Morto per il mondo... ma non per me.

di vampiredrug
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** IL MIO GROSSO, BIONDO PROBLEMA ***
Capitolo 2: *** INDOVINA CHI VIENE A CENA ***
Capitolo 3: *** INTERVISTA COL VAMPIRO ***
Capitolo 4: *** COME IL SOLE ***
Capitolo 5: *** IL RITORNO DEL GUERRIERO ***
Capitolo 6: *** SESSO, BUGIE ED EX FIDANZATI ***



Capitolo 1
*** IL MIO GROSSO, BIONDO PROBLEMA ***


Ecco. Ci mancava solo questa.
Non solo, recentemente, avevo dovuto lasciare il mio ragazzo Bill Compton (anche se definire un vampiro reduce della guerra di Secessione “il mio ragazzo” suonava lievemente inappropriato) dopo aver scoperto che mi aveva ingannata su incarico della stramaledetta regina della Louisiana, no certo… ora avevo anche rischiato di investire Eric, di ritorno dal mio turno serale al Merlotte (l’unico bar della zona nonché mio posto di lavoro).
Chi è Eric?
Dovete sapere che Eric Northman è uno sceriffo vampiro, un vichingo millenario e che ci prova con me dalla prima volta in cui mi ha messo gli occhi addosso. So cosa state pensando… ma non sono questa gran bellezza, è solo che io sono, anzi, ero l’umana di Bill (è una lunga storia, le rivendicazioni di proprietà tra vampiri sono un discorso piuttosto delicato…), e lui mi vuole perché sa che sono l’unica donna che non può avere, nemmeno ora che Bill è uscito dalla mia vita.
 
Volete sapere il motivo per cui non può avermi? Non ve l’avevo detto?
 
Sono una telepate, e detesto quello che alcuni (pochi, in realtà) chiamano benevolmente il mio dono. Dono un corno, è tutta la vita che vengo emarginata a causa delle mie capacità. La gente ha paura di me, e immaginate che goduria uscire con un uomo sapendo esattamente ciò che pensa. Non lo auguro a nessuno.
A questo punto sarete scettici, lo capisco, ma se esistono i vampiri possono esistere anche i telepati… nemmeno io so da dove derivi questa mia facoltà, né perché essa non sia presente in mio fratello (ma Jason ha evidentemente altri… doni, almeno a giudicare dallo stuolo di ragazze che rimorchia con allarmante facilità).
 
L’unico “vantaggio” che ricavo dalla mia condizione, è che sono completamente immune al glamour che i vampiri esercitano senza problemi sulle fragili menti umane quando vogliono ottenere qualcosa… cosa che fa incazzare notevolmente il sopracitato sceriffo.
D’altro canto, nemmeno io posso leggere la mente dei vampiri (credo che dipenda dall’assenza d’onde cerebrali, o qualcosa del genere) e non avete idea di quanto sia riposante non dovermi schermare dai pensieri altrui come faccio abitualmente. Riposante, sì, ma nel caso di Eric anche parecchio inquietante: lui infatti non è solo lo sceriffo, ma anche uno degli esseri più indisponenti, infidi, manipolatori, bugiardi, sbruffoni ed egoisti che abbia mai messo piede sul pianeta. Non riuscire a sentire cosa pensa veramente mi spiazza, perché generalmente so sempre cosa aspettarmi dalle persone, nel bene e nel male.
Lui, invece, resta un mistero: in certi casi, se gli conviene, è quasi gentile.
Quasi.
Diciamo che ha pure un certo senso dell’umorismo, anche se spesso un vampiro ha sfumature d’ironia difficilmente… apprezzabili.
 
Tra le altre cose, Eric è splendido. Possiede quel genere di bellezza che crea tamponamenti a catena per strada e che fa sentire gli uomini normali...molto meno che normali.
 
Alto quasi due metri, lunghi capelli biondi, intensi occhi azzurri e le spalle più ampie che abbia mai visto, Eric è semplicemente bello da togliere il fiato ed è rimasto identico a quando è stato trasformato in vampiro, 1000 anni fa, al tempo dei vichinghi.
La cosa mi crea non poche difficoltà, perché è innegabile che io sia fisicamente attratta da lui (chi mai non lo sarebbe? Persino gli uomini non riescono a fare a meno di guardarlo)… finché non apre bocca.

Ma non ci si può fidare di Eric Northman.
Non molto tempo fa è riuscito a farmi ingerire alcune gocce del suo sangue con un inganno veramente banale, in cui sono caduta come una stupida, e da allora si è creato una sorta di legame tra noi.
Il blood bond è una maledetta arma a doppio taglio che permette al vampiro di sentire le emozioni dell’umano a cui ha donato il proprio sangue… mentre all’umano provoca un’irresistibile attrazione verso il vampiro donatore. In genere un vampiro non concede un privilegio del genere a casaccio, ma solo a una persona a cui tiene in particolar modo, e la pratica in sé viene considerata molto intima, quasi come il sesso.
Grazie al cielo ho ingerito solo tre gocce e “la Brutta Cosa”, come la chiamo io, si è presentata in forma leggera (con dei sogni, però, di cui preferirei tacere), altrimenti sarei stata davvero in grossi, grossi guai.
 
Al momento, però, tutto questo non ha importanza, perché quello che ho trovato per strada alle 3 di notte dalle parti di casa mia non è certo l’Eric che conoscevo, ma una creatura terrorizzata e senza memoria.
Dopo non poche insistenze sono riuscita a caricarlo in macchina, a portarlo da me e a chiamare Pam, il suo braccio destro, perché venisse a riprenderselo.
Peccato che Pam abbia deciso che spostarlo non fosse sicuro e che me l’abbia affidato (a fronte di un notevole pagamento per il mio disturbo) per un periodo indefinito di tempo… mentre lei e gli altri vampiri al servizio di Eric avrebbero provveduto a rintracciare la strega che ha lanciato il maleficio sul loro capo.
Sinceramente, non vorrei essere nei panni di quella strega quando una banda di vampiri piuttosto seccati la scoverà.
In ogni caso, ora mi ritrovo con la responsabilità di Eric, che momentaneamente è innocuo e arrendevole come un agnellino.
 
Almeno spero.

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Capitolo 2
*** INDOVINA CHI VIENE A CENA ***


Dopo la serie di eventi susseguitisi a ritmo vertiginoso nelle ultime 24 ore, mi trovavo al lavoro in cucina in uno stato di apparente quiete, tentando di mettere assieme qualcosa per la cena e approfittando di quel piccolo lasso di tempo per riflettere sulla mia ingarbugliatissima situazione.
 
La mia pausa di riflessione durò però ben poco, dal momento che dopo pochi istanti Eric si materializzò silenziosamente al mio fianco, spaventandomi a morte. Accidenti, e dire che dovrei essere abituata, ormai, a questo modo di fare dei vampiri!
 
- Posso fare qualcosa per aiutarti? - mi chiese Eric con fare insolitamente gentile.
- No, grazie, me la cavo da sola… e poi non vorrai mica dirmi che sai cucinare! Voglio dire, tu non mangi da più di mille anni… cioè, niente di solido… o cotto…
- Tesoro, ti stupirà, ma sono un cuoco niente male. Cercando di apprendere il più possibile sugli umani per integrarmi al meglio e stare “al passo coi tempi” ho guardato decenni di tv e… be’, ho scoperto di divertirmi molto a guardare i programmi di cucina - disse con un tono tra l’orgoglioso e l'imbarazzato che non riuscii a interpretare appieno.
 
Lo sguardo scettico che gli rifilai fu più eloquente di mille parole. E perché continuava a chiamarmi tesoro?
 
- Che c’è? Non mi credi? Un uomo dovrà pur avere un hobby, no? E non potendo giocare a golf o fare surf, sai…
 
Sinceramente avevo i miei dubbi, ma gli permisi comunque di darmi una mano, primo perché ero troppo stanca per mettermi a fare storie, in secondo luogo perché non ero certo un asso in cucina (forse la permanenza nei pressi della griglia bisunta del Merlotte’s giocava a sfavore della mia propensione all’arte gastronomica).
Se lui era in grado di produrre qualcosa di più complesso di una frittata, era il benvenuto.
Eric prese posto accanto a me di fronte al piano di lavoro e iniziò a tagliare delle verdure con gesti precisi e misurati degni d’uno chef, tanto da togliermi ogni dubbio sulla loro origine (quella non era una delle tante abilità da vampiro, era vera passione!).
Mi stava venendo voglia di iscriverlo a Hell’s Chitchen, lui e Gordon, o come cavolo si chiamava lo chef sadico che conduceva il programma, sarebbero andati d’amore e d’accordo!
 
Sentendomi assolutamente inutile (e vagamente stranita) preferii allontanarmi con la scusa di cercare degli ingredienti in dispensa.
 
La situazione andava facendosi sempre più surreale… oh, via, andiamo! Un enorme vampiro, crudele e millenario, noto più per i suoi loschi traffici che per la sua incredibile bellezza, sapeva fare il polpettone?
Ero per caso finita su Candid Dracula?
Queste… cose stavano diventando una inquietante routine, ormai, nella mia vita prima così monotona e banale. Non sapevo se dispiacermene o meno.
 
D’un tratto mi accorsi che non potevo restare tutta la sera in dispensa persa nelle mie elucubrazioni, per cui afferrai un barattolo a caso (olive. Chissà se sarebbero andate bene? D’altro canto, non avevo nemmeno capito cosa stesse cucinando Eric…) e tornai in cucina.
 
Entrando e osservandolo da una certa distanza, mi resi conto che Eric letteralmente torreggiava nella mia minuscola cucina… quindi non era soltanto incredibilmente fuori contesto, ma anche fuori scala!
Questo pensiero mi strappò una risatina, ed Eric si voltò nella mia direzione, brandendo un cucchiaio di legno a mezza’aria e con – stentavo a crederlo – il mio grembiulino addosso!
- Stai ridendo di me?
- Un pochino – ammisi.
Senza nemmeno fingere di mostrarsi offeso, mi scoccò un sorriso da 10 megatoni, di quelli per cui servirebbe il porto d’armi, per poi rigirarsi a completare la sua opera.
 
Oh, mio Dio, no.
No.
No.
Ma cos’era questo senso di familiarità, anzi di quotidianità?
 
Ebbi un istantaneo flash di noi due in quelle scenette da film, dove lui rientra a casa la sera, poggia la ventiquattrore e mi saluta con il più classico dei – Ciao tesoro! Sono a casa, chi c’è per cena?-
 
No, no, no! Ma cosa mi passava per la testa? Dovevo smetterla immediatamente! Sentivo già il rossore tingermi il viso a velocità supersonica, senza poter fare nulla per impedirlo.
 
Cercando di ricompormi e sembrare calma e serena mi avvicinai e finsi di interessarmi alla cena per cercare di spostare l’attenzione di entrambi dall’ondata di imbarazzo che mi aveva travolta.
 
- Hem, quindi cosa sarebbe questa… cosa? – domandai, osservando un’informe poltiglia dal colore poco invitante disposta dentro un’alta pirofila.
- Questa “cosa”, come la chiami tu, si trasformerà in un favoloso soufflè, se avrai la grazia di aspettare una mezz’ora – disse Eric e, nell’illuminarmi sull’oscura arte della cucina francese, infornò con destrezza l’ammasso verdognolo.
 
- Visto, donna di poca fede? In pratica sono come una casalinga degli anni ’50! – disse con l’entusiasmo di un bambino, gli occhi che luccicavano di soddisfazione.

Non saprei dire se mi fece più ridere il fatto che quelle parole provenissero da una specie di armadio alto due metri con addosso un grembiulino a fiori, oppure per l’immagine mentale che seguì la sua affermazione.
Voglio dire, se proprio dovevo pensare a Eric come a un personaggio di Happy Days me lo immaginavo più come Fonzie, non certo come Marion Cunnigham!
E poi da dove diavolo saltava fuori quel senso dell’umorismo?
Non avrebbe dovuto dimenticarsi anche come si fa a scherzare?

Fatto sta che la mia preoccupazione per la sua incolumità andava lentamente scemando, un po’ per il ritrovato buonumore e un po’ per l’assoluto senso di incredulità che mi stava pervadendo. Quello non era Eric, non certo l’Eric che conoscevo!
Certo, aveva perso la memoria, ma da dove era emerso quel carattere solare (se mi passate la parola)?
Lo splendido uomo che al momento stazionava nella mia cucina era dolce, gentile, ironico (ok, l’ironia era una caratteristica anche dell’”altro” Eric, ma era di un genere del tutto diverso)… forse lui era stato così, prima di essere trasformato da Godric, e ora questi aspetti del suo vecchio carattere riemergevano… anche se dubitavo che un vichingo avesse avuto una propensione naturale per la nouvelle cuisine.
 
Quindi?
La mia curiosità era ormai partita in quarta e mille quesiti mi si affastellavano nella mente.
Cos’avrei potuto fare?
Sommergerlo di domande di cui non ricordava la risposta? Tentare di rievocargli dei ricordi, rischiando di procurargli un doloroso shock?
Forse avrei fatto meglio a lasciar perdere tutti i dubbi e a concentrarmi sulla mia missione: in fondo Eric mi era stato affidato da Pam e io ero fermamente intenzionata a guadagnare ogni dollaro dell’enorme cifra che mi era stata accordata.
Perciò mi riscossi dai miei pensieri e cominciai ad apparecchiare la tavola in sala da pranzo, poco lontano dal camino acceso, completando il tutto con qualche candela (la nonna sarebbe stata fiera di me, pensai con nostalgia).
 
- Non è il caso di darti tanto disturbo, in fondo io non ceno nemmeno… – disse Eric.
- Assolutamente nessun disturbo, sei un ospite e mi fa piacere farlo. Poi stare vicino al camino è rilassante…
Lì effettivamente l’atmosfera era decisamente molto tranquilla e la luce del fuoco faceva apparire la vecchia stanza particolare e suggestiva, non semplicemente consunta dal tempo; ero decisa ad offrire a Eric un trattamento extralusso, per quello che era in mio potere fare: si sarebbe sentito al sicuro e a suo agio, dopo il disorientamento di cui era stato vittima.
E se questo significava servirgli il Tru:Blood nei calici di cristallo di mia nonna, per me andava bene.
Così, mentre lui era intento a sfornare la sua opera d’arte, io intiepidivo una bottiglia di sangue nel microonde e la travasavo in una delicata flute.
 
In effetti, servito in un bicchiere simile, il sangue aveva un aspetto molto meno disgustoso, avrei dovuto farmi un appunto per Sam.
 
La cena fu ancora più surreale di quanto mi aspettassi: mentre assaggiavo guardinga il soufflé (che si rivelò in effetti favoloso), Eric mi fissava rilassato e meditabondo sorseggiando dal suo calice con calma olimpica.
Quel silenzio (interrotto solo dal ticchettio della vecchia pendola) mi imbarazzava oltre misura tanto da impedirmi quasi di mangiare.
Anche se tenevo gli occhi sul piatto, sapevo perfettamente che lui mi stava trapassando con lo sguardo e in questo caso non potergli leggere nella mente mi irritava da morire.
 
Certo lui non era il “vecchio” Eric che, quando mi fissava, lo faceva con l’unico scopo di incantarmi e cercare di infilarsi nelle mie mutandine, ma anche non sapere cosa questo Eric volesse da me mentre mi scrutava in quel modo non era piacevole.
 
Prima che il mio disagio sfociasse in una reazione scortese o peggio, decisi di affrontare il nocciolo della questione, chissà mai che non ne uscisse qualcosa di interessante.
 
- Perché mi fissi? – chiesi col più assoluto candore, sperando di spiazzarlo almeno un po’.
- Perché ti trovo molto bella – rispose senza batter ciglio.
 
Oh. Ecco.
Ma non avevo appena pensato che il nuovo Eric fosse diverso? Però l’intonazione, in effetti, non era affatto… viscida. Sembrava più una constatazione che un complimento interessato…
 
- Hem, grazie, ma…
- E anche perché è strano.
- Cosa, sarebbe strano? – chiesi.
- Che tu non abbia un uomo accanto.
 
Bene. Grazie mille. Fantastico. Adesso dovevo anche giustificare la mia zitellaggine a un vampiro con l’amnesia. - Solo a me accadono queste cose – pensai con un sospiro.
 
Ma Eric continuò imperterrito con la sua filippica e io ormai ero rassegnata a sentire qualsiasi cosa, tranne le poche parole che disse lui.
 
- Voglio dire che per come la vedo io è irreale che tu non abbia la fila alla porta. O sei di gusti davvero difficili oppure gli umani sono ancora più stupidi di quanto ritenessi. E poi… volevo sapere se io… - si interruppe, abbassando finalmente lo sguardo.
 
- Tu... cosa? – dissi io. Oh, non dargli corda Sookie, ma sei masochista?
- Io non sono mai stato niente per te?
- In che senso? Sei stato una specie, una strana specie in effetti, di amico… e un datore di lavoro.
- Tutto qui?
- Senti, Eric, dove vuoi andare a parare?
 
Rialzò la testa e riprese a guardarmi, stavolta però con un velo di tristezza nello sguardo (Gesù, ci mancavano solo gli occhi da cucciolo! La serata si prospettava eterna…).
 
- Io… ero innamorato di te? – chiese con fare esitante.
 
Scoppiai a ridere, ma la risata mi morì subito in gola nel vedere la sua espressione ferita.
 
- Hem, no Eric, non sei mai stato innamorato di me. Ci avrai provato almeno 40 volte ma ti garantisco che quello non era amore.
 
- Quindi noi non abbiamo mai…
 
- No! – scossi energicamente la testa, arrossendo furiosamente - Decisamente, non abbiamo mai!
 
- Perché parlarne ti imbarazza tanto? In fondo siamo entrambi adulti e comunque dici che tra noi non è successo niente…
 
- Bè, se mi conoscessi almeno un po’, o almeno ti ricordassi di conoscermi, sapresti che non è mia abitudine parlare con nonchalance di certi argomenti!
 
- Oh, mi dispiace, non volevo metterti a disagio. E’ solo che da quando mi hai raccolto per strada… è strano, non so come spiegarlo ma sento che tu sei l’unica persona di cui possa fidarmi. So per certo che farai di tutto per proteggermi, non so perché… e poi… non faccio altro che pensare a come sarebbe fare l’amore con te. Ci sarà pure un motivo, no? – domandò con assoluto e disarmante candore.
 
Le mie guance, se possibile, avvamparono ancor di più.
E adesso?
Come avrei fatto a tirarmi fuori da questa situazione, che definire incresciosa era semplicemente ridicolo?
Non solo lui mi sembrava completamente sincero, ma aveva un’aria così indifesa che avrebbe sciolto un iceberg.
 
E io avevo decisamentemeno resistenza di un iceberg.
 
Accidenti, Bill mi aveva lasciata, tradita, e io ero sola con uno degli uomini più belli che avessi mai visto e che diceva, più o meno, di volermi.
Il problema era che fino all’altro ieri avevo considerato quello stesso uomo come uno dei più abili manipolatori che fossero mai esistiti… e se fosse stato l’ennesimo raggiro?
D’altra parte, che avevo da perdere, a parte una bella fetta di rispetto per me stessa?

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Capitolo 3
*** INTERVISTA COL VAMPIRO ***



Persa nelle mie - hem - filosofiche riflessioni, non mi ero accorta che Eric si era alzato e ora si trovava in piedi accanto a me.
Visto che ero ancora seduta, levai lo sguardo verso di lui nel momento stesso in cui si chinava a prendermi in braccio, sollevandomi con la facilità con cui io avrei trasportato un gattino. Aiuto! Che intenzioni aveva?
Nel brevissimo tragitto fino al tappeto di fronte al camino ebbi modo di inspirare il suo odore (come diamine faceva ad avere un profumo tanto buono? Da vampiri si diventa automaticamente appetitosi?) e di “toccare con mano” quanto fosse ampio il torace a cui ero appoggiata.
Certo che Eric era davvero imponente… oh, oh no, allarme rosso, ormoni sul piede di guerra! Riprenditi, Sookie!
Appena mi posò sul tappeto soffice cercai subito di darmi un contegno (ci mancava solo che si accorgesse di quanto mi turbava la sua vicinanza!), ma non ce ne fu bisogno perché lui mi spiazzò sdraiandosi a pancia in giù e invitandomi a fare altrettanto, battendo la mano sul tappeto stesso con gesto eloquente e un sorriso che avrebbe fatto invidia allo Stregatto.
 
Conscia ormai di non capire un accidente degli uomini (ma come? Un minuto prima sembrava che volesse strapparmi i vestiti di dosso e ora…) mi sdraiai accanto a lui, bocconi, senza avere la più pallida idea di cosa aspettarmi.
Lui però taceva, perso apparentemente in una riflessione, mentre lo fissavo con aria interrogativa.
 
- Parlami di quando eri bambina – mi disse infine, appoggiandosi su un gomito e voltandosi dalla mia parte – raccontami com’è stato crescere con le tue capacità. Voglio saperne di più su di te.
 
Sorpresa e intimidita dalla sua domanda iniziai a parlare, dapprima con una certa esitazione, poi accorgendomi che le parole sgorgavano come un fiume in piena, come se avessero aspettato da sempre di essere liberate.
Era la prima volta che raccontavo la mia vita a qualcuno: a Bontemps tutti mi conoscevano fin da piccola o avevano comunque delle idee tutte loro nei miei confronti; era incredibilmente liberatorio parlare senza censure del mio dono e della mia vita a qualcuno che non ne era spaventato o inorridito, raccontare delle umiliazioni e dell’isolamento subito, delle mie difficoltà con gli uomini proprio a causa delle mie facoltà.
Parlai, parlai e parlai…
Eric ascoltò ogni singola parola immobile come una statua, sembrava il ritratto della concentrazione e non staccò mai gli occhi da me, senza interrompermi se non per approfondire un concetto e limitandosi ad annuire al resto.
Per la prima volta in tutta la mia breve esistenza mi sentivo al centro dei pensieri di qualcuno, ascoltata, capita e soprattutto non giudicata.
Il mio corpo cominciò a scivolare in una sorta di rilassamento profondo, riflesso del totale rilassamento della mia mente.
 
Niente barriere, niente segreti.
 
Wow, era così che gli altri si sentivano sempre?
 
La sensazione era inebriante, dopo una vita passata a trattenermi e a tentare di lasciare fuori il rumore mentale del mondo.
Cercavo una parola che potesse esprimere ciò che stavo provando e, anche senza il mio calendario “una parola al giorno” arrivai alla giusta definizione: fiducia!
Mi ero fidata di Eric senza riserve e questo mi faceva sentire meravigliosamente… appagata.
 
Mi riscossi da questi pensieri (oddio, per quanto tempo avevo parlato?) per guardare Eric, che non si era mosso di un millimetro, e mi stava ancora scrutando con quegli assurdi occhi azzurri, resi ancorà più intensi dal riverberare del fuoco.
Era di una bellezza davvero irreale.
 
Al posto dello sguardo concentrato di poco prima, ne era subentrato uno che mi fece tremare le ginocchia.
 
- Hem… scusa se ti ho annoiato con tutte queste parole e… grazie - dissi semplicemente, abbassando gli occhi verso il tappeto e ponendo così fine alla mia tirata.
- Non ne avevi mai parlato a nessuno, vero?
- No - ammisi, anche a me stessa – è stato così… è stato… grazie. Davvero.
- Figurati – e si chinò leggermente verso di me.
 
Con mia grande sorpresa non provò a baciarmi, si limitò a strusciare piano la sua guancia sulla mia e a inspirare delicatamente il profumo dei miei capelli.
Bastò quel gesto pieno di tenerezza a farmi capitolare definitivamente.
Fui io, infatti, a voltarmi leggermente e a ritrovarmi a fior di labbra con il mio bellissimo vichingo.
Lui esitò a due millimetri da me per un tempo che mi parve davvero eterno, poi appoggiò le labbra sulle mie, succhiandomi appena il labbro superiore; mi sfuggì un gemito, a cui ne seguirono una serie da parte di entrambi a mano a mano che il bacio si faceva sempre più appassionato (amnesia o no, di certo non aveva dimenticato come si bacia una donna!).
Ok, ammetto che 1000 anni d’allenamento aiutano, ma sono pronta a scommettere che nessuno al mondo baciava come Eric, il quale nel mentre era rotolato su di me e mi affondava le mani nei capelli mormorando al mio orecchio cose inintelligibili in una lingua che non conoscevo.
 
Aveva i canini completamente estesi, ma non accennò nemmeno ad avvicinarsi al mio collo.
Mi baciò per quelle che mi sembrarono allo stesso tempo ore e pochi minuti, accarezzandomi il viso, le braccia, i capelli, senza mai andare oltre, però.
 
Ero completamente in estasi, non pensavo che fosse possibile sentirsi così solo baciandosi, e il peso di Eric sopra di me era una delle cose più eccitanti che mi fosse mai capitato di sperimentare. La mia mente galleggiava felice, svuotata da ogni pensiero (a parte il volergli strappare di dosso quei dannati jeans), quando venni bruscamente riportata alla realtà: lui si staccò da me senza nessun motivo e si alzò rapidamente in piedi.
 
- Buonanotte, o se vuoi buongiorno, tesoro, ci vediamo stasera… - si voltò in tutta fretta e scomparve nell’altra stanza (dove si trovava un nascondiglio che ai tempi avevo approntato per Bill e che, durante la sua permanenza a casa mia, sarebbe diventato la “cameretta” di Eric).
 
COSA?
 
Ma perché quest’atteggiamento? Non riuscivo a capire cosa potevo aver fatto di sbagliato quando mi cadde l’occhio su una lama di luce che filtrava dalle tende accostate.
L’alba?
Non poteva essere… eppure, avvicinandomi alla finestra e osservando il giardino, mi resi conto che era proprio così, anzi, il sole era già pericolosamente alto.
Incredibile. Di certo Eric aveva avvertito per istinto il sorgere del sole, ma l’aveva ignorato finché gli era stato possibile.
Per me.
Per stare con me.
 
Per continuare a baciare me.
 
Imbarazzata e felice, sfiorandomi incredula le labbra ancora arrossate, mi soffermai a pensare che questo era uno dei più grandi complimenti che mi erano mai stati rivolti.

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Capitolo 4
*** COME IL SOLE ***



 
Di andare a dormire non se ne parlava, ero troppo agitata (sì, ok, eccitata. E decisamente frustrata), perciò mi infilai un bikini, mi cosparsi d’olio abbronzante al cocco e decisi di provare a rilassami al sole. Una volta sdraiata comodamente in cortile lasciai vagare la mente, ormai completamente ossessionata da Eric. Anzi, ossessionata era dire poco visto che non riuscivo a cancellare in nessun modo il sorriso idiota che mi aleggiava sul volto… per non parlare della corrente elettrica che mi attraversava il corpo ogni volta che pensavo alla notte appena trascorsa!
Non ero mai stata più eccitata in vita mia e non sapevo se tutto ciò era dovuto solo alla bellezza del corpo di Eric (che non posso negare di aver sempre ammirato, anche quando lo trovavo detestabile), alla sua maestria o al fatto che si fosse limitato a baciarmi e basta.
La sua era solo una tattica per mandarmi fuori di testa (tattica che aveva peraltro ottenuto un successo clamoroso) oppure il nuovo Eric era (udite, udite!) rispettoso?
 
Mi imposi di smettere di pensare all’accaduto, ma questo mi provocò un nuovo attacco d’ansia al pensiero della notte che mi stava rapidamente correndo incontro.
Pian piano però, il calore del sole sciolse la mia tensione e rimasi a crogiolarmi per un bel po’.
Ormai decisamente “biscottata” e assetata rientrai in casa, dove preparai una caraffa di limonata ghiacciata con l’intenzione di berla sul divano facendo zapping col telecomando, ma dopo circa 3 minuti crollai addormentata, sfinita dalla nottata in bianco e dal sole.
 
Quando mi ridestai era ormai sceso il buio e rimasi per un po’ a godermi la fantastica sensazione del dormiveglia tra le fresche lenzuola del mio letto.
Un attimo, ma com’ero arrivata in camera? Voltandomi, trovai la risposta sdraiata accanto a me sul copriletto: Eric, con indosso i jeans e la camicia di mio fratello Jason (che gli andava davvero stretta), stava comodamente appoggiato alla testiera del letto e, tanto per cambiare, mi stava fissando.
 
- Hem, da quanto sei qui Eric? - chiesi, mentre la mia mente faceva un rapidissimo check- in delle mie condizioni (capelli? Di sicuro sembravano un cespuglio. Faccia? Presumibilmente scottata. Almeno avevo ancora addosso il bikini, anche se era una magra consolazione).

- Da un po’. -
 
Meglio non chiedere precisamente da quanto e soprattutto perché, non era proprio il caso di cercar grane.
 
- Sai che parli nel sonno? -
 
In realtà lo sapevo, ma accadeva soprattutto quando ero piccola o quando ero davvero esausta.
 
- Ah, sì? - risposi con falsissima noncuranza.
 
- Sì. Hai pronunciato il mio nome - disse, con una lievissima sfumatura di soddisfazione nella voce. - Sogno bello o brutto? -
 
In realtà non ricordavo nemmeno di aver sognato, per cui non dovetti fingere quando gli risposi che non lo sapevo.
 
- Peccato. Ero curioso di sapere in che modo popolo i tuoi sogni…
 
- Bè, sai, credo che sia normale sognarti dopo tutte le cose accadute in questi giorni, in fondo ho passato le ultime 36 ore sempre e solo con te… - tentai di giustificarmi (con ben miseri risultati, le mie argomentazioni non convincevano neanche me).
 
Eric però non pareva intenzionato a lasciar cadere l’argomento.
 
- Anch’io ti ho sognata, sai?
 
I vampiri sognano? Questa non la sapevo davvero.
 
- Ho sognato che eravamo proprio qui, in questa camera, e che…
 
Lo interruppi prima che potesse dire altro e farmi morire d’imbarazzo, scaraventandomi fuori dal letto ad una velocità degna d’un vampiro e dirigendomi a grandi passi verso il bagno, parlando a vanvera per non lasciargli finire la frase.
 
- Sai, ho proprio bisogno d’una doccia, oggi ho sudato molto, uh che caldo faceva, bel sole comunque, sono ancora unta d’olio e in effetti…
 
Non feci in tempo a terminare il mio soliloquio perché Eric era stato veloce quanto me e mi aveva già presa in braccio; mi trasportò in bagno e nel posarmi a terra fece scorrere le mani su buona parte del mio corpo seminudo, cosa che mi provocò una serie di brividi inequivocabili.
Nell’accorgersene, non potè trattenere un sorriso compiaciuto, ma la cosa stranamente non mi infastidì.
Frattanto lui aveva cominciato ad armeggiare col mio fermacoda, sciogliendomi i capelli sulle spalle e indietreggiando di un passo per guardarmi meglio.
 
- Te l’ho già detto che sei bellissima, vero?

- In effetti, ieri sera mi pare di aver sentito qualcosa del genere… - dissi con un mezzo sorriso che mi affiorava alle labbra.
 
- Suppongo che non sia possibile che tu diventi più bella di così, eppure… oggi sei ancora meglio.

- Dici così perché sono in bikini, che per di più è proprio del colore che preferisci - cercai di minimizzare -
 
- Veramente il bikini è l’unica cosa che mi disturba…
 
E nel dirlo si sporse verso di me, facendomi passare le mani dietro la schiena e slegando i laccetti della parte superiore del costume, che cadde a terra.
Oddio.
Di nuovo Eric si ritrasse per guardarmi, mentre io al contrario non riuscivo a sostenere il suo sguardo, pensando a tutte le donne sicuramente splendide che aveva avuto nel corso dei secoli e sentendomi irrimediabilmente… misera.
 
Venni strappata ai miei pensieri negativi da una grande mano che mi rialzò il mento fino a farmi incontrare due occhi che mi fissavano come se fossi l’ottava meraviglia del mondo.
 
Se ancora mi restava qualche dubbio sui sentimenti di Eric, venne spazzato via da quello sguardo.
Lui si chinò e mi baciò con delicatezza.

- Sento il profumo del sole sulla tua pelle - disse posando piano le labbra nell’incavo del mio collo e strappandomi un sospiro - quindi ora sei tu l’unico sole che posso ammirare senza farmi troppo male…
 
Basta, anche io avevo i miei limiti! E chi se ne frega delle conseguenze!
Mi aggrappai a lui con tutte le mie forze anche se, minuta com’ero, non riuscivo nemmeno ad abbracciarlo come si deve.
Piacevolmente sorpreso dalla mia reazione, Eric non si fece certo pregare: cominciò a baciarmi con molta più passione, lasciando vagare le mani su di me fin dove riusciva ad arrivare e interrompendosi solo per strapparsi letteralmente di dosso la camicia.
Sconvolta dal mio stesso ardire, mi resi conto che gli stavo sbottonando i jeans come una furia, scoprendo che sotto non portava assolutamente nulla e che il contenuto dei jeans era decisamente… ehm… ragguardevole; poco dopo, slacciata la parte inferiore del bikini, anch’io fui nelle sue stesse condizioni.
 
- Ti prego, dimmi che non vuoi più fare la doccia…- mormorò Eric nel mio orecchio con voce rauca.
- Non voglio fare niente che mi allontani più di due secondi da te… portami in camera, Eric.
 
Mi riprese tra le braccia ma non mi posò sul letto, bensì in piedi sul pavimento.
Ancora?
Fu lui a sdraiarsi con la schiena comodamente poggiata sui cuscini, nella stessa identica posizione in cui lo avevo trovato al mio risveglio, solo che stavolta era nudo e decisamente eccitato.
 
Vieni - disse, porgendomi la mano - voglio poterti guardare per tutto il tempo.
 
Con qualunque altro uomo mi sarei sentita a disagio, a causa della mia inesperienza, ma Eric ormai era entrato nella mia anima, che entrasse anche dentro di me mi sembrava la cosa più naturale del mondo.
Anche se…
Tirandomi a sé, fece in modo che mi trovassi a cavalcioni su di lui e fu a quel punto che la mia ansia prese il sopravvento: Eric era davvero grosso e io avevo avuto un solo uomo nella mia vita… cercai di prendere tempo baciandogli il collo e mordicchiandogli un orecchio, ma non si può ingannare un vampiro per troppo tempo.
Capita l’antifona, Eric inchiodò i suoi occhi nei miei: ero perfettamente conscia che, grazie al mio dono, lui non aveva il potere di incantarmi col glamour, però in quel particolare momento non sarei stata disposta a giurarlo.
 
- Guardami, Sookie. Voglio che mi guardi mentre fai l’amore con me. -
 
E in quel momento mi penetrò. Io lo accolsi con un gemito di piacere praticamente istantaneo, perché dopo 36 ore di preliminari (gli ultimi due giorni non erano stati altro, ammisi solo in quel momento che la tensione tra noi si tagliava con un coltello) dire che ero eccitata era un eufemismo.
 
Oh, signore.
 
Con Bill era stato bello, molto bello, ma la cosa era dovuta anche al fatto che era stato il primo e che ne ero stata pazzamente innamorata.
Con Eric era tutto a un livello superiore, decisamente superiore.
Cominciavo a capire certi vampirofili che mettevano la loro vita a repentaglio per poter provare l’esperienza di andare a letto con un vampiro, un qualsiasi vampiro.
 
Ma Eric non era di sicuro uno qualsiasi… per la prima volta fui veramente contenta che la mia casa si trovasse in un posto tanto isolato, perché in caso contrario avrei avuto la fila di vicini fuori dalla porta a lamentarsi per il rumore: Eric era dolce, appassionato, selvaggio senza diventare violento, sensuale oltre ogni immaginazione, e tirò fuori senza difficoltà la parte più animalesca di me; ora come ora, a mente fredda, mi imbarazza anche solo ricordare quello che feci quella notte, ma l’intensità del suo sguardo su di me per tutto il tempo cancellava ogni imbarazzo e mi faceva sentire speciale, unica e bellissima.
Era quasi ridicolo: non solo venivo pagata una somma mostruosa per ospitare a casa un adorabile (bé, ora Eric lo era) vampiro, ma avevo scoperto con estremo piacere che il vampiro in questione era una specie di instancabile macchina per il sesso (incrociata con uno chef quattro stelle)!
 
Non so nemmeno a che ora crollai esausta, un momento stavo pigramente accarezzando Eric dopo ore indimenticabili, farfugliando sciocchezze, un momento dopo non c’ero più.
 
Mi svegliai che era pieno giorno, dolorante in ogni giuntura (ma che diavolo avevo fatto?) e, accorgendomi di essere a letto da sola, non potei reprimere un moto di tristezza.
Ovvio, il povero Eric non poteva certo restare con me ad abbrustolirsi per la luce che filtrava in camera, ma il senso di vuoto e abbandono che provai era talmente tangibile da farmi preoccupare: ma come? Bastava una notte e già non potevo stare senza di lui?
E dire che non mi aveva nemmeno morsa, motivo per cui non potevo incolpare il blood bond per le mie patetiche condizioni.
Anche se mi mancava terribilmente e avrei voluto poter passare anche il giorno con lui, una parte di me era felice di quella distanza imposta: avevo bisogno di ragionare a mente fredda sui miei sentimenti e con Eric nei paraggi non ne sarei mai stata capace.
Feci di tutto per dare una parvenza di normalità alla mia giornata, in modo da staccare la spina con gli avvenimenti dei due giorni precedenti, perciò feci (finalmente!) la doccia, mi preparai rapidamente il pranzo e, dopo essermi concessa un riposino, mi avviai verso Merlotte’s per il mio turno di lavoro.

Non avevo fatto i conti con Sam. O forse con me stessa, visto che ero così trasparente.
 
- Sookie, che hai? - mi domandò infatti Sam senza neanche darmi il tempo di varcare completamente la soglia.
Soppesai la domanda cercando di coglierne il senso, ma dovetti chiedere delucidazioni.

- Cosa intendi dire, Sam? -

- Niente, è che… non so, hai un aspetto radioso. Sembri veramente… felice. Non so da quanto non ti vedevo così rilassata e luminosa - constatò il mio capo con un gentile sorriso d'apprezzamento.

Oh, fantastico… perché non mi ero direttamente appesa al collo un cartello con la scritta “sono radiosa perché ho fatto il miglior sesso della mia vita con un vampiro superdotato e ora mi sento come una quindicenne alla prima cotta”?
 
Svicolai la domanda blaterando confusamente di una giornata passate alle terme, di massaggi e scemenze di questo tipo, ben sapendo che non c’era nulla di meglio per spegnere l’interesse di un uomo, infatti di lì a poco Sam lasciò cadere il discorso e riprese a fare l’inventario.
 
Il mio turno passò senza che me ne accorgessi, persa com’ero in una bolla di fantasticherie a sfondo vampiresco. Probabilmente dimenticai anche un paio d’ordinazioni, ma nessuno me lo fece notare visto che di solito svolgevo il mio lavoro in maniera ineccepibile.
Non vedevo l’ora di tornare a casa dal mio vampiro.
 
Il mio vampiro?
 
Ero già ridotta così?
 
E soprattutto, Eric era davvero mio?
 
Questo Eric di sicuro appariva preso quanto me, ma come tutte le più belle favole, sapevo che la situazione non poteva durare a lungo…
Un’orribile verità si fece strada dentro di me.
Pam e gli altri suoi sottoposti stavano dando la caccia alla strega che aveva cancellato la memoria a Eric e, una volta scovata, non ci avrebbero messo molto a estorcerle il controincantesimo.
Temevo quel momento, perché sicuramente avrebbe cancellato i giorni appena trascorsi e il nuovo, dolce Eric di cui mi stavo innamorando… ma d’altra parte non ero mai stata una persona meschina e vivere una vita ingannevole (seppur meravigliosa) con un poveretto privato dei suoi ricordi era una cosa che non potevo tollerare.
La nonna, se fosse stata viva, sarebbe inorridita alla sola idea.
 
Rassegnata all’inevitabile, decisi quindi di godermi i momenti che ancora mi restavano da passare con Eric, pochi o tanti che fossero, cercando di non pensare al futuro.

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Capitolo 5
*** IL RITORNO DEL GUERRIERO ***



Mi avviai mestamente verso casa, riflettendo sull’ineffabilità dei sentimenti e su come si possa passare in un soffio dal sospetto all’amore verso una stessa persona.

Parcheggiai nel vialetto in maniera automatica e risalii i gradini della veranda ancora persa nelle mie riflessioni etiche, quando d’improvviso mi ritrovai sollevata in aria.

Eric mi aveva presa in braccio al volo, a velocità fulminea, e ora mi stava facendo roteare ridendo e baciandomi allo stesso tempo.

 

Dio, quando rideva a quel modo era di una bellezza assurda, non ce l’avrei mai fatta a lasciarlo andare.
 

Il cuore mi si ruppe in mille pezzi all’idea di separarmi da lui: il solo vederlo mi rendeva così felice!
 

Ed era bastato un solo giorno, ammisi sgomenta.

No, dovevo smetterla. Avevo deciso di vivere questa storia giorno per giorno, finché fosse durata, e così avrei fatto.
Nel mentre, ero stata portata dentro casa e posata a terra. Eric mi stava fissando col suo solito sopracciglio alzato, rivolgendomi una muta domanda a cui mi sentii in dovere di rispondere, riscuotendomi.

 

- Sto bene, Eric, non preoccuparti. Ero solo sovrappensiero, sai, il lavoro…

- Sookie, amore, sicura che sia il lavoro? Avevi un’espressione davvero seria. Sei per caso pentita di quello che è successo stanotte? Se ti ho forzata in qualche modo mi dispiace, è che io…

 

Lo zittii con un lungo bacio, prima che potesse dire che mi amava, o peggio.

Nello stato d’animo in cui mi trovavo avrebbe fatto crollare la mia già vacillante risolutezza e avrei potuto dire o fare cose sbagliate per entrambi.

 

Anche se ero così maledettamente felice.

 

Eric, rassicurato dalla mia reazione, mi stringeva tra le braccia, il viso affondato nei miei capelli, e continuava a mormorare frasi in svedese di cui ignoravo il significato letterale ma di cui intuivo perfettamente il senso.

Era così felice di vedermi che mi faceva commuovere.

Quell’uomo, anzi, quel vampiro, era meraviglioso. E solo. Da sempre. Come me.

 

La consapevolezza di quanto io e lui ci somigliassimo, mi colpì all’improvviso come un pugno allo stomaco.

D’un tratto compresi quanto poteva essersi sentito solo Eric, durante i suoi 1000 lunghi anni, nonostante Pam, Godric e nonostante le avventure che sicuramente aveva vissuto.

Non potersi affezionare a nulla, perché nulla sarebbe durato quanto lui. Nascondersi. Cambiare continuamente posto per non destare sospetti… e io che mi commiseravo per la mia telepatia… lui aveva sopportato ben di peggio, e per un tempo infinitamente lungo.

 

Ora le nostre solitudini si erano trovate.

E io… avrei dovuto fare lo sforzo sovrumano di rinunciare a tutto questo.

 

Una singola, enorme lacrima mi sgorgò dall’occhio destro senza che potessi farci nulla e prese a rotolarmi giù dalla guancia. Eric la bloccò con un bacio, poi si ritrasse per guardarmi, scuro in volto.

 

- Ok, Sookie, non prendiamoci in giro. Tutto questo non ha nulla a che fare col tuo lavoro. Dimmi cosa diavolo succede e io farò tutto quello che posso per aiutarti o consolarti.

 

Il suo tono aveva l’inflessione decisa e autoritaria propria dello sceriffo dell’Area 5. Per un attimo, vidi due persone sovrapporsi. Il vecchio Eric stava lentamente riaffiorando? Questa considerazione mi fece stare ancora peggio, perché mi avvicinava d’un passo alla mia separazione da lui.

 

Scoppiai a piangere a dirotto.

 

- No, Sookie, non volevo farti piangere! Perdonami, so che a volte sono aggressivo ma non credev…

 

- Non è colpa tua, Eric - mormorai tristemente - è colpa mia. Solo mia. Sono così stupida….

 

- Non chiamare stupida la donna che amo - disse dolcemente Eric, accarezzandomi entrambe le guance con quelle grandi mani, così delicate quando si posavano su di me.

 

Ecco, era fatta. L’aveva detto. E adesso?

 

Il suo sguardo inquieto sondava il mio viso, cercando di cogliere un indizio, e nei suoi occhi percepivo una profonda apprensione mista a… ad altro.

 

Sembrava che volesse rendere tutto più difficile, ma naturalmente non era così, ero io che nel mio delirio privato ammonticchiavo idee senza senso su idee idiote.

Eric tentava di consolarmi, un po’ goffamente in effetti (non credo fosse pratico nel rimettere insieme i cocci di donne affrante), e la cosa mi provocava vere e proprie fitte al cuore in un’altalenarsi di tenerezza e pura disperazione.

Mai nessuno si era preoccupato così per me, a parte la nonna ovviamente, e la cosa mi faceva sentire così al sicuro, protetta, amata… stavo sprofondando in un baratro da cui non sarebbe stato facile riemergere.

Continuando a singhiozzare senza ritegno, mi appallottolai sul divano, mentre Eric, seduto sul tavolino di fronte a me, aspettava con pazienza che mi calmassi, senza toccarmi e senza parlare.

Dopo un tempo indefinito, le lacrime cominciarono a scemare e il mio corpo smise di tremare.

 

Cercai di racimolare tutto il mio coraggio e di spiegare perché mi fossi abbandonata a quella crisi isterica.

Ma ammettere i miei sentimenti ad alta voce non ci avrebbe legati ancor di più?

Anzi, avrebbe legato me, lui sarebbe tornato alla sua vita al Fangtasia, una volta riacquistata la memoria, e io sarei rimasta in questa casa vuota a struggermi di rimpianti…

Ma glielo dovevo.

Lui adesso era completamente indifeso (so che può sembrare ridicolo applicare quest’aggettivo ad uno come Eric, ma credetemi, era davvero così) e non sarei stata certo io a ingannarlo.

 

- Eric, ti prego, ascoltami senza interrompere, o non ce la farò. Tu sai che hai perso la memoria, ovviamente…

Lui annuì e restò in silenzio.

- Certo che sì, te lo abbiamo detto sia io che Pam cos’è successo e cos’eri… cosa sei.

Non ti abbiamo detto però chi sei. Sai di essere un vampiro e sai di essere lo sceriffo dell’Area 5, con tutto il potere e la responsabilità che ciò comporta, ma non sai nulla della tua precedente personalità. Non ti ho detto nulla per non condizionarti, volevo che la memoria ti tornasse spontaneamente e non per essere stato “imbeccato” da me o da altri. Questo, naturalmente, prima di… ecco… di innamorarmi di te… -

 

Vidi una luce accendersi nel suo sguardo, non sorrise ma i suoi occhi parlavano per lui. Era felice, felice come non l’avevo mai visto. Stava per dire qualcosa ma alzai una mano per fargli capire che non avevo finito.

 

- Ora è tutto diverso, almeno per me. Io… io sono così felice ora… e non voglio che finisca ma… finirà. Finirà e io non potrò farci niente e tu tornerai il vampiro di prima, mi lascerai e sarò di nuovo sola…

 

- Perché dovrebbe finire? - chiese lui, risentito - possiamo restare qui per sempre, se lo desideri. Dirò a Pam di sospendere le ricerche della strega. Immediatamente.

 

Mi sfuggì un lungo sospiro.

 

- Sì, sarebbe stupendo. Per me. Ma che ne sarebbe della tua vita, della tua vera vita? Come potrei starti accanto sapendo che hai rinunciato al tuo ruolo e a tutti i tuoi ricordi per me?

 

- Non sarebbe una rinuncia. Sarebbe una scelta. Non è la stessa cosa.

 

- Semantica, Eric. Prima o poi vorresti di più, è nella tua natura.

 

- La mia natura? Che ne sai della mia natura? Ma perché devi essere sempre così testarda, Sookie… ho solo perso la memoria, non sono un povero infermo, posso ancora scegliere ciò che è meglio per me! - si scaldò lui, la voce incrinata dalla frustrazione.

- Accidenti, ragazzina, è da quando hai messo piede al Fangtasia per la prima volta che punti i piedi come un mulo per ogni dannata cosa, possibile che debba passare tutto il mio tempo a persuaderti a fare come ti dico? Sai, avrei modi decisamente più piacevoli per occupare il tempo invece di stare qui a discutere… - accennò un sorrisetto obliquo, sperando di distrarmi in modo da finirla lì.

 

Un momento.

 

- Eric.

- Dimmi tesoro, vuoi andare in camera anche tu ad occupare il tempo? - ammiccò speranzoso.

- Ripeti quello che hai detto prima.

- Perché? Lo sai benissimo che voglio andare di là per…

- No. Quello che hai detto prima.

- Prima cosa? Non potremmo dedicarci più tardi all’angolo della polemica?

 

Mi irrigidii all’istante, mentre una terribile idea si faceva strada nel mio cervello.

 

- Tu… hai parlato del nostro primo incontro al Fangtasia. Che ne sai?

- Niente… solo quello che mi hai raccontato tu - rispose guardingo.

- Io non ti ho raccontato un bel niente! Eric, Cristo santissimo, mi stai prendendo per il culo? Sei… sei tu? Sei TORNATO?

 

Ogni mia cellula tremava di rabbia, sdegno e frustrazione. Iniziai ad urlare come una pazza, mentre le lacrime di poco prima mi bagnavano ancora il volto.

 

- Brutto figlio di puttana! Dovevo saperlo che era tutta una macchinazione per portarmi a letto!

Non pensavo che qualcuno potesse arrivare a tanto, nemmeno tu! E per cosa poi, per avere la meglio su Bill, per toglierti lo sfizio di sentirmi dire che sono innamorata di te? Sei un fottuto bastardo, esci immediatamente da qui e non farti più vedere, e ringrazia che in casa non ho paletti!

 

Eric non si mosse di un millimetro, fissandomi accigliato. Molto, accigliato. Nel mio cervello passò fuggevolmente il pensiero che avrebbe anche potuto attaccarmi, che quella era l’espressione che assumeva quando stava per scattare… poi il suo viso si ridistese e disse qualcosa a voce bassissima, occhi al pavimento.

 

- Non ho sentito. Cosa diavolo hai detto, maledetto bugiardo? Se credi che potrai mai dire qualcosa che ti riscatti, ti sbagli di grosso. Ti ho detto di uscire! ADESSO!

 

Lui rialzò la testa e mi fissò con lo sguardo più triste che avessi mai visto.

 

- Ho detto che ti amo.

 

- Bel modo di dimostrarmelo - ringhiai sarcastica.

 

- Io… non volevo ingannarti. La memoria l’ho persa davvero e tutto quello che è accaduto tra noi era... è reale! Oggi, quando mi sono svegliato, ricordavo tutto. Non so perché… forse hanno catturato la strega, oppure le è successo qualcosa… non m’importa, comunque. Voglio solo che tu mi creda. Te lo giuro, e sai che non do la mia parola come se niente fosse.

 

Una piccola crepa si stava formando nel muro che avevo appena eretto tra noi. Sembrava davvero… contrito.

 

- Metti anche che decida di crederti, secondo te dovrei essere felice che tu mi abbia mentito? Tu non mi hai detto niente! NIENTE!

 

- Cos’avrei potuto dire, senza scatenare la reazione che stai avendo ora? Lo  ricordo bene che non ti sei mai fidata di me, che dovevo fare?

 

- Dovevi dirmelo. Subito. Sulla porta di casa. Non volarmi incontro e baciarmi come se nulla fosse cambiato…

 

- Ma è così! Nulla è cambiato! - la voce di Eric, più alta di un paio di toni rispetto al solito, cominciava a suonarmi disperata.

 

- Questo lo dici tu, ora so che non sei più quello che mi cullava ieri sera, ora so che sei di nuovo Eric lo sceriffo.

 

- Anche quello di ieri ero io, o almeno una parte di me. La parte migliore, se vuoi. E quella parte è riservata solo a te. I miei sentimenti non sono cambiati, Sookie! Non voglio andare via…

 

Si accovacciò di fronte a me, prendendo le mie mani tra le sue. Mi guardò e lessi solo disperazione sul suo viso. Aveva la medesima espressione che gli avevo visto a Dallas, mentre pregava Godric di non uccidersi.

 

- Ti prego. Tu devi credermi!

 

Eh? L’orgoglioso, strafottente sceriffo  dell’Area 5 mi stava implorando? Non poteva umiliarsi così solo per potermi portare a letto di nuovo, non era possibile.

 

La crepa si allargò.

 

- Non volevo ferirti, volevo solo che tutto questo continuasse, che tu mi volessi. Volevo solo stare con te… riesci a credermi?

 

Una singola lacrima di sangue scivolò sulla sua guancia, lentamente.

 

La crepa si allungò in mille ramificazioni serpeggianti, vedevo distintamente il muro che iniziava a sgretolarsi, come al rallentatore.

 

Infine crollò.

 

- Eric… io posso, ecco… prendere in considerazione l’idea di crederti, ma in ogni caso non può funzionare.

 

- Perché.

 

- Perché tu sei un vampiro, io no, perché sei uno sceriffo, perché…

 

- Fino a ieri le nostre differenze non sembravano turbarti, mi pare.

 

- Fino a ieri sono stata una vera incosciente. Stavamo vivendo un momento irreale, Eric… ho sbagliato a concedermi quell’attimo di felicità e adesso ne sto già pagando le conseguenze.

 

- Non vedo perché dobbiamo porci dei limiti, perché non vuoi continuare quel momento. Possiamo avere tutto quello che vogliamo! Ti darò tutto tutto ciò che è in mio potere darti, i miei sottoposti ti tratteranno come una principessa, non dovrai lavorare se non ti va. Sookie…

 

- … Ok, ok, ok. Non so che dire, ora come ora. Io… devo pensare. Devo cercare di mettere ordine in questo casino.

 

- Va bene, lo capisco. Posso… restare qui, stanotte?

 

- Sì, puoi restare, ma non ti garantisco niente, potrei arrabbiarmi di nuovo con te e decidere di sbatterti fuori. A calci.

 

- Correrò il rischio - disse lui, ormai rasserenato - andiamo a letto, ora.

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Capitolo 6
*** SESSO, BUGIE ED EX FIDANZATI ***


SESSO, BUGIE ED EX FIDANZATI

 
Mi diressi in camera e come un’automa mi dedicai ai riti serali (sciolsi i capelli, mi struccai e infilai la camicia da notte).
Eric era steso sul letto, appoggiato ai cuscini esattamente come la sera prima… ma ora era tutto diverso. Mi stesi accanto a lui in silenzio, senza toccarlo.
Lui non disse una parola, rimase immobile per un tempo infinito e quando infine parlò mi prese il viso tra le mani, costringendomi a guardarlo negli occhi. Cercai di fare resistenza ma dopo il carico extra di emozioni che la giornata mi aveva regalato, non fui molto combattiva.
 
- Ok. Senti, hai ragione: io ti voglio, Sookie. Ma… non come pensi tu. Ti voglio accanto a me. E basta. Se occorre, lascerò la mia posizione di sceriffo. Se serve, troverò un’altra strega e farò in modo di perdere nuovamente la memoria. Farò quello che occorre. Ma. Resta con me.
 
Oh.
 
Non ce la facevo più a respingerlo, anche un cieco avrebbe visto che era sincero. E addolorato. E… meraviglioso.
Non ero innamorata dell’altro Eric.
Ero innamorata di Eric, punto e basta.
Accidenti, ero innamorata dello sceriffo dell’Area cinque!
 
Mi concessi di ricambiare il suo sguardo, e in quei meravigliosi occhi azzurri potei distintamente scorgere la verità. Non stava mentendo. Mi amava davvero.
 
Mi lasciai avvolgere da quell’improvvisa ondata di felicità come se fosse una coperta calda, lasciando che tutta la rabbia di poco prima si disperdesse…
Lo baciai, piano.
Lui mi lasciò fare, schiudendomi appena le labbra con la lingua.
Poi, con un unico movimento fluido, si sfilò la maglietta e si liberò dei jeans (ogni singola volta restavo incantata a guardarlo, dovevo essere malata), mi tolse la camicia da notte e si sdraiò su di me, sostenendo il suo peso sulle braccia.
Anche se tecnicamente non era la nostra prima volta, in pratica lo era eccome, stavolta avevo di fronte il vero Eric e non sapevo assolutamente cos’aspettarmi.
Mi accorsi di stare trattenendo il fiato. Anzi, diciamoci la verità, ero attanagliata dal terrore.
 
Occhi azzurri indagatori puntati su di me.
 
- Sookie, non avrai paura di me, vero?
- No… non so… non paura ma…
- Non potrei mai farti del male. Mai. Non ci sono mai riuscito e non ci riuscirei certo ora.
 
Gli credevo.
Gli credevo ma non riuscivo a togliermi dalla testa il modo lascivo con cui si era sempre rivolto a me, le volgari cameriere del Fangtasia che, con ogni probabilità, prestavano servizi di ogni genere al loro padrone, le allusioni, le battute, mille anni di sesso con mille donne diverse… cos’avrei dovuto pensare?
Venni letteralmente strappata ai miei pensieri dalla bocca di Eric, che si fece largo tra i miei capelli fino a raggiungere l’orecchio destro, mordicchiandolo con estrema delicatezza.
Il mio corpo impiegò circa un decimo di secondo a reagire, il sangue di Eric mi ribolliva nelle vene, rispondendo alla vicinanza del legittimo proprietario (perlomeno, questa è la scusa con cui giustifico ciò che avvenne dopo… bastavano tre gocce di sangue ingerite mesi prima a provocare una reazione simile?): cercai di aggrapparmi a lui per trattenerlo e fargli continuare quello che stava facendo, ma lui si tirò indietro, spostandosi sull’altro lato del collo e poggiandovi le labbra, insolitamente calde.
Poi le premette con più forza sulla mia giugulare.

- Hai le pulsazioni a mille, Sookie… se continui così mi toccherà portarti al pronto soccorso…- mormorò direttamente sulla mia pelle, scendendo ancora con la lingua lungo la linea delle mie clavicole e soffermandosi a guardarmi brevemente negli occhi. Mi sentivo avvampare, il battito del mio cuore rimbombava talmente forte  nella mia testa che mi sembrava quasi di sentirlo anche all’esterno.
Nel frattempo Eric era sceso ancora, la sua lingua stava descrivendo piccoli cerchi attorno ai miei capezzoli, mentre mi accarezzava impercettibilmente il seno col dorso della mano. Nessuno mi aveva mai riservato tanta delicatezza, sembrava che per lui fossi fatta di vetro… per questo fu uno shock vederlo scendere ancora, inginocchiarsi tra le mie gambe e aprirmi con fermezza le ginocchia.
 
Non ero mai stata tanto imbarazzata in vita mia.
 
Oh, no. Eric mi stava guardando. Guardava me e poi guardava… lì.
Non riuscendo a sostenere il suo sguardo e quasi con le lacrime agli occhi per la vergogna cercai di divincolarmi, ma la sua presa era ferrea.
Continuava a fissarmi, in silenzio, con i canini completamente estesi.
 
- Eric, ti prego, lasciami - piagnucolai.
- Sookie, che c’è? Sono io. Ti sto solo guardando…
- Sì ma… io… non ce la faccio… non…
- Sei così bella, e io voglio guardarti. Tutta.
 
Quindi si abbassò, fino a sfiorare l’interno delle mie cosce col naso e baciandole con una lentezza esasperante, solleticandomi appena con l’accenno di barba che aveva sempre, mentre risaliva fino all’inguine.
Ogni singola cellula del mio corpo vibrava d’eccitazione, così quando la bocca di Eric arrivò a destinazione e prese a leccarmi dolcemente, non dimostrai molto autocontrollo.
Eric era un vero maestro, non so dove avesse imparato a fare quello, ma sono certa che molte donne avrebbero ucciso per poter provare quello che stavo provando io in questo momento.
Il mondo attorno a me perse i contorni e ad un certo punto iniziai a sentire un suono fastidioso, poi mi resi conto con sgomento che quel suono ero io, e che stavo urlando senza ritegno.
Mentre ancora stavo sperimentando gli strascichi di un orgasmo senza precedenti, lui scivolò dentro di me e cominciò a muoversi molto, molto lentamente, guardandomi come se volesse entrare nei miei pensieri e permettendomi di entrare nei suoi… con meraviglia e orrore allo stesso tempo, realizzai che non era mai, mai stato così con Bill.
Quella che avevo creduto fosse passione era stato solo istinto animale, non c’era mai stata l’intensità e la tenerezza che vedevo in Eric, non avevo mai fatto l’amore in quel modo… ad ogni spinta il suo viso si trasformava, diventando più umano e se possibile ancora più bello.
Non accennò nemmeno a mordermi, sembrava completamente appagato da quello che stavamo facendo e da ciò che leggeva mei miei occhi.
Totalmente persa in un mondo di beatitudine, non avrei più voluto staccarmi da quel corpo meraviglioso ma, quando gli piantai le unghie nella schiena in preda ad un’ondata di piacere, venne anche lui con un lungo gemito, crollando su di me.
 
Dovetti aspettare un bel po’ e ricacciare indietro lacrime di felicità, prima di riuscire a parlare. Il corpo di Eric era freddo, ma il blood bond mi faceva sentire distintamente la felicità e l’amore che lui irradiava come se fosse una stufetta.
 
- Eric.
 
- Dimmi, amore mio.
 
- E’ stato… incredibile.
 
- Sì. Lo è stato. Tu, sei incredibile. Non ricordavo che potesse essere così bello…
 
- Ma tu… l’avrai fatto un miliardo di volte - balbettai io (sempre pronta a denigrarti, eh, Sook?).
 
Eric si girò su un fianco, puntellandosi su un gomito e riprendendo a guardarmi accigliato come se fossi un po’ tarda.
 
- Hai ragione, ho sempre fatto moltissimo sesso. Sesso. Non c’entra niente con stasera, non credevo che avrei mai più provato quello che provo ora… poi sei arrivata tu, una piccola umana, e hai buttato all’aria il mondo che mi sono costruito in 1000 anni - tacque e mi osservò per qualche istante, restio a continuare.
- All’inizio non l’ho presa affatto bene, sai… già non tolleravo i… sentimenti… che provavo per te, poi vederti così innamorata di Compton ed essere a conoscenza dei suoi sordidi giochetti mi faceva uscire letteralmente di testa. Se non fossi stato lo sceriffo e senza Pam a fermarmi credo che avrei commesso qualche stupidaggine molto, molto tempo fa…
 
Deglutii, soppesando il significato di quelle parole.
Eric non era certo uno che definiva “stupidaggine” abbuffarsi di gelato ascoltando Barry Manilow, insomma, le cose che si fanno quando si soffre per amore. L’avevo visto con i miei occhi smembrare un lupo mannaro a mani nude, sapevo perfettamente cos’era in grado di fare Eric Northman quando era furioso.

Non si sarebbe limitato a rigare la macchina di Bill.
 
Grazie Pam, grazie a chiunque avesse nominato Eric sceriffo.
 
Odiavo Bill, lo odiavo davvero, ma non volevo vederlo fatto a pezzi o bruciare alla luce del sole. Desideravo solamente non trovarmelo più di fronte e seppellire tutta la nostra storia in un angolino del mio cervello, dove non guardare mai più.
 
- Quando il castello di bugie di Compton è crollato, non è stato certo divertente vederti ferita e umiliata, ma per un attimo ho sperato. Ho sperato che ci fosse una maniera di avvicinarmi a te. Ma tu eri così arrabbiata… con Bill, con i vampiri, col mondo. Con me. -
 
- Poi è successa questa cosa con la strega e… bè, il resto lo sai. Mentre ero senza memoria è stato molto più facile lasciar uscire i miei… - e qui incespicò nuovamente sulle proprie parole - sentimenti… ecco, e dopo è stato impossibile rimandarli indietro.
Voglio che tu sia mia, che dimentichi ogni altro uomo, che dimentichi Bill. -
 
- Non so di chi tu stia parlando. -
 
Eric sorrise e mi strinse forte a sé. Non mi ero mai sentita più al sicuro in vita mia.
Restammo in quella posizione per un po’, poi la mano che mi aveva pigramente accarezzato la spalla fino a quel momento prese una direzione più obliqua… ci volle un secondo per risvegliarmi dal torpore e ritrovarmi di nuovo sotto l’imponente mole di Eric, affascinata dall’effetto che mi facevano le sue mani, la sua lingua… se i vampiri erano creature delle tenebre, allora tra inferno e paradiso il confine doveva essere davvero labile.
 
Completamente inebetita dalle meravigliose sensazioni che stavo provando, mi sfuggì una frase che mai avrei pensato di poter pronunciare.
 
- Mordimi, Eric. -
 
Mi fissò, prima stupito e poi incantato da quella prospettiva. Restò un secondo in attesa, come se aspettasse che cambiassi idea, poi tornò a chinarsi lentamente su di me.
 
Mi baciò a lungo l’incavo del collo, mentre sotto di lui tremavo per la tensione. Bill l’aveva fatto decine di volte, ma questa era… speciale, ero stata io a chiederlo, e l’avevo chiesto proprio a Eric. Mi stavo mettendo in un grosso guaio?
 
- Amore mio… - mormorò tra sé e sè.
 
Poi mi morse.
 
E fu incredibile.

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