Lover Dearest

di JustALittleLie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Home ***
Capitolo 3: *** confusion is nothing new ***
Capitolo 4: *** Do you remember? ***
Capitolo 5: *** Patience ***
Capitolo 6: *** Can't run from the past ***
Capitolo 7: *** Let me try ***
Capitolo 8: *** wondering if we still belong ***
Capitolo 9: *** No Air ***
Capitolo 10: *** We're so close, yet so far apart ***
Capitolo 11: *** you're all that I can see in the darkness ***
Capitolo 12: *** So I stayed in the darkness with you ***
Capitolo 13: *** I can only say that I have made mistakes ***
Capitolo 14: *** I've only got forever, and forever is fine ***
Capitolo 15: *** Oh, why you look so sad? ***
Capitolo 16: *** for the first time ***
Capitolo 17: *** Fireworks ***
Capitolo 18: *** I'm so tired ***
Capitolo 19: *** Misunderstandings ***
Capitolo 20: *** Everytime it hurts ***
Capitolo 21: *** I just wanna come home ***
Capitolo 22: *** If only I knew what I know today ***
Capitolo 23: *** There she goes ***
Capitolo 24: *** I've been missing you ***
Capitolo 25: *** I'm sorry that I hurt you ***
Capitolo 26: *** It must have been love ***
Capitolo 27: *** Everybody needs somebody ***
Capitolo 28: *** Forgive me ***
Capitolo 29: *** Can't lie to my heart, I need you here. ***
Capitolo 30: *** Jealousy ***
Capitolo 31: *** Lover Dearest ***
Capitolo 32: *** I try. ***
Capitolo 33: *** Let's make it all right ***
Capitolo 34: *** Forever - EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Aveva sempre odiato la domenica.

Quel giorno che per molti era di liberazione e festa, per lei era il giorno più brutto della settimana, anche peggio del lunedì, perché lo precedeva.

Trovava così triste la domenica pomeriggio quando gli veniva in mente che il giorno dopo sarebbe dovuta andare a scuola o, come ora, a lavoro; odiava la domenica perché gli dava la sensazione che stesse perdendo qualcosa, un po’ di tranquillità, per tornare alla vita movimentata e caotica di tutti i giorni.

Poi arrivava il lunedì e si rendeva conto che non era poi così tragico come lo aveva immaginato; e sì, perché a volte le cose nei tuoi pensieri sono ancora più terribili di quanto lo siano in realtà.

Quella domenica mattina però era tutt’altro che triste.

C’era qualcosa di diverso nell’aria e l’aveva capito da quando aveva aperto gli occhi, poi mentre si dirigeva in cucina con passo strisciante, aveva ricordato.

-la promozione!- strillò sbattendosi una mano energicamente sulla fronte

Le sembrava quasi strano dirlo ad alta voce.

Negli ultimi tre anni Veronica aveva trascorso una vita tranquilla, con poche distrazioni e molto, molto lavoro ed impegno.

Aveva preso la scuola di interpreti molto seriamente dando tutti gli esami in tempo e prendendo la laurea sei mesi prima del previsto, con il massimo punteggio.

Non aveva neanche avuto il tempo di rendersi conto di aver finito gli studi che si era ritrovata con dozzine di proposte di lavoro, e tra quelle c’era quella che aveva sempre sognato.

Quando la casa editrice ETF le aveva proposto di lavorare per loro come traduttrice quasi non le sembrava vero, non poteva essere possibile che uno dei suoi sogni si stesse realizzando!

Da allora si era detta che non le mancava davvero niente: aveva il lavoro dei suoi sogni, viveva in una delle più belle città Europee, aveva una casa tutta sua ed il giorno prima il suo capo le aveva lasciato un messaggio in segreteria dove le diceva che dovevano discutere di eventuali “svolte” lavorative.

Si era sentita invincibile; molti le chiedevano quando si sarebbe realizzata anche nella vita privata, mettendo su famiglia magari.

Lei li guardava con aria schifata tutte le volte che glielo chiedevano; chi aveva bisogno dell’amore quando aveva tutto questo?

L’amore.

Le faceva strano anche solo pensare a quella parola ormai.

Aveva chiuso con l’amore, con il sesso opposto, a dire il vero aveva tagliato qualsiasi tipo di rapporto che andasse al di là di quello lavorativo con tutti gli esseri viventi che possedevano un apparato respiratorio.

Lei si sarebbe bastata per tutta la vita.

Lei, ed il suo singolare vicino di casa, che a quanto pare era l’unica persona che era stata in grado di ottenere un qualche contatto con lei.

Sorrise.

Si doveva festeggiare, assolutamente.

Aprì il barattolo del caffè, mai stato riempito, ed afferrò la chiave che giaceva sul fondo; ancora in pigiama si diresse alla porta di ingresso ed uscì spalancandola, si ritrovò alla porta proprio di fronte alla sua, lì si bloccò un attimo.

Era domenica mattina, era cosciente del fatto che dall’altro lato della porta il suo vicino di sicuro non era solo, la sera prima l’aveva sentito tornare tardi e, a giudicare dai risolini sommessi, qualcuno gli aveva fatto compagnia quella notte, qualcuno che poteva ancora essere lì dentro.

Dopo un istante fece spallucce ed infilò la chiave nella serratura, sorrise quando la sentì scattare.

Le tapparelle erano ancora serrate, con un sospiro attraversò il salone aprendo la tenda e spalancando il balcone, fece forza sul sali e scendi e lentamente la tapparella cominciò ad alzarsi producendo un rumore fastidioso.

Si voltò verso il salone, studiandolo; tutto era in ordine, come se nessuno fosse passato di lì recentemente, ma lei sapeva bene che non era così, con molta probabilità i due avevano avuto tanta fretta da lasciar perdere il salone per arrivare alla stanza da letto.

Attraversò ancora il salone fino ad arrivare ad un corridoio stretto e buio.

Come immaginava, a terra giaceva un indumento rosso, lo afferrò con una mano e sorrise sarcastica quando appurò che era un vestito; quindi, a meno che il suo amico non avesse deciso di aprirsi nuovi orizzonti, le sue supposizioni erano giuste, c’era qualcuno.

Si avviò verso la stanza da letto, anche questa ancora buia, senza guardare il grande letto matrimoniale e senza pensarci due volte si avviò verso il balcone, ma mentre stava per aprirlo sentì un mugolio e si voltò per un istante.

Una ragazza con lunghi capelli, dato il buio non sapeva dire se fossero biondi o castani, giaceva sul letto, la schiena nuda era lasciata scoperta dalle lenzuola, la faccia schiacciata contro cuscino.

Forse non era una buona idea svegliarla in quel modo, ma era troppo contenta per preoccuparsi degli eventuali traumi che avrebbe provocato a quella ragazza che tra l’altro, ne era sicura, non avrebbe mai più rivisto in vita sua, proprio come le altre.

Si voltò di nuovo e con uno scatto deciso del braccio afferrò il sali scendi e la tapparella si alzò inondando di luce la stanza.

-ma che diavolo…?!- sentì biascicare una voce maschile

Si voltò verso il letto nel momento esatto in cui il suo vicino sprofondava la testa nel cuscino e la ragazza accanto a lui si svegliava.

La ragazza sconosciuta la guardò per qualche istante, strizzando gli occhi blu da cerbiatta, poi si sedette di scatto sul letto portandosi il lenzuolo al petto.

-E tu chi sei?!- sbottò la bionda, ora lo vedeva, stizzita

-lei è la mia vicina di casa- mormorò il ragazzo, la voce attutita dal cuscino in cui era sprofondato, poi con uno scatto di reni si alzò

- Veronica lei è Samantha, Samantha lei è Veronica, la vicina di casa più invadente del mondo- scherzò lui

La bionda fece una smorfia schifata, ancora sorpresa del fatto che quella Veronica fosse entrata in casa del suo uomo, in quel modo.

-piacere- sputò acida

-piacere mio- sorrise lei allegra –anche se credo questa sia l’ultima volta che ti vedo-

-Veronica!- la rimproverò lui

Lei portò gli occhi al cielo, entrambi sapevano che era la verità.

Allungò il braccio porgendo il vestito a Samantha.

-questo credo sia tuo, ora se non ti spiace dovrei parlare con lui, in privato-

La ragazza spalancò la sua bocca tonda e carnosa e si voltò verso il ragazzo al suo fianco, intimandolo a dire qualcosa a quella pazza che era di fronte a loro, ma il ragazzo non la guardò nemmeno, sembrava annoiato.

-ti chiamo io piccola- disse semplicemente passandosi una mano tra i capelli arruffati

La ragazza si voltò esterrefatta verso Veronica, che a sua volta la guardò sorridendo sventolandole il vestito sotto il naso, Samantha lo afferrò e bisbigliando uno “stronzo” si avvio verso il bagno.

-wow, questa è la più matta di tutte- affermò lei roteando gli occhi

-lo dici ogni volta- sorrise l’amico

-non è colpa mia se ogni volta riesci a cadere sempre più in basso-

- divertente- disse in una smorfia –quando la smetterai di entrare in casa mia e sconvolgere le mie ragazze?!-

-la sue ragazze, ma sentitelo! E poi mi hai dato tu le tue chiavi di casa- rispose divertita

-maledetto il giorno in cui l’ho fatto- sospirò lui afferrando un lembo del lenzuolo e scostandolo violentemente

Veronica si portò veloce una mano sugli occhi per evitare di vedere il corpo nudo dell’amico.

-quante storie, volevo solo invitarti a pranzo da me- spiegò la ragazza avviandosi verso la porta della stanza per uscire

-cosa si festeggia?- chiese lui mentre infilava l’intimo

- poi ti dirò, ti aspetto di la mentre ti riprendi dalla tua notte focosa- scherzò lei voltandosi e guardando l’amico che in intimo cercava qualcosa nel suo armadio

-non sarai mica gelosa?- scherzò lui, ma nemmeno troppo –sono a tua disposizione quando vuoi, lo sai-

La ragazza lo guardò con un sopracciglio alzato, non aveva dubbi che lui sarebbe stato a sua disposizione, glielo aveva fatto capire più volte, e nemmeno tanto fra le righe.

-sbrigati latin lover- uscì dalla stanza ma si bloccò a metà corridoio per urlare –ah Angel, per “ti invito a pranzo” intendo dire che dovrai cucinare tu!-

Angel sorrise e scosse la testa.

Quella ragazza era tanto assurda quanto bella.

  

*  *  *

 

Un’ultima occhiata al cielo e poi sarebbe rientrato in casa.

Era questo che si ripeteva nella sua mente da quasi trenta minuti ormai, ma ogni volta che alzava lo sguardo verso il cielo rimaneva incantato.

Lui e la sua stupida mania di guardare le stelle.

Loro erano diventate un sinonimo di casa per lui; quando era in giro per il mondo e sentiva nostalgia di casa, non importava dove fosse, se a Sidney, a Roma o su una spiaggia di Rio, gli bastava guardare in alto ed un cielo stellato era sempre lì per lui.

Le stelle gli davano un senso di familiarità e sicurezza che solo casa sua gli dava.

Si costrinse a staccare lo sguardo dall’immensa distesa blu sopra la sua testa ed i suoi occhi finirono a scrutare il prato inglese che si distendeva di fronte a lui.

Scorse una figura scura che si avvicinava verso casa e socchiuse gli occhi per cercare di riconoscerla.

Joe, una mano in tasca e l’altra, con cui manteneva il cellulare, all’orecchio, procedeva a passo lento verso di lui; le sue risate si sentivano a metri di distanza.

Il ragazzo sorrise di riflesso.

Joe in quell’ultimo periodo era sempre felice, e lui sapeva il perché.

Da quando erano partiti per il tour, ben tre anni prima, lui era sempre rimasto in contatto con Kate; la bionda e matta Kate.

Ogni volta che parlava con lei lo sentiva ridere, ma nonostante lui gli avesse intimato più volte di dirgli qualcosa di più, il fratello trovava sempre qualche modo per eludere la domanda.

-ora devo andare- sentì bisbigliare Joe un attimo prima che chiudesse la chiamata e gli rivolgesse uno dei suoi sorrisi allegri

- non ti pare che ti stia sentendo un po’ troppo con Kate?- scherzò lui

Il fratello gonfio le guance e rispose a tono –definisci troppo-

Nick sorrise –per troppo intendo: la mattina appena ti svegli, i messaggini furtivi tra un’intervista e l’altra, le scappatelle la sera dopo cena quando nessuno sa dove vai…-

-hai reso l’idea- l’interruppe l’altro affiancandosi al fratello

- sono tre anni che va avanti questa storia, quando ti deciderai a dirmi di più?- chiese Nick poggiandosi alla ringhiera di fronte a lui

- non c’è niente da dire- sospirò –siamo amici-

L’altro lo guardò scettico.

Era vero, si erano tenuti in contatto per ben tre anni, ma essendo stati un anno intero lontani i due ormai erano abituati a vedersi come semplici amici, anche se in realtà entrambi speravano in qualcosa di più, solo che non ne erano ancora consapevoli al cento per cento.

Inoltre tra gli impegni di Joe e quelli di Kate, che ormai era una stilista di fama internazionale, i due riuscivano a vedersi davvero poco.

-solo amici?!- chiese scettico l’altro –ed è per questo che non hai una storia seria con qualcuno da…fammi pensare…due anni?-

Joe non rispose, ma un sorriso furbo si formò sulle labbra carnose.

-prima mi dicevi tutto- lo accusò Nick –ora sembra quasi che debba strapparti le parole di bocca!-

Joe sbuffò poggiandosi a sua volta alla ringhiera – non è che non voglia dirti niente, è solo che non vorrei che parlando di Kate ti venisse di nuovo in mente…- sussurrò lasciando la frase sospesa

Ronnie, finì lui mentalmente.

Si, ora riusciva a pensare al suo nome senza che gli venissero strane crisi isteriche o senza che il suo corpo iniziasse a tremare.

Dio! Erano passati tre anni, era anche normale che gli fosse passata.

-Joe…- lo canzonò lui – ora sto bene, lo sai-

- non era quello che volevo sentire- sussurrò il fratello puntando gli occhi nei suoi

- e cosa volevi sentire?- chiese retorico l’altro

-che sei felice- sospirò

Un sorriso amaro si formò sulle sue labbra.

-sono felice- mentì

-non è vero- rispose prontamente

Nick scostò di scatto lo sguardo dal fratello.

Quegli occhi erano in grado di andare troppo a fondo e rischiavano di far salire a galla cose che lui aveva accantonato in un angolino sconosciuto della sua mente, e di certo non voleva farle saltare fuori, non ora.

Due mani leggere si posarono sui suoi occhi, impedendogli di vedere per qualche istante.

Ispirò forte e sentì quel profumo che ormai avrebbe riconosciuto ovunque.

-Allie…- sorrise mentre si voltava

Allie, la ragazza biondina dagli occhi azzurri, che aveva conosciuto più di un anno prima e che ormai era entrata a far parte della sua vita, quella che ora era la sua ragazza.

La bionda gli sorrise dolcemente e tutti i ricordi che rischiavano di salire a galla ritornarono giù, al loro posto.

Questo era uno dei motivi per cui stava con lei.

Lei riusciva a fargli dimenticare il suo passato, perché era così dolce e riservata, ma forse soprattutto perché era così diversa da lei.

-Dov’eri finito? E’ arrivato tuo fratello- disse alzandosi in punta di piedi e stampandogli un bacio sulle labbra

-entriamo- rispose lui facendo un cenno al fratello che gli passò avanti senza l’ombra di un sorriso

-va tutto bene?- chiese Allie accigliata facendo cenno a Joe

-certo- sorrise lui rassicurante –andiamo- aggiunse poi prendendola per mano e conducendola all’interno della casa

Appena entrò sorrise alla scena di Kevin che, con mille borse enormi tra le mani, cercava di passare accanto alla credenza senza far cadere nulla, mentre Danielle dietro di lui stringeva al petto un bambino dai capelli castani e ricci che dormiva placidamente.

-Kevin sei un disastro- lo prese in giro lei sorridendo mentre il marito urtava col gomito la credenza facendo traballare l’enorme vaso cinese posatovi sopra

- se magari qualcuno dei miei gentilissimi fratelli mi desse una mano…- sbuffò lui

Joe si diresse verso di lui salutandolo e lo liberò dalle mille borse, in modo che Kevin potesse entrare senza creare danni.

-Nick!- Kevin gli andò incontro abbracciandolo veloce

-come va, papà?- gli chiese il fratello sorridendo

-bene, anche se Jason mi ha tenuto sveglio tutta la notte- rispose sorridendo, nonostante tutto

-Allie!- urlò poi Kevin rivolgendo la sua attenzione alla ragazza

Nick sorrise e si allontanò avvicinandosi a Danielle che era intenta a parlare con Joe e suo padre.

-hei- lo salutò lei con un sorriso mentre il ragazzo si sporgeva per posargli un bacio sulla guancia

-Kevin ha detto che sei tornato da poco, dove sei stato?- chiese lei

-  a New York per un concerto, è stato bellissimo- sorrise - certo, non come i vecchi tempi- aggiunse guardando Joe che gli sorrise di rimando con aria pensierosa

-è pronto!- li raggiunse una voce dalla sala da pranzo e tutti si catapultarono nell’altra stanza per prendere posto

- ragazzi, com’è emozionante vederci tutti assieme a tavola dopo tanto tempo!- squittì Denise stringendo la mano a suo marito che sorrise apprensivo verso la donna

Beh, forse non tutti erano emozionati, ma erano sicuramente felici.

Negli ultimi anni le loro vite erano cambiate e, purtroppo a causa degli impegni, si erano allontanati un po’; Si tenevano in contatto tutti i giorni, ad ogni ora e potevano continuare a contare l’uno sull’altro, il loro era stato un allontanamento “fisico” più che altro.

Quando Kevin aveva chiesto a Danielle di sposarlo in una calda giornata di Luglio lei aveva accettato all’istante; dopo un anno erano riusciti ad avere un bellissimo bambino che, anche se era presto per dirlo, era tutto il padre. Così Kevin aveva deciso di volersi dedicare alla famiglia per un po’ e, d’accordo con i fratelli, aveva lasciato la band aprendo un magnifico ristorante italiano che andava a gonfie vele.

A questo punto portare avanti la band in due non aveva più senso, quindi anche Joe aveva deciso, con l’esempio del fratello, di seguire un’altra sua piccola passione che poi si era rivelato un vero e proprio successo: in due anni Joe aveva preso parte a quattro film, di cui tre come protagonista.

Nick? Beh, dopo quello che era successo tre anni prima, il ragazzo si era immerso nel lavoro tenendosi occupato il più possibile. Quando Kevin e Joe decisero di lasciare il gruppo lui continuò per la sua strada con la sua musica, deciso a non fermarsi un istante.

Nonostante i loro impegni li avessero portati lontani gli uni dagli altri, non si erano mai persi, perché il loro bene era una delle poche cose reali in quel mondo ed il loro calore, il loro affetto, era l’unica cosa che riusciva ad aiutarli nei loro momenti peggiori.

L’unica convinzione che Nick aveva, ormai, era che loro sarebbero sempre stati lì, per lui.



*   *   *

Tremate, tremate, le streghe son tornate! muahahaha
Buonasera a tutte!
Come promesso, eccomi di nuovo qui a tormentarvi con il seguito di Let me under your skin!
Questo primo capitolo è un'introduzione alla storia che fa già capire qualcosa della vita dei nostri lover dearest *O*
Sono nervosissima, ovviamente perchè questo prologo non mi piace affatto! E spero tanto di non avervi deluso, ma a voi i commenti!
Al prossimo chap!

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Capitolo 2
*** Home ***


 Probabilmente sono impazzita u.u
Sono le 4.49 del mattino, sono tornata a casa da un'ora circa ed ho sentito l'irrefrenabile bisogno di scrivere xD
Non mi piace molto questo capitolo, ma a me non piace mai nessuno quindi lascio commentare voi xD
Mi scuso preventivamente per gli errori che sicuramente troverete, ma, comprendetemi, è tardi e non ce la faccio a rileggere xD
Prima di lasciarvi leggere però volevo davvero ringraziare di cuore Scars94 per aver segnalato Let Me Under Your Skin per le storie scelte *-* io non credo che la mia storia sia all'altezza, ma sei stata davvero carinissima, le tue parole mi hanno fatto emozionare, davvero!
Deeeeeeeetto questo, vi auguro una buona lettura!


 



 Home  

Angel alzò il bicchiere di cristallo fino a farlo tozzare con quello di Veronica, seduta di fronte a lui.
- alla promozione- sorrise il ragazzo
Veronica gli fece un sorriso tirato e bevve il liquido contenuto nel bicchiere tutto d'un fiato, strizzando un po’ gli occhi a causa delle bollicine.
Angel la guardò alzando un sopracciglio, proprio non riusciva a capire quale fosse il problema. Aveva organizzato tutto con la minima cura, il ristorante elegante, il cibo italiano che lei amava, i fiori. Gli sembrava tutto perfetto, nemmeno per un appuntamento aveva mai fatto tutto quello, ma quando Veronica gli aveva detto della promozione aveva pensato che alla ragazza avrebbe fatto piacere festeggiare come si deve; ma ora di fronte a lui non si trovava la ragazza felice e sorridente che si aspettava, ma una ragazza che non smetteva un attimo di guardarsi in giro mordicchiando nervosa l'unghia del pollice.
Veronica d'altro canto era grata ad Angel per quello che aveva fatto, chissà quanto gli era costato quel ristorante! Ma in quel momento proprio non trovava niente per cui essere felice. E pensare che solo il giorno prima quasi saltellava dalla felicità, ed ora non voleva altro che un buco nero nel quale sparire.
-C'è qualcosa che non va?- gli chiese Angel sorridendo
Lei scosse la testa, cercando di sembrare sincera. Ma ovviamente non funzionò.
-è il ristorante? vuoi che andiamo da un'altra parte?- insistette il moro con aria dispiaciuta
Veronica sospirò pesantemente abbassando le spalle.
Forse era arrivato il momento di guardarsi indietro, doveva fare un tuffo nel suo passato e rivedere tutte le cose che aveva lasciato lì, tutto il dolore che aveva lasciato dietro di se, le promesse rotte, i sorrisi negati, tutto.
Era ora che anche Angel sapesse chi era Ronnie. Era ora che lei ricordasse chi era stata.



Sorrise prima ancora di aprire gli occhi quella mattina.
Quella, sarebbe stata una delle giornate più importanti della sua vita.
Aprì gli occhi e la luce che entrava dalla finestra aperta le arrivò agli occhi nello stesso istante in cui un intenso odore di caffè si diffondeva nella stanza.
-buongiorno- sentì la voce del ragazzo provenire dalla porta
Sorrise e si stiracchiò inarcando la schiena mentre Angel si avvicinava al letto con un vassoio tra le mani
-buongiorno- lo salutò lei solare mettendosi a sedere 
Angel sorrise di rimando e le sistemo con cura il vassoio sulle gambe coperte dal lenzuolo bianco.
Veronica si concesse un'occhiata al ragazzo prima di abbassare lo sguardo sul vassoio e notò che Angel era già vestito e pronto per uscire, forse anche lui aveva un appuntamento di lavoro quella mattina.
-io stavo uscendo- disse il ragazzo come per confermare i suoi pensieri -sono passato solo per prepararti la colazione ed augurarti buona fortuna- sorrise e si sporse in avanti per baciarle la fronte
-grazie, ti chiamo dopo - sorrise lei nascondendo poi il viso dietro l'enorme tazza piena di caffè, prima che il ragazzo uscisse dalla stanza.
Appena sentì la porta dell'ingresso chiudersi, poggiò frettolosamente il vassoio sul comodino e gettò le lenzuola di lato catapultandosi giù dal letto.
Era talmente nervosa quella mattina che se solo avesse assaggiato un pezzetto di qualsiasi cosa l'avrebbe ricacciato fuori istantaneamente.
Entrò nel bagno della sua camera ed aprì la doccia per poi uscire di nuovo nella sua stanza.
Sospirò aprendo l'armadio, si conosceva, sapeva benissimo che sarebbe rimasta lì a fissare il vuoto per almeno venti minuti prima di decidere cosa indossare.
Cosa si indossava in un'occasione come quella, in genere?
In un tempo record di dieci minuti pescò dall'armadio una semplice gonna nera a tubino, con un altrettanto semplice camicia bianca, poggiò il tutto sul letto e con l'intimo in mano si diresse verso il bagno, dove ormai il vapore causato dall'acqua calda padroneggiava indiscusso.
Dopo un'ora il ticchettio delle sue decolleté nere si diffondeva tra i corridoi dell'enorme edificio.
Ripensò alla prima volta che aveva messo piede lì dentro e sorrise, quell'edificio le era sembrato così spaventoso e triste, e poi con il tempo era diventato la sua seconda casa, se non prima.
Il suo capo, Ellen Kraft, una bellissima donna in carriera sulla quarantina, era una persona straordinaria e, nonostante le pratiche dei suoi innumerevoli divorzi venivano e andavano dal suo ufficio, lei non smetteva di essere un'eterna innamorata. Con i suoi capelli biondi, gli occhi nocciola e il sorriso gentile, riusciva a mettere a proprio agio chiunque, persino la ragazzina agitata e disorientata che lei era stata.
Aveva instaurato un rapporto amichevole con tutti lì, persino il ragazzo che portava il caffè al mattino si fermava cinque minuti a parlare con lei.
Era tutto perfetto, e l'idea che avrebbe potuto trascorrere altri anni lì, grazie alla sua eventuale promozione, la rassicurava.
Si fermò fuori all'ufficio di Ellen e si sistemò nervosamente la camicia prima di bussare.
Una voce all'interno della stanza la invitò ad entrare e lei aprì lentamente la porta.
-oh Veronica, sei tu- la accolse la donna con aria stanca
Veronica la guardò accigliata, non che si fosse aspettata un mini festino con tanto di palloncini, ma nemmeno quel tono da funerale.
Ellen sedeva dietro la sua scrivania, ricoperta da milioni di scartoffie, gli occhiali rossi poggiati sul naso ed un paio di fogli in mano, che studiava attentamente.- vieni, entra- disse Ellen con un sorriso tirato senza distogliere lo sguardo dai fogli
Veronica entrò lentamente nella stanza prendendo posto alla sedia posizionata di fronte alla scrivania. Ellen si tolse gli occhiali da vista e sospirando si portò una mano agli occhi, come per strofinarli.
-Avevi detto che volevi vedermi- cominciò la ragazza deglutendo 
-si- sospirò l'altra -Veronica, abbiamo un problema-
-c-che genere di problema?- balbettò mentre il cuore le andava a mille, improvvisamente mille opzioni le vennero in mente e si sentì così stupida per aver pensato ad una promozione.
-gli affari non vanno bene, e non possiamo più permetterci di assumere praticanti-
Veronica sentì il suo fiato spezzarsi, la stava licenziando?
-vuol dire che perderò il posto?- 
-no- si affrettò a dire la donna -è per questo che sei qui. Nonostante tu abbia poca esperienza, sei una delle migliori, e non potrei mai permettere che la tua carriera venga stroncata per uno stupido problema di denaro- spiegò Ellen, ma Veronica non capiva
-c'è una soluzione- sorrise la donna





-come sarebbe a dire che torni a Los Angeles?!-
La voce di Angel rimbombò per tutto il locare facendo girare metà della sala nella loro direzione.
Quando anche la bionda seduta al tavolo accanto si voltò tornando a guardare l'uomo che le stava di fronte Veronica strinse i pugni e si sporse verso l'amico.
- abbassa la voce! E poi non ho detto che torno a Los Angeles, ho detto che l'unico modo per continuare a lavorare è di andare lì- spiegò lei nervosa bevendo un altro sorso di vino
-non puoi trovare un'altra casa editrice per cui lavorare, qui?- chiese il ragazzo nervoso muovendosi di continuo
-oh certo, Madrid è piena di case editrici che, non sapendo come gettare il loro denaro, assumono ragazze inesperte e laureate da meno di un anno- rispose sarcastica
Il ragazzo rimase a fissarla in silenzio per qualche istante, con espressione triste.
-quindi è deciso- sussurrò infine
-NO- lo interruppe lei bruscamente
Angel alzò un sopracciglio -ma hai detto che è l'unico modo per lavorare-
Veronica sospirò pesantemente, ora arrivava la parte più difficile da spiegare.
- non posso tornare a Los Angeles- disse abbassando lo sguardo
-perchè?-
-perchè la ragazzina che viveva lì ora non c'è più- sussurrò
Sentì Angel sospirare pesantemente -si può sapere cos'è successo di tanto tragico a Los Angeles?-
Veronica alzò lo sguardo fino ad incrociare quello confuso del ragazzo.
Come poteva spiegargli tutto senza sembrargli un mostro?
Aveva lasciato le sue amiche, le sue sorelle, con una squallida e-mail.
Aveva cancellato tutti i loro messaggi senza nemmeno leggerli, aveva cambiato numero, era sparita.
Come faceva a dirgli che ancora oggi, nonostante la sua vita perfetta, la sera quando era sola nel letto ripensava al sorriso di Kate, alla timidezza di Jamie, alle follie di Lexus e piangeva fino ad addormentarsi?
Come faceva a dirgli che non si era mai sentita così sola in vita sua?
Aveva buttato via l'amicizia di una vita, per cosa poi? Per il suo stupido cuore spezzato.
-c'è di mezzo un ragazzo?- sussurrò Angel 
Un ragazzo? Oh, era molto più di un semplice ragazzo.
Era il ragazzo che per lei reincarnava la perfezione, era il suo unico amore, il suo rifugio, la sua vita, ed era l'unico ragazzo che non avrebbe mai potuto avere.
Nick non era un semplice ragazzo, no, era il ragazzo che una come lei non avrebbe mai potuto avere, uno di quei ragazzi che si possono guardare solo da una copertina di un giornale; ma la vita, la sua vita, aveva deciso di essere ancora più beffarda con lei, aveva deciso di farle assaggiare un pezzo di paradiso e poi trascinarla di nuovo giù, sul pianeta terra, dove avrebbe dovuto vivere per il resto dei suoi giorni.
Con che coraggio poteva tornare indietro ed affrontare tutto questo?
Angel sospirò ed allungò una mano afferrando la sua -quando ti ho vista su quell'aereo per la prima volta, avevi un'espressione sconvolta- cominciò -significa che stavi lasciando dietro di te qualcosa di importante...-
-qualcosa che non potrò riaggiustare mai più- lo interruppe bruscamente lei
Il ragazzo puntò i suoi occhi scuri in quelli della ragazza
-l'amicizia è un legame forte e non si dissolve nel nulla- la ragazza gli strinse la mano istintivamente -qualsiasi cosa sia successa tra te e le tue amiche, sono sicuro che si risolverà-
Veronica spalancò gli occhi.
Come faceva a sapere lui delle sue amiche? Non gliene aveva mai parlato, non ne aveva mai parlato con nessuno.
Angel sorrise rilassato -ho visto la foto sul tuo comodino-
Solo allora Veronica parve ricordare la vecchia foto scattata da Tyler un'estate di 4 anni prima che ritraeva lei e le sue amiche mentre si stringevano sorridenti.
- non è così facile Angel, io le ho deluse, abbandonate...-
-ma se ti vogliono bene- la interruppe il ragazzo -saranno pronte a perdonarti tutto-
Veronica abbassò ancora lo sguardo.
Non lo sapeva più; non sapeva se le sue amiche le volevano ancora bene, per quanto ne sapeva lei potevano anche essersi dimenticate di lei, come avrebbe meritato.
Non le sembrava un'idea geniale quella di tornare a Los Angeles.
-dimmi una cosa- cominciò il ragazzo -tu sei felice qui?-
Veronica rimase qualche istante a pensare a quella domanda sorridendo tra se.
Lei non avrebbe mai potuto essere felice.
-beh, vivo in una città bellissima, ho il lavoro dei miei sogni, ho un amico pronto a spendere centinaia di euro per portarmi a cena fuori...-
Angel sorrise -non hai risposto-
-no- sospirò infine lei -non sono felice-
-e non credi che riallacciare i rapporti con le tue amiche possa renderti felice?- sorrise ancora lui accarezzandole una mano
Si, certo che l'avrebbe resa felice, ma se le sue amiche le avrebbero sbattuto la porta in faccia una volta che lei fosse andata lì?
-non hai più niente da perdere qui- gli sussurrò l'amico che, in quell'istante, gli sembrava più la sua coscienza.
Aveva ragione, il motivo per cui era lì era lavorare, ora che le offrivano un'opportunità di lavoro a Los Angeles non poteva rifiutare, non poteva mandare all'aria tutti i sacrifici di tre anni solo perchè era una terribile codarda.
-e tu?- chiese Veronica, e gli occhi del ragazzo si illuminarono
Nonostante la ragazza avesse sempre declinato le avances del ragazzo, era ovvio che dopo tre anni di "convivenza" con Angel si fosse affezionata a lui. Dopo tutto era lui che la portava al cinema ogni giovedì per non farla restare a casa da sola a mangiare una squallida pizza surgelata; era lui che le asciugava le lacrime quando aveva le sue "crisi", e lo faceva senza chiederle mai niente.
Angel era senz'altro una persona speciale.
-io sarò qui, dov'è giusto che sia per il momento. Tra due mesi, poi, è giugno potrei venire da te per le vacanze estive-
Veronica alzò lo sguardo e gli sorrise nel momento esatto in cui il cameriere, un ragazzo robusto e moro, portò i loro piatti stracolmi di pasta.
-buon appetito- disse il ragazzo con un pesante accento siciliano
-grazie- dissero in coro i due
Veronica guardò il piatto di fronte a lei senza il minimo appetito.
Il pensiero del suo ritorno a Los Angeles la terrorizzava, ma allo stesso tempo la emozionava, e non poco.
Era scappata via, lontano da tutti, lontano dal suo dolore, ma ora che questo dolore sembrava quasi essere sparito del tutto non vedeva il motivo per il quale non sarebbe dovuta tornare; come aveva detto il suo amico prima, lì non aveva niente di così importante da perdere, a parte il loro rapporto ovviamente.
Non poteva restare lì ora che aveva perso il lavoro, non c'era più niente che la trattenesse in quel posto che qualche anno prima le era sembrato così affascinante e nuovo.
Era arrivato il momento di tornare a casa.


                                                                                            *    *    *


Era una delle sue ennesime giornatacce.
Mentre aspettava che l'ascensore raggiungesse il piano terra non poté far altro che chiedersi cosa diavolo volesse la sua casa discografica da lui.
"I tuoi testi non sono più gli stessi", continuavano a ripetergli e a lui sembrava una cosa così sciocca da dire.
Era ovvio che i suoi testi non fossero più gli stessi, visto che nemmeno lui era più lo stesso di due anni prima.
Sospirò pesantemente quando le porte si spalancarono e cominciò a camminare a passo svelto verso l'uscita, voleva solo andare il più lontano possibile da lì.
Le porte scorrevoli si aprirono e lui girò velocemente a sinistra andando a sbattere contro qualcosa.
Perfetto.
Di fronte a lui una ragazza bionda con gli occhi verdi come il muschio lo fissava con la bocca socchiusa e un'espressione allibita.
Nick sperò che la ragazza non fosse una fan e non cominciasse ad urlare, non avrebbe retto alle sue urla quella mattina.
- s-scusa- balbettò la ragazza mentre le guance si coloravano di rosa
Nick si rilassò un pochino concedendosi un'occhiata più attenta alla ragazza, e dopo un primo sguardo doveva dire che non era niente male.
-figurati, è stata colpa mia, ero sovrappensiero- sorrise
La ragazza sorrise imbarazzata e parve volersi allontanare.
Fu allora che Nick sentì l'inspiegabile bisogno di sapere qualcosa in più di lei.
-lavori qui?- disse la prima cosa che gli venne in mente
La ragazza guardò l'enorme edificio della Hollywood Records -si- sorrise -sono nuova, lavoro part time come receptionist, solo il martedì ed il giovedì. Insomma è per pagarmi gli studi, la facoltà di giurisprudenza è dura ed io devo...- Nick sorrise a quella ragazza sorprendentemente logorroica - scusa- disse lei portandosi una mano alla bocca -parlo troppo, lo so. Anche mio padre lo diceva sempre che...lo sto facendo di nuovo-
Nick rise forte e quando si rese conto di quello che stava facendo per poco non si strozzò.
Lui stava ridendo?!
- come ti chiami?- chiese alla bionda
-Allison, Allison Cooper, ma tutti mi chiamano Allie- rispose lei portandosi una ciocca dietro l'orecchio
- io sono Nick...-
-Jonas- concluse la ragazza per lui -ero una grandissima fan dei Jonas-
Il sorriso di Nick si storse giusto un po’, era ora di terminare quella conversazione.
- bene Allie- cominciò -allora ci vediamo-
Si allontanò lasciando la ragazza interdetta nel bel mezzo del marciapiede.
Allie.
Era davvero carina, doveva ammetterlo, ed era anche simpatica! Nessuno era riuscito a farlo ridere così spontaneamente negli ultimi anni; certo nonostante questo non era nemmeno lontanamente paragonabile a...
Scosse la testa, non doveva pensare.
Doveva trovare un modo per distrarsi, per staccare con tutto e tutti; era così stanco di dover affrontare ogni singolo giorno i suoi traumi adolescenziali.
Era cosi difficile...
Ogni volta che gli sembrava di essere riuscito ad andare avanti, poi si scopriva ancora allo stesso punto.
C'era sempre qualcosa che gli ricordava lei, doveva distrarsi.
Poi mentre apriva la portiera della macchina si illuminò.
Distrarsi? Quale migliore distrazione di una bella ragazza?
Gli vennero i brividi solo a pensarlo, ma di certo non poteva andare avanti così, non dopo due santissimi anni!
Doveva provare almeno.
Così il giovedì successivo e quello successivo ancora si era ritrovato in quell'edificio che odiava a cercare in una ragazza, con cui aveva scambiato due parole in croce, neanche lui sapeva bene cosa.
Una musichetta proveniente dal suo cellulare lo fece sobbalzare distraendolo dal suo sogno ad occhi aperti.
Lasciò cadere la matita sul foglio bianco poggiato sulla scrivania ed afferrò l'iPhone.
-hei bello!- sentì dall'altro lato
-Tyler, come va?-
- mai stato meglio - ridacchiò Tyler
- mi fa piacere, è successo qualcosa di speciale?-
-oh, neanche immagini, hai da fare domani mattina?-
Nick ci pensò un attimo -no, devo essere in studio per le 12-
-perfetto allora ti offro la colazione- e riagganciò
Tyler e la sua stupida abitudine di non salutare.
Già, Nick e Tyler erano diventati amici, e non due semplici amici, lui ormai era il suo migliore amico.
Dopo tre anni Tyler era ancora follemente innamorato di Jamie e lei di lui, stavano solo aspettando di realizzarsi economicamente per sposarsi.
Sorrise pensando a Jamie e Tyler; loro erano la prova vivente che l'amore vero esisteva.
Lo sguardo gli cadde sulla cornice poggiata sulla sua scrivania.
Lui e Allie sorridevano all'obbiettivo contenti.
Sospirò.
Amava Allie? Non lo sapeva.
Sapeva solo che quello che era iniziato come un gioco, una distrazione, era diventato qualcosa di più grande.
Si era affezionato ad Allie e stava davvero bene con lei; lei era l'unica che riusciva a farlo ridere, era l'unica che riusciva a farlo sentire ancora un essere umano.
Si, perchè quando Ronnie se n'era andata, lui somigliava più ad un vegetale.
Non sapeva se l'amava, ma era convinto che non avrebbe mai amato nessuno come aveva amato lei, quindi che importanza aveva?



 

*     *     *
 

Eccoci qui *-*

Quanto fa schifo? su non temete ed esponetemi le vostre opinioni u.u
 

  
 

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Capitolo 3
*** confusion is nothing new ***


Confusion
is nothing new




Gli addii non erano mai stati il suo forte.

Dire addio ad una persona è sempre triste, soprattutto quando dietro di te lasci tutto quello che hai costruito con sacrificio e devozione per gettarti nel bel mezzo del più assoluto e desolato, nulla.

-Andrà tutto bene- Angel sorrise cercando di rassicurarla, ma non fece altro che innervosirla

Veronica si passò nervosa una mano tra i capelli mentre guardava attorno a lei persone felici che saltellavano, in fila per il check in.

Gruppi di amici, coppiette sdolcinate, tutti erano così felici di un nuovo viaggio, dopotutto un viaggio a Los Angeles non era affatto una cosa da poco.

Sospirò pesantemente, se solo anche lei fosse stata una semplice turista.

-Bichita così ti strapperai la maglietta- sorrise ancora il ragazzo

Veronica si immobilizzò abbassando lo sguardo; solo in quel momento si rese conto che stava tirando nervosamente la manica della t-shirt leggera che indossava quel giorno.

-odio quando mi chiami con quello stupido nomignolo- ringhiò la ragazza smettendo di torturare la povera manica ormai slabbrata

Angel strinse di più a se la borsa di Veronica che portava in mano.

-non importa, sarai sempre la mia sciocca Bichita-

La ragazza sbuffò pesantemente – smettila con queste frasi da addio, ci rivedremo tra qualche mese, tu verrai a Los Angeles- affermò convinta

Certo che sarebbe andato a Los Angeles! Glielo aveva promesso, per le vacanze estive, ora non poteva tirarsi indietro.

Angel portò gli occhi al cielo passandosi la mano libera sotto il mento, dove c’era il solito filo di barba.

-e tu smettila di agitarti, non stai andando mica al patibolo-

Certo, per lui era semplice.

Lui era come quegli stupidi turisti che la circondavano; un bel viaggio in California, cosa c’è di meglio?

Per lei invece, era il peggio che potesse accadere e, come se non bastasse, doveva affrontare tutto da sola.

Tutto.Non ce l’avrebbe mai fatta.

Angel diede uno sguardo all’orologio e Veronica strinse forte i pugni fino a farsi male; sapeva cosa stava per dirle, ed era l’ultima cosa che voleva sentirsi dire in quel momento.

-devi andare- disse con un tono che non la incoraggiò per niente ad allontanarsi

Fece un passo verso di lui alzando lo sguardo, facendo incrociare i loro sguardi e si sforzò di sorridere, almeno per qualche istante.

-grazie di tutto- sussurrò

Angel la guardò confuso, non c’era più nemmeno l’ombra del sorriso di poco prima sul suo viso –e di cosa?-

Veronica lo spintonò sorridendo, cercando di rendere l’atmosfera più leggera.

-non fare il modesto, sai benissimo che senza di te ora probabilmente sarei ancora in giro a cercare un tetto sotto cui dormire-

Angel capì il suo intento di alleggerire la situazione e sorrise appena per poi sospirare teatralmente.

-ed ora chi spaventerà a morte le mie “coinquiline”?- chiese con aria affranta

Veronica lo guardò per un istante alzando un sopracciglio, poi scoppiò a ridere.

Improvvisamente si sentì avvolgere da due braccia calde e capì che era arrivato il momento.

Poggiò la guancia sul petto del ragazzo cercando di concentrarsi sul battito accelerato del suo cuore per estraniarsi dal mondo per qualche ultimo istante.

-mi mancherai- sussurrò il ragazzo affondando il viso tra i suoi capelli

-anche tu, non sai quanto- sussurrò la ragazza stringendolo più forte per un attimo, per poi allontanarsi

Angel continuava a guardarla con uno sguardo pieno di sottintesi, pieno di cose mai dette, cose che in quel momento sembravano voler uscire ad ogni costo fuori, ma non poteva, non poteva fare più niente ormai, doveva lasciarla andare.

Il ragazzo fece scorrere la sua mano sul collo di Veronica, che lo guardava incapace di fare alcunché.

Veronica sapeva cosa stava per accadere e sentiva il bisogno, voleva, fare qualcosa per impedirlo, ma in quel momento lo stupore era più grande di qualsiasi altra cosa al punto che quando Angel si avvicinò sempre di più fino a posare le sue labbra su quelle di lei, la ragazza non riuscì a muovere nemmeno un muscolo.

Rimase immobile, non poteva credere a quello che lui aveva fatto, come non poteva credere che lei lo stesse ricambiando in pieno, incoraggiando il ragazzo a tal punto da permettergli di posare le mani sui suoi fianchi ed attirarla a lui.

Non sapeva cosa stesse facendo, ma si ritrovò ad allacciargli le braccia al collo e sciogliersi contro il suo petto, mentre uno strano rumore, come di un martello pneumatico, le invadeva i timpani.

Che fosse il suo cuore? No, lei non ne possedeva più uno, era impossibile che stesse battendo così euforico.

Eppure lo sentiva così chiaramente che era impossibile sbagliarsi, forse era un po’ arrugginito, ma era il suo cuore che tornava a battere.

Le labbra del ragazzo erano così morbide, e si muovevano così gentili e delicate sulle sue, che anche se avesse voluto farlo, era impossibile staccarsi da lui.

Fu lui infatti, dopo un tempo indeterminato, a porre fine a quel bacio allontanandosi da lei.

Veronica rimase immobile a fissarlo, non aveva la minima idea di cosa avrebbe dovuto fare ora.

Non sapeva nemmeno perchè l'avesse baciata ma, sopratutto, non sapeva perchè lei avesse ricambiato il bacio con tanta disinvoltura!

Angel, d'altro canto, non pareva minimamente in imbarazzo o confuso, come invece era lei; semplicemente le rivolgeva un sorriso rilassato.

Senza dire nulla il ragazzo porse la borsa a Veronica, che l'afferrò titubante.

-ora devi andare davvero-

La ragazza annuì senza proferire parola.

Angel sorrise socchiudendo gli occhi verdi ed avvicinandosi al suo orecchio.

-questo non era un bacio d'addio- sussurrò prima di voltarsi per poi sparire tra la folla.

I'm not leaving, not going
I'm not kissing you goodbye

(kissing you goodbye - the used)


Quello Starbucks era affollato come tutte le mattine.

D'altronde Downtown era il cuore della città, ed era normale che a quell'ora del mattino ci fosse tanta gente in giro, tra l'altro per lui non era affatto un problema, quando c'era tanta gente era più difficile che i paparazzi riuscissero a scovarlo.

Lanciò un'occhiata nervosa all'orologio che portava al polso poi al ragazzo che sedeva di fronte a lui.

-allora, vuoi dirmi di che si tratta? Devo essere in studio tra un'ora-

Tyler prese un altro sorso del suo frappuccino con la più totale calma e con un sorrisetto sulle labbra, come se il ragazzo che lo fissava impaziente non avesse mai parlato.

- quanta fretta Nicholas - sorrise Tyler consapevole di innervosire l'amico -ci sono delle cose che non si possono dire frettolosamente, si deve creare prima l'atmosfera giusta ed io non la sento ancora-

-te la faccio sentire io tra poco l'atmosfera, se non la pianti di dire cazzate- rispose a tono l'altro

Tyler ridacchiò ed alzò le mani in segno di resa, col tempo aveva capito quando era il caso di piantarla con Nick.

- bene, la cosa che sto per dirti- cominciò diventando serio -è davvero importante-

Nick annuì unendo le mani.

-ebbene?- chiese sporgendosi verso Tyler

Il ragazzo prese un respiro profondo poi si aprì in un sorriso -ho chiesto a Jamie di sposarmi-

Nick spalancò gli occhi restando per qualche istante paralizzato dalla sorpresa, poi esplose.

-Tyler ma è fantastico!- urlò facendo girare mezza sala -auguri amico- aggiunse poi abbracciandolo

-Hei, non è mica finita qui- disse Tyler sciogliendo l'abbraccio

Nick lo guardò con aria confusa, tornando a sedersi al suo posto.

Tyler sospirò unendo le mani, doveva trovare le parole giuste per dire quello che doveva

- beh, sai che sono figlio unico e tu sei diventato un fratello per me, e nel giorno delle mie nozze voglio che tu mi stia vicino più di chiunque altro e che abbia un ruolo speciale- il ragazzo si grattò dietro la testa imbarazzato - mi faresti da testimone?- chiese con tono gentile

Nick lo guardò negli occhi ascoltando con attenzione le sue parole, ed appena il ragazzo ebbe finito di parlare, lui, scoppiò a ridere.

-cavolo!- riuscì a dire tra una risata e l'altra -sembrava una dichiarazione d'amore!-

Tyler lo guardò alzando un sopraciglio -ti sembra il momento?- chiese retorico trattenendo suo malgrado qualche risata

-hai ragione- commentò l'altro calmandosi -ne sarei onorato Tyler- aggiunse poi sorridendo all'amico che sorrise a sua volta.

-ma non mi hai detto la cosa più importante- gli fece notare Nick -quando sarà il grande giorno?- chiese prendendo un sorso del suo frappuccino

- 21 febbraio- rispose con naturalezza

Nick per poco non si strozzò -21 febbraio?! ma mancano solo quattro mesi!-

-lo so- rispose Tyler -ma è il giorno in cui ci siamo conosciuti e ci tenevamo tanto a sposarci proprio quel giorno-

-e come pensi di organizzare tutto in così poco tempo?-

-con tanto impegno e tanto aiuto da parte delle testimoni- sorrise il ragazzo

Nick abbassò lo sguardo cercando di riuscire a fare un sorriso sforzato -e così le matte saranno di nuovo assieme...- commentò

-già- rispose Tyler -Kate è arrivata ieri sera da New York, ha preso un aereo subito dopo la presentazione della sua ultima collezione e Lexus arriverà nel
pomeriggio da Miami, lavorare per il papi ha i suoi vantaggi, è riuscita a convincerlo che lo studio non avrà bisogno di un brillante avvocato come lei per un po’ -


Nick sorrise.

Lexus avvocato, non se lo sarebbe mai aspettato, eppure in pochi anni era diventata una dei più ricercati avvocati della Florida, dove si era trasferita con i genitori dopo il diploma.

Certo, aveva dovuto rinunciare ai suoi amati capelli fucsia, ed ai suoi piercing, ma ne aveva fatta di strada la ragazza.

-Jamie dev'essere su di giri- commentò Nick

-non immagini nemmeno- rispose Tyler alzando gli occhi al cielo -sai che si sono un po’ allontanate da quando...- lasciò la frase in sospeso, meglio non
toccare quell'argomento


Da quando...

Già, da quando Ronnie era partita per l'Europa senza nemmeno dire una parola.

L'avevano scoperto proprio come lui: erano andate a casa della loro amica scoprendo che lei era partita per la Spagna, per non tornare più.

Avevano trovato una sua e-mail dove spiegava, o almeno ci provava, il perchè della sua partenza improvvisa.

A nulla erano servite le chiamate, le e-mail, i messaggi.

Ronnie era sparita nel nulla.

-lei non ci sarà, vero?- sospirò Nick conoscendo già la risposta

-no- sussurrò triste Tyler -è introvabile, lo sai e Jamie non fa altro che parlare di lei e del fatto che non possa perdersi il suo matrimonio-

Nick annuì tacendo.

Ricordava ancora le notti in cui era rimasto sveglio a mandargli mail, a chiamarla.

Nulla.

Solo da un anno si era ormai convinto a rassegnarsi all'idea che lei non sarebbe tornata, non l'avrebbe rivista mai più.

Allora si era convinto a dimenticarla, per continuare a vivere.

Avrebbe dovutodimenticarla.


hour by hour, day by day, your memory will fade away.
every sunrise, every sunset, will help me to forget
your name, your smile, your eyes, medusa


(medusa - Bring Me The Horizon)


*    *   *



Vabe, ormai non parlo più, sapete già cosa penso dei miei capitoli -.- quiiiiiindi
Alloooooora cosa ne pensate?
A parte il fatto che sicuramente vorreste uccidermi per il bacio tra Angel e Ronnie, vi è piaciuto?!
Spero di si *O*
Al prossimo chap!
Vi amo <3

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Capitolo 4
*** Do you remember? ***


chap 3

Buoooonasera a tutte ! come va?

Prima di lasciarvi al nuovo capitolo, volevo informarvi del fatto che qualche giorno fa ho scritto una one-shot su Kate e Joe *O*

E' ambientata un anno dopo la partenza di Ronnie u.u

Potete trovarla QUI

Spero vi piaccia, oh, e che vi piaccia anche il capitolo *O*

buona lettura!

Do you remember?

Era partita da Madrid in pieno giorno ed ora, anche se erano solo le nove di sera, le sembrava notte fonda.

Il taxi accostò lungo il marciapiede e lei sospirò al solo pensiero di dover portare quei due enormi bagagli per tutto il viale.

-signorina, siamo arrivati- annunciò il signore sulla cinquantina con dei folti baffi ed un accento messicano, probabilmente credeva si fosse addormentata.

Veronica pagò il taxi e, trascinando a stento dietro di se due valigie ed un bagaglio a mano, si avviò per quel viale che le era così familiare.

Si fermò d'avanti agli scalini del portico alzando lo sguardo ed ammirando la grande casa.

Un senso di malinconia e tristezza l'avvolsero all'istante assieme all'inevitabile ondata di ricordi.

Lei da bambina che ridendo correva per il giardino inseguita da un bambino di qualche anno più grande con gli stessi capelli e gli stessi occhi profondi;

Sua madre che la guardava con quel suo tipico sguardo da rimprovero dopo che aveva sporcato un vestito nuovo, cadendo. Quello sguardo lo ricordava bene, era capace di farla sentire in colpa anche quando non aveva fatto nulla di sbagliato;

O ancora, suo padre che la ignorava quando lei prendeva un buon voto a scuola, che non aveva mai mantenuto le sue promesse, che non ricordava mai il suo compleanno, suo padre che non c'era mai.

Sospirò e si costrinse a porre fine a quell'assurdo fluire di ricordi salendo le scale del portico.

Si frugò nelle tasche e quasi subito riuscì a trovare la piccola chiave argentata con incise sopra le loro iniziali. 

K.R.J.L

Finse di non ricordare quel dettaglio ed aprì la porta trascinando i bagagli dietro di se.

Accese la luce nel salotto, per nulla meravigliata del fatto che nessuno fosse in casa.

Aveva avvertito i suoi del suo ritorno improvviso a Los Angeles, e loro le avevano augurato un buon viaggio, con un augurio di buona fortuna.

Patetico.

I genitori di Veronica si erano trasferiti in Giappone qualche anno prima, i due avevano sempre desiderato andare a vivere in quel luogo che lei detestava, ed ora che la figlia si era rifatta un'altra vita in un altro continente, non vedevano il motivo per cui restare in quella città calda e caotica che avevano sempre odiato.

Insomma, non che la loro presenza fosse stata utile per la crescita della ragazza, ma anche loro infondo avevano una coscienza, non potevano di certo lasciare la figlia minorenne da sola ed andarsene in Giappone.

Veronica cercò di guardare il meno possibile quelle stanze che la circondavano e, come un cavallo coi paraocchi, procedette diritto fino ad arrivare alle scale, ed anche qui non si fece distrarre dalle foto appese al muro, ma continuò a salire le scale ed a percorrere il corridoio fino ad arrivare alla porta di quella che per tanto tempo era stata la sua stanza.

Sospirò pesantemente cercando da qualche parte dei meandri del suo essere il coraggio di aprire quella porta.

Poggiò una mano sul pomello e si costrinse a spalancarla. 

Veloce ed indolore, o almeno così sperava.

Fece un passo accendendo la luce ed abbandonando finalmente i bagagli sul pavimento.

Era orribile.

Per tutto il viaggio si era aspettata di trovare la casa intoccata, come l'aveva lasciata tre anni prima, sopratutto la sua stanza.

Quando vide i grandi scatoloni in giro per la stanza quasi non scoppiò in lacrime.

Le mille foto che addobbavano le pareti erano sparite, ammucchiate chissa dove, i suoi amati libri erano scomparsi, tutto era scomparso.

La stanza era completamente vuota e tutto stava ad indicare che nessuno passava di lì da un bel po'; tutto tranne le lenzuola che emanavano un leggero odore di vaniglia e, ora che ci faceva caso, sui mobili non c'era nemmeno un leggero strato di polvere, molto probabilmente i suoi avevano pensato far pulire a qualcuno la casa prima del suo arrivo.

Veronica si lasciò cadere sul letto sbuffando.

Era tornata, non ci poteva ancora credere, eppure era lì in quella stanza che l'aveva vista crescere, che l'aveva vista passare da momenti di felicità ad altri di assoluta depressione.

Cos'avrebbe dovuto fare ora?

Doveva avvertire tutti del suo arrivo? e come? "Hei! sono sparita per tre anni, ma ora eccomi qui, che ne dite di essere di nuovo amiche?"

Non aveva idea di come fare, ma non aveva nemmeno la minima intensione di pensarci in quel momento, era troppo stanca.

Si sfilò le scarpe e si raggomitolò sul letto, era troppo stanca anche per mettere il pigiama.

Si addormentò dopo qualche minuto con un solo pensiero in mente.

Doveva parlare con loro.

You're beautiful. You're beautiful.
You're beautiful, it's true.
I saw your face in a crowded place,
And I don't know what to do,
'Cause I'll never be with you.

( You're beautifull - James Blunt)

Le donne e la loro mania di fare shopping in ogni occasione.

-Nick, mancano solo quattro mesi al matrimonio di Tyler, devo assolutamente trovare un vestito decente!-

E così Allie l'aveva trascinato in uno dei negozi più costosi di Rodeo Drive costringendolo a sedere su uno scomodissimo sgabbello, mentre lei entrava ed usciva dal camerino, provando un abito e poi un altro. 

Una trottola impazzita.

Non capiva ancora perchè "devo trovare un vestito" implicasse la sua presenza lì, tra l'altro alquanto inutile.

-che ne dici di questo?- chiese mentre guardava il suo riflesso allo specchio

-è bellissimo, tesoro- disse il ragazzo per la centesima volta

Allie si voltò verso di lui con le mani sui fianchi, scostandosi una ciocca dal viso -l'hai detto anche dei vestiti precedenti- sbuffò 

-non è colpa mia se sei splendida con qualsiasi cosa- sorrise dolce

Allie alzò un sopracciglio -che ruffiano- poi tornò a studiare la sua figura allo specchio

-no- decretò in fine -troppo corto, provo l'altro- e si fiondò di nuovo nel camerino

Nick alzò gli occhi al cielo sbuffando in silenzio.

Era più di un'ora e mezza che erano lì dentro, era impossibile che non avesse trovato niente che le piacesse!

Nick avrebbe preferito di gran lunga restare chiuso nella sua sala di registrazione quella mattina, almeno avrebbe fatto qualcosa di utile e si sarebbe portato avanti col lavoro, ma quando Allie si era presentata a casa sua, supplicandolo con due occhioni enormi, proprio non era riuscito a dire di no.

-oddio, con questo sembro un uovo di pasqua!- sentì la ragazza urlare dal camerino -questo non te lo faccio neanche vedere, passo al prossimo-

Nick scosse la testa, almeno gli aveva risparmiato la visione dell'uovo di pasqua.

Forse però quella era la sua giornata fortunata, il cellulare nella sua tasca prese a suonare, e lui benedì chiunque fosse per avergli dato una scusa per uscire di lì.

-tesoro, esco un attimo fuori a rispondere- disse alzandosi dallo sgabello

- fa presto!- urlò lei

Nick prese il cellulare dalla tasca dei jeans mentre si dirigeva verso l'uscita con le gambe addormentate.

Una volta fuori vide il nome di Tyler lampeggiare sullo schermo e rispose.

-aiutami, ti prego-

Tyler dall'altro lato ridacchio -oh credo che sia tu che debba aiutarmi-

-io sono a fare shopping con una pazza, a te va peggio?- chiese sarcastico il ragazzo

-assolutamente, ho Kate che mi gira intorno prendendo misure ovunque e continuando a ripetere che siamo dei matti per avergli dato solo quattro mesi di preavviso- rispose

-ciao Nick!- si sentì Kate urlare dall'altro capo

- salutami la stilista impazzita- sorrise lui 

-hai usato l'aggettivo adatto, sono circondato da matti. Per non parlare di mia madre, che appena ha saputo la data del matrimonio si è attaccata al telefono chiamando mezza famiglia, credo verranno anche i miei parenti dall'Italia, che tra l'altro non conosco- sbuffo Tyler mentre Nick rideva di gusto

-credo questo mondo sia troppo piccolo per tutti e due- sospirò in fine -o uccido lei o mi uccido da solo-

Nick sorrise -penso sarebbe meglio far fuori te, sarebbe un peccato privare il mondo delle eccezionali lasagne di tua madre-

-non c'è che dire, sei un vero amico- rise l'altro

-comunque volevo chiederti un favore- continuò -potresti passare a prendere le fedi?-

Nick si voltò verso la folla che occupava il marciapiede opposto a quello dove si trovava, cercando di ricordare dove fosse il gioielliere dove Tyler aveva preso le fedi.

-certo, ci penso io- rispose voltandosi dall'altro lato e fu in quel momento che il suo mondo, fatto di illusioni ed anni passati a convincersi che lei era stata solo un bel sogno, gli cadde addosso.

Era quasi impossibile vederla fra tutta quella gente, ma lui la vide chiaramente, per un attimo.

Ferma davanti ad una vetrina, un'enorme borsa di pelle sotto al braccio, degli occhiali scuri poggiati sul viso ed un bicchiere di caffè in mano.

-grazie, allora ci vediamo dopo- sentì Tyler dall'altro lato del telefono, ma non gli diede retta, era totalmente paralizzato.

I capelli erano più lunghi e più chiari, gli abiti erano un pò più sobri, ma non aveva alcun dubbio, era lei.

-Nick? ci sei?-

Il cuore prese a martellargli forte nel petto mentre sentiva qualcosa stringergli la gola impedendogli di respirare.

Improvvisamente sentiva caldo.

Non poteva essere lei, non poteva, lei era a Madrid a lavorare come interprete per chissà chi, in una casa con il suo ragazzo forse, o con un amica, o con chi accidenti le pareva.

Lei era a Madrid, non poteva essere proprio lì, difronte a lui.

Poi, d'un tratto, la ragazza sparì nella folla lasciandolo impalato nel bel mezzo del marciapiede.

Non sapeva perchè lo stesse facendo, anzi, non sapeva nemmeno cosa stesse facendo, ma si gettò tra la folla quasi correndo cercando di raggiungere la ragazza.

Si guardava in giro ansimando, perchè faceva così dannatamente caldo il mese di ottobre?

Doveva trovarla, doveva assolutamente accertarsi che non fosse impazzito e che quella che aveva visto non era una visione.

Ma dopo dieci minuti in cui aveva camminato avanti e dietro per la strada, si rese conto che doveva star davvero male per aver visto quello che aveva visto.

Poggiò la schiena contro il muro di una stradina laterale prendendosi la testa tra le mani, doveva pensare un istante razionalmente al perchè era impossibile che avesse realmente visto la ragazza lì.

Beh, un primo motivo era che lei era a Madrid, e semmai fosse tornata avrebbe avvertito sicuramente qualcuno, e nessuno sapeva niente.

Se poi fosse davvero stata lì, non poteva essersi volatilizzata in quel modo, tra tutta quella gente.

Inoltre, anche ammettendo che fosse tornata a Los Angeles, era impossibile che fosse andata proprio lì, a Rodeo Drive, aveva sempre odiato quella strada piena di gente con la puzza sotto il naso, perché con tanti posti che amava sarebbe dovuta andare proprio lì? Era impossibile.

Bene, era riuscito a calmarsi almeno un po'.

Il cuore riuscì a tornare ad un battito regolare, così come il suo respiro.

Entrò nel negozio scuotendo la testa sconsolato.

Ci mancavano solo le allucinazioni.


Look at this photograph

Everytime I do it makes me laugh
Everytime I do it makes me


(Photograph - Nickelback)  


Quella mattina Veronica si era svegliata con uno strano senso di nervosismo.

Quella casa, quella stanza, erano troppo vuote e silenziose per lei.

Si chiuse in bagno, restando forse più del dovuto sotto il getto della doccia, rilassandosi.

Quel pomeriggio sarebbe dovuta andare fuori Los Angeles per il suo nuovo lavoro, non vedeva l'ora, ma come avrebbe occupato la mattina?

Una volta vestita, decise che forse poteva mettere un pò d'ordine nella sua stanza, per cercare di renderla più accogliente.

Per prima cosa disfò le valigie riponendo con cura ogni abito al suo posto, poi, arrivò la parte più difficile.

Stette per un tempo indeterminato a fissare quei dannati scatoloni impolverati difronte a lei.

Quando era partita, non aveva avuto nemmeno il coraggio di raccogliere le sue cose, aveva rimasto tutto com'era, almeno lì dentro voleva che niente cambiasse.

Sospirò.

Aprire quegli scatoloni significava riaprire il suo passato, tuffarcisi dentro a capofitto, ma d'altronde ormai era lì, e non aveva altra scelta.

Si avvicino ad uno scatolone, quello vicino alla finestra e si inginocchiò continuando a fissarlo come se da un momento all'altro potesse uscire un chissà quale terribile mostro, cosa che effettivamente poteva essere vera.

Con un respiro profondo si convinse ad aprire quel sarcofago pieno di ricordi e dolore, doveva farcela.

Allungò una mano e quello che tirò fuori non le piacque affatto.

Un piccolo album quadrato, color panna, e con delle scritte marroni giaceva tra le sue mani.

Sorrise mentre i suoi occhi cominciavano a diventare lucidi.

Ricordava bene quell'album, glielo aveva regalato Jamie un Natale di moltissimi anni prima, quando tutto era ancora intoccato, quando la loro amicizia era più forte che mai.

"qui ci puoi mettere tutte le nostre foto" aveva commentato Jamie con un sorriso e Veronica l'aveva stretta forte, le erano sempre piaciuti quel tipo di regali.

E così aveva fatto lei, giorno dopo giorno, aveva riempito quell'album di foto a tal punto da sformarlo; ricordava a memoria le foto che erano al suo interno, ricordava persino l'ordine preciso in cui erano state incollate.

La prima era una foto di loro quattro, bambine, in spiaggia intente ad inseguirsi sul bagnasciuga, erano così felici...

Aprì l'album dal fondo, dove c'era la loro ultima foto assieme, l'aveva attaccata il giorno prima di partire.

La foto ritraeva lei e Kate, la bionda le avvolgeva un braccio attorno al collo attirandola a se sorridente guardando diritto nell'obiettivo, lei si limitava a fare un sorriso falso e guardare da un'altra parte.

Le si strinse il cuore guardando quella foto, ora ricordava esattamente come si era sentita in quegli anni, non che l'avesse mai dimenticato ma, si sa, il tempo è bravo a far sembrare le cose più grandi piccole come formiche.

Ricordava perfettamente come si era sentita persa e sola, nonostante l'aiuto costante delle sue amiche.

Ricordava ogni minimo dettaglio, ricordava il rumore dei suoi singhiozzi, il dolore lancinante al petto, il costante senso di vuoto, ma ricordava anche il calore degli abbracci di Kate, i sorrisi dolci di Jamie e gli sguardi rassicuranti di Lexus.

Ricordava tutto, ed ogni cosa era un pizzico allo stomaco.

Non era pronta per quello.

Gettò l'album sul pavimento e raccogliendo la sua borsa al volo si affrettò ad uscire da quella casa degli orrori.

Dove poteva andare? Ogni posto lì gli ricordava qualcosa, ogni singolo centimetro di quella città era pieno delle loro risate, le loro pazzie.

Forse...forse c'era un posto dove poteva andare.

Non prese nemmeno in considerazione l'opportunità di prendere la macchina, da quando si era trasferita a Madrid aveva preso a camminare molto appiedi, sopratutto quando era nervosa, aveva scoperto che camminare la rilassava.

Ci impiegò quasi mezz'ora per arrivare a Rodeo Drive, ed una volta che fu lì non sapeva più perchè ci era andata.

Rodeo Drive, aveva sempre odiato quella strada, raramente aveva messo piede lì ed ogni volta che lo faceva si sentiva catapultata in uno di quegli assurdi reality con mille imitazioni di Paris Hilton, con tanto di ciuaua portatili infilati in borsa.

Ah. Non ricordare, era per quello che era andata lì.

Sorrise tra se e se, effettivamente era difficile trovare in quel posto qualcosa che le ricordasse anche vagamente la sua vecchia vita.

Difficile, ma non impossibile.

Prese a passeggiare per la via affollata, con la testa completamente vuota, niente pensieri, osservava le vetrine più stravaganti degli stilisti più famosi, Valentino, Cavalli, Chanel, poi improvvisamente qualcosa in una vetrina attirò la sua attenzione.

Era uno di quei negozi che vendeva vestiti di varie firme, un manichino in vetrina indossava un vestito molto particolare, sopra era stretto stile bustino, legato dietro da nastri rossi, e giù, la gonna formata da veli, si apriva come un fiore.

Non sapeva perchè, e le sembrava anche alquanto strano, ma quel vestito l'aveva colpita.

Avvicinò il viso alla vetrina per cercare di leggere il nome dello stilista e per poco non le venne un colpo.

Sunders.

No, era impossibile.

Strizzò gli occhi e guardò meglio, con attenzione, ma il nome non cambiò.

Sunders.

La ragazza schizzo via dalla vetrina, come se questa scottasse, e prese a camminare veloce per la strada per andare lontano da quel dannatissimo posto.

Era incredibile, più cercava di scappare dal suo passato, più questo saltava fuori indesiderato.

Prese a correre veloce senza neanche rendersene conto, non sapeva nemmeno lei dove stesse correndo, forse verso l'oceano, forse verso l'autostrada, non lo sapeva. Sapeva solo che voleva lasciare quella stupida città al più presto.

Ma, ovviamente, quella non sembrava affatto essere la sua giornata fortunata.

Ormai aveva gli occhi talmente lucidi da non riuscire nemmeno a vedere le persone che la circondavano, per cui, quando girò l'angolo, non si sorprese affatto di andare a sbattere contro qualcuno, che lanciò un gridolino di spavento.

La cosa che la sorprese invece, fu quello che disse la ragazza, dopo un attimo di silenzio.

Era una semplice parola, un semplice nome, ma un quel momento stava sconvolgendo la sua mente.

Aveva passato gli ultimi tre anni a scappare da quella parola, da quello che implicava, da quello che era.

Tre anni per dimenticare il suo significato, tre anni a scappare da quello stupido nome.

Tre anni, che ora le sembravano inesistenti, non era mai partita, non aveva mai lasciato le sue amiche, la sua famiglia, era sempre rimasta lì, attaccata a quel nome.

Così quando lo sentì pronunciare da quella voce così familiare, così sorpresa e felice, non poté far altro che chiudere gli occhi di scatto, assaporando quelle parole.

Quella parola.

-Ronnie!- sbottò stupita la ragazza difronte a lei

E Ronnie sentì il suo cuore tornare a battere.

*    *    *

Eccomi qua con un altro capitolo *O* sono stata velocissima stavolta **

No, non abituatevici, molto probabilmente il prossimo aggiornamento sarà tra un mesetto u.u

Beeeeh, prima di tutto volevo ringraziare Eleonora, la cui collaborazione è stata essenziale per la nascita di questo capitolo, senza le sue idee, sarei stata ancora al primo rigo u.u Grazie <3

Poooi vabè niente, perchè quella cacca di Soriana continua a contattarmi imperterrita su msn e mi distrae, oltre ad intasarmi il pc u.u

Adios!

Vi amo.

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Capitolo 5
*** Patience ***


chap 5  Hello everybody!
come state?
Non voglio intrattenervi molto, visto che il capitolo è bello lungo, volevo solo augurarvi una buona Pasqua, mangiate tanto mi raccomando *O*
Ed inoltre volevo ricordarvi che ho scritto una piccola one-shot su Kate e Joe che si chima "Promise that you'll stay" se vi va, dateci un'occhiata.
Non mi resta che augurarvi buona lettura! xD

Patience


Dear Jamie, I've got a letter I would like to send
It's lacking strings of words with punctuation at the end.
Should I trust this dial act?
To convey the right effect?

(Dear Jamie - HelloGoodbye)

Si deve aver paura dei fantasmi?

Ronnie ricordava che una volta, quando era ancora bambina, aveva fatto questa domanda a suo nonno, l'unico della famiglia con cui era riuscita ad avere un qualche tipo di rapporto, il quale l'aveva guardata con quel suo tipico sorriso dolce ed accondiscendente.

Non poteva certo dirle di cosa aver paura o meno; la paura non si controlla, non è volontaria, o si ha o non si ha.

E Ronnie, in quel momento, ne aveva parecchia.

Seduta al tavolino di quel bar continuava a sorseggiare il suo the alla pesca fissando la ragazza di fronte a lei che, appunto, le sembrava un fantasma uscito dal suo passato.

Jamie, a sua volta, la fissava con gli occhi quasi sbarrati e l'aria circospetta, come se si aspettasse che Ronnie potesse scomparire da un momento all'altro in una manciata di coriandoli, proprio come facevano quegli abili illusionisti che lei tanto amava da bambina.

Riusciva appena a trattenersi dall'allungare il braccio per pizzicarla, per confermare la sua esistenza.

- quando sei tornata?-

Quando Jamie le aveva chiesto di andare a prendere qualcosa ad un bar lì vicino, Ronnie non aveva opposto affatto resistenza, anzi, era stata entusiasta di poter parlare con lei, anche se appena l'aveva vista aveva rischiato l'infarto.

-solo ieri- rispose a monosillabi un po’ a disagio

La ragazza annuì prendendo a sua volta un sorso di the.

Era uno di quei momenti di silenzio imbarazzante, quelli in cui vorresti che intervenisse qualcuno a ballare la lambada per distrarti ed alleggerire la situazione.

Non c'erano mai stati silenzi imbarazzanti tra di loro, mai, e questo la fece sentire male.

-Jamie io...vorrei spiegare- cominciò mentre la ragazza si sporgeva verso di lei unendo le mani

-so che mi sono comportata malissimo con voi, proprio con voi che eravate la mia famiglia- abbassò lo sguardo incapace di sostenere lo sguardo dell'altra

-ma ero così confusa in quel momento...-

-momento?- la interruppe l'altra che fino ad allora era rimasta in silenzio -il tuo momento è durato tre anni-

Ronnie si sorprese di sentire quel tono brusco e cattivo che non faceva parte di Jamie.

La dolce e timida Jamie, ma erano passati tre anni e Ronnie non conosceva più niente di lei.

- ho pensato tanto a voi in questo tempo, a come contattarvi, come cercare di sistemare le cose, ma non ho mai avuto il coraggio di farmi viva-

Jamie annuì meccanicamente.

-ti avremmo lasciato il tuo spazio- cominciò mentre vedeva i suoi occhi inumidirsi -avremmo capito, o almeno ci avremmo provato, se solo tu ce ne avessi dato l'opportunità-

Ronnie si morse un labbro, incapace di rispondere.

-sei andata via senza dire niente, senza una parola, hai idea di come siano stati orribili questi anni senza di te?- la voce le tremava ormai, e dovette stringere forte i pugni fino a farsi male le mani per non piangere

- neanche io mi sono divertita lì, te lo posso assicurare-

-allora perchè te ne sei andata?!-

Ronnie sospirò, come spiegarle?

-Jamie, se lì era orribile...qui lo sarebbe stato ancora di più- Jamie la guardò scettica

-non capisci? Ogni singolo centimetro di questa città mi ricorda lui- si passò stancamente una mano sugli occhi -dopo tre anni riesco a sopportare il ricordo, ma se fossi rimasta qui allora, probabilmente ora sarei ancora chiusa nella mia stanza a piangere-

-ma qui avevi noi...-

Così non andava.

- Jamie in quel momento nemmeno voi sareste state in grado di farmi stare meglio. Non fraintendermi, sai il bene che vi voglio- parlò al presente -ma sai anche come sono fatta. Non riesco ad avere accanto qualcuno quando sto male e col mio atteggiamento non facevo che farvi del male, non potevo sopportarlo -

Jamie la guardò in silenzio per quello che a Ronnie sembrò un'eternità.

Cosa stava pensando?

-beh- sospirò in fine -ognuno affronta il dolore a proprio modo...ma sono cambiate così tante cose dall'ultima volta che ci siamo viste...-

Ronnie le sorrise, Jamie aveva capito, come sempre.

- Jam non pretendo che il nostro rapporto diventi lo stesso di tre anni fa, sarebbe assurdo aspettarsi una cosa del genere, ma se voi mi deste un'altra opportunità io vorrei...provarci-

Jamie la studiò ancora, non che avesse dubbi sulla risposta che dovesse darle.

- mi sei mancata - disse infine aprendosi in un sorriso ed a Ronnie venne del tutto spontaneo alzarsi di scatto ed abbracciarla.

La sua piccola e fragile Jamie.

-Ron, mi strozzi così- riuscì a dire lei mentre l'amica la soffocava nel suo abbraccio

-oh Jamie! mi siete mancate così tanto!-

Jamie ridacchiò sciogliendo l'abbraccio e sedendosi al suo posto

- non pensare che con Lex e Kate ti andrà così bene! Sai che io sono una frignona e sono così felice di vederti che non riesco a tenerti il muso, ma credo che Lex e Kate sapranno come farlo!- Jamie alzò gli occhi al cielo -sopratutto Kate- aggiunse

Ronnie sorrise malinconica.

- devo vederle- 

- beh- cominciò l'altra girando la cannuccia nel suo bicchiere -credo che per il tuo bene sia meglio evitare l'effetto sorpresa con loro- scosse la testa fingendosi inorridita -se al mio posto avresti incontrato Kate, molto probabilmente ti avrebbe presa a calci-

Sicuramente, pensò Ronnie.

Conosceva bene Kate, e conosceva ancora meglio le sue reazioni, se l'amica era stata benevola e l'aveva perdonata su due piedi, sapeva che con Kate la cosa sarebbe andata per le lunghe, per non parlare di Lexus!

Ma ora che era a Los Angeles ed aveva incontrato Jamie, non vedeva l'ora di incontrare le altre due!

- dovrei chiamare Kate?- chiese cauta

Jamie scosse la testa -non servirebbe, le parlerò io stasera-

-questo aiuterà?- chiese scettica

-no, ma devo prepararla psicologicamente in modo che i suoi istinti omicidi si affievoliscano-

Ridacchiò divertita prendendo l'ultimo sorso del suo the.

-penseremo dopo a questo, ora dimmi - cominciò Jamie sporgendosi verso di lei cos’hai fatto in tutto questo tempo?-

Ronnie sorrise e le raccontò tutto, dell'università, della bellissima città che era Madrid, e del suo improvviso trasferimento a Los Angeles che l'aveva del tutto spiazzata.

-quindi lavorerai qui?- chiese Jamie contenta

-si, in una casa editrice poco fuori Los Angeles, dovrò partire dal principio, probabilmente all'inizio non faranno altro che farmi fare fotocopie e rispondere al telefono- sbuffò, aveva già sopportato quello per un anno a Madrid, ed ora doveva fare tutto da capo.

-tu invece? cos'hai fatto in questi tre anni?-

Jamie sorrise prima di rispondere -poco dopo la tua partenza anche io sono partita, per l'Australia, ho studiato lì veterinaria mentre lavoravo al fianco di uno dei più grandi veterinari del paese, è stata un'occasione unica. Mi sono laureata solo un mese fa, ma ho già trovato un buonissimo posto in uno studio qui a Los Angeles-

Ronnie sorrise con un po’ di rammarico, si era persa tante cose.

-oh e con Tyler? state ancora assieme?- chiese illuminandosi

-oh, direi di si- Jamie non aveva intenzione di parlare a Ronnie del suo matrimonio imminente, almeno non subito, c'erano così tante cose da dire sulla sua vita passata, che voleva mettere per un attimo da parte il futuro, ma ora che l'amica glielo aveva esplicitamente chiesto di certo non poteva non dirglielo.

La ragazza allungò la mano sinistra, dove un enorme solitario faceva bella mostra di se, verso Ronnie che la guardò confusa, poi spalancò occhi e bocca.

-NO!- sbottò quando il suo cervello recepì la notizia - vi sposate! oh mio Dio, è bellissimo Jamie!-  

Jamie ridacchiò della reazione dell'amica e sospirò.

-Era un pò che ci stavamo pensando, ma volevamo prima realizzarci in campo economico ovviamente- sorrise tra se e se ripensando a quante cose erano cambiate da quando erano solo due ragazzini che si erano scambiati la promessa di stare insieme per sempre -ora che ho un lavoro stabile e Tyler lavora con...- si bloccò all'improvviso fissando gli occhi in quelli dell'amica.

Ronnie la guardò accigliata, perchè si era fermata di colpo?

-lavora con...?- la invogliò a continuare

Jamie prese un respiro profondo prima di parlare -lavora con...Nick- scandì parola per parola non distogliendo nemmeno per un attimo lo sguardo dall'amica, per valutare ogni situazione e fermarsi in tempo se fosse stato il caso, ma Ronnie a quella notizia aveva solo strizzato un pò gli occhi, rimanendo in mobile.

-oh, così ora lavora con i Jonas- disse cercando di sembrare il più indifferente possibile

-veramente i Jonas si sono sciolti- ed addio indifferenza

-cosa?!- sbottò battendo un pugno sul tavolo, facendo sobbalzare Jamie

-si, poco dopo il matrimonio di Kevin, lui voleva dedicarsi alla famiglia così Joe ne ha approfittato per cimentarsi nella recitazione-

Ronnie spalancò la bocca -Kevin e Danielle si sono sposati? Joe recita?-

Jamie sorrise lanciando uno sguardo all'orologio, era terribilmente in ritardo -mi sa che devi metterti a passo con le novità- sorrise -ma ora devo andare, ho tante cose da fare- si alzò fissando l'amica poi sospirò

Si sarebbe pentita di quello che stava per fare.

-Giovedì ci sarà una festa di "fidanzamento", tu sei invitata ovviamente-

Ronnie si alzò e sorrise felice all'amica -grazie-

Jamie si sporse per abbracciarla forte, ancora non poteva credere che fosse davvero lì.

-non sparire più- sussurrò e Ronnie si sentì tremendamente in colpa

Ronnie la strinse più forte per un attimo per poi sciogliere l'abbraccio.

-Jamie...parlerai con Kate e Lexus vero?- chiese speranzosa

-lo farò, ma non posso prometterti niente-

Ronnie sorrise e mentre vedeva Jamie allontanarsi un solo pensiero le affollava la mente.

Se l'amicizia è autentica, anche se non vedi quella persona da tanto tempo, hai la sensazione di non averla mai lasciata.

Can a song replace a broken heart?
Can a song replace a broken love?

Nick era chiuso in quella stanza da tempo indeterminato ormai.

Seduto alla scrivania, tra uno sbuffo e l'altro, tentava di scrivere qualcosa su quel foglio bianco, ma ovviamente l'ispirazione era pari a zero.

Non che non avesse cose da scrivere, ma quello che aveva in testa era troppo malinconico e frustrante per una sua canzone.

Un sorriso amaro si formò sulle sue labbra.

E pensare che una volta pensava che la musica fosse la cura a tutte le sue ferite, quanto era stato ingenuo.

Ci sono ferite che ne il tempo, ne la musica riuscirà mai ad arginare.

Stava per mettere la penna sul foglio quando due mani fredde si posarono sui suoi occhi, era così concentrato che non aveva nemmeno sentito il rumore della porta che si apriva.

Respirò forte sentendo quel profumo che avrebbe riconosciuto ovunque ormai, si voltò trovando il sorriso di Allie a pochi centimetri dal suo viso.

-ciao- sorrise la ragazza

-hei- salutò lui facendole una carezza sui capelli

La ragazza chiuse gli occhi per un istante prima di prendere posto sulle gambe del ragazzo e studiare attentamente il suo viso stanco.

-credo che tu abbia bisogno di una pausa- decretò in fine allacciandogli le braccia dietro al collo

-lo credo anche io- allungò un braccio per circondargli i fianchi

-bene, ti va di fare qualcosa in particolare?- sussurrò strofinando il suo naso con quello di Nick

-non lo so- sospirò l'altro sfiorandole le labbra con le sue

Allie colse al volo l'invito del ragazzo cimentandosi con lui in un bacio che non aveva niente di casto e delicato.

Nick era strano quel giorno, Allie l'aveva notato già quella mattina quando era rientrato nel negozio dove  lei stava provando vari vestiti. La ragazza pensava che forse la chiamata ricevuta l'avesse turbato in qualche modo, ma quando l'aveva chiesto a Nick lui le aveva risposto che andava tutto bene, era solo stanco. Quando poi erano tornati a casa, dopo pranzo, lui si era fiondato nella sua stanza dicendo che aveva bisogno di scrivere, ma, a giudicare dal foglio in bianco che giaceva sulla scrivania, il ragazzo non doveva essere poi così ispirato.

Nick, d'altro canto, era completamente in un altro mondo.

Per quanto si sforzasse, non riusciva a non pensare a quella ragazza che aveva visto quella mattina, quella che somigliava terribilmente a lei. Sapeva che non era possibile, e che forse stava diventando matto, ma la vista di quella ragazza l'aveva scombussolato. Per questo si era avventato sulle labbra di Allie con tanta foga, per non pensare.

Ma ancora una volta si sentì inevitabilmente un verme per quello che stava facendo. Ormai era quasi un anno che stavano insieme, la loro era una storia seria, non poteva pensare a qualcun altro quando stava con lei!

Doveva smetterla.

-Nick...- sospirò la ragazza allontanandosi da lui -io...credo di essermi innamorata di te-

Perfetto.

-tu...credi?- ansimò lui incapace di formare una frase di senso compiuto

Allie si morse il labbro inferiore, aveva forse sbagliato? Beh, ormai era tardi per tornare indietro.

-no, ne sono certa, io ti amo-

La  testa di Nick prese a girare vorticosamente, mentre sperava con tutto il suo cuore che quello che aveva appena sentito fosse solo frutto della sua mente malata e non la realtà. Anche se in effetti dopo quello che aveva visto quella mattina non si sarebbe stupito più di tanto se avesse scoperto di sentire "le voci". 

Sentiva lo sguardo pesante di Allie addosso, la ragazza si aspettava chiaramente una reazione da parte sua, ma in quel momento non sapeva cosa fare.

Avrebbe dovuto dire qualcosa?

-Allie...io...non so che dire- confessò

La ragazza inarcò un sopracciglio e si alzò lentamente dalle sue gambe.

-tu, non sai cosa dire- ripeté guardandolo con aria truce

Nick non provò nemmeno a parlare, conosceva quello sguardo e sapeva che la bomba stava per scoppiare.

-tu non sai cosa dire!- ripeté la ragazza urlando -è quasi un anno che stiamo insieme ed io non ho preteso mai niente da te, non me la sono mai presa quando annullavi i nostri appuntamenti perchè dovevi scrivere, perchè avevi questa o quell'altra cosa da fare, sono stata qui, ad aspettarti pazientemente- ormai era esplosa

-io ti dico di essermi innamorata di te, che ti amo, e dopo un anno la tua reazione è "non so che dire"-

Nick rimase a guardare la ragazza con sguardo colpevole. Aveva visto Allie arrabbiarsi altre volte, ma ora non era solo arrabbiata, ora era ferita e, si sa, è meglio evitare una donna arrabbiata e ferita.

-e non guardarmi così!- sbottò ancora lei pestando un piede per terra

Nick si alzò a sua volta andando vicino alla ragazza, cercò di moderare la voce prima di parlare -cosa vuoi che faccia? vuoi che di dica che ti amo anche se non è quello che provo?- forse stava peggiorando la situazione

Allie strinse gli occhi facendo un passo verso di lui -però di lei eri innamorato, vero?- sibilò

Colpo basso, decisamente.

-cosa centra questo con noi?- cercò di restare calmo

Allie sorrise sarcastica -e da quando esiste un noi?- sussurrò ferita

Nick sospirò posando le mani sulle braccia della ragazza che però se le scrollò di dosso con un gesto di stizza.

-Allie, ascoltami, io ci tengo davvero a te...-

-ma non abbastanza da amarmi- lo interruppe lei

-fammi finire, ti prego. Io sto davvero bene con te, e tu sai come sono stati gli ultimi anni per me. Non riesco ad innamorami Allie, lo sai, ma prima di te non riuscivo nemmeno a guardare una ragazza, deve esserci un motivo per cui riesco a stare solo con te- Nick fece un passo verso di lei, titubante, e poggiò di nuovo le mani sulle sue braccia, che questa volta non vennero scacciate. 

Nonostante era consapevole di non amare Allie, sapeva che senza di lei non ce l'avrebbe fatta, se ora aveva le allucinazioni non osava pensare cosa sarebbe accaduto senza di lei. Come minimo si sarebbe ritrovato a dondolarsi avanti e dietro con le mani nei capelli, in uno stanzino buio.

-ho bisogno solo di tempo- soffiò avvicinando il viso a quello della ragazza -so che un anno è già tanto per le persone normali, ma tu sai che io non lo sono- sorrise riuscendo a strappare un piccolo sorriso anche alla ragazza

-cosa una persona o normale?- sorrise lei

Nick poggiò la fronte alla sua sorridendo -se sono una persona è solo grazie a te, ora dobbiamo lavorare un pò sul normale- 

Il ragazzo le prese il viso tra le mani puntando i suoi occhi in quelli di lei, che ormai erano un pò lucidi -se tu vuoi continuare a lavorare con me- sussurrò

Allie sospirò pesantemente allacciando le braccia dietro al suo collo -non farmi soffrire- sussurrò prima di posare le sue labbra su quelle del ragazzo.

Nick sospirò pensando che ormai era troppo tardi, l'avrebbe fatta soffrire, e sarebbe stata tutta colpa sua e del suo egoismo.

I'm still hurting from a love i lost,
I'm feeling your frustration,
Then maybe all the pain will stop,
Just don't be close inside your arms tonight,

dont be to hard on my emotions

( Patience - Take That)

Joe diede una rapida occhiata al suo orologio, accigliandosi. Era quasi mezz'ora che l'aspettava.

La cameriera si avvicinò per l'ennesima volta al suo tavolo, con l'ennesimo sorriso -è sicuro che non vuole prendere niente?-

-no, sto aspettando una persona. Quando vedrà quella sedia occupata- accompagno la frase con un gesto che indicava la sedia di fronte a lui -sarò pronto per prendere qualcosa-

La ragazza dai lunghi capelli biondi, che aveva sciolto non appena l'aveva visto entrare, bofonchiò qualcosa girando i tacchi e tornando da dov'era venuta.

Joe non voleva essere scortese, affatto, ma era abbastanza teso di suo senza che la ragazza gli andasse vicino ogni tre secondi ricordandogli che la persona che stava aspettando era ormai in ritardo da quasi mezz'ora.

Era passata solo una settimana da quando aveva visto Kate, ma gli mancava già terribilmente.

Tra flash, riprese ed interviste lei era l'unica persona al di fuori della sua famiglia capace di farlo sorridere e sentire come una persona normale. Per questo quando non c'era si sentiva quasi soffocare, ne aveva bisogno, troppo.

Quando il campanello appeso alla porta trillò, la testa di Joe saltò come una molla in direzione dell'entrata.

Vide Kate entrare dalla porta con difficoltà, mentre tra le mani portava quelle che dovevano essere un milione di buste, e gli venne spontaneo sorridere mentre i suoi polmoni si riempivano finalmente di ossigeno.

Quando la ragazza riuscì ad entrare nel locale strattonando l'ultima borsa che era rimasta incastrata tra le porte di vetro, dovette abbassare la testa per non scoppiare a ridere.

Rialzò la testa in tempo per incrociare lo sguardo di Kate, che un attimo dopo sorrise raggiante avviandosi verso di lui.

Quando Kate raggiunse il suo tavolo posizionandosi di fronte a lui, Joe era consapevole di dover dire qualcosa di intelligente e profondo, era una settimana che non si vedevano ed il loro incontro doveva essere come si vedeva spesso in quei telefilm da adolescenti, qualcosa del tipo "hei piccola, mi sei mancata", ma Joe era altrettanto consapevole del fatto che era nella sua indole dire cose stupide dei momenti meno appropriati.

-i tuoi capelli sono arancioni- constatò piegando la testa di lato

Kate si lasciò scivolare sulla sedia lasciando cadere le buste sul pavimento.

-oh grazie a Dio non sei diventato ceco- sorrise sbottonandosi il giubbino di pelle nero

Joe rimase incantato a guardare i capelli lunghi dell'amica una volta biondi, ma ora risplendevano di un rosso acceso.

- tanto per precisare- cominciò lei levandosi del tutto il giubbino -sono rossi-

Joe avrebbe replicato volentieri che rossi o arancioni erano lo stesso per lui, se solo non fosse rimasto incantato a fissare la pelle della ragazza che si intravedeva dallo scollo a V della camicetta nera aderente.

- e comunque anche io sono felice di rivederti- concluse sarcastica cogliendo lo sguardo imbambolato dell'amico

Joe fu salvato al volo dalla cameriera di poco prima che, stavolta, era tutt'altro che fuori luogo.

-posso portarvi qualcosa, ora?- lo sguardo di Joe volò a Kate che però parve non cogliere la flessione della voce della ragazza sulla parola "ora"

- per me una cioccolata calda- 

La ragazza segno veloce sul suo taccuino quello che Kate aveva scelto per poi posare il suo sguardo su Joe che annuì -due-

La ragazza si allontanò con le loro ordinazioni e Joe si sporse leggermente sul tavolo, per vedere la miriade di buste che giacevano a terra.

-hai saccheggiato tutti i negozi della città?-

Kate alzò gli occhi al cielo sbuffando -sono stata tutto il pomeriggio con Jamie e Lex, non sai quant'è stressante organizzare un matrimonio- poggiò la schiena alla sedia rilassandosi -sopratutto se sei la damigella d'onore e la stilista degli sposi contemporaneamente- concluse indicandosi

-povera piccola Kate- sorrise sarcastico, mentre Kate gli rispondeva con una linguaccia

- e a te come sono andate le riprese questa settimana?-

-bene- sbuffò il ragazzo -anche se è stancante -

- bhe, altrimenti non si chiamerebbe lavoro, no?- chiese retorica strizzando l'occhio

-Joe, devo dirti una cosa- cominciò poi diventando seria e facendo spaventare a morte il ragazzo

Era successo qualcosa a lei? alla sua famiglia? E poi inevitabilmente il suo pensiero andò a finire lì, dove finiva sempre. Che avesse trovato un ragazzo che aveva avuto il coraggio di dirle quello che provava per lei?

Proprio in quell'istante fece la sua comparsa la cameriera, facendo ricredere Joe sul suo tempismo perfetto, portando la loro cioccolata.

Dopo averla ringraziata, Joe rimase a guardare Kate attentamente mentre la ragazza prendeva un sorso della sua cioccolata. Joe la imitò e prese il primo sorso proprio mentre la ragazza apriva la bocca per parlare.

-Ronnie è tornata-

Per fortuna Joe riuscì a sputacchiare gran parte della cioccolata nel bicchiere, ma un'altra piccola parte sembrava essersi affezionata parecchio alla sua faringe, facendolo tossire come un gatto malaticcio.

-come...scusa?- chiese una volta ripresosi, forse non aveva sentito bene

Kate chiuse gli occhi prendendo un respiro profondo -non fare l'idiota- cosa difficile -Ronnie è tornata-

Joe continuò a fissare immobile la ragazza fino a quando questa non si spazientì

-Ronnie, ricordi?! Alta più o meno come me, capelli lunghi neri, occhi verdi...- cominciò sarcastica

Joe la fermò con un gesto della mano -ho capito- 

Il ragazzo fece un cenno alla cameriera indicandogli di portare un'altra cioccolata, poi tornò a guardare Kate –quando è tornata?-

-ieri, ma l'ho saputo poco fa- sospirò lei abbassando lo sguardo

Joe piegò la testa da un lato studiando bene l'espressione della ragazza, che non sembrava agitata come si era aspettato, ma continuava a tenere gli occhi bassi giocando con un tovagliolino di carta, cosa che non era assolutamente da lei.

-e come mai non stai dando ancora di matto?- 

Kate alzò lo sguardo prendendo un altro sorso di cioccolata, mentre la cameriera ne portava un'altra a Joe.

-nonostante il mio istinto mi abbia suggerito di andare da lei e prenderla a calci- sospirò -devo organizzare un matrimonio, non è il momento di farsi prendere dal panico-

Joe annuì ed il suo pensiero andò automaticamente a Nick -pensi che dovrei dirlo a lui-

Kate alzò le spalle in modo eloquente -credo che prima o poi si incontreranno, visto che Jamie l'ha invitata al matrimonio-

Joe non si stupì più di tanto, era da Jamie perdonare tutto a tutti e poi Ronnie non era "tutti", ma era la persona coi cui avevano condiviso tutto per anni.

-e tu cosa pensi di fare?- chiese Joe

-cosa vuoi che faccia? Niente, quello che ha fatto lei in tutti questi anni- affermò acida mentre Joe alzava gli occhi al cielo

- e cosa intendi fare? Non le parlerai quando te la troverai faccia a faccia?-

-No- rispose semplicemente lei prendendo un altro sorso della sua cioccolata

- ma Kate...-

Stavolta toccò alla ragazza interromperlo con un gesto della mano mentre posava la tazza -non ho intensione di comportarmi come se non fosse successo niente...e - si affrettò ad aggiungere -non ne voglio parlare ora, grazie-

Joe scosse la testa sospirando. Quando Kate si metteva in testa una cosa, era meglio lasciarla fare, per il bene dell'umanità.

Joe evitò di pensare, almeno per il momento, a come avrebbe detto la notizia al fratello e si fissò sul viso di Kate, che in quel momento era voltò verso il basso con un espressione molto concentrata sulla tazza che aveva avanti, quello era un ottimo modo per distrarsi.

Si concentrò sulle labbra della ragazza dove, proprio in un angolo del labbro superiore, era rimasta un pò di cioccolata. Sorrise, era da Kate non riuscire a mangiare senza sporcarsi.

Allungò un braccio verso il viso della ragazza alzandole il mento con un dito -sei sporca di cioccolato- sorrise

Kate inarcò un sopracciglio sorridendo a sua volta, furba.

-oh, questa è la parte del film in cui tu mi pulisci il labbro e poi mi guardi imbambolato?- scherzò lei

L'espressione di Joe però si fece seria. Magari fossero stato in uno di quei stupidi film d'amore, sarebbe stato tutto più semplice, e lui magari sarebbe stato l'uomo forte e coraggioso che urla l'amore per la sua donna al mondo intero, e non lo sfigato che si nasconde dietro qualsiasi cosa, che non dispone di alcuna forma di dignità.

Dignità che ormai era andata a farsi benedire, dato che stava fissando le labbra della ragazza da più di dieci minuti, senza alcun ritegno.

Quando Joe sfiorò le labbra della ragazza queste tremarono leggermente, facendo spostare il suo sguardo dalla sua bocca ai suoi occhi.

Kate era in totale viaggio spirituale, con tanto di accappatoio bianco e cartellino "do not disturb"

Quel dannatissimo ragazzo aveva la capacità di fargli perdere ogni contatto tra lei ed i suoi neuroni che ora volteggiavano tranquilli sulle note di "all you need is love", non era possibile, doveva riprendersi!

Era appena riuscita a richiamare all'ordine metà dei suoi neuroni danzanti quando Joe fissò i suoi occhi in quelli della ragazza. Addio neuroni.

Kate non sapeva spiegare cos'avevano quegli occhi, ma ogni volta che incrociavano i suoi sentiva così caldo da sembrare che stesse prendendo fuoco, era sciocco ed infantile, e doveva fermare lei ed i suoi stupidi istinti selvaggi nei confronti di quel povero ragazzo.

-sei un...bravo...attore- riuscì a dire per miracolo

Joe sorrise malinconico allontanando la mano dal viso della ragazza - già -

Se solo stesse recitando.

You are my sunshine, my only sunshine
you make me happy, when skyes are gray
you'll never know dear, how much I love you
please don't take, my sunshine away

( you are my sunshine )

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Capitolo 6
*** Can't run from the past ***


chap boh

Can't run from the past

Non si resta perché si amano certe persone;
si va via perché se ne detestano delle altre.
Sono sempre le cose brutte che ci fanno agire.
Siamo vigliacchi.
(
Boris Vian)

Aveva indossato le decolleté nere, la gonna a tubino che, secondo Angel, le dava un'aria tremendamente seria, la camicia bianca scollata, ma non troppo, i capelli in ordine, un trucco leggero ed il suo rossetto preferito.

Era tutto apposto, allora perchè aveva la sensazione che stesse dimenticando qualcosa?

Ronnie scese dalla sua vecchia auto- freedom, quanto le era mancata?- chiudendosi lo sportello alle spalle.

Attraversò la strada guardando di fronte a lei l'enorme grattacielo grigio, rischiando tra l'altro di venire investita da qualche automobile.

Rimase ferma nella stessa posizione per cinque minuti buoni a fissare quel palazzo che era enorme; tutti quegli anni passati in Europa le avevano fatto dimenticare la megalomania degli americani.

Beh di certo quel posto non aveva niente a che vedere con la casa editrice dove la ragazza lavorava prima, dove c'era un costante odore di churros, gente carina che ti sorrideva, pronta ad aiutarti, era un caloroso ambiente familiare. Quel palazzo invece le dava la sensazione opposta della calore e l’affetto della famiglia, sembrava che ogni singolo mattone di quel palazzo mandasse un messaggio del tipo "hei ragazzina, o ti svegli o sei fuori". Sperò vivamente che fosse solo un’impressione.

Mentre stava per trovare il coraggio di entrare si rese conto di aver dimenticato, di nuovo, il nome che gli aveva dato Ellen, il nome della persona che, con un po’ di fortuna, sarebbe diventata il suo capo.

Frugò nella sua borsa cercando il cellulare dove aveva appuntato il nome, sperando che non l'avesse cancellato. Per fortuna non era così idiota come credeva.

Leonard Cooper.

Cooper, tipico nome californiano, non avrebbe dovuto dimenticarlo facilmente.

Nascondendo la sua tensione dietro una camminata sicura ed una stretta da strangolatore alla sua borsa, entrò nell'androne del palazzo alla ricerca di qualcuno che potesse indicarle come raggiungere il signor Cooper.

-buongiorno- sorrise avvicinandosi alla ragazza alla reception

-buongiorno a lei, come posso aiutarla?-

-cerco il signor Cooper-

La ragazza annuì con aria vaga come se si aspettasse che Ronnie continuasse la frase, cosa che invece, non accadde -lei è? ha un appuntamento?-

-oh- disse imbarazzata -certo, sono Veronica Knoks-

La ragazza sorrise per un istante poi picchiettò qualcosa sulla tastiera del suo pc, controllando poi lo schermo.

- La signorina Knoks, perfetto- annuì tra se -ventunesimo piano, arrivata li chieda alla mia collega che le indicherà l'ufficio del signor Cooper.

Ronnie annuì ringraziandola e, con la sua buona dose d'ansia, si avviò verso l'ascensore. Pigiò il pulsante ed aspetto qualche istante prima che le grandi porte si aprissero di fronte a lei. Attese che ne uscissero un paio di persone poi entrò sospirando pesantemente, sperando così di alleviare la tensione. Avrebbe fatto una buona impressione?

Proprio mentre si faceva quella domanda e le porte stavano per chiudersi sentì dei passi veloci ed una voce che la pregava di aspettare. Automaticamente infilò una mano tra le porte facendole riaprire.

-grazie- ansimò una ragazza tuffandosi nell'ascensore

-prego- rispose premendo il pulsante del ventunesimo piano

-anche io vado lì- sorrise la ragazza e Ronnie annuì in silenzio restituendole un sorriso imbarazzato

La ragazza prese a squadrare Ronnie in modo davvero poco discreto e di conseguenza Ronnie si trovò a fare lo stesso con lei.

La ragazza aveva un fisico esile, lunghi capelli biondi ad incorniciare un viso d'angelo, lineamenti perfetti, bocca rossa e carnosa, l'unica pecca di quel viso, a parere di Ronnie, erano gli occhi. Forse per gli altri, la gente normale, quegli occhi verde muschio erano l'ennesimo dettaglio che facevano della ragazza un vero e proprio angelo, ma a lei gli occhi  di quella tonalità di verde le avevano sempre dato l'impressione che in realtà nascondessero tanta furbizia ed un filo di cattiveria. Ma doveva ammettere anche che il sorriso che in quel momento la ragazza le stava rivolgendo non aveva niente di cattivo.

-sei nuova- non era una domanda

Ronnie annuì in silenzio, aveva sempre avuto qualche difficoltà a parlare con persone che non conosceva, insomma, non vere e proprie difficoltà, solo che negli ultimi anni si era allenata molto a stare da sola e tenere la gente lontana.

-io conosco tutti qui, da quando ero bambina, per questo mi sono resa conto che sei una nuova. Io non lavoro qui, sono venuta per mio padre- continuò la ragazza, più logorroica che mai, senza rendersi conto che Ronnie di fronte a lei, non aveva la minima voglia di parlare

- oh ma che maleducata!- urlò quasi -non mi sono nemmeno presentata, io sono Allie Cooper- sorrise porgendo la mano alla ragazza che si voltò di scatto verso di lei, improvvisamente interessata. Cooper.

- Veronica Knoks- allungò la mano stringendo quella di Allie -non sarai mica la figlia di...?-

-Leonard Cooper- concluse la ragazza per lei - è il tuo capo? - chiese curiosa

-non ancora, ho un colloquio con lui ora- 

Allie sorrise dandole una pacca sulla spalla -buona fortuna allora! Non preoccuparti all'inizio può sembrare duro, ma lo fa solo per capire che tipo di persona sei, infondo è uno zuccherino-

Ronnie curvò un sopracciglio -quanto infondo?-

La risata leggera di Allie si diffuse per l'ascensore proprio mentre le porte si aprivano.

-vieni, ti mostro il suo ufficio- fece cenno con la testa avviandosi a passo svelto per il corridoio

-non dovrei prima avvisarlo della mia presenza?- chiese Ronnie seguendola a fatica

- tranquilla, lo avvertirò io- disse non curante sventolandosi una mano avanti al viso

Allie aprì una porta alla fine del corridoio e Ronnie fu catapultata in un mondo parallelo, nel suo mondo parallelo.

La sala era enorme ed era disseminata da tantissime scrivanie, ognuna occupata. C'era chi urlava al telefono, chi scriveva senza sosta al computer, chi disperatamente chiedeva aiuto per tradurre qualche frase complicata in una lingua sconosciuta. Era bellissimo.

-tu farai parte di questi pazzi?- le chiese Allie cogliendo il suo sguardo incantato

-lo spero- sorrise Ronnie

-di cosa ti occupi?- chiese ancora la ragazza, curiosa

-sono una traduttrice-

-wow- disse semplicemente la ragazza gonfiando le guance -buongiorno Dorine!- aggiunse poi salutando una signora sulla cinquantina, dai corti capelli rossicci cotonati, che sedeva dietro una scrivania e che non notò nemmeno minimamente Ronnie com'era indaffarata a dividere dei fogli secondo un suo personalissimo ordine mentale.

-buongiorno signorina Allison- rispose la donna continuando a tenere gli occhi fissi sui suoi fogli

-Allie Dorine, Allie- la corresse lei superando la donna e continuando a camminare svelta

Solo quando imboccarono un corridoio piuttosto lungo Allie si fermò di fronte ad una porta grigia su cui una targhetta placata in oro risaltava. L.Cooper.

-bene, io entro e te lo ammorbidisco, farò in fretta tranquilla- sorrise Allie strizzandole l'occhio

Ronnie le sorrise mentre la ragazza entrava e si chiudeva la porta alle spalle.

Sospirò ancora poggiando la schiena al muro di fronte alla porta ed attendendo.

Quella ragazza era davvero gentile ed anche simpatica, almeno lo sembrava. Non sapeva perché, ma nonostante tutto aveva la sensazione che quella ragazza avesse qualcosa che non andava, ma cosa?

 

*      *      *

-no dico davvero, ha aperto un ristorante italiano, ma non sa nemmeno far bollire l'acqua, è un disastro-

Nick rise ancora con le lacrime agli occhi mentre Danielle gli raccontava dell'ultimo disastro di Kevin mentre tentava di preparare la cena. Quei due erano davvero una coppia perfetta, e si amavano ancora come il primo giorno. Chissà qual'era il loro segreto.

-avete finito di deridermi voi due? Non tutti sanno che per far bollire l'acqua più velocemente bisogna metterci il sale- Nick lanciò uno sguardo a Danielle, che alzò gli occhi al cielo divertita, mentre scuoteva la testa, e riprese a ridere forte.

Kevin sbuffò prendendo posto con loro attorno al tavolo rotondo della cucina afferrando una brioche.

- la prossima volta non ti porterò la colazione- socchiuse gli occhi puntando la brioche contro il fratello

-buongiorno miei raggi di sole!- urlò Joe facendo il suo ingresso in pigiama e facendoli sobbalzare -Dani, sei splendida stamane, i tuoi capelli brillano come stelle in una notte d'estate, Kevin i tuoi occhi mi sembrano più verdi e lucenti e...Nick- si portò una mano al cuore voltandosi verso il fratello -beh, tu mi sembri depresso come sempre, ma questa mattina la tua depressione ti da quel non so che di affascinante-concluse dirigendosi verso il lavello e dando le spalle ai ragazzi

-droghe leggere o pesanti?- sussurrò Kevin a Nick sporgendosi verso il tavolo

Nick alzò gli occhi al cielo -sarà caduto dal letto, di nuovo, gli succede spesso ultimamente-

Danielle ridacchiò furba -o forse ieri ha passato una bella serata- alzò la voce per farsi sentire

Joe, ancora girato verso il lavello intento a versarsi il latte in un bicchiere, sorrise. Certo che aveva passato una bella serata, era sempre una bella serata quando la trascorreva con lei.

Si erano visti davvero poco in quegli ultimi mesi, lei era occupatissima e lui anche di più, nonostante i loro impegni però, riuscivano sempre a sentirsi ogni giorno, anche solo per cinque minuti. Ora però, finalmente, avrebbe avuto l'opportunità di averla vicino per almeno quattro mesi. Certo, lei sarebbe stata impegnata con i preparativi del matrimonio, ma almeno ora erano nella stessa città per più di una settimana.

finì di versare il latte e, mentre stava per voltarsi in direzione dei fratelli, qualcosa della sera prima si faceva largo tra i suoi pensieri, qualcosa di vago ed indefinito.

Doveva dire qualcosa, qualcosa di importante. Doveva dire qualcosa a Nick.

Il bicchiere gli scivolò dalle mani quando ricordò esattamente quello che doveva dirgli.

-che succede?- sentì la voce di Kevin

-niente, mi è solo scivolato il bicchiere di mano- rispose meccanicamente mentre pensava

Cosa doveva fare? La sera prima con Kate avevano deciso che era meglio dirgli che lei era tornata, anche perchè tra qualche giorno l'avrebbe vista con i suoi occhi al party per Jamie e Tyler, ma ora aveva paura. Ricordava bene com'era stato il fratello in quegli anni, un fantasma. Ed ora che sembrava riprendersi, nonostante Joe sapesse bene che una piccola parte del fratello ancora pensava a lei, non voleva rovinare tutto. Sapeva però che doveva dirglielo, non poteva fargli trovare Ronnie in quel locale, dopo quattro anni, senza averlo avvertito prima.

-Nick- cominciò deciso voltandosi verso il fratello -devo dirti una cosa, è importante-

If nothing is true,
What more can I do?
I am still painting flowers for you.
(Painting flowers - All Time Low)

Quattro anni.

Quattro anni ci aveva messo per dimenticarla, per dimenticare il suo profumo, i suoi occhi, la sua dolcezza che riservava per pochi, il suo tocco, la sua voce, la sua risata.

Quattro lunghissimi anni, ed ora era bastata una frase per fargli ricordare tutto, tutto.

Ronnie è tornata.

Ed ora tre paia di occhi lo fissavano, immobili, mentre si aspettavano una sua reazione o, semplicemente, speravano che non svenisse.

Nick, d'altro canto, in quell'istante non era in grado di fare un bel niente. Sentiva la testa girare mentre il suo cuore batteva impazzito ed il suo respiro diventava affannoso.

-chi...quando...quando è...tornata?- riuscì a chiedere

-da un paio di giorni- rispose Joe scandendo ogni parola

Nick annuì lentamente fissando il vuoto, poi spalancò gli occhi, facendo preoccupare tutti.

Era lei. Quella che aveva visto a Rodeo Drive il giorno prima, non era una visione, ma era proprio lei! Per poco non svenne quando si rese conto che era stato a pochi metri da lei e come un idiota si era convinto che fosse un'allucinazione. Un'allucinazione! Era stato davvero patetico.

-ho...bisogno di prendere un po’...d'aria- fece presa al tavolo e si avviò verso il giardino, quasi sbandando per com'era stordito, sotto lo sguardo apprensivo dei fratelli e Danielle.

E così era tornata, ma perchè? e per quanto tempo aveva intenzione di restare? una settimana? un mese? per sempre? Ma sopratutto, cosa doveva fare ora?

Joe gli aveva detto che l'avrebbe incontrata tra qualche giorno in occasione della festa per Jamie e Tyler, avrebbe dovuto fingere di non sapere del suo ritorno? Troppe domande a cui non aveva risposta.

La cosa che più lo preoccupava però era la sua reazione quando l'avrebbe vista.

Non aveva la minima idea di come avrebbe reagito.

Sarebbe rimasto incantato a fissarla mentre dopo anni ritrovava il suo primo amore o avrebbe trovato la ragazza di fronte a lui così cambiata da non ricordagli nemmeno l'ombra di quello che erano stati?

Poi il ricordo di qualcosa, o qualcuno, si fece spazio a forza nella sua mente.

Allie.

Allie che gli era stata accanto, Allie che non aveva mai domandato, Allie che con le sue chiacchiere non gli permetteva di pensare, Allie col suo sorriso, col suo calore. Allie a cui stava disperatamente cercando di aggrapparsi, ma in quel momento le sue mani sembravano scivolare come sapone sul vetro.

E si lasciò cadere sull'erba fresca portandosi le mani al viso.

Therapy you were never a friend to me
and you can keep all your misery
(Therapy - All Time Low)

Da quando era bambina Jamie aveva sempre invidiato la forza e la caparbietà di Kate e Lexus, ma ,in quel momento, quella tanto ammirata caparbietà stava facendo seriamente pensare a Jamie di prendere le due amiche per i capelli e sbatterle testa contro testa.

-datele almeno un'opportunità!- sbottò ancora Jamie, avvolta in quello che sarebbe stato il suo vestito da sposa, pestando un piede atterra

-per amor del cielo, sta ferma!- ringhiò il risposta Kate infastidita dall'insistenza dell'amica più che dal suo movimento

-Lex, almeno tu, sii ragionevole!- continuò voltandosi verso l'amica intenta a fissarsi le unghie

-sono più che ragionevole, è per questo che non sono a casa sua, nella sua stanza da letto, con un'ascia in mano-

Jamie sbuffò mentre Kate, inginocchiata a terra, ridacchiava divertita continuando ad occuparsi del suo vestito.

-andiamo, non pensate che abbiamo già sprecato tanto tempo in cui avremmo potuto stare insieme? Ora che ne abbiamo di nuovo l'opportunità non mandiamo tutto all'aria!- tentò ancora Jamie

Finalmente Kate smise di occuparsi del vestito e con un sospiro, si alzò.

-ascoltami Jam. Sono davvero felice che tu abbia ritrovato Ronnie, davvero, ma se pensi che col suo ritorno noi torneremo ad essere quelle di prima, mi dispiace deluderti, ma ti sbagli di grosso. Non abbiamo più diciotto anni, non siamo più spensierate, io non mi fido più di Ronnie e, a quanto pare, lei non si è mai fidata di noi- sospirò prendendo una pausa -non conosciamo più niente di lei, non sappiamo più chi è e, ad essere sincera, non ho nemmeno voglia di scoprirlo. Ora possiamo cambiare discorso?-

Jamie la fissò allibita, non poteva parlare così!

-No che non possiamo cambiare discorso! Non vi dico di passarci sopra come niente fosse, ma almeno parlatele, ascoltate le sue ragioni, cercate di capirla!-

- non si più capire chi non vuole essere capita- sta volta fu Lexus a parlare - ed io non ho alcuna intensione di correrle dietro, ne di vederla mai più-

-la vedrai tra qualche giorno- sbottò Jamie incrociando le braccia al petto

Lex la guardo con gli occhi spalancati, stupita -dimmi che non l'hai fatto-

-si, l'ha invitata alla loro festa- confermò Kate

-Cristo Santo!- sbottò Lexus

-siete incredibili!- urlò quasi Jamie -come avete potuto dimenticare tutto quello che abbiamo passato insieme? come avete potuto dimenticare la nostra amicizia?-

-io non ho dimenticato niente- sussurrò Kate fissando d'avanti a se con lo sguardo perso nel vuoto -è per questo che non potrò mai perdonarla-

*      *      * 

Buona Domenica a tutte!

Eccomi con un altro capitlo spuntato dal nulla xD un paio di giorni fa credevo che non sarei mai riuscita a scriverlo, perchè lo trovavo noioso, ma poi stamattina mi sono svegliata ispirata ed ho scritto per tre ore di fila quasi, mentre mio fratello che dormiva mi malediceva per il rumore dei tasti u.u

Beh, tornando a noi, Nick ha scoperto che Ronnie è tornata, Kate e Lex sono deteminate a non perdonarla e...il padre di Allie è il capo di Ronnie, già, mi piace complicarmi la vita u.u

Ringrazio Soriana per avermi aiutato con questo capitolo e per la stupenda immagine rettangolare che vedete all'inizio del capitolo *___* Grazie brutta merFaccia! <3

Al prossimo, vi amo <3

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Capitolo 7
*** Let me try ***


chap 6

Let Me Try

Jamie si diede un ultimo sguardo allo specchio prima di uscire di casa e correre quasi verso la macchina nera di Tyler parcheggiata lì fuori da quasi mezz'ora ormai.

-ce l'hai fatta- sorrise sarcastico il ragazzo vedendola entrare

Jamie sorrise sporgendosi verso di lui e stampandogli un leggero bacio sulle labbra -la perfezione richiede tempo-

Tyler ridacchiò facendo partire la macchina -Mrs perfezione, le ricordo che dobbiamo ancora passare a casa mia e che tra quindici minuti gli invitati saranno alla festa- 

Jamie non era per niente una persona dai nervi saldi, era nata con l'ansia, per qualsiasi cosa. Bastava anche solo una sciocchezza per farla allarmare, e questo Tyler lo sapeva bene.

-hai ragione- si morse il labbro improvvisamente pentita di essersi soffermata sulla decisione di quale rossetto mettere -non arriveremo mai in tempo!- trillò

-tesoro, rilassati non è mai morto nessuno per un ritardo- 

Per fortuna casa di Tyler era poco distante da quella di Jamie ed impiegarono solo dieci minuti per arrivarci.

-faccio subito- la rassicurò il ragazzo prima di scendere dall'auto

Jamie si rilassò contro il sediolino cercando di scacciare il nervosismo.

Non era mai stato il tipo da festa, non le piaceva stare al centro dell'attenzione ed avere gli occhi di tutti addosso, preferiva stare ferma in un angolo come un oggetto da tappezzeria a guardare tutte le strane persone presenti e studiare ogni loro singolo movimento. Le piaceva notare le cose più strambe delle persone.

Persino quando era una teenager ed era fuori con le sue amiche non aveva mai preso iniziativa per fare qualche pazzia e loro erano le uniche che riuscivano a coinvolgerla nelle loro folli imprese.

Le sue amiche.

Ancora una volta Jamie si ritrovò a domandarsi se avesse fatto bene ad invitare Ronnie alla festa.

Quella festa rappresentava un punto importante della sua vita e vedere Ronnie lì, dopo tanti anni, l'aveva resa così felice! Finalmente avrebbe potuto realizzare il suo desiderio più grande e vivere il giorno del suo matrimonio con le sue amiche, i pezzi della sua vita, al completo.

Aveva fatto bene, si.

Poi ricordò di essere in ritardo e si chiese cosa sarebbe successo se Ronnie, Kate e Lexus si fossero incontrate prima del suo arrivo, senza la sua presenza e le vennero i brivido solo a pensarlo.

Recuperò velocemente il cellulare dalla piccola pochette e scrisse un unico messaggio inviandolo a Kate e Lex sperando che servisse a qualcosa, anche se ne dubitava sinceramente.

Sospirò.

Un altro grande, grandissimo, problema di quella serata era rappresentato però sopratutto dalla presenza di Nick con Allie.

Aveva mandato un sms a Ronnie qualche ora prima avvertendola della loro presenza, sebbene avesse temuto che sapendolo Ronnie non sarebbe più venuta, le era sembrato corretto avvertirla prima, per darle modo quantomeno di prepararsi psicologicamente.

Sperava con tutto il cuore che l'amica non si tirasse indietro deludendola ancora.

-eccomi, andiamo?- chiese Tyler entrando in macchina

Jamie annuì in silenzio facendo preoccupare il ragazzo che era sempre molto attento ai gesti di Jamie - è tutto ok?- chiese premuroso

Jamie si sforzò annuendo, ma Tyler sapeva bene che non era affatto ok e sapeva anche qual’era la sua preoccupazione -vedrai che andrà tutto bene-

E Jamie lo sperava proprio con tutto il cuore.

Cuz we shared the laughter and the pain
and even shared the tears
You're the only one who really knew me at all

(
Against All Odds - Phil Collins)


Kate e Lexus erano già nella grande sala affollata quando i loro cellulari suonarono simultaneamente. Si lanciarono uno sguardo sarcastico e lessero assieme il messaggio sapendo già chi glielo aveva inviato e sapendo anche che erano due sms con lo stesso contenuto.

Perciò quando lessero il nome di Jamie e il testo del messaggio che le invitava a non fare scenate e cercare di chiarirsi con Ronnie, non si sorpresero affatto.

-ha paura che le roviniamo la festa?- chiese sarcastica Lexus

Kate sorrise avviandosi con l'amica verso il bancone.

Entrambe sapevano che per Jamie il problema non era la festa, per niente. Jamie voleva semplicemente che loro parlassero con Ronnie, cosa che Kate e Lexus non avevano alcuna intensione di fare.

Jamie era sempre stata troppo buona, a parere di Kate, era incapace di provare rancore per qualsiasi essere vivente presente sul pianeta, figurarsi se ne avrebbe mai provato verso colei che era stata così tanto per loro.

Kate rispettava la sua scelta, ma non la condivideva affatto, non poteva, non riusciva ad accettare che lei se ne fosse andata così, come se niente fosse, come se tutti quegli anni assieme non fossero mai esistiti, come se loro non avessero mai contato niente, e non si era mai degnata di mandare un e-mail per informarle che era viva.

D'altra parte però Kate invidiava Jamie, doveva ammetterlo, quando la ragazza le aveva detto che Ronnie era tornata, il suo primo istinto era stato quello di correre a casa sua per rivederla, raccontarle tutto quello che era successo in quegli anni e stringerla forte, ma poi il suo orgoglio ferito l'aveva bloccata, facendola rifugiare dietro il muro del suo dolore.

-okkay, ora non agitarti, ma è appena entrato Joe con fratelli e rispettive compagne al suo seguito- le annunciò Lexus

-perchè dovrei agitarmi Lex?- chiese lei reprimendo l'istinto di voltarsi verso l'entrata

-perchè hai una bella cotta stile sedicenne di fronte a Zac Efron, per lui- rispose continuando a guardare l'immagine di Joe che ora stava salutando un gruppo di ragazzi

Kate continuava a ripetersi di stare calma -questa è la cosa più idiota che tu abbia mai detto- disse tra i denti

Lexus alzò gli occhi al cielo senza farsi vedere dall'amica -chi è quella bionda con Joe?- sbottò poi con aria fintamente stupita

Ma Kate era troppo occupata a comprendere le parole "bionda-Joe" per notare il tono eccessivamente enfatico dell'amica e...al diavolo la calma. Kate dimenticò di essere in un luogo pubblico, circondata da persone normali e, sopratutto, sane di mente -bionda?! che bionda? dove?! dimmi dove!- si voltò di scatto verso l'entrata alla ricerca di Joe e della sua bionda, ma tutto ciò che vide fu lo sguardo del ragazzo, poco lontano da lei, che incrociava il suo ed il sorriso che poco dopo si dipinse sulle labbra di Joe.

Kate sorrise di rimando dopo aver controllato con i suoi occhi che non c'era nessuna bionda.

-come volevasi dimostrare- ridacchiò Lex guardando l'amica che sorrideva come un ebete

Kate le avrebbe volentieri risposto che era stata un'idiota, ma la vicinanza di Joe gli fece dimenticare persino dell'esistenza di Lexus.

-ciao- sorrise Joe arrivando finalmente di fronte a lei

-ciao- rispose Kate con un mezzo sorriso imbarazzato dovuto allo sguardo insistente del ragazzo sul suo viso, Joe pareva essersi incantato

-oh Joe, anche io sono felice di vederti!- disse sarcastica Lexus risvegliando il ragazzo dalla sua catalessi

-Lex!- urlò quasi -da quanto tempo non ci vediamo?! Come vanno le cose a Miami?-

-molto bene, grazie- rispose fiera -l'ultima volta che ti ho visto eri su un enorme cartellone pubblicitario di fronte casa mia, come va il Joe-attore?- chiese e Kate rimase sconvolta, di solito Lexus si fermava al "ciao, come stai?", da dove era uscita tutta quella cordialità?!

-alla grande- rispose sorpreso a sua volta

-beh sono sicura che tu sia meglio come attore che come componente di una band, non eri un gran suonatore di tamburello-

Joe scoppiò in una fragorosa risata, mentre Kate scuoteva la testa divertita, eccola la sua Lexus.

-Joe, le tue risate stanno spaventando gli invitati- una voce alle spalle di Joe lo fece smettere di ridere con non pochi sforzi

Kate si sporse per vedere a chi appartenesse quella voce e ,quando lo vide, gli occhi le si illuminarono all'istante.

-Nick!- urlò buttandosi letteralmente sul ragazzo che ridacchiando l'accolse tra le sue braccia

Kate aveva sempre avvertito un legame speciale tra lei e Nick, come se lui fosse in grado di capire al volo tutte le sue emozioni. Dopotutto, Kate sapeva che Nick aveva amato Ronnie e sapeva che lui aveva sofferto almeno quanto lei per la partenza della ragazza. In quel periodo si erano tenuti costantemente in contatto, come con Joe, si erano ascoltati, consolati e sfogati, ed il più delle volte Kate aveva avuto la sensazione che Nick stesse soffrendo anche più di lei e Kate riusciva a comprenderlo. Un conto era perdere una migliore amica, ma ben altro era perdere la persona amata.

Non sapeva se Nick fosse ancora innamorato di Ronnie, ma era convinta che quella serata sarebbe stata un completo disastro per loro due. Il ragazzo sapeva della presenza di Ronnie quella sera, lei e Joe avevano deciso di dirglielo, quello che non sapeva era quale fosse stata la reazione di Nick. Come non sapeva come sarebbe stata la sua reazione. Avrebbe continuato col suo orgoglio esasperante o si sarebbe buttata tra le braccia della ragazza in lacrime?

-hey, giù le mani dal mio ragazzo!- scherzò Allie arrivando accanto a Kevin e Danielle

Ora, Kate sapeva, sapeva benissimo, che era colpa di Ronnie se lei e Nick ora non erano lì assieme appiccicati come due scimmie, sapeva che il ragazzo aveva tutto il diritto, se non il dovere, di provare a ricominciare in qualche modo ed era stata lei stessa, mettendo a tacere violentemente la vocina insistente nella sua testa che le diceva di non farlo, a spingere Nick ad uscire con Allie e se all'inizio per Kate lei rappresentava solo un buon modo per Nick per distrarsi e cercare di dimenticare Ronnie, col tempo Allie si era dimostrata davvero la ragazza perfetta. Allegra, solare, dolce, per niente ossessiva, comprensiva e, inoltre, bella come il sole. E lei era solo una stupida egoista che invece di sperare segretamente nell'amore tra lui e Ronnie, avrebbe dovuto spingere ancora di più Nick tra le braccia di Allie.

Ma, nonostante tutto, lei era sempre una fan sfegatata di quella ragazza dai capelli corvini e gli occhi come il mare.

-ciao Allie- sorrise Kate sporgendosi verso la ragazza per baciarle le guance poi passò a salutare Kevin e Danielle, questa volta con un sorriso più sincero

Sott'occhio vide Nick salutare Lexus e l'amica fare uno sforzo abnorme per rivolgergli un sorriso tirato.

Se Kate in quegli anni aveva trovato una certa affinità con Nick, Lex invece lo detestava, ogni volta che lo vedeva non poteva far a meno di pensare che era per colpa sua se Ronnie se n'era andata e, sopratutto, non poteva sopportare quel manico di scopa dai capelli biondi che si portava dietro. Lex proprio non riusciva a capire come poteva stare con una come Allie dopo essersi innamorato di Ronnie che, nel bene e nel male, era totalmente l'opposto della fata anoressica che gli faceva da ragazza. Lex non li sopportava.

Al momento però Lexus aveva ben altri problemi da risolvere.

Mentre chiedeva a Kevin e Danielle di Jason notò che Kate e Joe si erano messi un pò da parte e parlavano sottovoce, come se stessero progettando un piano malsano e folle e, conoscendo i due, non ci sarebbe stato poi da stupirsi tanto se lo stessero realmente facendo.

Ad ogni modo, anche se Kate continuava a negarlo, Lexus sapeva benissimo che tra i due c'era qualcosa, qualcosa che erano tanto cocciuti da nascondere fino alla morte e lei, in qualità di unica persona sana di mente e razionale, doveva fare qualcosa.

-ragazzi, scusatemi ma devo andare un attimo al bagno- Allie fece un sorriso imbarazzato portandosi una ciocca dietro l'orecchio, tutti annuirono e la ragazza si avviò ancheggiando verso il bagno. Lex si lasciò scappare una smorfia disgustata senza preoccuparsi più di tanto se gli altri l'avessero notata o meno.

-io invece vado a chiamare un attimo Tyler per vedere dov'è- dopo aver dato una pacca sulla spalla del fratello anche Nick si allontanò

Lexus lanciò un altro sguardo furtivo a Kate che ora sorrideva mentre Joe parlava a raffica poi tornò con lo sguardo a Kevin e Danielle, Danielle che aveva seguito il suo sguardo ed aveva capito tutto, come sempre.

-questi tacchi mi uccidono, che ne dite di andare a sederci?- 

Lexus sorrise e tutti e tre si avviarono verso il loro tavolo mentre Kate e Joe continuavano a parlare senza rendersi nemmeno conto di essere rimasti da soli.

Joe continuava a parlare e parlare, Kate si era persa alla terza parola della prima frase, era molto più interessante fissare le labbra rosse del ragazzo che si muovevano veloci che concentrarsi sulle sue parole.

Cavolo, doveva smetterla.

Ogni volta che vedeva Joe si ripeteva mentalmente che loro due erano solo amici, che non sarebbe mai potuto nascere qualcosa tra di loro e che doveva calmarsi, e puntualmente ogni volta che fissava i suoi occhi, il suo sorriso, ogni santissima volta i suoi ormoni scoppiettavano come pop corn.

Improvvisamente colse qualcosa dal suo labiale, qualcosa che riuscì a disincantarla, qualcosa che le interessava più delle altre.

-come?- chiese alzando il collo fingendo di non aver sentito per via della musica alta, subito dopo si rese conto che non era stata affatto una buona idea.

Per farsi sentire Joe si avvicinò alla ragazza sfiorandole delicatamente la guancia con la sua e poggiandole, con un gesto che poteva sembrare distratto ma schifosamente calcolato fino all'ultimo dettaglio, una mano sul collo.

A Kate mancò il respiro e probabilmente se il ragazzo le avesse fatto una proposta di matrimonio in quel momento lei avrebbe accettato senza tentennamenti. A dire la verità avrebbe acconsentito a qualsiasi proposta sarebbe uscita da quelle labbra.

-ho chiesto se Ronnie sa che Nick è qui- disse al suo orecchio alzando un pò la voce

Il nome di Ronnie unito a quello di Nick riuscì a far tornare Kate nel mondo reale salvando il ragazzo dai malsani pensieri di Kate, per quanto lui volesse essere salvato.

-non lo so- rispose sincera Kate scuotendo le spalle e a dire il vero, non aveva voglia di parlare di Ronnie in quel momento, il pensiero che l'avrebbe rivista di lì a poco le metteva già abbastanza ansia di suo, magari fingere che non sarebbe mai arrivata l'avrebbe aiutata a non farsi prendere dal panico.

Joe si allontanò da Kate senza accorgersi della mano che era rimasta sul collo della ragazza, e prese a studiare il suo volto. Kate non era mai stata brava a nascondere le sue emozioni, non con lui. A Joe bastava un'occhiata più attenta per capire cosa frullasse per la testa della ragazza, ed in quel momento era chiaro che era in totale confusione per l'arrivo dell'amica e per nascondere la sua emozione si rifugiava dietro un velo di indifferenza.

Se c'era una cosa che Joe aveva capito di Kate in quegli anni era che doveva assecondarla, sempre, altrimenti sarebbe stato un guaio per tutti.

Le guance arrossate di Kate fecero ricordare a Joe che la sua mano era ancora sul collo della ragazza e la scostò lentamente sorridendo quando vide la ragazza tornare a respirare.

-vieni, andiamo a prendere qualcosa da bere- sorrise Joe porgendo il braccio a Kate

Mentre si avviavano verso l'altro lato del lungo bancone di vetro blu Kate vide Nick vicino all'entrata con il cellulare all'orecchio, probabilmente cercava di rintracciare Tyler.

-non capisco proprio come faccia tuo fratello a stare con Allie- sbottò improvvisamente Kate sedendosi ad uno sgabello, Joe la imitò lanciandole poi uno sguardo confuso

-mi sembrava di aver capito che non ti andava di parlare di Ronnie-

-e che c'entra lei ora?- Joe la guardò sarcastico alzando un sopracciglio -ok, c'entra ma non era quello che volevo dire, insomma lei è troppo...perfetta, dovrà pur avere qualche difetto!-

Joe afferrò una nocciolina dalla ciotola sul bancone e se la lanciò in bocca distrattamente -magari un giorno scopriremo che è una serial killer-

-beh, chi può dirlo- ridacchiò per poi tornare seria -lui non è innamorato di Allie-

Joe scosse la testa -no, non lo è-

-non è giusto- sbuffò Kate -dovrebbe dirglielo, se dopo un anno non sei innamorato di una persona non puoi continuare ad aspettare sperando che per magia ti innamori di lei, non si innamorerà mai di lei, sopratutto se non riesce a togliersi alcuni pensieri dalla testa, deve dirglielo-

Joe annuì assente fissando gli occhi di Kate con uno sguardo così intenso in grado di far sciogliere chiunque e poi la sua bocca prese a parlare completamente scollegata dal cervello.

-hai ragione, e, secondo te, questo varrebbe anche in una situazione contraria?- Kate lo guardò confusa

-in che senso?- 

-bhe- sospirò Joe conscio del fatto di stare per spingersi troppo oltre, ma ormai era partito -ammettiamo che un ragazzo ipotetico...-

-Mark- lo interruppe la ragazza, agitata

-Mark- ripetè Joe sorridendo -Mark è innamorato di una persona da un pò di tempo, e lui non può aspettare in eterno sperando che gli passi, non può fingere di non essere innamorato di lei, sopratutto se pensa e lei ventiquattro ore al giorno, giusto?-

Kate poggiò una mano sul bancone, frastornata del tutto.

Cosa stava cercando di dirle Joe? Era una specie di segnale, o le stava chiedendo una specie di consiglio perchè era innamorato di qualcun'altra? Dio Santo, perchè doveva essere sempre così complicato!

-giusto- riuscì ad annuire mentre il cuore le batteva frenetico nel petto

Joe annuì impercettibilmente fissando lo sguardo sulla mano di Kate che giaceva immobile a pochi centimetri dalla sua, allungò una mano sfiorando appena il dorso con le dita, disegnandovi sopra piccoli cerchi -quindi, se tu fossi innamorata di qualcuno glielo diresti?- 

Kate deglutì, non solo i suoi occhi fissi in quelli della ragazza erano una tortura per lei, ora c'era anche la sua mano a distrarla e farle perdere completamente la ragione -certo- sussurrò

Fortunatamente la domanda che le porse successivamente il ragazzo riuscì a scuoterla -in ogni caso?-

No. Non in ogni caso.

Cosa stavano facendo? Dove si stavano spingendo e cosa volevano concludere con quelle inutili allusioni?

Si stavano esponendo troppo e Kate non poteva rischiare tanto, Joe era indispensabile per lei, ormai non poteva più farne a meno, non poteva rischiare di perderlo, non ora che aveva bisogno di lui più che mai.

Doveva tirarsi indietro prima che fosse troppo tardi.

- credo - cominciò ritirando la mano che il ragazzo stava accarezzando -credo che in alcuni casi forse bisognerebbe pensare bene prima di dire quello che si prova-

Joe guardò Kate mentre la ragazza si mordeva il labbro inferiore, era così bella. Ma, andiamo, cosa gli era saltato in mente? Kate lo considerava solo come un amico e voleva salvaguardare la loro amicizia, per questo gli aveva chiaramente detto di tenersi i suoi sentimenti per se. Era solo un amico, doveva tenerlo bene a mente la prossima volta che gli fosse venuto in mente di fare un'altra stupidaggine di quel genere.

-già- sospirò infine rassegnato spostando lo sguardo da un'altra parte.

Solo un amico.


no one ever said that life was fair and I'm not saying that it should be
so knowing that you are what you want to be and I'm not comes as no surprise
but don't expect me to be happy for you
and don't smile at me and tell me things will work out for me too

(
Alesana - Congratulations, I Hate You)

 

Ronnie aveva un'unica certezza in quel momento, stava per vomitare.

Il tassista la guardò ancora dallo specchietto retrovisore, quella strana ragazza l'aveva fatto fermare d'avanti a quel locale più di venti minuti prima, e ancora non si era decisa a scendere, era rimasta lì a guardare con aria preoccupata fuori dal finestrino.

-signorina, va tutto bene?- chiese cauto

Ronnie strinse istintivamente il cellulare tra le mani -si, mi scusi, ho bisogno solo di un minuto- abbassò lo sguardo verso l'oggetto che stringeva convulsivamente.

Doveva ammetterlo quando qualche ora prima aveva ricevuto quel sms da Jamie, aveva seriamente pensato di non farsi vedere a quella festa, ma poi aveva riflettuto bene arrivando alla conclusione che, se fosse mancata anche quella volta, avrebbe perso Jamie per sempre. La sua migliore amica l'aveva perdonata e l'aveva invitata a partecipare ad un avvenimento per lei importantissimo, non poteva assolutamente darle buca solo perchè le aveva detto che Nicholas sarebbe stato lì, in dolce compagnia.

Ma ora, in quel taxi, aveva una fifa tremenda. Avrebbe dovuto affrontare Kate e Lexus che sicuramente l'avrebbero ignorata, avrebbe dovuto affrontare Nick con la sua nuova ragazza, da sola.

Quando aveva saputo che Nick faceva coppia fissa con una ragazza non era riuscita a capire subito quale fossero state le emozione che quella notizia aveva suscitato in lei, in realtà. Ci era rimasta male, molto male.

In tutti quegli anni Ronnie non era mai riuscita a stare con qualcuno, certo non che non avesse mai avuto appuntamenti, ma con nessuno di loro era mai andata oltre la prima sera, ogni volta aveva l'assurda e straziante sensazione che stesse tradendo Nick. Era proprio un'idiota.

Non biasimava affatto il ragazzo, erano passati quattro anni cavolo! Solo non aveva la minima idea di che effetto le avrebbe fatto vederlo tra le braccia di un altra.

Ci sperava ancora in lei e Nick? Non lo sapeva e, in realtà, era una domanda che aveva accuratamente evitato di farsi negli ultimi anni.

Guardò ancora il suo cellulare sospirando. Se fossero stati altri tempi non avrebbe esitato un istante a chiamare Angel per farsi dare un consiglio o semplicemente per una delle sue frasi di incoraggiamento alla "vai e spacca il culo a tutti", ma da come si erano lasciati a Madrid non sapeva se sarebbe stata una buona idea chiamare Angel per parlargli di Nick.

Aveva sentito Angel un paio di volte da quando era arrivata a LA, ma il ragazzo non aveva mai accennato al bacio e a quella mezza frase prima della sua partenza, quindi non sapeva ancora quali fossero i sentimenti del ragazzo nei suoi confronti, cosa che a Ronnie non dispiaceva affatto, dato che non ne aveva idea a sua volta e, cosa certa, quello non era per niente il momento più adatto per pensarci.

Ronnie sospirò infilando il cellulare nella borsa -la ringrazio- sussurrò al tassista che, sarcasticamente per lei, le augurò buona serata, ed uscì dal taci venendo travolta dal leggero venticello di fine Ottobre.

Attraversò la strada con passo svelto, ormai aveva deciso di andarci, era inutile indugiare oltre. Si fece forza e si avviò verso l'entrata, dicendo il suo nome e mostrando un documento al buttafuori riuscì ad entrare in un enorme sala affollata, dalla musica alta e le luci soffuse. Strinse a se la borsa studiando la folla, chiedendosi se le sue amiche fossero già lì.

Si mescolò tra la gente non sapendo bene dove andare, ma con la speranza di trovare una faccia amica, ma dopo dieci minuti di girovagare per la sara, si arrese quando sentì dire da una biondina che saltellava a tempo di musica che "Tay e Jam" non erano ancora arrivati.

Fece un mezzo sospiro si sollievo quando vide il lunghissimo bancone di vetro illuminato da una luce blu, l'unica cosa dall'aspetto familiare lì dentro.

Si fece spazio tra la folla e finalmente riuscì ad arrivare a traguardo, tuffandocisi letteralmente sopra. 

Caro, rassicurante, caloroso, alcol.

-Ronnie?- una voce maschile quasi urlò il suo nome facendola sobbalzare

Si girò lentamente verso la sua sinistra e il primo istinto che ebbe fu quello di urlare.

Joe, cresciuto, tanto, con un filo di barba e i capelli più corti la fissava evidentemente indeciso se essere felice di vederla o cominciare ad urlarle contro. Kate, accanto a lui, sembrava paralizzata, gli occhi spalancati e la mascella che pareva essersi slogata.

-Joe...Kate- li salutò Ronnie mentre le si seccava la gola ed il cuore cominciava a partire a mille

Eccolo il momento che Ronnie aspettava da tempo, il momento in cui lei e Kate si sarebbero riviste e ricongiunte ma, Kate aveva tutt'altra idea in mente.

-ciao- sbottò quasi ricomponendosi dietro una maschera di indifferenza

Quello che seguì fu un lunghissimo ed imbarazzante silenzio.

Joe guardò Ronnie, poi Kate, entrambe si fissavano immobili, ma nessuna delle due pareva intenzionata a fare niente, allora capì cosa doveva fare lui.

Con un balzo scese dallo sgabello avvicinandosi a Ronnie ed abbracciandola inaspettatamente.

Ronnie rimase un istante interdetta dal gesto del ragazzo poi lo strinse a sua volta, sorridendo grata per quel gesto.

- da quanto tempo non ci vediamo?!- urlò allegro il ragazzo cercando di alleggerire la situazione, cosa alquanto vana

- quattro anni, tre mesi e ventiquattro giorni- sbottò Kate finendo con un solo sorso il suo drink, sbattendo poi il bicchiere sul bancone

Ronnie deglutì fissando l'amica che invece non la calcolava minimamente mentre si fingeva interessata al lavoro del barista dietro il bancone.

-wow è davvero tanto tempo- riprese Joe -quanto pensi di stare qui?-

Ronnie si sforzò di sorridere spostando lo sguardo da Kate e Joe -fino a tempo indeterminato-

-fino a quando la testa non le dirà di fare qualche cazzata, poi sparirà di nuovo- sbottò ancora Kate acida, Joe si voltò verso di lei con uno sguardo supplicante che la invitava a restare calma

-no- si sforzò di sorridere Ronnie -Kate ha ragione Joe, mi sono comportata davvero male-

Joe la guardò con uno sguardo dispiaciuto mentre Kate continuava a guardare da tutt'altra parte ostentando indifferenza.

-vorrei avere la possibilità di parlare con te- sospirò rivolgendosi all'amica

-peccato che io non abbia niente da dirti e non mi interessi minimamente quello che abbia da dire tu-

-Kate...- la ammonì Joe

-No!- sbottò lei alzandosi dallo sgabello e mettendosi di fronte a Ronnie -puoi abbindolare Jamie con la storia della povera pecorella smarrita che non sapeva cosa fare, ma non me, non aspettarti minimamente nulla da me, nulla più di un "ciao"-

Un cazzotto diritto in faccia.

-Kate io non voglio abbindolare proprio nessuno e so di aver sbagliato, ma vorrei...-

-vorresti cosa?- urlò praticamente Kate -vorresti che tornassimo amiche come prima? Oh certo, che ne dici se dopo vieni a dormire a casa mia e mentre ci mettiamo lo smalto e mi racconti quello che hai fatto in questi ultimi quattro anni?!-

Ronnie vide Kate diventare cianotica e sentì automaticamente i suoi occhi inumidirsi. Non si era aspettata che l'amica le corresse incontro abbracciandola, nonostante tutto la conosceva troppo bene per aspettarsi una reazione del genere, ma sperava che almeno le avesse dato l'opportunità di spiegarsi.

- Kate, prova almeno ad ascoltarmi!- supplicò con la voce spezzata

-ti ho già detto che non mi interessa- ringhiò Kate sotto lo sguardo affranto di Joe che sapeva quanto stesse soffrendo la ragazza nonostante le sue parole dure

-va bene- si arrese Ronnie con un sorriso triste -ti capisco, ora forse e meglio che me ne vada-

-oh bene, almeno ora posso guardarti mentre mi volti le spalle-

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Ronnie sapeva che era dalla parte del torto e non aveva alcun diritto di arrabbiarsi o fare scenate, ma quelle parole la ferirono nel profondo e, si sa, quando si è arrabbiati si dicono cose che non si pensano.

-io non ti ho mai voltato le spalle!- scoppiò - forse invece di dare la colpa a me avresti potuto cercare di capire invece di far finta di niente, se me ne sono andata è stata colpa anche dei vostri sguardi dispiaciuti! come credi che mi sentivo quando vi sentivo parlare di nascosto di me e di come stavo affrontando male la situazione?!-

Kate spalancò gli occhi come impazzita -non ci provare nemmeno!- urlò puntandole un dito contro -non provare a rigirare la frittata! Ma d'altronde è sempre stato così no? Oh povera piccola Ronnie, si comporta così perchè i genitori sono assenti, perchè nessuno la capisce, ma fammi il piacere!-

-bene- digrignò i denti Ronnie -sto scoprendo più cose di te stasera di quanto ne abbia mai sapute in dieci anni di amicizia!-

-oh, io invece le ho scoperte quattro anni fa-

Ronnie annuì sorridendo sarcastica, era un sorriso nervoso il suo.

-credo che tu abbia ragione, non abbiamo niente da dirci- voltò le spalle e si avviò a passo spedito tra la folla

Sentì Joe chiamare il suo nome, ma non si fermò, ne rallentò il passo mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime. Kate, la sua Kate, per colpa sua ora l'odiava.

Era stata una stupida, e Kate aveva perfettamente ragione, come aveva potuto lasciarle senza nemmeno una parola? E come pretendeva di risistemare le cose? Aveva sbagliato troppo, troppe cose, per cercare di rimediare, non poteva fare niente e Kate e Lexus non l'avrebbero mai perdonata.

Si faceva spazio tra la folla a gomitate, ora voleva solo andare il più lontano possibile da lì, avrebbe mandato un sms a Jamie spiegandole brevemente l'accaduto, era sicura che lei avrebbe capito, ancora.

-oh, scusami!- trillò una ragazza dopo averla praticamente buttata per aria, ma Ronnie non ci fece nemmeno caso, stravolta com'era.

Con un gesto della mano fece capire alla ragazza che non importava e stava per riprendere la sua marcia determinata verso l'uscita quando la ragazza la bloccò ancora.

-hei, ma io ti conosco!-

Ronnie si voltò scocciata verso la ragazza per liquidarla, per dirle che era impossibile la conoscesse visto che erano solo un paio di giorni che era a Los Angeles ed i suoi occhi si fissarono in quelli di lei.

Dove l'aveva già vista?

 

Voglio una colla per sentimenti che aggiusti tutto anche i momenti
che attacchi a quello da cui mi son staccata amici e amanti voglio aggiustarmi
Colla colla Spara spara La felicita' La felicita'

( Colla - Prozac+ )



*         *         *


Buooooooon pomeriggio a tutte! (Fa molto Barbara D'urso, lo so :S)
Come state? Vi è piaciuto il capiiiitolo?! a me no, ovviamente .-. Questo è stato solo un assaggio di quello che accadrà alla festa di Jamie e Tyler *O* perciò preparatevi psicologicamente u.u
ad ogni modo, volevo chiedervi una cosa. Una ragazza mi ha detto che non le piace molto il fatto che abbia introdotto anche Joe e Kate nella storia, insomma lei preferirebbe che l'attenzione fosse centrata su Nick e Ronnie, voi cosa ne pensate?
Da come avrete sicuramente notato questa storia è "strutturata" in modo diverso da Let me under your skin, nel senso che tratta anche di altre cose, anche se ovviamente in modo superficiale, per ampliare un pò il quadro. Credete che questo distragga un pò dal "nocciolo" della questione? Fatemi sapere u.u

Al prossimo capitolo. Vi amo sempre e comunque <3



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Capitolo 8
*** wondering if we still belong ***


capitolo 7

Nick era lì fuori da più di venti minuti ormai, tempo in cui aveva inutilmente provato a rintracciare Tyler, ma a quanto pareva il ragazzo era svanito nel nulla.

Il motivo principale per cui voleva parlare con Tyler non era solo il suo preoccuparsi per le sorti dell’amico, per niente, la sua intenzione era quella di parlare con Jamie per chiederle quando sarebbe arrivata Ronnie, almeno così si sarebbe preparato psicologicamente.

Ma per quanto ne sapeva lui i due potevano anche essere stati inghiottiti da un buco nero.

Proprio quando stava per rinunciare e dichiarare i suoi amici ufficialmente dispersi, sentii un grande applauso levarsi dalla folla e Jamie e Tyler entrare sorridenti.

Almeno erano vivi.

Facendosi spazio tra la folla, talvolta anche in modo poco carino spingendo qua e la, riuscì ad arrivare a Tyler e Jamie che erano accerchiati da mille persone intente a fargli gli auguri.

-Nick!- lo salutò Tyler liberandosi da un ragazzino biondo dall’aria annoiata

-hei ce l’avete fatta!-

Tyler prese una mano di Jamie strattonandola leggermente e salvandola da una ragazza dalla parlantina isterica

-la perfezione richiede tempo- sorrise Tyler verso Jamie facendola ridacchiare

Guardando Tyler e Jamie assieme erano tante le cose che si potevano notare, si poteva notare per esempio come lui pendesse dalle labbra di lei ogni volta che pronunciava una parola, quanto erano perfetti assieme, quanto erano stati bravi a costruire giorno dopo giorno un rapporto così solido e veritiero, ma quello che più notava Nicholas era quanto quei due fossero felici e la loro felicità esplodeva mostrandosi anche nelle piccole cose, nei loro sorrisi, nelle loro carezze, nel modo in cui si guardavano, era così evidente.

Ed ogni volta Nick non poteva fare a meno di chiedersi se anche lui un giorno avrebbe trovato quella felicità.

-sei già qui- sorrise Jamie verso Nick che la guardò sarcastico

-sono già tutti qui Jamie, siete in abbondante ritardo-

-lo so, lo so e…sono tutti qui?- chiese la ragazza con uno sguardo eloquente che il ragazzo capì al volo

-non l’ho ancora vista- sussurrò Nick imbarazzato, cavolo era lì con la sua ragazza non avrebbe dovuto interessargli minimamente di lei!

Jamie sospirò visibilmente nervosa, sperava tanto che Ronnie venisse –beh, Allie dov’è?- chiese poi Tyler allegro cambiando argomento

-è dentro con gli altri-

-andiamo a salutarli, no?- sorrise Tyler e Jamie annuì debolmente avviandosi verso la sala

-se Ronnie non viene credo che la prenderà male- sussurrò Tyler per non farsi sentire

Nick annuì convinto –molto male-

Riuscirono a farsi spazio tra la folla fermandosi qua e la mentre Jamie e Tyler salutavano i loro amici –non credevo di conoscere tanta gente- sospirò Jamie dopo aver salutato l’ennesimo gruppetto di persone che si era accalcato attorno a loro

Nick continuava a guardarsi in giro cercando la testolina bionda di Allie, ma non era certo facile trovarla tra tutta quella gente.

Fece qualche altro passo e finalmente la vide proprio di fronte a se di spalle, mentre sembrava intenta a parlare con qualcuno –ecco Allie!- esultò felice come se avesse trovato un ago in un pagliaio.

Sorridente si avviò verso la ragazza, ma a qualche centimetro di distanza si bloccò di scatto facendo sbattere Tyler diritto contro la sua schiena –che diavolo…?-

Jamie, confusa, si sporse per guardare nella stessa direzione di Nick e per poco non svenne.

Non era possibile.

Gli occhi di Nick erano fissi su un punto preciso davanti a lui. Improvvisamente non gli interessava più di sapere dov’era Allie, non dava peso alle persone che lo spintonavano per passare o al fatto che la sua reazione non avrebbe dovuto minimamente essere quella, e non gli interessava nemmeno lontanamente fingere un minimo di contegno quindi lasciò tranquillamente la sua mascella libera di cadere mentre il suo cuore perdeva un battito e i suoi occhi sembravano appannarsi.

Non importava più niente ora che avanti ai suoi occhi aveva lei.

Deglutì incapace di fare altro mentre la studiava con un attenzione degna di un artigiano con la sua opera migliore.

Nick era come ipnotizzato da quella ragazza dai capelli più chiari di come li ricordava e dai lineamenti più adulti e seri. Si sorprese quando si rese conto che nonostante i suoi cambiamenti la ragazza lo incantava proprio come qualche anno prima.

Poi, come richiamata dal suo sguardo fisso su di lei, Ronnie distolse lo sguardo da Allie puntando i suoi occhi verdi in quelli di Nick, che improvvisamente vide il suo mondo, quello che con fatica aveva costruito in tre anni, crollargli addosso e si sentì nuovamente perso.

 

*     *     * 

-ma certo, tu sei quella ragazza che ho incontrato in ascensore l’altro giorno! Io sono Allie Cooper ricordi?-

Ronnie continuava a guardare la ragazza di fronte a lei con aria dubbiosa, poi improvvisamente si illuminò – ma certo, tu sei la figlia del signor Cooper!-

Allie sorrise annuendo –com’è andato il colloquio?-

-molto bene, grazie, comincio lunedì- cercò di sorridere a sua volta, ma non le riuscì molto bene, aveva nella testa ancora le parole dure di Kate di poco prima

-mi fa piacere-

Ronnie alzò un angolo della bocca, quantomeno per cercare di migliorare la sua faccia da funerale, e si chiese cosa ci facesse Allie lì, che fosse una nuova amica di Jamie?

-sei un’amica di Jamie?- chiese la ragazza dando voce ai suoi pensieri, probabilmente stava pensando la sua stessa cosa

-si- annuì Ronnie –un’amica di vecchia data- stava per rigirarle la domanda quando improvvisamente ebbe una strana sensazione, quella terribile che ti viene quando qualcuno ti osserva insistentemente.

Ronnie distolse lo sguardo dal viso della bionda puntandolo poco dietro di lei e rimase letteralmente paralizzata.

A qualche metro da lei, alle spalle di Allie, Nick restava immobile come una statua di cera, solo gli occhi si erano mossi spalancandosi quando Ronnie l’aveva guardato, come un bambino sorpreso con le mani nella cioccolata, ma il suo sguardo rimaneva fisso su Ronnie.

Ronnie che in quel momento stava reprimendo l’istinto di gettarsi a terra in preda ad una crisi isterica.

Guardava quegli occhi nocciola che la fissavano insistentemente e si sentiva così impotente, cosa che le era capitata solo una volta nella vita e con la stessa persona.

Improvvisamente quegli anni passati lontani non erano mai esistiti, lei non era mai stata in un paese dall’altra parte dell’oceano, lui non era mai partito per quel tour, lei non aveva mai litigato con le sue amiche, i Jonas non si erano mai sciolti.

Ed ecco che, contro la sua volontà, Ronnie ritornò a quando era una diciottenne spensierata innamorata di una star. E a quella Ronnie venne più che spontaneo sorridere al ragazzo di fronte a lei.

Allie guardò Ronnie accigliandosi, rendendosi conto le ragazza si era distratta, si voltò seguendo lo sguardo di Ronnie e vide Nick a qualche metro da lei, con al suo seguito Jamie e Tyler. Allie pensò che l’espressione sul viso di Ronnie fosse dovuta alla presenza di Jamie e Tyler, per questo non fece minimamente caso ne al suo sorrisino ne al volto sconvolto di Nick.

-Hei siete arrivati!- urlò Allie facendo sobbalzare Ronnie, che riuscì a levarsi in tempo il sorriso dalla faccia e distogliere lo sguardo da Nick che invece pareva essere ancora parecchio intontito

I tre non si mossero subito, evidentemente sconcertati dalla situazione, ma per fortuna Tyler riuscì a dare uno spintone a Nick in modo discreto e farlo smuovere.

Ogni passo che il ragazzo faceva verso lei era un battito in meno per Ronnie, che diavolo le stava succedendo? Lei non era più la ragazzina innamorata di Nick, non più, doveva tenerlo bene a mente.

-abbiamo fatto un po’ tardi- commentò Tyler mentre gli occhi di Jamie erano fissi sul viso di Ronnie pronta a cogliere una sua qualsiasi reazione. Ronnie la guardò accigliata, non capendo.

-Vi avevamo dati per dispersi- sorrise Allie ai due

-Hey! È un piacere vederti- sorrise Tyler sporgendosi verso Ronnie per abbracciarla

-anche per me, davvero-

Lo sguardo di Ronnie evitò attentamente il viso Nick, per passare a quello di Jamie, che le sorrise contenta –sono felice che tu sia venuta-

Ronnie sorrise triste –oh beh almeno tu-

Jamie la guardò accigliata –qualcosa mi fa intuire che tu abbia già incontrato Kate-

Ronnie annuì, nonostante le parole di Kate l’avessero ferita profondamente, in quel istante era ben concentrata su tutt’altro. Non poteva credere che Nick fosse a qualche passo da lei e che la stesse fissando da quando l’aveva vista.

Era una cosa davvero imbarazzante.

Col cuore che le andava a mille si chiese cosa doveva fare, doveva voltarsi verso di lui e salutarlo? E cosa gli avrebbe detto? Hei ciao, come va?

Certo.

-E tu dov’eri?!- squittì Allie buttando le braccia al collo di Nick facendo distrarre Ronnie dai suoi pensieri.

Un momento.

Allie che buttava le braccia al collo di Nick?

Non fu difficile per Ronnie raggruppare nella sua mente tutte le informazioni necessarie per intuire quello che c’era da intuire.

Jamie le aveva detto che Nick aveva una ragazza, Allie si era appena buttata tra le sue braccia. Allie era la ragazza di Nick.

Riuscì a malapena a trattenersi dallo spalancare la bocca stupita mentre Jamie e Tyler osservavano la sua reazione.

Allie passò una mano tra i capelli di Nick, che ora non la guardava più evidentemente in imbarazzo, e Ronnie sentì un brivido correrle lungo la schiena. Quante volte lei stessa aveva fatto quel semplice gesto? E come si era sentita quando lo faceva?

-oh Allie, vedo che conosci già…- cominciò Jamie sperando di staccare in qualche modo Allie da Nick e porre fine a quella situazione imbarazzante, ma la ragazza la interruppe

-Veronica, già! L’ho incontrata in ascensore quando sono andata da mio padre qualche giorno fa-

-da tuo padre?- chiese stupita Jamie

-suo padre è il mio nuovo capo- spiegò Ronnie con una risatina isterica che riuscì a non far passare per tale

Nick, Jamie e Tyler strabuzzarono gli occhi in contemporanea, la cosa avrebbe fatto ridere Ronnie se la situazione non fosse stata così tragica.

Prima Kate, ora Allie e Nick, c’era qualcos’altro che poteva accadere quella sera?

-Veronica, lascia che ti presenti il mio ragazzo-

A quanto pare si.

Nick per poco non si strozzò e decise, saggiamente, di prendere la parola –io e Ronnie ci conosciamo già-

Se il cuore di Ronnie era a mille, appena sentì il ragazzo pronunciare il suo nome con tanta disinvoltura e delicatezza quasi non le scoppiò l’aorta. Era una sensazione davvero strana dopo tanti anni sentire il suo nome uscire dalle sue labbra. Uno strano formicolio allo stomaco si unì al suo cuore palpitante quando gli occhi di Nick incontrarono i suoi. Mai nessuno l’aveva guardata così intensamente.

Quegli occhi nocciola la scrutavano attentamente, e sembravano andare così a fondo che le gambe le tremarono per un istante, incapace di sostenere tale peso.

-già- fu l’unica cosa che riuscì a sospirare

L’espressione di Allie mutò da accigliata a consapevole del giro di qualche secondo.

Allie sapeva dell’esistenza di Ronnie, ed era stata sempre gelosa di quello che lei era stata per Nick, anche perché sapeva che se il ragazzo non riusciva a darle il 100 per cento di se stesso era a causa di Ronnie. Ma da quello che sapeva la ragazza era bella che andata ormai, non doveva trovarsi in Francia o qualcosa del genere? Perché era di fronte a lei? Perché era a pochi passi dal suo Nick?

-beh non c’è bisogno di presentazioni allora- tagliò a corto la bionda –tesoro, perché non andiamo a cercare Joe?- aggiunse strattonando Nick per una manica della giacca

Il ragazzo distolse a malincuore lo sguardo da Ronnie per voltarsi verso Allie, che lo guardava a sua volta con un’espressione eloquente.

L’ultima intensione del ragazzo in quel momento era muoversi da lì, ma effettivamente la situazione era abbastanza imbarazzante ed Allie gli stava offrendo una mano per tirarsene fuori. Dopo tutto l’alternativa era rimanere lì a fissare Ronnie con espressione da pesce lesso, e non era il caso.

-si- sospirò il ragazzo

-bene, ci si vede in giro- sorrise Allie in direzione di Ronnie che si sforzò di sorridere in risposta.

Nick si voltò ancora una volta verso Ronnie sussultando quando il suo sguardo incontrò quello della ragazza.

-ciao Ronnie- la salutò voltandosi poi verso la folla prima che potesse cambiare idea, con Allie al suo seguito

-ciao- sussurrò Ronnie quando Nick ormai era troppo lontano per poterla sentire

Jamie non aspettò un secondo di più per andare incontro all’amica e poggiarle una mano sulla spalla in segno di incoraggiamento –va tutto bene?- le chiese mentre Ronnie aveva l’espressione persa nel vuoto più assoluto

La ragazza scosse la testa per risvegliarsi dallo stato di trance in cui era caduta e si sforzò di sorridere verso Jamie –certo-

Era stato davvero strano, ed imbarazzante.

Ronnie era ancora troppo confusa per riuscire a capire quali emozioni stesse realmente provando, ma di una cosa era sicura, vedere Nick era stato…elettrizzante, e vederlo poi accanto a quella ragazza biondina così diversa da lei in tutto e per tutto le aveva fatto davvero una strana sensazione che non riusciva a spiegare nemmeno nella sua testa.

Ronnie era ancora persa tra i suoi pensieri quando una voce calda e familiare le arrivò all’orecchio, confondendola più di quanto già non fosse.

-oh, siete qui! Vi stavo cercando dappertutto !-

Lexus.

Ronnie guardò meravigliata la ragazza di fronte a se, rimanendo sbigottita nel vedere i cambiamenti che il tempo aveva portato a quella che era stata una delle sue migliori amiche. I capelli, una volta fucsia e voluminosi, ora erano di un castano chiaro che andava nel mogano e lisci come la seta, tutti i piercing del suo viso erano spariti ed anche il suo abbigliamento era molto più sobrio rispetto a come lo ricordava, nonostante la pochette zebrata e le scarpe a tono dicessero il contrario.

Lo sguardo di Lexus si fermò sul volto di Ronnie per qualche istante –oh, ci sei anche tu- commentò annoiata

Ronnie stava per aprire bocca quando la ragazza, con un’ultima occhiataccia, voltò le spalle e fece per andarsene.

Lexus proprio non riusciva a credere che Ronnie avesse avuto il coraggio di presentarsi lì come niente fosse, cosa si aspettava, che l’avrebbe accolta a braccia aperte?

-Lex aspetta!- urlò quasi Ronnie sorpassando Jamie e Tyler che guardavano la scena impotenti

-ti prego, aspetta un secondo- continuò poggiandole una mano sulla spalla nuda

Lexus si voltò stupita scrollando via la mano di Ronnie –che c’è?- sbottò

Ronnie rimase colpita, per la seconda volta, dal tono duro dell’amica –oh per favore, almeno tu, dammi la possibilità di…-

-oh non essere ridicola- ringhiò Lexus –non ti devo proprio niente-

L’ultima cosa che Ronnie vide di Lexus prima che si voltasse per andare via, fu il suo sguardo di ghiaccio, un misto tra delusione e risentimento.

La mora si porto le mani al viso spingendo i polpastrelli sugli occhi. Non doveva piangere, non lì.

-oh Ronnie- le andò incontro Jamie poggiandole una mano sulla spalla –mi dispiace davvero tanto-

Ronnie fece scivolare le mani dal viso, voltandosi poi verso Jamie –non è colpa tua e nemmeno colpa loro. Sappiamo benissimo entrambe di chi è la colpa-

Jamie le rivolse uno sguardo dispiaciuto cercando di farle un sorriso. Perché le sue amiche non potevano cercare di ascoltarla almeno?

Ronnie sospirò pesantemente –mi dispiace davvero tanto Jam, ma non me la sento di restare-

Jamie, ancora una volta, fu più che comprensiva.

-Non preoccuparti, ero così felice del tuo ritorno che non ho pensato alle reazioni di Kate e Lexus, mi spiace tanto- disse ancora una volta con sguardo dispiaciuto

-sta tranquilla- la rassicurò Ronnie, anche se in quel momento aveva bisogno di qualcuno che rassicurasse lei.

-vedrai che gli passerà- sorrise Tyler

-lo spero- sussurrò Ronnie mentre sentiva le lacrime salirle nuovamente agli occhi

-ora devo andare- aggiunse con voce tremante e Jamie capì al volo il bisogno dell’amica di andare via di lì

-certo- annuì –ci sentiamo in questi giorni- la strinse forte a se per poi lasciarla andare lentamente

Ronnie sorrise a lei e Tyler per poi catapultarsi verso l’entrata.

La folla sembrava essersi triplicata, tutti la spintonavano qua e la facendole venire un terribile senso di claustrofobia, improvvisamente l’uscita del locale sembrava così lontana.

Gli occhi le si riempirono di lacrime, voleva solo uscire da lì dentro, andare lontano da quella situazione orribile. 

Voleva non essere mai partita.

Finalmente riuscì a raggiungere l’uscita, si riempì i polmoni di aria fresca come un nuotatore stato in apnea per venti minuti. Prima di attraversare la strada si fermò qualche istante sul marciapiede, con gli occhi così offuscati dalle macchine non sarebbe stata in grado di vedere nemmeno il golden gate, ma avrebbe anche potuto attraversare alla ceca, dopo tutto, cosa aveva da perdere?

Era sola ormai.

Abbassò lo sguardo mentre le lacrime calde le scendevano lungo il viso contro la sua volontà. Da quanto tempo non piangeva? Da quanto tempo non si sentiva così persa?

Abbassò il viso passandosi nervosamente una mano sulla guancia. Non doveva piangere, non ancora, era questo che si era ripromessa tre anni prima.

Sotto i suoi occhi, come per magia, una mano le allungò un fazzoletto di carta bianco. Ronnie si asciugò di fretta le lacrime, per quanto servisse, alzò il voltò in direzione del proprietario del fazzoletto e, nonostante i lineamenti sfocati a cause delle lacrime, riuscì a conoscere al volo il ragazzo.

-grazie Joe- afferrò il fazzoletto tirando su col naso come faceva quando era bambina

Joe si affiancò alla ragazza guardando assieme a lei un punto indefinito di fronte a loro –eri tutto per loro- cominciò con un sospiro –io c’ero quando tu te ne sei andata, e Kate era…- strizzò gli occhi, non era piacevole ricordare quel periodo. Kate che lo chiamava nel bel mezzo nella notte singhiozzando, leggere ogni giorno negli occhi di Nick la delusione e lo smarrimento totale, era stato orribile –…era distrutta-

Ronnie annuì in silenzio, di certo quello non l’aiutava a fermare le sue lacrime.

-mi…odiano…- il suo fu un lamento

-Sai, una volta ho letto in un libro che devi amare qualcosa prima di poterlo odiare-

Ronnie fece un piccolo sorriso triste al suono delle parole di uno dei suoi scrittori preferiti –non credevo ti piacesse Sparks-

Joe sorrise alla ragazza –ti perdoneranno vedrai, voi non siete capaci di stare separate-

Il ragazzo le lasciò una leggera carezza sul capo prima ti voltarsi e tornare dentro prima che gli altri venissero a cercarlo.

Ronnie sospirò sentendo tutta la malinconia assalirla e formarle un groppo in gola impedendole di respirare.

Come poteva recuperare la fiducia delle sue amiche?

  

 

 *      *      *

Scusatemi, davvero, vi ho fatto aspettare tanto per questo incontro e poi  l'ho scritto una schifezza! Non sapete quante volte ho immaginato questo incontro nella mia mente e non sapete che sconforto rendersi conto di essere totalmente incapaci nello scriverlo!

Perdonatemi, mi vergogno tantissimo, davvero .-.

Ringrazio Eleonora per il suo continuo sopportarmi  nei miei momenti di sconforto pre-scrittura e per le mille idee che mi passa, e  Soriana, la cui utilità è stata compresa da me dieci minuti fa, che crea gli stupendissimi blend che sono ad inizio pagina e che è un brutto panda lardoso *O* Puzzate, sappiatelo ùù

Al prossimo, vi amo!

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** No Air ***


Finalmente ce l’ho fatta!

Scusatemi ma questi giorni sono tremendi per me, tra 21 giorni mi aspetta l’esame di stato :S non vedo  l’ora di farlo e sparire da quella scuola! Ma per farlo devo studiare, quindi capirete che sono molto impegnata .-.

Ad ogni modo! Come sapete io soffro di perdita di memoria a breve periodo e nel capitolo scorso ho dimenticato di dirvi che c’è una sorpresa per voi *_* Alcune l’anno già visto sulla mia pagina, ma chi non ha FB può vederlo QUI!

Spero vi piaccia *__*

Buona lettura!


 

Here comes the sun
Here comes the sun
And I say it’s all right

(Beatles – Here comes the sun)

Ronnie era davvero stanca.

Sarebbe rimasta con la testa schiacciata nel cuscino per sempre se non fosse stato per quel fastidioso ronzio che continuava a invaderle le orecchie disturbando il suo sonno.

Allungo il braccio destro sul comodino finché le sue dita non trovarono l'oggetto vibrante che produceva quel terribile rumore, afferrò il cellulare e senza nemmeno guardare lo schermo lo portò all'orecchio biascicando un “pronto” molto assonnato.

-buongiorno bichita- una voce calda e profonda la travolse facendole sentire uno strano calore rassicurante, le sue labbra si stesero in un sorriso prima ancora di aprire gli occhi -buongiorno a te- sorrise mettendosi stesa su un lato

-allora, com'è andato il primo weekend nella madre patria?- Ronnie sbuffò scostandosi i capelli dal viso e mettendosi più comoda, da dove poteva cominciare? Dalla disastrosa festa di Jamie o dalla divertentissima domenica sera trascorsa a casa in compagnia di un enorme gelato al cioccolato?

-non tanto bene- rispose con una smorfia che però il ragazzo non poté vedere

-vedrai che andrà meglio- cercò di rassicurarla

Ronnie si strinse su se stessa portandosi le gambe al petto, l'ultima cosa che pensava in quel momento era proprio che le cose sarebbero potute andare meglio.

-quando vieni qui?- la voce bassa e lamentosa di Ronnie arrivò ad Angel che nonostante l’evidente tristezza della ragazza sorrise, contento che lei avesse bisogno di lui -presto piccola, presto-

Ronnie chiuse gli occhi rassicurata da quelle parole, quello di cui aveva più bisogno in quel momento era proprio di un amico -a che ora devi andare a lavoro?-

Ronnie si acciglio non capendo poi con uno scatto si alzò dal letto spalancando gli occhi portandoli poi alla sveglia sul comodino -tra un'ora!- urlò

Angel dall’altro lato ridacchiò –ti conviene sbrigarti allora-

-direi di si- rispose Ronnie cercando di liberarsi da un lembo di lenzuolo che si era particolarmente affezionato alla sua caviglia.

Dopo aver combattuto col lenzuolo e salutato Angel con la promessa che si sarebbero risentiti la sera, Ronnie corse in bagno per prepararsi.

Fare tardi al suo primo giorno di lavoro non era una delle sue prerogative.

Per qualche volontà divina riuscì a prepararsi ed arrivare in tempo, anzi, addirittura prima del tempo previsto.

Le porte dell'ascensore si aprirono davanti a lei che entrò guardando l'orologio che portava al polso, poco dopo si riaprirono e Ronnie uscì facendosi coraggio.

Il primo giorno di lavoro è sempre il più difficile, non conosci nessuno e sei così preoccupata di fare buona impressione, di controllare ogni minimo gesto, che quasi ti senti un'altra persona.

Ronnie ripercorse lo stesso corridoio che aveva attraversato qualche giorno prima con Allie.

Allie.

Scosse la testa, non era certo il momento di pensare a quello.

-buongiorno- salutò la signora all'entrata che, come la prima volta che l'aveva vista, era immersa in un cumulo di carte, sembrava non si fosse mai mossa da lì.

Arrivata di fronte alla porta del sig. Cooper si sistemò la maglia prima di bussare.

-avanti- rispose quasi istantaneamente e Ronnie si fece coraggio aprendo la porta lentamente.

-oh veronica- il sig. Cooper l'accolse alzandosi e rivolgendole un sorriso amichevole

-buongiorno-  ora che Ronnie sapeva che il suo capo era il padre di Allie, non poteva fare a meno di notare le somiglianze tra i due, dai capelli chiari, alle labbra rosse come ciliegie, fino gli occhi verde muschio.

-allora- cominciò Leonard invitando Ronnie a prendere posto ad una delle sedie poste di fronte alla sua scrivania -pronta per il primo giorno di lavoro?-

-si- rispose la ragazza prendendo posto -anche se sono un po’ agitata-

-non deve esserlo signorina, sono sicuro che si troverà bene qui-

Ronnie annuì sforzandosi di fare un sorriso mentre qualcuno bussava leggermente alla porta.

-avanti- alzò la voce Cooper puntando gli occhi alle spalle di Ronnie

Ronnie si voltò a sua volta osservando la porta aprirsi lentamente e poco dopo un uomo apparve sulla soglia.

-Johnny, che tempismo, vieni entra pure!- Cooper si alzò e Ronnie fece lo stesso di riflesso.

Johnny, Ronnie capì subito che tipo era.

Con i capelli lunghi fino alle spalle, gli occhi a mandorla, l'espressione furba ed un fisico asciutto, la sua camminata fluida da cui traspariva sicurezza.

Il classico sciupa femmine, le ricordava terribilmente Angel.

-buongiorno Leonard- anche la voce calda lasciava intendere che qualsiasi donna, forse anche uomo, gli sarebbe caduta ai piedi senza tentennamenti -e buongiorno anche a te- un sorrisino furbo gli si formò sulle labbra quando il suo sguardo si posò su Ronnie

-Johnny lei è Veronica, la tua nuova discepola- annunciò e Johnny si voltò verso di lei squadrandola dalla testa ai piedi, facendola sentire terribilmente in imbarazzo.

-Johnny sarà il tuo mentore- aggiunse poi rivolto a Ronnie -ti spiegherà tutto quello che c'è da sapere, per qualsiasi cosa puoi rivolgerti a lui-

Ronnie annuì e poco dopo Johnny le allungò una mano -è un piacere averti nel mio staff, Veronica-

Ronnie gli strinse la mano -è un piacere per me, signore- Johnny sorrise poi si voltarono entrambi verso Cooper che li guardava compiaciuto.

-beh? cosa ci fate ancora qui?- chiese con naturalezza -il tempo è denaro, andate su- aggiunse con un cenno della mano

I due salutarono il loro capo ed uscirono dall'ufficio -vieni, ti faccio fare un giro turistico-

Ronnie seguì Johnny luogo il corridoio che portava alla grande sala affollata che aveva attraversato poco prima -Leonard mi ha detto che ti sei laureata in Europa-

Ronnie si prese un attimo prima di rispondere -si, a Madrid-

-come mai questa scelta?-

-volevo studiare la lingua sul posto- mentì prontamente, di certo non avrebbe raccontato i fatti suoi a un perfetto sconosciuto.

Johnny si limitò ad annuire ed i due entrarono nella grande sala.

-questi sono i nostri traduttori migliori, alcuni di loro preferiscono lavorare a casa, ma molti trovano questo un ambiente ideale per lavorare-

Ronnie si guardò in giro notando il caos che regnava in quella stanza, guardò il ragazzo sarcastica facendolo sorridere -non per tutti ambiente tranquillo è sinonimo di serenità- la ragazza sorrise a sua volta seguendo Johnny luogo un corridoio che non aveva mai notato prima adiacente a quello che portava all’ufficio del Sig. Cooper.

Il corridoio era identico all’altro, c’erano una decina di porte sulla destra e sulla sinistra ad una distanza di tre, quattro metri tra di loro, tutte terribilmente uguali, solo il nome sulla targhetta le distingueva.

-Qui invece è dove lavorano i nostri redattori- spiegò fermandosi poi di fronte ad una delle porte dove era affisso il nome “Radke”.

-questo sarà il nostro ufficio- Ronnie guardò accigliata il ragazzo mentre questo apriva la porta e si faceva di lato per farla passare.

L’ufficio era ampio, con una scrivania al centro e, grazie alla grande finestra sulla sinistra, la stanza era ben illuminata.

Il muro dietro la scrivania era interamente di vetro, dietro di esso delle tapparelle color grigio topo impedivano di vedere all’interno, la porta di ferro grigia a destra della vetrata non si accordava affatto all’arredo classico del resto dell’ufficio.

-quello è il mio ufficio- spiegò Johnny indicando la porta di ferro –mentre qui lavorerai tu- aggiunse indicando la scrivania in mogano.

Ronnie era un po’ confusa.

Quando lavorava a Madrid il suo unico capo era Susan ed il suo compito era quello di tradurre scritti. Ovviamente non che le avessero mai affidato la traduzione de “il nome della rosa”, ma lì svolgeva il suo lavoro.

Il fatto che Cooper l’avesse affidata ad un altro responsabile le puzzava, non voleva essere una di quelle che prima di toccare un dizionario dovevano portare caffè e fare fotocopie per anni e anni.

-quale sarà il mio lavoro qui?- chiese prudente

Johnny la guardò confuso –sei un interprete, no? Cosa vuoi fare, tradurre-

Ronnie sospirò interiormente.

-ovviamente all’inizio ti affiderò articoli facili e quando saprò che sei pronta ti affiderò il tuo primo libro, ma andiamo per gradini-

Ronnie annuì sollevata, era proprio quello che si aspettava.

-se è tutto chiaro ora iniziamo a lavorare, quando accenderai il computer sul desktop troverai un documento, puoi iniziare con quello- si avviò verso la porta di ferro togliendosi la giacca.

-certo, grazie signor Radke- sorrise Ronnie contenta

Il ragazzo si voltò verso di lei con la mano sulla maniglia ed un sorriso cordiale sulle labbra –oh andiamo Veronica, avremmo si e no cinque anni di differenza, chiamami pure Johnny-

-va bene- sorrise – lei mi chiami pure Ronnie- le uscì spontaneo stupendosi poco dopo di quello che aveva detto. Ronnie?!

-tu, Ronnie, dammi del tu- e sparì nel suo ufficio lasciando Ronnie col sorriso sulle labbra.

Come primo giorno di lavoro non era andata niente male.

 

 

she broke my heart and you broke my life too
she is bad because she broke up with me too

(A Vain Attempt – You broke my heart)

 

 

Ancora una volta Nick era stato costretto a fare la cosa che più odiava al mondo.

-non capisco- disse per la centesima volta con uno sbuffo –gli smoking sono tutti uguali, non potevo farmene comprare uno da Allie ed indossarlo senza questa scocciante ricerca per i negozi?-

-vedi- cominciò Kate al suo fianco –questo è il motivo esatto per cui siamo qui. Conoscendoti sotto la giacca indosseresti una camicia a quadri- scosse la testa tristemente

Joe ridacchiò sistemandosi gli occhiali –rassegnati fratello, ormai siamo qui-

Nick alzò gli occhi al cielo e si rassegnò avanti allo sguardo divertito del fratello.

Joe aveva tenuto sotto controllo ogni minimo gesto di Nick in quei giorni, dopo l’incontro con Ronnie non sapeva quali fossero state le sue reazioni.

Ci aveva parlato, la sera stessa, ma Nick aveva giurato e spergiurato che andava tutto bene, che era rimasto un po’ scosso perché non la vedeva da tanto tempo, ma niente di più.

Ovviamente Joe sapeva che Nick mentiva, ma per il momento non voleva indagare oltre, meglio lasciarlo alla sua inconsapevolezza.

D’altro canto però Nick era tutto fuorché inconsapevole.

Da quando aveva visto Ronnie, doveva ammetterlo, non faceva che pensarci giorno e notte. Era in totale confusione, non sapeva più cosa provava, non sapeva se i brividi che aveva sentito erano dovuti al ricordo di emozioni passate o presenti.

Non sapeva più niente.

Per il momento affrontava la situazione attaccandosi ancora di più a Allie, che era il modo che più gli sembrava semplice, ma che era totalmente sbagliato.

-Ecco, è questo- affermò Kate fermandosi avanti ad un negozio –entriamo su-

Nick seguì la ragazza strusciando i piedi a terra come un bambino capriccioso.

-buongiorno- li accolse una ragazza dai lunghi capelli biondi stretti in una coda alta

Lo sguardo della ragazza si soffermò qualche secondo su Kate per poi spalancare gli occhi –oh, lei è Katherine Sunders!-

Kate sorrise compiaciuta –già e tu sei…?-

-Eveline, a vostra completa disposizione- sorrise la ragazza

Kate annuì sorridente per poi voltarsi verso Nick –sei sicuro?- chiese titubante

Nick annuì convinto, se proprio doveva indossare uno smoking, almeno voleva che quello smoking fosse stato creato da Kate.

Kate gli sorrise voltandosi poi verso la ragazza spiegandole esattamente cosa voleva. Eveline tornò poco dopo con un abito che consegnò direttamente tra le mani di Nick.

Il ragazzo guardò il vestito per qualche istante –va benissimo- affermò poi

Kate alzò gli occhi al cielo e Joe ridacchio –va a provarlo, stupido!- ordinò Kate dandogli un leggero schiaffo sulla spalla.

Borbottando Nick si avviò al camerino lasciando Joe e Kate da soli mentre Eveline girovagava per il negozio mettendo a posto qua e la.

Kate si appoggiò al bancone guardando Joe che si fissava insistentemente i piedi.

La ragazza in quel giorni aveva notato che Joe era diverso, come se avesse perso un po’ della sua allegria. Per “in quei giorni”, ovviamente, intendeva il giorno in cui avevano incontrato Ronnie.

Giorno a cui lei evitava di pensare con cura.

-va tutto bene?- sussurrò al ragazzo facendogli alzare lo sguardo verso di lei

-certo- sorrise lui –perché me lo chiedi?-

Kate fece spallucce -sei strano in questi giorni-

Joe sospirò –e solo che questa cosa di Ronnie…- sussurrò per evitare di farsi sentire dal fratello

Kate annuì comprensiva –sei preoccupato per lui-

Joe annuì puntando poi lo sguardo in quello di Kate –non solo per lui-

Kate sbuffò maledicendosi per aver tirato fuori quel discorso –io sto benissimo-

-certo- affermò lui alzando un sopracciglio –perché ti sei comportata così male con lei?-

Kate alzò entrambe le sopracciglia spalancando gli occhi –io.mi sono. comportata. male?-

Joe alzò gli occhi al cielo –per quanto ancora pensi di poterle portare rancore?-

-non lo so- rispose Kate stizzita –pensavo a qualcosa tipo, per sempre!-

Joe sbuffò –quanto sei cocciuta!-

-puoi dire quello che ti pare, la mia idea non cambierà ed ora vorrei cambiare discorso se non ti dispiace- ringhiò nel momento in cui Nick usciva dal camerino

-non puoi evitare il discorso per sempre, e lo sai – sussurrò Joe

Kate avrebbe cambiato idea prima o poi, Joe lo sapeva bene, quelle quattro erano nate per stare assieme, per essere una sola cosa. In vita sua non aveva mai visto un legame del genere e sapeva che quel legame avrebbe superato ogni cosa.

Facevano l’una parte dell’altra e per quanto Kate fingesse che non era così anche lei lo sapeva.

Doveva trovare un modo, un modo per riavvicinarle.

 

 

*  *  *

 

Che dire? Spero vi sia piaciuto!

Mi astengo dai miei soliti commenti questa volta ùù

Grazie come sempre alle mie due merdacce che sopportano le mie crisi depressive e a tutte voi che mi seguite e che siete sempre entusiaste di ciò che scrivo *O*

Vi amo!

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** We're so close, yet so far apart ***


Ronnie lanciò le chiavi della macchina sul tavolino dell’ingresso chiudendo con un piede la porta, dietro di se.

Finalmente a casa.

Quella giornata era strana, più del solito, si era svegliata già stanca senza la voglia di fare un bel niente. Anche Johnny se ne era accorto, era stato lui stesso a dirle di andare a casa un’ora prima del previsto.

Ronnie raggiunse il salone strusciando i piedi a terra, buttò la tracolla ai piedi del divano per poi sedersi a peso morto su di esso rimbalzando un paio di volte prima di sprofondare con la testa tra i cuscini.

Anche se la sua vita era un completo disastro, doveva dire che almeno a lavoro le cose le stavano andando più che bene.

Johnny era una persona fantastica e nonostante lo conoscesse da una sola settimana, stando a contatto con lui otto ore al giorno, era riuscita ad instaurare un rapporto molto confidenziale ed aperto. Insomma niente rapporto del tipo capo-dipendente.

Nonostante ci tenesse molto alla sua vita lavorativa però, Ronnie non riusciva ad essere contenta nemmeno un po’.

Era riuscita a vivere per ben tre anni senza le sue amiche, quei tre anni le erano sembrati liberatori e felici a tal punto che non voleva lasciare la sua vita a Madrid, ma solo ora che era tornata a casa si era resa conto che quei tre anni erano stati gli anni più bui e tristi.

Senza le sue amiche la sua vita era senza colori, senza emozioni, vuota.

Ed ora che aveva capito, o meglio, aveva ricordato che senza di loro proprio non poteva vivere, loro erano troppo lontane da lei, stavolta non fisicamente.

Le parole dure di Kate e lo sguardo glaciale di Lexus erano impresse nella sua mente e nel suo cuore, non riusciva a non pensarci.

Il telefono prese a vibrare nella sua tasca distraendola dal fluire dei suoi pensieri.

C’erano solo due persone che erano interessate alla sua esistenza, una di queste era Angel, ma era improbabile che fosse lui dal momento che in Spagna erano circa le quattro del mattino in quel momento, l’altra era Jamie.

-Hei- salutò contenta Ronnie portando il cellulare all’orecchio

-Ron, scusami se ti disturbo, sei ancora a lavoro?- domandò timorosa

-tranquilla- sorrise la ragazza - sono tornata prima a casa-

-come mai? Non ti senti bene?- chiese subito apprensiva sapendo quanto piaceva a Ronnie il suo lavoro e che non avrebbe saltato nemmeno dieci minuti, figurarsi un’ora.

-sto benissimo, grazie, solo che oggi non avevo voglia di fare un bel niente, anche Johnny se n’è accorto e mi ha detto che potevo andarmene anche un po’ prima oggi-

-quel ragazzo è un santo- Ronnie sorrise annuendo in silenzio

-beh, ti ho chiamata per un motivo- ricominciò la ragazza

-sarebbe?- chiese Ronnie curiosa sedendosi meglio sul divano

-quanto ci metti per vestirti?-

-il tempo di una doccia- rispose accigliata –cos’hai in mente?-

-tu vuoi sempre chiarire con Lex e Kat giusto?-

-certo- sussurrò continuando a non capire

-stasera ho invitato tutti da me per una cena tra amici, che ne dici di venire?-

Ronnie sorrise contenta che la parola amici comprendesse ancora anche lei, per Jamie almeno.

Ma il suo sorriso non durò molto.

-non so se è una buona idea Jam- sospirò ricordando l’ultimo incontro tra lei e le due

-come sarebbe a dire? Non dirmi che ti sei già arresa!- quasi urlò

Ronnie sospirò –certo che no, solo che…-

-solo che un bel niente- sbottò Jamie decisa come poche volte lo era stata –non voglio sentire ragioni, tu parlerai con Kate e Lexus, punto-

-fosse per me l’avrei già fatto dieci giorni fa! Non posso mica costringerle- protestò lei

-oh e quindi la tua soluzione quale sarebbe? Restare chiusa in casa per il resto del tuoi giorni sperando che per una grazia divina loro tornino magicamente a considerarti loro amica?-

-non sarebbe male- commentò lei sarcastica

-non essere stupida- borbottò Jamie

Jamie aveva ragione, e Ronnie lo sapeva bene. Avrebbe dovuto insistere con quelle due finché non avrebbero deciso di darle un’opportunità.

-hai ragione- sospirò la ragazza rassegnandosi –devo fare qualcosa-

-esattamente- esultò Jamie contenta –e potresti iniziare col venire da me tra un’ora circa, ricordi ancora la strada di casa mia?- chiese sarcastica

-ah ah ah, molto divertente- scosse la testa sorridendo –ci vediamo tra un’ora- concluse alzandosi dal divano

-benissimo- sorrise Jamie dall’altro lato –oh Ronnie…- disse poi ancora con voce incerta

-si?- chiese la ragazza alzando la borsa dal pavimento ed avviandosi verso il piano superiore.

-stasera, ci sarà anche Nick-

-oh- disse bloccandosi nel bel mezzo delle scale

-senza Allie- aggiunse portandosi il pollice alla bocca, nervosa per l’amica

-oh- ripeté ancora Ronnie incapace di dire altro

-quando affronteremo questo discorso?-

Già, quando l’avrebbe affrontato?

Quando aveva visto Nick quella sera, aveva sentito qualcosa dentro di se smuoversi, doveva ammetterlo. Ora il problema era: cosa? Cosa aveva sentito precisamente? A cos’era dovuta quella sensazione di totale smarrimento ma al contempo rassicurante e familiare che l’aveva fatta sentire così bene per un istante?

Per un istante, già, prima che si rendesse conto che Allie fosse la sua ragazza.

Perché pensare a cosa provasse se era inutile? Nick ovviamente si era rifatto una vita e lei di certo non voleva distruggerla rivendicando un qualcosa che era stato suo ma che ora evidentemente non lo era più.

Doveva stare al suo posto e impedire alla sua mente di fantasticare inutilmente.

-non c’è alcun discorso da affrontare Jam- sospirò Ronnie riprendendo a salire le scale –qualsiasi cosa ci sia stata tra me e Nick, è passato ormai-

-qualsiasi cosa?!- ripeté Jamie allibita –è così che definisci la ragione per cui sei scappata a Madrid per tre anni, qualsiasi cosa?-

Ronnie alzò gli occhi al cielo entrando nella sua stanza –Jam verrò stasera alla festa, farò tutto ciò che è possibile per recuperare l’amicizia con Kate e Lexus, ma non metterti strane idee in testa, tra me e Nick sarà come se non fosse successo mai niente-

-perché dici così?!- si lamentò la ragazza

-perché, nel caso non te ne fossi accorta, lui ha una ragazza ed è felice- rispose e quello che ne seguì fu un lungo silenzio

-non hai detto che non ti interessa più però- esordì Jamie dopo un attimo

Ronnie sbuffò pesantemente –piantala Jam, ci vediamo stasera- e staccò la chiamata prima che la sua amica potesse metterle in testa pensieri che in quel momento non voleva e poteva avere.

In quel momento c’era una sola cosa a cui pensare: cosa fare con Kate e Lexus.

 

 

 

I’m lost and scared to live this life
I thought i’d always be strong
This rage this dark side i don’t want to see
Lays there... Lays there… lays there…

 

 

-mi dispiace Allie ma non posso- spiegò per la decima volta Nick scostando di poco il telefono, che ormai era bollente

-Nick, spero tu stia scherzando! Ti avevo detto di questa festa da un mese- la voce isterica di Allie arrivò a Nick che sospirò sconfortato

Era vero. Più di un mese fa, mentre erano a cena in uno dei costosissimi ristoranti di Los Angeles, Allie gli aveva detto che Francis, sua cugina, avrebbe dato una festa per il suo compleanno ed essendo una sua fan, Allie voleva farle una sorpresa portando Nick come invitato speciale.

Non era colpa del ragazzo però se la stessa sera Tyler e Jamie l’avevano invitato a cena da loro con il resto dei ragazzi.

Oltretutto Nick preferiva di gran lunga una cena tranquilla a casa di Jamie piuttosto che una serata al centro dell’attenzione di mille ragazzine urlanti.

-non puoi andare lì da solo!- urlò ancora Allie

-non credevo avessi bisogno di una babysitter- rispose lui allibito

Allie sospirò stizzita –sai benissimo qual è il problema-

Nick sospirò a sua volta, lo sapeva benissimo.

Quella sera ci sarebbe stata anche Ronnie. Ronnie per la quale lui e Allie avevano già litigato una decina di volte da quella sera in cui l’avevano incontrata e nonostante Nick le avesse detto più e più volte che la sua era una gelosia infondata, Allie pareva non arrendersi ed ogni volta che saltava in mezzo il discorso “matrimonio Jamie” lei non poteva fare a meno di dichiarare il suo disappunto sulla presenza di Ronnie.

Presenza che tra l’altro a Nick non dispiaceva affatto e il ragazzo aveva il sospetto che Allie l’avesse capito benissimo.

-è la loro migliore amica, è ovvio che ci sia anche lei cosa vuoi che faccia?- chiese spazientito

-non voglio che tu ci vada- dichiarò con tranquillità

Nick spalancò la bocca –spero che tu stia scherzando! Non hai nemmeno un briciolo di fiducia nei miei confronti? Cosa credi che potrebbe accadere, che di colpo mi accorga di essere innamorato di lei e cada tra le sue braccia?-

Si, era proprio quello che pensava Allie.

-cosa faresti tu al mio posto?- ribatté la ragazza

-ti lascerei andare, ma a quanto pare tu non hai la minima fiducia in me, forse è meglio che ci risentiamo quando ti sarai calmata- sbottò e con un gesto di stizza chiuse la chiamata

“Non voglio che tu ci vada”. Assurdo! Nemmeno sua madre ormai gli diceva cosa doveva o non doveva fare, come poteva anche solo pensare una cosa del genere?!

Con il nervosismo fino alla punta dei capelli Nick uscì dalla sua camera sbattendo violentemente la porta e scendendo le scale veloce come un lampo.

Entrò in cucina sperando che non ci fosse nessuno, ma le sue speranze svanirono nel momento in cui i suoi occhi si posarono su un Joe dall’aria alquanto depressa intento a fissare un bicchiere di latte avanti a se.

-ti ho visto fare tante cose strane, ma questa di fissare il latte mi è nuova- esordì sarcastico Nick

Joe alzò lentamente lo sguardo dal tavolo guardando Nick annoiato. Al ragazzo sembrava che Joe avesse qualcosa di tremendamente psicopatico quel pomeriggio, più del solito ovviamente.

-ho un problema- disse dopo poco Joe

Nick ridacchio aprendo il frigo ed afferrando una bottiglina d’acqua –uno solo?- chiese sarcastico avvicinandosi al tavolo

Joe rimase per qualche istante a fissare Nick con uno sguardo a dir poco inquietante, poi improvvisamente arricciò il labbro superiore facendo una smorfia orribile e con un lamento degno di un koala appena caduto dall’albero abbandonò la testa sul tavolo, in totale sconforto.

Nick alzò entrambe le sopracciglia guardando il fratello che continuava a borbottare cose insensate ciondolando la testa a destra e sinistra.

-che problema hai?- oltre al tuo evidente problema psicologico, pensò Nick

Joe bofonchiò qualcosa ma il suono delle sue parole era attutito dalle braccia incrociate avanti a se in cui era sprofondato. Nick riuscì ad afferrare solo le parole “Kate” ed “idiota”.

-La vuoi smettere di comportarti come un pazzo appena uscito dal manicomio e mi dici cos’hai, con calma- lo pregò Nick alzando gli occhi al cielo

Joe sbuffò alzando la testa dal suo rifugio sicuro e puntando il mento sul braccio –mi piace Kate, sono un idiota-

Nick sorrise per poi avvicinarsi al fratello e sedersi accanto a lui –che ti piace Kate lo sapevamo già, che sei un idiota anche, qual è il problema?-

Joe socchiuse gli occhi guardandolo di traverso –tu non eri il super macho imbronciato? Da quando sei così simpatico?-

Nick sorrise per un istante tornando poi serio –allora, glielo hai detto?-

Joe scattò dalla sedia come se qualcosa l’avesse morso da sotto al tavolo, Nick ebbe la tentazione di controllare, ma dopo qualche istante si rese conto che era semplicemente la pazzia del fratello.

-sei impazzito?!- sbottò Joe spalancando gli occhi

Bene, ora era lui il pazzo.

-calmati- sussurrò Nick sconcertato

-calmarmi- sputò lui con sdegno –tu non ti rendi conto della gravità della situazione. Io e Kate siamo amici, comprendi? Lei non dovrebbe piacermi, nemmeno un po’!-

-ed ora che sai che ti piace cos’hai intenzione di fare? Fingere che non ti piaccia?- chiese scettico Nick

Joe fece schioccare la lingua con sdegno -esattamente!- rispose Joe con naturalezza avviandosi verso la porta –ed ora, vado a prepararmi- aggiunse scomparendo su per le scale

Nick scosse la testa afflitto, sarebbe successo un bel casino tra quei due prima o poi, ne era certo.

Ma per il momento doveva interessarsi al suo di casino.

Quella era la sua serata, aveva l’opportunità di parlare con Ronnie, da soli, di chiederle tutto quello che avrebbe voluto chiedere in quegli anni.

Finalmente le sue domande a vuoto avrebbero avuto risposta.

 

your smiling but where close to tears,
even after all these years
we just now got the feeling that where meeting
for the first time

 

Ronnie perse un respiro profondo prima di allungare la mano fino al campanello e trovare il coraggio di bussare.

Quando aveva visto quella casa era stato traumatico, forse più di quando era entrata in casa sua qualche giorno prima.

Guardando quelle pareti rosa antico che si innalzavano avanti a lei non era stato affatto difficile tornare con la mente al suo passato, a quando tutto era così maledettamente perfetto. E non era stato altrettanto difficile rendersi conto che la sua vita ora era a pezzi, pezzi che stava affannosamente cercando di ricomporre.

-hei, sei arrivata!- la salutò Jamie con un sorriso qualche istante dopo aprendole la porta

Ronnie si limitò a rivolgerle un sorriso mentre Jamie le faceva spazio per entrare.

-wow, qui non è cambiato niente- constatò la ragazza guardandosi in giro

-lo sai- sorrise Jamie –i miei non sono persone propense ai cambiamenti-

Assieme si avviarono verso la cucina, da cui proveniva un odorino delizioso e alla ragazza venne spontaneo sorridere pensando che una volta era lei l’addetta al cibo, ma a quanto pare Jamie aveva imparato molto bene a farlo da se.

Entrò in cucina dove trovò due sagome a lei molto familiari, si bloccò giusto un attimo sulla soglia, prima di decidersi ad entrare.

-ciao- salutò tentennante

Kate, accanto al balcone con lo sguardo rivolto all’esterno perso nel vuoto, si girò rivolgendole uno dei suoi migliori sguardi di indifferenza –ciao- rispose alzando un sopracciglio

Lexus alzò un istante lo sguardo facendole un lamento per poi tornare a studiare con interesse le punte dei suoi capelli.

Almeno non l’avevano sbranata.

Anche se a dire la verità Ronnie l’avrebbe preferito di gran lunga, avrebbe voluto che le due le facessero una bella sfuriata e dopo si fossero calmate, avrebbe persino preferito che la prendessero a schiaffi, tutto tranne l’indifferenza che stavano mostrando in quell’istante.

Ronnie sospirò voltandosi poi verso Jamie impegnata a controllare che l’arrosto non si fosse bruciato.

-posso aiutarti in qualcosa?- chiese la ragazza gentile

Nemmeno il tempo di finire di parlare che si sentì un risolino tra l’isterico ed il sarcastico provenire da Kate.

Ronnie si voltò accigliata verso la ragazza –che c’è?- chiese dubbiosa

Kate si staccò dalla finestra dove era poggiata con una spalla e lentamente fece qualche passo verso Ronnie arrivando a poco più di un metro da lei.

-sei davvero ridicola- ringhiò

Ronnie spalancò gli occhi –come?-

-come puoi venire qui e far finta che non sia successo niente?! Sei un’ipocrita- spiegò sentendo le guance farsi sempre più calde

Ronnie chiuse gli occhi cercando di controllarsi, era davvero stanca.

-cosa dovrei fare secondo te?- sussurrò cercando di modulare la voce

-andartene! Sei completamente fuori luogo qui-

Ronnie si morse il labbro inferiore talmente forte che dopo qualche istante sentì il sapore del sangue sulla lingua.

Sapeva che aveva sbagliato e lo aveva ribadito più e più volte, ma perché Kate si comportava così? Non poteva parlarle in quel modo, in nome di quello che erano state un tempo non poteva dirle quelle cose!

-Kate!- urlò quasi Jamie –Ronnie è qui perché l’ho invitata io ed urlarle contro con cambierà le cose-

-niente potrà cambiare le cose, niente- rispose la ragazza tra i denti mentre Ronnie era completamente ammutolita

-Kate- la richiamò Lexus fino ad allora rimasta immobile –piantala, siamo qui per trascorrere una tranquilla serata tra amici-

-appunto, amici, non credo che lei si sia mai comportata da tale- sbottò rivolgendosi all’amica che alzò lo sguardo per puntarlo in quello di Kate, seria.

-stai esagerando, ora basta- disse con un tono di voce basso ed autoritario

Kate fece schioccare la lingua portando le mani ai fianchi –fate quello che vi pare- poi spostò lo sguardo su Ronnie –ma non ti aspettare niente da me- aggiunse per poi andare a passo spedito verso la sala da pranzo.

Ronnie sentì la testa girarle vorticosamente, era davvero un casino.

Poi il suo sguardo cadde su Lexus, che la fissava curiosa. Lexus che qualche istante prima contro ogni sua aspettativa l’aveva difesa contro Kate, che fosse intenzionata a  perdonarla?

-non credere che io ti abbia perdonata- disse di punto in bianco la ragazza capendo al volo i suoi pensieri –ma non dimentico il legame che c’era tra noi- spiegò nell’istante esatto in cui il campanello suonava

-sono arrivati- disse Jamie per poi avvicinarsi a lei e poggiarle delicatamente una mano sul braccio –te la senti?- chiese premurosa

Ronnie annuì sforzandosi di fare un sorriso –prendo un po’ d’aria e vi raggiungo-

Jamie annuì sorridendo e dopo aver fatto un cenno a Lexus si avviò con lei verso l’altra stanza.

Strisciando i piedi a terra Ronnie si trascinò fino alla finestra del balcone aprendola e lasciando che l’aria fredda le rinfrescasse il viso.

Guardò l’immenso prato inglese che si estendeva di fronte a lei e sospirò poggiandosi con i gomiti alla ringhiera di legno.

Quante volte da bambine si erano rincorse su quel prato tra grida e risa?

Abbandonò la testa tra le mani costringendosi a non piangere, doveva essere forte.

Ma come poteva se si sentiva così sola? Kate, Lexus, Jamie erano sempre state tutto per lei, erano la sua famiglia ed ora che non c’erano più si sentiva come quando era bambina e i suoi la lasciavano da sola per andare in giro per il mondo e non avevano mai tempo per lei.

Con la differenza che ora era tutta colpa sua.

Perché era stata così codarda? Perché non era rimasta lì ad affrontare i suoi problemi da persona matura?

Si era illusa che la sua partenza per Madrid fosse dovuta alla sua esigenza di cambiare aria, di vivere una nuova vita, ma solo ora si accorgeva che lo aveva fatto semplicemente per scappare dai suoi problemi, creandone inconsapevolmente altri ben più gravi.

Ma vivere rimpiangendo il passato era inutile, non poteva starsene lì a piangere sul latte versato, doveva fare qualcosa ora, quando era possibile, doveva fare qualcosa per rimediare ora.

-ciao- quella voce così bassa e familiare le arrivò alle orecchie come il dolce fruscio delle foglie il mese di ottobre

Il suo cuore, la sua mente, smisero di pensare a Kate, Lexus, Jamie e chiunque altro, la sua mente si svuotò completamente.

-ciao- rispose senza voltarsi sentendo i passi del ragazzo farsi sempre più vicino

Nick le si avvicinò poggiandosi a sua volta alla ringhiera, col braccio a pochi centimetri da quello della ragazza

Ronnie guardò sott’occhio il ragazzo, facendo attenzione a non muovere minimamente il collo e il viso nella sua direzione, non voleva esporsi così tanto.

Guardandone il profilo Ronnie si rese conto che non era cambiato affatto in quegli anni, certo i capelli erano più corti, era più alto di qualche centimetro e le sue spalle sembravano più grandi di come le ricordava, ma il viso, quello che conosceva a memoria, quello che aveva accarezzato tante volte, quello era rimasto identico a come lo ricordava.

E questo non la aiutava affatto.

-di la mi hanno chiesto di venirti a chiamare per la cena- disse il ragazzo guardando di fronte a se

Ronnie annuì sbuffando, non aveva alcuna voglia di tornare dentro.

-allora- cominciò il Nick –cos’hai fatto in tutti questi anni?-

Ronnie si voltò di scatto verso il ragazzo, studiandolo con attenzione.

“niente di meglio per rompere il ghiaccio! Sei un idiota”, pensò il ragazzo sconfortato, l’improvvisazione non era il suo forte, ma con quello che era successo con Allie non aveva avuto il tempo per pensare a cosa dirle. Ed ora si trovava accanto a lei, da soli, e senza la minima idea di dire.

-s-sono stata…ho lavorato a…Madrid- era assurdo come quel ragazzo riuscisse ad abbassare tutte le sue difese, nonostante fossero passati anni era ancora l’unica persona che riusciva a farla sentire in imbarazzo.

-capisco- annuì il ragazzo –spero tu abbia trovato quello che cercavi lì, qualsiasi cosa fosse-

Nick guardò Ronnie abbassare la testa e sorridere sarcastica –già- rise –tu invece  hai trovato quello che cercavi qui- sussurrò poi seria

Nick avrebbe risposto se solo non si fosse incantato su quelle labbra rosse e carnose e non si fosse perso dentro quegli occhi così unici e particolari e, Dio, su quel viso pallido come la luna incorniciato dai lunghi capelli neri.

Quella ragazza lo faceva impazzire.

Era sempre stato così, l’aveva fatto impazzire quando l’aveva vista la prima volta in quella casa, quando l’aveva vista nella sua aula, quando aveva accettato il suo invito ad uscire per la prima volta, quando l’aveva baciato e si, l’aveva fatto impazzire anche quel giorno, quando il cielo era grigio come il suo cuore, quando con un bacio gli aveva detto addio. E lo stava facendo di nuovo, a distanza di anni.

-ho saputo che…le cose con Kate e Lex…non vanno molto…bene- balbettò cercando di distrarsi

Ronnie abbassò di nuovo lo sguardo con espressione afflitta e a Nick venne così tanta voglia di stringerla e confortarla che dovette stringere le dita al pezzo di legno per trattenersi.

-mi merito tutto, avrei dovuto…- si interruppe guardando il ragazzo

-avresti dovuto…?- ripeté lui

-avrei dovuto rifletterci meglio e sarei dovuta rimanere qui- sussurrò Ronnie guardando Nick dietro le sue lunghe sopracciglia

Nick che, di fronte a quello sguardo, ebbe un vuoto di memoria. Di cosa stavano parlando?

-non bisogna mai pentirsi delle proprie scelte- affermò una volta ripresosi –inoltre lì avrai conosciuto persone speciali, che ti avranno segnato in qualche modo. Insomma, avrai una persona speciale lì-

Aveva una persona speciale? Era quella la domanda che lo tormentava.

La stessa Allie aveva affermato di non saperne nulla, non aveva ancora toccato quell’argomento con Ronnie, ma questo non significava che lei non avesse un ragazzo. Erano passati quattro anni dall’ultima volta che si erano visti, e una ragazza del genere non rimaneva da sola per più di un mese.

Ronnie voltò il corpo completamente verso Nick poggiando un gomito solo e spostando il peso su una gamba –cos’è- cominciò con espressione divertita ed un sorriso che le curvava le labbra –un modo carino per chiedermi se ho un ragazzo?-

Nick curvò un lato delle labbra formando uno dei suoi sorrisi enigmatici, voltandosi a sua volta verso la ragazza –sei sempre stato un tipo molto intuitivo-

La risata che seguì fu come il suono dei violini a parere di Nick, mai aveva sentito niente di più bello, nemmeno la sua canzone preferita.

-non c’è nessuno- rispose Ronnie continuando a sorridergli

Nick annuì mentre dentro di se la sua mente ed il suo cuore si spaccavano in due, una parte era contenta per quello che aveva appena sentito, ma l’altra era in totale confusione.

Perché era così contento per quello che aveva appena detto la ragazza? Non avrebbe dovuto minimamente interessargli.

E cos’erano quelle cose che sentiva? Dopo quattro anni non poteva provare ancora quello che credeva stesse provando in quel preciso istante.

Lui aveva una ragazza, doveva pensare a lei in quel momento, diamine!

-andiamo dentro?- propose alla ragazza staccandosi dal balcone e facendo qualche passo verso la finestra

Ronnie si morse il labbro inferiore portandosi dietro l’orecchio un ciuffo che le copriva il viso, facendo valutare seriamente a Nick la possibilità di tornare in dietro per sfiorare quella pelle perfetta -tu va, io vi raggiungo tra un istante-

Nick osservò attentamente il viso di Ronnie per un ultimo istante prima che lei si voltasse privandolo di quel miracolo.

-Ronnie- la richiamò facendola voltare –sono contento che tu sia tornata- confessò voltandosi poi di scatto, lasciando la ragazza impalata con un’espressione persa e sbigottita in viso.

Doveva fare chiarezza dentro di se, al più presto.  

*    *    *

Finalmente  ce l’ho fatta a finire questo capitolo!

E’ lunghissimo e spero non vi siate addormentate sulle tastiere xD

Il 22 cominciano gli esami! Che palle :S per cui penso che mi prenderò una beeeeeeeella pausa forzata fin quando l’incubo “maturità” non sarà passato.

Auguratemi buona fortuna!

Mi dispiace, ma non riuscirò a rispondere ad una ad una alle vostre recensioni, data l’ora capirete il perché!

Ma sappiate che vi sono enormemente grata per i vostri commenti e per il supporto che mostrate ogni giorno anche sulla mia pagina!

Vi amo tutte <3

 

 

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Capitolo 11
*** you're all that I can see in the darkness ***


Alexandra Scott, conosciuta per lo più come Lexus, era sempre stata una persona indipendente.

Amava la solitudine ed il più delle volte la ricercava chiudendosi nei suoi momenti da “no mondo”. Questi momenti erano aumentati molto da quando si era trasferita a Miami con i suoi, dove non aveva trovato nemmeno un’amica, non che la cosa la turbasse particolarmente o la sorprendesse, anzi, le sorprendeva di più il fatto che avesse avuto delle amiche negli anni passati.

Ad ogni modo, nonostante la sua natura da eremita, in quel momento, nella sua vecchia auto, mentre girava per la vecchia Los Angeles, si sentiva sola ed annoiata.

“Ci siamo solo io e te piccola” pensò accarezzando il volante

Da quanto tempo non guidava quella macchina? Forse da quando si era trasferita a Miami. Sospirò girando a sinistra, non sapendo bene dove stesse andando precisamente.

Quanti ricordi racchiudeva quel vecchio pezzo di ferro! Se inspirava a fondo si poteva ancora sentire l’odore del rum che Kate aveva buttato casualmente sul sedile del passeggero, ricordava che avrebbe voluto ucciderla ma poi, come sempre, erano finite tutte e quattro a ridere sulle scarse capacità motorie di Kate; se si faceva attenzione si poteva vedere una piccola macchia di smalto viola che Ronnie aveva fatto cadere dopo che Lexus aveva frenato un po’ bruscamente, sul sedile posteriore.

Quando la lunga fila di palazzi alla sua destra terminò, il sole, spuntato dietro di essi, le colpì gli occhi violentemente facendole fare una smorfia. Abbassò lo sportellino di fronte a lei per proteggere i suoi occhi dalla luce accecante e frenò bruscamente provocando l’ira del tassista dietro di lei che attaccò letteralmente la mano al clacson.

Gli occhi di Lexus erano incollati allo sportellino, o meglio, alla foto che era attaccata a questo. Allungò una mano sfilandola dal piccolo pezzo di stoffa che lo teneva incollato lì e la avvicinò al viso studiandola con attenzione.

Ed inevitabilmente la sua mente fu trascinata nel passato, dove si stava così bene.

 

-non credo si faccia così- affermò Jamie guardando sconcertata Kate che, con un pennello in mano, disegnava cerchi concentrici sul muro della stanza dell’amica.

Kate tirò la lingua fuori mordendola leggermente in un espressione di piena concentrazione –scommetto che mai nessuno ha detto a Picasso come dipingere- affermò poi passandosi il dorso della mano sulla fronte

Lexus ridacchiò accovacciandosi accanto a lei ed immergendo a sua volta il pennello nel liquido lilla  –questo colore è orrendo, te l’ho già detto?- disse poi studiando quel tremendo colore

Jamie sbuffò portandosi le mani ai fianchi –almeno quattrocento volte, ma dov’è Ronnie?- chiese poi lanciando un’occhiata all’orologio che portava al polso

-eccomi!- si sentì una voce provenire dal corridoio e poco dopo Ronnie fece la sua comparsa con le braccia piene di barattoli di alluminio contenente pittura.

-oh, finalmente- sospirò Jamie andandole incontro e prendendole qualche barattolo dalle mani

Ne prese uno e lo aprì con non poche difficoltà dato che in mano aveva ancora il suo pennello –ma è rosso- affermò interdetta

Ronnie annuì poggiando i restanti barattoli su un ripiano –quel colore è orribile- ammiccò alle pareti lilla

-oh, grazie al celo, qualcuno che capisce qualcosa!- affermò Lexus alzandosi ed avvicinandosi alle due

-ma così il mio capolavoro verrà coperto!- si lamentò Kate fissando i suoi cerchi perfetti

Ronnie alzò un sopracciglio sarcastica –il mondo sopravvivrà-

Jamie si abbassò per poggiare il barattolo sul pavimento per poi alzarsi di scatto –ma a me piace lilla!- sbotto senza rendersi conto che col suo movimento brusco, la pittura lilla del suo pennello era schizzata sulla maglia dell’amica e persino sul suo collo.

-oh, mi dispiace- affermò portandosi una mano alla bocca cercando di non ridere di fronte all’espressione allibita dell’amica, ma con scarsi risultati

Ronnie socchiuse gli occhi abbassandosi poi ed immergendo due dita nel liquido rosso, si alzo e , con estrema calma,  spiaccicò le dita sulla guancia destra dell’amica che la guardò spalancando la bocca.

Lexus a pochi passi da loro scoppiò a ridere vedendo l’espressione sconvolta di Jamie, Jamie che si voltò verso di lei in silenzio e, allungando il braccio, disegnò una linea retta sulla maglia dell’amica –peccato non ti piaccia il lilla- affermò poi sorridendo –credo ti doni molto-

-tu.sei.morta.- ringhiò Lexus guardandosi la maglia rovinata

-ragazze, ragazze!- urlò Kate alzandosi –mantenete la calma, non a…- ma si bloccò quando vide Lexus lanciare il suo pennello contro la parete, nel punto preciso dove con tanto amore aveva disegnato i suoi cerchi lilla

-il mio capolavoro- si lamentò fissando la vernice che colando copriva la sua opera d’arte

Poi si voltò, più agguerrita che mai –non dovevate farlo!- e si catapultò sulle amiche che continuarono a buttarsi vernice dietro fino a sembrare un incrocio tra braveheart e gli indiani d’America.

-qui ci vuole una foto!- affermò Jamie ridendo

Kate si pulì, per quanto possibile, le mani sui jeans e prese la digitale dalla sua borsa poggiandola poi su un ripiano impostando l’autoscatto.

-dite cheeeese!- urlò poi unendosi alle amiche strette in un abbraccio

 

Quando il tassista, per l’ennesima volta, suonò il clacson Lexus sobbalzò stringendo la foto tra le mani.

-tesoro, se dobbiamo passare qui tutta la giornata almeno cerchiamo di intrattenerci- le gridò il tassista grassone dalla voce rauca

Lexus gli mostro la sua migliore espressione disgustata dallo specchietto retrovisore e, dopo aver alzato il medio in risposta, ripartì sgommando, sta volta con una meta ben precisa.

 

*     *     *

 

Un po’ disorientata Lexus entrò nell’edificio grigio di fronte a lei.

Si domandava se avesse fatto la cosa giusta. Quando aveva visto quella foto aveva capito che aveva bisogno di parlare con lei. Le sue intensioni non erano quelle di andare lì, abbracciarla e piangere sulla sua spalla urlandole quanto le era mancata, decisamente no. Ma sentiva il bisogno di capire il perché delle sue azioni, doveva sapere perché era scappata e non era rimasta ad affrontare i suoi problemi con loro.

Doveva avere qualche risposta dopo quattro anni.

Si avvicinò alla reception insicura, Ronnie era nuova, di certo non la conoscevano ancora lì, pensò così di chiedere un informazione più generica, poi l’avrebbe trovata da sola.

-buongiorno- salutò

-buongiorno- le sorrise cordiale la biondina dietro il bancone –posso aiutarla?-

-si, vorrei sapere qual è il piano che si occupa delle traduzioni- sperò di aver detto qualcosa di sensato

Fortunatamente la ragazza annuì –lei è…?- chiese mettendo già una mano sulla cornetta pronta ad avvisare il suo capo

-oh, io sono solo un’amica di una dipendente, sono passata per lei- chiarì

-va bene, ventunesimo piano, poi può chiedere della sua amica alla mia collega-

Lexus ringraziò la ragazza e si avviò verso l’ascensore pigiando il pulsante e quando le porte si aprirono entrò e pigiò il tasto 21, aspettando pazientemente che l’ascensore raggiungesse il suo piano.

Dopotutto quindi Ronnie ce l’aveva fatta, sembrava ieri che erano nel cortile della scuola e Ronnie aiutava Jamie con il francese o Kate con lo spagnolo, ed ora lavorava per una vera e proprio casa editrice.

Almeno gli anni passate lontane erano serviti a qualcosa.

Le porte finalmente si aprirono avanti a lei che a passo svelto usci fuori sperando di non perdersi.

Fece qualche passo e, quando si ritrovò in una stanza chiassosa piena di gente che urlava, ebbe l’istinto di girarsi e tornare in dietro, ma poi ricordò il motivo per cui era lì e a passi decisi si avviò verso un bancone identico a quello che si trovava nella hall a piano terra, sul lato destro della stanza.

Si affacciò al bancone, ma questo era vuoto.

Perfetto.

-Salve- sentì una voce profonda alle sue spalle

-oh, salve- rispose voltandosi con espressione felice, grata avesse trovato qualcuno a cui chiedere informazioni

Espressione che cambiò all’istante quando si accorse dell’occhiata poco discreta che il tipo le stava rivolgendo.

-ti sei persa?- chiese sfoggiando uno dei suoi sorrisi alla John Travolta ed uno sguardo capace di stendere chiunque

Chiunque tranne Lexus, ovviamente.

La ragazza squadrò di rimando l’uomo di fronte a se, che sembrava totalmente fuori luogo, posto in quel contesto.

La camicia a righe blu e bianca ed i jeans chiari non erano adatti ad un ufficio, per non parlare dei capelli lunghi e gli occhiali stile “mafia italiana”.

Era evidente che avesse un certo fascino, quel tipo di fascino a cui nessuno resiste e, dallo sguardo ammaliante che continuava ad inviarle, Lexus pensava che il ragazzo ne era più che consapevole.

Da dove era uscito quel tipo?

-io non sono il tipo di persona che si perde- rispose alzando un sopracciglio, senza l’ombra di un sorriso –tu piuttosto chi sei? Il fattorino?- chiese sarcastica indicando con cenno della testa il suo abbigliamento

L’espressione del ragazzo cambiò da ammaliante a confusa, poi rise di cuore.

-veramente, io sono il direttore di quest’ufficio– sorrise, allungando poi una mano – Johnny Radke-

Lexus guardò la mano del ragazzo, poi di nuovo lui che ora la guardava con un sorrisino divertito che, se possibile, le dava sui nervi più di quello di prima, poi si decise a stringergli la mano, riluttante -Lexus Scott-

-Lexus?- ripeté lui –che strano nome-

-io non parlerei così se indossassi quella camicia- rispose offesa

Johnny ridacchiò ancora –beh, cosa ti porta qui, Lexus?- chiese lanciandole un’altra delle sue occhiate

“Che idiota” pensò lei.

-sto cercando una mia amica, Ronnie Knocks- rispose cercando di mantenere la calma e di non fare caso al fatto che avesse messo per la seconda volta nella giornata la parola “amica” e “Ronnie” nella stessa frase

Il ragazzo si illuminò –e così sei un’amica della mia discepola prediletta!-

Lexus si accigliò, quel tipo le faceva venire voglia di tirargli un pugno sul naso.

-Lexus?!- la voce sorpresa di Ronnie la fece desistere dal picchiare il latin lover di fronte a lei

-cosa ci fai qui?- chiese la ragazza, sorpresa

Lexus si voltò verso di lei ignorando Johnny –dobbiamo parlare-

 

 

*       *       *

 

Kate era stata a numerosissimi servizi fotografici, era stata dietro le quinte di numerose sfilate, era stata persino ad un paio di trasmissioni televisive, ma non era mai stata sul set di un film, mai, ragion per cui non aveva la minima idea di come funzionasse lì.

-mi scusi…- provò a chiedere ad un uomo sulla trentina, ma questo la ignorò bellamente, sorpassandola.

Ma non era nell’indole di Kate arrendersi così facilmente.

-chiedo scusa…- provò ancora, con una donna stavolta, intenta a parlare ed un auricolare, ma anche questa scosse la testa facendole un cenno con la mano, ignorandola

Kate sbuffò pestando un piede a terra.

Il piano di quel pomeriggio era prelevare Joe dal set ed insieme andare a scovare un regalo adatto per il matrimonio di Jamie, il compito di Kate avrebbe dovuto essere quello di aspettare in macchina il ragazzo, ma dopo quasi trenta minuti di attesa si era stufata –era famosa per la sua incapacità di stare ferma in un posto per più di dieci minuti, figurarsi trenta- ed aveva deciso di scendere dalla macchina per andare a cercare Joe ed, eventualmente, picchiarlo.

Ed ora era solo colpa del ragazzo se si trovava in mezzo ad un set, circondata da matti che correvano avanti e indietro, sola e disorientata. Joe avrebbe pagato.

Dopo aver tentato di chiedere ad altre due persone dove fosse Joe ed aver ricevuto da entrambe lo stesso trattamento delle precedenti, strinse in mano il tesserino passepartout che Joe le aveva dato “in caso di emergenza” e si avviò nei meandri del set alla ricerca del ragazzo.

Dopo aver cercato per mari e per monti finalmente lo vide, in un angolo isolato, poggiato ad un muro mentre sembrava intento a…parlare da solo?!

-Joe?- lo chiamò titubante la ragazza avvicinandosi

Joe si voltò di scatto verso Kate spalancando gli occhi, poi cominciò a parlare a raffica –Kate! Oh, scusami è successo un casino! Dovevamo girare la scena finale ma io mi sono bloccato e non riuscivo più ad andare avanti, il regista si è arrabbiato da morire! E mi ha dato cinque minuti per ripetere la parte, ma io la parte la conosco il problema è che non riesco a…-

-wow wow wow! Non ho capito nulla, calmati e spiegami meglio- lo interruppe la ragazza posandogli le mani sulle spalle

Joe chiuse gli occhi facendo un respiro profondo, poi riprese a parlare, lentamente ora –non riesco a girare una parte, non so perché, la conosco bene ma poi arrivo lì guardo Isabelle e, niente! Mi dicono che non sono espressivo, non riesco a trasmettere- sputò l’ultima parola

-Isabelle?- chiese curiosa Kate togliendo le mani dalle spalle del ragazzo

-si, la coprotagonista- tagliò a corto lui –ad ogni modo Steve, il regista, mi ha dato cinque minuti, dopo di che mi uccide!- concluse agitandosi di nuovo

-okkay, non farti prendere dal panico ora! Ti aiuto io, dov’è il copione?- chiese e quasi immediatamente il ragazzo gli porse titubante un plico di fogli bianchi

Kate lo prese e lesse le prime righe trovando quel copione terribilmente melenso.

-okkay- sospirò –io sono Cindy e tu sei Seth, pronto?-

Joe spalancò gli occhi mentre l’idea di strappare quel copione dalle mani di Kate si faceva spazio tra i suoi pensieri –non…io non…credo sia una buona…idea- balbettò guardando la ragazza con un’espressione da cucciolo disorientato

Espressione che fece seriamente pensare alla ragazza di buttare il copione per aria e saltare poco signorilmente addosso al ragazzo.

Contegno, le ci voleva contegno.

-non dire stupidaggini su! Comincio io- si schiarì la voce e sotto lo sguardo terrorizzato ed impotente del ragazzo cominciò –Seth, come puoi dirmi questo?- disse in un lamento

Joe continuò a guardare Kate immobile, sconcertato, era sicuro che si stesse avviando verso un vicolo ceco, nulla di buono.

-la verità…- balbettò indeciso, ma quando Kate si aprì in uno sei suoi soliti sorrisi mozzafiato tutto, tutto, scomparve attorno a loro.

Non c’era più Seth, non c’era più Cindy, non c’era più nessun film.

Erano semplicemente loro, semplicemente Kate e Joe.

-la verità, Cindy, è che sono stanco- puntò gli occhi in quelli della ragazza –ti ho sempre dimostrato il mio amore e cosa ho ricevuto in cambio? Nulla!-

Kate scosse la testa con aria afflitta e fece un passo verso il ragazzo –non dire così! Lo sai…- si bloccò un attimo perdendosi negli occhi del ragazzo

-cosa? Cosa dovrei sapere, Cindy?- sussurrò Joe facendo un passo verso di lei e prendendole il viso tra le mani, sperando di star seguendo il copione

-lo sai che ti amo- sussurrò Kate sentendo il suo stomaco attorcigliarsi su se stesso

Joe stava per svenire, lo sentiva.

Guardò Kate che a sua volta lo guardava con gli occhi che brillavano come due stelle.

Doveva farlo.

Non importava se non era scritto nel copione, non importava se dopo probabilmente avrebbe ricevuto un ceffone da parte della ragazza, doveva baciarla, doveva farlo, doveva toccare quelle labbra almeno una volta in vita sua.

Avvicino ancora il viso a quello della ragazza fino a sfiorare il naso col suo, la guardò per un istante paralizzata, mentre non era in grado di fare niente.

Doveva baciarla.

E l’avrebbe fatto se solo il suono della voce del regista impazzito proveniente dal megafono non li avesse fatti sobbalzare entrambi.

-JONAS! I CINQUE MINUTI SONO FINITI, PORTA IL TUO SEDERE DA DIECI MILIONI DI DOLLARI QUI!-

Joe maledì chiunque avesse messo un megafono in mano a quel pazzo e Kate saltò letteralmente indietro diventando rossa fino alla punta dei capelli.

Entrambi si guardarono in silenzio, senza proferire parola.

Stupidi.momenti.imbarazzanti.

-o…ora devo…andare- balbettò Joe indicando un punto indefinito

-certo- sussurrò Kate –ti aspetto in macchina- gli allungò il copione ancora imbambolata

Joe annuì afferrandolo –vedrò di fare presto-

Kate annuì e con un sorriso tirato il ragazzo si voltò per andarsene.

Mentre lo guardava camminare sospirò dentro di se; per un secondo si era illusa, si era illusa che forse quelle parole…no. Lui era un attore e stava recitando la sua parte, anche se per quello che aveva visto nel copione non c’era nessun bacio o scene simili, ma forse si era lasciato trasportare dall’interpretazione.

Lui era un bravo attore e lei era solo una stupida a pensare certe cose.

-Joe!- chiamò il ragazzo che si voltò con un sorriso –anche le parti improvvisate andavano bene- disse abbassando la voce mentre il sorriso sulle labbra di Joe si spezzava

Solo un attore, doveva tenerlo bene a mente.

 

 

*     *     *

 

 

Ronnie si sedette sulle scale di ferro poste a lato della grande terrazza del grattacielo in cui lavorava, poco dopo Lexus la raggiunse prendendo posto accanto a lei.

Entrambe erano in enorme imbarazzo, non erano due persone che parlavano molto, e nessuna delle due sapeva come cominciare il discorso così per il momento si limitavano a stare sedute una accanto all’altra con lo sguardo perso nell’orizzonte.

Ronnie sospirò guardando la città che si stendeva di fronte a loro, quella città che aveva vissuto così intensamente, che le aveva regalato gioie, felicità, amori, odio e delusioni, quella città che ora le faceva tanta, troppa paura.

-ti chiederai…- cominciò Lexus senza guardare la ragazza accanto a lei –ti chiederai come mai sono qui-

Ronnie fissò l’amica senza rispondere, attendendo che questa continuasse.

-Eravamo così unite- sospirò colpendo Ronnie diritto al cuore –ci volevamo così bene, eravamo una cosa sola e tu…-

-ed io me ne sono andata- sussurrò distogliendo lo sguardo da Lexus per guardarsi la punta delle scarpe

-perché?-

-perché non ce la facevo più, non sarei sopravvissuta un giorno in più qui…-

-no- la interruppe Lexus continuando a guardare di fronte a se –lo so perché te ne sei andata, quello che non capisco è perché…- fece una pausa pensando a quello che voleva dire –come hai potuto lasciarci senza dire nulla?-

Ronnie si morse il labbro inferiore –è stato così difficile lasciarvi Lex- spiegò –non ce l’avrei mai fatta se avessi dovuto dirvi addio guardandovi negli occhi, mi sarei ritrovata a rimanere lì ed a soffrire ogni.singolo.giorno-

Lexus strinse la mano in un pugno guardando Ronnie per la prima volta –la verità è che sei una codarda!-

Ronnie rimase a fissare le sue scarpe senza mostrare alcun che, dopotutto Lexus aveva ragione, cosa poteva dirle?

-hai idea di come ci siamo sentite quando siamo venute a casa tua e tua madre ha detto che eri partita per Madrid fino a tempo indeterminato? Ti rendi conto Ronnie?!- sbottò con la sua solita voce bassa

Ronnie si prese la testa tra le mani, cercando di ricacciare in dietro le lacrime che sentiva stavano per arrivare.

-lo so, lo so!- urlò lei –pensi che non mi sia sentita un verme?!- continuò guardando gli occhi verdi dell’amica –pensi che non mi sia sentita una persona schifosamente cattiva? In ogni singolo giorno, ora, minuto di questi ultimi quattro anni Lex, in ogni fottutissimo istante, non ho fatto altro che pensare a voi, a come mi fossi comportata male e a come rimediare, non pensare che sia stata lì a bere sangria e mangiare paella!- fece una pausa tirando su col naso mentre si rendeva conto che ormai qualche lacrima era caduta contro la sua volontà –mi siete mancate il doppio di quanto io sia mancata a voi- concluse con la voce spezzata

Lexus guardò gli occhi lucidi dell’amica e sospirò.

-ti voglio bene Ronnie- disse seria , poi le sorrise –ma sei stata davvero una stronza-

Ronnie ridacchiò asciugandosi gli occhi –lo so- sussurrò poi

-Lexus- cominciò –non pretendo che la nostra amicizia torni quella di una volta, so che è una cosa impossibile, almeno per ora, ma vorrei solo che mi deste un opportunità per provare a ricominciare-

Lexus la guardò sospirando –non posso prometterti che riuscirò a dimenticare tutto Ron, ma- aggiunse – se la cosa ti può rassicurare quando tornerò a casa butterò la bambola voodoo costruita per te-

Ronnie rise di cuore dopo tanto, tantissimo tempo, e tornò a guardare l’amica –spero di riuscire a recuperare- sorrise per poi alzarsi ed avviasi con lei verso le scale

-ci sarebbe una cosa che tu potresti lasciarmi fare per recuperare sai?- disse Lex prima che le due cominciassero a scendere le scale

-davvero?- domandò lei interessata

-si, sarebbe una cosa così soddisfacente che potrei amarti alla follia-

-cosa?- chiese Ronnie curiosa

-potresti lasciarmi dare un pugno sul naso al tuo capo-

 

 

*     *     *

 

Ce l’ho fatta T__T

Se domani la terza prova mi va male, me la prenderò con voi, sappiatelo ùù

SORPREEEEEESA!

Avevo detto che non avrei postato fino alla fine degli esami, ma non ce l’ho fatta t.t

Dovevo scrivere questo capitolo ùù

Ad ogni modo! Spero vi sia piaciuto e ne sia valsa la pena di scrivere per un giorno intero non stop!

Dovevo dirvi una cosa, ma ora non la ricordo, come sempre xD quindi magari ve la dico sulla mia pagina quando mi verrà in mente, probabilmente mai cooooooomunque volevo dedicare questo capitolo alla mia Sorisò, che è la persona più vjrekooihgsjh che io abbia mai conosciuto ed è l’unica che riesce a mettermi di buon umore anche solo dicendomi “ciao” o “sei un idiota” a seconda del suo umore e con cui condivido la mia sfrenata passione per le tartarughe; Ed ovviamente all’Eleonora del mio cuore che, oltre a sopportarmi leggendo tutto ciò che scrivo in diretta, è la fonte della mia ispirazione non che suggeritrice ufficiale di questa Fan Fiction, senza di lei sarei ancora al secondo capitolo probabilmente ùù Vi voglio bene <3

Scusatemi se non rispondo alle vostre recensioni, ma ora sono stanchissima, cercherò di farlo domani!

Grazie a tutte voi che recensite dandomi la voglia di continuare, a voi che mettete la mia storia tra le preferite, seguite e ricordate ed anche a voi che leggete semplicemente <3

Vi amo, alla prossima <3

 

 

 

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Capitolo 12
*** So I stayed in the darkness with you ***


È facile capire come nel mondo esista sempre qualcuno

 che attende sempre qualcun altro.

Che ci si trovi in un deserto o in una grande città.

E quando questi due esseri s'incontrano e i loro sguardi s'incrociano

 tutto il passato e tutto il futuro non hanno più alcuna importanza.

 

Paulo Coelho.

 

 

Quella mattina Ronnie si sentiva più serena.

La chiacchierata con Lexus il giorno prima l’aveva rassicurata, dopo tutto forse c’era ancora una possibilità di recuperare la sua vecchia vita.

Con Jamie le cose ormai erano tornate praticamente come una volta, Lexus ora le parlava e rispondeva alle sue chiamate, rimaneva solo Kate.

L’ostacolo Kate che le pareva insormontabile in quel momento. Sapeva quanto quella ragazza le volesse bene, e proprio per questo sapeva anche che non le avrebbe perdonato quello che aveva fatto tanto facilmente. Ma doveva trovare un modo per riconquistare anche la sua fiducia, ed il fatto che ce l’avesse fatta in qualche modo con Lexus la faceva ben sperare.

-Ronnie- Johnny entrò nell’ufficio senza preavviso facendola sobbalzare e facendole spostare lo sguardo dal nulla più assoluto che stava fissando allo schermo del suo pc, fingendo di fare qualcosa

-buongiorno Johnny- salutò picchiettando sul mouse

Johnny entrò poggiando la giacca sul divanetto di pelle nera e fece qualche passo verso Ronnie, mettendosi proprio di fronte a lei, al di là della scrivania, con le mani poggiate sui fianchi ed un’espressione di rimprovero.

Aveva fatto qualcosa?

-sono molto deluso da te, Ronnie- disse guardandola seriamente

Ronnie alzò la testa spaventata, cosa aveva fatto? Si erano lasciati il giorno prima serenamente, lui non aveva dato alcun segno di essere arrabbiato, sembrava rilassato come sempre e, che lei ricordasse, non aveva fatto nulla di stupido tipo incendiare la fotocopiatrice o rompere un computer.

-cosa…?- chiese lei timorosa

-non mi avevi detto di avere un’amica così carina!- sbottò lui aprendosi in un sorriso

Ronnie sospirò alzando gli occhi al cielo; ora capiva perché Lexus voleva prenderlo a pugni.

Arricciò il naso pensando alla parola “carina” associata a Lexus. Non che lei non fosse carina, anzi, era bellissima, ma “carino” è una cosa che di solito di dice a qualcosa di piccolo e tenero che solo a guardarlo ti si stringe il cuore. Un gattino è carino, non un leone.

E Lexus era tutt’altro che un gattino.

-In realtà fino a ieri non sapevo nemmeno fosse mia amica- spiegò lei sorridendo

Johnny curvò la testa da un lato, confuso.

-eravamo amiche- spiegò –poi ci siamo allontanate per via del mio trasferimento a Madrid e- fece una pausa abbassando lo sguardo -non ci parlavo da tre anni-

-e qui arriva la parte dove devo farmi gli affari miei- sorrise Johnny cogliendo il disagio della ragazza

Ronnie sorrise, imbarazzata.

-comunque- riprese Johnny –è davvero carina-

-lei è bellissima- annuì Ronnie gonfiando il petto, come una madre orgogliosa della propria figlia; Johnny si limitò a ridacchiare.

-purtroppo- continuò divertita –non credo tu le abbia fatto la stessa impressione-

Johnny la fissò a lungo con espressione teatralmente sconvolta –vorresti dire che la mia singolare bellezza ed il mio indiscusso fascino, non hanno fatto colpo?-

Ronnie ridacchiò, quel tipo era davvero…singolare –non direi, anzi, mi ha detto che i tuoi modi affascinanti le fanno venir voglia di prenderti a pugni-

-aggressiva!- urlò quasi con aria sognante –questo la rende ancora più sexy-

Stavolta Ronnie non poté trattenersi dal ridere forte portandosi una mano alla bocca.

Johnny si avviò alla porta del suo ufficio con un sorrisino divertito dipinto sulle labbra e prima di aprirla si fermò un attimo con la mano ferma sulla maniglia –poi non dimenticare che la linea tra amore ed odio è sottile- aggiunse aprendo la porta

-certo, Johnny- sorrise Ronnie –certo-

Johnny entrò nell’ufficio chiudendo la porta dietro di se mentre Ronnie scuoteva la testa, divertita. Era stata davvero fortunata ad avere un capo come lui.

Stava per tornare a dedicarsi al suo lavoro quando il cellulare sulla scrivania, proprio accanto al suo braccio, prese a vibrare informandola dell’arrivo di un sms.

Lo prese veloce e lesse al volo il messaggio.

“Stasera compleanno Tyler, ti aspetto da lui”

Oh, perfetto.

Sbuffò poggiando il telefono dov’era prima e si portò il pollice alla bocca, valutando la situazione.

Da un lato voleva andare al compleanno di Tyler, sarebbe stata un’occasione d’oro per parlare con Kate. Era stufa di quella situazione, non poteva pensare che l’amica con cui aveva condiviso praticamente tutto, ora la ignorasse completamente. Doveva trovare il modo per farsi ascoltare da lei a tutti i costi, anche se fosse stata costretta ad imbavagliarla e legarla ad una sedia.

Senza contare che, per quanto Jamie l’avesse perdonata, stava ancora cercando di ottenere la sua completa fiducia, dimostrandole che d’ora in poi sarebbe stata molto più presente nelle loro vite e non presentarsi al compleanno del futuro marito, non le sembrava la mossa più azzeccata.

D’altra parte però sapeva anche che a quella festa ci sarebbe stato Nick. Nick con la sua impeccabile fidanzata. Non che la cosa la infastidisse più di tanto, ma non voleva fare la figura dell’ex sfigata che dopo quattro anni non è ancora riuscita a trovare un ragazzo perché ancora ossessionata dal ricordo di lui. Proprio no. O forse, molto più semplicemente, sapeva che se avesse visto Nick ancora, questa volta avrebbe dovuto dare un perché a quegli strani crampi che le facevano attorcigliare lo stomaco.

-Ronnie- la richiamò Johnny facendo capolino dall’ufficio –ho tanto lavoro da fare dentro e sono in ritardo- spiegò con un cenno della testa –ti dispiacerebbe andare a prendermi un caffè?- chiese gentile

-certo- rispose Ronnie meccanicamente alzandosi e dirigendosi verso la porta; pensava ancora a quel messaggio.

Aveva davvero voglia di andare a quella festa, ma sapeva che se l’avrebbe fatto si sarebbe sentita ridicola e fuori posto. Se avesse avuto la certezza che quella serata avrebbe sistemato le cose tra lei e Kate non ci avrebbe pensato due volte, ma c’era la probabilità, se non la certezza, che Kate sarebbe stata proprio una delle cose che più l’avrebbe fatta sentire fuori luogo.

Si avvicinò al piccolo tavolino rotondo piazzato in un angolo della sala, sulla cui superficie era poggiata una macchina per il caffè. Per fortuna qualcuno sembrava essere passato proprio qualche minuto prima di lei perché la caraffa era piena e il caffè era ancora bollente, quindi lei dovette limitarsi solo a prendere un bicchiere di cartone e versare il liquido dentro.

Sospirando fece dietrofront tornando verso l’ufficio, a quanto pare la cosa più giusta da fare era non andare a quella festa.

-ciao, Ronnie- una voce la fece sobbalzare talmente era sommersa nei suoi pensieri e per poco non si versò il caffè sulla camicia rossa.

Dopo aver controllato con un’occhiata veloce che non si fosse sporcata alzò lo sguardo di fronte a lei, e per poco il bicchiere non le cadde dalle mani, di nuovo.

-ciao Allie- ricambiò dubbiosa

La ragazza di fronte a lei la guardava con uno strano sorrisino piazzato sulle labbra, era proprio come la ricordava. I capelli biondi come il grano, raccolti ai lati, le labbra carnose e quegli occhi da cerbiatto capaci di incantare chiunque. E per l’ennesima volta Ronnie non potè fare a meno di pensare che quella ragazza in realtà fingesse di essere qualcuno che non era, come se sotto la maschera di fatina incantata si nascondesse ben altro.

-sono venuta per mio padre- spiegò la ragazza –tu sei ancora qui vedo-

Ronnie si accigliò all’istante, dubbiosa –ancora?- ripeté confusa

-si, beh, ho parlato con Kate in questi giorni, lei mi ha detto che non sei una persona molto…come dire…stabile- Ronnie si irrigidì all’istante senza sapere di stare inconsciamente agevolando il gioco alla bionda che, guardando il suo disagio, continuò capendo al volo quale tasto pigiare –io e Kate siamo diventate molto amiche in questi anni sai?- continuò col sorriso sulle labbra

-davvero?- rispose Ronnie tirando subito fuori le unghie –sono contenta che abbia trovato un rimpiazzo, in mia assenza-

Allie accusò il colpo in silenzio senza dare il minimo segno alla ragazza, mantenendo il suo solito sorriso rilassato.

-già, a volte i rimpiazzi risultano migliori dell’originale però sai?- si avvicinò di un passo verso la ragazza, questa volta senza l’ombra di un sorriso –questo invece me l’ha detto Nick- sussurrò minacciosa –e ti conviene di non provare nemmeno ad avvicinarti a lui-

Si allontanò di qualche centimetro e, mentre Ronnie era rimasta impalata, lei le strizzò l’occhio accompagnando il gesto con un ghigno divertito voltandosi per avviarsi verso l’uscita.

Ronnie rimase immobile, a bocca aperta, fissando la figura ancheggiante della ragazza allontanarsi ed ecco che il suo spirito da diciassettenne stava uscendo fuori.

Avrebbe tanto voluto tornare a quando non doveva pensare due volte prima di prendere a schiaffi qualcuno, quando poteva fare la prima cosa che le saltava per la testa.

E la prima cosa che le saltava per la testa in quel momento era buttare quel caffè per aria, rincorrere la bionda, e strapparle i capelli ad uno ad uno, beandosi del momento e del suono delle grida di quella specie di barbie assatanata.

Non aveva più diciassette anni però, era perseguibile dalla legge ora, doveva tenerlo bene a mente.

Per evitare che i suoi istinti prendessero il sopravvento su di lei si voltò di scatto procedendo a passo spedito verso il suo ufficio.

Che diavolo voleva quella da lei? Ovviamente, era gelosa di lei e di quello che c’era stato tra lei e Nick, l’aveva capito quando alla festa per Tyler e Jamie l’aveva letteralmente trascinato via, ed era evidente ora dove gli aveva fatto capire con chiarezza che non doveva avvicinarsi a Nick, che lui preferiva lei.

Ma d’altronde era chiaro no? Era con lei che Nick stava assieme da più di un anno, era a lei che stringeva la mano mentre passeggiavano per le vie di Los Angeles, era a lei che mandava messaggi infinitamente sdolcinati. Nick amava Allie, non lei.

Ma ormai Allie l’aveva provocata, e Ronnie era impossibile da frenare.

Allie non voleva che lei si avvicinasse a Nick? Bene, la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata andare a quella festa, a tutti i costi. Di certo non poteva andarci da sola però.

Aprì la porta del suo ufficio per sorpassare la sua scrivania e arrivare poi all’ufficio di Johnny, entrando senza bussare e sbattendo poco delicatamente il caffè sulla sua scrivania.

Johnny con le gambe incrociate poggiate poco elegantemente sulla scrivania, gli occhiali da vista poggiati sul naso mentre era intento a guardare lo schermo del pc, una mano sul mouse e l’altra sulle labbra, alzò lo sguardo lentamente studiando la figura di Ronnie di fronte a lui, alquanto scocciata.

-sembra che tu abbia incontrato Satana lì fuori-

Ronnie rise nervosa passandosi una mano tra i capelli, Johnny non sapeva quanto ci era andato vicino.

-ti andrebbe di rivedere Lexus, di nuovo?- chiese sperando che la risposta fosse affermativa

Johnny tolse i piedi dalla scrivania e unì le mani, sporgendosi col busto in avanti, verso la ragazza.

-quando?-   

 

*          *      *

 

Ronnie chiuse la portiera della macchina e si sistemò nervosamente il vestito. Fece il giro della macchina stando attenta a non cadere, si chiedeva ancora perché avessero inventato le scarpe col tacco.

Alla sua sinistra Johnny le offrì il braccio e, quando lei alzò lo sguardo verso di lui infilando il suo braccio sotto quello del ragazzo, lui le sorrise.

-che c’è?- chiese nervosa spostando lo sguardo fissando la casa di fronte a loro

-nulla, sei molto carina stasera-

-grazie- borbottò lei in risposta in imbarazzo –il regalo in macchina!- urlò poi

-è qui- disse Johnny allungandole una busta

Ronnie sospirò e afferrando la busta si avvio con Johnny verso la casa di Tyler, da dove proveniva il suono di una vecchia canzone dei Rolling Stones.

-Johnny, grazie per avermi accompagnata, davvero- ripetè per l’ennesima volta Ronnie bussando al campanello

-non dirlo neanche per scherzo! E poi sono venuto per la tua amica, mica per fare un favore a te- le strizzò l’occhio spintonandola leggermente con il fianco

Qualche istante dopo Tyler con una camicia azzurra ed un jeans chiaro aprì la porta sorridendo.

-Buon Compleanno!- urlò la ragazza

-Ronnie!- salutò Tyler stringendola in un abbraccio –grazie, sono contento che tu sia venuta-

Ronnie sorrise contenta, sapeva che le parole di Tyler erano sincere.

-chi osa avvinghiarsi al mio fidanzato!- la voce scherzosa di Jamie fece sciogliere il loro abbraccio, ma Ronnie non ebbe il tempo di chiudere le braccia che Jamie ci si era tuffata dentro –sei venuta!-

-non potevo perdermi il compleanno di questo vecchiaccio- rispose sciogliendo l’abbraccio –ventisei anni, che schifo!- scherzò guardando la ragazza, da cui però non ricevette risposta.

Lo sguardo di Jamie era rivolto a qualcosa dietro di Ronnie, qualcosa che aveva catturato la sua attenzione e le aveva fatto perdere la concentrazione sull’amica.

-Beh, se aspettiamo che Ronnie ci presenta arriveremo a domattina mi sa- esordì dietro di lei Johnny e Ronnie arrossì resasi conto della figuraccia appena fatta –Johnny Radke, piacere- aggiunse

-Tyler Lewis- rispose il biondo stringendogliela con un sorriso

-lo so, Ronnie mi ha parlato tantissimo di tutti voi-

Ronnie lo guardò dubbiosa, non era affatto vero. Aveva parlato di loro cinque minuti in macchina durante il tragitto, giusto per far si che il ragazzo non arrivasse alla festa del tutto impreparato.

-oh, tanti auguri- aggiunse poi mentre Tyler lo ringraziava

-e tu devi essere Jamie- disse poi rivolgendosi alla ragazza che lo fissava tentennante

Chi era esattamente quel tizio? Lui e Ronnie si frequentavano?

Johnny allungò la mano afferrando quella di Jamie, che lo guardava confusa, e la avvicinò al viso facendole il baciamano.

Il genere di cose che Ronnie odiava e che in Lexus avrebbero ispirato istinti violenti. Ma Ronnie sapeva anche che quello era il genere di cose che mandavano Jamie in brodo di giuggiole, il che fu confermato dallo sguardo da pesce lesso della ragazza.

-la descrizione di Ronnie non ha reso giustizia alla tua bellezza- continuò mentre Ronnie alzava gli occhi al cielo

Non poteva proprio fare a meno di fare il deficente con chiunque.

-complimenti amico, hai saputo scegliere bene- aggiunse rivolgendosi a Tyler

-lo so- rispose sorridendo il ragazzo, mettendo un braccio intorno alle spalle di Jamie –entrate su, non vorremo mica stare tutta la serata qui fuori-

Johnny fece segno a Ronnie di precederlo e quando la ragazza mise piede nell’enorme salone si bloccò di scatto rimanendo interdetta.

-non doveva essere una festa tra amici stretti?- chiese fissando la folla di fronte a lei, saranno state almeno un centinaio di persone

-beh, essere il bassista di Nick Jonas fa ampliare il concetto di “amici stretti”- spiegò il ragazzo

Ronnie annuì continuando a fissare la folla. Aveva quasi dimenticato che Tyler non solo era diventato il migliore amico di Nick, ma anche il suo bassista. Non seppe spiegarsi perché, ma improvvisamente aver scelto di andare a quella festa le sembrava una cosa stupida.

-Hei Tyler Jamie, venite qui!- si sentì una voce urlare da un posto indefinito della stanza

-dobbiamo lasciarvi per un secondo- disse Jamie

–lì infondo troverete il tavolo con le bibite, servitevi pure- aggiunse Tyler

Ronnie e Johnny li ringraziarono, rimanendo poi qualche istante in un silenzio totalmente imbarazzante.

-ti va qualcosa da bere?- le chiese il ragazzo

-oh si, si grazie-

Si mischiarono alla folla facendosi spazio e con non poca fatica riuscirono ad arrivare al lungo tavolo in legno addobbato per l’occasione, con ogni genere di bevanda.

Johnny afferrò due bicchieri di birra, porgendone uno a Ronnie che lo ringrazio.

La ragazza sorseggiò dal suo bicchiere guardandosi furtivamente attorno.

Nick e Allie erano già arrivati? E Kate?

Allontanò il bicchiere sentendo l’ansia crescere dentro di se. Sperava davvero che quella sera fosse andato tutto bene.

-oh mio Dio, fa che sia un allucinazione-

Ronnie sorrise ancora prima di voltarsi, riconoscendo al volo la voce.

Lexus, con un’espressione afflitta, guardava i due ragazzi di fronte a lei. Ronnie non poteva averlo fatto davvero, non poteva averlo portato lì.

-Salve Lex- salutò Ronnie, la ragazza rispose con un grugnito davvero poco elegante

-buonasera Lexus- Johnny fece un mezzo inchino –se posso permettermi, sei splendida stasera-

Lexus, avvolta nel suo vestito scuro aderente che risaltava le sue forme, alzò gli occhi al cielo, per niente lusingata dalle sue parole.

-spero che ci sia un buon motivo per cui lui sia qui, senza quell’orribile camicia a righe quasi non l’avevo riconosciuto-

-non sei contenta che l’abbia portato?- chiese Ronnie sarcastica

-la mia espressione rispecchia il mio stato d’animo- rispose seria –a meno che tu non l’abbia portato qui per permettermi di prenderlo a pugni- continuò come se il ragazzo non stesse proprio lì, accanto a lei, con un sorrisino piazzato sul viso e una grande faccia da schiaffi.

-se vuoi, puoi darmi un pugno- sorrise Johnny gesticolando col suo bicchiere

Lexus lo squadrò dalla testa ai piedi –non tentarmi, carino-

-oh, posso tentarti in mille modi sai?- disse con voce suadente e quello che doveva essere uno sguardo ammaliatore

Lexus sfoggiò la sua migliore espressione disgustata –Cristo Santo, sembra uscito da un film di Marlon Brando-

Ronnie rise forte portandosi una mano alla bocca, ma Johnny non si arrese.

-posso essere chi vuoi tu, piccola-

-ti hanno mai dato una testata sulle gengive, Brando?-

 Ronnie avrebbe riso, probabilmente ancora più forte di prima, se non fosse stato che la sua attenzione venne catturata da una chioma rossa che si dirigeva verso la cucina.

Kate.

-scusatemi un attimo, torno subito- sussurrò distrattamente avviandosi verso la folla

-perfetto! Mi stai lasciando da sola, il balia di cascamorto John- sentì in lontananza la voce di Lexus, ma ormai era andata.

Col cuore a mille si avviò verso la cucina. Cosa le avrebbe detto ora? E se avesse fatto una delle sue scenate mettendola in imbarazzo di fronte a tutti?

Deglutì. Era un rischio che doveva correre.

Finalmente Ronnie riuscì a farsi spazio tra la folla, ma proprio quando stava per oltrepassare la soglia della cucina qualcuno, che probabilmente avrebbe odiato per sempre, le urtò violentemente il braccio facendo cadere il contenuto del bicchiere che aveva in mano sul vestito.

Dopo essere rimasta qualche secondo immobile a fissare con disappunto il vestito, alzò lo sguardo decisa a sbraitare contro chiunque si fosse ritrovata di fronte.

Decisione che cambiò non appena vide chi aveva avanti a se.

-Ronnie! Oddio scusa!-

Nick era a quella festa da più di mezz’ora ormai. La mezzora più brutta della sua vita. Allie le era stata incollata addosso tutta la serata senza dargli modo di allontanarsi per più di quattro metri.

Era chiaro che la ragazza era preoccupata per qualcosa, più precisamente per la presenza di una persona da lei poco desiderata, ma Nick non ce la faceva davvero più. Così con la scusa di andare al bagno era riuscito ad allontanarsi senza che la ragazza lo seguisse.

Non si sarebbe mai aspettato però che a causa delle sue scarse abilità motorie e la delicatezza di un elefante in un negozio di cristalli, fosse finito proprio addosso a lei.

Ronnie lo fissò evidentemente in imbarazzo –non importa è solo un po’ di birra- commentò sentendo ancora quel dannatissimo stomaco accartocciarsi dentro di lei.

Da quella sera a casa di Jamie i due non si erano più visti, e anche quella sera, oltre ai cinque minuti in cui lui l’aveva “confortata” dopo la discussione con Kate, non avevano avuto modo di parlare poi così tanto.

-no davvero scusami, ero distratto e tra tutta questa gente…-

-Nick non importa, sul serio-

Al sentire il suo nome uscire dalle labbra della ragazza un brivido scosse Nick, facendogli sentire uno strano peso sullo stomaco.

-b..beh, c..come stai?- balbettò Nick per poi pentirsene subito

Che domanda banale e priva di originalità. Ma proprio non poteva farci nulla, ogni volta che era vicino alla ragazza diventava un completo idiota.

-bene, grazie- Ronnie non era da meno comunque

Era a due passi da lui e sentiva l’impulso di dover toccare la sua pelle. Voleva sfiorargli la mano o accarezzargli la guancia o semplicemente passare la mano tra i suoi ricci, ora più corti.

Non era sicura del perché volesse farlo, sapeva solo che voleva.

-con le ragazze come va?-

Nick voleva sapere. Voleva sapere tutto della sua vita, sapere cosa aveva fatto in quegli anni, cosa voleva fare ora, quali erano i suoi progetti, i suoi sogni.

Voleva sapere quanto di quella Ronnie che tanto aveva amato fosse rimasto in lei.

-sto cercando di recuperare- sorrise

Quello che seguì fu un lungo silenzio. Uno di quei silenzi davvero, davvero, imbarazzanti per entrambi.

D'altronde quando si hanno troppe cose da dire alla fine non se ne dice nessuna.

Erano entrambi storditi e confusi.

Fino a qualche settimana prima Ronnie era convinta che il suo trasferimento a Madrid, seppur difficile e doloroso, le fosse almeno servito per dimenticare Nick, ed una parte di lei ne era ancora convinta. Era ancora convinta che infondo quelle strane emozioni che stava provando il quell’istante mentre guardava gli occhi nocciola del ragazzo, fossero dovute al ricordo di quello che c’era stato tra di loro.

Com’è che si diceva? Il primo amore non si scorda mai.

Se Ronnie era confusa poi, Nick era totalmente perso.

Non solo si era convinto di averla dimenticata, credeva che la questione fosse ormai morta e sepolta al punto che aveva pensato di poter ricominciare, di poter intraprendere una relazione seria con un’altra ragazza.

Si era convinto che le emozioni che aveva provato per Ronnie, il modo in cui l’aveva amata senza freni, donandole tutto, non potessero esistere più; si era convinto che lui non fosse stato mai più in grado di provare cose del genere.

Ma ora, di fronte a lei, quelle convinzioni stavano crollando.

Cosa doveva fare allora? Seguire il suo istinto e vedere dove l’avrebbe portato o cercare di stare il più lontano possibile dalla ragazza e fingere di non aver sentito nulla?

-Ronnie, che ne diresti se…- cominciò il ragazzo ma, ovviamente, con un tempismo perfetto, Allie arrivò saltellante interrompendo la loro conversazione

-Ronnie! Che bello che ci sia anche tu- urlò forte verso la ragazza, che rimase a dir poco interdetta

Era la stessa Allie che in ufficio l’aveva minacciata?

Anche Nick, che di certo non si aspettava una reazione così calorosa, rimase sbalordito.

Ronnie aprì la bocca per dire qualcosa ma Allie la interruppe, ancora.

-Nick, tuo fratello ti cercava, doveva dirti una cosa importante- disse veloce, poi si voltò verso Ronnie –non ti dispiace se te lo porto via, vero?- sorrise con l’espressione più angelica al mondo

Ronnie voleva tanto prenderla a pugni in quel momento.

-certo che no, ora che sono tornata sono sicura ci sarà molto tempo per chiacchierare- rispose prontamente Ronnie, mentre Nick spostava lo sguardo dall’una all’altra come se stesse seguendo una partita di beach volley

Allie ridacchiò e poi, sotto lo sguardo sorpreso di Nick e quello sbalordito di Ronnie, si sporse per abbracciare la ragazza.

-se ti vedo di nuovo vicino a lui- le sussurrò all’orecchio in modo che solo lei potesse sentire –ti rispedisco da dove sei venuta-

-E’ stato un piacere cara, ora dobbiamo proprio andare- squittì poi Allie allontanandosi, lasciando Ronnie con un’espressione sconvolta –goditi la festa!-

Per un attimo Nick non si mosse, neppure quando Allie lo strattonò per un braccio. Non voleva andarsene, voleva rimanere lì a parlare con lei. Ma poi si rese conto che Allie non l’avrebbe mollato, a costo di trascinarlo per tutta la sala, non l’avrebbe lasciato lì. Con un sospiro interiore si arrese.

-ci si vede in giro- sorrise alla ragazza, che aveva ancora una strana espressione sul viso

-ci si vede- sussurrò prima di abbassare lo sguardo e sorpassarlo entrando in cucina

Dire che era arrabbiata era poco.

Quella stupida bionda continuava a minacciarla, e tutto ciò che lei era stata in grado di fare era rimanere immobile con un espressione sconvolta. Aveva perso del tutto la sua dignità in quegli anni?

Fece un passo verso il balcone aperto, aveva bisogno di aria, ma improvvisamente si bloccò.

Una sagoma scura girata di spalle, poggiava i gomiti sulla grande ringhiera di legno, la testa china intenta a fissarsi le punte dei piedi e la schiena curva.

Sospirò.

Non era il momento di pensare ai mille modi in cui avrebbe potuto uccidere Allie ora.

Ora, era il momento di occuparsi di Kate.

 

 

 

*      *      *

 

Ho fame.

No, lo so, fa cagare çç scusatemi non piace nemmeno a me, ma non volevo farvi aspettare oltre çç

Sono afflitta dalla schifezza che ho scritto.

Oh, finalmente mi sono diplomata e sono libera *-*

Come sta andando la vostra estate? Partirete per qualche posto mentre io starò qui a morire di caldo e noia?

Ah, l’altra volta la cosa che volevo dirvi è che io, me medesima, ho ceduto alla tentazione di stalkeggiare Zack Merrick e mi sono registrata su twitter ùù Nel caso a qualcuna di voi interessasse il mio nick è JustALittleLie_(si, ho fantasia da vendere.)

Buona domenica a tutte e buona estate!

Vi amo <3

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Capitolo 13
*** I can only say that I have made mistakes ***


L'amore conta. Sembrava inutile fino a ieri.
Verdena.

 

 

Kate era al centro della stanza mentre si dondolava nervosamente da un piede all’altro ispezionando accuratamente tutta la sala.

Dopo un’ultima occhiata si rassicurò, lei non era lì.

Forse Ronnie aveva saggiamente deciso di rimanere a casa, forse aveva capito che era alquanto ridicolo cercare di recuperare il loro rapporto dopo tre anni di silenzio.

O forse, più semplicemente, era solo in ritardo.

Kate guardò il tavolo delle bevande con un’espressione simile a quella di un bambino di fronte ad un negozio di caramelle. Stava morendo di sete, ma fino a cinque minuti prima aveva visto Jamie girare attorno al tavolo, e se voleva evitare di ucciderla, era meglio starle alla larga in quel periodo. Per quanto le fosse possibile.

Jamie era una delle persone più care che aveva ed a cui voleva più bene al mondo, ma in quel periodo pareva si divertisse a giocare con i suoi nervi, già di per se non molto saldi, mettendo ogni volta in mezzo il discorso “Ronnie”.

Quello che voleva Jamie era molto semplice, voleva che Kate parlasse con Ronnie da persona matura e che almeno provasse a risolvere la situazione.

Quello che voleva Kate, era ancora più semplice: evitare Ronnie.

Approfittando della momentanea sparizione dell’amica, si fiondò al tavolo pronta a bere qualsiasi cosa di potabile. A pochi passi dal tavolo, isolata in un angolino, intravide una figura familiare e, dopo essersi pentita di essersi avvicinata a quel tavolo, convinta che quella figura fosse Jamie, si rese conto che invece era solo Joe.

Sorrise, contenta di poter intrattenere una conversazione con qualcuno che non l’avrebbe ossessionata con Ronnie inducendola al suicidio, ed afferrò un bicchiere dal tavolo dirigendosi verso di lui.

Non aveva pensato al fatto che fosse più che strano che il ragazzo stesse da solo in un angolo, invece di stare al centro della pista dove sarebbe stato più naturale trovarlo. Non notò nemmeno la testa china e lo sguardo perso nel vuoto.

Era troppo occupata ad essere felice, in quel momento.

-Hei!- urlò esuberante come sempre, piazzandosi di fronte al ragazzo

Joe alzò di scatto la testa trovando la rossa sorridente, con gli occhi che le brillavano.

Joe Jonas era stato con tante ragazze bellissime e, dato l’ambiente in cui lavorava, ne aveva viste di altrettanto belle. Ormai non si stupiva poi così tanto di fronte ad un paio di gambe lunghe, occhi blu da cerbiatta e capelli come la seta.

Eppure, la prima cosa che pensò quando vide il sorriso della ragazza, fu che lei era in assoluto la ragazza più bella che avesse mai visto.  

-ciao- gli venne spontaneo sorriderle

Solo quando Kate sentì il tono triste e malinconico del ragazzo, che assolutamente non gli apparteneva, si rese conto che non era da Joe restare in un angolo e, soprattutto, silenzioso.

-tutto bene?- chiese accigliandosi

-si, certo, è che qui dentro c’è troppa gente- tentò di giustificarsi, ma Kate non era stupida.

Il ragazzo non faceva l’impiegato, era un divo del cinema, ex rock star, cresciuto in mezzo a milioni di persone, abituato ad essere circondato da centinaia di ragazzine urlanti, di certo la poca folla raggruppata in quel salone non poteva spaventarlo.

Ma forse era solo un “giorno no”.

-vuoi uscire a prendere un po’ d’aria?- chiese comprensiva la ragazza poggiandogli una mano sul braccio

-no!- disse duro lui ritirando il braccio dal suo tocco –non ce ne bisogno, grazie- ripetè cercando di essere più gentile, ma sempre con uno strano tono freddo.

Kate osservò la sua mano scivolare dal braccio di Joe e alzò lo sguardo, stupita, cercando di trovare nei suoi occhi la risposta a quello strano gesto ed a quella strana freddezza, ma gli occhi di Joe guardavano altrove, verso la punta delle sue scarpe.

-va bene- sussurrò confusa

Non aggiunse nulla, convinta che il ragazzo l’avrebbe fatto al suo posto, magari scusandosi del suo strano comportamento. Le venne un tuffo al cuore quando il ragazzo continuò ad evitare il suo sguardo, e a non dire nulla.

Era il primo silenzio imbarazzante tra loro due da quando si erano conosciuti.

-E’ successo qualcosa? Ne vuoi parlare?- chiese preoccupata, ma Joe scosse la testa, in segno negativo.

Cosa stava succedendo? Perché Joe pareva avercela con lei? Non ricordava di aver fatto nulla di sbagliato.

Ripercorse mentalmente gli ultimi istanti in cui erano stati assieme qualche giorno prima, e non gli parve di trovare nulla di strano. Lei era andata a prenderlo sul set del suo ultimo film, poi tra chiacchiere e risate erano andati in giro per negozi cercando il regalo di nozze perfetto.

Improvvisamente un flash si aprì nella sua mente, ed una scena in particolare si materializzò di fronte a lei, come se la stesse rivivendo per la seconda volta.

 

–Seth, come puoi dirmi questo?- disse in un lamento

Joe continuò a guardare Kate immobile, sconcertato, era sicuro che si stesse avviando verso un vicolo ceco, nulla di buono.

-la verità…- balbettò indeciso, ma quando Kate si aprì in uno sei suoi soliti sorrisi mozzafiato tutto, tutto, scomparve attorno a loro.

Non c’era più Seth, non c’era più Cindy, non c’era più nessun film.

Erano semplicemente loro, semplicemente Kate e Joe.

-la verità, Cindy, è che sono stanco- puntò gli occhi in quelli della ragazza –ti ho sempre dimostrato il mio amore e cosa ho ricevuto in cambio? Nulla!-

Kate scosse la testa con aria afflitta e fece un passo verso il ragazzo –non dire così! Lo sai…- si bloccò un attimo perdendosi negli occhi del ragazzo

-cosa? Cosa dovrei sapere, Cindy?- sussurrò Joe facendo un passo verso di lei e prendendole il viso tra le mani, sperando di star seguendo il copione

-lo sai che ti amo- sussurrò Kate sentendo il suo stomaco attorcigliarsi su se stesso

Joe avvicino ancora il viso a quello della ragazza fino a sfiorare il naso col suo, la guardò per un istante paralizzata, mentre non era in grado di fare niente.

 

Oh, miseriaccia.

Joe aveva capito tutto. Aveva capito che lei non stava recitando, aveva capito che non provava una semplice amicizia per lui, aveva capito che era un idiota, ed ora la stava allontanando.

Perché? Semplice, perché lui non ricambiava i suoi sentimenti e glielo stava facendo capire in modo più che palese.

-se non ti dispiace…- sussurrò quasi il ragazzo facendo risvegliare Kate dai suoi pensieri e facendole rendere conto che erano rimasti buoni cinque minuti in assoluto silenzio -…ora vado a cercare gli altri- e si allontanò senza darle il tempo di rispondere  o degnarla di uno sguardo, lasciandola impalata, con gli occhi fissi nel vuoto, fino a poco prima occupato dal ragazzo, ed un bicchiere in mano.

Come una cretina.

Kate boccheggiò un paio di volte, sorpresa dall’atteggiamento del ragazzo. Lei non era una delle sue ochette usa e getta, loro erano amici da anni, non poteva improvvisamente trattarla in quel modo, le doveva almeno una misera spiegazione!

Respirò a fondo. Doveva allontanarsi dalla folla se voleva evitare che la sua rabbia si riversasse su qualche povero sconosciuto lì attorno.

Si avviò verso la cucina, attraversandola come un razzo, spalancò il balcone e l’aria fredda le colpì violentemente il viso facendola rimanere per un attimo senza fiato.

Uscì fuori senza curarsi di richiudere la finestra alle sue spalle e si lasciò letteralmente cadere sulla ringhiera in legno poggiandovi le braccia incrociate sopra.

Guardò il prato verde di fronte a lei e pensò che in quel momento avrebbe tanto voluto fare come da bambina, togliersi le scarpe e camminare sull’erba sentendo il fresco sotto i piedi, e non pensare a niente.

Niente voglia di scappare via, niente voglia di entrare e prendere Joe a schiaffi, niente voglia di sfogarsi con Ronnie, Jamie e Lexus come una volta.

Voleva solo sparire in un buco nero, non chiedeva molto infondo.

 

 

 

Remember when, you were my boat
and I was your sea
together we'd float, so delicately
But that was back when we could talk about
anything..

(Fireworks – You Me At Six)

 

 

 

Ronnie si fermò giusto un istante sulla soglia del balcone, per poi farsi coraggio, prendere un respiro profondo, ed avviarsi a passo lento ed insicuro verso la ragazza poggiata al balcone.

Kate era immersa nei suoi pensieri, troppo occupata a deprimersi per accorgersi del rumore dei passi dietro di lei, troppo occupata a pensare a quanto fosse stata stupida ad innamorarsi di Joe.

Era talmente distratta che quando Ronnie sussurrò un flebile –ciao- pieno di insicurezza e timore, quasi non la sentì.

Ronnie a sua volta rimase immobile accanto alla ragazza aspettando una sua qualsiasi reazione. Uno schiaffo, un urlo isterico, un “vaffanculo”. Ma Kate non fece nulla di tutto questo. Rimase immobile per alcuni secondi, che a Ronnie parvero un’eternità, e solo alla fine di questi si voltò riluttante verso di lei, giusto per un attimo, per poi tornare a fissare il vuoto avanti a se.

Ronnie si accigliò; di certo non si aspettava quell’apatia da parte della ragazza, piuttosto si aspettava che da un momento all’altro le tirasse qualcosa dietro.

-Kate? Va tutto bene?- chiese apprensiva cercando di guardarla in volto

-si- sospirò

-ne sei sicura?- insistette l’altra

Kate sospirò ancora, stavolta più forte –francamente Ron, credi che anche se ci fosse qualcosa che non va, ne parlerei con te?-

Ronnie si morse il labbro ferita, per l’ennesima volta, dalle parole dell’amica. Poggiò a sua volta le braccia conserte alla ringhiera, perdendo lo sguardo nel vuoto.

-ricordi cosa facevamo quando eravamo tristi?- chiese Ronnie sorridendo, sperando di ottenere qualche chance in più giocando la carta “ricordi del passato”.

Kate non rispose, allora Ronnie continuò –facevamo scorta di schifezze ed alcolici, andavamo in spiaggia, e cantavamo a squarciagola fino al mattino- abbassò il volto quando un senso di nostalgia e malinconia la colpirono forte allo stomaco –eravamo così…-

-felici- concluse Kate per lei

Ronnie girò di scatto la testa verso Kate e stavolta riuscì chiaramente a vederle il viso.

Non era affatto come lo ricordava, spensierato e sempre sorridente, no. Quel viso ora era segnato dalla stanchezza e dalla fatica e, con uno sguardo più attento Ronnie scorse un velo leggero di lacrime offuscarle gli occhi.

Cosa le era successo? Cosa aveva spento il suo sorriso e i suoi occhi vispi in quel momento?

Qualsiasi cosa fosse, era evidente che Kate non volesse parlarne con lei, cosa poteva fare allora, se non cercare di farla ridere?

-Già- commentò Ronnie sorridendo –poi arrivava Lexus e con le sue stonature spezzava l’atmosfera-

Kate sorrise appena, era un passo.

-perché non l’hai detto?- chiese improvvisamente facendo accigliare Ronnie

Di cosa stava parlando ora?

-Ci hai lasciate senza una parola…- spiegò sussurrando –noi avremmo capito-

-avevo diciotto anni Kate, ero immatura, ed allora scappare dai miei problemi mi sembrava l’unica via di fuga- rispose Ronnie sospirando. Se solo avesse avuto l’opportunità di tornare indietro, avrebbe affrontato tutto diversamente. Forse sarebbe partita lo stesso, o forse no.

-si ma perché? Perché non dircelo?Perchè andartene così senza una parola?- Kate finalmente si voltò riversando tutta la rabbia dei suoi occhi sulla ragazza che la guardava spiazzata.

-perché non ce l’avrei fatta Kate- rispose sostenendo lo sguardo dell’amica –sapevo che se vi avessi guardato mentre dicevo di voler partire, sarebbe bastato anche un solo sguardo da parte vostra per farmi rimanere lì-

Kate annuì e tornò a guardare di fronte a lei –spero che almeno sia servito a farti superare i tuoi problemi-

Ronnie non rispose. Rimase lì, accanto a lei, a fissare il buio che le circondava.

Era servito a farle superare i suoi problemi? Non ne era certa.

 

*          *         * 

Ok.

Questo è osceno, veramente -.-‘

E’ un capitolo idiota e so che lo state pensando anche voi, quindi date libero sfogo alle vostre offese nei miei confronti ùù

Allora! Come va la vostra estate? Partirete? Siete già partite? Raccontatemi ùù

Vi amo!

 

 

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Capitolo 14
*** I've only got forever, and forever is fine ***


S'innamorò come s'innamorano sempre le donne intelligenti: come un'idiota.
- Angels Mastretta.

 

 

 

-No, davvero, non credo di aver capito-

Joe sbuffò passandosi una mano tra i capelli, eppure gli sembrava di essere stato abbastanza chiaro.

-cosa c'è da capire Nick? Mi sono innamorato di lei- borbottò

Nick si guardò in giro, come se stesse studiando le persone che riempivano quel caffè in una via isolata di Los Angeles quella mattina, ma in realtà stava solo pensando a quello che gli aveva detto il fratello, e non poteva che trovarlo assurdo. 

Alzò un sopracciglio e lo guardò curioso.

La sera prima era stata la più strana della sua vita. Allie gli era stata addosso tutta la serata e lui, nonostante tentasse in tutti i modi di non farlo, non poteva fare a meno di cercare Ronnie con lo sguardo.

Era davvero strano. Non sapeva esattamente cosa volesse dalla ragazza, sapeva solo che voleva conoscerla di nuovo, voleva sapere. E con Allie tra i piedi non era stato possibile parlare con lei più di tanto.

Ma al momento c'era qualcosa di più imminente di cui parlare.

Dalla sera prima infatti, Joe era strano, ma non strano come al solito, no, sembrava addirittura triste.

Quando quella stessa sera Nick gli aveva chiesto cosa aveva, lui aveva sminuito il tutto con un sorriso ed un gesto della mano.

Il suo primo pensiero quella mattina era stato svegliare il fratello che, dopo averlo benedetto in tutte le lingue del mondo, aveva acconsentito ad uscire per andare a fare colazione con lui in un posto "appartato", dove avrebbero potuto parlare tranquillamente.

-questo l'avevo capito già da un pezzo Joseph- commentò Nick spazientito -quello che non capisco è il tuo malsano desiderio di mandare tutto all'aria-

-tutto cosa Nick?- ribatté subito -la nostra amicizia è tutto quello che avevamo, e l'ho già mandata all'aria innamorandomi di lei-

-oh, e quindi tenti di salvare la vostra amicizia non rivolgendole più la parola?- domandò sarcastico -in quale specie di mondo parallelo vivi Joe?-

Joe abbassò lo sguardo prendendo a mescolare con la cannuccia il cappuccino avanti a se.

-è complicato Nick- sospirò

Nick si lasciò cadere all'indietro, contro lo schienale di vecchia pelle bordeaux -sei tu che la stai complicando fratello-

Joe continuò a mischiare il cappuccino con la sua cannuccia verde, fissava la schiuma disegnare aspirali nel caffè ed intanto pensava. Ma più pensava, più si rendeva conto che quella era l'unica via da intraprendere, non c'erano altre possibilità.

-cosa dovrei fare, secondo te?- sospirò infine, sperando che il fratello avesse una qualche idea geniale

Nick si alzò di scatto sporgendosi verso il fratello ed unendo le mani sul tavolo. -Diglielo- 

Joe sorrise triste scuotendo la testa -non posso-

-perchè? Cosa hai da perdere?-

-la sua amicizia!- sbottò indignato

Nick scosse la testa -Kate non è una ragazzina. Siete due persone mature e siete in grado di parlarne serenamente- Joe lo guardò dubbioso, allora lui tentò ancora -andiamo, se ti va bene, riuscirai a stare assieme con la ragazza di cui sei innamorato-

-e se mi va male?- chiese subito

-se ti va male, lei ti dirà che non prova i tuoi stessi sentimenti, ed amici come prima!-

Joe alzò un sopracciglio, dubbioso -tu credi davvero che se le dicessi di essere innamorato di lei, il nostro rapporto rimarrebbe lo stesso?-

-Joe, lo stai cambiando comunque!- sbottò esasperato, a volte quel ragazzo era davvero stupido

-lo so, ma...- si lamentò lui

-ma?- sospirò Nick

-non ce la faccio- confessò sbuffando -non ce la faccio a starle vicino Nick, mi fa male-

Nick scosse la testa, del tutto contrariato -ma così stai facendo del male a lei- sbottò arrabbiato dando un pugno al tavolo

Lui voleva bene a Kate, davvero tanto. E sapeva quanto lei volesse bene a Joe. Quella ragazza aveva sofferto già tanto per amicizia, Joe non poteva farle questo, non se era vero che l'amava come diceva.

-parli proprio tu, che è un anno che sei fidanzato con una ragazza mentre sai bene di amare un'altra!- 

Colpo basso, decisamente.

Nick guardò basito il fratello, non poteva credere che l'avesse detto davvero. Lui sapeva, sapeva, tutto quello che aveva passato a causa di Ronnie. Ora non poteva buttargli tutto in faccia così.

Joe si morse il labbro, pentito.

-mi dispiace Nick, scusa-

Nick tornò a poggiare la schiena sulla spalliera -non importa- borbottò fissando il tavolo di finto legno scuro -comunque, per precisare, io non sono innamorato di Ronnie- 

Joe annuì, quello non era certo il momento per insistere, anche se a sua opinione il ragazzo era ancora cotto e come. L'aveva visto la sera prima come cercava Ronnie per tutta la sala mentre Allie cercava di distrarlo in tutti i modi. E sapeva anche che questo ad Allie non era sfuggito e, di certo, sarebbe successo un casino prima o poi se Nick non si fosse mosso a fare chiarezza nei suoi pensieri. Ma in quel momento Joe non era capace di far ragionare se stesso, figurarsi il fratello.

-ma di certo non ami Allie- si lasciò sfuggire comunque

Nick sospirò passandosi stancamente una mano sul viso. Questo lo sapeva, ma non era di quello che voleva parlare, e poi davvero credeva di non essere innamorato di Ronnie. Certo non ne aveva la certezza, e doveva ammettere che il suo ritorno a LA non gli era del tutto indifferente, ma non era ancora innamorato di lei, non poteva essere ancora innamorato di lei. Sarebbe stata una cosa ridicola. E poi non voleva pensarci in quel momento.

-non stavamo parlando di me ora. Affrontiamo un disastro alla volta- sorrise appena alzando un angolo della bocca -per me stai sbagliando Joe-

Il ragazzo alzò lo sguardo verso Nick puntando gli occhi nei suoi.

Nessuno conosceva Joe meglio di lui. Nessuno in tutta la sua vita, gli aveva mai dato consigli migliori dei suoi. E una piccola parte di lui, dispersa tra i meandri del suo cuore e della sua mente, sapeva che Nick aveva ragione, ma era troppo codardo per ammetterlo. Era troppo codardo per confessare tutto a Kate, con il rischio, se non la certezza, che avrebbe potuto ricevere un rifiuto.

-non riesco a fare altro al momento Nick, devo pensarci-

Il primo istinto di Nick fu quello di saltare sul tavolo e prendere a schiaffi il fratello. Non poteva evitare il problema in quel modo, non erano messi in ballo solo i suoi sentimenti, ma anche quelli di un'altra persona, Kate. Doveva pensare anche a lei, non poteva essere tanto egoista!

E mentre stava per pronunciare queste parole, si rese conto che da parte sua sarebbe stato un discorso davvero ipocrita.

E' vero, non credeva di amare Ronnie, ma di sicuro non amava Allie. E lui si che aveva seriamente e pesantemente giocato con i suoi sentimenti, e per quasi un anno.

Lui si che avrebbe seriamente dovuto pensare alla loro relazione e in quale direzione stesse andando il suo cuore.

Ridacchiò sarcastico per i suoi pensieri, mentre Joe lo guardava stranito.

-Dovremmo prenderci una lunga vacanza fratello, lontano da tutti-

Joe sorrise -magari-

La tasca dei jeans di Nick prese a vibrare o meglio, il cellulare nella sua tasca lo fece. Lo estrasse veloce e dopo aver letto l'sms appena arrivatogli lo ripose al suo posto, sbuffando.

-Allie mi ha chiesto se la passo a prendere, ora-

Joe annuì, facendo poi un segno al cameriere di portagli il conto -dov'è?-

-in ufficio dal padre- rispose svogliatamente alzandosi e raccogliendo la sua giacca di pelle

-non è dove lavora...?- 

Nick sospirò -non mi ci far pensare-

 

 

 

*              *              *

 

 

Ronnie si passò stancamente una mano sugli occhi e, sospirando, tornò a guardare svogliatamente lo schermo avanti a se.

Johnny le aveva affidato uno strano articolo che parlava di contrapposizione tra scienza e religione, da tradurre. Il brano originale era scritto in spagnolo, quindi non le ci voleva molto per tradurre il testo, ma l’argomento non le interessava affatto, ed inoltre era tremendamente noioso.

Senza contare che la sera prima non era riuscita a chiudere occhio, ripensando al fatto che Kate le avesse parlato senza azzannarla.

Un sorriso si dipinse automaticamente sulle labbra di Ronnie, un sorriso che durò poco e che svanì subito al ricordo delle stupide minacce di Allie.

Sospirò, la sua vita non era mai stata così incasinata.

Due delle sue più care amiche avevano appena ricominciato a rivolgerle la parola, ma il loro rapporto non si avvicinava nemmeno lontanamente a quello di una volta. Ronnie sapeva che questo era dovuto al fatto che Kate, continuasse ad odiarla. Certo, il giorno prima avevano parlato da persone civili e mature, ma non si può dire ci fosse stato un vero e proprio chiarimento.

L’unica persona con cui poteva realmente sfogarsi, in quel momento, si trovava a chilometri di distanza da lei, in Spagna.

Il suo ex ragazzo, quello per cui era scappata dall’altra parte del mondo, era lì con la sua super sexy ed affascinante nuova ragazza che, tra l’altro, sospettava volesse ucciderla.

Con un altro sospiro rimpianse i bei vecchi tempi, quelli in cui non avrebbe esitato un istante a far capire alla ragazza che tipo di persona era e che non doveva scherzare con lei. Forse tutt’ora l’avrebbe fatto, se solo lei non fosse stata la figlia dell’uomo che, al momento, le pagava lo stipendio.

-Ron, ancora qui?- la voce di Johnny la fece destare dai suoi pensieri e, svogliatamente, portò gli occhi all’orologio che era appeso sul muro di fronte a lei. Non si era minimamente accorta che fosse ora di pranzo.

-si, stavo giusto staccando- rispose allungando braccia per sgranchirle

-io stavo andando a pranzo, ti va di venire con me?- propose Johnny afferrando la giacca dall’appendi abiti ed infilandosela

-certo, perché no- rispose in un’alzata di spalle la ragazza

Assieme si avviarono verso l’ascensore, in silenzio, e Ronnie trovo strano che Johnny non le avesse ancora detto della sera precedente. Per quel poco che l’aveva conosciuto sembrava il tipo che non risparmiava battutine, era curiosa di sapere quali fossero state le sue impressioni sulla serata precedente. Come aveva trovato l’ambiente, come aveva trovato Lexus.

-ti spiace se prendiamo le scale?- chiese Johnny arrivati all’ascensore

Ronnie spalancò la bocca -hai dimenticato che siamo al ventunesimo piano?-

Johnny la spintonò leggermente ridacchiando  –mi piace fare le scale a piedi-

Ronnie lo guardò alzando un sopracciglio –sono contenta che dedichi parte della tua vita all’attività fisica, ma questa tua passione non è affatto condivisa da me- rispose guardandolo stranita –quindi magari ci vediamo giù eh- allungò una mano per prenotare l’ascensore, ma Johnny la bloccò ridendo e, prendendola sotto braccio, la trascino letteralmente verso le scale.

-Dai, solo cinque piani, poi prendiamo l’ascensore- disse aprendo la porta in ferro, posta in un angolo remoto del pianerottolo

Ronnie, contrariata, cercò di tirarsi indietro opponendo resistenza, ma poi si arrese sospirando –odio quando prendi queste iniziative suicide e ci trascini anche me!- ma Johnny parve non sentirla.

Con un bel sorriso stampato sulle labbra, prese a scendere velocemente le scale mentre Ronnie a parecchi scalini di distanza, cercava affannosamente di stargli dietro.

-potresti almeno rallentare!- esclamò quasi col fiatone, di certo l’attività fisica non era il suo forte

-oh andiamo, sembra che tu abbia ottant’anni!- scherzò Johnny rallentando la sua andatura

Ronnie alzò gli occhi al cielo maledicendo se stessa per aver assecondato quell’essere totalmente fuori di testa in quella che poteva essere la fine della sua vita. Si, era anche un tantino melodrammatica.

Sei piani, centoventisei scalini e un polmone in meno dopo, Ronnie riuscì a convincere Johnny a prendere l’ascensore.

-Non ho mai visto una ventiduenne tanto scansafatiche!- la prese in giro il ragazzo entrando nell’ascensore

-Non vedo cosa c’è di male nella mia pigrizia- borbottò lei seguendolo all’interno –tu sei libero di farti ventuno piani su e giù quante volte ti pare ed io sono libera di sprofondare su un divano appena posso-

Johnny ridacchiò scuotendo la testa, Ronnie lo osservò e decise che quello era il momento giusto per chiedergli di Lexus.

-Allora, com’è andata ieri sera?- chiese con nonchalance osservando il ragazzo

Gli occhi di Johnny si illuminarono giusto un tantino.

-bene, una bella serata- rimase sul vago, sapendo bene dove volesse andare a parare Ronnie

-sono contenta che ti sia piaciuta e ti ringrazio ancora per avermi accompagnato- sorrise

-non c’è di che- sorrise –ma lo sai- continuò poi col con espressione furba  –non l’ho fatto per te…-

-l’hai fatto per Lexus- concluse Ronnie al posto suo sorridendogli

Le porte dell’ascensore si aprirono avanti ai due che, a passo lento, si avviarono verso l’uscita.

-com’è andata con Lex dopo che vi ho lasciati soli?- chiese diretta

Johnny fece una smorfia –beh, diciamo che la micetta non si è ancora innamorata di me, ma ci sto lavorando-

Le porte di vetro si aprirono avanti a loro,e la luce del sole li colpì in pieno viso, tanto che Ronnie dovette portarsi una mano al viso per riuscire a vedere qualcosa.

-spero che tu non l’abbia mai chiamata con quel nome in sua presenza- ridacchiò Ronnie divertita, immaginando un’eventuale reazione di Lexus al sentirsi chiamare “micetta” -ma credo tu non l’abbia fatto, dal momento in cui sei ancora vivo-

Johnny ridacchiò pensando che Ronnie aveva proprio ragione, ma quella ragazza, Lexus, lo affascinava proprio per quello. Non aveva mai incontrato nessuna come lei.

-Ronnie?- una voce li fece arrestare sul marciapiede, nel punto esatto in cui si trovavano.

Johnny si voltò confuso, Ronnie col cuore che le andava a mille.

Nick, accanto ad una macchina scura, guardava nella sua direzione. I jeans scuri e la maglietta bianca che fasciavano il corpo asciutto per poco non causarono un infarto alla ragazza. E il fatto che gli occhiali scuri gli nascondessero quegli occhi nocciola, pensò, non fu altro che un bene.

-Nick? Cosa ci fai qui?- chiese avvicinandosi

Subito mille congetture le affollarono la mente. Che fosse lì per lei? Che volesse parlarle?

-sono qui per Allie- rispose piano il ragazzo mentre Ronnie si fermava di scatto, come scottata –è da suo padre- spiegò con un filo di imbarazzo

Ronnie annuì, sentendosi improvvisamente tremendamente stupida –capisco-

-hei Johnny- salutò il ragazzo con un cenno della testa

-salve Nick- ricambiò lui stringendogli velocemente la mano

Ronnie osservò la scena, accigliata –vi conoscete già?-

-oh si, ci ha presentati Allie l’altra sera- spiegò Johnny sorridendo e Ronnie dovette trattenersi dallo sbuffare come una bambina.

Allie, Allie, Allie. Com’è che c’era sempre lei di mezzo?!

I tre rimasero in silenzio e, Johnny, cogliendo l’imbarazzo, decise saggiamente di defilarsi.

-Ron, vado a prendere posto, sai che è impossibile trovarne due da Alice’s a quest’ora, ti aspetto lì- disse facendo qualche passo indietro –Nick, è stato un piacere- sorrise per poi voltarsi ed incamminarsi lungo la strada

I due rimasero qualche istante in silenzio in totale imbarazzo.

Ronnie col cuore a mille non riusciva, contro la sua volontà, a staccargli gli occhi di dosso. Come poteva essere dopo quattro anni ancora così, così…lui.

Certo, i capelli erano più corti ed i lineamenti più adulti ma, cavolo, la attirava come il miele con le api, proprio come quattro anni prima.

-allora, come ti trovi qui?- spezzò il silenzio Nick accennando con la testa al grande palazzo grigio

-benissimo- sorrise lei –Johnny è un amore, è un piacere lavorare con lui-

-sono contento- sorrise lui in risposta

-oh, e a te come vanno le cose?- chiese impacciata –ho saputo che i Jonas si sono sciolti, mi dispiace-

Nick sorrise triste. Se solo avesse saputo che la causa di quello scioglimento, almeno in parte, era stata lei, o meglio, il dolore che aveva provato per lei.

-E’ stato tanto tempo fa- sminuì il tutto con un sorriso

Tanto tempo fa.

Quelle parole fecero risvegliare in Ronnie qualcosa si strano, qualcosa di malsano.

Tanto tempo fa, ed improvvisamente il fluire dei suoi ricordi fu tanto veloce e prepotente che non riuscì a fermarlo. Le ci volle giusto un attimo per ricordare lui, che la stringeva sul divano di casa sua mentre guardavano un film, lui che le accarezzava il viso mentre la guardava in un modo così perdutamente innamorato, loro che si baciavano sotto la pioggia, in spiaggia, ovunque.

E in ultimo il ricordo più limpido e chiaro, il ricordo del suo cuore che batteva forte, le sue risa spontanee, il ricordo di lei, che era felice.

Ronnie fece un passo indietro, spaventata, e per poco non cadde inciampando in qualcosa, probabilmente i suoi stessi piedi.

Nick la guardò accigliato, a cos’era dovuto il suo improvviso cambiamento?

-ora devo andare, mi ha fatto piacere parlare con te- balbettò la ragazza indietreggiando

Nick fece un passo verso di lei, evidentemente deluso.

Non poteva andarsene ora che finalmente avevano un’occasione per parlare, non poteva andarsene ora che lui non sapeva ancora nulla della nuova Ronnie.

Poi, improvvisamente, gli venne la brillante idea.

-ti va di andare a cena qualche volta?- chiese di slancio mentre la ragazza lo guardava spalancando gli occhi –per ricordare i vecchi tempi, da amici- aggiunse cogliendo il disagio della ragazza.

Non sapeva nemmeno lui da dove gli era venuta fuori quella proposta, e nemmeno per un attimo aveva pensato alle conseguenze del suo invito. Voleva solo rivederla, ed aveva trovato il modo per farlo.

Ronnie intanto restava immobile, interdetta.

Sapeva che avrebbe dovuto dire di no con una qualsiasi scusa, avrebbe dovuto rifiutare. La sua vita era già troppo incasinata al momento, non c’era bisogno di aggiungere altri guai.

-si- e sapeva anche che non ce l’avrebbe fatta a dirgli di no

Nick si aprì in uno dei suoi rari quanto bei sorrisi, era la risposta che sperava.

-bene, domani sera?- chiese subito

Ronnie si ritrovò ad annuire automaticamente.

-ti passo a prendere alle otto-

-l’indirizzo lo conosci- sorrise lei –a domani- salutò per poi voltarsi ed avviarsi verso la strada

Stava camminando? Eppure le sembrava di volare.

Il che la fece tornare alla realtà, e quella stupida vocina interiore le diceva di piantare per bene i piedi a terra e non farsi mille film mentali.

Su cosa poi? Lei cosa voleva in realtà? Era innamorata di lui, non lo era?

Ma di questo non doveva preoccuparsi al momento, era solo una cena tra amici.

Una cena tra vecchi amici.

 

 

 

*            *            *

 

Più tardi, nel suo piccolo appartamento in centro dove si era trasferita dopo le evidenti difficoltà di convivenza con la madre, Kate fissava intensamente il vuoto, sbuffando.

Quel dannato cellulare che aveva poggiato proprio di fronte a lei, sul tavolino di vetro, proprio non ne voleva sapere di squillare.

Lo afferrò al volo, controllando lo schermo, nulla.

La ragazza gli aveva mandato un sms quella mattina, chiedendogli se fosse tutto a posto, dato il suo strano comportamento della sera prima, ma Joe non le aveva risposto.

In un primo momento aveva pensato che il ragazzo fosse impegnato al lavoro, o qualcosa del genere, ma dopo otto ore quarantotto minuti e trentasei secondi dall’invio di quello stupido sms si stava facendo spazio a forza in lei, l’idea che forse i suoi pensieri non erano del tutto sbagliati: Joe aveva capito che era innamorata di lei, ed ora la evitava.

Altro sbuffo.

Quello che era certo, era che il ragazzo era un vero idiota.

Non poteva trattarla così, non era giusto! Dovevano almeno parlare prima, anche se dopo lui avesse deciso di non parlarle mai più.

Kate si sistemò meglio sul divano, non era da lei stare lì con le mani in mano, aspettando. Lei era quella che andava incontro ai problemi e, nel caso, li prendeva a calci in culo, ma in quella situazione proprio non sapeva che fare.

Le opzioni era due, a suo parere: aspettare lì, su quel vecchio divano, che Joe si decidesse a far qualcosa, qualunque cosa, oppure andare da lui, ovunque fosse, e prenderlo a schiaffi, dopo aver eventualmente parlato.

Si alzò di scatto afferrando il cellulare e la borsa e si avviò verso la porta, aveva aspettato fin troppo, per i suoi gusti.

A qualche chilometro di distanza, Joe, si trovava nella stessa identica situazione della ragazza.

Seduto sul suo letto, fissava insistentemente il cellulare. Era da quella mattina che pensava sempre la stessa cosa, senza trovare risposta: cosa doveva dirle?

Da quella mattina non aveva trovato nulla di sensato per spiegare il suo comportamento della sera prima. Non poteva di certo dirle che era un imbecille che si era innamorato di lei buttando la loro amicizia all’aria? Magari avrebbe potuto finire anche il suo discorso con un “hei, lo so che tu non provi lo stesso per me quindi, amici come prima!”

Ridicolo.

Ma sapeva che non avrebbe potuto evitarla per sempre, prima o poi avrebbe dovuto rispondere del suo strano comportamento, solo, non si aspettava così presto.

Il campanello suonò freneticamente e maledì chiunque l’avesse distratto dai suoi pensieri profondi.

Restò immobile a fissare il vuoto, ma al secondo trillo, ricordò che era l’unico in casa, e quindi gli toccava andare ad aprire la porta.

Con uno sbuffò scese le scale e si precipitò alla porta, pronto a liquidare in due secondi chiunque fosse e tornare a crogiolarsi liberamente nella sua autocommiserazione.

Aprì la porta con un gesto veloce, e spalancò gli occhi, cercando di non urlare come uno di quegli stupidi protagonisti dei film dell’orrore.

Kate, la rossa e stupendissima Kate, era di fronte a lui, che lo guardava accigliata.

Joe si sentì mancare l’aria.

-dobbiamo parlare- sbottò la rossa spingendo il ragazzo di lato e facendosi spazio per entrare.

Joe deglutì chiudendo la porta, reprimendo l’istinto di correre fuori e scappare. Sapeva bene che quando una frase cominciava con “dobbiamo parlare” non portava a nulla di buono.

 

 

 

 

 

*             *              *

 

 

Salve a tutte!

Come state? Io sto per partire, improvvisamente xD mi aspettano le dolomiti e la romantic strasse *-*

Ad ogni modo, credo di non tornare prima del 25, quindi non so se posterò prima di settembre çç Cercherò di scrivere lì, ovunque io sia, ma la vedo dura!

Ah, spero vi sia piaciuto il capitolo!

Vi amo sempre e comunque ùù

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Oh, why you look so sad? ***


cap 14

Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima.

(Cento sonetti d’amore – Pablo Neruda)

 

Joe, seduto sul divano in pelle bianca del salone di casa Jonas, continuava a fissare Kate che a sua volta non la smetteva a camminare avanti e indietro come un leone in gabbia, in silenzio.

Ovviamente Joe sapeva il motivo per cui la ragazza si era presentata lì, e proprio per questo temeva il momento in cui Kate avrebbe parlato. Per ora però la ragazza non sembrava intenzionata a farlo.

Con piccoli passi svelti, la testa bassa e uno sguardo accigliato, continuava a camminare, ma Joe non si illudeva e, in silenzio, aspettava con timore il momento in cui Kate fosse scoppiata. Momento che arrivò prima del previsto. 

- ti ho mandato un sms stamattina- sbottò fermandosi di colpo, puntando le mani sui fianchi.

Joe aprì la bocca per parlare, anche se non sapeva cosa dire, ma la ragazza non gliene diede comunque il tempo, continuando con occhi fiammeggianti di collera -non mi hai risposto- chiarì come se fosse ovvio che Joe non si fosse reso conto del madornale errore.

-Come minimo mi aspettavo che stessi salvando il mondo da una calamità naturale o che stessi cercando una soluzione per la fame nel mondo- fece una pausa sfidandolo con un’occhiataccia -e invece ti trovo a poltrire a casa, in ciabatte

Nonostante il tono duro della ragazza a Joe venne l'istinto di sorridere, ma si trattenne abbassando lo sguardo. In un'altra situazione, se non fosse stato in pericolo di vita, avrebbe riso. Forse.

Finito il suo monologo, Kate restò a fissarlo, immobile, in cerca di una risposta, una spiegazione.

Spiegazione che Joe non era in grado di darle. 

Ancora una volta il ragazzo si ritrovò a chiedersi cosa avrebbe potuto dire per giustificare il suo stupido comportamento e, ancora una volta, si limito a farneticare senza senso

-io...ecco io ero...ero...occupato

Kate fissò a lungo il ragazzo, annuendo con aria assente. Improvvisamente si sentiva stupida. Dopotutto Joe non aveva risposto ad un suo sms, non era la fine del mondo, lui non era obbligato a risponderle e lei non era nessuno per avanzare quella pretesa. E poi probabilmente il ragazzo davvero non le aveva risposto perché occupato.

Eppure.

Eppure una parte di lei continuava a tormentarla dicendole che Joe non le aveva risposto perché voleva evitarla, perché aveva scoperto la verità.

Joe intanto la guardava in silenzio facendo attenzione a non fare nemmeno il minimo movimento, non voleva ulteriormente urtare la sensibilità della ragazza rischiando di farla  innervosire più di quanto già non fosse. Solo quando vide i suoi occhi spegnersi della fiamma che li aveva animati fino a poco prima e velarsi diventando opachi si decise a parlare -va tutto bene?- chiese cauto cogliendo il suo repentino cambio d'umore.

Kate batté le palpebre risvegliandosi parzialmente dai suoi pensieri e, in un tono del tutto diverso da prima, parlò guardando il ragazzo negli occhi -ce l'hai con me?- sussurrò timorosa e Joe si maledisse mentalmente. Col suo stupido atteggiamento aveva ferito Kate. -No!- urlò quasi alzandosi di scatto mentre la ragazza faceva istintivamente un passo indietro. Joe si avvicinò a passo deciso e prese le mani di Kate tra le sue -assolutamente no- ripetè, stavolta con voce più calma.

Kate rabbrividì al contatto delle sue mani con quelle di Joe e, incapace di sostenere il suo sguardo, abbassò la testa sfilandole dalla sua presa leggera -ho fatto qualcosa di sbagliato?- chiese ancora come se non avesse sentito la precedente affermazione del ragazzo.

Joe si accigliò cogliendo qualcosa nella voce incrinata della ragazza. Una punta di disagio?

Si soffermò per un attimo a guardare Kate, studiando attentamente gli occhi nocciola coperti da un velo lucido, il naso piccolo e pronunciato sulla punta, le labbra sottili socchiuse ed un ciuffo che le cadeva disordinatamente sulla fronte.

Aveva una strana espressione, le sopracciglia curvate verso l’interno e gli occhi tremanti, un’espressione strana per lei che era sempre così sorridente ed allegra, talmente tanto che riusciva a contagiare tutti nel giro di dieci metri con la sua vitalità.

Erano poche le occasioni in cui non aveva visto un sorriso spuntarle sulle labbra, e detestava sapere che ora il motivo del suo mancato sorriso era lui.

-perché pensi che ce l’abbia con te?- sussurrò delicato cercando di prendere tempo per cercare qualcosa di meglio da dire, con cui giustificarsi.

Kate distolse per un attimo lo sguardo da Joe portandosi un ciuffo distrattamente dietro l’orecchio, ed in quello stesso momento Joe si chiese se lei sapeva.

Sapeva che ogni volta che faceva quel semplice gesto il ragazzo moriva dalla voglia di accarezzarle i capelli? Sapeva che ogni volta che lei lo guardava non poteva fare a meno di sorridere? Sapeva che ogni volta che in un momento di concentrazione lei si mordeva le labbra, Joe doveva trattenersi con tutte le sue forze per non baciarla? Si era accorta degli sguardi poco discreti del ragazzo? Si era accorto del suo cambiamento in quelle settimane?

-non sono stupida Joe- borbottò puntando ancora una volta gli occhi in quelli del ragazzo, la sua voce non era arrabbiata sta volta, era piuttosto triste –alla festa dell’altra sera mi hai ignorato, fino ad allora pareva che non potevi stare cinque minuti senza mandarmi qualche sms con le tue stupide battutine, o raccontarmi nei minimi dettagli la tua giornata, poi improvvisamente…- si fermò alzando le spalle, come se la conclusione fosse ovvia, ed effettivamente lo era. Improvvisamente, Joe era sparito.

Rimase immobile, cercando di non lasciarsi distrarre dallo sguardo insistente della ragazza che aspettava una risposta. Doveva rimanere lucido, doveva trovare le parole per spiegarle il suo comportamento.

Ma proprio mentre pensava si rese conto che, come gli aveva detto Nick, il suo comportamento non aveva senso.

Diceva di voler allontanare Kate per non rovinare tutto, per salvare la loro amicizia, ma ora di fronte agli occhi lucidi della ragazza si chiese come poteva essere stato così stupido a pensare una cosa del genere.

Non solo allontanandosi avrebbe sicuramente rovinato la loro amicizia, ma avrebbe fatto del male a Kate che indubbiamente gli voleva bene. Certo, non nel modo in cui le voleva bene lui.

Cosa doveva fare quindi?

Dopo interminabili minuti, Joe decise di fare quello che gli riusciva meglio: non pensare.

Kate ebbe giusto un minuto per sobbalzare, cogliendo il repentino cambiamento di direzione dei pensieri del ragazzo, che andavano dal pensieroso al determinato.

Giusto un minuto prima che Joe facesse un passo verso di lei prendendole il viso tra le mani e poggiando le sue labbra su quelle della ragazza.

A quel punto Kate avrebbe dovuto essere quanto meno sconvolta. Avrebbe dovuto tirarsi indietro portandosi una mano alle labbra e spalancando gli occhi, completamente spaesata.

Ma lo sgomento durò poco e ben presto la sorpresa iniziale della ragazza sfumò e a Kate venne del tutto naturale poggiare le mani sul petto del ragazzo e chiudere gli occhi, lasciando che le labbra di Joe accarezzassero le sue.

Le mani di Joe le bruciavano sul viso e un brivido le corse dietro la nuca, facendole tremare le ginocchia.

Socchiuse gli occhi, senza smettere di baciare il ragazzo, e trovò i suoi occhi a guardarla.

Joe sorrise sulle sue labbra, come se fosse emozionato quanto lei, e Kate sentì il cuore battere talmente forte che temeva che lui l’avrebbe sentito o che sentisse le sue guance diventare bollenti sotto le sue mani.

Quando poi Joe spostò una mano dietro al suo collo senza staccare gli occhi da lei e l’attirò a se riprendendo il contatto, a Kate mancò il respiro, ed era certa che sarebbe svenuta da un momento all’altro.

Tuttavia, non era imbarazzante o strano come si era trovata a pensare più volte durante uno dei suoi tanti sogni ad occhi aperti.

Era completamente persa, come se avesse passato tutta la vita ad aspettare quel momento, come se avesse passato una vita ad aspettare Joe.

 

 

Is this the place we used to love?
Is this the place that I’ve been dreaming of?

 

Erano quasi quindici minuti che Ronnie continuava a fissare la sua figura riflessa nello specchio, con espressione dubbiosa.

Ancora una volta studiò i capelli neri legati in uno chignon alto sulla testa, il viso leggermente truccato, il suo slim nero preferito ed una semplice maglietta rossa a tre quarti con scollo quadrato.

Aveva impiegato tutto il pomeriggio per decidere cosa indossare quella sera.

Provava un vestito, poi rimaneva a fissare le sue gambe per dieci minuti e decideva che era troppo per un uscita tra amici, allora indossava qualcosa di più semplice, altri dieci minuti a fissarsi, e si trovava troppo sciatta.

Proprio mentre stava per buttare l’armadio dalla finestra in preda ad una crisi di panico, aveva ricevuto un sms da Nick che, dopo averle spiegato di aver ricevuto il suo numero da Jamie, le diceva che quella sera avrebbe dovuto mettersi comoda. Ronnie allora aveva alzato un sopracciglio mordendosi il labbro. L’ultima volta che il ragazzo le aveva detto di vestirsi comoda si era ritrovata ad arrampicarsi su un pick up.

Così, anche se estremamente dubbiosa, alla fine aveva optato per un abbigliamento comodo, nel caso il ragazzo avesse pianificato di farle scalare una montagna, ma non troppo trasandato, nel caso si fosse attenuto ai parametri della gente normale.

Decise finalmente di staccarsi dallo specchio quando un trillo provenne dal suo cellulare informandola dell’arrivo di un sms. Con una mano afferrò il cellulare che giaceva sul letto, con l’altra la borsa a tracolla nera e scese le scale, Nick sarebbe arrivato di lì a poco.

“Nick mi ha chiesto il tuo numero. Con lui sono stata brava e gliel’ho dato senza chiedere spiegazioni. Non ti aspettare che sia altrettanto brava con te!”

Ronnie sorrise leggendo il messaggio di Jamie e digitò una risposta veloce, con uno sbrigativo “poi ti spiego”.

Si sedette sul divano accendendo la televisione, senza realmente guardarla, e si perse nei suoi pensieri.

Era letteralmente in ansia, ma allo stesso tempo era eccitata e curiosa di scoprire com’era diventato Nick Jonas dopo quattro anni.

Quello però era anche il momento che temeva di più, il momento in cui avrebbe capito se il suo trasferimento a Madrid fosse realmente servito o se fino ad ora si era solo illusa.

Ogni volta che ci pensava si sentiva tremendamente ridicola. Dopo tutto quel tempo non poteva ancora provare qualcosa per lui, non sapeva nemmeno chi era lui ora.

Certo, era ovvio che i ricordi del passato le facessero attorcigliare lo stomaco, ma doveva tenere bene a mente la differenza tra passato e presente.

In passato lei amava Nick. Ora, praticamente, non lo conosceva nemmeno.

Il suono del campanello proveniente dall’ingresso la fece alzare di scatto dal divano, riscuotendola dai suoi pensieri. Spense la tv con un gesto automatico prima di avviarsi verso la porta come un automa.

Quando aprì la porta tirò un sospiro di sollievo, vedendo che il ragazzo di fronte era vestito in modo semplice come lei.

Si fermò per un istante a fissare Nick sul portico di casa sua ed ebbe una strana sensazione, come un deja vu. Quante volte si era fermata a parlare con lui su quel portico? Quanto gli era mancato farlo quando lui se n’era andato?

-ciao- la salutò Nick naturale, rivolgendole un sorriso

-hei, ciao- rispose un po’ più impacciata lei

-sei pronta per andare?- chiese gentile

Ronnie annuì tastando la borsa poggiata su un fianco, per verificare di non averla dimenticata –certo, andiamo-

Percorsero il vialetto uno accanto all’altro, il silenzio spezzato solo dal rumore dei loro passi sulla ghiaia. Nick le fece cenno di seguirla verso un suv nero dai vetri oscurati.

Quando il ragazzo le aprì la portiera per farla salire i loro sguardi si incrociarono per un istante, come se entrambi stessero pensando alle innumerevoli volte che il ragazzo aveva fatto quel semplice gesto in passato, e Ronnie gli sorrise gentile. Era felice di constatare che la sua galanteria non era sfumata nel tempo.

–grazie- sussurrò sedendosi al posto del passeggero.

Ronnie guardò Nick fare il giro della macchina velocemente, si soffermò particolarmente sulle braccia muscolose scoperte dalla camicia a mezze maniche, ricordando esattamente com’era essere stretta da quelle stesse braccia calde e forti. Scosse leggermente la testa scacciando quel pensiero quando un brivido le corse dietro la schiena. Quello era il passato.

Il ragazzo salì in macchina e rivolgendole un sorriso fugace mise in moto, partendo per un luogo a lei sconosciuto.

-dov’è che andiamo?- chiese cercando di rilassarsi un pochino

-un posto fuori città, molto carino e molto lontano da occhi indiscreti-

Ronnie annuì, più a se stessa che a Nick. Ovviamente lui non voleva che i paparazzi sbattessero in prima pagina foto di lui con una misteriosa ragazza sconosciuta, quando il mondo intero sapeva che aveva già una ragazza.

Automaticamente Ronnie si chiese se Allie sapesse della loro cenetta tra amici.

Per un istante ripensò allo sguardo feroce della bionda quando l’aveva incontrata a lavoro e non riusciva nemmeno ad immaginare la sua reazione alla notizia di lei e Nick, da soli, in un qualsiasi posto del mondo. Sempre ammesso che lui gliel’avesse detto.

Ad ogni modo, non sapeva perché, ma pensare ad Allie che si torturava mentalmente, struggendosi al pensiero che lei e Nick erano insieme, le fece venire il buon umore.

-bene- disse sistemandosi contro lo schienale –ora, dimmi cosa mi sono persa in questi tre anni-

Nick si voltò per un attimo verso di lei, cogliendo una nota allegra nella sua voce e sorrise a sua volta, pensando che fosse felice di stare con lui.

Ronnie vide gli occhi del ragazzo brillare per un attimo nei suoi e si rese conto che, a dispetto di tutto quello che Nick le avrebbe detto di li a poco, come prima cosa, in quei tre anni si era persa lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*         *          *

 

 

 

 

Oh simple thiiiiiiiiiiiiiing, where have u gooooooone? I’m getting old and I need something to rely on, so tell me wheeeeeeeeen you’re gonna let me iiiiiiiiin

CIAO! Come state?

Come alcune di voi sanno, sono tornata dalla vacanze da un pò, ed ho fatto quello che ho potuto per postare al più presto, spero vi sia piaciuto il capitolo *-*

OH. Se vi va passate a leggere la OS scritta da me e Sophiaa? Il protagonista è Cioe Cionas, detto da me "il cane"(lunga storia) uù Si chiama THINKING OF YOU. Leggetela se vi va e fateci felici :D

Voi siete tornate dalle vacanze? Cos’avete fatto di bello?

Ah, nel capitolo precedente ho notato che le recensioni sono diminuite, spero sia dovuto al fatto che eravate in vacanza, nel caso non fosse così e non vi fosse piaciuto qualcosa, che so, qualche passaggio, qualche pezzo, per favore ditemelo, non sono affatto il tipo di persona che si offende ANZI, le critiche costruttive sono mooolto ben accette!

Detto questo, ringrazio comunque tutte quelle che hanno la pazienza di recensire ogni.santo.capitolo, grazie, per me è essenziale! E grazie anche a chi mi segue sulla mia pagina e commenta lì perché non è iscritto su EFP, grazie a chi ha messo la mia storia tra i preferiti, seguite, ricordate, grazie a chi legge e grazie alle 25 svitate che mi hanno messo tra gli autori preferiti!

Grazie a tutte voi che mi invogliate a continuare, vi amo <3

PS. Eleonora sei una demente uù, ma ti amo tanto!

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** for the first time ***


Mille cuori le battevano in petto. 
Non sapeva dare un nome a ciò che vedeva, alle sensazioni nuove che provava,
le parole che conosceva esplodevano una dopo l’altra. 
Se c’era al mondo la possibilità di fare un’indigestione di vita e di morirne, quello era il momento. 


- David Grossman.

 

 

Da quando aveva cinque anni, Jamie sapeva esattamente cosa sarebbe diventata: una veterinaria.

Con tanti sforzi e contro il volere di suo padre, che voleva che lei prendesse in mano l’attività di famiglia un giorno, aveva studiato e finalmente pareva essere arrivata al suo traguardo personale.

Lavorava in quello studio veterinario da poco, ma si era già fatta conoscere bene per la sua professionalità e disponibilità: se si doveva rimanere fuori orario di lavoro, lei lo faceva, se era necessario assistere un animale che aveva bisogno di più attenzioni, come quella sera, lei era sempre in prima fila.

Non aveva mai portato gli affari personali in quel posto, se c’era stato qualche battibecco con Tyler, rimaneva fuori. La sua vita personale non doveva intaccare il lavoro.

Almeno, fino a quel giorno.

-Non ho ancora capito. Dobbiamo aspettare in silenzio che si levi da sola quel sorrisetto snervante dalla faccia o devo cominciare a prenderla a schiaffi?-

-calma Lexus, Kate ha i suoi tempi-

-i suoi tempi variano dai tre secondi ai dieci anni, non credo di riuscire a sopportare tanto a lungo quell’espressione idiota- rispose indicando con l’indice l’amica che, seduta accanto alla finestra, guardava fuori con espressione assente.

Jamie trattenne una risata riponendo delle siringhe nuove in un cassetto –sarà successo qualcosa di importante- sussurrò in risposta

-e ci credo!- sbottò Lexus –mi ha trascinata qui, a quest’ora. Come minimo Tom Cruise deve averle chiesto di sposarla-

-se non avesse già sposato Katie Holmes…-

-dettagli.- sbottò ancora, sminuendo la risposta dell’amica sventolando la mano di fronte alla faccia.

Kate intanto, seduta accanto alla finestra continuava a guardare fuori il cielo stellato sopra di loro. Ancora non ci poteva credere a quello che era successo il giorno prima, ancora le sembrava di sentire chiaramente il profumo di Joe tra i suoi capelli ed il sapore delle sue labbra sulla sua bocca. Era stato tutto così fantastico, come nemmeno nei suoi sogni l’aveva immaginato.

Con un sospiro si voltò verso le ragazze, che la guardavano dubbiose. Era andata a casa di Lexus alle nove di sera, l’aveva fatta vestire –dopo aver borbottato per minuti che non era possibile che una ragazza come lei fosse già in pigiama a quell’ora- e l’aveva trascinata in macchina, non si era arresa nemmeno quando Jamie le aveva detto che doveva restare qualche ora in più allo studio per assistere un barboncino di chissaqualepersonaggiofamoso, ed aveva trascinato Lex con lei, nella sala dove ora era seduta.

-devo parlarvi…- disse mentre un sorriso si formava sulle sue labbra, sorriso che venne troncato sul nascere dalla prontezza di spirito di Lexus.

-ma davvero?- Lex curvò la testa di lato, come se fosse sinceramente sorpresa –ed io che pensavo che mi avessi trascinata qui, alle dieci di sera, per ballare la macarena-

-Lex- l’ammonì Jamie con un tono tra il canzonatorio e il divertito

-va bene, va bene- sbuffò alzando gli occhi al cielo –ascoltiamo pure cosa ha da dire la pazza dai capelli rossi- concluse indicando l’amica con un gesto della mano

-grazie- borbottò Kate guardandola di traverso

La rossa strusciò un paio di volte i palmi sui vecchi jeans stinti, prima di parlare –ieri sono andata a casa di Joe e abbiamo parlato e, insomma lui non mi rispondeva al cellulare e così ho deciso di chiedergli delle spiegazioni e mi sono presentata lì. E non sapevo lui come l’avrebbe presa o cosa mi avrebbe detto e…-

-e oh Dio salvaci, ti prego- la interruppe Lexus alzando gli occhi al cielo

-Lex!- ripeté, stavolta con tono più fermo, Jamie –lasciala parlare-

Lexus alzò le mani all’altezza delle spalle, rivolgendo i palmi all’infuori, in segno di resa.

-dicevo- riprese Kate incenerendo con un’occhiataccia l’amica –non so come sia successo precisamente, cioè non che non abbia capito come si faccia in se per se, solo che non me l’aspettavo, ecco, io che avev…-

-Kate!- urlò esasperata Lexus che odiava l’amica quando straparlava, il che succedeva molto spesso.

Kate prese un respiro profondo –mi ha baciata- disse stringendo le labbra per evitare di urlare

Jamie spalancò letteralmente la bocca, rimanendo impalata, mentre Lexus la guardava accigliata.

-intendi dire…sulla bocca?- sussurrò Jamie che sembrava più stupita di quanto lo era stata Kate.

-forse intende dire in mezzo alle chiappe- sbottò malamente Lexus alzando gli occhi al cielo –certo che intende dire sulla bocca!- fece un passo verso Kate, studiandola attentamente per qualche istante, come se cercasse in lei qualcosa di diverso, e sembrò trovarlo .

-ecco- disse indicando il volto dell’amica con l’indice –la vedi quella faccia da idiota condita da una buona razione di stordimento? E’ la faccia di chi è appena stata baciata dalla persona di cui è innamorata- spiegò a sostegno della sua tesi.

Jamie si avvicinò a sua volta all’amica studiandola con la stessa attenzione che prima ci aveva messo Lexus –intendi dire che io ho quella faccia quando sto con Tyler?-

Lexus annuì –tu magari un po’ di meno. Vedi, per avere una faccia da idiota come la sua bisogna allenarsi per anni, e lei l’ha fatto per bene-

Kate alzò un sopracciglio, infastidita – avete finito?-

Jamie scosse la testa, come se si stesse svegliando da un sogno ad occhi aperti e si avviò verso l’amica –perdonami tesoro- disse prendendole una mano –non dar retta a lei e racconta tutto, nei minimi dettagli!-

Kate, ovviamente, non chiedeva di meglio e sotto lo sguardo curioso delle sue amiche rievocò i momenti del giorno prima descrivendoli nei minimi particolari, cercando anche di descrivere, per quanto possibile, le emozioni che aveva provato in quegli attimi e provocando ogni tanto lo sbuffo di Lexus quando diceva più volte nella stessa frase la parola “carino”. Ad ogni modo, Kate raccontò tutto, compresa la telefonata ricevuta dalla sua assistente che le diceva che era assolutamente necessaria la sua presenza per qualche giorno a New York, che li aveva costretti a separarsi.

-finalmente si è deciso!- commentò alla fine Jamie

-già, pensavo avresti dovuto violentarlo per fargli capire che ti piaceva-

Kate ridacchiò, emozionata –non ci posso credere ancora- commentò con aria sognante

Dopo un’altra mezz’ora spesa a parlare di “Quanto fosse bello Joe/ Quanto fosse dolce Joe/ Quanto fosse assolutamente carino Joe” Kate parve calmarsi, ed il discorso venne accantonato.

-ho anche io una notizia bomba, sapete?- disse furba Jamie sorridendo

-che notizia, eh?- chiese Kate con gli occhi spalancati dalla sorpresa

Jamie fece un passo indietro, guardando sui volti curiosi delle sue amiche, aspettando un attimo in più, per godersi la suspense –in questo preciso momento, Nick e Ronnie, sono a cena insieme-

Sganciò la bomba beandosi dell’espressione sconvolta sul volto delle sue amiche.

 

 

 

but we are gonna stop by drinking all cheap bottles of wine
sit talking up all night,
saying things we haven’t for a while, a while yeah
you're smiling but we're close to tears,
even after all these years
we just now got the feeling that we're meeting
for the first time

 

 

 

Nick continuava freneticamente a smuoversi sulla sedia, come se ci fosse qualcosa che gli stesse fastidiosamente pungendo il sedere.

-va tutto bene?- chiese Ronnie, seduta di fronte a lui

-certo, certo- rispose lui frettolosamente –è che questa sedia è un po’ scomoda- spiegò accennando alle sedie in legno scuro sulle quali erano seduti.

Ronnie sorrise appena, annuendo comprensiva, la prerogativa del proprietario di quel luogo, effettivamente, non doveva essere stata quella di renderlo comodo.

Nick aveva guidato per più di venti minuti, fino ad arrivare in una zona della periferia di Los Angeles che Ronnie non conosceva, aveva spento la macchina e, come venti minuti prima, le aveva gentilmente aperto la portiera, accompagnando il gesto con un sorriso gentile. Ronnie aveva ricambiato il suo sorriso prima di voltarsi e scorgere dietro a degli alti alberi, un vecchio edificio dalle finestre quadrate da cui usciva una calda luce gialla.

La ragazza aveva seguito il suo accompagnatore fino all’entrata del locale, dove una donna bionda e grassoccia gli diede un caloroso benvenuto –Nicholas! Dio mio, quanto sei cresciuto!- esclamò portandosi, in un gesto eccessivamente teatrale, una mano alla guancia –aspetta che Frank sappia che sei qui!- trillò ancora, stavolta sporgendosi verso il ragazzo per un abbraccio.

Dopo un veloce scambio di convenevoli, ed un’ufficiale presentazione di Ronnie come “un’amica di vecchia data”, i due si erano congedati e dopo essersi seduti ad un tavolo in disparte Nick le aveva spiegato che quello era un posto che pochi conoscevano e che il proprietario, Frank, era un amico di famiglia.

Ronnie si guardò attorno studiando l’ambiente molto rustico: il soffitto era alto almeno una ventina di metri, le pareti erano di un giallino stinto e tutto –le travi, il pavimento, il tavolo, le scomode sedie si cui erano seduti- era in legno. Magari anche le posate lo erano.

Di certo non era un posto elegante, e a Ronnie piaceva.

-avrei voluto portarti in un posto più carino ma…- cominciò il ragazzo a mo di scusa

-ma qui siamo lontani da occhi indiscreti- concluse lei sorridendo, ripetendo le stesse parole che le aveva detto lui qualche minuto prima

Nick sorrise imbarazzato abbassando lo sguardo. Odiava fare le cose di nascosto, odiava non essere sincero ed odiava quella situazione che si era venuta a creare.

Avrebbe voluto dire ad Allie di Ronnie, lo avrebbe voluto tanto, ma sapeva che lei non avrebbe capito, avrebbe frainteso, non avrebbe compreso il desiderio di Nick di scoprire la nuova Ronnie, ma, d'altronde, non lo comprendeva nemmeno lui.

-mi piace qui- disse Ronnie, e Nick alzò lo sguardo, sarcastico –davvero!- ridacchiò lei –è molto…caloroso, intimo, è un bel posto- decretò infine sorridendogli

Gli occhi del ragazzo brillarono, e le sorrise mentre l’imbarazzo andava sempre più a sfumare.

Quella sera si era ripromesso di non pensare a nulla, ma soprattutto si era ripromesso di non fare cose stupide, di cui poi si sarebbe pentito.

Cose come notare le evidenti differenze tra Allie e Ronnie, ad esempio; ma non appena la ragazza si era seduta di fronte a lui, Nick non aveva potuto fare a meno di pensare che Allie in un posto del genere, si sarebbe sentita totalmente a disagio. La vedeva nella sua mente mentre adagiava un fazzolettino di carta sulla sedia, prima di sedersi, per paura di sporcarsi, e la vedeva guardarsi attorno con aria circospetta, magari stringendo addirittura la borsetta al petto come una di quelle anziane signore che temono di subire uno scippo da un momento all’altro.

Ronnie invece era seduta tranquillamente su quella sedia, mentre si guardava in giro studiando l’ambiente con un lieve sorrisino sulle labbra, non sembrava fuori luogo o infastidita da quel posto. In cinque minuti si era già adattata.

-Nicholas!-

Nick e Ronnie sobbalzarono in contemporanea, evidentemente entrambi erano assorti nei loro pensieri.

-Frank!- Nick si alzò dalla sedia e Ronnie sorrise vedendo l’uomo dirigersi verso di loro in modo goffo.

Frank, un uomo sulla sessantina con rossi capelli che si diradavano sulle tempie, dei folti baffi, ed il fisico più che robusto, raggiunse il ragazzo abbracciandolo con foga, come aveva fatto la donna di prima ma, a causa della evidente differenza di massa muscolare tra i due, lo stesso abbraccio sta volta ebbe risultati diversi.

-come stai? E’ da tanto che non ti fai vedere!- urlò l’uomo non curante che Nick, con le braccia stese lungo i fianchi, non riusciva a muoversi.

-…bene- riuscì a dire il ragazzo, la voce attutita dal petto di Frank –Frank…non respiro-

Ronnie si portò una mano alla bocca, ridacchiando in silenzio, mentre l’omone lasciava la presa borbottando delle scuse –penso sempre che tu sia lo stesso bambino che voleva giocare alla lotta!- ridacchiò, e la sua risata era roca e spezzata segno che il tabacco aveva riempito i suoi polmoni per anni.

-quanti anni hai ora eh? Diciannove, venti?- continuò a parlare senza sosta

-ventidue-

-ventidue!- sbottò Frank, come se fosse indignato per la risposta appena ricevuta –mi fai sentire tremendamente vecchio, ragazzo. Come stanno gli altri? E’ una vita che non vedo tuo padre!-

Nick sorrise gentilmente, paziente –stanno tutti bene Frank, grazie-

Gli occhi piccoli ed intensi di Frank guizzarono in un istante da Nick a Ronnie, e la sua espressione fu subito catturata dalla ragazza, dimenticandosi momentaneamente della famiglia Jonas.

-oh, come ho fatto a non notare subito questa meraviglia!-

Ronnie sorrise, lusingata, e si alzò ridacchiando. Quell’uomo le era simpatico.

-Io sono Ronnie- disse la ragazza porgendogli la mano

-un nome da ragazzo per una fanciulla tanto stupenda!- disse Frank con modi di altri tempi afferrando la mano della ragazza e stringendola –io sono Frank, un vecchio amico di famiglia-

-lo so, Nick mi ha parlato di lei- sfilò la mano da quella grande e callosa dell’uomo, continuando a sorridere.

-non esiste il lei! Dammi del tu, cara- urlò l’uomo, poi affiancandosi a Nick piegò il braccio e picchiettò un paio di volte il fianco del ragazzo col gomito, come se volesse fargli una confidenza –hai dei gusti impeccabili ragazzo, lasciatelo dire-

Inutile dire che nel giro di pochi secondi sembrò che tutto il sangue presente nel corpo di Nick si stesse concentrando nelle sue guance, facendolo somigliare più ad un semaforo che ad un essere umano e, come il suo solito, cominciò a farneticare.

-oh, no…noi…io e lei…noi non-

Ronnie, d’altro canto, non era messa meglio, ma almeno lei per fortuna tra un borbottio e un altro riuscì a dire –siamo solo vecchi amici-

Frank guardò la ragazza confuso, come se avesse parlato un’altra lingua. Non riusciva proprio a capacitarsi che non fossero una di quelle coppiette sdolcinate che vanno a cena in un ristorantino tranquillo o, forse, più semplicemente non credeva all’amicizia tra uomo e donna.

Oh, ma cosa diavolo stava blaterando il suo cervello? Lì non si trattava di amicizia tra uomo e donna, si trattava di amicizia tra lei e Nick. E questa davvero non sarebbe potuta mai esistere tra i due.

-capisco- disse infine l’uomo dando segno di aver compreso –ma non voglio intrattenervi! Vi faccio portare subito da bere e vi auguro una buona serata-

Si voltò prima verso Ronnie, con un largo sorriso – è stato un piacere, cara-

-anche per me, Frank- rispose lei con un sorriso più timido

L’uomo si voltò poi verso Nick, stringendolo ancora una volta, ma stavolta più del dovuto e Nick strabuzzò gli occhi, ma la ragazza non era convinta fosse dovuto al dolore, ma a qualcosa che l’uomo gli aveva sussurrato all’orecchio.

Dopo aver rivolto un sorriso furbo a Nick, Frank si allontanò in silenzio ed i due tornarono a sedersi sulle loro sedie malandate.

Lo sguardo del ragazzo era basso, diretto verso il tovagliolo avanti a lui, che continuava a tormentare spiegazzandone un angolo, mentre Ronnie continuava a guardarsi in giro evitando il suo sguardo, che comunque non era rivolto a lei.

Durante il tragitto in macchina i due erano stati abbastanza a loro agio: avevano parlato tranquillamente, avevano riso laddove c’era da ridere, erano stati in silenzio quando necessario, era come se si fossero visti fino al giorno prima, come se quei quattro anni non fossero mai esistiti.

Ma entrambi sapevano che non era così, sapevano che in auto avevano temporeggiato, parlando del più e del meno, rimanendo su argomenti leggeri, del tipo: “come ti trovi qui? Da quanto sei tornata? Pioverà stasera?”

Entrambi volevano sapere di più, entrambi erano curiosi e impazienti di scavarsi più a fondo, di scavarsi dentro, entrambi volevano capire se erano mancati all’altro.

Nick, ad esempio, si chiedeva se la ragazza si fosse mai svegliata nel cuore della notte ed avesse provato a chiamarlo cambiando poi idea ed attaccando. Ronnie invece semplicemente si chiedeva se lui l’avesse pensata intensamente come l’aveva pensato lei, o se l’avesse rimpiazzata dopo qualche giorno, con Allie.

Entrambi sapevano però che era ancora troppo presto per porre quelle domande, era ancora presto per aprirsi così tanto, per andare così a fondo e questo, inevitabilmente, creava imbarazzo.

Solo quando il cameriere giunse al loro tavolo e gli riempì il bicchiere di vino, Nick si decise a parlare -Allora- cominciò schiarendosi la gola e attirando lo sguardo della ragazza su di se –con le ragazze invece come va?- partì dalla domanda più facile.

Ronnie abbassò nuovamente lo sguardo, visibilmente in difficoltà –sicuramente vanno meglio di quanto mi fossi aspettata, ma…-

-ma?- incalzò il ragazzo e Ronnie alzò il suo sguardo negli occhi nocciola di lui trovandovi quel calore che tanto le era mancato in quegli anni.

-ma non so- disse dubbiosa –non è come prima. Non che io mi sia aspettata di trovarle a braccia aperte, ma pensavo che una volta chiarite, le cose sarebbero tornate come prima-

Nick concesse uno sguardo veloce al bicchiere pieno del liquido rosso, –che probabilmente non avrebbe nemmeno assaggiato- per poi riportarlo a Ronnie, prestandole la sua totale attenzione. Quegli occhi verdi continuavano a fissarlo con una strana luce, che Nick non riconosceva, ma soprattutto continuavano a farlo sentire come se ci fosse qualcosa che bruciasse dentro di lui, un fuoco che gli partiva dal basso ventre alla gola, rendendola terribilmente arsa. Quei dannatissimi occhi.

-a quanto pare però- continuò qualche istante dopo Ronnie con uno sguardo vacuo –le cose sembrano essere cambiate troppo, per tornare come prima-

Nick deglutì distogliendo lo sguardo dalla ragazza, non riusciva a pensare se quegli occhi lo fissavano tanto intensamente, gli sembrava di soffocare.

Perché si sentiva come se avesse la coda di paglia? Improvvisamente le parole di Ronnie sembravano indirizzate più a lui, che alle sue amiche. Le cose sembrano essere cambiate troppo. Che si stesse riferendo e lui ed Allie?

-quattro anni non sono pochi, Ronnie- sussurrò infine lui

-tre- lo corresse flebilmente lei – non vedo le ragazze da tre anni- spiegò volgendo lo sguardo altrove.

Già, le ragazze.

Ronnie prese il bicchiere pieno di vino di fronte a lei, sorseggiandolo distrattamente.

-non bevi?- chiese scostando il bicchiere dalle labbra, Nick scosse la testa sorridendo.

-sono un bravo ragazzo, ricordi? Niente alchol, fumo e…sesso-

Ronnie rise stringendo gli occhi, posando nuovamente il bicchiere sul tavolo –Dio, ricordo esattamente questa sensazione-

Nick si accigliò esaminando il sorrisetto divertito della ragazza –che sensazione?-

Il sorriso della ragazza cambiò leggermente, sfumando dall’ironico al malinconico.

Passò pigramente l’indice destro sul bicchiere abbassando lo sguardo, prima di rialzarlo e guardare il ragazzo, ancora una volta, diritto negli occhi –la sensazione di non essere all’altezza- rispose senza perdere il sorriso dalle labbra, tranquillamente.

A Nick ci volle un attimo per riprendere fiato. Sapeva esattamente di cosa stava parlando, ed anche lui ricordava benissimo. Ricordava le incertezze della ragazza, ricordava quando aveva paura perché si sentiva fuori luogo accanto a lui, diceva che erano troppo diversi, diceva che lui era troppo e lei non era abbastanza.

 

- Not good enough, è la colonna sonora della mia vita. Per i miei non sono mai stata abbastanza- spiegò facendo un sorriso amaro - ed ogni volta che voglio qualcosa e cerco di ottenerla, sembra che io non sia mai abbastanza brava o in gamba o quel che serve per ottenerla- abbassò lo sguardo incapace di sostenere il suo, così intenso.

 

 -sciocchezze- sbottò quasi malamente lui al ricordo di quei tempi in cui odiava vederla star male per quello –per me sei sempre all’altezza, lo sei sempre stata e lo sei tutt’ora-

Solo quando vide la ragazza sorridergli con espressione addolcita si rese conto di quello che aveva detto e forse avrebbe fatto meglio a star zitto. Non che non pensasse quello che aveva detto, anzi, ma ora si sentiva terribilmente in imbarazzo.

-beh- sospirò con leggerezza Ronnie afferrando ancora il bicchiere – allora c’è ancora qualcosa che non è cambiato, nonostante tutto- sorrise guardando le guance del ragazzo diventare porpora.

Passarono il resto della serata a parlare e chiacchierare, raccontandosi aneddoti del passato e sogni del futuro, proprio come due vecchi amici, saltando completamente quei quattro anni di vuoto o meglio, saltando cosa gli interessava sapere di quegli anni. Ronnie non aveva chiesto a Nick quando aveva conosciuto Allie, per esempio, non gli aveva chiesto perché non l’avesse cercata quando era tornato a Los Angeles o a quando risalisse l’ultima volta che aveva pensato a lei; Nick d’altro canto non era più soddisfatto di lei. L’aveva invitata a cena per scoprire la nuova Ronnie, ma non poteva conoscerla del tutto se non sapeva cosa aveva fatto in quegli anni: aveva avuto una storia seria? Si era fatta delle amiche? Sapeva grazie a Kate che a Los Angeles non era uscita nemmeno con un ragazzo, ma era stato lo stesso in Spagna?

Entrambi avevano una fame di sapere che non erano riusciti a saziare, ma nonostante questo sul volto di entrambi splendeva un sorriso felice mentre facevano ritorno verso la città, alla fine della loro cena tra vecchi amici, per tornare nelle loro case.

Arrivati a casa della ragazza, Nick, come qualche ora prima, scese al volo per aprirle la portiera, sorridendole.

Fecero qualche passo uno accanto all’altra, il silenzio spezzato solo dal suono della ghiaia sotto i loro piedi, entrambi pensavano alla serata appena trascorsa, entrambi non sapevano cosa dire.

A pochi metri dalla porta Ronnie si voltò di scatto verso Nick, che quasi sobbalzò indietro per il gesto improvviso.

-bene- cominciò Ronnie sperando che Nick continuasse in qualche modo, salvandola dall’imbarazzo, ma dalle labbra del ragazzo non uscì nulla se non un altro, stupidissimo, –bene-

Nick infilò le mani nelle tasche dei jeans alzando le spalle e guardando Ronnie di fronte a se che, spostando lo sguardo verso i suoi piedi, trovando un momentaneo interesse particolare per i lacci delle sue scarpe, si stringeva di più nella sua felpa leggera.

Solo dopo cinque abbondanti minuti di silenzio da parte della ragazza, Nick si accorse che forse lei si aspettava che lui le dicesse qualcosa.

-oh, è stato…è stata una serata…strana-

Ronnie rivolse uno sguardo incerto e dubbioso al ragazzo che a stento trattenne l’impulso di schiaffeggiarsi da solo. Perché di fronte  a quella ragazza il suo cervello doveva istantaneamente trasformarsi in un cactus?

-cioè strana nel senso di bella, insomma, bella ma strana- la ragazza alzò entrambe le sopracciglia cercando di trattenersi dal ridere mentre Nick pareva preso da uno dei suoi insoliti attacchi di “blateratria acuta” –non strana nel senso strana- si affrettò a spiegare lui gesticolando eccessivamente con le mani -strana in senso…insolita, ecco. Ma bella, bellissima-

Ronnie lo guardò per qualche altro istante, prima di scoppiare a ridere.

-vedo che anche il tuo blaterare nelle situazioni di imbarazzo non è cambiato- disse tra una risata e l’altra.

Riuscì a fermarsi solo quando vide il ragazzo non ridere affatto  e diventare rosso dall’imbarazzo.

Prese un respiro profondo –anche per me è stato bello passare del tempo con te- sorrise in fine, facendogli capire di aver colto quello che voleva dire nelle sue frasi sconnesse.

Nick le sorrise, uno dei suoi sorrisi dolci e timidi, gli occhi socchiusi che parevano sorridere assieme alle labbra, una di quelle cose di lui che faceva semplicemente sciogliere Ronnie.

Ronnie che, senza pensarci minimamente, avanzò di un passo e, un po’ goffamente forse, strinse il ragazzo per la vita poggiando per un istante la testa sul suo petto. Nick non ebbe nemmeno il tempo di ricambiare l’abbraccio o capire ciò che stava succedendo o di dare un significato a quel brivido che gli corse lungo la schiena quando aveva sentito il viso della ragazza schiacciato contro il suo petto o il forte crampo allo stomaco ed il senso di vertigini che aveva provato per un istante, non si era nemmeno accorto che Ronnie l’avesse abbracciato, che lei si era già allontanata. Quel semplice contatto, seppur molto breve e privo di alcuna malizia, aveva scombussolato del tutto i due ragazzi che ora si guardavano con espressione spaesata.

Ronnie fece un passo indietro alzando la mano a mo di saluto, data la sua improvvisa incapacità ad usare la voce, per poi voltarsi e praticamente correre verso la casa.

Nick guardò la ragazza entrare in casa e si rese conto che da quella serata si era aspettato cose del tutto diverse da quello che aveva ottenuto ora. Aveva creduto che quella serata avesse portato con se più chiarezza nei suoi pensieri, come se avesse dovuto avere un’illuminazione improvvisa e si fosse reso conto di amarla ancora, o che si fosse reso conto che, in realtà, l’emozione che aveva provato nei giorni passati o tre secondi prima era dovuta solo ad un ricordo lontano e sfocato del loro amore.

Nick aveva creduto di trovare delle risposte quella sera, invece la sua testa in quel momento era molto simile ad un ingarbuglio di domande ed emozioni, a cui assolutamente non sapeva rispondere.

*          *         *

 

 

We just now got the feeling that we’re meeting, for the first time, OOOOOOOOOOOOOH OOOOOOOH OOOOOOH!

Che canzone più adatta di questa per questo capitolo, eh? Lo so, sono forte uù

Alloooooora mie care, com’è andato il rientro a scuola quest’anno? Spero bene e non troppo traumatico uù

Non ho molto da dire oggi, quindi, spero vi sia piaciuto il capitolo e che facciate un salto alla OS originale che ho scritto da poco, Lost in Stereo

Vi amo uù

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Capitolo 17
*** Fireworks ***


Ormai non l'amo più, è vero, ma forse l'amo ancora.
E' così breve l'amore e così lungo l'oblio.

Pablo Neruda

 

 

Novembre era ormai alle porte ed anche nell’assolata Los Angeles le temperature cominciavano a calare facendo rattristare i californiani, da sempre amanti del sole.

Per un ragazzo del New Jersey invece, quel calo di temperatura equivaleva comunque ad un clima estivo; per questo mentre la maggior parte degli abitanti della west coast  cominciava a prendere dagli armadi leggeri golfini di filo, Nick se ne stava seduto al tavolo della cucina, con le finestre spalancate ed una leggera maglietta a mezze maniche.

A dirla tutta, mentre mordicchiava il tappo di una vecchia penna e fissava accigliato il foglio avanti a se, si sentiva alquanto accaldato.

Si era svegliato all’alba quella mattina, dopo una notte quasi insonne, con la testa affollata di domande e pensieri che non smettevano di tormentarlo dalla sera precedente.

L’immagine di Ronnie –del suo sorriso, i suoi occhi, i suoi capelli, di quell’abbraccio- era così vivida nei suoi pensieri da spaventarlo.

 Non era successo quello che si aspettava e per lui –che in quegli anni era diventato un maniaco dell’organizzazione- era un tormento. Si era aspettato infatti chiarezza, ma tutto quello che era riuscito ad ottenere era una slide mentale con immagini di Ronnie della sera precedente, intervallata dall’immagine sorridente di Allie. E questo era tutt’altro che chiaro.

Non amava Allie, ma non era innamorato nemmeno di Ronnie.

Quindi –seguendo una sua strana logica- si era convinto che la sua voglia insaziata di vedere ancora la ragazza, di parlarle, di scavare, era dovuta al fatto che non aveva saputo quello che realmente voleva sapere, non aveva ancora ottenuto una risposta alle sue domande.

Alle sei del mattino, questa gli era sembrata una motivazione brillante e sensata, ma ora, mentre fissava il foglio su cui aveva scritto una serie di domande che avrebbe voluto porre alla ragazza, si sentiva davvero un idiota.

-stai scrivendo?- la voce di Joe lo distrasse dai suoi pensieri portandolo ad alzare gli occhi dal foglio

-si- rispose accigliato

Joe si stiracchiò curvando eccessivamente la schiena prima di schiantarsi letteralmente su una sedia accanto al fratello.

-ispirazione alle otto del mattino, molto sospetto- commentò studiandolo con aria furba –hai sognato qualcosa stanotte, o è stata la serata di ieri ad ispirarti?-

Nick fece una smorfia continuando a guardare il foglio stropicciato. Non era stata proprio ispirante quella sera.

-e tu cosa ci fai sveglio alle otto del mattino?- chiese cercando di sviare il discorso guardando il fratello già pronto per uscire.

-devo fare una cosa prima di andare sul set- rispose veloce prima di ritornare sull’argomento che gli interessava –allora? Com’è andata ieri sera?-

Nick sospirò rendendosi conto che il fratello non avrebbe rinunciato alla sua fame di sapere. Com’è andata ieri sera?

-così- rispose voltando il foglio su cui stava scrivendo verso Joe, che lo guardò accigliato.

Prese il foglio tra le mani e cominciò a leggere ad alta voce –Quanti ragazzi ha avuto a Madrid? Ha mai avuto voglia di chiamarmi? Ha un fidanzato?- Joe si bloccò alzando lo sguardo dal foglio al fratello, che lo guardava imbarazzato.

-ok, ora mi stai spaventando- dichiarò mentre l’altro si prendeva la testa tra le mani.

-posso capire cos’è questo?- chiese mettendogli il foglio sotto al naso, che Nick prontamente gli strappo dalle mani, accartocciandolo in un pugno.

-sembra uno di quei film in cui l’assassino è ossessionato dalla vittima e cerca di scoprire tutto di lei- continuò Joe –tu sei il killer, ovviamente-

-ho ancora voglia di vederla, Joe- sussurrò lui come se il fratello non avesse parlato, tenendo lo sguardo basso, colpevole.

-e perché questo ti ha portato e diventare un killer assetato di sangue?-

Nick alzò lo sguardo per un attimo, il tempo di gettare un’occhiataccia al fratello, per poi tornare a guardare il pugno chiuso dentro il quale c’era quello stupido foglio.

-ok, riformulo la domanda- sospirò l’altro –cosa c’entra quella stupida lista?-

-mi pare ovvio- borbottò l’altro guardandolo con un sopracciglio alzato –ho voglia di vederla perché ancora non ho scoperto quello che voglio sapere su di lei, che sarebbero quelle domande-

Joe lo guardò, indeciso se scoppiargli a ridere in faccia o prenderlo a schiaffi. Si limitò a sospirare con sufficienza, accompagnando il gesto con una scossa di testa.

-fammi capire bene- cominciò passando l’indice sul legno del tavolo, formando delle nuvolette immaginarie –hai appena passato una serata con la tua ex-ragazza che non vedevi da quattro anni, che tra l’altro è l’unica di cui tu ti sia mai davvero innamorato fino ad ora, ci sei stato così bene che vorresti vederla ancora, nonostante tu abbia una ragazza, e pensi che questa tua voglia di vederla sia dovuta al fatto che non hai ancora avuto risposta alle tue domande, tra l’altro molto stupide, giusto?-

Perché sembrava così stupido detto in quel modo?

Nick annuì lentamente guardando l’espressione seria di Joe che, improvvisamente e con un gesto veloce, allungò un braccio verso di lui e gli tirò una sberla dietro la nuca.

-ahi!- protestò lui portandosi una mano dietro la testa

-ventidue anni passati pensando che fossi tu quello più intelligente dei quattro, per poi scoprire improvvisamente che sei un idiota- sospirò teatralmente Joe

-cosa vuoi dire?- chiese Nick mentre guardava il fratello gettare un’occhiata veloce all’orologio per poi alzarsi di scatto.

-ora vado di fretta, ma ti dico che sei sulla cattiva strada-

-in che senso?- chiese ancora, confuso.

-oh andiamo, non sarai così stupido da credere davvero che tu voglia rivederla solo per avere delle risposte a quelle stupide domande alla cui, tra l’altro, posso rispondere anche io?- gli strappò letteralmente il foglio dalle mani e lo aprì cercando di non strappare la carta diventata ormai sottilissima per le volte che era stata stropicciata, lo guardò velocemente per poi rispondere a quelle tre domande –zero, si, no. Ecco, ora ti è passata la voglia di vederla?-

-no!- sbottò Nick alzandosi a sua volta, seguendo il fratello che si dirigeva alla porta.

-quindi è come dicevo io- prese il cardigan poggiato all’appendiabiti all’ingresso, indossandolo

-il problema è che io non ho la minima idea di cosa tu stia dicendo-

Joe alzò gli occhi al cielo, sospirando, mentre si guardava allo specchio aggiustandosi il cardigan. Bisognava aver pazienza con Nick.

-sto dicendo che non è per quelle stupide domande che vuoi rivederla-

Nick guardò accigliato il fratello che con le sue parole stava mandando a fumo la sua logica impeccabile –e perché allora?- lo sfidò incrociando le braccia al petto.

-questo dovresti capirlo tu- rispose

- e come faccio a capirlo?-

Joe aprì la porta facendo per uscire, per poi voltarsi di scatto verso il ragazzo –non lo so. Se fossi in te però, comincerei a riflettere sul fatto che da un anno stai insieme ad una ragazza che non ami-

-cosa c’entra Allie, ora?- sbuffò

Joe alzò un sopracciglio –allora sei davvero idiota- sorrise sarcastico per poi chiudere la porta, lasciando Nick con uno sguardo confuso.

 

 

Cause I don't know, who I am when you're
running circles in my head

(Fireworks – you me at six)

 

 

-maledetto trolley- borbottò Kate strattonando il suo piccolo bagaglio fucsia dietro di se, cercando di farlo stare diritto.

Sbuffò, per la centesima volta quella mattina, e guardò il tabellone dei voli, notando che per il suo mancavano ancora venticinque minuti.

Quella non era affatto una buona giornata, no.

Aveva avuto solo una giornata di tempo per preparare le sue cose ed infilarle in un minuscolo trolley –che quella mattina si rifiutava di collaborare-, la sua assistente era più isterica che mai, e solo quella mattina l’aveva chiamata cinque volte per assicurarsi che lei stesse arrivando a New York per sistemare alcune cose che non andavano, non sentiva Joe dalla sera prima e quando sarebbe atterrata, ad attenderla, avrebbe trovato l’inferno.

Lei e Joe non avevano parlato del bacio del giorno prima, avevano chiacchierato tranquillamente, ma Kate sentiva che qualcosa era cambiato, sapeva che anche se non si erano fatti alcuna promessa o dichiarazione strappalacrime, era nato qualcosa.

La sera prima aveva chiesto al ragazzo di accompagnarla all’aeroporto quella mattina, ma lui si era scusato dicendole che doveva trovarsi sul set per le otto e mezza e non ce l’avrebbe fatta. Kate avrebbe tanto voluto che lui fosse lì, anche perché non sapeva quanto tempo doveva rimanere a New York, ed avrebbe tanto voluto abbracciare il ragazzo in quel momento.

Prese dalla tasca il cellulare per controllare l’orario –odiava gli orologi da polso-, ma prima che lei potesse vederlo, il cellulare cominciò a vibrare mentre sullo schermo il nome di Joe lampeggiava.

-hei!- sorrise Kate portandosi il telefono all’orecchio, quella chiamata avrebbe rallegrato la sua mattinata.

-Kate! Che fortuna, pensavo fossi già sull’aereo- urlò la voce di Joe dall’altro lato

Kate allontanò per un attimo il cellulare dal viso per guardare lo schermo –mancano ancora venti minuti-

-ti ho chiamato perché volevo salutarti prima che partissi- disse, la voce attutita da qualche fruscio di sottofondo

Kate sospirò –sono contenta, anche perché non so quanto potremo sentirci lì, con tutto il lavoro che mi aspetta-

La ragazza alzò lo sguardo verso il suo gate e vide le hostess, sempre sorridenti, cominciare a prendere i biglietti per far salire i passeggeri.

-ma dove sei? Ti sento malissimo- chiese la ragazza avviandosi col suo bagaglio ribelle verso la fila.

-sono per strada, sto andando sul set-

Kate annuì come se il ragazzo potesse vederla fermandosi dietro una coppia di ragazzi che si teneva per mano.

-vorrei tanto che tu fossi qui- sospirò pentendosene all’istante, non voleva far sentire in colpa il ragazzo.

-lo vorrei anche io, mi mancherai tanto in questi giorni- disse dolce la voce del ragazzo

-saranno solo pochi giorni- cerco di convincere anche se stessa

-mi mancherai lo stesso- ripeté Joe sorridendo

Kate si morse il labbro portandosi con un gesto nervoso una mano ai capelli, scostandoli indietro.

-adoro quando fai così- sussurrò il ragazzo spezzando il silenzio

-così come?- rispose Kate accigliata, sicura di non aver detto nulla.

-quando ti passi la mano tra i capelli- spiegò lui con naturalezza.

La ragazza si voltò di scatto, col cuore a mille, e proprio a pochi passi da lei vide Joe, in una mano il suo BlackBerry nero, sorridere nella sua direzione.

Kate sorrise, un sorriso enorme, mentre abbassava il cellulare ed il ragazzo faceva qualche passo verso di lei, raggiungendola.

-sei bellissima- sussurrò poggiandole una mano su un fianco, attirandola a se.

Kate aprì la bocca mentre le guance le si coloravano di un rosso intenso, pronta a dire qualcosa, ma il ragazzo la bloccò all’istante poggiando la bocca sulla sua, socchiusa, e baciandola con foga, ignorando le persone attorno che li guardavano con espressioni diverse.

Joe passò entrambe le mani dietro la schiena della rossa stringendola di più a se e Kate sorrise alzandosi in punta di piedi e stringendo forte il ragazzo per le spalle.

-ciao- sussurrò lei confusa

-ciao- rispose Joe con una risata bassa che fece rabbrividire la ragazza  -non potevo non salutarti- sussurrò toccando il naso di Kate col suo.

La ragazza deglutì stringendo le dita attorno alle spalle di Joe, come se non volesse lasciarlo andare.

-non dici niente?- chiese Joe abbassando il volto all’altezza della ragazza.

-sono…- Kate fissò gli occhi di Joe, cercando una parola che definisse alla perfezione come si sentiva in quel momento -…traumatizzata-

Joe rise ancora, sta volta più forte –non credevo ti facessi quest’effetto-

La ragazza gli diede un leggero buffetto sulla guancia, sorridendo –non dovevi essere a lavoro?-

-un ritardo di pochi minuti non è così importante- rispose tranquillamente, mentre invece dentro di se sentiva già la voce del regista urlargli contro di tutto.

Kate lo guardò dubbiosa per qualche istante prima di alzare le spalle –sono così contenta che tu sia qui!- urlò stringendogli le braccia al collo.

Joe la strinse a se affondando il viso tra i suoi capelli ed ispirando forte l’odore, così che non lo dimenticasse in quei giorni in cui non avrebbe potuto sentirlo. Allontanò di poco la ragazza, quel tanto che bastava per guardarla negli occhi, aggiustandole una ciocca ribelle dietro l’orecchio, sfiorando poi delicatamente una guancia –mi chiamerai almeno una volta al giorno- disse, e non era una domanda.

-certo- sorrise Kate

-e dovrai stare lontana dai modelli- aggiunse accigliato provocando l’ilarità della ragazza.

-lontanissima- sussurrò

Joe passò il pollice sul labbro inferiore della ragazza, possibile che per la prima volta l’avesse baciata solo il giorno prima? E pure gli pareva un gesto così usuale, così naturale.

Abbassò ancora una volta il viso vedendo negli occhi di Kate quella scintilla che aveva visto anche il giorno prima, e che lo fece tremare dentro.

-non vedo l’ora di tornare da te- sussurrò la ragazza unendo le labbra con le sue, facendolo involontariamente rabbrividire.

Quando, di preciso, il mondo aveva preso a girare così velocemente?

 

 

Lori non sa cosa fare
Lori e' sola, si fa male
Lori non e' mai cresciuta
forse non ha mai voluto

(Lori – Prozac+)

 

Solo quando il piccolo cestino d’acciaio fu riempito di almeno quattro chili di “schifezze” –come le chiamava sua madre-, Ronnie parve soddisfatta e decise di uscire da quel piccolo supermercato vicino casa sua, portando in macchina una busta piena di dolciumi.

Confusa, era la definizione esatta per il suo stato d’animo in quel momento.

Non era riuscita a dormire per tutta la notte, pensando e ripensando alla sera precedente, studiando ogni dettaglio, ogni suo minimo gesto, ogni sensazione che aveva provato per cercare di darle un nome, ma non ci era riuscita.

Era confusa e frustrata, ecco.

Così dopo una notte insonne aveva deciso saggiamente di non pensarci. Era andata al lavoro, dove aveva trascorso una piacevole giornata, aveva chiacchierato con Johnny, aveva lavorato sodo e poi era salita in macchina pronta per tornare a casa. Ed in quel preciso istante, mentre guidava verso casa, dove sarebbe stata sola, si rese conto che aveva bisogno di calorie per affrontare quelle quattro, tristi, mura. Tante calorie.

Odiava tornare in quella casa e trovarla vuota. Non che prima ad aspettarla trovasse i suoi genitori, ma era abituata a stare lì con le sue amiche; non c’era stato un istante negli anni passati, in cui non fossero state insieme lì.

Le sue amiche, le mancavano tremendamente.

Ronnie aprì la sua auto poggiando la busta di cartone al posto del passeggero, salendo poi al posto del guidatore e partendo, dopo essersi allacciata la cintura.

Con uno sbuffo si rese conto che non voleva tornare in quella casa non solo perché questa volta non avrebbe trovato le sue amiche lì, ma anche perché temeva il momento in cui fosse rimasta sola con i suoi pensieri.

Era stata davvero brava ad evitare per tutta la giornata che i suoi pensieri prendessero la direzione sbagliata –nonostante Jamie e Lexus l’avessero chiamata quella mattina per sapere i dettagli della serata- rischiando di mandarla in paranoia, ma se ci era riuscita lo doveva non solo alla sua forza di volontà, ma soprattutto al fatto che la sua mente era stata occupata dal lavoro quel giorno, troppo per permettersi di pensare a qualcos’altro.

Ora che era in macchina da sola però i pensieri ricominciarono a tormentarla.      Nick era stato così gentile con lei la sera prima, proprio come lo ricordava: gentile, spiritoso, bellissimo.

Dannazione.

Non era molto diverso da come lo ricordava e questo di certo non aiutava. Aveva persino conservato la sua timidezza, cosa che a Ronnie era sempre piaciuta. Le piaceva il fatto che un personaggio costretto ogni giorno ai flash ed a mille ragazzine urlanti, riuscisse ancora ad essere timido. E questo le faceva capire quando il ragazzo fosse diverso e quindi, in qualche modo, speciale.

Anche questo dettaglio non aiutava però.

Si ripeteva mentalmente mille e mille volte che non doveva assolutamente farsi viaggi mentali interspaziali, bensì doveva rimanere con i piedi ben saldati a terra. Perché nonostante Nick avesse ancora quello sguardo così magnetico, quelle adorabili fossette agli angoli della bocca quando sorrideva, quelle labbra così invitanti e quelle braccia –quelle maledettissime braccia- così forti, sulla quale ci avrebbe volentieri costruito la sua casa, nonostante questo, Nick stava con Allie da quasi un anno -forse si conoscevano anche da prima- e lei, per quando detestasse seriamente quella ragazza, non poteva rovinare la vita a Nick, non se lui era felice così.

Arrivando fuori casa sua scese dalla macchina trascinando con se la sua amata busta colma di schifezze, dirigendosi verso la porta. Mentre infilava le chiavi nella serratura le venne in mente la sera prima, quando Frank li aveva guardati sconcertati quando avevano detto di essere “vecchi amici”, ricordando che anche lei era alquanto sconcertata e dubbiosa di quell’affermazione, ma si rese conto che forse era proprio quello che voleva Nick. Perché l’avrebbe invitata a cena altrimenti?

Entrò poggiando la busta sul tavolo della cucina, sospirando.

Amici? Beh, poteva provarci.

Un suono proveniente dalle tasche dei suoi jeans l’avvertì dell’arrivo di un sms, lo sfilò svogliatamente e quando lesse il mittente il cuore prese a fare le capriole nel suo petto.

Con dita tremanti aprì il messaggio, e solo quando finì di leggere l’ultima parola capì che, probabilmente, le sarebbe venuto un infarto.

 

 

 

 

 

*                      *                     *

 

 

 

 

Lori Lori, storia veraaa Lori Lori storia duraaaaaa Lori non è mai sicuuuuraaaa, Lori è solaaa finta duuuura

Adoro questa canzone uù

Beeeeeene come alcune di voi sanno, grazie alle mie crisi isteriche sulla mia pagina, questo capitolo era pronto da un po’, ma non volevo postarlo. Nemmeno ora sono tanto sicura di volerlo fare, in realtà, ma siccome ho il BLEND *-*(altro motivo di isterismo, visto che l’amica che me li faceva prima non è disponibile al momento) ho deciso di postare uù

Perché non volevo postare? Non lo so uù

Tranquille, mia madre ha fatto tutti gli accertamenti dovuti, sono apparentemente sana mentalmente uù

Che diiiiiiiiiiire, questo è uno dei capitoli che piace a me, uno di quelli che finisce a cazzo e voi vorreste venire qui per sapere cosa c’è scritto su quel sms *-* Mi adoro quando faccio così uù

Spero che anche a voi sia piaciuto uù Ah, e grazie al mio macaco del Congo per il blend *-*

Stasera vi amo più del solito, sapete?

PS. SORIANA, SPERO CHE TU SOPRAVVIVA ALLA CADUTA DI QUEL SATELLITE.

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Capitolo 18
*** I'm so tired ***


Ero contento di non essere innamorato,

di non essere in pace col mondo.

A me piace avercela con tutto e con tutti.

Charles Bukowski

 

 

Erano passati cinque giorni da quando Ronnie aveva ricevuto quell’sms che l’aveva letteralmente sconvolta. Cinque giorni di tormento, chiedendosi cosa doveva fare, al cui termine aveva capito che non era in grado di pensare lucidamente o essere così obbiettiva da riuscire a prendere una qualsiasi decisione, allora aveva chiamato Jamie –che a sua volta aveva chiamato Lexus-, pregandola di vedersi al più presto per parlare di una questione di vita o di morte.

Erano le sette, lei era appena uscita dal suo ufficio, quando tutte e tre si ritrovarono sedute al tavolino di un vecchio bar in centro.

-Kate è ancora a New York?- chiese Ronnie prendendo tra le mani il menù plastificato.

Jamie annuì –e non sappiamo quando torna-

-non la sento da ieri- aggiunse Lexus – non ha un minuto nemmeno per respirare-

Ronnie annuì alle due. Era contenta che Kate fosse riuscita a realizzare il suo sogno dopo tanti sforzi e sacrifici ed era contenta che ora sedesse a quel tavolo con Jamie e Lexus così naturalmente, questo le faceva sperare che pian piano le cose si stessero aggiustando.

-la tua situazione con Kate invece, come va?-

Ronnie alzò le spalle –l’ultima volta che le ho parlato non mi è saltata addosso, ma non credo le cose si siano risolte del tutto-

Entrambe le sue amiche annuirono distogliendo lo sguardo, chiaro segno che entrambe avevano avuto modo di parlare con Kate di Ronnie e della loro situazione.

Diedero le loro ordinazioni e solo quando la cameriera le portò loro e si allontanò con un sorriso, Jamie parlò –allora- cominciò girando tra le mani la tazza calda contenente il suo cappuccino –qual era quella questione così importante di cui volevi parlarci con tanta urgenza?-

Ronnie si mordicchiò il labbro inferiore fissando intensamente la tazza piena di cioccolato sotto i suoi occhi. Allungò la punta delle dita ghiacciate verso l’oggetto bollente provando un istantaneo conforto a contatto col calore.

-sapete che, circa una settimana fa, sono andata a cena con Nick- disse e non era una domanda. Loro stesse l’avevano chiamata la mattina dopo –trattenendola per più di mezz’ora al telefono- per farsi raccontare tutto nei minimi dettagli, ma allora Ronnie non aveva ancora ricevuto l’sms.

Jamie e Lexus annuirono contemporaneamente sporgendosi inconsciamente di più verso l’amica, ansiose che lei proseguisse.

-il giorno dopo mi ha inviato un sms…- entrambe spalancarono la bocca in attesa che l’amica continuasse e gli dicesse cosa ci fosse scritto.

-allora?- la incalzò Lexus dopo un interminabile silenzio

Ronnie prese un respiro profondo –ha detto che la sera prima si era divertito tanto, che gli era piaciuto ricordare i vecchi tempi con me e…- si interruppe cercando di ricordare le parole esatte del messaggio.

-e…?- ripetè con tono strozzato Jamie stringendo convulsivamente la tazza tra le mani.

- e mi ha chiesto se mi andrebbe di rifarlo, qualche giorno-

La bocca di Jamie rimase spalancata, mentre anche i suoi occhi facevano lo stesso, restando fissi su Ronnie; Le labbra di Lexus invece si chiusero di botto mentre un sopracciglio si alzava con aria sconcertata.

-oh porca merda- sbottò poi Lex rompendo il silenzio

-è esattamente quello che ho pensato io- sorrise sarcastica Ronnie

-e tu cos’hai risposto?- chiese Jamie

Ronnie abbassò di nuovo lo sguardo per poi rialzarlo lentamente –niente-

Jamie inclinò la testa verso destra –in che senso?- chiese

-quanti sensi ci sono?- ribatté Ronnie –nulla, non ho risposto-

La ragazza aprì la bocca con espressione sconvolta facendo per rispondere, ma Lexus la precedette urlando –cosa? Perché non hai risposto?-

-è per questo che vi ho chiamato- sospirò Ronnie –non lo so, cosa dovrei rispondere?-

Lexus si abbandonò all’indietro, poggiandosi allo schienale della sedia e abbassando lo sguardo, pensierosa.

-tu cosa vorresti fare?- sussurrò Jamie infine

Ronnie sospirò pesantemente –io…non lo so-

Jamie annuì silenziosa passando l’indice sul bordo della tazza, capiva l’indecisione di Ronnie ed anche lei al suo posto non avrebbe saputo cosa fare.

-cos’è che ti preoccupa?- chiese Lexus

Ronnie si accigliò guardando intensamente la sua cioccolata calda, come se questa dovesse dargli una risposta. Cos’è che ti preoccupa? Da dove poteva cominciare?

-quando l’altra sera sono stata con lui- cominciò cercando di trasformare in parole l’enorme magma caotico che le ribolliva dentro –sono stata davvero bene e addirittura per un attimo mi è sembrato di sentire…- sospirò –mi è sembrato di provare quello che non provavo da anni-

Jamie si morse un labbro –quindi, pensi di essere inn…-

-no- la interruppe bruscamente lei, terrorizzata al solo suono di quella parola –sarebbe stupido pensare che dopo anni io sia ancora…provi ancora le stesse cose per lui, ma l’altra sera quelle emozioni sembravano talmente reali che…-

-che hai paura si possano trasformare in realtà se passi altro tempo con lui- concluse Lexus per lei

Ronnie sorrise, dimenticando per un attimo quello di cui stavano parlando e scambiandosi uno sguardo d’intesa con Lexus. Nonostante non si parlassero da anni riuscivano ancora a leggersi nel pensiero, a completare le frasi dell’altra. Erano ancora sulla stessa lunghezza d’onda, forse era vero che il loro legame era qualcosa di unico e speciale.

-e sarebbe tanto male?- chiese Jamie facendola tornare con la mente al discorso che stavano affrontando.

-cosa?- chiese confusa

-Se tu provassi ancora quelle emozioni, se tu fossi ancora innamorata- disse senza dare tempo a Ronnie di interromperla –sarebbe un male?-

Ronnie si porto una ciocca dietro l’orecchio –si, sarebbe un male visto che sta insieme ad Allie- rispose tra i denti

-oh, andiamo!- sbotto Lexus alzando gli occhi al cielo –tutti sanno che ha cominciato a frequentare Allie solo per dimenticarti-

Il cuore di Ronnie perse un battito al pensiero che lui l’avesse fatto solo per dimenticare lei, che in realtà lui non provasse per Allie quello che aveva provato per lei, ma poi si riprese, scuotendo la testa con fermezza –tutti a parte lui a quanto pare, visto che sono insieme da un anno-

-un anno- la riprese Jamie –nella quale tu eri dispersa chissà dove…-

-e appena tu torni- continuò Lexus –guarda caso, lui decide di voler passare del tempo con te-

Ronnie abbassò lo sguardo verso il tavolo grattando qualcosa di immaginario su di esso con l’unghia del pollice –che sciocchezze- sbottò –Nick vuole vedermi solo per passare un po’ di tempo tra amici-

La risata di Lexus la colpì forte, era più acuta di come la ricordava, e Ronnie alzò lo sguardo confusa mentre vedeva Lexus quasi piangere dal ridere, mentre Jamie scuoteva la testa sorridendo furba.

-quando mai siete stati amici tu e Nick?!- rispose Lexus una volta calmata –ma per favore!-

-Ronnie, non puoi essere davvero così ingenua- disse a sua volte Jamie guardandola con espressione sconcertata.

Ronnie si imbronciò di fronte alla reazione delle amiche –perché vorrebbe vedermi, allora?- borbottò incrociando le braccia al petto, sfidandole a darle una motivazione migliore della sua.

Lexus sospirò –perché forse, come te, si è accorto che prova ancora qualcosa per te e vuole vederti per constatare se è così o è stata solo l’emozione di rivederti dopo anni, magari?-

-esatto- l’appoggiò Jamie annuendo con vigore –magari è ancora innamorato di te- disse affezionandosi particolarmente a quella parola che Ronnie invece non sopportava.

-perché entrambe sembrate non considerare minimamente il fatto che sta insieme ad un’altra persona?-

Lexus alzò gli occhi al cielo –perché questa è una cosa del tutto irrilevante- sminuì sventolando una mano di fronte al viso.

Ronnie alzò a sua volta gli occhi al cielo, sta volta sorridendo.

Che le ragazze avessero ragione? Che avessero visto qualcosa che lei stessa non era stata capace di vedere com’era occupata a studiare le sue di sensazioni?

-quindi, cosa dovrei fare?- chiese infine

-quello che ti senti- rispose con un’alzata di spalle Lexus

-se vuoi vederlo, mandagli un sms e dì di si- chiarì, Jamie –se non vuoi rivederlo, non rispondere affatto-

Ronnie sbuffò.

E se invece le sue amiche avessero torto? Anche ammettendo che Nick pensasse di provare ancora qualcosa per lei e volesse accertarsene continuando a vederla, cos’avrebbe fatto se alla fine lui si fosse reso conto che non era così? Se lei vedendolo ancora si fosse innamorata –ancora- di lui e lui, alla fine, avrebbe deciso che non amava lei, ma Allie? Lei si sarebbe scottata, di nuovo. Nonostante la sua parte razionale, abituata all’arte del sopravvivere, le stesse urlando di scappare il più lontano possibile da quel ragazzo che le stava facendo provare –ancora- quelle strane emozioni, una parte di lei, la più grande, fastidiosa e testarda, le diceva che aveva bisogno di rivederlo.

Cosa doveva fare?

Quello che ti senti.

Ronnie sospirò, sporgendosi verso le amiche –cosa devo scrivere nel sms?- chiese, vedendo dipingersi sui volti delle amiche un’espressione soddisfatta.

 

Well I'm so tired baby

(walking away – Craig David)

 

Erano passati cinque giorni anche da quando Joe e Kate si erano salutati in quell’aeroporto.

In quei cinque giorni i due si erano sentiti praticamente solo di sfuggita a causa del fuso. Kate chiamava tutte le sere prima di andare a dormire, siccome erano gli unici cinque minuti che aveva a disposizione per parlare, e non erano mai più di cinque, visto che proprio a quell’ora, tutti i giorni, Joe era sul set per le riprese del suo film.

Kate era superindaffarata, correva da un angolo all’altro per aggiustare quel vestito o quell’altra rifinitura, per esaminare le stoffe da usare, per organizzare la scaletta della la sfilata, era talmente occupata che a volte dimenticava persino le cose più essenziali, come mangiare o andare in bagno. Nonostante Holly, la sua assistente, le desse una mano con il lavoro da fare, Kate pareva non avere nemmeno un minuto per respirare.

Ma se Kate era super occupata, Joe non era da meno, con le riprese del film da girare, le interviste e i programmi tv a cui era obbligato a presenziare per pubblicizzare il film.

Entrambi erano esausti, per questo Kate tirò un’enorme sospiro di sollievo quando, alla fine della quinta stremante giornata, riuscì finalmente a tuffarsi sul letto, che pareva non vedere da mesi.

Nulla l’avrebbe smossa da quel letto fino al mattino dopo, nulla a parte una rilassante –per quanto potesse rilassarsi in quel momento- doccia.

Riuscì a voltare la testa di lato, guardando la sveglia sul suo comodino che segnava le undici di sera.

Storse il naso e prese il cellulare dalla tasca, facendo la sua solita chiamata di routine, sperando che non fosse troppo tardi.

Per fortuna, al terzo squillo, Joe rispose.

-Kate!- disse la voce felice del ragazzo dall’altro lato, che per un momento fece dimenticare a Kate tutta la stanchezza che si portava dietro da giorni.

-Hei! Come va?- sussurrò

-va…- rispose semplicemente lui –temevo non mi avessi chiamato stasera, è tardi da te?-

-si, sono le undici, stasera abbiamo finito più tardi del solito- spiegò Kate cercando di non sbadigliare –almeno ci siamo portati avanti col lavoro, il che significa che potrei tornare presto! Come vanno le riprese?-

-bene- rispose Joe seduto alla sedia riservata per lui –mi manchi, tanto- sussurrò poi e a Kate le si strinse il cuore.

-anche tu mi manchi Joe, davvero tanto- rispose la ragazza raggomitolandosi su se stessa.

Uno sbadiglio uscì dalle labbra di Kate nello stesso istante in cui l’aiuto regista faceva segno a Joe che i cinque minuti di pausa erano terminati.

–sarai stanca- sospirò Joe

Kate si diede mentalmente della stupida per essersi lasciata sfuggire quello sbadiglio, il tempo a disposizione per parlare con Joe era poco, non voleva dargli l’impressione di essere annoiata o che, ma era davvero stanchissima.

-ti dispiace se attacchiamo? Credo davvero che potrei addormentarmi a telefono-

Il ragazzo rimase un po’ deluso dal fatto che la ragazza volesse già riagganciare, ma capiva che Kate doveva essere distrutta ed aveva bisogno di riposo.

-tranquilla- la rassicurò –tanto mi hanno appena chiamato per ricominciare-

-oh- disse semplicemente Kate, un po’ delusa

-torna presto- sussurrò Joe –mi sembra di impazzire qui senza di te-

Il cuore di Kate si fermò per l’ennesima volta mentre cercava di riprendere fiato –farò del mio meglio- sospirò infine prima di terminare la chiamata.

Si lasciò scivolare sullo scomodo materasso di quella triste stanza d’albergo, rimanendo a pancia in su, mentre fissava il soffitto con aria vaga.

Quella era una chiamata tipo, che ormai faceva tutte le sere con Joe. Mai più di cinque minuti, anzi, forse quella appena terminata era stata una delle telefonate più lunghe. Era davvero triste.

Con uno sforzo disumano, Kate riuscì ad alzarsi dal suo letto e dirigersi verso il bagno, dove una confortevole doccia l’attendeva.

Sentire l’acqua calda scorrerle sul corpo la fece inaspettatamente rilassare e sentire di colpo meno stanca, come se fosse rinata. Con i capelli ancora bagnati intrappolati in un asciugamano, Kate si diresse verso il suo letto, sulla quale ad attenderla c’era il suo intimo, dopo di che avrebbe finalmente potuto stendersi tra le lenzuola e svenire, su quello scomodissimo letto.

Si tolse l’asciugamano dalla testa e, proprio mentre stava per buttarsi sul letto, qualcuno busso freneticamente alla sua porta.

Kate sbuffò, guardò il suo corpo coperto solo dall’intimo, indossò frettolosamente l’accappatoio ancora bagnato e sbuffo, di nuovo, prima di aprire la porta.

La figura esile e sottile di Holly venne illuminata dalla luce che proveniva dall’interno della stanza, la ragazza alzò i grandi occhi verdi a Kate, sorridendole.

-oh, meno male che sei ancora sveglia! Posso entrare?- chiese facendosi spazio ed entrando nella stanza.

-già che ci sei- rispose sarcastica Kate richiudendo la porta

-allora- cominciò Holly voltandosi verso di lei –hai circa venti minuti per prepararti- sorrise la biondina

-prepararmi?- chiese Kate sconcertata –per fare cosa?-

-per andare al party organizzato dai ragazzi- rispose ovvia Holly – te ne sei dimenticata?-

-quali ragazzi?!- sbottò Kate, vedendo mentalmente quell’enorme letto a due piazze sempre più lontano, nonostante fosse a pochi passi da lei

Holly la guardò dubbiosa –quelli che lavorano per te, hai presente? Hanno organizzato una festa in un locale per stasera, è venerdì!-

Kate si concesse una lunga occhiata verso la ragazza che, in leggins glitterati e maglietta super aderente, la guardava con un sorriso.

-voi siete matti- sbottò in fine distruggendo il sorriso dalle labbra della ragazza –divertitevi, io resto qui a riposare-

Fece per avviarsi verso il letto ma, ancora una volta, Holly la fermò con la sua voce squillante –non puoi non venire! I ragazzi hanno organizzato la serata in tuo onore, per la tua presenza a New York- quasi pestava i piedi per terra –te l’abbiamo detto due giorni fa, ricordi?-

Kate sbuffò, non ricordava nemmeno quando aveva mangiato l’ultima volta, figurarsi una cosa detta due giorni prima!

-ti preeeeego- cantilenò Holly unendo le mani e sporgendo il labbro inferiore, cogliendo l’indecisione sul volto della ragazza.

-e va bene, va bene!- urlò quasi Kate alzando gli occhi al cielo –ma domattina dovrai portarmi dieci caffè per farmi stare in piedi!-

Holly fece un gridolino annuendo e saltellando sul posto mentre batteva le mani eccitata. Come faceva ad avere tutte quelle forze dopo cinque giorni come quelli che erano appena trascorsi?

-ti droghi, per caso?- disse acida Kate avviandosi verso la sua valigia, per cercare qualcosa da indossare

Holly piegò la testa di lato, con espressione innocente –no-

Kate fece uscire un lamento dalle sue labbra, voltandosi poi verso la ragazza, con i vestiti in una mano –sarò pronta tra dieci minuti, ci vediamo giù- la liquidò velocemente con un gesto della mano.

Quando Holly si chiuse la porta alle spalle Kate sospirò sconfitta. Non aveva alcuna voglia di andare a quella stupidissima festa –sospettava anche si fosse addormentata in un angolo a causa della stanchezza-, ma non voleva offendere i ragazzi con cui lavorava. Avevano organizzato quella festa appositamente per lei, sarebbe stato scortese non andarci. Era così stanca però che sapeva non sarebbe riuscita a godersela e sarebbe stata di peso a tutti con la sua faccia pallida e le occhiaie che le arrivavano alle ginocchia. Pazienza.

I venti minuti passarono più veloci del previsto, e dopo mezz’ora Kate era ancora in bagno a truccarsi, cercando di rimediare –per quanto le era possibile- a quel disastro che era il suo viso, cercando di farlo somigliare più a quello di un essere umano che a quello di una busta di latte.

Ancora una volta qualcuno prese a bussare insistentemente alla sua porta, ancora una volta Holly –Kate?- chiamò la ragazza senza ricevere risposta

Kate gettò con un gesto di stizza il correttore per aria –al diavolo la sua stupida faccia sfinita- e corse ad aprire la porta.

-dobbiamo sbrigarci, altrimenti salta la prenotazione- disse Holly senza darle il tempo di parlare.

-ok, prendo la giacca- disse facendo per tornare in dietro

Non c’è tempo –disse Holly afferrandola per un braccio e trascinandola fuori la porta – te ne ho presa io una, dobbiamo sbrigarci- concluse passandole una leggera giacca di pelle nera.

Kate non controbatté, anche perchè non ne aveva la forza, e seguì la ragazza giù alla reception, dove gli altri l’attendevano.

Quando uscì dall’albergo la terribile sensazione di aver dimenticato qualcosa –non solo la giacca- si fece spazio tra i suoi pensieri, ma solo quando arrivarono fuori ad un nuovo locale gremito di gente, ricordò cos’aveva dimenticato.

-ho lasciato la borsa in albergo!- strillò quasi rivolgendosi ad Holly, accanto a lei

-non preoccuparti- la rassicurò la ragazza – in questo locale ci conoscono tutti, non c’è bisogno del documento-

Kate annuì, tornando a guardare di fronte. Non era il documento che la preoccupava, ma il fatto che nella sua borsa avesse dimenticato il cellulare e non aveva avuto il tempo di chiamare Joe per dirgli di quell’improvviso cambio di programma.

Alzò le spalle sospirando, gliel’avrebbe detto la mattina successiva. 

 

 

 

 

 *                     *                       *

 

 

Saaaaaaaaaaaaaalve! Come va mie care?

Oggi sono davvero felice! Il che non capitava da parecchio, ve lo posso assicurare, quiiiiiiiiiindi ho deciso di rallegrare anche voi, postando un altro capitolo *O*

Visto che sono in vena, e sto aspettando che Simona mi faccia il blend(love u), colgo l’occasione per ringraziare tutte voi, come sempre!

Grazie alle 41 che hanno la mia storia tra le preferite, alle 9 che l’hanno messa tra le ricordate, e alle 44 che l’hanno messa tra le seguite! Grazie alle 11 bellissime fanciulle che con pazienza hanno recensito lo scorso capitolo *-*(vi amo), alle 29 folli, totalmente matte, che mi hanno aggiunto tra gli autori preferiti (è un onore)*O*, grazie ad Unbroken per aver segnalato Lover Dearest come storia “scelta”, grazie a tutti quelli che hanno lasciato almeno una recensione, perché grazie a voi questa storia ha 205 recensioni solo al 17esimo capitolo.

Grazie a Simona che mi sta sopportando per le mie crisi dovute alla mancanza di blend e che mi aiuta sempre, e per sopportarmi in generale. (SEXY SHOP *-* HAHAHAHAHA)

Grazie ad Eleonora, che anche involontariamente mi da delle idee fantastiche, che puzza, che non sa dire “nowaday”(e molto altro), e che vorrebbe che andassi con lei a Milano per vedere Joe. No, grazie.

Grazie a Soriana, che non c’è, ma è come se ci fosse(?) e che mi ucciderà quando saprà che ho postato un altro capitolo in sua assenza. Ti amo <3

Oh, ed ovviamente grazie a chi continua a togliere la mia storia dalle seguite/preferite/ciòchesia senza darmi una motivazione, siete forti (Y)

E grazie alle ragazze sulla mia pagina che ci sono sempre e leggono tutti i miei sfoghi!

Vi amo tutte, a presto <3

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Capitolo 19
*** Misunderstandings ***


IMPORTANTE: Salve mie piccole dolci pallette di lardo! Prima di lasciarvi al capitolo volevo dirvi un po’ di cose, che poi in realtà è una sola, vabe! Ad ogni modo volevo dirvi che ho notato che nell’ultimo capitolo le recensioni sono diminuite un po’ e qualcuno ha tolto la storia tra le preferite. Ora, io non sono una di quelle persone che dicono cose del tipo “se non ricevo 856416408 recensioni al prossimo capitolo non posterò mai più!” o cose del genere, per un semplice motivo: io scrivo per ME STESSA, perché è una cosa che mi piace e mi fa stare bene, poi è ovvio che se quello che scrivo piace anche a voi al punto da invogliarvi a scrivere una recensione io sia strafelice e ne sia contenta, ma se così non fosse continuerei a scrivere. Il punto però è che siccome ho contato altri 18 capitoli circa prima della fine della storia, non vorrei voi vi stesse stufando, perché se già vi scoccia ora non oso immaginare tra diciotto capitoli! Quiiiiiiindi nel caso la cosa vi stesse annoiando, comunicatemelo per favore, in modo che io possa cambiare alcune cose e finirla in pochi capitoli.

That’s all! Spero che qualcuno risponda al mio appello e mi dica cosa non gli piace di questa storia o perché la toglie dai preferiti. Ora mi levo dalle balls uù

Buona lettura!

Nick era stato svegliato bruscamente ben due volte quella mattina. La prima, dallo sbattere della porta d’ingresso e, quando si era accorto che erano solo le sette del mattino, era balzato giù dal letto –temendo che fosse successo qualcosa di grave- affacciandosi alla finestra che dava sul cortile, per poi scorgere Joe che correva verso la sua macchina con indosso una vecchia tuta. Non era da Joe svegliarsi a quell’ora per andare a fare jogging, ma, francamente, a quell’ora del mattino, ancora assonnato, poco gli interessavano gli strani progetti del fratello.

La seconda volta invece era stato svegliato dal suono del telefono ed era letteralmente sobbalzato.

Aveva afferrato l’iPhone dal comodino col cuore che gli andava a mille ed il fiato che quasi gli mancava. Era passata quasi una settimana da quando aveva trovato il coraggio di mandare quel sms a Ronnie –sei giorni per la precisione- e lei non aveva risposto.

Nick si era tormentato giorno e notte, facendosi mille e più domande. Perché Ronnie non aveva risposto al suo sms? Aveva fatto male a mandarglielo? Che il messaggio non le fosse arrivato? Poteva capitare a volte. Avrebbe dovuto rinviarlo? O chiamarla? Ma nonostante le mille idee che gli vennero in mente, in quei giorni, Nick non fece altro che aspettare e quell’attesa infinita lo logorava.

Avrebbe preferito ricevere un “no” secco come risposta, un “vai al diavolo”, tutto, ma non quel silenzio.

Alla fine, con un sospiro, Nick era riuscito ad abbassare il volto verso lo schermo del suo cellulare e sul suo viso si dipinse un’espressione di puro sconforto quando sullo schermo non lesse quello che voleva, ma il nome lampeggiante di Allie.

Aveva risposto con voce impastata alla ragazza che gli aveva proposto di andare a fare colazione insieme quella mattina, prima che lei andasse a fare non aveva capito bene cosa.

Così ora si trovava in un anonimo Starbucks, nell’anonima periferia di Los Angeles, a fissare intensamente il suo iPhone –sperando di sviluppare istantaneamente un qualche potere telematico- e sorseggiando il suo caffè, senza zucchero, con Allie.

-va tutto bene?- chiese improvvisamente la ragazza, facendogli alzare lo sguardo –ti vedo assente stamattina- chiarì stringendo il suo bicchiere di cappuccino tra le mani.

-certo- sorrise –sono solo un po’ stressato- si lasciò sfuggire

-per via del lavoro?- chiese Allie offrendogli inconsapevolmente una via d’uscita –è per questo che non fai che guardare il telefono?- aggiunse alzando il mento verso l’oggetto tra le mani del ragazzo.

Nick diede un’occhiata veloce al telefono che aveva tra le mani per poi ritornare a guardare il viso sorridente di Allie –già- mentì –devono comunicarmi l’orario per la registrazione della nuova canzone-

 Allie annuì distratta per poi riprendere a parlare –oh, credo di aver trovato il vestito perfetto per il matrimonio di Jamie sai?- Nick fece per aprire bocca, ma Allie lo interruppe ricominciando a parlare –è un Valentino rarissimo, ce ne sono solo venti in tutto il mondo! E’ eccezionale ed il colore sta a meraviglia con la mia pelle…-

Nick smise di ascoltarla alle parole “vestito perfetto”, tornando a fissare con particolare interesse il suo iPhone.

“su, fa qualcosa!” lo pregò mentalmente, ma lo schermo continuava a rimanere oscurato.

Proprio mentre sbuffava e malediva mentalmente quello stupido aggeggio –che non aveva alcuna colpa- lo schermo si illuminò spezzandogli il fiato.

Con un gesto veloce tolse il blocca tasti ed un sorriso si formò automaticamente sule sue labbra quando vide il mittente, senza nemmeno sapere il contenuto del sms, senza pensare che la risposta, poteva essere un rifiuto.

Toccò veloce lo schermo aprendo il messaggio e, se prima quello che padroneggiava sul suo viso era un sorriso appena abbozzato, quello di ora era un vero e proprio sorriso a trecentoquarantadue denti.

“Hei, scusami se ti rispondo ora, ma sono stata molto occupata in questi giorni per via del lavoro. Anche io sono stata molto bene l’altra sera e mi farebbe piacere rifarlo qualche volta! Ronnie”

-cosa c’è da ridere?- la voce di Allie lo distrasse dai suoi pensieri, facendogli improvvisamente rendere conto che stava sorridendo come un ebete.

-eh?- chiese spaesato prendendo tempo per inventarsi qualcosa

-stavi ridendo come un ebete- ecco.

-oh, nulla, i soliti sms idioti di Joe- disse abbassando lo sguardo cercando di togliersi il sorriso ebete dalla faccia.

Allie annuì alzando le spalle e spostando lo sguardo altrove. Nick digitò velocemente una frase per poi cancellare l’sms appena ricevuto.

Questa volta la risposta di Ronnie fu repentina, e , quando lo lesse, annullò tutto gli sforzi che Nick stava impiegando per cercare di tornare serio, facendolo sorridere ancora.

Nick cancellò anche questo sms, poi si rivolse ad Allie –penso che dovrò registrare, questo pomeriggio-

 

*                  *                *

 

Grande, enorme, immenso, perenne, mal di testa.

Kate affondò la testa nel cuscino mentre la sveglia sul suo comodino la informava con un suono tremendamente metallico e fastidioso, che era ora di alzarsi. Allungò il braccio quel poco che poteva per zittirla per poi sprofondare nuovamente tra le lenzuola.

Ricordava ben poco della sera precedente, se non sprazzi confusi di lei che ballava, mentre le mille luci colorate le colpivano fastidiosamente il viso e il perenne bisogno di bere per restare sveglia e sopportare quel tremendo dolore ai piedi dovuto alle scarpe alte.

Bere.

Si, forse aveva esagerato un po’ quella sera, e a testimoniarlo c’era quel mal di testa infernale che gli stava riducendo il cervello in poltiglia.

In lontananza sentì qualcuno chiamare il suo nome, ma era così lontano che pensò di immaginarlo. Affondò ancora di più la testa nel soffice cuscino cercando di scacciare quella voce fastidiosa che ripeteva il suo nome. Fastidiosa come una mosca.

Improvvisamente, un fascio di luce le colpì gli occhi, irritandola terribilmente e provocandogli l’ennesima fitta alla testa mentre cercava di portarsi una mano al viso per coprirla.

Le ci volle qualche minuto per vedere qualcosa e mettere a fuoco, a pochi centimetri da lei, il viso tondo di Holly che la guardava con i grandi occhioni verdi spalancati.

Kate balzò all’indietro, spaventata, e questo le costò un’altra fitta.

-Kate?- la mosca, era tornata

-Kate, mi senti?- più fastidiosa di prima

-Kate!- la ragazza sbatté un paio di volte le palpebre prima di capire che quella voce non era quella di una mosca immaginaria ma bensì di Holly. E quella ragazza sapeva essere molto più fastidiosa di una mosca.

-che diavolo ci fai qui? E cosa vuoi?- ringhiò poco cordialmente richiudendo gli occhi, voleva solo essere lasciata in pace.

-sei in ritardo di un’ora, sono venuta a cercarti e ti ho portato questa…-

Con un lamento Kate aprì a fatica gli occhi, scorgendo un bicchiere penzolante avanti al suo viso –aspirina- spiegò Holly

Con uno sforzo ed un sonoro sbuffo Kate riuscì a mettersi seduta sul suo grande letto matrimoniale poggiando la schiena al muro freddo.

-grazie- disse afferrando il bicchiere che la ragazza le porgeva

Holly le sorrise dolcemente, restando in silenzio.

-ma è impossibile che sia in ritardo di un’ora, la sveglia è suonata meno di cinque minuti fa- disse confusa Kate

La ragazza la guardò accigliata, per poi mostrarle il l’orario sul suo cellulare –sono le dieci, la tua sveglia avrà suonato almeno un’ora e mezza fa-

Kate guardò dubbiosa lo schermo del cellulare, arrendendosi all’evidenza. Era passata davvero un’ora e mezza e lei doveva essersi riaddormentata.

-avevi bevuto davvero tanto ieri- sorrise Holly mentre Kate mandava giù l’aspirina tutto d’un sorso

Kate arrossì, abbassando lo sguardo –non ho fatto nulla di stupido, vero?- chiese timorosa, sapendo quanto diventava stupida quando beveva troppo.

-a parte ballare come un invasata ed urlare “RIEMPITE IL MIO DANNATO BICCHIERE!”, dici?- sorrise Holly imitando la sua voce ed alzando il braccio in aria sventolando un bicchiere immaginario.

 Con un lamento Kate si portò la mano agli occhi, premendo per qualche istante le dita fredde sulle palpebre. Se quello era la cosa più stupida che aveva fatto quella sera sarebbe stata contentissima, almeno non aveva fatto nulla del tipo spogliarsi e ballare nuda per strada, cosa che le era capitata quando era più giovane, e le sue amiche avevano dovuto trascinarla di peso in macchina.

-si, a parte quello?-

Holly parve pensarci per qualche istante –nulla- disse infine alzando le spalle –solo continuavi a ripetere di dover fare qualcosa, qualcosa tipo, chiamare Joe?- disse incerta, non aveva la minima idea di chi fosse Joe.

Kate sbiancò ancora più di prima.

-il mio cellulare!- trillò alzandosi di scatto dal letto, provocandosi così un giramento di testa, che la costrinse ad aggrapparsi al comodino, sul quale giaceva il suo cellulare.

-ti aspetto giù?- chiese timorosa Holly, confusa dall’improvviso cambio d’umore della rossa. Meglio scappare prima che avesse cominciato a tirargli oggetti dietro.

-si, si- biascicò Kate afferrando il cellulare, sedendosi nuovamente sul letto

Holly uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle, lanciando uno sguardo preoccupato a Kate che freneticamente pigiava i tasti del suo cellulare. Nessuna chiamata.

Non era nulla di strano o preoccupante. A quell’ora a Los Angeles erano solo le sette e mezzo del mattino, nessuna delle persone che conosceva era sveglio a quell’ora, tanto meno lui, che a quell’ora era ancora nel mondo dei sogni.

Eppure Kate aveva uno strano presentimento, l’orribile sensazione che fosse successo qualcosa. Non c’era bisogno di scorrere la rubrica per trovare il suo numero, bastava controllare le ultime chiamate.

Con un inspiegabile ansia che le cresceva nel petto portò il telefono all’orecchio, mentre sentiva il “tuu” degli squilli che non faceva altro che innervosirla. Lo lasciò squillare finché la telefonata non si interruppe automaticamente e una vocina metallica alquanto irritante la informò che Joe non aveva risposto. Come se non se ne fosse resa conto.

Kate non si arrese, fece partire altre volte la chiamata, ogni volta l’ansia era sempre più grande, il respiri più affannosi ed i battiti più veloci.

Provò a chiamare Joe ben quindici volte quella mattina, ma lui non rispose.

 

*                  *                 *

 

Quella notte Joe sentiva tremendamente caldo.

Nonostante si fosse sfilato la maglia e i pantaloncini, rimanendo in mutande, le lenzuola continuavano ad appiccicarsi alla sua pelle sudata, irritandolo mortalmente.

Si rigirò per ore nel letto, senza riuscire a dormire e quasi urlò dalla frustrazione quando sul orologio poggiato sul comodino vide che erano le sei del mattino.

Provò ogni cosa –a contare le pecore, a cullarsi con un ritmo isterico, cantarsi una canzone-, cambiò mille posizioni, ma il sonno proprio pareva non arrivare. Alla fine, si arrese, e si diresse verso il bagno desideroso di una doccia, sperando di non svegliare nessuno.   

Mentre l’acqua gli scorreva sul viso e sul corpo accaldato, inevitabilmente i suoi pensieri andarono a Kate. A New York dovevano essere le nove del mattino e Kate doveva essere già a lavoro, indaffarata come sempre.

In quei giorni si erano sentiti pochissimo a causa degli impegni di entrambi ed ogni giorno senza vedere Kate, per Joe, era sempre peggio del precedente. Era una cosa strana, anche prima lui e Kate erano stati lontani per qualche giorno, a volte addirittura per settimane e si, Joe aveva sentito la sua mancanza, ma non come ora. Da quando le labbra di Kate avevano toccato le sue ed i suoi occhi gli avevano promesso silenziosamente di donarsi a lui era cambiato tutto. Ora non poteva passare più di cinque minuti senza che il volto della ragazza gli venisse in mente, non un istante non aveva voglia di chiamarla, e più volte aveva pensato di saltare sul primo aereo e volare da lei, anche solo per poterla stringere per un attimo.

Senza rendersene conto era stato per quasi un ora sotto la doccia, prima di avvolgersi nel suo accappatoio. La sera prima Kate gli aveva detto che era riuscita a portarsi abbastanza avanti col lavoro, quindi sarebbe tornata presto magari e lui avrebbe potuto smettere di tormentarsi.

Ma nemmeno quel pensiero riuscì a rasserenarlo quella mattina e, una volta stesosi sul letto, prese il cellulare tra le mani pensando che forse avrebbe potuto farle una telefonata veloce. Ci ripensò subito pensando che Kate non avrebbe potuto rispondergli, come sempre.

Però aveva bisogno di parlare in qualche modo con lei, magari le avrebbe lasciato un messaggio privato sulla sua pagina. Attivò il BlackBerry indirizzandolo sui suoi preferiti, sulla pagina della ragazza, e proprio mentre stava per cliccare sulla piccola busta in alto a destra per mandarle un messaggio, sotto i suoi occhi apparve l’immagine di Kate, con un bicchiere in mano, che sorrideva all’obbiettivo.

Joe sorrise automaticamente, era giorni che non vedeva il viso della ragazza ed ora scorgerlo anche se solo in foto, senza poterlo toccare, lo faceva sentire più leggero.

Col pollice fece scorrere la pagina vedendo altre foto di lei con altre persone che non conosceva poi il suo occhio cadde distrattamente sulla data segnata sotto quelle foto. Il pollice si bloccò su quella rotellina come ingessato, mentre sbatteva un paio di volte le palpebre per assicurarsi che avesse visto bene, che il sonno non gli stesse tirando qualche brutto scherzo.

Ma la data era sempre la stessa. Aggiornò la pagina ed attese qualche secondo che caricasse, per tornare a controllare la data.

Era impossibile. Era impossibile che quella fosse realmente la data del giorno prima,  giorno in cui Kate le aveva detto di essere troppo stanca persino per parlare a telefono.

Joe fissò lo sguardo su una foto che ritraeva Kate con un braccio attorno ad un ragazzo alto, con le spalle larghe e due occhi grandi e vedsi, mentre entrambi sorridevano all’obbiettivo.

Avanzando come impazzito col dito che passava freneticamente sulla rotella Joe vide che c’erano altre foto come quella, con altri ragazzi. Non che stesse facendo qualcosa di male o inappropriato, ma il solo fatto che il suo braccio era poggiato sul collo di qualcuno che non fosse lui, lo irritava terribilmente.

Senza contare che non sembrava poi così stanca in quelle foto.

Ricordò le parole della sera prima della ragazza, ricordando come aveva preso al balzo l’opportunità di terminare la chiamata quando lui gliel’aveva chiesto. L’orario in cui erano state scattate le foto –benedette macchinette digitali che registrano l’ora sulle foto- era a un’ora di distanza da quando loro si erano sentiti, il che stava chiaramente a significare che Kate sapeva che non sarebbe andata a dormire quella sera, dopo aver attaccato con lui, ma non glielo aveva detto, anzi aveva addirittura usato la scusa della stanchezza per liquidarlo in fretta ed uscire con i suoi amici.

Perché l’aveva fatto? Perché gli aveva mentito in quello stupido modo? Che motivo c’era?

Il cellulare prese a vibrare tra le mani di Joe, che fino a qualche minuto prima avrebbe urlato dalla gioia nel leggere il nome di Kate sul piccolo schermo, ma ora l’unica cosa che gli venne da fare, fu abbandonare il cellulare sul letto e uscire di corsa da quella casa, sbattendo con foga la porta, senza una meta.

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Capitolo 20
*** Everytime it hurts ***


Ma che senso ha il rincorrersi e il trovarsi e poi di nuovo illudersi? Ogni volta fa più male, perché allora sono qui?
Perché sono qui, qui vicino a te?

 

Ronnie rise ancora e Nick si voltò a guardarla mentre il vento forte le scompigliava i capelli e la luce delicata di un sole di metà pomeriggio le illuminava la pelle del viso, facendola sembrare di miele.

-davvero Nick- sorrise la ragazza continuando a guardare di fronte a se dove le onde si infrangevano sulla scogliera sulla quale erano seduti da circa dieci minuti –tra tutti i posti, non avrei mai immaginato che tu mi avresti portato proprio qui!-

Nick sorrise soddisfatto. Aveva pensato molto a dove portare Ronnie quel pomeriggio, aveva pensato ad un posto appartato e non molto frequentato -se non per altro, per via dei paparazzi- ed improvvisamente gli era venuto in mente quel posto. Quel posto in cui lei stessa l’aveva portato qualche anno prima, dove c’era un piccolo chiosco che stonava terribilmente con l’ambiente, una lunga scogliera ed il mare blu che si infrangeva delicato contro di essa. Ricordava che su quella scogliera, quel giorno di tanti anni fa, aveva imparato qualcosa di più di Ronnie, grazie a lei che l’aveva lasciato entrare nella sua testa, spiegandole –attraverso il significato dei suoi tatuaggi- la visione che aveva del mondo. E anche se non era come lo vedeva lui, a Nick piaceva.

Ora quel luogo era del tutto diverso da come l’avevano lasciato. Il chiosco stile hawaiano era chiuso –più tardi avrebbero scoperto che era un’attività prettamente estiva- il sole non era forte come l’ultima volta, ma era delicato, tanto che quasi non sembrava toccare la loro pelle, il mare che era di un blu intenso e quasi immobile, ora era di un grigio cupo e triste e si infrangeva con prepotenza contro quella scogliera, faceva quasi paura. Il caldo sole di settembre che avevano nei loro ricordi era stato sostituito con quello freddo di Novembre accompagnato da un venticello fresco che pareva voler entrare sotto i loro golfini autunnali.

Niente era come nei loro ricordi ma, d’altronde, nemmeno quei due ragazzi che un tempo sedevano su quella scogliera lo erano.

-beh, l’intento era quello- rispose il ragazzo staccando a forza gli occhi dal suo profilo delicato –sorprenderti-

La ragazza sorrise, portandosi timidamente una ciocca dietro l’orecchio. Quante volte l’aveva già sorpresa? Quante volte l’avrebbe ancora fatto?

Nick si fece scappare ancora una volta un’occhiata verso Ronnie. Quella era la sua occasione, aveva l’opportunità di porgerle quelle domande che lo tormentavano giorno e notte, di liberarsi di quel peso che lo opprimeva. Allo stesso tempo però, aveva una tremenda paura di farle quelle domande: e se la risposta non gli fosse piaciuta?

-allora- cominciò sospirando –hai qualche nuovo tatuaggio?- sorrise con leggerezza, cercando di nascondere il caos che aveva dentro.

Ronnie si voltò verso di lui, studiandolo per qualche istante, per poi annuire lentamente senza l’ombra di un sorriso.

Nick rimase immobile per qualche istante con la sensazione di aver chiesto la cosa sbagliata, ma dopo qualche istante la ragazza gli sorrise, scostandosi di poco la maglia, quel poco che bastava per mostrare una scritta in corsivo proprio all’altezza del cuore.

-nothing lasts forever- sussurrò Ronnie mentre Nick si rendeva conto di essere distratto dalla pelle bianca e morbida su cui era stata tatuata la scritta, più che la scritta stessa.

Ronnie ricordava esattamente il giorno in cui aveva fatto quel tatuaggio: era arrivata a Madrid da un solo giorno, aveva realizzato che non avrebbe mai più rivisto Nick, che aveva perso le sue amiche e che, per la prima volta in vita sua, era assolutamente sola.

Così si era fatta compagnia con una bottiglia di vino rosso, forse due, e ricordava appena di essere andata in quel negozio di tatuaggi che aveva visto quando era arrivata, non ricordava nemmeno il volto dell’uomo, ma ricordava esattamente cosa gli aveva chiesto di scrivergli e ricordava di aver precisato che voleva quella scritta proprio sul cuore, in modo che ogni volta che le sarebbe venuta la tentazione di fidarsi di qualcuno, di mettere la sua vita nelle mani di un’altra persona, quella scritta le ricordasse che non era affatto una buona idea e che, prima o poi, il suo cuore sarebbe andato in frantumi, come lo era allora.

-mi ricorda una vecchia canzone- sorrise Nick, cogliendo la tristezza negli occhi della ragazza, cercando di alleggerire l’atmosfera – cause nothin' lasts forever, even cold November rain- canticchiò facendo sorridere la ragazza

-Axl Rose la vedeva lunga direi, sai che quand’ero piccola volevo sposarlo?-

Nick rise forte, trascinando con se anche la ragazza –quand’eravamo piccoli le ragazzine di solito volevano sposare uno dei backstreet boys, non tipi come il cantante dei Guns’n’Roses- commento lanciandole uno sguardo divertito.

Ronnie alzò le spalle –mi sa che ero strana già da piccola- ridacchiò distogliendo lo sguardo da lui.

Nick invece rimase a fissarla, incapace di distogliere gli occhi da lei. No, non era strana, era diversa. Era diversa in un modo che la rendeva totalmente bella, eccezionale, unica, era così diversa che era stata l’unica capace di farlo innamorare davvero, così tanto che anche a distanza di anni gli faceva ancora battere il cuore.

Si passò una mano tra i ricci. Così non andava bene, doveva farle quelle stupide domande e doveva allontanarsi da lei. Al più presto.

-perché sei andata a Madrid?- gli scappò, senza nemmeno riuscire a trattenere il tono duro e risentito.

Si morse il labbro inferiore quando vide Ronnie sussultare alle sue parole, senza alzare lo sguardo verso di lui.

Nick sapeva il perché, Kate gli aveva detto della mail scritta con frasi sconnesse che Ronnie le aveva lasciato, quello che entrambi avevano capito da quelle parole era che Ronnie se n’era andata per dimenticare una volta e per tutte lui.

Quello che Nick si chiedeva però era perché la ragazza l’avesse fatto dopo un anno, quando sapeva bene che lui stava per tornare a Los Angeles. Ronnie non era andata via per dimenticarlo, si disse, lei era scappata via da lui.

-volevo cambiare vita- sussurrò lei –volevo star bene di nuovo, e qui non ci riuscivo-

Nick annuì studiando le sue parole.

-e ci sei riuscita?- chiese –a star bene dico. Hai trovato qualcuno che ti faccia star bene lì?-

Ronnie sospirò mettendo i palmi sulla superficie fredda dello scoglio, poggiandosi all’indietro, sulle braccia –non ti serve qualcuno semplicemente per star bene, quel qualcuno ti serve per essere felice-

Il ragazzo rimase in silenzio, cosa voleva dire? Ronnie aveva trovato qualcuno che addirittura l’aveva resa felice lì? O voleva dire che lì era stata semplicemente bene?

-e se fossi stata felice come…- Ronnie si interruppe, stava per dire “come lo ero stata un tempo”, ma non l’avrebbe detto, non avanti a lui e non perché lui non lo sapesse, il ragazzo sapeva bene che quello per Ronnie era stato un periodo felice, ma lei non voleva ricordarlo, non in quel momento, non quando lui era a pochi centimetri da lei e la fissava con quello sguardo tremendamente magnetico –se avessi trovato qualcuno che mi avesse reso felice, non l’avrei lasciato lì- concluse

Nick annuì mentre un lieve sorriso si formava sulle sue labbra. Questo significava che non c’era stato nessuno che l’avesse resa felice come aveva fatto lui un tempo. Certo, non significava che Ronnie non avesse frequentato nessuno in quegli anni, piuttosto che non c’era stato nessuno come lui.

Quando la ragazza si voltò verso di lui e gli sorrise di rimando, Nick si rese conto che Joe aveva tremendamente ragione. Perché ora che le sue domande avevano trovato risposta, la sua voglia di riscoprirla, di sapere quello che voleva, era stata sostituita con quella di allungarsi verso di lei e baciarla ancora una volta.

 

 

Nothing lasts forever,

and we both know hearts can change

(Guns’n’Roses – November rain)

 

 

 

-Signorina, deve allacciare le cinture, stiamo per atterrare a Los Angeles-

Kate stacco gli occhi dal minuscolo finestrino dal quale stava guardando il paesaggio e si voltò dubbiosa verso l’hostess a qualche metro di distanza da lei, come se solo in quell’istante si fosse accorta che stesse su un aereo.

La ragazza annuì allacciando frettolosamente la cintura alla vita, cintura della quale tra l’altro non aveva mai capitò l’utilità. Se l’aereo fosse precipitato dubitava che quella stupida cintura le avrebbe salvato la vita.

Tornò a poggiare la fronte al finestrino freddo mentre con la mano sinistra aumentava di più la presa sul cellulare spento. Non voleva perdere nemmeno un minuto di più, appena quell’aereo avrebbe toccato terra, avrebbe acceso quel cellulare, magari Joe aveva provato a chiamarla proprio quando era in volo.

O forse no.

Ormai erano passati cinque giorni dall’ultima volta che aveva sentito Joe e nonostante lei avesse provato a chiamarlo milioni di volte, gli avesse inviato sms, e-mail, messaggi vocali, il ragazzo sembrava sparito nel nulla. Kate non capiva il comportamento di Joe, ma era piuttosto sicura che il fatto che lei fosse uscita quella sera quando gli aveva detto che sarebbe andata a dormire, centrava qualcosa con il suo silenzio. Aveva provato di tutto, aveva chiamato Jamie e Lexus chiedendogli se avevano notizie da Joe, ma queste avevano risposto negativamente,  aveva persino chiamato Nick una sera, ma il ragazzo le aveva risposto che ormai non riusciva a vedere Joe nemmeno per pranzo a causa degli impegni lavorativi e quando aveva un minuto libero Joe si chiudeva in camera sua a ne usciva solo quando era necessario. Anche Nick era insospettito da quel comportamento, ma ogni volta che aveva provato a chiedere a Joe cosa avesse, lui aveva liquidato il tutto con uno sbuffo, attribuendo la causa del suo strano comportamento alla stanchezza.

Kate, comunque, era nel panico più totale.

Non vedeva l’ora di rivedere Joe per capire cosa stesse succedendo e, in realtà, sperava in una di quelle scene da grande film strappalacrime in cui lui andava a prenderla all’aeroporto dicendole che in quei giorni non si era fatto sentire perché era stato occupato ogni istante e che l’amava alla follia.

La voce all’altoparlante però la informò che erano atterrati all’aeroporto di Los Angeles, non in quello di Fantasticandia.

Si alzò di scatto ed andò a sbattere contro il porta bagagli, ricevendo un’occhiataccia dall’anziano signore che occupava il posto accanto a lei e che non aveva fatto che maledire Kate ed il suo irritante movimento isterico del piede per tutto il viaggio. Prese il suo bagaglio a mano e con pazienza aspettò il suo turno per scendere da quell’affare infernale in cui pareva essere rimasta chiusa per ventiquattro ore. Quando dovette aspettare il suo trolley non le andò meglio, erano rimasti in pochissimi e quando ormai era convinta che il suo bagaglio fosse andato perduto, eccolo spuntare sul rullo che avanzava verso di lei con lentezza esasperante. Ogni minima cosa sembrava voler rallentare il suo percorso quel giorno.

Con uno strattone diresse se stessa ed il suo bagaglio verso l’uscita mentre l’ansia dentro di se si faceva sentire ancora di più. Chi avrebbe trovato lì fuori, le sue amiche o Joe?

Kate rimase totalmente spiazzata quando, aperte le porte scorrevoli di fronte a lei, non trovo nessuno.

Nessun viso familiare le sorrideva, nessuno chiamava il suo nome, nessuno si era degnato di andare il quel maledettissimo aeroporto per portarla a casa. Era talmente arrabbiata che non sapeva se esserlo perché Joe non era lì o perché le sue amiche non erano lì, senza nemmeno degnarla di un avviso.

Accese il cellulare che aveva in mano mentre a passo deciso si allontanava da quel gate dove troppe persone con espressioni felici aspettavano un parente, un amico, un fidanzato. Era da voltastomaco, ma lo era di più il comportamento  delle sue amiche e del suo presunto ragazzo.

Con un gesto stizzito si scostò i capelli dal visto portando il telefono all’orecchio, in attesa che qualcuno rispondesse, mentre batteva un piede con ritmo isterico, sul pavimento anonimo dell’aeroporto.

-Hei Kate!- la voce di Jamie era rilassata e dolce, come sempre –sei arrivata?- chiese con un tono che a Kate sembrò fin troppo naturale. Non fece che innervosirla ancora di più.

-io si- ringhiò –la domanda è: dove diavolo sei tu e quell’altro essere sessualmente frustrato ed inacidito che dice di essere mia amica?-

Jamie rimase qualche istante in silenzio, forse riflettendo sul cosa avesse fatto di male o sbagliato per meritarsi un atteggiamento simile da parte dell’amica.

-s..sto comprando delle c..cose p..per stasera- balbettò insicura, convinta che quella non era la risposta che l’amica voleva sentirsi dire.

Kate annuì, come se l’amica potesse realmente vederla, mentre i suoi occhi si infiammavano –e non ti è passato per la testa di venirmi a prendere in aeroporto per evitare che fossi sola come un cane senza sapere come tornare a casa?!- urlò senza nemmeno cercare di contenersi facendo voltare più di un paio di persone attorno a lei.

Jamie si illuminò, capendo qual’era il motivo della brutta reazione di Kate –ma io pensavo venisse a prenderti Joe!- si difese la ragazza

Kate si riscosse per un attimo, forse Joe era in ritardo?

-te l’ha detto lui?- chiese speranzosa

-beh, no, ma io credevo che vi fosse messi d’accordo…-

-Jamie!- strillo Kate portandosi una mano alla fronte –quale parte del ioeJoenonciparliamodacinquegiornienonsoperchè ti è sfuggita?-

 -mi dispiace- balbettò la ragazza con tono triste –ti raggiungo in dieci minuti!- aggiunse

-no- brontolò Kate con aria affranta, ora la tristezza aveva preso il sopravvento sulla rabbia –non importa, prenderò un taxi-

Kate fece per riagganciare, ma la voce di Jamie la bloccò –Kat, non dimenticare di stasera, ci sarà anche Joe-

La ragazza sospirò terminando la chiamata e gettando il telefono alla rinfusa nella borsa. Si avviò verso l’uscita mentre veniva sopraffatta dallo strano mix di emozioni che stava provando in quel momento.

Ansia,delusione, paura, rabbia, tristezza, stanchezza.

Aveva seriamente creduto, si era tristemente aggrappata alla convinzione che forse Joe in quei giorni non si era fatto sentire perché troppo impegnato, ma ora, ora che non si era presentato all’aeroporto, Kate aveva il presentimento che si trattasse di qualcosa di ben più grave.

In più era stanca, in quei dieci giorni aveva dormito si e no tre ore a notte, ed ora l’unica cosa che voleva fare era chiudersi nella sua stanza e sprofondare in un lungo sonno. I suoi problemi avrebbero potuto aspettare la mattina seguente per essere risolti.

Kat, non dimenticare di stasera, ci sarà anche Joe.

Ma ancora una volta non poteva fare quello che voleva, era costretta a presenziare a quella serata di beneficenza a cui aveva promesso di esserci.

Salì sul primo taxi disponibile e quando si sedette sul sedile posteriore quasi le venne voglia di afferrare di nuovo il cellulare dalla tasca e chiamare Joe.

A quella serata di beneficenza avevano programmato di andarci assieme, la loro prima apparizione ufficiale da coppia, ma visto la piega che le cose avevano inaspettatamente preso, Kate non pensava che i loro piani sarebbero rimasti quelli.

Scosse la testa costringendosi a non prendere quel maledettissimo cellulare e comporre quel dannatissimo numero, aveva cercato abbastanza Joe, ora era il suo turno.

 

You should've picked honesty
Then you may not have blown it

(cry me a river – Justin Timberlake)

 

Dio, se era confuso.

Nicholas girava in tondo in quella stanza da un tempo indeterminato ormai, i pantaloni eleganti e la giacca gli limitavano i movimenti, facendolo ulteriormente irritare.

Era stranamente in anticipo quella sera, Allie sarebbe stata pronta di lì a poco, poi insieme sarebbero andati a quella festa di beneficenza a cui avrebbe presenziato con i suoi musicisti, tra cui Tyler e Jamie, i suoi fratelli e Kate, insieme a tante altre persone.

Aveva sempre odiato quel genere di cose, era sempre stato convinto che la vera beneficenza si facesse restando in anonimato e non organizzando delle mega feste, spendendo più soldi di quanto avessero dato in beneficenza, per avere la propria faccia sulla prima pagina di qualche stupida rivista per teenager.

La gente era così ingenua e così ben disposta verso quelli come lui che li vedevano come degli eroi pronti ad aiutare i più deboli, senza pensare però che fare beneficenza in quel modo non era altro che una trovata pubblicitaria per metterli in buona luce.

A quanto pare però, questo metodo funzionava, e Nick era costretto a partecipare a quell’evento con tanto di smoking e sorriso piazzato in viso.

Si fermò sospirando, facendo il resoconto della situazione: quel vestito era tremendamente scomodo, quelle scarpe nuove gli davano un fastidio enorme, non aveva alcuna voglia di andare a quella serata e, per quanto ci stesse estremamente provando, non riusciva proprio a non pensare a quel pomeriggio del giorno prima, con Ronnie.

Era stato strano –aggettivo ricorrente nell’ultimo periodo quando si parlava di lei- stare lì con lei su quella scogliera come se il tempo non fosse mai passato, come se si fossero parlati fino al giorno prima.

Eppure lei era cambiata, lo vedeva nei più piccoli dettagli, lo vedeva nel modo in cui rimaneva in silenzio a soppesare le parole prima di parlare, nel suo modo di sorridere, sempre così riservato in qualche modo, lo vedeva in ogni minimo gesto. Ronnie era cresciuta, maturata, cambiata, eppure se si soffermava a guardarla per qualche secondo riusciva a vedere quella ragazzina che tanto aveva amato ed inevitabilmente questo portava a galla tutta la scia di emozioni che si era lasciato alle spalle tempo prima, quando aveva deciso di donarsi ad un’altra persona. Forse per questo gli era venuta voglia di baciarla.

E questo di certo non lo aiutava a schiarirsi le idee.

Allie era la ragazza perfetta sotto tutti i punti di vista: era bellissima, simpatica, intelligente, spiritosa, sempre elegante, fine, pacata ed inoltre era quel tipo di ragazza pronta a mettersi da parte quando ce n’era il bisogno. L’aveva capito da subito Allie, che il primo amore di Nick sarebbe stato sempre la musica, e a differenza di altre persone, era riuscita ad accettarlo.

Stava bene con Allie, perché rovinare un equilibrio così sereno?

-Nick, tuo fratello è arrivato, sbrigati!- urlò Denise dal piano inferiore

Nick si passo una mano tra i capelli e, prendendo la giacca poggiata alla sedia, uscì dalla stanza in tutta fretta, dirigendosi verso le scale.

Per quella sera avevano deciso che Kevin sarebbe passato a prendere lui e Joe, poi sarebbero andati a prendere Allie, e da lì tutti insieme a quella serata.

Sebbene le loro strade si fossero artisticamente divise, i tre fratelli ci tenevano a smentire tutte le voci a riguardo di un loro litigio –secondo i giornalisti quello era stato il motivo di scioglimento della band- presentandosi a vari eventi mondani insieme, mostrando al mondo che anche se non lavoravano più insieme, erano più uniti che mai.

Nick stava per scendere il primo scalino quando, infondo al corridoio, scorse la luce del bagno accesa che fuoriusciva dalla porta socchiusa.

Sbuffò alzando gli occhi al cielo, non era possibile che Joe non fosse ancora pronto.

Aprì di scatto la porta ritrovandosi di fronte Joe, intento a specchiarsi. Aveva indossato i pantaloni e le scarpe, ma la camicia era ancora sbottonata e i capelli erano in disordine, senza contare le pesanti occhiaie violacee sotto agli occhi e questi ultimi rossi e lucidi. Perfetto, ora i giornalisti avrebbero cominciato a domandargli da quando Joe facesse uso di stupefacenti.

-si può sapere perché non sei ancora pronto? Kevin e già arrivato- chiese irritato Nick

-bussare è diventata un’usanza così fuori moda?- controbatté il fratello con tono piatto senza smettere di fissare la sua immagine allo specchio. Era un disastro.

-la porta era aperta- spiegò sbrigativo lanciando un’occhiata all’orologio che portava al polso. Allie doveva essere già pronta –allora, quanto ti ci vuole?-

Joe aprì il rubinetto facendo scorrere un po’ d’acqua prendendo poi un pettine sottile dal cassetto –non vengo con voi- rispose cominciando a sistemare i capelli.

-oh, Kate è tornata?- Nick sapeva che Joe aveva intenzione di andare alla festa con Kate, voleva dire a tutti che stavano insieme, ma quando la ragazza era partita per New York, Joe non sapeva se ce l’avrebbe fatta a tornare in tempo, così aveva detto a Nick e Kevin che sarebbe andato con loro.

-credo di sì- rispose semplicemente afferrando la boccetta di profumo poggiata sul lavandino

Nick si accigliò guardandolo interrogativo –come credi? Non vieni con lei alla festa?-

 La boccetta scivolò dalle mani di Joe cadendo nel lavandino bianco producendo un fastidioso rumore, per fortuna non si ruppe.

-no- ringhiò Joe stringendo convulsivamente il bordo del lavabo, tenendo la testa bassa.

-Joe…- sussurrò Nick avvicinandosi di un passo verso di lui –va tutto bene?- gli poggiò una mano sulla spalla che venne prontamente scrollata con un gesto di stizza.

-voi avviatevi, vi raggiungo tra poco con la mia auto- disse cercando di riacquistare un certo contegno.

-non capisco, perché non vieni con noi allora?- chiese Nick confuso dal gesto del fratello

-ho detto che non vengo con Kate- ringhiò puntando gli occhi in quelli opachi di Nick –ma non significa che ci vengo da solo-

 

 

*              *              *

 

Sento freddo.

Ebbene si mie care, il freddo è arrivato anche nell’assolata Napoli e ieri mi sono letteralmente g h i a c c i a t a per le vie del centro, cosa che si ripeterà anche oggi uù

Detto questo! Siete state davvero stupende, tutte voi *-* Grazie a tutte quelle che mi hanno scritto una recensione-tweet-commenti e quant’altro per dirmi che la storia non vi sta annoiando e vi piace così com’è! So che può essere noioso mettersi lì e scrivere anche solo due parole, ma in questo modo mi rendete davvero contenta, quindi grazie!

Ovviamente vi risponderò una per una al più presto, ora sono un po’ di fretta, mi aspetta un intenso pomeriggio di shopping e poi stasera c’è la champions *-*

Vabè non vi intrattengo oltre con le mie chiacchiere inutili!

Concludo dicendo che adoro il finale di questo capitolo uù

Vi amo, TUTTE! <3

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Capitolo 21
*** I just wanna come home ***


Anche se mi hai fatto male, dirò a chiunque che sei speciale,

perché con te ho capito che il mio cuore batte ed è ancora vivo.

 

 

I flash le accecavano gli occhi facendola sentire più confusa e frastornata di quanto già non fosse, sentiva il suo nome provenire da ogni direzione ed aveva la certezza che da un momento all’altro sarebbe caduta da quelle scarpe dal tacco totalmente sconsiderato ed assurdo.

Fu Jamie, con uno strattone, che la fece tornare alla realtà.

-Kate, entriamo?-

Kate osservò la mora che la guardava dubbiosa, stretta in un vestito rosso stile impero che le stava a pennello. Tra l’altro Kate l’aveva cucito appositamente per lei, non poteva quindi essere altrimenti.

Con un cenno della testa, ed un grande sforzo, ignorò i fotografi che avevano letteralmente preso d’assaltò l’entrata del locale dove si sarebbe svolta la serata, e si diresse verso la porta di ingresso accompagnata da Jamie e Tyler.

Non era così che aveva immaginato quell’entrata.

Aveva immaginato di raggiungere il locale con Joe, che insieme avrebbero attraversato quei fasci di luce scintillanti, magari tenendosi per mano, ed avrebbero sorriso agli obbiettivi. Lei sarebbe stata bellissima indossando quel vestito a cui stava lavorando da mesi, lui, come sempre, sarebbe stato perfetto accanto a lei e tutti li avrebbero guardati ammirati notando come i due fossero in perfetta sintonia.

Avrebbe dovuto esserci Joe accanto a lei e invece non c’era.

Kate aveva il viso stanco, segnato dalle troppe notti insonne che aveva passato in quegli ultimi giorni, contornato poi dalla preoccupazione mista all’ansia di sapere cosa mai fosse accaduto a Joe, il suo abito, ovviamente, non era riuscito a terminarlo per quella sera, occupata com’era stata a New York e non doveva arrivare lì con Jamie e Tyler, come un terzo incomodo, ma con lui.

Sentì Jamie stringerle la mano senza voltarsi, prima che uno dei due enormi buttafuori alzasse una parte del drappeggio rosso attaccato alla porta per permettere hai tre ragazzi di entrare nella grande sala.

-va tutto bene?- le sussurrò all’orecchio Jamie

Kate aveva sperato con tutta se stessa quel pomeriggio, che il suo cellulare squillasse, che Joe la chiamasse per accordarsi per quella serata, che le desse una misera spiegazione del suo comportamento.

Aveva aspettato con le gambe incrociate ed un senso di nausea che lui facesse qualcosa, qualsiasi cosa, ma non aveva fatto nulla.

-certo, va tutto bene- le lacrime cominciarono a salirle agli occhi mentre la voce si incrinava sulle ultime parole.

L’unico motivo per cui aveva trovato la forza di andare a quello stupido evento quella sera, era che con ogni probabilità avrebbe trovato anche Joe, ed allora il ragazzo non avrebbe più potuto scappare ed sarebbe stato costretto a fornire a Kate le spiegazioni che meritava.

Si era preparata nella sua stanza mentre uno spirito combattivo e determinato le montava dentro, decisa a fare una bella partaccia al ragazzo, ma ora che era lì e sapeva che lui ce l’aveva con lei per un qualche motivo a lei sconosciuto, tutta quella determinazione stava svanendo, prontamente sostituita da uno stato di angoscia e paura.

Jamie le sorrise con espressione dispiaciuta, accarezzandole una guancia –andrà tutto bene Kat, in dieci minuti risolverete tutto, vedrai che si tratta di una sciocchezza!-

Kate sorrise incerta, ringraziando l’amica che raggiunse il suo fidanzato –ormai quasi marito- qualche passo più avanti.

Appena entrati nella sala Kate venne sommersa dagli abbracci e i saluti dei presenti, lei rispondeva alle domande che gli porgevano e cercava di mostrarsi un minimo interessata a loro chiedendo come stessero e se ci fossero novità –non che le interessasse, ma fare conversazione era una cosa che il galateo imponeva-, ma Kate capiva dai loro sguardi indiscreti che avevano capito che la ragazza era totalmente assente.

I minuti intanto passavano, una persona si sostituiva all’altra nella conversazione con Kate, non lasciandole mai il tempo di stare da sola per un minuto. Questo ovviamente però non le aveva impedito di girarsi continuamente intorno e perlustrare minuziosamente la sala. Quando incrociò lo sguardo di Jamie, e questa scosse la testa alzando le spalle, ebbe la conferma di quanto già appurato da sola: Joe non era ancora arrivato.

L’ansia cresceva a dismisura dentro di Kate che sembrava soffocare in quella sala tanto affollata. Le sembrava così strano che tutti attorno e lei ridessero allegri, come se non fosse successo nulla. Non sentivano anche loro quell’ansia che rendeva l’aria così pesante?

Si voltò, decisa ad andare alla toilette, ed in quel preciso istante lo vide, proprio di fronte a lei.

Il suo cuore perse un battito quando i loro occhi si incrociarono e notò nei suoi uno strano distacco misto a freddezza, poi Joe si perse tra la folla e Kate non riuscì più a vederlo.

Prese un respiro profondo e a passo incerto si avviò verso il punto in cui l’aveva visto. Mentre camminava si chiedeva cosa gli avrebbe detto una volta trovatoselo di fronte. Era talmente nervosa che l’unica cosa che le veniva in mente era quella di prenderlo a schiaffi e fare una scenata, ma sapeva che non poteva, si trovavano ad un evento pubblico e non potevano dare spettacolo.

Quando arrivò alle spalle del ragazzo, Kate non aveva ancora pensato a come esordire, con ogni probabilità avrebbe formulato una frase ad effetto e ad alto contenuto sarcastico del tipo “Chi non muore si rivede!”, ma quando –facendosi coraggio- picchiettò alla spalla di Joe e questo si voltò guardandola con sguardo del tutto indifferente, la sua lingua diventò di pietra.

-oh, Kate- fu lui a parlare per primo, e quel tono distaccato e quasi annoiato fece salire a Kate il sangue alle tempie

-oh, Joe- lo imitò lei alzando un sopracciglio con fare minaccioso

-sei tornata da New York, vedo- continuò lui con tono sereno –come ti pare questa festa, ti stai divertendo?-

Kate spalancò gli occhi guardandolo con aria sconcertata mentre sentiva la rabbia ribollirle dentro. Era forse impazzito?

La ragazza stava per rispondergli che non gliene fregava un accidente di quella serata e che se non le avesse spiegato subito cosa gli passasse per la testa l’avrebbe preso a pugni, quando una mano pallida dalle unghie accuratamente smaltate si poggiò sulla spalla di Joe e poco dopo una testolina bionda fece capolino dietro le sue spalle.

La ragazza, che era più alta di lei di qualche centimetro, la guardava con i suoi grandi occhi azzurri ed un sorrisino a metà tra il sarcastico ed il malefico, mentre la mano restava poggiata sulla spalla di Joe, come a voler chiaramente sottolineare che quella era roba sua.

Cosa si era persa?

-oh, Kate, lei è Isabelle, credo di averti parlato di lei, è la coprotagonista del film che sto girando- si voltò un attimo verso Isabelle che gli rivolse uno sguardo civettuolo –Isabelle, lei è Kate- aggiunse poi, semplicemente

-oh- disse la bionda –Kate, la tua vecchia amica?-

Kate sentì lo stomaco attorcigliarsi su se stesso, mentre l’istinto di prendere Joe a schiaffi si faceva spazio a gomitate dentro di lei. Ci volle tutta la sua forza di volontà per non assecondare quella malsana e invitante vocina nella sua testa che la incitava a farlo.

-vecchia amica?- ripeté con tono sarcastico guardando il ragazzo che per un istante abbassò lo sguardo.

Per un attimo Kate dimenticò di essere in un locale gremito di gente e paparazzi ed afferrando Joe per il bavero della giacca lo avvicinò a se, facendo scivolare la mano della bionda dalla spalla –ti dispiacerebbe venire un attimo con me, mio caro vecchio amico?- ringhiò a pochi centimetri dal suo volto e senza aspettare risposta lo trascinò verso il retro del locale, lasciando Isabelle con un espressione interdetta in viso.

Con una spinta energica aprì la porta di ferro uscendo all’aria aperta con Joe al suo seguito. I due sbucarono in una stradina buia ed umida del tutto isolata, situata tra il locale ed il palazzo accanto. Il tanfo di spazzatura che padroneggiava nell’aria fresca  era del tutto annullato dall’odore di rabbia che Kate emanava da tutti i pori, senza dubbio.

Kate fece qualche passo, assicurandosi che non ci fosse nessuno, prima di mollare la presa su Joe, che si era fatto trascinare senza fiatare, e voltarsi col volto in fiamme.

-si può sapere che diavolo sta succedendo?-

Joe rimaneva immobile, lo sguardo fisso in quello di Kate, ma non accennava a dir nulla.

-allora?- lo incalzò la ragazza, dopo attimi interminabili di silenzio.

-allora cosa?- sbottò lui alzando il mento con fare arrogante

Kate si lasciò sfuggire un sospiro scioccato –allora cosa?- ringhiò, ripetendo le parole del ragazzo –dovresti dirmelo tu, cosa!-

All’ennesimo silenzio del ragazzo, Kate scoppiò –ti ho lasciato dieci giorni fa che tutto andava bene, anzi, benissimo- la voce le tremò giusto un po’ sull’ultima parola, ricordando lo sguardo di Joe perso nei suoi occhi quel giorno all’aeroporto –poi improvvisamente le cose sono cambiate, Dio solo sa per quale motivo, e tu sparisci nel nulla!-

-Forse- a quel punto anche il tono di Joe era risentito e arrabbiato –le cose sono cambiate quando tu hai iniziato a mentire con tanta nonchalance- disse disgustato

Kate lo guardò spalancando gli occhi –e su cosa avrei mentito? Sentiamo- sbottò incrociando le braccia al petto sfidandolo con un’occhiataccia.

-oh, non fare la santarellina- sorrise sarcastico –eri così stanca quella sera, che dopo ti ci è voluta una bella festa tra amici per riprenderti-

La ragazza si acciglio mentre si rendeva conto di aver ragione, il comportamento di Joe aveva a che fare con quella dannatissima sera.

-ho visto le foto- aggiunse Joe di fronte al silenzio della ragazza

Kate annuì mordendosi un labbro.

Era vero, aveva sbagliato, e se lui non si fosse comportato da stupido in quel modo ora lei gli avrebbe chiesto scusa spiegandogli l’accaduto, e forse la cosa si sarebbe sistemata in breve, in dieci minuti, come aveva detto Jamie.

Ma lui aveva davvero esagerato. Perché avrebbe dovuto cercare di spiegarsi quando lui ci aveva messo così poco per rimpiazzarla? Dio, non era passata nemmeno una settimana dall’ultima volta in cui lui le aveva detto che gli mancava da morire, e lui si era presentato lì con Isabelle! Non ci aveva messo poi tanto per dimenticarla senza neanche chiederle una spiegazione.

Che senso aveva a quel punto spiegargli tutto?

-quindi, tu hai pensato bene di non valutare nemmeno una mia possibile giustificazione e di correre tra le braccia della coprotagonista del tuo film, giusto?-

-bene, come al solito- soffiò lui allargando le braccia –rigira pure la frittata a tuo favore-

-io non rigiro un bel nulla!-

-però stai continuando ad accusare me, senza tentare nemmeno di scusarti per quello che hai fatto tu-

Kate spalancò la bocca –tu ti sei presentato ad un evento al quale dovevamo andare insieme rimpiazzandomi con una specie di bambola gonfiabile!- urlò senza riuscire più a trattenersi.

 Joe guardò Kate di fronte a se. Le guancia in fiamme, gli occhi lucidi, la mascella irrigidita per la tensione e l’unica cosa che riusciva a pensare in quel momento era che fosse bellissima quand’era arrabbiata.

Si rendeva conto che era una cosa assurda.

 C’era ancora tanta rabbia dentro di lui, rabbia perché era uscita quella sera invece di parlare un po’ di più con lui, perché lui si era fidato di lei e lei gli aveva mentito, perché invece di dargli una spiegazione stava cercando di farlo sentire in colpa per aver invitato Isabelle a quella serata.

Non gli importava di Isabelle più di quando gli interessasse l’andamento della borsa di Wall Street francamente. Aveva deciso di invitarla dopo aver viso l’ennesima foto di Kate che si divertiva in giro con i suoi amici e la prima cosa che aveva pensato era che se la ragazza si era dimenticata di lui così rapidamente lui avrebbe finto di aver fatto altrettanto. Non avrebbe fatto la parte del povero sfigato di turno, scaricato dalla ragazza della quale si era stupidamente innamorato.

I giornali d’altronde lo dipingevano come un latin lover, un ragazzo superficiale, perché non dare agio a quelle voci per una volta? Sarebbe stato stronzo e crudele, proprio come loro volevano, come lei si meritava.

Di fronte e quegli occhi lucidi che ora lo fissavano con tanto dolore però, Joe penso che la sua forse non era stata un’idea tanto brillante.

Fece un passo verso la ragazza allungando una mano verso di lei, ma questa fece istantaneamente un passo indietro scuotendo la testa.

Nell’istante in cui Kate scosse la testa sentì due calde lacrime colargli sul viso, non era riuscita a trattenerle fino all’ultimo.

-sai che ti dico?- la voce un misto tra rabbia e tristezza –non importa-

Joe fece un altro passo verso Kate, l’espressione altezzosa di poco prima istantaneamente mutata in una di dolore.

-era tutto sbagliato dall’inizio- sussurrò Kate tra le lacrime che ormai cadevano liberamente sul suo viso –non dovevamo spingerci fin qui-

Joe la pregò con lo sguardo, non poteva farlo, non poteva dire una cosa del genere. Avrebbe voluto urlarle di non dire cose di cui si sarebbe pentita, voleva urlarle di non pentirsi di ciò che c’era stato tra loro due perché se avesse detto quelle parole l’avrebbe distrutto, il suo cuore avrebbe cessato istantaneamente di battere. Ma era talmente terrorizzato che non riuscì a parlare per troppo tempo e quando trovò la forza dentro di se, ormai era troppo tardi e lei pronunciò quelle parole che cancellarono tutto.

-non avremmo mai dovuto provare ad essere più di due amici, abbiamo rovinato tutto- si voltò non appena vide l’espressione di dolore sul volto di Joe e con passo tremante si avviò verso la strada, lontano da lì.

Le gambe le vacillarono, le lacrime gli impedivano di vedere dove stesse andando, la testa gli pulsava tremendamente e cominciava a sentire un dolore lancinante al petto, all’altezza del cuore, e aveva come il presentimento che quello non le fosse passato tanto presto.

Sentì le ginocchia cedere sotto di lei e le venne voglia di abbandonarsi e piangere liberamente, ma sentiva ancora la presenza di Joe dietro di lei, sapeva che lui l’avrebbe vista.

Doveva tenere duro, doveva arrivare alla fine di quella stradina buia e umida.

Finalmente riuscì a svoltare l’angolo e poggiare la schiena contro il muro freddo di un palazzo. Guardò in alto ed in quell’esatto momento una goccia d’acqua le cadde sul viso confondendosi con le sue lacrime.

Perfetto, ci mancava solo che si mettesse a diluviare di lì a poco.

Cosa avrebbe fatto ora? Non poteva rimanere lì, c’erano troppo paparazzi in giro, non voleva rischiare di farsi trovare in quelle condizioni.

Si strinse le braccia e cominciò a camminare a testa bassa lungo la strada, pregando che nessuno la riconoscesse. Doveva andare in un posto lontano da occhi indiscreti, un posto dove si sentisse al sicuro, dove sarebbe stata libera di abbandonarsi alle lacrime, un posto che considerava casa.

 

 

Say goodbye in the pouring rain
And I break down as you walk away.
Stay, stay.
'Cause all my life I felt this way
But I could never find the words to say
Stay, stay.

(Hurts – Stay)

 

 

Ronnie sospirò formando una nuvoletta di aria calda in quella quasi gelida.

Strinse a se la borsa con le cose che aveva appena comprato al supermercato e fissò accigliata la pioggia che cadeva al di là della tettoia del market dove si era riparata.

Niente male come domenica sera, pensò.

Era sola, infreddolita, confusa ed ora era anche bloccata lì sotto, senza un ombrello.

Studiò ancora la pioggia scrosciante che non accennava a smettere, poi alzò lo sguardo verso la macchina a parecchi metri lontano da lei. La scelta più saggia sarebbe stata quella di aspettare qualche istante che la pioggia desse qualche accenno di fermarsi, ma Ronnie non aveva alcuna voglia di rimanere lì un secondo in più. Non sapeva perché ma quel luogo la deprimeva in maniera straziante.

Con un sospiro chiuse la felpa fino al mento, pronta per correre sotto la pioggia, ma nel momento in cui stava per mettere un piede fuori dal suo riparo sicuro, una voce dietro di lei la fermò.

-Ronnie?-

La ragazza si voltò, scorgendo a pochi passi da lei un ragazzo moro che la guardava con espressione curiosa.

-Johnny? Che ci fai qui?- chiese sorpresa

Il ragazzo le mostrò una busta di cartone identica alla sua –anche a me tocca fare la spesa ogni tanto-

Ronnie sorrise, tornando a fissare la pioggia, stavolta con meno coraggio.

-brutto temporale eh?- Johnny si affiancò a lei

-già- sospirò la ragazza in risposta –mi sa che ne avrà per un bel po’-

Johnny annuì voltandosi poi verso di lei –ti va di prendere un caffè qui affianco mentre aspettiamo che spiova?-

-certo- rispose alzando le spalle

 

*              *               *

 

-non mi hai mai raccontato la tua storia-

I due ragazzi avevano trovato riparo nella piccola caffetteria accanto al piccolo market che per sopravvivere doveva restare aperto anche di domenica sera. Avevano ordinato i loro caffè ed erano rimasti seduti in silenzio, finché Johnny non aveva esordito con quella frase.

Ronnie si accigliò –e chi ti ha detto che io ne abbia una?-

-oh andiamo- sorrise il ragazzo –tutti abbiamo una storia-

Ronnie non rispose, abbassando lo sguardo e stringendosi nella sua felpa continuò a camminare in silenzio e Johnny capì che la ragazza stava valutando se aprirsi con lui o meno.

-va bene, allora comincerò a raccontarti la mia di storia- sorrise Johnny passandosi una mano tra i capelli –sono nato a New York, i miei genitori sono due persone umili, mia madre una casalinga e mio padre un semplice operaio, all’età di diciotto anni ho capito che il mio fascino era troppo per una città grigia come New York, così mi sono trasferito a Los Angeles, dove la mia bellezza può risplendere al sole!-

Ronnie si voltò verso il ragazzo alzando un sopracciglio, sarcastica.

-Che c’è? Ora non noti la mia bellezza perché è sera, ma al giorno risplendo di luce propria!-

-lasciami indovinare- sorrise lei portandosi un dito al mento con fare pensieroso –lettore accanito della saga di twilight?-

Johnny ridacchiò facendole una smorfia. Ronnie sorrise a sua volta abbassando di nuovo lo sguardo, pensierosa.

Dopo tutto non le avrebbe fatto male parlare con qualcuno che non fosse Jamie o Lexus, anzi, forse sarebbe stato anche meglio dal momento in cui sapeva benissimo che quelle due tifassero per lei e Nick spudoratamente.

Forse gli avrebbe fatto comodo sentire il parere di qualcuno che non fosse di parte, che potesse analizzare i fatti oggettivamente.

E poi sapeva che poteva fidarsi cecamente di Johnny.

-va bene- sospirò in fine la ragazza –cosa vuoi sapere?-

Johnny sorrise compiaciuto, contento che la ragazza avesse deciso di aprirsi con lui.

Aveva passato le ultime settimane a studiarla discretamente e si era reso conto che non sapeva molte cose di lei nonostante stessero tutto il giorno a contatto ed il loro rapporto fosse molto scherzoso ed amichevole. Ronnie non si era mai sbilanciata sulla sua vita personale, non parlava mai della sua famiglia, non sapeva se avesse un ragazzo e parlava delle sue amiche solo quando lui le chiedeva qualcosa di Lexus.

-La prima volta che Lexus è entrata in ufficio…-

-oh, ma allora è proprio una fissazione!- lo prese in giro lei conoscendo l’interesse che il ragazzo aveva nei confronti di Lex.

-non è di lei che voglio parlare ora- disse serio -magari più tardi- aggiunse poi in tono scherzoso.

Ronnie sorrise annuendo in silenzio.

-dicevo- ricominciò -quando Lexus è venuta per la prima volta in ufficio, ed il giorno dopo ti chiesi di lei, tu mi dicesti che non sapevi foste amiche- si voltò verso di lei calcando l'ultima parola -cosa intendevi dire?-

La ragazza alzò la testa verso la strada di fronte a se, dove qualche macchina passava lentamente, mentre cercava di trovare le parole adatte con cui spiegare la sua storia.

-io, Lexus, Kate e Jamie siamo cresciute assieme- sospirò -il nostro rapporto non si poteva definire quello di semplice amicizia, era...-si fermò cercando le parole, ma non era semplice cercare di spiegare con le parole un sentimento come quello che le aveva unite in modo quasi ermetico -non so spiegarlo, loro erano tutto per me.

 Erano la mia famiglia, le mie confidenti, le mie amiche, compagne di avventure, sventure, pazzie. Eravamo come una sola persona, una sola anima, divisa in quattro corpi-

Johnny osservò Ronnie mentre un sorriso le si formava automaticamente sulle labbra. Il ragazzo aveva notato da tempo che ogni volta, se pur raramente, che parlavano delle sue amiche Ronnie si illuminava letteralmente. Lui aveva capito da subito che la loro era un'amicizia speciale, anche senza che Ronnie glielo spiegasse, l'aveva capito dalla sua espressione quando aveva visto Lexus in ufficio e dalla sua tensione quando l'aveva accompagnata a quella festa.

-e poi? cos'è successo?- chiese interessato

La ragazza batté due volte le palpebre, riuscendo a staccarsi da quelle immagini di lei e le ragazze che le affollavano la mente.

-poi, ho rovinato tutto- sussurrò abbassando il capo -quando sono partita per Madrid, le ho lasciate senza una parola, o meglio, con una stupida e-mail ed ho tagliato ogni contatto con loro, non leggevo i loro messaggi, ho cambiato numero- fece una pausa alzando lo sguardo, spostandolo sul ragazzo che la fissava con la massima concentrazione -ho fatto l'idiota, insomma- sorrise triste.

-perchè l'hai fatto?- chiese Johnny confuso

-perchè avevo paura che sentendole, avendo ancora contatti con loro, avrei ceduto alla tentazione di tornare a casa- sospirò

-e cosa c'era di così terribile a casa da tenerti lontana a costo di perdere le tue amiche?- chiese sempre più curioso

-l'amore- rispose semplicemente lei

Il silenzio che seguì quell’affermazione durò solo qualche istante –credo di aver capito di chi stai parlando-

Ronnie si voltò verso di lui sorpresa.

-non sono mica cieco- sorrise lui notando la perplessità negli occhi della ragazza -ho visto gli sguardi tra te ed il piccolo Jonas quando vi siete incontrati fuori l'ufficio e c’era talmente tanta elettricità tra di voi che avevo paura di rimanere fulminato- ridacchiò

Il volto di Ronnie prese letteralmente fuoco, distolse lo sguardo mentre un ricordo le affiorava alla mente.

 Johnny l'aveva capito già da tempo, ma allora perchè non le aveva mai chiesto nulla?

-in Spagna non ti hanno insegnato che non è bene prendersi una cotta per il ragazzo della figlia del capo?-

Ronnie si voltò verso di lui con uno scatto -una cotta?- ringhiò -credi davvero che io abbia mandato all'aria tutto quello che avevo qui, le mia amiche, la mia vita, per una stupida cotta?-

Johnny si ritrasse di poco, sorpreso dalla reazione della ragazza, non l'aveva mai vista così aggressiva.

-scusami, non volevo offenderti-

Ronnie sospirò portandosi un ciuffo dietro l’orecchio –no, scusami tu. E’ che sono molto suscettibile su quest’argomento- sorrise timidamente

Lui sorrise di rimando, sporgendosi nuovamente verso di lei –raccontami di voi, come vi siete conosciuti?-

-al liceo, eravamo solo due ragazzini allora. Lui una pop star di fama mondiale, io una semplice diciassettenne con istinti ribelli e libertini- si voltò verso il ragazzo –bella coppia eh?-

Johnny sorrise ma non disse nulla, aspettando che la ragazza continuasse.

-Stiamo stati insieme per un po’, poi lui è partito per un tour mondiale ed al suo ritorno io ero andata in Spagna-

Sospirò socchiudendo gli occhi, non era facile per lei parlare di quel periodo della sua vita.

-E’ stato il mio primo amore- sorrise –ed anche l’unico a dire il vero-

Johnny la guardò accigliato –vuoi dire che…?-

-che dopo di lui non ho trovato nessuno per cui rischiare, mettermi in gioco- spiegò

Il ragazzo accanto e lei continuava a guardarla, incredulo. Ronnie era una bella ragazza, gli era difficile pensare che in tutti quegli anni in Spagna tra i pretendenti che sicuramente le avevano fatto la corte, non ne avesse trovato uno che le piacesse o che suscitasse interesse in lei.

-vedi- cominciò a spiegare cogliendo lo sguardo dubbioso dell’amico –quando trovi una persona come Nick, e poi sei costretta a lasciarla andare, il mondo ti appare totalmente diverso da come l’avevi visto fino al giorno prima- sospirò –le persone, ti appaiono diverse-

Deglutì.

-Quando hai la fortuna di conoscere una persona come Nick, inevitabilmente ti ritroverai a confrontare le persone che verranno dopo, con lui-

-E nessuno ha retto il confronto con Nick Jonas?-

-no- sospirò lei –lui era così diverso da qualsiasi persona avessi mai incontrato prima. Io ero così disillusa, così pessimista, testarda, nessuno aveva avuto il coraggio di avvicinarmi prima, di provare a sciogliere l’aggrovigliata matassa di fili nella mia testa, prima di lui- scosse impercettibilmente la testa –è per questo che me ne sono andata, quando lui se è andato  quel groviglio disastroso nella mia testa ha ricominciato ad opprimermi, e tutto qui mi ricordava lui- fece un sorriso tirato –mi sembrava di impazzire-

-lontano dagli occhi, lontano dal cuore- sussurrò Johnny

-già, è quello che pensavo almeno-

Johnny si voltò verso di lei –sei ancora innamorata di lui?- chiese

Ronnie si passò stancamente una mano tra i capelli, sospirando. Quante volte si era fatta quella domanda? E nonostante tutto non era mai riuscita a darsi una risposta, ma un quel momento, il suo cuore che pulsava forte nel suo petto le suggeriva una risposta della quale non fosse sicura di esserne contenta –credo che per quanto possa fingere il contrario, non riuscirò mai a dimenticarlo, Johnny-

Il ragazzo annuì -credi che lui sia una cosa tipo “l’amore della tua vita”?-

Ronnie storse il naso con una smorfia –non lo so- alzò le spalle –so solo che lui è stato l’unico che ha voluto capirmi, e che ci è riuscito-

-lo prendo per un si- sorrise

La ragazza scosse la testa –non mi pare che sia così- sospirò –lui sta con Allie ora-

-beh- borbottò il ragazzo prendendo un sorso del suo caffè –tu sei andata via per tanto tempo, cosa doveva fare? Chiudersi in un monastero?-

-lo so, lo so- rispose a sua volta –è solo che…- lasciò la frase in sospeso abbassando lo sguardo

-cosa?- chiese lui curioso

Ronnie sospirò ed ancora una volta cercò a fatica di trasformare le sue sensazioni in parole –è solo che se lui è riuscito a stare con qualcun altro ed io no, forse lui non provava le stesse cose che provavo io-

-intendi dire che lui non ti amava?-

La ragazza rispose con un’alzata di spalle.

-non credo sia così- rispose lui scuotendo la testa –non tutti reagiscono allo stesso modo Ronnie- spiegò –io, ad esempio, non sarei mai scappato in un altro paese lasciando qui le persone a cui volevo bene, invece tu l’hai fatto, ma non di certo perché non le amavi, giusto?-

Ronnie annuì –forse hai ragione tu- sospirò –ma comunque ora non ha importanza, ormai lui è felice con lei- finse un sorriso

-Ron- sospirò lui unendo le mani –non so se lui è felice con lei, non lo è o cos’altro- cominciò e Ronnie non sapeva bene dove volesse andare a parare –ma so che tu non sei felice- la ragazza abbassò lo sguardo sentendo improvvisamente un vuoto allo stomaco –lo vedo quando a volte ti perdi con lo sguardo nel vuoto, nei tuoi sorrisi mai sinceri, lo vedo e se lui è l’unico che ti rende felice, riprenditelo-

Ronnie sussultò al suono di quelle parole. Riprenderselo, e come poteva fare?

-non eri tu poco fa quello che diceva che si devono lasciar perdere i ragazzi delle figlie del capo?- sorrise cercando di alleggerire la situazione

-oh- sbuffò lui, scacciando qualcosa di immaginario dal suo naso con la mano –non ti ho mai detto che a volte dico sciocchezze?-

-no- ridacchiò Ronnie –ma me ne ero accorta da sola-

 

I know I'm hangin' but I'm still wantin' you.

(I hate myself for lovin you – Joan Jett)

 

Ronnie cercò di fermare l’auto il più vicino possibile alla porta d’ingresso in modo che non si bagnasse più di tanto.

Spense il motore e con un sospiro si abbandonò contro il sedile in pelle dell’auto. Parlare con Johnny le aveva fatto, ora la sua testa era un po’ meno incasinata di prima, ma quello che aveva capito di certo non portava a niente di buono.

Lo voleva di nuovo.

Era inutile negarlo, era inutile fingere che non fosse così, inutile nascondersi dietro qualche stupida scusa. Forse i suoi sentimenti non erano forti ed invasivi come lo erano stati un tempo, ma non poteva negare che per lei non fosse del tutto finita.

Questa nuova consapevolezza però, se da un lato dava un senso ai suoi pensieri confusi, dall’altro non faceva che confonderli di più.

Perché ora nuove domande si facevano largo nella sua testa: Nick provava ancora qualcosa per lei? Perché aveva voluto rivederla ben due volte? Anche lui aveva sentito quella terribile stretta allo stomaco quando si erano abbracciati qualche settimana prima fuori casa sua?

Scosse la testa, cercando di togliersi quei pensieri dalla testa, Nick stava con Allie, doveva scriverselo da qualche parte e rileggerlo tutte le volte che gli venivano in mente pensieri stupidi come quelli di poco prima.

Afferrò la busta sul sedile accanto al suo e guardò fuori con espressione afflitta. La pioggia era così fitta che Ronnie non riusciva a vedere nemmeno a un metro dal suo naso.

Con un sospiro si fece coraggio e spalancando la portiera si tuffò –nel vero senso della parola, visto la pioggia che invadeva il viale- fuori dal veicolo correndo verso le scale e nonostante tenesse la testa bassa la pioggia portata dal vento le schizzava il viso. A pochi passi dalla porta alzò la testa, giusto per evitare di inciampare nelle scale, e rimase paralizzata vedendo una sagoma scura raggomitolata sull’ultimo scalino.

Ronnie balzò all’indietro spaventata, finché tra la pioggia scrosciante non riuscì a riconoscere quella figura, ed il cuore prese a batterle talmente forte che lo sentiva in gola.

-Kate?!-

 

 

 

 

*                  *                   *

 

 

Ah, io amo Joan Jett uù

Saaaaalve mie piccole pallette di lardo, come va?

Prima di tutto volevo farvi sapere che i vostri commenti al capitolo precedente in stile “quanto è sexy Joe incazzato” mi hanno traumatizzato a vita uù Cattive ragazze, cattive!

Detto questo, anche se mi hanno traumatizzato, voglio ringraziarvi ancora una volta per le recensioni *-* Pesavo sarebbero diminuite, invece siete rimaste con me *-* quanto vi posso amare, eh?

AH! Vi invito a notare il blend strafgvoigizorhgibosrhioghboz di questo capitolo *-* Non so, sarà che c’è Johnny *O* sarà che non c’è Jim, ma lo adoro! E ringrazio immensamente Soriana per questo **

Passiamo al capitolo! E’ un po’ lungo e decisamente “bah” ‘-‘ Non è che mi convinca tanto a dire il vero, ma conoscendomi non riuscirei a scrivere qualcosa di più decente, quindi lo lascio così!

Non so se state notando che mi sto proprio impegnando per cercare un “finale alla cazzo” in ogni capitolo uù Ci sto riuscendo? Hahahahha

Vi lascio in pace uù

Vi amo tutte, alla follia.

 

 

 

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Capitolo 22
*** If only I knew what I know today ***


Salve a tutte!

Prima di lasciarvi al capitolo volevo dirvi una cosa “importante”. Della mia storia non c’è molto da “copiare”, visto che la trama non è delle più elaborate ed originali, cioè ci saranno altre millecinquecento storie simili alla mia, ma se proprio vi piace a tal punto e pensiate che sia così brava(vostra personalissima opinione, tra l’altro, della quale sono onorata xD) da essere copiata, almeno evitate il “copia-incolla” delle frasi che scrivo, è davvero squallido. Potreste almeno sforzarvi di riformulare le frasi, suvvia!

Detto questo, vi lascio al capitolo sperando che vi piaccia e ci vediamo giù con una notizia importante!

But in end it was true:

friendship never ends

 

 

Non sapeva più da quanto era seduta su quelle scale ormai.

Aveva bussato a quella porta, senza che nessuno le rispondesse, per svariati minuti, ma non poteva andarsene. Dove sarebbe potuta andare poi? Non aveva alcuna voglia di tornare nel suo appartamento freddo e buio da sola, il solo pensiero le faceva venire nuovamente voglia di piangere.

Si mise la testa tra le ginocchia e con grande sforzo ricacciò le lacrime indietro. Quanto aveva pianto? Tanto da dissetare due terzi dell’Africa con le sue lacrime, probabilmente.

Mentre la pioggia scrosciava contro il legno della veranda, Kate non riusciva a pensare nemmeno a quello che le era successo poco prima, il solo pensiero di Joe o di quella ragazza che si era portato dietro le facevano venire disperatamente voglia di sdraiarsi a terra e non alzarsi più.

Strinse ancora di più gli occhi, basta lacrime.

Rimase con la testa nascosta, sapeva che appena avesse fatto un movimento sarebbe crollata, e non l’alzò nemmeno quando sentì il rumore di pneumatici sulla ghiaia, per poi però farlo dopo, quando sentì una portiera sbattere violentemente e dei passi veloci procedere verso la sua direzione.

Ronnie sorreggeva una busta e procedeva a passo spedito verso la casa, con la testa bassa per evitare di bagnarsi il viso.

Solo a pochi passi dalle scale alzò il volto, rimanendo impietrita a pochi passi dalla porta, mentre la pioggia le cadeva in testa.

Kate alzò lo sguardo verso Ronnie e questa si spaventò e morte vedendo gli occhi rossi e gonfi dell’amica e l’espressione del tutto assente.

-Kate?!- disse titubante, ed al suono del suo nome la ragazza parve svegliarsi balzando in piedi e lisciandosi il vestito nero.

-ciao- balbettò tirando su col naso

-che ci fai qui?- chiese Ronnie sorpresa –cos’è successo? Jamie, Lexus stanno bene?-

-si, si- si affrettò a rispondere la ragazza passandosi violentemente una mano sugli occhi cercando di darsi una sistemata

A passo svelto Ronnie la raggiunse afferrandole un polso. Kate la detestava, gliel’aveva detto esplicitamente, la sua presenza lì doveva significare che era successo qualcosa di grave.

-Kate, che succede?-

Kate guardò Ronnie ferma di fronte a lei con espressione preoccupata e per un attimo le apparve la visione di lei diciassettenne, quando erano ancora migliori amiche, quando bastava uno sguardo per intendersi, quando condividevano le loro vite, quando lei sapeva chi era Ronnie.

Poi rivide l’immagine di una mano delicata che si posava sulla spalla di Joe e la testa le girò vorticosamente per un attimo, prima che scoppiasse nuovamente in lacrime gettandosi tra le braccia dell’amica sorpresa, che l’accolse senza dire una parola, stringendola come se tutto quel tempo non fosse mai passato, come se lei in realtà fosse sempre stata lì.

 

*            *               *

 

Ronnie guardò con una smorfia il cielo coperto pesantemente da nuvole grigie fuori dalla finestra. Era dalla sera precedente che pioveva ininterrottamente ed, anche se aveva smesso da qualche minuto, il sole faticava ancora a farsi spazio tra le nuvole spesse.

Sospirò pensando alla sera prima, e lei che pensava che quella domenica fosse la più noiosa della sua vita! Prima Johnny con le sue chiacchiere che l’avevano portata a ragionare su cose sulla quale era meglio non ragionare, poi Kate, che si era presentata fuori casa sua in lacrime.

La ragazza era talmente sconvolta la sera prima che non era riuscita a spiccicare nemmeno una parola, alla fine si era addormentata tra i singhiozzi e gli abbracci confortanti di Ronnie, che era alquanto confusa.

L’unica parola che Ronnie era riuscita a captare nel mezzo dei lamenti e sospiri era “Joe”, ma questo non le chiariva affatto le idee. Per quanto ne sapesse Kate e Joe erano buoni amici, ma lei non conosceva molto della vita della ragazza, anche per questo quando se l’era trovata fuori casa era rimasta del tutto spiazzata.

Kate non aveva dato segni di voler perdonare Ronnie nemmeno lontanamente, perché quella sera –qualsiasi cosa fosse successo- aveva deciso di andare proprio da lei e non da Lexus o Jamie?

Il fischio del piccolo pentolino che aveva messo sul fuoco pochi minuti prima la distrasse dai suoi pensieri e allontanandosi dalla finestra prese dalla credenza due tazze.

Sapeva che l’unica cosa che faceva sentire Kate quando era malata o giù di morale, era una bella tazza di the fumante.

Si avviò verso il piano superiore con le due tazze in mano, sperando che la ragazza non avesse cambiato abitudini in quegli ultimi anni.

Aprì la porta della sua stanza con un piede e invece di trovare Kate a letto, come si aspettava, la vide seduta mentre le dava le spalle.

-hey- la salutò Ronnie avvicinandosi

Kate si voltò e la ragazza rimase paralizzata di fronte agli occhi gonfi ed il viso stanco dell’amica.

-ciao- cercò di sorriderle l’altra, riuscendo a fare solo una strana smorfia

Ronnie si sedette accanto a lei porgendole la tazza fumante, che la ragazza afferrò con mano tremante.

-grazie- sussurrò avvicinandola al viso –non te ne sei dimenticata- sorrise poi

-già- sussurrò Ronnie -non ho dimenticato niente -

La ragazza abbassò lo sguardo sorseggiando il suo the.

-mi dispiace di essermi presentata qui così- disse dopo minuti interminabili di silenzio.

–non dirlo neanche per scherzo!- Ronnie scosse la testa –so che ho dimostrato il contrario in questi anni e mi sembra anche stupido dirlo- sospirò –ma puoi contare sempre su di me, Kate-

Kate non si mosse di un millimetro, apparentemente concentrata sulla sua tazza.

-non dovresti andare a lavoro?- sussurrò

-ho chiamato- spiegò –ho detto che non mi sentivo bene-

Kate annuì pensierosa –sicura non ti facciano problemi?-

-hei- scherzò la ragazza –il mio capo è Johnny, basta tirare in ballo Lex e non ci sarà alcun problema-

Kate cercò di sorridere, ma inevitabilmente i ricordi della sera prima salirono a galla, assieme alle sue lacrime.

-Kate, che succede?- chiese Ronnie apprensiva vedendo gli occhi dell’amica diventare lucidi

La rossa scosse la testa asciugandosi veloce una lacrima che le era scivolata sul viso con la manica della felpa che le aveva prestato Ronnie la sera prima.

-E’ un disastro- singhiozzo –lui…lui ha rovinato tutto-

Ronnie la guardò senza capire, si allungò fino ad afferrarle la mano e stringergliela forte. Era così che funzionava tra loro due, restavano in silenzio fin quando l’altra non si sarebbe decisa a parlare. Qualunque sia stato il motivo, Ronnie era felice che l’amica avesse deciso di andare da lei la sera precedente, era contenta che Kate si fosse fidata di lei, ancora una volta e questa volta lei non avrebbe tradito la sua fiducia, le sarebbe rimasta accanto fin quando lei voleva, fin quando ne aveva bisogno.

Dopo qualche istante Kate si sentì pronta e voltandosi di poco verso Ronnie cominciò a spiegarle tutto, dal principio.

Ronnie rimase in silenzio ascoltando le parole dell’amica, sorridendo apprensiva quando vedeva le lacrime salirle agli occhi ed accarezzandole la mano quando si bloccava senza riuscire ad andare avanti.

Quando Kate finì di raccontarle tutto, Ronnie era a dir poco allibita.

Non sapeva nulla, non sapeva che a Kate interessasse Joe e viceversa, non sapeva che erano stati insieme, se pure per poco e, soprattutto, non sapeva perché avesse fatto quella sciocchezza.

-cosa faccio ora?- chiese Kate in un lamento

Ronnie la guardò con sguardo contrito, lei non era la persona più indicata per dare consigli di cuore, ma provò comunque a consolarla.

-E’ stato uno stupido equivoco, vedrai che ti chiamerà-

Kate scosse la testa –no, lo conosco bene- sospirò –è troppo orgoglioso per farlo. E’ ancora convinto che io sia andata a quella festa per divertirmi alle sue spalle-

-allora chiamalo tu- tentò Ronnie –sono sicura che una volta che gli avrai spiegato le cose, ti chiederà scusa e tutto si sistemerà-

La rossa si voltò verso Ronnie, puntando i suoi occhi ormai opachi e tristi in quelli della ragazza –a questo punto Ronnie- sussurrò –che importanza ha?-

L’amica non capì, guardandola accigliata.

-mi ha sostituita in quando Ron? Un giorno, due?- spiegò con un sospiro

-non ti ha sostituita Kate!- ribattè Ronnie e la rossa la guardò con espressione scettica –non sto dicendo che non ha sbagliato- chiarì –ma è evidente che abbia portato quella alla festa solo per farti un dispetto, non certo perché è interessato a lei-

Kate scosse la testa –questo non cambia le cose però- si portò una ciocca dietro l’orecchio –quello che ha fatto non ha nessuna giustificazione-

-e cosa intendi fare ora?- chiese Ronnie

-non lo so- borbottò l’altra in risposta

Entrambe sospirarono restando per un tempo indeterminato in silenzio, perse nei loro pensieri.

Kate non poteva fare a meno di pensare all’immenso casino che c’era nella sua testa e fuori in quel momento. Da un lato voleva correre dal ragazzo ad urlargli in faccia che quella sera non l’aveva preso in giro, che era stata costretta ad andare a quella festa e non l’aveva avvertito solo perché aveva dimenticato il cellulare in stanza. Dall’altro lato però, era talmente delusa e ferita dal comportamento di Joe che non sapeva se avrebbe avuto il coraggio di parlargli senza scoppiare a piangere o prenderlo a schiaffi.

Ronnie d’altro canto era impegnata a cercare una soluzione per l’amica. Aveva capito quanto lei ci tenesse a Joe, e non poteva mandare tutto all’aria per un semplice malinteso. Certo, Joe ci aveva messo una buona dose della sua stupidità per peggiorare le cose, ma non potevano lasciare andarsi per una cosa tanto stupida.

Rimasero immobili, senza proferire parola, fin quando il cellulare di Ronnie le fece sobbalzare entrambe, rompendo il silenzio con un breve suono.

-un sms- soffiò la mora afferrando il cellulare dal comodino

-chi è?- chiese curiosa l’altra

Ronnie fissò lo schermo accigliata –N…Nick- balbettò in imbarazzo

Kate strabuzzò gli occhi –intendi dire quel Nick?-

La ragazza annuì fissando lo schermo del cellulare.

-beh, cosa dice?- la spronò Kate

Ronnie aprì l’sms leggendolo, poi guardò l’amica con aria confusa.

-allora?- chiese Kate impaziente

-mi chiede se possiamo incontrarci dopo- spiegò confusa –al parco-

-wow- Kate gonfiò le guance –sapevo che eravate usciti una volta a cena, ma non credevo la cosa stesse continuando-

-non c’è nessuna cosa- gesticolò nervosa Ronnie –ci vediamo ogni tanto per chiacchierare, tutto qui-

-certo- sospirò Kate alzando un sopracciglio –come no- aggiunse –e da quanto vanno avanti queste vostre chiacchierate?-

-da un po’- rispose evasiva, cosciente del fatto che ogni parola sarebbe stata usata contro di lei in futuro –e non so dove tu voglia andare a parare- aggiunse previdente –ma le nostre chiacchierate non hanno un secondo fine, almeno non quello che pensi tu-

-oh, certo- sorrise lei –vorresti farmi credere che tu non provi nessun interesse per lui?-

Ronnie aprì la bocca contrariata, ma la richiuse all’istante, non poteva mentire, non a lei.

-bene- sorrise Kate cancellando ogni minima traccia della ragazza che aveva pianto per tutta la notte –qual è il nostro piano?-

Ronnie la guardò accigliata senza capire, ma le piaceva come la ragazza aveva usato la parola “nostro”.

-di che piano stai parlando?-

La rossa fece schioccare la lingua –il piano per riprendercelo- disse sicura –mi sembra ovvio-

Ronnie alzò gli occhi al cielo –perché nessuno a parte me sembra prendere minimamente in considerazione il fatto che lui ha una ragazza?-

L’amica sbuffò parlando con sufficienza –è ovvio che io lo prenda in considerazione- spiegò –è per questo che ci serve un piano, altrimenti il ragazzo sarebbe già tuo!-

 


Mamma mia, now I really know,
My my, I could never let you go.

(Mamma mia – Abba)

 

 

Ronnie smise di guardare il prato verde di fronte a lei dove dei bambini giocavano allegri con le loro mamme e si voltò a guardare Nick, seduto accanto a lei, che guardava nella sua stessa direzione.

Quando aveva ricevuto quel messaggio Ronnie si era stupita del fatto che il ragazzo avesse chiesto di incontrarla proprio al parco, di solito Nick evitava i luoghi troppo frequentati dove era più che probabile che fossero paparazzati.

Questo significava forse che Allie era a conoscenza dei loro incontri?

-Non posso credere che Joe sia stato così stupido-

Ronnie annuì con aria assente. Erano seduti lì da quasi mezz’ora ormai, durante la quale Ronnie aveva raccontato a Nick di Kate ed aveva sperato che lui potesse dirle qualcosa sul comportamento del fratello.

-insomma, perché non è andato da lei a chiederle spiegazioni?!- chiese retorico

-non lo so- sospirò Ronnie –tu hai provato a parlargli?- chiese speranzosa, ma il ragazzo scosse negativamente la testa.

-è da quando l’ho visto rientrare nella sala con una faccia da zombie che provo a parlargli di Kate e quello che è successo, ma svia in tutti i modi il discorso- sospirò a sua volta –sono preoccupato Ronnie-

La ragazza annuì comprensiva mentre Nick cercava di darsi una spiegazione, senza successo.

-io e Joe abbiamo sempre parlato di tutto- spiegò –non ci sono mai stati segreti tra noi, ogni volta che lui aveva un problema ero il primo a saperlo, il primo da cui andava a chiedere consiglio- scosse la testa poggiando la schiena sulla superficie fredda della panchina –quando si tratta di Kate invece, si chiude a riccio e non c’è modo di farlo aprire-

Ronnie lo vide abbassare la testa con aria triste, ed avrebbe tanto voluto allungarsi per confortarlo con un abbraccio, ma non era sicura che fosse una buona idea, così rimase immobile al suo fianco.

-forse è solo confuso e vuole chiarirsi le idee per conto suo- tentò

Nick alzò le spalle in risposta, perdendo il suo sguardo nel prato verde di fronte a loro.

Improvvisamente a Ronnie vennero in mente le parole di Kate, riguardo al loro piano per riprenderselo. Le guance le diventarono istantaneamente rosse e impercettibilmente si scostò di poco dal ragazzo. Si sentiva a disagio solo a pensare ad una cosa del genere.

-che c’è?- chiese Nick cogliendo il cambiamento della ragazza

-niente- cercò di essere disinvolta

Il ragazzo le sorrise incerto, di sicuro non era niente quello che stava facendo andare a fuoco le guance della ragazza.

Nonostante Ronnie avesse distolto gli occhi da Nick, sentiva ancora il suo sguardo pesante su di lei, che pareva farle bruciare ancora di più ogni centimetro della sua pelle, ed il silenzio imbarazzante che si era creato tra di loro poi, di certo non aiutava. Doveva dire qualcosa, qualunque cosa pur di porre fine a quel silenzio.

-allora- balbettò –come va con Allie?-

Appena pronunciò l’ultima parola sentì l’impulso di prendersi a schiaffi. Come va con Allie?! Ma certo! Perché non ricordare al ragazzo di cui era innamorata che mentre lui stava con lei al parco a casa aveva una ragazza che lo aspettava e di cui, molto probabilmente, era innamorato?!

Era incredibile come riuscisse sempre a dire la cosa più idiota al momento meno opportuno.

-bene- rispose incerto lui distogliendo lo sguardo da Ronnie

Ronnie si rese conto dell’improvvisa freddezza da parte del ragazzo e sospirò senza farsi sentire.

Si avvicinò di poco a Nick, sperando che lui non si accorgesse del suo movimento. Voleva solo sentirlo più vicino, voleva solo che i suoi occhi tornassero a bruciare sulla sua pelle.

-mi è sembrata una brava ragazza- balbettò e per la seconda volta dovette stringersi le mani per impedirsi di prendersi a schiaffi.

Tanto valeva a questo punto chiedergli perché non la sposava!

Questa volta il ragazzo non rispose, restando a fissare il vuoto avanti a se con aria vaga.

Ronnie sospirò ancora, silenziosamente, avrebbero potuto darle il Nobel per la furbizia.

La ragazza lo guardò di sottecchi, lo sguardo basso, l’espressione pensierosa, i denti che mordicchiavano nervosamente il labbro inferiore, a cosa stava pensando? La ragazza avrebbe tanto voluto entrare nella sua testa in quel momento, e non solo.

Avrebbe voluto entrare nel suo cuore per scoprire se l’aveva amata in passato e se, anche un minimo di quell’amore fosse resistito alle intemperie degli anni e lui l’amasse ancora, almeno un po’.

Ancora una volta sentì bisogno di sentirlo più vicino, di sfiorare la sua pelle, di sentire il suo calore. E questa volta non riuscì a frenare quell’impulso di sfiorarlo e, con mano tremante, allungò il braccio fino a sfiorare con le dita il dorso freddo della mano di Nick che sobbalzò a quel contatto inaspettato.

Ronnie si voltò verso di lui mentre sentiva uno strano formicolio alla bocca dello stomaco, questa volta gli occhi di Nick non erano persi nel vuoto, ma erano puntati diritti in quelli di Ronnie che, ne era sicura, aveva uno sguardo pressoché da pesce lesso.

Nick le sorrise teneramente stringendole la mano e Ronnie sentì chiaramente il suo cuore bloccarsi per qualche secondo.

Una folata di vento li fece rabbrividire, scompigliando i capelli di Ronnie che le ricaddero disordinatamente sul viso.

La ragazza fece per scostarseli con la mano libera, ma Nick la precedette allungando la sua verso il suo viso.

Ronnie trattenne il respiro quando le dita fredde di Nick le accarezzarono la punta dell’orecchiò e rabbrividì quando sentì le sue dita indugiare sulla sua guancia bollente.

Non riusciva più a respirare, non riusciva più a pensare, non riusciva più a far nulla, era completamente bloccata in quegli occhi marroni che la fissavano.

Era troppo vicino.

Era così vicino che se si fosse allungata di qualche centimetro le punte dei loro nasi si sarebbero sfiorate, era così vicino che sentiva il suo respiro sul viso, era così vicino da poter notare i suoi occhi bruciare dall’interno, era così vicino che ora aveva la certezza di volerlo.

Se solo avesse voluto le loro labbra avrebbero potuto sfiorarsi in un istante, se avesse voluto avrebbe potuto stringergli le braccia al collo e stringerlo tanto forte da non lasciarlo più andare.

Se lui non avesse avuto una ragazza, se lui l’avesse amata ancora, se avesse potuto, forse l’avrebbe fatto.

-ti va un gelato?- sospirò allontanandosi dal suo viso mentre sentiva uno strano vuoto impossessarsi del suo stomaco.

-certo- sussurrò lui lasciandole la mano con un’espressione indecifrabile in viso

Ronnie lo osservò mentre si alzava dalla panchina e, sospirando, si rese conto che era stata davvero una stupida a lasciarlo andare via.

 

 

 

 

 

*           *           *

 

 

 

Eccoci qui!

Allora, vi è piaciuto? Per la gioia di Luciana e con vostra sorpresa vi dico che a me non piace molto xD Non lo so, è lungo e “vuoto” e molto “boh” .-. Il giorno che scriverò qualcosa che mi piace sarà una data da segnare!

Al ogni modo! La notizia importante è che VADO A DUBLINO! Fvojhfiohdoizhfdiohoidhoivhdfjdvglojfoidjgvijfdsigjfozpgjvokjgvopfdjogpjojdfgobkjd.

Starò via per due settimane durante ovviamente la quale non potrò postare, non vedo l’ora *-*

Cercherò di postare un capitolo prima di partire, ma non vi prometto nulla!

Come sempre, grazie a tutte per aver recensito lo scorso capitolo e per seguirmi **

Vi amo tutte <3

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Capitolo 23
*** There she goes ***


cap 22



Non ne poteva più di stare tra quelle quattro mura.

Si sentiva soffocare in quella casa piena di ricordi e di risa lontane, che ora le appariva così vuota e desolata.
L'unica cosa che voleva fare in quel momento era smettere di pensare o almeno smettere di pensare a lui. Non ne poteva più dei suoi occhi che le venivano in mente così reali, del ricordo del tocco della sua mano che accarezzava la sua, di quel cuore che le pulsava nel petto come se stesse cercando di auto-distruggersi, non ne poteva più di quella vocina insistente nella sua testa che le ripeteva che non era servito a nulla scappare dall'altra parte del pianeta, lui era rimasto dentro di lei, nascosto, per tutto quel tempo ed ora cercava prepotentemente di venir fuori facendole scoppiare il cuore e occupandole la mente.
Aveva camminato così tanto che non era più certa di dove si trovasse e di che ora fosse, ma a giudicare dai palazzi trasandati dalle pareti stinte ed il cielo più scuro della pece, non era vicino casa e doveva essere intorno a mezza notte.
Nonostante questo non si fermò e continuò a camminare a passo lento con la speranza di trovare qualcosa che finalmente la distraesse dai suoi pensieri.
Dopo qualche metro si fermò guardando verso l'alto, dove una grande insegna rossa penzolava nell'aria.
Stop.
Era come se quell'insegna fosse stata affissa lì per lei, come se stesse cercando di darle una via di fuga ai suoi problemi.
Stop Nicholas. Stop Allie. Stop soffrire.
A passo svelto si avviò verso la pesante porta di legno, sicura che quel luogo l'avrebbe aiutata in qualche modo.


Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette. Otto...
Con uno sbuffo Ronnie abbandonò l'ardua impresa di contare i bicchieri vuoti avanti a se, alzando lo sguardo verso il barista che distrattamente svolgeva il suo lavoro.
Li aveva bevuti davvero tutti lei quei bicchieri? A giudicare dalla testa che le vorticava pericolosamente, si, li aveva bevuti proprio lei.
Con un lamento abbandonò la fronte bollente sul bancone freddo e per fortuna quel contatto le diede un pò di sollievo, almeno quel che bastava per ricordare perchè fosse lì.
Il motivo, ovviamente, era sempre lo stesso. Sempre lui. Il motivo era lo stesso da anni ormai: dimenticare.
Ma come si fa a dimenticare di amare una persona?
-hei Roger, vieni qui!- biascicò alzando di poco la testa e il barista le si avvicinò con una smorfia –ti chiami Roger, vero?- il ragazzo fece per rispondere, ma lei lo interruppe –oh, che importa!- sbottò
-ascoltami Roger- blaterò giocando col bicchierino ormai vuoto –secondo te dovrei chiamarlo?-
-non lo so, signorina- rispose lui poco interessato pulendo un bicchiere con uno straccio.
-oh, andiamo Rog! Tu sei mio amico no? Gli amici fanno questo- biascicò aprendo le braccia –danno consigli-
Roger, sempre ammesso che così si chiamasse il povero malcapitato, la ignorò continuando il suo, già di per se stressante, lavoro senza che quella ragazza lo tormentasse.
-dimmi che devo chiamarlo- lo pregò lei qualche istante dopo
-dovrebbe chiamarlo- rispose più o meno convinto, tanto per assecondarla
Ronnie sorrise, ma un istante dopo la sua espressione si fece triste -e se fosse con lei?-
Il ragazzo continuava a guardarla con aria contrita, come a dirle che gli dispiaceva che non avesse la minima idea di quello che stava dicendo.
-chiunque lei stia pensando di chiamare, le consiglio vivamente di farlo- disse il ragazzo, sta volta con aria più sicura –non credo sia nelle condizioni di tornare a casa da sola-
-mi stai dicendo di chiamarlo?- il barman continuò a guardarla senza espressione –sapevo che avresti fatto la scelta giusta!- lo indicò cercando di puntare l’indice verso il suo viso, con scarsi risultati –sei un bravo ragazzo Roger, da oggi sarai il mio migliore amico, sei contento?-
Roger alzò un sopracciglio –mi sto trattenendo dal saltellare dalla gioia, signorina-
Ronnie ovviamente non era nelle condizioni di poter cogliere il tono sarcastico del ragazzo, per cui gli sorrise e dopo aver messo dei soldi sul bancone si diresse verso l’uscita.
-Signorina?- sentì Roger chiamarla e si voltò –quello è il bagno, l’uscita è dall’altro lato-



It’s twelve o’ clock and I need your attention

It’s like the alcohol making my head spin
You scent is the rum the room is a bottle
Keeping me hopeless ‘til I wake tomorrow

(Vegas Skies - The Cab)



Non sapeva bene che ore fossero, sapeva solo che era stremato e quasi non gli sembrava vero di essere nel suo letto con tanto di pigiama.
Era stata una giornata piena di impegni lavorativi, aveva girato mezza città andando da uno studio all'altro, con la testa piena di pensieri.
Le cose con Allie nell'ultimo periodo non andavano molto bene e Nick sapeva che era a causa dell'arrivo di Ronnie in città e sapeva anche che avrebbe dovuto restare ben lontano da lei, non vederla di nascosto.
Non voleva perdere Allie. Anche se non era innamorato di lei, era affezionato alla ragazza e dopo tutto quello che lei aveva fatto per lui, non poteva comportarsi da carogna e lasciarla perchè la sua ex ragazza era tornata.
Tra l'altro non era nemmeno sicuro dei sentimenti che provava per Ronnie, anzi, non li conosceva affatto. Si, non aveva resistito ad invitarla a cena e non era riuscito a mettere fine ai loro incontri e se all'inizio aveva giustificato la sua scelta con la scusa che voleva conoscerla meglio, ora era chiaro che lui fosse ancora interessato a lei.
Questo però non portava da nessuna parte.
Quando il cellulare sul comodino prese a squillare, Nick sobbalzò maledicendosi per non aver ricordato di spegnerlo prima. Afferrò l'iPhone e guardò incerto lo schermo.
-Ronnie?- rispose sorpreso il ragazzo, mettendosi a sedere nel mezzo del letto
-heilà!- urlò dall’altro lato la ragazza
-Ronnie, è tardissimo, è successo qualcosa?- chiese preoccupato scostando violentemente le lenzuola dal letto, pronto per alzarsi.
-no, no!- si affrettò a rispondere con voce biascicata –solo che Roger mi ha consigliato di chiamarti, ed io ho pensato fosse una buona idea!-
Nick alzò un sopracciglio confuso –chi è Roger?-
-oh, il mio nuovo migliore amico- biascicò –non sono sicura si chiami proprio Roger, chi può dirlo! Non puoi più fidarti della gente al giorno d’oggi-
Stavolta Nick alzò entrambe le sopracciglia –Ronnie, sei ubriaca?-
-ppphst! Ubriaca!- biascicò mangiandosi le lettere –che parolone! Il mio amico Roger mi ha solo offerto qualche bicchierino di tequila-
Nick si passò stancamente una mano sugli occhi trattenendosi dal chiedere alla ragazza quanti fossero esattamente per lei “qualche bicchierino”, non era per niente sicuro che la risposta l’avrebbe confortato.
-dove sono Kate, Jamie e Lexus?- chiese lentamente
-oh! Le mie amiche, che care ragazze, vero?- urlò –comunque non sono qui, non sono potute venire a divertirsi con me stasera! Ora non ricordo bene il perché-
Nick scosse la testa alzandosi dal letto –ok, dove sei?-
-fuori ad un cocktail bar-
–dove, precisamente?-
-sul marciapiede-
-l’avevo intuito- sospirò -il nome della strada?- chiese togliendosi al volo il pigiama ed afferrando i vestiti poggiati su una sedia che aveva tolto qualche ora prima.
-mmmhm, non sono molto brava con i nomi- biascicò
-va bene- sospirò ancora, paziente –dimmi cosa vedi intorno a te- chiese infilandosi le scarpe
-uhuh! Mi piace questo gioco! Allora…- fece una pausa –c’è una grande insegna luminosa alla mia destra!-
-perfetto- chiuse la porta della stanza, camminando in punta di piedi –cosa c’è scritto sull’insegna?-
Dopo qualche secondo di silenzio Nick sentì una risatina provenire dall’altro lato –abbiamo un problema- ridacchiò la ragazza –se provo a focalizzare il nome, appaiono taaaaaaante insegne-
Nick afferrò le chiavi dell’auto poggiate sul tavolino dell’ingresso ed aprì lentamente la porta, cercando di non fare rumore.
-Ronnie, prova a concentrarti, è importante che tu mi dica il nome che c’è sull’insegna-
Dall’altra parte si sentì uno sbuffo e qualche rumore confuso. Intanto Nick era fuori e cercava di chiudere con estrema lentezza la porta.
-STOP!- urlò Ronnie e Nick sobbalzò stringendo convulsivamente la maniglia
-cosa c’è?- chiese irritato
-stop è il nome del bar!- sbuffò Ronnie
Nick si avviò alla macchina chiedendosi se fosse stato il caso di rimanere a telefono con Ronnie per tutto il tragitto, ma poi si rese conto che doveva usare il cellulare per trovare quel maledetto bar e non poteva fare entrambe le cose contemporaneamente.
-Ronnie, ascoltami- cominciò salendo in macchina –non muoverti di lì per nessun motivo al mondo, nemmeno un passo, chiaro?-
-signorssissignore!- ridacchiò –anche perché non credo sia in grado di muovermi molto, forse avevi ragione, sono un po’ ubriaca-
Nick mise in moto alzando gli occhi al cielo –forse un po’ eh-




There she goes
There she goes again
Racing through' my brain
And I just can't contain
This feelin' that remains

(La's - There She Goes)





-ce la faccio, sta tranquillo!- Ronnie scacciò la mano di Nick che le sorreggeva il gomito e prese a fissare intensamente le scale in legno di fronte a lei.
Nick le rimase accanto mentre la ragazza cercava di alzare un piede, ma appena questo si scostava leggermente dal suolo, perdeva l’equilibrio, tornando al punto di partenza.
-lascia che ti dia una mano- ritentò avvicinandosi
-shhhh!- lo zittì lei facendogli un gesto di stop con la mano –ce la faccio da sola ho detto- biascicò
Alzò le braccia contemporaneamente al piede destro che questa volta si alzò di qualche centimetro. Barcollò per un istante, ma non cadde come Nick si aspettava.
In quella posizione comunque sembrava più che stesse per eseguire il calcio della gru, in stile karate kid che accingersi a salire le scale.
-visto? ce la faccio- disse  poggiando il piede sullo scalino
-ce la farai anche con gli altri dieci?- scherzò lui
Ronnie guardò le scale con aria afflitta -forse ho bisogno di un piccolo aiuto-
Nick ricacchiò passandogli un braccio attorno alla vita.
Con movimenti incerti Ronnie prese a salire le scale sicura che prima di arrivare alla fine sarebbe sicuramente inciampata tra i suoi stessi piedi rotolando poco dignitosamente fino a ritrovarsi a faccia a terra.
Tirò un sospiro di sollievo quando si accorse che le mancava un solo scalino e non era ancora caduta, ma l'istinto raramente la tradiva, anche da ubriaca, e prima che riuscisse a far presa sul legno il piede le scivolò all'indietro facendole perdere l'equilibrio.
Serrò automaticamente gli occhi, pronta all'impatto col suolo, che però non arrivò.
Nick strinse prontamente la presa sui suoi fianchi cercando di far tornare la ragazza in posizione verticale, che invece andò a sbattere contro il suo petto, aprendo gli occhi di scatto.
-va tutto bene?- sussurrò Nick di fronte allo sguardo spaesato della ragazza
Ronnie sbattè le palpebre un paio di volte mettendo a fuoco il viso di Nick a pochi centimetri dal suo mentre uno strano calore dal basso ventre la avvolgeva facendole chiaramente sentire le dita del ragazzo che facevano presa dietro la sua schiena per impedirle di cadere.
-sei proprio un bel ragazzo sai?- le sfuggì
Nick alzò il sopracciglio -grazie- rispose incerto
-prego!- biascicò lei -ora andiamo dentro, sto gelando-
Nick l'aiutò a salire l'ultimo scalino e raggiungere la porta, che per fortuna era già aperta, così non dovettero perdere altri interminabili minuti per cercare la chiave.
Ronnie non la smise di parlare un secondo. Tutto quello che diceva a Nick pareva senza senso, riuscì a cogliere solo qualche frase dove lei gli raccontava che quand'era piccola si sedeva su quelle scale ed aspettava che il principe azzurro venisse a salvarla dai suoi genitori, che per lei erano degli orchi terribili e malvagi.
Attraversarono il corridoio ed il salone al buio, sperando di non incappare in qualcosa di fragile e quando raggiunsero le scale per arrivare al piano di sopra, Ronnie si bloccò sbuffando.
-non ce la faccio a salire altre scale, dormirò sul divano- decise ed a passo lento si trascinò sul grande sofà al centro della sala da pranzo.
Il ragazzo la seguì in silenzio osservandola mentre si passava le mani sul viso.
-non muoverti di qui- le ordinò e pochi minuti dopo tornò indietro con una coperta di pile
Ronnie si lasciò avvolgere dalla coperta, era talmente stanca che le palpebre le si chiudevano da sole, ma doveva restare sveglia, ancora un pò.
Nick finì di avvolgere con cura la coperta attorno al corpo infreddolito della ragazza per poi allontanarsi ed osservala mentre si raggomitolava su se stessa.
Era davvero bella con i lunghi capelli castani che ricadevano sul viso, le ciglia che creavano ombre su quelle guancia rosse e morbide e quelle labbra così rosse che parevano invitarlo a morderle ogni volta che le guardava.
Sospirò avvicinandosi al viso della ragazza e sfiorando con le labbra una guancia rosa. A quel contatto la ragazza socchiuse gli occhi e Nick si ritirò velocemente indietro, prima che quegli occhi lo catturassero in una morsa stretta dalla quale, ne era sicuro, non sarebbe riuscito a scappare.
-dove vai?- sussurrò la ragazza vedendolo fare un passo indietro
-a casa- spiegò lui -ti lascio riposare-
Ronnie allungò un braccio afferrando la mano di Nick -non puoi lasciarmi da sola- si lamentò
Nick tentennò per un istante stando ben attento a non incrociare il suo sguardo -Ronnie io dov...-
-resta qui, resta con me-
E contro la sua volontà, come attirati dalla sua voce, i suoi occhi incrociarono quelli color del mare, e sapeva che ora era impossibile dirle di no.
Annuì sospirando ed a passo lento si avviò verso il divano, sedendosi ai piedi di questo.
Ronnie seguì ogni movimento e appena il ragazzo si sedette lei si alzò di scatto, causandosi un terribile giramento di testa e facendo sobbalzare Nick.
Senza dire nulla Ronnie lo afferrò per le braccia e lo trascinò accanto a se, sistemando la testa sul suo petto.
Quello che sentiva Nick in quell'istante era indescrivibile.
Non si poteva spiegare a parole il vortice di emozioni che gli stavano attraversando il cuore e la mente, non si poteva spiegare a parole il calore che sentiva prendere possesso di tutto il suo corpo. Non sapeva spiegare perchè tutto quello riusciva a provarlo solo quando era con lei.
Senza pensarci le passò un braccio dietro alle spalle, stringendola al suo petto, sperando che la ragazza non si accorgesse del battito frenetico del suo cuore.
-Nick?- biascicò la ragazza con voce roca
-mmhm?-
-credo tu abbia una bomba nel petto- come non detto.
-già- fu l'unica cosa che riuscì a dire.
Seguì un lungo silenzio, durante il quale Nick pensò che la ragazza si fosse addormentata, ma dopo qualche istante lei parlò.
-Nick?- sussurrò ancora sistemando la testa nell'incavo del suo collo
-si?- sussurrò di rimando poggiando la guancia sui suoi capelli e stringendola più forte
-tu sei il mio principe azzurro, vero?-
E la bomba scoppiò.











*       *      *



Spero non vi siate dimenticate di me uù

Coooooooooome state mie piccole, amorevoli, pallette di lardo?
Io malissimo.
Tornare in Italia dopo 15 giorni a Dublino, vi assicuro che è un qualcosa di sconvolgente.
Dublino è bellissima, il tempo che ho trascorso lì è stato il più bello della mia esistenza, ve lo assicuro, e non vedo l'ora di lasciare questo paese e non tornare più.

Detto questo, spero il capitolo vi sia piaciuto, a me piace "l'idea", se fosse stato scritto in modo più decente sarebbe stato carino magari.

Vi amo tutte <3

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Capitolo 24
*** I've been missing you ***


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I giorni che Joe Jonas poteva trascorrere liberamente, senza alcun impegno, si potevano contare sulle dita di una mano. Aveva le riprese del suo ultimo film, le interviste, i programmi a cui doveva partecipare ed altre mille cose da fare. Il più delle volte tornava a casa solo per dormire e non aveva nemmeno cinque minuti per parlare con la sua famiglia e questo a volte lo rendeva davvero triste, nonostante questo sacrificio era necessario per realizzare il suo sogno di attore.

Quel giorno però era diverso, era uno di quei giorni che poteva contare sulle dita, uno di quei giorni in cui non aveva nessun impegno.

Si era svegliato di buon umore –se si può definire “buon umore” il non piangere disperatamente e sentire terribilmente la mancanza di Kate- con l’intenzione di andare in cucina e preparare la colazione per la sua famiglia.

Quando si rese conto che erano le undici del mattino e che tutti, compreso Nick, avevano già lasciato la casa senza svegliarlo, ormai aveva già preparato una decina di omelette.

Sbuffando si accasciò su una delle sedie della cucina. Prese a giocare con una frittella avanti a lui mentre pensava a cosa fare per occupare il tempo fino a quando qualcuno della sua famiglia non fosse tornato a casa.

Magari poteva andare a fare un giro? L’idea di andare in giro da solo non lo allettava molto ma, visto che l’alternativa era rimanere a casa a fissare le sue omelette bruciacchiate, gli sembrò l’unica via d’uscita.

Si allontanò dal tavolo dirigendosi verso il piano superiore, ma prima che il piede si poggiasse sul primo scalino, sentì la porta bussare e, con l’ennesimo sbuffo, andò ad aprire.

Joe era famoso per la sua mente fantasiosa e spesso infantile, per cui se avesse aperto la porta e fuori avesse trovato un alieno, un fantasma, folletti assetati di sangue o terminator in persona con imbraccio un bazuka, non avrebbe assunto un’espressione così spaventata come quella che inevitabilmente si formò sul suo viso alla vista della persona che, con le mani incrociate, lo fissava ad un metro da lui.  

-ciao Lexus- salutò incerto Joe

La ragazza rispose con un ringhio, scostando malamente Joe e facendosi spazio per entrare.

Joe chiuse la porta e la seguì confuso verso la cucina, dove Lexus si guardava intorno studiando l’ambiente. Si voltò di scatto verso di lui, puntandosi le mani ai fianchi e guardandolo accigliato.

-si può sapere che diavolo stai facendo?- sbottò

-colazione?- provò Joe intimorito dai modi della ragazza che, per l’appunto, ringhiò ancora

-non mi interessa quello che fai della tua stupida mattinata libera-  sbottò avvicinandosi pericolosamente al ragazzo, il cui istinto di autoconservazione gli stava suggerendo di scappare nel più vicino rifugio antiatomico –vorrei capire quello che stai facendo con Kate-

-non sto facendo proprio nulla- borbottò

-lo vedo!- strillò l’altra –perchè non sei ancora andato da lei strisciando, scusandoti per il tuo comportamento da scimmia decerebrata?-

-non sono io quello che deve scusarsi, Lex-

Qualcosa nello sguardo della ragazza fece intuire a Joe che, forse, quella non era stata la risposta giusta.

-cosa vuol dire che non sei tu quello che si deve scusare?- sbottò -non sei forse tu quello che è improvvisamente sparito nel nulla senza nemmeno una spiegazione? Non sei tu quello che si è presentato con un'altra ad una festa alla quale dovevate andare insieme?-

Joe fece per aprire la bocca, ma l'altra lo fermò con un gesto della mano -a meno che la tua risposta non spieghi la presenza di un gemello malvagio che ha preso il tuo posto e ti ha fatto fare queste stupide cose, non sono interessata alle tue parole-

-E' lei quella che ha mentito però- ribatté flebilmente lui, forse temendo che gli volasse qualcosa in testa

-oh andiamo! Non ti ha detto che è andata a quella stupida serata organizzata per lei perchè l'aveva dimenticato! Te l'avrebbe detto il mattino seguente se gliene avessi dato il tempo-

Joe sospirò passandosi stancamente una mano tra i capelli.

-mi sono sentito preso in giro, Lex-

-ed hai ragione- sussurrò lei con un tono addolcito, sorprendendo Joe -non ti sto dicendo che lei non abbia sbagliato, ma semplicemente che la tua reazione è esagerata-

Il ragazzo abbassò lo sguardo, consapevole. Anche lui aveva avuto modo di pensare in quel giorni lontano da Kate e, nonostante si sentisse ferito nell'orgoglio, a volte si ritrovava a chiedersi se non avesse sbagliato.

-vuoi davvero lasciarla andare dopo tutto quello che avete affrontato per stare insieme?- incalzò Lexus cogliendo l'incertezza nei suoi occhi

Joe scosse automaticamente la testa. No, certo che non voleva perderla.

Doveva assolutamente fare qualcosa per rimediare, qualsiasi cosa. Amava Kate più di quanto non avesse mai amato nessuno, più di quanto amasse se stesso. Ci aveva impiegato tanto, troppo, tempo per riuscire a dirle quello che provava per lei ed ora non poteva lasciarla andare così, perché lui era stato un idiota.

Ma mentre pensava ai mille modi in cui poteva scusarsi, l’immagine di Kate che gli diceva che ricambiare il suo amore era stato un errore comparve nella sua mente, distruggendo ogni sua speranza. L’aveva già persa.

-lei ti ama Joe- sussurrò ancora Lexus, come se avesse letto  i suoi pensieri sul suo viso –il perché, francamente, mi è ancora ignoto, ma ti ama davvero-

-ma lei non vuole amarmi- rispose amaro Joe e Lexus lo guardò accigliata, non capendo

-quello sguardo- sospirò passandosi una mano sugli occhi –tu non l’hai visto Lex, era così ferito, così triste-

Chiuse gli occhi come a voler scacciare quell’immagine, ma Kate rimase lì, fissa nella sua mente che lo guardava con gli occhi pieni di lacrime.

-ha detto che era stato un errore- sussurrò così piano che Lexus fece fatica a sentire –è stato un errore stare insieme a me-

Lexus allargò le braccia alzando le spalle –era arrabbiata Joe, e quando si è arrabbiati si dicono molte cose che non si pensano-

Joe scosse la testa, non molto convinto. Lei non aveva visto quello sguardo deciso e deluso.

La ragazza sospirò –non sopporto vederla star male- disse ancora riprendendo il suo tono duro –per la prima volta da quando Ronnie era andata via, Kate era felice- si avvicinò a Joe sfidandolo con un’occhiataccia –non mi interessa come Joe, ma sarà meglio per te che sistemi tutto-

Si avviò a passo spedito verso la porta, senza dare tempo al ragazzo di rispondere, ma arrivata a pochi passi da questa si voltò ancora, rispondendo alla domanda mentale del ragazzo.

-e si, questa era una minaccia-

Se ne andò sbattendo la porta e lasciando Joe con un gran mal di testa.

Ma Joe non ebbe nemmeno tre secondi per pensare alle parole di Lexus che il campanello suonò ancora.

Che Lexus fosse tornata indietro per ucciderlo? La conosceva abbastanza bene da poter credere che fosse proprio così.

Con passò titubante si avviò verso la porta, aprendola poi di scatto. Se proprio doveva morire almeno sarebbe stato breve ed indolore.

Tirò un sospirò di sollievo quando al posto del viso di Lexus trovò quello di Allie che però a sua volta sembrava parecchio turbata.

-dove diavolo è tuo fratello?- sbottò senza nemmeno salutarlo

Perché ce l’avevano tutti con lui proprio nel suo giorno libero?

-a quale ti riferisci?- scherzò noncurante dello sguardo assassino che la ragazza gli rivolgeva

-a questo idiota qui!- urlò piazzandogli qualcosa a pochi centimetri dal naso

Tempo di mettere a fuoco quel qualcosa che la sua mascella cadde fino alle ginocchia.

Forse sarebbe stato meglio lavorare quel giorno.

 

 

 

 

I don’t wanna close my eyes

I don’t wanna fall asleep ‘cause I’d miss you babe

And I don’t wanna miss a thing

 

(Aerosmith – I don’t wanna miss a thing)

 

 

 

La prima cosa che le venne in mente quella mattina, era che non doveva assolutamente aprire gli occhi.

Quella notte aveva fatto il più bel sogno di tutta la sua vita e sapeva che se si fosse svegliata sarebbe svanito, sbriciolandosi davanti alla triste realtà che l’aspettava.

Strinse gli occhi cercando di ricordare i dettagli di quel sogno tanto dolce e felice, ma tutto quello che le venne in mente era il calore delle sue braccia che la stringevano, la sua testa poggiata sul suo petto e le sue labbra che le accarezzavano delicatamente i capelli.

Non poteva svegliarsi, non ora.

Ma ormai era troppo tardi, quel sogno ormai era sempre più lontano e a rimpiazzarlo nella sua mente stava prendendo posto un gran mal di testa.

Strano, non aveva mai sofferto di emicrania o cose simili, non si era mai svegliata con mal di testa. Certo, a meno che la sera prima non avesse bevuto, questo si che le faceva venire mal di testa la mattina.

Un momento, aveva forse bevuto la sera prima?

Nel istante in cui la sua mente formulava quella domanda, il suo inconscio le stava rispondendo con immagini confuse della sera prima che l’aiutarono a capire più o meno quello che era successo.

Era l’ennesimo sabato sera che passava da sola sul divano come una vecchia ottantenne, e proprio non ne poteva più. Ovviamente non poteva chiamare Jamie, che sicuramente stava trascorrendo la serata col suo quasi-marito, e Lexus e Kate erano impegnate coi loro rispettivi lavori.

Normalmente questo l’avrebbe fermata, ma quando si ritrovò a chiedersi per l’ennesima volta dove fosse Nick e cosa stesse facendo e, soprattutto, quando la vocina dentro di se le rispose che con ogni certezza il ragazzo stava passando un romantico sabato sera con la sua fidanzata, Ronnie sentì l’impulso di uscire per cercare di distrarsi.

Ricordava che era entrata in un bar e che aveva consumato qualche bicchierino di troppo, poi il resto era confuso e sfocato nella sua mente. Ricordava di aver preso il cellulare e chiamato qualcuno, ricordava che quel qualcuno l’aveva aiutata a salire le scale di casa e l’aveva fatta entrare, ma non riusciva a mettere a fuoco il viso del suo salvatore, ricordava solo che il suo tocco era così simile a quello che aveva sognato ed a quello che, con l’aiuto della sua immaginazione, ancora sentiva attorno ai suoi fianchi.

-Nick?- sussurrò ancora sistemando la testa nell'incavo del suo collo
-si?- sussurrò di rimando poggiando la guancia sui suoi capelli e stringendola più forte
-tu sei il mio principe azzurro, vero?-

Spalancò gli occhi mentre improvvisamente tutto diventava più chiaro, o almeno in parte.

Lei ubriaca. La telefonata a Nick a chi sa che ora del mattino. Lui che la riportava a casa. Roger.

-buongiorno- sentì biascicare Nick ancora assonnato

Solo in quell’istante Ronnie parve accorgersi della presenza del ragazzo a pochi centimetri da lei. Si maledisse mentalmente per non essere stata più svelta a scappare via e nascondersi in un paese lontano dove lui non l’avrebbe trovata e lei non avrebbe potuto fare altre stupidaggini come quella della sera prima.

L'unica cosa che riuscì a fare Ronnie fu annuire al ragazzo.

Sarebbe stata una saggia idea alzarsi ed allontanarsi da lui, ma ogni centimetro del suo corpo pareva essere attaccata a quel divano o, molto più probabilmente, attaccata a lui, che era così vicino.

-ti senti bene?- chiese premuroso ricordando che la sera prima la ragazza non era nel pieno delle sue facoltà fisiche, ne tanto meno mentali.

Ancora una volta Ronnie annuì senza proferire parola.

-sei rimasto qui- sussurrò con la voce roca quando ebbe trovato il coraggio di aprire la bocca

Stavolta fu Nick ad annuire -mi hai chiesto di restare- alzò le spalle -la mia intenzione era quella di restare fin quando non ti fossi addormentata, ma devo essere crollato anche io- commentò imbarazzato grattandosi una guancia

Ronnie sorrise timidamente, accigliandosi però quasi subito -Nick- cominciò distogliendo lo sguardo dal ragazzo -mi dispiace tanto per ieri sera, ti ho chiamato del bel mezzo della notte, per farti venire dall'altro lato della città e...- si bloccò sentendo le lacrime salirle agli occhi.

Tutte le emozioni da cui aveva provato a scappare la sera prima erano tornate di nuovo, facendole sentire un gran peso sul petto ed un dolore acuto nel cuore.

-Ron, non devi...-

-no- lo interruppe lei alzandosi di scatto e mettendosi a sedere -tu sei venuto in un lampo da me ed io mi sento così stupida!-

Non avrebbe dovuto chiamarlo, non doveva. Non era da lui che stava cercando di scappare così ardentemente?

Non era più suo, non più, non poteva più chiamarlo nel mezzo della notte e farsi venire a salvare ovunque lei fosse. Non poteva, doveva metterselo bene in testa.

-Ronnie, calmati!- si alzò a sua volta, prendendo le mani di Ronnie tra le sue -non è successo nulla di grave, eri ubriaca, e per me non è stato un problema-

La ragazza abbassò lo sguardo sulle loro mani intrecciate e sospirò nascondendo un lamento che stava per uscire dalle sue labbra.

-e poi io sono il tuo principe azzurro, no?- si fece scappare in un sussurro

Ronnie alzò di scatto la testa verso Nick, che le rivolgeva un sorrisino sarcastico.

Oh, no.

Non poteva averlo detto davvero, non poteva aver detto una cosa del genere. Pensava, sperava, di averlo immaginato, pensava di averlo pensato solo nella sua testa, non credeva che fosse stata così stupida da dirgli una cosa del genere.

-ho detto così?- chiese titubante sperando che la risposta fosse negativa, ma il sorrisino sarcastico del ragazzo e la testa che si muoveva su e giù in segno d'assenso, le dicevano il contrario

-oh mio Dio- urlò in un lamento -oh mio Dio, oh mio Dio- continuò a ripetere prendendosi il viso tra le mani, mentre arrossiva dalla vergogna.

Nick rimase a guardarla per qualche istante, godendosi il momento. Non era cosa da tutti i giorni vedere Ronnie essere in imbarazzo e addirittura arrossire.

Con un risolino, afferrò i polsi della ragazza, cercando di scostarle le mani dal viso, ma Ronnie oppose resistenza, dimenandosi -no!- urlò -lasciami qui, a morire di vergogna, da sola!-

Nick alzò gli occhi al cielo, senza riuscire però a trattenere un altro sorriso -guarda che quello che ha rischiato un attacco di cuore per quella frase sono io, non tu!-

Nel momento esatto in cui pronunciò quelle parole, Nick ebbe l'istinto di tagliarsi la lingua.

Le mani gli scivolarono lentamente dai polsi della ragazza. Deglutì mentre gli occhi di Ronnie si fissavano nei suoi con un'espressione sorpresa.

La ragazza vide Nick aprire e chiudere la bocca, come se avesse voluto dire qualcosa ma gli fosse mancata la voce.

Quello che ha rischiato un attacco di cuore ieri ero io, non tu!

Quelle parole le rimbombarono in testa un milione di volte, tormentandola.

Questo significava che lei contava ancora qualcosa per lui, no? Significava che anche solo una millesima parte di quello che lei provava per Nick, probabilmente, era ricambiato.

Il cervello le andò completamente in tilt, era completamente staccato dal suo corpo, i suoi gesti non erano più controllati dagli impulsi che gli dava la sua mente, ma da una strana forza che ora lo spingeva verso il ragazzo seduto accanto a se.

Voleva solo sfiorarlo, voleva solo sentire il calore della sua pelle scivolare sotto i suoi polpastrelli, voleva avvicinarsi quel poco che bastava per annusare l'odore del suo respiro e Nick non obbiettò minimamente quando la mano della ragazza si posò sulla sua guancia in una carezza delicata, anzi, sospirò chiudendo gli occhi ed abbandonandosi completamente contro la sua mano.

Ronnie non ebbe bisogno di pensare nemmeno per un istante, o forse non voleva minimamente farlo in quel momento.

Poggio la mano libera sull'altra guancia, prendendo il suo viso tra le mani, e si sporse verso di lui per posare un bacio delicato sulle labbra socchiuse.

Il contatto era stato breve e talmente leggero che quel bacio poteva essere definito casto, ma quello che Ronnie aveva sentito in quella frazione di secondo, non era nemmeno lontanamente definibile.

Rimase con gli occhi chiusi aspettando che il nodo che le si era formato allo stomaco si sciogliesse e che i suoi polmoni tornassero a funzionare normalmente. Rimase con gli occhi chiusi perchè non voleva vedere l'espressione sul viso di Nick.

Aveva rovinato tutto, lo sentiva, avrebbe aperto gli occhi ed avrebbe trovato Nick a fissarla con aria di rimprovero, poi si sarebbe alzato e se ne sarebbe andato via sbattendo la porta ed urlando che lui aveva una ragazza e non poteva perdere tempo con lei.

E l'avrebbe perso, ancora una volta.

Prese un respiro profondo, cercando di regolarizzarlo, e socchiuse gli occhi.

Nick era immobile, il viso ancora tra le mani della ragazza e la fissava con espressione indecifrabile.

Non sembrava sorpreso, arrabbiato, o nulla. Nessuna espressione attraversava il suo viso e questo, per Ronnie, era anche peggio della rabbia a cui si era preparata.

-s...scusami- balbettò scostando le mani dal viso del ragazzo, sperando che lui si riprendesse, ma Nick continuò a fissarla, senza alcuna espressione e senza dire nulla.

-davvero scusami, non dovevo- balbettò ancora allontanandosi -Dio mio! non ne combino una giusta, ti prego sc...-

Successe tutto così in fretta che riuscì a stento a capire quello che stava succedendo. Un istante prima stava per allontanarsi dal divano e dal viso senza emozioni di Nick, quello dopo il ragazzo l'aveva afferrata per un braccio, attirandola a se premendo le labbra sulle sue, questa volta per un vero bacio.

A Ronnie mancò il fiato.

Era proprio come lo ricordava. Il suo tocco era così gentile, dolce, delicato e le sue labbra erano così morbide che avevano il potere di farle dimenticare persino il suo nome. Quel tocco così familiare, era il solo che riusciva a farle provare quelle emozioni, come se stesse volando, come se al mondo esistessero solo loro due e quel bacio. Come se lei, fosse speciale.

Le loro mani ripercorrevano quei visi che avevano imparato ormai a memoria, felici di riscoprire ogni fossetta, ogni cicatrice, ogni familiarità.

Il cuore le sembrò scoppiare nel petto quando Nick le passò una mano tra i capelli, come aveva fatto prima, come le era tanto mancato.

-mi sei mancato- sussurrò la ragazza per poi rituffarsi sulle sue labbra, ritrovando quello che aveva perso in quegli anni.

 

 

 

 

 

*            *          *

 

 

 

Ho paura.

Il capitolo precedente vi era piaciuto così tanto çç (17 recensioni, record! VI AMO *O*) ed ora ho rovinato tutto con questo çç che tra l’altro dovrebbe essere anche uno dei più importanti!

Mi dispiace, davvero tanto ç_ç ma non sono brava a scrivere le cose sdolcinate! Vedete come mi riescono bene le parti di Lexus? Perché secondo voi? Perché lei è cinica e tendenzialmente sadica! Dovevo scrivere una storia su di lei ed i suoi istinti omicida, forse sarebbe venuta decente ç_ç

Ma questo non è l’angolo dei lamenti! Quindi me ne vado tra il rumore dei fischi, alla Masini, sperando di non avervi deluso troppo!

Al prossimo capitolo, se avrò il coraggio di farmi viva.

Vi amo <3

 

 

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Capitolo 25
*** I'm sorry that I hurt you ***


I'm not a perfect person
There's many things I wish I didn't do
But I continue learning
I never meant to do those things to you

(Hoobastank – The reason)

 

 

Joe sospirò osservando la figura di Allie che a braccia conserte fissava il vuoto di fronte a se con uno sguardo che la diceva lunga.

L’aveva esortata ad entrare un paio di volte almeno –nonostante stessero in California, era ormai Dicembre e persino lì l’aria cominciava a farsi più fresca- ma la ragazza aveva declinato il gentile invito dicendo che voleva schiarirsi le idee fuori, mentre aspettava che Nick facesse ritorno a casa.

Inutili erano state le telefonate di Joe al fratello che non aveva risposto, impegnato a fare chissà cosa. Alla fine aveva deciso di inviargli un sms che sperava avrebbe letto prima di tornare a casa.

Si scostò dalla finestra sbuffando, aveva già abbastanza problemi per se, non era il caso di preoccuparsi eccessivamente anche di quelli degli altri.

Il fatto che Lexus fosse andata fin casa sua per esortarlo a fare qualcosa, era un chiaro segno che fosse nella merda fino al collo.

Voleva chiamare Kate, ma ogni volta che provava a formulare un discorso nella sua mente, questa si svuotava completamente. C’erano troppe  cose nella sua testa che cozzavano disordinatamente, troppe contraddizioni, troppi dubbi, troppa confusione.

Da un lato Joe era ancora arrabbiato per il comportamento di Kate a New York. Gli aveva detto di essere troppo stanca persino per passare cinque minuti a telefono con lui, poi era uscita a divertirsi con i suoi “amici”.

Dall’altro lato però, il pensiero che in qualche modo lui aveva fatto star male Kate lo tormentava giorno e notte. Lexus aveva ragione, lui aveva le sue motivazioni per essere arrabbiato, ma portando Samantha a quella festa aveva esagerato, passando quindi dalla parte del torto.

Chiuse gli occhi, pensando per un istante se la situazione fosse stata inversa, se Kate fosse andata ad una festa con un altro, lasciandolo da solo.

Un brivido gli corse dietro la nuca al solo pensiero.

Si, decise, era decisamente lui quello che doveva scusarsi ora. Doveva mettere da parte il suo orgoglio e, come aveva suggerito Lexus, strisciare da lei chiedendole di perdonarlo.

E, soprattutto, doveva sperare ardentemente che lei l’avrebbe fatto.

 

 

 

Yesterday, love was such an easy game to play.

Now I need a place to hide away.

Oh, I believe in yesterday.

 

(The Beatless – Yesterday)

 

 

“Se sei costretto ad avvicinarti più di 100 metri a casa nostra, ti consiglio di indossare il giubbotto anti-proiettile. Ragazza incazzata nera ti attende sul portico. Probabilmente per ucciderti.”

 

Nick rilesse per la decima volta quel sms, cercando di capirne il senso, ma non ci riuscì.

D'altronde, pensò con un’alzata di spalle, erano anni che cercava di dare un senso alle parole di Joe, senza trovarlo.

Chi l’aspettava sul portico di casa? Allie? E perché era incazzata nera?

Qualcosa si smosse nel suo stomaco, era impossibile che Allie sapesse della serata che aveva trascorso con Ronnie ed ancora più improbabile che sapesse cosa era successo quel mattino.

Quel pensiero avrebbe dovuto turbarlo, o quanto meno innervosirlo, invece inevitabilmente un sorriso si formò sulle sue labbra mentre ripensava a quella mattina.

Erano anni che aspettava quel momento, aveva sognato di baciarla anche di giorno, quando si perdeva con lo sguardo nel vuoto e mentiva, dicendo di essere stanco. Aveva sognato di passarle le dita tra i capelli castani e perdersi respirando forte il suo profumo.

Era stato del tutto naturale per lui quella mattina attirarla verso di se e baciarla, dopo che lei aveva provato ad allontanarsi.

Quello che aveva provato quando lei timidamente gli aveva poggiato le labbra sulle sue per qualche breve istante era indescrivibile. Era come se il suo corpo fosse stato scosso così forte da svegliarlo dal sonno in cui era caduto da troppo tempo ormai. Le sue mani erano tornate a bruciare sulla sua pelle, le sue labbra rivendicavano quelle di lei, ristudiandone con accurata premura la morbidezza, il suo cuore tornava a battere forte e prepotente nel suo petto ribellandosi ed urlando che lui era sempre appartenuto e lei.

Prese un respiro profondo, entrando nel vialetto di casa.

Il suo cuore era folle però, come poteva dirgli di essere di Ronnie, quando lui l’aveva già promesso ad un’altra?

A quella stessa persona che Nick vedeva sulla veranda, a braccia conserte ed un piede che tamburellava nervosamente a terra.

-buongiorno- la salutò lui, ostentando tranquillità, mentre saliva gli scalini della casa.

Allie non si mosse di un millimetro, guardando Nick con aria accigliata. Il ragazzo le si avvicinò dandole un leggero bacio sulla guancia, solo allora si accorse che la bionda stringeva qualcosa al petto, sotto le braccia incrociate.

-come mai qui? Va tutto bene?- chiese gentile studiando l’espressione della ragazza di fronte a se.

-dove sei stato stamattina?- chiese a sua volta, in tono piatto

Nick deglutì –sono passato in studio, dovevamo registrare delle ultime cose prima di Natale-

Allie annuì con aria assente.

-cos’è successo, Allie?- provò ancora Nick

La ragazza sospirò, muovendosi da quella posa che sembrava aver assunto da ore e voltandosi completamente verso Nick. Staccò le braccia dal petto facendo penzolare da una mano quella che aveva tutta l’aria di essere una rivista, e con un gesto secco, la voltò verso Nick.

Il ragazzo rimase immobile, fissando la copertina del magazine su qui era spiattellata la sua faccia insieme a quella di Ronnie.

Sapeva esattamente quando e dove era stata scattata quella foto: i due erano seduti su quella panchina del parco dove erano stati qualche giorno prima.

Sapeva che non avrebbe dovuto portarla lì, sapeva che prima o poi quella storia sarebbe venuta a galla, quello che non sapeva però, era come spiegare tutto ad Allie.

-Allie- sospirò –io poss…-

-no!- sbottò lei, uscendo dal suo ermetico silenzio, stringendo forte il giornale tra le mani, al punto di sgualcire la copertina –non voglio sentire una parola, non voglio sentire le tue stupide ed inutili scuse- fece un passo verso di lui –ti sembro stupida Nick?-

Nick rimase al suo posto contemplando tutte le sfumature di rosso che si accendevano sul volto della ragazza.

-da quanto tempo va avanti?- ringhiò –da quanto vi incontrate alle mie spalle?-

Non sapeva cosa dire, così rimase in silenzio, cercando di non peggiorare la situazione.

-ho fatto finta di niente per tre mesi Nick, anzi- si corresse –faccio finta di niente da un anno ormai, ma ora sono stanca-

-lo capisco Allie, hai ragione- sussurrò

-non me ne faccio nulla della ragione- rispose amara –voglio che tu scelga Nick, me o lei-

Il ragazzo deglutì.

-E se scegli me, non dovrai rivederla mai più-

Gli occhi di Nick si spalancarono quasi automaticamente. La richiesta di Allie non era per niente assurda, anzi, Nick avrebbe dovuto scegliere dall’inizio senza che si venisse a creare quest’assurda situazione, ma ora si sentiva più confuso che mai.

-io…- cominciò incerto –io…non sono pronto a non rivederla mai più, Allie-

Le labbra della ragazza tremarono visibilmente, mentre un velo trasparente le copriva gli occhi, allora Nick si affrettò ad aggiungere –ma non sono pronto nemmeno a lasciar andare te- sospirò

Allie scosse la testa –devi scegliere Nick, non puoi stare con me e correre da lei ogni volta che ne hai voglia-

-lo so- sospirò Nick annuendo –posso solo chiederti di lasciarmi un po’ di tempo, per schiarirmi le idee-

La ragazza si morse il labbro inferiore, mentre una lacrima solitaria le cadeva lungo la guancia –va bene- sussurrò

Fece un passo verso di lui, poggiandogli la rivista tra le mani –lei non ti amerà mai quanto ti amo io- sussurrò prima di superarlo e correre via, lasciando Nick con lo sguardo perso nel vuoto.

Nick prese il giornale tra le mani, passando le dita affusolate sull’immagine di lui e Ronnie che, seduti su una panchina del parco, ridevano a pochi centimetri l’uno dall’altro con le guancia rosse per il freddo.

-ed io non ti amerò mai quanto amo lei- sospirò, rivolto più a se stesso forse, che ad Allie.

 

 

 

Hey there it's good to see you again

It never felt right calling this just friends

 

(All Time Low – Walls)

 

 

-CHE COSA?!-

Ronnie allontanò per l’ennesima volta il cellulare dall’orecchio mettendo il suo timpano al sicuro. A quanto pare Kate era intenzionata a farle perdere l’udito quel pomeriggio.

-non urlare, Kate!- la pregò, sapendo già che l’altra non le avrebbe dato ascolto.

-tu mi stai dicendo che Nick, quel Nick, è venuto in tuo soccorso ieri sera in stile superman, è rimasto con te tutta la notte per assicurarsi che stessi bene, ed io non dovrei urlare?-

Ronnie alzò gli occhi al cielo, mordendosi poi un labbro. E doveva ancora raccontarle di quella mattina.

-non è tutto- sussurrò timorosa

-oh mio Dio. Cosa?- sbottò, ma non le diede il tempo di rispondere –cosa, per amor del cielo dimmi cosa!-

-sta calma, ti verrà un infarto!- prese un respiro profondò poi parlò tutto d’un fiato –stamattinal’hobaciato-

Ronnie allontanò il cellulare dall’orecchio con un riflesso automatico ma, stranamente, non sentì alcun suono provenire da esso.

Lo riavvicinò titubante, accigliandosi mentre un profondo silenzio proveniva dall’altro lato.

Forse aveva parlato così veloce che Kate non aveva capito?

Aprì la bocca per ripetere quello che aveva detto, ma un urlo assordante degno della più grande attrice di film horror di tutti i tempi, le arrivò improvvisamente all’orecchio cogliendola impreparata e quando scostò il telefono, aveva ormai perso il settanta per cento del suo udito.

-non posso credere che finalmente abbia ritrovato le palle!- urlò ancora

-guarda che l’ho baciato io, non lui- rispose confusa

-infatti parlavo di te! Non pensavo avessi mai avuto il coraggio di farlo- disse con voce eccitata –sono fiera di te! E lui? Cos’ha fatto?-

-ha ricambiato- sorrise estasiata

Quando l’urlò arrivò, questa volta Ronnie aveva già allontanato il cellulare.

-quindi?- chiese Kate su di giri

-quindi, cosa?- ribatté accigliata

-quindi quando lascerà Allie!- disse ovvia

Ronnie rimase in silenzio, non lo sapeva. Non sapeva quando l’avrebbe lasciata e non sapeva nemmeno se l’avrebbe lasciata, a dire il vero.

Sospirò. In quel momento era così felice che aveva persino dimenticato l’esistenza di Allie.

-non abbiamo parlato di questo- rispose sbrigativa

-come no?- chiese dubbiosa l’altra –e di cosa avete parlato allora?

-di nulla- sbuffò –eravamo lì, poi gli è arrivato uno strano sms da Joe ed è dovuto correre a casa-

-oh- rispose semplicemente Kate e Ronnie si morse il labbro inferiore

-come vanno le cose con Joe?- chiese incerta

-come sempre- rispose mentre il suo tono si faceva più duro –non lo vedo da quella sera-

-non si è fatto sentire?- sospirò

-no- rispose semplicemente Kate

-vedrai che sistemerete tutto- le disse speranzosa

-non lo so Ron- rispose l’altra –ha sbagliato troppo, mi ha ferito-

-questo non vuol dire che non ti voglia bene, tutti facciamo degli sbagli-

-lo so- sospirò mentre Ronnie sentì il campanello squillare

-sono sicura che farete pace- disse alzandosi dal divano –siete fatti l’uno per l’altra voi due!-

Kate ridacchiò –potrei dirti le stesse identiche parole-

-vedremo!- rispose l’altra mentre si avviava verso la porta –ora devo lasciarti, c’è qualcuno che bussa alla porta-

-sarà lui?- chiese eccitata Kate

-non lo so- ridacchiò –ti richiamo dopo!- e riagganciò arrivando alla porta

Si voltò alla sua sinistra dove appeso al muro c’era un grande specchio ovale. Non aveva un bell’aspetto. Le guance erano rosse ed i capelli scompigliati, senza contare che quella vecchia tuta nera era di almeno due taglie più grandi.

Alzò le spalle e cercò di aggiustarsi i capelli alla meglio prima di voltarsi ed aprire la porta.

L’ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere in quel momento era proprio lì, di fronte a lei che la guardava con quegli occhi color muschio che le trasmettevano un’innata tranquillità.

Spalancò la bocca portandosi la mano alle labbra, prima che un sorriso a trentadue denti prendesse posto sul suo volto.

-Hola bichita, sei felice di vedermi?- sorrise a sua volta il ragazzo di fronte a lei, prima che Ronnie gli si buttasse tra le braccia con un grido, contenta.

 

 

 

 

*          *          *

 

 

 

Io sono senza parole *-* VENTI, e dico V E N T I, recensioni al capitolo scorso *-*

Cosa posso dirvi se non GRAZIE di cuore a tutte? So quanto può essere noioso scrivere una recensione e per farlo significa che quello che scrivo vi piace tanto *-* (almeno credo LOL)

Quindi, sono terrorizzata! Ho sempre paura di scrivere qualcosa di così tremendamente noioso ed orribile da deludervi ç_ç

Vi ho fatto aspettare un po’ per questo capitolo, che non è neanche uno dei più interessanti, ma tra le feste(e vi assicuro che qui a Napoli a Natale non si capisce nulla tra parenti e gente varia) ed il resto non riuscivo proprio a scrivere!

Ma ora sono qui, con l’ultimo capitolo del 2011 e spero vi sia piaciuto :D

AH! Mancano otto capitoli più epilogo alla fine, poi diremo addio a Ronnie e Nick ç____ç

Grazie ancora per le recensioni, a chi mette la storia tre preferite, seguite e ricordate e chi mi ha messa tra le autrici preferite.

Spero che il 2012 vi porti tutto quello che desiderate, buon anno a tutte mie dolci pallette di lardo!

Vi amo <3

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Capitolo 26
*** It must have been love ***


 

 

Ronnie sorrise prendendo un sorso del tè che stringeva tra le mani mentre Angel, seduto di fronte a lei la imitava, facendo la stessa cosa.

Era così felice che fosse lì! Lui era l’unica cosa che davvero le mancava della Spagna, l’unica persona a cui era stata dura dire addio.

Per un attimo ricordò il loro addio e le guance le diventarono rosse mentre le veniva in mente la sensazione delle sue labbra che accarezzavano quelle del ragazzo.

-Allora- disse cercando di distrarsi da quel pensiero –come mai sei qui? Ti aspettavo per l’estate-

Angel si accigliò, fingendosi offeso –non sei contenta di avermi qui?- sorrise sarcastico

-non tanto, in realtà- lo prese in giro facendogli una smorfia

Il ragazzo ridacchiò –volevo farti una specie di regalo di Natale, visto che manca solo una settimana-

-avresti potuto presentarti in un pacco enorme, con tanto di fiocco già che c’eri!-

-oh insomma!- rise – non sei mai contenta!-

Ronnie rise a sua volta, nascondendo il viso dietro l’enorme tazza.

-sono felice che tu sia qui-

Angel si aprì in uno dei suoi sorrisi più dolci –sono contento che ti abbia fatto piacere la mia sorpresa-

Restarono per qualche minuto in silenzio, sorseggiando i loro tè, in attesa di qualcosa da dire.

-allora- fu Angel il primo a parlare –come vanno le cose con le tue amiche?-

-meglio- rispose Ronnie –Lexus e Jamie mi hanno perdonata completamente, e sembra che anche Kate si sia convinta a darmi una possibilità-

-te l’avevo detto che tutto si sarebbe risolto- commentò felice

Ronnie sospirò posando la tazza sul tavolo della cucina.

-per quanto puoi restare?- chiese speranzosa

-non lo so di preciso- rispose l’altro alzando le spalle –non più di qualche settimana credo, devo ricevere notizie dal mio manager per sapere quando inizieranno le nuove sfilate-

Ronnie annuì con aria dispiaciuta, le sarebbe piaciuto che il ragazzo si fermasse almeno qualche mese. Non vedeva l’ora di fargli conoscere le sue amiche, di fargli vedere tutti i posti in cui era cresciuta e da cui era scappata anni prima, non vedeva l’ora di presentargli Nick.

Angel si allungò verso di lei, stringendole la mano poggiata sulla superficie liscia del tavolo.

-raccontami tutto delle tue amiche ora-

Ronnie sorrise e prese a raccontare delle sue amiche, perdendosi in inutili dettagli che però il ragazzo sembrava ascoltare volentieri, con un sorriso.

Era proprio felice che fosse lì.

 

 

Per convincerti ho due minuti
ancora due minuti

(Solo tre minuti – Negramaro)

 

Bussò tre volte prima di sentire dei passi correre verso la porta ed una voce familiare urlargli di aspettare un momento.

Deglutì. Il suono di quella voce gli fece attorcigliare repentinamente lo stomaco, mentre si chiedeva se fosse stata una buona idea presentarsi lì senza preavviso. Ma ormai era tardi per pensarci su: la maniglia dietro la porta si abbassò facendo aprire lentamente la porta.

-ciao- sospirò Joe mentre un sorriso si formava automaticamente sulle sue labbra ed i suoi polmoni si gonfiavano, come se la vista di Kate gli avesse ridato un po’ d’aria.

La ragazza lo guardò per un istante, alzando un sopracciglio contrariata, prima di sbattergli la porta in faccia.

Joe rimase interdetto fissando la porta in legno di fronte e se, il sorriso era stato sostituito da una smorfia di disappunto.

Bussò ancora, questa volta con la mano sapendo che Kate era ancora lì, ed attese paziente che la ragazza si decidesse ad aprirgli la porta.

-cosa vuoi?- sbottò Kate spalancando la porta con foga

-posso entrare?- chiese Joe ignorando il tono acido e lo sguardo tagliente della rossa

Kate fece schioccare la lingua in un espressione indignata, come se il ragazzo le avesse detto qualcosa di osceno.

-no!- urlò facendo per chiudere la porta, ma stavolta i riflessi di Joe furono pronti e infilando un piede tra lo stipite e la porta riuscì ad evitare che questa si chiudesse del tutto.

-Kate, devo parlarti- ansimò buttandosi con tutto il peso del corpo contro la porta, per impedire alla ragazza di chiuderla

-ed io non voglio parlare con te- disse brusca spingendo con tutta la forza che aveva nelle braccia

-tanto non me ne vado da qui- continuò –finchè non mi ascolterai resterò qui-

-bene, in quell’angolo c’è la cuccia nel cane, nel caso voglia restare anche di notte-

Joe sbuffo –cinque minuti Kate, ti chiedo solo cinque minuti-

La porta si aprì di scatto sotto il peso di Joe, che quasi cadde a terra. Alzò lo sguardo trovando Kate con le braccia incrociate al petto ed uno sguardo accigliato. Era bellissima anche quand’era arrabbiata.

-hai due minuti-

Joe sorrise avvicinandosi di poco a lei, che però fece istantaneamente un passo indietro. Non capì se aveva accettato di ascoltarlo perché aveva colto il tono disperato nella sua voce o se aveva capito che non se ne sarebbe realmente andato via di lì se lei non l’avesse ascoltato. Qualunque fosse stato il motivo, ne era grato.

Sospirò schiarendosi la gola prima di cominciare a parlare.

-sono stato un idiota-

Kate sembrò sorpresa, ma rimase in silenzio ascoltando quello che il ragazzo aveva da dire.

-me la sono presa per una sciocchezza ed ho reagito nel modo sbagliato non rispondendo alle tue chiamate- abbassò per un istante lo sguardo per poi puntarlo nuovamente negli occhi della ragazza –e come se non bastasse, ti ho ferita ulteriormente portando Samantha con me quella sera-

La rossa si morse il labbro inferiore, solo al ricordo le veniva voglia di piangere.

-Ho sbagliato, ho sbagliato tutto e non sai quanto mi dispiace, quanto vorrei tornare indietro per non rifare quello che ho fatto, ma non posso- sospirò avvicinandosi a lei, che stavolta non si ritrasse –il problema è che io ci tengo troppo a te, sono così geloso di ogni persona che passa il suo tempo con te che quando ho visto le foto di quella sera, mentre ti divertivi con quella gente ed io ero qui lacerato dalla tua mancanza, mi sono sentito impazzire ed ho fatto le cose sbagliate-

Joe assunse un’espressione dispiaciuta alla vista degli occhi della ragazza che diventavano lucidi. Avrebbe tanto voluto avvicinarsi ed accarezzarla, ma sapeva che il suo gesto non sarebbe stato gradito in quel momento.

-mi manchi Kate- sussurrò e vide le labbra della ragazza aprirsi in un fremito –non riesco…non ce la faccio senza di te-

Kate rimase in silenzio, continuando a fissare gli occhi del ragazzo con una strana espressione.

Joe avrebbe pagato per sapere cosa le passasse per la testa in quell’istante. Sperava ardentemente che stesse almeno pensando di perdonarlo, che le sue parole avessero fatto effetto in qualche modo, sperava che avrebbe capito che senza di lei non poteva vivere.

-i…io non so cosa dire- sussurrò con la voce spezzata

Al ragazzo si strinse il cuore nel vederla così fragile e triste. Fece un altro passo verso di lei, prendendole le mani.

-Dì che mi perdoni- sussurrò speranzoso

Kate strinse forte gli occhi scuotendo la testa con forza eccessiva, come se si stesse costringendo a farlo.

-non è così semplice Joe-

-ma può esserlo!- insistette –se tu mi perdoni ora, tutto tornerà come prima, cosa c’è di più semplice?-

-non puoi pensare che io riesca a perdonarti su due piedi dopo quello che hai fatto, Joe!-

Quelle parole lo colpirono come un pugno in piena pancia e senza rendersene nemmeno conto, indietreggiò lasciando scivolare le mani di Kate dalle sue.

-Il mio cuore mi sta urlando di stringerti forte a me e non lasciarti andare, proprio in quest’istante- disse con voce rotta –ma la mia mente, la mia stupida mente Joe, mi ripropone di continuo l’immagine di te con un’altra e allora il mio cuore tace, perché ricorda di essere stato ferito proprio da te-

Joe non sapeva che dire. Fissava Kate con aria affranta, sperando che lei gli suggerisse il modo per risolvere tutto, il modo per convincere il suo cuore a fidarsi nuovamente di lui. Ma dopo interminabili minuti di silenzio il ragazzo si rese conto che nemmeno lei sapeva come avrebbe potuto fare, stava a lui tentare in tutti i modi possibili, prima che fosse stato troppo tardi, prima che il suo cuore avesse smesso di amarlo definitivamente.

Si avvicinò a Kate, che se bene un po’ titubante non si ritrasse, posandole una mano sulla guancia, in una delicata carezza.

-Troverò il modo per riconquistare il tuo cuore Kate- sussurrò –lo giuro-

 

It's easy to say it's for the best
When you want more
While you leave me with less

(Marianas Trench – Fallout)

 

Quando prendi una decisione importante, che tu ne sia sicuro o meno, il tuo animo è turbato da una sensazione di paura e smarrimento.

Sai che, una volta presa quella decisione, nulla sarà più come prima nel bene e nel male, tutto cambierà. Quel che è sicuro è che c’è bisogno di una certa maturità per prendere una decisione così radicale, maturità che Nick di certo possedeva.

Allora perché era così dannatamente indeciso?

A differenza dei suoi fratelli, sin da piccolo Nick preferiva prendere le sue scelte da solo, che si trattasse di cose stupide come il colore di un maglione o cose ben più importanti che riguardavano la sua carriera. Perché ora non era in grado di prendere una decisione?

Aveva persino pensato di fare una lista dei pro e i contro, ma aveva cancellato l’idea già nella sua mente prima che questa prendesse in qualche modo vita.

Tamburellò le dita sul volante della sua auto, mentre pensava a cosa fare. Era uscito per andare a fare un giro, sperando di schiarirsi le idee, era talmente sovrappensiero che nemmeno si era accorto di essere arrivato proprio lì, fuori casa sua.

Se sei venuto proprio qui ci sarà un motivo, no? Si chiese. Certo che c’era un motivo, ed era anche chiaro.

Le dispiaceva per Allie, perché le voleva bene, perché gli era stato accanto per tutto questo tempo, perché forse era innamorato anche un po’ di lei, dopo tutto. Ma quello che provava per Ronnie, era tutt’altra cosa. Non poteva essere messo a tacere, non poteva sopperire nemmeno se lui avesse voluto. Quello che provava per Ronnie lo tormentava giorno e notte facendogli girare la testa e battere forte il cuore fino a tenerlo sveglio. Non poteva essere ignorato o evitato, doveva affrontarlo.

Per quello era lì: voleva vederla e parlare con lei prima di prendere una decisione importante, dalla quale non sarebbe più tornato indietro.

Si fece coraggio scendendo dall’auto ed avviandosi verso la casa di fronte a lui che sembrava silenziosa e tranquilla.

In quei pochi metri mille pensieri gli affollarono la mente. E se lei gli avesse detto di non amarlo più? Il fatto che l’avesse baciato il giorno prima poteva significare tanto quanto niente, poteva essersi accorta da quel bacio che non provava per lui le stesse cose che provava un tempo, che non provava nulla.

Arrivò fuori la porta e deglutì. Non doveva fare il codardo, doveva rischiare, ora.

Bussò al campanello ed aspettò paziente che qualcuno andasse ad aprirgli, mentre l’ansia cominciava a farsi sentire, stringendogli lo stomaco in una morsa stretta.

Restò lì fermo per un tempo che gli parve infinito, tanto che pensò di andarsene convinto che non ci fosse nessuno in casa.

Con un sospirò afflitto si voltò, pronto per andarsene, quando il rumore della porta che si apriva lo fece voltare nuovamente, sorridendo.

-ciao-

Nick rimase impietrito, mentre il sorriso sulle sue labbra si scioglieva facendo posto ad un’espressione confusa.

Quella non era Ronnie, per niente. Quello che si trovava di fronte era un ragazzo decisamente più alto di lui, decisamente più abbronzato, più muscoloso, decisamente più bello ed attraente.

Il ragazzo si accigliò, chiedendosi forse perché quello sconosciuto lo stesse guardando dalla testa ai piedi.

-posso aiutarti?- chiese in tono non molto garbato

-si- balbettò Nick destandosi dai suoi pensieri poco amichevoli verso il ragazzo –Ronnie è in casa?-

Il ragazzo aspetto qualche secondo, in cui lo squadrò attentamente, prima di annuire. Fece per girarsi, probabilmente per chiamare la ragazza, ma prima che lui potesse dire qualcosa una voce li raggiunse entrambi.

-Angel, chi è alla porta?-

Al suono di quel nome, Nick sussultò.

Ronnie gli aveva parlato molte volte di Angel e sapeva perfettamente chi era. Angel era l’unica persona con cui Ronnie aveva stabilito un contatto a Madrid, l’unica persona di cui si era fidata, l’unico a cui aveva permesso di avvicinarsi, l’unico che era riuscito a conquistare la sua amicizia, l’unico che Nick temeva perché, secondo lui era l’unico che, inconsciamente, la ragazza amava almeno un po’.

-C’è un ragazzo che chiede di te, Bichita- disse, continuando a fissare Nick negli occhi, come se volesse sfidarlo

Nick strinse i pugni, muovendosi sul posto, incapace di stare fermo.

Bichita? E che voleva dire? Dalla dolcezza con cui l’aveva pronunciato, doveva essere un nomigliolo. Come si permetteva di chiamarla così?

-un ragazzo?- chiese sorpresa –chi?- la voce era ormai vicina

Angel si scostò di poco, facendo spazio alla figura di Ronnie che si affacciava alla porta.

Alla vista di Nick le guance le si colorarono di rosso, mentre un sorriso luminoso le compariva sulle labbra.

-Nick- disse semplicemente, con aria felice

Il ragazzo avrebbe di sicuro ricambiato il sorriso, se solo accanto a lei non ci fosse stato quel tipo, a rovinare tutto.

-ciao- disse burbero

Spostò per un attimo il suo sguardo su Angel, per poi riportarlo a Ronnie –disturbo?- chiese con lo stesso tono irritato

Ronnie si accigliò non capendo, poi il suo sguardo seguì quello di Nick verso Angel e si affrettò a parlare.

-certo che no!- squittì –a proposito, Angel lui è Nick, Nick lui è Angel, l’amico spagnolo di cui ti avevo parlato-

I due si strinsero la mano, continuando a fissarsi, studiandosi l’un l’altro.

-si, Ronnie mi ha parlato di te qualche volta- disse Nick

-di te invece non mi ha mai parlato- rispose Angel in tono piatto –devi essere quello che le ha spezzato il cuore rovinandole la vita-

Nick rimase spiazzato da quelle parole, ma prima che potesse dire o pensare qualcosa, Ronnie cominciò a parlare diventando rossa.

-Angel! Ma che dici?- sussurrò irritata

-che c’è? Non è lui?- chiese con naturalezza –allora ti chiedo scusa- sorrise sarcastico verso il ragazzo.

Nick era ancora impalato come una statua di sale, indeciso tra il dare un pugno sul naso al ragazzo, o andarsene via indignato.

-scusalo- lo pregò Ronnie –non ha il filtro tra la testa e la bocca-

Nick si sforzò di sorridere –non importa-

Rimasero in silenzio per qualche istante, durante il quale Nick si chiese perché diavolo quell’Angel non se ne andasse, lasciandoli soli.

Cosa ci faceva lì? Perché era a casa di Ronnie? Non poteva restarsene in Spagna a fare qualsiasi cosa lui facesse per vivere?

-vieni, entra- lo invitò Ronnie, ancora imbarazzata

Nick guardò Angel per un istante.

-no, non importa, ero passato per un saluto-

Ronnie lo guardò dubbiosa, poi si rivolse ad Angel –ti dispiace lasciarci soli per un attimo?- chiese cortese

Lo spagnolo continuò a fissarlo, sembrava irritato dalla richiesta della ragazza, ma annuì subito, entrando senza nemmeno salutarlo.

Ronnie sospirò chiudendosi la porta alle spalle ed invitando con un cenno della testa Nick a sedersi sul dondolo posizionato sulla veranda.

-si può sapere che problema ha quel tipo?- chiese irritato Nick sedendosi accanto alla ragazza

Ronnie scosse la testa –di solito non è così, sarà una sua giornata no-

Nick restò in silenzio, fissando di fronte a se. Sapeva bene che quella di Angel non era una giornata no, ma pura e semplice gelosia.

-come mai è qui?- chiese lasciando trasparire tutto il suo nervosismo

-è venuto qui per le vacanze di Natale, voleva farmi una sorpresa- rispose portandosi le ginocchia al petto

Annuì, riflettendo in silenzio.

-perché sei qui Nick?- chiese lei con calma

Si passò una mano tra i corti capelli ricci, per poi voltarsi verso i suoi occhi verdi, che lo guardavano con un’aria mista di tensione e speranza.

-non lo so- rispose, sorprendendo anche se stesso

Era andato lì per parlarle di tutto, per raccontarle tutto. Di quegli anni senza lei, di quanto le era mancata, di quante notti aveva pianto pronunciando il suo nome, di quanto l’aveva amata e quanto l’amasse ancora. Era andato lì per dirle tutto, ma ora, ora non ne era più sicuro.

Era stato forse un caso che Angel fosse arrivato lì proprio quando lui si era deciso a confessarle tutto? E se invece fosse stato un segno del destino? Se Angel fosse arrivato lì per fargli capire che lei sarebbe stata meglio con lui, che se fosse tornata con Nick avrebbe sofferto ancora?

Dopo tutto, erano ancora gli stessi ragazzi di quattro anni prima. Cosa sarebbe successo quando lui sarebbe dovuto partire per l’ennesimo tour? Lei l’avrebbe lasciato ancora e lui avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo.

-i tuoi occhi non dicono così, anzi, sono gli occhi di chi sta pensando tanto- sorrise lei cercando di farlo parlare

-sono così confuso Ronnie- sospirò prendendosi la testa tra le mani

Come poteva? Come poteva dirle addio, lasciarla per sempre? Come poteva dal momento in cui l’amava così disperatamente?

Sentì la mano della ragazza posarsi dietro la sua schiena, mentre l’accarezzava con aria dispiaciuta.

Ronnie stette in silenzio, senza sapere bene cosa dire, mentre attendeva che il ragazzo si schiarisse almeno un po’ le idee e gli confidasse i suoi dubbi.

-tu lo ami?- le chiese di punto in bianco dando voce ai suoi pensieri, spiazzandola

-chi, Angel?!- chiese sorpresa –certo che no!- sbottò

Nick alzò lo sguardo, fissandolo in quello accigliato di Ronnie –ne sei sicura?- chiese ancora

Ronnie si allontanò di poco da lui, guardandolo dubbiosa –dove vuoi arrivare Nick?-

Sospirò cercando di trovare le parole a un pensiero che nemmeno lui sapeva quale fosse con precisione.

-io credo che tu lo ami- disse semplicemente mentre vedeva il volto di Ronnie farsi rosso dalla collera.

-tu credi che io lo ami- ripetè ringhiando quasi le parole –dopo aver amato te per tutti questi anni, dopo aver pianto ogni notte, ogni giorno, dopo essere tornata da te con la coda tra le gambe, dopo averti baciato ieri, tu credi che io lo ami- sorrise, ma il suo era un sorriso isterico, mentre si passava nervosamente una mano tra i capelli –allora non hai capito proprio un cazzo- sbottò

Il ragazzo si morse un labbro, non voleva rimangiarsi le sue parole –lo ami almeno un po’-

-un po’!- urlò Ronnie guardandolo con occhi spalancati –cosa significa un po’? Tu credi che l’amore si possa quantificare? Pensi che si possa amare poco o tanto una persona?- incrociò le braccia al petto –tu quanto mi amavi Nick, tanto o poco? Se mai mi hai amato-

Si sentì ferito da quelle parole. Certo che l’aveva amata, non gliel’aveva forse dimostrato abbastanza?

-Sai che l’ho fatto-

-l’hai fatto- ripetè Ronnie sottolineando il tempo al passato. La ragazza si morse le labbra annuendo, come se in quel momento avesse capito tutto –perché sei venuto qui Nick?-

Il ragazzo boccheggiò un paio di volte, senza sapere bene cosa rispondere.

-io non credo che quello che sia successo ieri sia giusto- sospirò infine

Ronnie deglutì, mentre le lacrime invadevano i suoi occhi e sentiva il suo cuore spezzarsi, per la seconda volta.

-quindi, hai fatto la tua scelta alla fine- sorrise triste

-Ronnie…-

-no- lo interruppe lei –va bene, lo capisco-

Nick sospirò, cercando un modo per spiegargli le sue ragioni –pensaci- cominciò –cosa accadrà quando dovrò partire per un altro tour?-

-non siamo più due ragazzini Nick, affronteremmo la questione insieme quando si presenterà-

Nick scosse la testa, cercando di convincersi del contrario. Sarebbe stato meglio per entrambi finirla qui, sarebbe stato meglio.

-tu sarai felice con lui- sussurrò distogliendo lo sguardo da quello ferito della ragazza

-io non sarò mai felice!- urlò alzandosi di scatto e puntandosi di fronte a lui

-di certo non lo sarai con me Ronnie, perché non capisci?!- urlò di rimando alzandosi a sua volta

A pochi centimetri l’uno dall’altro, Ronnie fissò quegli occhi marroni, mentre le si spezzava il cuore, consapevole che forse era l’ultima volta in cui li avrebbe visti così vicini -a quanto pare hai già fatto la tua scelta senza che io abbia diritto di dire la mia- rispose allontanandosi –ma almeno fammi il favore di prenderti le tue responsabilità e non cercare di buttare le colpe su di me tentando di farmi credere di essere innamorata di Angel- una lacrima le scese sulla guancia, ma la asciugo in fretta con rabbia –non farlo, ti prego, perché io non ho mai amato nessuno quanto te-

E se ne andò correndo, lasciandolo da solo con se stesso a darsi dello stupido.

 

 

 

 

*             *               *

 

 

 

 

 

BUON 2012 *O*

Allora, com’è iniziato il vostro anno? Spero bene!

So! Aprite bene gli occhi, perché è la prima e, forse, ultima volta che dirò questa cosa: sono soddisfatta di questo capitolo *O*

Forse a voi piacerà un po’ meno (LOL) ma credo sia quello che è uscito più decente!

Spero sia piaciuto anche a voi, nonostante tutto uù

Come sempre ringrazio Sorisò per il blend, Eleonora per essere la mia musa ispiratrice e dico CIAO GAIA, lei capirà.

Al prossimo capitolo!

Vi amo tutte.

 

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Capitolo 27
*** Everybody needs somebody ***


Quando si perde il primo amore, sembra che il mondo intero ti crolli addosso. Senti che non potrai mai più donarti a nessuno con completa fiducia, senti che non proverai mai più le stesse emozioni.

Perdere il primo amore è come perdere una parte di te, è terribile, ma quando lo perdi per la seconda volta, ti perdi nel vortice del nulla, alla ricerca di quel che è rimasto di te stessa.

Ronnie piangeva silenziosamente con la testa poggiata sulle gambe di Kate che, a sua volta fissava il vuoto di fronte a se con aria assorta.

Quella mattina Angel era uscito presto di casa, con la scusa di andare a fare una corsa mattutina, ma Ronnie sapeva che il ragazzo aveva capito che lei aveva bisogno di stare da sola.

Kate era arrivata a casa sua da un’ora circa, raccontandole cos’era successo con Joe, sperando di trovare conforto nell’amica che invece, a quanto pareva, era messa peggio di lei.

Ronnie aveva resistito fino alla fine del racconto di Kate, poi era scoppiata a piangere tra le braccia dell’amica, che si chiedeva cosa fosse successo.

Tra i singhiozzi e le lacrime era riuscita a raccontarle del giorno prima con Nick, di quello che le aveva detto e, anche se Kate non aveva capito tutto, l’aveva fatta poggiare sulle sue gambe accarezzandole i capelli in attesa che lei si sfogasse per bene.

Ronnie chiuse gli occhi asciugandosi le ultime lacrime, costringendosi a non piangere più.

Sospirò, mettendosi seduta e voltandosi verso l’amica, che a sua volta la guardava con gli occhi lucidi.

-scusa Kate- sussurrò –non dovrei stare qui a piangere come un’isterica con quello che ti è successo-

-non è che a te non sia successo niente- sorrise rassicurante, poi si rattristò –mi dispiace davvero tanto- sospirò alzando le spalle –Nick è un idiota-

Ronnie sorrise a sua volta, riavviandosi i capelli –era la scelta più logica, Allie è perfetta! Chi avrebbe mai scelto me al suo posto?-

Kate la fissò sconcertata alzando un sopracciglio –tu non hai proprio niente da invidiarle Ron! E poi lui ama te-

Ronnie scosse la testa –se mi amasse, ora sarebbe qui con me, non credi?-

La rossa fece per risponderle, ma Ronnie la fermò con un gesto della mano –non ne voglio più parlare Kate, per favore-

Kate le sorrise triste annuendo, era da Ronnie fingere che non ci fosse nulla che la facesse star male.

-tu piuttosto- cominciò cambiando discorso –quando pensi di perdonare Joe?-

Si morse un labbro –non so se riuscirò a perdonarlo Ronnie, vederlo con Samantha è stato…- si fermò incapace di trovare una parola che descrivesse tutte le emozioni che aveva provato in quell’istante: rabbia, gelosia, dolore.

-lo so- rispose semplicemente Ronnie in un sorriso triste

Sapeva esattamente quello che provava Kate, era quello che lei stessa provava tutte le volte che vedeva Nick ed Allie insieme.

Come poteva essere stata così stupida? Si era illusa come una ragazzina, aveva realmente pensato che Nick potesse scegliere lei, che infondo l’amasse ancora, che tra tutte le sue imperfezioni avesse trovato qualcosa per cui valesse la pena stare con lei e non con la perfezione fatta a persona.

Se solo si fosse soffermata un po’ di più a riflettere, avrebbe capito da sola che era matematicamente impossibile che scegliesse lei. Le era andata bene una volta, quattro anni prima, non poteva andarle bene una seconda volta. Aveva avuto la sua occasione per dare una sbirciatina a quello che molte persone sognano per una vita intere: l’amore vero ed incondizionato. Ora avrebbe dovuto accontentarsi del ricordo, per sempre.

-tu e Joe farete pace- sorrise verso l’amica –vi amate così tanto che è impossibile che restiate separati per tanto, vi serve solo un po’ di tempo-

Kate alzò le spalle –spero davvero che sia come dici tu Ronnie-

Il rumore della porta che si apriva le fece distrarre entrambe.

-dev’essere Angel- sospirò Ronnie cercando di darsi una sistemata inutilmente, era un disastro.

-finalmente lo conoscerò!- esultò Kate

Angel fece il suo ingresso nel soggiorno, dove le due ragazze sedevano sul vecchio divano.

I capelli erano tirati all’indietro con l’aiuto del gel, il fisico asciutto e muscoloso era messo in risalto dai jeans stretti che gli sottolineavano la curva ben definita del fondoschiena ed il giubbino di pelle attillato che gli fasciava perfettamente i muscoli delle spalle e delle braccia.

Ronnie, abituata alla vista dell’amico, non parve minimamente turbata dall’evidente bellezza di Angel, ma al contrario fissò la sua attenzione sulle buste di cartone che cercava malamente di nascondere dietro la schiena.

Kate però, non sembrava della stessa opinione.

-OH MIO DIO- sbottò con la bocca spalancata

Angel si voltò verso di lei, sorridendole ammaliante -in realtà, il mio nome è Angel- rise scoprendo i denti bianchi perfettamente allineati dando il colpo di grazia a Kate

-preferirei chiamarti Dio, se per te non è un problema-

Ronnie rise forte, adorava la spontaneità di Kate, ed anche Angel pareva apprezzarla mentre rideva.

-Kate, lui è Angel, l’amico di cui ti ho parlato. Angel, lei è Kate, una delle mie migliori amiche-

Kate ormai presa da una paralisi alla mascella che non gli permetteva più di richiuderla, strinse la mano a Angel, che la guardava sorridendo.

-Sono contento che tu e Ronnie abbiate chiarito le cose, in Spagna era tormentata dal pensiero di avervi perso!- sorrise lui

La rossa pareva abbagliata e senza dargli retta si voltò verso Ronnie, guardandola con disappunto –non mi avevi detto che era così bello!- sbottò facendo diventare Ronnie rossa dalla vergogna mentre Angel rideva forte.

-beh, non mi sembrava importante dilungarsi sui dettagli-

-dettagli!- sbottò Kate fintamente risentita

Passò il suo sguardo da Angel e Ronnie un paio di volte.

-sei sicura che non sia successo mai nulla tra voi due in Spagna?-

-Kate!- protestò -Potresti smetterla di parlare di lui come se non ci fosse?- sospirò divertita –mi metti in imbarazzo!-

Risero insieme come un gruppo di vecchi amici; Ronnie era stata sicura dal primo momento che Angel sarebbe piaciuto alle sue amiche.

-Al contrario- disse lo spagnolo –Ronnie mi ha tanto parlato di te, anche se appena mi ha detto il tuo nome completo ho scoperto di conoscerti già: sono stato ad una tua sfilata a New York qualche anno fa-

Kate parve sorpresa –davvero?- chiese –eppure la mia linea non si è ancora estesa all’Europa, come facevi a conoscermi?-

Angel diede una breve occhiata a Ronnie, che scosse la testa in segno negativo, poi tornò a guardare Kate –sono un modello, per questo ti conoscevo già- sorrise

-un modello- sbottò Kate –sposami, ti prego- unì le mani a mo di preghiera con tono lamentoso

Ronnie scoppiò a ridere assieme al ragazzo, studiando bene l’amica: sorriso lucente, occhi sereni, nessuna traccia della Kate di qualche istante prima. La invidiò intensamente, Kate sapeva fingere così bene di essere serena, lei non ci era mai riuscita così bene.

Per la seconda volta il suono del campanello la distrasse dai suoi pensieri, questa volta però non aveva la minima idea di chi potesse essere.

Lexus era partita qualche giorno prima per la Florida, per passare le feste natalizie con i suoi, Jamie era impegnata nella corsa col tempo per comprare gli ultimi regali ai numerosi parenti di Tyler, con quest’ultimo. Chi poteva essere?

Per un istante un’idea gli balzò in mente, fu solo un attimo, una speranza, un lampo, ma poi scosse la testa energicamente: non poteva essere lui.

-vuoi che vada ad aprire io?- chiese Angel studiando la sua espressione pensierosa

-no- rispose lei scuotendo la testa –no, tranquillo, ci penso io-

Si avviò con un sorriso tirato verso la porta, sotto lo sguardo apprensivo di Kate che, molto probabilmente aveva intuito le speranze della ragazza, mentre ad ogni passo sentiva il cuore salirgli in gola.

Che avesse cambiato idea? Che avesse capito che il suo ragionamento era del tutto sbagliato e fosse tornato da lei? Che per qualche assurdo motivo avesse scelto lei e non Allie?

Prese un respiro profondo poggiando la mano sulla maniglia. No, con ogni probabilità non era lui, non doveva illudersi. A quell’ora probabilmente lui era chissà dove, abbracciato alla sua bella bionda senza un pensiero per la testa.

Spalancò la porta prima che altre congetture potessero invadergli la mente e rimase del tutto sorpresa dalla figura che si trovò di fronte.

-ciao-

Johnny le sorrideva da pochi centimetri di distanza, mentre si stringeva meglio nel suo cappotto nero.

-ciao- ricambiò lei sorpresa

-scusami della visita senza preavviso- commentò notando lo sguardo interdetto della ragazza –ma mi trovavo di qui, e ho pensato di farti un saluto-

-ma certo, non preoccuparti- sorrise –vuoi entrare?-

Johnny diede un’occhiata alle spalle della ragazza –sei sola?- chiese poi

-no, sono con due miei amici in realtà-

Gli occhi del ragazzo si illuminarono per un istante –amici?-

-si, Kate e Angel- sorrise consapevole che al ragazzo avrebbe fatto piacere sentire ben altro nome

Ricevette conferma dalla sua espressione delusa.

-entra su!- lo spronò lei facendogli spazio

-non voglio disturbare, davvero- commentò entrando

-il capo non disturba mai- rise lei

I due raggiunsero il soggiorno, dove ora ad attenderli c’era solo Kate che giocherellava con aria pensierosa col sottile bracciale d’argento che portava al polso.

-dov’è Angel?- chiese Ronnie

Al suono della voce dell’amica, parve distrarsi, smettendo di torturare la catenella attorno al polso -è andato di sopra, ha detto che aveva bisogno di una doccia- rispose l’altra in un’alzata di spalle

Ronnie annuì, voltandosi poi verso Johnny a qualche passo da lei.

-beh, voi vi conoscete già mi pare, non c’è bisogno di presentazione-

-E’ un piacere rivederti Kate- sorrise

-anche per me- ricambiò –allora, come vanno le cose con Lexus?- chiese sfacciata come sempre

Fu forse la prima volta che Ronnie vide Johnny, sempre dalla risposta pronta, leggermente in imbarazzo.

-come sempre Kate: mi ama alla follia-

Kate ridacchiò mentre Johnny prendeva posto accanto a lei sul divano –va così male?- chiese

Johnny sorrise furbo –non ho mai incontrato una ragazza così…-

-irritante?- chiese Kate, ma Johnny scosse la testa sorridendo

-insensibile?- provò allora Ronnie, divertita

-stavo per dire enigmatica- sorrise lui –non fa mai quello che mi aspetto che faccia, quello che la maggior parte delle donne farebbe ed è l’unica persona che conosco che riesce a tenermi testa con la lingua! Ogni volta che provo a fare un passo verso di lei erige un muro immenso tra me e lei e questo è così…-

-irritante?- lo interruppe divertita Kate

-non sei d’aiuto- borbottò il ragazzo mentre Ronnie li guardava divertita –a proposito, dov’è ora?-

Kate e Ronnie si scambiarono uno sguardo complice, rivolgendosi poi nuovamente al ragazzo –oh- sospirò Kate –dovrò darti una notizia che ti spezzerà il cuore John-

Johnny guardò dubbioso Kate, per poi spostare lo sguardo verso Ronnie, sperando che lei fosse stata più chiara.

-E’ partita per Miami, per festeggiare il Natale con la sua famiglia- spiegò la mora

-oh- fu l’unica cosa che riuscì a dire Johnny accigliandosi.

Questa non ci voleva.

-oddio, sei messo proprio male!- sbottò Kate mentre Ronnie a stento riusciva a trattenere le risate

Johnny negò con forza –è solo che non so proprio come fare con lei!-

 -oh, tesoro, hai presente tutti quei cliché che hai imparato negli anni e che continuano a funzionare per il novantanove per cento delle donne?- sospirò Kate passando una mano attorno alla spalle del ragazzo, con fare apprensivo

-si- rispose lui confuso

-bene, dimenticali. Perché ora non siamo parlando di donne, stiamo parlando di Lexus-

 

 

 

 

 

 

 

*                  *                   *

 

 

 

 

Alcuni dicono che non c’è nulla di più profondo del legame fraterno, quel sentimento che ti lega ad una persona dalla nascita, di cui non potrai più fare a meno col tempo, quel legame unico ed indissolubile che mai nessun tipo di rapporto potrà sostituire.

I fratelli Jonas questo lo sapevano bene, come sapevano a chi riferirsi a seconda delle situazioni: Joe era quello da cui andare nei momenti in cui ci si voleva divertire e non pensare a nulla, Nick era quello con cui discutere delle decisioni importanti, quello che riusciva ad analizzare ogni cosa con la giusta oggettività e Kevin, lui, era quello a cui rivolgersi nei problemi di cuore.

Kevin sembrava l’unico dei tre che capisse il funzionamento di quella complessa macchina chiamata “mente femminile”, non per niente era stato il primo fratello a sposarsi a soli ventidue anni, e dopo tre anni di matrimonio era riuscito a conservare il suo rapporto vivo come se non fosse passato nemmeno un mese.

Il maggiore dei fratelli era sempre pronto ad ascoltare e disponibile verso i suoi fratelli minori, ma quella mattina a Kevin aspettava un compito ancora più arduo del solito: aiutare entrambi i fratelli, contemporaneamente.

Aveva sentito puzza di guai già quando aveva sentito il rumore di pneumatici sulla ghiaia del vialetto di casa sua. Aveva schiacciato la testa nel cuscino sperando che quello fosse solo un brutto incubo: chiunque fosse non poteva essersi realmente presentato a casa sua alle otto del mattino del ventitré dicembre.

Purtroppo il suo incubo era più che reale, anzi, era addirittura doppio. E quello stesso incubo l’aveva quasi trascinato giù in cucina per un piede quando si era rifiutato di alzarsi dal letto.

Fortunatamente quella mattina Danielle era già uscita con Denise, per andare a comperare le ultime cose per il cenone della vigilia e non aveva dovuto partecipare a quella che a Kevin sembrava una tortura cinese.

Alla fine Kevin, più o meno cosciente, sedette ad uno degli sgabelli attorno all’isola e pazientemente ascoltò quello che gli diceva Nick poi Joe.

Una volta che entrambi i fratelli ebbero terminato i loro discorsi, Kevin prese parola, forse per la prima volta.

-Quindi, ricapitolando- cominciò mescolando il cappuccino che aveva preteso gli fosse preparato –tu- indicò Joe con il cucchiaino –dopo non si sa quanti anni, hai avuto il coraggio di dire a Kate quello che provi, lei ricambia- si interruppe –o ricambiava, e tu hai mandato tutto all’aria per uno stupido malinteso e nonostante tu sappia di aver sbagliato, sei ancora qui, con le mani in mano-

Joe aprì la bocca per rispondere, contrariato, dopotutto lui aveva provato a scusarsi, ma Kevin distolse lo sguardo puntando poi il cucchiaino verso Nick –tu, invece, sei consapevole di amare ancora Ronnie, ma sei convinto che con la comparsa di Angel l’universo abbia voluto mandarti un messaggio divino- disse mimando le virgolette –secondo il quale Ronnie debba stare con Angel e non con te, nonostante tu sappia che anche lei prova qualcosa nei tuoi confronti-

Nick aprì la bocca a sua volta, imitando il fratello, ma anche questa volta Kevin l’interruppe con un pesante sbuffo, gettando con fare sconsolato il cucchiaino nel lavello –sono circondato da idioti- concluse.

-aspetta un momento!- controbatté Joe –io ho provato a scusarmi con Kate, ma lei non mi ascolta! Ed io non so cosa fare-

Kevin lo guardò quasi con compassione.

-davvero ti aspettavi che sarebbe bastato andare da lei con quegli occhi da cucciolone smarrito per farti perdonare?- commentò sarcastico –dovrai inventarti qualcosa di meglio mi sa-

-Kevin ha ragione- si intromise Nick –ci vogliono più delle parole, devi riconquistarla!-

Joe rimase in silenzio, abbassando lo sguardo mentre poggiava la testa sul braccio in una posa pensierosa.

Fuori uno.

Kevin si voltò verso Nick –mi fa piacere che tu sia così bravo a dare consigli quando non si tratta di te- alzò un sopracciglio

Nick abbassò lo sguardo imitando il fratello, consapevole.

-si può sapere cosa stai combinando?- sussurrò Kevin, mentre anche Joe si voltava verso di lui

-non lo so Kev, ho fatto quello che mi sentivo- alzò le spalle

-no- obbiettò subito lui –è questo il problema, tu non fai mai quello che ti senti-

-se avessi fatto quello che ti sentivi qualche anno fa- aggiunse Joe appoggiando la teoria di Kevin –saresti andato in Spagna a riprendertela-

Nick fece per aprire la bocca ma Joe lo interruppe –oh e piantala con questa storia che non sapevi dove fosse- sbottò –con gli agganci che abbiamo in tutto il mondo quanto pensi ci avremmo messo a trovarla?-

-non è così semplice Joe, non posso pensare solo a me, ci sono altre persone a questo mondo a cui voglio bene che potrebbero soffrire per le mie scelte!-

-Nick- lo richiamò Kevin –le persona a cui più vuoi bene, proprio ora sta soffrendo a causa tua-

Freddo. Diretto. Sincero.

 

 

 

 

 

 

*            *             *

 

 

 

 

 

 

Lo so, lo so, questo capitolo è inutile uù

Ma suvvia, non possono mica scannarsi/litigare/fare pace/ in ogni secondo, diamo un po’ di tregua a stì poveretti! LOL

No, in realtà questo capitolo non doveva esserci, ma siccome avevo scritto in passato alcuni pezzi e li trovavo carini, mi dispiaceva non utilizzarli.

Tranquille, mi rifarò col prossimo capitolo interamente dedicato a Kate e Joe uù

Deeeeeeetto questo, spero di avervi fatto sorridere leggendo questo e di non avervi annoiato!

Buona domenica a tutte mie dolci pallette di lardo, vi lascio con una foto alquanto vhiughoihjzroigh di “Angel” o meglio, Jon Kortajarena o meglio, il mio futuro amante uù

OH! Quasi dimenticavo! Tanti auguri Gaia! Ogni giorno più vecchia, ogni giorno più stupida uù Buon compleanno tesoro!

Vi amo tutte.

 

 

 

 

 

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Capitolo 28
*** Forgive me ***


Prima di lasciarvi al capitolo, volevo dirvi che ho postato una one shot su Lexus e Johnny, ci tengo davvvvvero tanto, quindi se potreste farci un salto veloce mi fareste davvero felice *-*
Potete leggerla cliccando QUI !

Thank u all, buona lettura.

I giorni continuavano a passare veloci, ed anche in casa Sunders era arrivato il ventiquattro Dicembre.

Kate, di solito, adorava il Datale. Era la sua festa preferita, amava andare in giro per negozi a comprare tanti regali, amava gli addobbi, quel rosso che non stonava mai, le canzoni natalizie, amava tutto del Natale.

Ma quell’anno Kate non era dell’umore adatto per festeggiare, nemmeno l’odore dei biscotti di marzapane o del grande abete addobbato in un angolo della sala da pranzo avevano risvegliato in lei quel caro e vecchio spirito Natalizio. I giorni passano come se fosse un normale periodo dell’anno, senza lasciare quella tipica allegria ed aria di festa.

Kate era rifugiata in un angolo della cugina, dove c’era un andirivieni di persone che preparavano cibo e si affrettavano a preparare la sala da pranzo, mancava poco all’ora della consueta cena di Natale che tutti gli anni la sua famiglia organizzava.

Sospirò, mentre in sottofondo sentiva la madre urlare vari comandi ai poveri malcapitati. Quello era il peggior Natale di sempre.

Il cellulare vibrò nella tasca posteriore dei suoi jeans e benedì mentalmente chiunque le avesse offerto l'occasione di distrarsi da quell'insopportabile confusione. Pensiero che però cambiò repentinamente, non appena vide il nome lampeggiante sullo schermo.

Non era ancora pronta a parlare con lui, pensava di essere stata chiara, perché allora non lo capiva?

Provò ad ignorare lo squillare ripetitivo del telefono, ma l’attorcigliarsi nervoso del suo stomaco su se stesso le fece capire che infondo anche lei moriva dalla voglia di sentire la voce del ragazzo. Poteva ingannare lui, non se stessa.

-non avevamo deciso di non sentirci per un pò, Joe?- chiese irritata senza lasciarlo parlare

-ciao anche a te Kate- rispose lui sarcastico -e no, per la precisione tu hai deciso che non volevi sentirmi per un pò, io ho deciso di essere assillante e petulante finchè non mi perdonerai-

Kate roteò gli occhi alzandoli al cielo, ma divertita nonostante tutto  -è la vigilia di Natale Joe, non dovresti essere con la tua famiglia?-

-la vedrò più tardi, ora vorrei vederti per cinque minuti, potresti uscire?-

Sospirò.

-mi dispiace Joe- non doveva cedere, non sarebbe servito a nulla -ma siamo nel pieno dei preparativi, non posso allontanarmi da casa per nessun motivo-

-lo immaginavo- sospirò Joe, per poi continuare in tono più allegro -è per questo che sono proprio fuori casa tua-

Kate sobbalzò accostandosi velocemente alla finestra, scostando la tendina a quadri rossa e bianca.

Era vero, era proprio lì, a qualche metro dalla porta d'ingresso, con lo sguardo verso l'alto, rivolto alla finestra della sua stanza. Forse pensava lei fosse lì.

-cosa ci fai fuori casa mia?- sbottò mentre sentiva suo malgrado i battiti del suo cuore aumentare

-te l'ho detto- rispose lui tranquillo -ti devo parlare-

Kate scosse la testa -sei proprio cocciuto eh-

Vide Joe sorridere e a quella vista gli si strinse il cuore –è una delle mie qualità migliori, dicono-

Quanto le mancava quel sorriso.

Sospirò, mentre in silenzio osservava la figura di Joe che, malamente illuminata dalle lucine natalizie che erano state affisse fuori la casa, attendeva speranzosa con un sorriso appena accennato.

-dai, solo un minuto- insistette il ragazzo, come se avesse colto nel silenzio il suo tentennamento.

Kate sospirò per la seconda volta mordendosi il labbro inferiore, quanto avrebbe voluto riuscire a dire no.

-solo un minuto- e vide il sorriso di Joe aprirsi istantaneamente

 

*          *          *

 

Ce l’aveva fatta, l’aveva convinta.

Joe guardò con un sorriso soddisfatto Kate uscire di casa stringendosi nel suo buffo golfino rosa a pois.

Non credeva che sarebbe riuscito a farla uscire così facilmente, come minimo si era aspettato di doverle sfondare la porta di casa a calci e prenderla di peso, ed invece Kate si era lasciata convincere pacificamente.

Certo, questo non significava nulla ovviamente.

Era solo un passo, il primo, verso la sua opera di convincimento.

Ora viene la parte difficile, pensò mentre Kate si accostava a lui portandosi una ciocca di capelli lisci dietro l’orecchio.

-non ho molto tempo Joe- disse subito incrociando le braccia al petto –cosa c’è?-

Il ragazzo sorrise, per niente turbato dal suo tono duro, il solo vederla a pochi passi da lui gli dava serenità.

-per prima cosa volevo chiederti scusa, ancora- sorrise timidamente –avrei dovuto darti l’opportunità di spiegare, invece ho sbagliato-

Kate annuì senza espressione –tutto qui?-

-no, devo darti una cosa- rispose enigmatico

Si accigliò, senza muovere un passo, senza tradire alcun tipo di emozione, ma Joe vide chiaramente il movimento delle sue braccia, che si stringevano di più attorno alla sua vita –cosa?-

Senza smettere di sorridere Joe infilò la mano sotto il suo cappotto, estraendo poi una scatolina blu piccola quanto il palmo della sua mano.

Joe vide Kate fissare dubbiosa la scatolina che le stava porgendo e intuì che la ragazza stava pensando se accettarlo o meno. Conoscendo Kate, era sicuro che pensasse che quello era un modo per corromperla, il che era effettivamente vero, ma ovviamente Joe doveva fare di tutto per non farglielo credere.

-prima che tu pensi qualsiasi cosa- disse infatti –questo è il mio regalo di Natale, l’avevo già comprato prima che succedesse…- si bloccò, senza sapere che parole usare

-insomma, prima di questo- disse improvvisamente impacciato –e ci tenevo a dartelo, nonostante tutto-

Kate guardò prima lui, poi il pacchetto che le porgeva –Joe…- si lamentò, indecisa

-ti prego, accettalo-

Lo sguardo di Kate tornò a Joe, che la guardava con aria implorante.

Ti prego Kate, pensava, dammi la possibilità di farmi perdonare.

-va bene- sospirò lei, come se gli avesse letto nel pensiero, afferrando il pacchetto –non sarà qualcosa di estremamente costoso, vero?-

-apri- disse semplicemente Joe, mantenere i segreti non era mai stato il suo forte, se la ragazza gli avesse fatto qualche altra domanda probabilmente le avrebbe svelato tutto prima che lei aprisse la scatola, rovinando la sorpresa.

La rossa si arrese e lentamente aprì la scatolina blu, guardando al suo interno.

Accarezzò la catenina d’argento, mentre il cuore di Joe cominciava a battere con più frequenza facendo crescere l’ansia dentro di se. La ragazza prese la placchetta d’argento appesa alla collanina, studiandola per qualche istante senza espressione.

Era una placchetta d’argento semplice, molto simile a quella dei militari ed era orrenda, a dirla tutta, ma era perfetta per quello che serviva a Joe.

-E’ bellissima- disse incerta Kate –grazie-

Joe sorrise, Kate non era mai stata brava a mentire, le si leggeva in faccia che era alquanto confusa da quel regalo apparentemente semplice e senza gusto.

-sono contento che ti piaccia- rispose sarcastico –ma credo che tu non abbia guardato bene-

Accigliata, Kate tornò a guardare la medaglietta, rigirandosela tra le dita più volte.

–lascia che ti aiuti- ridacchiò Joe avvicinandosi alla ragazza

Allungò la mano fino a prenderle il ciondolo tra le mani, ma nel farlo inevitabilmente le loro dita si sfiorarono per un istante.

I loro sguardi si incrociarono fondendosi l’uno nell’altro e Joe pensò che sarebbe potuto rimanere lì a guardarla in eterno.

Oh Kate, perdonami.

La rossa abbassò lo sguardo mentre le guance le si coloravano di rosso e Joe prese un respiro profondo, tornando a guardare la medaglietta.

-Ecco- disse porgendogliela nuovamente dal lato corretto –guarda bene qui-

Kate la riprese tra le sue mani, questa volta stando ben attenta a non sfiorare minimamente quella di Joe, e la avvicinò al volto, curiosa.

Sorrise nel vedere l’espressione di Kate confusa, mentre si sforzava di leggere quello che era inciso sopra.

 

 

 

 

*         *          *

 

 

Jate

RA1h07m12.87s, DE+05 76'45.64''

 

Che diavolo significava?

Kate rimase a fissare la placchetta d’argento che stringeva tra le dita aspettando che arrivasse l’illuminazione, ma niente. L’unica cosa che era riuscita a capire era il suo nome unito a quello di Joe, Jate, ma non aveva capito ne il significato di quello strano insieme di numeri e lettere, ne perché fosse associato ai loro nomi.

Alzò lo sguardo verso Joe, che la guardava con un sorriso sereno, come se si aspettasse la confusione della ragazza.

-non capisco- sussurrò lei

-non sei un appassionata di astronomia, evidentemente-

Più confusa di prima, Kate sussurro un flebile –no-

-allora sarà il caso che ti spieghi- sorrise –sono le coordinate di una stella-

Una stella? E cosa doveva farci lei con le coordinate di una stella? Perché Joe le aveva regalato un’orrenda placchetta di metallo con inciso sopra le coordinate di una stella? E perché c’era il suo nome?

Oh, non ci stava capendo niente.

-che stella?- chiese titubante, magari stella era il nome in codice per qualche altra cosa.

D'altronde, sapeva che Joe viveva in un mondo tutto suo, magari quella che Joe definiva “stella” per il mondo era il bagno e, visto che lei non l’aveva perdonato,  Joe le aveva gentilmente fornito le coordinate per andare a cagare.

Ma questo sarebbe stato decisamente poco romantico persino per Joe.

-della nostra stella-

Gli occhi di Kate si spalancarono, abbassando lo sguardo sulla catenina, poi di nuovo su Joe.

-la nostra…stella?- chiese dubbiosa –tu, mi hai comprato una stella?-

Joe sorrise compiaciuto dall’espressione incredula della ragazza –ci ho comprato una stella- lo corresse lei

CI, aveva comprato una stella.

Una stella. Non una cosa qualunque che costa pochi spicci, o una da milioni di euro. Non il primo regalo che aveva visto in vetrina o che qualcuno gli avesse suggerito. Non una cosa scontata, non una cosa banale ed orribile, come aveva pensato alla vista di quella targhetta.

Una stella. Joe le aveva comprato una stella.

-si può vedere?- balbettò

Joe scosse la testa dispiaciuto –non ad occhio nudo-

Kate abbassò di nuovo lo sguardo, verso la placchetta che ancora teneva penzolante in una mano.

-Joe è il più bel regalo di Natale che io abbia mai avuto-

Il ragazzo le sorrise, sollevato.

-vedi, volevo farti un regalo di Natale speciale, ma non solo- l’espressione era seria e lo sguardo profondo che le stava rivolgendo non era certo d’aiuto a farla ritornare dal suo stato comatoso

–siamo sempre così impegnati Kate, che il tempo per vederci è davvero poco- parlò istintivamente al presente, come se Kate fosse ancora la sua ragazza, come se non fosse successo niente di brutto tra i due

–e tu mi manchi così tanto- gli occhi brillarono, mentre allungava una mano verso la guancia liscia della ragazza per posarvi una leggera carezza

-volevo un posto solo per noi un posto dove poter andare essendo noi stessi, senza Joe l’attore impegnatissimo o Kate la stilista super affaccendata costretti a sentirsi per cinque minuti al telefono, solo noi-

Kate aveva ormai la salivazione a zero, mentre guardava il ragazzo con gli occhi spalancati ed il fiato corto. Voleva dirgli di non guardarla così, di togliere la sua mano calda e gentile dalla sua guancia, di allontanarsi da lei, ma non era così forte.

-ovviamente non possiamo andare fisicamente su quella stella- sorrise –ma avevo immaginato che sarebbe stato bello stendersi a pancia in su e guardarla, che in qualche modo sarebbe stato un po’ come estraniarsi dal resto del mondo ed andare sulla nostra stella, solo nostra-

Era senza parole. Cercava con tutta la forza di volontà che possedeva di ricacciare indietro le lacrime che prepotentemente le stavano salendo agli occhi, di fermare il suo cuore impazzito prima che facesse un buco nel suo petto, di far smettere le sue mani di tremare.

Non sapeva cosa dire, ma non aveva molta importanza dal momento in cui non sarebbe riuscita a pronunciare una parola a causa della gola che le si stringeva fastidiosamente.

Joe le sorrise, incoraggiandola, e per un istante la mente le si svuotò riportandola a poche settimane prima quando tutto era così perfetto.

In un attimo cancellò tutto: lei è Joe non avevano litigato e lei non aveva sentito chiaramente il suo cuore rompersi e sanguinare dolorosamente. Loro erano rimasti insieme, Joe era il suo migliore amico, il suo rifugio sicuro, il suo appiglio, il suo tutto.

Poi Joe pronunciò quelle parole che la strapparono dai suoi sogni facendola violentemente tornare alla realtà.

-ti prego Kate, perdonami-

Perdonarlo. Si, perché Joe non era più il suo ragazzo, non era più la sua isola sicura, le braccia forti in cui poteva rifugiarsi, non era più il suo confidente, il suo migliore amico, la sua stella. Nonostante lei volesse con tutto il cuore che lui lo fosse ancora, la sua mente le ripropose flash di lui con Isabelle, mentre si sussurravano parole dolci e comprese che ora non dipendeva più da lei.

Lei voleva perdonarlo, ma non ci riusciva.

Nel momento esatto in cui lo capì, le lacrime le sgorgarono veloci dagli occhi, ed il respiro le mancò a tal punto che cominciò a singhiozzare.

Si sentì avvolgere dalle braccia di Joe e si sentì ancora più male, ancora più in colpa, perché lei non riusciva a perdonarlo, non riusciva a fidarsi di nuovo di lui.

-Non ci riesco Joe- singhiozzò lei –mi dispiace così tanto-

-sshhhh- le intimò cullandola mentre la teneva stretta al suo petto

Rimasero così per un tempo indeterminato, fino a che Kate non riuscì a sopprimere i singhiozzi e ad impedire ai suoi occhi di lacrimare senza freno.

A quel punto Joe si distaccò di poco, prendendole il viso tra le mani, scrutando negli occhi arrossati di Kate.

-scusami- gracchiò la ragazza

-non sei tu quella che deve scusarsi Kate- poggiò la sua fronte a quella della rossa con aria affranta –ho fatto un errore ed ora ne sto pagando le conseguenze-

-ma io vorrei, solo che…- la voce le cedette sull’ultima parola, mentre sentiva nuovamente le lacrime salire

Joe le premette un dito sulle labbra, per zittirla, ma lei scosse la testa.

-ho bisogno di tempo, Joe- singhiozzò

-hai tutto il tempo che vuoi piccola- le sfiorò il naso col suo, lentamente, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio –io non me ne vado da qui-

 

 

 

 

 

 

*                  *                    *

 

 

 

 

 

 

 

ECCOCI QUI!

Come promesso, con un bel capitolo dedicato a Joe e Kate. Cioè oddio, proprio “bel” non direi LOL

Le parti romantiche non sono il mio forte, lo sapete voi, lo so io, devo arrendermi uù Ma mi sono davvero sforzata per scrivere qualcosa di melense ed estremamente zuccheroso! Spero apprezziate lo sforzo uù

AH! Chiedo scusa per il ritardo ma, come Lux sa, questo capitolo non mi convinceva/convince affatto e speravo si aggiustasse da solo(LOL), ovviamente così non è stato, quindi ho postato anyway uù

Passate a leggere l’os di Lexus e Johnny, mi raccomando! Ci tengo davvero tanto.

Detto questo, vi auguro una buona domenica e vi lascio anche questa volta con una foto del mio futuro marito.

Vi amo tutte!

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Capitolo 29
*** Can't lie to my heart, I need you here. ***


Jamie era inquieta quella mattina.

Erano solo le otto, del venticinque Dicembre, eppure lei era già sveglia da almeno un ora, le pareva di aver consumato il parquet per le volte che ci era passata e ripassata sopra.

La lunga camicia da notte le frusciava attorno alle ginocchia e i capelli scompigliati le incorniciavano il viso, sulla quale c’era un’espressione di pura concentrazione.

Aveva saputo di quello che era successo tra Ronnie e Nick qualche giorno prima ed aveva anche saputo che Nick era tornado da Allie proprio quando aveva avuto il coraggio di allontanarla. Erano di nuovo al punto di partenza.

Ad ogni modo, doveva assolutamente trovare una soluzione, stava a lei risolvere le cose, lo sapeva.

-tesoro, perché non torni a letto?- la voce assonnata di Tyler emerse dal groviglio di lenzuola che giacevano sul letto disfatto. La sera prima si era sentita così triste per l’amica che non se la sentiva di rimanere da sola, così si era autoinvitata da Tyler per restare lì per la notte, non che il ragazzo avesse opposto resistenza e Jamie si sentiva troppo triste. Alcuni la chiamano empatia.

-sono troppo agitata per dormire- rispose senza mai fermarsi

Con uno sbuffo Tyler si mise a sedere sul letto e Jamie finalmente sì bloccò spostando lo sguardo sul ragazzo che con i capelli scompigliati la guardava con aria assente e sconcertata.

-che c’è?- chiese sbuffando a sua volta

Il ragazzo sorrise trascinandosi fino ai piedi del letto, dove Jamie continuava a guardarlo infastidita per essere stata interrotta dal continuo fluire dei suoi pensieri.

-perché non vieni qui e mi dici cos’è che ti tormenta?- chiese gentile facendole segno di sedersi accanto a lui.

Jamie obbedì, se pur apparentemente contro voglia, rifugiandosi tra le braccia del ragazzo.

-perché non possono tornare assieme?- sbuffò

-di chi stai parlando, tesoro?- le chiese affettuoso accarezzandole i capelli castani

-di Nick e Ronnie!- sbottò –lui è innamorato di lei, ma allo stesso tempo non vuole ferire Allie e per di più ora è arrivato Angel ad intimorirlo, e lui si è convinto che Ronnie starebbe meglio con lui!-

-e Ronnie?- chiese

-Ronnie non è interessata ad Angel, almeno non come è interessata a Nick- sospirò abbassando lo sguardo –ci è rimasta malissimo quando ha capito che lui avrebbe scelto Allie-

Tyler la strinse a se, intenerito dal tono che la ragazza aveva usato. Jamie era così, non poteva fare a meno di preoccuparsi eccessivamente delle faccende delle persone a cui voleva bene. Alle volte Tyler aveva l’impressione che se ne preoccupasse anche più delle persone direttamente interessate.

-se Ronnie vuole stare con Nick, perché non glielo dice chiaramente?-

Jamie lo guardò scettica.

-stiamo parlando della stessa Ronnie? Tu credi che Ronnie corra il rischio di rivelare i suoi sentimenti a Nick quando c’è una possibilità che lui la rifiuti?-

-no?- chiese spaesato

-no- scosse la testa –ed è questa la cosa che mi preoccupa, lei è troppo orgogliosa lui troppo codardo-

-non sono mica tutti come noi- sussurrò posandole un delicato bacio sulle labbra

Jamie sorrise guardando nei suoi occhi verdi. Quasi non ci credeva che tra due mesi si sarebbero sposati, che lui sarebbe diventato suo marito, per sempre.

-vorrei tanto che per il giorno del matrimonio le cose si aggiustassero e che quei quattro siano finalmente felici, insieme-

-lo vorrei anche io, vorrei che tutto fosse perfetto per te- sospirò –cosa possiamo fare?-

Jamie alzò le spalle rifugiando la testa sul suo petto. Cosa poteva fare? Non poteva di certo entrare nella loro testa e cambiare i loro pensieri ed era quasi convinta che parlare con loro non avrebbe avuto alcun risultato.

Poi, improvvisamente, si illuminò.

-daremo una festa di fine anno!- strillò mettendosi seduta, facendo sobbalzare il ragazzo –ed inviteremo Ronnie e Nick e se sarà necessario li chiuderemo nello stanzino delle scope per farli parlare e chiarirsi!-

Tyler lo guardò scettico –non pensi che Nick verrà con Allie?-

-beh, in questo caso io distrarrò Allie e tu li chiuderai nello stanzino!- trillò senza perdersi d’animo –oh, Kate sarebbe fiera di me in questo momento!-

Il ragazzo ridacchio annuendo –a proposito di Kate, cosa intendi fare con lei e Joe?-

Jamie sorrise felice, incrociando le braccia dietro il collo del ragazzo –per quello credo ci stia già pensando Joe-

 

 

Couse when I’m with him

I’m thinking of you, thinking of you

(Katy Perry – thinking of you)

 

 

Nel momento esatto in cui Ronnie si voltò per guardarsi allo specchio, la luce si spense improvvisamente.

Perfetto.

Era la vigilia di Natale e l’avrebbe trascorsa con Angel, come da quattro anni a questa parte. Non che non gradisse la compagnia del ragazzo, anzi era sempre felice di poter trascorrere il suo tempo con lui, ma aveva sperato che magari quell’anno avrebbero potuto prendere parte a quel Natale anche le sue amiche, forse, anche Nick.

Con uno sbuffo si avviò verso le scale e, passando vicino alla finestra della sua stanza, in lontananza vide la casa dei vicini ben illuminata, con tanto di decorazioni natalizie lampeggianti. Non si trattava quindi di un blackout, forse era semplicemente saltato il contatore.

-Angel?- chiamò, ma non ricevette nessuna risposta.

Probabilmente il ragazzo era uscito fuori per controllare il generatore.

Non era riuscita a passare molto tempo con lui da quando era arrivato a Los Angeles, un po’ per il lavoro che la teneva occupata per la maggior parte della giornata, un po’ perché il suo umore era nero in quei giorni e quindi tentava di tenersi il più lontano possibile dal ragazzo per evitare di sfogare la sua rabbia su di lui, senza motivo.

Facendo attenzione a non inciampare tra i suoi stessi piedi scese con cautela gli ultimi scalini.

Stava per avviarsi verso la veranda, quando una luce fioca proveniente dalla cucina attirò la sua attenzione. C’era forse qualcuno?

-Angel?- chiamò ancora, questa volta più timorosa, ma il ragazzo non rispose

Si avviò lentamente verso la cucina, con passo incerto, ma non appena vide cosa l’attendeva all’interno della stanza la sua paura di trasformò in puro stupore.

La luce fioca che aveva visto dalle scale proveniva da due candele rosse poste al centro del tavolo rotondo che Ronnie non aveva mai visto in vita sua. Il tavolo era stato apparecchiato con una tovaglia bianca, niente di eccezionale, non fosse stato che la superficie era completamente ricoperta di petali di rose rosse sulla quale giacevano due piatti bianchi, due calici di vetro ed una bottiglia di vino rosso.

Rose rosse, non girasoli.

Perché quella stupida vocina dentro la sua testa veniva fuori sempre nei momenti meno opportuni?

Stava per portarsi una mano alla bocca, per la sorpresa, quando sentì due braccia forti avvolgerla da dietro ed un petto muscoloso aderire perfettamente alla sua schiena.

-buon Natale bichita- su un sussurro caldo nel suo orecchio che la fece involontariamente rabbrividire.

Si rigirò tra le braccia di Angel, per guardarlo negli occhi e sorridergli.

-non è ancora Natale, in teoria-

Il ragazzo sorrise stringendo la presa sulla sua schiena, cosa che la mise leggermente in imbarazzo.

Non aveva dimenticato il bacio di non-addio che Angel le aveva dato all’aeroporto e sapeva bene che nemmeno lui l’aveva fatto, ma con tutto il trambusto che c’era stato in quei giorni aveva accantonato il pensiero.

Pensiero che però ora, con lui a pochi centimetri di distanza, riaffiorava egoisticamente facendosi spazio tra i suoi pensieri ed ora il ricordo delle sue labbra calde sulle sue era più vivo e bruciante che mai.

Con un sorriso timido, Ronnie si allontanò di poco da lui, che la lasciò andare senza perdere l’espressione serena.

-ti piace?- accennò alla tavola

Ronnie annuì strofinando un petalo rosso tra due dita –è una delle cose più romantiche che abbiano mai fatto per me- sorrise

Angel si avvicinò –è al primo posto tra queste cose?-

I girasoli.

-quasi- dannata vocina, forse avrebbe fatto meglio a mordersi la lingua.

-mi accontenterò del secondo posto- ridacchiò Angel dimostrando di aver capito più di quanto lei avesse lasciato intendere tra le righe e Ronnie era sollevata dal fatto che il ragazzo non si fosse offeso, non voleva rovinare la serata.

Come se fosse un uomo di altri tempi, Angel le scostò la sedia facendola accomodare al suo posto, per poi sedersi a sua volta.

-a cosa devo tutto questo?- accennò al tavolo

Angel non smetteva di sorridere, mentre la fissava con quel suo tipico sguardo enigmatico.

-al primo Natale che festeggiamo nella città degli angeli- rispose con voce suadente che costrinse Ronnie ad abbassare lo sguardo, per non andare a fuoco.

Cominciarono a mangiare mentre un pesante silenzio calava sulle loro teste. Non c’erano mai stati silenzi imbarazzanti tra loro due, nemmeno quando si conoscevano da appena tre secondi, ma ora la tensione che inevitabilmente aveva portato quel bacio quasi dimenticato, l’atmosfera romantica della cenetta a lume di candela, si poteva tagliare con un coltello.

Ronnie sentiva che c’era qualcosa di sbagliato in tutto quello.

Non riusciva ad alzare lo sguardo per incrociare quello di Angel, non riusciva a trovare un argomento che non le facesse venire in mente Nick, non riusciva a respirare e questo era alquanto frustrante.

Angel era il ragazzo perfetto sotto vari punti di vista: era indiscutibilmente bellissimo, affascinante e sicuro di se al punto giusto, senza essere arrogante. Era gentile, divertente, dolce ed affidabile. Angel era persino migliore di Nick.

Allora perché non riusciva a togliersi il suo viso dalla mente mentre cenava con Angel?

Sobbalzò improvvisamente quando sentì le dita calde del ragazzo accarezzare le sue con delicatezza.

Deglutì, costringendosi ad alzare lo sguardo verso di lui.

-c’è qualcosa che non va- non era una domanda, lui la conosceva troppo bene.

Scosse la testa in segno negativo, mentre si sforzava di alzare l’angolo della bocca in un sorriso.

-E’ per questo?- accennò al tavolo cosparso di petali rossi –è troppo?- chiese timoroso e le si strinse il cuore.

Si sentiva la persona più cattiva del mondo. Lui era così gentile, dolce e le aveva preparato la cena più romantica della sua vita, le stava accanto senza metterle pressione o chiedere spiegazione delle sue stranezze, semplicemente si preoccupava per lei e lei non poteva stare lì a pensare ad un’altra persona.

Gli strinse forte la mano, sorridendo più naturalmente questa volta e lo vide visibilmente rilassarsi.

-stavo solo pensando che è tutto perfetto- sorrise –tu sei perfetto-

Lui le sorrise ed era un sorriso dolce e felice che lei fu contenta di ricambiare, mentre cercava di trovare nei suoi occhi verdi che la fissavano quel qualcosa che tanto amava di quelli nocciola, ora troppo lontani.

 

 

When I asked you believe me you never let go,
but I let go

(Mayday parade – I’d hate to be you…)

 

 

Fuori quella veranda, mentre fissava il prato verde avanti a se gli sembrava di essere tornato al punto di partenza, tutto attorno a lui sembrava non essere mai cambiato in quei mesi ed invece ogni cosa era diversa.

Aveva come l’impressione di essere intrappolato in una bugia, in un mondo parallelo che aveva costruito giorno dopo giorno, menzogna dopo menzogna tanto che non riusciva più a distinguere la verità tra quel mare di falsità in cui si era costretto a vivere.

Non era cambiato nulla: la sua famiglia era in casa pronta per festeggiare la vigilia di Natale insieme ed Allie era lì con lui, come l’anno precedente.

Quella normalità avrebbe dovuto rilassarlo ed invece si sentiva teso ed irrequieto mentre cercava di zittire quella vocina dentro di se che gli urlava flebilmente che era tutto sbagliato, che nulla era al posto giusto.

-a cosa pensi?- non vide arrivare Allie finché non gli si avvicino, poggiando i gomiti sulla ringhiera di legno

-nulla in particolare- la voce era un sussurro, nella speranza che lei non intercettasse i suoi pensieri confusi.

Tornare da Allie, quasi strisciando, non era stato un bel gesto e non era convinto nemmeno che fosse stata la cosa giusta da fare, ma Allie era la persona a cui aggrapparsi per non cadere giù, il suo punto fermo.

Allie era affidabile, prevedibile, stabile e lo amava. Allie era l’opposto di Ronnie, che invece era uno spirito libero, indecifrabile e complicata. Con Ronnie niente era come sembrava ed anche le cose più semplici erano complicate. Sarebbe stato semplice, ad esempio, andare da lei e pregarla di tornare con lui, di riprovarci, ma c’erano troppi agenti esterni che rendevano le cose complicate.

O forse era lui che voleva complicarle?

-Nick- sentì Allie sospirare –non ho tentennato un momento quando mi hai chiesto di tornare insieme, ma sai quali sono le mie condizioni- gli posò una mano sul braccio fissandolo negli occhi per accertarsi di avere la sua completa attenzione –non voglio che tu pensi ancora a lei- spiegò infine con tono asciutto mentre i suoi occhi verdi bruciavano di determinazione.

Nick strinse forte le labbra per impedirsi di urlarle in faccia che lui voleva non pensarla, ma non ci riusciva, non poteva controllare i suoi pensieri.

-non stavo pensando a lei- mentì allora

Mentì perché non poteva dirle la verità, non quando solo poche ore prima era tornato da lei chiedendole di perdonarlo, che era solo confuso e che voleva stare con lei.

Mentì perché in realtà pensava a Ronnie ogni giorno, in ogni istante ed in ogni attimo. Pensava a lei in un modo asfissiante, morboso, perché le mancava terribilmente, perché non era sicuro di riuscire a dimenticarla ora che era a pochi chilometri da lui, perché non c’era momento in cui non si perdeva a pensare a come sarebbe stato stringerla tra le sue braccia e tenerla solo per se, per non lasciarla andare più via da lui.

Aveva fatto bene a rinunciare a lei? Era questa la domanda che lo tormentava giorno e notte, che non gli dava pace. Non era mai stato un codardo nella sua vita, qualsiasi ostacolo aveva trovato sulla sua strada, grande o piccolo che fosse, si era rimboccato le maniche ed aveva faticato per rimuoverlo. A volte aveva avuto successo, altre aveva fallito ed era stato costretto a trascinarselo dietro, ma non aveva mai rinunciato a lottare prima di lei.

Cos’era che lo spaventava così tanto? Perché non riusciva a lottare per lei?

-hai fatto la scelta giusta- Allie si era avvicinata stringendogli le mani attorno alla vita mentre avvicinava il volto serio a quello del ragazzo.

A Nick non restò che arrendersi, ancora, mentre non riusciva a smettere di pensare che quelle che lo stringevano erano le braccia sbagliate, le labbra sbagliate, la persona sbagliata.

 

 

 

 

 

 

 

*                   *                 *

 

 

 

Salve! Forse alcune di voi si ricorderanno di me, sono la psicopatica con problemi di memoria e relazioni sociali che scriveva questa storia. Forse vi stavate chiedendo se fossi ancora viva, beh, la risposta è mie care: purtroppo si!

Innanzi tutto, vi chiedo scusa per l’enorme ritardo, quant’è che non posto? Non lo ricordo nemmeno più. Questo non è il periodo più felice della mia vita quindi non riesco a concentrarmi molto, a maggior ragione su questo capitolo che è abbastanza mortalmente noioso ma, aimè, mortalmente necessario per mandare avanti la storia. Vi assicuro che il prossimo capitolo sarà più movimentato, almeno lo spero!

Ci sono delle cose che avrei voluto dire nel capitolo precedente ma che avevo ovviamente dimenticato.

Volevo ringraziare in particolar modo Sophiaa  (Mandols of my heart, esclusivamente per me) per l’idea della stella del capitolo precedente, senza di lei non ci sarei mai arrivata, io non sono così romantica!

Volevo poi invitarvi a leggere una FF appena iniziata, ma che promette davvero bene, ve ne accorgerete dal primo capitolo! La storia si chiama To write love on her arms. Vi assicuro che ne vale la pena, passate!

PPPPPPPPoi? Ah si! Chiunque volesse può seguirmi su Twitter, mi farebbe piacere e magari ditemi che seguite la mia storia così vi ricambio il following! (ovviamente sono @JustALittleLie_ , fantasia portami via)

E, per chi non l’avesse ancora fatto, vi invito a leggere l’os su Lexus e Johnny, My heart is the worst kind of weapon , che ha riscontrato un inaspettato e piacevolissimo “successo”!

Bene, credo di aver detto tutto, ma ovviamente non sarà così(dovrei iniettarmi fosforo nelle vene).

E dopo aver scritto più qui che nel capitolo stesso, vi auguro una buona settimana, piena di lasagna, e vi ringrazio per le recensioni e preferiti e via dicendo.

Vi amo tutte, never forget <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 30
*** Jealousy ***


Era lì da più di un’ora, ma non aveva ancora smesso di chiedersi se avesse fatto bene ad accettare di andarci.

Ronnie prese un sorso della strana sostanza arancione che galleggiava nel suo bicchiere guardandosi attorno, dove una ventina di persone ridacchiavano tra di loro ignorandola bellamente, d’altronde nemmeno la metà di quelle persone la conoscevano, fatto che non era valido ovviamente per Jamie, organizzatrice della festa, che passava da una persona all’altra chiacchierando gentilmente del più e del meno come una perfetta padrona di casa, nonostante quella fosse casa di Tyler.

Quando Jamie l’aveva chiamata il giorno di Natale per scambiarsi i consueti auguri l’aveva anche informata che aveva intenzione di dare una festa per l’ultimo dell’anno alla quale ovviamente non poteva mancare ed, ovviamente, avrebbe presenziato anche Nick con la sua bionda e perfetta ragazza.

Il primo pensiero di Ronnie alle parole dell’amica furono “neanche morta”, ma poi aveva realizzato che doveva arrendersi all’idea che sarebbe stata inevitabilmente costretta a vedere i due in più di un’occasione visto che ormai Nick e Tyler erano diventati amici e frequentavano le stesse persone, non avrebbe potuto evitarlo per sempre, era meglio affrontare la questione da subito.

Almeno non era stata costretta ad andarci da sola, ma accompagnata da Angel, che al momento era stato rapito e trascinato in un angolo da due uomini sulla trentina che non la smettevano di parlare un attimo.

-dov’è il tuo cavaliere?- Jamie le si avvicinò sorridendo, posandole una mano sul braccio

-rapito da due strani individui- fece cenno col bicchiere verso l’angolo in cui i due tenevano stretto Angel

Jamie seguì il suo sguardo poi sorrise divertita –quelli sono Jeremy e Marshall Copperfield, due fratelli fotografi, immagino stiano lodando il viso del tuo spagnolo, che a proposito- si voltò nuovamente verso di lei con aria divertita –non è niente male-

Ronnie sorrise nascondendosi dietro il bicchiere, ma Jamie non era intenzionata a desistere, assetata di sapere.

-quindi, siete solo amici?-

Gli occhi di Ronnie si posarono sul fisico asciutto e slanciato del ragazzo, per poi sospirare –non lo so, credo di si-

-credi di si?- chiese Jamie chiaramente confusa dalla risposta

Ronnie d’altronde era confusa a sua volta, quindi si limitò ad alzare le spalle. Non che non ci avesse mai pensato ad Angel in quel senso, anzi, dopo il bacio rubato il pensiero quasi la ossessionava, ma gli ultimi avvenimenti avevano allontanato il suo pensiero dal ragazzo per dirigerlo verso sentieri ben più spinosi e pericolosi. Non era Angel che voleva al suo fianco ed in quel momento ne era fin troppo cosciente per poter fingere il contrario.

-lui mi piace, credo- Jamie la fissò con sguardo accigliato –insomma, è bellissimo e mi è stato molto vicino in questi anni ed è davvero un ragazzo d’oro…-

-ma?- la interruppe Jamie, certa che prima o poi sarebbe presto arrivato un “ma” nel discorso di Ronnie

Ronnie che sbuffò irritata e non di certo per l’interruzione dell’amica, ma bensì per quello che stava per ammettere.

-E’ sempre la stessa storia Jam- strinse il bicchiere tra le dita –è perfetto, ma non è lui- sussurrò

Sentì la presa di Jamie stringere il suo braccio e quando incrocio il suo sguardo vi lesse puro dispiacere e rammarico, mentre le labbra si stendevano in un sorriso rassicurante.

Era stata così stupida a scappare in Spagna, a pensare che avrebbe potuto farcela senza le sue amiche.

Era andata via da sola per lasciarsi tutto alle spalle, ed ora? Si trovava al punto di partenza, se non peggio. Era in un vicolo ceco ora e non poteva più scappare.

-mi hai fatto tornare da Miami una settimana prima per venire a questa festa e all’entrata non hai messo nessuno che mi desse una collana hawaiana ed un cocktail-

La voce familiare e sarcastica di Lexus fece capolino alle loro spalle ed entrambe si voltarono verso di lei assumendo un’espressione più serena e consona alla circostanza.

-ben tornata Lex!- squittì Jamie afferrando un bicchiere dal tavolo e porgendolo alla rossa

-dov’è la mia collana?- si voltò verso Ronnie con espressione accigliata, come se si aspettasse davvero che cacciasse una collana hawaiana da sotto la gonna.

-Davvero, Lex?- rispose trattenendo a stento le risate –vuoi metterti una collana di fiori?- il solo pensare all’immagine della ragazza adornata di fiori colorati che le davano un’aria angelica era sufficiente per farle venire una crisi di ilarità.

Lexus storse il naso –per questa volta passo- prese un sorso dal bicchiere che teneva tra le mani poi si volto di scatto verso Ronnie, come se improvvisamente si fosse ricordata di qualcosa di importante –oh, Ron, sai che credo che Johnny abbia dei poteri sovrannaturali?-

Ronnie si irrigidì, colpevole. Sapeva dove stava per arrivare Lexus perché sapeva cosa aveva fatto Johnny il giorno di Natale.

Jamie invece, ignara di tutto, passava curiosa lo sguardo da una all’altra, intenta a non perdersi una battuta del discorso.

-Insomma, deve averli davvero, altrimenti non si spiega come abbia fatto a trovare il mio indirizzo di Miami, per presentarsi a casa mia la sera di Natale, non credi?-

Jamie si portò una mano alla bocca, mentre gli occhi le si spalancavano. Forse temeva per la sorte di Johnny, o per quella che aspettava a Ronnie di lì a poco?

-non è stata colpa mia, me l’ha estorto con la forza!- sbottò la mora difendendosi

Insomma, magari le cose non erano andate proprio così. Diciamo che lei aveva solo lasciato incustodita la sua agenda con gli indirizzi sulla scrivania, il fatto che fosse casualmente aperta sulla pagina dell’indirizzo di Lexus e che ci aveva messo il triplo del tempo per prendere il caffè, lasciandola sotto lo sguardo di Johnny per quindici minuti, era solo un caso.

-Sei una pessima amica Veronica- le puntò contro un dito –pessima, pessima, amica-

-dimmi almeno che è ancora vivo, è l’unico amico che ho lì dentro- finse un tono supplicante

Lexus alzò gli occhi al cielo, ma a Ronnie non sfuggì il sorriso appena accennato.

-le sue naturali doti di ruffiano hanno fatto si che conquistasse mia madre, questo mi ha impedito di ucciderlo- 

-quindi gli hai dato una possibilità?- Jamie si aprì in un sorriso, decifrando le parole dell’amica.

Era stupefacente come riuscivano a capirsi tutte e quattro anche solo con tre parole in codice.

-più o meno- storse la bocca in una smorfia –per il momento gli ho dato la possibilità di conoscerci, nulla di più-

Ronnie sorrise assieme a Jamie ben cosciente che, seppur alla maggior parte delle persone quello poteva sembrare un passo da formica, per Lexus che non si fidava mai di nessuno era un passo da elefante.

-quindi ho fatto bene a dargli il tuo indirizzo!- esultò Ronnie

-non avevi detto che te l’aveva preso?- chiuse gli occhi a due fessure come a volerla incenerire e Ronnie era convinta che ci sarebbe riuscita se si fosse impegnata.

-oh mio Dio!- fortunatamente l’urlo di Jamie fece distogliere lo sguardo di Lexus da lei, che sospirò sollevata.

-che c’è?- sbottò Lex infastidita dall’interruzione

-sono le nove e mezza!- sbottò ovvia l’altra in risposta

Lexus alzò un sopracciglio guardando l’amica con aria sconcertata –c’è una qualche legge divina che impone di urlare come una checca isterica alle nove e mezza dell’ultimo dell’anno?-

-sei un’idiota- sospirò Jamie –sono le nove e mezza e Kate sarà arrivata all’aeroporto!-

Kate! Con tutto quel trambusto avevano quasi dimenticato il loro piano.

-credete che dovremmo chiamarla?- chiese Ronnie

-non lo so, sono così agitata!- Jamie si torturava le mani come se ci fosse stata lei al posto di Kate. Tipico di Jamie.

-credete che funzionerà?- Lexus si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, chiedendo in tono grave

Jamie scosse la testa con aria sconsolata nello stesso momento in cui qualcosa alle sue spalle catturava l’attenzione di Ronnie, che quasi si sentì mancare.

Era arrivato.

 

 

 

 

I know I’m not the best for you,

But promise that you’ll stay.

 

(Like a knife – Secondhand Serenade)

 

 

Il tacchettio delle scarpe sull’asfalto era uno dei pochi rumori presenti nel grande parcheggio dell’aeroporto di Los Angeles quasi deserto.

D’altronde quante persone prendevano l’aereo la notte di capodanno? E quante altre erano disposte a lasciare casa, famiglia e festeggiamenti felici per andare a prendere qualcuno all’aeroporto? Pochissime.

E di quel ristretto gruppo faceva parte Lexus, in ritorno da Miami, e Kate, che avrebbe attraversato lo stato in macchina pur di fuggire all’ennesimo triste capodanno organizzato da sua madre.

Per questo si era offerta di spontanea volontà –non che Jamie o Ronnie avessero opposto la minima resistenza- come tassista privata di Lexus per andare all’aeroporto per portarla poi alla festa organizzata da Jamie.

Come sempre era in ritardo e sapeva che se Lex avrebbe dovuto aspettare si sarebbe innervosita tantissimo, per questo stava cercando di aumentare il passo, cosa alquanto difficile da fare con dodici centimetri di tacco.

A qualche passo del traguardo –le porte scorrevoli dell’aeroporto- dalla sua borsa una musica che ben conosceva prese a suonare e lei fu costretta a rallentare il passo per evitare di spiaccicarsi sulle porte di vetro mentre cercava tra le mille cianfrusaglie il suo telefono.

Chiunque fosse aveva chiamato nel momento meno opportuno.

Le gambe di Kate si immobilizzarono automaticamente per qualche secondo quando lesse il nome sul display, ma si riprese velocemente scuotendo la testa e rifiutando la chiamata.

A quanto pareva, Joe non aveva ben chiaro in concetto di “tempo” e “spazio” visto che, nonostante gli avesse spiegato più volte che gli servissero entrambi, lui continuava a chiamarla tutti i giorni, ad ogni ora. D’altronde però, il ragazzo era stato chiaro nel farle capire che non aveva intenzione di stare alle sue condizioni.

Scosse di nuovo la testa, mentre accelerava il passo per dirigersi al tabellone degli arrivi, sperando che il volo di Lexus non fosse atterrato da molto.

Fortunatamente era atterrato da pochi minuti e quando arrivò fuori al gate non c’era alcuna traccia di Lexus, mentre alcune persone si affrettavano ad uscire, impazienti di rivedere i loro cari per la sera di capodanno.

Si poggiò alla transenna di fronte a lei aspettando impaziente, ma i minuti passavano e di Lex nemmeno l’ombra. Che avesse perso il bagaglio? Ci mancava solo quello.

Abbassò lo sguardo per perdersi nuovamente nella disperata ricerca del suo cellulare, con la speranza che l’amica avesse acceso il suo scesa dall’aereo, in modo da poter avere sue notizie.

La ricerca le prese qualche minuto abbondante e gran parte della sua pazienza, ma finalmente riuscì a trovarlo. Nel momento in cui stava per attivare la chiamata però, una mano si poggiò sul suo polso e quando alzò lo sguardo verso il proprietario, la sua espressione impaurita si trasformò in una di pura sorpresa.

-Joe?!- ritrasse di scatto la mano da quella del ragazzo mentre il suo cuore perdeva un battito.

Joe le sorrise, apparentemente rilassato, mentre lei continuava a fissarlo imbambolata.

-cosa ci fai qui?- chiese col fiato strozzato mentre ora il suo cuore si faceva sentire più forte che mai, ovattandole le orecchie.

-sono qui per te- le rispose lui, tranquillo.

-per me?- quella tranquillità irritava Kate, che invece avrebbe voluto che le spiegasse in fretta perché fosse lì.

Il ragazzo diede uno sguardo veloce all’orologio che portava al polso, per poi tornare a guardare Kate.

-ormai Lexus sarà arrivata da più di mezz’ora-

La rossa si acciglio, incerta –ma se il volo è appena atterrato!-

Joe alzò le spalle passandosi la lingua sul labbro inferiore –ma lei non era su quel volo, è tornata a casa in macchina-

-e allora che ci faccio qui?- fece un passo indietro, spaesata.

Aveva un brutto presentimento, molto brutto. Perché le sue amiche l’avevano spedita all’aeroporto se Lexus non era su quel volo? Perché Joe era lì? E perché si sentiva come un coniglio appena caduto in una trappola?

-ho chiesto io alle ragazze di farti credere di dover prendere Lexus all’aeroporto- confessò in tono basso, lentamente.

-perché?- strinse il cellulare in una mano, fino quasi a stritolarlo.

-perché mi serviva una scusa per farti venire qui- era agitato, nonostante ostentasse tranquillità, si vedeva dal continuo cambiare direzione dei suoi occhi.

-e cosa dovremmo fare in un aeroporto?- alzò di poco la voce, stizzita.

Stava cominciando a perdere la pazienza. Non solo aveva tranquillamente ignorato le sue richieste di stare lontani per un po’, ma le aveva fatto passare più di quarantacinque minuti in macchina, la sera di capodanno, per andare all’aeroporto. Per fare cosa poi?

-prendere un volo, è ovvio-

Kate spalancò gli occhi, mentre il sangue le fluiva velocemente al cervello, facendole quasi annebbiare la vista.

-no che non è ovvio!- strillò, dipingendo sul volto del ragazzo un’espressione spaventata –che diavolo stai dicendo?-

-non ti agitare, ti prego- sussurrò scoccando un’occhiata veloce attorno a loro dove un paio di persone si erano voltati a guardarli.

-non dirmi come devo reagire!- pestò un piede a terra sporgendosi pericolosamente verso di lui.

Joe sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Era l’esatta reazione che si era aspettato da Kate.

-puoi lasciarmi finire di spiegare, per favore?- chiese, sperando che il suo tono calmo e gentile tranquillizzasse la ragazza, che invece parve diventare ancora più rossa dalla collera.

-sentiamo- lo sfidò alzando il mento ed incrociando le braccia al petto.

-bene- prese un respiro profondo, prima di cominciare a parlare –ti ho portata qui, con la speranza che tu accettassi di prendere un volo con me. Ho preparato tutto in pochi giorni e voglio che tu venga con me, in un posto- Kate fece per parlare, ma lui la fermò prima che potesse iniziare –so che è una cosa assurda e che tu molto probabilmente mi dirai di no, ma ti prego Kate, lasciami provare-

Non seppe cosa le fece perdere improvvisamente il suo animo battagliero. Forse lo sguardo dolce e sincero che Joe le stava rivolgendo, forse quell’espressione speranzosa o, forse, il suo cuore che batteva forte nel petto, facendole perdere il respiro.

-ti avevo chiesto di concedermi del tempo Joe e invece…-

-lo so- la interruppe nuovamente lui, facendo un passo verso la ragazza, puntando gli occhi nei suoi –ma è proprio questo il punto Kate, ho paura che se ti lasciassi tempo per pensare, arriveresti alla conclusione che sono un completo idiota e che non valga la pena di riprovarci con me- allargò le braccia.

Kate si morse il labbro inferiore. Non poteva dirle quelle cose, non poteva parlarle così e lei doveva trovare un modo di far smettere il suo cuore di battere così forte, prima che le fosse venuto un infarto, e di far tacere la sua mente che le suggeriva di spegnere il suo lato pedante per una volta ed abbracciarlo.

-Joe, io…-

Le si avvicinò velocemente prendendole la mano libera tra le sue.

Kate rabbrividì, ma non seppe se per il calore che le sue mani emanavano o per il modo in cui la stava guardando in quel momento.

-prendi quel volo con me Kate, sarà l’ultima cosa che ti chiedo- deglutì –ti prometto che dopo ti lascerò tutto lo spazio che vuoi-

Sospirò, visibilmente indecisa, e Joe ne approfittò per sfoggiare la sua migliore faccia da cucciolo abbandonato al lato dell’autostrada, sperando che funzionasse.

-non ho nemmeno la valigia- sospirò abbassando le spalle, arrendendosi.

Il sorriso di Joe si aprì scoprendo tutti e trentadue denti, in una delle espressioni più felici che Kate gli avesse mai visto in volto.

-è un si, vero?- strinse di più la sua mano, portandosela al petto.

Kate alzò gli occhi al cielo –si, Joe-

-grazie- sorrise –in questo caso, non devi preoccuparti per il bagaglio, le tue amiche hanno preparato una valigia con tutte le cose essenziali, quello che manca lo comprerai lì-

-oh, le mie ex-amiche, vorrai dire-

Joe rise, ormai il buon umore andava da se, e intreccio le dita con quelle di Kate, trascinandola verso un altro gate.

-posso sapere dove stiamo andando?- commentò sarcastica mentre lo malediceva mentalmente per quella semi corsa che le stava facendo fare sui tacchi.

-no- rispose semplicemente lui –il volo sta per partire, dobbiamo sbrigarci, faremo così in fretta che non avrai il tempo di leggere sul tabellone la destinazione- si voltò verso di lei, sorridendo.

-chiederò a qualcuno sull’aereo!- sbotto contrariata poi, si blocco.

-un momento!- disse, strattonandolo per la mano, facendolo fermare

-che c’è?-

-non dobbiamo fare il check-in? E le valigie?-

-sono già sull’aereo-

Alzò un sopracciglio, contrariata –eri sicuro che ti avrei detto di si, quindi?-

Joe scosse la testa –affatto-

-quindi, se ti avessi detto di no, avresti spedito il mio bagaglio con le mie cose nel bel mezzo del nulla!-

-non stiamo andando nel bel mezzo del nulla!- rispose contrariato –stiamo andando a…- si blocco spalancando gli occhi, per poi ridurli a due fessure mentre un sorriso furbo gli si formava sulle labbra –non riuscirai a farmi dire dove siamo diretti-

Kate sbuffò, alzando gli occhi al cielo.

-ed ora corri, se non vuoi perdere i tuoi bagagli- sorrise stringendo la presa sulla sua mano e riprendendo a correre.

 

 

 

She turn the pages everyday, just to change the mood,

But every chapter reads the same, it’s so hard to make it through.

 

(Save your heart – Mayday Parade)

 

 

I cellulari delle tre ragazze suonarono contemporaneamente e sapevano che quello non era un buon segno. C’era solo una persona che mandava sms a tutte e tre contemporaneamente.

-Kate- sussurrò Jamie mentre veloci prendevano i cellulari, speranzose.

Tempo di aprire la piccola busta lampeggiante sullo schermo che sul viso di tutte e tre si stampò un sorriso.

-ha accettato!- Jamie si portò il cellulare al petto con aria sognante

-non ci speravo- commentò Ronnie continuando a fissare lo schermo del cellulare per accertarsi di aver letto bene

-solo io ho notato la parte in cui minaccia di ucciderci in modo lento e atroce?- Lexus si accigliò scorrendo col dito sullo schermo.

-oh, che importa, sono insieme ora!- saltellò Jamie, non curante delle persone attorno a loro

Lexus fece una smorfia –scorre troppo romanticismo nelle tue vene, dovresti fare qualcosa-

-dovresti avere una donazione da Lex- commento divertita Ronnie indicando Lexus col pollice -scommetto che diventeresti acida in men che non si dica!-

-ha parlato lo zuccherino- rispose l’altra incrociando le braccia al petto –e poi, meglio essere acide che rincitrullite come Jamie-

-io non sono rincitrullita!- sbottò quest’ultima mentre Ronnie ridacchiava –stavo solo elogiando il lato romantico di Joe!-

Lex alzò gli occhi al cielo e Ronnie strinse le labbra per non scoppiare a ridere.

-Joe sa cosa vuole e fa di tutto per prenderselo- continuò Jamie con aria sognante

-dovrebbe prestare un po’ della sua determinazione al fratello- suggerì Lexus facendo cambiare repentinamente lo stato d’animo di Ronnie, che si irrigidì all’istante –lui invece si sta facendo scappare quello che vuole-

Ronnie guardò le amiche che ora avevano la loro attenzione su di lei.

-chi ti ha detto che sia così?- rispose lei in fine, sospirando. Non le piaceva la piega che quella conversazione stava prendendo –quello che vuole è Allie e non se la sta facendo scappare-

L’espressione sarcastica che comparve sui volti delle due non fu una sorpresa per Ronnie, che non poté fare altro che stringersi nelle spalle.

-hai ragione Ron- rispose Lex chiaramente sarcastica –è talmente preso da Allie, che da quando ti ha visto non la smette di guardarti un attimo, credo che la poveretta stia pensando di improvvisare uno spogliarello per attirare la sua attenzione-

Non doveva voltarsi, sapeva che non doveva farlo. Eppure fu automatico girarsi quasi di scatto fino ad incontrare il suo sguardo che, effettivamente, era puntato su di lei.

Sentì uno strano formicolio alla bocca dello stomaco, ma non riuscì a staccare lo sguardo da lui, che invece lo fece repentinamente quando si accorse che lei l’aveva scoperto a fissarla.

Che strana situazione. Strana ed imbarazzante.

Non vedeva Nick dal giorno in cui le aveva detto che era meglio per loro se non si vedessero più ed ora stare lì, a qualche metro di distanza, come se fossero due estranei le dava in senso di tristezza e smarrimento.

Era finita davvero? Non avrebbe mai più parlato con Nick? Il solo pensiero le faceva venir voglia di sprofondare e scappare via, di nuovo.

Quel veloce scambio di sguardi che era durato meno di un minuto, purtroppo, non passò inosservato alla ragazza bionda seduta accanto a Nick, che gli stringeva possessivamente il braccio.

Allie intercettò lo sguardo di Ronnie che si sentì sprofondare quando gli occhi freddi della bionda incrociarono i suoi, ma per qualche motivo non riuscì a staccarli da lei.

Si sentiva stupida, umiliata e inutile. Lui aveva scelto Allie, non lei, ed ora la bionda aveva tutto il diritto di guardarla in cagnesco. Quello che Ronnie non si aspettava però, fu quello che fece qualche istante dopo.

Sorrise lievemente verso la sua direzione prima di voltarsi verso Nick e sussurrargli qualcosa all’orecchio prima di poggiare con lentezza calcolata una mano sulla gamba del ragazzo.

Ronnie si voltò di scatto verso le amiche per non guardare quella scena raccapricciante –almeno per lei-, mentre sentiva l’amaro salire su, assieme alle lacrime, ma quello che trovò dall’altro lato fu quasi peggio. Nonostante cercassero di nasconderlo, negli occhi di Lexus e Jamie riuscì perfettamente a leggere la stessa espressione che avevano perennemente in viso quattro anni prima, quell’espressione di pietà misto a dispiacere. Quell’espressione dalla quale era scappata a gambe levate.

-ora basta- sbottò portandosi il bicchiere pieno alle labbra e bevendo tutto ad un sorso

Era stanca, stanca di essere compatita, stanca di essere rifiutata, stanca della sua stupida vita. Avrebbe cambiato tutto, ora.

Strizzò gli occhi per il sapore forte dell’alcol e poi si voltò verso una direzione precisa della sala dove, grazie a Dio, Angel si era appena liberato di quei due sconosciuti e le stava rivolgendo uno dei suoi sorrisi rassicuranti.

Poggiò malamente il bicchiere tra le mani di Lexus e si avviò a passo spedito verso il ragazzo, mentre sentiva l’amica sussurrare un flebile –pensi che dovremmo fermarla?-

In pochi passi fu di fronte allo spagnolo, che non ebbe tempo di aprire bocca, perché la ragazza gli aveva gettato le braccia al collo, sorprendendolo piacevolmente al punto di fargli mancare le parole.

-ciao- la salutò sarcastico, ancora un po’ spaesato.

-ciao- sorrise lei, ma era un sorriso tirato.

Si allungò di qualche centimetro, poggiando la fronte alla sua, mentre i loro nasi si sfioravano.

Angel socchiuse le labbra, sorpreso, ma non si mosse minimamente da quella posizione.

Avrebbe potuto baciarlo se solo avesse voluto. Avrebbe potuto annullare del tutto la distanza tra loro due e premere le labbra sulle sue, sapeva che il ragazzo non avrebbe opposto resistenza, anzi. Poteva porre fine a tutto quello, cominciare una nuova vita, in quel preciso istante.

-ti va di ballare?- deglutì

-certo- sorrise Angel posando le mani sui suoi fianchi

Ronnie poggio la testa sul suo petto, con un sospiro.

Angel le voleva bene, lo sapeva, e non poteva approfittare così di lui perché anche lei gli voleva bene. Non era giusto giocare così con lui, facendogli intendere che avrebbe potuto esserci qualcosa di più di una semplici amicizia tra di loro. Non si era opposta quando lui l’aveva baciata in aeroporto, non aveva messo le cose in chiaro quando lui si era presentato a casa sua o le aveva preparato la cena a lume di candela qualche giorno prima.

Ed ora stava per baciarlo, solo per non sembrare una disperata agli occhi del ragazzo che amava e della sua perfetta fidanzata.

Stava sbagliando tutto, anche con lui, che era il suo migliore amico.

Le venne la nausea quando sentì Angel accarezzarle i capelli con una guancia, era lei stessa che si dava il voltastomaco.

C’era qualcosa di buono che aveva fatto nella sua vita?

-scusami- sussurrò scostandosi da lui, prima di correre in bagno.

Poggiò le mani sul bordo del lavandino freddo sopra il quale avrebbe volentieri spaccato la sua testa, o magari la testa di qualcun altro.

Serrò gli occhi prendendo un respiro profondo, prima di guardare la sua immagine riflessa allo specchio.

Cosa diavolo le era saltato in mente? Aveva seriamente pensato di baciare Angel solo per non fare la figura della sfigata? Era una persona orribile e tutto quel male che ora le piombava addosso le stava bene.

Aprì il rubinetto buttandosi un po’ d’acqua fresca sul viso accaldato.

Aveva perso il ragazzo che amava, la sua ragazza si stava prendendo gioco di lei in quel preciso istante e stava per perdere uno dei pochi amici sinceri che avesse mai avuto in vita sua.

Poteva andare peggio di così? Ovviamente, si.

E lo capì quando vide Nick entrare con sguardo fiammeggiante senza nemmeno bussare, chiudendosi la porta alle spalle, facendo girare la chiave nella serratura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*               *                *

 

 

 

 

 

EEEEEEEEEEccomi qui! Con un altro lungo, straziante(?), capitolo uù

Non ve lo aspettavate così presto, eh? Sto migliorando *O*

Prima di parlare del capitolo voglio che passiate a leggere questa os autobiografica! Le tre presenti nella storia siamo io(Jennifer), Ryry_ (Caroline) e Sophiaa (Eleanor), vi giuro che è esilarante, come lo siamo in realtà noi tre insieme, vi prego di leggerla e di farmi sapere se vi piace! LOL

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Anyway.

Spero vi sia piaciuto come a me è piaciuto scriverlo. Ho amato immensamente Joe in questo capitolo ed ho invidiato Kate, sappiatelo.

Si, stranamente sono vagamente compiaciuta da questo capitolo, ed è la seconda volta che succede, la fine del mondo è vicina.

Detto questo, al capitolo scorso sono calate un po’ le recensioni, mi dispiace se il capitolo non vi è piaciuto o, com’è giusto che sia, non vedete l’ora che questa storia finisca dopo due anni e per questo volevo dirvi che mancano pochi capitoli, 3 più epilogo e capitolo extra, in totale 5. Quindi, tenete duro, è quasi finita! LOL

Ok, non so che altro dire, quuuuuuuindi, spero vi sia piaciuto il tutto!

Vi amo, always <3

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Capitolo 31
*** Lover Dearest ***


 

 

My tongues turnin' black, but I'll take you back.
Your still the best more or less, I guess.

 

 

Kate si guardava intorno con aria circospetta mentre Joe, al suo fianco, aveva tutta l’aria di uno che se la rideva sotto i baffi.

Non era mai stata in quell’aeroporto e questo la aiutava a cancellare dalla lista che aveva stillato nella sua mente parecchie città del paese, per di più le ore di volo erano state all’incirca un paio, non dovevano essere lontani.

-siamo al sud, lo sento- sentenziò trascinandosi dietro il trolley troppo leggero

-da quando sei diventata un navigatore satellitare?- chiese sorridendo Joe mentre si posava degli occhiali scuri sugli occhi.

-da sempre- rispose sbrigativa –tu, piuttosto, ti sei reso conto che sono le dieci e mezza di sera? Non credo ci sia il sole fuori, a meno che tu non mi abbia portato in un posto con un fuso orario assurdo-

Joe ridacchiò ancora afferrando con nonchalance la mano della ragazza che per l’ennesima volta maledì quegli stupidi aeroporti. Non potevano mettere all’uscita del gate un’insegna enorme su cui scritto il nome del posto dove si trovavano? No, ovviamente ed ora lei era costretta ad aspettare di arrivare all’uscita –che sembrava lontana chilometri- per sapere dove diavolo l’avesse portata quel matto.

-non c’è nessun fuso orario, indosso gli occhiali perché non vorrei che qualcuno mi riconoscesse- rispose -non dovrei essere qui, ora-  

Kate si voltò a guardarlo, mentre sollevava scettica un sopracciglio –ora devi spiegarmi perché voi star avete l’assurda convinzione che indossando un paio di occhiali non vi riconosca nessuno-

Il ragazzo scoppiò a ridere dell’espressione seria di Kate che, indispettita, strattonò la sua mano da quella di Joe.

-togliti quel sorriso dalla bocca, sono ancora arrabbiata con te per avermi portato nel mezzo del nulla senza preavviso-

Joe alzò gli occhi al cielo –ti ho già detto che non siamo nel bel mezzo del nulla e poi se te lo avessi chiesto col preavviso, avresti detto di si?-

-certo che no- sbottò –ma potresti almeno dirmi dove siamo, ora-

-non ce n’è bisogno- ammiccò all’uscita a pochi metri da loro

Kate avanzò il passo, decisa a raggiungere quell’uscita il prima possibile e lasciando Joe qualche metro dietro di lei.

Quando varcò le porte scorrevoli rimase a bocca aperta, incredula.

-Las Vegas?- chiese con voce acuta voltandosi alla sua sinistra, dove il ragazzo l’aveva raggiunta

-già- sorrise in risposta lui –benvenuta a Las Vegas!- allargò le braccia

-e che ci facciamo a Las Vegas?- domandò titubante mentre il ragazzo si sporgeva per chiamare un taxi, che qualche secondo dopo si fermò accanto a loro.

-è una sorpresa- sospirò a causa dello sforzo, mentre infilava le valigie nel cofano dell’auto

Kate lo seguì in silenzio fino alla portiera posteriore, che lui gentilmente le aprì, fece per entrare ma poi si blocco.

-non avrai mica intenzione di portarmi in una di quelle luride cappelle e chiedermi di sposarti, vero?-

Joe rimase interdetto mentre studiava l’espressione di Kate per cercare di capire se fosse seria o meno. Pensava davvero che volesse sposarla? A Las Vegas?

-certo che no!- rispose prima di scoppiare a ridere nel vedere l’espressione sollevata della ragazza

Kate entrò in macchina borbottando un “idiota” e Joe la seguì, comunicando poi la destinazione al conducente.

-allora, posso sapere perché siamo qui?- incalzò lei

-mi pare di averti già risposto una ventina di volte di no-

La ragazza gonfiò le guance come una bambina –ma io voglio solo…-

-Kate- la interruppe lui prendendole una mano –riesci a stare zitta per cinque minuti?-

Gli gettò un’occhiataccia prima di arrendersi ed abbandonare le spalle contro lo schienale, lasciando che la sua mano si scaldasse a contatto con quella di Joe.

Guardava fuori dal finestrino ammaliata dalle luci che si riflettevano sul suo viso ed esplodevano in mille colori. Non era mai stata a Las Vegas, ma era una città che aveva sempre intrigato lei e le sue amiche, con le sue luci, la sua libertà, la sua completa assenza di regole. Ne erano affascinate al punto che avevano giurato a loro stesse che ci sarebbero state quando avrebbero avuto ventuno anni, per poter essere legalmente indipendenti, ma quando era arrivata l’età giusta una componente essenziale del gruppo era a chilometri di distanza da loro, che avevano rinunciato ad andarci in tre poiché sapevano che senza Ronnie non sarebbe stato come l’avevano sempre immaginato nei loro pensieri.

Non aveva mai pensato però che ci sarebbe andata proprio con Joe in quella città ed ancora ora, seduta in quel taxi, si stava chiedendo se avesse fatto bene ad accettare la sua assurda proposta. Non era ancora sicura di poter perdonare Joe, e non voleva che accettando avesse fatto accrescere la speranza del ragazzo. Doveva ammettere però che ora in quella macchina con lui che le stringeva la mano, si sentiva di nuovo serena.

Passarono poco più di dieci minuti prima che il taxi si fermasse nella strada più illuminata che lei avesse mai visto in vita sua.

-pronta?- Joe le strinse la mano, sorridendole

Kate prese un respiro profondo, prima di annuire incerta. Il ragazzo parve cogliere il suo tentennamento ed avvicinò i suo viso a quello della rossa, accarezzandole una guancia con la mano libera mentre con l’altra faceva intrecciare le loro dita.

-ti piacerà, fidati-

La ragazza si morse il labbro tanto forte da sentire quasi male. Fidarsi, stava tutto lì il problema. Poteva ancora fidarsi di Joe, di quegli occhi marroni che la stavano fissando con tanta dolcezza e sincerità?

-andiamo- sussurrò facendo aprire Joe nell’ennesimo sorriso, prima di trascinarla giù dall’auto gialla che, ricevuto il suo compenso, li lasciò nel mezzo di quella strada con tante luci da accecarle gli occhi.

-da questa parte- Joe la strattono gentilmente cominciando a percorrere la strada affollata, senza lasciarle per un secondo la mano.

Kate si lasciava trascinare per quella strada completamente in trance. Amava le luci, amava la vita, amava il caos ed in quel posto non mancava niente di quello, se poi ci metteva che era anche con Joe, era perfetto. Se solo non fosse per il piccolo dettaglio che ora loro non stavano insieme.

Percorsero un centinaio di metri su quella strada prima che Joe svoltasse a sinistra ed una luce, se possibile, ancora più forte della precedente colpì il viso di Kate così violentemente che la ragazza fu costretta a fermarsi di colpo.

-eccoci- sentì sussurrare Joe lasciandole la mano e Kate fissò avanti a lei, restando a bocca aperta.

Quella non era la realtà, era il suo sogno.

Kate sbatté un paio di volte le palpebre facendo un passo avanti, ma l’enorme struttura avanti a lei restò lì, imponente: la torre Eiffel. Certo, non era l’originale, era solo un mega albergo con chissà quante stelle, ovviamente, ma su Kate aveva lo stesso affetto della vera torre parigina.

Parigi, una delle più grandi capitali della moda, il suo sogno, la sua aspirazione. Da bambina sognava di poter passeggiare per gli Champ Elisee, di andare al Moulin Rouge e di salire fino al piano più alto della torre Eiffel, per ammirare il paesaggio della città che si stendeva sotto di lei. Ora stare sotto quell’enorme torre, anche se non era quella vera, l’emozionava in modo sconvolgente.

-so che il tuo sogno è andare a Parigi, me l’hai detto tante volte- sussurrò Joe affiancandosi a lei –per motivi di tempo, non sono riuscito a portarti nella vera Parigi, spero che ti piaccia anche questo- indicò con un ampio gesto di fronte a lui

Per la prima volta da quando era nata, forse, Kate era rimasta senza parole. Ringraziare il ragazzo sarebbe stato troppo poco.

-è bellissimo- fu l’unica cosa che riuscì a dire infine, senza staccare gli occhi dalla struttura

Joe allungò il braccio fino a sfiorare la spalla della ragazza con la mano, posandovi una leggera carezza che finalmente attirò l’attenzione di Kate su di lui. La ragazza gli sorrise sistemandosi una ciocca rossa dietro l’orecchio.

Joe prese un respiro profondo, prima di cominciare a parlare.

-mi dispiace tanto di aver rovinato tutto- sussurrò e Kate abbassò leggermente lo sguardo –non sai quanto me ne pento ogni giorno, Kate. Quante volte penso che se non avessi fatto quella stupidaggine ora…- Kate rialzò gli occhi puntandoli in quelli di Joe, che per un attimo sentì la voce venirgli meno –ora staremo ancora insieme-

Kate si morse l’interno della guancia, nervosa.

-non lo so Joe- alzò le spalle –quando eri il mio migliore amico era tutto più semplice-

Joe fece un passo verso di lei, prendendole una mano e poggiandosela sul petto –ma io sono ancora il tuo migliore amico, lo sarò sempre-

Kate ritrasse la mano come scottata –Joe, il mio migliore amico, era diverso da quello che ho visto qualche settimana fa-

Joe si morse il labbro inferiore –ma quello non era Joe-tuo migliore amico, quello era Joe-il tuo ragazzo idiota alle prese con una crisi di gelosia-

-beh- la ragazza abbassò per un attimo lo sguardo –non mi piace la versione Joe-ragazzo idiota, preferivo quella divertente e gentile di prima, quella che non avrebbe mai fatto nulla per ferirmi- sussurrò alzando nuovamente gli occhi su Joe

-posso migliorare- sussurrò facendo un altro passo verso di lei, che però scosse la testa

-non voglio perdere il mio migliore amico-

Joe la guardò accigliandosi –cosa vuoi dire?-

Kate si sentiva il cuore in gola. Sapeva che doveva scegliere, doveva farlo ora. Non poteva avere entrambi i lati di Joe, non poteva avere il suo migliore amico e il suo ragazzo, ma non sapeva se era ancora pronta per affrontare una scelta del genere. Fidarsi di Joe, ancora una volta, come suo ragazzo e buttarsi quindi in qualcosa di completamente nuovo, o buttarsi tra le braccia del suo fidato migliore amico?

-voglio dire che- deglutì senza riuscire a guardarlo negli occhi –che quando eravamo amici era tutto più semplice tra di noi, quindi forse è meglio se restiamo…-

-oh, ti prego!- sbottò Joe facendola sobbalzare –non dirlo, ti prego, sarebbe come prendersi in giro da soli! Quando mai siamo stati solo amici io e te, Kate? Quando mi chiamavi in lacrime perché ti mancava Ronnie ed io correvo da te nel bel mezzo della notte e mentre ti stringevo non pensavo ad altro se non ad asciugarti ogni lacrima con un bacio? Quando ogni volta che mi trovavo a New York cercavo una scusa per venire da te ed ogni volta mi ripromettevo di confessarti i miei sentimenti? O quando ti ho baciato la prima volta ed ho capito che eri tu che aspettavo da una vita?-

Kate era senza fiato. Fissava Joe di fronte a lei che la guardava con gli occhi spiritati, come se fosse pazzo. Il cuore le batteva forte nel petto e sentiva le guance diventare bollenti.

-e vuoi sapere qual è la cosa più ridicola?- ora la voce era più bassa e roca, l’espressione rassegnata, come se le parole di prima l’avessero stancato –che io accetterei anche di essere tuo amico, perché…- uscì una breve risata sarcastica dalle sue labbra, mentre alzava le spalle –…perché sei la persona più sensazionale che abbia mai conosciuto, perché ormai non riesco più a stare senza di te e pur di starti accanto mi accontenterei di essere qualsiasi cosa per te, qualsiasi cosa tu voglia, perché io ti amo, Kate- allargò le braccia, come a volergli offrire quel poco che aveva, il suo amore –e in un modo o nell’altro voglio trascorrere la mia vita accanto a te-

La ragazza spalancò gli occhi, incredula, mentre sentiva il cuore cominciare a batterle ad una velocità disumana a causa delle parole di Joe.

Le aveva detto che l’amava. Lui, l’amava.

Sentì le lacrime salirle agli occhi e fece di tutto per trattenerle. Ci riuscì, ma in compenso le mani presero a tremarle eccessivamente.

-tu…mi ami?- le uscì in un singhiozzo

-da quando ci siamo incontrati in aeroporto dopo tutto quel tempo- sospirò –da due anni-

A questo punto le lacrime tornarono più prepotenti di prima e Kate non poté far altro che abbassare il capo e lasciarle scorrere sul suo viso, mentre cercava di sopprimere i singhiozzi.

-oh, Kate- sussurrò Joe prima di stringerla tra le sue braccia ed attirarla a se –non c’è bisogno di piangere- le sussurrò ad un orecchio –dimmi cosa vuoi e lo avrai-

-voglio te- singhiozzò poggiando la guancia sul suo petto

-ma io sono già tuo, lo sai-

-voglio che torni tutto come prima- tirò su col naso, non curante del fatto che probabilmente stava impiastricciando la maglia del ragazzo col mascara colato.

-va bene- sussurrò gentile –se vuoi che torniamo amici come prima, è quello che faremo-

-No!- protestò divincolandosi tra le braccia del ragazzo –io voglio te, non come amico- puntò gli occhi pieni di lacrime nei suoi –io voglio baciarti, abbracciarti, amarti. Voglio tutto di te-

Joe le sorrise e Kate sentì mancare un battito di fronte alla felicità che fuoriusciva fa ogni centimetro del viso di Joe.

-ne sei sicura?- le prese il viso tra la mani, asciugando le ultime lacrime col pollice

Kate annuì con foga e il sorriso del ragazzo si allargò.

-non ti deluderò questa volta- sussurrò avvicinandosi al suo viso, fino a far sfiorare i loro nasi –sarò perfetto-

Kate sorrise, posandogli una mano sulla guancia –voglio solo che tu sia Joe, il mio Joe-

Ci mise poco, il suo Joe, ad annullare la distanza tra loro e poggiare avidamente le sue labbra su quelle rosse di Kate per un bacio che entrambi aspettavano da troppo.

-oh, Joe- la ragazza si stacco di un centimetro, il necessario per riuscire a parlare

-si?- chiese impaziente il ragazzo che voleva tornare a baciarla subito

-anche io ti amo- sorrise –da morire-

 

 

 

This place is a hole, but I don’t wanna go

I wish we could stay here forever alone.

This time that we waste, but I still love your taste

Don’t let him take my place

 

 

 

 

Era balzato da quel divano senza nemmeno rendersene conto, istintivamente.

-che succede?- sibilò Allie, afferrandolo per una mano

Nick la scrollò infastidito, con gli occhi che puntavano dritto di fronte a se. Aveva visto Ronnie quasi scappare verso il bagno ed era determinato a seguirla.

Allie, però, non sembrava altrettanto determinata a lasciarglielo fare.

-dove vai?-

-devo prendere un po’ d’aria- mentì, dicendo la prima cosa che gli era venuta in mente, ma il fatto che lui non fosse un gran bugiardo era risaputo.

-vengo con te- prontamente la bionda si alzò affiancandolo

Perfetto.

-Allie, eccoti qui!-

Alzò il viso in tempo per vedere Jamie e Lexus che si avvicinavano a loro, la prima con un sorriso tirato in viso, l’altra senza espressione.

-ti stavamo cercando, volevamo farti vedere delle cose per il matrimonio, di là, perché non vieni un attimo?- la ragazza si rivolse ad Allie

Lo sguardo di Jamie aveva incontrato solo per un attimo quello agitato di Nick, ma in quell’istante aveva capito che lei stava cercando di dagli il via libera.

-veramente stavamo uscendo un secondo, non potremmo vederle dopo?-

Nick si ritrovò a gettare uno sguardo carico di tensione a Lexus che, dietro Jamie, stava immobile con le braccia incrociate al petto. La ragazza lo fissò per qualche secondo, impassibile. Non sapeva come mai, ma aveva avuto la sensazione che Lexus lo stesse mentalmente rimproverando, dicendogli che si era cacciato lui stesso in quella situazione e lui stesso se ne doveva tirare fuori. Come darle torto?

Dopo un istante però, Lexus parve cambiare idea, e dopo aver alzato gli occhi al cielo si avvicinò ad Allie, prendendola sotto braccio con fare amichevole.

-dopo ci sarà più gente, e non avremo tempo per metterci in disparte per vedere questa cosa- Allie lanciò uno sguardo confuso a Nick, che le aveva risposto scuotendo leggermente la testa. La biondina era rimasta sorpresa dall’improvvisa cortesia di Lexus, che non era mai stata così gentile nei suoi confronti.

-Raggiungerai dopo Nick- aveva concluso Lexus trascinandola tra la folla

Nick sospirò, sollevato, prima che Jamie si voltasse verso di lui, puntandogli un dito al petto.

-E’ andata in bagno, hai cinque minuti- sussurrò, poi sparì a sua volta tra la folla.

Nick si lanciò letteralmente verso il corridoio che portava al bagno senza pensarci un attimo.

Hai cinque minuti.

Per fare cosa? Cosa le avrebbe detto? Perché diavolo la stava seguendo in quel bagno?

In quel momento, però, non aveva molta voglia di pensarci e senza sapere come si ritrovò a spalancare la porta di quel bagno e richiuderla dietro di se, come una furia.

Strinse le dita attorno alla chiave di ferro, puntando il suo sguardo sul volto sorpreso di Ronnie.

Era ancora frastornato da quello che aveva visto qualche istante prima, tanto che le mani gli tremavano ancora per la rabbia. Aveva voglia di picchiare qualcuno, qualcuno che si trovava fuori da quella stanza e chiuse gli occhi prendendo un respiro profondo per impedirsi di farlo.

-cosa ci fai qui?- fu la voce acuta ed allarmata di Ronnie a farlo tornare al presente

Nick serrò la mascella, mentre continuava a guardarla in silenzio.

-sei entrato senza nemmeno bussare!- gli fece notare lei, stizzita, ma i pensieri del ragazzo volavano da ben altra parte.

Avanti ai suoi occhi vedeva fissa e nitida l’immagine di Ronnie che allacciava le braccia ad un collo che non era suo, mentre i loro corpi si avvicinavano e il ragazzo le stringeva i fianchi, sorridendole ammaliante.

Chiuse gli occhi prendendo un respiro profondo, di nuovo, mentre le unghie affondavano senza pietà nel palmo della mano.

-allora?- trillò Ronnie in attesa di una spiegazione

Finalmente Nick si decise a parlare.

-volevo solo farti gli auguri- voleva sembrare tranquillo, ma la voce gli uscì in un sibilo –c’è molto feeling tra te e il tuo ragazzo-

Ronnie sussultò, sorpresa sia dalle parole del ragazzo, sia dal tono con cui le accompagnò, un tono che non era da lui.

-ti ringrazio per la tua premura- rispose sarcastica –ma Angel non è il mio ragazzo-

Le risposta di Ronnie non sembrò tranquillizzare nemmeno minimamente Nick, che invece parve ancora più stizzito –oh, non sembrava a giudicare da come ti stava mangiando con gli occhi, prima-

Ronnie si sforzò di scrollare le spalle con nonchalance, come se la cosa con la toccasse minimamente, come se il suo cuore non stesse minacciando di lanciarsi dal suo petto da un momento all’altro.

-evidentemente Angel mi guardava così perché è uno che sa quel che vuole, e prova a prenderlo-

Touché.

-ed a quanto pare, tu hai tutta l’intenzione di volergli dare quel che vuole- la voce gli tremava ed a stento riusciva a tenerla ad un tono normale, stava per scoppiare.

Nick fece un passo verso di lei e Ronnie si immobilizzò, trattenendo il respiro, mentre vedeva il volto del ragazzo diventare sempre più rosso.

Non aveva mai visto Nick così arrabbiato, anzi, non l’aveva mai visto nemmeno lontanamente nervoso e, francamente, ora non capiva nemmeno il perché nel suo nervosismo eccessivo. Non era stato forse lui a dirle che con Angel sarebbe stata più felice? Non era stato Nick a spingerla tra le sue braccia?

Ronnie si accigliò, formando una fossetta tra le sopracciglia –non credo che questi siano affari tuoi-

Non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase, che vide chiaramente una scintilla passare negli occhi del ragazzo, mentre un sopracciglio si inarcava in un gesto involontario.

-oh, e invece credo che siano affari miei quando si parla di te, con quello!- strillò facendo spalancare gli occhi a Ronnie, che si ritrasse leggermente.

Non sapeva se sentirsi impaurita o sorpresa da quella reazione troppo focosa per Nick, di solito eccessivamente gentile e silenzioso. Tra le due però, prevalse la rabbia per le sue parole.

-stai scherzando, spero!- urlò di rimando -non puoi avere questa faccia tosta! Non puoi venirmi a fare una scenata di gelosia quando lì fuori c'è la tua ragazza!- probabilmente era diventata più rossa di lui.

-è colpa tua- ormai Nick aveva perso la ragione -se tu non fossi scappata in Spagna ora staremo insieme!-

Ronnie spalancò gli occhi facendo un passo indietro, colpita.

-oh certo, dimenticavo- sorrise sarcastica allargando le braccia –quella che sbaglia sono sempre io, vero? Tu sei perfetto, non fai mai un errore- gli puntò l’indice contro il petto, spingendolo leggermente -ma come potresti, d’altronde? Hai mai fatto una cosa senza prima pianificarla nei minimi dettagli, Nick?- Nick la fissava inerme, con espressione consapevole -Hai mai fatto una cosa non perché era giusta, ma perché era quello che sentivi di fare?- ormai urlava così forte che probabilmente la stavano sentendo dalla casa di fronte, ma non le importava. Lui non poteva trattarla così, non poteva respingerla e poi farle scenate di gelosia, o di pazzia, appena si avvicinava ad un ragazzo.

-hai mai fatto una cosa stupida e pericolosa? Hai mai fatto la prima cosa che ti saltava in…-

Spalancò gli occhi, ma rimase impassibile mentre Nick l’afferrava poco delicatamente per il polso, attirandola a se mentre le sue labbra si impossessavano prepotentemente di quelle della ragazza.

Non aveva avuto nemmeno il tempo di reagire, ma l’avrebbe fatto?

In una frazione di secondo, con l’ultimo brandello di lucidità che le era rimasto, si chiese se non fosse il caso di allontanarlo, ma quando Nick le lasciò il polso per affondare le dita tra i suoi capelli con entrambe le mani, anche l’ultimo sprazzo di lucidità volò via, come se non fosse mai passato di li.

Si ritrovò a chiudere gli occhi insieme a lui e assecondare i suoi movimenti decisi mentre sentiva il suo stomaco cominciare a tremare.

Quello, era del tutto diverso del bacio che si erano scambiati frettolosamente qualche settimana prima. Le sue mani non erano delicate come ricordava, ma facevano presa su di lei avvicinandola quanto più possibile al suo viso, come per rivendicare una cosa sua, i suoi baci erano più rudi e disperati, come se sapesse che quel bacio era una cosa proibita, un peccato, che poteva essere l’ultimo.

Fu questo pensiero che fece uscire dalle labbra di Ronnie un lamento, che probabilmente passò per un gemito, e la fece aggrappare con forza alle sue spalle. E Nick parve della stessa idea mentre con troppa foga spingeva Ronnie verso il muro accanto al lavandino, schiacciando il suo busto contro quello della ragazza, che quasi si sentì mancare. Gli allacciò le mani dietro al collo, attirandolo a se, mentre Nick scendeva con le braccia a circondarle i fianchi. Oh, non sarebbe più riuscita a muoversi da lì, ne era sicura.

Come poteva anche solo pensarlo quando lì, seppur in una scomoda posizione, stava così bene? Perché per la prima volta il mondo le sembrava girare nel verso giusto se quello che stavano facendo era sbagliato?

Sentiva le mani di Nick massaggiarle la schiena mentre la stringeva a se, le sue labbra morbide e calde le avvolgevano la bocca, il suo respiro la stava sconvolgendo, e non faceva altro che pensare che lo voleva. Non voleva lasciarlo andare, voleva tenerlo per se. Voleva lui, tutti i giorni, ogni istante.

Ma lui non era suo.

E fu quel pensiero a farle venire le lacrime agli occhi e a darle la forza di puntare le mani contro il suo petto e spingerlo via.

-tu…non puoi…fare così- le tremava la voce, temeva che si sarebbe messa singhiozzare da un momento all’altro.

Nick si allontanò di un passò da lei tenendo però gli occhi fissi nei suoi, con espressione dispiaciuta.

-non puoi baciarmi, poi dirmi che vuoi stare con un’altra, poi farmi una scenata di gelosia se solo abbraccio qualcuno e baciarmi di nuovo- una lacrima si fermò prepotentemente all’angolo del suo occhio e lei l’asciugò veloce col dorso della mano.

Diamine, non si era forse ripromessa che non avrebbe mai pianto di fronte a nessuno?

-non puoi trattarmi così, non è giusto- soffiò infine

Il ragazzo annuì mordendosi il labbro inferiore e Ronnie poteva chiaramente leggere l’indecisione nei suoi occhi.

-hai ragione, ma…- sospirò lui con aria sconfitta -…c’è Allie ed io…-

Con uno scatto che fece sobbalzare Nick, Ronnie si avviò verso la porta. Non ce la faceva più ad ascoltare le sue parole inutili, non poteva sentirsi dire di nuovo che avrebbe scelto Allie e non lei. Non poteva resistere ancora.

-aspetta!- l’afferrò per un polso, bloccandola ad un centimetro dalla maniglia –non scappare, non di nuovo-

Quando Ronnie si voltò nuovamente verso di lui, i suoi occhi ormai erano completamente pieni di lacrime e sul suo viso era dipinta una pura espressione di sconfitta.

-mi dispiace Nick- strattonò il polso liberandosi dalla sua presa –ma questa volta sei tu quello che sta scappando, non io-

 

 

 

and it hurts me to say that it hurts me to stay
and it might be all right if you go
it hurts me to say that I want you stay,

 but it might be alright if you go

 

(Lover Dearest – Marianas Trench)

 

 

 

 

*                    *                      *

 

 

 

 

Ebbene si, lo ammetto, il mio intento fin dall’inizio è stato quello di farvi diventare talmente dolci con il pezzo Joe/Kate, in modo da far affievolire i vostri istinti omicidi nei miei confronti arrivati al pezzo Ronnie/Nick. Spero di esserci riuscita uù

Buona domenica babes! Come state?

Non potete capire quanto ci ho messo per completare questo capitolo! Ho finito di scrivere la parte Kate/Joe stanotte alle due, grazie a Soriana che mi aiutava e sopportava lol Tutto questo perché dovevo assolutamente postare oggi, visto che la settimana prossima sono senza pc e non volevo farvi aspettare troppo. AMATEMI ORA.

Anyway, volevo dirvi che l’altra volta sbagliavo, non mancano cinque capitoli, ma DUE alla fine, più l’epilogo. Quindi mi toglierò dalle palle presto, non temete!

Poi, ovviamente, volevo consigliarvi qualche bella Fan Fiction *-* Cliccate qui per una ff sui CCCIONAS di @youmakemesing_ . E QUI per la storia originale di @hosemprefamee (MANDOLS!)

Passate, mi raccomando uù

Credo di aver detto tutto.

Grazie mille ancora una volta per le recensioni, i commenti carini sulla mia pagina facebook e su twitter che mi fanno pensare che la mia storia vi piaccia davvero LOL

Vi amo, tutte <3

 

PS. Le frasi sono tutte prese da LOVER DEAREST, la ghiohgoijtogh canzone dei Marianas Trench, non altro che la canzone che ha dato vita all’intera Fan Fiction. Ascoltatela!

 

 

 

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Capitolo 32
*** I try. ***


Schizofrenico.

Era quello l'aggettivo che più si addiceva a Nick in quel periodo.

Un giorno era sereno, contento di passare del tempo con la sua famiglia o a scrivere, l'altro percepiva dentro di se inquietanti istinti omicidi che avrebbe tanto voluto sfogare sul primo malcapitato.

Tutti avevano notato i suoi sbalzi d'umore e il suo nervosismo, ma pochi -tra cui Joe, Kevin e molto probabilmente Allie- avevano intuito il perchè. Lui, d'altro canto, ne era terribilmente consapevole.

La sognava ogni notte.

Lei era lì, sorridente, a qualche metro da lui che correva come un toro impazzito pur di raggiungerla. Lo aspettava a braccia aperte, ma improvvisamente lui si fermava. Non sapeva perchè, semplicemente restava lì fermo, senza riuscire a muovere un passo. Lei allora lo aspettava per qualche istante, accigliata, fino a che un ragazzo moro e slanciato compariva alle sue spalle, Angel. Tutte le volte, lei si voltava verso lo spagnolo, per sorridergli e, dopo aver lanciato un'ultima occhiata triste a Nick, lo prendeva per mano e si allontanava mentre lui restava imbambolato.

A quel punto Nick si alzava a sedere di scatto nel letto, col fiatone e un mattone sullo stomaco.

Quello era il sogno che faceva da un mese, da quando le aveva parlato quell'ultima volta, a capodanno. Incredibile quanto fosse vigliacco anche nei suoi sogni.

-heilà!- trillò Joe spalancando la porta della sua stanza, senza bussare

Nick alzò per un attimo lo sguardo accigliato verso il fratello, per poi tornare a fissare il foglio bianco di fronte a lui.

-vedo che sei allegro come sempre- commentò entrando e richiudendosi la porta alle spalle

-ti serve qualcosa, Joe?- borbottò in risposta

Gli istinti omicidi più violenti di Nick in quel periodo erano incentrati tutti su Joe. Non che avessero litigato o che Joe avesse meritato tale ostilità da parte del fratello. Quella di Nick nei confronti del ragazzo era pure e semplice invidia.

Joe era sempre stato un tipo allegro e solare, ma in quell'ultimo periodo pareva che ogni stanza si illuminasse col suo passaggio e Nick, attaccato con tutte le sue forze all'abisso che si portava dentro, era terribilmente infastidito da tutto quel buonumore. La causa di quel buonumore, ovviamente, era dovuta al fatto che, mentre lui si rendeva ridicolo nel bagno della casa di Tyler, Joe aveva portato Kate a Las Vegas e l'aveva convinta a tornare con lui. Inutile dire che da quel momento i due erano tornati più inseparabili di prima. Nick non poteva essere più contento per il fratello come, da un altro lato, non poteva essere più invidioso della sua serenità.

Joe sbuffò prendendo uno sgabello ed avvicinandosi a lui.

-mi servono un paio di scarpe per il matrimonio, ti va di accompagnarmi?-

Il ragazzo si voltò a guardarlo, accigliato, come se avesse appena detto di voler andare in Congo a comprare petrolio, ma poi ricordò: il matrimonio di Jamie e Tyler.

-non può accompagnarti Kevin?- sbuffò cominciando a tracciare cerchi concentrici sul foglio

-no, non può, è con Jason- rispose l'altro guardandolo incerto -e poi voglio andarci con te-

-non possiamo andarci un altro giorno? Oggi proprio non mi va di uscire-

Joe alzò un sopracciglio, fissando il fratello che con aria assorta continuava a disegnare con gesti lenti sul foglio.

-Nick- cominciò cauto -sai che giorno è oggi?-

-martedì- rispose automaticamente

-già, martedì 2 febbraio- annuì -e tu sai che venerdì 5 c'è il matrimonio, vero?-

La mano di Nick rimase ferma sul foglio mentre alzava la testa di scatto.

-oh- era davvero passato tutto quel tempo? Erano già a febbraio? Non parlava con lei da...

-ora basta- Joe batté un pugno sul tavolo così forte da far sobbalzare il fratello -devi piantarla Nick-

-di fare cosa?- chiese confuso

-di essere così...così...- gesticolò nella sua direzione alla ricerca di un aggettivo adatto al fratello -...depresso- sospirò in fine.

-non sono depresso- borbottò lui in risposta

Joe allungò il dito verso il foglio bianco sul quale il ragazzo stava disegnando, se così si poteva definire quella cosa.

-stai qui da solo a disegnare quei cerchi, come lo chiami questo?- lo accusò

-ero solo sovrappensiero!- sbottò lui lasciando cadere la matita sul foglio

Joe alzò un sopracciglio -da quanto non vai al bowling?-

Nick fece per rispondere, ma mentre pensava si rese conto che nemmeno ricordava l'ultima volta che aveva messo piede su una pista da bowling.

-ecco- continuò Joe saccente -esci da questa stanza solo per vederti con Allie ed anche quando lo fai sembra che tu lo faccia come un dovere e non dovrebbe affatto essere così-

Il ragazzo abbassò la testa, colpevole. In quell'ultimo periodo era diventato un fantasma in quella casa e Joe aveva ragione, se non era per lavoro o per Allie lui non lasciava mai la sua stanza. Lo faceva solo per dovere, ma da quando Allie era diventata un dovere?

-io non voglio essere petulante o forzarti a fare una cosa che non vuoi fare- Joe aveva l'espressione più seria che Nick gli avesse mai visto in volto -ma posso farti una domanda?-

-certo- sussurrò il fratello, non del tutto sicuro

-perchè stai con Allie?-

Ecco, era proprio il genere di domanda che temeva. Il tipo di domanda che continuava a farsi dentro di se, ma non aveva il coraggio di dirla ad alta voce, come ora aveva fatto Joe.

Nick ci pensò per qualche istante, mentre qualche motivazione confusa gli passava per la testa. Alla fine optò per la verità.

-Joe- sospirò -Allie mi è stata vicina per più di un anno, mi ha aiutato a non pensare a lei, ad essere sereno ed io le voglio bene-

-no- rispose l'altro -quello che provi per lei è gratitudine, non affetto-

-qualunque cosa sia- sbuffò -lei mi è stata accanto ed ora non posso buttarla via solo perchè lei è tornata-

-ma non capisci che in questo modo soffrite entrambi?- sbottò -credi che Allie sia stupida? Che non abbia capito che sei innamorato di Ronnie?-

Nick rabbrividì alle parole del fratello. Sapeva bene si essere innamorato di lei, ma faceva uno strano effetto sentirselo dire, soprattutto da Joe che era praticamente una parte di se stesso, quella più razionale in quel momento, probabilmente.

-Allie vuole stare con me- scrollò le spalle –ed io non posso abbandonarla-

Joe spalancò la bocca.

-ma ti senti quando parli?- sospirò –Allie vuole, Allie dice, Allie desidera- lo imitò –quando la pianterai di agire solo per non ferire gli altri?-

-io non mi preoccupo eccessivamente- ringhiò stringendo i pugni.

Da quando essere altruista ed attento ai sentimenti del prossimo era una cosa sbagliata?

-E’ invece si- controbatté l’altro con sguardo accusatorio –hai comprato la mustang solo perché era la macchina dei sogni di papà e hai visto la sua espressione adorante quando l’ha adocchiata sul catalogo; mi hai lasciato la stanza di Kevin senza battere ciglio e ti assicuro che potrei continuare con la lista per parecchie ore-

-da quando pensare al prossimo è una cosa brutta?-

Joe alzò gli occhi al cielo, esasperato.

-e quando farai una cosa per te? Non riesci a capire che la tua felicità è più importante di quella degli altri?-

Nick si accigliò, confuso –mi sembra una cosa abbastanza egoista questa- soffiò –io voglio che le persone attorno a me siano felici-

-e come pensi che possano essere felici se tu non lo sei?-

Questa volta Nick non rispose, abbassando la testa sotto il peso delle parole di Joe, probabilmente le prime sensate che gli avesse mai detto in vita sua.

-pensi che sia bello vederti girare per casa come uno zombie?- continuò Joe in un sussurro –che Allie sia felice di vedere nei tuoi occhi il riflesso di Ronnie?-

Nick sbuffò passandosi una mano dietro la nuca con fare stanco –è così evidente?- chiese poi

-cosa?- Joe si allungò verso di lui con sguardo interrogativo

-che sono innamorato perso di lei- sospiro e Joe gli sorrise

-non riesci proprio a nasconderlo, mi spiace-

Nick annuì, più a se stesso che a Joe, mentre rifletteva sul da farsi. Avrebbe passato tutta la vita con Allie, sognando che al suo fianco ci fosse un’altra? Avrebbe rimpianto per sempre il momento in cui, in quel bagno, non aveva avuto il coraggio di dirle che l’amava e che voleva stare con lei?

-io voglio bene ad Allie, Joe-

Joe allungò una mano, posandogliela sulla spalla con fare confortante.

-ed è per questo che devi lasciarla andare- lo fissò negli occhi –devi darle l’opportunità di trovare qualcuno che la ami come tu ami Ronnie-

-ci penserò- soffiò in fine

 

 

I try to say goodbye and I choke,
Try to walk away and I stumble.
Though I try to hide it, it's clear
My world crumbles when you are not here

(Macy Gray – I try)

 

 

 

Quando scese dall’auto Ronnie aveva un bel sorriso stampato sulle labbra. Uno di quei sorrisi naturali, che non riesci a trattenere, uno di quelli che non le venivano da un po’.

Ma come non sorridere dopo un’intera notte con le sue amiche?

Febbraio era arrivato e con se anche il tanto atteso matrimonio di Jamie, che si sarebbe celebrato tra qualche giorno. Ovviamente le ragazze non avevano potuto rinunciare ad un loro originalissimo addio al nubilato.

Avevano guidato fino al mare, fatto la scorta di cibo e bevande e si erano accampate sulla spiaggia, ridendo e ricordando aneddoti di quando erano più piccole. A Ronnie era sembrato di essere tornata cinque anni indietro e aveva capito che il rapporto con le sue amiche era del tutto recuperato. Mentre ridevano così forte da sovrastare il rumore del mare si era resa conto che nulla era cambiato nella loro amicizia, nonostante tutto quello che avevano passato, erano ancora lì, più unite che mai.

Non avevano chiuso occhio per tutta la notte e si erano stupite quando avevano visto sorgere il sole dietro la linea orizzontale dell’oceano non credendo che il tempo fosse volato così in fretta, allora avevano deciso di far ritorno.

Ronnie controllò l’orario sullo schermo del cellulare, erano solo le sette, ma Angel doveva essere già sveglio e pronto per la sua corsa mattutina. Era abituata ormai a sentirlo uscire alle ore più impensabili del mattino, per poi tornare prima che lei uscisse per andare a lavoro con un caffè caldo e cookies.

Non si stupì quindi, quando da lontano lo vide sulla soglia della porta intento a scrutare nella sua direzione, con le braccia incrociate al petto, ma man mano che si avvicinava notava qualcosa di strano, fuori posto.

-cos’è quella?- chiese Ronnie raggiungendolo

Angel non era vestito come tutte le mattine nella sua tenuta da jogging, al contrario, era vestito di tutto punto pronto per andare da qualche parte. Parte, che sicuramente non era vicina, visto l’enormità della valigia poggiata accanto a lui.

-devo tornare a Madrid- disse lui, secco

Ronnie trattenne il fiato.

-perché?- quelle parole la colpirono come una doccia gelata

-il mio agente dice che devo essere a Parigi tra una settimana, per una sfilata- alzò le spalle –meglio passare prima per casa- la guardava distaccato, moderando la voce.

La ragazza deglutì abbassando la testa, incapace di pronunciare alcuna parola.

Sapeva che prima o poi sarebbe successo, che il ragazzo fosse tornato a casa, ma non pensava così presto, sperava almeno di poter andare al matrimonio insieme, di poter parlargli con calma del suo comportamento strano di quei giorni. Non poteva andarsene, non ora, non ora che aveva bisogno di lui.

Sentì il ragazzo sospirare, prima che allungasse una mano verso di lei, alzandole delicatamente il mento.

-mi dispiace- sorrise, questa volta più rilassato

-anche a me- le si incrinò leggermente la voce nel pronunciare quelle parole

Le dispiaceva. Le dispiaceva per tutto, per come erano andate le cose, per non aver chiarito subito la faccenda di quel maledetto bacio, di aver approfittato di lui, della sua amicizia, le dispiaceva di essere così tremendamente incasinata.

-se solo tu potresti rimanere ancora qualche giorno, io vorrei…- cominciò, ma Angel la bloccò quasi subito scuotendo la testa

-ho bisogno di andare-

Ronnie vide la rassegnazione nei suoi occhi e si sentì sprofondare.

-non voglio che te ne vada così- fece un passo verso di lui, afferrandogli la mano –non voglio che ci sia tensione tra di noi, voglio chiarire tutto-

Angel alzò le spalle –non c’è nulla da chiarire, tu mi piaci Ronnie e penso che ormai tutti l’abbiano capito-

La ragazza si morse il labbro.

-anche tu mi piaci, ma…-

-non in quel senso- concluse per lei che non potè far altro che annuire

-lo capisco- sospirò lui –come potresti anche solo considerarmi più di un amico quando c’è lui-

-non c’è nessun lui- rispose improvvisamente stizzita

Era da un mese che cercava di non pensare a Nick e il solo pensiero le faceva male allo stomaco.

-siete cotti l’uno dell’altra, si vede lontano un miglio-

Ronnie scosse energicamente la testa. Perché le stava dicendo quelle cose? Perché proprio ora che aveva deciso di dimenticarlo una volta per tutte?

-Nick ha fatto la sua scelta- sibilò, ma sta volta toccò ad Angel scuotere la testa

-lui ha scelto te Ronnie, deve solo rendersene conto-

La ragazza alzò le spalle, per quanto ne sapeva lei, in quel preciso istante Nick stava con Allie e questo le sembrava dirla lunga su chi avesse scelto tra le due.

In quel momento però non voleva pensare a Nick.

-mi mancherai- sussurrò e il viso del ragazzo si aprì finalmente in uno di quei sorrisi calorosi e sinceri che tanto piacevano a Ronnie.

-anche tu bichita- fece un passo verso di lei e la strinse forte, carezzandole i capelli

-non cambierà niente tra me e te, vero?- sussurrò ancora con la guancia poggiata sul suo petto caldo

-certo che no, sarai sempre la mia migliore amica-

Ronnie sorrise stringendo più forte le braccia attorno alla sua vita. Angel riusciva sempre a dire la cosa giusta, a farla rilassare e rassicurare. Non sapeva come avrebbe fatto senza di lui, soprattutto in quei giorni dove sarebbe stata costretta a rivedere Nick, ma capiva che in quel momento il ragazzo aveva bisogno di allontanarsi da lei, almeno fisicamente.

-devi chiamarmi appena arrivi- disse scostandosi da lui

-si, mamma- la prese in giro beccandosi un pugno sulla spalla

Il suono di un clacson li fece voltare entrambi verso la strada, dove un taxi aveva appena accostato di fronte la casa. Era ora di salutarsi, di nuovo.

-prima di andare, voglio che tu mi prometta una cosa- cominciò Angel catturando la sua totale attenzione

-cosa?- chiese curiosa

-voglio che tu parli con Nick e gli dica tutto quello che c’è qui dentro- soffiò picchiettando con l’indice all’altezza del suo cuore

Ronnie scosse la testa, sbuffando –non servirebbe a niente, ci ho già provato-

-no ed è questo il punto, tu non ci hai provato- controbatté –tu ti sei messa in un angolino e hai sperato che lui capisse da solo quello che provi, ma nessuno riuscirà mai a capire cosa hai dentro se non lo fai uscire-

La mora abbassò lo sguardo verso le travi di legno sotto i suoi piedi. Angel pensava davvero che parlando a cuore aperto con Nick le cose sarebbero cambiate? Ronnie non ne era per niente convinta. Mettersi a nudo di fronte a lui avrebbe significato porgergli il suo cuore su un piatto d’argento sapendo già che l’avrebbe pugnalato. Era masochismo puro.

-pensaci- soffiò lui cogliendo la sua titubanza –non hai più nulla da perdere ormai-

Alzò di nuovo lo sguardo verso il ragazzo nel momento esatto in cui il tassista fece suonare il clacson per la seconda volta.

-ti prometto che ci penserò- gli concesse in fine

Angel le sorrise sapendo di aver ottenuto già tanto. Aveva davvero creduto di poter avere una possibilità con Ronnie, ma si era dovuto ricredere quasi subito. Non per questo il bene che provava nei suoi confronti era diminuito e non gli importava se non poteva essere felice con lui, l’importante era vederla felice e basta.

-ti voglio bene- le sussurrò prima di poggiarle una mano dietro la nuca ad avvicinarla a se, posandole un leggero bacio sulla fronte.

Ronnie chiuse gli occhi, sospirando –anche io-

 

 

 

 

 

*                    *                    *

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buona domenica a tutte mie piccole pallette di lardo, come state?

At first, scusate l’enorme ritardo ma in questo periodo ho visto delle cose su EFP che se avessi avuto gli attributi genitali maschili a quest’ora me li avrebbero fatti girare più del tacatà. Vedere storie scritte con i piedi (senza alcuna presunzione da parte mia), con capitoli di una pagina e mezzo al massimo ricevere ventiquattromila recensioni fa innervosire un po’ e quindi ho deciso di prendermi una piccola “pausa” da questo sito, ma ora sono tornata a rompervi le ovaie!

Allors, devo dirvi un po’ di cose!

Nello scorso capitolo ho dimenticato di dirvi che il posto dove Joe porta Kate a Las Vegas esiste davvero ed è davvero un albergo. Eccolo qui!

Poooooi il prossimo capitolo è l’ultimo. Già, finalmente vi libererete di me! Non ci sarà l’epilogo, al 90% almeno, così potremo vivere giorni sereni.

That’s all.

Un grazie speciale a tutte le ragazze che mi lasciano una recensione, mi contattano su twitter, alle fantastiche 125 della pagina facebook ed a Johnny Depp, per il solo fatto di esistere (che c’entra? Chi lo sa)

Grazie a tutte, vi amo <3

 

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Capitolo 33
*** Let's make it all right ***


Prima di lasciarvi al capitolo, ho due cose da dirvi.

ONE: Paul, l’omino che vive nella mia testa, ha deciso che Ronnie e Nick devono avere un degno addio, se lo meritano dopo due anni che li tormento. Quindi L’EPILOGO CI SARA’.

TWO: Ho postato il primo capitolo della mia prima, e forse ultima, storia originale. THE REASON, se vi va passate magari J

Buona lettura!




 

Non ricordava nemmeno l’ultima volta che si era sentita così emozionata, probabilmente perché non lo era mai stata così tanto in vita sua.

Stava per scoppiare in lacrime, lo sentiva.

Aveva visto Jamie in tutte le fasi più importanti della sua vita: al suo primo bacio quando portava ancora quei buffi occhiali da vista rotondi, quando aveva conosciuto Tyler, quando si era diplomata e quando, con una scintilla di pura emozione negli occhi, le aveva detto che sarebbe andata a studiare veterinaria in Australia. L’aveva vista in svariate situazioni e momenti, ma mai l’aveva vista così bella e felice come quel giorno.

Vederla ora, avvolta nel suo vestito bianco, mentre si specchiava, la sconvolse totalmente. Non era la prima volta che la vedeva indossare quel vestito, ma ora era del tutto diverso, ora le sue guance sembravano due fragole, i capelli erano perfettamente arricciati lasciando che solo la frangia le ricadesse liscia sugli enormi occhi azzurri, che ora erano lucidi.

I loro sguardi si incrociarono per un istante e si sorrisero, entrambe commosse.

Jamie stava per sposarsi.

-sei bellissima- Lexus le si avvicinò poggiandole una mano sulla spalla lasciata scoperta dal vestito a fascia e Jamie le sorrise.

Erano tutte e tre chiuse nella stanza di Jamie, mentre aspettavano che la madre di Tyler arrivasse per portarle il bouquet, mentre la madre di Jamie era in salotto ad accogliere le persone che erano accorse per vedere la sposa uscire per l’ultima volta di casa da nubile.

-dov’è Kate?- chiese la sposa lisciandosi il vestito

-a telefono con Joe- rispose Lexus alzando gli occhi al cielo –quei due sono più appiccicati di due api col miele-

Ronnie trattenne un sorriso –non potresti essere un po’ più dolce, almeno oggi?-

Mentre Lexus sussurrava un –senti chi parla- Jamie annuiva dandole ragione.

-dobbiamo considerare però che ha già fatto notevoli progressi- sorrise Jamie verso Ronnie –sono due mesi che si vede con Johnny e non l’ha ancora ucciso!-

Ronnie rise, voltandosi poi verso Lexus –se non è amore questo!-

Lexus socchiuse gli occhi incenerendola con lo sguardo –piantatela, idiote- sbottò –non dovremmo parlare d’altro?- sospirò voltandosi poi verso Jamie –del tipo, come ti senti?-

-agitata- rispose secca lei prendendo un respiro profondo

-cos’è, ci stai ripensando?- scherzò Ronnie punzecchiandola

Jamie scosse la testa energicamente –assolutamente no, ma faccio ancora fatica a credere che tra poche ore sarò sposata-

Ronnie le sorrise capendo l’agitazione della ragazza. Insomma lei stessa era agitata, figurarsi Jamie.

Nonostante fosse strafelice per la ragazza, una parte di lei aveva un po’ di paura. Quello che più la spaventava era il dubbio che la loro amicizia potesse cambiare dopo il matrimonio di Jamie, ma dopotutto, avevano resistito a tre anni di silenzio, un matrimonio non avrebbe nemmeno scalfito la loro amicizia, no?

Un tonfo sordo le fece girare tutte e tre verso la porta, che era stata appena chiusa con foga da Kate.

Kate, che pareva aver appena visto un fantasma mentre si abbandonava con la schiena contro la porta.

-voi.non.potete.capire- sibilò con un’espressione sconvolta

-che succede?- squittì Jamie che con uno scatto le fu accanto

La poverina probabilmente pensava che fosse successo qualcosa riguardante il matrimonio come un incendio al ristorante in cui avevano prenotato o la fuga dello sposo.

-ho appena parlato con Joe- spiegò lei, puntando poi lo sguardo verso Ronnie

-e…? cos’è successo? Sono bloccati nel traffico? C’è qualche problema?- Jamie la invogliò a continuare, ansiosa

Kate scosse la testa –sono già tutti in chiesa- la rassicuro per poi tornare a guardare Ronnie, che le rivolse uno sguardo interrogativo –anche Nick, da solo, senza Allie-

 

 

 

Oh, I swear to you I’ll be there for you

This is not a drive by

(Train – Drive by)

 

 

Seduta alla comoda sedia del suo tavolo Kate fissava con aria sognante Jamie e Tyler che al centro della sala si tenevano stretti, ballando sulle note della loro canzone preferita.

Per l’ennesima volta, guardandoli, Kate non poté fare a meno di pensare che Jamie e Tyler erano perfetti insieme. Forse erano state le intemperie che aveva dovuto subire il loro rapporto a renderlo così unico e speciale o forse erano semplicemente due pezzi di un puzzle che si erano trovati.

Tutta la cerimonia era andata benissimo, oltre ogni aspettativa. Quando, arrivata all’altare, si era voltata a guardare il padre di Jamie che porgeva la mano della figlia a Tyler era scoppiata in un pianto sommesso che era durato fino alla fine della funzione. Aveva continuato a piangere sotto lo sguardo di rimprovero di Lexus che “temeva avrebbe allagato la chiesa con le sue lagne”, ma lei era fatta così, si commuoveva anche per le minime cose, figurarsi il matrimonio di una delle sue migliori amiche. A fine cerimonia, comunque, aveva notato sia Lexus che Ronnie portarsi velocemente le dita agli occhi.

Dopo la chiesa erano andati tutti a festeggiare in una mega ristorante vicino al mare di Santa Monica –dove Jamie e Tyler si erano conosciuti- ed ora, dopo pranzo, i novelli sposi erano stati invitati ad aprire le danze.

Si sentì accarezzare una spalla e sorrise, voltandosi verso Joe.

Era così felice in quel periodo. Le cose con Joe andavano a gonfie vele, da quel litigio avevano imparato a parlare di qualsiasi problema li turbasse e in questo modo riuscivano a chiarirsi quasi sempre e anche quando non trovavano un punto in comune c’era sempre uno o l’altro disposto a fare un passo avanti. Erano cresciuti tanto, insieme, ed ora erano pronti ad affrontare la vita di coppia.

La sua felicità non era solo dovuta alla sua vita sentimentale ovviamente, ma anche a quella delle persone che più amava. Jamie e Tyler avevano finalmente coronato il loro sogno d’amore, Lexus sembrava aver trovato la serenità da quando aveva conosciuto Johnny –anche se non l’avrebbe mai ammesso-, che ora le era affianco e le stava sussurrando qualcosa all’orecchio. Per una volta erano tutti felici, tutti tranne…

-ti va di ballare?- la voce calda di Joe estremamente vicino al suo orecchio la distrasse dal fluire dei suoi pensieri

Si voltò verso il ragazzo, che le sorrideva e annuì alzandosi. Joe la prese per mano e la condusse al centro della pista dove a Tyler e Jamie si erano già aggiunti i rispettivi genitori. Le sorrise per un breve istante prima di alzare le loro mani intrecciate, posare l’altra all’altezza della vita e cominciare a dondolarsi a ritmo di musica.

Kate poggiò la guancia sulla spalla di Joe, lasciandosi cullare teneramente. Stava quasi per chiudere gli occhi, per poter sentire di più il calore che le trasmetteva la vicinanza del ragazzo, quando il suo sguardo si posò sul tavolo dove sedeva poco prima, facendola rattristare all’istante.

Nick e Ronnie, seduti a lati opposti del tavolo, stavano in silenzio entrambi occupati a fissare chissà cosa lontano dai loro sguardi.

Sbuffò stringendo la presa su Joe, reprimendo l’impulso di correre da loro e far cozzare le loro teste l’una contro l’altra tante volte finché non ne fosse uscito qualcosa di buono.

-quanto tempo credi che ci metteranno, ancora?- sbottò di punto in bianco

-chi?- le chiese Joe confuso

Kate alzò gli occhi al cielo, la testa ancora poggiata alla sua spalla, maledicendo il poco intuito maschile.

-Ronnie e Nick- spiegò paziente –staranno li a non parlarsi per sempre?-

-vedrai che riusciranno a chiarirsi- la rassicurò

Kate rimase in silenzio qualche minuto, riflettendo.

-e cos’è questa storia che Nick è qui senza Allie?- alzò il viso verso Joe, accusandolo con lo sguardo –tu devi sapere qualcosa, è tuo fratello!-

-ti ho già detto che non so nulla, non me ne ha voluto parlare- si difese lui –e comunque non sono affari nostri, ora puoi smetterla di parlare di Nick e Ronnie?-

La rossa si accigliò, no che non poteva.

-mi preoccupo solo per quei due- borbottò –sono idioti, qualcuno dovrà pur aiutarli-

Joe scosse la testa sorridendo –non sta a noi aiutarli, devono aiutarsi da soli-

Kate fece per obbiettare, ma Joe la zittì chiudendole le labbra con le sue.

-la smetti di parlare di loro?- le sussurrò ancora troppo vicino

-si- rispose lei in completa trans. Si sarebbe mai abituata ai baci di Joe o sarebbe andata avanti a rischiare un infarto per sempre?

-di cosa ti va di parlare, allora?- sorrise lei

Joe fece scorrere la mano lungo la sua schiena, facendola rabbrividire –di noi- sussurrò

-mi piace- sussurrò Kate di rimando

-tra quanto tornerai a New York?-

Ecco come rovinare un bel momento.

Kate si rabbuiò all’istante abbassando lo sguardo e trattenendosi dallo sbuffare.

-tra tre giorni, hanno bisogno di me- spiegò trovando particolarmente interessante la punta rotonda delle sue decolleté.

-capisco- fu l’unica parola che proferì Joe, prima che entrambi cadessero nel silenzio.

Sarebbe stato meglio parlarne in un altro momento, quello doveva essere un giorno felice e spensierato, ma una volta aperto l’argomento, Kate non riusciva a lasciarlo in sospeso.

-come gestiremo la cosa?- chiese senza trovare la forza di alzare gli occhi verso di lui

-con impegno- rispose semplicemente lui

-e come? Ci sentiremo per telefono una volta al giorno e ci vedremo una volta all’anno per le feste di Natale?-

Ci avevano già provato a stare lontani per più di qualche giorno e i risultati non erano stati molto soddisfacenti, per non dire disastrosi.

-ci sarebbe una soluzione per vederci di più-

Kate alzò finalmente la testa verso il ragazzo, fissandolo con espressione dubbiosa. A meno che Joe non avesse sviluppato il potere della telecinesi e non potesse spostarsi da Los Angeles a New York in tre nanosecondi, proprio non poteva immaginare quale fosse la soluzione.

-vieni a vivere con me- soffiò ed a Kate si fermò il cuore

Non poteva averglielo chiesto davvero.

Al centro della pista, mentre un gruppo di persone ballavano attorno a loro, Kate si immobilizzò, fissando Joe con occhi spalancati.

-cosa?- domandò cauta, temendo di aver capito male

-vieni a vivere con me- ripeté allora Joe accarezzandole una guancia con la mano destra, mentre con l’altra continuava a tenere quella di Kate in una stretta salda.

Kate sentì il labbro inferiore tremare sotto la carezza delicata del ragazzo, ma si costrinse a restare lucida nonostante un branco di tirannosauri avesse appena cominciato a volteggiare nel suo stomaco.

-Joe, non posso trasferirmi a Los Angeles- fosse stato per lei, sarebbe andata a vivere con lui anche subito, su due piedi, ma non poteva di certo lasciare il suo lavoro per la quale aveva tanto sudato.

-lo so, è per questo che ho preso un appartamento a New York- sorrise tranquillo, mentre, per la seconda volta, Kate rimaneva senza fiato

-tu cosa?- chiese con la bocca spalancata –e quando?-

-l’avevo visto da un po’ su internet- commentò alzando le spalle –la settimana scorsa Kevin è stato a New York con Danielle e Jason e gli ho chiesto di passare a dargli un’occhiata, ha detto che era tutto ok e l’ho preso-

Kate si scosto di poco da lui, guardandolo negli occhi –e quando pensavi di dirmelo?-

-ora- sorrise lui con nonchalance –io verrò a New York anche se tu mi dirai che non vuoi vivere con me Kate, non posso starti lontano- le accarezzò la punta del naso con la sua e Kate sospirò, socchiudendo gli occhi.

-e come farai col tuo lavoro qui?- gli chiese

-tra due settimana finiremo le riprese, dopo di che non avrò più impegni per i prossimi sei mesi- le spiegò

Kate annuì in silenzio, valutando la situazione. Non che non amasse Joe e non volesse vivere con lui, ma quello era comunque un passo importante. Se affrettavano troppo i tempi, le cose sarebbero potute andare male e lei non lo voleva assolutamente. Dovevano essere prudenti.

Dall’altro lato, però, il pensiero di vivere con Joe, trovasi nella stessa casa la sera, fare colazione la mattina insieme, la elettrizzava terribilmente.

-Kate, so che non è una decisione semplice da prendere- sospirò –non devi rispondermi ora, nemmeno domani, potrei cominciare a trasferirmi lì da solo tra due settimane e quando tu ti sentirai pronta…-

-si- disse secca e vide nei suoi occhi un lampo di stupore

-si?- chiese incredulo, accennando un sorriso

-si, voglio condividere quell’appartamento con te- e al diavolo la prudenza

In un istante Joe la avvolse tra le sue braccia stringendola in una morsa asfissiante, ma Kate, con la faccia schiacciata tra il suo collo e la spalla, non si lamentava di certo.

-io voglio condividere tutto con te- le sussurrò Joe all’orecchio e Kate chiuse gli occhi, immergendosi nel suo profumo, mentre un sorriso felice le si stampava sulle labbra.

Erano pronti per un passo così grande? Kate non lo sapeva, ma sapeva che era pronta ad amarlo ogni giorno di più, ad impegnarsi e a fare qualsiasi cosa perché funzionasse. Ora che aveva avuto il suo lieto fine, non se lo sarebbe di certo lasciato sfuggire dalle mani tanto facilmente.

Col cuore a mille poggiò meglio la testa sulla spalla di Joe, mentre tornavano a dondolarsi a tempo di musica, e lo sguardo le cadde di nuovo su quel tavolo dove era seduta prima, ma questa volta non trovò ne Ronnie, ne Nick. Trovò invece lo sguardo complice di Lexus, che con un cenno della testa le indico il fondo della sala, dove vide Nick camminare con passo deciso verso la terrazza. Forse era arrivato il momento anche per il suo lieto fine.

 

 

All I ever wanted
All I ever needed
Is here in my arms

(Depeche mode – Enjoy the silence)

 

 

Ronnie abbandonò la testa tra le mani, mentre poggiava i gomiti sulla staccionata laccata di bianco. Non poteva resistere un secondo di più lì dentro, non con lui che continuava a stare lì a fissarla senza dire niente.

Quando Kate era entrata in quella stanza per dirle che Nick quella sera sarebbe stato da solo era andata nel panico più totale. Perché non era con Allie? Non era venuta perché aveva la febbre o qualche tipo di virus contagioso e letale, o…?

No. Non doveva minimamente pensare a quell’eventualità, non doveva farsi inutili illusioni proprio ora che si era messa l’anima in pace. Nick non aveva lasciato Allie, lei non era lì per un altro motivo, sicuramente.

Chiuse gli occhi prendendo un respiro profondo, lì fuori il suono della musica era abbastanza lontano da permetterle di sentire il suono dell’oceano, che si estendeva al di la della pineta verde avanti a lei.

-ciao- sobbalzò e per poco i gomiti non le scivolarono dall’appoggio

Si voltò di scatto, scoprendo un paio di occhi marroni a pochi metri da lei.

-non volevo spaventarti- si scusò lui, le mani nelle tasche dei pantaloni scuri

-non mi hai spaventato- e allora perché il cuore le batteva così forte?

Nick si avvicinò di qualche passò, senza staccare gli occhi dai suoi.

-cosa ci fai qui fuori?- le chiese grattandosi una guancia

-avevo bisogno di un po’ d’aria- aria che le sarebbe nuovamente venuta a mancare, se Nick avesse fatto un altro passo verso di lei.

-ti va di fare due passi?- accennò alla spiaggia dietro di loro

-non so se è il caso di…-

-solo cinque minuti- l’interruppe lui pregandola e Ronnie proprio non seppe resistere allo sguardo speranzoso con il quale accompagnò le sue parole

-va bene- si trovò a dire mentre si mordeva il labbro inferiore

Nick le sorrise e in silenzio percorsero il prato verde che li separava dalla spiaggia mentre Ronnie sentiva il suo battito accelerare passo dopo passo. “Fare due passi” era un chiaro sinonimo di “dobbiamo parlare” e Ronnie non sapeva se era pronta a farlo. L’ultima volta che avevano parlato, la discussione non era finita molto bene.

-possiamo sederci lì- propose lui indicando a pochi metri un gazebo in legno bianco che delimitava l’inizio della spiaggia e Ronnie annuì avviandosi con lui

Restò in piedi, accanto ad una delle colonne bianche in legno, mentre a pochi metri da lei riusciva a vedere le onde che si infrangevano contro la battigia. Strinse forte le dita contro il pezzo di legno mentre dietro di lei sentiva la presenza di Nick e non aveva il coraggio di voltarsi.

-volevi parlarmi?- sussurrò quindi con lo sguardo perso avanti a lei

Sentì un tocco leggero sul suo braccio, la sua mano che le lasciava una carezza, e sobbalzò voltandosi in un gesto istintivo.

-sei bellissima stasera- vide il suo viso troppo vicino al suo e si irrigidì all’istante mentre lo stomaco le si contorceva su se stesso.

Ronnie abbassò la testa sul suo vestito rosso fuoco, dello stesso colore di quello di Kate e Lexus, ma di modello diverso.

-il rosso ti sta benissimo- sussurrò ancora e per un attimo Ronnie temette che si stesse riferendo al colore delle sue guance, che sicuramente le stavano andando a fuoco in quel momento.

-grazie- sorrise, senza riuscire ad alzare lo sguardo

Non sarebbe riuscita a sostenere il suo e voleva allontanarsi ma dietro di lei aveva la staccionata bianca e avanti lui. Era in trappola, non poteva scappare come aveva fatto l’ultima volta.

-sei senza accompagnatrice, stasera- deglutì appiattendosi contro la staccionata, allontanandosi il più possibile da lui

-anche tu sei senza accompagnatore- il tono era basso, neutro.

Perché ci stava girando intorno?

-Angel è dovuto tornare a Madrid-

Di sottecchi vide Nick annuire appena, con uno sguardo che non seppe decifrare.

-come…come vanno le cose tra di voi?- abbassò gli occhi anche lui, questa volta chiaramente a disagio.

-lui è il mio migliore amico- optò per la verità

-amico? Mi era sembrato di capire che tra di voi ci fosse qualcosa in più di una semplice amicizia, da parte sua almeno-

-avevi capito male- scosse la testa –e Allie, dov’è?- a casa a fare bamboline voodoo con le mie foto?  

-non stiamo più insieme-

A Ronnie si fermò il cuore.

-oh- non se l’aspettava –mi dispiace- le dispiaceva? No, ma le era uscita la prima frase di circostanza che le era venuta in mente, la più inadeguata ovviamente.

Nick alzò un sopracciglio passandosi poi una mano tra i capelli, improvvisamente pensieroso –anche a me-

Maledetto cuore, maledetta testa che stava già volando verso pensieri assurdi. A lui dispiaceva, quindi probabilmente era stata lei a lasciarlo o forse era solo una rottura momentanea.

-ed è per questo che non l’ho lasciata prima- continuò improvvisamente facendole bloccare il respiro –mi dispiaceva, mi sentivo in colpa-

L’aveva lasciata lui, quindi. Ora non le restava che scoprire il perché.

-e cosa ti ha fatto cambiare idea?- finalmente riuscì ad alzare lo sguardo

-ho capito che non saremo stati felici insieme, ne io ne lei- spiegò mentre continuava a tenerle gli occhi incollati addosso –non se continuo a desiderare altro-

-perché stavi con lei, allora?- si costrinse a dire, deglutendo

Nick la guardò in silenzio per qualche istante, probabilmente valutando la situazione per capire se poteva azzardarsi a dire la verità.

-perché credevo di poterti dimenticare in questo modo-

Il modo in cui l’aveva guardata era così languido, possessivo, intenso che Ronnie rabbrividì e si strinse le braccia sperando di far passare la sua pelle d’oca un effetto del freddo.

-mi dispiace tanto per come mi sono comportato in questi ultimi mesi- si avvicinò di un passo e Ronnie deglutì, consapevole di non poter indietreggiare ancora -ti ho vista spuntare improvvisamente nella mia vita di nuovo e…non sapevo come comportarmi-  il suo sguardo era così tormentato, insicuro che Ronnie si dovette trattenere per non sporgersi ad abbracciarlo, stringendo in due pugni le mani che erano abbandonate lungo i fianchi –non lo so neanche ora, in realtà e…-

-Nick, ascolta…- lo interruppe spinta da un nuovo spirito coraggioso, mentre la promessa che aveva fatto ad Angel le ritornava a mente. Prima o poi avrebbe dovuto parlargli chiaro, via il dente via il dolore.

-non sei stato solo tu a sbagliare in questi mesi- continuò e il ragazzo rimase fermo a guardarla, serrando le labbra –avrei dovuto parlarti chiaro, dirti cosa ho avuto fisso in mente per tutti questi mesi, dovevo…- sentì la voce mancarle e si fermò per prendere fiato -…dovevo dirti la verità-

-e qual è la verità?- le accarezzo una mano con la sua e questa volta non riuscì a dissimilare il brivido che la scosse, lo vide chiaramente nella scintilla che passò negli occhi di Nick

Sospirò, rassegnandosi definitivamente.

-la verità è che sono scappata per tutto questo tempo per dimenticarti e tutto quello che sono riuscita a fare è stato accantonarti in un angolo. Ero così convinta di averti dimenticato che quando ti ho rivisto non riuscivo a crederci che il mio cuore battesse ancora nello stesso modo di quattro anni fa, ed ero così arrabbiata perché tu eri stato più forte di me, ci eri riuscito a dimenticarmi e eri insieme alla ragazza che avevo sempre immaginato accanto a te- abbassò lo sguardo mentre sentiva le lacrime pungerle gli angoli degli occhi –Mi sono sentita così stupida per averti lasciato andare quattro anni fa, senza combattere. Ed ho così tanta paura di rientrare dentro ora perché so che questa potrebbe essere l’ultima volta che parlo con te, perché so che non potrò provare per nessuna persona che incontrerò in futuro quello che provo per te, ho paura perché ora ho capito che non importa quanto lontano vada o per quanto tempo stia via, non riuscirò mai a dimenticarti-

Ci era riuscita, non ci poteva credere. Era riuscita a dirgli quello che pensava, che provava, era riuscita ad aprirsi con lui come non aveva mai fatto con nessuno.

Si sentiva svuotata, fragile, vulnerabile e lo odiava. Ma più di tutto si sentiva un’idiota perché Nick era rimasto lì, a fissarla impalato senza dire niente.

Si sentiva debole, talmente debole che sapeva che non sarebbe riuscita a trattenere le lacrime che le stavano per scorrere sulle guance, ma non avrebbe pianto di fronte a lui.

-devo andare- biascicò lanciandosi contro il petto del ragazzo che le stava di fronte con l’intenzione di scostarlo per farsi strada, ma Nick non si mosse di un centimetro, anzi, approfittò del suo movimento per avvolgerla con le sue braccia e stringerla a se.

-oh, Ronnie, sono stato un idiota- le sussurrò all’orecchio mentre Ronnie esplodeva in un pianto incontrollabile –in questi mesi sono stato così cieco!-

Ronnie poggiò le mani sui suoi fianchi abbandonandosi completamente contro il suo petto caldo, proprio non riusciva a smetterla di piangere.

Voleva restare così per sempre, voleva stare con lui, baciarlo, abbracciarlo, parlare, ridere. Voleva lui ed aveva paura che una volta sciolto l’abbraccio lui fosse andato via, lasciandola da sola.

-non piangere, amore mio- le lasciò un bacio tra i capelli mentre una mano le accarezzava delicatamente la nuca

Amore mio. L’aveva davvero chiamata così?

Le si bloccò il fiato per un istante, prima di ricominciare a singhiozzare, più forte di prima, aggrappandosi con entrambe le mani alla sua giacca.

Nick le alzò la testa, prendendola tra le mani senza interrompere il contatto tra i loro corpi che si erano mancati troppo.

-perché piangi?- le sussurrò mentre con i pollici le asciugava il mascara che le colava dagli occhi sporcandole le guance

Ronnie deglutì perdendosi nei suoi occhi, senza riuscire a trovare una risposta. Piangeva per tutto e per niente, piangeva perché lo amava troppo ed aveva paura di perderlo, piangeva perché era consapevole che non avrebbe più potuto fare a meno di lui da quel momento in poi o forse da quando l’aveva visto per la prima volta. Era troppo spossata, però, per riuscire a parlare per cui si limitò a tirare su col naso, mentre si le lacrime si fermavano.

-non voglio che tu vada via- riuscì a sussurrare in fine, stringendo le mani ai suoi fianchi.

Nick poggiò entrambe le mani aperte sulle sue guance, in una carezza, e Ronnie socchiuse cogliendo il calore che quelle mani le stavano trasmettendo.

-non voglio andare in nessun posto che non sia qui con te, voglio stare con te- sussurrò avvicinando il viso al suo tanto che Ronnie poteva sentire il suo alito caldo sulle labbra

Voleva stare con lei. Lui aveva davvero lasciato Allie per lei. Aveva scelto lei, ancora una volta.

Ronnie sorrise per un attimo, prima di abbassare lo sguardo –se dovessi perderti di nuovo, io…-

Si interruppe quando sentì una mano di Nick sotto il mento che la costringeva gentilmente ad alzare lo sguardo verso il suo -non ho mai smesso di amarti in tutti questi anni, Ronnie-

Sentì le lacrime tornarle agli occhi di fronte a quello sguardo così sincero, limpido, perso, innamorato.

-oh, Nick…-

Non riuscì a dire altro, perché in un istante le labbra calde e morbide del ragazzo furono sulle sue. Restò immobile mentre le sue mani tornavano a stringerle il viso per portarlo più vicino possibile al suo, per sentirla ancora una volta in tutto il suo calore.

Ronnie sospirò quando sentì la lingua del ragazzo accarezzarle il labbro superiore e chiuse gli occhi stringendosi di più a lui abbandonandosi completamente alle sue carezze.

Come aveva potuto credere che sarebbe riuscita a dimenticare le emozioni che stava provando in quel preciso istante? Come poteva dimenticare il suo petto scosso dal suo cuore che batteva impazzito, quel piacevole formicolio allo stomaco e quella voglia di baciarlo ancora, per ore e stringersi forte a lui? Come poteva aver pensato di sentirsi appartenere a qualcuno come sentiva di appartenere a Nick?

-non ti lascio scappare, non più- sussurrò Nick senza fiato, poggiando la fronte su quella della ragazza

-me lo prometti?- sussurrò di rimando lei

Le sorrise afferrando una sua mano e portandosela al petto, dove il suo cuore batteva più forte di quello di Ronnie.

-sul mio cuore-

Quando tornò a baciarla, Ronnie sorrise sulle sue labbra mentre ancora una volta si rendeva conto di quant’era stata stupida ad andare così lontano per tanti anni.

Solo ora, mentre Nick la stringeva forte, si rese conto che tutto quello che aveva sempre voluto, tutto quello di cui aveva sempre avuto bisogno, era proprio lì, tra le sue braccia.

E questa volta non se lo sarebbe fatto scappare.  

 

 

 

 

 

 

 

*                  *                  *

 

 

 

 

Mio Dio, ho l’ansia da prestazione.

No, davvero. Volevo che questo capitolo fosse “vjkrhgokihgizohigklibhior”, non so se ci sono riuscita, ma spero di avervi strappato almeno un sorriso!

Anyway come ben sapete, ed avrete anche notato, non sono molto brava(eufemismo) a scrivere le parti “romantiche”, ma vi invito ad apprezzare lo sforzo che ho fatto per tirar fuori quel briciolo di umanità che è rimasto in me.

Detto questo, si, ho deciso di scrivere l’epilogo di questa storia. Perché? Perché mi sentivo terribilmente in colpa ed ogni volta che si twitter vedevo l’account di Hanna Beth, mi vedevo Ronnie che i rimproverava per non averle scritto un epilogo come si deve! Quindi ho ceduto uù

Bene, quindi risparmierò le lacrime per il prossimo capitolo!

Credo di aver detto tutto, ma sicuramente non è così e più tardi mi darò della stupida per non avervi detto qualcosa a cui pensavo da giorni. Sono un disastro.

Al prossimo capitolo,

VI AMO TUTTE!

 

Ps. A breve cancellerò la mia pagina facebook, che verrà sostituita da QUESTO account, aggiungetemi pure lì!

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Capitolo 34
*** Forever - EPILOGO ***


A tutte voi,

con l’augurio che un giorno

troviate un Nick tutto per voi.

 

 

-non puoi capire Ron, qui ci sono quaranta gradi all’ombra-

Ronnie si allacciò la scarpa sinistra prima di alzarsi e, con uno sbuffo, fissare il cielo grigio fuori dalla finestra della sua stanza.

-non sai quanto ti invidio-

-oh, ma per favore!- sbottò Kate dall’altro capo del telefono –sei a Londra, col tuo principe azzurro, cosa vuoi di più dalla vita?-

Sorrise, mentre dietro di se sentiva la porta aprirsi e vide Nick fare capolino sorridendole. Gli fece cenno di aspettare per poi cominciare a cercare nel piccolo armadio una felpa leggera.

-non mi pare che a te sia andata peggio, però- scherzò

-Kate, dov’è la crema solare?- sentì la voce di Joe in lontananza e lo sbuffò sonoro di Kate a seguito.

-oh certo, fare da baby sitter a Joe è molto divertente-

Ronnie ridacchiò mentre due mani si poggiavano sui suoi fianchi e sentiva l’odore di Nick vicino.

-ma siete alle Hawaii- ribatté flebilmente, distratta dal movimento delle mani calde del ragazzo che facevano su e giù sui suoi fianchi

-magra consolazione- ridacchiò lei prima che la voce di Joe le raggiungesse nuovamente

-scusami Ron- sospirò la ragazza con fare affranto –il bambino ha bisogno di me-

Ronnie avrebbe sicuramente riso se non avesse sentito improvvisamente le labbra di Nick posarsi dietro la sua nuca ed il suo respiro caldo insinuarsi tra i capelli.

-salutami Nick- aggiunse Kate

-ti saluta anche lui- ansimò quasi quando lui le morse leggermente la base del collo e lo sentì sorridere con le labbra schiacciate contro la sua pelle

Dopo aver agganciato il telefono si voltò ritrovandosi gli occhi di Nick ed il suo sorriso dolce a pochi centimetri dal suo viso.

-che c’è?- chiese con l’espressione innocente di un bambino, quando la vide accigliarsi

-stavo parlando a telefono- finse di tenere il broncio e l’unico risultato che ottenne fu quello di ingrandire il sorriso sulle labbra del ragazzo

-avevo notato-

-e tu mi stavi distraendo- gli puntò l’indice contro il petto

-non era mia intenzione- sussurrò mentre una mano si infilava tra i suoi capelli e l’altra si posizionava strategicamente dietro la schiena per poterla attirare più vicino a se

-sei un bugiardo- sussurrò mentre le labbra del ragazzo tornavano a prendere il loro posto sul suo collo

-ma mi ami- le sussurrò all’orecchio facendola rabbrividire

Sorrise prima di spingerlo leggermente per allontanarlo da lei con un’espressione confusa e di disappunto.

-forse, ma questo non influirà sul fatto che voglio andare a fare una passeggiata- vide Nick curvare le labbra verso il basso e non riuscì più a trattenersi, scoppiando a ridere.

-ma non possiamo uscire con questo tempaccio!- tentò di ribattere lui facendole gli occhi dolci

Ronnie scosse la testa energicamente, ancora col sorriso sulle labbra –siamo qui a Londra per la prima volta non per lavoro, solo noi due, non saranno certo due nuvole a rovinarci la vacanza-

Era stato davvero difficile tra gli impegni di entrambi trovare un po’ di giorni liberi per stare insieme, lontano dallo sciame di fotografi che gli ronzavano insieme. Nonostante ormai i due facessero coppia fissa da più di tre anni i fotografi non parevano aver perso l’interesse per i due, seguendoli ovunque. Ora quasi le sembrava un sogno poter uscire di casa senza essere accecata dai flash e di sicuro non si sarebbe lasciata sfuggire quell’occasione.

-ma possiamo spendere un po’ di vacanza anche qui dentro- Nick le si avvicinò con sguardo furbo ma Ronnie gli mise una mano sul petto, bloccandolo, mentre sorrideva divertita.

-niente da fare Nick, noi due ora usciamo- e lo vide mettere di nuovo il broncio.

-e va bene- si arrese alzando le mani –vado un attimo al bagno e poi possiamo andare dove vuoi, ti dispiacerebbe prendermi la giacca intanto?-

-certo, ma tu sbrigati- sentì la porta del bagno chiudersi e si voltò nuovamente verso l’armadio, questa volta alla ricerca della giacca del ragazzo.

Non fu difficile trovarla tra le poche cose appese alle grucce, ma quando afferrò la giacca sentì qualcosa cadere con un tonfo. Sospirò e dopo aver poggiato la giacca sul letto si accovacciò tastando con le mani la base dell’armadio alla ricerca di qualunque cosa fosse caduta.

Stava quasi per abbandonare le ricerche quando trovò qualcosa di più piccolo del palmo della sua mano e soffice come un albicocca. Quando tirò indietro la mano per scoprire l’entità dell’oggetto, ne rimase sconvolta, trattenendo il fiato.

Rimase inginocchiata, con gli occhi spalancati, a fissare quella scatolina quadrata vellutata di blu, sperando con tutto il suo cuore che non fosse quello che temeva.

-oh mio Dio- rantolò mentre si sentiva avvampare

Non doveva essere per forza quello che pensava. In quella scatolina potevano entrarci una marea di cose: una collana, un bracciale, un paio di orecchini.

La fissò per istanti interminabili, sperando che sparisse, ma ovviamente rimase ferma lì, al centro della sua mano.

Cosa doveva fare? Doveva rimetterla nella giacca e fingere di non aver visto niente? Doveva aprirla?

Si alzò di scatto afferrando la giacca di Nick, convinta che la cosa giusta da fare fosse quella di posare quella scatolina e far finta di niente, ma ad un centimetro dalla tasca interna si fermò.

E se dentro quella scatolina ci fosse stato proprio quello che lei temeva? In quel caso sarebbe stato meglio per lei saperlo prima, in modo da assimilare la cosa.

Con uno sbuffo abbandonò nuovamente la giacca sul letto e si avvicinò alla finestra accarezzando con l’indice la stoffa vellutata. Chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e con uno scatto aprì l’astuccio.

 

 

 

 

 

Ronnie era strana e Nick non riusciva a capire il perché.

Eppure le era sembrata così serena ed entusiasta quando gli aveva proposto di andare in giro, poi era tornato in stanza e l’aveva trovata accanto alla finestra con un’espressione indecifrabile. Le aveva chiesto se fosse tutto ok e lei aveva annuito in risposta, con un mezzo sorriso forzato.

Si voltò di poco verso di lei, che col cappuccio alzato quasi fino agli occhi, continuava a camminare in silenzio, a testa bassa. Allungò una mano, fino a stringere la sua, ghiacciata, e la sentì rabbrividire.

-senti freddo?- le chiese

-no, sto bene- rispose a bassa voce

Arrivarono alla fine della strada in silenzio, lei persa nei suoi pensieri, lui che continuava a tormentarsi chiedendosi se avesse per caso fatto qualcosa di sbagliato.

-dove ti va di andare?- Ronnie, fino ad allora assente, a quella domanda parve riscuotersi un po’

-vorrei fare una passeggiata sul tower bridge, se ti va- il tono era ancora strano

-certo-

Era arrabbiata per qualcosa, era evidente. D'altronde non era la prima volta che si chiudeva in un ermetico silenzio quando qualcosa non le andava giù invece di parlarne con lui e questo, a sua volta, lo innervosiva parecchio.

Ogni volta che lui faceva qualcosa di sbagliato o che la facesse in qualche modo innervosire lei preferiva tacere piuttosto che dirgli apertamente cosa avesse fatto di sbagliato, facendolo scervellare per ore cercando di focalizzare il momento esatto in cui avesse fatto qualcosa che avrebbe potuto darle fastidio. E questo era stressante.

Dopo tre anni però, ormai aveva capito qual’erano le cose che non andavano bene, ma nonostante avesse ripercorso mentalmente tutte le sue azioni fino a quel momento non ne aveva trovata nessuna inadeguata. Infondo era solo andato in bagno, non pensava che quello avesse potuto incidere negativamente sull’umore della ragazza.

Passeggiarono sul ponte fino a metà altezza, poi lei gli fece cenno di fermarsi, poggiandosi con le braccia incrociate alla ringhiera di ferro freddo, fissando il Tamigi sotto di lei.

-va bene Ron, cosa c’è che non va?- in casi come quelli l’unico modo di farla parlare era tirarle le parole di bocca, Nick ormai lo sapeva.

La ragazza continuò a fissare sotto di lei, senza dare alcun segno di aver sentito.

-da quanto stiamo insieme?- gli rispose con un’altra domanda, del tutto differente, del tutto priva di senso. Lo sapeva benissimo da quanto stavano insieme.

-il prossimo mese sono tre anni- sussurrò, pronto a catturare sul suo viso qualsiasi espressione che potesse aiutarlo a capire cosa non andava

Ronnie sospirò, socchiudendo di poco gli occhi –e cosa faremo, tra qualche anno?-

-cosa intendi dire?- si accigliò, per niente sicuro di dove la ragazza volesse andare a parare.

-cosa vuoi da me, Nick?- gli chiese voltandosi verso di lui

-niente di più o di meno di quello che abbiamo ora- le sussurrò e vide Ronnie sorriderle per un istante, per poi rabbuiarsi nuovamente, mentre infilava una mano nell’ampia tasca della sua felpa.

-ne sei sicuro?- col palmo aperto allungò verso di lui una scatolina blu, una scatolina che lui conosceva a memoria dopo tutte le volte che era rimasto da solo a fissarla, incerto sul da farsi.

-dove l’hai presa?- fissò gli occhi sull’oggetto tra le sue mani

-è caduta dalla tua giacca-

Nick si tastò la tasca, come se solo in quel momento avesse ricordato di averci messo la scatolina dentro. E l’aveva messa lì per un preciso motivo.

Ricordava benissimo il giorno in cui l’aveva comprato.

Era a New York per lavoro e ne aveva approfittato per fermarsi per un paio di giorni da Joe, che ormai viveva lì con Kate da quasi due anni e mezzo. I due, per ricordare i vecchi tempi, avevano deciso di alzarsi ad un orario improponibile, per andare a fare una corsa in central park. Verso le nove del mattino i due, stanchi e accaldati, avevano deciso di fare ritorno a casa percorrendo a ritroso la strada osservando i commercianti in procinto di alzare le serrande dei loro negozi e cominciare una nuova giornata lavorativa.

Non seppe dirsi perché l’occhio gli cadde proprio lì, ne cosa lo spinse ad avvicinarsi a quella vetrina piena di oggetti luccicanti.

-tesoro, vuoi farti un regalo?- l’aveva preso in giro Joe accennando ad una collana in oro giallo davvero poco sobria, ma gli occhi di Nick erano fermi su un punto preciso, un punto dove un oggetto ben più piccolo risplendeva ancora di più ai suoi occhi nella sua semplice particolarità. Quell’anello gli ricordava Ronnie.

-devo comprarlo- sussurrò in trance trascinandosi dietro un Joe attonito

Joe non gli aveva fatto domande quando erano usciti dal negozio con un solitario e Nick gliene fu grato perché, in quel momento, nemmeno lui capiva il perché di quell’acquisto così impulsivo e tutt’altro che ordinario.

Nel momento in cui l’aveva comprato, Nick non aveva intenzione di dichiararsi, o almeno così pensava, ma durante le settimana successive, ogni volta che incappava in quella scatolina si fermava a fissarla, chiedendosi cosa l’avesse spinto a comprarla, ma alla fine si rese conto che la risposta era più semplice ed ovvia di quel che pensava: voleva sposarla.

Si portava quell’anello dietro ormai da mesi, terrorizzato, perché sapeva quello che Ronnie pensava riguardo al matrimonio e non era pronto a ricevere un “no” come risposta, non lo sarebbe mai stato. Ma sapeva che prima o poi avrebbe osato la sua proposta, non poteva vivere col rimorso di non averle detto cosa voleva veramente.

Sperava che, trovando il momento giusto, la risposta della ragazza non sarebbe stata negativa. Quale momento migliore di un romantico viaggio a Londra, solo per loro due?

-l’hai aperta?- sussurrò prendendo la scatolina che gli stava porgendo

Ronnie annuì e Nick abbassò lo sguardo stringendo con forza la mano attorno alla superficie vellutata.

Non era così che doveva andare, non era così che aveva immaginato quel momento, lui non doveva essere così nervoso e lei non doveva avere quello sguardo dispiaciuto, consapevole che stesse per ferirlo.

-è quello che penso?- le sentì sussurrare dopo interminabili minuti di silenzio in cui lui stava cercando disperatamente le parole per dirle neppure lui sapeva cosa.

Sospirò, prendendole una mano con la sua libera, mentre nell’altra ancora stringeva la scatola, senza però trovare il coraggio di alzare gli occhi nei suoi.

-è da un po’ che ci stavo pensando- cominciò insicuro –sono da anni ormai che stiamo insieme e solo Dio sa quanti ostacoli abbiamo dovuto affrontare per arrivare a questo, quante difficoltà e incomprensioni abbiamo dovuto lasciarci alle spalle perché quello che proviamo l’uno per l’altra è più forte di tutto- sospirò alzando finalmente gli occhi, cercando i suoi e trovandoli lucidi e consapevoli –tutto questo mi ha fatto capire che non ci sarà mai al mondo qualcosa o qualcuno che possa amare più di te, Ron, nemmeno la mia musica ed è una cosa che mai mi sarei aspettato. Ero pronto a lasciare tutto anni fa, quando ero solo un ragazzino innamorato e lo farei oggi, perché io ho sempre scelto te, sopra tutto e so che lo farò sempre- la sentì stringergli la mano ed una strana sicurezza si impossessò di lui, arrivando fino al cuore, convincendolo che poteva farcela, c’era una speranza per lui –è per questo che voglio sposarti e volevo chiedertelo qui-

Sentì la mano di Ronnie allentare la presa sulla sua e trattenne il respiro nell’istante esatto in cui lo vide chiaramente nei suoi occhi, quello che più temeva, quello che si aspettava: insicurezza.

-Nick, io…non credo di essere…pronta per…- balbettò ed il ragazzo si allontanò automaticamente di un passo da lei, come scottato.

-non importa- la interruppe brusco ricacciando la scatolina nella tasca, liquidando la questione come se lei avesse rifiutato di accompagnarlo a fare la spesa, non di sposarlo.

-ascolta, io non…- tentò ancora lei, ma si fermò di fronte allo sguardo gelido che le lanciò Nick

-ti ho detto che non importa- ringhiò e fece per voltarsi, pronto ad andarsene, ma decise di non farlo.

-anzi, si che importa, maledizione!- aveva alzato la voce senza nemmeno accorgersene, lo notò quando vide Ronnie sobbalzare spaventata.

-e sai qual è la cosa che più mi fa stare male?- continuò ad urlare imperterrito –è il motivo per cui non vuoi sposarmi. Lo vedo nei tuoi occhi ogni santo giorno, ogni volta che ti arrabbi per sciocchezze: tu non credi in noi-

Ronnie lo fissava con le labbra serrate, senza avere il coraggio di parlare.

-vivi nella paura che io possa smettere improvvisamente di amarti, che possa ferirti da un momento all’altro e possa lasciarti da sola col tuo dolore ed io non so più che fare- allargò le braccia esasperato –non so cosa fare per farti capire che senza di te non sono niente, che non ti volterò mai le spalle. Io sono pronto ad amarti per sempre Ron, ma tu non sei pronta a concedermelo e, a questo punto- scrollò le spalle, disperato -non so se lo sarai mai-

Una volta finito il discorso si sentiva svuotato, stanco, non aveva più niente da dire, non aveva più niente da fare lì.

-dove vai?- sentì la voce tremante di Ronnie quando le voltò le spalle

Si voltò quel tanto che bastava per intravedere i suoi capelli neri scompigliati dal vento, le gote arrossate e gli occhi lucidi e per un istante fu tentato di fermarsi, voltarsi ed abbracciarla. Ma fu solo un istante.

-ho bisogno di stare da solo- sussurrò e la prima goccia cadde dal cielo, fredda e inaspettata, come la lacrima che vide correre sulla guancia di Ronnie.

 

 

 

 

 

Dopo che lui se ne fu andato, lasciandola su quel ponte, Ronnie non sapeva cosa fare. Non voleva tornare in albergo e non conosceva nessun posto di Londra dove avrebbe potuto trovare rifugio dalla pioggia e dai suoi pensieri, così prese a camminare verso una meta indefinita con la prima che le cadeva pesantemente sulle spalle, bagnandola, e i secondi che le vorticavano per la testa, opprimendola.

“Tu non credi in noi”.

Non era vero, lei credeva in lui, credeva nel loro amore e in loro, ma sapeva che non glielo aveva mai dimostrato realmente. Ogni volta che lui parlava di progetti futuri lei stessa si rendeva conto di irrigidirsi ed assumere un atteggiamento scettico, come se non pensasse che la loro storia potesse durare così a lungo. Nick aveva ragione, non nel dire che lei non credesse in loro, ma che lei aveva terribilmente paura che lui potesse lasciarla da un momento all’altro. Dopo che lui le aveva fatto capire in tutti i modi possibili ed immaginabili che l’unica persona sulla faccia della terra a cui fosse interessato era lei, Ronnie ancora non capiva come faceva ad accontentarsi di lei e viveva costantemente nel terrore che prima o poi la super sexy modella di turno glielo avrebbe portato via, e la cosa peggiore era che lei non avrebbe potuto biasimarlo. Non era ancora riuscita a liberarsi del suo tormento peggiore, del suo not good enough, il non sentirsi abbastanza per lui la faceva diventare cinica e diffidente e questo era quello che più feriva Nick ed ora, l’aver rifiutato la sua proposta, l’aveva distrutto definitivamente.

Lei voleva passare tutta la vita con Nick, ma aveva dannatamente paura. Accettare di sposarlo avrebbe significato abbandonare ogni dubbio, ogni paura, ogni incertezza e mettere completamente la vita nelle sue mani, credendo fino in fondo che lui sarebbe stato sempre lì, accanto a lei. Avrebbe significato confessare la sua debolezza, confessare la sua totale dipendenza da lui, diventare vulnerabile.

E se lui l’avrebbe ferita?

Ancora una volta però non si trattava di se e di ma, si trattava di fidarsi completamente di qualcuno che non fosse se stessa, rischiare che quel qualcuno potesse ferirla anche involontariamente, rischiare tutto per amore, per lui.

La pioggia cessò improvvisamente di cadere sulla sua testa e alzò dubbiosa il volto verso il cielo, scoprendo che la pioggia non era cessata, ma continuava a scrosciare prepotentemente sull’enorme insegna luminosa che riparava la ragazza. L’insegna  illuminava ad intermittenza la scritta “TATOO” e guardando di fronte a lei trovò una porta in vetro che permetteva di vedere l’interno della piccola stanza dove un uomo tarchiato e pieno di tatuaggi fino alla testa era intento a tatuare qualcosa dietro la schiena di un ragazzo mingherlino.

Sfiorò con la punta delle dita all’altezza del suo cuore, dove quel tatuaggio in quel momento era quello che pesava di più. L’aveva fatto in Spagna, in quegli anni che era stato lontano da lui, come punizione per essere così stupida da essersi fidata di qualcuno in vita sua, per ricordarsi che per lei non ci sarebbe mai stato nessun “per sempre”.

Sospirò e spinta da strana determinazione entrò in quel negozio, sicura di quello che voleva e che avrebbe fatto.

 

 

Forever is a long time, but I wouldn’t mind

Spending it by your side

 

 

Quando Ronnie si ritrovò fuori l’albergo era ormai bagnata fradicia.

Rimase a fissare le porte di vetro di fronte a lei da dove proveniva la luce gialla ed accogliente della hole. Non voleva entrare lì dentro, non da sola, non senza di lui.

La sua più grande paura era che lui non sarebbe tornato o, peggio ancora, che l’avrebbe trovato con le valigie sul letto, pronto ad andarsene. Cos’avrebbe fatto in quel caso? Non lo sapeva, per questo non era pronta ad affrontare tutto quello.

Ma la vita non aspetta mai che tu sia pronto ad affrontare i problemi, te li piazza avanti, sfidandoti a risolverli o a trascinarteli dietro per una vita intera, proprio come era successo qualche ora prima e lei aveva la terribile sensazione di aver affrontato la cosa nella maniera sbagliata.

Strinse le mani in due pugni e si costrinse ad entrare in quell’albergo, in quella camera, sperando di non trovarla vuota. Arrivata fuori la stanza si fermò per un istante fuori la porta con la mano sulla maniglia e la chiave stretta nell’altra. Aveva preso una decisione ed ora doveva trovare il coraggio di mantenerla, per lei, per lui, per loro.

Trattenne il respiro mentre spalancava la porta, temendo ciò che avrebbe trovato, ma rilassò subito i muscoli delle spalle quando vide la figura scura di Nick che al buio sedeva sul letto, dandole le spalle.

Il ragazzo non si voltò quando la sentì richiudere la porta e nemmeno quando si avvicinò a lui, con passo incerto.

-è tardi, mi hai fatto preoccupare- le disse in tono monocorde, quando gli si affiancò, continuando a guardare fuori dalla finestra

-dovevo pensare- fu la risposta automatica, ma non tutta la verità

Non volevo tornare e non trovarti.

Basta. Basta nascondere quello che provava, basta nascondere i suoi sentimenti, basta nascondersi a lui per paura che potesse colpirla.

-non te ne andrai, vero?- gli chiese con voce tremante distogliendo lo sguardo dal suo volto confessando così tutta la dipendenza che ormai aveva da lui.

Vide una mano di Nick allungarsi fino ad afferrare la sua e stringerla, allora alzò di nuovo gli occhi incontrando i suoi ed un brivido di paura le corse dietro la schiena. Quello sguardo non era quello a cui era abituata, quegli occhi erano tristi, abbattuti e feriti, ed era tutta colpa sua.

-non me ne andrò mai- le rispose cercando di farle un mezzo sorriso –che tu ci creda o no- il sorriso si spense, mentre gli occhi tornavano a guardare fuori

Sospirò sedendosi accanto a lui.

-Nick, mi dispiace tanto-

-non devi dispiacerti per me- lo vide stringere forte i pugni fraintendendo sicuramente le sue parole, pensando che lei provasse pena per lui.

-non mi dispiace per te- sbottò quasi, catturando finalmente la sua attenzione –mi dispiace di aver reagito in modo così impulsivo e di essere così insicura, ma io voglio cambiare, per te-

-non voglio che tu cambi- distolse, per l’ennesima volta, lo sguardo da lei che alzò gli occhi al cielo

-guardami- gli ordinò afferrandogli il mento tra due dita costringendolo a voltarsi verso di lei –ho sbagliato aggettivo, io non voglio cambiare, voglio migliorare-

-ma…- aggrottò le sopracciglia, confuso

-la tua proposta è ancora valida?- gli chiese, la voce tremante

Lo vide spalancare gli occhi, che tornarono improvvisamente pieni di quella luce che li aveva sempre contraddistinti.

-lo sarà sempre-

Ronnie gli sorrise, afferrandogli entrambe le mani -voglio che tu sappia che io non sarò perfetta, che non ti sveglierò tutte le mattine con un bacio e la colazione a letto, che non stirerò le tue camicie, non sarò sempre paziente quando dovrai stare per troppo tempo fuori casa per lavoro, non mi troverai con un sorriso smagliante e non un capello fuori posto quando torni da casa, perché io sono così- allargò le braccia alzando le spalle confessandogli la sua paura, quello che pensava davvero: ci sarebbe sempre stata qualcuna migliore di lei.

-non c’è stato un solo istante in cui io abbia desiderato cambiare una sola cosa di te- le lasciò temporaneamente una mano per accarezzarle il profilo -anche quando mi tieni il muso e non vuoi dirmi cos’hai, anche quando ti arrabbi per la minima cosa o quando hai costantemente paura che io possa uscire da quella porta e non tornare mai più, non c’è un istante, uno solo Ron, in cui io non ti ami. E non voglio sposarti per avere accanto il prototipo di moglie perfetta, voglio farlo perché voglio amarti ogni giorno della mia vita, con la benedizione di Dio- stava scegliendo lei, ancora una volta.

Ronnie gli sorrise prima di abbassare per un solo istante lo sguardo –chiedimelo, allora-

Nick la studiò attentamente, con un’espressione a metà tra lo stupido e l’incredulo, probabilmente chiedendosi se stesse dicendo sul serio e interrogandosi sul perché del suo improvviso cambio di idea -non voglio che tu lo faccia solo per farmi felice- disse infine.

La ragazza scosse la testa stringendogli una mano –io sono sicura che ti amerò per tutta la vita Nick e che non riusciremo mai a stare lontani l’uno dall’altra. Se a te serve ufficializzare tutto questo col matrimonio allora…- alzò le spalle sorridendogli con naturalezza –…facciamolo!-

Vide Nick aprirsi in uno dei suoi rari sorrisi, ma gli occhi erano ancora incerti, allerta.

-e se ti lasciassi sull’altare per scappare con la violinista?- scherzò, ma Ronnie capì che in quel modo stava cercando qualche segno di insicurezza in lei.

Non hai paura? Le stava chiedendo in realtà.

Ronnie gli lasciò la mano allontanandosi di poco e Nick si irrigidì automaticamente, fraintendendo. Gli sorrise rassicurante, prima di portare le mani al colletto della t-shirt e tirarlo verso il basso, mostrandogli la scritta in nero all’altezza del suo cuore.

La prima parte del tatuaggio era più vecchia, si vedeva dal colore opaco tendente al verdognolo, mentre la seconda era di un nero intenso, brillante e proprio su quella si fissarono gli occhi di Nick.

Nothing lasts forever, but you and me.

-q…quando…?- balbettò Nick incredulo continuando a fissare quelle parole

-prima- rispose semplicemente lei mollando la presa, lasciando che la maglietta tornasse a coprirla –io credo in te, credo noi come non ho mai creduto in niente in vita mia- completamente scoperta, vulnerabile, sua.

Sentì salirle le lacrime agli occhi di fronte allo sguardo felice e soddisfatto di Nick, che in un lampo le prese il viso tra le mani, avventandosi sulle sue labbra con poca delicatezza.

-vuoi sposarmi?- ansimò staccandosi di poco da lei, col fiato corto.

Ronnie sorrise, sentendosi per la prima volta completa e sicura tra le sue braccia.

-per sempre -

 

 

 

 

 

*                          *                         *

 

Bene, ci siamo, è finita(quanto sono melodrammatica).

Spero davvero che questo epilogo vi sia piaciuta e vorrei motivarvi la mia scelta, della quale ovviamente non sono molto sicura.

Di solito gli epiloghi sono quei capitoli dove i nostri protagonisti hanno trovato la serenità e la pace interiore(?), forse vi aspettavate una Ronnie e Nick circondati da marmocchi urlanti e che si amano come una di quelle famiglie nella pubblicità del mulino bianco, ma quelli non sarebbero stati i miei Ronnie e Nick.

Dopo un’intera storia e 33 capitoli di un’altra l’unico ostacolo che ancora c’era tra quei due era l’insicurezza di Ronnie e non mi andava di raccontarvi un finale zuccheroso e melense senza avervi raccontato come ci fossero arrivati.

Qualcuna di voi(come la mia rossa amica Mandols) forse è rimasta delusa dal fatto che in questo epilogo non ci siano Kate e Joe, ma mi sentivo di farlo così. Per me quest’epilogo è stato un po’ come un ritorno alle origini: ho cominciato con loro, finisco con loro. Ad ogni modo ho inserito la parte iniziale proprio per farvi sapere che sono vivi e vegeti e più uniti che mai! Chi sa, magari in futuro scriverò una missing moment per loro. WHO KNOWS!

Bene, mi sa che siamo arrivati alla parte dei ringraziamenti. Sono talmente tante le cose per cui vorrei ringraziarvi e così tante le persone da ringraziare che non so da dove cominciare(e sicuramente dimenticherò qualcuno)!

Ringrazio quindi tutte quelle che mi hanno seguito dal primissimo capitolo di LMUYS e quelle che mi hanno raggiunto strada facendo.

Un enorme grazie va a chi ha recensito anche solo una volta questa storia, facendo arrivare le recensioni a numeri che MAI mi sarei aspettata, grazie soprattutto a chi ha recensito puntualmente ogni capitolo, ma anche alle lettrici “fantasma”.

Grazie a chi ha messo questa storia tra le preferite, seguite e ricordate e alle 36 folli che mi hanno inserita tra le autrici preferite(è un onore!).

Alle ragazze sulla pagina facebook che mi hanno tenuto compagnia e sopportato le mie crisi nei miei momenti di “NON SO SCRIVERE, SOPPRIMETEMI” e alle ragazze su twitter che mi hanno riempito di complimenti e con cui è sempre bello chiacchierare.

Grazie a questa storia, ancora una volta, perché senza di lei non avrei potuto conoscere le mie anime gemelle: Soriana e Eleonora e tutte le persone stupende come la mia Lux, che è la persona più simile a me che io conosca, la folle Gaia, che mi rompe le scatole ogni giorno, che fa flash mob in giro per la città e tante altre.

Il grazie più grande va proprio a loro: Soriana, per il solo fatto di esistere, per aver finto che questa storia le piacesse per tutto questo tempo(LOL) e per essere una stupida così grande da farmi ridere in ogni occasione, e per avermi fatto i mille stupendi blend che io mai sarei stata in grado di fare, ma soprattutto ad Eleonora, che non mi perdonerà mai di non averle fatto leggere l’epilogo, e che mi ha supportato nei miei momenti di crisi più di tutti aiutandomi a correggere, scrivere ed, ESSENZIALE, dandomi idee stra-smielate che a me non sarebbero mai venute in mente. Grazie ad entrambe, per essere le mie migliori amiche.

So, dire addio a questa storia per me è molto difficile e non solo perché ormai sono più di due anni che la scrivo, ma perché ci sono pezzi di me sparsi qua e la nel corso del capitoli. C’è un po’ di me in Kate, nei miei momenti alla “usciamo ed ubriachiamoci!”, c’è un po’ di me in Jamie nel momento in cui ho bisogno d’affetto e nei rari in cui lo elargisco, c’è un po’, tanto, di me in Lexus nei momenti in cui mi sento insofferente nei confronti di qualunque essere vivente presente sulla terra e c’è un po’ di me nell’insicurezza di Ronnie. Scrivendo questa storia ho scoperto cose di me che nemmeno immaginavo.

E così il mio viaggio nel fandom “Jonas” finisce, se avessi ancora un cuore piangerei di sicuro! Mi mancherete tutte, terribilmente, dalla prima all’ultima. Mi mancherà anche chi non ha mai recensito e quelle con cui non ho mai parlato.

Spero che continuiate a seguirmi in altri fandom, con mie altre storie e di rincontrarci lì e che almeno in quest’ultimissimo capitolo anche chi non si è mai fatto avanti mi dica un suo pensiero su questa storia in cui, vi garantisco, ci ho messo tanto.

Grazie per avermi resa un po’ meno insicura,

vi voglio bene.

 

 

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