Ancora un attimo...

di dragon_queen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Mai troppo fredda ***
Capitolo 3: *** Senza maschera ***
Capitolo 4: *** Colomba ***
Capitolo 5: *** Maestro ***
Capitolo 6: *** Malattia ***
Capitolo 7: *** Mi hai liberato... ***
Capitolo 8: *** La fine della pace ***
Capitolo 9: *** Voglio essere tua... ***
Capitolo 10: *** Torna da me ***
Capitolo 11: *** E fu la luce... ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Gironzolava assorto nei suoi pensieri per il bosco che sorgeva ai piedi del grande tempio. Dopo la battaglia contro Nettuno e la sua ingloriosa sconfitta, la Dea Atena aveva accettato la sua permanenza al santuario, al fianco dei cavalieri. Purtroppo aveva capito fin da subito che non sarebbe stato un soggiorno facile. I guerrieri d'oro, infatti, lo squadravano con diffidenza, pronti ad ingaggiare battaglia ad un suo passo falso.

Qualche giorno prima aveva incrociato il cavaliere dello scorpione all'altezza della terza casa. Quello lo aveva semplicemente ignorato, ma era certo di aver percepito i suoi occhi sondarlo con disprezzo. Se uno sguardo avesse potuto uccidere, lui sarebbe già morto.

Quel cavaliere lo metteva in soggezione, quasi un'ombra di paura si era impadronita di lui. Ma no, cosa andava a pensare? Come poteva lui aver paura di un uomo, quando si era preso gioco persino di un Dio?

Eppure si sentiva cambiato, qualcosa in lui si era fatta più umile. Non provava più nemmeno rabbia nei confronti di quel fratello che lo aveva lasciato a morire, anzi, in qualche modo la sua scomparsa gli aveva lasciato uno strano vuoto.

Si sentiva terribilmente solo. Era stato forse un bene essere sopravvissuto al crollo del tempio del mare? Probabilmente sarebbe dovuto morire quel giorno.

Perchè Atena gli stava riservando quel supplizio?

 

Lei lo osservava, stando ben nascosta dietro un albero e cercando di fare il meno rumore possibile. Tentava addirittura di controllare la respirazione, in modo da non farsi scoprire. L'aveva intravisto mentre si incamminava verso il bosco e aveva deciso di seguirlo. Non sapeva bene neanche lei il perchè.

Il giorno in cui era giunto al tempio, al seguito della stessa Atena e dei suoi cavalieri, lei si era soffermata ad osservarlo. Il suo volto era basso, mentre i ciuffi mori glielo nascondevano a sguardi indiscreti. Non aveva catene o corde, ma dalla sua camminata e dalla sua postura era come se fosse stato uno schiavo o un prigioniero.

Quando i suoi occhi si rivolsero alla Dea, la quale stava parlando ai presenti, la ragazza potè vedere un'ombra di tristezza e rassegnazione saettare in essi, ma anche una scintilla di rabbia nascosta.

Ne era rimasta incredibilmente affascinata e avvertì le sue guance arrossire. Per fortuna portava la maschera che era imposta alle sacerdotesse.

Ogni qual volta che lo incrociava avvertiva il cuore battere all'impazzata, mentre i crampi le prendevano lo stomaco. Le gambe si facevano deboli. Non voleva parlare con le altre, anche se magari potevano illuminarla sul perchè di quelle strane sensazioni.

Cosa le stava capitando?

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Capitolo 2
*** Mai troppo fredda ***


Gea aveva quasi diciassette anni ed era da quando ne aveva dieci che si allenava per diventare una sacerdotessa guerriera.

Finalmente, l'anno precedente, aveva potuto combattere per ottenere la tanto agognata armatura della colomba. Il suo avversario era stata una ragazza, giunta al tempio circa nel suo stesso periodo. Nonostante non fosse una persona a cui piaceva usare la forza senza motivo, diventare cavaliere era stato il suo sogno da quando era entrata al tempio come orfana e non avrebbe permesso a nessuno di ricevere quell'armatura al suo posto. Doveva ammettere che non era stato facile, ma alla fine era riuscita a vincere.

Adesso si allenava con le altre sacerdotesse, preparandosi per quando al tempio ci fossero stati dei problemi.

Dopo la partenza di alcuni cavalieri per le terre di Asgard assieme alla Dea, giunse la notizia che la divina fosse stata portata via da Nettuno nel suo tempio e i suoi combattenti erano partiti per liberarla. Le sacerdotesse non erano state comprese nella missione, come di consuetudine, ritenendo l'impresa fuori dalla loro portata, ma Tisifone era voluta partire per forza, tornando in condizioni non proprio ottime.

Quando Atena e i cavalieri avevano fatto finalmente ritorno, però, non erano soli. Si erano portati dietro un uomo, dall'aspetto in tutto e per tutto uguale al precedente cavaliere dei gemelli, scomparso durante la battaglia delle dodici case.

All'inizio tutti si erano chiesti chi fosse quello sconosciuto, non riconoscendo in lui il precedente cavaliere. In seguito appresero che si trattava del fratello gemello, Kanon, il quale si era unito ai generali di Nettuno, con l'intenzione di ingannare persino il Dio.

Atena, nella sua immensa bontà, aveva accettato che l'uomo rimanesse al tempio e che un giorno, forse, potesse indossare le vestigia d'oro del terzo segno dello zodiaco. Quella donna riusciva a vedere in un futuro che agli altri non era concesso e dal suo sguardo si capiva che riponeva un'immensa fiducia in quell'uomo.

Quello aveva accettato la cosa, ma tutti ormai si erano resi conto che gli altri cavalieri non lo vedevano certo di buon occhio, comprese alcune delle sacerdotesse e che la sua permanenza si sarebbe rivelata assai ardua.

Così se ne stava rinchiuso nella terza casa, uscendo solo quando il sole tramontava o quando aveva la certezza di non essere visto da nessuno.

Gea in qualche modo lo compativa, anche se all'inizio, nonostante i continui sbalzi allo stomaco ogni volta che lo incontrava, anche lei si era fatta un po' trasportare dai pettegolezzi e dalle malelingue.

Poi però si era imposta di riuscire a leggere nel suo animo, cosa che era bravissima a fare, come un dono naturale. Più tentava di avvicinarsi, più rimaneva invischiata in una spirale di strani sentimenti, contrastanti a volte, che però le stavano facendo perdere coscienza di sé.

 

Era una calda mattina, una delle poche che si presentavano alla soglia della primavera. Le sacerdotesse si stavano addestrando nell'arena, sotto lo sguardo di alcuni dei cavalieri, d'oro o di bronzo.

Le ragazze sapevano di attirare la loro attenzione in modo particolare: nonostante portassero una maschera che nascondeva il volto, i loro corpi erano sinuosi e sensuali, rivestiti solo di indumenti aderenti e adatti al combattimento. Era risaputo ormai che alcuni dei cavalieri accorressero all'arena unicamente per guardare loro il fondoschiena.

A Gea questa cosa non andava poi tanto a genio: lei voleva essere apprezzata per il suo talento e la sua bravura nel combattere e proteggere Atena e non perchè aveva un bel corpo.

Poi c'era anche una postilla che non andava molto a favore delle donne guerriere: la perdita della loro maschera. Chiunque fosse riuscito a toglierla, sarebbe stato oggetto del loro amore o della loro vendetta.

Molti ormai le sfidavano unicamente per scommessa, solo per sapere come fossero i loro tratti sotto quei rivestimenti di metallo, ma tutte si erano date un gran da fare per mantenere il loro segreto.

Disturbata da quei continui sguardi sempre addosso, la ragazza chiese ad una compagna, Calliope della Gru, se le andava di allenarsi in un altro luogo, un po' più appartato e lontano da distrazioni.

L'altra acconsentì, pensandola esattamente allo stesso modo.

Così le due si spostarono in una radura, a picco su un dirupo, senza timore che qualcuno le seguisse, visto che quel posto lo conoscevano solo loro.

Infatti Gea e Calliope erano entrate praticamente lo stesso giorno al tempio, ognuna con l'obiettivo di conquistare una diversa armatura. Per questo erano diventate molto amiche, anche se sul campo di addestramento non si risparmiavano comunque.

Nonostante l'amicizia che le legava, però, la ragazza non era riuscita a rivelare neanche a lei ciò che in quel momento provava per l'affascinante forestiero.

Forse perchè lei per prima non riusciva a darsi una risposta.

 

-Sei migliorata amica mia- disse Calliope mentre Gea scansava abilmente un suo affondo.

-Anche tu non sei male. Sei diventata più veloce- rispose l'altra.

In effetti era vero. Erano state le migliori e a ben vedere: erano veloci e scattanti, ormai esperte nel corpo a corpo. Se non fosse stato per la maschera, la sacerdotessa della colombra avrebbe rivolto un sorrisetto all'avversaria.

Mentre schivava un calcio, Calliope le disse:

-Sai, in questi giorni ti vedo strana. È come se qualcosa ti turbasse-

Quella domanda le arrivò come una pugnalata e per poco non fu colta di sorpresa da un gomitata.

-Che intendi?- chiese, facendo finta di niente.

-Avanti Gea, ti conosco da quasi dieci anni e ormai capisco quando mi nascondi qualcosa. Chi è?-

-Chi è chi?!?- esclamò lei, bloccandosi e arrossendo, per fortuna sotto la maschera.

La sua voce però la tradì, uscendo tremula e insicura.

-Quello che ti piace. È qualcuno dei cavalieri d'oro?- riprese l'altra, fermandosi a sua volta e osservandola con le mani incrociate sul petto e la testa leggermente inclinata.

-Non è nessuno. Non ho tempo per queste cose. Quindi se ti vuoi allenare con me bene, altrimenti lo farò da sola- disse lei scontrosa.

-Non c'è bisogno di essere così acide. La mia era una semplice domanda e tu, con le tue risposte, non mi hai fatto certo capire il contrario. Comunque, per rispetto come amica, non ti chiederò più niente, ma sappi che...-

Non finì la frase, visto che Gea era nuovamente partita all'attacco. Un ginocchio sfiorò la testa a Calliope, la quale si abbassò appena in tempo.

-Ehi, amica mia, ti ho chiesto scusa, non c'è bisogno di essere così violenti- ridacchiò la sacerdotessa della gru.

-Smettila e difenditi- rispose l'altra, continuando ad attaccare.

Ad un tratto fu però distratta da un movimento nel sottobosco, che le fece perdere la concentrazione, tanto che un poderoso pugno da parte di Calliope la colpì in pieno volto.

La ragazza si accasciò al suolo, in ginocchio, nascondendo il volto con le mani. Solo allora l'amica capì che con il colpo la maschera le era volata via.

-Gea, io...-

-Non preoccuparti. Penso che per oggi sia abbastanza. Puoi anche andare. Ci vediamo dopo-

L'altra continuò a fissarla per qualche secondo, poi decise di andarsene.

-A dopo- disse solo e si allontanò.

Gea rimase ancora per qualche minuto in quella posizione. Era davvero così trasparente nei suoi atteggiamenti? Lei, che aveva sempre pensato di apparire fredda e distaccata, nonostante dentro il suo corpo fosse infiammato da numerosi sentimenti. Si era sempre presentata in quel modo, non voleva sembrare debole di fronte agli altri. Una sacerdotessa non doveva esserlo, ancora più di un normale cavaliere, causa anche il suo sesso.

Alzò un poco lo sguardo, notando la sua maschera a qualche passo da dove si trovava. Avrebbe dovuto recuperarla prima che qualcuno la vedesse in volto. Poi ci pensò un attimo: quel posto lo conoscevano solo lei e Calliope. Poteva anche permettersi qualche boccata di aria pura. Così si alzò, voltandosi verso il dirupo, dove il vento soffiava impetuoso, portando con sé profumi e ricordi.

Respirò a pieni polmoni. La costrizione della maschera era stressante, non le permetteva di godersi tante cose, anche solo il poter respirare liberamente.

All'improvviso avvertì nuovamente un rumore che proveniva dal bosco. Stavolta si voltò e rimase bloccata in quella posizione.

Un uomo si era chinato a raccogliere la sua maschera, i ciuffi mori a nasconderne lo sguardo. Quando si alzò, gli occhi di lei si specchiarono in quelli color cobalto dello sconosciuto e in quell'istante il suo cuore perse un battito. 




NdA Spero che piaccia anche questo secondo capitoletto. La sacerdotessa misteriosa è una mia OC, quindi mi spiace se ho deluso le aspettative di qualcuno, anche se spero di essere comunque perdonata. Buona lettura. Saluti Marty.

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Capitolo 3
*** Senza maschera ***


Si era allontanato per l'ennesima volta dalla terza casa, aveva bisogno di una passeggiata. Senza neanche rendersene conto finì a camminare in mezzo al bosco, circondato solo da fitti alberi e dal silenzio.

Silenzio? Aspetta un secondo...

In quel momento avvertì delle voci, erano lontane, ma sembrava che i due interlocutori stessero discutendo. Qualche parola si poteva distinguere anche da quella distanza.

Così, incuriosito, si diresse verso quel punto. Mano a mano che si avvicinava, riuscì a distinguere che le due voce erano femminili.

Quando gli alberi presero a diradarsi e il suo sguardo si sperse in una sorta di radura, notò due delle sacerdotesse, intente a discutere.

-Ma non si stavano allenando nell'arena?- pensò tra sé, in qualche modo anche scocciato che quelle loro grida stessero disturbando la sua passeggiata.

Una delle due aveva lunghi capelli castani che le arrivavano alla vita, ma come di consuetudine era solo quello che si distingueva del suo aspetto. Il corpo era sinuoso e proporzionato, si vedeva che era abituata al combattimento.

L'altra invece aveva i capelli di un viola scuro, un po' più corti dell'altra, il corpo altrettanto allenato, anche se la muscolatura pareva leggermente più sviluppata.

Senza farsi vedere, si mise ad ascoltare. Ad un tratto quella con i capelli castani attaccò nuovamente l'altra, la quale la evitò appena in tempo. Era veloce e precisa e lui si ritrovò quasi a sorridere, divertito. Non aveva mai trovato interesse per le sacerdotesse, ma doveva ammettere che potevano fare invidia a qualunque cavaliere, esclusi quelli d'oro, si intende.

Spostandosi leggermente per seguire meglio lo scontro, urtò un ramo del cespuglio sotto di lui, provocando un debole rumore, tanto però perchè la ragazza con i capelli più lunghi si distraesse.

Fu così che un destro della mora prese in pieno volto, facendola cadere in ginocchio. Lui vide qualcosa di luccicante che cadeva a pochi passi da lui: la maschera.

Con poche parola la sacerdotessa congedò la compagna, rimanendo sola nella radura. L'uomo si chiese se anche lei se ne sarebbe andata o se fosse il caso che fosse lui ad andarsene, ma qualcosa lo trattenne, una curiosità strana.

La vide alzarsi e voltargli le spalle, dopodichè espande il suo torace in una boccata di aria fresca.

Senza sapere perchè, il desiderio di avvicinarsi a lei, mosse qualche passo allo scoperto, chinandosi poi a raccogliere la maschera. Lei se ne accorse, voltandosi di scatto. I suoi occhi si specchiarono in due fanali ametista, che però gli rilanciavano uno sguardo smarrito e spaventato.

 

Prima che riuscisse a dire qualunque cosa, la ragazza gli voltò nuovamente le spalle.

-Cosa ci fai qui?- chiese lei, tutto d'un fiato, stringendo le mani al petto.

-Mi conosce? Ma certo, che domanda stupida. Eppure io non l'ho mai vista o almeno non ha mai attirato la mia attenzione- pensò, senza sapere cosa rispondere.

-Perchè non mi guardi? Non mi pare educato parlare con qualcuno dandogli le spalle- chiese, atono.

-Non posso-

Dopo uno sguardo storto a quella risposta, i suoi occhi si posarono sulla maschera. Ricordava qualcosa riguardo al perchè le sacerdotesse dovessero portarla, quindi il suo sguardo si fece leggermente meno duro.

-Ti spiacerebbe ridarmi la maschera?- chiese lei in quel momento.

Lui mosse qualche passo verso di lei, sino a quando non le arrivò alle spalle, vicinissimo. Gea poteva sentire il suo respiro sulla nuca, mentre il calore che il suo corpo emanava le provocò un brivido. Una mano del cavaliere scivolò davanti a lei e stringeva la sua maschera.

Lei, senza troppi complimenti, la afferrò e la indossò nuovamente. Finalmente poteva voltarsi per guardarlo.

Quando lo fece, le sembrò di notare una scintilla di disappunto nei suoi occhi. Perchè?

-Allora? Non hai ancora risposto alla mia domanda- disse dura, mettendo le mani sui fianchi, allontanandosi però di qualche passo.

La sua vista le faceva battere forte il cuore, ma non voleva darlo a vedere.

Quello, nonostante tutto, le rivolse un sorrisetto strafottente, poi le rispose:

-Non sono affari tuoi-

Lei rimase di sasso.

-Come osi?- e tentò di tirargli un pugno.

Oramai il cervello non era più collegato al corpo. Kanon, però glielo bloccò, continuando a ridere.

-Ne hai di strada da fare, prima di riuscire a cogliermi di sorpresa, ragazzina-

Ragazzina?!? Come si permetteva?

-Lasciami immediatamente, razza di cafone- sbottò lei, tirandogli stavolta un calcio in uno stinco.

Quello si piegò sul punto leso, cominciando a saltellare, imprecando verso gli Dei con epiteti che lei non pensava che potessero esistere.

-Strega- disse tra i denti.

-Cafone- ripetè lei.

Poi mosse qualche passo verso la boscaglia.

-Mi scuso per aver disturbato la sua passeggiata, Kanon di gemini. Col suo permesso me ne vado- e sparì.

Quello guardò il punto dove fino a pochi secondi prima si trovava la ragazza, poi si mise a pensare: come faceva lei a sapere delle sue passeggiate?

 

-Non posso credere che sia così maleducato- stava pensando Gea mentre con passo quasi marziale si avvicinava all'alloggio delle sacerdotesse.

Non prestò attenzione neanche agli apprezzamenti fatti da un gruppetto di cavalieri minori. Quando giunse nella sua stanza, Calliope era là che se ne stava a leggere un libro, stesa sul letto. Non indossava la maschera.

Anche Gea si liberò della sua, lanciandola accanto al letto. Almeno tra loro potevano non indossarla. Si lanciò sul materasso, la faccia schiacciata contro di esso a soffocare un grido liberatorio.

-Gea, che è successo?- chiese Calliope, chiudendo il libro e poggiandoselo sulle ginocchia.

L'amica non rispose immediatamente. Poi voltò un poco la testa, in modo da guardare l'altra negli occhi. Il suo volto si fece cupo.

-Mi ha visto-

-Visto? Che intendi?-

-Senza maschera-

La ragazza fece un balzo sul letto.

-Chi?-

-Kanon-

-Quel Kanon?-

-E quanti ne conosci scusa?-

-E tu cosa hai fatto?-

-Niente. Che dovevo fare? Mi ha visto solo di sfuggita. Ho fatto in tempo a voltarmi-

-Allora cos'è che ti preoccupa?-

-E' freddo e maleducato. Non me lo sarei mai aspettato. E io che...- si bloccò.

-Tu cosa?- le chiese Calliope, curiosa.

-Niente. Lascia stare. Vado a farmi una doccia- e, alzandosi con la lentezza di un bradipo, si avviò verso i bagni.

-Oh, amica mia, non pensare che finisca qui-




NdA Direi che come primo incontro non è andato molto bene, speriamo che in futuro il rapporto migliore.
Ditemi, secondo voi il comportamento di Kanon è davvero così distaccato o si è messo solo sulla difensiva?
Continuate a seguire.
Ringrazio chi ha già recensito e spero di ricevere altri commenti XD
Un saluto






 

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Capitolo 4
*** Colomba ***


Kanon se ne stava seduto sulle scalinate della terza casa, immerso nei suoi pensieri. Non aveva un granchè di alternative, visto che nessuno al grande tempio lo degnava di uno sguardo. Per un attimo pensò che si rifiutassero persino di passare per la casa dei gemelli.

Pensava al fratello, Saga, il quale, nonostante avesse portato scompiglio in quel posto, veniva rimpianto dai più. Forse perchè avevano capito che era stato proprio lui, il suo gemello, a condurlo alla pazzia, a guidarlo verso una strada che lo aveva portato irrimediabilmente alla fine.

Eppure lui in quel momento si pentiva, gli mancava in un modo che non si sarebbe mai aspettato, come se una parte di sé fosse sparita con lui, come un vaso rotto che non poteva essere rimesso insieme perchè mancava un solo e all'apparenza inutile pezzo.

Poi nella nebbia dei suoi pensieri si fece spazio l'immagine di qualcuno: la ragazza che aveva incontrato quella mattina. Perchè pensava proprio a lei? Forse perchè era stata l'unica che gli aveva rivolto anche solo la parola? Forse perchè lo affascinava in un modo che non riusciva a spiegarsi?

Quegli occhi, quelle fessure ametista che aveva intravisto solo per un istante, erano stati capaci di fargli tremare per un attimo le gambe.

Ma cosa significava? Riprese per un attimo il controllo di sé, riacquistando il suo sguardo duro e la sua aura buia e impenetrabile.

Non poteva permettere che una donna lo rammollisse in tal modo.

 

Gea camminava verso le terme. A quell'ora era sicura di non trovare nessuno. Aveva dovuto reindossare la maschera, in quanto era costretta a passare dall'arena di addestramento. Come era logico, molti occhi si voltarono al suo passaggio, ma lei non se ne curò.

Giunse finalmente alla pozza d'acqua, dove i fumi dell'acqua calda salivano verso il cielo che si stava facendo scuro. Nonostante la primavera fosse alle porte, quando il sole calava la temperatura si faceva quasi fredda.

La piscina delle terme era una pozza d'acqua calda naturale, divisa in due: una parte per i cavalieri, l'altra per le sacerdotesse.

Gea si liberò così dei suoi abiti, ma mantenne la maschera sul volto. Non poteva sapere chi mai si sarebbe presentato. Si immerse nell'acqua e tirò un sospiro.

Dopo essersi bagnata sino alle spalle, si allontanò un poco, nella parte più buia della piscina e, finalmente, si liberò della seccatura della maschera. Un altro sospiro si schiuse dalle sue labbra.

-Ci voleva proprio- sussurrò e si sistemò contro una roccia, dando le spalle alla muraglia che divideva quella parte dall'altra.

Si fece improvvisamente seria, ripensando a quello che era accaduto quella mattina: come aveva potuto sbagliarsi tanto sul conto di qualcuno? Non le era mai successo, per questo non era convinta. Una parte di lei continuava a insultare il cavaliere in silenzio, mentre l'altra continuava a compatirla, dicendo che probabilmente anche lui indossava una maschera, proprio come la sua.

 

Finito il bagno, Gea uscì dalla piscina, si asciugò e si rivestì. Il sole era già tramontato ed era quasi ora di cena. Doveva affrettarsi se non voleva far arrabbiare Calliope, la quale odiava arrivare tardi alla mensa. Mentre camminava, avvertì dei suoni provenire dalle sue spalle. Continuando a guardarsi dietro, non vide arrivare un'ombra, proprio davanti a lei, la quale era distratta allo stesso modo.

Fu così che i due si scontrarono irrimediabilmente, cadendo a terra. La ragazza, dopo un attimo di intontimento, si rese conto di essere stesa su un corpo maschile, il quale si stava lamentando per la caduta.

-Se vuoi continuare a farmi del male dimmelo subito che ti sto alla larga- disse quello.

Lei lo mise a fuoco.

-Ancora tu?!?- esclamò, cercando di rimettersi in piedi.

Solo in quel momento si accorse di non indossare la maschera.

-Maledizione!!- esclamò dentro di sé e si nascose la faccia tra le mani.

Kanon si alzò, massaggiandosi la testa e alla reazione di lei non potè fare a meno di sorridere.

Dopodichè le si avvicinò, afferrandole i polsi.

-Senti, è già la seconda volta che ti vedo in faccia. So quali sono le alternative per una sacerdotessa che perde la sua maschera: o l'amore o la vendetta. Siccome da quel che ho capito non credo che quello che provi per me sia amore, facciamo che cancelliamo il passato e ci mettiamo una pietra sopra. Niente volto, niente vendetta-

La ragazza non capiva, ma da una parte era grata al suo sangue freddo. Lui, per la seconda volta, le consegnò la sua maschera, che lei si rimise.

-Non credere di starmi simpatico solo per questo- sbuffò lei.

-Per lo meno questa volta non mi hai picchiato. È già un passo avanti- rispose lui, distogliendo lo sguardo.

Perchè doveva essere sempre così fredda? Perchè quel suo auto controllo doveva prevalere anche nei rapporti umani? Eppure non voleva fargli capire niente.

-Beh, stasera non sono in vena di menare le mani. Ritieniti fortunato- e si voltò.

Mentre si allontanava di qualche passo, sentì l'altro dire:

-Posso sapere il tuo nome?-

-Perchè mai?- chiese lei.

-Tu sai il mio, ma io non so il tuo- si giustificò lui.

Lei sorrise da sotto la maschera.

-Ancora non te lo meriti-

Vedendo l'altro interdetto, rispose solo:

-Per il momento puoi chiamarmi Colomba-

 

Ma come le era saltato in mente? Lui voleva semplicemente sapere il suo nome, ma forse era meglio che non glielo avesse rivelato. Ciò avrebbe significato instaurare una specie di rapporto con lui e non voleva. Giocava con il povero cavaliere e si stava anche divertendo. Lui sarebbe stato al suo gioco?

 

Quella ragazza era strana. La guardò allontanarsi e scomparire nelle ombre. Colomba, che strano nome. Era sicuro che non fosse quello vero. La sacerdotessa stava giocando con lui, ormai se ne era reso conto. E lui, era disposto a provarci?

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Capitolo 5
*** Maestro ***


-E' durato molto il tuo bagno ieri sera- disse Calliope, seduta di fronte a lei, a colazione.

Per poco il caffè non le andò di traverso.

-Che vuoi dire?-

-Beh, non sei venuta neanche a cena. Ti ho aspettato per più di mezz'ora, poi ci ho rinunciato-

Sapeva qual'era lo sguardo di Calliope sotto la maschera e non le piaceva. Stava intuendo qualcosa. Era sempre stata troppo furba.

-Non avevo fame. Ero talmente stanca che dopo il bagno mi sono addormentata-

-L'ho notato. Eri talmente stanca da non accorgerti che parlavi nel sonno- rispose l'amica, poggiando la testa su una mano e il gomito sul tavolo.

-Che cosa?!?- esclamò lei.

-Dai, non è vero. Volevo solo vedere la tua reazione-

-Sei una stupida. Io me ne vado- e battendo le mani sul tavolo si alzò, indispettita.

-Gea, aspetta...- ma l'altra non l'ascoltò lasciando la sala.

Molti occhi si erano voltati verso le sacerdotesse, ma due in particolare erano stati assai attenti. Senza che nessuno lo notasse, qualcun altro lasciò la sala.

 

-Prima o poi picchierò così forte Calliope che le procurerò un'amnesia- sbuffava Gea, mentre si dirigeva verso l'alloggio dell sacerdotesse.

Era arrabbiata dalla troppa invasività dell'amica, come si permetteva di dirle quelle cose, soprattutto a mensa, davanti a tutti?

Si, era decisamente furiosa!!

Poco prima di raggiungere la sua meta, si fermò di botto: qualcuno la seguiva.

-Chiunque tu sia esci fuori e prometto che non ti picchierò-

Da dietro uno degli edifici comparve proprio lui, Kanon, con le braccia incrociate sul petto.

-Ma tu sei proprio fissata- disse, scuotendo la testa.

-E a te per caso piace seguirmi?- sbuffò lei.

-Ho visto la scena a mensa e pensavo che qualcuno doveva calmarti prima che combinassi qualche macello-

-E tu saresti quel qualcuno?- sghignazzò lei, voltandosi finalmente verso di lui.

Quello fece scendere le braccia lungo i fianchi e si avvicinò. Lei ebbe un brivido e mosse un passo indietro. Che intenzioni aveva?

Quando le fu a pochi centimetri, si piegò in avanti, sino a quando i loro volti non furono così vicini da sfiorarsi, o meglio, il suo volto con la sua maschera. In quel momento Gea la ringraziò segretamente. Quello le sorrise.

-Sai, Gea è un bel nome-

La ragazza trasalì, poi si ricordò che Calliope le aveva urlato dietro chiamandola per nome.

-Una cosa in più per ammazzarla più tardi- pensò lei.

-Perchè non volevi dirmi il tuo nome?- chiese ancora il cavaliere, continuando a rimanere pericolosamente vicino.

-Prima che ti pianti un destro in faccia ti conviene allontanarti da me-

-Non credo invece che lo farai sul serio- sorrise lui, continuando a non muoversi.

Lei strinse i denti e preparò il colpo. Quello si spostò con un agilità unica e le bloccò il polso, facendola poi girare su se stessa e bloccandole il braccio dietro la schiena.

Gea gemette dal dolore.

-Sai, ragazzina, hai le potenzialità, ma ti manca la tecnica- le sussurrò lui in un orecchio.

-E allora? A te cosa ti frega?- disse lei, tentando di liberarsi dalla presa del cavaliere.

-Sai, voglio offrirti i miei insegnamenti. Se ti sta bene, raggiungimi stasera alla casa dei gemelli alle otto in punto. Se non dovessi vederti per quell'ora, saprò che non hai accettato-

La lasciò andare e le voltò le spalle.

-Ci vediamo stasera- e le accennò un saluto con una mano, mentre l'altra se la ficcava in tasca.

Gea si massaggiò il braccio, continuando a fissare la schiena dell'uomo. Come si permetteva? Si sarebbe presentata all'appuntamento solo per il gusto di picchiarlo ben bene.

 

-Dove te ne vai?- le chiese Calliope mentre si asciugava con un asciugamano i capelli bagnati.

-Ho da fare- rispose lei secca.

Mentre stava per uscire, l'amica la fermò di nuovo.

-Senti mi dispiace per stamattina, non voglio che tu sia arrabbiata con me-

L'altra si voltò, la maschera non ancora sul viso. Le rivolse un sorriso:

-Non preoccuparti, non sono più arrabbiata. Ci si vede dopo- e se ne andò.

Gea percorreva la risalita sino alla terza casa con una lentezza che poteva sembrare quasi voluta. All'improvviso non era più tanto decisa ad affrontare quelle specie di allenamenti con lui. Ogni volta che gli stava vicino, il suo cervello si sconnetteva e lei non riusciva a pensare logicamente. O, altrimenti, le montava dentro la rabbia e faceva la parte della zitella acida. Accidenti, che situazione. Ma con tutti i presenti al grande tempio, proprio lui?

Senza rendersene conto giunse alle gradinate della terza casa. Il portone era aperto e l'interno inghiottito dal buio e dal silenzio.

-Come fa quello a rimanere qui dentro tutto il giorno? Ci credo che è depresso- pensò lei.

Con una scrollata di spalle decise allora di entrare. Non appena varcò la soglia delle fiaccole si accesero a rischiarare l'ambiente. La figura del cavaliere apparve poggiata ad una delle colonne.

-Vedo che hai accettato il mio addestramento- disse.

-Non fraintendere. L'ho fatto solo per dimostrarti che non ne ho bisogno-

-Davvero?- chiese lui, iniziando ad avanzare.

-Davvero- rispose lei.

-Allora fammi vedere cosa sai fare-

Gea accolse la sfida, mettendosi in posizione. Quell'uomo la faceva davvero infuriare. Era troppo sicuro di sé, freddo e calcolatore...aspetta, proprio come lei. Scacciò quel pensiero con una scrollata della testa. Dopodichè, con un grido degno di un'amazzone, si scagliò contro il moro. Un calcio lo raggiunse all'altezza del volto.

Quando la ragazza stava già cantando vittoria, notò che il suo colpo non lo aveva raggiunto. Il piede era stato fermato da Kanon, con un solo dito!!

-E tu ti definisci una sacerdotessa?- la canzonò lui.

-Taci, dannato- e ripartì all'attacco.

Un pugno, una ginocchiata e una gomitata, tutti dati con molta forza, ma che furono bloccati dal cavaliere. Ad un tratto Gea si ritrovò con le spalle al muro e Kanon di fronte a lei, che la osservava.

Lo vide avvicinarsi e chiuse gli occhi, spostando leggermente la testa verso la sua spalla. Avvertì l'impatto della sua mano con il muro: l'aveva bloccata.

-Che vuoi fare?-

Quello non rispose. Alzò l'altra mano verso la sua maschera.

-Sai, mi incuriosisci ragazzina. Hai la forza e la velocità, ma ti ostini a non volerti applicare. Vuoi davvero essere un cavaliere di Atena?-

-Certo che lo voglio!! E' da quando sono bambina che voglio essere degna di proteggere la Dea!! Ma dopotutto tu cosa ne puoi sapere?- gridò e, con uno scatto fulmineo, si liberò dalla costrizione.

Kanon rimase impalato a fissare il muro. Le parole di Gea lo avevano colpito profondamente, risvegliando ricordi e pensieri che aveva sperato di non dover riscoprire.

Lei, dal canto suo, dopo essersi liberata, lo attese in posizione. Ma vide che lui non si muoveva. Cosa aveva fatto? Perchè quelle parole così dure? Che diritto aveva lei di giudicarlo, ma in quel momento le sue parole l'avevano punta nel vivo, provocando quella reazione così irrazionale e poco matura.

Si rilassò, avvicinandosi al moro. Gli poggiò una mano sulla spalla e aspettò che lui si voltasse.

-Mi dispiace. Facciamo che stasera è stata solo una prova e che ricominciamo domani?-

La sua voce era cambiata, sembrava più calma e dolce. Il cavaliere ne rimase per un attimo spiazzato e quasi arrossì.

-D'accordo. Ma ti consiglio di applicarti-

-Va bene. Facciamo un patto: io mi impegnerò nell'allenamento e tu in cambio sarai un po' più sciolto e rilassato-

Dopodichè Gea uscì correndo dal tempio, lasciando Kanon con un'espressione incredula sul volto, che poi però si tramutò in un caldo sorriso.

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Capitolo 6
*** Malattia ***


Era quasi una settimana che Kanon la allenava e doveva ammettere, anche se di malavoglia, che stava facendo dei veri progressi. Certo, lui continuava a dargliele di santa ragione, ma lei incassava e restituiva come una tigre.

Dal canto suo, il cavaliere si stava seriamente divertendo e in qualche modo appariva più sereno. Forse Gea stava a riuscendo a scalfire quella maschera che lui indossava.

La pecca però era che, una volta finiti gli allenamenti, l'uomo tornava serio e impassibile, come se l'unica cosa che lo facesse star bene fosse stato combattere.

Verso mezzogiorno, Kanon disse a Gea di allenarsi un po' da sola, fargli vedere i suoi progressi.

La ragazza obbedì, iniziando a piroettare in aria, come se fosse stata priva di peso, fendendo il vento con calci e pugni. Lui la osservava attento, ma non sapeva bene a cosa.

Vedeva una sacerdotessa che si allenava, ma nel contempo si soffermava ad ammirare quel corpo, dalle forme aggraziate e sinuose, imperlato da argentee goccie di sudore che, colpite dal sole, le davano un effetto quasi eteree. Era bella come una Dea e l'uomo fremeva nel vedere il viso che quella dannata maschera nascondeva. Ogni volta che la guardava sentiva qualcosa nascergli dentro, una morsa allo stomaco che risaliva sino al petto.

Che si sarebbe mai aspettato che un giorno anche lui avrebbe provato quello strano malessere.

 

Gea fu stupita dalla richiesta di Kanon di allenarsi da sola, mentre lui la esaminava. Non si fidava, ma voleva vederci chiaro. Dentro di lei però si fece spazio l'imbarazzo, per la prima volta. Non le piaceva l'idea di muovere il suo corpo davanti al cavaliere, in quanto nel suo sguardo, qulle poche volte che lo incrociava, vedeva una scintilla di desiderio.

Ma come poteva volerla? Il suo volto era pressocchè un mistero per lui. Una persona non era niente senza un viso, un'espressione. Il suo volere di diventare cavaliere, però, l'aveva portata anche ad annullare la sua femminilità, imponendosi quella maschera.

Non si era mai considerata veramente una donna, sino a quando non aveva incontrato lui. In quell'istante i suoi istinti si erano di botto risvegliati, come un'esplosione. Eppure la parte razionale di lei le imponeva di rimanere fredda.

Eppure quegli profondi occhi blu le provocavano uno strano tormento.

 

-Accidenti, che nottataccia- biascicò Gea, mentre si grattava pigramente la testa tentando di riavviarsi i capelli.

Per l'ennesima volta aveva scaricato Calliope per dirigersi alla terza casa, ma era convinta che l'amica si fosse ormai resa conto di ogni cosa.

Come ogni giorno Kanon la attendeva all'entrata, poggiato ad una colonna, mentre fissava la distesa blu ai piedi dell'acropoli di Atene. I suoi lunghi capelli mori volavano al vento come se fossero stati leggeri come una piuma, mentre quell'espressione triste e corrucciata gli trasmetteva un'aria davvero misteriosa e sensuale.

La ragazza si ritrovò ad arrossire, ma riacquistò subito il controllo.

Finalmente lui si accorse di lei.

-Ben arrivata. Sei pronta?-

-Si, maestro-

 

Evitò un altro pugno, ma di poco. Trattenne il fiato, per poi rilasciarlo durante lo scatto. Puntò un calcio alla testa del cavaliere, ma questo si piegò sulle ginocchia, facendole per un attimo perdere l'equilibrio.

-Mantieni il baricentro sempre in equilibrio- le ordinò.

Un colpo verso il centro dello sterno, ma Kanon scattò all'indietro.

-Pugno serrato e gomiti sollevati-

Quanto lo odiava!!

Mentre formulava quel pensiero, però, si distrasse, lasciando che il suo avversario le facesse lo sgambetto. Lei stava ormai per cadere a terra, mentre imprecava silenziosamente. Poi però si rese conto che il pavimento non arrivava.

Si sentì afferrare per la vita, mentre la schiena le si piegava periocolosamente. Le gambe le cedettero, facendo di lei quasi un peso morto. Alzò lo sguardo e si trovò a fissare il viso di Kanon.

-Devi avere più stabilità sulle gambe- le disse, ma il suo tono pareva diverso.

Gea giurò di vedere le sue guance imporporarsi. Lei, invece, avvertiva il suo cuore accellerare i battiti, mentre il suo corpo, ormai divenuto un pezzo di marmo, era percorso dai brividi. Quella vicinanza l'avrebbe fatta capitolare.

Tentò di rimettersi in piedi, ma notò una caviglia che non poteva essere poggiata. Emise un gemito di dolore. Senza che potesse neanche aprire bocca, Kanon la prese tra le braccia.

-Ti medico la caviglia- disse serio e la portò all'interno della terza casa.

La ragazza non potè fare a meno di avvampare.

 

La fece sedere sul suo letto e si allontanò. Gea non potè fare a meno di respirare il suo profumo che si propagava per l'intera stanza. Ogni cosa là dentro sapeva di lui.

Si stupì nel vedersi simile ad una sciocca ragazzina che si invaghiva del suo idolo irraggiungibile. Sorrise segretamente.

Quando il cavaliere fece ritorno, lei si ricompose, come se lui potesse intuire il suo imbarazzo.

Le fasciò delicatamente la caviglia, cercando di non farle più male del dovuto. Solo quando chiuse la fasciatura, lei gemette.

-Mi dispiace, ci sono andato troppo pesante. Non sono abituato ad avere degli allievi e...-

La mano di lei si posò sulla sua. Lui si fermò ad osservarla, o meglio, osservare il volto impassibile della sua maschera.

Come attratto da una strana forza, prese ad avvicinarsi. Quando fu a pochi centimetri da quel volto di metallo, la sfiorò, scivolando delicamente sotto il mento, con l'intenzione di rimuoverla. Quando però stava per scivolare via, Gea lo impedì.

-Perchè?- chiese lui in un soffio, quasi sopraffatto dal sentimento.

-Mi dispiace, ma non credo che sia la cosa giusta- rispose lei.

Dal suo tono si deduceva che le dispiaceva sul serio. Pareva triste e confusa. Quando tornò a guardarlo, convinta di averlo offeso, invece si ritrovò a fissare un solare sorriso.

-Vieni, ti riaccompagno agli alloggi delle sacerdotesse-

 

Perchè lo aveva fermato? Era davvero quello ciò che voleva? Non lo sapeva più neanche lei. In quel momento nella stanza rientrò Calliope.

-Gea, tutto a posto?- le chiese, quando la vide stesa sul letto con la caviglia fasciata.

Lei la guardò con i suoi profondi occhi ametista.

-No amica mia, credo di avere una sorta di malattia che mi sta facendo impazzire-

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Capitolo 7
*** Mi hai liberato... ***


 

Calliope aveva ascoltato la sua storia senza fiatare, limitando a qualche raro cenno della testa.

-Dimmi, secondo te cos'ho?-

-Sei innamorata amica mia. Non c'è niente di male in questo-

-E invece si. Io non posso essere innamorata di lui, non posso permetterlo. Lui è così strafottente, saputello, superiore e...-

-E...?-

-E anche dolce, premuroso e incredibilmente sexy- rispose lei, con viso sognante.

-Gea, non c'e niente da temere dall'amore. È una cosa naturale, che colpisce ogni essere che abbia un cuore. Renditi conto: sei riuscita ad abbattere la corazza del grande Kanon di gemini, l'uomo il cui temperamento ha ingannato persino un Dio-

-Lo so-

-E perchè allora non ti vedo saltare di gioia-

-Non lo so. Non sono sicura-

Calliope la guardò come avrebbe potuto fare con una bambina, le si avvicinò e la strinse tra le braccia. L'altra la lasciò fare.

-Non sei ancora pronta per innamorarti, cara Gea. Ma credo che dovrai crescere in fretta se vuoi che il tuo principe non scappi via-

 

Calliope sapeva qualcosa che Gea ignorava. Da qualche giorno l'aria al grande tempio era tesa. Un pericolo lontano sconvolgeva la mente della Dea e di conseguenza anche quella dei suoi cavalieri. Da lì a un mese sarebbero scaduti i 243 anni e una piaga si sarebbe abbattuta sull'intera Grecia.

 

Gea avanzava zoppicando in direzione della terza casa. Doveva parlare con lui, non poteva più rimandare. Doveva allontanarlo prima che fosse stato troppo tardi.

Non lo trovò come al solito all'entrata, così si avventurò all'interno del tempio. Lo intravide su una sorta di divanetto, intento a leggere, sulla terrazza.

Quando la sentì si voltò a guardarla.

-Non crederai di allenarti in quelle condizioni, vero?-

Lei scosse la testa, poi rispose:

-Ho bisogno di parlarti-

Kanon la fece accomodare. Lei si sedette al suo fianco, rigida come un pezzo di legno, i pugni chiusi sulle ginocchia e lo sguardo basso.

-Allora, cosa dovevi dirmi?- chiese lui, un poco confuso.

-Ecco...io...non so come...-

Si stava completamente scordando le parole, le stavano scivolando via come se non avessero freno e lei stava facendo la parte dell'idiota.

Ad un tratto avvertì una mano di lui che le accarezzava i capelli.

-Sai Gea, io avevo una richiesta da farti, se a te non dispiace-

Il suo sguardo era tenero.

-Vorrei rivedere ancora una volta i tuoi bellissimi occhi-

Lei sussultò, poi però si rese improvvisamente conto che probabilmente Kanon le stava facendo capire, in modo un po' eccentrico e particolare, che aveva capito e che provava i suoi stessi sentimenti.

Così afferrò la maschera all'altezza del mento e se la sfilò.

Mentre quella scivolava via dal volto della ragazza, lui trattenne il respiro. Era da quando l'aveva conosciuto che aspettava di vederla ciò che la maschera nascondeva.

I capelli castani di lei nascondevano ancora il suo viso, ormai libero da ogni genere di costrizione, libero di essere finalmente ammirato.

Così, con mano tremante, le scansò quei ciuffi che lo separavano ancora dalla verità e la voltò, in modo da poterla ammirare.

Si congelò. Gea era bellissima, una creatura del tutto eterea. Mentre ammirava ogni suo tratto, riuscendo finalmente a vedere le sue guance rosate dall'imbarazzo, sentiva come se dentro l'avesse sempre immaginata in quel modo.

I suoi occhi erano davvero di un magnifico viola, grandi e dalla forma leggermente allungata, il naso piccolo e all'insù, mentre la bocca, a cuore, possedeva delle labbra rosee e carnose.

-Kanon, io...-

Lui le posò un dito sulle labbra, come a dirle di tacere, che in quel momento le parole erano superflue. Dopodichè, con quello stesso, ne seguì la forma, sentendola rabbrividire. Dalla bocca passò alle guance, mentre lei chiudeva gli occhi, abbandonandosi al suo tocco.

Il corpo del cavaliere fremeva. Finalmente la vedeva per come era: non una sacerdotessa, non una ragazza, ma come Gea, la ragazza che aveva risvegliato quel cuore che per troppo tempo era rimasto annegato nelle acque della sua apatia.

 

Gea si abbandonò a quel tocco che tanto aveva atteso. Per un attimo pensava di averlo deluso a causa del suo aspetto, ma poi lo aveva sentito mentre la sfiorava. Il suo dito sulle labbra le aveva provocato uno strano turbine di emozioni che lei non riusciva bene a definire: paura, imbarazzo, desiderio, passione.

All'improvviso avvertì il corpo di Kanon spostarsi verso di lei, sino a sentire il suo respiro di lui a pochi centimetri dal suo viso. Sentì che le sussurrava:

-Tu mi hai liberato-

Poi la sensazione di qualcosa di caldo sulla sua bocca, umido, ma allo stesso tempo morbido. Lui la stava baciando. Lei si abbandonò ulteriormente e in quel momento le balenò un pensiero: quello era il suo primo bacio. Gea aveva regalato quel personalissimo fiore a Kanon, il cavaliere dei gemelli, l'uomo che era considerato un traditore dagli altri guerrieri di Atena, ma che per lei era solo l'uomo di cui si era innamorata.

Quel bacio era delicato e casto, come se l'uomo avesse paura di recarle offesa. Lei gli fece scorrere le braccia attorno al collo, in modo che le loro labbra potessero aderire ancora di più. In breve tempo avvertì che lui tentava di schiuderle la bocca per approfondire quel bacio. Gea non lo fermò, anzi. Voleva sentire il suo sapore, mentre con il naso si inebriava di quel suo odore così buono, che per certi aspetti risvegliava il ricordo del salmastro.

Lui, delicatamente, la stese sotto di lui, senza mai staccarsi dalle sue labbra. Cercando di non pesarle troppo, iniziò a carezzarle delicatamente il volto.

Dei, quanto l'aveva desiderata, quanti freni aveva messo al suo corpo per impedirsi di possederla con la forza. Quella ragazza aveva qualcosa che aveva fatto risvegliare in lui un sentimento dai sapori primordiali. Non voleva fare niente contro la sua volontà, voleva che fosse lei a chiederglielo. E, abbandonandosi al suo bacio, lo aveva fatto.

Fece scorrere la mano libera sui suoi fianchi sodi, accarezzandone ogni forma, mentre la sentiva fremere. Il suo bacino spingeva contro quello di lei, facendola gemere da quelle labbra che ancora erano soggiogate da quelle del cavaliere.

Voleva farla sua e voleva farlo ora.

 

In quel momento in Gea si risvegliò la parte razionale. Di colpo puntò le mani sul petto di lui, facendolo staccare da quell'appassionato bacio e costringendolo ad alzarsi in ginocchio.

-Cosa c'è?- chiese, senza capire.

-Kanon...scusa, ma...io credo di...-

L'uomo di rabbassò su di lei, sfiorandole la fronte con le labbra.

-D'accordo. Quando vorrai-

La aiutò a rimettersi a sedere, mentre il suo corpo era ancora percorso dai fremiti della lussuria. Lui si sedette con la schiena poggiata al bracciolo del divanetto e invitò lei a poggiare la schiena contro il suo petto. Lei accettò l'invito, avvertendo le sue forti braccia stringerla.

Un bacio sulla nuca e lei si abbandonò come una bambina, mentre il sole, all'orizzonte, stava tramontando.

Rimasero così, uno abbracciato all'altra, mentre la notte avanzava e la luna divenne la loro unica testimone.

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Capitolo 8
*** La fine della pace ***


Ancora non poteva crederci. Ormai era quasi un mese che si vedeva con Kanon, rigorosamente di nascosto però. L'unica che sapeva delle loro tresche era Calliope e le aveva promesso che non l'avrebbe detto a nessuno. Certo, le era toccato un paio di volte minacciarla di morte, ma ne era valsa la pena.

Per quanto riguardava il suo cavaliere, sembrava cambiato da quando l'aveva conosciuto la prima volta: era sereno, spensierato e non faceva più molto caso a quello che gli altri pensavano di lui. Adesso aveva lei e questo gli bastava.

Da qualche giorno però sembrava alquanto preoccupato e si era fatto scostante e silenzioso. Aveva tentato più volte a chiedergli cos'è che lo turbasse, ma lui le aveva sempre risposto che non c'era niente che non andava. Nulla di strano, se non fosse stato per il sorriso palesemente falso e forzato che le rivolgeva ogni volta. Gea aveva imparato a leggergli dentro solo guardandolo negli occhi e ciò che vedeva non le piaceva affatto.

L'aria al grande tempio si era fatta pregna di quella stessa preoccupazione.

Un paio di giorni più tardi Atena stessa aveva reso pubblici i suoi timori e aveva avvertito i suoi cavalieri di tenersi pronti per una dura battaglia.

Kanon aveva ricominciato ad allenarsi, ma si ostinava ancora a non voler indossare l'armatura di Gemini. Quando la ragazza gli aveva chiesto il motivo di tale sciocca decisione, lui aveva semplicemente risposto che ancora non si era dimostrato degno di tale investitura.

Una sera, mentre i due se ne stavano sulla terrazza del terzo tempio, l'uno nelle braccia dell'altro ad ammirare il magico cielo notturno, Gea si voltò verso Kanon.

-Perchè non vuoi dirmi cosa ti succede?-

Lui rimase in silenzio: non riusciva a guardarla negli occhi. Non voleva darle preoccupazioni, ma dentro di sé sentiva che l'imminente battaglia avrebbe portato sventura e sofferenza.

-Non mi succede niente. Non devi preoccuparti-

-Ti ostini a mentirmi. Kanon, ormai ho imparato a conoscerti e riconosco quando mi stai dicendo una bugia. Credi che non mi sia accorta dell'aria che si respira al grande tempio? Pensi che sia così stupida da non accorgermi che un vento di guerra sta soffiando tra queste mura?-

-Non devi angustiarti inutilmente. Andrà tutto bene-

Gea era furiosa per la sfacciataggine di quel cavaliere davanti all'evidenza, ma quando lui si abbassò su di lei e le sfiorò le labbra con le proprie, quel tocco sembrò cancellare ogni traccia di rabbia.

-Ti odio- disse, prima di approfondire quel bacio.

Avvertì le labbra di lui inarcarsi in un sorrisetto furbo.

-Direi che anch'io comincio a conoscerti bene- disse poi.

Le passò una mano tra i lunghi capelli castani e lei si abbandonò contro il suo petto, sorridendo.

 

-Ancora ti rifiuti di indossare le sacre vestigia?- disse Gea giungendo alle spalle di Kanon mentre si allenava.

-Non è ancora il momento- rispose lui, continuando a fendere l'aria con calci e pugni.

-E quando lo sarà?- chiese ancora la ragazza.

-Non ho ancora cancellato i miei peccati- concluse il moro, fermandosi a guardarla.

Lei gli fece cenno di sedersi accanto a lei e lui accettò volentieri l'invito.

-So che gli incubi delle tue azioni passate continuano a tormentarti, ma adesso sei chiamato ad essere un cavaliere di Atena e non lo sarai mai se non indossi l'armatura d'oro-

Kanon rimase in silenzio, fissando il terreno. Lei gli afferrò il mento e lo costrinse a guardarla.

-Ho capito cos'è che ti frena. È il fatto che gli altri cavalieri non ti accettano, ti evitano, fanno di te una sorta di mostro, ma io so che non sei così. Io ho conosciuto il vero Kanon, colui che si nasconde dietro una maschera più spessa di quella che nasconde il mio volto, colui che è pentito di ciò che ha fatto, l'uomo che vorrebbe avere una seconda possibilità-

-Come puoi parlare così? Tu non sai cosa ho fatto-

-Non mi importa. L'individuo che eri è morto quando il tempio del mare è crollato. Quello che ho di fronte è il vero Kanon, colui di cui mi sono innamorata- e lo baciò.

Lui ricambiò, poi la fissò negli occhi.

-Sai, vorrei che mio fratello fosse qui con me in questo momento-

-Beh, non posso essere paragonata a Saga di Gemini, ma posso sempre provare ad ascoltarti come farebbe lui- rise lei.

Kanon finalmente sorrise.

-Direi che sei molto meglio-

 

Atena si svegliò dal suo giaciglio di pietra e fissò il cielo. Avvertiva il sigillo che si era rotto e a breve lui si sarebbe risvegliato assieme ai suoi seguaci. Doveva avvertire i cavalieri e prepararli alla battaglia. I 243 anni erano finiti. Hades stava tornando.

 

108 stelle si dipartirono dal nero monte, mentre la bocca del Tartaro si rischiarava di una luce maligna. Il signore dell'Ade si era ridestato ed era pronto a muovere battaglia contro Atena e i suoi cavalieri. Decise in principio di muovere i suoi pedoni in modo da non sacrificare i suoi adorati e fedeli specter. Voleva la testa della Dea e avrebbe inviato delle sue vecchie conoscenze a compiere la missione.




NdA Mi scuso per il ritardo, ma avevo avuto una sorta di blocco. Spero di non aver sconvolto la vicenda in modo esagerato e se l'ho fatto spero in un vostro perdono XD
Ringrazio coloro che hanno recensito, sperando che continuino a farlo, e coloro che mi stanno seguendo. Un saluto Marty

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Capitolo 9
*** Voglio essere tua... ***


Gea era salita alla terza casa, ma non aveva trovato Kanon ad attenderla. Preoccupata lo aveva aspettato, ma lui non accennava ad arrivare.

Si accomodò su uno dei divanetti e là attese, sino a quando non lo vide ricomparire sulla soglia. Quando però lo mise a fuoco si lasciò sfuggire un gemito di terrore: il suo corpo era ricoperto di sangue e il suo colorito era pallido, come se fosse ad un passo dalla morte.

-Kanon, cosa è accaduto?-

Quello alzò lo sguardo e, dopo averle sorriso, si accasciò al suolo. La ragazza riuscì a trascinarlo con fatica sino alla sua stanza e lo stese sul letto.

-Per Atena, cosa è successo?- gli chiese ancora passandogli una pezzola bagnata sulla fronte.

-Milo...lui...-

-Cosa c'entra il cavaliere dello scorpione?!?-

Kanon non rispose, ma si limitò ad aggiungere:

-Adesso sono pronto-

 

Gea rimase quasi tutta la sera a curare le sue ferite. Capì quasi immediatamente perchè Kanon aveva pronunciato il nome del cavaliere dell'ottava casa. Le ferite sul suo petto erano chiara testimonianza del suo micidiale attacco, dato che riconducevano proprio alla costellazione dello scorpione.

Tamponò il sangue, le ripulì e le bendò. In poco più di due ore il colorito tornò sul volto del moro, il quale riposava, sembrando quasi un fanciullo. La ragazza sorrise teneramente, mentre gli accarezzava una guancia.

Quando il sole spuntò, il cavaliere della terza casa dette segni di vita. Trovò Gea con la testa poggiata sul suo letto, seduta su di una scomoda sedia, che dormiva. Lo aveva vegliato per tutta la notte, poi però la stanchezza era stata più forte. Si guardò il corpo e lo vide coperto di candide bende. Lei lo aveva curato e accudito.

Poi si fece serio: come poteva meritarsi l'affetto di una tale creatura? Dopo ciò che era stato, come poteva il destino riservargli l'amore di una ragazza come quella? Bella come una Dea e dolce in par modo, come se fosse una visione irreale. Si rese conto che ormai non poteva più fare a meno della sua presenza nella sua vita e che grazie a lei aveva trovato il coraggio di andare avanti. Doveva combattere per Atena, ma in cuor suo era Gea il suo unico pensiero. Si, era per lei che doveva affrontare quella guerra.

 

Il panico dilagava per il grande tempio. C'era chi aveva giurato di aver visto i cavalieri deceduti uscire dalle tombe e risalire verso la tredicesima casa, rivendicando la testa della Dea.

Nessuno capiva perchè, in quanto nessuno conosceva il nemico che avrebbero affrontato.

Gea si svegliò nel suo dormitorio, al suo fianco Calliope che la guardava preoccupata.

-Che succede?- chiese lei.

-Siamo sotto attacco. La guerra è cominciata. Hanno ordinato che noi sacerdotesse rimanessimo chiuse qui dentro sino a nuovo ordine-

La ragazza non poteva credere alle sue orecchie. Il suo pensiero andò immediatamente a lui.

-Kanon...-

Fece per alzarsi, ma l'amica la trattenne.

-E' inutile. Per impedire colpi di testa ci hanno chiuso a chiave porte finestre. Siamo bloccate qui dentro-

-Calliope, devo vederlo- disse Gea con le lacrime agli occhi.

-Mi dispiace, ma l'unica cosa che puoi fare in questo momento è pregare-

 

Avevano fallito. Atena era morta e i cavalieri risorti, Shura del capricorno, Camus dell'acquario e persino Saga dei gemelli avevano fatto ritorno dal loro signore Hades con la sua testa.

I cavalieri rimasti non potevano crederci. Per cosa avevano combattutto se adesso la loro Dea non c'era più?

Poi però giunse il cavaliere della vergine, il quale spiegò loro che Atena aveva un piano e che la battaglia si sarebbe spostata negli Inferi.

Tutti erano pronti a partire, ma Kanon non poteva, non prima di averla rivista.

Così scese sino all'alloggio delle sacerdotesse e bussò alla sua finestra. Quando lo vide gli occhi di lei si illuminarono, probabilmente vedendolo vivo e in salute.

Con una leggera pressione, il cavaliere riuscì a rompere il meccanismo che chiudeva la finestra, consentendo in quel modo a Gea di seguirlo.

Rimasero in silenzio per alcuni minuti, i quali parvero un'eternità. Quando giunsero alla terza casa, la ragazza si decise però a parlare.

-C'è qualcosa che vuoi dirmi?-

Lui non riusciva a darle una risposta, in quanto non sapeva neanche lui con esattezza quale sarebbe stata la più giusta.

Si sedettero entrambi sulle gradinate che portavano alla casa dei gemelli e non parlarono. Poi una mano di lei si avvicinò a quella di lui, il quale la strinse con forza, come a voler scaricare la tensione.

-Devo scendere in battaglia-

-Sarà pericoloso?- chiese lei.

-Dovrò andare negli Inferi-

Gea non rispose, ma distolse lo sguardo. Dentro di lei sapeva cosa ciò significava, ma voleva che fosse lui a dirglielo. Gli occhi le si fecero umidi e riuscì a stento a trattenere il pianto.

-Mi dici questo come se fosse sottointeso che non tornerai- disse poi.

-Io vorrei che non fosse così, ma non voglio mentirti: ho paura-

Strinse forte i pugni e serrò i denti.

-Non voglio che tu te ne vada-

-Ma Atena...-

-Atena vada a farsi benedire!! Non voglio che tu combatta una guerra che è già persa in partenza!! Voglio che tu resti qui con me!!-

Era da egoisti, Gea lo sapeva, ma non poteva permettere che lui non facesse più ritorno.

Kanon la guardò, stupito, poi si schiuse in un sorriso. Le afferrò il mento e le voltò il viso in modo che lo guardasse. Gli occhi color ametista erano ormai invasi dalle lacrime che la ragazza non riusciva più a trattenere.

Lui la baciò teneramente, lasciando che il sapore di lei lo inondasse, lentamente, in modo che non potesse più dimenticarselo.

-Ti prego, non mi lasciare- sospirò lei a fior di labbra.

Quel bacio ormai sapeva di sale e rancore, lacrime versate per la disperazione e la furia contro quella Dea che voleva portarle via il suo unico amore.

Ben presto le loro labbra di schiusero, sino a quando le loro lingue non si toccarono e presero ad esplorarsi a vicenda.

Gea in quel momento capì: poteva fare ancora qualcosa. Gli portò le braccia intorno al collo e, avvicinandosi ad un orecchio, gli sussurrò:

-Voglio essere tua-

 

I loro corpi si muovevano in sincronia tra le candide e profumate coperte della stanza del cavaliere, mentre le loro mani si esploravano come se con gli occhi non si fossero mai veramente conosciuti. Le labbra di Kanon percorrevano il suo collo e le sue clavicole, lasciando una sensazione di torpore dove si posavano. Gea gemeva, desiderosa di legarsi a lui nel modo più primordiale e perfetto che essere umano conosceva.

Kanon si muoveva delicato su di lei, lasciando che quella pelle così morbida sfiorasse la sua, come a volerne lasciare un segno indelebile che non avrebbe mai dimenticato.

Le loro labbra si unirono di nuovo, mentre lui la carezzava e lei gemeva. Finalmente il cavaliere entrò in lei, facendola sobbalzare, ma adattando poi i suoi movimenti a quelli della ragazza. La penombra regnava nella stanza, solo la luna faceva da testimone a quel loro amore.

Lui la sentiva gemere e il piacere si insidiava nel suo corpo, desiderando che quella ragazza fosse per sempre sua.

Quando entrambi arrivarono all'apice, appagati ed esausti, lui si sdraiò al suo fianco, mentre lei adagiava il capo sul suo petto.

Poi, mentre la ragazza disegnava ghirigori invisibili sul suo pettorale perfetto, si avvicinò alle sue labbra e sussurrò:

-Ti amo...-

 

Quando Gea aprì gli occhi il sole era già alto. Tastò il materasso al suo fianco, ma non trovò nessuno. Si alzò di scatto, capendo immediatamente che lui se ne era andato.

Un pianto disperato scoppiò immediatamente, mentre un grido colmo di dolore si propagò per la terza casa, ormai deserta. 

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Capitolo 10
*** Torna da me ***


Se ne era andato, senza una parola, come un codardo, mentre lei dormiva. Gea era furiosa, ma allo stesso tempo distrutta, in quanto non era riuscita a dirgli tutto ciò che lei provava. Quelle due parole sussurrate non erano abbastanza, avrebbe voluto agire in altro modo perchè lui non partisse.

Sperava solo che mostrandogli ciò che lei sentiva, Kanon avrebbe rinunciato e, invece, la sua Dea era stata per l'ennesima volta più importante.

La odiava. A causa sua lei stava per perdere ciò che di più prezioso aveva guadagnato dopo la scomparsa dei suoi genitori. Dopo tutti quegli anni da sola, con lui aveva finalmente trovato qualcuno che la capisse, che comprendesse la sua solitudine e che, con la sua presenza, la facesse estinguere.

-Kanon, che tu sia maledetto e anche tu Atena, che con la tua arroganza e la tua non curanza hai condannato tutti i tuoi cavalieri a morte certa- sussurrò, mentre stringeva il lenzuolo che le copriva il corpo nudo.

Fissò il cielo che si intravedeva dalla piccola finestra della stanza: il sole si distingueva a malapena, in quanto era offuscato da una spessa coltre scura che ricopriva interamente la volta azzurra.

Pianse di nuovo, sentendosi improvvisamente stupida e impotente: come poteva maledire la Dea Atena? Lei, che fin da piccola aveva desiderato diventare un suo cavaliere per proteggerla, adesso la ripudiava? Era forse un inutile tentativo per scaricare la colpa alla Dea per una sua mancanza?

Si nascose la testa tra le mani. Le lacrime continuavano a scendere, mentre il pensiero si rivolgeva al suo cavaliere.

-Ti prego Kanon, torna da me-

 

Con la sua illusione era riuscito ad ingannare lo specter Balron Lune, garantendo la fuga a quei sempliciotti dei cavalieri di bronzo. Adesso osservava divertito lo sfortunato che era caduto nella sua trappola prodigarsi alla ricerca di pezzi di un corpo che non esisteva.

Si era reso invisibile, in modo da non avere problemi. In quel momento, mentre guardava la disperazione negli occhi del nemico, il suo pensiero andò a lei. Si immaginò la sua reazione quando aveva scoperto la sua scomparsa al suo fianco, e per un attimo sorrise ad immaginare le imprecazioni che Gea gli aveva gridato contro. Poi però fu come un flash, come se davanti ai suoi occhi fosse apparsa la sua immagine: i suoi occhi inondati di lacrime, le mani tra i lunghi capelli castani. Si sentì malissimo.

Ad un tratto avvertì qualcosa cingergli il braccio, cogliendolo di sorpresa.

-Non potevi essere che tu! Tu che una volta ti sei fatto beffe persino di un Dio. Kanon dei gemelli!!-

Non aveva fatto caso al nuovo attore comparso su quel macabro palcoscenico: Rhadamanthis, uno dei tre giudici infernali, il quale era riuscito a risvegliare il compagno dalla sua illusione. Quello lo aveva bloccato con la sua frusta.

Decise che era il momento di rivelarsi, così rimosse la sua copertura, permettendo ai due nemici di poterlo finalmente vedere.

-Speravo che quello stolto mi avrebbe condotto sino da Hades- disse lui con un sorriso sarcastico.

Con un solo dito disintegrò la frusta dello specter che lo imprigionava, facendo lo stesso anche con il corpo del suo possessore.

Rimasero lui e Rhadamanthis a fissarsi.

-Allora, vuoi portarmi tu da Hades?- chiese il cavaliere.

-Scordatelo! L'unico posto dove ti condurrò sarà il girone più basso dell'Inferno-

Ma prima che il suo attacco potesse colpirlo, Kanon era già sparito alla sua vista.

-Sei un illuso. Noi cavalieri possiamo muoverci alla velocità della luce-

Il giudice si voltò, trovandolo in piedi su di una colonna alle sue spalle.

-E tu sei un codardo. Affrontami e preparati ad essere sconfitto-

Kanon lo fissò per un attimo con i suoi profondi occhi blu.

-Mi dispiace, ma non posso permettermi di perdere-

 

Gea stava in piedi a fissare il mare. Si trovava sui gradini della terza casa. Il sole era di un colore misto tra il rosso e l'arancione e lentamente stava sparendo dietro l'orizzonte, mentre lei avvertiva un malessere aumentare dentro.

Ad un tratto dei passi alle sue spalle. Non si voltò.

-Gea, che fai qui?-

Era la voce di Calliope e dal tono era chiaro che fosse preoccupata.

-Sono due giorni che non ti fai vedere al dormitorio. Non è rimanendo qui che lui tornerà-

Finalmente la ragazza si voltò. Non indossava la maschera e i suoi occhi color ametista erano gonfi di pianto.

-Tu non capisci. Lui deve tornare, dovessi andarlo a ripescare nelle profondità degli Inferi, solo per rispedircelo poi io a calci- rispose lei.

L'amica le si avvicinò e le circondò le spalle con le braccia.

-Mi dispiace-

-Perchè?-

-Sono io che ti ho spinta ad amarlo-

-Ma cosa dici?-

-Tu eri restìa, ma io ti ho mandato incontro ad un sentimento che di per sé è autodistruttivo. Con la piega che ha preso la situazione, non posso neanche lontanamente immaginare come tu ti possa sentire e mi scuso-

Gea sorrise tristemente, mentre stringeva le mani della compagna.

-Non devi scusarti. Se non fosse stato per te non avrei mai conosciuto una persona straordinaria come lui, dolce, forte, burbero a volte. L'ho amato sin dal primo momento che l'ho visto, l'unico ostacolo alla verità di quel sentimento ero io. Grazie a te l'ho superato. In questo momento sono distrutta, mi sento tradita, ma sono anche piena di speranza. So che lui tornerà-

 

Maledizione!! Rhadamanthis gli era sfuggito proprio mentre stava per muovere la sua mossa.

Adesso se ne stava in piedi a guardare i corpi di sei specter che erano stati così stolti da pensare di essere al suo livello.

Era di nuovo solo e si crogiolò per un attimo nel silenzio di quel mondo. Era là che ognuno di loro sarebbe finito se fosse caduto? Era là che si trovavano suo fratello e gli altri cavalieri? Come era possibile che non ci fossero distinzioni tra chi si era comportato in modo ammirevole in vita e chi invece era stato malvagio e privo di scrupoli?

Ma lui non aveva tempo per quello. Doveva proseguire, compiere la missione, tornare da lei.

 

Gea si era finalmente decisa ad andare a letto. Era rimasta alla terza casa, anche se Calliope aveva insistito perchè tornasse al dormitorio delle sacerdotesse. Ma lei non aveva voluto sentire ragioni. Chiuse gli occhi, stringendo il cuscino che portava ancora il suo profumo.

 

Sulla via Kanon aveva incrociato due dei cavalieri di bronzo, i quali avevano insistito per seguirlo nella sua risalita verso Hades. Il cavaliere, anche se di malavoglia, aveva acconsentito. Infatti i due si eranon rivelati utili inizialmente, eliminando ostacoli per lui di nessuna considerazione, per poi però farsi battere da una nullità di specter.

Decise di lasciarli indietro: non aveva tempo da perdere con loro, doveva raggiungere la Giudecca.

Fu però fermato da un gigantesco nemico che però riuscì ad abbattere con molta facilità. Avvertiva una strana forza farsi spazio dentro di sé, come un debole tepore, solo a ricordargli che era ancora vivo.

Quando fu raggiunto dai due impiastri, la loro strada fu nuovamente sbarrata da quel rompiscatole di Rhadamantis, il quale comunicò loro che il cavaliere di Andromeda si era reincarnato come Hades. Inizialmente rimasero tutti e tre scioccati dalla notizia, ma poi Kanon si disse che non gli interessava, dato che in qualunque modo lui aveva il compito di uccidere il Dio.

Con uno sprazzo di bontà, ordinò ai due deboli cavalieri di proseguire, mentre lui si sarebbe occupato del cavaliere della viverna.

Lo scontro ebbe inizio e il moro pareva avere la meglio sul nemico, in quanto per la prima volta in vita sua aveva qualcosa per cui combattere veramente, e non solo un'ideale o una Dea.

Purtroppo la fortuna voltò le spalle al cavaliere d'oro e ciò avvenne quando fecero la loro comparsa gli altri due giudice, Aicos e Minos.

Sicuro di sé, rise loro in faccia, affermando che li avrebbe sconfitti da solo.

 

Gea si svegliò di botto, come se un fulmine le avesse attraversato d'improvviso il cervello. Una strana sensazione le invadeva il corpo, facendolo leggermente tremare. Perchè quello strano presentimento? Perchè sentiva che stava per succedere qualcosa di brutto?





NdA Chiedo venia!!! Lo so, sto saltando da un evento all'altro, ma non mi sembra il caso di riportare i fatti per filo e per segno. Volevo dare più spazio alle sensazioni che provano sia Kanon che Gea. 
Spero vi piaccia. Un saluto Marty.

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Capitolo 11
*** E fu la luce... ***


Cadde rovinosamente a terra dopo il tremendo attacco di Aiacos. La sua bocca si riempì del sapore ferroso del sangue, mentre il suo viso entrò in contatto con la dura pietra. Il suo corpo fu percorso da un intenso dolore.

-Non fai più il gradasso, cavaliere dei gemelli?- lo canzonò il nemico.

Prima che potesse tentare di rialzarsi, una forza sconosciuto lo portò a mezz'aria, mentre le sue braccia e le sue gambe erano bloccate. Vide l'altro giudice, Minos, davanti a lui, che sorrideva sadico.

Poi lo guardò mentre muoveva stranamente le sue dita e il suo corpo lo seguì, come se ne fosse comandato.

-Adesso sei una mia marionetta-

Un dolore lancinante ad un dito di una mano: quel bastardo glielo aveva spezzato senza troppi complimenti. Dopo alcuni minuti di quella macabra tortura, il suo corpo è ormai pieno di ferite.

Poi però accade qualcosa di inaspettato: i fili invisibili che imprigionavano Kanon si spezzarono e un grande cosmo si propagò nell'aria. Davanti a lui apparve il cavaliere della fenice.

 

Gea cadde in ginocchio, mentre il suo corpo era percorso da scosse di dolore. Sentiva che il suo cavaliere stava soffrendo, molto e insistentemente, ma non riusciva a spiegarsi come lei però potesse avvertire quel dolore con la stessa intensità. Sapeva di avere un dono particolare sino da piccola, ma non immaginava in quel modo. Era empatia quella che li univa, anche se non in una forma normale. Probabilmente era grazie al cosmo che lei e Kanon avevano instaurato quel profondo legame.

Avrebbe volto raggiungerlo, portarlo in salvo, ma non sapeva neanche come arrivare alla bocca dell'Inferno se non per l'unica strada possibile. Ma decise che quella non era la via da intraprendere, per il momento.

 

Phoenix era sparito, ma non prima di avere sconfitto Aiacos. Anche i due giudici se ne erano andati e Kanon era adesso libero di proseguire, anche se non riusciva a capire come avessero potuto lasciarlo in vita. Nonostante il dolore fosse persistente nel suo corpo, lui continuò ad andare avanti senza esitazione. Doveva raggiungere la Giudecca dove gli altri cavalieri lo attendevano. La sua missione era semplice, ma lui sapeva che non gli avrebbe lasciato alternative e che non avrebbe potuto mantenere la sua promessa.

D'improvviso una presenza dietro di lui. Si voltò, ma non vide nessuno. Poi una brezza, la quale portava con sé una tenue voce. Invocava il suo nome.

Come fosse stata una calda carezza, il cavaliere lasciò che quel vento gli sfiorasse la pelle e in quel momento riconobbe la sensazione, il suo profumo, anche se non sapeva come fosse possibile. Ma sentiva che lei era con lui, che sarebbe rimasta in qualche modo al suo fianco e ciò gli diede la forza di proseguire.

 

Mentre correva per le lande deserte che portavano alla Giudecca, la sua armatura iniziò a illuminarsi ad intermittenza.

-Ma che succede?- si chiese osservandosi, poi capì.

Le altre armature erano riusnite e stavano chiamando quella dei gemelli. Doveva far presto, gli altri cavalieri avevano bisogno di lui. Prima però di poter muovere un solo passo, su di uno sperone poco distante apparve nuovamente Rhadamanthis.

-Pensi che ti lascerò proseguire così facilmente?- chiese il giudice.

-Se avessi compreso ciò che accadrà, allora sono sicuro che lo faresti-

Il nemico lo guardò stupito, senza capire.

Kanon aveva però preso la sua decisione. Doveva farlo. Era una cosa che non aveva calcolato.

-Gea, mi dispiace- sussurrò.

In un lampo di luce il suo corpo si liberò dell'armatura, la quale sparì nel cielo dell'Ade, raggiungendo le sue compagne.

-Sei impazzito? Senza armatura come puoi pretendere di battermi?- chiese Rhadamanthis.

-Dopotutto quelle vestigia non mi sono mai appartenute. Le ho rimandate al suo legittimo proprietario e spero tanto che ne farà buon uso-

Poi, voltandosi contro il nemico, disse:

-Adesso sono tutto tuo. Nessuno interromperà il nostro scontro-

-Sei un folle-

-No, sono un uomo che ha accettato il suo destino-

 

Gea lo sapeva, lo sentiva. Osservò il cielo che si stava rischiarando per l'alba e una lacrima le scese lentamente su una guancia. Ma non voleva crederci, non voleva farsene una ragione. Lui sarebbe tornato, ne era sicura.

 

-Che ne è della favoletta che un attacco non funziona mai due volte con un cavaliere?!?- lo canzonò il giudice mentre il moro era a terra.

Quello lo guardò con odio, mentre sentiva che il suo corpo stava per cedere. Era stato incosciente, aveva sottovalutato il nemico.

-Kanon...-

La sua voce. Lei era al suo fianco e non l'avrebbe abbandonato, neanche in ciò che stava per fare.

-E' stata una leggerezza la tua disfarti dell'armatura-

Kanon rise.

-Sei uno stolto. Sarò io a vincere-

L'ennesimo attacco. Rhadamanthis pensava ormai di avere vinto, quando vide il cavaliere sparire davanti ai suoi occhi.

-Ma dove diavolo...-

Poi una presa alle spalle, il suo corpo bloccato contro quello dell'avversario.

-Che intenzioni hai?- chiese il giudice, visibilmente preoccupato.

-E' ora di farla finita. Tu sarai sconfitto-

Il cosmo del cavaliere di Atena prese a bruciare, intensamente, sino agli estremi.

-Vuoi farmi credere che hai intenzione di sacrificarti?!?-

-Te l'ho già spiegato. La mia missione è conclusa, io ho accettato il mio destino-

Dopo un attimo di silenzio, continuò:

-Avevo il compito di portare l'armatura dei gemelli sino alla Giudecca. Con questo atto, i peccati del mio passato si sono finalmente cancellati-

-Fermati!!-

-Preparati Rhadamanthis, ci estingueremo in un bagliore di luce!!-

La luce continuò ad aumentare, sino a diventare quasi accecante.

-Esplosione galattica!!-

Rhadamanthis urlò di dolore, mentre il suo corpo veniva consumato dall'attacco. Kanon fissò per un attimo il cielo e il suo pensiero andò a lei. Non ad Atena, non a suo fratello, ma a colei che aveva fatto di lui un uomo migliore.

-Gea, perdonami...-

 

La ragazza cadde in ginocchio. Si strinse nelle spalle, mentre ricominciava a piangere e tremare. Dopodichè si schiuse in un grido colmo di dolore.




NdA Direi che non vale la pena di far soffrire la nostra povera Gea...che dite?
In preparazione l'epilogo.
Saluti Marty.

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Capitolo 12
*** Epilogo ***


Erano passati i giorni. Hades era stato sconfitto e Atena aveva fatto ritorno al grande tempio, accompagnata solo dai cinque cavalieri di bronzo. Gea aveva assistito al corteo con lo sguardo vuoto, mentre al suo fianco Calliope tentava di farla rinsavire.

I cosmi dei cavalieri d'oro erano scomparsi, tutti, senza distinzione. La ragazza non l'aveva presa per niente bene e da quel momento non aveva più aperto bocca. I suoi occhi oramai erano perennemente gonfi. Non piangeva davanti agli altri, ma quando si trovava da sola, mentre se ne stava nell'oscurità delle stanze della terza casa.

L'amica aveva tentato in tutti i modi, ma la barriera che la sacerdotessa aveva retto sembrava impenetrabile.

Gea si allontanò verso la foresta, sino a giungere al luogo dove l'aveva incontrato la prima volta. Come poteva vivere senza di lui? Senza vederlo ancora, senza vedere il suo sorriso o i suoi bellissimi occhi? Non poteva.

Come se fosse stato sotto ipnosi, prese a camminare sino al bordo del precipizio, per poi fermarsi, pronta a compiere il passo. Era l'unico modo per rivederlo.

Così mosse un passo verso la fine.

 

All'improvviso due forti braccia le cinsero la vita, riportandola sullo spiazzo. Cadde a terra.

Si voltò stupita, cercando il suo salvatore, ma alle sue spalle non c'era nessuno. Cos'era accaduto allora?

Spaventata e un po' incuriosita continuò a guardarsi intorno. Ad un tratto un bagliore, il quale in breve tempo assunse le fattezze di qualcuno che lei conosceva.

-Kanon...- sussurrò lei.

Quello le sorrise, bellissimo circondato di quel bagliore. Lei si portò le mani davanti alla bocca, non potendo credere a quello che vedeva.

Fece per muovere un passo verso di lui, ma quello la fermò.

-Non è ancora il momento...-

-Per cosa?-

-Aspettami...-

 

Qualche giorno più tardi la Dea Atena convocò tutti coloro che erano rimasti al grande tempio. Nella grande sala si avvertivano solo i brusii dei presenti, curiosi di sapere il motivo di quella strana riunione.

La Dea si presentò a loro qualche minuto più tardi.

-Mi dispiace per ciò che è accaduto durante la guerra con Hades e sono addolorata per tutti coloro che adesso non sono più tra noi. Per questo sono qui per comunicare che da adesso in avanti non ci saranno più guerre, combattute per avidità e senza giusto scopo, in quanto io me ne vado-

Il silenzio regnò sovrano.

-Mi ricongiungo agli altri Dei, ma prima di andarmene posso fare a tutti voi l'ultimo dei miei doni-

Il suo cosmo divenne improvvisamente più intenso, mentre il suo sguardo viaggiava su ognuno di loro, sino a soffermarsi stranamente proprio in quello di Gea, come se lei avesse saputo.

Un brivido le scese lungo la schiena a sostenere quegli occhi.

In quel momento il cosmo della Dea aumentò ancora, sino a dividersi in dodici macchie dorate al suo fianco.

Nei bagliori si andarono a delineare i contorni di qualcuno. Finalmente i presenti capirono e Gea non riuscì a trattenere un gemito. Si portò una mano alla bocca, mentre le lacrime le salivano agli occhi.

Poco prima che Atena sparisse, al suo posto apparvero proprio i suoi dodici cavalieri, vivi e vegeti. Finalmente potè rivedere quei bellissimi occhi blu, quell'espressione interdetta sul volto. Senza saper trattenersi si fece largo tra la folla e gli gettò le braccia al collo, per poi baciarlo teneramente sulle labbra.

-Sei tornato-

-Si, per te-

-Non provare più a farmi uno scherzo del genere, altrimenti la prossima volta ti ci spedisco io negli Inferi- disse lei, il volto nascosto nella sua spalla.

-Vedrò cosa posso fare- sorrise lui.

Poi si resero conto della situazione in cui erano. Si voltarono entrambi, ma videro tutti gli altri cavalieri che gli sorridevano. Poco distante stava il fratello di Kanon, Saga, il quale sembrava il più felice di tutti.

Il moro continuò a tenerla tra le braccia, come se non volesse farla andar via mai più. Lei, dal canto suo, faceva altrettanto.

Poi, con un filo di voce, le si avvicinò ad un orecchio e le sussurrò:

-Ti amo...-




NdA E qui si giunge alla fine di questa breve vicenda. Non prendetevela per la scomparsa di Atena, ci hanno guadagnato tutti (poi, detto tra noi, non sapevo proprio come farli tornare altrimenti).
Spero vi sia piaciuta. Un saluto

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