fosse, ma almeno parlatele, ascoltate le sue ragioni, cercate di
capirla!-
- non si
più capire chi non vuole essere capita- sta volta fu Lexus a
parlare - ed io
non ho alcuna intensione di correrle dietro, ne di vederla mai
più-
-la vedrai
tra qualche giorno- sbottò Jamie incrociando le braccia al
petto
Lex la
guardo con gli occhi spalancati, stupita -dimmi che non l'hai fatto-
-si, l'ha
invitata alla loro festa- confermò Kate
-Cristo
Santo!- sbottò Lexus
-siete
incredibili!- urlò quasi Jamie -come avete potuto
dimenticare tutto quello che
abbiamo passato insieme? come avete potuto dimenticare la nostra
amicizia?-
-io non ho
dimenticato niente- sussurrò Kate fissando d'avanti a se con
lo sguardo perso
nel vuoto -è per questo che non potrò mai
perdonarla-
*
* *
Buona
Domenica a tutte!
Eccomi
con un altro capitlo spuntato dal nulla xD un paio di giorni fa credevo
che non sarei mai riuscita a scriverlo, perchè lo trovavo
noioso, ma poi stamattina mi sono svegliata ispirata ed ho scritto per
tre ore di fila quasi, mentre mio fratello che dormiva mi malediceva
per il rumore dei tasti u.u
Beh,
tornando a noi, Nick ha scoperto che Ronnie è tornata, Kate
e Lex sono deteminate a non perdonarla e...il padre di Allie
è il capo di Ronnie, già, mi piace complicarmi la
vita u.u
Ringrazio
Soriana per avermi aiutato con questo capitolo e per la stupenda
immagine rettangolare che vedete all'inizio del capitolo *___* Grazie
brutta merFaccia! <3
Al
prossimo, vi amo <3
|
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Capitolo 7 *** Let me try ***
chap 6
Let
Me Try
Jamie
si
diede un ultimo sguardo allo specchio prima di uscire di casa e correre
quasi verso
la macchina nera di Tyler parcheggiata lì fuori da quasi
mezz'ora ormai.
-ce
l'hai
fatta- sorrise sarcastico il ragazzo vedendola entrare
Jamie
sorrise sporgendosi verso di lui e stampandogli un leggero bacio sulle
labbra
-la perfezione richiede tempo-
Tyler
ridacchiò facendo partire la macchina -Mrs perfezione, le
ricordo che dobbiamo
ancora passare a casa mia e che tra quindici minuti gli invitati
saranno alla
festa-
Jamie
non
era per niente una persona dai nervi saldi, era nata con l'ansia, per
qualsiasi
cosa. Bastava anche solo una sciocchezza per farla allarmare, e questo
Tyler lo
sapeva bene.
-hai
ragione- si morse il labbro improvvisamente pentita di essersi
soffermata sulla
decisione di quale rossetto mettere -non arriveremo mai in tempo!-
trillò
-tesoro,
rilassati non è mai morto nessuno per un ritardo-
Per
fortuna casa di Tyler era poco distante da quella di Jamie ed
impiegarono solo
dieci minuti per arrivarci.
-faccio
subito- la rassicurò il ragazzo prima di scendere dall'auto
Jamie
si
rilassò contro il sediolino cercando di scacciare il
nervosismo.
Non
era
mai stato il tipo da festa, non le piaceva stare al centro
dell'attenzione ed
avere gli occhi di tutti addosso, preferiva stare ferma in un angolo
come un
oggetto da tappezzeria a guardare tutte le strane persone presenti e
studiare
ogni loro singolo movimento. Le piaceva notare le cose più
strambe delle
persone.
Persino
quando era una teenager ed era fuori con le sue amiche non aveva mai
preso
iniziativa per fare qualche pazzia e
loro erano le uniche che riuscivano a
coinvolgerla nelle loro folli imprese.
Le
sue
amiche.
Ancora
una
volta Jamie si ritrovò a domandarsi se avesse fatto bene ad
invitare Ronnie alla
festa.
Quella
festa rappresentava un punto importante della sua vita e vedere Ronnie
lì, dopo
tanti anni, l'aveva resa così felice! Finalmente avrebbe
potuto realizzare il
suo desiderio più grande e vivere il giorno del suo
matrimonio con le sue
amiche, i pezzi della sua vita, al completo.
Aveva
fatto bene, si.
Poi
ricordò di essere in ritardo e si chiese cosa sarebbe
successo se Ronnie, Kate
e Lexus si fossero incontrate prima del suo arrivo, senza la sua
presenza e le
vennero i brivido solo a pensarlo.
Recuperò
velocemente il cellulare dalla piccola pochette e scrisse un unico
messaggio
inviandolo a Kate e Lex sperando che servisse a qualcosa, anche se ne
dubitava
sinceramente.
Sospirò.
Un
altro
grande, grandissimo,
problema di quella serata era rappresentato però
sopratutto dalla presenza di Nick con Allie.
Aveva
mandato un sms a Ronnie qualche ora prima avvertendola della loro
presenza,
sebbene avesse temuto che sapendolo Ronnie non sarebbe più
venuta, le era
sembrato corretto avvertirla prima, per darle modo quantomeno di
prepararsi
psicologicamente.
Sperava
con tutto il cuore che l'amica non si tirasse indietro deludendola
ancora.
-eccomi,
andiamo?- chiese Tyler entrando in macchina
Jamie
annuì in silenzio facendo preoccupare il ragazzo che era
sempre molto attento
ai gesti di Jamie - è tutto ok?- chiese premuroso
Jamie
si
sforzò annuendo, ma Tyler sapeva bene che non era affatto ok
e sapeva anche
qual’era la sua preoccupazione -vedrai che andrà
tutto bene-
E
Jamie lo
sperava proprio con tutto il cuore.
Kate
e
Lexus erano già nella grande sala affollata quando i loro
cellulari suonarono
simultaneamente. Si lanciarono uno sguardo sarcastico e lessero assieme
il
messaggio sapendo già chi glielo aveva inviato e sapendo
anche che erano due
sms con lo stesso contenuto.
Perciò
quando lessero il nome di Jamie e il testo del messaggio che le
invitava a non
fare scenate e cercare di chiarirsi con Ronnie, non si sorpresero
affatto.
-ha
paura
che le roviniamo la festa?- chiese sarcastica Lexus
Kate
sorrise avviandosi con l'amica verso il bancone.
Entrambe
sapevano che per Jamie il problema non era la festa, per niente. Jamie
voleva
semplicemente che loro parlassero con Ronnie, cosa che Kate e Lexus non
avevano
alcuna intensione di fare.
Jamie
era
sempre stata troppo buona, a parere di Kate, era incapace di provare
rancore
per qualsiasi essere vivente presente sul pianeta, figurarsi se ne
avrebbe mai
provato verso colei che era stata così tanto per loro.
Kate
rispettava la sua scelta, ma non la condivideva affatto, non poteva,
non
riusciva ad accettare che lei se ne fosse andata così, come
se niente fosse,
come se tutti quegli anni assieme non fossero mai esistiti, come se
loro non
avessero mai contato niente, e non si era mai degnata di mandare un
e-mail per
informarle che era viva.
D'altra
parte però Kate invidiava Jamie, doveva ammetterlo, quando
la ragazza le aveva
detto che Ronnie era tornata, il suo primo istinto era stato quello di
correre
a casa sua per rivederla, raccontarle tutto quello che era successo in
quegli
anni e stringerla forte, ma poi il suo orgoglio ferito l'aveva
bloccata,
facendola rifugiare dietro il muro del suo dolore.
-okkay,
ora non agitarti, ma è appena entrato Joe con fratelli e
rispettive compagne al
suo seguito- le annunciò Lexus
-perchè
dovrei agitarmi Lex?- chiese lei reprimendo l'istinto di voltarsi verso
l'entrata
-perchè
hai una bella cotta stile sedicenne di fronte a Zac Efron, per lui-
rispose
continuando a guardare l'immagine di Joe che ora stava salutando un
gruppo di
ragazzi
Kate
continuava a ripetersi di stare calma -questa è la cosa
più idiota che tu abbia
mai detto- disse tra i denti
Lexus
alzò
gli occhi al cielo senza farsi vedere dall'amica -chi è
quella bionda con Joe?-
sbottò poi con aria fintamente stupita
Ma
Kate
era troppo occupata a comprendere le parole "bionda-Joe" per
notare il tono eccessivamente enfatico dell'amica e...al
diavolo la
calma. Kate dimenticò di essere in un luogo pubblico,
circondata da persone
normali e, sopratutto, sane di mente -bionda?! che bionda? dove?! dimmi
dove!- si voltò di scatto verso l'entrata alla
ricerca di Joe e della sua
bionda, ma tutto ciò che vide fu lo sguardo del ragazzo,
poco lontano da lei,
che incrociava il suo ed il sorriso che poco dopo si dipinse sulle
labbra di
Joe.
Kate
sorrise di rimando dopo aver controllato con i suoi occhi che non c'era
nessuna
bionda.
-come
volevasi dimostrare- ridacchiò Lex guardando l'amica che
sorrideva come un
ebete
Kate
le
avrebbe volentieri risposto che era stata un'idiota, ma la vicinanza di
Joe gli
fece dimenticare persino dell'esistenza di Lexus.
-ciao-
sorrise Joe arrivando finalmente di fronte a lei
-ciao-
rispose Kate con un mezzo sorriso imbarazzato dovuto allo sguardo
insistente
del ragazzo sul suo viso, Joe pareva essersi incantato
-oh
Joe,
anche io sono felice di vederti!- disse sarcastica Lexus risvegliando
il
ragazzo dalla sua catalessi
-Lex!-
urlò quasi -da quanto tempo non ci vediamo?! Come vanno le
cose a Miami?-
-molto
bene, grazie- rispose fiera -l'ultima volta che ti ho visto eri su un
enorme
cartellone pubblicitario di fronte casa mia, come va il Joe-attore?- chiese
e
Kate rimase sconvolta, di solito Lexus si fermava al "ciao, come
stai?", da dove era uscita tutta quella
cordialità?!
-alla
grande- rispose sorpreso a sua volta
-beh
sono
sicura che tu sia meglio come attore che come componente di una band,
non eri
un gran suonatore di tamburello-
Joe
scoppiò in una fragorosa risata, mentre Kate scuoteva la
testa divertita,
eccola la sua Lexus.
-Joe,
le
tue risate stanno spaventando gli invitati- una voce alle spalle di Joe
lo fece
smettere di ridere con non pochi sforzi
Kate
si
sporse per vedere a chi appartenesse quella voce e ,quando lo vide, gli
occhi
le si illuminarono all'istante.
-Nick!-
urlò buttandosi letteralmente sul ragazzo che ridacchiando
l'accolse tra le sue
braccia
Kate
aveva
sempre avvertito un legame speciale tra lei e Nick, come se lui fosse
in grado
di capire al volo tutte le sue emozioni. Dopotutto, Kate sapeva che
Nick aveva
amato Ronnie e sapeva che lui aveva sofferto almeno quanto lei per la
partenza
della ragazza. In quel periodo si erano tenuti costantemente in
contatto, come
con Joe, si erano ascoltati, consolati e sfogati, ed il più
delle volte Kate
aveva avuto la sensazione che Nick stesse soffrendo anche
più di lei e Kate
riusciva a comprenderlo. Un conto era perdere una migliore amica, ma
ben altro
era perdere la persona amata.
Non
sapeva
se Nick fosse ancora innamorato di Ronnie, ma era convinta che quella
serata
sarebbe stata un completo disastro per loro due. Il ragazzo sapeva
della
presenza di Ronnie quella sera, lei e Joe avevano deciso di dirglielo,
quello
che non sapeva era quale fosse stata la reazione di Nick. Come non
sapeva come
sarebbe stata la sua reazione. Avrebbe continuato col suo orgoglio
esasperante
o si sarebbe buttata tra le braccia della ragazza in lacrime?
-hey,
giù
le mani dal mio ragazzo!- scherzò Allie arrivando accanto a
Kevin e Danielle
Ora,
Kate
sapeva, sapeva benissimo,
che era colpa di Ronnie se lei e Nick ora non erano
lì assieme appiccicati come due scimmie, sapeva che il
ragazzo aveva tutto il
diritto, se non il dovere, di provare a ricominciare in qualche modo ed
era
stata lei stessa, mettendo a tacere violentemente la vocina insistente
nella
sua testa che le diceva di non farlo, a spingere Nick ad uscire con
Allie e se
all'inizio per Kate lei rappresentava solo un buon modo per Nick per
distrarsi
e cercare di dimenticare Ronnie, col tempo Allie si era dimostrata
davvero la
ragazza perfetta. Allegra, solare, dolce, per niente ossessiva,
comprensiva e,
inoltre, bella come il sole. E lei era solo una stupida egoista che
invece di
sperare segretamente nell'amore tra lui e Ronnie, avrebbe dovuto
spingere
ancora di più Nick tra le braccia di Allie.
Ma,
nonostante tutto, lei era sempre una fan sfegatata di quella ragazza
dai
capelli corvini e gli occhi come il mare.
-ciao
Allie- sorrise Kate sporgendosi verso la ragazza per baciarle le guance
poi
passò a salutare Kevin e Danielle, questa volta con un
sorriso più sincero
Sott'occhio
vide Nick salutare Lexus e l'amica fare uno sforzo abnorme per
rivolgergli un
sorriso tirato.
Se
Kate in
quegli anni aveva trovato una certa affinità con Nick, Lex
invece lo detestava,
ogni volta che lo vedeva non poteva far a meno di pensare che era per
colpa sua
se Ronnie se n'era andata e, sopratutto, non poteva sopportare quel
manico di
scopa dai capelli biondi che si portava dietro. Lex proprio non
riusciva a
capire come poteva stare con una come Allie dopo essersi innamorato di
Ronnie
che, nel bene e nel male, era totalmente l'opposto della fata
anoressica che
gli faceva da ragazza. Lex non li sopportava.
Al
momento
però Lexus aveva ben altri problemi da risolvere.
Mentre
chiedeva a Kevin e Danielle di Jason notò che Kate e Joe si
erano messi un pò
da parte e parlavano sottovoce, come se stessero progettando un piano
malsano e
folle e, conoscendo i due, non ci sarebbe stato poi da stupirsi tanto
se lo
stessero realmente facendo.
Ad
ogni
modo, anche se Kate continuava a negarlo, Lexus sapeva benissimo che
tra i due
c'era qualcosa, qualcosa che erano tanto cocciuti da nascondere fino
alla morte
e lei, in
qualità di unica persona sana di mente e razionale, doveva
fare
qualcosa.
-ragazzi,
scusatemi ma devo andare un attimo al bagno- Allie fece un sorriso
imbarazzato
portandosi una ciocca dietro l'orecchio, tutti annuirono e la ragazza
si avviò
ancheggiando verso il bagno. Lex si lasciò scappare una
smorfia disgustata
senza preoccuparsi più di tanto se gli altri l'avessero
notata o meno.
-io
invece
vado a chiamare un attimo Tyler per vedere dov'è- dopo aver
dato una pacca
sulla spalla del fratello anche Nick si allontanò
Lexus
lanciò un altro sguardo furtivo a Kate che ora sorrideva
mentre Joe parlava a
raffica poi tornò con lo sguardo a Kevin e Danielle,
Danielle che aveva seguito
il suo sguardo ed aveva capito tutto, come sempre.
-questi
tacchi mi uccidono, che ne dite di andare a sederci?-
Lexus
sorrise e tutti e tre si avviarono verso il loro tavolo mentre Kate e
Joe
continuavano a parlare senza rendersi nemmeno conto di essere rimasti
da soli.
Joe
continuava a parlare e parlare, Kate si era persa alla terza parola
della prima
frase, era molto più interessante fissare le labbra rosse
del ragazzo che si
muovevano veloci che concentrarsi sulle sue parole.
Cavolo,
doveva smetterla.
Ogni
volta
che vedeva Joe si ripeteva mentalmente che loro due erano solo amici, che non
sarebbe mai potuto nascere qualcosa tra di loro e che doveva calmarsi,
e
puntualmente ogni volta che fissava i suoi occhi, il suo sorriso, ogni
santissima volta i suoi ormoni scoppiettavano come pop corn.
Improvvisamente
colse qualcosa dal suo labiale, qualcosa che riuscì a
disincantarla, qualcosa
che le interessava più delle altre.
-come?-
chiese alzando il collo fingendo di non aver sentito per via della
musica alta,
subito dopo si rese conto che non era stata affatto una buona idea.
Per
farsi
sentire Joe si avvicinò alla ragazza sfiorandole
delicatamente la guancia con
la sua e poggiandole, con un gesto che poteva sembrare distratto ma
schifosamente calcolato fino all'ultimo dettaglio, una mano sul collo.
A
Kate
mancò il respiro e probabilmente se il ragazzo le avesse
fatto una proposta di
matrimonio in quel momento lei avrebbe accettato senza tentennamenti. A
dire la
verità avrebbe acconsentito a qualsiasi proposta sarebbe
uscita da quelle
labbra.
-ho
chiesto se Ronnie sa che Nick è qui- disse al suo orecchio
alzando un pò la
voce
Il
nome di
Ronnie unito a quello di Nick riuscì a far tornare Kate nel
mondo reale salvando
il ragazzo dai malsani pensieri di Kate, per quanto lui volesse essere
salvato.
-non
lo
so- rispose sincera Kate scuotendo le spalle e a dire il vero, non
aveva voglia
di parlare di Ronnie in quel momento, il pensiero che l'avrebbe rivista
di lì a
poco le metteva già abbastanza ansia di suo, magari fingere
che non sarebbe mai
arrivata l'avrebbe aiutata a non farsi prendere dal panico.
Joe
si
allontanò da Kate senza accorgersi della mano che era
rimasta sul collo della
ragazza, e prese a studiare il suo volto. Kate non era mai stata brava
a
nascondere le sue emozioni, non con lui. A Joe bastava un'occhiata
più attenta
per capire cosa frullasse per la testa della ragazza, ed in quel
momento era
chiaro che era in totale confusione per l'arrivo dell'amica e per
nascondere la
sua emozione si rifugiava dietro un velo di indifferenza.
Se
c'era
una cosa che Joe aveva capito di Kate in quegli anni era che doveva
assecondarla, sempre,
altrimenti sarebbe stato un guaio per tutti.
Le
guance
arrossate di Kate fecero ricordare a Joe che la sua mano era ancora sul
collo
della ragazza e la scostò lentamente sorridendo quando vide
la ragazza tornare
a respirare.
-vieni,
andiamo a prendere qualcosa da bere- sorrise Joe porgendo il braccio a
Kate
Mentre
si
avviavano verso l'altro lato del lungo bancone di vetro blu Kate vide
Nick
vicino all'entrata con il cellulare all'orecchio, probabilmente cercava
di
rintracciare Tyler.
-non
capisco proprio come faccia tuo fratello a stare con Allie-
sbottò improvvisamente
Kate sedendosi ad uno sgabello, Joe la imitò lanciandole poi
uno sguardo
confuso
-mi
sembrava di aver capito che non ti andava di parlare di Ronnie-
-e
che
c'entra lei ora?- Joe la guardò sarcastico alzando un
sopracciglio -ok, c'entra
ma non era quello che volevo dire, insomma lei è troppo...perfetta,
dovrà pur
avere qualche difetto!-
Joe
afferrò una nocciolina dalla ciotola sul bancone e se la
lanciò in bocca
distrattamente -magari un giorno scopriremo che è una serial
killer-
-beh,
chi
può dirlo- ridacchiò per poi tornare seria -lui
non è innamorato di Allie-
Joe
scosse
la testa -no, non lo è-
-non
è
giusto- sbuffò Kate -dovrebbe dirglielo, se dopo un anno non
sei innamorato di
una persona non puoi continuare ad aspettare sperando che per magia ti
innamori
di lei, non si innamorerà mai di lei, sopratutto se non
riesce a togliersi
alcuni pensieri dalla
testa, deve dirglielo-
Joe
annuì
assente fissando gli occhi di Kate con uno sguardo così
intenso in grado di far
sciogliere chiunque e poi la sua bocca prese a parlare completamente
scollegata
dal cervello.
-hai
ragione, e, secondo te, questo varrebbe anche in una situazione
contraria?-
Kate lo guardò confusa
-in
che
senso?-
-bhe-
sospirò Joe conscio del fatto di stare per spingersi troppo
oltre, ma ormai era
partito -ammettiamo che un ragazzo ipotetico...-
-Mark-
lo
interruppe la ragazza, agitata
-Mark-
ripetè Joe sorridendo -Mark
è innamorato di una persona da un pò di tempo, e
lui non può aspettare in eterno sperando che gli passi, non
può fingere di non
essere innamorato di lei, sopratutto se pensa e lei ventiquattro ore al
giorno,
giusto?-
Kate
poggiò una mano sul bancone, frastornata del tutto.
Cosa
stava
cercando di dirle Joe? Era una specie di segnale, o le stava chiedendo
una
specie di consiglio perchè era innamorato di qualcun'altra?
Dio Santo, perchè
doveva essere sempre così complicato!
-giusto-
riuscì ad annuire mentre il cuore le batteva frenetico nel
petto
Joe
annuì
impercettibilmente fissando lo sguardo sulla mano di Kate che giaceva
immobile
a pochi centimetri dalla sua, allungò una mano sfiorando
appena il dorso con le
dita, disegnandovi sopra piccoli cerchi -quindi, se tu fossi innamorata
di
qualcuno glielo diresti?-
Kate
deglutì, non solo i suoi occhi fissi in quelli della ragazza
erano una tortura
per lei, ora c'era anche la sua mano a distrarla e farle perdere
completamente
la ragione -certo- sussurrò
Fortunatamente
la domanda che le porse successivamente il ragazzo riuscì a
scuoterla -in ogni
caso?-
No. Non in
ogni caso.
Cosa
stavano facendo? Dove si stavano spingendo e cosa volevano concludere
con
quelle inutili allusioni?
Si
stavano
esponendo troppo e Kate non poteva rischiare tanto, Joe era
indispensabile per
lei, ormai non poteva più farne a meno, non poteva rischiare
di perderlo, non
ora che aveva bisogno di lui più che mai.
Doveva
tirarsi indietro prima che fosse troppo tardi.
-
credo -
cominciò ritirando la mano che il ragazzo stava accarezzando
-credo che in
alcuni casi forse bisognerebbe pensare bene prima di dire quello che si
prova-
Joe
guardò
Kate mentre la ragazza si mordeva il labbro inferiore, era
così bella. Ma,
andiamo, cosa gli era saltato in mente? Kate lo considerava solo come
un amico
e voleva salvaguardare la loro amicizia, per questo gli aveva
chiaramente detto
di tenersi i suoi sentimenti per se. Era solo un amico, doveva tenerlo
bene a
mente la prossima volta che gli fosse venuto in mente di fare un'altra
stupidaggine
di quel genere.
-già-
sospirò infine rassegnato spostando lo sguardo da un'altra
parte.
Solo
un
amico.
no one ever said
that life was fair and I'm not saying that it should be
so knowing that you are what you want to be and I'm not comes as no
surprise
but don't expect me to be happy for you
and don't smile at me and tell me things will work out for me too
(Alesana -
Congratulations, I Hate
You)
Ronnie
aveva un'unica certezza in quel momento, stava per vomitare.
Il
tassista la guardò ancora dallo specchietto retrovisore,
quella strana ragazza
l'aveva fatto fermare d'avanti a quel locale più di venti
minuti prima, e ancora
non si era decisa a scendere, era rimasta lì a guardare con
aria preoccupata
fuori dal finestrino.
-signorina,
va tutto bene?- chiese cauto
Ronnie
strinse istintivamente il cellulare tra le mani -si, mi scusi, ho
bisogno solo
di un minuto- abbassò lo sguardo verso l'oggetto che
stringeva convulsivamente.
Doveva
ammetterlo quando qualche ora prima aveva ricevuto quel sms da Jamie,
aveva
seriamente pensato di non farsi vedere a quella festa, ma poi aveva
riflettuto
bene arrivando alla conclusione che, se fosse mancata anche quella
volta,
avrebbe perso Jamie per sempre. La sua migliore amica l'aveva perdonata
e
l'aveva invitata a partecipare ad un avvenimento per lei
importantissimo, non
poteva assolutamente darle buca solo perchè le aveva detto
che Nicholas
sarebbe
stato lì, in
dolce compagnia.
Ma
ora, in
quel taxi, aveva una fifa tremenda. Avrebbe dovuto affrontare Kate e
Lexus che
sicuramente l'avrebbero ignorata, avrebbe dovuto affrontare Nick con la
sua
nuova ragazza, da sola.
Quando
aveva saputo che Nick faceva coppia fissa con una ragazza non era
riuscita a
capire subito quale fossero state le emozione che quella notizia aveva
suscitato in lei, in realtà. Ci era rimasta male, molto male.
In
tutti
quegli anni Ronnie non era mai riuscita a stare con qualcuno, certo non
che non
avesse mai avuto appuntamenti, ma con nessuno di loro era mai andata
oltre la
prima sera, ogni volta aveva l'assurda e straziante sensazione che
stesse
tradendo Nick. Era
proprio un'idiota.
Non
biasimava affatto il ragazzo, erano passati quattro anni cavolo! Solo
non aveva la
minima idea di che effetto le avrebbe fatto vederlo tra le braccia di
un altra.
Ci
sperava
ancora in lei e Nick? Non lo sapeva e, in realtà, era una
domanda che aveva
accuratamente evitato di farsi negli ultimi anni.
Guardò
ancora il suo cellulare sospirando. Se fossero stati altri tempi non
avrebbe
esitato un istante a chiamare Angel per farsi dare un consiglio o
semplicemente
per una delle sue frasi di incoraggiamento alla "vai e spacca il culo a
tutti", ma da come si erano lasciati a Madrid non sapeva
se sarebbe stata
una buona idea chiamare Angel per parlargli di Nick.
Aveva
sentito Angel un paio di volte da quando era arrivata a LA, ma il
ragazzo non
aveva mai accennato al bacio e a quella mezza frase prima della sua
partenza,
quindi non sapeva ancora quali fossero i sentimenti del ragazzo nei
suoi
confronti, cosa che a Ronnie non dispiaceva affatto, dato che non ne
aveva idea
a sua volta e, cosa certa, quello non era per niente il momento
più adatto per
pensarci.
Ronnie
sospirò infilando il cellulare nella borsa -la ringrazio-
sussurrò al tassista
che, sarcasticamente per lei, le augurò buona serata, ed
uscì dal taci venendo
travolta dal leggero venticello di fine Ottobre.
Attraversò
la strada con passo svelto, ormai aveva deciso di andarci, era inutile
indugiare oltre. Si fece forza e si avviò verso l'entrata,
dicendo il suo nome
e mostrando un documento al buttafuori riuscì ad entrare in
un enorme sala
affollata, dalla musica alta e le luci soffuse. Strinse a se la borsa
studiando
la folla, chiedendosi se le sue amiche
fossero già lì.
Si
mescolò
tra la gente non sapendo bene dove andare, ma con la speranza di
trovare una
faccia amica, ma dopo dieci minuti di girovagare per la sara, si arrese
quando
sentì dire da una biondina che saltellava a tempo di musica
che "Tay e
Jam" non erano ancora arrivati.
Fece
un
mezzo sospiro si sollievo quando vide il lunghissimo bancone di vetro
illuminato da una luce blu, l'unica cosa dall'aspetto familiare
lì dentro.
Si
fece
spazio tra la folla e finalmente riuscì ad arrivare a
traguardo, tuffandocisi
letteralmente sopra.
Caro,
rassicurante,
caloroso, alcol.
-Ronnie?-
una voce maschile quasi urlò il suo nome facendola sobbalzare
Si
girò
lentamente verso la sua sinistra e il primo istinto che ebbe fu quello
di
urlare.
Joe,
cresciuto, tanto,
con un filo di barba e i capelli più corti la fissava
evidentemente indeciso se essere felice di vederla o cominciare ad
urlarle
contro. Kate, accanto a lui, sembrava paralizzata, gli occhi spalancati
e la
mascella che pareva essersi slogata.
-Joe...Kate-
li salutò Ronnie mentre le si seccava la gola ed il cuore
cominciava a partire
a mille
Eccolo
il
momento che Ronnie aspettava da tempo, il momento in cui lei e Kate si
sarebbero riviste e ricongiunte ma, Kate aveva tutt'altra idea in mente.
-ciao-
sbottò quasi ricomponendosi dietro una maschera di
indifferenza
Quello
che
seguì fu un lunghissimo ed imbarazzante silenzio.
Joe
guardò
Ronnie, poi Kate, entrambe si fissavano immobili, ma nessuna delle due
pareva
intenzionata a fare niente, allora capì cosa doveva fare lui.
Con
un
balzo scese dallo sgabello avvicinandosi a Ronnie ed abbracciandola
inaspettatamente.
Ronnie
rimase un istante interdetta dal gesto del ragazzo poi lo strinse a sua
volta,
sorridendo grata per quel gesto.
-
da
quanto tempo non ci vediamo?!- urlò allegro il ragazzo
cercando di alleggerire
la situazione, cosa alquanto vana
-
quattro
anni, tre mesi e ventiquattro giorni- sbottò Kate finendo
con un solo sorso il
suo drink, sbattendo poi il bicchiere sul bancone
Ronnie
deglutì fissando l'amica che invece non la calcolava
minimamente mentre si
fingeva interessata al lavoro del barista dietro il bancone.
-wow è
davvero tanto tempo- riprese Joe -quanto pensi di stare qui?-
Ronnie
si
sforzò di sorridere spostando lo sguardo da Kate e Joe -fino
a tempo
indeterminato-
-fino
a
quando la testa non le dirà di fare qualche cazzata, poi
sparirà di nuovo-
sbottò ancora Kate acida, Joe si voltò verso di
lei con uno sguardo supplicante
che la invitava a restare calma
-no-
si
sforzò di sorridere Ronnie -Kate ha ragione Joe, mi sono
comportata davvero
male-
Joe
la
guardò con uno sguardo dispiaciuto mentre Kate continuava a
guardare da
tutt'altra parte ostentando indifferenza.
-vorrei
avere la possibilità di parlare con te- sospirò
rivolgendosi all'amica
-peccato
che io non abbia niente da dirti e non mi interessi minimamente quello
che
abbia da dire tu-
-Kate...-
la ammonì Joe
-No!-
sbottò lei alzandosi dallo sgabello e mettendosi di fronte a
Ronnie -puoi
abbindolare Jamie con la storia della povera pecorella smarrita che non
sapeva
cosa fare, ma non me, non aspettarti minimamente nulla da me, nulla
più di un
"ciao"-
Un
cazzotto diritto in faccia.
-Kate
io
non voglio abbindolare proprio nessuno e so di aver sbagliato, ma
vorrei...-
-vorresti
cosa?- urlò praticamente Kate -vorresti che tornassimo
amiche come prima? Oh
certo, che ne dici se dopo vieni a dormire a casa mia e mentre ci
mettiamo lo
smalto e mi racconti quello che hai fatto in questi ultimi quattro
anni?!-
Ronnie
vide Kate diventare cianotica e sentì automaticamente i suoi
occhi inumidirsi. Non
si era aspettata che l'amica le corresse incontro abbracciandola,
nonostante
tutto la conosceva troppo bene per aspettarsi una reazione del genere,
ma
sperava che almeno le avesse dato l'opportunità di spiegarsi.
-
Kate,
prova almeno ad ascoltarmi!- supplicò con la voce spezzata
-ti
ho già
detto che non mi interessa- ringhiò Kate sotto lo sguardo
affranto di Joe che
sapeva quanto stesse soffrendo la ragazza nonostante le sue parole dure
-va
bene-
si arrese Ronnie con un sorriso triste -ti capisco, ora forse e meglio
che me
ne vada-
-oh
bene,
almeno ora posso guardarti mentre mi volti le spalle-
Quella
fu
la goccia che fece traboccare il vaso. Ronnie sapeva che era dalla
parte del
torto e non aveva alcun diritto di arrabbiarsi o fare scenate, ma
quelle parole
la ferirono nel profondo e, si sa, quando si è arrabbiati si
dicono cose che
non si pensano.
-io
non ti
ho mai voltato le spalle!- scoppiò - forse invece di dare la
colpa a me
avresti
potuto cercare di capire invece di far finta di niente, se me ne sono
andata è
stata colpa anche dei vostri sguardi dispiaciuti! come credi che mi
sentivo
quando vi sentivo parlare di nascosto di me e di come stavo affrontando
male la
situazione?!-
Kate
spalancò gli occhi come impazzita -non ci provare nemmeno!-
urlò puntandole un
dito contro -non provare a rigirare la frittata! Ma d'altronde
è sempre stato
così no? Oh povera piccola Ronnie, si comporta
così perchè i genitori sono
assenti, perchè nessuno la capisce, ma fammi il piacere!-
-bene-
digrignò i denti Ronnie -sto scoprendo più cose
di te stasera di quanto ne
abbia mai sapute in dieci anni di amicizia!-
-oh,
io
invece le ho scoperte quattro anni fa-
Ronnie
annuì sorridendo sarcastica, era un sorriso nervoso il suo.
-credo
che
tu abbia ragione, non abbiamo niente da dirci- voltò le
spalle e si avviò a
passo spedito tra la folla
Sentì
Joe
chiamare il suo nome, ma non si fermò, ne
rallentò il passo mentre i suoi occhi
si riempivano di lacrime. Kate, la sua Kate, per colpa sua ora l'odiava.
Era
stata
una stupida, e Kate aveva perfettamente ragione, come aveva potuto
lasciarle
senza nemmeno una parola? E come pretendeva di risistemare le cose?
Aveva
sbagliato troppo, troppe cose, per cercare di rimediare, non poteva
fare niente
e Kate e Lexus non l'avrebbero mai perdonata.
Si
faceva
spazio tra la folla a gomitate, ora voleva solo andare il
più lontano possibile
da lì, avrebbe mandato un sms a Jamie spiegandole brevemente
l'accaduto, era
sicura che lei avrebbe capito, ancora.
-oh,
scusami!- trillò una ragazza dopo averla praticamente
buttata per aria, ma
Ronnie non ci fece nemmeno caso, stravolta com'era.
Con
un
gesto della mano fece capire alla ragazza che non importava e stava per
riprendere la sua marcia determinata verso l'uscita quando la ragazza
la bloccò
ancora.
-hei,
ma
io ti conosco!-
Ronnie
si
voltò scocciata verso la ragazza per liquidarla, per dirle
che era impossibile
la conoscesse visto che erano solo un paio di giorni che era a Los
Angeles ed i
suoi occhi si fissarono in quelli di lei.
Dove
l'aveva già vista?
Voglio
una colla per sentimenti che aggiusti tutto anche i momenti
che attacchi a quello da cui mi son staccata amici e amanti voglio
aggiustarmi
Colla colla Spara spara La felicita' La felicita'
( Colla
- Prozac+ )
*
*
*
Buooooooon
pomeriggio a tutte! (Fa molto Barbara D'urso, lo so :S)
Come state? Vi è piaciuto il capiiiitolo?! a me no,
ovviamente .-. Questo è stato solo un
assaggio di quello che accadrà alla festa di Jamie e Tyler
*O* perciò
preparatevi psicologicamente u.u
ad ogni modo, volevo chiedervi una cosa. Una ragazza mi ha detto che
non le
piace molto il fatto che abbia introdotto anche Joe e Kate nella
storia,
insomma lei preferirebbe che l'attenzione fosse centrata su Nick e
Ronnie, voi
cosa ne pensate?
Da come avrete sicuramente notato questa storia è
"strutturata" in
modo diverso da Let me under your skin, nel senso che tratta anche di
altre
cose, anche se ovviamente in modo superficiale, per ampliare un
pò il quadro.
Credete che questo distragga un pò dal "nocciolo" della
questione?
Fatemi sapere u.u
Al prossimo capitolo. Vi amo sempre e comunque <3
|
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Capitolo 8 *** wondering if we still belong ***
capitolo 7
Nick era
lì
fuori da più di venti minuti ormai, tempo in cui aveva
inutilmente provato a
rintracciare Tyler, ma a quanto pareva il ragazzo era svanito nel nulla.
Il motivo
principale per cui voleva parlare con Tyler non era solo il suo
preoccuparsi
per le sorti dell’amico, per niente, la sua intenzione era
quella di parlare
con Jamie per chiederle quando sarebbe arrivata Ronnie, almeno
così si sarebbe
preparato psicologicamente.
Ma per
quanto ne sapeva lui i due potevano anche essere stati inghiottiti da
un buco
nero.
Proprio
quando stava per rinunciare e dichiarare i suoi amici ufficialmente
dispersi,
sentii un grande applauso levarsi dalla folla e Jamie e Tyler entrare
sorridenti.
Almeno erano
vivi.
Facendosi
spazio tra la folla, talvolta anche in modo poco carino spingendo qua e
la,
riuscì ad arrivare a Tyler e Jamie che erano accerchiati da
mille persone
intente a fargli gli auguri.
-Nick!- lo
salutò Tyler liberandosi da un ragazzino biondo
dall’aria annoiata
-hei ce
l’avete fatta!-
Tyler prese
una mano di Jamie strattonandola leggermente e salvandola da una
ragazza dalla
parlantina isterica
-la
perfezione richiede tempo- sorrise Tyler verso Jamie facendola
ridacchiare
Guardando
Tyler e Jamie assieme erano tante le cose che si potevano notare, si
poteva
notare per esempio come lui pendesse dalle labbra di lei ogni volta che
pronunciava una parola, quanto erano perfetti assieme, quanto erano
stati bravi
a costruire giorno dopo giorno un rapporto così solido e
veritiero, ma quello
che più notava Nicholas era quanto quei due fossero felici e
la loro felicità
esplodeva mostrandosi anche nelle piccole cose, nei loro sorrisi, nelle
loro
carezze, nel modo in cui si guardavano, era così evidente.
Ed ogni
volta Nick non poteva fare a meno di chiedersi se anche lui un giorno
avrebbe
trovato quella felicità.
-sei
già
qui- sorrise Jamie verso Nick che la guardò sarcastico
-sono
già
tutti qui Jamie, siete in abbondante ritardo-
-lo so, lo
so e…sono
tutti qui?- chiese la ragazza con uno sguardo eloquente
che il ragazzo
capì al volo
-non
l’ho
ancora vista- sussurrò Nick imbarazzato, cavolo era
lì con la sua ragazza non
avrebbe dovuto interessargli minimamente di lei!
Jamie
sospirò visibilmente nervosa, sperava tanto che Ronnie
venisse –beh, Allie
dov’è?- chiese poi Tyler allegro cambiando
argomento
-è
dentro
con gli altri-
-andiamo a
salutarli, no?- sorrise Tyler e Jamie annuì debolmente
avviandosi verso la sala
-se Ronnie
non viene credo che la prenderà male- sussurrò
Tyler per non farsi sentire
Nick
annuì
convinto –molto
male-
Riuscirono a
farsi spazio tra la folla fermandosi qua e la mentre Jamie e Tyler
salutavano i
loro amici –non credevo di conoscere tanta gente-
sospirò Jamie dopo aver
salutato l’ennesimo gruppetto di persone che si era accalcato
attorno a loro
Nick
continuava a guardarsi in giro cercando la testolina bionda di Allie,
ma non
era certo facile trovarla tra tutta quella gente.
Fece qualche
altro passo e finalmente la vide proprio di fronte a se di spalle,
mentre
sembrava intenta a parlare con qualcuno –ecco Allie!-
esultò felice come se
avesse trovato un ago in un pagliaio.
Sorridente
si avviò verso la ragazza, ma a qualche centimetro di
distanza si bloccò di
scatto facendo sbattere Tyler diritto contro la sua schiena
–che diavolo…?-
Jamie,
confusa, si sporse per guardare nella stessa direzione di Nick e per
poco non
svenne.
Non era
possibile.
Gli occhi di
Nick erano fissi su un punto preciso davanti a lui. Improvvisamente non
gli
interessava più di sapere dov’era Allie, non dava
peso alle persone che lo
spintonavano per passare o al fatto che la sua reazione non avrebbe
dovuto
minimamente essere quella, e non gli interessava nemmeno lontanamente
fingere
un minimo di contegno quindi lasciò tranquillamente la sua
mascella libera di
cadere mentre il suo cuore perdeva un battito e i suoi occhi sembravano
appannarsi.
Non
importava più niente ora che avanti ai suoi occhi aveva lei.
Deglutì
incapace di fare altro mentre la studiava con un attenzione degna di un
artigiano con la sua opera migliore.
Nick era
come ipnotizzato da quella ragazza dai capelli più chiari di
come li ricordava
e dai lineamenti più adulti e seri. Si sorprese quando si
rese conto che
nonostante i suoi cambiamenti la ragazza lo incantava proprio come
qualche anno
prima.
Poi, come
richiamata dal suo sguardo fisso su di lei, Ronnie distolse lo sguardo
da Allie
puntando i suoi occhi verdi in quelli di Nick, che improvvisamente vide
il suo
mondo, quello che con fatica aveva costruito in tre anni, crollargli
addosso e
si sentì nuovamente perso.
*
* *
-ma certo,
tu sei quella ragazza che ho incontrato in ascensore l’altro
giorno! Io sono
Allie Cooper ricordi?-
Ronnie
continuava a guardare la ragazza di fronte a lei con aria dubbiosa, poi
improvvisamente si illuminò – ma certo, tu sei la
figlia del signor Cooper!-
Allie
sorrise annuendo –com’è andato il
colloquio?-
-molto bene,
grazie, comincio lunedì- cercò di sorridere a sua
volta, ma non le riuscì molto
bene, aveva nella testa ancora le parole dure di Kate di poco prima
-mi fa
piacere-
Ronnie
alzò
un angolo della bocca, quantomeno per cercare di migliorare la sua
faccia da
funerale, e si chiese cosa ci facesse Allie lì, che fosse
una nuova amica di
Jamie?
-sei
un’amica di Jamie?- chiese la ragazza dando voce ai suoi
pensieri,
probabilmente stava pensando la sua stessa cosa
-si-
annuì
Ronnie –un’amica di vecchia data- stava per
rigirarle la domanda quando
improvvisamente ebbe una strana sensazione, quella terribile che ti
viene
quando qualcuno ti osserva insistentemente.
Ronnie
distolse lo sguardo dal viso della bionda puntandolo poco dietro di lei
e
rimase letteralmente paralizzata.
A qualche
metro da lei, alle spalle di Allie, Nick restava immobile come una
statua di
cera, solo gli occhi si erano mossi spalancandosi quando Ronnie
l’aveva
guardato, come un bambino sorpreso con le mani nella cioccolata, ma il
suo
sguardo rimaneva fisso su Ronnie.
Ronnie che
in quel momento stava reprimendo l’istinto di gettarsi a
terra in preda ad una
crisi isterica.
Guardava
quegli occhi nocciola che la fissavano insistentemente e si sentiva
così
impotente,
cosa che le era capitata solo una volta nella vita e con la stessa
persona.
Improvvisamente
quegli anni passati lontani non erano mai esistiti, lei non era mai
stata in un
paese dall’altra parte dell’oceano, lui non era mai
partito per quel tour, lei
non aveva mai litigato con le sue amiche, i Jonas non si erano mai
sciolti.
Ed ecco che,
contro la sua volontà, Ronnie ritornò a quando
era una diciottenne spensierata
innamorata di una star. E a quella Ronnie venne più che
spontaneo sorridere al
ragazzo di fronte a lei.
Allie
guardò
Ronnie accigliandosi, rendendosi conto le ragazza si era distratta, si
voltò
seguendo lo sguardo di Ronnie e vide Nick a qualche metro da lei, con
al suo
seguito Jamie e Tyler. Allie pensò che
l’espressione sul viso di Ronnie fosse
dovuta alla presenza di Jamie e Tyler, per questo non fece minimamente
caso ne
al suo sorrisino ne al volto sconvolto di Nick.
-Hei siete
arrivati!- urlò Allie facendo sobbalzare Ronnie, che
riuscì a levarsi in tempo
il sorriso dalla faccia e distogliere lo sguardo da Nick che invece
pareva
essere ancora parecchio intontito
I tre non si
mossero subito, evidentemente sconcertati dalla situazione, ma per
fortuna
Tyler riuscì a dare uno spintone a Nick in modo discreto e
farlo smuovere.
Ogni passo
che il ragazzo faceva verso lei era un battito in meno per Ronnie, che
diavolo
le stava succedendo? Lei non era più la ragazzina innamorata
di Nick, non
più,
doveva tenerlo bene a mente.
-abbiamo
fatto un po’ tardi- commentò Tyler mentre gli
occhi di Jamie erano fissi sul
viso di Ronnie pronta a cogliere una sua qualsiasi reazione. Ronnie la
guardò
accigliata, non capendo.
-Vi avevamo
dati per dispersi- sorrise Allie ai due
-Hey!
È un
piacere vederti- sorrise Tyler sporgendosi verso Ronnie per abbracciarla
-anche per
me, davvero-
Lo sguardo
di Ronnie evitò attentamente il viso Nick, per passare a
quello di Jamie, che
le sorrise contenta –sono felice che tu sia venuta-
Ronnie
sorrise triste –oh beh almeno tu-
Jamie la
guardò accigliata –qualcosa mi fa intuire che tu
abbia già incontrato Kate-
Ronnie
annuì, nonostante le parole di Kate l’avessero
ferita profondamente, in quel
istante era ben concentrata su tutt’altro. Non poteva credere
che Nick fosse a
qualche passo da lei e che la stesse fissando da quando
l’aveva vista.
Era una cosa
davvero imbarazzante.
Col cuore
che le andava a mille si chiese cosa doveva fare, doveva voltarsi verso
di lui
e salutarlo? E cosa gli avrebbe detto? Hei ciao, come va?
Certo.
-E tu
dov’eri?!- squittì Allie buttando le braccia al
collo di Nick facendo distrarre
Ronnie dai suoi pensieri.
Un momento.
Allie che
buttava le braccia al collo di Nick?
Non fu
difficile per Ronnie raggruppare nella sua mente tutte le informazioni
necessarie per intuire quello che c’era da intuire.
Jamie le
aveva detto che Nick aveva una ragazza, Allie si era appena buttata tra
le sue
braccia. Allie era la
ragazza di Nick.
Riuscì
a
malapena a trattenersi dallo spalancare la bocca stupita mentre Jamie e
Tyler
osservavano la sua reazione.
Allie
passò
una mano tra i capelli di Nick, che ora non la guardava più
evidentemente in
imbarazzo, e Ronnie sentì un brivido correrle lungo la
schiena. Quante volte
lei stessa aveva fatto quel semplice gesto? E come si era sentita
quando lo faceva?
-oh Allie,
vedo che conosci già…- cominciò Jamie
sperando di staccare in qualche modo
Allie da Nick e porre fine a quella situazione imbarazzante, ma la
ragazza la
interruppe
-Veronica,
già! L’ho incontrata in ascensore quando sono
andata da mio padre qualche
giorno fa-
-da tuo
padre?- chiese stupita Jamie
-suo padre
è
il mio nuovo capo- spiegò Ronnie con una risatina isterica
che riuscì a non far
passare per tale
Nick, Jamie
e Tyler strabuzzarono gli occhi in contemporanea, la cosa avrebbe fatto
ridere
Ronnie se la situazione non fosse stata così tragica.
Prima Kate,
ora Allie e Nick, c’era qualcos’altro che poteva
accadere quella sera?
-Veronica,
lascia che ti presenti il
mio ragazzo-
A quanto
pare si.
Nick per
poco non si strozzò e decise, saggiamente, di prendere la
parola –io e Ronnie
ci conosciamo già-
Se il cuore
di Ronnie era a mille, appena sentì il ragazzo pronunciare
il suo nome con
tanta disinvoltura e delicatezza quasi non le scoppiò
l’aorta. Era una
sensazione davvero strana dopo tanti anni sentire il suo nome uscire
dalle sue
labbra. Uno strano formicolio allo stomaco si unì al suo
cuore palpitante
quando gli occhi di Nick incontrarono i suoi. Mai nessuno
l’aveva guardata così
intensamente.
Quegli occhi
nocciola la scrutavano attentamente, e sembravano andare
così a fondo che le
gambe le tremarono per un istante, incapace di sostenere tale peso.
-già-
fu
l’unica cosa che riuscì a sospirare
L’espressione
di Allie mutò da accigliata a consapevole del giro di
qualche secondo.
Allie sapeva
dell’esistenza di Ronnie, ed era stata sempre gelosa di
quello che lei era
stata per Nick, anche perché sapeva che se il ragazzo non
riusciva a darle il
100 per cento di se stesso era a causa di Ronnie. Ma da quello che
sapeva la ragazza era
bella che andata ormai, non doveva trovarsi in Francia o qualcosa del
genere?
Perché era di fronte a lei? Perché era a pochi
passi dal suo
Nick?
-beh non
c’è
bisogno di presentazioni allora- tagliò a corto la bionda
–tesoro,
perché non
andiamo a cercare Joe?- aggiunse strattonando Nick per una manica della
giacca
Il ragazzo
distolse a malincuore lo sguardo da Ronnie per voltarsi verso Allie,
che lo
guardava a sua volta con un’espressione eloquente.
L’ultima
intensione del ragazzo in quel momento era muoversi da lì,
ma effettivamente
la
situazione era abbastanza imbarazzante ed Allie gli stava offrendo una
mano per
tirarsene fuori. Dopo tutto l’alternativa era rimanere
lì a fissare Ronnie con
espressione da pesce lesso, e non era il caso.
-si-
sospirò
il ragazzo
-bene, ci si
vede in giro- sorrise Allie in direzione di Ronnie che si
sforzò di sorridere
in risposta.
Nick si
voltò ancora una volta verso Ronnie sussultando quando il
suo sguardo incontrò
quello della ragazza.
-ciao
Ronnie- la salutò voltandosi poi verso la folla prima che
potesse cambiare
idea, con Allie al suo seguito
-ciao-
sussurrò Ronnie quando Nick ormai era troppo lontano per
poterla sentire
Jamie non
aspettò un secondo di più per andare incontro
all’amica e poggiarle una mano
sulla spalla in segno di incoraggiamento –va tutto bene?- le
chiese mentre
Ronnie aveva l’espressione persa nel vuoto più
assoluto
La ragazza
scosse la testa per risvegliarsi dallo stato di trance in cui era
caduta e si
sforzò di sorridere verso Jamie –certo-
Era stato
davvero strano, ed imbarazzante.
Ronnie era
ancora troppo confusa per riuscire a capire quali emozioni stesse
realmente
provando, ma di una cosa era sicura, vedere Nick era
stato…elettrizzante, e
vederlo poi accanto a quella ragazza biondina così diversa
da lei in tutto e
per tutto le aveva fatto davvero una strana sensazione che non riusciva
a
spiegare nemmeno nella sua testa.
Ronnie era
ancora persa tra i suoi pensieri quando una voce calda e familiare le
arrivò
all’orecchio, confondendola più di quanto
già non fosse.
-oh, siete
qui! Vi stavo cercando dappertutto !-
Lexus.
Ronnie
guardò meravigliata la ragazza di fronte a se, rimanendo
sbigottita nel vedere
i cambiamenti che il tempo aveva portato a quella che era stata una
delle sue
migliori amiche. I capelli, una volta fucsia e voluminosi, ora erano di
un
castano chiaro che andava nel mogano e lisci come la seta, tutti i
piercing del
suo viso erano spariti ed anche il suo abbigliamento era molto
più sobrio rispetto
a come lo ricordava, nonostante la pochette zebrata e le scarpe a tono
dicessero il contrario.
Lo sguardo
di Lexus si fermò sul volto di Ronnie per qualche istante
–oh, ci sei anche tu-
commentò annoiata
Ronnie stava
per aprire bocca quando la ragazza, con un’ultima
occhiataccia, voltò le spalle
e fece per andarsene.
Lexus
proprio non riusciva a credere che Ronnie avesse avuto il coraggio di
presentarsi lì come niente fosse, cosa si aspettava, che
l’avrebbe accolta a
braccia aperte?
-Lex
aspetta!- urlò quasi Ronnie sorpassando Jamie e Tyler che
guardavano la scena
impotenti
-ti prego,
aspetta un secondo- continuò poggiandole una mano sulla
spalla nuda
Lexus si
voltò stupita scrollando via la mano di Ronnie
–che c’è?- sbottò
Ronnie
rimase colpita, per la seconda volta, dal tono duro
dell’amica –oh per favore,
almeno tu, dammi la possibilità di…-
-oh non
essere ridicola- ringhiò Lexus –non ti devo
proprio niente-
L’ultima
cosa che Ronnie vide di Lexus prima che si voltasse per andare via, fu
il suo
sguardo di ghiaccio, un misto tra delusione e risentimento.
La mora si
porto le mani al viso spingendo i polpastrelli sugli occhi. Non doveva
piangere, non lì.
-oh Ronnie-
le andò incontro Jamie poggiandole una mano sulla spalla
–mi dispiace davvero
tanto-
Ronnie fece
scivolare le mani dal viso, voltandosi poi verso Jamie –non
è colpa tua e nemmeno
colpa loro. Sappiamo benissimo entrambe di chi è la colpa-
Jamie le
rivolse uno sguardo dispiaciuto cercando di farle un sorriso.
Perché le sue
amiche non potevano cercare di ascoltarla almeno?
Ronnie
sospirò pesantemente –mi dispiace davvero tanto
Jam, ma non me la sento di
restare-
Jamie,
ancora una volta, fu più che comprensiva.
-Non
preoccuparti, ero così felice del tuo ritorno che non ho
pensato alle reazioni
di Kate e Lexus, mi spiace tanto- disse ancora una volta con sguardo
dispiaciuto
-sta
tranquilla- la rassicurò Ronnie, anche se in quel momento
aveva bisogno di
qualcuno che rassicurasse lei.
-vedrai che
gli passerà- sorrise Tyler
-lo spero-
sussurrò Ronnie mentre sentiva le lacrime salirle nuovamente
agli occhi
-ora devo
andare- aggiunse con voce tremante e Jamie capì al volo il
bisogno dell’amica
di andare via di lì
-certo-
annuì –ci sentiamo in questi giorni- la strinse
forte a se per poi lasciarla
andare lentamente
Ronnie
sorrise a lei e Tyler per poi catapultarsi verso l’entrata.
La folla
sembrava essersi triplicata, tutti la spintonavano qua e la facendole
venire un
terribile senso di claustrofobia, improvvisamente l’uscita
del locale sembrava
così lontana.
Gli occhi le
si riempirono di lacrime, voleva solo uscire da lì dentro,
andare lontano da
quella situazione orribile.
Voleva non essere mai partita.
Finalmente
riuscì a raggiungere l’uscita, si
riempì i polmoni di aria fresca come un
nuotatore stato in apnea per venti minuti. Prima di attraversare la
strada si
fermò qualche istante sul marciapiede, con gli occhi
così offuscati dalle
macchine non sarebbe stata in grado di vedere nemmeno il golden gate,
ma
avrebbe anche potuto attraversare alla ceca, dopo tutto, cosa aveva da
perdere?
Era sola
ormai.
Abbassò
lo
sguardo mentre le lacrime calde le scendevano lungo il viso contro la
sua
volontà. Da quanto tempo non piangeva? Da quanto tempo non
si sentiva così
persa?
Abbassò
il
viso passandosi nervosamente una mano sulla guancia. Non doveva
piangere, non
ancora, era questo che si era ripromessa tre anni prima.
Sotto i suoi
occhi, come per magia, una mano le allungò un fazzoletto di
carta bianco.
Ronnie si asciugò di fretta le lacrime, per quanto servisse,
alzò il voltò in
direzione del proprietario del fazzoletto e, nonostante i lineamenti
sfocati a
cause delle lacrime, riuscì a conoscere al volo il ragazzo.
-grazie Joe-
afferrò il fazzoletto tirando su col naso come faceva quando
era bambina
Joe si
affiancò alla ragazza guardando assieme a lei un punto
indefinito di fronte a
loro –eri tutto per loro- cominciò con un sospiro
–io c’ero quando tu te ne sei
andata, e Kate era…- strizzò gli occhi, non era
piacevole ricordare quel
periodo. Kate che lo chiamava nel bel mezzo nella notte singhiozzando,
leggere
ogni giorno negli occhi di Nick la delusione e lo smarrimento totale,
era stato
orribile –…era distrutta-
Ronnie
annuì
in silenzio, di certo quello non l’aiutava a fermare le sue
lacrime.
-mi…odiano…-
il suo fu un lamento
-Sai, una volta
ho letto in un libro che devi amare qualcosa prima di poterlo odiare-
Ronnie fece
un piccolo sorriso triste al suono delle parole di uno dei suoi
scrittori
preferiti –non credevo ti piacesse Sparks-
Joe sorrise
alla ragazza –ti perdoneranno vedrai, voi non siete capaci di
stare separate-
Il ragazzo
le lasciò una leggera carezza sul capo prima ti voltarsi e
tornare dentro prima che
gli altri venissero a cercarlo.
Ronnie
sospirò sentendo tutta la malinconia assalirla e formarle un
groppo in gola
impedendole di respirare.
Come poteva
recuperare la fiducia delle sue amiche?
*
* *
Scusatemi,
davvero, vi ho fatto aspettare tanto per questo incontro e poi
l'ho scritto una schifezza! Non sapete quante volte ho
immaginato questo incontro nella mia mente e non sapete che sconforto
rendersi conto di essere totalmente incapaci nello scriverlo!
Perdonatemi,
mi vergogno tantissimo, davvero .-.
Ringrazio
Eleonora per il suo continuo sopportarmi nei miei momenti di
sconforto pre-scrittura e per le mille idee che mi passa, e
Soriana, la cui utilità è stata
compresa da me dieci minuti fa, che crea gli stupendissimi blend che
sono ad inizio pagina e che è un brutto panda lardoso *O*
Puzzate, sappiatelo ùù
Al
prossimo, vi amo!
|
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Capitolo 9 *** No Air ***
Finalmente
ce l’ho fatta!
Scusatemi ma
questi giorni sono tremendi per me, tra 21 giorni mi aspetta
l’esame di stato
:S non vedo l’ora
di farlo e sparire da
quella scuola! Ma per farlo devo studiare, quindi capirete che sono
molto
impegnata .-.
Ad ogni
modo! Come sapete io soffro di perdita di memoria a breve periodo e nel
capitolo scorso ho dimenticato di dirvi che c’è
una sorpresa per voi *_* Alcune
l’anno già visto sulla mia pagina,
ma chi non ha FB può vederlo QUI!
Spero vi
piaccia *__*
Buona lettura!
Here
comes the sun
Here comes the sun
And I say it’s all
right
(Beatles
– Here comes the sun)
Ronnie era
davvero stanca.
Sarebbe
rimasta con la testa schiacciata nel cuscino per sempre se non fosse
stato per
quel fastidioso ronzio che continuava a invaderle le orecchie
disturbando il
suo sonno.
Allungo il
braccio destro sul comodino finché le sue dita non trovarono
l'oggetto vibrante
che produceva quel terribile rumore, afferrò il cellulare e
senza nemmeno
guardare lo schermo lo portò all'orecchio biascicando un “pronto” molto
assonnato.
-buongiorno
bichita- una voce calda e profonda la travolse facendole sentire uno
strano
calore rassicurante, le sue labbra si stesero in un sorriso prima
ancora di
aprire gli occhi -buongiorno a te- sorrise mettendosi stesa su un lato
-allora,
com'è andato il primo weekend nella madre patria?- Ronnie
sbuffò scostandosi i
capelli dal viso e mettendosi più comoda, da dove poteva
cominciare? Dalla
disastrosa festa di Jamie o dalla divertentissima domenica sera
trascorsa a
casa in compagnia di un enorme gelato al cioccolato?
-non tanto
bene- rispose con una smorfia che però il ragazzo non
poté vedere
-vedrai che
andrà meglio- cercò di rassicurarla
Ronnie si
strinse su se stessa portandosi le gambe al petto, l'ultima cosa che
pensava in
quel momento era proprio che le cose sarebbero potute andare meglio.
-quando
vieni qui?- la voce bassa e lamentosa di Ronnie arrivò ad
Angel che nonostante
l’evidente tristezza della ragazza sorrise, contento che lei
avesse bisogno di
lui -presto piccola, presto-
Ronnie chiuse
gli occhi rassicurata da quelle parole, quello di cui aveva
più bisogno in quel
momento era proprio di un amico -a che ora devi andare a lavoro?-
Ronnie si
acciglio non capendo poi con uno scatto si alzò dal letto
spalancando gli occhi
portandoli poi alla sveglia sul comodino -tra un'ora!- urlò
Angel
dall’altro lato ridacchiò –ti conviene
sbrigarti allora-
-direi di
si- rispose Ronnie cercando di liberarsi da un lembo di lenzuolo che si
era
particolarmente affezionato alla sua caviglia.
Dopo aver
combattuto
col lenzuolo e salutato Angel con la promessa che si sarebbero
risentiti la
sera, Ronnie corse in bagno per prepararsi.
Fare tardi
al suo primo giorno di lavoro non era una delle sue prerogative.
Per qualche
volontà divina riuscì a prepararsi ed arrivare in
tempo, anzi, addirittura
prima del tempo previsto.
Le porte
dell'ascensore si aprirono davanti a lei che entrò guardando
l'orologio che
portava al polso, poco dopo si riaprirono e Ronnie uscì
facendosi coraggio.
Il primo
giorno di lavoro è sempre il più difficile, non
conosci nessuno e sei così
preoccupata di fare buona impressione, di controllare ogni minimo
gesto, che
quasi ti senti un'altra persona.
Ronnie
ripercorse lo stesso corridoio che aveva attraversato qualche giorno
prima con
Allie.
Allie.
Scosse la
testa, non era certo il momento di pensare a quello.
-buongiorno-
salutò la signora all'entrata che, come la prima volta che
l'aveva vista, era
immersa in un cumulo di carte, sembrava non si fosse mai mossa da
lì.
Arrivata di
fronte alla porta del sig. Cooper si sistemò la maglia prima
di bussare.
-avanti-
rispose quasi istantaneamente e Ronnie si fece coraggio aprendo la
porta
lentamente.
-oh veronica-
il sig. Cooper l'accolse alzandosi e rivolgendole un sorriso amichevole
-buongiorno-
ora che Ronnie
sapeva che il suo capo
era il padre di Allie, non poteva fare a meno di notare le somiglianze
tra i
due, dai capelli chiari, alle labbra rosse come ciliegie, fino gli
occhi verde
muschio.
-allora-
cominciò Leonard invitando Ronnie a prendere posto ad una
delle sedie poste di
fronte alla sua scrivania -pronta per il primo giorno di lavoro?-
-si- rispose
la ragazza prendendo posto -anche se sono un po’ agitata-
-non deve
esserlo signorina, sono sicuro che si troverà bene qui-
Ronnie
annuì
sforzandosi di fare un sorriso mentre qualcuno bussava leggermente alla
porta.
-avanti-
alzò la voce Cooper puntando gli occhi alle spalle di Ronnie
Ronnie si
voltò a sua volta osservando la porta aprirsi lentamente e
poco dopo un uomo
apparve sulla soglia.
-Johnny, che
tempismo, vieni entra pure!- Cooper si alzò e Ronnie fece lo
stesso di
riflesso.
Johnny, Ronnie
capì subito che tipo era.
Con i
capelli lunghi fino alle spalle, gli occhi a mandorla, l'espressione
furba ed
un fisico asciutto, la sua camminata fluida da cui traspariva
sicurezza.
Il classico
sciupa femmine, le ricordava terribilmente Angel.
-buongiorno
Leonard- anche la voce calda lasciava intendere che qualsiasi donna,
forse
anche uomo, gli sarebbe caduta ai piedi senza tentennamenti -e
buongiorno anche
a te- un sorrisino furbo gli si formò sulle labbra quando il
suo sguardo si
posò su Ronnie
-Johnny lei
è Veronica, la tua nuova discepola-
annunciò e Johnny si voltò verso di lei
squadrandola dalla testa ai piedi,
facendola sentire terribilmente in imbarazzo.
-Johnny
sarà
il tuo mentore- aggiunse poi rivolto a Ronnie -ti spiegherà
tutto quello che
c'è da sapere, per qualsiasi cosa puoi rivolgerti a lui-
Ronnie
annuì
e poco dopo Johnny le allungò una mano -è un
piacere averti nel mio staff,
Veronica-
Ronnie gli
strinse la mano -è un piacere per me, signore- Johnny
sorrise poi si voltarono
entrambi verso Cooper che li guardava compiaciuto.
-beh? cosa ci
fate ancora qui?- chiese con naturalezza -il tempo è denaro,
andate su- aggiunse
con un cenno della mano
I due
salutarono il loro capo ed uscirono dall'ufficio -vieni, ti faccio fare
un giro
turistico-
Ronnie
seguì
Johnny luogo il corridoio che portava alla grande sala affollata che
aveva
attraversato poco prima -Leonard mi ha detto che ti sei laureata in
Europa-
Ronnie si
prese un attimo prima di rispondere -si, a Madrid-
-come mai
questa scelta?-
-volevo
studiare la lingua sul posto- mentì prontamente, di certo
non avrebbe
raccontato i fatti suoi a un perfetto sconosciuto.
Johnny si
limitò ad annuire ed i due entrarono nella grande sala.
-questi sono
i nostri traduttori migliori, alcuni di loro preferiscono lavorare a
casa, ma
molti trovano questo un ambiente ideale per lavorare-
Ronnie si
guardò in giro notando il caos che regnava in quella stanza,
guardò il ragazzo
sarcastica facendolo sorridere -non per tutti ambiente tranquillo
è sinonimo di
serenità- la ragazza sorrise a sua volta seguendo Johnny
luogo un corridoio che
non aveva mai notato prima adiacente a quello che portava
all’ufficio del Sig.
Cooper.
Il corridoio
era identico all’altro, c’erano una decina di porte
sulla destra e sulla
sinistra ad una distanza di tre, quattro metri tra di loro, tutte
terribilmente
uguali, solo il nome sulla targhetta le distingueva.
-Qui invece
è dove lavorano i nostri redattori- spiegò
fermandosi poi di fronte ad una
delle porte dove era affisso il nome “Radke”.
-questo
sarà
il nostro ufficio- Ronnie guardò accigliata il ragazzo
mentre questo apriva la
porta e si faceva di lato per farla passare.
L’ufficio
era ampio, con una scrivania al centro e, grazie alla grande finestra
sulla
sinistra, la stanza era ben illuminata.
Il muro
dietro la scrivania era interamente di vetro, dietro di esso delle
tapparelle
color grigio topo impedivano di vedere all’interno, la porta
di ferro grigia a
destra della vetrata non si accordava affatto all’arredo
classico del resto
dell’ufficio.
-quello
è il
mio ufficio- spiegò Johnny indicando la porta di ferro
–mentre qui lavorerai
tu- aggiunse indicando la scrivania in mogano.
Ronnie era
un po’ confusa.
Quando
lavorava a Madrid il suo unico capo era Susan ed il suo compito era
quello di
tradurre scritti. Ovviamente non che le avessero mai affidato la
traduzione de “il nome della
rosa”, ma lì svolgeva il suo
lavoro.
Il fatto che
Cooper l’avesse affidata ad un altro responsabile le puzzava,
non voleva essere
una di quelle che prima di toccare un dizionario dovevano portare
caffè e fare
fotocopie per anni e anni.
-quale
sarà
il mio lavoro qui?- chiese prudente
Johnny la
guardò confuso –sei un interprete, no? Cosa vuoi
fare, tradurre-
Ronnie
sospirò interiormente.
-ovviamente
all’inizio ti affiderò articoli facili e quando
saprò che sei pronta ti
affiderò il tuo primo libro, ma andiamo per gradini-
Ronnie
annuì
sollevata, era proprio quello che si aspettava.
-se è
tutto
chiaro ora iniziamo a lavorare, quando accenderai il computer sul
desktop
troverai un documento, puoi iniziare con quello- si avviò
verso la porta di
ferro togliendosi la giacca.
-certo,
grazie signor Radke- sorrise Ronnie contenta
Il ragazzo
si voltò verso di lei con la mano sulla maniglia ed un
sorriso cordiale sulle
labbra –oh andiamo Veronica, avremmo si e no cinque anni di
differenza,
chiamami pure Johnny-
-va bene-
sorrise – lei mi chiami pure Ronnie- le uscì
spontaneo stupendosi poco dopo di
quello che aveva detto. Ronnie?!
-tu,
Ronnie, dammi del tu- e sparì nel
suo ufficio lasciando Ronnie col sorriso sulle labbra.
Come primo
giorno di lavoro non era andata niente male.
she broke my heart and you broke my
life too
she is bad because she broke up with me too
(A Vain
Attempt – You broke my
heart)
Ancora una
volta Nick era stato costretto a fare la cosa che più odiava
al mondo.
-non
capisco- disse per la centesima volta con uno sbuffo –gli
smoking sono tutti
uguali, non potevo farmene comprare uno da Allie ed indossarlo senza
questa
scocciante ricerca per i negozi?-
-vedi-
cominciò Kate al suo fianco –questo è
il motivo esatto per cui siamo qui.
Conoscendoti sotto la giacca indosseresti una camicia a quadri- scosse
la testa
tristemente
Joe
ridacchiò sistemandosi gli occhiali –rassegnati
fratello, ormai siamo qui-
Nick
alzò
gli occhi al cielo e si rassegnò avanti allo sguardo
divertito del fratello.
Joe aveva
tenuto sotto controllo ogni minimo gesto di Nick in quei giorni, dopo
l’incontro
con Ronnie non sapeva quali fossero state le sue reazioni.
Ci aveva
parlato, la sera stessa, ma Nick aveva giurato e spergiurato che andava
tutto
bene, che era rimasto un po’ scosso perché non la
vedeva da tanto tempo, ma
niente di più.
Ovviamente
Joe sapeva che Nick mentiva, ma per il momento non voleva indagare
oltre,
meglio lasciarlo alla sua inconsapevolezza.
D’altro
canto però Nick era tutto fuorché inconsapevole.
Da quando
aveva visto Ronnie, doveva ammetterlo, non faceva che pensarci giorno e
notte.
Era in totale confusione, non sapeva più cosa provava, non
sapeva se i brividi
che aveva sentito erano dovuti al ricordo di emozioni passate o
presenti.
Non sapeva
più niente.
Per il
momento affrontava la situazione attaccandosi ancora di più
a Allie, che era il
modo che più gli sembrava semplice, ma che era totalmente
sbagliato.
-Ecco,
è
questo- affermò Kate fermandosi avanti ad un negozio
–entriamo su-
Nick
seguì
la ragazza strusciando i piedi a terra come un bambino capriccioso.
-buongiorno-
li accolse una ragazza dai lunghi capelli biondi stretti in una coda
alta
Lo sguardo
della ragazza si soffermò qualche secondo su Kate per poi
spalancare gli occhi –oh,
lei è Katherine Sunders!-
Kate sorrise
compiaciuta –già e tu sei…?-
-Eveline, a
vostra completa disposizione- sorrise la ragazza
Kate
annuì
sorridente per poi voltarsi verso Nick –sei sicuro?- chiese
titubante
Nick
annuì
convinto, se proprio doveva indossare uno smoking, almeno voleva che
quello
smoking fosse stato creato da Kate.
Kate gli
sorrise voltandosi poi verso la ragazza spiegandole esattamente cosa
voleva.
Eveline tornò poco dopo con un abito che consegnò
direttamente tra le mani di
Nick.
Il ragazzo
guardò il vestito per qualche istante –va
benissimo- affermò poi
Kate
alzò
gli occhi al cielo e Joe ridacchio –va a provarlo, stupido!-
ordinò Kate
dandogli un leggero schiaffo sulla spalla.
Borbottando
Nick si avviò al camerino lasciando Joe e Kate da soli
mentre Eveline
girovagava per il negozio mettendo a posto qua e la.
Kate si
appoggiò al bancone guardando Joe che si fissava
insistentemente i piedi.
La ragazza
in quel giorni aveva notato che Joe era diverso, come se avesse perso
un po’ della
sua allegria. Per “in quei
giorni”,
ovviamente, intendeva il giorno in cui avevano incontrato Ronnie.
Giorno a cui
lei evitava di pensare con cura.
-va tutto
bene?- sussurrò al ragazzo facendogli alzare lo sguardo
verso di lei
-certo-
sorrise lui –perché me lo chiedi?-
Kate fece
spallucce -sei strano in questi giorni-
Joe
sospirò –e
solo che questa cosa di Ronnie…- sussurrò per
evitare di farsi sentire dal
fratello
Kate
annuì
comprensiva –sei preoccupato per lui-
Joe
annuì
puntando poi lo sguardo in quello di Kate –non solo per lui-
Kate
sbuffò
maledicendosi per aver tirato fuori quel discorso –io sto
benissimo-
-certo-
affermò lui alzando un sopracciglio
–perché ti sei comportata così male con
lei?-
Kate
alzò
entrambe le sopracciglia spalancando gli occhi –io.mi
sono. comportata. male?-
Joe
alzò gli
occhi al cielo –per quanto ancora pensi di poterle portare
rancore?-
-non lo so-
rispose Kate stizzita –pensavo a qualcosa tipo, per sempre!-
Joe
sbuffò –quanto
sei cocciuta!-
-puoi dire
quello che ti pare, la mia idea non cambierà ed ora vorrei
cambiare discorso se
non ti dispiace- ringhiò nel momento in cui Nick usciva dal
camerino
-non puoi
evitare il discorso per sempre, e lo sai –
sussurrò Joe
Kate avrebbe
cambiato idea prima o poi, Joe lo sapeva bene, quelle quattro erano
nate per
stare assieme, per essere una sola cosa. In vita sua non aveva mai
visto un
legame del genere e sapeva che quel legame avrebbe superato ogni cosa.
Facevano
l’una
parte dell’altra e per quanto Kate fingesse che non era
così anche lei lo
sapeva.
Doveva trovare
un modo, un modo per riavvicinarle.
*
* *
Che dire? Spero
vi sia piaciuto!
Mi astengo
dai miei soliti commenti questa volta ùù
Grazie come
sempre alle mie due merdacce che sopportano le mie crisi depressive e a
tutte
voi che mi seguite e che siete sempre entusiaste di ciò che
scrivo *O*
Vi amo!
|
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Capitolo 10 *** We're so close, yet so far apart ***
Ronnie
lanciò le chiavi della macchina sul tavolino
dell’ingresso chiudendo con un
piede la porta, dietro di se.
Finalmente a
casa.
Quella
giornata era strana, più del solito, si era svegliata
già stanca senza la
voglia di fare un bel niente. Anche Johnny se ne era accorto, era stato
lui
stesso a dirle di andare a casa un’ora prima del previsto.
Ronnie
raggiunse il salone strusciando i piedi a terra, buttò la
tracolla ai piedi del
divano per poi sedersi a peso morto su di esso rimbalzando un paio di
volte prima
di sprofondare con la testa tra i cuscini.
Anche se la
sua vita era un completo disastro, doveva dire che almeno a lavoro le
cose le
stavano andando più che bene.
Johnny era
una persona fantastica e nonostante lo conoscesse da una sola
settimana, stando
a contatto con lui otto ore al giorno, era riuscita ad instaurare un
rapporto
molto confidenziale ed aperto. Insomma niente rapporto del tipo
capo-dipendente.
Nonostante
ci tenesse molto alla sua vita lavorativa però, Ronnie non
riusciva ad essere
contenta nemmeno un po’.
Era riuscita
a vivere per ben tre anni senza le sue amiche, quei tre anni le erano
sembrati
liberatori e felici a tal punto che non voleva lasciare la sua vita a
Madrid,
ma solo ora che era tornata a casa si era resa conto che quei tre anni
erano
stati gli anni più bui e tristi.
Senza le sue
amiche la sua vita era senza colori, senza emozioni, vuota.
Ed ora che
aveva capito, o meglio, aveva ricordato che senza di loro proprio non
poteva
vivere, loro erano troppo lontane da lei, stavolta non fisicamente.
Le parole
dure di Kate e lo sguardo glaciale di Lexus erano impresse nella sua
mente e
nel suo cuore, non riusciva a non pensarci.
Il telefono
prese a vibrare nella sua tasca distraendola dal fluire dei suoi
pensieri.
C’erano
solo
due persone che erano interessate alla sua esistenza, una di queste era
Angel,
ma era improbabile che fosse lui dal momento che in Spagna erano circa
le
quattro del mattino in quel momento, l’altra era Jamie.
-Hei-
salutò
contenta Ronnie portando il cellulare all’orecchio
-Ron,
scusami se ti disturbo, sei ancora a lavoro?- domandò
timorosa
-tranquilla-
sorrise la ragazza - sono tornata prima a casa-
-come mai?
Non ti senti bene?- chiese subito apprensiva sapendo quanto piaceva a
Ronnie il
suo lavoro e che non avrebbe saltato nemmeno dieci minuti, figurarsi
un’ora.
-sto
benissimo, grazie, solo che oggi non avevo voglia di fare un bel
niente, anche
Johnny se n’è accorto e mi ha detto che potevo
andarmene anche un po’ prima
oggi-
-quel
ragazzo è un santo- Ronnie sorrise annuendo in silenzio
-beh, ti ho
chiamata per un motivo- ricominciò la ragazza
-sarebbe?-
chiese Ronnie curiosa sedendosi meglio sul divano
-quanto ci
metti per vestirti?-
-il tempo di
una doccia- rispose accigliata –cos’hai in mente?-
-tu vuoi
sempre chiarire con Lex e Kat giusto?-
-certo-
sussurrò continuando a non capire
-stasera ho
invitato tutti da me per una cena tra amici, che ne dici di venire?-
Ronnie
sorrise contenta che la parola amici comprendesse ancora anche lei, per
Jamie
almeno.
Ma il suo
sorriso non durò molto.
-non so se
è
una buona idea Jam- sospirò ricordando l’ultimo
incontro tra lei e le due
-come
sarebbe a dire? Non dirmi che ti sei già arresa!- quasi
urlò
Ronnie
sospirò –certo che no, solo che…-
-solo che un
bel niente- sbottò Jamie decisa come poche volte lo era
stata –non voglio
sentire ragioni, tu parlerai con Kate e Lexus, punto-
-fosse per
me l’avrei già fatto dieci giorni fa! Non posso
mica costringerle- protestò lei
-oh e quindi
la tua soluzione quale sarebbe? Restare chiusa in casa per il resto del
tuoi
giorni sperando che per una grazia divina loro tornino magicamente a
considerarti loro amica?-
-non sarebbe
male- commentò lei sarcastica
-non essere
stupida- borbottò Jamie
Jamie aveva
ragione, e Ronnie lo sapeva bene. Avrebbe dovuto insistere con quelle
due
finché non avrebbero deciso di darle
un’opportunità.
-hai
ragione- sospirò la ragazza rassegnandosi –devo
fare qualcosa-
-esattamente-
esultò Jamie contenta –e potresti iniziare col
venire da me tra un’ora circa,
ricordi ancora la strada di casa mia?- chiese sarcastica
-ah ah ah,
molto divertente- scosse la testa sorridendo –ci vediamo tra
un’ora- concluse
alzandosi dal divano
-benissimo-
sorrise Jamie dall’altro lato –oh
Ronnie…- disse poi ancora con voce incerta
-si?- chiese
la ragazza alzando la borsa dal pavimento ed avviandosi verso il piano
superiore.
-stasera, ci
sarà anche Nick-
-oh- disse
bloccandosi nel bel mezzo delle scale
-senza
Allie- aggiunse portandosi il pollice alla bocca, nervosa per
l’amica
-oh-
ripeté ancora Ronnie incapace di
dire altro
-quando
affronteremo questo discorso?-
Già,
quando
l’avrebbe affrontato?
Quando aveva
visto Nick quella sera, aveva sentito qualcosa dentro di se smuoversi,
doveva
ammetterlo. Ora il problema era: cosa? Cosa aveva sentito precisamente?
A
cos’era dovuta quella sensazione di totale smarrimento ma al
contempo
rassicurante e familiare che l’aveva fatta sentire
così bene per un istante?
Per un
istante, già, prima che si rendesse conto che Allie fosse la
sua ragazza.
Perché
pensare
a cosa provasse se era inutile? Nick ovviamente si era rifatto una vita
e lei
di certo non voleva distruggerla rivendicando un qualcosa che era stato
suo ma
che ora evidentemente non lo era più.
Doveva stare
al suo posto e impedire alla sua mente di fantasticare inutilmente.
-non
c’è
alcun discorso da affrontare Jam- sospirò Ronnie riprendendo
a salire le scale
–qualsiasi cosa ci sia stata tra me e Nick, è
passato ormai-
-qualsiasi
cosa?!- ripeté Jamie allibita –è
così che definisci la ragione per cui sei
scappata a Madrid per tre anni, qualsiasi cosa?-
Ronnie
alzò
gli occhi al cielo entrando nella sua stanza –Jam
verrò stasera alla festa,
farò tutto ciò che è possibile per
recuperare l’amicizia con Kate e Lexus, ma
non metterti strane idee in testa, tra me e Nick sarà come
se non fosse
successo mai niente-
-perché
dici
così?!- si lamentò la ragazza
-perché,
nel
caso non te ne fossi accorta, lui ha una ragazza ed è
felice- rispose e quello
che ne seguì fu un lungo silenzio
-non hai
detto che non ti interessa più però-
esordì Jamie dopo un attimo
Ronnie
sbuffò pesantemente –piantala Jam, ci vediamo
stasera- e staccò la chiamata
prima che la sua amica potesse metterle in testa pensieri che in quel
momento
non voleva e poteva avere.
In quel
momento c’era una sola cosa a cui pensare: cosa fare con Kate
e Lexus.
I’m
lost and
scared to live this life
I
thought i’d always be strong
This
rage this dark side i don’t want to see
Lays
there... Lays there… lays there…
-mi dispiace
Allie ma non posso- spiegò per la decima volta Nick
scostando di poco il
telefono, che ormai era bollente
-Nick, spero
tu stia scherzando! Ti avevo detto di questa festa da un mese- la voce
isterica
di Allie arrivò a Nick che sospirò sconfortato
Era vero.
Più di un mese fa, mentre erano a cena in uno dei
costosissimi ristoranti di
Los Angeles, Allie gli aveva detto che Francis, sua cugina, avrebbe
dato una
festa per il suo compleanno ed essendo una sua fan, Allie voleva farle
una
sorpresa portando Nick come invitato speciale.
Non era
colpa del ragazzo però se la stessa sera Tyler e Jamie
l’avevano invitato a
cena da loro con il resto dei ragazzi.
Oltretutto
Nick preferiva di gran lunga una cena tranquilla a casa di Jamie
piuttosto che
una serata al centro dell’attenzione di mille ragazzine
urlanti.
-non puoi
andare lì da solo!- urlò ancora Allie
-non credevo
avessi bisogno di una babysitter- rispose lui allibito
Allie
sospirò stizzita –sai benissimo qual è
il problema-
Nick
sospirò
a sua volta, lo sapeva benissimo.
Quella sera
ci sarebbe stata anche Ronnie. Ronnie per la quale lui e Allie avevano
già
litigato una decina di volte da quella sera in cui l’avevano
incontrata e
nonostante Nick le avesse detto più e più volte
che la sua era una gelosia
infondata, Allie pareva non arrendersi ed ogni volta che saltava in
mezzo il
discorso “matrimonio Jamie” lei non poteva fare a
meno di dichiarare il suo
disappunto sulla presenza di Ronnie.
Presenza che
tra l’altro a Nick non dispiaceva affatto e il ragazzo aveva
il sospetto che
Allie l’avesse capito benissimo.
-è la
loro
migliore amica, è ovvio che ci sia anche lei cosa vuoi che
faccia?- chiese
spazientito
-non voglio
che tu ci vada- dichiarò con tranquillità
Nick
spalancò la bocca –spero che tu stia scherzando!
Non hai nemmeno un briciolo di
fiducia nei miei confronti? Cosa credi che potrebbe accadere, che di
colpo mi
accorga di essere innamorato di lei e cada tra le sue braccia?-
Si, era
proprio quello che pensava Allie.
-cosa
faresti tu al mio posto?- ribatté la ragazza
-ti lascerei
andare, ma a quanto pare tu non hai la minima fiducia in me, forse
è meglio che
ci risentiamo quando ti sarai calmata- sbottò e con un gesto
di stizza chiuse
la chiamata
“Non
voglio
che tu ci vada”. Assurdo! Nemmeno sua madre ormai gli diceva
cosa doveva o non
doveva fare, come poteva anche solo pensare una cosa del genere?!
Con il
nervosismo fino alla punta dei capelli Nick uscì dalla sua
camera sbattendo
violentemente la porta e scendendo le scale veloce come un lampo.
Entrò
in
cucina sperando che non ci fosse nessuno, ma le sue speranze svanirono
nel
momento in cui i suoi occhi si posarono su un Joe dall’aria
alquanto depressa
intento a fissare un bicchiere di latte avanti a se.
-ti ho visto
fare tante cose strane, ma questa di fissare il latte mi è
nuova- esordì
sarcastico Nick
Joe
alzò
lentamente lo sguardo dal tavolo guardando Nick annoiato. Al ragazzo
sembrava
che Joe avesse qualcosa di tremendamente psicopatico quel pomeriggio,
più del
solito ovviamente.
-ho un
problema- disse dopo poco Joe
Nick
ridacchio aprendo il frigo ed afferrando una bottiglina
d’acqua –uno solo?-
chiese sarcastico avvicinandosi al tavolo
Joe rimase
per qualche istante a fissare Nick con uno sguardo a dir poco
inquietante, poi
improvvisamente arricciò il labbro superiore facendo una
smorfia orribile e con
un lamento degno di un koala appena caduto dall’albero
abbandonò la testa sul
tavolo, in totale sconforto.
Nick
alzò
entrambe le sopracciglia guardando il fratello che continuava a
borbottare cose
insensate ciondolando la testa a destra e sinistra.
-che
problema hai?- oltre al tuo evidente problema psicologico,
pensò Nick
Joe
bofonchiò qualcosa ma il suono delle sue parole era attutito
dalle braccia
incrociate avanti a se in cui era sprofondato. Nick riuscì
ad afferrare solo le
parole “Kate” ed “idiota”.
-La vuoi
smettere di comportarti come un pazzo appena uscito dal manicomio e mi
dici cos’hai,
con calma- lo pregò Nick alzando gli occhi al cielo
Joe
sbuffò
alzando la testa dal suo rifugio sicuro e puntando il mento sul braccio
–mi
piace Kate, sono un idiota-
Nick sorrise
per poi avvicinarsi al fratello e sedersi accanto a lui –che
ti piace Kate lo
sapevamo già, che sei un idiota anche, qual è il
problema?-
Joe
socchiuse gli occhi guardandolo di traverso –tu non eri il
super macho
imbronciato? Da quando sei così simpatico?-
Nick sorrise
per un istante tornando poi serio –allora, glielo hai detto?-
Joe
scattò
dalla sedia come se qualcosa l’avesse morso da sotto al
tavolo, Nick ebbe la
tentazione di controllare, ma dopo qualche istante si rese conto che
era
semplicemente la pazzia del fratello.
-sei
impazzito?!- sbottò Joe spalancando gli occhi
Bene, ora
era lui il pazzo.
-calmati-
sussurrò Nick sconcertato
-calmarmi-
sputò lui con sdegno –tu non ti rendi conto della
gravità della situazione. Io
e Kate siamo amici, comprendi? Lei non dovrebbe piacermi, nemmeno un
po’!-
-ed ora che
sai che ti piace cos’hai intenzione di fare? Fingere che non
ti piaccia?-
chiese scettico Nick
Joe fece
schioccare la lingua con sdegno -esattamente!- rispose Joe con
naturalezza
avviandosi verso la porta –ed ora, vado a prepararmi-
aggiunse scomparendo su
per le scale
Nick scosse
la testa afflitto, sarebbe successo un bel casino tra quei due prima o
poi, ne
era certo.
Ma per il
momento doveva interessarsi al suo di casino.
Quella era
la sua serata, aveva l’opportunità di parlare con
Ronnie, da soli, di chiederle
tutto quello che avrebbe voluto chiedere in quegli anni.
Finalmente
le sue domande a vuoto avrebbero avuto risposta.
your
smiling
but where close to tears,
even after all these years
we just now got the feeling that where meeting
for the first time
Ronnie perse
un respiro profondo prima di allungare la mano fino al campanello e
trovare il
coraggio di bussare.
Quando aveva
visto quella casa era stato traumatico, forse più di quando
era entrata in casa
sua qualche giorno prima.
Guardando
quelle pareti rosa antico che si innalzavano avanti a lei non era stato
affatto
difficile tornare con la mente al suo passato, a quando tutto era
così maledettamente
perfetto. E non era stato altrettanto difficile rendersi conto che la
sua vita
ora era a pezzi, pezzi che stava affannosamente cercando di ricomporre.
-hei, sei
arrivata!- la salutò Jamie con un sorriso qualche istante
dopo aprendole la
porta
Ronnie si
limitò a rivolgerle un sorriso mentre Jamie le faceva spazio
per entrare.
-wow, qui
non è cambiato niente- constatò la ragazza
guardandosi in giro
-lo sai-
sorrise Jamie –i miei non sono persone propense ai
cambiamenti-
Assieme si
avviarono verso la cucina, da cui proveniva un odorino delizioso e alla
ragazza
venne spontaneo sorridere pensando che una volta era lei
l’addetta al cibo, ma
a quanto pare Jamie aveva imparato molto bene a farlo da se.
Entrò
in
cucina dove trovò due sagome a lei molto familiari, si
bloccò giusto un attimo
sulla soglia, prima di decidersi ad entrare.
-ciao-
salutò tentennante
Kate,
accanto al balcone con lo sguardo rivolto all’esterno perso
nel vuoto, si girò
rivolgendole uno dei suoi migliori sguardi di indifferenza
–ciao- rispose
alzando un sopracciglio
Lexus
alzò
un istante lo sguardo facendole un lamento per poi tornare a studiare
con
interesse le punte dei suoi capelli.
Almeno non
l’avevano sbranata.
Anche se a
dire la verità Ronnie l’avrebbe preferito di gran
lunga, avrebbe voluto che le
due le facessero una bella sfuriata e dopo si fossero calmate, avrebbe
persino
preferito che la prendessero a schiaffi, tutto tranne
l’indifferenza che
stavano mostrando in quell’istante.
Ronnie
sospirò voltandosi poi verso Jamie impegnata a controllare
che l’arrosto non si
fosse bruciato.
-posso
aiutarti in qualcosa?- chiese la ragazza gentile
Nemmeno il
tempo di finire di parlare che si sentì un risolino tra
l’isterico ed il
sarcastico provenire da Kate.
Ronnie si
voltò accigliata verso la ragazza –che
c’è?- chiese dubbiosa
Kate si
staccò dalla finestra dove era poggiata con una spalla e
lentamente fece
qualche passo verso Ronnie arrivando a poco più di un metro
da lei.
-sei davvero
ridicola- ringhiò
Ronnie
spalancò gli occhi –come?-
-come puoi
venire qui e far finta che non sia successo niente?! Sei
un’ipocrita- spiegò
sentendo le guance farsi sempre più calde
Ronnie
chiuse gli occhi cercando di controllarsi, era davvero stanca.
-cosa dovrei
fare secondo te?- sussurrò cercando di modulare la voce
-andartene!
Sei completamente fuori luogo qui-
Ronnie si
morse il labbro inferiore talmente forte che dopo qualche istante
sentì il
sapore del sangue sulla lingua.
Sapeva che
aveva sbagliato e lo aveva ribadito più e più
volte, ma perché Kate si
comportava così? Non poteva parlarle in quel modo, in nome
di quello che erano
state un tempo non poteva dirle quelle cose!
-Kate!-
urlò
quasi Jamie –Ronnie è qui perché
l’ho invitata io ed urlarle contro con
cambierà le cose-
-niente
potrà cambiare le cose, niente- rispose la ragazza tra i
denti mentre Ronnie
era completamente ammutolita
-Kate- la
richiamò Lexus fino ad allora rimasta immobile
–piantala, siamo qui per
trascorrere una tranquilla serata tra amici-
-appunto,
amici, non credo che lei si sia mai comportata da tale-
sbottò rivolgendosi
all’amica che alzò lo sguardo per puntarlo in
quello di Kate, seria.
-stai
esagerando, ora basta- disse con un tono di voce basso ed autoritario
Kate fece
schioccare la lingua portando le mani ai fianchi –fate quello
che vi pare- poi
spostò lo sguardo su Ronnie –ma non ti aspettare
niente da me- aggiunse per poi
andare a passo spedito verso la sala da pranzo.
Ronnie
sentì
la testa girarle vorticosamente, era davvero un casino.
Poi il suo
sguardo cadde su Lexus, che la fissava curiosa. Lexus che qualche
istante prima
contro ogni sua aspettativa l’aveva difesa contro Kate, che
fosse intenzionata
a perdonarla?
-non credere
che io ti abbia perdonata- disse di punto in bianco la ragazza capendo
al volo
i suoi pensieri –ma non dimentico il legame che
c’era tra noi- spiegò
nell’istante esatto in cui il campanello suonava
-sono
arrivati- disse Jamie per poi avvicinarsi a lei e poggiarle
delicatamente una
mano sul braccio –te la senti?- chiese premurosa
Ronnie
annuì
sforzandosi di fare un sorriso –prendo un po’
d’aria e vi raggiungo-
Jamie
annuì
sorridendo e dopo aver fatto un cenno a Lexus si avviò con
lei verso l’altra
stanza.
Strisciando
i piedi a terra Ronnie si trascinò fino alla finestra del
balcone aprendola e
lasciando che l’aria fredda le rinfrescasse il viso.
Guardò
l’immenso prato inglese che si estendeva di fronte a lei e
sospirò poggiandosi
con i gomiti alla ringhiera di legno.
Quante volte
da bambine si erano rincorse su quel prato tra grida e risa?
Abbandonò
la
testa tra le mani costringendosi a non piangere, doveva essere forte.
Ma come
poteva se si sentiva così sola? Kate, Lexus, Jamie erano
sempre state tutto per
lei, erano la sua famiglia ed ora che non c’erano
più si sentiva come quando
era bambina e i suoi la lasciavano da sola per andare in giro per il
mondo e
non avevano mai tempo per lei.
Con la
differenza che ora era tutta colpa sua.
Perché
era
stata così codarda? Perché non era rimasta
lì ad affrontare i suoi problemi da
persona matura?
Si era
illusa che la sua partenza per Madrid fosse dovuta alla sua esigenza di
cambiare aria, di vivere una nuova vita, ma solo ora si accorgeva che
lo aveva
fatto semplicemente per scappare dai suoi problemi, creandone
inconsapevolmente
altri ben più gravi.
Ma vivere
rimpiangendo il passato era inutile, non poteva starsene lì
a piangere sul
latte versato, doveva fare qualcosa ora, quando era possibile, doveva
fare
qualcosa per rimediare ora.
-ciao-
quella voce così bassa e familiare le arrivò alle
orecchie come il dolce
fruscio delle foglie il mese di ottobre
Il suo
cuore, la sua mente, smisero di pensare a Kate, Lexus, Jamie e chiunque
altro,
la sua mente si svuotò completamente.
-ciao-
rispose senza voltarsi sentendo i passi del ragazzo farsi sempre
più vicino
Nick le si
avvicinò poggiandosi a sua volta alla ringhiera, col braccio
a pochi centimetri
da quello della ragazza
Ronnie
guardò sott’occhio il ragazzo, facendo attenzione
a non muovere minimamente il
collo e il viso nella sua direzione, non voleva esporsi così
tanto.
Guardandone
il profilo Ronnie si rese conto che non era cambiato affatto in quegli
anni,
certo i capelli erano più corti, era più alto di
qualche centimetro e le sue
spalle sembravano più grandi di come le ricordava, ma il
viso, quello che
conosceva a memoria, quello che aveva accarezzato tante volte, quello
era
rimasto identico a come lo ricordava.
E questo non
la aiutava affatto.
-di la mi
hanno chiesto di venirti a chiamare per la cena- disse il ragazzo
guardando di
fronte a se
Ronnie
annuì
sbuffando, non aveva alcuna voglia di tornare dentro.
-allora-
cominciò il Nick –cos’hai fatto in tutti
questi anni?-
Ronnie si
voltò di scatto verso il ragazzo, studiandolo con attenzione.
“niente
di
meglio per rompere il ghiaccio! Sei un idiota”,
pensò il ragazzo sconfortato, l’improvvisazione
non era il suo forte, ma con quello che era successo con Allie non
aveva avuto
il tempo per pensare a cosa dirle. Ed ora si trovava accanto a lei, da
soli, e
senza la minima idea di dire.
-s-sono
stata…ho lavorato a…Madrid- era assurdo come quel
ragazzo riuscisse ad
abbassare tutte le sue difese, nonostante fossero passati anni era
ancora l’unica
persona che riusciva a farla sentire in imbarazzo.
-capisco-
annuì il ragazzo –spero tu abbia trovato quello
che cercavi lì, qualsiasi cosa
fosse-
Nick
guardò
Ronnie abbassare la testa e sorridere sarcastica
–già- rise –tu invece
hai trovato quello che cercavi qui- sussurrò
poi seria
Nick avrebbe
risposto se solo non si fosse incantato su quelle labbra rosse e
carnose e non
si fosse perso dentro quegli occhi così unici e particolari
e, Dio, su quel
viso pallido come la luna incorniciato dai lunghi capelli neri.
Quella
ragazza lo faceva impazzire.
Era sempre
stato così, l’aveva fatto impazzire quando
l’aveva vista la prima volta in
quella casa, quando l’aveva vista nella sua aula, quando
aveva accettato il suo
invito ad uscire per la prima volta, quando l’aveva baciato e
si, l’aveva fatto
impazzire anche quel giorno, quando il cielo era grigio come il suo
cuore,
quando con un bacio gli aveva detto addio. E lo stava facendo di nuovo,
a
distanza di anni.
-ho saputo
che…le cose con Kate e Lex…non vanno
molto…bene- balbettò cercando di distrarsi
Ronnie
abbassò di nuovo lo sguardo con espressione afflitta e a
Nick venne così tanta
voglia di stringerla e confortarla che dovette stringere le dita al
pezzo di
legno per trattenersi.
-mi merito
tutto, avrei dovuto…- si interruppe guardando il ragazzo
-avresti
dovuto…?- ripeté lui
-avrei
dovuto rifletterci meglio e sarei dovuta rimanere qui-
sussurrò Ronnie
guardando Nick dietro le sue lunghe sopracciglia
Nick che, di
fronte a quello sguardo, ebbe un vuoto di memoria. Di cosa stavano
parlando?
-non bisogna
mai pentirsi delle proprie scelte- affermò una volta
ripresosi –inoltre lì
avrai conosciuto persone speciali, che ti avranno segnato in qualche
modo.
Insomma, avrai una persona speciale lì-
Aveva una
persona speciale? Era quella la domanda che lo tormentava.
La stessa Allie
aveva affermato di non saperne nulla, non aveva ancora toccato
quell’argomento
con Ronnie, ma questo non significava che lei non avesse un ragazzo.
Erano
passati quattro anni dall’ultima volta che si erano visti, e
una ragazza del
genere non rimaneva da sola per più di un mese.
Ronnie
voltò
il corpo completamente verso Nick poggiando un gomito solo e spostando
il peso
su una gamba –cos’è- cominciò
con espressione divertita ed un sorriso che le
curvava le labbra –un modo carino per chiedermi se ho un
ragazzo?-
Nick
curvò
un lato delle labbra formando uno dei suoi sorrisi enigmatici,
voltandosi a sua
volta verso la ragazza –sei sempre stato un tipo molto
intuitivo-
La risata
che seguì fu come il suono dei violini a parere di Nick, mai
aveva sentito
niente di più bello, nemmeno la sua canzone preferita.
-non
c’è
nessuno- rispose Ronnie continuando a sorridergli
Nick
annuì
mentre dentro di se la sua mente ed il suo cuore si spaccavano in due,
una
parte era contenta per quello che aveva appena sentito, ma
l’altra era in
totale confusione.
Perché
era
così contento per quello che aveva appena detto la ragazza?
Non avrebbe dovuto
minimamente interessargli.
E
cos’erano
quelle cose che sentiva? Dopo quattro anni non poteva provare ancora
quello che
credeva stesse provando in quel preciso istante.
Lui aveva
una ragazza, doveva pensare a lei in quel momento, diamine!
-andiamo
dentro?- propose alla ragazza staccandosi dal balcone e facendo qualche
passo
verso la finestra
Ronnie si
morse il labbro inferiore portandosi dietro l’orecchio un
ciuffo che le copriva
il viso, facendo valutare seriamente a Nick la possibilità
di tornare in dietro
per sfiorare quella pelle perfetta -tu va, io vi raggiungo tra un
istante-
Nick
osservò
attentamente il viso di Ronnie per un ultimo istante prima che lei si
voltasse
privandolo di quel miracolo.
-Ronnie- la
richiamò facendola voltare –sono contento che tu
sia tornata- confessò
voltandosi poi di scatto, lasciando la ragazza impalata con
un’espressione persa
e sbigottita in viso.
Doveva fare
chiarezza dentro di se, al più presto.
*
* *
Finalmente ce l’ho fatta a
finire questo capitolo!
E’
lunghissimo e spero non vi siate addormentate sulle tastiere xD
Il 22
cominciano gli esami! Che palle :S per cui penso che mi
prenderò una
beeeeeeeella pausa forzata fin quando l’incubo
“maturità” non sarà passato.
Auguratemi
buona fortuna!
Mi dispiace,
ma non riuscirò a rispondere ad una ad una alle vostre
recensioni, data l’ora
capirete il perché!
Ma sappiate
che vi sono enormemente grata per i vostri commenti e per il supporto
che
mostrate ogni giorno anche sulla mia pagina!
Vi amo tutte
<3
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Capitolo 11 *** you're all that I can see in the darkness ***
Alexandra
Scott, conosciuta per lo più come Lexus, era sempre stata
una persona
indipendente.
Amava la
solitudine ed il più delle volte la ricercava chiudendosi
nei suoi momenti da “no
mondo”. Questi momenti erano
aumentati molto da quando si era trasferita a Miami con i suoi, dove
non aveva
trovato nemmeno un’amica, non che la cosa la turbasse
particolarmente o la
sorprendesse, anzi, le sorprendeva di più il fatto che
avesse avuto delle
amiche negli anni passati.
Ad ogni
modo, nonostante la sua natura da eremita, in quel momento, nella sua
vecchia
auto, mentre girava per la vecchia Los Angeles, si sentiva sola ed
annoiata.
“Ci
siamo solo io e te piccola”
pensò accarezzando il volante
Da quanto
tempo non guidava quella macchina? Forse da quando si era trasferita a
Miami.
Sospirò girando a sinistra, non sapendo bene dove stesse
andando precisamente.
Quanti
ricordi racchiudeva quel vecchio pezzo di ferro! Se inspirava a fondo
si poteva
ancora sentire l’odore del rum che Kate aveva buttato
casualmente sul sedile
del passeggero, ricordava che avrebbe voluto ucciderla ma poi, come
sempre,
erano finite tutte e quattro a ridere sulle scarse capacità
motorie di Kate; se
si faceva attenzione si poteva vedere una piccola macchia di smalto
viola che
Ronnie aveva fatto cadere dopo che Lexus aveva frenato un po’
bruscamente, sul
sedile posteriore.
Quando la
lunga fila di palazzi alla sua destra terminò, il sole,
spuntato dietro di
essi, le colpì gli occhi violentemente facendole fare una
smorfia. Abbassò lo
sportellino di fronte a lei per proteggere i suoi occhi dalla luce
accecante e
frenò bruscamente provocando l’ira del tassista
dietro di lei che attaccò
letteralmente la mano al clacson.
Gli occhi di
Lexus erano incollati allo sportellino, o meglio, alla foto che era
attaccata a
questo. Allungò una mano sfilandola dal piccolo pezzo di
stoffa che lo teneva
incollato lì e la avvicinò al viso studiandola
con attenzione.
Ed
inevitabilmente la sua mente fu trascinata nel passato, dove si stava
così
bene.
-non credo si
faccia così- affermò
Jamie guardando sconcertata Kate che, con un pennello in mano,
disegnava cerchi
concentrici sul muro della stanza dell’amica.
Kate
tirò la lingua fuori mordendola
leggermente in un espressione di piena concentrazione
–scommetto che mai
nessuno ha detto a Picasso come dipingere- affermò poi
passandosi il dorso
della mano sulla fronte
Lexus
ridacchiò accovacciandosi
accanto a lei ed immergendo a sua volta il pennello nel liquido lilla –questo colore
è orrendo, te l’ho già detto?-
disse poi studiando quel tremendo colore
Jamie
sbuffò portandosi le mani ai
fianchi –almeno quattrocento volte, ma
dov’è Ronnie?- chiese poi lanciando
un’occhiata all’orologio che portava al polso
-eccomi!- si
sentì una voce provenire
dal corridoio e poco dopo Ronnie fece la sua comparsa con le braccia
piene di
barattoli di alluminio contenente pittura.
-oh, finalmente-
sospirò Jamie
andandole incontro e prendendole qualche barattolo dalle mani
Ne prese uno e
lo aprì con non poche
difficoltà dato che in mano aveva ancora il suo pennello
–ma è rosso- affermò
interdetta
Ronnie
annuì poggiando i restanti
barattoli su un ripiano –quel colore è orribile-
ammiccò alle pareti lilla
-oh, grazie al
celo, qualcuno che
capisce qualcosa!- affermò Lexus alzandosi ed avvicinandosi
alle due
-ma
così il mio capolavoro verrà
coperto!- si lamentò Kate fissando i suoi cerchi perfetti
Ronnie
alzò un sopracciglio
sarcastica –il mondo sopravvivrà-
Jamie si
abbassò per poggiare il
barattolo sul pavimento per poi alzarsi di scatto –ma a me
piace lilla!- sbotto
senza rendersi conto che col suo movimento brusco, la pittura lilla del
suo
pennello era schizzata sulla maglia dell’amica e persino sul
suo collo.
-oh, mi
dispiace- affermò portandosi
una mano alla bocca cercando di non ridere di fronte
all’espressione allibita
dell’amica, ma con scarsi risultati
Ronnie socchiuse
gli occhi abbassandosi
poi ed immergendo due dita nel liquido rosso, si alzo e , con estrema
calma, spiaccicò
le dita sulla guancia
destra dell’amica che la guardò spalancando la
bocca.
Lexus a pochi
passi da loro scoppiò a
ridere vedendo l’espressione sconvolta di Jamie, Jamie che si
voltò verso di
lei in silenzio e, allungando il braccio, disegnò una linea
retta sulla maglia
dell’amica –peccato non ti piaccia il lilla-
affermò poi sorridendo –credo ti
doni molto-
-tu.sei.morta.-
ringhiò Lexus
guardandosi la maglia rovinata
-ragazze,
ragazze!- urlò Kate
alzandosi –mantenete la calma, non a…- ma si
bloccò quando vide Lexus lanciare
il suo pennello contro la parete, nel punto preciso dove con tanto
amore aveva
disegnato i suoi cerchi lilla
-il mio
capolavoro- si lamentò
fissando la vernice che colando copriva la sua opera d’arte
Poi si
voltò, più agguerrita che mai
–non dovevate farlo!- e si catapultò sulle amiche
che continuarono a buttarsi
vernice dietro fino a sembrare un incrocio tra braveheart e gli indiani
d’America.
-qui ci vuole
una foto!- affermò
Jamie ridendo
Kate si
pulì, per quanto possibile,
le mani sui jeans e prese la digitale dalla sua borsa poggiandola poi
su un
ripiano impostando l’autoscatto.
-dite cheeeese!-
urlò poi unendosi
alle amiche strette in un abbraccio
Quando il
tassista, per l’ennesima volta, suonò il clacson
Lexus sobbalzò stringendo la
foto tra le mani.
-tesoro, se
dobbiamo passare qui tutta la giornata almeno cerchiamo di
intrattenerci- le
gridò il tassista grassone dalla voce rauca
Lexus gli
mostro la sua migliore espressione disgustata dallo specchietto
retrovisore e,
dopo aver alzato il medio in risposta, ripartì sgommando,
sta volta con una
meta ben precisa.
* *
*
Un po’
disorientata Lexus entrò nell’edificio grigio di
fronte a lei.
Si domandava
se avesse fatto la cosa giusta. Quando aveva visto quella foto aveva
capito che
aveva bisogno di parlare con lei. Le sue intensioni non erano quelle di
andare
lì, abbracciarla e piangere sulla sua spalla urlandole
quanto le era mancata,
decisamente no. Ma sentiva il bisogno di capire il perché
delle sue azioni,
doveva sapere perché era scappata e non era rimasta ad
affrontare i suoi
problemi con loro.
Doveva avere
qualche risposta dopo quattro anni.
Si
avvicinò
alla reception insicura, Ronnie era nuova, di certo non la conoscevano
ancora
lì, pensò così di chiedere un
informazione più generica, poi l’avrebbe trovata
da sola.
-buongiorno-
salutò
-buongiorno-
le sorrise cordiale la biondina dietro il bancone –posso
aiutarla?-
-si, vorrei
sapere qual è il piano che si occupa delle traduzioni-
sperò di aver detto
qualcosa di sensato
Fortunatamente
la ragazza annuì –lei è…?-
chiese mettendo già una mano sulla cornetta pronta
ad avvisare il suo capo
-oh, io sono
solo un’amica di una dipendente, sono passata per lei-
chiarì
-va bene,
ventunesimo piano, poi può chiedere della sua amica alla mia
collega-
Lexus
ringraziò la ragazza e si avviò verso
l’ascensore pigiando il pulsante e quando
le porte si aprirono entrò e pigiò il tasto 21,
aspettando pazientemente che l’ascensore
raggiungesse il suo piano.
Dopotutto
quindi Ronnie ce l’aveva fatta, sembrava ieri che erano nel
cortile della
scuola e Ronnie aiutava Jamie con il francese o Kate con lo spagnolo,
ed ora
lavorava per una vera e proprio casa editrice.
Almeno gli
anni passate lontane erano serviti a qualcosa.
Le porte
finalmente si aprirono avanti a lei che a passo svelto usci fuori
sperando di
non perdersi.
Fece qualche
passo e, quando si ritrovò in una stanza chiassosa piena di
gente che urlava,
ebbe l’istinto di girarsi e tornare in dietro, ma poi
ricordò il motivo per cui
era lì e a passi decisi si avviò verso un bancone
identico a quello che si
trovava nella hall a piano terra, sul lato destro della stanza.
Si
affacciò
al bancone, ma questo era vuoto.
Perfetto.
-Salve-
sentì una voce profonda alle sue spalle
-oh, salve-
rispose voltandosi con espressione felice, grata avesse trovato
qualcuno a cui
chiedere informazioni
Espressione
che cambiò all’istante quando si accorse
dell’occhiata poco discreta che il
tipo le stava rivolgendo.
-ti sei persa?-
chiese sfoggiando uno dei suoi sorrisi alla John Travolta ed uno
sguardo capace
di stendere chiunque
Chiunque
tranne Lexus, ovviamente.
La ragazza
squadrò di rimando l’uomo di fronte a se, che
sembrava totalmente fuori luogo,
posto in quel contesto.
La camicia a
righe blu e bianca ed i jeans chiari non erano adatti ad un ufficio,
per non
parlare dei capelli lunghi e gli occhiali stile “mafia
italiana”.
Era evidente
che avesse un certo fascino, quel tipo di fascino a cui nessuno resiste
e,
dallo sguardo ammaliante che continuava ad inviarle, Lexus pensava che
il
ragazzo ne era più che consapevole.
Da dove era
uscito quel tipo?
-io non sono
il tipo di persona che si perde- rispose alzando un sopracciglio, senza
l’ombra
di un sorriso –tu piuttosto chi sei? Il fattorino?- chiese
sarcastica indicando
con cenno della testa il suo abbigliamento
L’espressione
del ragazzo cambiò da ammaliante a confusa, poi rise di
cuore.
-veramente,
io sono il direttore di quest’ufficio– sorrise,
allungando poi una mano –
Johnny Radke-
Lexus
guardò
la mano del ragazzo, poi di nuovo lui che ora la guardava con un
sorrisino
divertito che, se possibile, le dava sui nervi più di quello
di prima, poi si
decise a stringergli la mano, riluttante -Lexus Scott-
-Lexus?-
ripeté
lui –che strano nome-
-io non
parlerei così se indossassi quella camicia- rispose offesa
Johnny
ridacchiò ancora –beh, cosa ti porta qui, Lexus?-
chiese lanciandole un’altra delle sue occhiate
“Che
idiota”
pensò lei.
-sto
cercando una mia amica, Ronnie Knocks- rispose cercando di mantenere la
calma e
di non fare caso al fatto che avesse messo per la seconda volta nella
giornata
la parola “amica”
e “Ronnie”
nella stessa frase
Il ragazzo
si illuminò –e così sei
un’amica della mia discepola prediletta!-
Lexus si
accigliò, quel tipo le faceva venire voglia di tirargli un
pugno sul naso.
-Lexus?!- la
voce sorpresa di Ronnie la fece desistere dal picchiare il latin lover
di
fronte a lei
-cosa ci fai
qui?- chiese la ragazza, sorpresa
Lexus si
voltò verso di lei ignorando Johnny –dobbiamo
parlare-
* * *
Kate era
stata a numerosissimi servizi fotografici, era stata dietro le quinte
di
numerose sfilate, era stata persino ad un paio di trasmissioni
televisive, ma
non era mai stata sul set di un film, mai,
ragion per cui non aveva la minima idea di come funzionasse
lì.
-mi
scusi…- provò
a chiedere ad un uomo sulla trentina, ma questo la ignorò
bellamente,
sorpassandola.
Ma non era
nell’indole di Kate arrendersi così facilmente.
-chiedo
scusa…- provò ancora, con una donna stavolta,
intenta a parlare ed un
auricolare, ma anche questa scosse la testa facendole un cenno con la
mano,
ignorandola
Kate
sbuffò
pestando un piede a terra.
Il piano di
quel pomeriggio era prelevare Joe dal set ed insieme andare a scovare
un regalo
adatto per il matrimonio di Jamie, il compito di Kate avrebbe dovuto
essere
quello di aspettare in macchina il ragazzo, ma dopo quasi trenta minuti
di
attesa si era stufata –era famosa
per la
sua incapacità di stare ferma in un posto per più
di dieci minuti, figurarsi
trenta- ed aveva deciso di scendere dalla macchina per andare
a cercare Joe
ed, eventualmente, picchiarlo.
Ed ora era
solo colpa del ragazzo se si trovava in mezzo ad un set, circondata da
matti
che correvano avanti e indietro, sola e disorientata. Joe avrebbe
pagato.
Dopo aver
tentato di chiedere ad altre due persone dove fosse Joe ed aver
ricevuto da
entrambe lo stesso trattamento delle precedenti, strinse in mano il
tesserino passepartout
che Joe le aveva dato “in caso di
emergenza” e si avviò nei meandri del
set alla ricerca del ragazzo.
Dopo aver
cercato per mari e per monti finalmente lo vide, in un angolo isolato,
poggiato
ad un muro mentre sembrava intento a…parlare
da solo?!
-Joe?- lo
chiamò titubante la ragazza avvicinandosi
Joe si
voltò
di scatto verso Kate spalancando gli occhi, poi cominciò a
parlare a raffica –Kate!
Oh, scusami è successo un casino! Dovevamo girare la scena
finale ma io mi sono
bloccato e non riuscivo più ad andare avanti, il regista si
è arrabbiato da
morire! E mi ha dato cinque minuti per ripetere la parte, ma io la
parte la
conosco il problema è che non riesco a…-
-wow wow wow!
Non ho capito nulla, calmati e spiegami meglio- lo interruppe la
ragazza
posandogli le mani sulle spalle
Joe chiuse
gli occhi facendo un respiro profondo, poi riprese a parlare,
lentamente ora –non
riesco a girare una parte, non so perché, la conosco bene ma
poi arrivo lì
guardo Isabelle e, niente! Mi dicono che non sono espressivo, non
riesco a trasmettere-
sputò l’ultima parola
-Isabelle?-
chiese
curiosa Kate togliendo le mani dalle spalle del ragazzo
-si, la
coprotagonista-
tagliò a corto lui –ad ogni modo Steve, il
regista, mi ha dato cinque minuti,
dopo di che mi uccide!- concluse agitandosi di nuovo
-okkay, non
farti prendere dal panico ora! Ti aiuto io, dov’è
il copione?- chiese e quasi
immediatamente il ragazzo gli porse titubante un plico di fogli bianchi
Kate lo
prese e lesse le prime righe trovando quel copione terribilmente
melenso.
-okkay-
sospirò –io sono Cindy e tu sei Seth, pronto?-
Joe
spalancò
gli occhi mentre l’idea di strappare quel copione dalle mani
di Kate si faceva
spazio tra i suoi pensieri –non…io
non…credo sia una buona…idea- balbettò
guardando la ragazza con un’espressione da cucciolo
disorientato
Espressione
che fece seriamente pensare alla ragazza di buttare il copione per aria
e
saltare poco signorilmente addosso al ragazzo.
Contegno, le ci voleva
contegno.
-non dire
stupidaggini
su! Comincio io- si schiarì la voce e sotto lo sguardo
terrorizzato ed
impotente del ragazzo cominciò –Seth, come puoi
dirmi questo?- disse in un
lamento
Joe
continuò
a guardare Kate immobile, sconcertato, era sicuro che si stesse
avviando verso
un vicolo ceco, nulla di buono.
-la
verità…-
balbettò indeciso, ma quando Kate si aprì in uno
sei suoi soliti sorrisi
mozzafiato tutto, tutto, scomparve attorno a loro.
Non
c’era
più Seth, non c’era più Cindy, non
c’era più nessun film.
Erano
semplicemente loro, semplicemente Kate e
Joe.
-la
verità,
Cindy, è che sono stanco- puntò gli occhi in
quelli della ragazza –ti ho sempre
dimostrato il mio amore e cosa ho ricevuto in cambio? Nulla!-
Kate scosse
la testa con aria afflitta e fece un passo verso il ragazzo
–non dire così! Lo
sai…- si bloccò un attimo perdendosi negli occhi
del ragazzo
-cosa? Cosa
dovrei
sapere, Cindy?- sussurrò Joe facendo un passo verso di lei e
prendendole il
viso tra le mani, sperando di star seguendo il copione
-lo sai che
ti amo- sussurrò Kate sentendo il suo stomaco attorcigliarsi
su se stesso
Joe stava
per svenire, lo sentiva.
Guardò
Kate
che a sua volta lo guardava con gli occhi che brillavano come due
stelle.
Doveva
farlo.
Non
importava se non era scritto nel copione, non importava se dopo
probabilmente
avrebbe ricevuto un ceffone da parte della ragazza, doveva baciarla,
doveva
farlo, doveva toccare quelle labbra almeno una volta in vita sua.
Avvicino
ancora il viso a quello della ragazza fino a sfiorare il naso col suo,
la
guardò per un istante paralizzata, mentre non era in grado
di fare niente.
Doveva
baciarla.
E
l’avrebbe
fatto se solo il suono della voce del regista impazzito proveniente dal
megafono non li avesse fatti sobbalzare entrambi.
-JONAS! I
CINQUE MINUTI SONO FINITI, PORTA IL TUO SEDERE DA DIECI MILIONI DI
DOLLARI
QUI!-
Joe
maledì
chiunque avesse messo un megafono in mano a quel pazzo e Kate
saltò
letteralmente indietro diventando rossa fino alla punta dei capelli.
Entrambi si
guardarono in silenzio, senza proferire parola.
Stupidi.momenti.imbarazzanti.
-o…ora
devo…andare-
balbettò Joe indicando un punto indefinito
-certo-
sussurrò Kate –ti aspetto in macchina- gli
allungò il copione ancora
imbambolata
Joe
annuì
afferrandolo –vedrò di fare presto-
Kate
annuì e
con un sorriso tirato il ragazzo si voltò per andarsene.
Mentre lo
guardava camminare sospirò dentro di se; per un secondo si
era illusa, si era
illusa che forse quelle parole…no.
Lui era un attore e stava recitando la sua parte, anche se per quello
che aveva
visto nel copione non c’era nessun bacio o scene simili, ma
forse si era
lasciato trasportare dall’interpretazione.
Lui era un
bravo attore e lei era solo una stupida a pensare certe cose.
-Joe!-
chiamò il ragazzo che si voltò con un sorriso
–anche le parti improvvisate
andavano bene- disse abbassando la voce mentre il sorriso sulle labbra
di Joe
si spezzava
Solo un
attore, doveva tenerlo bene a mente.
* * *
Ronnie si
sedette sulle scale di ferro poste a lato della grande terrazza del
grattacielo
in cui lavorava, poco dopo Lexus la raggiunse prendendo posto accanto a
lei.
Entrambe
erano in enorme imbarazzo, non erano due persone che parlavano molto, e
nessuna
delle due sapeva come cominciare il discorso così per il
momento si limitavano
a stare sedute una accanto all’altra con lo sguardo perso
nell’orizzonte.
Ronnie
sospirò guardando la città che si stendeva di
fronte a loro, quella città che
aveva vissuto così intensamente, che le aveva regalato
gioie, felicità, amori,
odio e delusioni, quella città che ora le faceva tanta,
troppa paura.
-ti
chiederai…- cominciò Lexus senza guardare la
ragazza accanto a lei –ti chiederai
come mai sono qui-
Ronnie
fissò
l’amica senza rispondere, attendendo che questa continuasse.
-Eravamo
così unite- sospirò colpendo Ronnie diritto al
cuore –ci volevamo così bene,
eravamo una cosa sola e tu…-
-ed io me ne
sono andata- sussurrò distogliendo lo sguardo da Lexus per
guardarsi la punta
delle scarpe
-perché?-
-perché
non
ce la facevo più, non sarei sopravvissuta un giorno in
più qui…-
-no- la
interruppe Lexus continuando a guardare di fronte a se –lo so
perché te ne sei
andata, quello che non capisco è
perché…- fece una pausa pensando a quello che
voleva dire –come hai potuto lasciarci senza dire nulla?-
Ronnie si
morse il labbro inferiore –è stato così
difficile lasciarvi Lex- spiegò –non ce
l’avrei mai fatta se avessi dovuto dirvi addio guardandovi
negli occhi, mi
sarei ritrovata a rimanere lì ed a soffrire
ogni.singolo.giorno-
Lexus
strinse la mano in un pugno guardando Ronnie per la prima volta
–la verità è
che sei una codarda!-
Ronnie
rimase a fissare le sue scarpe senza mostrare alcun che, dopotutto
Lexus aveva
ragione, cosa poteva dirle?
-hai idea di
come ci siamo sentite quando siamo venute a casa tua e tua madre ha
detto che
eri partita per Madrid fino a tempo indeterminato? Ti rendi conto
Ronnie?!-
sbottò con la sua solita voce bassa
Ronnie si
prese la testa tra le mani, cercando di ricacciare in dietro le lacrime
che
sentiva stavano per arrivare.
-lo so, lo
so!- urlò lei –pensi che non mi sia sentita un
verme?!- continuò guardando gli
occhi verdi dell’amica –pensi che non mi sia
sentita una persona schifosamente
cattiva? In ogni singolo giorno, ora, minuto di questi ultimi quattro
anni Lex,
in ogni fottutissimo istante, non ho fatto altro che pensare a voi, a
come mi
fossi comportata male e a come rimediare, non pensare che sia stata
lì a bere
sangria e mangiare paella!- fece una pausa tirando su col naso mentre
si
rendeva conto che ormai qualche lacrima era caduta contro la sua
volontà –mi siete
mancate il doppio di quanto io sia mancata a voi- concluse con la voce
spezzata
Lexus
guardò
gli occhi lucidi dell’amica e sospirò.
-ti voglio
bene Ronnie- disse seria , poi le sorrise –ma sei stata
davvero una stronza-
Ronnie
ridacchiò asciugandosi gli occhi –lo so-
sussurrò poi
-Lexus-
cominciò –non pretendo che la nostra amicizia
torni quella di una volta, so che
è una cosa impossibile, almeno per ora, ma vorrei solo che
mi deste un
opportunità per provare a ricominciare-
Lexus la
guardò sospirando –non posso prometterti che
riuscirò a dimenticare tutto Ron,
ma- aggiunse – se la cosa ti può rassicurare
quando tornerò a casa butterò la
bambola voodoo costruita per te-
Ronnie rise
di cuore dopo tanto, tantissimo tempo, e tornò a guardare
l’amica –spero di
riuscire a recuperare- sorrise per poi alzarsi ed avviasi con lei verso
le
scale
-ci sarebbe
una cosa che tu potresti lasciarmi fare per recuperare sai?- disse Lex
prima
che le due cominciassero a scendere le scale
-davvero?-
domandò lei interessata
-si, sarebbe
una cosa così soddisfacente che potrei amarti alla follia-
-cosa?-
chiese Ronnie curiosa
-potresti
lasciarmi dare un pugno sul naso al tuo capo-
* *
*
Ce
l’ho fatta T__T
Se domani la
terza prova mi va male, me la prenderò
con voi, sappiatelo ùù
SORPREEEEEESA!
Avevo detto che
non avrei postato fino alla fine degli
esami, ma non ce l’ho fatta t.t
Dovevo scrivere
questo capitolo ùù
Ad ogni modo!
Spero vi sia piaciuto e ne sia valsa la
pena di scrivere per un giorno intero non stop!
Dovevo dirvi una
cosa, ma ora non la ricordo, come
sempre xD quindi magari ve la dico sulla mia pagina quando mi
verrà in mente,
probabilmente mai cooooooomunque volevo dedicare questo capitolo alla
mia
Sorisò, che è la persona più
vjrekooihgsjh che io abbia mai conosciuto ed è
l’unica
che riesce a mettermi di buon umore anche solo dicendomi
“ciao” o “sei un
idiota” a seconda del suo umore e con cui condivido la mia
sfrenata passione
per le tartarughe; Ed ovviamente all’Eleonora del mio cuore
che, oltre a
sopportarmi leggendo tutto ciò che scrivo in diretta,
è la fonte della mia
ispirazione non che suggeritrice ufficiale di questa Fan Fiction, senza
di lei
sarei ancora al secondo capitolo probabilmente ùù
Vi voglio bene <3
Scusatemi se non
rispondo alle vostre recensioni, ma ora
sono stanchissima, cercherò di farlo domani!
Grazie a tutte
voi che recensite dandomi la voglia di
continuare, a voi che mettete la mia storia tra le preferite, seguite e
ricordate ed anche a voi che leggete semplicemente <3
Vi amo, alla
prossima <3
|
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Capitolo 12 *** So I stayed in the darkness with you ***
È
facile capire come nel mondo esista sempre qualcuno
che attende sempre qualcun
altro.
Che
ci si trovi in un deserto o in una grande città.
E
quando questi due esseri s'incontrano e i loro sguardi s'incrociano
tutto il passato e tutto il
futuro
non hanno più alcuna importanza.
Paulo
Coelho.
Quella mattina Ronnie si sentiva
più serena.
La chiacchierata con Lexus il
giorno prima l’aveva
rassicurata, dopo tutto forse c’era ancora una
possibilità di recuperare la sua
vecchia vita.
Con Jamie le cose ormai erano
tornate praticamente
come una volta, Lexus ora le parlava e rispondeva alle sue chiamate,
rimaneva
solo Kate.
L’ostacolo Kate che le
pareva insormontabile in quel
momento. Sapeva quanto quella ragazza le volesse bene, e proprio per
questo
sapeva anche che non le avrebbe perdonato quello che aveva fatto tanto
facilmente. Ma doveva trovare un modo per riconquistare anche la sua
fiducia,
ed il fatto che ce l’avesse fatta in qualche modo con Lexus
la faceva ben
sperare.
-Ronnie- Johnny entrò
nell’ufficio senza preavviso
facendola sobbalzare e facendole spostare lo sguardo dal nulla
più assoluto che
stava fissando allo schermo del suo pc, fingendo di fare qualcosa
-buongiorno Johnny-
salutò picchiettando sul mouse
Johnny entrò poggiando
la giacca sul divanetto di
pelle nera e fece qualche passo verso Ronnie, mettendosi proprio di
fronte a
lei, al di là della scrivania, con le mani poggiate sui
fianchi ed
un’espressione di rimprovero.
Aveva fatto qualcosa?
-sono molto deluso da te, Ronnie-
disse guardandola
seriamente
Ronnie alzò la testa
spaventata, cosa aveva fatto? Si
erano lasciati il giorno prima serenamente, lui non aveva dato alcun
segno di
essere arrabbiato, sembrava rilassato come sempre e, che lei
ricordasse, non
aveva fatto nulla di stupido tipo incendiare la fotocopiatrice o
rompere un
computer.
-cosa…?- chiese lei
timorosa
-non mi avevi detto di avere
un’amica così carina!-
sbottò lui aprendosi in un sorriso
Ronnie sospirò alzando
gli occhi al cielo; ora capiva
perché Lexus voleva prenderlo a pugni.
Arricciò il naso
pensando alla parola “carina”
associata a Lexus. Non che lei
non fosse carina, anzi, era bellissima, ma “carino”
è una cosa che di solito di
dice a qualcosa di piccolo e tenero che solo a guardarlo ti si stringe
il
cuore. Un gattino è carino, non un leone.
E Lexus era tutt’altro
che un gattino.
-In realtà fino a ieri
non sapevo nemmeno fosse mia
amica- spiegò lei sorridendo
Johnny curvò la testa da
un lato, confuso.
-eravamo amiche- spiegò
–poi ci siamo allontanate per
via del mio trasferimento a Madrid e- fece una pausa abbassando lo
sguardo -non
ci parlavo da tre anni-
-e qui arriva la parte dove devo
farmi gli affari
miei- sorrise Johnny cogliendo il disagio della ragazza
Ronnie sorrise, imbarazzata.
-comunque- riprese Johnny
–è davvero carina-
-lei è bellissima-
annuì Ronnie gonfiando il petto, come una madre orgogliosa
della propria
figlia; Johnny si limitò a ridacchiare.
-purtroppo- continuò
divertita –non credo tu le abbia
fatto la stessa impressione-
Johnny la fissò a lungo
con espressione teatralmente
sconvolta –vorresti dire che la mia singolare bellezza ed il
mio indiscusso
fascino, non hanno fatto colpo?-
Ronnie ridacchiò, quel
tipo era davvero…singolare
–non direi, anzi, mi ha detto
che i tuoi modi affascinanti le fanno venir voglia di prenderti a pugni-
-aggressiva!- urlò quasi
con aria sognante –questo la
rende ancora più sexy-
Stavolta Ronnie non poté
trattenersi dal ridere forte
portandosi una mano alla bocca.
Johnny si avviò alla
porta del suo ufficio con un
sorrisino divertito dipinto sulle labbra e prima di aprirla si
fermò un attimo
con la mano ferma sulla maniglia –poi non dimenticare che la
linea tra amore ed
odio è sottile- aggiunse aprendo la porta
-certo, Johnny- sorrise Ronnie
–certo-
Johnny entrò
nell’ufficio chiudendo la porta dietro di
se mentre Ronnie scuoteva la testa, divertita. Era stata davvero
fortunata ad
avere un capo come lui.
Stava per tornare a dedicarsi al
suo lavoro quando il
cellulare sulla scrivania, proprio accanto al suo braccio, prese a
vibrare
informandola dell’arrivo di un sms.
Lo prese veloce e lesse al volo il
messaggio.
“Stasera
compleanno Tyler, ti aspetto da lui”
Oh, perfetto.
Sbuffò poggiando il
telefono dov’era prima e si portò
il pollice alla bocca, valutando la situazione.
Da un lato voleva andare al
compleanno di Tyler,
sarebbe stata un’occasione d’oro per parlare con
Kate. Era stufa di quella
situazione, non poteva pensare che l’amica con cui aveva
condiviso praticamente
tutto, ora la ignorasse completamente. Doveva trovare il modo per farsi
ascoltare da lei a tutti i costi, anche se fosse stata costretta ad
imbavagliarla e legarla ad una sedia.
Senza contare che, per quanto Jamie
l’avesse
perdonata, stava ancora cercando di ottenere la sua completa fiducia,
dimostrandole che d’ora in poi sarebbe stata molto
più presente nelle loro vite
e non presentarsi al compleanno del futuro marito, non le sembrava la
mossa più
azzeccata.
D’altra parte
però sapeva anche che a quella festa ci
sarebbe stato Nick. Nick con la sua impeccabile fidanzata. Non che la
cosa la
infastidisse più di tanto, ma non voleva fare la figura
dell’ex sfigata che
dopo quattro anni non è ancora riuscita a trovare un ragazzo
perché ancora
ossessionata dal ricordo di lui. Proprio no. O forse, molto
più semplicemente,
sapeva che se avesse visto Nick ancora, questa volta avrebbe dovuto
dare un
perché a quegli strani crampi che le facevano attorcigliare
lo stomaco.
-Ronnie- la richiamò
Johnny facendo capolino
dall’ufficio –ho tanto lavoro da fare dentro e sono
in ritardo- spiegò con un
cenno della testa –ti dispiacerebbe andare a prendermi un
caffè?- chiese
gentile
-certo- rispose Ronnie
meccanicamente alzandosi e
dirigendosi verso la porta; pensava ancora a quel messaggio.
Aveva davvero voglia di andare a
quella festa, ma
sapeva che se l’avrebbe fatto si sarebbe sentita ridicola e
fuori posto. Se
avesse avuto la certezza che quella serata avrebbe sistemato le cose
tra lei e
Kate non ci avrebbe pensato due volte, ma c’era la
probabilità, se non la
certezza, che Kate sarebbe stata proprio una delle cose che
più l’avrebbe fatta
sentire fuori luogo.
Si avvicinò al piccolo
tavolino rotondo piazzato in un
angolo della sala, sulla cui superficie era poggiata una macchina per
il caffè.
Per fortuna qualcuno sembrava essere passato proprio qualche minuto
prima di
lei perché la caraffa era piena e il caffè era
ancora bollente, quindi lei
dovette limitarsi solo a prendere un bicchiere di cartone e versare il
liquido
dentro.
Sospirando fece dietrofront
tornando verso l’ufficio,
a quanto pare la cosa più giusta da fare era non andare a
quella festa.
-ciao, Ronnie- una voce la fece
sobbalzare talmente
era sommersa nei suoi pensieri e per poco non si versò il
caffè sulla camicia
rossa.
Dopo aver controllato con
un’occhiata veloce che non
si fosse sporcata alzò lo sguardo di fronte a lei, e per
poco il bicchiere non
le cadde dalle mani, di nuovo.
-ciao Allie- ricambiò
dubbiosa
La ragazza di fronte a lei la
guardava con uno strano
sorrisino piazzato sulle labbra, era proprio come la ricordava. I
capelli
biondi come il grano, raccolti ai lati, le labbra carnose e quegli
occhi da
cerbiatto capaci di incantare chiunque. E per l’ennesima
volta Ronnie non potè
fare a meno di pensare che quella ragazza in realtà fingesse
di essere qualcuno
che non era, come se sotto la maschera di fatina incantata si
nascondesse ben
altro.
-sono venuta per mio padre-
spiegò la ragazza –tu sei ancora
qui vedo-
Ronnie si accigliò
all’istante, dubbiosa –ancora?-
ripeté confusa
-si, beh, ho parlato con Kate in
questi giorni, lei mi
ha detto che non sei una persona molto…come dire…stabile- Ronnie si irrigidì
all’istante senza sapere di stare
inconsciamente agevolando il gioco alla bionda che, guardando il suo
disagio,
continuò capendo al volo quale tasto pigiare –io e
Kate siamo diventate molto
amiche in questi anni sai?- continuò col sorriso sulle labbra
-davvero?- rispose Ronnie tirando
subito fuori le
unghie –sono contenta che abbia trovato un rimpiazzo, in mia
assenza-
Allie accusò il colpo in
silenzio senza dare il minimo
segno alla ragazza, mantenendo il suo solito sorriso rilassato.
-già, a volte i rimpiazzi
risultano migliori dell’originale però sai?- si
avvicinò di un passo verso la
ragazza, questa volta senza l’ombra di un sorriso
–questo invece me l’ha detto
Nick- sussurrò minacciosa –e ti conviene di non
provare nemmeno ad avvicinarti
a lui-
Si allontanò di qualche
centimetro e, mentre Ronnie
era rimasta impalata, lei le strizzò l’occhio
accompagnando il gesto con un
ghigno divertito voltandosi per avviarsi verso l’uscita.
Ronnie rimase immobile, a bocca
aperta, fissando la
figura ancheggiante della ragazza allontanarsi ed ecco che il suo
spirito da
diciassettenne stava uscendo fuori.
Avrebbe tanto voluto tornare a
quando non doveva
pensare due volte prima di prendere a schiaffi qualcuno, quando poteva
fare la
prima cosa che le saltava per la testa.
E la prima cosa che le saltava per
la testa in quel
momento era buttare quel caffè per aria, rincorrere la
bionda, e strapparle i
capelli ad uno ad uno, beandosi del momento e del suono delle grida di
quella specie
di barbie assatanata.
Non aveva più
diciassette anni però, era perseguibile
dalla legge ora, doveva tenerlo bene a mente.
Per evitare che i suoi istinti
prendessero il
sopravvento su di lei si voltò di scatto procedendo a passo
spedito verso il
suo ufficio.
Che diavolo voleva quella da lei?
Ovviamente, era
gelosa di lei e di quello che c’era stato tra lei e Nick,
l’aveva capito quando
alla festa per Tyler e Jamie l’aveva letteralmente trascinato
via, ed era
evidente ora dove gli aveva fatto capire con chiarezza che non doveva
avvicinarsi a Nick, che lui preferiva lei.
Ma d’altronde era chiaro
no? Era con lei che Nick
stava assieme da più di un anno, era a lei che stringeva la
mano mentre
passeggiavano per le vie di Los Angeles, era a lei che mandava messaggi
infinitamente sdolcinati. Nick amava Allie,
non lei.
Ma ormai Allie l’aveva
provocata, e Ronnie era
impossibile da frenare.
Allie non voleva che lei si
avvicinasse a Nick? Bene,
la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata andare a quella festa, a
tutti i
costi. Di certo non poteva andarci da sola però.
Aprì la porta del suo
ufficio per sorpassare la sua
scrivania e arrivare poi all’ufficio di Johnny, entrando
senza bussare e
sbattendo poco delicatamente il caffè sulla sua scrivania.
Johnny con le gambe incrociate
poggiate poco
elegantemente sulla scrivania, gli occhiali da vista poggiati sul naso
mentre
era intento a guardare lo schermo del pc, una mano sul mouse e
l’altra sulle
labbra, alzò lo sguardo lentamente studiando la figura di
Ronnie di fronte a
lui, alquanto scocciata.
-sembra che tu abbia incontrato
Satana lì fuori-
Ronnie rise nervosa passandosi una
mano tra i capelli,
Johnny non sapeva quanto ci era andato vicino.
-ti andrebbe di rivedere Lexus, di
nuovo?- chiese
sperando che la risposta fosse affermativa
Johnny tolse i piedi dalla
scrivania e unì le mani, sporgendosi
col busto in avanti, verso la ragazza.
-quando?-
*
* *
Ronnie chiuse la portiera della
macchina e si sistemò
nervosamente il vestito. Fece il giro della macchina stando attenta a
non
cadere, si chiedeva ancora perché avessero inventato le
scarpe col tacco.
Alla sua sinistra Johnny le
offrì il braccio e, quando
lei alzò lo sguardo verso di lui infilando il suo braccio
sotto quello del
ragazzo, lui le sorrise.
-che c’è?-
chiese nervosa spostando lo sguardo
fissando la casa di fronte a loro
-nulla, sei molto carina stasera-
-grazie- borbottò lei in
risposta in imbarazzo –il
regalo in macchina!- urlò poi
-è qui- disse Johnny
allungandole una busta
Ronnie sospirò e
afferrando la busta si avvio con
Johnny verso la casa di Tyler, da dove proveniva il suono di una
vecchia
canzone dei Rolling Stones.
-Johnny, grazie per avermi
accompagnata, davvero-
ripetè per l’ennesima volta Ronnie bussando al
campanello
-non dirlo neanche per scherzo! E
poi sono venuto per
la tua amica, mica per fare un favore a te- le strizzò
l’occhio spintonandola
leggermente con il fianco
Qualche istante dopo Tyler con una
camicia azzurra ed
un jeans chiaro aprì la porta sorridendo.
-Buon Compleanno!- urlò
la ragazza
-Ronnie!- salutò Tyler
stringendola in un abbraccio –grazie,
sono contento che tu sia venuta-
Ronnie sorrise contenta, sapeva che
le parole di Tyler
erano sincere.
-chi osa avvinghiarsi al mio
fidanzato!- la voce
scherzosa di Jamie fece sciogliere il loro abbraccio, ma Ronnie non
ebbe il
tempo di chiudere le braccia che Jamie ci si era tuffata dentro
–sei venuta!-
-non potevo perdermi il compleanno
di questo
vecchiaccio- rispose sciogliendo l’abbraccio
–ventisei anni, che schifo!-
scherzò guardando la ragazza, da cui però non
ricevette risposta.
Lo sguardo di Jamie era rivolto a
qualcosa dietro di
Ronnie, qualcosa che aveva catturato la sua attenzione e le aveva fatto
perdere
la concentrazione sull’amica.
-Beh, se aspettiamo che Ronnie ci
presenta arriveremo
a domattina mi sa- esordì dietro di lei Johnny e Ronnie
arrossì resasi conto
della figuraccia appena fatta –Johnny Radke, piacere-
aggiunse
-Tyler Lewis- rispose il biondo
stringendogliela con
un sorriso
-lo so, Ronnie mi ha parlato
tantissimo di tutti voi-
Ronnie lo guardò
dubbiosa, non era affatto vero. Aveva
parlato di loro cinque minuti in macchina durante il tragitto, giusto
per far
si che il ragazzo non arrivasse alla festa del tutto impreparato.
-oh, tanti auguri- aggiunse poi
mentre Tyler lo
ringraziava
-e tu devi essere Jamie- disse poi
rivolgendosi alla
ragazza che lo fissava tentennante
Chi era esattamente quel tizio? Lui
e Ronnie si
frequentavano?
Johnny allungò la mano
afferrando quella di Jamie, che
lo guardava confusa, e la avvicinò al viso facendole il
baciamano.
Il genere di cose che Ronnie odiava
e che in Lexus
avrebbero ispirato istinti violenti. Ma Ronnie sapeva anche che quello
era il
genere di cose che mandavano Jamie in brodo di giuggiole, il che fu
confermato
dallo sguardo da pesce lesso della ragazza.
-la descrizione di Ronnie non ha
reso giustizia alla
tua bellezza- continuò mentre Ronnie alzava gli occhi al
cielo
Non poteva proprio fare a meno di
fare il deficente
con chiunque.
-complimenti amico, hai saputo
scegliere bene-
aggiunse rivolgendosi a Tyler
-lo so- rispose sorridendo il
ragazzo, mettendo un
braccio intorno alle spalle di Jamie –entrate su, non vorremo
mica stare tutta
la serata qui fuori-
Johnny fece segno a Ronnie di
precederlo e quando la
ragazza mise piede nell’enorme salone si bloccò di
scatto rimanendo interdetta.
-non doveva essere una festa tra amici stretti?- chiese fissando la folla
di fronte a lei, saranno
state almeno un centinaio di persone
-beh, essere il bassista di Nick
Jonas fa ampliare il
concetto di “amici stretti”- spiegò il
ragazzo
Ronnie annuì continuando
a fissare la folla. Aveva
quasi dimenticato che Tyler non solo era diventato il migliore amico di
Nick,
ma anche il suo bassista. Non seppe spiegarsi perché, ma
improvvisamente aver
scelto di andare a quella festa le sembrava una cosa stupida.
-Hei Tyler Jamie, venite qui!- si
sentì una voce
urlare da un posto indefinito della stanza
-dobbiamo lasciarvi per un secondo-
disse Jamie
–lì infondo
troverete il tavolo con le bibite,
servitevi pure- aggiunse Tyler
Ronnie e Johnny li ringraziarono,
rimanendo poi
qualche istante in un silenzio totalmente imbarazzante.
-ti va qualcosa da bere?- le chiese
il ragazzo
-oh si, si grazie-
Si mischiarono alla folla facendosi
spazio e con non
poca fatica riuscirono ad arrivare al lungo tavolo in legno addobbato
per
l’occasione, con ogni genere di bevanda.
Johnny afferrò due
bicchieri di birra, porgendone uno
a Ronnie che lo ringrazio.
La ragazza sorseggiò dal
suo bicchiere guardandosi
furtivamente attorno.
Nick e Allie erano già
arrivati? E Kate?
Allontanò il bicchiere
sentendo l’ansia crescere
dentro di se. Sperava davvero che quella sera fosse andato tutto bene.
-oh mio Dio, fa che sia un
allucinazione-
Ronnie sorrise ancora prima di
voltarsi, riconoscendo
al volo la voce.
Lexus, con un’espressione
afflitta, guardava i due
ragazzi di fronte a lei. Ronnie non poteva averlo fatto davvero, non
poteva
averlo portato lì.
-Salve Lex- salutò
Ronnie, la ragazza rispose con un
grugnito davvero poco elegante
-buonasera Lexus- Johnny fece un
mezzo inchino –se
posso permettermi, sei splendida stasera-
Lexus, avvolta nel suo vestito
scuro aderente che
risaltava le sue forme, alzò gli occhi al cielo, per niente
lusingata dalle sue
parole.
-spero che ci sia un buon motivo
per cui lui sia qui,
senza quell’orribile camicia a righe quasi non
l’avevo riconosciuto-
-non sei contenta che
l’abbia portato?- chiese Ronnie
sarcastica
-la mia espressione rispecchia il
mio stato d’animo-
rispose seria –a meno che tu non l’abbia portato
qui per permettermi di
prenderlo a pugni- continuò come se il ragazzo non stesse
proprio lì, accanto a
lei, con un sorrisino piazzato sul viso e una grande faccia da schiaffi.
-se vuoi, puoi darmi un pugno-
sorrise Johnny
gesticolando col suo bicchiere
Lexus lo squadrò dalla
testa ai piedi –non tentarmi, carino-
-oh, posso tentarti in mille modi
sai?- disse con voce
suadente e quello che doveva essere uno sguardo ammaliatore
Lexus sfoggiò la sua
migliore espressione disgustata
–Cristo Santo, sembra uscito da un film di Marlon Brando-
Ronnie rise forte portandosi una
mano alla bocca, ma
Johnny non si arrese.
-posso essere chi vuoi tu, piccola-
-ti hanno mai dato una testata
sulle gengive, Brando?-
Ronnie
avrebbe
riso, probabilmente ancora più forte di prima, se non fosse
stato che la sua
attenzione venne catturata da una chioma rossa che si dirigeva verso la
cucina.
Kate.
-scusatemi un attimo, torno subito-
sussurrò
distrattamente avviandosi verso la folla
-perfetto! Mi stai lasciando da
sola, il balia di cascamorto John-
sentì in lontananza la
voce di Lexus, ma ormai era andata.
Col cuore a mille si
avviò verso la cucina. Cosa le
avrebbe detto ora? E se avesse fatto una delle sue scenate mettendola
in
imbarazzo di fronte a tutti?
Deglutì. Era un rischio
che doveva correre.
Finalmente Ronnie riuscì
a farsi spazio tra la folla,
ma proprio quando stava per oltrepassare la soglia della cucina
qualcuno, che
probabilmente avrebbe odiato per sempre, le urtò
violentemente il braccio
facendo cadere il contenuto del bicchiere che aveva in mano sul vestito.
Dopo essere rimasta qualche secondo
immobile a fissare
con disappunto il vestito, alzò lo sguardo decisa a
sbraitare contro chiunque
si fosse ritrovata di fronte.
Decisione che cambiò non
appena vide chi aveva avanti
a se.
-Ronnie! Oddio scusa!-
Nick era a quella festa da
più di mezz’ora ormai. La
mezzora più brutta della sua vita. Allie le era stata
incollata addosso tutta
la serata senza dargli modo di allontanarsi per più di
quattro metri.
Era chiaro che la ragazza era
preoccupata per
qualcosa, più precisamente per la presenza di una persona da
lei poco
desiderata, ma Nick non ce la faceva davvero più.
Così con la scusa di andare
al bagno era riuscito ad allontanarsi senza che la ragazza lo seguisse.
Non si sarebbe mai aspettato
però che a causa delle
sue scarse abilità motorie e la delicatezza di un elefante
in un negozio di
cristalli, fosse finito proprio addosso a lei.
Ronnie lo fissò
evidentemente in imbarazzo –non
importa è solo un po’ di birra-
commentò sentendo ancora quel dannatissimo
stomaco accartocciarsi dentro di lei.
Da quella sera a casa di Jamie i
due non si erano più
visti, e anche quella sera, oltre ai cinque minuti in cui lui
l’aveva
“confortata” dopo la discussione con Kate, non
avevano avuto modo di parlare
poi così tanto.
-no davvero scusami, ero distratto
e tra tutta questa
gente…-
-Nick non importa, sul serio-
Al sentire il suo nome uscire dalle
labbra della
ragazza un brivido scosse Nick, facendogli sentire uno strano peso
sullo stomaco.
-b..beh, c..come stai?-
balbettò Nick per poi
pentirsene subito
Che domanda banale e priva di
originalità. Ma proprio
non poteva farci nulla, ogni volta che era vicino alla ragazza
diventava un
completo idiota.
-bene, grazie- Ronnie non era da
meno comunque
Era a due passi da lui e sentiva
l’impulso di dover
toccare la sua pelle. Voleva sfiorargli la mano o accarezzargli la
guancia o
semplicemente passare la mano tra i suoi ricci, ora più
corti.
Non era sicura del perché
volesse farlo, sapeva solo che voleva.
-con le ragazze come va?-
Nick voleva sapere. Voleva sapere
tutto della sua
vita, sapere cosa aveva fatto in quegli anni, cosa voleva fare ora,
quali erano
i suoi progetti, i suoi sogni.
Voleva sapere quanto di quella
Ronnie che tanto aveva
amato fosse rimasto in lei.
-sto cercando di recuperare- sorrise
Quello che seguì fu un
lungo silenzio. Uno di quei
silenzi davvero, davvero, imbarazzanti per entrambi.
D'altronde quando si hanno troppe
cose da dire alla
fine non se ne dice nessuna.
Erano entrambi storditi e confusi.
Fino a qualche settimana prima
Ronnie era convinta che
il suo trasferimento a Madrid, seppur difficile e doloroso, le fosse
almeno
servito per dimenticare Nick, ed una parte di lei ne era ancora
convinta. Era
ancora convinta che infondo quelle strane emozioni che stava provando
il quell’istante
mentre guardava gli occhi nocciola del ragazzo, fossero dovute al
ricordo di
quello che c’era stato tra di loro.
Com’è che si
diceva? Il primo amore non si scorda mai.
Se Ronnie era confusa poi, Nick era
totalmente perso.
Non solo si era convinto di averla
dimenticata,
credeva che la questione fosse ormai morta e sepolta al punto che aveva
pensato
di poter ricominciare, di poter intraprendere una relazione seria con
un’altra
ragazza.
Si era convinto che le emozioni che
aveva provato per Ronnie,
il modo in cui l’aveva amata senza freni, donandole tutto,
non potessero esistere
più; si era convinto che lui non fosse stato mai
più in grado di provare cose
del genere.
Ma ora, di fronte a lei, quelle
convinzioni stavano
crollando.
Cosa doveva fare allora? Seguire il
suo istinto e
vedere dove l’avrebbe portato o cercare di stare il
più lontano possibile dalla
ragazza e fingere di non aver sentito nulla?
-Ronnie, che ne diresti
se…- cominciò il ragazzo ma,
ovviamente, con un tempismo perfetto, Allie arrivò
saltellante interrompendo la
loro conversazione
-Ronnie! Che bello che ci sia anche
tu- urlò forte
verso la ragazza, che rimase a dir poco interdetta
Era la stessa Allie che in ufficio
l’aveva minacciata?
Anche Nick, che di certo non si
aspettava una reazione
così calorosa, rimase sbalordito.
Ronnie aprì la bocca per
dire qualcosa ma Allie la
interruppe, ancora.
-Nick, tuo fratello ti cercava,
doveva dirti una cosa
importante- disse veloce, poi si voltò verso Ronnie
–non ti dispiace se te lo
porto via, vero?- sorrise con l’espressione più
angelica al mondo
Ronnie voleva tanto prenderla a
pugni in quel momento.
-certo che no, ora che sono tornata
sono sicura ci
sarà molto tempo per chiacchierare- rispose prontamente
Ronnie, mentre Nick
spostava lo sguardo dall’una all’altra come se
stesse seguendo una partita di
beach volley
Allie ridacchiò e poi,
sotto lo sguardo sorpreso di
Nick e quello sbalordito di Ronnie, si sporse per abbracciare la
ragazza.
-se ti vedo di nuovo vicino a lui-
le sussurrò all’orecchio
in modo che solo lei potesse sentire –ti rispedisco da dove
sei venuta-
-E’ stato un piacere
cara, ora dobbiamo proprio
andare- squittì poi Allie allontanandosi, lasciando Ronnie
con un’espressione
sconvolta –goditi la festa!-
Per un attimo Nick non si mosse,
neppure quando Allie
lo strattonò per un braccio. Non voleva andarsene, voleva
rimanere lì a parlare
con lei. Ma poi si rese conto che Allie non l’avrebbe
mollato, a costo di
trascinarlo per tutta la sala, non l’avrebbe lasciato
lì. Con un sospiro
interiore si arrese.
-ci si vede in giro- sorrise alla
ragazza, che aveva
ancora una strana espressione sul viso
-ci si vede- sussurrò
prima di abbassare lo sguardo e
sorpassarlo entrando in cucina
Dire che era arrabbiata era poco.
Quella stupida bionda continuava a
minacciarla, e
tutto ciò che lei era stata in grado di fare era rimanere
immobile con un espressione
sconvolta. Aveva perso del tutto la sua dignità in quegli
anni?
Fece un passo verso il balcone
aperto, aveva bisogno
di aria, ma improvvisamente si bloccò.
Una sagoma scura girata di spalle,
poggiava i gomiti sulla
grande ringhiera di legno, la testa china intenta a fissarsi le punte
dei piedi
e la schiena curva.
Sospirò.
Non era il momento di pensare ai
mille modi in cui
avrebbe potuto uccidere Allie ora.
Ora, era il momento di occuparsi di
Kate.
* *
*
Ho fame.
No, lo
so, fa cagare çç scusatemi
non piace nemmeno a me, ma non volevo farvi aspettare oltre
çç
Sono
afflitta dalla schifezza che ho
scritto.
Oh,
finalmente mi sono diplomata e sono
libera *-*
Come sta
andando la vostra estate?
Partirete per qualche posto mentre io starò qui a morire di
caldo e noia?
Ah,
l’altra volta la cosa che volevo
dirvi è che io, me medesima, ho ceduto alla tentazione di
stalkeggiare Zack
Merrick e mi sono registrata su twitter ùù Nel
caso a qualcuna di voi
interessasse il mio nick è JustALittleLie_(si, ho fantasia
da vendere.)
Buona
domenica a tutte e buona
estate!
Vi amo
<3
|
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Capitolo 13 *** I can only say that I have made mistakes ***
L'amore
conta. Sembrava inutile fino a ieri.
Verdena.
Kate era al
centro della stanza mentre si dondolava nervosamente da un piede
all’altro
ispezionando accuratamente tutta la sala.
Dopo
un’ultima occhiata si rassicurò, lei non era
lì.
Forse Ronnie
aveva saggiamente deciso di rimanere a casa, forse aveva capito che era
alquanto ridicolo cercare di recuperare il loro rapporto dopo tre anni
di
silenzio.
O forse,
più
semplicemente, era solo in ritardo.
Kate
guardò
il tavolo delle bevande con un’espressione simile a quella di
un bambino di
fronte ad un negozio di caramelle. Stava morendo di sete, ma fino a
cinque
minuti prima aveva visto Jamie girare attorno al tavolo, e se voleva
evitare di
ucciderla, era meglio starle alla larga in quel periodo. Per quanto le
fosse
possibile.
Jamie era
una delle persone più care che aveva ed a cui voleva
più bene al mondo, ma in
quel periodo pareva si divertisse a giocare con i suoi nervi,
già di per se non
molto saldi, mettendo ogni volta in mezzo il discorso “Ronnie”.
Quello che
voleva Jamie era molto semplice, voleva che Kate parlasse con Ronnie da
persona
matura e che almeno provasse a risolvere la situazione.
Quello che
voleva Kate, era ancora più semplice: evitare
Ronnie.
Approfittando
della momentanea sparizione dell’amica, si fiondò
al tavolo pronta a bere
qualsiasi cosa di potabile. A pochi passi dal tavolo, isolata in un
angolino,
intravide una figura familiare e, dopo essersi pentita di essersi
avvicinata a
quel tavolo, convinta che quella figura fosse Jamie, si rese conto che
invece
era solo Joe.
Sorrise,
contenta di poter intrattenere una conversazione con qualcuno che non
l’avrebbe
ossessionata con Ronnie inducendola al suicidio, ed afferrò
un bicchiere dal
tavolo dirigendosi verso di lui.
Non aveva
pensato al fatto che fosse più che strano che il ragazzo
stesse da solo in un
angolo, invece di stare al centro della pista dove sarebbe stato
più naturale
trovarlo. Non notò nemmeno la testa china e lo sguardo perso
nel vuoto.
Era troppo
occupata ad essere felice, in quel momento.
-Hei!-
urlò
esuberante come sempre, piazzandosi di fronte al ragazzo
Joe
alzò di
scatto la testa trovando la rossa sorridente, con gli occhi che le
brillavano.
Joe Jonas
era stato con tante ragazze bellissime e, dato l’ambiente in
cui lavorava, ne
aveva viste di altrettanto belle. Ormai non si stupiva poi
così tanto di fronte
ad un paio di gambe lunghe, occhi blu da cerbiatta e capelli come la
seta.
Eppure, la
prima cosa che pensò quando vide il sorriso della ragazza,
fu che lei era in
assoluto la ragazza più bella che avesse mai visto.
-ciao- gli
venne spontaneo sorriderle
Solo quando
Kate sentì il tono triste e malinconico del ragazzo, che
assolutamente non gli
apparteneva, si rese conto che non era da Joe restare in un angolo e,
soprattutto, silenzioso.
-tutto bene?-
chiese accigliandosi
-si, certo,
è che qui dentro c’è troppa gente-
tentò di giustificarsi, ma Kate non era
stupida.
Il ragazzo
non faceva l’impiegato, era un divo del cinema, ex rock star,
cresciuto in
mezzo a milioni di persone, abituato ad essere circondato da centinaia
di
ragazzine urlanti, di certo la poca folla raggruppata in quel salone
non poteva
spaventarlo.
Ma forse era
solo un “giorno no”.
-vuoi uscire
a prendere un po’ d’aria?- chiese comprensiva la
ragazza poggiandogli una mano
sul braccio
-no!- disse
duro lui ritirando il braccio dal suo tocco –non ce ne
bisogno, grazie- ripetè
cercando di essere più gentile, ma sempre con uno strano
tono freddo.
Kate
osservò
la sua mano scivolare dal braccio di Joe e alzò lo sguardo,
stupita, cercando
di trovare nei suoi occhi la risposta a quello strano gesto ed a quella
strana
freddezza, ma gli occhi di Joe guardavano altrove, verso la punta delle
sue
scarpe.
-va bene-
sussurrò confusa
Non aggiunse
nulla, convinta che il ragazzo l’avrebbe fatto al suo posto,
magari scusandosi
del suo strano comportamento. Le venne un tuffo al cuore quando il
ragazzo
continuò ad evitare il suo sguardo, e a non dire nulla.
Era il primo
silenzio imbarazzante tra loro due da quando si erano conosciuti.
-E’
successo
qualcosa? Ne vuoi parlare?- chiese preoccupata, ma Joe scosse la testa,
in
segno negativo.
Cosa stava
succedendo? Perché Joe pareva avercela con lei? Non
ricordava di aver fatto
nulla di sbagliato.
Ripercorse
mentalmente gli ultimi istanti in cui erano stati assieme qualche
giorno prima,
e non gli parve di trovare nulla di strano. Lei era andata a prenderlo
sul set
del suo ultimo film, poi tra chiacchiere e risate erano andati in giro
per
negozi cercando il regalo di nozze perfetto.
Improvvisamente
un flash si aprì nella sua mente, ed una scena in
particolare si materializzò
di fronte a lei, come se la stesse rivivendo per la seconda volta.
–Seth, come puoi dirmi
questo?-
disse in un lamento
Joe continuò a guardare
Kate
immobile, sconcertato, era sicuro che si stesse avviando verso un
vicolo ceco,
nulla di buono.
-la verità…-
balbettò indeciso, ma
quando Kate si aprì in uno sei suoi soliti sorrisi
mozzafiato tutto, tutto,
scomparve attorno a loro.
Non c’era più
Seth, non c’era più
Cindy, non c’era più nessun film.
Erano semplicemente loro,
semplicemente Kate e Joe.
-la verità, Cindy,
è che sono
stanco- puntò gli occhi in quelli della ragazza
–ti ho sempre dimostrato il mio
amore e cosa ho ricevuto in cambio? Nulla!-
Kate scosse la testa con aria
afflitta e fece un passo verso il ragazzo –non dire
così! Lo sai…- si bloccò un
attimo perdendosi negli occhi del ragazzo
-cosa? Cosa dovrei sapere, Cindy?-
sussurrò Joe facendo un passo verso di lei e prendendole il
viso tra le mani,
sperando di star seguendo il copione
-lo sai che ti amo-
sussurrò Kate
sentendo il suo stomaco attorcigliarsi su se stesso
Joe avvicino ancora il viso a
quello
della ragazza fino a sfiorare il naso col suo, la guardò per
un istante
paralizzata, mentre non era in grado di fare niente.
Oh,
miseriaccia.
Joe
aveva capito tutto. Aveva capito che lei non stava
recitando, aveva capito che non provava una semplice amicizia per lui,
aveva
capito che era un idiota, ed ora la stava allontanando.
Perché?
Semplice, perché lui non ricambiava i suoi
sentimenti e glielo stava facendo capire in modo più che
palese.
-se
non ti dispiace…- sussurrò quasi il ragazzo
facendo risvegliare Kate dai suoi pensieri e facendole rendere conto
che erano
rimasti buoni cinque minuti in assoluto silenzio -…ora vado
a cercare gli
altri- e si allontanò senza darle il tempo di rispondere o degnarla di uno sguardo,
lasciandola
impalata, con gli occhi fissi nel vuoto, fino a poco prima occupato dal
ragazzo, ed un bicchiere in mano.
Come
una cretina.
Kate
boccheggiò un paio di volte, sorpresa
dall’atteggiamento del ragazzo. Lei non era una delle sue
ochette usa e getta,
loro erano amici da anni, non poteva improvvisamente trattarla in quel
modo, le
doveva almeno una misera spiegazione!
Respirò
a fondo. Doveva allontanarsi dalla folla se
voleva evitare che la sua rabbia si riversasse su qualche povero
sconosciuto lì
attorno.
Si
avviò verso la cucina, attraversandola come un
razzo, spalancò il balcone e l’aria fredda le
colpì violentemente il viso
facendola rimanere per un attimo senza fiato.
Uscì
fuori senza curarsi di richiudere la finestra
alle sue spalle e si lasciò letteralmente cadere sulla
ringhiera in legno
poggiandovi le braccia incrociate sopra.
Guardò
il prato verde di fronte a lei e pensò che in
quel momento avrebbe tanto voluto fare come da bambina, togliersi le
scarpe e
camminare sull’erba sentendo il fresco sotto i piedi, e non
pensare a niente.
Niente
voglia di scappare via, niente voglia di
entrare e prendere Joe a schiaffi, niente voglia di sfogarsi con
Ronnie, Jamie
e Lexus come una volta.
Voleva
solo sparire in un buco nero, non chiedeva
molto infondo.
Remember
when, you were my boat
and I was your sea
together we'd float, so delicately
But that was back when we could talk about
anything..
(Fireworks
– You Me At Six)
Ronnie
si fermò giusto un istante sulla soglia del
balcone, per poi farsi coraggio, prendere un respiro profondo, ed
avviarsi a passo
lento ed insicuro verso la ragazza poggiata al balcone.
Kate
era immersa nei suoi pensieri, troppo occupata a
deprimersi per accorgersi del rumore dei passi dietro di lei, troppo
occupata a
pensare a quanto fosse stata stupida ad innamorarsi di Joe.
Era
talmente distratta che quando Ronnie sussurrò un
flebile –ciao- pieno di insicurezza e timore, quasi non la
sentì.
Ronnie
a sua volta rimase immobile accanto alla
ragazza aspettando una sua qualsiasi reazione. Uno schiaffo, un urlo
isterico,
un “vaffanculo”.
Ma Kate non fece
nulla di tutto questo. Rimase immobile per alcuni secondi, che a Ronnie
parvero
un’eternità, e solo alla fine di questi si
voltò riluttante verso di lei,
giusto per un attimo, per poi tornare a fissare il vuoto avanti a se.
Ronnie
si accigliò; di certo non si aspettava
quell’apatia da parte della ragazza, piuttosto si aspettava
che da un momento
all’altro le tirasse qualcosa dietro.
-Kate?
Va tutto bene?- chiese apprensiva cercando di
guardarla in volto
-si-
sospirò
-ne
sei sicura?- insistette l’altra
Kate
sospirò ancora, stavolta più forte
–francamente
Ron, credi che anche se ci fosse qualcosa che non va, ne parlerei con
te?-
Ronnie
si morse il labbro ferita, per l’ennesima
volta, dalle parole dell’amica. Poggiò a sua volta
le braccia conserte alla
ringhiera, perdendo lo sguardo nel vuoto.
-ricordi
cosa facevamo quando eravamo tristi?- chiese
Ronnie sorridendo, sperando di ottenere qualche chance in
più giocando la carta
“ricordi del passato”.
Kate
non rispose, allora Ronnie continuò –facevamo
scorta di schifezze ed alcolici, andavamo in spiaggia, e cantavamo a
squarciagola fino al mattino- abbassò il volto quando un
senso di nostalgia e
malinconia la colpirono forte allo stomaco –eravamo
così…-
-felici- concluse
Kate per lei
Ronnie
girò di scatto la testa verso Kate e stavolta
riuscì chiaramente a vederle il viso.
Non
era affatto come lo ricordava, spensierato e
sempre sorridente, no. Quel viso ora era segnato dalla stanchezza e
dalla
fatica e, con uno sguardo più attento Ronnie scorse un velo
leggero di lacrime
offuscarle gli occhi.
Cosa
le era successo? Cosa aveva spento il suo sorriso
e i suoi occhi vispi in quel momento?
Qualsiasi
cosa fosse, era evidente che Kate non
volesse parlarne con lei, cosa poteva fare allora, se non cercare di
farla
ridere?
-Già-
commentò Ronnie sorridendo –poi arrivava Lexus e
con le sue stonature spezzava l’atmosfera-
Kate
sorrise appena, era un passo.
-perché
non l’hai detto?- chiese improvvisamente facendo
accigliare Ronnie
Di
cosa stava parlando ora?
-Ci
hai lasciate senza una parola…- spiegò
sussurrando
–noi avremmo capito-
-avevo
diciotto anni Kate, ero immatura, ed allora
scappare dai miei problemi mi sembrava l’unica via di fuga-
rispose Ronnie
sospirando. Se solo avesse avuto l’opportunità di
tornare indietro, avrebbe
affrontato tutto diversamente. Forse sarebbe partita lo stesso, o forse
no.
-si
ma perché? Perché non dircelo?Perchè
andartene
così senza una parola?- Kate finalmente si voltò
riversando tutta la rabbia dei
suoi occhi sulla ragazza che la guardava spiazzata.
-perché
non ce l’avrei fatta Kate- rispose sostenendo
lo sguardo dell’amica –sapevo che se vi avessi
guardato mentre dicevo di voler
partire, sarebbe bastato anche un solo sguardo da parte vostra per
farmi
rimanere lì-
Kate
annuì e tornò a guardare di fronte a lei
–spero che
almeno sia servito a farti superare i tuoi problemi-
Ronnie
non rispose. Rimase lì, accanto a lei, a
fissare il buio che le circondava.
Era
servito a farle superare i suoi problemi? Non ne
era certa.
*
*
*
Ok.
Questo
è osceno, veramente -.-‘
E’
un capitolo idiota e so che lo state pensando anche
voi, quindi date libero sfogo alle vostre offese nei miei confronti
ùù
Allora!
Come va la vostra estate? Partirete? Siete già
partite? Raccontatemi ùù
Vi
amo!
|
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Capitolo 14 *** I've only got forever, and forever is fine ***
S'innamorò come
s'innamorano sempre le donne intelligenti: come un'idiota.
- Angels Mastretta.
-No,
davvero, non credo di aver
capito-
Joe
sbuffò passandosi una mano tra i
capelli, eppure gli sembrava di essere stato abbastanza chiaro.
-cosa
c'è da capire Nick? Mi sono
innamorato di lei- borbottò
Nick
si guardò in giro, come se
stesse studiando le persone che riempivano quel caffè in una
via isolata di Los
Angeles quella mattina, ma in realtà stava solo pensando a
quello che gli aveva
detto il fratello, e non poteva che trovarlo assurdo.
Alzò
un sopracciglio e lo guardò
curioso.
La
sera prima era stata la più
strana della sua vita. Allie gli era stata addosso tutta la serata e
lui,
nonostante tentasse in tutti i modi di non farlo, non poteva fare a
meno di
cercare Ronnie con lo sguardo.
Era
davvero strano. Non sapeva
esattamente cosa volesse dalla ragazza, sapeva solo che voleva
conoscerla di
nuovo, voleva sapere. E con Allie tra i piedi non era stato possibile
parlare
con lei più di tanto.
Ma
al momento c'era qualcosa di più
imminente di cui parlare.
Dalla
sera prima infatti, Joe era
strano, ma non strano come al solito, no, sembrava addirittura triste.
Quando
quella stessa sera Nick gli
aveva chiesto cosa aveva, lui aveva sminuito il tutto con un sorriso ed
un
gesto della mano.
Il
suo primo pensiero quella mattina
era stato svegliare il fratello che, dopo averlo benedetto in tutte le
lingue
del mondo, aveva acconsentito ad uscire per andare a fare colazione con
lui in
un posto "appartato", dove avrebbero potuto parlare tranquillamente.
-questo
l'avevo capito già da un
pezzo Joseph- commentò Nick spazientito -quello che non
capisco è il tuo
malsano desiderio di mandare tutto all'aria-
-tutto
cosa Nick?- ribatté subito
-la nostra amicizia è tutto quello che avevamo, e l'ho
già mandata all'aria
innamorandomi di lei-
-oh,
e quindi tenti di salvare la
vostra amicizia non rivolgendole più la parola?-
domandò sarcastico -in quale
specie di mondo parallelo vivi Joe?-
Joe
abbassò lo sguardo prendendo a
mescolare con la cannuccia il cappuccino avanti a se.
-è
complicato Nick- sospirò
Nick
si lasciò cadere all'indietro,
contro lo schienale di vecchia pelle bordeaux -sei tu che la stai
complicando
fratello-
Joe
continuò a mischiare il
cappuccino con la sua cannuccia verde, fissava la schiuma disegnare
aspirali
nel caffè ed intanto pensava. Ma più pensava,
più si rendeva conto che quella
era l'unica via da intraprendere, non c'erano altre
possibilità.
-cosa
dovrei fare, secondo te?-
sospirò infine, sperando che il fratello avesse una qualche
idea geniale
Nick
si alzò di scatto sporgendosi
verso il fratello ed unendo le mani sul tavolo. -Diglielo-
Joe
sorrise triste scuotendo la
testa -non posso-
-perchè?
Cosa hai da perdere?-
-la
sua amicizia!- sbottò indignato
Nick
scosse la testa -Kate non è una
ragazzina. Siete due persone mature e siete in grado di parlarne
serenamente-
Joe lo guardò dubbioso, allora lui tentò ancora
-andiamo, se ti va bene,
riuscirai a stare assieme con la ragazza di cui sei innamorato-
-e
se mi va male?- chiese subito
-se
ti va male, lei ti dirà che non
prova i tuoi stessi sentimenti, ed amici come prima!-
Joe
alzò un sopracciglio, dubbioso
-tu credi davvero che se le dicessi di essere innamorato di lei, il
nostro
rapporto rimarrebbe lo stesso?-
-Joe,
lo stai cambiando comunque!-
sbottò esasperato, a volte quel ragazzo era davvero stupido
-lo
so, ma...- si lamentò lui
-ma?-
sospirò Nick
-non
ce la faccio- confessò
sbuffando -non ce la faccio a starle vicino Nick, mi fa male-
Nick
scosse la testa, del tutto
contrariato -ma così stai facendo del male a lei-
sbottò arrabbiato dando un
pugno al tavolo
Lui
voleva bene a Kate, davvero
tanto. E sapeva quanto lei volesse bene a Joe. Quella ragazza aveva
sofferto
già tanto per amicizia, Joe non poteva farle questo, non se
era vero che
l'amava come diceva.
-parli
proprio tu, che è un anno che
sei fidanzato con una ragazza mentre sai bene di amare
un'altra!-
Colpo
basso, decisamente.
Nick
guardò basito il fratello, non
poteva credere che l'avesse detto davvero. Lui sapeva, sapeva, tutto
quello che
aveva passato a causa di Ronnie. Ora non poteva buttargli tutto in
faccia così.
Joe
si morse il labbro, pentito.
-mi
dispiace Nick, scusa-
Nick
tornò a poggiare la schiena
sulla spalliera -non importa- borbottò fissando il tavolo di
finto legno scuro
-comunque, per precisare, io non sono innamorato di Ronnie-
Joe
annuì, quello non era certo il
momento per insistere, anche se a sua opinione il ragazzo era ancora
cotto e
come. L'aveva visto la sera prima come cercava Ronnie per tutta la sala
mentre
Allie cercava di distrarlo in tutti i modi. E sapeva anche che questo
ad Allie
non era sfuggito e, di certo, sarebbe successo un casino prima o poi se
Nick
non si fosse mosso a fare chiarezza nei suoi pensieri. Ma in quel
momento Joe
non era capace di far ragionare se stesso, figurarsi il fratello.
-ma
di certo non ami Allie- si
lasciò sfuggire comunque
Nick
sospirò passandosi stancamente
una mano sul viso. Questo lo sapeva, ma non era di quello che voleva
parlare, e
poi davvero credeva di non essere innamorato di Ronnie. Certo non ne
aveva la
certezza, e doveva ammettere che il suo ritorno a LA non gli era del
tutto
indifferente, ma non era ancora innamorato di lei, non poteva essere
ancora
innamorato di lei. Sarebbe stata una cosa ridicola. E poi non voleva
pensarci
in quel momento.
-non
stavamo parlando di me ora.
Affrontiamo un disastro alla volta- sorrise appena alzando un angolo
della
bocca -per me stai sbagliando Joe-
Il
ragazzo alzò lo sguardo verso
Nick puntando gli occhi nei suoi.
Nessuno
conosceva Joe meglio di lui.
Nessuno in tutta la sua vita, gli aveva mai dato consigli migliori dei
suoi. E
una piccola parte di lui, dispersa tra i meandri del suo cuore e della
sua
mente, sapeva che Nick aveva ragione, ma era troppo codardo per
ammetterlo. Era
troppo codardo per confessare tutto a Kate, con il rischio, se non la
certezza,
che avrebbe potuto ricevere un rifiuto.
-non
riesco a fare altro al momento
Nick, devo pensarci-
Il
primo istinto di Nick fu quello
di saltare sul tavolo e prendere a schiaffi il fratello. Non poteva
evitare il
problema in quel modo, non erano messi in ballo solo i suoi sentimenti,
ma
anche quelli di un'altra persona, Kate. Doveva pensare anche a lei, non
poteva
essere tanto egoista!
E
mentre stava per pronunciare
queste parole, si rese conto che da parte sua sarebbe stato un discorso
davvero
ipocrita.
E'
vero, non credeva di amare
Ronnie, ma di sicuro non amava Allie. E lui si che aveva seriamente e
pesantemente giocato con i suoi sentimenti, e per quasi un anno.
Lui
si che avrebbe seriamente dovuto
pensare alla loro relazione e in quale direzione stesse andando il suo
cuore.
Ridacchiò
sarcastico per i suoi
pensieri, mentre Joe lo guardava stranito.
-Dovremmo
prenderci una lunga
vacanza fratello, lontano da tutti-
Joe
sorrise -magari-
La
tasca dei jeans di Nick prese a
vibrare o meglio, il cellulare nella sua tasca lo fece. Lo estrasse
veloce e
dopo aver letto l'sms appena arrivatogli lo ripose al suo posto,
sbuffando.
-Allie
mi ha chiesto se la passo a
prendere, ora-
Joe
annuì, facendo poi un segno al
cameriere di portagli il conto -dov'è?-
-in
ufficio dal padre- rispose
svogliatamente alzandosi e raccogliendo la sua giacca di pelle
-non
è dove lavora...?-
Nick
sospirò -non mi ci far pensare-
*
* *
Ronnie
si passò stancamente una mano
sugli occhi e, sospirando, tornò a guardare svogliatamente
lo schermo avanti a
se.
Johnny
le aveva affidato uno strano
articolo che parlava di contrapposizione tra scienza e religione, da
tradurre.
Il brano originale era scritto in spagnolo, quindi non le ci voleva
molto per
tradurre il testo, ma l’argomento non le interessava affatto,
ed inoltre era
tremendamente noioso.
Senza
contare che la sera prima non
era riuscita a chiudere occhio, ripensando al fatto che Kate le avesse
parlato
senza azzannarla.
Un
sorriso si dipinse
automaticamente sulle labbra di Ronnie, un sorriso che durò
poco e che svanì
subito al ricordo delle stupide minacce di Allie.
Sospirò,
la sua vita non era mai
stata così incasinata.
Due
delle sue più care amiche
avevano appena ricominciato a rivolgerle la parola, ma il loro rapporto
non si
avvicinava nemmeno lontanamente a quello di una volta. Ronnie sapeva
che questo
era dovuto al fatto che Kate, continuasse ad odiarla. Certo, il giorno
prima
avevano parlato da persone civili e mature, ma non si può
dire ci fosse stato
un vero e proprio chiarimento.
L’unica
persona con cui poteva
realmente sfogarsi, in quel momento, si trovava a chilometri di
distanza da
lei, in Spagna.
Il
suo ex ragazzo, quello per cui
era scappata dall’altra parte del mondo, era lì
con la sua super sexy ed
affascinante nuova ragazza che, tra l’altro, sospettava
volesse ucciderla.
Con
un altro sospiro rimpianse i bei
vecchi tempi, quelli in cui non avrebbe esitato un istante a far capire
alla
ragazza che tipo di persona era e che non doveva scherzare con lei.
Forse
tutt’ora l’avrebbe fatto, se solo lei non fosse
stata la figlia dell’uomo che,
al momento, le pagava lo stipendio.
-Ron,
ancora qui?- la voce di Johnny
la fece destare dai suoi pensieri e, svogliatamente, portò
gli occhi
all’orologio che era appeso sul muro di fronte a lei. Non si
era minimamente
accorta che fosse ora di pranzo.
-si,
stavo giusto staccando- rispose
allungando braccia per sgranchirle
-io
stavo andando a pranzo, ti va di
venire con me?- propose Johnny afferrando la giacca
dall’appendi abiti ed
infilandosela
-certo,
perché no- rispose in
un’alzata di spalle la ragazza
Assieme
si avviarono verso
l’ascensore, in silenzio, e Ronnie trovo strano che Johnny
non le avesse ancora
detto della sera precedente. Per quel poco che l’aveva
conosciuto sembrava il
tipo che non risparmiava battutine, era curiosa di sapere quali fossero
state
le sue impressioni sulla serata precedente. Come aveva trovato
l’ambiente, come
aveva trovato Lexus.
-ti
spiace se prendiamo le scale?-
chiese Johnny arrivati all’ascensore
Ronnie
spalancò la bocca -hai
dimenticato che siamo al ventunesimo piano?-
Johnny
la spintonò leggermente
ridacchiando –mi
piace fare le scale a
piedi-
Ronnie
lo guardò alzando un
sopracciglio –sono contenta che dedichi parte della tua vita
all’attività
fisica, ma questa tua passione non è affatto condivisa da
me- rispose
guardandolo stranita –quindi magari ci vediamo giù
eh- allungò una mano per
prenotare l’ascensore, ma Johnny la bloccò ridendo
e, prendendola sotto
braccio, la trascino letteralmente verso le scale.
-Dai,
solo cinque piani, poi
prendiamo l’ascensore- disse aprendo la porta in ferro, posta
in un angolo
remoto del pianerottolo
Ronnie,
contrariata, cercò di
tirarsi indietro opponendo resistenza, ma poi si arrese sospirando
–odio quando
prendi queste iniziative suicide e ci trascini anche me!- ma Johnny
parve non
sentirla.
Con
un bel sorriso stampato sulle
labbra, prese a scendere velocemente le scale mentre Ronnie a parecchi
scalini
di distanza, cercava affannosamente di stargli dietro.
-potresti
almeno rallentare!-
esclamò quasi col fiatone, di certo
l’attività fisica non era il suo forte
-oh
andiamo, sembra che tu abbia
ottant’anni!- scherzò Johnny rallentando la sua
andatura
Ronnie
alzò gli occhi al cielo
maledicendo se stessa per aver assecondato quell’essere
totalmente fuori di
testa in quella che poteva essere la fine della sua vita. Si, era anche
un
tantino melodrammatica.
Sei
piani, centoventisei scalini e
un polmone in meno dopo, Ronnie riuscì a convincere Johnny a
prendere
l’ascensore.
-Non
ho mai visto una ventiduenne
tanto scansafatiche!- la prese in giro il ragazzo entrando
nell’ascensore
-Non
vedo cosa c’è di male nella mia
pigrizia- borbottò lei seguendolo all’interno
–tu sei libero di farti ventuno
piani su e giù quante volte ti pare ed io sono libera di
sprofondare su un
divano appena posso-
Johnny
ridacchiò scuotendo la testa,
Ronnie lo osservò e decise che quello era il momento giusto
per chiedergli di
Lexus.
-Allora,
com’è andata ieri sera?-
chiese con nonchalance osservando il ragazzo
Gli
occhi di Johnny si illuminarono
giusto un tantino.
-bene,
una bella serata- rimase sul
vago, sapendo bene dove volesse andare a parare Ronnie
-sono
contenta che ti sia piaciuta e
ti ringrazio ancora per avermi accompagnato- sorrise
-non
c’è di che- sorrise –ma lo sai-
continuò poi col con espressione furba –non
l’ho fatto per te…-
-l’hai
fatto per Lexus- concluse
Ronnie al posto suo sorridendogli
Le
porte dell’ascensore si aprirono
avanti ai due che, a passo lento, si avviarono verso l’uscita.
-com’è
andata con Lex dopo che vi ho
lasciati soli?- chiese diretta
Johnny
fece una smorfia –beh,
diciamo che la micetta non si
è
ancora innamorata di me, ma ci sto lavorando-
Le
porte di vetro si aprirono avanti
a loro,e la luce del sole li colpì in pieno viso, tanto che
Ronnie dovette
portarsi una mano al viso per riuscire a vedere qualcosa.
-spero
che tu non l’abbia mai
chiamata con quel nome in sua presenza- ridacchiò Ronnie
divertita, immaginando
un’eventuale reazione di Lexus al sentirsi chiamare “micetta” -ma credo
tu non l’abbia fatto, dal momento in cui sei
ancora vivo-
Johnny
ridacchiò pensando che Ronnie
aveva proprio ragione, ma quella ragazza, Lexus, lo affascinava proprio
per
quello. Non aveva mai incontrato nessuna come lei.
-Ronnie?-
una voce li fece arrestare
sul marciapiede, nel punto esatto in cui si trovavano.
Johnny
si voltò confuso, Ronnie col
cuore che le andava a mille.
Nick,
accanto ad una macchina scura,
guardava nella sua direzione. I jeans scuri e la maglietta bianca che
fasciavano il corpo asciutto per poco non causarono un infarto alla
ragazza. E
il fatto che gli occhiali scuri gli nascondessero quegli occhi
nocciola, pensò,
non fu altro che un bene.
-Nick?
Cosa ci fai qui?- chiese
avvicinandosi
Subito
mille congetture le
affollarono la mente. Che fosse lì per lei? Che volesse
parlarle?
-sono
qui per Allie- rispose piano
il ragazzo mentre Ronnie si fermava di scatto, come scottata
–è da suo padre-
spiegò con un filo di imbarazzo
Ronnie
annuì, sentendosi
improvvisamente tremendamente stupida –capisco-
-hei
Johnny- salutò il ragazzo con
un cenno della testa
-salve
Nick- ricambiò lui
stringendogli velocemente la mano
Ronnie
osservò la scena, accigliata
–vi conoscete già?-
-oh
si, ci ha presentati Allie
l’altra sera- spiegò Johnny sorridendo e Ronnie
dovette trattenersi dallo
sbuffare come una bambina.
Allie, Allie, Allie. Com’è che
c’era sempre lei di mezzo?!
I
tre rimasero in silenzio e,
Johnny, cogliendo l’imbarazzo, decise saggiamente di
defilarsi.
-Ron,
vado a prendere posto, sai che
è impossibile trovarne due da Alice’s a
quest’ora, ti aspetto lì- disse facendo
qualche passo indietro –Nick, è stato un piacere-
sorrise per poi voltarsi ed
incamminarsi lungo la strada
I
due rimasero qualche istante in
silenzio in totale imbarazzo.
Ronnie
col cuore a mille non
riusciva, contro la sua volontà, a staccargli gli occhi di
dosso. Come poteva
essere dopo quattro anni ancora così,
così…lui.
Certo,
i capelli erano più corti ed
i lineamenti più adulti ma, cavolo, la attirava come il
miele con le api,
proprio come quattro anni prima.
-allora,
come ti trovi qui?- spezzò
il silenzio Nick accennando con la testa al grande palazzo grigio
-benissimo-
sorrise lei –Johnny è un
amore, è un piacere lavorare con lui-
-sono
contento- sorrise lui in
risposta
-oh,
e a te come vanno le cose?-
chiese impacciata –ho saputo che i Jonas si sono sciolti, mi
dispiace-
Nick
sorrise triste. Se solo avesse
saputo che la causa di quello scioglimento, almeno in parte, era stata
lei, o
meglio, il dolore che aveva provato per lei.
-E’
stato tanto tempo fa- sminuì il
tutto con un sorriso
Tanto
tempo fa.
Quelle
parole fecero risvegliare in
Ronnie qualcosa si strano, qualcosa di malsano.
Tanto
tempo fa, ed improvvisamente
il fluire dei suoi ricordi fu tanto veloce e prepotente che non
riuscì a
fermarlo. Le ci volle giusto un attimo per ricordare lui, che la
stringeva sul
divano di casa sua mentre guardavano un film, lui che le accarezzava il
viso
mentre la guardava in un modo così perdutamente innamorato,
loro che si
baciavano sotto la pioggia, in spiaggia, ovunque.
E
in ultimo il ricordo più limpido e
chiaro, il ricordo del suo cuore che batteva forte, le sue risa
spontanee, il
ricordo di lei, che era felice.
Ronnie
fece un passo indietro,
spaventata, e per poco non cadde inciampando in qualcosa, probabilmente
i suoi
stessi piedi.
Nick
la guardò accigliato, a cos’era
dovuto il suo improvviso cambiamento?
-ora
devo andare, mi ha fatto
piacere parlare con te- balbettò la ragazza indietreggiando
Nick
fece un passo verso di lei,
evidentemente deluso.
Non
poteva andarsene ora che
finalmente avevano un’occasione per parlare, non poteva
andarsene ora che lui
non sapeva ancora nulla della nuova Ronnie.
Poi,
improvvisamente, gli venne la
brillante idea.
-ti
va di andare a cena qualche
volta?- chiese di slancio mentre la ragazza lo guardava spalancando gli
occhi
–per ricordare i vecchi tempi, da amici- aggiunse cogliendo
il disagio della
ragazza.
Non
sapeva nemmeno lui da dove gli
era venuta fuori quella proposta, e nemmeno per un attimo aveva pensato
alle
conseguenze del suo invito. Voleva solo rivederla, ed aveva trovato il
modo per
farlo.
Ronnie
intanto restava immobile, interdetta.
Sapeva
che avrebbe dovuto dire di no
con una qualsiasi scusa, avrebbe dovuto rifiutare. La sua vita era
già troppo
incasinata al momento, non c’era bisogno di aggiungere altri
guai.
-si-
e sapeva anche che non ce
l’avrebbe fatta a dirgli di no
Nick
si aprì in uno dei suoi rari
quanto bei sorrisi, era la risposta che sperava.
-bene,
domani sera?- chiese subito
Ronnie
si ritrovò ad annuire
automaticamente.
-ti
passo a prendere alle otto-
-l’indirizzo
lo conosci- sorrise lei
–a domani- salutò per poi voltarsi ed avviarsi
verso la strada
Stava
camminando? Eppure le sembrava
di volare.
Il
che la fece tornare alla realtà,
e quella stupida vocina interiore le diceva di piantare per bene i
piedi a
terra e non farsi mille film mentali.
Su
cosa poi? Lei cosa voleva in
realtà? Era innamorata di lui, non lo era?
Ma
di questo non doveva preoccuparsi
al momento, era solo una cena tra amici.
Una
cena tra vecchi amici.
*
* *
Più
tardi, nel suo piccolo
appartamento in centro dove si era trasferita dopo le evidenti
difficoltà di
convivenza con la madre, Kate fissava intensamente il vuoto, sbuffando.
Quel
dannato cellulare che aveva
poggiato proprio di fronte a lei, sul tavolino di vetro, proprio non ne
voleva
sapere di squillare.
Lo
afferrò al volo, controllando lo
schermo, nulla.
La
ragazza gli aveva mandato un sms
quella mattina, chiedendogli se fosse tutto a posto, dato il suo strano
comportamento della sera prima, ma Joe non le aveva risposto.
In
un primo momento aveva pensato
che il ragazzo fosse impegnato al lavoro, o qualcosa del genere, ma
dopo otto
ore quarantotto minuti e trentasei secondi dall’invio di
quello stupido sms si
stava facendo spazio a forza in lei, l’idea che forse i suoi
pensieri non erano
del tutto sbagliati: Joe aveva capito che era innamorata di lei, ed ora
la
evitava.
Altro
sbuffo.
Quello
che era certo, era che il
ragazzo era un vero idiota.
Non
poteva trattarla così, non era
giusto! Dovevano almeno parlare prima, anche se dopo lui avesse deciso
di non
parlarle mai più.
Kate
si sistemò meglio sul divano,
non era da lei stare lì con le mani in mano, aspettando. Lei
era quella che
andava incontro ai problemi e, nel caso, li prendeva a calci in culo,
ma in
quella situazione proprio non sapeva che fare.
Le
opzioni era due, a suo parere:
aspettare lì, su quel vecchio divano, che Joe si decidesse a
far qualcosa,
qualunque cosa, oppure andare da lui, ovunque fosse, e prenderlo a
schiaffi,
dopo aver eventualmente parlato.
Si
alzò di scatto afferrando il
cellulare e la borsa e si avviò verso la porta, aveva
aspettato fin troppo, per
i suoi gusti.
A
qualche chilometro di distanza,
Joe, si trovava nella stessa identica situazione della ragazza.
Seduto
sul suo letto, fissava
insistentemente il cellulare. Era da quella mattina che pensava sempre
la
stessa cosa, senza trovare risposta: cosa doveva dirle?
Da
quella mattina non aveva trovato
nulla di sensato per spiegare il suo comportamento della sera prima.
Non poteva
di certo dirle che era un imbecille che si era innamorato di lei
buttando la
loro amicizia all’aria? Magari avrebbe potuto finire anche il
suo discorso con
un “hei, lo so che tu non provi lo
stesso
per me quindi, amici come prima!”
Ridicolo.
Ma
sapeva che non avrebbe potuto
evitarla per sempre, prima o poi avrebbe dovuto rispondere del suo
strano
comportamento, solo, non si aspettava così presto.
Il
campanello suonò freneticamente e
maledì chiunque l’avesse distratto dai suoi
pensieri profondi.
Restò
immobile a fissare il vuoto,
ma al secondo trillo, ricordò che era l’unico in
casa, e quindi gli toccava
andare ad aprire la porta.
Con
uno sbuffò scese le scale e si
precipitò alla porta, pronto a liquidare in due secondi
chiunque fosse e
tornare a crogiolarsi liberamente nella sua autocommiserazione.
Aprì
la porta con un gesto veloce, e
spalancò gli occhi, cercando di non urlare come uno di
quegli stupidi
protagonisti dei film dell’orrore.
Kate,
la rossa e stupendissima Kate,
era di fronte a lui, che lo guardava accigliata.
Joe
si sentì mancare l’aria.
-dobbiamo
parlare- sbottò la rossa
spingendo il ragazzo di lato e facendosi spazio per entrare.
Joe
deglutì chiudendo la porta,
reprimendo l’istinto di correre fuori e scappare. Sapeva bene
che quando una
frase cominciava con “dobbiamo parlare” non portava
a nulla di buono.
* *
*
Salve
a tutte!
Come
state? Io sto per partire, improvvisamente
xD mi aspettano le dolomiti e la romantic strasse *-*
Ad
ogni modo, credo di non tornare
prima del 25, quindi non so se posterò prima di settembre
çç Cercherò di
scrivere lì, ovunque io sia, ma la vedo dura!
Ah,
spero vi sia piaciuto il
capitolo!
Vi
amo sempre e comunque ùù
|
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Capitolo 15 *** Oh, why you look so sad? ***
cap 14
Non t'amo
come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima.
(Cento
sonetti d’amore – Pablo Neruda)
Joe, seduto
sul divano in pelle bianca
del salone di casa Jonas, continuava a fissare Kate che a sua volta non
la
smetteva a camminare avanti e indietro come un leone in gabbia, in
silenzio.
Ovviamente
Joe sapeva il motivo per cui
la ragazza si era presentata lì, e proprio per questo temeva
il momento in cui
Kate avrebbe parlato. Per ora però la ragazza non sembrava
intenzionata a farlo.
Con piccoli
passi svelti, la testa bassa
e uno sguardo accigliato, continuava a camminare, ma Joe non si
illudeva e, in
silenzio, aspettava con timore il momento in cui Kate fosse scoppiata.
Momento che
arrivò prima del previsto.
- ti ho
mandato un sms stamattina-
sbottò fermandosi di colpo, puntando le mani sui fianchi.
Joe
aprì la bocca per parlare, anche se
non sapeva cosa dire, ma la ragazza non gliene diede comunque il tempo,
continuando con occhi fiammeggianti di collera -non mi hai risposto-
chiarì
come se fosse ovvio che Joe non si
fosse reso conto del madornale errore.
-Come
minimo mi aspettavo che stessi
salvando il mondo da una calamità naturale o che stessi
cercando una soluzione
per la fame nel mondo- fece una pausa sfidandolo con
un’occhiataccia -e invece
ti trovo a poltrire a casa, in ciabatte-
Nonostante
il tono duro della ragazza a
Joe venne l'istinto di sorridere, ma si trattenne abbassando lo
sguardo. In
un'altra situazione, se non fosse stato in pericolo di vita, avrebbe
riso. Forse.
Finito il
suo monologo, Kate restò a
fissarlo, immobile, in cerca di una risposta, una spiegazione.
Spiegazione
che Joe non era in grado di
darle.
Ancora una
volta il ragazzo si ritrovò a
chiedersi cosa avrebbe potuto dire per giustificare il suo stupido
comportamento e, ancora una volta, si limito a farneticare senza senso
-io...ecco
io ero...ero...occupato-
Kate
fissò a lungo il ragazzo, annuendo
con aria assente. Improvvisamente si sentiva stupida. Dopotutto Joe non
aveva
risposto ad un suo sms, non era la fine del mondo, lui non era
obbligato a
risponderle e lei non era nessuno per avanzare quella pretesa. E poi
probabilmente
il ragazzo davvero non le aveva risposto perché occupato.
Eppure.
Eppure una
parte di lei continuava a
tormentarla dicendole che Joe non le aveva risposto perché
voleva evitarla,
perché aveva scoperto la verità.
Joe intanto
la guardava in silenzio
facendo attenzione a non fare nemmeno il minimo movimento, non voleva
ulteriormente urtare la sensibilità della ragazza rischiando
di farla innervosire
più di quanto già non fosse. Solo
quando vide i suoi occhi spegnersi della fiamma che li aveva animati
fino a
poco prima e velarsi diventando opachi si decise a parlare -va
tutto
bene?- chiese cauto cogliendo il suo repentino cambio d'umore.
Kate
batté le palpebre risvegliandosi
parzialmente dai suoi pensieri e, in un tono del tutto diverso da
prima, parlò
guardando il ragazzo negli occhi -ce l'hai con me?- sussurrò
timorosa e Joe si
maledisse mentalmente. Col suo stupido atteggiamento aveva ferito Kate.
-No!-
urlò quasi alzandosi di scatto mentre la ragazza faceva
istintivamente un passo
indietro. Joe si avvicinò a passo deciso e prese le mani di
Kate tra le sue
-assolutamente no- ripetè, stavolta con voce più
calma.
Kate
rabbrividì al contatto delle sue
mani con quelle di Joe e, incapace di sostenere il suo sguardo,
abbassò la
testa sfilandole dalla sua presa leggera -ho fatto qualcosa di
sbagliato?-
chiese ancora come se non avesse sentito la precedente affermazione del
ragazzo.
Joe
si accigliò cogliendo qualcosa nella
voce incrinata della ragazza. Una punta di disagio?
Si
soffermò per un attimo a guardare
Kate, studiando attentamente gli occhi nocciola coperti da un velo
lucido, il
naso piccolo e pronunciato sulla punta, le labbra sottili socchiuse ed
un
ciuffo che le cadeva disordinatamente sulla fronte.
Aveva una
strana espressione, le
sopracciglia curvate verso l’interno e gli occhi tremanti,
un’espressione strana
per lei che era sempre così sorridente ed allegra, talmente
tanto che riusciva
a contagiare tutti nel giro di dieci metri con la sua
vitalità.
Erano poche
le occasioni in cui non
aveva visto un sorriso spuntarle sulle labbra, e detestava sapere che
ora il
motivo del suo mancato sorriso era lui.
-perché
pensi che ce l’abbia con te?-
sussurrò delicato cercando di prendere tempo per cercare
qualcosa di meglio da
dire, con cui giustificarsi.
Kate
distolse per un attimo lo sguardo da
Joe portandosi un ciuffo distrattamente dietro l’orecchio, ed
in quello stesso
momento Joe si chiese se lei sapeva.
Sapeva che
ogni volta che faceva quel
semplice gesto il ragazzo moriva dalla voglia di accarezzarle i
capelli? Sapeva
che ogni volta che lei lo guardava non poteva fare a meno di sorridere?
Sapeva
che ogni volta che in un momento di concentrazione lei si mordeva le
labbra,
Joe doveva trattenersi con tutte le sue forze per non baciarla? Si era
accorta
degli sguardi poco discreti del ragazzo? Si era accorto del suo
cambiamento in
quelle settimane?
-non sono
stupida Joe- borbottò puntando
ancora una volta gli occhi in quelli del ragazzo, la sua voce non era
arrabbiata sta volta, era piuttosto triste
–alla festa dell’altra sera mi hai ignorato, fino
ad allora pareva che non
potevi stare cinque minuti senza mandarmi qualche sms con le tue
stupide
battutine, o raccontarmi nei minimi dettagli la tua giornata, poi
improvvisamente…- si fermò alzando le spalle,
come se la conclusione fosse
ovvia, ed effettivamente lo era. Improvvisamente,
Joe era sparito.
Rimase
immobile, cercando di non
lasciarsi distrarre dallo sguardo insistente della ragazza che
aspettava una
risposta. Doveva rimanere lucido, doveva trovare le parole per
spiegarle il suo
comportamento.
Ma proprio
mentre pensava si rese conto
che, come gli aveva detto Nick, il suo comportamento non aveva senso.
Diceva di
voler allontanare Kate per non
rovinare tutto, per salvare la loro amicizia,
ma ora di fronte agli occhi lucidi della ragazza si chiese come poteva
essere
stato così stupido a pensare una cosa del genere.
Non solo
allontanandosi avrebbe sicuramente
rovinato la loro amicizia,
ma avrebbe fatto del male a Kate che indubbiamente gli voleva bene.
Certo, non
nel modo in cui le voleva bene lui.
Cosa doveva
fare quindi?
Dopo
interminabili minuti, Joe decise di
fare quello che gli riusciva meglio: non
pensare.
Kate ebbe
giusto un minuto per
sobbalzare, cogliendo il repentino cambiamento di direzione dei
pensieri del
ragazzo, che andavano dal pensieroso al determinato.
Giusto un
minuto prima che Joe facesse
un passo verso di lei prendendole il viso tra le mani e poggiando le
sue labbra
su quelle della ragazza.
A quel
punto Kate avrebbe dovuto essere
quanto meno sconvolta. Avrebbe dovuto tirarsi indietro portandosi una
mano alle
labbra e spalancando gli occhi, completamente spaesata.
Ma lo
sgomento durò poco e ben presto la
sorpresa iniziale della ragazza sfumò e a Kate venne del
tutto naturale
poggiare le mani sul petto del ragazzo e chiudere gli occhi, lasciando
che le
labbra di Joe accarezzassero le sue.
Le mani di
Joe le bruciavano sul viso e
un brivido le corse dietro la nuca, facendole tremare le ginocchia.
Socchiuse
gli occhi, senza smettere di
baciare il ragazzo, e trovò i suoi occhi a guardarla.
Joe sorrise
sulle sue labbra, come se
fosse emozionato quanto lei, e Kate sentì il cuore battere
talmente forte che
temeva che lui l’avrebbe sentito o che sentisse le sue guance
diventare
bollenti sotto le sue mani.
Quando poi
Joe spostò una mano dietro al
suo collo senza staccare gli occhi da lei e
l’attirò a se riprendendo il
contatto, a Kate mancò il respiro, ed era certa che sarebbe
svenuta da un
momento all’altro.
Tuttavia,
non era imbarazzante o strano
come si era trovata a pensare più volte durante uno dei suoi
tanti sogni ad
occhi aperti.
Era
completamente persa, come se avesse
passato tutta la vita ad aspettare quel
momento, come se avesse passato una vita ad aspettare Joe.
Is
this the place we used to love?
Is
this the place that I’ve been dreaming of?
Erano quasi
quindici minuti che Ronnie
continuava a fissare la sua figura riflessa nello specchio, con
espressione
dubbiosa.
Ancora una
volta studiò i capelli neri
legati in uno chignon alto sulla testa, il viso leggermente truccato,
il suo
slim nero preferito ed una semplice maglietta rossa a tre quarti con
scollo
quadrato.
Aveva
impiegato tutto il pomeriggio per
decidere cosa indossare quella sera.
Provava un
vestito, poi rimaneva a
fissare le sue gambe per dieci minuti e decideva che era troppo per un
uscita tra amici, allora indossava
qualcosa di
più semplice, altri dieci minuti a fissarsi, e si trovava
troppo sciatta.
Proprio
mentre stava per buttare
l’armadio dalla finestra in preda ad una crisi di panico,
aveva ricevuto un sms
da Nick che, dopo averle spiegato di aver ricevuto il suo numero da
Jamie, le
diceva che quella sera avrebbe dovuto mettersi comoda. Ronnie allora
aveva
alzato un sopracciglio mordendosi il labbro. L’ultima volta
che il ragazzo le
aveva detto di vestirsi comoda si era ritrovata ad arrampicarsi su un
pick up.
Così,
anche se estremamente dubbiosa, alla
fine aveva optato per un abbigliamento comodo, nel caso il ragazzo
avesse
pianificato di farle scalare una montagna, ma non troppo trasandato,
nel caso
si fosse attenuto ai parametri della gente normale.
Decise
finalmente di staccarsi dallo
specchio quando un trillo provenne dal suo cellulare informandola
dell’arrivo
di un sms. Con una mano afferrò il cellulare che giaceva sul
letto, con l’altra
la borsa a tracolla nera e scese le scale, Nick sarebbe arrivato di
lì a poco.
“Nick
mi ha chiesto il tuo numero. Con lui sono stata brava e
gliel’ho dato
senza chiedere spiegazioni. Non ti aspettare che sia altrettanto brava
con te!”
Ronnie
sorrise leggendo il messaggio di
Jamie e digitò una risposta veloce, con uno sbrigativo “poi ti spiego”.
Si sedette
sul divano accendendo la
televisione, senza realmente guardarla, e si perse nei suoi pensieri.
Era
letteralmente in ansia, ma allo
stesso tempo era eccitata e curiosa di scoprire com’era
diventato Nick Jonas
dopo quattro anni.
Quello
però era anche il momento che
temeva di più, il momento in cui avrebbe capito se il suo
trasferimento a
Madrid fosse realmente servito o se fino ad ora si era solo illusa.
Ogni volta
che ci pensava si sentiva
tremendamente ridicola. Dopo tutto quel tempo non poteva ancora provare
qualcosa per lui, non sapeva nemmeno chi
era lui ora.
Certo, era
ovvio che i ricordi del
passato le facessero attorcigliare lo stomaco, ma doveva tenere bene a
mente la
differenza tra passato e presente.
In passato
lei amava Nick. Ora,
praticamente, non lo conosceva nemmeno.
Il suono
del campanello proveniente
dall’ingresso la fece alzare di scatto dal divano,
riscuotendola dai suoi
pensieri. Spense la tv con un gesto automatico prima di avviarsi verso
la porta
come un automa.
Quando
aprì la porta tirò un sospiro di
sollievo, vedendo che il ragazzo di fronte era vestito in modo semplice
come
lei.
Si
fermò per un istante a fissare Nick
sul portico di casa sua ed ebbe una strana sensazione, come un deja vu.
Quante
volte si era fermata a parlare con lui su quel portico? Quanto gli era
mancato
farlo quando lui se n’era andato?
-ciao- la
salutò Nick naturale,
rivolgendole un sorriso
-hei, ciao-
rispose un po’ più
impacciata lei
-sei pronta
per andare?- chiese gentile
Ronnie
annuì tastando la borsa poggiata
su un fianco, per verificare di non averla dimenticata
–certo, andiamo-
Percorsero
il vialetto uno accanto all’altro,
il silenzio spezzato solo dal rumore dei loro passi sulla ghiaia. Nick
le fece
cenno di seguirla verso un suv nero dai vetri oscurati.
Quando il
ragazzo le aprì la portiera per
farla salire i loro sguardi si incrociarono per un istante, come se
entrambi
stessero pensando alle innumerevoli volte che il ragazzo aveva fatto
quel
semplice gesto in passato, e Ronnie gli sorrise gentile. Era felice di
constatare che la sua galanteria non era sfumata nel tempo.
–grazie-
sussurrò sedendosi al posto del
passeggero.
Ronnie
guardò Nick fare il giro della
macchina velocemente, si soffermò particolarmente sulle
braccia muscolose
scoperte dalla camicia a mezze maniche, ricordando esattamente
com’era essere
stretta da quelle stesse braccia calde e forti. Scosse leggermente la
testa
scacciando quel pensiero quando un brivido le corse dietro la schiena. Quello era il passato.
Il ragazzo
salì in macchina e
rivolgendole un sorriso fugace mise in moto, partendo per un luogo a
lei
sconosciuto.
-dov’è
che andiamo?- chiese cercando di
rilassarsi un pochino
-un posto
fuori città, molto carino e
molto lontano da occhi indiscreti-
Ronnie
annuì, più a se stessa che a
Nick. Ovviamente lui non voleva che i paparazzi sbattessero in prima
pagina
foto di lui con una misteriosa ragazza sconosciuta, quando il mondo
intero
sapeva che aveva già una ragazza.
Automaticamente
Ronnie si chiese se
Allie sapesse della loro cenetta tra
amici.
Per un
istante ripensò allo sguardo
feroce della bionda quando l’aveva incontrata a lavoro e non
riusciva nemmeno
ad immaginare la sua reazione alla notizia di lei e Nick, da soli, in
un
qualsiasi posto del mondo. Sempre ammesso che lui
gliel’avesse detto.
Ad ogni
modo, non sapeva perché, ma
pensare ad Allie che si torturava mentalmente, struggendosi al pensiero
che lei
e Nick erano insieme, le fece venire il buon umore.
-bene-
disse sistemandosi contro lo
schienale –ora, dimmi cosa mi sono persa in questi tre anni-
Nick si
voltò per un attimo verso di
lei, cogliendo una nota allegra nella sua voce e sorrise a sua volta,
pensando
che fosse felice di stare con lui.
Ronnie vide
gli occhi del ragazzo
brillare per un attimo nei suoi e si rese conto che, a dispetto di
tutto quello
che Nick le avrebbe detto di li a poco, come prima cosa, in quei tre
anni si
era persa lui.
* *
*
Oh
simple thiiiiiiiiiiiiiing, where have u gooooooone? I’m
getting old and
I need something to rely on, so tell me wheeeeeeeeen you’re
gonna let me
iiiiiiiiin
CIAO!
Come state?
Come alcune
di voi sanno, sono tornata dalla
vacanze da un pò, ed ho fatto quello che ho potuto per
postare al più presto,
spero vi sia piaciuto il capitolo *-*
OH. Se vi va passate a
leggere la OS scritta da me e Sophiaa? Il protagonista è
Cioe Cionas, detto da me "il cane"(lunga storia) uù Si
chiama THINKING
OF YOU. Leggetela se vi va e fateci felici :D
Voi siete
tornate dalle vacanze? Cos’avete
fatto di bello?
Ah, nel
capitolo precedente ho notato che
le recensioni sono diminuite, spero sia dovuto al fatto che eravate in
vacanza,
nel caso non fosse così e non vi fosse piaciuto qualcosa,
che so, qualche
passaggio, qualche pezzo, per favore ditemelo, non sono affatto il tipo
di
persona che si offende ANZI, le critiche costruttive sono mooolto ben
accette!
Detto
questo, ringrazio comunque tutte
quelle che hanno la pazienza di recensire ogni.santo.capitolo, grazie,
per me è
essenziale! E grazie anche a chi mi segue sulla mia pagina e commenta
lì perché
non è iscritto su EFP, grazie a chi ha messo la mia storia
tra i preferiti,
seguite, ricordate, grazie a chi legge e grazie alle 25 svitate che mi
hanno
messo tra gli autori preferiti!
Grazie a
tutte voi che mi invogliate a
continuare, vi amo <3
PS.
Eleonora sei una demente uù, ma ti
amo tanto!
|
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Capitolo 16 *** for the first time ***
Mille cuori
le battevano in petto.
Non sapeva dare un nome a ciò che vedeva, alle sensazioni
nuove che provava,
le parole che conosceva esplodevano una dopo
l’altra.
Se c’era al mondo la possibilità di fare
un’indigestione di vita e di morirne,
quello era il momento.
- David Grossman.
Da quando aveva cinque anni, Jamie
sapeva esattamente cosa sarebbe
diventata: una veterinaria.
Con tanti sforzi e contro il volere
di suo padre, che voleva che lei
prendesse in mano l’attività di famiglia un
giorno, aveva studiato e finalmente
pareva essere arrivata al suo traguardo personale.
Lavorava in quello studio
veterinario da poco, ma si era già fatta
conoscere bene per la sua professionalità e
disponibilità: se si doveva
rimanere fuori orario di lavoro, lei lo faceva, se era necessario
assistere un
animale che aveva bisogno di più attenzioni, come quella
sera, lei era sempre
in prima fila.
Non aveva mai portato gli affari
personali in quel posto, se c’era
stato qualche battibecco con Tyler, rimaneva fuori. La sua vita
personale non
doveva intaccare il lavoro.
Almeno, fino a quel giorno.
-Non ho ancora capito. Dobbiamo
aspettare in silenzio che si levi da
sola quel sorrisetto snervante dalla faccia o devo cominciare a
prenderla a
schiaffi?-
-calma Lexus, Kate ha i suoi tempi-
-i suoi tempi variano dai tre
secondi ai dieci anni, non credo di
riuscire a sopportare tanto a lungo quell’espressione idiota-
rispose indicando
con l’indice l’amica che, seduta accanto alla
finestra, guardava fuori con
espressione assente.
Jamie trattenne una risata
riponendo delle siringhe nuove in un
cassetto –sarà successo qualcosa di importante-
sussurrò in risposta
-e ci credo!- sbottò
Lexus –mi ha trascinata qui, a
quest’ora. Come minimo Tom Cruise deve averle
chiesto di sposarla-
-se non avesse già
sposato Katie Holmes…-
-dettagli.- sbottò
ancora, sminuendo la risposta dell’amica sventolando
la mano di fronte alla faccia.
Kate intanto, seduta accanto alla
finestra continuava a guardare fuori
il cielo stellato sopra di loro. Ancora non ci poteva credere a quello
che era
successo il giorno prima, ancora le sembrava di sentire chiaramente il
profumo
di Joe tra i suoi capelli ed il sapore delle sue labbra sulla sua
bocca. Era
stato tutto così fantastico, come nemmeno nei suoi sogni
l’aveva immaginato.
Con un sospiro si voltò
verso le ragazze, che la guardavano dubbiose.
Era andata a casa di Lexus alle nove di sera, l’aveva fatta
vestire –dopo aver
borbottato per minuti che non era possibile che una ragazza come lei
fosse già
in pigiama a quell’ora- e l’aveva trascinata in
macchina, non si era arresa
nemmeno quando Jamie le aveva detto che doveva restare qualche ora in
più allo
studio per assistere un barboncino di chissaqualepersonaggiofamoso,
ed aveva trascinato Lex con lei, nella sala dove ora era
seduta.
-devo parlarvi…- disse
mentre un sorriso si formava sulle sue labbra,
sorriso che venne troncato sul nascere dalla prontezza di spirito di
Lexus.
-ma davvero?- Lex curvò
la testa di lato, come se fosse sinceramente
sorpresa –ed io che pensavo
che mi avessi trascinata qui, alle dieci di sera, per ballare la
macarena-
-Lex-
l’ammonì Jamie con un
tono tra il canzonatorio e il divertito
-va bene, va bene-
sbuffò alzando gli occhi al cielo –ascoltiamo pure
cosa ha da dire la pazza dai capelli rossi- concluse indicando
l’amica con un
gesto della mano
-grazie-
borbottò Kate
guardandola di traverso
La rossa strusciò un
paio di volte i palmi sui vecchi jeans stinti,
prima di parlare –ieri sono andata a casa di Joe e abbiamo
parlato e, insomma
lui non mi rispondeva al cellulare e così ho deciso di
chiedergli delle
spiegazioni e mi sono presentata lì. E non sapevo lui come
l’avrebbe presa o
cosa mi avrebbe detto e…-
-e oh Dio salvaci, ti prego- la
interruppe Lexus alzando gli occhi al
cielo
-Lex!- ripeté, stavolta
con tono più fermo, Jamie –lasciala parlare-
Lexus alzò le mani
all’altezza delle spalle, rivolgendo i palmi
all’infuori,
in segno di resa.
-dicevo-
riprese Kate
incenerendo con un’occhiataccia l’amica
–non so come sia successo precisamente,
cioè non che non abbia capito come si faccia in se per se,
solo che non me l’aspettavo,
ecco, io che avev…-
-Kate!- urlò esasperata
Lexus che odiava l’amica quando straparlava, il
che succedeva molto spesso.
Kate prese un respiro profondo
–mi ha baciata- disse stringendo le
labbra per evitare di urlare
Jamie spalancò
letteralmente la bocca, rimanendo impalata, mentre Lexus
la guardava accigliata.
-intendi dire…sulla bocca?-
sussurrò Jamie che sembrava più stupita di quanto
lo era stata Kate.
-forse intende dire in mezzo alle
chiappe- sbottò malamente Lexus
alzando gli occhi al cielo –certo che intende dire sulla
bocca!- fece un passo
verso Kate, studiandola attentamente per qualche istante, come se
cercasse in
lei qualcosa di diverso, e sembrò trovarlo .
-ecco- disse indicando il volto
dell’amica con l’indice –la vedi quella
faccia da idiota condita da una buona razione di stordimento?
E’ la faccia di
chi è appena stata baciata dalla persona di cui è
innamorata- spiegò a sostegno
della sua tesi.
Jamie si avvicinò a sua
volta all’amica studiandola con la stessa
attenzione che prima ci aveva messo Lexus –intendi dire che
io ho quella faccia
quando sto con Tyler?-
Lexus annuì
–tu magari un po’ di meno. Vedi, per avere una
faccia da
idiota come la sua bisogna allenarsi per anni, e lei l’ha
fatto per bene-
Kate alzò un
sopracciglio, infastidita – avete finito?-
Jamie scosse la testa, come se si
stesse svegliando da un sogno ad
occhi aperti e si avviò verso l’amica
–perdonami tesoro- disse prendendole una
mano –non dar retta a lei e racconta tutto, nei minimi
dettagli!-
Kate, ovviamente, non chiedeva di
meglio e sotto lo sguardo curioso
delle sue amiche rievocò i momenti del giorno prima
descrivendoli nei minimi
particolari, cercando anche di descrivere, per quanto possibile, le
emozioni
che aveva provato in quegli attimi e provocando ogni tanto lo sbuffo di
Lexus
quando diceva più volte nella stessa frase la parola “carino”. Ad ogni
modo, Kate raccontò tutto, compresa la telefonata
ricevuta dalla sua assistente che le diceva che era assolutamente
necessaria la
sua presenza per qualche giorno a New York, che li aveva costretti a
separarsi.
-finalmente si è
deciso!- commentò alla fine Jamie
-già, pensavo avresti
dovuto violentarlo per fargli capire che ti
piaceva-
Kate ridacchiò,
emozionata –non ci posso credere ancora- commentò
con
aria sognante
Dopo un’altra
mezz’ora spesa a parlare di “Quanto
fosse bello Joe/ Quanto fosse dolce Joe/ Quanto fosse assolutamente carino Joe” Kate parve
calmarsi, ed il
discorso venne accantonato.
-ho anche io una notizia bomba,
sapete?- disse furba Jamie sorridendo
-che notizia, eh?- chiese Kate con
gli occhi spalancati dalla sorpresa
Jamie fece un passo indietro,
guardando sui volti curiosi delle sue
amiche, aspettando un attimo in più, per godersi la suspense
–in questo preciso
momento, Nick e Ronnie, sono a cena
insieme-
Sganciò la bomba
beandosi dell’espressione sconvolta sul volto delle
sue amiche.
but
we are gonna
stop by drinking all cheap bottles of wine
sit
talking up all night,
saying
things we haven’t for a while, a while yeah
you're
smiling but we're close to tears,
even
after all these years
we
just now got the feeling that we're meeting
for
the first time
Nick continuava freneticamente a
smuoversi sulla sedia, come se ci
fosse qualcosa che gli stesse fastidiosamente pungendo il sedere.
-va tutto bene?- chiese Ronnie,
seduta di fronte a lui
-certo, certo- rispose lui
frettolosamente –è che questa sedia è
un po’
scomoda- spiegò accennando alle sedie in legno scuro sulle
quali erano seduti.
Ronnie sorrise appena, annuendo
comprensiva, la prerogativa del
proprietario di quel luogo, effettivamente, non doveva essere stata
quella di
renderlo comodo.
Nick aveva guidato per
più di venti minuti, fino ad arrivare in una
zona della periferia di Los Angeles che Ronnie non conosceva, aveva
spento la
macchina e, come venti minuti prima, le aveva gentilmente aperto la
portiera,
accompagnando il gesto con un sorriso gentile. Ronnie aveva ricambiato
il suo
sorriso prima di voltarsi e scorgere dietro a degli alti alberi, un
vecchio
edificio dalle finestre quadrate da cui usciva una calda luce gialla.
La ragazza aveva seguito il suo
accompagnatore fino all’entrata del
locale, dove una donna bionda e grassoccia gli diede un caloroso
benvenuto
–Nicholas! Dio mio, quanto sei cresciuto!- esclamò
portandosi, in un gesto
eccessivamente teatrale, una mano alla guancia –aspetta che
Frank sappia che
sei qui!- trillò ancora, stavolta sporgendosi verso il
ragazzo per un
abbraccio.
Dopo un veloce scambio di
convenevoli, ed un’ufficiale presentazione di
Ronnie come “un’amica di
vecchia data”,
i due si erano congedati e dopo essersi seduti ad un tavolo in disparte
Nick le
aveva spiegato che quello era un posto che pochi conoscevano e che il
proprietario, Frank, era un amico di famiglia.
Ronnie si guardò attorno
studiando l’ambiente molto rustico: il
soffitto era alto almeno una ventina di metri, le pareti erano di un
giallino
stinto e tutto –le travi, il pavimento, il tavolo, le scomode
sedie si cui
erano seduti- era in legno. Magari anche le posate lo erano.
Di certo non era un posto elegante,
e a Ronnie piaceva.
-avrei voluto portarti in un posto
più carino ma…- cominciò il ragazzo
a mo di scusa
-ma qui siamo lontani da occhi
indiscreti- concluse lei sorridendo,
ripetendo le stesse parole che le aveva detto lui qualche minuto prima
Nick sorrise imbarazzato abbassando
lo sguardo. Odiava fare le cose di
nascosto, odiava non essere sincero ed odiava quella situazione che si
era
venuta a creare.
Avrebbe voluto dire ad Allie di
Ronnie, lo avrebbe voluto tanto, ma
sapeva che lei non avrebbe capito, avrebbe frainteso, non avrebbe
compreso il
desiderio di Nick di scoprire la nuova Ronnie, ma, d'altronde, non lo
comprendeva
nemmeno lui.
-mi piace qui- disse Ronnie, e Nick
alzò lo sguardo, sarcastico
–davvero!- ridacchiò lei –è
molto…caloroso,
intimo, è un bel posto- decretò infine
sorridendogli
Gli occhi del ragazzo brillarono, e
le sorrise mentre l’imbarazzo
andava sempre più a sfumare.
Quella sera si era ripromesso di
non pensare a nulla, ma soprattutto si
era ripromesso di non fare cose stupide, di cui poi si sarebbe pentito.
Cose come notare le evidenti
differenze tra Allie e Ronnie, ad esempio;
ma non appena la ragazza si era seduta di fronte a lui, Nick non aveva
potuto
fare a meno di pensare che Allie in un posto del genere, si sarebbe
sentita
totalmente a disagio. La vedeva nella sua mente mentre adagiava un
fazzolettino
di carta sulla sedia, prima di sedersi, per paura di sporcarsi, e la
vedeva
guardarsi attorno con aria circospetta, magari stringendo addirittura
la
borsetta al petto come una di quelle anziane signore che temono di
subire uno
scippo da un momento all’altro.
Ronnie invece era seduta
tranquillamente su quella sedia, mentre si
guardava in giro studiando l’ambiente con un lieve sorrisino
sulle labbra, non
sembrava fuori luogo o infastidita da quel posto. In cinque minuti si
era già
adattata.
-Nicholas!-
Nick e Ronnie sobbalzarono in
contemporanea, evidentemente entrambi
erano assorti nei loro pensieri.
-Frank!- Nick si alzò
dalla sedia e Ronnie sorrise vedendo l’uomo
dirigersi verso di loro in modo goffo.
Frank, un uomo sulla sessantina con
rossi capelli che si diradavano
sulle tempie, dei folti baffi, ed il fisico più che robusto,
raggiunse il
ragazzo abbracciandolo con foga, come aveva fatto la donna di prima ma,
a causa
della evidente differenza di massa muscolare tra i due, lo stesso
abbraccio sta
volta ebbe risultati diversi.
-come stai? E’ da tanto
che non ti fai vedere!- urlò l’uomo non curante
che Nick, con le braccia stese lungo i fianchi, non riusciva a muoversi.
-…bene-
riuscì a dire il ragazzo, la voce attutita dal petto di
Frank
–Frank…non respiro-
Ronnie si portò una mano
alla bocca, ridacchiando in silenzio, mentre
l’omone lasciava la presa borbottando delle scuse
–penso sempre che tu sia lo
stesso bambino che voleva giocare alla lotta!- ridacchiò, e
la sua risata era
roca e spezzata segno che il tabacco aveva riempito i suoi polmoni per
anni.
-quanti anni hai ora eh?
Diciannove, venti?- continuò a parlare senza
sosta
-ventidue-
-ventidue!-
sbottò Frank,
come se fosse indignato per la risposta appena ricevuta –mi
fai sentire
tremendamente vecchio, ragazzo. Come stanno gli altri? E’ una
vita che non vedo
tuo padre!-
Nick sorrise gentilmente, paziente
–stanno tutti bene Frank, grazie-
Gli occhi piccoli ed intensi di
Frank guizzarono in un istante da Nick
a Ronnie, e la sua espressione fu subito catturata dalla ragazza,
dimenticandosi
momentaneamente della famiglia Jonas.
-oh, come ho fatto a non notare
subito questa meraviglia!-
Ronnie sorrise, lusingata, e si
alzò ridacchiando. Quell’uomo le era
simpatico.
-Io sono Ronnie- disse la ragazza
porgendogli la mano
-un nome da ragazzo per una
fanciulla tanto stupenda!- disse Frank con
modi di altri tempi afferrando la mano della ragazza e stringendola
–io sono
Frank, un vecchio amico di famiglia-
-lo so, Nick mi ha parlato di lei-
sfilò la mano da quella grande e
callosa dell’uomo, continuando a sorridere.
-non esiste il lei! Dammi del tu,
cara- urlò l’uomo, poi affiancandosi
a Nick piegò il braccio e picchiettò un paio di
volte il fianco del ragazzo col
gomito, come se volesse fargli una confidenza –hai dei gusti
impeccabili
ragazzo, lasciatelo dire-
Inutile dire che nel giro di pochi
secondi sembrò che tutto il sangue
presente nel corpo di Nick si stesse concentrando nelle sue guance,
facendolo
somigliare più ad un semaforo che ad un essere umano e, come
il suo solito,
cominciò a farneticare.
-oh,
no…noi…io e lei…noi non-
Ronnie, d’altro canto,
non era messa meglio, ma almeno lei per fortuna
tra un borbottio e un altro riuscì a dire –siamo
solo vecchi amici-
Frank guardò la ragazza
confuso, come se avesse parlato un’altra
lingua. Non riusciva proprio a capacitarsi che non fossero una di
quelle
coppiette sdolcinate che vanno a cena in un ristorantino tranquillo o,
forse,
più semplicemente non credeva all’amicizia tra
uomo e donna.
Oh, ma cosa diavolo stava
blaterando il suo cervello? Lì non si
trattava di amicizia tra uomo e donna, si trattava di amicizia tra lei
e Nick.
E questa davvero non sarebbe potuta mai esistere tra i due.
-capisco- disse infine
l’uomo dando segno di aver compreso –ma non
voglio intrattenervi! Vi faccio portare subito da bere e vi auguro una
buona
serata-
Si voltò prima verso
Ronnie, con un largo sorriso – è stato un piacere,
cara-
-anche per me, Frank- rispose lei
con un sorriso più timido
L’uomo si
voltò poi verso Nick, stringendolo ancora una volta, ma
stavolta più del dovuto e Nick strabuzzò gli
occhi, ma la ragazza non era
convinta fosse dovuto al dolore, ma a qualcosa che l’uomo gli
aveva sussurrato
all’orecchio.
Dopo aver rivolto un sorriso furbo
a Nick, Frank si allontanò in
silenzio ed i due tornarono a sedersi sulle loro sedie malandate.
Lo sguardo del ragazzo era basso,
diretto verso il tovagliolo avanti a
lui, che continuava a tormentare spiegazzandone un angolo, mentre
Ronnie
continuava a guardarsi in giro evitando il suo sguardo, che comunque
non era
rivolto a lei.
Durante il tragitto in macchina i
due erano stati abbastanza a loro
agio: avevano parlato tranquillamente, avevano riso laddove
c’era da ridere,
erano stati in silenzio quando necessario, era come se si fossero visti
fino al
giorno prima, come se quei quattro anni non fossero mai esistiti.
Ma entrambi sapevano che non era
così, sapevano che in auto avevano
temporeggiato, parlando del più e del meno, rimanendo su
argomenti leggeri, del
tipo: “come ti trovi qui? Da quanto
sei
tornata? Pioverà stasera?”
Entrambi volevano sapere di
più, entrambi erano curiosi e impazienti di
scavarsi più a fondo, di scavarsi dentro, entrambi volevano
capire se erano
mancati all’altro.
Nick, ad esempio, si chiedeva se la
ragazza si fosse mai svegliata nel
cuore della notte ed avesse provato a chiamarlo cambiando poi idea ed
attaccando. Ronnie invece semplicemente si chiedeva se lui
l’avesse pensata
intensamente come l’aveva pensato lei, o se
l’avesse rimpiazzata dopo qualche
giorno, con Allie.
Entrambi sapevano però
che era ancora troppo presto per porre quelle domande,
era ancora presto per aprirsi così tanto, per andare
così a fondo e questo,
inevitabilmente, creava imbarazzo.
Solo quando il cameriere giunse al
loro tavolo e gli riempì il
bicchiere di vino, Nick si decise a parlare -Allora-
cominciò schiarendosi la
gola e attirando lo sguardo della ragazza su di se –con le
ragazze invece come
va?- partì dalla domanda più facile.
Ronnie abbassò
nuovamente lo sguardo, visibilmente in difficoltà
–sicuramente
vanno meglio di quanto mi fossi aspettata, ma…-
-ma?- incalzò il ragazzo
e Ronnie alzò il suo sguardo negli occhi
nocciola di lui trovandovi quel calore che tanto le era mancato in
quegli anni.
-ma non so- disse dubbiosa
–non è come prima. Non che io mi sia
aspettata di trovarle a braccia aperte, ma pensavo che una volta
chiarite, le
cose sarebbero tornate come prima-
Nick concesse uno sguardo veloce al
bicchiere pieno del liquido rosso, –che
probabilmente non avrebbe nemmeno assaggiato- per poi riportarlo a
Ronnie, prestandole
la sua totale attenzione. Quegli occhi verdi continuavano a fissarlo
con una
strana luce, che Nick non riconosceva, ma soprattutto continuavano a
farlo
sentire come se ci fosse qualcosa che bruciasse dentro di lui, un fuoco
che gli
partiva dal basso ventre alla gola, rendendola terribilmente arsa. Quei
dannatissimi occhi.
-a quanto pare però-
continuò qualche istante dopo Ronnie con uno
sguardo vacuo –le cose sembrano essere cambiate troppo, per tornare come prima-
Nick deglutì
distogliendo lo sguardo dalla ragazza, non riusciva a
pensare se quegli occhi lo fissavano tanto intensamente, gli sembrava
di
soffocare.
Perché si sentiva come
se avesse la coda di paglia? Improvvisamente le
parole di Ronnie sembravano indirizzate più a lui, che alle
sue amiche. Le cose sembrano essere cambiate
troppo. Che si stesse riferendo e
lui ed
Allie?
-quattro anni non sono pochi,
Ronnie- sussurrò infine lui
-tre- lo corresse flebilmente lei
– non vedo le ragazze da tre anni-
spiegò volgendo lo sguardo altrove.
Già,
le ragazze.
Ronnie prese il bicchiere pieno di
vino di fronte a lei, sorseggiandolo
distrattamente.
-non bevi?- chiese scostando il
bicchiere dalle labbra, Nick scosse la
testa sorridendo.
-sono un bravo ragazzo, ricordi?
Niente alchol, fumo e…sesso-
Ronnie rise stringendo gli occhi,
posando nuovamente il bicchiere sul
tavolo –Dio, ricordo
esattamente
questa sensazione-
Nick si accigliò
esaminando il sorrisetto divertito della ragazza –che
sensazione?-
Il sorriso della ragazza
cambiò leggermente, sfumando dall’ironico al
malinconico.
Passò pigramente
l’indice destro sul bicchiere abbassando lo sguardo,
prima di rialzarlo e guardare il ragazzo, ancora una volta, diritto
negli occhi
–la sensazione di non essere all’altezza- rispose
senza perdere il sorriso
dalle labbra, tranquillamente.
A Nick ci volle un attimo per
riprendere fiato. Sapeva esattamente di
cosa stava parlando, ed anche lui ricordava benissimo. Ricordava le
incertezze
della ragazza, ricordava quando aveva paura perché si
sentiva fuori luogo
accanto a lui, diceva che erano troppo diversi, diceva che lui era troppo e lei non era abbastanza.
- Not
good
enough, è la colonna sonora della mia vita. Per i miei non
sono mai stata
abbastanza- spiegò facendo un sorriso amaro - ed ogni volta
che voglio qualcosa
e cerco di ottenerla, sembra che io non sia mai abbastanza brava o in
gamba o
quel che serve per ottenerla- abbassò lo sguardo incapace di
sostenere il suo,
così intenso.
-sciocchezze-
sbottò quasi
malamente lui al ricordo di quei tempi in cui odiava vederla star male
per
quello –per me sei sempre all’altezza, lo sei
sempre stata e lo sei tutt’ora-
Solo quando vide la ragazza
sorridergli con espressione addolcita si
rese conto di quello che aveva detto e forse avrebbe fatto meglio a
star zitto.
Non che non pensasse quello che aveva detto, anzi, ma ora si sentiva
terribilmente in imbarazzo.
-beh- sospirò con
leggerezza Ronnie afferrando ancora il bicchiere – allora
c’è ancora qualcosa che non è cambiato,
nonostante tutto- sorrise guardando le
guance del ragazzo diventare porpora.
Passarono il resto della serata a
parlare e chiacchierare, raccontandosi
aneddoti del passato e sogni del futuro, proprio come due vecchi amici,
saltando
completamente quei quattro anni di vuoto o meglio, saltando cosa gli
interessava sapere di quegli anni.
Ronnie non aveva chiesto a Nick quando aveva conosciuto Allie, per
esempio, non
gli aveva chiesto perché non l’avesse cercata
quando era tornato a Los Angeles
o a quando risalisse l’ultima volta che aveva pensato a lei;
Nick d’altro canto
non era più soddisfatto di lei. L’aveva invitata a
cena per scoprire la nuova
Ronnie, ma non poteva conoscerla del tutto se non sapeva cosa aveva
fatto in
quegli anni: aveva avuto una storia seria? Si era fatta delle amiche?
Sapeva grazie
a Kate che a Los Angeles non era uscita nemmeno con un ragazzo, ma era
stato lo
stesso in Spagna?
Entrambi avevano una fame di sapere
che non erano riusciti a saziare,
ma nonostante questo sul volto di entrambi splendeva un sorriso felice
mentre
facevano ritorno verso la città, alla fine della loro cena
tra vecchi amici, per
tornare nelle loro case.
Arrivati a casa della ragazza,
Nick, come qualche ora prima, scese al
volo per aprirle la portiera, sorridendole.
Fecero qualche passo uno accanto
all’altra, il silenzio spezzato solo
dal suono della ghiaia sotto i loro piedi, entrambi pensavano alla
serata
appena trascorsa, entrambi non sapevano cosa dire.
A pochi metri dalla porta Ronnie si
voltò di scatto verso Nick, che
quasi sobbalzò indietro per il gesto improvviso.
-bene- cominciò Ronnie
sperando che Nick continuasse in qualche modo,
salvandola dall’imbarazzo, ma dalle labbra del ragazzo non
uscì nulla se non un
altro, stupidissimo, –bene-
Nick infilò le mani
nelle tasche dei jeans alzando le spalle e
guardando Ronnie di fronte a se che, spostando lo sguardo verso i suoi
piedi,
trovando un momentaneo interesse particolare per i lacci delle sue
scarpe, si
stringeva di più nella sua felpa leggera.
Solo dopo cinque abbondanti minuti
di silenzio da parte della ragazza,
Nick si accorse che forse lei si
aspettava che lui le dicesse qualcosa.
-oh, è
stato…è stata una serata…strana-
Ronnie rivolse uno sguardo incerto
e dubbioso al ragazzo che a stento
trattenne l’impulso di schiaffeggiarsi da solo.
Perché di fronte a
quella ragazza il suo cervello doveva istantaneamente
trasformarsi in un cactus?
-cioè strana nel senso
di bella, insomma, bella ma strana-
la ragazza alzò entrambe le sopracciglia cercando
di trattenersi dal ridere mentre Nick pareva preso da uno dei suoi
insoliti
attacchi di “blateratria
acuta” –non strana
nel senso strana- si
affrettò a
spiegare lui gesticolando eccessivamente con le mani
-strana in senso…insolita,
ecco. Ma bella, bellissima-
Ronnie lo guardò per
qualche altro istante, prima di scoppiare a
ridere.
-vedo che anche il tuo blaterare
nelle situazioni di imbarazzo non è
cambiato- disse tra una risata e l’altra.
Riuscì a fermarsi solo
quando vide il ragazzo non ridere affatto
e diventare rosso dall’imbarazzo.
Prese un respiro profondo
–anche per me è stato bello passare del tempo
con te- sorrise in fine, facendogli capire di aver colto quello che
voleva dire
nelle sue frasi sconnesse.
Nick le sorrise, uno dei suoi
sorrisi dolci e timidi, gli occhi
socchiusi che parevano sorridere assieme alle labbra, una di quelle
cose di lui
che faceva semplicemente sciogliere Ronnie.
Ronnie che, senza pensarci
minimamente, avanzò di un passo e, un po’
goffamente
forse, strinse il ragazzo per la vita poggiando per un istante la testa
sul suo
petto. Nick non ebbe nemmeno il tempo di ricambiare
l’abbraccio o capire ciò
che stava succedendo o di dare un significato a quel brivido che gli
corse
lungo la schiena quando aveva sentito il viso della ragazza schiacciato
contro
il suo petto o il forte crampo allo stomaco ed il senso di vertigini
che aveva
provato per un istante, non si era nemmeno accorto che Ronnie
l’avesse abbracciato, che
lei si era già
allontanata. Quel semplice contatto, seppur molto breve e privo di
alcuna
malizia, aveva scombussolato del tutto i due ragazzi che ora si
guardavano con
espressione spaesata.
Ronnie fece un passo indietro
alzando la mano a mo di saluto, data la
sua improvvisa incapacità ad usare la voce, per poi voltarsi
e praticamente
correre verso la casa.
Nick guardò la ragazza
entrare in casa e si rese conto che da quella
serata si era aspettato cose del tutto diverse da quello che aveva
ottenuto
ora. Aveva creduto che quella serata avesse portato con se
più chiarezza nei
suoi pensieri, come se avesse dovuto avere un’illuminazione
improvvisa e si
fosse reso conto di amarla ancora, o che si fosse reso conto che, in
realtà,
l’emozione che aveva provato nei giorni passati o tre secondi
prima era dovuta
solo ad un ricordo lontano e sfocato del loro amore.
Nick aveva creduto di trovare delle
risposte quella sera, invece la sua
testa in quel momento era molto simile ad un ingarbuglio di domande ed
emozioni, a cui assolutamente non sapeva rispondere.
* * *
We just now got
the feeling
that we’re meeting, for the first time, OOOOOOOOOOOOOH
OOOOOOOH OOOOOOH!
Che canzone più adatta
di questa per questo capitolo, eh? Lo so, sono
forte uù
Alloooooora mie care,
com’è andato il rientro a scuola
quest’anno?
Spero bene e non troppo traumatico uù
Non ho molto da dire oggi, quindi,
spero vi sia piaciuto il capitolo e
che facciate un salto alla OS originale che ho scritto da poco, Lost
in Stereo
uù
Vi amo uù
|
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Capitolo 17 *** Fireworks ***
Ormai non
l'amo più, è vero, ma
forse l'amo ancora.
E' così breve l'amore e così lungo l'oblio.
Pablo
Neruda
Novembre era ormai alle porte ed
anche nell’assolata Los Angeles le
temperature cominciavano a calare facendo rattristare i californiani,
da sempre
amanti del sole.
Per un ragazzo del New Jersey
invece, quel calo di temperatura equivaleva
comunque ad un clima estivo; per questo mentre la maggior parte degli
abitanti
della west coast cominciava
a prendere
dagli armadi leggeri golfini di filo, Nick se ne stava seduto al tavolo
della
cucina, con le finestre spalancate ed una leggera maglietta a mezze
maniche.
A dirla tutta, mentre mordicchiava
il tappo di una vecchia penna e
fissava accigliato il foglio avanti a se, si sentiva alquanto accaldato.
Si era svegliato all’alba
quella mattina, dopo una notte quasi insonne,
con la testa affollata di domande e pensieri che non smettevano di
tormentarlo
dalla sera precedente.
L’immagine di Ronnie –del suo
sorriso, i suoi occhi, i suoi capelli, di quell’abbraccio-
era così vivida nei suoi pensieri da spaventarlo.
Non
era successo quello che si
aspettava e per lui –che in quegli
anni
era diventato un maniaco dell’organizzazione- era
un tormento. Si era
aspettato infatti chiarezza, ma
tutto
quello che era riuscito ad ottenere era una slide mentale con immagini
di
Ronnie della sera precedente, intervallata dall’immagine
sorridente di Allie. E
questo era tutt’altro che chiaro.
Non
amava Allie, ma non era innamorato
nemmeno di Ronnie.
Quindi –seguendo
una sua strana
logica- si era convinto che la sua voglia insaziata di vedere
ancora la
ragazza, di parlarle, di scavare,
era
dovuta al fatto che non aveva saputo quello che realmente voleva
sapere, non
aveva ancora ottenuto una risposta alle sue domande.
Alle sei del mattino, questa gli
era sembrata una motivazione brillante
e sensata, ma ora, mentre fissava il foglio su cui aveva scritto una
serie di
domande che avrebbe voluto porre alla ragazza, si sentiva davvero un
idiota.
-stai scrivendo?- la voce di Joe lo
distrasse dai suoi pensieri
portandolo ad alzare gli occhi dal foglio
-si- rispose accigliato
Joe si stiracchiò
curvando eccessivamente la schiena prima di
schiantarsi letteralmente su una sedia accanto al fratello.
-ispirazione alle otto del mattino,
molto sospetto- commentò
studiandolo con aria furba –hai sognato qualcosa stanotte, o
è stata la serata
di ieri ad ispirarti?-
Nick fece una smorfia continuando a
guardare il foglio stropicciato.
Non era stata proprio ispirante quella
sera.
-e tu cosa ci fai sveglio alle otto
del mattino?- chiese cercando di
sviare il discorso guardando il fratello già pronto per
uscire.
-devo fare una cosa prima di andare
sul set- rispose veloce prima di
ritornare sull’argomento che gli interessava
–allora? Com’è andata ieri sera?-
Nick sospirò rendendosi
conto che il fratello non avrebbe rinunciato
alla sua fame di sapere. Com’è
andata ieri
sera?
-così- rispose voltando
il foglio su cui stava scrivendo verso Joe, che
lo guardò accigliato.
Prese il foglio tra le mani e
cominciò a leggere ad alta voce –Quanti
ragazzi ha avuto a Madrid? Ha mai
avuto voglia di chiamarmi? Ha un fidanzato?- Joe si
bloccò alzando lo
sguardo dal foglio al fratello, che lo guardava imbarazzato.
-ok, ora mi stai spaventando-
dichiarò mentre l’altro si prendeva la
testa tra le mani.
-posso capire
cos’è questo?- chiese mettendogli il foglio sotto
al naso,
che Nick prontamente gli strappo dalle mani, accartocciandolo in un
pugno.
-sembra uno di quei film in cui
l’assassino è ossessionato dalla
vittima e cerca di scoprire tutto di lei- continuò Joe
–tu sei il killer,
ovviamente-
-ho ancora voglia di vederla, Joe-
sussurrò lui come se il fratello non
avesse parlato, tenendo lo sguardo basso, colpevole.
-e perché questo ti ha
portato e diventare un killer assetato di
sangue?-
Nick alzò lo sguardo per
un attimo, il tempo di gettare un’occhiataccia
al fratello, per poi tornare a guardare il pugno chiuso dentro il quale
c’era
quello stupido foglio.
-ok, riformulo la domanda-
sospirò l’altro –cosa c’entra
quella stupida
lista?-
-mi pare ovvio- borbottò
l’altro guardandolo con un sopracciglio alzato
–ho voglia di vederla perché ancora non ho
scoperto quello che voglio sapere su
di lei, che sarebbero quelle domande-
Joe lo guardò, indeciso
se scoppiargli a ridere in faccia o prenderlo a
schiaffi. Si limitò a sospirare con sufficienza,
accompagnando il gesto con una
scossa di testa.
-fammi capire bene-
cominciò passando l’indice sul legno del tavolo,
formando delle nuvolette immaginarie –hai appena passato una
serata con la tua
ex-ragazza che non vedevi da quattro anni, che tra l’altro
è l’unica di cui tu
ti sia mai davvero innamorato fino ad ora, ci sei stato così
bene che vorresti
vederla ancora, nonostante tu abbia una ragazza, e pensi che questa tua
voglia
di vederla sia dovuta al fatto che non hai ancora avuto risposta alle
tue
domande, tra l’altro molto stupide, giusto?-
Perché sembrava
così stupido detto in quel modo?
Nick annuì lentamente
guardando l’espressione seria di Joe che,
improvvisamente e con un gesto veloce, allungò un braccio
verso di lui e gli
tirò una sberla dietro la nuca.
-ahi!- protestò lui
portandosi una mano dietro la testa
-ventidue anni passati pensando che
fossi tu quello più intelligente
dei quattro, per poi scoprire improvvisamente che sei un idiota-
sospirò
teatralmente Joe
-cosa vuoi dire?- chiese Nick
mentre guardava il fratello gettare
un’occhiata veloce all’orologio per poi alzarsi di
scatto.
-ora vado di fretta, ma ti dico che
sei sulla cattiva strada-
-in che senso?- chiese ancora,
confuso.
-oh andiamo, non sarai
così stupido da credere davvero che tu voglia
rivederla solo per avere delle risposte a quelle stupide domande alla
cui, tra
l’altro, posso rispondere anche io?- gli strappò
letteralmente il foglio dalle
mani e lo aprì cercando di non strappare la carta diventata
ormai sottilissima
per le volte che era stata stropicciata, lo guardò
velocemente per poi
rispondere a quelle tre domande –zero,
si, no. Ecco, ora ti è passata la voglia di
vederla?-
-no!- sbottò Nick
alzandosi a sua volta, seguendo il fratello che si
dirigeva alla porta.
-quindi è come dicevo
io- prese il cardigan poggiato all’appendiabiti
all’ingresso, indossandolo
-il problema è che io
non ho la minima idea di cosa tu stia dicendo-
Joe alzò gli occhi al
cielo, sospirando, mentre si guardava allo
specchio aggiustandosi il cardigan. Bisognava aver pazienza con Nick.
-sto dicendo che non è
per quelle stupide domande che vuoi rivederla-
Nick guardò accigliato
il fratello che con le sue parole stava mandando
a fumo la sua logica impeccabile –e perché
allora?- lo sfidò incrociando le
braccia al petto.
-questo dovresti capirlo tu-
rispose
- e come faccio a capirlo?-
Joe aprì la porta
facendo per uscire, per poi voltarsi di scatto verso
il ragazzo –non lo so. Se fossi in te però,
comincerei a riflettere sul fatto
che da un anno stai insieme ad una ragazza che non ami-
-cosa c’entra Allie,
ora?- sbuffò
Joe alzò un sopracciglio
–allora sei davvero idiota- sorrise sarcastico
per poi chiudere la porta, lasciando Nick con uno sguardo confuso.
Cause
I don't know, who I am when you're
running circles in my head
(Fireworks
– you me at six)
-maledetto trolley-
borbottò Kate strattonando il suo piccolo bagaglio
fucsia dietro di se, cercando di farlo stare diritto.
Sbuffò, per la centesima
volta quella mattina, e guardò il tabellone
dei voli, notando che per il suo mancavano ancora venticinque minuti.
Quella non era affatto una buona
giornata, no.
Aveva avuto solo una giornata di
tempo per preparare le sue cose ed
infilarle in un minuscolo trolley –che
quella mattina si rifiutava di collaborare-, la sua
assistente era più
isterica che mai, e solo quella mattina l’aveva chiamata
cinque volte per assicurarsi
che lei stesse arrivando a New York per sistemare alcune cose che non
andavano,
non sentiva Joe dalla sera prima e quando sarebbe atterrata, ad
attenderla,
avrebbe trovato l’inferno.
Lei e Joe non avevano parlato del
bacio del giorno prima, avevano
chiacchierato tranquillamente, ma Kate sentiva che qualcosa era
cambiato,
sapeva che anche se non si erano fatti alcuna promessa o dichiarazione
strappalacrime, era nato qualcosa.
La sera prima aveva chiesto al
ragazzo di accompagnarla all’aeroporto
quella mattina, ma lui si era scusato dicendole che doveva trovarsi sul
set per
le otto e mezza e non ce l’avrebbe fatta. Kate avrebbe tanto
voluto che lui
fosse lì, anche perché non sapeva quanto tempo
doveva rimanere a New York, ed
avrebbe tanto voluto abbracciare il ragazzo in quel momento.
Prese dalla tasca il cellulare per
controllare l’orario –odiava
gli orologi da polso-, ma prima
che lei potesse vederlo, il cellulare cominciò a vibrare
mentre sullo schermo
il nome di Joe lampeggiava.
-hei!- sorrise Kate portandosi il
telefono all’orecchio, quella
chiamata avrebbe rallegrato la sua mattinata.
-Kate! Che fortuna, pensavo fossi
già sull’aereo- urlò la voce di Joe
dall’altro lato
Kate allontanò per un
attimo il cellulare dal viso per guardare lo
schermo –mancano ancora venti minuti-
-ti ho chiamato perché
volevo salutarti prima che partissi- disse, la
voce attutita da qualche fruscio di sottofondo
Kate sospirò
–sono contenta, anche perché non so quanto potremo
sentirci lì, con tutto il lavoro che mi aspetta-
La ragazza alzò lo
sguardo verso il suo gate e vide le hostess, sempre
sorridenti, cominciare a prendere i biglietti per far salire i
passeggeri.
-ma dove sei? Ti sento malissimo-
chiese la ragazza avviandosi col suo
bagaglio ribelle verso la fila.
-sono per strada, sto andando sul
set-
Kate annuì come se il
ragazzo potesse vederla fermandosi dietro una
coppia di ragazzi che si teneva per mano.
-vorrei tanto che tu fossi qui-
sospirò pentendosene all’istante, non
voleva far sentire in colpa il ragazzo.
-lo vorrei anche io, mi mancherai
tanto in questi giorni- disse dolce
la voce del ragazzo
-saranno solo pochi giorni- cerco
di convincere anche se stessa
-mi mancherai lo stesso-
ripeté Joe sorridendo
Kate si morse il labbro portandosi
con un gesto nervoso una mano ai
capelli, scostandoli indietro.
-adoro quando fai così-
sussurrò il ragazzo spezzando il silenzio
-così come?- rispose
Kate accigliata, sicura di non aver detto nulla.
-quando ti passi la mano tra i
capelli- spiegò lui con naturalezza.
La ragazza si voltò di
scatto, col cuore a mille, e proprio a pochi
passi da lei vide Joe, in una mano il suo BlackBerry nero, sorridere
nella sua
direzione.
Kate sorrise, un sorriso enorme,
mentre abbassava il cellulare ed il
ragazzo faceva qualche passo verso di lei, raggiungendola.
-sei bellissima-
sussurrò poggiandole una mano su un fianco,
attirandola a se.
Kate aprì la bocca
mentre le guance le si coloravano di un rosso
intenso, pronta a dire qualcosa, ma il ragazzo la bloccò
all’istante poggiando
la bocca sulla sua, socchiusa, e baciandola con foga, ignorando le
persone
attorno che li guardavano con espressioni diverse.
Joe passò entrambe le
mani dietro la schiena della rossa stringendola
di più a se e Kate sorrise alzandosi in punta di piedi e
stringendo forte il
ragazzo per le spalle.
-ciao- sussurrò lei
confusa
-ciao- rispose Joe con una risata
bassa che fece rabbrividire la
ragazza -non potevo
non salutarti-
sussurrò toccando il naso di Kate col suo.
La ragazza deglutì
stringendo le dita attorno alle spalle di Joe, come
se non volesse lasciarlo andare.
-non dici niente?- chiese Joe
abbassando il volto all’altezza della
ragazza.
-sono…- Kate
fissò gli occhi di Joe, cercando una parola che definisse
alla perfezione come si sentiva in quel momento -…traumatizzata-
Joe rise ancora, sta volta
più forte –non credevo ti facessi
quest’effetto-
La ragazza gli diede un leggero
buffetto sulla guancia, sorridendo –non
dovevi essere a lavoro?-
-un ritardo di pochi minuti non
è così importante- rispose
tranquillamente, mentre invece dentro di se sentiva già la
voce del regista
urlargli contro di tutto.
Kate lo guardò dubbiosa
per qualche istante prima di alzare le spalle
–sono così contenta che tu sia qui!-
urlò stringendogli le braccia al collo.
Joe la strinse a se affondando il
viso tra i suoi capelli ed ispirando
forte l’odore, così che non lo dimenticasse in
quei giorni in cui non avrebbe
potuto sentirlo. Allontanò di poco la ragazza, quel tanto
che bastava per
guardarla negli occhi, aggiustandole una ciocca ribelle dietro
l’orecchio,
sfiorando poi delicatamente una guancia –mi chiamerai almeno
una volta al
giorno- disse, e non era una domanda.
-certo- sorrise Kate
-e dovrai stare lontana dai
modelli- aggiunse accigliato provocando
l’ilarità della ragazza.
-lontanissima- sussurrò
Joe passò il pollice sul
labbro inferiore della ragazza, possibile che
per la prima volta l’avesse baciata solo il giorno prima? E
pure gli pareva un
gesto così usuale, così naturale.
Abbassò ancora una volta
il viso vedendo negli occhi di Kate quella
scintilla che aveva visto anche il giorno prima, e che lo fece tremare
dentro.
-non vedo l’ora di
tornare da te- sussurrò la ragazza unendo le labbra
con le sue, facendolo involontariamente rabbrividire.
Quando, di preciso, il mondo aveva
preso a girare così velocemente?
Lori
non sa cosa fare
Lori e' sola, si fa male
Lori non e' mai cresciuta
forse non ha mai voluto
(Lori
– Prozac+)
Solo quando il piccolo cestino
d’acciaio fu riempito di almeno quattro
chili di “schifezze”
–come le chiamava
sua madre-, Ronnie parve soddisfatta e decise di uscire da
quel piccolo
supermercato vicino casa sua, portando in macchina una busta piena di
dolciumi.
Confusa, era la definizione esatta per il
suo stato d’animo
in quel momento.
Non era riuscita a dormire per
tutta la notte, pensando e ripensando
alla sera precedente, studiando ogni dettaglio, ogni suo minimo gesto,
ogni sensazione
che aveva provato per cercare di darle un nome, ma non ci era riuscita.
Era
confusa e frustrata, ecco.
Così dopo una notte
insonne aveva deciso saggiamente di non
pensarci. Era andata al lavoro, dove
aveva trascorso una piacevole giornata, aveva chiacchierato con Johnny,
aveva
lavorato sodo e poi era salita in macchina pronta per tornare a casa.
Ed in
quel preciso istante, mentre guidava verso casa, dove sarebbe stata
sola, si
rese conto che aveva bisogno di calorie per affrontare quelle quattro,
tristi,
mura. Tante calorie.
Odiava tornare in quella casa e
trovarla vuota. Non che prima ad
aspettarla trovasse i suoi genitori, ma era abituata a stare
lì con le sue
amiche; non c’era stato un istante negli anni passati, in cui
non fossero state
insieme lì.
Le sue amiche, le mancavano
tremendamente.
Ronnie aprì la sua auto
poggiando la busta di cartone al posto del
passeggero, salendo poi al posto del guidatore e partendo, dopo essersi
allacciata la cintura.
Con uno sbuffo si rese conto che
non voleva tornare in quella casa non
solo perché questa volta non avrebbe trovato le sue amiche
lì, ma anche perché
temeva il momento in cui fosse rimasta sola con i suoi pensieri.
Era stata davvero brava ad evitare
per tutta la giornata che i suoi
pensieri prendessero la direzione sbagliata –nonostante
Jamie e Lexus l’avessero chiamata quella mattina per sapere i
dettagli della
serata- rischiando di mandarla in paranoia, ma se ci era
riuscita lo doveva
non solo alla sua forza di volontà, ma soprattutto al fatto
che la sua mente
era stata occupata dal lavoro quel giorno, troppo
per permettersi di pensare a qualcos’altro.
Ora che era in macchina da sola
però i pensieri ricominciarono a
tormentarla.
Nick era stato così
gentile con lei la sera prima, proprio come lo ricordava: gentile,
spiritoso, bellissimo.
Dannazione.
Non era molto diverso da come lo
ricordava e questo di certo non
aiutava. Aveva persino conservato la sua timidezza, cosa che a Ronnie
era
sempre piaciuta. Le piaceva il fatto che un personaggio costretto ogni
giorno
ai flash ed a mille ragazzine urlanti, riuscisse ancora ad essere timido. E questo le faceva capire quando
il ragazzo fosse diverso e quindi, in qualche modo, speciale.
Anche questo dettaglio
non
aiutava però.
Si ripeteva mentalmente mille e
mille volte che non doveva
assolutamente farsi viaggi mentali interspaziali, bensì
doveva rimanere con i
piedi ben saldati a terra. Perché nonostante Nick avesse
ancora quello sguardo
così magnetico, quelle adorabili fossette agli angoli della
bocca quando
sorrideva, quelle labbra così invitanti e quelle braccia –quelle maledettissime braccia- così
forti, sulla quale ci avrebbe
volentieri costruito la sua casa, nonostante questo, Nick stava con
Allie da
quasi un anno -forse si conoscevano anche
da prima- e lei, per quando detestasse seriamente quella
ragazza, non
poteva rovinare la vita a Nick, non se lui era felice così.
Arrivando fuori casa sua scese
dalla macchina trascinando con se la sua
amata busta colma di schifezze, dirigendosi verso la porta. Mentre
infilava le
chiavi nella serratura le venne in mente la sera prima, quando Frank li
aveva
guardati sconcertati quando avevano detto di essere “vecchi
amici”, ricordando che anche lei era alquanto
sconcertata e
dubbiosa di quell’affermazione, ma si rese conto che forse
era proprio quello
che voleva Nick. Perché l’avrebbe invitata a cena
altrimenti?
Entrò poggiando la busta
sul tavolo della cucina, sospirando.
Amici? Beh, poteva provarci.
Un suono proveniente dalle tasche
dei suoi jeans l’avvertì dell’arrivo
di un sms, lo sfilò svogliatamente e quando lesse il
mittente il cuore prese a
fare le capriole nel suo petto.
Con dita tremanti aprì
il messaggio, e solo quando finì di leggere
l’ultima
parola capì che, probabilmente, le sarebbe venuto un infarto.
*
*
*
Lori Lori, storia veraaa Lori Lori
storia duraaaaaa Lori non è mai
sicuuuuraaaa, Lori è solaaa finta duuuura
Adoro questa canzone uù
Beeeeeene come alcune di voi sanno,
grazie alle mie crisi isteriche
sulla mia pagina, questo capitolo era pronto da un po’, ma
non volevo postarlo.
Nemmeno ora sono tanto sicura di volerlo fare, in realtà, ma
siccome ho il
BLEND *-*(altro motivo di isterismo, visto che l’amica che me
li faceva prima
non è disponibile al momento) ho deciso di postare
uù
Perché non volevo
postare? Non lo so uù
Tranquille, mia madre ha fatto
tutti gli accertamenti dovuti, sono
apparentemente sana mentalmente uù
Che diiiiiiiiiiire, questo
è uno dei capitoli che piace a me, uno di
quelli che finisce a cazzo e voi vorreste venire qui per sapere cosa
c’è
scritto su quel sms *-* Mi adoro quando faccio così
uù
Spero che anche a voi sia piaciuto
uù Ah, e grazie al mio macaco del
Congo per il blend *-*
Stasera vi amo più del
solito, sapete?
PS. SORIANA, SPERO CHE TU
SOPRAVVIVA ALLA CADUTA DI QUEL SATELLITE.
|
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Capitolo 18 *** I'm so tired ***
Ero
contento di non essere
innamorato,
di non
essere in pace col
mondo.
A me piace
avercela con
tutto e con tutti.
Charles
Bukowski
Erano passati cinque giorni da
quando Ronnie aveva ricevuto quell’sms
che l’aveva letteralmente sconvolta. Cinque giorni di
tormento, chiedendosi
cosa doveva fare, al cui termine aveva capito che non era in grado di
pensare
lucidamente o essere così obbiettiva da riuscire a prendere
una qualsiasi
decisione, allora aveva chiamato Jamie –che
a sua volta aveva chiamato Lexus-, pregandola di vedersi al
più presto per
parlare di una questione di vita o di
morte.
Erano le sette, lei era appena
uscita dal suo ufficio, quando tutte e
tre si ritrovarono sedute al tavolino di un vecchio bar in centro.
-Kate è ancora a New
York?- chiese Ronnie prendendo tra le mani il menù
plastificato.
Jamie annuì –e
non sappiamo quando torna-
-non la sento da ieri- aggiunse
Lexus – non ha un minuto nemmeno per
respirare-
Ronnie annuì alle due.
Era contenta che Kate fosse riuscita a
realizzare il suo sogno dopo tanti sforzi e sacrifici ed era contenta
che ora sedesse
a quel tavolo con Jamie e Lexus così naturalmente, questo le
faceva sperare che
pian piano le cose si stessero aggiustando.
-la tua situazione con Kate invece,
come va?-
Ronnie alzò le spalle
–l’ultima volta che le ho parlato non mi
è
saltata addosso, ma non credo le cose si siano risolte del tutto-
Entrambe le sue amiche annuirono
distogliendo lo sguardo, chiaro segno
che entrambe avevano avuto modo di parlare con Kate di Ronnie e della
loro
situazione.
Diedero le loro ordinazioni e solo
quando la cameriera le portò loro e
si allontanò con un sorriso, Jamie parlò
–allora- cominciò girando tra le mani
la tazza calda contenente il suo cappuccino –qual era quella
questione così importante
di cui volevi parlarci con tanta urgenza?-
Ronnie si mordicchiò il
labbro inferiore fissando intensamente la tazza
piena di cioccolato sotto i suoi occhi. Allungò la punta
delle dita ghiacciate
verso l’oggetto bollente provando un istantaneo conforto a
contatto col calore.
-sapete che, circa una settimana
fa, sono andata a cena con Nick- disse
e non era una domanda. Loro stesse l’avevano chiamata la
mattina dopo –trattenendola per
più di mezz’ora al
telefono- per farsi raccontare tutto nei minimi dettagli, ma
allora Ronnie
non aveva ancora ricevuto l’sms.
Jamie e Lexus annuirono
contemporaneamente sporgendosi inconsciamente
di più verso l’amica, ansiose che lei proseguisse.
-il giorno dopo mi ha inviato un
sms…- entrambe spalancarono la bocca
in attesa che l’amica continuasse e gli dicesse cosa ci fosse
scritto.
-allora?- la incalzò
Lexus dopo un interminabile silenzio
Ronnie prese un respiro profondo
–ha detto che la sera prima si era
divertito tanto, che gli era piaciuto ricordare i vecchi tempi con me
e…- si
interruppe cercando di ricordare le parole esatte del messaggio.
-e…?- ripetè
con tono strozzato Jamie stringendo convulsivamente la
tazza tra le mani.
- e mi ha chiesto se mi andrebbe di
rifarlo, qualche giorno-
La bocca di Jamie rimase
spalancata, mentre anche i suoi occhi facevano
lo stesso, restando fissi su Ronnie; Le labbra di Lexus invece si
chiusero di
botto mentre un sopracciglio si alzava con aria sconcertata.
-oh porca merda- sbottò
poi Lex rompendo il silenzio
-è esattamente quello
che ho pensato io- sorrise sarcastica Ronnie
-e tu cos’hai risposto?-
chiese Jamie
Ronnie abbassò di nuovo
lo sguardo per poi rialzarlo lentamente
–niente-
Jamie inclinò la testa
verso destra –in che senso?- chiese
-quanti sensi ci sono?-
ribatté Ronnie –nulla, non ho risposto-
La ragazza aprì la bocca
con espressione sconvolta facendo per
rispondere, ma Lexus la precedette urlando –cosa?
Perché non hai risposto?-
-è per questo che vi ho
chiamato- sospirò Ronnie –non lo so, cosa
dovrei rispondere?-
Lexus si abbandonò
all’indietro, poggiandosi allo schienale della sedia
e abbassando lo sguardo, pensierosa.
-tu cosa vorresti fare?-
sussurrò Jamie infine
Ronnie sospirò
pesantemente –io…non lo so-
Jamie annuì silenziosa
passando l’indice sul bordo della tazza, capiva
l’indecisione di Ronnie ed anche lei al suo posto non avrebbe
saputo cosa fare.
-cos’è che ti
preoccupa?- chiese Lexus
Ronnie si accigliò
guardando intensamente la sua cioccolata calda, come
se questa dovesse dargli una risposta.
Cos’è che ti preoccupa? Da dove poteva
cominciare?
-quando l’altra sera sono
stata con lui- cominciò cercando di
trasformare in parole l’enorme magma caotico che le ribolliva
dentro –sono
stata davvero bene e addirittura per un attimo mi è sembrato
di sentire…-
sospirò –mi è sembrato di provare
quello che non provavo da anni-
Jamie si morse un labbro
–quindi, pensi di essere inn…-
-no-
la interruppe
bruscamente lei, terrorizzata al solo suono di quella parola
–sarebbe stupido
pensare che dopo anni io sia ancora…provi
ancora le stesse cose per lui, ma l’altra sera quelle
emozioni sembravano
talmente reali che…-
-che hai paura si possano
trasformare in realtà se passi altro tempo
con lui- concluse Lexus per lei
Ronnie sorrise, dimenticando per un
attimo quello di cui stavano
parlando e scambiandosi uno sguardo d’intesa con Lexus.
Nonostante non si
parlassero da anni riuscivano ancora a leggersi nel pensiero, a
completare le
frasi dell’altra. Erano ancora sulla stessa lunghezza
d’onda, forse era vero
che il loro legame era qualcosa di unico e speciale.
-e sarebbe tanto male?- chiese
Jamie facendola tornare con la mente al
discorso che stavano affrontando.
-cosa?- chiese confusa
-Se tu provassi ancora quelle
emozioni, se tu fossi ancora innamorata-
disse senza dare tempo a
Ronnie di interromperla –sarebbe un male?-
Ronnie si porto una ciocca dietro
l’orecchio –si, sarebbe un male visto
che sta insieme ad Allie- rispose tra i denti
-oh, andiamo!- sbotto Lexus alzando
gli occhi al cielo –tutti sanno che
ha cominciato a frequentare Allie solo per dimenticarti-
Il cuore di Ronnie perse un battito
al pensiero che lui l’avesse fatto
solo per dimenticare lei, che in realtà lui non provasse per
Allie quello che
aveva provato per lei, ma poi si riprese, scuotendo la testa con
fermezza
–tutti a parte lui a quanto pare, visto che sono insieme da un anno-
-un anno- la riprese Jamie
–nella quale tu eri dispersa chissà
dove…-
-e appena tu torni-
continuò Lexus –guarda caso, lui decide di voler
passare del tempo con te-
Ronnie abbassò lo
sguardo verso il tavolo grattando qualcosa di
immaginario su di esso con l’unghia del pollice
–che sciocchezze- sbottò –Nick
vuole vedermi solo per passare un po’ di tempo tra amici-
La risata di Lexus la
colpì forte, era più acuta di come la ricordava,
e Ronnie alzò lo sguardo confusa mentre vedeva Lexus quasi
piangere dal ridere,
mentre Jamie scuoteva la testa sorridendo furba.
-quando mai siete stati amici tu e
Nick?!- rispose Lexus una volta
calmata –ma per favore!-
-Ronnie, non puoi essere davvero
così ingenua- disse a sua volte Jamie
guardandola con espressione sconcertata.
Ronnie si imbronciò di
fronte alla reazione delle amiche –perché
vorrebbe vedermi, allora?- borbottò incrociando le braccia
al petto, sfidandole
a darle una motivazione migliore della sua.
Lexus sospirò
–perché forse, come te, si è accorto
che prova ancora
qualcosa per te e vuole vederti per constatare se è
così o è stata solo
l’emozione di rivederti dopo anni, magari?-
-esatto-
l’appoggiò Jamie annuendo con vigore
–magari è ancora
innamorato di te- disse affezionandosi particolarmente a quella parola
che
Ronnie invece non sopportava.
-perché entrambe
sembrate non considerare minimamente il fatto che sta
insieme ad un’altra persona?-
Lexus alzò gli occhi al
cielo –perché questa è una cosa del
tutto
irrilevante- sminuì sventolando una mano di fronte al viso.
Ronnie alzò a sua volta
gli occhi al cielo, sta volta sorridendo.
Che le ragazze avessero ragione?
Che avessero visto qualcosa che lei
stessa non era stata capace di vedere com’era occupata a
studiare le sue di sensazioni?
-quindi, cosa dovrei fare?- chiese
infine
-quello che ti senti- rispose con
un’alzata di spalle Lexus
-se vuoi vederlo, mandagli un sms e
dì di si- chiarì, Jamie –se non
vuoi rivederlo, non rispondere affatto-
Ronnie sbuffò.
E se invece le sue amiche avessero
torto? Anche ammettendo che Nick
pensasse di provare ancora qualcosa per lei e volesse accertarsene
continuando
a vederla, cos’avrebbe fatto se alla fine lui si fosse reso
conto che non era
così? Se lei vedendolo ancora si fosse innamorata –ancora- di lui e lui,
alla fine, avrebbe deciso che non amava lei, ma Allie? Lei si sarebbe
scottata,
di nuovo. Nonostante la sua parte razionale, abituata
all’arte del sopravvivere,
le stesse urlando di scappare il più lontano possibile da
quel ragazzo che le
stava facendo provare –ancora-
quelle
strane emozioni, una parte di lei, la più grande, fastidiosa
e testarda, le
diceva che aveva bisogno di rivederlo.
Cosa doveva fare?
Quello
che ti senti.
Ronnie sospirò,
sporgendosi verso le amiche –cosa devo scrivere nel
sms?- chiese, vedendo dipingersi sui volti delle amiche
un’espressione
soddisfatta.
Well
I'm so tired baby
(walking
away – Craig David)
Erano passati cinque giorni anche
da quando Joe e Kate si erano
salutati in quell’aeroporto.
In quei cinque giorni i due si
erano sentiti praticamente solo di
sfuggita a causa del fuso. Kate chiamava tutte le sere prima di andare
a
dormire, siccome erano gli unici cinque minuti che aveva a disposizione
per
parlare, e non erano mai più di cinque, visto che proprio a
quell’ora, tutti i
giorni, Joe era sul set per le riprese del suo film.
Kate era superindaffarata, correva
da un angolo all’altro per aggiustare
quel vestito o quell’altra rifinitura, per esaminare le
stoffe da usare, per
organizzare la scaletta della la sfilata, era talmente occupata che a
volte
dimenticava persino le cose più essenziali, come mangiare o
andare in bagno.
Nonostante Holly, la sua assistente, le desse una mano con il lavoro da
fare,
Kate pareva non avere nemmeno un minuto per respirare.
Ma se Kate era super occupata, Joe
non era da meno, con le riprese del
film da girare, le interviste e i programmi tv a cui era obbligato a
presenziare
per pubblicizzare il film.
Entrambi erano esausti, per questo
Kate tirò un’enorme sospiro di
sollievo quando, alla fine della quinta stremante giornata,
riuscì finalmente a
tuffarsi sul letto, che pareva non vedere da mesi.
Nulla l’avrebbe smossa da
quel letto fino al mattino dopo, nulla a
parte una rilassante –per quanto
potesse
rilassarsi in quel momento- doccia.
Riuscì a voltare la
testa di lato, guardando la sveglia sul suo
comodino che segnava le undici di sera.
Storse il naso e prese il cellulare
dalla tasca, facendo la sua solita
chiamata di routine, sperando che non fosse troppo tardi.
Per fortuna, al terzo squillo, Joe
rispose.
-Kate!- disse la voce felice del
ragazzo dall’altro lato, che per un
momento fece dimenticare a Kate tutta la stanchezza che si portava
dietro da
giorni.
-Hei! Come va?- sussurrò
-va…- rispose
semplicemente lui –temevo non mi avessi chiamato stasera,
è tardi da te?-
-si, sono le undici, stasera
abbiamo finito più tardi del solito-
spiegò Kate cercando di non sbadigliare –almeno ci
siamo portati avanti col
lavoro, il che significa che potrei tornare presto! Come vanno le
riprese?-
-bene- rispose Joe seduto alla
sedia riservata per lui –mi manchi,
tanto- sussurrò poi e a Kate le si strinse il cuore.
-anche tu mi manchi Joe, davvero
tanto- rispose la ragazza
raggomitolandosi su se stessa.
Uno sbadiglio uscì dalle
labbra di Kate nello stesso istante in cui
l’aiuto regista faceva segno a Joe che i cinque minuti di
pausa erano
terminati.
–sarai stanca-
sospirò Joe
Kate si diede mentalmente della
stupida per essersi lasciata sfuggire
quello sbadiglio, il tempo a disposizione per parlare con Joe era poco,
non
voleva dargli l’impressione di essere annoiata o che, ma era
davvero
stanchissima.
-ti dispiace se attacchiamo? Credo
davvero che potrei addormentarmi a
telefono-
Il ragazzo rimase un po’
deluso dal fatto che la ragazza volesse già
riagganciare, ma capiva che Kate doveva essere distrutta ed aveva
bisogno di
riposo.
-tranquilla- la
rassicurò –tanto mi hanno appena chiamato per
ricominciare-
-oh- disse semplicemente Kate, un
po’ delusa
-torna presto- sussurrò
Joe –mi sembra di impazzire qui senza di te-
Il cuore di Kate si
fermò per l’ennesima volta mentre cercava di
riprendere fiato –farò del mio meglio-
sospirò infine prima di terminare la
chiamata.
Si lasciò scivolare
sullo scomodo materasso di quella triste stanza
d’albergo, rimanendo a pancia in su, mentre fissava il
soffitto con aria vaga.
Quella era una chiamata tipo, che
ormai faceva tutte le sere con Joe.
Mai più di cinque minuti, anzi, forse quella appena
terminata era stata una
delle telefonate più lunghe. Era davvero triste.
Con uno sforzo disumano, Kate
riuscì ad alzarsi dal suo letto e
dirigersi verso il bagno, dove una confortevole doccia
l’attendeva.
Sentire l’acqua calda
scorrerle sul corpo la fece inaspettatamente
rilassare e sentire di colpo meno stanca, come se fosse rinata. Con i
capelli
ancora bagnati intrappolati in un asciugamano, Kate si diresse verso il
suo
letto, sulla quale ad attenderla c’era il suo intimo, dopo di
che avrebbe
finalmente potuto stendersi tra le lenzuola e svenire,
su quello scomodissimo letto.
Si tolse l’asciugamano
dalla testa e, proprio mentre stava per buttarsi
sul letto, qualcuno busso freneticamente alla sua porta.
Kate sbuffò,
guardò il suo corpo coperto solo dall’intimo,
indossò
frettolosamente l’accappatoio ancora bagnato e sbuffo, di
nuovo, prima di
aprire la porta.
La figura esile e sottile di Holly
venne illuminata dalla luce che proveniva
dall’interno della stanza, la ragazza alzò i
grandi occhi verdi a Kate,
sorridendole.
-oh, meno male che sei ancora
sveglia! Posso entrare?- chiese facendosi
spazio ed entrando nella stanza.
-già che ci sei- rispose
sarcastica Kate richiudendo la porta
-allora- cominciò Holly
voltandosi verso di lei –hai circa venti minuti
per prepararti- sorrise la biondina
-prepararmi?- chiese Kate
sconcertata –per fare cosa?-
-per andare al party organizzato
dai ragazzi- rispose ovvia Holly – te
ne sei dimenticata?-
-quali ragazzi?!- sbottò
Kate, vedendo mentalmente quell’enorme letto a
due piazze sempre più lontano, nonostante fosse a pochi
passi da lei
Holly la guardò dubbiosa
–quelli che lavorano per te, hai presente?
Hanno organizzato una festa in un locale per stasera, è
venerdì!-
Kate si concesse una lunga occhiata
verso la ragazza che, in leggins
glitterati e maglietta super aderente, la guardava con un sorriso.
-voi siete matti- sbottò
in fine distruggendo il sorriso dalle labbra
della ragazza –divertitevi, io resto qui a riposare-
Fece per avviarsi verso il letto
ma, ancora una volta, Holly la fermò
con la sua voce squillante –non puoi non venire! I ragazzi
hanno organizzato la
serata in tuo onore, per la tua presenza a New York- quasi pestava i
piedi per
terra –te l’abbiamo detto due giorni fa, ricordi?-
Kate sbuffò, non
ricordava nemmeno quando aveva mangiato l’ultima
volta, figurarsi una cosa detta due giorni prima!
-ti preeeeego- cantilenò
Holly unendo le mani e sporgendo il labbro
inferiore, cogliendo l’indecisione sul volto della ragazza.
-e va bene, va bene!-
urlò quasi Kate alzando gli occhi al cielo –ma
domattina dovrai portarmi dieci caffè per farmi stare in
piedi!-
Holly fece un gridolino annuendo e
saltellando sul posto mentre batteva
le mani eccitata. Come faceva ad avere tutte quelle forze dopo cinque
giorni
come quelli che erano appena trascorsi?
-ti droghi, per caso?- disse acida
Kate avviandosi verso la sua
valigia, per cercare qualcosa da indossare
Holly piegò la testa di
lato, con espressione innocente –no-
Kate fece uscire un lamento dalle
sue labbra, voltandosi poi verso la
ragazza, con i vestiti in una mano –sarò pronta
tra dieci minuti, ci vediamo
giù- la liquidò velocemente con un gesto della
mano.
Quando Holly si chiuse la porta
alle spalle Kate sospirò sconfitta. Non
aveva alcuna voglia di andare a quella stupidissima festa –sospettava anche si fosse addormentata
in un angolo a causa della
stanchezza-, ma non voleva offendere i ragazzi con cui
lavorava. Avevano
organizzato quella festa appositamente per lei, sarebbe stato scortese
non
andarci. Era così stanca però che sapeva non
sarebbe riuscita a godersela e
sarebbe stata di peso a tutti con la sua faccia pallida e le occhiaie
che le
arrivavano alle ginocchia. Pazienza.
I venti minuti passarono
più veloci del previsto, e dopo mezz’ora Kate
era ancora in bagno a truccarsi, cercando di rimediare –per
quanto le era possibile- a quel disastro che era il suo
viso,
cercando di farlo somigliare più a quello di un essere umano
che a quello di
una busta di latte.
Ancora una volta qualcuno prese a
bussare insistentemente alla sua
porta, ancora una volta Holly –Kate?- chiamò la
ragazza senza ricevere risposta
Kate gettò con un gesto
di stizza il correttore per aria –al
diavolo la sua stupida faccia sfinita-
e corse ad aprire la porta.
-dobbiamo sbrigarci, altrimenti
salta la prenotazione- disse Holly
senza darle il tempo di parlare.
-ok, prendo la giacca- disse
facendo per tornare in dietro
Non c’è tempo
–disse Holly afferrandola per un braccio e trascinandola
fuori la porta – te ne ho presa io una, dobbiamo sbrigarci-
concluse passandole
una leggera giacca di pelle nera.
Kate non controbatté,
anche perchè non ne aveva la forza, e seguì la
ragazza giù alla reception, dove gli altri
l’attendevano.
Quando uscì
dall’albergo la terribile sensazione di aver dimenticato
qualcosa –non solo la giacca- si
fece
spazio tra i suoi pensieri, ma solo quando arrivarono fuori ad un nuovo
locale
gremito di gente, ricordò cos’aveva dimenticato.
-ho lasciato la borsa in albergo!-
strillò quasi rivolgendosi ad Holly,
accanto a lei
-non preoccuparti- la
rassicurò la ragazza – in questo locale ci
conoscono tutti, non c’è bisogno del documento-
Kate annuì, tornando a
guardare di fronte. Non era il documento che la
preoccupava, ma il fatto che nella sua borsa avesse dimenticato il
cellulare e
non aveva avuto il tempo di chiamare Joe per dirgli di
quell’improvviso cambio
di programma.
Alzò le spalle
sospirando, gliel’avrebbe detto la mattina successiva.
* * *
Saaaaaaaaaaaaaalve! Come va mie
care?
Oggi sono davvero felice! Il che
non capitava da parecchio, ve lo posso
assicurare, quiiiiiiiiiindi ho deciso di rallegrare anche voi, postando
un
altro capitolo *O*
Visto che sono in vena, e sto
aspettando che Simona mi faccia il blend(love u),
colgo l’occasione per
ringraziare tutte voi, come sempre!
Grazie alle 41 che hanno la mia storia tra le
preferite, alle 9
che l’hanno messa tra le ricordate, e alle 44 che l’hanno messa tra le
seguite! Grazie alle 11
bellissime fanciulle che con pazienza hanno recensito lo scorso
capitolo *-*(vi
amo), alle 29 folli, totalmente matte, che mi
hanno aggiunto tra
gli autori preferiti (è un onore)*O*, grazie ad Unbroken per aver segnalato Lover Dearest
come storia “scelta”,
grazie a tutti quelli che hanno
lasciato almeno una recensione, perché grazie a voi questa
storia ha 205
recensioni solo al 17esimo capitolo.
Grazie a Simona che mi sta
sopportando per le mie crisi dovute alla
mancanza di blend e che mi aiuta sempre, e per sopportarmi in generale.
(SEXY
SHOP *-* HAHAHAHAHA)
Grazie ad Eleonora, che anche
involontariamente mi da delle idee
fantastiche, che puzza, che non sa dire “nowaday”(e
molto altro), e che
vorrebbe che andassi con lei a Milano per vedere Joe. No, grazie.
Grazie a Soriana, che non
c’è, ma è come se ci fosse(?) e che mi
ucciderà quando saprà che ho postato un altro
capitolo in sua assenza. Ti amo
<3
Oh,
ed ovviamente grazie a chi continua a togliere la mia storia dalle
seguite/preferite/ciòchesia
senza darmi una motivazione, siete forti (Y)
E grazie alle ragazze sulla mia
pagina che ci sono sempre e leggono
tutti i miei sfoghi!
Vi amo tutte, a presto <3
|
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Capitolo 19 *** Misunderstandings ***
IMPORTANTE: Salve
mie piccole dolci pallette di lardo! Prima di lasciarvi al capitolo
volevo
dirvi un po’ di cose, che poi in realtà
è una sola, vabe! Ad ogni modo volevo
dirvi che ho notato che nell’ultimo capitolo le recensioni
sono diminuite un po’
e qualcuno ha tolto la storia tra le preferite. Ora, io non sono una di
quelle
persone che dicono cose del tipo “se non ricevo 856416408
recensioni al
prossimo capitolo non posterò mai più!”
o cose del genere, per un semplice
motivo: io scrivo per ME STESSA, perché è una
cosa che mi piace e mi fa stare
bene, poi è ovvio che se quello che scrivo piace anche a voi
al punto da
invogliarvi a scrivere una recensione io sia strafelice e ne sia
contenta, ma
se così non fosse continuerei a scrivere. Il punto
però è che siccome ho
contato altri 18 capitoli circa prima della fine della storia, non
vorrei voi
vi stesse stufando, perché se già vi scoccia ora
non oso immaginare tra
diciotto capitoli! Quiiiiiiindi nel caso la cosa vi stesse annoiando,
comunicatemelo per favore, in modo che io possa cambiare alcune cose e
finirla
in pochi capitoli.
That’s all! Spero che
qualcuno risponda al mio appello e mi dica cosa
non gli piace di questa storia o perché la toglie dai
preferiti. Ora mi levo
dalle balls uù
Buona lettura!
Nick era stato svegliato
bruscamente ben due volte quella mattina. La
prima, dallo sbattere della porta d’ingresso e, quando si era
accorto che erano
solo le sette del mattino, era balzato giù dal letto –temendo che fosse successo qualcosa di
grave- affacciandosi alla
finestra che dava sul cortile, per poi scorgere Joe che correva verso
la sua
macchina con indosso una vecchia tuta. Non era da Joe svegliarsi a
quell’ora
per andare a fare jogging, ma, francamente, a quell’ora del
mattino, ancora
assonnato, poco gli interessavano gli strani progetti del fratello.
La seconda volta invece era stato
svegliato dal suono del telefono ed
era letteralmente sobbalzato.
Aveva afferrato l’iPhone
dal comodino col cuore che gli andava a mille
ed il fiato che quasi gli mancava. Era passata quasi una settimana da
quando
aveva trovato il coraggio di mandare quel sms a Ronnie –sei
giorni per la precisione- e lei non aveva risposto.
Nick si era tormentato giorno e
notte, facendosi mille e più domande. Perché
Ronnie non aveva risposto al suo sms?
Aveva fatto male a mandarglielo? Che il messaggio non le fosse
arrivato? Poteva
capitare a volte. Avrebbe dovuto rinviarlo? O chiamarla? Ma
nonostante le
mille idee che gli vennero in mente, in quei giorni, Nick non fece
altro che aspettare e
quell’attesa infinita lo
logorava.
Avrebbe preferito ricevere un “no”
secco come risposta, un “vai al
diavolo”,
tutto, ma non quel silenzio.
Alla fine, con un sospiro, Nick era
riuscito ad abbassare il volto
verso lo schermo del suo cellulare e sul suo viso si dipinse
un’espressione di
puro sconforto quando sullo schermo non lesse quello che voleva, ma il
nome
lampeggiante di Allie.
Aveva risposto con voce impastata
alla ragazza che gli aveva proposto
di andare a fare colazione insieme quella mattina, prima che lei
andasse a fare
non aveva capito bene cosa.
Così ora si trovava in
un anonimo Starbucks, nell’anonima periferia di
Los Angeles, a fissare intensamente il suo iPhone –sperando
di sviluppare istantaneamente un qualche potere telematico-
e sorseggiando il suo caffè, senza zucchero, con Allie.
-va tutto bene?- chiese
improvvisamente la ragazza, facendogli alzare
lo sguardo –ti vedo assente stamattina- chiarì
stringendo il suo bicchiere di
cappuccino tra le mani.
-certo- sorrise –sono
solo un po’ stressato- si lasciò sfuggire
-per via del lavoro?- chiese Allie
offrendogli inconsapevolmente una
via d’uscita –è per questo che non fai
che guardare il telefono?- aggiunse
alzando il mento verso l’oggetto tra le mani del ragazzo.
Nick diede un’occhiata
veloce al telefono che aveva tra le mani per poi
ritornare a guardare il viso sorridente di Allie
–già- mentì –devono
comunicarmi l’orario per la registrazione della nuova canzone-
Allie
annuì distratta per poi
riprendere a parlare –oh, credo di aver trovato il vestito
perfetto per il
matrimonio di Jamie sai?- Nick fece per aprire bocca, ma Allie lo
interruppe
ricominciando a parlare –è un Valentino rarissimo,
ce ne sono solo venti in
tutto il mondo! E’ eccezionale ed il colore sta a meraviglia
con la mia pelle…-
Nick smise di ascoltarla alle
parole “vestito perfetto”,
tornando a fissare con particolare interesse il
suo iPhone.
“su,
fa qualcosa!” lo pregò mentalmente,
ma lo schermo continuava a
rimanere oscurato.
Proprio mentre sbuffava e malediva
mentalmente quello stupido aggeggio –che
non aveva alcuna colpa- lo schermo
si illuminò spezzandogli il fiato.
Con un gesto veloce tolse il blocca
tasti ed un sorriso si formò
automaticamente sule sue labbra quando vide il mittente, senza nemmeno
sapere
il contenuto del sms, senza pensare che la risposta, poteva essere un
rifiuto.
Toccò veloce lo schermo
aprendo il messaggio e, se prima quello che
padroneggiava sul suo viso era un sorriso appena abbozzato, quello di
ora era
un vero e proprio sorriso a trecentoquarantadue
denti.
“Hei,
scusami se ti rispondo ora, ma sono stata molto
occupata in questi giorni per via del lavoro. Anche io sono stata molto
bene
l’altra sera e mi farebbe piacere rifarlo qualche volta!
Ronnie”
-cosa c’è da
ridere?- la voce di Allie lo distrasse dai suoi pensieri,
facendogli improvvisamente rendere conto che stava sorridendo come un
ebete.
-eh?- chiese spaesato prendendo
tempo per inventarsi qualcosa
-stavi ridendo come un ebete- ecco.
-oh, nulla, i soliti sms idioti di
Joe- disse abbassando lo sguardo
cercando di togliersi il sorriso ebete
dalla faccia.
Allie annuì alzando le
spalle e spostando lo sguardo altrove. Nick
digitò velocemente una frase per poi cancellare
l’sms appena ricevuto.
Questa volta la risposta di Ronnie
fu repentina, e , quando lo lesse, annullò
tutto gli sforzi che Nick stava impiegando per cercare di tornare
serio,
facendolo sorridere ancora.
Nick cancellò anche
questo sms, poi si rivolse ad Allie –penso che
dovrò registrare, questo pomeriggio-
* *
*
Grande,
enorme, immenso, perenne, mal di
testa.
Kate affondò la testa
nel cuscino mentre la sveglia sul suo comodino la
informava con un suono tremendamente metallico e fastidioso, che era
ora di
alzarsi. Allungò il braccio quel poco che poteva per
zittirla per poi
sprofondare nuovamente tra le lenzuola.
Ricordava ben poco della sera
precedente, se non sprazzi confusi di lei
che ballava, mentre le mille luci colorate le colpivano fastidiosamente
il viso
e il perenne bisogno di bere per restare sveglia e sopportare quel
tremendo
dolore ai piedi dovuto alle scarpe alte.
Bere.
Si, forse aveva esagerato un
po’ quella sera, e a testimoniarlo c’era
quel mal di testa infernale che gli stava riducendo il cervello in
poltiglia.
In lontananza sentì
qualcuno chiamare il suo nome, ma era così lontano
che pensò di immaginarlo. Affondò ancora di
più la testa nel soffice cuscino
cercando di scacciare quella voce fastidiosa che ripeteva il suo nome. Fastidiosa come una mosca.
Improvvisamente, un fascio di luce
le colpì gli occhi, irritandola
terribilmente e provocandogli l’ennesima fitta alla testa
mentre cercava di
portarsi una mano al viso per coprirla.
Le ci volle qualche minuto per
vedere qualcosa e mettere a fuoco, a
pochi centimetri da lei, il viso tondo di Holly che la guardava con i
grandi
occhioni verdi spalancati.
Kate balzò
all’indietro, spaventata, e questo le costò
un’altra fitta.
-Kate?- la mosca, era tornata
-Kate, mi senti?- più
fastidiosa di prima
-Kate!- la ragazza
sbatté un paio di volte le palpebre prima di capire
che quella voce non era quella di una mosca immaginaria ma
bensì di Holly. E
quella ragazza sapeva essere molto più fastidiosa di una
mosca.
-che diavolo ci fai qui? E cosa
vuoi?- ringhiò poco cordialmente richiudendo
gli occhi, voleva solo essere lasciata in pace.
-sei in ritardo di
un’ora, sono venuta a cercarti e ti ho portato
questa…-
Con un lamento Kate aprì
a fatica gli occhi, scorgendo un bicchiere penzolante
avanti al suo viso –aspirina- spiegò Holly
Con uno sforzo ed un sonoro sbuffo
Kate riuscì a mettersi seduta sul
suo grande letto matrimoniale poggiando la schiena al muro freddo.
-grazie- disse afferrando il
bicchiere che la ragazza le porgeva
Holly le sorrise dolcemente,
restando in silenzio.
-ma è impossibile che
sia in ritardo di un’ora, la sveglia è suonata
meno di cinque minuti fa- disse confusa Kate
La ragazza la guardò
accigliata, per poi mostrarle il l’orario sul suo
cellulare –sono le dieci, la tua sveglia avrà
suonato almeno un’ora e mezza fa-
Kate guardò dubbiosa lo
schermo del cellulare, arrendendosi
all’evidenza. Era passata davvero un’ora e mezza e
lei doveva essersi
riaddormentata.
-avevi bevuto davvero tanto ieri-
sorrise Holly mentre Kate mandava giù
l’aspirina tutto d’un sorso
Kate arrossì, abbassando
lo sguardo –non ho fatto nulla di stupido,
vero?- chiese timorosa, sapendo quanto diventava stupida quando beveva
troppo.
-a parte ballare come un invasata
ed urlare “RIEMPITE IL MIO DANNATO
BICCHIERE!”, dici?- sorrise Holly imitando
la sua voce ed alzando il braccio in aria sventolando un bicchiere
immaginario.
Con
un lamento Kate si portò la
mano agli occhi, premendo per qualche istante le dita fredde sulle
palpebre. Se
quello era la cosa più stupida che aveva fatto quella sera
sarebbe stata
contentissima, almeno non aveva fatto nulla del tipo spogliarsi e
ballare nuda
per strada, cosa che le era capitata quando era più giovane,
e le sue amiche
avevano dovuto trascinarla di peso in macchina.
-si, a parte quello?-
Holly parve pensarci per qualche
istante –nulla- disse infine alzando
le spalle –solo continuavi a ripetere di dover fare qualcosa,
qualcosa tipo,
chiamare Joe?- disse incerta, non aveva la minima idea di chi fosse Joe.
Kate sbiancò ancora
più di prima.
-il mio cellulare!-
trillò alzandosi di scatto dal letto, provocandosi
così un giramento di testa, che la costrinse ad aggrapparsi
al comodino, sul
quale giaceva il suo cellulare.
-ti aspetto giù?- chiese
timorosa Holly, confusa dall’improvviso cambio
d’umore della rossa. Meglio scappare prima che avesse
cominciato a tirargli
oggetti dietro.
-si, si- biascicò Kate
afferrando il cellulare, sedendosi nuovamente
sul letto
Holly uscì dalla stanza
chiudendosi la porta alle spalle, lanciando uno
sguardo preoccupato a Kate che freneticamente pigiava i tasti del suo
cellulare.
Nessuna chiamata.
Non era nulla di strano o
preoccupante. A quell’ora a Los Angeles erano
solo le sette e mezzo del mattino, nessuna delle persone che conosceva
era
sveglio a quell’ora, tanto meno lui,
che a quell’ora era ancora nel mondo dei sogni.
Eppure Kate aveva uno strano
presentimento, l’orribile sensazione che
fosse successo qualcosa. Non c’era bisogno di scorrere la
rubrica per trovare
il suo numero, bastava controllare le ultime chiamate.
Con un inspiegabile ansia che le
cresceva nel petto portò il telefono
all’orecchio, mentre sentiva il “tuu”
degli squilli che non faceva altro che innervosirla. Lo
lasciò squillare finché
la telefonata non si interruppe automaticamente e una vocina metallica
alquanto
irritante la informò che Joe non aveva risposto. Come se non
se ne fosse resa
conto.
Kate non si arrese, fece partire
altre volte la chiamata, ogni volta
l’ansia era sempre più grande, il respiri
più affannosi ed i battiti più
veloci.
Provò a chiamare Joe ben
quindici volte quella mattina, ma lui non
rispose.
* *
*
Quella notte Joe sentiva
tremendamente caldo.
Nonostante si fosse sfilato la
maglia e i pantaloncini, rimanendo in
mutande, le lenzuola continuavano ad appiccicarsi alla sua pelle
sudata,
irritandolo mortalmente.
Si rigirò per ore nel
letto, senza riuscire a dormire e quasi urlò
dalla frustrazione quando sul orologio poggiato sul comodino vide che
erano le
sei del mattino.
Provò ogni cosa
–a contare le
pecore, a cullarsi con un ritmo isterico, cantarsi una canzone-,
cambiò
mille posizioni, ma il sonno proprio pareva non arrivare. Alla fine, si
arrese,
e si diresse verso il bagno desideroso di una doccia, sperando di non
svegliare
nessuno.
Mentre l’acqua gli
scorreva sul viso e sul corpo accaldato,
inevitabilmente i suoi pensieri andarono a Kate. A New York dovevano
essere le
nove del mattino e Kate doveva essere già a lavoro,
indaffarata come sempre.
In quei giorni si erano sentiti
pochissimo a causa degli impegni di
entrambi ed ogni giorno senza vedere Kate, per Joe, era sempre peggio
del
precedente. Era una cosa strana, anche prima lui e Kate erano stati
lontani per
qualche giorno, a volte addirittura per settimane e si, Joe aveva
sentito la
sua mancanza, ma non come ora. Da quando le labbra di Kate avevano
toccato le
sue ed i suoi occhi gli avevano promesso silenziosamente di donarsi a
lui era
cambiato tutto. Ora non poteva passare più di cinque minuti
senza che il volto
della ragazza gli venisse in mente, non un istante non aveva voglia di
chiamarla, e più volte aveva pensato di saltare sul primo
aereo e volare da
lei, anche solo per poterla stringere per un attimo.
Senza rendersene conto era stato
per quasi un ora sotto la doccia,
prima di avvolgersi nel suo accappatoio. La sera prima Kate gli aveva
detto che
era riuscita a portarsi abbastanza avanti col lavoro, quindi sarebbe
tornata
presto magari e lui avrebbe potuto smettere di tormentarsi.
Ma nemmeno quel pensiero
riuscì a rasserenarlo quella mattina e, una
volta stesosi sul letto, prese il cellulare tra le mani pensando che
forse avrebbe
potuto farle una telefonata veloce. Ci ripensò subito
pensando che Kate non
avrebbe potuto rispondergli, come sempre.
Però aveva bisogno di
parlare in qualche modo con lei, magari le
avrebbe lasciato un messaggio privato sulla sua pagina.
Attivò il BlackBerry
indirizzandolo sui suoi preferiti, sulla pagina della ragazza, e
proprio mentre
stava per cliccare sulla piccola busta in alto a destra per mandarle un
messaggio, sotto i suoi occhi apparve l’immagine di Kate, con
un bicchiere in
mano, che sorrideva all’obbiettivo.
Joe sorrise automaticamente, era
giorni che non vedeva il viso della
ragazza ed ora scorgerlo anche se solo in foto, senza poterlo toccare,
lo
faceva sentire più leggero.
Col pollice fece scorrere la pagina
vedendo altre foto di lei con altre
persone che non conosceva poi il suo occhio cadde distrattamente sulla
data
segnata sotto quelle foto. Il pollice si bloccò su quella
rotellina come
ingessato, mentre sbatteva un paio di volte le palpebre per assicurarsi
che
avesse visto bene, che il sonno non gli stesse tirando qualche brutto
scherzo.
Ma la data era sempre la stessa.
Aggiornò la pagina ed attese qualche
secondo che caricasse, per tornare a controllare la data.
Era
impossibile.
Era impossibile che quella fosse realmente la data
del giorno prima, giorno
in cui Kate le
aveva detto di essere troppo stanca persino per parlare a telefono.
Joe fissò lo sguardo su
una foto che ritraeva Kate con un braccio
attorno ad un ragazzo alto, con le spalle larghe e due occhi grandi e
vedsi,
mentre entrambi sorridevano all’obbiettivo.
Avanzando come impazzito col dito
che passava freneticamente sulla
rotella Joe vide che c’erano altre foto come quella, con
altri ragazzi. Non che
stesse facendo qualcosa di male o inappropriato, ma il solo fatto che
il suo
braccio era poggiato sul collo di qualcuno che non fosse lui, lo
irritava
terribilmente.
Senza contare che non sembrava poi
così stanca in quelle foto.
Ricordò le parole della
sera prima della ragazza, ricordando come aveva
preso al balzo l’opportunità di terminare la
chiamata quando lui gliel’aveva
chiesto. L’orario in cui erano state scattate le foto
–benedette macchinette digitali che
registrano l’ora sulle foto- era
a un’ora di distanza da quando loro si erano sentiti, il che
stava chiaramente
a significare che Kate sapeva che non sarebbe andata a dormire quella
sera,
dopo aver attaccato con lui, ma non glielo aveva detto, anzi aveva
addirittura
usato la scusa della stanchezza per liquidarlo in fretta ed uscire con
i suoi
amici.
Perché l’aveva
fatto? Perché gli aveva mentito in quello stupido modo?
Che motivo c’era?
Il cellulare prese a vibrare tra le
mani di Joe, che fino a qualche
minuto prima avrebbe urlato dalla gioia nel leggere il nome di Kate sul
piccolo
schermo, ma ora l’unica cosa che gli venne da fare, fu
abbandonare il cellulare
sul letto e uscire di corsa da quella casa, sbattendo con foga la
porta, senza
una meta.
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Capitolo 20 *** Everytime it hurts ***
Ma che
senso ha il rincorrersi e il
trovarsi e poi di nuovo illudersi? Ogni volta fa più male,
perché allora sono
qui?
Perché sono qui, qui vicino a te?
Ronnie rise ancora e Nick si
voltò a guardarla mentre il vento forte le
scompigliava i capelli e la luce delicata di un sole di metà
pomeriggio le
illuminava la pelle del viso, facendola sembrare di miele.
-davvero Nick- sorrise la ragazza
continuando a guardare di fronte a se
dove le onde si infrangevano sulla scogliera sulla quale erano seduti
da circa dieci
minuti –tra tutti i posti, non avrei mai immaginato che tu mi
avresti portato proprio
qui!-
Nick sorrise soddisfatto. Aveva
pensato molto a dove portare Ronnie
quel pomeriggio, aveva pensato ad un posto appartato e non molto
frequentato -se non per altro, per via dei
paparazzi- ed
improvvisamente gli era venuto in mente quel posto. Quel posto in cui
lei
stessa l’aveva portato qualche anno prima, dove
c’era un piccolo chiosco che
stonava terribilmente con l’ambiente, una lunga scogliera ed
il mare blu che si
infrangeva delicato contro di essa. Ricordava che su quella scogliera,
quel
giorno di tanti anni fa, aveva imparato qualcosa di più di
Ronnie, grazie a lei
che l’aveva lasciato entrare nella sua testa, spiegandole –attraverso il significato dei suoi
tatuaggi- la visione che aveva
del mondo. E anche se non era come lo vedeva lui, a Nick piaceva.
Ora quel luogo era del tutto
diverso da come l’avevano lasciato. Il
chiosco stile hawaiano era chiuso –più
tardi avrebbero scoperto che era un’attività
prettamente estiva- il sole
non era forte come l’ultima volta, ma era delicato, tanto che
quasi non
sembrava toccare la loro pelle, il mare che era di un blu intenso e
quasi
immobile, ora era di un grigio cupo e triste e si infrangeva con
prepotenza
contro quella scogliera, faceva quasi paura. Il caldo sole di settembre
che
avevano nei loro ricordi era stato sostituito con quello freddo di
Novembre
accompagnato da un venticello fresco che pareva voler entrare sotto i
loro
golfini autunnali.
Niente era come nei loro ricordi
ma, d’altronde, nemmeno quei due
ragazzi che un tempo sedevano su quella scogliera lo erano.
-beh, l’intento era
quello- rispose il ragazzo staccando a forza gli
occhi dal suo profilo delicato –sorprenderti-
La ragazza sorrise, portandosi
timidamente una ciocca dietro
l’orecchio. Quante volte l’aveva già
sorpresa? Quante volte l’avrebbe ancora
fatto?
Nick si fece scappare ancora una
volta un’occhiata verso Ronnie. Quella
era la sua occasione, aveva l’opportunità di
porgerle quelle domande che lo
tormentavano giorno e notte, di liberarsi di quel peso che lo
opprimeva. Allo
stesso tempo però, aveva una tremenda paura di farle quelle
domande: e se la
risposta non gli fosse piaciuta?
-allora- cominciò
sospirando –hai qualche nuovo tatuaggio?- sorrise con
leggerezza, cercando di nascondere il caos che aveva dentro.
Ronnie si voltò verso di
lui, studiandolo per qualche istante, per poi
annuire lentamente senza l’ombra di un sorriso.
Nick rimase immobile per qualche
istante con la sensazione di aver
chiesto la cosa sbagliata, ma dopo qualche istante la ragazza gli
sorrise,
scostandosi di poco la maglia, quel poco che bastava per mostrare una
scritta
in corsivo proprio all’altezza del cuore.
-nothing lasts forever-
sussurrò Ronnie mentre Nick si rendeva conto di
essere distratto dalla pelle bianca e morbida su cui era stata tatuata
la
scritta, più che la scritta stessa.
Ronnie ricordava esattamente il
giorno in cui aveva fatto quel
tatuaggio: era arrivata a Madrid da un solo giorno, aveva realizzato
che non
avrebbe mai più rivisto Nick, che aveva perso le sue amiche
e che, per la prima
volta in vita sua, era assolutamente sola.
Così si era fatta
compagnia con una bottiglia di vino rosso, forse due,
e ricordava appena di essere andata in quel negozio di tatuaggi che
aveva visto
quando era arrivata, non ricordava nemmeno il volto
dell’uomo, ma ricordava esattamente
cosa gli aveva chiesto di scrivergli e ricordava di aver precisato che
voleva
quella scritta proprio sul cuore, in modo che ogni volta che le sarebbe
venuta
la tentazione di fidarsi di qualcuno, di mettere la sua vita nelle mani
di
un’altra persona, quella scritta le ricordasse che non era
affatto una buona
idea e che, prima o poi, il suo cuore sarebbe andato in frantumi, come
lo era
allora.
-mi ricorda una vecchia canzone-
sorrise Nick, cogliendo la tristezza
negli occhi della ragazza, cercando di alleggerire
l’atmosfera – cause nothin'
lasts forever, even cold November rain- canticchiò facendo
sorridere la ragazza
-Axl Rose la vedeva lunga direi,
sai che quand’ero piccola volevo
sposarlo?-
Nick rise forte, trascinando con se
anche la ragazza –quand’eravamo
piccoli le ragazzine di solito volevano sposare uno dei backstreet
boys, non
tipi come il cantante dei Guns’n’Roses- commento
lanciandole uno sguardo
divertito.
Ronnie alzò le spalle
–mi sa che ero strana già da piccola-
ridacchiò
distogliendo lo sguardo da lui.
Nick invece rimase a fissarla,
incapace di distogliere gli occhi da
lei. No, non era strana, era diversa.
Era diversa in un modo che la rendeva totalmente bella, eccezionale,
unica, era
così diversa che era stata l’unica capace di farlo
innamorare davvero, così
tanto che anche a distanza di anni gli faceva ancora battere il cuore.
Si passò una mano tra i
ricci. Così non andava bene, doveva farle
quelle stupide domande e doveva allontanarsi da lei. Al
più presto.
-perché sei andata a
Madrid?- gli scappò, senza nemmeno riuscire a
trattenere il tono duro e risentito.
Si morse il labbro inferiore quando
vide Ronnie sussultare alle sue
parole, senza alzare lo sguardo verso di lui.
Nick sapeva il perché,
Kate gli aveva detto della mail scritta con
frasi sconnesse che Ronnie le aveva lasciato, quello che entrambi
avevano
capito da quelle parole era che Ronnie se n’era andata per
dimenticare una
volta e per tutte lui.
Quello che Nick si chiedeva
però era perché la ragazza l’avesse
fatto
dopo un anno, quando sapeva bene che lui stava per tornare a Los
Angeles.
Ronnie non era andata via per dimenticarlo, si disse, lei era scappata
via da
lui.
-volevo cambiare vita-
sussurrò lei –volevo star bene di nuovo, e qui
non ci riuscivo-
Nick annuì studiando le
sue parole.
-e ci sei riuscita?- chiese
–a star bene dico. Hai trovato qualcuno che
ti faccia star bene lì?-
Ronnie sospirò mettendo
i palmi sulla superficie fredda dello scoglio,
poggiandosi all’indietro, sulle braccia –non ti
serve qualcuno semplicemente
per star bene, quel qualcuno ti
serve
per essere felice-
Il ragazzo rimase in silenzio, cosa
voleva dire? Ronnie aveva trovato
qualcuno che addirittura l’aveva resa felice lì? O
voleva dire che lì era stata
semplicemente bene?
-e se fossi stata felice
come…- Ronnie si interruppe, stava per dire “come
lo ero stata un tempo”, ma non
l’avrebbe detto, non avanti a lui e non perché lui
non lo sapesse, il ragazzo
sapeva bene che quello per Ronnie era stato un periodo felice, ma lei
non
voleva ricordarlo, non in quel momento, non quando lui era a pochi
centimetri
da lei e la fissava con quello sguardo tremendamente magnetico
–se avessi
trovato qualcuno che mi avesse reso felice, non l’avrei
lasciato lì- concluse
Nick annuì mentre un
lieve sorriso si formava sulle sue labbra. Questo
significava che non c’era stato nessuno che
l’avesse resa felice come aveva
fatto lui un tempo. Certo, non significava che Ronnie non avesse
frequentato
nessuno in quegli anni, piuttosto che non c’era stato nessuno come lui.
Quando la ragazza si
voltò verso di lui e gli sorrise di rimando, Nick
si rese conto che Joe aveva tremendamente ragione. Perché
ora che le sue
domande avevano trovato risposta, la sua voglia di riscoprirla, di
sapere
quello che voleva, era stata sostituita con quella di allungarsi verso
di lei e
baciarla ancora una volta.
Nothing lasts forever,
and we both know hearts can
change
(Guns’n’Roses
– November rain)
-Signorina, deve allacciare le
cinture, stiamo per atterrare a Los
Angeles-
Kate stacco gli occhi dal minuscolo
finestrino dal quale stava
guardando il paesaggio e si voltò dubbiosa verso
l’hostess a qualche metro di
distanza da lei, come se solo in quell’istante si fosse
accorta che stesse su
un aereo.
La ragazza annuì
allacciando frettolosamente la cintura alla vita,
cintura della quale tra l’altro non aveva mai
capitò l’utilità. Se l’aereo
fosse precipitato dubitava che quella stupida cintura le avrebbe
salvato la
vita.
Tornò a poggiare la
fronte al finestrino freddo mentre con la mano
sinistra aumentava di più la presa sul cellulare spento. Non
voleva perdere
nemmeno un minuto di più, appena quell’aereo
avrebbe toccato terra, avrebbe
acceso quel cellulare, magari Joe aveva provato a chiamarla proprio
quando era
in volo.
O forse
no.
Ormai erano passati cinque giorni
dall’ultima volta che aveva sentito
Joe e nonostante lei avesse provato a chiamarlo milioni di volte, gli
avesse
inviato sms, e-mail, messaggi vocali, il ragazzo sembrava sparito nel
nulla.
Kate non capiva il comportamento di Joe, ma era piuttosto sicura che il
fatto
che lei fosse uscita quella sera quando gli aveva detto che sarebbe
andata a
dormire, centrava qualcosa con il suo silenzio. Aveva provato di tutto,
aveva
chiamato Jamie e Lexus chiedendogli se avevano notizie da Joe, ma
queste
avevano risposto negativamente, aveva
persino chiamato Nick una sera, ma il ragazzo le aveva risposto che
ormai non
riusciva a vedere Joe nemmeno per pranzo a causa degli impegni
lavorativi e
quando aveva un minuto libero Joe si chiudeva in camera sua a ne usciva
solo
quando era necessario. Anche Nick era insospettito da quel
comportamento, ma
ogni volta che aveva provato a chiedere a Joe cosa avesse, lui aveva
liquidato
il tutto con uno sbuffo, attribuendo la causa del suo strano
comportamento alla
stanchezza.
Kate, comunque, era nel panico
più totale.
Non vedeva l’ora di
rivedere Joe per capire cosa stesse succedendo e,
in realtà, sperava in una di quelle scene da grande film
strappalacrime in cui
lui andava a prenderla all’aeroporto dicendole che in quei
giorni non si era
fatto sentire perché era stato occupato ogni istante e che
l’amava alla follia.
La voce all’altoparlante
però la informò che erano atterrati
all’aeroporto di Los Angeles, non in quello di Fantasticandia.
Si alzò di scatto ed
andò a sbattere contro il porta bagagli, ricevendo
un’occhiataccia dall’anziano signore che occupava
il posto accanto a lei e che
non aveva fatto che maledire Kate ed il suo irritante movimento
isterico del
piede per tutto il viaggio. Prese il suo bagaglio a mano e con pazienza
aspettò
il suo turno per scendere da quell’affare infernale in cui
pareva essere
rimasta chiusa per ventiquattro ore. Quando dovette aspettare il suo
trolley
non le andò meglio, erano rimasti in pochissimi e quando
ormai era convinta che
il suo bagaglio fosse andato perduto, eccolo spuntare sul rullo che
avanzava
verso di lei con lentezza esasperante. Ogni minima cosa sembrava voler
rallentare il suo percorso quel giorno.
Con uno strattone diresse se stessa
ed il suo bagaglio verso l’uscita
mentre l’ansia dentro di se si faceva sentire ancora di
più. Chi avrebbe
trovato lì fuori, le sue amiche o Joe?
Kate rimase totalmente spiazzata
quando, aperte le porte scorrevoli di
fronte a lei, non trovo nessuno.
Nessun viso familiare le sorrideva,
nessuno chiamava il suo nome,
nessuno si era degnato di andare il quel maledettissimo aeroporto per
portarla
a casa. Era talmente arrabbiata che non sapeva se esserlo
perché Joe non era lì
o perché le sue amiche
non erano lì,
senza nemmeno degnarla di un avviso.
Accese il cellulare che aveva in
mano mentre a passo deciso si
allontanava da quel gate dove troppe persone con espressioni felici
aspettavano
un parente, un amico, un fidanzato. Era da voltastomaco, ma lo era di
più il
comportamento delle
sue amiche e del suo
presunto ragazzo.
Con un gesto stizzito si
scostò i capelli dal visto portando il
telefono all’orecchio, in attesa che qualcuno rispondesse,
mentre batteva un
piede con ritmo isterico, sul pavimento anonimo
dell’aeroporto.
-Hei Kate!- la voce di Jamie era
rilassata e dolce, come sempre –sei
arrivata?- chiese con un tono che a Kate sembrò fin troppo
naturale. Non fece
che innervosirla ancora di più.
-io si- ringhiò
–la domanda è: dove diavolo sei tu e
quell’altro essere
sessualmente frustrato ed inacidito che dice di essere mia amica?-
Jamie rimase qualche istante in
silenzio, forse riflettendo sul cosa
avesse fatto di male o sbagliato per meritarsi un atteggiamento simile
da parte
dell’amica.
-s..sto comprando delle c..cose
p..per stasera- balbettò insicura,
convinta che quella non era la risposta che l’amica voleva
sentirsi dire.
Kate annuì, come se
l’amica potesse realmente vederla, mentre i suoi
occhi si infiammavano –e non ti è passato per la
testa di venirmi a prendere in
aeroporto per evitare che fossi sola come un cane
senza sapere come tornare a casa?!- urlò senza nemmeno
cercare
di contenersi facendo voltare più di un paio di persone
attorno a lei.
Jamie si illuminò,
capendo qual’era il motivo della brutta reazione di
Kate –ma io pensavo venisse a prenderti Joe!- si difese la
ragazza
Kate si riscosse per un attimo,
forse Joe era in ritardo?
-te l’ha detto lui?-
chiese speranzosa
-beh, no, ma io credevo che vi
fosse messi d’accordo…-
-Jamie!- strillo Kate portandosi
una mano alla fronte –quale parte del ioeJoenonciparliamodacinquegiornienonsoperchè
ti è sfuggita?-
-mi
dispiace- balbettò la
ragazza con tono triste –ti raggiungo in dieci minuti!-
aggiunse
-no- brontolò Kate con
aria affranta, ora la tristezza aveva preso il
sopravvento sulla rabbia –non importa, prenderò un
taxi-
Kate fece per riagganciare, ma la
voce di Jamie la bloccò –Kat, non
dimenticare di stasera, ci sarà anche Joe-
La ragazza sospirò
terminando la chiamata e gettando il telefono alla
rinfusa nella borsa. Si avviò verso l’uscita
mentre veniva sopraffatta dallo
strano mix di emozioni che stava provando in quel momento.
Ansia,delusione,
paura, rabbia,
tristezza, stanchezza.
Aveva seriamente creduto, si era
tristemente aggrappata alla
convinzione che forse Joe in quei giorni non si era fatto sentire
perché troppo
impegnato, ma ora, ora che non si era presentato
all’aeroporto, Kate aveva il
presentimento che si trattasse di qualcosa di ben più grave.
In più era stanca, in
quei dieci giorni aveva dormito si e no tre ore a
notte, ed ora l’unica cosa che voleva fare era chiudersi
nella sua stanza e
sprofondare in un lungo sonno. I suoi problemi avrebbero potuto
aspettare la
mattina seguente per essere risolti.
Kat,
non dimenticare di stasera, ci sarà
anche Joe.
Ma ancora una volta non poteva fare
quello che voleva, era costretta a
presenziare a quella serata di beneficenza a cui aveva promesso di
esserci.
Salì sul primo taxi
disponibile e quando si sedette sul sedile
posteriore quasi le venne voglia di afferrare di nuovo il cellulare
dalla tasca
e chiamare Joe.
A quella serata di beneficenza
avevano programmato di andarci assieme,
la loro prima apparizione ufficiale da coppia, ma visto la piega che le
cose
avevano inaspettatamente preso, Kate non pensava che i loro piani
sarebbero
rimasti quelli.
Scosse la testa costringendosi a
non prendere quel maledettissimo
cellulare e comporre quel dannatissimo numero, aveva cercato abbastanza
Joe,
ora era il suo turno.
You should've
picked honesty
Then you may not have blown it
(cry me a river
–
Justin Timberlake)
Dio, se
era confuso.
Nicholas girava in tondo in quella
stanza da un tempo indeterminato
ormai, i pantaloni eleganti e la giacca gli limitavano i movimenti,
facendolo
ulteriormente irritare.
Era stranamente in anticipo quella
sera, Allie sarebbe stata pronta di
lì a poco, poi insieme sarebbero andati a quella festa di
beneficenza a cui
avrebbe presenziato con i suoi musicisti, tra cui Tyler e Jamie, i suoi
fratelli e Kate, insieme a tante altre persone.
Aveva sempre odiato quel genere di
cose, era sempre stato convinto che
la vera beneficenza si facesse restando in anonimato e non organizzando
delle
mega feste, spendendo più soldi di quanto avessero dato in
beneficenza, per
avere la propria faccia sulla prima pagina di qualche stupida rivista
per
teenager.
La gente era così
ingenua e così ben disposta verso quelli come lui che
li vedevano come degli eroi pronti ad aiutare i più deboli,
senza pensare però
che fare beneficenza in quel modo non era altro che una trovata
pubblicitaria
per metterli in buona luce.
A quanto pare però,
questo metodo funzionava, e Nick era costretto a
partecipare a quell’evento con tanto di smoking e sorriso
piazzato in viso.
Si fermò sospirando,
facendo il resoconto della situazione: quel
vestito era tremendamente scomodo, quelle scarpe nuove gli davano un
fastidio
enorme, non aveva alcuna voglia di andare a quella serata e, per quanto
ci
stesse estremamente provando, non riusciva proprio a non pensare a quel
pomeriggio
del giorno prima, con Ronnie.
Era stato strano –aggettivo
ricorrente nell’ultimo periodo quando si parlava di lei-
stare lì con lei
su quella scogliera come se il tempo non fosse mai passato, come se si
fossero
parlati fino al giorno prima.
Eppure lei era cambiata, lo vedeva
nei più piccoli dettagli, lo vedeva
nel modo in cui rimaneva in silenzio a soppesare le parole prima di
parlare,
nel suo modo di sorridere, sempre così riservato in qualche
modo, lo vedeva in
ogni minimo gesto. Ronnie era cresciuta, maturata, cambiata, eppure se
si
soffermava a guardarla per qualche secondo riusciva a vedere quella
ragazzina
che tanto aveva amato ed inevitabilmente questo portava a galla tutta
la scia
di emozioni che si era lasciato alle spalle tempo prima, quando aveva
deciso di
donarsi ad un’altra persona. Forse per questo gli era venuta
voglia di
baciarla.
E questo di certo non lo aiutava a
schiarirsi le idee.
Allie era la ragazza perfetta sotto
tutti i punti di vista: era
bellissima, simpatica, intelligente, spiritosa, sempre elegante, fine,
pacata
ed inoltre era quel tipo di ragazza pronta a mettersi da parte quando
ce n’era
il bisogno. L’aveva capito da subito Allie, che il primo
amore di Nick sarebbe
stato sempre la musica, e a differenza di altre persone, era riuscita
ad
accettarlo.
Stava bene con Allie,
perché rovinare un equilibrio così sereno?
-Nick, tuo fratello è
arrivato, sbrigati!- urlò Denise dal piano
inferiore
Nick si passo una mano tra i
capelli e, prendendo la giacca poggiata alla
sedia, uscì dalla stanza in tutta fretta, dirigendosi verso
le scale.
Per quella sera avevano deciso che
Kevin sarebbe passato a prendere lui
e Joe, poi sarebbero andati a prendere Allie, e da lì tutti
insieme a quella
serata.
Sebbene le loro strade si fossero
artisticamente divise, i tre fratelli
ci tenevano a smentire tutte le voci a riguardo di un loro litigio
–secondo i giornalisti quello era
stato il
motivo di scioglimento della band- presentandosi a vari
eventi mondani
insieme, mostrando al mondo che anche se non lavoravano più
insieme, erano più
uniti che mai.
Nick stava per scendere il primo
scalino quando, infondo al corridoio,
scorse la luce del bagno accesa che fuoriusciva dalla porta socchiusa.
Sbuffò alzando gli occhi
al cielo, non era possibile che Joe non fosse
ancora pronto.
Aprì di scatto la porta
ritrovandosi di fronte Joe, intento a
specchiarsi. Aveva indossato i pantaloni e le scarpe, ma la camicia era
ancora
sbottonata e i capelli erano in disordine, senza contare le pesanti
occhiaie
violacee sotto agli occhi e questi ultimi rossi e lucidi. Perfetto, ora i giornalisti avrebbero
cominciato a domandargli da
quando Joe facesse uso di stupefacenti.
-si può sapere
perché non sei ancora pronto? Kevin e già
arrivato-
chiese irritato Nick
-bussare è diventata
un’usanza così fuori moda?- controbatté
il
fratello con tono piatto senza smettere di fissare la sua immagine allo
specchio. Era un disastro.
-la porta era aperta-
spiegò sbrigativo lanciando un’occhiata
all’orologio che portava al polso. Allie doveva essere
già pronta –allora,
quanto ti ci vuole?-
Joe aprì il rubinetto
facendo scorrere un po’ d’acqua prendendo poi un
pettine sottile dal cassetto –non vengo con voi- rispose
cominciando a
sistemare i capelli.
-oh, Kate è tornata?-
Nick sapeva che Joe aveva intenzione di andare
alla festa con Kate, voleva dire a tutti che stavano insieme, ma quando
la
ragazza era partita per New York, Joe non sapeva se ce
l’avrebbe fatta a
tornare in tempo, così aveva detto a Nick e Kevin che
sarebbe andato con loro.
-credo di sì- rispose
semplicemente afferrando la boccetta di profumo
poggiata sul lavandino
Nick si accigliò
guardandolo interrogativo –come credi?
Non vieni con lei alla festa?-
La
boccetta scivolò dalle mani
di Joe cadendo nel lavandino bianco producendo un fastidioso rumore,
per
fortuna non si ruppe.
-no- ringhiò Joe
stringendo convulsivamente il bordo del lavabo,
tenendo la testa bassa.
-Joe…-
sussurrò Nick avvicinandosi di un passo verso di lui
–va tutto
bene?- gli poggiò una mano sulla spalla che venne
prontamente scrollata con un
gesto di stizza.
-voi avviatevi, vi raggiungo tra
poco con la mia auto- disse cercando
di riacquistare un certo contegno.
-non capisco, perché non
vieni con noi allora?- chiese Nick confuso dal
gesto del fratello
-ho detto che non vengo con Kate-
ringhiò puntando gli occhi in quelli
opachi di Nick –ma non significa che ci vengo da solo-
*
*
*
Sento freddo.
Ebbene si mie care, il freddo
è arrivato anche nell’assolata Napoli e
ieri mi sono letteralmente g h i a c c i a t a per le vie del centro,
cosa che
si ripeterà anche oggi uù
Detto questo! Siete state davvero
stupende, tutte voi *-* Grazie a
tutte quelle che mi hanno scritto una recensione-tweet-commenti e
quant’altro
per dirmi che la storia non vi sta annoiando e vi piace così
com’è! So che può
essere noioso mettersi lì e scrivere anche solo due parole,
ma in questo modo
mi rendete davvero contenta, quindi grazie!
Ovviamente vi risponderò
una per una al più presto, ora sono un po’ di
fretta, mi aspetta un intenso pomeriggio di shopping e poi stasera
c’è la
champions *-*
Vabè non vi intrattengo
oltre con le mie chiacchiere inutili!
Concludo dicendo che adoro il
finale di questo capitolo uù
Vi amo, TUTTE! <3
|
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Capitolo 21 *** I just wanna come home ***
Anche se mi hai fatto male,
dirò a
chiunque che sei speciale,
perché con te
ho capito che il mio cuore
batte ed è ancora vivo.
I flash le accecavano gli occhi
facendola sentire più confusa e
frastornata di quanto già non fosse, sentiva il suo nome
provenire da ogni
direzione ed aveva la certezza che da un momento all’altro
sarebbe caduta da
quelle scarpe dal tacco totalmente sconsiderato ed assurdo.
Fu Jamie, con uno strattone, che la
fece tornare alla realtà.
-Kate, entriamo?-
Kate osservò la mora che
la guardava dubbiosa, stretta in un vestito
rosso stile impero che le stava a pennello. Tra l’altro Kate
l’aveva cucito appositamente
per lei, non poteva quindi essere altrimenti.
Con un cenno della testa, ed un
grande sforzo, ignorò i fotografi che
avevano letteralmente preso d’assaltò
l’entrata del locale dove si sarebbe
svolta la serata, e si diresse verso la porta di ingresso accompagnata
da Jamie
e Tyler.
Non era così che aveva
immaginato quell’entrata.
Aveva immaginato di raggiungere il
locale con Joe, che insieme
avrebbero attraversato quei fasci di luce scintillanti, magari
tenendosi per
mano, ed avrebbero sorriso agli obbiettivi. Lei sarebbe stata
bellissima
indossando quel vestito a cui stava lavorando da mesi, lui, come
sempre,
sarebbe stato perfetto accanto a lei e tutti li avrebbero guardati
ammirati
notando come i due fossero in perfetta sintonia.
Avrebbe dovuto esserci Joe accanto
a lei e invece non c’era.
Kate aveva il viso stanco, segnato
dalle troppe notti insonne che aveva
passato in quegli ultimi giorni, contornato poi dalla preoccupazione
mista all’ansia
di sapere cosa mai fosse accaduto a Joe, il suo abito, ovviamente, non
era
riuscito a terminarlo per quella sera, occupata com’era stata
a New York e non
doveva arrivare lì con Jamie e Tyler, come un terzo
incomodo, ma con lui.
Sentì Jamie stringerle
la mano senza voltarsi, prima che uno dei due
enormi buttafuori alzasse una parte del drappeggio rosso attaccato alla
porta
per permettere hai tre ragazzi di entrare nella grande sala.
-va tutto bene?- le
sussurrò all’orecchio Jamie
Kate aveva sperato con tutta se
stessa quel pomeriggio, che il suo
cellulare squillasse, che Joe la chiamasse per accordarsi per quella
serata,
che le desse una misera spiegazione del suo comportamento.
Aveva aspettato con le gambe
incrociate ed un senso di nausea che lui
facesse qualcosa, qualsiasi cosa, ma non aveva fatto nulla.
-certo, va tutto bene- le lacrime
cominciarono a salirle agli occhi
mentre la voce si incrinava sulle ultime parole.
L’unico motivo per cui
aveva trovato la forza di andare a quello
stupido evento quella sera, era che con ogni probabilità
avrebbe trovato anche
Joe, ed allora il ragazzo non avrebbe più potuto scappare ed
sarebbe stato
costretto a fornire a Kate le spiegazioni che meritava.
Si era preparata nella sua stanza
mentre uno spirito combattivo e
determinato le montava dentro, decisa a fare una bella partaccia al
ragazzo, ma
ora che era lì e sapeva che lui ce l’aveva con lei
per un qualche motivo a lei
sconosciuto, tutta quella determinazione stava svanendo, prontamente
sostituita
da uno stato di angoscia e paura.
Jamie le sorrise con espressione
dispiaciuta, accarezzandole una
guancia –andrà tutto bene Kat, in dieci minuti
risolverete tutto, vedrai che si
tratta di una sciocchezza!-
Kate sorrise incerta, ringraziando
l’amica che raggiunse il suo
fidanzato –ormai quasi marito-
qualche passo più avanti.
Appena entrati nella sala Kate
venne sommersa dagli abbracci e i saluti
dei presenti, lei rispondeva alle domande che gli porgevano e cercava
di
mostrarsi un minimo interessata a loro chiedendo come stessero e se ci
fossero
novità –non che le
interessasse, ma fare
conversazione era una cosa che il galateo imponeva-, ma Kate
capiva dai
loro sguardi indiscreti che avevano capito che la ragazza era
totalmente
assente.
I minuti intanto passavano, una
persona si sostituiva all’altra nella
conversazione con Kate, non lasciandole mai il tempo di stare da sola
per un
minuto. Questo ovviamente però non le aveva impedito di
girarsi continuamente
intorno e perlustrare minuziosamente la sala. Quando
incrociò lo sguardo di
Jamie, e questa scosse la testa alzando le spalle, ebbe la conferma di
quanto
già appurato da sola: Joe non era ancora arrivato.
L’ansia cresceva a
dismisura dentro di Kate che sembrava soffocare in
quella sala tanto affollata. Le sembrava così strano che
tutti attorno e lei
ridessero allegri, come se non fosse successo nulla. Non sentivano
anche loro
quell’ansia che rendeva l’aria così
pesante?
Si voltò, decisa ad
andare alla toilette, ed in quel preciso istante lo
vide, proprio di fronte a lei.
Il suo cuore perse un battito
quando i loro occhi si incrociarono e
notò nei suoi uno strano distacco misto a freddezza, poi Joe
si perse tra la
folla e Kate non riuscì più a vederlo.
Prese un respiro profondo e a passo
incerto si avviò verso il punto in
cui l’aveva visto. Mentre camminava si chiedeva cosa gli
avrebbe detto una
volta trovatoselo di fronte. Era talmente nervosa che l’unica
cosa che le
veniva in mente era quella di prenderlo a schiaffi e fare una scenata,
ma
sapeva che non poteva, si trovavano ad un evento pubblico e non
potevano dare
spettacolo.
Quando arrivò alle
spalle del ragazzo, Kate non aveva ancora pensato a
come esordire, con ogni probabilità avrebbe formulato una
frase ad effetto e ad
alto contenuto sarcastico del tipo “Chi
non muore si rivede!”, ma quando –facendosi
coraggio- picchiettò alla spalla di Joe e questo
si voltò guardandola con
sguardo del tutto indifferente, la sua lingua diventò di
pietra.
-oh, Kate- fu lui a parlare per
primo, e quel tono distaccato e quasi
annoiato fece salire a Kate il sangue alle tempie
-oh, Joe-
lo imitò lei
alzando un sopracciglio con fare minaccioso
-sei tornata da New York, vedo-
continuò lui con tono sereno –come ti
pare questa festa, ti stai divertendo?-
Kate spalancò gli occhi
guardandolo con aria sconcertata mentre sentiva
la rabbia ribollirle dentro. Era forse impazzito?
La ragazza stava per rispondergli
che non gliene fregava un accidente
di quella serata e che se non le avesse spiegato subito cosa gli
passasse per
la testa l’avrebbe preso a pugni, quando una mano pallida
dalle unghie
accuratamente smaltate si poggiò sulla spalla di Joe e poco
dopo una testolina
bionda fece capolino dietro le sue spalle.
La ragazza, che era più
alta di lei di qualche centimetro, la guardava
con i suoi grandi occhi azzurri ed un sorrisino a metà tra
il sarcastico ed il
malefico, mentre la mano restava poggiata sulla spalla di Joe, come a
voler
chiaramente sottolineare che quella era roba
sua.
Cosa si
era persa?
-oh, Kate, lei è
Isabelle, credo di averti parlato di lei, è la
coprotagonista del film che sto girando- si voltò un attimo
verso Isabelle che
gli rivolse uno sguardo civettuolo –Isabelle, lei
è Kate- aggiunse poi,
semplicemente
-oh- disse la bionda
–Kate, la tua vecchia amica?-
Kate sentì lo stomaco
attorcigliarsi su se stesso, mentre l’istinto di
prendere Joe a schiaffi si faceva spazio a gomitate dentro di lei. Ci
volle
tutta la sua forza di volontà per non assecondare quella
malsana e invitante
vocina nella sua testa che la incitava a farlo.
-vecchia
amica?- ripeté con
tono sarcastico guardando il ragazzo che per un istante
abbassò lo sguardo.
Per un attimo Kate
dimenticò di essere in un locale gremito di gente e
paparazzi ed afferrando Joe per il bavero della giacca lo
avvicinò a se,
facendo scivolare la mano della bionda dalla spalla –ti
dispiacerebbe venire un
attimo con me, mio caro vecchio amico?- ringhiò a pochi
centimetri dal
suo volto e senza aspettare risposta lo trascinò verso il
retro del locale,
lasciando Isabelle con un espressione interdetta in viso.
Con una spinta energica
aprì la porta di ferro uscendo all’aria aperta
con Joe al suo seguito. I due sbucarono in una stradina buia ed umida
del tutto
isolata, situata tra il locale ed il palazzo accanto. Il tanfo di
spazzatura
che padroneggiava nell’aria fresca
era
del tutto annullato dall’odore di rabbia che Kate emanava da
tutti i pori,
senza dubbio.
Kate fece qualche passo,
assicurandosi che non ci fosse nessuno, prima
di mollare la presa su Joe, che si era fatto trascinare senza fiatare,
e
voltarsi col volto in fiamme.
-si può sapere che
diavolo sta succedendo?-
Joe rimaneva immobile, lo sguardo
fisso in quello di Kate, ma non
accennava a dir nulla.
-allora?- lo incalzò la
ragazza, dopo attimi interminabili di silenzio.
-allora cosa?- sbottò
lui alzando il mento con fare arrogante
Kate si lasciò sfuggire
un sospiro scioccato –allora cosa?- ringhiò,
ripetendo le parole del ragazzo –dovresti dirmelo tu, cosa!-
All’ennesimo silenzio del
ragazzo, Kate scoppiò –ti ho lasciato dieci
giorni fa che tutto andava bene, anzi, benissimo-
la voce le tremò giusto un po’
sull’ultima parola, ricordando lo sguardo di Joe
perso nei suoi occhi quel giorno all’aeroporto –poi
improvvisamente le cose
sono cambiate, Dio solo sa per quale motivo, e tu sparisci nel nulla!-
-Forse- a quel punto anche il tono
di Joe era risentito e arrabbiato
–le cose sono cambiate quando tu hai iniziato a mentire con
tanta nonchalance-
disse disgustato
Kate lo guardò
spalancando gli occhi –e su cosa avrei mentito?
Sentiamo- sbottò incrociando le braccia al petto sfidandolo
con un’occhiataccia.
-oh, non fare la santarellina-
sorrise sarcastico –eri così stanca
quella sera, che dopo ti ci è voluta una bella festa tra
amici per riprenderti-
La ragazza si acciglio mentre si
rendeva conto di aver ragione, il
comportamento di Joe aveva a che fare con quella dannatissima sera.
-ho visto le foto- aggiunse Joe di
fronte al silenzio della ragazza
Kate annuì mordendosi un
labbro.
Era vero, aveva sbagliato, e se lui
non si fosse comportato da stupido
in quel modo ora lei gli avrebbe chiesto scusa spiegandogli
l’accaduto, e forse
la cosa si sarebbe sistemata in breve, in
dieci minuti, come aveva detto Jamie.
Ma lui aveva davvero esagerato.
Perché avrebbe dovuto cercare di
spiegarsi quando lui ci aveva messo così poco per
rimpiazzarla? Dio, non era passata
nemmeno una
settimana dall’ultima volta in cui lui le aveva detto che gli
mancava da morire,
e lui si era presentato lì con Isabelle!
Non ci aveva messo poi tanto per dimenticarla senza neanche chiederle
una
spiegazione.
Che senso aveva a quel punto
spiegargli tutto?
-quindi, tu hai pensato bene di non
valutare nemmeno una mia possibile
giustificazione e di correre tra le braccia della coprotagonista del
tuo film,
giusto?-
-bene, come al solito-
soffiò lui allargando le braccia –rigira pure la
frittata a tuo favore-
-io non rigiro un bel nulla!-
-però stai continuando
ad accusare me, senza tentare nemmeno di
scusarti per quello che hai fatto tu-
Kate spalancò la bocca
–tu ti sei presentato ad un evento al quale
dovevamo andare insieme rimpiazzandomi con una specie di bambola
gonfiabile!-
urlò senza riuscire più a trattenersi.
Joe
guardò Kate di fronte a se.
Le guancia in fiamme, gli occhi lucidi, la mascella irrigidita per la
tensione
e l’unica cosa che riusciva a pensare in quel momento era che
fosse bellissima
quand’era arrabbiata.
Si rendeva conto che era una cosa
assurda.
C’era
ancora tanta rabbia dentro
di lui, rabbia perché era uscita quella sera invece di
parlare un po’ di più
con lui, perché lui si era fidato di lei e lei gli aveva
mentito, perché invece
di dargli una spiegazione stava cercando di farlo sentire in colpa per
aver
invitato Isabelle a quella serata.
Non gli importava di Isabelle
più di quando gli interessasse
l’andamento della borsa di Wall Street francamente. Aveva
deciso di invitarla
dopo aver viso l’ennesima foto di Kate che si divertiva in
giro con i suoi
amici e la prima cosa che aveva pensato era che se la ragazza si era
dimenticata di lui così rapidamente lui avrebbe finto di
aver fatto
altrettanto. Non avrebbe fatto la parte del povero sfigato di turno,
scaricato
dalla ragazza della quale si era stupidamente innamorato.
I giornali d’altronde lo
dipingevano come un latin lover, un ragazzo
superficiale, perché non dare agio a quelle voci per una
volta? Sarebbe stato
stronzo e crudele, proprio come loro volevano, come lei
si meritava.
Di fronte e quegli occhi lucidi che
ora lo fissavano con tanto dolore
però, Joe penso che la sua forse non era stata
un’idea tanto brillante.
Fece un passo verso la ragazza
allungando una mano verso di lei, ma
questa fece istantaneamente un passo indietro scuotendo la testa.
Nell’istante in cui Kate
scosse la testa sentì due calde lacrime
colargli sul viso, non era riuscita a trattenerle fino
all’ultimo.
-sai che ti dico?- la voce un misto
tra rabbia e tristezza –non
importa-
Joe fece un altro passo verso Kate,
l’espressione altezzosa di poco
prima istantaneamente mutata in una di dolore.
-era tutto sbagliato
dall’inizio- sussurrò Kate tra le lacrime che
ormai cadevano liberamente sul suo viso –non dovevamo
spingerci fin qui-
Joe la pregò con lo
sguardo, non poteva farlo, non poteva dire una cosa
del genere. Avrebbe voluto urlarle di non dire cose di cui si sarebbe
pentita,
voleva urlarle di non pentirsi di ciò che c’era
stato tra loro due perché se
avesse detto quelle parole l’avrebbe distrutto, il suo cuore
avrebbe cessato
istantaneamente di battere. Ma era talmente terrorizzato che non
riuscì a
parlare per troppo tempo e quando trovò la forza dentro di
se, ormai era troppo
tardi e lei pronunciò quelle parole che cancellarono tutto.
-non avremmo mai dovuto provare ad
essere più di due amici, abbiamo
rovinato tutto- si voltò non appena vide
l’espressione di dolore sul volto di
Joe e con passo tremante si avviò verso la strada, lontano
da lì.
Le gambe le vacillarono, le lacrime
gli impedivano di vedere dove
stesse andando, la testa gli pulsava tremendamente e cominciava a
sentire un
dolore lancinante al petto, all’altezza del cuore, e aveva
come il
presentimento che quello non le fosse passato tanto presto.
Sentì le ginocchia
cedere sotto di lei e le venne voglia di
abbandonarsi e piangere liberamente, ma sentiva ancora la presenza di
Joe
dietro di lei, sapeva che lui l’avrebbe vista.
Doveva tenere duro, doveva arrivare
alla fine di quella stradina buia e
umida.
Finalmente riuscì a
svoltare l’angolo e poggiare la schiena contro il
muro freddo di un palazzo. Guardò in alto ed in
quell’esatto momento una goccia
d’acqua le cadde sul viso confondendosi con le sue lacrime.
Perfetto, ci mancava solo che si
mettesse a diluviare di lì a poco.
Cosa avrebbe fatto ora? Non poteva
rimanere lì, c’erano troppo
paparazzi in giro, non voleva rischiare di farsi trovare in quelle
condizioni.
Si strinse le braccia e
cominciò a camminare a testa bassa lungo la
strada, pregando che nessuno la riconoscesse. Doveva andare in un posto
lontano
da occhi indiscreti, un posto dove si sentisse al sicuro, dove sarebbe
stata
libera di abbandonarsi alle lacrime, un posto che considerava casa.
Say goodbye in
the pouring
rain
And I break down as you walk away.
Stay, stay.
'Cause all my life I felt this way
But I could never find the words to say
Stay, stay.
(Hurts
– Stay)
Ronnie sospirò formando
una nuvoletta di aria calda in quella quasi
gelida.
Strinse a se la borsa con le cose
che aveva appena comprato al
supermercato e fissò accigliata la pioggia che cadeva al di
là della tettoia
del market dove si era riparata.
Niente male come domenica sera,
pensò.
Era sola, infreddolita, confusa ed
ora era anche bloccata lì sotto,
senza un ombrello.
Studiò ancora la pioggia
scrosciante che non accennava a smettere, poi
alzò lo sguardo verso la macchina a parecchi metri lontano
da lei. La scelta
più saggia sarebbe stata quella di aspettare qualche istante
che la pioggia
desse qualche accenno di fermarsi, ma Ronnie non aveva alcuna voglia di
rimanere lì un secondo in più. Non sapeva
perché ma quel luogo la deprimeva in
maniera straziante.
Con un sospiro chiuse la felpa fino
al mento, pronta per correre sotto
la pioggia, ma nel momento in cui stava per mettere un piede fuori dal
suo
riparo sicuro, una voce dietro di lei la fermò.
-Ronnie?-
La ragazza si voltò,
scorgendo a pochi passi da lei un ragazzo moro che
la guardava con espressione curiosa.
-Johnny? Che ci fai qui?- chiese
sorpresa
Il ragazzo le mostrò una
busta di cartone identica alla sua –anche a me
tocca fare la spesa ogni tanto-
Ronnie sorrise, tornando a fissare
la pioggia, stavolta con meno
coraggio.
-brutto temporale eh?- Johnny si
affiancò a lei
-già- sospirò
la ragazza in risposta –mi sa che ne avrà per un
bel po’-
Johnny annuì voltandosi
poi verso di lei –ti va di prendere un caffè
qui affianco mentre aspettiamo che spiova?-
-certo- rispose alzando le spalle
*
*
*
-non mi hai mai raccontato la tua
storia-
I due ragazzi avevano trovato
riparo nella piccola caffetteria accanto
al piccolo market che per sopravvivere doveva restare aperto anche di
domenica
sera. Avevano ordinato i loro caffè ed erano rimasti seduti
in silenzio, finché
Johnny non aveva esordito con quella frase.
Ronnie si accigliò
–e chi ti ha detto che io ne abbia una?-
-oh andiamo- sorrise il ragazzo
–tutti abbiamo una storia-
Ronnie non rispose, abbassando lo
sguardo e stringendosi nella sua
felpa continuò a camminare in silenzio e Johnny
capì che la ragazza stava
valutando se aprirsi con lui o meno.
-va bene, allora
comincerò a raccontarti la mia
di storia- sorrise Johnny passandosi una mano tra i capelli
–sono nato a New York, i miei genitori sono due persone
umili, mia madre una
casalinga e mio padre un semplice operaio, all’età
di diciotto anni ho capito
che il mio fascino era troppo per una città grigia come New
York, così mi sono
trasferito a Los Angeles, dove la mia bellezza può
risplendere al sole!-
Ronnie si voltò verso il
ragazzo alzando un sopracciglio, sarcastica.
-Che c’è? Ora
non noti la mia bellezza perché è sera, ma al
giorno
risplendo di luce propria!-
-lasciami indovinare- sorrise lei
portandosi un dito al mento con fare
pensieroso –lettore accanito della saga di twilight?-
Johnny ridacchiò
facendole una smorfia. Ronnie sorrise a sua volta
abbassando di nuovo lo sguardo, pensierosa.
Dopo tutto non le avrebbe fatto
male parlare con qualcuno che non fosse
Jamie o Lexus, anzi, forse sarebbe stato anche meglio dal momento in
cui sapeva
benissimo che quelle due tifassero per lei e Nick spudoratamente.
Forse gli avrebbe fatto comodo
sentire il parere di qualcuno che non
fosse di parte, che potesse analizzare i fatti oggettivamente.
E poi sapeva che poteva fidarsi
cecamente di Johnny.
-va bene- sospirò in
fine la ragazza –cosa vuoi sapere?-
Johnny sorrise compiaciuto,
contento che la ragazza avesse deciso di
aprirsi con lui.
Aveva passato le ultime settimane a
studiarla discretamente e si era
reso conto che non sapeva molte cose di lei nonostante stessero tutto
il giorno
a contatto ed il loro rapporto fosse molto scherzoso ed amichevole.
Ronnie non
si era mai sbilanciata sulla sua vita personale, non parlava mai della
sua
famiglia, non sapeva se avesse un ragazzo e parlava delle sue amiche
solo
quando lui le chiedeva qualcosa di Lexus.
-La prima volta che Lexus
è entrata in ufficio…-
-oh, ma allora è proprio
una fissazione!- lo prese in giro lei
conoscendo l’interesse che il ragazzo aveva nei confronti di
Lex.
-non è di lei che voglio
parlare ora- disse serio -magari più tardi- aggiunse
poi in tono scherzoso.
Ronnie sorrise annuendo in silenzio.
-dicevo- ricominciò
-quando Lexus è venuta per la prima volta in
ufficio, ed il giorno dopo ti chiesi di lei, tu mi dicesti che non
sapevi foste
amiche- si voltò verso di lei calcando l'ultima parola -cosa
intendevi dire?-
La ragazza alzò la testa
verso la strada di fronte a se, dove qualche
macchina passava lentamente, mentre cercava di trovare le parole adatte
con cui
spiegare la sua storia.
-io, Lexus, Kate e Jamie siamo
cresciute assieme- sospirò -il nostro
rapporto non si poteva definire quello di semplice amicizia, era...-si
fermò
cercando le parole, ma non era semplice cercare di spiegare con le
parole un
sentimento come quello che le aveva unite in modo quasi ermetico -non
so
spiegarlo, loro erano tutto per me.
Erano
la mia famiglia, le mie
confidenti, le mie amiche, compagne di avventure, sventure, pazzie.
Eravamo
come una sola persona, una sola anima, divisa in
quattro corpi-
Johnny osservò Ronnie
mentre un sorriso le si formava automaticamente
sulle labbra. Il ragazzo aveva notato da tempo che ogni volta, se pur
raramente, che parlavano delle sue amiche Ronnie si illuminava
letteralmente.
Lui aveva capito da subito che la loro era un'amicizia speciale, anche
senza
che Ronnie glielo spiegasse, l'aveva capito dalla sua espressione
quando aveva
visto Lexus in ufficio e dalla sua tensione quando l'aveva accompagnata
a
quella festa.
-e poi? cos'è successo?-
chiese interessato
La ragazza batté due
volte le palpebre, riuscendo a staccarsi da quelle
immagini di lei e le ragazze che le affollavano la mente.
-poi, ho rovinato tutto-
sussurrò abbassando il capo -quando sono
partita per Madrid, le ho lasciate senza una parola, o meglio, con una
stupida
e-mail ed ho tagliato ogni contatto con loro, non leggevo i loro
messaggi, ho
cambiato numero- fece una pausa alzando lo sguardo, spostandolo sul
ragazzo che
la fissava con la massima concentrazione -ho fatto l'idiota, insomma-
sorrise
triste.
-perchè l'hai fatto?-
chiese Johnny confuso
-perchè avevo paura che
sentendole, avendo ancora contatti con loro,
avrei ceduto alla tentazione di tornare a casa- sospirò
-e cosa c'era di così
terribile a casa da tenerti lontana a costo di
perdere le tue amiche?- chiese sempre più curioso
-l'amore-
rispose
semplicemente lei
Il silenzio che seguì
quell’affermazione durò solo qualche istante
–credo di aver capito di chi stai parlando-
Ronnie si voltò verso di
lui sorpresa.
-non sono mica cieco- sorrise lui
notando la perplessità negli occhi
della ragazza -ho visto gli sguardi tra te ed il piccolo Jonas quando
vi siete
incontrati fuori l'ufficio e c’era talmente tanta
elettricità tra di voi che
avevo paura di rimanere fulminato- ridacchiò
Il volto di Ronnie prese
letteralmente fuoco, distolse lo sguardo
mentre un ricordo le affiorava alla mente.
Johnny l'aveva capito
già da tempo, ma allora perchè non le aveva
mai chiesto nulla?
-in Spagna non ti hanno insegnato
che non è bene prendersi una cotta
per il ragazzo della figlia del capo?-
Ronnie si voltò verso di
lui con uno scatto -una cotta?-
ringhiò -credi davvero che io abbia mandato all'aria tutto
quello che avevo qui, le mia amiche, la mia vita, per una stupida
cotta?-
Johnny si ritrasse di
poco, sorpreso dalla reazione della ragazza,
non l'aveva mai vista così aggressiva.
-scusami, non volevo offenderti-
Ronnie sospirò
portandosi un ciuffo dietro l’orecchio –no, scusami
tu.
E’ che sono molto suscettibile su quest’argomento-
sorrise timidamente
Lui sorrise di rimando, sporgendosi
nuovamente verso di lei –raccontami
di voi, come vi siete conosciuti?-
-al liceo, eravamo solo due
ragazzini allora. Lui una pop star di fama
mondiale, io una semplice diciassettenne con istinti ribelli e
libertini- si
voltò verso il ragazzo –bella coppia eh?-
Johnny sorrise ma non disse nulla,
aspettando che la ragazza
continuasse.
-Stiamo stati insieme per un
po’, poi lui è partito per un tour
mondiale ed al suo ritorno io ero andata in Spagna-
Sospirò socchiudendo gli
occhi, non era facile per lei parlare di quel
periodo della sua vita.
-E’ stato il mio primo
amore- sorrise –ed anche l’unico a dire il vero-
Johnny la guardò
accigliato –vuoi dire che…?-
-che dopo di lui non ho trovato
nessuno per cui rischiare, mettermi
in gioco- spiegò
Il ragazzo accanto e lei continuava
a guardarla, incredulo. Ronnie era
una bella ragazza, gli era difficile pensare che in tutti quegli anni
in Spagna
tra i pretendenti che sicuramente le avevano fatto la corte, non ne
avesse
trovato uno che le piacesse o che suscitasse interesse in lei.
-vedi- cominciò a
spiegare cogliendo lo sguardo dubbioso dell’amico
–quando trovi una persona come Nick,
e poi sei costretta a lasciarla andare, il mondo ti appare totalmente
diverso
da come l’avevi visto fino al giorno prima-
sospirò –le persone,
ti appaiono diverse-
Deglutì.
-Quando hai la fortuna di conoscere
una persona come Nick,
inevitabilmente ti ritroverai a confrontare le persone che verranno
dopo, con
lui-
-E nessuno ha retto il confronto
con Nick Jonas?-
-no- sospirò lei
–lui era così diverso da qualsiasi persona avessi
mai
incontrato prima. Io ero così disillusa, così
pessimista, testarda, nessuno
aveva avuto il coraggio di avvicinarmi prima, di provare a sciogliere
l’aggrovigliata matassa di fili nella mia testa, prima di
lui- scosse
impercettibilmente la testa –è per questo che me
ne sono andata, quando lui se è
andato quel
groviglio disastroso nella
mia testa ha ricominciato ad opprimermi, e tutto qui mi ricordava lui-
fece un
sorriso tirato –mi sembrava di impazzire-
-lontano dagli occhi, lontano dal
cuore- sussurrò Johnny
-già, è
quello che pensavo almeno-
Johnny si voltò verso di
lei –sei ancora innamorata di lui?- chiese
Ronnie si passò
stancamente una mano tra i capelli, sospirando. Quante
volte si era fatta quella domanda? E nonostante tutto non era mai
riuscita a
darsi una risposta, ma un quel momento, il suo cuore che pulsava forte
nel suo
petto le suggeriva una risposta della quale non fosse sicura di esserne
contenta –credo che per quanto possa fingere il contrario,
non riuscirò mai a
dimenticarlo, Johnny-
Il ragazzo annuì -credi
che lui sia una cosa tipo “l’amore
della tua vita”?-
Ronnie storse il naso con una
smorfia –non lo so- alzò le spalle –so
solo che lui è stato l’unico che ha voluto
capirmi, e che ci è riuscito-
-lo prendo per un si- sorrise
La ragazza scosse la testa
–non mi pare che sia così- sospirò
–lui sta
con Allie ora-
-beh- borbottò il
ragazzo prendendo un sorso del suo caffè –tu sei
andata via per tanto tempo, cosa doveva fare? Chiudersi in un
monastero?-
-lo so, lo so- rispose a sua volta
–è solo che…- lasciò la
frase in
sospeso abbassando lo sguardo
-cosa?- chiese lui curioso
Ronnie sospirò ed ancora
una volta cercò a fatica di trasformare le sue
sensazioni in parole –è solo che se lui
è riuscito a stare con qualcun altro ed
io no, forse lui non provava le stesse cose che provavo io-
-intendi dire che lui non ti amava?-
La ragazza rispose con
un’alzata di spalle.
-non credo sia così-
rispose lui scuotendo la testa –non tutti
reagiscono allo stesso modo Ronnie- spiegò –io, ad
esempio, non sarei mai
scappato in un altro paese lasciando qui le persone a cui volevo bene,
invece
tu l’hai fatto, ma non di certo perché non le
amavi, giusto?-
Ronnie annuì
–forse hai ragione tu- sospirò –ma
comunque ora non ha
importanza, ormai lui è felice con lei- finse un sorriso
-Ron- sospirò lui unendo
le mani –non so se lui è felice con lei, non
lo è o cos’altro- cominciò e Ronnie non
sapeva bene dove volesse andare a
parare –ma so che tu non
sei felice-
la ragazza abbassò lo sguardo sentendo improvvisamente un
vuoto allo stomaco –lo
vedo quando a volte ti perdi con lo sguardo nel vuoto, nei tuoi sorrisi
mai
sinceri, lo vedo e se lui è l’unico che ti rende
felice, riprenditelo-
Ronnie sussultò al suono
di quelle parole. Riprenderselo, e come poteva
fare?
-non eri tu poco fa quello che
diceva che si devono lasciar perdere i
ragazzi delle figlie del capo?- sorrise cercando di alleggerire la
situazione
-oh- sbuffò lui,
scacciando qualcosa di immaginario dal suo naso con la
mano –non ti ho mai detto che a volte dico sciocchezze?-
-no- ridacchiò Ronnie
–ma me ne ero accorta da sola-
I know I'm
hangin' but I'm
still wantin' you.
(I
hate myself for lovin you –
Joan Jett)
Ronnie cercò di fermare
l’auto il più vicino possibile alla porta
d’ingresso in modo che non si bagnasse più di
tanto.
Spense il motore e con un sospiro
si abbandonò contro il sedile in
pelle dell’auto. Parlare con Johnny le aveva fatto, ora la
sua testa era un po’
meno incasinata di prima, ma quello che aveva capito di certo non
portava a
niente di buono.
Lo
voleva di nuovo.
Era inutile negarlo, era inutile
fingere che non fosse così, inutile
nascondersi dietro qualche stupida scusa. Forse i suoi sentimenti non
erano
forti ed invasivi come lo erano stati un tempo, ma non poteva negare
che per
lei non fosse del tutto finita.
Questa nuova consapevolezza
però, se da un lato dava un senso ai suoi
pensieri confusi, dall’altro non faceva che confonderli di
più.
Perché ora nuove domande
si facevano largo nella sua testa: Nick
provava ancora qualcosa per lei? Perché aveva voluto
rivederla ben due volte?
Anche lui aveva sentito quella terribile stretta allo stomaco quando si
erano
abbracciati qualche settimana prima fuori casa sua?
Scosse la testa, cercando di
togliersi quei pensieri dalla testa, Nick
stava con Allie, doveva scriverselo
da qualche parte e rileggerlo tutte le volte che gli venivano in mente
pensieri
stupidi come quelli di poco prima.
Afferrò la busta sul
sedile accanto al suo e guardò fuori con
espressione afflitta. La pioggia era così fitta che Ronnie
non riusciva a
vedere nemmeno a un metro dal suo naso.
Con un sospiro si fece coraggio e
spalancando la portiera si tuffò –nel
vero senso della parola, visto la
pioggia che invadeva il viale-
fuori dal veicolo correndo verso le scale e nonostante tenesse la testa
bassa
la pioggia portata dal vento le schizzava il viso. A pochi passi dalla
porta
alzò la testa, giusto per evitare di inciampare nelle scale,
e rimase
paralizzata vedendo una sagoma scura raggomitolata
sull’ultimo scalino.
Ronnie balzò
all’indietro spaventata, finché tra la pioggia
scrosciante
non riuscì a riconoscere quella figura, ed il cuore prese a
batterle talmente
forte che lo sentiva in gola.
-Kate?!-
*
*
*
Ah, io amo Joan Jett uù
Saaaaalve mie piccole pallette di
lardo, come va?
Prima di tutto volevo farvi sapere
che i vostri commenti al capitolo
precedente in stile “quanto è sexy Joe
incazzato” mi hanno traumatizzato a vita
uù Cattive ragazze, cattive!
Detto questo, anche se mi hanno
traumatizzato, voglio ringraziarvi
ancora una volta per le recensioni *-* Pesavo sarebbero diminuite,
invece siete
rimaste con me *-* quanto vi posso amare, eh?
AH! Vi invito a notare il blend
strafgvoigizorhgibosrhioghboz di questo
capitolo *-* Non so, sarà che c’è
Johnny *O* sarà che non c’è Jim, ma lo
adoro!
E ringrazio immensamente Soriana per questo **
Passiamo al capitolo! E’
un po’ lungo e decisamente “bah”
‘-‘ Non è che
mi convinca tanto a dire il vero, ma conoscendomi non riuscirei a
scrivere
qualcosa di più decente, quindi lo lascio così!
Non so se state notando che mi sto
proprio impegnando per cercare un “finale
alla cazzo” in ogni capitolo uù Ci sto riuscendo?
Hahahahha
Vi lascio in pace uù
Vi amo tutte, alla follia.
|
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Capitolo 22 *** If only I knew what I know today ***
Salve
a tutte!
Prima di
lasciarvi al capitolo volevo dirvi una cosa
“importante”. Della mia storia non
c’è molto da “copiare”, visto
che la trama non è delle più elaborate ed
originali, cioè ci saranno altre millecinquecento storie
simili alla mia, ma se
proprio vi piace a tal punto e pensiate che sia così
brava(vostra
personalissima opinione, tra l’altro, della quale sono
onorata xD) da essere
copiata, almeno evitate il “copia-incolla”
delle frasi che scrivo, è davvero squallido. Potreste almeno
sforzarvi di
riformulare le frasi, suvvia!
Detto
questo,
vi lascio al capitolo sperando che vi piaccia e ci vediamo
giù con una notizia
importante!
But
in end it was true:
“friendship
never ends”
Non sapeva più da quanto
era seduta su quelle scale ormai.
Aveva bussato a quella porta, senza
che nessuno le rispondesse, per svariati
minuti, ma non poteva andarsene. Dove sarebbe potuta andare poi? Non
aveva
alcuna voglia di tornare nel suo appartamento freddo e buio da sola, il
solo
pensiero le faceva venire nuovamente voglia di piangere.
Si mise la testa tra le ginocchia e
con grande sforzo ricacciò le
lacrime indietro. Quanto aveva pianto? Tanto da dissetare due terzi
dell’Africa
con le sue lacrime, probabilmente.
Mentre la pioggia scrosciava contro
il legno della veranda, Kate non
riusciva a pensare nemmeno a quello che le era successo poco prima, il
solo
pensiero di Joe o di quella ragazza che si era portato dietro le
facevano
venire disperatamente voglia di sdraiarsi a terra e non alzarsi
più.
Strinse ancora di più
gli occhi, basta lacrime.
Rimase con la testa nascosta,
sapeva che appena avesse fatto un
movimento sarebbe crollata, e non l’alzò nemmeno
quando sentì il rumore di
pneumatici sulla ghiaia, per poi però farlo dopo, quando
sentì una portiera
sbattere violentemente e dei passi veloci procedere verso la sua
direzione.
Ronnie sorreggeva una busta e
procedeva a passo spedito verso la casa,
con la testa bassa per evitare di bagnarsi il viso.
Solo a pochi passi dalle scale
alzò il volto, rimanendo impietrita a
pochi passi dalla porta, mentre la pioggia le cadeva in testa.
Kate alzò lo sguardo
verso Ronnie e questa si spaventò e morte vedendo
gli occhi rossi e gonfi dell’amica e l’espressione
del tutto assente.
-Kate?!- disse titubante, ed al
suono del suo nome la ragazza parve
svegliarsi balzando in piedi e lisciandosi il vestito nero.
-ciao- balbettò tirando
su col naso
-che ci fai qui?- chiese Ronnie
sorpresa –cos’è successo? Jamie, Lexus
stanno bene?-
-si, si- si affrettò a
rispondere la ragazza passandosi violentemente
una mano sugli occhi cercando di darsi una sistemata
A passo svelto Ronnie la raggiunse
afferrandole un polso. Kate la
detestava, gliel’aveva detto esplicitamente, la sua presenza
lì doveva
significare che era successo qualcosa di grave.
-Kate, che succede?-
Kate guardò Ronnie ferma
di fronte a lei con espressione preoccupata e
per un attimo le apparve la visione di lei diciassettenne, quando erano
ancora
migliori amiche, quando bastava uno sguardo per intendersi, quando
condividevano le loro vite, quando lei sapeva chi era
Ronnie.
Poi rivide l’immagine di
una mano delicata che si posava sulla spalla
di Joe e la testa le girò vorticosamente per un attimo,
prima che scoppiasse
nuovamente in lacrime gettandosi tra le braccia dell’amica
sorpresa, che
l’accolse senza dire una parola, stringendola come se tutto
quel tempo non
fosse mai passato, come se lei in realtà fosse sempre stata
lì.
* *
*
Ronnie
guardò con una smorfia il cielo coperto pesantemente da
nuvole
grigie fuori dalla finestra. Era dalla sera precedente che pioveva
ininterrottamente ed, anche se aveva smesso da qualche minuto, il sole
faticava
ancora a farsi spazio tra le nuvole spesse.
Sospirò
pensando alla sera prima, e lei che pensava che quella domenica
fosse la più noiosa della sua vita! Prima Johnny con le sue
chiacchiere che
l’avevano portata a ragionare su cose sulla quale era meglio
non ragionare, poi
Kate, che si era presentata fuori casa sua in lacrime.
La
ragazza era talmente sconvolta la sera prima che non era riuscita a
spiccicare nemmeno una parola, alla fine si era addormentata tra i
singhiozzi e
gli abbracci confortanti di Ronnie, che era alquanto confusa.
L’unica
parola che Ronnie era riuscita a captare nel mezzo dei lamenti
e sospiri era “Joe”,
ma questo non le
chiariva affatto le idee. Per quanto ne sapesse Kate e Joe erano buoni
amici,
ma lei non conosceva molto della vita della ragazza, anche per questo
quando se
l’era trovata fuori casa era rimasta del tutto spiazzata.
Kate
non aveva dato segni di voler perdonare Ronnie nemmeno
lontanamente, perché quella sera –qualsiasi
cosa fosse successo- aveva deciso di andare proprio da lei e
non da Lexus o
Jamie?
Il
fischio del piccolo pentolino che aveva messo sul fuoco pochi minuti
prima la distrasse dai suoi pensieri e allontanandosi dalla finestra
prese
dalla credenza due tazze.
Sapeva
che l’unica cosa che faceva sentire Kate quando era malata o
giù
di morale, era una bella tazza di the fumante.
Si
avviò verso il piano superiore con le due tazze in mano,
sperando
che la ragazza non avesse cambiato abitudini in quegli ultimi anni.
Aprì
la porta della sua stanza con un piede e invece di trovare Kate a
letto, come si aspettava, la vide seduta mentre le dava le spalle.
-hey-
la salutò Ronnie avvicinandosi
Kate
si voltò e la ragazza rimase paralizzata di fronte agli
occhi
gonfi ed il viso stanco dell’amica.
-ciao-
cercò di sorriderle l’altra, riuscendo a fare solo
una strana
smorfia
Ronnie
si sedette accanto a lei porgendole la tazza fumante, che la
ragazza afferrò con mano tremante.
-grazie-
sussurrò avvicinandola al viso –non te ne sei
dimenticata-
sorrise poi
-già-
sussurrò Ronnie -non ho dimenticato niente -
La
ragazza abbassò lo sguardo sorseggiando il suo the.
-mi
dispiace di essermi presentata qui così- disse dopo minuti
interminabili di silenzio.
–non
dirlo neanche per scherzo!- Ronnie scosse la testa –so che ho
dimostrato il contrario in questi anni e mi sembra anche stupido dirlo-
sospirò
–ma puoi contare sempre su di me, Kate-
Kate
non si mosse di un millimetro, apparentemente concentrata sulla
sua tazza.
-non
dovresti andare a lavoro?- sussurrò
-ho
chiamato- spiegò –ho detto che non mi sentivo bene-
Kate
annuì pensierosa –sicura non ti facciano
problemi?-
-hei-
scherzò la ragazza –il mio capo è
Johnny, basta tirare in ballo
Lex e non ci sarà alcun problema-
Kate
cercò di sorridere, ma inevitabilmente i ricordi della sera
prima
salirono a galla, assieme alle sue lacrime.
-Kate,
che succede?- chiese Ronnie apprensiva vedendo gli occhi
dell’amica diventare lucidi
La
rossa scosse la testa asciugandosi veloce una lacrima che le era
scivolata sul viso con la manica della felpa che le aveva prestato
Ronnie la
sera prima.
-E’
un disastro- singhiozzo –lui…lui
ha rovinato tutto-
Ronnie
la guardò senza capire, si allungò fino ad
afferrarle la mano e
stringergliela forte. Era così che funzionava tra loro due,
restavano in
silenzio fin quando l’altra non si sarebbe decisa a parlare.
Qualunque sia
stato il motivo, Ronnie era felice che l’amica avesse deciso
di andare da lei
la sera precedente, era contenta che Kate si fosse fidata di lei,
ancora una
volta e questa volta lei non avrebbe tradito la sua fiducia, le sarebbe
rimasta
accanto fin quando lei voleva, fin quando ne aveva bisogno.
Dopo
qualche istante Kate si sentì pronta e voltandosi di poco
verso
Ronnie cominciò a spiegarle tutto, dal principio.
Ronnie
rimase in silenzio ascoltando le parole dell’amica,
sorridendo
apprensiva quando vedeva le lacrime salirle agli occhi ed
accarezzandole la
mano quando si bloccava senza riuscire ad andare avanti.
Quando
Kate finì di raccontarle tutto, Ronnie era a dir poco
allibita.
Non
sapeva nulla, non sapeva che a Kate interessasse Joe e viceversa,
non sapeva che erano stati insieme, se pure per poco e, soprattutto,
non sapeva
perché avesse fatto quella sciocchezza.
-cosa
faccio ora?- chiese Kate in un lamento
Ronnie
la guardò con sguardo contrito, lei non era la persona
più
indicata per dare consigli di cuore, ma provò comunque a
consolarla.
-E’
stato uno stupido equivoco, vedrai che ti chiamerà-
Kate
scosse la testa –no, lo conosco bene- sospirò
–è troppo orgoglioso
per farlo. E’ ancora convinto che io sia andata a quella
festa per divertirmi
alle sue spalle-
-allora
chiamalo tu- tentò Ronnie –sono sicura che una
volta che gli
avrai spiegato le cose, ti chiederà scusa e tutto si
sistemerà-
La
rossa si voltò verso Ronnie, puntando i suoi occhi ormai
opachi e
tristi in quelli della ragazza –a questo punto Ronnie-
sussurrò –che importanza
ha?-
L’amica
non capì, guardandola accigliata.
-mi
ha sostituita in quando Ron? Un giorno, due?- spiegò con un
sospiro
-non
ti ha sostituita Kate!- ribattè Ronnie e la rossa la
guardò con
espressione scettica –non sto dicendo che non ha sbagliato-
chiarì –ma è
evidente che abbia portato quella alla festa solo per farti un
dispetto, non
certo perché è interessato a lei-
Kate
scosse la testa –questo non cambia le cose però-
si portò una
ciocca dietro l’orecchio –quello che ha fatto non
ha nessuna giustificazione-
-e
cosa intendi fare ora?- chiese Ronnie
-non
lo so- borbottò l’altra in risposta
Entrambe
sospirarono restando per un tempo indeterminato in silenzio,
perse nei loro pensieri.
Kate
non poteva fare a meno di pensare all’immenso casino che
c’era
nella sua testa e fuori in quel momento. Da un lato voleva correre dal
ragazzo
ad urlargli in faccia che quella sera non l’aveva preso in
giro, che era stata
costretta ad andare a quella festa e non l’aveva avvertito
solo perché aveva
dimenticato il cellulare in stanza. Dall’altro lato
però, era talmente delusa e
ferita dal comportamento di Joe che non sapeva se avrebbe avuto il
coraggio di
parlargli senza scoppiare a piangere o prenderlo a schiaffi.
Ronnie
d’altro canto era impegnata a cercare una soluzione per
l’amica.
Aveva capito quanto lei ci tenesse a Joe, e non poteva mandare tutto
all’aria
per un semplice malinteso. Certo, Joe ci aveva messo una buona dose
della sua
stupidità per peggiorare le cose, ma non potevano lasciare
andarsi per una cosa
tanto stupida.
Rimasero
immobili, senza proferire parola, fin quando il cellulare di
Ronnie le fece sobbalzare entrambe, rompendo il silenzio con un breve
suono.
-un
sms- soffiò la mora afferrando il cellulare dal comodino
-chi
è?- chiese curiosa l’altra
Ronnie
fissò lo schermo accigliata –N…Nick-
balbettò in imbarazzo
Kate
strabuzzò gli occhi –intendi dire quel
Nick?-
La
ragazza annuì fissando lo schermo del cellulare.
-beh,
cosa dice?- la spronò Kate
Ronnie
aprì l’sms leggendolo, poi guardò
l’amica con aria confusa.
-allora?-
chiese Kate impaziente
-mi
chiede se possiamo incontrarci dopo- spiegò confusa
–al parco-
-wow-
Kate gonfiò le guance –sapevo che eravate usciti
una volta a
cena, ma non credevo la cosa stesse continuando-
-non
c’è nessuna cosa-
gesticolò nervosa Ronnie –ci vediamo ogni tanto
per chiacchierare, tutto qui-
-certo-
sospirò Kate alzando un sopracciglio –come no-
aggiunse –e da
quanto vanno avanti queste vostre chiacchierate?-
-da
un po’- rispose evasiva, cosciente del fatto che ogni parola
sarebbe stata usata contro di lei in futuro –e non so dove tu
voglia andare a
parare- aggiunse previdente –ma le nostre chiacchierate non
hanno un secondo
fine, almeno non quello che pensi tu-
-oh,
certo- sorrise lei –vorresti farmi credere che tu non provi
nessun
interesse per lui?-
Ronnie
aprì la bocca contrariata, ma la richiuse
all’istante, non
poteva mentire, non a lei.
-bene-
sorrise Kate cancellando ogni minima traccia della ragazza che
aveva pianto per tutta la notte –qual è il nostro
piano?-
Ronnie
la guardò accigliata senza capire, ma le piaceva come la
ragazza
aveva usato la parola “nostro”.
-di
che piano stai parlando?-
La
rossa fece schioccare la lingua –il piano per riprendercelo-
disse sicura –mi sembra ovvio-
Ronnie
alzò gli occhi al cielo –perché nessuno
a parte me sembra
prendere minimamente in considerazione il fatto che lui
ha una ragazza?-
L’amica
sbuffò parlando con sufficienza –è
ovvio che io lo prenda in
considerazione- spiegò –è per questo
che ci serve un piano, altrimenti il
ragazzo sarebbe già tuo!-
Mamma
mia, now I really know,
My my, I could never let you go.
(Mamma
mia – Abba)
Ronnie
smise di guardare il prato verde di fronte a lei dove dei
bambini giocavano allegri con le loro mamme e si voltò a
guardare Nick, seduto
accanto a lei, che guardava nella sua stessa direzione.
Quando
aveva ricevuto quel messaggio Ronnie si era stupita del fatto
che il ragazzo avesse chiesto di incontrarla proprio al parco, di
solito Nick
evitava i luoghi troppo frequentati dove era più che
probabile che fossero
paparazzati.
Questo
significava forse che Allie era a conoscenza dei loro incontri?
-Non
posso credere che Joe sia stato così stupido-
Ronnie
annuì con aria assente. Erano seduti lì da quasi
mezz’ora ormai,
durante la quale Ronnie aveva raccontato a Nick di Kate ed aveva
sperato che
lui potesse dirle qualcosa sul comportamento del fratello.
-insomma,
perché non è andato da lei a chiederle
spiegazioni?!- chiese
retorico
-non
lo so- sospirò Ronnie –tu hai provato a
parlargli?- chiese
speranzosa, ma il ragazzo scosse negativamente la testa.
-è
da quando l’ho visto rientrare nella sala con una faccia da
zombie
che provo a parlargli di Kate e quello che è successo, ma
svia in tutti i modi
il discorso- sospirò a sua volta –sono preoccupato
Ronnie-
La
ragazza annuì comprensiva mentre Nick cercava di darsi una
spiegazione, senza successo.
-io
e Joe abbiamo sempre parlato di tutto- spiegò –non
ci sono mai
stati segreti tra noi, ogni volta che lui aveva un problema ero il
primo a
saperlo, il primo da cui andava a chiedere consiglio- scosse la testa
poggiando
la schiena sulla superficie fredda della panchina –quando si
tratta di Kate
invece, si chiude a riccio e non c’è modo di farlo
aprire-
Ronnie
lo vide abbassare la testa con aria triste, ed avrebbe tanto
voluto allungarsi per confortarlo con un abbraccio, ma non era sicura
che fosse
una buona idea, così rimase immobile al suo fianco.
-forse
è solo confuso e vuole chiarirsi le idee per conto suo-
tentò
Nick
alzò le spalle in risposta, perdendo il suo sguardo nel
prato
verde di fronte a loro.
Improvvisamente
a Ronnie vennero in mente le parole di Kate, riguardo
al loro piano per riprenderselo. Le
guance le diventarono istantaneamente rosse e impercettibilmente si
scostò di
poco dal ragazzo. Si sentiva a disagio solo a pensare ad una cosa del
genere.
-che
c’è?- chiese Nick cogliendo il cambiamento della
ragazza
-niente-
cercò di essere disinvolta
Il
ragazzo le sorrise incerto, di sicuro non era niente quello che
stava facendo andare a fuoco le guance della ragazza.
Nonostante
Ronnie avesse distolto gli occhi da Nick, sentiva ancora il
suo sguardo pesante su di lei, che pareva farle bruciare ancora di
più ogni
centimetro della sua pelle, ed il silenzio imbarazzante che si era
creato tra
di loro poi, di certo non aiutava. Doveva dire qualcosa, qualunque cosa
pur di
porre fine a quel silenzio.
-allora-
balbettò –come va con Allie?-
Appena
pronunciò l’ultima parola sentì
l’impulso di prendersi a
schiaffi. Come va con Allie?! Ma
certo! Perché non ricordare al ragazzo di cui era innamorata
che mentre lui
stava con lei al parco a casa aveva una ragazza che lo aspettava e di
cui,
molto probabilmente, era innamorato?!
Era
incredibile come riuscisse sempre a dire la cosa più idiota
al
momento meno opportuno.
-bene-
rispose incerto lui distogliendo lo sguardo da Ronnie
Ronnie
si rese conto dell’improvvisa freddezza da parte del ragazzo
e
sospirò senza farsi sentire.
Si
avvicinò di poco a Nick, sperando che lui non si accorgesse
del suo
movimento. Voleva solo sentirlo più vicino, voleva solo che
i suoi occhi
tornassero a bruciare sulla sua pelle.
-mi
è sembrata una brava ragazza- balbettò e per la
seconda volta
dovette stringersi le mani per impedirsi di prendersi a schiaffi.
Tanto
valeva a questo punto chiedergli perché non la sposava!
Questa
volta il ragazzo non rispose, restando a fissare il vuoto avanti
a se con aria vaga.
Ronnie
sospirò ancora, silenziosamente, avrebbero potuto darle il
Nobel
per la furbizia.
La
ragazza lo guardò di sottecchi, lo sguardo basso,
l’espressione
pensierosa, i denti che mordicchiavano nervosamente il labbro
inferiore, a cosa
stava pensando? La ragazza avrebbe tanto voluto entrare nella sua testa
in quel
momento, e non solo.
Avrebbe
voluto entrare nel suo cuore per scoprire se l’aveva amata in
passato e se, anche un minimo di quell’amore fosse resistito
alle intemperie
degli anni e lui l’amasse ancora, almeno un po’.
Ancora
una volta sentì bisogno di sentirlo più vicino,
di sfiorare la
sua pelle, di sentire il suo calore. E questa volta non
riuscì a frenare quell’impulso
di sfiorarlo e, con mano tremante, allungò il braccio fino a
sfiorare con le
dita il dorso freddo della mano di Nick che sobbalzò a quel
contatto inaspettato.
Ronnie
si voltò verso di lui mentre sentiva uno strano formicolio
alla
bocca dello stomaco, questa volta gli occhi di Nick non erano persi nel
vuoto,
ma erano puntati diritti in quelli di Ronnie che, ne era sicura, aveva
uno
sguardo pressoché da pesce lesso.
Nick
le sorrise teneramente stringendole la mano e Ronnie sentì
chiaramente il suo cuore bloccarsi per qualche secondo.
Una
folata di vento li fece rabbrividire, scompigliando i capelli di
Ronnie che le ricaddero disordinatamente sul viso.
La
ragazza fece per scostarseli con la mano libera, ma Nick la
precedette allungando la sua verso il suo viso.
Ronnie
trattenne il respiro quando le dita fredde di Nick le
accarezzarono la punta dell’orecchiò e
rabbrividì quando sentì le sue dita
indugiare sulla sua guancia bollente.
Non
riusciva più a respirare, non riusciva più a
pensare, non riusciva
più a far nulla, era completamente bloccata in quegli occhi
marroni che la
fissavano.
Era troppo vicino.
Era
così vicino che se si fosse allungata di qualche centimetro
le
punte dei loro nasi si sarebbero sfiorate, era così vicino
che sentiva il suo
respiro sul viso, era così vicino da poter notare i suoi
occhi bruciare dall’interno,
era così vicino che ora aveva la certezza
di volerlo.
Se
solo avesse voluto le loro labbra avrebbero potuto sfiorarsi in un
istante, se avesse voluto avrebbe potuto stringergli le braccia al
collo e stringerlo
tanto forte da non lasciarlo più andare.
Se
lui non avesse avuto una ragazza, se lui l’avesse amata
ancora, se
avesse potuto, forse
l’avrebbe fatto.
-ti
va un gelato?- sospirò allontanandosi dal suo viso mentre
sentiva
uno strano vuoto impossessarsi del suo stomaco.
-certo-
sussurrò lui lasciandole la mano con
un’espressione
indecifrabile in viso
Ronnie
lo osservò mentre si alzava dalla panchina e, sospirando, si
rese conto che era stata davvero una stupida a lasciarlo andare via.
* *
*
Eccoci qui!
Allora, vi
è
piaciuto? Per la gioia di Luciana e con vostra sorpresa vi dico che a
me non
piace molto xD Non lo so, è lungo e
“vuoto” e molto “boh” .-. Il
giorno che
scriverò qualcosa che mi piace sarà una data da
segnare!
Al ogni
modo! La
notizia importante è che VADO A DUBLINO!
Fvojhfiohdoizhfdiohoidhoivhdfjdvglojfoidjgvijfdsigjfozpgjvokjgvopfdjogpjojdfgobkjd.
Starò
via per
due settimane durante ovviamente la quale non potrò postare,
non vedo l’ora *-*
Cercherò
di
postare un capitolo prima di partire, ma non vi prometto nulla!
Come
sempre,
grazie a tutte per aver recensito lo scorso capitolo e per seguirmi **
Vi amo
tutte
<3
|
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Capitolo 23 *** There she goes ***
cap 22
Non ne poteva più di stare tra quelle quattro mura.
Si sentiva soffocare in
quella casa piena di ricordi e di risa lontane, che ora le appariva
così vuota e desolata.
L'unica cosa che voleva
fare in quel momento era smettere di pensare o
almeno smettere di pensare a lui. Non ne poteva più dei suoi
occhi che le venivano in mente così reali, del ricordo del
tocco
della sua mano che accarezzava la sua, di quel cuore che le pulsava nel
petto come se stesse cercando di auto-distruggersi, non ne poteva
più
di quella vocina insistente nella sua testa che le ripeteva che non era
servito a nulla scappare dall'altra parte del pianeta, lui era rimasto
dentro di lei, nascosto, per tutto quel tempo ed ora cercava
prepotentemente di venir fuori facendole scoppiare il cuore e
occupandole la mente.
Aveva camminato
così tanto che non era più certa di
dove si trovasse e di che ora fosse, ma a giudicare dai palazzi
trasandati dalle pareti stinte ed il cielo più scuro della
pece,
non era vicino casa e doveva essere intorno a mezza notte.
Nonostante questo non
si fermò e continuò a camminare a
passo lento con la speranza di trovare qualcosa che finalmente la
distraesse dai suoi pensieri.
Dopo qualche metro si
fermò guardando verso l'alto, dove una grande insegna rossa
penzolava nell'aria.
Stop.
Era come se
quell'insegna fosse stata affissa lì per lei, come se stesse
cercando di darle una via di fuga ai suoi problemi.
Stop
Nicholas. Stop Allie. Stop soffrire.
A passo svelto si
avviò verso la pesante porta di legno, sicura che quel luogo
l'avrebbe aiutata in qualche modo.
Uno.
Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette. Otto...
Con uno sbuffo Ronnie
abbandonò l'ardua impresa di contare i bicchieri vuoti
avanti a se, alzando lo sguardo verso il barista che distrattamente
svolgeva il suo lavoro.
Li aveva bevuti davvero
tutti lei quei bicchieri? A giudicare dalla testa che le vorticava
pericolosamente, si, li aveva bevuti proprio lei.
Con un lamento
abbandonò la fronte bollente sul bancone freddo e per
fortuna quel contatto le diede un pò di sollievo, almeno
quel che bastava per ricordare perchè fosse lì.
Il motivo, ovviamente,
era sempre lo stesso. Sempre lui. Il motivo era lo stesso da anni
ormai: dimenticare.
Ma come si fa a
dimenticare di amare una persona?
-hei Roger, vieni qui!-
biascicò alzando di poco la testa e il barista
le si avvicinò con una smorfia –ti chiami Roger,
vero?- il
ragazzo fece per rispondere, ma lei lo interruppe –oh, che
importa!- sbottò
-ascoltami Roger-
blaterò giocando col bicchierino ormai vuoto
–secondo te dovrei chiamarlo?-
-non lo so, signorina-
rispose lui poco interessato pulendo un bicchiere con uno straccio.
-oh, andiamo Rog! Tu
sei mio amico no? Gli amici fanno questo- biascicò aprendo
le braccia –danno consigli-
Roger, sempre ammesso
che così si chiamasse il povero
malcapitato, la ignorò continuando il suo, già di
per se
stressante, lavoro senza che quella ragazza lo tormentasse.
-dimmi che devo
chiamarlo- lo pregò lei qualche istante dopo
-dovrebbe chiamarlo-
rispose più o meno convinto, tanto per assecondarla
Ronnie sorrise, ma un
istante dopo la sua espressione si fece triste -e se fosse con lei?-
Il ragazzo continuava a
guardarla con aria contrita, come a dirle che
gli dispiaceva che non avesse la minima idea di quello che stava
dicendo.
-chiunque lei stia
pensando di chiamare, le consiglio vivamente di
farlo- disse il ragazzo, sta volta con aria più sicura
–non credo sia nelle condizioni di
tornare a casa da sola-
-mi stai dicendo di
chiamarlo?- il barman continuò a guardarla
senza espressione –sapevo che avresti fatto la scelta
giusta!- lo
indicò cercando di puntare l’indice verso il suo
viso, con
scarsi risultati –sei un bravo ragazzo Roger, da oggi sarai
il
mio migliore amico, sei contento?-
Roger alzò un
sopracciglio –mi sto trattenendo dal saltellare dalla gioia,
signorina-
Ronnie ovviamente non
era nelle condizioni di poter cogliere il tono
sarcastico del ragazzo, per cui gli sorrise e dopo aver messo dei soldi
sul bancone si diresse verso l’uscita.
-Signorina?-
sentì Roger chiamarla e si voltò
–quello è il bagno, l’uscita
è
dall’altro lato-
It’s
twelve o’ clock and I need your attention
It’s
like the alcohol making my head spin
You
scent is the rum the room is a bottle
Keeping
me hopeless ‘til I wake tomorrow
(Vegas
Skies - The Cab)
Non sapeva bene che ore
fossero, sapeva solo che era stremato e quasi non gli sembrava vero di
essere nel suo letto con tanto di pigiama.
Era stata una giornata
piena di impegni lavorativi, aveva girato mezza città
andando da uno studio all'altro, con la testa piena di pensieri.
Le cose con Allie
nell'ultimo periodo non andavano molto bene e Nick sapeva che era a
causa dell'arrivo di Ronnie in città e sapeva anche che
avrebbe dovuto restare ben lontano da lei, non vederla di nascosto.
Non voleva perdere
Allie. Anche se non era innamorato di lei, era affezionato alla ragazza
e dopo tutto quello che lei aveva fatto per lui, non poteva comportarsi
da carogna e lasciarla perchè la sua ex ragazza era tornata.
Tra l'altro non era
nemmeno sicuro dei sentimenti che provava per Ronnie, anzi, non li
conosceva affatto. Si, non aveva resistito ad invitarla a cena e non
era riuscito a mettere fine ai loro incontri e se all'inizio aveva
giustificato la sua scelta con la scusa che voleva conoscerla meglio,
ora era chiaro che lui fosse ancora interessato a lei.
Questo però
non portava da nessuna parte.
Quando il cellulare sul
comodino prese a squillare, Nick sobbalzò maledicendosi per
non aver ricordato di spegnerlo prima. Afferrò l'iPhone e
guardò incerto lo schermo.
-Ronnie?- rispose
sorpreso il ragazzo, mettendosi a sedere nel mezzo del letto
-heilà!-
urlò dall’altro lato la ragazza
-Ronnie, è
tardissimo, è successo qualcosa?- chiese
preoccupato scostando violentemente le lenzuola dal letto, pronto per
alzarsi.
-no, no!- si
affrettò a rispondere con voce biascicata
–solo che Roger mi ha consigliato di chiamarti, ed io ho
pensato
fosse una buona idea!-
Nick alzò un
sopracciglio confuso –chi è Roger?-
-oh, il mio nuovo
migliore amico- biascicò –non sono
sicura si chiami proprio Roger, chi può dirlo! Non puoi
più fidarti della gente al giorno d’oggi-
Stavolta Nick
alzò entrambe le sopracciglia –Ronnie, sei
ubriaca?-
-ppphst! Ubriaca!-
biascicò mangiandosi le lettere –che
parolone! Il mio amico Roger mi ha solo offerto qualche bicchierino di
tequila-
Nick si
passò stancamente una mano sugli occhi trattenendosi dal
chiedere alla ragazza quanti fossero esattamente per lei
“qualche
bicchierino”, non era per niente sicuro che la risposta
l’avrebbe confortato.
-dove sono Kate, Jamie
e Lexus?- chiese lentamente
-oh! Le mie amiche, che
care ragazze, vero?- urlò
–comunque non sono qui, non sono potute venire a divertirsi
con
me stasera! Ora non ricordo bene il perché-
Nick scosse la testa
alzandosi dal letto –ok, dove sei?-
-fuori ad un cocktail
bar-
–dove,
precisamente?-
-sul marciapiede-
-l’avevo
intuito- sospirò -il nome della strada?- chiese togliendosi
al volo il pigiama ed afferrando i vestiti poggiati su una sedia che
aveva tolto qualche ora prima.
-mmmhm, non sono molto
brava con i nomi- biascicò
-va bene-
sospirò ancora, paziente –dimmi cosa vedi intorno
a te- chiese infilandosi le scarpe
-uhuh! Mi piace questo
gioco! Allora…- fece una pausa
–c’è una grande insegna luminosa alla
mia destra!-
-perfetto- chiuse la
porta della stanza, camminando in punta di piedi –cosa
c’è scritto sull’insegna?-
Dopo qualche secondo di
silenzio Nick sentì una risatina
provenire dall’altro lato –abbiamo un problema-
ridacchiò la ragazza –se provo a focalizzare il
nome,
appaiono taaaaaaante insegne-
Nick afferrò
le chiavi dell’auto poggiate sul tavolino
dell’ingresso ed aprì lentamente la porta,
cercando di non
fare rumore.
-Ronnie, prova a
concentrarti, è importante che tu mi dica il nome che
c’è sull’insegna-
Dall’altra
parte si sentì uno sbuffo e qualche rumore
confuso. Intanto Nick era fuori e cercava di chiudere con estrema
lentezza la porta.
-STOP!- urlò
Ronnie e Nick sobbalzò stringendo convulsivamente la maniglia
-cosa
c’è?- chiese irritato
-stop è il
nome del bar!- sbuffò Ronnie
Nick si
avviò alla macchina chiedendosi se fosse stato il caso
di rimanere a telefono con Ronnie per tutto il tragitto, ma poi si rese
conto che doveva usare il cellulare per trovare quel maledetto bar e
non poteva fare entrambe le cose contemporaneamente.
-Ronnie, ascoltami-
cominciò salendo in macchina –non
muoverti di lì per nessun motivo al mondo, nemmeno un passo,
chiaro?-
-signorssissignore!-
ridacchiò –anche perché non
credo sia in grado di muovermi molto, forse avevi ragione, sono un
po’ ubriaca-
Nick mise in moto
alzando gli occhi al cielo –forse un po’ eh-
There she goes
There she goes
again
Racing through' my
brain
And I just can't
contain
This feelin' that
remains
(La's - There She
Goes)
-ce la faccio, sta
tranquillo!- Ronnie scacciò la mano di Nick
che le sorreggeva il gomito e prese a fissare intensamente le scale in
legno di fronte a lei.
Nick le rimase accanto
mentre la ragazza cercava di alzare un piede, ma
appena questo si scostava leggermente dal suolo, perdeva
l’equilibrio, tornando al punto di partenza.
-lascia che ti dia una
mano- ritentò avvicinandosi
-shhhh!- lo
zittì lei facendogli un gesto di stop con la mano
–ce la faccio da sola ho detto- biascicò
Alzò le
braccia contemporaneamente al piede destro che questa
volta si alzò di qualche centimetro. Barcollò per
un
istante, ma non cadde come Nick si aspettava.
In quella posizione
comunque sembrava più che stesse per
eseguire il calcio della gru, in stile karate kid che accingersi a
salire le scale.
-visto? ce la faccio-
disse poggiando il piede sullo scalino
-ce la farai anche con
gli altri dieci?- scherzò lui
Ronnie
guardò le scale con aria afflitta -forse ho bisogno di un
piccolo aiuto-
Nick
ricacchiò passandogli un braccio attorno alla vita.
Con movimenti incerti
Ronnie prese a salire le scale sicura che prima di arrivare alla fine
sarebbe sicuramente inciampata tra i suoi stessi piedi rotolando poco
dignitosamente fino a ritrovarsi a faccia a terra.
Tirò un
sospiro di sollievo quando si accorse che le mancava un solo scalino e
non era ancora caduta, ma l'istinto raramente la tradiva, anche da
ubriaca, e prima che riuscisse a far presa sul legno il piede le
scivolò all'indietro facendole perdere l'equilibrio.
Serrò
automaticamente gli occhi, pronta all'impatto col suolo, che
però non arrivò.
Nick strinse
prontamente la presa sui suoi fianchi cercando di far tornare la
ragazza in posizione verticale, che invece andò a sbattere
contro il suo petto, aprendo gli occhi di scatto.
-va tutto bene?-
sussurrò Nick di fronte allo sguardo spaesato della ragazza
Ronnie
sbattè le palpebre un paio di volte mettendo a fuoco il viso
di Nick a pochi centimetri dal suo mentre uno strano calore dal basso
ventre la avvolgeva facendole chiaramente sentire le dita del ragazzo
che facevano presa dietro la sua schiena per impedirle di cadere.
-sei proprio un bel
ragazzo sai?- le sfuggì
Nick alzò il
sopracciglio -grazie- rispose incerto
-prego!-
biascicò lei -ora andiamo dentro, sto gelando-
Nick l'aiutò
a salire l'ultimo scalino e raggiungere la porta, che per fortuna era
già aperta, così non dovettero perdere altri
interminabili minuti per cercare la chiave.
Ronnie non la smise di
parlare un secondo. Tutto quello che diceva a Nick pareva senza senso,
riuscì a cogliere solo qualche frase dove lei gli raccontava
che quand'era piccola si sedeva su quelle scale ed aspettava che il
principe azzurro venisse a salvarla dai suoi genitori, che per lei
erano degli orchi terribili e malvagi.
Attraversarono il
corridoio ed il salone al buio, sperando di non incappare in qualcosa
di fragile e quando raggiunsero le scale per arrivare al piano di
sopra, Ronnie si bloccò sbuffando.
-non ce la faccio a
salire altre scale, dormirò sul divano- decise ed a passo
lento si trascinò sul grande sofà al centro della
sala da pranzo.
Il ragazzo la
seguì in silenzio osservandola mentre si passava le mani sul
viso.
-non muoverti di qui-
le ordinò e pochi minuti dopo tornò indietro con
una coperta di pile
Ronnie si
lasciò avvolgere dalla coperta, era talmente stanca che le
palpebre le si chiudevano da sole, ma doveva restare sveglia, ancora un
pò.
Nick finì di
avvolgere con cura la coperta attorno al corpo infreddolito della
ragazza per poi allontanarsi ed osservala mentre si raggomitolava su se
stessa.
Era davvero bella con i
lunghi capelli castani che ricadevano sul viso, le ciglia che creavano
ombre su quelle guancia rosse e morbide e quelle labbra così
rosse che parevano invitarlo a morderle ogni volta che le guardava.
Sospirò
avvicinandosi al viso della ragazza e sfiorando con le labbra una
guancia rosa. A quel contatto la ragazza socchiuse gli occhi e Nick si
ritirò velocemente indietro, prima che quegli occhi lo
catturassero in una morsa stretta dalla quale, ne era sicuro, non
sarebbe riuscito a scappare.
-dove vai?-
sussurrò la ragazza vedendolo fare un passo indietro
-a casa-
spiegò lui -ti lascio riposare-
Ronnie
allungò un braccio afferrando la mano di Nick -non puoi
lasciarmi da sola- si lamentò
Nick
tentennò per un istante stando ben attento a non incrociare
il suo sguardo -Ronnie io dov...-
-resta qui, resta con
me-
E contro la sua
volontà, come attirati dalla sua voce, i suoi occhi
incrociarono quelli color del mare, e sapeva che ora era impossibile
dirle di no.
Annuì
sospirando ed a passo lento si avviò verso il divano,
sedendosi ai piedi di questo.
Ronnie seguì
ogni movimento e appena il ragazzo si sedette lei si alzò di
scatto, causandosi un terribile giramento di testa e facendo sobbalzare
Nick.
Senza dire nulla Ronnie
lo afferrò per le braccia e lo trascinò accanto a
se, sistemando la testa sul suo petto.
Quello che sentiva Nick
in quell'istante era indescrivibile.
Non si poteva spiegare
a parole il vortice di emozioni che gli stavano attraversando il cuore
e la mente, non si poteva spiegare a parole il calore che sentiva
prendere possesso di tutto il suo corpo. Non sapeva spiegare
perchè tutto quello riusciva a provarlo solo quando era con
lei.
Senza pensarci le
passò un braccio dietro alle spalle, stringendola al suo
petto, sperando che la ragazza non si accorgesse del battito frenetico
del suo cuore.
-Nick?-
biascicò la ragazza con voce roca
-mmhm?-
-credo tu abbia una
bomba nel petto- come non detto.
-già- fu
l'unica cosa che riuscì a dire.
Seguì un
lungo silenzio, durante il quale Nick pensò che la ragazza
si fosse addormentata, ma dopo qualche istante lei parlò.
-Nick?-
sussurrò ancora sistemando la testa nell'incavo del suo collo
-si?-
sussurrò di rimando poggiando la guancia sui suoi capelli e
stringendola più forte
-tu sei il mio principe
azzurro, vero?-
E la bomba
scoppiò.
* * *
Spero non vi siate dimenticate
di me uù
Coooooooooome state mie piccole, amorevoli, pallette di lardo?
Io malissimo.
Tornare in Italia dopo 15 giorni a Dublino, vi assicuro che
è un qualcosa di sconvolgente.
Dublino è bellissima, il tempo che ho trascorso
lì è stato il più bello della mia
esistenza, ve lo assicuro, e non vedo l'ora di lasciare questo paese e
non tornare più.
Detto questo, spero il capitolo vi sia piaciuto, a me piace "l'idea",
se fosse stato scritto in modo più decente sarebbe stato
carino magari.
Vi amo tutte <3
|
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Capitolo 24 *** I've been missing you ***
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I
giorni che Joe Jonas poteva
trascorrere liberamente, senza alcun impegno, si potevano contare sulle
dita di
una mano. Aveva le riprese del suo ultimo film, le interviste, i
programmi a
cui doveva partecipare ed altre mille cose da fare. Il più
delle volte tornava
a casa solo per dormire e non aveva nemmeno cinque minuti per parlare
con la
sua famiglia e questo a volte lo rendeva davvero triste, nonostante
questo
sacrificio era necessario per realizzare il suo sogno di attore.
Quel
giorno però era diverso, era uno
di quei giorni che poteva contare sulle dita, uno di quei giorni in cui
non
aveva nessun impegno.
Si
era svegliato di buon umore –se si
può definire “buon
umore” il non
piangere disperatamente e sentire terribilmente la mancanza di Kate-
con l’intenzione
di andare in cucina e preparare la colazione per la sua famiglia.
Quando
si rese conto che erano le
undici del mattino e che tutti, compreso Nick, avevano già
lasciato la casa
senza svegliarlo, ormai aveva già preparato una decina di
omelette.
Sbuffando
si accasciò su una delle
sedie della cucina. Prese a giocare con una frittella avanti a lui
mentre
pensava a cosa fare per occupare il tempo fino a quando qualcuno della
sua
famiglia non fosse tornato a casa.
Magari
poteva andare a fare un giro?
L’idea di andare in giro da solo non lo allettava molto ma,
visto che l’alternativa
era rimanere a casa a fissare le sue omelette bruciacchiate, gli
sembrò l’unica
via d’uscita.
Si
allontanò dal tavolo dirigendosi
verso il piano superiore, ma prima che il piede si poggiasse sul primo
scalino,
sentì la porta bussare e, con l’ennesimo sbuffo,
andò ad aprire.
Joe
era famoso per la sua mente
fantasiosa e spesso infantile, per cui se avesse aperto la porta e
fuori avesse
trovato un alieno, un fantasma, folletti assetati di sangue o
terminator in
persona con imbraccio un bazuka, non avrebbe assunto
un’espressione così
spaventata come quella che inevitabilmente si formò sul suo
viso alla vista
della persona che, con le mani incrociate, lo fissava ad un metro da
lui.
-ciao
Lexus- salutò incerto Joe
La
ragazza rispose con un ringhio,
scostando malamente Joe e facendosi spazio per entrare.
Joe
chiuse la porta e la seguì
confuso verso la cucina, dove Lexus si guardava intorno studiando
l’ambiente.
Si voltò di scatto verso di lui, puntandosi le mani ai
fianchi e guardandolo
accigliato.
-si
può sapere che diavolo stai
facendo?- sbottò
-colazione?-
provò Joe intimorito dai
modi della ragazza che, per l’appunto, ringhiò
ancora
-non
mi interessa quello che fai
della tua stupida mattinata libera- sbottò
avvicinandosi pericolosamente al
ragazzo, il cui istinto di autoconservazione gli stava suggerendo di
scappare
nel più vicino rifugio antiatomico –vorrei capire
quello che stai facendo con
Kate-
-non
sto facendo proprio nulla-
borbottò
-lo
vedo!- strillò l’altra
–perchè
non sei ancora andato da lei strisciando, scusandoti per il tuo
comportamento
da scimmia decerebrata?-
-non
sono io quello che deve
scusarsi, Lex-
Qualcosa
nello sguardo della ragazza
fece intuire a Joe che, forse, quella non era stata la risposta giusta.
-cosa
vuol
dire che non sei tu quello che si deve scusare?- sbottò -non
sei forse tu
quello che è improvvisamente sparito nel nulla senza nemmeno
una spiegazione?
Non sei tu quello che si è presentato con un'altra ad una
festa alla quale
dovevate andare insieme?-
Joe
fece
per aprire la bocca, ma l'altra lo fermò con un gesto della
mano -a meno che la
tua risposta non spieghi la presenza di un gemello malvagio che ha
preso il tuo
posto e ti ha fatto fare queste stupide cose, non sono interessata alle
tue
parole-
-E'
lei
quella che ha mentito però- ribatté flebilmente
lui, forse temendo che gli
volasse qualcosa in testa
-oh
andiamo! Non ti ha detto che è andata a quella stupida
serata organizzata per
lei perchè l'aveva dimenticato! Te l'avrebbe detto il
mattino seguente se
gliene avessi dato il tempo-
Joe
sospirò
passandosi stancamente una mano tra i capelli.
-mi
sono
sentito preso in giro, Lex-
-ed
hai
ragione- sussurrò lei con un tono addolcito, sorprendendo
Joe -non ti sto
dicendo che lei non abbia sbagliato, ma semplicemente che la tua
reazione è
esagerata-
Il
ragazzo
abbassò lo sguardo, consapevole. Anche lui aveva avuto modo
di pensare in quel
giorni lontano da Kate e, nonostante si sentisse ferito nell'orgoglio,
a volte
si ritrovava a chiedersi se non avesse sbagliato.
-vuoi
davvero lasciarla andare dopo tutto quello che avete affrontato per
stare
insieme?- incalzò Lexus cogliendo l'incertezza nei suoi occhi
Joe
scosse
automaticamente la testa. No, certo che non voleva perderla.
Doveva
assolutamente fare qualcosa per rimediare, qualsiasi cosa. Amava Kate
più di
quanto non avesse mai amato nessuno, più di quanto amasse se
stesso. Ci aveva
impiegato tanto, troppo, tempo per riuscire a dirle quello che provava
per lei
ed ora non poteva lasciarla andare così, perché
lui era stato un idiota.
Ma
mentre
pensava ai mille modi in cui poteva scusarsi, l’immagine di
Kate che gli diceva
che ricambiare il suo amore era stato un errore comparve nella sua
mente,
distruggendo ogni sua speranza. L’aveva
già persa.
-lei
ti ama
Joe- sussurrò ancora Lexus, come se avesse letto i suoi pensieri sul suo
viso –il perché,
francamente, mi è ancora ignoto, ma ti ama davvero-
-ma
lei non
vuole amarmi- rispose amaro Joe e
Lexus lo guardò accigliata, non capendo
-quello
sguardo- sospirò passandosi una mano sugli occhi
–tu non l’hai visto Lex, era
così ferito, così triste-
Chiuse
gli
occhi come a voler scacciare quell’immagine, ma Kate rimase
lì, fissa nella sua
mente che lo guardava con gli occhi pieni di lacrime.
-ha
detto
che era stato un errore- sussurrò così piano che
Lexus fece fatica a sentire –è
stato un errore stare insieme a me-
Lexus
allargò le braccia alzando le spalle –era
arrabbiata Joe, e quando si è
arrabbiati si dicono molte cose che non si pensano-
Joe
scosse
la testa, non molto convinto. Lei non aveva visto quello sguardo deciso
e
deluso.
La
ragazza
sospirò –non sopporto vederla star male- disse
ancora riprendendo il suo tono
duro –per la prima volta da quando Ronnie era andata via,
Kate era felice- si
avvicinò a Joe sfidandolo con un’occhiataccia
–non mi interessa come Joe, ma
sarà meglio per te che sistemi tutto-
Si
avviò a
passo spedito verso la porta, senza dare tempo al ragazzo di
rispondere, ma
arrivata a pochi passi da questa si voltò ancora,
rispondendo alla domanda
mentale del ragazzo.
-e
si,
questa era una minaccia-
Se
ne andò
sbattendo la porta e lasciando Joe con un gran mal di testa.
Ma
Joe non
ebbe nemmeno tre secondi per pensare alle parole di Lexus che il
campanello
suonò ancora.
Che
Lexus
fosse tornata indietro per ucciderlo? La conosceva abbastanza bene da
poter credere
che fosse proprio così.
Con
passò
titubante si avviò verso la porta, aprendola poi di scatto.
Se proprio doveva
morire almeno sarebbe stato breve ed indolore.
Tirò
un
sospirò di sollievo quando al posto del viso di Lexus
trovò quello di Allie che
però a sua volta sembrava parecchio turbata.
-dove
diavolo è tuo fratello?- sbottò senza nemmeno
salutarlo
Perché
ce l’avevano
tutti con lui proprio nel suo giorno libero?
-a
quale ti
riferisci?- scherzò noncurante dello sguardo assassino che
la ragazza gli
rivolgeva
-a
questo
idiota qui!- urlò piazzandogli qualcosa a pochi centimetri
dal naso
Tempo
di
mettere a fuoco quel qualcosa che
la
sua mascella cadde fino alle ginocchia.
Forse
sarebbe stato meglio lavorare quel giorno.
I don’t wanna
close my eyes
I don’t wanna
fall asleep ‘cause I’d miss you babe
And I don’t
wanna miss a thing
(Aerosmith –
I don’t wanna miss a thing)
La
prima cosa che le venne in mente
quella mattina, era che non doveva assolutamente aprire gli occhi.
Quella
notte aveva fatto il più bel
sogno di tutta la sua vita e sapeva che se si fosse svegliata sarebbe
svanito,
sbriciolandosi davanti alla triste realtà che
l’aspettava.
Strinse
gli occhi cercando di
ricordare i dettagli di quel sogno tanto dolce e felice, ma tutto
quello che le
venne in mente era il calore delle sue braccia
che la stringevano, la sua testa poggiata sul suo petto e le sue labbra
che le
accarezzavano delicatamente i capelli.
Non
poteva svegliarsi, non ora.
Ma
ormai era troppo tardi, quel sogno
ormai era sempre più lontano e a rimpiazzarlo nella sua
mente stava prendendo
posto un gran mal di testa.
Strano,
non aveva mai sofferto di
emicrania o cose simili, non si era mai svegliata con mal di testa.
Certo, a
meno che la sera prima non avesse bevuto, questo si che le faceva
venire mal di
testa la mattina.
Un
momento, aveva forse bevuto la
sera prima?
Nel
istante in cui la sua mente
formulava quella domanda, il suo inconscio le stava rispondendo con
immagini
confuse della sera prima che l’aiutarono a capire
più o meno quello che era
successo.
Era
l’ennesimo sabato sera che
passava da sola sul divano come una vecchia ottantenne, e proprio non
ne poteva
più. Ovviamente non poteva chiamare Jamie, che sicuramente
stava trascorrendo
la serata col suo quasi-marito, e Lexus e Kate erano impegnate coi loro
rispettivi lavori.
Normalmente
questo l’avrebbe fermata,
ma quando si ritrovò a chiedersi per l’ennesima
volta dove fosse Nick e cosa
stesse facendo e, soprattutto, quando la vocina dentro di se le rispose
che con
ogni certezza il ragazzo stava passando un romantico sabato sera con la
sua
fidanzata, Ronnie sentì l’impulso di uscire per
cercare di distrarsi.
Ricordava
che era entrata in un bar e
che aveva consumato qualche bicchierino di troppo, poi il resto era
confuso e
sfocato nella sua mente. Ricordava di aver preso il cellulare e
chiamato
qualcuno, ricordava che quel qualcuno l’aveva aiutata a
salire le scale di casa
e l’aveva fatta entrare, ma non riusciva a mettere a fuoco il
viso del suo
salvatore, ricordava solo che il suo tocco era così simile a
quello che aveva
sognato ed a quello che, con l’aiuto della sua immaginazione,
ancora sentiva
attorno ai suoi fianchi.
-Nick?-
sussurrò ancora sistemando la testa nell'incavo del suo collo
-si?- sussurrò di rimando poggiando la guancia sui suoi
capelli e stringendola
più forte
-tu sei il mio principe azzurro, vero?-
Spalancò
gli occhi mentre
improvvisamente tutto diventava più chiaro, o almeno in
parte.
Lei
ubriaca. La telefonata a Nick a chi sa che ora del mattino. Lui che la
riportava a casa. Roger.
-buongiorno-
sentì biascicare Nick ancora assonnato
Solo
in
quell’istante Ronnie parve accorgersi della presenza del
ragazzo a pochi
centimetri da lei. Si maledisse mentalmente per non essere stata
più svelta a
scappare via e nascondersi in un paese lontano dove lui non
l’avrebbe trovata e
lei non avrebbe potuto fare altre stupidaggini come quella della sera
prima.
L'unica
cosa che riuscì a fare Ronnie fu annuire al ragazzo.
Sarebbe
stata una saggia idea alzarsi ed allontanarsi da lui, ma ogni
centimetro del
suo corpo pareva essere attaccata a quel divano o, molto più
probabilmente,
attaccata a lui, che era così vicino.
-ti
senti
bene?- chiese premuroso ricordando che la sera prima la ragazza non era
nel
pieno delle sue facoltà fisiche, ne tanto meno mentali.
Ancora
una
volta Ronnie annuì senza proferire parola.
-sei
rimasto qui- sussurrò con la voce roca quando ebbe trovato
il coraggio di
aprire la bocca
Stavolta
fu
Nick ad annuire -mi hai chiesto di restare- alzò le spalle
-la mia intenzione era
quella di restare fin quando non ti fossi addormentata, ma devo essere
crollato
anche io- commentò imbarazzato grattandosi una guancia
Ronnie
sorrise timidamente, accigliandosi però quasi subito -Nick-
cominciò
distogliendo lo sguardo dal ragazzo -mi dispiace tanto per ieri sera,
ti ho
chiamato del bel mezzo della notte, per farti venire dall'altro lato
della
città e...- si bloccò sentendo le lacrime salirle
agli occhi.
Tutte
le
emozioni da cui aveva provato a scappare la sera prima erano tornate di
nuovo,
facendole sentire un gran peso sul petto ed un dolore acuto nel cuore.
-Ron,
non
devi...-
-no-
lo
interruppe lei alzandosi di scatto e mettendosi a sedere -tu sei venuto
in un lampo
da me ed io mi sento così stupida!-
Non
avrebbe
dovuto chiamarlo, non doveva. Non era da lui che stava cercando di
scappare
così ardentemente?
Non
era più
suo, non più, non poteva più chiamarlo nel mezzo
della notte e farsi venire a
salvare ovunque lei fosse. Non poteva, doveva metterselo bene in testa.
-Ronnie,
calmati!- si alzò a sua volta, prendendo le mani di Ronnie
tra le sue -non è
successo nulla di grave, eri ubriaca, e per me non è stato
un problema-
La
ragazza
abbassò lo sguardo sulle loro mani intrecciate e
sospirò nascondendo un lamento
che stava per uscire dalle sue labbra.
-e
poi io
sono il tuo principe azzurro, no?- si fece scappare in un sussurro
Ronnie
alzò
di scatto la testa verso Nick, che le rivolgeva un sorrisino sarcastico.
Oh,
no.
Non
poteva
averlo detto davvero, non poteva aver detto una cosa del genere.
Pensava, sperava,
di averlo immaginato, pensava di averlo pensato solo nella sua testa,
non
credeva che fosse stata così stupida da dirgli una cosa del
genere.
-ho
detto
così?- chiese titubante sperando che la risposta fosse
negativa, ma il
sorrisino sarcastico del ragazzo e la testa che si muoveva su e
giù in segno
d'assenso, le dicevano il contrario
-oh
mio
Dio- urlò in un lamento -oh mio Dio, oh mio Dio-
continuò a ripetere
prendendosi il viso tra le mani, mentre arrossiva dalla vergogna.
Nick
rimase
a guardarla per qualche istante, godendosi il momento. Non era cosa da
tutti i
giorni vedere Ronnie essere in imbarazzo e addirittura arrossire.
Con
un
risolino, afferrò i polsi della ragazza, cercando di
scostarle le mani dal
viso, ma Ronnie oppose resistenza, dimenandosi -no!- urlò
-lasciami qui, a
morire di vergogna, da sola!-
Nick
alzò
gli occhi al cielo, senza riuscire però a trattenere un
altro sorriso -guarda
che quello che ha rischiato un attacco di cuore per quella frase sono
io, non
tu!-
Nel
momento
esatto in cui pronunciò quelle parole, Nick ebbe l'istinto
di tagliarsi la
lingua.
Le
mani gli
scivolarono lentamente dai polsi della ragazza. Deglutì
mentre gli occhi di
Ronnie si fissavano nei suoi con un'espressione sorpresa.
La
ragazza
vide Nick aprire e chiudere la bocca, come se avesse voluto dire
qualcosa ma
gli fosse mancata la voce.
Quello
che ha rischiato un attacco di cuore ieri ero io, non tu!
Quelle
parole le rimbombarono in testa un milione di volte, tormentandola.
Questo
significava che lei contava ancora qualcosa per lui, no? Significava
che anche
solo una millesima parte di quello che lei provava per Nick,
probabilmente, era
ricambiato.
Il
cervello
le andò completamente in tilt, era completamente staccato
dal suo corpo, i suoi
gesti non erano più controllati dagli impulsi che gli dava
la sua mente, ma da
una strana forza che ora lo spingeva verso il ragazzo seduto accanto a
se.
Voleva
solo
sfiorarlo, voleva solo sentire il calore della sua pelle scivolare
sotto i suoi
polpastrelli, voleva avvicinarsi quel poco che bastava per annusare
l'odore del
suo respiro e Nick non obbiettò minimamente quando la mano
della ragazza si
posò sulla sua guancia in una carezza delicata, anzi,
sospirò chiudendo gli
occhi ed abbandonandosi completamente contro la sua mano.
Ronnie
non
ebbe bisogno di pensare nemmeno per un istante, o forse non voleva
minimamente
farlo in quel momento.
Poggio
la
mano libera sull'altra guancia, prendendo il suo viso tra le mani, e si
sporse
verso di lui per posare un bacio delicato sulle labbra socchiuse.
Il
contatto
era stato breve e talmente leggero che quel bacio poteva essere
definito casto,
ma quello che Ronnie aveva sentito in quella frazione di secondo, non
era
nemmeno lontanamente definibile.
Rimase
con
gli occhi chiusi aspettando che il nodo che le si era formato allo
stomaco si
sciogliesse e che i suoi polmoni tornassero a funzionare normalmente.
Rimase
con gli occhi chiusi perchè non voleva vedere l'espressione
sul viso di Nick.
Aveva
rovinato tutto, lo sentiva, avrebbe aperto gli occhi ed avrebbe trovato
Nick a
fissarla con aria di rimprovero, poi si sarebbe alzato e se ne sarebbe
andato
via sbattendo la porta ed urlando che lui aveva una ragazza e non
poteva
perdere tempo con lei.
E
l'avrebbe
perso, ancora una volta.
Prese
un
respiro profondo, cercando di regolarizzarlo, e socchiuse gli occhi.
Nick
era
immobile, il viso ancora tra le mani della ragazza e la fissava con
espressione
indecifrabile.
Non
sembrava sorpreso, arrabbiato, o nulla. Nessuna espressione
attraversava il suo
viso e questo, per Ronnie, era anche peggio della rabbia a cui si era
preparata.
-s...scusami-
balbettò scostando le mani dal viso del ragazzo, sperando
che lui si riprendesse,
ma Nick continuò a fissarla, senza alcuna espressione e
senza dire nulla.
-davvero
scusami, non dovevo- balbettò ancora allontanandosi -Dio
mio! non ne combino
una giusta, ti prego sc...-
Successe
tutto così in fretta che riuscì a stento a capire
quello che stava succedendo.
Un istante prima stava per allontanarsi dal divano e dal viso senza
emozioni di
Nick, quello dopo il ragazzo l'aveva afferrata per un braccio,
attirandola a se
premendo le labbra sulle sue, questa volta per un vero bacio.
A
Ronnie
mancò il fiato.
Era
proprio
come lo ricordava. Il suo tocco era così gentile, dolce,
delicato e le sue
labbra erano così morbide che avevano il potere di farle
dimenticare persino il
suo nome. Quel tocco così familiare, era il solo che
riusciva a farle provare
quelle emozioni, come se stesse volando, come se al mondo esistessero
solo loro
due e quel bacio. Come se lei, fosse speciale.
Le
loro
mani ripercorrevano quei visi che avevano imparato ormai a memoria,
felici di
riscoprire ogni fossetta, ogni cicatrice, ogni familiarità.
Il
cuore le
sembrò scoppiare nel petto quando Nick le passò
una mano tra i capelli, come
aveva fatto prima, come le era tanto mancato.
-mi
sei
mancato- sussurrò la ragazza per poi rituffarsi sulle sue
labbra, ritrovando
quello che aveva perso in quegli anni.
*
*
*
Ho
paura.
Il
capitolo precedente vi era
piaciuto così tanto çç (17 recensioni,
record! VI AMO *O*) ed ora ho rovinato
tutto con questo çç che tra l’altro
dovrebbe essere anche uno dei più
importanti!
Mi
dispiace, davvero tanto ç_ç ma non
sono brava a scrivere le cose sdolcinate! Vedete come mi riescono bene
le parti
di Lexus? Perché secondo voi? Perché lei
è cinica e tendenzialmente sadica!
Dovevo scrivere una storia su di lei ed i suoi istinti omicida, forse
sarebbe
venuta decente ç_ç
Ma
questo non è l’angolo dei lamenti!
Quindi me ne vado tra il rumore dei fischi, alla Masini, sperando di
non avervi
deluso troppo!
Al
prossimo capitolo, se avrò il
coraggio di farmi viva.
Vi
amo <3
|
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Capitolo 25 *** I'm sorry that I hurt you ***
I'm
not a perfect person
There's many things I wish I didn't do
But I continue learning
I never meant to do those things to you
(Hoobastank
– The reason)
Joe
sospirò osservando la figura di
Allie che a braccia conserte fissava il vuoto di fronte a se con uno
sguardo
che la diceva lunga.
L’aveva
esortata ad entrare un paio
di volte almeno –nonostante stessero
in
California, era ormai Dicembre e persino lì l’aria
cominciava a farsi più
fresca- ma la ragazza aveva declinato il gentile invito
dicendo che voleva
schiarirsi le idee fuori, mentre aspettava che Nick facesse ritorno a
casa.
Inutili
erano state le telefonate di
Joe al fratello che non aveva risposto, impegnato a fare
chissà cosa. Alla fine
aveva deciso di inviargli un sms che sperava avrebbe letto prima di
tornare a
casa.
Si
scostò dalla finestra sbuffando,
aveva già abbastanza problemi per se, non era il caso di
preoccuparsi
eccessivamente anche di quelli degli altri.
Il
fatto che Lexus fosse andata fin
casa sua per esortarlo a fare qualcosa, era
un chiaro segno che fosse nella merda fino al collo.
Voleva
chiamare Kate, ma ogni volta
che provava a formulare un discorso nella sua mente, questa si svuotava
completamente. C’erano troppe
cose nella
sua testa che cozzavano disordinatamente, troppe contraddizioni, troppi
dubbi,
troppa confusione.
Da
un lato Joe era ancora arrabbiato
per il comportamento di Kate a New York. Gli aveva detto di essere
troppo stanca
persino per passare cinque minuti a telefono con lui, poi era uscita a
divertirsi con i suoi “amici”.
Dall’altro
lato però, il pensiero che
in qualche modo lui aveva fatto star male Kate lo tormentava giorno e
notte.
Lexus aveva ragione, lui aveva le sue motivazioni per essere
arrabbiato, ma
portando Samantha a quella festa aveva esagerato, passando quindi dalla
parte
del torto.
Chiuse
gli occhi, pensando per un
istante se la situazione fosse stata inversa, se Kate fosse andata ad
una festa
con un altro, lasciandolo da solo.
Un
brivido gli corse dietro la nuca
al solo pensiero.
Si,
decise, era
decisamente lui quello che doveva scusarsi ora. Doveva mettere da parte
il suo
orgoglio e, come aveva suggerito Lexus, strisciare da lei chiedendole
di
perdonarlo.
E,
soprattutto, doveva sperare
ardentemente che lei l’avrebbe fatto.
Yesterday, love
was such an easy game to play.
Now I need a place to hide away.
Oh, I believe in yesterday.
(The Beatless – Yesterday)
“Se
sei costretto ad
avvicinarti più di 100 metri a casa nostra, ti consiglio di
indossare il
giubbotto anti-proiettile. Ragazza incazzata nera ti attende sul
portico.
Probabilmente per ucciderti.”
Nick
rilesse per la decima volta quel
sms, cercando di capirne il senso, ma non ci riuscì.
D'altronde,
pensò con un’alzata di
spalle, erano anni che cercava di dare un senso alle parole di Joe,
senza
trovarlo.
Chi
l’aspettava sul portico di casa?
Allie? E perché era incazzata nera?
Qualcosa
si smosse nel suo stomaco,
era impossibile che Allie sapesse della serata che aveva trascorso con
Ronnie
ed ancora più improbabile che sapesse cosa era successo quel
mattino.
Quel
pensiero avrebbe dovuto
turbarlo, o quanto meno innervosirlo, invece inevitabilmente un sorriso
si
formò sulle sue labbra mentre ripensava a quella mattina.
Erano
anni che aspettava quel
momento, aveva sognato di baciarla anche di giorno, quando si perdeva
con lo
sguardo nel vuoto e mentiva, dicendo di essere stanco. Aveva sognato di
passarle le dita tra i capelli castani e perdersi respirando forte il
suo
profumo.
Era
stato del tutto naturale per lui quella
mattina attirarla verso di se e baciarla, dopo che lei aveva provato ad
allontanarsi.
Quello
che aveva provato quando lei
timidamente gli aveva poggiato le labbra sulle sue per qualche breve
istante
era indescrivibile. Era come se il suo corpo fosse stato scosso
così forte da
svegliarlo dal sonno in cui era caduto da troppo tempo ormai. Le sue
mani erano
tornate a bruciare sulla sua pelle, le sue labbra rivendicavano quelle
di lei,
ristudiandone con accurata premura la morbidezza, il suo cuore tornava
a
battere forte e prepotente nel suo petto ribellandosi ed urlando che
lui era
sempre appartenuto e lei.
Prese
un respiro profondo, entrando
nel vialetto di casa.
Il
suo cuore era folle però, come
poteva dirgli di essere di Ronnie, quando lui l’aveva
già promesso ad un’altra?
A
quella stessa persona che Nick
vedeva sulla veranda, a braccia conserte ed un piede che tamburellava
nervosamente a terra.
-buongiorno-
la salutò lui,
ostentando tranquillità, mentre saliva gli scalini della
casa.
Allie
non si mosse di un millimetro,
guardando Nick con aria accigliata. Il ragazzo le si
avvicinò dandole un
leggero bacio sulla guancia, solo allora si accorse che la bionda
stringeva
qualcosa al petto, sotto le braccia incrociate.
-come
mai qui? Va tutto bene?- chiese
gentile studiando l’espressione della ragazza di fronte a se.
-dove
sei stato stamattina?- chiese a
sua volta, in tono piatto
Nick
deglutì –sono passato in studio,
dovevamo registrare delle ultime cose prima di Natale-
Allie
annuì con aria assente.
-cos’è
successo, Allie?- provò ancora
Nick
La
ragazza sospirò, muovendosi da
quella posa che sembrava aver assunto da ore e voltandosi completamente
verso
Nick. Staccò le braccia dal petto facendo penzolare da una
mano quella che
aveva tutta l’aria di essere una rivista, e con un gesto
secco, la voltò verso
Nick.
Il
ragazzo rimase immobile, fissando
la copertina del magazine su qui era spiattellata la sua faccia insieme
a
quella di Ronnie.
Sapeva
esattamente quando e dove era
stata scattata quella foto: i due erano seduti su quella panchina del
parco
dove erano stati qualche giorno prima.
Sapeva
che non avrebbe dovuto
portarla lì, sapeva che prima o poi quella storia sarebbe
venuta a galla,
quello che non sapeva però, era come spiegare tutto ad Allie.
-Allie-
sospirò –io poss…-
-no!-
sbottò lei, uscendo dal suo
ermetico silenzio, stringendo forte il giornale tra le mani, al punto
di
sgualcire la copertina –non voglio sentire una parola, non
voglio sentire le
tue stupide ed inutili scuse- fece un passo verso di lui –ti
sembro stupida
Nick?-
Nick
rimase al suo posto contemplando
tutte le sfumature di rosso che si accendevano sul volto della ragazza.
-da
quanto tempo va avanti?- ringhiò
–da quanto vi incontrate alle mie spalle?-
Non
sapeva cosa dire, così rimase in
silenzio, cercando di non peggiorare la situazione.
-ho
fatto finta di niente per tre mesi
Nick, anzi- si corresse –faccio
finta di niente da un anno ormai, ma ora sono stanca-
-lo
capisco Allie, hai ragione-
sussurrò
-non
me ne faccio nulla della
ragione- rispose amara –voglio che tu scelga Nick, me o lei-
Il
ragazzo deglutì.
-E
se scegli me, non dovrai rivederla
mai più-
Gli
occhi di Nick si spalancarono
quasi automaticamente. La richiesta di Allie non era per niente
assurda, anzi,
Nick avrebbe dovuto scegliere dall’inizio senza che si
venisse a creare
quest’assurda situazione, ma ora si sentiva più
confuso che mai.
-io…-
cominciò incerto –io…non sono
pronto a non rivederla mai più, Allie-
Le
labbra della ragazza tremarono
visibilmente, mentre un velo trasparente le copriva gli occhi, allora
Nick si
affrettò ad aggiungere –ma non sono pronto nemmeno
a lasciar andare te- sospirò
Allie
scosse la testa –devi scegliere
Nick, non puoi stare con me e correre da lei ogni volta che ne hai
voglia-
-lo
so- sospirò Nick annuendo –posso
solo chiederti di lasciarmi un po’ di tempo, per schiarirmi
le idee-
La
ragazza si morse il labbro
inferiore, mentre una lacrima solitaria le cadeva lungo la guancia
–va bene-
sussurrò
Fece
un passo verso di lui,
poggiandogli la rivista tra le mani –lei non ti
amerà mai quanto ti amo io-
sussurrò prima di superarlo e correre via, lasciando Nick
con lo sguardo perso
nel vuoto.
Nick
prese il giornale tra le mani,
passando le dita affusolate sull’immagine di lui e Ronnie
che, seduti su una panchina
del parco, ridevano a pochi centimetri l’uno
dall’altro con le guancia rosse
per il freddo.
-ed
io non ti amerò mai quanto amo
lei- sospirò, rivolto più a se stesso forse, che
ad Allie.
Hey there it's
good to see you again
It never felt right calling this
just friends
(All Time Low – Walls)
-CHE
COSA?!-
Ronnie
allontanò per l’ennesima volta
il cellulare dall’orecchio mettendo il suo timpano al sicuro.
A quanto pare
Kate era intenzionata a farle perdere l’udito quel pomeriggio.
-non
urlare, Kate!- la pregò, sapendo
già che l’altra non le avrebbe dato ascolto.
-tu
mi stai dicendo che Nick, quel
Nick, è venuto in tuo soccorso ieri
sera in stile superman, è rimasto con te tutta la notte per
assicurarsi che
stessi bene, ed io non dovrei urlare?-
Ronnie
alzò gli occhi al cielo,
mordendosi poi un labbro. E doveva ancora raccontarle di quella mattina.
-non
è tutto- sussurrò timorosa
-oh
mio Dio. Cosa?- sbottò, ma non le diede il tempo
di rispondere –cosa, per
amor del cielo dimmi cosa!-
-sta
calma, ti verrà un infarto!-
prese un respiro profondò poi parlò tutto
d’un fiato –stamattinal’hobaciato-
Ronnie
allontanò il cellulare
dall’orecchio con un riflesso automatico ma, stranamente, non
sentì alcun suono
provenire da esso.
Lo
riavvicinò titubante, accigliandosi
mentre un profondo silenzio proveniva dall’altro lato.
Forse
aveva parlato così veloce che
Kate non aveva capito?
Aprì
la bocca per ripetere quello che
aveva detto, ma un urlo assordante degno della più grande
attrice di film
horror di tutti i tempi, le arrivò improvvisamente
all’orecchio cogliendola
impreparata e quando scostò il telefono, aveva ormai perso
il settanta per
cento del suo udito.
-non
posso credere che finalmente
abbia ritrovato le palle!- urlò ancora
-guarda
che l’ho baciato io, non lui-
rispose confusa
-infatti
parlavo di te! Non pensavo
avessi mai avuto il coraggio di farlo- disse con voce eccitata
–sono fiera di
te! E lui? Cos’ha fatto?-
-ha
ricambiato- sorrise estasiata
Quando
l’urlò arrivò, questa volta
Ronnie aveva già allontanato il cellulare.
-quindi?-
chiese Kate su di giri
-quindi,
cosa?- ribatté accigliata
-quindi
quando lascerà Allie!- disse ovvia
Ronnie
rimase in silenzio, non lo
sapeva. Non sapeva quando l’avrebbe lasciata e non sapeva
nemmeno se l’avrebbe
lasciata, a dire il vero.
Sospirò.
In quel momento era così
felice che aveva persino dimenticato l’esistenza di Allie.
-non
abbiamo parlato di questo-
rispose sbrigativa
-come
no?- chiese dubbiosa l’altra –e
di cosa avete parlato allora?
-di
nulla- sbuffò –eravamo lì, poi
gli è arrivato uno strano sms da Joe ed è dovuto
correre a casa-
-oh-
rispose semplicemente Kate e
Ronnie si morse il labbro inferiore
-come
vanno le cose con Joe?- chiese
incerta
-come
sempre- rispose mentre il suo
tono si faceva più duro –non lo vedo da quella
sera-
-non
si è fatto sentire?- sospirò
-no-
rispose semplicemente Kate
-vedrai
che sistemerete tutto- le
disse speranzosa
-non
lo so Ron- rispose l’altra –ha
sbagliato troppo, mi ha ferito-
-questo
non vuol dire che non ti
voglia bene, tutti facciamo degli sbagli-
-lo
so- sospirò mentre Ronnie sentì
il campanello squillare
-sono
sicura che farete pace- disse
alzandosi dal divano –siete fatti l’uno per
l’altra voi due!-
Kate
ridacchiò –potrei dirti le
stesse identiche parole-
-vedremo!-
rispose l’altra mentre si
avviava verso la porta –ora devo lasciarti,
c’è qualcuno che bussa alla porta-
-sarà
lui?- chiese eccitata Kate
-non
lo so- ridacchiò –ti richiamo
dopo!- e riagganciò arrivando alla porta
Si
voltò alla sua sinistra dove
appeso al muro c’era un grande specchio ovale. Non aveva un
bell’aspetto. Le
guance erano rosse ed i capelli scompigliati, senza contare che quella
vecchia
tuta nera era di almeno due taglie più grandi.
Alzò
le spalle e cercò di aggiustarsi
i capelli alla meglio prima di voltarsi ed aprire la porta.
L’ultima
persona che si sarebbe
aspettata di vedere in quel momento era proprio lì, di
fronte a lei che la
guardava con quegli occhi color muschio che le trasmettevano
un’innata
tranquillità.
Spalancò
la bocca portandosi la mano
alle labbra, prima che un sorriso a trentadue denti prendesse posto sul
suo
volto.
-Hola
bichita, sei felice di vedermi?- sorrise a sua volta il
ragazzo di fronte a
lei, prima che Ronnie gli si buttasse tra le braccia con un grido,
contenta.
* *
*
Io
sono senza parole *-* VENTI, e dico
V E N T I,
recensioni al capitolo scorso *-*
Cosa
posso dirvi se non GRAZIE di cuore
a tutte? So quanto può essere noioso scrivere una
recensione e per farlo significa che quello che scrivo vi piace tanto
*-*
(almeno credo LOL)
Quindi,
sono terrorizzata! Ho sempre paura di scrivere
qualcosa di così tremendamente noioso ed orribile da
deludervi ç_ç
Vi
ho fatto aspettare un po’ per questo capitolo, che non
è
neanche uno dei più interessanti, ma tra le feste(e vi
assicuro che qui a
Napoli a Natale non si capisce nulla tra parenti e gente varia) ed il
resto non
riuscivo proprio a scrivere!
Ma
ora sono qui, con l’ultimo capitolo del 2011 e spero vi
sia piaciuto :D
AH!
Mancano otto
capitoli più epilogo alla fine, poi diremo addio a
Ronnie e Nick ç____ç
Grazie
ancora per le recensioni, a chi mette la storia tre
preferite, seguite e ricordate e chi mi ha messa tra le autrici
preferite.
Spero
che il 2012 vi porti tutto quello che desiderate,
buon anno a tutte mie dolci pallette di lardo!
Vi
amo <3
|
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Capitolo 26 *** It must have been love ***
Ronnie sorrise prendendo un sorso
del
tè che stringeva tra le mani mentre Angel, seduto di fronte
a lei la imitava,
facendo la stessa cosa.
Era così felice che
fosse lì! Lui era
l’unica cosa che davvero le mancava della Spagna,
l’unica persona a cui era stata
dura dire addio.
Per un attimo ricordò il
loro addio e
le guance le diventarono rosse mentre le veniva in mente la sensazione
delle
sue labbra che accarezzavano quelle del ragazzo.
-Allora- disse cercando di
distrarsi
da quel pensiero –come mai sei qui? Ti aspettavo per
l’estate-
Angel si accigliò,
fingendosi offeso
–non sei contenta di avermi qui?- sorrise sarcastico
-non tanto, in realtà-
lo prese in
giro facendogli una smorfia
Il ragazzo ridacchiò
–volevo farti
una specie di regalo di Natale, visto che manca solo una settimana-
-avresti potuto presentarti in un
pacco enorme, con tanto di fiocco già che c’eri!-
-oh insomma!- rise – non
sei mai
contenta!-
Ronnie rise a sua volta,
nascondendo
il viso dietro l’enorme tazza.
-sono felice che tu sia qui-
Angel si aprì in uno dei
suoi sorrisi
più dolci –sono contento che ti abbia fatto
piacere la mia sorpresa-
Restarono per qualche minuto in
silenzio, sorseggiando i loro tè, in attesa di qualcosa da
dire.
-allora- fu Angel il primo a
parlare
–come vanno le cose con le tue amiche?-
-meglio- rispose Ronnie
–Lexus e
Jamie mi hanno perdonata completamente, e sembra che anche Kate si sia
convinta
a darmi una possibilità-
-te l’avevo detto che
tutto si
sarebbe risolto- commentò felice
Ronnie sospirò posando
la tazza sul
tavolo della cucina.
-per quanto puoi restare?- chiese
speranzosa
-non lo so di preciso- rispose
l’altro alzando le spalle –non più di
qualche settimana credo, devo ricevere
notizie dal mio manager per sapere quando inizieranno le nuove sfilate-
Ronnie annuì con aria
dispiaciuta, le
sarebbe piaciuto che il ragazzo si fermasse almeno qualche mese. Non
vedeva
l’ora di fargli conoscere le sue amiche, di fargli vedere
tutti i posti in cui
era cresciuta e da cui era scappata anni prima, non vedeva
l’ora di
presentargli Nick.
Angel si allungò verso
di lei,
stringendole la mano poggiata sulla superficie liscia del tavolo.
-raccontami tutto delle tue amiche
ora-
Ronnie sorrise e prese a raccontare
delle sue amiche, perdendosi in inutili dettagli che però il
ragazzo sembrava
ascoltare volentieri, con un sorriso.
Era proprio felice che fosse
lì.
Per convincerti ho
due minuti
ancora due minuti
(Solo tre minuti
– Negramaro)
Bussò tre volte prima di
sentire dei
passi correre verso la porta ed una voce familiare urlargli di
aspettare un
momento.
Deglutì. Il suono di
quella voce gli
fece attorcigliare repentinamente lo stomaco, mentre si chiedeva se
fosse stata
una buona idea presentarsi lì senza preavviso. Ma ormai era
tardi per pensarci
su: la maniglia dietro la porta si abbassò facendo aprire
lentamente la porta.
-ciao- sospirò Joe
mentre un sorriso
si formava automaticamente sulle sue labbra ed i suoi polmoni si
gonfiavano, come
se la vista di Kate gli avesse ridato un po’ d’aria.
La ragazza lo guardò per
un istante,
alzando un sopracciglio contrariata, prima di sbattergli la porta in
faccia.
Joe rimase interdetto fissando la
porta in legno di fronte e se, il sorriso era stato sostituito da una
smorfia
di disappunto.
Bussò ancora, questa
volta con la
mano sapendo che Kate era ancora lì, ed attese paziente che
la ragazza si decidesse
ad aprirgli la porta.
-cosa vuoi?- sbottò Kate
spalancando
la porta con foga
-posso entrare?- chiese Joe
ignorando
il tono acido e lo sguardo tagliente della rossa
Kate fece schioccare la lingua in
un
espressione indignata, come se il ragazzo le avesse detto qualcosa di
osceno.
-no!- urlò facendo per
chiudere la
porta, ma stavolta i riflessi di Joe furono pronti e infilando un piede
tra lo
stipite e la porta riuscì ad evitare che questa si chiudesse
del tutto.
-Kate, devo parlarti-
ansimò buttandosi
con tutto il peso del corpo contro la porta, per impedire alla ragazza
di
chiuderla
-ed io non voglio parlare con te-
disse brusca spingendo con tutta la forza che aveva nelle braccia
-tanto non me ne vado da qui-
continuò –finchè non mi ascolterai
resterò qui-
-bene, in quell’angolo
c’è la cuccia
nel cane, nel caso voglia restare anche di notte-
Joe sbuffo –cinque minuti
Kate, ti
chiedo solo cinque minuti-
La porta si aprì di
scatto sotto il
peso di Joe, che quasi cadde a terra. Alzò lo sguardo
trovando Kate con le
braccia incrociate al petto ed uno sguardo accigliato. Era bellissima
anche
quand’era arrabbiata.
-hai due
minuti-
Joe sorrise avvicinandosi di poco a
lei, che però fece istantaneamente un passo indietro. Non
capì se aveva
accettato di ascoltarlo perché aveva colto il tono disperato
nella sua voce o
se aveva capito che non se ne sarebbe realmente andato via di
lì se lei non
l’avesse ascoltato. Qualunque fosse stato il motivo, ne era
grato.
Sospirò schiarendosi la
gola prima di
cominciare a parlare.
-sono stato un idiota-
Kate sembrò sorpresa, ma
rimase in
silenzio ascoltando quello che il ragazzo aveva da dire.
-me la sono presa per una
sciocchezza
ed ho reagito nel modo sbagliato non rispondendo alle tue chiamate-
abbassò per
un istante lo sguardo per poi puntarlo nuovamente negli occhi della
ragazza –e
come se non bastasse, ti ho ferita ulteriormente portando Samantha con
me
quella sera-
La rossa si morse il labbro
inferiore, solo al ricordo le veniva voglia di piangere.
-Ho sbagliato, ho sbagliato tutto e
non sai quanto mi dispiace, quanto vorrei tornare indietro per non
rifare
quello che ho fatto, ma non posso- sospirò avvicinandosi a
lei, che stavolta
non si ritrasse –il problema è che io ci tengo
troppo a te, sono così geloso di
ogni persona che passa il suo tempo con te che quando ho visto le foto
di
quella sera, mentre ti divertivi con quella gente ed io ero qui
lacerato dalla
tua mancanza, mi sono sentito impazzire ed ho fatto le cose sbagliate-
Joe assunse
un’espressione
dispiaciuta alla vista degli occhi della ragazza che diventavano
lucidi.
Avrebbe tanto voluto avvicinarsi ed accarezzarla, ma sapeva che il suo
gesto
non sarebbe stato gradito in quel momento.
-mi manchi Kate-
sussurrò e vide le
labbra della ragazza aprirsi in un fremito –non
riesco…non ce la faccio senza
di te-
Kate rimase in silenzio,
continuando
a fissare gli occhi del ragazzo con una strana espressione.
Joe avrebbe pagato per sapere cosa
le
passasse per la testa in quell’istante. Sperava ardentemente
che stesse almeno
pensando di perdonarlo, che le sue parole avessero fatto effetto in
qualche
modo, sperava che avrebbe capito che senza di lei non poteva vivere.
-i…io non so cosa dire-
sussurrò con
la voce spezzata
Al ragazzo si strinse il cuore nel
vederla così fragile e triste. Fece un altro passo verso di
lei, prendendole le
mani.
-Dì che mi perdoni-
sussurrò
speranzoso
Kate strinse forte gli occhi
scuotendo la testa con forza eccessiva, come se si stesse costringendo
a farlo.
-non è così
semplice Joe-
-ma può esserlo!-
insistette –se tu
mi perdoni ora, tutto tornerà come prima, cosa
c’è di più semplice?-
-non puoi pensare che io riesca a
perdonarti su due piedi dopo quello che hai fatto, Joe!-
Quelle parole lo colpirono come un
pugno in piena pancia e senza rendersene nemmeno conto,
indietreggiò lasciando
scivolare le mani di Kate dalle sue.
-Il mio cuore mi sta urlando di
stringerti forte a me e non lasciarti andare, proprio in
quest’istante- disse
con voce rotta –ma la mia mente, la mia stupida mente Joe, mi
ripropone di
continuo l’immagine di te con un’altra e allora il
mio cuore tace, perché
ricorda di essere stato ferito proprio da te-
Joe non sapeva che dire. Fissava
Kate
con aria affranta, sperando che lei gli suggerisse il modo per
risolvere tutto,
il modo per convincere il suo cuore a fidarsi nuovamente di lui. Ma
dopo
interminabili minuti di silenzio il ragazzo si rese conto che nemmeno
lei
sapeva come avrebbe potuto fare, stava a lui tentare in tutti i modi
possibili,
prima che fosse stato troppo tardi, prima che il suo cuore avesse
smesso di
amarlo definitivamente.
Si avvicinò a Kate, che
se bene un
po’ titubante non si ritrasse, posandole una mano sulla
guancia, in una
delicata carezza.
-Troverò il modo per
riconquistare il
tuo cuore Kate- sussurrò –lo giuro-
It's easy to
say it's for the best
When you want more
While you leave me with less
(Marianas
Trench – Fallout)
Quando prendi una decisione
importante, che tu ne sia sicuro o meno, il tuo animo è
turbato da una
sensazione di paura e smarrimento.
Sai che, una volta presa quella
decisione, nulla sarà più come prima nel bene e
nel male, tutto cambierà. Quel
che è sicuro è che c’è
bisogno di una certa maturità per prendere una decisione
così radicale, maturità che Nick di certo
possedeva.
Allora perché era
così dannatamente
indeciso?
A differenza dei suoi fratelli, sin
da piccolo Nick preferiva prendere le sue scelte da solo, che si
trattasse di
cose stupide come il colore di un maglione o cose ben più
importanti che
riguardavano la sua carriera. Perché ora non era in grado di
prendere una
decisione?
Aveva persino pensato di fare una
lista dei pro e i contro, ma aveva cancellato l’idea
già nella sua mente prima
che questa prendesse in qualche modo vita.
Tamburellò le dita sul
volante della
sua auto, mentre pensava a cosa fare. Era uscito per andare a fare un
giro,
sperando di schiarirsi le idee, era talmente sovrappensiero che nemmeno
si era
accorto di essere arrivato proprio lì, fuori casa sua.
Se sei venuto proprio qui ci
sarà un
motivo, no? Si chiese. Certo che c’era un motivo, ed era
anche chiaro.
Le dispiaceva per Allie,
perché le
voleva bene, perché gli era stato accanto per tutto questo
tempo, perché forse
era innamorato anche un po’ di lei, dopo tutto. Ma quello che
provava per
Ronnie, era tutt’altra cosa. Non poteva essere messo a
tacere, non poteva
sopperire nemmeno se lui avesse voluto. Quello che provava per Ronnie
lo
tormentava giorno e notte facendogli girare la testa e battere forte il
cuore
fino a tenerlo sveglio. Non poteva essere ignorato o evitato, doveva
affrontarlo.
Per quello era lì:
voleva vederla e
parlare con lei prima di prendere una decisione importante, dalla quale
non
sarebbe più tornato indietro.
Si fece coraggio scendendo
dall’auto
ed avviandosi verso la casa di fronte a lui che sembrava silenziosa e
tranquilla.
In quei pochi metri mille pensieri
gli affollarono la mente. E se lei gli avesse detto di non amarlo
più? Il fatto
che l’avesse baciato il giorno prima poteva significare tanto
quanto niente,
poteva essersi accorta da quel bacio che non provava per lui le stesse
cose che
provava un tempo, che non provava nulla.
Arrivò fuori la porta e
deglutì. Non
doveva fare il codardo, doveva rischiare, ora.
Bussò al campanello ed
aspettò
paziente che qualcuno andasse ad aprirgli, mentre l’ansia
cominciava a farsi
sentire, stringendogli lo stomaco in una morsa stretta.
Restò lì
fermo per un tempo che gli
parve infinito, tanto che pensò di andarsene convinto che
non ci fosse nessuno
in casa.
Con un sospirò afflitto
si voltò,
pronto per andarsene, quando il rumore della porta che si apriva lo
fece
voltare nuovamente, sorridendo.
-ciao-
Nick rimase impietrito, mentre il
sorriso sulle sue labbra si scioglieva facendo posto ad
un’espressione confusa.
Quella non era Ronnie, per niente.
Quello che si trovava di fronte era un ragazzo decisamente
più alto di lui,
decisamente più abbronzato, più muscoloso,
decisamente più bello ed attraente.
Il ragazzo si accigliò,
chiedendosi
forse perché quello sconosciuto lo stesse guardando dalla
testa ai piedi.
-posso aiutarti?- chiese in tono
non
molto garbato
-si- balbettò Nick
destandosi dai
suoi pensieri poco amichevoli verso il ragazzo –Ronnie
è in casa?-
Il ragazzo aspetto qualche secondo,
in cui lo squadrò attentamente, prima di annuire. Fece per
girarsi,
probabilmente per chiamare la ragazza, ma prima che lui potesse dire
qualcosa
una voce li raggiunse entrambi.
-Angel, chi è alla
porta?-
Al suono di quel nome, Nick
sussultò.
Ronnie gli aveva parlato molte
volte
di Angel e sapeva perfettamente chi era. Angel era l’unica
persona con cui
Ronnie aveva stabilito un contatto a Madrid, l’unica persona
di cui si era
fidata, l’unico a cui aveva permesso di avvicinarsi,
l’unico che era riuscito a
conquistare la sua amicizia, l’unico che Nick temeva
perché, secondo lui era
l’unico che, inconsciamente, la ragazza amava almeno un
po’.
-C’è un
ragazzo che chiede di te, Bichita-
disse, continuando a fissare
Nick negli occhi, come se volesse sfidarlo
Nick strinse i pugni, muovendosi
sul
posto, incapace di stare fermo.
Bichita? E che voleva dire? Dalla
dolcezza con cui l’aveva pronunciato, doveva essere un
nomigliolo. Come si
permetteva di chiamarla così?
-un ragazzo?- chiese sorpresa
–chi?-
la voce era ormai vicina
Angel si scostò di poco,
facendo
spazio alla figura di Ronnie che si affacciava alla porta.
Alla vista di Nick le guance le si
colorarono di rosso, mentre un sorriso luminoso le compariva sulle
labbra.
-Nick- disse semplicemente, con
aria
felice
Il ragazzo avrebbe di sicuro
ricambiato il sorriso, se solo accanto a lei non ci fosse stato quel
tipo, a
rovinare tutto.
-ciao- disse burbero
Spostò per un attimo il
suo sguardo su
Angel, per poi riportarlo a Ronnie –disturbo?- chiese con lo
stesso tono
irritato
Ronnie si accigliò non
capendo, poi
il suo sguardo seguì quello di Nick verso Angel e si
affrettò a parlare.
-certo che no!- squittì
–a proposito,
Angel lui è Nick, Nick lui è Angel,
l’amico spagnolo di cui ti avevo parlato-
I due si strinsero la mano,
continuando a fissarsi, studiandosi l’un l’altro.
-si, Ronnie mi ha parlato di te
qualche volta- disse Nick
-di te invece non mi ha mai
parlato-
rispose Angel in tono piatto –devi essere quello che le ha
spezzato il cuore
rovinandole la vita-
Nick rimase spiazzato da quelle
parole, ma prima che potesse dire o pensare qualcosa, Ronnie
cominciò a parlare
diventando rossa.
-Angel! Ma che dici?-
sussurrò
irritata
-che c’è? Non
è lui?- chiese con
naturalezza –allora ti chiedo scusa- sorrise sarcastico verso
il ragazzo.
Nick era ancora impalato come una
statua di sale, indeciso tra il dare un pugno sul naso al ragazzo, o
andarsene
via indignato.
-scusalo- lo pregò
Ronnie –non ha il filtro
tra la testa e la bocca-
Nick si sforzò di
sorridere –non
importa-
Rimasero in silenzio per qualche
istante, durante il quale Nick si chiese perché diavolo
quell’Angel non se ne
andasse, lasciandoli soli.
Cosa ci faceva lì?
Perché era a casa
di Ronnie? Non poteva restarsene in Spagna a fare qualsiasi cosa lui
facesse
per vivere?
-vieni, entra- lo invitò
Ronnie,
ancora imbarazzata
Nick guardò Angel per un
istante.
-no, non importa, ero passato per
un
saluto-
Ronnie lo guardò
dubbiosa, poi si
rivolse ad Angel –ti dispiace lasciarci soli per un attimo?-
chiese cortese
Lo spagnolo continuò a
fissarlo,
sembrava irritato dalla richiesta della ragazza, ma annuì
subito, entrando
senza nemmeno salutarlo.
Ronnie sospirò
chiudendosi la porta
alle spalle ed invitando con un cenno della testa Nick a sedersi sul
dondolo
posizionato sulla veranda.
-si può sapere che
problema ha quel
tipo?- chiese irritato Nick sedendosi accanto alla ragazza
Ronnie scosse la testa
–di solito non
è così, sarà una sua giornata no-
Nick restò in silenzio,
fissando di
fronte a se. Sapeva bene che quella di Angel non era una giornata no,
ma pura e
semplice gelosia.
-come mai è qui?- chiese
lasciando
trasparire tutto il suo nervosismo
-è venuto qui per le
vacanze di
Natale, voleva farmi una sorpresa- rispose portandosi le ginocchia al
petto
Annuì, riflettendo in
silenzio.
-perché sei qui Nick?-
chiese lei con
calma
Si passò una mano tra i
corti capelli
ricci, per poi voltarsi verso i suoi occhi verdi, che lo guardavano con
un’aria
mista di tensione e speranza.
-non lo so- rispose, sorprendendo
anche se stesso
Era andato lì per
parlarle di tutto,
per raccontarle tutto. Di quegli anni senza lei, di quanto le era
mancata, di
quante notti aveva pianto pronunciando il suo nome, di quanto
l’aveva amata e
quanto l’amasse ancora. Era andato lì per dirle
tutto, ma ora, ora non ne era
più sicuro.
Era stato forse un caso che Angel
fosse arrivato lì proprio quando lui si era deciso a
confessarle tutto? E se
invece fosse stato un segno del destino? Se Angel fosse arrivato
lì per fargli
capire che lei sarebbe stata meglio con lui, che se fosse tornata con
Nick
avrebbe sofferto ancora?
Dopo tutto, erano ancora gli stessi
ragazzi di quattro anni prima. Cosa sarebbe successo quando lui sarebbe
dovuto
partire per l’ennesimo tour? Lei l’avrebbe lasciato
ancora e lui avrebbe dovuto
ricominciare tutto da capo.
-i tuoi occhi non dicono
così, anzi,
sono gli occhi di chi sta pensando tanto- sorrise lei cercando di farlo
parlare
-sono così confuso
Ronnie- sospirò
prendendosi la testa tra le mani
Come poteva? Come poteva dirle
addio,
lasciarla per sempre? Come poteva dal momento in cui l’amava
così
disperatamente?
Sentì la mano della
ragazza posarsi
dietro la sua schiena, mentre l’accarezzava con aria
dispiaciuta.
Ronnie stette in silenzio, senza
sapere bene cosa dire, mentre attendeva che il ragazzo si schiarisse
almeno un
po’ le idee e gli confidasse i suoi dubbi.
-tu lo ami?- le chiese di punto in
bianco dando voce ai suoi pensieri, spiazzandola
-chi, Angel?!- chiese sorpresa
–certo
che no!- sbottò
Nick alzò lo sguardo,
fissandolo in
quello accigliato di Ronnie –ne sei sicura?- chiese ancora
Ronnie si allontanò di
poco da lui,
guardandolo dubbiosa –dove vuoi arrivare Nick?-
Sospirò cercando di
trovare le parole
a un pensiero che nemmeno lui sapeva quale fosse con precisione.
-io credo che tu lo ami- disse
semplicemente mentre vedeva il volto di Ronnie farsi rosso dalla
collera.
-tu credi che io lo ami-
ripetè
ringhiando quasi le parole –dopo aver amato te per tutti
questi anni, dopo aver
pianto ogni notte, ogni giorno, dopo essere tornata da te con la coda
tra le
gambe, dopo averti baciato ieri, tu credi che io lo ami- sorrise, ma il
suo era
un sorriso isterico, mentre si passava nervosamente una mano tra i
capelli
–allora non hai capito proprio un cazzo- sbottò
Il ragazzo si morse un labbro, non
voleva rimangiarsi le sue parole –lo ami almeno un
po’-
-un po’!- urlò
Ronnie guardandolo con
occhi spalancati –cosa significa un po’? Tu credi
che l’amore si possa
quantificare? Pensi che si possa amare poco o tanto una persona?-
incrociò le
braccia al petto –tu quanto mi amavi Nick, tanto o poco? Se
mai mi hai amato-
Si sentì ferito da
quelle parole.
Certo che l’aveva amata, non gliel’aveva forse
dimostrato abbastanza?
-Sai che l’ho fatto-
-l’hai fatto-
ripetè Ronnie
sottolineando il tempo al passato. La ragazza si morse le labbra
annuendo, come
se in quel momento avesse capito tutto –perché sei
venuto qui Nick?-
Il ragazzo boccheggiò un
paio di
volte, senza sapere bene cosa rispondere.
-io non credo che quello che sia
successo ieri sia giusto- sospirò infine
Ronnie deglutì, mentre
le lacrime
invadevano i suoi occhi e sentiva il suo cuore spezzarsi, per la
seconda volta.
-quindi, hai fatto la tua scelta
alla
fine- sorrise triste
-Ronnie…-
-no- lo interruppe lei
–va bene, lo
capisco-
Nick sospirò, cercando
un modo per
spiegargli le sue ragioni –pensaci- cominciò
–cosa accadrà quando dovrò partire
per un altro tour?-
-non siamo più due
ragazzini Nick,
affronteremmo la questione insieme quando si presenterà-
Nick scosse la testa, cercando di
convincersi del contrario. Sarebbe stato meglio per entrambi finirla
qui,
sarebbe stato meglio.
-tu sarai felice con lui-
sussurrò
distogliendo lo sguardo da quello ferito della ragazza
-io non sarò mai
felice!- urlò
alzandosi di scatto e puntandosi di fronte a lui
-di certo non lo sarai con me
Ronnie,
perché non capisci?!- urlò di rimando alzandosi a
sua volta
A pochi centimetri l’uno
dall’altro,
Ronnie fissò quegli occhi marroni, mentre le si spezzava il
cuore, consapevole
che forse era l’ultima volta in cui li avrebbe visti
così vicini -a quanto pare
hai già fatto la tua scelta senza che io abbia diritto di
dire la mia- rispose
allontanandosi –ma almeno fammi il favore di prenderti le tue
responsabilità e
non cercare di buttare le colpe su di me tentando di farmi credere di
essere
innamorata di Angel- una lacrima le scese sulla guancia, ma la asciugo
in fretta
con rabbia –non farlo, ti prego, perché io non ho
mai amato nessuno quanto te-
E se ne andò correndo,
lasciandolo da
solo con se stesso a darsi dello stupido.
* * *
BUON 2012 *O*
Allora, com’è
iniziato il vostro
anno? Spero bene!
So! Aprite bene gli occhi,
perché è
la prima e, forse, ultima volta che dirò questa cosa: sono
soddisfatta di
questo capitolo *O*
Forse a voi piacerà un
po’ meno (LOL)
ma credo sia quello che è uscito più decente!
Spero sia piaciuto anche a voi,
nonostante tutto uù
Come sempre ringrazio
Sorisò per il
blend, Eleonora per essere la mia musa ispiratrice e dico CIAO GAIA,
lei
capirà.
Al prossimo capitolo!
Vi amo tutte.
|
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Capitolo 27 *** Everybody needs somebody ***
Quando si perde il primo amore,
sembra
che il mondo intero ti crolli addosso. Senti che non potrai mai
più donarti a
nessuno con completa fiducia, senti che non proverai mai più
le stesse
emozioni.
Perdere il primo amore è
come perdere
una parte di te, è terribile, ma quando lo perdi per la
seconda volta, ti perdi
nel vortice del nulla, alla ricerca di quel che è rimasto di
te stessa.
Ronnie piangeva silenziosamente con
la testa poggiata sulle gambe di Kate che, a sua volta fissava il vuoto
di
fronte a se con aria assorta.
Quella mattina Angel era uscito
presto di casa, con la scusa di andare a fare una corsa mattutina, ma
Ronnie
sapeva che il ragazzo aveva capito che lei aveva bisogno di stare da
sola.
Kate era arrivata a casa sua da
un’ora circa, raccontandole cos’era successo con
Joe, sperando di trovare
conforto nell’amica che invece, a quanto pareva, era messa
peggio di lei.
Ronnie aveva resistito fino alla
fine
del racconto di Kate, poi era scoppiata a piangere tra le braccia
dell’amica,
che si chiedeva cosa fosse successo.
Tra i singhiozzi e le lacrime era
riuscita a raccontarle del giorno prima con Nick, di quello che le
aveva detto
e, anche se Kate non aveva capito tutto, l’aveva fatta
poggiare sulle sue gambe
accarezzandole i capelli in attesa che lei si sfogasse per bene.
Ronnie chiuse gli occhi
asciugandosi
le ultime lacrime, costringendosi a non piangere più.
Sospirò, mettendosi
seduta e
voltandosi verso l’amica, che a sua volta la guardava con gli
occhi lucidi.
-scusa Kate- sussurrò
–non dovrei
stare qui a piangere come un’isterica con quello che ti
è successo-
-non è che a te non sia
successo
niente- sorrise rassicurante, poi si rattristò –mi
dispiace davvero tanto-
sospirò alzando le spalle –Nick è un
idiota-
Ronnie sorrise a sua volta,
riavviandosi
i capelli –era la scelta più logica, Allie
è perfetta! Chi avrebbe mai scelto
me al suo posto?-
Kate la fissò
sconcertata alzando un
sopracciglio –tu non hai proprio niente da invidiarle Ron! E
poi lui ama te-
Ronnie scosse la testa
–se mi amasse,
ora sarebbe qui con me, non credi?-
La rossa fece per risponderle, ma
Ronnie la fermò con un gesto della mano –non ne
voglio più parlare Kate, per
favore-
Kate le sorrise triste annuendo,
era
da Ronnie fingere che non ci fosse nulla che la facesse star male.
-tu piuttosto- cominciò
cambiando
discorso –quando pensi di perdonare Joe?-
Si morse un labbro –non
so se
riuscirò a perdonarlo Ronnie, vederlo con Samantha
è stato…- si fermò incapace
di trovare una parola che descrivesse tutte le emozioni che aveva
provato in
quell’istante: rabbia, gelosia,
dolore.
-lo so- rispose semplicemente
Ronnie
in un sorriso triste
Sapeva esattamente quello che
provava
Kate, era quello che lei stessa provava tutte le volte che vedeva Nick
ed Allie
insieme.
Come poteva essere stata
così
stupida? Si era illusa come una ragazzina, aveva realmente pensato che
Nick
potesse scegliere lei, che infondo l’amasse ancora, che tra
tutte le sue
imperfezioni avesse trovato qualcosa per cui valesse la pena stare con
lei e
non con la perfezione fatta a persona.
Se solo si fosse soffermata un
po’ di
più a riflettere, avrebbe capito da sola che era
matematicamente impossibile
che scegliesse lei. Le era andata bene una volta, quattro anni prima,
non
poteva andarle bene una seconda volta. Aveva avuto la sua occasione per
dare
una sbirciatina a quello che molte persone sognano per una vita intere:
l’amore vero ed incondizionato.
Ora
avrebbe dovuto accontentarsi del ricordo, per sempre.
-tu e Joe farete pace- sorrise
verso
l’amica –vi amate così tanto che
è impossibile che restiate separati per tanto,
vi serve solo un po’ di tempo-
Kate alzò le spalle
–spero davvero
che sia come dici tu Ronnie-
Il rumore della porta che si apriva
le fece distrarre entrambe.
-dev’essere Angel-
sospirò Ronnie
cercando di darsi una sistemata inutilmente, era un disastro.
-finalmente lo
conoscerò!- esultò
Kate
Angel fece il suo ingresso nel
soggiorno, dove le due ragazze sedevano sul vecchio divano.
I capelli erano tirati
all’indietro
con l’aiuto del gel, il fisico asciutto e muscoloso era messo
in risalto dai
jeans stretti che gli sottolineavano la curva ben definita del
fondoschiena ed
il giubbino di pelle attillato che gli fasciava perfettamente i muscoli
delle
spalle e delle braccia.
Ronnie, abituata alla vista
dell’amico,
non parve minimamente turbata dall’evidente bellezza di
Angel, ma al contrario
fissò la sua attenzione sulle buste di cartone che cercava
malamente di
nascondere dietro la schiena.
Kate però, non sembrava
della stessa
opinione.
-OH MIO DIO- sbottò con
la bocca
spalancata
Angel si voltò verso di
lei,
sorridendole ammaliante -in realtà, il mio nome è
Angel- rise scoprendo i denti
bianchi perfettamente allineati dando il colpo di grazia a Kate
-preferirei chiamarti Dio, se per
te
non è un problema-
Ronnie rise forte, adorava la
spontaneità di Kate, ed anche Angel pareva apprezzarla
mentre rideva.
-Kate, lui è Angel,
l’amico di cui ti
ho parlato. Angel, lei è Kate, una delle mie migliori amiche-
Kate ormai presa da una paralisi
alla
mascella che non gli permetteva più di richiuderla, strinse
la mano a Angel,
che la guardava sorridendo.
-Sono contento che tu e Ronnie
abbiate chiarito le cose, in Spagna era tormentata dal pensiero di
avervi
perso!- sorrise lui
La rossa pareva abbagliata e senza
dargli retta si voltò verso Ronnie, guardandola con
disappunto –non mi avevi
detto che era così bello!- sbottò facendo
diventare Ronnie rossa dalla vergogna
mentre Angel rideva forte.
-beh, non mi sembrava importante
dilungarsi sui dettagli-
-dettagli!-
sbottò Kate fintamente risentita
Passò il suo sguardo da
Angel e
Ronnie un paio di volte.
-sei sicura che non sia successo
mai
nulla tra voi due in Spagna?-
-Kate!- protestò
-Potresti smetterla
di parlare di lui come se non ci fosse?- sospirò divertita
–mi metti in imbarazzo!-
Risero insieme come un gruppo di
vecchi amici; Ronnie era stata sicura dal primo momento che Angel
sarebbe
piaciuto alle sue amiche.
-Al contrario- disse lo spagnolo
–Ronnie mi ha tanto parlato di te, anche se appena mi ha
detto il tuo nome
completo ho scoperto di conoscerti già: sono stato ad una
tua sfilata a New
York qualche anno fa-
Kate parve sorpresa
–davvero?- chiese
–eppure la mia linea non si è ancora estesa
all’Europa, come facevi a
conoscermi?-
Angel diede una breve occhiata a
Ronnie, che scosse la testa in segno negativo, poi tornò a
guardare Kate –sono
un modello, per questo ti conoscevo già- sorrise
-un modello- sbottò Kate
–sposami, ti
prego- unì le mani a mo di preghiera con tono lamentoso
Ronnie scoppiò a ridere
assieme al
ragazzo, studiando bene l’amica: sorriso lucente, occhi
sereni, nessuna traccia
della Kate di qualche istante prima. La invidiò
intensamente, Kate sapeva
fingere così bene di essere serena, lei non ci era mai
riuscita così bene.
Per la seconda volta il suono del
campanello
la distrasse dai suoi pensieri, questa volta però non aveva
la minima idea di
chi potesse essere.
Lexus era partita qualche giorno
prima per la Florida, per passare le feste natalizie con i suoi, Jamie
era
impegnata nella corsa col tempo per comprare gli ultimi regali ai
numerosi
parenti di Tyler, con quest’ultimo. Chi poteva essere?
Per un istante un’idea
gli balzò in
mente, fu solo un attimo, una speranza, un lampo, ma poi scosse la
testa
energicamente: non poteva essere lui.
-vuoi che vada ad aprire io?-
chiese
Angel studiando la sua espressione pensierosa
-no- rispose lei scuotendo la testa
–no, tranquillo, ci penso io-
Si avviò con un sorriso
tirato verso
la porta, sotto lo sguardo apprensivo di Kate che, molto probabilmente
aveva
intuito le speranze della ragazza, mentre ad ogni passo sentiva il
cuore
salirgli in gola.
Che avesse cambiato idea? Che
avesse
capito che il suo ragionamento era del tutto sbagliato e fosse tornato
da lei?
Che per qualche assurdo motivo avesse scelto lei e non Allie?
Prese un respiro profondo poggiando
la mano sulla maniglia. No, con ogni probabilità non era
lui, non doveva
illudersi. A quell’ora probabilmente lui era
chissà dove, abbracciato alla sua
bella bionda senza un pensiero per la testa.
Spalancò la porta prima
che altre
congetture potessero invadergli la mente e rimase del tutto sorpresa
dalla
figura che si trovò di fronte.
-ciao-
Johnny le sorrideva da pochi
centimetri di distanza, mentre si stringeva meglio nel suo cappotto
nero.
-ciao- ricambiò lei
sorpresa
-scusami della visita senza
preavviso- commentò notando lo sguardo interdetto della
ragazza –ma mi trovavo
di qui, e ho pensato di farti un saluto-
-ma certo, non preoccuparti-
sorrise
–vuoi entrare?-
Johnny diede un’occhiata
alle spalle
della ragazza –sei sola?- chiese poi
-no, sono con due miei amici in
realtà-
Gli occhi del ragazzo si
illuminarono
per un istante –amici?-
-si, Kate e Angel- sorrise
consapevole che al ragazzo avrebbe fatto piacere sentire ben altro nome
Ricevette conferma dalla sua
espressione
delusa.
-entra su!- lo spronò
lei facendogli
spazio
-non voglio disturbare, davvero-
commentò entrando
-il capo non disturba mai- rise lei
I due raggiunsero il soggiorno,
dove
ora ad attenderli c’era solo Kate che giocherellava con aria
pensierosa col
sottile bracciale d’argento che portava al polso.
-dov’è Angel?-
chiese Ronnie
Al suono della voce
dell’amica, parve
distrarsi, smettendo di torturare la catenella attorno al polso
-è andato di
sopra, ha detto che aveva bisogno di una doccia- rispose
l’altra in un’alzata
di spalle
Ronnie annuì, voltandosi
poi verso
Johnny a qualche passo da lei.
-beh, voi vi conoscete
già mi pare,
non c’è bisogno di presentazione-
-E’ un piacere rivederti
Kate-
sorrise
-anche per me- ricambiò
–allora, come
vanno le cose con Lexus?- chiese sfacciata come sempre
Fu forse la prima volta che Ronnie
vide Johnny, sempre dalla risposta pronta, leggermente in imbarazzo.
-come sempre Kate: mi
ama alla follia-
Kate ridacchiò mentre
Johnny prendeva
posto accanto a lei sul divano –va così male?-
chiese
Johnny sorrise furbo –non
ho mai
incontrato una ragazza così…-
-irritante?- chiese Kate, ma Johnny
scosse la testa sorridendo
-insensibile?- provò
allora Ronnie,
divertita
-stavo per dire enigmatica-
sorrise lui –non fa mai quello che mi aspetto che
faccia, quello che la maggior parte delle donne farebbe ed è
l’unica persona
che conosco che riesce a tenermi testa con la lingua! Ogni volta che
provo a
fare un passo verso di lei erige un muro immenso tra me e lei e questo
è così…-
-irritante?- lo interruppe
divertita
Kate
-non sei d’aiuto-
borbottò il ragazzo
mentre Ronnie li guardava divertita –a proposito,
dov’è ora?-
Kate e Ronnie si scambiarono uno
sguardo complice, rivolgendosi poi nuovamente al ragazzo –oh-
sospirò Kate
–dovrò darti una notizia che ti
spezzerà il cuore John-
Johnny guardò dubbioso
Kate, per poi
spostare lo sguardo verso Ronnie, sperando che lei fosse stata
più chiara.
-E’ partita per Miami,
per
festeggiare il Natale con la sua famiglia- spiegò la mora
-oh- fu l’unica cosa che
riuscì a
dire Johnny accigliandosi.
Questa non ci voleva.
-oddio, sei messo proprio male!-
sbottò Kate mentre Ronnie a stento riusciva a trattenere le
risate
Johnny negò con forza
–è solo che non
so proprio come fare con lei!-
-oh,
tesoro, hai presente tutti quei cliché
che hai imparato negli anni e che continuano a funzionare per il
novantanove
per cento delle donne?- sospirò Kate passando una mano
attorno alla spalle del
ragazzo, con fare apprensivo
-si- rispose lui confuso
-bene, dimenticali.
Perché ora non
siamo parlando di donne, stiamo parlando di Lexus-
*
*
*
Alcuni dicono che non
c’è nulla di
più profondo del legame fraterno, quel sentimento che ti
lega ad una persona
dalla nascita, di cui non potrai più fare a meno col tempo,
quel legame unico
ed indissolubile che mai nessun tipo di rapporto potrà
sostituire.
I fratelli Jonas questo lo sapevano
bene, come sapevano a chi riferirsi a seconda delle situazioni: Joe era
quello
da cui andare nei momenti in cui ci si voleva divertire e non pensare a
nulla,
Nick era quello con cui discutere delle decisioni importanti, quello
che
riusciva ad analizzare ogni cosa con la giusta oggettività e
Kevin, lui, era
quello a cui rivolgersi nei problemi di cuore.
Kevin sembrava l’unico
dei tre che
capisse il funzionamento di quella complessa macchina chiamata
“mente femminile”,
non per niente era stato il primo fratello a sposarsi a soli ventidue
anni, e
dopo tre anni di matrimonio era riuscito a conservare il suo rapporto
vivo come
se non fosse passato nemmeno un mese.
Il maggiore dei fratelli era sempre
pronto ad ascoltare e disponibile verso i suoi fratelli minori, ma
quella
mattina a Kevin aspettava un compito ancora più arduo del
solito: aiutare
entrambi i fratelli, contemporaneamente.
Aveva sentito puzza di guai
già
quando aveva sentito il rumore di pneumatici sulla ghiaia del vialetto
di casa
sua. Aveva schiacciato la testa nel cuscino sperando che quello fosse
solo un
brutto incubo: chiunque fosse non poteva essersi realmente
presentato a casa sua alle otto del mattino del ventitré
dicembre.
Purtroppo il suo incubo era
più che
reale, anzi, era addirittura doppio. E quello stesso incubo
l’aveva quasi
trascinato giù in cucina per un piede quando si era
rifiutato di alzarsi dal
letto.
Fortunatamente quella mattina
Danielle era già uscita con Denise, per andare a comperare
le ultime cose per
il cenone della vigilia e non aveva dovuto partecipare a quella che a
Kevin
sembrava una tortura cinese.
Alla fine Kevin, più o
meno cosciente,
sedette ad uno degli sgabelli attorno all’isola e
pazientemente ascoltò quello
che gli diceva Nick poi Joe.
Una volta che entrambi i fratelli
ebbero terminato i loro discorsi, Kevin prese parola, forse per la
prima volta.
-Quindi, ricapitolando-
cominciò
mescolando il cappuccino che aveva preteso gli fosse preparato
–tu- indicò Joe
con il cucchiaino –dopo
non si sa quanti anni, hai avuto il coraggio di dire a Kate quello che
provi,
lei ricambia- si interruppe –o ricambiava,
e tu hai mandato tutto all’aria per uno stupido malinteso e
nonostante tu
sappia di aver sbagliato, sei ancora qui, con le mani in mano-
Joe aprì la bocca per
rispondere,
contrariato, dopotutto lui aveva provato a scusarsi, ma Kevin distolse
lo
sguardo puntando poi il cucchiaino verso Nick –tu, invece,
sei consapevole di
amare ancora Ronnie, ma sei convinto che con la comparsa di Angel
l’universo
abbia voluto mandarti un messaggio divino-
disse mimando le virgolette –secondo il quale Ronnie debba
stare con Angel e
non con te, nonostante tu sappia che anche lei prova qualcosa nei tuoi
confronti-
Nick aprì la bocca a sua
volta,
imitando il fratello, ma anche questa volta Kevin
l’interruppe con un pesante
sbuffo, gettando con fare sconsolato il cucchiaino nel lavello
–sono circondato
da idioti- concluse.
-aspetta un momento!-
controbatté Joe
–io ho provato a scusarmi con Kate, ma lei non mi ascolta! Ed
io non so cosa
fare-
Kevin lo guardò quasi
con
compassione.
-davvero ti aspettavi che sarebbe
bastato andare da lei con quegli occhi da cucciolone smarrito per farti
perdonare?- commentò sarcastico –dovrai inventarti
qualcosa di meglio mi sa-
-Kevin ha ragione- si intromise
Nick
–ci vogliono più delle parole, devi
riconquistarla!-
Joe rimase in silenzio, abbassando
lo
sguardo mentre poggiava la testa sul braccio in una posa pensierosa.
Fuori
uno.
Kevin si voltò verso
Nick –mi fa
piacere che tu sia così bravo a dare consigli quando non si
tratta di te- alzò
un sopracciglio
Nick abbassò lo sguardo
imitando il
fratello, consapevole.
-si può sapere cosa stai
combinando?-
sussurrò Kevin, mentre anche Joe si voltava verso di lui
-non lo so Kev, ho fatto quello che
mi sentivo- alzò le spalle
-no- obbiettò subito lui
–è questo il
problema, tu non fai mai quello che
ti senti-
-se avessi fatto quello che ti
sentivi qualche anno fa- aggiunse Joe appoggiando la teoria di Kevin
–saresti
andato in Spagna a riprendertela-
Nick fece per aprire la bocca ma
Joe
lo interruppe –oh e piantala con questa storia che non sapevi dove fosse- sbottò
–con gli agganci che abbiamo in tutto
il mondo quanto pensi ci avremmo messo a trovarla?-
-non è così
semplice Joe, non posso
pensare solo a me, ci sono altre persone a questo mondo a cui voglio
bene che
potrebbero soffrire per le mie scelte!-
-Nick- lo richiamò Kevin
–le persona
a cui più vuoi bene, proprio ora sta soffrendo a causa tua-
Freddo. Diretto. Sincero.
*
*
*
Lo so, lo so, questo capitolo
è inutile
uù
Ma suvvia, non possono mica
scannarsi/litigare/fare pace/ in ogni secondo, diamo un po’
di tregua a stì
poveretti! LOL
No, in realtà questo
capitolo non
doveva esserci, ma siccome avevo scritto in passato alcuni pezzi e li
trovavo
carini, mi dispiaceva non utilizzarli.
Tranquille, mi rifarò
col prossimo
capitolo interamente dedicato a Kate e Joe uù
Deeeeeeetto questo, spero di avervi
fatto sorridere leggendo questo e di non avervi annoiato!
Buona domenica a tutte mie dolci
pallette di lardo, vi lascio con una foto alquanto vhiughoihjzroigh di
“Angel”
o meglio, Jon Kortajarena o meglio, il mio futuro amante uù
OH! Quasi dimenticavo! Tanti auguri
Gaia! Ogni giorno più vecchia, ogni giorno più
stupida uù Buon compleanno
tesoro!
Vi amo tutte.
|
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Capitolo 28 *** Forgive me ***
Prima di lasciarvi al capitolo,
volevo dirvi che ho postato una one shot su Lexus e Johnny, ci tengo
davvvvvero
tanto, quindi se potreste farci un salto veloce mi fareste davvero
felice *-*
Potete leggerla cliccando QUI
!
Thank u all, buona lettura.
I giorni continuavano a passare
veloci, ed anche in casa Sunders era arrivato il ventiquattro Dicembre.
Kate, di solito, adorava il Datale.
Era la sua festa preferita, amava andare in giro per negozi a comprare
tanti
regali, amava gli addobbi, quel rosso che non stonava mai, le canzoni
natalizie, amava tutto del Natale.
Ma quell’anno Kate non
era dell’umore
adatto per festeggiare, nemmeno l’odore dei biscotti di
marzapane o del grande
abete addobbato in un angolo della sala da pranzo avevano risvegliato
in lei
quel caro e vecchio spirito Natalizio. I giorni passano come se fosse
un
normale periodo dell’anno, senza lasciare quella tipica
allegria ed aria di
festa.
Kate era rifugiata in un angolo
della
cugina, dove c’era un andirivieni di persone che preparavano
cibo e si
affrettavano a preparare la sala da pranzo, mancava poco
all’ora della consueta
cena di Natale che tutti gli anni la sua famiglia organizzava.
Sospirò, mentre in
sottofondo sentiva
la madre urlare vari comandi ai poveri malcapitati. Quello era il
peggior
Natale di sempre.
Il cellulare vibrò nella
tasca
posteriore dei suoi jeans e benedì mentalmente chiunque le
avesse offerto
l'occasione di distrarsi da quell'insopportabile confusione. Pensiero
che però cambiò
repentinamente, non appena vide il nome lampeggiante sullo schermo.
Non era ancora pronta a parlare con
lui, pensava di essere stata chiara, perché allora non lo
capiva?
Provò ad ignorare lo
squillare
ripetitivo del telefono, ma l’attorcigliarsi nervoso del suo
stomaco su se
stesso le fece capire che infondo anche lei moriva dalla voglia di
sentire la
voce del ragazzo. Poteva ingannare lui, non se stessa.
-non avevamo deciso di non sentirci
per un pò, Joe?- chiese irritata senza lasciarlo parlare
-ciao anche a te Kate- rispose lui
sarcastico -e no, per la precisione tu
hai deciso che non volevi sentirmi per un pò, io ho deciso
di essere assillante
e petulante finchè non mi perdonerai-
Kate roteò gli occhi
alzandoli al
cielo, ma divertita nonostante tutto -è
la vigilia di Natale Joe, non dovresti essere con la tua famiglia?-
-la vedrò più
tardi, ora vorrei
vederti per cinque minuti, potresti uscire?-
Sospirò.
-mi dispiace Joe- non doveva
cedere,
non sarebbe servito a nulla -ma siamo nel pieno dei preparativi, non
posso
allontanarmi da casa per nessun motivo-
-lo immaginavo- sospirò
Joe, per poi
continuare in tono più allegro -è per questo che
sono proprio fuori casa tua-
Kate sobbalzò
accostandosi
velocemente alla finestra, scostando la tendina a quadri rossa e bianca.
Era vero, era proprio
lì, a qualche
metro dalla porta d'ingresso, con lo sguardo verso l'alto, rivolto alla
finestra della sua stanza. Forse pensava lei fosse lì.
-cosa ci fai fuori casa mia?-
sbottò
mentre sentiva suo malgrado i battiti del suo cuore aumentare
-te l'ho detto- rispose lui
tranquillo -ti devo parlare-
Kate scosse la testa -sei proprio
cocciuto eh-
Vide Joe sorridere e a quella vista
gli si strinse il cuore –è una delle mie
qualità migliori, dicono-
Quanto le mancava quel sorriso.
Sospirò, mentre in
silenzio osservava
la figura di Joe che, malamente illuminata dalle lucine natalizie che
erano
state affisse fuori la casa, attendeva speranzosa con un sorriso appena
accennato.
-dai, solo un minuto- insistette il
ragazzo, come se avesse colto nel silenzio il suo tentennamento.
Kate sospirò per la
seconda volta
mordendosi il labbro inferiore, quanto avrebbe voluto riuscire a dire
no.
-solo un minuto- e vide il sorriso
di
Joe aprirsi istantaneamente
* *
*
Ce l’aveva fatta,
l’aveva convinta.
Joe guardò con un
sorriso soddisfatto
Kate uscire di casa stringendosi nel suo buffo golfino rosa a pois.
Non credeva che sarebbe riuscito a
farla uscire così facilmente, come minimo si era aspettato
di doverle sfondare
la porta di casa a calci e prenderla di peso, ed invece Kate si era
lasciata
convincere pacificamente.
Certo, questo non significava nulla
ovviamente.
Era solo un passo, il primo, verso
la
sua opera di convincimento.
Ora
viene la parte difficile, pensò mentre Kate si
accostava a lui portandosi una
ciocca di capelli lisci dietro l’orecchio.
-non ho molto tempo Joe- disse
subito
incrociando le braccia al petto –cosa
c’è?-
Il ragazzo sorrise, per niente
turbato dal suo tono duro, il solo vederla a pochi passi da lui gli
dava
serenità.
-per prima cosa volevo chiederti
scusa, ancora- sorrise timidamente –avrei dovuto darti
l’opportunità di
spiegare, invece ho sbagliato-
Kate annuì senza
espressione –tutto
qui?-
-no, devo darti una cosa- rispose
enigmatico
Si accigliò, senza
muovere un passo,
senza tradire alcun tipo di emozione, ma Joe vide chiaramente il
movimento
delle sue braccia, che si stringevano di più attorno alla
sua vita –cosa?-
Senza smettere di sorridere Joe
infilò la mano sotto il suo cappotto, estraendo poi una
scatolina blu piccola
quanto il palmo della sua mano.
Joe vide Kate fissare dubbiosa la
scatolina che le stava porgendo e intuì che la ragazza stava
pensando se
accettarlo o meno. Conoscendo Kate, era sicuro che pensasse che quello
era un
modo per corromperla, il che era
effettivamente vero, ma ovviamente Joe doveva fare di tutto per non
farglielo
credere.
-prima che tu pensi qualsiasi cosa-
disse infatti –questo è il mio regalo di Natale,
l’avevo già comprato prima che
succedesse…- si bloccò, senza sapere che parole
usare
-insomma, prima di questo-
disse improvvisamente impacciato
–e ci tenevo a dartelo, nonostante tutto-
Kate guardò prima lui,
poi il pacchetto
che le porgeva –Joe…- si lamentò,
indecisa
-ti prego, accettalo-
Lo sguardo di Kate tornò
a Joe, che
la guardava con aria implorante.
Ti
prego Kate,
pensava, dammi la possibilità di
farmi
perdonare.
-va bene- sospirò lei,
come se gli
avesse letto nel pensiero, afferrando il pacchetto –non
sarà qualcosa di
estremamente costoso, vero?-
-apri- disse semplicemente Joe,
mantenere i segreti non era mai stato il suo forte, se la ragazza gli
avesse
fatto qualche altra domanda probabilmente le avrebbe svelato tutto
prima che
lei aprisse la scatola, rovinando la sorpresa.
La rossa si arrese e lentamente
aprì
la scatolina blu, guardando al suo interno.
Accarezzò la catenina
d’argento,
mentre il cuore di Joe cominciava a battere con più
frequenza facendo crescere l’ansia
dentro di se. La ragazza prese la placchetta d’argento appesa
alla collanina,
studiandola per qualche istante senza espressione.
Era una placchetta
d’argento
semplice, molto simile a quella dei militari ed era orrenda, a dirla
tutta, ma
era perfetta per quello che serviva a Joe.
-E’ bellissima- disse
incerta Kate
–grazie-
Joe sorrise, Kate non era mai stata
brava a mentire, le si leggeva in faccia che era alquanto confusa da
quel
regalo apparentemente semplice e senza gusto.
-sono contento che ti piaccia-
rispose sarcastico –ma credo che tu non abbia guardato bene-
Accigliata, Kate tornò a
guardare la
medaglietta, rigirandosela tra le dita più volte.
–lascia che ti aiuti-
ridacchiò Joe
avvicinandosi alla ragazza
Allungò la mano fino a
prenderle il ciondolo
tra le mani, ma nel farlo inevitabilmente le loro dita si sfiorarono
per un
istante.
I loro sguardi si incrociarono
fondendosi l’uno nell’altro e Joe pensò
che sarebbe potuto rimanere lì a
guardarla in eterno.
Oh
Kate, perdonami.
La rossa abbassò lo
sguardo mentre le
guance le si coloravano di rosso e Joe prese un respiro profondo,
tornando a
guardare la medaglietta.
-Ecco- disse porgendogliela
nuovamente dal lato corretto –guarda bene qui-
Kate la riprese tra le sue mani,
questa volta stando ben attenta a non sfiorare minimamente quella di
Joe, e la
avvicinò al volto, curiosa.
Sorrise nel vedere
l’espressione di
Kate confusa, mentre si sforzava di leggere quello che era inciso sopra.
*
*
*
Jate
RA1h07m12.87s, DE+05 76'45.64''
Che diavolo significava?
Kate rimase a fissare la placchetta
d’argento
che stringeva tra le dita aspettando che arrivasse
l’illuminazione, ma niente.
L’unica cosa che era riuscita a capire era il suo nome unito
a quello di Joe, Jate, ma non aveva
capito ne il
significato di quello strano insieme di numeri e lettere, ne
perché fosse
associato ai loro nomi.
Alzò lo sguardo verso
Joe, che la
guardava con un sorriso sereno, come se si aspettasse la confusione
della
ragazza.
-non capisco- sussurrò
lei
-non sei un appassionata di
astronomia, evidentemente-
Più confusa di prima,
Kate sussurro
un flebile –no-
-allora sarà il caso che
ti spieghi-
sorrise –sono le coordinate di una stella-
Una stella? E cosa doveva farci lei
con le coordinate di una stella? Perché Joe le aveva
regalato un’orrenda
placchetta di metallo con inciso sopra le coordinate di una stella? E
perché
c’era il suo nome?
Oh, non ci stava capendo niente.
-che stella?- chiese titubante,
magari stella era il nome in codice per qualche altra cosa.
D'altronde, sapeva che Joe viveva
in
un mondo tutto suo, magari quella che Joe definiva “stella”
per il mondo era il bagno e, visto che lei non l’aveva
perdonato, Joe le
aveva gentilmente
fornito le coordinate per andare a cagare.
Ma questo sarebbe stato decisamente
poco romantico persino per Joe.
-della nostra
stella-
Gli occhi di Kate si spalancarono,
abbassando lo sguardo sulla catenina, poi di nuovo su Joe.
-la nostra…stella?-
chiese dubbiosa –tu, mi hai comprato una stella?-
Joe sorrise compiaciuto
dall’espressione incredula della ragazza –ci
ho comprato una stella- lo corresse lei
CI, aveva comprato una
stella.
Una
stella.
Non una cosa qualunque che costa pochi spicci, o una da milioni di
euro. Non il
primo regalo che aveva visto in vetrina o che qualcuno gli avesse
suggerito.
Non una cosa scontata, non una cosa banale ed orribile, come aveva
pensato alla
vista di quella targhetta.
Una
stella.
Joe le aveva comprato una stella.
-si può vedere?-
balbettò
Joe scosse la testa dispiaciuto
–non
ad occhio nudo-
Kate abbassò di nuovo lo
sguardo,
verso la placchetta che ancora teneva penzolante in una mano.
-Joe è il più
bel regalo di Natale
che io abbia mai avuto-
Il ragazzo le sorrise, sollevato.
-vedi, volevo farti un regalo di
Natale speciale, ma non solo- l’espressione era seria e lo
sguardo profondo che
le stava rivolgendo non era certo d’aiuto a farla ritornare
dal suo stato
comatoso
–siamo sempre
così impegnati Kate,
che il tempo per vederci è davvero poco- parlò
istintivamente al presente, come
se Kate fosse ancora la sua ragazza, come se non fosse successo niente
di
brutto tra i due
–e tu mi manchi
così tanto- gli occhi
brillarono, mentre allungava una mano verso la guancia liscia della
ragazza per
posarvi una leggera carezza
-volevo un posto solo per noi un
posto dove poter andare essendo noi stessi, senza Joe
l’attore impegnatissimo o
Kate la stilista super affaccendata costretti a sentirsi per cinque
minuti al
telefono, solo noi-
Kate aveva ormai la salivazione a
zero, mentre guardava il ragazzo con gli occhi spalancati ed il fiato
corto.
Voleva dirgli di non guardarla così, di togliere la sua mano
calda e gentile
dalla sua guancia, di allontanarsi da lei, ma non era così
forte.
-ovviamente non possiamo andare
fisicamente
su quella stella- sorrise –ma avevo immaginato che sarebbe
stato bello
stendersi a pancia in su e guardarla, che in qualche modo sarebbe stato
un po’
come estraniarsi dal resto del mondo ed andare sulla nostra stella,
solo
nostra-
Era senza parole. Cercava con tutta
la forza di volontà che possedeva di ricacciare indietro le
lacrime che
prepotentemente le stavano salendo agli occhi, di fermare il suo cuore
impazzito prima che facesse un buco nel suo petto, di far smettere le
sue mani
di tremare.
Non sapeva cosa dire, ma non aveva
molta importanza dal momento in cui non sarebbe riuscita a pronunciare
una
parola a causa della gola che le si stringeva fastidiosamente.
Joe le sorrise, incoraggiandola, e
per un istante la mente le si svuotò riportandola a poche
settimane prima
quando tutto era così perfetto.
In un attimo cancellò
tutto: lei è
Joe non avevano litigato e lei non aveva sentito chiaramente il suo
cuore
rompersi e sanguinare dolorosamente. Loro erano rimasti insieme, Joe
era il suo
migliore amico, il suo rifugio sicuro, il suo appiglio, il suo tutto.
Poi Joe pronunciò quelle
parole che
la strapparono dai suoi sogni facendola violentemente tornare alla
realtà.
-ti prego Kate, perdonami-
Perdonarlo. Si, perché Joe non
era più il suo ragazzo, non era più la sua isola
sicura, le braccia forti in
cui poteva rifugiarsi, non era più il suo confidente, il suo
migliore amico, la sua stella.
Nonostante lei volesse
con tutto il cuore che lui lo fosse ancora, la sua mente le ripropose
flash di
lui con Isabelle, mentre si sussurravano parole dolci e comprese che
ora non
dipendeva più da lei.
Lei voleva
perdonarlo, ma non ci riusciva.
Nel momento esatto in cui lo
capì, le
lacrime le sgorgarono veloci dagli occhi, ed il respiro le
mancò a tal punto
che cominciò a singhiozzare.
Si sentì avvolgere dalle
braccia di
Joe e si sentì ancora più male, ancora
più in colpa, perché lei non riusciva a
perdonarlo, non riusciva a fidarsi di nuovo di lui.
-Non ci riesco Joe-
singhiozzò lei
–mi dispiace così tanto-
-sshhhh- le intimò
cullandola mentre
la teneva stretta al suo petto
Rimasero così per un
tempo
indeterminato, fino a che Kate non riuscì a sopprimere i
singhiozzi e ad
impedire ai suoi occhi di lacrimare senza freno.
A quel punto Joe si
distaccò di poco,
prendendole il viso tra le mani, scrutando negli occhi arrossati di
Kate.
-scusami- gracchiò la
ragazza
-non sei tu quella che deve
scusarsi
Kate- poggiò la sua fronte a quella della rossa con aria
affranta –ho fatto un
errore ed ora ne sto pagando le conseguenze-
-ma io vorrei,
solo che…- la voce le cedette sull’ultima parola,
mentre
sentiva nuovamente le lacrime salire
Joe le premette un dito sulle
labbra,
per zittirla, ma lei scosse la testa.
-ho bisogno di tempo, Joe-
singhiozzò
-hai tutto il tempo che vuoi
piccola-
le sfiorò il naso col suo, lentamente, spostandole una
ciocca di capelli dietro
l’orecchio –io non me ne vado da qui-
*
* *
ECCOCI QUI!
Come promesso, con un bel capitolo
dedicato a Joe e Kate. Cioè oddio, proprio
“bel” non direi LOL
Le parti romantiche non sono il mio
forte, lo sapete voi, lo so io, devo arrendermi uù Ma mi
sono davvero sforzata
per scrivere qualcosa di melense ed estremamente zuccheroso! Spero
apprezziate
lo sforzo uù
AH! Chiedo scusa per il ritardo ma,
come Lux sa, questo capitolo non mi convinceva/convince affatto e
speravo si
aggiustasse da solo(LOL), ovviamente così non è
stato, quindi ho postato anyway
uù
Passate a leggere l’os di
Lexus e
Johnny, mi raccomando! Ci tengo davvero tanto.
Detto questo, vi auguro una buona
domenica e vi lascio anche questa volta con una foto del mio futuro
marito.
Vi amo tutte!
|
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Capitolo 29 *** Can't lie to my heart, I need you here. ***
Jamie era inquieta quella mattina.
Erano solo le otto, del venticinque
Dicembre, eppure lei era già sveglia da almeno un ora, le
pareva di aver
consumato il parquet per le volte che ci era passata e ripassata sopra.
La lunga camicia da notte le
frusciava attorno alle ginocchia e i capelli scompigliati le
incorniciavano il
viso, sulla quale c’era un’espressione di pura
concentrazione.
Aveva saputo di quello che era
successo tra Ronnie e Nick qualche giorno prima ed aveva anche saputo
che Nick
era tornado da Allie proprio quando aveva avuto il coraggio di
allontanarla.
Erano di nuovo al punto di partenza.
Ad ogni modo, doveva assolutamente
trovare una soluzione, stava a lei risolvere le cose, lo sapeva.
-tesoro, perché non
torni a letto?-
la voce assonnata di Tyler emerse dal groviglio di lenzuola che
giacevano sul
letto disfatto. La sera prima si era sentita così triste per
l’amica che non se
la sentiva di rimanere da sola, così si era autoinvitata da
Tyler per restare
lì per la notte, non che il ragazzo avesse opposto
resistenza e Jamie si
sentiva troppo triste. Alcuni la chiamano empatia.
-sono troppo agitata per dormire-
rispose senza mai fermarsi
Con uno sbuffo Tyler si mise a
sedere
sul letto e Jamie finalmente sì bloccò spostando
lo sguardo sul ragazzo che con
i capelli scompigliati la guardava con aria assente e sconcertata.
-che c’è?-
chiese sbuffando a sua
volta
Il ragazzo sorrise trascinandosi
fino
ai piedi del letto, dove Jamie continuava a guardarlo infastidita per
essere
stata interrotta dal continuo fluire dei suoi pensieri.
-perché non vieni qui e
mi dici cos’è
che ti tormenta?- chiese gentile facendole segno di sedersi accanto a
lui.
Jamie obbedì, se pur
apparentemente
contro voglia, rifugiandosi tra le braccia del ragazzo.
-perché non possono
tornare assieme?-
sbuffò
-di chi stai parlando, tesoro?- le
chiese affettuoso accarezzandole i capelli castani
-di Nick e Ronnie!-
sbottò –lui è
innamorato di lei, ma allo stesso tempo non vuole ferire Allie e per di
più ora
è arrivato Angel ad intimorirlo, e lui si è
convinto che Ronnie starebbe meglio
con lui!-
-e Ronnie?- chiese
-Ronnie non è
interessata ad Angel,
almeno non come è interessata a Nick- sospirò
abbassando lo sguardo –ci è
rimasta malissimo quando ha capito che lui avrebbe scelto Allie-
Tyler la strinse a se, intenerito
dal
tono che la ragazza aveva usato. Jamie era così, non poteva
fare a meno di
preoccuparsi eccessivamente delle faccende delle persone a cui voleva
bene.
Alle volte Tyler aveva l’impressione che se ne preoccupasse
anche più delle
persone direttamente interessate.
-se Ronnie vuole stare con Nick,
perché non glielo dice chiaramente?-
Jamie lo guardò scettica.
-stiamo parlando della stessa
Ronnie?
Tu credi che Ronnie corra il rischio di rivelare i suoi sentimenti a
Nick
quando c’è una possibilità che lui la
rifiuti?-
-no?- chiese spaesato
-no- scosse la testa –ed
è questa la
cosa che mi preoccupa, lei è troppo orgogliosa lui troppo
codardo-
-non sono mica tutti come noi-
sussurrò posandole un delicato bacio sulle labbra
Jamie sorrise guardando nei suoi
occhi verdi. Quasi non ci credeva che tra due mesi si sarebbero
sposati, che
lui sarebbe diventato suo marito, per sempre.
-vorrei tanto che per il giorno del
matrimonio le cose si aggiustassero e che quei quattro siano finalmente
felici,
insieme-
-lo vorrei anche io, vorrei che
tutto
fosse perfetto per te- sospirò –cosa possiamo
fare?-
Jamie alzò le spalle
rifugiando la
testa sul suo petto. Cosa poteva fare? Non poteva di certo entrare
nella loro
testa e cambiare i loro pensieri ed era quasi convinta che parlare con
loro non
avrebbe avuto alcun risultato.
Poi, improvvisamente, si
illuminò.
-daremo una festa di fine anno!-
strillò mettendosi seduta, facendo sobbalzare il ragazzo
–ed inviteremo Ronnie
e Nick e se sarà necessario li chiuderemo nello stanzino
delle scope per farli
parlare e chiarirsi!-
Tyler lo guardò scettico
–non pensi
che Nick verrà con Allie?-
-beh, in questo caso io
distrarrò
Allie e tu li chiuderai nello stanzino!- trillò senza
perdersi d’animo –oh,
Kate sarebbe fiera di me in questo momento!-
Il ragazzo ridacchio annuendo
–a
proposito di Kate, cosa intendi fare con lei e Joe?-
Jamie sorrise felice, incrociando
le
braccia dietro il collo del ragazzo –per quello credo ci stia
già pensando Joe-
Couse
when
I’m with him
I’m
thinking
of you, thinking of you
(Katy
Perry
– thinking of you)
Nel momento esatto in cui Ronnie si
voltò per guardarsi allo specchio, la luce si spense
improvvisamente.
Perfetto.
Era la vigilia di Natale e
l’avrebbe
trascorsa con Angel, come da quattro anni a questa parte. Non che non
gradisse
la compagnia del ragazzo, anzi era sempre felice di poter trascorrere
il suo
tempo con lui, ma aveva sperato che magari quell’anno
avrebbero potuto prendere
parte a quel Natale anche le sue amiche, forse, anche Nick.
Con uno sbuffo si avviò
verso le
scale e, passando vicino alla finestra della sua stanza, in lontananza
vide la
casa dei vicini ben illuminata, con tanto di decorazioni natalizie
lampeggianti. Non si trattava quindi di un blackout, forse era
semplicemente
saltato il contatore.
-Angel?- chiamò, ma non
ricevette
nessuna risposta.
Probabilmente il ragazzo era uscito
fuori per controllare il generatore.
Non era riuscita a passare molto
tempo con lui da quando era arrivato a Los Angeles, un po’
per il lavoro che la
teneva occupata per la maggior parte della giornata, un po’
perché il suo umore
era nero in quei giorni e quindi tentava di tenersi il più
lontano possibile
dal ragazzo per evitare di sfogare la sua rabbia su di lui, senza
motivo.
Facendo attenzione a non inciampare
tra i suoi stessi piedi scese con cautela gli ultimi scalini.
Stava per avviarsi verso la
veranda,
quando una luce fioca proveniente dalla cucina attirò la sua
attenzione. C’era
forse qualcuno?
-Angel?- chiamò ancora,
questa volta
più timorosa, ma il ragazzo non rispose
Si avviò lentamente
verso la cucina,
con passo incerto, ma non appena vide cosa l’attendeva
all’interno della stanza
la sua paura di trasformò in puro stupore.
La luce fioca che aveva visto dalle
scale proveniva da due candele rosse poste al centro del tavolo rotondo
che
Ronnie non aveva mai visto in vita sua. Il tavolo era stato
apparecchiato con
una tovaglia bianca, niente di eccezionale, non fosse stato che la
superficie
era completamente ricoperta di petali di rose rosse sulla quale
giacevano due
piatti bianchi, due calici di vetro ed una bottiglia di vino rosso.
Rose
rosse, non girasoli.
Perché quella stupida
vocina dentro
la sua testa veniva fuori sempre nei momenti meno opportuni?
Stava per portarsi una mano alla
bocca, per la sorpresa, quando sentì due braccia forti
avvolgerla da dietro ed
un petto muscoloso aderire perfettamente alla sua schiena.
-buon Natale bichita- su un
sussurro
caldo nel suo orecchio che la fece involontariamente rabbrividire.
Si rigirò tra le braccia
di Angel,
per guardarlo negli occhi e sorridergli.
-non è ancora Natale, in
teoria-
Il ragazzo sorrise stringendo la
presa sulla sua schiena, cosa che la mise leggermente in imbarazzo.
Non aveva dimenticato il bacio di non-addio che Angel le aveva dato
all’aeroporto e sapeva bene che nemmeno lui l’aveva
fatto, ma con tutto il
trambusto che c’era stato in quei giorni aveva accantonato il
pensiero.
Pensiero che però ora,
con lui a
pochi centimetri di distanza, riaffiorava egoisticamente facendosi
spazio tra i
suoi pensieri ed ora il ricordo delle sue labbra calde sulle sue era
più vivo e
bruciante che mai.
Con un sorriso timido, Ronnie si
allontanò di poco da lui, che la lasciò andare
senza perdere l’espressione
serena.
-ti piace?- accennò alla
tavola
Ronnie annuì strofinando
un petalo
rosso tra due dita –è una delle cose
più romantiche che abbiano mai fatto per
me- sorrise
Angel si avvicinò
–è al primo posto
tra queste cose?-
I
girasoli.
-quasi- dannata vocina, forse
avrebbe
fatto meglio a mordersi la lingua.
-mi accontenterò del
secondo posto-
ridacchiò Angel dimostrando di aver capito più di
quanto lei avesse lasciato
intendere tra le righe e Ronnie era sollevata dal fatto che il ragazzo
non si
fosse offeso, non voleva rovinare la serata.
Come se fosse un uomo di altri
tempi,
Angel le scostò la sedia facendola accomodare al suo posto,
per poi sedersi a
sua volta.
-a cosa devo tutto questo?-
accennò
al tavolo
Angel non smetteva di sorridere,
mentre la fissava con quel suo tipico sguardo enigmatico.
-al primo Natale che festeggiamo
nella città degli angeli- rispose con voce suadente che
costrinse Ronnie ad
abbassare lo sguardo, per non andare a fuoco.
Cominciarono a mangiare mentre un
pesante silenzio calava sulle loro teste. Non c’erano mai
stati silenzi
imbarazzanti tra loro due, nemmeno quando si conoscevano da appena tre
secondi,
ma ora la tensione che inevitabilmente aveva portato quel bacio quasi
dimenticato, l’atmosfera romantica della cenetta a lume di
candela, si poteva
tagliare con un coltello.
Ronnie sentiva che c’era
qualcosa di
sbagliato in tutto quello.
Non riusciva ad alzare lo sguardo
per
incrociare quello di Angel, non riusciva a trovare un argomento che non
le
facesse venire in mente Nick, non riusciva a respirare e questo era
alquanto
frustrante.
Angel era il ragazzo perfetto sotto
vari punti di vista: era indiscutibilmente bellissimo, affascinante e
sicuro di
se al punto giusto, senza essere arrogante. Era gentile, divertente,
dolce ed
affidabile. Angel era persino migliore
di Nick.
Allora perché non
riusciva a
togliersi il suo viso dalla mente mentre cenava con Angel?
Sobbalzò improvvisamente
quando sentì
le dita calde del ragazzo accarezzare le sue con delicatezza.
Deglutì, costringendosi
ad alzare lo
sguardo verso di lui.
-c’è qualcosa
che non va- non era una
domanda, lui la conosceva troppo bene.
Scosse la testa in segno negativo,
mentre si sforzava di alzare l’angolo della bocca in un
sorriso.
-E’ per questo?-
accennò al tavolo
cosparso di petali rossi –è troppo?- chiese
timoroso e le si strinse il cuore.
Si sentiva la persona
più cattiva del
mondo. Lui era così gentile, dolce e le aveva preparato la
cena più romantica
della sua vita, le stava accanto senza metterle pressione o chiedere
spiegazione delle sue stranezze, semplicemente si preoccupava per lei e
lei non
poteva stare lì a pensare ad un’altra persona.
Gli strinse forte la mano,
sorridendo
più naturalmente questa volta e lo vide visibilmente
rilassarsi.
-stavo solo pensando che
è tutto
perfetto- sorrise –tu sei
perfetto-
Lui le sorrise ed era un sorriso
dolce e felice che lei fu contenta di ricambiare, mentre cercava di
trovare nei
suoi occhi verdi che la fissavano quel qualcosa che tanto amava di
quelli
nocciola, ora troppo lontani.
When
I asked
you believe me you never let go,
but I let go
(Mayday
parade – I’d hate to be you…)
Fuori quella veranda, mentre
fissava
il prato verde avanti a se gli sembrava di essere tornato al punto di
partenza,
tutto attorno a lui sembrava non essere mai cambiato in quei mesi ed
invece ogni
cosa era diversa.
Aveva come l’impressione
di essere
intrappolato in una bugia, in un mondo parallelo che aveva costruito
giorno
dopo giorno, menzogna dopo menzogna tanto che non riusciva
più a distinguere la
verità tra quel mare di falsità in cui si era
costretto a vivere.
Non era cambiato nulla: la sua
famiglia era in casa pronta per festeggiare la vigilia di Natale
insieme ed
Allie era lì con lui, come l’anno precedente.
Quella normalità avrebbe
dovuto
rilassarlo ed invece si sentiva teso ed irrequieto mentre cercava di
zittire
quella vocina dentro di se che gli urlava flebilmente che era tutto
sbagliato,
che nulla era al posto giusto.
-a cosa pensi?- non vide arrivare
Allie finché non gli si avvicino, poggiando i gomiti sulla
ringhiera di legno
-nulla in particolare- la voce era
un
sussurro, nella speranza che lei non intercettasse i suoi pensieri
confusi.
Tornare da Allie, quasi
strisciando,
non era stato un bel gesto e non era convinto nemmeno che fosse stata
la cosa
giusta da fare, ma Allie era la persona a cui aggrapparsi per non
cadere giù,
il suo punto fermo.
Allie era affidabile, prevedibile,
stabile
e lo amava. Allie era
l’opposto di
Ronnie, che invece era uno spirito libero, indecifrabile e complicata.
Con
Ronnie niente era come sembrava ed anche le cose più
semplici erano complicate.
Sarebbe stato semplice, ad esempio, andare da lei e pregarla di tornare
con
lui, di riprovarci, ma c’erano troppi agenti esterni che
rendevano le cose
complicate.
O forse era lui che voleva
complicarle?
-Nick- sentì Allie
sospirare –non ho
tentennato un momento quando mi hai chiesto di tornare insieme, ma sai
quali
sono le mie condizioni- gli posò una mano sul braccio
fissandolo negli occhi
per accertarsi di avere la sua completa attenzione –non
voglio che tu pensi
ancora a lei- spiegò infine con tono asciutto mentre i suoi
occhi verdi
bruciavano di determinazione.
Nick strinse forte le labbra per
impedirsi di urlarle in faccia che lui voleva
non pensarla, ma non ci riusciva, non poteva controllare i suoi
pensieri.
-non stavo pensando a lei-
mentì
allora
Mentì perché
non poteva dirle la
verità, non quando solo poche ore prima era tornato da lei
chiedendole di
perdonarlo, che era solo confuso e che voleva stare con lei.
Mentì perché
in realtà pensava a
Ronnie ogni giorno, in ogni istante ed in ogni attimo. Pensava a lei in
un modo
asfissiante, morboso, perché le mancava terribilmente,
perché non era sicuro di
riuscire a dimenticarla ora che era a pochi chilometri da lui,
perché non c’era
momento in cui non si perdeva a pensare a come sarebbe stato stringerla
tra le
sue braccia e tenerla solo per se, per non lasciarla andare
più via da lui.
Aveva fatto bene a rinunciare a
lei?
Era questa la domanda che lo tormentava giorno e notte, che non gli
dava pace.
Non era mai stato un codardo nella sua vita, qualsiasi ostacolo aveva
trovato
sulla sua strada, grande o piccolo che fosse, si era rimboccato le
maniche ed
aveva faticato per rimuoverlo. A volte aveva avuto successo, altre
aveva
fallito ed era stato costretto a trascinarselo dietro, ma non aveva mai
rinunciato a lottare prima di lei.
Cos’era che lo spaventava
così tanto?
Perché non riusciva a lottare per lei?
-hai fatto la scelta giusta- Allie
si
era avvicinata stringendogli le mani attorno alla vita mentre
avvicinava il
volto serio a quello del ragazzo.
A Nick non restò che
arrendersi,
ancora, mentre non riusciva a smettere di pensare che quelle che lo
stringevano
erano le braccia sbagliate, le labbra sbagliate, la persona sbagliata.
*
*
*
Salve! Forse alcune di voi si
ricorderanno di me, sono la psicopatica con problemi di memoria e
relazioni
sociali che scriveva questa storia. Forse vi stavate chiedendo se fossi
ancora
viva, beh, la risposta è mie care: purtroppo si!
Innanzi tutto, vi chiedo scusa per
l’enorme
ritardo, quant’è che non posto? Non lo ricordo
nemmeno più. Questo non è il
periodo più felice della mia vita quindi non riesco a
concentrarmi molto, a
maggior ragione su questo capitolo che è abbastanza
mortalmente noioso ma,
aimè, mortalmente necessario per mandare avanti la storia.
Vi assicuro che il
prossimo capitolo sarà più movimentato, almeno lo
spero!
Ci sono delle cose che avrei voluto
dire nel capitolo precedente ma che avevo ovviamente
dimenticato.
Volevo ringraziare in particolar
modo
Sophiaa
(Mandols of my
heart, esclusivamente per me) per
l’idea della stella del capitolo precedente, senza di lei non
ci sarei mai
arrivata, io non sono così romantica!
Volevo poi
invitarvi a leggere una FF appena
iniziata, ma che promette davvero bene, ve ne accorgerete dal primo
capitolo! La
storia si chiama To write love on her
arms. Vi assicuro
che ne vale la pena,
passate!
PPPPPPPPoi? Ah
si! Chiunque volesse può seguirmi su
Twitter, mi farebbe piacere e magari ditemi che seguite la mia storia
così vi
ricambio il following! (ovviamente sono @JustALittleLie_ , fantasia
portami
via)
E, per chi non
l’avesse ancora fatto, vi invito a
leggere l’os su Lexus e Johnny, My heart is the
worst kind of weapon , che ha
riscontrato un inaspettato e piacevolissimo
“successo”!
Bene, credo di
aver detto tutto, ma ovviamente non
sarà così(dovrei iniettarmi fosforo nelle vene).
E dopo aver
scritto più qui che nel capitolo stesso,
vi auguro una buona settimana, piena di lasagna, e vi ringrazio per le
recensioni e preferiti e via dicendo.
Vi amo tutte,
never forget <3
|
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Capitolo 30 *** Jealousy ***
Era lì da più
di un’ora, ma non aveva
ancora smesso di chiedersi se avesse fatto bene ad accettare di andarci.
Ronnie prese un sorso della strana
sostanza arancione che galleggiava nel suo bicchiere guardandosi
attorno, dove
una ventina di persone ridacchiavano tra di loro ignorandola
bellamente,
d’altronde nemmeno la metà di quelle persone la
conoscevano, fatto che non era
valido ovviamente per Jamie, organizzatrice della festa, che passava da
una
persona all’altra chiacchierando gentilmente del
più e del meno come una
perfetta padrona di casa, nonostante quella fosse casa di Tyler.
Quando Jamie l’aveva
chiamata il
giorno di Natale per scambiarsi i consueti auguri l’aveva
anche informata che
aveva intenzione di dare una festa per l’ultimo
dell’anno alla quale ovviamente
non poteva mancare ed, ovviamente, avrebbe presenziato anche Nick con
la sua
bionda e perfetta ragazza.
Il primo pensiero di Ronnie alle
parole dell’amica furono “neanche
morta”,
ma poi aveva realizzato che doveva arrendersi all’idea che
sarebbe stata
inevitabilmente costretta a vedere i due in più di
un’occasione visto che ormai
Nick e Tyler erano diventati amici e frequentavano le stesse persone,
non
avrebbe potuto evitarlo per sempre, era meglio affrontare la questione
da
subito.
Almeno non era stata costretta ad
andarci da sola, ma accompagnata da Angel, che al momento era stato
rapito e
trascinato in un angolo da due uomini sulla trentina che non la
smettevano di
parlare un attimo.
-dov’è il tuo
cavaliere?- Jamie le si
avvicinò sorridendo, posandole una mano sul braccio
-rapito da due strani individui-
fece
cenno col bicchiere verso l’angolo in cui i due tenevano
stretto Angel
Jamie seguì il suo
sguardo poi
sorrise divertita –quelli sono Jeremy e Marshall Copperfield,
due fratelli fotografi,
immagino stiano lodando il viso del tuo spagnolo, che a proposito- si
voltò
nuovamente verso di lei con aria divertita –non è
niente male-
Ronnie sorrise nascondendosi dietro
il bicchiere, ma Jamie non era intenzionata a desistere, assetata di
sapere.
-quindi, siete solo amici?-
Gli occhi di Ronnie si posarono sul
fisico asciutto e slanciato del ragazzo, per poi sospirare
–non lo so, credo di
si-
-credi di si?- chiese Jamie
chiaramente confusa dalla risposta
Ronnie d’altronde era
confusa a sua
volta, quindi si limitò ad alzare le spalle. Non che non ci
avesse mai pensato
ad Angel in quel senso, anzi, dopo il bacio rubato il pensiero quasi la
ossessionava, ma gli ultimi avvenimenti avevano allontanato il suo
pensiero dal
ragazzo per dirigerlo verso sentieri ben più spinosi e
pericolosi. Non era
Angel che voleva al suo fianco ed in quel momento ne era fin troppo
cosciente
per poter fingere il contrario.
-lui mi piace, credo- Jamie la
fissò
con sguardo accigliato –insomma, è bellissimo e mi
è stato molto vicino in
questi anni ed è davvero un ragazzo
d’oro…-
-ma?- la interruppe Jamie, certa
che
prima o poi sarebbe presto arrivato un “ma” nel
discorso di Ronnie
Ronnie che sbuffò
irritata e non di
certo per l’interruzione dell’amica, ma
bensì per quello che stava per
ammettere.
-E’ sempre la stessa
storia Jam-
strinse il bicchiere tra le dita –è perfetto, ma
non è lui- sussurrò
Sentì la presa di Jamie
stringere il
suo braccio e quando incrocio il suo sguardo vi lesse puro dispiacere e
rammarico, mentre le labbra si stendevano in un sorriso rassicurante.
Era stata così stupida a
scappare in
Spagna, a pensare che avrebbe potuto farcela senza le sue amiche.
Era andata via da sola per
lasciarsi
tutto alle spalle, ed ora? Si trovava al punto di partenza, se non
peggio. Era
in un vicolo ceco ora e non poteva più scappare.
-mi hai fatto tornare da Miami una
settimana prima per venire a questa festa e all’entrata non
hai messo nessuno
che mi desse una collana hawaiana ed un cocktail-
La voce familiare e sarcastica di
Lexus fece capolino alle loro spalle ed entrambe si voltarono verso di
lei
assumendo un’espressione più serena e consona alla
circostanza.
-ben tornata Lex!-
squittì Jamie
afferrando un bicchiere dal tavolo e porgendolo alla rossa
-dov’è la mia
collana?- si voltò
verso Ronnie con espressione accigliata, come se si aspettasse davvero
che
cacciasse una collana hawaiana da sotto la gonna.
-Davvero, Lex?- rispose trattenendo
a
stento le risate –vuoi metterti una collana di fiori?- il
solo pensare
all’immagine della ragazza adornata di fiori colorati che le
davano un’aria
angelica era sufficiente per farle venire una crisi di
ilarità.
Lexus storse il naso –per
questa
volta passo- prese un sorso dal bicchiere che teneva tra le mani poi si
volto
di scatto verso Ronnie, come se improvvisamente si fosse ricordata di
qualcosa
di importante –oh, Ron, sai che credo che Johnny abbia dei
poteri
sovrannaturali?-
Ronnie si irrigidì,
colpevole. Sapeva
dove stava per arrivare Lexus perché sapeva cosa aveva fatto
Johnny il giorno
di Natale.
Jamie invece, ignara di tutto,
passava curiosa lo sguardo da una all’altra, intenta a non
perdersi una battuta
del discorso.
-Insomma, deve averli davvero,
altrimenti non si spiega come abbia fatto a trovare il mio indirizzo di
Miami, per
presentarsi a casa mia la sera di Natale, non credi?-
Jamie si portò una mano
alla bocca,
mentre gli occhi le si spalancavano. Forse temeva per la sorte di
Johnny, o per
quella che aspettava a Ronnie di lì a poco?
-non è stata colpa mia,
me l’ha
estorto con la forza!- sbottò la mora difendendosi
Insomma, magari le cose non erano
andate proprio così. Diciamo che lei aveva solo lasciato
incustodita la sua
agenda con gli indirizzi sulla scrivania, il fatto che fosse
casualmente aperta
sulla pagina dell’indirizzo di Lexus e che ci aveva messo il
triplo del tempo
per prendere il caffè, lasciandola sotto lo sguardo di
Johnny per quindici
minuti, era solo un caso.
-Sei una pessima amica Veronica- le
puntò contro un dito –pessima, pessima, amica-
-dimmi almeno che è
ancora vivo, è
l’unico amico che ho lì dentro- finse un tono
supplicante
Lexus alzò gli occhi al
cielo, ma a
Ronnie non sfuggì il sorriso appena accennato.
-le sue naturali doti di ruffiano
hanno fatto si che conquistasse mia madre, questo mi ha impedito di
ucciderlo-
-quindi gli hai dato una
possibilità?- Jamie si aprì in un sorriso,
decifrando le parole dell’amica.
Era stupefacente come riuscivano a
capirsi tutte e quattro anche solo con tre parole in codice.
-più o meno- storse la
bocca in una
smorfia –per il momento gli ho dato la possibilità
di conoscerci, nulla di più-
Ronnie sorrise assieme a Jamie ben
cosciente che, seppur alla maggior parte delle persone quello poteva
sembrare
un passo da formica, per Lexus che non si fidava mai di nessuno era un
passo da
elefante.
-quindi ho fatto bene a dargli il
tuo
indirizzo!- esultò Ronnie
-non avevi detto che te
l’aveva
preso?- chiuse gli occhi a due fessure come a volerla incenerire e
Ronnie era
convinta che ci sarebbe riuscita se si fosse impegnata.
-oh mio Dio!- fortunatamente
l’urlo
di Jamie fece distogliere lo sguardo di Lexus da lei, che
sospirò sollevata.
-che c’è?-
sbottò Lex infastidita
dall’interruzione
-sono le nove e mezza!-
sbottò ovvia
l’altra in risposta
Lexus alzò un
sopracciglio guardando
l’amica con aria sconcertata
–c’è una qualche legge divina che impone
di urlare
come una checca isterica alle nove e mezza dell’ultimo
dell’anno?-
-sei un’idiota-
sospirò Jamie –sono
le nove e mezza e Kate sarà arrivata
all’aeroporto!-
Kate! Con tutto quel trambusto
avevano quasi dimenticato il loro piano.
-credete che dovremmo chiamarla?-
chiese Ronnie
-non lo so, sono così
agitata!- Jamie
si torturava le mani come se ci fosse stata lei al posto di Kate.
Tipico di
Jamie.
-credete che
funzionerà?- Lexus si
portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio,
chiedendo in tono grave
Jamie scosse la testa con aria
sconsolata nello stesso momento in cui qualcosa alle sue spalle
catturava
l’attenzione di Ronnie, che quasi si sentì mancare.
Era arrivato.
I know I’m not the best for you,
But promise that you’ll stay.
(Like a knife
– Secondhand Serenade)
Il tacchettio delle scarpe
sull’asfalto
era uno dei pochi rumori presenti nel grande parcheggio
dell’aeroporto di Los
Angeles quasi deserto.
D’altronde quante persone
prendevano
l’aereo la notte di capodanno? E quante altre erano disposte
a lasciare casa,
famiglia e festeggiamenti felici per andare a prendere qualcuno
all’aeroporto?
Pochissime.
E di quel ristretto gruppo faceva
parte Lexus, in ritorno da Miami, e Kate, che avrebbe attraversato lo
stato in
macchina pur di fuggire all’ennesimo triste capodanno
organizzato da sua madre.
Per questo si era offerta di
spontanea volontà –non
che Jamie o Ronnie
avessero opposto la minima resistenza- come tassista privata
di Lexus per
andare all’aeroporto per portarla poi alla festa organizzata
da Jamie.
Come sempre era in ritardo e sapeva
che se Lex avrebbe dovuto aspettare si sarebbe innervosita tantissimo,
per
questo stava cercando di aumentare il passo, cosa alquanto difficile da
fare
con dodici centimetri di tacco.
A qualche passo del traguardo
–le porte scorrevoli
dell’aeroporto-
dalla sua borsa una musica che ben conosceva prese a suonare e lei fu
costretta
a rallentare il passo per evitare di spiaccicarsi sulle porte di vetro
mentre
cercava tra le mille cianfrusaglie il suo telefono.
Chiunque fosse aveva chiamato nel
momento meno opportuno.
Le gambe di Kate si immobilizzarono
automaticamente per qualche secondo quando lesse il nome sul display,
ma si
riprese velocemente scuotendo la testa e rifiutando la chiamata.
A quanto pareva, Joe non aveva ben
chiaro in concetto di “tempo”
e “spazio” visto
che, nonostante gli avesse
spiegato più volte che gli servissero entrambi, lui
continuava a chiamarla tutti
i giorni, ad ogni ora. D’altronde però, il ragazzo
era stato chiaro nel farle
capire che non aveva intenzione di stare alle sue condizioni.
Scosse di nuovo la testa, mentre
accelerava il passo per dirigersi al tabellone degli arrivi, sperando
che il volo
di Lexus non fosse atterrato da molto.
Fortunatamente era atterrato da
pochi
minuti e quando arrivò fuori al gate non c’era
alcuna traccia di Lexus, mentre
alcune persone si affrettavano ad uscire, impazienti di rivedere i loro
cari
per la sera di capodanno.
Si poggiò alla transenna
di fronte a
lei aspettando impaziente, ma i minuti passavano e di Lex nemmeno
l’ombra. Che
avesse perso il bagaglio? Ci mancava solo quello.
Abbassò lo sguardo per
perdersi
nuovamente nella disperata ricerca del suo cellulare, con la speranza
che
l’amica avesse acceso il suo scesa dall’aereo, in
modo da poter avere sue
notizie.
La ricerca le prese qualche minuto
abbondante e gran parte della sua pazienza, ma finalmente
riuscì a trovarlo.
Nel momento in cui stava per attivare la chiamata però, una
mano si poggiò sul
suo polso e quando alzò lo sguardo verso il proprietario, la
sua espressione
impaurita si trasformò in una di pura sorpresa.
-Joe?!- ritrasse di scatto la mano
da
quella del ragazzo mentre il suo cuore perdeva un battito.
Joe le sorrise, apparentemente
rilassato, mentre lei continuava a fissarlo imbambolata.
-cosa ci fai qui?- chiese col fiato
strozzato mentre ora il suo cuore si faceva sentire più
forte che mai,
ovattandole le orecchie.
-sono qui per te- le rispose lui,
tranquillo.
-per me?- quella
tranquillità
irritava Kate, che invece avrebbe voluto che le spiegasse in fretta
perché
fosse lì.
Il ragazzo diede uno sguardo veloce
all’orologio che portava al polso, per poi tornare a guardare
Kate.
-ormai Lexus sarà
arrivata da più di
mezz’ora-
La rossa si acciglio, incerta
–ma se
il volo è appena atterrato!-
Joe alzò le spalle
passandosi la
lingua sul labbro inferiore –ma lei non era su quel volo,
è tornata a casa in
macchina-
-e allora che ci faccio qui?- fece
un
passo indietro, spaesata.
Aveva un brutto presentimento, molto brutto. Perché le sue
amiche l’avevano
spedita all’aeroporto se Lexus non era su quel volo?
Perché Joe era lì? E perché
si sentiva come un coniglio appena caduto in una trappola?
-ho chiesto io alle ragazze di
farti
credere di dover prendere Lexus all’aeroporto-
confessò in tono basso,
lentamente.
-perché?- strinse il
cellulare in una
mano, fino quasi a stritolarlo.
-perché mi serviva una
scusa per
farti venire qui- era agitato, nonostante ostentasse
tranquillità, si vedeva
dal continuo cambiare direzione dei suoi occhi.
-e cosa dovremmo fare in un
aeroporto?- alzò di poco la voce, stizzita.
Stava cominciando a perdere la
pazienza. Non solo aveva tranquillamente ignorato le sue richieste di
stare lontani
per un po’, ma le aveva fatto passare più di
quarantacinque minuti in macchina,
la sera di capodanno, per andare all’aeroporto. Per fare cosa
poi?
-prendere un volo, è
ovvio-
Kate spalancò gli occhi,
mentre il
sangue le fluiva velocemente al cervello, facendole quasi annebbiare la
vista.
-no che non è ovvio!-
strillò,
dipingendo sul volto del ragazzo un’espressione spaventata
–che diavolo stai
dicendo?-
-non ti agitare, ti prego-
sussurrò
scoccando un’occhiata veloce attorno a loro dove un paio di
persone si erano
voltati a guardarli.
-non dirmi come devo reagire!-
pestò
un piede a terra sporgendosi pericolosamente verso di lui.
Joe sospirò, passandosi
una mano tra
i capelli. Era l’esatta reazione che si era aspettato da Kate.
-puoi lasciarmi finire di spiegare,
per favore?- chiese, sperando che il suo tono calmo e gentile
tranquillizzasse
la ragazza, che invece parve diventare ancora più rossa
dalla collera.
-sentiamo- lo sfidò
alzando il mento
ed incrociando le braccia al petto.
-bene- prese un respiro profondo,
prima di cominciare a parlare –ti ho portata qui, con la
speranza che tu
accettassi di prendere un volo con me. Ho preparato tutto in pochi
giorni e
voglio che tu venga con me, in un posto- Kate fece per parlare, ma lui
la fermò
prima che potesse iniziare –so che è una cosa
assurda e che tu molto
probabilmente mi dirai di no, ma ti prego Kate, lasciami provare-
Non seppe cosa le fece perdere
improvvisamente il suo animo battagliero. Forse lo sguardo dolce e
sincero che
Joe le stava rivolgendo, forse quell’espressione speranzosa
o, forse, il suo
cuore che batteva forte nel petto, facendole perdere il respiro.
-ti avevo chiesto di concedermi del
tempo Joe e invece…-
-lo so- la interruppe nuovamente
lui,
facendo un passo verso la ragazza, puntando gli occhi nei suoi
–ma è proprio
questo il punto Kate, ho paura che se ti lasciassi tempo per pensare,
arriveresti alla conclusione che sono un completo idiota e che non
valga la
pena di riprovarci con me- allargò le braccia.
Kate si morse il labbro inferiore.
Non poteva dirle quelle cose, non poteva parlarle così e lei
doveva trovare un
modo di far smettere il suo cuore di battere così forte,
prima che le fosse
venuto un infarto, e di far tacere la sua mente che le suggeriva di
spegnere il
suo lato pedante per una volta ed abbracciarlo.
-Joe, io…-
Le si avvicinò
velocemente
prendendole la mano libera tra le sue.
Kate rabbrividì, ma non
seppe se per
il calore che le sue mani emanavano o per il modo in cui la stava
guardando in
quel momento.
-prendi quel volo con me Kate,
sarà
l’ultima cosa che ti chiedo- deglutì –ti
prometto che dopo ti lascerò tutto lo
spazio che vuoi-
Sospirò, visibilmente
indecisa, e Joe
ne approfittò per sfoggiare la sua migliore faccia da
cucciolo abbandonato al
lato dell’autostrada, sperando che funzionasse.
-non ho nemmeno la valigia-
sospirò
abbassando le spalle, arrendendosi.
Il sorriso di Joe si
aprì scoprendo
tutti e trentadue denti, in una delle espressioni più felici
che Kate gli
avesse mai visto in volto.
-è un si, vero?- strinse
di più la
sua mano, portandosela al petto.
Kate alzò gli occhi al
cielo –si,
Joe-
-grazie- sorrise –in
questo caso, non
devi preoccuparti per il bagaglio, le tue amiche hanno preparato una
valigia
con tutte le cose essenziali, quello che manca lo comprerai
lì-
-oh, le mie ex-amiche,
vorrai dire-
Joe rise, ormai il buon umore
andava
da se, e intreccio le dita con quelle di Kate, trascinandola verso un
altro
gate.
-posso sapere dove stiamo andando?-
commentò sarcastica mentre lo malediceva mentalmente per
quella semi corsa che
le stava facendo fare sui tacchi.
-no- rispose semplicemente lui
–il
volo sta per partire, dobbiamo sbrigarci, faremo così in
fretta che non avrai
il tempo di leggere sul tabellone la destinazione- si voltò
verso di lei,
sorridendo.
-chiederò a qualcuno
sull’aereo!-
sbotto contrariata poi, si blocco.
-un momento!- disse, strattonandolo
per la mano, facendolo fermare
-che c’è?-
-non dobbiamo fare il check-in? E
le
valigie?-
-sono già
sull’aereo-
Alzò un sopracciglio,
contrariata
–eri sicuro che ti avrei detto di si, quindi?-
Joe scosse la testa
–affatto-
-quindi, se ti avessi detto di no,
avresti spedito il mio bagaglio con le mie cose nel bel mezzo del
nulla!-
-non stiamo andando nel bel mezzo
del
nulla!- rispose contrariato –stiamo andando a…- si
blocco spalancando gli
occhi, per poi ridurli a due fessure mentre un sorriso furbo gli si
formava
sulle labbra –non riuscirai a farmi dire dove siamo diretti-
Kate sbuffò, alzando gli
occhi al
cielo.
-ed ora corri, se non vuoi perdere
i
tuoi bagagli- sorrise stringendo la presa sulla sua mano e riprendendo
a
correre.
She turn the pages everyday, just to change the
mood,
But every chapter reads the same,
it’s so hard to make it through.
(Save your
heart – Mayday Parade)
I cellulari delle tre ragazze
suonarono contemporaneamente e sapevano che quello non era un buon
segno. C’era
solo una persona che mandava sms a tutte e tre contemporaneamente.
-Kate- sussurrò Jamie
mentre veloci
prendevano i cellulari, speranzose.
Tempo di aprire la piccola busta
lampeggiante sullo schermo che sul viso di tutte e tre si
stampò un sorriso.
-ha accettato!- Jamie si
portò il
cellulare al petto con aria sognante
-non ci speravo-
commentò Ronnie
continuando a fissare lo schermo del cellulare per accertarsi di aver
letto
bene
-solo io ho notato la parte in cui
minaccia di ucciderci in modo lento e atroce?- Lexus si
accigliò scorrendo col
dito sullo schermo.
-oh, che importa, sono insieme
ora!-
saltellò Jamie, non curante delle persone attorno a loro
Lexus fece una smorfia
–scorre troppo
romanticismo nelle tue vene, dovresti fare qualcosa-
-dovresti avere una donazione da
Lex-
commento divertita Ronnie indicando Lexus col pollice -scommetto che
diventeresti acida in men che non si dica!-
-ha parlato lo zuccherino- rispose
l’altra incrociando le braccia al petto –e poi,
meglio essere acide che
rincitrullite come Jamie-
-io non sono rincitrullita!-
sbottò
quest’ultima mentre Ronnie ridacchiava –stavo solo
elogiando il lato romantico
di Joe!-
Lex alzò gli occhi al
cielo e Ronnie
strinse le labbra per non scoppiare a ridere.
-Joe sa cosa vuole e fa di tutto
per
prenderselo- continuò Jamie con aria sognante
-dovrebbe prestare un po’
della sua
determinazione al fratello- suggerì Lexus facendo cambiare
repentinamente lo
stato d’animo di Ronnie, che si irrigidì
all’istante –lui invece si sta facendo
scappare quello che vuole-
Ronnie guardò le amiche
che ora
avevano la loro attenzione su di lei.
-chi ti ha detto che sia
così?-
rispose lei in fine, sospirando. Non le piaceva la piega che quella
conversazione stava prendendo –quello che vuole è
Allie e non se la sta facendo
scappare-
L’espressione sarcastica
che comparve
sui volti delle due non fu una sorpresa per Ronnie, che non
poté fare altro che
stringersi nelle spalle.
-hai ragione Ron- rispose Lex
chiaramente sarcastica –è talmente preso da Allie,
che da quando ti ha visto
non la smette di guardarti un attimo, credo che la poveretta stia
pensando di
improvvisare uno spogliarello per attirare la sua attenzione-
Non doveva voltarsi, sapeva che non
doveva farlo. Eppure fu automatico girarsi quasi di scatto fino ad
incontrare
il suo sguardo che, effettivamente, era puntato su di lei.
Sentì uno strano
formicolio alla
bocca dello stomaco, ma non riuscì a staccare lo sguardo da
lui, che invece lo
fece repentinamente quando si accorse che lei l’aveva
scoperto a fissarla.
Che strana situazione. Strana ed
imbarazzante.
Non vedeva Nick dal giorno in cui
le
aveva detto che era meglio per loro se non si vedessero più
ed ora stare lì, a
qualche metro di distanza, come se fossero due estranei le dava in
senso di
tristezza e smarrimento.
Era finita davvero? Non avrebbe mai
più parlato con Nick? Il solo pensiero le faceva venir
voglia di sprofondare e
scappare via, di nuovo.
Quel veloce scambio di sguardi che
era durato meno di un minuto, purtroppo, non passò
inosservato alla ragazza
bionda seduta accanto a Nick, che gli stringeva possessivamente il
braccio.
Allie intercettò lo
sguardo di Ronnie
che si sentì sprofondare quando gli occhi freddi della
bionda incrociarono i
suoi, ma per qualche motivo non riuscì a staccarli da lei.
Si sentiva stupida, umiliata e
inutile. Lui aveva scelto Allie, non lei, ed ora la bionda aveva tutto
il
diritto di guardarla in cagnesco. Quello che Ronnie non si aspettava
però, fu
quello che fece qualche istante dopo.
Sorrise lievemente verso la sua
direzione prima di voltarsi verso Nick e sussurrargli qualcosa
all’orecchio
prima di poggiare con lentezza calcolata una mano sulla gamba del
ragazzo.
Ronnie si voltò di
scatto verso le
amiche per non guardare quella scena raccapricciante –almeno per lei-, mentre sentiva
l’amaro salire su, assieme alle
lacrime, ma quello che trovò dall’altro lato fu
quasi peggio. Nonostante
cercassero di nasconderlo, negli occhi di Lexus e Jamie
riuscì perfettamente a
leggere la stessa espressione che avevano perennemente in viso quattro
anni
prima, quell’espressione di pietà misto a
dispiacere. Quell’espressione dalla
quale era scappata a gambe levate.
-ora basta- sbottò
portandosi il
bicchiere pieno alle labbra e bevendo tutto ad un sorso
Era stanca, stanca di essere
compatita, stanca di essere rifiutata, stanca della sua stupida vita.
Avrebbe
cambiato tutto, ora.
Strizzò gli occhi per il
sapore forte
dell’alcol e poi si voltò verso una direzione
precisa della sala dove, grazie a
Dio, Angel si era appena liberato di quei due sconosciuti e le stava
rivolgendo
uno dei suoi sorrisi rassicuranti.
Poggiò malamente il
bicchiere tra le
mani di Lexus e si avviò a passo spedito verso il ragazzo,
mentre sentiva
l’amica sussurrare un flebile –pensi che dovremmo
fermarla?-
In pochi passi fu di fronte allo
spagnolo, che non ebbe tempo di aprire bocca, perché la
ragazza gli aveva
gettato le braccia al collo, sorprendendolo piacevolmente al punto di
fargli
mancare le parole.
-ciao- la salutò
sarcastico, ancora
un po’ spaesato.
-ciao- sorrise lei, ma era un
sorriso
tirato.
Si allungò di qualche
centimetro,
poggiando la fronte alla sua, mentre i loro nasi si sfioravano.
Angel socchiuse le labbra,
sorpreso,
ma non si mosse minimamente da quella posizione.
Avrebbe potuto baciarlo se solo
avesse voluto. Avrebbe potuto annullare del tutto la distanza tra loro
due e
premere le labbra sulle sue, sapeva che il ragazzo non avrebbe opposto
resistenza, anzi. Poteva porre fine a tutto quello, cominciare una
nuova vita,
in quel preciso istante.
-ti va di ballare?-
deglutì
-certo- sorrise Angel posando le
mani
sui suoi fianchi
Ronnie poggio la testa sul suo
petto,
con un sospiro.
Angel le voleva bene, lo sapeva, e
non poteva approfittare così di lui perché anche
lei gli voleva bene. Non era
giusto giocare così con lui, facendogli intendere che
avrebbe potuto esserci
qualcosa di più di una semplici amicizia tra di loro. Non si
era opposta quando
lui l’aveva baciata in aeroporto, non aveva messo le cose in
chiaro quando lui
si era presentato a casa sua o le aveva preparato la cena a lume di
candela
qualche giorno prima.
Ed ora stava per baciarlo, solo per
non sembrare una disperata agli occhi del ragazzo che amava e della sua
perfetta fidanzata.
Stava sbagliando tutto, anche con
lui, che era il suo migliore amico.
Le venne la nausea quando
sentì Angel
accarezzarle i capelli con una guancia, era lei stessa che si dava il
voltastomaco.
C’era qualcosa di buono
che aveva
fatto nella sua vita?
-scusami- sussurrò
scostandosi da
lui, prima di correre in bagno.
Poggiò le mani sul bordo
del
lavandino freddo sopra il quale avrebbe volentieri spaccato la sua
testa, o
magari la testa di qualcun altro.
Serrò gli occhi
prendendo un respiro
profondo, prima di guardare la sua immagine riflessa allo specchio.
Cosa diavolo le era saltato in
mente?
Aveva seriamente pensato di baciare Angel solo per non fare la figura
della
sfigata? Era una persona orribile e tutto quel male che ora le piombava
addosso
le stava bene.
Aprì il rubinetto
buttandosi un po’
d’acqua fresca sul viso accaldato.
Aveva perso il ragazzo che amava,
la
sua ragazza si stava prendendo gioco di lei in quel preciso istante e
stava per
perdere uno dei pochi amici sinceri che avesse mai avuto in vita sua.
Poteva andare peggio di
così? Ovviamente,
si.
E lo capì quando vide
Nick entrare
con sguardo fiammeggiante senza nemmeno bussare, chiudendosi la porta
alle
spalle, facendo girare la chiave nella serratura.
*
*
*
EEEEEEEEEEccomi qui! Con un altro
lungo, straziante(?), capitolo uù
Non ve lo aspettavate
così presto,
eh? Sto migliorando *O*
Prima
di parlare del capitolo voglio
che passiate a leggere questa os autobiografica! Le tre presenti nella
storia
siamo io(Jennifer), Ryry_
(Caroline) e Sophiaa
(Eleanor), vi giuro che è
esilarante, come lo siamo in realtà noi tre insieme, vi
prego di leggerla e di
farmi sapere se vi piace! LOL
CLICCATE
QUI !
Anyway.
Spero vi sia piaciuto come a me
è
piaciuto scriverlo. Ho amato immensamente Joe in questo capitolo ed ho
invidiato
Kate, sappiatelo.
Si, stranamente sono vagamente
compiaciuta da questo capitolo, ed è la seconda volta che
succede, la fine del
mondo è vicina.
Detto questo, al capitolo scorso
sono
calate un po’ le recensioni, mi dispiace se il capitolo non
vi è piaciuto o,
com’è giusto che sia, non vedete l’ora
che questa storia finisca dopo due anni
e per questo volevo dirvi che mancano pochi capitoli, 3 più
epilogo e capitolo
extra, in totale 5. Quindi, tenete duro, è quasi finita! LOL
Ok, non so che altro dire,
quuuuuuuindi, spero vi sia piaciuto il tutto!
Vi amo, always <3
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Capitolo 31 *** Lover Dearest ***
My
tongues turnin' black, but I'll take you back.
Your still the best more or less, I guess.
Kate si guardava intorno con aria
circospetta mentre
Joe, al suo fianco, aveva tutta l’aria di uno che se la
rideva sotto i baffi.
Non era mai stata in
quell’aeroporto e questo la
aiutava a cancellare dalla lista che aveva stillato nella sua mente
parecchie
città del paese, per di più le ore di volo erano
state all’incirca un paio, non
dovevano essere lontani.
-siamo al sud, lo sento-
sentenziò trascinandosi
dietro il trolley troppo leggero
-da quando sei diventata un
navigatore satellitare?-
chiese sorridendo Joe mentre si posava degli occhiali scuri sugli occhi.
-da sempre- rispose sbrigativa
–tu, piuttosto, ti sei
reso conto che sono le dieci e mezza di sera? Non credo ci sia il sole
fuori, a
meno che tu non mi abbia portato in un posto con un fuso orario assurdo-
Joe ridacchiò ancora
afferrando con nonchalance la
mano della ragazza che per l’ennesima volta maledì
quegli stupidi aeroporti. Non
potevano mettere all’uscita del gate un’insegna
enorme su cui scritto il nome
del posto dove si trovavano? No, ovviamente ed ora lei era costretta ad
aspettare di arrivare all’uscita –che
sembrava lontana chilometri- per sapere dove diavolo
l’avesse portata quel
matto.
-non c’è
nessun fuso orario, indosso gli occhiali
perché non vorrei che qualcuno mi riconoscesse- rispose -non
dovrei essere qui,
ora-
Kate si voltò a
guardarlo, mentre sollevava scettica
un sopracciglio –ora devi spiegarmi perché voi
star avete l’assurda convinzione
che indossando un paio di occhiali non vi riconosca nessuno-
Il ragazzo scoppiò a
ridere dell’espressione seria di
Kate che, indispettita, strattonò la sua mano da quella di
Joe.
-togliti quel sorriso dalla bocca,
sono ancora
arrabbiata con te per avermi portato nel mezzo del nulla senza
preavviso-
Joe alzò gli occhi al
cielo –ti ho già detto che non
siamo nel bel mezzo del nulla e poi se te lo avessi chiesto col
preavviso,
avresti detto di si?-
-certo che no- sbottò
–ma potresti almeno dirmi dove
siamo, ora-
-non ce n’è
bisogno- ammiccò all’uscita a pochi metri
da loro
Kate avanzò il passo,
decisa a raggiungere
quell’uscita il prima possibile e lasciando Joe qualche metro
dietro di lei.
Quando varcò le porte
scorrevoli rimase a bocca
aperta, incredula.
-Las Vegas?- chiese con voce acuta
voltandosi alla sua
sinistra, dove il ragazzo l’aveva raggiunta
-già- sorrise in
risposta lui –benvenuta a Las Vegas!-
allargò le braccia
-e che ci facciamo a Las Vegas?-
domandò titubante
mentre il ragazzo si sporgeva per chiamare un taxi, che qualche secondo
dopo si
fermò accanto a loro.
-è una sorpresa-
sospirò a causa dello sforzo, mentre
infilava le valigie nel cofano dell’auto
Kate lo seguì in
silenzio fino alla portiera
posteriore, che lui gentilmente le aprì, fece per entrare ma
poi si blocco.
-non avrai mica intenzione di
portarmi in una di
quelle luride cappelle e chiedermi di sposarti, vero?-
Joe rimase interdetto mentre
studiava l’espressione di
Kate per cercare di capire se fosse seria o meno. Pensava davvero che
volesse
sposarla? A Las Vegas?
-certo che no!- rispose prima di
scoppiare a ridere
nel vedere l’espressione sollevata della ragazza
Kate entrò in macchina
borbottando un “idiota”
e Joe la seguì, comunicando poi
la destinazione al conducente.
-allora, posso sapere
perché siamo qui?- incalzò lei
-mi pare di averti già
risposto una ventina di volte
di no-
La ragazza gonfiò le
guance come una bambina –ma io
voglio solo…-
-Kate- la interruppe lui
prendendole una mano –riesci
a stare zitta per cinque minuti?-
Gli gettò
un’occhiataccia prima di arrendersi ed
abbandonare le spalle contro lo schienale, lasciando che la sua mano si
scaldasse a contatto con quella di Joe.
Guardava fuori dal finestrino
ammaliata dalle luci che
si riflettevano sul suo viso ed esplodevano in mille colori. Non era
mai stata
a Las Vegas, ma era una città che aveva sempre intrigato lei
e le sue amiche,
con le sue luci, la sua libertà, la sua completa assenza di
regole. Ne erano
affascinate al punto che avevano giurato a loro stesse che ci sarebbero
state
quando avrebbero avuto ventuno anni, per poter essere legalmente
indipendenti,
ma quando era arrivata l’età giusta una componente
essenziale del gruppo era a
chilometri di distanza da loro, che avevano rinunciato ad andarci in
tre poiché
sapevano che senza Ronnie non sarebbe stato come l’avevano
sempre immaginato
nei loro pensieri.
Non aveva mai pensato
però che ci sarebbe andata
proprio con Joe in quella città ed ancora ora, seduta in
quel taxi, si stava
chiedendo se avesse fatto bene ad accettare la sua assurda proposta.
Non era
ancora sicura di poter perdonare Joe, e non voleva che accettando
avesse fatto
accrescere la speranza del ragazzo. Doveva ammettere però
che ora in quella
macchina con lui che le stringeva la mano, si sentiva di nuovo serena.
Passarono poco più di
dieci minuti prima che il taxi
si fermasse nella strada più illuminata che lei avesse mai
visto in vita sua.
-pronta?- Joe le strinse la mano,
sorridendole
Kate prese un respiro profondo,
prima di annuire
incerta. Il ragazzo parve cogliere il suo tentennamento ed
avvicinò i suo viso
a quello della rossa, accarezzandole una guancia con la mano libera
mentre con
l’altra faceva intrecciare le loro dita.
-ti piacerà, fidati-
La ragazza si morse il labbro tanto
forte da sentire
quasi male. Fidarsi, stava tutto lì il problema. Poteva
ancora fidarsi di Joe,
di quegli occhi marroni che la stavano fissando con tanta dolcezza e
sincerità?
-andiamo- sussurrò
facendo aprire Joe nell’ennesimo sorriso,
prima di trascinarla giù dall’auto gialla che,
ricevuto il suo compenso, li
lasciò nel mezzo di quella strada con tante luci da
accecarle gli occhi.
-da questa parte- Joe la strattono
gentilmente
cominciando a percorrere la strada affollata, senza lasciarle per un
secondo la
mano.
Kate si lasciava trascinare per
quella strada
completamente in trance. Amava le luci, amava la vita, amava il caos ed
in quel
posto non mancava niente di quello, se poi ci metteva che era anche con
Joe,
era perfetto. Se solo non fosse per il piccolo dettaglio che ora loro
non
stavano insieme.
Percorsero un centinaio di metri su
quella strada
prima che Joe svoltasse a sinistra ed una luce, se possibile, ancora
più forte
della precedente colpì il viso di Kate così
violentemente che la ragazza fu
costretta a fermarsi di colpo.
-eccoci- sentì
sussurrare Joe lasciandole la mano e
Kate fissò avanti a lei, restando a bocca aperta.
Quella non era la
realtà, era il suo sogno.
Kate sbatté un paio di
volte le palpebre facendo un
passo avanti, ma l’enorme struttura avanti a lei
restò lì, imponente: la
torre Eiffel. Certo, non era
l’originale, era solo un mega albergo con chissà
quante stelle, ovviamente, ma
su Kate aveva lo stesso affetto della vera torre parigina.
Parigi, una delle più grandi
capitali
della moda, il suo sogno, la sua aspirazione. Da bambina sognava di
poter
passeggiare per gli Champ Elisee, di andare al Moulin Rouge e di salire
fino al
piano più alto della torre Eiffel, per ammirare il paesaggio
della città che si
stendeva sotto di lei. Ora stare sotto quell’enorme torre,
anche se non era
quella vera, l’emozionava in modo sconvolgente.
-so che il tuo sogno è
andare a Parigi, me l’hai detto
tante volte- sussurrò Joe affiancandosi a lei –per
motivi di tempo, non sono
riuscito a portarti nella vera Parigi, spero che ti piaccia anche
questo-
indicò con un ampio gesto di fronte a lui
Per la prima volta da quando era
nata, forse, Kate era
rimasta senza parole. Ringraziare il ragazzo sarebbe stato troppo poco.
-è bellissimo- fu
l’unica cosa che riuscì a dire
infine, senza staccare gli occhi dalla struttura
Joe allungò il braccio
fino a sfiorare la spalla della
ragazza con la mano, posandovi una leggera carezza che finalmente
attirò l’attenzione
di Kate su di lui. La ragazza gli sorrise sistemandosi una ciocca rossa
dietro
l’orecchio.
Joe prese un respiro profondo,
prima di cominciare a
parlare.
-mi dispiace tanto di aver rovinato
tutto- sussurrò e
Kate abbassò leggermente lo sguardo –non sai
quanto me ne pento ogni giorno,
Kate. Quante volte penso che se non avessi fatto quella stupidaggine
ora…- Kate
rialzò gli occhi puntandoli in quelli di Joe, che per un
attimo sentì la voce
venirgli meno –ora staremo ancora insieme-
Kate si morse l’interno
della guancia, nervosa.
-non lo so Joe- alzò le
spalle –quando eri il mio
migliore amico era tutto più semplice-
Joe fece un passo verso di lei,
prendendole una mano e
poggiandosela sul petto –ma io sono ancora il tuo migliore
amico, lo sarò
sempre-
Kate ritrasse la mano come scottata
–Joe, il mio
migliore amico, era diverso da quello che ho visto qualche settimana fa-
Joe si morse il labbro inferiore
–ma quello non era Joe-tuo migliore
amico, quello era Joe-il tuo
ragazzo idiota alle prese con
una crisi di gelosia-
-beh- la ragazza abbassò
per un attimo lo sguardo –non
mi piace la versione Joe-ragazzo idiota, preferivo quella divertente e
gentile
di prima, quella che non avrebbe mai fatto nulla per ferirmi-
sussurrò alzando
nuovamente gli occhi su Joe
-posso migliorare-
sussurrò facendo un altro passo
verso di lei, che però scosse la testa
-non voglio perdere il mio migliore
amico-
Joe la guardò
accigliandosi –cosa vuoi dire?-
Kate si sentiva il cuore in gola.
Sapeva che doveva
scegliere, doveva farlo ora. Non poteva avere entrambi i lati di Joe,
non
poteva avere il suo migliore amico e il suo ragazzo, ma non sapeva se
era
ancora pronta per affrontare una scelta del genere. Fidarsi di Joe,
ancora una
volta, come suo ragazzo e buttarsi quindi in qualcosa di completamente
nuovo, o
buttarsi tra le braccia del suo fidato migliore amico?
-voglio dire che-
deglutì senza riuscire a guardarlo
negli occhi –che quando eravamo amici era tutto
più semplice tra di noi, quindi
forse è meglio se restiamo…-
-oh, ti prego!- sbottò
Joe facendola sobbalzare –non
dirlo, ti prego, sarebbe come prendersi in giro da soli! Quando mai
siamo stati
solo amici io e te, Kate? Quando mi chiamavi in lacrime
perché ti mancava
Ronnie ed io correvo da te nel bel mezzo della notte e mentre ti
stringevo non
pensavo ad altro se non ad asciugarti ogni lacrima con un bacio? Quando
ogni
volta che mi trovavo a New York cercavo una scusa per venire da te ed
ogni
volta mi ripromettevo di confessarti i miei sentimenti? O quando ti ho
baciato
la prima volta ed ho capito che eri tu che aspettavo da una vita?-
Kate era senza fiato. Fissava Joe
di fronte a lei che
la guardava con gli occhi spiritati, come se fosse pazzo. Il cuore le
batteva
forte nel petto e sentiva le guance diventare bollenti.
-e vuoi sapere qual è la
cosa più ridicola?- ora la
voce era più bassa e roca, l’espressione
rassegnata, come se le parole di prima
l’avessero stancato –che io accetterei anche di
essere tuo amico, perché…- uscì
una breve risata sarcastica dalle sue labbra, mentre alzava le spalle
–…perché
sei la persona più sensazionale che abbia mai conosciuto,
perché ormai non
riesco più a stare senza di te e pur di starti accanto mi
accontenterei di
essere qualsiasi cosa per te, qualsiasi cosa tu voglia,
perché io ti amo, Kate-
allargò le braccia, come a volergli offrire quel poco che
aveva, il suo amore
–e in un modo o nell’altro voglio trascorrere la
mia vita accanto a te-
La ragazza spalancò gli
occhi, incredula, mentre
sentiva il cuore cominciare a batterle ad una velocità
disumana a causa delle
parole di Joe.
Le aveva detto che
l’amava. Lui,
l’amava.
Sentì le lacrime salirle
agli occhi e fece di tutto
per trattenerle. Ci riuscì, ma in compenso le mani presero a
tremarle
eccessivamente.
-tu…mi
ami?-
le uscì in un singhiozzo
-da quando ci siamo incontrati in
aeroporto dopo tutto
quel tempo- sospirò –da due
anni-
A questo punto le lacrime tornarono
più prepotenti di
prima e Kate non poté far altro che abbassare il capo e
lasciarle scorrere sul
suo viso, mentre cercava di sopprimere i singhiozzi.
-oh, Kate- sussurrò Joe
prima di stringerla tra le sue
braccia ed attirarla a se –non c’è
bisogno di piangere- le sussurrò ad un
orecchio –dimmi cosa vuoi e lo avrai-
-voglio te- singhiozzò
poggiando la guancia sul suo
petto
-ma io sono già tuo, lo
sai-
-voglio che torni tutto come prima-
tirò su col naso,
non curante del fatto che probabilmente stava impiastricciando la
maglia del
ragazzo col mascara colato.
-va bene- sussurrò
gentile –se vuoi che torniamo amici
come prima, è quello che faremo-
-No!- protestò
divincolandosi tra le braccia del
ragazzo –io voglio te, non come amico- puntò gli
occhi pieni di lacrime nei
suoi –io voglio baciarti, abbracciarti, amarti. Voglio tutto
di te-
Joe le sorrise e Kate
sentì mancare un battito di
fronte alla felicità che fuoriusciva fa ogni centimetro del
viso di Joe.
-ne sei sicura?- le prese il viso
tra la mani,
asciugando le ultime lacrime col pollice
Kate annuì con foga e il
sorriso del ragazzo si
allargò.
-non ti deluderò questa
volta- sussurrò avvicinandosi
al suo viso, fino a far sfiorare i loro nasi –sarò
perfetto-
Kate sorrise, posandogli una mano
sulla guancia
–voglio solo che tu sia Joe, il mio
Joe-
Ci mise poco, il suo Joe, ad
annullare la distanza tra
loro e poggiare avidamente le sue labbra su quelle rosse di Kate per un
bacio
che entrambi aspettavano da troppo.
-oh, Joe- la ragazza si stacco di
un centimetro, il
necessario per riuscire a parlare
-si?- chiese impaziente il ragazzo
che voleva tornare
a baciarla subito
-anche io ti amo- sorrise
–da morire-
This
place is a
hole, but I don’t wanna go
I
wish we could
stay here forever alone.
This
time that
we waste, but I still love your taste
Don’t
let him
take my place
Era balzato da quel divano senza
nemmeno rendersene
conto, istintivamente.
-che succede?- sibilò
Allie, afferrandolo per una mano
Nick la scrollò
infastidito, con gli occhi che
puntavano dritto di fronte a se. Aveva visto Ronnie quasi scappare
verso il
bagno ed era determinato a seguirla.
Allie, però, non
sembrava altrettanto determinata a
lasciarglielo fare.
-dove vai?-
-devo prendere un po’
d’aria- mentì, dicendo la prima
cosa che gli era venuta in mente, ma il fatto che lui non fosse un gran
bugiardo era risaputo.
-vengo con te- prontamente la
bionda si alzò
affiancandolo
Perfetto.
-Allie, eccoti qui!-
Alzò il viso in tempo
per vedere Jamie e Lexus che si
avvicinavano a loro, la prima con un sorriso tirato in viso,
l’altra senza
espressione.
-ti stavamo cercando, volevamo
farti vedere delle cose
per il matrimonio, di là, perché non vieni un
attimo?- la ragazza si rivolse ad
Allie
Lo sguardo di Jamie aveva
incontrato solo per un
attimo quello agitato di Nick, ma in quell’istante aveva
capito che lei stava
cercando di dagli il via libera.
-veramente stavamo uscendo un
secondo, non potremmo
vederle dopo?-
Nick si ritrovò a
gettare uno sguardo carico di
tensione a Lexus che, dietro Jamie, stava immobile con le braccia
incrociate al
petto. La ragazza lo fissò per qualche secondo, impassibile.
Non sapeva come
mai, ma aveva avuto la sensazione che Lexus lo stesse mentalmente
rimproverando,
dicendogli che si era cacciato lui stesso in quella situazione e lui
stesso se
ne doveva tirare fuori. Come darle torto?
Dopo un istante però,
Lexus parve cambiare idea, e
dopo aver alzato gli occhi al cielo si avvicinò ad Allie,
prendendola sotto
braccio con fare amichevole.
-dopo ci sarà
più gente, e non avremo tempo per
metterci in disparte per vedere questa cosa- Allie lanciò
uno sguardo confuso a
Nick, che le aveva risposto scuotendo leggermente la testa. La biondina
era
rimasta sorpresa dall’improvvisa cortesia di Lexus, che non
era mai stata così
gentile nei suoi confronti.
-Raggiungerai dopo Nick- aveva
concluso Lexus
trascinandola tra la folla
Nick sospirò, sollevato,
prima che Jamie si voltasse
verso di lui, puntandogli un dito al petto.
-E’ andata in bagno, hai
cinque minuti- sussurrò, poi sparì
a sua volta tra la folla.
Nick si lanciò
letteralmente verso il corridoio che
portava al bagno senza pensarci un attimo.
Hai
cinque
minuti.
Per fare cosa? Cosa le avrebbe
detto? Perché diavolo
la stava seguendo in quel bagno?
In quel momento, però,
non aveva molta voglia di
pensarci e senza sapere come si ritrovò a spalancare la
porta di quel bagno e
richiuderla dietro di se, come una furia.
Strinse le dita attorno alla chiave
di ferro, puntando
il suo sguardo sul volto sorpreso di Ronnie.
Era ancora frastornato da quello
che aveva visto
qualche istante prima, tanto che le mani gli tremavano ancora per la
rabbia.
Aveva voglia di picchiare qualcuno, qualcuno che si trovava fuori da
quella
stanza e chiuse gli occhi prendendo un respiro profondo per impedirsi
di farlo.
-cosa ci fai qui?- fu la voce acuta
ed allarmata di
Ronnie a farlo tornare al presente
Nick serrò la mascella,
mentre continuava a guardarla
in silenzio.
-sei entrato senza nemmeno
bussare!- gli fece notare
lei, stizzita, ma i pensieri del ragazzo volavano da ben altra parte.
Avanti ai suoi occhi vedeva fissa e
nitida l’immagine
di Ronnie che allacciava le braccia ad un collo che non era suo, mentre
i loro
corpi si avvicinavano e il ragazzo le stringeva i fianchi, sorridendole
ammaliante.
Chiuse gli occhi prendendo un
respiro profondo, di
nuovo, mentre le unghie affondavano senza pietà nel palmo
della mano.
-allora?- trillò Ronnie
in attesa di una spiegazione
Finalmente Nick si decise a parlare.
-volevo solo farti gli auguri-
voleva sembrare
tranquillo, ma la voce gli uscì in un sibilo
–c’è molto feeling tra te e il tuo
ragazzo-
Ronnie sussultò,
sorpresa sia dalle parole del
ragazzo, sia dal tono con cui le accompagnò, un tono che non
era da lui.
-ti ringrazio per la tua premura-
rispose sarcastica
–ma Angel non è il mio ragazzo-
Le risposta di Ronnie non
sembrò tranquillizzare
nemmeno minimamente Nick, che invece parve ancora più
stizzito –oh, non
sembrava a giudicare da come ti stava mangiando con gli occhi, prima-
Ronnie si sforzò di
scrollare le spalle con
nonchalance, come se la cosa con la toccasse minimamente, come se il
suo cuore
non stesse minacciando di lanciarsi dal suo petto da un momento
all’altro.
-evidentemente Angel mi guardava
così perché è uno che
sa quel che vuole, e prova a prenderlo-
Touché.
-ed a quanto pare, tu hai tutta
l’intenzione di
volergli dare quel che vuole- la voce gli tremava ed a stento riusciva
a tenerla
ad un tono normale, stava per scoppiare.
Nick fece un passo verso di lei e
Ronnie si
immobilizzò, trattenendo il respiro, mentre vedeva il volto
del ragazzo
diventare sempre più rosso.
Non aveva mai visto Nick
così arrabbiato, anzi, non
l’aveva mai visto nemmeno lontanamente nervoso e,
francamente, ora non capiva
nemmeno il perché nel suo nervosismo eccessivo. Non era
stato forse lui a dirle
che con Angel sarebbe stata più felice? Non era stato Nick a
spingerla tra le
sue braccia?
Ronnie si accigliò,
formando una fossetta tra le
sopracciglia –non credo che questi siano affari tuoi-
Non ebbe nemmeno il tempo di finire
la frase, che vide
chiaramente una scintilla passare negli occhi del ragazzo, mentre un
sopracciglio si inarcava in un gesto involontario.
-oh, e invece credo che siano
affari miei quando si
parla di te, con quello!- strillò facendo spalancare gli
occhi a Ronnie, che si
ritrasse leggermente.
Non sapeva se sentirsi impaurita o
sorpresa da quella reazione troppo focosa per Nick, di solito
eccessivamente
gentile e silenzioso. Tra le due però, prevalse la rabbia
per le sue parole.
-stai scherzando, spero!-
urlò di
rimando -non puoi avere questa faccia tosta! Non puoi venirmi a fare
una
scenata di gelosia quando lì fuori c'è la tua
ragazza!- probabilmente era
diventata più rossa di lui.
-è colpa tua- ormai Nick
aveva perso
la ragione -se tu non fossi scappata in Spagna ora staremo insieme!-
Ronnie spalancò gli
occhi facendo un
passo indietro, colpita.
-oh certo, dimenticavo- sorrise
sarcastica allargando le braccia –quella che sbaglia sono
sempre io, vero? Tu
sei perfetto, non fai mai un errore- gli puntò
l’indice contro il petto,
spingendolo leggermente -ma come potresti, d’altronde? Hai
mai fatto una cosa
senza prima pianificarla nei minimi dettagli, Nick?- Nick la fissava
inerme,
con espressione consapevole -Hai mai fatto una cosa non
perché era giusta, ma
perché era quello che sentivi di fare?- ormai urlava
così forte che probabilmente
la stavano sentendo dalla casa di fronte, ma non le importava. Lui non
poteva
trattarla così, non poteva respingerla e poi farle scenate
di gelosia, o di
pazzia, appena si avvicinava ad un ragazzo.
-hai mai fatto una cosa stupida e
pericolosa? Hai mai fatto la prima cosa che ti saltava in…-
Spalancò gli occhi, ma
rimase
impassibile mentre Nick l’afferrava poco delicatamente per il
polso,
attirandola a se mentre le sue labbra si impossessavano prepotentemente
di
quelle della ragazza.
Non aveva avuto nemmeno il tempo di
reagire, ma l’avrebbe fatto?
In una frazione di secondo, con
l’ultimo brandello di lucidità che le era rimasto,
si chiese se non fosse il
caso di allontanarlo, ma quando Nick le lasciò il polso per
affondare le dita
tra i suoi capelli con entrambe le mani, anche l’ultimo
sprazzo di lucidità
volò via, come se non fosse mai passato di li.
Si ritrovò a chiudere
gli occhi
insieme a lui e assecondare i suoi movimenti decisi mentre sentiva il
suo
stomaco cominciare a tremare.
Quello, era del tutto diverso del
bacio che si erano scambiati frettolosamente qualche settimana prima.
Le sue
mani non erano delicate come ricordava, ma facevano presa su di lei
avvicinandola quanto più possibile al suo viso, come per
rivendicare una cosa
sua, i suoi baci erano più rudi e disperati, come se sapesse
che quel bacio era
una cosa proibita, un peccato, che poteva essere l’ultimo.
Fu questo pensiero che fece uscire
dalle labbra di Ronnie un lamento, che probabilmente passò
per un gemito, e la
fece aggrappare con forza alle sue spalle. E Nick parve della stessa
idea
mentre con troppa foga spingeva Ronnie verso il muro accanto al
lavandino,
schiacciando il suo busto contro quello della ragazza, che quasi si
sentì
mancare. Gli allacciò le mani dietro al collo, attirandolo a
se, mentre Nick
scendeva con le braccia a circondarle i fianchi. Oh, non sarebbe
più riuscita a
muoversi da lì, ne era sicura.
Come poteva anche solo pensarlo
quando lì, seppur in una scomoda posizione, stava
così bene? Perché per la
prima volta il mondo le sembrava girare nel verso giusto se quello che
stavano
facendo era sbagliato?
Sentiva le mani di Nick
massaggiarle
la schiena mentre la stringeva a se, le sue labbra morbide e calde le
avvolgevano la bocca, il suo respiro la stava sconvolgendo, e non
faceva altro
che pensare che lo voleva. Non voleva lasciarlo andare, voleva tenerlo
per se.
Voleva lui, tutti i giorni, ogni istante.
Ma lui non era suo.
E fu quel pensiero a farle venire
le
lacrime agli occhi e a darle la forza di puntare le mani contro il suo
petto e
spingerlo via.
-tu…non
puoi…fare così- le tremava la
voce, temeva che si sarebbe messa singhiozzare da un momento
all’altro.
Nick si allontanò di un
passò da lei
tenendo però gli occhi fissi nei suoi, con espressione
dispiaciuta.
-non puoi baciarmi, poi dirmi che
vuoi stare con un’altra, poi farmi una scenata di gelosia se
solo abbraccio
qualcuno e baciarmi di nuovo- una lacrima si fermò
prepotentemente all’angolo
del suo occhio e lei l’asciugò veloce col dorso
della mano.
Diamine, non si era forse
ripromessa
che non avrebbe mai pianto di fronte a nessuno?
-non puoi trattarmi
così, non è
giusto- soffiò infine
Il ragazzo annuì
mordendosi il labbro
inferiore e Ronnie poteva chiaramente leggere l’indecisione
nei suoi occhi.
-hai ragione, ma…-
sospirò lui con
aria sconfitta -…c’è Allie ed
io…-
Con uno scatto che fece sobbalzare
Nick, Ronnie si avviò verso la porta. Non ce la faceva
più ad ascoltare le sue
parole inutili, non poteva sentirsi dire di nuovo che avrebbe scelto
Allie e
non lei. Non poteva resistere ancora.
-aspetta!-
l’afferrò per un polso,
bloccandola ad un centimetro dalla maniglia –non scappare,
non di nuovo-
Quando Ronnie si voltò
nuovamente
verso di lui, i suoi occhi ormai erano completamente pieni di lacrime e
sul suo
viso era dipinta una pura espressione di sconfitta.
-mi dispiace Nick-
strattonò il polso
liberandosi dalla sua presa –ma questa volta sei tu quello
che sta scappando,
non io-
and
it
hurts me to say that it hurts me to stay
and it might be all right if you go
it hurts me to say that I want you stay,
but it might be alright if
you go
(Lover Dearest
– Marianas Trench)
*
* *
Ebbene si, lo ammetto, il mio
intento
fin dall’inizio è stato quello di farvi diventare
talmente dolci con il pezzo
Joe/Kate, in modo da far affievolire i vostri istinti omicidi nei miei
confronti
arrivati al pezzo Ronnie/Nick. Spero di esserci riuscita uù
Buona domenica babes! Come state?
Non potete capire quanto ci ho
messo
per completare questo capitolo! Ho finito di scrivere la parte Kate/Joe
stanotte alle due, grazie a Soriana che mi aiutava e sopportava lol
Tutto
questo perché dovevo assolutamente postare oggi, visto che
la settimana
prossima sono senza pc e non volevo farvi aspettare troppo. AMATEMI ORA.
Anyway, volevo dirvi che
l’altra
volta sbagliavo, non mancano cinque capitoli, ma DUE alla fine,
più l’epilogo.
Quindi mi toglierò dalle palle presto, non temete!
Poi, ovviamente, volevo
consigliarvi
qualche bella Fan Fiction *-* Cliccate
qui per una ff sui CCCIONAS di
@youmakemesing_ . E QUI
per la storia originale di @hosemprefamee (MANDOLS!)
Passate, mi raccomando uù
Credo di aver detto tutto.
Grazie mille ancora una volta per
le
recensioni, i commenti carini sulla mia pagina facebook e su twitter
che mi
fanno pensare che la mia storia vi piaccia davvero LOL
Vi amo, tutte <3
PS. Le frasi
sono tutte
prese da LOVER DEAREST, la
ghiohgoijtogh canzone dei Marianas Trench, non
altro che la canzone che
ha dato vita all’intera Fan Fiction. Ascoltatela!
|
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Capitolo 32 *** I try. ***
Schizofrenico.
Era quello l'aggettivo che
più si addiceva a Nick in
quel periodo.
Un giorno era sereno, contento di
passare del tempo
con la sua famiglia o a scrivere, l'altro percepiva dentro di se
inquietanti
istinti omicidi che avrebbe tanto voluto sfogare sul primo malcapitato.
Tutti avevano notato i suoi sbalzi
d'umore e il suo
nervosismo, ma pochi -tra cui Joe, Kevin
e molto probabilmente Allie- avevano intuito il
perchè. Lui, d'altro canto,
ne era terribilmente consapevole.
La sognava ogni notte.
Lei era lì,
sorridente, a qualche metro da
lui che correva come un toro impazzito pur di raggiungerla. Lo
aspettava a
braccia aperte, ma improvvisamente lui si fermava. Non sapeva
perchè,
semplicemente restava lì fermo, senza riuscire a muovere un
passo. Lei allora
lo aspettava per qualche istante, accigliata, fino a che un ragazzo
moro e
slanciato compariva alle sue spalle,
Angel. Tutte le volte, lei si voltava verso lo spagnolo, per
sorridergli e,
dopo aver lanciato un'ultima occhiata triste a Nick, lo prendeva per
mano e si
allontanava mentre lui restava imbambolato.
A quel punto Nick si alzava a
sedere di scatto nel
letto, col fiatone e un mattone sullo stomaco.
Quello era il sogno che faceva da
un mese, da quando
le aveva parlato quell'ultima volta, a capodanno. Incredibile quanto
fosse vigliacco
anche nei suoi sogni.
-heilà!-
trillò Joe spalancando la porta della sua
stanza, senza bussare
Nick alzò per un attimo
lo sguardo accigliato verso il
fratello, per poi tornare a fissare il foglio bianco di fronte a lui.
-vedo che sei allegro come sempre-
commentò entrando e
richiudendosi la porta alle spalle
-ti serve qualcosa, Joe?-
borbottò in risposta
Gli istinti omicidi più
violenti di Nick in quel
periodo erano incentrati tutti su Joe. Non che avessero litigato o che
Joe
avesse meritato tale ostilità da parte del fratello. Quella
di Nick nei
confronti del ragazzo era pure e semplice invidia.
Joe era sempre stato un tipo
allegro e solare, ma in
quell'ultimo periodo pareva che ogni stanza si illuminasse col suo
passaggio e
Nick, attaccato con tutte le sue forze all'abisso che si portava
dentro, era
terribilmente infastidito da tutto quel buonumore. La causa di quel
buonumore,
ovviamente, era dovuta al fatto che, mentre lui si rendeva ridicolo nel
bagno
della casa di Tyler, Joe aveva portato Kate a Las Vegas e l'aveva
convinta a
tornare con lui. Inutile dire che da quel momento i due erano tornati
più
inseparabili di prima. Nick non poteva essere più contento
per il fratello
come, da un altro lato, non poteva essere più invidioso
della sua serenità.
Joe sbuffò prendendo uno
sgabello ed avvicinandosi a
lui.
-mi servono un paio di scarpe per
il matrimonio, ti va
di accompagnarmi?-
Il ragazzo si voltò a
guardarlo, accigliato, come se
avesse appena detto di voler andare in Congo a comprare petrolio, ma
poi
ricordò: il matrimonio di Jamie e Tyler.
-non può accompagnarti
Kevin?- sbuffò cominciando a
tracciare cerchi concentrici sul foglio
-no, non può,
è con Jason- rispose l'altro guardandolo
incerto -e poi voglio andarci con te-
-non possiamo andarci un altro
giorno? Oggi proprio
non mi va di uscire-
Joe alzò un
sopracciglio, fissando il fratello che con
aria assorta continuava a disegnare con gesti lenti sul foglio.
-Nick- cominciò cauto
-sai che giorno è oggi?-
-martedì- rispose
automaticamente
-già, martedì
2 febbraio- annuì -e tu sai che venerdì
5 c'è il matrimonio, vero?-
La mano di Nick rimase ferma sul
foglio mentre alzava
la testa di scatto.
-oh- era davvero passato tutto quel
tempo? Erano già a
febbraio? Non parlava con lei da...
-ora basta- Joe batté un
pugno sul tavolo così forte
da far sobbalzare il fratello -devi piantarla Nick-
-di fare cosa?- chiese confuso
-di essere
così...così...- gesticolò nella sua
direzione alla ricerca di un aggettivo adatto al fratello -...depresso-
sospirò
in fine.
-non sono depresso-
borbottò lui in risposta
Joe allungò il dito
verso il foglio bianco sul quale
il ragazzo stava disegnando, se così si poteva definire
quella cosa.
-stai qui da solo a disegnare quei
cerchi, come lo chiami
questo?- lo accusò
-ero solo sovrappensiero!-
sbottò lui lasciando cadere
la matita sul foglio
Joe alzò un sopracciglio
-da quanto non vai al
bowling?-
Nick fece per rispondere, ma mentre
pensava si rese
conto che nemmeno ricordava l'ultima volta che aveva messo piede su una
pista
da bowling.
-ecco- continuò Joe
saccente -esci da questa stanza
solo per vederti con Allie ed anche quando lo fai sembra che tu lo
faccia come
un dovere e non dovrebbe affatto essere così-
Il ragazzo abbassò la
testa, colpevole. In
quell'ultimo periodo era diventato un fantasma in quella casa e Joe
aveva
ragione, se non era per lavoro o per Allie lui non lasciava mai la sua
stanza.
Lo faceva solo per dovere, ma da quando Allie era diventata un dovere?
-io non voglio essere petulante o
forzarti a fare una
cosa che non vuoi fare- Joe aveva l'espressione più seria
che Nick gli avesse
mai visto in volto -ma posso farti una domanda?-
-certo- sussurrò il
fratello, non del tutto sicuro
-perchè stai con Allie?-
Ecco, era proprio il genere di
domanda che temeva. Il
tipo di domanda che continuava a farsi dentro di se, ma non aveva il
coraggio
di dirla ad alta voce, come ora aveva fatto Joe.
Nick ci pensò per
qualche istante, mentre qualche
motivazione confusa gli passava per la testa. Alla fine optò
per la verità.
-Joe- sospirò -Allie mi
è stata vicina per più di un
anno, mi ha aiutato a non pensare a lei, ad essere sereno ed io le
voglio bene-
-no- rispose l'altro -quello che
provi per lei è
gratitudine, non affetto-
-qualunque cosa sia-
sbuffò -lei mi è stata accanto ed
ora non posso buttarla via solo perchè lei è
tornata-
-ma non capisci che in questo modo
soffrite entrambi?-
sbottò -credi che Allie sia stupida? Che non abbia capito
che sei innamorato di
Ronnie?-
Nick rabbrividì alle
parole del fratello. Sapeva bene
si essere innamorato di lei, ma faceva uno strano effetto sentirselo
dire,
soprattutto da Joe che era praticamente una parte di se stesso, quella
più
razionale in quel momento, probabilmente.
-Allie vuole stare con me-
scrollò le spalle –ed io
non posso abbandonarla-
Joe spalancò la bocca.
-ma ti senti quando parli?-
sospirò –Allie vuole,
Allie dice, Allie desidera- lo imitò –quando la
pianterai di agire solo per non
ferire gli altri?-
-io non mi preoccupo
eccessivamente- ringhiò
stringendo i pugni.
Da quando essere altruista ed
attento ai sentimenti
del prossimo era una cosa sbagliata?
-E’ invece si-
controbatté l’altro con sguardo
accusatorio –hai comprato la mustang solo perché
era la macchina dei sogni di
papà e hai visto la sua espressione adorante quando
l’ha adocchiata sul
catalogo; mi hai lasciato la stanza di Kevin senza battere ciglio e ti
assicuro
che potrei continuare con la lista per parecchie ore-
-da quando pensare al prossimo
è una cosa brutta?-
Joe alzò gli occhi al
cielo, esasperato.
-e quando farai una cosa per te?
Non riesci a capire
che la tua felicità è più importante
di quella degli altri?-
Nick si accigliò,
confuso –mi sembra una cosa
abbastanza egoista questa- soffiò –io voglio che
le persone attorno a me siano
felici-
-e come pensi che possano essere
felici se tu non lo
sei?-
Questa volta Nick non rispose,
abbassando la testa
sotto il peso delle parole di Joe, probabilmente le prime sensate che
gli
avesse mai detto in vita sua.
-pensi che sia bello vederti girare
per casa come uno
zombie?- continuò Joe in un sussurro –che Allie
sia felice di vedere nei tuoi
occhi il riflesso di Ronnie?-
Nick sbuffò passandosi
una mano dietro la nuca con
fare stanco –è così evidente?- chiese
poi
-cosa?- Joe si allungò
verso di lui con sguardo
interrogativo
-che sono innamorato perso di lei-
sospiro e Joe gli
sorrise
-non riesci proprio a nasconderlo,
mi spiace-
Nick annuì,
più a se stesso che a Joe, mentre
rifletteva sul da farsi. Avrebbe passato tutta la vita con Allie,
sognando che
al suo fianco ci fosse un’altra? Avrebbe rimpianto per sempre
il momento in
cui, in quel bagno, non aveva avuto il coraggio di dirle che
l’amava e che
voleva stare con lei?
-io voglio bene ad Allie, Joe-
Joe allungò una mano,
posandogliela sulla spalla con
fare confortante.
-ed è per questo che
devi lasciarla andare- lo fissò
negli occhi –devi darle l’opportunità di
trovare qualcuno che la ami come tu
ami Ronnie-
-ci
penserò-
soffiò in fine
I try to say
goodbye and I choke,
Try to walk away and I stumble.
Though I try to hide it, it's clear
My world crumbles when you are not here
(Macy Gray – I try)
Quando scese dall’auto
Ronnie aveva un bel sorriso stampato
sulle labbra. Uno di quei sorrisi naturali, che non riesci a
trattenere, uno di
quelli che non le venivano da un po’.
Ma come non sorridere dopo
un’intera notte con le sue
amiche?
Febbraio era arrivato e con se
anche il tanto atteso
matrimonio di Jamie, che si sarebbe celebrato tra qualche giorno.
Ovviamente le
ragazze non avevano potuto rinunciare ad un loro originalissimo addio
al
nubilato.
Avevano guidato fino al mare, fatto
la scorta di cibo
e bevande e si erano accampate sulla spiaggia, ridendo e ricordando
aneddoti di
quando erano più piccole. A Ronnie era sembrato di essere
tornata cinque anni
indietro e aveva capito che il rapporto con le sue amiche era del tutto
recuperato. Mentre ridevano così forte da sovrastare il
rumore del mare si era resa
conto che nulla era cambiato nella loro amicizia, nonostante tutto
quello che
avevano passato, erano ancora lì, più unite che
mai.
Non avevano chiuso occhio per tutta
la notte e si
erano stupite quando avevano visto sorgere il sole dietro la linea
orizzontale
dell’oceano non credendo che il tempo fosse volato
così in fretta, allora
avevano deciso di far ritorno.
Ronnie controllò
l’orario sullo schermo del cellulare,
erano solo le sette, ma Angel doveva essere già sveglio e
pronto per la sua
corsa mattutina. Era abituata ormai a sentirlo uscire alle ore
più impensabili
del mattino, per poi tornare prima che lei uscisse per andare a lavoro
con un
caffè caldo e cookies.
Non si stupì quindi,
quando da lontano lo vide sulla
soglia della porta intento a scrutare nella sua direzione, con le
braccia
incrociate al petto, ma man mano che si avvicinava notava qualcosa di
strano,
fuori posto.
-cos’è
quella?- chiese Ronnie raggiungendolo
Angel non era vestito come tutte le
mattine nella sua
tenuta da jogging, al contrario, era vestito di tutto punto pronto per
andare
da qualche parte. Parte, che sicuramente non era vicina, visto
l’enormità della
valigia poggiata accanto a lui.
-devo tornare a Madrid- disse lui,
secco
Ronnie trattenne il fiato.
-perché?- quelle parole
la colpirono come una doccia
gelata
-il mio agente dice che devo essere
a Parigi tra una
settimana, per una sfilata- alzò le spalle –meglio
passare prima per casa- la
guardava distaccato, moderando la voce.
La ragazza deglutì
abbassando la testa, incapace di
pronunciare alcuna parola.
Sapeva che prima o poi sarebbe
successo, che il
ragazzo fosse tornato a casa, ma non pensava così presto,
sperava almeno di
poter andare al matrimonio insieme, di poter parlargli con calma del
suo
comportamento strano di quei giorni. Non poteva andarsene, non ora, non
ora che
aveva bisogno di lui.
Sentì il ragazzo
sospirare, prima che allungasse una
mano verso di lei, alzandole delicatamente il mento.
-mi dispiace- sorrise, questa volta
più rilassato
-anche a me- le si
incrinò leggermente la voce nel
pronunciare quelle parole
Le dispiaceva. Le dispiaceva per
tutto, per come erano
andate le cose, per non aver chiarito subito la faccenda di quel
maledetto
bacio, di aver approfittato di lui, della sua amicizia, le dispiaceva
di essere
così tremendamente incasinata.
-se solo tu potresti rimanere
ancora qualche giorno,
io vorrei…- cominciò, ma Angel la
bloccò quasi subito scuotendo la testa
-ho bisogno di andare-
Ronnie vide la rassegnazione nei
suoi occhi e si sentì
sprofondare.
-non voglio che te ne vada
così- fece un passo verso
di lui, afferrandogli la mano –non voglio che ci sia tensione
tra di noi,
voglio chiarire tutto-
Angel alzò le spalle
–non c’è nulla da chiarire, tu mi
piaci Ronnie e penso che ormai tutti l’abbiano capito-
La ragazza si morse il labbro.
-anche tu mi piaci, ma…-
-non in quel senso- concluse per
lei che non potè far
altro che annuire
-lo capisco- sospirò lui
–come potresti anche solo considerarmi
più di un amico quando c’è lui-
-non c’è
nessun lui- rispose improvvisamente stizzita
Era da un mese che cercava di non
pensare a Nick e il
solo pensiero le faceva male allo stomaco.
-siete cotti l’uno
dell’altra, si vede lontano un
miglio-
Ronnie scosse energicamente la
testa. Perché le stava
dicendo quelle cose? Perché proprio ora che aveva deciso di
dimenticarlo una
volta per tutte?
-Nick ha fatto la sua scelta-
sibilò, ma sta volta
toccò ad Angel scuotere la testa
-lui ha scelto te Ronnie, deve solo
rendersene conto-
La ragazza alzò le
spalle, per quanto ne sapeva lei,
in quel preciso istante Nick stava con Allie e questo le sembrava dirla
lunga
su chi avesse scelto tra le due.
In quel momento però non
voleva pensare a Nick.
-mi mancherai- sussurrò
e il viso del ragazzo si aprì
finalmente in uno di quei sorrisi calorosi e sinceri che tanto
piacevano a
Ronnie.
-anche tu bichita- fece un passo
verso di lei e la
strinse forte, carezzandole i capelli
-non cambierà niente tra
me e te, vero?- sussurrò
ancora con la guancia poggiata sul suo petto caldo
-certo che no, sarai sempre la mia
migliore amica-
Ronnie sorrise stringendo
più forte le braccia attorno
alla sua vita. Angel riusciva sempre a dire la cosa giusta, a farla
rilassare e
rassicurare. Non sapeva come avrebbe fatto senza di lui, soprattutto in
quei
giorni dove sarebbe stata costretta a rivedere Nick, ma capiva che in
quel
momento il ragazzo aveva bisogno di allontanarsi da lei, almeno
fisicamente.
-devi chiamarmi appena arrivi-
disse scostandosi da
lui
-si, mamma- la prese in giro
beccandosi un pugno sulla
spalla
Il suono di un clacson li fece
voltare entrambi verso
la strada, dove un taxi aveva appena accostato di fronte la casa. Era
ora di
salutarsi, di nuovo.
-prima di andare, voglio che tu mi
prometta una cosa-
cominciò Angel catturando la sua totale attenzione
-cosa?- chiese curiosa
-voglio che tu parli con Nick e gli
dica tutto quello
che c’è qui dentro- soffiò
picchiettando con l’indice all’altezza del suo cuore
Ronnie scosse la testa, sbuffando
–non servirebbe a
niente, ci ho già provato-
-no ed è questo il
punto, tu non ci hai provato-
controbatté –tu ti sei messa in un angolino e hai
sperato che lui capisse da
solo quello che provi, ma nessuno riuscirà mai a capire cosa
hai dentro se non
lo fai uscire-
La mora abbassò lo
sguardo verso le travi di legno
sotto i suoi piedi. Angel pensava davvero che parlando a cuore aperto
con Nick
le cose sarebbero cambiate? Ronnie non ne era per niente convinta.
Mettersi a
nudo di fronte a lui avrebbe significato porgergli il suo cuore su un
piatto
d’argento sapendo già che l’avrebbe
pugnalato. Era masochismo puro.
-pensaci- soffiò lui
cogliendo la sua titubanza –non
hai più nulla da perdere ormai-
Alzò di nuovo lo sguardo
verso il ragazzo nel momento
esatto in cui il tassista fece suonare il clacson per la seconda volta.
-ti prometto che ci
penserò- gli concesse in fine
Angel le sorrise sapendo di aver
ottenuto già tanto.
Aveva davvero creduto di poter avere una possibilità con
Ronnie, ma si era
dovuto ricredere quasi subito. Non per questo il bene che provava nei
suoi
confronti era diminuito e non gli importava se non poteva essere felice
con
lui, l’importante era vederla felice e basta.
-ti voglio bene- le
sussurrò prima di poggiarle una
mano dietro la nuca ad avvicinarla a se, posandole un leggero bacio
sulla
fronte.
Ronnie chiuse gli occhi, sospirando
–anche io-
*
*
*
Buona domenica a tutte mie piccole
pallette di lardo,
come state?
At first, scusate
l’enorme ritardo ma in questo
periodo ho visto delle cose su EFP che se avessi avuto gli attributi
genitali
maschili a quest’ora me li avrebbero fatti girare
più del tacatà. Vedere storie
scritte con i piedi (senza alcuna presunzione da parte mia), con
capitoli di
una pagina e mezzo al massimo ricevere ventiquattromila recensioni fa
innervosire un po’ e quindi ho deciso di prendermi una
piccola “pausa” da
questo sito, ma ora sono tornata a rompervi le ovaie!
Allors, devo dirvi un po’
di cose!
Nello scorso capitolo ho
dimenticato di dirvi che il
posto dove Joe porta Kate a Las Vegas esiste davvero ed è
davvero un albergo.
Eccolo
qui!
Poooooi il prossimo capitolo
è l’ultimo. Già,
finalmente vi libererete di me! Non ci sarà
l’epilogo, al 90% almeno, così
potremo vivere giorni sereni.
That’s all.
Un grazie speciale a tutte le
ragazze che mi lasciano
una recensione, mi contattano su twitter, alle fantastiche 125 della
pagina facebook
ed a Johnny Depp, per il solo fatto di esistere (che c’entra?
Chi lo sa)
Grazie a tutte, vi amo <3
|
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Capitolo 33 *** Let's make it all right ***
Prima di lasciarvi al capitolo, ho
due cose da dirvi.
ONE: Paul, l’omino che
vive nella mia
testa, ha deciso che Ronnie e Nick devono avere un degno addio, se lo
meritano
dopo due anni che li tormento. Quindi L’EPILOGO
CI SARA’.
TWO: Ho postato il primo capitolo
della mia prima, e forse ultima, storia originale. THE
REASON, se vi va passate
magari J
Buona lettura!
Non
ricordava nemmeno l’ultima volta
che si era sentita così emozionata, probabilmente
perché non lo era mai stata
così tanto in vita sua.
Stava
per scoppiare in lacrime, lo
sentiva.
Aveva
visto Jamie in tutte le fasi
più importanti della sua vita: al suo primo bacio quando
portava ancora quei
buffi occhiali da vista rotondi, quando aveva conosciuto Tyler, quando
si era
diplomata e quando, con una scintilla di pura emozione negli occhi, le
aveva
detto che sarebbe andata a studiare veterinaria in Australia.
L’aveva vista in
svariate situazioni e momenti, ma mai l’aveva vista
così bella e felice come
quel giorno.
Vederla
ora, avvolta nel suo vestito
bianco, mentre si specchiava, la sconvolse totalmente. Non era la prima
volta
che la vedeva indossare quel vestito, ma ora era del tutto diverso, ora
le sue
guance sembravano due fragole, i capelli erano perfettamente arricciati
lasciando che solo la frangia le ricadesse liscia sugli enormi occhi
azzurri,
che ora erano lucidi.
I
loro sguardi si incrociarono per un
istante e si sorrisero, entrambe commosse.
Jamie
stava per sposarsi.
-sei
bellissima- Lexus le si avvicinò
poggiandole una mano sulla spalla lasciata scoperta dal vestito a
fascia e
Jamie le sorrise.
Erano
tutte e tre chiuse nella stanza
di Jamie, mentre aspettavano che la madre di Tyler arrivasse per
portarle il
bouquet, mentre la madre di Jamie era in salotto ad accogliere le
persone che
erano accorse per vedere la sposa uscire per l’ultima volta
di casa da nubile.
-dov’è
Kate?- chiese la sposa
lisciandosi il vestito
-a
telefono con Joe- rispose Lexus
alzando gli occhi al cielo –quei due sono più
appiccicati di due api col miele-
Ronnie
trattenne un sorriso –non
potresti essere un po’ più dolce, almeno oggi?-
Mentre
Lexus sussurrava un –senti chi
parla- Jamie annuiva dandole
ragione.
-dobbiamo
considerare però che ha già
fatto notevoli progressi- sorrise Jamie verso Ronnie –sono
due mesi che si vede
con Johnny e non l’ha ancora ucciso!-
Ronnie
rise, voltandosi poi verso
Lexus –se non è amore questo!-
Lexus
socchiuse gli occhi incenerendola
con lo sguardo –piantatela, idiote- sbottò
–non dovremmo parlare d’altro?-
sospirò voltandosi poi verso Jamie –del tipo, come
ti senti?-
-agitata-
rispose secca lei prendendo
un respiro profondo
-cos’è,
ci stai ripensando?- scherzò
Ronnie punzecchiandola
Jamie
scosse la testa energicamente
–assolutamente no, ma faccio ancora fatica a credere che tra
poche ore sarò
sposata-
Ronnie
le sorrise capendo
l’agitazione della ragazza. Insomma lei stessa era agitata,
figurarsi Jamie.
Nonostante
fosse strafelice per la
ragazza, una parte di lei aveva un po’ di paura. Quello che
più la spaventava
era il dubbio che la loro amicizia potesse cambiare dopo il matrimonio
di
Jamie, ma dopotutto, avevano resistito a tre anni di silenzio, un
matrimonio
non avrebbe nemmeno scalfito la loro amicizia, no?
Un
tonfo sordo le fece girare tutte e
tre verso la porta, che era stata appena chiusa con foga da Kate.
Kate,
che pareva aver appena visto un
fantasma mentre si abbandonava con la schiena contro la porta.
-voi.non.potete.capire-
sibilò con
un’espressione sconvolta
-che
succede?- squittì Jamie che con
uno scatto le fu accanto
La
poverina probabilmente pensava che
fosse successo qualcosa riguardante il matrimonio come un incendio al
ristorante in cui avevano prenotato o la fuga dello sposo.
-ho
appena parlato con Joe- spiegò
lei, puntando poi lo sguardo verso Ronnie
-e…?
cos’è successo? Sono bloccati
nel traffico? C’è qualche problema?- Jamie la
invogliò a continuare, ansiosa
Kate
scosse la testa –sono già tutti
in chiesa- la rassicuro per poi tornare a guardare Ronnie, che le
rivolse uno
sguardo interrogativo –anche Nick, da solo, senza Allie-
Oh, I swear to you I’ll be there for
you
This is not a drive by
(Train – Drive by)
Seduta
alla comoda sedia del suo
tavolo Kate fissava con aria sognante Jamie e Tyler che al centro della
sala si
tenevano stretti, ballando sulle note della loro canzone preferita.
Per
l’ennesima volta, guardandoli,
Kate non poté fare a meno di pensare che Jamie e Tyler erano
perfetti insieme.
Forse erano state le intemperie che aveva dovuto subire il loro
rapporto a
renderlo così unico e speciale o forse erano semplicemente
due pezzi di un
puzzle che si erano trovati.
Tutta
la cerimonia era andata
benissimo, oltre ogni aspettativa. Quando, arrivata
all’altare, si era voltata
a guardare il padre di Jamie che porgeva la mano della figlia a Tyler
era
scoppiata in un pianto sommesso che era durato fino alla fine della
funzione.
Aveva continuato a piangere sotto lo sguardo di rimprovero di Lexus che
“temeva avrebbe allagato la chiesa
con le sue
lagne”, ma lei era fatta così, si
commuoveva anche per le minime cose,
figurarsi il matrimonio di una delle sue migliori amiche. A fine
cerimonia,
comunque, aveva notato sia Lexus che Ronnie portarsi velocemente le
dita agli
occhi.
Dopo
la chiesa erano andati tutti a
festeggiare in una mega ristorante vicino al mare di Santa Monica
–dove Jamie e Tyler si erano
conosciuti-
ed ora, dopo pranzo, i novelli sposi erano stati invitati ad aprire le
danze.
Si
sentì accarezzare una spalla e
sorrise, voltandosi verso Joe.
Era
così felice in quel periodo. Le
cose con Joe andavano a gonfie vele, da quel litigio avevano imparato a
parlare
di qualsiasi problema li turbasse e in questo modo riuscivano a
chiarirsi quasi
sempre e anche quando non trovavano un punto in comune c’era
sempre uno o
l’altro disposto a fare un passo avanti. Erano cresciuti
tanto, insieme, ed ora
erano pronti ad affrontare la vita di coppia.
La
sua felicità non era solo dovuta
alla sua vita sentimentale ovviamente, ma anche a quella delle persone
che più
amava. Jamie e Tyler avevano finalmente coronato il loro sogno
d’amore, Lexus
sembrava aver trovato la serenità da quando aveva conosciuto
Johnny –anche se non
l’avrebbe mai ammesso-, che
ora le era affianco e le stava sussurrando qualcosa
all’orecchio. Per una volta
erano tutti felici, tutti tranne…
-ti
va di ballare?- la voce calda di
Joe estremamente vicino al suo orecchio la distrasse dal fluire dei
suoi
pensieri
Si
voltò verso il ragazzo, che le
sorrideva e annuì alzandosi. Joe la prese per mano e la
condusse al centro
della pista dove a Tyler e Jamie si erano già aggiunti i
rispettivi genitori.
Le sorrise per un breve istante prima di alzare le loro mani
intrecciate,
posare l’altra all’altezza della vita e cominciare
a dondolarsi a ritmo di
musica.
Kate
poggiò la guancia sulla spalla
di Joe, lasciandosi cullare teneramente. Stava quasi per chiudere gli
occhi,
per poter sentire di più il calore che le trasmetteva la
vicinanza del ragazzo,
quando il suo sguardo si posò sul tavolo dove sedeva poco
prima, facendola
rattristare all’istante.
Nick
e Ronnie, seduti a lati opposti
del tavolo, stavano in silenzio entrambi occupati a fissare
chissà cosa lontano
dai loro sguardi.
Sbuffò
stringendo la presa su Joe,
reprimendo l’impulso di correre da loro e far cozzare le loro
teste l’una contro
l’altra tante volte finché non ne fosse uscito
qualcosa di buono.
-quanto
tempo credi che ci
metteranno, ancora?- sbottò di punto in bianco
-chi?-
le chiese Joe confuso
Kate
alzò gli occhi al cielo, la
testa ancora poggiata alla sua spalla, maledicendo il poco intuito
maschile.
-Ronnie
e Nick- spiegò paziente –staranno li a
non parlarsi per sempre?-
-vedrai
che riusciranno a chiarirsi-
la rassicurò
Kate
rimase in silenzio qualche
minuto, riflettendo.
-e
cos’è questa storia che Nick è qui
senza Allie?- alzò il viso verso Joe, accusandolo con lo
sguardo –tu devi sapere
qualcosa, è tuo fratello!-
-ti
ho già detto che non so nulla,
non me ne ha voluto parlare- si difese lui –e comunque non
sono affari nostri,
ora puoi smetterla di parlare di Nick e Ronnie?-
La
rossa si accigliò, no che non
poteva.
-mi
preoccupo solo per quei due-
borbottò –sono idioti, qualcuno dovrà
pur aiutarli-
Joe
scosse la testa sorridendo –non
sta a noi aiutarli, devono aiutarsi da soli-
Kate
fece per obbiettare, ma Joe la
zittì chiudendole le labbra con le sue.
-la
smetti di parlare di loro?- le sussurrò
ancora troppo vicino
-si-
rispose lei in completa trans.
Si sarebbe mai abituata ai baci di Joe o sarebbe andata avanti a
rischiare un
infarto per sempre?
-di
cosa ti va di parlare, allora?-
sorrise lei
Joe
fece scorrere la mano lungo la
sua schiena, facendola rabbrividire –di noi-
sussurrò
-mi
piace- sussurrò Kate di rimando
-tra
quanto tornerai a New York?-
Ecco
come rovinare un bel momento.
Kate
si rabbuiò all’istante abbassando
lo sguardo e trattenendosi dallo sbuffare.
-tra
tre giorni, hanno bisogno di me-
spiegò trovando particolarmente interessante la punta
rotonda delle sue
decolleté.
-capisco-
fu l’unica parola che
proferì Joe, prima che entrambi cadessero nel silenzio.
Sarebbe
stato meglio parlarne in un
altro momento, quello doveva essere un giorno felice e spensierato, ma
una
volta aperto l’argomento, Kate non riusciva a lasciarlo in
sospeso.
-come
gestiremo la cosa?- chiese
senza trovare la forza di alzare gli occhi verso di lui
-con
impegno- rispose semplicemente
lui
-e
come? Ci sentiremo per telefono
una volta al giorno e ci vedremo una volta all’anno per le
feste di Natale?-
Ci
avevano già provato a stare
lontani per più di qualche giorno e i risultati non erano
stati molto
soddisfacenti, per non dire disastrosi.
-ci
sarebbe una soluzione per vederci
di più-
Kate
alzò finalmente la testa verso
il ragazzo, fissandolo con espressione dubbiosa. A meno che Joe non
avesse
sviluppato il potere della telecinesi e non potesse spostarsi da Los
Angeles a
New York in tre nanosecondi, proprio non poteva immaginare quale fosse
la
soluzione.
-vieni
a vivere con me- soffiò ed a
Kate si fermò il cuore
Non
poteva averglielo chiesto
davvero.
Al
centro della pista, mentre un
gruppo di persone ballavano attorno a loro, Kate si
immobilizzò, fissando Joe
con occhi spalancati.
-cosa?-
domandò cauta, temendo di
aver capito male
-vieni
a vivere con me- ripeté allora
Joe accarezzandole una guancia con la mano destra, mentre con
l’altra
continuava a tenere quella di Kate in una stretta salda.
Kate
sentì il labbro inferiore
tremare sotto la carezza delicata del ragazzo, ma si costrinse a
restare lucida
nonostante un branco di tirannosauri avesse appena cominciato a
volteggiare nel
suo stomaco.
-Joe,
non posso trasferirmi a Los
Angeles- fosse stato per lei, sarebbe andata a vivere con lui anche
subito, su
due piedi, ma non poteva di certo lasciare il suo lavoro per la quale
aveva
tanto sudato.
-lo
so, è per questo che ho preso un
appartamento a New York- sorrise tranquillo, mentre, per la seconda
volta, Kate
rimaneva senza fiato
-tu
cosa?- chiese con la bocca
spalancata –e quando?-
-l’avevo
visto da un po’ su internet-
commentò alzando le spalle –la settimana scorsa
Kevin è stato a New York con
Danielle e Jason e gli ho chiesto di passare a dargli
un’occhiata, ha detto che
era tutto ok e l’ho preso-
Kate
si scosto di poco da lui,
guardandolo negli occhi –e quando pensavi di dirmelo?-
-ora-
sorrise lui con nonchalance –io
verrò a New York anche se tu mi dirai che non vuoi vivere
con me Kate, non
posso starti lontano- le accarezzò la punta del naso con la
sua e Kate sospirò,
socchiudendo gli occhi.
-e
come farai col tuo lavoro qui?-
gli chiese
-tra
due settimana finiremo le
riprese, dopo di che non avrò più impegni per i
prossimi sei mesi- le spiegò
Kate
annuì in silenzio, valutando la
situazione. Non che non amasse Joe e non volesse vivere con lui, ma
quello era
comunque un passo importante. Se affrettavano troppo i tempi, le cose
sarebbero
potute andare male e lei non lo voleva assolutamente. Dovevano essere
prudenti.
Dall’altro
lato, però, il pensiero di
vivere con Joe, trovasi nella stessa casa la sera, fare colazione la
mattina
insieme, la elettrizzava terribilmente.
-Kate,
so che non è una decisione
semplice da prendere- sospirò –non devi
rispondermi ora, nemmeno domani, potrei
cominciare a trasferirmi lì da solo tra due settimane e
quando tu ti sentirai
pronta…-
-si-
disse secca e vide nei suoi
occhi un lampo di stupore
-si?-
chiese incredulo, accennando un
sorriso
-si,
voglio condividere
quell’appartamento con te- e al diavolo la prudenza
In
un istante Joe la avvolse tra le
sue braccia stringendola in una morsa asfissiante, ma Kate, con la
faccia
schiacciata tra il suo collo e la spalla, non si lamentava di certo.
-io
voglio condividere tutto con te- le
sussurrò Joe
all’orecchio e Kate chiuse gli occhi, immergendosi nel suo
profumo, mentre un
sorriso felice le si stampava sulle labbra.
Erano
pronti per un passo così
grande? Kate non lo sapeva, ma sapeva che era pronta ad amarlo ogni
giorno di
più, ad impegnarsi e a fare qualsiasi cosa perché
funzionasse. Ora che aveva
avuto il suo lieto fine, non se lo sarebbe di certo lasciato sfuggire
dalle
mani tanto facilmente.
Col
cuore a mille poggiò meglio la
testa sulla spalla di Joe, mentre tornavano a dondolarsi a tempo di
musica, e
lo sguardo le cadde di nuovo su quel tavolo dove era seduta prima, ma
questa
volta non trovò ne Ronnie, ne Nick. Trovò invece
lo sguardo complice di Lexus,
che con un cenno della testa le indico il fondo della sala, dove vide
Nick
camminare con passo deciso verso la terrazza. Forse era arrivato il
momento
anche per il suo lieto fine.
All I ever wanted
All I ever needed
Is here in my arms
(Depeche mode – Enjoy the silence)
Ronnie
abbandonò la testa tra le
mani, mentre poggiava i gomiti sulla staccionata laccata di bianco. Non
poteva
resistere un secondo di più lì dentro, non con
lui che continuava a stare lì a
fissarla senza dire niente.
Quando
Kate era entrata in quella
stanza per dirle che Nick quella sera sarebbe stato da solo era andata
nel
panico più totale. Perché non era con Allie? Non
era venuta perché aveva la
febbre o qualche tipo di virus contagioso e letale, o…?
No.
Non doveva
minimamente pensare a quell’eventualità, non
doveva farsi inutili illusioni
proprio ora che si era messa l’anima in pace. Nick non aveva
lasciato Allie,
lei non era lì per un altro motivo, sicuramente.
Chiuse
gli occhi prendendo un respiro
profondo, lì fuori il suono della musica era abbastanza
lontano da permetterle
di sentire il suono dell’oceano, che si estendeva al di la
della pineta verde
avanti a lei.
-ciao-
sobbalzò e per poco i gomiti
non le scivolarono dall’appoggio
Si
voltò di scatto, scoprendo un paio
di occhi marroni a pochi metri da lei.
-non
volevo spaventarti- si scusò
lui, le mani nelle tasche dei pantaloni scuri
-non
mi hai spaventato- e allora
perché il cuore le batteva così forte?
Nick
si avvicinò di qualche passò,
senza staccare gli occhi dai suoi.
-cosa
ci fai qui fuori?- le chiese
grattandosi una guancia
-avevo
bisogno di un po’ d’aria- aria
che le sarebbe nuovamente venuta a mancare, se Nick avesse fatto un
altro passo
verso di lei.
-ti
va di fare due passi?- accennò
alla spiaggia dietro di loro
-non
so se è il caso di…-
-solo
cinque minuti- l’interruppe lui
pregandola e Ronnie proprio non seppe resistere allo sguardo speranzoso
con il
quale accompagnò le sue parole
-va
bene- si trovò a dire mentre si
mordeva il labbro inferiore
Nick
le sorrise e in silenzio
percorsero il prato verde che li separava dalla spiaggia mentre Ronnie
sentiva
il suo battito accelerare passo dopo passo. “Fare
due passi” era un chiaro sinonimo di “dobbiamo parlare” e Ronnie non
sapeva se era pronta a farlo.
L’ultima volta che avevano parlato, la discussione non era
finita molto bene.
-possiamo
sederci lì- propose lui
indicando a pochi metri un gazebo in legno bianco che delimitava
l’inizio della
spiaggia e Ronnie annuì avviandosi con lui
Restò
in piedi, accanto ad una delle
colonne bianche in legno, mentre a pochi metri da lei riusciva a vedere
le onde
che si infrangevano contro la battigia. Strinse forte le dita contro il
pezzo
di legno mentre dietro di lei sentiva la presenza di Nick e non aveva
il
coraggio di voltarsi.
-volevi
parlarmi?- sussurrò quindi
con lo sguardo perso avanti a lei
Sentì
un tocco leggero sul suo
braccio, la sua mano che le lasciava una carezza, e sobbalzò
voltandosi in un
gesto istintivo.
-sei
bellissima stasera- vide il suo
viso troppo vicino al suo e si irrigidì
all’istante mentre lo stomaco le si
contorceva su se stesso.
Ronnie
abbassò la testa sul suo
vestito rosso fuoco, dello stesso colore di quello di Kate e Lexus, ma
di
modello diverso.
-il
rosso ti sta benissimo- sussurrò
ancora e per un attimo Ronnie temette che si stesse riferendo al colore
delle
sue guance, che sicuramente le stavano andando a fuoco in quel momento.
-grazie-
sorrise, senza riuscire ad
alzare lo sguardo
Non
sarebbe riuscita a sostenere il
suo e voleva allontanarsi ma dietro di lei aveva la staccionata bianca
e avanti
lui. Era in trappola, non poteva scappare come aveva fatto
l’ultima volta.
-sei
senza accompagnatrice, stasera-
deglutì appiattendosi contro la staccionata, allontanandosi
il più possibile da
lui
-anche
tu sei senza accompagnatore-
il tono era basso, neutro.
Perché
ci stava girando intorno?
-Angel
è dovuto tornare a Madrid-
Di
sottecchi vide Nick annuire
appena, con uno sguardo che non seppe decifrare.
-come…come
vanno le cose tra di voi?-
abbassò gli occhi anche lui, questa volta chiaramente a
disagio.
-lui
è il mio migliore amico- optò
per la verità
-amico?
Mi era sembrato di capire che
tra di voi ci fosse qualcosa in più di una semplice
amicizia, da parte sua
almeno-
-avevi
capito male- scosse la testa
–e Allie, dov’è?- a
casa a fare bamboline
voodoo con le mie foto?
-non
stiamo più insieme-
A
Ronnie si fermò il cuore.
-oh-
non se l’aspettava –mi dispiace-
le dispiaceva? No, ma le era uscita la prima frase di circostanza che
le era
venuta in mente, la più inadeguata ovviamente.
Nick
alzò un sopracciglio passandosi
poi una mano tra i capelli, improvvisamente pensieroso –anche
a me-
Maledetto
cuore, maledetta testa che
stava già volando verso pensieri assurdi. A lui dispiaceva,
quindi
probabilmente era stata lei a lasciarlo o forse era solo una rottura
momentanea.
-ed
è per questo che non l’ho lasciata
prima- continuò improvvisamente facendole bloccare il
respiro –mi dispiaceva,
mi sentivo in colpa-
L’aveva
lasciata lui, quindi. Ora non
le restava che scoprire il perché.
-e
cosa ti ha fatto cambiare idea?-
finalmente riuscì ad alzare lo sguardo
-ho
capito che non saremo stati
felici insieme, ne io ne lei- spiegò mentre continuava a
tenerle gli occhi
incollati addosso –non se continuo a desiderare altro-
-perché
stavi con lei, allora?- si
costrinse a dire, deglutendo
Nick
la guardò in silenzio per qualche
istante, probabilmente valutando la situazione per capire se poteva
azzardarsi
a dire la verità.
-perché
credevo di poterti
dimenticare in questo modo-
Il
modo in cui l’aveva guardata era
così languido, possessivo, intenso che Ronnie
rabbrividì e si strinse le
braccia sperando di far passare la sua pelle d’oca un effetto
del freddo.
-mi
dispiace tanto per come mi sono
comportato in questi ultimi mesi- si avvicinò di un passo e
Ronnie deglutì,
consapevole di non poter indietreggiare ancora -ti ho vista spuntare
improvvisamente nella mia vita di nuovo e…non sapevo come
comportarmi- il suo
sguardo era così tormentato, insicuro
che Ronnie si dovette trattenere per non sporgersi ad abbracciarlo,
stringendo
in due pugni le mani che erano abbandonate lungo i fianchi
–non lo so neanche
ora, in realtà e…-
-Nick,
ascolta…- lo interruppe spinta
da un nuovo spirito coraggioso, mentre la promessa che aveva fatto ad
Angel le
ritornava a mente. Prima o poi avrebbe dovuto parlargli chiaro, via il
dente
via il dolore.
-non
sei stato solo tu a sbagliare in
questi mesi- continuò e il ragazzo rimase fermo a guardarla,
serrando le labbra
–avrei dovuto parlarti chiaro, dirti cosa ho avuto fisso in
mente per tutti
questi mesi, dovevo…- sentì la voce mancarle e si
fermò per prendere fiato
-…dovevo dirti la verità-
-e
qual è la verità?- le accarezzo
una mano con la sua e questa volta non riuscì a dissimilare
il brivido che la
scosse, lo vide chiaramente nella scintilla che passò negli
occhi di Nick
Sospirò,
rassegnandosi definitivamente.
-la
verità è che sono scappata per
tutto questo tempo per dimenticarti e tutto quello che sono riuscita a
fare è
stato accantonarti in un angolo. Ero così convinta di averti
dimenticato che
quando ti ho rivisto non riuscivo a crederci che il mio cuore battesse
ancora
nello stesso modo di quattro anni fa, ed ero così arrabbiata
perché tu eri
stato più forte di me, ci eri riuscito a dimenticarmi e eri
insieme alla
ragazza che avevo sempre immaginato accanto a te- abbassò lo
sguardo mentre
sentiva le lacrime pungerle gli angoli degli occhi –Mi sono
sentita così
stupida per averti lasciato andare quattro anni fa, senza combattere.
Ed ho
così tanta paura di rientrare dentro ora perché
so che questa potrebbe essere
l’ultima volta che parlo con te, perché so che non
potrò provare per nessuna
persona che incontrerò in futuro quello che provo per te, ho
paura perché ora
ho capito che non importa quanto lontano vada o per quanto tempo stia
via, non
riuscirò mai a dimenticarti-
Ci
era riuscita, non ci poteva credere.
Era riuscita a dirgli quello che pensava, che provava, era riuscita ad
aprirsi
con lui come non aveva mai fatto con nessuno.
Si
sentiva svuotata, fragile,
vulnerabile e lo odiava. Ma più di tutto si sentiva
un’idiota perché Nick era
rimasto lì, a fissarla impalato senza dire niente.
Si
sentiva debole, talmente debole
che sapeva che non sarebbe riuscita a trattenere le lacrime che le
stavano per
scorrere sulle guance, ma non avrebbe pianto di fronte a lui.
-devo
andare- biascicò lanciandosi
contro il petto del ragazzo che le stava di fronte con
l’intenzione di
scostarlo per farsi strada, ma Nick non si mosse di un centimetro,
anzi,
approfittò del suo movimento per avvolgerla con le sue
braccia e stringerla a
se.
-oh,
Ronnie, sono stato un idiota- le
sussurrò all’orecchio mentre Ronnie esplodeva in
un pianto incontrollabile –in
questi mesi sono stato così cieco!-
Ronnie
poggiò le mani sui suoi
fianchi abbandonandosi completamente contro il suo petto caldo, proprio
non
riusciva a smetterla di piangere.
Voleva
restare così per sempre,
voleva stare con lui, baciarlo, abbracciarlo, parlare, ridere. Voleva
lui ed
aveva paura che una volta sciolto l’abbraccio lui fosse
andato via, lasciandola
da sola.
-non
piangere, amore mio- le lasciò
un bacio tra i capelli mentre una mano le accarezzava delicatamente la
nuca
Amore
mio.
L’aveva davvero chiamata così?
Le
si bloccò il fiato per un istante,
prima di ricominciare a singhiozzare, più forte di prima,
aggrappandosi con
entrambe le mani alla sua giacca.
Nick
le alzò la testa, prendendola
tra le mani senza interrompere il contatto tra i loro corpi che si
erano
mancati troppo.
-perché
piangi?- le sussurrò mentre
con i pollici le asciugava il mascara che le colava dagli occhi
sporcandole le
guance
Ronnie
deglutì perdendosi nei suoi
occhi, senza riuscire a trovare una risposta. Piangeva per tutto e per
niente,
piangeva perché lo amava troppo ed aveva paura di perderlo,
piangeva perché era
consapevole che non avrebbe più potuto fare a meno di lui da
quel momento in
poi o forse da quando l’aveva visto per la prima volta. Era
troppo spossata,
però, per riuscire a parlare per cui si limitò a
tirare su col naso, mentre si
le lacrime si fermavano.
-non
voglio che tu vada via- riuscì a
sussurrare in fine, stringendo le mani ai suoi fianchi.
Nick
poggiò entrambe le mani aperte
sulle sue guance, in una carezza, e Ronnie socchiuse cogliendo il
calore che
quelle mani le stavano trasmettendo.
-non
voglio andare in nessun posto
che non sia qui con te, voglio stare con te- sussurrò
avvicinando il viso al
suo tanto che Ronnie poteva sentire il suo alito caldo sulle labbra
Voleva
stare con lei. Lui aveva
davvero lasciato Allie per lei. Aveva scelto lei, ancora una volta.
Ronnie
sorrise per un attimo, prima
di abbassare lo sguardo –se dovessi perderti di nuovo,
io…-
Si
interruppe quando sentì una mano
di Nick sotto il mento che la costringeva gentilmente ad alzare lo
sguardo
verso il suo -non ho mai smesso di amarti in tutti questi anni, Ronnie-
Sentì
le lacrime tornarle agli occhi
di fronte a quello sguardo così sincero, limpido, perso,
innamorato.
-oh,
Nick…-
Non
riuscì a dire altro, perché in un
istante le labbra calde e morbide del ragazzo furono sulle sue.
Restò immobile
mentre le sue mani tornavano a stringerle il viso per portarlo
più vicino
possibile al suo, per sentirla ancora una volta in tutto il suo calore.
Ronnie
sospirò quando sentì la lingua
del ragazzo accarezzarle il labbro superiore e chiuse gli occhi
stringendosi di
più a lui abbandonandosi completamente alle sue carezze.
Come
aveva potuto credere che sarebbe
riuscita a dimenticare le emozioni che stava provando in quel preciso
istante?
Come poteva dimenticare il suo petto scosso dal suo cuore che batteva
impazzito, quel piacevole formicolio allo stomaco e quella voglia di
baciarlo
ancora, per ore e stringersi forte a lui? Come poteva aver pensato di
sentirsi
appartenere a qualcuno come sentiva di appartenere a Nick?
-non
ti lascio scappare, non più- sussurrò
Nick senza fiato, poggiando la fronte su quella della ragazza
-me
lo prometti?- sussurrò di rimando
lei
Le
sorrise afferrando una sua mano e
portandosela al petto, dove il suo cuore batteva più forte
di quello di Ronnie.
-sul
mio cuore-
Quando
tornò a baciarla, Ronnie
sorrise sulle sue labbra mentre ancora una volta si rendeva conto di
quant’era
stata stupida ad andare così lontano per tanti anni.
Solo
ora, mentre Nick la stringeva
forte, si rese conto che tutto quello che aveva sempre voluto, tutto
quello di
cui aveva sempre avuto bisogno, era proprio lì, tra le sue
braccia.
E
questa volta non se lo sarebbe
fatto scappare.
* *
*
Mio
Dio, ho l’ansia da prestazione.
No,
davvero. Volevo che questo
capitolo fosse “vjkrhgokihgizohigklibhior”, non so
se ci sono riuscita, ma
spero di avervi strappato almeno un sorriso!
Anyway
come ben sapete, ed avrete
anche notato, non sono molto brava(eufemismo) a scrivere le parti
“romantiche”,
ma vi invito ad apprezzare lo sforzo che ho fatto per tirar fuori quel
briciolo
di umanità che è rimasto in me.
Detto
questo, si, ho deciso di
scrivere l’epilogo di questa storia. Perché?
Perché mi sentivo terribilmente in
colpa ed ogni volta che si twitter vedevo l’account di Hanna
Beth, mi vedevo
Ronnie che i rimproverava per non averle scritto un epilogo come si
deve!
Quindi ho ceduto uù
Bene,
quindi risparmierò le lacrime
per il prossimo capitolo!
Credo
di aver detto tutto, ma
sicuramente non è così e più tardi mi
darò della stupida per non avervi detto
qualcosa a cui pensavo da giorni. Sono un disastro.
Al
prossimo capitolo,
VI
AMO TUTTE!
Ps.
A breve cancellerò la mia pagina facebook,
che verrà sostituita da QUESTO
account, aggiungetemi pure lì!
|
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Capitolo 34 *** Forever - EPILOGO ***
A tutte voi,
con l’augurio che un
giorno
troviate un Nick
tutto per voi.
-non puoi capire Ron, qui ci sono
quaranta gradi all’ombra-
Ronnie si allacciò la
scarpa sinistra
prima di alzarsi e, con uno sbuffo, fissare il cielo grigio fuori dalla
finestra della sua stanza.
-non sai quanto ti invidio-
-oh, ma per favore!-
sbottò Kate
dall’altro capo del telefono –sei a Londra, col tuo
principe azzurro, cosa vuoi
di più dalla vita?-
Sorrise, mentre dietro di se
sentiva
la porta aprirsi e vide Nick fare capolino sorridendole. Gli fece cenno
di
aspettare per poi cominciare a cercare nel piccolo armadio una felpa
leggera.
-non mi pare che a te sia andata
peggio, però- scherzò
-Kate,
dov’è la crema solare?- sentì
la voce di Joe in lontananza e lo sbuffò
sonoro di Kate a seguito.
-oh certo, fare da baby sitter a
Joe
è molto divertente-
Ronnie ridacchiò mentre
due mani si
poggiavano sui suoi fianchi e sentiva l’odore di Nick vicino.
-ma siete alle Hawaii-
ribatté
flebilmente, distratta dal movimento delle mani calde del ragazzo che
facevano
su e giù sui suoi fianchi
-magra consolazione-
ridacchiò lei
prima che la voce di Joe le raggiungesse nuovamente
-scusami Ron- sospirò la
ragazza con
fare affranto –il bambino ha bisogno di me-
Ronnie avrebbe sicuramente riso se
non avesse sentito improvvisamente le labbra di Nick posarsi dietro la
sua nuca
ed il suo respiro caldo insinuarsi tra i capelli.
-salutami Nick- aggiunse Kate
-ti saluta anche lui-
ansimò quasi
quando lui le morse leggermente la base del collo e lo sentì
sorridere con le
labbra schiacciate contro la sua pelle
Dopo aver agganciato il telefono si
voltò ritrovandosi gli occhi di Nick ed il suo sorriso dolce
a pochi centimetri
dal suo viso.
-che c’è?-
chiese con l’espressione innocente
di un bambino, quando la vide accigliarsi
-stavo parlando a telefono- finse
di
tenere il broncio e l’unico risultato che ottenne fu quello
di ingrandire il
sorriso sulle labbra del ragazzo
-avevo notato-
-e tu mi stavi distraendo- gli
puntò
l’indice contro il petto
-non era mia intenzione-
sussurrò
mentre una mano si infilava tra i suoi capelli e l’altra si
posizionava
strategicamente dietro la schiena per poterla attirare più
vicino a se
-sei un bugiardo-
sussurrò mentre le
labbra del ragazzo tornavano a prendere il loro posto sul suo collo
-ma mi ami- le sussurrò
all’orecchio
facendola rabbrividire
Sorrise prima di spingerlo
leggermente per allontanarlo da lei con un’espressione
confusa e di disappunto.
-forse,
ma questo non influirà sul fatto che voglio andare a fare
una passeggiata- vide
Nick curvare le labbra verso il basso e non riuscì
più a trattenersi,
scoppiando a ridere.
-ma non possiamo uscire con questo
tempaccio!- tentò di ribattere lui facendole gli occhi dolci
Ronnie scosse la testa
energicamente,
ancora col sorriso sulle labbra –siamo qui a Londra per la
prima volta non per
lavoro, solo noi due, non saranno certo due nuvole a rovinarci la
vacanza-
Era stato davvero difficile tra gli
impegni di entrambi trovare un po’ di giorni liberi per stare
insieme, lontano
dallo sciame di fotografi che gli ronzavano insieme. Nonostante ormai i
due
facessero coppia fissa da più di tre anni i fotografi non
parevano aver perso l’interesse
per i due, seguendoli ovunque. Ora quasi le sembrava un sogno poter
uscire di
casa senza essere accecata dai flash e di sicuro non si sarebbe
lasciata
sfuggire quell’occasione.
-ma possiamo spendere un
po’ di
vacanza anche qui dentro- Nick le si avvicinò con sguardo
furbo ma Ronnie gli
mise una mano sul petto, bloccandolo, mentre sorrideva divertita.
-niente da fare Nick, noi due ora
usciamo- e lo vide mettere di nuovo il broncio.
-e va bene- si arrese alzando le
mani
–vado un attimo al bagno e poi possiamo andare dove vuoi, ti
dispiacerebbe
prendermi la giacca intanto?-
-certo, ma tu sbrigati-
sentì la
porta del bagno chiudersi e si voltò nuovamente verso
l’armadio, questa volta
alla ricerca della giacca del ragazzo.
Non fu difficile trovarla tra le
poche cose appese alle grucce, ma quando afferrò la giacca
sentì qualcosa
cadere con un tonfo. Sospirò e dopo aver poggiato la giacca
sul letto si
accovacciò tastando con le mani la base
dell’armadio alla ricerca di qualunque
cosa fosse caduta.
Stava quasi per abbandonare le
ricerche quando trovò qualcosa di più piccolo del
palmo della sua mano e
soffice come un albicocca. Quando tirò indietro la mano per
scoprire l’entità
dell’oggetto, ne rimase sconvolta, trattenendo il fiato.
Rimase inginocchiata, con gli occhi
spalancati, a fissare quella scatolina quadrata vellutata di blu,
sperando con
tutto il suo cuore che non fosse quello che temeva.
-oh
mio Dio- rantolò mentre si sentiva avvampare
Non doveva essere per forza quello
che pensava. In quella scatolina potevano entrarci una marea di cose:
una
collana, un bracciale, un paio di orecchini.
La fissò per istanti
interminabili,
sperando che sparisse, ma ovviamente rimase ferma lì, al
centro della sua mano.
Cosa doveva fare? Doveva rimetterla
nella giacca e fingere di non aver visto niente? Doveva aprirla?
Si alzò di scatto
afferrando la
giacca di Nick, convinta che la cosa giusta da fare fosse quella di
posare
quella scatolina e far finta di niente, ma ad un centimetro dalla tasca
interna
si fermò.
E se dentro quella scatolina ci
fosse
stato proprio quello che lei temeva? In quel caso sarebbe stato meglio
per lei
saperlo prima, in modo da assimilare la cosa.
Con uno sbuffo abbandonò
nuovamente
la giacca sul letto e si avvicinò alla finestra accarezzando
con l’indice la
stoffa vellutata. Chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e con uno
scatto
aprì l’astuccio.
Ronnie era strana e Nick non
riusciva
a capire il perché.
Eppure le era sembrata
così serena ed
entusiasta quando gli aveva proposto di andare in giro, poi era tornato
in
stanza e l’aveva trovata accanto alla finestra con
un’espressione
indecifrabile. Le aveva chiesto se fosse tutto ok e lei aveva annuito
in
risposta, con un mezzo sorriso forzato.
Si voltò di poco verso
di lei, che
col cappuccio alzato quasi fino agli occhi, continuava a camminare in
silenzio,
a testa bassa. Allungò una mano, fino a stringere la sua,
ghiacciata, e la
sentì rabbrividire.
-senti freddo?- le chiese
-no, sto bene- rispose a bassa voce
Arrivarono alla fine della strada
in
silenzio, lei persa nei suoi pensieri, lui che continuava a tormentarsi
chiedendosi se avesse per caso fatto qualcosa di sbagliato.
-dove ti va di andare?- Ronnie,
fino
ad allora assente, a quella domanda parve riscuotersi un po’
-vorrei fare una passeggiata sul
tower bridge, se ti va- il tono era ancora strano
-certo-
Era arrabbiata per qualcosa, era
evidente. D'altronde non era la prima volta che si chiudeva in un
ermetico
silenzio quando qualcosa non le andava giù invece di
parlarne con lui e questo,
a sua volta, lo innervosiva parecchio.
Ogni volta che lui faceva qualcosa
di
sbagliato o che la facesse in qualche modo innervosire lei preferiva
tacere
piuttosto che dirgli apertamente cosa avesse fatto di sbagliato,
facendolo
scervellare per ore cercando di focalizzare il momento esatto in cui
avesse
fatto qualcosa che avrebbe potuto darle fastidio. E questo era
stressante.
Dopo tre anni però,
ormai aveva
capito qual’erano le cose che non andavano bene, ma
nonostante avesse
ripercorso mentalmente tutte le sue azioni fino a quel momento non ne
aveva
trovata nessuna inadeguata. Infondo era solo andato in bagno, non
pensava che
quello avesse potuto incidere negativamente sull’umore della
ragazza.
Passeggiarono sul ponte fino a
metà
altezza, poi lei gli fece cenno di fermarsi, poggiandosi con le braccia
incrociate alla ringhiera di ferro freddo, fissando il Tamigi sotto di
lei.
-va bene Ron, cosa
c’è che non va?-
in casi come quelli l’unico modo di farla parlare era tirarle
le parole di
bocca, Nick ormai lo sapeva.
La ragazza continuò a
fissare sotto
di lei, senza dare alcun segno di aver sentito.
-da quanto stiamo insieme?- gli
rispose con un’altra domanda, del tutto differente, del tutto
priva di senso. Lo
sapeva benissimo da quanto stavano insieme.
-il prossimo mese sono tre anni-
sussurrò, pronto a catturare sul suo viso qualsiasi
espressione che potesse
aiutarlo a capire cosa non andava
Ronnie sospirò,
socchiudendo di poco
gli occhi –e cosa faremo, tra qualche anno?-
-cosa intendi dire?- si
accigliò, per
niente sicuro di dove la ragazza volesse andare a parare.
-cosa vuoi da me, Nick?- gli chiese
voltandosi verso di lui
-niente di più o di meno
di quello
che abbiamo ora- le sussurrò e vide Ronnie sorriderle per un
istante, per poi
rabbuiarsi nuovamente, mentre infilava una mano nell’ampia
tasca della sua
felpa.
-ne sei sicuro?- col palmo aperto
allungò verso di lui una scatolina blu, una scatolina che
lui conosceva a
memoria dopo tutte le volte che era rimasto da solo a fissarla, incerto
sul da
farsi.
-dove l’hai presa?-
fissò gli occhi
sull’oggetto tra le sue mani
-è caduta dalla tua
giacca-
Nick si tastò la tasca,
come se solo
in quel momento avesse ricordato di averci messo la scatolina dentro. E
l’aveva
messa lì per un preciso motivo.
Ricordava benissimo il giorno in
cui
l’aveva comprato.
Era a New York per lavoro e ne
aveva
approfittato per fermarsi per un paio di giorni da Joe, che ormai
viveva lì con
Kate da quasi due anni e mezzo. I due, per ricordare i vecchi tempi,
avevano
deciso di alzarsi ad un orario improponibile, per andare a fare una
corsa in
central park. Verso le nove del mattino i due, stanchi e accaldati,
avevano
deciso di fare ritorno a casa percorrendo a ritroso la strada
osservando i
commercianti in procinto di alzare le serrande dei loro negozi e
cominciare una
nuova giornata lavorativa.
Non seppe dirsi perché
l’occhio gli
cadde proprio lì, ne cosa lo spinse ad avvicinarsi a quella
vetrina piena di
oggetti luccicanti.
-tesoro, vuoi farti un regalo?-
l’aveva preso in giro Joe accennando ad una collana in oro
giallo davvero poco
sobria, ma gli occhi di Nick erano fermi su un punto preciso, un punto
dove un
oggetto ben più piccolo risplendeva ancora di più
ai suoi occhi nella sua
semplice particolarità. Quell’anello gli ricordava
Ronnie.
-devo comprarlo-
sussurrò in trance
trascinandosi dietro un Joe attonito
Joe non gli aveva fatto domande
quando erano usciti dal negozio con un solitario e Nick gliene fu grato
perché,
in quel momento, nemmeno lui capiva il perché di
quell’acquisto così impulsivo
e tutt’altro che ordinario.
Nel momento in cui
l’aveva comprato,
Nick non aveva intenzione di dichiararsi, o almeno così
pensava, ma durante le
settimana successive, ogni volta che incappava in quella scatolina si
fermava a
fissarla, chiedendosi cosa l’avesse spinto a comprarla, ma
alla fine si rese
conto che la risposta era più semplice ed ovvia di quel che
pensava: voleva sposarla.
Si portava quell’anello
dietro ormai
da mesi, terrorizzato, perché sapeva quello che Ronnie
pensava riguardo al
matrimonio e non era pronto a ricevere un “no”
come risposta, non lo sarebbe mai stato. Ma sapeva che prima o poi
avrebbe
osato la sua proposta, non poteva vivere col rimorso di non averle
detto cosa
voleva veramente.
Sperava che, trovando il momento
giusto, la risposta della ragazza non sarebbe stata negativa. Quale
momento
migliore di un romantico viaggio a Londra, solo per loro due?
-l’hai aperta?-
sussurrò prendendo la
scatolina che gli stava porgendo
Ronnie annuì e Nick
abbassò lo
sguardo stringendo con forza la mano attorno alla superficie vellutata.
Non era così che doveva
andare, non
era così che aveva immaginato quel momento, lui non doveva
essere così nervoso
e lei non doveva avere quello sguardo dispiaciuto, consapevole che
stesse per
ferirlo.
-è quello che penso?- le
sentì
sussurrare dopo interminabili minuti di silenzio in cui lui stava
cercando
disperatamente le parole per dirle neppure lui sapeva cosa.
Sospirò, prendendole una
mano con la
sua libera, mentre nell’altra ancora stringeva la scatola,
senza però trovare
il coraggio di alzare gli occhi nei suoi.
-è da un po’
che ci stavo pensando-
cominciò insicuro –sono da anni ormai che stiamo
insieme e solo Dio sa quanti
ostacoli abbiamo dovuto affrontare per arrivare a questo, quante
difficoltà e
incomprensioni abbiamo dovuto lasciarci alle spalle perché
quello che proviamo
l’uno per l’altra è più forte
di tutto- sospirò alzando finalmente gli occhi,
cercando i suoi e trovandoli lucidi e consapevoli –tutto
questo mi ha fatto
capire che non ci sarà mai al mondo qualcosa o qualcuno che
possa amare più di
te, Ron, nemmeno la mia musica ed è una cosa che mai mi
sarei aspettato. Ero
pronto a lasciare tutto anni fa, quando ero solo un ragazzino
innamorato e lo
farei oggi, perché io ho sempre scelto te, sopra tutto e so
che lo farò sempre-
la sentì stringergli la mano ed una strana sicurezza si
impossessò di lui,
arrivando fino al cuore, convincendolo che poteva farcela,
c’era una speranza
per lui –è per questo che voglio sposarti e volevo
chiedertelo qui-
Sentì la mano di Ronnie
allentare la
presa sulla sua e trattenne il respiro nell’istante esatto in
cui lo vide
chiaramente nei suoi occhi, quello che più temeva, quello
che si aspettava: insicurezza.
-Nick, io…non credo di
essere…pronta
per…- balbettò ed il ragazzo si
allontanò automaticamente di un passo da lei,
come scottato.
-non importa- la interruppe brusco
ricacciando la scatolina nella tasca, liquidando la questione come se
lei
avesse rifiutato di accompagnarlo a fare la spesa, non di sposarlo.
-ascolta, io non…-
tentò ancora lei,
ma si fermò di fronte allo sguardo gelido che le
lanciò Nick
-ti ho detto che non importa-
ringhiò
e fece per voltarsi, pronto ad andarsene, ma decise di non farlo.
-anzi, si che importa, maledizione!- aveva alzato la voce senza
nemmeno accorgersene, lo notò quando vide Ronnie sobbalzare
spaventata.
-e sai qual è la cosa
che più mi fa
stare male?- continuò ad urlare imperterrito
–è il motivo
per cui non vuoi sposarmi. Lo vedo nei tuoi occhi ogni santo
giorno, ogni volta che ti arrabbi per sciocchezze: tu non credi in noi-
Ronnie lo fissava con le labbra
serrate, senza avere il coraggio di parlare.
-vivi nella paura che io possa
smettere improvvisamente di amarti, che possa ferirti da un momento
all’altro e
possa lasciarti da sola col tuo dolore ed io non so più che
fare- allargò le
braccia esasperato –non so cosa fare per farti capire che
senza di te non sono
niente, che non ti volterò mai le spalle. Io sono pronto ad
amarti per sempre
Ron, ma tu non sei pronta a concedermelo e, a questo punto-
scrollò le spalle,
disperato -non so se lo sarai mai-
Una volta finito il discorso si
sentiva svuotato, stanco, non aveva più niente da dire, non
aveva più niente da
fare lì.
-dove vai?- sentì la
voce tremante di
Ronnie quando le voltò le spalle
Si voltò quel tanto che
bastava per
intravedere i suoi capelli neri scompigliati dal vento, le gote
arrossate e gli
occhi lucidi e per un istante fu tentato di fermarsi, voltarsi ed
abbracciarla.
Ma fu solo un istante.
-ho bisogno di stare da solo-
sussurrò e la prima goccia cadde dal cielo, fredda e
inaspettata, come la
lacrima che vide correre sulla guancia di Ronnie.
Dopo che lui se ne fu andato,
lasciandola su quel ponte, Ronnie non sapeva cosa fare. Non voleva
tornare in
albergo e non conosceva nessun posto di Londra dove avrebbe potuto
trovare
rifugio dalla pioggia e dai suoi pensieri, così prese a
camminare verso una
meta indefinita con la prima che le cadeva pesantemente sulle spalle,
bagnandola, e i secondi che le vorticavano per la testa, opprimendola.
“Tu
non credi in noi”.
Non era vero, lei credeva in lui,
credeva nel loro amore e in loro, ma sapeva che non glielo aveva mai
dimostrato
realmente. Ogni volta che lui parlava di progetti futuri lei stessa si
rendeva
conto di irrigidirsi ed assumere un atteggiamento scettico, come se non
pensasse che la loro storia potesse durare così a lungo.
Nick aveva ragione,
non nel dire che lei non credesse in loro, ma che lei aveva
terribilmente paura
che lui potesse lasciarla da un momento all’altro. Dopo che
lui le aveva fatto
capire in tutti i modi possibili ed immaginabili che l’unica
persona sulla
faccia della terra a cui fosse interessato era lei, Ronnie ancora non
capiva
come faceva ad accontentarsi di lei e viveva costantemente nel terrore
che
prima o poi la super sexy modella di turno glielo avrebbe portato via,
e la
cosa peggiore era che lei non avrebbe potuto biasimarlo. Non era ancora
riuscita a liberarsi del suo tormento peggiore, del suo not
good enough, il non sentirsi abbastanza per lui la faceva
diventare cinica e diffidente e questo era quello che più
feriva Nick ed ora, l’aver
rifiutato la sua proposta, l’aveva distrutto definitivamente.
Lei voleva passare tutta la vita
con
Nick, ma aveva dannatamente paura. Accettare di sposarlo avrebbe
significato
abbandonare ogni dubbio, ogni paura, ogni incertezza e mettere
completamente la
vita nelle sue mani, credendo fino in fondo che lui sarebbe stato
sempre lì,
accanto a lei. Avrebbe significato confessare la sua debolezza,
confessare la
sua totale dipendenza da lui, diventare vulnerabile.
E se lui l’avrebbe ferita?
Ancora una volta però
non si trattava
di se e di ma,
si trattava di fidarsi completamente di qualcuno che non fosse
se stessa, rischiare che quel qualcuno potesse ferirla anche
involontariamente,
rischiare tutto per amore, per lui.
La pioggia cessò
improvvisamente di
cadere sulla sua testa e alzò dubbiosa il volto verso il
cielo, scoprendo che
la pioggia non era cessata, ma continuava a scrosciare prepotentemente
sull’enorme
insegna luminosa che riparava la ragazza. L’insegna illuminava ad intermittenza
la scritta “TATOO”
e guardando di fronte a lei trovò
una porta in vetro che permetteva di vedere l’interno della
piccola stanza dove
un uomo tarchiato e pieno di tatuaggi fino alla testa era intento a
tatuare
qualcosa dietro la schiena di un ragazzo mingherlino.
Sfiorò con la punta
delle dita all’altezza
del suo cuore, dove quel tatuaggio in quel momento era quello che
pesava di
più. L’aveva fatto in Spagna, in quegli anni che
era stato lontano da lui, come
punizione per essere così stupida da essersi fidata di
qualcuno in vita sua,
per ricordarsi che per lei non ci sarebbe mai stato nessun “per sempre”.
Sospirò e spinta da
strana
determinazione entrò in quel negozio, sicura di quello che
voleva e che avrebbe
fatto.
Forever is a long time, but I
wouldn’t mind
Spending it by your side
Quando Ronnie si ritrovò
fuori
l’albergo era ormai bagnata fradicia.
Rimase a fissare le porte di vetro
di
fronte a lei da dove proveniva la luce gialla ed accogliente della
hole. Non
voleva entrare lì dentro, non da sola, non senza di lui.
La sua più grande paura
era che lui
non sarebbe tornato o, peggio ancora, che l’avrebbe trovato
con le valigie sul
letto, pronto ad andarsene. Cos’avrebbe fatto in quel caso?
Non lo sapeva, per
questo non era pronta ad affrontare tutto quello.
Ma la vita non aspetta mai che tu
sia
pronto ad affrontare i problemi, te li piazza avanti, sfidandoti a
risolverli o
a trascinarteli dietro per una vita intera, proprio come era successo
qualche
ora prima e lei aveva la terribile sensazione di aver affrontato la
cosa nella
maniera sbagliata.
Strinse le mani in due pugni e si
costrinse ad entrare in quell’albergo, in quella camera,
sperando di non
trovarla vuota. Arrivata fuori la stanza si fermò per un
istante fuori la porta
con la mano sulla maniglia e la chiave stretta nell’altra.
Aveva preso una
decisione ed ora doveva trovare il coraggio di mantenerla, per lei, per
lui,
per loro.
Trattenne il respiro mentre
spalancava la porta, temendo ciò che avrebbe trovato, ma
rilassò subito i
muscoli delle spalle quando vide la figura scura di Nick che al buio
sedeva sul
letto, dandole le spalle.
Il ragazzo non si voltò
quando la
sentì richiudere la porta e nemmeno quando si
avvicinò a lui, con passo
incerto.
-è tardi, mi hai fatto
preoccupare-
le disse in tono monocorde, quando gli si affiancò,
continuando a guardare
fuori dalla finestra
-dovevo pensare- fu la risposta
automatica, ma non tutta la verità
Non
volevo tornare e non trovarti.
Basta. Basta nascondere quello che
provava, basta nascondere i suoi sentimenti, basta nascondersi a lui
per paura
che potesse colpirla.
-non te ne andrai, vero?- gli
chiese
con voce tremante distogliendo lo sguardo dal suo volto confessando
così tutta
la dipendenza che ormai aveva da lui.
Vide una mano di Nick allungarsi
fino
ad afferrare la sua e stringerla, allora alzò di nuovo gli
occhi incontrando i
suoi ed un brivido di paura le corse dietro la schiena. Quello sguardo
non era
quello a cui era abituata, quegli occhi erano tristi, abbattuti e
feriti, ed
era tutta colpa sua.
-non me ne andrò mai- le
rispose
cercando di farle un mezzo sorriso –che tu ci creda o no- il
sorriso si spense,
mentre gli occhi tornavano a guardare fuori
Sospirò sedendosi
accanto a lui.
-Nick, mi dispiace tanto-
-non devi dispiacerti per me- lo
vide
stringere forte i pugni fraintendendo sicuramente le sue parole,
pensando che
lei provasse pena per lui.
-non mi dispiace per te-
sbottò
quasi, catturando finalmente la sua attenzione –mi dispiace
di aver reagito in
modo così impulsivo e di essere così insicura, ma
io voglio cambiare, per te-
-non voglio che tu cambi- distolse,
per l’ennesima volta, lo sguardo da lei che alzò
gli occhi al cielo
-guardami- gli ordinò
afferrandogli
il mento tra due dita costringendolo a voltarsi verso di lei
–ho sbagliato aggettivo,
io non voglio cambiare, voglio migliorare-
-ma…-
aggrottò le sopracciglia,
confuso
-la tua proposta è
ancora valida?-
gli chiese, la voce tremante
Lo vide spalancare gli occhi, che
tornarono
improvvisamente pieni di quella luce che li aveva sempre
contraddistinti.
-lo sarà sempre-
Ronnie gli sorrise, afferrandogli
entrambe le mani -voglio che tu sappia che io non sarò
perfetta, che non ti
sveglierò tutte le mattine con un bacio e la colazione a
letto, che non stirerò
le tue camicie, non sarò sempre paziente quando dovrai stare
per troppo tempo fuori
casa per lavoro, non mi troverai con un sorriso smagliante e non un
capello
fuori posto quando torni da casa, perché io sono
così- allargò le braccia
alzando le spalle confessandogli la sua paura, quello che pensava
davvero: ci
sarebbe sempre stata qualcuna migliore di lei.
-non c’è stato
un solo istante in cui
io abbia desiderato cambiare una sola cosa di te- le lasciò
temporaneamente una
mano per accarezzarle il profilo -anche quando mi tieni il muso e non
vuoi
dirmi cos’hai, anche quando ti arrabbi per la minima cosa o
quando hai
costantemente paura che io possa uscire da quella porta e non tornare
mai più,
non c’è un istante, uno solo Ron, in cui io non ti
ami. E non voglio sposarti per
avere accanto il prototipo di moglie
perfetta, voglio farlo perché voglio amarti ogni giorno
della mia vita, con la
benedizione di Dio- stava scegliendo lei, ancora una volta.
Ronnie gli sorrise prima di
abbassare
per un solo istante lo sguardo –chiedimelo, allora-
Nick la studiò
attentamente, con un’espressione
a metà tra lo stupido e l’incredulo, probabilmente
chiedendosi se stesse
dicendo sul serio e interrogandosi sul perché del suo
improvviso cambio di idea
-non voglio che tu lo faccia solo per farmi felice- disse infine.
La ragazza scosse la testa
stringendogli una mano –io sono sicura che ti
amerò per tutta la vita Nick e
che non riusciremo mai a stare lontani l’uno
dall’altra. Se a te serve
ufficializzare tutto questo col matrimonio allora…-
alzò le spalle
sorridendogli con naturalezza –…facciamolo!-
Vide Nick aprirsi in uno dei suoi
rari sorrisi, ma gli occhi erano ancora incerti, allerta.
-e se ti lasciassi
sull’altare per
scappare con la violinista?- scherzò, ma Ronnie
capì che in quel modo stava
cercando qualche segno di insicurezza in lei.
Non
hai paura?
Le stava chiedendo in realtà.
Ronnie gli lasciò la
mano
allontanandosi di poco e Nick si irrigidì automaticamente,
fraintendendo. Gli
sorrise rassicurante, prima di portare le mani al colletto della
t-shirt e
tirarlo verso il basso, mostrandogli la scritta in nero
all’altezza del suo
cuore.
La prima parte del tatuaggio era
più
vecchia, si vedeva dal colore opaco tendente al verdognolo, mentre la
seconda
era di un nero intenso, brillante e proprio su quella si fissarono gli
occhi di
Nick.
Nothing lasts forever, but
you and me.
-q…quando…?-
balbettò Nick incredulo
continuando a fissare quelle parole
-prima- rispose semplicemente lei
mollando la presa, lasciando che la maglietta tornasse a coprirla
–io credo in te,
credo noi come non ho mai creduto in niente in vita mia- completamente
scoperta, vulnerabile, sua.
Sentì salirle le lacrime
agli occhi
di fronte allo sguardo felice e soddisfatto di Nick, che in un lampo le
prese il
viso tra le mani, avventandosi sulle sue labbra con poca delicatezza.
-vuoi sposarmi?- ansimò
staccandosi
di poco da lei, col fiato corto.
Ronnie sorrise, sentendosi per la
prima volta completa e sicura tra le sue braccia.
-per
sempre -
*
*
*
Bene, ci siamo, è
finita(quanto sono
melodrammatica).
Spero davvero che questo epilogo vi
sia piaciuta e vorrei motivarvi la mia scelta, della quale ovviamente
non sono
molto sicura.
Di solito gli epiloghi sono quei
capitoli dove i nostri protagonisti hanno trovato la
serenità e la pace
interiore(?), forse vi aspettavate una Ronnie e Nick circondati da
marmocchi
urlanti e che si amano come una di quelle famiglie nella
pubblicità del mulino
bianco, ma quelli non sarebbero stati i miei Ronnie e Nick.
Dopo un’intera storia e
33 capitoli
di un’altra l’unico ostacolo che ancora
c’era tra quei due era l’insicurezza di
Ronnie e non mi andava di raccontarvi un finale zuccheroso e melense
senza
avervi raccontato come ci fossero arrivati.
Qualcuna di voi(come la mia rossa
amica Mandols) forse è rimasta delusa dal fatto che in
questo epilogo non ci
siano Kate e Joe, ma mi sentivo di farlo così. Per me
quest’epilogo è stato un
po’ come un ritorno alle origini: ho cominciato con loro,
finisco con loro. Ad
ogni modo ho inserito la parte iniziale proprio per farvi sapere che
sono vivi
e vegeti e più uniti che mai! Chi sa, magari in futuro
scriverò una missing
moment per loro. WHO KNOWS!
Bene, mi sa che siamo arrivati alla
parte dei ringraziamenti. Sono talmente tante le cose per cui vorrei
ringraziarvi e così tante le persone da ringraziare che non
so da dove
cominciare(e sicuramente dimenticherò qualcuno)!
Ringrazio quindi tutte quelle che
mi
hanno seguito dal primissimo capitolo di LMUYS e quelle che mi hanno
raggiunto
strada facendo.
Un enorme grazie va a chi ha
recensito anche solo una volta questa storia, facendo arrivare le
recensioni a
numeri che MAI mi sarei aspettata, grazie soprattutto a chi ha
recensito
puntualmente ogni capitolo, ma anche alle lettrici “fantasma”.
Grazie a chi ha messo questa storia
tra le preferite, seguite e ricordate e alle 36 folli che mi hanno
inserita tra
le autrici preferite(è un onore!).
Alle ragazze sulla pagina facebook
che mi hanno tenuto compagnia e sopportato le mie crisi nei miei
momenti di “NON SO SCRIVERE,
SOPPRIMETEMI” e alle ragazze
su twitter che mi hanno riempito di complimenti e con cui è
sempre bello
chiacchierare.
Grazie a questa storia, ancora una
volta, perché senza di lei non avrei potuto conoscere le mie
anime gemelle:
Soriana e Eleonora e tutte le persone stupende come la mia Lux, che
è la
persona più simile a me che io conosca, la folle Gaia, che
mi rompe le scatole
ogni giorno, che fa flash mob in giro per la città e tante
altre.
Il grazie più grande va
proprio a
loro: Soriana, per il solo fatto di esistere, per aver finto che questa
storia
le piacesse per tutto questo tempo(LOL) e per essere una stupida
così grande da
farmi ridere in ogni occasione, e per avermi fatto i mille stupendi
blend che io mai sarei stata in grado di fare, ma soprattutto ad
Eleonora, che non mi
perdonerà mai di non averle fatto leggere
l’epilogo, e che mi ha supportato nei
miei momenti di crisi più di tutti aiutandomi a correggere,
scrivere ed,
ESSENZIALE, dandomi idee stra-smielate che a me non sarebbero mai
venute in
mente. Grazie ad entrambe, per essere le mie migliori amiche.
So, dire addio a questa storia per
me
è molto difficile e non solo perché ormai sono
più di due anni che la scrivo,
ma perché ci sono pezzi di me sparsi qua e la nel corso del
capitoli. C’è un po’
di me in Kate, nei miei momenti alla “usciamo
ed ubriachiamoci!”, c’è un
po’ di me in Jamie nel momento in cui ho bisogno
d’affetto e nei rari in cui lo elargisco,
c’è un po’, tanto,
di me in Lexus nei momenti in cui mi sento insofferente nei
confronti di qualunque essere vivente presente sulla terra e
c’è un po’ di me
nell’insicurezza di Ronnie. Scrivendo questa storia ho
scoperto cose di me che
nemmeno immaginavo.
E così il mio viaggio
nel fandom “Jonas”
finisce, se avessi ancora un cuore piangerei di sicuro! Mi mancherete
tutte,
terribilmente, dalla prima all’ultima. Mi mancherà
anche chi non ha mai
recensito e quelle con cui non ho mai parlato.
Spero che continuiate a seguirmi in
altri fandom, con mie altre storie e di rincontrarci lì e
che almeno in quest’ultimissimo
capitolo anche chi non si è mai fatto avanti mi dica un suo
pensiero su questa
storia in cui, vi garantisco, ci ho messo tanto.
Grazie per avermi resa un
po’ meno
insicura,
vi voglio bene.
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